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Topografia

A 13 Km circa a levante di Asti, adagiato ai fianchi e ai piedi di un colle,


che come sperone si addentra nella vallata, detta, dal rio che la percorre,
Val Gaminella, si trova il paese di Refrancore alto 186 m. sul livello del
mare, e con una popolazione di 2286 abitanti. Il suo territorio si estende sui
colli delle ultime propaggini del basso Monferrato, che vanno degradando
verso il Tanaro ed reso accidentato da numerose valli e conche, che si
intersecano in mille modi, ed in tutte le direzioni. Esse sono di poco conto, e
l'unica ampia vallata quella, che gi abbiamo nominata, percorsa dal rio
Gaminella. Il terreno abbonda di sabbie silicee, e numerosi sono i banchi
formati da esemplari di varia grandezza di conchiglie, in special modo della
variet Pecten pleuroncetus , e si trovano pure banchi di arenaria, che
viene esportata in varie citt a scopo industriale. Nessun corso di acqua
perenne scorre nelle prossimit del paese, ma i piccoli rii che si trovano sul
fondo valle, anche il maggiore, quello Gaminella, sono alimentati
esclusivamente dalle piogge. Nondimeno l'acqua nel sottosuolo
abbondante, in modo da servire, oltre che per i bisogni quotidiani della
popolazione, anche per il bestiame e per la piccola irrigazione.

Nome
Prima di tracciare il disegno generale della storia di Refrancore, ci pare
opportuno di dare qualche schiarimento intorno all'origine del nome,

rifacendoci per questo all'ipotesi pi accreditata, e ormai comunemente


accettata dagli storici.
L'anno 653, dopo circa nove anni di regno, moriva a Pavia Ariberto, figlio
di Gondoaldo, lasciando come successori i figli Pertarito e Godeperto, che
si spartirono il regno. Pertarito mise la sua sede a Milano Perctarit vero in
civitate Mediolanensi Godeperto a Pavia Godepert...Ticini sedem regni
habuit1. Tra i due fratelli non tard a scoppiare la discordia, e chi ne trasse
tutti i vantaggi fu Grimoaldo duca di Benevento. Chiamato infatti in soccorso da Pertarito, venne col suo esercito a Pavia, ove uccise Godeperto
impadronendosi del suo stato, e non pago di ci, mosse in seguito contro
allo stesso Pertanto costringendolo a fuggire, e restando cos unico padrone
del regno. Dopo qualche tempo, Pertarito, che si era riparato presso gli
Avari, ritorn in Italia fidando nell'ospitalit di Grimoaldo, ma questi,
contro ogni promessa, cerc di farlo uccidere. Pertarito riusc a fuggire
miracolosamente con l'aiuto di un servo e, con pochi compagni ripar ad
Asti, ove contava ancora parecchi amici arreptis quos in pastu invenerant
equis, eadem nocte, ad Astensem properant civitatem in qua Perctariti
amici manebant, et qui adhuc Grimualdo rebelles extabant2. Da Asti,
Pertarito si rec a Torino, e passate le Alpi, ripar presso il re Clotario terzo
di Francia, che lo accolse favorevolmente e che, piegato dalle sue preghiere,
gli affid un esercito di Franchi coi quali Pertarito, nella primavera
seguente, rientr in Italia, movendo contro Grimoaldo. Questi non attese il
nemico a Pavia, ma movendosi verso Asti nella quale citt Pertarito era
1

Paolo Diacono, Monumenta Germaniae historica, Hannover, 1896, Hist.


Lang.; Niccola Gabbiani, Asti nei principali suoi ricordi storici, vol. I, Asti,
Tipografia Michele Varesio, 1927.
2
Paolo Diacono, lib. V, cap. 2.

entrato, cercava di venire in urto con lui, desideroso di disperderne


l'esercito. Giunsero in tal modo i contendenti in Val Gaminella, e gi stava
per accendersi una furiosa battaglia, quando Grimoaldo, che contava su di
un numero minore di soldati, pens di avere ragione del nemico con uno
stratagemma. Infatti, ad un dato ordine, i suoi soldati simularono una fuga,
lasciando nella vallata i cariaggi e le tende ricolme di cibi diversi e di
generose vivande, e ripararono nelle vicine boscaglie. Le truppe di Pertanto,
liete per la fuga del nemico, si diedero a gozzovigliare sconsideratamente
talch, alla sera, erano completamente immerse nel vino, ed incapaci a
maneggiare le armi. Allora l'esercito di Grimoaldo, che, come abbiamo
detto, si era proditoriamente tenuto nascosto per tutta la giornata, piomb
col favor della notte su di loro facendone tale strage, che ben pochi furono i
superstiti3.
Di qui Paolo Diacono fa derivare il nome di Refrancore. Infatti,
proseguendo nella narrazione, egli dice: qui locus ubi hoc gestum est
proelium, Francorum usque hodie Rivus, appellatur, nec longe distat ab
Astensis civitatulae moenibus4 cio rivus ex sanguine Francorum ,
3

Paolo Diacono, Lib. V, cap. 5: Hac tempestate Francorum


exercitus de provincia egrediens in Italiam introivit. Contra quos
Grimuald cum Longobardis progressus hac eos arte decepit. Fugere quippe
se eorum impetum simulans castra sua simul cum tentoriis et diversis
pariter referta bonis praecipueque vini opthni copia hominibus omnino
vacua reliquit. Quo dum Francorum acies advenissent existimantes
Grimualdum cum Longobardis pavore deferritos castra integra reliquisse,
mox Iaeti effecti certatim cuncta invadunt coenamque affluentissiman
instruunt. Qui dum diversisepulis multoque degravato vino somnogue
quivissent Grimuald super eos post noctis medio inruens tanta eos caede
prostravit ut vix pauci ex eis elapsi patriam valuerint reppedare.
4
Paolo Diacono, lib. V, cap. 2.

adducendo come pretesto di tal nome adunque, la gran quantit di sangue


che i Franchi dovettero versare e che, a seconda della tradizione popolare,
avrebbe colmato l'adiacente rivo Gaminella.
Il nome della localit pass poi ad indicare l'abitato che sorse in seguito, e
che troviamo indicato nelle carte che lo riguardano, a seconda dell'epoca,
col nome di Rivus Francorum, Riu Francor, Rivo Francore, Ri Francore e
attualmente Refrancore. Un'allusione a tale strage, avvenuta l'anno 665, la
troviamo nell'Orlando Furioso nella stanza 13 del canto XXXIII ove
detto :
Vedete Clodoveo, ch'a pi di cento
Mila persone fa passare il monte.
Vedete il duca l di Benevento,
Che con numer dispar vien loro a fronte.
Ecco finge lasciar l'alloggiamento,
E pon gli agguati; ecco con morti ed onte
Al vin lombardo la gente francesca
Corre; e riman come la lasca all'esca.
L'Ariosto riferisce qui erroneamente l'impresa a Clodoveo ed errore
consimile fa lo storico d'Asti Serafino Grassi, ponendo il fatto come
avvenuto durante il regno di Dagoberto, che regn dal 674 al 679, mentre,
come abbiamo gi detto, tutto ci avvenne all'esercito di Clotario III che
tenne il regno dal 656 al 6705.

Durandi, Il Piemonte Cispadano Antico, Torino, 1774; Casalis, Dizionario


geograf. storic ecc., Torino, 1833; Grassi, Storia della citt di Asti, Asti,
1817; Cipolla, Appunti sulla storia di Asti, Venezia, 1891.

Origini del paese


Se ci stato relativamente facile dare una versione intorno all'origine del
nome, per quanto riguarda quella del castello e del paese le difficolt sono
maggiori, non restando alcun documento che su tal punto possa fornirci
delle notizie e degli schiarimenti, per il che occorre affidarci esclusivamente
a supposizioni. Giovanni Ardesco Molina, nella sua opera Notizie storiche
e profane della citt di Asti , dopo di avere parlato della battaglia di Refrancore, dice: In attiguit di detto rivo6, dalla piet dei cittadini7 venne
poscia edificata una chiesa in me moria dei compatrioti uccisi in quel fatto,
all'intorno della quale, essendosi fabbricate di mano in mano alcune case,
ne sorse poi la villa, nei tempi posteriori chiamata, come tutt'ora si chiama,
Rivo dei Franchi e volgarmente Refrancore. Tale affermazione del
Molina, che non si basa su alcun documento certo, e che ricollega l'origine
di Refrancore all'erezione di una chiesa che non risulta sia mai stata eretta a
noi pare del tutto erronea n ci perderemo in confutazioni inutili.
A nostro vedere possiamo portare l'origine di Refrancore, anche senza
offendere troppo la storia, al 900-1000, epoca nella quale, per effetto delle
frequenti lotte che scoppiavano nell'astigiano, numerosi sorgevano i castelli
ed i fortilizi; ma la nostra altro non che una supposizione. Resta per fuor
di dubbio che Refrancore non sia posteriore al mille, come diremo in
seguito, anche se per il primo periodo della sua vita manchino documenti,
mancanza giustificata dalla nessuna importanza che esso dovette avere nel
6

Il rivo Gaminella al quale aveva alluso parlando della battaglia tra i


Franchi e i Longobardi.
7
Gli astigiani erano numerosi nellesercito di Pertarito.

suo sorgere, a motivo della sua posizione, isolato com'era da ogni altro
centro, e posto in una valle lungi dalle vie allora praticate, per cui non
poteva essere considerato alla stregua di altre localit della vallata del
Tanaro, che erano punti strategici.
Sorto il castello, si vennero via via fabbricando alcune case all'intorno, ed
allora Refrancore pot uscire dal suo primo periodo di oscurantismo, e
partecipare alla vita e alle lotte politiche che venivano svolgendosi in quei
tempi. Venne edificato il castello su di un colle dominante coi suoi ripidi
fianchi la vai Gaminella, in ottima posizione quindi per essere facilmente
difeso da possibili assalti, e per poter intercludere il passo a chi, per detta
valle, avesse voluto internarsi nel Monferrato.
Collandare del tempo sub modificazioni importanti, sempre per restando
col primitivo carattere di fortilizio, a differenza di quelli dei paesi vicini,
che presero in seguito l'aspetto di eleganti sedi signorili. Pur essendo di
costruzione solidissima, per aver retto a diversi assedi, e per essere
trascurato dai proprietari, e malmenato, data la sua vetust, anche dagli
elementi naturali, ormai completamente in rovina, veniva nel secolo scorso
definitivamente abbattuto. Difficile sarebbe ora lo stabilire il suo aspetto
esteriore e la sua ampiezza, poich non ne rimane ormai traccia alcuna, n si
conserva alcun documento che possa permettercene una adeguata
ricostruzione. Nella cerchia delle sue mura doveva per essere compreso il
terreno sul quale sorgono attualmente la Chiesa parrocchiale, l'Oratorio
delle Suore e la Canonica, come ci attestano le parti inferiori di detti edifizi
che presentano caratteri di antichit e per la cui costruzione si dovettero
usare i resti delle dipendenze del Castello, e tutto il gruppetto di case presso
la chiesa dell'Annunciazione. Il Castello vero e proprio sorgeva per in

luogo pi elevato, e, a giudicare dalla superficie del terreno rimasto libero


dopo la sua scomparsa, doveva essere di proporzioni ridotte.
Leggenda adunque che il Castello avesse sette torri come vogliono ora i
Refrancoresi che, tutto al pi, avr avuto un qualche torrione difensivo.
L'entrata sua era ove attualmente la strada sbocca sul piazzale della Chiesa,
ma per recarvisi, si teneva un cammino diverso dall'attuale, poich l'odierna
via Regina Margherita, invece di svolgersi come ora fa, giunta all'altezza
della casa ora di propriet della famiglia Pagliasso, offrontava direttamente
la scarpata occupata da piante di robinie, e passando dietro la Chiesa della
SS. Annunciazione, veniva a trovarsi all'apertura del Castello, del quale
costeggiava anche un tratto delle mura.
Il Durandi8, parlando della citt di Asti, e dei possessi della chiesa astigiana,
annovera tra questi anche Refrancore, che al tempo al quale l'autore allude,
1000-1100, doveva gi esser sorto. In tal caso molto probabilmente Refrancore era stato compreso nella donazione fatta da Enrico III imperatore al
vescovo Pietro II, e in nome suo alla Chiesa di Asti, il 26 gennaio 1041 con
ampio e noto diploma, per il quale i possessi della Chiesa venivano ad
estendersi per un raggio di sette miglia all'intorno della citt: Omnes plebes
et cortes, castellum etiam vetus integre, caeteraque castella, villas
mansiones, necnon utriusque sexus familias, domos quoque, possessiones,
integerrime etiam districtum et theloneum ipsius civitatis in circuito et
circumquaque usque ad septem miliaria. Pochi anni dopo i Vescovi di Asti
estendevano il loro dominio e la loro giurisdizione su tutto il vescovato,
allora vastissimo, diventando Conti della Citt e di tutto il territorio, quindi
anche di Refrancore, che per molti anni seguir le sorti di Asti.
8

Durandi, op. cit.

L'anno 1159, il 15 di febbraio, l'imperatore Federico Barbarossa, dalla regia


corte di Marengo, emanava un diploma a favore della citt di Asti col quale
le faceva ampie regalie, riconfermandole inoltre il dominio assoluto di quasi
tutti i paesi dei dintorni, che essa aveva gi precedentemente posseduti 9. Ora
in tal carta, Refrancore ed altri paesi dell'astigiano non sono esplicitamente
nominati, il che per non deve indurre a credere che non facessero parte del
Contado di Asti. Ci va imputato al fatto che detti luoghi avevano
giurisdizioni diverse secondo che da diversi vassalli o feudatari
dipendessero, pur essendo ligi e tributari alla citt 10.
A questo punto necessario affacciare un'ipotesi che d'altronde, come
vedremo, ha la sua conferma, che cio Refrancore appartenesse in questi
primi tempi al Castello d'Annone, luogo assai importante e tenuto in
considerazione speciale anche dagli imperatori, che lo consideravano quale
baluardo della potenza imperiale in Piemonte. Questo fatto verrebbe a
giustificare il non trovarsi Refrancore nominato ed elencato nelle carte dei
domini astigiani di quel tempo che, dipendendo da Annone, veniva
compreso con questo castello nei vari passaggi da signore a signore e
considerato come una semplice pertinenza. La nostra ipotesi riceve valore
da un documento giuntoci nel Codex Astensis del 12 dicembre 119711, col
quale Asti riconfermava a s il possesso di Annone, Refrancore, Cerro e
Foresto, ed altri luoghi che non ci interessano e che il primo nel quale

Bosio, Storia della Chiesa di Asti.


Codice d'Asti, detto di Malabayla, tradotto in lingua italiana, Asti, 1903,
vol. I, p. 21
11
Codex Astensis, doc. n. 639
10

Refrancore viene esplicitamente nominato. Ora dalla lettura di detto


documento appare abbastanza evidente come Refrancore avesse fino allora
dipeso da Annone e come ne avesse seguite le vicende storiche, entrando
quindi a far parte del diretto dominio del comune astigiano nel 1095 12 e
passando in seguito alle dipendenze dirette degli imperatori Federico
Barbarossa ed Enrico VI, che lo ressero personalmente e per mezzo di
inviati13.
D'altra parte andando la Val Gaminella, nella quale trovasi Refrancore, a
sboccare in quella del Tanaro nelle vicinanze di Annone, ed essendo per
quei tempi l'unica via di comunicazione del territorio refrancorese con
quelli vicini, non improbabile che Annone avesse tenuto in suo dominio il
castello di Refrancore, posto relativamente vicino, che gli poteva servire di
difesa da possibili assalti provenienti dal nord. Sebbene sia in noi quasi
assoluta la certezza che Refrancore abbia dipeso fino al 1197 da Annone,
tuttavia non staremo qui a fare la storia di questo castello, che se gli
avvenimenti ai quali fu sottoposto riguardano anche Refrancore, d'altra
parte non lo interessano direttamente, onde possiamo facilmente lasciarli.
Veniamo quindi all'esame del nostro primo documento, che segna il
passaggio di Refrancore sotto il definitivo dominio astigiano e il suo
distacco da Annone.
L'anno adunque 1197, il 12 dicembre, il podest di Asti Alberto della
Fontana, col consiglio dei suo credendari e alla presenza dei savi della citt,
decretava dover il comune astigiano possedere stabilmente per il futuro il
Castello d'Annone col borgo e villaggio, con Refrancore, Cerro e Foresto,
12
13

Codice d'Asti, op. cit., DOC. N. 635; Gabiani Niccola, op. cit., vol. I
Gabiani Niccola, op. cit., vol. II, parte I

con pedaggi, taglie e tutti i dorainii e tutti i possessi, aumenti, ingressi,


alluvioni, e con tutti i domini e possessi di Castel d'Annone che vi sono ora
o vi saranno in avvenire con ogni possedimento, distretto, onore, curia,
contado, e tutte le altre ragioni e pertinenze dello stesso Castello come
l'imperatore Federico e l'imperatore Enrico per s o peri mezzo di inviati o
di un inviato pi liberamente tennero e possedettero una volta quel Castello
d'Annone con tutte le cose sopradette. Si decretava quindi che per nessun
motivo si potesse vendere, donare o permutare tutte le cose suddette,
eccezion fatta se alcuna necessit fosse venuta al Comune Astigiano, nel
qual caso per, prima di procedere alla vendita o alla donazione, si doveva
avere il beneplacito della Credenza di Asti. Eguali disposizioni erano prese
riguardo ai pedaggi, sestari, emine ed alle altre cose che si vendono a peso
od a misura e similmente riguardo alle monete, e contro i contravvenuti
alle suddette disposizioni venivano prese severissime misure. In tal modo
Refrancore passava sotto Asti.

