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A proposito del crocifisso. In gioco non Ges, ma la nostra identit


di Maria Cristina Bartolom ei in Jesus n. 12 del dicembre 2009 La recente sentenza con la quale la Corte europea ha dato ragione (a differenza dei tribunali italiani) alla famiglia ricorrente contro lesposizione dei crocifissi nelle scuole statali, ha sollevato, da parte non solo di esponenti e fedeli della chiesa cattolica, ma anche di politici, giornalisti, rappresentanti della pubblica opinione, unondata di reazioni, anche argomentate, ma soprattutto molto emotivamente cariche, talora polemiche e aggressive. E comprensibile la preoccupazione della Chiesa di non veder semplicemente vietare lo spazio pubblico ai simboli religiosi: un domani qualcuno potr chiedere che spariscano dalle citt le chiese, le edicole e dalle montagne o dalle grotte marine le croci e le statue di santi? E anche comprensibile che tanti abbiano potuto sentirsi offesi e feriti. Non tanto dal fatto che in unaula scolastica o ufficio pubblico non ci sia un crocifisso (i cattolici vivono serenamente e liberamente, non da perseguitati o emarginati, la loro fede in tantissimi paesi in cui tali segni non vengono esposti), quanto dalla motivazione che ha richiesto di toglierli: turbamento dei giovani, violazione dei loro diritti. Per un cristiano, la Croce rappresenta labisso dellamore di un Dio fino in fondo umano e che si abbassa fino a morire da schiavo in favore delluomo e per riscattare tutti a libert. E il simbolo massimo di un Dio che non esclude, che abbraccia tutti; simbolo della vittoria delle vittime della storia, tanto che i fratelli protestanti prefer iscono la Croce vuota, senza il crocifisso, per indicare che la Resurrezione avvenuta. Come potrebbe un tale simbolo offendere qualcuno, ledere la sua libert di coscienza e di religione? Perch voler bandire Ges? Questo per lo vede la fede. Al di fuori di essa, il crocifisso, come stato rivendicato e sostenuto, diventa una espressione culturale. In gioco non Ges, ma la nostraidentit. I cristiani non dovrebbero pensare a questo come un buon riparo, giacch stravolge il senso del simbolo, esprimente la fede nel Crocifisso risorto. Esporlo allora vuol dire soprattutto in questo territorio ci siamo noi, e non altri: infatti, gli stessi che ora insorgono in difesa della esposizione del crocifisso, spesso si oppongono a che vengano costruiti edifici di culto per altre religioni, in favore dei quali si sono pi volte espresse le autorit ecclesiastiche cattoliche. N vale la logica: ma che fastidio vi d?. Il preteso diritto della maggioranza a mettere il propriosigillo religioso su uno spazio che deve essere egualmente accogliente nei confronti di tutti, ha molto poco a che fare con la confessione dellamore gratuito di Dio per luomo e per il benevolo rispetto della libert di religione e dalla religione che la Costituzione italiana sancisce e il Concilio afferma. Chi prospetta la possibilit di una pluralit di simboli mediti sullesito grottesco: una parete con un crocifisso, una croce, una croce a tre braccia (ortodossa), una stella di Davide, una mezzaluna islamica, un triangolo massonico, un cartello Dio non c dellUnione Atei, e i simboli di religioni orientali! Non si tratta di negare una identit, ben rappresentata dalla bandiera e dalla fotografia del Presidente della Repubblica. Si pu dubitare della saggezza di una battaglia contro il crocifisso, quando ci si dovrebbe unire per rispondere a tanti gravi problemi, ma se il crocifisso inviso a tanti, la colpa degli abusi che i cristiani ne hanno fatto: per opprimere, perseguitare, affermare s stessi. In questione c la obbligatorietdella affissione dei crocifissi nelle scuolestatali, come complementi darredo. Lesposizione nelle scuole, dice la Corte, inoltre viola l'obbligo dello Stato di astenersi da imporre, anche indirettamente, credenze, nei luoghi in cui le persone sono a suo carico o nei luoghi in cui queste persone sono particolarmente vulnerabili, come il caso di menti giovanili in formazione. Altro che in singole scuole genitori, insegnanti, alunni si accordino per esporre un simbolo religioso (o per fare il Presepe). N si tratta quindi dello spazio pubblico in genere, in cui tutte le espressioni religiose e culturali debbono potersi rappresentare. E i cristiani italiani dovrebbero ricordare altre cose. Questobbligo deriva, con varie tappe e svolte, dal riconoscimento della religione cattolica come religione di stato (salvo tollerare le altre), ormai

non pi vigente, del che i cattolici dovrebbero per primi rallegrarsi, cos come, dopo decenni, hanno riconosciuto come benedizione per la Chiesa la fine del potere temporale. Quando, con le infami leggi razziali del 1938, ne furono scacciati gli ebrei, nelle aule scolastiche italiane rimase lebreo Ges, ma solo perch inchiodato. Se ne sarebbe andato volentieri. E certo vorrebbe andarsene da dove, a torto o a ragione, la sua presenza vissuta come una imposizione, soprattutto da parte di chi non lo riconosce in ogni essere umano, specialmente se povero, migrante, rifugiato, diverso, oppresso, perseguitato, umiliato, carcerato. Lasciamolo andare dalle pareti e ripetiamo invece il suo gesto di inginocchiarsi a lavare i piedi allumanit sofferente.

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La conversione cattolica del Carroccio


di Marco Alfieri in il Sole-24 Ore del 1 dicembre 2009 Il "compagno" Alessandro Pignatiello ci ha provato a piantare un cuneo. Sul referendum sui minareti in Svizzera la Lega supera se stessa, ha tuonato l'esponente Pdci. Scusate, ma questa di Castelli la stessa Lega di Bossi che, il 26 luglio 1997, a Cabiate, pronunci la storica frase: "Il tricolore lo uso per pulirmi il cu...?". Druidi e cattolici. "Dio Po" e tradizionalismo preconciliare. Capodanno celtico e benedizioni del crocifisso con rituale lefebvriano. Il Carroccio da sempre un camaleonte anfibio. Ieri contro la bandiera e i vescovoni con la croce d'oro che predicano la povert e vivono in ricchezza. Oggi, tutto pappa e ciccia... Pignatiello per non sbaglia e di quell'anticlericalismo sopravvivono tracce. In principio fu 1'89. Al congresso della Lega Lombarda Umberto Bossi fissa solennemente i tre nemici padani: Roma, vu cumpr e Chiesa. Teorizzando la superiorit ontologica della cultura protestante: I cattolici tendono all'assolutismo, a una concezione dello stato centralista, ostile al federalismo. E poi sono portati a una scarsa democrazia, se non alla dittatur a.... Non basta. Il 14 settembre del '97 Bossi a Venezia per proclamare la Repubblica padana. Nell'occasione torna sulla triade Chiesa-Vaticano-Papa, con quella sua mimica impareggiabile: Basta Roma, strepita in Laguna. La Chiesa ha trasformato l'Italia in un immenso stato vaticano oppressore. Per chi avesse dubbi, l'anno dopo completa sulfureo: Il Vaticano il vero nemico che le camicie verdi affogheranno nel water della storia, ti. Sono gli anni del C arroccio pagano, del Bossi che raccoglie l'acqua sul Monviso e di Roberto Calderoli che si sposa in rito celtico. Eppure l'ostracismo leghista risponde ad un preciso calcolo. Il turbo alla Lega, a met anni '80, lo ha messo lo scongelamento della sub-cultura democristiana. Un estremismo di centro che il Carroccio cavalca abilmente incorporando una certa allergia antivaticana. C' spesso una le sparate ratio dietro

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Carroccio cavalca abilmente incorporando una certa allergia antivaticana. C' spesso una le sparate ratio dietro bossiane. La svolta cattolica di oggi non a caso incrocia la nuova Questione settentrionale e il terzo ciclo leghista, no global e identitario. In cui il rancore verso "Roma ladrona" si sposa con la paura del diverso e l'anti islamismo. Una virata anticipata nel '99, quando Bossi, a sorpresa, consegnaPadania la sua personale Canossa. alla Giovanni Paolo II un grande - ammette il Senatur - il primo da cento anni che non indietreggia davanti alla massoneria. Credevo che la chiesa si fosse venduta. Invece la sua difesa della famiglia da sempre la nostra battaglia. Dopo la malattia l'Umberto cambiato. E a casa sua ora ci sono anche immagini sacre, assicura il fido Giuseppe Leoni, il "Patriarca", presidente dei cattolici padani. Pi prosaicamente, i139% dei leghisti cattolico praticante e negli anni dell'islamismo radicale una dote troppo ghiotta da non coltivare. Anche perch c' chiesa e chiesa: Un conto sono le gerarchie catto-comuniste, un'altra i parroci di territorio in trincea. Non a caso, oggi in via Bellerio papa Ratzinger a godere di grande simpatia. La stessa secessione archiviata, cio il nodo dello scandalo che pi imbarazzava Oltretevere. La conversione sulla via di Lepanto si spiega cos ed elettoralmente vincente. In questo senso per il Carroccio la difesa della famiglia corrisponde ad un presidio identitario contro l'avanzata islamica. Meglio, della famiglia-impresa: la base del blocco dei produttori nordista. Azienda naturale, con il lavoro che invade lo spazio di vita e accomuna ex operai, imprenditori e dipendenti. Il cortocircuito con una certa tradizione di cattolicesimo democratico la Dionigi Tettamanzi, liquidato come terzomondista dal ruspante Matteo Salvini, dunque inevitabile. Non senza tentazione di giocarsi a scavalco vera e propria "Chiesa del nord", dove le radici cristiane diventano "religione del senso comune." Il resto cronaca. A settembre, nei giorni caldi del Boffogate e del grande freddo tra palazzo Chigi e Vaticano, Bossi e Calderoli incontrano il presidente della Cei Angelo Bagnasco, cestinando simbolicamente la stagione dei "vescovoni." Abbiamo capito - chiosa Bossi - che la Chiesa non ce l'ha con noi. Anzi, a

pensarci bene, Dio federalista: c' il padre, il figlio e lo spirito santo....

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Se l'Islam fa paura agli ignoranti


di Tahar Ben Jelloun in la Repubblica del 1 dicembre 2009 La democrazia diretta, praticata nella Confederazione elvetica, a volte fonte di aberrazioni. accaduto domenica: il referendum contro i minareti ha ottenuto pi del 57 per cento dei s. Che cosa vuol dire? Che si accolgono volentieri i musulmani in territorio svizzero, purch si rendano invisibili, discreti fino a scomparire dal paesaggio. E rinuncino a erigere qualsiasi segno o simbolo che ostenti la loro presenza. Vuol dire che l'islam continua a far paura. E che questa diffidenza, questa fobia basata sull'ignoranza. I manifesti diffusi dai fautori della campagna referendaria sono abbastanza eloquenti: raffigurano minareti neri a for ma di missili, piantati su una bandier a svizzera accanto a una donna in burqa. Per quanto si sia detto e ripetuto che il burqa - usanza di certe trib afgane o pachistane - non ha nulla a che vedere con l'islam e non mai menzionato nei suoi testi, c' sempre chi continua a confonderlo con una religione. Quel manifesto al limite del razzismo: suggerisce idee e minacce che il buon cittadino percepisce come un avvertimento. Quanto al voto, non risolver nulla, ma al contrario non far che accentuare i contrasti tra la comunit musulmana, diversa e simile, e gli elvetici. Sopprimere i minareti vuol dire attaccare un simbolo che il segno di una presenza, e non ha in s nulla di aggressivo, n di politico. E in nessun caso incide sui diritti fondamentali in Svizzera, secondo quanto afferma il partito della destra populista. Come ha detto alla televisione francese una giovane musulmana: ieri il velo, oggi il burqa, ed ecco anche il minareto! vero che il disagio esiste: l'islam, anche quello pacifico - peraltro maggioritario - continua a dar fastidio. Meglio allora riprendere i testi e non ascoltare i falsificatori, i provocatori che utilizzano il dogma per istigare all'odio tra i popoli. Con quest'attacco ai minareti, la Svizzera prende di mira il simbolo di una religione che vorrebbe far scomparire dal proprio contesto. Ma il referendum, lungi dal raggiungere il suo scopo, non fa che esacerbare le passioni, anche al di l dei confini elvetici. In Francia, il Fronte nazionale ha applaudito all'esito del voto e si augura di poter esercitare un giorno questa forma di democrazia diretta e popolare per esprimere il rifiuto dell'islam in Francia. Dello stesso ordine il dibattito italiano sul crocifisso nelle scuole: un simbolo che non fa male a nessuno, ma nel momento in cui si vuole caricarlo di altri messaggi tutto si complica e si politicizza. Come nel caso del dibattito francese sull'identit nazionale, che arriver anche in Italia. Questa questione dell'identit si pone dal momento in cui si avverte un cambiamento nei colori e nelle componenti del paesaggio umano di un dato Paese. una questione che riguarda tutta l'Europa, perch dovunque l'immigrazione una realt, e i figli degli immigrati sono europei, talora musulmani ma anche animisti o senza religione. Bisogna pure accettarla, questa realt. Non serve a nulla organizzare votazioni per eliminarla dal paesaggio o correggerla. Evidentemente, la convivenza qualcosa che si impara. E questo possibile solo nel rispetto reciproco, che anche rispetto delle leggi e del diritto. Infine, un ultimo punto: gli immigrati e i loro figli non se ne andranno. Fanno parte della storia europea. Sono persone che hanno bisogno della propria cultura, del proprio culto, come qualunque cittadino di accertate origini europee.

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La conversione dei Celti


di Michele Brambilla in La Stampa del 1 dicembre 2009 Da qualche tempo a questa parte i pi pugnaci difensori della cristianit sono uomini che non hanno fama di baciapile, e neppure di cattolici praticanti. Roberto Castelli, che ieri ha proposto linser imento della croce nel tricolore, nel 1998 aveva voluto celebrare il suo secondo matrimonio con un plateale rito celtico a Pontida. Il ministro Frattini, che s detto possibilista sulla proposta di Castelli, non ha nel curriculum matrimoni padani, ma neppure parrocchie e oratori. N viene dal mondo cattolico Ignazio La Russa, che ieri ha s stoppato lidea della croce nella bandiera, ma solo pochi giorni fa aveva rivolto ai giudici della Corte europea che hanno chiesto la rimozione dei crocifissi dalle aule pubbliche un color ito possono morire. E cos. La Chiesa tace; o, se parla, lo fa per difender e la libert religiosa anche dei musulmani, come hanno fatto ieri i vescovi svizzeri. E invece parlano, anzi urlano, soggetti che fino a poco tempo fa non avevano mai dato prova di avere a cuore il futuro della cristianit. Il caso pi eclatante quello della Lega. Castelli, infatti, ha detto di non parlare a titolo personale ma del partito, precisando che al prossimo consiglio dei ministri la richiesta di mettere la croce al centro della nostra bandiera potrebbe e dovrebbe essere formalizzata. E uniniziativa che fa effetto, anche perch in un colpo solo la Lega non solo riscatta quel cattolicesimo che aveva spesso un po maltrattato (con nozze celtiche appunto, ma anche con altri riti pagani alle foci del Po e con la promessa-minaccia di una nuova Riforma protestante); ma riscatta anche, e perfino, quel tricolore che Bossi diceva di utilizzare volentieri come carta igienica. Queste improvvise conversioni stupiscono sia i laici sia i cattolici. Da che cosa sono provocate? Le risposte possono essere due, non necessariamente luna alternativa allaltra. La prima che anche la storia, oltre che le vie del Signore, difficilmente prevedibile e riserva spesso molte sorprese. Poniamoci dal punto di vista di un credente. Questi pu pensare che proprio vero che la Provvidenza a volte scrive diritto su righe storte. Nel concreto: lavanzata dellIslam in Occidente ha ridestato una cristianit che pareva in sonno, e anche persone che da anni avevano abbandonato la pratica religiosa hanno sentito in pericolo la propria tradizione e reagito con imprevedibile vigore e zelo. Insomma lEuropa secolarizzata avrebbe capito che, dovendo scegliere, il Vangelo preferibile al Corano. La seconda risposta ancora pi pragmatica. E vuole che certe conversioni siano dettate solo da motivi politici. Si dimentica spesso, ad esempio, che la Lega deve fare i conti con un elettorato che fondamentalmente lex elettorato della Dc, e che viene in gran parte dalle parrocchie. Pi in gener ale, poi, luso della croce sarebbe funzionale alla Battaglia con la maiuscola della Lega: quella contro limmigrazione. Quale che sia la risposta giusta e probabilmente c del vero in entrambe le risposte sia i laici sia i cattolici debbono tenere in grande attenzione latteggiamento della Chiesa, che non affatto da crociata, ma di grande prudenza. Anche qualora fossero animate dalle migliori intenzioni, infatti, cer te campagne pro-croce sono quanto meno viziate dallingenuit del neofita, il quale non conosce affatto il significato di ci che crede di difendere. Il cristianesimo un qualcosa che va proposto; non imposto. Ogni volta che qualcuno ha cercato di imporlo con la legge o con la forza e nella storia successo ha finito solo per farlo detestare. La vera forza del Vangelo stata, nel corso dei secoli, laver cambiato la vita di tante persone, le quali con il loro cambiamento hanno contagiato altre persone. E stata la carit, pi di ogni altra, la virt che ha convinto gli uomini a diventare cristiani: carit che vuol dire uno sguardo diverso nei confronti del prossimo e della vita. La C hiesa prudente e non appoggia certe battaglie proprio perch sa che la croce non pu essere impugnata come una clava. E un segno sempre per tutti e mai contro qualcuno. Chi vorrebbe imporre il crocif isso ovunque, ora anche nella bandiera, non si rende conto che la mescolanza tra Dio e Cesare perfino blasfema. E non si rende conto che cos facendo si comporta esattamente

come quellIslam fondamentalista che vuol combattere.

