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MARINA CICOGNA, LA DONNA CHE AMAVA ANCHE LE DONNE

Intervista di Cesare Lanza, su “Sette”, supplemento del Corriere della Sera.

Marina Cicogna Volpi, contessa, regina misteriosa e influente di una mondanità


spesso segreta e inaccessibile, non dava interviste da vent’anni e forse più.
“E’ l’unico uomo al mondo che mi faccia paura”, ha detto una volta Gianni
Agnelli, secondo quanto attesta anche un’intima amica di Marina, Ljuba Rosa
Rizzoli. Alla vigilia della partenza per un lungo soggiorno in Brasile, accetta di
consegnare a “Sette” alcuni ricordi della sua vita al limite e risposte sincere a
varie domande, anche scabrose. Nella conversazione si rivela come una
persona determinata, complicata ma priva di complessi, critica e autoironica,
dura, contraddittoria, ricca di dignità.
“Appartengo” dice “a una generazione costretta a cambiamenti feroci. Nel mio
caso, nella famiglia del conte Volpi, arricchita da privilegi fin dalla nascita, ma
obbligata anche a comportamenti e obiettivi molto rigidi, nell’educazione: per
esempio, a scuola dovevo prendere, e prendevo, tutti 10. Anche se,
nell’Ottocento e fino al primo Novecento, era scandaloso che un nobile, dopo
gli studi, si abbassasse a lavorare.”
- Cosa ricorda dell’infanzia?
“Mio padre era un uomo importante nell’epoca fascista, firmò la pace con la
Tripolitania, ma non andava d’accordo con Mussolini. Fino alla guerra
vivevamo tra Londra e Cortina: la mia prima lingua era l’inglese, parlavo un
italiano un po’ masticato. I ricordi più intensi sono legati al mio fratellino,
Giuseppe Ascanio detto Bino: un legame cruciale e tormentato nella mia vita,
forte io e protettiva, fragile e delicato lui. Poi, ancora, un severo collegio in
Svizzera: molto duro.”
- Quanto duro?
“ Nella mia vita non accetto imposizioni, se non hanno una logica.
In Svizzera, per forgiarci fisico e carattere, ci costringevano a esercizi di
ginnastica assurdi, a pancia in giù o stesi sulla schiena per mezz’ore, e io mi
ribellavo.”
- Com’era la sua vita, in generale?
“ Ricca, comoda innanzitutto: per dire, scoprii solo quando ero già una
bambina dove, nella nostra grande casa, si trovasse la cucina! E poi i contrasti
familiari. Mio padre e mia madre si separarono alla fine della guerra, nel ’45. Ci
dissero di scegliere con chi volevamo vivere e noi decidemmo di passare i mesi
degli studi con il papà, che era un uomo un po’ noioso, e le vacanze con la
mamma. Ma durò poco.”
- Perchè?
“A Milano andavo al Parini, la scuola più dura: tutto bene. Ma in casa c’erano
problemi con mio padre, mi sentivo, come dire?, vagamente infelice. Scappai
da mia madre a Roma.”
- Com’era dunque, il papà?
“ Cesare Cicogna era, nella sostanza, un uomo debole, ultimo di cinque figli.
Ma irascibile, vagamente dispotico, prepotente. Mia mamma volle sposarlo, ma
ne ebbe corna e dispiaceri per tutta la vita: anche se fingeva di non sapere e di
non vedere. Era una donna esteriormente fredda, distaccata. Del resto un
menage sentimentale abnorme era normale in quell’epoca, affogato
nell’ipocrisia.
Mio nonno ad esempio fu legato per tutta la vita a un’amante, una donna
francese, da cui ebbe un figlio, Giovanni Volpi, mio coetaneo: ebbene, non ho
sentito da mia nonna una sola parola su questo argomento. Mia mamma,
certamente, sapeva tutto. E forse, senza i traumi della guerra, non si sarebbe
neanche separata. Lui, il papà, aveva charme, ma era di pessima indole.
Repressivo, si irrigidiva sulle formalità. Un esempio: mio fratello ebbe una
storia con una donna che aspettava un bimbo, lui pretese (e si impose)
affinchè si sposassero in chiesa e poi non venne neanche al matrimonio… Io
non gli parlai per due anni. Fuggii e andai a Roma, da mia mamma: vivevamo
al Grand Hotel.”
- E com’era, il rapporto con la mamma?
“ Mia mamma, Annamaria, ha 87 anni e vive a Venezia. La persona più
importante nella mia vita: pacata, pratica, legata a valori culturali, sempre
circondata da direttori di musei, scrittori, poeti, pittori. E’ stata la creatrice di
Italia Nostra con Giorgio Bassani, l’anima dei comitati per la difesa di Venezia.