Periodo Astigiano
Erano passati pochi giorni dalla pubblicazione di tale atto quando, il 17
dicembre 1197, veniva Refrancore investito dalla Citt di Asti ad Enrico di
Quattordio, che ricevette il possesso giurando di mantenersi sempre fedele
alla predetta Citt, che quindi continuava ad essere sempre la vera direttrice
della vita del luogo e castello di Refrancore14. Enrico di Quattordio il
primo feudatario di questa localit di cui ci sia rimasto il nome, ma non
14

Manno, op. cit. - Refr.

potremmo precisare la durata del tempo per cui rimase signore di


Refrancore, come non possiamo nominare i suoi successori, perch in
questo secolo e per due altri ancora i documenti sono scarsissimi. Dalla
investitura di Enrico di Quattordio, infatti, fino al 1292, nessun documento
ci parla direttamente di Refrancore. Quali furono le sue sorti in questo
periodo di tempo? Probabilmente esso segu le vicende politiche di Asti, n
alcun fatto notevole deve essersi verificato nella sua vita di suddito fedele,
onde la storia locale manca del tutto di fatti e di date e l'altra non che la
storia di formazione dell'abitato. L'anno 1292 moriva Guglielmo di
Monferrato prigioniero ad Alessandria in seguito alle sue lotte con gli
Astigiani e gli Alessandrini. Aveva detto Marchese, durante la lotta, tolti ad
Asti parecchi castelli onde questa, non appena la guerra venne terminata, si
affrettava a riconfermare i suoi diritti sulle antiche sue terre ed appunto in
questa occasione vediamo ricomparire Refrancore di cui Asti vanta il
possesso15.
Al principio del 1300 scoppiarono nell'astigiano accanite lotte tra Guelfi e
Ghibellini16, i primi capeggiati dalla famiglia dei Solaro, gli altri dalle
famiglie dei Guttuari, degli Isnardi e dei Turchi, lotte causate dall'uccisione
di Manuello Solaro fatta da Guglielmo Turco alle quali presero parte anche
parecchi signori esterni.
Le tre famiglie a capo dei Ghibellini avevano assunto il nome di De Castelli
a causa dei loro numerosi possessi tra i quali dobbiamo notare anche il
castello di Refrancore. Lunghe ed intricatissime furono tali lotte e siccome

15
16

Grassi, op. cit.


Grassi, op. cit.; Niccola Gabiani, op. cit., part. II, v. II.

non riguardano direttamente Refrancore, poich questo vi prese parte solo


come dominio dei De Castelli, ci limiteremo a notare i fatti che pi possono
interessarci. 11 1304 i De Castelli cacciati dalla citt ripararono nelle loro
fortezze dei dintorni ove posero forti presidi quasi sottraendole al controllo
di Asti, onde detti paesi, tra cui Refrancore, divennero covi di fuorusciti,
che non risparmiarono alcuna occasione per uscirne a molestare i Guelfi.
Nel 1308 i Guelfi mossero su Frinco tenuto dai Ghibellini e ne devastarono
le campagne. Nel ritorno, giunti al ponte della Versa, incontrarono una
cinquantina di militi fuorusciti, che inseguirono fino a Refrancore, parte
uccidendoli e parte facendoli prigionieri, senza per riuscire ad occupare il
Castello presieduto dai Ghibellini17. La lotta continu con alterna vicenda
talch Refrancore dovette passare, per effetto di stipulazioni di pace e di
riprese di ostilit, alternativamente sotto il diretto dominio di Asti e sotto i
De Castelli, finch la lotta non veniva a termine e la citt riprendeva i suoi
possessi ma purtroppo non pi come libero Comune ma sotto il re Roberto
d'Angi. L'anno 1355 Carlo IV di Boemia veniva eletto imperatore il 6
maggio dello stesso anno nominava il Marchese Giovanni di Monferrato
suo Vicario imperiale e gli concedeva amplissime investiture tra cui anche
il paese di Refrancore.
L'anno dopo, il 19 giugno 1357, col consenso di Carlo IV, Refrancore e
Quattordio passavano ai signori di Masio, Ottone e Bernardino Guttuari.

17

Ibid.

Periodo Milanese e Monferrino fino al 1500.


Quando Gian Galeazzo Visconti, che si era impadronito di Asti e del suo
contado diede, l'anno 1387, la figlia sua Valentina in isposa a Luigi
d'Orleans fratello di Carlo VI di Francia, assegnava a lei una cospicua dote
consistente in 400.000 fiorini d'oro, con la citt di Asti e le sue pertinenze,
tra cui anche Refrancore, che in tal modo passava sotto il dominio
francese18. Gian Galeazzo Visconti si era per riservato di succedere a Luigi
d'Orleans, se fosse venuta a cessare la discendenza maschile di lui, per cui,
essendosi verificato questo fatto, rientrava nel dominio del contado
astigiano e donava Refrancore in feudo ai Marchesi di Monferrato. Questi
non lo tennero come loro feudo diretto, ma lo cedevano in retrofeudo a vari
signori. Infatti, l'anno 1430, il marchese Guglielmo di Monferrato cedeva il
luogo di Refrancore con tutte le sue pertinenze e i suoi privilegi a Bernardo
di Valperga signore di Mazze. Il documento di investitura andato disperso,
ma noi veniamo a conoscere ci da un altro documento esistente
nell'archivio di stato di Torino, datato del 9 giugno 144919. Esso una
rettifica del marchese Giovanni di Monferrato dell'investitura fatta dal
Marchese Guglielmo a favore di Bernardo di Valperga del castello e luogo
di Refrancore. Con detto atto, tenutosi nella sala del palazzo marchionale
della citt di Casale alla presenza di numerosi testimoni, il marchese
Giovanni avendo piena notizia della investitura gi stata fatta dal Marchese
Guglielmo, come constava dall'istrumento rogato da Francesco de Medicis
di Casale, segretario del Marchese e pubblico notaio, donava, come

18
19

Grassi, op. cit.


Monferrato feudi, M. 59, n. 1

abbiamo gi detto, Refrancore a Bernardo di Valperga. Veniva cos costui


ad avere il completo dominio e la giurisdizione delle terre, cose, uomini,
onorari e pertinenze di detto luogo ricevendone la consegna, come era
regola, inginocchiato davanti al Marchese e con in mano un simbolo della
terra refrancorese.
La concessione era estesa inoltre ai suoi eredi e successori ed egli si
impegnava come era dovere di buon vassallo, a fare pace o guerra a seconda
dei voleri del Marchese, sempre restando a lui ubbidiente. Bernardo non
tenne per, dopo questa rettifica, a lungo il dominio di Refrancore, che
l'anno dopo, e precisamente il 22 luglio 1450, cedeva Refrancore con tutte
le sue pertinenze al Marchese Guglielmo di Monferrato fratello del
Marchese Giovanni. Nel frattempo erano scoppiate gravi ostilit fra i vari
stati dellItalia settentrionale onde il Marchese di Monferrato, che era in
lotta col Milanese, riusciva a togliere dal controllo degli Sforza molti
castelli del Monferrato tra cui Refrancore, che, sebbene lo avesse gi prima
in feudo pur tuttavia dipendeva in modo diretto dal ducato Milanese, che
aveva su di esso il diritto di superiorit rispetto ai marchesi monferrini, che
ne erano semplici feudatari. Rimasero per tal modo i marchesi diretti
possessori di Refrancore per circa quattro anni, 1450-1454, finch la guerra
non cess ed i contendenti non vennero alla pace. Infatti il 17 luglio 1454
veniva stipulato un trattato di pace tra Francesco Sforza, il marchese
Giovanni e i suoi fratelli, trattato che il duca di Milano inviava ai Marchesi
affinch questi lo ratificassero20. Secondo detto trattato i due contendenti
dovevano vicendevolmente rimettersi le offese; i loro sudditi potevano
20

A.S.T., Monferrato ducato.

liberamente andare ad abitare negli stati dell'uno e dell'altro e si


contemplava anche la restituzione reciproca dei castelli occupati. In tal
modo dovevano i Marchesi rimettere al duca di Milano i castelli di Bosco,
Frugarolo, Pavone, Quargnento, Solero, Refrancore, Petrosa, Rocca S.,
Quattordio cum eorum fortilitiis iuribus, pertinentiis, territoriis, furnibus,
vassallis, vassallitiis, ecc. e tutti gli altri Castelli quali erano posseduti dal
duca Filippo Maria prima della sua morte. Il 7 agosto successivo il
Marchese Giovanni a nome anche dei suoi fratelli ratificava il tutto. In tal
modo Refrancore ritornava sotto il dominio diretto dei duchi di Milano.
Costoro il 20 agosto dello stesso anno infeudavano Refrancore a Tommaso
Morone, che lo tenne fino al 1483. Morto Francesco Sforza, succedeva a lui
Galeazzo Maria, che venuto in possesso della localit di Refrancore,
volendo sempre pi riassodare l'amicizia sua col marchese di Monferrato, il
25 febbraio 1467, investiva detto marchese Guglielmo, fratello di Giovanni,
di Refrancore, alla condizione per che i privilegi di cui godevano i
Refrancoresi e dei quali parleremo a suo tempo fossero rispettati21.
Tommaso Morone, che gi teneva Refrancore dal duca di Milano,
richiedeva al Marchese Guglielmo una riconferma del suo possesso, che gli
veniva accordata poco dopo, per la quale egli diventava retro feudatario dei
Marchesi di Monferrato.
L'anno 147022 tra Refrancore, il monastero di S. Agnese di Asti e la
comunit di Annone, scoppiarono delle discordie riguardo a certi boschi che

21
22

A.S.T., Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc n. 32.


A.S.T., Monferrato feudi, M. n. 59, doc. n. 2.

quelli di Annone avevano danneggiato sul territorio refrancorese e posti ove


attualmente si trova la chiesa della Maddalena. Di tale divergenza
territoriale, che per qualche tempo agit il paese di Refrancore. Si conserva
una relazione di tal Francesco Carena con la quale questi veniva ad
informare il consiglio marchionale di Monferrato riguardo alla suddetta
contestazione. Dietro sentenza del Marchese quelli di Annone risarcirono i
refrancoresi del danno promettendo di non pi molestarli per l'avvenire. Nel
frattempo la situazione in Refrancore restava invariata che Tommaso
Morone ne aveva sempre il dominio come retro feudo, il Marchese di
Monferrato come feudo da parte del Milanese, tanto vero che il 26
novembre 1477 il marchese Guglielmo prendeva, anche a nome dei suoi
figli e successori, una nuova investitura di Refrancore dalla duchessa
Bianca, tutrice del suo figliuolo Giovanni Galeazzo Maria Sforza 23.
Finalmente, l'anno 1483, possiamo registrare parecchi cambiamenti nella
storia refrancorese. Il marchese Guglielmo VI del ramo Palelogo moriva in
Casale il 28 febbraio e a lui seguiva il fratello Bonifacio IV. Questi, volendo
conservare il suo feudo di Refrancore24, nominava il 2 aprile dello stesso
anno Giorgio Natta, suo vicario consigliere ed oratore, come procuratore e
nunzio presso Gian Galeazzo Sforza duca di Milano per richiedergli
l'investitura di Refrancore e per prestare il giuramento di fedelt. Il feudo
venne concesso dal duca di Milano al Marchese monferrino. Intanto
Tommaso Morone, che aveva continuato a tenere in retro-feudo il luogo di
Refrancore, lo cedeva nel luglio successivo a Defendente Suardi di

23
24

A.S.T., Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 32.


A.S.T., Monferrato feudi..

Bergamo, senescalco del marchese di Monferrato. Defendente Suardi l'8


luglio riceveva dal suo signore ordine di recarsi a Milano per ottenere dal
duca l'investitura di Refrancore, che doveva per l'innanzi essere suo. And
lo Suardi a Milano e il 18 agosto richiedeva al duca Gian Galeazzo Maria in
nome del Marchese, suo signore, l'investitura di Refrancore nella forma
delle precedenti, il che veniva dal duca concesso 25.
L'11 ottobre dello stesso anno 1483, siccome il Marchese Bonifacio
intendeva disfarsi del feudo di Refrancore, o per lo meno alienarlo,
chiedeva ed otteneva dal duca l'investitura per s, eredi e successori e per le
persone cui lo avrebbe dato, salva sempre la licenza del duca 26.
Riuscito nel suo intento, il marchese Bonifacio alienava Refrancore a
Costantino Comneno principe di Macedonia, che ricevette rinvestitura dal
Marchese, investitura che fu poi rinnovata da Anna di Alenxon
marchesanadi Monferrato.
Il 19 ottobre il duca Gian Galeazzo Maria aveva concesse le patenti al
Marchese per potere appunto procedere a detta alienazione il cui diritto
spettava al duca di Milano. Tale stato di cose dur a lungo a Refrancore.
L'anno 1492, l'illustrissimo Marchese Bonifacio di Monferrato e Maria sua
consorte, volendo investire il loro secondogenito del feudo di Refrancore,
facevano al riguardo una supplica al duca di Milano27. Il 4 maggio dello
stesso anno il duca accordava il suo beneplacito, avendo avuto al riguardo
anche il consenso di Lodovico Maria Sforza28. Potevano i marchesi, per
effetto di questa concessione, infeudare Refrancore non solo al loro
25

A.S.T., Monferrato feudi, protocolli.


