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un sacerdote fiorentino.
Ha rappresentato il fenomeno di rottura ed un esempio etico e morale. Era un prete, e ciò
che ha compiuto è stato messo in luce.

Nacque a Firenze il 27 maggio 1923 da una famiglia agiata; padre chimico e madre (ebrea)
studiò Freud. È il primo di 3 fratelli. Nel 1930 la famiglia si spostò a Milano. Visto l’evolversi
dell’antisemitismo i genitori si sposarono con rito cattolico e battezzarono i figli alla Gigliola
(a Castelfiorentino). Lorenzo Milani si convertì al Cattolicesimo solo nel 1943, quando
ricevette la Cresima dal Cardinale Elia Dalla Costa. La svolta della conversione alla chiesa
cattolica fu grazie ad un colloquio con don Raffaele Bensi, il quale disse in seguito di lui:

«Perché incontrare Cristo, incaponirsene, derubarlo, mangiarlo, fu tutt'uno. Fino a


pigliarsi un'indigestione di Gesù Cristo»

IL PERCORSO
«Non si può capire fino in fondo don Milani se lo estrapoliamo come un fiore selvatico da
questo contesto storico». La Firenze tra le Seconda Guerra Mondiale e il Dopoguerra:
Rientrato a Firenze Don Milani si ritrova sotto una dittatura, Firenze era sottomessa al
regime fascista più delle altre regioni.

Le figure più importanti che combattono la dittatura fascista abbiamo:

▪ Cardinale Elia Dalla Costa (1872-1861): Arcivescovo di Firenze.


A lui si deve l’impostazione formativa in cui don Milani si trova a crescere. Già Vescovo di
Padova (1923-1931), arriva a Firenze nel 1931. Tra i suoi obiettivi a Firenze, dedica molta
attenzione alle visite pastorali e alla riforma dei seminari. Attenzione alla formazione del
clero rimarrà un elemento centrale della sua azione pastorale. Tutte le figure cui abbiamo
accennato crescono in questo ambiente da lui voluto e costruito. Impegno contro il fascismo:
1. Chiuderà le porte del vescovado durante la visita di Hitler. 2. Sostiene l’aiuto agli Ebrei
che gli è valso il titolo di “Giusto tra le Nazioni”

▪ Giorgio La Pira (1904-1977): Sindaco di Firenze (1951-1957 e 1961-1965).


Nasce nel 1904 a Pozzallo. Si trasferisce 22 enne a Firenze per proseguire gli studi di
Giurisprudenza. Visse presso il Convento di San Marco dei frati Domenicani. Negli anni ‘30
la sua vita era caratterizzata da studio, preghiera e iniziative di carità. Negli anni ’30 istituisce
una Messa per i poveri, prima presso la chiesina di San Procolo e poi dal 1942 nella Badia
Fiorentina, in via del Proconsolo. Nel 1946 fu eletto nelle liste della Democrazia Cristiana
presso l’Assemblea Costituente (organo che si dette lo stato italiano nel 1945. Fu l’insieme
di tutti quegli uomini che possiamo definire “di buona volontà”, che si misero insieme
trasversalmente ai partiti politici e dettero luogo alla costituzione italiche, che fu variata nel
1946). Il suo impegno fu quello di portare le sue idee, frutto degli studi degli anni precedenti,

Appunti di Camilla Ceccarini


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sulla scia del personalismo comunitario di Jacques Maritain e Emmanuel Mounier. L’idea
era di realizzare una Costituzione che non fosse né di tipo statalista né di tipo individualista,
ma di tipo personalista e pluralista. Il suo impegno, nella Firenze del Dopoguerra, aveva
tre parole chiave: pane; lavoro; casa; mondo. La Pira e la città: La «politica della casa» fu
uno degli impegni primari, dal 1944 al 1951 come Presidente dell’Ente Comunale Assistenza
e poi come Sindaco: Organizzò uno speciale Ufficio Alloggi; Promosse la costruzione di
nuovi quartieri popolari; Non esitò a ricorrere alla requisizione di case per soddisfare il
fabbisogno di abitazioni (utilizzando una legge albertina del 1865). La Pira e il mondo: La
sua “follia profetica” lo portò a fare di Firenze il centro di un vasto movimento culturale per
la pace e la civiltà cristiana. Convegni Internazionali dal 1952 al 1956. 1955, riunì a Firenze
i Sindaci di 38 Capitali del mondo, da Mosca a Washington, da Parigi a Pechino, da
Gerusalemme a Nuova Delhi. Nel periodo della Guerra Fredda si fece promotore del
dialogo con la Russia (1959) e con il Vietnam (1965).

▪ Don Raffaele Bensi (1896-1985): San Michele Visdomini (Via de’ Servi);
Formatore delle figure di cattolici fiorentini a cavallo della Seconda Guerra Mondiale; Padre
spirituale e confessore di don Lorenzo Milani; Parlando di don Milani, lo definisce un
«sacerdote burrascoso»; Incontra Lorenzo Milani che gli racconta il suo «bisogno di
consacrazione totale»; Dice che Lorenzo conosce il vangelo e s’ingozza di vangelo; un atto
unico, compiuto con «ferocia d’amore».