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Il coraggio di essere diversi: la sfida dei ragazzi 2G


di Paolo Branca in l'Unit del 1 dicembre 2009 La seconda generazione di giovani musulmani, nati in Italia o arrivatici in tenera et, non si trovano nella stessa situazione dei loro genitori da nessun punto di vista. Lingua e cultura dorigine sono per loro essenzialmente quelle del Paese in cui sono nati, cresciuti e andati a scuola. Anche se in casa e coi parenti rimasti nella terra dorigine parlano arabo, litaliano lidioma che conoscono meglio, che approfondiscono e sviluppano nel percorso educativo e del quale si fanno interpreti in varie occasioni verso madri troppo confinate nel ruolo domestico e addirittura rispetto ai padri che ancora sbagliano qualche pronuncia o coniugazione. La cultura, essendo codificata assai meno rigidamente della grammatica, un campo di mediazione molto pi ampio e variabile. In fondo, ogni famiglia anche italiana, ha propri riti, abitudini, persino tab propri che i piccoli imparano ad accogliere come un dato di fatto, poco problematico proprio perch condiviso nel ristretto gruppo casalingo, dove il mutuo affetto incide in modo decisivo sullaccettazione reciproca. La religione, specie nelle sue manifestazioni esterne, visibili agli altri e riconoscibili, diventa presto per loro qualcosa su cui decidere: una scelta personale, cosa che nel paese originario della famiglia non sarebbe accaduta in quanto essere musulmani l la condizione nor male della maggioranza, per cui ci si pu consider are tali per tradizione e/o abitudine. Non una differenza da poco. individuo e gruppo Anzi, dato il carattere tradizionalista delle societ originarie sono proprio le articolazioni e le gerar chie tra individuo e gruppo a rappresentare il punto di maggior distinzione rispetto a un contesto laico, secolarizzato e moderno. Questultimo, pur essendo nello stesso Occidente qualcosa di relativamente recente, or mai a tal punto consolidato da aver profondamente trasformato

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di relativamente recente, or mai a tal punto consolidato da aver profondamente trasformato concetti quali autorit e obbedienza e forse definitivamente archiviato pratiche conformistiche dipendenti da quello che la gente potrebbe pensare nel caso le sue scelte fossero parzialmente o totalmente in dissonanza da quelle altrui. Non tutti e non sempre colgono loccasione o accettano la sfida. Lopzione di rimanere ancorati a regole e usi del mondo da cui si proviene e al quale si vuol restar e fedeli pu anche condurre a concepirsi e porsi come alternativi o antagonisti rispetto al contesto. Ma, inevitabilmente, sar ancora una volta qualcosa da ridecidere e riaffermare ogni volta soprattutto in quanto individui, salvo casi estremi e molto rari di autoconfinamento totale allinterno di gruppi autoref erenziali. Non si pu tuttavia negare che, con il pretesto del rispetto della loro diversit culturale e religiosa, alcuni adulti pretendono non solo di continuare a vivere come se fossero nel villaggio natio, ma addirittura di polemizzare su cose che in patria avrebbero accettato senza discutere. Qualche pap si rifiuta di parlare con insegnanti donne, relega la propria moglie a svolgere compiti domestici impedendole di uscire e di imparare la lingua locale che laiuterebbe invece ad occuparsi meglio delleducazione e della salute dei figli. Ci rischia in qualche caso di favorire nei giovani una sorta di doppia morale, in casa formalmente rispettosa di tradizioni ataviche mai messe in discussione, fuori varie forme di compromesso delle quali quelle assimilazioniste non sono sempre necessariamente migliori di quelle conservatrici: portarsi nella borsa abiti con cui cambiarsi appena fuori dalla portata dello sguardo paterno pu preludere a esiti peggior i che un velo autonomamente indossato, per convinzione o per far piacere ai genitori. Anzi, in questo caso, dover affrontare le non poche riserve dei coetanei e dellambiente in unet delicata dove prevale lo spirito del branco e lacritico uniformarsi allultima moda pu perfino produrre effetti positivi sulla formazione di un carattere indipendente pi di qualsiasi microgonna portata con disinvoltura. Il coraggio di essere diversi, diversi davvero e per questo magari dileggiati, accettare di essere minoranza non cosa da poco: tingersi i capelli di verde, mettersi un piercing o tatuarsi come un aborigeno in fondo molto pi semplice. Nella maggioranza dei casi, di volta in volta e in base al contesto, una continua mediazione viene operata con successo, bench senza

escludere qualche scossone che fa parte del naturale conflitto generazionale. Riuscir e ad essere ragazze e ragazzi moderni, spigliati e persino alla moda senza rinnegare valori e credenze tradizionali una sfida quotidiana e silenziosa che molti affrontano e superano nella totale indifferenza della societ circostante e soprattutto dei media. Eppure una notizia di non poco conto, oltre che lunica vera alternativa ai rari ma drammatici casi che sfociano in tragedia, come accade anche a famiglie nostrane quando sono lasciate sole.

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Quel voto razzista Un regalo ai fanatici della guerra di civilt


intervista a Nawal El Saadawi a cura di Umberto De Giovannangeli in l'Unit del 1 dicembre 2009 Cosa vuole che le dica? Obama parla di muri da abbattere, di Nuovo Inizio con lIslam. Ma in Svizzera ci che si vuole abbattere, o peggio ancora neanche concepire, sono i minareti. La cosa pi gentile che si possa dire che quel pronunciamento trasuda di razzismo, xenofobia. E non mi si venga a parlare di paura: non mi risulta che la Svizzera sia un covo di fanatici integralisti. Un jaccuse pesante. Tanto pi significativo perch a pronunciarlo Nawal El Saadawi, l'autrice egiziana femminista pi conosciuta e premiata. I suoi scritti sono tradotti in pi di trenta lingue in tutto il mondo. Per le sue battaglie in difesa dei diritti delle donne e per la democrazia nel mondo arabo, la scrittrice egiziana, 78 anni, compare su una lista di condannati a morte emanata da alcune organizzazioni integraliste. Ritengo - afferma El Saadawi - che a fondamento del dialogo tra Occidente e Islam deve esserci il rispetto delle diversit, la tutela della libert di religione e la difesa dei diritti umani. Il referendum svizzero non va certo in questa direzione. Qual il segnale che la Svizzera lancia al m ondo islamico con il voto antim inareti? un segnale inquietante, perch un segnale di chiusura e di intolleranza. In questo modo si contr ibuisce a innalzare altri Muri di diffidenza e di ostilit, come se non ce ne fossero gi abbastanza. Quel voto anche un regalo ai fanatici di casa nostra, agli integralisti fanatici che vivono di guerre di civilt e che non aspettano altro che dire alla moltitudine musulmana: avete visto, questo il vero volto dellOccidente crociato. C chi sostiene che quel voto espressione di una rivendicazione identitaria. Mi spaventa una rivendicazione di identit, qualunque essa sia, cristiana, ebraica, musulmana, che si fondi sulla negazione di diritti altrui. Lidentit, a cominciare da quella religiosa, qualcosa che va maneggiato con grande accortezza perch materiale esplosivo.... Unaltra interpretazione di quel voto che a base ci sia anche la paura. Paura di chi e di che cosa? A quel che mi risulta, la Svizzera non un covo di pericolosi integralisti. Pi che di paura, parlerei di pregiudizio, alla base del quale c lignoranza che porta spesso alla demonizzazione dellaltro da s. il pregiudizio di una normalit che percepisce ogni diversit come minaccia. E questo tanto pi grave perch rischia di minare non solo il dialogo con lIslam ma pu intaccare le stesse fondamenta di una Europa multietnica e multiculturale. In questo senso, il voto svizzero pericolosamente anacronistico. Cos come lo ogni fondamentalismo. Anche quello islamico? Certo che s. Si tr atta di un fondamentalismo aggressivo, sessuofobico, che trova peraltro un supporto in quei regimi dispotici che pur di mantenersi al potere cavalcano queste spinte estreme. Il loro nemico comune la societ civile che si organizza e rivendica spazi di libert e di pluralismo. Ma per tornare alla Svizzera io ho anche un altro timore.... Quale? Quello di un effetto imitativo in altri Paesi europei. Del tipo: se lo ha fatto la Svizzera, perch non possiamo farlo anche noi...Lislamofobia pu divenire il collante ideologico, moltiplicatore di consensi, di movimenti e partiti di estrema destra che fanno della xenofobia il loro punto di forza. Utilizzare uno strumento democratico, qual il referendum popolare, per far passare norme discriminatorie verso minoranze etniche o religiose. Tutto ci lo trovo estremamente pericoloso. La democrazia ben altra cosa, o almeno dovrebbe esserlo, ma la vigilanza non mai troppa. Lintegralismo islamico favorisce questo arroccamento. Non c dubbio che sia cos, ma le guerre di civilt teorizzate dai neocon americani, e praticate da quello sciagurato di George W.Bush, non avevano proprio nulla di difensivo. Erano un devastante, quanto stupido, esercizio di potenza

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Pi che alle guerre di religione, la Lega pensa a qualche voto extra


di Stefano Folli in il Sole-24 Ore del 1 dicembre 2009 Uno dei talenti nazionali la capacit di discutere sul nulla. Questioni irrilevanti si sovrappongono alle cose serie, conquistano le prime pagine, vi restano qualche ora o qualche giorno e poi svaniscono nella nebbia. Fino all'altroieri si temeva per la destabilizzazione istituzionale, qualcuno prevedeva la prossima caduta del governo per mano della magistratura, il Capo dello Stato era intervenuto per rasserenare il presidente del Consiglio e chiedere, per l'ennesima volta, riforme condivise. Ebbene, nelle ultime ventiquattro ore il copione cambiato. Ora tiene banco l'idea leghista (per la precisione del ministro Calderoli) di far svolgere anche in Italia un ref e r endum cont r o i m inar e ti is la mic i. s ul modello di quello vittorioso in Svizzera; e soprattutto si perde tempo intorno all'ipotesi, avanzata dal viceministro Castelli, di inserire una croce cristiana nel mezzo della bandiera tricolore, cos da richiamare senza possibilit di dubbio le radici cattoliche della nostra identit. Sia chiaro: nessuna di queste iniziative va presa sul serio. I primi a non crederci sono gli esponenti della stessa Lega e del Pdl. Tanto che il ministro Zaia ha subito contraddetto Calderoli sul punto del referendum. E Castelli ha registrato un rifiuto pressoch unanime alla sua tesi sulla bandiera. In fondo, il meno drastico stato il ministro Frattini che si spinto a parlare di proposta suggestiva. Ma la Lega non interessata a raccogliere consensi. Anzi, su questi temi preferisce la solitudine. I compagni di Umberto Bossi (peraltro silenzioso) agitano la bandiera anti-islamica per comodit elettorale. Pi sono aspri gli attacchi che ricevono e meglio . L'importante che la loro base popolare abbia modo di identificarsi una volta di pi nel partito. Il messaggio : la Lega non pu fare il referendum a causa di alleati e avversari, ma lo vorrebbe; la Lega non otterr la croce nel Tricolore, ma ci prova. In entrambi i casi, date pi forza al Carroccio. Senza dubbio tra i leghisti non ci si preoccupa delle guerre di religione. Al contrario, quasi le si adombra e non a caso si ammicca alle crociate. Ma il pensiero dei Calderoli e dei Castelli, che di solito sono uomini pragmatici, rivolto al voto nelle Regioni. I minareti e i crocefissi servono a questo. E se alla fine i suffragi al Carroccio aumenteranno, magari a scapito dell'alleato berlusconiano, vorr dire che l'obiettivo stato centrato. N si deve credere che queste posizioni estremiste siano destinate ad approfondire pi di tanto i solchi nel centro-destra. vero che la Lega si trova oggi agli antipodi del presidente della Camera Fini per quanto riguar da l'idea di concedere la cittadinanza agli immigrati (con l'argomento, tra gli altri, che non si pu rischiare di avere un partito islamico, fondato sul voto dei musulmani). Ma nulla, al momento, pu incrinare il sodalizio politico-elettorale tra Pdl e Lega proprio perch si fonda su un patto d'interesse. Ne deriva che tutto rimane pi o meno come prima. Da un lato, le proposte sui referendum e sul Tricolore servono solo a creare folklore; dall'altro, non ci sar alcun diritto di cittadinanza riconosciuto agli immigrati. Non imiteremo la Svizzera per quella decisione che, a parere di Fini, serve solo a eccitare il fondamentalismo e il fanatismo religioso. Ma nemmeno imboccheremo in modo risoluto la strada opposta. Resteremo a met strada, come al solito.

Il cristianesimo inclusivo
di Benedetto Ippolito in il Riformista del 1 dicembre 2009 Il risultato del referendum in Svizzera chiaro. Gli elvetici hanno deciso di modificare larticolo 72 della Costituzione, affermando il divieto di costruire nuovi minareti e limitando le richieste di culto dei 400mila musulmani residenti. Liniziativa del Partito popolare svizzero di Christoph Blocher ha avuto il sostegno delle falangi xenofobe pi intransigenti. Pi del 57% degli elettori si espresso a favore della mozione. Lo stop ai minareti stato giudicato con profonda tristezza da Hami

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favore della mozione. Lo stop ai minareti stato giudicato con profonda tristezza da Hami Ramadan, direttore del Centro islamico di Ginevra. Di segno contrario il parere della destra evangelica che ha auspicato unulteriore restrizione dellislam a culto privato. Mentre Governo e Confindustria si sono detti preoccupati soprattutto per limpatto economico che questa chiusura potrebbe avere in molti cantoni, la Conferenza episcopale svizzera ha dichiarato il suo totale disappunto, a causa del dilagare di forze demagogiche che si oppongono allintegrazione e alla libert religiosa. Strane sono apparse le manifestazioni di giubilo di alcuni politici e intellettuali italiani, data la bassa percentuale di musulmani presenti da noi, meno del 2% della popolazione, e vista lesistenza di sole tre moschee. I leghisti Castelli, Calderoli e Borghezio hanno manif estato con orgoglio la volont dimitare gli svizzeri, resistendo allislamizzazione e proponendo linserimento della croce cristiana nella bandiera italiana. Una strumentalizzazione. La diffidenza e lignoranza per il diverso sono spacciate come lapparente bisogno di salvaguardare unidentit minacciata; mentre il cristianesimo chiamato in causa a rappresentare unomogeneit sociale solo presunta e quanto mai confusa. Dio ci salvi da farisei e ipocriti. Per fortuna, la Cei non sembra disposta a farsi trascinare da spinte politiche di tal fatta, il cui unico fine creare un consenso emotivo attorno a una vicenda. Stupefacente, per, il commento di Vittorio Messori, che ha visto nel risultato del referendum perfino una riscoperta della nostra civilt e cultura, malgrado le rampogne dei vescovi. Mi chiedo di cosa egli parli. evidente, infatti, che la civilt occidentale pu restare tale solo se riesce a proteggere fedelmente il legame a una cultura cristiana che include al suo interno tutte le peculiarit confessionali, escludendo inutili e provinciali complessi dinferiorit e stravaganti manie di persecuzione. Come non capire che lintegrazione la difesa del codice genetico del cristianesimo, rispetto a una sua caricatura faziosa e fideista pseudooccidentale. La fede cristiana non pu concepirsi come un grimaldello con cui separarsi dal resto del mondo, difendendosi dallavanzata ineluttabile dei diritti altrui. Ci equivarrebbe a trasformare la propria identit autentica in una consorter ia fondamentalista. Lintegralismo cristiano e lintegralismo islamico, uniti a ogni altra forma di fanatismo anti- religioso, non sono altro che un unico modo commediante dintendere le civilt del pianeta, le quali si nutrono, invece, reciprocamente e da sempre delle proprie e delle altrui differenze. Lavvenire del mondo torner nelle mani dellOccidente, quando lEuropa sapr essere un luogo dintegrazione e dialogo tra i popoli, partendo dal riconoscimento che la libert religiosa un diritto umano e democratico inviolabile per tutti. Ci vale anche quando, purtroppo, necessario tutelare fastidiosamente la religiosit di chi crede, di chi sbaglia o di chi non crede pi a niente.