A.S.T.,Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 32.
27
A.S.T., Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 32.
28
A.S.T., Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 2.
26

secondogenito, ma anche a tutti quelli che avessero voluto, purch non


fossero ribelli, con quelle clausole e a quelle condizioni che meglio avessero
creduto. Dovevano per sempre riconoscere, rispetto al luogo di Refrancore,
la superiorit del duca di Milano e inoltre non dovevano reputarsi liberi dai
doveri e dalle obbligazioni che essi avevano verso detto Duca. Dallaconcessione risulta chiaramente che Refrancore non spettava di diritto ai
marchesi di Monferrato, ma come abbiamo gi detto altre volte, al duca di
Milano. Infatti, subito al principio, si dice: ... Inter coetera oppida, quae
ab illustrissimis quondam progenitoribus nostris, Mediolani ducibus, et a
nobis in feudum recognoscit illustrissimus dominus Bonifacius Marchio
Montisferrati, Refrancoris oppidum comprehenditur... .
Ritornando al Principe Costantino Comneno di Macedonia, retrofeudatario
di questo luogo, possiamo affermare ch'egli fu uno dei signori che pi a
lungo godettero del dominio refrancorese. Sebbene avesse sempre rispettati
i diritti e i privilegi dei refrancoresi, nondimeno nel 1507 e al principio del
1508 scoppiarono alcune discordie tra detto principe e la comunit, riguardo
all'esazione delle tasse, discordie che vennero sedate per l'intervento del
senato milanese, onde venne eliminato ogni screzio tra i refrancoresi e il
loro feudatario. Nel frattempo, in seguito alle lotte che infierivano in Italia
in quel tempo, Massimiliano figlio di Lodovico il Moro riusciva a diventare
duca di Milano. Il Marchese Guglielmo di Monferrato, siccome la sua casa
aveva fino allora tenuto Refrn core in feudo dal duca di Milano, si
affrettava a chiedere al nuovo duca l'investitura del Castello e comunit di
Refrancore nella forma nella quale gi l'avevano ottenuta i suoi
predecessori. Infatti, l'anno 1514, il 2 di gennaio, detto marchese nominava
Andrea Cossa come suo procuratore per recarsi presso il duca Massimiliano

Sforza Visconti, e ricevere, a nome suo, l'investitura di Refrancore


unitamente ai feudi di Felizzano e Cassine. Il duca diede l'investitura,
riservando come sempre la supremazia di Milano su Refrancore, e ricevendo da Andrea Cossa, a nome del Marchese, il giuramento di fedelt.
Costantino Comneno a sua volta riceveva quindi dal Marchese in retrofeudo
il paese e castllo di Refrancore. Venuto in seguito a morte il marchese di
Monferrato, Costantino Comneno, che doveva mantenere in suo possesso il
castello di Refrancore, ne chiedeva l'investitura alla Marchesa Anna di
Monferrato, investitura che gli veniva accordata l'anno 1521 con due atti,
l'uno del 20 aprile e l'altro dell'8 agosto. Il principe Comneno aveva a ci
deputato e nominato come suo procuratore certo Don Alberto Bobba, che,
recatosi a Casale a nome del suo signore, riceveva come abbiamo detto il
castello di Refrancore con le sue pertinenze e con tutti i privilegi di cui tal
castello era dotato. L'anno dopo Refrancore venne a trovarsi sotto un nuovo
signore. Infatti Costantino Comneno vendeva l'anno 1522 il feudo di
Refrancore a Mercurino Arborio da Gattinara gran Cancelliere dell'impero.
Aveva Mercurino sposata a 16 anni Andreetta Avogadro e laureatosi in
legge a Torino divenne gran Cancelliere dell'imperatore Carlo V, che serv
per 12 anni. Rimasto vedovo divenne cardinale e mor ad Innsbruk il 5
maggio 1530. Fu conte di Gattinara, di Andrate, Borgomanero, Ghemme,
Sartirana, Valenza, barone di Ozzano, signore di Refrancore, Gislarengo
ecc.; ebbe feudi anche in Sicilia. Carlo Rornate nella sua storia di Mercurino
dice: Mercurinus, Caesaris iussu, ab ipso duce Francisco Sforcia obtinuit
in feudum, pro se et heredibus et quibus dare volet, comitatus Valentiae et
Sartiranae cum promissione suplendi usque ad summam sex milium
aureorum

anni

redditus

pro

quorum

supplemento

obtinuit

inde

Marchionatum Romagnanum cum valle Sicide et ultra haec ex pecuniis


gratia Caesaris congestis emit Mercurinus in Marchionali Montisferrato ab
illustri Constantino Cominati principe Acaje locu et castra Ozzani, terricule
rippulta et inde etiam ab eodem emit castrum et locum Refrancoris obtento
prius Caesaris gratia illius directo dominio ut nullum alium recognosceret
superiorem nisi sacrum romanum imperium . Infatti nel 1522, il 2 luglio,
Francesco Sforza, duca di Milano, concedeva il permesso a Mercurino di
acquistare Refrancore affermando che tal paese era sempre stato dei duchi
di Milano e che Costantino lo aveva in retrofeudo 29. La concessione a
Mercurino valeva anche per gli eredi e successori maschi e femmine e
riguardo a Refrancore si dice concedersi quel diritto di superiorit e diretto
dominio che competeva al duca, di modo che non si dovesse pi in seguito
ricorrere al duca per le piccole questioni civili, bens al nuovo signore. Tra
le altre clausole apposte all'atto, vi era quella con la quale si riservava il
beneplacito dell'imperatore. Perci Mercurino Arborio, il 12 dicembre 1522,
dietro personale richiesta, otteneva le patenti di confermazione cesarea,
nelle quali patenti si diceva che nell'investitura da darsi dagli imperatori ai
duchi di Milano, si doveva intendere sempre salva la donazione e
concessione cesarea, ancorch nelle investiture non fosse ci espresso come
risulta dalla detta confermazione30. Qualche anno dopo Mercurino Arborio
riotteneva dall'imperatore Carlo V, la riconferma dell'investitura del feudo
di Refrancore per s ed eredi, con tutti i privilegi di cui il paese godeva, con

29

A.S.T., Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 32; Mazzo N. 15, doc. n.
16.
30
A.S.T., Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 32; Mazzo N. 15, doc. n.
16.

atto rogato il 26 marzo 152631. Due anni dopo e precisamente nel 1528,
Carlo V volendo in certo qual modo ricompensare Mercurino Arborio per i
servizi prestati, concedeva, con un diploma, amplissimi privilegi a
Refrancore, nel quale riconfermava anche quelli gi concessi un tempo
dallo Sforza e aggiungendone dei nuovi in modo tale che Refrancore veniva
ad essere, secondo il suo volere, uno dei feudi pi privilegiati del ducato
milanese.
Refrancore venne lasciato da Mercurino alla figlia Elisa per testamento
tenuto il 23 luglio 1529 a Barcellona. Questa Elisa aveva sposato
Alessandro Lignana, da cui in seguito deriv la linea ora estinta dei
Lignana Gattinara. Essa per non tenne a lungo il feudo di Refrancore, anzi
nello stesso anno 1529 vende Refrancore nuovamente a Costantino
Comneno che ne riprende cos il possesso. Il principe Comneno, che
continuava a ritenersi come retro-feudatario dei marchesi di Monferrato,
non lasci di prendere l'investitura di Refrancore dai detti marchesi, non
ostante che tanto Francesco Sforza quanto Carlo V avessero fatta
concessione di diretto dominio su Refrancore al gran Cancelliere e quindi
lo avessero in certo modo tolto dalle dipendenze dei marchesi di
Monferrato32. A sua volta il marchese Giorgio di Monferrato, volle
ristabilire le condizioni che vigevano rispetto al feudo di Refrancore nel
tempo precedente il dominio di Mercurino Arborio e farsi feudatario di tale
luogo, onde il 5 ottobre 1531 nominava suoi procuratori Don Francesco
Scozia consigliere di Murisengo e Alessandro di Montiglio i quali
31
32

A.S.T., Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 27.


A.S.T., Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 32.

dovevano presentarsi a Francesco Maria Sforza Visconti duca di Milano e


chiedere a nome suo l'investitura di Refrancore e prestargli il giuramento di
fedelt. Veniva poco dopo a morte Costantino Comneno che lasciava erede
nel feudo di Refrancore il figlio suo Aramito. Costui, seguendo l'esempio
del padre, chiese al marchese di Monferrato l'investitura che gli venne
concessa il 20 febbraio 153233. Impedito quel giorno da vari motivi, non
aveva potuto recarsi personalmente a Casale onde aveva nominato come
suo procuratore, certo Don Francesco Scozia, consigliere del Marchese, che
ricevette a nome suo il possesso di Refrancore con atto di umile omaggio.
La concessione fu accordata dal Marchese Giorgio, alla presenza di
numerosi testimoni, nel palazzo marchionale dopo un attento esame delle
testimonianze. L'investitura era nella forma, simile a quella che anni prima
aveva ottenuto Costantino Comneno dalla marchesa Anna di Alenxon e
abbracciava il castello e il paese di Refrancore con la giurisdizione,
pertinenze e dipendenze. Promise Francesco Scozia, a nome di Aramito, di
essere buono e fedele vassallo e di non tramare mai alcunch ai danni del
Marchese e di curarsi in modo speciale dei Refrancoresi che si erano sempre
dimostrati buoni sudditi. L'anno dopo 1533 Aramito Comneno otteneva dal
Marchese una riconferma alla suddetta investitura del feudo di Refrancore e
il 14 novembre 1534, volendo dimostrarsi buon vassallo, non pago di avere
gi avuta l'investitura dal marchese di Monferrato, supplicava il duca di
Milano Francesco Sforza a riconfermarlo nel suo possesso rimanendo
soddisfatto nella sua domanda34. Infatti, Francesco Sforza, viste le
33
34

A.S.T., Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 3.


A.S.T., Paesi ecc.., Mazzo N. 15, doc. n. 4.

precedenti donazioni di Refrancore fatte dai marchesi di Monferrato, cedeva


ad Aramito e a tutti i suoi successori ed eredi maschi e femmine il luogo di
Refrancore col castello, paese, giurisdizione, edifizi, pedaggi, case,
cascinali, terre, prati, vigne, orti, gerbidi, selve, mulini, corsi d'acqua ecc.;
concedeva inoltre il diritto di caccia, i ripatici e tassa di vendita di terre,
successioni, bandi, pene, fischi, fodri ed oneri reali e personali. Aramito
per assicurava la partecipazione dei Refrancoresi, alle guerre che il
marchese di Monferrato e i duchi di Milano avrebbero in avvenire fatte
contro nemici comuni. Nello stesso anno 1534 il duca Carlo III di Savoia,
essendo venuto a sapere che si voleva dare al duca di Milano il diretto
dominio di Felizzano, Cassine e Refrancore (terre che secondo il duca Carlo
per nulla spettavano direttamente al Milanese facendo esse parte del
contado alessandrino e feudi dei marchesi di Monferrato) inviava al suo
ministro presso l'imperatore Carlo V istruzioni a ci riguardanti35. Doveva il
ministro supplicare l'imperatore affinch questi ritardasse la concessione di
tali terre al duca di Milano, essendo esse, come diceva il duca Carlo, del
marchese di Monferrato almeno fino alla totale istruzione del processo
vertente sul marchesato, poich tale concessione al duca di Milano sarebbe
stata pregiudiziale non solo alle comunit suddette, ma anche ai pretendenti
al marchesato.
Tutto questo era nato per la morte avvenuta nel 1533 del marchese Giorgio,
ultimo del ramo Palelogo del Monferrato col quale veniva a cessare nei
marchesi il diritto sui tre paesi suaccennati, diritto spettante solo ai
Paleologi per le investiture che essi avevano ricevute nei tempi passati dai

35

A.S.T., Monferrato ducato, M. 19, n. 11.

duchi di Milano e dagli imperatori. Tali terre dovevano quindi ritornare a


buon diritto al ducato milanese, ma a ci si opponevano naturalmente tutti i
pretendenti al Marchesato fra i quali vi era anche per l'appunto il duca Carlo
III di Savoia, il quale, naturalmente, aveva tutti gli interessi che i tre paesi a
cui abbiamo accennato non fossero distaccati dal resto del Marchesato.
Alcuni anni dopo, precisamente l'anno 1546, Aramito Comneno chiedeva
all'imperatore Carlo V la facolt di poter ipotecare ed alienare il castello
feudo di Refrancore per poter pagare i suoi debiti e per poter impiegare il
sovrappi ad assegnare la dote a sua sorella 36. L'imperatore, vista la fedelt
di Aramito e riconosciuti i servigi da lui resi non solo verso la sua persona,
ma anche all'impero, specialmente nelle guerre alle quali detto principe
aveva preso parte coi refrancoresi dando prova della sua abilit, e lo stato di
necessit presente in cui Aramito versava, concedeva, il 22 novembre dello
stesso anno, detto permesso. Naturalmente doveva essere salva la sua e la
imperiale superiorit rispetto al luogo di Refrancore, come pure dovevano
essere rispettati tutti i diritti feudali. Vi era inoltre apposta la clausola per la
quale, tutto quello che Aramito avesse ricavato dalla vendita oltre la somma
di 4000 scudi d'oro, dovesse essere adoperato per assegnare la dote a sua
sorella. All'atto di grande importanza aveva preso parte, oltre o molte
persone di Refrancore, anche il vescovo di Asti.
L'anno dopo il 30 giugno 1547, il principe Aramito Comneno, come unico
signore e padrone del castello di Refrancore, vendeva detto castello a
Leonardo Tocco, suo nipote, con tutte le pertinenze e dipendenze per il
prezzo di 8000 scudi d'oro d'Italia37.
36
37

A.S.T., Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 5.


A.ST., Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 6.

Detta somma veniva assegnata dal compratore ad Elena Comneno, sorella


di Aramito, come abbiamo gi detto per residuo dote ed intero pagamento di
questa.

La famiglia Tocco
In tal modo, l'anno 1547, compare nella storia di Refrancore la famiglia
Tocco che tenne il luogo fino al 1829. Per tal vendita protest il nipote del
Gran Cancelliere dell'Impero Mercurino Arborio, che come sappiamo era
stato feudatario di Refrancore, che era conte di Gattinara e che vantava
ancora qualche pretesa su Refrancore adducendo a pretesto che non si era a
lui chiesta licenza38. Non si sa stabilire con qual diritto detto conte
pretendesse ci, fatto sta che il principe Leonardo Tocco fu costretto ad
avere il beneplacito dal detto Conte e a prestargli il giuramento di fedelt il
5 gennaio 154839. In tal modo i Tocco non venivano ad essere vassalli
diretti del duca di Milano o dell'imperatore, ma bens retrofeudatari della
casa di Gattinara per quanto riguarda il castello e le sue dipendenze, mentre
Refrancore paese, spettava al ducato Milanese. A prova di questo basti
addurre il fatto che nel 1561, essendo stato imposto al principe Tocco di
pagare un'annata di tassa al ducato Milanese, egli rifiutava, adducendo a
pretesto di non dipendere direttamente da Milano e di non essere diretto
signore di Refrancore, ma semplice retrofeudatario40. Gli abitanti di
Refrancore invece e quindi il paese in genere, furono sempre considerati
come appartenenti ai duchi di Milano come appare da varie dichiarazioni e,
tra le altre, da quella senatoria del 23 febbraio 1568, anche se talvolta essi
38

A.S.T., Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 32.


A.S.T., Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 32.
40
A.S.T., Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 33.
39

avessero in varia guisa tentato di sottrarsi ai carichi41. Intanto era venuto a


morte Leonardo Tocco e la direzione degli affari veniva assunta da sua
moglie Graziosa, madre di Francesco, Giovanni e Costantino ancora in
minore et. Essa il 26 aprile 1569 affittava il feudo di Refrancore, castello,
beni e redditi, ma l'anno dopo doveva sostenere una lunga causa contro il
regio fsco per il dominio di detto paese42. Il regio fisco voleva togliere a
Graziosa Tocco il feudo di Refrancore, adducendo a pretesto che essa non
era legittimamente sposata a Leonardo Tocco e che quindi, dopo la morte di
quest'ultimo, non poteva far valere pi alcun diritto, pretendendo inoltre che
Refrancore venisse dichiarato feudo vacante.
La causa fu dibattuta a Milano ed il 9 marzo 1570 fu data la sentenza, per la
quale, i pretesti del fsco erano respinti, risultando che Francesco, Giovanni
e Costantino erano stati legittimati per subsequens matrimonium avvenuto
innanzi alla morte di Leonardo e che quindi tanto essi come la madre loro
dovevano mantenersi nel feudo di Refrancore e, se era necessario, dovevano
essere reintegrati nei loro possessi. Questo stato di cose continu a durare
per parecchio tempo a Refrancore finch, essendo Francesco, Giovanni e
Costantino pervenuti a maggiore et, la madre loro, Graziosa spart fra essi
il dominio refrancorese, onde a ciascuno tocc una parte di questo feudo 43.
Essi governarono cos per parecchio tempo e si consideravano come
feudatari del duca di Milano poich il Conte di Gattinara aveva deposto le
sue pretese circa il dominio di Refrancore; e che i Tocco dipendessero sul
principio del 1600 dal ducato milanese ci attesta un rescritto senatoriale

41

A.S . T . , Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 32.