▪ Don Giulio Facibeni (1884-1958):


Fondatore Opera Madonnina del Grappa: è parroco nel quartiere industriale e proletario di
Rifredi, dove, mette in campo il suo impegno educativo e sociale; Nel 1923 fonda l’Opera
della Divina Provvidenza Madonnina del Grappa a favore degli orfani di guerra; Impegno
nella Resistenza e a favore degli Ebrei (con don Leto Casini e su invito del Card. Dalla
Costa) che gli è valso il titolo di “Giusto tra le nazioni”.

▪ Padre Ernesto Balducci (1922-1992): che alla festa fiesolana coniò il termine
“L’uomo planetario”: colui che anticipò tutte le connessioni e idee relative alla
sostenibilità ambientale.
▪ Don Renzo Rossi (1925-2013): Il “cappellano di fabbrica”.
▪ Card. Silvano Piovanelli (1924-2016): Vicario di don Facibeni alla Madonnina del
Grappa; Vicerettore del Seminario di Firenze; Arcivescovo di Firenze.
▪ Don Enzo Mazzi (1927-2011): Sacerdote, parroco dell’Isolotto: fondo una comunità
che andava contro la gerarchia della chiesa cattolica.
▪ Gino Bartali (1914-2000):
Si rifiutò di dedicare a Mussolini la vittoria al Tour de France del 1938; Accolse l’invito del
Card. Elia Dalla Costa ad unirsi alla rete segreta che offriva un passaggio sicuro agli Ebrei
e alle altre persone in pericolo. Fingendo di allenarsi, diventò un corriere: Bartali trasportava
fotografie e documenti d’identità contraffatti dentro e fuori da una stamperia segreta.
Quando fu fermato dalle autorità collaborò, ma chiese ai soldati di non toccare la sua
bicicletta perché era stata “creata per raggiungere la massima velocità possibile”. Raccontò,
Appunti di Camilla Ceccarini
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successivamente, che i documenti erano nascosti all’interno del telaio e del manubrio della
bicicletta.

DON MILANI:
- Era un giovane della buona borghesia toscana. Dopo l’ordinazione del 1947 viene inviato
a San Donato di Calenzano.
- Ripensa il rapporto tra Chiesa e Politica, soprattutto in un paese operaio.
- Soffre molto il tema della politica, anche alla luce dell’appoggio che la Chiesa dà alla
Democrazia Cristiana nel 1948 → vive la fede come una speranza di un riscatto sociale.
I giovani potevano……..solo se si avvicinavano alla chiesa.
- Sperava in una grande rivoluzione cristiana per il riscatto dei poveri.
La cultura e quindi la scuola è il punto determinante per crescere e costruire un
percorso di ascesa sociale, quindi fonda la Scuola Popolare di Calenzano, per educare i
giovani per essere capaci di comprendere il tempo che tali giovani stavano vivendo, per
poter diventare uomini liberi, capaci di avere delle loro idee. Milani capisce che l’unico modo
per diffondere la parola di Cristo è andare dove c’è vita. portò i ragazzi a riflettere sulla loro
libertà grazie all’esercizio del pensiero, quindi grazie alla scuola.

SCUOLA POPOLARE DI CALENZANO dal 1947


❖ Educare i giovani a convivere, lettura dei giornali e ascolto della radio
❖ Problemi di attualità e del mondo:
❖ Preparare uomini liberi (SOCIALE):
❖ Aiutare la comprensione dell’insegnamento cristiano (PASTORALE)

È una scuola che seppe parlare all’anima e alla mente dei giovani del suo territorio.
➔ Nella sua scuola popolare educava agli alunni a vivere, si facevano ascoltatori del
mondo delle notizie in quanto faceva leggere giornali. Sapeva che avere la capacità
critica di saper leggere le informazioni era centrale.
➔ Si affrontavano problemi della vita quotidiana e si educava uomini liberi

“L’esperienza fatta nella Scuola Popolare ci dice che quando un giovane operaio o
contadino ha raggiunto un sufficiente livello di istruzione civile, non occorre fargli lezione di
religione per assicurargli l’istruzione religiosa. Il problema si riduce a turbargli l’anima verso
i problemi religiosi. E questo, col lungo contatto assicuratoci dalla scuola, ci è risultato
estremamente facile” (ovvero io porto i ragazzi alla religione non parlando di religione).

“Devo tutto quello che so ai giovani operai e contadini cui ho fatto scuola. Quello che loro
credevano di stare imparando da me, sono io che l’ho imparato da loro. Io ho insegnato
loro soltanto a esprimersi mentre loro mi hanno insegnato a vivere… Sono loro che
Appunti di Camilla Ceccarini
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hanno fatto di me quel prete dal quale vanno volentieri a scuola, del quale si fidano più
che dei loro capi politici, per il quale fanno qualsiasi sacrificio, dal quale si confessano a
ogni peccato senza aspettare che sia festa. Io non ero così e perciò non potrò mai
dimenticare quel che ho avuto da loro”

(Esperienze Pastorali, pag. 235).

➔ Attualità del messaggio di Don Milani → ma tutti gli autori ci dicono di “farsi prossimo”,
ovvero di non sovrastare l’altro.
Tutto questo movimento non lo rende facilmente “digeribile” al piccolo notabilato locale che
lo porterà all’isolamento. A primo impatto sembrerebbe che don Milani si avvicini al
Comunismo (ed è una accusa che gli muovono spesso).

