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a cura di
Fausto Marinetti
PARTE PRIMA
Quis ut Deus?
“Chi sulla terra può osare una soluzione della socialità umana senza Dio o
contro Dio? Mi manca un solo segno per tuffarmi nel movimento dei “Due
mucchi”: che Cristo, il Papa, il popolo è con me e con i miei figli” (1).
(1) Nota di don Marchi in calce: Don Zeno ottiene udienza in segreto da Mons. Ottaviani, che lo
manda da S. Em. Marchetti Selvaggiani, il quale condivide nella sostanza, ma chiede: “ Quali
sono i segni che Lei ci dà per dimostrare che è l’ora di fare questo movimento?”.In marzo don
Zeno produce i Segni richiesti, con un interrogativo di fondo: Se “in capite” ci fosse “vevenum”
è doveroso far presto a disintossicarsi.
1) Le riforme sociali sono promosse e dirette dai nemici della Chiesa. Non
può, né deve essere perché i cattolici devono essere in testa per combattere
qualsiasi lotta diretta a rendere la vera giustizia agli uomini. E questo
devono farlo non rimanendo solo giudici degli eventi, sia pure esponendo
con zelo la loro dottrina eterna, ma facendo praticamente riforme in se
stessi e proponendole con il loro esempio personale e solidale al popolo
tutto. Non lo fanno?
Segno di Dio: sono dei falliti.
2) Persino tra sacerdoti, tra enti cattolici, tra i cattolici in massa si possono
segnalare le più ingiuriose situazioni di squilibrio e di ingiustizia
nell’attuazione del Mandatum Novum quanto alla distribuzione della
ricchezza, dei frutti del lavoro; e per me molti tra essi sono in errore contro
la fede. Provino a tradurre in dottrina scritta e sottoscritta il loro modo di
vivere in società, il S. Ufficio sarà costretto a condannarli.
Segno di Dio: questi sono in massa dei farisei.
3) I reazionari dell’attuale crisi si sono buttati sotto bandiere anticattoliche
anche per dottrina e così stanno svuotandosi dalla fede. Segno di Dio: per
causa della nostra mancata fraternità e solidarietà e per causa delle
nostre evidenti ingiustizie nel campo sociale, i figli ed i fratelli oppressi
escono dalla Casa del padre.
4) Il diritto privato di proprietà difeso a fatti dai cattolici è una ingiustizia
evidente, perché è un privilegio dei pochi che sono abili, ma più spesso
semplicemente che sono dei fortunati. É un fatalismo pagano.
Segno di Dio: ingiustizia sistematica a danno di coloro che, pur
lavorando, non riescono a vivere che di stenti: la proprietà privata anche
tra cattolici è un abuso evidente.
5) Diseredati e miserabili. Coloro tra essi che sono tali per cattiva volontà
sono da considerarsi come soggetti di diritto penale e per noi cattolici sono
oggetto di cura redentiva e di ammirevole assistenza. Ma se sono caduti in
quello stato sociale per sventura, allora sono vittime di tutti coloro che non
sono nelle loro condizioni.
Segno di Dio: al giudizio Universale noi dovremmo essere giudicati
ingiusti perché per causa della nostra omissione essi sono oppressi. 6) Il
comunismo è l’ultima trovata di Satana. Se riesce a invadere la terra, la
Chiesa sommergerà se non altro ridotta ad una forma puramente cultuale o
mistica, esclusa dalla vita reale dei popoli perché l’avremmo fatta fallire
storicamente nel campo sociale, per cui i popoli non avrebbero in mano un
motivo dovuto di credibilità ut videant opera vestra bona.
Segno di Dio: il malato è grave ed urge di operazioni chirurgiche che
portino, in tempo necessario sia anche attraverso sacrifici, ad una
soluzione chiara, pratica e definitiva sia nel campo sociale, sia politico.
7) Ad eccezione dei discorsi e delle encicliche dei papi la massa dei
cattolici, clero e fedeli, non ha concretizzato nulla di veramente
rivoluzionario nel campo sociale, se non fatterelli insignificanti come ad
esempio l’assistenza ai rovinati, ma in forma quasi sempre umiliante.
Segno di Dio. Incoerenza tra la dottrina e le sue applicazioni, reazione
indignata da parte delle masse, perché l’assistenza e l’elemosina
spessissimo non sono soluzioni, ma rappezzi anche ingiuriosi, perché si
danno comunemente “le briciole del superfluo”.
8) Abbiamo imposto sotto pena di peccato mortale di votare contro i
comunisti: e chi sono gli altri per i quali abbiamo votato? Uomini che
hanno promesso ciò che non fanno. Certa gente che non è rivoluzionaria
nel campo sociale, ma che si barcamena a difesa di un ordine, che dal
punto di vista dottrinale, è un disordine e dal punto di vista pratico è una
temeraria imposizione.
Segno di Dio: otto milioni di operai, contadini, disgraziati, miserabili
guidati da settari e da nemici dichiarati della Chiesa, hanno votato
apertamente contro il Papa; e gli altri, in gran parte, non hanno votato
per il Papa perché il Papa non la pensa come loro. Il Papa la pensa così:
“opus iustitiae pax”.
9) Il discorso del Papa all’apertura dell’anno santo è un discorso
sintomatico, perché secondo quello siamo in dolo a destra, a sinistra ed al
centro; ai poveri riconosce il diritto alla vita e non avendo egli in mano le
forze della giustizia sociale cristiana, invita questi a pazientare tra una
massa di cattolici dei quali moltissimi vivono da benestanti anche come
semplici lavoratori.
Segno di Dio: andare ai diritti dei poveri a tutti i costi è la sostanza della
nostra fede.
10) É sorta da venti anni la Città di Nomadelfia, segno concreto di vera
fraternità e solidarietà cristiana e sociale, è una popolazione di vittime
strappate alla rovina, che soffre mille ingiurie perché vive di stenti e di
privazioni delle cose più necessarie alla vita e al lavoro. E che cosa fanno i
cattolici? Guardano, commentano, applaudono e decantano Nomadelfia
come “cimbali suonanti”; ma vogliono un miracolo che Dio non farà.
Hanno sempre guardato se il bimbo riesce a vivere ed a crescere senza
nutrirsi; il che sarebbe oggetto di grida al miracolo. Ma la condanna a
questo atteggiamento è evidente: “qui non diligit manet in morte”.
Segno di Dio: questi figli resistono, si amano per dare alla Chiesa ciò che
non ha: una comunità di popolo solo cattolica sino alla radice della
volontà di Dio, pagando un prezzo durissimo: sono ingiuriati dalle
ingiuste omissioni dei fratelli di fede.
11) I DC sono falliti a metà legislatura.
Segno di Dio: il bivio: o preparare una rivoluzione popolare per arrivare
alla nuova legislatura con fatti ed idee chiare e decisive, oppure rimanere
degli oppressori. Intanto i nemici della Chiesa approfittano per
scristianizzare le masse. Con altre due generazioni avremo un popolo
quasi tutto pagano nei costumi tra cattolici pagani anch’essi quanto alla
solidarietà sociale.
12) Chi può muovere le masse ad arrivare al potere salvando il costume
cattolico e portando le masse in grembo alla S. Madre Chiesa? Unica cosa
che ha fatto scalpore è stata la predicazione di Padre Lombardi; ma ha
avuto sapore di appoggio alla mentalità borghese; io stesso ho avuto quella
sensazione; infatti dietro di sé non ha lasciato un movimento concreto, ed
ha, direi, quasi inutilmente irritato i marxisti ed i liberali. Ci sono qua e là
sacerdoti e cattolici laici che predicano un estremismo che praticamente
non ho mai potuto capire, in quanto non portano in conclusioni concrete.
Irritano la gente, illudono le masse, ma non hanno la via di scendere ai
fatti, né hanno in mano una soluzione.
Segno di Dio: “prurientibus auribus”, non sono praticamente nella
direttiva paolina “opus fac evangelistae”.
13) Passa la “Madonna Pellegrina”. Ma è passata ormai per quasi tutti i
paesi e le città; le masse l’hanno attorniata, l’hanno sentita. É passata come
una ridente giornata di sole in pieno e tormentato inverno.
Segno di Dio: una Madre di quella forza non può essere passata che
umiliata perché i figli anche più vicini si sono limitati a lodarla ed a
pregarla di liberarci dai nemici nostri, ma non da quelli di Dio che
saremmo anche noi nel campo sociale. Di una realtà viva e vera come la
Madonna si è fatta una bandiera sventolante nel vuoto degli egoismi.
14) La Santa Sede. Io non sono né posso essere in grado di dare un
giudizio, per quanto so che un figlio affezionato può sempre favorire anche
gli interessi della direzione della famiglia. Veda il Santo Padre. Le accuse
da parte dei nemici sono gravi.
Segno di Dio: il popolo non è soddisfatto, anzi è sfiduciato quanto ai
mancati favori ed alle mancate protezioni che invoca per essere liberato
dalle oppressioni della tirannia capitalistica e borghese. Non è male
almeno tenere presente il motto: “vox populi, vox Dei”. Se “in capite” ci
fosse “vevenum” è doveroso far presto a disintossicarsi.
15) Qua e là si sente dire che ci sono anime mistiche che parlano
direttamente con il Signore, con la Vergine Maria e che profetizzano, chi
in un modo, chi in un altro, tempi migliori per la fede. Io personalmente
non ho mai visto Gesù in persona, né la Madonna; però desidero di non
vederli se non quando sarò là dove si vede Iddio “sicuti est”. Il Signore mi
ha donato la fede che mi fa vedere i motivi di credibilità e che mi sospinge
all’amore. A quell’amore che mi sospinge a far amare Gesù ed il prossimo.
Per tutto ciò che dicono quelle anime, che io pure apprezzo moltissimo,
resto indifferente quanto al muovermi in un senso o nell’altro. Per tutto ciò
che mi dice la Chiesa nelle sue forme concrete e tangibili credo e mi
muovo in quel senso.
Segno di Dio del mio agire e dei miei figli: viviamo serenamente ed
eroicamente le direttive della Santa Madre Chiesa nelle sole espresse e
decise realtà della viva parola che esce dalla bocca del Papa e delle sue
gerarchie, dalla vitalità riconosciuta giusta e santa dall’Autorità
ecclesiastica competente; senza della quale noi sempre ci fermiamo anche
con un piede sospeso in aria per posarlo a terra solo quando la Chiesa
dice di farlo. Noi Piccoli Apostoli abbiamo visto andare alla deriva un
congresso di circa centomila lavoratori che si stava preparando dalle
masse del Basso Modenese, Basso Ferrarese, Basso Mantovano, Basso
Reggiano, da tenersi in Nomadelfia per creare un movimento
rivoluzionario [1945], ma non rivoluzionario in senso brutale che si dà a
questa parola, bensì pacifico, sostanzialmente cristiano nella giustizia
sociale. Il Vescovo di Carpi me lo ha proibito; ho ubbidito; sono stato
tacciato di traditore da parte di molti lavoratori. Ma ho serenamente e
giustamente subito la sconfitta. Ho vinto io perché ho ubbidito; ha vinto
Nomadelfia perché mi ha ubbidito.
16) Da centinaia di sedute e piccoli congressi improvvisati nelle suddette
zone, da conferenze pubbliche frequentatissime ancora prima della guerra
e più intensamente dopo la guerra si è andata formando tra me e il popolo
quella grande intimità dalla quale si sono avuti due risultati pratici: il
nascere e lo svilupparsi di Nomadelfia e l’attesa da parte delle masse che
io mi muova a condurle alla soluzione sociale. Mi credono, mi amano,
hanno motivo di credermi, hanno motivo di amarmi. Io ho parlato con il
santo Padre nel 1948. Ho esposto a lui questa realtà, mi ha ripetutamente
ed insistentemente pregato di agire: “faccia quello che vuole, don Zeno, il
Papa è con lei; non ha nulla da temere”. Questo me lo disse anche Pio XI
quand’ero ancora laico studente in legge; questo me lo disse anche il
Vescovo di Carpi Mons. Pranzini quando decisi di farmi sacerdote. Ma per
me questi non sono ancora i segni di Dio decisivi, perché io per fare quello
che voglio, voglio farlo in perfetta intesa con la Santa Sede. Questo segno
mi manca ed io lo voglio. É molto più facile travolgere e disperdere per
parte mia il comunismo in Italia che persuadere un solo sacerdote od un
solo Vescovo a non ostacolarmi il passo (1). Ho troppo sofferto per questo
ed ho sempre ubbidito attendendo, mentre vedo le vittime cadere a
migliaia sotto le grinfie del nemico per causa di questi arresti. Ho sempre
detto che quello che non dipende da me, dipende, nei miei riguardi, da Dio.
E con quei confratelli sacerdoti e con quei Vescovi con i quali c’è intesa di
vedute abbiamo fatto un bene immenso. Un movimento popolare di
carattere generale non può essere soggetto ad arresti per cause di
incomprensioni della circoscrizione giurisdizionale della parrocchia e della
diocesi. Se la legge è fatta al solo fine di favorire l’incremento della
Chiesa, in questo caso e per questo caso, se non si rimuove l’ostacolo si
potrebbe dire: “summum jus, summa iniuria” ed io per questo non mi
muovo.
Segno di Dio: necessità di rimuovere l’ostacolo da parte di quell’autorità
che è competente. Io non ho da persuadere nessuno in merito. Veda la
Santa Sede.
17) Già prima della guerra e più apertamente dopo, con padri di famiglia di
popolo, lavoratori onesti, sebbene di tutte le correnti politiche e con i babbi
Piccoli Apostoli, abbiamo fatto moltissime adunanze dalle quali sono
scaturite in linea di massima le basi fondamentali del movimento che si
voleva e che si vuole attuare in Italia partendo dall’Emilia in modo deciso.
Allego i documenti. Segno di Dio: comunisti e non comunisti erano e sono
disposti a buttare per questo movimento le loro bandiere. Questo mi fu
ripetutamente dichiarato in sedi varie da molti agitatori politici, da molti
capi, e ciò con sicura fermezza. Questa gente dice: “ Solo lei don Zeno
può farlo e faccia presto”.
18) Io so che mi sono presentato come sacerdote per portare la giustizia e
l’amore di Dio; so che questo ha fatto presa sul popolo, so che è cosa che
non deve essere considerata una simpatia per me, ma argomento essenziale
per creare un movimento.
Segno di Dio: il popolo mi crede ed io credo che posso guidarlo fino alla
vittoria.
19) Ritiene la Santa Sede necessaria, inevitabile questa rivoluzione di
Cristo nel campo sociale in Italia? Io la ritengo urgente e doverosa, per
parte mia anzi, dico che da essa avremo la pace nel mondo e la ripresa del
cattolicesimo come “lievito” sociale. Ha la Santa Sede un altro suo figlio
che possa dare l’attacco, corredato da tutti i segni suesposti? Io sono
sempre disposto ad aiutarlo. Ritiene la Santa Sede che io debba essere
l’esecutore in testa? Sono a sua disposizione per trattare la cosa a fondo.
Segno di Dio: non l’avallo della Santa Sede, ma la rimozione di quegli
ostacoli che io come sacerdote non posso né voglio affrontare a danno del
movimento.
20) Quanto al modo di iniziare, sono cose che bisogna trattare a fondo.
Segno di Dio: il Signore fino ad oggi mi ha sempre donata la forza di non
agire se non esaminando a fondo la meta e la ragionevolezza dei mezzi
adatti per raggiungerla. Sono paziente per la sua Grazia; ma della
pazienza della macchina da corsa. Si apra il circuito.
21) Le masse comuniste, come dissi chiaramente al S. Padre sono le più
idonee a rinnovare il cattolicesimo nel mondo, perché si sono liberate da
un formalismo che pesa sulla gente rimasta cattolica. Esse attualmente non
sono ancora penetrate dalla dottrina marxista e si agitano per un motivo
evidente: sono “assetate di giustizia” e “saranno satollate”. Conservano
ancora vivo il senso della morale cattolica. Io ho sempre fatto leva su
quella realtà intima e per quella so che si possono strappare al marxismo
ed infocarle di un ideale di redenzione sociale a base etica cattolica. Poi il
clero agirà su di loro per penetrarli degli altri elementi della fede alla quale
arriverebbero sospinti più che per speculazione mentale, per una necessità
vitale, cioè per la evidente necessità di tenere viva nel mondo la nuova
società fraterna e solidale, che in definitiva senza della fede non si
reggerebbe.
Segno di Dio: lasciarle in balia del nemico è un reato storico. Togliamo il
“trave” dal nostro occhio. Questo è l’ostacolo ingiurioso per le masse.
Mie previsioni: l’ottanta per cento degli italiani aderiranno. Il novanta per
cento dei parroci saranno di validissimo aiuto perché essi in primo luogo
vogliono essere con il loro popolo.
22) Come arriveranno le masse ad essere in grembo alla S. Madre Chiesa?
Prima di tutto per la ragione suesposta al N. 21. In secondo luogo perché è
un sacerdote che le muove; il che le imprime delle sole direttive del
cattolicesimo. In terzo luogo perché troverebbero nel papa la sola potenza
idonea a comprenderle ed a difenderle e nei parroci una paternità che mai
hanno potuto esercitare su di loro per causa della divisione ideologica nel
campo sociale. Entusiaste del papa e dei parroci quindi dei Vescovi
finiranno per correre al Carroccio naturalmente. Oggi sono entusiaste di
me; poi saranno entusiaste dei parroci, poi dei Vescovi, poi del Papa.
Finalmente di Cristo.
Segno di Dio: il mio tormento e quello dei miei figli è lievito indiscutibile
di redenzione, perché è solo amore a Cristo nella sua Chiesa. La
concretizzazione di Nomadelfia è una realtà sociale sbalorditiva per le
masse, davanti alla quale si sentono umiliate e retrograde. Davanti a
Nomadelfia lo stesso comunismo è pallida ed insignificante rivoluzione;
persino il movimento rivoluzionario che io e Nomadelfia proponiamo al
popolo è tutt’altro che eroico, ma poco più che una semplice contabilità.
Nomadelfia è la santità sociale: qualsiasi altro movimento rivoluzionario
che non sia della stessa natura di Nomadelfia è semplice giustizia.
Nomadelfia è “Charitas non quaerit ea quae sua sunt”. Il resto è: “Dare
unicuique suum”.
23) Il popolo italiano ha una sola missione da Dio: produrre dei santi.
Segno di Dio: per me e per noi Piccoli Apostoli quel movimento
rivoluzionario mette il popolo sulle basi idonee a preparare il sogno della
Santità. Arrivate le masse alla giustizia diventeranno sitibonde di santità.
24) Come apparirà evidente dall’allegato documento che sintetizza le
aspirazioni sociali dei movimenti fatti in precedenza per vent’anni tra le
masse ed i Piccoli Apostoli, la Chiesa non ha nulla da temere nel benedire
l’arrivo dei padri di famiglia come tali al potere massimo dello Stato
perché essi sono quasi nella totalità legati da un sacramento quindi hanno
la grazia dello stato. Non ha nulla da temere nel campo economico perché
lo stato non è il padrone, anzi è limitato solo ad essere custode dei diritti
del popolo. Non ha nulla da temere nel campo morale e delle dovute
libertà della Chiesa perché il popolo italiano vuole la Chiesa senza della
quale è disorientato, mesto ed inquieto. Non ha nulla da temere quanto ai
protestanti perché una volta impostata la vita sociale e politica su quelle
basi il protestantesimo rimane una corrente individualistica ed eccentrica
nello stesso sfacelo della famiglia.
Segno di Dio: mai sulla terra si è fatta una rivoluzione di quella natura.
Per me è chiaro che è il coronamento di venti secoli di cattolicesimo.
25) I documenti allegati devono essere i punti fondamentali per le
discussioni e le decisioni del suddetto congresso. Furono preparati con me
da molti padri di famiglia come detto sopra. Ho promesso al popolo nelle
piazze pubbliche che “all’ora di Dio faremo il congresso di masse, dove
fisseremo una nuova Costituzione e dopo di che marceremo al movimento
generale fino al potere”.
Segno di Dio: queste masse attendono; io ed i miei figli attendiamo. Per
preparare il congresso occorrono parecchi mesi cominciando subito
prima con un ciclo di conferenze su Nomadelfia; poi con una seconda
ondata sulla rivoluzione sociale. In agosto p. v. il Congresso nelle praterie
attigue a Nomadelfia. Veda il S. Ufficio sui punti dottrinali, veda il S.
Padre nella luce d’“ineffabile e dolce Cristo in terra”.
(1) Obiezione: Ma i figli, come laici, hanno bisogno del beneplacito del Papa
per muoversi in politica? Altri “segni” preoccupanti arrivano in Vaticano. I
giornali scrivono: “La città della fratellanza” sta per essere venduta all’asta (Il
tempo, Il nuovo giornale, Piacenza, 21.3.1950. Don Zeno supplica il Papa di
riscattare le “macchine per il lavoro”: valore, 8milioni. 22.3.1950.
Un pugno di sterco
Al S. Ufficio
“Voi mi avete mandato nelle fogne… e oggi depongo ai piedi del papa un
pugno di quello sterco: ecco Petrus come sono ridotti i nostri figli”.
11 maggio 1950
Amare i nemici senza dare la vita per essi è una menzogna. Bisogna quindi
difenderli almeno nei loro diritti naturali (legge di Dio anche la natura) fino al
nostro martirio. Io in Nomadelfia sono voi, ma Nomadelfia non è don Zeno.
Siete stati voi che mi avete ordinato vostro confratello e che subito dopo
l’ordinazione sacerdotale mi avete mandato nelle fognature delle nostre
omissioni a raccogliere un pugno di sterco dal quale erigens pauperem. E dopo
vent’anni sono ritornato a voi per deporre ai piedi del papa un pugno di quello
sterco esclamando lacrimante, stretto a Cristo sanguinante al Getsemani, ecco
“Petrus” come sono stati ridotti i nostri figli. Quale scuola filosofica, quale
scuola teologica accreditata anche presso i più autorevoli nostri atenei oserà
non piegarsi a piangere con il papa tanta sciagura? Quale organo della Chiesa,
quale Angelo della diocesi non si piegherà a piangere e ad adorare EUM? Ero
Io in loro.
In quel momento, siatene certi, Gesù opererà il miracolo dell’attacco... avremo
riportato la Chiesa alla Pentecoste... non saremo più in ritirata, ma riavremo
l’iniziativa. E qualunque cosa proporremo al popolo l’accetterà perché il
gregge è sempre e solo di Dio... Da quel momento ne saremo realmente il buon
Pastore. Capiranno la nostra voce, noi capiremo la loro... i posteri studiando
questo momento diranno: et secuti sunt eum. Dobbiamo credere che il pastore
mercenario va al gregge solo quando si assenta il Buon Pastore. Come il Padre
ha mandato me, così Io mando voi. Miei cari, siamo poi andati noi? Ho paura,
sì, paura. Mi trema la mano dal dolore dell’anima mentre scrivo questo.
Preghiamo, meditiamo. Domine fac ut videam.
PREMESSO
Come iniziare?
30 maggio 1950
[Il papa interviene con 5milioni. Scorrendo la storia dell’AC si apprende, che
“La S. Sede dava abbastanza largamente”: 30 milioni nel ’47, 120 nel ’49. “…
ogni tanto Carretto arrivava con delle borse di quattrini, con decine di milioni,
che lui chiamava ‘Provvidenza’”. Per la propaganda anticomunista la Giac,
1948, ottiene da Scelba “tre finanziamenti colossali (…) in tre anni trecento
milioni”. F. Piva, La gioventù cattolica in cammino, Milano, 2003, 162, 164ss.
Scelba nega i soldi a Nomadelfia per il mantenimento di 750 minori accolti,
ma foraggia l’anticomunismo di Gedda con 40 milioni al mese. Ib. 396.]
27 giugno 1950
Eccellenza Reverendissima,
Ho pensato, ripensato, meditato, pregato su la relazione che il Rev.mo Mons.
Crovini e V. E. mi hanno data su l’udienza del S. Padre a V. E. stessa e sulle
conclusioni del S. Ufficio. Sono in possesso anche di una lettera di S. E. Mons.
Montini, di cui allego copia. Mi sono pure consigliato con i miei più intimi
collaboratori. Il segno di Dio che ho posto come condizione per agire non
balza chiaro. Il S. Padre non vede attuabile la missione con i sacerdoti sotto la
forma proposta. Questo stesso giudizio lo rende inattuabile, quindi la scarto
senz’altro come un tentativo fallito con un autorevole colpo di spugna. Io
calcolavo che con 500-600 sacerdoti ben preparati si poteva tenere una
missione di 3 o 4 giorni per parrocchia. Le parrocchie mi pare siano 23.000. In
circa 4 mesi si sarebbe passata tutta Italia. Dopo di che era facile tenere un
congresso dei capi famiglia, si sarebbe creata un’atmosfera predisposta a
ragionare serenamente. Il S. Padre non ce la vede: fiat. Per altra strada ci si
perde in viaggio. Torniamo quindi al progetto di cominciare nell’Emilia. Là
bastiamo da soli. Se sacerdoti secolari o regolari vorranno e potranno venirci in
aiuto: Deo gratias. Ma anche per questo inizio le cose sono rimaste impossibili
perché non abbiamo ottenuto il riconoscimento di un diritto che oltrepassi i
regolamenti vigenti della disciplina ecclesiastica. Se anche in un solo paese
dico al popolo: Organizziamoci, mi domandano se io mi metto a loro completa
disposizione. Se anche non me lo domandano, lo presuppongono. Io so che in
coscienza non lo posso garantire, quindi non devo incominciare. Il popolo non
può disporre di me. Sarei costretto ad abbandonarlo al primo urto, nolente,
come fui costretto a fare nel 1945. La legge ecclesiastica sulla disciplina del
clero per me e per il mio caso, per i sacerdoti miei collaboratori e per il nostro
caso; per Nomadelfia e per il suo caso proibisce l’abbraccio con il popolo
perché ci ferma con un semplice punto di vista di un parroco o di un vescovo.
Un movimento per sua natura di carattere generale non può marciare con
sacerdoti che possono essere fermati alla dogana di un paese qualsiasi cui
devono obbedire in coscienza. V. E. mi ha detto di iniziare, ma non posso
perché sono legato mani e piedi.
Al S. Padre e al S. Ufficio
“La povertà in mezzo ai figli e ai fratelli poveri, è un dovere di stato. Non
morire per i fratelli e poi innalzare sugli altari quelli che muoiono è un
comportamento da becchini”.
29.6.1950
Così parlano contro di noi ecclesiastici gli oppressi per causa della povertà,
della miseria, della politica ed in definitiva coloro che al giudizio universale
saranno accusatori in Cristo. Il loro risentimento è come il pus di una profonda
piaga che si è venuta scavando nel cuore, nelle viscere tutte. Ne asciugate un
po’, rigurgita altro più fresco e non meno ripugnante.
Vedono in blocco noi ecclesiastici come una classe fortunata, non dei loro.
Quando non ci offendono, ci maledicono, si buttano a terra come dei vinti e ci
stendono la mano, forzati a subire la loro condizione come una fatale sventura;
in tal caso o bestemmiano Cristo oppure si aggrappano alla croce e pregano. Io
ho cercato di captare il loro grido contro di noi e forse è il seguente: Dai loro
frutti li conoscerete.
Si sono invertite le parti. Proprio voi che siete stati preposti nella Chiesa ad
esserci fratelli, padri, e quindi maestri, siete in dolo. Noi possiamo dire: “Voi
siete nobili e noi invece siamo ignobili” (1 Cor 4,10). Non potete dire di no.
Era l’apostolo che lo diceva ai fedeli, sono i fedeli oggi – la parte più vera dei
fedeli, gli oppressi – che lo dicono a voi e che, nell’autorità suprema della loro
oppressione, vi condannano. Ne sentirete l’eco al Giudizio Universale.
Se almeno ci tenete a salvare l’anima, giacché non ci tenete ad essere nostri
fratelli, vi consiglio a pensarci sopra. Voi infatti siete persone rispettabili, noi
siamo dei reietti condannati ad essere tali per causa del precetto dell’amore che
speriamo non oserete dire che è un semplice “consiglio evangelico”. Dove
arrivate voi si aprono tutte le porte, si imbandiscono le mense più raffinate e si
muovono gli armati in difesa... dove arriviamo noi lo stesso cane di guardia
abbaia.
Voi vi siete autorizzati a derubarci ogni giorno attraverso le vostre prebende, le
nostre limosine, che detraete dal nostro patrimonio, nei collegi vi siete
autorizzati a mangiare meglio dei ricoverati ed anche in faccia ai medesimi, e
la pietanza e il condimento che mangiate in più lo strappate violentemente
dalle loro boccucce le cui labbra innocenti sorridono egualmente tanto da farvi
esclamare: “Beati i fanciulli”. I poveri vi ringraziano e voi dite, forbendovi la
bocca col tovagliolo: “Beati i poveri”.
Nelle cerimonie spendete e spandete incensando Cristo e soffocandolo e
intossicandolo in noi, che vi guardiamo protendenti le mani, lacrimanti perché
i figli ed i fratelli sono con noi alla fame, senza casa, senza famiglia, senza
sorveglianza paterna e materna.
Perché non ci domandate il permesso prima di toccare il tesoro della Chiesa?
Non è patrimonio comune? Ve lo negheremmo, diremmo: Prima i piccini, poi
voi. Nelle elemosine che ci fate, che sono le “briciole”, spesso suonate la
tromba e ci offendete a morte perché non solo non ci siete padri, ma nemmeno
fratelli: siete degli autoritari gentili ed ammirevoli.
Tranquillizzate le coscienze al furto legale e imponete a noi di “non rubare”
perché se noi rubassimo come fate voi, sareste poveri e rovinati come noi. Voi
amministrate il nostro patrimonio, ve ne servite prima per Voi, ne accantonate
“prudentemente” fino a creare delle rendite “secondo le intenzioni” dei
donatori che avevano accumulato quei beni detraendoli dal sudore e dalla fame
dei lavoratori, fatte le ben rare eccezioni; mentre a noi non concedete
nemmeno i mezzi, gli strumenti del lavoro. In parte li spendete anche in
propaganda per tentare di farci credere che quella Chiesa lì è la nostra Chiesa.
Non accusateci di eresia, ci capite benissimo.
Vi siete creata una vostra Chiesa mondana, dove si mangia secundum legem ed
investite l’autorità della Chiesa che soffre e che vi riconosce, per la vita e per
la morte, “l’Autorità da Dio”. Appunto e perché siamo con voi la Chiesa, vi
riconosciamo ubbidienza e riverenza; appunto e solo perché senza di voi non
saremmo la Chiesa. Ma questa Fede, necessitata dalla Verità, ce la fate pagare
ad alto e ingiurioso prezzo.
Se nostra madre ci trattasse così avremmo il diritto di andarcene da casa senza
perdere la Fede; ce lo fate Voi e siamo costretti a non andarcene perché
usciremmo dalla nostra Barca e cadremmo nell’acqua. Perduti se usciamo,
rovinati se rimaniamo. Neppure possiamo impiccarci, perché è peccato e non
vogliamo peccare, vogliamo amare, dobbiamo amare. Non ci rimane altro atto
di amore e di fede che quello di combattere dal di dentro fino a disperdere il
vostro peccato pubblico. Siamo in molti, siamo il grido; siamo lo schianto
universale di cuori e di vittime. Della mia casa avete fatto una spelonca di
ladri. Si può dimostrare; ma perché costringete noi a farlo? Avete paura della
Verità? E non siete tenuti anche voi più di noi a difendere gli interessi del
padre Nostro che sta nei cieli?
La povertà in mezzo ai figli e ai fratelli poveri, è un dovere di stato. La miseria
in mezzo ai figli e ai fratelli miseri, è un atto di sovrana dignità. La propria
morte in olocausto, in mezzo ai figli innocenti ed ai fratelli che sono minacciati
di morte, è un dovere di preminenza. Non morire per poi innalzare sugli altari
quelli che muoiono è un comportamento da becchini. (…)
AI RELIGIOSI
24.7.1950
Se non vi fate eroi nel riformare voi stessi e le vostre forme, siete degli assenti
al pianto della S. Madre Chiesa che è aggredita ed ingiuriata da mille direttive
dall’interno e dall’esterno. Se non lo fate, proprio il Cielo può accusarvi di non
amare la sua Chiesa. Per parte mia siete in peccato di grave omissione. Non
sentire l’indole dei tempi, il pianto di Dio nelle sue creature che voi come
Cristo dovete amare, è semplicemente pugnalare Dio alla schiena. Siete
migliaia e migliaia. Ma cosa fate?
1) Perdete tempo ad alimentare un culto che ormai è il canto del cigno, perché
il popolo non lo vive né lo capisce più. Un mistero artificioso ed
incomprensibile che avviluppa e svisa un mistero plastico e sostanziale, vivo e
vitale. La sostanza è vivere Cristo in spirito e verità, i cui sacramenti sono ben
più limpidi e semplici di quello che li fate voi con tutti i vostri cabalistici
geroglifici. Siete migliaia e migliaia, ma non siete la viva forza della Chiesa,
idonea a ridonare al popolo un culto assimilabile che dica al popolo la divina
realtà che effonde Dio, il creato, l’uomo in un palpito solo d’amore, di
conversazione, di redenzione. Neppure nella vostra specialità, in cui vi siete
rifugiati, siete tanto specialisti da fare del culto qualcosa di vivo e di
assimilabile dalla massa.
2) Siete schiacciati da un fottio di regole che non osservate, perché se le
osservaste sareste addirittura delle mummie; e non osservandole siete degli
incoerenti. Lo sapete questo, ma non essendo più degli imitatori dei vostri
fondatori vi lasciate intricare il cammino dalle loro spoglie e non correte liberi
ad attuare il loro spirito. Lo vorreste: molti tra voi soffrono per questo intimo
Calvario, ma non avete il santo coraggio di liberarvene per riabbracciare Cristo
operante tra il popolo a portare il miracolo e la dolce novella.
Forse che per vivere fratres in unum in una missione così impegnativa nella
Chiesa come la vostra c’è proprio bisogno di essere inciampati in quelle
regole? La lettera vi uccide e vi deforma; è un massacro di anime
preziosissime, del cui fallimento siete responsabili. Quando insegnate ai vostri
preziosissimi e generosissimi giovani allievi che osservando e penetrando nella
pelle e nell’atteggiamento dello stesso corpo quelle regole si diventa santi, voi
mentite perché sapete che la santità è ben altra cosa: è vivere Cristo e donare
Cristo. Siete migliaia e migliaia e non avete la forza di guardare in faccia alla
realtà e correre decisi a Cristo che è straziato nell’umanità, in quella umanità
che ha diritto che ne siate lievito assimilabile, olocausto comprensibile e
travolgente.
Chi di voi oserebbe adorare ed amare gli accidenti dell’Eucarestia anziché
l’Eucarestia? La sostanza di quegli accidenti non è più il pane, ma Cristo vivo
e palpitante; mentre la sostanza delle vostre regole oramai è il vuoto, l’irreale,
il contrasto, la negazione della vera vita, se non fosse così sareste oggi nella
Chiesa gli angeli più cari al popolo cristiano e non cristiano, i taumaturghi
della pace tra le genti. Il vostro è un suicidio alla stessa guisa di chi si serve
della veste per impiccarsi, o meglio ancora, di chi rifiuta di tuffarsi nell’acqua
perigliosa non volendo levarsi la veste, mentre il fratello naufrago sta per
essere divorato ed annegato in pasto ai pescecani.
3) Dove avete messo il vangelo? Quando un giovane fresco e vivo abbandona
tutto ciò cui ha diritto per gridarvi Sequar te quocunque ieris non potete
ucciderlo nella sua freschezza e nella sua vivezza, ma snellirlo ancora di più,
fino a renderlo: Le volpi hanno le loro tane, gli uccelli il loro nido, mentre il
figliuol dell’Uomo non sa dove posare il capo. Questo e solo questo i giovani
vi hanno domandato, perché se avessero cercato la tana ed il nido non
avrebbero abbandonato quella vita che ad essi li offriva più belli e ben più vivi
dei vostri, ben più in armonia col creato. Non illudetevi con ciò di realizzare
una salutare mortificazione; ché mortificarsi è ben altra cosa: è modellarsi a
Cristo fino al vivo ego iam non ego sed vero vivit in me Christus. E potete
illudervi che Cristo e gli apostoli avrebbero accettato la vostra vita? Il vostro
contrasto? Ma essi del popolo erano il sangue caldo e saturo di globuli che
scorreva nelle arterie, nelle vene degli uomini consumandosi in alimento alle
cellule tutte. Per questo erano ammazzati dai micidiali tiranni che dell’uomo
vogliono fare un cadavere anziché un vivo canto d’amore a Dio creatore e
salvatore. Siete migliaia e migliaia, tanti da sconvolgere la terra, invece
appesantite e ingombrate la terra di una macchina che non ubbidisce al divino
pilota; nella rabbia del popolo che in essa confidava. Ma su chi può confidare
questa sanguinante, piangente, schiaffeggiata, condannata, derisa, inchiodata e
crocifissa Chiesa se anche voi fratres credete alla lettera anziché alla Vita? Se
anche voi calunniate Cristo gridandolo fallito nel suo e nel vostro popolo?
Volete opporre ai carri armati ed alle bombe atomiche gli schioppi di
Garibaldi? Ma questo è un offendere la divina Sapienza che vuole adeguare i
mezzi al fine. Io nei miei e vostri figli, se una buona volta vi deciderete a non
credere che farvi figli le vittime delle vostre omissioni non è una speciale
vocazione, ma un dovere di tutti i cristiani, sono entrato per un momento qui
tra le vostre mura a piangere e a tirarvi per la veste perché corriate decisi a
strappare il popolo dalle grinfie delle fiere che stanno dilaniandolo nelle carni a
sangue: é Cristo in loro quel Cristo che non è più qui e che voi avete giurato di
vestire in voi stessi.
Se io vi dico che non siete lo stato più perfetto mi linciate come eretico; ma se
vi dico che avete ucciso lo stato più perfetto, correte, tuffatevi: la Chiesa sta
per sommergere, si vede ad occhio nudo, basta un poco di cuore. Siete migliaia
e migliaia: fate vedere subito il miracolo di offrire al mondo che cosa è la
Chiesa. Unitevi unum a noi, fermeremmo la guerra, apriremmo i tempi nei
quali gli uomini adoreranno Iddio in ispirito e verità, e non in contorsioni e
comodità.
4) Quando vedete che nonostante i vostri sacrifici sbandate e non fermentate le
masse, quando vedete che per stare insieme avete sempre bisogno di tirar fuori
la disciplina, dovete tremare al pensiero che avete sepolto la perla che Dio con
tanto slancio d’amore vi ha consegnato il giorno in cui, come angeli, avete
accettato di farvi religiosi. Tirate fuori quella perla, vi costasse il Calvario;
vedrete che luminosità proietterete nella Chiesa; vedrete che voli volteggerete
nel cielo della vita, vedrete che le regole non vi interesseranno più perché
vivrete una legge che si chiama: Via, Verità, Vita. Codificherete il vangelo,
farete così una regola che è già stata preparata per voi da Cristo in persona: la
sua imitazione. Non ve ne avrete a male se poi la storia vi chiamerà apostoli
delle genti anziché Religiosi. Quanti frati sarebbero santi meravigliosi, anziché
dei viziati e degli sbandati: corruptio optimi, pessima.
Siete migliaia e migliaia: se risorgerete... la primavera della Chiesa,
sorprendente e miracolosa primavera... gli uomini si guarderanno meravigliati
in faccia esclamando: ma allora? Ma è proprio vero: siamo fratelli... e,
ridiventati fanciulli, correranno all’amore perché la vostra resurrezione sarebbe
l’amore.
Non credere a tutto questo è uno sputare in faccia a Cristo la sentenza di Caifa:
Blasfemavit.
Eccellenza Reverendissima,
Allego copia della lettera che S. E. Mons. Vescovo di Carpi mi manda
comunicandomi che non può assumersi la responsabilità di concedere il
permesso per il movimento sociale. Che il Signore ci illumini tutti, Eccellenza.
Non potrebbe l’E. V. d’accordo con la Segreteria di Stato dichiarare che si
tratta di un movimento promosso dalla Città di Nomadelfia che è in se stessa
un movimento di comunità sociale cattolica e che per questa sua natura deve
esplicare il suo apostolato nel popolo con i suoi sacerdoti al fine di evitare di
scinderla e di farla fallire a danno del popolo stesso? Art... (La politica) Forse
che i sacerdoti erano assenti nelle lotte elettorali? (1) Possiamo noi sacerdoti
Piccoli Apostoli che condividiamo la vita in tutto e per tutto con questa
nascente popolazione di fratelli diventare, per causa di pura disciplina di
carattere generale, ostacolo ai naturali sviluppi della città? Sarebbe questa una
grave pregiudiziale che indurrebbe i padri di famiglia, le mamme ed i figli ad
escluderci dalla loro fraternità considerandoci degli estranei quando si tratta di
fare iniziative che sono solo soggette alla disciplina dei cattolici in genere.
Sarebbe un rompere l’unità fraterna tra Nomadelfia ed i suoi sacerdoti, sarebbe
un uccidere Nomadelfia. (…)
(1) Per i preti galoppini intruppati nei Comitati civici di Gedda cf Riccardi 2,
100. Oppure Mons. Ronca e p. Lombardi, usati per una politica destrorsa: la
famosa operazione Sturzo (cf ib).
31 luglio 1950
Eccellenza Reverendissima,
Le risposte che a mezzo Mons. Crovini sono state date a Padre Vannucci non
mi appaiono tanto chiare quanto è necessario per conoscere la volontà del
Signore e per agire, quindi, in ordine ad Essa.
É necessario sapere:
a) Il S. Padre è diffidente della riuscita del movimento per causa di una sua
opinione personale oppure per direttiva apostolica?
b) Se è per una sua opinione ma ci lascia liberi di agire, noi siamo di opinione
diversa dalla sua e riteniamo la cosa non solo possibile, ma doverosa, quindi
agiremmo usque ad mortem.
c) Se è contrario per direttiva apostolica saremmo nel campo della disciplina e
allora ubbidiremmo sentendoci in uno stato di attesa, fino a quando la S.
Madre Chiesa non ci darà il via.
Assunzione 1950
Eccellenza Reverendissima,
Il suo secondo veto per il congresso del popolo, diretto a decidere un
movimento di riforma sociale secondo le proposte già esaminate dal S. Ufficio,
ci ha addolorati un pò tutti a Nomadelfia senza però farci perdere la speranza
che tutto sia chiarito. Intanto ne abbiamo parlato con S. E. l’Arcivescovo di
Modena al quale abbiamo dato da esaminare i documenti offerti anche al S.
Ufficio. S. E. l’Arcivescovo ha risposto che per la sua diocesi di Modena nulla
osta a che possiamo tenere il congresso in quella località della sua diocesi che
vogliamo. Abbiamo scelto la città di Modena. Tuttavia, io ho bisogno di
parlare a V. E. affinché non sorgano degli equivoci che fossero il gioco di
satana e non quello di Dio. Le sarei grato se volesse concedermi una udienza
possibilmente domani.
Eccellenza Reverendissima,
Guardi che non sono matto. Se tutte le volte che vi porto una spranga d’oro voi
la guardate come ottone perché mi chiamo don Zeno non ci metteremo mai
d’accordo. C’è stata una levata di scudi contro di me? E forse che le masse ed
anche gran parte degli intellettuali non hanno apertamente fatto una levata di
scudi contro la Chiesa? Dal mancato Cristianesimo sociale è nato il
comunismo e, prima, il liberalismo. Sono le due forze negative che ci portano
alla guerra senza nulla risolvere. Che poi Iddio tragga bene dal male dopo il
disastro è affare suo ed è colpa nostra costringerlo a fare questo. Non
dimentichi che il comunismo è una religione che porta ad un intelligente
feudalesimo. Bisogna vedere questo per inorridire. Infatti la massa proletaria
sarà la gleba e la classe dirigente sarà l’organizzazione dei vassalli, valvassori,
valvassini: non si scappa. Se vincerà avremo secoli e secoli di barbarie. Se
vincerà il liberalismo avremo altri secoli di oppressione. L’oro sarà la
strapotenza, parlare di democrazia sociale è un’idiozia. Se domina l’oro è
schiavismo. Tutto questo è il mondo. Chi è Cristo? Ecco: Se avrete fede
sposterete i monti. I monti sono due: il comunismo e il liberalismo. Noi siamo
di fatto dei semplici cultuali (vedi anno santo che non è stato una riforma di
vita). Per questo non sposteremo i monti e sta per venire la guerra. Ve lo dico
io, mi dite che sono matto e mi leggete quasi come uno tra i tanti sentimentali
del Cristianesimo, che potrebbe anche essere un santo, ma che bisognerà
vedere. Invece io so che sono un peccatore come voi. Non super me, sed super
vos flete diceva Gesù alle pie donne. Oggi lo dice a noi. Siamo il legno secco.
Io vi dico che si può fare il miracolo di fermare la guerra, quindi di spostare i
due monti fino a neutralizzarli e renderli inoffensivi, e voi non lo credete.
