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PROF CARLO Rossi 20 09 2021

Testo di riferimento “fondamenti di controlli automatici”. Bozzerà, scatolini, schiavoni Mc Graw Hill.
Copre piu di quello che viene fatto nel corso.

Non preparare l’ esame studiando tutto il testo dato che è molto piu ampio. Utilizzare il testo per approfondimenti o revisione sugli argomenti trattati in
classe.

Slide pubblicate e utilizzare per la spiegazione e appunti presi in aula. Non si riesce a preparare l’esame utilizzando solo le slide. Slide con appunti va
bene.

Esame: prova scritta con esercizi e possibili domande di teoria a risposta libera. Qualche domanda di teoria è annegata dentro gli esercizi. Circa 4-5
esercizi con trattamenti sia numerici che con definizioni.
Durata tipica di 2h.
Le date degli esami sono già disponibili: 3 nella sessione invernale, 2 nell’estiva e 1 a settembre. Non ci saranno appelli in periodi di lezione.

Possibile appello in condizioni speciali per qualcuno che si deve laureare in ottobre, novembre, ..

Per la verbalizzazione dell’esame è necessario inviare una conferma per email con oggetto: “verbalizzazione controlli automatici M”

Le iscrizioni agli appelli chiudono 5-6 giorni prima dell’esame stesso.

11 gennaio
15 febbraio
Intorno al 25 gennaio

Ricevimento martedì dalle 17.15 su teams ma consultare il sito per aggiornamenti o cambiamenti. È sempre necessario mandare mail per andare a
ricevimento
Link teams sul sito del docente.
Mandare una mail se si ha intenzione di venire al ricevimento soprattutto se non si riesce a venire a ricevimento subito all’orario di inizio ricevimento.

SISTEMI DINAMICI
Il corso a che vedere con lo studio dei SISTEMI DINAMICI.
La prima parte del corso è capire un determinato sistema dinamico, come potrebbe essere un’automobile, una macchina automatica, un robot. In generale
qualsiasi cosa che svolga una trasformazione. Noi non studieremo tanto il dispositivo in sè ma ci concentreremo piuttosto sul modello matematico che
descrive il funzionamento di questo dispositivo. Per uno stesso dispositivo possono essere utilizzati piu modelli matematici a seconda di quali siano le
caratteristiche che si vogliono mettere in evidenza.

La seconda parte, di sintesi, riguarderà invece come fare in modo che tale sistema svolga un obbiettivo assegnato. Dopo aver analizzato il sistema
dinamico il nostro compito sarà decidere come configurarlo in modo da ottenere la risposta di nostro interesse. Andremo a sintetizzare un dispositivo il
quale collegato al macchinario di interesse gli faccia assumere i comportamenti desiderati.

Lo studio di tutti i sistemi dinamici che faremo avverrà attraverso un sistema matematico di equazioni. Andremo quindi a studiare il modello matematico
che più si addice alla descrizione di quel dispositivo. La scelta del modello matematico dipenderà da cosa vuole mettere in evidenza del sistema, quindi
una sua caratteristica piuttosto che una differente.
Se ad esempio vogliamo studiare un veicolo in moto il modello descrittivo della traiettoria che percorre prende in ingresso variabili e equazioni differenti dal
modello che descrive invece la sua velocità nel corso del tempo.

La sintesi sarà riguardante lo studio e la progettazione di un dispositivo che collegato al macchinario gli faccia assumere un comportamento designato.

Esistono vari tipi di sistemi dinamici.


Noi ci limiteremo ai sistemi dinamici a tempo continuo.
Questo perchè nei sistemi di applicazione meccanica tipici la maggior parte dei dispositivi di interesse sono dispositivi descritti da modelli rientranti in
questa classe.

Un sistema dinamico a tempo continuo è quindi per noi un modello matematico di un oggetto, di un dispositivo ma anche di un processo. Come può
essere un processo chimico, fisico.
Tale oggetto o processo può essere sia fisico, quindi concreto; ma in linea teorica anche immateriale come può essere un sistema economico di una
azienda ecc..

Ipotizzeremo che questo oggetto interagisca con il mondo esterno attraverso delle variabili che assumono valori diversi con l’avanzare del tempo.

Ad esempio una stanza può rappresentare un sistema dinamico in cui le variabili di interesse possono essere ad esempio la temperatura, il numero delle
persone, l’umidità, l’illuminazione. Tutte variabili che risultano essere variabili nel tempo.
Il tempo è una variabile indipendente che scorre e supponiamo
che assuma tutti i possibili valori di tipo reale.

Non tutti i modelli hanno una variabile tempo continua.


Se per esempio consideriamo un sistema economico e vogliamo
descrivere come varia la variabile tasso di interesse di una banca,
risulta che questo tasso presenta un valore che viene aggiornato
una volta al giorno, quindi è una variabile tempo discreta in cui la
discretizzazione assume uno step giornaliero.

Le variabili che descrivono l’interazione del sistema con l’esterno


verranno divise in due classi:
• VARIABILI DI INGRESSO: rappresentano le azioni che
vengono compiute dall’esterno ed influenzano il
comportamento del sistema dinamico
(esempio: se il sistema è un’automobile, la posizione rispetto alla
strata dipende dalla posizione del pedale dell’acceleratore, dalla
posizione del pedale del freno e dalla posizione del volante. Tali
variabili sono stabilite dall’esterno)

• VARIABILI DI USCITA: rappresentano le grandezze di interesse del sistema in oggetto che si vuole descrivere e dipendono da ciò che viene fatto
sugli ingressi e dagli ingressi stessi.
Per esempio la velocità, l’accelerazione e la traiettoria di un veicolo in moto sono tutte cose che dipendono da altre variabili in ingresso esterne.

Tra gli INGRESSI e le USCITE esistono relazioni logiche di CAUSA-EFFETTO.


Le cause e gli effetti possono essere innumerevoli, però a noi interessano solo alcune variabili di interesse per volta, ad esempio velocità, accelerazione.
Tutto questo dipende sempre dal tipo di analisi che si sta affrontando o equivalentemente dall’aspetto che si sta studiando del sistema .

SISTEMA
DINAMICO
È Variabili in ingresso e in uscita verranno sempre ipotizzate
come funzioni del tempo.

Ingressi uscite

Normalmente per descrivere il funzionamento di un sistema le


variabili in uscita non sono sufficienti.

L’insieme complessivo delle variabili necessarie a descrivere il


funzionamento del sistema prende il nome di STATO DEL
SISTEMA.

Per esempio supponiamo di avere una rete elettrica formata


da una resistenza e da una capacità.
Supponiamo quindi di applicare ai morsetti della rete una
tensione esterna (variabile in ingresso) e di voler ricavare la
corrente che circola nel circuito elettrico (variabile in uscita).

i
a pe

o un o
R Sappiamo che la corrente che circola nel circuito è pari al
rapporto tra la di erenza di potenziale ai capi della resistenza
Parametro
v4 c
rapportata alla resistenza stessa.

Vale
E
variabile
è
KI
Nonconosciamo pero Katt Perconoscerlo abbiamo bisogno di una ulteriore relazione

Sappiamo infatti che Katt è pari alla differenza tra


f VE v6 NCD is it
E
alt vale
Per descrivere il funzionamento del sistema vediamo quindi che è necessario conoscere una ulteriore variabile.
Tale variabile aggiuntiva non può assumere valori arbitrari, ma è dipendete anche questa dal sistema secondo una relazione.
In questo caso il potenziale ai capi del condensatore dipende dalla corrente che circola nel circuito stesso secondo la relazione.

i t c alt alt
diff f
c
diff a

Se voglio quindi determinare il modello matematico che descrive il sistema scopro quindi che ci sono due equazioni. In questo modo conoscendo il valore
iniziale della tensione sul condensatore e il valore della tensione esterna applicata siamo in grado di ricavare la corrente che circola nel circuito.
La variabile aggiuntiva necessaria prende il nome di VARIABILE DI STATO.
In questo caso è stato sufficiente introdurre una unica variabile aggiuntiva, ma potrebbero essere necessarie più variabili di stato.
L’insieme di tutte queste variabili prende il nome di STATO DEL SISTEMA.

Il sistema dinamico a tempo continuo è un oggetto caratterizzato da:

VARIABILI DI INGRESSO T e R
R
variabili di uscita
G e
G a retori
VARIABILI DI STATO I E IRI descrivono il
funzionamento

Emazione DI STATO I E f NE UE E
Equazione di erenziale che descrive come variano le variabili di stato al variare dell’ingresso e dello scorrere del tempo. È una equazione di erenziale
del primo ordine che prende in ingresso vettori, quindi possono essere piu equazioni ciascuna caratterizzante un elemento del vettore delle variabili di
stato.

XE alt t
TRASFORMAZIONE DI USCITA
GE g
Equazione che descrive i valori assunti dalle variabili di uscita come funzione dei valori di ingresso e dei valori delle variabili di stato.

Un sistema dinamico è quindi formato da un sistema di equazioni differenziali che stabilisce dati gli ingressi quale sia l’evoluzione delle variabili di stato.
Quindi descrittivo del funzionamento del sistema.
Da queste variabili di stato poi noi andiamo a calcolare le variabili di uscita di interesse.

a _It _FINE alt E x t 8


a
y t fglxld.at e

Potrebbero esserci casi in cui le variabili di stato sono delle variabili di uscita di interesse.

La scelta delle variabili di stato non è univoca. Si possono avere tante scelte di variabili di stato ugualmente valide.
In particolare se prendo un insieme di variabili descrittive di un sistema e prendo un altro insieme le cui variabili sono legate alle prime da relazioni
biunivoche, per cui dal primo insieme posso passare al secondo e viceversa, allora abbiamo due insiemi di variabili di stato, due visioni diverse della
stessa informazione.

Dato che c’è un sistema di equazioni differenziali coinvolto, se scelgo un altro insieme di variabili di stato devo essere in grado per tale insieme di
esprimere un altro sistema di equazioni differenziali. La trasformazione delle varie equazioni deve essere quindi derivabile in qualche maniera.

L’esistenza di piu rappresentazioni per uno stesso oggetto permette di scegliere la rappresentazione che rende piu evidente alcune proprietà. In tutto il
corso cercheremo sempre un metodo di descrivere il funzionamento, reinterpretare il modello matematico in studio, per ottenere un modello differente che
renda evidente piu facilmente la risposta alle domande in questione.
iii
anche Z R
Dimensione e numero divariabili

Solitamente per variabili di stato si scelgono


variabili direttamente collegate con l’energia del
sistema che siano queste di tipo meccanico,
elettrico o termico.

Modellazione: associare un modello matematico


ad un oggetto fisico.

Andiamo ora a fare un po’ di classificazione sui sistemi


dinamici. Essendo descritti oltre che dalle variabili dalle
funzioni di stato e di uscita la classificazione è basata per
l’appunto su tali oggetti.

CLASSIFICAZIONE Dei Sistemi


o 5150 SINGOL INPUT SINGOL OUTPUT

O MIMO MULTIPLE INPUT MULTIPLE OUTPUT

STAZIONARI IL TEMPO NON COMPARE IN MANIERA ESPLICITANELLE FUNZIONI


DISTATO E Nelle TRASF Di Uscita
L'EvoluzioneDel Sistema Dipende Dal tempo comunque dato che
GLIINGRESSI VARIANO Nel TEMPO A FAR RIFERIMENTO Eca
AALITÀDEGLIINGRESSI MA Non il momento in ci vengono
APPLICATI

e aaaa aaaa aaaa aaaa aaaa


DARE RISULTATIDIVERSI IN TEMPIDIVERSI A PARITÀ DI
VARIABILI DI STATO e ingressi
Lineari te sono Funzioni Lineari 1 GRADO EQUAZIONI
g
f Non_Lineari
o fe
g sono Funzioni di Gradosuperiore al 1o o inSenato log

caso Generale Sistema tempo variante

I F x U E s con sistema Lineare I Alt X BA a

CE DE
g aut
x u
g y
e Alt BA Cit DE sono Matrici essendo X e a dei vettori

u t D
y glx
a C
y Lineare stazionario
I f x U t I A x B a t
AB C D MATRICICOSTANTI
Nel nostro corso di studio prenderemo in considerazione per la quasi totalità dei casi sistemi lineari. In realtà questi sistemi in natura e nella pratica non si
trovano quasi mai, ma risultano sempre piu complicati del caso lineare. Va però detto che molti sistemi non lineari possono essere approssimati per brevi
intervalli di tempo a sistemi a comportamento lineare risultando cosi molto piu facile lo studio e l’analisi.

PRINCIPIO DI SOVRAPPOSIZIONE DEGLI EFFE


Se prendo un sistema dinamico e fisso le condizioni
iniziali allora per ogni andamento dell’ingresso U è
definito univocamente e sono in grado di calcolare
l’andamento delle variabili stazionarie. L’evoluzione è
univocamente definita per ogni tempo positivo.

Di un sistema si definiscono due casi particolari:


RISPOSTA LIBERA e RISPOSTA FORZATA.
La RISPOSTA LIBERA è quella che si ottiene dal
sistema inserendo un ingresso di valore nullo a partire
da date condizioni iniziali.
La RISPOSTA FORZATA si ottiene invece ottenendo
un ingresso diverso da 0 ma con un insieme di
variabili di sistema tutte nulle.

In realtà la risposta complessiva in un qualsiasi caso,


con condizione iniziale diversa da 0 e con ingresso
diverso da 0 è sempre esprimibile come somma della
risposta libera e della risposta forzata.

Lo stesso principio vale anche per la risposta libera e la risposta forzata stesse. Ovvero partendo da una condizione iniziale espressa come somma di due
condizioni iniziali differenti, nella risposta libera ottengo come risposta la somma delle due risposte libere associate alle condizioni iniziali di partenza.

I f x U risposta libera come sanzione di I f Xo


agg
o Xo
RISPOSTAFORZATA I FCX u a Xp t
X a O
Può capitare che X E Xe E Xp E Exe Vult

PuòANCHE VALERE CHE Detto Xo Xo koa


e Mete Xl t e Xe E Risposte Libere A
PARTIRE DALLE condizioni
iniziali toe e Xor
RISPETTIVAMENTE
Xela Xe e Xslt

Lo STESSO Può CAPITARE CON Le RISPOSTE FORZATE


Il principio di sovrapposizione degli effetti è sempre valido solamente se il sistema dinamico è lineare.

Si può addirittura definire un sistema dinamico lineare in funzione della validità o meno del principio di sovrapposizione degli effetti.

Noi studieremo quindi e riusciremo a studiare tutti i sistemi per cui vale il principio di sovrapposizione degli effetti. Uno di questi sistemi di grandissimo
interesse per noi è il RITARDO:

RITARDO
Supponiamo di avere un sistema che ha un ingresso semplice e una uscita data dall’ingresso ritardato.

U t E
CE
GE
Un sistema cosi semplice non si può descrivere tramite una equazione differenziale del primo ordine

conoscendo x E KEIO Nonsiamo in Grado di Ricavare getgenerico


yo go
DATOCHENONConosciamo Tra Ostos E
GE
Tramite il principio di sovrapposizione degli effetti
riusciremo a studiare tutti i sistemi in cui è presente questa
forma di ritardo.
Tutti i dispositivi automatici sono oggi realizzati tramite
computer, calcolano gli ingressi e determinano le uscite.
Tutti questi calcoli richiedono tempo, sia per la misurazione
degli ingressi sia per la trasformazione di ingressi in uscita.
Questo tempo di calcolo è un ritardo puro
22 09 21
Il corso è diviso in due parti come detto una di analisi
e una di sintesi.
La parte di analisi si occupa di: dato un certo sistema
dinamico, o dispositivo, analizzare il comportamento
del dispositivo, il suo funzionamento. Ovvero vedere
come variano le uscite a fronte di diversi ingressi
applicati al sistema.

Non si tratta solo di dato un ingresso determinare


l’uscita, ma dobbiamo prevederne il funzionamento
in tutte le possibili condizioni di funzionamento,
ovvero vedere le possibili uscite a fronte dei possibili
ingressi.
Essendo i possibili ingressi infiniti non possiamo però
analizzarli tutti quanti. Dobbiamo quindi procedere
cercando di caratterizzare in qualche maniera le
proprietà dei segnali in ingresso. Quindi a seconda di
queste proprietà andare a caratterizzare i
funzionamenti quindi i comportamenti di uscita.

Esempi per la caratterizzazione sono ad esempio


vedere quanto velocemente può rispondere il
dispositivo; cosa succede se lo sollecito con ingressi
che variano rapidamente o lentamente; se vario
leggermente l’ingresso cosa succede sull’uscita?
Varia leggermente o radicalmente?
Il dispositivo amplifica o attenua il segnale di
ingresso ? Come amplifica alcuni ingressi rispetto che ad altri?

Tutta questa analisi in linea di massima sarebbe molto piu comoda se effettuata senza risolvere le equazioni differenziali, ma riuscendo a capire questo
tipo di caratteristiche guardando alla struttura del modello matematico, senza dover fare la risoluzione dei conti.

Altro aspetto fondamentale è capire come e quanto sia variabile il comportamento del sistema al variare di alcuni piu o meno ampio di alcuni parametri
caratteristici. Questo va sotto il termine di ROBUSTEZZA del comportamento: se anche i parametri che caratterizzano il sistema sono più o meno diversi
dai valori nominali riesco ancora ad avere un comportamento simile a quello predetto.

Ultimo problema di analisi è quello di dimensionare, definire il valore dei suoi parametri, per ottenere certe caratteristiche.

Due esempi sono il funzionamento


di un altoparlante e di una
sospensione automobilistica.

Funzionamento: l’altoparlante è
costituito da un magnete
permanente e un’ancora su cui
viene avvolta una bobina e sulla
quale viene applicata una tensione.
La corrente interagisce con il campo
magnetico del magnete permanente
e si origina una forza sull’ancora
che tende a farla spostare lungo
una direzione. L’ancora è collegata
alla membrana dell’altoparlante la
quale spostandosi avanti e indietro
genera le onde di pressione quindi il
suono udito.

Il funzionamento è
schematicamente riportato nella
parte sottostante.
U: tensione in ingresso
I: corrente
F: forza sull’ancora
V: velocità di spostamento del cono
Tali velocità e spostamento
dell’ancora causano una tensione indotta sulla bobina che si oppone al movimento.
Altro esempio è quello della
sospensione automobilistica.
Qui lo studio viene effettuato
approssimando che il peso
gravante su una sospensione è un
quarto del peso del veicolo. In
realtà il comportamento di ogni
sospensione del veicolo è legato
alla scocca, corpo rigido, di
conseguenza i comportamenti si
influenzano uno con l’altro.
Altre volte si utilizza un modello a
bicicletta andando a differenziare
le sospensioni anteriori con le
posteriori ciò permette di studiare
il beccheggio del veicolo. Con
invece il modello complesso a 4
sospensioni si possono studiare
sia beccheggio che rollio del
veicolo quindi la completa tenuta
di strada.

Oltre ai parametri presenti in


figura bisognerebbe considerare
anche il parametro di elasticità
dello pneumatico.

Obbiettivo della sospensione è


quello di mantenere il veicolo
stabile indipendentemente dalle accidentalità del terreno, quindi mantenere la stessa altezza dal manto stradale anche se ci sono buche o dossi, ma anche
di garantire una trazione della ruota sull’asfalto. Sia in caso di accelerazioni longitudinali, che in curva lo pneumatico trasferisce delle forze dal terreno alla
vettura. Tali forze sono di attrito e dipendono quindi dal coefficiente di attrito e dalla forza normale al terreno. Il coefficiente di attrito varia a seconda che
sia statico o dinamico. Per mantenere aderenza non bisogna superare i limiti massimi dovuti alla forza di attrito che varia a seconda della superficie di
interazione con la ruota.
Bisogna quindi garantire la trazione andando ad agire sulla forza normale dello pneumatico sul terreno. Questa forza è data dal peso e dalle forze inerziali,
quindi se la sospensione oscilla, …
Se scende sotto un valore minimo di forza normale la vettura perde aderenza. Una volta che succede ciò non è facile recuperare tale aderenza essendo in
regime di attrito dinamico.
Obbiettivo è quindi evitare che la forza normale diventi troppo bassa in alcune condizioni piu gravose di funzionamento.

Si dimostra che garantire tenuta di strada e confort si realizzano con due strada opposte. Quindi è fondamentale chiedersi in fase di progettazione in varie
circostanze quale degli obbiettivi è importante privilegiare e cosa devo fare per riuscire a privilegiarlo. In particolare devo intervenire sulla massa sospesa?
Sulla massa non sospesa? Sulla sospensione ? Sull’ammortizzatore ? Sull’elasticità dello pneumatico (se rigido migliore tenuta di strada)?

La seconda parte del corso affronta


invece dei problemi di sintesi:
Ho un sistema dato e voglio ottenere
dal dispositivo dei comportamenti
specificati andando ad agire sul
segnale in ingresso.
Obbiettivo è quindi il calcolo del
segnale in ingresso.

Devo costruire un altro dispostivo che


sapendo l’andamento dell’ingresso
desiderato vada a generare appunto
quel comportamento entro le
specifiche ammissibili.

È importante garantire l’andamento


desiderato anche a fronte di eventuali
disturbi esterni. Andremo quindi ad
utilizzare tecniche sofisticate per
reagire ai disturbi

È importante garantire l’andamento


desiderato anche se si hanno
incertezze ampie nel valore dei
parametri nominali caratteristici del
sistema. Dovremo calcolare l’ingresso
adeguato per compensare lo
scostamento dal parametro nominale
andando a complicar ulteriormente la gestione del sistema.

Alta qualità, comportamento molto predicibile quindi controllo relativamente piu semplice.
Fare il controllo di un cambio automatico per una vettura da formula1 è molto piu semplice di fare il controllo per un cambio automatico di una utilitaria.
Questo perchè il sistema meccanico di un’auto di produzione è molto meno performante e molto variabile sia per qualità dei componenti che per variabilità
delle condizioni di funzionamento (ambiente di guida da -40° a +40°C).
Dispositivi di bassa qualità, problemi di variazione dei parametri piu grandi.
Nel caso delle sospensioni stanno
diventando particolarmente diffuse le
sospensioni attive. Rispetto ai due
elementi della sposo e Simone originale è
presente un attuatore che è in grado di
esercitare buna forza tra la massa sospesa
e la non sospesa decisa dal sistema di
controllo tramite sistemi ad esempio
idraulici.
Rispetto alla sospensione passiva il
dispositivo riesce a mantenere un confort
e una tenuta della strada maggiormente
elevati. Questo a seconda da cosa sta
succedendo sulla vettura (velocità,
accelerazione, traiettoria, condizioni
stradali).
Nel corso non ci occupiamo di come
costruire l’attuatore ma dobbiamo
determinare la legge che lega lo stato della
vettura alla forza che genera l’attuatore. Il
tutto tenendo conto di errore massimo,
velocità di risposta, caratteristiche da
garantire.

Supponiamo di prendere una resistenza


elettrica in cui possiamo decidere noi la
tensione da applicare ai capi e dobbiamo
garantire una certa corrente nel circuito.

La specifica, in questo caso sulla corrente di


riferimento, indica la variabile da garantire,
anche magari specificando un certo errore
massimo.

Il processo indica invece in questo caso la


resistenza a cui dobbiamo associare un
modello matematico.

v0 R
filo
I
re e

PROBLEMA DI SINTESI
Dato questo dispositivo devo trovare un altro dispositivo che a partire dalla conoscenza della
E UE
f
variabile da ottenere vada a calcolare la variabile in ingresso.
Che calcoli quindi la v(t) tale che una volta applicata alla resistenza ottenga una corrente nel circuito
pari alla corrente irif.

possiamo calcolare

Devodecidere anche la R siccome scelgo io come fare


scelgo quindi ma Ruan a ildispositivo
in It gas
i

Ult Ruan inf


se R Ruon i e ult Reem init t c'rif
o
f I a e

In questo modo risolvo il problema e garantisco il funzionamento.


Può succedere però che la resistenza in utilizzo presenti un discostamento dalla Rnominale.

Rf Rom i t
se
Rg l'rit edit
È importante capire quanto le due correnti siano diverse tramite l’analisi dell’errore

errore e l'rit l E l'rif 1 Rugg


assoluto
Piu che l’errore assoluto è interessante osservare il peso che ha l’errore sul valore della variabile che stiamo analizzando

e ex l'rif e E E Rom e
inf E
L’errore che ottengo sulla variabile in uscita è in questo caso direttamente proporzionale all’errore, all’incertezza che sussiste, sul parametro da scegliere.
Così come è importante conoscere la varfiabilità del parametro in funzione delle condizioni di utilizzo (esempio la variazione di resistenza in funzione della
temperatura).

Nel controllo ad anello aperto la tensione calcolata o la variabile in ingresso che abbiamo calcolato dipende esclusivamente dal riferimento richiesto e dalla
conoscenza del modello nominale dell’impianto. Non viene fatta alcuna misura di cosa venga fatto e di come si comporti l’impianto.

Altra possibilità di controllo è quella di andare a misurare non la variabile di riferimento, ma l’errore che sto commettendo sulla variabile di uscita rispetto
alla variabile di riferimento.
In funzione di questo errore vado
quindi a stabilire il segnale di
controllo in modo da annullare
l’errore stesso.

Supponiamo che la tensione da applicare sia proporzionale all’integrale tra 0 e t dell’errore.

sempre valido i

Esprimiamo la variabile in ingresso come t ing it de


Proporzionale all errore K numeropositivo
i t K inf it de
I
Se i dueTermini sono ugualianche lederivatesono uguali

inf Ict
E_diff
Per risolvere l’equazione differenziale dobbiamo dare una condizione iniziale

Supponiamo Condizioni alcontorno ilo 0

DIFF E ORDINE Xo
EQUAZIONE K
dj X

se Xo quindi inf COSTANTE


t
Risero l'eq Differenziale i E iris 1 è
La soluzione di una equazione lineare: la somma di due soluzioni una particolare e una relativa all’equazione differenziale omogenea associata
Si risolve l’omogenea associata
Si determina la soluzione particolare. In questo caso i(t) costante in modo che la derivata sia nulla, quindi che la i costante sia uguale alla irif.

e E inf A è As inf
1
Particolare generale
Al tempo t=0 la corrente è nulla quindi l’errore è molto grande. Al
crescere del tempo però l’esponenziale, negativo, tende a 0.
Quindi l’errore tende a 0, indipendentemente dal valore della
resistenza.

Il valore di R in relazione a K determina quanto velocemente


l’errore tende a 0.

Le due soluzioni ad anello aperto o chiuso sono differenti, ma


entrambe servono per calcolare il valore della tensione per avere la
corrente di riferimento nel circuito.
Se danno lo stesso comportamento in uscita significa che danno
anche lo stesso ingresso questo perchè il rapporto tra ingresso e
uscita dipende dall’impianto e non dal controllo.

Il primo sistema utilizza il riferimento e la conoscenza nominale


dell’impianto. Il secondo invece utilizza ciò che sta capitando e una
o piu misure sull’impianto in vari momenti. Questo schema prende il nome di schema in retroazione.
Come si vede lo schema in retroazione ha proprietà di robustezza che lo schema ad azione diretta non riesce ad avere dato che possiamo variare
l’impianto ed ottenere comunque le prestazioni che vanno a convergere sulle prestazioni desiderate. Risulta però particolarmente piu complesso dato che
richiede la presenza di un sensore e di un calcolatore e un attuatore.
I sensori vanno poi collegati ad altri sensori che intervengano in caso di guasto del sensore stesso per evitare di distruggere tutto l’impianto. Al contrario
prima la variabile in ingresso veniva determinata in fase di progettazione e mantenuta sempre costante.
Possono essere adottate situazioni ulteriormente complicate in cui oltre
all’errore viene misurato anche il riferimento.
Ci sono situazioni in cui la retroazione non viene adottata perché si considera il
funzionamento molto costante.
Ci sono situazioni in cui la retroazione è l’unica soluzione possibile perché
permette di cambiare le proprietà di stabilità di un impianto rendendo un
impianto dal funzionamento instabile di natura.
Va detto anche che in alcune condizioni la retroazione puo rendere un oggetto
dal comportamento di natura stabile, instabile.

Uno degli elementi base di tutto il corso sono i segnali. Ovvero le variabili che siano queste in ingresso o in uscita oppure ausiliarie.

Per capire il funzionamento di un sistema inoltre non potremo tutte le volte risolvere le equazioni differenziali con tutti i possibili ingressi. Dovremmo
caratterizzarne il comportamento piuttosto, andando a dare delle caratteristiche ai segnali di ingresso e di uscita e vedere che relazioni sussistono tra
queste caratteristiche.

Per il momento quindi ci andremo a focalizzare sui segnali. In un primo momento andremo a rivedere alcuni strumenti e concetti già noti, mentre in una
seconda parte andremo a sviluppare un nuovo strumento: la trasformata di Laplace.

Come detto ci occuperemo di segnali tempo continui ovvero segnali


il cui valore della variabile trasportata assume un determinato valore
per ogni istante di tempo reale.
Il segnale altro non è che quindi una funzione a valori reali definita in
un dominio, il tempo, reale.

Tra tutti i possibili segnali ci capiterà di utilizzare alcune volte segnali


CANONICI e PERIODICI.
I canonici: sono segnali che assumiamo nulli per t<0, dove 0 è il
classico istante iniziale di riferimento.
Questi canonici, come da slide si differenziano in GRADINO
UNITARIO; RAMPA; PARABOLA; CUBICO;… ogni segnale è
l’integrale del precedente.
Questi segnali li utilizzeremo molto spesso come segnali di test.

I periodici, in particolare i segnali di tipo sinusoidale (o


cosinusoidale) caratterizzati da avere un’ampiezza, una pulsazione e
una fase.
Si passa da segnale sinusoidale a cosinusoidale sfasando il segnale
di 90°, ma sono in realtà lo stesso segnale.
Questi segnali periodici non sono nulli per t<0 ma assumono un valore che varia da -infinito a +infinito.

Il segnale è definito periodico di periodo T quando si ripete ogni T


secondi.
Il periodo è definito il piu piccolo numero reale per cui è verificata la
ripetizione periodica.

Pulsazione caratteristica, come da slide, unita di misura: [rad/s]

Si definisce frequenza di un segnale: f0=1/T = ω0/2π [Hz]

2 Tps
In
Te minimo comune multiplo dei Its

vari periodi 2 1

To 2s
Se sommo due segnali periodici non è detto che la loro
somma sia ancora un segnale periodico. La somma è
ancora periodica se i periodi dei segnali sono tra loro in un
rapporto razionale. Cioè se esistono due numeri interi n1 e
n2 tali che

he Te nata T
Sinusoidi con Tirrazionari danno
problemi di somma Lasomma di
due segnali periodici con Te 35
e Ta Bs non è un segnale
periodico

Tui conpulsazionimultiple di unapulsazione


base no Alloraquestacombinazionelineare
è unsegnaleperiodico con periodoparia
T.IE
Si nota inoltre che se ad un segnale periodico sommo una costante ottengo ancora un segnale periodico.
Si nota inoltre che la sommatorie è in realtà una serie, una combinazione lineare che comprende infiniti termini sommati, in questo caso infiniti segnali
sinusoidali.
Requisito perché quella serie rappresenti un segnale è che converga al variare di t.

SERIE DI FOURIER
Data una funzione periodica di periodo T, allora questa funzione si
puo esprimere come combinazione lineare di segnali periodici
elementari in seno e coseno.

Questa funzione potrebbe essere anche a valori complessi purché


sia di una variabile reale t.

L’indice della combinazione lineare si nota andare da -inf a +inf.


comprende quindi anche il termine 0 in cui si ha F0=costante.

Gli Fn sono dei coefficienti, numeri complessi, e si possono


calcolare come 1/T per l’integrale di un qualunque intervallo di
lunghezza T di
ft 5 not
c at
Leghiamo questaespressione alla combinazione lineare di sei e coseni
grazie alle
Formule diEulero

not
sen wat e
tut e
twat cos Cot of
not
è
2
2g
es cos wat g sen wat Relazioni di Eulero

Esprimendo flt come sommatoria di F e sto in realtà esprimendo


una combinazione di seni e coseni a varie ampiezze e pulsazioni

t
fg Fu et o sviluppo in serie di Fourier
Utilizziamo la formula con gli esponenziali complessi perché risulta piu facile il calcolo del coefficiente Fn rispetto che utilizzando solamente seni e coseni.

8
calcola Fucome Fu
I f ft e at
L’utilità sta nel poteri ricostruire un segnale periodico f(t) avendo a disposizione solamente l’insieme ordinato dei coefficienti Fn e la pulsazione base ω0 di
riferimento.
Rappresentiamo lo stesso oggetto, in segnale, in due domini differenti, uno del tempo e uno dei coefficienti Fn.

Indichiamo con SPETTRO DEL SEGNALE periodico, l’insieme dei coefficienti Fn (coefficienti di Fourier)

I numeri Fn essendo integrali di funzioni che assumono valori complessi, sono numeri complessi. Quindi ogni coefficiente Fn si puo scrivere in termini di
modulo (o ampiezza) e fase.

Fu sono Homer complessi Fu Ma E


gli
Ira
W S
Gtfo M att

i Re
6

E spese di ampiezza Insieme delle ampiezze dei coe cienti Fn,


rappresentabili come numeri complessi

E spero

qu Spectre Di Fase

large
Utilizzo spettro di ampiezza e spettro di fase per poter graficare tutti i vari coefficienti Fn, dato che non riuscirei altrimenti a graficare l’andamento di un
insieme di numeri complessi. Riesco però a graficare facilmente l’andamento di un insieme di numeri reali.

SPETTRO DI AMPIEZZA
Fu a A Spectre Di FASE
c y
n n

Imoduli Fu sonosolamentepositivi
Tramite la rappresentazione con serie di Fourier possiamo esprimere l’informazione nel tempo di un segnale attraverso un insieme numerabile di
coefficienti, n va da -inf a +inf ma è comunque numerabile. Cosa particolarmente strana dato che per definire f(t) abbiamo un numero di gradi di libertà non
numerabili, ma scopriamo poi che possiamo rappresentare la stessa informazione tramite un insieme di variabili Fn tutte però numerabili. Questa cosa
capita considerando che non tutti i segnali periodici ammettono rappresentazione con serie di Fourier.
Queste condizioni prendono il nome di condizioni di Dirichlet:
La f(t) deve essere definita per quasi tutti i valori di t e deve ammettere un numero di punti di discontinuità di prima specie finita in ogni intervallo finito. Non
deve ammettere punti di discontinuità di seconda e terza specie, deve essere continua ovunque.
Detto in altra maniera però si puo vedere che tutti i segnali periodici che hanno un senso da un punto di vista ingegneristico reale ammettono
rappresentazione con serie di Fourier.

Se il segnale f(t) è reale inoltre si ha che i coefficienti per n negativi sono in realtà i complessi coniugati degli stessi coefficienti con n positivi

Wat
fit
µ
Fo
È E es E è
Rende

la f t È dt
f Del segnale
VALORE MEDIO
f
Come si nota l’ampiezza di Fn termine complesso stabilisce l’ampiezza della sinusoidale, mentre l’argomento di Fn stabilisce quella che è la fase del
termine sinusoidale.
Quindi il segnale f(t) è somma di segnali di tipo sinusoidale tutti con pulsazione multipla di una pulsazione fondamentale ω0 pari a 2π/T; le cui ampiezze
sono i coefficienti dello spettro di ampiezza e la cui fase sono i coefficienti dello spettro di fase.

h 1 Armonica Fondamentale

Te T Periodo
FONDAMENTALE

Esempio Dato un segnale come in figura


FIA a

Fa
i
i

i St
t

Che forma assume il segnale espresso come serie di Foner

FCE Fo 2 E Fu cos u it
argFn
4 1
I
Valoremedio n è un numero finito o infinitodi armoniche nelnostrocaso
delsegnale Perché un segnale sia di erenziabile deve essere somma di segnali di erenziabili. Il seno e coseno
sono segnali di erenziabili. Come si vede il nostro segnale in causa non è di erenziabile ovunque. Di
conseguenza non puo essere la somma nita di un numero di segnali di erenziabili, quindi non puo
de
FIFA
essere la somma nita di un numero nito di armoniche, a causa dei due punti di discontinuità in cui il
segnale non ammette derivata.

Se vogliamo lavorare con segnali in termini pratici al computer dobbiamo avere a che fare con un numero finito di coefficienti. Siccome fortunatamente la
serie converge i termini successivi diventano sempre piu piccoli. Da un certo punto in poi, pur essendo infinite le ampiezze divengono piccolissime.
Possiamo quindi studiare il segnale dando un’approssimazione e studiare il segnale solo per quelle ampiezze di armonica non eccessivamente piccole.
Questo è fattibile ma va fatto con un minimo di accortezza sulle armoniche da scartare e quelle da tenere.
Abbiamo introdotto i concetti di serie di Fourier come modalità per rappresentare nel dominio delle frequenze un segnale periodico. Ciascuna delle 2709 21
componenti armoniche che partecipa alla serie è rappresentata da una certa ampiezza, una certa fase e una pulsazione multipla della pulsazione
fondamentale, definita dal periodo del segnale periodico. Tali componenti possono essere espresse come abbiamo visto come sinusoidali oppure con
esponenziali con esponente immaginario, chiamati esponenziali complessi, questo dato che seno e coseno non sono altro che combinazioni lineari di
esponenziali complessi.
Se il segnale è reale inoltre dalla forma di base di espressione della serie di Fourier si possono ricavare delle espressioni alternative, sia come esponenziali
complessi che come componenti in seno e coseno.

Si fa vedere che in tutti i punti in cui la f(t) è continua allora la serie converge al valore puntuale per il valore di t.
Nei punti di discontinuità questo non puo essere, si puo capire facilmente considerando che: se abbiamo due funzioni diverse che differiscono per un
valore in un solo punto, andando a considerare le espressioni dei coefficienti Fn, si nota che queste sono degli integrali. Andando a cambiare il valore di f(t)
il valore dell’integrale non cambia.
Da cui deriva che funzioni f(t) che differiscono per un singolo valore o per un numero finito di valori puntuali, hanno lo stesso sviluppo in serie di Fourier.
Procedendo all’indietro dalla serie alla funzione, calcolo un valore nel punto di discontinuità che tipicamente è il valor medio tra il valore a destra e quello a
sinistra.

Si puo dimostrare inoltre che la serie di Fourier


converge sempre in forma quadratica. Ovvero,
andando a definire la potenza contenuta in un
segnale, esprimibile come il modulo del segnale al
quadrato, allora questa convergenza converge in
norma quadratica.
In maniera piu formale vale un teorema che dice il
valor medio nel periodo del modulo del segnale al
quadrato, ovvero la potenza del segnale, quindi la
potenza media del segnale è pari alla somma dei
quadrati delle singole ampiezze delle armoniche.

Fa 2
È Ful anumerocomplesso
Z E z12

E
Da questo teorema si nota che considerando
solamente un numero finito di armoniche
otterremo sempre un segnale ricostruito di
potenza inferiore a quella del segnale originale. Piu armoniche si aggiungono e piu la differenza cala. C’è quindi una convergenza monotona che tende al
limite al valore che vogliamo ottenere di potenza.
Questo permette di dare una risposta alla domanda per cui quando utilizziamo lo sviluppo con Fourier per studiare i segnali dobbiamo per forza utilizzare
un numero finito di armoniche per fare operazioni al calcolatore. Piu armoniche andiamo a considerare e meglio viene approssimato il segnale di partenza,
ma quante armoniche devo considerare per ottenere una buona approssimazione?
Il teorema dice che possiamo basarci sulla ricostruzione del segnale in termini qualitativi a seconda della potenza del segnale. In particolare andremo ad
aggiungere tante armoniche fino a che il numero sulla destra dell’equazione non differisce da quello sulla sinistra a meno di un certo valore relativamente
piccolo.
In questo modo posso scartare un numero infinito di armoniche che non danno un contributo rilevante.

Parleremo indifferentemente di frequenze


e pulsazioni.

Per segnali con un numero finito di


armoniche l’approssimazione con il
segnale di partenza attraverso l’analisi
armonica è esatta, cioè coincide con il
segnale di partenza.

Il concetto di banda è estremamente


rilevante e vorremmo associare un
concetto di banda limitata al maggior
numero possibile di segnali, anche quelli
con spettro infinito.
Per limitare la banda dei segnali a spettri
infiniti facciamo riferimento, tramite il
teorema di Parseval, alla potenza del
segnale.
Spettro di ampiezza del segnale ad onda quadra:
ha una componente fondamentale non
rappresentata, le componenti di ordine pari hanno
ampiezza nulla e quelle di ordine dispari non nulla.
All’aumentare dell’odine dell’armonica l’ampiezza
diminuisce.

Segnali di transizione piu smussata rispetto


all’andamento dell’onda quadra presentano uno spettro con
ampiezze di armoniche che tendono a zero molto piu
velocemente.
Andando a fare il conto rispetto al criterio di banda
essenziale espresso in precedenza si nota che la banda dei
segnali smussati è molto piu piccola della banda del segnale
a gradino.
Il concetto di banda è quindi anche legato alla velocità con
cui puo variare il segnale.

Segnali a banda larga hanno variazioni molto veloci. Segnali


a banda stretta hanno una variazione piu lenta.

Esempio BANDA ESSENZIALE Supponiamo di avere 2 segnali

lo sciroppo Spero Segnali

i i is
W Wa
Banda del segnale rosso è infinita, banda del segnale verde è limitata.
Con il concetto di banda essenziale siccome il segnale rosso ha una banda che decresce molto in fretta lo descrivo con una banda composta da
solamente 3 armoniche ad esempio.

Questo concetto di ampiezza di banda e della variazione piu o meno smussata in relazione all’ampiezza di banda è quindi chiara per i segnali periodici. Ma
come varia per i segnali non periodici? Può essere esteso il concetto anche a questi?
Per segnali non periodici non si ha piu a che fare con
una serie, una successione di componenti multiple di
una fondamentale dato che questa è collegata al
periodo in questo caso inesistente. Passo quindi da
una serie ad un integrale andando a definire una
funzione della pulsazione ω legata al segnale
temporale di interesse secondo l’espressione.

Flu ftp.etwtdt
Espressione che in realtà è una generalizzazione della
serie di Fourier in cui invece di avere pulsazioni a
valori discreti di “n ω0”, abbiamo pulsazioni che
assumono valori continui ottenendo quindi una
funzione di ω.

Conoscendo f(ω) sono in grado di ricostruire f(t)


tramite una operazione inversa.
Anche in questo caso la f(t) risulta osservabile come
una combinazione lineare di funzioni di tipo
sinusoidale. Quindi anche segnali non periodici
possono essere espressi come combinazione di
segnali sinusoidali solo che questa volta si ha una componente per ogni valore di ω.
Anche in questo caso F(ω) assume valori complessi quindi la posso suddividere in uno spettro in ampiezza e uno di fase.
Se i segnali sono reale inoltre vale ancora la proprietà per cui lo spettro per ω negative non è nient’altro che il coniugato dello spettro per ω positive.

Passando dalla serie alla TRASFORMATA DI FOURIER posso ricondurmi a studiare anche segnali non periodici nel dominio delle frequenze.
Possiamo quindi anche qui riportare i concetti di banda, banda passante, variazione veloce, visti in precedenza.

ta è t.tt
1
C’è un piccolo problema associato: siamo sicuri che F(ω) esista? Ovvero che esista l’integrale
Non è detto che esista per tutti i segnali.
Per esempio:

ft 1 costante a Flu 1 e alt o Men comerge non esiste

Per un segnale costante quindi la trasformata è inesistente.


Come possiamo superare il problema ?
Ci sono due maniere:
La prima impone di imporre un estremo iniziale e finale al segnale f(t) di studio che quindi non risulterà piu infinitamente costante. L’integrale diventa quindi
finito e la trasformata di Fourier esiste.
La seconda la vedremo

A parte questo problema la trasformata di Fourier ha tutta una serie di proprietà interessanti:

La trasformata di Fourier di una combinazione lineare di


segnali è pari alla combinazione lineare delle trasformate.

Si puo ricavare per segnali reali l’equivalente forma


trigonometrica in funzione della trasformata.
Quindi il segnale è esprimibile in funzione di una
combinazione lineare di seni e coseni
Formule non da sapere a memoria.

Vale anche qui il concetto di banda, di potenza e il teorema


di Parseval.
Flu a argilla O x
Full 1
sa

a
fa
Preso Un Segnale FIE
fit e acto a 1

o altrove

1 Non è periodico se t
a a

2 ÈFAsoloin un intervallo quindi haintegrale finito


Quindi il segnale ammette TrasfDi Fourier

Fin FG e swt.tt

Flo Flo E ft dt
Edt
dt
f
calcolo il valore particolare

FA La 2A

Perun w generico Flu e it è è et


In su
sua sua
e e e e Sen aw
su 2g
I I

La_sen an 20 Sinc aw
a a
In questo modo abbiamo calcolato lo spettro. In questo caso lo spettro si nota avere solamente valori reali, ma normalmente è a valori complessi.
Andando a graficare la funzione della trasformata, come nella slide sopra, lo spettro di ampiezza ricordiamo essere solamente a valori positivi essendo il
modulo di F(ω)
Come possiamo risolvere il problema per cui la trasformata di Fourier non si applica a segnali ad esempio costanti nel tempo?
Introduciamo una ulteriore generalizzazione di
Fourier: LA TRASFORMATA DI LAPLACE.

Quando vado a considerare i segnali, siccome


siamo interessati a descrivere il
comportamento di un sistema fisico attraverso
dei modelli descritti da equazioni differenziali
lineari, quindi con evoluzione a partire da un
istante iniziale, prendo l’interesse di un segnale
solamente e sempre a partire da un certo
istante iniziale in poi.

Supporremo quindi sempre di avere a che fare


con segnali f(t) tali che

fa
è tso
fa a
Questo però non basta a risolvere il problema della trasformata di Fourier
dato che questa va da -inf a +inf. siamo riusciti ad eliminare il problema
solamente da -inf a 0.

Possiamo però procede in un modo alternativo:


Invece di calcolare la trasformata del segnale f(t) calcolo la trasformata del
t segnale f(t) moltiplicato per un esponenziale tendente a 0

ft è I can 6scelto arbitrariamente basta


che sia Positivo
In questo modo il segnale modificato ammette sicuramente
trasformata di Fourier, a meno che f(t) non vada ad infinito piu velocemente di quanto l’esponenziale vada a 0, dato che il segnale va verso convergenza a
0.

gltl.at è ammette
Figli figli È dt Glu

seconosco Gn tramite trasformatainversa conosco


get ricostruisce fit gli É

Glu Ht e e that At e
tu
dt fa è dt
o 1
Numero complesso s

FI

Scegliendo s corretto riesco a definire la trasformata di Fourier, in particolare scegliendo un valore di σ adeguatamente elevato.
Se la trasformata è definita per un certo valore di S allora la trasformata è definita per ogni altro valore che ha σ uguale o maggiore di quello
precedentemente definito. In termini analitici è sempre definita almeno in un semipiano
Se pongo σ=0 la trasformata di Laplace ritorna la trasformata di Fourier.
Conoscendo la trasformata di Laplace di un
segnale sono in grado di ricostruire il segnale di
partenza.
La formula non la utilizzeremo bisogna sapere
solamente che data la F(s) è sempre possibile
ricostruire la f(t) di partenza.

SEGNALE A GRADINO
A ESISTE LA TRASF Di Fourier
gia stat
Glu
fait è at
I'e
Non ammette limite nel calcolo a +inf dato che è un segnale periodico che
varia sempre.

ESISTE LA TRASF Laplace

stat
GB e
G è
È
SUPPONENDO S G su con 6 O all'ora Iim
E è 0

DIVENTA VALUTABILE GE O 1
I
SAPPIAMO CHE LA TRAS FOURIER COINCIDE CON TRASFLAPLACE QUANDO G O

G s 416 8 1 Glotju
Ego gu
SIAMO QUINDI RIUSCITI A CALCOLARE LO SPERO DEL SEGNALE A GRADINO
14cal D
A
DELTA DI DIRAC
E Selt

Sett e te

o altrove
Posso fare la trasf. di La Place, per cui:
E E
Dels stat
g e

cosa succede se E 0 La S è 40Perun Periodo semprepiùcorto MA Diventa DiValereSempre


Piùelevato

scopro De s 1 o spettro De go 1 W lospettro e costante


Per ognivalore di W
L’impulso di Dirac, a seguito dell’analisi del suo spettro, contiene tutte le possibili pulsazioni, tutte in maniera significativa.
Sollecitare un oggetto con un impulso di Dirac è come sollecitarlo ad ogni possibile frequenza. Ciò nella pratica viene fatto per scoprire le frequenze di
risonanza di un oggetto.

29
Prima di introdurre un nuovo argomento andiamo a vedere su Matlab una applicazione della Serie di Fourier. Non entreremo nel dettaglio della 09 21
programmazione. Lo sviluppo in serie fatto al calcolatore presenta sempre un minimo di approssimazione dato che il calcolatore non puo calcolare un
numero infinito di armoniche, quindi è sempre presente un minimo di approssimazione.

Andiamo a vedere come, definito un certo segnale ad esempio un’onda triangolare, andiamo a farne lo sviluppo in serie di Fourier.
Se andiamo a graficare un certo numero di armoniche del segnale, per quanto riguarda lo spettro di ampiezza. Si nota che la componente è nulla alla
pulsazione 0, in effetti il valor medio della funzione d’onda triangolare è nullo. C’è quindi una prima armonica che contiene una ampiezza molto piu grande
rispetto alle altre, infatti la seconda, terza, quarta, ecc. armoniche presentano ampiezze molto piu piccole rispetto alla prima. Dopo poche armoniche il
contenuto in ampiezza risultano molto trascurabili e non dovrebbero influenzare quindi praticamente nulla la ricostruzione del segnale.

Per verificare questa cosa andiamo a ricostruire in forma grafica il segnale come somma delle sue componenti armoniche, considerando solamente un
certo numero limitato di armoniche.
Aumentando il numero di armoniche l’approssimazione diventa piu aderente al segnale originale.

Se ci chiediamo come fare a decidere il numero di armoniche per riuscire ad approssimare il segnale in maniera corretta andiamo a verdere il criterio
utilizzando il teorema di Parseval: calcolare la potenza associata ad ogni armonica e sommare tali armoniche quindi le potenze fino a raggiungere una
potenza che è una elevata percentuale della potenza associata al segnale originale.
Si nota che già l’armonica fondamentale arriva praticamente al 100% della potenza contenuta nel segnale.
Si nota però che in forma grafica l’approssimazione non è molto buona in termini puntuali, ma l’apporto in potenza dell’errore è relativamente molto
minore.
A

m
Per confronto andiamo a vedere la stessa cosa per un segnale a dente di sega,
Si vede nello spettro in ampiezza delle armoniche che il contenuto armonico delle
ampiezze è molto superiore per le armoniche successive alla fondamentale, ovvero
l’ampiezza delle armoniche dopo la fondamentale decresce piu lentamente.

Anche in questo caso il contenuto in continuo è ancora nullo dato che il valore medio del
segnale rimane nullo.

Quando vado a studiare la ricostruzione grafica delle armoniche vedo che la maggior concentrazione di errori puntuali sulle varie armoniche si presenta nei
picchi dei denti di sega ovvero dove si hanno le discontinuità di prima specie. Le oscillazioni delle armoniche lungo il segnale ricostruito aumentano mano
a mano che aumenta la frequenza delle armoniche. Puntualmente l’errore massimo rimane elevato anche per le armoniche che vanno a frequenza sempre
piu elevata, diminuisce però sempre di piu l’intervallo temporale in cui sussiste tale errore.

Aggiungendo un valore medio al segnale compare nello spettro in ampiezza in maniera prepotente la prima armonica, la fondamentale. Al contrario le altre
rimangono circa costanti a quanto erano precedentemente con valore nullo.
Per quanto riguarda il contributo alla potenza, in questo caso la prima armonica contribuisce tantissimo.
Il peso di ogni armonica non dipende solamente dalla forma del segnale ma anche dai valori assoluti: una cosa è avere una oscillazione di ampiezza 1 del
segnale su un segnale di valore medio 100 e una cosa è avere una oscillazione pari a 1 il cui valor medio è 0. Il contributo relativo dell’oscillazione è molto
diverso nei due casi.
MATLAB CON CONTROLSYSTEM TOOL BOX utile per visualizzare i concetti del corso.

Andiamo ora a vedere le proprietà


della trasformata di Laplace.

valido sempre_o
con ISI o

se I 1 To himAt t
t a
LINEARITà: se ho una funzione F che è combinazione lineare di altre funzioni, allora la sua trasformata di Laplace risulta la combinazione lineare delle
trasformate dei segnali di partenza in cui i pesi si mantengono costanti.

DERIVAZIONE: se faccio la trasformata di Laplace di un segnale che è la derivata di un altro segnale, allora questa trasformata è pari ad s volte la
trasformata del segnale principale meno f(0), valore del segnale per t=0+ dato che stiamo considerando dei segnali che sono nulli per t<0.

Dimostrazione

è
L
off è deff dt CalcoloL'IntegralePerParti

thx f'lx glx dx


gli dxsfhl.glD
o
ft è I_ t.lt s estdt
figata è flo s fa estatt

Per t a 0 e sta0 0 flo s Ffs s Fis fla


TRASLAZIONE TEMPORALE: vale sia per un segnale ritardato che per un segnale anticipato (+to)
Si dimostra attraverso un calcolo per sostituzione.

Per calcolare la trasformata di Laplace di un segnale abbiamo bisogno di conoscere tutti i valori che assume il segnale nel dominio del tempo. In realtà ci
sono due risultati che permettono di calcolare dei valori particolari del segnale nel dominio nel tempo: Teorema del Valore Iniziale: valido sempre, è
sufficiente che F(s) esista. Teorema del Valore Finale: valido solamente se il limite per t che tende a piu infinito di f(t) esiste ed è definito pari ad un valore λ.
Trasformata delGradino

È
TRASFLAPLACE IMPULSO DIRAC

TRASFLAPLACE GRADINO

TRASFLAPLACE RAMPA
Si nota che la rampa r(t) è per de nizione l’integrale
del segnale a gradino e possiamo quindi applicare le
proprietà della Trasformata.

FASE LAPLACE ESPONENZIALE

li et
feat è at a e
I o_g fa
TRASFLAPLACE SEMO
Abbiamo visto che ogni segnale periodico è
esprimibile come somma di seni e coseni.
Quindi la trasformata di Laplace di ogni
segnale periodico, per linearità, è esprimibile
come somma delle trasformate dei seni e dei
coseni corrispondenti.

TRASELAPLACE COSENO

Sapendo la trasformata di Laplace si un seno


siamo in grado di conoscere la trasformata di Laplace di un qualunque segnale periodico.

twt
LIsiulwt siatwt est est lisina lesti
gli
e

stfu s gu W
E Eg Eg 2g sa wa sa wa

LeTrasformate dei segnalielementarivanno imparate L'ultima si consiglia di imparare a ricavarsela

Per funzioni
più complicate si puòutilizzareunprogramma Matematica per ilcalcolodelle Trasformate edelle
antitrasformate diLaplace Noifaremo inrealtà tuttoconquelleprecedentemente introdotte
Tipica domanda d'esame
Calcolare la
traseDiLaplace di unodeisegnali
A Fianco

LAPROPRIETÀDILINEARITÀ ESPRIMENDO
SFRUITARE

isegnali nonapplicando la Definizione Per


citarecalcolitroppoLunghi ma esprimere i
segnalicomecombinazione disegnaliGiaNati

Segnale somma di
Gradino applicate in t o diampiezza E
Gradino applicato in t 2 di ampiezza
evitare di esprimerecomeGradinotra 0 et e 0altrove lestoPerché il Gradino è f t E per sost so
Gradino I
Gets
E
I g o I a

GRADINO 2
G s Ga s 1 è K get e
s
I
Gals _K è
E
als 4s TI BANNED

O tot

segnale Somma di Rampe Davederecome una rampa a cuisisarae una ramparitardata si zconpendenza
DOPPIA A
Cuisisomma Dopo 22 una Rampa Di PendenzaPariAllaPrima

i segnali rappresentativannoquindisempreespressicome somme di segnali elementari di cui conosciamo la

trasformato si Laplace
Andiamo ora a vedere perché studiamo la
trasformata di Laplace, ovvero la sua utilità.
Ovvero andiamo a studiare le proprietà della
trasformata di Laplace rispetto alla soluzione di
equazioni differenziali lineari.

Partiamo da un problema di Cauchy: equazione


differenziale + condizione iniziale a sistema.

L ai L l ai get gli I
ai
glt a gli o o
gli a
gli L o a o

go go
Ll a ll Aa Ms o
gli larga so_ a
jlt
s Ms
an sta e Ms ango o
yo

Us a go o conoscendo la trasformataPossoRisalire Al segnale di partenzatramite


a a l'antitrasformata
Non Applico L'Integrale Di Definizione ma spezzo la Funzione in risultati
Elementari

1 Et
yo s yo yo
e

Abbiamo trasformato una equazione differenziale di partenza in una equazione algebrica operando nel dominio delle trasformate.

L
Yt de
ga hoyet o o
Yt ai
jet a yet o

gotgo
go gi
01.4 a Ms O
JH glt
s Ms Ils
S L
E f Io as
yo ao O

S s A yo go ans Ils de
go Aa Ms e

s a stao s yo Sga Ango O

Us 58 F 80 vedremo come calcolare la TRASFORMATAinversa Per


5 41STAO RICAVARE
Git
Se parto da equazioni differenziali lineari
omogenee ottengo sempre delle trasformate di
Laplace che sono rappresentate come funzioni
razionali, quindi come rapporti di polinomi dato
che a secondo membro ho sempre 0.

Come calcolo l’antitrasformata di una funzione


espressa come rapporto di polinomi in s?

Andiamo a vedere prima cosa succede se


abbiamo una equazione non omogenea come
equazione differenziale. Studiamo cosa succede
prima con condizioni iniziali nulle. Con condizioni
iniziali non nulle il principio è analogo alla somma
tra le due.
Quando facciamo la trasformata apparirà anche
la trasformata del segnale FORZANTE (u(t)).
La trasformata Y(s) è di nuovo una funzione
razionale fratta che però moltiplica la trasformata
della forzante.
Per ricavare y(t) devo quindi conoscere anche u(t).

Se la U(s) è una razionale fratta, come capita spesso per il gradino, rampa, seni, coseni,…; allora anche la Y(s) sarà una funzione razionale fratta dato che il
prodotto di due razionali fratte è ancora una razionale fratta.

Il punto rimane ancora riuscire a calcolare


l’antitrasformata di funzioni razionali fratte.

Al denominatore c’è un polinomio di grado


n. Facciamo l’ipotesi di scrivere la
funzione in modo tale che il coefficiente
del termine di grado maggiore del
polinomio al denominatore sia di grado 1. è mio se
Se così non è dividiamo numeratore e
denominatore per il coefficiente in causa e i i 0
ci riportiamo sempre al caso detto.

Cerco le radici del numeratore (zeri della


funzione) e del denominatore (poli della m
funzione). Se conosco zeri e poli fattorizzo
i due polinomi. Il numero di radici sarà pari

te a
al grado del polinomio.

Queste funzioni cosi ricavate sono definite


e derivabili ovunque tranne che in
presenza dei poli. Sono quindi esprimibili
come somma di frazioni elementari.

Nel caso il grado del numeratore sia


minore del grado del denominatore e nel
caso in cui tuti i poli siano distinti, allora la
funzione razionale fratta si puo esprimere
come somma di n (grado del numeratore)
po
termini tutti della forma: costante /(s- polo)
Se invece risulta m>n si procede facendo la divisione e si ottiene un polinomio + una funzione razionale fratta che rappresenta il resto.
Se m=n la funzione di partenza è uguale ad una costante piu una funzione razionale in cui m<n

Può capitare che non tutti i poli siano distinti come vedremo si procede leggermente diversamente.

Ci interessa esprimere la funzione in questa maniera per fare l’antitrasformata dei singoli termini

ePit
ftp.y
ke e a f t E ki
Devo quindi calcolare Pi radici del denominatore e Ki dettiResidui
Moltiplica ffs per unpolofattorizzato
per i bpg sisemplifica erimane
finteresse
kg di
eper itermini
Eki.SI sostituisco ad 5 p
eannullalasommatoria
bi

NON
DA FARE
5 i
p Ì

Esempio s 2s 1 Trovare
GE
52 55 6
3 Pa
Poli Denominatore 5 55 6 0
Calcolo sia_ stats24 sti
a a Pe
S 5s 6_ 5 3 5 2

e Rientro merce ipotesi di n m e Poli distinti vitapolish

Tls ka
gg 5 3

e Calcolo distintamente K e Ka
KI s 2 Tls 25 1 3 K
37 E
valutataPer
g

Ka 2s 1 È È S Ka s h m 1 ok ka bue
stalls s
2 1 1 3 5 2
Sostituisco s A 3
It
in
Sta

E 3 è Est
It
e GE 3 g
Sta

GRADINO

ESPONENZIA

Le radici di un polinomio con coefficienti o


reali e complessi, possono essere complesse. I
poli quindi possono avere espressioni complesse.
Se la funzione razionale ha coefficienti tutti reali,
quindi se il polinomio al denominatore ha
coefficienti tutti reali allora le radici o sono reali, o
sono complesse ma in particolare coppie
complesse coniugate.
Quando in questo caso andiamo a cercare k ne
troveremo 2 che sono anche essi dei numeri
complessi e coniugati.

Una volta trovati i k e i poli complessi e coniugati possiamo fare l’antitrasformata e rimanere con i segnali con gli esponenti complessi, oppure posso
cercare di ricombinare i soggetti. Per farlo conviene esprimere il residuo k complesso in forma polare. Esprimere il polo come somma tra la parte reale e la
parte immaginaria. A questo punto si procede facendo l’antitrasformata dei due termini e utilizzando le formule di EULERO.

M: modulo del residuo;


Φ: argomento del residuo;
σ: parte reale del polo;
ω: parte immaginaria del polo.

Siamo quindi in grado di esprimere ogni equazione differenziale lineare in soluzioni fatte da costanti, esponenziali e coseni.

IMPORTANTE
Rappresentato il piano complesso. I vari punti
del piano sono le posizioni dei possibili poli.
Grafica to c’è l’andamento del termine in y(t)
associato.
• polo reale negativo (andamento e^pt) parte
dal valore residuo K e tende a 0 mano a
mano che t aumenta.
• Polo nell’origine: antitrasformata a gradino:
costante per t>0.
• Polo reale positivo: e^pt: esponenziale che
tende ad infinito per t che aumenta.
• Coppia di poli complessi coniugati con
parte reale negativa si ha un coseno con
ampiezza che cala a 0.
• Coppia di poli complessi coniugati a parte
reale positiva ho una funzione di tipo
coseno con ampiezza che tende invece ad
infinito
• Coppia di poli immaginari puri: parte reale
nulla: si ha un e^σt=1 quindi rimane un
semplice coseno di ampiezza costante.

In questo modo sapendo come sono messi i


poli, anche senza calcolare la soluzione
esatta (i residui) sappiamo come la soluzione
si comporta quando t tende ad infinito.
È sufficiente che ci sia un termine divergente
a infinito affinché la somma dei contributi
vada ad infinito
I coefficienti che compaiono nel denominatore della trasformata di Laplace sono in realtà i coefficienti dell’equazione differenziale. Con questa proprietà
anche senza risolvere l’eq. differenziale, se la soluzione va all’inifnito, a 0 o rimane ad impietra costante lo posso determinare semplicemente guardando i
coefficienti. In particolare calcolando le radici del polinomio che ha per coefficienti gli stessi coefficienti
Questa è una importante PROPRIETÀ STRUTTURALE

Nel caso in cui invece io abbia dei poli multipli


(radici coincidenti), non abbiamo fatto vedere
come si calcolano i residui, ma almeno
qualitativamente possiamo capire come
variano le cose.
• se ho un polo nell’origine di molteplicità
maggiore di 1 (1/s^2): polinomio di grado 2
con entrambe le radici in s=0). Noto che
nell’antitrasformata compare t elevato ad una
certa potenza positiva.
• cosi anche negli altri casi compare sempre il
termine polinomiale in t

Con polo multiplo:

E E
• reale negativo:

Inizialmente l’ampiezza sale ma poi vince


l’esponenziale

• coppia di poli complessi coniugati:


oscillazione in cui inizialmente l’ampiezza
sale poi vince l’esponenziale e tutto tende
a 0.
• Esponenziale positivo: ampiezza del
termine esponenziale tende ad infinito, il
termine in t tende ad infinito. Divergenza
rapida.
• Poli complessi coniugati a parte reale
positiva: divergenza
• Punti sull’asse immaginario: non piu ad
ampiezza costante ma divergenza
Esempio
Ms 2
a
2 Pe Molteplicità 2
sti s 2s e

o s 45 2 E 2 Met I
5 5 2
P O Molt 2

E ste
1 6 6
GRADINO RAMPA ESPONENZIALE ANTITRASFORMATE

KI TA K2 VE Ka è
Im a

converse

Re

u t ult Ict
e
j 35 2g con gradino

jld.jo
VADO A FARE LA TRASFORMATA

LEI I sa 46 con condizioni inizialinulla

s s con condizioni inizialinulla


y
Cy Ns
ult als
1
Zeri Funzione O
Ms
sa 3s 2 s
I o
51573s a n Poli Funzione 3

cerco Poli P O Pa I B a

XD
E SE SE
calcolo ke ka Ks
Ke V15
s s
Sist35 I
S O s O

Ka 5 1 s 1
s sti st
s s I

aka str s sta


Sisti str I
se a s

somma dei residui O verifica ok

Ms I
I f.tl
1 1
2s Sti alta It E E sta

alt è è per te
I f
Siamo ora a conoscenza dei metodi per la risoluzione delle equazioni differenziali.
In particolare abbiamo trattato per ora solamente le equazioni differenziali lineari. Vedremo la prossima volta che se abbiamo una equazione differenziale
lineare di ordine n la possiamo sempre assumere come un sistema di n equazioni differenziali del primo ordine.

esempio
Blocco di massa M che scorre senza attrito
ssato ad una parete con una sospensione

in (molla) e un ammortizzatore.

µ E

Siamo interessati all'andamentodella posizione X della Massa

M I FG Kx b E
Equazione di erenziale che regola il funzionamento
dell’oggetto.

Supponiamo Ilo o o

soluzione Ms bs K x s FG
se Fis f GRADINO Forza costantemetempo

Se il polinomio ha soluzioni reali notiamo subito che l’andamento di x(t) è una


costante + due esponenziali che vanno a 0. Se invece le soluzioni sono complesse
X
MsrIbis KIS
s s e coniugate l’andamento sarà: una costante + un segnale oscillante di ampiezza
che tende a 0. Se b =0 le soluzioni sono due poli immaginari, quindi si ha una
oscillazione continua.
IL SISTEMA MI DI K X FCE É Sempre esprimibile come unsistema di
equazioni differenziali del 19 ordine
ilo xD o

CHIAMO LA Variabile E I O

Ra ba
E
FI G Fit
o Xo 0

tale sistema Può ulteriormente essere scritto considerando le variabili in unvettore

FID
I I I 0 FCE
G E G FA
O I I O

F F e i
fax ho
Ponendo Z diventa È AZ B a
f
a l'equazione

6 102021
Finite le considerazioni riguardanti la possibilità di rappresentare un modello di un sistema o con una equazione differenziale di ordine n o tramite un
sistema di equazioni differenziali di ordine inferiore e in particolare come sistema di equazioni differenziali tutte di ordine 1.
Questa tematica di rappresentazione e costruzione di un modello del sistema che vogliamo descrivere è molto articolata e puo essere approfondita molto.
Noi non entreremo molto nelle tecniche per costruire modelli dei sistemi fisici, ma andremo a richiamare solamente qualche principio base e vedremo
appunto questo modo di rappresentare un sistema fisico tramite o una equazione o un sistema di equazioni e come potenzialmente passare da un sistema
all’altro.
Questo processo di analisi di un sistema ha vari vantaggi, non ultimo il fatto che questa forma risulta piu maneggiabile da un calcolatore

Fino ad ora abbiamo fatto qualche esempio


(altoparlante, sospensione automobilistica) e abbiamo
detto che un sistema per noi è un’insieme di componenti
interagenti tra di loro.
La caratteristica di essere un sistema dinamico è proprio
che il comportamento complessivo delle componenti
non è la somma banale del comportamento dei singoli
elementi ma dipende dall’interazione che è presente tra i
vari elementi.
Quando tratteremo i nostri sistemi considereremo questi
fatti da componenti elementari. Faremo riferimento a
schematizzazioni concettuali. Principalmente i domini
tecnologici di riferimento saranno quello meccanico e
quello elettronico ma non mancheranno altri domini di
interesse.
Tratteremo questi componenti elementari come
componenti ideali.
Obbiettivo dello studio sarà quindi partire dai
componenti elementari e dalle loro interazioni per
caratterizzare il comportamento generale del sistema.
Nello studio dei nostri sistemi, quindi nei modelli che
vogliamo costruire, utilizziamo modelli che sono
orientati. Questo significa che tra tutte le variabili che
caratterizzano il comportamento del sistema
identifichiamo alcune variabili come ingressi e altre
come uscite, con un ruolo che le lega di causa ed
effetto.
Questa schematizzazione non è sempre facile e
nemmeno risulta univoca dato che dipende dal
problema che vogliamo affrontare.
Questo comporta delle conseguenze molto evidente:
se si utilizza un programma tipo mat-LAB in cui si è in
grado di simulare modelli orientati se si cambia la
variabile in ingresso o in uscita bisogna costruire un
modello completamente nuovo.
Il modello essendo orientato risulta molto vincolato:
Se vogliamo dare una interpretazione di causa-effetto
allora se l’ingresso è la causa e l’uscita l’effetto allora
l’uscita non puo dipende da valori che l’ingresso ha in
istanti futuri nel tempo.
Questo vincolo puo sembrare banale ma in realtà
comporta alcune conseguenze: certi tipi di modellazione possono rappresentare sistemi causali mentre altri tipi di modellazione non possono essere
rappresentati. Vedremo in futuro l’approfondimento a questa tematica.