«La dottrina del comunismo non val nulla. Una dottrina senza amore. Una dottrina che
non è degna di un cuore giovane. Avesse almeno realizzazioni avvincenti. Ma nulla. Uomini
insignificanti, un giornale infelice, una Russia che a difenderla ci vuol coraggio. E io dovrei
farmi battere da così poco?»

(Esperienze Pastorali, p. 458)

«Il comunismo porta in sé i fondamentali errori ideologici che tutti sappiamo, ma porta,
come ogni altra cosa, un fondo di verità e di generosità, per esempio la preoccupazione
del prossimo, l’amore per l’oppresso…»

(Esperienze Pastorali, p. 240)

Don Milani viene accusato di essere comunista, quando lui in realtà non credeva nella
dottrina comunista. Lui credeva che la libertà si ottenesse con sapere e conoscenza, che
derivava dalla scuola. don Milani fa della scuola il centro di riferimento. A Calenzano è la
prima scuola per adulti, la prima scuola popolare.

«… il giorno che avremo sfondata insieme la cancellata di qualche parco, installata


insieme la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordatene Pipetta, non ti fidar di me,
quel giorno io ti tradirò. Quel giorno io non resterò là con te. (…). Quando tu non avrai più
fame né sete, ricordatene Pipetta, quel giorno io ti tradirò»

(Lettera a Pipetta, 1950)

«In sette anni di scuola popolare […] ho badato solo a non dire stupidaggini, a non lasciarle
dire e a non perdere tempo. Poi ho badato a edificare me stesso, a essere io come avrei
voluto che diventassero loro. Spesso gli amici mi chiedono come faccio a fare scuola e
come faccio a averla piena. Insistono perché io scriva per loro un metodo, che io precisi i
programmi, le materie, la tecnica didattica. Sbagliano la domanda, non dovrebbero
preoccuparsi di cosa bisogna fare per fare scuola, ma solo di come bisogna essere per fare
scuola» (Esperienze pastorali, pp. 238-240)

1958:
- Fine del mandato di La Pira Sindaco

Appunti di Camilla Ceccarini


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- Rapporti Firenze-Cina
- Fine del pontificato di Pio XII
- Condanna di Jacques Maritain
- Filosofia neo-tomismo (impegno politico nella città e nel mondo)
- Rischio commistione cattolici con fascismo

Esperienze Pastorali: (25 marzo 1958)


E’ una acutissima riflessione sul senso dello stare con la gente dove denuncia gli errori della
chiesa …
Contesta una visione quietista della fede e l’abbandono della pratica cristiana da parte di
intere generazioni
Raccoglie una fotografia dettagliatissima del territorio e del contesto in cui opera
Chiesa dei poveri VS Chiesa dei ricchi che si ritroverà poi nel libro come Scuola dei
Gianni VS Scuola dei Pierini.

LETTERA A UNA PROFESSORESSA:

Appunti di Camilla Ceccarini


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Pubblicato nel maggio 1967

L’autore è “Scuola di Barbiana” (per il profondo significato di una comunità) [classico


dell’educazione], infatti è scritto da don Lorenzo Milani insieme agli alunni della Scuola
di Barbiana.
- È un testo importante perché viene a costruirsi in un momento i cui il dibattito della scuola
in Italia era molto intenso. Vene considerato un fatto epocale perché Don Milani ha la
presunzione di far entrare questi bambini nella scuola secondaria attraverso una scuola
privata, perché i poveri non dovevano avere crescita sociale per la società, i poveri
dovevano rimanere poveri. L’educazione e l’apprendimento sono un modo per migliorare
le condizioni di vita? Si, anche se ad oggi in Italia ci sono ancora discriminazioni tra liceo,
professionale e tecnico.
- È un testo di denuncia davanti alla rispetto ad una situazione ….di non crescita, di
crescita solo da una parte della popolazione. Allora attraverso la scuola Don Milani si fa
prossimo per gli ultimi.

➔ “QUESTO LIBRO NON È SCRITTO PER GLI INSEGNANTI, MA PER I GENITORI”: è un invito a
organizzarsi. A prima vista sembra scritto da un ragazzo solo, invece gli autori
siamo otto ragazzi della scuola di Barbiana. Altri nostri compagni che sono a
lavorare ci hanno aiutato la domenica» → senso di una comunità fondata una
dimensione emotiva e affettiva, di amorevole emozione → Non si apprende senza
emozione.
La lingua è un’esperienza importante. Il linguaggio è importante. Un educatore deve saper
parlare e comunicare, deve essere un metodo e questo metodo risiede nella capacità di
approfondimento.

Il libro è diviso in 3 parti:


1. Ipotesi
2. Sviluppo della sua tesi e Proposta di un nuovo modello scolastico
3. Documentazione sostanziosa che avvalla le scelte della seconda parte e che
costituisce la parte nella quale Don Milani illustra le drammatiche conseguenze della
bocciatura.

Perché la scuola dell’obbligo non deve bocciare?