Vi ho fatto tante proposte concrete e voi in parte le avete accettate ed in parte
non le avete credute. Si vede che non mi sono spiegato bene. Nel 1948 feci al
S. Padre una grande proposta. Non mi avete neanche risposto. Secondo me
avete sbagliato di grosso. Adesso vi dico che ho in mano il segreto per fermare
la guerra e voi mi tenete a prudente distanza. Io dico che avete paura di Gesù
Cristo e ripeto quello che dissi ad un segretario di S. E. Mons. Tardini: Spesse
volte siete dei superficiali. Questi mi rispose: Ma vuole dire che la Chiesa è
superficiale? Mi scappò da ridere e soggiunsi: Ma no, non ho detto la Chiesa,
ho detto voi. Ho parlato al S. Padre e non l’ho trovato che il S. padre, cioè
sensibile ai veri problemi di Dio nel suo popolo. Non vorremmo mica stare qui
a fare dei personalismi; allora vogliamo la guerra. Amiamo noi o non amiamo
il popolo? Se amiamo il popolo non ci importa anche torturarci a vicenda fino
a quando non abbiamo messa a punto la leva sul fulcro per spostare i due
monti. Guardi Eccellenza che non sono matto. Quando si viene da voi avete
sempre molta fretta, siete impegnatissimi. Ma che cosa meditate in quella
mezz’ora di meditazione quotidiana? Avete mai meditato che spesso perdete
tempo ad attaccare dei cerotti a teste che hanno bisogno di una decisa e ben
vibrata stangata? O del colpo ben calcolato della scure alla radice? Guardi,
Eccellenza, che io ho in mano il segreto per fermare la guerra. Se lo ricordi.
Sarebbe un soffio, ma voi non lo credete e senza di voi nihil potestis facere;
non posso fare nulla, devo assistere sbalordito ad un disastro che si può e si
deve prevenire. Guardi Eccellenza che non sono matto. Martedì 19 corr. sarò a
Roma proprio e solo per parlare con Lei. Cerchi di fare di tutto per ricevermi,
magari nel pomeriggio tranquillamente, della tranquillità di chi sta per buttare
la bomba atomica alle due montagne da spostare. Stia tranquillo; io ho in mano
il segreto per fermare la guerra. É un giochetto che poi si risolve in un vero e
clamoroso miracolo. Guardi Eccellenza che non sono matto.
Con affetto filiale La prego, La scongiuro, opportune et importune, di
ricevermi martedì a qualunque ora, sarà un’ora santa, veramente santa.
25 dicembre 1950
Beatissimo Padre,
Ho celebrato questa notte sotto una tenda con i Piccoli Apostoli, babbi,
mamme e figli, qui nelle nostre selvagge terre di Grosseto, tra i boschi e le
distese da questi figli scassate, bonificate e seminate. Al freddo, al vento la
cerimonia. Poi si è passata insieme un’ora di allegria e due salti in famiglia: un
poco di dolci, canti e suoni di fisarmonica, io stesso suonavo la fisarmonica. Le
più umili e più semplici canzoni natalizie e popolari. Il tema del discorso
durante la S. Messa era di facile comprensione per tutti noi: Gesù si è fatto
simile a noi e ci ha donata la grazia che se bene l’assimiliamo ci fa simili a Lui
nell’unum tra noi. É nato in un rifugio pressappoco come quello nel quale noi
ci troviamo a celebrare l’Evento; al freddo, al vento. Questa è la redenzione,
farci simili tra noi comunicandoci in Cristo, con Cristo, per Cristo tutte le cose,
tutti i sentimenti, tutti i pensieri, tutte le sante ispirazioni della Grazia, nella
Grazia come principio vitale della nostra vita di uomini nuovi. Ed essi mi
capivano perché vivono quella vita di unità in Cristo. Avevo letto poco prima
l’articolo su Il Corriere della Sera (24.12.1950) che qui allego. I non cattolici
parlano così. Eppure quello, nella parte essenziale, sfiora il linguaggio di Dio.
Davanti a tanta sete di giustizia Gesù esclamerebbe: Misereor super turbam e,
volendolo noi, farebbe il miracolo per saziarle ed ultra.
Mentre Oriente ed Occidente stanno affilando le spade, alla S. Madre
Chiesa forse rimane un tratto di storia utile a creare il miracolo della pace. Io
da mille e mille segni dico che si riesce, ma senza il Papa non si riesce. Come
Vostra Santità può ben constatare, ognuno oggi mette generosamente sul
tappeto le cose più valide che ha a disposizione. I due colossi in lotta mettono a
disposizione la tecnica, gli eserciti, lo spionaggio più eroico, le armi più
spietate e la diplomazia più raffinata e sollecita. É tutto quello che hanno. La
Chiesa non ha di queste cose, queste sono le cose della terra e del mondo. La
Chiesa ha la fede che non è una superstizione, ma una realtà viva, un principio
vitale che si attua secondo leggi fissate dallo stesso Signore. La Chiesa è la
Religione, le altre sono religioni. Vostra Santità ha un motto che è il diapason
del tempo: Opus iustitiae pax; poveri noi se rimanesse un semplice motto.
Dall’assaggio fatto nella serie di conferenze alle masse della provincia di
Modena ho sentito il polso del popolo. Tutti coloro che hanno brontolato nei
nascondigli non se ne intendono e a loro non è dato di capire. Santità, si ricordi
che è possibile fermare la guerra. S. E. l’Arcivescovo di Modena mi disse
personalmente: Faccia, faccia; questa è la vera terza forza del mondo.
La Santa Sede è una macchina misteriosa, è un mondo, sotto certi
aspetti, addirittura ingombrante e da museo, mentre sotto altri è di una
plasticità miracolosa, di una freschezza primaverile. C’è Cristo alla Santa
Sede, ma anche Cristo alle volte deve ivi piangere amaramente cose che sono
gravissime. Nella mia dura esperienza sono stato esercitato dal Signore a
fiutare ed avvertire il tanfo di Satana. Nella Santa Sede, in certi angoli, si è
annidato in un modo da spaventare chiunque ne conosca le insidie e le
crudeltà. Per il fatto poi che Vostra Santità non se ne accorge in modo
chiarissimo, io lo deduco da molti segni, c’è da temere un qualche irreparabile
disastro. O la Santità Vostra non crede alle forze ed alle sole forze di Cristo,
cosa che non vorrei neanche sognarmi; oppure Satana è riuscito a realizzare un
capolavoro della sua perfidia; ma qualcosa di gravissimo c’è che non va e che
pugnala Cristo alla schiena lungo la via. Ma la Chiesa non ha proprio nulla di
diverso e di risolutivo da fare in questo momento? Ma la Chiesa non può fare
un miracolo? É la sua missione sulla terra, è quello che ha fatto il divino
Fondatore. Senza miracolo non si può camminare tra le potenze del mondo.
Energie fresche ed eroiche sono là sulla porta del Papa pronte a
mettersi in moto per vie strane, ma sicure. Il Papa non le conosce perché esse
sono oggi o contro il Papa o esasperate per causa della nullità di troppi fratelli
di fede. É nella prassi di Cristo suscitare uomini là dove meno si pensa, ai
quali affida il compito di salvare la sua Chiesa. Io conosco questi uomini, li
avverto anche solo se li vedo camminare per la strada. Sono sbandati a milioni
tra le fila dei partiti, dei malcontenti, dei sofferenti, ma in essi non c’è dolo.
Che mare di lacrime in me... Quando leggo sui giornali che il S. Padre ha
ricevuto gente che in parte ha buon tempo e che nulla conclude provo una pena
da Getsemani. Mentre io sono tenuto a distanza in un modo, per me,
dolorosissimo. Questo senz’altro è un lato diabolico della Santa Sede. Io ho
mille figli, veramente figli. Se qualcuno di essi vuole a tutti i costi parlarmi io
devo a tutti i costi ascoltarlo... e spesso ha ragione lui e torto io... Io devo
dimostrare a Vostra Santità gli errori della Santa Sede ed i rimedi, gli stessi
errori del Papa ed i rimedi, gli errori dell’Episcopato e del clero e i rimedi, gli
errori dei non cattolici ed i rimedi. Ma insomma non si vorrà dirmi: Timeo
Danaos et dona ferentes. Sono di casa. Sono un figlio. Santo Padre, oramai
tutto è stato consumato per darmi ragione. Ho in mano i segni, il segreto per
fermare la guerra e per aprire alla S. Madre Chiesa due strade:
a) portare Cristo a tutti gli uomini di buona volontà. Sono valanga;
b) neutralizzare le forze nemiche a Cristo costringendole al servizio di Cristo
indirettamente cioè mettendo in luce anche i soli diritti naturali dell’uomo e
difenderli come legge di Dio. Ho le prove in mano; posso mettermi costì con
Vostra Santità al tavolo e progettare insieme il piano di attacco definitivo. Mi
riceva segretamente, facciamo insieme un sintetico corso di santi esercizi;
parleremo chiaro del Cristo Gesù nella sua Chiesa, balzerà chiara la direttiva di
Gesù nel tempo che già precipita verso la china; combineremo insieme le cose
da tenersi nel segreto, quelle riservate a pochi e quelle che dovranno essere
pubbliche. Santità, mio Beatissimo Padre, guardi che se non faremo insieme
questo l’Anno Santo sarà stato un fallimento. Tutto dovrà essere chiaro,
limpido come il volto di Gesù e della sua Mamma. La Chiesa non può perdere
questa grossa partita, ne ha perse anche troppe per colpa nostra. Non credere
alla sola via di Gesù, questa volta, sarebbe un tale reato da rimanere fulminati
dal dolore, sarebbe un mollare dall’alto della Santa Sede di Pietro una bomba
micidiale sulla storia della Chiesa. Ha mai pensato la Santità Vostra che sulla
sua sovrana persona pesano, come inevitabile conseguenza, tutti i peccati
pubblici, le debolezze di troppi tra i suoi predecessori? Se deve pagare la
Vostra Santità, paghi; se dobbiamo pagare con Vostra Santità noi discepoli,
paghiamo; ma la Chiesa deve saper rispondere prontamente a quell’appello dei
figli e fratelli lontani nella forma e vicinissimi nella sostanza.
Quanta sofferenza in così poco spazio, vado sempre esclamando in
me stesso per causa di questo forzato allontanamento dal Papa. Satana sta bene
in guardia per evitare che io parli a lungo con Vostra Santità perché, ne sono
certissimo, sarebbe la sua completa disfatta in questa colossale macchina che
ha costruito contro la Chiesa medesima. Io conosco i sentieri del labirinto e so
che si deve entrare là dove oggi il mondo cattolico ipnotizzato da Satana ha
diligentemente piantato un cartello: Vietato l’ingresso ai non addetti. Quando
vedo che sperperiamo il tempo in questa maniera, sento un lamento misterioso,
non mio nell’anima mia: coepit taedere et mestus esse; e Pietro dormiva.
Santità, tiri fuori la sua onnipotenza, si svegli e mi riceva, e faccia presto, il
giorno se ne va e nella buia notte passerà Barabba nel plauso di troppi
sacerdoti. Non tema di nulla, Beatissimo Padre, vedremo ad occhio nudo
Satana precipitare sicut fulgur in due ore di colloquio e di bisturi.
Non dimentichi, Beatissimo Padre, che tengo i segni chiarissimi di
Dio in mano. Questa volta insisto, resisto, mi batto, ma a tutti i prezzi devo
parlare al Papa e con il Papa decidere.
PARTE SECONDA
marzo 1951
Beatissimo Padre,
Allego un libro che vorremmo pubblicare e diffondere in tutta Italia. Prima che
scoppi il flagello sarebbe opera santa buttarci su quella strada che, per noi
Piccoli Apostoli, è quella di Dio. Ma se il S. Padre si oppone noi non lo
pubblicheremmo. A noi basta che il S. Padre rimanga arbitro della lotta, non ci
lasci colpire; ma ci lasci agire fino in fondo. Ho visto che le anime più
generose tra i cattolici si buttano eroicamente e parlano nel popolo, si buttano
nelle piazze tra la gente e creano discussioni che durano animatissime ore ed
ore fino a tarda notte. Gli attivisti comunisti rimangono sbalorditi e corrono
come pazzi tra le cellule per convincere la gente loro a non aderire. I cattolici
hanno solo bisogno di essere tranquilli in coscienza perché temono una qualche
sentenza del Vaticano contro il movimento, cosa che li getterebbe allo scherno
ed all’attacco violento dei comunisti i quali vanno diffondendo tra la gente che
non c’è da fidarsi perché la Santa Sede finirà per scomunicarci, così le masse si
troveranno allo sbaraglio del capitalismo. Io dico in pubblico che la Chiesa su
quel piano non ha nulla da dire perché è la sostanza della dottrina sociale della
Chiesa stessa, la quale benedirebbe anche una radicale riforma dei cattolici ad
una vita integrale cristiana.
I capi comunisti si mostrano settari fino a dire cose che prima non
dicevano. Come ad esempio: Non si può accettare quel movimento perché non
si può concedere alla Chiesa la libertà. - Dio non esiste, bisogna liberare la
coscienza dallo spauracchio di Dio. Mentre prima nella propaganda dicevano
che avrebbero rispettato la Chiesa. I cattolici hanno difeso il movimento anche
attraverso la stampa, in risposta all’Avanti!. Noi, come Città di Nomadelfia
pubblichiamo quel libro per mettere in chiaro la posizione del Cristianesimo di
fronte alla lotta sociale. Dopo la pubblicazione, basterà tenere conferenze in
tutte le città d’Italia per creare un movimento di anime generose e decise, come
già si sono trovate nella provincia di Modena. Strappare la Chiesa dalle grinfie
della fatale politica attuale che ci travolge in una responsabilità che le anime di
Dio non possono accettare è opera divina. Combattere apertamente il
marxismo come inaccettabile soluzione politica e sociale è cosa facilissima, gli
stessi marxisti non riescono a difendersi nelle piazze e nei contraddittori
pubblici. Le masse non sono marxiste, infatti quando in un paese si fanno le
elezioni pubbliche del movimento i comunisti proibiscono ai tesserati di
votare, ma questi spesso mandano la moglie o qualche figlio per famiglia. I
cattolici hanno paura del Vaticano. É necessario attaccare di petto i comunisti
per rompere le loro file; ma tutto questo comporta la sicurezza ai cattolici che
il Vaticano non è né sarà contro di loro. Questo è un gioco di Dio.
Nomadelfia può combattere, è un popolo. Può buttare sulle piazze
nella lotta 600 tra uomini, donne e giovani, tutti agguerriti per tenere testa nelle
discussioni. Molti cattolici di Carpi, Mirandola, Modena e della montagna
modenese sono così intimi di Nomadelfia che ne condividono l’entusiasmo e il
sacrificio. I promotori del movimento sono ascesi ad oltre mille nella
provincia. Siamo un popolo che nasce e che cresce crocifisso. Per la giustizia
sociale siamo pronti a dare la vita, per la difesa di questo ingiurioso sistema
sociale non vogliamo dare nemmeno un’unghia. Che venga poi la guerra, che
vinca o perda la Russia a noi più nulla importa perché quando avremo
impostato sulla verità e sulla santità la vita nostra di cattolici e di cittadini
saremo lievito di santità anche nei campi di concentramento. Per parte mia,
questo movimento che riesca a risalire le vene e le arterie della Chiesa e che
riesca nel contempo a orientare cristiani e non cristiani ad abbracciarsi sulle
leggi di Dio scritte in rerum natura può fermare la guerra. Si tratta di un
miracolo al quale Nomadelfia crede. Beatissimo Padre, è una lotta che va fatta
a carte scoperte per confondere l’avversario che lavora nel segreto. Se la
Santità Vostra non mi farà sapere nulla, il libro uscirà entro il mese di aprile,
seguito da conferenze e da convegni di popolo, e uscirà senza la revisione
ecclesiastica perché nessuno tra gli ecclesiastici si prenderà la briga di
assumere le nostre responsabilità, non sarebbe neanche in grado di prendere
posizione a meno che non discenda con noi e come noi in campo di battaglia.
Ci commentino, ci riprovino, ci approvino attraverso la stampa, i contraddittori
e soprattutto ci dimostrino i nostri errori se ne diremo. Qualche vescovo ci
proibirà di parlare e di agire nella sua diocesi, ma noi risponderemo che si
tratta di una lotta che non è di sua competenza. Se Vostra Santità vorrà evitare
quegli scontri ha mille e mille modi per farlo.
La Chiesa è aggredita dai liberali, dai marxisti, dai ricchi. Beati
pauperes noi siamo poveri e siamo i più idonei ed i più autorevoli a risanare e
difendere la Chiesa. Se il Papa non sarà con noi riceveremo con questo una
mazzata sulla testa e ci chineremo per attendere ore più propizie, ma la lotta
deve essere fatta a tutti i prezzi ed a tutti i costi, stretti al Papa, ché perso il
Papa tutto è perduto. Se entro il mese di marzo non avrò nessuna notizia da
parte di Vostra Santità procederemo alla stampa ed alla pubblicità del libro.
Cioè ci metteremo al lavoro per stamparlo e faremo della propaganda
annunciandolo in tutte le città d’Italia.
Beatissimo Padre, prima di soffocare la Città di Nomadelfia ci pensi
e ci preghi sopra. Per parte mia è la sola forza limpida che è nella Chiesa per
dire al comunismo ed al liberalismo che cosa è veramente il cattolicesimo. Per
parte mia essa è la sola forza eloquente nella Chiesa che può riportare i
cattolici alla eroica fraternità in Cristo quindi alla fede operante. Tutto il resto
deve essere rivoluzionato. Dando mano libera a Nomadelfia, il papa la dà a
Cristo che oramai è stanco di essere accusato da egoista e da borghese.
1 - Non si impongano alla Città di Nomadelfia delle direttive che siano una
limitazione della libertà che hanno i cattolici ed i cittadini di tutto il mondo.
2 - Uno scoglio che a mio avviso solo il S. Padre nella sua suprema autorità al
di sopra delle leggi può superare è il seguente: la condizione giuridica e di fatto
dei sacerdoti già accettati come cittadini di Nomadelfia. Qualsiasi limitazione
fatta a noi sacerdoti, che venga ad intaccare l’Unum nell’azione di diritto
comune della città in campo ecclesiastico e civile, limitazione tale da non poter
condividere fino in fondo con pari responsabilità di vita le lotte della città e dei
singoli cittadini metterebbe i sacerdoti stessi nell’impossibilità di vivere come
cittadini, quindi sarebbero esclusi dalla qualifica di cittadini. Il che metterebbe
la città nell’urgenza di nominare provvisoriamente un Patriarca laico e
considerare i sacerdoti come forestieri, tolta ai medesimi la missione paterna e
fraterna concessa a tutti i maggiorenni cittadini: art. 3, par.1; art. 4. Tutte le
leggi che limitano le possibilità ad essere noi sacerdoti dei loro cioè alla pari di
fraternità e paternità credo che appartengano al diritto positivo e non al diritto
naturale e divino. Gli Eccell.mi vescovi di Carpi e di Modena quando si trattò
nel 1943 questo problema hanno concesso di vincolarci ad experimentum. Su
questo punto, noi sacerdoti staremo evidentemente alla canonica ubbidienza
che abbiamo promesso in occasione della santa ordinazione, mentre il
Consesso dei capi famiglia di Nomadelfia è liberissimo di escluderci dalla
città.
Quanto poi al Movimento della Fraternità Umana alla Santa Sede non rimane
altro da fare che, se crede, proibirlo pubblicamente a tutti i cattolici, perché,
sempre per la ragione suesposta, Nomadelfia come tale è nel diritto comune
delle genti cattoliche. Mi ricordi nelle sue preghiere e non dimentichi che da
fanciullo spingeva il carrettino del pane.
Beatissimo Padre, io oggi, non sono più il leone di ieri, sono l’agnello
disarmato e pugnalato dal card. di Torino [ha proibito le conferenze già
programmate]. Se il Papa non potrà donare il clero a Nomadelfia, tutto suo,
padre con i padri, fratello con i fratelli per la vita e per la morte, Nomadelfia
dovrà togliere la qualifica di cittadini ai sacerdoti quindi espellerli. Per diritto
divino questo sarebbe un misfatto, per diritto positivo è la cosa più logica di
questo mondo, come è la cosa più logica che noi siamo alla fame e molti
fratelli se la passano benone. Io personalmente avrò da piangere un contrasto
d’anima, il sacerdozio mi lega fatalmente di fatto come ad una casta, non posso
essere un paria. Semetipsum exinanivit formam servi accipiens me lo vieta la
legge positiva al di sopra della quale sta solo il Papa. Sono i paradossi della
storia: animati dalle più giuste e sante intenzioni i nostri padri hanno abrogato
con la legge positiva il mandato: sine pera a noi sacerdoti che non possiamo
essere ordinati senza garantirci un titolo economico. Essere sacerdoti di
Nomadelfia significa essere cittadini liberi di Nomadelfia, davanti alla quale
ogni barriera di circoscrizione giurisdizionale e ogni confine cadono perché un
popolo universale come Nomadelfia non ammette restrizioni di amore operante
per i fratelli di tutto il mondo. Per ottenere questa libertà e conservarla dovrà
lottare a sangue usque ad consummationem saeculi. Se nel medio evo il clero
ed i religiosi non fossero stati una classe, ma popolo, la rivoluzione francese
avrebbe generato la vera civiltà cristiana. Se Nomadelfia accettasse il
compromesso tra clero e popolo, sarebbe con ciò stesso finita. L’art. ottavo
della costituzione ben delinea la figura dei sacerdoti che Nomadelfia può
accettare a scorrere nelle sue vene.
Beatissimo Padre,
Io per il papa sono Paolo di Tarso, taglio netto, a colpo sicuro. Il miracolo è
stato compiuto, l’uomo nuovo, bambino, è tra le mammelle di una vergine, è al
sicuro. Per tagliare la testa al serpe che tenta di avvicinarsi per affogare e
mamma e figlio, ci penso io con i miei fratelli. E quando il Papa ed io ci
troveremo, lieti, abbracciati come due fratelli davanti a Gesù, Egli ci dirà in un
infinito mare di riconoscenza: ero rimasto senza mamma, e voi due mi avete
donata e difesa la mamma. Quanta festa in cielo e quanto sorriso di innocenti
in terra, usque ad consummationem saeculi!...
Io sono Paolo al Papa, e quando gli uomini avranno fatta saltare la mia testa,
Nomadelfia resterà Paolo al Papa... gli eventi si succederanno nei secoli; ma il
Papa avrà sempre Paolo a fianco, in guardia e pronto, a colpo sicuro, a tagliare
la testa al serpe. Una vergine avrà sempre tra le mammelle il bimbo che il Papa
non avrà voluto gettare dal balcone di S. Pietro coram populo. E le masse
finiranno per piegare le ginocchia sussurrando: Tu es Christus, vere Christus,
vere filius Dei. Et nos vidimus et credidimus quia tu es Christus, vere Christus,
vere filius Dei. Se tutto questo fosse un sogno, ne sentirei sollievo. É una realtà
che mi piega all’azione e che mi fa ripetere con Gesù: passi da me questo
calice... non mea, sed tua voluntas fiat. Vedo bene l’innocente e il serpe.
Amen. Beatissimo Padre, coraggio, doni a Nomadelfia il suo clero, non
affoghiamo l’amore.
luglio 1951
“Giacché nella S. Madre Chiesa non esiste la necessità di essere in
maggioranza per decidere sulla verità, anche se siamo una piccola comunità tra
i cattolici, ci siamo adunati in congresso generale per chiedere che la S. Madre
Chiesa intervenga attraverso cotesto Supremo Tribunale a giudicare, e se del
caso condannare, quei cattolici che si sono resi colpevoli dei seguenti reati
contro la fede perché facciano la dovuta penitenza riparando al male fatto e
cambiando tenor di vita.
Premesse - Se il subire, perdonando, una ingiustizia dovuta ad un peccato in
opere od in omissioni commesso dal fratello di fede valesse a giustificare il
colpevole, saremmo ben lieti di farci vittime rinunciando ai nostri diritti alla
vita. La fede ci insegna che verranno gli scandali ma guai a coloro per colpa
dei quali avvengono, vedi tra l’altro come conclusione e sentenza definitiva il
giudizio universale. Al catechismo per i fanciulli si insegna che la Chiesa è la
società dei veri cristiani. Questa verità ci è confermata dalla sacra teologia
dogmatica e morale. Senza dubbio lo scandalo si può definire un peccato
mortale pubblico. La fede ci insegna che dobbiamo giudicare gli uomini dalle
loro opere. I veri cristiani quindi si devono giudicare dalle loro opere esterne,
tangibili. Se poi nelle loro opere si mostrano incoerenti alla fede che
professano dovranno essere giudicati in Ecclesia o come peccatori se non sono
in buona fede, o come ignoranti se sono in buona fede. Ma l’ignoranza nella
fede non è lecita, quindi devono riparare al male fatto anche per ignoranza e
devono studiare meglio i principi fondamentali della fede per far parte della
Chiesa. Tutta la legislazione della Chiesa, comunque sia espressa, non può
essere interpretata che la codificazione dei principi fondamentali della fede,
mai in abrogazione ai medesimi, se no si potrebbe condannare come eretica
ogni interpretazione ed applicazione che venisse a negare di fatto la fede, nel
qual caso si potrebbe dire: summum ius, summa iniuria per cui si sarebbe in
peccato se ci si attenesse come condotta di vita. Nessuna direttiva della Chiesa
potrà essere interpretata ed applicata dai cristiani cattolici in abrogazione al
precetto fondamentale del mandatum novum non essendo questo un semplice
consiglio evangelico ma una legge ineluttabile, anzi la legge universale,
fondamentale, impegnativa sub gravi della Chiesa. Qui non diligit manet in
morte. La legge del mandatum novum porta necessariamente alla conclusione
che è espressa nella preghiera del divino fondatore all’ultima cena: che siano
perfetti nell’unità. Perfezione che può ottenersi solo dalla osservanza del
mandatum novum: amatevi l’un l’altro come io ho amato voi. Il congresso
della Città di Nomadelfia anzitutto pone come accusa contro molti cattolici
colpevoli dei seguenti errori:
1) “il precetto dell’amore espresso nel mandatum novum è un semplice
consiglio evangelico ma non vincola in coscienza tutti i cattolici ai quali basta
osservare le leggi naturali della giustizia distributiva”. E questo perché si tolga
di mezzo un equivoco che fa della Chiesa un miscuglio eterogeneo tra gente
che osserva il precetto dell’amore e gente che si comporta da pagana pure
professando la fede pubblicamente.
2) “In coscienza basta osservare le leggi dello stato nei rapporti economici,
perché delle ingiustizie sociali è responsabile la società, ma non i singoli
cittadini”. Questo errore contro la fede potrà valere sì e no per i pagani, per
causa della loro ignoranza delle leggi di Dio, ma per i cattolici non vale
nemmeno secondo la legge naturale perché negherebbe la dovuta solidarietà
umana, che essi devono conoscere e riconoscere come legge data da Dio in
rerun natura.
3) “L’investito di benefici ecclesiastici può tranquillamente in coscienza vivere
da benestante ex honesto sustentamento anche se le anime che ha in cura sono
alla fame”. É un diritto che l’investito del beneficio perde dal fatto stesso della
presenza di fratelli alla fame, per cui essendo essi in extrema necessitate tra
l’altro avrebbero diritto di applicare di loro iniziativa, senza che si esiga
l’intervento di terza persona od ente l’omnia fiunt communia. É una
affermazione che nega di per se stessa il precetto dell’amore per il quale
l’investito di beneficio non può dare il così detto superfluo, cioè mettere prima
al sicuro la sua persona, ma deve condividere la sorte dei fratelli.
4) “I poveri ci saranno sempre come fatalità sociale, per causa del peccato
originale, quindi io non sono tenuto ad essere povero se ho la fortuna o l’abilità
di saltarne fuori ed assicurarmi il pane”. Questa affermazione nega il libero
arbitrio rendendo irresponsabile la società ed i singoli delle ingiustizie sociali,
in quanto nega all’uomo la libertà di azione secondo ragione, e rende la fede
stessa come un capriccioso dono di Dio, fatale anche questo, che l’ha chi l’ha,
come se Dio fosse il gioco della fortuna, invece Deus vult omnes salvos fieri.
Bisogna dire che l’uomo deve vivere secondo ragione e che può imporsi una
norma di vita contro i suoi bassi istinti, e che la fede è un dono a disposizione
di tutti coloro che l’accettano liberamente. Quindi la presenza dei poveri come
vittime involontarie delle ingiustizie sociali è un reato sociale contro lo Spirito
Santo, essendo una oppressione che grida vendetta al cospetto di Dio. É un
peccato individuale per tutti i cattolici che non si fanno di fatto poveri con i
poveri, oppressi con gli oppressi per amore soprannaturale di solidarietà
perfecti in unitate. Se non sono in tal caso oppressi sono oppressori per peccato
di omissione perché rifiutano l’amore l’uno per l’altro come Cristo ci ha
amati. La distinzione che fanno i moralisti tra ex iustitia ed ex caritate non vale
in questo caso perché nella fede non v’è giustizia senza amore, in quanto chi
non ama al giudizio universale sarà messo tra gli ingiusti anche se ha osservato
la sola giustizia. Ex iustitia nell’amore sempre soprannaturale un cattolico può
sposare un donna e può, ex caritate, cioè per un atto volontario e libero di
amore soprannaturale di olocausto votarsi al celibato. Questo appartiene ai
consigli evangelici per un cattolico la sola ex iustitia che non sia nell’amore è
peccato. Nei rapporti tra gli uomini, almeno secondo la fede, la mia giustizia è
misurata non dalla sola mia esigenza, ma dalla esigenza di tutti i fratelli.
Quindi il congresso di Nomadelfia chiede che sia definito: chi nelle sue opere
si appella alla ex iustitia abrogando di fatto con ciò la legge del mandatum
novum pecca ed è eretico.
DENUNCE CONTRO LE PERSONE
Qualsiasi possa essere la forma sociale con la quale i popoli si governano
rimane fermo per tutti un principio naturale:
a) sulla ricchezza privata o pubblica gravita in primo luogo la funzione sociale
b) sulle persone gravita il diritto alla liberà delle idee e alla libertà di
associazione privata anche comunitaria, quando non lede alla libertà di tutti.
Denunciano il Governo Italiano e le due camere al potere per i seguenti reati
pubblici:
permettono l’abuso sulla funzione sociale della ricchezza privata e pubblica,
anzi ne sanciscono la consistenza attraverso leggi coercitive contro gli
oppressi. Infatti:
a) i componenti il governo e le due Camere si sono assegnati lauti stipendi non
curandosi dei cittadini disoccupati ed invalidi per età e malattia ai quali quando
lo fanno, assegnano offensive elemosine e non il corrispettivo diritto alla vita.
b) Permettono ad una parte dei cittadini di possedere ed usare liberamente
appartamenti e ville oltre il necessario familiare in misura delle esigenze di
tutti i cittadini e puniscono con la forza chiunque essendo senza casa tentasse
di occupare appartamenti o case, o ville vuote o capricciosamente usate come
comodità di lusso. Permettono il dispendio di case di lusso e non costruiscono
le abitazioni necessarie ai cittadini indigenti.
c) Permettono differenziazioni di stipendi proporzionate alle vere esigenze di
tutti.
d) Non si curano dei problemi derivanti dalle miserie mentre permettono ad
una parte dei cittadini di speculare sul lavoro altrui attraverso titoli su aziende
le quali per legge naturale devono prima rispondere alle esigenze ed alla
funzione sociale che ai privati. Questa speculazione è evidentemente un atto
immorale che ferisce la personalità umana in quanto aggioga attraverso la
materia l’uomo all’uomo.
e) Dopo la guerra hanno ottenuto dal suffragio universale del popolo il potere
avendo promesso la giustizia sociale, ma invece sono rei di avere tenuto alla
fame, alla miseria ed all’abbandono lavoratori con i loro figli, vedove e figli in
tribolazione, mentre non hanno colpito gli sfacciati abusi sulle ricchezze da
parte dei ricchi dei proprietari e degli alti impiegati di aziende e dello stato.
Il Congresso di Nomadelfia prima di introdurre alla suprema Congregazione
documenti particolari con elenco delle persone responsabili direttamente e
indirettamente per collaborazione a tali misfatti pubblici, chiede alla Suprema
Congregazione del S. Ufficio:
1) la condanna come peccatori pubblici e come eretici a tutti i cattolici al
potere, qualsiasi partito rappresentino, perché oltre ad avere lesa la giustizia
distributiva secondo le semplici leggi naturali date da Dio, hanno disonorato,
offesa, tradita la Chiesa cattolica in quanto come cattolici non sono stati
solidali nel mandatum novun che oltre a presupporre la giustizia, pretende
l’olocausto piuttosto che opprimere un solo fratello sia esso cattolico o no.
2) La condanna come peccatori pubblici e come eretici a tutti quei cattolici ed
ecclesiastici che abusano della ricchezza privata ed ancor più se costituita da
benefici ecclesiastici non curandosi della giustizia sociale che per essi deve
essere una virtù personale, violando in modo così apertamente scandaloso la
legge del mandatum novum seminando vittime innocenti nella degenerazione
anche morale che inesorabilmente deriva da questo peccato pubblico che di
fatto nega la fede in Cristo salvatore.
3) La condanna alla seguente formula: in politica si deve necessariamente
andare al compromesso. Si deve sostituire con la seguente: “I cattolici hanno
diritto e dovere di esplicarsi anche in politica attiva, ma non possono
addivenire al compromesso quando questo implica rinuncia ai diritti derivanti
dalle leggi naturali sociali ed alla fede, nel qual caso devono mettersi
all’opposizione, né mai accettare cariche direttive che li costringano ad
applicare leggi ingiuste per tutti e avverse alla fede. La politica non li esime
dalla direttiva data da S. Paolo: imitatores mei estote sicut et ego Christi.
Direttiva che S. Paolo non dava ad una sola categoria di cristiani, ma alla
comunità intera, direttiva che fa parte integrale della rivelazione e che non è
altro che un riflesso del mandatum novum”.
Avranno il loro sacerdozio?
Al Nunzio Mons. Bongoncini Duca
La legge ecclesiastica induce i sacerdoti di Nomadelfia a violare la legge
naturale della paternità sugli abbandonati e la fraternità con i laici.
31 agosto 1951
Eccellenza Reverendissima,
Oggi sono partiti per i loro conventi gli otto frati serviti. Hanno lasciato dei
vuoti che non so come potremo colmare perché già assistevano, tra l’altro, a
Grosseto, circa 200 giovani e giovinetti nel lavoro e nella vita quotidiana con
spirito di santa bontà sacerdotale. A Grosseto questo fatto ha lasciato nella
desolazione molti Piccoli Apostoli, perché da soli non sanno ancora come se la
caveranno. Quod non fecerunt barbari, su quei figli tanto martoriati, fecerunt
Barberini, si direbbe. Ma le vie del Signore sono misteriose. Non sono i soli a
subire simili traumi nella storia della minorità infelice. Quel divin Salvatore
che ha suscitato e condotto tra mille e mille insidie la Città di Nomadelfia,
saprà condurla ancora nonostante le nostre umane miserie. Quando dico a
molti amici e personalità che io sono un semplice sacerdote che ha lavorato
con questa massa di vittime, mi guardano con un senso di incredulità e pare
che dicano che molto dipende da me, invece da me non dipende niente.
Nomadelfia è una realtà davanti alla quale mi guarderei bene dal commettere
l’errore di far pesare la mia persona. Ho cercato di difendere queste creature
nelle loro vere esigenze per portarle a Dio, essendo, le loro esigenze vere,
quelle di Dio in esse. Per questo è stato lecito ad esse constatare, nell’ultimo
congresso straordinario, che noi sacerdoti attualmente non possiamo essere
cittadini di Nomadelfia. Che abbiano ragione si può anche constatare dal fatto
che i frati sono stati costretti ad abbandonarli, cosa che non potrebbe avvenire
tra di loro perché sono legati da un atto di libera volontà che nessuno al mondo
può negare essendo un diritto anche naturale, e non essendo essi legati a
nessuna forma giuridica che oltrepassi il diritto degli uomini sia pure cattolici.
Mi prostro ecc.
Per Scelba “Nomadelfia è una truffa. Don Zeno è un eretico. La Santa Sede ha
dato al Governo mano libera per sciogliere Nomadelfia”.
9 ottobre 1951
Eccellenza Reverendissima,
A Nomadelfia regna una grande calma e si prega così: Non mea, sed
tua voluntas fiat. I giovani hanno tenuto un corso di S. Esercizi e si sono tuffati
nelle mani di Gesù che essi vogliono seguire. Se del caso, il congresso
risponderà al Ministro degli Interni. Qualsiasi cosa succeda, a me, come
sacerdote, chiederanno in congresso una cosa sola: se è vero che la Santa Sede
abbia dato mano libera. Attualmente dovrei rispondere che non ne so niente, a
meno che V. E. non mi dia notizie in merito. Quanto all’affermazione che io
sono un Eretico mi basterà dire che il Ministro degli Interni non ha la missione
di trattare questi argomenti. Sono di quelle cose che ci turbano poco, perché
praticamente rispondono alla nostra storia. Chi mai ci ha aiutati equamente?
Nessuno. Chi mai ci ha difesi in pieno? Nessuno. Caso mai tutto ciò potrà
benissimo servirci a sconto dei nostri peccati ed a redenzione delle nostre
anime. Quanto poi ai fanciulli che ci vanno di mezzo, nulla di straordinario:
paga sempre l’innocenza, è la più valida moneta che circoli sulla terra e che sia
tenuta in pregio nel regno dei cieli.
Mi prostro ecc.
PARTE TERZA
La DC, preoccupata per l’avanzata dei comunisti, decide di far fallire l’utopia
di Nomadelfia. Il S. Ufficio ordina ai sacerdoti di ritirarsi dalla comunità e
impone i salesiani per normalizzare l’opera. Inizia la repressione: il vescovo
revoca il decreto di approvazione ecclesiastica (16.5); il card. Schuster
condanna il movimento eretico-sociale di Nomadelfia (22.5); il S. Ufficio
mpone a don Zeno di interessarsi della comunità, la quale dichiara
l’autoscioglimento per tutelare i creditori (11.6).
Il 29.10 la Città di Nomadelfia viene sciolta ufficialmente d’autorità, i beni
sottoposti a liquidazione coatta. La polizia deporta i minorenni; con il foglio di
via i maggiorenni sono rispediti al loro paese d’origine. I poliziotti strappano
più di 300 bambini dalle braccia delle madri per sistemarli nei collegi. Zeno è
solito dire: O è crudele Dio a fare gli abbandonati o crudeli siamo noi.
Crudele, in questo caso, sarebbe la Chiesa? Avevamo 500 accolti, sui quali lo
stato poteva intervenire. Minacciava toglierceli se non accettavamo i salesiani.
I nomadelfi: ‘Perché i salesiani? Vorremo mica fare un collegio! Solo Roma
non sa che Nomadelfia è nata in alternativa all’assistenza dei religiosi. Zeno ha
lottato una vita contro orfanotrofio e la Chiesa rende orfani una seconda volta i
suoi “figli”. Per lui è riportarli nel cimitero dei senza-famiglia, sotterrarli di
nuovo... I bambini la sanno più lunga dei prelati. In ufficio, li sentirà gridare,
mentre vengono strappati alle mamme: “Dio è crudele con noi: prima ci fa
morire la mamma, poi ce la ridà e adesso ce la fa morire di nuovo”. “Giorni
terribili. Il trauma più brutto e più grosso: lo abbiamo chiamato la strage degli
innocenti” (DZR 265). Il 29.10 la Città di Nomadelfia viene sciolta
ufficialmente d’autorità, i beni sottoposti a liquidazione coatta. I superstiti,
riparati a Grosseto, si costituiscono in Società dei nomadelfi con una nuova
Costituzione, per cominciare da capo: l’amore non si scioglie.
“Alcuni ragazzi cominciano a fare dei guai” (DZR 271). La coscienza di Zeno
in stato d’emergenza. “Neppure la Suprema Autorità della Chiesa può
consigliare persone legate tra loro da rapporti ex iustitia, ad abbandonare alla
deriva i figli. Non ha nessun mandato di violare i diritti naturali e
soprannaturali, per soddisfare i suoi piani, anche se fossero i più santi. Io
perdono, ma non posso fare quello che neppure Dio può fare: essere ingiusto”
(20.9.1953).
Non siamo dei dispersi?
“Il mio dolore è vedere che i poveri e le masse si allontanano dalla Chiesa”.
22 gennaio 1952
Eccellenza Reverendissima,
Il Senatore Medici sta organizzando una Commissione tecnico-finanziaria con
la Contessa A. Pirelli, come da richiesta fatta dallo stesso Ministro degli
Interni, fin dall’agosto scorso. Mi è stata chiesta una relazione ed un piano di
lavoro di cui allego copia a V. E. Rev.ma. Da fonte ufficiosa mi è stato
comunicato che la commissione, prima di adunarsi attende istruzioni o notizie
dal Ministro On. Scelba. Io personalmente non ho dato nessuna notizia
ufficiale delle mie decisioni prese e ultimamente comunicate a V. E. Rev.ma e
nemmeno quelle analoghe dei babbi e mamme di Nomadelfia. Non si è
cambiato ufficialmente né nome e nemmeno direttiva, mentre internamente si
sta lavorando per renderci autosufficienti attraverso sacrifici che spesso ci
costano un caro prezzo. Una ingerenza dello stato che ci leghi fino al pericolo
di essere domani schiavi di un qualsiasi eventuale governo anticattolico non
l’accetteremo, ci costasse le più paurose avventure. Se per noi non esiste una
giustizia umana, esiste invece una giustizia divina per tutti. Se per riconoscere
il diritto alla vita, e quindi, alla libertà, si volesse impegnare la libertà come
prezzo di pane, ci rifiuteremo a tutti i prezzi. Se siamo denutriti ci accusano di
trascuratezza, se ci nutriamo ci accusano di abbondanza. Se ci ammaliamo ci
accusano di temerarietà, siamo sani dicono che non abbiamo bisogno di niente.
Se i giovani lavorano molto dicono che sfruttiamo la gioventù, se non lavorano
molto dicono che tiriamo su dei poltroni e degli sfaccendati. Se consumiamo
combustibile per scaldarci dicono che sperperiamo, se stiamo al freddo dicono
che siamo dei miserabili, quindi colpibili. Se facciamo debiti dicono che siamo
dei truffatori, se non li facciamo dicono che siamo degli ignavi e dei senza
fede. Se protestiamo per ottenere i mezzi del lavoro dicono che siamo dei
pretenziosi perché ci sono oltre due milioni di disoccupati. Tutte cose che
sappiamo a memoria e che non possono essere causa di disorientamento. É
sempre stato così il mondo e sarà sempre così. Le realtà che stanno a fondo di
questo nostro atto di fraterno amore cristiano non possono essere che la
volontà del Signore. Quanto facciamo noi per attuare questa volontà tra mille e
mille difetti che il Signore non sempre sarà disposto ad accettare come tonalità
di vita. Riusciremo a conquistare la coerenza tra la nostra vita e la volontà del
Signore che ci chiede il perfecti in unitate? Qui balza fuori il grave problema
del Discorso della Montagna. Bisognerebbe andare lì per essere in quella
fraternità, ed è una strada molto piena di croci che per quanto siano soavi si è
facili a rifiutare a priori.
Ieri notte mi sono sentito un attacco al cuore. Credevo di morire. Mi
è capitato un’altra volta alcuni anni or sono. Si vede che si muore quando Dio
vuole e quando si è degni. Il mio dolore è vedere che i poveri e le masse si
allontanano dalla Chiesa anche per cause che si potrebbero evitare,
rimuovendo le quali si assisterebbe ad una vera controrivoluzione al
materialismo dilagante dall’oriente e infestato sotto mille bandiere in
occidente. Mammona è strapotente ed è sottile nelle sue radici che sanno
perforare anche la roccia. Tra le fila dei cattolici si è abbarbicato in modo
pauroso. In questo selvaggio bosco, tormentato, mentre sto scrivendo, da una
violenta tramontana volano foglie strappate alla pianta e cadono piante
disseccate o morenti. Le altre resistono per essere poi tagliate dai figli all’ora
giusta. Tutta notte il frastuono, la violenza, l’aggressione. É freddo, sul lavoro
si soffre. Viene da domandarsi: Ma che cosa ci possiamo attendere dagli
uomini? Nulla. Passa la figura di questa tormenta: queste sofferenti membra si
perderanno tra quelle foglie per riapparire alla risurrezione della carne, e
l’anima, sitibonda di giustizia, tornerà intanto in Patria. Quanti di questi
giovani hanno cercato la vita altrove invece sono finiti violentemente qui, dove
ogni tormenta diventa per essi stimolo a non cedere al mondo, dove ogni
giornata di sole e di spettacolare luce per essi non è altro che l’inverso della
medaglia. La loro letizia finirà per essere la visione delle dure realtà che stanno
come basi della esistenza sulla terra vanitas vanitatum et omnia vanitas. Donde
sempre più cercheranno di comprendere il divino crocifisso, al quale saranno
trasportati proprio sospinti dalle realtà che ad ogni momento si presentano ad
essi inesorabili. Per il momento si aggrappano molto a me perché sono stato
loro padre, fratello ed amico, ma le realtà suddette oramai affiorano tanto che
capiscono la tormenta inesorabile a strappargli e padre, e fratello ed amico
perché uno solo è loro Padre, Fratello, Amico: Dio.