A.S.T., Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 7 .
43
A.S.T., Paesi, ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 8.
42

dell'11 dicembre 1614, in cui il senato Milanese afferma essere Refrancore


del dominio di Milano44. Costantino I nel frattempo era venuto a morte e gli
era succeduto nel possesso di un terzo del castello e beni di Refrancore il
figlio Costantino II, che per mor poco dopo senza lasciare discendenti e
cedendo la sua parte di feudo allo zio suo paterno Giovanni Tocco. Venne
quindi Giovanni Tocco ad avere due terzi del dominio di Refrancore. In
seguito alle lotte tra casa Savoia e il ducato milanese che infierivano in quel
tempo, Refrancore venne occupato dalle truppe del duca di Savoia e da
questi tenuto per qualche anno. Avvenuta la pace nel 1617, i principi Tocco
brigarono per riavere il loro dominio e quando seppero delle restituzioni che
casa Savoia intendeva fare dei castelli occupati durante la lotta, nominarono
come loro procuratore certo Cesare Osiis di Refrancore, che doveva
appunto ricevere a nome loro nuovamente il possesso. Giovanni Tocco
aveva gi scritto precedentemente, a tal riguardo, al podest di Refrancore
con lettera datata del 24 marzo 1618, pregandolo di avvertirlo circa il giorno
prestabilito per la restituzione, onde poter ricevere nuovamente il suo feudo.
Sappiamo infatti ch'egli aveva di gi inviata il 13 marzo una deputazione a
Refrancore e in questa occasione aveva nominato per l'appunto come suo
procuratore il suaccennato Giulio Cesare Osiis.
La restituzione, avvenuta il 4 aprile 1618, si tenne sul piazzale del
Castello45. Il colonnello dei Carabinieri Paolo Emilio degli Asinari, che
teneva il castello d'ordine di sua Altezza Sabauda, fatte mettere le sue genti
in armi, ordin loro di uscire dal castello rimettendo all'Osiis le chiavi di
questo e ridonandogli il pieno possesso di tutto. Nel castello, dopo la sua
44
45

A.S.T., Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 32; Mazzo N. 15, doc. n. 9.
A.S.T., Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 10.

partenza, altro non restava di armi che un piccolo mortaio, una bombarda e
qualche moschetto.
Alcuni anni dopo, nel novembre 1626, moriva Giovanni Tocco lasciando
suo erede il figlio Carlo. Costui si rec a Refrancore il 29 novembre 1628
per prendere possesso di due delle tre parti del feudo refrancorese, che la
terza parte spettava al cugino suo Leonardo II figlio di Francesco Tocco46.
Gli uomini di Refrancore si erano radunati in casa Platone, che in quel
tempo, per essere una delle pochissime case signorili del paese, serviva per
trattare i pubblici affari, e ricevuto il principe Cario lo riconobbero come
loro signore.
Recatisi quindi nella Chiesa parrocchiale ed essendo Carlo salito su di una
cattedra all'uopo costruita, ricevette dai refrancoresi il giuramento di fedelt,
che gli venne prestato con tutti gli onori. Il 18 dicembre 1628 il principe
Carlo dava procura a don Carlo Grande per ottenere dal governo di Milano
l'investitura di Refrancore come nuovo padrone di due terzi del feudo e per
prestare il giuramento di fedelt47. Passi analoghi faceva il cugino suo Leonardo IL il quale nomin come suoi procuratori Alessio Mondo di Annone e
Domenico Mortara di Refrancore, che dovevano recarsi a Milano e ricevere
a nome suo il possesso di un terzo del castello e luogo di Refrancore 48.
Ci avveniva il 19 dicembre 1628. Nel dicembre dello stesso anno, Carlo
Tocco affittava due delle tre parti del feudo di Refrancore beni e redditi a
Gaspare Cacherano unitamente al forno e a tutte le terre di ogni specie che

46

A.S.T., Paesi, ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 12.


A.S.T., Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 32; Mazzo N. 15, doc. n. 13.
48
A.S.T., Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 15.
47

egli aveva nel territorio refrancorese49. Il fitto era di 1050 scudi annui e
l'affittamento doveva durare nove anni. 1 principe Carlo si riservava nei
castello l'abitazione che allora era del podest e le terre delle prigioni.
Due anni dopo Refrancore era colpito da un terribile flagello la peste 50.
Questa era scoppiata nel Milanese apportata dalle truppe tedesche calanti in
Italia per le lotte che allora si sostenevano per la successione al ducato di
Mantova. In breve essa dilag in tutta Italia facendo strage degli abitanti e
spopolando citt e campagne. Refrancore non fu esente dal flagello che dur
parecchio tempo e la sua popolazione fu dimezzata.
Cessata la peste, essendo per questa morti quasi tutti i pi assennati
refrancoresi e non restando in vita che uomini inesperti nel maneggio della
cosa pubblica, questi non seppero reggere convenientemente la comunit,
per il qual fatto Refrancore venne incorporato dalla provincia di Alessandria
contro ogni diritto e venne in tal modo a perdere quasi tutti i suoi privilegi.
Non si era ancora persa l'eco di tale flagello, che il paese ripiombava in una
nuova rovina. L'Europa era in quel tempo sconvolta da lotte a cui
partecipavano quasi tutte le nazioni. Era la guerra dei trent'anni 1618-1648
alla quale il Piemonte fu costretto a prender parte dietro pressione della
Francia contro l'Austria e la Spagna. Le truppe francesi calatesi nel 1635 in
Piemonte si posero agli ordini di Vittorio Amedeo movendo con lui alla
conquista del Milanese.

49
50

A . S . T . , Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 14.


A . S . T . , Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 27.

Fu appunto in tale anno che Refrancore, appartenente al ducato di Milano,


venne assediato dalle truppe franco-piemontesi in gran numero di passaggio
per questa localit e soggiogato ben presto dal loro numero soverchiante 51.
Per effetto dell'assedio e degli assalti a cui fu sottoposto, il castello di
Refrancore cominci ad andare in rovina e questo fatto segna il principio
della sua decadenza. I refrancoresi si risentirono col principe Tocco, che,
non ostante il pericolo in cui incorreva il paese, pur essendone signore, se
ne stava tranquillamente a Napoli senza curarsi di dirigere le opere
difensive e a lui imputarono la capitolazione avvenuta come abbiamo detto
in breve spazio di tempo. I principi Tocco, da questo momento, non furono
pi ben visti dalla popolazione, che sovente ricorreva a Milano contro di
essi osteggiando anche ogni loro decreto. Infatti, tra l'altro, l'anno 1658, il
magistrato straordinario, dietro supplica dei refrancoresi, emanava un editto
per cui veniva annullato il bando fatto dai principi Tocco circa la proibizione della caccia52. Il 25 giugno 1664 Don Carlo Tocco, che come abbiamo
detto si trovava in possesso di due delle tre parti del feudo di Refrancore,
trovandosi senza figli, donava al nipote suo Antonio I Tocco, figlio di
Leonardo TI, tutti i suoi diritti sul feudo beni e redditi di Refrancore volendo, come dice egli stesso, dare al nipote suo una dimostrazione di affetto,
che costui essendo suo successore legittimo sarebbe naturalmente entrato
dopo la sua morte nel dominio Refrancorese anche se non avesse fatta la
suddetta donazione53. Questa si estendeva non solo ad Antonio, ma anche ai
suoi eredi e successori. Il 28 giugno 1666, Antonio Tocco, al quale
51

A . S . T . , Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 27.


A.S.T., Paesi di nuovo acquisto dell'alessandrino, Mazzo N. 15,
doc. n. 32.
53
A.S.T., Mazzo N. 15, doc. n. 17.
52

spettavano tre parti del feudo di Refrancore, ne donava due al figlio


primogenito Leonardo III e la terza al secondogenito Giuseppe54. Leonardo
III gi prima della donazione aveva amministrato i l feudo di Refrancore
come appare da parecchi documenti. Infatti dovendo al principio del 1666
prestare come amministratore un giuramento di fedelt a Carlo II re di
Spagna e siccome la sua posizione rispetto al luogo di Refrancore non era
ancora bene definita, nominava l'abate Agnese come suo procuratore per
recarsi presso il duca di Milano, a fine di ottenere una proroga di qualche
mese per prestare il giuramento55. L'abate Agnese, recatosi a Milano,
riusciva ad ottenere detta proroga e il giuramento di fedelt poteva quindi
essere prestato l'anno seguente ili 1667. Nel frattempo, avendo, come
abbiamo detto, Leonardo ottenuto dal"padre in dono due terzi del feudo di
Refrancore, nominava nuovamente l'abate Agnese come suo procuratore il
25 settembre 1666 per prendere direttamente il possesso del Castello di
Refrancore, che in quel tempo andava gi in rovina 56.
Il giorno dopo l'abate Agnese, radunato il Consiglio Comunale refrancorese
e una rappresentanza della comunit, prendeva possesso del luogo a nome
del suo signore, invitando i refrancoresi a prestare giuramento di fedelt57.
Leonardo Tocco riusciva quindi ad avere dal Governatore di Milano a nome
di Carlo II di Spagna l'investitura del feudo d Refrancore il 24 novembre
1667 e fu appunto in questa occasione ch'egli per mezzo dell'Abate Agnese
prestava il giuramento di fedelt al Re di Spagna, giuramento che veniva da

54

A.S.T., Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 18.


A.S.T., Paesi ecc., Mazzo n. 15, doc. n . 32.
56
A.S.T., Paesi ecc., Mazzo n. 15, doc. n. 19.
57
Idem.
55

lui stesso ratificato il 14 gennaio 166858. Occorre ora accennare ad un'altra


questione riguardante il feudo di Refrancore che ci permetter di
comprendere certi avvenimenti di storia locale e ci spiegher l'origine di
parecchi dissidi.
Il principe Carlo Tocco, che abbiamo gi pi volte incontrato nel corso di
questa nostra narrazione, aveva una sorella, Costanza, la quale era andata
in prime nozze spola al marchese Antonio Ragliani. Non avendo Carlo in
questa circostanza disponibile una somma sufficiente per poter pagare
interamente la dote alila sorella dava ad Antonio Bagliani, come pegno per
la restante dote da pagarsi, le due parti del feudo di Refrancore, che aveva
gi lasciate al nipote suo Antonio e che alla morte del marchese toccarono
l'una al figlio l'altra alla figlia sua, non avendo fino allora potuto il principe
Carlo disimpegnarle. Costanza pass poi in seconde nozze a certo
Giordano Arinuzzo il 25 febbraio 166959 il quale, non avendo a sua volta
ricevuto dal cognato l'intero pagamento della dote, cominci a vantar
pretese su una parte del feudo di Refrancore, pretese che non vennero prese
in considerazione e che finirono poi per estinguersi naturalmente. Nel
frattempo era venuta a morte Anna Maria Corradina Bagliani, figlia di
Antonio Bagliani e di Costanza Tocco, alla quale come sappiamo era stata
assegnata dal padre una parte del feudo di Refrancore. FI Regio fsco alla
sua morte pretese che la parte di Refrancore, spettantele, essendo essa
morta senza eredi, dovesse restare libera e disponibile e che potesse quindi
essere messa in vendita al maggiore offerente60.

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A.S.T., Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 32.


A.S.T., Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 21.
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A.S.T., Paesi ecc., Mazzo N. l5, doc. n. 16.
59

La famiglia Platone, che fungeva in tal tempo da agente dei Tocco, si


affrettava allora ad avvertire tanto Carlo quanto Leonardo i quali si
interessarono subito vivamente della questione61. Infatti se detta porzione di
feudo fosse stata dichiarata vacante e alienabile essi ne avrebbero ricevuto
un grave danno, che avrebbero dovuto anche ammettere in Refrancore un
nuovo signore. D'altra parte li interessava anche moltissimo un'altra
questione sorta quasi contemporaneamente. Essi nonostante che la famiglia
Bagliani tenesse due parti del feudo di Refrancore, pur tuttavia, erano
considerati i veri feudatari del luogo e come tali dovevano continuare a
prendere l'investitura dai duchi di Milano. Ora accadde che essi
dimenticarono di prendere detta investitura dal governatore di Milano, per il
qual fatto, il Regio Fisco, approfittando anche di questo, pretese che tutto il
feudo di Refrancore venisse dichiarato vacante del tutto e unito alla
provincia di Milano dalla quale dipendeva.
I principi Tocco si opposero vivamente a ci e la causa fu dibattuta per
parecchi anni innanzi al magistrato di Milano tra il 1658 e il 1669. Essi
cercavano in mille guise di scusare la loro dimenticanza, adducendo anche
a pretesto che negili ultimi anni tanto la peste quanto la guerra avevano
molto scossi gli animi e fatto dimenticare molte usanze e molti obblighi. In
ci erano anche appoggiati dal marchese Bagliani, che aveva tutti gli
interessi a che i Tocco continuassero ad avere il feudo di Refrancore, per
poter a sua volta conservare le parti di questo spettantegli. Fatto si che,
dopo lunghi dibattiti, i principi Tocco riuscirono a spuntarla sul Regio
Fisco, conservando in tal guisa il loro possesso e facendo in modo che tutto
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A.S.T.. Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 21.

quello che aveva appartenuto alla defunta Maria Corradina Bagliani


andasse al fratello suo, dal momento che il residuo dote della madre loro
non era ancora stato del tutto pagato. L'anno 1679, per comando della Real
Giunta di Milano del 9 gennaio, veniva pubblicata una grida per la quale
dovevano i sindaci di Refrancore fare la consegna del castello e della
comunit62. Essi risposero immediatamente, enumerando i beni feudali
appartenenti al castello, affermando esser questo in istato di abbandono per
effetto delle guerre e della peste, e nella stessa occasione certo Carlo
Francesco Platone e certo Giacomo Francesco Sillano notificarono di avere
in affitto dai principi Tocco, residenti a Napoli, tutte le terre che essi
possedevano in Refrancore sia prative che arative, vigne, boschi, osteria,
forno al prezzo di L. 1500 di Milano, due parti delle quali venivano pagate
al Marchese Bagliani, l'altra ai principi Tocco. Costoro non incontravano il
favore popolare e, in certe circostanze, venivano osteggiati unitamente ai
loro agenti, tant' vero che la leggenda popolare dice che uno degli ultimi
rappresentanti dei principi sia stato ucciso in Refrancore da uno del popolo
stanco per gli infiniti soprusi che doveva sopportare. La leggenda del
tutto erronea per quanto riguarda l'uccisione, ma per lo meno significativa quando ci fa vedere come questi feudatari fossero odiati. Se i
principi erano poco ben visti i loro agenti pure, poich solevano abusare
troppo del potere loro affidato. A prova di ci si potrebbero addurre molti
fatti; basti citare una supplica dell'anno 1669 con la quale la comunit di
Refrancore prega i principi di provvedere a che il loro procuratore ed
agente Angelo Sillano non abusi del suo potere contro il popolo di
Refrancore.
62

A.S.T.. Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 23.

Il Marchese Bagliani, che si trovava in possesso di due parti del feudo di


Refrancore per ragioni di pegno come residuo dote della madre sua
Costanza, veniva il 14 febbraio 1691 ad avere anche la terza parte. I Tocco,
da qualche anno per ragioni finanziarie diverse, si astenevano dal pagare
alla ducal Camera di Milano certe tasse dovute dal feudo. Il Marchese
Bagliani allora venne in loro aiuto, pag per essi l'intera somma ricevendo,
come estinzione debito, dal principe l'ultima parte del feudo di Refrancore e
divenendo cos unico padrone del luogo, pur riconoscendo su detto paese la
supremazia dei Tocco che ne erano nominalmente feudatari e che potevano
riscattarlo da un momento all'altro.

Passaggio di Refrancore sotto Casa Savoia


L'anno 1703, in seguito al trattato di Vienna, il paese di Refrancore,
unitamente al contado alessandrino, passava sotto Casa Savoia, per solo
nominalmente che di fatto, per qualche tempo ancora, fu considerato da
molti come appartenente al ducato di Milano63. A prova possiamo citare il
fatto che il 4 luglio 1704 il governatore di Milano accordava ad Antonio
Bagliani che si considerava come padrone del luogo, quale feudatario per
concessione di Filippo V, re di Spagna, una proroga di sei mesi per prestare
il giuramento di fedelt per il feudo di Refrancore, che in tal caso era
evidentemente considerato ancora appartenente al milanese64. Qualche
tempo dopo detto marchese, che continuava ad essere in possesso del feudo
e rendite di Refrancore per ragione di pegno ed ipoteca, in ginocchiato
innanzi a M. D. Michele dell'Olmo gran cancelliere di stato di Filippo V
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A.S.T.. Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 45.