Don Milani si fa vicino ai suoi parrocchiani, al suo popolo per riscattarlo attraverso la scuola.
Viene quindi ripreso il tema della giustizia sociale. Don Milani ha avuto grande successo
fuori dall’Italia ma per noi questo testo è un leggere il modo di fare l’educatore in modo
diverso, avere un proprio metodo, un progetto ed essere capaci di relazioni e comunicazione
per veicolare l’educazione. Infine, è importante avere la capacità di costruire metodi e
progetti didattici e la capacità di organizzare l’ambiente educativo.
IL VALORE DELLA SCUOLA (punto chiave)

Appunti di Camilla Ceccarini


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A questo punto mi occorre spiegare il problema di fondo di ogni vera scuola. E siamo giunti,
io penso, alla chiave di questo processo perché io maestro sono accusato di apologia di
reato cioè di scuola cattiva. Bisognerà dunque accordarci su ciò che è scuola buona. La
scuola è diversa dall’aula del tribunale. Per voi magistrati vale solo ciò che è legge stabilita.
La scuola invece siede fra il passato e il futuro e deve averli presenti entrambi.
➔ La centralità della scuola per l’affrancamento sociale. In una scuola si deve insegnare
il senso di responsabilità di…

➔ Don Milani possiamo dire che ha inventato il cooperative learning: si basa sul fatto
che gli studenti devano collaborare e mettere in circolo ciò che sanno.
Perché la sua scuola andava avanti tutti i giorni, anche la domenica e il pomeriggio.
Nella scuola di Don Milani siamo dalla prima elementare alla terza media siamo
insieme, i bambini più grande aiutano, sostengono e accompagnano i bambini più
piccoli. Don Milani, quindi, aveva reso metodo quello che negli anni 80/90 la scuola
e le teorie scientifiche per l’apprendimento scopriranno cioè che l’apprendimento
cooperativo nasce dalla mentalizzazione. In questa scuola in cui il principio è si fa
scuola tutto il giorno e tutti i giorni, la scuola non è solo sui libri ma anche
sull’esperienza e sulla pratica ad esempio leggendo il giornale. Lettura e scrittura
sono assi portamenti della scuola di Don Milani.

Leggevano insieme la costituzione e attraverso questa lui si imbatte nel tema della
cosiddetta obiezione di coscienza, di non uccidere. Lui per questo viene condannato e
quindi scrive una lettera aperta ai cappellani militari. Non poté andare al processo ma
scrisse insieme ai suoi ragazzi una lettera che ha il titolo “obbedienza non è più una virtù”.

COSA DEVE INSEGNARE QUESTA SCUOLA?


«Dovevo ben insegnare come il cittadino reagisce all’ingiustizia. Come ha libertà di parola
e di stampa. Come il cristiano reagisce anche al sacerdote e perfino al vescovo che erra.
Come ognuno deve sentirsi responsabile di tutto. Su una parete della nostra scuola c’è
scritto grande I care. È il motto intraducibile dei giovani americani migliori. ‘Me ne importa,
mi sta a cuore’. E il contrario esatto del motto fascista “Me ne frego”»

UNA SCUOLA DEMOCRATICA


«Gli onorevoli costituenti credevano che si patisse tutti la voglia di cucir budella o di scrivere
ingegnere sulla carta intestata (…) Tentiamo invece di educare i ragazzi a più ambizione.
Diventare sovrani! Altro che medico o ingegnere”. Il fatto, continua il filologo, è che abbiamo
confuso il sacrosanto diritto allo studio con lo stupido diritto alla laurea. Persino la rivolta
degli studenti che era e dovrebbe essere generosa contestazione giovanile contro le
ipocrisie e i vaniloqui, rischia di adulterarsi o si è già adulterata in uguali ipocrisie e vaniloqui
(anche se di segno contrario) e in una perniciosa ricerca del diciotto, quale… minimo

Appunti di Camilla Ceccarini


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sindacale garantito. E i riformatori politici, che già tremavano sotto l’impeto della violenta,
ma sacrosanta protesta di chi non è integrato nel sistema (e perciò dice ciò che pensa),
ebbene, possono tornare a baloccarsi con esiziali alchimie partitocratiche»
➔ È una scuola dove ci si rivolge agli studenti dove sono tutti uguali, tutti possono e
vedono farcela (punto cruciale).

Nel 1982, padre Ernesto Balducci scrive:

“Ha ancora un senso riproporre all’attenzione pubblica Lorenzo Milani? […] Il limite di fondo
della proposta milaniana è oggi più visibile: non è possibile chiedere alla scuola-istituzione
quel che invece può offrire una scuola spontanea animata da un maestro ‘carismatico’. In
quanto è un servizio reso a tutti i cittadini, secondo le regole oggettive dello stato di diritto,
la scuola di stato non può essere progettata facendo affidamento sulla eventualità della
ricchezza soggettiva degli educatori”.

➔ Troviamo le accuse più forte fatte a Don Milani.