Sono ancora teneri ed inesperti in molte cose, alle quali cerco di
educarli con prestezza. C’è chi dice: sarete dispersi. Forse che di fatto non
siamo dei dispersi? Qui siamo veramente degli eremiti, qui il bosco ci parla un
linguaggio stranissimo, qui le bestie del bosco ci insegnano a stare in guardia
dai cacciatori che arrivano in macchina dalle città vicine e che penetrano
attraverso le mulattiere, si nascondono e sparano senza pietà... e più
ammazzano più si fanno belli... Quante abitazioni di queste bestie ogni sera
invano attenderanno il ritorno dell’ospite... Preghi, Ecc. Rev.ma e faccia
pregare per noi, e se potesse mandarci qualche offerta lo faccia, credo che le
porgeranno la ricevuta regolare alle porte del paradiso.
Res nullius
A Mons. Ottaviani, S. Ufficio
(1) Secondo il diritto romano una cosa smarrita appartiene al primo che la
trova. (2) per il riarmo in Italia cf Perrone 179, 292.
Un parto misterioso
Al Nunzio Borgoncini Duca
“Sempre meglio essere nelle condizioni di Colui che non aveva dove posare il
capo”.
Eccellenza Reverendissima,
Ieri sera ho avuto notizie che tra S. E. Scelba, Vanoni ed il Sen. Medici sono
avvenuti dei colloqui e che si è avviati ad una distensione d’animi con
propositi validi di metterci tutti al lavoro per definire qualcosa di concreto. Chi
mi riferisce questo era molto ottimista, nonostante sia a giorno di qualche
nuvolone minaccioso, che poi non conosce se non per sentito dire.
Nei boschi di Grosseto siamo attendati in circa 120 lavoratori a forma di
cantiere, più cinque famiglie nelle due case coloniche di Rosellana e
Caprarecce e una famiglia femminile nella casa di Ghiaccialone cui sono
aggregate una ventina di ragazze che lavorano di cucito, ortaggi, lavanderia,
ecc. C’è da intravedere che, secondo i lavori in corso, entro la prima metà di
marzo saremo in grado di produrre da mille a duemila quintali di calce alla
settimana, più da trecento a seicento metri cubi di pietrisco per strade,
pavimentazioni ecc. da vendere al comune commercio.
Non appena avremo preparato nuove tende e casette in legno
potranno venire sù da Fossoli altri 140 giovani lavoratori dai 15 anni in sù. Se
il Governo accetterà il nostro piano di lavori, in rapido volgere di tempo
saremo autosufficienti, a Dio piacendo. Di fatto io sono rimasto un eremita e
gli attendati in questi boschi vivono una vita da eremiti sui generis. Infatti non
vanno mai ai divertimenti della vicina città, si passano le loro ore di
ricreazione al tiro di fionde, di archi, di schioppo alla selvaggina, giocano al
foot-ball, vedono qualche documentario come aiuto alla scuola, pregano,
studiano, suonano, cantano, lottano contro non indifferenti privazioni: una vita
molto sana e primitiva. Giorni or sono hanno fatto un pellegrinaggio alla
basilica di S. Pietro a Roma con il loro pullman, dopo di essersi preparati con
tre giornate di spirito. Di fatto è una vita molto dura, ma il Signore li sosterrà.
Io guardo ed intervengo là dove la mia paternità lo esige. Ho passato questi due
mesi lavorando e pregando. Sono arrivato alle seguenti conclusioni:
1° Le sconfitte che abbiamo subito nel campo politico ci hanno
portato a meglio scrutare il nostro disagio e quello del popolo che di fatto si
allontana paurosamente dalla fede.
2° Ma è molto meglio realizzare che dire e polemizzare; quindi la
nostra presa di posizione come eremiti ci favorisce questo atteggiamento.
3° Ma comunque vadano le cose della vita quotidiana è sempre molto
meglio essere nelle condizioni di Colui che non aveva dove posare il capo;
quindi anche se arriveremo all’autosufficienza saremo egualmente costretti
dalla realtà e dalle esigenze dei fratelli rovinati a dissanguarci ogni giorno.
Questa autosufficienza non sarà dovuta a rendita, ma semplicemente frutto
quotidiano di duro lavoro.
Se fossi così buono in internis come sono confermato dalla S. Madre
Chiesa in externis, sarei un santo. Però voglio esserlo e vorrei che lo fossero
tutti i miei figli. Le confido, Eccellenza, che io sogno nell’anima mia un dono
che il Signore ci farà; ho mille motivi per crederlo: non appena saranno
appianate le questioni economiche, la S. Madre Chiesa avrà da gioire perché
salverà nel suo grembo un tesoro, una forza viva che attrarrà al Papa e quindi a
Dio chissà quante anime lontane ed in pericolo.
La divina e materna prudenza con la quale la Santa Sede ha trattato
Nomadelfia mi pare segno di Dio che si tratti di un parto doloroso e misterioso,
ma che finirà per essere un miracolo. Abbiamo avuto incontri e scontri
pericolosissimi, ma su l’orlo di quegli abissi stanno le stelle alpine che
finiremo di cogliere a sollievo della Grande Madre. Cerchi, Eccellenza, di dire
una buona parola di incoraggiamento a S. E. l’On. Scelba. Il Signore Le sarà
riconoscente in eterno. Grazie. Mi prostro ecc.
7.2.1952
Cari Babbi e Mamme di Nomadelfia,
martedì 5 febbraio, festa di Sant’Agata martire, alle ore 9 sono entrato nello
studio di S. E. il Nunzio apostolico, da Lui invitato. Ha estratto di tasca un
decreto del S. Ufficio nel quale mi si comanda di ritirarmi da Nomadelfia e di
mettermi a disposizione del Vescovo della mia Diocesi, con facoltà di
scegliermi anche un’altra diocesi di mio gradimento. Nello stesso decreto, tra
l’altro, si assicura che una commissione farà fronte alle passività di
Nomadelfia e che a Nomadelfia verranno i Salesiani. Io ho risposto che non
sono né il Papa e nemmeno la Chiesa e che credo a Gesù Cristo redentore
perché credo nella sua Chiesa. Ho preso il decreto ed ho scritto di mio pugno,
dopo la firma di S. E. il Card. Pizzardo: Eminenza, ringrazio il Signore che mi
fa il dono di compiere un atto di obbedienza. Obbedisco in Corde Jesu. Mi
prostro al bacio del S. Anello Dev.mo Sacerdote Zeno Saltini.
Vi posso assicurare che obbedisco senza ritorni di fiamma. Mi mandò la
Chiesa a voi e sono venuto, vi ho amati come veri figli ed ora la Chiesa mi
strappa a voi. Non vi sono più Padre, sono un sacerdote in cerca di una diocesi
e sono uno tra gli uomini più infelici che esistano sulla terra. Io devo seguire
una legge che ho accettato liberamente il 4.1.1931. Questa mia legge non è la
vostra. Voi seguite la vostra. Lo Spirito Santo non mancherà di illuminarvi e di
condurvi per mano tra labirinti misteriosi. Se ci incontreremo ancora sul
cammino misterioso che ci attende, se la mia legge mi concederà di essere dei
vostri lo sarò, se non me lo permetterà non lo sarò.
Sono uno tra gli uomini più infelici che esistano su questa terra. Se vi
occorresse il mio sangue cercatemi, mi troverete e potrete berlo tutto. Addio.
Vostro e non più vostro.
Don Zeno.
P.S. Voi avete l’età che avevo io quando, reietti e sbattuti nelle fogne della
società umana, spesso inumana, vi ho aperto cuore, anima, casa, vita, amore.
Siate liberi della libertà dei liberi figli di Dio.
11 febbraio 1952
Eccellenza Reverendissima,
Non so bene quello che sta succedendo a Nomadelfia. E preferisco non
interessarmene. Io desidero andarmene dall’Italia, fosse anche domattina. La
prego di essermi tanto paterno, come mi è sempre stato, da concedermi questo
dono.
A Carpi per il momento non me la sento di venire. Sfuggo a tutti; mi cercano e
non mi trovano; e quando mi trovano dico: fate quello che volete nel Signore.
Ho ricevuto una lettera giorni or sono di un amico del Brasile che mi invita a
fargli una visita. Vorrei vedere quei paesi, scrutare quella strana compagine di
civili e selvaggi. Là dove necessitasse la mia firma per atti pubblici ho già fatto
regolare procura per don Marchi e Dario. Non voglio mettere il vomere là dove
già l’hanno messo altri. Ho posto mano all’aratro che mi ha consegnato in
questo momento il Signore e non voglio voltarmi indietro. Nel decreto del S.
Ufficio si parla di dottrine. Non ho capito bene. Assicuri il S. Padre che io non
ho delle dottrine; la mia dottrina è quella della Chiesa, grazie al Signore.
Attendo una sua risposta a mezzo di d. Marchi. Grazie, Eccellenza, grazie.
Mi prostro al bacio ecc.
“Mi faccio dei loro e con loro sono pronto ad andare tanto al capestro, quanto
a mensa”.
12 marzo 1952
Beatissimo Padre,
Scrivo alla Santità Vostra con lettera aperta, che rendo quindi di pubblica
ragione, perché Nomadelfia di fatto è finita per diventare quell’uomo che
scendeva da Gerusalemme a Gerico e che è stato investito nella strada fino ad
essere spogliato, bastonato a sangue, buttato a terra esausto. Naturalmente io
devo discendere da cavallo se non voglio essere condannato dal divino
Salvatore del mondo. Ho ubbidito alla Chiesa il 5.2, sottoscrivendo il decreto
del S. Ufficio firmato da S. Em. il card. Pizzardo; obbedisco alla Chiesa,
scendendo da cavallo di mia doverosa e spontanea iniziativa. Ho di fronte la
vittima; sarei tra i briganti se non discendessi da cavallo. Forse e senza forse
non basterà la mia travagliata esistenza, non basteranno quei pochi giorni che
ancora mi rimangono nel servire Colui che con Vostra Santità sono impegnato
a servire, per disinfettare le ferite con aceto, per mitigarne il tormento con olio,
per difenderle dalle insidie esterne con le fasce dell’Amore, per trovare alla
vittima un albergo almeno più umano.
Di commissioni governative che siano impegnate a far fronte alle
passività di Nomadelfia non se ne vedono. Di fatto non potrà il governo
italiano lamentarsi di noi, perché coloro che in Nomadelfia avrebbero avuto
diritto all’assistenza, gli sono costati molto meno dei carcerati in carcere. Su
circa 1.500.000 giornate di vita di quei miei conreietti, ha speso circa lire 60 a
testa al giorno, tra sani e ammalati. Siamo quindi creditori verso lo stato di non
meno di 400 milioni, calcolando una spesa minima di L. 300 giornaliere pro
capite, tra sani, ammalati specifici, minorati fisici e minorati psichici. Ripeto:
400 milioni per i soli che avrebbero avuto diritto all’assistenza, senza calcolare
l’enorme cifra che altri avrebbero potuto esigere, mentre invece le mamme, i
babbi e i sacerdoti di Nomadelfia hanno vissuto le parole di S. Paolo: L’amore
non esige ciò di cui ha diritto.
Il Sen. Medici, per sua dichiarazione fatta agli incaricati di
Nomadelfia, afferma che né la Chiesa né il governo sono impegnati a liquidare
le passività di Nomadelfia. Egli parlava in nome del governo. Ha fatto vaghe
proposte, ma nulla di concreto. I rappresentanti di Nomadelfia hanno chiesto al
Sen. Medici: Ma come può Lei parlare anche in nome della Santa Sede? Ed
egli ha risposto: Questo mi è stato riferito da S. E. il Nunzio ap. Anche la
contessa M.G. Albertoni Pirelli, simile risposta ha sostanzialmente avuto, in un
recente colloquio con S. E. il Nunzio ap.
É passato un mese e sette giorni dalla data della mia estromissione da
Nomadelfia; è passato con questo un mese e sette giorni di tragedia per quei
figli, una vera e propria aggressione diretta ed indiretta. Il governo doveva
intervenire almeno per ragioni di ordine pubblico. Per il governo questo deve
essere un semplice problema sociale, un impegno solenne. Per parte mia basta.
Mi faccio dei loro e con loro sono pronto ad andare tanto al capestro, quanto a
mensa. E con loro e come loro sono un reietto, un delinquente, un peso per gli
oppressori che vogliono legiferare e decidere la fame e la rovina dei fratelli.
Per me i nomadelfi sono una goccia di sangue che scorre nel fiume secolare
degli oppressi senza nome, senza legge, senza diritti, senza trattamento umano.
Siamo quindi degli schiavi ai quali si tenta, dai non schiavi, di dare il nome di
liberi per imporci gli oneri in difesa dei liberi, per essere oggetto di vile
elemosina a gloria dei liberi, per buttarci fango di calunnie e di offese, per
dimostrare il candore morale dei liberi, per accusarci di ribelli quando
chiediamo di essere alla pari dei liberi. Basta. I poveri hanno diritto alla vita
disse solennemente Vostra Santità all’apertura dell’anno santo. I fatti pubblici
lo smentiscono, quindi mi tuffo tra loro con loro, come loro, alla pari di loro,
perché sono certo che avrò, con loro, almeno diritto alla vita eterna.
Beatissimo padre, non siamo in mille, siamo milioni e milioni, siamo
il grido, il pianto, il sangue che clamat ad te de terra. Non sono più uno tra gli
uomini più infelici che esistano sulla terra, sono un reietto, un delinquente, un
mostro che non ha voluto essere una persona per bene perché ho voluto amare
l’oppresso facendomi oppresso. Beati gli assetati di giustizia perché saranno
satollati.
A mio parere è più che dimostrabile che la disciplina della Chiesa mi
impone sub gravi di fare quanto sto facendo. Sarebbe perfettamente fuori luogo
e sarebbe semplicemente temerario che i miei confratelli cattolici volessero
vedere in questo mio atto una ribellione alla Chiesa, perché la realtà è
l’inverso. Evidentemente non è neppure una posizione polemica, è un fatto che
si impone, quindi chi solo comprende non comprende, e chi partecipa
comprende.
Mi prostro al bacio del sacro piede Figlio della Santità Vostra.
Bosco Spolitica - Tenda senza numero - Parrocchia Batignano di Grosseto.
Alla fame
Al fratello don Vincenzo Saltini
16.3.1952
Caro don Vincenzo,
Ho la sensazione che il S. Ufficio sia rimasto sconcertato dalla resistenza dei
nomadelfi. Aveva il piano di mettere i salesiani, quindi di smorzare tutto sotto
forme che entrassero nella disciplina delle opere della Chiesa. La separazione
dei sacerdoti dal diritto di cittadinanza in Nomadelfia ha salvato i laici.
Una personalità vicina al Papa avrebbe detto a un amico che Nomadelfia ha un
punto discutibile in quanto vorrebbe che il Clero discendesse alla pari del
popolo mentre il Clero deve essere un’élite. Noi si pensava, che il clero fosse
eroe e fermento vivo del popolo, ma non una elite nel senso in cui si intende
oggi. Da questo il siluro? Molte accuse devono essere state fatte contro di me e
contro Nomadelfia al S. Ufficio. Però non me ne ha svelate nessuna. Intanto ho
la sensazione, che il parroco manda note e note al S. Ufficio. Con quei tipi di
informatori puoi immaginare che razza di documentazione faranno su.
Ma sono inflessibili nel tenermi fuori proprio perché, penso, che non vogliono
dare a Nomadelfia il suo clero.
La nostra tesi non è oggetto di condanna, ma non si fidano. E che cosa dovrà
fare Nomadelfia? Intanto la tengono alla fame. Se avessero avuto argomenti
più decisivi, credo che non avrebbero fatto complimenti a sconfessare tutto.
Penso anche che se non ci fosse stata la reazione della stampa chissà che cosa
avrebbero combinato! Da questo punto di vista sono veramente dei nemici.
Il sacerdozio di Nomadelfia
scritto inviato a sconosciuto
[Il sacerdote] Deve essere connaturale alla vita di Nomadelfia, non un avulso
oppure un rappresentante di gerarchie esterne alla vita della città. La natura di
Nomadelfia è di una città diversa delle altre città, alle quali propone la sua vita
non nel complesso dei cittadini, ma nel cambiare di vita sociale ai medesimi.
Mentre i laici di Nomadelfia per legge naturale hanno diritto di superare ogni
limite territoriale ed ogni giurisdizione civile ed ecclesiastica per espandere
dovunque, ai sacerdoti nelle attuali condizioni giuridiche invece è negata,
donde la impossibilità di esserne cittadini alla pari. Lo stesso decreto che ha
allontanato me e poi gli altri sacerdoti è a dimostrazione che in Nomadelfia
eravamo per legge positiva dei forestieri. La sofferenza attuale della città
dimostra la impossibilità di convivenza con i medesimi per cause non dovute
alla volontà dei sacerdoti, ma a leggi che per essi sono diventate ostacolo ad
essere fratelli di una popolazione che, come vita cristiana, li ha superati di gran
lunga.
In Nomadelfia è possibile essere l’uno per l’altro; ai sacerdoti è negato questo
dovere. O è un errore la pretesa dei sacerdoti di Nomadelfia di essere cittadini
alla pari; o è un errore la esigenza della città che protesta il diritto al suo
sacerdozio; oppure è in errore la Santa Sede a negarglielo. Quando le leggi
positive non incidono sulle esigenze della natura, sono tirannia. Se invece la
Santa Sede può dimostrare che è nella natura del sacerdozio non essere alla
pari di diritti e di doveri di una comunità cristiana di quella natura, allora si
affaccia il grave problema di disperdere Nomadelfia come un errore sociale,
cosa, secondo me, impossibile ed assurda.
La formula è: un cittadino di Nomadelfia può essere sacerdote di Nomadelfia,
ma un qualsiasi sacerdote che non sia cittadino di Nomadelfia non può essere
sacerdote di Nomadelfia. É successo un controsenso: sono venti secoli che si
predica l’Unum, ed una volta realizzato nel popolo, la Chiesa è costretta a
ritirare i sacerdoti che l’hanno generato. Quella popolazione è buttata al
lastrico, peggio anzi, alla quale s’impone una predicazione che ha poco a che
fare con la sua vita. Peggio ancora: i sacerdoti di Nomadelfia sono esenti dal
rispondere delle loro responsabilità di diritto naturale. Questo poi è
paradossale, per non dire mostruoso. Non sarà quindi lontano il giorno in cui i
nomadelfi ci accuseranno di traditori. E a noi è lecito tradirli?
É evidente che non possiamo muoverci se non d’accordo con la Santa Sede,
ma stiamo attenti noi con la Santa Sede di non costringere il Signore a
permettere dei reati per causa nostra. O Nomadelfia è nell’errore ed allora deve
essere condannata non da pretesti di difetti rimediabili, ma da sostanze ben
precisate. Nel qual caso c’è da domandarsi come mai il S. Ufficio l’ha
riconosciuta come entità laica. Nel qual caso perirà se non potrà accettare
trasformazioni sostanziali. Oppure Nomadelfia è cosa di Dio ben precisata
nelle sue sostanze ed allora tergiversare nel dare ad essa il suo sacerdozio è
tiranneggiarla perché ce l’ha, ed in essa è nato prima di essa: segno inequivoco
della volontà di Dio, o vocazione chiara.
Io ho il dovere preciso di venire al S. Ufficio per insistere che siano chiarite
queste gravi posizioni mie e dei miei confratelli. Le realtà di Dio non si
sopprimono con opinioni. Quando il nostro muoversi determina la
costernazione dell’innocenza, c’è da mettersi in guardia perché Dio non sia
contro di noi.
“Ha dato del filo da torcere a me che l’ho in Cristo generata, ne darà molto di
più alla Santa Sede”.
Eccellenza Reverendissima,
Secondo me bisogna prendere il coraggio a due mani e capovolgere la
situazione. Premetto: guardi, Eccellenza, che Nomadelfia è un fatto di Dio.
Come sacerdote me ne intendo. Quella è una forza atomica. Ha dato del filo da
torcere a me che l’ho in Cristo generata, ne darà molto di più alla Santa Sede.
Premetto ancora: si ricordi, Eccellenza, che Nomadelfia vince a tutti i prezzi,
rimanendo nella Chiesa perché è parto della Chiesa. Quanto è successo fino ad
ora è un pallido preludio di quanto potrà capitare. Ha visto come è andata a
finire quell’assemblea? Mi hanno portato il magnetofono che la registra. É una
cosa impressionante. Le relazioni scritte sono una sintesi. Ma l’assemblea è
stata un incendio d’amore e di inflessibilità.
Si dichiarano figli del sacerdozio e quindi della Chiesa, si dichiarano decisi a
tutto pur di liberare il mondo da qualsiasi sfumatura di servilismo. Guardi
Eccellenza che sottovalutare quella realtà è cadere in grande disonore ed è
perdere senza meno. ...ut confundant fortia. Amici e nemici sono ciecamente al
loro servizio. ...ludit in orbe terrarum.
Guardi, Eccellenza, che Cristo è dalla loro parte. É evidentissimo. Non
mollano, anzi si aggrappano a Cristo e Cristo si aggrappa ad essi perché
insieme devono sfondare a tutti i prezzi. Chi autorizza la Santa Sede a buttarli
in quella durissima prova? Sono in gioco dei diritti naturali e delle promesse
della fede che sono al di sopra di qualsiasi nostra considerazione. É vero, ad
esempio, che la Santa Sede ha dato mano libera a Scelba? Se è vero è inutile
tentare di smentirla, perché Ego sum veritas. Se non è vero perché non lo
smentisce il Vaticano? Io verrò da V. E. a fare delle proposte.
Guardi, Eccellenza, che Nomadelfia è un fatto inesorabile di Dio, e non ho
nessun timore a dire che Gesù si serve di Nomadelfia per riportare il mondo in
grembo alla sua Chiesa. Tutte cose che non le posso provare ma che hanno già
le loro premesse realizzate e dalle quali si può benissimo profetizzare.
Errori dogmatici?
A Mons. Ottaviani, S. Ufficio
Eccellenza Reverendissima,
quanto è contenuto in questa lettera rimane solo di carattere personale. Ho da
esporre a V. E. un complesso di fatti che vorrei fossero oggetto della nostra
conversazione:
a) Sia nel decreto comunicatomi il 5.2, sia in modo speciale, nell’ultimo
colloquio, presente anche P. Castellano, si è parlato di errori anche dogmatici.
Io mi sono sempre limitato a sentire quelle affermazioni come fossero notizie
non ufficiali in quanto non si è precisato la fattispecie se non in forma piuttosto
vaga. V. E. capisce benissimo che questo finisce per diventare in me un grave
problema di coscienza. Togliere gli errori dall’anima mi pare una cosa molto
semplice. Basterebbe individuarli con precisione. Come scrissi anche a S. E. il
vescovo di Carpi, io non voglio avere delle dottrine mie, ma solo vivere la
dottrina della Chiesa. Se vivendo ed attuando questa dottrina avessi errato,
sarei stato in buona fede, ma la buona fede deve cessare all’ora del dubbio.
Non conosco in merito i sistemi del S. Ufficio, ma giacché ad esso sono venuto
sotto forma di prevenzione spontanea penso che V. E. sarà in grado di darmi
quei lumi e quei consigli di competenza che mi siano di guida per chiarire tale
equivoco. Se prima dell’incontro con V. E. lei potesse prepararmi una nota
esauriente a tranquillità della mia coscienza, faccia conto di farmi un grande
dono. Anche Lei si è fatto sacerdote per operare il bene.
b) Si è parlato anche di mentalità e cioè di una forma mentis mia che ingenera
sfiducia. Si potrebbe rivedere anche questo aspetto che mi pare urgente per i
suoi riflessi della coscienza mia di sacerdote che praticamente ha solo inteso di
servire la Chiesa secondo il mandato che la medesima affida nella sacra
ordinazione e nello svolgersi disciplinare del ministero.
c) Le mie pubblicazioni sono poche. Tra le zolle - 1939 - I due Regni - 1940 -
La rivoluzione sociale di Cristo - 1945. Ed hanno ottenuto regolare
imprimatur. Scrissi cose interne a Nomadelfia: Alle radici poche copie delle
quali una fu consegnata a mezzo di un Padre Gesuita al S. Padre nel 1944 -
qualche amico fuori di Nomadelfia lo ha avuto, ma quello era solo diretto ai
nomadelfi. Non è mai stato ristampato e credo che sia quasi del tutto esaurita
l’edizione. Lo scrissi nell’ora dell’esilio, tra mille e mille pene. Me lo stampò
un amico durante il trauma dei bombardamenti. Scrissi vari documenti che altri
hanno resi pubblici e dei quali naturalmente si sono assunti la responsabilità
della pubblicazione. In collaborazione con molti amici abbiamo pubblicato
Dopo venti secoli. Più che altro interessava il movimento sociale ben noto al S.
Ufficio. Fu fatto per chiarire le posizioni nostre di fronte al movimento,
incolpati da un mondo di opposizioni che venivano da correnti varie, specie da
parte dei comunisti e dei liberali che nei comizi e nei congressi ci assalivano
tacciandoci di insinceri e di disgregatori dei loro movimenti, secondo loro,
diretti a risolvere a fondo il grave problema sociale. E noi volevamo affrontarli
dimostrando che la Chiesa non era quella che essi vedono e che combattono:
cioè un complesso di difetti umani, ma che essa è sostanzialmente un fermento
tangibile di progresso di vera vita e di libertà. Infatti là dove fu lanciato quel
libretto, le obiezioni venivano fiaccate ed il nostro lavoro diventava più facile
perché si avvicinavano a noi diversi tipi sociali che prima erano diffidenti. Che
quel libretto contenga errori dottrinali non mi consta. Sarà troppo stringato, ma
nessuno mi ha mai obiettato esservi degli errori dottrinali. É rivoluzionario, ma
le rivoluzioni non si fanno con acqua di malva, che, dice la gente, non fa né
male né bene. La proposta sociale al popolo è stata studiata anche costì.
É fallito quel movimento della fraternità umana? É troppo presto per dirlo.
L’urgente necessità di arginare il comunismo ha messo gli anticomunisti in uno
stato febbrile di repressioni. Quali effetti avrà questo fatto? Dio solo lo può
sapere. La repressione è un tirare avanti, ma mette gli animi in grave stato di
disagio. Ho scritto molte lettere al S. Padre, alla Segreteria di Stato, al S.
Ufficio. C’è un precedente che forse spiega molto.
Io sono stato intimo di S. E. Mons. Pranzini, mio vescovo. A lui
confidavo apertamente senza mai paura di essere giudicato male, fin da
giovane, tutte le mie aspirazioni, le mie ire di passaggio, le mie reazioni ai fatti
immediati. Morto lui che per dieci anni era il mio autorevole confidente e
Padre, con il quale mi era possibile qualsiasi acrobazia apostolica, le più strane
cose a fin di bene, ho incontrato V. E. nel 1945, se ben ricorda. Mi parve di
rivedere in Lei Mons. Pranzini, e nel S. Ufficio l’episcopio che mi ammantava
di mille e mille compatimenti, e comprensioni, in un mare di opere apostoliche
spesso terremotate, i cui riflessi pericolosi venivano parati dalla autorità del
vescovo che evitava assalti da parte di confratelli di correnti contrarie. Se
serenamente si vorrà esaminare i fatti c’è da domandarsi: in conclusione,
hanno creato delle soluzioni pratiche e decisive i miei oppositori? Oppure è
stata l’inerzia che ha vinto su la dinamica? Dimostrare che la tesi fondamentale
del libretto Dopo venti secoli sia una tesi errata mi pare molto difficile. La
storia stessa ivi ci porta se vuole convivere con i popoli oramai in evidente
cammino verso forme sociali, oggi quasi tutte settarie, ma sostanzialmente in
cerca di un equilibrio che risponda alle leggi della natura sociale della umanità
nelle quali la Chiesa avrebbe sfogo a tutte le sue realizzazioni di fermento
soprannaturale dirette a portare gli uomini dall’umano al divino. Il S. Padre
invoca un cambiamento di rotta. Ma quando si vuole cambiare rotta bisogna
per lo meno dare un giro d’angolo al timone.
Io credo che tra S. Ufficio e me non c’è stata tutta quella
comprensione che era urgentissima. Che abbia solo errato io mi pare un po'
troppo esagerato. V. E. mi ha detto ultimamente che la stampa mi è contro.
Non mi pare esatto. Ma caso mai questo non sarebbe, secondo me, un cattivo
segno, perché io praticamente non sono d’accordo con la stampa attuale. Dove
sta un solo giornale imparziale o almeno che non sia legato a qualche corrente?
La stessa stampa cattolica è legata a correnti di carattere contingente che le
imprimono un certo particolarismo che la rendono non sempre troppo serena.
In sostanza io non riesco a trovare sulla terra un deciso movimento che abbia
almeno come programma la coerenza alla dottrina sociale della Chiesa, che se
fosse messa in atto, confonderebbe gli stessi comunisti ed anarchici, i quali,
senza avvedersene, sono caduti nell’errore di essere una reazione anziché una
realizzazione serena del grave problema sociale che tutti tormenta fino al
dolore. É inevitabile una contro rivoluzione.
E torno al mio chiodo iniziale, cioè da quando riproposi a V. E.
l’attacco nel 1950: solo i cattolici la possono fare perché essi hanno un tesoro
di dottrine dal quale si può tranquillamente spremere la sostanza della lotta.
Se Dopo venti secoli è errato non saprei dove possa stare il segreto della
controrivoluzione. V. E. si è manifestato tanto buono con me, mi compatisca
ancora e voglia ricevermi per fornirmi quelle considerazioni delle quali
realmente ha sete l’anima mia. Le auguro dal cuore una buona Pasqua, più lieta
di quella che passerò io.
Mi prostro al bacio del S. Anello, Dev.mo Suo don Zeno.
22 aprile 1952
Eccellenza Reverendissima,
Presupposto davanti al Signore e a consolazione del Signore dovrebbe essere
che nelle precisazioni che andremo cercando tra il S. Ufficio e me nessun
timore di insincerità ci metta di fronte. Un fraterno abbraccio ci porti ad essere
più buoni tutti. Quello che domandiamo nel nome di Gesù alle anime che Gesù
stesso ci affida, lo faremo noi. Perché non poniamo una direttiva che è la mia
vocazione: Bisogna cambiare rotta? Io sono su quel piano. Non mi sono mai
spiegato perché il S. Ufficio abbia fermato il libretto Dopo venti secoli. Non si
poteva correggere se in qualche punto non era esatto?
a) Era diretto in modo speciale ad una moltitudine informe e viva di anime che
non accettano il comunismo perché, tra l’altro, è ingiusto e opprimente della
libertà umana. Non accettano la Chiesa perché non riescono a superare
l’ostacolo di aspetti pratici e non dottrinali, che, secondo loro, la rendono
opprimente come il comunismo, mentre ne accettano la morale e forse, se
soddisfatti dal punto di vista della giustizia sociale e della libertà, anche la sua
natura divina. D’altra parte ut videant opera vestra bona. Sono a moltitudini
queste anime alle quali, almeno per generosità nostra, bisogna riconoscere se
non il diritto, almeno l’esigenza di questa coerenza, per muoverle alla fede.
b) Era diretto a colpire i neo-farisei, perché sono di ostacolo al diffondersi
della fede viva e vissuta, perché, tra l’altro, sono ingiusti anche socialmente,
mentre svisano, con il loro contegno, la limpidezza delle leggi fondamentali
della fede.
c) Era diretto a chiarire le due posizioni: la scienza sociale e la fede. Impostata
la prima, la seconda può sprigionarsi in meravigliose e più precise vitalità.
Naturalmente, libera la prima, cioè la società basata sulle leggi naturali (le
quali solo la Chiesa può individuare con molta precisione e segnalare a tutti gli
uomini), la seconda assume carattere elevante dall’umano al divino.
Dopo venti secoli è la filosofia della proposta sociale di Nomadelfia.
Elimina un mondo di preconcetti e di equivoci che sono il primo ostacolo a
proporre una riforma sociale. O si eliminano, oppure è assurdo pensare ad una
riforma sociale, senza cadere in una persecuzione contro la Chiesa. I
comunisti, nelle cellule, non riuscivano a persuadere i compagni contro la
bontà e la praticità della nostra proposta sociale, ma facevano breccia,
asserendo che era uno dei soliti trucchi della Chiesa per riassoggettarli. Tesi
che hanno, con facilità e faciloneria, potuto dimostrare, quando la Santa Sede
si è mossa nei confronti di Nomadelfia. Decreto contro di me; autoritario
provvedimento contro il libretto; proibizione di parlare a Torino, Roma, ecc.
sempre autoritario; tutte cose che a me non sono tornate nuove, ma che, in
quegli avversari, hanno riconfermato la mancanza di libertà; tutte cose che
hanno fatto cadere un attacco che, almeno nelle sue linee fondamentali,
rispondeva alla volontà del Papa, o meglio, alla vera esigenza dei tempi, che il
Papa sente perché sente Dio, che in Lui insiste parecchio. Lo si sente vivissimo
nella tonalità fondamentale dei suoi discorsi.
Se la Chiesa fosse una associazione privata, si potrebbe evitare di
autocriticarla pubblicamente. Ma questo non può essere; è la luce sul moggio,
per cui ogni ombra è vista e deve essere criticata, ma non, anche tacitamente,
giustificata o trascurata. Se si vuole abbattere l’avversario, non c’è altra via che
quella di essere sinceri a riconoscere le proprie cattiverie, i propri errori, che
sono oggetto di scandalo in questo, e che sono anche ostacolo a servire Dio e la
sua Chiesa, che è diretta a non far perire l’avversario, ma farlo vivere e a
convertirlo.
Mi pare che la Chiesa deve accettare la sfida proposta nel libretto
Dopo venti secoli, pena la sommersione in gravissime calamità. Che, poi, i
competenti del S. Ufficio siano capaci di dimostrare che quel libretto ha degli
errori, mi pare molto difficile. Provino. Sarei tanto lieto che lo potessero
dimostrare. Io amo Gesù, quindi la verità; voi amate Gesù, quindi la verità. Su
questo siamo d’accordo. Per questo io non sarò mai un eretico. Proprio Le dico
sinceramente. Sarò burbero e selvatico a farlo, ma per me gli eretici sono dei
deficienti o degli infecondi testardi. Quello che dissi al nunzio apostolico lo
ripeto a voi: Non sono il Papa e nemmeno la Chiesa. Obbedisco, ma sarebbe
molto meglio evitare questi giochetti, che arrestano il bene, perché, di fatto, le
cose rimangono pericolosamente scombussolate, quando, addirittura, non
rovinate. So, grazie a Dio, che la disciplina è un dogma addirittura, senza della
quale è la negazione della Chiesa ed è proprio la disciplina che mi sospinge a
trattare con Voi, fino all’ultimo respiro che Dio mi donerà su questa misera
valle di lacrime.
Il S. Ufficio ha una enorme missione in questo momento storico. La
barca di Pietro è molto vasta, è immensa anche nello spazio. Si può vivere in
essa anche tacendo. L’essenziale è non andare al compromesso con l’errore; di
non cadere in questo equivoco o morale certezza nel Signore, il quale mi ha
sempre sostenuto, anche quando vado a cogliere stelle alpine, su friabili orli di
pericolosissimi precipizi. Vogliamo cambiare rotta? Cominciamo a discutere
la presente lettera. Vorrei chiarire quanto segue:
Tesi - per me il libretto Dopo venti secoli, in atmosfera contro-
rivoluzionaria va bene, errori contro la fede ed il costume mi pare che non ce
ne siano. In esso anche la dottrina sociale della Chiesa è data con esattezza, e
con il grande vantaggio che sono messe in chiaro le due leggi: la società e la
Chiesa, a grande tranquillità delle anime. Nega la veridicità delle altre
religioni.
Presupposto: sono pronto a difendere questa tesi; ma sono disposto
anche a combattere questa tesi, se fosse errata. Mentre, per il passato, la
politica era più un fatto amministrativo della cosa pubblica, che
un’applicazione dottrinale della natura della società umana, oggi è un fatto che
incide su la religione, in quanto vincola le coscienze sui veri problemi della
giustizia, senza attuare la quale si va all’inferno. Se non si pongono chiare sul
tappeto le due posizioni: società e Chiesa, nelle loro fondamentali ragioni di
essere, finiamo per perpetuare un equivoco, che cancella oramai, su zone
vastissime della terra, la presenza libera della Chiesa. A questa chiarificazione
pratica tende il libretto Dopo venti secoli.
Precisazione: tutte le lettere che ho scritto al S. Padre, alla Segreteria
di Stato ed al S. Ufficio, anche attraverso S. E. il nunzio ap., sono discussioni
in famiglia, alle quali non ho inteso dare valore definitivo. Sono state,
piuttosto, affettuoso e ardito frutto della comune angustia di anime (Vostre e
mia) chiamate a rendere conto a Dio del come avremo trattato gli interessi di
Dio nel consorzio umano e nella Chiesa, ut vitam habeant...
Con amore filiale mi prostro ecc.
“Al S. Ufficio sono stato trattato con molta bontà, che per me è cattiveria
secolare: è un altro mondo.”.
15 maggio 1952
“La Santa Sede è mondana ed avulsa dalle sofferenze degli oppressi e quindi
non capisce queste cose se non in teoria, mentre in pratica reprime, rimanda,
uccidendo spietatamente”.
24 maggio 1952
Tacendo e piangendo
A Mons. Ottaviani, S. Ufficio
Eccellenza Reverendissima,
Sono venuto a Roma con D. Marchi per trattare con un avvocato cose urgenti
amministrative. Il decreto di S. Em. il card. di Milano [Cf L’Italia, 27.5.1952],
di fatto, si risolve in un deciso colpo mortale sul Comitato Milanese di
Nomadelfia. Non ho nessuna notizia del come sia stato preso a Nomadelfia.
Penso che chineranno il capo, addolorati e pensosi. Come del resto ho fatto
anch’io. Quel decreto offende e va oltre il necessario per essere giustificato. Io
non so fare altro che accettarlo tacendo e piangendo. Dirò, con S. Em.: che il
Signore ci benedica tutti. É perfettamente fuori luogo pensare in questo
momento di andare in America, le mie responsabilità economiche mi
impongono di trattare con creditori ed avvocati al fine di non creare dei dolori
nuovi per causa di non assistenza allo svolgersi delle conseguenze finanziarie.
Poi, fatto questo, vuol dire che quello che non possono fare gli uomini sarà
nelle sole mani di Dio. Sia fatta la sua volontà.
Se avrà bisogno di me abbia la bontà di avvisarmi attraverso S. E. il vescovo di
Carpi. Mi troverà più comprensivo di quanto non possa pensare. Si ricordi
anche di me e di quanti con me hanno collaborato nel voler fare del bene,
specialmente quando prega.
Mi prostro ecc.
Eccellenza Reverendissima,
Mi permetto scrivere a V. E. personalmente le seguenti considerazioni e
proposte, nella certezza che vorrà esaminarle e se del caso valersene per
compiere un’opera paterna nei miei confronti e nei confronti dei nomadelfi. Da
tutta la caotica esplosione di animi tormentati dalla santa passione (dico santa
almeno nelle intenzioni) di realizzare Cristo in una nuova vita sociale solo
cattolica a santificazione delle anime che ne fanno e ne faranno parte e ad
edificazione dei non cattolici o anche dei cattolici non comunitari non solo, ma
non ardenti per l’amore verso il prossimo sono nati gravi equivoci in un
corrispettivo caos di interpretazioni. Per la stessa ragione anche il
provvedimento di S. Em. il card. di Milano è criticabile ed inesatto sotto molti
punti di vista. Praticamente non ci si intende perché si tratta di un mondo
nuovo che vuole nascere nella Chiesa e solo della Chiesa. E proprio per la
ragione del sine me nihil potestis facere, quel comunitarismo ha bisogno del
suo sacerdozio che gli doni la certezza della comunicazione dei beni che la
Chiesa dona al mondo attraverso il sacerdozio. Per essi questa è vocazione se
Nomadelfia è cosa di Dio. Che poi vedano in me il padre-sacerdote che ad essi
porta il loro sacerdozio nella sicura e chiara ubbidienza alla Chiesa è esatto,
non perché essi teologizzino ma perché sono come tralci di un ramo della Vite
che io ad essi rappresento e che sentono nell’anima.
Hanno posto un termine proprio perché non sono più capaci di convivere, si
sentono come senza una linfa che io ad essi trasmettevo assimilata per essi.
Non temo Eccellenza di peccare di presunzione se dico queste cose di me, la
sento e la vedo come la mia vocazione. Coincide con le dichiarazioni fatte dal
Consiglio al Padre Castellano.
Io lo so, sono stati sinceri; e se interpella tutta la popolazione vedrà
che, a differenza dei novellini e degli ospitati non come aspiranti cittadini, ma
come sventurati accolti in via provvisoria, quasi tutti finirebbero per dire la
stessa cosa. Non è personalismo, è stato il Signore a legarci così, benedetti ed
incoraggiati, anzi difesi eroicamente dal compianto Mons. G. Pranzini, poi dai
successivi vescovi. Abbiamo certamente commessi molti sbagli nel corso delle
nostre incessanti lotte; altri hanno commesso degli sbagli nei nostri confronti.
Ma siamo tutti seguaci di Gesù, nella sua santa Chiesa, dove il perdono, il
compatimento reciproco, la redenzione dallo stesso peccato sono legge e virtù.
É una cosa tanto nuova che facilmente può essere occasione di necessarie e
anche sanguinanti esperienze.
Anche la questione della pietà che tanto scalpore ha fatto e che forse
è stata una delle ragioni che hanno mosso il S. Ufficio ad addivenire a
conclusioni così gravi, va studiata molto. Noi stessi sacerdoti eravamo molto
incerti perché ci sentivamo chiamati ad una vita del tutto diversa di quella alla
quale eravamo stati educati. Tutte cose che si potevano meglio studiare con i
superiori nel santo intento di indovinare la reale volontà del Signore in quel
mondo in cui il costume deve finire per essere fedelissimo alle direttive della
S. Madre Chiesa, anzi un tangibile esempio di vita di popolo del tutto
emanazione dei presupposti del cattolicesimo, così detto integrale.
Scrissi una volta a S. E. il nunzio ap., segnalandogli che Nomadelfia,
di fatto, è ancora come il girino, destinato ad avere da adulto ben altra forma.
Io mi esprimevo così perché non sapevo e non so esprimermi meglio, donde è
facile che sia preso come un vago sognatore. E quanti errori dico
nell’esprimermi. É tanto difficile dire cose che si delineano nell’anima e che
devono passare sotto il crogiolo dell’esperimentazione e del consolidamento.
Non voglio scusarmi, Eccellenza, voglio solo salvare l’amore al
Signore ed offrirgli ciò che domanda a me ed ai nomadelfi per vivere la nostra
vita completamente e devotamente offerta per la maggiore sua gloria, per il
trionfo della S. Madre Chiesa salvando in quel modo l’anima nostra. É una
vocazione, Eccellenza, che invoca compatimento, comprensione, perdono
anche presso codesta Suprema Congregazione, non per inveterare i difetti ma
per correre con maggiore fiducia alla realizzazione del nostro sogno nella fede.
Abbiamo fatto soffrire la Santa Sede; ma quanto abbiamo sofferto anche noi!
Nomadelfia è una cosa che per sua natura esige che l’Autorità per chissà
quanto tempo la tratti sotto la luce non sempre del diritto positivo in vigore, ma
spesse volte de iure condendo, sotto la responsabilità di persona delegata ad
hoc da parte delle autorità competenti in materia.
Perdoni, Eccellenza se mi permetto di dirLe qualche proposta che
potrebbe meritare di essere presa in considerazione, non fosse altro perché
gliela espone chi ha dato tutto se stesso per Nomadelfia. In risposta al
Consiglio non si potrebbe mandare me ed un visitatore apostolico che con me
proponga ai nomadelfi di provare insieme a realizzare il Bene che essi con me
intendono di fare, e provare nella piena collaborazione con il visitatore, il quale
dovrebbe stare sul posto nella massima paterna famigliarità, non come giudice,
ma come autorevole collaboratore che concederà a noi di fare quello che a Lui
sarà concesso dalla Santa Sede? Nuova Nomadelfia, nuovo lo spirito ed il
sistema per legarla alla comune Madre. Gli diventeremmo tutti molto
confidenti e da quella confidenza nascerà la soluzione.
Ho sempre inteso di rappresentare la S. Madre Chiesa nel curare
quell’opera che il Signore mi affidava nella santa ubbidienza ai superiori. Ma è
una cosa così vasta che solo se sarà strettamente legata alle supreme autorità
nel suo sviluppo potrà continuare la sua esistenza sennò è prevedibile lo
sfacelo del tutto indipendentemente dai più santi propositi delle persone. Creda
Eccellenza, non è una irriverente imposizione quanto il Consiglio ha esposto al
P. Castellano, è una realtà più o meno male espressa. Ma su questi gravi
argomenti, tanto essi quanto io siamo dei bambini perché Nomadelfia è
bambina. E certi atteggiamenti o ragionamenti nostri non sono sempre frutto di
cattiveria, ma piuttosto inadeguati ad una realtà che è ancora embrionale. Si
sente nell’anima questa spinta verso una vita nuova, e spesse volte corre più la
fantasia che le gambe. Io sono tanto fiducioso che il Signore ascolterà questa
mia preghiera che gli faccio attraverso V. E.: proviamo.