La misura della democrazia


di Amara Lokhous in l'Unit del 1 dicembre 2009 Fa ridere la dichiarazione del ministro svizzero della giustizia, Evelyne Widmer- Schlumpf, allindomani del referendum anti- minaretti: non un voto contro la religione musulmana, ma solo contro i minareti. davvero un tentativo incredibile di spaccare il capello in quattro, buttando tutta la vicenda sull'urbanistica! La verit unaltra. L'esito del voto frutto di una campagna islamofoba dellestrema destra che ha raccolto 100 mila firme in un anno e mezzo per questo referendum, definendo il minareto simbolo di una rivendicazione di potere politico-religiosa. Lobiettivo fondamentale quello di colpire i 400 mila musulmani che vivono in Svizzera (il 5%della popolazione) perch il minareto un forte simbolo di visibilit nello spazio pubblico: dove c' un minareto, c' una moschea e dove c' una moschea, ci sono i musulmani. Il divieto svizzero di costruire i minareti (e di conseguenza le moschee?) ha suscitato critiche della Ue, del Vaticano e di Amnesty International. In Italia ha raccolto gli applausi della Lega. l'europarlamentare Mario Borghezio ha auspicato un referendum: moschee s, moschee no. A questo punto, necessario ricordare che in Italia vivono pi di un milione di immigrati musulmani che pagano le tasse. Inoltre ci sono pi 10 mila cittadini italiani convertiti allislam. Hanno diritto di aver e i loro luoghi di culto, s o no? Questo il vero nodo della questione. Il rischio quello di calpestare la Costituzione. Ecco larticolo 19: Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purch non si tratti di riti contrari al buon costume. La matur it di una democrazia si misura con il rispetto dei diritti delle minoranze. Il referendum

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La matur it di una democrazia si misura con il rispetto dei diritti delle minoranze. Il referendum pu diventare uno strumento anticostituzionale nelle mani delle maggioranze quando sancisce il principio della diseguaglianza fra i cittadini.

La miope accademia che d laddio alla storia del cristianesimo


di Alberto Melloni in Corriere della Sera del 1 dicembre 2009 Un terremoto sta percorrendo la comunit scientifica italiana. Dopo anni di proliferazione, le materie studiate nelle universit stanno per essere unificate in grandi blocchi. un passaggio delicatissimo, nel quale la corporazione accademica gode e paga per tutto ci che la connota. In questa manovra sulla quale il Consiglio universitario nazionale ha dato da qualche giorno il proprio responso, i saperi di nicchia sono i pi esposti. Dietro piccoli gruppi di studiosi ci possono essere competenze assolute o familismi immondi: e nel far la cernita, si fanno errori sui quali arrivano dal web appelli disperati di chi sillude di rappresentare a un Paese sfinito il dramma degli armenologi o di qualche specialista. Al fondo bisogna riconoscere che perfino gli accorpamenti pi strabilianti sono spesso il prezzo pagato al disinvolto cinismo di scienze che hanno investito i tre quarti delle energie intellettuali in lotte intestine e un quarto in ricerca. Ci non toglie che alcune soppressioni siano per s eloquenti. A me pare che la pi significativa sia quella che riguarda la storia del cristianesimo: cancellata come un minareto, ridotta ad imballaggio daltre materie, questa disciplina stata per centanni il sensore pi vigile della libert religiosa del Paese. Non per caso dopo la firma del Concordato del 1929 il cardinale Gasparri chiese come prima cortesia a Mussolini (che obbed) di togliere quellinsegnamento a Ernesto Buonaiuti, professore alla Sapienza dopo la scomunica. E in anni recenti in quegli ambienti che s posto il problema di come dare dignit culturale allinsegnamento religioso delle scuole e come riportare la teologia nelle Universit da cui laveva esiliata il patto fra anticlericali e ultraclericali che dal 1873 azzoppa lItalia. Oggi la storia del cristianesimo sbiadisce, mentre i suoi omologhi lebraistica, lislamistica, ecc. conservano integra visibilit. Certo in un Paese e in una accademia capace di cogliere le infinite ricadute di queste scelte si potrebbero fare proposte diverse. Ma il Paese e laccademia sono queste. Per cui, salvo un mir acolo politico e culturale, per la storia del cristianesimo venuto ilnunc dimittis ,ma davanti ai nostri occhi c il nulla.

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Il no svizzero, un conflitto europeo. Stefano Allievi e Renzo Guolo, commentano lesito del referendum sui minareti
di Nicola Mirenzi in Europa del 1 dicembre 2009 Segno dei tempi, presagio di pi accesi conflitti, oppure semplice dabbenaggine del sentire populistico. Il no alla costruzione di nuovi minareti in Svizzera, sancito dal voto referendario di domenica nella Confederazione elvetica, interroga lEuropa intera sullo stato delle relazioni tra lislam e il mondo occidentale. Lo dimostrano le numerose reazioni politiche, religiose e intellettuali suscitate dal voto, ognuna con la sua puntualizzazione, ma nel complesso oscillanti tra il sentimento di stupore e lindividuazione di un esempio da seguire. Ne parliamo con due esperti della materia, Stefano Allievi e Renzo Guolo, entrambi relatori oggi e domani del convegno Musulmani 2G. Diritti e doveri di cittadinanza dei giovani musulmani di seconda generazione. Raggiungiamo Allievi, delluniversit di Padova, a Bruxelles, dove si trova per presentare i risultati di una sua puntuale ricerca sui conflitti intorno alle moschee, condotta in undici paesi dellUnione. un problema che non si pu pi sottovalutare, esordisce. Lesito negativo del referendum svizzero una questione che riguarda tutta lEuropa. Mentre la presenza musulmana cresce, nuovi conflitti esplodono e sono in corso trasformazioni profonde, evidente la mancanza di unelaborazione e di una spiegazione precisa del fenomeno. Del resto, la sottovalutazione di ci che sta avvenendo abbastanza chiara se si considera che la maggioranza dei politici e degli amministratori era convinta che lesito del referendum sarebbe stato esattamente lopposto. Tuttavia, Allievi considera sbagliato porre il problema nei termini di una banale diatriba architettonica. Il punto non sono i minareti in s, spiega, in gioco c lislam come religione. Passati gli anni dello scontro di civilt, sia nella versione pensosa del fortunato libro di Samuel Huntington sia in quelli pi sbrigativi dei suoi interpreti, si pone il problema di come affrontare il conflitto tra il nostro mondo e la religione musulmana. Bisogna affrontare il tema negli stessi ter mini con i quali vissuto dalle persone stesse. Nessun conflitto irrisolvibile di per s. Per innegabile che il riferimento allo scontro usato da alcuni col fine di trovare delle soluzioni. Mentre altr i, quelli che chiamo gli imprenditori politici dellislamofobia (tra cui si pu annoverare la nostra Lega Nord), ne parlano solo per trarne un risultato politico. Le responsabilit per non sono solo dei gruppi politici conservatori. anche molta parte del discorso culturale e giornalistico che alimenta un piano di interpretazione inaccettabile. Se nei discorsi pubblici intorno allislam sostituiamo alla parola musulmano quella di ebreo, avremo la cifr a esatta di quanto impronunciabili siano questi ragionamenti. Anche per Renzo Guolo, sociologo delluniversit di Torino, il voto svizzero mostra un rifiuto di accettare la religione islamica come componente della cultura europea. come se con questo pronunciamento popolare, venisse negata alla religione musulmana una visibilizzazione nella sfera pubblica. Una presenza che invece dal punto di vista demografico molto massiccia (i musulmani presenti in Europa, secondo le stime ufficiali, sono diciotto milioni). Ma a differenza di Allievi, Guolo convinto che lesito referendario ha due chiavi di lettura. Da una par te, c una specificit svizzera, visto che solo la democrazia diretta elvetica consente un quesito di questo genere. Per esiste la possibilit che il risultato sia elevato al rango di modello da seguir e dai gruppi conservatori continentali. Per disinnescare gli effetti negativi del risultato, bisogna quindi evitare di condurre la discussione al muro contro muro. sbagliato contrapporre la posizione xenofoba a quella della chiusura identitaria islamica , spiega Guolo. Ci provocherebbe solamente unulteriore marginalizzazione dei musulmani, aumentando il loro senso di estraneit. Ed proprio su questo terreno che deve misurarsi il pensiero dellinclusione, finora dimostratosi non allaltezza della situazione.

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Perch mentre lelaborazione conservatrice riuscita, sia nella sua versione giornalistica (Oriana Fallaci), sia in quella politica (una parte del neo conservatorismo), a dare una legittimazione alla paura dell islam, dallaltra parte c stata una risposta basata su un generico universalismo incapace di fornire risposte adeguate.

Simbolo dell'islam visto come minaccia


di Karima Moual in il Sole-24 Ore del 1 dicembre 2009 Perch stupirsi della risposta dei cittadini svizzeri al referendum contro i minareti? semplicemente il risultato dell'intensa propaganda che da anni invade l'Europa. Basta guardarne i manifesti. Bandiera svizzera, di un rosso vivo con una croce bianca che fa da sfondo all'immagine di una donna integralmente coperta di nero, di cui a malapena si intravedono gli occhi; dietro grandi bastioni appuntiti che fanno pensare a

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coperta di nero, di cui a malapena si intravedono gli occhi; dietro grandi bastioni appuntiti che fanno pensare a missili da guerra. Pi gi la scritta: Stop adesso, vietare i minareti. il manifesto sul divieto della costruzione di minareti in Svizzera: la donna integralmente coperta rappresenta l'Islam, i bastioni-missili i minareti. L'immagine efficace, i colori aggressivi e forti. Colpisce nel profondo quell'immaginario che ormai da anni raffigura l'Islam come il nemico in casa di cui temere. Eppure esponenti politici e rappresentanti religiosi hanno manifestato sorpresa e rammarico per il risultato del referendum di domenica. Reazioni che servono a poco: si tratta del risultato della forzatura su una rappresentazione dell'Islam come minaccia che ha cavalcato la paura dei cittadini di un Occidente sempre pi chiuso in s stesso. Facendo il gioco degli estremisti che non vedono l'ora di giocare quella stessa carta sull'Occidente contro i musulmani e rivendicare cos le ragioni del loro odio. Estremismo contro estremismo. Colpisce molto che qualcuno abbia visto in questo referendum un modo per combattere l'estremismo islamico. Un simbolo architettonico di una fede quale il minareto davvero la minaccia dell'estremismo islamico? Cerchiamo di capire meglio. Il minareto, in arabo manar,che significa letteralmente "faro", non altro che una torre presente in quasi tutte le moschee, dal quale il chiama alla preghiera attraverso muezzin l'Adhan cinque volte al giorno i devoti di Allah. Pu essere assimilabile al campanile cristiano per capirci, e serve per far arrivare il pi lontano possibile il segnale che scandisce la giornata liturgica islamica. Ma all'epoca del profeta Muhammad non c'erano minareti e ilmuezzindel profeta, Bilal, si primo accontentava di salire sul tetto della il luogo pi sacro dell'islam, per richiamare i fedeli alla kaaba, preghiera. Per chi va in un paese arabo impossibile non imbattersi in questo canto che si materializza da tutte le moschee, con suoni e voci diverse, creando anche qualche problema. In Marocco, per esempio, Nouzha Skalli, ministra della famiglia, present una proposta di legge per abbassare la soglia di decibel per gli adhan, perch danno fastidio ai turisti. Ma che succede con i minareti in Europa e in questo caso in Svizzera? Il loro ruolo in realt, in Europa, simbolico. Dal minareto non c' nessun muezzinche chiama in maniera tradizionale con un megafono i fedeli alla preghiera, disturbando la quiete di chi in questa fede non crede. Perch dunque un referendum contro i minareti? difficile trovare una motivazione razionale a questa che, pi che una scelta, appare una provocazione. Dire "vi lasciamo le moschee, ma vi togliamo il minareto", il loro simbolo per eccellenza (anche se solo architettonico), una decisione insensibile verso una minoranza e una fede. Di pi: uno sfregio indegno di una societ civile. Che nostalgia per quella democrazia che si dimostra compiuta solo quando riesce a tutelare e rispettare le minoranze. E il caso vuole che, mentre un referendum introduce il no ai minareti, un'altra consultazione popolare sulle esportazioni delle armi venga accolta con un bel s.

Minareti, campanili crocefissi da sventolare e quelli tutti da leggere


di Osservatorio Italia-razzismo in l'Unit del 1 dicembre 2009 Il referendum svizzero che interdice la costruzione di nuovi minareti esprime, secondo il parere di molti, innanzitutto paura. Ma paura di che cosa, considerato che il minareto parente prossimo del nostro campanile - altro non che uno strumento di diffusione del messaggio religioso e di invito alla preghiera? Preghiera e non chiamata alle armi. In Italia la Lega plaude al risultato del refer endum e da qualche buontempone (il viceministro Roberto Castelli) viene proposto linser imento del crocefisso nel nostro tricolore (come direbbe Ezio Greggio: so ragazzi). Chiar iamo: il minareto e la croce sono simboli religiosi e sono rivolti a chi appartenga a luna o allaltra religione. Non si tratta di strumenti di potere o di mezzi bellici (anche se c chi ne fa tale uso) e si tratta, solo in parte, di manifestazioni di una tradizione culturale. Se svilissimo i segni della fede a semplici espressioni della nostra tradizione o della nostra identit storica, faremmo torto a tutti quelli che in tali segni credono davvero. Chi si vuole appropriare di quei simboli rammenti che luomo che fu affisso a quella croce andava dicendo Vi riconosceranno da come vi amerete (Gv 13,35) e non da quanti crocefissi avrete appeso. Attenzione, dunque, a costruire sul crocefisso o, per converso, sul minareto, il racconto di una civilt e la sua istituzionalizzazione. Se questo pu contr ibuire a rafforzare una cultura e darle un senso pubblico, pu anche condurre a una sorta di secolarizzazione del significato pi profondo della sua ispirazione di fede. Si otterrebbe cos lesatto opposto di ci che ci si propone: una sorta di mondanizzazione, con pretese di egemoniao con tendenze al vittimismo, della stessa esperienza religiosa.