Intelligente, grande giocatrice di bridge…”
- Sua mamma, nei suoi ricordi, ha avuto relazioni sentimentali importanti?
“ Un legame lungo e serio con un uomo forte e buono, poi scomparso, un
partigiano.”
- E il papà?
“ Ha vissuto 25 anni con una donna bellissima, ma a mio parere superficiale,
non buona. Non voglio parlarne. Lui era infelice, forse è morto anche per
questo.”
- Descritta questa cornice, sono importanti per lei, i sentimenti?
“ L’amicizia, per me, è un valore. Ma a volte sono stata tradita, ferocemente.”
- Ad esempio?”
“Da Helmut Berger, un ragazzo a cui volevo molto bene. Ha esagerato:
bevendo, con le droghe. Forse per costruire un “personaggio”. Ricordo litigate
furiose, scenate, urla…”
- Lei perde il suo autocontrollo?
“Mi esasperano solo le persone vicine affettivamente. Invecchiando, mi accorgo
di essere più nervosa di una volta.”
- Torniamo alla sua adolescenza.
“Ricordo un bel periodo a Venezia, studiavo da privatista, adoravo il greco, con
uno straordinario professore. Era importante allora, avere una forte
preparazione umanistica. Era uno stile.”
- Cos’è lo stile, al di là degli studi?
“ E’ tutto. Una volta certe cose, anche frivole, erano naturali. Quante belle
ragazze, che sfilano con successo, vediamo barcollare con i tacchi alti? Per la
mia generazione, per donne come me, è elementare calzare tacchi da 12
centimetri, con disinvoltura. E anche questo è stile.”
- Dicono che lei sia forte e curiosa.
“Forte e fortemente curiosa. Ma anche con fragilità. Chi mi conosce, lo sa
bene.”
- Generosa?
“ Non direi. Ho conosciuto molte persone più generose di me.”
- Com’era lei, da ragazza?
“Prima, una bambina molto carina, fascinosa. Poi, sviluppandomi, diventai
grassoccia, con scarso sex appeal. Ed ero insicura. Penso all’epoca degli studi
in un college americano, negli Stati Uniti. All’università scelsi un corso di
cinema, teatro e letteratura. Tra le insegnanti c’era Marguerite Yourcenar, ebbi
con lei un forte rapporto, anche se non era granchè simpatica. E poi,
soprattutto, c’era il cinema.”
- La sua grande passione.
“Come ho detto, avevo un rapporto polemico con mio padre. Negli Usa conobbi
il grande produttore e regista David O’ Selcniz e nacque uno stupendo
rapporto. Lo consideravo un papà e lui, davvero, scrisse a mia madre che
voleva adottarmi. Desiderava una figlia come me (aveva due figli, maschi) e io
un papà come lui. Era aperto, affascinante. Si sposò con Jennifer Jones ed
ebbero una figlia, che morì suicida. Conservo le sue lettere, alcune
lunghissime, anche di 40 pagine.”
- In America, una vita completamente diversa.
“ Sì: l’esplosione di grandissimi divertimenti. Avevo 18 anni, il divertimento
sembrava la cosa più importante. A Pasqua me ne andai in California con
Barbara, la figlia del produttore Jack Warner, e scoprii un mondo effimero e
irresistibile. Chi sarebbe stato, la sera, il tuo accompagnatore? Marlon Brando,

Monty Clift? C’era da scegliere. Restai due mesi, a Los Angeles, due mesi folli.
Sì, da 18 a 28 anni mi sono divertita pazzamente. Dovunque. Che so, si
andava al casinò con Gianni Agnelli, ma non c’era il rischio di finire sui
giornali.”
- Come ricorda, l’Agnelli di quegli anni?
“ Affascinante. Divertente. Curioso in modo caratteriale, si annoiava
rapidamente. Voglioso di vivere, ma sempre educato. Una volta ero ospite in
casa sua e di Marella, in Costa Azzurra: era atteso Adlai Stevenson, candidato
per la Casa Bianca, e furono ammessi solo gli amici che sapevano bene
l’inglese, tutti gli altri via! Fu una cena abbastanza noiosa, con i Kennedy e i
Niarchos.”
- Lusso, sfarzo?
“ Nessun lusso, sfarzo ed esibizionismo, mai. Ambiente intellettuale, se
mai.Sulla barca di Niarchos c’era una eccezionale collezione di quadri, su quella
di Onassis potevi incontrare Winston Churchill. Fu l’epoca di un mio grande
amore:Rinaldo Herrera, un ragazzo sudamericano. Una storia importante per
me. Ricco di famiglia, credo che non abbia mai lavorato. Tina Onassis si
innamorò di lui e credo che la storia tra Aristotele e Jacqueline Kennedy
nacque anche come una forma di vendetta. In quegli anni, gli anni 60, diventai
amica di Jeanne Moreau: un legame fondamentale nella mia vita, che è durato
sempre.”