Mi ha telefonato ieri sera Dario dicendomi che sono rimasti
addolorati per causa del provvedimento di S. Em. il card. di Milano. Queste
povere anime sono sotto una prova durissima. Io avevo preparato un
appartamentino per S. E. il nunzio ap. Speravo che venisse; invece tutto andò
per il peggio. Un simile avvenimento, cioè quanto propongo, sarebbe per i
nomadelfi una resurrezione addirittura; rivedrebbero riaprirsi la via al loro
Sogno. Faccia la Suprema Congregazione questo esperimento, chissà quanto
bene ne deriverà alle anime ed alla S. Madre Chiesa. Mi perdoni Eccellenza se
ancora una volta busso alla porta del suo cuore sacerdotale, mi sospinge
l’amore. Un eventuale rifiuto al Consiglio di Nomadelfia prevedo che sarà la
totale dispersione della nascente città. Nulla fa sperare diversamente. Gli
uomini vedranno il fatto come meglio potranno o vorranno, ma poi le realtà
saranno eloquenti ed avranno il linguaggio di Dio. Quanto alla questione
finanziaria la divina provvidenza provvederà assecondando il nostro sforzo di
realizzare a tutti i prezzi la volontà del divino fondatore della Chiesa che
malamente serviamo ma sempre da figli affezionati. Cercheremo di fare, come
vuole V. E. il Bene bene. E V. E. ci aiuterà a fare così. Esperimento che,
secondo me, dovrebbe durare moltissimo tempo prima che Nomadelfia possa
camminare da sola. Ci vuole un visitatore che abbia tempo e che si dedichi con
plasticità e competenza. Se tutto questo non fosse nei piani del Signore? Sia
fatta la sua santa volontà.
Mi prostro ecc.
Non ce la faccio
A Mons. Dalla Zuanna
Ieri l’altro sera sono andato a udienza unitamente all’avv. Giovanni, mio
fratello, e Dario da S. E. il prefetto di Modena.
I - Situazione debitoria della ex Città di Nomadelfia.
a) S. E. il prefetto ha assicurato che il Governo non interverrà con nessun
contributo e nemmeno prenderà parte della commissione liquidatrice.
b) Noi gli abbiamo esposto un piano studiato con alcuni giuristi, piano che egli
ha apprezzato. Stiamo formando una commissione liquidatrice.
II - Sistemazione degli ex Nomadelfi.
Anche per questo ha dichiarato che non gli sono stati concessi fondi, per cui si
adopererà nel modo migliore ad evitare mali maggiori, ma fondi non ne ha. Gli
abbiamo dichiarato che non c’è nessuna possibilità di aiuti da parte dei
Comitati, Milano compreso, perché si sono sciolti. Riconobbe la gravità della
cosa perché praticamente sono tutti su l’orlo della denutrizione. Molti tra essi
sono malati o in condizioni pericolanti di ammalarsi. Io ho cercato di aiutarli,
ma non ce la faccio.
Il Signore ci illumini tutti soprattutto a non commettere la grave colpa o
peccato di ributtare in mani manigolde giovani e fanciulli che, se tornassero nei
loro ambienti di origine, tristi sorti anche morali li attenderebbero. Sono venuto
a Milano per diverse cose sempre in ordine a quanto detto. I ricchi in questi
giorni sono molto presi a preparare le valigie per andare ai monti ed al mare.
Ricostruire Nomadelfia in Brasile?
A padre Arnou SJ
“I figli sono pronti a seguirmi, ma rimanga fermo che io sono padre ed essi
figli”.
29 giugno 1952
Eccellenza Reverendissima,
Quando mi ha telefonato il Rev.mo P. Casella SJ non mi sorprese la sua
proposta. Pensavo infatti che il Signore avrebbe tratto da tutte le pene di questi
ultimi mesi una nuova e più ardua missione per me e per i miei figli. Mi pare
che il Signore mai più voglia che si spenga sulla terra una vocazione come la
nostra. Questo è un mio giudizio mistico che mi pare molto fondato.
Questi venti anni di strane vicende hanno portato alla formazione di uno stuolo
di anime pronte a seguirmi dovunque pur di realizzare quell’amore a Cristo,
alla Chiesa, al popolo. Donare alla Chiesa una comunità sociale che viva solo
la legge del Signore, pronta a darsi a tutte le lotte alle quali la Chiesa la
chiamerà. Lungo è il cammino, ed io penso che il resto della mia vita dovrei
consumarlo nella completa dedizione alla comunità per curarne anche le più
sottili sfumature di spiritualità. É talmente di grave importanza il sorgere di
questa vocazione sociale nella Chiesa che spero di potere ottenere di dipendere
direttamente dalla Santa Sede che per il momento potrebbe nominare un
Osservatore tra i Rev.di Padri della Compagnia di Gesù pure tenendo
completamente autonoma Nomadelfia dalla Compagnia, ma l’Osservatore
fosse in rappresentanza della Santa Sede. Le linee di massima che allego sono,
secondo me, il naturale evolversi della comunità.
Nomadelfia va ridotta alle linee più semplici possibili perché diventi
facilmente assimilabile dal popolo, nella quale dovrà vedere non solo una cosa
ammirabile, ma imitabile senza alterazioni della semplicità della vita che la
Chiesa esige da tutti per la santificazione dell’anima. Ogni virtù che la S.
Madre Chiesa domanda al popolo quale condizione di santificazione deve
essere vissuta in Nomadelfia nelle forme più semplici ed eloquenti come
costume.
La stampa di sinistra, la stampa liberale e la stampa protestante le hanno
tentate tutte per voler dimostrare che io sono un ingenuo a credere che si possa
realizzare nella Chiesa una simile comunità. E le hanno tentate ora
denigrandomi, ora esaltandomi. Con la quale mai ho accettato di entrare in
polemica. Devono vedere le opere, poi ci perseguiteranno a morte, perché una
Nomadelfia anche piccola, ma esatta nelle sue realizzazioni li umilierà e li
svuoterà con i fatti da tutte le loro chiacchiere. La Santa Sede, a mio parere, ha
urgente bisogno di una grande Nomadelfia. E Nomadelfia non potrà avere il
suo sviluppo senza essere intima con la Santa Sede. É molto bambina
Nomadelfia, e quando la Santa Sede la accarezza o la percuote deve stare
attenta di non pesare troppo sulle sue tenere carni. É opinione di molti che la
Suprema Congregazione del S. Ufficio è stata crudele con Nomadelfia, ma in
realtà il Signore ha fatto a suo modo contro ogni previsione degli uomini.
Quando la mamma entra in campo per intervenire nelle lotte tra i figli è facile
che chi assiste si commuova in favore dei figli, ma se i figli si ribellassero alla
mamma, allora ne rimarrebbe addolorato o disgustato.
La Chiesa è la santa famiglia, e Gesù la conduce ai trionfi anche attraverso
questi grandi esempi di terremotata umiltà da parte della Madre e da parte dei
figli. Lo strano è che io mi sento più di casa al S. Ufficio che presso le altre
sacre congregazioni. Sarà una vocazione bizzarra, ma ci deve essere sotto
qualcosa di Dio che sfugge al nostro controllo. In verità posso dire che il S.
Ufficio è stato molto paziente con me e che pure maneggiando le sue terribili
armi è stato divino. L’ho scritto diverse volte al S. Ufficio: nessuno al mondo è
capace di distruggere Nomadelfia, meno ancora la Santa Sede perché
Nomadelfia è sua figlia che è nata molto rumorosa ed irrequieta, ma
affezionatissima alla Madre. Nomadelfia è ancora quasi tutto mallo; quindi
dura ed amara, ma dentro, ancora come fluido latteo, si sviluppa la noce. Cadrà
il mallo, poi la Chiesa offrirà al mondo quel ben corazzato e generoso frutto,
assimilabile e nutriente. É una vocazione apparentemente bizzarra, bizzarra per
chi vede la Chiesa statica anziché dinamica, ma è una vocazione che si
sviluppa dalle viscere del tribunale più potente che esista sulla terra, che sa
tuonare i fulmini del cielo.
Dica Eccellenza carissima, alla Suprema Congregazione del S. Ufficio che
abbia pietà di loro, costasse qualunque prezzo.
Gesù le sarà riconoscente in eterno, mi creda per pietà!
“Viaggio con i figli sulla barca di Pietro, prontissimo alle più ardite imprese e
prontissimo a sedermi come semplice passeggero”.
Eccellenza Reverendissima,
Non posso, non so truccare il modo che deve portarmi ad un fine chiaro. Che il
S. Padre, la Santa Sede abbiano più o meno fiducia in me non sarebbe grave, se
fosse un giudizio derivante da cose non riuscite, ma che non incidesse
nell’esercizio del mio sacerdozio.
Che la politica, che i nemici della Chiesa, che le correnti cattoliche borghesi mi
siano nemici non mi preoccupa. Io ho vissuto 52 anni sospinto sempre a
cercare e realizzare l’amore fraterno in Cristo, severamente nella formula l’uno
per l’altro in tutto e per tutto, donde le realizzazioni in corso sotto forma della
nascente Nomadelfia, già duramente provata, nonostante sia ancora in fasce.
Non ho nulla da rimproverare a Nomadelfia se non la mancata fraterna
collaborazione anche economica dei miei confratelli di sacerdozio e dei fedeli
che con le loro insistenze e promesse ci hanno oberati di figli e che poi sono
passati a critiche e a ingiurie costringendoci al silenzio, mentre avremmo molto
da sfoderare dei loro guai.
Sono stato vice sindaco di Mirandola per otto mesi. Non ho mai
voluto limitarmi alle stupide leggi che avvilivano i poveri. Era proibito fare
buoni di medicine speciali per i poveri, ed io ne facevo sempre, nonostante le
liti che poi nascevano in sede di Consiglio. Quando sono entrati in più grette
legalità, mi sono dimesso e con questo ho inteso servire fedelmente la Chiesa.
Eccellenza Reverendissima,
Molte occupazioni dirette al bene del popolo che oggi vengono esplicate dai
cattolici, suore, frati, sacerdoti secolari, associazioni cattoliche Ecc. man mano
che la civiltà si evolve facilmente verranno assorbite dallo stato, essendo anche
in funzione di assistenza sociale. Infatti, quando lo stato vuole, riesce
facilmente ad ottenere l’adesione del popolo. Basterà pensare all’esempio della
alluvione del Po.
Avere molti insegnanti, medici, infermieri, assistenti cattolici sarà un grande
bene per il popolo. Avere molti deputati cattolici sarà un grande vantaggio per
il popolo. Avere uno stato cattolico anche nelle sue leggi sarebbe un toccare il
cielo con un dito. Attualmente la sociologia cattolica è ancora assai nebulosa.
Non credo che la sociologia, una volta conquistata nelle sue linee
fondamentali, abbia ad essere soggetta a successive gravi evoluzioni. Quel
momento in cui essa arriverà ad aderire alle leggi naturali della società umana,
non avrà altro da fare che evolversi nel perfezionarne l’applicazione, nel
mantenerne la purezza dei suoi presupposti immutabili. Però, sono tutte cose
che sapranno fare anche i non cattolici. I cattolici si differenzieranno dai non
cattolici solo se sapranno essere imitatori di Cristo, cosa che gli altri non
potranno fare se non convertendosi a Cristo. Presupposto della vita cattolica è
l’amore, dal quale scaturiscono tutte le virtù. E l’amore odia l’errore, quindi
cerca, accetta, vive la Verità.
Gesù ci espone due casi:
I - Un atto d’amore verso il prossimo, unilaterale. Il Samaritano che si fa
prossimo di chi non si è fatto suo prossimo.
II - Amatevi l’un l’altro come io ho amato voi. L’amore dei suoi discepoli che
è reciproco e che prende luce vivissima nella preghiera all’ultima cena.
Il primo atto d’amore può essere anche tra i gentili e gli scismatici; il
secondo identifica, caratterizza l’essere suoi seguaci. Questa è la Chiesa. Io, e
nemmeno i miei figli più maturi, ho mai pensato che sia solo cattolicesimo una
Nomadelfia ben messa a fuoco. Chi me ne ha accusato è senza dubbio in mala
fede e un ignorante. Però è sempre un amore comunitario in quanto deve
sempre esplicarsi nell’essere l’uno per l’altro secondo l’Unum sia in forma di
libera reale comunità sociale, sia di organizzazione di gente non convivente ma
egualmente legata alla reciproca assistenza secondo lo spirito della preghiera
all’ultima cena. La prima offre vantaggi di gran lunga superiori alla seconda
forma. La prima può raggiungere tali conquiste di perfezione d’ambiente da
rendere l’uomo fin da bambino un tutt’uno con Cristo anche nelle occupazioni
che altrove assumono più carattere di profano che di aderente alla vita
spirituale. Questa e quella forma di vita nell’amore del Mandatum Novum non
è possibile ai non cattolici, per cui gli altri vedranno e vedendo crederanno.
Il clero e i religiosi non sono stati educati a questa concezione pratica
della vita cattolica, per cui non me la sento di averli ad interferire nella nostra
comunità se non nei limiti di quelli che già son cresciuti con me. Questa è la
nostra vocazione, la realizzazione del Mandatum novum, sotto questa forma
comunitaria sociale, libera, cioè che nessuna autorità sarebbe autorizzata ad
imporre mentre avrebbe il dovere di difendere, come diritto naturale e
soprannaturale degli uomini. E quando facciamo queste affermazioni ci saltano
addosso tutti i cappellani che vogliono metterci i loro cappelli, le loro berrette,
i loro baschi, i loro turbanti, le loro insegne ed affini. Questi santi che
tormento! Direbbe Don Abbondio. E gli altri ci vorrebbero comunisti,
anticlericali, assistenziali, progressisti, pedagoghi, sociologi, esperti di
correzione della delinquenza minorile, città del fanciullo, giardino d’infanzia,
ricovero di mendicità, ... eroi senza gloria, mistici, anacoreti, monaci, suore,
impresari, ecc. Prima non sapevano neanche che fossimo al mondo, poi ci sono
piombati addosso a fila di pullman, tutti vedendo in noi ciò che ciascuno di
loro sognava in se stesso od odiava. E noi prendiamo botte orbe.
Nomadelfia è una tribù cattolica della quale io sono il capostipite-
sacerdote, ora lacerata perché la Santa Sede non l’ha capita, quindi non l’ha
protetta quando tutti le si scagliano contro. Che poi la tribù diventi tribù di
tribù, niente di straordinario. Si farà, d’accordo e nell’approvazione del Papa,
le sue leggi, si creerà il suo costume, sarà una popolazione, poi un popolo
comunitario, quindi parrocchie e diocesi comunitarie. Non è che io creda a
questo come facessi atto di fede o pretendessi di aver avuto delle visioni
profetiche, come sono stato accusato. Non ci penso neppure lontanamente a
vedere l’avvenire, quando ci pensa il Signore a questo; ma non farò un reato,
se studiando la natura della nuova pianta non escludo il suo naturale sviluppo.
Che poi si avveri o non è affare del Signore. É Dio che dà l’incremento. E chi
autorizza gli altri a negare quello che io vedo e che nasce attorno a me? A loro
non è dato di vedere. Ormai questo è chiaro. Chiunque ha voluto mettere mano
in Nomadelfia durante questi disgraziati sei mesi non ha fatto altro che dei
disastri. Adesso c’è chi vuole darmi dei direttori spirituali: non ne accetto. Mi
farebbero diventar matto. Qualche sincero e non segreto osservatore mi
sarebbe tanto di aiuto, ma basta che si tenga la sua mentalità e non voglia che
noi facciamo ciò che non risponde alla nostra vocazione. Niente spie. Si stia al
vangelo. Prima ne parlino con me, poi se non accetterò la loro tesi od
osservazione ne parlino con due testimoni; e se non mi piegherò: Dic ecclesiae.
Andremo così insieme davanti a Chi può giudicare e decidere. Povere anime di
Nomadelfia! Ma guardi un po' che razza di sventura è loro capitata! Mi ha
telefonato or ora Dario da Nomadelfia così: Oggi c’è stato un altro funerale. -
Un funerale? interruppi. Sì - continuò - Dodici bambine sono state deportate.
Quello è diventato il loro linguaggio. Quando una città grande, chiamerà
deportata una bambina sola, alla quale si vuol negare una rinata famiglia in
Cristo, la Chiesa potrà disporre di grandi forze per convertire il mondo. Sono
previsioni alla portata di tutti. Ma che proprio non si possa far nulla per
arrestare questo flagello? Ma che proprio si debba andare fino in fondo?
Tante volte anche il chirurgo si arresta quando se ne accorge che ha
provocato nel paziente pericolose emorragie di sangue. Ma se Gesù ha fin
mutato decisione, e dire che è Figlio dell’Immutabile, davanti alle insistenze
della cananea! Ma Roma siete i Suoi Ministri, quindi vedete se è il caso di
imitarlo davanti a queste cose gravissime e più che arrestabili.
Creda, Eccellenza, l’umanità e la Chiesa stessa hanno bisogno di
Nomadelfia come Gesù ha sete del nostro amore.
Con affetto mi prostro ecc.
“Nella storia della Chiesa c’è un fatto così limpido come Nomadelfia?”.
Eccellenza Reverendissima,
una critica che deve aver avuto un peso enorme sulle decisioni della Suprema
Congregazione del S. Ufficio deve essere stata sulla pietà. Scrissi qualcosa in
merito a S. E. il Nunzio ap. Io personalmente non sono visto come sacerdote
pio da coloro che per pietà intendono qualcosa di diverso di quello che intendo
io. Come me sono i miei figli. Per parte mia non ho mai ceduto a fare
diversamente. Crearmi delle leggi nuove quando già è una lotta sovrumana
osservare quelle che impegnano sotto pena di peccato, come ad es. per me la
recita del Rosario e una mezz’ora di meditazione al giorno, in luogo del
breviario, l’osservanza dei doveri dello stato, lo studio delle sacre scritture, la
dovuta dedizione ai figli ed al prossimo, senza annoverare tutte le norme che
impongono le virtù cristiane, mi pare semplicemente assurdo.
Le stesse direttive pastorali, come consigli, date dal Codice non mi impegnano
nemmeno sotto pena di peccato veniale, e quindi mi ribello quando altri
vogliono imporle fino a disonorarmi se non le osservo, fino a distruggermi. No.
Non posso accettare queste cattiverie. Per parte mia non sono pietisti quelli che
fanno diverse pie pratiche, ma rifiuto come pericolosi pietisti quelli che le
pretendono dagli altri. Se mi alzo e non celebro sono sospetto di peccato, se
non entro in Chiesa a fare una visita al Santissimo, sono senza amore a Cristo;
se non frequento la novena della Immacolata sono freddo e non amo la
Vergine; ma insomma posso accettare tutte queste schiavitù contro la libertà
che il Signore e la Chiesa mi concedono? Come scrisse quel giornale francese
contro Nomadelfia: La Chiesa perde dei tesori, se non si celebra tutte le
mattine. Ma che cosa perde? Se perdesse qualcosa, imporrebbe di celebrare.
Perde quando qualcuno in forma anche indiretta me lo impone, cosa che poi io
non accetto. Perché questa mia impuntata su questo argomento? É parte
fondamentale della mia vocazione. La più assoluta ed indiscutibile libertà
diretta ed indiretta sulle cose che non sono sotto pena di peccato, non essendo
doveri. Ho mantenuto quella direttiva perché ho studiato la morale ed ho
esaminato un complesso di atteggiamenti del clero che urtano contro la serenità
della morale, che turbano fatalmente le anime. Ho esperimentato in me e in
molte anime l’abuso dei troppi improvvisati direttori spirituali, che rendono le
anime goffe e che le inducono a credere che la santità non si possa raggiungere
senza fare certe pratiche di pietà. Credo che sia santità reagire a quei malati. É
santo chi fa il proprio dovere ad imitazione di Cristo, secondo le leggi
proclamate nella rivelazione, riconosciute tali dalla Chiesa, e secondo le leggi
della Chiesa. Ma che un’anima abbia degli scrupoli perché non ha fatto la
comunione questa mattina è cosa da malati. E se l’ha fatta non pretenda che
altri la imitino o non giudichi male chi non l’ha fatta.
Sono stato in cura d’anime per 17 anni nella parrocchia di S.
Giacomo Roncole; credo che era, allora, la parrocchia nella quale si arrivò a
fare più comunioni. A Nomadelfia si sono sempre fatte molte comunioni,
specie in giorno di festa. Ma l’assicuro che mai ho permesso la minima
insistenza in materia. E la libertà che ho sempre difeso in quelle anime l’ho
difesa nella mia persona. É stato questo un motivo di sfiducia? Si parli chiaro.
Per parte mia sarebbe stato un pessimo giudizio perché ho battuto la strada
maestra per rendere disinvolta, ma sicura, la fede nei miei figli. Quello che
confessando so che devo pretendere dalle anime e quello che non devo
pretendere per non ingannarle nel giudicarsi davanti a Dio, l’ho preteso e non
l’ho preteso da me e dai miei figli, come norma di vita. É una colpa questa?
Con queste colpe si va in paradiso, perché si rende un grande servizio alla
Chiesa, in quanto si formano delle anime sensibili alle chiare leggi del Signore
che in realtà coinvolgono tutti gli istanti della vita e che nella imitazione di
Cristo sono tutti atti di virtù dovuti.
Io faccio la volontà del Padre mio. Ma, per piacere, si pretenda
quella volontà dalle anime nel rispetto anche delle loro libertà volute da Dio
stesso. Il Padre nostro vuole il culto come è comandato dalla Chiesa; vuole
l’amore come è comandato da Cristo, vuole la giustizia come è comandata
dalla morale cattolica, vuole le virtù come sono precisate dalla morale
cattolica, vuole la conoscenza delle verità della fede come sono insegnate dalla
Chiesa, vuole la libertà dei liberi figli di Dio. Su questo piano anche un
bambino capisce che è bello fare queste cose e se le lascia anche imporre,
perché sente che sono leggi inesorabili e secondo il massimo bene della sua
esistenza, ma non appena si alterano quelle linee pure e coerenti alla volontà
espressa di Dio c’è da rovinare chi ha la fede e da scandalizzare chi non l’ha.
Quando un padre, od una madre od un sacerdote dà uno schiaffo ad un
giovinetto perché si rifiuta di dire una imposta preghiera prima di andare in
letto, siamo davanti ad un fatto che potrebbe avere conseguenze fatali perché è
una violazione della legge di Dio. Ma se il giovinetto si rifiutasse di andare alla
S. Messa in giorno di festa, lo schiaffo non gli farebbe nessun effetto fatale
perché è diretto ad imporgli ciò che Dio impone.
C’è stato a Nomadelfia sei mesi un parroco estraneo alla nostra vita.
Credo che non abbia capito niente di tutto questo. Donde ha fatto la figura
deleteria di Donna Prassede con Lucia. Se i miei figli hanno resistito, penso
che è stato un clamoroso miracolo. Quante cose sono rimaste nel segreto
dell’anima mia! Nella ridda dei pettegoli e dei superficiali che mi torturavano
con le loro diverse e ben lontane mentalità tutto quello che dicevo ai figli
veniva inteso su quel piano mentre per gli zelanti veniva inteso come stranezza
e addirittura come ribellione alla Chiesa. Non intendo scusare i miei sbagli
nell’attuare tanta impresa; ma, creda Eccellenza, ho visto invadere il gregge
come da lupi rapaci pienamente in santa e buona fede, tanto che si saranno con
questo meritato il paradiso, ma che spavento e che deviazione per i miei figli!
Stavo portandoli tra le mille e mille contrarietà, che V. E. ben
conosce, sul piano della vera riforma della vita e cioè sul piano della dichiarata
e ben precisata volontà di Dio in tutte le espressioni vitali, sul piano dell’uomo
nuovo. Primo risultato fu infatti quello che, avendo scoperto la bontà della
volontà di Dio, stavano affezionandosi tra loro, come veri fratelli della
fraternità voluta dal Redentore. Una volta fissato nelle loro anime quella virtù
fondamentale tutto il resto diventava di facile conquista. E forse che può essere
nelle anime un amore così eroico se non avessero spirito? Ottenuto quello
spirito producente quell’amore si stava per rifinire le anime alla conquista delle
più alte virtù che devono essere nei liberi figli di Dio. Ha mai incontrato V. E.
nella storia della Chiesa un fatto così limpido e di tanta semplicità cristiana
come Nomadelfia?
Le stesse prime comunità dei cristiani erano ben lungi dall’essere su
quel piano. Per questo sono fallite. E sono fallite non per ordine di Pietro o
degli apostoli, ma perché avevano in se stesse le cause del fallimento,
mancavano loro le basi sociali ed erano poco limpide nelle loro forme di pietà,
mancavano loro venti secoli di esperienza, e sono rapidamente sboccate nelle
inesatte forme di elemosine¸ perché la loro comunità non rispondeva alle vere
e divine esigenze della vita cristiana.
La vita cristiana è senza dubbio molto più perfetta, molto più bella,
molto più affascinante se vissuta in comunità, ma solo quando la comunità
anziché mortificare, sviluppa il soddisfacimento delle vere esigenze dell’amore
che Cristo ci comanda: semplicità e aderenza pura alla volontà espressa di Dio.
Questa è la mia pietà, questa è la pietà dei miei figli, questa sarà la pietà di
Nomadelfia quando sarà cessata la persecuzione che ci ha dispersi. Comunità
che è il sorriso pieno dei bimbi e gioiosa dedizione eroica degli adulti, nel
trionfo del reciproco perdono secondo il cuore di Cristo. E Roma deve
rispettare questa mia vocazione, perché la vocazione è cosa di Dio. La deve
difendere perché la Madre deve difendere le sante aspirazioni di ciascun figlio,
anche se i fratelli si oppongono. E Roma non deve avere paura delle novità,
quando sono nient’altro che slanci d’amore a Dio ed alla sua Chiesa; deve anzi
correre in aiuto perché i figli dell’inerzia pesano e sono pericolosi al nascere di
quelle.
Vede i risultati delle due pietà? Prima i fanciulli di Nomadelfia erano
ridenti, ora piangono e si trasformano in desolati. Chi non capisce queste cose
vuol dire che ha un cuore fin anche teologico, ma non mistico e palpitante il
vivissimo palpito di quello di Gesù che sapeva piangere anche davanti al
morticino della vedova di Naim, nonostante che sapesse di farlo risorgere e di
ridonarlo alla sua mamma.
Io ho parlato con il S. Padre. Sono convinto che se Egli vivesse solo
un momento tra noi in questo spaventoso evento, piangerebbe alla
deportazione di un solo bambino, arresterebbe il funerale e ordinerebbe un
basta sovrano, lo ridonerebbe alla sua mamma. Ogni polemica svanirebbe per
dar luogo alla vita. Quanto sta accadendo è la morte. E mentre io sarò in giro in
cerca di terre nuove, in Italia i figli vengono strapazzati senza pietà. Il governo
non ci vuole aiutare a far fronte alle passività. Gli auguro con tutto il cuore che
il Signore gliela perdoni. Sarà difficile. Su simili reati sociali c’è poco da
costruire. Una ventina di giorni prima del decreto del S. Ufficio contro di me,
una commissione di amici di Nomadelfia andò da S. E. il Min. Vanoni, il
quale, visto il programma di lavori e considerata la bontà di Nomadelfia,
promise di dare subito 50 milioni per far tacere i creditori in un primo tempo,
altri 50 in un secondo tempo. L’On. Medici accettava la mia collaborazione a
Grosseto. S. E. Vanoni, presenti l’On. Medici e detta Commissione, telefona a
S. E. Scelba, chiedendo la sua approvazione e Scelba risponde: Niente,
Nomadelfia deve essere trasformata e don Zeno deve andarsene. Grazie tante.
Me ne sono andato, ma il fattaccio è rimasto.
Si avvicinano le elezioni. Il governo avrebbe molto più interesse a
mettersi d’accordo con me e quindi con Nomadelfia prima che gli avversari
non approfittino dell’occasione per accusarlo di delinquenza sociale, durante la
lotta elettorale. Ogni pulce, dice la povera gente, dà il suo pizzico. Potrebbe in
tal caso il partito del governo difendersi accusandoci di eretici, di ladri, di
immorali, come tentò Bedeschi, l’indomani del decreto del 5 febbraio.
Saremmo costretti a difenderci. Anche la pietà di Scelba e di De Gasperi ha
dato un pessimo risultato nei confronti di Nomadelfia. Ripeto: sul reato non si
costruisce che dei mostri. Il perdono reciproco sarebbe una santa e gran bella
cosa! Ma un perdono con risultati pratici. Non avverrà questo? Bisogna essere
molto faciloni per non credere che sul campo di battaglia elettorale non si
vedano, a sdegno delle masse votanti, un desolante spettro di morticini ricaduti
tra i senza famiglia, e lo scorrere del pianto di quante anime, donne e padri di
famiglia che speravano nel successo di Nomadelfia. Spettri che i fari rossi non
mancheranno di illuminare e di colorare chissà in quanti modi. C’è poco da
dire: il fattaccio esiste. Ma che gusto ha il governo a prendere alla leggera di
queste cose? Quanta gente pensava di dover morire sotto una spettacolare
bomba, durante la guerra; invece è morta di tetano, perché si è punta
inavvertitamente un piede con un modestissimo filo di ferro, cosa da niente.
Non credo che il Signore gliela passi liscia. Per parte mia sono sempre pronto a
vedere se si potesse prevenire l’irreparabile.
Questa è la mia pietà.
Mi prostro ecc.
“Vuole un aiutante nel suo ufficio? Basta che faccia la sezione della giustizia
sociale, ci sto!”
Eccellenza Reverendissima,
E perché il Papa non mi accetta sacerdote della Sua diocesi? S’intende, come
padre dei nomadelfi? É stata la sua proposta, Eccellenza, che non accettai
perché mi si negava detta paternità; ma lo avrei fatto di tutto cuore. É il
vescovo più indicato per ospitare dei figli selvatici ma fedeli come siamo noi, e
avrebbe la gioia di tirarci spesso le orecchie e di vederci tra le plebi periferiche
come dei demoni bianchi. Il Papa tira fuori un pacchetto di milioni (vende
qualche tesoro della Scala Santa, una qualche tiara monumentale), prendiamo
una zona delle più rovinate, facciamo una parrocchia delle più all’osso e delle
più libere con incluse le borgate di Nomadelfia, De Gasperi paga la mancata
giustizia per il passato, il Papa ci mette alle costole un bravo osservatore (per
esempio Lei).
Vuole scommettere che se ciò avvenisse prima delle elezioni sarebbe un colpo
formidabile a tutti coloro che sono in agguato per colpire ed offendere la
Chiesa nell’ora della lotta elettorale? Vuole scommettere che il Papa finirebbe
per fare qualche passeggiata verso sera per venire a cena con noi? Il Papa ha
sopportato un S. Filippo Neri; a più ragione potrebbe lasciarsi molestare da una
Nomadelfia.
Pazzie? Quel povero vescovo di Carpi tremava, quando si muoveva
Nomadelfia, più per paura di Roma che delle ripercussioni locali. Il Papa non
tremerebbe, ma chi sa quante belle cose potrebbe realizzare nella sua diocesi
con questi figli spregiudicati fino a farsi fratelli e a predicare al popolo la
fraternità cristiana con le opere. V. E. non mi disse un giorno che è figlio di un
operaio e che da ragazzino spingeva il carrettino del pane come garzoncello
del fornaio? Provi a spingere questo carrettino. Sotto il manto del Vescovo di
Roma saremmo più arditi e meno fraintesi. Le prometto che faremmo una
travolgente missione in tutte le borgate della città con risultati inaspettati. Non
un chiasso, ma qualcosa di molto costruttivo. A un povero vescovo
dell’America del Sud, verrà la tremarella non appena saprà che siamo passati
attraverso le strettoie del S. Ufficio. Vuole un affezionatissimo aiutante nel suo
ufficio? Basta che faccia la sezione della giustizia sociale, ci sto! E faremo un
bene immenso. La DC, basta che si metta su di un piano cristiano, potrebbe a
Roma riguadagnare i 100.000 voti perduti. Sono colpi di scena e virate di
bordo che piacciono a tutti e che consolano tutti, anche sbalordiscono i
diabolici covatori di uova di serpe tra il popolo. Cose che sbandano il nemico
più di qualsiasi minaccia di bomba H. Giacché la Suprema Congregazione mi
riconosce padre dei nomadelfi, giacché essa non ha pubblicato nulla di quanto
è avvenuto tra me, Nomadelfia e la Santa Sede, giacché lo stesso governo non
si è compromesso con nessuna dichiarazione ufficiale, mi pare che il colpo sia
molto facile, tanto più che Nomadelfia, proprio per amore alla Chiesa, ha
preferito autosciogliersi e disperdersi volontariamente. Mi pare che il Signore
abbia tutto predisposto per cogliere la palla al balzo. La sana diplomazia, poi è
maestra nel rimettersi in carreggiata. Roma salva Nomadelfia, ma lasci pure
profetizzare che Nomadelfia salverà Roma, che realmente si trova molto
minacciata dal troppo meritato anticlericalismo e dall’ateismo invadente ed
assediante la città. Non lo crede Lei? Non ritiene opportuno esporre questo
piano al S. Padre, che mi disse: Faccia quello che vuole?
Non appena l’America sarà liberata dalla paura della Russia, se
riuscirà, vedrà che razza di invasione protestante farà a Roma. E forse che
Roosvelt non ha detto: É ora di farla finita con questa Roma eterna? E il
popolo di Roma non è più in quelle condizioni morali da saper far fronte,
tutt’al più finirà per non credere né agli uni né agli altri. Eppoi che Roma
cattolica è quella! C’è ben poco da imparare e molto da scandalizzarsi.
Tenni prima della guerra una missione di otto giorni a borgata
Tormarancia. Quanto bene si fece! Ma è la stessa cosa che accendere una
candela nella notte al vento, consola, invade di speranze, ma poi si spegne. Ci
sarebbe la materia infiammabile, ma manca qualcosa che non si vuol capire.
Parliamone con il S. Padre. Sono disposto a diventare un Suo diocesano, come
sono disposto a diventare un abitante selvaggio di una qualsiasi giungla.
Prima che piovano le bombe atomiche non sarebbe male piantare a
Roma i semi che tra le macerie finiranno per proporre nuove e più preziose vie
ai cristiani che saranno incolpati di chissà quali incoerenze alla loro dottrina.
Parrebbero cose troppo semplici per una Roma così complessa, invece sono le
vie maestre, attraverso le quali Cristo può far nascere le piante vive nelle aride
piazze, piante uguali a quelle delle più maestose foreste.
Mancherebbe di prudenza secolare il Papa se facesse questo? Ma il
Papa deve essere pioniere. Tutte le può tentare per riportare le masse in
grembo alla sua Chiesa. Questi sono i mezzi adeguati al fine. Io ci scommetto
che proprio quelle personalità che oggi ci guardano con tanta riservatezza
diventerebbero i nostri più entusiasti collaboratori. Gli estremi si toccano. Non
faremo della polemica, ne abbiamo fatta anche troppa. Faremo delle opere
eloquenti e secondo il cuore del Papa. Coraggio, Eccellenza, tutto è possibile a
chi ricorda di avere da fanciullo spinto il carrettino del pane, e che ora,
volendo, potrebbe fare tanto... nella eco delle canzoni che senza dubbio
cantava quando era chi oggi Gli è successore egualmente semplice ed
egualmente fanciullo ignaro delle malizie del mondo che serve
inconsapevolmente come un piccolo schiavo modernizzato.
É così semplice! Basta un comunicato stampa così telegrafico: don
Zeno ha scelto la diocesi di Roma. Però ci intendiamo prima. Ma se non è
possibile realizzare a Roma una Nomadelfia limpida secondo la sua natura, se
è cioè prematuro realizzare un piano che a me pare così bello per la Chiesa,
che in tutte le sue istituzioni è sofferente per causa di più forti esigenze che il
mondo invoca e che essa per sua natura potrebbe soddisfare con travolgenti
soluzioni attraverso l’esempio di un passo decisivo verso l’Unum da parte di
una popolazione nuova, seguiremo le vie di lontane terre per riprendere da
capo.
Chi segue Cristo passa di sorpresa in sorpresa.
Non mea sed tua voluntas fiat.
Mi prostro ecc.
Beatissimo Padre,
Fino a questo momento, grazie a Dio, ho inteso servire la Chiesa e salvare
l’onore dovuto alla Chiesa ed alle sue gerarchie. E voglio nel Signore
consumare il resto della mia travagliatissima esistenza al servizio della Chiesa.
Non saprei neppure fare diversamente, perché per me la vita è per volontà di
Dio naturaliter possibile solo nella Chiesa del Redentore, che è la Vita; come
non saprei pensare al suicidio anche quando la terra mi è tormento anziché casa
di pace e di amore.
Ho ubbidito alla Suprema Congregazione del S. Ufficio danneggiando in modo
gravissimo tutte quelle persone che mi avevano fatto credito per dare un pane
modesto e il lavoro per i figli che il Signore mi aveva mandati, essendo questi
alla più umiliante rovina ed all’abbandono.
Ho ubbidito alla Suprema Congregazione lasciando sterminare i figli
che in gran parte sono ritornati in mani matrigne e sono rimasti di nuovo senza
mamma, senza babbo, senza fratelli. Ho inteso salvare l’onore delle gerarchie
subendo in silenzio le evidenti ingiurie di S. Em. il card. di Milano, di S. E. il
vescovo di Carpi che senza nemmeno interpellarmi hanno fatto man bassa
affamando indirettamente e diffamando i miei figli. Ho ubbidito facendo tacere
la mia vocazione e quella dei figli, perché la Suprema Congregazione non
voleva riconoscerla, a scandalo degli innocenti. Ho ubbidito alla Suprema
Congregazione violando le leggi della stessa giustizia naturale, che mi
comandava di non trascurare gli interessi dei miei protetti, ai quali avevo
promesso amore paterno; e violando le dovute premure per la conservazione
dei capitali e delle iniziative che erano a garanzia dei creditori.
Nomadelfia si è autosciolta perché nessun tribunale ecclesiastico si è
messo alla sua difesa contro quelle evidenti violazioni dei suoi diritti di
giustizia e di fraternità. Abbiamo tutti chinato il capo convintissimi di avere
subita una ingiustizia tale che solo Dio saprà darcene ragione quando saremo al
cospetto del suo tribunale. Come colpita da micidiale siluro infertoci da nessun
nemico qualificato, bensì in casa nostra la navicella di Nomadelfia da sei mesi
affonda tra il pianto, la costernazione, lo spavento degli innocenti che cadono
nelle acque violente, insidiose e divoratrici, aggrappantisi spesso invano a
frammenti galleggianti, indifesi dai pescecani che sono accorsi per divorare
tenere fanciulle, ragazze strappate prima dall’incesto ed alla malavita,
giovinetti sfuggiti, scappati in casa nostra in cerca d’amore, dalle mani di
speculatori biechi; vedove desolate, anime materne e paterne, che tutta la parte
più preziosa della loro esistenza avevano donata a quelli che trasformavano a
ripeterne il santo gesto di dedizione. É rara cosa che nei naufragi tutti i
naviganti siano ingoiati dalla acque. I superstiti che sopravviveranno
chiederanno a Dio il dono di ricostruire la navicella per riprendere la via delle
loro sante aspirazioni nel convoglio della Chiesa, con un lutto in petto che
porteranno alla tomba. Gente provata in quella maniera finirà per sentire, come
naturale palpito nel soprannaturale, che la Chiesa ha urgente bisogno di essere
amata fino anche a queste forme di terribile ubbidienza. Chi ama Dio ama
necessariamente l’umanità e quindi non può che offrirsi anche in queste forme
di ingiurioso olocausto perché l’umanità a tutti i prezzi rientri nella sua Chiesa.
Circa un mese fa S. E. Mons. Ottaviani mi riconosceva la paternità
sui figli e mi autorizzava, sotto determinate condizioni di ricomporre la
famiglia all’estero, radunando i superstiti ed ivi portandoli. Due strascichi
rimangono inesorabili e chiedono una riparazione:
1- il recupero dei figli che ritornano all’abbandono, nonostante le
premure di autorevoli persone delegate ad evitare mali maggiori;
2- la restituzione dovuta a tutti quei creditori che non accettarono la
nostra proposta di concordato stragiudiziale, essendo Nomadelfia
giuridicamente una associazione civile, quindi impegnante in solido tutti
coloro che hanno agito per conto ed in nome di essa, e cioè tutti i maggiorenni.
Impegno cui siamo legati in coscienza, essendo fin dall’inizio consapevoli che
la natura di Nomadelfia non era da includersi tra le società a carattere
commerciale, quindi non poteva beneficiare delle leggi sui fallimenti, cosa che
i creditori evidentemente sapevano. Infatti i creditori più grossi non accettano
questo concordato. Conoscono bene la legge. Costruire su due mancate
giustizie, mancate di fatto, indipendentemente dalla ragione per cui in essa
mancanza si sia caduti è evidente ingiustizia. Il fine non giustifica i mezzi. Il
bene è riparare a queste due ingiustizie nei limiti consentiti dalle nostre forze,
perché siamo ancora vivi. Di conseguenza né io e nemmeno i miei figli
maggiorenni, sacerdoti e laici, siamo autorizzati ad esentarne anche uno solo
tra noi dall’impegno naturale e solidale di soddisfare a quelle obbligazioni
assunte verso i terzi. Obbligazioni perseguibili per tutta la vita ed anche contro
eredi. Nomadelfia come tale si è autosciolta e dispersa nel senso seguente:
siamo rimasti una famiglia legata a vincoli insopprimibili, pena la lesione
evidente di una dovuta giustizia. Che poi si rimanga in Italia o che si vada
all’estero, riparare comunque bisogna, dall’Italia o dall’estero; e questa nostra
ferma volontà di non peccare contro la dovuta giustizia deve essere fatta nota
quanto prima agli interessati, se non si vogliono offendere di scandalo le loro
anime. Cosa che scrissi anche alla Suprema Congregazione e a S. E. Mons.
Vescovo di Carpi, senza risposta.
Nemo tenetur ad impossibilia, ma non si potrà mai dire che una
famiglia di circa 300 lavoratori possa scusarsi di impotenza a soddisfare i suoi
impegni, sia pure nel tempo, o che sia autorizzata a dileguarsi tanto da rendere
impossibile il soddisfacimento di impegni assunti in solido.
Beatissimo Padre, ho detto tutto questo, ma senza rancore, anzi con
ferma volontà di camminare nelle vie dell’amore alla S. Madre Chiesa, a
Vostra Santità e persino al tribunale della Suprema Congregazione. Ho la
coscienza turbatissima perché non si sono fatte le cose come mi sembra
dovevano essere fatte, anche se fossero costate gravi ed odiosi sacrifici. Chiedo
una grazia alla Suprema Congregazione e cioè:
Premesso
a) Esistono vincoli sociali tra me, i miei figli maggiorenni e
minorenni che derivano da fatti insopprimibili nelle loro conseguenze di diritto
naturale;
b) esistono vincoli economici verso i figli come evidente
sopravvenuto dovere di reciproca assistenza;
c) esistono impegni economici di giustizia nei confronti dei terzi cui
tutta la famiglia che giuridicamente assume la fattispecie di società civile
secondo il Codice Civile, art. 36,37,3 ecc. è tenuta in solido a soddisfare;
d) esistono doveri di onore e di buon costume cristiano che
impongono di evitare lo scandalo di leggera e cattiva volontà nell’abbandonare
delle posizioni di lotta e di lavoro che sono moralmente giudicabili come
condizione sine qua non per mantenersi nella possibilità di soddisfacimento
degli impegni naturali e cristiani, assunti e comunque rimasti pendenti;
e) è in atto un disordine morale contro certe anime, che per causa
della mia assenza e che per motivi derivanti dai provvedimenti della Suprema
Congregazione riducono e me ed i miei figli in un contrasto di comportamenti,
lodevoli come spirito di ubbidienza, ma per niente giustificabili in sede di
diritto civile e penale;
f) il concordato stragiudiziale proposto dalla Commissione
liquidatrice minaccia di non riuscire costringendo e me e tutti i miei figli a
ricadere inevitabilmente in gravissime responsabilità anche, volendolo i
creditori, di carattere penale;
g) nessun atto autoritario può autorizzare l’insolvenza a danno di
terzi o contro la volontà dei terzi interessati;
h) è estremamente imprudente e colposo non prevenire in tempo tale
eventualità ora più che mai minacciante; chiedo una grazia alla Suprema
Congregazione e cioè:
1) Un giudizio in via rapida da parte della Suprema Congregazione
previo studio con me, in rappresentanza di Nomadelfia, su quanto premesso;
2) l’autorizzazione di adunare tutti i responsabili in solido, come
sopra detto, studiare insieme la situazione e decidere con impegno come si
intenda soddisfare ai nostri suddetti vincoli; cosa che mi è stata personalmente
proibita dalla Suprema Congregazione;
3) la mia libertà d’azione per essere solidale con i figli in ordine a
detti impegni.
Da tenersi presente. Prima di partire per il viaggio progettato per il
Sud America, per causa delle ultime notizie, ritengo inevitabile decidere
quanto sopra chiesto. Partire in questo momento senza avere precisato queste
responsabilità sarebbe imperdonabile e pericolosa imprudenza. Ripeto, a
sgravio di ogni mia responsabilità derivante da ritardi non da me voluti, la cosa
è molto urgente. In seduta farò noto cose che alla Suprema Congregazione
sono sfuggite.