Don Milani: «Dovevo ben insegnare come il cittadino reagisce all'ingiustizia. Come ha libertà
di parola e di stampa. Come il cristiano reagisce anche al sacerdote e perfino al vescovo
che erra. Come ognuno deve sentirsi responsabile di tutto.
Su una parete della nostra scuola c'è scritto grande “I care” (essere responsabili). È il motto
intraducibile dei giovani americani migliori. “Me ne importa, mi sta a cuore”. È il contrario
esatto del motto fascista “Me ne frego”»

Metodo di Apprendimento/Insegnamento
1. capacità di studiare e apprendere
2. capacità di applicare un metodo educativo
3. avere un progetto
4. essere in grado di comunicare e relazionarsi
5. capacità di comprendere quali metodi educativi sono più adeguati per diventare
educativi
6. capacità di organizzazione dell'ambiente educativo e di apprendimento

RIASSUNTO: LETTERA A UNA PROFESSORESSA


Appunti di Camilla Ceccarini
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Questo libro fu scritto dagli scolari di Don Milani con l’aiuto del priore ed è basato su una
polemica all’istruzione italiana che, a quel tempo, preferiva istruire i bambini provenienti
dalle classi sociali agiate, i cosiddetti “Pierini” ossia “i figli del dottore”; gli scolari poveri,
infatti, erano intenti nel muovere una critica contro la scuola tradizionale che, oltre a preferire
i ricchi, si rifiutava totalmente di aiutare quelli meno ricchi, con maggiore difficoltà. La scuola
dell’obbligo non può bocciare.
I montanari Don Milani spiega che alle elementari lo Stato gli offrì una scuola di seconda
categoria, in cui erano riunite cinque classi in una, dandogli, quindi, solo un quinto della
scuola a cui aveva diritto; poi gli spettavano altri tre anni, ma nel suo paese ancora le medie
non esistevano. A Barbiana i ragazzi andavano a scuola dal prete e a nessuno venivano
negati gli studi, al contrario di quanto accadeva alla magistrale; lui non abitava in paese,
perciò tutte le mattine, pur di andare a scuola, attraversava il bosco e si faceva una gran
camminata a piedi. Don Milani spiega che all’inizio Barbiana non gli sembrava nemmeno
una vera e propria scuola, poiché mancavano i banchi, la lavagna e la cattedra; però, in
compenso, anche i bambini meno svogliati o senza basi, venivano accolti come se fossero
i preferiti. La ricreazione non c’era e a scuola si andava tutti i giorni, compresa la domenica,
ma non era un peso, poiché “la scuola era sempre meglio della merda”; questo perché
l’alternativa allo studio, per i contadini, era il lavoro nei campi e con le mucche. Don Milani
divenne poi anche maestro, continuando sempre a imparare, anche dai propri alunni.

I ragazzi di paese: Quando venne istituita la scuola media anche a Vicchio, arrivarono
anche i ragazzi di paese, naturalmente quelli bocciati; i ragazzi che frequentavano la
magistrale, sapevano ben poco della vita, consideravano il gioco e le vacanze un diritto e la
scuola un sacrificio. Per loro la scuola si identificava con l’ansia dei voti e delle pagelle e
non con la gioia dell’imparare; don Milani racconta poi alcune vicende dei suoi alunni, che
prima di arrivare da lui, erano stati bocciati più volte ed erano stati etichettati come dei cretini.
Alla magistrale avevano un programma ristretto, non gli interessava la cultura dei ragazzi,
non gli importava che sapessero più cose possibile anche sulla vita quotidiana, ma solo che
sapessero alla perfezione tre o quattro cose previste nel programma di studio; spesso hanno
bocciato dei ragazzi perché non sapevano esprimersi, senza rendersi conto della difficoltà
che essi avevano nel parlare una lingua corretta, poiché, venendo da famiglie povere, erano
abituati a parlare la lingua dei campi; li hanno bocciati senza pensare a quanta fatica
potessero fare i loro genitori per pagargli gli studi, obbligando molti di loro a lasciare la
scuola, senza nemmeno preoccuparsi di sapere che fine avrebbero fatto. L’importante era
levarsi di torno i ragazzini che non erano in grado di seguire le loro lezioni, per avere una
classe “degna” di quei professori.
Gli esami Don Milani spiega quanto potessero essere inutili e difficili, gli esami proposti
dalle magistrali; richiedevano temi su argomenti di cui non c’era niente da dire, chiedeva di
risolvere problemi su misure campate in aria, che nella vita non avrebbero mai usato e,
riempivano i compiti di trabocchetti. Questo perché avevano il coltello dall parte del manico,
poiché le famiglie più povere, essendo ignoranti, non avevano il coraggio di controbattere,
pensando che in effetti i loro figli non fossero adatti alla scuola, ma solo al lavoro; in realtà,
in quella scuola, insegnavano solo cose che all’apparenza sembravano difficili, per far fare
bella figura ai loro alunni, ma non gli insegnavano tutto il resto. Anche quando è stata istituita
Appunti di Camilla Ceccarini
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la Nuova Media, all’atto pratico le cose non sono cambiate, quegli insegnanti hanno solo
cambiato le “etichette” dei loro esami, ma il succo è rimasto lo stesso. La professoressa di
storia si era fermata alla Prima guerra mondiale, senza neanche accennare alla storia
quotidiana, o a quella vissuta dai babbi e dai nonni; un ragazzino a casa leggeva la
Costituzione e la professoressa disse alla mamma che non era una bella cosa, perché a
scuola non si parla di politica; la donna pensò quindi che quello fosse un libro sporco e la
sera fece picchiare il figlio dal babbo. Il professore di educazione fisica all’esame chiedeva
di giocare a pallacanestro, e molti ragazzini non ci sapevano giocare; egli li bocciò dicendo
che erano dei ragazzi infelici e che non sapevano muoversi; in realtà non si rendeva conto
che quei ragazzi sapevano arrampicarsi sugli alberi e svolgevano dei lavori di fatica, per
aiutare in casa e nel campo, che neanche si immaginava.
La nuova media Don Milani dice che i programmi della nuova media andrebbero bene
anche a loro, basta che non la facciano diventare classista come la precedente; la media
vecchia era classista soprattutto per gli orari e i giorni di scuola e, la nuova, sotto questo
profilo, non ha cambiato niente. Ciò in cui spera è il doposcuola, che però, inizialmente, è
stato attuato solo in 15 dei 51 comuni della provincia di Firenze; la vecchia media era
classista anche dal punto di vista dell’eguaglianza, tanto che alcuni professori rassicuravano
i genitori più ricchi di mandare da loro i figli, poiché insegnavano nella media meno unificata
d’Italia. L’importante, infatti, non era conoscere veramente i propri alunni, ma controllare le
loro pagelle, la loro età, il luogo di residenza, quello di origine e il lavoro del padre; purtroppo
i genitori dei più poveri non sanno nemmeno che esistono queste cose, ma, se c’è da
sgomitare per fare entrare il figlio in quella che si dice essere la scuola migliore, allora lo
fanno, per cercare di dargli ciò che loro non hanno avuto.