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La Svizzera contro i minareti, lEuropa in imbarazzo


di Marco Polit i in il Fatto Quotidiano del 1 dicembre 2009 Irritazione e disagio emergono dallEuropa civile dopo il referendum della vergogna, che in Svizzera ha proibito la costruzione di minareti. Hanno vinto gli xenofobi, che inalberavano manifesti con donne pesantemente velate e minareti in forma di missili. Il 57 per cento degli elettori elvetici si schierato per il divieto. Scioccato il ministro degli Esteri francese Kouchner, turbato il C onsiglio dEuropa, per Fini un formidabile regalo allislamismo radicale, per il presidente dellUe Bildt un segnale negativo. In Vaticano il presidente del Consiglio pontificio per i Migranti, monsignor Vegli, condivide la posizione dei vescovi svizzeri: duro colpo alla libert religiosa e allintegrazione. LOsservatore equipara il veto alla proibizione dei crocifissi. Lo stesso governo svizzero tenta di tranquillizzare invano i musulmani residenti nella Confederazione, dove rimarranno le quattro moschee con minareti Nel panorama spicca la provocazione della Lega. Ora bisogna mettere la croce nel Tricolore, ha esclamato il viceministro Castelli. Una boutade surreale se lidiozia aggressiva leghista che un giorno vuole buttare nel cesso la bandiera nazionale, un altro ansioso di insignirla della croce e ad ogni buon conto ogni tanto fa marciare propri esponenti con maiali mandati a orinare su terreni previsti per la costruzione di moschee non rispondesse sempre ad un obiettivo preciso: scardinare la comunit nazionale, frenare lintegrazione fra gli italiani e gli altri. Troppo facile, per, indignarsi solo per il voto svizzero. La questione oggi decidere come affrontare limmigrazione e lintegrazione dei musulmani che abitano e lavorano in Italia. Intanto lislam da noi la seconda religione con un milione e mezzo di aderenti. Qualche centinaio di migliaia di giovani appartengono gi alla seconda generazione. Tra laltro, nelle province del voto leghista, gli slogan xenofobi si accompagnano notoriamente ad un intenso impiego di manodopera extr acomunitaria. Perch il negro in fabbrica o nelle cucine dei ristoranti va bene, ma come essere umano titolare di diritti dovrebbe andarsene ai paesi suoi. Esattamente ci che non avverr come non avvenuto negli altri paesi dEuropa. Omar Jibril, ventiseienne milanese di padre egiziano e mamma sarda e presidente dellAssociazione Giovani Musulmani, sospira dopo il referendum svizzero: Come si pu votare sui diritti di una minor anza? inaccettabile. Poi spiega: Non siamo qui per caso, se qualcuno pensa che chi arrivato si fer mi per fare soldi e poi andarsene, sbaglia. Jibril, oggi a Torino (Circolo dei Lettori) protagonista di un convegno sulla seconda generazione islamica, soggiunge: Siamo giovani come gli altr i, chiediamo di poter professare la nostra religione e al tempo stesso ci sentiamo coinvolti quando si parla della Finanziaria, della Fiat ad Arese o della disoccupazione. Vogliamo contribuire alla crescita del Paese. Quando ci sono i mondiali, cantiamo linno di Mameli con i calciatori. Janiki Cingoli, direttore del Centro italiano per il Medio Oriente (uno degli organizzator i del

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Janiki Cingoli, direttore del Centro italiano per il Medio Oriente (uno degli organizzator i del convegno di Torino) sottolinea che lislam non qualcosa di esterno, ma parte della storia europea, ne elemento costitutivo, insieme alle pi antiche radici cristiane, ebraiche ed anche laiche. Giustamente Cingoli sottolinea che non si tratta soltanto di parlare di diritti e doveri, ma in primo luogo di individuare un accesso guidato alla cittadinanza. Perch il fenomeno dellimmigrazione abbandonato a se stesso non pu che alimentare le spinte negative di chi lo consider a una minaccia. LItalia in stand-by. Nel precendente governo Berlusconi lex democristiano Pisanu, ministro degli Interni, aveva messo mano ad una Consulta islamica. Il suo omologo Amato, nellultimo governo Prodi, aveva continuato formando anche una Consulta giovanile interreligiosa. Primo passo di un percorso che avrebbe dovuto portare ad una rappresentanza dellIslam italiano. Cos come esiste in Francia, Gran Bretagna, Germania, Spagna. Si stava inoltre aggregando, sotto gli auspici di Amato,

una Federazione dellIslam italiano con la partecipazione della Coreis, della Lega islamica mondiale in Italia, dellAssociazione delle donne marocchine, del Centro islamico culturale che gestisce la Grande Moschea di Roma. Il ministro Maroni ha invece congelato tutto. Non ha pi convocato la Consulta n preso iniziative. Giugno scorso i membri della futura Federazione gli hanno scritto ufficialmente per riprendere il confronto, il ministro degli Interni non ha nemmeno risposto. pi facile lasciare che nei comizi la Lega agiti il vessillo dellidentit cristiana e intanto non discutere concretamente di rappresentanza, di costruzione delle moschee, di formazione degli imam, di assistenza ai fedeli musulmani negli ospedali e nelle carceri. Paolo VI aveva favorito la nascita della Grande Moschea di Roma. Gli odierni cristiani senza Cristo che amano riempirsi la bocca del vecchio parere del Consiglio di Stato secondo cui la croce simbolo religioso in chiesa e simbolo altamente educativo in ambienti laici lasciano che i musulmani dItalia, adoratori dello stesso Dio di Abramo, preghino per strada o in scantinati, garage, penosi locali di fortuna. Censire le settecento cosiddette case di preghiera musulmane in Italia censire una vergogna. Ma fare incancrenire la situazione utilissimo per agitare il fondamentalismo. Cos i conti tornano.

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I vescovi svizzeri: il no ai minareti alimenta problemi di coabitazione


di Alessandro Speciale in Liberazione del 1 dicembre 2009 Stupore, preoccupazione, incertezza: si pu sintetizzare cos la reazione della Chiesa cattolica al netto "s" con cui gli svizzeri, domenica scorsa, hanno risposto al referendum che proponeva loro di vietare per legge la costruzione di nuovi minareti sul suolo elvetico. A incassare il colpo sono stati soprattutto i vescovi svizzeri che, al fianco dei protestanti, degli ebrei e della comunit musulmana elvetica, si erano impegnati a fondo contro il divieto. Un ostacolo e una grande sfida sul cammino dell'integrazione nel dialogo e nel rispetto reciproco, stato il commento della Conferenza episcopale svizzera alla vittoria del "s". Walter Mller, portavoce dei vescovi elvetici, non nasconde il suo allarme per le possibili conseguenze sociali del voto: Il s all'iniziativa aumenta i problemi di coabitazione tra le religioni e le culture. Don Felix Gmr, segretario generale della Conferenza episcopale, spiega cos la vittoria del s: La gente ha paura di chi viene da lontano, di chi non capisce, e si chiude, complice anche una propaganda elettorale che ha confuso spesso e volentieri i minareti con i gruppi terroristici dell'estremismo islamico. Il sacerdote arriva addirittura a tracciare un ardito parallelo tra il referendum svizzero e la sentenza della Corte Europea di Strasburgo sul crocifisso nelle scuole pubbliche italiane: Quelli che sostenevano il referendum ha dichiarato alla Radio Vaticana dicono che la religione deve essere una cosa privata; ognuno pu pregare dove vuole, ma non in luoghi pubblici. Occorre aprire un dibattito che faccia chiarezza perch la societ disorientata, c' una contraddizione in tutte le societ europee, come dimostra la questione aperta sui crocifissi in Italia. Per parte loro, gli evangelici svizzeri hanno accolto il risultato con "amarezza", ricordando che il divieto di costruire minareti non risolve alcun problema ma ne crea di nuovi. Dal Vaticano, un segnale arrivato dal presidente del Pontif icio consiglio dei migranti, monsignor Antonio Maria Vegli, che ha voluto far sapere di condividere in pieno la linea adottata dei vescovi svizzeri. Silenzio, invece, dalla Cei, mentre la Lega cavalcava il voto svizzero arrivando a proporre di mettere la croce sul tricolore italiano. Segno che gli esponenti del Carroccio non hanno letto bene le prolusioni del presidente dei vescovi italiani, cardinale Angelo Bagnasco, che ha pi volte condannato i tentativi di ridurre il cristianesimo ad una "religione civile" schierata al servizio di qualche causa. Diversa, come prevedibile, la posizione dei lefebvriani, che proprio in Svizzera, ad Ecne, hanno il loro quartier generale: nessuna reazione al voto ma, nei giorni scorsi, la Fraternit Sacerdotale San Pio X - questo il nome ufficiale dell'organizzazione tradizionalista cattolica - non aveva mancato di far sapere da che parte stava, invitando tutte le persone di buona volont a non sostenere la propagazione della dottrina islamica e a votare "s" all'iniziativa contro la costruzione dei minareti. La dottrina islamica - aveva scritto l'abate Wuilloud, superiore svizzero dei lefebvriani, con toni degni del miglior Borghezio - non ammissibile per chi la conosca. Come infatti si potrebbe incor aggiare la diffusione di un sistema di pensiero che incita i mar iti a picchiare le loro mogli, i 'fedeli' a massacrare gli "infedeli", la giustizia a praticare punizioni e mutilazioni corporali , e l'insieme dei musulmani a respingere ebrei e cristiani?. Dal mondo islamico, il prevedibile sconcerto si accompagnato agli inviti alla calma, nel timore che il referendum svizzero possa diventare rapidamente un nuovo caso "vignette di Maometto". Per l'imam Youssef Ibram, responsabile del Centro culturale islamico di Ginevra, la vittoria del "s" un avvenimento catastrofico. Avevamo fiducia nella lucidit del popolo svizzero, una delusione enorme. Dall'Egitto, il gran mufti Ali Gomaa ha parlato di "insulto" e di "attacco", mentre in Indonesia, dove si trova in visita il responsabile vaticano per il dialogo con le altre religioni, cardinale Tauran, per la principale organizzazione islamica del Paese, la Nahdlatul Ulama, il divieto un di segnale di "odio e intolleranza", a cui per i fedeli devono reagire "senza eccessi".

Il caso minareti accende lo scontro


di Laura Squillaci e Lino Terlizzi in il Sole-24 Ore del 1 dicembre 2009 Cresce la polemica dopo il no della Svizzera alla costruzione di nuovi minareti. Al coro di critiche provenienti dai vari angoli del Vecchio Continente si aggiunge l'Italia, dove tiene banco anche la proposta della Lega di inserire la croce nella bandiera nazionale. Il presidente di turno dell'Ue Carl Bildt parla di un segnale

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Lega di inserire la croce nella bandiera nazionale. Il presidente di turno dell'Ue Carl Bildt parla di un segnale negativo, il Consiglio d'Europa, per bocca del presidente dell'Assemblea parlamentare dell'organizzazione per la salvaguardia dei diritti umani Lluis Maria de Puig commenta: I risultati del referendum sono contrari ai valori di tolleranza, dialogo e rispetto che il Consiglio d'Europa sostiene come istituzione. In particolare l'articolo 9 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo che tutela la libert di religione. Ma le modalit attraverso cui questa debba essere garantita non sono precisate. Proprio per questa ragione spiega il professore di Diritto internazionale presso l'Universit di Firenze, Antonio Cassese non c' stata una violazione della normativa europea. Il problema insomma, pi etico-politico che giuridico. Timori per il voto svizzero arrivano anche da Oltretevere. Il presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale dei migranti, mons. Antonio Maria Vegli, si detto d'accordo con le preoccupazioni espresse dai vescovi svizzeri parlando di un duro colpo alla libert religiosa e all'integrazione. Per l' Osservatore romanoi minareti sono come i crocifissi perci il giornale della Santa sede, il no della Svizzera danneggia la scrive libert religiosa.
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Voci discordanti nella maggioranza. Il ministro degli Esteri Franco Frattini guarda con preoccupazione a messaggi di diffidenza o addirittura proibizione verso un'altra religione. Sul Fronte opposto il ministro dell'Interno Roberto Maroni: sempre utile in democrazia ascoltare ci che vuole il popolo e non lites pi o meno illuminate. Per il presidente della Camera Gianfranco Fini il fanatismo islamico pi forte dopo il voto svizzero, io avrei votato convintamente per consentire il diritto di culto. Fini critica anche la proposta del leghista Roberto Castelli di inserire una croce nel tricolore. L'ipotesi bocciata da gran parte della maggioranza. Il no pi netto arriva dal ministro della Difesa Ignazio La Russa, ma a frenare anche Calderoli (che per annuncia una proposta per inserire nella Costituzione un referendum sul modello svizzero). Il governo elvetico intanto getta acqua sul fuoco, rassicurando sul fatto che si trattato di un voto contro nuovi minareti, non contro la libert di religione. L'esecutivo di Berna non nega che l'esito del referendum potrebbe creare problemi. Temo che vi possano essere conseguenze per le nostre esportazioni e per il nostro turismo, ha detto Evelyne-Widmer Schlumpf, ministro di Giustizia e Polizia. Economiesuisse la Confindustria elvetica, si era schierata contro il divieto ai minareti e dopo il voto esprime , preoccupazioni, considerando che il 7% circa dell'export elvetico indirizzato verso paesi islamici. Un tono preoccupato che condiviso soprattutto da gruppi di medie e grandi dimensioni, mentre tra le piccole imprese il quadro pi variegato. Dipende naturalmente dalle attivit delle singole aziende -Sole 24 Ore dice al Luzius Wasescha - ma nel complesso l'esito del referendum potrebbe in effetti causare battute d'arresto nei rapporti economici con il mondo islamico.

E adesso un bab sulla bandiera


di Jean-Lonard Touadi in l'Unit del 1 dicembre 2009 Nel nostro paese i politici cambiano idea con grande facilit: tra i casi di trasformismo quello dei dirigenti leghisti occupa i primissimi posti. I figli del Dio Po, votati ad ogni sorta di neopaganesimo, da un po di tempo si sono proclamati massimi esponenti dellintegrit cristiana. In linea con questa conversione, proprio ieri Castelli ha lanciato lidea di piazzare una bella croce al centro della bandiera italiana. Che dire, una proposta fantasiosa che per rischia di comprimere lanima feder alista della Lega, pertanto, consentirei alle diverse realt territoriali di affiancare la croce ad altri simboli locali: ad esempio i veneziani potrebbero metterci una gondola, i napoletani un bab, i romani il Colosseo, i siciliani uno scacciapensieri? Immagino che Castelli sar saltato sulla sedia quando domenica scorsa un rappresentante di quel mondo eversivo, perch solidale verso gli stranieri, ha addirittura affermato che anche Cristo era un migrante! Certamente il Viceministro accuser questo signore di eresia e tradimento dei principi della Santa Romana Chiesa in salsa leghista. Inviterei Castelli a contattare il suo collega Maroni, affinch questultimo emani entro il 25 dicembre una circolare diretta ai Prefetti per verificare la cittadinanza di quelli che interpreteranno Ges nei presepi viventi. Le idee leghiste in quanto a fedelt ai principi del cristianesimo sono direttamente proporzionali alla fedelt di Giuda in occasione dellUltima Cena. Linquietante idea di considerare lo straniero come nemico da respingere totalmente opposta a quella espressa nel Nuovo Testamento ove Cristo afferma: ero forestiero e mi avete ospitato. Nellultima settimana i leghisti hanno promosso diverse campagne mediatiche dichiaratamente discriminatorie, penso alliniziativa Bianco Natale

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diverse campagne mediatiche dichiaratamente discriminatorie, penso alliniziativa Bianco Natale e allemendamento sul limite di sei mesi alla cassa integrazione per i migranti, ora Castelli, con la sua proposta, corona questo crescendo di stronzate (giudizio analogicamente desumibile dalle parole del nostro Presidente Fini). Invito Castelli a pregare molto, senza dimenticare che il sacrificio di Cristo non ha bandiera e per un vero cristiano vale per tutti gli uomini indipendentemente dal loro credo. Cristo in croce parla a tutta lumanit, il segno damore di Dio per tutti. Infine mi rivolgo alla mia parte politica: dobbiamo riprendere in mano la questione immigrazione che finora si sta articolando in un dibattito tutto interno alla maggioranza e che trova da parte nostra risposte incerte e frammentarie. Abbiamo bisogno di elaborare una nostra narrazione sullimmigrazione, con contenuti simbolici da accreditare nellimmaginario collettivo del nostro paese.