Mi prostro al bacio del S. Piede, figlio dev.mo della Santità Vostra
Personale
Carissimo Mons. Crovini,
Credo che verrà a conoscenza di una lettera che ho inviata a mezzo di Dario a
S. E. Mons. Ottaviani. Scrivo la presente a Lei come caro amico
indipendentemente dalla carica che copre al S. Ufficio. E perché le scrivo?
Non lo so, ma mi sento portato intimamente a farlo.
Chiunque ha voluto mettere mano su Nomadelfia per trasformarla o meglio
inquinarla di iniezioni superate ha finito per perdere la partita, e Nomadelfia ha
sempre guadagnato molto. Se Cristo Gesù avesse accettato il compromesso e
quindi rifiutata la croce non avrebbe potuto esclamare: Ego vici mundum.
Pretendere che una Nomadelfia non sia soggetta a gravi inconvenienti
nell’esplicarsi della sua vita sarebbe come pretendere che in guerra non
morisse nessuno e non ci fossero dei feriti. Volere normalizzare Nomadelfia è
la stessa cosa quindi come si volesse normalizzare la guerra. Mi viene in mente
la poesiola: eran trecento erano giovani e forti e sono morti. Sono morti ma
poi in mille hanno travolto un regno intero.
Troppa gente ha avuto la piccioleria di credere o dubitare che si potesse uscire
dalla Chiesa. Bastava avere un poco di fiuto per arrossire al solo pensarlo. Non
creda che sia stata la questione finanziaria a determinare la vera tragedia che
tortura questa massa di babbi, di mamme, di figli rinati alla famiglia il cui
amore ha sfondato i bastioni di una famiglia pagana elevata a dignità di
sacramento, ma incapace di estendere o travasare la gioia e la serenità della
convivenza fraterna e figliale ad altre creature sventurate della sola sventura
che nessuno vuole sostituirsi al padre od alla madre colpiti dalla morte o dal
disordine del peccato; ad una famiglia pagana elevata a dignità di sacramento
ma incapace di attaccare la santità dei vasi comunicanti per abbracciarsi ad
altre famiglie ut sint perfecti in unitate. Il sacramento c’è, ma il suo sviluppo
soprannaturale è ancora relegato forzatamente negli stagni morti del
paganesimo istintivo. Quella famiglia si può definire come si definisce la DC
per indurre le anime a darle il voto: il minor male. Quale legge umana può
ergersi contro la legge dell’amore che porta persino ad amare senza limitazioni
persino i nemici? Amore che va inteso come si intende Cristo: consummatum
est?
La società è appestata dal nostro compromesso e oramai è stanca di cerotti;
vuole la penicillina che scorra nel suo sangue. E la penicillina l’abbiamo solo
noi custodita in vasi d’oro, piombati perché nessuno azzardi usarla.
Andrebbero alla malora troppi fabbricatori di cerotti. Appena si avvicina a quei
vasi nasce una levata di scudi che nessuno pensava fossero così bene
organizzati. Anche questi sono come la piccola borghesia che non è mai
organizzata in forme di quadri, di assemblee, ecc. ma anche i più esperti
rivoluzionari devono fare i conti con essa. E decide sempre le sorti del più forte
in quanto finisce per appoggiarlo, cadesse il mondo. Passa così la piccola
borghesia da una schiavitù all’altra, mentre coloro che sanno salire anche il
patibolo sono i vincitori. Cerchi di comprendere senza esagerare. Ho
semplicemente voluto dire che Nomadelfia ha saputo salire al patibolo. Sono i
giochi del Signore. E chi l’ha ridotta al patibolo? Nessuno, i nessuno, perché
nessuno se ne dovrà confessare.
C’è chi ci accusa di essere stati imprudenti. Ma quando? Abbiamo
semplicemente fraternizzato i rovinati dall’ordine pubblico che di fatto è il
disordine organizzato e divinizzato, senza pretendere che fosse un lembo
sociale di impeccabili o di angeli di quelli del dopo guerra tra Lucifero e
Michele. Abbiamo semplicemente detto che i ricchi sono dei ladri e l’abbiamo
detto nelle piazze, perché ci dispiaceva imitare decisamente i santi in un primo
tempo: il ricco o è un iniquo o è l’erede dell’iniquo. Ben lungi poi dal
pretendere di ripetere le saette di Cristo e degli apostoli.
Abbiamo semplicemente detto e preteso che i poveri abbiano diritto alla vita
ma non sui libri solo, o sui giornali.
Abbiamo semplicemente detto che con delle chiacchiere non bolle la pignatta e
che pancia piena non sa di vuota.
Abbiamo semplicemente detto che se i pidocchi ringraziano Dio perché
possono vivere benone, non sapremmo quale Dio dovrebbero ringraziare
coloro che sono oppressi da quei pidocchi.
Abbiamo semplicemente detto che piuttosto di aderire a quella gente siamo
disposti a farci impiccare tutti.
Qualche panciotto ci tormenta asserendo che abbiamo precipitato le cose,
perché il mondo non è ancora predisposto a sentire quelle cose. Penso che
chissà quando poi sarà predisposto a metterle in atto!! I tempi non sono maturi.
Già, e per chi? per noi invece sono addirittura troppo passati; per noi è troppo
tardi, siamo cioè colpevoli di non essercene accorti prima, perché ci avevano
insegnato che si nasce poveri e ricchi, invece abbiamo imparato dalla levatrice
che si nasce nudi. Se la levatrice non la smette di insegnare quella cosa sarà
tacciata di marxista. Abbiamo detto degli errori? Certissimamente chi tace
difficilmente ne dice. Abbiamo fatto degli sbagli? É la marca di fabbrica. Dice
il popolino emiliano: “Se l’acqua l’àn lavìs e al sol àn sughìs, pover nueter!”. E
a che servirebbe il settanta volte sette?
Perdoni la chiacchierata, ma sono contento di avergliela fatta come caro
ricordo di un suo affezionatissimo amico.
Con affetto
“Il nostro lamento non ha altro microfono che l’Orecchio di Dio che Lei
rappresenta”.
11 settembre 1952
Eccellenza,
scusi, che Lei sia demo non lo mettiamo in discussione; ma che sia cristiano
anche nel modo di permettere la persecuzione dei figli della ex Città di
Nomadelfia, rimane molto discutibile.
Domandi a S. E. il prefetto di Modena ed alla Questura dove sono e come sono
andati a finire non pochi minorenni dell’autosciolta Città di Nomadelfia.
Diversi presso famiglie miserabili, altri in stato di abbandono morale, altri alla
malavita. Diverse persone adulte, vedove, ecc. sono finite nella più squallida
miseria. Vuole le prove? Sono finiti tra la massa dei miserabili che si tengono a
bella posta sparpagliati, quindi impotenti, tra il brulichio sfacciato di coloro
che stanno bene e che, anche solo indirettamente, quindi con minori fastidi, ci
opprimono. Quelli sono liberi, protetti dai puntelli dell’ordine pubblico.
Il nostro lamento non ha altro microfono che l’Orecchio di Dio che Lei
rappresenta. Ogni potestà è da Dio e secondo noi, significherà anche senza
dubbio: ogni potestà deve rispettare e difendere i deboli ed i miserabili per i
quali Iddio sentenzia: Ero io in loro.
Avrà sentito un messaggio radio-trasmesso dalla Basilica Vaticana, presenti i
pellegrini di tutto il mondo [anno santo 1950]: I poveri hanno diritto alla vita;
quindi noi diremmo: se hanno diritto non sono più poveri, perché chi ha un
diritto non ha da fare altro che pretenderlo, e quindi sarà difeso senz’altro, caso
mai, dal Presidente del Consiglio dei Ministri.
Si informi, Eccellenza, per mettere a posto le cose prima delle imminenti
elezioni, delle quali sta studiando più la forma che la sostanza [per la sindrome
rossa Cf Zizola 297ss]. Non fosse altro, almeno, per essere tutti più tranquilli
in coscienza quando entreremo nella cabina a votare, dove siamo andati
diverse volte rimanendo come prima, e noi peggio di prima. Questa volta, scusi
il nostro analfabetismo, non sapremo leggere i manifesti, ma riusciremo a
interrogare lo stato reale della nostra esistenza.
Siamo cittadini? Ci domanderemo. Dovremo votare per il minor male? per
quel male che toccherà a noi, come sempre? Mentre molti voteranno per il
maggior bene, perché stanno e staranno benone.
E come la penserà Dio in quei minorenni? Sono molti Eccellenza, moltissimi,
una grave minaccia del cielo. Ci viene in mente una sentenza di S. Giacomo:
La vera religione è prendersi cura dei fanciulli e delle vedove in tribolazione.
Quanti sono i deputati e i senatori che devono in coscienza osservare quella
vera religione?
Provi, Eccellenza, a chiedere se avessero per caso cambiato religione.
Eccellenza Reverendissima,
Credevo che almeno il mio Vescovo con i miei confratelli sacerdoti della
diocesi si mettessero decisamente alla difesa di tutti i miei figli, dei sacerdoti e
di me come fondatore e padre dei nomadelfi, contro le violenze che stiamo
subendo da parte dell’Autorità Politica. Molti accecati dal fanatismo politico o
dalla vigliaccheria potevano dimenticare il grande bene che prima come
giovane cattolico, poi come sacerdote ho fatto nel Signore per trent’anni nella
Diocesi di Carpi, ma il mio Vescovo no. Che cosa le rimane da salvare,
Eccellenza, se lascia bistrattare così i suoi figli più sventurati? Conosce,
Eccellenza, tutte le ingiurie che hanno subite innocenti fanciulli e fanciulle?
Povere vedove con i loro figli? Altre anime che V. E. ha visto donare tutte se
stesse alla salvezza delle vittime delle trascuratezze indegne degli uomini della
politica imperante? Vede che cosa succede a lasciarli entrare nel gregge?
Sbranano i figli come feroci lupi rapaci, e V. E. tace mentre la parte sana del
popolo rimane indignata e guarda, costernata come noi, pensando che Chi
rappresenta Dio non difende gli interessi di Dio nel popolo. Perché V. E. ha
voluto precipitare le cose con quei decreti [revoca del decreto di approvazione
dell’Opera, 16.5.1952], senza neanche comunicarli prima a me? Ha notizia di
quei fogli di via che sono solo giustificati dalla legge di Pubblica Sicurezza
contro persone perniciose e sospette? In violazione di persone che, se non fosse
altro, sono inquilini di casa propria, di proprietà mia e dei miei figli il cui titolo
affidai per sicurezza, come rogito, a Mons. Sabbadini?
Io sono stato trattato come un delinquente da ergastolo privo di diritti
civili ed ecclesiastici. In diocesi, cominciando da V. E. si è disposto dei miei
figli e dei miei beni come se io non esistessi. E chi ha difeso e innocenti e
sofferenti e abbandonati, e beni? Alcuni uomini e alcune donne che in gran
parte da bambini erano stati abbandonati alla rovina, non il clero e non il
Vescovo. Se sapesse Eccellenza quello che è successo! Che spavento di bimbi,
che orrore di indelicatezze. Ho bisogno di sapere, Eccellenza, se Mons.
Sabbadini mi restituisce la mia proprietà immediatamente o se intende di
rovinarci del tutto tenendo nelle mani ciò che possiede solo a titolo di
interposta persona [si tratta del titolo di proprietà del terreno di Fossoli, che
Mons. tiene come garanzia]. Se per qualsiasi motivo si rifiutasse io sono
costretto a farlo giurare che quella proprietà non è sua e a tentarle tutte per
avere immediatamente nelle mani il mio titolo, per oppormi alle angherie della
polizia e per assicurare la proprietà ai creditori che altrimenti avrebbero diritto
di mandare in galera me e tutti sacerdoti e figli che con me avrebbero sottratto
tanto patrimonio ai loro diritti di ricupero. Entro domattina a mezzogiorno ho
bisogno di avere una risposta scritta da parte di Mons. Sabbadini
contrassegnata dalla garanzia di V. E., garanzia nel senso che la diocesi non
vanta nessun diritto su quelle terre e quelle proprietà, non avendo nessuna
ipoteca, e che, quanto può essere di pendenza tra me e la diocesi, verrà regolato
sulla proprietà del Casinone e del teatro di S. Giacomo. Se questo non avverrà,
io devo prendermi tutte le mie libertà di diritto per difendere e me e i figli da
queste ingiurie.
Eccellenza, non creda che tutto ciò alteri l’affetto, la devozione che le
devo e che sento per Lei, solo La prego con tutto il cuore di essermi Padre,
Amico, difensore a qualsiasi prezzo, nel comune dolore.
Eccellenza Reverendissima,
Se non stiamo attenti è proprio il momento in cui feriamo la Santa Madre per
causa di piccolezze da ragazzi.
Allego copia conforme di una lettera inviata al prefetto di Modena. Questa
mattina mi ha ricevuto. Si danno alla Chiesa delle colpe che non ha, e si fanno
delle interpretazioni dei provvedimenti della Santa Sede che non sono per
niente giuste, ma ingiuriose alla Chiesa.
Mi sono drizzato contro provvedimenti draconiani di carattere politico
poliziesco - niente meno con tanto di legge di P. S. - le ho tentate tutte per far
sfoderare al prefetto a quale provvedimento ministeriale si riferiscano quelle
violenze contro i nomadelfi. Non sono riuscito a farglielo dire, solo
indirettamente trapelava tutto, ma man mano che andavo indagando, egli si
ritirava fino a concludere che in seguito si procederà di comune accordo e a far
fermare l’ondata violenta ed indegna della polizia. Vedremo.
Io gli ho detto che non abbiamo nessuna intenzione di rifare Nomadelfia, ma
che questo, d’altra parte, non sarebbe stato di sua competenza, perché se lo
facessimo lo faremmo d’accordo con l’Autorità Ecclesiastica prima che con
quella politica. Gli ho detto che dimostri che siamo dei delinquenti da foglio di
via.
Ci siamo così lasciati in buona armonia perché ha ritirato le grinfie di una tale
cattiveria che non era sua personale perché con noi è sempre stato molto
buono.
Il questore voleva addirittura occupare Nomadelfia con la polizia; Le assicuro
che sarebbe scorso sangue.
Io però temo sempre un tiro del genere per cui venerdì 19 c.m. ho scritto a S.
E. Mons. Vescovo la lettera che allego in copia conforme essendo successi dei
fatti che non dovevano essere permessi in casa nostra. L’autorità ecclesiastica
locale è spaventata tra i due fuochi S. Ufficio-Scelba, tremano e lasciano
correre dei veri reati, tanto da dimenticare i veri diritti della Chiesa sulle
anime. Bisognava imporsi con il titolo di proprietà per non permettere simili
misfatti.
Oggi pomeriggio ho preso parte ad una seduta del consiglio amministrativo
della diocesi e spero che tutto sia stato regolato sapientemente, in modo che
qualunque cosa succeda in campo economico non sarà di disonore del
Vescovo, del Vicario e del Clero.
Si stava lasciando coinvolgere in un mare di accuse fuori luogo l’Autorità
Ecclesiastica da parte dei creditori che non cercano altro.
Non passa neppure per l’anticamera del cervello dei nomadelfi di riorganizzare
ciò che ad essi è costato tanta umiliazione, se non quando la Chiesa donerà ad
essi il loro sacerdozio. Uno tra essi, colpito, mi ha detto con molto affetto,
quindi ancora più pungente: Voi sacerdoti, non volendolo, ci avete traditi. E
passi. Essi non sono ribelli per niente, solo, sotto tanto tormento potranno dire
cose che come padre io scuso; penso anzi che sono anche troppo pazienti. Sto
sempre attento che non perdono la fede, scandalizzati come sono. Molti tra essi
sono molto tristi, è una cosa pietosissima. Come abbandonati.
La Società dei nomadelfi che essi hanno costituito, da me pure approvata come
consiglio di sacerdote, li ha salvati da un collasso morale che oramai si
avvicinava fatale per le loro anime, di questo temevo nella mia tremenda
responsabilità di sacerdote che ancora intendono.
É una associazione civile secondo il codice civile, quindi
inintaccabile essendo regolare di fronte alla legge. Allego di mia personale
iniziativa copia della nuova costituzione, che non è stata pubblicata.
La cooperativa di lavoro alla quale sono tutti iscritti è regolare di
fronte al tribunale, quindi darà ad essi la possibilità di lavoro in tutte quelle
aziende che vorranno qua e là formarsi. Non vivranno in comunità come prima
se non secondo le necessità del lavoro, ma esclusa ogni forma che esiga la
convivenza dei sacerdoti ad hoc. Andranno come e quando vorranno da
semplici cattolici dai parroci del luogo come e nelle sole competenze che ad
esse sono tenuti nei confronti dei parrocchiani: parroci che per essi saranno
degli estranei quanto al loro modo di vivere.
Leggo sui giornali l’errore del S. Ufficio circa quanto ha fatto di
Galileo si licet etc...; e forse questa volta lo ha commesso per cose di ben più
grave importanza. C’è solo di differenza, tra il fatto di Galilei ed il fatto di
Nomadelfia, che la terra nonostante il no del S. Ufficio girava lo stesso
indisturbata, mentre in questo caso sono state colpite delle vocazioni non solo
in adulti, ma anche in fanciulli, vocazioni ben delineate verso una forza nuova
nella Chiesa. Almeno così la vedo io.
Non si dia peso a tutte le chiacchiere che si riferiscono; alle fantasie
dei giornali, anche se rispondessero a verità, sempre praticamente non incidono
sulla sostanza vera che ci sospinge alla vita. Neppure creda che essi vogliano
fare della gazzarra in campo politico, se non sono costretti a difendersi. E che
forse sono così stupidi da voler fare gli spadaccini contro i mulini a vento? Che
girano solo quando c’è vento? Riprenderanno quei figli cui avranno diritto per
legge, esclusa qualsiasi forma di carattere, così detto, assistenziale e li
manterranno con il loro lavoro in solido.
Che cosa succederà nelle loro anime? Purtroppo non lo so prevedere
in via assoluta. Penso che noi ecclesiastici, nei loro confronti, tentiamo
temerariamente Dio. Io personalmente in quella Società dei nomadelfi non
posso proprio niente, se non un paterno, rispettato e forse compassionato
ricordo.
Farò per essi quello che la morale mi impone. Non illudiamoci noi
sacerdoti che quella loro nuova società riesca a creare qualcosa di solido.
Sarebbe proprio il colmo della incompetenza. E più ci metteranno mano altri
sacerdoti peggio sarà. É un ripiego per dar tempo al tempo, ma la mia
esperienza e la mia vocazione dicono chiarissimamente che andranno verso
enormi difficoltà, verso l’ignoto, come anime condotte in terre di conquista e
poi abbandonate dal padre. Quindi, non temo affermare, dalla Sacra
Gerarchia. Ad esse manca ciò che forzatamente è rimasto nell’anima mia, di
cui avevano ancora bisogno.
Vi tenete nelle mani una responsabilità che finirà per rendere anche
voi tristi ed addolorati. Cose che la Suprema Congregazione del S. Ufficio,
formata di sacerdoti, non ha voluto mettere a qualsiasi prezzo in primo piano
essendo tutto il resto polvere e fango dovuto alla tremenda lotta contro forze
insidiose più serpenti tra i più avvelenati serpenti. Eppure la vocazione è una
forza tra le più misteriose nella Chiesa, una potenza inafferrabile, appartiene
alla categoria delle radici.
Adesso poi è un precipitare di gravi sventure a troppe creature
innocenti, non so quando riuscirò a farne un succinto memoriale.
Sostanzialmente è una accanita persecuzione; e dire che in un baleno tutto
ritornerebbe tranquillo. Eppure il rimediare sarebbe una delle più belle virtù.
Vi do un figliale consiglio che altre volte vi ho dato invano: mandate da me un
sacerdote buono e intelligente, senza dire niente a nessuno dategli delle
istruzioni per me e basta. E che già sappia qualcosa della faccenda in causa.
Vedremo insieme il da farsi. Ascoltatemi perché è il Signore che nelle cose
chiaramente lo vuole. Che venga presso di me come amico e dica che è un
semplice mio amico. Se l’aria parlerà sulla sua missione smentiremo. Mandate
uno che sappia bene nell’anima che la Chiesa non è un monumento storico, ma
il tormento dei secoli, che non è in coda, ma in testa alle conquiste di Dio a
difesa degli interessi veri di Dio nel popolo. Se sa bene questo ci intenderemo,
e poi riferiremo insieme prima di agire. Faremo la volontà di Dio.
Siate buoni, lasciate andare le rigidezze che ci illudono di avere
ragione; invece, almeno a me pare, abbiamo torto. E ditegli che mi sia molto
aperto, perché altrimenti non saprei comprenderlo, e non mi saprei spiegare. E
non mi pare di essere un ingenuo; solo devo seguire vie nuove perché la Chiesa
è sempre nuova. É la mia vocazione, almeno la vedo così. Che venga a fare
almeno la prova del nove sulla vostra operazione.
Non illudiamoci neppure lontanamente che Nomadelfia sia sciolta nei
piani di Dio. É una forza che ci tormenta e che ci metterà davanti a tremende
responsabilità, se volessimo sopprimerla.
Con affetto mi prostro al bacio del S. Anello e la prego di non
sottovalutare questa ultima proposta che secondo me è un S.O.S.
26.9.1952
Caro D. Vincenzo,
sono in un mare di dolori come sempre ci sono stato. Sono andato a toccare
con la punta del trivellino il midollo di una questione secolare nella Chiesa, per
questo si condannano a morte anche i bambini. Dopo il pianto di quelli io nella
mia persona non ho più nulla da salvare se non farmi fanciullo come loro e non
più trastullato da nessuno.
Quando io sbagliavo in Nomadelfia i fanciulli sorridevano lieti, immersi in un
mondo di amore; adesso che sbagliano gli altri i fanciulli si sono fatti tristi e
desolati. Nasceva con essi una nuova società umana che quelli che sbagliano
adesso non vogliono. Tutto qui. Il resto è cornice. Riusciranno a sbagliare fino
in fondo? Forse ci penseranno le bombe atomiche a distrarli.
Quei sacerdoti di Nomadelfia che tu dici essere sfasati non sono stati covati da
me, ma in seminario. Educazione che secondo me è del tutto fuori della vita
che sospinge la Chiesa alla conquista delle anime.
Che cosa mi farà il S. Ufficio? Purtroppo avrà più riguardo per me di quello
che non ha avuto per i miei figli. Tenta di salvare il clero. Qui sta il suo
gravissimo difetto che io gli perdono, ma che Dio non gli perdonerà. Il cui
sangue ...clamat ad te de terra.
Ma che cosa meditate voi, miei carissimi confratelli? S. E. Mons. vescovo se
ne è avuto a male della mia lettera? E dire che non gli ho fatto avere un
vigliacco foglio di via come ha permesso, anche con semplice trascuratezza, di
spiccarlo per i figli.
Siamo una casta.
“C’è in vista qualche funerale di bimbi. I pediatri dichiarano che sono rimasti
spaventati per essere stati strappati alle loro mamme”.
1 Ottobre 1952
Beatissimo Padre,
tra l’altro di molto grave, c’è persino in vista qualche funerale di bimbi che
competenti medici pediatri dichiarano essere rimasti spaventati per causa di
essere stati strappati alle loro mamme. Un pediatra di Modena che ben li
conosceva prima, voleva denunciare il fatto, ma io l’ho pregato di non farlo. In
istato di gravissima prostrazione fisica sono stati, segretamente alla questura,
riconsegnati alle loro mamme di Nomadelfia che stanno facendo di tutto,
assistite da due medici, per salvarli. Se succederanno di questi funerali, si salvi
chi può perché si potrebbe scatenare l’ira di Dio nonostante tutte le nostre
premure per evitarlo. Giacché poi in diversi istituti nei quali sono stati
conficcati i figli di Nomadelfia c’è una mal celata persecuzione a Nomadelfia,
quindi censura di lettere, certi ragazzini riescono a sfuggire a quelle censure e
scrivono a persone amiche in tutte le parti d’Italia, cose di avvilimento e di
spavento per le loro animucce. Non accettano, non vogliono ritornare dei senza
famiglia.
Beatissimo Padre, la vinceranno perché è la nostra vocazione. Posseggo
centinaia e centinaia di lettere nelle quali essi affermano di accettare tutto
questo come prova di Dio, ma sognano la loro città come il più grande dono di
Dio.
Eccellenza Reverendissima,
dopo che non ho avuta nessuna risposta alla mia ultima lettera nella quale
chiedevo alla Suprema Congregazione un competente per rivedere le gravi
conseguenze del decreto del 5.2 mi permetto di scriverLe quanto segue:
1- É stata repressa una vocazione. Se quella vocazione dovrà venire a galla il
Signore provvederà. Per ora essa rimane una opinione non avendo ottenuto
il sigillo della Santa Sede.
2- I fatti conseguenti e viventi impegnano le anime interessate secondo la
morale.
3- All’autorità politica competente Dario ha consegnato un documento del
quale (a mia iniziativa personale) allego copia.
Tra Nomadelfia e la Santa Sede, un incontro si è trasformato in uno scontro
come spesso avviene nelle famiglie tra padri e figli, provocando una situazione
di semplice attesa, sia pure nella tortura di anime che la vita sospinge verso
orizzonti dalle nuove speranze. Ce n’è rimasto per tutti del materiale di attacco
e di difesa nelle inevitabili future polemiche, che io cercherò di limitare.
Io penso solamente che la Chiesa ha bisogno di Nomadelfia e che la Santa
Sede l’ha repressa. Naturalmente potrei sbagliare; ma tutto mi dice che ho
ragione. Difetti ed errori sono concomitanti persino allo svolgersi degli studi di
teologia, più ancora allo svolgersi di una vita del tutto nuova nel mondo come
quella di Nomadelfia. Se sarà vero che la Chiesa ha bisogno di Nomadelfia
vuol dire che l’ha già in seno e saprà in modo misterioso nutrirsela ed
allevarsela. Non ho incontrato nessuno che nella Santa Sede abbia la mia
vocazione, quindi tutte le volte che essa vocazione interferisce nei contatti
inevitabili nasce della confusione e non ci si intende. Io dico, ad esempio, che i
fanciulli di Nomadelfia sono confinati in carcere o nell’abbandono; alla Santa
Sede si reagisce perché offendo chi li ospita con ammirevole zelo apostolico,
suore, religiosi, sacerdoti e laici del tutto dediti e veramente eroi nel donare la
vita alla salvezza dei fanciulli. Riconosco verissimo tutto questo, ma falsissima
la sua applicazione sui figli di Nomadelfia.
Dico, ad esempio, che i figli di Nomadelfia hanno la vocazione di creare una
popolazione comunitaria nella Chiesa, e la Santa Sede dice di no,
semplicemente perché a quella popolazione vuole negare il suo clero
connaturale.
Non è quindi per me un giudizio negativo sui confratelli, ma una
differenziazione di vocazione.
1.10.1952
Cosa è rimasto?
Al papa Pio XII
5 ottobre 1952
Beatissimo Padre,
Ho notizia che il Consiglio direttivo della ex Città di Nomadelfia ha
comunicato in questi giorni al Prefetto di Modena il totale esodo dei minorenni
fatte alcune eccezioni di inevitabili ritardi per ragioni di legge. Con quell’atto
lo stesso consiglio dell’ex città non esiste più. Sono rimasti alcuni incaricati
per la liquidazione dei beni. Tutti gli altri, ad eccezione di quelli che devono
lavorare le terre in liquidazione e custodire immobili, macchine, ecc. se ne
vanno, non so dove, a lavorare organizzati in una Cooperativa di lavoratori.
Gli stessi che sono rimasti sulle terre, quelli a custodire i mobili e quelli a
curare l’ufficio creditori e alienazione fanno parte della cooperativa.
Di Nomadelfia non è rimasto niente, se non oltre 400 milioni di debiti a mio
carico. Ciò significa che io devo pagare.
E chi posso chiamare in causa? Secondo gli articoli 36, 37, 38 (tra gli altri) del
Codice Civile e gli articoli del Codice Penale là dove ci fossero delle
irregolarità, tutti coloro che hanno agito in nome e per conto di Nomadelfia che
giuridicamente è una Società Civile.
Abbiamo fatto ogni sforzo per raggiungere un concordato extra giudiziale, il
20% dei creditori non ha ancora aderito e diversi tra questi ultimi non
intendono aderire. A presentare i libri di contabilità in tribunale siamo
certissimi che nascerà un così detto pandemonio, perché tra l’altro l’intervento
del tribunale provocherà una levata di scudi e i più contrari o insistenti
preferiranno perseguitare i facenti parte la associazione piuttosto che accettare
quel poco di ricavato che una vendita potrà offrire ai creditori. Abbiamo
calcolato che non potendo raggiungere le percentuali di legge rimarrebbe ai
responsabili in solido un debito di oltre 300 milioni.
Chi sono i responsabili? Quasi tutti i sacerdoti secolari di Nomadelfia
e i religiosi che se ne andarono il 30 agosto dell’anno scorso per ordine del S.
Ufficio, più 15 o 20 laici tra uomini e donne. E che cosa deve fare questa gente
con me? Deve pagare. É in solido con me per legge civile e penale, senza
discutere sul reale vincolo morale. I laici sono sempre restati al loro posto di
responsabilità e di lavoro, mentre noi sacerdoti in gran parte li abbiamo
abbandonati a se stessi con dimostrabile danno alle aziende ed alla produzione,
sotto questo aspetto potremmo essere accusati di tradimento e di abbandono
dei beni e delle aziende che per legge dovevano essere il capitale sociale a
garanzia dei creditori. A differenza di don Ennio Tardini e di don Luigi Bertè,
tutti gli altri, me compreso, non siamo più stati sulle aziende, tra le quali per
questo, diverse sono state sospese fin dal febbraio u.s. per causa del mio
allontanamento, ed altre nell’ottobre dell’anno scorso per causa
dell’allontanamento dei religiosi.
La commissione liquidatrice, naturalmente dipende da me perché l’ex
Consiglio direttivo di Nomadelfia, per incarico di una regolare Assemblea
dell’ottobre 1951 non era altro che delegato da me nel campo amministrativo,
ed ora ha dato le dimissioni e si è sciolto. Detta commissione è stata eletta dal
Consiglio dietro mio nulla osta. Noi sacerdoti abbiamo ubbidito al S. Ufficio
ma nei rapporti e vincoli nati prima, la legge non tiene conto di questi ordini, e
meno ancora i creditori.
Chi paga? Bisogna pagare. Ogni contratto è legge tra le parti
contraenti. Che poi nei rapporti mistici ecc. tra noi ecclesiastici siamo stati
bravi o no nel violare le leggi economiche, se si può dimostrare che sono state
violate per ragioni di natura superiore; che siamo o no punibili dalla Sacra
Gerarchia non interessa le leggi civili e meno ancora i creditori.
Noi dobbiamo pagare e siamo tenuti in solido; il che è molto grave.
Io voglio pagare e se altri corresponsabili non volessero pagare li citerei in
giudizio prima che i creditori non mi saltassero addosso per colpirmi alla
schiena. E voglio pagare, essi con me devono pagare ci costasse tutto il resto
della vita.
Le realtà sono volontà di Dio: bisogna pagare. Ogni polemica rimane
chiusa o sospesa, la realtà è che bisogna pagare e che io con i miei
corresponsabili voglio pagare. E bisogna anche far presto a mettere le carte in
tavola per prevenire disastri che faremo di tutto per evitare. Che ne è stato di
tutto quanto era promesso nel decreto contro di me, del 5 febbraio? Volevo
appellarmi e non mi fu concesso. Protestai le mille volte con S. E. Mons.
Ottaviani e mai ho avuto soddisfazione per potermi muovere nelle mie vere
responsabilità.
Chi mi ha sostituito nella direzione di Nomadelfia? Nessuno. Qui sta,
purtroppo, il mio tradimento di fronte alla legge civile e di fronte ai creditori.
Che colpa ne ho io se i nomadelfi dicono di avere una vocazione che
non incide sulle proposte della Suprema Congregazione alle quali erano liberi
di dire di no? Una pretesa vocazione può essere e non essere in externis, ma i
debiti ci sono e non sono una opinione. Se sarà una vocazione quella, il
Signore ha modo di dimostrarlo dopo tanto flagello; egli può fare miracoli se
proprio non Gli apriamo nessuna via normale, a meno che non preferisca
lasciar correre le conseguenze fino in fondo. Attualmente i nomadelfi
diventano ogni giorno sempre più tristi e sempre meno accostabili.
A me sembra che noi ecclesiastici, da Roma in giù abbiamo loro
mancato di rispetto. Se questo fosse vero ne seguirebbero gravissime
conseguenze. Il Signore difficilmente arresta un sasso od una pallottola quando
sono stati lanciati, od un treno in discesa se gli vengono meno i freni. Anche i
pagani sapevano dire: maxima debetur puero reverentia.
Ma oramai ogni discussione ed ogni atto di buona volontà in merito
sono vani e fuori luogo. É invece doveroso non commettere un atto di
ingiustizia per ragioni che non incidono sulle realtà. Io spero che i miei figli
idonei al lavoro siano ancora così buoni da sacrificarsi per aiutarmi a pagare i
debiti. Ho sperato fino alla settimana ultima scorsa che saltasse fuori una
qualche logica ed efficace soluzione, ma oramai è da pazzi e da temerari
soprassedere.
Martedì 7 ottobre sarò a Roma essendo stato citato in Pretura per una
causa. Se non mi metteranno in galera, verrò, appena libero, al S. Ufficio per
chiedere udienza a S. E. Mons. Ottaviani o a chi mi sarà indicato, avendo
urgente bisogno di trattare a fondo e con prestezza quanto è contenuto nella
presente.
Entro la settimana devo a tutti i prezzi decidere una strada da seguire
perché, ripeto, voglio e devo pagare, costasse tutto il rimanente della mia
oramai torturata esistenza. Mi basterà entrare nella vita eterna potendo dire al
mio Signore: ho fatto di tutto per pagare, quindi fammi il saldo Tu di quanto è
ancora rimasto insoluto.
Mi pare che alla Suprema Congregazione non rimanga altra strada
che: o darmi un assegno per liquidare tutto, oppure non crearmi delle noie e
degli ostacoli a farlo in piena libertà con i miei corresponsabili, che prima di
lasciarsi citare presso i tribunali civili e penali sarà meglio si mettano
d’accordo con i laici e facciano presto a darsi a quel lavoro che insieme
vedremo necessario ed urgente.
Voglio pagare, devo pagare. Non è una opinione.
Mi prostro al bacio del S. Piede
Figlio Dev.mo Don Zeno.
27 ottobre 1952
Eccellenza Reverendissima,
a Milano si dice che in dicembre ci sarà un grave provvedimento da parte del
S. Ufficio contro di noi. Lo stesso P. Generale dell’Ordine dei Servi di Maria
ha scritto all’avvocato mio fratello che ci saranno contro di me gravi
provvedimenti. Lo diceva anche il parroco di Nomadelfia, Don Pomati. É una
voce che corre molto. Si parla persino di condanne, specialmente a Milano.
Vedremo.
Il 6 di novembre ci dovrebbe essere un processo a Bologna contro di me e
Ugo, Irene e Corinna. Intanto sto difendendomi a Fossoli da un vero e proprio
arrembaggio sulle cose. Il tribunale non è ancora in grado, a tutt’oggi, di
intervenire efficacemente. Gli ospedali dove ricoveravamo ammalati gravi si
sono coalizzati contro di me, indirizzandomi lo stesso documento
personalmente, e contro i beni, portando via valori ingenti per coprirsi delle
spese di assistenza ospedaliera, autorizzati dalla prefettura. Non capisco
perché si debba pagare noi gli ospedali civili. C’è tutta una rete di vampiri che
ogni tanto si muove come lupi affamati. Sono divoratori di carogne. Si
organizzano in una maniera così astuta e violenta... ma questo è satana.
Macchine da 500 e più mila lire, le valutano 50; un valore di 15 milioni, 3.
Noi siamo colpiti in mille e mille modi; da mille e mille direzioni.
Non riesco a capacitarmi per inviare una relazione completa, perché è un
susseguirsi di cose odiosissime.
Che cosa rimarrà da questa violenza? Rimarrà la vera Nomadelfia,
crocifissa, la vera città di Dio, dove ogni legge ed ogni costume sarà la volontà
e solo la volontà di Dio espressa attraverso la Chiesa.
La Suprema Congregazione non farà altro che condannare quello che
Nomadelfia condanna, non pretenderà altro che quello che Nomadelfia
pretende; sarà una condanna ben lungi dal colpire la sostanza di Nomadelfia,
condanna buona anche essa per farci soffrire; tempo sprecato in tanta urgenza
di opere di Dio. Confido che il Signore non la permetterà.
Perché tra Galileo e la Santa Sede si è finito per commettere un così
grave errore? Cosa che non si deve ripetere? Perché discutevano su cose che
erano del tutto al di fuori del vivo problema che Galileo di fatto poneva sul
tappeto. Ottime cose ma fuori luogo. Quando mai ci siamo messi a tavolino per
trattare a fondo il problema che pone sul tappeto il fatto Nomadelfia?
Serenamente, con indiscussa esperienza? Mai. Sempre e quasi solo su cose di
circostanza.
Qualche punto sostanziale: Dio è Padre e noi tutti siamo figli, quindi
fratelli. Non facciamo delle chiacchiere. Se siamo fratelli amiamoci sul serio
l’un per l’altro. Cristo è il Redentore, Figlio di Dio Padre, Dio, seconda
persona della SS. Trinità. Amatevi l’un l’altro come io ho amato voi. E come ci
ha amati? Dando la vita per noi. E noi la risparmieremo per non darla per il
fratello? Ma se non v’ha cosa più grande al mondo?
Tutti i cattolici devono essere l’uno per l’altro; ma esserli, o sotto
forma di convivenza o sotto qualsiasi altra forma; non sarà quindi lecito,
adducendo il pretesto di dover vivere sotto altre forme, non essere realmente
l’uno per l’altro, s’intende salvi i precisi doveri dello stato nel quale ciascuno è
stato chiamato. Dio registra le realtà.
Si vuole vivere questo amore dovuto, in convivenza? É logico che ne
scaturisca una comunità. Sarà sempre meglio che qualsiasi altra forma, purché
sia di libera scelta. É più che dimostrabile. Basterà avere le nozioni più
elementari della sana pedagogia per dimostrare che la sola realtà idonea ad
assicurare all’uomo la completa formazione nella minorità è la famiglia, e dalla
famiglia, legato alla famiglia, entra pian piano a partecipare delle interferenze
sociali. Perde la famiglia? La comunità se lo prende come fratello e lo affida
sotto il suo controllo alla cura o assistenza paterna e materna ad una famiglia
facente parte della stessa comunità. Questo atto d’amore altera la natura della
famiglia legittima? No, perché il minorenne in disgrazia non entra negli stessi
diritti naturali della prole, ma semplicemente come assistito dallo stesso amore,
per cui sente vivo egualmente e vitale quell’amore che in questo caso è simile
a quello familiare. Infatti a Nomadelfia i cosiddetti figli adottivi non erano
adottivi, erano amati dello stesso amore di cui avevano bisogno, tanto che se i
coniugi o le mamme non rispondevano a tale missione, la comunità toglieva
via dalla famiglia tutti i figli adottivi, non gli altri. E perché, fermi i diritti della
prole, si dovevano amare meno gli uni degli altri? E non siamo tutti figli di
Dio? L’amore cristiano colma abbondantemente la natura, la eleva e trabocca
nell’infinito. E perché negare ai fanciulli la gioia della vera famiglia, se questa
è in grado di donargliela? E perché negare agli uomini la gioia della comunità
fraterna convivente, che tanto risponde alle più profonde aspirazioni della
perfezione?
La legge di Nomadelfia è la fraternità in Cristo nella Chiesa di Cristo.
Dalla fraternità nasce tra l’altro come conseguenza l’affidare alle famiglie i
figli che rimangono senza, come assistenza familiare nell’amore che essi
esigono per vivere la loro vita, la loro età, responsabile la comunità.
E perché mortificare i fanciulli? Qualsiasi altra forma è ancora un
rappezzo nelle imperfezioni di una società selvaggia, a meno che non si tratti
di fanciulli avviati a missioni speciali; ma bisogna andare molto adagio.
Promiscuità, caratteri ecc. sono tutte accidentalità che si devono regolare nella
sapienza del vivere secondo la fede, quindi secondo le virtù dovute ecc. Siamo
nell’errore, vivendo questa vocazione, a creare nella Chiesa una simile
comunità? Se non è errata la concezione della comunità, non sarà errore
viverla. E se non l’abbiamo ancora scoperta del tutto, quindi se erriamo anche
in qualche aspetto interpretativo, che c’entra? Ma, non siamo perfettibili?
Può esistere una simile comunità senza il suo clero convivente e
legato alla stessa fraternità, s’intende nell’espletamento della sua missione?
No; è dimostrabile. Come è dimostrabile che solo la Chiesa può generare e
vivificare una simile comunità. Fuori della Chiesa è assurdo che gli uomini la
tentino.
Questa tesi l’ho dimostrata a Londra in una adunanza di studiosi
cattolici, protestanti, atei, ebrei ecc., pregato dallo stesso vescovo ausiliario
della città, il quale mi disse anzi: Non è Nomadelfia che ha bisogno
dell’Inghilterra, è l’Inghilterra che ha bisogno di Nomadelfia. L’Em.
Cardinale era ammalato. Nella seduta una personalità, sacerdote anglicano,
dopo parecchie ore di discussione, si levò a darmi ragione.
Non ho nessun timore di dire con il cuore in mano alla Suprema
Congregazione che Nomadelfia è un fatto di Dio e che per bocca mia invoca
alla medesima: A qualunque prezzo, noli me tangere. Come il bambino invoca
tempo per dimostrare che è un uomo idoneo nel tempo ad essere anche un
grande santo. Oggi vagisce oppressa e costernata, ma domani parlerà nella
Chiesa, dalla Chiesa e con la Chiesa al mondo intero la parola del Regno di
Cristo in una novella conquista per la Chiesa. Eccellenza, la prego, tenga fermi
questi punti semplici, tenga ferma questa direttiva, resista a dare tempo al
tempo, il resto lo farà Gesù. Intanto noi viviamo la nostra tragedia, il nostro
dolore veramente spasimante. Mettiamoci a tavolino e cerchiamo di tirar fuori
le sostanze; è guadagnare tempo; il Signore ce ne sarà riconoscente.
Lasciate che in Nomadelfia ciascuno si esprima come sa, ma che
viva, poi saprà modellare la parola e le opere alla sua vocazione. Persino quasi
tutti i creditori sono pazienti con noi. E voi siete i nostri padri, quindi
pazientate anche voi.
La prego, Eccellenza, ne parli, se è possibile al S. Padre. Mettiamoci
a tavolino pazienti e forti perché forze misteriose tentano di sopraffarci, ma
non è sopprimibile Nomadelfia, è semplicemente torturabile. É così,
Eccellenza, creda è così. Lo ottenga, il Signore Le sarà tanto, tanto
riconoscente. In venti anni di vita Nomadelfia ha sempre pianto in grembo alla
Madre, non teme di continuare a piangere lo stesso dolore della Madre. Ne
parli al S. Padre. Tutte le cose di Dio, fatte dagli uomini che a Dio si dedicano,
sono alterate dai medesimi; ma Gesù è buono e paziente. Ne parli al S. Padre.
É una grazia che invoco, mettiamoci a tavolino.
Mi prostro con affetto ecc.
3 novembre 1952
Eccellenza Reverendissima,
Ieri sera mi ha telefonato da S. Paolo (Brasile) don Marchi. Ha già avuto
contatti con S. E. il Nunzio ap. presso il Brasile, con S. E. Mons. Vescovo,
credo di S. Paolo, con Mons. Rettore della Università di S. Paolo, nostro amico
che venne a visitare Nomadelfia nel 1951, con il Rev.mo P. Dainese SJ che
venne da V. E. a chiedere informazioni su Nomadelfia.
Al governo brasiliano, non so quando, fu presentato quel memoriale intitolato
Questa è Nomadelfia fatto nel 1951 per il governo italiano, più una proposta
fatta forse in tale epoca da parte di don Marchi per un eventuale esodo della
città all’estero. Mi ha telefonato per avere alcune direttive, essendo stato
chiamato d’improvviso per oggi stesso ai Ministeri di Grazia e Giustizia e
dell’Agricoltura o Commercio (non ho capito bene questo ultimo). Mi diceva
che in quegli ambienti è conosciuta Nomadelfia anche nelle sue ultime
vicende.
Il governo, credo di S. Paolo, accetterebbe quel piano del congresso di
Nomadelfia fatto nel 1951: fondare una grande città, nel tempo, con un piano
regolatore in partenza, su una vasta zona di terre da dissodare man mano che
vanno formandosi le borgate o parrocchie. Una città che in 20 o 30 anni arrivi
a contare circa 200 borgate di 600 abitanti l’una autosufficienti in partenza.
Don Marchi mi diceva che quel governo pare disposto ad assumersi le spese di
impianto, al fine di poter anche consegnare alla città fanciulli abbandonati,
secondo il piano sociale di Nomadelfia.