Statistica Le cifre parlano chiaro, la loro scuola dell’obbligo perde per strada moltissimi
ragazzi; è stata fatta una piramide per rendersi conto di quanti ragazzi perdono le scuole
durante gli anni dell’obbligo e di quanti arrivano più in alto negli studi. La tabella è del 1963-
64 ed evidenzia chiaramente che:
• Nei cinque anni delle elementari i ragazzi passano da 500 a 400; • Nei tre anni delle medie
inferiori passano da 400 a 200; • Nei cinque anni delle media superiori passano da 200 a
circa 80; • I sei anni dell’università li finiscono in circa 10.
Per le femmine i numeri sono ancora più drastici. Ovviamente quelli più in difficoltà sono i
bambini che vengono dalle famiglie più povere e, sono anche la maggior parte; infatti
vediamo che il:
• 35% sono figli di contadini; • 30% figli di operari; • 20% figli di commercianti e artigiani; •
14% figli dei super.

Inoltre vediamo che tra i bambini bocciati, tra la quinta elementare e la prima media, il: •
79% sono figli di contadini; • 14% sono figli di operai; • 4% sono figli di commercianti e
artigiani; • 1.5% sono figli dei super.

Appunti di Camilla Ceccarini


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Ovviamente continuare a bocciare gli stessi ragazzi è come cacciarli dalla scuola, poiché
non appena raggiungono l’età per lavorare se ne vanno, se non prima; infatti, da altre
statistiche emerge che i figli dei contadini vengono bocciati anche 4 volte, quelli degli operari
anche 3 volte, quelli dei commercianti e degli artigiani anche 2 volte, mentre quelli dei super
finiscono quasi tutti in tempo, tranne alcuni casi; addirittura tra i super e tra qualche figlio di
commercianti, c’è qualche “Pierino” che finisce in anticipo. Riassumendo, vediamo che tra i
diplomati delle scuole medie troviamo:

• 30 su 30 figli di imprenditori e liberi professionisti; • 7.5 su 30 figli di dirigenti e impiegati; •


3.5 su 30 figli di lavoratori in proprio; • 0.5 su 30 figli di lavoratori dipendenti.
Nati diversi? Don Milani dice che se i professori sostengono di bocciare solo i cretini e gli
svogliati, allora ciò significa che Dio ha fatto nascere i cretini e gli svogliati nelle case dei
poveri; ovviamente se fosse un loro figlio a non capire non sarebbe cretino, ad esserlo sono
sempre i figli degli altri. A questo punto ricorda l’art 3 della Costituzione, rimarcando che
dovrebbe essere la scuola a rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della
persona.
Toccava a voi Non è però solo la Costituzione a dover rimuovere gli ostacoli, i primi
dovrebbero essere gli insegnanti stessi, aiutando i ragazzi a proseguire negli studi e non
facendo di tutto per bocciarli; una di quelle professoresse disse che lei non li aveva cacciati
dalla scuola, li aveva solo bocciati e che spettava ai genitori rimandarli a scuola. Non si
rendeva conto che per dei contadini pagare tutti quegli anni di scuola in più era un peso e
che, bocciando in continuazione, i ragazzi sarebbero andati presto a lavorare. Don Milani
dice che a questo punto sono meglio i preti, poiché le loro scuole sono strumento della lotta
di classe, ma almeno non lo nascondono a nessuno; al contrario le loro scuole fingono di
essere imparziali con tutti, ma in realtà cercano l’uguaglianza nella disuguaglianza di base.
Tutti i figli dei ricchi, oltre alla scuola, seguono le ripetizioni, quindi è impossibile che non
sappiano alla perfezione quelle tre cose che gli chiedono a scuola; ma i ragazzini più poveri
non vanno a ripetizione, tanti non possono permetterselo, altri non sanno nemmeno cosa
sono; in quella scuola vige il silenzio. L’unica difesa dei poveri sarebbe la scuola, ma non la
loro, visto che offre 185 giorni di vacanza contro 180 giorni di scuola, di cui 4 ore sono di
studio e le altre 12 senza scuola; alla fine tanto finisce sempre uguale: i figli degli operai
vanno a lavorare quando ancora non sanno leggere, mentre quelli degli insegnanti
seguitano a studiare anche se non hanno voglia e non capiscono nulla.
La selezione serve a qualcuno: Le loro scuole contano un milione e 31.000 respinti l’anno
e la cosa curiosa è che lo stipendio per buttarli fuori glielo pagano proprio i diretti interessati;
fare 740 ore di scuola, significa fare due ore al giorno, mentre un ragazzo tiene gli occhi
aperti per altre 14 ore; vediamo ciò a chi giova:

• Nelle famiglie privilegiate sono 14 ore di assistenza culturale di ogni genere; • Per i
contadini sono 14 ore di solitudine e silenzio, diventando sempre più timidi; • Per i figli degli
operai sono 14 ore davanti alla televisione.