A.S.T.. Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 24.

giurava per s e per i suoi successori fedelt a detto Filippo di Spagna come
duca di Milano, promettendo di custodire il feudo di Refrancore a maggior
onore di S. M. e di non fare mai alcunch di contrario allo stato. Nel
frattempo i refrancoresi, ai quali la provincia di Alessandria voleva far
pagare forti tasse, a loro avviso indebitamente, supplicarono il Gran Cancelliere di Milano affinch dichiarasse Refrancore terra imperiale, sottraendolo
in tal modo alla provincia di Alessandria facendogli notare che, in tal caso,
detto paese avrebbe permesso le comunicazioni con le altre terre imperiali
oltre il Tanaro, tra cui la Rocca e la Rocchetta 65. Adducevano anche a
pretesto, per indurlo a fare detta affermazione, che attraverso Refrancore le
truppe di S. M. avrebbero potuto in caso di necessit rapidamente portarsi a
Valenza, Casale, Verrua, Moncalvo ed Asti; infine sporgevano preghiera
affinch fosse riedificato il forte del castello, diroccato dalle precedenti
guerre, per poter dominare la vallata e affermavano che anche per il passato
il paese era stato feudo imperiale, come appariva dall'aquila imperiale posta
sulla porta del recinto delle mura e dall'esame di molte carte di investiture
dei tempi precedenti concesse dagli imperatori.
L'anno 1707, Refrancore, che non era riuscito ad ottenere i suoi intenti,
passava per definitivamente sotto Casa Savoia66. Dietro comando dei
reggenti il contado di Alessandria dovettero i Refrancoresi recarsi in detta
citt per prestar giuramento di fedelt a S. A. R. Vittorio Amedeo II. Ma
dopo il giuramento, facevano i refrancoresi aperta dichiarazione essere il
paese terra imperiale e che come tale doveva godere ancora di tutti i suoi

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A.S.T.. Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 45.

privilegi che Casa Savoia voleva abolire, senza per per il momento
ottenere nulla67.
Il Marchese Bagliani dopo il passaggio di Refrancore sotto Casa Savoia
volendo continuare ad avere il feudo, si affrettava nello stesso anno 1707 a
prestar giuramento di fedelt a S. Maest, ricevendo la conferma del suo
possesso su Refrancore68; ma se le cose sembravano ormai definitivamente
accomodate verso Casa Savoia, di fatto non lo erano. L'anno dopo quindi
cominciarono a sorgere alcune divergenze tra il ducato Milanese e la citt di
Alessandria circa il dominio su Refrancore.
Infatti alcuni commissari imperiali in una conferenza tenutasi a Milano,
pretesero che Refrancore fosse terra imperiale e che quindi dovesse essere
staccato dalla provincia di Alessandria e non compreso con questa, come si
era fatto nei trattati del 1703 e del 170769. Se si fosse riusciti a provare
questo, il paese non sarebbe stato considerato come appartenente al contado
alessandrino e quindi avrebbe continuato ad essere di Milano, conservando
tutti i suoi privilegi, che era quello che pi stava a cuore dei Refrancoresi.
Costoro, udito ci, fecero una relazione di tutto al gran Cancelliere con
relativa domanda perch dichiarasse essere Refrancore terra imperiale,
adducendo come prova di ci, come gi altra volta, varie investiture
concesse dagli imperatori a signori del luogo70. La citt di Alessandria
saputo il fatto si affrett dal canto suo a dimostrare essere Refrancore del
contado a lei soggetto, dicendo che, anche prima di essere sotto il dominio
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di S. A. R., aveva dipeso dallo stesso governatore della provincia e dallo


stesso referendario provinciale, e il 18 maggio 1708 attestava, in base a
documenti certi, che Refrancore aveva sempre concorso col contado di
Alessandria nella somministrazione delle milizie. Come conseguenza venne
nel 1709 emanato un decreto, rogato dal notaio Carlo Antonio Mortara, col
quale si ordinava che i refrancoresi dovessero da allora in poi riconoscere
per signore e padrone sua Maest Vittorio Amedeo II, stabilendo anche
gravi pene contro coloro che osassero contravvenire a tali decreti. La
questione in seguito a ci fu appianata per qualche tempo, ma la rivedremo
ben presto risorgere pi spinosa che mai e turbare per diversi anni la vita del
paese.
Nel 1711, alla morte del principe Antonio II Tocco, scoppiarono a
Refrancore gravi torbidi nella causa di devoluzione del feudo, che non si
sapeva bene a chi dovesse appartenere. Vero che il Marchese Bagliani
aveva il dominio di Refrancore ma i Tocco conservavano sempre il titolo di
feudatari e volevano nuovamente rinnovarlo. Della famiglia Tocco
restavano Leonardo IV e Niccol in minore et, figli di Antonio II; e
Francesca e Dorotea figlie di Giuseppe, la prima delle quali era divenuta
principessa di Scano e la seconda duchessa Sforza. Diamo qui per maggior
schiarimento un breve specchietto della famiglia Tocco dal momento in cui
essa venne a Refrancore fino ai fatti a cui ora accenniamo:

Leonardo

Francesco

Giovanni

Costantino

Leonardo II

Carlo e Costanza

Costantino II

Antonio I
Leonardo III
Antonio II

Leonardo IV

Giuseppe

Francesca

Dorotea

Nicol

Francesca e Dorotea vantavano pretese su una parte del feudo di Refrancore


e avevano nominato come loro procuratore certo avvocato Piccini, persona
molto subdola e che precedentemente era gi stato cacciato sotto varie accuse dallo stato pontificio, il quale doveva venire a Refrancore per far
valere i loro diritti. Venne infatti costui in paese ed appena giunto,
qualificandosi anche come auditore dei principi Tocco, sotto pretesto che
costoro erano padroni del luogo e che il titolo di possesso che il Marchese
Bagliani ne aveva avuto, sia per ragione di pegno come di ipoteca si era
spento, a quell'ora, naturalmente, si intromise di propria autorit nel
possesso di Refrancore, esigendo dalla comunit il giuramento di fedelt.
Subito dopo, venuto in urto con gli ufficiali deputati dal Marchese Bagliani,
li rimosse dal loro grado e a nome del principe ne sostitu degli altri, a suo
beneplacito, ai quali assegn anche, contro ogni diritto, degli appezzamenti

di terreno di propriet del Castello. In seguito obblig anche l'agente del


Marchese a cedere i frutti dell'agenzia e a ritirarsi da questa, e detti frutti
passati attraverso alle mani dei sindaci di Refrancore finirono poi ai principi
Tocco, che se apparentemente biasimavano il procedere dellavv. Piccini,
nascostamente ne erano soddisfatti, sperando in tal modo di poter riavere
dal marchese Bagliani il feudo di Refrancore senza ulteriori pagamenti dei
loro debiti verso di quello. Per ottenere tutto ci, il Piccini si valse di mille
pretesti, eccitando specialmente i refrancoresi, ai quali faceva intravedere la
possibilit di una situazione politica ed economica migliore che sarebbe loro
venuta da un mutamento di governo. Il popolo, facile ad essere eccitato, lo
favor nelle sue mire, ond'egli riusc a rendersi, come abbiamo gi detto,
padrone del luogo, sebbene dicesse di far tutto ci per volere dei principi.
Nel frattempo il marchese di S. Giorgio Napoletano, tutore di Leonardo IV
e di Niccol Tocco, aveva trasmessa al marchese del Pozzo alessandrino la
procura in capo, a nome degli ultimi discendenti dei Tocco, essendosi
nell'agosto ammesso l'intervento dei medesimi nella causa di devoluzione
del feudo dietro particolare esame da parte del senato milanese dei loro
diritti, affinch tutelasse i diritti dei principi suddetti. Intanto i refrancoresi
nel settembre dello stesso anno, spinti sempre dal dottor Piccini, che non
voleva perdere il terreno acquistato, inviarono una deputazione a Milano, la
quale doveva brigare presso il duca per far dichiarare Refrancore terra
imperiale e staccarla quindi dal resto del contado alessandrino.
Il conte di S. Nazaro, venuto a conoscenza di questo, il 29 settembre si
affrettava a scrivere a Torino una relazione dei fatti che accadevano a
Refrancore, facendo notare quanto fosse opportuno un intervento un po'
energico. Contemporaneamente il marchese Bagliani, che si era visto pri-

vato del suo possesso indebitamente, faceva una supplica al senato Torinese
onde venir reintegrato nel suo dominio e facendo notare tutti i soprusi e le
violenze usate verso di lui dall'avv. Piccini. Il senato torinese allora, il 19
ottobre 1711 ordinava al podest di Alessandria, tal Costantino, di recarsi a
Refrancore per esaminare la situazione e per inviarne una relazione a
Torino71. Costui venne immediatamente con una scorta di 30 armati ma non
riusc a concludere nulla, anzi si guadagn le ire del principe Tocco, che il
23 ottobre scriveva a Torino di non volere assolutamente che il podest di
Alessandria si ingerisse negli affari refrancoresi72. Intanto il conte de
Gubernatis consigliava sua Maest a voler riparare i malefatti del dott. Piccini73 onde il duca di Savoia stabiliva di porre fine ad ogni vertenza col
mandare a Refrancore un senatore con l'incarico di ristabilire l'ordine.
Scrisse quindi al conte di S. Nazaro dandogli istruzioni particolari al
riguardo e al conte della Rocca governatore di Alessandria e al senator
Foglizzo conte di S. Giorgio che doveva recarsi a Refrancore74.
Venne il senatore con una scorta armata e recatosi nella casa comunale
ordin a nome di S. Maest di avere per signore il Marchese Bagliani,
ristabilendone quindi gli ufficiali ed agenti e rimovendo dal potere il Piccini
e i suoi fautori. Invitava inoltre i Refrancoresi a pagare regolarmente la
diaria dato che, dalle informazioni inviate il 22 ottobre dello stesso anno dal
conte Rezzano, risultava che essi erano renitenti al pagamento75.

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Il 3 dicembre il marchese Bagliani veniva reintegrato nei suoi possessi, il


che irritava maggiormente i principi Tocco che avevano visto cos svanire il
sogno di avere l'intero e diretto dominio di Refrancore senza spese eccessive76. Essendo stati inoltre imputati dal senato torinese come causa di tutti i
disordini e costretti a comparire dinnanzi a questo, nascostamente
cercarono allora di far passare Refrancore per feudo imperiale77.
Per effetto forse anche di queste istigazioni, l'anno dopo 1712 rinacque la
questione a chi dovesse spettare Refrancore dato che il milanese lo
reclamava nuovamente a s78. Per giungere ad un accordo definitivo si fece
ricorso alle potenze marinare garanti del trattato del 1703 e avendo la regina
di Inghilterra nominato certo signor Stanian e il re d'Olanda certo signor
Vandermeer come arbitri della contesa, questi stabilirono che Refrancore
dovesse spettare definitivamente alla provincia di Alessandria e quindi a
Casa Savoia79. I commissari imperiali reclamarono vivamente contro tale
sentenza, ma la loro protesta, destituita di fondamento, non ebbe alcun
peso80. La cosa ebbe ancora qualche strascico nell'anno seguente per cui il
30 ottobre 1713, dietro ordine del Barone di S. Remy, vennero arrestati il
sindaco e il notaio di Refrancore, che si erano rifiutati di pubblicare un
editto del re per avere ricevuto al riguardo, come essi dicevano, ordini
espressi dal vescovo delle 5 chiese 81. Il giorno dopo, 31 ottobre, il conte

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Niellarcele di Alessandria affermava affrettatamente a scanso di guai che


Refrancore spettava alla citt di Alessandria82.
L'anno 1716 si trov affissa all'albo Pretorio di Refrancore una Pancarda in
cui certo Pietro Borgo, spacciandosi per luogotenente del podest,
affermava essere Refrancore terra imperiale e obbligando i refrancoresi a
pagare una tassa sotto pena di esecuzione 83. Il marchese Graneri che era
venuto a conoscenza di ci ne informava sua Maest, dicendo inoltre che in
Refrancore, da alcuni anni, diverse persone sospette facevano tutto il
possibile per sottrarre il luogo al controllo del Savoia. Come prova
adduceva il fatto che Refrancore dal 1714 non pagava pi tasse restando
debitore di pi di mille doppie84.
La cosa era nata da uno sbaglio fatto dal conte di Nesselrod, che,
inavvertitamente, aveva fatto affiggere a Refrancore un bando riguardante
unicamente le terre imperiali in genere e che quindi non poteva riguardare
detto paese che ormai era stato assegnato ad Alessandria 85. Ad ogni modo si
interess del fatto il conte Carlo Borromeo duca di Milano, che, prendendo
da ci lo spunto, faceva rinascere la questione pi forte che mai, scrivendo
anche al riguardo al segretario del Patrimonial Polto di Alessandria.
Come risposta il direttore della provincia obblig i refrancoresi a pagare
certe forti tasse decorse e sequestr inoltre anche certi tributi che la citt di
Alessandria doveva pagare alla comunit di Refrancore. I Refrancoresi si
mostrarono molto renitenti al pagamento onde la citt di Alessandria invi
nel paese un distaccamento di 100 cavalieri, minacciando detta comunit, e
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vietandole in modo perentorio di far ricorso a Milano o all'imperatore sotto


pena di abbruciare vivi o morti tutti i suoi abitanti.
I refrancoresi, nonostante le minacce, inviarono dettagliate relazioni dei fatti
a Milano e a Vienna per tener informato di tutto il conte Carlo Borromeo e
l'imperatore. Il 10 marzo 1717 il conte inviava una lettera al segretario del
Patrimonial Polto ove affermava di essere stato vivamente sorpreso dalla
notizia, dicendo inoltre di aver sempre creduto che i Ministri Sabaudi
usassero maggiore prudenza in una simile questione dato, come egli diceva,
che questa non era stata ancora definitivamente risolta e che questo spettava
all'imperatore; con preghiera inoltre di provvedere a tempo a tale stato di
cose dato che la situazione in Refrancore era quasi insostenibile86.
Il 13 marzo, il segretario del P. P. rispondeva al conte Carlo assicurandolo
sul fatto e dicendogli di non credere a tutte le relazioni, che frequentemente
gli giungevano da Refrancore affermando che casa Savoia altro non pretendeva
riguardo a Refrancore, che di sostenere le sue ben fondate ragioni, dato che
detto paese spettavale di diritto, e promettendogli di curarsi dell'affare 87.
Avendo egli infatti chieste spiegazioni al Marchese del Borgo circa il
distaccamento di cavalleria, questi gli rispondeva il 2 aprile affermando che
detto distaccamento era stato inviato dal Barone di S. Remy allo scopo di
intimorire gli abitanti di Refrancore88. Allora egli dava descrizione
particolareggiata di tutto a Milano, avendo anche inteso che da questa citt
si era sul punto di inviare truppe a protezione dei Refrancoresi, e poco dopo
si abbocc col conte Carlo ad Oleggio al riguardo. Nel frattempo, tanto da
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87

Milano quanto da Alessandria, si cercava di impadronirsi di Refrancore, e di


far valere vicendevolmente le proprie ragioni, onde il 10 aprile il Marchese
Graneri faceva esplicita dichiarazione che i diritti di S. Maest Sabauda
erano evidentissimi89.
La notizia, che un distaccamento di cavalleria era stato inviato in
Refrancore, era nel frattempo pervenuta a Vienna, onde l'imperatore Carlo
VI avvertiva premurosamente il conte Carlo di abboccarsi nuovamente col
segretario del Patrimonial P. a Vercelli90. Costui, avvisato al riguardo dal
conte Carlo, affermava che il luogo di Refrancore era sempre stato rispettato
e che il distaccamento di cavalleria era ormai stato ritirato, pregando il
conte di assicurare al riguardo il suo imperatore91. Il 29 aprile riceveva da
Torino istruzioni particolareggiate circa il colloquio che egli era per tenere a
Vercelli col conte Carlo, colloquio privato con scambio di relativi
documenti comprovanti le pretese di entrambe le parti 92.
L'udienza di Vercelli non approd a nulla tanto vero che si sent la
necessit di un nuovo colloquio a Cesano, tenutosi in maggio, che per non
riusc a risolvere la questione. Avendo nel frattempo i Refrancoresi
soddisfatto al pagamento della Diaria verso la citt di Alessandria, il 13 di
novembre 1717, il senato piemontese radunatosi a Torino, viste parecchie
relazioni e suppliche dei procuratori fiscali riguardo a Refrancore, ordinava
al vassallo ed ai sindaci di non pagare veruna contribuzione pretesa dai
commissari imperiali, ingiungendo inoltre ad essi di avvertire singolarmente
tutta la comunit di attenersi a tali ordini.
89

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A.S.T.. Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 55.
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A.S.T.. Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 52.
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Si ordinava inoltre di riconoscere e di obbedire come a solo padrone S. A.