Se il Vaticano vuole vendere le chiese senza fedeli


di Giancarlo Zizola in la Repubblica del 2 dicembre 2009 Le ragnatele rivestono di strati ancestrali il confessionale dellInquisizione da dove pende la stola un tempo violacea dellultimo confessore: la chiesa di san Michele sulla rocca di Guardia Piemontese, nella Calabria tirrenica, potrebbe essere inclusa nel catasto delle chiese in vendita o da rottamar e annunciato dal ministro della cultura della Santa Sede, larcivescovo Gianfranco Ravasi. Corrisponde infatti alle condizioni tassative enunciate per la selezione degli edifici di culto da avviare al mercato o alla demolizione fra le oltre centomila chiese o cappelle sparse lungo la penisola: mancanza di fedeli, scarso o nullo valore artistico o per la memoria, onerosit della manutenzione, sproporzione ingiustificata tra valore in gioco e costi delleventuale restauro, sui bilanci delle diocesi. In sostanza, al catasto cimiteriale delle chiese sarebbero condannati unicamente i pesi morti, le chiese gi defunte. Un mucchio di mattoni privi di carisma, spesso gi sconsacrate dice Giuliano Della Pergola, per anni docente di sociologia urbana al Politecnico di Milano. Strutture chiuse da tempo, inevase per difetto di partecipazione. Quasi mai hanno un valor e artistico o urbano tale da giustificarne il ripristino. Non sono pi un punto di riferimento, nemmeno per la comunit civile. Per cui lalternativa che si pone fra il loro abbattimento puro e semplice o il riuso civile, che non esclude funzioni spirituali, culturali e sociali. Il caso di Guardia Piemontese potrebbe fare testo nel dibattito subito esploso dopo le dichiarazioni di Ravasi, specie per le spade roteanti dei guardiani leghisti della conservazione a ogni prezzo dell antiquariato sacro per scongiurare eventuali aborriti meticciati religiosi con lIslam. Ignorano forse che il Dio dellIslam lo stesso Dio dei cristiani e degli ebrei e dichiarano di preferire un night club ad una moschea in una ipotetica ex chiesa cattolica sconsacrata. Che sia uno spazio in sfacelo, lo provano gli stucchi caduti dalla volta sul pavimento, i finestroni sbrecciati, le tre dita di polverume sullaltar maggiore. Un tempo erano le anziane del villaggio che si prendevano cura della chiesa, scendendo in processione nei loro costumi occitani a cantare il rosario e a confidare le loro pene alla statua della Vergine Addolorata. Qui il prete non ci viene, il prete siamo noi dicevano, riabilitando uno dei tratti laicali della riforma valdese in Calabria. Ma ora che la somma di secolarizzazione ed emigrazione ha dissolto la piccola comunit spontanea di cristiani di quel paese del sud in vista del Tirreno anche per quella chiesa suonata la campana a morto. Tuttavia perfino con la loro rovina queste mura potrebbero rivendicare un senso: testimoniare la ferocia con cui le truppe dellInquisizione massacrarono nel 1561 i contadini venuti con la loro eresia dalle valli piemontesi. La chiesa fu eretta subito dopo per imporre "lunica vera fede". L immenso convento dei domenicani l vicino anchesso in decomposizione. La strage fu tale che la Porta del paese si chiama "Porta del Sangue". Questa funzione vivente della memoria potrebbe dunque essere ritenuta sufficiente, secondo gli standard stabiliti dalla Commissione vaticana per la conservazione dei Beni Ecclesiastici, a preservare dallo sterminio la chiesa domenicana dell Inquisizione in Calabria. Decisione che implicherebbe interventi di recupero, ripensamenti di

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Inquisizione in Calabria. Decisione che implicherebbe interventi di recupero, ripensamenti di funzioni museali-didattiche, programmazioni culturali, con costi difficilmente compensati dai flussi turistici in calo o dalle passioni ecumeniche raffreddate. Ma se aveva ragione Padre Davide Maria Turoldo a ricordare che sui frontoni di molte chiese cristiane la parola "Dio" scritta col sangue e le guerre, quale chiesa non avrebbe valore storico sufficiente a salvarla dalla demolizione o dal mer cato? Alcuni temono che a prevalere potrebbe essere linteresse delle alte sfere ecclesiastiche a destituire un passato violento con un cambio negazionista della destinazione duso dei luoghi di culto per rimuovere le stragi, prima ancora di averne fatto mea culpa. Questa storia di chiese inutili serve troppo da allegoria per la crisi del cattolicesimo istituito, come la cattedrale a cielo aperto di Andrej Tarkovskij in Nostalghia. Di fatto, dichiara formalmente che la Chiesa di Ratzinger rinuncia allipotesi di un recupero del terreno perduto, nella prospettiva di un cristianesimo di massa o di una "societ cristiana". Calo della pratica religiosa, indebolimento istituzionale, travolgenti fattori di trasformazione dei vissuti collettivi hanno tagliato fuori per

sempre alcune postazioni sacre, come vecchie stazioni ferroviarie su binari morti. La secolarizzazione si abbattuta sul cattolicesimo e sul suo spazio sacro senza la furia distruttiva delle armate di Oliver Cromwell sulle abbazie irlandesi o gli incendi giacobini appiccati alle pievi cattoliche durante la Rivoluzione Francese. Ma la devastazione a dosi omeopatiche, consumistica, stata non meno micidiale, e lalleanza tra Chiesa e Mercato, contro cui Pier Paolo Pasolini aveva predicato nel deserto, presenta ora il conto: non solo il catasto delle chiese da vendere o rottamare, ma anzitutto la "chiesa superflua" analizzata da Heinrich Frics. Ovunque la Chiesa per i pi qualcosa di cui si pu fare a meno per la significativit del vissuto quotidiano ha scritto il teologo tedesco, Lerosione del legame attacca soprattutto la Chiesa istituzionale, col risultato che la fede diventa volatile e la Chiesa perde di riconoscimento sociale. Sincontr ano tuttavia dei vescovi che rifiutano di rovesciare qualsiasi responsabilit sul capro espiatorio della modernit o del laicismo. Claude Dagens, vescovo di Angouleme, chiama in causa la scarsa attuazione del modello di "Chiesa comunit" proposta dal Concilio Vaticano II e chiede di puntar e sul "rifacimento interiore" della Chiesa, su una riorganizzazione istituzionale in cui la Chiesa faccia leva sui piccoli gruppi di preti e laici. Se la Chiesa ha continuato a farsi identificare con gerarchia e clero, era fatale che, venendo meno il clero in modo massiccio, non si trovassero preti sufficienti a gestire tutte le parrocchie. Labbandono di alcuni campanili era il risultato matematico di un errore strategico. E il clericalismo che si morde la coda. Per deficit di partecipazione e di ruolo dei laici, le chiese sono state caricate quasi unicamente sulle spalle dei preti. Venendo meno i preti le chiese devono essere abbandonate al nulla. Il sacramento viene abbandonato e allora, piuttosto che lasciarlo nel deserto di una chiesa vuota, preferibile trasferirlo ove ci sia il calore di una comunit. In Francia sono corsi per primi ai ripari, sperimentando le assemblee domenicali senza prete. Il Vaticano si affrettato a stroncarle rifiutando loro il diritto di consacrar e leucarestia, di accettare che persone designate dalle comunit potessero assumere delle responsabilit direttive nella comunit. Questa diaspora di chiese di pietra non tuttavia cos apocalittica o anomala come potrebbe sembrar e a prima vista. Per alcuni indica che la Chiesa ammette di non poter pi a lungo restare avvinghiata a una forma di vita istituzionale, la parrocchia residenziale, che data dallera preindustr iale, e di dover cercare di inculturarsi in forme istituzionali pi flessibili e differenziate, provvisorie, accanto a quelle classiche nel territorio. Della Pergola assicura che non si tratta che di "unoperazione di buon senso", che non il caso di drammatizzare dando corpo ai fantasmi del passato. Questa transizione dellidentit dice una prerogativa specifica dellidentit fluida del cristianesimo in ogni secolo e ha accompagnato continuamente la storia degli edifici di culto, a Palermo ci sono sinagoghe divenute prima chiese cristiane, poi moschee, in Spagna a Cordova questi cambi di identit sono comuni. Il cristianesimo si installato con lassimilazione di sinagoghe prima e da templi pagani poi, divenuti chiese cattoliche. In accordo con lurbanista, anche larcivescovo Loris F. Capovilla che richiama linvito di Papa Roncalli, quando era nunzio in Turchia, davanti alla scomparsa delle chiese antiche, numerose "come le stelle del cielo" nella terra dei primi Concili Ecumenici: Non importa nulla. Venerare i luoghi anche se devastati, le memorie monumentali anche se rovine, ma non attaccarci a tutto ci. Il regno di Ges non subordinato a ci che nella stessa religione vera c di materiale, di esterno, di transitorio. La dismissione di chiese osserva lex segretario di Roncalli una storia che data almeno dal dopoguerra. A Napoli come a Venezia ci sono chiese storiche trasformate in scuole o banche, uno dei licei scientifici di Venezia il Santa Giustina, che ha sede nella omonima ex chiesa. Si conserva la facciata ma si cambia linterno e la destinazione. Prima di disfarsi delle chiese spente, Capovilla sarebbe per laffidamento a Confraternite laicali o a piccole comunit monastiche, come a Bose. In ogni caso egli raccomanda che le dismissioni siano accompagnate da strumenti giuridici che assicurino la destinazione pertinente dellex edificio sacro, vietandone utilizzi impropri. Nessuna preclusione alluso delledificio di culto per riunioni di preghiera di altre religioni. Oppure per conferenze, dibattiti, esposizioni, concerti, per la bellezza, perch si

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dovrebbe ricordare che ove bellezza e verit, giustizia e bont, ivi Dio.

Europa, la paura dei musulmani nasce da quellidentit che non c pi


di Ian Buruma in Corriere della Sera del 2 dicembre 2009 La Svizzera ha quattro moschee con minareto e una popolazione di 350 mila musulmani, per lo pi europei provenienti dalla Bosnia e dal Kosovo, di cui il 13% circa si reca regolarmente a pregare. Non lo si sarebbe detto un gran problema. Con un recente referendum, il 57,5% dei votanti svizzeri ha per optato per un divieto costituzionale alla costruzione di minareti, apparentemente per timore

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ha per optato per un divieto costituzionale alla costruzione di minareti, apparentemente per timore del fondamentalismo e di una strisciante islamizzazione della Svizzera. Gli svizzeri sono pi intolleranti degli altri europei? Probabilmente no. I referendum misurano i sentimenti viscerali della popolazione, piuttosto che opinioni ponderate, e i sentimenti viscerali raramente sono liberali. Se si tenesse un referendum del gener e in altri Paesi europei, si avrebbe verosimilmente un risultato simile. Attribuire allislamofobia la messa al bando dei minareti da parte degli svizzeri (unidea propugnata dal partito di destra svizzero Svp senza la partecipazione di altre forze politiche) sarebbe probabilmente fuori luogo. Una lunga storia di reciproche ostilit tra cristiani e musulmani e i recenti casi di violenza da parte di islamisti radicali hanno sicuramente creato nei confronti dellislam una diffusa paura che non c, ad esempio, verso linduismo o il buddismo. E il minareto, che sale verso il cielo come un missile, pu facilmente divenire in modo distorto limmagine di questi timori. Se gli svizzer i e gli altri europei avessero maggiori certezze sulla loro identit, sarebbero ancora cos spaventati dai cittadini musulmani? Probabilmente no. da qui che credo nasca il problema. Fino a non molto tempo fa, la maggioranza dei cittadini del mondo occidentale aveva indiscussi simboli di fede e di identit collettiva. Le guglie delle chiese che ancora abbelliscono molte citt europee avevano un preciso significato per la maggior parte della gente, e pochi si sposavano con persone di altra religione. In un recente passato, molti europei credevano ai loro re e regine, sventolavano la bandiera, cantavano linno nazionale, apprendevano le vicende eroiche della storia nazionale. Il loro Paese era la loro casa. I viaggi allestero erano riservati ai marinai, ai soldati, ai ricchi. Lidentit non era ancor a vista come un problema. La globalizzazione, il progetto dellEuropa unita, la sconfitta delle aspirazioni nazionaliste in due catastrofiche guerre mondiali e soprattutto la diffusa perdita del sentimento religioso hanno cambiato le cose. La maggior parte di noi vive oggi in un mondo laico, liberale, disincantato. Gli europei sono ora quasi ovunque pi liberi di quanto siano mai stati. Non ci viene pi detto da preti o da superior i cosa fare o pensare. E se ancora accade, di solito non ce ne curiamo. Questa recente libert ha per un prezzo. Laffrancamento dalla fede e dalla tradizione non ha sempre prodotto maggiore felicit, ma al contrario stata spesso causa di un diffuso smarrimento, di timori e risentimenti. Le espressioni di identit collettiva, pur non essendo del tutto scomparse, sono confinate per lo pi agli stadi di calcio, dove si trasformano facilmente in violenza e risentimento. I demagoghi populisti attribuiscono alle litedella politica, della cultura e del commercio la colpa delle tensioni del mondo moderno. Esse sono accusate, non senza qualche ragione, di scaricare sulluomo comune i problemi causati dallimmigrazione di massa, dalla crisi economica e dalla perdita di identit nazionale. Se le lite sono odiate per aver provocato il malessere moderno, i musulmani sono invidiati perch hanno ancor a una fede, sanno chi sono, hanno valori per cui vale la pena morire. Non importa che molti musulmani europei siano disincantati e laici come i loro concittadini non musulmani. Quel che conta la percezione. Gli svettanti minareti e i volti velati rappresentano minacce perch gettano sale sulla ferita di chi soffre la perdita della sua fede. Non un caso che il populismo anti musulmano abbia trovato alcuni dei suoi adepti pi accaniti tra

gli ex militanti della sinistra, perch anche loro hanno perso la fede: nella rivoluzione mondiale o in qualcosa di analogo. Molti di loro, tra laltro, provenivano da famiglie religiose e hanno quindi subito una doppia perdita. Giustificano lostilit verso lislam affermando di difendere i valori dellIlluminismo, mentre in realt lamentano il crollo di un credo. Non c, ahim, una cura immediata al disagio sociale manifestatosi nel referendum svizzero. Il Papa ha una risposta, ovviamente. Vorrebbe che la gente tornasse tra le braccia della Chiesa. Anche i predicatori evangelici hanno una ricetta per la salvezza, e lo stesso vale per i neo conservatori americani. Essi vedono nel malessere europeo una forma della tipica decadenza del Vecchio mondo, uno stato di nichilismo collettivo dovuto al welfare state e a una passiva dipendenza dalla potenza statunitense. Quel che vogliono ridare slancio al mondo occidentale, guidato dallAmerica, per combattere con le ar mi una crociata per la democrazia. Ma nessuna di queste prospettive sembra promettente, a meno di non essere cattolici, evangelici, o neocon. Il meglio che possiamo sperare piuttosto che le democrazie liberali escano da questo periodo di malessere, che resistano alle tentazioni demagogiche e riescano a contenere gli impulsi violenti. In passato le democrazie hanno superato crisi ben peggiori. Sarebbe meglio, per, se ci fossero meno referendum, perch, al contrario di quanto solitamente si crede, non rafforzano la democrazia ma la indeboliscono, costringendo chi abbiamo eletto ad assecondare i sentimenti viscer ali degli arrabbiati anzich governare in modo assennato.

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Crocifissi? attenti non solo propaganda


di Giuseppe Civati in l'Unit del 3 dicembre 2009 Frattini non sa bene che cosa dire (gli capita spesso). Del resto, lui che ne sa? Fa solo il ministro degli Ester i. Nel frattempo, La Russa si schiera in Difesa (della bandiera). Qualcuno ricorda che si dovrebbe modificare un articolo della Costituzione (che cos recita: La bandiera della Repubblica il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni). Sulla rete si passa dalla provocazione (potremmo mettere il crocifisso sul tricolore, propone qualcuno) alla minimizzazione (sono solo sparate propagandistiche, per distrarci dai problemi pi importanti). Visitando la Regione straniera, vi posso assicurare che non si tratta solo di sparate propagandistiche. Quando si assiste a proposte di questo tipo, si tratta precisamente di due cose: prima di tutto, di un ballon d'essai, quel palloncino che segnala la direzione del vento, per sondare le reazioni . Ma c' qualcosa di pi. Con l'introduzione nel dibattito pubblico di proposte come questa (o come le centinaia di ordinanze degli ultimi mesi, la chiusura di kebab o di phone center, l'opposizione ai centri di preghiera, le ronde e le taglie, le provocazioni tipo apartheid a cui ogni giorno siamo sottoposti), si cerca di accreditare qualcosa di pi pericoloso. Si fanno diventar e normali (di pi, quotidiane) cose che non lo sono o non dovrebbero esserlo. E si introducono, molto spesso per via istituzionale, elementi di discriminazione e di razzismo. Nemmeno pi striscianti, ma presentati con i crismi della fascia tricolore (appunto) dei sindaci e con l'intestazione della Repubblica dei ministri e dei parlamentari. Tutto si pu proporre, tutto si pu cambiare, tutto discutibile. Poi non si fa nulla di quello che si afferma, ma intanto lo si dice, lo si fa girare, lo si veicola tra la popolazione. E si sposta un po' pi in l il confine. Si pianta una bandiera, verrebbe da dire, con metafora appropriata (Engels diceva che il programma una bandiera piantata nella testa della gente: qui piantano anche i gazebo...). Allora il ballon d'essai non serve solo a segnalare la direzione del vento: serve a provocarlo, il vento. E in questo caso, collocare un simbolo religioso sulla bandiera, come ho scritto, non significa nient'altro che assumere ci che si vuole contrastare, creando, tra l'altro, tensioni inaudite e radicalizzando il dibattito (estremismo chiama estremismo). Cos come vietare i luoghi di culto agli altri, in ragione di una malintesa reciprocit, non fa nient'altro che opporre i culti tra loro, coinvolgendo persone che magari di culti non ne hanno alcuno. Le radici dell'Europa dovrebbero essere quelle della tolleranza, dal momento che l'Europa, nel progetto di ascendenza erasmiana a cui il caso che tutti continuino a richiamarsi, nasceva proprio per superare i conflitti religiosi, politici e etnici. Perch oltre all'Erasmus, a questa Europa serve ancora un po' di Erasmo. Che era cristiano, cos non si spaventa nessuno.