Gli ho descritto l’attuale nostra situazione in Italia; l’ho pregato di sentire che
cosa propone detto governo e che si informi.
V. E. mi disse un giorno, dopo la visita del P. Dainese SJ: Lei è il padre di
Nomadelfia. Se fosse oggi pentito di avermelo detto è in tempo a ritirare tale
qualifica dalla quale dipende chissà che cosa, Dio solo lo sa. Mi disse un’altra
volta che su di me c’è una specie di sfiducia, naturalmente tale da ostacolare
l’esercizio della mia paternità sui nomadelfi. Il Rev.mo P. Castellano in nome
della Suprema Congregazione mi diede ragione in occasione della mia ultima
richiesta di libertà d’azione per far fronte con i sacerdote e i laici alle
gravissime nostre responsabilità, ma poi, come ha visto, di fatto sono ancora
solo con don Marchi, don Ennio e don Luigi Bertè che è spesso ammalato,
mentre le cose precipitano. Solo perché ho invitato i religiosi ci fu una levata di
scudi violenta ed autoritaria.
Eccellenza, La prego, ne parli in alto dove vuole e come vuole; la realtà attuale
mi porta a chiedere un segno del Signore chiaro, preciso, sicuro. Continuare a
curare le vittime della mazzata data a Nomadelfia è un dovere che la sola
morale mi impone. Ma ricostruire Nomadelfia dovunque è una responsabilità
che non mi assumo più se non ho nelle mani quel segno: la fiducia della Santa
Sede, quindi del S. Padre. Chiunque dica che in questo momento io tento di
ricostruire Nomadelfia non ha capito niente. In questo momento non faccio
altro che il mio dovere a non venir meno alle mie obbligazioni verso i creditori
e verso i figli, nei soli limiti di una giustizia della quale dovrò rendere conto al
giudizio universale. Chi mi giudica diversamente è un temerario, settario e
cattivo.
Che poi Nomadelfia sia un fatto insopprimibile ne sono convintissimo, ma non
mi muovo se non nel rispondere a miei doveri inequivoci. Se, con me, ne fosse
convinto il S. Padre cesserebbe questa persecuzione su anime che, secondo me,
sono chiamate a donare una grande Nomadelfia alla Chiesa. E sono ancor più
convinto che la Chiesa ha urgente bisogno di Nomadelfia, un molto urgente
bisogno.
Un giorno il S. Padre mi sarà riconoscente con Gesù stesso perché ho tenuto
ferme le posizioni di giustizia, di quella giustizia, ripeto, che sarà materia
fondamentale e decisiva al giudizio universale. Fare queste cose è rendere
grande servigio alla Chiesa. E dire che appartengono alla più elementare
direttiva della morale cattolica. Ma, fin che si fanno dei processi c’è poco da
concludere, è tutto tempo perso.
Camminiamo fin che siamo nella luce. Faccia dunque la Santa Sede, quindi il
S. Padre, quello che vuole, e quello che vuole sarà il segno.
In altre parole:
I - Mi nega la fiducia di cui ho diritto per muovermi? E allora starò nello stato
di persecuzione a prendere botte e a parare colpi a quanti cadono vittime delle
passate obbligazioni.
II - Mi ridona la fiducia? Allora, ben ferma quella, risponderò a don Marchi
che adunerò i figli e daremo una risposta concreta.
Oramai la vita e il costume di Nomadelfia sono cose arcinote. Una ripresa
dovrà evitare i difetti del passato, poi difetti non mancheranno mai anche per
l’avvenire. Semo omeni, siamo uomini, dice don Calabria. Ho assoluto bisogno
di questo Segno. Sì - No. Mi va bene tanto l’uno quanto l’altro. Basta che sia o
sì, oppure no. Fiducia o sfiducia.
Se il Signore ci vuole in America può decidere di darmi quel segno senza del
quale non mi muovo, cadesse il mondo. Il valore di quella fiducia, è chiaro,
non ha niente di straordinario; è quello che il vescovo deve a qualsiasi
sacerdote al quale affida una missione, è quello che la Santa Sede deve a
chiunque affida una missione. Dopo di quella assicurazione farò le mie
proposte e vedremo il da farsi.
Evidentemente è anche urgente che, possibilmente, mi sia data una risposta.
Non posso venire a Roma per il momento perché qui le cose vanno
pericolosamente.
Mi prostro ecc.
Eccellenza Reverendissima,
mi dò premura di comunicare all’Ecc. V. Rev.ma, per Sua opportuna
conoscenza, che in data 11.11 u.s., nel palazzo del S. Ufficio, dal Rev.mo
padre Commissario è stata intimata al sacerdote Zeno Saltini, comparso
personalmente, la proibizione di ricostruire una nuova Nomadelfia, in Italia o
altrove. Don Zeno Saltini ha accettato l’intimazione ed ha promesso
obbedienza e sottomissione.
Profitto dell’occasione per professarmi con sensi di ben distinta stima dell’Ecc.
V. Rev.ma
Devotissimo Card. Pizzardo
Segretario Alfredo Ottaviani ass.
(Personale)
Eccellenza Reverendissima,
Anche il processo [per insolvenza fraudolenta] è passato come generosa acqua
sotto i ponti.
Dopo la sfiducia che ho preso come segno di Dio attendo i risultati della mia
proposta circa il modo da seguirsi nella liquidazione. Qualsiasi risposta mi sia
data, mi lascerà indifferente (della indifferenza che imparai da giovane facendo
i S. Esercizi spirituali con un mio caro amico allora maestro dei novizi
cappuccini di Fidenza, morto in concetto di santità).
Mons. Pranzini mi diceva spesso che il Signore mi aveva chiamato ad essere
prudentemente audace. Sono due cose che stanno insieme solo con l’intervento
costante di Gesù. A 52 anni sono già arrivato, vivendo in quella strana
situazione. Come vede, in fondo, le mie linee basilari dell’azione sono molto
semplici.
In questi giorni sono un poco stanco, mi sospinge all’azione il camminare al
servizio del Signore fin che è giorno ancora. Al fine di non buttare delle anime
in pericolo di sgomento cerco di aiutare tutti i nomadelfi a sistemarsi nelle
nuove realtà, ad adeguarsi alla nuova volontà del Signore.
Solo alcuni tra i più intimi sanno che cosa è avvenuto tra me ed il S. Ufficio.
Sono crudele nel collaborare ad una operazione di distruzione che io
disapprovo in pieno. Dura lex sed lex. Amo questa Legge che a Dio mi tiene
abbracciato. Non vedo altro. Quindi nessun risentimento. Se sarò attaccato mi
difenderò; se saranno attaccati o bistrattati i figli li difenderò, se saranno
ingiustamente sacrificati i creditori mi metterò dalla loro parte. Sono linee
molto semplici, sottrarsi alle quali è peccato. Intanto faticosamente i nomadelfi
cercano abitazioni qua e là, cosa oltremodo difficile; e stanno organizzando le
aziende, cosa un poco meno difficile.
Spero che la prefettura non riprenda quei famigerati fogli di via, perché questa
volta mi opporrei senza meno là dove si buttasse la gente al lastrico. Eppoi
perché quella forma? L’incontro con il Min. Scelba sarebbe opportuno anche a
questi effetti. É già noto che in prefettura giace il decreto governativo di
scioglimento della Città di Nomadelfia fatto in precedenza e mai pubblicato.
Che cose strane! ...ludit... Quanto sono piccoli gli uomini di fronte alle cose
microscopiche od anche addirittura invisibili! Pare sempre che cada il mondo;
mentre ieri ne avevamo 23 ed oggi 24.
Gli Stati Uniti hanno eletto un generale a loro presidente. Speriamo che non
faccia il generale; che non faccia cioè precipitare gli eventi che esigono tempo
e pazienza per lor natura. Le bombe H non saranno certamente motivi di
credibilità né dall’una, né dall’altra parte. Se il Signore suscitasse qualche
anima ad interpretare l’angustia vera del secolo e polarizzasse il mondo, che
dono sarebbe per tutti! Che il Signore voglia la guerra è impossibile e neppure
la vorrà la schiacciante maggioranza degli uomini. Eppure si costruiscono armi
le più micidiali per sterminare inermi figli di Dio. E noi non crediamo nella
nostra onnipotenza, unica forza della quale siamo investiti. Tra le potenze della
terra siamo pagliuzze, ma guai alle potenze della terra se decidessimo di
muoverci con le forze di Dio, senza alcuna eterogeneità.
Io sono un fallito ufficialmente, ma non ho cessato di credere solo a quelle
forze. Mi accetta al S. Ufficio ad organizzare la sezione della giustizia sociale
come virtù dovuta? Guardi che non scherzo.
Giovedì verrà o Dario (si sente male molto) o altro mio intimo.
Mi prostro al bacio del Sacro Anello chiedendole scusa se continuo a farle
perder tempo con le mie considerazioni intime e forse noiose come le zanzare.
Devotissimo Suo.
AUTOCRITICA
Ai figli
“La dispersione è un atto di bontà del Signore, perché ci libera da troppe anime
che non capivano la nostra missione”.
10 dicembre 1952
Cari figli,
le vie del Signore sono sempre quelle della bontà. Tutto ciò che è a
Nomadelfia in questi ultimi mesi è salutare alle nostre anime se conserviamo in
noi quell’Amore che abbiamo promesso a Dio.
Che cosa vogliamo fare? Che cosa abbiamo sempre voluto fare? La volontà del
Padre Nostro che sta nei cieli come ha sempre fatto Gesù. Quindi abbiamo
voluto e vogliamo imitare Gesù. Le volpi hanno le loro tane, gli uccelli
dell’aria i loro nidi; mentre il Figliol dell’uomo non ha dove posare il capo.
Avevamo una bella e comoda città. L’abbiamo perduta. Avevamo molti figli e
sono stati dispersi, quindi anche gli innocenti non hanno dove posare il capo.
Chiunque tra noi, perdendo casa e figli, non si sente più fratello degli altri, non
si sente più in grado di essere l’uno per l’altro in qualsiasi situazione, vuol dire
che non ha mai amato dell’Amore che il Signore esigeva in Nomadelfia
perfetti nell’unità, per lui Nomadelfia era una cosa diversa.
L’avvenire dei nomadelfi dipende tutto dallo spirito di povertà e di donazione
della vita a quanti condividono il loro santo ideale di cristiana fraternità
sociale. Fraternità che ora potrà assumere forma di città ed ora forma di
dispersione, a seconda dei tempi e delle situazioni che presenterà la storia; ma
che rimarrà immutata anche nelle opere nell’uno e nell’altro caso.
SNELLEZZA
Nomadelfia alla diaspora, Zeno alle prese con i figli tornati sulla strada, alla
malavita. La coscienza in tumulto tra la fedeltà al popolo e alla Chiesa. “Sono
stato ingannato dal decreto del S. Ufficio. In esso si diceva: che io sarei stato
libero da ogni responsabilità economica; i sacerdoti sostituiti dai salesiani.
Ingannato dall’autorità ecclesiastica oramai è incompatibile il mio status
clericale” (Appunti). Si sfoga con Cristo: “Il successore di Pietro ha finito, con
sadica crudeltà, per disperderci spaventando i figli, strappandoli alla mamma,
al babbo spietatamente. Il suo costume è mondano anche se personalmente
osserva certi aspetti della tua legge e del tuo amore. Ma non è un padre, non è
un fratello, è un re della terra ed è un tiranno che ha colpito vigliaccamente la
nascente tua società. Ci tocca quindi fare quello che dice, ma odiare quello che
fa essendo grave peccato. Se quella, e se solo quella fosse la Tua Chiesa; e solo
quella oggi ha tanto potere, cerca, o Signore, di aprirci la via per convertirla”
(meditazione: Il grande misfatto o crimine).
“E non va dubbio: approvare Nomadelfia significa sconquassare tutta la
compagine del costume sociale dei cattolici” (6.7.1953). Ma “L’avere
allontanato dai nomadelfi il loro sacerdozio, tentando di sostituirlo con un
clero assistente, è stata la causa dello sfacelo della città. Generati da quello,
sono rimasti come estirpati dalla loro terra” (22.8.1953). “La mia vera legge è
l’essere un naufrago tra i naufraghi. Infatti mai più mi presterei ad andare a
predicare come ecclesiastico perché non saprei che cosa dire” (a don Vincenzo,
5.10.1953). “La mia vera causa è rendere giustizia ai nomadelfi, qualsiasi
sacrificio mi potesse costare, sempre però nella Barca di Pietro, sia pure in
compagnia dei topi e dei gatti nella stiva. Rendendo giustizia ai nomadelfi la
rendo anche a coloro cui essi appartengono: agli oppressi ed agli sfruttati. (…)
Viaggio sugli orli dei precipizi” (meditazione, 7.10.1953). “Io credevo che,
per salvare un’opera come questa, avrebbero fatto prete un laico. Invece noi
preti siamo una casta... Allora ho detto: se non posso essere padre degli
abbandonati come sacerdote, lasciatemi esserlo come laico”.
In maggio pubblica Non siamo d’accordo: un terribile J’accuse contro la DC e
le autorità religiose. Non gli resta che formalizzare la domanda di
laicizzazione il 16.7, reiterarla il 13.9 ed il 30.11. Il 23.11 viene esaudito e
canta la libertà.
METAMORFOSI
A Ottaviani, S. Ufficio
1953
Dire che un girino diventi rana e che un bruco diventi farfalla nessuno lo
crederebbe se non vedesse o se non ne fosse assicurato autorevolmente da chi
ne ha cognizione dall’esperienza. Il girino prima vive solo nell’acqua sotto
forma che in nulla assomiglia alla rana, poi si trasforma in rana; quattro gambe,
una testa ben distinta, un corpo ben delineato, vive sull’acqua, sott’acqua e
sulla terra, si muove svelto sulla terra su l’acqua, sott’acqua.
Chi l’avrebbe detto?
Prima la materia informe… poi le stelle punteggiare luminose lo spazio per
distanze di milioni di anni luce che viaggia a discreta velocità.
E chi l’avrebbe detto?!
Nomadelfia è ora il girino generato dal mio sacerdozio, è il bruco che si
trasformerà in farfalla santa, per volteggiare affascinante nel Cielo della
Chiesa, è materia informe che punteggerà di stelle luminose, infuocate
d’amore, lo spazio della Chiesa, senza “reticolati”; in fuocate di quale amore?
Sicut et ego dilexi vos...
E chi mi autorizza a dire questo? E’ la penna che scorre infrenabile su queste
pagine, dirette a Colui che lo Spirito Santo ha posto a reggere la Chiesa di
Dio.
Gli orfani non saranno più orfani, i desolati si trasformeranno in consolatori dei
desolati, gli abbandonati creeranno la cordata di Dio per trarre in salvo gli
abbandonati, chi sarà uscito dal pelago alla riva si volterà all’acqua perigliosa
non per guardare, ma per ributtarsi in acqua per tutta la vita a trarre in salvo gli
incapaci ad uscirne da soli... non avranno più padroni e servitori, ma fratelli;
non speculeranno più sul sudore degli altri, ma suderanno con essi, insieme…
ed insegneranno ai figli che Dio è amore e che, senza essere giusti, non si può
palpitare quell’amore. E andranno al capestro come alle nozze tra Cielo e
terra.
Non si conturbi, Eccellenza, per causa degli incidenti che possono capitare a
questa bambina ancora in fasce, non sa ancora parlare, ma balbetta e fa certe
cose che poi non farà. Narrerà con la vita opera Domini.
Nessuno lo può credere perché nessuno è autorizzato a crederlo. Io lo vedo,
perché se non lo vedessi non sarebbe mai esistita neppure sotto forma di girino
o di bruco o di materia informe. I fondatori non sono infallibili; ma su certi
punti non la sbagliano, perché generano opera Domini da un seme che essi non
conoscono, ma che vedono e sentono in modo inconfondibile essere volontà di
Dio.
Venti secoli di Cristianesimo hanno visto la Chiesa generare opere gigantesche
e travolgenti l’una decisamente diversa dall’altra e tutte incomprensibili
durante le fasi della loro metamorfosi. Dio non si ripete mai nelle sue opere, ce
lo dice la stessa vegetazione, i pesci del mare ce lo dicono, gli animali della
terra, gli uccelli dell’aria, i santi.
Queste opere nascono da una civiltà per trasformarsi in un’altra, nascono negli
uomini per trasformarsi in altri, nascono parlando un linguaggio conosciuto per
finire in un altro linguaggio, nascono dalla sete per dissetare, dalla fame per
sfamare, dall’abbandono per fraternizzarsi, dal selvaggio per passare
all’umano e dall’umano per passare al divino…, ciascuna nella propria
inconfondibile fisionomia quando sarà adulta.
Nessun calzolaio sa fare loro le scarpe se non il fondatore; nessun sarto sa
vestirle se non il fondatore, nessun maestro sa educarle se non il fondatore,
nessuno sa punirle o accarezzarle, se se non il fondatore.
Questa è un’autodifesa, Eccellenza, perché nessuno sulla terra oserebbe dire di
me e dei miei figli quello che oso dire io e che sono costretto a dire per ragioni
di vita. La Chiesa non è mai state contro queste sue opere, le ha provate e le ha
nutrite. Non è mai contro. Alle volte sembra, ma non è vero. Mai ho visto la
Chiesa contro di me e contro i miei figli, mai. É sembrato a chi non conosce la
Chiesa e nemmeno conosce la inconfondibile voce delle Sue opere. E quando
queste sono riuscite, i figli della sapienza del di poi il cui numero è infinito
grideranno: Vittoria. Ma Chiesa e le sue opere vincevano anche prima, non
sono mai state sconfitte, gemevano insieme, sia pure nel dolore che sempre
accompagna gestazione, parto e allevamento.
Nomadelfia (sembra un controsenso) nasceva nella Chiesa proprio nel
momento stesso, nel quale la Suprema Congregazione del S. Ufficio con quella
bacchettata del 5 febbraio 1952 le rompeva il guscio.
Non perdiamo tempo, Eccellenza, perché la bambina trema dal freddo, e,
senza alcun pericolo di morire, potrebbe essere aggredita e torturata da
broncopolmonite. Maxima debetur puero reverentia. Non lasciamola sempre
piangere, poverina; ma che sorrida una buona volta a letizia e a sollievo di
quanti piangono e soffrono quando vedono i bambini soffrire e piangere.
Con affetto ecc.
Riservata
Eminenza,
Altri, sempre tra gli ospiti d’ambo i sessi, già si sono dati alla malavita e qui
bisogna fare di tutto per salvarli. Tra i nomadelfi, sempre maggiorenni (intendo
d’ambo i sessi) circa una trentina sono malati e in condizioni fisiche molto
precarie, sparsi qua e là presso amici e a Zambla Alta nella nostra casa di
prevenzione e di convalescenza che neanche farlo apposta, sarà venduta a
giorni non essendo di nostra proprietà.
Vs. Em. più volte mi disse che la Santa Sede ci avrebbe aiutato, ma finora si è
scomodata poco. Ci sono poi delle situazioni matrimoniali, tra gli ospiti,
delicatissime per cui basta un nonnulla per vederli separati irreparabilmente.
Giorni orsono due sposi stavano pensando al suicidio. Li ha ospitati Irene a
Collegara. L’assistenza ai fanciulli è sempre molto meno onerosa di quella
dovuta a queste creature. L’età non ha fatto su di loro altro che peggiorarne le
capacità di affrontare la responsabilità della vita; quindi o sostentarli ed
assisterli, con amore, o vederli rovinati in modo deplorevole morale e
materiale.
Possibile che abbiano sempre ragione? ... Non avrai altro Dio fuori
che me... Che un sacerdote, tra gli altri, debba piegarsi a tanta viltà a danno
degli oppressi, per parte mia non sarà mai. Chi avvilisce se stesso sputa in
faccia a Cristo là quando è presentato in occasione dell’Ecce homo. Basta,
basta. Dio si serve solo con atto di giustizia e di verità; se no si pecca, e anche
gravissimamente, di tradimento.
“In nome di quale Dio noi oppressi possiamo essere indotti a votare i nostri
oppressori?”.
1 febbraio 1953
Eccellenza,
Mi torna veramente doloroso tormentare lo stesso S. Padre su quanto segue,
che costituisce la premessa di una difesa al diritto alla vita cui non me la sento
di rinunciare senza peccare gravemente di mancata dignità e giustizia che si
deve a Dio ed agli uomini. Mi rivolgo alla Segreteria di Stato trattandosi di una
cosa che deriva dalla attività politica dei cattolici in Italia.
Come già a suo tempo espressamente per un anno circa ho insistito presso la
Suprema Congregazione del S. Ufficio, non intendo in via assoluta essere
condotto al fallimento, cioè ad una liquidazione della ex Città di Nomadelfia
imponendo una percentuale ai creditori. Mi premuro di comunicare la stessa
notizia alla Segreteria di Stato del Santo Padre, perché non torni allo stesso
Santo Padre di sorpresa quanto potrebbe capitare nel mese di febbraio. Ogni
tentativo di evitare simile scandalo è fallito. La liquidazione coatta dei beni
nostri procede come tutte le iniziative del genere, lentamente e potrebbe durare
chissà quanto ed anche fare esplodere grosse liti. Quanto avvenne tra la Santa
Sede e me è documentato ed è noto in via riservata; nei suoi effetti è di
pubblica ragione.
La Democrazia Cristiana, sorretta anche dall’Azione Cattolica e dagli
Ecclesiastici si presenta alle nuove elezioni dopo otto anni di oppressione ai
poveri ai quali non ha mai voluto riconoscere il diritto alla vita e pure avendo
in mano il potere si è accontentata di attuare una politica fondamentalmente
liberale-capitalistica e boghese facendo l’elemosina e dando le briciole del
superfluo a noi oppressi ed avviliti.
In politica non si può credere alle parole ed alle dottrine che vengno enunciate
dai medesimi che tengono in mano il potere, ma alle sole opere che dicono la
loro vera dottrina, per parte mia già condannata dalla Chiesa, e, senza meno,
condannabile dalla più elementare scienza sociale. Basta fare i conti per
spaventarsi.
Comunque, essendo anch’io tra gli oppressi ed essendo stato colpito
spietatamente anche con atti di crudelissima violenza mi metto in aperta difesa.
Quanto alla Santa Sede è evidente che essa si è prestata al gioco, anzi, sotto
questo aspetto le è scappata una inaspettata pugnalata alla schiena. Ed ha fatto,
secondo me, malissimo perché oramai gli stessi fatti conseguenti sono di una
eloquenza troppo inumana. Potrei produrre un memoriale ampio e ciò che
stiamo facendo come cattolici nel campo politico nei confronti del diritto alla
vita dell’uomo è troppo grave ed oramai insopportabile.
In nome di quale Dio noi oppressi possiamo essere indotti a votare per
consegnare il potere in mano ai nostri oppressori? In base a quale legge
morale?
Noi siamo gli schiavi ai quali di fatto è negata la cittadinanza che
giuridicamente importa il diritto alla vita, come importa il dovere dei servizi
pubblici quale ad es. la prestazione militare ecc. Questi ci sono imposti con la
violenza e quello ci è negato con i mitra puntati se ci ribelliamo. Tengo al
proposito una mazzo di fotografie delle violenze subite dai miei figli da parte
della Polizia, connivente il parroco don Pomati. Cose incredibili! Invece sono
cose che noi cattolici abbiamo permesso perché non abbiamo mai avuta una
linea politica basata sui principi della vera giustizia. Veniamo coinvolti in
questi reati perché siamo di fatto travolti da un costume borghese, condanna
tori a parole della concezione borghese.
Perché mentre la Santa Sede lascia la libertà agli oppressori di opprimerci e di
sfruttarci, non lascia anche a noi la libertà di difenderci?
Confidenziale N. 284287
Reverendissimo Signore,
La Sua lettera mi reca viva pena. Sa Iddio se io vorrei essere in grado d’aiutare
la causa dei fanciulli e dei poveri.
Ma per difetto di competenza e di conoscenza non mi è dato di entrare nel
merito della sua questione, tratta, com’Ella sa, da altri organi e da altre
persone.
Che se dovessi occuparmi delle sue cose, non potrei ammetter certe sue
affermazioni, né accettare l tono usato dalla sua lettera, specialmente se essa ha
da considerarsi un ricorso all’autorità e alla carità del Santo Padre.
Io non ho mai avuto occasione d’incontrarla, né di interloquire nelle sue
faccende; ho però seguito da lontano la S. V., con interesse e con trepidazione;
e mi lasci perciò dirLe con fraternità sacerdotale, che il bene, se veramente
animato da spirito cristiano, non dovremmo mai compierlo con lo spirito
amaro e arrogante: vide ergo nec lumen quod est in te, tenebrae sint (Lc
11,35); caritas ptiens est, benigna est, … non irritatur, non cogitat malum…;
omnia suffert, omnia credit, omnia sperat, omnia sustinet… (1 Cor 13, 4-6).
Con distinto ossequio mi creda
Suo dev.mo in Cristo
F.to G.B. Montini
Nota: Don Zeno risponderà con una lettera al vetriolo pubblicata in “Non
siamo d’accordo”: “Che cos’è la verità”. “La carità è anche “Guai a voi, razza
di vipere”; “Via da me maledetti…”.
Beatissimo Padre,
Oramai tutti i sacerdoti sono stati d’autorità tolti dalla assistenza e dall’aiuto ai
nomadelfi ed agli ospiti della ex città. Don Luigi Bertè essendo ammalato è
andato presso i suoi parenti in collina, ma si è messo a disposizione del
vescovo di Carpi. Don Ennio Tardini è andato coadiutore dal parroco di S.
Agostino a Modena. Quest’ultimo era l’unico che mi aiutava a sistemare i più
rovinati, e spero che lo faccia almeno nei limiti delle sue possibilità. Don
Walter Marchi mi ha scritto che ritorna dall’America, tra l’altro mi dice che si
sente malissimo come salute. I vostri ordini sono stati eseguiti, anche se a
qualcuno può essere apparso che lo facessimo insinceramente. E quasi tutti lo
hanno fatto, credo, contro la loro volontà. Hanno semplicemente ubbidito.
Ed ora che cosa succede? Sono rimaste delle gravi partite da regolare che io
non posso non regolare. La prima con il governo; la seconda con la Santa Sede,
la terza con gli ex cittadini e sacerdoti di Nomadelfia.
Premetto:
c) Volevo fin dal febbraio dell’anno scorso pagare i debiti, quindi agire per
organizzare aiuti in merito e sono stato fermato d’autorità.
d) Volevo evitare violenze e rovine sui figli e sono stato aggredito d’autorità.
e) Volevo evitare processi penali e ci sono stato condotto di autorità.
E su tutto questo potrei anche concludere: nulla da dire. Offeso a morte posso
perdonare come spero di essere perdonato.
Dichiaro:
1 - Non posso fallire e nemmeno accetto che, per quanto sta in me, falliscano i
miei figli. Il mio fallire è rovinare altri.
Chiedo:
Come fare?
Considerazione
Mi pare che quanto sopra scritto non sia frutto di una opinione personale ma di
un fatto concreto che esige una santa soluzione a tranquillità delle coscienze. Il
rinviare peggiora gravemente la situazione.
Invoco:
25 febbraio 1953
Eminenza,
Oramai credo che il Signore stia tirando le Sue conclusioni davanti alle quali
Egli mi troverà per sua grazia del tutto indifferente. Giudicare che nei miei atti
abbia dei secondi fini e delle mete cervellotiche da raggiungere è da temerario
e, per parte mia, è peccato. Ogni fatto che la vita presenta da affrontare deve
avere la sua soluzione secondo le leggi di Dio anche quelle espresse in rerum
natura.
Non mi scaglio contro nessuno, ma vivo e voglio vivere le mie realtà personali
che mi tengono legato vivente al mio Dio Vivente. Se poi questo atteggiamento
è di angustia e di tormento ad altri, non so cosa fare se non servire Dio nelle
sue leggi.
Tutto questo non incide sulla questione gravissima che dobbiamo insieme
affrontare. La Suprema Congregazione ha deciso. E sta bene. Beati i
componenti il Supremo Organo della Santa Sede se si sentono tranquilli in
coscienza. Io dico che l’hanno sbagliata in pieno. Lo dico io e quindi la posso
sbagliare in pieno. Anche questa: acqua passata sotto i ponti.
2- Sono nati dei vincoli sociali (escluso tutto ciò che è di carattere
disciplinare come ecclesiastico) tra me ed i nomadelfi che non intendo di
violare perché mancherei di dovuta giustizia. Non li abbandonerò alla
deriva dovunque siano e in qualsiasi disagio si trovino. La Santa Sede ha
potuto liberamente provocare lo scioglimento della Città di Nomadelfia,
ma con questo ha esaurito le sue competenze. Oramai essi si trovano su le
sole leggi fondamentali della Chiesa, ed i miei rapporti con essi non hanno
nulla a che vedere con la disciplina degli ecclesiastici, caso mai hanno
ragione su di essa. Facendomi sacerdote non ho mai inteso di farmi
bersagliere o granatiere. Voglia intendere in senso vasto e retto. Grazie.
Guardi, Em., che i nomadelfi sono rimasti intatti, più che prima e sono
molti. Tra gli stessi fanciulli, giovanetti e giovani che sono stati
violentemente e (me lo lasci dire) senza criterio sbattuti in carcere per tutta
Italia, una buona parte sono legati a questi indissolubilmente. É una
vocazione. Vedrà, le parole anche mie, cioè anche di chi li ha generati nel
Signore, non contano. I fatti lo dimostreranno. Conterebbero le mie parole
se si accettasse che anch’io non sono e nemmeno so e posso essere un
angelo.
Quanto agli altri sacerdoti, grave si presenta la loro posizione. Diversa dalla
mia, ma non meno impegnativa nei suddetti rapporti. Sono nati vincoli sociali
che solo la morte può sciogliere. Su queste realtà la Suprema Congregazione
ha usato una semplice violenza; ma non ha risolto niente, ha di molto
aggravata la situazione. Di unilaterale c’era solo l’esercizio del sacerdozio che
non era in nostro potere, ma tutto il resto è legge tra le parti. Non è una causa
dubbia, è una realtà che nessuno può distruggere e che se va di questo passo
finisce per metterci davanti ad un terribile dilemma: o rispondere alle nostre
obbligazioni sociali nei rapporti con i nomadelfi oppure, non potendo violare
queste, chiedere la secolarizzazione, comunque non violarle mai. Lo abbiamo
fatto per un anno, ma si sono moltiplicate le gravi conseguenze di quella
ubbidienza che non aveva possibilità di contropartita.
Quando alla Santa Sede accetteranno di lasciarsi consigliare come succede tra
babbo, mamma e figli nelle buone famiglie allora mi permetterò di proporre
per la piena soluzione di questo gravissimo problema: V. Em., S. E. Mons.
Montini e S. E. Mons. Roberti.
É inutile che V. Em. mi richiami, come fa spesso, alle opere già esistenti nella
Chiesa. Che c’entrano? Se non avessimo una vocazione diversa ci saremmo
fatti salesiani, gesuiti, giuseppini, sacerdoti operai, ecc. Forse che si deve
arrestare il naturale evolversi quo ad nos della vita di Cristo e della sua Chiesa
nel mondo? Ma la difesa di questa divina evoluzione è proprio oggetto
preminente della vocazione di V. Em. e di tutti i componenti la Santa Sede.
Quando non realizzate voi questa vostra vocazione tutta la Chiesa rimane ferita
a morte e microbi e contromicrobi assumono virulenza perché il corpo si
ammala, ma poi la spunta.
Il segno di Dio
Se il governo ci lascia andare al fallimento reagisco con tutte le mie forze che
derivano dal diritto, nel motto che è diventato per me un ritornello: Nati sumus
ad justitiam neque opinione sed natura constitutum est jus.
Procedura:
1- Presento il conto e pongo un termine a S. E. Mons. vescovo eletto di Carpi,
essendo a Lui mandato da V. Em.
Mi prostro ecc..
“Provi a venire con noi, ad essere reietto come noi, vedrà che farà presto a
ragionare ed a muoversi come noi”.
27 febbraio 1953
Eccellenza Reverendissima,
“Quanto sta facendo di noi è una ricrocifissione di Gesù che protesta giustizia
negli oppressi.”
2 marzo 1953
Eminenza,
Le sarà parsa esagerata la nostra proposta al Governo. L’ho fatta d’accordo con
Dario e diversi suoi consiglieri, i quali tuttavia non hanno nessuna voglia di
mettersi d’accordo con il governo che oramai vedono sotto pessima luce. Gli
ha inflitto troppe ingiurie per le quali si è rivelato tiranno ed oppressore.
Comunque lasciano fare a me là dove non sarà piegarsi a simili tirannie.
Certissimamente in essi non ho notato risentimento, solo non vogliono cadere
nelle reti di un mondo che non solo tiranneggia loro, ma milioni e milioni di
poveri e di miserabili. Quando V. Em. pensa che solo a Milano esistono circa
sessantamila vani, vuoti perché di lusso, e migliaia di giovani sposi, di intere
famiglie sono praticamente senza casa, ed essi lo sanno, chi ha fede non può
non vedere il diavolo in quella gente. Satana sghignazza perché ha vinto una
abilissima battaglia diplomatica, li ha ridotti in un vicolo chiuso, disonorante e
fatale per la Chiesa.
E dove sono quelle anime? Io ho avuto modo di sentire il polso della Santa
Sede. Quante delusioni! Delusioni di tale amarezza da preferire ad esse la
morte. Quanto ho pianto per questo! Se non sarà V. Em. a impennarsi
decisamente contro questo disastroso contrasto, la Santa Sede finirà per ridurre
me ed i miei sacerdoti corresponsabili a chiedere, come le scrissi, la
secolarizzazione. Che cosa triste! Non vogliamo rompere la disciplina, sarebbe
tra l’altro, un grave scandalo alle anime e per noi un atto che non riusciremmo
a fare anche se il cielo ci dimostrasse che con quell’atto salviamo il mondo. Ho
mille motivi per credere che se la Santa Sede non cede sarà colpita da
spaventose disgrazie. Quanto sta facendo di noi è una ricrocifissione di Gesù
che protesta giustizia negli oppressi.
Quante volte, Em., ho protestato che la storia non si ripete mai, nel senso che
Dio è sempre nuovo e sorprendente nei suoi eventi storici. Perché mancare di
rispetto alle vocazioni? Nel dubbio ha ragione chi afferma di averla. Voi non
siete padroni delle anime. Ma non ha ancora capito la Santa Sede che la nostra
sincerissima ubbidienza è una crocifissione a noi; mentre si risolve in una
vendetta del cielo contro quanti non vorrebbero il trionfo della Chiesa tentando
la nostra pazienza?
Che mistero!
Oremus.
Mi compatisca.
Dev.mo suo.
14.3.1953
É stato un misfatto che, secondo me, griderà vendetta al cospetto di Dio se non
ci affretteremo a discendere da cavallo noi che siamo i primi, i diretti
responsabili. Discendere e medicare le vittime facendoci decisamente vittime
con esse. Semetipsum exinanivit formam servi accipiens.
Abbiamo deciso
Al Card. Ottaviani e, p.c., a Mons. Prati Vescovo di Carpi, Mons. Boccoleri
arciv. di Modena, Rev.mo P. Benetti Priore Generale O.S.M.
Eminenza,
Venerdì 20 c.m. ho tenuto una adunanza dei sottoscritti sacerdoti che erano
interni alla Città di Nomadelfia. Li ho invitati con lettera che allego. Ne sono
mancati quattro.
3°- Molti ospiti si trovano ancora al lastrico e fino ad ora li abbiamo sostenuti
attraverso aiuti ottenuti da qualche amico e incontrando nuovi debiti con
persone che non ci faranno degli atti giudiziari; per una spesa che è a tutt’oggi
di circa quattro milioni.
4°- Quasi tutti i nomadelfi sono rimasti disoccupati fino adesso, fatta eccezione
di quelli che lavorano a Grosseto. In questi giorni cominciano ad occuparsi
nelle aziende in formazione. Nove famiglie sono già occupate nell’azienda
autotrasporti, oramai al completo come attrezzatura e macchine. Una decina a
Grosseto. Le altre nelle aziende in formazione a Milano: segheria e tipografia.
Anche per questi ho dovuto contrarre impegni finanziari con amici, sempre a
patto che non facciano atti in caso di insolvenza, circa sette milioni. Tutti
impegni che mi sono presi io in persona per non aggravare i laici di nuove
angustie.
5°- Le aziende sono state costituite da soli prestiti garantiti da persone solvibili,
per un valore che oltrepasserà di parecchio i 150 milioni, compresi i capitali
prestati in natura come terre e macchine e i prestiti delle banche. Detti capitali
e prestiti dovranno essere ammortizzati nel corso di circa cinque anni. Abili
tecnici collaborano e, data la solvibilità dei garanti, essendo in gran parte
assicurato il lavoro, si pensa che non sarà cosa difficile realizzare il detto piano
di ammortamento; comunque se anche occorressero più di 5 anni i garanti
faranno fronte. Tuttavia, su gli impegni suddetti la Società dei nomadelfi non
ha nessuna interferenza, solo è obbligata a gestire e lavorare le aziende in
collaborazione con i garanti che lo faranno a titolo gratuito. Di fronte ai garanti
io sono impegnato moralmente a occuparmene a garanzia per i laici. E questo
lo hanno preteso prima di concedere la possibilità di organizzare dette aziende.
S’intende che in questo mio impegno derivante dalle sventure dei nomadelfi io
sono in solido con i sacerdoti miei collaboratori.
CONSIDERAZIONI
Gli impegni di noi sacerdoti per il passato di Nomadelfia balzano chiari; quindi
o dichiararci falliti, oppure farci solidali con i laici per far fronte agli impegni
derivanti dall’enorme difficoltà di assestare i figli secondo le loro esigenze
materiali e morali. Alla seduta erano presenti anche il presidente dei nomadelfi,
Dario Bignardi e l’amministratore rag. Guido Granata; un tecnico dott.
Cappelli e l’amministratore unico delle nuove aziende Prof. Giuseppe
Merzagora. Questi hanno dichiarato che non intendono fallire, almeno
moralmente, e che per questo si impegnano di escogitare ogni mezzo per
mettersi d’accordo con i creditori. Hanno dimostrato che i danni subiti da loro
per causa del nostro abbandono sono stati di grave entità.
ABBIAMO DECISO:
3- Ci mettiamo subito a disposizione dei laici in tutte quelle attività che non
siano in contrasto con la proibizione del S. Ufficio e cioè: non rifare la Città di
Nomadelfia né in Italia né all’estero.
Tanto i laici quanto noi sacerdoti siamo decisissimi a non piegarci a tutte le
ingiustizie materiali e morali subite e derivanti dai colpi inferti alla Città di
Nomadelfia. Per tutto ciò che poteva essere oggetto di critica quanto alle
dottrine che si sono confusamente attribuite a Nomadelfia, tanto da parte degli
esterni, scrittori e pensatori, quanto da parte dei sacerdoti e laici di Nomadelfia,
ci rimettiamo alla sola dottrina della Chiesa.
Per tutto ciò che chiaramente è frutto di ingiustizie materiali e morali non ci
pieghiamo, e staremo alla morale, nella più sincera volontà di farlo in perfetta
armonia con i nostri superiori ecclesiastici. Si aggiunga che tanto noi sacerdoti,
quanto i nomadelfi laici, ci eravamo impegnati nel congresso del popolo a
Modena dell’ottobre 1950 di aiutare il popolo per creare un movimento sociale
del quale Vs. Em. è bene informata, e che è stato stroncato per causa nostra.
Forti proteste e gravi accuse ci fanno tutti quei lavoratori e professionisti che
facevano parte del movimento, i quali spesso si presentano tanto a me quanto
ai nomadelfi per chiedere che cosa intendiamo fare. Posso produrle molti
documenti comprovanti questo. Quel giorno in cui dicessimo che non ce ne
imbarazziamo più saremmo attaccati anche pubblicamente. Anche su questo
sono nati gravi impegni che non si possono sottovalutare senza pericolo di far
la figura dei buffoni, di ragazzi e di vigliacchi. Le comunico per maggior
tranquillità che noi subiremo anche gravi umiliazioni, ma non permetteremo
che nulla, per quanto starà in noi, venga a conoscenza della stampa su ciò che
succede, almeno fino a quando non avremo trattato con S. E. Mons. vescovo di
Carpi.
Mi prostro al bacio del S. Anello. Figlio Dev.mo dell’Ecc. Vs. Rev.ma. F.to
Don Zeno.
“Non possiamo venir meno agli impegni assunti, vincoli di reciproca assistenza
nati da venti anni di convivenza”.
Non voglio fallire e nemmeno i miei figli lo vogliono perché anzitutto non è
stata una disgrazia quanto ci è capitato, ma una volontà degli uomini, ed anche
uomini identificabili, ed in secondo luogo perché non siamo ancora morti;
siamo in molti per cui possiamo dedicarci corpo ed anima per soddisfare ai
nostri precisi impegni.
Oramai tutti i nodi si sono ridotti al pettine per cui bisogna decidere.
Io penso, Eccellenza, che se troverà tempo per trattare a fondo con me, forse il
Signore ci aprirà una qualche via logica e risolutiva. Pensare a dei
compromessi, credo che sia tutto tempo perso a danno enorme della causa.
Non per volontà degli uomini, ma per sua natura Nomadelfia non si presta al
compromesso. Bisogna tener presente che i nomadelfi laici per una metà
conviventi e per l’altra metà sparsi, tra maggiorenni e minorenni saranno circa
800 ancora. Tra loro sono in comunione di lavoro e di beni come prima. I più
incerti hanno ceduto al trauma; ma gli altri si sono stretti in decisa difesa.
Anche questo fatto è di grave importanza.
Mi prostro ecc.
5 aprile 1953
Personale
Eminenza,
Ai tre religiosi che sono venuti alla adunanza del 20 u.s. e che stanno
aiutandomi a mettere a posto un mondo di cose pendenti, il Rev.mo Priore
Generale ha regolarmente inflitto la sospensione a divinis. Ai medesimi,
essendosi subito presentati a lui per chiedere di soprassedere a tale
provvedimento per dare modo di chiarire le loro responsabilità, ha risposto che
questo oramai è nelle competenze del S. Ufficio. Ha scritto ad essi lettere
alquanto offensive anche contro di me. Pazienza. Pure noi non siamo stati
troppo gentili. Dente per dente? Non credo; realtà contro realtà. Tra l’altro ha
ad essi letto sue disposizioni inviate ai loro provinciali nelle quali impone
rigorosissime punizioni qualora rientrassero: una specie di carcerazione con
odiosa segregazione cellulare offensiva alla personalità umana. Se la morale
non sbaglia si direbbe: nemo tenetur tradere semetipsum. Dove si vada a finire
di questo passo io non lo so prevedere. Allego un trafiletto della stampa, al
quale ho deciso di rispondere pubblicamente senza tanti complimenti. Sono
sicurissimo di difendere la Chiesa facendo questo, perché difendo i diritti degli
oppressi tra i quali ci siamo anche noi. Non credo che la Santa Sede intenda
fare della politica democristiana un motivo di credibilità anche solo
impegolandosi indirettamente a costringere noi a piegarci alle evidenti
ingiustizie ed agli errori sociali della medesima DC. Che poi il nostro
difenderci determini un favorire i comunisti non lo credo perché i padroni di
sole due vacche, i parroci con discreti benefici, i sistemati, i privilegiati che,
sebbene sfruttati, già hanno un motoscooter, voteranno per la DC e per gli altri
partiti di destra. Sono un numero forte: non meno del 70% degli italiani non
hanno nessuna voglia di riforme e di traumi politici. Per essi va bene così,
tanto più che la predicazione dei parroci li acquieta in coscienza: la fede è
benessere e la pazienza nel subire l’ingiustizia è caparra sicura di vita eterna;
anzi il benessere è evidente dono della provvidenza.
Nel 1948 mi disse il S. Padre: Faccia quello che vuole, il Papa è con
lei. Ho già deciso di farlo a tutti i prezzi. Voglio riportare in grembo alla
Chiesa, vivi e travolgenti gli oppressi, sola forza sana rimasta di riserva e di
assalto alla mondanità che calpesta, violenta, la mia madre: la Chiesa. Sarà
pressappoco come segue: per aliam viam reversi sunt, quindi l’avventura, forse
la faremo passando attraverso le patrie galere, o quasi, o peggio. Speriamo che
la Santa Sede almeno taccia, come ha sempre fatto, grazie a Dio.
Lei sa Em. che mi muovo sempre con molta calma violenta. Non
tema, quindi. Il Signore mi illuminerà anche in avvenire. Lo credo perché
maneggio i suoi veri tesori che possiede sulla terra sicut in coelo. Difenderò
solo coloro dei quali la Chiesa mi assicura: ero io in loro. Su questo terreno
non si sbaglia: c’è Lui. Sono cose che si trattano in piazza ed anche
possibilmente con molto chiasso per lor natura, al fine di stordire l’avversario.
Tenga sempre presente la Santa Sede che i marxisti mi sono acerrimi nemici.