- Contessa, la curiosità di molti è per i suoi arditi rapporti sentimentali…”
“ Arditi? Erano rapporti vaghi. Divertenti, lievi: come esempio, un flirt con Rock
Hudson. Ero curiosa di esperienze, questo sì. La storia più importante fu una
lunga amicizia amorosa con Franco Rossellini.”
- E Ljuba Rosa?
“ La conobbi, se non sbaglio, nell’inverno del ’62, a Cortina. Si parlava di lei,
aveva appena rotto la sua storia con quel Tagliabue, proprietario di cavalli. Ero
curiosa: chi è questa ragazza con un nome da cabaret? Lei era molto bellina,
con un’aria da cerbiatta uguale ad Audrey Hepburn, somigliante anche al
personaggio di Colazione da Tiffany: un’avventuriera metafisica, che in realtà
non vuole nulla e disperde tutto. Quando la conobbi, mi disse che si era
tagliata i capelli corti, come me: capii che, senza saperlo, ero diventata un
modello. In breve nacque una grande amicizia. Con episodi divertenti.”
- Come la notte brava con Alain Delon… Come andò?”
“ Delon aveva appena rotto con Romy Schneider, era malinconico,desideroso di
dimenticare. Eravamo a Megeve, nell’albergo dei Rothshild. Alain ci chiamò al
telefono, mi disse: vieni in camera mia… Ljuba pensava che l’invito fosse per
lei. Curiosa come sempre, andai io.”
- Ljuba la racconta in modo un po’ diverso.”
“ E cioè?
- Delon lasciò un biglietto per Ljuba, ma in camera lo raggiunse lei, contessa. E
Alain non perdonò questo scherzo a Ljuba, per molti mesi.Com’era, comunque,
Delon?”
“ Sessualmente affascinante, per la sua ambiguità: un eccellente aspetto
femminile, ma in realtà un figlio di mignotta terribile, molto maschile. Credo
che per questo motivo piacesse tanto a Visconti, Alain stesso ammette di avere
avuto due volte rapporti con Luchino.”
- Contessa, se possiamo osare: anche lei ha avuto attrazione per rapporti di
seduzione con lo stesso sesso.”
“ Ammetto che mi hanno attirato i personaggi “inconquistabili””, nomi
sensazionali che farebbero scalpore: donne e situazioni in grado di darmi
emozioni forti. La curiosità è stata sempre per personalità di inconfondibile,
raffinata ambiguità. Per donne straordinarie come Silvana Mangano, Ava
Gardner. Ma anche con gli uomini è stato così. Ho detto di Hudson, di Delon.
Un’altra emozione forte fu la conquista di Farley Granger, di altalenante
vocazione.”
- E Florinda Bolkan?
“ Florinda non è stata certo un gioco, ma molto importante nella mia vita.”
- Lei parla, apprezzabilmente, senza complessi per le sue scelte sessuali.
“ Ho vissuto semplicemente come volevo vivere. Ma a casa mia. Ho rispetto
per
gli altri. Non si dovrebbe spiare cosa succede in camera da letto. Non mi
piacciono le ghettizzazioni, ma neanche gli esibizionismi. Allo stesso modo non
bisogna avere paure. E forse io e Florinda siamo state tra le prime a non avere
paura. Eravamo due persone note, con una vita pubblica che suscitava
interesse.”
- Perché Florinda Bolkan è stata importante, per lei?
“La nostra unione è durata 18 anni, lei era molto giovane, in diversi ruoli
abbiamo fatto insieme una certa carriera nel cinema. Lei ha avuto un totale
sostegno, leale, altruista da me. Piaceva a molti: l’idea di spingerla al cinema
fu di Visconti e Mastroianni. Florinda era timida e indecisa, rifiutò “Il
conformista”, per un filmetto americano. Tra noi c’era un’attrazione molto
forte.”
- Perché è finita?
“ Credo che lei si sia chiesta a un certo punto: cosa farei, senza Marina?
E abbiamo preso strade diverse.”
- Il vostro fu un rapporto fedele?
“ Ha importanza? Florinda piaceva molto agli uomini, certo ha avuto una storia
con Ryan O’ Neal. La fedeltà è un fatto di età matura, influenzata da
situazioni ambientali.”
- Lei è gelosa?
“ Possessiva, non gelosa. E penso che sia meglio non sapere le cose. Preferisco
il pudore, per educazione.”
- Siamo arrivati a parlare della sua grande stagione, nel cinema.
“ Cominciai a fare cinema nel ’67, durò una decina di anni.”
- I suoi film migliori?”