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Perch lOccidente non deve averne paura


di Piero Coda in la Repubblica del 3 dicembre 2009 Lesito del referendum svoltosi in Svizzera la scorsa domenica circa la costruzione di nuovi minareti il risultato eclatante della superficialit culturale con cui le nostre societ stanno affrontando uno dei fenomeni pi ingenti e sfidanti del nostro tempo. Ci che sta accadendo sotto i nostri occhi e le analisi sociologiche e i dati statistici, insieme alla cronaca quotidiana, ce ne danno evidente documentazione un profondo rimescolamento delle carte per quanto concerne la relazione e la coabitazione tra i popoli, le culture, le esperienze sociali, le religioni. Un fatto che c sempre stato, ma che oggi assume dei connotati inediti e pervasivi, oltre che un ritmo accelerato. Il disagio nellaffrontare questa sfida, molto concreta e oltremodo impegnativa, comprensibile. Ma non lo lassenza, a livello pubblico, di un approfondimento e di un dialogo serio e responsabile, capace di aiutarci ad andare al di l della reattivit immediata e di leggere il significato profondo di quanto accade e ci interpella, al fine dindividuare strategie culturalmente attrezzate e operativamente praticabili. Lesito e, prima ancora, la proposizione di un referendum come quello di domenica in Svizzera denuncia in modo grave e inequivocabile questassenza. E c solo da augurarsi che provochi quello choc salutare capace dinnescare un processo ponderato di discernimento della vera questione che in ballo. Lesper ienza di questo referendum ci dice infatti che cosa non dobbiamo e non possiamo fare, in virt della tradizione culturale e giuridica su cui si regge la civilt occidentale e in riferimento all inedito che bussa alla nostra porta e che chiede di dar nuova forma senza rinnegare assolutamente il positivo delle acquisizioni con fatica sin qui raggiunte alla convivenza civile e allassetto giuridico delle nostre societ. Innanzi tutto, non pi possibile pena il ritorno a un passato che improponibile legiferare impedendo la legittima espressione pubblica delle diverse fedi religiose. Le quali non possono in nulla derogare dalle nor me fondamentali e riconosciute della societ in cui si esplicano, ma che altrettanto non possono esser relegate nella sfera del privato. questo un guadagno irrinunciabile della civilt occidentale, cui non estraneo lapporto per molti versi decisivo della fede cristiana e della cultura che ad essa sispira. C voluto tempo e si sono combattute aspre battaglie, con chiusure e resistenze su ambedue i fronti, ma alla fine il principio secondo cui occorre dare a Dio ci che di Dio e a Cesare ci che di Cesare diventato, per lo Stato moderno e per la C hiesa, un principio almeno formalmente inderogabile. Tanto che il Concilio Vaticano II ha emanato una dichiarazione sulla libert civile e sociale in materia religiosa, la Dignitatis humanae. Dichiarazione per nulla scontata, sino a quel momento, nello stesso ambito cristiano, e che proprio per questo al dire di Paolo VI rester senza dubbio uno dei pi grandi documenti di questo Concilio. Unaltra cosa che non solo strategicamente sbagliata, ma culturalmente del tutto inadeguata oltre che controproducente, contrapporre rozzamente Occidente e Islam, facendo loro vestire i panni di due civilt inconciliabili. Certo, le differenze non mancano e sono anche rilevanti: ma la contrapposizione escludente non favorisce mai levoluzione dei dati positivi presenti in un dato sistema culturale e sociale. Senza dire che lidentit sana e matura non si promuove contro quella dellaltro, chiunque egli sia, ma nella fatica di stabilire con lui il giusto rapporto. E senza sottovalutare il fatto che una presa di posizione come quella che si espressa nel refer endum sui minareti segnala uninsuperabile contraddizione: quella di chi vuol godere di tutti i benef ici della globalizzazione a livello materiale, senza aprirsi al rischio ma anche al guadagno culturale che essa pu produrre. Detto questo, si pu guardare con serenit e spirito costruttivo alla delicata questione di che cosa necessitino gli atteggiamenti fondanti della nostra cultura e le regole procedurali e sostanziali della nostra convivenza per farsi capaci di apparecchiare uno spazio pubblico condiviso e accogliente. Insomma, se, per me che sono cristiano, il campanile e il suono delle campane fanno casa e nutrono il sentimento della mia identit, perch non debbo riconoscere che il minareto e linvito alla preghiera del muezzin fanno altrettanto per gli amici musulmani? Lessenziale che il suono della

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campana e linvito del muezzin non siano assordanti e impositivi. Del resto, non sono stati pochi n brevi i periodi della storia passata n a tuttoggi sono del tutto spariti i luoghi ove sinagoghe, chiese e moschee convivono pacificamente e arricchiscono le rispettive identit del dono prezioso che viene dallaltro. Dobbiamo senzaltro essere realisticamente consapevoli che tutto ci non scontato n facile. Ma questa la frontiera culturale che dobbiamo attraversare insieme. Aiutandoci gli uni gli altri, con aper tura e insieme con rigore, a disinnescare in radice ogni forma di tentazione fondamentalista e omologatrice. Promuovendo, di concerto con coloro e non sono pochi che non aderiscono a nessuna tradizione religiosa, una laicit matura che si faccia spazio propizio di dialogo e incontro, nella cornice del rispetto della dignit e dei diritti/doveri inalienabili della persona. Senza indulgere a quel falso irenismo che mettendo sullo stesso piano tutte le convinzioni, in realt le rende indifferenti luna verso laltra inibendo quellinesausta ricerca di bene, di verit e di pace che muove la coscienza e la libert verso orizzonti sempre pi ricchi e condivisibili. Riuscire a convivere cos, nei Paesi europei cos come in quelli islamici, non , per chi aderisce a una fede religiosa, abdicare alla propria identit n sognare idealisticamente unutopia, ma testimoniare con coer enza e senza sconti la propria apertura verso Dio e la propria responsabilit verso laltro.

Difesa del dogma o della vita?


di Massimo Faggioli in Europa del 3 dicembre 2009 Il dibattito sulla riforma sanitaria in America un laico, quotidiano memento mori. Ma svela anche la centralit, nel dibattito politico americano, della questione dellaborto e della contraccezione ed

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la centralit, nel dibattito politico americano, della questione dellaborto e della contraccezione ed evidenzia, in modo diretto, la posizione della chiesa cattolica e le conseguenze dellimpasse del cattolicesimo contemporaneo sul rapporto tra aborto e contraccezione. Infatti, alcuni slogan usati per tentare di affossare il progetto di riforma sanitaria, che secondo la propaganda repubblicana aprirebbe le porte a death panels incaricati di decidere pratiche eugenetiche ed eutanasiche degne della sanit nazista, si spiegano con la storia del dibattito teologico- morale attorno a contraccezione e aborto. La campagna dei repubblicani contro la riforma sanitaria ha assunto i toni di estremo populismo (come pu esserlo una campagna contro la morte), ma costituisce lultima puntata di una serie ultr adecennale di lotte attorno al diritto alla vita. Almeno dal 1930 in poi la teologia cattolica americana stata uno dei centri di elaborazione del magistero papale sulla morale sessuale. I teologi moralisti amer icani (John Ryan e i gesuiti John Ford e Gerald Kelly) affrontavano un nucleo di problemi diversi (tra cui la lotta al razzismo): ma contraccezione, aborto, eugenetica e sterilizzazione erano una questione sola. La posizione opposta (sostenuta anche da icone liberal come il giurista Oliver Wendell Holmes) vedeva contraccezione, aborto, eutanasia, eugenetica e sterilizzazione involontaria per alcune categorie (criminali, portatori di handicap) come pratiche moderne e coerenti con unidea moderna di individuo e di societ. I teologi cattolici ebbero buon gioco nel ricordare agli americani che queste ultime erano pratiche mediche sviluppate dal regime nazista, e che molti giovani cattolici americani avevano contribuito a sconfiggere quel regime. Ma a partire dagli anni Sessanta in poi, contemporaneamente alla svolta del concilio Vaticano II e alluscita del cattolicesimo americano dal ghetto subculturale, la teologia morale cattolica divenne vulnerabile specialmente rispetto a due questioni: la storicit delle posizioni della chiesa (e quindi la loro rifor mabilit), e il controllo farmacologico della fertilit. A nulla valsero i tentativi del teologo tedesco Bernard Hring di uscire dallimpasse, e la pressione di padre Ford su Paolo VI contribu allenciclica Humanae vitaedel 1968, cio ad una sorta di successo postumo per una teologia morale pre-bellica che era in continuit con la Casti connubiidi Pio XI (1930), ma anche con la teologia morale di un cattolicesimo americano ancora nel ghetto culturale contrapposto allAmerica wasp. Giovanni Paolo II e Benedetto XVI due papi assai popolar i nel cattolicesimo militante degli Stati Uniti hanno garantito la continuit della posizione cattolica rispetto alla contraccezione, riaffer mando i punti fer mi di Pio XI e di Paolo VI. Gli argomenti dei nemici della riforma sanitaria di Obama indicano il successo della teologia morale cattolica nellesportare nel campo della politica americana uno degli assunti della posizione della chiesa di Roma, dagli anni trenta ad oggi. Vi un nucleo di idee legate luna allaltra: lesistenza di una legge naturale, la quale violata dalle pratiche contraccettive; la protezione per ogni vita umana di fronte allaborto come di fronte alla contraccezione; un Dio che decide del fine degli atti sessuali e della durata della vita umana. Gli opposti estremismi degli anni Trenta-Quaranta hanno lasciato il passo, negli ultimi decenni, alla spaccatura tra posizioni pro-life e pro-choice: la posizione pro-lif e non molto cambiata rispetto alla posizione cattolica degli anni trenta, dato che vede contraccezione e interruzione di gravidanza come eguali violazioni della legge naturale; la posizione pro-choice non difende pi sterilizzazione involontaria ed eugenetica, ma vede il diritto allaborto come lultimo dei diritti civili. Daltr a parte, la sentenza Roe v. Wade del 1973 and oltre ogni pi rosea aspettativa dei pro-choice, definendo labor to un diritto legato alla tutela costituzionale della privacy. Di fronte a questo scenario i cattolici e il Partito democratico si trovano a dover fronteggiare due diverse debolezze.

Il discorso cattolico sulla difesa della vita indebolito a livello pubblico per la cronica esclusione delle donne dalla leadership e dal magistero della chiesa, e per lintransigenza della posizione cattolica sulla contraccezione. Il Partito democratico di Obama, invece, deve fare i conti con una giovane generazione, per la quale limpegno a favore dei diritti dei gay, sul fronte della povert, della lotta allAids, e contro le guerre preventive di Bush non in contraddizione con una possibile futura limitazione dellaccesso allaborto. la nuova generazione, che cresciuta senza mai sentir parlare di aborto clandestino. I cammini dellEuropa e dellAmerica sulla questione dellaborto rimangono diversi, e rimarranno diversi anche dopo lapprodo della riforma sanitaria: se in Europa la questione stata sempre affrontata anche come emergenza sociale a cui rispondere anche con misure sociali, in America labor to stato sempre trattato (specialmente dai pro-life) come questione individuale a cui il welfar e non pu e non deve offrire rimedi e sostegni. Ma uno dei mutamenti in corso il ritorno dellaborto come questione politica, specialmente per i democratici: lo schieramento pro-life attinge ad una base elettorale pi ampia, per lavvento di una nuova generazione e per larrivo degli evangelicals sulla scena politica, mentre i pro-choice sono sulla difensiva perch in gran parte veterani di una lotta per i diritti civili i cui risultati sono in gran parte dati per scontati. Per i cattolici, invece, la questione divisiva non solo a livello politico ma anche ecclesiale: lo schier amento prolife della chiesa americana portatore di una visione individualista dellaborto, in cui ogni inquadr amento sociale della questione dellaborto si espone allaccusa di materialismo e relativismo. Ma una vasta parte della base dei cattolici e degli americani non riesce a comprendere una chiesa che condanna in termini simili aborto e contraccezione, e che non ritiene importante, al fine di limitare il numero degli aborti, la creazione di tutele sociali, tra cui anche uno sforzo educativo per uninformazione sulla salute riproduttiva e la contraccezione. La vittoria tattica dei vescovi americani sullemendamento anti-abortista nella legge di riforma sanitaria rischia di

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vescovi americani sullemendamento anti-abortista nella legge di riforma sanitaria rischia di aggravare non solo la spaccatura allinterno della chiesa, ma anche la contraddizione tra difesa del dogma e difesa della vita. Chi sostiene che la condanna della contraccezione il miglior sostegno alla dif esa della vita forse non ha mai visto le proprie studentesse di fronte agli ambulatori per gli aborti a pagamento.

Lo stato di assedio
di Gilles Kepel in la Repubblica del 3 novembre 2009 Con il referendum sui minareti la Svizzera ha dimostrato di non poter far parte dellUnione europea. I risultati del voto rappresentano uno stupefacente arretramento sui temi dellidentit e si contr appongono allo spirito di apertura, di diversit e soprattutto alla gestione multipolare che car atterizza attualmente il funzionamento dellUnione europea. Gli svizzeri che si sono espressi a larga maggioranza contro la costruzione di nuove moschee con minareti hanno seguito un riflesso da assediati. Quello che dobbiamo chiederci ora con preoccupazione se sia possibile che una legge, per definizione universale, venga applicata unicamente ad una categoria di individui. In questo caso, non si tratterebbe neanche di stranieri residenti, per i quali sono gi comunemente accettate discriminazioni, per esempio sul diritto di voto, ma di cittadini svizzeri musulmani. Questi cittadini non potr ebbero costruire moschee con un minareto, mentre i cattolici o i protestanti hanno sempre potuto edificare chiese con campanili e potranno continuare a farlo in futuro. In Francia un referendum di questo tipo non sarebbe possibile. Contrariamente a quello che stato detto, la legge francese non riguarda solamente lutilizzo del velo ma affronta linsieme dei simboli religiosi. una legge che vale dunque anche per gli alunni cristiani ed ebrei, costretti a rinunciare ad elementi distintivi della loro confessione prima di entrare in classe. Legiferare su una singola categoria di individui avrebbe significato entrare in un sistema di discriminazione che evoca i peggior i periodi della storia europea del Novecento. Le dichiarazioni di alcuni esponenti della Lega Nord dimostrano la persistenza di un sentimento da stato dassedio anche in Italia. Nel mondo politico francese esiste invece la volont condivisa di non aprire un dibattito simile a quello che c stato in Svizzera, proprio per non rischiare di entrare in una spirale discriminatoria. Le ultime ricerche sociologiche dimostrano che esiste una nuova generazione di giovani provenienti dallimmigrazione che hanno studiato nelle scuole europee, hanno avuto accesso alla conoscenza e che, tra tante difficolt, seguono una traiettoria sociale ascendente. Il problema che questa gener azione rimane troppo spesso ostaggio di predicatori che danno unimmagine della loro religione in rottura con i valori e le nor me europee, quando non addirittura violenta. questo il vero nodo della questione. Credo che non siamo abbastanza informati su quello che vuole e pensa la maggioranza dei giovani musulmani. Essi sono poco presenti nei media, molto occupati invece da chi vuole comunicare con toni conflittuali e sempre pi accesi: questi fanno paura e perci hanno pi visibilit. Di qui discende anche la difficolt per chi vuole essere rappresentato in quanto musulmano di trovare mezzi e spazio per esprimersi. Cosa succeder adesso? La Svizzera teme di entrare nel mirino di attacchi fondamentalisti come successo alla Danimarca con la vicenda delle vignette satiriche di Maometto. Non mi sembra per che il referendum svizzero sui minareti abbia avuto la stessa eco nei paesi musulmani. Oggi molti