L’uscita, effetto dipenderà quindi per noi esclusivamente dai valori passati e presenti dell’ingresso. Il legame è quindi nello specifico anche dipendente
dalla qualità del sistema nel tempo passato. Non è tra i valori puntuali dei singoli valori delle variabili ingresso - uscita, ma è un legame tra segnali: quindi
abbiamo bisogno di sapere, come risulta nel dominio delle trasformate, tutti i valori temporali che assume il segnale. Noi infatti abbiamo visto i segnali
come entità uniche ma che hanno intrinseche una serie di valori che si diramano nel tempo.

I modelli matematici ci permettono di calcolare l’uscita


per ogni possibile segnale in ingresso.
Noi ci limitiamo a modelli dati da equazioni differenziali
ordinarie, per tanti motivi escludiamo i modelli dati da
equazioni differenziali alle derivate parziali dato che
sarebbero troppo complicati e inoltre è possibile in
molti casi costruire approssimazioni dati da modelli di
equazioni differenziali ordinarie.
Altri modelli, ad esempio quelli in cui le variabili del
sistema assumono solamente valori interi, non
rientrano nei modelli caratterizzati da equazioni
differenziali ordinarie dato che i segnali essendo
discontinui non sono derivabili. Esistono modelli logici
descritti da macchine a stadi finiti tipici dell’informatica
in cui risultano limitati i possibili valori in ingresso (on -
off).
Noi trattiamo solo modelli alle eq. diff. Ordinarie perchè
di rilevante interesse ingegneristico e inoltre molti dei
concetti che appartengono a tali modelli si possono
esportare anche agli altri tipi di modelli.
Tornando al discorso della modellazione
Per fare una modellazione conviene
dividere i componenti elementari in
tipologie di componenti nei vari domini.
Principalmente ci sono 4 tipi di
componenti principali. Il primo tipo sono
gli accumulatori ovvero quei
componenti, ideali, per cui esiste un
meccanismo di accumulo dell’energia.
Supponiamo ad esempio di avere una
determinata massa concentrata in un
punto materiale. A questa massa è
associato un accumulo di energia
cinetica (massa inerziale) o potenziale
(massa gravitazionale).
Anche alla molla è associato un
meccanismo di accumulo di energia
potenziale elastica.
Per tenere conto che posso avere a che
fare con corpi rigidi inoltre è importante
aggiungere all’insieme i concetti di
accumulo di energia data dal momento
di inerzia e dalla torsione di un corpo.

Nel dominio elettrico, i componenti in


cui avviene accumulo di energia sono le
capacità e le induttanze

Ci sono poi i contrari degli


accumulatori di energia: i
dissipatori. Questi disperdono
energia sotto forma di calore. In
ogni caso portano l’energia al di
fuori del dominio di competenza
(meccanico o elettrico).
Nei sistemi meccanici troviamo
gli ammortizzatori: se faccio un
modello lineare proporzionale in
cui la forza di attrito è
proporzionale alla velocità
tramite il coefficiente di attrito
allora la potenza dissipata
dipende dal quadrato della
velocità. Nella realtà il modello di
dissipazione risulta più
complicato e manca di linearità.

Esistono infine dei componenti:


giratori, i quali trasformano nello
stesso dominio le variabili
caratteristiche mantenendo la
potenza costante.
Nel domino meccanico troviamo
i riduttori per cui risulta che la
potenza in ingresso è idealmente
pari alla potenza in uscita, le
velocità di rotazione e le coppie
tra ingresso ed uscita sono tra
loro in rapporto costante.

Nel dominio elettrico la conservazione dell’energia elettrica è data dal trasformatore.

Se il giratore non è ideale viene schematizzato come un giratore ideale a cui si somma un dissipatore.
Andando a fare il modello di una rete RLC nel
dominio elettrico, in cui vale il principio per
cui la somma delle tensioni lungo il circuito
risulta nulla, quindi la tensione impressa
dall’esterno deve essere uguale alla somma
delle cadute di tensione lungo la rete.
VIT U Va Va
L’equazione del modello elettrico come
riportata risulta un po’ scomoda, in
particolare la presenza dell’integrale limita la
trattazione dell’equazione come fosse una
differenziale. Per risolvere questo problema e
procedere con la trattazione differenziale ci
sono due possibilità:
1. Prendo l’equazione in integrazione e noto
che se questa è verificata per ogni istante
del tempo, come deve risultare, allora
esiste una uguaglianza anche tra le
derivate. In questo modo facciamo
sparire l’integrale.

In un sistema massa-smorzatore possiamo


andare a descrivere direttamente una
equazione differenziale del secondo ordine.

Se vado a derivare l’equazione del sistema


elettrico ottengo:

v6 L
off R
di E i
In questa forma i due modelli sono praticamente la stessa cosa, c’è un parallelo tra la corrente e la posizione quindi la soluzione puo essere
opportunamente trasposta.

o vi Vr Va Eq Algebrica Base Modellazione


RELAZIONE DIFFERENZIALE Rispetto ALLA CORRENTE
SFRUTTO IL MODELLO DEL SINGOLO componente

Us
dog L Ur R.ir

MA Attenzione Modello di Accumulo C di


dif
MOM RIESCO A Sostituire Direttamente UNA ESPRESSIONE PER LE

Moto inoltre che Ho 3diversevariabili il l'r io e sento le Leggi per trovare una
Relazione esplicita DiOGNUNA

1
Leggi Di KIRCHOFF Ai Modi
è in l'e ti corrente ENTRANTEINUNMODO
correnteuscente DALModo
Ottengo quindi un modello costituito da 6 equazioni. Di cui alcune sono differenziali e altre algebriche.

Per rimanere nel Dominio delle Eq Diff ordinarie


G L Gg R.it E L
dè U R 2 eqdiff In cui
e levariabiliderivatesono
LevariabilicheDescrivano
C
a
GI i L'Accumulo DiEnergia
Se voglio utilizzare

ult
t.deI R
di E i

Ho Bisogno Di 2 Condizioni Al Contorno Su ilo e i a NonFacili Da Determinare

OPERANDO Invece con

Ri
Lff va
o

cià
HO BISOGNO Sempre di 2 CONDIZIONI INIZIALI MA Questa volta su l a e vi a

corrispondenti Alle variabili di IMMAGAZZINAMENTO dell'energia all'istante irride


Nel Dominio Meccanico

MI B I Ka F

I U 2 9 DIFF
a
M E F p
pa COMCONDIZIONI INIZIALI
SU X a e v6
CORRISPONDENTI
ALLEVARIABILI
DI ACCUMULO ENERGIA PERMOLLA
e MASSA
Quando si fanno modelli nel dominio elettrico e in quello meccanico è molto piu semplice non costruire una equazione differenziale complessiva ma
costruire piu equazioni differenziali collegate tra di loro.

MODELLO MASSA MOLLA SOSPESA E NON SOSPESA

F Situazione classica di un veicolo su strada in cui si ha la massa del veicolo sospesa, Ks la costante
elastica della sospensione, βs l’ammortizzatore, la massa nono sospesa rappresentante la massa dello
pneumatico e la costante elastica dello pneumatico che va ad interfacciassi con il terreno e le sue
Ms asperità.

Se volessi fare un sistema di eq. di erenziali otterrei una equazione del 4° ordine.
Per sempli care possiamo andare a esprimere per ogni elemento di tipo massa l’equazione
caratteristica attraverso un diagramma di corpo libero ovvero svincolando questo corpo e mettendo

È
tutte le forze che agiscono dall’esterno.

Ms Is F Fel t Famm 1

Mas In's Fel Famm Fpneem a

o I I.in
e F esterna sostituendo in 4 e a aerei a eq Diff Del secondo
ORDINE ACCOPPIATE TRA DI LORO
o Fel Ks Aus Xs
a qua p y gg a
o Fpneum
Kp h Xus O
ottenere 4cgDire se
Atenereuna
eqDIFF 4 ORDINE 1 ordine
erisolvere

p
Is Vs
Ms v5 Ft KSXus Xs Ps Uns Us

Ius Uns

m a qs µ µ µ µ µ

F h sono levariabili esterne


Leuscite delsistema non sono in questocaso specificate Aalsiasiandremo a scegliere risulterà

comunque f Xs Vs Xusivus FG
Utilizzando questo metodo ci sono alcuni tipi di informazione che possiamo ricavare subito:
Se abbiamo un sistema meccanico, quale è l’odine dell’equazione differenziale che descrive il sistema ?
Se il sistema meccanico ha n gradi di libertà allora l’ordine del sistema risulta 2n

Se abbiamo una rete elettrica formata da vari componenti e dobbiamo farne il modello, che ordine salta fuori? Quante equazioni differenziali del primo
ordine saltano fuori ?
Il numero è pari al numero dei componenti che accumulano energia, quindi pari alla somma del numero delle capacità e delle induttanze.
Tutte le altre variabili derivanti dagli altri componenti possono essere espresse in funzione della variabili principale degli accumulatori di energia, che sono
poi le variabili che compaiono derivate.

In realtà c’è anche la possibilità di trattare un


dominio meccanico trasformandolo in un
dominio elettrico e procede quindi
applicando le leggi di K.
Ricapitolando noi utilizzeremo come
modelli o una unica equazione differenziale
in cui la derivata di ordine n dell’uscita è
funzione delle derivate di ordine inferiore
dell’uscita e dell’ingresso e delle sue
derivate.

Oppure è sempre possibile trasformare una


equazione differenziale fatta come sopra
detto in un sistema di equazioni differenziali
del primo ordine.

Si opera andando a cambiare nome alla


variabile di uscita
A questo punto prendo la derivata della
variabile di uscita e la pongo sotto una
ulteriore variabile. Procedo in questo modo
fino alla derivata di ordine n-1 della
variabile di uscita che pongo pari a Xn.
Se pongo tutte queste equazioni a sistema
ottengo per la derivata di Xn una funzione
in tutte le altre variabili poste.
Ix n con
Quindi un sistema di n equazioni
differenziali tutte di ordine 1.
pt x a E
g g G
variabilidistato
Ripetiamo che sono sistemi dinamici lineari quelli per cui le
funzioni caratteristiche del modello sono lineari.
Se do quindi un modello con una equazioni differenziale di ordine
n allora significa che la funzione a secondo membro sia una
funzione lineare ella y e delle sue derivate e della u e delle sue
derivate.

Se prendo un modello in forma di stato, il requisito di linearità


significa che la f(x,u) sia una equazione lineare.
Una euqazione lineare di una funzione vettoriale si esprime come
una matrice moltiplicata per il vettore X a cui sommo una
differente matrice moltiplicata per il vettore U.

SISTEMA
Relativo A Sistema Sisa singleInput SingleOutput
a
Ae Mun
BE M MI
Ce Men
DE MAI
Una volta che abbiamo le variabili in forma di stato, le uscite ne definisco quante ne voglio ma sempre come funzione delle variabili di stato. Piu
complicato risulta studiare il comportamento di sistemi che hanno piu ingressi, cosa che noi non vedremo. Noi studieremo solamente sistemi la cui
massima complessità sarà data sempre e comunque dalla interconnessione di sistemi single input- single output.
Avremo anche situazione con piu di un ingresso, ma sempre in maniera tale che prima di avere un effetto questi si combinano tra di loro.

Classico sistema con piu ingressi e piu uscite, il quale non si comporta però come se fossero tanti sistemi con un ingresso e una uscita, è l’elicottero. Il
comando dell’elicottero è dato da tre ingressi, ma ogni ingresso agisce contemporaneamente su tutte la variabili dell’elicottero. Per ottenere una certa
traiettoria bisogna agire in maniera coordinata sui tre ingressi.
Il primo argomento che andremo ad affrontare nello studio di questi sistemi dinamici è il concetto di EQUILIBRIO E DI STABILITÀ
Il concetto di equilibrio e di stabilità rimane esattamente lo stesso di quanto visto negli scorsi anni e di quanto l’esperienza comune possa insegnare, su
cosa avviene in un pendolo, in cui possiamo immaginare sono presenti due posizioni di equilibrio di cui solamente una risulta stabile mentre la posizione
superiore risulta instabile ma pur sempre di equilibrio (piccola perturbazione seguita da grande spostamento).

Piu in generale l’equilibrio e la stabilità soprattutto risulta un concetto fondamentale di tutti i sistemi dinamici, non puo esistere un sistema di segno
ingegneristico che sia instabile, dato che se facciamo anche solo un minimo errore rispetto alla condizione di funzionamento allora questo minimo errore in
un qualunque momento si traduce a lungo andare sul fatto che il sistema va a lavorare in una condizione lontana da quella prevista.
Possono esistere dei sottosistemi o componenti che lasciati a loro stessi abbiano un comportamento instabile, ma quando vengono messi in un sistema
complessivo devono tornare per forza a presentare un comportamento stabile.

L’instabilità di un componente a volte è intrinseca nel componente perché non si riesce a fare quel componente in maniera diversa, mentre altre volte
conviene avere un componente instabile dato che ciò in alcuni casi comporta vantaggi dal punto di vista per esempio energetico.

Al concetto di stabilità si associa il concetto di ROBUSTEZZA.

Il concetto di stabilità è associato


alla parte dinamica del sistema, sotto un
certo punto di vista all’equazione
differenziale del sistema. Per studiare la
stabilità è sufficiente andare a studiare
l’evoluzione dello stato. Ci concentreremo
quindi solo al sistema di equazioni
differenziali, senza considerare l’uscita.

Poi consideriamo di imporre per il momento


degli ingressi costanti.
Avendo una equazione differenziale in X
funzione di x(t) e u(t) ma u(t) assume un
valore costante allora otteniamo una
equazione differenziale in X uguale ad una
funzione equivalente nella sola dipendenza
di x(t), scompare la dipendenza da u(t).
Ad ingressi costanti non è comunque detto
che la x diventi costante, ma possono
esistere delle soluzioni particolari all’eq.
differenziale in esame che corrispondono
ad avere x costant. In queste soluzioni che
corrispondo ad avere x costante mi ci trovo
solamente se anche la condizione iniziale
parte in quel punto. Questi prendono il nome di punti o stati di equilibrio e dipendono dal valore che mettiamo in ingresso.
Tali condizioni di equilibrio possono essere una, nessuna, infinite.

Per sapere se un sistema ha soluzioni di equilibrio il processo risulta abbastanza semplice. Se un x(t) specifico è un valore di equilibrio, significa che x(t) è
uguale ad una costante. Se x(t) è costante tutte le sue derivate sono nulle.
Le soluzioni di equilibrio o i punti di equilibrio di un sistema in ingresso, sono tutte le soluzioni di dx(t) = 0. Quindi tutte le soluzioni di una equazione
algebrica f(xe, ue) = 0 con e:equilibrio.
Per calcolare i punti di equilibrio non devo piu risolvere una equazione differenziale ma basta risolvere una algebrica.

Il numero di punti di equilibrio puo essere il piu disparato.


Esempio:

I a b
a
sanzioni di equilibrio I A 0
Uso
i
ato a xe O

a a a tutti ivaloridi Xsono diequilibrio

con A O È bU
se n o o f o o da qualunquepunto io parta la derivata e nulla quindi rimango
in quel punto
Se U Uefa e ipunti di equilibrio sono lesoluzionidelTpo
a te b Ue O in cui se afa a te
b ne unicasanzione

se a 0
bye e Mo punti diequilibrio
Risulta che: se ho uno stato di equilibrio allora necessariamente anche l’uscita è un valore costante. Il contrario non è detto: potrebbe essere che la x vari
nel tempo e la y rimanga costante. Al contrario è confermato sempre che se X=costante e U=costante allora anche Y=f(x;u)= costante.

Stabilità di Liapunov considera cosa


succede nei pressi di uno stato di
equilibrio se perturbo un po’ il sistema
iniziale. Ovvero abbiamo detto che se
parto da uno stato di equilibrio ci rimango
per sempre. Andiamo a vedere ora cosa
succede invece se parto da uno stato
leggermente vicino alla condizione di
equilibrio e perturbo un po’ il sistema.

Ipotizziamo che l’ingresso sia


esattamente uguale a quello di equilibrio.
Fondamentalmente stiamo considerando
un sistema del tipo

I Fx
Dato che la u è fissata.

Il concetto di stabilità semplice o locale


richiede che se ho una incertezza piccola
sul valore dello stato iniziale allora lo
stato del sistema rimarrà vicino a quello
di equilibrio per sempre. Ovvero se parto
dallo stato di equilibrio ci rimango, se
parto da vicino lo stato di equilibrio
rimango li vicino.

Questa proprietà è di grande interesse in


particolare dato che nella realtà non si
conosce con esattezza spaccata e non si
riesce a garantire con tale precisione che il sistema si trovi in condizione di equilibrio. Basta che ci si trovi abbastanza vicino a tale condizioni perché il
sistema si porti naturalmente in quello stato.
Allo stesso modo in natura sono sempre presenti dei disturbi che per quanto lievi spostano il sistema da una determinata configurazione di quilibrio. Il
sistema non subisce grossi cambiamenti dalla condizione di equilibrio.

I f x D
I tue x
é

semprecon ult de tetro


Xpt Xperturbato a_ ma xnonpiùcostante ma
Partendo da una condizione iniziale
sufficientemente vicina allo stato di equilibrio, il
andamento
XpIt
movimento perturbato non si scosterà
dall’equilibrio per non piu di una quota piccola a
piacere.
Per concetto di stabilità asintotica inoltre risulta
che se perturbato il sistema non solo rimane
nell’intorno del punto di equilibrio, bensì ritorna
addirittura sul punto di equilibrio stesso.
Se un sistema diventa instabile durante il
funzionamento succede che si allontana
durante il funzionamento da quella condizione
di equilibrio e va ad avere un comportamento
diverso da quello che ci si aspettava.

In generale è importante ricordare che piu un


sistema è stabile e piu devo consumare energia
per modificare il comportamento di quel
sistema. Al contrario un sistema che risulta
instabile di natura è facilmente dinamicizzabile,
è molto reattivo.

Va ricordato che alcuni componenti possono


anche essere instabili, l’importante è che il
comportamento complessivo del sistema sia
stabile.

Vediamo ora di costruirci qualche strumento per


poter stabilire se un comportamento è stabile o
meno.

Prima di affrontare questo problema supponiamo di avere un sistema con

I f x con x scalare FIX a

Data fx ci chiediamo qualisono i punti di


equilibrio

data I glx o qualisono i


punti di equilibrio AE
Come faccio a direse Talipuntisono stabili e instabili

Prendo in considerazione Xa punto di equilibrio a te O

se prendo un punto leggermente più a destra risulta ghe so Ì so X tende acrescere

se prendo un punto leggermente più a sinistrarisulta


ghe o I co Xtende a calare

appena mi sposto da xe la X si allontana dalpunto di equilibrio diconseguenza Xo


è un punto di equilibrio instabile

Prendo in considerazione
Xa I O
ora o
gx O

o
per tà
glia o o t o o X tende a crescere a Xe Xa

per Kat ghat co e Eco o X Tende a diminuire Kat Xa


Sia che io mi trovi da un lato che dall’altra alla fine punto sempre su X2.
A questo punto ci troviamo di fronte a 3 possibilità: la prima: parto e mi avvicino sempre di piu al valore di equilibrio X2 senza oltrepassarlo mai; la
seconda: vado verso l’equilibrio e inizio a fare avanti indietro con una ampiezza di viaggio che diventa sempre piu piccola; la terza: inizio ad oscillare
attorno alla posizione di equilibrio ma con una ampiezza sempre piu grande.

Tra queste tre possibilità quale capita in questo caso ?


Per definizione di punto di equilibrio: se in un qualche istante di tempo assumo il valore di equilibrio la soluzione da li in poi rimane uguale al punto di
equilibrio fino alla perturbazione successiva. Non puo essere quindi che passi di la dal punto di equilibrio naturalmente. Il punto di equilibrio diventa una
barriera invalicabile, se ci passo sopra mi fermo.
A

line X t Xa
Xa t o

Non ci arrivo però mai perché se in un qualche momento ci arrivassi avrei due soluzioni per una unica equazione differenziale.

Tutto questo valido perché la nostra X è scalare. Se fosse un vettore a due equazioni inizierebbe molto probabilmente ad oscillare.

andiamo a vedere cosa succede in Xu

I so Tende a crescere
o Xi
già o o ti a Xu
e Xu o
gli o o I o o x tende a crescere tut si allontana daXu
A

PUNTO Di 4
Equilibrio
t
INSTABILE

Detto ciò torniamo sulla


presentazione e cerchiamo di
definire una maniera per capire se
un punto di equilibrio è stabile o
meno. Per farlo utilizziamo quelle
funzioni che si chiamano funzioni e VCO O IPOTESIAGGIUNTIVA
definite positive, o semidefinite
positive o definite negative o
semidefinite negative.

Supponiamo di avere una funzione


a valori reali, che prenda in
ingresso un vettore di n
componenti e restituisca uno
scalare.
Supponiamo che la funzione sia
definita almeno in un domino che
contiene l’origine.
Una funzione che rispetta di cui
sopra si dice semidefinita positiva
se risulta positiva o zero per ogni
valore del dominio, e che risulti
inoltre V(o)=0 .
Definita positiva se risulta sempre
strettamente positiva in tutti i punti
del dominio tranne che nell’origine
in cui risulta nulla.
Se la funzione V è derivabile almeno due volte con derivata continua allora noi sappiamo che la possiamo esprimere come sviluppo in serie di Taylor. La
andiamo a esprimere quindi nell’intorno dell’origine come

V6 le dixit
x x
EE I e

se x maiscrivano x siccomestiamo lavorando con xvettore


I
I
semidefinita
sosia per
definizione
0 secambiosegnoax Positivo al se lafunzione è semipositivadipendeanima
ilterminecambiasegno tutto da Questotermine navale deve
sein mpunto èpositivoallora risultare 0
nel puntospeculare rispetto
all'digne ATTENZIONE: non è detto che se la forma
deveesserenegativo quadratica è semide nita positiva allora anche la
V è semide nita positiva a priori, perché bisogna
g comunque che le ipotesi di V(0)=0 siano
veri cate, ecc.
sela funzione
è
semidefinitepositiva

essereugualea 0
devequindi AL contrario si puo a ermare che se la forma
quadratica è de nita positiva allora anche V è
de nita POSITIVA

Questo per dire che per dedurre se una funzione è semidefinita o definita positiva si può dedurre semplicemente andando a studiare l’approssimazione al
secondo ordine.

Per esempio:
ao o
Xi Xa xp a y
Vs 2 1 U ax e o
Yy a

Se a O Funzione DEFINITAPOSITIVA XI 0 Xa o V Xp Xa fa
Funzione
se a 0 Xi so a la o o fuori dall'origine non è sempre so
se PRENDO XI O N K x y o ftp.ffimta
se Aco Xi 0 Atalco a Funzione non definita sull'asse xe assume valori
Positivi Sull'asse Xa dove la O
assume valori negativi
Consideriamo il sistema con ingresso costante e stazionario. E supponiamo che l’origine sia un punto di equilibrio.
In realtà il criterio funziona anche se il punto
di equilibrio non è esattamente nell’origine.
Si consideri quindi una funzione V
differenziabile su un dominio contenente
l’origine.
Cosa succede al valore della funzione V man
mano che la x cambia?
La V è funzione di x che a sua volta è funzione
del tempo, quindi la V è funzione del tempo e
possiamo calcolare la derivata di V rispetto al
tempo.
La derivata rispetto al tempo di V è la somma
delle derivate parziali della V rispetto a X
moltiplicate per la derivata delle X rispetto al
tempo.
Per calcolare questa derivata non abbiamo
bisogno di risolvere l’equazione differenziale
in x.

CRITERIO DI STABILITÀ DI LIAPUNOV dice


che: se abbiamo una funzione V(x1;x2) tale
che V(0)=0 e V(x)>0 vicino all’origine quindi V
definita positiva. E tale che la sua derivata sia
semidefinita negativa allora X=0 è uno stato di
equilibrio stabile
Siccome la derivata della V è semidefinita negativa allora la V puo o diminuire nel tempo o al massimo rimanere 0.
Ma se la V è semidefinita positiva significa che deve rimanere sempre nell’intorno che la V assume nel punto di equilibrio, quindi non può diminuire tanto di
piu

Is f x con Axe l a Xe Punto di Eaviribrio


Possiamo Definire una variabile X xe E
y a
y
yet Nt I t I t fx fly Xe
Essendo xe a
Yt tg
f Il g taleche Flo flotte f xe o

X FG È PuntoDiequilibrio di
se xe è Punto Di Equilibrio Di allora
y o
y Fly
Quindi se il punto di equilibrio non è nell'origine ridefinendolevariabili possiamo utilizzaredelle

nuove variabiliper cui l'argine coicide con il punto di equilibrio

È
f
e esempio sen h a
y fa Xe Xe Xi k
XI XI XI
Come varia quando le eta variano nelTempo

the xD 1 ti ti i ai
ftp.t 4 dj te axe

27 sen X XD Xi Xi

il te ix
4 4 I xp fa Xi Xa a

Il criterio di stabilità di L puo essere sempre applicato ma non è cosi facile trovare una funzione V definita positiva e la cui derivata sia semidefinita
negativa.
Il criterio parla solo di stabilità ma non dice nulla riguardo l’instabilità, in particolare non è che se la V che troviamo non rispetta il criterio allora lo stato di
X=0 è un punto di instabilità
13 10 21
Continuiamo a parlare della caratteristica di stabilità di un punto di equilibrio di un sistema, descritto da un modello dato da una eq. differenziale.
Volta scorsa abbiamo detto che considerando un ingresso costante possiamo in realtà considerare una x°=f(x) perchè il valore di U diventa un parametro,
un valore numerico, e assumiamo che il punto di equilibrio di cui vogliamo studiare la stabilità sia l’origine.
Abbiamo visto che questa ultima affermazione non ci limita nei casi in cui vogliamo studiare la stabilità di un altro punto che non sia l’origine dato che
cambiando le variabili ci possiamo portare nella situazione di punto in origine.
Per riuscire a studiare la stabilità del punto uno degli approcci è quello di considerare una funzione a valori reali V e considerare poi la derivata temporale
della V lungo le traiettorie del sistema. Cioè man mano che la x(t) evolve lungo una soluzione dell’eq. diff. Allora la V, funzione di X, quindi funzione di t,
evolve anche essa.
In realtà la derivata di V lungo una delle sue soluzione (v°) riusciamo a calcolarla senza dover risolvere l’equazione differenziale, quindi senza dover
calcolare x(t). Questo perchè se andiamo a fare l’espressione, la derivata totale della V rispetto a t, lungo le traiettorie del sistema, in realtà la possiamo
calcolare come il prodotto scalare tra il gradiente di V rispetto a x e la f(x) che definisce l’equazione differenziale.

Preso atto di questa caratteristica possiamo stabilire che se noi riusciamo a trovare una funzione V che è definita positiva nell’intorno dell’origine e tale che
la sua derivata lungo le traiettorie del sistema sia semidefinita negativa allora possiamo concludere che l’origine è uno stato di equilibrio stabile (se
partiamo da un punto iniziale che è diverso dall’origine allora rimaniamo nell’intorno dell’origine). Se oltre a questa cosa, risulta che V° è DEFINITA
negativa, non semplicemente semidefinita, allora possiamo concludere che lo stato di equilibrio è non solo stabile ma asintoticamente stabile, cioè se
parto da un punto vicino all’origine, non solo rimango in un intorno dell’origine, ma al tendere di t all’infinito tendo asintoticamente, mi avvicino sempre di
piu all’origine.

Nessuno ci dice però come costruire la funzione V.

Dal primo esempio_


Si tratta di un sistema non lineare. Si nota che la soluzione x=0 è una
soluzione di equilibrio dato che risulta che le derivate di x (quindi x°)
risultano tutte nulle.

Immaginiamo quindi una funzione V definita positiva .


La costante serve per semplificare i calcoli (deve essere positiva).

Calcoliamo la V°. Questa risulta definita negativa sicuramente per il


termine in x2 e definita negativa anche per il termine in x1 qualora
questo sia compreso tra -1 e 1 ma a noi questo va bene dato che
stiamo considerando la stabilità in 0.
Localmente significa che se partiamo da un punto che è
sufficientemente vicino all’origine rimaniamo li in torno, ma se
abbiamo una condizione iniziale lontana dall’origine allora potrebbe
essere che le traiettorie che partono da quel punto iniziale non vanno
piu a finire nell’origine.

Esempio 2_
Pendolo senza attrito con massa unitaria.
Θ angolo rispetto alla verticale.
ω velocità angolare.

Sistema non lineare (compare il seno di θ)


Calcoliamo i punti di equilibrio:
Imponiamo le derivate nulle. Quindi ω =0 e senθ=0. Quindi tutti i valori di θ pari a un multiplo di π sono punti di equilibrio per il pendolo.
Dobbiamo stabilire se il punto di equilibrio è stabile o meno: una delle maniere per cercare delle funzioni di Liapunov è prendere come funzione di
Liapunov una funzione semidefinita definita sicuramente positiva che è l’energia meccanica del sistema.
In particolare questa risulta nulla solamente quando θ=0.
Andiamo a calcolare V°.

5 W

I i s
g seno
o.O E l'al g l 1 cosg

i aglseno µJ
tg È Iii l a i
91 0 uglseno o

V° che risulta ovunque nulla risulta quindi ok per essere semidefinita negativa. tg sai
definita Positiva V semidefNegativa e lo D Localmente stabile
Non ci permette di dire però se è asintoticamente stabile. Anche se noi sappiamo dalla realtà dei fatti del pendolo che il punto sarebbe in realtà
asintoticamente stabile.
Esempio piu interessante è infatti quello che va a considerare anche al pendolo
l’attrito.
Per considerare l’attrito è come se mettessi un termine di attrito proporzionale
alla velocità di rotazione.

5 W

io seno kw
G
La Posizione O N o è sempre di equilibrio
ANDIAMO AD EseguireL'Analisi Con La Funzione
EnergeticacomeFunzione di Liapunov

VCO a l'N I caso DEFINITA POSITIVA


Gl
Vs è g lseno e u
oggiseno_ew resina
w
tg Iii
e

F Semidefinità NEGATIVA OO WO I O Altrove V 0 oNegativa

se vado ad utilizzare Questa Funzione di Larmor Per il Momento posso concludere

CHE IL PUNTO ÈSTABILE MA NON ANCORA CHE SIA ASINTOTICAMENTESTABILE


Noi però conoscendo il pendolo sappiamo che l’origine è un punto asintoticamente stabile nel caso di pendolo con attrito. Alla fine il punto deve tendere
all’origine. Non possiamo però concludere ciò se utilizzo questa funzione di Liapunov.
Possiamo quindi o utilizzare un altro pezzo di teoria, come vedremo, oppure provare ad utilizzare un’altra funzione di Liapunov.

FUNZIONE DI LIAPUNOV NUOVA

5 W

io
G seno kw

qu e w k.O.ws 1 caso
I I Iko gl
Funzione Definita Positiva

1 caso O D o O altrove ok
o
gli in e

e W K.O W
o
I IKO Dipende

Perverificare che SIA DEFINITA POSITIVA VADO A VEDERE CHELA MATRICE ASSOCIATA SIA

Definita Positiva Cioè che Gli autovalorisono definitiPositivi oppure se tutti iremore
Principali sono 70

E W K.O W KJ È UNA
I I Definita
ESERCIZIO PROVARE CHE FUNZIONE

POSITIVA

ANDIAMO Quindi a vedere i


E È ii KO
tg In fk.at gli seno
Wife Groff
seno K

I glk.O.send IK.ws
EDefinitaNEGATIVA 0 in D
f gliK.Osend
a Negativo senon 0

Wa bim Woo
L'OrigineèunPonto Localmente
Asintoticamente stabile IK Negativo se Non

Chiaramente se non ci sono altre idee, normalmente le V che vengono prese inizialmente sono delle funzioni semplici: somma dei quadrati delle variabili di
stato, semplici come funzione, sicuramente definite positive, di cui è facile calcolare la derivata.

Noi abbiamo detto che se anche un punto è


stabile e se anche un punto è asintoticamente
stabile significa che se noi partiamo da punti che
sono sufficientemente vicini al punto di equilibrio,
le nostre traiettorie convergono al punto di
equilibrio.
Possiamo estendere il nostro concetto in questa
maniera:
Prendiamo l’insieme di tutte le condizioni iniziali
per cui se parto da quelle condizioni iniziali le
traiettorie vanno a finire sul punto di equilibrio,
potenzialmente anche partendo da lontano la
traiettoria converge all’origine.
Questo insieme di punti iniziali si chiama
REGIONE DI ATTRAZIONE DEL PUNTO DI
EQUILIBRIO.
Se in realtà questa regione di attrazione coincide
con tutti i valori possibili delle variabili di stato,
con tutto lo spazio, allora questo punto di
equilibrio non è piu localmente asintoticamente
stabile ma si dice GLOBALMENTE
ASINTOTICAMENTE STABILE, significa che da
qualunque punto io parta vado sempre a finire su
quel punto di equilibrio.

Per esempio se un sistema ha un punto di


equilibrio globalmente asintoticamente stabile, allora quello è l’unico punto di equilibrio possibile.

Attenzione: se noi prendiamo una funzione di L. Che risulta definita positiva per ogni valore di X e la cui derivata è definita negativa per ogni valore di X,
diversa dall’origine ovviamente, questo non significa che l’origine sia Globalmente asintoticamente stabile.
Il motivo è molto semplice e legato al fatto sottostante:

Supponiamo di avere un sistema con origine punto di equilibrio. Se prendo una funzione che è definita positiva, se vado a considerare gli insiemi, curve di
livello, in cui il valore di X è costante (maggiore di 0 dato che la funzione è definita positiva) queste definiscono le curve di livello.
a Xa se x taliche VR c
Se parto da un punto V(x)=C so che la sua V° traiettoria associata all’origine è negativa. Ciò signi ca
che devo andare verso punti in cui la V ha valori piu bassi di C. Questo è vero per tutti i punti che
x stanno sulla super cie di livello. Questo insieme quindi al passare del tempo si restringe sempre di
piu. Per C su cientemente piccoli queste curve di livello sono curve chiuse dato che devono
tendere tutte quante a un punto. Questo perchè il valore della C diventa sempre piu piccolo quindi
l’insieme in cui po essere la x diventa sempre piu piccolo.
Se però mi allontano dall’origine, anche se ho una V definita positiva, non è detto che le sue curve di livello siano chiuse.
Per esempio:

Funzione definita chiaramente positiva. Quando x1 tende ad infinito il valore V(X) tende ad essere unitario. Andando a fare le curve di livello della funzione
scopriremo che nell’intorno dell’origine sono curve chiuse . Anzi se x1 è piccolo sono curve che assomigliano molto a delle circonferenze visto il
denominatore.

a Xa Diventando piu grandi si allungano nell’altra direzione. Ad un certo punto le curve possono
rimanere aperte e tendere a piu in nito.
Esistono delle traiettorie in questo caso che tendono a far diminuire V ma che vanno
comunque a piu ini nito per quanto riguarda l’evoluzione delle X.
Quindi il criterio non funziona piu.

Non è quindi su ciente trovare una funzione de nita positiva dappertutto con derivata
de nita negativa dappertutto per stabilire se il punto di equilibrio sia globalmente
asintoticamente stabile.
A nché tutto funzione la V deve soddisfare una ulteriore condizione aggiuntiva: deve essere
RADIALMENTE ILLIMITATA, ovvero deve essere tale che quando vado all’in nito il valore di V
tende ad ini nito. Questo garantisce che tutte le curve di livello siano chiuse da qualunque
punto io parta.
CRITERIO DI STABILITÀ GLOBALE DI LIAPUNOV

Il pendolo con attrito può essere nella sua posizione verticale bassa una condizione di equilibrio globalmente stabile?
Dal punto di vista fisico si. Dal punto di vista matematico no.
Dal punto di vista matematico: se penso di partire con velocità nulla allora ok, vado sempre a finire nella posizione verticale bassa che corrisponde a θ=0.
Se parto però con una velocità grande come condizione iniziale allora il pendolo puo fare alcuni giri, continuerà a rallentare, ma puo fare alcuni giri finche
ad un certo punto non riesce più a superare la posizione verticale superiore e va a finire nella posizione verticale inferiore.

In discorso dei piu o meno giri significa che matematicamente devo distinguere tra la posizione 0π, 2π, 4π, … che risultano punti di stabilità differenti in
termini di traiettorie, non vado a finire sempre nell’origine, ma vado a finire in punti che sono multipli. Qui c’è una informazione rilevante relativa a quanti
giri ho fatto prima di finire nel punto di equilibrio.

Se pensiamo quindi di trovare una funzione di L che soddisfa questo criterio, è impossibile, perché dal punto di vista matematica i punti 0π, 2π, 4π Sono
diversi e non puo esistere una funzione che soddisfa questo criterio perché altrimenti l’origine sarebbe globalmente asintoticamente stabile.
Il punto di equilibrio non è glob. Asintoticamente. Stab.

Questa è la difficoltà, se ho un sistema che non conosco bene a priori, non so mai se arriverò in fondo. Cerco una funzione che mi dica se il sistema è
stabile, ma se è instabile la funzione non puo esistere e io potrei rimanere bloccato nel cercarla.

In realtà ci sono alcuni criteri speculari di instabilità, ma non li facciamo perché la cosa importante è capire il concetto di stabilità di Liapunov.
Invece di incentrarci sui criteri di instabilità andiamo a vedere qualche esercizio da qualche tema di esame passato.

1 I a e x
Xy
II x la e
y
ate

calcolo Punti di equilibrio soluzioni x


y taliche t.jo
x_o
XI a a

Ivy la 1
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pt
u b
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o U 1 Leduecondizionisicibano

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Vhf
1 u Auto lo fata Va a e
of O a O
g
x
y X
y o

Unico Punto di Eaviabrio o


y
STUDIO DELLA STABILITÀ

X
G Sicuramente Definita Positiva In lo D
I 4

y.jo elu e
txYy yalu e
VI dg.jo
X

a 1 x
g
Se 4 1 A 1 o s Ù Definita Negativa_ 0,0 Pto Localmente
ASINTOTICAMENTE
STABILE

RADIALMENTE cintata o
fugga
PUNTO o D GLOBALMENTE Asintoticamente stabile

Se UCI U 1 O o 8 set Positiva 190 ambra instabile

LA PARTE DA Ufo e Tende Acrescere e si allontana dall ordine

U I E X A Equilibrio

g pay
t o o
Xyso a X so
Vyo
G0 a
Ny O

ao
y ey O
y O
Hyer
TO Vx E IR
yo o
5 EY O

insieme deiPunti di equilibrio

Gli Assi sono tanti Pti ti fa


Possiamo subito capire dalla disposizione dei pti di eq che 0;0 non sarà asintoticamente stabile dato che ci sono dei punti li vicino che se io mi metto in
quelli, essendo già di equilibrio, li rimango, senza tendere verso 0;0.

gO
V left e a O Definita Positiva
Vs sax E al Xy
2g 2
xy 2 1 a
Kg
Se Ace I Senise POSITIVA NONCONCLUDANO NULLA

e Se a 1 e I semidei Negativa e Pio stabile

se a 1 a VO sender Negativa a Pto Stabile

I E O SIGNIFICA CHE MANMANO CHE ILPUNTO siSPOSTA LUNGOLetraiettorie


Del sistema Va cost il cambio del sistema avviene sulle
lo D
CurveDi Livello Della V
V1 h
Go Il Noto Aniene A ENERGIA Costante AvvieneLungo un
SISTEMA CONSERVATIVO

gg a e a
ay aaaa

A partire da un punto che non sia sugli assi ci spostiamo verso uno dei due punti che stanno sugli assi seguendo una circonferenza. Non possiamo
spostarci oscillando perché stiamo considerando una equazione differenziale X°=f(x) che ha una soluzione unica, partendo da un punto il movimento è
unico, non possiamo andare una volta da una parte e una volta dall’altra

Il punto di equilibrio spostandomi comunque non lo raggiungerò mai dato che avrei due soluzioni diverse per la stessa equazione differenziale, che è
impossibile

Se non ci fossimo accorti durante lo svolgimento dell’esercizio della questione della circonferenza come luogo dello sviluppo delle traiettorie a energia
costante.

roso is sono 8 ècosa


seno e
g raso È ti sono
g
I
xp
a r send raso ra_senso È Mendes0
caso è racosag rang G r sonocaso
y my a
F O

10
Punti di Ca I O e send so caso 0 stabile
r.cat I
STABILITÀ INSTABILE
INSTABI I
E Anadrate sendcoso o s È O O9 stabile
NONASINTOTICAMENTE
2 Quadrante senocos Co È co 0 VediPrema

3 Anadrate sendcoso o s so 09
saranno senocaso 8 o
Esercizio facile.
Il compito è difficile ma la somma di tutti i punti del compito è molto maggiore di 30. Se si fanno bene tutti gli esercizi lasciando da parte l’ultimo punto di
ciascun esercizio si prende 30.

Visto il criterio di stabiità di


Liapunov introduciamo un’altro
piccolo concetto, quello degli
insiemi invarianti.

Un punto P è un punto limite


positivo di una traiettoria se esiste
una successione di istanti tn tali
che quando n tende ad inifinito
x(tn) tende a P.
Questo significa che il punto è
limite positivo di una traiettoria se
continua a ripassarci sempre
vicino, avvicinandosi sempre di
piu.

Supponiamo Una traiettoria che


continua a girare su una
circonferenza. Se continua a girare
nessun punto è di equilibri, ma se
continuo a girarci allora ogni punto
della circonferenza è un punto
limite positivo.

Supponiamo di avere una


circonferenza e avere una
traiettoria che dall’esterno della
circonferenza si avvicina sempre
di piu verso la cfr. Di nuovo, non c’è nessun punto di equilibrio, ma tutti i punti della cfr sono punti di limite positivo dato che periodicamente ci passo
vicino e anzi ci passo sempre piu vicino.

Un insieme si dice invariante rispetto ad un sistema x°=f(x) se prendendo la condizione iniziale dell’insieme, tutta la traiettoria rimane contenuta
nell’insieme.
Un punto di equilibrio è quindi un insieme invariante per conto suo. La circonferenza dell’ultimo esempio che abbiamo fatto sono insiemi invarianti dato
che in qualunque punto io parta della circonferenza in realtà rimango sulla cfr.

Una soluzione si dice tendente AD UN INSIEME se con il crescere del tempo la distanza della traiettoria di X da L tende a 0.

La proprietà: supponiamo di sapere che una soluzione x(t) è limitata, quindi non va mai all’infinito ma rimane sempre in una regione dello spazio. Allora se
questo è vero deve succedere che il suo insieme limite positivo, quindi l’insieme dei punti dove prima o poi vado a finire li vicino deve essere non vuoto.
Non posso continuare a girare senza mai ripassare per le stesse regioni.
È un insieme compatto, quindi chiuso e limitato ed è invariante, se parto da li sopra rimango li.
Inoltre qualunque altra traiettoria tende a questo insieme limite positivo.
È una piccola estensione del criterio di stab di
Liapunov che in realtà ha una miriade di
applicazioni.

Principio di invarianza:
Supponiamo di sapere che un dato insieme
sia compatto e invariante positivamente.
Quindi se parto da li sopra rimango li sopra.
Sia inoltre V definita da Ω a R una funzione
differenziabile tale che V° sia semidefinita
negativa in Ω.
Si consideri inoltre l’insieme E contenuto in Ω
tale che V°=0 in E.
se V° è definita negativa allora l’unico punto in
cui V°=0 è l’origine e ricadiamo nel criterio di
L.
Ma se esistono altri punti in cui V°=0 allora noi
consideriamo questo insieme di punti e
dentro questo insieme consideriamo un
insieme invariante, se parto da li rimango li, se
M è il piu grande insieme contenuto in E allora
ogni soluzione che parte con condizione
iniziale in Ω tende ad M.

Fondamentalmente l’evoluzione della


traiettoria è sempre con V° che decresce
sempre. Quindi vado a finire per forza, mi
avvicino sempre di piu ad un insieme in cui V°=0. Questo lo posso dedurre applicando Liapunov. Ma non è che posso andare a finire in qualunque punto in
cui V°=0, ci sono alcuni punti in cui V°=0 da cui me ne vado rimanendo sempre con V=0. Quindi in realtà io vado a finire sul piu grande sistema invariante
che è caratterizzato dall’avere V°=0.

Il corollario, che è quello che usiamo normalmente dice che. Prendete una V definita nell’intorno dell’origine tale che V° sia semidefinita negativa, stesse
condizioni di L. Sia E l’insieme dei punti in cui V°=0 e si supponga che nessuna soluzione se parte da un punto di E possa rimanere sempre in E tranne la
soluzione X=0, essendo il punto di equilibrio. Se vale questa cosa qui l’origine è un punto di equilibrio asintoticamente stabile.

Il concetto è che: se parto da un punto con V<>0 in cui se la V° è negativa la V decresce, fino ad un valore in cui V=0 a quel punto la V non decresce piu.
Quindi la storia futura del sistema si svolgerà tutta all’interno di questi punti caratterizzati da V°=0. Ma la X puo continuare a variare dato che puo rimanere
su una superficie di livello di V. In realtà però se in quella superficie di livello l’unico punto invariante è l’origine, ovvero se partendo da un altro punto
appartennete ad una superficie di livello di qualsiasi tipo ne devo per forza uscire e non ne posso uscire ritornando con V che cresce dato che è
semidefinita negativa, sono costretto ad uscire continuando a far calare la V°. La derivata puo quindi decrescere, diventare nulla, ma poi dopo deve
continuare a ridecrescere dato che non posso rimanere con le mie soluzioni nei punti in cui V°=0.

Vediamo un esempio per capire meglio.

PENDOLO CON ATTRITO

consideriamo sempre Funzione Energia

F SenderNegativa

e
Stabilità origine

o ASINTOTICA

I sensonegativo IO anche
Quando Woo nonsolo in o o
ma anche con Lopo 0
1
Punto FuoriDALLA verticale Del PENDOLO INCUI Però Posso Rimanere indel
CO e
Punto
con uso e Mo vado a vedere le condizioni

I O o con 970 e W o o info Quindi nonciPosso


RIMANERE
Devo Uscire ÙPASSA DA 0 A Megatia

L'unico punto All'interno dell'insieme caratterizzato da Woo quindi F0


in cui Posso stare sempre è quello con sind O O o 0 0

SECONDO Il CRTERIO QUINDI Possiamo concludere che L'origine è Asintoticamente


STABILE
Perché nell’insieme caratterizzato da ω=0 cioè i valori di θ e ω che rendono la V°<>0 io non posso rimanere.
Il piu grande insieme invariante all’interno di questo insieme ω=0 è l’origine. Siccome devo tendere a questo sistema invariante allora l’origine è localmente
asintoticamente stabile.

Questa cosa è utile per rendere la funzione energia una buona funzione di L.
Tutti i sistemi che non sono conservativi, ovvero in cui c’è una dissipazione quando il sistema si muove, salta fuori che la V° è semidefinita negativa ma in
realtà il punto non è di equilibrio e deve riprendersi a muovere.

Vediamo un altro ESERCIZIO

Variabili Di Stato X I è
Punti di Elevicibrio a noi interessa avere ilpuntodieq.com è o

Ilda alt alt e a Nt alt ult exe nl


ED alt XD K.IE o alt XD K.IE fatt
EH 8xD It Os Vat It
KEH ICD XL ICD alt XD
k
O XXE alt XD o x 0 datoche ult costante
µ a O
alt o

EH o

Se UNO PUNTO DI EQUILIBRIO CARATTERIZZATO DA ELIO e EE 0

QUINDI DA Avereerrore nullo

se ult o o alt o è Pto eavicibrio Perqualunque valore di alt eFCA

se vogliamo APPLICAUN INGRESSO Percui il Punto di calicibiziocorrispondeADAVERE ERRORE


NULLO DOBBIAMO APPLICARE UN INGRESSO O

Affinché il sistema funzioni devo far vedere che deve essere un punto di equilibrio stabile. Possibilmente globalmente asintoticamente così che dopo un
po’ vada sempre a finire in errore nullo quindi ho stimato l’errore del parametro.

se consideriamo solamente Le due cauzioni

IEEE X D K XD
è r.N.IE
SISTEMA in cui E e à sono VARIABILIDI STATO E XE è una variabile Diingresso
VADO A STUDIARE LA STABILITÀ DEI ORGINE Del Sistema

cosa succede nell'origine o D


E O At K O O
origine pt EQ IndipendenteDA
att 8 XD O o

studiare STABILITÀ con FI e VCD


fa la XI funzionediLiapunov

con Xe I e la_è e X U

I A Ult KA

E s r Xi alt

F Xe È Xa XI Xi A U K XI AL XI U K xè

i Semidei NEGATIVA CON IDEEPositiva Origine Stabile


se Xe 0 e Ult 10 Affinche o Deveessere Xa 0
Il Più GRANDE INVARIANTE CONTENTO IN XI O è caratterizzato dall'Avere Xa o
L'origine è Quindi unPunto di eavinibizio Asintoticamente Stabiae Questo
è Vero TE le Volte che UA 0
po io 21
La volta scorsa abbiamo affrontato il problema di stabilire per un sistema non lineare quali sono i punti di equilibrio che caratterizzano il funzionamento del
sistema a fronte di ingressi costanti e abbiamo poi esaminato uno strumento per studiare la stabilità di questi punti di equilibrio.
Concetto di stabilità significa cosa succede se perturbo leggermente il sistema rispetto al punto di equilibrio, quindi se parto da una condizione iniziale che
è leggermente diversa rispettto a quella del punto di equilibrio.
Può capitare che l’evoluzione rimanga in stati vicino agli stati di equilibrio, condizione di stabilità; puo capitare che partendo da vicino rimanga vicino alp
unto di equilibrio e anzi tenda ad avvicinarmi asintoticamente al punto di equilibrio, stabilità asintotica; può capitare che mi allontani dal punto di equilibrio,
instabilità.
Il criterio di stabilità di Liapunov permettono in certe condizioni di studiare la stabilità del punto di equilibrio a patto che riesca a trovare una funzione
idonea, con certe caratteristiche, che se verificate permettevano di concludere lo stato di stabilità del punto di equilibrio.
Abbiamo visto il criterio di LaSalle che richiede solo la caratteristica della derivata della funzione di traiettoria di essere semplicemente semidefinita
negativa e concludere l’asintotica stabilità. Cosa che permette di utilizzare funzioni piu semplici di quelle di Liapunov e in particolare di utilizzare funzioni
energetiche come funzioni di Liapunov nei sistemi non conservativi.

Lasciamo questo discorso un attimo in sospeso per andare ad affrontare lo stesso tipo di problema: capire le caratteristiche di stabilità, ma limitandoci ai
sistemi lineari.
Alla fine di questo studio, piu semplice rispetto al precedente, rimetteremo insieme le due cose.

Consideriamo un sistema dinamico a tempo


continuo, cioè descritto da eq diff. Ordinarie
ed in particolare stazionario: cioò che riflette
il fatto che il comportamento del sistema non
dipende esplicitamente dal tempo, se faccio
un esperimento oggi e lo ripeto anche
domani nelle stesse condizioni ottengo gli
stessi risultati. Questo si traduce in una
dipendenza, se il sistema è lineare, in
equazioni lineari in cui i coefficienti sono
numerici e costanti, che non variano nel
tempo.
In questo momento ragioneremo utilizzando
la forma di stato, ovvero se ci ricordiamo
possiamo descrivere un sistema con una
equazione differenziale di ordine n, oppure
come n eq. diff. Del primo ordine messe a
sistema. Utilizziamo il secondo tipo di
rappresentazione. In cui X rappresenta un
vettore: delle variabili di stato, la cui derivata
dipende linearmente dalle variabili di stato e
dagli ingressi u(t). Questa dipendenza lineare
si esprime attraverso delle matrici che
esprimono la relazione lineare.

Alla stessa maniera l’uscita y dipende in


maniera lineare dalla x e dalla u.

Dato quindi i 4 matrici, parametri, A B C D è completamente specificato il sistema.


Ipotizzeremo anche che le condizioni iniziali siano specificate all’istante t=0 e che possiamo avere un ingresso che va da 0 a piu infinito.

Sotto queste condizioni riusciamo a studiare bene le eq. diff. Perché riusciamo a scrivere la soluzione in forma chiusa.
Possiamo far vedere che l’andamento della X, soluzione quindi, è definita dalla formula per cui la x è somma di due termini, cosa che ci potevamo
aspettare considerando il principio di sovrapposizione degli effetti per cui la soluzione di una eq diff è la somma di una soluzione libera derivante dall’ eq
diif omogenea associata, dipendente solamente dalle condizioni iniziali, e di una evoluzione forzata che dipende solamente dal segnale di ingresso.

Et Esponenziale di MATRICE MATRICE Che Dipende Dal Tempo


L’esponenziale di matrice: come è definito.

Se abbiamo l’esponenziale e^At questo ammette


uno sviluppo in serie

E 1 a.tt
fla.ttt.it at

È E la0

se A MatriceQuadrata ordine n

è E At In At
I.ttt3
Entità
e
È E ME 0 Atlit

È EA E
AÈ A E A e A e't
E o
gg e
Abbiamo fatto vedere la derivata temporale, ma si puo far vedere altre proprietà

SE RISULTA AB BA a DB MATRICI CHE Commutano s è att eh

det e et GrA traccia Di A somma degli elementi sua


DIAGONALE PRINCIPALE DI A
Piu complicato risulta calcolare
l’esponenziale di matrice. O facciamo
la somma della serie, cosa non
banale, oppure dobbiamo cercare
un’altra maniera per farlo. Ci sono vari
metodi per farlo. Per ora:
Supponiamo che una matrice sia
diagonalizzabile, ovvero che puo
esser espressa come una matrice T
invertibile per una matrice diagonale,
quindi con termini diversi da 0 sulla
diagonale e con gli altri nulle, per la
matrice T^-1 quindi inversa di T.
Se la matrice A si puo esprimere in
questa maniera allora si fa vedere
facilmente che
Dt T t
C'E T e

A TD T I

A DT
T.D.FI
e
T.DZ T
t
A T D T

sviluppando la serie dell'esponeriale matriciale o è t e T t


Se prendo una matrice diagonale e facciamo l’esponenziale di matrice salta fuori una matrice che ha lungo le diagonali l’esponenziale dei valori presenti
sulla diagonale princicipale della matrice di partenza. In questo modo ho trovato l’esponenziale di matrice.
Se riesco quindi a scrivere la matrice A come matrice diagonale allora il calcolo dell’esponenziale di matrice è abbastanza semplice.
Il problema è che non tutte le matrici si possono diagonalizzare.

La forma piu generale fa uso delle matrici di Jordan, cioè matrici triangolari alte che hanno sulla diagonale lo stesso valore e poi sopra la diagonale degli 1
e tutti gli altri elementi nulli.
Se una matrice è di Jordan allora il suo esponenziale di matrice è una matrice particolare che risulta moltiplicata per uno scalare.

Si puo far vedere che ogni matrice puo essere espressa come

A TD T Con D Matrice Diagonale A blocchi I Blocchilungo la diagonale o

JORDAN
sono MatriciDIAGONALI oSono Matrici Fatti Di BLOCCHI DI

Notiamo inoltre che se ho un sistema espresso in


forma di stato in realtà quella forma di stato non è
unica. Posso cioè ridefinendo le variabili X, cioè
posso utilizzare delle altre variabili in maniera tale
che la relazione che c’è tra l’ingresso, le
condizioni iniziali e l’uscita rimanga inalterato.
Per farlo posso semplicemente fare una
trasformazione di coordinate nello spazio degli
stati. Cosa significa?
In pratica in realtà invece di utilizzare X come
variabili di stato posso utilizzare un altro insieme
di valori (Z) l’importante è che queste z siano
legate alla X da una trasformazione lineare che sia
anche invertibile cioè che permetta, conoscendo
la Z di tornare alla X.
Nella nuove coordinate si possono mettere in luce
delle caratteristiche che nelle vecchie coordinate
non erano cosi immediate. Questo posso farlo
perché magari basandomi su considerazioni
fisiche posso utilizzare altre variabili per mettere
in luce delle cose che interessano vedere,
esempio condizioni energetiche, per rendere piu
semplice la costruzione del modello, o perché le
nuove variabili possono rendere piu semplice la
soluzione di alcuni problemi.

Come si fa ?
Supponiamo di partire con un sistema

I A X B
definiamo le variabili Z Z T
C XX D U
y DI COORDINATE
CAMBIO

Deve Risultare X T Z

È T I TA X T B U T.A.TT Z T TB U

C X DU C T F Z DU
G
DEFINISCO IL NUOVO SISTEMA
t
È A Z t Bt U con I TA T B
E Z 5 U
T. Y E C T I D
Scegliento opportunamente la matrice T posso fare in
modo che le matrici che compaiono nel sistema siano
particolarmente semplici.

Un caso molto importante è quando la matrice A è


diagonalizzabile, cioè scegliendo opportunamente la
matrice T la matrice A§ diventa una matrice diagonale.

Quando è che una matrice è diagonalizzabile ? Ovvero


quando una matrice è simile ad una matrice diagonale.
C’è un caso in cui è garantito: se gli autovalori della
matrice A sono tutti distinti tra di loro allora la matrice A
è diagonalizzabile.
Se invece ci sono degli autovalori ripetuti, quindi con
molteplicità maggiore di 1 allora non è sempre
diagonalizzabile, potrebbe o non. Se non è
diagonalizzabile però si puo sempre esprimere in una
forma quasi diagonale. Utilizzando la forma di Jordan
vista prima.

Vediamo cosa succede quando è diagonalizzabile.


Abbiamo una matrice A rappresentante una
trasformazione lineare. Se la matrice è quadrata di
ordine n questa trasformazione lineare viene da uno
spazio di dimensione n e va in uno spazio di
dimensione n. I vettori non nulli che vengono
trasformati in multipli di se stessi si dicono autovettori.
λ è l’autovalore associato all’autovettore, è un numero
solitamente complesso. Gli autovettori sono in realtà
tutte le soluzioni non banali dell’equazione

XI A iv O
Questo è un sistema lineare omogeneo, se deve avere
delle soluzioni non nulle significa che questa matrice
deve essere singolare, quindi non invertibile. Questa
matrice dipende dal valore di λ. Gli autovalori sono
quindi quei valori che rendono singolare la matrice.
Ovvero che rendono =0 il determinante della matrice.
Si chiama quindi polinomio caratteristico associato alla
matrice A il determinante di (λI-A) nella variabile λ di
grado pari alla dimensione di A.
In campo complesso tutti i polinomi di grado n
ammettono n soluzioni. Quindi ogni matrice quadrata di
ordine n ammette n autovalori, possibilmente
coincidenti.
In piu se A è una matrice a coefficienti reali allora il
polinomio caratteristico è a coefficienti reali e quindi i
suoi autovalori o sono reali o se sono complessi vengono a coppie complesse coniugate.

In piu c’è un teorema che dice che se prendo il polinomio caratteristico e al posto di λ metto la matrice A ottengo che p(A)=0 quindi ogni matrice soddisfa
la sua equazione caratteristica.

Si può provare abbastanza facilmente che se ho un


auto vettore associato ad un autovalori λ1 e un altro
autovettore associato ad un altro autovalori λ2, se λ1 è
diverso da λ2 allora questi due autovettori sono
linearmente indipendenti.
Se una matrice ha n autovalori tutti distinti allora allora
so che ammette n autovettori tutti linearmente
indipendenti. Ma se ho un insieme di autovettori lin.
Indip. Questi costituiscono una base dello spazio di
dimensione n. Questo definisce una trasformazione di
coordinate.
Se invece ho un autovalori di molteplicità piu grande di
1 allora a questo autovalore possono essere associati
degli autovettori indipendenti da 1 a r (r:molteplicità
dell’autovalore).
NO
Ora però se io ho una trasformazione
lineare che ammette n autovettori
linearmente indipendenti significa che
posso scrivere n volte

A Vi vi di
Se faccio una matrice T che ha per colonne
gli autovettori

A T TA con

Amatrice
Dingcon i hisullaDing
A TA T
Riassumendo se la trasformazione lineare
ammette n autovettori linearmente
indipendenti allora la matrice A è
diagonalizzabile.
La matrice di trasformazione T è quella che
ottengo prendendo gli autovettori come
vettori di base, hindi è una matrice che ha
per colonne gli autovettori. E la matrice diagonale ha sulla diagonale gli autovalori.
Questo capita sicuramente se gli autovalori sono tutti distinti.

Fatto questo ripasso di algebra lineare


andiamo avanti.
Supponiamo che la matrice A del sistema
dinamico sia diagonalizzabile. Allora se
faccio una trasformazione di coordinate so
già che nelle nuove coordinate il sistema è

t
T A T A matriceDiagonale
Adesso calcoliamo il movimento libero,
ovvero a partire da una condizione iniziale,
il movimento libero è, a partire da una
condizione iniziale,
Ait
e Zo
cond iniziale

se ADiagonale e a matrice
diagonale

Nelvettore Z Tutelecomponenti
evolvono ciascuna
percontosuo
Eli t editzio
Come se avessi tutte equazioni del primo ordine tutte indipendenti l’una dall’altra.
Questi termini
editzio
Si chiamano MODI DEL SISTEMA LINEARE
Esempio

Ms Us

is hs Us Uns F
K
4e f Ks tus Xs
Mus
Ins Vas
Ke
1 Gus Ks A tus hs Us Uns kp.xustkplf.gl
Inn
Utilizzando le variabili Isi che scrivere il modello di questo sistema non è complesso.
Se adesso però prendiamo in considerazione una evoluzione della forza di ingresso e dell’altezza del suolo (hsuolo) e ci chiediamo come variano le X e le V
non è immediato dare una risposta, risolvere il sistema.
Se invece riesco a scrivere il sistema nella forma

I A Xx B U

ti O O O 1

Se riuscissi a trovare una matrice T per cui in realtà riuscissi a scrivere È A z B con D
Utilizzando queste coordinate sapremmo che

z t sett Zo e B Ula de

it
è 2
a e z

Scriverla in questa forma da subito una sensazione di quello che capiterà dato che in realtà non solo riusciamo a risolverla molto bene ma riusciamo anche
a capire cosa succede dato che sono tutte equazioni semplici.

In piu questi λi possono essere reali oppure possono essere complessi. Ma in realtà: nel caso in cui abbia autovalori reali allora i termini esponenziali
hanno andamenti reali. Nel caso siano complessi i λi allora i valori di Zi sarebbero complessi. Però se abbiamo un λi abbiamo anche il suo coniugato, allora
supponiamo di chiamare λk il coniugato di λi, a cui è associata una condizione iniziale Zk0 che è la condizione coniugata di Zi0. Supponiamo che λi si
scriva si scriva come

di Gi gWi e supponiamo discrivere Zio Mi e FormaPolare

se vado a calcolare Zi t ZIA


tilt Ztl Mi e'it estuittli e_gluittgi
Mi e 2 Cos Wit
fi
Risommando i due modi coniugati mi salta fuori un segnale reale che è un coseno che oscilla con frequenza ωi e con l’ampiezza che varia in modo
esponenziale.
Come avevamo visto quando abbiamo fatto le antitrasforamte di un segnale.

Quindi se riesco a scrivere il sistema in forma diagonale le soluzioni sono tutte soluzioni o che variano in maniera esponenziali o che variano come seni e
coseni la cui ampiezza varia in maniera esponenziale.

Esattamente come avevamo visto


quando abbiamo fatto le
antitrasformate.

Se gli autovalori sono tutti a parte


reale negativa allora i modi
associati sono tutti modi che
tendono a 0 dato che risultano in
un esponenziale negativo.

Se c’è un autovalori a parte reale


positiva allora i modi tendono
all’infinito dato che ci sono degli
esponenziali positivi.

Se ho 2 valori sul’asse immaginario


allora ho esponenziali nulli, quindi
o ho una costante o una
oscillazione di ampiezza costante.

Ritroviamo esattamente che le


soluzioni del movimento libero di
questo sistema lineare, se è
diagonalizzabile, sono costituiti da
modi fatti tutti in questa forma. I
modi sono determinati dagli
autovalori della matrice A.

Come prima quando facevamo


l’antitrasformata l’andamento era
determinato dalla posizione dei
poli, qui è determinata dalla
posizione degli autovalori della matrice A.

D’altra parte se le z(t) variano cosi,


notiamo che le Y di uscita sono una
combinazione lineare delle Z, quindi
una combinazione lineare dei modi
del sistema.
Nel caso invece in cui la matrice sia
non diagonalizzabile.
Se io ho valori con molteplicità
maggiore di 1 mi possono, come
abbiamo detto, capitare 2 cose.
Può essere una matrice
diagonalizzabile, come se i due
autovalori fossero distinti tra di loro.
In questo caso non ho problemi,
trovo due modi che coincidono.

Se trovo invece una matrice non


diagonalizzabile la possiamo portare
in blocchi Jordan

z X.tn Za a

sesostituisco e integro appareun


Termine tempo dipendente

f e't230
Ritroviamo la stessa soluzione che
abbiamo trovato quando abbiamo
calcolato l’antitrasformata con i
poli di molteplicità piu grande di 1.
Per gli autovalori che hanno
molteplicità piu grande di 1 e la
matrice non è diagonalizzabile ci
sono dei termini con ampiezza
esponenziale moltiplicata per un
polinomio.

Come prima se l’esponenziale è


negativo, quindi la parte reale è
negativa, il polinomio c’è ma alla
fine vince l’esponenziale, converge
a 0. Se sono sull’asse immaginario
l’esponenziale è unitario e conta il
polinomio e quindi diverge come t
o come t^2 a seconda della
molteplicità.
a in
i
Emmy gu Vela Va

come varia la tensione sulla capacità e la corrente che


girasul
circuito

Ri Ve 0 tensioni sulla maglia


O
L.IE
dj E i_E
C i i
a
daf o
E
Sistema IN FORMA Di STATO

4 E i_e te
i
E
I AX
A
E DI STATO
MATRICE
E
le 6
DIAGONALIZZABILE

dei XI A O calcolo Autovalori

II A k dei
ditte
f E
o

pt
E o s E È
E 2

Eletti
autovalori possono essere reali e complessi coniugati Dipende dai valori dell'induttanza
gli
Resistenza e Capacità
sono complessi coniugatiquando

1 4 il Ec dai parametri
fa o o
fa I a dipende

Nelcaso siano complessiconiugati La partereale è NEGATIVA co o Nulla se


Rg LARESISTENZA ÉNULLA

O Se La Resistenza R O o 4L EC COMPLESSI CONIUGATI

se sono a ParteReale Negativa allora la corrente tende a 0 e Vc o

se sono Nulle 2 autovalori sull Asse immaginario a oscillazioni di Ampiezza


COSTANTE

a Caso R o his I la corrente oscilla conuna pulsazionePari


s g
fa Alla PARTE Immaginaria DiQuesto Autovalore

a
w.pe
ANCHE LATENSIONEOscilla con la
stessa pulsazione dato che
TENSIONE E CORRENTE SARANNOCOMBINAZIONE
Lineare Dei Due Modi Del Sistema

e Se RFO e R PICCOLA CONTINUO ADAVERE UNA Oscillazione MA INQuestoCASO

LA W è diminuita
PETE
PULSAZIONE la pulsazione

Mi RITROVO con 2 AUTOVALORI COINCIDENTI Se 4L RC ANDAMENTOESPONENZIALE


CONPARTEREALENEGATIVA
Se R O o 2 AUTOVALORI REALI MA Negativi

0 ma senzaoscillazione
E IIEE.TL
O Corrente E Tensione SeNe Vanno A

SOSPENSIONE AMMORTIZZATA SISTEMA DEL 4 ORDINE Può Avere 4Autovalori

Me oscillazione O 4 REALI
2Oscillazioni a
Frequenzediverse o 2 coppiecomplessi coniugati

oscillazione ga aggia
ga a aggia
Per quanto riguarda il sistema lineare ancora
non abbiamo messo in gioco l’ingresso.
Abbiamo preso in considerazione il
comportamento solamente dipendente dalle
condizioni iniziali.
In realtà ora facciamo vedere che per quanto
riguarda il comportamento di un sistema
lineare, questo comportamento del sistema
determina il tutto. Cioè, pur non avendo
considerato ancora l’ingresso, le conclusioni
che abbiamo rilevato possono essere estese
a completare l’analisi.