“ Ne citerei due: “Metti una sera a cena”, che realizzai contro il parere di tutti,
e “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”. Per il primo persi
all’ultimo momento Gianmaria Volontè, che non voleva fare film borghesi: mi
telefonò solo alla vigilia per dire che rinunciava. Un no sofferto. Mi chiamava
ogni giorno, e anche di notte, per sapere come andavano le riprese.”
- La stagione del cinema è stata la più importante, nella sua vita?
“Sì. Mia madre aveva acquistato la Euro International film, una società di
distribuzione: io cominciai dando consigli importanti, per l’acquisto de “L’uomo
del banco dei pegni”, “Bella di giorno”… Buone scelte. C’era anche mio fratello
in questo lavoro, ma lui, ch’era abituato a una vita più tranquilla, si trovò
sbandato, esposto a troppe tentazioni. Si era nel frattempo separato, per
mettersi con un’attricetta, Britt Eklund, l’ex di Peter Sellers… Lui si occupava
della parte finanziaria, io ero più creativa: mi affascinava lavorare con nuovi
talenti. Bertolucci e Dario Argento, due ragazzini, collaborarono a “Metti una
sera…”, o Liliana
Cavani. Non solo arte, eh. Acquistai per pochi soldi “Helga”, una porcheria, che
però proponeva una donna – era la prima volta – ripresa mentre partoriva: il
film fece molti soldi. In breve diventammo leader in Italia nella distribuzione e
poi nella produzione. E poi tutto crollò.”
- Come?
“ Contrasti familiari e un’anima nera, nella società, di cui non voglio parlare.
Buttarono fuori mio fratello, Bino, e anch’io uscii: andai alla Paramount, con
alcuni miei contratti personali, come “Ultimo tango a Parigi” di Bertolucci, un
film con Petri, un altro con Damiani, preparavo “Il portiere di notte”. Ma gli
americani cancellarono tutto. Fu un periodo terribile. Mia madre era stata
messa in mezzo da falsi amici, che fecero fallire la Euro: ci ha rimesso tutto il
suo patrimonio. E mio fratello si suicidò, in Brasile.”
- Quando? Perché?
“ Era la fine del ’71. Bino era stato tirato dentro a giri loschi da gente che lo
sfruttava. Un incubo. Ricordo una lettera pubblicata dai giornali italiani… I
giudici che dubitavano, tra suicidio e omicidio…Bino finì chissà perché, forse in
fuga per paura, a Rio de Janeiro. Voleva comprare una fazenda. Un nuovo
sogno?
Mio padre lo ostacolò: ma se non ha mai visto una vacca in vita sua, diceva.
Un giorno Bino affittò una casa vuota, si chiuse dentro e aprì il gas.”
- Com’erano, i vostri rapporti?
“ Affettuosi, fino alla fine. Mi telefonava, mi dava appuntamenti e poi non
veniva mai. L’ultima volta, lo vidi a Londra, in una delle sue peregrinazioni. Il
suo suicidio ha segnato una svolta nella mia vita, un dolore immenso.”
- Lei non ha mai avuto la tentazione di vivere una vita normale, di sposarsi,
fare la moglie, la madre?
“ No. Mai.”
- Mai un desiderio di maternità?
“Non mi appartiene. Ho avuto forse un ruolo materno, vicino a Ljuba, per sua
figlia Isabellina, di cui fui la madrina. Credo di esserle stata vicina, come
potevo, in una famiglia abnorme, fino alla tragica fine.”
- E dopo la chiusura con il cinema?
“Con Florinda andammo in California e ho vissuto a Beverly Hills tre o quattro
anni… Un bel periodo, con tanti nuovi amici interessanti, da Michael Caine a
Sean Connery, da Gregory Peck a Rod Stewart, da George Seagal a Jacqueline
Bisset…
quest’ultima, un’altra carissima amica. Una vita piacevole, ma alla lunga la
California è strana, ha valori allucinanti, contano solo il successo, i soldi. Si
vive sempre in superficie. E tornai in Italia. Ma era cambiato tutto.”
- Rimpianti?
“ La mia stagione del cinema finì in modo rovinoso: la società di mia madre
aveva un patrimonio di 250 grandi film, sarebbe bastato difendere i diritti
televisivi,
per vivere di rendita. Invece tutto fu svenduto e finì in malora. Acquistai una
casa di campagna vicino a Roma e mi ritirai a vivere lì. Il rapporto con Florinda
si era disgregato.”
- E ora?
“ Vivo a Miami d’inverno e poi in Italia, tra Modena, con una mia amica,
Venezia, St.Tropez.”
- Contessa, la sua vita è una girandola di uomini e ancor più di donne, viaggi,
amori, cinema, curiosità, tante cose fatte e disfatte. Proviamo a sintetizzare:
quali sono le persone più interessanti che ha conosciuto?