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che il referendum svizzero sui minareti abbia avuto la stessa eco nei paesi musulmani. Oggi molti dirigenti svizzeri si domandano se i sauditi e gli altri monarchi del Golfo continueranno a investire i petrodollar i sulle rive del Lago Lemano. Abbiamo visto che le relazioni tra la Svizzera e la famiglia Gheddafi si sono molto deteriorate negli ultimi tempi. un altro elemento sul quale riflettere. Come accade in molti paesi europei, non si amano gli arabi quando sono poveri ma diventano molto simpatici quando sono ricchi. (Testo raccolto da Anais Ginori)

A ciascuno il suo Dio


di Nadia Urbinati in la Repubblica del 3 novembre 2009 I paesi europei hanno fatto una gran fatica ad accettare di vivere con chi prega uno stesso dio in una maniera diversa da quella della maggioranza. I cristiani si sono massacrati tra loro per disaccordi su che cosa fossero i sacramenti e se credevano o no nel mistero della transustanziazione o della trinit. Nel Cinquecento, dopo la grande disubbidienza di Lutero, teologi riformati e cattolici si impegnarono in diversi concilii a ristabilire la concordia, a superare cio tutte le divisioni per non aver pi bisogno di tollerarsi a vicenda. Tolleranza era una parola negativa come il "sopportare" chi era nel tor to. La verit era una e una doveva essere la religione praticata in un paese: si tollerava provvisoriamente, in attesa della nuova grande unit cristiana. Ma mentre i teologi cercavo invano di superare i loro dissidi dogmatici con larte della parola, i monar chi e i principi dovevano in qualche modo impedire le violenze tra cattolici, calvinisti e protestanti. Con editti provvisori lautorit secolare concedeva ai fedeli di un credo minoritario di comunicarsi a loro modo, di sposarsi e di partecipare alle funzioni religiose, di essere cio non soltanto credenti in cuor loro, ma anche praticanti. Era il primo passo verso il riconoscimento della libert religiosa un passo molto incerto e che non riusc a scongiurare il massacro di San Bartolomeo e le guerre religiose. La formula "un re, una fede" (cuius regio, eius religio), coniata a met Cinquecento proprio per giustif icar e una politica di pacificazione in attesa di ristabilire lunita cristiana, fu per almeno due secoli e mezzo la migliore soluzione che gli stati europei escogitarono per non massacrarsi nel nome di un dio o di un dogma. La formula escludeva mescolanza di credenti e divideva terr itorialmente le religioni: ciascuna chiesa nel proprio fazzoletto di terra e con un proprio re. La libert e la pace potevano esistere solo tra eguali. Dio segnava i confini degli stati chiese cattoliche non erano ben viste in terra protestante e viceversa. Questa idea stata messa in crisi dalla Rivoluzione americana che con il primo emendamento alla costituzione riconosceva la libert religiosa come libert degli individui, escludendo sia linterferenza dello stato sia il riconoscimento di chiese e confessioni. La tolleranza del diverso lasciava il posto al diritto di essere come si sceglieva purch si rispettasse la libera scelta altrui. La ben nota teoria del "muro" di divisione tra stato e chiesa era la grande innovazione americana. A leggere le cronache di questi giorni sembra di essere ritornati al Cinquecento: appartenere ad un credo diverso da quello della maggioranza rischioso. La differenza che mentre nel Cinquecento la furia di omogeneit si abbatteva sulle denominazioni cristiane oggi si abbatte su alcune religioni non cristiane. In Svizzera, dove per anni gli italiani sono stati paria e ghettizzati, oggi la volta dei mussulmani: la divinit politica del popolo (vox populi, vox dei) ha decretato per referendum come chi vive sul suolo svizzero pu o non pu pregare (si comprende bene perch le autorit cattoliche si siano schierate con la libert di religione; mentre si deve apprezzare la loro solidariet ai mussulmani non si pu per non far loro presente che esse stesse si fanno complici di questa logica quando accettano che dei politici decidano che il crocifisso un simbolo culturale della nazione italiana). Questo brutto giuoco alla pulizia religiosa piace molto ai leghisti nostrani, i quali vorrebbero inseguire il sogno di "tutti uguali in questo paese": "una fede, un re". Non per devozione ma per fanatica interpretazione dellidentit collettiva. Quattro secoli e mezzo fa questa ubriacatura di omogeneit religiosa fece del vecchio continente un mattatoio.

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Neva, superlaureata e ricercatrice: da espellere


di Flavia Amabile in La Stampa del 4 dicembre 2009 Quando Neva Besker arriva a Roma lItalia alla fine degli anni Ottanta. Il pap si chiama Inoslav, uno dei pi quotati giornalisti croati e ha in tasca un incarico di corrispondente. Quattro anni nella dorata Italia, con famiglia e figli, c scritto sul foglio. E ora che di anni ne sono trascorsi venti, ha visto cambiare sulla sua pelle quattro leggi sullimmigrazione, conosciuto questure e difeso a denti stretti la residenza, unico suo diritto a restare in Italia. Ha pulito bagni e acquistato il diritto di partecipare a complesse ricerche sulle proteine antitumorali o sulle strutture dei nucleosomi compatti. E lItalia non le appare pi cos dorata. Anzi, come molti trentenni, sta pensando di fuggire. Eppure quando Neva arriva a Roma ha tredici anni e non triste all'idea di lasciare la sua casa e il suo Paese. La grande capitale dove tutto sembra possibile e a portata di mano la incuriosisce. Frequenta le superiori, la lingua non un problema, la voglia di studiare molta. Anche gli amici si creano subito, e Neva si sente una di loro. I quattro anni previsti nel contratto del padre trascorrono in fretta. Ma di tornare in Croazia non se ne parla. Il Paese che ha lasciato non esiste pi, la Jugoslavia si dissolta lasciando al suo posto molte dichiarazioni di indipendenza e altrettante guerre. Neva si diploma, ottimi voti. Ormai maggiorenne. La legge dellepoca non particolarmente severa con i figli degli immigrati, ottiene un permesso di soggiorno per motivi familiari e si iscrive alluniversit. Molecole e cellule sono la sua passione, sceglie Chimica alla Sapienza. E diversa s, ma non troppo. Mi sentivo il mondo ai miei piedi come tutti a quellet - racconta Mi sembrava di avere aperte davanti a me le stesse porte dei miei compagni di studio. Non cos e se ne rende conto quando le restano pochi esami ormai da superare. La legge Martelli viene sostituita dalla Turco-Napolitano e poi dalla Bossi-Fini. Le concedono ancora un permesso di soggiorno ma per motivi di studio, pi limitato, scadenza subito dopo la laurea. E, quindi, Neva discute una brillante tesi di ricerca, supera il traguardo e ha gi la scure dellillegalit sulla testa. Si mette alla ricerca di un lavoro. Ma nella sua situazione le strade sono poche. Se fosse una neolaureata italiana potrebbe arrotondare lo stipendio con le supplenze. Oppure tentare un concorso. Anche quando le propongono una specializzazione con borsa di studio allestero non pu accettare, dovrebbe avere la cittadinanza di un Paese dellUe. Neva non italiana, e nemmeno cittadina comunitaria. Deve affrettarsi a cercare qualcosa se vuole sperare di non farsi sbattere fuori dei confini senza troppe cerimonie. Inonda di domande le universit dItalia e ottiene un dottorato senza borsa a Firenze. La materia non fra le pi banali: Studio delle strutture e delle propriet dinamiche di proteine e delle interazioni fra target proteico e piccole molecole. E arriva il permesso di soggiorno. Il dottorato dura tre anni ma il permesso deve essere rinnovato di anno in anno, ad ogni riconferma dellerogazione della borsa. Il primo salto le riesce bene, da Firenze si trasferisce a Chieti alluniversit di Farmacia. Entra a far parte di un gruppo di ricerca. Mi sono dovuta fermare quando ho vinto una borsa europea per condurre parte della ricerca allestero. Con il mio permesso non potevo restare pi di 90 giorni fuori. E stato molto imbarazzante dover spiegare ai miei professori che non potevo andare altrimenti avrei perso il permesso di soggiorno e anche la continuit della mia residenza in Italia. La risposta spietata: Neva non al posto giusto. Il progetto viene interrotto e verr poi pubblicato da un altro gruppo. Senza di lei. Alla fine di quel dottorato c ancora un esame finale da sostenere per convalidare il lavoro svolto. Lesame si pu tenere due settimane dopo la scadenza della borsa di studio, o anche tre mesi dopo, dipende dalle universit. Il permesso di soggiorno, per, non aspetta: scade l'ultimo giorno di erogazione della borsa. Oltretutto luniversit le offre un contratto di collaborazione di tre mesi. Sarebbe un primo passo per inserirsi allinterno dellateneo, ma senza permesso come si fa?

In questura, quando Neva pone il problema, non hanno dubbi. Mi hanno spiegato che lunico lavoro possibile era quello di colf con un contratto di 20 ore a settimana. E cos per otto mesi Neva pulisce bagni e stanze, poi si arrende. Da sette anni vive con un ragazzo che ama. Lo sposa. Fino ad allora non lavevamo fatto perch volevamo essere liberi di scegliere se fare o non fare quel passo indipendentemente dai miei problemi. Se ci fossimo decisi un anno prima ora avrei gi la cittadinanza, invece ora la legge sulla sicurezza mi impone unattesa di due anni. A questo punto ho unofferta dalla Spagna. E per la prima volta sto pensando di abbandonare quello che considero il mio Paese e la lotta per i miei diritti e andarmene.

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mio Paese e la lotta per i miei diritti e andarmene.

Immigrati, una sfida per i cattolici


di Angelo Bertani in Europa del 4 dicembre 2009 Il referendum svizzero sui minaretipu essere un'occasione per riflettere, per immaginare una linea politica complessiva per affrontare i temi della multiculturalit, integrazione, dialogo tra religioni.... Il punto di partenza abbastanza chiaro (cfr Franco Cardini sulla Stampa del 30 novembre) e dimostr a la incapacit della maggioranza a cogliere due questioni fondamentali. Prima: rispondere con l'integralismo identitario alle minacce dell'integralismo altrui significa essere succubi della paura: certo le chiese si svuotano, e le sale islamiche sono affollate... E allora si sceglie la strada dello scontro di civilt, sognando follemente una Lepanto, della quale non si sa chi sar il vincitore, se mai ce ne sar uno. Certo il riflusso nella barbarie. Seconda: che si tratti di conservare le radici corrisponde ad un concetto conservativo e immobilista non solo della civilt, ma anche dell'esperienza religiosa. I cattolici consapevoli sanno benissimo che c' un dialogo fecondo tra tutte le culture e le religioni; e che la religione e la fede hanno un vitale bisogno di evolversi, trasformarsi nell'incontro con tutte le esperienze umane. Agire in modo che i fedeli di una grande religione monoteista si sentano limitati e offesi, in un paese cristiano, una follia che contr addice ogni dialogo interreligioso. Quelli che organizzano il Bianco Natale per cacciare gli immigrati o quelli (Castelli) che vorrebbero mettere il crocifisso nel tricolore (forse per minacciare la crocefissione agli infedeli?!)

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vorrebbero mettere il crocifisso nel tricolore (forse per minacciare la crocefissione agli infedeli?!) sono semplicemente dei provocatori intolleranti e fanatici, non diversi da quelli presenti nell'Islam, ancor pi ingiustificabili. A Brescia un mese dopo la visita di Benedetto per ricordare Paolo VI andato anche Maroni e tra gli applausi ha promesso il centro immigrazione(per individuare ed espellere gli irregolari!). Nella Brescia cattolica, espellere gli immigrati dovrebbe ricordare il Vangelo: Quello che avrete fatto ai pi miser i l'avrete fatto a me. Ma lo ricordano i pochi cattolici che hanno conservato la capacit di parola. Invocano saggezza ed equilibrio solo Ilario Bertoletti (Giornale di Brescia il 29 nov e Il Gabbiano, rivista della pastorale giovanile, novembre). Per affrontar e i temi dell'immigrazione, integrazione, mondialit non basta qualche battuta del premier e neppure qualche contorsione nella maggioranza (o nella minoranza). Servirebbe uno sforzo comune, tra le persone serie, per costruire una politica che affronti senza paura ma con lungimiranza tutto il problema del futuro della nostra societ. I cattolici sono davanti a una sfida epocale.

I politici colpevoli sfruttano i timori


intervista a Pierangelo Isernia, a cura di Raffaello Masci in La Stampa del 4 dicembre 2009 Pierangelo Isernia insegna Scienza della politica nelluniversit di Siena ed il coordinatore della ricerca sullimmigrazione. Ma gli italiani conoscono gli imm igrati? No. Non solo sbagliano sui numeri, ma la met di loro non ha contatti diretti con degli stranieri: il 48% non ha amici immigrati, il 54% non ha colleghi, il 52% non ha vicini. Gli unici stranieri che conoscono sono quelli ai semafori. Questa la sostanza: hanno paura di ci che ignorano. Ci sono stranieri che fanno pi paura di altri? Da noi non ci sono discriminanti n razziali (tipo bianchi e neri) n etniche (un Paese piuttosto che un altro). Normalmente si ha pi paura delle comunit che in una determinata zona sono pi presenti: ci sono i romeni allora temo i romeni, ci sono i marocchini e allora i marocchini e cos via. Si accettano gli imm igrati, dice la ricerca, a patto che si sappiano integrare culturalmente. Questo, tradotto, vuol dire che si temono le culture particolarmente stridenti, come la musulmana? Il nostro studio non risponde a questa domanda, ma il fenomeno stato studiato altrove. E la risposta s: esiste una paura che il sistema di valori e di libert di cui l'Occidente portatore possa essere minacciato da una visione del mondo diversa come potrebbe essere la musulmana. Questo vale in tutta Europa e anche in Italia. La paura dello straniero, dice la ricerca che lei ha coordinato, enfatizzata da una percezione sbagliata del fenomeno. Colpa dei politici o dei media? Ci sono forze politiche che fanno leva sulla paura diffusa dello straniero e del diverso, sono portatrici di iniziative in questo senso e i media le riprendono. Quindi la colpa di entrambi ma, direi, lelemento propulsore la politica. Destra pi ostile agli immigrati, dice la ricerca, e sinistra pi aperta. Poi per le scelte non sono cos dif ferenti. Giusto? Giusto: questo abbiamo rilevato. In effetti ci sono due momenti della politica, il primo quello delle minacce che tende a mettere una bandiera sulle fobie della gente per lo straniero, per raccogliere consensi. Poi c il momento della politica del fare che deve rapportarsi con la realt e allora - come per esempio avvenuto in Italia lo scorso agosto - di fronte al timore di perdere di botto 300 mila badanti sfidando la rivoluzione, si fatta una sanatoria, esattamente come avrebbe fatto la sinistra.