Supponiamo di avere un certo sistema


dinamico descritto dal modello matematico,
considerando in questo caso anche
l’ingresso.
Supponiamo di assegnare la condizione
iniziale e un certo ingresso. Quindi la
soluzione che salta fuori supponiamo che sia
una soluzione nominale.
Supponiamo adesso di cambiare un po’ la
condizione iniziale rispetto a quella di prima.
Essendo cambiata la condizione iniziale
cambierà anche la soluzione. Chiamavamo questa nuova soluzione xp(t) soluzione perturbata.
Ci chiediamo ora quanto vale la differenza tra la soluzione iniziale e quella perturbata ?

EH A ICT B alt con Flo


Xp t A xpt B Ict XD I o Sto

EXIT XpA FCE


SIA NCD ELE AXpA B ECT A ICT BICT A Xp E E
A Sx
SIA A Sx senza ingresso a Dipende solo dagli Autovalori di A
Se gli autovalori della matrice A sono tutti negativi, se ho una perturbazione rispetto al comportamento nominale, qualunque sia l’ingresso, dopo un po’ mi
ricomporto esattamente come funzionava prima.

Questa non è una stabilità solamente per un punto di equilibrio, ma di un qualunque comportamento. L’errore torna a 0. Come e con che velocità dipende
dal valore degli autovalori.

se A diagonalizzabile Possiamo scrive SÉ t D Salt o Z Ai z

Ea da za

tante G Diff 10ordine ciascuna map Dalle altre


ΔX è stabile solo se gli autovalori della matrice A sono tutti a parte reale negativa.
20 1021
All’esame non ci saranno esercizi di algebra lineare, l’importante è capire i concetti che sono alla base dei controlli. Non ci saranno calcoli di autovettori o
cose del genere. Non viene pretesa una conoscenza operativa del concetto, ma capire perché una matrice è diagonalizzabile e l’importanza di avere una
matrice diagonalizzabile ai fini dello studio del sistema deve essere chiaro.

Dalla pagina precedente risulta che dire che il δX è asintoticamente stabile significa che qualunque sia il δX0 da cui parto al passare del tempo il δX tende
a 0, quindi il movimento perturbato tende a coincidere con il movimento imperturbato. Questo va notato essere vero qualunque sia l’ingresso che andiamo
ad applicare, condizione iniziale di partenza.

Per un sistema lineare non ha quindi molto senso parlare di stabilità di un punto di equilibrio o di un altro. O sono tutti stabili o sono tutti instabili dato che
si comportano tutti alla stessa maniera. Anche un generico movimento, anche una soluzione generica X(t) ottenuta con un generico U(t) possiamo parlare
di stabilità o meno e salta fuori che quella soluzione generica è stabile solo se la matrice A ha autovalori tutti a parte reale negativa.

La differenza rispetto a quello che facevamo con i sistemi non lineari in cui dovevamo inventare una funzione V da studiare, qui non c’è nulla da inventare
dato che la matrice A viene data dal sistema. Noi dobbiamo solo verificare quali sono gli autovalori della matrice.
Questa conclusione si applica a tutti i punti di equilibrio e a tutti i movimenti del sistema. In questo senso possiamo parlare genericamente di stabilità del
sistema intendendo che tutti i suoi movimenti sono stabili. O viceversa.

L’evoluzione libera (nel sistema

SIA A SE
Non c’è ingresso, quindi l’unica
soluzione è l’evoluzione libera) noi la
sappiamo esprimere in forma chiusa
tramite l’esponenziale di matrice.
Non è ancora ben chiaro come
calcolare l’esponenziale di matrice,
o almeno abbiamo visto una
possibile via per calcolare
l’esponenziale di matrice (prendi la
matrice A, trova le matrici T e λ in
maniera che T sia diagonale, calcola
l’esponenziale di e^λt e poi
moltiplica per T e T^-1) in realtà se
la devo fare a mano la procedura è
molto lunga e tediosa.
Il δx(t) ha una soluzione che è data
dall’esponenziale di matrice che
quindi sono e^λt moltiplicata per T e
T^-1, ma quella moltiplicazione per
le due matrici mischia e combina
tutti i termini, quindi possiamo dire
che il δx è una combinazione lineare
dei termini e^λit, quindi l’evoluzione
libera è una combinazione lineare
dei modi del sistema e la sua
evoluzione dipende solamente da
dove sono gli autovalori della matrice A e quindi risulta che il sistema è asintoticamente stabile se e solo se tutti gli autovalori reali hanno parte reale
negativa. È invece semplicemente stabile se il sistema lineare non ha autovalori ha parte reale positiva e gli eventuali autovalori a parte reale nulla hanno
molteplicità 1, sono quindi autovalori semplici.
Nel caso di sistemi asintoticamente stabili la risposta libera tende a 0 sempre. Quindi l’effetto di una eventuale condizione iniziale comunque svanisce e
alla fine il sistema evolve solamente con l’evoluzione forzata.
Se il sistema è stabile l’evoluzione libera tende sempre a 0, dopo un po’ scompare quindi ci concentreremo sullo studio dell’evoluzione forzata dei sistemi .

Sugli stati di equilibrio.


Noi abbiamo detto avere un sistema lineare
di partenza e possiamo calcolare gli stati di
equilibrio. Se metto u(t)=0 allora x=0 è
sempre uno stato di equilibrio

I Ax
Se invece U<>0 devo risolvere l’equazione

Ax BU O

A xe BU sistema
vedere
con a lineare
componenti darisolvere
se A invertibile allora
A B ne
Cioè se A è invertibile, per ogni valore di Ue esiste uno e un solo stato di equilibrio Xe.
Matrice invertibile: determinante diverso da 0, tutte le righe sono linearmente indipendenti, l’immagine della trasformazione lineare è tutto l’intero spazio di
dimensione n quindi esiste sicuramente un vettore X che moltiplicato per A restituisce il vettore cercato qualunque sia il vettore cercato.
Se invece A non è invertibile significa che l’immagine della trasformazione lineare non è tutto l’intero spazio, quindi possono capitare due cose:

1 Se BUe vettore e In A o abbiamo una soluzione

2 Se B ne In A a sistema Ax B Me non hasoluzione

se 1 ke è soluzione BUe e In A allora ognialtro XeXe Axetaleche


A Xo 0 è soluzione
se A Meminvertibile Esistono Xp Te A X o e questi X e kernel A
te E Ker A insieme di tutte le Possibilisanzioni esistono o sanzioni

Il Discorso dipende quindi dalvalore di Ue

t de
esempio sistema
yo
I U ODIMENSIONE SISTEMA I LegDiff 10Ordine

G X A O B I II O X TE U

NON
Invertibile

soluzioni diequilibrio Ue O a te o O O IDENTITÀ verificataPERQUALUNQUE


VALOREDI X
Se abbiamo ingresso nullo qualunque valore di X è un punto di equilibrio.
Questo non è sorprendente dato che stiamo ragionando con un integrale. Se metto un ingresso nullo l’uscita vale la condizione iniziale dell’integrale,
quindi da qualunque punto parta li rimango.
TUTI X SONO EQUILIBRO

se invece Uefa a 0 Me MPossibile Nessuna Soluzione

IN TERMINI DI AOALORI A Invertibile a Toti Autovalori 0


det A Prodotto
degli Autovalori
Se un sistema è asintoticamente stabile, non solo è stabile ma la matrice A è anche invertibile, quindi per ogni valore dell’ingresso ammette un unico punto
di equilibrio e quell’unico punto di equilibrio è asintoticamente stabile.

Se gli autovalori sono tutti diversi da 0 ma c’è almeno un autovalore positivo allora per ogni ingresso esiste ancora un unico punto di equilibrio ma quel
punto di equilibrio è sempre instabile perché c’è almeno sempre un autovalore positivo.

Se invece ho degli autovalori nulli allora ci possono essere piu stati di equilibrio o potrebbero non esserci stati di equilibrio per un dato ingresso, ma
sicuramente se esistono degli stati di equilibrio questi non sono asintoticamente stabili. Perché c’è almento un autovalore sull’asse immaginario.

Nel caso di sistemi lineari le cose sono tutto sommato abbastanza chiare non c’è l’enorme variabilità che puo esserci per un sistema non lineare, tutto è
stabilito dalla forma della matrice A e in qualche maniera delle matrice B nel caso A non sia invertibile.
d polinomio non
se n a
così facile dacalcolare è_
Possiamofareilcalcolodegliautovalori

pervia numerica

MATLAB

È utile avere criteri di stabilità che funzionino anche senza dover calcolare gli autovalori. Questo non è particolarmente interessante nel caso in cui
conoscessi la matrice A: in cui ci scriviamo il polinomio caratteristico e calcoliamo gli autovalori per via numerica.
Può presentarsi un problema quando la matrice A dipende da un parametro tipo K (costante di una molla, inerzia, …) e vorrei sapere per quali valori di quel
parametro il sistema è stabile e per quali invece non lo è.
Esistono quindi dei criteri che non calcolano gli autovalori ma permettono di stabilire se gli autovalori sono tutti a parte reale negativa o meno, cosa che ci
interessa per la stabilità.

Per esempio sapendo che il polinomio caratteristico puo essere espresso nella forma di produttoria di monomi elementari (come ogni polinomio).

q
b Tè b Di 4
Coefficiente del termine È Che risulta la

somma Degli autovalori MA CAMBIATA DI Segno

Predato Di Tutti GliAutovaloriCambiati DiSEGNO det A


qu
se deveessere che tutti gli Autovalori a ParteReale Negativa stabilità acoradeveessere

41 so qu o
Metodo UtilePer ACCORGERSI SE CISONODEGLIERRORINELLOScrivere LeEGAZIONICONOSCENDO LA
FISICADelSistema
In realà c’è un criterio che da una
condizione necessaria e sufficiente per
poter stabilire della stabilità asintotica di
un sistema.
Il criterio è puramente meccanico.
Il criterio dice di prendere il polinomio
caratteristico con tutti i suoi coefficienti e
scriverli in una tabella in cui il primo
coefficiente viene posto come primo
I 9
elemento della prima riga. Il secondo è il
secondo elemento della prima colonna. Il
terzo è il primo elemento della seconda
colonna e il quarto il secondo elemento
della seconda colonna. Si arriva così a
scrivere le prime due righe.

Costruisco le righe sottostano: se devo


costruire una certa riga faccio il
determinante della matrice che prende i
primi due numeri e la colonna successiva
al coefficiente che sto considerando

per93 prendo lamatrice


Quindi moltiplico il determinante per.
GG
-1/K1.

Procedendo in questo modo gli elementi


diversi da 0 ad ogni riga diminuiscono di 1 finche non arrivo all’ultimo elemento per cui gli ho finiti.
Il criterio di ROuth dice che il sistema è asintoticamente stabile solo se la tabella è ben definita, quindi solo se i coefficienti sulla prima colonna sono tutti
diversi da 0 e se tutti questi coefficienti sono positivi

ESEMPIO

Polinomio
d Yet fa 0

TABELLA DI ROTH 1 Ya
e se so e 92 O
y q
SISTEMA ASINISTARE
dei 1
yo g 9

o o 1 3 2 I 1 O
1

do
t
a e

I E
dei
5
6 a

te dài E

ESISTE ALMENOUN
µ dal
stabile
Autovalore A PARTEReale peso

Meesistono 2 Dato che il segno cambia due volte 1 Positivo Negativo 2 a

20 negativo positivo 312 1

ALTA UTILITA DEL CRITERIO NEL CASO DI POLMONI CARATTERISTICI CON PARAMETRI

1 313 K2 L e so

È
È Ka o
3 Ha 1
K a co
nessunvalore di K
Fez o a
_gg se
A
Quello che abbiamo
fatto fino adesso si
riferiva solamente
alla stabilità della
risposta libera.
Partendo da una
condizione iniziale
abbiamo visto come
si sistema errore
possa tendere a 0 o
meno, dipende solo
dalla risposta liber,
quindi dalle
condizioni iniziali. È
quella che
normalmente viene
detta stabilità
INTERNA.
La stabilità
ESTERNA si riferisce
invece alla risposta
forzata ovvero
quando io metto un
ingresso.
Un sistema si dice in
particolare
ESTERNAMENTE
STABILE se a fronte
di ingressi che
rimangono limitati
l’uscita, lo stato,
rimangono limitati. Il AUTOVALORI PARTEREALE NEGATIVA
A
sistema cioè non deve divergere.
È chiaro che se prendo un sistema e l’ingresso tende ad inifinito che anche l’uscita tenda ad infinito non è poi cosi sorprendente e non vale come criterio,
deve essere una questione di ingressi e uscite limitate.

Stabilità interna ed esterna, di un punto di equilibrio, di un movimento, interna, che dipende dalle condizioni iniziali è un concetto. Esterna è un altro
concetto. Per i sistemi lineari sono estremamente legati.
Questo perchè in un sistema lineare si ha una risposta libera ed una risposta forzata.
La stabilità interna l’abbiamo analizzata sulla risposta libera perché è la risposta che definisce il sistema errore e abbiamo visto dipendere dagli autovalori
della matrice A.
Se andiamo a vedere come è fatta la risposta forzata.

Alt e B v12 di
Dipende dall’ingresso e dall’esponenziale di matrice. NORMA

Supponiamo che l’ingresso sia limitato in ampiezza se94esponenzialisononegativi


Ilult ll su pe L'INTEGRALE E LIMITATOANCHEGANDE a

1
µ
LIUKIN SM
NORMA DEL INTEGRALE SINTEGRALEDELLANORMA PORTO Fuori µ
Nell’esponenziale di matrice all’ultimo integrale ci sono termini per l’appunto esponenziali se questi sono negativi allora l’integrale di un esponenziale
negativo è limitato anche quando t tende all’infinito. Se il sistema è asintoticamente stabile quindi tutti gli autovalori sono a parte reale negativa allora
l’integrale è limitato.
Salta quindi fuori che se il sistema è asintoticamente stabile, come concetto della stabilità interna, allora, per un sistema lineare è anche stabile il bound
input- bound output (stabilità esterna).

SEMPLICEMENTE a
STABILE
I
AUTOVALORISULL'ASSE
IMMAGINARIO ESEMPIO INTEGRATORE add
DAEVITARESEMPRE NELLA PRATICA
PERLOMENOEVITARECHELe condizioni DI INSTABILITÀ SI POSSANO PRESENTARE
IMPORTANTE FARE PROGETTI ROBUSTI

Abbiamo detto che stabilità interna ed esterna sono strettamente legate nel senso che la stabilità asintotica interna garantisce la stabilità esterna. D’altra
parte la stabilità esterna garantisce, con qualche blanda ipotesi la stabilità asintotica interna.

Cosa significa “qualche blanda ipotesi”:


Può capitare che in realtà ci siano alcune componenti del vettore di stato che non hanno alcun effetto sull’uscita. Cioè l’uscita non dipende da quelle
componenti del vettore di stato. Che cosa le consideriamo a fare allora?
Va tenuto conto che in un sistema possiamo considerare come uscita le variabili di interesse in un particolare momento, si possono definire uscite diverse
e può capitare che alcune uscite dipendano da alcune variabili di stato e altre da altre variabili di stato. È chiaro che se l’uscita non dipende da alcune
variabili di stato io vedo una uscita che rimane limitata dato che anche se le componenti di stato vanno all’infinito, per quelle che non mi interessano non
vedo effetti.

Detto ciò noi per un sistema lineare abbiamo


tutte le informazioni per ricavare la stabilità.
Possiamo calcolare gli autovalori ecc. situazione
molto diversa dai sistemi non lineari.
In realtà noi abbiamo visto che una dei metodi
per studiare la stabilità di un punto di equilibrio è
il criterio di Liapunov. In teoria questo si deve
poter applicare anche ai sistemi lineari essendo
il criterio generale.
Noi sappiamo che l’origine di un sistema lineare
è asintoticamente stabile se e solo se tutti gli
autovalori hanno parte reale negativa. Per il
criterio di L se l’origine è asintoticamente stabile
allora riesco a trovare una funzione V definita simmetrica
positiva tale che V° sia definita negativa in un
intorno dell’origine.
Dato che abbiamo a che fare con sistemi lineari
possiamo provare a prendere come V(X) una
ao
generica funzione quadratica della X esprimibile
come X trasposto per P per X non la matrice P
matrice dei coefficienti. Ovviamente questa
funzione deve essere definita positiva quindi
P>0.
Andando a calcolare la V° risulta questa ancora
una forma quadratica, in cui la matrice che
definisce la forma quadratica dipende dalla P e dalla matrice A del sistema.

osetrovo P o Taleche le o abbiamo soddisfatto criterio Di Caprio


PROBLEMA INVERSO PIÙDIFFICILE se scelgo una le O trovo sempre una Poo
Si solo se A HATUTI Gli Autovalori A ParteRealeNegativa

UNA MATRICE CHESODDISFA IL Criterio è Ps età A e dt Matrice costante

INTEGRALE Converge se è converge Animai se A Gatti Artaacori A Porto Reale Negativa


Quindi in realtà se ho un sistema lineare sono sempre in grado di trovare una funzione di L. Ed anzi sono sempre in grado di trovare una funzione di L che
mi faccia avere la derivata definita negativa come mi pare.

Perché devo trovare allora una funzione di L quando posso calcolare gli autovalori ? Mi serve perché in realtà utilizzando questo legame tra L e i sistemi
lineari di rimettere insieme un po’ i sistemi lineari con i sistemi non lineari. Siccome è molto facile studiare la stabilità di un lineare vediamo come poter
approssimare un sistema non lineare con un sistema lineare che ne descriva correttamente il comportamento almeno in una regione localizzata.

Supponiamo di avere un
sistema non lineare scritto
in forma di stato dove X° è
una generica f di X e U.
Supponiamo di applicare
un ingresso costante a cui
corrisponda uno stato di
equilibrio e un’uscita
costante.
Ci chiediamo se io riesca a
descrivere il
funzionamento del sistema
vicino allo stato di
equilibrio. Se applico un
ingresso abbastanza
vicino all’ingresso di XD E SIA
equilibrio? i costante
Vado a studiare il sistema
descritto dalle nuove
0
variabili che descrive lo
tg funzioni
fa
scostamento dalla generiche
condizione di equilibrio.
SUPPONIAMO ALMENO
CONTINUE DIFFERENZIABILI
E
IN
APPROSSIMOAGCOMSVILUPPO

Serie DITaylor ALMENO A FORME

NEL'INTORNO Xo
fa fla x XD
Lff
I ftp.jxxtt.ixolix ai
Possiamo approssimare la funzione f e g
con una approssimazione lineare? Va
ricordato che le funzioni sono in due
variabili quindi vanno differenziate
secondo entrambe le variabili.
Le derivazioni sarebbero delle matrici ma
sono calcolate per valori di X e U
costanti, quindi risultano matrici costanti.

Inoltre
flash o datocheRappresenta
Echein lei punto dieariciprio è
III 0 o le funzioni con la loro
Sostituendo
approssimazione lineare ottengo un
sistema lineare.
Ci chiediamo se possiamo approssimare il funzionamento del sistema non lineare intorno al punto di equilibrio con il funzionamento del sistema lineare?
Qui la cosa è un po’ da vedere, per intervalli di tempo breve sicuramente si dato che io sono vicino al punto di equilibrio dove in realtà l’approssimazione
della f e della g risulta buona.
Questo è vero sempre? Mano mano che passa il tempo è vero che posso continuare ad approssimare?
Può capitare che il sistema lineare dica che io rimanga vicino al punto di equilibrio, ma in realtà il sistema non lineare dica che ci si stia allontanando dal
punto di equilibrio e che quindi l’approssimazione sia molto erronea.

Mi devo aspettare che l’approssimazione del sistema non lineare il sistema lineare sia valida solamente se partendo vicino al punto di equilibrio il sistema
rimanga sempre vicino al punto di equilibrio.
Quindi deve essere intrinseca al punto di equilibrio una proprietà di stabilità.
Ma come faccio a studiare se il punto di equilibrio è stabile o instabile ? Considero il sistema non lineare o lo posso considerare lineare?
Da una parte va sempre bene inventare una funzione V di Liapunov e analizzarne la definizione, ma certo che sarebbe molto bello se potessi studiare la
stabilità del punto di equilibrio andando ad analizzare la stabilità del sistema linearizzato. Questo si puo fare.
Se prendo un sistema non lineare nel suo punto di equilibrio e faccio la linearizzazione e scopro che il sistema lineare approssimato è nel punto
asintoticamente stabile allora posso concludere che anche il punto di equilibrio del sistema non lineare è asintoticamente stabile.

Come faccio?
Prendo come funzione di Liapunov del punto di equilibrio non lineare la funzione di Liapunov. Che funziona per il sistema lineare, in cui abbiamo visto che
data una qualunque funzione Q possiamo costruire una funzione P che dimostra la stabilità. Quella P funziona anche per il sistema lineare.

Se il sistema linearizzato è asintoticamente stabile, quindi se tutti gli autovalori di A hanno parte reale negativa, allora fissiamo una matrice Q>0, calcoliamo
la matrice P che è soluzione dell’equazione
AT P P A le
I
E scopriamo che la funzione
PX
È una funzione definita positiva, per costruzione, di cui possiamo calcolare la derivata come
I Ax O x
Che risulta definita né agarica localmente. Quindi il punto di equilibrio del sistema non lineare è definito anche lui localmente stabile.

Se invece il sistema linearizzato ha almeno un autovalore positivo, quindi il sistema lineare è instabile, possiamo concludere che anche il punto di equilibrio
del sistema non lineare è instabile.

C’è un caso che è borderline, ovviamente se il sistema linearizzato ha autovalori appartenenti all’asse immaginario e alcuni a parte reale negativa. Allora
sulla stabilitfà del punto di equilibrio del sistema non lineare non possiamo ricavare informazioni. Potrebbe essere stabile, asintoticamente stabile,
instabile. In questo caso non si puo fare l’approssimazione sistema non lineare con lineare nel punto di equilibrio.

studioconFunzionedi a
Poma Ve V
Lia
ESEMPI e FUNZIONAMENTO MOTORE COMBUSTIONE AL MINIMO
FUNZIONAMENTO CONVERTITORE DI POTENZA

MODELLO MOTORE AL MINIMO

P alt up f s fPlain
pt
o

I p g qq.ge aaaa
I
coppia
coppia sorti Interni
Combusione Daanticipocombustione Pepata r gg
X motore ad iniziazione a benzina a iniezione diretta, stechiometrici, in realtà quindi per favorire il funzionamento del sistema di trattamento delle emissioni
di scarico (marmitta catalitica) il motore deve lavorare in condizioni di miscela stechiometrica, combustione senza eccesso ne difetto di ossigeno.
Questo non è fattibile puntualmente ma il convertitore catalitico funziona un po’ come serbatoio di ossigeno. Se la miscela è magra (piu ossigeno del
dovuto) a valle della combustione rimane una certa quantità di ossigeno che viene intrappolato da catalizzatore. Se continuiamo ad avere una
alimentazione magra dopo un po’ il catalizzatore non intrappola piu niente.
D’altra parte se abbiamo una combustione ricca (piu combustibile nel rapporto stechiometrico), dalla combustione vengono fuori dei prodotti che sono
idrocarburi incombusti o ossido di carbonio, questo reagisce a sua volta nel convertitore catalitico con l’ossigeno per cui la combustione termina si puo
dire nel convertitore catalitico. Come risultato questa cosa funziona se la miscela varia tra grassa e magra ma con una media perfettamente
stechiometrica.
La quantità di combustibile non è quindi decisa indipendentemente, ma una volta che il motore ha intrappolato una certa quantità di aria la uantità di
combustibile è necessaria e automaticamente determinata.
La coppia che viene sviluppata dal motore in realtà dipenderebbe dalla quantità di combustibile, ma dipende quindi dalla quantità di aria che viene
intrappolata nel cilindro.
Oltre che a dipendere dalla quantità di aria dipende anche dall’anticipo di accensione: momento in cui innesca l’esplosione nella camera di scoppio che a
sua volta viene innescata dalla candela. A quanti gradi la scintilla viene innescata prima della posizione al punto morto superiore.
Per ogni condizione di carico e numero di giri esiste un anticipo ottimale che da la coppia massima. Quello che importa è la differenza tra l’anticipo di
coppia massima e quello ottimale.
In un motore a combustione in realtà la coppia motrice puo essere espressa come proporzionale alla quantità di aria intrappolata del cilindro, che è
proporzionale alla densità con cui viene aspirata, quindi alla pressione di aspirazione. Ed è proporzionale ad un rendimento di anticipo o di accensione,
funzione dell’anticipo vero meno anticipo ottimale (funzione del numero di giri).

e
Cn p Y AV Av

o VariazioneDi Anticipo
Rispetto L'ottimale

P Kt up t f S o collettore di Aspirazione RegoloLaCoppia

I
GANTITÀARIA aspirataDALMotore
amatore
III 3 GaetitàAreain
ingresso a coronare
I S sezionecorpofarfallato utile

gg
Obiettivo del minimo: avere il motore che Igor a velocità costante. Quindi coppia resistente costante, coppia motore costante, pressione costante. È quindi
un punto di equilibrio.
so e ke nePe t Yard
È
II
cavicibrio
P so a P Pe pe ya Blue Ca
equilibri
COPPIAResistente

1 ottimizzazione sezioneequilibrio

2 31 15 a SPIEGAZIONE IDROGUIDA STERZO CITY COME SPEGNERE LAMACCHIM

Se cambio coppia resistente o apertura della valvola a farfalla cambiano pressione e velocità di rotazione di equilibrio dato che le soluzioni per le due sono
univoche.

Vogliamo studiare come si comporta il sistema intorno alla condizione di equilibrio.


È stabili il minimo? Se mi metto con la valvola a farfalla in posizione costante è vero che vado a ruotare con velocità e pressione costante ? È vero se il
punto di equilibrio è asintoticamente stabile, quindi anche partendo li vicino torno sul punto di equilibrio.

Per studiare il sistema o ci inventiamo una funzione di Liapunov oppure facciamo una linearizzazione.
Per linearizzare

f pn S KU p f Pam S

f Pepata Se
Ep e se te e su Èleg E
k ne pe
pO 0 Cecnicibrio

ftp.n.s kne I Allam Sp t kPeSu


EG
E
JP e

da grafico costante flussosonico o


Pegg
gg
fa p n AvCr s pY pl Cr
fa pe YatBlue Cre JEleg Sp dàeg.tn figle_far figle se
lo
Scr
Yai spt ffluelfn Pe.ly Sar
se lavoriamo nel Puntoattuale con anticipo ottimale
Avesta RIMANE COSTANTE O
GLI
Per il sistema dimearezzato

si Kine Sp k peSu f PG 8s

Si Sp
fine Su_IG
g
matrice
_pene Kpe
As
y _fine
Autovalori

der XI A dei Atknet Kpe Kpey


Akuellhtffluel
d knee
Yao
Ittf ne _d kne.gg ne
thene Kpe Yao

Kao ne so Peso Perdite se hp Perdite f


tf
e so
Y so

Tuti coeff o s Polinomio 2 Grado Autovalori tut negativi Sistema


STABILE
In realtà il modello del motore non è proprio questo dato che nel collettore di aspirazione ci sono delle onde di pressione che derivano dal fatto che
l’apertura e la chiusura delle valvole di aspirazione è un’apertura e chiusura forzata, quindi l’aspirazione risulta forzata e si generano delle onde di
pressione.
In realtà il riempimento del cilindro puo essere piu efficiente se queste onde arrivano sulle valvole in fase positiva, quindi con l’onda nella fase giusta
quando apro le valvole o puo essere meno efficiente se arrivo con la fase opposta. Siccome questa rasatura delle onde di aspirazione varia con il numero
dei giri, ho un rendimento di aspirazione che varia con il numero dei giri, piu o meno grande

P Knap Ilia
1
su
II
Quando facciano
e h

varia da o
LI co alternativamente
a

Possono cambiare di segno Gli AUTOVALORI P Equilibro INSTABILE


Quando è instabile si sposta in un altro punto di equilibrio dove il sistema linearizzato non approssima piu bene e si innescano delle oscillazioni dei giri
motore

Problema tanto piu evidente quanto piu il collettore di aspirazione è piccolo.


Ma collettore piccolo significa maggiori variazioni di pressione, quindi maggiore accelerazione. Collettore grande risposte molto lente, vettura non sportiva.
Abbiamo concluso la scorsa lezione con lo studio-esempio del motore a combustione interna di cui abbiamo fatto il modello e abbiamo visto essere
25 10 21
questo di tipo non lineare.
Abbiamo poi calcolato il punto di equilibrio del motore a combustione interna e ne abbiamo poi calcolato una linearizzazione facendo vedere che in realtà
nel caso in cui supponiamo che il flusso di aspirazione del motore sia direttamente proporzionale alla velocità di rotazione e alla pressione senza fattori
correttivi allora il punto di eq. È stabile avendo il sistema linearizzato autovalori a parte reale negativa.

Dobbiamo controllare invece da soli che nel caso il flusso di aspirazione abbia un termine correttivo del rendimento volumetrico di tipo oscillante, nel caso
la derivata sia negativa e sufficientemente grande in modulo allora il punto di equilibrio puo diventare instabile.

Dovevamo vedere anche un secondo esempio che vediamo ora prima di passare ad un altro argomento.
È stato dato anche in un compito d’esame.

Intelletto T
I
O

Ii
th A connessione
ADUN CARICO
E G
Se l’interruttore fosse in posizione 0 il circuito sarebbe un semplice RL. Se applichiamo una tensione costante risulta

L E Ri la corrente i tende acrescerefinouncertovalore


dj io

A CIRCUITO RLC ILCONDENSATORE SI SCARICA


Se la capacità è carica la tensione sulla capacità causa una corrente sulla resistenza(carico), la corrente che scorre scarica la capacità e quindi
fondamentalmente c’è una corrente “io” che tende a scaricare la capacità fino a che la tensione non si annulla.
Tutto questo mentre l’interruttore è in 0.

In questo caso si tratta quindi di due sottocircuiti separati che sono entrambi lineari come comportamento.

OINTERRUTTORE Posizione 1
La tensione costante E alimenta la serie di Resistenza, induttanza e c’è un parallelo tra la resistenza in uscita e la capacità.
Di nuovo un circuito lineare.

In entrambi i casi la tensione sulla capacità C è piu piccola di E tensione esterna, al massimo se non assorbo corrente dal carico esterno posso arrivare
con il capacitore alla tensione di ingresso.

Cosa succede se comincio a commutale il circuito tra le posizioni dell’interruttore in 0 e 1.


Quando sono chiuso in 0, nel primo circuito aumenta la corrente sull’induttanza. Se questa corrente diventa abbastanza grande, quando vado in posizione
1 Allora la corrente sull’induttanza continua a fluire e una parte va sul carico ma l’altra parte va sul condensatore e fa salire la tensione al condensatore.
Agendo opportunamente sull’interruttore si puo fare in modo che la corrente che viene aumentata quando sono in posizione 0 vada a far crescere la
tensione sul condensatore per valori anche al di sopra della tensione E. Questo è lo schema di quello che viene chiamato CONVERTITORE IN SALITA
perché la tensione di uscita puo essere tenuta a valori piu elevati della tensione di alimentazione E.
Questo schema sta diventando utilizzato utilizzato in tante applicazioni e viene utilizzato per alimentare i famosi ibridi a 48V ovvero che partendo da una
tensione di batteria di 12V alimentano dei motori o delle utenze a 48V tramite questo meccanismo.

Detto ciò vediamo quale è il funzionamento matematico.

La commutazione tra le posizioni 0 e 1 avviene a velocità elevatissima e dando a questo passaggio un segnale relativo all’interruttore T(t)

THA
1

Il
ii
Se il periodo è molto piccolo le pulsazioni delle armoniche
t

Se il periodo è piccolo possiamo esprimere il segnale periodico come somma di una costante (il suo valor medio) piu tutte le sue componenti armoniche.
W 2 Diventano abbastanza grandi e possiamo pensare in prima approssimazione di
trascurare l’effetto di queste armoniche, cioè approssimare il segnale semplicemente con la sua componente fondamentale che è quindi semplicemente
un valor medio ρ(t)

Questa è una maniera per generare come vedremo segnali a qualunque valore avendo a disposizione solamente due valori 0 e 1.
Si chiama ρ(t): Duty Cicle ed è una tecnica di generazione dei segnali PWM (phase whip modulation).

Andando ad ipotizzare di schematizzare il sistema tramite il segnale rappresentato dal valor medio del periodo in cui l’interruttore è chiuso in una posizione
rispetto ad un’altra, allora in realtà le equazioni del sistema le possiamo scrivere.
Possiamo scrivere la corrente che passa sull’induttanza.

L E R il caduta sull'interruttore
fg
Se Interruttore In O CADUTANULLA

SE INTERRUTTORE IN I CADUTASUCONDENSATORE CAUTASUCARICO 2

L E Ri
fg ve
git avartità
La di tempo chesono in Posizione 1

Equazione sul condensatore Altro elemento che immagazzina energia

C Greg lo oseinterruttore
o _a correnteentrante 0
Se E get il
O CORRENTE ENTRANTE

Nonostante le due condizioni estreme siano rappresentate da due circuiti lineari qui abbiamo una non linearità dato che ρ(t) è un termine di ingresso
moltiplicato per una variabile (vo o iL).
li
daf
E E live.gl
I CALCOLO
E igh.EE
PUNTO DI Equilibrio
2

costante
osupponiamo
get Ge
e calcoliamo i Punti Di EquilibrioCorrispondenti

l'les le
agg Ra Ru
F
E Ne.ge
Da 10 Ri l'le E Voe
ge
o o lie
Ri
Me E Vae.ge
Ra Ri RE je We.ge E
g
Ve E
ge'Fu.ge

Riff e possiamo Trascurarla Risa


NORMALMENTE
SeHounaBuona Batteria

Ri o tre E
f
se o

Ge
Essendo il segnale compreso tra 0 e 1 allora il valor medio del segnale sarà sicuramente compreso tra questi due estremi

Osge SI Voe E CONVERTITORE INSALITA

E
file Ru get
STABILITÀ PUNTO DI EQUILIBRIO ILComertitore VA A LAVORARE In Quel Punto

calcolo la Linearizzazione Sul Punto Di Equilibrio Tramite Approssimazione


Lineare Delle Due Funzioni

il
daf
E E live.gl Ii No
g
e
4 E ingles
Ye
APPROSSIMOCOME VALORE DELLA FUNZIONE NELPUNTO DIEQUILIBRIO NULLO Per
DefDiPtoEQ

fili file _si Se


ff
va e
g leg figle
1
i l'e

s leghe t.nl g i

ajf.si_E
o
VE
pe
Si
fi
Svo suo
E.gg f veg Sg o se
go.es E f
Sia Si
f.ge Si f.ie Sg ftp.fve oseges 9s_Sia I
se Rico ie
È È 4

Si tre
I Signify fa
si Sve 2
f
equazioni del sistema 8g
LINEA
RIZZATO
Si fu
I Signify fa
1 Sottoforma di variabili Di Stato

iii I It t.tn B

È
Dipendete

It tti
si usi o Sing

ANDIAMO A VEDERE SE L'ORIGINE DELSISTEMA È Stabile


ANDIAMO A VEDERE SE L'ORIGINE DELSISTEMA È Stabile
O ANALIZZIAMO GLIAUTOVALORI DELLA MATRICE DI STATO DEL SISTEMA LINEARIZZATO
ose Tutti a ParteReale Negativa pto.ca Stabile

se almeno 1 autovalore a PARTERealePositiva INSTABILE

o Se cisono Autori A PARTE Reale Mona E Gli Altri AParte reale negativa la linearizzazione
NON DA INFORMAZIONI
ProcedoCERCANDO Funzione di Liapumor

DI A I dei I A _DA
o
f fa
fa te
E É
PARAMETRI
TUTI Positivi i 2 AUTOVALORI NONSOSESONO
s
FEIGE a Reali e complessi coniugati ma so che sono di sicuro
caso entrambi a ParteReale Ma

Se al posto della resistenza avessimo messo un carico che assorbe una potenza elettrica costante

Pu io Va Pu Se Voi s io e io
a
Si scopre che il punto di equilibrio è instabile.
costante
fa
Provare a fare la sostituzione a casa.

Supponendo quindi che in uscita ci sia un motore elettrico, se vogliamo ottenere una certa potenza meccanica in uscita costante quindi la potenza
assorbita dal motore elettrico diventa costante e il sistema diventa instabile.
Vedremo come operare, nella seconda parte del corso, per evitare questa instabilità.
Giustificato il fatto di poter studiare sistemi anche non lineari con una approssimazione lineare, almeno nell’intorno del punto di equilibrio, cominciamo ad
approfondire lo studio di questi sistemi lineari.
Da ora in poi trattiamo quindi di sistemi lineari, quindi un vero o proprio sistema lineare oppure un sistema non lineare vicino al punto di equilibrio.

Abbiamo visto che possiamo rappresentare un


sistema lineare attraverso una rappresentazione
che abbiamo detto IN FORMA DI STATO.
Quindi con una equazione di stato che descrive
qual’è la dinamica di evoluzione della variabile
di stato, variabile che è un vettore. A cui si
aggiunge una evoluzione della variabile d’uscita,
funzione algebrica della variabile di stato e di
quella di ingresso.

Così come abbiamo fatto in precedenza


possiamo fare la trasformata di Laplace di
queste due equazioni.
Trasformata di L. Di X° è la “s” per X(s) meno la
condizione iniziale.

Essendo X° un vettore fare la trasformata del


vettore significa fare la trasformata di L
componente per componente

i
Essendo la trasformata una operazione lineare

A XD A XD

DA S XD Xe A Ms bUs Possiamo Ricavare DIRETAMENTE Ms come

s XD A XE b Us Xo SI A Ms b Us Xo

Xls s I A b Us SI A
Con ragionamento analogo e sostituendo posso calcolare la trasformata dell’uscita.

ICS E SIA b d Us SI A Xo
C’è un termine che dipende dalla U(s) e un termine che dipende dalla condizione iniziale

Come precedentemente introdotto l’uscita complessiva y(t) è data dalla somma di due termini: una è antitrasformata del termine dipendente solamente
dall’ingresso (USCITA FORZATA) e antitrasformata del termine che dipende solamente dalla condizione iniziale (USCITA LIBERA)

Si nota che la trasformata della risposta forzata, dipendente dall’ingresso, è una funzione della variabile s.
Questa funzione si chiama funzione di trasferimento del sistema.

LEGIA b d
Per un sistema lineare la trasformata della risposta forzata, è sempre calcolata come la trasformata dell’ingresso per la funzione di trasferimento.
Questa funzione di trasferimento è indipendente dall’ingresso U. Dipende solo dai parametri del sistema lineare.
Inoltre se parto da un sistema rappresentato
in forma di stato la funzione di trasferimento
è una funzione razionale, ovvero un rapporto
di polinomi.
it
SI A
matrice con tuti iterminicon
numeratore di arabo ah e
GRADO Der_n

Tra numeratore e denominatore ci


potrebbero essere dei termini comuni che si
possono cancellare. Se non ci sono questi
fattori comuni che si cancellano allora il
denominatore è sempre un polinomio di
grado n ( è il polinomio caratteristico della
matrice A, le cui radici sono gli autovalori di
A).
Se il termine “d” è diverso da 0 allora anche
il numeratore ha grado pari a n.
Se invece il termine diretto “d” =0 allora il
numeratore ha sicuramente un grado piu
piccolo di n.

La differenza tra grado di numeratore e denominatore della funzione di trasferimento ha un nome: GRADO RELATIVO DEL SISTEMA.

Se invece tra numeratore e denominatore abbiamo qualche cancellazione, se le semplifico, allora ottengo che le radici del denominatore non sono più tutti
gli autovalori della matrici ma sono comunque un sottoinsieme degli autovalori della matrice.
Anche se ci sono cancellazioni il grado relativo non cambia

Rif
funzionedi
trasferimento

min
vi

INGRESSO
T.INIata
Vds R C.s e Vds vi s
c
dj Vip
to o e s c
Vip Kf s

41s
YI Resta
Sistema MASSA MOLA Smorzatore

I o
0 20
Me p K y hop a me h ftp.y p NULLE PerchéSono Interessato Alla RespForzata

g 1
Misa Ns his X s K.WS FG
Gd
Eff m.sn st
Per la definizione che ne abbiamo dato la funzione di trasferimento è un concetto un po’ piu generale e si applica anche a dei sistemi che non sono
esprimibili in forma di stato.
Basta avere un sistema lineare, che soddisfa il principio di sovrapposizione degli effetti, posso sempre dire che la risposta complessiva è data dalla
somma di una risposta libera e di una risposta forzata e posso dire essere la funzione di traferimento come rapporto tra la risposta forzata rispetto
all’ingresso.

Per esempio:
SISTEMA RITARDO
agit ult 2

ult z Est è dt
Us yet è di
fuit Is da
2
nondipende

è
ftp.y.isd di
o per
è
acea
po Id
o
con
è do
6 te

Il sistema si esprime attraverso una funzione di

è als als è trasferimento che però non è un rapporto di polinomi

Ig
dato che non deriva da un’equazione di erenziale
ordinaria.
Ritorniamo alla funzione di
traferimento come rapporto di
polinomi.
Essendo un rapporto di polinomi la
possiamo sempre esprimere nella
forma che mette in evidenza i vari
gradi del termine del polinomio.
La scriviamo mettendo in evidenza
che il coefficiente del termine del
polinomio al denominatore di grado
piu elevato sia pari a 1. 1
valesempre

mi a
Posso sempre scrivere i polinomi in
forma fattorizzata.

Ricordiamo:
Radici del numeratore: ZERI DELLA
FUNZIONE.
Radici del denominatore: POLI DELLA
FUNZIONE.

Per quello che abbiamo visto prima i


poli sono sempre un sottoinsieme
degli autovalori della matrice A
Attenzione che i poli o gli zeri possono
essere reali ma anche complessi. Se
sono complessi e sono partito da una
funzione che aveva coefficienti tutti
reali allora i poli sono a coppie complessi coniugati.

Perché la cosa ci interessa: vedremo che tutte le proprietà dei sistemi lineari dipendono da questi coefficienti e si esprimono e si studiano molto bene
conoscendo la posizione dei poli e degli zeri.
Mentre normalmente quelli che dipendono dai parametri fisici (costanti di molle, condensatori, induttanze,…) sono i coefficienti numerici dei polinomi. La
relazione che c’è tra i coefficienti numerici dei polinomi e i poli e gli zeri non è semplice.

Possiamo esprimere la funzione


di trasferimento sempre in
forma fattorizzata, ma
mettendo il vincolo di avere
tutti i coefficienti che
compaiono in questi polinomi
reali.

se Ho una Radice Poloazero


Reale a 1s Zr Polinomio
A coeff Reali

se HoduePolio dueZeri
complessiconiugati Sp
compasso

1
Perevitareciò
Esprimo il Polo azerocome
pe 6 f W
p 6 gW La S p S P sa 56s 67W
definisco 2 PARAMETRI Wu Pulsazione Naturale AssociataALLACOPPIA Di Poli
COMPLESSI CONIUGATI
DISTANZA DALL'ORIGINE DelPolo Wu t wa

S
S COEFF SMORZAMENTO
G I
IN CuestaMODO S P S P S2 56s 67W s 25Wh S Una
In questo modo posso riscrivere la funzione di trasferimento sempre in forma fattorizzata ma con tutti i polinomi con coefficienti reali del primo o del
secondo ordine.
I poli e gli zeri complessi e coniugati li descrivo in termini di coefficienti di smorzamento e di pulsazioni naturali degli zeri o dei poli.

C’è un’altra forma, molto importante che


prevede ch tutti questi polinomi elementari
abbiamo termine noto unitario

Vedremo che cosi facendo Ti ha le dimensioni


di un tempo e viene chiamato per l’appunto
costante di tempo.

S Zi
E S 1

ceffinumerici E
l tuttidentro macostante
limetto
bm ze za Zi
μ ha un significato fisico molto preciso che
µ
vedremo.

e abbiamo di dati 2 5
P 048 52

se abbiamo uno Zero nell'origine al denominatore 59 1


g
q q eee penne
q
Implicazione fisica molto importante.

Questa forma è utile per scrivere la funzione di trasferimento perché ogni coefficiente ha una chiara interpretazione fisica.

Se noi abbiamo un sistema in cui per


definizione la trasformata della risposta
forzata è il prodotto tra la trasf. Della
funzione di trasferimento e della trasf.
Dell’ingresso.

Supponiamo che anche l’ingresso ha una


trasformata che è data da una funzione
razionale.
In questo caso anche questo puo essere
scritto come una forma fattorizzata data da
costante di trasferimento e prodotto al
numeratore di s - radici cosi come al
denominatore

Quindi la Y(s) è una funzione razionale che


ha come poli l’insieme dei poli della funzione
di trasferimento e dell’ingresso.

Vediamo alcuni casi: caso generale: in Y(s)


tutti i poli sono semplici: non ci sono poli
della funzione di trasferimento che
coincidono con i poli dell’ingresso e non ci
sono zeri coincidenti con i poli. I poli della
risposta forzata sono quindi tutti quelli che
c’erano nella funzione di trasferimento piu
quelli dell’ingresso e rimangono tutti semplici.
È il caso piu semplice perché se è cosi allora Y(s) è esprimibile come somma di termini elementari tutti del tipo

sufi chesono i Ipolidella f trasferimento I polidell ingresso


sky of
antitrasformata K E
Fp
C’è un esponenziale per ogni polo della funzione di trasferimento e per ogni polo della funzione di ingresso.

Cambiando ingresso cambiano i modi dell’ingresso ma non cambiano i modi del sistema.

Nella risposta di un sistema dinamico lineare sono sempre presenti oltre i modi dell’ingresso anche i modi del sistema.

Se mi trovo con un polo al parte reale positiva tra i modi del sistema si ha un esponenziale a parte reale negativa che quando t tende ad infinito tende ad
inifinito quindi la risposta forzata tende all’infinito qualunque sia l’ingresso che io applico. Il sistema non è stabile ingresso limitato - uscita limitata dato che
c’è un modo del sistema che diverge.

Il polo coincide con un autovalore della matrice.

Se invece i poli sono tutti a parte reale negativa dopo un po’ tutti i termini tendono a zero

Se in ingresso
ho una sinusoide
in uscita avremo
una sinusoide
una volta esauriti
i transitori. Se in
ingresso ho 3
sinusoidi in
uscita avremo
una sinusoide
una volta esauriti
i transitori. Se ho PERIODO
Iniziale
un segnale
periodico in
uscita avremo un
segnale
periodico una
volta esauriti i
transitori.

I modi dell’ingresso a loro volta sono moltiplicati per delle costanti: i residui. In realtà io metto un modo nell’ingresso e quello mi viene riportato in uscita
sulla risposta forzata e poi rimarrà sulla risposta a regime permanente però moltiplicato per un residuo che puo essere piu o meno piccolo o grande.
Se metto piu modi sull’ingresso, i residui stabiliscono quanto ciascun modo forzante viene riportato sull’uscita, che peso ha quel modo forzante sull’uscita.

I valori di questi residui dipendono non dai poli, che definiscono gli esponenziali, ma dagli zeri del sistema. Cioè i poli della funzione di trasferimento
definiscono quali sono i modi forzanti e i modi del sistema, gli zeri della funzione di trasferimento definiscono quali sono i residui associati ad ogni modo
quindi come i modi vengono combinati tra di loro.

Se ho un polo complesso, l’esponenziale che salta fuori è un esponenziale complesso, io vorrei avere delle variabili reali allora c’è il solito gioco che se il
polo è reale allora l’esponenziale è reale. Se il polo è complesso coniugato rimetto insieme il suo modo con il suo modo complesso coniugato e ne risalta
fuori il famoso termine
PARTE IMMAG Polo
fitparete.fi 9 µ
2 Mi
PEASEResiduo
MODULO RESIDUO
ASSOCIATO Associato
Un polo della trasformata
dell’ingresso coincide
con un polo della
funzione di trasferimento.
In questo caso sulla
risposta c’è un polo di
molteplicità maggiore di
1.
Siccome nello sviluppo in
fratti semplici ho poli
multipli allora se sono a
parte reale negativa
abbiamo visto andare
tutto a 0. Se invece sono
a parte reale negativa
divergono sempre. Se
infine sono sull’asse
immaginario in realtà
l’ampiezza diverge
comunque dato che c’è

f eh
g so
In questo caso quando
ho poli della funzione di
trasferimento sull’asse immaginario se prendo dei particolari ingressi che hanno il polo coincidente con quello della funzione di trasferimento allora il
sistema va in risonanza e l’uscita diverge anche se l’ingresso è limitato.

Se invece abbiamo uno zero del sistema che coincide con un polo dell’ingresso quando vado a fare la moltiplicazione i due si semplificano e quindi il
modo dell’ingresso sparisce, non influenza piu l’uscita.
Quando andiamo a calcolare il residuo del polo, se non ce ne siamo accorti, salta fuori che il residuo è zero, nel caso in cui abbiamo uno zero coincidente
con un polo. PROPRIETÀ BLOCCANTE DEGLI ZERI

Nella risposta forzante il modo forzante viene cancellato, ma i modi del sistema rimangono. L’ingresso a regime da uscita nulla, ma il transitorio rimane
dato che i modi del sistema sono sempre presenti qualunque sia l’ingresso.

Se uno zero dell’ingresso coincide invece con un


polo del sistema in questo caso l’ingresso in teoria
dovrebbe fare in modo che nell’uscita non ci sia piu
quel modo del sistema.
Ho trovato un ingresso particolare che non eccita
quel modo del sistema, il residuo associato è 0.
Questo è vero in linea di principio per cui nell’uscita
forzata non è piu presente quel modo del sistema.
Però questo non funziona, dato che: c’è sempre un
errore piccolissimo per cui per quanto sia piccolo il
residuo associato se anche è 1/1miliardo, prima o
poi l’esponenziale diverge e il sistema pure.
Seconda cosa per cui non funziona. Se anche
l’ingresso cancella perfettamente il modo del
sistema sulla risposta forzata c’è sempre la
risposta libera e scopriremo che anche nella
risposta libera sono presenti i modi del sistema.
Se anche questo non ci convince, vedremo un’altra
motivazione in futuro.
Non è quindi possibile rendere un sistema stabile
mettendo in ingresso un ingresso che cancella il
modo del sistema. È un errore grave in sede di
esame.
ZIPOLI
Abbiamo visto la possibilità di rappresentare un sistema stazionario lineare con una funzione di ingresso e di uscita tramite funzione di trasferimento, o
meglio la rappresentazione della risposta forzata.

La funzione di trasferimento è definita come il rapporto tra la trasformata dell’uscita rispetto alla trasformata dell’ingresso.
Questa funzione abbiamo visto essere indipendente dall’ingresso che abbiamo applicato.
L’uscita è uguale alla trasformata dell’ingresso per la funzione di trasferimento.
La funzione di trasferimento dipende da come è fatto il sistema, in particolare se partiamo da un sistema descritto da un equazione differenziale, e/o un
sistema scritto in forma di stato abbiamo visto come poter calcolare la funzione di trasferimento.

Andiamo a vedere due cose:


La prima è che se ho a disposizione
una eq. dif. ordinaria di ordine n per
descrivere il comportamento del
sistema, non un sistema di eq. ma
solo un eq. differenziale che lega
direttamente, che esprime
direttamente la relazione tra la
variabile di ingresso U e la variabile
di uscita Y. Allora in questo caso non
è necessario ricondursi ad esprimere
il sistema in forma di stato e poi
calcolarmi la funzione di
trasferimento a partire dalla forma di
stato, ma si puo fare in maniera
diretta e molto semplice.
Si applica la proprietà che la
trasformata della derivata di un
segnale è pari a
E ci si ricorda che siccome la
funzione di trasferimento descrive la
risposta forzata allora la risposta
forzata è la risposta che si ottiene
assumendo tutte le condizioni iniziali
nulle e quindi nel caso in cui
vogliamo calcolare la funzione di
trasferimento possiamo assumere
che la condizione iniziale yo cosi
come quelle sulle derivate yo°,…
siano nulle.

L YID S Ms
5.2154 S S s 11s 52 s
y
E cosi via per le trasformate di ordine superiore.
Applicando questa semplice regola se andiamo a calcolare la trasformata di L dell’equazione differenziale otteniamo che alla sinistra del segno di uguale

Il 1
Troviamo un polinomio di grado n che moltiplica Y(s) e ha come coefficienti esattamente i coefficienti dei termini della derivata di y.

Stessa cosa se andiamo a fare la trasformata dell’ingresso.


In questo caso otterremo un polinomio di grado m, ordine maggiore della derivata, con i coefficienti dati dai coefficienti della derivata che moltiplica la
trasformata dell’ingresso.

LI A
Poi in realtà questo si puo applicare anche nel caso generale, ci sarebbe una trasformata dipendente dalle condizioni iniziali, ma se queste Yo sono tutte
nulle allora anche la trasformata è nulla.

Come risultato ricaviamo quindi che

In cui la funzione di trasferimento del sistema, per definizione rapporto tra la trasformata della risposta forzata e la trasformata dell’ingresso (H(s)) fatta
come rapporto tra polinomi.

Se parto dall’equazione differenziale di ordine n posso quindi calcolare direttamente la funzione di trasferimento.

In realtà il calcolo completo fa vedere anche che nella risposta libera allora al denominato c’è sempre n(s)
Le radici del denominatore continuano ad essere i polinomi della funzione di trasferimento.

È chiaro che la funzione di trasferimentoH Y dalla struttura del sistema che se utilizzo per rappresentarla una eq diff di ordine n o se utilizzo una
dipende
rappresentazione in forma di stato io non posso ottenere due risultati diversi. Il risultato deve essere sempre lo stesso.

Una cosa che si puo far vedere è che: come abbiamo già detto, se abbiamo una eq diff di ordine n è sempre possibile rappresentarla con un sistema di eq
diff del primo ordine. Avevamo visto un esempio che ipotizzava che l’ingresso non fosse derivato

bo a
an
i.gl an
j de
y
x Forma di stato Definisco Xo
y Xa y Xu ghe
x Xa
X

In Xu

Xe
g
Nel caso in cui abbiamo una eq diff del tipo

In cui compaiono quindi anche le derivate della Y allora si puo far vedere che una costruzione del tutto analoga si puo fare andando a definire sempre le
variabili di stato x1, x2, … , xn come la variabile di uscita e le sue derivate, la matrice A è esattamente la stessa, la matrice vettore B è la stessa del caso
precedente e vale 0 per tutte le componenti tranne che nell’ultima, la u compare solamente nell’ultima equazione.
Cambia però il vettore CT, cioè quello che definisce la variabile di uscita. Mentre prima avevamo 1 e tutti 0, nel senso che la Y era uguale alla X1, adesso la
Y dipenderà dalla X1, X2, X3 … Xn tramite dei coefficienti che sono definiti in questa maniera

Ci sarà poi anche il coefficiente d, termine diretto tra ingresso tra ingresso e uscita, che risulta diverso da zero se il grado del numeratore m = n e in questo
caso d=bn.

Si puo verificare tranquillamente che definite le matrici in questa maniera se vado a calcolare la funzione di trasferimento di un sistema descritto da questa
forma di stato viene fuori esattamente la funzione di trasferimento come rapporto di polinomi che sarebbe derivata dall’equazione differenziale.

Ricordiamo che la rappresentazione in forma di stato non è unica, possiamo definire sempre altre variabili di stato, utilizzando una trasformazione di
coordinate invertibile.
Un modello che
utilizza solamente le
variabili di ingresso
e di uscita per
rappresentare il
sistema si chiama
rappresentazione
esterna, cioè
guardo il sistema
come fossa una
scatola chiusa e
vedo solo ciò che
succede
dall’esterno. Quindi
in realtà l’eq diff di
ordine n che lega u
a y è una
rappresentazione
esterna. la funzione
di trasferimento è
una
rappresentazione
esterna perché
guardo solamente
le relazioni tra
ingresso e uscite.
Una
rappresentazione in
forma di stato è
invece una
rappresentazione
interna dato che va
a vedere come
sono fatte anche le
variabili interne al
sistema.
È sempre possibile passare da una rappresentazione interna ad una esterna perché stiamo parlando dello stesso oggetto.

Se parto da una
rappresentazione
in forma di stato
puo capitare che
nel calcolo del
denominatore e
numeratore della
funzione di
trasferimento ci
siano termini
comuni. Ovvero
una radice del
numeratore che è
uguale ad una
radice del
denominatore.
Quando vado a
fare il calcolo
della funzione di
trasferimento i
termini uguali si
semplificano e la ÈRA
funzione di
trasferimento
cambia.
In questo caso il
grado della
funzione di
trasferimento è
piu piccolo
dell’ordine n dello
spazio degli stati.
Questo significa fondamentalmente che esistono alcune componenti, alcune variabili di stato o una combinazione delle variabili di stato che in realtà non
hanno nessun effetto sull’uscita forzata. Questo puo capitare in due maniere:
O c’è una variabile di stato che non influenza l’uscita. O c’è una variabile di stato che non è influenzata dall’ingresso, quindi cambiando l’ingresso la
variabile di stato non cambia, quindi l’uscita forzata non cambia.

Esempio:
x Xi

sia
Xa
a a Arte bn o A
I II b

y
è Io e I d o
Uscita NONDIPENDE
Funzione Di TRASFERIMENTO DIRETTAMENTE DALL
INGRESSO

Hls Ct SI Att b d
sia
SI A
f a
str o

S la 1 f
SI A
Iggy a si

IIII Isis
usi
If
e
gli I ist
Io I
e
of ist sti
ista E
Sti
Adesso: preso il sistema descritto da questa funzione di trasferimento vado a cercare una rappresentazione tramite variabili di stato di questa funzione di
trasferimento

E 02 Z t U

a
g
Diversa da quella di partenza e che risulta piu semplificata dato che ha una variabile di stato in meno.
I due sistemi non sono equivalenti. Cosa è successo?
Il sistema da cui siamo partiti ha una variabile x1 che non ha nessun effetto sulla risposta forzata. Se parto con X10=0 siccome la X1° non dipende che dal
valore di X1, quando X10=0 allora X1 rimane sempre =0 qualunque cosa io faccia sulla U.
L’andamento della X1 non puo in nessuna maniera condizionare l’andamento della X2 nella risposta forzata.

Siccome risulta X1°=-X1 quindi andando a risolvere si nota che lo sviluppo è stabile, anche se parto da X10 diverso da 0 la X1 tende a 0, quindi dopo un
po’ di tempo in questo sistema la X1 non ha piu alcun tipo di effetto.
Quello che abbiamo trovato nel sistema in forma di stato finale è la rappresentazione piu semplice del sistema che descrive semplicemente il legame che
c’è tra ingresso ed uscita.

Quindi quando io scopro che nel calcolare una funzione di trasferimento c’è una semplificazione tra numeratore e denominatore, significa che ci sono
alcune variabili di stato che non hanno effetto sulla relazione tra ingresso e uscita.
Se fossi partito da un sistema fatto:

XI X U

ta da Xa t U
Ka
G
Anche in questo caso, nonostante anche la X1 dipenda dalla U in realtà questa X1 non ha alcun effetto sull’uscita la quale dipende solo da X2 che non
dipende dalla X1.
Anche questo sistema ha la stessa funzione di trasferimento H(s).

Ci possono essere due motivi per cui una variabile non compare: o perché l’ingresso non ha effetto sulla variabile stessa, quindi non puo condizionare la
risposta forzata; oppure se anche l’ingresso ha effetto sulla variabile, quella variabile non ha effetto sull’uscita.

Il fatto però di trascurare o meno delle variabili che non hanno effetto sulla relazione ingresso-uscita non è scontato. Potrebbero queste variabili andare
all’infinito e nel caso la linearizzazione si allontanerebbe dal punto di equilibrio andando a perdere di significato, oppure potrebbe essere che fisicamente
parlando una variabile che va ad infinito che comporta una rottura di un componente.

Vediamo un altro utilizzo di queste funzioni di trasferimento.


Supponiamo di avere un sistema.

ifete
Supponiamo di partire da condizioni iniziali nulle.

Voglio che l’uscita y(t) sia uguale ad un certo segnale di riferimento dato
Il problema è calcolare U(t) in maniera da ottenere l’uscita desiderata.

Dato galt
calcolare alt taleche get Galt
Utilizziamo la funzione di trasferimento

Io His als
fig
Il problema possiamo vederlo come calcolare la U(s) tale che applicato al sistema otteniamo la Y(s).
Gls
Dobbiamo quindi andare a calcolare un altro oggetto che a partire da Yr(t) calcoli la U(t) in maniera tale che quando questo lo applico al sistema originale
l’uscita sia proprio uguale a y(t).

SI

Se considero tutto l’intermedio tra ingresso e uscita ottengo ancora un sistema lineare
Quale è quindi la funzione di trasferimento complessiva del sistema grande G(S) deve essere =1 dato che noi vogliamo che uscita y(t) sia uguale
all’ingresso del sistema yr(t).

L’oggetto che stiamo cercando deve avere quindi una funzione di trasferimento tale che se combinata con H(s) restituisca complessivamente una funzione
di trasferimento G(s)=1.

HIS
is
gli
Questo perchè la funzione di trasferimento complessiva è la moltiplicazione tra le due funzioni di trasferimento.

Va notato però che il sistema in partenza aveva tante variabili di stato e che l’altro oggetto che sono andato a costruire sarà descritto, essendo un sistema
dinamico, dalle sue altre variabili di stato. Per come sono costruiti i due però tutte queste variabili interne non hanno alcun effetto sull’uscita.

Avendo la funzione di trasferimento posso sempre ricavarne la forma di stato, quindi una equazione differenziale che descrive l’oggetto.

Questo meccanismo tornerà quando inizieremo a parlare del controllo ovviamente c’è qualche problema, il primo è: la funzione di trasferimento iniziale è
caratterizzata, in termini di polinomi al numeratore e al denominatore deve avere un grado relativo maggiore o uguale a 0. Deve avere quindi un numero di
poli >= numero di zeri.
Se vado ad invertire e cerco una funzione di trasferimento che ha al numeratore quello che c’era al denominatore e al denominatore quello che c’era al
numeratore mi troverò con un numero di zeri maggiore del numero di poli. Se sono partito da un sistema con numero di poli = numero di zeri allora anche il
grado relativo dell’H-1(s) sarà nullo e non ci sono problemi. Se invece sono partito da un sistema con grado relativo >0 troverei un sistema con grado
relativo negativo, con piu zeri che poli. Ma abbiamo visto che non esiste un sistema descritto da un eq diff che abbia piu zeri che poli e quindi questa
strada non è fattibile. Si chiamano questi “sistemi anticipativi” in cui l’uscita in un certo istante dipende dagli ingressi in istanti futuri fisicamente
impossibile.

Supponiamo anche che sia partito da un sistema con grado relativo nullo. Le variabili di stato non hanno nessu effetto sull’uscita finale ma abbiamo detto
che le variabili di stato non volgiamo mai che vadano all’infinito, devono rimanere limitate, altrimenti il sistema si distrugge. Se questo è un sistema stabile
non c’è problema.
Per vedere se il sistema è stabile vado a vedere gli autovalori, o i poli della funzione di trasferimento per vedere se sono tutti a parte reale negativa.
Poi però mi devo chiedere se anche il sistema descritto da H-1(s) è stabile, perché anche lui deve avere delle variabili di stato che devono rimanere
contenute per non distruggersi. Per questo sistema gli autovalori o i poli saranno le radici del numeratore dell’H(s). Quindi gli zeri della prima funzione di
trasferimento. Ciò significa che se ho una funzione di trasferimento in cui tutti i poli sono stabili, ma c’è qualche zero a parte reale positiva, quando vado a
costruire il secondo oggetto (H-1(s)) questi zeri diventano poli l’oggetto diventa instabile. Scopro quindi che anche in questo caso il gioco dell’inversione
diventa impossibile da fare.

Definita che cosa è una funzione di trasferimento abbiamo visto che risultano utili per risolvere una certa classe di problemi.
Andiamo ora a vedere una nuova tematica semplice e intuitiva che abbiamo già utilizzato nel corso anche se in maniera implicita.

Spesso un sistema è costituito da tanti componenti interagenti


tra di loro e normalmente è abbastanza difficile costruire un
modello complessivo di tutto il sistema, ma è molto piu
semplice costruire dei singoli modelli relativi ai componenti
dato che se ne conoscono le equazioni costitutive. Quindi in
realtà posso descrivere il sistema come interconnessione di
tanto componenti di cui per ognuno conosco il comportamento
(equazione differenziale caratteristica, equazione in forma di
stato, equazione di trasferimento,…) come faccio dato quindi
questo insieme a calcolare la funzione di trasferimento
complessiva.

Per esempio prendiamo il modello dell’alto parlante.


Questo è ricordiamo costituito da un circuito elettrico, una
bobina avvolta su un’ancora mobile immersa in un campo
magnetico. Posso descrivere l’andamento della corrente sulla
bobina.

Preso il sistema in forma di stato complessivo del modello dei


componenti potrei andare a calcolare la matrice di stato e fare
la funzione di trasferimento nella maniera algebrica vista. Però
avendo una matrice parametrica di ordine superiore già a 3,
andando a fare L’inversa, andremo a spendere un sacco di
tempo.
C’è una maniera molto piu semplice che utilizza gli Schemi a Blocchi in cui i singoli componenti vendono rappresentati tramite un ingresso, una uscita e
all’interno del blocco, la funzione di trasferimento associata.
Conviene poi che i blocchi abbiano un solo ingresso e una sola uscita in maniera tale che riesca a descriverla come funzione di trasferimento.
Posso quindi vedere la prima equazione

Come un componente in cui l’ingresso è u-e (tensione applicata meno la forza controelettromotrice) e l’uscita è la corrente i. Se vado a fare la funzione di
trasferimento

List R its UCS a Hls 1


L'STR
Costruisco quindi il blocco con in uscita i e in ingresso la differenza tra u e e. In questi schemi a blocchi i cerchi sono utilizzati per rappresentare nodi
sommatori.

A questo punto so che la forza sull’ancora risulta k i e costruisco quindi un altro blocco con funzione di trasferimento in questo caso K.
Ho poi un altro ingresso, un altro blocco derivante dalla seconda equazione del sistema che dice che avendo in ingresso la differenza tra la forza f e la
forza elastica della membrana ho un uscita la velocità con cui si muove la membrana e la funzione di trasferimento è quella in figura.
Altro blocco mi dice che l’ingresso è v e l’uscita è x il suo integrale. Una volta che poi ho calcolato la v sono perfettamente in grado di calcolare la forza
controelettromotrice e la forza elastica in modo da andare a chiudere tutti gli anelli.

Ora bisogna capire come passare dallo schema a blocchi al ricavare la funzione di trasferimento da u a v del sistema complessivo.

La cosa è molto semplice e va sotto il nome di algebra degli schemi a blocchi.


Se io ho due blocchi collegati in serie: uscita di un blocco
rappresenta l’ingresso del blocco successivo allora la
funzione di trasferimento associata equivalente è il
prodotto delle funzioni di trasferimento dei singoli blocchi.

Altra connessione molto importante è quella in parallelo in


cui l’ingresso è il medesimo per entrambi i componenti e
l’uscita complessiva è la somma delle uscite dei singoli
componenti.

ÉPINAY
Fis Us Fals Ma s _Fa Als Fals Fe s U s
If as s

I Fa
s Fals
Connessione estremamente importante è quella della
retroazione negativa. Ovvero l’uscita del primo blocco è
l’ingresso di un secondo blocco e l’uscita di questo secondo
blocco viene sottratta all’ingresso generale e rientra nel primo
blocco. In questo caso retroazione negativa perchè c’è il
segno meno.

In un anello di retroazione la funzione di trasferimento


complessiva è data dalla funzione di trasferimento sul ramo
y
diretto rapportata a 1 piu la funzione di anello (prodotto di
tutte le funzioni di trasferimento che ci sono sull’anello).