“ Nella vita d’ogni giorno, Marella e Gianni Agnelli. Nel cinema, le amicizie sono
soprattutto francesi: Fanny Ardant, intelligente e bizzarra, e Jeanne Moreau,
che ha forse un invecchiamento difficile (per le donne è arduo invecchiare).
Negli Stati Uniti un grande amico è Warren Beatty. E lo era il povero Walter
Matthau: mi diceva, per scherzo, che voleva sposarmi. In Italia, un altro
grande amico, Patroni Griffi. Certo gli amici non mi sono mancati: nella moda,
da sempre Valentino, Calvin Klein, Giorgio Armani che mi invita nella sua
barca…”
- Tutti nomi di elite. Lei dunque si riconosce nel ruolo di regina della
mondanità?
“ Non mi piacciono le definizioni. Mondanità? Non mi piace far tardi la sera.”
- Il suo nome tuttavia sbuca da ogni parte (dorata) del mondo. A proposito,
quante lingue parla?
“ A parte l’italiano: inglese, francese e portoghese. Un po’ meno lo spagnolo e
il tedesco.”
- Le chiedo ancora: rimpianti?
“ Per il cinema. Mi sarebbe piaciuto restarci ancora per dieci, quindici anni. E
lanciare, valorizzare talenti. Oltre a quelli già citati, ricordo Enrico Maria
Salerno, i primi film di Mariangela Melato, la Wertmuller. E Pasolini, che certo
non ho inventato io: gli diedi però l’opportunità di fare Medea, ma non fu un
grande film, purtroppo.”
- E oggi è scomparso quel certo piacere dell’emozione?
“ Mi diverto, forse più di una volta.”
- Si innamora?
“Non c’è niente, credo, che mi farebbe perdere la testa.”
- Bilanci?
“ Sono stata una donna fortunata. Sono nata con carte buone in mano.”
- Felice?
“Alti e bassi. Non è negativo avere bruschi risvegli.”
- Sprechi?
“Forse un po’ di talento. Non riuscire a portare fino in fondo ambizioni e
progetti.”
- Il rapporto con il denaro?
“ Non ho avuto e non invidio le ricchezze estreme. Sono stata ricca, ma ho
dovuto fare i miei conti. Mai cifre colossali, a disposizione.”
- Nostalgie?
“ Per la giovinezza, per alcuni periodi luminosi, per amori passati.”
- In quale epoca le sarebbe piaciuto vivere?
“ Nell’età dell’innocenza, anni venti, la stagione dei belli e dannati…Prima
dell’arrivo del nazismo.”
- Se dovesse scegliere un Paese, definitivo?
“Il Brasile.”
- Con chi?
“ Con Helmut e Florinda, quelli degli anni più belli.”
- In definitiva, cos’è l’amore per lei?
“ Io sono un’esteta, credo che l’amore possa nascere solo da un’attrazione
estetica.”
- Riesce a perdonare, se è sedotta e tradita?
“ Solo se chi mi tradisce riesce a farmi ridere.”
“Cosa c’è, in un amore tra donne, che non possa esistere tra uomo e donna?”
- Il narcisismo. Ci si ritrova come in uno specchio. E una maggiore solidarietà.
Per quanto mi riguarda, temo di essere dominante. E prima o poi arriva la
ribellione dell’altra.”
“C’è qualcosa che può scandalizzarla?”
- Gli eccessi, l’esibizionismo.
“ Si è stabilita dei limiti?”
- Non mi piacciono i vizi minori.

Naike Rivelli
E ORA DICO LA MIA
Ha sparato a zero contro il reality show Il ristorante. L'hanno cacciata e ha avuto il
suo momento di celebrità.C'è abituata: << Per quasi tutta la mia vita mi sono
adeguata. Ma ora ho messo giù i piedi>>. E qui si mette a nudo: la famiglia
eccentrica,la droga, lo star system vecchio e ottuso, gli amori sbagliati. Con una
sparata finale :<< Anche una donna può eccitarmi>>
di Cesare Lanza "Capital"

“Naike, lei ha, con evidenza, una personalità


ribelle.”
Ci vuole poco, in questo Paese.
“Perché? Non si trova bene, in Italia?”
Preferisco lavorare in Francia e Germania. Sono molto
selettiva, oggi, e
all’occorrenza metto giù i piedi.
“Che vuol dire?”
Mi ribello a un certo sistema lavorativo. E riesco a
fingere solo sul set.
“Vede? E’ ribelle, lo ammette.”
Certo. E corrisponde, per me, ad una vera svolta. Per
quasi tutta la mia vita
mi sono adeguata a ciò che mi proponevano gli altri.