Li lasci cantare in mio favore, conosco il loro stile e non sono meno esperto di
loro. Devo sfondare i loro reticolati, come quelli della borghesia. Cose che non
si fanno in un colpo solo. Noi saremo calpestati e stangati dall’una e dall’altra
parte. Forse il Movimento della Fraternità Umana autorizzatomi dal S. Ufficio,
ha camminato più dopo il decreto del 5 febbraio che prima. Lei sa, Em., quanto
siano strane e apparentemente paradossali le vie del Signore. Come ad
esempio: con il simbolo del patibolo più ignominioso si porta la redenzione al
mondo. E nemmeno ci si illuda che sia un illuso. Sbaglio anch’io perché ne ho
il diritto settantasette volte al giorno.
Mi prostro ecc.
Le così dette opere di Dio hanno una loro natura chiara nelle finalità, e sono
misteriose nel modo con cui si fanno strada nella storia degli uomini. Sono tali
quando rispondono ad una reale e divina esigenza negli uomini, per cui Dio le
sospinge in modo, spesso, straordinario. Nessuno, che ad esse si dedichi, può
illudersi di essere in grado di condurle se non facendosi condurre dai Segni di
Dio che le caratterizzano. Che i nomadelfi stiano insieme e si aiutino tra loro
come fratelli nel Signore, nonostante l’ostilità di ecclesiastici e di cattolici
laici, e nonostante le persecuzioni, è cosa molto misteriosa. Non che tutti gli
ecclesiastici, tutti i cattolici e tutti i burocrati governativi li osteggino. Non
pochi li amano. Io di fatto li vedo rare volte perché sono impegnato a difenderli
da tutte le conseguenze esterne dovute al fallimento e allo sbandamento dei più
deboli di volontà, che in qualche modo si riesce a sistemare, e quando si è
riusciti a farlo, ce li vediamo facilmente, poco dopo, di nuovo al lastrico.
Gesù non ha risposto. Prima aveva detto in piazza che Egli è la verità. Se al
processo di Bologna non avessimo tirato fuori documenti scritti comprovanti la
falsità dell’accusa, io mi sarei preso quattro anni di galera; ed Irene, Corinna ed
Ugo non meno di due. L’Avvenire d’Italia con un ampio articolo, durante il
processo tentò di smorzare la stampa che era orientata a difenderci. Quella è
cattiveria, autentico fariseismo. Quando rileggo l’articolo di Don Bedeschi
stilato contro di noi nel febbraio del 1952 sotto il titolo: Sventola bandiera
bianca su Nomadelfia pieno di insinuazioni che avrei potuto querelare; quando
rivedo la notificazione di S. Em. il card. di Milano che è una vera e propria
mormorazione ed una calunnia, quando ripenso alla fame che ci costringevano
i persecutori, preti e burocrati, mi domando molte cose, tra le quali la seguente:
Che cosa è un sacerdote? Certo non può essere un vigliacco.
Avevo un modesto patrimonio paterno e l’ho dato tutto; avevo una carriera nel
mondo e l’ho buttata; avevo un prestigio familiare e l’ho buttato; ho accolto
come figli i più rovinati nel popolo per insegnare con la mia dedizione ad
essere fratelli l’uno per l’altro secondo la preghiera a l’ultima cena, quindi
cambiando rotta nel costume dei cattolici; avevo insegnato al popolo che la
giustizia è legge di tutti e l’avevo fatto nel nome della Chiesa.
Sono rotolato e rotolo nella rovina con i figli e sono il più rovinato nelle cose,
nel cuore e nell’anima, perché la nausea del Getsemani mi tortura tra un
susseguirsi di ingiurie che solo satana può approvare. La Santa Sede ha osato
chiedere a Nomadelfia un miracolo che non sarà altro che una ripetizione della
ignominiosa via del Calvario, scandalo alla innocenza e costernazione di anime
generose, dispersione e sbandamento di deboli alla malavita.
Il decreto del 5 febbraio 1952 è stato lo scoppio di una bomba atomica in seno
alla Chiesa ed all’umanità, un fatterello atomico, nel quale io stesso sono più
spettatore che attore, travolto in esso per causa dell’amore alla Chiesa ed ai
suoi figli interni ed esterni, professanti ed in attesa ed in diritto di diventare
professanti. Ha provocato una emorragia che minaccia di insanguinare tutta la
Chiesa. Pretendere di contenere questo fatterello nel campo di altri
avvenimenti del passato che sono passati, è prendersi un abbaglio-preconcetto
che può essere fatale. Se la Santa Sede volesse ora dare ascolto al nostro grido
di fraternità e volesse darci ragione, la Chiesa piomberebbe senza meno in un
caos e in una persecuzione paurosa fino a disperdersi e a scorrere nelle vene
degli oppressi di tutto il mondo. In pochi anni carceri e capestri sarebbero il
capezzale su cui poserebbero abitualmente il capo i cattolici, in oriente ed in
occidente.
E poi che c’entro io? Sono le realtà di Dio che determinano e che pretendono
di operare in un senso piuttosto che nell’altro, servendo Dio nel primo, oppure
peccando nell’altro. E se non accettiamo il battesimo di acqua - dice Don
Calabria - subiremo il battesimo di sangue. Ma Cristo Gesù non vuole perdere
una partita di tanta decisiva importanza. La Chiesa dovrà essere il diapason di
nuovi tempi. Solo lo farà immergendosi e sommergendosi nel cuore e nelle
carni degli oppressi condannando senza complimenti qualsiasi forma e
qualsiasi uomo che sia al servizio dell’oppressione alla personalità umana. E lo
farà a costo di sconquassare i cardini del mondo intero.
Creda, Em., non c’è nessun rispetto alla personalità umana. Sono in peccato. E
quanti ecclesiastici sono della loro stessa risma! D’altra parte questi sono i
maestri di quelli. Ma si può sapere perché noi sacerdoti di Cristo dobbiamo
essere conniventi di gente così stupidamente cattiva? Hanno la sensibilità degli
affetti da enterocolite acuta. Guai a toccarli, guai. Cade il mondo. Ma quando
ascendevamo l’altare per la prima volta non eravamo d’accordo così con il
divino sacerdote.
Io penso che noi sacerdoti abbiamo deciso di andare all’inferno. Vedrà, Em.,
che finiremo male. Saremo accolti dal Signore con tale e tanta freddezza da
rimanere spaventati. Che ci perdoni? Mah! Luce del mondo, sale della terra?
Poveri noi! Stia attento Lei che è vescovo e, per di più, cardinale!
Scusi, sa, Em., ma l’inferno è brutto. Alle volte mi vergogno a pregare, cioè a
parlare al Signore direttamente su questi argomenti. Ma voi che siete la
magistratura della Chiesa, perché non applicate la Legge? Di chi avete paura?
Povero Gesù e dire che ha fatto e parlato così bene, così chiaramente. Che
bello! Che buono! Che energico! Una umile madre lo curava; parlava poco e
soffriva molto. Ma Gesù non ci voleva così come siamo. Ci voleva lievito,
fermento, fuoco, ardore, giusti, poveri, senza niente, commestibili, potenti
contro il nemico dell’uomo, pronti sempre a sottoscrivere la sentenza di morte
contro di noi per qualsiasi opera d’amore verso il prossimo. E S. Giovanni poi
insisteva su quel piano fino ad infastidire gli uditori. Gli aveva spesso posata la
testa sul petto. Lo aveva capito. Ma Gesù è figlio del creatore, creatore egli
stesso del grano, delle banane, delle uova, del latte, della energia umana. Tutto
è suo, lavoratore, mai riposo.
Noi siamo fuori strada, lo creda, Em.; Gesù non può non piangere per causa
della nostra superficialità. Abbiamo affogata la Chiesa per debolezza e anche
per colpa dei nostri superiori che non ci lasciano mai sconquassare la famiglia,
covata dal diavolo. La vita è una cosa vera, l’uomo è fratello, le esigenze del
fratello sono esigenze di Gesù, le nostre vere e sole esigenze. La Chiesa è sua
ed ha le sue stesse piaghe, il suo stesso sudore di sangue, le sue stesse angustie;
la sua stessa incantevole, travolgente e disinvolta vivezza. Gesù ha avuto tutte
le premure per spiegare la sua umanità fraterna e la sua divina paternità. Chi
vede me vede anche il Padre mio. Quante parabole, similitudini pazienti;
quante cose ha fatto una diversa dall’altra, tutte umane, vicino all’uomo; tutte
divine, vicine all’uomo! Che buono!
Ma perché voi di Roma sopportate quelle cose che poi si ripetono grettamente
alla periferia? Siete terribili e debolissimi. Ogni vescovo è un piccolo Papa
infallibile, ogni parroco è papa re. Nepotismo dall’alto in basso regolarmente
uguale, fatte ben poche eccezioni. E il popolo fa le stesse cose: una gerarchia
non di missioni, ma di differenziazioni fino ai poveri, fiori di giardino,
parafulmini, che poi vengono educati dall’esempio nostro alle stesse grette
aspirazioni. Aspirano ad uno ad uno, senza pensare all’altro, di arrivare a
cavarsela e ad essere alterati come noi. Oggi mi sono capitate delle cose che mi
hanno fatto male all’anima cioè che mi hanno pugnalato.
Sono esaltato? Fate pure. Confido solo che una volta o l’altra Vi
persuadiate che Cristo è più forte della atomica. Io dico che noi ecclesiastici, in
processione con Voi, abbiamo deciso con Voi di andare all’inferno. Povero
Gesù! Ma qui è il caso di cominciare a dire: poveri noi, Lo abbiamo perso di
vista. Ma Egli ha detto: chi ha orecchie da intendere intenda. E dove sarà
andato a rifugiarsi? Che ne è stato di quella strombazzata del Grande ritorno
[Cf Zizola, 217ss]? E di quell’altro del Mondo nuovo [ib, 274]. Tutte cose che
si sono concluse con tre giaculatorie da una parte e la rabbia e la vendetta
dall’altra parte. Ma è da pazzi volere piegare Cristo a darci ragione, volerLo
costringere a mettere lo spolvero sui nostri reati pubblici, dei quali ciascuno di
noi è responsabile perché in questo caso non supplisce la Chiesa. Se lo facesse
si vedrebbe. Bisogna vedere. Che vedano...
É vero che il Vaticano si è creato quel tesoro aureo di tanti miliardi in
America? Ma questo sarebbe un peccato costernante addirittura. Che il popolo
lo sappia o non lo sappia può essere indifferente. Il guaio può essere che lo sa
certamente il divino Contabile, che non perdonerà nessuna intenzione per la
quale si fanno queste cose. Di rette intenzioni trabocca l’inferno. Ma noi
sacerdoti siamo dolorosamente e con personale ripugnanza corresponsabili di
fronte al popolo. Non conta più la nostra povertà personale, perché siamo dei
Vostri.
25 maggio 1953
Al Santo Padre.
Santità, questo libro secondo me, è un colpo di scure alla radice del male, di
un male che è molto più profondo di quanto indichi lo scritto.
In rerum natura non si sono mai visti i babbi e le mamme ricchi o benestanti ed
i figli poveri, affamati, ignudi e senza casa. Si è visto e si vede spesso
l’inverso.
Noi ecclesiastici che siamo Padri per divina elezione, di fronte ai figli siamo
quindi contro natura, in peccato. Dal quale i figli hanno diritto di difendersi.
Vuol cambiare rotta Santità? Io ci sto e chissà quanti, come me ci stanno; forse
la maggioranza degli ecclesiastici.
Non vuole cambiare rotta, Santità? Il nodo è giunto al pettine, e nella Chiesa le
rivoluzioni non si possono fare dal basso in alto, ma solo sono possibili
dall’alto in basso.
Si mangia o non si mangia?
Al Card. Ottaviani, S. Ufficio
“Se l’episcopato italiano non ha pensato di opporsi al tradimento sociale della
DC vuol dire che è passato dalla parte dei traditori”.
2 giugno 1953
Eminenza,
Ha visto che anche la stampa anticlericale tace e che quella bolscevica fa poco
rumore? Perché sono di fatto tutti d’accordo che non siamo d’accordo, ed
ognuno, strano ma vero, è perfettamente d’accordo su questo anche con la DC
che sentenzia contro di me: Dio sta per abbandonarlo. Che mi attacchino, che
mi dicano dell’eretico, del diavolo, che reagiscano fin che vogliono, ma
l’ultima parola è di chi potrà chiedere: si mangia o non si mangia con voi; si
beve o non si beve con voi; si dorme all’aperto o in casa come voi ecc… La
legge è uguale per tutti.
Se non rispondono con i fatti, noi potremo dire: Dio non vi avrà abbandonato,
ma non è d’accordo con voi. Quando avranno con i fatti riconosciuto il nostro
diritto alla vita, allora starà anche in noi, perché saremmo liberi, il rinunciare,
occorrendo, per accidente, al diritto in favore di qualche oppresso, ma mai in
favore dell’oppressore quando il farlo significa confermarlo nel suo peccato,
verso il quale è carità dirgli sempre che è in peccato come l’adultero, come
l’omicida ecc. Perdonargli sempre, ma disapprovare e colpire sempre il suo
peccato sociale, e creare leggi e movimenti che lo neutralizzino nella sua
azione parassitaria.
Tutto l’oriente sta per andarsene. Di questo passo cadrà anche l’India.
E l’occidente sta per essere tradito da noi stessi perché non vogliamo, almeno
con fatti nuovi, dire: erravimus. In politica bisogna essere chiari. La libertà è
questa ma essere sinceri. La giustizia è questa ma farla prima in noi stessi
come atto di fede. Lo stato è questo, il popolo è questo, la Chiesa è questa, le
virtù sono queste, il paradiso è questo, il purgatorio è questo, l’inferno è
questo, e finalmente, piaccia o non piaccia, Cristo è questo e non altro che
questo. Dare immediatamente l’esempio noi; poi si discende in campo.
A leggere un articolo come quello di Don Mazzolari c’è da piangere
perché mentre io sono stangato Il Popolo sentenzia la sua verità che nega la
Verità. Se, come sopra ho accennato, ci fosse ancora in vigore il malcostume
del rogo, io sarei già stato arrostito in piazza, ad edificazione del popolo.
Infatti: ...pagine disperate... smarrimento spirituale... deviazioni di ordine
morale... c’è più che il sufficiente per squillare l’allarme, suonare campane a
martello, unire le masse e dar fuoco alle fascine, al grido: Dio lo ha
abbandonato. Il popolo guarderebbe e penserebbe: Terribile il Dio degli
eserciti, cerchiamo di evitare il rogo e se ne andrebbe maledicente tutto e tutti
concludendo che la vita sulla terra per molti è un inferno. Lo dice sempre.
Mi prostro ecc.
Torturare un fondatore
Al Card. Ottaviani, S. Ufficio
Ho letto i discorsi del S. Padre, che ha tenuto nella festa del Corpus Domini. Il
clero doveva parlare così e non temere perché anche agli effetti elettorali avrà
più valso quel dire paterno e preciso del S. Padre che tutti i febbricitanti
discorsi del clero. Il clero se non vuole farsi impiccare tutto deve cambiare
rotta nel suo personale costume sociale. Praticamente, fatte ben rare eccezioni,
il clero in cura d’anime è quasi tutto nepotista, quindi solo un miracolo lo potrà
conservare utile alla causa di Dio nel riportare la Chiesa all’abbraccio con le
masse. Sul peccato non si costruisce niente. Faccia caso: il clero disubbidisce
sempre al Papa quando gli chiede un sacrificio in campo sociale, ed il Vaticano
fa la stessa cosa. S. E. Mons. Boccoleri mi disse al proposito due anni or sono:
Non calcoli sul clero, muova le masse alla giustizia, solo esse hanno influenza
tale da intimorirlo e da indurlo moralmente a mettersi sul piano del costume
sociale nuovo, perché, in fondo, non può perdere le masse. Al vescovo non
ubbidisce in materia, proprio non ubbidisce per niente. S. E. Mons. Boccoleri è
molto addentro nella conoscenza della psicologia e delle esigenze materiali,
morali e sociali del popolo.
Io poi sono sicurissimo che i capi comunisti sono degli illusi a credere che le
masse li seguano per convinzione. Lo fanno per interesse e per odio secolare
alle classi che le sfruttano freddamente. Non hanno altro movente, e nell’anima
sono cattolici almeno sul piano della morale. Sono anticlericali ed hanno
ragione. Spero che V. Em. abbia letto e preso in considerazione la mia lettera
inviata al Prof. Jemolo [Cf Lettere, II, 31ss]. Jemolo non è per niente un uomo
d’azione, ma è un buon giurista del quale ho bisogno a tavolino per rifare con
lui e con altri tecnici la proposta sociale di Nomadelfia in forma tecnicamente
ineccepibile ed anche comprensibile da parte delle masse. Ma per sé tutto
questo non rappresenta una difficoltà. É pane per i miei denti da selvaggio.
Ci pensi, Em., perché hanno ragione le realtà che sono poi la più
sicura strada che porta a scoprire le mete di Dio. In seno alla Chiesa,
Nomadelfia è perseguitata come i primi cristiani erano perseguitati
dall’impero, anche con più freddezza perché l’impero non vincolava e non
turbava le coscienze. Il S. Padre dia la libertà religiosa e sociale a Nomadelfia
come richiede la sua reale natura comunitaria in seno alla Chiesa e in seno al
popolo cattolico e non cattolico e le esplosioni pericolose sarebbero finite. Per
me questa e solo questa è la volontà di Dio. Umilmente, ma tanto umilmente
da umiliarmi ad esprimermi come un superbo, dico a V. Em. per dirlo
attraverso V. Em. al S. Padre: si guardi anche il S. Padre dal torturare un
fondatore di un movimento di quella forza. I fondatori sono da Dio e sentono i
tempi e le cose come i profeti, vedono al nudo ciò che per gli altri è mistero o
frutto di difficili ed imprecisi ragionamenti; ed hanno un linguaggio che i
sapienti non sanno intendere e dal quale sempre inesorabilmente si sentono
offesi a morte. Le miserie personali dei fondatori sono come quelle di Pietro
quando rinnega per tre volte Cristo, non incidono sul corso o sulla traiettoria
della loro missione. Io sono uno tra quelli, cosa che vedo con tanta semplicità
come quando da fanciullo portavo una importante lettera di mio padre a
qualche persona: un portalettere consapevole del dovere di portare a
destinazione la lettera.
A seguito della mia lettera inviataLe in data 8 corr. e della ultima udienza
paternamente concessami, come d’accordo mi pregio esporLe le mie promesse
proposte conclusive, che mi sembrano nient’altro che logiche e conformi alla
realtà che Dio ha posto sul tappeto come segni chiari della sua volontà.
1) liquidarci tutti gli impegni affinché sia salva la giustizia nei confronti di
gente che ha anticipato la vita a tante creature figlie della parte più colpita del
popolo stesso;
Eccellenza Reverendissima,
Sono seguiti giorni veramente tragici; la più strana e la più inconsulta delle
persecuzioni, abuso d’autorità contro i più elementari diritti della personalità e
della dignità umana. Io sono sempre pronto a dimostrare che è stato un vero e
proprio tradimento, come fatto, indipendentemente dalle intenzioni per le quali
si è agito. Tradimento irreparabile in molte sue conseguenze pratiche e forse
anche spirituali su molte anime. L’autorità ecclesiastica poi non ha preteso di
imporre ai nomadelfi laici di rinunciare al loro amore fraterno, cosa che d’altra
parte non è in suo potere. Tuttavia molto si è fatto nelle periferie per ostacolare
loro il passo attraverso forme veramente ingiuriose. Abbiamo subito
umiliazioni che solo il Signore avrà potuto misurare nella loro portata: gravi,
gravissime e scandalizzanti.
Nonostante tutto è rimasta in me precisa la mia vocazione che è legata in
externis, quindi dimostrabile dalle realtà insopprimibili che sono solo
affrontabili nella mia libertà piena di dedicarmi ad esse. Non discuto la
vocazione degli altri sacerdoti a me legati sullo stesso piano di vocazione
perché hanno la loro età e possono ad uno ad uno spiegarsi e difendersi. Invoco
il rispetto alla mia vocazione nei confronti dei nomadelfi che hanno la stessa
mia vocazione. E per i nomadelfi appunto intendo maggiorenni e minorenni
che vogliono vivere con me questa nuova vita comunitaria. Non posso vivere
la mia vocazione nell’esercizio del sacerdozio? Me lo vieta l’autorità
ecclesiastica? Giacché essa vietandomelo mi perseguita in quanto mi costringe
a trascurare cose insopprimibili cui sono legato come persona, abbia almeno la
paterna bontà di laicizzarmi. Pessima soluzione, ma meno disastrosa che una
persecuzione.
La Suprema Congregazione del S. Ufficio avrà senza dubbio capito che sono
disposto ad andarci fino in fondo perché si faccia luce e si faccia la dovuta
giustizia su cose che invocano luce e giustizia. La Suprema Congregazione sa
quanto io abbia fatto per evitare scandali di grossolana brutalità che si stavano
per commettere le mille volte in occasione della persecuzione che ha seguito il
decreto del 5 febbraio. E questo, si creda o non si creda, l’ho fatto per solo e
semplice spirito di carità spinto fino al paradosso.
Ma appena parliamo noi in difesa dei nostri diritti siamo subito aggrediti come
dei ribelli e dei mezzi eretici, degli esaltati, dei fuorilegge. Fortunatamente che
i conti finali si faranno presso il tribunale di Dio. Sono convintissimo che
all’ora giusta, alla Sua ora, Gesù interverrà provocando fatti di tale gravità da
imporre a noi nomadelfi ed ai nostri persecutori di muoversi tutti sui Suoi Piani
che dai fatti stessi diventeranno uno spavento.
Ciò che oggi è possibile in via di buona volontà a far le cose con criterio
preventivo e logico, domani, allo scoccare di quell’Ora, sarà un pianto ed un
rimorso provocati dalla divina giustizia, direttamente. Anche durante la vita
terrena scoccano le ore dell’ira di Dio. La storia dell’antico e nuovo testamento
è piena di questi spaventosi esempi.
Domanda di laicizzazione
A Mons. Prati, Carpi
Collisione tra disciplina canonica e diritti naturali.
Degli altri sacerdoti che con me sono impegnati in solido, non chiedo nulla con
la presente: Hanno la loro età. Voglia comprendermi, E. Rev.ma, da padre
come mi ha promesso a Salsomaggiore. Almeno entro il mese corrente io devo
provvedere alle mie cose con piena responsabilità e certezza che non continuo
a tradire anime che hanno diritto alla mia incondizionata promessa dedizione.
La prego, Eccellenza, con il cuore in mano. Non mi tiri per le lunghe per
timore di addolorarmi. Il dolore è l’aria che respira giorno e notte l’anima mia
aggrappata a Cristo ed alla Chiesa per un atto di amore che non disdegna
qualsiasi olocausto.
20 luglio 1953
Reverendo e Caro don Zeno,
Riscontro la Sua del 16 c.m. Non le nascondo che mi ha recato grande pena.
Anzitutto: Lei nella sua lettera dell’11/6/53 subordinava la richiesta di
laicizzazione a che (nella impossibilità di ricostruire Nomadelfia) non Le fosse
dato libertà d’azione per il soddisfacimento dei suoi vincoli intercorrenti tra
Lei e i nomadelfi.
Io ho fatto presente a chi di dovere in iscritto i suoi desiderata. Fino ad ora non
è venuta nessuna risposta. Tuttavia, mentre da una parte non vedo nessun
elemento nuovo che lasci anche solo pensare alla ricostruzione di Nomadelfia,
dall’altra parte mi sembra che Lei ha un po' fatto quanto ha voluto. Non vedrei
quindi logico che avanzi la richiesta anzidetta. Ad ogni modo io ho spedito alla
sede competente il documento in parola.
Personalmente, poi, mi sono fatto questa convinzione, che modestamente Le
espongo, salvo meliore iudicio.
Nella sua lettera del 16 c.m. Lei parla di diritti naturali e giuridici. Io non mi
sento di ammettere che lo siano. Saranno, se mai, dei doveri. Come tali, però, a
mio modo di vedere non sono degli obblighi necessari di diritto naturale e
divino, ma semplicemente libere obbligazioni assunte:
a) In forza della carità: perciò non sono obbligazioni insopprimibili, ma (oltre
che essere soggette a dispensa) non obbligano con grave incomodo: e per un
ecclesiastico, è certamente grave incomodo la incompossibilità di tali doveri
colla disciplina ecclesiastica a cui si è precedentemente e liberamente legato;
b) In forza della fedeltà: anche in questo caso valgono gli stessi principi di
prima. Se di fatto queste obbligazioni derivanti da Nomadelfia fossero
incompossibili con quelle conseguenti lo stato sacerdotale, le quali derivano a
loro volta dalla virtù della religione (che pone il sacerdote nello stato di anima
consacrata a Dio e imprime il carattere): a me pare che sarebbe più logico
chiedere la dispensa da quelle obbligazioni anziché da queste.
Quanto alla grave questione dei debiti, ho seriamente lavorato per venirle in
aiuto. Allo stato attuale delle cose, non le posso ancora dire nulla. Ritengo che
abbia molto nuociuto la sua ultima pubblicazione: per cui non sarà male che si
attenda a che uomini nuovi studino il problema con criteri diversi e ci vengano
incontro.
Termino dicendole che ho la coscienza di avere sempre agito, nei suoi
confronti, da padre. Ed è con questo affetto di padre che Le auguro ogni bene
dal Signore e di gran cuore La benedico.
F.to + Artemio Prati Vescovo.
Mi prostro ecc.
Ogni uomo o donna che abbandona gli altri, butta peso sui rimasti,
quanto al soddisfacimento dei sopra indicati quattro impegni. Chi li consiglia
ad andarsene, tra l’altro, a base di mormorazioni, di calunnie e di chimeriche
visioni di apostolato, il men che meriti, si può dire che non sa quello che fa.
Risponderà poi lui degli impegni assunti addirittura con documenti scritti da
parte di coloro che vengono sospinti a disertare? Dicono che ci penserà il
Signore. Mi fanno pensare al pecca fortemente e credi fortemente; oppure al:
maledetto l’uomo che pecca nella speranza del perdono. Ha voglia qualcuno di
questi sacerdoti di trovarsi poi in grossi guai? E come si può fare del bene
mancando di parola su cose di così semplice ed evidente giustizia? Sul peccato,
fosse anche in buona fede, non si costruisce niente. L’apostolato ha e deve
avere ben altre basi di partenza. É quella facile leggerezza e zelo dottrinale e
sociale dei molti cattolici, che poi butta la Chiesa al disonore come avviene
oggi al Parlamento Italiano dove i cattolici sono accusati di fronte al popolo di
affamatori e di antisociali; ed io aggiungerei: di traditori della Chiesa e dello
stato.
Io, la figura del burattino e del traditore non la voglio fare. E gli altri
sacerdoti hanno la loro età. Per essi non mi assumo responsabilità. Me ne lavo
le mani. Bisogna evitare che nasca questo contrasto perché si va a finire in
piazza e facilmente nei tribunali. Per parte mia, mai vorrò farmi colpevole di
menzogne e di reticenze. La Chiesa è la Verità. Dopo tutto l’accaduto, e allo
stato attuale dei fatti, ogni polemica fatta da parte dei sacerdoti contro i laici
nomadelfi e i loro collaboratori, peggio ancora contro i creditori, sarebbe non
solo controproducente, ma addirittura ripugnante per causa delle realtà troppo
evidenti ed offensive che sarebbero messe sul tappeto.
P.S. Credo che i laici terranno la summenzionata seduta entro la prima metà di
settembre.
19 agosto 1953
Caro don Vincenzo,
sono due anni in questo mese da che arrivò l’ordine ai Religiosi di ritirarsi nei
conventi. E sono due anni che Roma mi perseguita, dalla quale mi difendo
come una vittima presa tra le zanne di un gigante strapotente, tenace,
silenzioso e tremendo senza pietà alcuna. E lo fa nello stesso nome di Colui del
quale mi lascio torturare in quell’inumano modo.
Ti scrivo in risposta della tua ultima che ho letto anche tra le righe, senza
pretesa di avere indovinato esattamente. Realmente non sono stanco di lottare e
neppure sono sconvolto. Sono torturato da quella forza che non ha pietà di
niente e che tenta di sopprimermi o di piegarmi a essere un altro. Per fortuna
che ha perso nelle elezioni altrimenti a quest’ora chissà che cosa mi avrebbe
combinato. Mons. Vescovo era disposto a lasciarmi arrestare e ad andare in
prigione per L. 75.000 che non sapevo come procurarmi. Ho chiesto alcuni
giorni di rinvio poi ho pagato strappandolo dalla bocca dei nomadelfi. L’ho
tanto pregato che me li procurasse lui; ma niente da fare.
Proprio in quei giorni io gli cedevo il Casinone ed il cinematografo,
donandogli, oltre il Casinone, un patrimonio per pochi soldi, di attrezzature, tra
cui anche il termosifone. Non c’è cuore e non c’è un filo di morale. Quando
penso alle costruzioni di Panzano, Gargallo, Rovereto e S. Giacomo, tutte
bagnate dal sudore di poveri figli oggi buttati come cani al lastrico sento il …
coepit tedere et pavere…
Gli ecclesiastici sono organizzati secolarmente come una misteriosa sabbia
mobile che ti ingoia senza pietà e ti riduce in croce. Tutte cose che ho provato
nelle mie carni. Una diocesi che ha ricevuto capitali per milioni e milioni di
valore, è disposta a farmi languire in una prigione per 150 giorni perché mi
rifiuta L. 75.000, almeno come atto di fraternità!... Ma esiste un passo delle
scritture o un poema che giustifichi queste cose? Che non le condanni? Io non
ne conosco.
Avendo in mano le prove di un vero tradimento fattomi e le cui conseguenze
sono tali da impormi moralmente di non trascurarli, la mia laicizzazione
diventa una evidente liberazione. Ho persino chiesto al vescovo che me la
ottenga come punizione se non può ottenermela come Grazia. E gli ho detto
questo non per esasperazione ma per ragione che i miei impegni superano ogni
ragione di delicatezza nei miei confronti.
Che cosa farò dopo? Fossi poi ridotto ad essere un reietto ed un disprezzato
impotente avrò egualmente soddisfatto ai miei impegni: vittima con le vittime.
Avrò vinto la lotta contro quel mondo per il quale Cristo si è rifiutato di
pregare.
Quando un vescovo non può evitarmi il carcere perché non lo vuole, e mi
insiste a dire che non esistono le ragioni sufficienti per liberarmi da quella
disciplina per me oramai tiranna fino a tal punto, è il paradosso che si fa strada.
Che Padri sono? Che confratelli sono?
Io ho condiviso la vita con essi per 23 anni, ma sarò più sacerdote se laicizzato
che se martoriato in questa maniera me connivente a danno di tante creature
innocenti. Mi viene in mente che quando decisi di farmi sacerdote lo espressi
con le seguenti parole: … scelgo di ripetere sulla terra la vita di Cristo
sacerdote.
Mi tocca la stessa sorte da parte dei sacerdoti del nuovo tempio. Nei miei
confronti e nei confronti dei miei figli sono stati dei cannibali veri e propri. E
non avendolo potuto fare fino in fondo perché c’è ancora la faccenda dei
debiti, adesso cercano di far pagare al governo per poi liberarsi di ogni
ostacolo e vibrare gli ultimi colpi del flagello fino a ridurci come mostri
irriconoscibili.
So quello che stanno facendo, lo so benissimo. Ne scruto ogni mossa. Come il
Sinedrio, essi pure hanno timore della plebe ed attendono l’ora giusta per
gridare che siamo dei bestemmiatori contro Dio, e dei traditori contro Cesare.
Quando venne il Nunzio ap. non fu sincero, fu un atto puramente in funzione
politica, quindi tutto andava benissimo, poi tutto andava malissimo. I pietisti
sono i miei veri e più frenetici nemici. In tutta la Chiesa si lavora per
annientarmi demolendomi lentamente e disonorandomi dicendo che sono
vittima della esasperazione e di una deviazione morale e spirituale.
Lo ha detto anche a Cesarina [sorella di don Zeno] un confessore in
confessionale a Milano, cosa che si fa già in molti confessionali. Siamo arrivati
lì. Nel tribunale più delicato che abbia la Chiesa, tribunale incontrollabile
perché il rappresentante della legge è libero di dire che non ha detto niente e
che non sa niente. Può liberamente calunniarmi e può liberamente mormorare
contro di me. Io non posso difendermi dalla sua insidia da vipera.
23 agosto 1953
Mentre alle Camere si pretendono le riforme sociali da parte dei nemici della
Chiesa e della morale anche semplicemente naturale, in tutta la Chiesa le cose
vanno malissimo, ma veramente malissimo. La Suprema Congregazione
certamente lo sa e sarà bene informata. E che cosa ha combinato la Suprema
Congregazione nei miei confronti e nei confronti di Nomadelfia? Un disastroso
reato di inganno e di truffa in campo economico ed in campo morale. Questa
sarà l’accusa dei nomadelfi, dei creditori e dei benefattori qualora non si
volesse correre ai ripari in tempo trattando segretamente con me.
E adesso tornando al mio sventurato caso che sta per esplodere in uno scandalo
pauroso perché incide disgraziatamente sugli stessi dolori e sugli stessi
risentimenti della parte oppressa, avvilita e sfruttata del popolo, ma che cosa
facciamo? Ma chi è alla Santa Sede che mi è talmente nemico da accecarsi fino
al punto che per annientare e me ed i miei figli sta per buttare nel disonore tutta
la Chiesa? C’è truffa ed inganno, e ciò che è peggio, truffa ed inganno
risultanti da documenti pubblici e da una marea di documentazioni che io ho
sempre tenuto riservate per quanto non siano nelle mie mani. Appartengono a
Nomadelfia. Ma Nomadelfia non era una città di ragazzi, era di uomini e di
donne che non dormono, sebbene che per amore alla Chiesa ne abbiamo
passate tante da pensare che solo i santi fanno di quelle cose. Ma poi il Signore
suona le sue ore. Io dico che bisogna prevenirle, che ci vuole molta buona
volontà, cosa che la Suprema Congregazione del S. Ufficio non mi ha
dimostrato di avere per tutto ciò che mi risulta dai suoi documenti tutti
autoritari e senza spiegazioni.
Questa non è una accusa, è un pianto che forse e senza forse è il pianto di tutti i
feriti come me da questo disastroso momento storico della Chiesa. E voi agite
ancora nei nostri confronti come se foste di fronte ai Luterani, agli anglicani, ai
liberali, ai comunisti. Ma siamo i vostri figli e vi amiamo. Chiedeteci la vita
per la Chiesa e ci vedrete saltare nel fuoco, dove volete, come quando volete.
Ma non volerci imporre di essere dei borghesi, perché non li vogliamo essere.
E adesso che cosa si fa? Vi prego, siate più plastici, cerchiamo di evitare un
disastro le cui conseguenze nessuno saprebbe prevedere. Mons. vescovo di
Carpi non ce la fa perché non conosce tutto, si confonde mancandogli un
mondo di nozioni, ma conoscendo le quali facilmente cadrebbe in gravi
inganni. Io ho scritto questa lettera alla Suprema Congregazione a insaputa di
Mons. vescovo. Vi prego, non lasciatevi prendere da preconcetti, non ho voluto
mai queste imminenti esplosioni, le ho ritardate il più che ho potuto, ma oramai
basterà tentennare per vederci scappare dalle mani ciò che ancora il Signore ci
concede, direi come monito e come tregua.
Sac. Zeno.
Allego: a) Appunti per la causa di Nomadelfia b) Copia conforme di una lettera
inviata a me ed ai sacerdoti della ex Città di Nomadelfia da parte del
presidente della Società di Nomadelfia.
25 agosto 1953
Confidenziale
Eminenza,
Le allego copia di alcuni documenti. Chi può mai sapere quale mistero ci sia
sotto a tutto questo tormento di cose e di uomini? Non se ne salta fuori, nulla si
assesta. Mi pare anzi che tutto si peggiori. Fin dove?
Fin dal 1948 Scelba aveva espresso al Prefetto di Modena che ci avrebbe
dispersi spietatamente. Quante volte ho chiesto a V. Em. che sarebbe stato il
caso di un’abile virata di bordo da parte del S. Ufficio! V. Em. la tentò, ma
non è riuscito. Il Signore non lo ha voluto. E allora scoppiò il processo di
Bologna, poi il fallimento. A Mons. vescovo di Carpi, il 13 corr. è scappato
detto con un sacerdote di Nomadelfia che Nomadelfia presto sarà condannata
come dottrina e che di essa non se ne parlerà più. Io gli scrissi chiedendogliene
ragione e pregandolo di ricevermi. Mi ha risposto con una lettera diplomatica
dicendo che quando comunica le cose lo fa direttamente o per interposta
persona. C’è solo che il sacerdote con il quale ha parlato è parte interessata. Mi
riceverà non prima di 15 giorni da quella data, cioè ai primi di settembre,
essendo impegnato e dovendosi assentare.
Venga pure anche la condanna. E poi? E poi sarà peggio ancora; e il problema
sarà ancora più mordente.
Se non ci sarà una virata di bordo si finirà lì. Vedrà! Di fatto si è scandalizzato
i fanciulli e si è tirato un sasso in faccia ad anime di una generosità
inarrivabile. E il cielo ci confonde tutti noi sapienti della scienza dovuta.
Mentre quelle anime rapiunt regnum Dei. E nella loro semplicità finiscono per
lasciarci cadere tutti al giudizio del popolo che in simili casi non ha bisogno di
ragionare perché gli scatta l’intuito severo.
Comunque, che sia fatta la volontà di Dio, solo quella. Al Signore non ho mai
domandato altro che questo.
Mi prostro ecc.
3 settembre 1953
Eminenza,
Pare che Mons. vescovo non le voglia intendere, queste cose. E dire che sono
chiari segni di Dio che indicano il da farsi indipendentemente da qualsiasi
considerazione di convenienza, di opportunità e di legittimità formale. Queste
cose sono circostanziali, utili, persino necessarie nella procedura; ma a Mons.
vescovo prima di tutto dovrebbe premere la sostanza che è la seguente: noi
sacerdoti di Nomadelfia siamo stati letteralmente rovinati ed abbiamo il diritto
di prevenire e parare i colpi che minacciano la integrità morale e fisica delle
nostre persone .
Oramai è il caso di fare un disco perché queste cose le ho dette, ridette, scritte,
insomma all’infinito: a Roma, a Carpi e forse in cielo ed in terra ed in ogni
luogo, in Corde Jesu, dove sono stato chiamato a dire sempre le stesse cose. Ed
ancora si discute, mentre noi prendiamo colpi mortali. Mah! É una vera e
propria tortura, grossa ed inumana, inumana almeno nei suoi effetti pratici.
Vorrei sbagliare, ma ci deve essere, a base di tutti questi assurdi, un grazioso
preconcetto, non disgiunto da inavvertiti ed ingenui risentimenti, in chi e dove
non saprei. Lo deduco dalla natura diabolica della causa, e, vedrà, che
facilmente questo salterà fuori quando meno ce lo aspettiamo. In quelle cose
nelle quali non si ragiona, nonostante la evidenza dei fatti, non c’è Dio, ma c’è
il suo avversario che muove abilmente le sue legioni ed avanza con esse sotto
forma di valanga di balle: il grottesco, il paradossale, l’irragionevole, il
mostruoso, il pretesto, il contingente, contro cose semplici e trasparenti nelle
loro realtà.
E se per caso il Signore avesse deciso di rifare Nomadelfia, che c’entro io? Un
po' di mistica, per piacere! Ma guardi un po'! Ho chiesto a suo tempo ed in
tempo sufficiente la laicizzazione. Macché! Come se avessi cantato una
canzonetta. Mons. vescovo mi ha tirato fuori ex charitate, ex fidelitate. Tutte
cose molto belle, anzi molto piacevoli. Che c’entrano? Per niente. Se ex
charitate et ex fidelitate rompo una gamba a qualcuno o gli brucio la casa,
nasce una obbligazione che per sua natura non appartiene più alla carità ed alla
fedeltà, ma alla giustizia. Io amo e stimo molto il mio vescovo. Ma che
c’entra? Mi pare anzi che dicendogli le cose chiare e senza fronzoli gli
manifesti più figliale e sincero affetto e più indiscutibile sincerità. Le belle
parole alle volte alterano il senso di ciò che si vuole dire. Perché di belle parole
non ce ne sono poi tante nel vocabolario e tutte sono state sfruttate fino alla
nausea. Adesso va a finire che ho offeso anche il vescovo di Carpi. Ma guardi
un po' che destino! direbbe il popolo. A nave rotta ogni vento è contrario. Si
vede che io sarò una nave rotta. E che cosa ci posso fare? Sommergere non
posso perché, tra l’altro, annegherei terze persone, si che il secondo male
sarebbe peggiore del primo.
Mi auguro che S. E. Mons. vescovo di Carpi non abbia dei gravi dispiaceri per
causa di questa ragazzina, al secolo Nomadelfia, che è stata sepolta viva e che
muove la terra a scandalo del popolo. Nonostante le balle di don P. Mazzolari
(v. art. sul Popolo) Nomadelfia non l’ho sepolta io, ma Roma del di qua e del
di là del Tevere. Io avrò contribuito con le mie miserie umane, comuni a tutti
anche di qua e di là del Tevere, senza volere mancare di rispetto a nessuno.
C’entra anche un poco quel curioso di Adamo. C’è solo di differenza che io
volevo curare le inevitabili ferite del viaggio, e altri le hanno aggravate fino
allo sterminio della città. Da Castro a Nomadelfia; e da Nomadelfia chissà
dove. Dico queste cose perché amo sinceramente la Chiesa. Caso mai ne
parleremo con più limpidezza di là.
Forma mentis? V. Em. ricorda. E sia. Non l’ho detto io e non lo condivido. Lo
subisco, l’ho subito. Ma se mi cadesse una tegola sulla testa, qualsiasi forma
mentis avessi, sarei sempre tenuto a dire: mi è caduta una tegola in testa e
vedendo sangue e sentendo dolore vado dal medico per curarmi la ferita. Fin lì
ci arrivo con la mia forma mentis. Ma guardi un po' che cose mi capitano!
Eppure mi capitano e mi sono capitate.
Chi dice che parlo così perché sono addolorato, chi dice che lo faccio perché
sono risentito e chi dice quello che gli passa per la mente. Io intanto vado dal
Medico... et ego reficiam vos, che in questo caso traduco stranamente: conti
chiari ed amicizia lunga. C’è chi mi dice: bisogna sapere passare sopra. Ma a
che cosa e a chi? Sulla morale? Sui feriti? Sarebbe un capolavoro di
stranissima forma mentis, che io passassi a perdonare il male che faccio agli
altri! Sulla carità? Peggio ancora. Non passerò sopra a niente, affronterò la
realtà senza paura, grazie a Dio.
Mi prostro ecc.
Io ho creduto al Papa, ma per evitare certi fatti urtanti la disciplina sono andato
io stesso personalmente in precedenza al S. Ufficio ad esporre preventivamente
il mio piano e le ragioni dottrinali che lo animavano, e l’ho fatto
confidenzialmente nella fede palpitante. Non dico tutto quello che è avvenuto
tra me e il S. Ufficio. Ivi ricorderanno quello che mi hanno detto e come essi
stessi hanno poi collaborato.
Se i padri del S. Ufficio avessero avuto con me quella apertura che io ho avuto
con loro, avrebbero sopportato certi miei sbagli, se sbagli ne avessi fatti, e mi
avrebbero illuminato sul cammino, anziché colpirmi d’un tratto senza neppure
preavvertirmi. Mi sono saltati addosso con tale violenza che ne sono rimasto
costernato, poi rovinato in tutti i sensi, in un mare di reati e di lacrime
susseguenti e conseguenti. Io amo la Chiesa, ne ho dato le prove al vescovo fin
dal 1912 (avevo 12 anni), quando accettai di essere segretario di un circolo
giovanile cattolico tra i più forti e tra i più battaglieri della diocesi. Amo molto
personalmente anche i Padri del S. Ufficio, nonostante tutto l’accaduto che
disapprovo, qualsiasi ragione abbiano in loro favore, perché sono andato ad
essi confidenzialmente come un figlio e mi sono poi saltati addosso come
giudici severi, e non hanno più voluto ascoltare le mie proteste nonostante che
le cose conseguenti vertessero in veri e propri delitti.
CONCLUSIONE
Che i miei Padri del S. Ufficio, che ancora amo tanto, e per i quali non esiste
traccia in me di risentimenti, mi ritornino almeno Padri un secondo momento
laicizzandomi ut vitam habeant. E quale vita? Un nuovo e santo olocausto che
mi accompagnerà con Cristo Gesù, - cui tutta la mia esistenza ho sempre
donato - alla tomba. Vorrei sperare: presto, alla tomba. Sì: cupio dissolvi et
esse cum Christo.
I°- Io ho ubbidito al decreto del 5/2/52 perché in esso c’erano le condizioni alle
quali ho creduto:
III°- Per evitare di essere ancora chiamato in giudizio io ed i miei figli ho fatto
di tutto perché essi rimanessero compatti ed uniti in nuova associazione per
organizzarci nel lavoro al fine di renderci con il tempo solvibili nei confronti
dei creditori. Io stesso ho garantito i capitali che persone private hanno messo a
disposizione di detta associazione e per causa di mille e mille forme di
persecuzione che li minacciano c’è pericolo che ne vada di mezzo
l’organizzazione economica, per cui sarei coinvolto in maggiori mali.