Esiste un’altra connessione, meno usuale che viene chiamata


Retroazione Positiva in cui la reimmissione nell’anello avviene
con segno + in questo caso la funzione di trasferimento
complessiva è la funzione di trasferimento sul ramo diretto
diviso 1 meno la funzione di anello

E Fals e Fals U A

I Effigy e
Fils Us Fi s Fals Rs
F Fa Y Fe Uf

finte
III s

D
II IIII
467
GE ftp È
In un anello di retroazione tutte le funzioni di trasferimento che si possono definire hanno lo stesso denominatore, il che significa che hanno gli stessi poli
quindi o sono tutte stabili o tutte instabili.

Può capitare che in un sistema a blocchi convenga spostare un


nodo somma a valle di un blocco.
Lo spostiamo a valle però inseriamo un altro blocco con la stessa
funzione di trasferimento. U2 viene spostato a valle, ma prima di
inserirlo nel nodo somma lo moltiplichiamo per F1.

y Fe di tua
1 a
y y
2 Un.FI Va Fa
g
Allo stesso modo volendo spostare un nodo somma a monte
dobbiamo moltiplicarlo per 1/F1.

4 Nat VI Fa 4 A
G
g lui
Fe
YI
Stessa cosa se invece spostiamo un nodo di diramazione.
In questo schema si ha U2=U1. Se voglio andare a
prendere il segnale U2 a valle di F1 per ottenere U2
siccome prima è stato moltiplicato per F1 lo devo andare a
dividere per F1 per ripulirlo.

Stessa cosa se faccio lo spostamento di un nodo di


diramazione a monte.
Supponiamo di voler calcolare quindi la funzione di
trasferimento tra u e v.

Prima cosa andiamo a moltiplicare i blocchi in serie.

Andiamo quindi ad analizzare l’anello di retroazione


negativo e andiamo a sostituire la funzione di trasferimento

Fatti questi conti ricalcolo le funzioni di trasferimento in


serie

Va detto che con il sistema a blocchi tutti separati si riesce a tenere traccia delle varie variabili di stato. Questo permette a livello fisico di ricavare piu
agilmente una variabile o un’altra in funzione di un particolare ingresso di interesse.
Andando a fornire solamente la funzione di trasferimento complessiva si perde questa possibilità, ci sono meno informazioni.
ESERCIZIO PRESO DAESAME SONOESERCIZI DA BASSOPUNTEGGIO 5 5040Delcompito

r t FffE t y
ff.us

als
II
Si Può Inziare INVERTENDO L'ORDINE Di Esecuzione DeiBlocchi

rt FYI t.IE spago per aaaa


UN ANELLO DI
RETROAZIONE
Ho invertito l’ordine con cui vengono eseguiti i nodi sommatori ma la somma è una operazione commutativa e lo posso fare FAFU

FYI Itt
i
ma a aaaa

HIT Ii
f HEITI
IN Sequenza Posso invertireL'ORDINE
E SCAMBIARLI TRA LORO
II
i
tf.EE
r
s

ANELLO Retroazione NEGATIVA

FUNZIONI DI
TRASFERIMENTO
IN PARALLELO
p

semplificazioni
a.it 7 s

7 t.IT s
Funzioni in serie

GS F Fa 73
È
Iniziamo questo altro argomento delle risposte elementari. Argomento molto semplice e importante ma un po’ noioso dato che vanno fatti alcuni casi ed è
quindi un elenco di casi. Lo tratteremo questa lezione e la prossima. Vediamo perché.

Noi abbiamo visto che se partiamo da una


funzione di trasferimento, se questa è
razionale possiamo esprimerla come
somma di fratti semplici. Quindi tanti
dermini elementari del tipo

Con Pi poli elementari. Questo è vero se


tutti i poli sono distinti tra di loro.
In una situazione del genere dato un certo
ingresso e voglio calcolare l’uscita del
sistema posso sostituire la funzione di
trasferimento con l’espressione in fratti
semplici.
Si nota che la risposta complessiva è la
somma di tante risposte elementari

Tits Us
ftp
Posso quindi rappresentare il
comportamento del sistema come somme
di tanti sistemi elementari tutti messi in
parallelo, tutti con lo stesso ingresso e
ognuno dei quali da una certa risposta e poi sommo tutte le risposte.
Come risultato: se so calcolare la risposta del sistema elementare allora facendo le somme so calcolare la risposta di tutto il sistema.
In realtà c’è la scocciatura come al solito che il polo puo essere complesso e mi troverei a che fare con variabili complesse. Per evitare ciò rimettiamo
insieme i sistemi elementari determinati dal polo complesso e dal coniugato per eliminare il numero complesso

Se utilizziamo questa come forma della funzione di trasferimento


Come fattorizzazione in polinomi di primo e secondo ordine possiamo ipotizzare
che la funzione di trasferimento descriva un sistema ottenuto come somma di
sistemi elementari o del primo ordine nel caso il polo sia reale o del secondo
ordine nel caso i poli siano complessi coniugati.

Possiamo sempre ipotizzare che il nostro sistema generale sia dato dal parallelo di tanti sistemi elementari del primo o del secondo ordine.
È quindi sufficiente caratterizzare le risposte del primo e del secondo ordine per caratterizzare tutte le risposte dei sistemi lineari.

È chiaro poi che per caratterizzare le


risposte, che dipendono da come è
fatto l’ingresso, normalmente quello
che si fa è utilizzare un ingresso
canonico per andare a vedere come
è fatta la risposta e valutare da
questo tipo di risposta alcune
caratteristiche del sistema.
Normalmente l’ingresso che viene
utilizzato per caratterizzare questo
tipo di studi è la risposta al gradino
unitario.
Il gradino unitario è importante come
segnale di test. In un sistema fisico
non è quasi mai possibile che un
ingresso vari a gradino. La risposta
al gradino è utile per descrivere il
passaggio tra due condizioni di
funzionamento diverse con due
ingressi costanti.
In questo modo la risposta permette
di stabilire come il sistema si
comporta durante il transitorio, nel
passaggio da una condizione
all’altra. Si puo ad esempio vedere
in quanto tempo si esaurisce il
transitorio.
Proprio per valutare queste cose
sulla risposta a gradino vengono
valutati alcuni parametri della
risposta.
La prima caratteristica utile è il valore finale della risposta. Ovvero il valore che l’uscita assume quando t tende all’infinito sempre che il valore numerico
esista.
Calcoliamo il valore finale del limite per t tendente ad infinito tramite il calcolo della trasformata del segnale del limite per s che tende a zero senza dover
fare il calcolo dell’antitrasformata.

als dipendesolo da
line g
s als Us
q u qua qua guy g
funzione Di trasferimento scrivibile come

als HIT s 1 E LE mero di diecinell'origine


sgg ti t
g
se s o tassa sgg
als se o s 1 als
slip
o
g
o _a
µ
fase go as als
G m
18
so

Casi Di Interesse 5.8 a0


DATOCHE ILLIMITE a ga gg a
ESISTE ga
Il valore a regime che assume l’uscita di un sistema lineare quando in ingresso applico un gradino unitario è uguale a μ se non ho poli e zeri nell’origine o a
0 se ho almeno un polo o uno zero nell’origine.

μ viene chiamato Guadagno del Sistema in Continuo ovvero rappresenta nel caso di g=0 quanto viene amplificato un ingresso costante quando l’uscita è
costante, quindi una volta esauriti i transitori.

Altro valore interessante è il valore iniziale della risposta y0. In questo caso la calcolo anche in questo caso senza fare l’antitrasformata della y(s) dato che
basta calcolare il limite per s tendente a piu infinito di sY(s).
In questo caso la risposta dipende dal grado relativo. Se ho piu poli che zeri in particolare il grado al denominatore è piu grande del grado al numeratore e
quando s tende ad infinito il limite è 0.
Se invece ho un grado relativo nullo quindi con numero di poli uguale al numero di zeri allora il valore iniziale vale il coefficiente del termine di grado
maggiore al numeratore.
Va ricordato però che se il grado relativo è zero, nel sistema c’è un contributo diretto dall’ingresso all’uscita. C X DU
Quindi se U presenta una discontinuità anche Y presenterà una discontinuità. Y
Se invece non c’è questo termine diretto non è presente, se anche U ha una discontinuità l’uscita rimane una funzione continua (m<n) valore iniziale
all’uscita nullo.

Nel caso in cui l’uscita sia zero posso chiedermi quanto vale la derivata prima dell’uscita.
In questo caso devo fare il limite per s che tende a piu infinito della trasformata della derivata
Ils s Ms yo
glie s'sks him Als Us fuga s als to
s
s no
5
I man

line s 61s
Questo limite vale 0 se m<n-1 ed è diverso da 0 se m=n-1.
s s
Quindi vale zero se il grado relativo è piu grande di 1. Mentre è zero se il grado relativo è 1

Da questo punto di vista il grado relativo indica quale è l’ordine della prima derivata che è diversa da zero nella risposta a gradino.
Quindi indica che quella derivata è discontinua. Indica un legame diretto tra l’ingresso e quella derivata del segnale.
Per sistemi ad esempio a grado relativo 3 l’ingresso agisce direttamente sulla derivata terza del segnale.
Sistemi a grado relativo 0 in cui l’ingresso agisce direttamente sull’uscita, se voglio far assumere all’uscita un certo comportamento è abbastanza
semplice per via dell’effetto diretto. Per un sistema a grado relativo 1 invece devo controllare la derivata prima per gestire l’uscita. Per un sistema a grado
relativo 3 per fare in modo di controllare l’uscita devo controllare la sua derivata terza e a livello pratico diventa sempre piu difficile.
Ci sono altri parametri che sono
caratteristici della risposta a gradino e che
tipicamente vanno a descrivere il
transitorio.
Il primo è la SOVRAELONGAZIONE. Si
prende i valore massimo che la risposta
che la risposta al gradino assume e si
vede di quanto questo valore massimo è
superiore alla risposta a regime.

Altro parametro interessante è dopo


quanto tempo avviene questo massimo
valore di sovraelongazione.

È un parametro importante la
SOVRAELONGAZIONE a seconda dei
casi. Se pensiamo ad esempio allo
spostamento meccanico su una slitta in
cui è presente un fine corsa rischiamo di
andare a sbattere contro il finecorsa.

Altri parametri caratteristici sono il tempo


di salita: tempo per passare dal 10% al
90% della risposta a regime.
Tempo di ritardo: per passare da 0 al 50%
della risposta.
Tempo di assestamento: tempo che ci vuole affinché la risposta rimanga confinata in un certo intervallo dal valore finale. Quindi per cui la differenza di una
certa quantità dal valore finale del segnale risulti inferiore del 1% o 2% o 5%. È una misura diretta di quanto dura il transitorio.

Nel caso in cui la riposta sia caratterizzata da oscillazioni è importante anche il periodo dell’oscillazione quindi che passa tra due massimi e minimi
successivi della risposta.

Si definisce anche la SOTTOELONGAZIONE quando la risposta inizialmente risulta inferiore al valore iniziale.

Il professore consiglia di considerare sempre segnali a valori positivi in risposta e nel caso il sistema dia segnali negativi (μ<0) consiglia di cambiare e di
considerare la nostra risposta come -y del sistema originale.

Introdotte le varie caratteristiche delle risposte andiamo a vedere come sono fatte le risposte di vari sistemi elementari.
La prima che vediamo è una funzione
di trasferimento del primo ordine. G(s)
è un solo polo. Chiaramente se è un
solo polo questo è reale. La scriviamo
nella forma

Tempo
Normalmente rappresentiamo poli e
zeri su un piano complesso. I poli li
rappresentiamo con una X e gli zeri
con un O.
Quando applichiamo un gradino di
ampiezza K in ingresso, come èàfatta
la risposta?
La calcoliamo facendo
l’antitrasformata: G moltiplicato S,
sviluppo in fratti semplici, calcolo dei
residui, antitrasformata. Scopriamo
che la risposta è
Il valore a regime è dato dall’ampiezza
dell’ingresso moltiplicato per μ. La
risposta parte da 0, è di tipo
esponenziale e raggiunge il suo tempo
di assestamento, in un tempo legato
direttamente al valore di τ.

Il valore iniziale è 0 dato che il grado


relativo è 1. Il valore iniziale della
derivata è diverso da 0.

Sistemi del secondo ordine


Quelli che hanno due poli.
Ovviamente possiamo avere o due
poli reali oppure due complessi
coniugati.
In teoria i due poli reali li potremmo
vedere come parallelo di due sistemi
del primo ordine invece due
complessi coniugati se vogliamo che i
segnali siano reali non li possiamo
scomporre.
Quindi come primo caso prendiamo
una funzione di trasferimento che non
ha zeri e che quindi risulta scritta in
questa forma

µ
IIT
ωn rappresenta la distanza dei poli
complessi coniugati dall’origine
Rappresenta -2 volte la
parte reale dei poli.
δ è il coseno dell’angolo. Quando δ
tende a 1 l’angolo tende a 0. Mentre quando δ tende a 0 l’angolo diventa π/2 cioè δ è una misura di quanto i poli sono distanti dall’asse immaginario.
Nomenclatura come da slide.

Anche qui applicando un gradino di ampiezza K posso andare a calcolare l’uscita.


Si figura sempre un termine costante - un termine sinusoidale la cui ampiezza decresce nel tempo secondo un esponenziale che è dato dalla parte reale
dei poli.
Andando a veder come è
fatta la risposta si ha un
valore iniziale con derivata
iniziale nulla dato che il
sistema è a grado relativo 2,
poi ha una certa oscillazione
fino ad assestarsi sul valore
di regime.

regime g µ.k
Il sistema è calcolato da una
sovraelongazione.
Per calcolarlo: calcolo
quando la derivata dell’uscita
è nulla. Si prende il primo
valore per cui è uguale a 0,
ricavando quindi Tm.
Sostituisce questo valore in
y(t) e trova il valore finale.
Tutto questo per scoprire che
il valore di quanto la
sovraelongazione supera il
valor di regime dipende
esclusivamente dal
coefficiente di smorzamento
δ. Non è richiesta la formula.

Valutazione del tempo di


assestamento:
La valutazione esatta è molto
scocciante perché il segnale
oscillatorio potrebbe rientrare
e riuscire dalla banda ecc. per stimare si puo notare che nell’espressione è presente il seno che assume quindi valori sempre compresi tra -1 e +1 quindi in

1 A e sunt
realtà il valore di y(t) è sempre compreso tra sunt
1 Ae e
Posso quindi prendere i due inviluppi. Quindi prendo come tempo di assestamento il tempo per cui l’inviluppo rimanga dentro il 5%. Salta fuori di nuovo
che il tempo di assestamento è sempre proporzionale alla parte reale tramite ωn e δ.

È richiesto sapere che l’andamento della sovraelongazione in funzione di δ


a
vacomassimo 2 valore di 100
REGIME

Per 8 0,1 Sovraelonaazione SI


PER 8 0,5 a sovraevonaazione 15 20

O is
o I 2 Poireali
i
a PoliIMMAGINARIPURI
taPoiRealiCoincident
3111121
Volta scorsa abbiamo cominciato ad esplorare le risposte dei sistemi elementari ovvero le risposte al gradino di sistemi del primo e del secondo ordine.
Abbiamo detto che queste risposte sono una sorta di test fatto sul sistema per mettere in luce eventuali caratteristiche. Abbiamo visto i parametri piu
interessanti della risposta al gradino.
Ad esempio per una risposta di un sistema del secondo ordine con poli complessi coniugati i parametri interessanti sono:
Valore a regime della risposta, sempre legato al valore del guadagno μ, valore di G(0) nel caso in cui non ci siano ne poli ne zeri nell’origine. μ rappresenta
quindi di quanto viene amplificato un ingresso costante e il valore a regime della risposta al gradino.
Altri parametri importanti: la sovraelongazione: ovvero di quanto la risposta transitoria supera il valore a regime espresso in maniera percentuale; tempo di
assestamento: misura convenzionale di quanto tempo ci mette il transitorio per esaurirsi, tempo dopo il quale la risposta rimane in una certa fascia rispetto
al valore a regime, fascia che è espressa in percentuale rispetto al valore a regime.
Tempo di salita: per passare dal 10 al 90& della risposta, misura della reattività della risposta del sistema.

Espressione algebrica della risposta. In questo caso un termine costante meno un termine che tende a 0 se i poli sono a parte reale negativa, in cui è
presente un’ampiezza che varia esponenzialmente con -δωn che rappresenta la parte reale dei due poli complessi coniugati.
La pulsazione ω del seno, la parte oscillante, è determinata dalla parte immaginaria dei poli.
La sovraelongazione dipende dal valore di δ e tende a 0 quando δ tende a 1 (poli reali) tende al 100% quando δ tende a 0 (poli immaginari).
Il tempo di assestamento è stato valutato andando ad analizzare la risposta senza il termine oscillatorio (sin(…)), questa risulta la risposta di un sistema del
primo ordine con costante di tempo 1/δωn.
In questo tipo di risposta sia il valore della risposta che della derivata al tempo t=0 sono nulle, dato che la funzione ha due poli e nessuno 0, quindi il grado
relativo risulta 2, e la prima derivata diversa da 0 nell’origine è la derivata seconda.

Su questi sistemi del secondo ordine è


abbastanza interessante capire da cosa
dipende il tempo di assestamento e la
sovraelongazione.

In particolare se prendiamo due funzioni di


trasferimento sempre del secondo ordine e le
mettiamo a confronto queste due funzioni
hanno la stessa sovraelongazione pur avendo
un tempo di assestamento diverso, oppure c’è
un altro caso in cui c’è lo stesso tempo di
assestamento, ma diversa sovraelongazione.

Abbiamo visto che la sovraelongazione dipende


solo da δ mentre il tempo di assestamento solo
da δωn. Si puo concludere che se ho due
funzioni di trasferimento con stesso δωn, quindi
stessa parte reale dei poli complessi coniugati,
allora queste hanno stesso tempo di
assestamento.

Funzioni di trasferimento del secondo ordine


con stessa sovraelongazione sono
caratterizzate dallo stesso δ dato che la
sovraelongazione abbiamo visto essere una
funzione solamente di δ.
Ricordiamo che δ rappresenta il coseno
dell’angolo che forma il polo con l’asse reale.
Quindi due sistemi hanno stessa sovraelongazione se hanno lo stesso angolo. sistema3 tempo di assestamentoPiù
Quindi se hanno i poli che stanno sulla stessa retta uscente dall’origine.
Breve
ASISTEMA 1 3
SISTEMA 1 stessasovraconazione wsistema 2 tass si
gg a stessotassesame
x se Sunt_tassi
tempodi assestamento
più breve
La frequenza di oscillazione è invece legata alla
Sonne sottocosto
parte immaginaria del polo ω

Un altro sistema che invece non abbiamo ancora visto, è


sempre del secondo ordine ma questa volta con due poli
reali. Questo puo essere caratterizzato come parallelo di
due sistemi del primo ordine ma vale la pena chiedersi cosa
succede nella risposta complessiva. Questa si calcola
sempre nella stessa maniera, dalla funzione di trasferimento
inseriamo un gradino di ampiezza k, andiamo a calcolare la
trasformata dell’uscita Y(s)=U(s)*G(s) e facciamo
l’antitrasformata facendo l’espansione in fratti semplici e
tornando indietro all’espressione nel dominio del tempo .
La risposta risultante è sempre caratterizzata da un termine
costante e due termini che tendono a 0, come ci dobbiamo
aspettare dato che i modi del sistema sono due modi reali
che tendono a zero, con esponenziali. In cui le costanti di
tempo risultano

supponiamo Ti sta
Valore a regime μ*K con μ guadagno in continuo (μ=G(0))
Valore iniziale è di nuovo 0 cosi come la derivata prima
essendo il sistema sempre a grado relativo 2. (Due poli e
nessuno 0)
Vale la pensa di approfondire come risulta l’espressione in
casi particolari.
Supponiamo per esempio
Ti sta
Ovvero che ci sia una certa separazione tra i due poli.
In questo modo andando a vedere la rispsota si nota che
l’esponenziale in τ2 tende a 0 molto più velocemente.
Inoltre se andiamo a vedere il valore iniziale
dell’esponenziale si nota che essendo questo con τ2 al
numeratore si nota essere molto piu piccolo di quello con
τ1.

Il termine in τ2 parte da un valore piccolo quindi e tende a


0 molto velocemente rispetto all’altro. Possiamo quindi
immaginare che questo termine possa essere trascurabile.
La limite possiamo approssimare la risposta del sistema
con una risposta di un sistema del primo ordine con
costante di tempo τ1

Se τ1 e τ2 sono circa uguali, al limite coincidenti la cosa non


è tanto vera. Si nota il confronto tra le risposte di un sistema
del primo e del secondo ordine.
Se τ1 circa τ2 il sistema è meno reattivo e il tempo di
assestamento risulta abbastanza piu lungo.
Se la separazione è di un fattore circa 10 le due risposte
tendono a diventare molto simili e approssimabili.
E si puo approssimare il sistema con una eq diff del primo
ordine invece che del secondo.

Andiamo a vedere come cambia il tutto con la presenza


degli zeri. Anche qui vedremo prima i sistemi del primo poi
del secondo ordine.

Supponiamo quindi ora di operare con un sistema del


primo ordine sempre caratterizzato da un polo con
costante di tempo τ a cui si aggiunge uno zero con
costante di tempo ατ (lo scrivo cosi in modo che le due
costanti siano esprimibili in maniera relativa). Se α<1 lo
zero è piu veloce del polo.
Al solito mettiamo il gradino di ampiezza k all’ingresso del
sistema e andiamo a calcolare la risposta.

I Fan storie tersea Zero


RISPOSTAaRegime
conampiezza iniziale
Il valore asintotico rimane lo stesso, ma se vado a vedere
21
quale è il valore per t=0 scopro che questo risulta μkα, non
è piu nullo. Una volta applicato il gradino la risposta parte
da un valore iniziale.
In questo caso si ha infatti un sistema con grado relativo 0
(stesso numero di poli e zeri) quindi andando ad esprimere
il sistema in forma di stato compare quel termine nella
rispsota Y=cX+DU c’è un effetto diretto dell’ingresso
sull’uscita. Infatti se ho un gradino sulla U mi ritrovo anche
con un gradino sulla Y.

Se α>1 l’effetto iniziale è quello di sovraelongazione.

Ricordiamo che noi stiamo facendo questo studio sulle risposte dei sistemi elementari nel caso in cui i sistemi siano stabili altrimenti avremmo la rispsota
che diverge, quindi poli a parte reale negativa e costanti di tempo associate positive (-1/polo)
Non c’è nulla che obbliga pero a tenere costanti di tempo dello zero lo stesso positiva, potrei avere una costante di tempo allo zero negativa, quindi avere
uno zero a parte reale positiva. Se questo è il caso (α<0) nulla cambia nella risposta se non che il valore iniziale diventa negativo.
Ma un valore iniziale che diventa negativo è una sottoelongazione, il sistema risponde prima dalla parte opposta di dove andrà a regime. Questo
comportamento è tipico della presenza di zeri nel semipiano destro (a parte reale positiva).

Cosa succede se abbiamo in un sistema del primo ordine


uno zero nell’origine?
In questo caso la Y(s) risulta semplice e l’antitrasformata di
conseguenza. Rimane una risposta costituita dal solo
termine di transitorio. Il valore a regime in realtà è zero.
Questo non deve sorprendere proprio perché ho uno zero
nell’origine che va a cancellare il modo associato
all’ingresso (proprietà bloccante degli zeri).

Passiamo ai sistemi del secondo ordine con uno zero.


Facciamo prima il caso in cui abbia due poli reali se
vado ad antitrasfromare otteniamo sempre gli stessi
modi (dato che i modi dipendono solamente dai poli)
Abbiamo quindi un modo associato all’ingresso e due
modi associati ai poli della funzione di trasferimento.
I residui associati ai modi dei poli cambiano rispetto al
caso senza zeri visto in precedenza

Sistema a grado relativo 1, quindi il valore iniziale è


nullo. La derivata della risposta nell’origine è diversa da
0 e il valore dipende dalla costante di tempo. Piu T è
grande e piu la risposta è ripida.

Si nota che i transitori dipendono fortemente dal valore


dello zero T. Possiamo distinguere anche qui alcuni
casi.

Primo caso che vediamo è quello con sistemi con zeri a


parte reale positiva. La risposta iniziale è zero. Nei
sistemi del primo ordine avevamo visto che la rispsota
era caratterizzata da un gradino verso il basso. Qui la
risposta iniziale è zero, ciononostante la derivata prima,
proporzionale a T diventa negativa. Quindi anche in
questo caso la presenza di uno zero a parte reale
positiva da luogo ad una sottoelongazione. Piu T
diventa grande, quindi piu lo zero si avvicina all’origine
e piu la sottoelongazione è marcata.
Differente è invece il caso in cui lo zero sia reale
negativo. E supponiamo che sia piu vicino all’origine
rispetto ai due poli. Quindi con costante di tempo
associata allo zero piu grande della costante di tempo
associata al primo polo che è piu grande della costante
di tempo associata al secondo polo.
In questo modo il primo residuo della rispsota diventa
positivo ed è un termine che tende a zero piu
velocemente del secondo residuo che diventa invece
negativo. Quando quindi è passato un tempo
sufficiente perché il residuo in τ2 si trascurato. La
risposta rimane il risultato di 1 piu un termine positivo e
assume quindi valori piu grandi del valore a regime.
La risposta quindi parte da negativa per via del
secondo residuo, ma essendo il transitorio di questo
molto rapido la risposta diviene velocemente positiva e
addirittura con sovraelongazione prima di raggiungere
la rispota a regime.

In verde la risposta senza zero.


In blu quelle con lo zero con costanti di tempo T piu
grandi della costante di tempo del polo maggiore.
Piu questo tempo T diventa grande, quindi piu lo zero
si avvicina all’origine e piu la sovraelongazione è
marcata.

Va notato che abbiamo una sovraelongazione ma la


natura è molto diversa di quella associata ai poli
complessi coniugati. Quella dipendeva dai poli e
associata a quella sovraelongazione era sempre
presente una oscillazione. Mentre qua abbiamo
sovraelongazione ma senza nessuna oscillazione. È
una sovraelongazione da zero. Con costante di tempo
associata allo zero maggiore della costante di tempo
associata ai poli.

Potrebbe essere presente nel compito un esercizio


tipo: viene data una risposta al gradino e poi ci sono
4-5 funzioni di trasferimento diverse e bisogna indicare
quale funzione di trasferimento da luogo alla funzione al
gradino presente. Potrebbe essere una risposta a scelta multipla oppure del tipo: scrivere una funzione di trasferimento che potrebbe avere quella risposta
al gradino.

Notiamo anche che la risposta con sistema con zeri è molto piu brusca di quella che avremo senza presenza dello zero.

Supponiamo di avere una funzione di trasferimento G(s):

D 4
TITÌ Tarte
XD Gls Us

Gls G s Ts G s

Xs G s Us Ts G s US
Us s Ts Yds
RISPOSTA DI UNSISTEMA CONZERO

Yt Galt T AGI
dt
come combinazione Della RISPOSTA SENZA Zero
eDONA SA DERIVATA

se TI ladifferenza Tra funzione con o senza Zeriaumenta


Ci sono altri casi particolari per sistemi del
secondo ordine con poli e zeri.
Supponiamo di avere un sistema con due
zeri ma avere uno zero vicino al polo piu
veloce. Per sapere cosa accade ricordiamo
che nella risposta i due termini transitorio
erano associati a

Ta T r O
Questo termine diventa molto piccolo, piu
piccolo di come sarebbe se non ci fosse lo
zero in cui la differenza tra i due poli se
molto grande portava a trascurare il piu
veloce.
Il termine in questione quindi parte già da
un valore molto piccolo e inoltre tende a
zero molto velocemente. In questo caso
quindi a maggior ragione posso
approssimare la rispsota ad un sistema del
primo ordine con uno zero e costante di
tempo τ1.

Caso invece piu interessante è quello in cui


lo zero è vicino al polo con costante di
tempo piu lunga (τ1)

Tet
Si ha quindi un transitorio che dura poco per natura associata a τ2 e il transitorio che dovrebbe durare di piu, associato a τ1 risulta avere questo ampiezza
piccola, al contrario dell’ampiezza del transitorio in τ2.
Quindi io ho inizialmente un contributo molto grande del secondo transitorio che però tende a zero velocemente. Quando questo è quasi trascurabile, è
andato a finire a zero, rimane ancora il secondo termine di transitorio che però è piccolo.
Per vedere il segno del contributo di questo transitorio lento ma piccolo bisogna veder il segno di -(τ1-T). Se T è un po’ piu grande di τ1 allora il termine
diventa positivo e si ha un primo termine di transitorio grande che
pero tende a zero velocemente e poi si ha un secondo termine di
transitorio che è piccolo e tende a zero piu lentamente.

Una situazione analoga è quella mostrata in figura: in verde è


presentata la rispsosta del sistema senza zero. Mi ritrovo che
quando lo zero è alla destra, quindi il termine transitorio diventa x a
y
positivo e si comporta come un transitorio simile a quello del polo
piu veloce (τ2). Vedo quindi un transitorio che tende a zero molto
velocemente poi rimane il primo, associato a τ1 che converge a zero
piu lentamente. Nel gergo si verifica una CODA DI

I
ASSESTAMENTO.
Questa coda puo avvenire con sovraelongazione o senza a seconda
della posizione dello zero rispetto al polo.
La coppia di polo e zero simili si chiama COPPIA IN
QUASICANCELLAZIONE. a
Questo comportamento è importante perché risulta Quasi
Strutturale quando si ha a che fare con sistemi di controllo in
retroazione.
Per finire vediamo le risposte di sistemi del secondo
ordine con poli complessi coniugati e uno zero.
Non ci entriamo tanto.
Notiamo che se la blu è la risposta del sistema del
secondo ordine senza zeri, per ottenere la rossa
prendiamo la blu, ne facciamo la derivata, la
moltiplichiamo per T e la sommiamo.
La presenza dello zero comporta oscillazioni
decisamente piu marcate soprattutto se lo zero ha
costanti di tempo lunghe (zero vicino all’origine).
Rimane vero che se lo zero è a parte reale positiva la
risposta ha sottoelongazione (la derivata diventa
negativa)

Ci si potrebbe chiedere: se ho due zeri a parte reale


positiva ? Se andiamo a vedere la risposta al gradino
vediamo che il valore iniziale della risposta o della sua
derivata dipende dal fatto che ci sia uno zero a parte
reale positiva, questo fa cambiare segno. Ma se ci
mettiamo due zeri a parte reale positiva c’è un altro
cambiamento di segno quindi la derivata torna nel
verso giusto. Va detto però che con due zeri a parte
reale positiva la risposta parte dal verso giusto, poi si
inverte e torna dall’altra parte e poi si inverte di nuovo e va nel verso giusto. Possiede due inversioni fastidiose. Con 3 zeri a parte reale positiva ci sono 3
inversioni di segno e cosi via
Esempio

Partendo dalmodello del motore a combustione

Mel collettore di aspirazione DERIVATA PRESSIONE NelCollettore è PROPORZIONALE ALLA DIFFERENZA


Tra FlussoENTRANTE euscente dal collettore

p f fan Patmos Kcosa


In p
F V volumecollettore flusso uscente
n numero
5 giri
f P
s
P pressione

S SUPERFICIE LIBERACONTROLLATA
SUPPONIAMO PERORA DAL CORPO FARFALLATO
MARCIA INSERITA
J Inerzia motore
1 ANCHE se Pariavelocemente vi O h cost

SUPPONIAMO QUINDI 4 COSTANTE fMan

istante
o
p 2 p B s

8 0 È Èh
INGRESSO FUNZIONAMENTO AL
Mingo
COPPIA PRODOITA DAL MOTORE Uscita
g q q
C fp

LY.pt f
s
p sistema lineare linearizzazione attorno al
Punto Di Equilibrio Di
g pp µ f fam Patmos
P In p
F
ANDIAMO A VEDERE LA RISPOSTA A FUNZIONE DI Trasferimento
S pls _2 PCS S
f
als
staffed f
C T PG
Funzione TRASF
Gfs Tiffy tt j ste

Est 1
Se applico un gradino sulla posizione della valvola a farfalla la risposta quando il sistema ha una grande inerzia è approssimabile come un sistema del
primo ordine con costante di guadagno μ e costante di tempo τ.

T se Aumento Venne collettore QUANDO Cerco Di FARAumentare LA


Ya
o

COPPIA MOTORE INREALTA LA RISPOSTA SARÀ LENTA

INOLTRE RISULTA E DIPENDENTE


DA Numero Giri se ni 26 Risposta PiùVeloce AdAltiGiri

Dopo aver introdotto i concetti di sistemi dinamici e aver limitato la classe di sistema di studio a quelli descritti dalle equazioni differenziali ordinarie.
Abbiamo fatto le funzioni di trasferimento per poter studiare anche i sistemi dinamici non esprimibili con equazioni diff ordinarie, ad esempio possiamo
descrivere il ritardo. Abbiamo ammesso anche sistemi non lineari studiandoli con funzioni di Liapunov e riuscendoli a studiare intorno ad un punto di
equilibrio andando a linearizzare il sistema.
Abbiamo introdotto i concetti di modi di un sistema dinamico in funzione degli autovalori per un sistema differenziale o per i poli in una funzione di
traferimento. Abbiamo detto che nella risposta ad un sistema lineare sono sempre presenti i modi dell’ingresso piu i modi introdotti dal sistema che
dipendono dai poli della funzione di trasferimento.
Andando poi a studiare le risposte dei sistemi elementari abbiamo da un certo punto di vista definito le caratteristiche dei transitori di risposti e da un altro
punto di vista abbiamo capito un po’ meglio il ruolo degli zeri in un sistema dinamico.
Fino adesso abbiamo avuto queste due modalità di rappresentazione. Nel dominio del tempo con una eq diff ordinaria con una rappresentazione in forma
di stato non permette subito di capire come sono le caratteristiche del transitorio e della risposta a regime. Sul transitorio si capisce andando a vedere gli
autovalori della matrice. Utilizzando la funzione di trasferimento le cose risultano un po’ piu semplici, sono messi in luce i poli, gli zeri, sappiamo che nella
risposta sono presenti i modi del sistema in ingresso che si dividono bene guardando la trasformata e i modi che si dividono bene guardando la funzione
di trasferimento. Con la funzione di trasferimento riusciamo poi agevolmente a gestire i sistemi interconnessi con la rappresentazione a blocchi. È piu
semplice ricavare le informazioni sul funzionamento dei sistemi descritti.

Introduciamo ora un terzo concetto che è la funzione di risposta armonica che come vedremo sarà strettamente legata alla funzione di trasferimento.
Mettiamo in luce che la funzione di trasferimento, visto che mette in luce quelli che sono i modi di un sistema, caratterizza pesantemente quella che è la
risposta transitoria del sistema dato che tutti i modi associati alla funzione di trasferimento sono modi transitori. Abbiamo poi visto che se i modi vanno
tutti a zero il sistema è stabile, … in generale la funzione di trasferimento è strettamente legata ai modi del sistema, quindi alla risposta di transitorio.

In realtà pero abbiamo visto anche che facendo lo studio di segnali, ogni segnale puo essere espresso, tramite la serie di Fourier se periodico, o
trasformata di Fourier come combinazione di segnali elementari, le sue componenti, tutte di tipo sinusoidale con pulsazione multipla della pulsazione
fondamentale.
D’altra parte la caratteristica fondamentale dei sistemi lineari, il fatto che valga il principio di sovrapposizione degli effetti, se voglio capire come è fatta la
risposta di un sistema lineare ad un determinato ingresso, se l’ingresso è somma di tanti componenti, posso andare a studiare come è la risposta del
sistema lineare a quella componente e sommare tutte le risposte.
Mettendo insieme le due cose: se ho un segnale di tipo qualsiasi che entra in un sistema, posso prendere il segnale, scomporlo nelle sue componenti,
applicare ogni componente al sistema e andare a sommare tutte le risposte.
Il che fa intuire che se io conosco la risposta di un sistema lineare ad un segnale sinusoidale, facilmente ricostruisco la risposta a tutti i segnali periodici o
piu in generale a tutti quei segnali che ammettono trasformata di Fourier.

Andiamo quindi non piu a studiare la risposta di un sistema al gradino, ma ad un segnale sinusoidale.
In particolare andiamo a studiare quella che è la risposta di regime. Non quindi quella legata ai modi del sistema, ma come è fatta la risposta una volta che
i modi del sistema si sono esauriti, quindi una volta esaurito il transitorio.
Ipotizziamo quindi che il nostro sistema sia asintoticamente stabile, il che significa che tutti i transitori si esauriscono.
Vediamo come è fatta la risposta del sistema quando in ingresso applico un segnale di tipo sinusoidale.
RispostaRegime

IEEE
TANTITERMINIOGNUNODeiQualiLegatoAd SommaDiFrati mai dell'ingresso
semplici
unPolo Del sistema
1
QUANDO VADO A RITRASFORMARETENDONO A 0
datochestiamoPARLANDOdi unsistemastabile

mai beningresso soroip w maricatiPer i Residui

s go e 15 gu Kyyaf
complessi coniugati

SAPPIAMO COME CALCOLARLI

D s su als d
visse
a
f S su
tg
Quando vado ad antitrasearmare appare a voltel'ampiezza da residuo a4,14gu l
Mauro ago
IMPORTANTE TEOREMA

AMPIEZZA MOLTIPLICATAPER
a
UNNUMERO GUADAGNO
DiAmpiezza
Fossesommata aduna Fase
SFASAMENTO

1
Dipendono dalla pulsazione del
segnale in ingresso

Y
GUADAGNO Ampiezzauscita

ampiezzaingresso

ARGOMENTO Fin Differenza DiFase


trauscitae ingresso

conoscendo Flu conosco la risposta a regime diOgnisegnale sinusoidale


Abbiamo poi visto alla slide precedente lo stretto legame tra la funzione di trasferimento e la funzione di risposta armonica. Anche se i due concetti sono
molto diversi. Una esprime i transitori mentre l’altra esprime la risposta esauriti i transitori.

La funzione di risposta
armonica permette di fare
alcune cose che con la
funzione di trasferimento non
abbiamo mai fatto.
Essendo una funzione di
variabile reale, non come la
funzione di trasferimento,
possiamo facilmente graficare
l’andamento, e ottenere una
interpretazione immediata.
Inoltre la funzione di risposta
armonica puo essere misurata
sperimentalmente.
Prendo il mio sistema stabile e
metto in ingresso una certa
sinusoide di pulsazione nota.
Vado a vedere in uscita di che
fattore si è moltiplicata
l’ampiezza e di quanto si è
sfasata. Costruisco quindi una
tabella relativa alla pulsazione
a ai valori di guadagno e
sfasamento per tale
pulsazione. Andando avanti
con altri valori di pulsazione
costruisco per punti
l’andamento dello sfasamento
e del guadagno. Costruisco
quindi una serie di valori
relativi al modulo e
all’argomento della funzione di risposta armonica.

Se il sistema è non lineare ma è in un punto di equilibrio, allora sappiamo che nell’intorno di un punto di equilibrio si puo approssimare con un sistema
lineare. Quindi devo mettere in ingresso delle sinusoidi di ampiezza sufficientemente piccola da mantenermi intorno al punto di equilibrio e posso sempre
misurare di quanto si è modificata la fase e l’ampiezza. Costruisco quindi la funzione di risposta armonica che approssima il sistema non lineare ad un
sistema lineare nel punto di equilibrio. (Analisi a piccolo segnale).
Mi trovo quindi ora con due metodi per costruire il
modello matematico di un sistema.
Uno parte dalla modellistica fisica, scrivo le equazioni
del sistema, arrivo ad avere un sistema di eq diff, ricavo
la funzione di trasferimento. Da questa volendo ricavo
immediatamente la funzione di risposta armonica
andando a calcolare G(jω).
C’è anche il verso opposto ora, posso fare una
sperimentazione, ricostruire la funzione di risposta
armonica, riesco a tornare indietro alla funzione di
trasferimento. Per ricavare la funzione di trasferimento
opero dal punto di vista matematica, in maniera
difficoltosa, però in realtà possiamo mettere in
relazione l’andamento che tiriamo fuori dalla F(ω) per
ricostruire direttamente poli e zeri della funzione di
trasferimento.
Lo vedremo a partire dal grafico di F(ω).

Operando impostando un sistema fisico e andando a


fare sperimentazione posso ricavare tutti i parametri
difficili da impostare a priori tipo coefficienti di attrito,
resistenze varie, …

Una funzione di risposta armonica è una funzione


di variabile reali ma a valori complessi, quindi
possiamo rappresentare F(ω) in forma polare
oppure come parte reale sommata a parte
immaginaria.
Ci possono essere varie rappresentazioni:
Una utilizza due grafici diversi per rappresentare
l’andamento del modulo e l’andamento
dell’argomento (fase) in funzione della pulsazione
ω. Questa prima rappresentazione viene chiamata
diagramma di Bode.
Utilizzeremo principalmente questi perché fanno
vedere come è effettivamente l’andamento della
funzione.
Esistono altri due diagrammi interessanti.
Il primo rappresenta la funzione come curva in un
piano in cui si rappresenta la parte reale e la parte
immaginaria della funzione in funzione di un ω
definito. (Nyquist). Sono quelli che danno piu
informazioni possibili ma sono difficili da digerire.
Rispetto ai Bode danno piu informazioni sui
sistemi instabili.
Noi non li faremo.
Terzo tipo di diagrammi sono i diagrammi di
Nichols tipo Nyquist ma in cui invece di
rappresentare parte reale e immaginaria vengono
rappresentati per una stessa ω l’argomento e la fase. Molto utilizzato e molto utile quando si facevano progetti senza il calcolatore e si utilizzava per fare
delle misure grafiche.

Oggi parliamo dei diagrammi di bode. Prima di parlare di questi andiamo a rivedere un esercizio
8 11 21
L’esercizio riguarda il pendolo con la presenza di attrito.

d
5 W I
10 e
in gl_seno h u con f me
Il i

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AGGIUNGO ALLAFORMA GADRATICA


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ODEFINITA Positiva Vediamo le condizioni Percui Lo sia

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AFFINCHÉ LA MATRICE SIA DEFINITA POSITIVA Deve Essere soddisfatta

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VERIFICO LA CONDIZIONE Su V
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ORIGINE ASINTOTICAMENTE STABILE

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fue with Ow Gh02 gliecaso
La grande strategia è stata quella di definire la funzione di L con qualche parametro e andare a calcolare questi parametri andando ad imporre le
condizioni di funzione definita positiva e funzione definita negativa.
I diagrammi di Bode sono una modalità per rappresentare graficamente l’andamento della funzione di risposta armonica associata ad una funzione di
trasferimento. Ricordiamo che questa funzione di risposta armonica associata alla funzione di trasferimento non è altro che la funzione che si ottiene
sostituendo alla s in G(s) l’espressione jω (quindi G(jω)) quello che rimane è un’espressione di risposta armonica funzione della variabile reale ω.

La funzione di rispsota armonica è quindi funzione


della variabile reale ω, ma i suoi valori sono valori
complessi, quindi andiamo a rappresentare per ogni
funzione di risposta armonica tramite Bode due
diagrammi esprimendo i valori di F(ω) in forma polare
(ampiezza e argomento) e quindi ci saà un
diagramma relativo all’andamento delle ampiezze in
funzione di ω e un diagramma relativo all’andamento
degli argomenti o fasi in funzione di ω.
Per costruire questi diagrammi di Bode conviene
partire dalla funzione di trasferimento G(s) espressa
nella forma con costanti di tempo.
Si notano un parametro μ: valore che la funzione
assume per s=0 assumendo che non ci siano poli o
zeri nell’origine.
Il termine 1/s^g dove g è un esponente intero che
rappresenta il tipo del sistema, quindi relativo al
numero di poli nell’origine se g>0 o il numero di zeri
nell’origine se g<0. in
Sono poi presenti poli reali e zeri reali caratterizzati
ogni polo e ogni zero dalle proprie costanti di tempo
indicate con τi e Ti.
Ci sono infine poli e zeri complessi coniugati espressi
tramite polinomi del secondo ordine con termine
noto sempre unitario e in funzione dei parametri che
sono le pulsazioni coefficienti di smorzamento dei
poli e degli zeri.
Da questa si fa la funzione di risposta armonica andando a sostituire alla s la jω. Questa funzione di risposta armonica si caratterizza da alcuni fattori
elementari.
Il guadagno statico μ; poli e zeri nell’origine (jω)^g poli e zeri di tipo reale e complessi coniugati.

Dobbiamo costruire dei diagrammi che rappresentano l’andamento grafico di questa funzione.
In realtà nei diagrammi abbiamo detto che
rappresentiamo l’ampiezza e l’argomento. Ma
con una particolarità, nel diagramma
dell’ampiezza (modulo) non si va a rappresentare
direttamente il modulo di F(ω) ma il suo
logaritmo. Questo perchè se faccio il logaritmo
della forma fattorizzata vista precedentemente
ottengo la somma dei termini che sono a
moltiplicare e la sottrazione dei termini che sono
a dividere.
Fondamentalmente questo viene fatto perché in
questa maniera posso costruire un diagramma
complessivo come somma di tanti diagrammi dei
termini elementari agevolando la costruzione dei
diagrammi.
Nel diagramma delle fasi non è necessario, se ho
la moltiplicazione di due numeri complessi,
l’argomento del prodotto è già per suo la somma
degli argomenti. Così come la divisione dei
numeri complessi è pari alla sottrazione degli
argomenti.
Questa è quindi una giustificazione del fatto del
perché sull’asse delle ordinate del diagramma di
Bode nel caso delle ampiezze non viene riportato
il modulo di F(ω) ma il suo logaritmo.

Per noi sarà quindi sufficiente tracciare i


diagrammi dei singoli termini elementari per poi
fare la somma ed ottenere il diagramma complessivo.
La differenza tra poli e zeri nei diagrammi è
solamente legata al segno in particolare
segno positivo di somma algebrica per gli
zeri mentre di sottrazione per i poli.

Per poli e zeri multipli anche qui la cosa è


molto semplice, è sufficiente sommare piu
volte i diagrammi semplici in funzione della
molteplicità.

Dovremo quindi capire come sono fatti i


grafici dei 4 termini elementari elencati.
In particolare noi andremo a
rappresentarne una semplificazione in
modo da costruire abbastanza
velocemente un diagramma approssimato
ma simile ad uno reale.

Il diagramma delle ampiezze è espresso in scala


logaritmica utilizzando come unita di misura il decibel
espressione a 20volte il logaritmo in base 10 del valore
assoluto della grandezza.
0db corrisponde ad una ampiezza unitaria.

Anche sull’asse delle ordinate è presente il logaritmo in


base 10 di ω.

Andiamo quindi a vedere come figurano i vari 4


contributi caratteristici della funzione di risposta
armonica e andiamo a vedere come combinare i vari
risultati.

Partiamo dal guadagno statico


Al grafico l’ampiezza risulta 20 volte il logaritmo del
modulo di μ. il modulo di μ è per definizione di modulo
un numero positivo. μ è un numero reale.

Per quanto riguarda l’argomento visto che μ è un valore


reale l’argomento è =0 se μ è positivo ed è invece -π se
μ negativo.

I diagrammi di bode di questo termine elementare sono


indipendenti dalle pulsazioni e sono quindi dei
diagrammi a valore costante.
Per quanto riguarda il termine successivo dobbiamo
fare lo zero nell’origine. Abbiamo quindi un termine
tipo jω.
Modulo di jω = modulo di ω; essendo ω>0 posso
fare direttamente log(ω)

Per l’argomento, sempre considerando che ω>0,


siamo quindi nel semipiano superiore e siamo
sull’asse dei numeri immaginari e risulta quindi
l’argomento sempre pari a π/2.

Il diagramma di bode delle ampiezze è quindi una


retta con pendenza 20 db per ogni decade di ω (ogni
volta che il logaritmo aumenta di 1 quindi ω di 10)
costante.

Il diagramma delle fasi è sempre costante pari a 90°


per ogni valor di ω.

Nel caso in cui abbiamo un polo nell’origine, non


uno zero tutto cambia di segno quindi il diagramma
di bode delle ampiezze passa sempre per 0db; ω=1
ma la pendenza è diventata -20 db/decade
Il diagramma delle fasi rimane sempre costante ma
abbiamo -90° per ogni valore delle pulsazioni ω.

Passiamo quindi allo zero reale:


Lo zero è un numero complesso e se andiamo a
considerare il modulo abbiamo la radice quadrata
della parte reale al quadrato piu la parte immaginaria
al quadrato.
La linea continua in azzurro in figura è quella riferente
al diagramma di ampiezza.
Andremo pero ad approssimare questo diagramma
reale tramite due rette. Questa approssimazione si
ottiene andando a suddividere i valori di ω molto
inferiori a 1/|T| o per valori di ω molto maggiori di 1/|T|
in modo che 1 sia molto maggiore o trascurabile solo dal modulo
rispettivamente.
Nel primo caso di approssimazione risulta

w a
f a 20
logte tw a 20 legate 0

20 log 20logo 20log


caso 2
Ug f
ReatoconPendenza 20dbdecade ChePassa
PerL'asseOdbquando we
E o Pulsazione
CARATTERISTICA
Na
Dellozero
Sempre andando a vedere cosa succede per ω molto
grandi e molto piccoli possiamo approssimare il
diagramma reale ad una serie di spezzate.
La curva è inoltre simmetrica rispetto al punto centrale
relativo alla pulsazione caratteristica dello 0, quindi
quando ω= 1/T e l’argomento vale +45°.
Per l’approssimazione si va a prendere la tangente al
diagramma reale nel punto centrale di flesso, a 45°. Da
quel punto si arriva all’interesenzione con la retta a 0
gradi e con la retta a 90°.
Le pulsazioni in cui avviene l’intersezione si trovano a
circa 5ω0 o 1/5ω0.
In questo caso il diagramma dipende dal segno di T.
Se ho costante di tempo (-1/z) negativa, quindi T
positivo nel caso in cui c’è lo zero sia reale negativo è
T è negativa nel caso in cui lo zero sia reale positivo.
Se faccio il caso T<0 l’andamento è in realtà
speculare.
La fase passa da 0 gradi a -90° e assume la posizione
a 45° alla pulsazione caratteristica dello zero.
Il diagramma delle ampiezze invece rimane
esattamente lo stesso.

Se voglio costruire invece il diagramma di Bode


associato ad un polo reale è sufficiente prendere quello
associato ad uno zero reale e cambiarlo di segno.
Quindi ribaltarlo rispetto l’asse delle x.
Nel caso τ>0 significa polo reale negativo, quindi
stabile
Nel caso τ<0 quindi polo reale positivo, polo instabile.

I diagrammi delle fasi sono invertiti.


Sostanzialmente il diagramma delle fasi di un polo con
costante di tempo positiva coincide con il diagramma
delle fasi di uno zero con costante di tempo negativa.

Avendo una funzione di risposta armonica


caratterizzata da poli e zeri reali la costruzione dei
diagrammi è molto semplice perché a parte il
guadagno in continua, tutti gli altri termini hanno una
approssimazione che è a 0db, quindi danno contributo
nullo fino alla pulsazione caratteristica del polo o dello
0. Non contribuiscono quindi fino alla pulsazione
caratteristica al diagramma complessivo.

Pulsazione caratteristica: modulo del valore del polo o


dello zero. Se ho uno zero in 5 allora 5 è anche la sua
pulsazione caratteristica.
Caso un po’ piu complicato è quello in cui
ho a che fare con poli o zeri che siano
complessi coniugati. Per passare da zeri a
poi come prima basta fare il ribaltamento.
Questa volta per il diagramma delle
ampiezze il termine che abbiamo è un
termine che ha parte reale e parte
immaginaria come in slide.
Anche in questo caso si sfruttano delle
approssimazioni, andando a studiare cosa
succede per ω molto minore e molto
maggiore di αn (pulsazione caratteristica
della coppia di zeri complessi coniugati, o
pulsazione naturale: misura la distanza dai
poli/zeri dall’origine).
Anche in questo caso post semplificazioni
il diagramma approssimato è ancora
approssimabile con una retta a 0db per ω
che va da 0 alla pulsazione naturale (αn) e
con una retta che ha pendenza 40db/
decade dalla pulsazione naturale in poi.
Questo non è sorprendente perché a una
coppia di zeri complessi coniugati
corrisponde appunto due zeri, di cui
ognuno da un contributo di 20db/decade e
la coppia da quindi 40db/decade.

Rispetto al caso precedente c’è da dire


che nell’intorno del della pulsazione
naturale l’errore che faccio
nell’approssimazione potrebbe essere
grande. Non piu limitato solamente a 3db,
ma dipende dal valore del coefficiente di
smorzamento.
Si potrebbe far vedere che nel caso di poli
e zeri complessi coniugati nel caso in cui
l’andamento reale vada sotto a quello
asintotico questo deve avere per forza un
minimo.
Si potrebbe andare a cercare la pulsazione
a cui si ha il minimo della pulsazione.
Cercando il valore di ω che minimizza
l’ampiezza si ottiene che il valore di
minimo è una certa frequenza pari alla
frequenza naturale degli zeri moltiplicata
per un fattore dipendente dal coefficiente
di smorzamento (z). Questo minimo esiste
solamente se z^2 è piu piccolo di 1/2
altrimenti è un diagramma sempre
crescente.
Quando z tende a 0 il valore assunto dal
modulo tende anche questo a 0 quindi
essendo il diagramma rappresentativo del
logaritmo quando questo tende a 0 il
logaritmo tende a -infinito. Nel caso in cui
il coefficiente di smorzamento sia grande
(gli zeri sono complessi coniugati ma
prossimi ad essere reali infatti con z=1 si
hanno 2 zeri reali).

Questo diagramma non dipende dal segno di z dato che la dipendenza sul grafico dipende da z^2.
Per quanto riguarda la fase andiamo veloce.
Nel caso di smorzamento positivo quindi zeri a
parte reale negativa, ricordiamo che se lo zero
fosse stato reale si passava da 0 a 90°, in questo
caso essendoci due zeri si passa da 0 a 180°.
La transizione diventa sempre piu ripida al
decrescere del coefficiente di smorzamento.
Quindi se ho un coefficiente di smorzamento 1
passo da 0 a 180° come fossero due zeri reali,
man mano che z diventa piu piccolo la transizione
diventa sempre piu ripida fino a tendere ad una
transizione a gradino.

Al solito nel caso in cui gli zeri diventino a parte


reale positiva il diagramma delle fasi cambia
segno, si ribalta.

Se devo fare dei diagrammi dei poli, non zeri,


complessi coniugati, prendo quelli relativi agli zeri
e li ribalto.
In questo caso quindi il polo complesso coniugato
che è 0db a bassa frequenza fino alla pulsazione
caratteristica poi -40 db/decade.
Il diagramma è tutto sotto per i coefficienti di
smorzamento elevati, per coefficienti di
smorzamento <1/(sqrt(2)) (~0,7) comincio ad avere
un picco verso l’alto che diventa sempre piu
elevato man mano che il coefficiente di
smorzamento tende a 0.
Nel caso per coeffcienti di smorzamento bassi, la
frequenza cui compare il picco tende ad essere la
frequenza naturale della coppia di poli complessi
coniugati.

Vengono indicati ωR e MR in cui la R sta per


RISONANZA.
Sono le classiche figure dei picchi di risonanza,
descritto dalla presenza di poli complessi
coniugati a basso coefficiente di smorzamento.
Nel caso in cui i poli siano a parte reale positiva,
quindi poli instabili, il diagramma delle ampiezze
non cambia mai, che siano poli stabili o instabili.
A cambiare è il diagramma delle fasi che cambia
di segno.

Poli stabili passo da 0 a -180° ed è uguale al


diagramma dello zero ribaltato.
Se i poli sono instabili passo da 0 a 180°

Non è tanto importante ricordarsi questi numeri


ma vale la pena ricordarsi che nel diagramma di
bode dei complessi coniugati è presente un picco
di risonanza se il coefficiente di smorzamento è
inferiore a 0,7.
Con coefficiente di smorzamento 0,5 il picco è
ancora pari a 3db quindi relativamente basso.
0,3 siamo a già piu di 10db e poi tende ad infinito
in maniera esponenziale.
Sotto 0,2 siamo a valori veramente elevati.

Nel caso in cui abbiamo degli zeri questo si


chiama PICCO DI ANTIRISONANZA nel senso
che in realtà nel caso di zeri la pulsazione in
ampiezza risulta davvero molto piccola.
no in 21
Oggi parliamo del concetto di banda passante dei sistemi dinamici a cui si accompagna il concetto di effetto filtrante

Abbiamo già visto piu volte l’esempio dell’altoparlante e


abbiamo fatto vedere come date le sue equazioni di base
siamo in grado di ricavare a partire dalle equazioni la
funzione di trasferimento che esiste tra l’ingresso, in questo
caso tensione applicata alla bobina, e l’uscita, assunta come
velocità di spostamento della membrana. La funzione che
otteniamo è una funzione razionale che ha uno zero
nell’origine e tre poli. Il polinomio al denominatore ha quindi
dei parametri che dipendono dai valori dei parametri fisici
dell’altoparlante.
Andando a sostituire le costanti fisiche si determinano gli
specifici valori dei poli e lo zero nell’origine di conferma.
Si verifica inoltre che i poli sono tutti e tre reali negativi
quindi il sistema è stabile.

Da questa funzione di trasferimento possiamo come detto


ricavare la funzione di risposta armonica, che descrive il
comportamento a regime, in particolare descrive di quanto
l’ampiezza di un eventuale segnale sinusoidale in ingresso
viene amplificata o attenuata una volta riportata sull’uscita e
di quanto viene sfasato. È una funzione in funzione di ω.

Abbiamo visto anche i metodi per rappresentare la funzione


di risposta armonica tramite i diagrammi di Bode. Come in
figura. Si nota nel diagramma che c’è una prima parte che è
a pendenza positiva, caratteristica dello zero nell’origine,
quindi pendenza di 20db/decade. Incontriamo quindi il
primo polo reale quindi il diagramma diventa piatto, dato che
i poli reali si manifestano con andamenti di pendenza -20db/
decade; a questo segue il secondo polo reale che va a
sommarsi cosi come il terzo ottenendo alla fine una
pendenza di -40db/decade.
La fase a sua volta parte da +90° per finire a -180°.

Il diagramma mette già in luce delle caratteristiche fisiche: lo


zero nell’origine significa che se applico una sinusoide di
pulsazione ω=0, quindi a valore costante allora il valore
dell’uscita, velocità è nulla. Le componenti costanti, dette
continue, non vengono quindi trasferite.
Alla stessa maniera se le frequenze diventano molto elevate
allora si nota che il guadagno diventa molto piccolo e quindi
anche componenti a frequenze molto elevate non vengono
trasferite sull’uscita.

Dato questo tipo di diagramma di Bode si definisce per


questo sistema la banda passante come l’intervallo di
frequenze in cui il diagramma di Bode dell’ampiezza è
compreso in una fascia centrata intorno al amore
massimo. Normalmente questa fascia viene presa di
ampiezza 6db, quindi piu o meno 3db dal valore
centrale.

Qui viene preso il valore massimo, ma non ci sarebbe


ragione di prendere una ampiezza piu grande del valore
massimo, noi abbiamo preso il valor massimo che si
ottiene nel diagramma asintotico, potremmo in alcuni
casi avere qualche picco di risonanza che ci fa andare al
di sopra del valore asintotico.

Quello che si tenta di descrivere con questo concetto è il


fatto che in un certo intervallo di frequenza le
componenti del segnale in ingresso vengono riportare
sull’uscita tutte quante amplificate dello stesso valore.
Mentre al di fuori di questo intervallo di frequenze le
componenti vengono fortemente attenuate e si possono
via via sempre piu trascurare man mano che ci
allontaniamo dall’intervallo.
Il fatto di considerare la banda di ampiezza 6db, quindi i valori che al massimo si discostano di 3db dal valore massimo asintotico è una convenzione.
Ricordiamo che 1db corrisponde a circa 0,7 cioè 1/sqrt(2), quindi il guadagno è circa il 70% di quello che otteniamo come guadagno massimo.
3db semplifica anche alcuni grafici ed alcuni concetti.

Piu importante è invece la classificazione che si puo fare dei sistemi dinamici in funzione della loro banda passante.
Un sistema che ah una banda passante che ha in un intervallo di frequenza un valor minimo e un valor massimo entrambi diversi da zero, come in figura
precedente, si definisce un SISTEMA A BASSA BANDA. Significa che concettualmente il sistema trasferisce bene verso l’esterno le componenti comprese
tra un valor minimo e massimo di frequenza, ma attenua componenti sia vicino alla continua che componenti che tendono ad essere ad alta frequenza.

Questo spiega anche perché ci sono tipi di altoparlanti diversi: se prendiamo un sistema ad alta fedeltà normalmente le casse hanno 2-3 altoparlanti
separati. Questo perchè ogni altoparlante trasferisce bene, quindi ha una buona risposta, solamente intorno ad un intervallo di frequenze limitato. È quasi
impossibile costruire un altoparlante per cui questo intervallo di frequenze si estenda dalle frequenze molto basse alle frequenze massime nel campo dell’
udibile. Per coprire bene tutta la banda udibile si utilizzano normalmente 3 altoparlanti in parallelo, alti, medio, bassi.

Come accennato i sistemi si possono classificare in


funzione della caratteristica della banda passante. In
particolare se la banda passante contiene anche la
pulsazione ω=0 e si arriva fino ad un certo valore
massimo, quindi significa che vengono trasferite
sull’uscita le componenti a bassa frequenza a partire
dalla continua fino ad un certo valor massimo, allora
il sistema si chiama passa basso.

Al contrario invece sistemi che sono fatti in maniera


tale che vengono trasmessi bene sull’uscita solo
dopo una certa pulsazione, quindi che la banda
passante parte da un certo valore ma si estende
senza un limite superiore, teoricamente fino
all’infinito vengono detti sistemi Passa Alto: fanno
passare le alte frequenze mentre attenuano le
componenti frequenziali a bassa frequenza.

Abbiamo poi visto che un altro tipo di sistemi, tipo


quello dell’altoparlante, che abbiamo chiamato
Passa Banda, in cui la banda passante parte da un
valore inferiore e arriva ad un valore superiore
entrambi diversi da zero, quindi vengono attenuate le
basse frequenze e le alte frequenze.

L’ultimo tipo di sistema è invece quello Elimina


Banda che è uguale al passa banda solo che
vengono fatte passare tutte le frequenze tranne
quelle contenute in un certo intervallo, relativo alla
banda che viene eliminata e viene chiamata Stop
Band.

Quindi normalmente si tende a classificare i sistemi


in questa maniera, poi magri ci sono sistemi
caratterizzati da piu intervalli separati, ma sono
decisamente piu rari e non rientrano esattamente
nella classificazione.
Possiamo poi vedere come si comportano dei
sistemi semplici che conosciamo. Per esempio il
comportamento dei sistemi elementari. Il piu
semplice come al solito è il sistema del primo ordine
senza zeri.
In questo caso si puo facilmente vedere che un
sistema ad un solo polo reale ha un diagramma di
Bode asintotico che è quello tratteggiato ed è
chiaramente un sistema passa basso.
In particolare sappiamo che il diagramma reale si
discosta da quello approssimato per un valore
massimo di 3db alla pulsazione caratteristica del
polo (ω=1/τ)
Questo significa quindi che per questo sistema la
banda passante corrisponde ad un intervallo di
frequenze che va da ω=0 fino alla pulsazione
caratteristica del polo.

Questo è il motivo per prendere +- 3db come


definizione di banda.

Questa pulsazione viene anche chiamata pulsazione


di ROTTURA.

Per i sistemi del secondo ordine senza zeri e con


poli reali, in realtà la banda passante dipende dalle
costanti di tempo τ1 e τ2 dei poli.
Se pero τ1 è molto diverso da τ2 allora se andiamo a fare il diagramma di Bode si scopre che questo prima è costante, poi ha un tratto a pendenza
negativa e poi successivamente c’è l’effetto del secondo polo.
Graficamente:
Se i due poli si discostano molto
il diagramma di Bode va quasi a
Del PoloDominante

Kiir
coincidere con quello di un
sistema del primo ordine

nodbdecade

caso 2 Poli e coincidenti Al PiùPolo Doppio


La banda passante

Était
risulta un po’ ridotta
rispetto a quella del
caso precedente dato
che entrambi i poli

i
danno un contributo
alla riduzione della
banda passante.

Abbiamo visto sistema als passa basso I 0 Me Tso


gg
o SISTEMA PASSA Alto con BANDA IT co o Gcs pooprdine

sistema GIS K
PE PASSAtutto

se Faccio IIII 7 als K als


Passa
Passtasso PIGI
I
k.gg
as

SISTEMA A GRADO RELATIVO A Se S xD GUADAGNO K

Se S s 0 GUADAGNO O
Così come per ottenere un sistema con comportamento elimina banda si puo ottenere facendo il segnale originale meno lo steso segnale elaborato da un
sistema che fa da passa banda ottenendo cosi un elimina banda.

Sistemi a grado relativo nullo hanno sempre caratteristiche passa alto perché il guadagno ad alta frequenza non tende a zero.

All’inizio del corso abbiamo espresso il concetto di banda di segnale. Era quell’intervallo di frequenze in cui erano presenti delle componenti armoniche
dello spettro del segnale. Se prendo un segnale che ha un certa banda e lo metto come ingresso ad un sistema con una propria banda passante, il
segnale che c’è sull’uscita dipenderà dalla banda del segnale in ingresso e da quelle che sono le caratteristiche del sistema se la banda è compresa o
meno nella banda passante del sistema.
In altre parole ricordando che la funzione di risposta armonica descrive in realtà l’uscita a regime di un sistema lineare quando ho in ingresso un ingresso
con una componente frequenziale, o equivalentemente, quando ho in ingresso un segnale caratterizzato da un certo specchio di frequenze.
Se per ogni componente viene generata una uscita equivalente che è la stessa componente armonica amplificata o attenuata. Quando metto l’insieme di
tante componenti in ingresso l’uscita è di nuovo un segnale in cui lo spettro del segnale in uscita ha esattamente le stesse componenti in frequenza di
quello in ingresso.
Se l’ingresso è dato dalla somma di tre sinusoidi, l’uscita a regime sarà di nuovo la somma di tre sinusoidi.
Se l’ingresso è la somma di infinite sinusoidi, ma è un ingresso periodico quindi è tutto il multiplo di una stessa pulsazione di base allora l’uscita avrà di
nuovo infinite sinusoidi ma le cui pulsazioni sono tutte multiple della stessa pulsazione di base.
In altre parole se io non ho una componente presente all’ingresso, componente di ampiezza zero in ingresso, sull’uscita quella componente non puo
essere presente.
Le componenti frequenziali quindi del segnale di
uscita a regime devono avere le stesse componenti
frequenziali del segnale in ingresso.

Posso dire anche di piu: in realtà l’andamento dello


spettro del segnale di uscita è esattamente pari
all’andamento dello spettro del segnale in ingresso
moltiplicato, modulato, per ogni valore di ω, per il
valore della funzione di risposta armonica.

Supponiamo quindi di avere un sistema del primo


ordine non un certo diagramma di Bode e
supponiamo di applicare in ingresso un segnale
sinusoidale con pulsazione ω0 che risulta interna
alla banda passante del sistema. In uscita succede
che a regime troveremo la stessa componente
sinudoidale con una ampiezza che è pari
all’ampiezza del segnale in ingresso moltiplicata
per il modulo della funzione di risposta armonica
calcolata in ω0.
Se modifico la pulsazione del segnale in ingresso
con un altro valore ω1 che sia al di fuori della
banda passante. Chiaramente vale la stessa
proprietà per cui: l’ampiezza del segnale in uscita è
sempre uguale all’ampiezza del segnale in ingresso
moltiplicata questa volta per un guadagno che è
decisamente piu basso. La componente ha quindi una entità molto piu piccola non essendo compresa nella banda passante.

Questo è quello che viene chiamato comportamento filtrante dei sistemi. Ogni sistema dinamico si comporta come un filtro: prende il segnale in ingresso e
gli rimuove o attenua adeguatamente le componenti che sono al di fuori della banda passante.
Esempio piu articolato:
Il segnale è la somma di 3
componenti armoniche. (Le
prime 3 armoniche dell’onda
quadra).
Caratterizzate dall’ avere
ampiezze decrescenti.
Supponiamo di fare passare il
segnale attraverso un sistema
del secondo ordine con poli
reali coincidenti.
La pulsazione della banda
passante è circa uguale a 2ω
quindi il doppio della
pulsazione fondamentale del
segnale in ingresso.
La prima pulsazione del
segnale è quindi in banda
mentre le altre due sono al di
fuori. Se andiamo a vedere
cosa succede in questo caso
andando a fare lo spettro del
segnale in uscita, questo è
caratterizzato da sole 3
armoniche alle stesse
pulsazioni del segnale in
ingresso. Si nota che la prima
armonica è stata ridotta di
meno della metà, mentre la
seconda è stata ridotta di un
fattore 10, la terza è stata
ridotta di un fattore 30. Le
ampiezze relative delle ultime due armoniche sono molto piu basse rispetto alla prima.
Se cambiamo il valore di τ della funzione di trasferimento, facendo in modo che la banda passante sia piu grande, adesso le prime due armoniche del
segnale sono in banda. La prima armonica viene attenuata leggermente, la seconda viene attenuata altrettanto leggermente, bassa bene, mentre la terza
viene decisamente ridotta.
Mettendo tutte e 3 le armoniche dentro la banda si nota che il fattore di attenuazione è circa lo stesso per tutte le armoniche.