Sabauda sotto pena per il vassallo di devoluzione del feudo, per la comunit
di 500 scudi d'oro, e singolarmente di 100 scudi 93.
Con tutto ci la questione tra Milano ed Alessandria non era stata ancora
conchiusa tant' vero che il 18 agosto dell'anno 1721 il consiglio aulico di
Milano decideva di dar voto a sua M. Cesarea sovra le conclusioni del Fisco
imperiale, per privare il principe Leonardo IV Tocco del feudo di
Refrancore. Leonardo, che aveva avuta anche la parte del feudo di
Refrancore spettante al fratello Niccol e che si reputava a ragione
dipendente da casa Savoia, non soddisfaceva ad alcun obbligo verso il Fisco
imperiale, non dava retta alcuna ai decreti provenienti dalla corte Milanese e
non rispondeva alle ingiunzioni che gli pervenivano, dandosi ad una specie
di latitanza. Il consiglio aulico, esaminata la sua posizione, voleva quindi
che tal principe fosse dichiarato decaduto dal suo possesso in Refrancore e
che tal terra venisse direttamente incorporata all'impero, con susseguente
ordine al Conte Carlo Borromeo di prenderne possesso. Detto conte a sua
volta non cessava di far valere i diritti di Milano su Refrancore valendosi di
ogni pretesto per risollevare la questione, come accadde anche il 27 settembre 1721, in cui trasmetteva a S. M. Cesarea una relazione dell'esazione
delle tasse, a suo parere indebita, che i Piemontesi facevano nel feudo di
Refrancore94. Il consiglio aulico, il 14 ottobre seguente, rinnovava a S. M.
Cesarea le istanze affinch Refrancore venisse dichiarato terra imperiale 95.
Finalmente, visti vani tutti i tentativi di impadronirsi di Refrancore, il

93

A.S.T., Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 65.


A.S.T., Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 68.
95
A.S.T., Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 68.
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ducato Milanese mise in disparte ogni sua pretesa e detto paese venne allora
riconosciuto da tutti come appartenente a casa Savoia.
I principi Tocco continuarono ad averne il possesso e il 28 luglio 1726
nominarono come loro procuratore ed agente l'avv. Piccini il quale, venuto a
Refrancore, resse il Paese con altri metodi che non avesse fatto nei tempi
passati 96.
Da questo momento la storia di Refrancore perde ogni carattere di
particolarit per rientrare nella storia generale del Piemonte, onde noi ci
limiteremo ad accennare a pochissimi dei fatti pi salienti.
Il 21 febbraio 1728 Leonardo Tocco era investito del feudo di Refrancore da
parte di casa Savoia e il 12 marzo successivo, alla presenza del consiglio
comunale e dell'avvocato Piccini, i refrancoresi giuravano fedelt al
principe e ai suoi successori97. L'anno 1734 il Tocco riceveva il
consolidamento alla sua investitura, che fu poi rinnovata il 20 dicembre
174498.
Il 6 dicembre 1777 si aveva l'investitura di Ristuccio Tocco figlio di
Leonardo che fu l'ultimo signore del luogo99.
Infatti l'anno 1829 l'avv. Clemente Maggiora si recava a Napoli ove
comprava dalla famiglia Tocco il castello di Refrancore, ormai in completa
rovina, e i beni allodiali e i diritti non compresi nell'abolizione decretata nel
regio editto del 29 luglio 1797.
Cos finiva il dominio dei Tocco in Refrancore, ai quali il paese era rimasto
assai a lungo. Erano i Tocco principi di Acaia e di Montemileto e conti di
96

Archivio Comunale di Ref. Relazioni del consiglio comunale.


Archivio Comunale di Ref. Relazioni del consiglio comunale.
98
Archivio Comunale di Ref. Relazioni del consiglio comunale.
99
Archivio Comunale di Ref. Relazioni del consiglio comunale.
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Monteaperto nel Napoletano e quasi sempre risiedevano a Napoli non


facendo a Refrancore che rarissime visite.

Il paese
Intorno alle mura del castello fin dai primi tempi erano venute edificandosi
via via alcune case che formarono il nucleo primitivo del paese; case
modeste, ora scomparse del tutto, sulle rovine delle quali sorsero in seguito
le abitazioni che tutt'ora rimangono. L'odierno sagrato era l'antica piazza e
da quel che ci risulta da vari documenti questa era attorniata da abitazioni
che attualmente pi non esistono se non nel fianco settentrionale ove,
adeguatamente trasformate, servono di abitazione al parroco e alle suore.
Che queste case siano antiche lo si vede chiaramente nella loro parte
posteriore rivolta a nord dove si possono osservare ancora qualche finestra
ad arco in cotto a doppio centro ed altri elementi che testimoniano
chiaramente la loro vetust. Prospiciente alla piazza vi era l'osteria la quale
dipendeva dal castello e i suoi proventi pervenivano generalmente al
feudatario. Prerogativa della comunit era invece il forno pubblico posto
vicino all'odierna chiesa dell'Annunziata e che fruttava annualmente dai 25
ai 30 fiorini di Milano.
Come abbiamo gi detto altrove, la sommit della collina, attualmente
occupata da una parte del paese, formava la base della rocca, ossia della
parte fortificata. Vicino a questa vi era l'abitazione signorile, che per non
era quasi mai occupata dai feudatari del luogo, dato che questi, possedendo
di gi quasi sempre altre terre migliori, preferivano starsene in quelle e in
Refrancore non si recavano che qualche giorno all'anno. Detta abitazione
era quindi generalmente tenuta dai procuratori e dagli agenti dei feudatari e

contava due ampie sale: una al piano terreno e l'altra al primo piano, nelle
quali si tenevano adunanze quando il paese era visitato dai feudatari.
Contigua a detta abitazione vi era la casa podestarile cui facevano seguito le
costruzioni dipendenti direttamente dal Castello come l'alloggio per i
soldati, il deposito di foraggi e di viveri, gli stallaggi ecc. Non dato per,
in base alle poche notizie pervenuteci, stabilire con certezza l'area che dette
costruzioni potevano occupare. Come si vede per il centro del paese era
fino a tutto il 1600 sulla sommit della collina a differenza del giorno d'oggi
in cui esso va sempre pi estendendosi sul fondo valle.
Appare quindi evidente come le case esistenti nella vallata siano tutte
(eccezione fatta per alcune) abbastanza recenti, il che ci dato a vedere
anche da alcune relazioni di visite pastorali in cui la chiesa di S. Sebastiano
e quella di S. Rocco ora del tutto circondate da abitazioni e comprese nel
paese, fino al 1600-1650 son dette ancora oratori campestri e isolati
dall'abitato.
Tra le case che a mio vedere si possono attualmente annoverare tra le pi
antiche, oltre a quelle esistenti nei pressi della chiesa parrocchiale e della
chiesa dell'Annunciazione sono: in via Gaminella, la casa Platone, che un
tempo teneva tutto un lato della via e che era una delle case pi signorili del
paese (detta famiglia possedeva poi un'altra abitazione nelle vicinanze del
castello); in via Cavour di qualche antichit sono le case di propriet delle
famiglie Sannazzaro, Mighetto, Sillano; in via regina Margherita quella
della famiglia Pagliasso che forse la pi notevole come linee generali
costruttive e quella della signora Maggiora e alcune altre in via Torino. Il
paese fino a solo un secolo e mezzo or sono aveva un aspetto assai diverso
dell'attuale. L'odierna via Cavour era un semplice viottolo disselciato lungo

il quale correva un filare di alberi e assai rare erano le case che la


fiancheggiavano. Via Gaminella, detta anche via del Torchio, terminava nei
campi e dovette essere pi volte risanata perch sempre ingombra dai detriti
abbandonati dalle acque, che in seguito alle piogge calavano dalla sommit
della collina. L'odierna via Umberto I era divisa in due: via S. Sebastiano e
via della Piazza (per essere in questo luogo abbastanza ampia si cominci a
tenervisi il mercato e divenne il centro del, paese). Via Regina Margherita,
detta via della Croce, aveva come abbiamo gi detto un andamento del tutto
diverso dall'attuale; via Alfieri era appena accennata nel 1700 e mancavano
del tutto via Vittorio Emanuele II, via Asti, via Torino e una parte
dell'odierna via Cavour. Fu solo a cominciare dal 1800 che il paese essendo
aumentato in popolazione prese l'aspetto che ancora oggi con serva
mediante la costruzione di nuove vie, il riadatta mento delle antiche e la
edificazione di nuovi caseggiati che unendo le primitive costruzioni isolate
diedero un aspetto di unit e di una certa regolarit al paese.

Popolazione
Mi pare opportuno a tal punto di dare anche qualche notizia intorno
all'origine dei cognomi delle famiglie refrancoresi essendo rimarchevole il
fatto che tutti i cognomi pi antichi ricordano localit del Piemonte e della
Lombardia come Maggiora, Mortara, Vergano, Stradella, Sannazzaro,
Brusasco ecc. Secondo la tradizione i Refrancoresi attuali non sarebbero che
i tardi discendenti di gente bandita che, fuggita dalle primitive sedi, era
venuta a stabilirsi in cerca di rifugio in questo territorio allora deserto e per
essa sicuro e che aveva continuato a denominarsi cogli antichi nomi delle

localit da cui proveniva. Sebbene la leggenda abbia un fondo di verit, pur


tuttavia alcuni documenti esistenti nell'archivio di Casale ci permettono di
dare ai refrancoresi una origine un po' pi illustre. Veniamo infatti a sapere
che i marchesi monferrini, vedendo che il territorio refrancorese veniva
popolandosi troppo lentamente, dato il suo isolamento e la scarsa
produttivit del suolo, per ovviare a tal fatto, decisero di cedere, dietro a
leggera retribuzione, a molti terrazzani di varie localit i beni esistenti da
dissodare.
Data l'esiguit della spesa e i favori di cui i Marchesi del Monferrato
avevano sempre dotati i refrancoresi, gruppi di persone, abbandonate le loro
sedi, qui convennero e per distinzione continuarono a denominarsi
vicendevolmente col nome del paese loro di origine e tal fatto divenne poi
una consuetudine, onde possiamo cos spiegarci l'origine dei cognomi
refrancoresi. Tra le famiglie refrancoresi pi antiche e pi illustri bisogna
notare quella Maggiora e quella Vergano, ora divise in numerosissimi rami
e che, un tempo, erano insignite del titolo nobiliare; un ramo della famiglia
Maggiora, del quale sono ora rappresentanti i fratelli Arnaldo professore di
Igiene e preside della facolt medica di Torino e Tommaso Generale dei
CC. RR. detiene ancora l'antico titolo nobiliare. Nelle file di queste due
famiglie, che soventissimo strinsero legami di parentela, si contano in ogni
tempo numerosi medici ed avvocati; furono sovente agenti e procuratori dei
vari feudatari e inoltre podest e sindaci del paese. Altre antiche famiglie
sono quella Mortara, in cui era tradizionale la professione notarile, la
Brusasco anticamente insignita di nobilt, la Bellomo nella quale si notano
molti sindaci, la Miglietta, la Sillano, la Stradella, la Sannazzaro, la Clivio
ora non pi esistente a Refrancore ma che nel 1700 era molto potente, la

Strambi anch'essa andata a stabilirsi altrove e molte altre. Nella seconda


met del 1500 compare la famiglia Platone che fu forse la pi illustre
famiglia di Refrancore, legata a Casa Savoia da vincoli di sincera devozione
dalla quale otteneva il 22 gennaio 1622 il titolo nobiliare per i servigi resi in
pace ed in guerra. Tra i pi antichi rappresentanti di detta famiglia possiamo
ricordare: Bernardino, Cristoforo, Pietro ed infine i due fratelli Felice e
Bernardino che ebbero dal duca Carlo Emanuele I il titolo nobiliare.
La popolazione di Refrancore non mai stata molto numerosa e questo
dovuto, come abbiamo gi detto altre volte, alla scarsa produttivit del
suolo, che non solo poco alletta a venirvicisi a stabilire, ma anzi costringe
molti ad emigrare in cerca di occupazioni diverse.
Diamo qui un piccolo prospetto della popolazione refrancorese a
cominciare dalla data pi antica che ci sia stato possibile ritrovare e quindi
giungendo ai nostri giorni a grandi periodi:

Anno

Abitanti

1588
1619
1629
1662
1667
1708
1749
1780
1838
1921
1931

300
500
525
550
650
800
1273
1500
1452
2641
2286

Privilegi
I marchesi Monferrini venivano sovente a Refrancore a caccia dato che i
dintorni erano un tempo occupati da boscaglie e abbondanti di selvaggina e
bisogna anche notare come detti Marchesi avessero sempre avuto, riguardo
a Refrancore, certe benevolenze che si manifestarono nella concessione di
molti privilegi. Infatti riusciva Refrancore ad ottenere da essi l'esenzione da
ogni gabella di sale, carne e tabacco e da ogni qualit di dazi e carichi e
inoltre certe prerogative e franchigie, di cui godevano solo le terre
imperiali100. Ma chi concesse a Refrancore i pi ampi privilegi fu il duca i
Milano Francesco Sforza, il quale l'anno 1491, a richiesta dei refrancoresi,
emanava il 15 novembre, a Vaglierano, un diploma col quale riconfermava
gli antichi privilegi che gli uomini e i soldati di Refrancore avevano
ottenuto nel passato dai marchesi di Monferrato e faceva nuove
concessioni101. Questo diploma ducale veniva a premiare i refrancoresi per
la loro fedelt e la loro osservanza alle leggi e ai decreti ducali. Accordava
infatti il duca alla comunit di Refrancore, di non avere altro giudice
competente che il commissario di Alessandria e di essere franca, come
prima, da ogni tassa sul sale e sui cavalli e da ogni altra gravezza. Poteva la
comunit vendere senza dazio sale, olio, formaggio, candele e altre simili
cose e poteva acquistarle senza pagare carico alcuno. La vendita delle carni
poteva avvenire more solito senza tassa alcuna e potevano i refrancoresi
andare a macinare il grano ove meglio loro paresse, purch non
attraversassero le terre dipendenti direttamente dal marchesato di
100
101

Casalis, op. cit.


A.S.T., Mazzo N. 16, N. 1.

Monferrato. Potevano inoltre portar frumento, vino e altre vettovaglie dove


volessero e vendere senza dazio alcuno purch, anche in tal caso, non
attraversassero le terre dei Marchesi. Venivano inoltre riaccordate le strade
franche, come gi erano per il passato, per utilit del castello e dell'osteria.
Il castellano poteva amministrare la giustizia al modo solito e conservare i
bandi campestri.
Ottennero infine i refrancoresi di mantenere il forno pubblico dal quale
come abbiamo detto ricavavano annualmente dai 25 ai 30 fiorini di Milano,
e l'unica cosa che non riuscirono ad avere dal duca di Milano fu un bosco
spettante ad Asti nella Val Timone, dal quale essi volevano ricavare legna
da ardere nel forno, non perch il duca avesse incontrato difficolt a
concedere loro anche questo, ma per non essersi sufficientemente spiegati
circa l'uso che ne volevano fare. Volle inoltre Francesco Sforza che i suoi
decreti fossero osservati parola per parola dal commissario di Alessandria,
dal podest di Refrancore e da tutti quelli che, anche per l'avvenire,
avrebbero ottenuto detto feudo e luogo.
I privilegi dei refrancoresi furono riconosciuti ed in parte riconfermati nelle
varie investiture fatte dai duchi di Milano e dai marchesi del Monferrato nei
tempi posteriori a vari signori e accresciuti in seguito da Carlo V imperatore
nel 1528, il quale volle che in tal modo Refrancore divenisse uno dei feudi
pi privilegiati del ducato Milanese.
A lui si deve appunto se il paese godeva di una prerogativa che necessario
ricordare per la sua originalit. Concedeva egli infatti ai refrancoresi il
diritto di eleggersi un re, nel giorno dell'Epifania, il quale durava in carica
un solo giorno e godeva di tutte le prerogative e gli onori regali. La persona
che doveva essere eletta re, veniva indicata dal consiglio comunale che la

sceglieva fra i rappresentanti pi caratteristici del paese. Il suo nome veniva


trasmesso al feudatario il quale dava la sua approvazione.
Ottenuta questa, l'individuo scelto veniva rivestito degli indumenti regali e
con gran concorso di popolo si recava sul piazzale della Chiesa
Parrocchiale, seguito da quelli che in quel giorno sarebbero state le
personalit del suo seguito. Innanzi al portale della chiesa il novello re ed il
suo seguito incontravano il feudatario o i suoi agenti dai quali in forma
solenne riceveva il possesso del paese e tutti i diritti spettanti al feudatario.
Terminata questa semplice funzione civile, tanto il re quanto il feudatario,
entravano in Chiesa, coi loro seguiti, con tutta la pompa possibile ad
ascoltarvi la Messa. Godeva il re il privilegio di poter graziare qualsiasi
bandito che si fosse a lui presentato nella giornata in cui durava in carica,
che il giorno dopo ogni suo potere cessava e per tutto l'anno il re
conservava unicamente il titolo. Per qualche tempo la festa si svolse nel
modo suaccennato, ma essendosi nella prima met del 1500 costituita la
compagnia dello Spirito Santo, la quale doveva fare pubblica distribuzione
di fagioli pane e vino nel giorno della Pentecoste, la festa della elezione del
re di Refrancore sub qualche modificazione. Si pens infatti di collegare
questi due fatti onde si trasport la festa dell'elezione del re nel giorno della
Pentecoste e, per meglio fondere i due avvenimenti, si dispose che il re
uscendo di Chiesa dopo la sua elezione presenziasse alla rituale
distribuzione dei fagioli pane e vino che si teneva sulla antica pubblica
piazza. Possiamo citare alcuni nomi di refrancoresi che furono eletti re
come Silvestro Stradella, Domenico Mortara, Francesco Sillano, Giov.
Antonio Maggiora. La consuetudine dell'elezione regale and in disuso e si
perse affatto nella seconda met del 1700, mentre invece la compagnia

dello Spirito Santo continu ancora ad assolvere il suo compito nel giorno
della Pentecoste, come possiamo vedere ancora al giorno d'oggi.
La citt di Alessandria al principio del 1700 cominci a tentare di
sopprimere tutti i privilegi di Refrancore, onde questa comunit, che
vedevasi contro ogni diritto equiparata agli altri paesi del contado, ricorreva
frequentemente al magistrato straordinario della corte cesarea per liberarsi
dalle suddette vessazioni. Quando avvenne il definitivo passaggio sotto casa
Savoia la questione si acu maggiomente e termin solo quando i
refrancoresi si rassegnarono, dopo di aver tentato d'i far rivivere tutti i loro
privilegi, a conservare quelli del sale, carne, polvere da sparo e tabacco i
quali vennero anch'essi del tutto aboliti l'anno 1793, dopo che i refrancoresi
ebbero sostenute infinite liti e inviate a Torino numerosissime suppliche.