Nomadelfia come era stata concepita e come si era sviluppata fino al 5/2/1952
non esiste più, mentre esistono i suoi abitanti sterminati spietatamente; tra i
quali ci sono anch’io. La vittima è sacra anche quando passa immanettata tra i
carabinieri e quando viene tratta al cospetto dei tribunali. La morale è dalla mia
senza dubbio perché nessuna ragione circostanziale può essere così forte da
cancellare o mutare la sostanza qui esposta e sottoscritta. Se confidenzialmente
o pubblicamente avessi avuto anche espressioni men che riguardose almeno
nei confronti della superiore autorità ecclesiastica chiedo con la presente
perdono ma ribadisco la mia sincerità, ed è la seguente: si sarà trattato di modi
di esprimere le più inumane realtà che mi colpiscono e che colpiscono quanti
come me sono rimasti vittime di quei gravi provvedimenti. Astio, odio,
irriverenza d’animo non appartengono alla realtà del mio stato d’animo.
Conclusione. Una volta regolarmente laicizzato nessuno avrà più nulla da dire;
ed io con quell’atto avrò in parte riacquistato il mio onore e la mia libertà che
mi è stata donata dal battesimo. Poi risponderò, e a creditori e a vittime, di
persona fosse anche languendo nelle carceri. É un olocausto impostomi dalla
tragica realtà, un caso urgentissimo di estrema necessità. Non oso chiedere
indulgenze, favori, comprensione, tutte cose belle che non pretendo e che
lascio nella più assoluta libertà di quanti saranno da Dio chiamati a rispondere
a questa mia sanguinante istanza. Chiedo solamente un atto di suprema e santa
giustizia nel senso più coerente alla volontà del Signore e alle tremende realtà
in gioco nel senso più armonioso al cuore trafitto di Dio incarnato, cui tutta la
mia esistenza ho donato disposto a tutto, per sua grazia, nell’amore a Cristo
redentore ed al prossimo mio. Unicuique suum.
21 settembre 1953
Eccellenza Reverendissima,
Beatissimo Padre,
Se parlo e scrivo sono subito preso e mi si accusa che sono men che
riguardoso e mi si impone di firmare per ubbidienza. Se mi muovo per fare il
mio dovere nei confronti delle vittime, sono ostacolato e costretto ad
ubbidienze draconiane. Neppure lontanamente posso ammettere che la Santa
Sede nei miei confronti mi si trasformi da casa del Padre in un organismo
tiranno. Sono consigliato dalle stesse autorità ecclesiastica praticamente a
peccare contro la giustizia e contro altre severe norme della morale; e ne ho
abbastanza. Ho le prove in mano. Con la presente chiedo alla Santità Vostra la
grazia della laicizzazione mia e di quella dei sacerdoti con me ingannati e
ridotti al fallimento. E già da tempo che la chiedo e non mi è mai concessa.
Sarà come una specie di separazione legale con gli ecclesiastici per
incomprensione reciproca, o meglio dire, perché molti confratelli ecclesiastici
la smettano di perseguitarci con tanto accanimento a rovina dei figli,
maltrattati e vilipesi; indegnamente e diabolicamente scandalizzati.
1.10.1953
Caro Don Vincenzo,
ti allego alcuni documenti. Per me la cosa è chiara. Ed è tanto chiara per cui
non ci si intende più con i miei confratelli ecclesiastici, e non ci si intenderà
più trattandosi di due mondi diversi come stato di vita. Ho notato che tutti
coloro che sono venuti a Nomadelfia per fare un apostolato in favore dei
nomadelfi sono caduti o stanno per cadere, non erano di quelli, dei loro. Chi
invece aveva bisogno personalmente di quell’amore è rimasto e rimarrà ad
eccezione di quelli che sono venuti solo per ricevere senza l’esigenza di
reddite…
É logico che il mondo che non è il nostro, essendo forte e potente quando non
ci sa sopportare ci strazia e ci perseguita, perché ritiene necessario sopprimerci.
Essi ci perseguiteranno sempre anche perché noi non li lasceremo mai in
quiete. Quanto poi al sopprimerci credo che non riusciranno più.
La Santa Sede, se volesse cavarsela elegantemente, dovrebbe laicizzare i
sacerdoti di Nomadelfia. É la soluzione più ragionevole, dato l’ambiente
ecclesiastico. Ci penseremo poi noi, dalle fogne ex stercore, a ridiventare
sacerdoti delle fogne con futuri immancabili riconoscimenti dal fatto e non dai
progetti del cervello. Le ingiurie che abbiamo ricevuto si fanno sentire oggi in
noi nella loro più nauseante amarezza e realtà. Da questo è facile stabilire che
ci hanno crocifissi spietatamente nel Suo nome, illusi di rendere gloria a Dio.
Voi tentate di cristianizzare il peccato sociale che nega la paternità di Dio sugli
uomini e quindi genera e opprime i poveri (contro lo Spirito Santo). noi ci
siamo accorti che siamo vittime di quel peccato e individuiamo in coloro che
non si sono accorti di esserne vittime, dei complici (soggettivamente e
oggettivamente), ma lo sono in tanto in quanto si muovono illusi di
cristianizzare il peccato. Invece tirano su dei mostri.
Vedi? Gli apostoli non sentivano questo problema perché essi sapevano che
erano delle vittime come il Divino Maestro… Vos nobiles, nos autem ignobiles
ecc. Era il loro stato di vita l’essere vittime senza assestamento nella società.
Vedi? … non ha dove posare il capo… Non poteva averlo perché era di quelli
…formam servi accipiens…
Ecco perché mi domando insistentemente che cosa meditino i miei confratelli.
Il naufrago vede e sente, chi non è naufrago ci medita sopra anche, ma non ci
capisce niente. Se si vuole capire si deve saltare tra i naufraghi a lottare con
essi. Se la Santa Sede non riuscirà ad affogarci e a seppellirci bene, cioè
chiudendo bene la tomba, la nostra presenza provocherà un cataclisma nella
Chiesa. Potrà ripetere nei nostri confronti la storia o favola del lupo e
dell’agnello ma gli agnelli non moriranno tutti, qualcuno scapperà e si
moltiplicherà.
Che cosa è il cristianesimo? Sostanzialmente è rivestirci di Cristo, ciascuno di
noi. E Cristo andava anche a casa dei ricchi ma conti alla mano. Lasciava ad
essi il diritto di vivere, ma Si vis perfectus esse… E chi mai può essere
consigliato a non essere perfetto? A tranquillizzarsi nella imperfezione o
mediocrità? Nessuno, di meno ancora un sacerdote.
Che cosa te ne puoi fare di un sacerdote che non è nello stato di vita dei reietti?
Non ripete Cristo. Cristo era accettato in un paese ed entrava benedicente
oppure non era accettato ed andava altrove. Che lo accettassero poi gli
ortodossi o che lo accettassero i non ortodossi era per Lui indifferente, perché
praticamente erano tutti suoi figli e suoi fratelli. Ma non assumeva i loro difetti
né si faceva complice delle loro ingiustizie sociali; non cristianizzava il loro
peccato e per questo è finito sulla croce.
Chi può immaginare che cosa succederà dopo il 10 corrente? Tu sai quanto io
ami Roma ed i miei confratelli. Ma per essi non potrò mai buttare in acqua un
solo bambino. Ho lasciato correre fino adesso, ma basta a qualsiasi prezzo. Il
Vescovo lo sa: sono già sceso da cavallo e non ho tempo da perdere. Le cose
sono a questo punto preciso: Nomadelfia non esiste più. Roma l’ha sacrificata
a Cesare. Esistono i profughi senza patria; famiglie mutilate e sacerdoti senza
giurisdizione, tutti errabondi, in viaggio verso l’ignoto, maledetti da tutti,
quindi non da Dio. Tutti mesti e senza speranza. Quelli che si lasciano
abbagliare dalla concezione borghese se ne vanno. Poi li incontriamo ancora
più mesti di noi. Fingono di essere allegri, ma non è vero. Infatti hanno quasi
sempre bisogno di noi e dicono egualmente male di noi per giustificare se
stessi, e noi continuiamo ad aiutarli.
Che i laici siano costretti ad agire contro i sacerdoti perché facciano il loro
dovere è infernale addirittura. Eppure è così.
Caro don Vincenzo,
suonano delle brutte ore. Di chi la colpa? Non interessa più. Forse di
Costantino, forse di Carlo Magno, forse di Innocenzo X, forse di Giulio II,
forse mia. Chi lo può sapere? Ma non interessa più. Interessa: non amplius
peccare davanti alle vittime, al richiamo divino delle vittime. Che poi Roma
sbagli in queste cose è molto facile perché vive un costume del tutto opposto.
Chi comanda non serve più e chi è primo non è più ultimo. Evidentemente io
di Roma non ho paura perché sono al mio punto di battaglia. Gliene dico
perché non devo tacergliele per non farmi complice, cosa che sarebbe molto
grave.
Nascerà una rottura? E di quale natura? Dottrinale no. Ma una frattura di fatto
è già in atto fin dal 5/2/52.
Chi ha ragione? Certissimamente chi tira diritto ha torto. Immagina poi in
quale stato si trovi chi si fa addirittura brigante.
Mah! Anche questa giornata è passata. Scrivimi, te ne sarò grato.
Con affetto, tuo Don Zeno
Limbiate 4.10.1953
Caro D. Vincenzo,
ti ringrazio della tua del 29/9/53. Mi fai un vero piacere espormi degli
interrogativi.
Che l’autorità ecclesiastica abbia sbagliato su cose di fatto è controllabile. Che
poi sotto aspetti di natura di sola sua competenza abbia creduto bene fare
quanto ha fatto io non ho nulla da dire. Ma nel complesso quando il
comportamento finisce addirittura in un succedersi di reati, allora ha torto su
tutta la linea.
Se come ecclesiastico non posso difendermi, allora non so perché debba
rimanere in quello stato giuridico. Per peccare contro la morale? Ma quella la
conosco anch’io senza aspettare che me la dicano da Roma o da Carpi.
Avvilimenti? Altro che avviliti siamo noi tutti, siamo buttati come cani nelle
fogne. Non conosco bene quei sacerdoti operai e nemmeno i loro programmi.
Che Nomadelfia abbia o no un suo sacerdozio non dipende da noi, ed in questa
fase di persecuzione non interessa niente. Interessa solo ed urge essere solidali
nelle obbligazioni assunte, perché le vittime ci guardano costernate, ché di
fatto le abbiamo tradite andandocene e lasciandole cadere in mano a quei
caimani. Qui ha sbagliato Roma. E non supplet Ecclesia, perché le vittime si
vedono.
Tu dici che le vittime soffrono. No, sono cadute e cadono alla deriva, qualcuna
perde addirittura la fede. Vedi, don Vincenzo, non posso pensare al bene o alle
possibilità di domani, se oggi pecco per ottenerli. E’ assurdo. Quando saltai
nelle fiamme, veramente paurose, per cercare Fernando e per portarlo fuori da
quelle, non ho pensato che lasciavo tutti i figli pure sapendo che sarebbe stato
più facile rimanerci anch’io che uscirne. Vicino c’era un mucchio di
munizioni.
Non penso a Nomadelfia, penso ai nomadelfi e li prego di stare insieme
altrimenti sarebbe un mare di reati susseguenti in aggiunta a quelli già
consumati. Roma ha torto in questo senso, mentre potrebbe avere mille ragioni
in un altro di sua competenza, ma che non ci importa niente, oggi. Roma fa
delle chiacchiere come ha sempre fatto in simili evenienze, se vuoi guardare al
passato.
Roma ci ha buttati alla fame consapevolmente. Ha peccato gravissimamente.
Ed ora io devo precipitarmi tra le vittime, vittima, non salvatore. Ho una sola
cosa da salvare: l’anima mia. E, volendo salvare l’anima non voglio uscire
dalla Chiesa, quindi sto alla morale senza tener conto, sebbene presenti, di tutte
le altre sante e mistiche considerazioni. Oramai non è più neanche il caso di
parlare di vocazioni. Chi vede si butta nelle fiamme. Chi non vede è orbo. So
solo che un sacerdote ed un levita tirarono diritto, perché forse avranno avuto
alte mansioni da parte del tempio da compiere a Gerico. Ma Gesù li ha
condannati: qui sta tutta la legge e tutti i profeti. Chi si trova in quelle
contingenze si trova in quella sintesi… poi: a destra o a sinistra al giudizio
universale.
Non è che io creda che laicizzandomi, se mi laicizzano, di soddisfare alla
giustizia, solo almeno non sarò più complice della ingiustizia che mi viene
imposta dalla legge positiva contro la legge naturale e divina. Quindi,
l’esempio del malato che si va a prendere aria non incide. Non sono malato io,
sono malati quelli; ed io devo tuffarmi nelle fiamme per non tradire Dio in
essi.
Polemizzo con Roma solo perché è generosità anche questa, ma lo faccio
tuttavia in funzione di mitigare le ferite alle vittime. Ma quelli non capiscono
queste cose... davanti alle quali tirano diritto. Ti basti pensare che si difendono
da noi, dai nostri contrattacchi, invece di mettersi alla nostra difesa. Il figlio
che attacca il padre perché questi gli mangia in faccia!!... e il padre si mette in
difesa!!... Il figlio che cade tra i briganti ed il padre che tira diritto. Ma non si
possono commettere di questi reati, senza negare la sostanza della fede. Chi
non vede l’uomo non vede Dio.
Segreta
Caro Don Vincenzo,
ti ringrazio delle tue considerazioni o interrogativi. Visto da di fuori ti potrei
dare ragione. Ma le cose stanno su ben altra realtà.
Nomadelfia non è più: non solo di diritto ma anche di fatto. Dario mi ha detto
tempo fa: prima ci siamo auto sciolti ed ora ci autodistruggiamo. Ed è vero.
Nell’interno dei nomadelfi come comunità c’è il disorientamento. Io sono
andato per alcuni giorni a Grosseto, poi qui a Limbiate, ed ho notato che
l’enorme lotta contro di essi da parte del clero alto e basso li ha molto feriti.
Credo anche che molti tra essi stanno per perdere la Fede. Verso di me hanno
quell’affetto sufficiente per rinnegarmi come (si licet parva componere
magnis) fece Pietro in quella tragica notte nei confronti di Gesù. Scappano nel
disorientamento. I più deboli se ne sono scappati anche fisicamente.
Anch’io ho i miei lumi.
Tengo fermo ciò che è inesorabilmente fermo: la giustizia, contro tutti; anche
contro i figli. E tengo ferma la non ribellione alla Chiesa sebbene ex iustitia in
essa debba buttare anche pietre di rimando.
Ti allego alcuni documenti che devi vedere solo sotto questa luce pensando che
nulla c’è da salvare. E’ un atto di distruzione assoluta fino al consummatum
est.
E’ la profezia della Costituzione di Nomadelfia: ubbidire alla Chiesa fino alla
distruzione della città, fosse anche in un lago di sangue di martiri o di vittime,
come è avvenuto.
Ci sarà una resurrezione?
Questo non dipende da più da noi. Nomadelfia, te lo posso assicurare, non
esiste più. Finis coronat opus. Fine veramente da santi, veramente gloriosa.
Questo l’ho visto io e lo vedranno i posteri a loro immensa edificazione.
Adesso è la fase del fragore delle armi, delle flagellazioni, delle calunnie, delle
mormorazioni: Iesus autem tacebat. E quando parlava, in quelle ore,
condannava e perdonava. Poco prima allo stesso Pietro disse: Vade retro
Satana. A me non resta altro che buttarmi contro la Roma mondana nella più
affettuosa dedizione alla Roma oppressa dalla sua mondanità, dal suo mal
costume sociale, malcostume che è senz’altro peccato costante contro lo
Spirito Santo.
E se non voglio peccare contro la giustizia devo battermi contrattaccando
Roma, colpevole del misfatto. Anche la laicizzazione non sarebbe altro che un
atto di giustizia e non di esasperazione. Lo status clericalis in me ora è una
paradossale sovrastruttura perché la realtà è che mi hanno buttato a mare tra i
naufraghi. La mia vera legge è l’essere naufrago tra i naufraghi. Infatti mai più
mi presterei ad andare a predicare come ecclesiastico perché non saprei che
cosa dire. La Gerarchia mi sopporta e non mi laicizza per non creare uno
scandalo, altrimenti lo avrebbe già fatto. Teme solo che il secondo male sia poi
peggiore del primo.
Mi farai sempre un immenso favore scrivermi le tue considerazioni. Ma anche
tu per me non puoi più fare niente nel senso suesposto come la stessa Vergine
(sempre si licet parva componere magnis) per il suo Figlio, in quelle ore. Vedo
chiara la mia situazione e non la dico ai nomadelfi e nemmeno ai sacerdoti
perché è meglio che per il momento non la vedono e forse non la capirebbero
anche se gliela svelassi.
Chi si mette alle difese dei nomadelfi cade e a Roma e alla periferia; sia egli
semplice laico, sacerdote semplice e anche Vescovo o Cardinale. Lo stesso
Santo Padre non ci potrà far niente. Un mistero profondo avvolge tutta la
realtà, ma tutta, si che ciò che si vede e che si fa non è vero. E, se tu riesci,
cerca di non scandalizzarti di me perché di fatto io sono sepolto vivo e parlo il
linguaggio delle vittime, alle quali non interessano più le code dei cardinali e le
tiare dei papi, con annessi e connessi. Interessa solo la vita palpitante, tale e
quale senza cose di ornamento e di eterogeneo. Pensa alle vittime e mi potrai
almeno sopportare.
Con affetto tuo Don Zeno
P.S. Che poi io in questo status faccia anche degli sbagli, è nel mio diritto non
essendo Colui che devo imitare.
Rosellana, 21.10.1953
Caro Don Vincenzo,
Questi giorni di attesa del responso della Santa Sede mi trovano sereno e in un
bagno di indifferenza qualsiasi soluzione mi potesse capitare. Penso al mio
passato, ai forti sogni di tornare utile alla Causa della Chiesa quindi di Dio. Se
fossi un profeta piangerei su le rovine di una città fallita che in realtà non ha
voluto attuare il limpido piano evangelico. Nel vangelo ci sono tutti i germi di
una poderosa civiltà veramente umana e tutti i germi di una miriade di santi
che potrebbero fermentarla. Invece è una cosa meschina e puerile la realtà delle
cose, un fallimento anche scientifico nel campo sociale. Una umanità a fumetti,
meschina nelle sue realizzazioni. Sta sempre per partorire i monti, e nasce
sempre un ridicolo topo.
Il popolo non ha più ideali; i colti sono dei confusi e degli inetti, il clero è
stranamente preso da cose che non interessano la vita del popolo, non sono
lievito nella farina, le idee sono circostanziali, lo storicismo fa strage perché,
tra l’altro, distrae e occupa l’uomo moderno che non sa saltarne fuori.
In questi due anni di persecuzione ho visto e provato cose gravi, veramente
gravi. Siamo tutti omiciattoli, povera gente, intossicata, quindi incapace di
vedere i veri problemi di Dio. Dove si sboccherà? Quando penso che l’impero
romano dal 476 al 525 fu ridotto in una maceria e dispersi i suoi abitanti,
guardo a questa gente moderna e penso che potrebbe subire la stessa sorte.
Senza dubbio l’uomo comunista diventa un cretino, un atomo, un nulla. E il
borghese diventa un vuoto di ideali, un altro tipo di cretino, una meschinità, un
automa né freddo né caldo. E se va di questo passo, il cristiano diventa un
capolavoro di fariseismo. E la Chiesa? Io sono stato molto a contatto con
Roma. E’ una curia, poco più, poco meno. Macchiavelli diceva che non ha
abbastanza forza per ingenerare le riforme e ne ha a sufficienza per
neutralizzarle. Anche gli avversari vedono un poco i nostri malanni. Quella
famiglia che tanto viene esaltata è un centro malato di egoismi, una roccaforte
d’individualismo. Fondata su di un sacramento, non riconosce il fratello nato
fuori dalle sue mura. E che cosa sono le parrocchie e le diocesi? Tu lo sai.
Vedersi all’ombra dei nostri elevati campanili, i cui bronzi vibrano nell’aria
qualcosa di veramente arcano, fiorire un’erba così selvaggia, degna del più
arido dei deserti, come il comunismo, e proprio nell’anima degli sfruttati e
degli oppressi, i più cari al cuore di Dio, è uno spavento.
Ma che cosa hanno seminato i nostri padri da lasciarci una eredità così arida?
Ma che cosa ci hanno combinato? E noi continuiamo a camminare sulle loro
orme che sono senza dubbio sbagliate. Dai frutti si giudica la pianta. Orme
che non hanno nulla in comune con la limpida e serena figura del Salvatore del
mondo. E se non sarà comunismo, sarà borghesia, sarà fariseismo, ma di
cristiano non c’è niente. C’è qualche bell’anima che poi nel costume si muove
quasi sempre nel compromesso con quella gente, non taglia netto. Volete
andarvene anche voi?... Amen amen dico vobis…
Mah! Siamo a terra. A quando il rimbalzo?
Con affetto Tuo Don Zeno
Ammesso che io abbia una forma mentis diversa da quella di molti miei
confratelli ecclesiastici anche tra i Padri, ammesso che io abbia, per causa della
forma mentis offeso qualcuno, la realtà è che il colpito sono stato io e che per
dire quello che è capitato a me ed ai rovinati del popolo non ci sono parole
adatte nel vocabolario, perché sarebbero tutte offensive, comunque le metta
insieme.
Fin che il vangelo scrive Beati i poveri, beati gli assetati di giustizia… si può
anche accettare come un canto al dolore; ma il brutto poi comincia quando
scrive guai a voi... serpenti, vipere, ecc. Peggio ancora quando comincia a
scrivere parabole molto offensive ed inconciliabili. Se poi vogliamo seguire il
divino Maestro nel suo modo di muoversi e di trattare la gente c’è poco da
consolarsi. Realmente sobillava le masse senza una via di uscita; perché che
cosa avrebbe dovuto fare il sinedrio? Il sinedrio era fariseo sebbene
rappresentasse la religione ufficiale e vera. E che cosa fanno poi S. Benedetto?
S. Francesco? Gregorio VII? La stessa lotta che fece Cristo nella Chiesa
ebraica essi nella Chiesa cattolica, con quella sola differenza che questa volta
la Chiesa è quella della redenzione. La lotta tra due correnti delle quali quella
degli oppressi è dalla parte di Dio; l’altra è fariseismo, cioè assestamento
mondano, che dice la verità, ma che è con il costume dalla parte dell’errore,
mentre i colpiti rimangono scandalizzati.
Io non sono un ribelle, sono una vittima, vittima di una ingiustizia che si
traduce anche in cifre economiche. Se io non credessi nella Chiesa avrei già
risolto il problema. Me ne sarei andato senza voltarmi indietro e senza
risentimenti. Avrei detto che la Chiesa non è di Cristo, e arrivederci. Invece la
Chiesa mi scorre nel sangue e anche laicizzato sarei due volte sacerdote, e
difenderei egualmente la Chiesa, fuori dalla quale, comunque è la perdizione.
A me, ai figli ed ai creditori capitano delle cose molto gravi.
Di chi è la colpa? Oramai è tutta della Santa Sede perché Le ho fatto mille e
mille proposte e non ha voluto ascoltarmi. Se non decide sulla laicizzazione,
ma si può sapere che cosa vuole da me e da noi? Vuole il nostro sterminio?
Non ne ha il diritto, ed ogni giorno che passa segna una nuova grave
responsabilità della Santa Sede.
Le scrivo dal capezzale, sono ammalato. Credo che sia cosa da poco, deve
essere la cosiddetta influenza. Morirei volentieri, ma anche la morte si
comporta con me come la Santa Sede: sempre rimanda. Da ragazzo sognavo
che sarei poi morto da una schioppettata in piazza. Di una sola cosa credo di
poter essere certo, che se ciò avvenisse, sarei un martire della Chiesa. E se
morissi su questo capezzale concluderei: dilexi iustitiam, odiavi iniquitatem
propterea morior in exilio. E comunque morirei molto volentieri. Veramente
cupio dissolvi.
Dal 5 febbraio 1952 ad oggi ho dovuto assistere a tali e tanti delitti che la terra
mi sembra un inferno. E dove ho sbagliato? Tanto da meritarmi tanto? Di una
sola cosa può stare certissima la Santa Sede: una volta laicizzato avrò in mano
le armi più efficaci per difendere e la Chiesa e le sacre gerarchie. E ne
aggiungo una più forte e che prevedo: sarà l’Emilia a sconquassare i veri
nemici della Chiesa, perché l’Emilia è ancora una delle regioni più sane nel
costume, più calda e più esperta per la solidarietà sociale e molto laboriosa. Il
comunismo sta dilaniandola, ma non è detta l’ultima parola.
Mi prostro ecc.
Qui fu Castro
A S. Em. Card. Ottaviani, S. Ufficio
Nella morsa tra due amori: la Santa Sede e i figli.
9 novembre 1953
Eminenza,
Allego copia conforme di una lettera che ho scritto oggi stesso al S. Padre.
Timeo Dominum transeuntem. Si vede che di buona volontà e di pazienza il
Signore me ne ha donato un mare immenso. Ho preso botte inumane, ho avuto
la fredda e lacrimante forza di assistere ad una vera e propria ecatombe, cioè
alla Castro del secolo XX; ho agito immorsato tra due amori: la Santa Sede ed i
figli egualmente cari al mio cuore di rovinato sacerdote. Che tragedia! Quello
che è noto alla superficie è la punta esile di un enorme dolore vivente ancora
nel segreto dei cuori. Ma oramai si presenta la fine di questa fase di
persecuzione e di paradossali incomprensioni.
Mi riceverà il S. Padre? Solo con il S. Padre, fosse presente anche Lei, Em., si
può rimediare tutto, perché molto, forse per pochi giorni è ancora nelle mani
mie. Purtroppo non è una minaccia, Em., è una cosa che avanza inesorabile.
Tuttavia, con la presente, chiedo una udienza confidenziale a V. Em.
Mi prostro ecc.
PS. Sono nove mesi che non La vedo, Em. Sono stato bravo.
Un abuso di autorità
Al papa Pio XII
“Mettersi alla difesa dei rovinati non vuol dire favorire i comunisti”.
9 novembre 1953
Beatissimo Padre,
Giuridicamente a che cosa siamo stati ridotti noi sacerdoti di Nomadelfia nei
confronti dei laici? A dei traditori, in tanto in quanto abbiamo abbandonato di
fatto i laici alla deriva, la più umiliante e la più paurosa. Esistono
eloquentissime documentazioni. E perché? per ubbidire ad ordini dell’Autorità
ecclesiastica. Vede, Santità, la diplomazia anche Vaticana ha le gambe corte
come la bugia. Può mai darsi che il Signore si assoggetti a simili incoerenze e a
così evidenti ingiurie alle anime a lesione dei loro più elementari diritti alla
vita? Bisogna che la Santa Sede si persuada che contro Nomadelfia ha perso la
partita, grazie a Dio. Ed ha perso perché non l’ha saputa valorizzare
lasciandola così andare nella legge della estrema necessità.
Ci voleva poco a capire che Nomadelfia era una cosa di Dio e che contro Dio
non si può andare per considerazioni di carattere circostanziale. Si doveva
anche capire che Dio non si ripete mai nelle sue opere e che per questo la Santa
Sede non è autorizzata a pianificarle come fa la Russia. E come si è difeso il
Signore dalle invadenze della Santa Sede? Facendola cadere in fallo, così i
nostri torti circostanziali sono finiti nel nulla, mentre è rimasto evidente ed
eloquente che la Santa Sede ha commesso un abuso di autorità e Nomadelfia è
vittima innocente. Andare poi a dire che i sacerdoti di Nomadelfia non avevano
la pietà è da settari. Avevano la loro pietà, che vivevano in armonia alle leggi
canoniche, e che si confaceva alla vita della città, che esigeva di ridurre tutto
alle sole leggi, perché fosse accettabile da tutti con disinvoltura, come precisa
volontà di Dio e non come superstruttura che non si poteva imporre nemmeno
indirettamente.
Vostra Santità non potrà mai immaginare quanto male abbia fatto a quelle
anime quel periodo di un parroco imposto dal S. Ufficio, che insisteva per
pratiche di pietà in modo urtante e sconcertante e, in definitiva, del tutto fuori
luogo; mentre insidiosamente voleva portare la popolazione sui piani della
concezione borghese. Tra noi e quei sacerdoti era sorta la stessa lite che
dovette sostenere S. Paolo contro S. Pietro. Identica, sebbene su cose diverse,
ma dello stesso spirito. Anche questo è stato un vero e proprio reato contro la
libertà degli spiriti. Noi volevamo si stesse alle leggi fondamentali per causa
della natura della città. Fino a quel punto si è arrivati, senza rispetto e con
inusitata, malcelata e micidiale prepotenza. Tutto in buona fede? E sia.
Non sarà mai detto che mettersi alla difesa dei rovinati voglia dire favorire i
comunisti. Ma questo è un pretesto satanico, pretesto furbo e stupido come
satana. Come avrà notato, Santità, hanno toccato male, perché il Signore tiene
sodo. L’innocenza colpita questa volta chiama al redde rationem. Spero che
Vostra Santità non voglia prendere troppo sul serio il movimento del Mondo
Nuovo [Proposta di riforma della Chiesa di P. Lombardi , tanto apprezzata da
Pacelli, da lanciarla ufficialmente il 10/2/1952. Cf Zizola, 274]. In campo
sociale ha tutte le caratteristiche di essere un nuovo mondo di vecchie
chiacchiere. Campa cavallo. É un eroico simbolismo, socialmente parlando.
Bisogna saper dire di no decisamente agli oppressori ed agli sfruttatori, come
la fanciulla pura dice di no allo stupratore anche se fosse suo fratello, cadesse il
mondo. E la Chiesa tra le masse plaudenti la innalza alla gloria degli altari
[riferimento a S. Maria Goretti canonizzata nel 1950].
Una volta laicizzati saremo molto più cauti di quanto si possa prevedere, ma
doneremo la nostra vita per rendere testimonianza agli offesi ed ai calpestati
che non li abbiamo traditi. Se la Santità Vostra vuole degnarsi di ricevermi,
credo che facilmente tutto sarebbe sistemato ragionevolmente e sapientemente,
divinamente addirittura.
Oramai i nodi sono giunti al pettine. Comunque sia fatta la sola volontà di Dio.
Secondo me, rimandare una così grave e così urgente soluzione è un pugnalare
Dio alla schiena. E purtroppo temo di non esagerare, perché lo deduco dai reati
che ne conseguono ogni giorno, sempre più odiosi, sempre più pericolosi.
Richiesta di laicizzazione
Roma, 15 novembre 1953
Beatissimo Padre,
Ieri l’Em. Signor card. Alfredo Ottaviani mi ha concessa una paterna udienza
durante la quale io sono giunto a fissare la mia richiesta di laicizzazione nei
termini seguenti:
1- per soddisfare alle mie esigenze con le obbligazioni nate dal fatto
Nomadelfia dovrò dedicarmi a chissà quante iniziative di carattere
commerciale ed industriale dalle quali trarre i mezzi e con le quali offrire
lavoro ai colpiti per metterci tutti in condizioni sufficienti da far fronte alle
suddette obbligazioni. Tutto questo coinvolgerebbe il clero in nuove
responsabilità almeno morali qualora lo facessi nello stato clericale. Tale
stato non mi consentirebbe la più assoluta garanzia di libertà che si esige
al fine di assumere impegni nei confronti dei terzi anche perché questi non
accetterebbero di operare con me sapendo che almeno moralmente non
potrei impegnarmi essendo in contrasto con le leggi canoniche. Io penso,
come dissi a S. Em., di potermela cavare in tre anni, ma è chiaro che non
posso impegnarmi, quanto al termine. Lo tengo come un dato probabile.
2- Chiedo quindi la grazia di una laicizzazione provvisoria che a sola mia
richiesta potesse cessare qualora l’autorità ecclesiastica competente mi
ritenesse degno di riprendere l’esercizio del sacerdozio.
3- Durante il periodo di laicizzazione io dovrei essere libero alla pari di
qualsiasi laico, senza nessuna riserva all’infuori dell’obbligo del celibato.
4- Con il presente atto prego vivamente la Suprema Congregazione di
decidere in merito nel tempo più breve possibile per gravissime ragioni di
carattere economico e per arrestare imminenti e facili esplosioni pubbliche
che mi potrebbero creare i creditori ed i colpiti dalle sventure dovute ai
recenti eventi in parte noti alla Suprema Congregazione.
Mi prostro al bacio del S. Piede. Figlio dev.mo della Santità Vostra.
Eminenza,
Mai nei secoli la Santa Sede e la gerarchia sono state messe a così dura prova.
Condannando l’errore sociale condannerebbero se stesse in un mare di guai. E
perché di fatto la Chiesa si è ridotta a mortificare l’eroico sforzo dei Preti
operai [cf Zizola, 332]? Perché essi nel loro divino sforzo di arrivare a mettere
il dito sulla ferita si sono trovati in una società del tutto pagana sia nella
corrente comunista, sia in quella cattolica, e sono rimasti degli avulsi e vittime
di una santa ingenuità. E qui la gerarchia ha segnato un altro mostruoso
fallimento. Io compiango quei poveri sacerdoti colpiti fatalmente da un vero e
proprio fallimento che per causa dell’errore sociale nei cattolici sono caduti in
una simile illusione. Praticamente sono oramai ridotti a cappellani del lavoro.
Che lavorino poi o che non lavorino è del tutto indifferente. Erano e sono degli
avulsi comunque. Io ebbi occasione di parlare nel 1949 a Londra con uno di
essi e gli dissi: per parte mia credo che voi non mutate niente, perché il
problema è un altro. Lavorare manualmente può far bene anche per la
formazione della personalità, ma è un fatto di contingenza. Il popolo da noi
aspetta ben altro, aspetta che siamo anche come costume sociale dei veri
ripetitori della divina persona di Cristo. Solo di questo ha bisogno. Io penso
che l’autorità ecclesiastica ha avuto ragione a fare quello che ha fatto dei preti
operai. Ma che cosa ha fatto? Li ha dichiarati impotenti della sua stessa
impotenza a penetrare le masse, essendo Essa stessa di fatto impotente su
l’errore sociale come evidente costume. Su per giù deve essere così. Che
desolazione!
Ma lei che è cardinale si faccia ben valere in questo santo dovere di dare un
colpo di scure alla radice del male. Di fatto siamo neutralizzati da voi.
Mi prostro ecc.
Né io, né lei, né il S. Padre...
Riflessione
Don Zeno scrive a Mons. Crovini del S. Ufficio: “Non creda sia stata la
questione finanziaria a determinare la tragedia, ma la famiglia il cui amore ha
sfondato i bastioni della famiglia pagana elevata a dignità di sacramento, ma
incapace di estendere la gioia della convivenza fraterna ad altre creature
sventurate” (25.8.1952).
Don Zeno accoglie i figli di nessuno, ma mira alla radice del male: la famiglia
individualista, la società egoistica, il vincolo del sangue.
A cavallo tra 800 e 900, preti e suore si prodigano in opere di bene (1). Nascono
come funghi orfanotrofi, istituti, buoni samaritani, che accolgono i “poverini”.
Innumerevoli fondatrici si dedicano ai malati, orfani, ragazze madri, figli dei
carcerati, prostitute, vedove, anziani (2). Anche i ricchi, attratti da tanto
esempio, gareggiano in generosità. Ogni parrocchia ha il suo benefattore con
tanto di targa sull’opera finanziata. Tutto per amore di Dio, per la sua maggior
gloria.
Zeno inizia la sua carriera con una scuola di arti e mestieri (1925) per i piccoli
delinquenti. Fallito l’esperimento, è ospite di Don Calabria, un campione della
carità, nella “Casa dei buoni fanciulli” di Verona. E proprio lì giura: “Non farò
mai un istituto. Non basta dargli ciò di cui ha bisogno il corpo. E il resto?”.
Immergendo mani e cuore nelle lacrime delle vittime (un nuovo battesimo), si
rende conto che assistente/assistito, benefattore/beneficato, superiore/suddito,
sono due razze umane agli antipodi: una sopra per dare, l’altra sotto per
ricevere. Generosità da una parte, umiliazione dall’altra. Si sa cosa prova chi dà:
soddisfazione , gratificazione, autostima. Zeno vuole scoprire cosa prova chi
riceve.
Nel ’37 la canonica scoppia di abbandonati. Delle suore gli danno una mano.
“Mi regalano una gallina. A cena trovo i ragazzi alle prese con le zampe e le ali.
In cucina sorprendo le religiose in azione sulle cosce e il petto. Quale madre
non dà il meglio ai figli? Le rispedisco in convento. Per loro prima di tutto viene
la regola. La sera si ritirano e loro restano soli quando si acuisce il bisogno della
tenerezza materna. Mensa appartata, vincolate alle pratiche di pietà, un tenore di
vita senza calore familiare”. “Il clero non capisce l’ora e l’indole dei tempi.
Perché non lo ama non ne vuole sapere di discendere al popolo; perché, di
spirito, è un signorotto, un gerarca, non un padre. Anche le suore hanno questa
mentalità. La troppa preghiera le ha rovinate. Il ripetere atti d’amore spirituale,
non attuati, quindi astratti, ha sdoppiato la loro anima. Vogliamo curare le
anime divise dal corpo. Perciò passa un sacerdote e tira dritto, passa un levita e
fa altrettanto, passa Gesù e va in croce. Da questo punto di vista i crocifissori di
Gesù nel popolo sono i suoi ministri e le suore. In gran parte è una spiritualità
evanescente. Quando va male i primi a sentirne gli effetti, anche nel fisico,
dobbiamo essere noi, non i fanciulli, né il popolo” (7.2.1938).
Sulla via del cimitero, che tragedia sentire i commenti delle donne! “Quando
muore la mamma sarebbe meglio mettere i figli nella bara con lei”. Predicando
nelle osterie, nelle piazze, fisarmonica a tracolla, offre figli a tutte quante: “Te,
forte e robusta come sei, vieni con me, ti do 8/10 figli, già belle fatti”. Per
vincere diffidenze e perplessità, racconta: “Da ragazzo noto in cortile due gatte
con i piccoli. Una muore. L’altra prende gli orfanelli, li porta nel suo nido e li
allatta tutti quanti. Foste delle gatte, almeno! Perché amate soltanto i vostri
figli? Non sono tutti di Dio, tutti uguali? Anche gli animali mettono al mondo i
piccoli. Che differenza c’è tra la maternità/paternità animale e quella umana?
Guardiamo i frutti: chi porta in collegio i figli irrequieti e al ricovero i genitori
anziani? Dove è andato a finire il tanto decantato affetto familiare? Quale
garanzia si può dare ai figli? Basta un nonnulla e la famiglia va a rotoli, fa
piangere le “sue” vittime: orfani/e e vedovi/e”.
“I miei ragazzini sono arrivati a dire: “Le donne non hanno cuore. Vengono a
ore. Constatano: “Si vede che hanno bisogno della mamma” e se ne vanno. Non
riescono a sentirli come figli. Umiliati, traumatizzati. Come un violino: può
essere uno Stradivari, ma se nessuno lo ha accordato con le corde dell’amore?
Che differenza c’è tra il figlio della serva e quello della padrona, della prostituta
e della santa? Il vincolo del sangue va e viene come il sentimento. Se si ama
dell’amore di Cristo nasce una maternità nuova, che non si regola più con
l’affetto istintivo, ma con l’amore universale. Quando arriva un abbandonato
andiamo in chiesa e facciamo quello che ha fatto Gesù: “Donna, ecco tuo figlio;
figlio, ecco tua madre”. La mamma, per noi, nasce sotto ogni croce. “Ora, non
più poverini, non più orfani. Tu sai, Signore, che per me orfano è una parola
infernale” (20.9.1944). Irene, la prima mamma, un giorno trova scritto sul vetro
appannato: orfano! Vi traccia sopra una grande X. Mai più. Sia cancellata per
sempre questa ignominia. Vengono altre ragazze e a ognuna affido una nidiata
di figli. Sentirsi chiamare mamma da Gesù, che si è identificato con gli
abbandonati [“Ero io in loro”], non è qualcosa di grande?”.
Nel 1944, ricercato e ramingo nel sud Italia, viaggia a piedi tra macerie ed
orfani di guerra. Scrive a Badoglio, al cardinale di Napoli, a un generale
americano. Nessuno gli da retta. “C’è da meravigliarsi che il clero e
l’episcopato abbiano accettato collegi e orfanotrofi? Un flagello! A Pompei i
preti hanno fatto perfino la “Casa dei figli dei carcerati”. Una scritta a caratteri
cubitali. Ma come? Tu, prete, hai il coraggio di chiamare figli dei carcerati
coloro che Dio ha scelto per figli prediletti, perché rifiutati dagli uomini?
Disprezzati dal mondo è un conto, ma anche dalla Chiesa non è troppo? É
lecito commettere di questi guai? Il Calvario è la storia di Dio nell’umanità. La
chiesa riprenda i figli nati lì”. Oggi il Cristo non direbbe alla Chiesa: “Madre,
prenditi cura dei figli/popoli che sono orfani”?
Non parla mai di carità, ma di giustizia. Alle nobildonne di Milano, che amano
fare la beneficenza, dice: “Avreste il coraggio di fare l’elemosina a Gesù
Cristo? Bisogna stare attenti, perché potrebbe averne a male. Quando vuole
presentarci l’uomo giusto racconta quella parabola che è uno schiaffo al clero e
alle suore: il samaritano. Perché sceglie lo scomunicato, il senzadio, il
comunista? Questi mette da parte i suoi affari, cura, paga non per il gusto di fare
il benefattore, ma per un dovere di solidarietà. Nella parabola non si parla di
religione, Dio, amore. Non basta essere uomini per vedere, che l’altro uomo è
come te?”.
Curare le vittime della società, la “politica dei cerotti”, rischia di essere non solo
un palliativo ma una forma di connivenza. Non si legittima e perpetua una
situazione di ingiustizia fino a istituzionalizzarla? La società produce i poveri,
tanto c’è chi glieli cura. Si sa, con tanti briganti in giro per il mondo (individui e
popoli) il pronto soccorso è inevitabile. Certo, non si spara sull’ambulanza. Ma
la carità dovrebbe essere in funzione di mancata giustizia in caso d’emergenza.
Se invece di essere un aiuto straordinario, eccezione, diventa regola, non si
sovverte l’ordine stesso della natura?
Il Cristo dichiara: “Se amate i vostri parenti ed amici cosa fate di diverso?
Anche i pagani… Se la vostra giustizia non sarà superiore…”.
“Il più grande ostacolo alla nuova civiltà è il rapporto familiare. La famiglia
deve esserci, ma quella di Dio, non quella di quei due! La famiglia isolata non
ce la fa a salvare i figli. Ogni giorno vai al lavoro e non sai se torni la sera.
Esponi moglie e figli al rischio di restare vedova e orfani. Non è come andare in
aereo senza paracadute? L’adottato può ridiventare orfano, quindi ha bisogno di
un supporto più ampio della famiglia. Tribù, clan, gruppi gentilizi, famiglie
patriarcali avevano delle soluzioni più civili delle nostre. La famiglia isolata è
contro natura”.
Zeno, nella fossa dei leoni, a lottare con vecchi e nuovi mostri: sensismi,
egoismi, razzismi, abitudini ataviche, patrie, confini. La sfida di Cristo a
Nicodemo (“Bisogna rinascere dallo spirito”) vale per il singolo o anche per la
famiglia? La cristianità non ha esempi storici da offrire. Il prete ha invaso il
campo dei laici, pretendendo dettar legge nella camera da letto.
Note: (1) Sono tanti, che ci vanno stretti nella Gloria del Bernini. Difficile
trovare per Zeno una nicchia nella platea clericale dell’epoca: don Bosco, don
Cafasso, don Murialdo, don Rua, don Faà di Bruno, Mons. Farina, don Gnocchi,
don Guanella, don Orione, don Calabria, don Facibeni, don Alberione, don
Gallo, fratel Ettore, ecc. senza contare le innumerevoli fondatrici di istituti di
assistenza e beneficenza. Tutti saranno foraggiati dai benefattori. Solo Zeno sarà
costretto alla fame, lui ed i suoi figli?
(2) Giovanni Paolo II canonizza 482 santi, tra cui solo due mamme e due regine.
I cattolici hanno solo l’imbarazzo della scelta: 9934 santi. Si verifichi se ce n’è
uno, che predichi e pratichi il rapporto umano “alla pari”, superando
l’assistenzialismo. (3) Si veda in internet (Sat 2000, la TV dei Vescovi italiani)
le interviste a delle giovani suore affascinate (o travolte?) da una sorta di
spiritualismo evanescente. Zeno diceva: “La suora prende l’orfano, lo porta
davanti alla statua della Madonna e gli dice: “Questa è la tua mamma”. Ma
quella lì non gli lava i calzini, non lo assiste quando è malato! Quante sante
bugie…”.
Nota informativa: nel Sud del mondo ci sono 163milioni di abbandonati (2010,
Unicef). Nei ricchi Stati Uniti sono 750.000. In Italia gli orfanotrofi chiusi per
legge nel 2006, si sono trasformati in 2800 case di accoglienza con circa 25.000
ospiti. Ogni anno vengono abbandonati 3000 neonati.
INDICE
Parte prima - 1950: il movimento politico p. 4