Dai grafici si nota che il primo caso assomiglia molto ad una funzione seno avendo lasciato in evidenza solamente una armonica. Nel secondo caso il
risultato è piu simile all’ingresso, infine nel terzo caso le oscillazioni sono uguali alle oscillazioni del segnale di partenza. Piu aumento la banda e piu il
segnale in uscita tende ad assomigliare al segnale in ingresso

Fino ad ora abbiamo parlato di funzione di risposta


armonica definita sulla risposta a regime. Se pero
andiamo a ragionare andiamo a ricordare che abbiamo
visto tre modi per rappresentare i nostri sistemi: uno nel
dominio del tempo come equazioni differenziali; tramite
le trasformate di Laplace arrivando al concetto di
funzione di trasferimento; tramite la funzione di risposta
armonica. Se io prendo un segnale in ingresso che ha
un certo spettro che ottengo dalla U(s) come U(jω)
allora otterrò in uscita un segnale che ha uno spettro,
che ottengo a partire dalla sua trasformata di Laplace
Y(s) come Y(jω) e questo spettro filtrato altro non è che
lo spettro del segnale in ingresso moltiplicato per la
funzione di risposta armonica.
Questa proprietà non vale solo per i segnali a regime
ma anche per i segnali transitori.
Esempio: onda quadra riportata come funzione del
tempo e come suo spettro in ampiezza.
Mettiamo in ingresso il segnale ad un sistema con un
comportamento di tipo passa basso con diagramma
di Bode in figura.
Sono riportate con i triangoli verdi come sono
modulate le armoniche del segnale in ingresso. Le
ampiezze vengono via via ridotte.
Nel dominio temporale otteniamo in uscita il segnale
verde.

Se riduco la banda passante del segnale, porto la


pulsazione caratteristica del polo da 10 rad/s a 5 rad/
s allora lo spettro sara modulato in maniera diversa, ogni componente
sarà ridotta in maniera dettata dal diagramma di bode. Il segnale
comincia ad avere dei transitori che sono piu lunghi, piu lenti, il tempo
di assestamento a valore costante diventa piu lungo.

Riducendo ancora la banda vengono ridotte tutte le armoniche e


ottengo un segnale temporalmente piu lungo.

Si capisce che c’è una certa relazione tra la banda passante del segnale e la
velocità con cui si esauriscono i transitori, la durata dei transitori, quanto
tempo ci metto a tendere ad un valore costante.

Abbiamo visto che per sistemi del primo ordine il tempo di


assestamento è proporzionale alla costante di tempo τ. mentre la
banda passante (1/τ) è inversamente proporzionale a τ. Quindi per
i sistemi del primo ordine se ne deduce facilmente che il tempo di
assestamento è inversamente proporzionale alla larghezza di
banda. Piu la banda è larga piu il tempo di assestamento è corto.

Se adiamo a considerare i sistemi del secondo ordine con due poli


reali, se due poli sono molto separati l’uno dall’altra
(approssimazione a polo dominante) allora il tempo di
assestamento è dettato solamente dalla costante di tempo del
polo piu lento. Ma abbiamo visto prima che la banda passante è
legata al valore di τ1, quindi relazione di nuovo inversamente
proporzionale. Anche in questo caso il tempo di assestamento è
inversamente proporzionale alla banda.

Anche nel caso in cui sempre in un sistema del secondo ordine,


ma con due poli che siano quasi coincidenti, quindi con costanti di
tempo simili, il tempo di assestamento risulta piu lungo, è diversa
la costante di proporzionalità, ma è ancora proporzionale a τ1 cosi
come si puo far vadere che la banda passante è si piu piccola di 1/
τ1 ma ancora proporzionale a τ1.
Quindi continua a valere per tutti i sistemi, anche se non esiste una relazione precisa, una proprietà per cui il tempo di assestamento, è
inversamente proporzionale alla larghezza di banda del sistema.
Sempre rimanendo nel dominio delle frequenze andiamo a
vedere come si interpreta quella che avevamo chiamato
PROPRIETÀ BLOCCANTE DEGLI ZERI.

Supponiamo per esempio di avere un sistema con una


coppia di zeri immaginari puri alla pulsazione ω2. Andando
a fare il diagramma di Bode otteniamo un grafico,
indipendentemente dal denominatore, abbiamo per ω2 un
G(jω2)=0 quindi log0=-inf. se metto in ingresso una
sinusoide con una certa pulsazione ω1 differente da ω2 in
uscita mi troverò una componente frequenziale alla
posizione ω1 di ampiezza pari alla pulsazione del segnale in
ingresso moltiplicato per il guadagno di jω1. Se pero metto
in ingresso una sinusoide alla pulsazione esattamente pari a
ω2, sull’uscita mi ritrovo una componente alla pulsazione
ω2 il cui guadagno è pari all’ampiezza dell’ingresso
moltiplicato per il valore di G(jω2) che è zero. Quindi questa
componente non è presente sull’uscita.
Questa è quella che avevamo chiamato Proprietà Bloccante
degli Zeri: se ho degli zeri sull’asse immaginario questi sono
in grado di bloccarmi totalmente delle componenti
frequenziali.

La stessa cosa vale quando ho uno zero nell’origine.


Corrispondente ad una pulsazione ω=0. Se in questo caso
metto in ingresso una sinusoide alla pulsazione ω2 diversa
da 0 in uscita mi ritrovo una componente con ampiezza pari
all’ampiezza dell’ingresso per il modulo della G(jω2). Se
però metto in ingresso una componente alla pulsazione
ω=0, quindi una componente costante, allora in uscita mi
trovo l’ampiezza della costante moltiplicata per il valore
della G(jω)=0.
Quindi uno zero nell’origine blocca completamente i segnali
di ingresso con pulsazione 0, quindi i segnali in ingresso
costanti.

Andando la a vedere nel dominio delle trasformate di


Laplace il discorso è analogo: si semplifica s al numeratore
con 1/s della trasformata al denominatore e c’è la
cancellazione dello zero, quindi il modo non è presente
sull’uscita.
Esempio: ho un segnale disturbato e voglio eliminare il disturbo e ricostruire il segnale di interesse, posso farlo tramite un sistema dinamico sfruttando la
banda di interesse.

nCw

In
W WB

Discorsovalido datoche chi


a spettri del segnale di interesse e
DEL DISTURBONON siSOVRAPPONGONO
na
sit
gtfo
YLE SA nf

Un filtro con una funzione armonica fatta cosi non si puo realizzare tramite sistema fisico abbiamo visto che noi possiamo operare solo con pendenze che
aumentano di -20db/decade alla volta per i poli. Ne dovremmo mettere infinite tutte con lo stesso valore del polo. Poi è una funzione è discontinua.
Posso fare un filtro con una funzione di risposta armonica invece

E
17 1021
L’ultima lezione abbiamo parlato del concetto di banda passante di un sistema dinamico e del concetto di effetto filtrante di un sistema dinamico. Quindi il
fatto di vedere un sistema dinamico come un filtro che in qualche maniera seleziona quali componenti armoniche del segnale in ingresso vengono riportati
sull’uscita.

Oggi chiudiamo la prima parte del corso andando a vedere qualche esercizio, sia sul concetto di banda passante ed effetto filtrante, sia di riepilogo su
tutta la prima parte del corso e dalla prossima volta introdurremo la seconda parte del corso.

Esercizio E

adios.at
azero Nell'origine

o DoppioPolocon 20,02

All’ingresso del sistema inseriamo un’onda quadra che sta al 50% del periodo al valore 0 e al rimanente 50% al valore 1.

Il periodo di ripetizione del segnale è 2π

Essendo un segnale periodico risulta rappresentabile in serie di Fourier. Nel testo dell’esercizio veniva anche
dato il segnale scritto per intero, compreso del coefficiente moltiplicativo dell’armonica Un che vale 0 per n
pari >0 e ha un altro valore per le n dispari.

El
E
stoffe
Consideriamo il segnale in uscita a regime, una volta esaurito il transitorio, si proceda:

1 In ingresso abbiamo un segnale periodico UscitaARegime Segnaleperiodico


e
Issa
CONTERRÀ SOLAMENTE LE COMPONENTI ARMONICHE DEL SEGNALE DI INGRESSO

Issa yo EIyu.coscn.net g
In cui l'AMPIEZZA Del segnale in INGRESSO Moltiplicata Per
Yu RISULTAPARI
ALL'AMPIEZZA

Modulo in cui W La Pulsazione Del Armonica che stiamoconsiderando


Int Glynne
Yu
arg 6 Jw
Fase segnale usata Fase segnale ingresso
tw n.no
arglalgn.no
q q
Fase segnale in ingresso

ult lo 1Un cos n.net Yu

Mom compare Un ma Un che Potrebbe essere Positivo oNegativo


I
se Unnegativo Un
Ie Yue tà it
Valido Per U Dispari

Un Positivo Un Yu 0
Se
Ip
CALCOLARE ARMONICA CON MASSIMA AMPLIFICAZIONE

ARMONICA CON VALORE MASSIMO Di IG g n.no


VADO A FARE IL DIAGRAMMA Di Base Di Giga
algo a
4
TESTI
aZero origine Pendenza 20 dbdecade

Poco Pulsazione CARATERISTICA


fesso 1
decade
Pendenza 20db
1
con Polodoppio 40 dbldeca.de

I
W so logo
La domanda chiede per quale armonica l’amplificazione è massima, potrei non avere una armonica a ω=50, scelgo quindi quella piu vicina a tale valore.
cerco n taleche la gnao è massimo

Cerco Wo Wo 21 1

o

PERIODO
segnale
Le armoniche risultano essere presenti proprio ai valori interi di ω.
Verrebbe da dire che la componente armonica che ha il guadagno massimo sarebbe quella che corrisponde a ω=50 quindi l’armonica caratterizzata da
n=50.

Sarebbe già una risposta accettabile. Se pero mi ricordo che il segnale in ingresso ha componenti armoniche solo dispari perché quelle pari hanno modulo
nullo, in realtà per n=50 il segnale in ingresso non ha una componente armonica.
In realtà quindi, essendo il grafico simmetrico, le armoniche che hanno massima amplificazione sono quella a n=49 e n=51.

Abbiamo dato questa risposta basandoci solamente sul diagramma asintotico. In realtà possiamo fare qualcosa di piu e calcolare in maniera esplicita il
modulo di

lalgu.no Tart
ftp.latgbl
con wo e

ÈT
DA massimizzare
gente

Gat
CALCOLO LA DERIVATA Di Pongo 0 e trovo il Massimo infunzione di n

2
Calcolare quale armonica ha ampiezza massima del segnale in uscita a regime

Illu I G gnao
y
con
gu ampiezza armonica in uscita
la Juve
già get
conosco

an 1 lunt
È a
It
In Fai yet da massimizzare in Funzione di n

Per uso
E catus
Massimo
In
Dispari
È
MA Un o 0 Per n PARI h 2

o Ue per hs o con Uo VALORMedio Del Segnale Ult

È DAL segnale GRADINOsimmetrico


I

Gete
In 0
e E

E laptop
Essendo funzione decrescente e avendo visto che
Gus
Per neo Diciamo che si HA Per HI
a
Yeo Yuma
3. Calcolare quante armoniche del segnale di uscita a regime hanno ampiezza superiore a 0,01.

E Lata Da Questa espressione calcolo per quale valore di


In
U DISPARI RISULTA

dico un numero di armoniche pari ai numeri


E g.tn slot e

dispari da 1 a 4 Di Risultato

a s 1
0,024 I ne
2g
e
MAX ftp.f I
1 S U S UMax
4. Cambiando la funzione G(s) andiamo a ripetere il punto 1. Andiamo a tracciare il diagramma di bode della nuova funzione di risposta armonica.
Presenta uno zero in ω=0,5.

als 25 1 a
0,025 1 a

ZERO CONTRIBUTONULLO Fino 12 Po Pendenza

Poi 2COINCIDENTI CONTRIBUTONULLOFINONaso


PoiPendenza 40dbdecade

MASSIMOAMPLIFICA SEMPREPER Uso


5.

ahi
Doppio Zero origine Pendenza tuo dbidec

Doppio Poco NullaFino a so


PoiPena 40abdecade

so

ESERCIZIO 2

segnale in ingressoperiodico

Parte DelPeriodo 1
F
RESTANTE PARTE 1

SEGNALE UE IN INGRESSO A

Gist
È

ftp.I yu

se cambio cambia ult c'è un transitorio varia get dopo si stabilizza


g agit
1 Tempo di assestamento al St s 1s

Riguarda solo als e in particolare E


Ricordiamo che
SISTEMI E ORDINE COSTANTE TEMPO Si 37

MA QUANDO ABBIAMO UN SISTEMA CON POLI

WD
Molto da
se
I _Ia
POSSIAMO APPROSSIMARE
LARISPOSTA
COME UN SISTEMA DEL I ORDINE X X e 6

con CostTempo TI È E
MA IN QUESTO Esercizio ABBIAMO 2 POI COINCIDENTI
CON COST TEMPO E
RICORDIAMO
IN Questo CASO f Assestamento 51 4,6 E

4,6 E S IS SCELGO E 0,2 s

20
g E
a valore medio
gli
INGRESSO segnale Periodico o uscita segnale periodico

segnale a Regime usata


got yo tiff yn.co uwottY
VALOR
MEDIO SEGNALE Uscita

ult co È
h 1
G coschwat qu

Cui noti e Co DA CALCOLARE

i
SAPPIAMO che Co o 1G g 0 Co
yo
Calcolo Co Del Periodo ult 1
ingresso
E
alt I
3 Del Periodo
hefty
E
I
Yo I

Bo a Quanto vale in Generale l'ampiezza del segnale


GE
DIPENDE DAL VALORE DI AMPIEZZA DELLA SECONDA ARMONICA DEL SEGNALE IN
ingresso

Cu con n a
qq.lsiuln.t.gl
siccome la richiesta è su qualunque valore dell'indice di modulazione considera il caso
peggiore avere quando il seno ha valormassimo 1

alt co È cu coscn.net qu
1

Cn
ftp.lsinlu.it g
con n 2 Ca Isin
e
fa 2kg
V
g E G F
sin max con o
Gf Io
vu
Itta 1
G
Ca
g 2 Wo
s 0,005
Y
lalgzw.tl s
age
Wo Dipende Dal Periodo Del Moderatore periodo Di Ripetizione Del Segnale
IN INGRESSO T

1418.200 slgf.it
afasia get
e

o 4 WE 7 1 dai
eja
No VI
È 28,1

No TE 0,223
2,1 III
4
glt yo FI Yi costa
Watty
o
yo algo ulo Co alg a l

Co Co O Cos 2 1
g la
con a
g
Glo 1
2 1
Yo g
I Glg No G 1
In cnn.at
o o senln.mg

f
ult at di
E edt
gif 2g
t.tt e
f E g
ESERCIZIO 3

HA_4

E E

f µ
1
a
y

i E a

VADO AD OPERARE SUGLI ANELLIDI RETROAZIONE E Fa e F E Percercare Di Pulirli

T
F E sì Fs y y
p
E

considera L'Anello Di Retroazione Fa Fs Ffs Posso PulirloSpostando AMonte L'ArrivoDa E

Fa_ E
e e T I
I Fa y
RACCOLGO L'ANELLO Di Retrazione Positiva Fs E

E Is

if
I Fa È T
RACCOLGO I TERMINI IN Serie

I I II
I y
RACCOLGO I TERMINI FI IN PARALLELO e L'Anello DiRetroazione ScrivoQuindi La Funzione

Di TRASFERIMENTO
É

ass
E
t.fi e
F
i
I
O PUNTO 2 Fe Fa I
FE e
Fa_ stalls
Fs POND
Fa K

sta Ks to
4h
semestre
K 1 S
S.IE II
HIS 10 2
Zetas

cerco lo Zero Rte sta S


if
_o

Poi Peas E Fg
2

1 VALORE DI K AFFINCHÉ HIS Men abbia zeri

NUN HIS COSTANTE Rte S O s K 1

2 Knin Tale che la risposta al gradino di Als non ha Undershoot

HG sistema 20 ordine con 2 Poi a 1 zero

MAPPA POLI e Zeri


a zero si sposta al
VARIARE DI K
Poli 1circainorigine
1 Circa IN 14
o
X O X e

a UNDERSHOOT QUANDO LA RISPOSTA AL GRADINO PARTE INDirezione Opposta Al


valore di Regime
AVVIENE QUANDO SI HA UNO ZERO CON PARTE REALE POSITIVA

il sistema non HA UMDERSHOOT


se Zero co

O Kt I O a K 1
Le
PER te 1 IL SISTEMA NON HA Zeri NON HA UNDERSHOOT

Knin s I

3 Knox tale che il sistema non ha Overshoot


OVERSHOOTSOLO Se Lo Zero è A DESTRA DEL POLO A FREQUENZA PiùBASSA

POLO DOMINANTE E CONTEMPORANEAMENTE ZERO A PARTE Reale O

SISTEMAnon ha Overshoot Se E Pe
Pe E Tus
Egas
E
se koe co impossibile Kit O

È Is e
ktrcfe
ekmax
p.es
e

con K 1 a zero e Poco coincidente sistema l'ordine io overshoot


Ie
e

Esercizio 4

RI k.tw
dj I W
VARIABILI

ap
b J.IE K I G
giapp ma lineare 13 In

1 calcolo Pti Eq
V Veg Cr Leg
Pongo Le Derivate 0 e cerco una soluzione

b O KEq Leg k Ici Leg Icq


e a
p Gg
K 12
Icq
I Cog so a leg O

Per Coppie resistenti o chequindi tendono adaccelerare il motore il motorenon hapuntidi


equilibrio il motore puògenerare solo coppiapositiva quindi in un soloverso divotazione

a o RIeq k.Ieq.ve Veg

Veg RIcq K Icq Weg

Weg veg Rtea

b
Icq con Icq
I Cog
sostituisco l'espressione Ricavata in

fg E
Weg

IL SISTEMA HA UN PUNTO Diequilibrio Perogni Valore Dellacoppia resistente e e e

PER OGNI VALORE Della tensione

Anche per Ueq=0 ottengo una corrente indotta che fluisce nel motore tale da bilanciare la coppia resistente.
Al crescere della tensione applicata cresce la velocità di rotazione del motore all’equilibrio.

200 Studiare La Stabilità NeiPunti di la Limearizzando il sistema nell'interno dei Pti si fa

LINEARIZZO IL SISTEMA

fa I U
È RI Kafu tu
w

fa I G
Etty
fa I n U valore all'Eavicibrio su
ffleq.SI fwleg.tw Foley
0perdefinizione
SÌ_ E Kyu SI k.gg SW ESU
fa I G SI Ser
Ifla fa e

Si 2 Iq SI SE
I
SISTEMA LINEARE

SÌ Enea SI Icq Su Su
E f f
Si SE
2G.Ieq.SI I
STUDIO LA STABILITÀDEL SISTEMA LINEARE

FORMA Del TIPO I A x BU X


II le
Ya
E E Wee E te
A
2
Icq o

CALCOLO GLI AUTOVALORI DELLA MATRICE A

det I A
E Linea E Ie
ft 2
Icq A

If E E Wea E Iea 2g Icq


Weg h
NE E 24.1Gt
essendo tutte quantità Positive
y
a GLIAUTOVALORI SARANNO SICURAMENTE
se O la A PARTEREALE NEGATIVA
an
per costruzione la o

segno di Dipende da Weg


G
a
E ELFI E II E
e con Cag o e Veg o si ha 91 o

ENTRAMBI GLI AUTOVALORI SONO A PARTE Reale negativa solo se ab e da o

a SISTEMA INCARIZZATO ASINTOTICAMENTE STABILE 4 Re 41 da so

Re te da so a lo so ai O

SISTEMA LINEARIZZATO STABILESEMPLICEMENTE e

Re da 0
Rettida se Rette
e o

capita Quindi se lo so e lei 0 o se le so e lo 0


hoin b o
6
2 autovalori immaginari puri

e SICURAMENTE INSTABILE SE ESISTE ALMENO I AUTOVALORE A PARTE Reale Positiva

lo o impossibile

Ai O

SULLA STABILITA DEL SISTEMA LINEARIZZATO ABBIAMO DATOTUTO PERCUANTO RIGUARDA


IL SISTEMA NON LIMEARIZZATO

o Possiamo DIRE QUALCOSA QUANDO IL PTO Eq DE LINEARE E ASINTOTICAMENTE Stabile


che GARANTISE LA STABILITÀ Del PUNTO Di
eq del Sistema Non Lineare

o POSSIAMO QUALCOSA QUANDO IL PTO


DIRE Eq DE LINEARE E INSTABILE
che GARANTISE L'INSTABILITÀ Del PUNTO Di eq.de SISTEMA NON Lineare

o NON POSSO DIRE NULLA IN CASO DISEMPLICE STABILITÀ INCUIDOVREIANDAREAGUARDARE


LeMOM LINEARITÀ
a STABILITÀ Per caso ai o _a
leg so e Veg so
instabilità per arco a Veg O

Per studiare la stabilità del punto di eq. vado a vedere la linearizzazione, se questa ha gli autovalori tutti a parte reale negativa allora il sistema lineare è
asintoticamente stabile e quindi il sistema non lineare è asintoticamente stabile nel punto di equilibrio. Se invece la linearizzazione dice che ho un
autovalore positivo la linearizzazione è instabile cosi come il non lineare.
Se invece ho degli autovalori nulli allora la linearizzazione non permette di concludere nulla sulla stabilità o meno del punto di equilibrio del sistema
originario.

30 PER CALCOLARE LA Funzione di Trasferimento complessiva si PuòRipartire Dal Sistema


LINCARIZZATO E SI PUÒ SCRIVERE INTERMINI Di FUNZIONE DI TRASFERIMENTO E DiSchemi ABlocchi
SÌ Icq Su
E SI_E ESu
a
Enea
b Si Scr
2f.Ieq.SI I
PARTO DALL'EQUAZIONE a CONSIDERANDO Ucome ingresso
i
È I
È ag.tn È
8
I 6
su
E Icq
2
1

DATO LO SCHEMA A Blocchi calcolo FTRASE tra Su e SI


Meto Scr O Per Primizia Di Sovrapposizione DegliEffetti
La funzione di trasferimento tra δU e δI è 1/L per la funzione di trasferimento realizzata dall’anello di retroazione che ha
Steffy sul Ramo Diretto

E Il TRA sul Ramo Di Retroazione


E Icq
PRODATO
2kgIcq
Tutti Posti Tra Loro In Serie

FUNZIONE Di TRASFERIMENTO Scr Su


IMPONGO SU 0
RIMANE Con Collegata Funzione Di Anello Retroazione

Ramo diretto

stÉkeg 2 19
RAMO
E Icq
RETROAZIONE
i

Lia
Abbiamo visto che nel caso del sistema con coppia resistente nulla all’equilibrio avrei una corrente di equilibrio nulla.
In questo caso se applico una tensione maggiore di 0 non esistono punti di equilibrio:

Icq Cg o Icq 0

Veg RIcq K Icq Weg Veg

se leg o o 1 PtEquilibrio K valore di leg


se 970 Nessun punto di equilibrio

f
Se ce a
se Veg o e il Pt Icg O Weg è di Eavilibrio Ha
PARTENDO DA CULO _O Si Dimostri WE O Per cani valore 46 in ingresso

a L GE RI K IW U

b I IE RI Cr

Cr o r
f II KE
Qualunque sia l'ANDAMENTO Di UE risulta sempre Ict o Da 0 in b quindi

si ha sempre pero un Termine I che quindi rende è sempre so

W può solo aumentare orimanere costante ed è quindi sempre 30

Sa Con Ult Veg O o W I O Pt Eavicibrio

G o
come visto Prima se leg o e o

IO
Icq
I Cog con
Gq O o Eavicibrio

Veg RIcq K Icq Weg con V0 e I o o W 0 Equilibrio

6 I n IT W Def Positiva

Ù GE I E 2J I il
fa 2W

I U G
FEI ENI E 2
WIFI G
G O UO
E 2 E W I
LEI E W
2kg
E 2 I 2 E_W É 2 W I PERQUANTODetto sopra
NCD so tt
i b
O
sostituendo i valori numerici Dati

V LI senderNegativa _Origine semplicemente stabile

ult E
con o o calcolare
fig ft e
gli
a L GE RI K IW U

b J.IE K I G

con Ult o r deveessere I t fa datocheavrei IN o

avendo Ict fa e G o o ci fa a N O sempre o pert no si ha lo o

dato che io so sempre

Inoltre essendo N ra e Uscostante e in a con W o se ho Ifo


allora k.IN a co o Io I decresce fino adessere arca nulla
Da oggi introduciamo la seconda parte del corso che è 22 11 21
relativa al problema della sintesi del sistema di controllo.

Viene assegnato quindi un sistema dinamico, un impianto,


caratterizzato da degli ingressi e delle uscite e quello che si
vuole realizzare è decidere in maniera automatica quali
ingressi si debbono applicare all’impianto per far si che le
uscite soddisfino certi requisiti o abbiano certi
comportamenti.
Normalmente per risolvere questo problema si risolve
procedendo per passi successivi andando prima ad
impostare

Uscite di interesse(utilità del sistema):


descrivono quanto bene stia
funzionando l’impianto. Se stiamo
parlando di un’auto potrebbe essere il
confort di marcia, il livello di emissioni
inquinanti, il consumo di combustibile.

Variabili manipolabili: possono essere


applicate sull’impianto, sono le
variabili di uscita dei dispositivi di
controllo e sono allo stesso tempo gli
ingressi dell’impianto.
Questo per distinguerli da altri ingressi
dell’impianto, ma su coi non abbiamo
alcun tipo di controllo.
Tali ingressi non manipolabili vengono
detti Disturbi: influenzano il
comportamento dell’impianto ma non
ci posso fare nulla e non li posso
modificare, vengono definiti
dall’esterno.
I disturbi solitamente non sono
neanche misurabili, possiamo pero
avere delle informazioni di massima (esempio valori minimi e massimi che possono assumere, banda di frequenza entro cui è contenuto lo spettro del
disturbo).

Oltre a questi sono disponibili anche delle uscite, misurabili, che risultano in questo modo le informazioni utilizzabili dal dispositivo di controllo che
vogliamo progettare per definire quali sono gli andamenti delle variabili manipolabili. Normalmente queste uscite misurabili non corrispondono con le
uscite Z, ovvero con quelle che descrivono quanto bene sta funzionando l’impianto.

L’impianto è solitamente descritto da un sistema matematico, per lo meno nominale, ovvero di come dovrebbe essere il comportamento dell’impianto. Poi
magari il comportamento reale dell’impianto è leggermente differente dal comportamento nominale.
Anche in questo caso se il comportamento è diverso dal nominale non riusciamo a sapere qual’è il vero comportamento dell’impianto altrimenti useremo
quello come nominale, ma sappiamo normalmente quali sono gli errori massimi di discostamento tra il comportamento reale da quello nominale.
Sa utilizziamo una variabile che
misuri quanto bene sta
funzionando l’impianto e che
quindi indichi l’utilità che
riusciamo ad ottenere
dall’impianto allora diventa
normale dire che quello che
vorremmo ottenere è un
comportamento che riesca a
massimizzare la nostra utilità o
equivalentemente minimizzare gli
sprechi o consumi dell’impianto.

Ad un impianto puo essere


associato un indice J di costo che
indica quanto mi costa in termini
di consumi operare con
quell’impianto. Massimizzare
l’utilità diventa quindi minimizzare
il costo legato al funzionamento
dell’impianto.
Il costo dipende da variabili Z di utilità, da variabili di controllo U, dai disturbi che agiscono sul sistema D, e in linea di massima anche dal tempo t.
In piu dipende anche dal modello dato che esistono legami molto stretti tra z,u,d legati al funzionamento dell’impianto.

Una vola che riesco a


descrivere comportamento
del sistema, che riesco a
modellare le richieste e tutte
le variabili, posso cercare di
risolvere un problema di
carattere matematico cosi
impostata: dato l’impianto e
la funzione di costo calcolare
il segnale do controllo che
rende minima la funzione di
costo.
In questa funzione all stato
minimo l’ingresso sara quindi
definito dal segnale di
controllo e l’uscita sarà anche
essa definita, una volta che
abbiamo fatto il modello
matematico. Il costo ottimo
dipende comunque dai
disturbi che non sono
controllabili.

Io voglio risolvere il problema


di ottimizzazione ma esiste un
vincolo, dato dall’impianto
relativo alla relazione tra
andamento tra variabile in
ingresso, variabile di utilità e
ingressi non manipolabili.

Inoltre l’andamento della funzione costo dipende dal disturbo e quindi non riuscendo a regolare il disturbo l’andamento deve essere ottimizzato anche in
funzione di questo.

Il problema è quindi non tanto difficil da formalizzare quanto piuttosto difficile da risolvere.
Possiamo approcciare il problema in due maniere,
una è quella che viene chiamata funzione diretta:
parto da una conoscenza iniziale del funzionamento
nominale dell’impianto, dell’indice di costo (nominale
dato che è relativo all’impianto nominale), e a partire
da questi risolvo il problema di ottimizzazione e
calcolo l’andamento ottimo della variabile di
controllo.
Devo ipotizzare un andamento del disturbo e che
l’impianto sia in comportamento uguale al nominale.
Una volta fatto questo calcolo a priori durante il
funzionamento applico l’andamento della variabile
calcolata.
Se faccio cosi la variabile che applico non dipende
da come sta effettivamente lavorando l’impianto ma
è un qualcosa deciso a priori.
È chiaro che per risolvere questo problema di
pianificazione devo ipotizzare un andamento
nominale del disturbo. Se il disturbo è diverso da
quello aspettato o se il comportamento dell’impianto
è diverso dal nominale avrò una funzione di consumo
che non sarà minimizzata. La lontananza dall’ottimo
potrebbe essere anche molto elevata.
Questo approccio di pianificazione risulta quindi
poco applicabile in termini di sicurezza.

Cosa piu sofisticata è quella di sfruttare le


informazioni disponibili, attraverso misure, di cosa
sta capitando sul mio impianto per aggiustare il
funzionamento, la variabile di controllo che voglio
applicare al fine di ottenere il consumo minimo.
In questo caso pero devo calcolare di volta in volta,
durante il funzionamento dell’impianto, l’ingresso U.
L’andamento della U(t) viene aggiornato in tempo
reale.
In questo modo è possibile adeguare il
comportamento per comportamenti che si
discostano da quelli che ipotizzavamo, sia per
disturbi, che per errori nella matematicizzazione del
modello.
Posso tenere un comportamento vicino a quello
ottimo anche se ci sono disturbi non calcolati a
priori.
Il problema è che si tratta di risolvere in tempo reale
un problema di ottimizzazione, vincolata, dinamica,
non lineare, che risulta molto complicato e risolvibile
solo in casi semplici.

Funzionamento diodo:
La corrente che scorre attraverso il diodo dipende
dalla tensione che c’è ai capi del diodo con un
andamento di tipo esponenziale.

È poi presente una resistenza di uscita.

Quindi la corrente che viene erogata dalla cella


fotovoltaica dipende dall’ irraggiamento che agisce
sulla cella, ma una parte della corrente ricircola
attraverso gli elementi interni e solo una parte viene
riportata in uscita. Quanta viene riportata in uscita
dipende dalla tensione che applichiamo ai capi della
cella.
Il sistema di controllo applica quindi un potenziale ai
capi della cella in maniera da riuscire ad assorbire
una certa corrente per estrarre una certa corrente
dalla cella fotovoltaica.
La corrente riportata in uscita è quindi in realtà data
dalla corrente generata dalla sorgente vera e
propria, funzione dell’ irraggiamento luminoso, meno
i termini di ricircolo interno. (V/R con V tensione
esterna applicata, non generata dal sole). (Sul diodo
è un termine che dipende esponenzialmente dalla
tensione V che applichiamo, attraverso un parametro che dipende dalla temperatura.

Nei grafici in rosso: corrente di uscita in funzione della tensione applicata. Se applichiamo una tensione bassa, sul diodo e sulla resistenza in parallelo non
passa corrente e la corrente di uscita coincide sostanzialmente con la corrente generata da generatore (sole). Man mano che aumentiamo la tensione ai
capi della cella c’è una parte interna di corrente che ricircola e la corrente diventa sempre piu bassa fino a diventare nulla. Se cambiamo l’irraggiamento il
livello di corrente cambia.
Al generatore non interessa pero tirare fuori la maggiore corrente possibile quanto piuttosto la maggiore potenza elettrica generata. Questa dipende dal
prodotto tra la tensione e la corrente.
In blu è riportata la potenza elettrica generata. Se la corrente è costante la potenza varia con la tensione applicata all’esterno, quindi aumento la tensione e
aumento la potenza mantenendo la corrente costante. Se aumento troppo la tensione la corrente cala e caa anche la potenza elettrica.
In realtà voglio che la cella foltaica lavori nel punto di massima potenza, andando ad applicare la tensione che fa in modo da estrarre la potenza massima.

In questo problema la variabile che misura l’utilità (Z) è la potenza di uscita.


L’indice di costo che voglio massimizzare è la potenza di uscita.
Questa è funzione dell’ irraggiamento, non facilmente misurabile e difficilmente rimane costante. Così come la temperatura, che non rimane costante quasi
mai da punto a punto. In piu le celle non sono tutte uguali e i parametri K1 e K2 sono diversi da cella a cella. In realtà quindi io non ho un buon modello
nominale che descriva il comportamento di tutte le celle in maniera esatta.

Il problema risulta pero facilmente risolvibile:


posso misurare facilmente la variabile di
interesse Z, e l’indice di costo legato molto
facilmente alla variabile Z che riesco a
misurare.

ii È
CERCOIL MASSIMO INFUNZIONE

Cambio la tensione di uscita, sulla base


DI
dell’andamento della dPu/dV. In questo modo
posso calcolare la V(t) da applicare istante per
istante.

Per ora pero non sappiamo ancora la stabilità


di questa soluzione. Ma c’è una maniera
semplice per verificare cosa succede.

Noi vogliamo che il punto di funzionamento


converga al punto in cui la potenza di uscita è
uguale alla potenza massima. Definitiamo la
nostra funzione candidata di Liapunov che
dipende dalla potenza di uscita e che ha il
punto di minimo proprio in corrispondenza
della potenza massima.
Definita positiva e che vale 0 solamente per
Pu=Pmax.

La derivata della funzione di Liapunov risulta


negativa sempre dato che Pu<Pmax e nulla
solo per Pu=Pmax.
La funzione è definita quindi negativa.

Il sistema quindi è stabile e con il passare del


tempo la Pu tende alla Pmax qualunque sia il
valore di Pmax anche se noi non lo
conosciamo.

Nel grafico il picco è dovuto ad un cambio di


irraggiamento. Cambia la caratteristica di funzionamento della
cella, ma l’algoritmo di controllo riaggiusta l’uscita in maniera tale
che la corrente aumenti e la potenza ritorni di nuovo al punto di
massimo.

La pianificazione ha un problema che se ci sono disturbi o errori


come abbiamo detto, improvvisamente il funzionamento diventa
molto distante dall’ottimo.
Se invece abbiamo una ottimizzazione in linea scopro che molto
spesso è troppo complicata da realizzare, non so risolvere il
problema.
Allora come soluzione posso scomporre il tutto in passi separati:
Il primo passo è quello di individuare delle variabili che io posso
misurare e che mi permettano di esprimere abbastanza bene
l’indice di costo se avere una dipendenza esplicita dal disturbo o
dal modello.
Ipotizzo quindi di poter approssimare la funzione di costo tramite
una funzione di costo che dipende solamente dal modello
nominale e dall’andamento di alcune variabili Y che siano
misurabili.
A questo punto posso risolvere il problema di pianificazione e capire quale è l’andamento ottimo per la variabile Y. Non vado quindi a calcolare la variabile
di controllo che risolve il problema di ottimo, ma l’andamento dell’uscita che io vorrei ottenere.
Una volta calcolato questo andamento ottimo della variabile di uscita, fuori linea, procedo progettando un sistema di controllo che in linea si preoccupa
solamente che la variabile di uscita Y non si discosti molto dall’andamento ottimo di Y calcolato in precedenza.

Facendo questa cosa otterrò comunque un errore


rispetto al comportamento ottimo.
Questo errore puo essere suddiviso in due
contributi: uno è l’errore fatto nell’ ottimizzazione, ho
approssimato la funzione ottima che mi interessava
con la funzione ottima basata solamente sulle
variabili Y.
D’altra parte poi durante il funzionamento non è
detto che l’andamento delle variabili Y di uscita sia
proprio uguale all’ottimo che ho calcolato, quindi
avrò poi un errore dovuto all’errore di inseguimento.
Se voglio risolvere il problema ho bisogno di
mantenere ragionevolmente bassi tutti e due questi
errori.

Le variabili Y da scegliere dipendono quindi da


problema a problema. Per individuarle, per capire
cosa conviene scegliere, devo essere esperto di
quel settore applicativo. Questo noi non lo
affrontiamo.

La prima parte del problema, relativo alla


pianificazione, si tratta di risolvere un problema di
ottimizzazione dinamica, non lineare e vincolata.
Devo risolvere un problema riguardante la
Gnominale e un particolare disturbo che solitamente
viene preso nullo.
È comunque un problema molto difficile, ma
facendolo fuori linea posso risolverlo in maniera piu
semplice. Magari ho dei problemi per la risoluzione
in maniera esatta. Però non abbiamo per ora
incertezze derivanti dai disturbi e dagli errori di
modello e inoltre possiamo applicare delle tecniche
di approssimazione numerica.

Per risolvere questo problema che risulta ben


ponibile ma al massimo di una complessa
computazione posso permettermi di semplificare il
modello andando ad agire sul vincolo.
Se ad esempio ho un impianto che lavora per molto
tempo in condizioni stazionarie posso basarmi su un
modello non piu dinamico ma algebrico che
descriva solamente le relazioni che ci sono tra
ingresso ed uscita a regime lasciando da parte ciò
che avviene nei transitori in buona parte.

È poi molto frequente anche il caso in cui le non


linearità che sono presenti nell’impianto sono
considerate a livello di pianificazione. Questo
permette di semplificare il problema successivo del
controllo.
Abbiamo detto che la maggior parte degli impianti
hanno funzionamento non lineare, ma anche che
nell’intorno di alcuni punti di funzionamento
possiamo approssimare il funzionamento non
lineare tramite un modello linearizzato.
Da questo punto di vista se la non linearità è una
saturazione, cioè il fatto che certe variabili devono
rimanere in certi range di valore, questo è un
problema che posso affrontare a livello di
pianificazione.
Se tengo conto di questo vincolo in pianificazione,
durante il controllo in linea, se il controllo permette
di mantenere li vicino al punto allora le
approssimazioni sono giustificate, posso ipotizzare
di utilizzare per la sintesi del controllo un modello
lineare dinamico rimanendo intorno al punto in cui la
linearizzazione è valida. Questo semplifica il
problema a valle, del controllo, che si baserà su un
funzionamento lineare.
A livello di pianificazione poi molto spesso riesco a fare del coordinamento: nella fase di pianificazione posso definire il comportamento desiderato in parti
diverse dell’impianto in maniera coordinata: ogni componente dell’impianto ha una sua determinata traiettoria. Quando andrò a fare il controllo farò
controlli separati per le varie parti dell’impianto. Il coordinamento dei movimenti non lo devo risolvere a livello di controllo ma a livello di pianificazione,
andando a calcolare a priori la somma degli andamenti e il risultato complessivo.
In fase di controllo agisco sulle singole parti. Il tutto funziona bene se ogni singola parte poi si va a comportare come in effetti avevo programmato, se gli
errori di inseguimento sono piccoli allora anche il comportamento complessivo avrà un comportamento coordinato.

Modello nominale e funzione di costo abbastanza


complicati. Fuori linea stabilisco quale deve essere
l’andamento temporale delle variabili che riesco a
misurare. Questo andamento temporale viene
mandato ad un dispositivo che durante il
funzionamento istante per istante, misurando
anche l’andamento reale delle variabili Y decide
quale è il valore da applicare in quell’istante alla
variabile di controllo ad un impianto su cui
agiscono distrurbi, ecc. ma se la relazione che c’è
tra Y(t) e Z(t) è abbastanza stretta sono in grado di
aggiustare la U(t) facendo in modo che la y(t) sia
uguale alla y(t) di riferimento e quindi minimizzo
anche gli effetti di possibili disturbi o che il modello
dell’impianto sia diverso dal nominale.

eh YD Git
Differenza retroazione con “a due gradi di libertà”:
ci sono dispostivi che permettono di misurare
facilmente l’errore ma non i valori assoluti di yr e y.
Esempio misura di una pressione assoluta o di una
pressione differenziale tramite membrana, molto
piu fattibile.

Abbiamo detto che vogliamo che l’errore e(t)


rimanga piccolo. Non è cosi scontato capire cosa
significhi piccolo.

Vediamo un esempio.

ella

Associo all'errore
i
J e t dt a Ja Se _e case
Possibilita confrontare l'errore
Potrei fare Riferimento all'errore massima

may lett
Imax s s Imax e Imaxa a esser
Altra maniera è quella di fare un integrale che però pesi in maniera diversa gli errori per tempi grandi rispetto agli errori per tempi piccoli.

Per dire che ci sono tante possibilità di valutazione degli errori, in ogni caso fisico è importante capire cosa ci interessa degli errori. Se ad esempio
consideriamo il controllo trazione di un veicolo allora interessa l’errore massimo, infatti se perdo l’aderenza in un punto la perdo per sempre e il danno è
catastrofico.
In un impianto di distillazione che controlli ad esempio la temperatura non interessa tanto il valore di picco quanto che alla lunga il valore dell’errore tendi a
0 e che quindi l’integrale sia limitato.

In u sistema lineare in generale anche l’errore risulta lineare con l’ingresso, quindi ci interessa mantenere il guadagno dell’errore basso. Dobbiamo fare in
modo che il sistema si comporti come un filtro che mantenga il guadagno dell’errore basso.

L’idea alla base è quello di specificare il


comportamento desiderato in condizioni operative
diverse. Non diamo una specifica e deve andare bene
dappertutto, ma diamo delle condizioni operative limite
e ci aspettiamo un certo comportamento dell’errore.
In particolare distingueremo tra comportamento a
regime e in transitorio.
Daremo le caratteristiche che mi aspetto sull’errore una
volta che si sono esauriti i transitori, quindi in
comportamento a regime.

Le specifiche vengono assegnate tramite 3 requisiti:


• importantissimo: il sistema di controllo sia stabile.
Tutte le grandezze che descrivono l’andamento del
sistema di controllo nel tempo devono essere
limitate: ingresso limitato- uscita limitata; variabili
interne limitate.
• Si definiscono poi le specifiche a regime: si definisce
il guadagno massimo del sistema rispetto all’errore
rispetto al funzionamento a regime. Siccome il
comportamento a regime è descritto su base
frequenziale, quello che faremo è definire la specifica
in funzione delle frequenze: quale è il guadagno massimo ammissibile ad ogni componente frequenziale
• Infine si definiscono le specifiche di transitorio, non rispetto a tutti i possibili transitori, dato che diventerebbe difficilissimo (approccio formale), ma
prenderemo dei transitori di riferimento (risposta al gradino, rampa, …) e rispetto a quell’andamento particolare definiremo le specifiche sull’errore
massimo accettabile durante il transitorio.
24 11 21
Ci siamo lasciati con il problema di come dare le specifiche per un sistema di controllo, quindi per un sistema in cui è richiesto che l’uscita di un impianto
insegua, diventi uguale, insegua con un errore entro certe specifiche, un segnale di riferimento che viene dato dall’esterno.

L’impianto potrebbe essere instabile, ma il


requisito di stabilità si applica al funzionamento
complessivo. Una parte per conto suo potrebbe
essere instabile: esempio: moto/bici instabile,
moto/bici con pilota: stabile.
Esiste uno schema in controllo in particolare che
permette di cambiare le caratteristiche di controllo
in stabilità di un impianto. Questo è lo schema di
controllo in retroazione. Uno schema di controllo in
retroazione mi permette quindi di cambiare le
caratteristiche di stabilità.
Se sono in un impianto di natura instabile devo per
forza usare un controllo in retroazione. Va detto
che se applico un sistema in retroazione ad un
impianto stabile non è detto che il sistema
complessivo rimanga stabile.
Non è sempre possible garantire che il regolatore,
preso per conto suo, sia un sistema stabile.
Può essere necessario alle volte prendere un
regolatore instabile. L’importante è che nel
complessivo il comportamento sia stabile. Va detto
che potendo scegliere, tra un regolatore stabile ed
uno instabile, va sempre preferita la prima ipotesi.

Quando rappresentiamo un sistema in forma di stato abbiamo visto che ci possono essere delle variabili di stato che non hanno influenza sull’uscita.
Oppure ci possono essere delle variabili di stato non influenzabili dall’ingresso, quindi che non intervengono nella risposta forzata. Quanto questo accade
ci sono alcune parti della dinamica, alcune delle variabili di stato, che non determinano la funzione di trasferimento, non influenzano la relazione tra
ingresso ed uscita. Sono le dinamiche nascoste. Queste possono essere stabili o instabili. Noi ipotizzaremo che tutte le volte che abbiamo un impianto
queste dinamiche nascoste instabili non ci siano. Se per caso si fossero significa che l’impianto ha delle variabili instabili che divergono e che agendo
sull’ingresso dell’impianto non abbiamo nessuna maniera per riuscire a rendere stabili queste dinamiche.
Questo significa che i modi instabili dell’impianto appariranno sempre nella funzione di trasferimento. Quindi se abbiamo dei modi instabili: autovalori della
matrice di stato che sono instabili, questi autovalori sono anche poli della funzione di trasferimento instabili e li riusciamo a vedere.

È necessario avere uno schema in retroazione per


cambiare le caratteristiche di stabilità di un
impianto dato che:
Ridiciamo che lo schema in retroazione è lo
schema in cui il regolatore elabora solamente
l’errore (differenza tra il segnale di riferimento e il
segnale di uscita), per il calcolo della variabile U.

Calcoliamo la funzione di trasferimento tra la


variabile Yr e Y come una classica funzione per un
anello di retroazione in cui a numeratore compare il
ramo diretto e a denominatore 1+ prodotto tra tutti
gli elementi dell’anello.
num
RED URI Cs hag
daes da s
Eden
In questa accezione possiamo scrivere
differentemente la funzione di trasferimento in
funzione dei numeratori e denominatori andando a
vedere subito che gli zeri della funzione di
trasferimento complessiva sono la somma degli
zeri della funzione del regolatore e dell’impianto.
Per i poli invece oltre alla somma dei poli di regolatore e di impianto si aggiungono anche gli zeri che prendono funzione dei poli. Questi poli pero
dipendono in maniera complicata dai poli di R e G, i poli non coincidono con i poli di R e G ma dipendono anche dagli zeri di R e G.

Siccome i poli sono diversi da quelli del regolatore e del impianto allora tramite il controllo in retroazione vediamo come possiamo anche avendo poli
instabili per R o G avere nel complesso un sistema complessivo stabile, se abbiamo gli zeri corretti.
L’altra possibilità che avevamo detto, alternativa alla retroazione, era il controllo ad azione diretta.

area s
HD Rassa
Yifat
Gli zeri della funzione di trasferimento complessiva sono l’unione degli zeri del regolatore e dell’impianto, coincidente con lo schema di controllo in
retroazione. Diversa è pero la questione dei poli. In questo caso, ad azione diretta, i poli del sistema complessivo sono la somma dei poli di controllo e
impianto. Quindi se uno tra controllo o impianto risulta instabile allora tutto il sistema sarà instabile. A differenza di quello che puo succedere con un
sistema in retroazione.

Passiamo alla seconda classe di specifiche. Quelle a


regime.
Facciamo qualche caso per capire.
Ho un sistema dinamico di controllo in cui inserisco un
ingresso costante e i modi che ritrovo sull’uscita sono i
modi dell’ingresso piu i modi del sistema. Se i modi del
sistema sono tutti stabili il transitorio si esaurisce e alla fine
vedo solo i modi dell’ingresso, cioè una costante. Sistema
stabile quindi uscita a valore costante.
In questo caso è semplice definire una specifica sull’errore
come il massimo valore accettabile tra lo scostamento tra
Yr a regime e la Y a regime.
Lo definiziamo in maniera percentuale dato che ragiono con
un sistema lineare di cui la Yr è un ingresso, se raddoppio il
valore della Yr a regime mi raddoppia anche il valore
dell’errore.

Quello che abbiamo bisogno è il fatto che l’errore tenda ad


un valore cosante affinché noi possiamo definire l’errore a
regime, anche se i valori specifici di Yr e Y continuano a
variare.
In questo caso diventa difficile utilizzare pero il valore di
errore percentuale dato che non ho un Yr costante rispetto a cui definire l’errore ma lo devo sempre calcolare.

esempio a
Ir E y
et
RAMPA
It terrore si stabilizza a costante dopom

Possodare unaspecificasull'errore ma
accettabile a
regime
t
t ly.lt Yt Is Cmax
Non esprimo la condizione sull’errore relativo ma la esprimo
sull’errore assoluto a regime.
MareRiesco Però anormalizzarlo dato che avrei un

427
18 o
Supponiamo adesso che il segnale di riferimento non
tenda piu ad un valore costante, ma supponiamo che si
un segnale sinusoidale con una certa pulsazione.
Se il sistema è stabile allora l’uscita una volta esauriti i
transitori sara ancora un segnale sinusoidale. Ma anche
l’errore a regime sarà un segnale sinusoidale. Tutti alla
stessa pulsazione.

In particolare se chiamiamo He(s) la funzione di


trasferimento tra Yr e l’errore allora a questa sarà
associata una certa funzione di risposta armonica
determinata da un modulo e da una fase alla
pulsazione ω.
Sappiamo che l’errore a regime sarà pari ad una
sinusoide di ampiezza pari alla sinusoide ell’ampiezza
dell’ingresso per Me: guadagno della funzione di
risposta armonica alla pulsazione ω.

Se dobbiamo definire un errore andiamo a definirlo


sull’ampiezza massima del seno

Come caso generale supponiamo di avere un generico


segnale di riferimento di cui sappiamo però che la sua
banda è compresa in un certo intervallo di pulsazione.
ω=0 significa segnale costante
Generalizzando quello che abbiamo detto prima, una
maniera per specificare l’orrore a regime ammissibile
per un sistema di controllo è quello che richiede per
ogni componente armonica presente nel riferimento un
valor massimo alla funzione di risposta armonica tra il
riferimento e l’errore a quella pulsazione.

Questo riguarda le specifiche a regime rispetto al


comportamento ad un riferimento.
Noi abbiamo detto che sul nostro impianto possono
agire sia ingressi manipolabili (U) che ingressi di
distrurbo (d). Anche questi ingressi di disturbo possono
causare una deviazione della y rispetto alla Yrif e avere
quindi effetto sull’errore.
Possiamo fare un ragionamento analogo per quanto
riguarda gli effetti del disturbo sull’errore. Molto spesso
le specifiche vengono date sul comportamento rispetto
al disturbo.
Agisco sapendo quale è la banda del disturbo e
specifico la massima ampiezza della funzione di
risposta armonica che esiste tra disturbo ed errore di
inseguimento.

Reiezione del disturbo: fare in modo che il disturbo non


influisca eccessivamente sull’errore quindi sull’uscita
rispetto quella desiderata.

Nel caso utilizzo un controllo in retroazione vado ad


inserire un dispositivo che andrà a fare la misura della
variabile di uscita. Su questo dispositivo normalmente
possono agire dei rumori di misura. Questi sono degli
ingressi del sistema e quindi possono avere degli effetti
sull’inseguimento. Vedremo che noi andremo a
progettare in modo che i disturbi che agiscono sul
sistema non abbiano grossi impatti sull’errore cosi
come eventuali rumori di misura.
Non definiremo il comportamento rispetto a tutti i
transitori ma cercheremo di definire i transitori e
caratterizzarli nei loro aspetti fondamentali: in quanto
tempo si esaurisce il transitorio; il comportamento
accettabile durante il transitorio (all’interno dei valori
che vengono aggiunti a regime, nel senso che non
sfora il range di valori che puo assumere l’uscita a
regime).
Siccome trattare tutti i possibili transitori risulta difficile
per un sistema, si analizza la condizione piu onerosa di
riferimento, solitamente un gradino in ingresso e si va a
specificare quindi l’andamento della risposta.

In figura sono mostrate dei tipi di maschera per le


specifiche sul transitorio.

Le specifiche possono essere rispetto al riferimento


che al disturbo dato che sugli errori egiscono entrambi i
contributi.

Numero
oscillazioni

Finito di capire come dare le specifiche sull’errore iniziamo ad entrare piu nel vivo dello studio del regolatori, partendo dal piu semplice ovvero quello ad
azione diretta.
Noi studieremo controllo ad azione diretta e in retroazione
in maniera separata, ma nella realtà ingegneristica per la
realizzazione di un sistema di controllo solitamente si
utilizzano strutture miste, comprensive sia di una parte ad
azione diretta che di una parte in retroazione.

La struttura di controllo ad azione diretta è molto piu


semplice di quella in retroazione. Questo non significa
che è sempre meglio utilizzare la retroazione, non bisogna
svalutare il potere dell’azione diretta. Anzi tutte le volte
che posso risolvere un problema con un qualche cosa di
sempliceè meglio preferire questa soluzione.

1
conosco conosco la versione
maritale

inaresso e traseimpianto
ysipereseDa e
da astiosiconrelativa Ftrase
d s Gds
schematriamo SISTEMA COMEi
gsp a R Gls
SetPoint

Noi Faremo IL PROGETTO IN CHE


G Greerimento
MODO
Isp
IN CUI Risulta

Isp e Aegis Ye
definisce il comportamento che vorremmo avere datato il
sistema complessivo
In questo modo riesco a dare delle proprietà specifiche aggiuntive alla Yr in funzione della Ysp che semplificano la trattazione ma sono comunque
veritiere. Riusciamo a creare dei legami piu diretti. Permette di arrivare alla definizione del regolatore.

In questo modo riusciamo a dare delle specifiche complessive al sistema (tempo di assestamento, errore residuo, caratteristiche del transitorio,…)
Se AD esempio chiedo DATO UN Segnale di Seaport che varia A Gradino
VOGLIO UN TEMPO DI ASSESTAMENTO AL 5 S 6secondi e che La

Risposta Non ABBIA SovraeLongazione Posso determinare ma Gea s

1st
o Te 5 S 6s

o S go t

Guadagno 1 possibilesoluzione
2s e a as to sa o

Potrebbeessereche ci siamo
Police zeri incomme tra
CONTROLLO e IMPIANTO

Posso cancellare ZeriMen'ImpiantoTramite


Poi nel Regolatore oviceversa

L'AccettabilitàOMeno DiAvesta operazione


Dipende Noiandiamo in arresto Modo A
Creare Delle DinamicheInterne che non
si vedono in aegis

aujt
l'accettabilitàdipende dachetipo di Poli
a mamma
Della stabilità divergenza interna__problema sucomponenti rottura
Risultato è che se l’impianto è instabile un sistema di controllo
ad azione diretta non puo essere utilizzato.

o Altrocaso
SUPPONIAMO IMPIANTO
CONZERO A PARTEReale Positiva
Zero A FaseNonMinima
Possiamocancellarlo da Gea s

Me Dovremmousare unpocoinstabileNel
Regolatore

Non Posso cancellare Zeri a ParteRealePositiva


DALL'IMPIANTO
delregolatore È
RICORDIAMOCHE DANNO UNDERSHOOT
Nella Risposta
Al GRADINO

µ a aaaa aaaa aaaa a aaaa aaaa


Nella risposta al gradino ricordiamo che il grado relativo è pari all’ordine della prima derivata diversa da 0. Sistema a grado relativo 0: se applico un
gradino l’uscita è discontinua: y(0)<>0. Con g.r.=1 y(0)=0 ma y’(0)<>0;… misura quando velocemente l’ingresso in uenza l’uscita. Piu è alto piu è
di cile pilotare il sistema.
L'INFLUENZA Deldisturbo sull errore
Se mi trovo in un impianto in cui l’effetto del disturbo è
quello di darmi un errore superiore alle specifiche, io
non posso utilizzare uno schema ad azione diretta.
Se invece ho un sistema in cui l’effetto del disturbo mi µ
fa rimanere all’interno delle specifiche posso utilizzare
uno schema ad azione diretta.

Cosa succede se l’impianto reale non si comporta


come la schematizzazione nominale?
Per capire cosa succede bisogna vedere quanto la
funzione di trasferimento reale è diversa da quella
nominale.
Questa differenza si esprime normalmente in due
maniere: additiva e moltiplicativa.

aDeterminareAaanonsemplice
eMisurola funzionedirispostaarmoniaaGreely Ala GuaiDam
perviasperimentale gg
o sivantail comportamentoRealecambiandoacariParametri

paesana sectLuan
tassare
Possiamo

Parametro

Gnam
It Dam

Giu 4 Guai Gea


g Gsp
i Dam heq.gs 1 Dam
p
gr
fossestatafiltrata dauna
gtgrcome
funzione
diTrasferimento 1 Dam

e s Dam Erroredi Modena


yr
È legato all’andamento della Yr o equivalente della
Ysp.
Alla fine l’errore di trasferimento finale è proprio identico all’errore del modello, cioè questo controllo ad azione diretta da un errore di comportamento
proprio uguale all’errore del modello. Errore piccolo effetto piccolo, errore grande effetto grande.
Come facciamo a definire errore piccolo o grande ? In funzione del modulo della funzione di risposta armonica. In particolare noi vogliamo che l’errore di
modello sia piccolo ma in particolare ci interessa non per tutti i valori della pulsazione ω possibili, ma per i valori legati alle Y che andremo a trattare o
equivalentemente alle pulsazioni che andremo ad utilizzare nell’ingresso Ysp di cui pero abbiamo gia filtrato attraverso la Geq.
Se ho un modello equivalente con banda passante tra 0 e 50Hz allora voglio che il modello sia preciso nella approssimazione al modello reale tra 0 e 50Hz,
se non è preciso a 150Hz non interessa nessuno perché tanto l’errore sarà piccolo.
vediamo avance esercizio

Motore A CorrenteContinua AMagneti Permanenti


In un motore a corrente continua la coppia viene generata perché c’è
interazione tra due campi magnetici uno dei due è generato da un
magnete permanente ed è quindi costante, e l’altro campo magnetico
che interagisce è generato da una corrente che passa attraverso un
avvolgimento, quindi un certo numero di spire.
Per ottenere coppia questi due circuiti devono essere perpendicolari
tra di loro in termini di spire equivalenti. Quello generato dai magneti
permanenti è sempre nella stessa posizione, sullo statore. Quello sul
rotore si muove. L’alimentazione di questo è fornita dall’esterno
tramite due punti fissi che sono connessi al circuito tramite due
spazzole. Quindi nonostante il rotore si muova esiste una MmA
commutazione da un punto di contatto ad un altro per cui alla fine la
corrente gira sempre nello stesso verso e la spira equivalente risulta
sempre orientata nella stessa posizione, nonostante il motore giri.
Questo è il vantaggio costruttivo del motore a corrente continua. Ci sono problemi per il contatto delle spazzole, che strisciando si possono usurare nel
tempo e la commutazione puo dare luogo a scintillii, deterioramento, …

Ciononostante i motori a corrente continua a magneti permamenti sono utilizzati tuttora perché la loro generazione di coppia risulta molto semplice:

Equazione meccanica:

Ju h alt Kia t G t
diff
Dice che l’accelerazione angolare è data dalla somma delle coppie applicate: queste ultime sono una coppia di tipo attiro che dipende dalla velocità
Una coppia generata dal motore derivata dal prodotto tra una costante che dipende dal campo magnetico generato dai magneti permanenti (costante),
h.nl
moltiplicata per la corrente che scorre nel circuito del rotore. Infinite c’è la coppia resistente che è quella applicata all’albero.

D’altra parte il valore della corrente che scorre nel circuito è derivata dall’altra equazione che si spiega dicendo che
Il circuito fondamentalmente è una induttanza (un avvolgimento di rotore) che risulta quindi caratterizzato da una induttanza e da una resistenza.

L.de tD R ialD vlt K.wCt


L’induttanza per la derivata della corrente è uguale alla somma delle tensioni applicate: tensione applicata dall’esterno
poi c’è la caduta resistiva sul circuito e
poi una tensione indotta dovuta al fatto che la spira si sta muovendo dentro il campo magnetico e cambiando la sua posizione tende a cambiare il flusso
del campo magnetico che si concatena con la spira e questo induce una tensione ai capi della spira che è proporzionale a questa variazione di flusso
concatenato che è tanto piu grande quanto è piu grande la velocità. Il tutto quindi è uguale ad una costante di campo magnetico per la velocità ω.

se voglio ma We Isao rpm costante devo applicare ma vs costante

Voglio che il motore vada a lavorare in uncerto punto di funzionamento convariabilituttecostanti in


funzione delTempo di
quindi un punto equilibrio

impongo animai
diat 0 e ditt 0 e sostituisco wit con Boorpm e rails

Da li ult K l'alt G o ricavo ialt Sostituisco in a e Ricavo Vlt


a L.de tD R ialD vCt K.wCt

b Su h ult Kia t GE
diff
G d
o so
Liff so

b _a
iae G Weg da e veg K'veg R
G veg veg K
RG Weg

G 0,5 Mui ing Due


prendo veg pari a quella ricavata nel punto precedente Impongo come prima
duffso e

0 G 0,5Mm
diff e in aggiunta

Facendo i conti in con veg Isoradio s Veg 150 0,1 2,3 21 9 V


Ogg
R iae 21,9 idee the weq.gg
f
Kiweg

King a weg o 0,1 l'acq e002Weg 0,5

0,1 23 0,002 Weg 21,9 23 0,5

Weg Fi 23 radIs
Ci possiamo aspettare che rispetto a prima la corrente sia piu grande dato che deve vincere la coppia resistente oltre alla coppia di attrito presente.

Piu grande di circa 5A perché ho una coppia resistente di 0,5 e una costante di coppia di 0,1

Parto da una velocità nulla, applico una tensione pari ai 21,9V e la corrente cresce e il motore accelera. Quando il motore arriva a regime la corrente
dovrebbe essere abbastanza bassa perché serve solamente a compensare la coppia di attrito. Vogliamo pero sapere quale è il valore massimo raggiunto
dalla corrente in questo transitorio.

Una possibilità di operare è: fare la trasformata delle equazioni, fare la trasformata dell’ingresso, moltiplichiamo e antitrasformiamo il loro prodotto per
trovare la risposta. In pratica calcoliamo la funzione di trasferimento che c’è tra tensione e corrente, in assenza di coppia resistente quindi andiamo a
calcolare la risposta rispetto ad un gradino.

FUNZIONE
DI TRASFERIMENTO TRA INGRESSO E CORRENTE avendo G o

L.de tD R ialD vCt K.wCt

È su due b alt Kian GE


TRASFORMATA Di a LS R in s U s K Wes

Tras Di b Juste W s Rials Cf Ws K Ials


Just h
Il str Eats s
Klisfais

L str Ka Tacs Vis


Juste
Suis h
Egg C STR K Juste Ls R K
Suis e
SOSTITUIAMO I VALORI NUMERICI Nella FUNZIONE DI TRASFERIMENTO

Poi S t 0,002
10 3 S 0,002 0,005 5 2,3 0,001

Zeri 1 Z 2

Poi 2 CALCOLO CON MATLAB E 6,409 Pa 45,6


Poi e Zeri Reali Sist 2 Ordine 2Poli 1Zero o Risposta Al GRADINO

X X O a
Uss 6,4 2

Zero ALLA Destra Di Entrambi iPoli Risposta Al Gradino con


SOVRACLONGAZIONE

it massimo

a
semifimereane I

Per calcolare il valore massimo:


Metodo lungo: prendo la funzione di trasferimento, la moltiplico per la trasformata dell’ingresso (trasformata del gradino: 21,9/s), calcolare la trasformata di
uscita e andare a vedere quale è il valore massimo della risposta temporale.
Metodo alternativo: c’è una maniera per approssimare il risultato: la risposta è determinata da 3 modi: modo dell’ingresso (la costante) e i due modi
introdotti dal sistema: un modo temporale lento con costante di tempo 1/6,4; e uno con costante di tempo 1/455 (dopo circa 6ms quel transitorio è
esaurito e rimane la risposta di un sistema del primo ordine con zero in -2 e polo in -6,4.
Possiamo quindi approssimare la risposta come

In pratica non consideriamo un sistema del secondo ordine che si esaurisce e


diventa del primo ordine da 6ms in poi ma consideriamo direttamente un sistema
del primo ordine per l’intervallo anche da 0 a 6ms. Quindi un sistema che risulta
avere andamento di smorzamento esponenziale con valore di intercetta che sarà
leggermente maggiore del valore della sovraelongazione.

SIST 10ORDINE ACD


LISI LI

glo Slimto S Ms

Ms
4g
line Ms d
glo Soto E
LE E L 3,2
t.gg s
G
L'intercetta SARA L volte ilvalore Di Regime 3,2 21,9 0 Bt
Alla fine della scorsa lezione stavamo vedendo un esercizio riguardante un motore elettrico in corrente continua. 29 11 21
Avevamo gia affrontato i primi 3 punti dell’esercizio.

Il meccanismo per progettare un controllo ad azione diretta era prendere una funzione di trasferimento di riferimento e imporre che l’insieme impianto +
controllore si comporti come la funzione di trasferimento scelta.
In realtà non è cosi facile perché potremmo pensare di impostare una situazione tipo con ingresso al controllare pari all’uscita da ottenere dall’impianto.
Questo pero comporterebbe una funzione del controllore pari all’inverso della funzione dell’impianto, quindi una funzione a grado relativo minore di 0 che è
impossibile da realizzare.

Vincolo da tenere in considerazione è quindi che la funzione da scegliere deve avere almeno lo stesso grado relativo dell’impianto.

L’esercizio richiede una risposta in corrente senza sovraelongazione. Dobbiamo quindi prendere una funzione di trasferimento che ci dica come deve
essere l’andamento della corrente.
Per avere la risposta nel piu breve tempo possibile dobbiamo riuscire ad arrivare al valor massimo della corrente compatibile nel minor tempo possibile, al
valore di regime nel minore tempo possibile.

Cosa significa nel piu breve tempo possibile senza avere sovraelongazione?

È fattibile come un controllo ad azione diretta?


Si: l’azione diretta abbiamo visto non si puo usare quando o abbiamo un impianto instabile, non è questo il caso, oppure se c’è uno zero a parte reale
positiva che deve rimanere nella funzione che prendiamo come riferimento, in questo caso, nella funzione di trasferimento della corrente, abbiamo uno
zero e due poli tutti reali negativi.

Dobbiamo quindi scegliere una funzione di trasferimento.


No elongazione, veloce al massimo, almeno lo stesso grado relativo dell’impianto, quindi almeno una funzione del primo ordine con assenza di zeri ed un
unico polo.

res res fà
Grif s

Prima cosa dovrebbe essere scegliere il valore di μ e poi scegliere il valore di τ.

Il piu velocemente possibile significa che a livello teorico piu τ diventa piccolo, piu il transitorio diventa veloce. Vorremmo quasi avere τ=0 ma non
saremmo piu in un sistema del 1° ordine.

In realtà quindi non esiste un valore di τ che mi renda il transitorio piu veloce possibile. Quale potrebbe essere un valore di τ che quindi abbia un senso?

Consideriamo la funzione G dell’impianto:

Ci
gatti
Grif s
Esf
La risposta di questo sistema non ha mai sovraelongazione qualunque sia il valore di τ.

Primo valore di tentativo potrebbe essere prendere come costante di tempo della Grif la costante di tempo associata al polo veloce della Gi(s) (1/455,6)

Questo signi ca che alla ne la corrente arriverà al suo valore di regime dopo i 2ms
To I
45,6
Per quanto riguarda μ:
Avendo calcolato quale è il valore di v(t) che vogliamo ottenere e quale è il valore della corrente a regime i(t) vogliamo scegliere v(t) in modo che ci porti
tramite l’impianto ad avere il valore della corrente di regime che vogliamo ottenere.