Condizioni finanziarie
Le condizioni finanziarie della comunit refrancorese non furono mai
buone. La scarsa produttivit del suolo e il suo isolamento concomitarono
sempre a far si che detta comunit non potesse sovente far fronte ai proprii
obblighi e dovesse quasi sempre ricorrere a speciali domande di grazia
verso i propri signori per ottenere riduzioni o annullamento di tasse e
carichi. A cominciare dal 1500 si potrebbero addurre parecchie prove a
dimostrare la nostra affermazione e noi ci limiteremo alle principali e pi significative. L'anno 1507 e al principio del 1508 scoppiarono alcune
discordie tra il principe Costantino Comneno di Macedonia e la comunit
riguardo all'esazione delle tasse e dei contributi non potendo la comunit di
Refrancore soddisfare ai suoi obblighi verso il principe. Costantino
Comneno minacci e brig per ottenere il suo intento e la causa fin col

dibattersi innanzi al senato Milanese. La comunit di Refrancore avendo


fatto notare la sua povert che la poneva nell'impossibilit di pagare la
somma richiesta dal feudatario, otteneva con decreto del 25 gennaio 1508
da parte del senato milanese una diminuzione della somma da pagarsi e una
proroga per effettuare detto pagamento. In tal modo ogni screzio tra i
refrancoresi e il loro feudatario veniva eliminato. I refrancoresi ricorrevano
sovente per diversissimi motivi al senato milanese il quale per lo pi li
favoriva. Nel 1508 infatti sorse una nuova lite tra Refrancore e Ubertino e
Filippo Pellati fratelli che vantavano pretese circa la propriet di un prato e
di altri beni' che erano alle dipendenze del castello di Refrancore e sui quali
non avevano alcun diritto. La causa fu dibattuta innanzi al senato Milanese
che, con un ordinato, riusciva il 19 agosto 1508 a porre fine ad ogni
vertenza in modo soddisfacente per i refrancoresi.
Da quando la citt di Alessandria102, 1639, incominci a molestare i
refrancoresi con tasse d'ogni specie, e che talvolta erano contro ogni diritto,
questi brigarono continuamente per abolirle, ricorrendo a Milano prima, a
Torino poi, sempre proclamando la loro estrema miseria.
Vennero in seguito ad aggiungersi le tasse e le retribuzioni speciali per le
truppe e non raro vedere come sovente queste venissero anche a stabilirsi
in forti gruppi a Refrancore ove arrecavano danni e molestie agli abitanti.
A dire il vero tra i sindaci refrancoresi e la Comunit di Alessandria
seguirono parecchie transazioni circa l'estinzione di certi carichi, ma dette
transazioni non approdarono a nulla e non ci deve meravigliare quindi il

102

A.S.T.. Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 27.

fatto che Refrancore, per non pi sottostare ad Alessandria, cercasse di


venir direttamente incorporato all'impero.
Al principio del 1700 troviamo sovente Refrancore renitente al pagamento
della diaria, come risulta da informazioni e dichiarazioni date dal conte
Rezzano a Torino e dal marchese Graneri che informava sua Maest Tanno
1716 dicendo che Refrancore dal 1714 non pagava pi tassa alcuna.
appunto per effetto di simili renitenze che l'anno 1717 venne inviato da
Alessandria a Refrancore un distaccamento di soldati per indurre la
comunit al pagamento, fatto che diede luogo a molteplici contestazioni da
parte del milanese che ancora vantava pretese sul paese.
Ad ogni modo in tale occasione dovettero i Refrancoresi inchinarsi ai voleri
superiori e non avendo i mezzi necessari per il pagamento, inviarono il 13
aprile 1717 una supplica a sua Maest per ottenere la remissione di ogni
pena possibile in cui fossero incorsi per inobbedienza, con la speranza che
il loro fnaggio fosse visitato da un delegato che doveva rivedere la misura
dei carichi; e chiedendo inoltre una diminuzione sull'ammontare
complessivo della somma da pagarsi, diminuzione che venne accordata da
S. Maest considerate la povert dei refrancoresi e la gravezza delle
tasse103.
Fatto si che il 31 maggio 1717 una Commissione di Refrancoresi recatasi
ad Alessandria faceva cessione a favore delle R. Finanze di un capitale
censo di L. 8656 verso il contado di Alessandria e ci per totale
soddisfazione della Diaria e sussidio militare 104.

103
104

A.S.T., Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 54.


A.S.T.. Paesi ecc., Mazzo N. 15, doc. n. 64.

Notizie Religiose
La chiesa refrancorese
L'origine della chiesa refrancorese senza alcun dubbio assai antica, ma
disgraziatamente intorno ad essa nulla possiamo dare di preciso per
mancanza di documenti. La prima prova sull'esistenza di una chiesa
parrocchiale a Refrancore, in tempi antichi, ci data da un documento del
10-23 dicembre 1235105, nel quale nominato certo Ottone parroco della
chiesa refrancorese, che era intervenuto quale testimonio in un atto di
donazione di beni.
Infatti, come abbiamo gi detto, leggiamo: ...testes presbiter Otto Ecclesie
de rifrancore... il che pi che sufficiente per provare l'esistenza di una
chiesa parrocchiale a Refrancore in quei lontani tempi. La chiesa
refrancorese appartenne sempre alla diocesi di Asti e dipese anche, per
qualche tempo, direttamente dal Duomo di Asti, come appare da un registro
del 1345 compilato per ordine del vescovo Arnoldo di Roseto delle chiese
della Diocesi di Asti106.
Tra le chiese soggette direttamente alla Cattedrale di Asti troviamo qui
indicata per l'appunto la chiesa di Refrancore, il cui registro era di 14 lire
astesi. Non bisogna qui meravigliarsi della tenuit della somma esprimente
il valore dei possessi, o sia pure quello delle rendite, della chiesa di
105

F. Gabotto, Le pi antiche carte dell'Archivio Capitolare di Asti, in Bibl.


soc. stor. sub., XXVIII, Pinerolo, 1904.
106
Bosio Gaspare, Storia della Chiesa d'Asti - Asti, Tip. Michelerio, 1894, p. 518.

Refrancore, superiore pertanto a quella di molte altre chiese della diocesi


astigiana, che se si tien conto che la lira astese d'allora aveva un valore
quasi dieci volte maggiore di quella italiana anteguerra, si vedr come il
registro non fosse poi cos misero come potrebbe apparire a prima vista.
Alla fine del 1500, la chiesa refrancorese apparteneva, come risulta dal 3
Sinodo di Mons. Panigarola e del 3 di Mons. Aiazza, al vicariato di
Castagnole Monferrato; nel 1805 apparteneva al vicariato di Cerro; nel 1817
a quello di Viarigi, e ultimamente a quello di Castagnole Monferrato 107.

Chiesa parrocchiale108
La chiesa parrocchiale, posta sotto il titolo dei S.S. Martino e Dionigi,
non presenta nel suo insieme alcunch di veramente artistico. Di piccole
dimensioni, tanto che in certe occasioni non sufficiente a contenere la
popolazione, essa non colpisce affatto l'attenzione dei pochi visitatori del
paese. La sua facciata, deturpata da un recente imbianchimento,
semplicissima, senza alcuna ornamentazione, eccezion fatta per qualche
piccolo elemento barocco, che nella parte superiore dello spiovente ne
rompe la monotonia. Attraverso al rustico portale si entra nell'interno della
chiesa, ristretto tanto nel senso della lunghezza come in quello della
larghezza, e poco rischiarato da quattro finestre che a mezzogiorno si
aprono sull'unica navata. La volta, a botte bassa, ornata da alcuni affreschi
107

Bosio, Op. cit., p. 133-135-141.


Tutto quello che si dice riguardo alla chiesa parrocchiale e alle
altre chiese refrancoresi tratto dall'archivio della curia di Asti dalle
relazioni delle visite pastorali.
108

di epoca recente, mentre il ristretto abside terminale, come il catino e l'arco


trionfale, sono privi d'ogni ornamentazione. Nel fianco rivolto a mezzanotte
si aprono due cappelle, l'una dedicata a S. Anna, l'altra alla B. V. del
Rosario, sulle quali fra poco daremo qualche schiarimento. L'altare
maggiore di discreta fattura, decorosamente addobbato per la cura solerte
dell'attuale Parroco D. Giuseppe Bosco al quale si deve anche la nuova
pavimentazione della chiesa. Esteriormente la chiesa lascia intravedere la
sua discreta antichit e i rimaneggiamenti ai quali nel corso dei secoli fu
sottoposta. La leggenda corrente tra i refrancoresi vuole che l'attuale chiesa
sia sorta nei locali dell'antico castello abitati a scuderia e a tal fatto appunto
viene imputata la sua ristrettezza. Tal voce per non merita alcun credito.
Infatti, dall'esame delle carte esistenti nell'archivio comunale di Refrancore,
veniamo a sapere come per tutto il 1700 e il principio del 1800 ancora
esistessero in buono stato le scuderie del castello, che venivano affittate per
molteplici usi dagli agenti dei principi Tocco. Appare subito evidente come
la leggenda, dopo questo esame, non abbia pi ragion di sussistere, che
l'attuale parrocchia datando della fine del 1500 non ha potuto evidentemente
essere costruita nelle scuderie del castello ancora esistenti al principio del
1800. La nostra affermazione riceve una riconferma inoltre dalla lettura di
parecchie visite pastorali esistenti nell'archivio della Curia di Asti attraverso
alle quali veniamo a conoscere come l'attuale parrocchia sia stata costruita
sulle rovine di una antica chiesa della quale ora non rimane traccia, e che
vantava essa pure il titolo di parrocchiale, il che viene a sfatare
completamente la leggenda. L'anno 1570 il vescovo Domenico Della
Rovere109 visitava l'antica parrocchiale di Refrancore posta sotto il titolo di
109

Archivio della Curia di Asti, Visita Pastorale.

S. Martino e visto il suo stato pericolante, che poteva pregiudicare anche


l'incolumit dei fedeli, esortava i refrancoresi ad abbattere quell'antica
costruzione e ad edificare una nuova chiesa la quale meglio rispondesse
anche ai bisogni della popolazione in continuo aumento. La sua esortazione
non venne per seguita laonde l'anno 1585 il vescovo Sarsinatense D.
Angelo Peruzzi110 ordinava espressamente ai Refrancoresi di erigere una
nuova parrocchia, ordine che venne rinnovato in forma pi perentoria da
Mons. Panigarola111 l'anno 1588. I Refrancoresi allora, finalmente, si
decisero e abbattuta l'antica chiesa cominciarono ad erigerne una nuova che
l'anno 1597 era ultimata nelle sue parti principali e veniva benedetta il 17
giugno dello stesso anno112 da Mons. Stefano Aiazza. Giunse il vescovo a
Refrancore la sera del 16 giugno, accolto trionfalmente dalla popolazione e
avendo pernottato nel castello per essere la canonica ristretta e inadatta a
ricevere il vescovo, il mattino seguente bened la nuova parrocchia,
esortando il popolo festante ad ultimarla mancando essa ancora del pavimento, di parte della copertura del battistero, della sacrista ed essendo
ancora quasi sprovvista degli arredi sacri.
La pavimentazione venne compiuta qualche anno appresso ma, non
essendo ben fatta, fu necessario cambiarla parecchie volte tra l'altro nella
met del 1700113 e fu definitivamente sistemata solo alcuni anni fa.
Accanto alla facciata della chiesa posto il campanile, di non grande
altezza, piuttosto tozzo, quadrangolare, a base molto ampia, ma
abbastanza armonico nelle sue linee generali. La cella campanaria
110

Archivio della Curia di Asti, Visitatio Apostolica D. Angeli Perutii.


Archivio della Curia di Asti, Visitatio Episcopi Panigarolae.
112
Archivio della Curia di Asti, Visita del vescovo Stefano Aiazza.
113
Archivio comunale di Refrancore - Deliberazioni del consiglio.
111

contiene due sole campane, l'una delle quali quasi coeva


all'edificazione della chiesa, l'altra invece di epoca assai pi recente.
Nell'interno della chiesa, a sinistra entrando, si trova il battistero costruito
nella prima met del 1600 dietro reiterati ordini dei vescovi che in quel
tempo visitarono la chiesa.
Gli altari attualmente sono tre. L'altare maggiore, che appena costruito era
privo quasi del tutto di arredi sacri, venne in seguito via via abbellendosi e
alla fine del 1600114 lo vediamo sufficienter provisum de necessariis ad
ornatu. Come abbiamo gi detto, l'attuale parroco ne ha curato l'addobbo
in modo decoroso e perfettamente consono all'ufficio cui deve servire. Un
altro altare si trova nella cappella della B. V. del Rosario, cappella che and
soggetta a vari restauri che la ridussero ad una discreta ampiezza e bellezza.
L'altare che negli antichi tempi era privo di arredi sacri ora
sufficientemente provvisto e ad esso legata una compagnia delle cos dette
figlie di Maria di antica costituzione. Il terzo altare, quello di S. Anna, si
trova nella cappella omonima che i principi Tocco vollero fosse unita alla
nuova chiesa parrocchiale e che era di loro propriet. ornata ancora al
giorno d'oggi di un quadro che raffigura S. Anna in atto di insegnare a
leggere alla Vergine, quadro assai antico e di discreta fattura qui posto fin
dall'erezione della cappella e che probabilmente proveniva da un'antica
cappella dedicata a S. Anna che sorgeva nel castello. L'altare, sprovvisto
d'ogni arredo nei suoi primi tempi, venne in seguito decentemente
addobbato dietro i comandi dei vescovi che lo visitarono nei vari tempi e
che avevano minacciato di interdirlo. Attualmente detta cappella appartiene
alla famiglia Maggiora di cui rappresentante l'avv. cav. Emiliano,
114

Archivio della Curia - Visita di Mons. Milliavacca.

avendola Clemente Maggiora comperata nel 1829 unitamente ai resti del


castello.
Fino al 1730 esisteva nella chiesa, presso l'altar maggiore, un quarto altare
spettante alla compagnia dello Spirito Santo costituitasi nella prima met
del 1500, altare che venne interdetto da Mons. Jodone. Come gi sappiamo
la compagnia dello Spirito Santo doveva, nel giorno della Pentecoste, fare
pubblica distribuzione di fagiuoli, pane e vino ai poveri e all'uopo
possedeva una vigna e un bosco che furono in seguito venduti poich i
confinanti facevano man bassa su tutto. Il rettore della compagnia aveva
l'obbligo di raccogliere le elemosine nei giorni festivi. La sacrista attuale,
come pure anche l'abside della chiesa, sono costruzioni del 1700, come
appare evidentissimo a chi osservi dalla parte rivolta a settentrione, ma non
hanno alcunch di notevole. L'antica sacrista si trovava nel campanile che a
quel tempo era dotato di due porte: l'una rivolta nell'interno della chiesa,
l'altra sul sagrato, la quale ultima ora scomparsa. Notiamo qui incidentalmente, come nell'anno 1689 avvenne un'uccisione sulla porta della
Chiesa per il qual fatto essa dovette essere nuovamente benedetta dal padre
Valperga del Monastero di S. Filippo di Asti, e come l'anno 1780 si fosse
deciso di allargare la chiesa parrocchiale dal lato di settentrione.
L'allargamento doveva consistere nella costruzione di una nuova navata,
che per per vari motivi non venne edificata e ci si limit a restaurare la
sacrestia e il coro che vennero portati alla forma attuale. Presso il fianco
della chiesa rivolto a mezzanotte, vi era il cimitero, che per, all'epoca della
benedizione della parrocchia, non poteva ancora ricevere i morti per essere
privo di muro di cinta e mancante della croce. Fu per ultimato qualche
anno dopo dietro la minaccia di interdizione, e serv fino all'erezione

dell'attuale cimitero avvenuta un secolo fa. Nella chiesa vi erano inoltre


anche due sepolcreti.
La

canonica

si

trovava

anticamente

in

prossimit

della

chiesa

dell'Annunciazione ove attualmente abita la famiglia Matto e si componeva


di quattro stanze di piccole dimensioni. Venne in seguito trasportata ove
attualmente si trova, nella casa anticamente abitata dal sacrestano convenientemente adattata.