Poi, un paio di anni fa, ho capito che si trattava di un
meccanismo perverso, che mi rendeva infelice. E ho
messo giù i piedi. Professionalmente ci ho rimesso, in
Italia non lavoro quasi più.
“Ma in cosa consiste, la ribellione?”
Ho capito che ero calpestata - mi lasciavo calpestare –
da tutto e da tutti,
senza reagire. Ero inerte, zitta. Stavo a vedere,
facendomi scivolare addosso qualsiasi cosa. Se
qualcuno o qualcosa mi aggrediva, lasciavo passare.
“Vorrei capire meglio.”
Sono cresciuta in una famiglia eccentrica e mi sono
mancati gli affetti
importanti. Ho cercato una sponda in amici e compagni,
ma si era stabilito un circolo vizioso, di sofferenza e di inutile ricerca affettiva. Mia madre era
assente. E il padre di mio fratello, il patrigno, molto severo, diciamo così. Ero schiacciata,
compressa.
“Una forte sofferenza…”
Sì. Spirituale. Certo nella vita ci sono altre sofferenze, materiali, più
importanti. Chi lotta per la vita o per il pane certamente soffre di più e non ha tempo di concentrarsi
sulla disperazione dell’anima. Pochi operai vanno dallo psichiatra, no?
“E lei?”
Io ho girato tanti strizzacervelli. Fin da adolescente, la prima volta a
quattordici anni.
“E quali erano i problemi specifici?
Depressione, bulimia, anoressia… Da ragazzina non ero consapevole della
sofferenza. Mi sembrava di vivere una vita positiva. In un guscio in apparenza dorato. Con un
primo grande amore, Cristian Cetorelli, quando avevo tredici anni. Lui, dodici. E per quindici anni
siamo stati insieme. Vivevamo in simbiosi. Una follia. Fin da adolescenti abbiamo convissuto, a
casa mia o a casa sua. Poi, da maggiorenni, siamo andati a vivere insieme, passavamo da una casa
all’altra. Poi è arrivato il bambino. Mi sentivo soffocare. Non avevo spazi miei. E diventavo
autodistruttiva. Vede questo segno sul polso? Sa cos’è? Pensa che sia un tatuaggio?
“Non so.”
E’ una cicatrice, un giorno mi procurai la ferita con
una forbice. Certo, per punirmi. Autodistruzione. Per
di più, in un momento molto delicato, Enzo Consolo,
il mio più grande amico, fratello di Nicola Romanoff,
si suicidò. Era un grande riferimento per me, fu un
dolore devastante.
“Continui…”
Sette anni fa, ne avevo ventitre, il malessere diventò
incontenibile. Avevo
problemi con il cibo, non riuscivo a mangiare.
Anoressia. E droga. Solo una voglia: quella di
annientarmi. Con un marito a cui ero affezionata, con
un figlio che adoravo. Ma ero infelice. La sensazione
di avere fallito tutto mi aveva steso. Non so come
riuscii a riprendermi.
“Provi a ricordare, le viene in mente un momento
preciso?”
Sì. Un giorno mi ritrovai in un bagno, non so in quale
casa, intossicata, a
guardare le mattonelle. Senza forza, estranea a tutto.
Pensai che ormai stavo morendo. Senza avere i
coglioni per dire basta e salvarmi. Pensai a mio figlio
con passione, disperazione. E’ stato questo pensiero,
a recuperarmi.
“Mi ha detto che la svolta - la ribellione – risale a
due anni fa.”
C’è stata un’altra tappa. Avevo lasciato Cristian e,
sapendo di sbagliare, ho sposato un tedesco. Una
storia senza senso, otto mesi di inferno. Poi sono riuscita a scappare e sono andata a rinchiudermi in
una bella casa di campagna, vicino Ovada, a Lerma. Nei boschi, in solitudine. Da lì, la resurrezione.
Ho deciso che non dovevo nascondermi più. Facevo un’immensa fatica. Ma dovevo tirarmi fuori
dal buio. Mai più avrei dovuto rinchiudermi dentro me stessa. Ancora una volta mi ha aiutato, in
misura decisiva, la responsabilità verso il bambino.
“E ora?”
Non ho più insicurezze. Nel lavoro dico la mia, a costo di perdere occasioni.
Le ho già detto della mia insoddisfazione in Italia. Perché qui, in sintesi, il sistema, oltre alla ferocia
delle raccomandazioni politiche, protegge chi è arrivato, non dà opportunità ai giovani. E’ un
ambiente vecchio e ottuso.
“ E nella vita sentimentale, Naike, ha trovato un approdo?”