Il guadagno della funzione del regolatore dovrebbe essere quindi il valore del guadagno della funzione di trasferimento dell’impianto in maniera tale che a
regime il valore della corrente sia lo stesso. Quindi in realtà questo μ deve essere tale per cui quando applico 21,9V la corrente arrivi a 3A. Esattamente la
stessa situazione di prima.

µ Gi o o componente in continua A Regime

Grifo
GRAFICANDO

Calcolata la Grif dobbiamo trovare come deve essere fatto il nostro regolatore:

R Gi Grif o RCS Grif Gi

Ette
ftp.g
e
I II aneto
Il regolatore si nota avere un certo k costante e come 0 il polo dell’impianto che voglio cancellare e come polo lo zero dell’impianto che voglio cancellare.

Se abbasso la τ della Grif noto che ottengo una sovraelongazione sulla tensione del sistema nel suo complesso, inoltre il controllore, sempre con grado
relativo nullo risulta avere due poli e due zeri distinti. Se volessi avere il transitorio sempre piu corto andrei a chiedere una tensione superiore a quella di
regime e quindi dovrei sovradimensionare il generatore per avere un transitorio che cambia di molto molto poco. Cosa poco sensata.
Se sul motore inizia ad agire una coppia resistente la
risposta diventa uguale a quella che avevamo calcolato
senza il controllore dato che il controllore non puo fare nulla
contro i disturbi.

Per andare a calcolare il segnale da applicare all’impianto il controllo utilizza il valore


dell’errore: differenza tra il segnale di riferimento e il segnale misurato.

La tematica è piu complicata del controllo ad azione diretta.

Supponiamo di avere un impianto come quello in figura, che possiamo ipotizzare


come una vettura, che vogliamo controllare in termini di velocità, accelerazione, …

L’attuatore è il dispositivo fisico che genera gli ingressi da applicare all’impianto, ad


esempio il motore dell’autovettura.

Il controllo in retroazione va utilizzato quando ci sono il luce dei disturbi che agiscono
sull’impianto.
Mettiamo in luce due particolari disturbi: uno che va ad influenzare direttamente
l’uscita dell’impianto e un secondo disturbo che
concettualmente va ad influenzare l’uscita sull’attuatore.
Ad esempio diciamo al motore di applicare 50Nm di coppia e
in realtà ne vengono fuori 52Nm. Questa deviazione è un
disturbo che agisce direttamente sull’ingresso all’impianto.
Questa è solo una schematizzazione, potrebbe essere che il
disturbo agisca in qualche punto interno al sistema.

Il regolatore va a calcolare il valore che voglio applicare


sull’attuatore.
Il regolatore calcola andando ad elaborare un errore in
particolare una differenza tra la variabile in uscita che
vogliamo ottenere e l’uscita misurata.
Ora però va tenuto conto che se devo misurare una variabile
ho bisogno di un dispositivo, un sensore.
Questo sensore, come tutte le cose, non è infinitamente
preciso, ed è normalmente caratterizzato da un
comportamento, una sua funzione di trasferimento che
supponiamo lineare.
Come tutti i dispositivi che generano un segnale,
potenzialmente su questa uscita puo agire un disturbo che
mettiamo in evidenza come disturbo di misura.
I disturbi maggiori derivano da componenti di natura
elettromagnetica e sono presenti ad alta frequenza.

L’uscita del sensore non è uguale alla variabile misurata dato che viene filtrata dalla funzione di trasferimento del sensore dinamico.
Se io voglio confrontare quindi quantità congruenti tra di loro devo filtrare anche il riferimento con una dinamica che è esattamente uguale a quella del
sensore. Così che quando queste due uscite (riferiemento e uscita del sensore) saranno uguali come segnali nel tempo, allora anche i due ingressi saranno
uguali tra di loro.
Per far le cose giuste quindi il riferimento dovrebbe essere filtrato da una funzione di trasferimento che copia esattamente la funzione del sensore.
Se ipotizzo il sensore come ideale allora la misura corrisponde esattamente alla variabile che voglio misurare e posso usare direttamente il riferimento.
Applicando l’algebra degli schemi a blocchi posso
spostare l’effetto del disturbo sull’uscita dell’attuatore
dall’ingresso del sistema all’uscita del sistema.
Spostando un blocco sommatore a valle dovrò andare
a moltiplicare il nuovo ramo di disturbo per la funzione
di trasferimento dell’impianto (G) prima di sommarlo.
Questo però sposta fino ad un certo punto dato che il
disturbo rimane sconosciuto, quindi anche il disturbo
moltiplicato per G(s) sara sconosciuto.

I due disturbi prima e dopo G(s) non sono comunque


g
uguali. Se per esempio G(s) è instabile il disturbo puo
passare da limitato in valore a divergente. Che quindi
risulta molto pericoloso.

Metto assieme in questo modo impianto e attuatore.

Contemporaneamente sposto il disturbo sul sensore a


valle del sensore stesso T(s). Spostandolo a monte
devo dividere il disturbo per T(s).

A questo punto sposto la T(s) presente teoricamente


sul ramo ad anello a valle del blocco sommatore e va
quindi a finire moltiplicata per il regolatore. Per fare
questo però devo anche dividere il primo blocco T(s)
per appunto T(s).

Mi ritrovo quindi alla fine con un blocco equivalente in


cui ho come disturbo che agisce alla fine dell’impianto
la somma di tutti i disturbi.

L’impianto che devo controllare è in realtà fatto


dall’insieme dell’attuatore e l’impianto originario.

Il regolatore dovrebbe essere invece l’insieme del


regolatore e del sensore.

Se faccio cosi poi prendo l’ingresso del disturbo n(t) e


lo sposto a valle del nodo sommatore.
Questo lo posso fare essendo la somma commutativa,
e lo faccio perché nello schema che ottengo c’è un
punto che rappresenta esplicitamente quale è l’errore
tra il riferimento che io do e l’uscita vera dell’impianto.
Molto utile dato che le specifiche che devo soddisfare
sono date in termini di errori.

Alla fine abbiamo ottenuto uno schema di controllo in


retroazione, sapendo però che quando facciamo il
progetto finale del regolatore, quello che capita va
riportato poi sullo schema piu generale.

Solitamente è sempre cosi, non è detto


pero che sia sempre cosi al 100%. Noi
prendiamo questo come scenario di
riferimento.

Vedremo che la cosa fondamentale è che


le componenti del riferimento e le
componenti legate ai disturbi di misura
abbiano spettri separati.
Lo schema è caratterizzato da avere 3 ingressi
indipendenti.
Il riferimento e i due disturbi.
Poi molte altre sono le variabili di interesse.

3 variabili di ingresso con 3 variabili di uscita.

Abbiamo presupposto il nostro sistema, quindi tutte le


funzioni che lo caratterizzano, di tipo lineare.
Su un sistema lineare vale il principio di sovrapposizione
degli effetti.
Quindi ogni variabile di ingresso agisce su ogni variabile di
uscita in una maniera che è indipendente dagli altri
ingressi.
Ci sarà una funzione di trasferimento tra ogni ingresso con
ogni uscita.
Potenzialmente quindi tutto il sistema in retroazione è
descritto da 9 funzioni di trasferimento.

s Gwyls als Gdg s ds Gag s ns

Es
Uld
Vedremo pero in realtà che molte delle 9 funzioni di trasferimento sono uguali.
Tecnicamente possiamo calcolarle tutte ad esempio calcoliamo la funzione di trasferimento che esiste tra l’ingresso W e l’uscita Y.
Vale il principio di sovrapposizione degli effetti: metto gli altri ingressi a 0 e calcolo dal diagramma a blocchi la funzione di trasferimento:
Anello di retroazione: ramo diretto diviso 1+ (retroazione negativa) funzione di anello.

RG
Guy I TRG

Gn RG
g I T RG

Gue
AIR4
Gde E
I RG

e Gne RG
1 RG

Gwa R
1 RG
Come si puo vedere sostanzialmente sono 3 le
funzioni che ballano e piu o meno si ripetono e
sono le funzioni di sensitività.

Gne

Guy
Determina Gli
ANDAMENTI si a
variabiledelcontrollo

Il comportamento del sistema dipende dalle


funzioni di sensitività. Le quali dipendono
congiuntamente da G e R in prodotto. Tranne
che in Q che compare anche R da solo.

Altra cosa è che i denominatori di queste


funzioni di sensitività sono tutti uguali. Questo
significa che i denominatori delle funzioni di
trasferimento hanno tutti gli stessi poli.
Quindi o sono tutte stabili o sono tutte instabili.

Abbiamo detto che lo schema in retroazione lo


utilizziamo quando siamo in presenza di
disturbi perché ci permette di eliminare il suo
effetto e riportare l’uscita al riferimento.
Cosa dovrei fare per cancellare l’effetto che il
disturbo ha sull’uscita?
Vado a vedere la funzione di trasferimento tra
disturbo e uscita (S) e quindi andare ad
annullarla.
Questo è il desiderio.
Se invece volessi cancellare l’effetto del
rumore di misura sull’uscita o sull’errore dovrei
andare ad annullare la funzione di sensitività
complementare (F).
Risulta pero sempre che la somma di S e F fa
1. Quindi non posso ottenere
contemporaneamente F=0 e S=0.
Se volessi che l’uscita Y sia esattamente
uguale al riferimento W dovremmo avere
F(s)=1 che quindi non sarebbe nulla e quindi
non possiamo contemporaneamente avere
F=0 e F=1.

Va pero detto che F è una funzione di s.


La funzione di risposta armonica F(jω) dice
quale è la risposta rispetto al disturbo e
rispetto al riferimento o rispetto all’errore di
misura. Se il rumore di misura ha componenti frequenziali diverse dalle componenti frequenziali che ha il riferimento allora potrei pensare di avere S=0 alle
componenti frequenziali del disturbo del riferimento e fare F=0 alle componenti frequenziali del rumore di misura. È fondamentale quindi che le componenti
dell’errore di misura e del riferimento siano spettralmente separate tra di loro come detto prima. Così come quelle del disturbo e dell’errore di misura.
1 12 21
Oggi vediamo uno strumento in particolare che ci permette di analizzare il
comportamento di un sistema di controllo in retroazione.

schema Di riferimento
non sonosegnati erroredimisura edisturbi

r e_Recife a
sette Y

Descrizione del sistema TRAMITE FunzioniDiSensitività


Le 3 funzioni di trasferimento condividono tutte
5 F sensitività
ftp.T
lo stesso denominatore quindi sono o tutte
stabili o tutte instabili.

FG F sensitività
ftp.f s
complementare

G sensitività del controllo


gffj.fi
ABBIAMO Detto Funzione di Amelia a s RG
Loop

schematizziano la Retroazione in
maniera Diversa e
MOLTIPLICHIAMO
Rea e mettiamo
in evidenza la costante di
TRASFERIMENTO GUADAGNO K

in questomodoRisulta

ess
Itf
Fist
Quello che vogliamo fare ora è capire cosa
succede al sistema al variare del parametro “k”
e lasciando inalterato tutto il resto. In
particolare noi andiamo a vedere cosa succede alla stabilità del sistema in retroazione.

Abbiamo detto che la stabiliità è un requisito che risulta dover essere sempre presente: tutti i sistemi durante il loro funzionamento devono essere stabili. I
poli della funzione di sensitività devono quindi essere tutti a parte reale negativa. Questi poli sono la soluzione dell’equazione

I K CS O o Equazione caratteristica
Teniamo presente che se in maniera intuitiva pensassimo a come deve essere fatto un sistema in retroazione allora la prima risposta che verrebbe in
mente sarebbe: il regolatore è qualche cosa che regola la variabile di controllo all’errore di regolazione, quindi piu è alto l’errore di regolazione e piu deve
essere alta la variabile di controllo. Quindi dipendenza lineare della variabile di controllo con l’errore di regolazione. In piu pero se voglio che l’errore sia
basso allora la dipendenza lineare, espressa con “k” tale che “u=k*e” vorremmo tenere il “k” piu alto possibile in modo da poter ottenere la stessa azione
di controllo con un errore piu piccolo.
Questo è vero: per ottenere piccoli valori dell’errore a regime bisogna riuscire a lavorare con valori di “k” sufficientemente elevati.

Detto quindi come vorremmo avere questo parametro che esprime il guadagno dobbiamo andare a vedere che cosa succede alla stabilità di questo
sistema quando aumentiamo il guadagno ?

con Us
Iggy a kl.IE sgifjytigsistemaatiusonreraa

se K O x Dts O ipoli di Fes sono Glistessi di s

Poi del sistemachiusoin Retroazione PoiFunzione Di


Anello

se K e 0 Ms O iPoliDelsistemacausa in Retroazione tendono a coincidere


con Gli zeri dellafunzione di Arecco
i APPROFONDIAMO
LA Questione

L esiste Il Vincolo Per cui il GRADO di DS Grado di NG


G Quindi se h grado Dts
m na
In em
grado

grado relativo O valido per qualunque funzione di trasferimento chedescrive un sistema


reale

cerco le sanzioni sei g Caratteristica Ds KN s O

Il Numero Di soluzioni è Pari Al Grado Del Polinomio che è Pari A 4 GradoMaxPrese

Questo valido per cani valore di K


e se però K O sanzioni dell Ea car DC O o n sanzioni

o se invece K e co sanzioni dell Ea CAR Ms O m soluzioni


o
Dove trovo le Rimanenti h m sanzioni
si può dimostrare che le altre n m sanzioni non possono assumere alcun valore
FINO e animai Tendono Acc infinito
al variare Di K Le sanzioni
SI SPOSTANOCONCONTINUITÀ

Luogo Delle Radici UNA


FIGURA Geometrica Disegnata
SUL PIANO COSTITUITA DA 4
Rami larve camera bene
quali Rappresenta l'unione dei puntiche sono soluzione del eq.CA Erioc Al variare
di K
Per sua proprietà il luogo delle radici risulta sempre simmetrico rispetto l’asse reale. Questo perchè le soluzioni dell’equazione caratteristica o sono valori
completamente reali o sono valori complessi coniugati per un determinato valore di “k”.

Siccome andare a calcolare le varie soluzioni dell’equazione caratteristica che risultano essere sempre polinomi di grado elevato e soprattutto con k
variabile risulta molto dispendioso in termini analitici esistono delle regole abbastanza semplici che permettono di tracciare in maniera grafica il luogo delle
radici.

TRACCIARE IL LUOGO Delle RADICI Potrebbe essere UNA DOMANDA D'esame


Le regole sono semplici vanno pero applicate. È importante che il luogo sia simmetrico rispetto l’asse reale ad esempio.

ciascunRamo
corrisponde ad unPocosecca sistemadi
Erezione ameno
di ameno

ko pococoincise con Poco

a ameno cariramo haorigine da


Fugge
unPalo da sistemaadameneaperto
Per k che tende ad infinito ciascuno dei
rami puo fare due cose: o tende ad uno
zero della funzione ad anello aperto
oppure va all’inifinito, diverge.

Sappiamo che il numero di rami che vanno


a finire sugli zeri è pari al numero di zeri
della funzione ad anello e quindi il numero
rami che tende ad inifinito è pari ad “n-m”
che è il grado relativo della funzione ad
anello.

r
I poli o gli zeri della funzione di anello possono essere reali o complessi coniugati. Quindi un punto dell’asse reale appartiene al luogo geometrico se si
lasca alla sua destra un numero dispari di singolarità. Mi posso limitare a considerare le singolarità reali. Se ho un polo/zero complesso ho anche il suo
complesso coniugato, quindi vanno sempre a multipli di 2, non cambiano quindi la condizioni di pari o dispari.
V.
I rami che vanno all’inifinito, in numero quindi pari
al grado relativo, ci vanno lungo alcuni asintoti.
Questi asintoti partono tutti a un punto dell’asse
reale (punto di diramazione).
La coordinata di questo punto sull’asse reale è la
formula: 1/gradorelativo * (somma dei poli funzione
di anello - somma zeri funzione di anello).

VI.
Gli asintoti che descrivono come i poli vanno ad
infinito dividono il piano complesso in settori
uguali:
Se ho 3 asintoti questi dividono il piano complesso
in settori di 120°l’uno con vertice in comune nel
punto di diramazione degli asintoti.

VII.
Se ho una funzione con grado relativo strettamente
maggiore di 1 allora i poli del sistema chiuso in
retroazione variano al variare di “k” ma la loro
somma rimane costante.
In particolare si individua un punto dell’asse reale che costituisce il “baricentro” dell’asse reale e non si sposta. Ha come coordinata 1/num.poli *
somma.poli.

sisi arioso IO K si
Esempio

gf
s In Reana
A g

1sonopocoarresiowiamente Reale

Luogo Delle Radici

avidi sono i puntidell'asseReale che


APPARTENGONO ALLuogo

grifa
NUMERO DISPARIDi singolarità

Ho gia tracciato un ramo arresi


Ho già tracciato il luogodelle radici i
Pao
I poli saranno poli reali con valore piu piccoli di P al variare di K.
Sistema che in questo caso ha 1 polo per ogni valore di K.

Nessuno dei poli va a finire sugli zeri della funzione ad anello dato che questa non ha zeri nel nostro esempio.

Quanti poli vanno ad infinito ?


1 che è pari al grado relativo. Ed in effetti abbiamo un polo che va ad infinito nel nostro esempio. Ci va lungo un asintoto che è disposto sull’asse reale.
esempio Cs a pois e zero e
gr
Possibilità
jpg
1 PI Pa Reali A
2 Pi Pa Compl carica

iii
si lasciamo a DESTRAUnNumero Di
SINGOLARITÀ Dispari è
Pe
LACURVA TRA Z e Pa Può essereun Ramo
del luogo bene radici

AL VARIARE Di K Il Ramo Ha origine da


un Palo della Funzione ad anello e Finisce
su uno Zero della Funzione AD ANELLO
Pa Z
Allo stesso modo la curva a sinistra di P1 è un ramo del luogo delle radici che parte dal polo P1 e se ne va all’infinito lungo l’asintoto che in questo caso è
l’asse reale negativo.

Potrei avere un luogo delle radici con un solo asintoto in questo caso un ramo completamente verticale?
Non puo essere verticale perché avrei un ramo del luogo delle radici che va all’inifinito lungo questo asintoto ma se non c’è la parte sotto significa che il
luogo non è simmetrico rispetto l’asse reale.

Con lo stesso ragionamento non puo essere neanche obliquo a meno che non ce ne siano 2 che siano simmetrici rispetto l’asse reale.

Puo essere l’asse reale positivo ?


No perché muovendosi sull’asse reale positivo prima o poi andremo a finire alla destra di tutte le singolarità di L(s) quindi significa che alla destra non sono
rimaste piu singolarità, quindi non un numero dispari, quindi li non puo esserci il ramo.

E Punti Dell'Asse Reale e luogoRadici


si lasciamo a DESTRAUNNUMERO DI
SINGOLARITÀ Dispari
PoiPer RPiccole
il tratto tra i due Poli è un Ramo
Me Parte da unPelo MA Nonfinisce
a
ai g
a

Il tratto a sx si z puòessereun ramo Pireneso instabile


Me Non Parte Da NessunPoco 51
Sappiamo pero che al tendere di K all’infinito un polo andrà a finire sullo zero
sistemastabile
L’altro ramo tenderà all’infinito, però lungo l’asse reale.

Il luogo disegnato quindi non puo essere l’intero luogo, mancano dei pezzi che non si troveranno sull’asse reale. I rami si incontreranno in un punto e poi
proseguiranno fuori dall’asse reale

s 5 6
Sta
e Poi sistema ameno chiuso

sti s a K STG _O
S K 3 s 6K 4 O

AMANTICAMENTE S B K TENTATI
Difficili da vedere le sanzioni Al variare di K
Sistemi con grado relativo 1:
Il luogo delle radici ha sempre un solo
asintoto che è costituito dall’asse reale
negativo.

Sistemi con gr. 2:


2 asintoti. Dividono il piano in due
semipiani. Non possono essere
orizzontali dato che l’asse reale positivo
abbiamo detto non poter essere mai un
asintoti.
Non possono nemmeno essere obliqui
gli asintoti perché altrimenti non
sarebbero simmetrici rispetto l’asse
reale.

Sistemi con gr. 3:


Ho 3 asintoti. Dividono il piano in settori
uguali, quindi a 120° l’uno. Siccome il
luogo deve essere simmetrico almeno
un asintoto deve essere sull’asse reale.
Per quanto detto prima puo stare solo
sull’asse reale negativo.
Come si vede con un sistema con grado
relativo 3 all’aumentare di k il sistema
diventa per forza di cose instabile dato
che mentre il polo reale diventa sempre piu negativo i complessi coniugati diventano sempre piu positivi per mantenere la somma dei poli costante.
Non posso aumentare sempre il K per diminuire l’errore.
Questo per quanto riguarda i poli che tendono all’inifinito.
Se avessimo invece uno zero ne semipiano destro, allora significa che anche in questo caso dopo un certo K avremo instabilità del polo. Questo perchè
some abbiamo visto possiamo dire che gli zeri funzionano come attrattori dei poli all’aumentare di K.
I
teff
ESEMPIO

Mo Rama Non Finisce in uno Zero

ive rami devono andareall'infinitosecondo


ASINTEI Verticali PenaNON simmetria

ORIGINANO DA TRAMITEREGOLA qq.yyfja.gg a

g
ng gasa

EQ S PI S K O
In Onesto caso CARATTERISTICA
pa
S pe pa S Pipa K O

ETEIEPIET
ACRET SIPiff
Come si spostano i poli rispetto l’asintoto ?
Sappiamo che devono, al variare di K, mantenere la loro somma costante. Quindi dovrà essere che rimangono esattamente sugli asintoti che diventano
quindi i rami del luogo delle radici.
nota con K o o sanzioni

Con KI __ SOMMA SempreUguale A Pe Pa


Poi anche quando Dio
e si Hanno concessiconiugaticome Poi

Esempio LCD
Efffeggi
PuntiAsse Reale E LuogoRadici
LADX NUMERO DISPARI DI SINGOLARITA
Tratto O
Parte DA un Poco e Finisce su unozero agiti
arnesi è UN Ramo

Tratto X X NORAMO serve


Assetato verticale

messa ma
verticali

iRamiQuindi Si incontrano in un punto tra X X e Poivanno Ad 0 Lungo Gli


Asino
La somma Dei Poli è costante dato che oltre ai complessiconiugati si considera
Anche il Polo Reale tra Oex e
j
La sua ascissa G e nei complessi coniugati i
PROVARE A FARE

Abbiamo detto che il luogo delle radici è uno strumento che permette di stabilire come variano i poli di un sistema in retroazione al variare del parametro
“k” sapendo quali sono i poli e gli zeri della funzione di anello.

Questo è sicuramente vero. Ma non è tutta la verità. Vista in un altra maniera il luogo delle radici è uno strumento che permette di capire come variano le
radici di un’equazione

DC R Ns o con D e M Pannoni Generici

Per esempio

E una come variano i peli di als a


sostenete variare di S

5 2 8 un s Una _o


DE e tff a

Poi funzione ameno Radici Di DCS


azerifunzione ameno Radici di Ncs
X
Pe E sat Wu o se un
s o
f
a O
E 2mn s o o s o

Punti asse Reale e cuoco


G Lasciano A DX NoDispari Di Singolarità
X
luogo 2 Rami che Partono da X e vannoverso 0
e e a
Abbiamo visto il luogo delle radici. Ora continuiamo ad approfondire la tematica riguardante la
stabilità dei sistemi in retroazione.

U2 seosserviamo DalPuntoDivista
Di Us Ga RamoDiretto RamoDiretto
Gr Ramo Retroazione
Si nota che andando a vedere punti di
vista differenti i denominatori rimangono
sempre uguali e a numeratore appaiono
varie combinazioni.

Se per caso tra G1 e G2 esiste una


cancellazione di un polo della G1 con un ramo retroazione
polo della G2 o viceversa. È se questa
cancellazione è su un polo/zero instabile
allora almeno una delle 4 funzioni di
trasferimento diventa instabile.

Se per esempio considero LA FTrase

Gi 42 61 ha
1 47 API

I
a
stà
a a
Iiii a

1 61.42 h
di.dz aI

GIF
non compare esplicitamente
difetti
polo sp
perche hofatto ma semplificazione
Inrealtàperò loritrova in questa funzione di Trasferimento

che è caratteristica dellanello in retroazione


Se in una funzione di sensitività compare una cancellazione polo-zero, ne esiste almeno un’altra in cui quella cancellazione non compare. Questo è un
altro motivo per cui non possiamo cancellare un polo instabile con uno zero instabile in un sistema in retroazione. Questo perchè almeno una delle 4
funzioni di sensitività continua sempre a mantenere il polo instabile.
Così come non era possibile in un sistema ad azione diretta.

1 4 Ga o
noceseccaradici
in Fase Di Progetto Nonconosco
AD esempio h de

IL CRITERIO NONDA INDICAZIONI Su come scegliere Il Regolatore Al Fine DiAvere un sistemastabile


D’altra parte però sappiamo che la stabilità del
sistema in retroazione non è legata in maniera
semplice alla stabilità delle funzioni di
trasferimento singole.
Cambiando un semplice parametro “k” un
sistema in retroazione puo diventare stabile o
instabile a seconda del valore che questo “k”
assume.

Noi vorremmo invece un metodo che permette


di dire se un sistema chiuso in retroazione è
stabile semplicemente guardando le singole
funzioni di trasferimento. In particolare
guardando solamente e direttamente la
funzione di anello G1*G2 o equivalente nella
sintesi di un sistema di controllo: R*G.

Guardare la stabilità tramite le funzioni di


sensitività è difficile, quindi cerchiamo un
metodo per guardare la stabilità attraverso la
funzione di anello.

In particolare il sistema chiuso in retroazione è


stabile se le soluzioni dell’equazione
caratteristica a fianco sono tutte a parte reale
negativa.

L’equazione caratteristica ha a denominatore il denominatore della funzione di anello. La funzione di anello è stabile se il denominatore ha soluzioni tutte a
parte reale negativa. Il sistema chiuso in retroazione è stabile se invece il numeratore dell’equazione caratteristica ha radici tutte a parte reale negativa.

I polinomi HURWITZ sono quelli che hanno radici a parte reale tutti negativi.
Andiamo a vedere il criterio di stabilità tramite l’analisi della
funzione di anello. In particolare andremo ad analizzare la
funzione di risposta armonica associata alla funzione di
anello L(jω).

CURVA: in campo complesso una curva è una funzione che


va da un intervallo reale a valori in campo complesso.

sostegnodella
curva
a

X 0 2k e con 810 coso gSing


CURVA PERCORSA IN Senso ANTIORARIO

t'Io hit con d 9 coso gseno stessosostegno dellacurva ma la


circonferenzaviene percorsa duevolte

8 8
t cos20
gsin 29 percorsa
0 24 4 anche stessosostegno con circonf
_a con qui
due volte

8 e 8 sono la stessa curva percorrono lostesso sostegno lostesso numero divolte


CURVA SI DICE Semplice se NON si INTERSECA con se stessa

curva si dice chiusa se A XB con XIA B


Se non abbiamo una curva semplice ma abbiamo una curva che si interseca in piu punti, allora questa curva divide il piano in piu componenti, tutte
connesse di cui sempre una e una sola rimane illimitata.

Per ogni punto del piano che non appartiene al sostegno della curva sono in grado di definire una funzione

una proiezione

no
1180 pl
p

NORMA
igno
AL VARIARE Di O il vettore si sposta su una circonferenza centrata in P

Non è dettoche ilvettore compia l'intera circonferenza Dipende dalla posizione di P


e dal sostegno della cerva
Si dice “INDICE DI ROTAZIONE DELLA CURVA RISPETTO A UN PUNTO” fondamentalmente il numero di giri che la proiezione fa sulla circonferenza
contati in maniera positiva se sono in senso antiorario e negativa in senso orario.
Ha valori interi e vale 0 per i punti esterni alla curva.
In tutti i punti contenuti entro una determinata regione limitata ha lo stesso valore.

res PolinomioPeresprimere casogenerale

ai araboNon arabo Den


Nello sviluppo in fratti semplici per ogni polo, la
costante che compare nel termini e che ha al
denominatore (s-polo) al primo grado si chiama
residuo associato al polo.
Si dimostra che se andiamo a fare l’integrale sul
supporto di una curva chiusa della f(s) dove f è
qualunque funzione in campo complesso. Questo
integrale *1/2πi è uguale alla somma dei residui funzione Hasanpoisempliciche
associati ai poli moltiplicato ognuno per l’indice di corrispondono aiPolie
rotazione che la curva fa intorno al polo. zerisi f

esempio FG ste
s 37 5 5

avanti sono i Pali Di f 4 Pe 3 meco I

Pa 5 Noi 3

Zeri 2 21 1 con Molt 2

l'D 2 Istitttesttstaates
Gaggggggga
__ con Singolarità IN 1 3 5

I
GIgfjdsdhd
btdthdtdsd.fi
I IIIIIIstadttestata
singolarità che sono Poli semplici in corrispondenza deiPoli e zeri di FG

Inoltre se vado a considerare gli zeri della f. Allora il residuo associato a questa singolarità è proprio dato dalla molteplicità dello zero.
Mentre per ogni polo il residuo è pari all’inverso dell’ordine del polo

fig jfresino
lo
dello zero pari alla molteplicità che
zero HA in FG
se del Polo cambiosegno
Applicando l’integrale curvilineo non piu a
f ma al rapporto f’/f quindi.
Avevamo detto che l’integrale di una
certa funzione lungo la curva è pari alla
somma dei residui moltiplicati per l’indice
di rotazione.
Ora conosciamo i residui, che sono
l’ordine della molteplicità dello zero
moltiplicati per l’indice di rotazione della
curva intorno allo zero il tutto meno
l’ordine di molteplicità del polo per
l’indice di rotazione della curva intorno al
polo.

In realtà se la curva è semplice allora


l’indice di rotazione vale zero se la
singolarità sta fuori o vale 1 se la
singolarità sta dentro (se giro in senso
antiorario. Se giro in senso orario e sto
dentro vale -1).

Se voglio calcolare l’integrale, posso


definire un’altra curva chiusa che è pari
alla composizione della curva di partenza
per f. Allora l’integrale per sostituzione è
uguale all’integrale intorno alla seconda
curva della funzione 1/z. Una funzione razionale che ha una unica singolarità in zero con residuo 1.
Quindi l’integrale è uguale a quante volte la curva γ gira intorno all’origine.
È

Ii fi
Emolto è z single l'palpi

Posso calcolare anche prendendo e applico FG


Gg
L'IMMAGINE è sicuramente una curva chiusa

RISULTA PARI A QUANTE Volte la cera


III
GIRA INTORNO ALL Origine

FA E
ff E
de
Ii tifoso è f f isola
6112121
Ci siamo lasciati sul risultato del principio dell’argomento per cui possiamo calcolare quale è il numero di singolarità (poli e zeri) contenute in una certa
regione di piano andando a vedere come diventa l’immagine della curva che racchiude la regione di piano attraverso la funzione che stiamo analizzando.
Questa sarà un’altra curva e il numero di poli e zeri è
legata al numero di rotazioni che la seconda curva fa
intorno all’origine.

Andiamo a vedere cosa ci permette di fare questo


principio dell’argomento.

Consideriamo una particolare regione di piano


racchiusa all’interno di una curva.

Ricordiamo che noi siamo interessati alla stabilità di


un sistema chiuso in retroazione.
Sappiamo che questo sarà instabile se ci sono dei
poli nel semipiano destro.
La nostra regione di piano da racchiudere in teoria
sarebbe il semipiano destro.
Per farlo ci inventiamo quello che viene chiamato
percorso di Nyquist.

Inizialmente costruiamo una curva chiusa che


racchiude essenzialmente una semicirconferenza.
Di cui il diametro è quello sull’asse immaginario ed è
presente un semicerchio contenuto nel semipiano
destro.
La regione di piano è quindi racchiuda da un primo segmento verso l’alto; una semicirconferenza; un segmento che va a chiudere la semicirconferenza.

La curva è definita in valori la cui immagine risulta una parte sull’asse immaginario (i*ω con ω compreso tra -R e R). È dalla semicirconferenza espressa
come notazione di numero complesso esponenziale.
R eicala Rn

In realtà noi siamo interessati a tutto il semipiano destro. Quindi per racchiuderlo dobbiamo fare andare il raggio della semicirconferenza all’inifinito.
In questo modo il percorso di Nyquist si sviluppa lungo tutto l’asse immaginario e lo racchiude con una semicirconferenza.

Questa curva, per quando applicheremo il principio dell’argomento, viene percorsa in senso orario. Quindi dovremo tenere conto dell’ inversione di segno.

Consideriamo quindi una funzione f generica


che non abbia poli sul percorso di Nyquist,
quindi sul cammino, non ha poli
fondamentalmente sull’asse immaginario, e tale
che se faccio il limite per s che tende all’infinito
della funzione ottengo un numero finito. Questo
capita sempre se il grado relativo della nostra f,
funzione razionale, è maggiore di 0.

Per applicare il principio dell’argomento


chiamiamo diagramma di Nyquist la curva che
si ottiene facendo l’immagine del percorso di
Nyquist secondo la nostra funzione f. In
particolare quando R tende ad inifinito.
Per ogni γR ho un diagramma, quando faccio
tendere su questi diagrammi R all’infinito
ottengo il diagramma di Nyquist Γ.
In particolare ottengo che ΓR è una curva
chiusa per ogni valore di R dato che è
l’immagine di una curva chiusa secondo una
funzione che non ha poli lungo la curva su cui
la stiamo valutando. Quindi l’immagine definita
per tutti i i punti che stanno su ΓR e questi
valori non possono andare all’infinito.

Quando R tende all’infinito in realtà l’immagine di tutti i punti che stanno all’infinito corrispondono con il limite di s che tende all’inifinito che abbiamo detto
esistere finito e pari al valore λ.

Quindi in realtà di tutta la semicirconferenza quando la semicirconferenza tende all’infinito è solamente un punto λ che coincide con il valore a cui tende la
curva sull’asse immaginario, quando vado all’inifinito sull’asse immaginario.

Quindi anche il limite che tende all’infinito del diagramma di Nyquist è una curva chiusa. Ottenuta in realtà come immagine dell’asse immaginario. Cioè se
faccio solo l’immagine dell’asse immaginario questo comprende gia tutto il diagramma di Nyquist.
Questo perchè l’immagine di una semicirconferenza all’infinito è un punto che gia sta in quella curva.

Inoltre se la funzione f(s) che sto considerando è la trasformata di un segnale reale quindi è a coefficienti reali. Sappiamo che se vado a calcolare la
funzione nel punto coniugato in un certo valore ottengo lo stesso valore della funzione cambiato di segno.
Per calcolare quindi tutta l’immagine dell’asse immaginario mi è sufficiente fare tutta l’immagine dell’asse immaginario positivo e poi prendere quello e
ribaltarlo rispetto all’asse reale.

Fca
sina.tv
quisti
o
I Fist
NoiNon Dobbiamo sapere
comeTRACCIARE IMMEDIATAMENTE
conw o o Figu i Origine
UNAbaramma DiMaoistData
LA Fls
Vediamo ora come
studiare la stabilità
tramite il diagramma di
Nyquist.
Parto dall’equazione
caratteristica.
Al denominatore abbiamo
i poli della funzione di
anello, mentre al
numeratore abbiamo i
poli delle funzioni di
sensitività.
Per essere stabile il
sistema chiuso in
retroazione deve avere i
poli delle funzioni di
sensitività tutti HURWITZ
Quindi la nostra
equazione caratteristica
non deve avere zeri nel
semipiano destro. Ma
non deve avere neanche
zeri sull’asse immaginario
perché esistono degli
ingressi limitati che fanno
divergere l’uscita.

Quindi per la stabilità del


sistema in retroazione il
numero di zeri
dell’equazione caratteristica a parte reale positiva o nulla deve essere zero.

Andiamo ad applicare il principio dell’argomento alla funzione che definisce l’equazione caratteristica considerando il percorso di Nyquist come bordo del
semipiano destro.

Se il diagramma di Nyquist che ottengo passa per l’origine il principio dell’argomento non si puo applicare perché passa per il punto in cui devo andare a
vedere il numero di rotazioni. Ma se il diagramma di Nyquist passa per l’origine significa che c’è un valore di jω per cui la caratteristica è nulla quindi
significa che ho uno zero della funzione sull’asse immaginario e quello gia permette di dire che il sistema non è stabile.

Se invece il diagramma di Nyquist non passa per l’origine allora possiamo sapere quale è il numero dei poli del sistema chiuso in retroazione quindi quale
è il numero degli zeri dell’ eq. caratteristica compresi nel semipiano destro.
Questa è l’informazione che stiamo cercando.
Perché posso saperlo? Perché so che la differenza tra il numero di zeri e di poli è uguale al numero di rotazione che il diagramma fa intorno all’origine, ma
il numero di poli lo conosco come numero di poli di L(s) quindi per differenza ricavo il numero di zeri.
Ipotiziamo quindi per il momento che la funzione
di anello non abbia poli sull’asse immaginario.
Altrimenti faccio fatica a calcolare il diagramma
di Nyquist dato che ci sono alcuni valori
dell’asse immaginario per cui la L(jω) non è
definita.
Lasciando fuori questo caso risulta che
l’immagine del percorso di N risulta
effettivamente un curva chiusa.

Supponiamo poi che la funzione di anello


ammetta limite e come limite si abbia un numero
finito ma differente da -1.
Questo perchè :

seLis a 1 1 Us so
Quindi avrei il diagramma che passa per
l’origine.
Condizione che risulta sempre verificata ogni
volta che si ha un grado relativo non negativo.

Supponiamo poi che la nostra funzione di anello


abbiamo un certo numero di poli a parte reale
positiva pari a P.

La funzione di retroazione: andiamo a calcolare il numero di poli nel semipiano destro della funzione di retroazione che sono il numero degli zeri
dell’equazione caratteristica e lo chiamiamo Z. Corrispondente al numero di poli delle funzioni di sensitività a parte reale positiva.

Per il principio dell’argomento la differenza tra Z e P e pari al numero di rotazioni è uguale all’indice di rotazione di 1+L(s) intorno all’origine.
È presente un - perché percorriamo il diagramma di Nyquist in senso orario invece che in senso antiorario.

In realtà io posso fare il diagramma di Nyquist di 1+L(s) oppure semplicemente della L(s). La differenza sta nel fatto che il primo è traslato rispetto all’altro
di 1 a destra.
Il numero di rotazione che 1+L(s) fa intorno all’origine è pari al numero di rotazioni che L(s) fa intorno al punto -1. Noi procederemo facendo il diagramma
della L(s) e calcolelermo il numero di rotazioni che il diagramma fa rispetto al punto -1.

Il sistema chiuso in retroazione è stabile quando Z=0 e traslato.


Questo significa che un sistema in retroazione con funzione di anello L(jω) è stabile se e solo se il diagramma di Nyquist della funzione di anello (L(jω))
compie un numero di rotazioni antiorarie intorno al punto -1 pari al numero di poli a parte reale positivi della funzione di anello.

Se poi la nostra funzione di anello non


ha poli a parte reale positiva (P=0) il
sistema chiuso in retroazione sara
stabile se e solo se il diagramma di
Nyquist della L(jω) non circonda il
punto -1.

2reazioniintornoa
e
I
2 Poiinstabili
Caso particolare: se la funzione di anello ha il
modulo che è inferiore a 1 per ogni valore di ω e
se è stabile allora il suo diagramma di Nyquist
sara contenuto tutto dentro al cerchio unitario e
non puo circondare il punto -1. Il sistema chiuso
in retroazione ha un numero di poli instabili pari
a quelli del sistema ad anello aperto che pero è
stabile quindi è stabile anche il sistema chiuso in
retroazione.

Condizione sulla fase:


Supponiamo di sapere per esempio che la
funzione di anello ha una fase sempre positiva o
nulla. Quindi il diagramma di Nyquist è
stemperare compreso nel semipiano destro.
Quindi non puo circondare il punto -1, quindi
Z=P e se la funzione di anello è stabile per conto
suo sarà stabile anche quando viene chiusa in
retroazione.

È molto semplice tracciare il diagramma di


Nyquist qualitativo. Così come tracciare i
diagrammi di Bode. Tra questi due tipi c’è una
relazione stretta dato che entrambi sono diagrammi che descrivono l’andamento di una certa funzione. I diagrammi di bode sono due diagrammi separati
che descrivono separatamente modulo e fase in funzione di ω. Il diagramma di Nyquist è il diagramma che si ottiene dalla L(jω) ed è una curva
parametrizzata rispetto al valore di ω.
In realtà quindi sono due diagrammi dello stesso oggetto e devono avere una stretta relazione tra di loro.

Il criterio di Nyquist è un criterio molto potente che si applica in tutte le condizioni e funziona sempre. Continua pero ad essere ancora un po’ complicato
da utilizzare per la progettazione.

Andiamo quindi ad esporre due criteri che sono piu semplici e sono basati sui diagrammi di Bode piuttosto che sui diagrammi di Nyquisti e sono duali: uno
fa riferimento all’andamento dell’ampiezza e uno all’andamento della fase.

Questi criteri pero non si applicano sempre,


ma solo in un sottoinsieme di casi, ma quando
si possono applicare sono estremamente
semplici.

Vediamo le ipotesi per applicare questi criteri.


Immaginiamo di avere delle funzioni di anello
stabili (P=0).
Supponiamo poi che la costante di
avesteuna
trasferimento (costante di guadagno μ) della
funzione di anello sia >0. t gse
Conviene sempre lavorare con funzioni di
trasferimento che abbiano costanti di
guadagno positive.
Sulla terza ipotesi ritorniamo.

Sotto queste ipotesi il sistema in retroazione è


stabile se il diagramma di Nyquist non
circonda il punto critico, come gia detto.
Siccome abbiamo detto che la costante di
guadagno della L è positivo allora il
diagramma di Nyquist ha origine o sull’asse
reale positivo oppure potrebbe essere che
g=1 e che ci sia un polo nell’origine. In questo
ultimo caso quando s tende a 0 il diagramma
di Nyquist non ha origine sull’asse reale ma
sul 3 o 4 quadrante.

Inoltre se quando ω tende ad infinito il modulo della L(jω) diventa piu piccolo di 1 allora il diagramma di Nyquist va a finire all’interno del cerchio unitario.

Con un diagramma di questa forma posso capire se il diagramma circonda o meno il punto -1 andando a vedere l’intersezione del diagramma con la
circonferenza di raggio unitario. Se il diagramma entra nel cerchio unitario prima di aver attraversato l’asse reale allora significa che non puo circondare il
punto -1.

Come trovo il punto in cui il diagramma di Nyquist interseca la circonferenza ?


Intersecare la circonferenza significa che il modulo di L(jω)=1. In cui 1=0db
Se ho un diagramma di bode che per pulsazioni
minori di una certa pulsazione che chiameremo
pulsazione di attraversamento dicono che il
modulo è maggiore di 0db e per valori piu grandi di
quesa pulsazione di attraversamento il modulo di
L(jω) è piu piccolo di 0db. Con ωc il valore per cui
L(jω)=0db.
Allora questa pulsazione di attraversamento e
questa condizione la posso andare a guardare sul
diagramma di bode dell’ampiezza.
Questo è il valore di ω per cui il diagramma di
Nyquist inteserca la circonferenza unitaria.

Ora posso prendere questo valore di ωc nel


diagramma delle fasi.

Andiamo a vedere alla pulsazione ωc quanto vale


la fase. La fase è l’angolo convesso che il pinto di
intersezione tra il diagramma di Nyquist e la
circonferenza unitaria forma con l’asse reale
positivo.
Se questa fase è compresa tra 0 e -π allora il punto
di intersezione deve avvenire nei quadranti 3 o 4,
quindi il sistema chiuso in retroazione è stabile.
Se invece la fase è piu piccola di -π allora il
sistema chiuso in retroazione è instabile (quadrante
2).

Si chiama margine di fase della funzione di anello


di quanto la fase valutata in ωc è piu grande del
valore critico -180°. Se è piu grande di -180° il
margine di fase è positivo e il sistema chiuso in
retroazione sarà stabile.
Se il valore è piu piccolo di -180° allora il margine
di fase sarà negativo e il sistema chiuso in
retroazione sarà instabile.
Quindi il margine di fase rappresenta la distanza
del diagramma delle fasi, valutato alla pulsazione
ωc dal valore -180°.

Il primo criterio di stabilità di Bode:


Il sistema con funzione di anello stabile, chiuso in retroazione è stabile se e solo se ha margine di fase positivo.

Si puo applicare sempre questo criterio di Bode?

Supponiamo di aver una funzione di anello il cui diagramma delle ampiezze è quello in figura.

Quanto vale la pulsazione di attraversamento in questo


caso ?
In teoria ce ne sono tante candidate.
Qui il criterio di bode non si applica.
O meglio dovrei de nire tante varie situazioni in cui applicare
il teorema in ciascuna di esse. La cosa sarebbe tanto

im
complicata da risultare conveniente applicare il criterio di
Nyquist.

Se la pulsazione di attraversamento è unica invece le cose


diventano semplicissime.

Applichiamo quindi il criterio di Bode a quelle funzioni ad


anello che hanno un unico valore della ω per cui il modulo
della L(jω)=1
Un secondo caso:
Supponiamo che la nostra funzione di anello abbia
un diagramma delle fasi fatto come a fianco.
Questo in particolare presenta un solo punto in cui
attraversa il valore -180°.

Se andiamo a considerare il nostro diagramma di


Nyquist. i
Dire che la funzione di anello ha un solo valore
della ω per cui la fase diventa -180° significa dire
che il diagramma attraversa il semiasse reale
negativo in un solo punto.

Un sistema chiuso in retroazione è stabile o no in


questa situazione?
Devo calcolare se il diagramma racchiude o meno
il punto -1.
In particolare se questo punto di intersezione con
l’asse è alla destre di -1 (>-1) non lo racchiude.
Altrimenti lo racchiude.

Come calcoliamo la distanza tra il punto di


intersezione con l’asse e l’origine degli assi?
Vado a fare il diagramma delle fasi; scopro quale è
il valore di ω per cui a fase vale -180° e poi
andiamo a vedere quanto vale la L(jω) per ω=π.
Questo lo andiamo a leggere sul diagramma delle
ampiezze per la pulsazione di ωπ

Se questo valore in ampiezza è piu piccolo di 1


(0db) allora il sistema chiuso in retroazione è
stabile.
Se invece il valore è piu grande di 1 allora il
sistema chiuso in retroazione è instabile.
Questa quantità si chiama margine di ampiezza.
In realtà per questi criteri di Bode, almeno quello basato sull’ampiezza è presente anche un spiegazione intuitiva.

les
y
g

r sin upt con wa pulsazione di 180

Se all'ingresso di Us meno sin Wat e inuscitaavrà un'Altra sinusoide con Ampiezza

MODIFICATA Stessa Pulsazione Fase dipendente dallosfasamento introdotto da s

sin wa t Y
g
Lasinusoide inuscita è esattamente in controfase rispetto alla sinusoide in ingresso

Quando la vado a rimettere men ameno Avendo Retroazionenegativa eterne chesonno

diventa esattamente in Fase con il Riferimento MA CON UNA Ampiezza differente

Quindi se il Guadagno alla pulsazione Wit s 1 0dB la sinusoide che sanno


HA UNA Ampiezza Dell Ampiezza in ingresso

Questa SOMMA ENTRA IL G edesce ancora maggiore acome è entrata inampiezza

Più Giri E l'anello Più la Alla Fine Qualunque sia l'ingresso l'uscita diverge
y diverse
e

Se Invece L'Ampiezza in usata è PiùPiccola Del'Ampiezza in ingresso Allora la somma

tende a diventare una sinusoide di amiezza pari a

serie Di infinititermini che converge Ad unnumero


I I I t
I I Finito

LaSinusoide In Uscita Converge AdUNAAmpiezza Si PiùGrande Ma Finita

oPeril marcire Di Fase il Discorso è speculare


vedo qual'è il valore Percui il GUADAGNO èuguale A 1 e vado a vedere Di Quanto E
SFASATA LAsinusoide di uscita
Se è sfasata Di 1800 o DiPiù Quando si SOMMA si RIAMPLIFICA Se è esattamente in
CONTROFASE RADDOPPIA
Si potrebbe pensare che i due indicatori di margine di fase e di ampiezza non solo esprimano se un sistema è stabile o meno in retroazione. Ma siano
anche in grado di dire quanto un sistema è stabile o meno.
Sono portato a pensare che una funzione ad anello che ha un margine di fase di 100° sia piu stabile come sistema rispetto ad un altro sistema che magri
ha come margine di fase solamente 10°.
Questo ha un minimo di fondamento ma è fuorviante. Perché ? Vediamo un esempio per il margine di ampiezza.

IlIgual A
Funzione Di anello con
Remove DIAGRAMMA DI
AMPIEZZA

teepee
Margine di ampiezza so
g casa pag saga

20dB

supponiamo di Modificare s moltiplicandola pera K

K s o il diagramma diBase delle ampiezze di K gu a diagramma si Llyw traslatoverso


l'alto Di K

la traslazione massima che possiamo fare rimanendo stabili è Pari al margine di Ampiezza
Il margine di ampiezza rappresenta quindi la massima variazione di guadagno tollerabile sulla L(s) prima che il sistema diventi instabile.
Questo a patto che l’incertezza non cambi la ωπ cioè che il diagramma delle fasi rimanga lo stesso.
Se il diagramma delle fasi cambia, cambia anche il valore di ωπ e il discorso non vale piu.

e SUPPONIAMO ORA Di Avere Un DIAGRAMMA DelleFasi

anime di se
sistema in Retroazionestabile
arguto e

Wi

à
Fist
Ragionando allo stesso modo di prima risulta che il margine di fase rappresenta la massima incertezza sulla fase che possiamo tollerare sulla funzione di
anello senza che cambi il diagramma delle ampiezze, dato che se cambia il diagramma delle ampiezze poi cambia la ωc

Lis 5 We 1 E vadis con Matlab


Istia
incertezza che potrebbe modificare la fase senzacambiare il diagramma delle ampiezze

SUPPONIAMO LA Presenza di un ritardo di Tsecondi


s
es esf.ets
Diagrammi Base Di L s Per Diagramma Delle Ampiezze Diagrammi uguali tra lls el'es
letti sul e

8
arg l g
PERDIAGRAMMA Delle Fasi
argilla arg
e

il margine di fase del sistema case in retroazionecon l'Cs è Più piccolo di

Quello con s DI UNA QUANTITÀ TW IN Particolare T.ec dato che la

Wc è RimastaLa Medesima Ampiezze NON CAMBIAMO

sistema stabile two e Mf Te


stoffa
FINTANTO are
MI
Te e 92s

Non è vero che margini di fase elevati o margini di ampiezza elevati implichino che un sistema sia molto stabile. Vediamolo in un diagramma di Nyquist.

ÈI
IEEE
Eason
instabilità
La volta scorsa abbiamo trattato della stabilità dei sistemi in retroazione. 13 12 21
In particolare poter stabilire se un sistema in retroazione è stabile o meno andando ad analizzare la funzione di anello e non direttamente le funzioni di
sensitività.
È chiaro che un sistema è stabile se tutti i poli della funzione di sensitività sono a parte reale negativa.
Andando a vedere la funzione di anello invece andiamo ad affrontare il discorso della stabilità con il criterio di Nyquist, basato sul numero di rotazioni che il
diagramma di Nyquist fa intorno al punto -1.
Da qui abbiamo anche ricavato due criteri piu semplici da applicare che sono i criteri di Bode. Uno basato sul margine di fase e uno sul margine di
ampiezza.
Per il criterio basato sul margine di fase abbiamo visto si identifica una pulsazione detta di attraversamento ωc che è la pulsazione per cui il modulo della
L(jωc)=1
Da li si va a vedere di quanto la fase è piu grande di -180° e tale differenza si va a definire come margine di fase. Il sistema risulta stabile se il margine di
fase è positivo.

Analogamente abbiamo parlato del margine di ampiezza andando ad identificare la pulsazione di -180° come quella per cui l’argomento della L(jω)=-180° e
siamo andati a veder quale è il valore del guadagno del modulo della L(jω) alla pulsazione di -180°.
L’inverso di questo guadagno o questo guadagno cambiato di segno nel caso lo esprimessimo in dB, lo abbiamo definito il margine di ampiezza.

Quando andremo a progettare il controllore è molto piu semplice progettarlo in


modo da far si che la funzione di anello abbia certi comportamenti piuttosto che
la funzione di sensitività. Questa perchè la relazione tra funzione di anello e
controllore è molto diretta.

Risolto il problema della stabilità vorremmo capire come sono legate le


proprietà delle funzioni di sensitività a quelle della funzione di anello. In modo
che se vogliamo soddisfare alcune specifiche sul comportamento del sistema in
retroazione. Specifiche che come vedremo vengono date in termini di errore,
quindi legate alle funzioni di sensitività, vorremo capire come una modifica della
funzione di anello influisce sulle funzioni di sensitività, quindi sull’errore.
Al fine di giudicare se un sistema in retroazione soddisfa o meno le specifiche
guardando direttamente la funzione di anello.

Per fare questo dobbiamo identificare che relazione c’è tra la funzione di
sensitività e di anello.

Le funzioni di sensitività ripetiamo averne


definite 3: complementare, sensitività,
sensitività del controllo.
La complementare lega direttamente
l’ingresso di riferimento all’uscita y.
La bontà dell’inseguimento, quanto il
segnale di uscita è uguale al riferimento, è
descritta dalla funzione di sensitività
complementare

Abbiamo detto che se vogliamo che


l’errore sia abbastanza piccolo, uno dei
requisiti è tenere la funzione di sensitività
complementare circa uguale a 1, almeno
per le pulsazioni ω per cui sono presenti
delle componenti frequenziali nel
riferimento. Ovviamente se il riferimento
non ha componenti frequenziali ad una
certa frequenza è inutile richiedere che la
T(jω) sia uguale ad 1 per quella ω tanto in
uscita non ci sarà quella pulsazione.

D’altra parte invece per quanto riguarda la capacità di un sistema in retroazione di essere robusto rispetto ai disturbi, quello che noi vogliamo è che
l’effetto dei disturbi sull’errore di inseguimento sia piccolo, inferiore alle specifiche. Questa relazione tra disturbo ed errore è descritta dalla funzione di
sensitività, per quanto riguarda i disturbi che agiscono direttamente sull’uscita.
sia
Él
In realtà se volessi far riferimento in uno schema in retroazione a un potenziale disturbo che agisce sull’ingresso dell’impianto, e vado a vedere che
relazione c’è tra il disturbo in ingresso e l’errore di inseguimento, la funzione di trasferimento è :

ce ro toh a
p
E ÉÈSIFUD SENSITIVITÀ Mimare
se

www.eqa
e
mmj
a ad a
0ft
II IMI È
Se vogliamo avere errori piccoli a fronte di disturbi che agiscono sull’impianto, dobbiamo fare in modo che la funzione di sensitività assuma valori bassi
almeno alle componenti frequenziali per cui il disturbo che agisce sull’impianto ha delle componenti.
Dobbiamo quindi tenere d’occhio funzione di sensitività complementare T(s) e S(s).

Quando abbiamo definito il comportamento di un sistema abbiamo detto che un sistema si comporta bene, fa passare solamente un certo insieme di
componenti frequenziali e abbiamo definito la banda passante di un sistema come quell’intervallo in cui sono presenti sull’uscita le componenti
frequenziali che si hanno in ingresso, non attenuate o attenute di poco.
In particolare abbiamo dato come definizione di banda passante l’intervallo di frequenze per cui il valore della funzione di trasferimento si discosta di al
massimo 1/(2)^0.5 o equivalentemente +-3dB rispetto al massimo valore del diagramma di Bode.

Potremmo specifica questo concetto in particolare per le funzioni di sensitività, solo che qui di ingressi ne abbiamo 2: l’ingresso di riferimento e l’ingresso
di disturbo.
Da punto di vista dell’inseguimento del riferimento, noi vorremmo che la T(jω) fosse =1 quindi risulta abbastanza natura specificare come banda passante
quei valori di pulsazione per cui il modulo della T(jω) risulta >= 1/(2)^0,5 o equivalentemente è +-3dB rispetto al valore 1.
Se invece lo guardo dal punto di vista dei disturbi, in realtà quello che io voglio ottenere è il fatto che le componenti siano attenuate. La banda utile risulta
quindi l’intervallo di frequenze in cui i disturbi vengono attenuati. Da questo punto di vista la banda passante rispetto ai disturbi in cui il sistema funziona
bene, sono quelle pulsazioni per cui la S(jω) attenua, quindi risulta piu piccola di 1/(2)^0,5.
Sono quindi due definizioni in qualche maniera duali l’una rispetto all’altra. In realtà in queste due definizioni non coincidono le due bande, in particolare
posso avere una banda rispetto ai riferimenti, quindi un intervallo di frequenze per cui i riferimenti sono inseguiti bene e una banda rispetto ai disturbi,
quindi una banda in cui i disturbi vengono attenuati.

Fatte queste premesse l’obiettivo è di dedurre


alcune conclusioni sulle proprietà sia statiche
che dinamiche, quindi a regime e durante i
transitori, del sistema in retroazione,
guardando direttamente la funzione di anello.
Se riusciamo a legare le caratteristiche di
funzionamento del sistema in retroazione alla
funzione di anello, sara poi piu semplice
progettare il regolatore per riuscire ad imporre
certe caratteristiche alla funzione di anello.

In pratica invece di imporre specifiche alle


funzioni di sensitività e progettare il regolatore
per ottenere certe funzioni di sensitività,
vogliamo trasformare le specifiche, che
vengono date sull’errore, quindi sulla funzione
di sensitività, in specifiche sulla funzione di
anello e poi progettare il regolatore per le
specifiche sulla funzione di anello.

Per far questo studiamo l’andamento delle


funzioni di sensitività in funzione della funzione
di anello.

Ne facciamo una per volta.


E cominciamo dalla funzione di sensitività.
Facciamo una ipotesi semplificativa per cui ci
sia un intervallo di frequenze per cui la
funzione L(jω) sia >1 e che questo intervallo sia
alle basse frequenze, da ω alla pulsazione di
attraversamento.

Base ampiezze
Ilyn a

II a

Andiamo quindi a vedere come puo essere


fatta la funzione di sensitività facendo qualche
approssimazione per renderci la vita piu
semplice.
Nelle zone in cui la L(jω) è molto maggiore di 1
allora il modulo di (1+L(jω)) è circa uguale al
modulo di L(jω). Possiamo quindi trascurare 1.

te onesta zona si HA IS g l Il g l

Isignal 1
il
essendo e

if
Per il tale che Illgall I a 1 Lega e 1 seguo e 1

Ilyn a
Illusia 1 in Queste zone Hodelle buonemaniere
per approssimare l'andamento Dewa seguo

II a

galla1
L’approssimazione è meno banale nell’intorno della pulsazione di attraversamento (ωc). Dato che nell’intorno della pulsazione di attraversamento il modulo
di L(jω) è proprio uguale a 1. E li vicino sara circa =1. Quindi a priori non riusciamo a saper nulla sulla S(jω)

no
0 e 2 Dato che Lga assume valori

s IS gu NONRiesco Ad Approssimare squ


I s o o

In realtà una approssimazione riusciamo ad ottenerla, in realtà è un valore esatto. Posso calcolare
Islgual
goal
So che ωc è definita la pulsazione per cui
1 gue numero complesso con Modulo unitario e
una certa Fase
Possoeprimerequesta fase in Relazione al margine di Fase di Quanto l'argomento di gue è
più GRANDE Di _t

Mf Ye Fit a
Y it Mt A

ask e 8 Mf
gno
lsignal
a.fm l_ FI
e coso gseno

Mf 90 Is goal
con a
fa
con Mf 60 a IS gue 1

si Nota che se Mfpp o seguo IT e Seguo sto con Mf so


Ovviamente stiamo assumendo che il Mf sia positivo altrimenti il nostro sistema in retroazione sarebbe instabile.

Qui è riportato un esempio con due


diagrammi di Bode asintotico (nero) e
reale (rosso) di L(jω). Tratteggiati sono
riportati gli andamenti del modulo di
S(jω) ottenuto con l’approssimazione.

con Ugu 1 I
Sfa Liga
Logli 1 IgA

x esprimere in dB
con
LG 1 5GW I

andamentoRealeRosso Di

squ è simileall'asintotico
LA ZONAINcui l'approssimazione
e Non BONA è INTORNOA
We

La pulsazione di attraversamento ωc approssima in qualche maniera la banda passante della S(jω). Essendo la banda passante le pulsazioni per cui

Seguo
E 5dB
C’è un intervallo di frequenze intorno ad ωc in cui la S(jω) risulta sensibilmente maggiore di 1.
In termini di attenuazione dei disturbi questo significa che per ω molto basse ho una grande attenuazione. Piu mi avvicino alla ωc piu l’attenuazione
diminuisce, ma comunque continua ad atttenuare il disturbo. A pulsazioni molto elevate praticamente si ha S=1, quindi il disturbo risulta inalterato.
Avevamo visto nel controllo ad azione diretta che questo non aveva nessuna maniera per modificare la risposta rispetto al disturbo. Quindi in azione diretta
la funzione di trasferimento tra disturbo ed errore è semplicemente pari ad 1a tutte le pulsazioni.
In un sistema in retroazione notiamo quindi che c’è un intervallo in cui riesco ad attenuare l’effetto dei disturbi. Noto pero che c’è anche un intervallo di
pulsazioni in cui peggioro l’effetto degli errori, li amplifico per determinate pulsazioni. Questo non è bellissimo ma non è evitabile. Non essendo evitabile
sara il caso che non andiamo a costruire un sistema in retroazione fatto in modo che le componenti del disturbo capitino in questa zona di amplificazione.

In realtà il comporta intorno alla ωc abbiamo detto dipendere dal margine di fase, quindi è importante determinare quanto valga il margine di fase. Lo
ricavo andando ad analizzare la funzione di anello, in particolare è legato all’argomento della funzione di anello (prodotto del regolatore per l’impianto).
Se vado a fare l’argomento della funzione di anello vado quindi a fare la somma tra l’argomento del regolatore e l’argomento dell’impianto.
Se faccio un errore di modello, in particolare sull’argomento della G, vicino alla pulsazione ωc posso avere un margine di fase anche molto diverso da
quello che mi aspetto, posso anche arrivare all’instabilità. Se anche non arrivo all’instabilità posso incappare in un comportamento molto brutto del
sistema nell’intorno di ωc.
Per componenti a basse frequenze invece errori di modello non influenzano l’effetto di disturbi. (Errori di modello:sulla funzione di trasferimentodelmodello)
A noi interessa quando si fa un modello la precisione del modello nell’intorno di ωc perché è dove il sistema chiuso in retroazione è sensibile agli errori di
modello.
Ci chiediamo se è obbligatorio
ottenere questa zona in cui la
funzione di sensitibilità assume
modulo piu grande di 1, quindi
amplificai i disturbi?
In realtà è obbligatorio per quasi
tutti i sistemi e dipende dal grado
relativo.

se voglio saperedove

15GW R

ADEsempioNoiStiamoCercando
Dal Riso Issa I

si W tace che

11 Gall
SEFACCIO IL DIAGRAMMA
DI NYQUIST
1
LEI RAPPRESENTA LADISTANZA DEL DIAGRAMMA DI MIONIST DAL PUNTO DI COORDINATE GI D
Se PRENDO un cerchio di Raggio contario centrato nel Punto e

Dove
g è fuori dal cerchio e SI 1

Deve
g è dentro il cerchio_a SCE I

Come è Fatta la Guo se I Poi che zeri la f tende a 0


gr
In particolare tende a 0 secondo un angolo che e definito dalla differenza tra isocie

ai zeri supponendochetuti iPalisiano stabili e tu a zeri siamo stabili

es con GR I
tempo All infinito a coma Fase che tende a diventare 900
Quindilungo l'asse bene gneartive
Allora Gn Potrebbe stare tuta fuori dal cerchio

BASTA Avere pero GR 2 Per avere un chetende aZerosecondo l'angolo 1800


g
ma in questocaso necessariamente il diagramma vene entrare dentro il cerchio cetaceo

A MAGGIOR RAGIONE Se GR F
Da grado relativo 2 in su esiste un intervallo di ω che amplifica il disturbo.

Se ho grado relativo 1 o 0, posso in qualche modo riuscire a stare sempre fuori dal cerchio unitario e riesco ad avere la S(jω) sempre <1. Però se sto
sempre fuori dal cerchio unitario allora circondo il punto critico e il sistema chiuso in retroazione sarebbe instabile.

Alla stessa maniera invece di cercare dive S(jω) risulta =1 cerco dove è uguale a 1/(2)^0,5 e questi sono i punti che distano una distanza pari a radice di 2
da punto -1, il valore di ω per cui L(jω) interseca il cerchio piu grande è esattamente pari al valore della banda passante.
Abbiamo quindi scoperto che un segnale di
riferimento con una componente frequenziale ad
una data pulsazione viene inseguito in uscita con
una precisione, con un errore, che è par-40
all’inverso del guadagno della funzione di anello.
Questo perchè la funzione di trasferimento che
c’è tra riferimento ed errore è proprio la funzione
di sensitività.
Equivalentemente un disturbo sull’uscita sempre
con una componente a questa pulsazione viene
attenuato in uscita con una precisione che è
sempre pari all’inverso del valore della L(jω).
Cioè dove la L(jω) ha un valore elevato la
precisione di inseguimento dei riferimenti o
attenuazione dei disturbi è proprio uguale a
1/L(jω)
Mentre dove L(jω) è molto basso in realtà l’errore
è pari al disturbo o all’inseguimento. Non ho
quindi attenuazione dei disturbi e inseguimento
dei riferimenti.

Il comportamento nell’intorno di ωc da pero un


metodo per riuscire a soddisfare delle specifiche.
Se chiediamo ad esempio di inseguire un
riferimento con banda passante compresa tra 0 e
10Hz. E voglio che questo segnale sia seguito
con una precisione pari all’1%, cosa devo ottenere ?
Deve risultare che la funzione di sensitività tra 0 e 10z deve essere al disotto del valore di -40db. Quindi la funzione di anello deve essere o piu grande di
40dB.
Le specifiche statiche le posso imporre e possono essere soddisfatte agendo opportunamente sul guadagno di L(jω) in un certo intervallo frequenziale.
Il guadagno della L(jω) è il guadagno dell’impianto per il guadagno del regolatore. Se il guadagno dell’impianto è elevato a sufficienza basta un regolatore
con guadagno 1. Se il guadagno dell’impianto è troppo basso significa che il regolatore deve avere guadagno piu alto.

Come da slide.
A noi interessa per precauzione non
sapendo come è fatto il disturbo di
per se, l’errore massimo, con
riferimento e disturbo in controfase.

Un passo in piu:
È possibile ipotizzare che S(jω) per alcuni
valori di ω sia =0 in modo da ottenere
errore nullo.
Normalmente questo viene fatto per
ingessi canonici (gradino unitario o
rampa).
Qui la cosa si vede bene esprimendo la
funzione di anello nella forma canonica
attraverso una costante di guadagno k, e
una formula espressa a fianco in cui “g”
risulta il numero di poli nell’origine o di zeri
se g<1. Poi tutti gli altri poli e zeri espressi
in funzione di costanti di tempo.

Se voglio calcolare quale è l’errore a


regime devo andare a vedere cosa
succede quando ω tende a 0 dato che il sento ad iniziocorso
gradino è assimilabile a regime ad una
costante, quindi una costante continua
con ω =0.
Se faccio il limite per s che tende a 0

Di 1 come se avendo il sistema e


Tuti i termini tipo t.si 1 e lei sta momcontano dato che tendono tutti a 1 con suo

Us se
G fui fy ste
o

lim Sls
se
g o
fa
s o se o O
g
se 1
geo

RG
CONUN Riferimento A Gradino
I o

e's
gigas Sls
line lem 55
errore a Regime Coo t
so
si
f si

a
fa se Non Ho PoiMenorigine

I 0 se no almeno un Polo Mel'origine

Mapeimea ariana
Tipidi
ingresso
GRADINO

RAMPA

PARAGOLA

nopoinel'origine

rit t per Eso Rcs


fa
esempio Rampa

km eh Es ln s.SE
t no s es suo I s
la
Età E
g o a
SI Effe g e
Stando a questo principio se metto un elevato numero di poli nell’origine ho errore nullo al gradino, alla rampa, a qualsiasi impulso in ingresso volendo.
Indipendentemente da come è fatto in termini di precisione il modello del mio impianto.
Sorge subito spontaneo rendersi conto che c’è qualcosa che non quadra. In particolare noi abbiamo detto che questa proprietà è vera se il sistema è
stabile, quindi se il transitorio si esaurisce.
Se faccio un errore sulla funzione ad anello tale per cui il sistema non è piu stabile allora ho distrutto questa proprietà.

Infatti ci chiediamo se inserisco un polo nell’origine nella funzione ad anello, come cambia il suo diagramma di Bode?