Cappella di S. Anna nel castello


La cappella di S. Anna in castro attualmente pi non esiste e non si pu
nemmeno stabilire con certezza la sua vera ubicazione. Di lei abbiamo
notizia in due visite pastorali: l'una del 1619115, l'altra del 1629116, nelle
quali detta esistere ab antiquissimis temporibus . Non si pu dare l'anno
preciso in cui essa venne abbattuta, ma probabilmente questo fatto si
verific alla fine del 1600 o al principio del 1700. Apparteneva ai signori
del luogo, i quali l'avevano corredata di tutto il necessario.
A titolo di curiosit diremo come in essa si conservassero parecchie reliquie
che si diceva fossero state portate dalla Macedonia dall'avo paterno del
principe Giovanni Tocco e autenticate da apposite scritture. Esse erano: un
piede di S. Anna, un pezzo della verga di Mos e cinque pani della
moltiplicazione, il tutto posto in apposite

115
116

Visita di Mons. Ottavio Brolia.


Visita di Mons. Isidoro Pentono.

custodie argentee. Esse vennero per portate via da Refrancore l'anno 1622
e trasportate a Napoli abituale residenza dei principi.

Chiesa di S. Sebastiano
Era questa come stile una delle migliori chiese di Refrancore; la facciata in
particolar modo, e di essa dura memoria ancora nell'animo dei Refrancoresi
che per ragioni di stabilit dovettero abbatterla negli anni scorsi. Di essa
non resta che il campanile, di stile settecentesco, anch'esso per pericolante.
La chiesa di S. Sebastiano era molto antica e nelle visite pastorali della fine
del 1500 la vediamo indicata come oratorio campestre. Questa primitiva
costruzione venne a rovinare come risulta dalla relazione della visita del
vescovo Migliavacca del 1698 in cui detto : ob vetustatem fuit destructa
et annis elapsis alterra sub eodem titulo a fundamentis extructa quae
tandem non est ad perfectionem reducta. La chiesa, recentemente
abbattuta, datava quindi dalla fine del 1600, ma venne benedetta dopo
parecchi anni nel 1717. Era unita a questa chiesa una confraternita sotto il
titolo della SS. Trinit, la quale aveva ottenuto la facolt di costituirsi nel
1726 dal Vie. Gen. Francesco Bernardino Icardi. I confratelli vestivano
di rosso; eleggevano annualmente il priore, il sottopriore e gli altri ufficiali
nel giorno della SS. Trinit. Un apposito depositario raccoglieva le
elemosine. Per insegna avevano uno stendardo con raffigurata la Trinit, la
Vergine e i SS. Sebastiano e Grato. Al gioved santo alle ore 24 facevano
una processione al canto del miserere e a Pasqua si recavano in corpo in
parrocchia per ricevere la comunione. Conservavano una bolla pontifcia del
1740, approvata dalla Curia di Asti, colla quale si accordava alle anime del

Purgatorio dei confratelli e delle consorelle varie indulgenze. Molti


confratelli venivano seppelliti nel sepolcreto che si trovava nella chiesa.

Chiesa di S. Rocco
La chiesa di S. Rocco ora compresa nel paese fu a lungo oratorio campestre.
Essa di origine assai antica e gi esisteva alla fine del 1500. Fu sottoposta
a vari restauri specialmente nel 1700 nel qual secolo rimase anche parecchio tempo chiusa perch pericolante. Nel 1630 all'infierire della peste la
chiesa fu ornata con un quadro rappresentante il Santo per invocare la fine
del flagello: quadro ora scomparso insieme ad una pregevole icona ricordata
in parecchie relazioni di visite pastorali dal 1600 al 1700. Serv anche da
scuola pubblica.

Cappella campestre di S. Dionigi


La chiesa pi antica di Refrancore probabilmente quella di S. Dionigi che
si trova poco distante dall'abitato sulla riva sinistra del rio Gaminella. Nella
relazione pastorale di Mons. Domenico della Rovere del 1569 ricordata
come esistente da molto tempo e in molte altre carte indicata come
l'antica e primitiva chiesa parrocchiale di Refrancore. A riprova di ci
alcuni adducono che l'attuale parrocchia vanta oltre il titolo di S. Martino
anche quello di S. Dionigi col quale si vorrebbe ricordare il titolo
dell'antica chiesa parrocchiale. D'altra parte per essere la chiesa
completamente fuori del paese e lungi dal luogo ove anticamente esisteva il
castello che era il centro di Refrancore ci pare un po' strano che potesse

servire per parrocchiale. Ad ogni modo non potendo, in base ai documenti


pervenutici, stabilire decisamente il pro o il contro, ci limiteremo a
riconoscerne l'antichit. La costruzione odierna risale nelle sue linee
generali al 1739 che l'antica chiesa per essere quasi al livello del rio
Gaminella e per essere sovente invasa dall'acqua venne abbattuta. Intorno
alla chiesa vi era il primitivo cimitero di Refrancore che venne interdetto
dal vescovo Jodone nel secolo XVIII. Vi si celebra una messa all'anno nel
giorno di S. Dionigi nel qual giorno il popolo si reca processionalmente alla
chiesa.

Chiesa della Maddalena


La chiesa della Maddalena posta nella borgata omonima ricordata per la
prima volta in una relazione intorno a certe divergenze territoriali tra
Refrancore ed Annone datata del 1470. Delle chiese refrancoresi quella
che mostra ancora pi chiaramente i segni della sua vetust specialmente
nella parte absidale. Apparteneva al Monastero di S. Agostino di Asti e
alcuni religiosi vi abitavano continuamente nelle vicinanze. Era anche una
delle chiese pi dotate di beni.

Chiesa di S. Antonio

La chiesa di S. Antonio che sorgeva nella frazione di Barcara e della quale


abbiamo la prima notizia nel 1619 venne abbattuta pi d'un secolo fa tanto

che non si pu stabilire con certezza ove fosse la sua vera ubicazione. Altro
non era che una semplicissima cappella campestre.

Chiesa dell'Annunciazione
Detta chiesa, che si trova vicino alla parrocchiale, ricordata la prima volta
nel 1585117 poich, essendo la parrocchia in istato di completa rovina, si
tenevano in essa le funzioni religiose, e a tal scopo serv per parecchi anni.
Era oratorio laico e scarsamente provvista degli arredi sacri, tanto che si
pens in quegli anni di meglio corredarla. Fu sottoposta in seguito a vari
restauri, che la trasformarono del tutto, riducendola a condizioni discrete.
Attualmente non pi adibita al culto, e minaccia di andare in lenta ma
inevitabile rovina. A lei era unita la compagnia dei disciplinati che
vestivano di bianco, e tenevano adunanza la seconda domenica di ogni
mese. Erano molto numerosi e raggiunsero anche il numero di 200. Gli
aspiranti dovevano fare un anno di noviziato, passato il quale per tre giorni
facevano penitenza e quindi, confessati e comunicati, al canto del Veni
Creator Spiritus, ricevevano dal parroco l'abito di disciplinati. Facevano
gli esercizi spirituali tutti i giorni festivi, e nel gioved santo, alla sera,
cantavano il miserere a piedi nudi.
Nello stesso giorno del Gioved santo, il priore, il sottopriore e dodici dei
confratelli

pi

anziani,

confessati

comunicati,

si

facevano

scambievolmente la lavanda dei piedi, e tenevano quindi una processione.

117

Visitatio episcopi Sarsinatensi - Le altre notizie sono tratte tutte dalle


relazioni delle visite pastorali esistenti nella Curia di Asti.

Quando si davano la disciplina, obbligavano le donne e i fanciulli ad uscire


di chiesa, e otturavano le finestre per non vedersi scambievolmente.

Chiesa della B. V. della Concezione118


Si trova all'uscita del paese dalla parte di mezzogiorno. Essa venne edificata
l'anno 1603, e divenne una capellania laicale istituita da Francesco Platone e
da suo fratello D. Bernardino, capellano delle serenissime maest gli Infanti
di Savoia, con atto pubblico, passato avanti alla curia vescovile di Asti, con
cui si assoggettavano i beni stabili tenorizzati dal quantitativo di iugeri 30 e
della rendita comune approssimativa di L. 200 di Piemonte, col carico di
celebrare due messe comuni, e una solenne, nella ricorrenza della festivit
della Concezione e della nativit di Maria Vergine. La linea discendentale
maschile di casa Platone tenne poi sempre quel diritto di patronato della capellana, come ci risulta da vari documenti esistenti nella Curia di Asti.
Sopravvenuta la dominazione francese in Piemonte, la legge dell'8
Germinale, anno nono, avendo dichiarato soppresso il vincolo perpetuo dei
benefizi semplici, e resi liberi e disponibili i beni ai possibili compratori, la
famiglia Platone uniformandosi alla legge acquist il benefzio nella sua
integrit, che le rimase poi per molti anni ancora. Attualmente di propriet
della famiglia Stradella, e si trova in condizioni non troppo buone, pur
conservando molto prestigio sui refrancoresi.

118

Notizie tratte dalle visite pastorali esistenti nella Curia di Asti.

Chiesa di S. Lucia
La chiesa di S. Lucia si trova a poco pi di un chilometro da Refrancore
sullo stradale che porta a Castagnole Monferrato. di origine assai antica, e
gi esisteva nella seconda met del 1500. Era stata costruita in un campo del
beneficio parrocchiale, ed era di forma assai pi umile dell'attuale. Venne
sottoposta ad un primo restauro nel 1618-1619 poich, per essere costruita
in un fondo molto umido, minacciava rovina119. Le spese del restauro vennero assunte dalla famiglia Clivio, una delle pi cospicue del paese a quei
tempi. Un secondo restauro si fece nel 1736 su ordine del vescovo
Jodome120, e in questoccasione venne rinnovato il pavimento e rifatto
l'altare; ed infine, recentemente, un terzo restauro integrale la port all'attuale forma, non priva di un certo qual criterio artistico, dotandola di un
pronao di buona fattura. Complessivamente essa, tanto all'esterno quanto
all'interno, si presenta come una delle migliori chiese Refrancoresi. Si tiene
in essa annualmente una messa nel giorno di S. Lucia.

Cappella di S. Grato.
La piccola cappella di S. Grato posta su di un colie nelle prossimit del
paese venne costruita circa il 1650121. Fu assoggettata ad un primo restauro
nel 1741122e ad un secondo anni or sono. Alla primitiva costruzione venne
119

Visita di Mons. Ottavio Brolia.


Visita di Mons. Jodone.
121
Visitatio prima Episcopi Tomati.
122
Visitatio del vescovo Felizzano.
120

aggiunto un porticato. Presso di essa abitarono vari romiti in due camerette


ora scomparse; e ad uno, questi del principio del 1700, si devono le prime
piantagioni di viti nella localit. La cappella serv anche in parecchie circostanze come lazzaretto.

Cappella di S. Rocco dei Calcini


Si trova detta cappella nella borgata dei Calcini, a pi di 3 chilometri da
Refrancore, sulla strada che dal paese conduce in Alessandria. Venne
costruita circa il 1630-32 dai fratelli Borgo, come adempimento del loro
voto fatto per scampare alla peste 123. Essa non ha niente di particolare degno
di nota.

Parroci
Basandoci sui registri parrocchiali esistenti possiamo compilare l'elenco
completo dei parroci refrancoresi solo a cominciare dal 1692, da quando,
sebbene in ritardo, in seguito alle disposizioni del concilio di Trento,
incominciarono i registri ad essere tenuti in ordine e convenientemente
compilati. Per quanto riguarda il periodo precedente, le relazioni delle visite
pastorali esistenti nell'archivio della curia di Asti ci permettono di risalire
col nostro elenco fino al 1569, sebbene manchi in esse l'anno preciso in cui i

123

Visitatio del vescovo Ottavio Brolia.

vari parroci presero possesso della parrocchia refrancorese. Anteriormente


al 1569 mancano quasi del tutto notizie al riguardo. Ecco l'elenco124:
1569

? - fno al 1730
1730-1749
1749-1761
1761-1804

Francesco Payano
Giacomo Ferrero
Sebastiano Sillano
Andrea Allario
Giacomo Vergano
Giovanni Goirano
Giuseppe Maria Borgo
Carlo Domenico Gavello

A Carlo Domenico Gavello succede un periodo in cui non troviamo alcun


parroco effettivo in Refrancore, ma bens due economi, Giovanni Enrico
Migliasso e Giovanni Giacomo Ronfani, ai quali, finalmente, nel 1812
succede un nuovo parroco:
1812-1830
1830-1835
1835-1879
1879-1892
1892-

Bartolomeo Bussa
Rabagliati Luigi
Gallo Pietro Maria
Bordone Giuseppe
Bosco Giuseppe

In Refrancore vi furono sempre nei tempi passati numerosi sacerdoti e


religiosi, che avevano compiti diversissimi, e come esempio diremo che nel
1749125 ne abitavano in paese ben 10.
124

Archivio parrocchiale di Ref. - registri.

125

Visita di Mons. Felizzano.

Ultime
Trae attualmente il paese le sue maggiori risorse dall'agricoltura che vi
assai fiorente, e in special modo dalla coltivazione della vite, che si presta
assai bene, e produce vini, se non di elevata alcoolicit, di delicato profumo,
e perci tenuto in pregio come vino da bottiglia. I cereali, invece, e le piante
foraggere, danno un prodotto appena sufficiente ai bisogni della
popolazione giacch la loro cultura limitata alle poche e strette vallette del
territorio cos anfrattuoso.
Il bestiame limitato ai bisogni strettamente necessari all'agricoltura, e si
allevano anche in discreto numero gli animali da cortile, che alimentano il
piccolo locale mercato settimanale. Per la sua posizione topografica, a
differenza dei paesi vicini, vi molto sviluppato il commercio, e si contano
numerosissimi esercizi d'ogni ramo; gii artieri anche sono in discreto
numero, cos pure l'industria, che conta diverse segherie elettriche, con
fabbriche di vasi vinari e mobili, di cui si fa gran smercio, in buone
condizioni.
Settimanalmente si tiene un mercato di remota origine, a cui convengono
negozianti da Asti e da altre localit vicine, esponendo merci dei generi pi
svariati; sempre affollatissimo, ed fonte di apprezzabile benessere
economico per la popolazione. Il paese unito con servizio automobilistico
con Felizzano ed Asti.
L'istruzione primaria curata, contando un asilo infantile tenuto dalle R.
Suore, e le scuole elementari fino alla V.a classe nel capoluogo; esistono
inoltre tre edifici scolastici nelle frazioni per le prime tre classi elementari. I
servizi sanitari sono al completo, ed sede notarile. Tra le maggiori societ

da notare l'Associazione Mutua contro i danni degli incendi, con sede


propria, e che conta circa 500 soci.
Anche Refrancore ha dat tributo di generoso sangue nella ultima grande
guerra, e i nomi dei 40 caduti sono incisi sui marmi della bella cappella
votiva (architetto Guerci), che la piet dei concittadini, sotto l'impulso di un
comitato presieduto dal mutilato di guerra avv. cav. Maggiora Emiliano,
volle erigere nella piazza principale del paese; cappella, che venne
consacrata alla fede dal vicario generale della diocesi di Asti M. Carlo
Vergano, nostro compaesano, presenti gran numero di autorit, e una folla
di rappresentanze. Detta cappella senza dubbio il monumento pi
significativo di Refrancore.

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