Alghen, un giovane albanese. Lavora nei servizi di sicurezza, vive a Parigi,
dopo aver fatto tanti mestieri. Ha un cuore semplice, è forte d’animo, è ricco dentro. L’ho incontrato
a Montecarlo e abbiamo fatto l’amore subito. Alghen mi aiuta a superare il problema di sempre.
“Quale?”
Come figlia di separati, non volevo far vivere al mio
bambino la stessa
infelice esperienza. Non è facile perdonarselo.
“La conquista della libertà mentale ha influito anche
nei suoli affari di cuore?
Nella vita sentimentale e sessuale?”
Non ho complessi. Se un uomo mi piace, mi piace
subito. E non ho
pregiudizi da superare. E’ come se dicessi: eccomi. Mi
abbandono totalmente. L’uomo che amo deve
possedermi. Mi regalo a lui per intero, il mio uomo deve
avere tutto di me. Mi consegno.
“E questa appartenenza dev’essere reciproca?”
Preferisco sentire il dominio piuttosto che dominare. Lui
deve prendermi e io
non penso ad altro. E’ importante sentirmi posseduta,.
“Questo è dunque il traguardo della libertà?”
Ovviamente, il desiderio di possesso nasce da una mia
scelta.
“Lei è gelosa?”
Sì. Ma pronta a condividere.
“Cosa vuol dire? Se il suo uomo ama, desidera
un’altra donna…”
Va bene. Purchè ci sia anch’io.

“Esperienze condivise anche con un altro uomo?”


Finora non è mai successo. Tutto dipende dalla mia
necessità di
accontentare i desideri del mio uomo. Quindi, mi è successo di fare l’amore con un’altra donna. Ma
solo se questo piace a lui. Automaticamente: mi do. E sto bene. Se fossi esclusa, soffrirei.
“Ma le donne le piacciono?”
Ho sentito attrazione, mi sono sentita desiderata. Ma, prima, non è mai
successo nulla. Sì, una donna può eccitarmi. Avevo sempre avuto questa cosa dentro e non mi
aveva mai messo in imbarazzo. Erano solo fantasie.
“E ora?”
Ora, anche in questo, mi sento assolutamente libera.
NON NE POSSO PIU' DELLA PANDOLFI
La seduzione? Un virus. La sua immagine? Un cruccio. Le interviste? Pericolose: perché i pensieri
amorosi delle donne sono ingovernabili. Confessioni sull’orlo di una crisi di nervi di Marta Venturi,
avvocato di Soccorso Rosso. Ovviamente al cinema.

di Cesare Lanza Capital

E' seduttiva. Imprevedibile. Complessa. Comunque, molto diversa


da come l'immaginavo. Mi punta gli occhi (splendidi) addosso e non
li abbassa mai, per prima.
E' diretta, rapida. E cerca complicità, come se fossimo a un esame:
dice subito che non vorrebbe parlare. La guardo, disorientato, e lei
spiega che ci sarebbero due ragioni per non farla, questa intervista.
"Un attore non dovrebbe mai svelarsi: non gli è utile. Dovrebbe parlare solo attraverso i personaggi
che interpreta. La seconda ragione è che l'intervista stride col mio carattere. E' un lavoro. Ma iI mio
lavoro è esprimermi sul set. Fare interviste è un altro lavoro: bisogna saperlo fare. E io non ne sono
capace."
Si sente a disagio?
"Tutto sommato, sì. Non ho risposte pronte da dare. E poi, se anche riesco a darle, e sono riferite
correttamente, non dubito di questo, sulla carta stampata assumono un altro significato. Infine, ci
sono i titolisti e i titoli, in due parole, non possono cogliere mai la verità di quello che si è detto."
Potremmo provare.
"E ancora una cosa che mi pesa, da tanto tempo."
Un famoso episodio, immagino. Sono passati tanti anni e però sempre a quell'episodio si
pensa, è così...? E questo che la tormenta?
"Sì. Mi riferivo, come dice lei, a quell’episodio."
Ebbene: anch'io debbo partire da lì.
"Ma perchè? Perché deve?"
Perchè in questi anni ho intervistato tutte le donne più belle e famose dello show-system. E
quasi sempre abbiamo parlato di amore e di seduzione, di erotismi. Ma non ho mai sentito
una frase tanto eroticamente folgorante come quella che disse lei e che le ha attirato tanta
curiosità addosso: nel giorno del matrimonio, con Luciano Virgili, al momento del sì, pensava
ad un altro, Andrea Pezzi. Come potrei evitare di partire da lì?
"Perché è morbosità pura. E io non l'ho neanche detta a questo modo, quella cosa. E però la
morbosità di tutti si è scatenata, per quattro parole.”
Insisto. E mi scusi, ma non credo che la mia sia morbosità...