IN PARTICOLARE Quello Della Fase

DIAGRAMMA Di Base DellaFase di 47 Polo Nell origine 90 Perognivalore di W

Qualunque sia la pulsazione We Inserire un Poco Men origine diminuisce amargine diFase di
900
se inseriamo 2 Poi in Origine Mf Mf 1800
SI FA IN Fretta Ad Avere Mf SO INSTABILITÀ

Ì
Per Avere e O LA Funzione Di TRASF Tre C e Puntoincui si Accoppia il Disturbo

in Questo caso RG deve avere r Poi nell'origine

DISTURBO COSTANTE A Poco


DISTURBO RAMPA 2 Poi
se invece abbiamo un DISTURBO che si Accoppia

te Rls Gls e

per aere e rpaiaariane.com


Iasf tra errare e disturbo

RCS
Questo è assolutamente compatibile con quanto detto all’inizio per cui abbiamo detto che tutti i disturbi li possiamo considerare come disturbi in uscita.

supponiamo di avere un impianto con GE I

voglio cenare e 0
riff
Rispetto AD UN Riferimento a un Diserbo costante Rcs
Regista Devo avere almeno f Polenell'origine tra l e il Punto in cui si accoppia il distura o

TRA e e il Riferimento Nell Impianto il Polo Nell Origine c'è GIÀ Quindi non è
Necessario che ci sia anche nel Regolatore E sufficiente mettere er Regolatore

RCS K Per a Rispetto ad un disturbocostanteio possa avere errore Nullo

Ris È e

in una situazione del Genere sevoglio ottenere err nulla Rispetto ad un dcostante devo
mettere perforza a Poco Nell Origine in Rcs

Le sue situazioni sono in Realtà cavivalenti senell'ultimo caso voglio spostare da valle
Di G e
d a
da
11s e
se d è du DI Dal
disturbo costante Disturbo Rampa
I e
fa
devo avere funzione di Anello Gls Res conalmeno2
se voglio err Nulla
fa
Rispetto

Poi in Origine _a quello che Ho nell'impianto NonBasta Più e sonocostretto ad inserire


un Poco in origine anche nel Regolatore

Lls SCs 5
G KI 2 Poi IN Pari_ Sistema non stabile

Finita la funzione di sensitività.


Abbiamo imparato:
Come riuscire a soddisfare le specifiche statiche riguardanti disturbi o riferimenti agendo sulla funzione di anello.
Abbiamo scoperto che aumentare le prestazioni, quindi riuscire ad ottenere errori a regime piu piccoli, normalmente va in contrasto con mantenere la
stabilità del sistema.
Abbiamo anche scoperto, come vedremo nella funzione di senstività complementare che….

Lega il riferimento all’uscita.


Anche qui possiamo fare le stesse
ipotesi semplificative.

te LE
TIÈ
nero FunzionediAmelio
Continua Reale
TREGGIAIA Asintotica

Rosso Funzione DiSensitività


COMPLEMENTARE INModulo
Di nuovo si nota che
intorno ad ωc il valore della
funzione di sensitività
complementare dipende
dal valore del margine di
fase, in particolare T(s) puo
variare da 1/2 a infinito.

La funzione di sensitività
complementare si
comporta come un filtro
passa basso, in particolare
riporta in uscita tutte le
componenti frequenziali
fino a poco prima di ωc,
poi dopo comincia a
filtrare.
Ci potrebbe pero essere un
picco vicino alla pulsazione ωc.

L’aspetto è simile alla risposta dei sistemi elementari in cui era presente sovraelongazione. In particolare ricordiamo che sovraelongazione era presente in
quei sistemi in cui erano presenti o poli complessi coniugati, oppure erano presenti zeri.
Questo sembra proprio un diagramma di bode con poli complessi coniugati in cui è presente un picco di risonanza, che risulta piu o meno grande a
seconda del valore del margine di fase.
Visto cosi sembra un sistema passa basso, caratterizzato da un certa banda passante, e poi va ha zero o con la presenza di poli reali dominanti o una pola
di poli complessi coniugati dominanti che sono intorno alla pulsazione ωc. Sistema del secondo ordine con due poli complessi coniugati con pulsazione di
risonanza vicino alla pulsazione ωc.

La pulsazione ωc approssima la banda passante. L’ampiezza della T(jωc) puo essere sensibilmente maggiore di 1 intorno alla pulsazione ωc.
Qui i riferimenti vengono portati per basse pulsazioni con la stessa ampiezza, hindi viene inseguito fedelmente. Ad alte frequenze vengono tuti filtrati. Se
però sono nell’intorno di ωc posso ottenere anche l’amplificazione del riferimento.

saltato saltato

saltato
Sulla T(s) andiamo a mettere in luce il
legame con il comportamento dinamico.

Le specifiche dinamiche le abbiamo date


come tempo in cui si esaurisce il
transitorio e come massima
sovraelongazione accettabile.
Si tratta quindi di specifiche date sulla
funzione di sensitività complementare.
Mettiamo un gradino in ingresso e
andiamo a vedere in quanto tempo si
esaurisce il transitorio e se c’è o meno
della sovraelongazione.

Dalla relazione

Itigwal 1
2sin E
Deduciamo che se abbiamo un margine di
fase piu piccolo di 90° allora la T(jω)
presenta un picco di risonanza.
Se quindi dico che la funzione T(s) la
approssimo con una funzione del secondo
ordine che presenti un picco di risonanza, allora la pulsazione ωn, pulsazione naturale del sistema del secondo ordine che uso per l’approssimazione, deve
essere circa uguale ad ωc.

Si nota che per un sistema del secondo ordine con poli complessi coniugati il valore della funzione per ω= ωn risulta uguale a 1/2δ.
Dall’ approssimazione ricavo la relazione per cui il coefficiente di smorzamento della coppia di poli complessi coniugati che utilizzo per approssimare
l’andamento risulta

S Sin MI Mt espresso in RADIANT

Se faccio i conti esprimendo il margine di fase in gradi e per valori del margine di fase piccoli, ad esempio al di sotto di 60°, allora posso approssimare δ
con il valore del margine di fase espresso in gradi il tutto diviso 100

Sovraelongazione Si A GF
ISI A 9s
30 40 A 0,3
Come utilizzo questa informazione?
Supponiamo che le specifiche ci
dicano che vogliono che il transitorio
si esaurisca in X secondi, e assegno
anche la massima sovraelongazione
ammessa.

Se la mia funzione rispondesse come


un sistema del secondo ordine con
una coppia di poli complessi
coniugati, dovrei avere queste
specifiche corrispondenti, in
particolare un coefficiente di
smorzamento, che è legato alla
sovraelongazione. Un tempo di
assestamento, legato alla pulsazione
naturale.

Dovrei quindi avere una banda


passante pari a

WB 3
f Tassestamento

essendo Tass
È
D’altra parte io pero so che la banda passante è legata alla pulsazione ωc che è piu grande di ωn della banda e posso realizzare la relazione sopra.
In particolare so che riesco a garantire le specifiche se faccio la mia pulsazione di attraversamento dell L(jω) maggiore o uguale alla pulsazione naturale ωn
che salta fuori dall’ approssimazione al sistema del secondo ordine con due poli complessi coniugati dominanti, e se il margine di fase risulta piu grande di
100δ.
In questo modo trasformo le specifiche in requisti sulla L(jω).
Quando faremo il nostro progetto cercheremo di ottenere una funzione di anello che abbia pulsazione di attraversamento pari o addirittura maggiore di

We Ms a 100 S
Ita
e

In questo modo riusciamo a soddisfare le specifiche dinamiche.

Ci sarebbe una terza funzione di sensitività che è quella del controllo che rimandiamo alla prossima lezione.

Islas 21
Esame formato da 4-5 esercizi, ognuno dei quali ha 3-4 domande al suo interno. Sono presenti anche domande relative alla teoria, riferite all’esercizio, ma
puo anche essere chiesto di ad esempio dare una definizione.
Il voto finale è dato dalla somma dei punteggi che vengono presi nei vari esercizi. La somma totale è maggiore di 30. Normalmente da 38 a 42. Con un
voto piu alto di 30 si prende 30lode. Non è necessario fare tutti gli esercizi perfetti per ottenere un buon voto.

Per chi fa l’esame da remoto gli esercizi vengono presentati in successione diversa per le singole persone. Alla fine di ogni esercizio è richiesto di scrivere
una risposta sintetica, ad esempio un valore numerico, all’interno del quiz computer, alla fine dell’esame va allegato il pdf di tutto ciò che è stato fatto.
Quando si passa all’esercizio successivo non si puo tornare indietro.

Il tempo puo variare a seconda del compito, ma normalmente è sulle 2 ore. Per chi fa l’esame da remoto vengono aggiunti 5-10 min per la
scannerizzazione e l’upload su eol.

Da remoto è necessaria una videocamera in modo che venga ripresa la postazione di lavoro.

In caso di disconnessioni riconnettersi in un tempo ragionevole.

Importante in caso di disconnessione non uscire dal browser in cui si sta svolgendo la prova dato che il sistema non fa rientrare.

Riprendiamo sugli argomenti del corso.


Lunedì abbiamo studiato le funzioni di sensitività e sensitività complementare ed in particolare le relazioni che esistono tra queste due funzioni e la
funzione di anello.
Per la funzione di sensitività ad esempio data una funzione di anello tale che sia in valore maggiore di 1 dalle pulsazioni da 0 fino ad ωc ed inferiore di 1
alle pulsazioni maggiori di ωc, allora possiamo approssimare l’andamento della funzione di sensitività tramite un andamento che, per il diagramma delle
ampiezze, è esattamente l’inverso della funzione di anello, nelle zone dove la funzione di anello è piu grande di 1, ed è pari ad 1 nelle zone dove la funzione
di anello è minore di 1.
Questa approssimazione è ottima tanto piu il valore della funzione di anello è piu grande o piu piccolo di 1. L’approssimazione invece ha dei problemi di
accuratezze nell’intorno delle zone di frequenza in cui la funzione di anello ha valore prossimo all’unità.

Analogamente abbiamo fatto uno studio simile con la funzione di sensitività complementare. Anche qui abbiamo visto che nelle stesse ipotesi della
funzione di anello, la funzione di sensitività complementare assume un valore unitario nelle zone in cui la funzione di anello è elevata in ampiezza, quindi
per basse frequenze. In queste zone quindi i riferimenti sono inseguiti bene. Per alte frequenze invece il valore della funzione di sensitività complementare
risulta circa pari in ampiezza a quello della funzione di anello, quando la funzione di anello è inferiore all’unita.
L’approssimazione è buona tranne nelle zone in cui la funzione di anello vale circa 1, quindi nell’intorno delle vicinanze della pulsazione di attraversamento.
Notiamo inoltre che la funzione di trasferimento tra ingresso ed uscita ha un comportamento che è assimilabile ad un sistema del secondo ordine passa
basso, con una coppia di poli intorno alla pulsazione di attraversamento. In particolare essendo presente un picco di risonanza nella funzione di
sensitivitià, assimilabile ad una sovraelongazione, i poli risultano essere complessi coniugati.
Questo ci ha permesso di legare anche le caratteristiche dinamiche di risposta al gradino del riferimento alle proprietà della funzione di anello. In
paarticolare determinando un approssimazione per il coefficiente di smorzamento e una approssimazione per la pulsazione naturale ωn.

Nella nostra analisi abbiamo considerato disturbi sull’impianto in ingresso prima o dopo l’impianto. In realtà quando abbiamo fatto lo schema generale
della retroazione abbiamo considerato anche un altro tipo di disturbo, il rumore di misura, che si accoppia a livello del sensore.
Andando a vedere la funzione di trasferimento tra rumore di misura ed errore, questa risulta essere la funzione di sensitività complementare.
Quindi se è vero l’ipotesi di separazione frequenziale per cui i rumori di misura sono ad alta frequenza, questo ci fa vedere che la funzione di sensitività
complementare ha valori bassi a patto che la funzione di anello abbia valori bassi per le alte frequenze, quindi un effetto trascurabile degli errori di misura.

Se questo non si verifica spontaneamente dobbiamo agire noi a livello del regolatore per garantire questa proprietà sulla funzione di anello.

Altra considerazione è che sia la funzione di sensitività che quella di sensitività complementare sono funzioni esclusivamente della funzione di anello.
Se faccio una modifica all’impianto o al regolatore per cui la funzione di anello rimane esattamente la stessa, allora il comportamento del sistema non
cambia dal punto di vista delle funzioni di sensitività e complementare.
Una cosa che non abbiamo affrontato la volta
scorsa è lo studio della funzione di sensitività
del controllo, cioè quella che lega in fealtà tutti
e tre gli ingressi alla variabile “u”, variabile in
ingresso all’impianto.
L’andamento di questa variabile è importante
perché è l’uscita del regolatore ed ingresso
dell’impianto.
Il regolatore genera dei valori di “u” ma ci
dovranno essere dei dispositivi in grado di
applicare all’impianto esattamente quei valori,
degli attuatori.
È quindi chiamare mente importante capire le
caratteristiche di andamento di “u” per
dimensionare poi gli attuatori che mi servono.

AD
EYE

teff d
F trasferimento riferimento u o m u o u

Sensitività Del Controllo Als


pila
E sempre la stessa e Pari A

Per studiare le proprietà di Q(s) facciamo sempre le ipotesi di partenza riguardanti L(s) viste per le altre due funzioni di sensitività.

legal
1,11ft
mai

Hast Ht
lagustoffffifffy IRGudl.lagw l

leguleio
Nelle condizioni in cui |L(jω)| risulta molto maggiore di 1, quindi quando il sistema in retroazione funziona bene, errori piccoli e smorzati e buon
inseguimento del riferimento. L’andamento della variabile di controllo che fa ottenere queste prestazioni è indipendente dal controllo stesso e dipende
solamente dall’impianto.
Questo è abbastanza intuitivo dato che se dico che la y segue il riferimento praticamente in maniera perfetta allora significa che esiste in realtà una sola
“u” che mi da quell’uscita e che il regolatore è in grado di calcolare la variabile “u”. Il risultato pero non dipende da come ho fatto il calcolo, ma dipende
semplicemente dal fatto che quello è l’unico valore che permette di ottenere un certo andamento sulla variabile di uscita. In pratica determinati y e
riferimento allora la U risulta univocamente determinata anche essa.

als Als res


Il diagramma di bode delle ampiezze di Q(jω) è il diagramma di bode della G(jω) ribaltato.

Nel caso in cui invece la L(jω) risulta molto minore di 1, nel denominatore posso trascurare la L(jω), quindi posso approssimare la Q(jω) con l’anamdento
del regolatore.

legale Alga a Riga


Dimensionamento ottimale bisogna mantenere limitati i valori di “u” per mantenere limitati gli attuatori.
Supponiamo che il regolatore abbia un
guadagno in bassa frequenza (alle ω < ωc )
piu alto di quello che ha ad alta frequenza.
Supponiamo quindi che il diagramma rosso
sia il diagramma di bode dell’impianto, e chi
il diagramma verde sia il diagramma del
regolatore.

Il diagramma di bode della funzione di


anello è data dalla somma dei due
(verde+rosso).
Come si comporta la funzione di sensitività
del controllo?
Il simmetrico del diagramma di bode
dell’impianto rispetto all’asse 0dB
rappresenta l’inverso dell’impianto.

L’approssimazione introdotta prima ci dice


che fino alla pulsazione ωc l’andamento
della Q(jω) coincide con 1/G. Ad altra
frequenza invece l’andamento coincide con
quello del regolatore.
In ogni caso si nota che l’ampiezza
massima della Q(jω) l’abbiamo alle basse
frequenze e risulta comunque abbastanza
ridotta. Quindi non ho attuatori
eccessivamente grandi o almeno piu grandi di quelli che mi servono per garantire il funzionamento a regime.

Se invece andiamo a fare un regolatore


che ha per alte frequenze un guadagno piu
grande di quello che ha per basse
frequenze, allora alla stessa maniera:
Per basse frequenze il comportamento
della Q(jω) è determinato dall’andamento
di 1/G. Mentre ad alte frequenze
l’andamento di Q(jω) rispecchia
l’andamento di R(jω) che risulta avere
ampiezza elevata.

Questo anche se tutto funziona bene. Se


poi il sistema funziona con margine di fase
basso, quindi abbiamo visto che ci puo
essere un picco intorno alla pulsazione ωc
per le funzioni di sensitività, allora anche in
questo caso potremmo avere un picco
intorno alla pulsazione di attraversamento
ωc.

Comunque in queste condizioni ottengo


una Q(jω) con valori molto elevati anche se
non ho comportamenti indesiderati, ma
semplicemente dettati dal fatto che sto
cercando di avere valori elevati del
regolatore ad alta frequenza.

Questa cosa però capita normalmente tutte le volte che voglio ottenere una ωc dell’anello piu alta della pulsazione di attraversamento naturale che
avrebbe l’impianto.
In particolare per ottenere una pulsazione di attraversamento piu grande di quella che avrebbe l’impianto, devo usare la somma delle ampiezze tra
regolatore ed impianto per avere nella funzione di anello una ωc maggiore.
(ESEMPIO: impianto con ωc a 20Hz. Voglio ωc pari a 40Hz. G(40Hz)=-10dB devo fare in modo che R(40Hz)=10dB. )

Questo si fa per velocizzare la risposta naturale dell’impianto, in particolare ottenendo una funzione di sensitività con banda passante piu grande di quella
dell’impianto.
Pago questa cosa con valori della variabile di controllo piu alti, quindi andando a sovradimensionare gli attuatori rispetto a quello che dovrei utilizzare per
ottenere il comportamento in stazionario.
Inoltre andremo a spendere molto di piu anche per componenti frequenziali dove in realtà pero la funzione di anello ha valori bassi, quindi dove l’uscita
non ne risente e il sistema di controllo non insegue i riferimenti e non attenua i disturbi.
L’unica cosa che puo fare un regolatore cosi, con ampiezza elevata ad alta frequenza, è amplificare gli effetti dei rumori di misura.

Questa è una situazione da evitare assolutamente. Ok che voglio avere risposte piu veloci e transitori piu brevi, quindi sono forzato ad avere valori del
regolatore abbastanza elevati verso le alte frequenze, ma devo evitare di salire troppo e di avere valori alti per le alte frequenze del regolatore.
Primo grafico:
Sono presenti le due funzioni di anello (blu e rossa tratteggiata) che otteniamo una con il regolatore con guadagno in alta frequenza piu basso del
guadagno in bassa frequenza. E la tratteggiata con il secondo caso.
Facendo cosi se vado a fare il diagramma di bode della funzione di anello nel secondo caso la pulsazione di attraversamento sarà maggiore.
Negli altri due grafici sono disegnati in viola e in giallo gli andamento della funzione di sensitività complementare T(jω):
Nel primo caso la T vale 1 fino a circa la pulsazione di attraversamento definendo cosi la banda passante. Mente invece nel secondo caso la banda
passante della T risulta decisamente piu elevata. Questo significa che mi aspetto nel secondo caso transitori che si esauriscano in tempi piu brevi e quindi
che il sistema sia molto piu pronto per rispondere a certe eventuali variazioni del riferimento.

Sulla destra è presente la risposta al gradino dei due casi. Nel primo caso ho un andamento piu lento, mentre nel secondo caso ho una risposta al gradino
piu veloce che raggiunge la risposta a regime in tempi decisamente minori, con un minimo di sovraelongazione.

Se andiamo a vedere la variabile di controllo dei due casi (grafici 3 e 4)


Scopriamo che nel primo caso (grafico 3) la Q(jω) parte da un certo valore e lo incremento ma alla fine il valore massimo lo abbiamo quando siamo a
regime, in stazionario. In questo caso quindi non ho dovuto sovradimensionare l’attuatore per riuscire ad avere un transitorio che si esaurisce pero piu
lentamente.

Nel secondo caso il transitorio sulla variabile U è piu esplosivo.


Il valore a regime è esattamente lo stesso nei due casi e determinato solamente da quello che è il guadagno dell’impianto.
Dai dati la sovradimensionazione è di 65, in pratica dovrò sovradimensionare l’attuatore di centinaia di volte. Cosa quasi mai fattibile.

Una osservazione: immaginiamo di operare nel secondo caso andando ad imporre all’attuatore una richiesta elevata. Cosa succede se imponendo una
richiesta elevata all’attuatore, questo non è in grado di attuarla sul sistema?
Considerando che la saturazione esce dai vincoli di linearità del sistema il risultato sarebbe quello di avere risposte veloci quando non sono in saturazione,
mentre transitori lenti tipo il primo caso, quando sono in condizioni di saturazione.
Questo è ragionevole a parte il fatto che bisogna capire cosa succede al sistema quando vado in saturazione con l’attuatore.
In alcuni casi la saturazione puo portare ad avere prestazioni molto peggiori di quelle che mi aspetto, questo perchè in alcune situazioni finche la
saturazione è attiva tutte le richieste del controllore vengono disattese, e il controllore puo continuare a reagire a queste richieste fino ad andare
potenzialmente a finire in instabilità.
Questo capita soprattutto nel caso in cui si utilizzino regolatori instabili, che si trovano in sistemi con richiesta di errore nullo.

Per ottenere errore nullo in stazionario rispetto ad ingressi costanti, la funzione ad anello deve avere un polo nell’origine, ma se non c’è nell’impianto sono
costretto ad avere un polo nell’origine nel regolatore. Un sistema che ha un polo nell’origine è instabile.
Ci siamo costruiti tutto quello che ci serve per cominciare a ragionare sulla sintesi del regolatore.

Ultimo argomento del corso.

Prima cercheremo di capire la logica che c’è dietro alla sintesi del regolatore. Successivamente
vedremo quali sono i conti materiali per riuscire a sintetizzare veramente il regolatore.

Quindi prima vedremo come deve essere fatto il regolatore per risolvere il problema
Poi vedremo come calcolare la funzione di trasferimento.

Quello che abbiamo fatto fino ad ora è


stato legare le caratteristiche delle
funzioni di sensitività alle
caratteristiche della funzione di anello,
per permetterci di tradurre le
specifiche date sulla funzione di
sensitività in specifiche date sulla
funzione di anello.

Le parti rosse sono le parti in cui la


L(jω) non puo appartenere, zone
proibite .

Per esempio: dal diagramma delle


ampiezze:
• specifiche per riferimenti e disturbi
costanti: per riuscire a soddisfare le
specifiche il valore del guadagno
della funzione di anello per ω=0
deve essere sufficientemente
elevato. O talmente elevato nel caso
io voglia errore nullo andando ad
inserire un polo nell’origine e a far
divergere il valore di L(j0).
Ricordiamo che pendenza polo in O in
Bode: -20dB/decade.
Quindi abbiamo o un valore costante
elevato, o la presenza di un polo
nell’origine. La pendenza disegnata
rappresenta il numero di poli nell’origine che vogliamo inserire.

• altra specifica salta fuori dal fatto che la L(jω) deve essere sufficientemente elevata per tutte le pulsazioni che corrispondono a componenti frequenziali
che sono potenzialmente presenti nel riferiemento o nei disturbi. Per avere errore sufficientemente basso chiediamo che il modulo di L(jω) sia maggiore o
uguale di un certo valore, perché la S(jω) è 1/R, quindi se voglio una attenuazione dell’1% devo avere una S che vale 0,01 e quindi una L(jω) che è piu
grande di 100.
Questo ci da un valore minimo sulla L(jω)

• le specifiche dinamiche abbiamo poi visto che ci danno un limite per il tempo di assestamento che si trasduce in un limite inferiore per la pulsazione di
attraversamento ωc. Quindi la nostra funzione di anello deve essere al di spora dell’asse 0dB fino alla pulsazione piu bassa accettabile per la ωc .

• d’altra parte non posso fare la ωc grande come mi pare, principalmente per due motivi: il primo perché so che se ho trascurato qualcosa nel mio
modello matematico (es un ritardo (da una influenza sul margine di fase tanto piu grande quanto è piu grande la ωc)) non posso spingere la ωc a livelli
elevatissime. Altro requisito era quello di avere variabili di controllo abbastanza basse, e abbiamo visto che se facciamo una ωc piu grande di quella
naturale dell’impianto, otteniamo valori della variabile di controllo elevati a quelle frequenze.
Il risultato quindi è che ho un intervallo ammissibile per la ωc che va da un valore minimo (soddisfare specifiche sul tempo di assestamento) ad un valore
massimo (evitare valori di u troppo elevati e un sistema che risulta troppo sensibile agli errori che faccio sul modello).

• inoltre dove sono presenti dei rumori di misura io voglio che l’effetto dei rumori di misura sia attenuato quindi L(jω) deve essere inferiore di un certo
valore massimo.

In questo modo abbiamo definito la maschera entro cui puo rientrare la L(jω).

• c’è anche un vincolo sul diagramma di fase, in particolare l’unica vera specifica dipendente dal diagramma di fase risulta essere il margine di fase. Alla
pulsazione della ωc la fase deve essere maggiore di un certo valore (-180° + specifica sul margine di fase (dipende dalla massima sovraelongazione che
sono in grado di tollerare, robustezza della stabilità).

Siamo riusciti a riportare tutte le specifiche su un singolo oggetto: L(jω)


Per riuscire a soddisfare questa
maschera conviene spezzare il progetto
in due passi.
In particolare notiamo dalla maschera a
pagina precedente che la parte a bassa
frequenza è determinata solamente da
specifiche statiche.

Quello che viene fatto è quindi


progettare prima un primo regolatore in
maniera tale che siano soddisfatte tutte
le specifiche statiche e per fare ciò il
progetto del regolatore dipende solo da
ciò che succede alle frequenze basse.

Aggiungo poi una ulteriore parte del


regolatore in modo da sistemare le
cose alle pulsazioni piu elevate, senza
modificare nulla di quanto impostato
per le pulsazioni basse.

Il regolatore finale sarà una


combinazione dei due regolatori:
statico e dinamico.

La struttura del regolatore statico è molto semplice: un certo guadagno e una certa presenza di poli nell’origine.
Il regolatore dinamico è invece caratterizzato dal non tendere a modificare quello che succede per basse frequenze, la maggior parte delle volte risulterà
infatti μd pari a 1, (in bassa frequenza (per s=0) il regolatore Rd ha guadagno unitario, non modifica).

Regolatore statico:
Per riferimenti e disturbi costanti.

Mi chiedo come prima cosa se la


specifica mi chiede di avere errore
nullo o non nullo, anche se piccolo
(<emax). In questo secondo caso
l’unica cosa che devo fare è avere un
regolatore statico che dia un
guadagno sufficientemente elevato
(fare in modo che il valore di L(jω) per
ω=0 sia maggiore o uguale di quel
valore minimo.
Siccome L(j0)=μR*μG conoscendo il
guadagno dell’impianto calcolo
automaticamente quale è il valore
minimo del guadagno del regolatore.

Se invece mi richiede di avere errore


a regime nullo allora so che questo
implica la presenza di avere un polo
nell’origine della funzione di anello.
Mi vado quindi a chiedere se
l’impianto ha poli nell’origine, nel
caso ci siano allora la specifica di
errore nullo a regime è
automaticamente soddisfatta. Posso
fare il regolatore statico come fosse
un regolatore costante ma questa volta posso in teoria mettere come costante qualunque valore dato che la presenza del polo nell’origine garantisce di
soddisfare la specifica statica.
Se invece l’impianto non ha polo nell’origine allora sono costretto a metterlo nel regolatore. Di nuovo μs è un parametro che posso scegliere liberamente
dato che è la presenza del polo nell’origine che garantisce errore a regime nullo.

Se invece abbiamo un disturbo che agisce sull’ingresso dell’impianto, abbiamo visto che in questo caso la presenza del polo all’origine dell’impianto non
ci aiuta.
Se la specifica chiede errore nullo per disturbi costanti, allora devo mettere un polo nell’origine del regolatore. Diversamente devo fare un regolatore che
abbia una costante di guadagno sufficientemente elevato.

Il progetto del regolatore statico risulta cosi un progetto molto semplice sia concettualmente che operativamente, infatti vedremo che anche il calcolo
effettivo di μs risulta molto semplice.
In realtà puo capitare che io abbia una
specifica statica anche per disturbi con
componenti non solamente costanti, ma anche
con componenti armoniche fino ad una
pulsazione massima.

In questo caso vado a vedere la maschera


cosa mi dice in termini di valore minimo per la
funzione L(jω) e in realtà comincerò ad
incrementare il μs finche tutta la L(jω) non va al
di sopra di questo valore minimo.
Da questo punto di vista posso incrementare il
μ di quanto voglio.
È sufficiente agire a livello di μ dato che questo
sposta verso l’alto tutto il diagramma di
ampiezza della L(jω).

Il livello minimo accettabile è determinato


dall’errore massimo che riesco a tollerare.

Tutto questo è vero se poi quando faro il


progetto del regolatore dinamico quest’ultimo
non mi va a cambiare le cose in bassa
frequenza.

Il progetto del regolatore statico sta


cambiando la L(jω) anche ad alte frequenze, se cambio μ il diagramma viene traslato verso l’alto a tutte le frequenze.
Per questo motivo prima faccio il regolatore statico fregandomene di ciò che succede ad alta frequenza, poi il dinamico modificando solo l’alta frequenza.

La parte complicata del progetto è


quella del regolatore dinamico.

Per progettarlo cercheremo di


identificare alcuni scenari che
permettano di definire direttamente
come deve essere fatto il regolatore in
termini di numero di poli e di zeri e
quindi come devono essere messi piu o
meno questi poli e zeri.

Questo ci porterà a definire delle


strutture di regolazione standard (circa
5 strutture differenti).
Una volta determinata la struttura da
utilizzare per il regolatore segue la parte
per definire quali sono i parametri, cioè i
valori effettivi dei poli e zeri e dei
guadagni del regolatore dinamico.
Prima di riuscire a calcolare devo pero
aver determinato la corretta struttura.

Le formule del calcolo dei parametri


sono sempre le stesse. Ma se sbaglio struttura ottengo dei valori dei parametri sbagliati.

Procediamo quindi andando ad analizzare cosa


deve fare un regolatore dinamico:
Supponendo di aver messo a posto le specifiche
in bassa frequenza con il regolatore statico.
Fondamentalmente bisogna garantire 3 cose.
Ovvero che la pulsazione ωc rispetti i requisiti
sul minimo e massimo, e sia quindi all’interno
dell’intervallo di specifiche.
Il margine di fase deve essere maggiore uguale
di quello espresso dalle specifiche.
Ad alta frequenza i guadagni devono essere
bassi.

La prima specifica risulta sul diagramma delle


ampiezze in un certo intervallo di frequenze
utilizzabile.
La seconda risulta espressa sul diagramma delle
fasi di L(jω) e facente riferimento allo stesso
intervallo di frequenze di 1.
Il terzo è invece un obiettivo sul diagramma delle
ampiezze ad alta frequenza.
Normalmente il terzo non è un problema.

Ci sarebbe anche la parte a basse frequenze,


ma questa l’abbiamo già risolta con il regolatore
statico. Una volta fatto il regolatore statico per me questo diventa parte del progetto, non lo modifico piu.
Per questo motivo per fare il regolatore dinamico noi andremo a lavorare non solamente sull’impianto di partenza ma su un nuovo impianto denominato
IMPIANTO ESTESO che è la somma in serie tra regolatore statico e impianto di partenza.

Il terzo requisito si manifesta solamente


sul diagramma delle ampiezze e si
soddisfa molto facilmente:

Se voglio fare in modo che ad alte


frequenze la funzione L(jω) abbia un
guadagno basso è sufficiente che io
cominci ad inserire dei poli.
Ogni polo dalla sua pulsazione
caratteristica in poi diminuisce il guadagno
di un valore pari a -20dB/decade.
Questo non modifica minimamente
l’andamento del diagramma di bode alle
basse frequenze.

Questo requisito risulta quindi abbastanza


facile da soddisfare soprattutto se la zona
3 risulta abbastanza distante in termini di
frequenze dalla zona che interessa le
frequenze del requisito 1 e 2.

Ora quindi ci concentriamo su come


riuscire a sviluppare il regolatore dinamico
per riuscire a soddisfare gli obiettivi 1 e 2.
Qui non posso semplicemente inserire poli o zeri per cambiare l’andamento del modulo di L(jω) dato che per stesse pulsazioni andrei a cambiare anche la
fase e viceversa. Devo tenere conto complessivamente di entrambe le cose.

Introduciamo il concetto di SCENARIO DI


CONTROLLO.
Supponiamo di fare il nostro progetto di
regolatore statico e scopro che la L(jω)
rispetta gia tutti i vincoli. Allora il progetto
è finito, quindi il regolatore dinamico
risulta pari a 1.
Quindi io ho bisogno del regolatore
dinamico quando c’è un incongruenza tra
la funzione di risposta armonica
dell’impianto esteso e i vincoli che ho nel
dominio delle frequneze.
Questo puo capitare sulle specifiche
statiche oppure sulle specifiche
dinamiche.

Sulle specifiche statiche abbiamo visto


che le richieste sono solamente sul
modulo della funzione di risposta
armonica mentre le specifiche dinamiche
hanno richieste sul modulo e sulla fase.
Risulta quindi piu difficili da soddisfare le
specifiche dinamiche. Il regolatore in
questo caso deve intervenire sia sul
modulo che sulla fase dell’impianto.

Definiamo quindi due scenari di controllo in relazione al problema che ci si pone.


Che chiamiamo scenario A e scenario B.

Lo scenario A è abbastanza semplice:


Se vado a fare il diagramma di bode del solo impianto (non impianto esteso) allora nell’intervallo che mi va bene per la pulsazione ωc, c’è una certa zona di
frequenze, un sottointervallo, in cui la specifica sul margine di fase è soddisfatta.
0,3 Wec4 vadis
con
Mf 7 600_a
9 120
GuardoBaseimpianto e
scopro e
DA 0,3Fine 1 si va
4 128
seriesco ADimporre Weir
aveaintervallo senzacambiare
HOSODDISFATTO LA SPECIFICADINAMICA
9
Questo è uno scenario in cui per
riuscire a soddisfare le specifiche
dinamiche dovrei modificare
solamente il diagramma delle
ampiezze della G.

Scenario B:
Nell’intervallo di pulsazioni accettabili
di ωc, non esiste nessuna pulsazione
per la specifica sul margine di fase
sarebbe soddisfatta.

È diverso dallo scenario di prima


perché per riuscire a soddisfare la
specifica devo sicuramente riuscire a
modificare il diagramma della fase.

Inoltre servono interventi anche sul


modulo perché poi devo imporla tale
specifica sulla pulsazione di
attraversamento.
La fase è a posto nel senso che esiste
un intervallo di valori di ω accettabili
come valore di ωc per cui la specifica
sul margine di fase risulta gia
soddisfatta.

Se la specifica sul margine di fase è


soddisfatta con abbondanza (la
specifica sul margine di fase è
espressa tipo Mf>60°) in particolare il
margine di fase naturale, calcolato
sulla G, molto maggiore di Mf
richiesto, posso andare anche a
cambiare l’andamento della fase, in
pratica quando vado a modificare il
modulo se anche viene modificata un
po’ la fase, l’importante è che la fase
non scenda al di sotto del valore limite
richiesto.

In realtà abbiamo visto che ci sono


due tipi di specifiche statiche. Questo
ci porterà ad avere due diverse
strutture di regolazione.
C’è il caso in cui chiedo errore a
regime costante, ma non nullo, per cui
è sufficiente che il guadagno della
L(jω) per ω=0 sia sufficientemente
elevato, ma non necessariamente
infinito.
Oppure c’è il caso in cui chiedo errore
a regime nullo e allora ci deve essere il polo nell’orignire e la L(jω) con ω=0 deve tendere all’infinito.
Trattiamo questi due casi separatamente.

Supponiamo di avere specifica


dell’errore a regime costante.
Serve quindi che la funzione di anello
sia al di sopra di un certo valore
minimo per ω=0, o posso anche
considerare al di sopra di un certo
valore minimo anche fino a ω =ωd.

Allora il vincolo sulla L(j0) dice che


questa deve essere al di sopra di un
certo valore minimo e comunque in
ogni caso la L(jω) fino alla pulsazione
ωd deve essere maggiore di un certo
valore dettato dall’ attenuazione che
voglio ottenere.

Allora per soddisfare ad esempio la


specifica sul modulo e scopro che il
guadagno minimo che mi riesce dal
diagramma per portarlo al di sopra del
valore minimo ammesso è un certo
valore k0 espresso in dB e pari alla
differenza tra L(0)minimo in dB e il
valore del G(0) dell’impianto in dB.

Stessa cosa posso fare per tutte le


altre pulsazioni.
Per riuscire a soddisfare anche la
seconda specifica statica scopro che
in realtà il regolatore statico dovrebbe
avere un guadagno maggiore uguale di un certo kd espresso in decibel.

Le due richieste sono congruenti, quindi per soddisfarle entrambe basta prendere il massimo tra i due valori che sono saltati fuori. Se prendo il massimo
sono sicuro che comunque il diagramma della L(jω) sarà al di sopra dei vincoli in bassa frequenza per tutte le pulsazioni tra 0 e ωd.

Quindi il piu semplice regolatore che riesce a soddisfare le specifiche è un regolatore costante. Pari a k che ho appena calcolato in dicibel trasformato in
valore assoluto
Esempio.
Diagramma di bode verde è il
diagramma dell’impianto.
Si nota che la specifica
sull’attenuazione dei disturbi è gia
soddisfatta siccome l’impianto risulta
gia sopra al valore minimo, ma non è
soddisfatta quella per ω=0.

Dalla prima specifica scopro che devo


mettere un k0 minimo di almeno 3dB
nel secondo caso il k0 minimo è 0dB
e quindi salta fuori che il guadagno
statico è pari a 3dB cioè 1,4 in termini
assoluti.

Se vado ad aggiungere il regolatore


statico (che ha un guadagno di 3dB a
tutte le frequenze e fase nulla a tutte
le frequenze, dato che si tratta di un
numero positivo, ottengo una nuova
funzione di anello (rossa in slide sotto)
che soddisfa le specifiche in bassa
frequenza.

Si nota che facendo questo intervento


vado anche ad aumentare la
pulsazione di attraversamento.

Vado a vedere se la nuova ωc risulta


all’interno dell’intervallo che mi serviva
per la specifica e alla pulsazione ωc il
margine di fase è soddisfatto.

Ho soddisfatto tutte le specifiche.


Secondo caso: stesso impianto ma vado a variare
le specifiche:
Voglio ottenere una attenuazione maggiore, un
errore piu piccolo per ingressi costanti e per
componenti fino a …
L’impianto non soddisfa nessuna delle due
specifiche. Per soddisfarle dovrei mettere un k0 di
14dB per specifiche in continua e 8 dB per
specifiche sulla risposta.
Vado a fare i conti e salta fuori che il massimo tra
le due specifiche è quella a 14dB quindi il
regolatore statico vale 14dB.

Lo vado ad inserire ottenendo una nuova funzione


di anello.
In questo caso però le specifiche statiche sono
state soddisfatte, ma la pulsazione di
attraversamento risulta fuori dall’intervallo
accettabile per le specifiche e anche se fosse
all’interno dell’intervallo delle specifiche non
sarebbe soddisfatta la specifica sul margine di
fase.
Quindi il regolatore che ho messo dentro per
soddisfare le specifiche statiche ha compromesso
le specifiche dinamiche.

Adesso quello che devo fare è passare ad un


regolatore per le specifiche dinamiche
considerando direttamente la nuova funzione di
anello, quella che gia inserisce il regolatore statico.
Fondamentalmente devo fare in modo che la
pulsazione di attraversamento rientri nell’intervallo
di specifica, si riabbassi, ma facendo questo devo
anche garantire di non alterare la fase in
quell’intervallo li dato che se altero la fase la
pulsazione di attraversamento rientra, ma poi la
specifica sul margine di fase non è piu soddisfatta.
Inoltre non devo alterare il comportamento a bassa
frequenza altrimenti comprometterei le specifiche
statiche appena soddisfatte.

Serve quindi un regolatore dinamico con i requisiti:


a bassa frequenza guadagno unitario, lasciando i
diagrammi dei moduli a basse frequenze inalterati.
Intorno alla pulsazione ωc devo introdurre una
attenuazione, in particolare guadagno piu basso di
1 ad alta frequenza per compensare quello che ho
fatto con il regolatore.

Per ottenere ciò posso pensare di fare un


regolatore che inserisce un polo ed uno zero.

Perche un polo ed uno zero ? Non basta anche


semplicemente un unico polo ? Si ma se inserisco
un solo polo che deve essere necessariamente a
pulsazione minore di ωc, dato che se fosse piu alta
non andrei a ridurre il guadagno. Ma in questo
caso il singolo polo andrebbe a dare un contributo
alla fase elevato alla pulsazione ωc.
Il contributo della fase è gia -45° alla pulsazione
caratteristica del polo, se poi il polo è piu basso
della ωc allora la ωc mi cambia la fase andando
oltre i -45°.
Per questo motivo vado ad inserire lo zero: che fa
riguadagnare fase.
Messi in questa sequenza, alla pulsazione ωc avrò
una variazione di fase piccola (un po me ne fa
perdere il polo ma poi lo recupero con lo zero) ma
d’altra parte ho un guadagno decisamente piu
basso di 1.
Perche questa cosa funzioni il regolatore deve
avere un polo e uno zero con pulsazione del polo
piu bassa della pulsazione della ωc che mi serve,
la pulsazione dello zero deve essere piu bassa della ωc altrimenti non mi fa recuperare abbastanza fase.

Quindi il regolatore dinamico è caratterizzato dall’ avere guadagno 1, anche in bassa frequenza, un polo con una certa costante di tempo τ e uno zero con
una certa costante di tempo piu piccola, perché ha pulsazione piu elevata, che esprimiamo quindi con ατ con α<1.
Questa è la struttura del regolatore che ci siamo inventati.

Andando a fare i conti, inserendo un polo e uno


zero, in blu rappresento l’andamento del regolatore
complessivo (statico + dinamico).

Si nota che il guadagno in bassa frequenza è pari


al guadagno del regolatore statico, ma alle
frequenze alte è decisamente piu basso, sono
ritornato ad avere praticamente la pulsazione
dell’impianto (non necessario)

Sulla fase: c’è una zona di frequenze in cui c’è una


diminuzione di fase sensibile, ma ciò non mi da
fastidio, quando arrivo alle pulsazioni del margine
di fase è ancora presente una residua diminuzione
della fase, ma se vado a vedere il diagramma di
bode complessivo scopro che il margine di fase è
rispettato.

Come calcolare il polo e lo zero lo vedremo piu


avanti.

Come si nota c’è un limite in particolare è


necessario che la pulsazione ωc e ωd siano
abbastanza separate tra di lo altrimenti non
riusciamo ad inserire efficaciemente il polo e zero.
Con ωd pulsazione di cui vogliamo attenuare il
disturbo.
La separazione minima necessaria dipende anche da quanto voglio attenuare il disturbo.
In particolare la pulsazione ωd è la pulsazione in cui L(jω) deve essere pari alla attenuazione richiesta. La ωc è dove la L(jω) risulta pari a 1.
Tra ωc a ωd devo passare da un valore 100 a 1. In questo intervallo la pendenza media è 40dB/decade se vado da 40dB a 0. Su questo bisogna stare
attenti: perché una funzione di trasferimento come L(jω) è caratterizzata da poli e zeri, quindi l’andamento dei diagrammi di fase, è strettamente legato
all’andamento delle ampiezze.
Se consideriamo poli e zeri tutti a parte reale negativa, si puo dimostrare che l’andamento della fase si puo calcolare dall’andamento dell’ampiezza.
In particolare a noi interessa che ogni polo da un contributo di -20dB/decade sulla pendenza in ampiezza e sulla fase un contributo pari ad un passaggio
da 0 a -90°. Se voglio una pendenza di -40dB/decade significa che prima di quell’intervallo devo aver messo due poli in piu che gli zeri. Ma essendo stati
aggiunti due poli sulla fase vado ad ottenere n contributo di -180°.
Questo significa che non ho nessuna speranza di riuscire a soddisfare il margine di fase siccom lo andrò a ridurre di moltissimo. Le specifiche quindi non
possono essere soddisfatte perché qualunque regolatore che soddisfa queste specifiche porta il sistema ad essere instabile.
Come si comporta il regolatore che è saltato fuori ?
Se andiamo a vedere il diagramma di bode a basse
frequenze e ad alte, si vede un diagramma piatto
sulle ampiezze e una fase molto piccola,
approssimabile a 0 in entrambi gli estremi.
Come se fosse un regolatore in grado di dare due
valori diversi di guadagno a bassa frequenza e ad
alta frequenza.
È poi presente una zona di transizione tra il polo e
lo zero in cui il guadagno varia, la fase varia, ma se
questa zona di transizione tra polo e zero non
ricade nel dominio delle specifiche statiche e non
ricade nel dominio dove devo mettere ωc non mi
da alcun fastidio.

Abbiamo quindi visto perché arrivare ad una


struttura di questo genere: un polo ed uno zero con
una certa collocazione specifica.

Adesso vediamo di affrontare invece il caso in cui


viene richiesto errore nullo per riferimento a disturbi
costanti.
In questo caso ovviamente la specifica statica mi
chiede di avere un guadagno di L(j0) che
diventa infinito e un guadagno L(jω) maggiore di
un certo valore fino alla pulsazione ωd.

Da qui deriviamo che necessariamente siccome


l’impianto non ha un polo nell’origine occorre
mettere un polo nell’origine nel regolatore e poi
dovrò comunque garantire che il valore della
R(jωd) sia maggiore o uguale di un certo limite
minimo fino alla pulsazione ωd.
Un regolatore costante non riesce a soddisfare
queste specifiche. Quindi per soddisfare le
specifiche devo necessariamente inserire il polo
nell’origine andando però ad alterare la fase.

Il regolatore statico sarà caratterizzato da una


funzione di trasferimento k/s dove s garantisce
la specifica statica nell’origine e k è il valore
minimo che permette di soddisfare tutte le
specifiche statiche. Capita abbastanza
frequentemente il caso che ci sia una unica
specifica statica ovvero quella di avere errore
nullo rispetto a riferimenti costanti e quindi non
altri tipi di specifiche statiche. In questo caso il
valore di k non è determinato nel senso che puo
essere qualsiasi che la specifica per ω=0 risulta
soddisfatta.
Questo regolatore ha un diagramma di bode
come quello riportato in figura: pendenza
-20dB/decade sulle ampiezze e fase pari a -90°
per tutti i valori di ω. Variando il k sposto il
diagramma di bode delle ampiezze in alto o in
basso rispetto al caso k=1.

È un regolatore che agisce sul modulo in tutte


le frequenze e in particolare amplifica fino alla
pulsazione ω=k e attenua dalla pulsazione ω>k.

Per riuscire a soddisfare le specifiche statiche


vado a modificare le specifiche dinamiche si in
termini di modulo ch di fase.
Dovremo quindi integrarlo in qualche maniera
con un altro pezzo di regolatore che almeno
intorno alla pulsazione ωc ripristini la situazione
di partenza, quindi recuperando fase per lo
meno.
Questo è possibile tramite uno zero.
Noi abbiamo sempre detto che tutti i sistemi
che noi facciamo e quindi anche i regolatori
devono essere sistemi realizzabili quindi con
grado relativo maggiore o al piu uguale a 0.
Se prendiamo regolatore statico 1/s e dinamico
1+τs abbiamo che il regolatore dinamico non
soddisfa la specifica sul grado relativo, ma
questo è solamente un pezzo del regolatore che
se combinato con il regolatore statico fa ottenere un grado relativo nullo quindi accettabile.

Determinato il regolatore complessivo vediamo


il suo diagramma di bode. A pulsazione elevate
la fase torna ad essere praticamente 0 e di
nuovo abbiamo un guadagno che alle alte
frequenze è piu basso del guadagno alle basse
frequenze.
Questo regolatore quindi a frequenze basse si
comporta come un polo nell’origine come il
regolatore statico, e a frequenze elevate si
comporta come un regolatore costante con un
guadagno pari a k*τ.

Se ho un vincolo su k che deriva dalle


specifiche ωd sul disturbo allora potrebbe
essere fisso, ma se questa specifica non c’è
posso agire su k in modo da alzare o
abbassare il diagramma di bode in modo da
ottenere una pulsazione di attraversamento
desiderata, mantenendo il diagramma di fase
inalterato.

Questo non è fattibile se ho un valore minimo


di k dettato dalle specifiche statiche. Se cosi
non è posso ridurre k a piacere fino ad
ottenere la pulsazione desiderata.

In ogni caso bisogna ricordare tutte le volte


mettiamo un polo nell’origine dobbiamo inserire uno zero per
compensare il calo di fase.

ESEMPIO:
Abbiamo messo un polo nell’origine nel regolatore e uno zero. Di
nuovo lo zero, per ottenere un impatto sulla fase piccolo alla
pulsazione di attraversamento, lo zero deve essere messo prima
della pulsazione di attraversamento. Se metto lo zero troppo
vicino non riesco a recuperare sufficientemente fase. Piu lo zero
lo metto in bassa frequenza e piu a frequenza relativa di ωc la
fase tende ad essere vicina a 0.

Alla fine si ottiene una funzione ad anello che soddisfa sia le


specifiche statiche che quelle dinamiche.
La pulsazione di attraversamento è tornata ad essere in specifica,
ho una rieducazione di fase introdotta dal regolatore che però è
entro i limiti torrelabili, quindi la fase della funzione ad anello
rimane ancora al di sopra del minimo richiesto dalla pulsazione
ωc.
In realtà vediamo che nei due casi: regolatore per
errore nullo o regolatore per errore piccolo ma non
nullo abbiamo ottenuto due strutture di regolazione che
però sono abbastanza simili tra di loro. Anzi quella con
il polo nell’origine sia un caso limite della prima.
La prima ha un polo e uno zero, invece la seconda è
come se il polo fosse stato preso e mandato indietro
fino a ω=0.

Vediamo allora lo scenario B in cui la


specifica sulla fase non è naturalmente
soddisfatta dal diagramma di bode
dell’impianto. Ovvero nell’intervallo che mi va
bene per la pulsazione ωc, la specifica sul
margine di fase non è mai soddisfatta
dall’impianto.
Quindi in questo scenario, a differenza di
quello che avevamo prima, devo inventarmi
un regolatore che vada a modificare sia la
fase che il modulo della funzione di anello

Per riuscire a soddisfare la specifica sulla fase


devo aumentare la fase (anticipo) intorno alla
pulsazione ωc e potenzialmente senza cambiare
troppo il diagramma del modulo.
Se trovo una cosa fatta cosi posso mettere a
posto il diagramma della fase con questo termine
senza cambiare troppo il diagramma dei moduli.
Se metto a posto il diagramma della fase, da li in
poi sono esattamente nel caso precedente appena
visto, mi ritrovo con un problema da risolvere il cui
la fase è gia a posto.
Come nel caso precedente quindi potrebbe
capitare che mettendo a posto la fase tutto
magicamente va bene e le specifiche risultano
soddisfatte oppure dopo aver messo a posto la
fase, ωc risulta troppo elevata e quindi devo
ridurla andando ad utilizzare uno dei due regolatori
visti in precedenza.
Esempio:
Abbiamo l’impianto di prima ma questa volta abbiamo
spostato l’intervallo accettabile per la pulsazione ωc, con il
risultato che nell’intervallo accettabile la specifica sul
margine di fase non è mai soddisfatta.
Non sono soddisfatte neanche le specifiche statiche.

La pulsazione di attraversamento in realtà andrebbe bene


sul diagramma delle ampiezze.

Se io mettessi direttamente uno zero so che questo da un


contributo positivo alla fase (anticipo di fase). Però mi
troverei andando ad aggiungere solo uno zero, un
regolatore non realizzabile, con grado relativo negativo.
Per evitare questo problema posso introdurre in aggiunta un
polo ad alta frequenza. L’introduzione di questo polo fa in
modo che il diagramma delle ampiezze non diverga e di
nuovo mi da un contributo sulla fase che la fa diminuire
andando ad agire a pulsazioni superiori alla pulsazione ωc.

Introducendo le due correzioni risulta che la pulsazione di


attraversamento non viene modificata se non di pochissimo.
Il diagramma di fase, somma del verde e del blu, presenta
tutta una zona in cui la fase va bene.
Se dovessimo risolvere il rosso, ora sarebbe un problema in
cui è presente una zona della fase che va bene in termini di
margine di fase, siamo quindi ricaduti nello scenario A.
Il regolatore cosi ottenuto è caratterizzato da un polo e da
uno zero.
Vediamo pero che lo zero è necessariamente ad una
pulsazione piu bassa della pulsazione del polo ed è questa
caratteristica che permette di ottenere sul diagramma delle
fasi un anticipo di fase.

Mentre prima l’effetto utile del regolatore era quello di


ottenere un guadagno alto per le basse frequenze e un
guadagno basso per le alte frequenze, il tutto
accompagnato da una zona di transizione in cui si verifica
un ritardo di fase; qui è il contrario, l’effetto utile è sul
diagramma delle fasi, l’anticipo di fase, e l’effetto
“parassita” è quello sul diagramma dei moduli che va ad
amplificare le ampiezze a pulsazioni elevate.

Lo zero deve capitare ad una pulsazione inferiore alla ωc se


voglio avere un contributo utile sulla fase, cosi come il polo
deve essere a pulsazioni superiori alla ωc per andare a
limitare l’anticipo di fase.

Dall’espressione del regolatore si nota che cambiando τ si


spostano sia polo che zero, cambiando τ polo e zero si
spostano lungo l’asse delle frequenze, ma la forma del
diagramma rimane la stessa.
Cambiando α invece si cambia la distanza tra il polo e lo
zero in particolare andando ad amplificare l’anticipo
all’aumentare di α.

Il regolatore non modifica il comportamento in bassa


frequenza.

Una volta che ho il nuovo impianto faccio il progetto:


andando prima a mettere a posto le specifiche statiche e
implementando il regolatore statico.

Lo vado ad inserire nell’impianto e scopro in questo caso


che la pulsazione attraversamento è ancora accettabile e
che il margine di fase è ancora accettabile.
Sono quindi riuscito a soddisfare tutte le specifiche ed ho
determinato un regolatore completo che è il regolatore
statico piu quello dinamico che avevo utilizzato per mettere
a posto la fase.
Può succedere anche che le specifiche mi impongano di
avere un regolatore statico di guadagno piu elevato tale per
cui la pulsazione di attraversamento esce dall’intervallo
accettabile.
Devo quindi abbassare il guadagno per riuscire ad imporre
la pulsazione di attraversamento dentro l’intervallo corretto.

Serve un regolatore dello scenario A, con polo e zero


entrambi a pulsazione piu bassa.

Vado quindi ad aggiungere un ulteriore regolatore dinamico.

Il regolatore completo è dato in parte dal regolatore


dinamico introdotto per mettere a posto la fase, in parte dal
regolatore statica, e in parte da un altro regolatore dinamico
che serve per ridurre il guadagno alla pulsazione ωc.

Mi trovo quindi con un regolatore caratterizzato da 2 poli e


due zeri.

Se vado a vedere come è fatto il diagramma di bode del


regolatore complessivo scopro:
Fase: prima è presente un ritardo di fase tipico del
regolatore dello scenario A, in una zona dove non mi da
problemi al margine di fase; successivamente è presente,
vicino alla pulsazione ωc un contributo positivo alla fase,
anticipo,

Nel caso in cui abbia una specifica statica che mi chiede


errore nullo:
(Le cose sono abbastanza simili)
Faccio prima un regolatore dinamico che mi metta a posto
il diagramma della fase e poi come prima userò un
regolatore per completare il progetto che abbia un polo
nell’origine.

Il regolatore completo sarà di nuovo un regolatore che ha


un polo nell’origine. Che ha la parte del regolatore dinamico
che mi serve per mettere a posto il diagramma di fase e la
parte di regolatore dinamico e statico per risolvere il
problema tipico dello scenario A
Facciamo il punto :
Regolatori che utilizzano lo scenario A:
L’obiettivo è quello prevalentemente di modificare il modulo
senza alterare di troppo la fase:

Ho due alternative:
Nel caso in cui non richieda errore nullo il regolatore
risultante puo essere o semplicemente il regolatore statico
o un regolatore caratterizzato da una coppia polo-zero con
polo e zero alla pulsazione inferiore alla ωc e polo alla
pulsazione piu bassa dello zero. In questo modo riesco ad
ottenere l’attenuazione del guadagno.

Se invece chiedo errore nullo a regime la soluzione è unica


ed è avere il polo nell’origine e poi zero a pulsazione
superiore ma comunque inferiore a ωc.

Cosa succede:
Perche saltano fuori due possibilità?
Se rappresentiamo l’intervallo in frequenza in cui la
specifica sul margine di fase è soddisfatta dall’impianto, io
posso avere una condizione in cui la pulsazione di
attraversamento è piu bassa dell’intervallo.
Se sono in questa condizione e la fase è ok allora aumento
il valore di k fino a rientrare con la ωc.

Quindi il k costante mi va bene tutte le volte che dopo aver


fatto il progetto statico la pulsazione di attraversamento che
risulta è dentro l’intervallo che volevo ottenere o anche al di
sotto, perché le specifiche statiche mi richiedono di avere
un k >= d. Che posso sempre incrementare.

Se capito gia dentro l’intervallo va gia bene.


Se invece sono in una situazione in cui mi trovo con la ωc
troppo in alto rispetto all’intervallo accettabile, in cui la
pulsazione di attraversamento dopo il progetto del
regolatore statico è troppo alta, allora devo ridurre il
guadagno della pulsazione di attraversamento.
Questo pero non lo posso fare riducendo il k.
Sono costretto a mettere il regolatore dinamico.

Nel caso in cui io debba recuperare fase devo sicuramente


mettere un termine che mi faccia recuperare la fase e devo
mettere un termine di regolatore statico che permetta di
soddisfare le specifiche statiche.
Questo può essere queste due puo essere che la
pulsazione di attraversamento vada gia bene o è addirittura
inferiore a quella che voglio ottenere e posso andare
semplicemente ad alzare il k.
Oppure puo capitare il caso in cui facendo queste due cose
la ωc risulti troppo elevata rispetto all’intervallo di
accettabilità. Sono costretto a mettere un termine che
riduca il guadagno alla pulsazione di attraversamento.

Nel caso in cui invece io chieda errore a regime nullo,


dovendo necessariamente mettere il polo nell’origine allora
compare questo termine oltre a quello che mi serve per
mettere a posto la fase.

(Nel caso del regolatore B c’è sempre ciò che mi serve per
mettere a posto la fase)

Se sono quindi al di sotto della pulsazione che voglio


ottenere o guarda caso dove dovevo essere è sufficiente un
regolatore statico piu il pezzo che mi mette a posto la fase.
Se invece sono troppo in alto o addirittura fuori rispetto
all’intervallo di accettabilità devo anche inserire il termine
che riduce il guadagno.

Alla fine i regolatori che abbiamo identificato si classificano:

• nel caso in cui non ci siano poli nell’origine vengono detti


i regolatori RETI CORRETTRICI.

C’è una rete correttrice che si usa nello scenario A che


viene chiamata RETE DI RITARDO. Dato che la fase ha
sempre contributo <=0 quindi è sempre in ritardo. Serve per
attenuare.

Nel caso dello scenario B posso ottenere un regolatore con


una sola rete, che mette a posto la fase, RETE DI ANTICIPO
(il diagramma di bode della fase è sempre positivo)
Oppure sono costretto a mettere due reti una per ottenere
l’anticipo di fase e una per l’attenuazione. Quello che risulta
è una rete correttrice con due poli e due zeri che viene
chiamata RETE DI RITARDO/ANTICIPO

Se invece abbiamo delle specifiche con i poli nell’origine


abbiamo solamente due casi:

Nello scenario A abbiamo un regolatore con un solo polo


nell’origine ed uno zero (regolatore PROPORZIONALE
INTEGRALE)

Nello scenarioB c’è la stessa tipologia di regolatore piu il


termine che fa recuperare l’anticipo (regolatore
PROPORZIONALE INTEGRALE DERIVATIVO).

Questi due regolatori vengono anche chiamati regolatori


STANDARD o INDUSTRIALI.
VEDIAMO DA DOVE DERIVA IL NOME Dei REGOLATORI INDUSTRIALI
Supponiamo di scrivere nel dominio del tempo il regolatore in ingresso il segnale errore e in uscita la variabile di controllo.

e e

PRENDO UCD kp.EE RCS Kp Regolatore Proporzionale

in ALTERNATIVA Passa

ult kp.EE K
kg ect ott
t
È
ALL'INTEGRALE Dell'errore
T DeaseauartoPesare il termineintegrale
Rispetto Al Proporzionale costante diTempointegrale

Il termine proporzionale all’integrale dell’errore viene messo perché il regolatore proporzionale non può mai dare errore nullo
Perche se metto un errore pari a 0 in ingresso al proporzionale salta fuori uscita 0.
Se invece ci metto il termine integrale quando l’errore è uguale a 0 l’uscita puo essere diversa da zero. È pari all’ultimo valore assunto dall’integrale.

Se andiamo a calcolare la trasformata di Laplace di questo ultimo regolatore:

RID KP E Ti
Tfsi RG K
chiamando
k.gg
e e
Issf
scenario AconPoloMen'origine
Posso pensare di arricchire ancora il regolatore introducendo un termine

ult Kp
felt fedde td.dz regolatore
PROPORZIONALE_INTEGRALE DERIVATIVO

EN E I s Xp
IÉ s G
É
Etffes i
azeri e 1 Polo
NONFISICAMENTE Realizzabile
Per essere realizzabile devo inserire almeno un polo.
Quindi il PID nella sua forma ideale non è realizzabile. Si utilizza quindi andando ad inserire un ulteriore polo che da alla fine una funzione di trasferimento
con due zeri, e due poli di cui uno nell’origine.
20 12 21
Ci siamo lasciati settimana scorsa avendo visto quale fosse il razionale per la definizione dei regolatori dinamici e abbiamo visto che per riuscire a fare il
progetto bubiamo individuato due scenari possibili: quello in cui il regolatore dinamico deve intervenire solamente sul modulo della funzione di anello alla
pulsazione scelta per la ωc. Lo scenario B è invece quello in cui è necessario anche modificare la fase quindi il regolatore deve intervenire anche sulla fase.

Questo ci ha portato ad individuare strutture standard di regolatori.


Abbiamo visto due casi in particolare, e altri due sottovasi per ognuno degli scenari, in particolare abbiamo distinto il caso in cui sia richiesto avere errore
nullo a regime nella risposta a gradino (quindi ingressi costanti), che presuppone il fatto di avere un polo nell’origine del regolatore e l’altro sotto caso,
quello in cui non è richiesto errore nullo, quindi il regolatore statico puo essere realizzato come un semplice guadagno proporzionale.
Così facendo in questi due sottocasi abbiamo individuato, per i regolatori senza polo nell’origine le RETI CORRETTRICI, suddivise sostanzialmente in 3
tipi: rete di RITARDO, rete di ANTICIPO, rete di RITARDO/ANTICIPO.
Nel caso invece del polo nell’origine abbiamo individuato due strutture standard: PI e PID.

Oggi andremo ad approfondire il metodo di progetto nel caso in cui non sia
necessario avere errore nullo a regime. Quindi utilizzando come regolatore le RETI
CORRETTRICI.
Vedremo cosa va fatto per arrivare alla funzione di trasferimento del regolatore.

Abbiamo visto dall’analisi di scenario che nel caso non sia


necessario inserire nella funzione di anello un polo
nell’origine si possono utilizzare regolatori in cui quindi il
regolatore statico è determinato da un solo guadagno
proporzionale.
Puo essere utilizzato tutte le volte in cui la specifica non ci
richiede errore nullo a regime.

Abbiamo visto che nei due scenari c’era uno scenario A in


cui il regolatore doveva intervenire per modificare il
diagramma del modulo della funzione di anello
introducendo una attenuazione alla pulsazione di
attraversamento, e abbiamo individuato una struttura di
regolazione che è la rete di RITARDO, caratterizzata dall’
avere un polo ed uno zero, in cui la pulsazione
caratteristica dello zero è piu alta della pulsazione
caratteristica del polo.

Nello scenario B invece in cui il regolatore deve intervenire


anche sul diagramma delle fasi per modificarlo. In questo
caso abbiamo individuato due possibili strutture di
regolazione: il regolatore di rete di ANTICIPO, avente
sempre un polo e uno zero ma in questo caso con
pulsazione dello zero inferiore a quella del polo.
Oppure nel caso piu generale abbiamo visto che potremmo
essere costretti ad adottare una rete correttrice piu
complessa data dall’unione della rete di ritardo e di anticipo quindi con due poli e due zeri.

Parlando di regolatore statico e dinamico abbiamo visto che quello statico è dato dalla semplice costante di guadagno k, mentre per i dinamici sono per
l’appunto le reti correttrici.

Come facciamo a fare il progetto?


La prima cosa da fare abbiamo visto essere progettare il
regolatore statico.
Questo deve garantire le specifiche a bassa frequenza,
quindi che alle pulsazioni caratteristiche del riferimento e
del disturbo il modulo della funzione di anello sia maggiore
del minimo valore accettabile.
Questo si può ottenere inserendo un semplice guadagno
“k” che altro non fa che spostare verso l’alto il diagramma
di bode delle ampiezze di una quantità k espressa in dB.

Abbiamo visto quali sono i valori che in particolare deve


assumere k in precedenza in funzione dell’errore a regime, il
quale ricordiamo essere legato al guadagno della funzione
di anello in ω=0 e risulta

Lai se Ki
Stessa cosa se abbiamo un disturbo con componenti frequenziali ad una certa pulsazione allora per ottenere una attenuazione dell 1% a quella
pulsazione, quindi un disturbo ridotto di 100 volte, dobbiamo avere un guadagno della funzione di anello maggiore di 100. Anche in questo caso il
guadagno della funzione di anello alla pulsazione ω dipende dal valore di k.

Supponiamo quindi di aver gia stabilito quale è il valore di k minimo che ci permette di soddisfare le specifiche statiche.

Fatto ciò dobbiamo procedere andando a progettare la rete correttrice (regolatore dinamico) che a pulsazione ω=0 deve avere guadagno 1 per non
pregiudicare le specifiche statiche.
In reltà potremo anche avere un guadagno maggiore di 1 dato che il k risultante sarebbe quello del regolatore statico aumentato di una quantità
dipendente dal k del regolatore dinamico, ma questo non
ha nessun problema dal punto di vista delle specifiche
statiche.

La rete correttrice la progetteremo sull’impianto esteso,


quindi immaginando di partire dalla funzione di
trasferimento G e andando a considerare di avere già
inserito nell’impianto il regolatore statico.

Analizziamo per prima la rete di anticipo di cui andremo


quindi a definirne i parametri.
Questa ricordiamo essere utilizzata nello scenario B in cui
dobbiamo riuscire a guadagnare fase per riuscire a
sodisfare le specifiche sul margine di fase.

La rete di anticipo è caratterizzata da un polo e da uno


zero. Per avere un anticipo di fase lo zero deve avere una
pulsazione caratteristica. Inferiore a quella del polo.
Polo e zero devono essere reali nel semipiano sinistro.

L’effetto della rete correttrice è duplice:


Far aumentare il guadagno alle alte frequenze rispetto al
guadagno unitario alla pulsazione ω=0 e l’altro effetto è
quello di dare un contributo positivo alla fase del
diagramma di fase della funzione di anello.

Tra questi due l’effetto utile è quello di riuscire a garantire


l’anticipo di fase. In particolare tutte le volte in cui la
specifica sul margine di fase non è soddisfatta alla

Ì
pulsazione di attraversamento che andremo a scegliere,

te
dobbiamo inserire un anticipo di fase.

Questo effetto cambia al variare della pulsazione ω. Inizia


di
abbastanza basso è Il massimo effetto utile si ha alle
pulsazioni intermedie tra le pulsazioni caratteristiche di zero
e polo.

L’effetto di aumento del guadagno è un effetto parassita,


questo porta a dire che: supponiamo di dover ottenere un
anticipo di fase di 40°, questo avviene in due punti: uno
sulla salita e uno sulla discesa del diagramma di fase. Per
questo motivo vale la pena sfruttare l’anticipo nel punto in
cui si riesce ad ottenere un effetto parassita piu basso
possibil, quello piu a sinistra.

Si possono analizzare ancora alcune caratteristiche:


In figura a fianco è riportato il caso in cui la separazione tra
polo e zero è esattamente una decade (α=0,1).

L’effetto utile si ha ad una pulsazione intermedia tra la


pulsazione di polo e zero ed in particolare alla media
geometrica; (radice quadrata del prodotto)
Il massimo valore utile dipende da α.

Per quanto riguarda il guadagno:


Per ω =0 il guadagno risulta unitario. Il guadagno alla
pulsazione centrale della rete è -10*logα (altre formule
riportate in slide).