Appunti di Camilla Ceccarini


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E tutti quei giorni di vacanze estive, vediamo a chi giovano: • I figli dei ricchi vanno all’estero
e imparano più che d’inverno; • I poveri il primo ottobre hanno già dimenticato anche quel
poco che sapevano a giugno; se vengono
rimandati a settembre non possono pagarsi le ripetizioni e quindi non si presentano
nemmeno, se sono contadini danno una mano per le faccende più grosse dell’estate per
non gravare sulla fattoria altre spese.
Il padrone Don Milani a questo punto si chiede se dietro a tutto ciò ci sia in realtà un padrone
che comanda e dirige, poiché è impossibile che tante rotelle si siano messe insieme per
caso; racconta così la storia di Pierino: era figlio di un dottore e la sua famiglia non era poi
così male, viaggiavano, leggevano, giocavano con il loro bambino; Pierino, infatti, è
cresciuto in mezzo alla cultura e, i suoi genitori, decisero di non fargli fare la prima
elementare e di mandarlo subito in seconda. Il bimbo reagì alla perfezione e passò con
ottimi voti; l’unica cosa strana in questa storia è la legge, che proibiva alle famiglie di
mandare i figli a scuola a 5 anni, ma non proibiva a Pierino di fare la seconda elementare a
sei anni. Pierino passerà sempre con ottimi voti, si laureerà e andrà addirittura a fare
l’assistente volontario a gratis, mentre Don Milani dovrà stringere i denti e lavorare sodo,
con il risultato però di una bocciatura. Ci sono molte altre leggi in questo modo, tagliate su
misura perché giovino a Pierino e freghino i più poveri e, quando ce ne sono così tante, non
si può più credere nel caso.

La selezione ha raggiunto il suo scopo Fare tutta quella selezione alle scuole dell’obbligo
alla fine è servito; tutto è, praticamente, nelle mani dei laureati, che per il 100% sono figli di
papà; hanno in mano:

• Le segreterie dei partiti; • I partiti di massa; • I partiti dei lavoratori; • La camera e il senato.
Sono a tutti gli effetti a capo dei poveri; così si ritrovano a fare le leggi coloro a cui andavano
già bene le leggi precedenti, che non hanno mai vissuto dentro le cose da cambiare, gli unici
che non sono competenti in politica.
Per chi lo fate? I professori di quella scuola continuano a ripetere che bocciano in buona
fede, ma Don Milani si chiede per chi lo fanno veramente, che cosa gliene viene a rendere
la scuola odiosa e a buttare i Gianni per la strada. I vari professori accampano scuse diverse,
c’è chi boccia perché ha paura dei genitori di Pierino, dei colleghi delle scuole superiori e
dell’ispettore, c’è chi dice di farlo per la società, per l’onore della scuola o per il ragazzo
stesso. Tutte scuse di chi non riesce ad ammettere l’alto grado di corruzione e di chi, anche
volendo, non riesce più a uscire da questo circolo.

LE RIFORME CHE PROPONIAMO:


Don Milani scrisse tre riforme proposte affinchè l’eguaglianza non resti un sogno:

1. Non bocciare
2. A quelli che sembrano cretini dargli la scuola a tempo pieno.
3. Agli svogliati dargli uno scopo da raggiungere.

Appunti di Camilla Ceccarini


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La Costituzione promette a tutti 8 anni di scuola, il che significa otto classi diverse e non
quattro ripetute tutte due volte; arrivare in terza media non deve essere un lusso, deve
essere un minimo comun denominatore, poi continuerà solo chi può e che si lo merita. Non
si può dire che un ragazzo non è portato, fino alla terza media tutti devono imparare tutto e
i professori dovrebbero essere pagati a cottimo, un tanto per ogni ragazzo che impara tutte
le materie, così si ingegnerebbero per farli studiare e per fargli frequentare la scuola.
Porrebbero la giusta attenzione su tutti i Gianni, tralasciando i più fortunati come si fa in tutte
le famiglie.
Tempo pieno Per fare il programma per bene non bastano certo due ore al giorno; fin’ora
questo problema è stato risolto con il classismo:

• Ai poveri fanno ripetere l’anno; • Alla piccola borghesia fanno ripetizione; • Per la classe
più alta è tutto ripetizione, poiché quelle cose le hanno già sentite in casa.
Il doposcuola è una soluzione più giusta, poiché il ragazzo ripete, ma senza perdere l’anno
e gratuitamente; la parola tempo pieno, però, fa paura, perché quei professori non sanno
nemmeno come fare a tenere i ragazzi per due ore, figuriamoci per una giornata. Questo
perché insegnano con l’ansia della campanella, del registro e del dovere di finire il
programma entro giugno, senza allargare la loro visuale e senza rispondere alle curiosità
dei ragazzi.
Tempo pieno e famiglia: La scuola a tempo pieno presume anche una famiglia che non
intralcia, perciò ci possono essere due modi per realizzarla a pieno:
1. Due insegnanti, marito e moglie, che avessero dentro la scuola una casa aperta a
tutti senza orario.
2. Dando spazio agli insegnanti celibi, che non avendo una famiglia da gestire, possono
dedicarsi a pieno ai ragazzi, scoprendo magari di volergli bene e di essere a loro
volta amati dai ragazzi; essere celibi non è una vergogna, ma tanti ancora non lo
capiscono.
Tempo pieno e diritti sindacali I professori hanno anche il coraggio di lamentarsi delle loro
ore di lavoro, dicendo che hanno sostenuto lunghe battaglie per fissare l’obbligo d’orario e
che non hanno intenzione di tornare indietro; la richiesta dei lavoratori di ridurre un po’
l’orario è giusta, ma non quella dei professori, infatti:
• Gli operai lavorano 2150 ore; • Gli impiegati statali lavorano 1630 ore; • I maestri e i
professori lavorano dalle 468 ore alle 738.
È una vergogna chiedere di ridurre l’orario; se ne stanno seduti in cattedra, mentre fuori c’è
che sta 8 ore davanti a una pressa, sempre con l’ansia di poter perdere un braccio.
Chi farà la scuola a tempo pieno?
Se lo Stato non può imporre aumenti di orario, allora non può fare la scuola; potrebbero
pensarci le Amministrazioni comunali, ma se la Giunta Provinciale Amministrativa taglia la
spesa, perché non rientra nelle attribuzioni dei comuni, essi rispondono che è una legge
fascista e che non possono fare niente. Potrebbero farla i preti, ma molti non sanno amare

Appunti di Camilla Ceccarini


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con la durezza del Signore; quindi, non restano che i sindacalisti, che però, per ora, non ne
vogliono sapere, poiché sostengono che in una democrazia moderna ogni ente ha la sua
funzione e che non deve scantonare; quando ci avranno battuto la testa, ci ripenseranno
sopra.

Un fine Una volta c’era la scuola confessionale, che aveva un fine, ma non serviva agli atei;
poi è stato partorito il topolino, cioè la vostra scuola, quella per il tornaconto individuale. È
necessario cercare un fine onesto, che vada bene per i credenti e per gli atei, cioè dedicarsi
al prossimo; questo però è il fine ultimo da ricordare ogni tanto, quello più immediato è di
intendere e di farsi intendere. Ecco perché la cosa più importante è imparare le lingue, per
farsi capire da tutti e capire tutti, per creare la vera eguaglianza; non è importante sapere
alla perfezione le scienze o il latino, è importante la lingua, la comunicazione. Pierino, a Don
Milani, fa quasi compassione, perché è immerso nei libri, nelle lingue ormai scomparse,
nelle scienze, senza capire ciò che davvero serve ed è importante; sa tutto, ma in realtà non
sa niente. Ecco perché gli suggerisce di scappare da quel mondo e di andare a insegnare
ai poveri, senza dannarsi l’anima in scoperte e studi scientifici, che andrebbero comunque
avanti anche da sé. Alle magistrali bocciate pure, ma… Inghilterra Don Milani dopo la licenza
partì per l’Inghilterra, aveva 15 anni; nella sua scuola andare all’estero equivaleva agli esami
della “loro scuola”, poiché si provava la cultura al vaglio della vita. Al suo esame passò bene
e venne educato per tutta la vita come un pacifista; provò diverse esperienze, spiegarsi alle
frontiere, difendersi dai razzisti, risparmiare, mangiare stano, gli mancava solo di provare la
vostra scuola; l’ha provata, ed è stato come battere contro un muro. Per andare a scuola a
Firenze prendeva il treno, però il primo giorno gli dissero che l’apertura era rimandata al 13;
egli si chiese come mai le ferrovie, che sono statali come la scuola, funzionano e arrivano
puntuali, mentre loro fanno sempre come vogliono; probabilmente al padrone la scuola
interessa meno, poiché tanto suo figlio ce l’ha già in casa, mentre il treno no. Selezione
suicida Nella prima della lettera Don Milani evidenzia quanto danno, queste scuole, facciano
agli scartati, ma in realtà ne fanno anche agli scelti; il ragazzo che passa sempre, tipo
Pierino, non si affeziona a nessuno dei suoi compagni, poiché, dopo la laurea, ha visto
andarsene circa 99 compagni. I professori tutte le volte hanno giudicato quei compagni
bocciati inferiori culturalmente a Pierino, perciò è già tanto se l’anima di quest’ultimo non
esce dalle scuole estremamente superba; in realtà la loro cultura non è inferiore, ma
semplicemente diversa e una scuola che fa questa selezione, in realtà, è una scuola che
distrugge, poiché:

• I Gianni sono: • Disgraziati perché non si sanno esprimere; • Fortunati perché


appartengono al mondo grande, sono fratelli dell’Africa, dell’Asia e
conoscono da dentro i bisogni della maggior parte. • I Pierini sono:

• Fortunati perché sanno parlare; • Sfortunati perché non hanno niente di importante da dire,
ma sanno solo ripetere ciò che

Appunti di Camilla Ceccarini

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