"E' stato solo un mio eccesso. Sono piena di contraddizioni: eccessi e fughe. Sono riservata? Così
sembra. Ma a volte mi lascio andare. E così successe. Ero innamorata: sentivo grandi emozioni,
volevo comunicarle. Con l'illusione di essere capita. Fu un errore."
Questo è il punto: sono convinto che i pensieri amorosi delle donne siano ingovernabili e
imperscrutabili. La fantasia di una donna è evoluzione continua. E quel suo pensiero, forse, fu
un momento magico di ingovernabilità. Nessuno può trattenere la mente…
"Evoluzione, ha detto. Sì, su questo sono d'accordo. Ma tutti cambiamo, di continuo. A volte si
cambia in meglio. Con Andrea siamo cambiati in meglio tutti e due. Non è frequente."
Deduco che il rapporto sia rimasto buono. E con Virgili?
"Preferirei non rispondere. Perchè non mi chiede di Roberto Angelini? E' lui, oggi, il mio uomo."
Da quanto tempo?
"Tre anni."
Sono tanti. Può finire? Vi ponete il problema?
“Certo che può finire. Ma non ci poniamo il problema. Perciò, dura.”
Vorrei che lei in due parole, anche solo un aggettivo, definisse l’essenza
di queste tre storie importanti. Che succede…? Perché si mette le mani nei capelli?…
“Ma come si fa in due o anche mille parole? Come si fa?”
Proviamo. Virgili?
“Lei non vuol capire, è un circuito perverso. Io parlo. Lei scrive. I lettori
leggono. Ma anche lui legge. E dopo cinque minuti per lei e i lettori le parole evaporano. Per me e
lui le parole restano. E questo mi turba. E adesso perché lei mi guarda così?”
Lei è una bomba pronta per esplodere, sempre. Basta accendere la
miccia.
“Non credo che sia facile trovare la miccia né accenderla.”
Torniamo a uno ci è riuscito. Pezzi…
“…di vita!”
Mah… Una battuta?
“Non le piace? Lei cosa direbbe?”
-Una passione.
“Non nego.”
E Angelini?
“Sono innamorata. Ed è tutto. E’ una mannaia rivelarlo, esporsi così.”
Lei, Claudia, è una donna insicura.
“ Lo ammetto.”
Perché?
“Ci ho pensato tante volte. Forse è l’insicurezza di chi avverte forti aspettative
intorno a sé… Bella, pronta, una famiglia che mi ha sempre lasciato libera di scegliere e di
sbagliare, senza freni né censure, dunque una ragazza in apparenza sicura…”
… e con uno sguardo che ti punta e non si abbassa mai…
“Appunto. Ma nella realtà è diverso. Sì, sono insicura. E anche incoerente. Sa qual è l’intervista dei
miei sogni?”
Speravo fosse questa, per la verità.
“ Spiritoso. No, questa è l’intervista dei miei sogni… Sono Claudia Pandolfi,
ma non posso dirvi di più.”
Vado avanti, invece. Ha commesso molti errori?
“Tanti, sì. Ma non mi pento. Anzi sono felice di aver sbagliato.”
Torniamo alla seduzione. E’ la donna, che conquista?
“Sempre. La donna fa tutto. Io? O conquisto o faccio in modo di essere conquistata.”
Come?
“Che ne so? Forse è un virus. Basta uno sguardo. Una cosa detta. O, meglio,
non detta.
Si considera felice?
“No.”
Perché?
“Non credo che esista una stabile felicità. Momenti di felicità, sì.”
Cosa le manca?
“ Non so. Lei che ne pensa?”
Penso anch’io che lei non sia felice. Forse lei ha paura di
guardarsi dentro
fino in fondo. Forse non è la paura di scoprire qualcosa. Forse
è semplice pigrizia. Ma le domande spettano a me.”
“E’ un tormento!”
Si sente incompresa?
“Non mi interessa.”
Non si sente abbastanza amata?
“Macchè. Assolutamente no.”
Non ama abbastanza? Vorrebbe amare di più?
“Non so. Passi oltre.”
Non s, non so! Qualcosa le è chiaro?
“Il mio rapporto con Claudia, Claudia con Claudia in privato, è buono. Mi isolo,
amo la solitudine, sto bene con me stessa. Il rapporto di Claudia con Claudia Pandolfi pubblica,
invece, non va bene. E’ un cruccio. Questo mi è chiaro! E per lei, cos’è chiaro?”
Mi è chiaro che lei è affascinante perché è imprendibile. Inafferrabile.
E chissà dov’è la sua mente, mentre mi parla. Questa inafferrabilità, tanto femminile, mi
piace. Spero che piaccia anche ai lettori.
“Grazie. Detta così, sembra una cosa veramente carina.”

CAPITAL OTTOBRE 2004

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