È chiaro che piu io diminuisco α quindi quindi aumento la


distanza del polo dallo zero, aumenta l’effetto utukle nella
zona intermedia ma anche l’effetto parassita di aumento del
guadagno.

Si puo calcolare l’anticipo massimo di fase (effetto utile


massimo).
Per aumentare questo valore dovrei far tendere α a 0 ma avrei dei guadagni molto elevati alle alte frequenze. Ma questi vanno tenuti bassi.

In realtà l’anticipo sulla fase a pulsazioni lontane da quella centrale tende ad essere molto piccolo gia ad una decade di distanza dalla pulsazione di effetto
massimo.

Vediamo quale è il ruolo dei parametri α e τ.

Se mantengo α costante e cambio τ la distanza dalla


separazione tra zero e polo rimane la stessa. In realtà quello
che succede è che se cambio τ sposto il diagramma lungo
l’asse delle frequenze.

Al contrario se cambio α lasciando inalterato τ questo


cambia la forma del diagramma: a bassa frequenza non si
hanno modifiche, se avvicino il polo allo zero, l’effetto del
polo si fa sentire prima con il risultato che l’effetto utile
diminuisce ma anche l’effetto parassita diminuisce.

Giocando su α cambio sia effetto utile che parassita,


giocando su τ vado a determinare dove l’effetto utile ha il
suo massimo.

Alcune formule utili in fase di progetto:


La prima che descrive l’α da imporre per ottenere un
determinato effetto utile.

Altra formula importante da ricordare è legata alla


pulsazione a cui si ottiene l’anticipo massimo gia introdotta
in precedenza.
In questo modo se abbiamo gia deciso quanto vale α per
imporre un certo φ massimo cambiando τ possiamo
cambiare il valore della pulsazione a cui fa riferimento il
massimo.
In particolare se noi conoscendo le specifiche assegnamo
la ω* allora riusciamo a ricavare il τ

In realtà mettendo insieme le due cose c’è una relazione tra


il φ max e il guadagno che ottengo alla pulsazione ω*:
È vero che diminuendo α io aumento φ ma è anche vero
che aumenta l’effetto parassita.
L’andamento di questo è mostrato in figura.
Risulta lineare per effetti utili piccoli, ma gia quando supero
i 50° il guadagno aumenta pesantemente.
Detta la caratteristica della rete di anticipo vediamo come si
potrebbe fare un progetto:

Supponiamo di essere nello scenario B con pulsazione di


attraversamento che deve cadere nell’intervallo 2-7 rad/s.
Ma il diagramma delle fasi dell’impianto e Rs la specifica
sula margine di fase non è soddisfatta.

Supponiamo quindi di scegliere una nuova pulsazione di


attraversamento che deve essere: compresa nell’intervallo
accettabile, inoltre so che se voglio andare ad utilizzare una
sola rete di anticipo per fare il progetto so già che andrò ad
aumentare il guadagno per le alte frequenze, quindi so che
per effetto del regolatore la pulsazione di attraversamento
salirà sicuramente. Quindi so già che la nuova pulsazione di
attraversamento che devo cercare di imporre deve essere
piu grande di quella del solo impianto.
In questo caso ad esempio prendiamo 4rad/s.

Andiamo poi a valutare per la ωc impostata l’aumento di


guadagno che mi serve per far effettivamente diventare
quella impostata la nuova pulsazione ωc e al tempo stesso
devo valutare di quanto devo umettare l’anticipo per
riuscire a soddisfare la specifica.

Sto cercando quindi una rete di anticipo che alla pulsazione


4rad/s abbia un guadagno pari a 10dB e un anticipo di fase
pari a 60°.

La cosa è fattibile tramite le formule di inversione. La rete di


anticipo ha due parametri disponibili:
τ e α e quindi posso scegliere questi due parametri per
imporre le due condizioni di guadagno pari a 10dB e
anticipo di 60°
M GUADAGNO UTILIZZARE IN VALORE ASSMON
in dB

S
sostituisco
fa a

Devo ottenere un numerocompresso di


GUADAGNO Me fase
q

Facciosemplicemente Tuti i Prodotti

RACCOLGO eDividoTerminiReali e
IMMAGINARI
IMPONGO entrambi e

sistemaamene si
29 in due
e
y
incogniteessendo
M FISSATI
Queste formule vanno bene se restituiscono valori di τ e ατ
che sono compatibili con essere costanti di tempo in una
rete di anticipo. In particolare noi sappiamo che τ e ατ
devono essere maggiori di 0.
Questo comporta delle limitazioni nei valori accettabili di M
e φ.
Infatti per certi valori di M (valori di M che si avvicinano a 1)
potrebbe risultare ατ negativo cosa sbagliata.
Questo implica che non si puo avere un grande anticipo di fase con un piccolo effetto parassita (M piccolo).
Se chiedo una cosa del genere ottengo parametri fuori dal progetto negativi. Questa è una delle maniere piu semplici per scoprire che il progetto non va
bene.
Vediamo un esempio:
Prendiamo un impianto in cui abbiamo gia progettato il
valore di k, quindi il regolatore statico.

Le specifiche dinamiche hanno portato dalla massima


sovraelongazione e dal massimo tempo di assestamento a
determinare il margine di fase e per la pulsazione di
attraversamento.
Noto dal diagramma di bode che inserendo una rete di
anticipo che metta a posto la specifica sul margine di fase
ho la speranza di riuscire ad ottenere una pulsazione di
attraversamento ancora dentro l’intervallo di specifica.

L’impianto inizialmente aveva due poli: uno a pulsazione


1rad/s e l’altro a 10rad/s. Volevamo ottenere 20 rad/s come
pulsazione di attraversamento e ho scoperto che il
regolatore inserisce uno zero ad una pulsazione piu piccola
della pulsazione di attraversamento e un polo ad una
pulsazione maggiore della pulsazione di attraversamento.
Corretto dal punto di vista della rete di anticipo in cui
l’effetto utile si aveva tra la posizione dello zero e del polo e
voglio che si abbia alla pulsazione di attraversamento che
voglio ottenere.

Avendo quindi imposto una pulsazione di attraversamento e


avendo calcolato il margine di fase mi aspetto che la
risposta del sistema chiuso in retroazione assomigli alla
risposta di un sistema del secondo ordine con una coppia
di poli complessi coniugati con pulsazione naturale di
20rad/s e δ pari a 0,8.

Se andiamo a vedere il luogo delle radici della funzione di


anello vediamo i poli in blu che erano i vecchi poli
dell’impianto e in rosso abbiamo aggiunto il polo e lo zero
del regolatore.
Se vado a fare il luogo delle radici c’è un ramo del luogo
delle radici compreso tra il polo e lo zero.
Poi ci sono altri due rami del luogo delle radici che partono
dai due poli e si diramano andando ad infinito secondo
asintoti.

So che quindi i poli del sistema chiuso in retroazione


saranno 3 e saranno su questi tratti del luogo delle radici.
Con il valore di k scelto i poli risultano 3 e disposti: uno
molto vicino allo zero e due poli complessi coniugati.
Il polo molto vicino allo zero da un transitorio con una
costante il cui residuo è molto basso perché è vicino allo
zero, quindi è un transitorio di entità molto lieve, quindi la
dinamica dominante è caratterizzata dai due poli complessi
coniugati.

È poi riportata la risposta al gradino che si ottiene utilizzando il regolatore che abbiamo progettato rispetto ad una risposta al gradino di un sistema del
secondo ordine con pulsazione naturale e coefficiente di smorzamento data dai poli dominanti.
I risultati sono molto simili.
È pero presente uno scostamento, un transitorio piccolo ma che ci mette piu tempo ad esaurirsi. Questo è dovuto alla presenza della coppia polo-zero che
ha una costante di tempo piu alta di quella caratteristica dei poli dominanti, quindi il transitorio ci metterebbe di piu ad esaurirsi, ma ha una ampiezza
bassa per l’appunto perché il polo è vicino.
Questo comportamento è inevitabile, andando ad utilizzare la rete di anticipo, questa va ad inserire strutturalmente uno zero ad una pulsazione inferiore ad
ωc che voglio ottenere. Per otterenere ciò sarà per forza lo zero alla destra dei poli dominanti. Questo zero se lo andiamo a vedere sul luogo delle radici
sappiamo che ci sarà un ramo del luogo che andrà a finire sullo zero.
Quindi questo zero funge da attrattore di un polo del sistema chiuso in retroazione. Quindi il nostro sistema in retroazione avrà comunque un polo vicino
allo zero. Quindi a pulsazione piu bassa della pulsazione dominante. Quindi avrò un transitorio piu lento di quello che vorrei ottenere ma di entità
abbastanza piccola.

Quando abbiamo visto le risposte dei sistemi elementari, in


particolare quella con due poli reali e uno zero reale,
avevamo detto che poteva esserci quella coda di
assestamento che poteva essere con overshoot o con
undershoot.

La dimensione di questa coda potrebbe anche non essere


accettabile in caso sia eccessivamente lunga.

Nel caso fosse non accettabile io potrei pensare di fare in


modo che il residuo legato a quel transitorio sia nullo.
Per fare ciò metto lo zero con la rete di anticipo proprio in
cancellazione di uno dei poli dell’impianto.

Mettendo uno zero in cancellazione di uno dei poli nella


funzione di sensitività invece di avere 3 poli ne ho
solamente 2 dominanti. Per lo meno quelli che vedo come
effetti sulla variabile di uscita.

Quale polo vado a cancellare della funzione di anello per


otterene questo effetto?
Mi devo ricordare come è fatta la rete di anticipo.
La rete di anticipo per funzionare bene prevede di avere
uno zero a pulsazione inferiore alla pulsazione di
attraversamento da ottenere. Ma d’altra parte siccome so
che il polo deve essere oltre la pulsazione di
attraversamento, se prendo uno zero molto lontano dalla
pulsazione di attraversamento (frequenza molto bassa) la
separazione polo zero diventa molto grande. Come
conseguenza ho una distanza zero polo della rete molto
grande e quindi un effetto parassita molto grande.
Come regola di massima posso scegliere di cancellare si il
polo dell’impianto ma devo scegliere il polo dell’impianto
che ha una pulsazione inferiore a quella di attraversamento,
ma abbastanza vicino ad essa. Quindi il polo piu vicino alla
ωc.

Se faccio pero la cancellazione del polo con lo zero, per


riuscire poi ad imporre M e φ per soddisfare le specifiche a
quel punto ho solamente a disposizione la posizione del
polo, mentre non posso piu andare ad agire sulla posizione
dello zero.
Non è detto in questo caso che esista una posizione del
polo (scelta di ατ) unica che sia compatibile ad avere un
certo guadagno ed una certa fase.
Posso scegliere questo ατ per imporre la fase ma poi se
impongo la fase e sbaglio il guadagno la ωc non è piu la
pulsazione di attraversamento. Oppure posso imporre ατ
per imporre la ωc ma poi non so piu se la fase va bene o
meno.

In particolare la via di risoluzione piu semplice è proprio:


progetto lo zero in cancellazione con il polo dell’impianto.
Quindi vado a mettere il polo in maniera che la ωc diventi
proprio la pulsazione di attraversamento, cioè lo scelgo
imponendo M. Poi vado a vedere cosa è risultato sul
margine di fase. Se la specifica sul margine di fase è
risultata soddisfatta bene il progetto è finito. Altrimenti non
è possibile fare la cancellazione e sono costretto a tornare
al metodo precedente.
Lo zero risulta sempre in cancellazione.
Ho calcolato il valore τ del polo in maniera che il
margine di fase alla pulsazione di 20rad/s sia
esattamente 70°.

Facendo cosi ottengo un regolatore che ad alta


frequenza ha un guadagno decisamente piu basso. Il
margine di fase è diventato piu basso e in realtà le cose
sembrano andare bene.

Se vado a fare la risposta al gradino che avevo prima e


quella con il nuovo progetto vediamo che con il
secondo progetto la coda di assestamento è sparita.

Se vado a vedere il luogo delle radici mi accorgo che la


funzione di sensitività ha solamente due poli dominanti.

Ripetiamo: io posso fare un progetto che dati M e φ mi


calcoli ατ e τ. Questo mi garantisce sicuramente di
avere una rete di anticipo e quindi una funzione di
anello che soddisfi le specifiche su pulsazione di
attraversamento e margine di fase.
Se faccio cosi pero molto probabilmente ho uno zero in
bassa frequenza che non è in cancellazione di un polo
e quindi nel sistema risultante avrò una coda di
assestamento.
Er cercare di di risolvere il problema della coda di
assestamento posso fare un progetto diverso, andando
a fare una cancellazione polo dell’impianto con zero del
regolatore. A quel punto mi rimane come unico grado
di libertà la posizione del polo, che io posso scegliere
con vari criteri, ma non è garantito che io riesca a
soddisfare tutto quanto.
Per esempio se scelgo il polo per ottenere alla
pulsazione che voglio ottenere lo sfasamento che
voglio ottenere, non è garantito che con quel valore io
riesca ad ottenere la pulsazione di attraversamento
voluta.
Potrei ottenere proprio quella che volevo ottenere, potrei ottenere come pulsazione di attraversamento una pulsazione piu bassa di quella che volevo
ottenere (e va ancora bene perché se la trovo piu bassa posso sempre incrementare il valore di k senza modificare il diagramma di fase). Se invece la
pulsazione di attraversamento che ottengo è piu alta di quello che volevo ottenere allora li non ho piu alternative e non posso diminuire k dato che poi non
risultano piu soddisfatte le specifiche statiche. In questo ultimo caso non posso fare il progetto per cancellazione della rete di anticipo.

Se il progetto solitamente è fattibile con una sola rete di anticipo allora il problema della coda di assestamento normalmente non è tanto sentito. Questo
perchè lo zero della rete va a finire comunque vicino alla ωc, quindi se questo è il caso, se anche c’è una coda di assestamento questa è relativa ad un
polo che risulta vicino alla ωc, quindi con costante di tempo paragonabile a quella della dinamica dominante.
In altri casi il problema puo essere piu serio.

Finita la rete di anticipo tipica dello scenario B, iniziamo ad affrontare la rete di ritardo tipica invece dello scenario A per concludere poi con la rete di
ritardo-anticipo che va bene per lo scenario B.
La rete di ritardo è caratterizzata dall’ avere sempre un polo
ed uno zero, ma questa volta il polo è ad una pulsazione
caratteristica piu bassa dello zero.
Il diagramma di bode risulta speculare, invertito rispetto
l’asse delle x rispetto alla rete di ritardo. Questo sia per
ampiezza che per fase.

Gli effetti sulla funzione ad anello sono duplici: quello utile


in questo caso di riduzione del guadagno per le alte
frequenze e una un ritardo di fase (effetto parassita).

Idealmente vorrei diminuire il guadagno senza modificare la


fase. Al fine di utilizzare questa rete nelle condizioni in cui la
specifica sul margine di fase risulta gia soddisfatta.

Questa dinamica è presente se la pulsazione ωc capita oltre


lo zero, dove l’effetto parassita è abbastanza basso.
Mi aspetto quindi che sia il polo che lo zero siano entrambi
a pulsazione piu bassa di ωc.

Se la pulsazione ωc fosse prima del polo non avrei alcun


effetto. Se fosse tra polo e zero avrei su un po’ di
attenuazione dell’ampiezza ma un grosso effetto parassita.

Pulsazionecentrale
fa
Attenuazione ALLA Pulsazione
centrale
so lega

Attenuazione AlteFrequenze

Io GLI
Cambiando α cambia sia l’effetto utile che l’effetto
parassita.

Le formule sono esattamente speculari rispetto alla rete di


anticipo.
Vediamo come si utilizza la rete di ritardo per fare il
progetto:
Partiamo sempre dall’impianto avendo gia inserito anche il
regolatore statico.
Di nuovo si sceglie la pulsazione di attraversamento in
modo che sia all’interno della specifica.
Si valuta guardando i diagrammi quale è la pulsazione che
devo ottenere alla ωc per riuscire ad imporre quella ωc
come pulsazione di attraversamento. Sempre sui diagrammi
di bode si guarda quale è il massimo ritardo tollerabile per
riuscire a mantenere la specifica sul margine di fase.

Ricordiamo che questa rete possiamo utilizzarla solo se la


specifica sul margine di fase è gia soddisfatta ed in
particolare anche con un certo margine.

Una volta che ho identificato quale è l’attenuazione che mi


serve per riuscire ad imporre ωc come pulsazione di
attraversamento (M<1) e il massimo ritardo tollerabile
(numero negativo) posso procedere al progetto della rete di
ritardo.

Il meccanismo è il medesimo della rete di anticipo:


Scelgo τ e ατ in maniera tale da ottenere esattamente il
valore per R(jωc) di M*e^jφ
Separo parte immaginaria e parte reale, procedo con i
conti.
Alla fine ricavo i valori di τ e ατ che mi garantiscono una
certa pulsazione M e un ritardo di fase φ.

Le formule sono esattamente uguali a quelle di prima ma


sono scambiate.

Al solito non tutte le coppie di M e φ andranno bene.


Ma dovranno essere con M compreso tra 0 e 1 e φ
negativo.

Si nota che in τ si avrà numeratore negativo cosi come il


denominatore. Quindi τ sarà positivo sempre.

Per ατ invece si ha denominatore sempre negativo, ma


numeratore che potrebbe anche essere positivo. Se
ottengo ατ negativo avrei un polo a parte reale positiva.

Vediamo un esempio:
In base alle specifiche e al diagramma scopriamo che c’è
una zona di frequenze che sarebbero accettabili come
pulsazione di attraversamento. In cui se con una
determinata ωc finale la specifica sul margine di fase
sarebbe soddisfatta.
Solo che per ora la pulsazione di attraversamento è
maggiore di quella che dovremmo avere.

da
M IO

sinoPaocheZero Hanno Pulsazione a


caratteristica piùBassa Di No
DA Ottenere
Anche in questo caso andando a vedere il luogo delle
radici, sono comparsi i due poli dell’impianto e poi un polo
e uno zero del regolatore (rosso)
La funzione di anello continua ad avere un ramo del luogo
delle radici tutto a pulsazioni piu basse di quelle dei poli
dominanti.
Come risultato mi devo aspettare una risposta simile a
quella di una coppia di poli complessi coniugati (coppie
dominanti), ma di nuovo con una coda di assestamento.

Infatti si vede nelle risposte al gradi no la rossa quella con


solo i poli dominanti, mentre la blu, caratterizzata da una
coda di assestamento dovuta al terzo polo e caratterizzata
da undershoot.

Qui la situazione è un pochettino piu critica rispetto alla rete


in anticipo dato che lo zero in questo caso è a pulsazione
piu bassa di poco rispetto alla pulsazione di
attraversamento, ma potrebbe essere anche a pulsazione
decisamente piu bassa della pulsazione di attraversamento

Per eliminare la coda di assestamento come prima posso


mettere lo zero del regolatore in cancellazione con un polo
dell’impianto.

Quale polo conviene cancellare?


Sicuramente non quello di destra dato che noi sappiamo
che perché la rete di ritardo funzioni bene lo zero deve
essere a pulsazione piu bassa della pulsazione di
attraversamento.
L’effetto parassita alla pulsazione di attraversamento è
tanto piu piccolo quanto lo zero è lontano dalla ωc. Quindi
tenderei a cancellare un polo il piu lontano possibile dalla
pulsazione di attraversamento, o comunque un polo
sufficientemente lontano.

Esattamente come prima non è scontato che sia sempre


possibile fare un progetto in cancellazione. Se io ammetto
uno zero in cancellazione con un polo ho sempre poi il
problema di scegliere la parte residua della rete in modo da
imporre pulsazione di attraversamento e margine di fase.
Ma a quel punto se ho fissato lo zero in cancellazione, mi
rimane un solo parametro per riuscire ad imporre due
condizioni e il progetto potrebbe non essere fattibile.
Come prima posso scegliere il polo per imporre la
pulsazione di attraversamento e andare a vedere poi se la
specifica sul margine di fase è soddisfatta.
Oppure posso imporre il polo per imporre la specifica sul
margine di fase e poi andare a vedere come è posizionata
la pulsazione di attraversamento.

vediamo un esempio da un Esercizio di esame

minima complessità
Minornumeropossibile dizeriePoi

o lo s 1
_gaffes
o We dradis
o
Mf a 60
Non è richiesto errore nullo a regime quindi non c’è la necessità di avere un polo nell’origine del regolatore quindi il progetto è fattibile con delle reti
correttrici.

ANALISI DI SCENARIO STABILIRE DI CHETIPO DiRegolatore Abbiamo Bisogno

ANDIAMO A vedere se A We 1radIs la specifica sul margine difase

Per evitare ERRORI SCRIVIAMO LA ALS IN FORMASTANDARD CON LE COSTANTI DI TEMPO


St 5 5 1 0,2 S 1
GS 2s

AD
affossi
4 a 0,4

la
pi gir 0,01
ERRORE A Regime e e

e RICAVO K Overo Il Regolatore statico

K 66 99 Knin 246 K aso


GI GI
KG
gffs.AT
valutiamo LA FASE Della Funzione Di Anello ALLA Pulsazione We

Arg Kaige Arglalgwa Arg Hun ArgDens

2 2 2 45 2 arctgio 2
O
art arctgfo.at
90 2 11,30
Affinché ωc (1rad/s) sia la pulsazione di attraversamento effettiva avrei dovuto ottenere un guadagno pari ad 1 alla pulsazione ωc. Quindi mi trovo ad aver
bisogno di attenuare.
Il progetto richiede quindi una rete di ritardo.

Questa deve avere un guadagno alla pulsazione ωc (1rad/s) pari esattamente ad 1/48

Potrei gia fare il progetto della rete di ritardo con M e φ trovati. Questo pero mi porterebbe ad avere un problema per la presenza della coda di
assestamento.
Il problema infatti richiedeva di fare un progetto per cancellazione.

Andiamo a vedere quindi se è fattibile fare il progetto per cancellazione.

Nel progetto di ritardo dovrei andare a cancellare con uno zero un polo dell’impianto al di sotto della pulsazione ωc
In questo caso non ho poli sotto ad ωc. Al massimo posso cancellare un polo ad ωc.
Si nota che polo e zero sono a pulsazione sotto a ωc
Vediamo ora l’ultimo tipo di regolatore: abbiamo visto
quello di anticipo per lo scenario B e quello di ritardo per lo
scenario A ma c’è ancora un caso che non abbiamo
coperto: quello in cui sono nello scenario B ma ho anche
bisogno di attenuazione.
Quindi ho bisogno di una rete di anticipo per riuscire a
mettere a posto la specifica sul margine di fase, ma
comunque il guadagno è troppo elevato e quindi ho
bisogno anche di attenuazione per riuscire ad imporre la
pulsazione di attraversamento che voglio imporre.
Il regolatore che salta fuori è quindi una rete correttrice che
ha un termine di ritardo e un termine di anticipo: rete di
RITARDO_ANTICIPO.

Ci troviamo in una situazione in cui la pulsazione di


attraversamento naturale è gia troppo alta e con una rete di
anticipo so che la pulsazione di attraversamento puo solo
aumentare, dato che questa ha un guadagno piu grande di
1 a tutte le pulsazioni.
Non riuscirò a soddisfare le specifiche con un rete solo di
anticipo. Devo quindi attenuare, ma non posso farlo
andando ad abbassare il “k”, mi serve allora anche una rete
di ritardo che attenui a frequenze superiori delle
caratteristiche delle specifiche statiche.

Questa rete è caratterizzata da avere due poli e due zeri. In


particolare una coppia polo-zero corrispondente alla rete di
ritardo entrambi alla pulsazione inferiore ad ωc. E un’altra
coppia zero-polo in cui lo zero è a pulsazione inferiore a ωc
e il polo è a pulsazione superiore a pulsazione ωc.
La disposizione dei poli e degli zeri è quindi unica in termini
di frequenze.

Gli effetti utili sono due: attenuazione a bassa frequenza e


anticipo di fase intorno alla pulsazione ωc.
Per fare il progetto si procede quindi prima a considerare la
sola rete di ritardo e poi quella di anticipo o viceversa.
Facendo il progetto sfruttando quello che abbiamo gia visto
per le rispettive reti.
Allo stesso modo di come abbiamo visto la progettazione di
regolatore statico e dinamico anche qui spezzeremo il
progetto in due passi andando a vedere ad esempio prima
la rete di anticipo e poi andando a progettare la rete di
ritardo cercando di fare in modo di lasciare inalterata la rete
di anticipo preinserita.

Scegliere se progettare prima la rete di ritardo o quella di


anticipo da in entrambi i casi un effetto positivo pero
differente in base al caso.

Il numero di gradi di libertà in cui andare a gestire la rete


globale è 2 come al solito M e φ di cui si possono andare a
gestire 4 parametri in totale per la posizione di poli e zeri.
Va detto però che quando introduco la prima rete introduco
un effetto dannoso (parassita) che devo compensare con la
seconda rete. Quindi in realtà un grado di libertà viene
perso.

Io posso progettare tutte e due le reti per dare un certo


effetto utile ed un certo effetto parassita: se progetto prima
la rete di anticipo posso dare un effetto utile che è il
guadagno di anticipo e l’effetto parassita consiste in quanto
il guadagno viene alterato.
Questo effetto parassita non interessa molto dato che dopo
vado a progettare una rete di ritardo che va ad attenuare
andando a compensare anche l’effetto parassita della rete
di anticipo. Posso in breve progettare la rete di anticipo
senza considerare il guadagno.
Ho quindi un grado di libertà nel progetto della rete di
anticipo.
Una volta che questa è stata fissata poi la rete di ritardo
che viene dopo ha tutto fissato dato che devo ancora
imporre M e φ. Ed ha quindi due gradi di libertà.

Lo stesso accade anche se progetto per prima la rete di


ritardo e in seguito quella di anticipo: posso garantire una
attenuazione a avrò un certo ritardo (effetto parassita) che
posso compensare con la rete di anticipo che vado ad
inserire dopo.

In sostanza posso progettare la prima rete basandomi


solamente sull’effetto utile e la seconda invece andando a compensare l’effetto parassita e le specifiche.

Se per esempio io progetto la rete di anticipo per prima


posso progettare solamente per mettere a posto l’anticipo
senza preoccuparmi di quale è il guadagno.
Tra tutte le reti che posso progettare di anticipo

Esistono infinite reti di anticipo tali da soddisfare la


specifica sulla fase.
Se non ho altre considerazioni da fare io scelgo la rete che
mi da il minore effetto parassita, ovvero il minore guadagno
ad alta frequenza.
Ovvero quella per cui l’effetto utile coincide proprio con il
punto di massimo. Vado quindi a scegliere il valore di α che
mi da il φmassimo alla pulsazione ωc.
Va detto però che: quando poi io devo andare a progettare
la rete di ritardo devo andare a fare in modo che questa sia
I
effettivamente realizzabile e che vada a mettere a posto il
guadagno anche introdotto dalla rete di anticipo precedente.
Una rete di ritardo si porterà dietro anche un certo ritardo di
fase. Quindi quando vado a fare il progetto della rete di
anticipo se so che per soddisfare la specifica sul margine di
fase devo guadagnare un tot di gradi (es 37°), quando faccio
il progetto della rete non posso prendere come φ ad ωc
proprio quel valore (37°) perché questo poi significherebbe
dover progettare una rete di ritardo poi che abbia come
effetto parassita quello di imporre un ritardo pari a 0° e ciò è
irrealizzabile.
Devo quindi in fase di progettazione della rete di anticipo
prendere un φ piu grande del minimo che mi serve di un
certo margine (5-6°) per riuscire a progettare una rete di
ritardo effettivamente realizzabile.

Progettata quindi la rete di anticipo la inserisco come parte


della funzione di anello. Vado quindi a vedere sulla nuova
funzione di anello come è la caratteristica. (Se ho proceduto
bene la specifica sul margine di fase deve essere soddisfatta
anche con un certo margine). A quel punto mi ritrovo in uno
scenario tipo A e progetto la rete di ritardo.

Se invece voglio progettare prima la rete di ritardo:


L’effetto parassita è quello di inserire uno zero a bassa
frequenza che funge da attrattore da un polo.
Per questo motivo nella rete di ritardo è piu facile avere a
progetto code di assestamento perché mette gli zeri a
pulsazione piu bassa.
Conviene quindi progettare la rete di ritardo in
cancellazione.
Abbiamo visto pero che se faccio solamente la rete di
ritardo non è detto che questa sia fattibile. Ma qui non mi
importa dato che se anche la rete di ritardo da un ritardo
di fase troppo grande andando a procedere in
cancellazione, dopo devo andare a mettere una rete di
anticipo che puo recuperare e risolvere questo problema
di fattibilità.
Progetto quindi sicuramente per cancellazione la rete di
ritardo.

Una volta messa la rete di ritardo per cancellazione vado a vedere la nuova funzione di anello (in cui la specifica sul margine di fase non sarà soddisfatta)
però abbiamo attenuato abbastanza con la rete di ritardo da permettermi poi di fare un progetto con la rete di anticipo.
Il che significa che non devo attenuare solamente quel tanto che mi serve per imporre la ωc come attraversamento, perché se no dopo sono costretto a
progettare una rete di anticipo con guadagno pari a 1, che non esiste. Quindi dovrò attenuare di piu del minimo necessario per poter poi effettivamente
andare ad inserire una rete di anticipo. (Attenuò circa di 10 in piu )
I
I
Nel caso le specifiche da ottenere siano molto gravose tramite una singola rete si possono utilizzare piu reti anche dello stesso tipo ad esempio mettendo
in serie due reti di anticipo o di ritardo.
Quello che noi abbiamo visto sono i mattoncini elementari.

Prima di concludere la lezione andiamo a vedere un altro possibile esercizio


Facciamo prima le rete di ritardo o quella di anticipo ?
Dalle indicazioni del testo non dava una priorità.
Noi andiamo per scelta a fare prima la rete di anticipo.
Siccome ho calcolato la Ra in modo da avere i 6 gradi di margine so gia il risultato dell’argomento di
impianto e rete senza doverlo calcolare.

Se aumenta ωc dalle specifiche l’impostazione è esattamente la stessa ma quando faccio l’analisi di


Manca da affrontare l’ultimo argomento ovvero quello dei regolatori da utilizzare quando le specifiche chiedono ERRORE NULLO A REGIME.
In questo caso la caratteristica dei regolatori è quella di garantire un polo nell’origine della funzione di anello.

I regolatori di questa tipologia abbiamo visto essere simili e in particolare ne abbiamo trovato
uno che va bene per lo scenario di tipoA e uno per lo scenario tipo B.
In realtà questi regolatori che saltano fuori da questa analisi di scenario hanno una lunga
storia, si chiamano regolatori INDUSTRIALI o regolatori PID.

Oggi li vediamo nel dettaglio.

Un regolatore industriale viene chiamato spesso PID come acronimo di


PROPORZIONALE INTEGRALE DERIVATIVO. Questo significa che in realtà la
variabile di controllo viene ottenuta combinando tre termini: un termine che è
proporzionale all’errore di regolazione.
Un secondo termine proporzionale all’integrale dell’errore di regolazione fatto
nel tempo. Un terzo termine che è proporzionale all’andamento della derivata
dell’errore di regolazione.

In realtà questo è uno standard industriale e ha un caso


industriale particolare che è il regolatore senza azione
derivativa.

È utilizzabile per moltissimi esempi ed uno dei vantaggi di


questo tipo di regolatori, specialmente quello senza termine
derivativo, è quello di poter permettere delle tecniche di
taratura, cioè di calcolo dei parametri dei regolatori, che
possono essere empiriche e facilmente automatizzate.
Questo significa che è possibile utilizzare questi regolatori per
giungere a buone performance anche se il modello
dell’impianto non è molto noto.

Questi tipi di regolatori sono stati implementati storicamente


con tantissime tecnologie diverse oggi normalmente le funzioni
di trasferimento del regolatore vengono tutte implementate per
via numerica tramite una centralina elettronica che acquisisce in
maniera digitale i segnali che provengono dall’esterno e
calcolano per via numerica il valore da applicare alla variabile di
controllo, ritrasformata poi nuovamente nel dominio fisico da
dispositivi chiamati amplificatori elettrici, idraulici, …
In pratica siamo nel campo dei PLC: dispositivi simili a dei
computer nati per realizzare applicazioni di controllo in ambito
industriale. Sono da un certo punto di vista piu robusti, e
specializzati per realizzare un certo tipo di operazioni, in
particolare operazioni logiche, come aprire/chiudere interruttori.
All’inizio degli anni ‘70 molti dei quadri elettrici industriali,
complessi e pieni di indicatori, pulsanti, relè, tutti dispositivi
manuali ed analogici, iniziarono ad essere sostituiti con piu
semplici da gestire sistemi PLC.
Al giorno d’oggi sono rimasti strumenti abbastanza semplici da
programmare ma che hanno saputo implementare sempre
nuove funzioni come ad esempio blocchi che rappresentano
sistemi di funzionamento di regolatori.
Nel dominio temporale il funzionamento del controllore è
descritto da questa equazione integro-differenziale, in cui la
variabile di controllo “u” uscita del regolatore è la somma di 3
termini in cui compare l’errore al tempo “t”, all’integrale
dell’errore nel tempo, e alla derivata dell’errore.
Il tutto attraverso delle costanti che ne determinano la relazione
di proporzionalità.

Se andiamo a fare la funzione di trasferimento associata a


questo tipo di controllore

Si nota subito che la funzione di trasferimento del PID risulta


irrealizzabile fisicamente essendo caratterizzata da due zeri e da
un unico polo. Se vado a vedere cosa succede nel dominio
delle frequenze, ad alta frequenza il guadagno tende ad infinito.

Il problema risiede in particolare nel termine derivativo dato che


anche a livello fisico noi sappiamo che è impossibile fare una
derivata del segnale fisico nel tempo.

Per rendere il tutto fisicamente realizzabile si va ad inserire un


polo nel sistema normalmente ad una frequenza abbastanza alta per non alterare l’andamento della funzione di risposta armonica nella prima parte
dell’intervallo delle frequenze.
Normalmente questo polo viene messo con costante di tempo pari alla costante di tempo del termine derivativo diviso un numero compreso tra 5 e 20
normalmente.
Noi vedremo che sarà possibile utilizzare metodi che mi dicano quale devono essere esplicitamente i valori dei vari parametri.

L’azione integrale è quella che inserisce il polo nell’origine e questa cosa garantisce errore nullo anche da un punto di vista temporale. Infatti se ci
pensiamo, se nel sistema ho un integrale insieme a tante altre cose

È sufficiente che ci sia un termine integrale con in ingresso l’errore per cui se io metto un riferimento costante, noi sappiamo che a regime tutte le variabili
devono diventare costanti, perché una volta esauriti i transitori rimangono solamente i modi dell’ingresso. Questo valido su tutte le variabili dello schema.
Se y si mantiene costante, l’unica soluzione compatibile con l’avere un y costante è avere anche l’integrale che rimane costante.
Ma l’uscita dell’integrale costante implica che il suo ingresso non solo sia costante, ma sia del tutto nullo.
Quindi tutte le volte che compare un integrale che ha in ingresso l’errore, se lo schema garantisce la stabilità, questo garantisce anche che a regime, con
ingressi costanti l’errore sia nullo.

Per quanto riguarda l’azione derivativa invece è una azione che in qualche maniera cerca di agire in maniera preventiva:
Ad esempio si consideri un sistema meccanico ed in particolare dotato di inerzia, se io sto spingendo il mio corpo per arrivare ad un certo punto e l’errore
che descrive il funzionamento è la distanza della posizione attuale al punto di arrivo, allora io non è che posso continuare a spingere allo stesso modo fino
a quando arrivo al punto di arrivo, questo perchè se procedo in questo modo una volta arrivato al traguardo lo supero, per via dell’inerzia del sistema, ma
non mi ci fermo, procedo oltre, sviluppando quindi un errore. Devo arrivare al punto con una velocità uguale a zero se voglio fermarmi ed avere errore nullo
definitivamente.
Per evitare questa cosa quindi inizio a frenare prima di raggiungere l’obiettivo.
Nel mondo dei controlli questo si traduce in piu rapidamente si riduce l’errore e piu riduco l’azione di controllo. Allo stesso modo se l’errore tende a
crescere in una determinata situazione, questo ha derivata positiva e quindi applico andando ad aumentare l’azione del controllo.

Questo nel dominio della frequenza: noi sappiamo che l’azione derivativa corrisponde ad avere uno zero nell’origine, ma se andiamo a fare il diagramma di
bode dello zero nell’origine per quanto riguarda la fase realizziamo che uno zero nell’origine inserisce un anticipo di fase pari a 90° a tutte le frequenze.
Questo significa che qualunque sia la pulsazione di attraversamento della funzione di anello questo zero nell’origine mi inserisce un migliore margine di
fase, è una azione che tende quindi ad aumentare la stabilità del sistema in retroazione.

L’azione di controllo è proporzionale a 3 parametri (proporzionale integrale e derivativo) in realtà normalmente viene regolato un parametro Kp costante di
guadagno proporzionale che variandolo variano tutti e 3 i termini in maniera proporzionale. C’è poi una costante relativa all’azione integrale che ha le
dimensioni di un tempo Ti: COSTANTE DI TEMPO INTEGRALE. Siccome l’integrale dell’errore ha dimensione di un errore per un tempo se voglio
sommarlo al altri errori devo dividere la quantità per un tempo. Secondo lo stesso ragionamento la costante di tempo DERIVATIVA va a moltiplicare
l’errore.

Giocando sulle costanti posso annullare i vari termini dell’azione integrale e derivativo andando ad ottenere i casi particolari di regolatore
PROPORZIONALE; PROPOZIONALE INTEGRALE; PROPORZIONALE DERIVATIVO.
Abbastanza interessante è il regolatore Proporzionale-Integrale.
Questo è caratterizzato dall’avere un polo nell’origine

E uno zero con costante di tempo Ti

Se andiamo a fare il diagramma di bode vediamo che in realtà


Kp rappresenta il valore dell’ampiezza della funzione di risposta
armonica quando ω tende ad infinito. Quindi il valore del
guadagno ad alta frequenza.

Il diagramma di bode: inizialmente ho una pendenza nelle


ampiezze che è -20 dB/decade data dal polo nell’origine e -90°
come fase. Poi ad un certo punto, in funzione della constante Ti
inserisco uno zero e quindi il diagramma diventa piatto.

Se Ti definisce la posizione dello zero, piu aumenta Ti piu lo


zero si sposta verso sinistra, si riduce la sua pulsazione
caratteristica. Quindi cambiandolo sposto il diagramma lungo
l’asse delle frequenze.
Se cambio invece Kp io sposto il diagramma in alto o in basso
in termini di ampiezza, mentre rimane costante in termini di fase.

Il diagramma delle fasi fa vedere che in realà il regolatore PI inserisce sempre un ritardo di fase. Questo è un effetto parassita.
L’effetto utile che da invece il regolatore è quello di avere un guadagno in alta frequenza giù basso di quello che ho in bassa frequenza (attenuazione).
Questo regolatore ha quindi tutte le caratteristiche di una rete di ritardo però siamo in uno scenario tipo A in cui l’errore a regime è nello.

Questo regolatore PI va quindi bene per i problemi che rientrano nello scenario A ovvero quelli in cui il margine di fase del sistema risulta gia accettabile e
dovrei solamente attenuare per riuscire ad imporre la pulsazione di attraversamento.

Invece un regolatore PID ha un diagramma di bode


caratterizzato da due zeri ed un solo polo, nell’origine.
Il primo zero in particolare fa diventare il diagramma delle
ampiezze piatto, mentre il secondo zero fa si che la pendenza
aumenti positivamente di 20dB/decade.
Per quanto riguarda la fase questa parte da -90° poi sale fino ad
arrivare a 90° ad alta frequenza.

I parametri Ti e Td stabiliscono dove sono messi i due zeri.

Anche qui se vario Kp di nuovo varia tutto il diagramma delle


ampiezze che si sposta verso l’alto o verso il basso in funzione
se Kp aumenta o diminuisce. Il diagramma delle fasi invece
rimane invariato.
Variando Ti e Td cambiano le posizione degli zeri e vedremo
come.

Come detto il sistema PID rappresenta un diagramma di bode


non fisicamente realizzabile.

Per ottenere un sistema realizzabile quindi con grado relativo


non negativo, si va ad inserire un polo ad alta frequenza in
modo da non fare a crescere all’infinito il guadagno al crescere
di ω.
Questo polo viene messo a frequenze sufficientemente elevate
in maniera da non alterare il comportamento nella zona di
interesse.

Se andiamo a vedere come varia il diagramma di fase e delle


ampiezze con l’aggiunta del polo si nota che c’è una prima parte
in cui si ha l’attenuazione con fase pari a -90° dovuta alla
presenza del polo nell’origine. La seconda parte invece è
caratterizzata da un contributo alla fase positivo, anticipo,
causato dalla presenza dei due zeri.
Questo ricorda molto l’andamento di una rete di ritardo anticipo
in cui in realtà il primo polo, a frequenza piu bassa, è andato a
finire nell’origine.
Questo tipo di regolatore avevamo visto aver senso quando ci
troviamo nel classico scenario B in cui abbiamo bisogno di
aumentare l’anticipo per riuscire a garantire un buon margine di
fase alla pulsazione ωc.
Vediamo quindi che in realtà i due regolatori nonostante uno si
ottenga dall’altro mettendo la costante di tempo derivativa Td
pari a 0.in realtà questi sono profondamente diversi e vanno
bene per risolvere problemi di tipo diverso.
Come accennato il regolatore proporzionale integrale si puo
utilizzare quando ho un problema inquadrabile con uno scenario
di tipo A.

Questo è veramente molto diffuso. Circa il 95% delle


applicazioni in ambito industriale. Quando non si sa bene cosa
mettere si tende a mettere un PI.
In termini analogici è anche molto semplice da costruire.

Il PI è inoltre facile da tarare per vari sistemi in particolare ci


sono solamente due parametri (k;Ti) e cambiandoli uno per volta
cambiano i risultati uno per volta senza avere cambiamenti che
si intrecciano tra di loro.
In particolare cambiando Kp modifico il diagramma di bode
delle ampiezze ma non modifico quello della fase.
Cambiando Ti cambio entrambi i diagrammi di bode, ma per
quello delle ampiezze abbiamo visto solamente spostarlo
sull’asse delle frequenze.

Quando faccio la taratura io non posso ottenere se utilizzo un PI


delle bande passanti molto elevate. Non posso aumentare la
pulsazione di attraversamento. Perche il PI si comporta come
una rete di ritardo quindi di suo va a diminuire il margine di fase,
mentre se cerchiamo di aumentare il guadagno proporzionale
per avere risposte piu pronte andiamo ad aumentare la pulsazione di attraversamento ma questo normalmente fa diminuire il margine di fase.

Se voglio quindi ottenere risposte piu pronte rispetto le risposte naturali che avrebbe un sistema non posso utilizzare un regolatore PI perché avrei
problemi di instabilità.
Il PI va quindi bene tutte le volte che devo ottenere errori a regime nulli, ma senza chiedere prestazioni dinamiche o bande passanti molto spinte. In questo
caso con un PI riesco a risolvere il problema ed è anche facile trovare i parametri caratteristici del regolatore.

Essendo quindi come visto un caso particolare di rete di ritardo


posso andare a calcolare i parametri cosi come avevo fatto con
la rete di ritardo.
In particolare si identifica una pulsazione di attraversamento e il
massimo ritardo tollerabile per non distruggere la specifica sul
margine di fase.
Da questi due numeri: M: attenuazione che vogliamo e φ
massimo ritardo tollerabile, tramite formule abbiamo trovato i
valori di τ e ατ.

In questo caso possiamo identificare una pulsazione di


attraversamento, per cui la specifica sul margine di fase è gia
soddisfatta, e a quella pulsazione di attraversamento si va a
vedere quale è il guadagno o attenuazione che deve ottenere il
regolatore per ottenere quella ωc e si va a vedere quale è il
massimo ritardo accettabile. Sulla base di questo si calcolano i
valori di Kp e Ti.

Va ricordato che abbiamo anche delle specifiche statiche


riguardanti il comportamento a regime, che però sono
sicuramente soddisfatte dalla presenza del polo nell’origine.
Questo semplifica la taratura dato che io calcolo la costante di
tempo Ti per non perdere troppa fase, in maniera che la
specifica sul margine di fase rimanga soddisfatta. Poi vario il
valore di Kp finche non ottengo la pulsazione di attraversamento che voglio ottenere dato che messo a posto il Ti il Kp non mi da alcun tipo di problema.
Per quanto riguarda le due formule di inversione: una stabilisce
il valore di Kp e una di Ti quindi quale è il valore della posizione
dello zero.
Questa posizione dello zero non è necessariamente legata alla
posizione di poli nell’impianto. Di nuovo quindi puo capitare che
io abbia una coda di assestamento.

L’altra alternativa per fare il progetto del PI è quella invece di


fare il progetto per cancellazione, cosi come abbiamo fatto per
la rete di ritardo.
Se faccio un progetto per cancellazione significa che metto lo
zero del PI in cancellazione con un polo dell’impianto. A questo
punto il progetto può essere fattibile o non, ma lo vedo subito:
se fisso la pulsazione ωc, una volta che ho fissato lo zero il
diagramma di fase è immodificabile avendo obbligatoriamente
un polo nell’origine.
Dopo aver messo lo zero in cancellazione vado quindi a vedere
se la specifica sul margine di fase rimane soddisfatta.
Se rimane soddisfatta allora il progetto per cancellazione è
sicuramente fattibile e calcolo il valore di Kp che impone ωc
come pulsazione di attraversamento.
Se invece la specifica sul margine di fase non è soddisfatta
mettendo lo zero in cancellazione non esiste nessun valore di
Kp che mi possa cambiare questo fatto. Quindi il progetto non
è fattibile.
Nel caso quindi di un regolatore PI verificare o meno se il
progetto per cancellazione è fattibile risulta una banalità.

Un altro caso particolare è il regolatore Proporzionale-


Derivativo.
La funzione di trasferimento è caratterizzata da un grado
relativo di per se negativo quindi irrealizzabile fisicamente.
Per renderla realizzabile aggiungo un polo a pulsazione
sufficientemente elevata per non cambiare il diagramma di
bode alle pulsazioni basse.
Facendo cosi ottengo una espressione del tipo

Il regolatore PD diventa quindi una classica rete di anticipo.

Quindi andrò ad utilizzare un regolatore PD tutte le volte in cui


sono in uno scenario B e il mio problema si puo risolvere
tramite una sola rete di anticipo.

Taro il regolotare di PD esattamente con le regole che abbiamo


visto per la taratura del regolatore di anticipo.

I regolatori PD trovano ampio impiego come regolatori in sistemi robotici. Questo perchè i problemi di robotica sono principalmente problemi di oggetti
che si muovono con inerzie a movimentatori che devono essere pronti nella risposta. Quindi problemi del secondo ordine, dove normalmente se si cerca di
allargare la banda passante per avere una risposta pronta il margine di fase risulta spesso insoddisfacente ed è quindi spesso richiesto un anticipo di fase.

Non è pero una grande idea progettare il PD dal punto di vista ideale e poi andare a mettere il polo di fisica realizzabilità perché facendo cosi non tengo
sotto controllo quello che tengo alle alte frequenze. Meglio considerare il polo fin dall’inizio e fare il progetto di una rete di anticipo quindi il progetto della
rete PD con polo di fisica realizzabilità.
Per il regolatore PID invece le cose sono un pochettino piu
complicate perché se andiamo a vedere il diagramma di Bode
del PID questo corrisponde ad avere una rete di ritardo-anticipo
in cui ricordiamo la disposizione dei poli e zeri era fissata pari a:
partendo dalle frequenze piu basse possibili: polo rete di ritardo;
zero rete di ritardo; zero rete di anticipo; polo rete di anticipo.
Nel PID il polo della rete di ritardo è andato a finire nell’origine.

In realtà però i due zeri dipendono dai valori delle costanti Ti e


Td e al cambiare di queste due costanti io ho sempre due zeri,
ma questi possono essere due zeri reali distinti o coincidenti,
oppure due zeri complessi coniugati.

Andando a vedere l’espressione riquadrata per gli zeri si scopre


che questi sono reali se la costanti di tempo risultano tra di loro
in rapporto

Dove ho degli zeri complessi coniugati comunque non ci sono


problemi.
Quindi questa libertà nella posizione degli zeri che si ha
cambiando le costanti di tempo Ti e Td è troppo grande,
conviene comunque avere una taratura del PID in cui gli zeri
siano reali.

La forma tipica di un regolatore industriale è quella riportata in


slide.
Se però io prendo i valori di Ti e Td tali per cui gli zeri sono reali
e distinti allora io posso scrivere la funzione di trasferimento del
PID in una forma differente (seconda formula in slide).

Esiste una regola di trasformazione cioè una relazione tra le τ e


Ti e Td.

Se la costante di tempo integrale è molto piu grande della


derivativa queste piu o meno corrispondono alle costanti di
tempo dei due zeri.

Noi faremo la taratura che ci tirerà fuori i valori di τ1 e τ2 e


andremo a ricavare Ti e Td.
In realtà però se vado a vedere il regolatore PID con i due zeri
reali lo posso scrivere anche in questa forma: che fa riferimento
alla serie tra un regolatore PI e ad una rete di anticipo.

In realtà quindi il PID reale può essere individuato come la


cascata di un PI con una rete di anticipo dove il PI è il caso
particolare della rete di ritardo.
Per questo motivo non ci sorprende che per fare la taratura del
PID si procede con una logica che ripercorre esattamente la
taratura della rete di ritardo anticipo.
Il progetto è quindi fatto per passi successivi come avevamo
visto nella rete di ritardo anticipo:

Ricordiamo che nella rete di ritardo anticipo abbiamo verificato


che nella rete ci fosse almeno un grado di libertà. Poi ci siamo
chiesti se valeva la pena progettare prima la rete di ritardo o
quella di anticipo.
Proviamo a fare la stessa cosa qui.

Ci sono due casi che dovremo considerare, il primo piu


semplice, è quello in cui le specifiche statiche chiedono
solamente di avere errore nullo a regime, senza altri vincoli.
Il secondo caso invece impone non solamente di avere errore
nullo a regime ma devo anche garantire una certa attenuazione
fino alla pulsazione ωd, ho quindi un limite inferiore alla
funzione di anello.

Vediamo prima il caso piu semplice caratterizzato da una sola


specifica di errore nullo a regime. Questa specifica statica
sappiamo che è soddisfatta mettendo un polo nell’origine.
Quindi nel regolatore ho 4 parametri Kp, τ1, τ2,α. Che posso
modificare liberamente per andare ad imporre le specifiche
dinamiche.

Modificando Kp vario il diagramma di bode delle ampiezze senza cambiare la fase, quindi
scelta una pulsazione di attraversamento io posso imporre
quella come ωc della funzione di anello agendo direttamente su
Kp senza modificare la fase.
Rimangono quindi 3 parametri τ1,τ2,α che mi servono per
imporre la specifica sul margine di fase.

Nella pratica prima scelgo τ1,τ2,α per imporre la specifica sul


margine di fase, una volta che quella è a posto scelgo Kp per
imporre la specifica sulla ωc, senza modificare il diagramma
delle fasi.
Questo significa che avendo 3 parametri per una sola specifica
ho due gradi di libertà, non piu uno solo come avevamo prima
nella rete di ritardo anticipo.
Posso sfruttare questi due gradi di libertà come voglio.
In particolare uno lo utilizzo nel progetto del regolatore PI
Per fare un progetto per cancellazione, in maniera da
minimizzare le code di assestamento.
(Come nel caso della rete di ritardo anticipo in cui se
progettiamo prima la rete di ritardo la progettiamo in
cancellazione).

L’altro grado di libertà è quello che ho nel progetto della rete di


anticipo che posso sfruttare o cercando di fare la rete di
anticipo ottima, quella che minimizza il guadagno ad alta
frequenza, oppure facendo la rete di anticipo in cancellazione,
scelta piu esotica ma in linea di principio fattibile.

La sequenza di progetto per andare a progettare un PID richiede quindi di seguire una procedura piu standardizzata rispetto alla libertà della rete di
ritardo-anticipo: prima di tutto metto il PI in cancellazione, poi progetto la rete di anticipo per mettere a posto la specifica sul margine di fase senza
curarmi del guadagno. In ultimo calcolo il valore di Kp che permette il valore di ωc da ottenere.

Il progetto del guadagno minimo ad alta frequenza l’abbiamo gia visto :


Si definisce il valore di φ da ottenere, si fa in modo che quel
valore corrisponda all’anticipo massimo della rete e quindi si
sceglie α sulla base di quell’anticipo e poi si sceglie la costante
di tempo in maniera tale che quel valore di anticipo capiti
proprio alla pulsazione ωc.

Vediamo un esempio:
Impianto con 3 poli.

Siccome voglio errore a regime nullo e nell’impianto non è gia


presente un polo nell’origine so gia che il regolatore dovrà avere
un polo nell’origine.

L’analisi di scenario va fatta prima di mettere il polo nell’origine,


quindi solamente nella funzione di trasferimento dell’impianto.

Siccome devo recuperare anticipo e una quantità minore di 90°


so che posso farlo con una sola rete di anticipo.
Essendo un PID prima metto a posto le specifiche sul margine
di fase e poi il Kp andando quindi a mettere a posto ωc.

Facendo il PI in cancellazione quale polo vado a cancellare ?


Quello con costante di tempo piu alta quindi quello a pulsazione
piu bassa.
Nel nostro caso (1+0,1s)

Ho quindi progettato il PI.

Una volta inserito il PI vado a vedere come è fatto il diagramma


di bode.
Sicuramente avrà una fase piu bassa del solo impianto essendo
il PI portatore di ritardo.
Scelgo la pulsazione ωc e vado a vedere quale è l’anticipo che
mi serve per riuscire ad entrare in specifica sul margine di fase.

Questo lo devo ottenere con la rete di anticipo.

Calcolata la rete di anticipo, se la inserisco ottengo una nuova


funzione di anello che alla pulsazione ωc soddisfa la specifica
sul margine di fase. La pulsazione di attraversamento non
corrisponde pero a ωc, potrebbe essere piu bassa o piu alta.
Per metterla a posto vado a vedere quale è il valore del
guadagno che questa funzione di anello ha alla pulsazione ωc e
pongo Kp = 1/guadagno.
Verifichiamo:

La logica è esattamente la stessa del progetto della rete di


ritardo -anticipo. L’unica cosa che cambia è che in quel caso
dovevamo progettare il valore di Kp all’inizio per riuscire ad
imporre la specifica statica. Questo dava un vincolo
successivamente dato che non potevamo piu ridurre quel
valore.
Qui invece la specifica statica è soddisfatta e mi ritrovo con un
parametro che posso aggiustare comodamente e liberamente
andando a mettere a posto la pulsazione di attraversamento
senza avere impatto sul diagramma delle fasi che quindi posso
trattare separatamente.

Potevo fare anche il progetto della rete di anticipo per


cancellazione.
Se invece oltre ad avere errore nullo a regime io voglio anche
avere una certa attenuazione fino ad una pulsazione ωd. Ecco
che allora non solo devo mettere il polo nell’origine ma devo far
tire che tutta la parte della funzione di anello fino alla pulsazione
ωd sia al di sopra del valore di guadagno minimo ammesso per
ottenere quella attenuazione. Quindi di nuovo ho un valore
minimo su K. Come avevamo nella rete di ritardo-anticipo.

Qui non è piu permesso mettere a posto la pulsazione di


attraversamento agendo alla fine su Kp.

Mi ritrovo quindi con 3 parametri : τ1,τ2,α che devo utilizzare


per imporre la frequenza di attraversamento e il margine di fase.
Mi trovo quindi con un solo grado di libertà.

Come prima posso provare a fare il progetto del PI in


cancellazione (cioè metto il τ1 in cancellazione), solo che a
questo punto con la rete di anticipo devo imporre pulsazione di
attraversamento e margine di fase (dovrò avere un certo
guadagno M e una certa fase φ) quindi non ho piu nessuna
libertà nell’imporre nel progetto della rete di anticipo e quindi
faccio il progetto della rete di anticipo con le formule di
inversione.
Il tutto sperando che il progetto sia risolvibile perché non è detto che esista una rete di anticipo che imponga M e φ che sto cercando.
Se per esempio M fosse <1 allora non esiste questa rete di anticipo.

Quindi se riesco a trovare una rete di anticipo che mi risolve il problema ho finito.
Se invece non riesco a imporre questa rete ora il problema si duplica: in particolare o ho una pulsazione troppo elevata di attraversamento, quindi dovrei
attenuare, ma con la rete di anticipo non riesco ad attenuare, posso attenuare solo con la rete di ritardo. Allora devo ritornare sul progetto del PI in cui
invece di metterlo in cancellazione metto lo zero piu avanti in maniera che il PI mi dia piu attenuazione, avvicino lo zero del PI alla pulsazione ωc, e allora
provo a rifare il progetto della rete di anticipo.
Se invece il problema nasce dal fatto che io non riesco ad imporre il margine di fase dato che dovrei guadagnare troppa fase con la rete di anticipo forse
ho messo lo zero del PI a pulsazione troppo elevata. Quindi torno di la e abbasso la pulsazione caratteristica dello zero in maniera che questo non
introduca troppo ritardo di fase alla pulsazione ωc. Quindi
allontano lo zero del PI dalla pulsazione ωc.

Vediamo un esempio: questa volta richiedo che l’errore sia nullo


a regime e che i disturbi fino ad una pulsazione di 2rad/s siano
attenuati di almeno 30 volte.

Devo fare in modo che il modulo della funzione di anello per la


pulsazione ωd deve essere maggiore di una determinata
quantità.
Non essendo cambiate le specifiche dinamiche mi trovo con la
stessa analisi di scenario.

Quando vado a fare il PI in cancellazione salta fuori una


funzione di anello che soddisfa le spefiche statiche con del
margine, margine che io potrei pagare dopo. Mi conviene quindi
utilizzare come valore di Kp il valore piu basso possibile che mi
permetta di mantenere le specifiche.

Io posso quindi abbassare il guadagno di almeno 10dB quindi


metto un valore di Kp=0,3 da qui in poi non posso piu
abbassare questo valore altrimenti non riesco piu a soddisfare
le specifiche statiche.

Facendo cosi ottengo una pulsazione di attraversamento che è


ancora compatibile con le specifiche. È devo mettere a posto la
specifica sul margine di fase.
Questo è un problema di scenario B che ti risolve con una rete
di anticipo.

Il fatto che una volta abbassato il Kp la pulsazione di


attraversamento sia ancora nell’intervallo accettabile non è
scontato. Potrebbe essere stata anche molto piu alta e fuori
dall’ accettabile.
In quel caso non esisteva nessuna rete di anticipo che mi
avrebbe fatto risolvere il problema
Nel sistema chiuso in retroazione ci sara un polo li in mezzo con una costante di
tempo piu grande di 57 secondi. Mi aspetto una coda di assestamento molto molto
lunga.
Questa è determinata dal fatto che io potevo perdere solamente un grado dal
margine di fase naturale. Sono stato costretto a mettere lo zero lontanissimo dalla
pulsazione di attraversamento

Continuando con l’esercizio siamo forzati nel secondo punto a mettere un regolatore PI in cancellazione.
Se metto il PI in cancellazione abbiamo un margine di fase come abbiamo visto solamente di 6° mentre noi dobbiamo ottenere almeno 50° di Mf.
Per farlo possiamo aggiungere una rete di anticipo che ci faccia guadagnare 44°.

Come la progettiamo?
Se faccio il PI in cancellazione il parametro Kp è ancora libero quindi posso andare a mettere a posto la fase come rete ottima per avere guadagno minimo
ad alta frequenza, poi tramite Kp cambio il valore per riuscire ad ottenere la pulsazione di attraversamento desiderata.
Mi aspetto sempre una coda di assestamento, ma il polo del sistema chiuso in retroazionae andando a finire piu lontano dall’origine darà luogo ad una
coda di assestamento con una costante di tempo molto piu piccola di quella del caso precedente.

Ci sono ora rimaste ancora da discutere un paio di cose.


La prima è una curiosità per evitare di incorrere in una tentazione pericolosa:
Abbiamo detto che nel progetto del PID non ha molto senso fare un progetto che preveda due zeri complessi coniugati. Lavorando sui parametri Ti e Td
potremmo anche avere due zeri complessi coniugati.
Spieghiamo perché non ha molto senso facendo l’esempio di una tentazione che una volta nella vita è venuta a tutti quelli che si occupano di controlli
automatici.

Supponiamo di avere un impianto che abbia due poli complessi coniugati a basso smorzamento.
Si potrebbe pensare di fare un regolatore con degli zeri in cancellazione sui poli complessi coniugati in maniera tale che poi non ci sia l’oscillazione
smorzata a basso smorzamento nella risposta durante i transitori.
Questa cosa in realtà non funziona.
Anche se idealmente funziona i motivi per cui non funziona nella realtà sono 2.
Supponiamo di sbagliare la posizione degli zeri complessi concitati, che quindi non vadano in cancellazione ma rimangano leggermente piu sotto come
valore di parte immaginaria.
Se cosi fosse ci sarà un ramo del luogo delle radici che parte dal polo e finisce sullo zero.
Quindi nel sistema chiuso in retroazione continueranno ad esserci due poli complessi coniugati.

Notiamo però che se abbiamo un polo sull’asse reale, il ramo del luogo delle radici che va dal polo allo zero
risulta necessariamente sull’asse reale, per ragioni di simmetria.
Nel caso invece di poli e zeri complessi coniugati non abbiamo nessuna garanzia di come sia e ettivamente
fatto il ramo che potrebbe anche non essere rettilineo.
Questo non sarebbe neanche male tutto sommato, continuerei ad avere una risposta con oscillazioni, di
entità tutto sommato piccola, ma che durano molto nel tempo e sono sempre a basso smorzamento.
Nessuno però assicura che il luogo delle radici non sia anche nel semiasse reale positivo.
Se per caso il luogo delle radici fosse come questo ultimo caso andando a sbagliare il valore di k allora il
sistema diventa instabile.

Tutto questo perchè è difficile sapere sempre con estrema precisione dove sono i poli dell’impianto, che potrebbero dipendere da parametri che sono
variabili nel tempo.
Per questo motivo mettere degli zeri in cancellazione a dei poli complessi coniugati è una soluzione molto poco robusta.

È piu conveniente in una situazione del genere mettere due zeri reali in modo che attirino i poli sicuramente verso zone di stabilità, con costanti di tempo
piu basse e smorzamenti piu elevati.
Il progetto sarebbe molto piu robusto.

Nella pratica non si fanno mai cancellazioni polo zero vicino all’asse reale.
Vediamo ora l’ultima tematica del corso.
Questa si verifica quando utilizzo un regolatore con un polo
nell’origine.
Puo capitare che in realtà gli attuatori che io utilizzo per imporre
la variabile di controllo in ingresso dell’impianto siano limitati.
Cioè il valore massimo del motore per la coppia, o per il
voltaggio generabile, …
Quindi tra la variabile da imporre come variabile di controllo in
uscita dal regolatore e l’ingresso dell’impianto c’è un elemento di
tipo non lineare: saturazione.
Per cui finche io sono nei limiti di applicabilità allora in effetti la
variabile manipolabile è proprio uguale all’uscita del regolatore,
ma che se l’uscita del regolatore va fuori i limiti in realtà la
variabile che viene applicata è saturata al valor minimo o
massimo.

Questi valori minimi e massimi sono compatibili con il fatto che


se voglio portare l’uscita dell’impianto a lavorare in un certo
punto ce la faccio, quindi sono compatibili con i valori stazionari
di uscita dell’impianto.
Però possono avere comunque dei problemi.

Supponiamo di aver fatto il nostro progetto di controllo magari


con un regolatore PI tale che durante il transitorio iniziale, la
variabile di controllo assume valori abbastanza grande (grafico
di dx), comunque maggiori di quelli che deve assumere a
regime. In pratica sto spingendo sull’attuatore per riuscire ad
ottenere risposte più veloci.
Sotto si vedono i contributi proporzionale e integrale dell’azione
del controllore.
Si nota che l’azione di controllo è data tutta dal termine
integrale dato che il termine proporzionale ovviamente è nullo
quando l’errore è nullo. Mentre il termine integrale rimane
costante.
In verde è invece rappresentato cosa succede se l’attuatore ha
una saturazione.
Non puo dare un valore in uscita piu grande di un tot. (0,25).
Durante tutto il transitorio, piu lento dato che non posso
applicare piu di un certo valore massimo, l’errore rimane
maggiore di 0. Il che significa che il termine integrale arriva a
valori molto elevati. Così che anche quando l’errore diventa
minore di 0 e io vorrei impattare dall’altra parte come risposta,
in realtà il termine integrale è cosi tanto che ci mette del tempo
a scaricarsi con il risultato che ho un errore positivo, sono
andato al di la di dove dovevo arrivare eppure continuo a
spingere con il massimo valore ammissibile per continuare ad
allontanarmi. Userò perché in realtà io ho continuato a permettere all’integrale di aumentare la sua richiesta nonostante fossi gia al massimo di quello che
potevo dare.
Con il risultato che ottengo un transitorio che è molto piu lungo e con una grande sovraelongazione.
Nella zona prima di arrivare ad errore positivo non posso farci nulla, non posso salire piu veloce di cosi dato che sono limitato dalla fisica dell’attuatore.
Nella seconda zona invece sono io che richiedo all’attuatore di darmi un valore massimo quando in realtà dovrei evitare.

Questo caso non è neanche il piu severo, puo succedere che l’oscillazione ad errore negativo diventi talmente grande. Per cui alla fine io cominci a
spingere dall’altra parte. Se vado a spingere dall’altra parte in modo cosi energetico da essere saturato anche al valore minimo. Queste due oscillazioni
cosi ampie potrebbero continuare ad oscillare senza
raggiungere mai il valore di regime.

Succede quindi che la saturazione al controllo ha rallentato il


transitorio nella prima parte, ma siccome l’errore si mantiene
positivo per un tempo maggiore di quando avviene senza
saturazione, quindi per un tempo che durante il mio progetto
io non ho preso in conto, l’integrale assume valori molto
maggiori di quelli che deve ottenere e quindi la sua uscita si
mantiene superiore al valore di saturazione anche quando
l’errore è diventato piccolo o addirittura ha cambiato di
segno. In pratica ritardo l’uscita dalla saturazione.
Ragionando su un PI questa cosa fondamentalmente deriva
dal fatto che se io faccio un anello di retroazione con un
controllo in PI e una saturazione.
Se io vado a finire in saturazione significa che qualunque
cosa io faccia in uscita il valore della variabile in uscita dall’
attuatore è costante. Quindi durante la saturazione lo schema
di retroazione si “spezza” agendo con un ingresso sempre
costante all’impianto, indipendentemente dall’uscita.

I poli di questo nuovo schema sono i poli di G e i poli di PI


come se fosse un sistema in cascata. Ma il PI ha un polo
nell’origine. È instabile finche sono in saturazione.

In realtà c’è una maniera per evitare questo tipo di problema:


Io implemento il PI senza utilizzare le componenti instabili.

In pratica vado ad utilizzare uno schema come quello in slide (grigio)


L’errore lo faccio passare attraverso un elemento di saturazione,
che è proprio la saturazione, poi prendo questa variabile in
uscita e la retroaziono in maniera positiva attraverso un filtro
passa basso.

Se faccio cosi:

Fin quando non sono in saturazione nel blocco di saturazione


c’è come funzione di trasferimento 1: ingresso =uscita. Di
conseguenza la funzione di retroazione ad anello diventa

Che è esattamente la parte dinamica del PI. Quindi finche non sono in saturazione il controllo si comporta come un PI a cui poi devo aggiungere Kp.
Quando pero vado in saturazione e il controllo si apre ammettendo in ingresso a G un valore costante. Non si presenta nulla di instabile. Anzi dopo un
transitorio determinato dalla costante di tempo Ti del polo il valore in uscita dalla retroazione aperta diventa pari ad m (ingresso costante di saturazione).
Quindi sommo m al termine proporzionale. Come il termine
proporzionale diventa minore di 0 perché l’errore cambia
segno il valore diventa piu piccolo di m ed esco dalla
saturazione. Quindi evito il problema che avevo prima del
fatto che il termine integrale teneva la saturazione aperta per
tanto tempo.
Infatti come entro in saturazione è come se l’integrale
smettesse di funzionare

Appena e’ cambia segno il valore diventa piu piccolo di m ed


esco dalla saturazione.
Con il PI con la desaturazione nella prima parte del
transitorio non si hanno differenze. Ma quando arrivo a
saturazione esco subito dalla saturazione ed evito tutta la
sovraelongazione. È vado con un transitorio, che è quello
del sistema lineare verso la situazione di regime.
La soluzione verde non è mai accettabile e non costa nulla
in piu fare un progetto per desaturazione.

Per questo motivo quando si va ad implementare un


regolatore PI è necessario prevedere la desaturazione
sempre.

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