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La paura moltiplica gli extracomunitari


di Raffaello Masci in La Stampa del 4 dicembre 2009 Ma quanti sono gli immigr ati nei Paesi occidentali? Una quantit enorme: almeno il 24 per cento della popolazione nei Paesi europei, il 35 per cento negli Usa e addirittura il 37 per cento in Canada. Eccolo il fondamento su cui poggiano tutte le paure per gli stranieri: sono troppi. Questi dati, beninteso, sono falsi, ma sono quelli che le rispettive popolazioni di qua e di l dellAtlantico pensano che siano, secondo il rapporto Trasatlantic Trends: immigration 2009 realizzato dal German Marshall Fund e dalla Compagnia di San Paolo, e presentato ieri a Roma nella sede dellIstituto Affari Internazionali. Nella realt, tanto per dire, negli Usa gli immigrati sono il 13% della popolazione, nellaffollato Canada il 20% e in Europa superano il 13% solo in Germania (13,4%). In Italia sono appena il 6,5%, ma la cosiddetta gente, cio lopinione pubblica, ha una percezione talmente enfatizzata dal fenomeno che crede che siano il quadruplo. I timori Da questo errore fondamentale derivano tutte le perplessit e le paure, di frequente alimentate anche dalla politica che punta a tradurre le fobie in consenso elettorale. E talmente vero tutto questo, che lapproccio nei confronti dellimmigrazione diametralmente opposto tra destra e sinistra. Limmigrazione pi che una risorsa un problema, in Europa, per il 35% di chi di sinistra ma per il 65% di chi di destra. Negli Usa il rapporto analogo: il 48% per i democratici e il 73% per i repubblicani. Gli immigrati non fanno paura tanto per la loro concorrenza economica, tant che solo il 31% degli europei e il 42% degli americani ritiene che portino via lavoro agli autoctoni. Di loro preoccupa, semmai, l incapacit - vera o percepita che sia - di integrarsi, di accettare un sistema di regole condivise e, soprattutto, di aderire ad una visione culturale di tipo occidentale. La questione secondo il Rapporto - fondamentale: gli intervistati, infatti, sono favorevoli allingresso di immigrati regolari a patto che si diano due condizioni sine qua non: prima, che abbiano possibilit serie di trovare lavoro e, seconda, che abbiano buone possibilit di integrarsi con la cultura e il sistema di valori del paese ospite. Se c solo una di queste condizioni - rileva la ricerca - il rifiuto alla regolarizzazione netto. Non difficile, in questo, leggere le diffidenze, fondate o meno, verso alcune istanze della cultura islamica in materia di laicit, di uguaglianza dei sessi e degli orientamenti sessuali, di libert di pensiero, eccetera. Tant, per esempio, che limmigrato regolare, per il fatto stesso di aderire formalmente alle norme che governano il paese ospite, percepito come migliore - perfino moralmente e professionalmente - rispetto al clandestino. Salvo poi, ancora una volta, fare confusione con i numer i, per cui gli italiani ritengono che la percentuale di clandestini sia del 66% sul totale, come dire sono buoni i regolari ma peccato che siano una minoranza. I clandestini, per contro, sono pericolosi per definizione almeno nel 50% dei casi (Canada) ma si pu arrivare anche all81% (Italia). Lintegrazione Proprio per questo, comunque, si preferisce una immigrazione permanente piuttosto che temporanea, in quanto foriera di maggiore integrazione: in Italia questo valore del 71% ed il maggiore di tutto lOccidente, la media Ue del 54% e quella americana (Usa e Canada) supera il 40%. Allora tanto vale regolarizzare anche i clandestini? Niente affatto: in generale il consenso verso la regolarizzazione in caduta ovunque, ma raccoglie qualche adesione solo in quei paesi che di regolarizzazioni non ne hanno avute nessuna (Germania, 52%) o ne hanno avuta lultima oltre venti anni fa (Francia 55%). Chi, invece, conosce sanatorie periodiche molto scettico: solo il 36% degli italiani vorrebbe un inquadramento formale dei clandestini. Tuttavia, dice il Rapporto, In tutti i paesi la maggioranza dellopinione pubblica favorevole a garantire le prestazioni sociali e il diritto alla partecipazione politica agli immigrati regolari,

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sebbene nel caso delle elezioni locali solo in Francia (65%), Italia (53%) e Spagna (53%) si rilevi una posizione chiaramente favorevole. Listanza Fini, dunque, per una cittadinanza dopo un tot numero di anni, da noi sarebbe vincente

Aborto, il Pdl all'attacco della 194 "Bambini ed embrioni, stessi diritti"


di Caterina Pasolini in la Repubblica del 4 dicembre 2009 Stessi diritti per bambini ed embrioni. Lo prevede il disegno di legge presentato in Senato dal Pdl

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Stessi diritti per bambini ed embrioni. Lo prevede il disegno di legge presentato in Senato dal Pdl sui diritti del concepito. Poche righe di proposta e riscoppia la polemica, mai sopita, sull'aborto. Con l'opposizione che accusa la maggioranza di avere in realt come vero obiettivo lo scardinamento della 194, di aggirarsi come avvoltoi per rendere la legge sull'aborto inefficace, sbotta l'onorevole Finocchiaro del Pd mentre il suo collega di partito, il senatore Ignazio Marino, rincara preoccupato la dose. Mettendo sullo stesso piano i diritti della madre e dell'embr ione, chi abortisce potrebbe essere accusato di omicidio col risultato di far tornare la piaga delle mammane, degli aborti clandestini. E sulla stessa scia ideologica, un domani si potrebbero sanzionare gli anticoncezionali, puniti come attivit tesa ad impedire il concepimento. La giornata di accuse e polemiche comincia quando il gruppo del Pdl al Senato, guidato dal presidente Gasparri, i vice Quagliariello e Bianconi presenta la proposta ispirata da Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita. Si tratta di modificare l'articolo 1 del Codice Civile per riconoscere la soggettivit giuridica di ogni essere umano fin dal momento del concepimento e non, come ora, alla nascita. Con questo ddl poniamo un paletto nella tutela della vita dal suo concepimento sottolinea la senatrice Laura Bianconi. E Gasparri aggiunge: La nostra proposta si pone come un argine volto ad evitare sconfinamenti alla 194. Il riferimento alla Ru486 e alle polemiche di questi giorni chiarissimo. il Pd che vuole violare la 194 - insiste Gasparri - io rispetto e dif endo questa legge che tra l'altro prevede l'aborto solo in ospedale. Per questo ribadisco: chi usa la pillola Ru486 e va a casa invece di rimanere nella struttura pubblica per tre giorni, finir in tribunale. Dura la reazione del Pd. La maggioranza sa benissimo che non facile togliere di mezzo una legge come la 194 che ha funzionato e ha dimezzato il numero degli aborti - stigmatizza la senatrice Vittoria Franco - Non potendola abrogare direttamente, perch avrebbe contro tutta Italia, sta cer cando di aggirarla, bloccando l'utilizzo della pillola Ru486, o con atti come questo disegno di legge. Anche l'ex ministro Livia Turco contraria all'idea di definire i diritti dell'embrione uguali a quelli di una persona in essere. C' una dignit dell'embrione, ma gi sancita dalla legge 40. La realt, al di l delle polemiche strumentali, che questo governo per il sostegno alla maternit, per limitare le motivazione che portano all'aborto, per moltiplicare i consultori che educano alla contr accezione non ha fatto un bel nulla. Le loro, sono parole strumentali solo per attaccare la 194 e la legge sulla fecondazione assistita. Un collegamento con la legge 40, lo vede invece in positivo il sottosegretario alla sanit Eugenia Roccella. Questa proposta potrebbe infatti servire ad evitare di trasformare la vita umana in un oggetto, difendendo la vita di embrioni ora abbandonati, conservati per anni o utilizzati per ricerca. Non credo sia un attacco alla 194, che d'altra parte nelle prime righe tutela la vita.

Milano, sul web tornano i cartelli "Non si affitta agli stranieri"


di Franco Vanni in la Repubblica del 4 dicembre 2009 Affittasi appartamento, no animali, no stranieri. Bar in centro cer ca cameriere, astenersi extr acomunitari. Affitto bilocale in zona Sarpi, solo italiani, no cinesi. Gli annunci come questi, relativi all'area milanese, su Internet sono centinaia. A pubblicarli sono i maggiori portali di compr avendita immobiliare e di offerte di lavoro, da Subito.it a Secondamano. Inserzioni fatte da aziende, proprietari di casa e agenzie. Simili inserzioni, fino a qualche mese fa, non esistevano quasi - dice Maurizio Crippa, responsabile dell'orientamento al lavoro della Cgil milanese - ora ne compaiono a decine ogni giorno. Crippa, che costantemente scandaglia la rete in cerca di annunci, fornisce una spiegazione del fenomeno, semplice quanto brutale: Nel montante clima di odio per gli stranier i, il razzismo sembra non avere pi bisogno di nascondersi. Per quanto riguarda le offerte di lavoro, c' poi l'influenza della crisi, che spinge molti a privilegiare gli italiani nelle sempre pi rare assunzioni. E cos tornano sul web, questa volta contro gli immigrati, quei cartelli che nella Milano anni Sessanta avvisavano che non si affitta ai meridionali. O che in periodi pi tristi della Storia vietavano l'ingresso nei negozi ai cani e agli ebrei. La febbre dell'esclusione dello straniero a Milano un contagio trasversale. C' il centralissimo caff a due passi dal Policlinico, che sul portale Kijiji cerca barista di bella presenza, max 22 anni, no straniero e l'agenzia immobiliare di Trezzano sul Naviglio che negli annunci di affitto alterna le

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formule no animali, no stranieri e no animali, solo italiani. La casa editrice pronta ad assumere magazzinieri solo italiani e il proprietario di una mansarda vicino al Politecnico che non vuole inquilini extracomunitari. Per la segnalazione di simili casi di discriminazione, in citt attivo uno sportello delle Acli convenzionato con l'Unar, l'ufficio nazionale anti discriminazioni razziali (Unar) della presidenza del consiglio dei ministri. L'avvocato Fiorella Landro, responsabile del servizio legale, spiega: Nonostante il proliferare di questi annunci, le denunce sono poche, segno che gli stranieri hanno paura a esporsi. Dovrebbero essere gli italiani a chiamare. Al numero verde nazionale dell'Unar, nell'ultimo anno le presunte discriminazioni su base razziale segnalate sono 800, in 320 casi sfociate in procedimenti legali. Nel 24 per cento dei casi si tratta di discriminazioni nell'accesso al lavoro - dice Pietro Vulpiani, antropologo e tecnico dell'Unar - nel 16%, il problema per lo straniero proprio trovare casa. Per Dario Guazzoni, presidente dell'associazione milanese degli amministratori di condominio Anaci, l'ostilit nei confronti degli stranieri irrazionale, visto che la conflittualit fra condmini non aumenta con la presenza degli extracomunitari. E anche nella puntualit sui pagamenti dell'affitto, gli stranieri sono mediamente pi ligi degli italiani. Il problema culturale. Per quanto riguarda invece l'esplicita esclusione degli stranieri negli annunci di lavoro, il razzismo spesso nasconde un calcolo economico. Per Crippa, scrivendo "solo italiani", il datore lancia un messaggio allo straniero: per avere il posto, devi accettare di essere pagato meno. I casi raccolti da Cgil sono da incubo: lavapiatti cinesi full-time a 500 euro al mese, camerieri nordafricani a 600 euro, commesse moldave che in negozi di abbigliamento guadagnano 750 euro anzich i 1.000 previsti. Nel caso delle moldave - dice Crippa - l'annuncio era chiaro: non volevano stranieri. Quindi, facendole lavorare, l'azienda ha fatto loro un favore. A vietare gli annunci discriminatori il decreto legislativo 215 del 2003, che introduce la parit di trattamento, indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica. Se il cittadino che fa l'annuncio non rischia nulla dal punto di vista legale, la norma obbliga invece chi pubblica le inserzioni a pagar e risarcimenti. Il primo processo in corso a Roma: su segnalazione dell'Unar, l'unione forense per la tutela dei diritti dell'uomo ha avviato una causa civile nei confronti del giornale di annunci Portaportese, che aveva pubblicato segnalazioni come non si affitta a persone di colore e solo studentesse italiane. La sentenza, attesa entro un anno, destinata a fare scuola. Abbiamo chiesto di condannare il direttore del giornale a un risarcimento, e i soldi saranno poi spesi in

campagne contro la discriminazione - dice l'avvocato Antongiulio Lana, che segue la pratica - ma l'importante che la sentenza metta un freno a una pratica discriminator ia che sempre pi evidente.

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Tettamanzi riapre la questione morale


di Paolo Foschini in Corriere della sera del 5 dicembre 2009 Giustizia. Nel senso di una Milano pi giusta. In fin dei conti questa, detta in una parola, linvocazione a 360 gradi che il cardinale Dionigi Tettamanzi ha rivolto ieri alle autorit politiche di Milano attr averso il suo tradizionale discorso alla citt: riaprendo di fatto davanti al sindaco Moratti, al governatore Formigoni, al prefetto Lombardi e a tutti gli altri seduti nelle prime file della basilica di SantAmbrogio quella che una volta si chiamava questione morale e che lui ha esteso questa volta a ogni aspetto della Milano di oggi: per dire no al solo uso della forza sui rom, pi sobriet contro una cultura dello spreco, pi attenzione ai precari del lavoro e meno alle politiche dellimmagine , invito al rispetto delle regole contro i rischi ulteriori che pure ci sono. Non ultimi, ha sottolineato, quelli legati alle infiltrazioni mafiose connesse alle grandi opere dell Expo 2015. Non bastano i grattacieli ha esordito a rendere viva una citt: la sua ricchezza sono le persone . E richiamando la tradizione di accoglienza e solidariet della Milano ambrosiana ha riaffermato il rispetto dei doveri ma anche dei diritti umani per tutti, nativi e non: Milano solidale se sa offrire asili, scuole e parchi ai bambini, non lo se offre ai giovani forme di impiego quasi sempre precarie, non lo se lascia soli gli anziani. O gli immigrati, specie alcuni: La risposta della citt e delle istituzioni alla presenza dei rom ha scandito non pu essere l'azione di forza, senza alternative e prospettive, senza finalit costruttive . Certo, c anche una Milano che la solidariet la vive e pratica eccome: Angeli, li ha chiamati. Quelli che i rom li hanno ospitati, cos come i tantissimi volontari che ogni giorno cercano di tessere una tela di dialogo e a azioni: e una tela che non possiamo assumerci la responsabilit di distrugger e ogni volta. Per riuscir ci, soprattutto ora di fronte alla crisi economica, il passo necessario quello di unire queste nuove forme di solidariet con una sobriet strutturale di vita: Ci siamo lasciati andare a una cultura delleccesso e dellabuso a tutti i livelli. Ma la sobriet una questione di giustizia: anche nella nostra citt c chi ha tanto e chi ha troppo poco. Ed falsa, prosegue Tettamanzi, lobiezione secondo cui sobriet significherebbe comprimere i consumi, quindi leconomia, quindi loccupazione: sobriet non significa non produrre, ma 'utilizzare' anzich 'consumare', quindi non in un'ottica di spreco, speculazione, facili guadagni, bens di saggio impiego, finalizzando i servizi ai veri bisogni della persona per crescere in un benessere condiviso Vedi lExpo, che pure avrebbe un tema profondo come la fame nel mondo: Non abbiamo forse la sensazione che si punti pi alla costruzione di campagne di comunicazione e dimmagine che non alla soluzione dei problemi veri, o al necessario ripensamento della Milano dellimpresa, della finanza, della ricerca e daltro ancora, cui questo evento dovrebbe far da traino?. Serve un sussulto di moralit, dice: le grandi quantit di denaro connesse alle grandi opere dellExpo rendono possibili interferenze e infiltrazioni di criminalit organizzata, e questo rende ancora pi urgenti da parte di tutti, specie di chi ha maggiori responsabilit, il rispetto di norme semplici, chiare ed efficaci, il confronto con la coscienza mor ale, la rettitudine nell'agire, la gestione corretta del denaro pubblico . Un uomo, al termine del discorso, ha rotto il silenzio della basilica con un grido: Anche i bambini rom hanno diritto allo studio. Ed stato accompagnato gentilmente fuori. Commento a seguire del sindaco Letizia Moratti alluscita: Quello del cardinale stato un richiamo giusto e denso di spunti. Credo che Milano sia una citt accogliente, e che non a caso ospita il maggior numero di stranieri in Italia. Ma chiede anche di rispettare la legalit . Roberto For migoni: Rischio di infiltrazioni mafiose? quel che anche noi diciamo da tempo: infatti abbiamo creato un comitato per vigilare. Lamministratore delegato dellExpo, Lucio Stanca: Le parole del cardinale aiutano a unire la comunit. Al di l delle comprensibili diversit.

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Quanto piace Ratzinger ai russi


di Marco Polit i in il Fatto Quotidiano del 5 dicembre 2009 Papa Wojtyla smarr la via per Mosca nell89, quando Gorbaciov giunto per la prima volta in Vaticano lo invit nellUrss. Invece di cogliere loccasione, Giovanni Paolo II si lasci influenzare dagli esponenti della Chiesa uniate ucraina (ancora semiclandestina) contrari alla visita di un Romano Pontefice nel Cremlino sovietico. Cos lopportunit and persa. Nel frattempo il Vaticano aveva commesso lerrore di istituire quattro diocesi cattoliche nel territorio dellUnione Sovietica, di mettere a capo dellarcivescovado di Mosca un prelato oriundo polacco, mentre veniva incor aggiato il proselitismo tra la giovent post sovietica. Leffetto fu il deterioramento dei rapporti tra Santa Sede e Patriarcato ortodosso di Russia. Il presidente russo Medvedev, nel suo colloquio con Benedetto XVI, non ha rinnovato linvito come gi non lo fecero Eltsin e Putin per non urtare la suscettibilit del Patriarcato. Ma i rapporti bilaterali tra R ussia e Vaticano sono assai cordiali e le due parti hanno deciso di arrivare alla piena normalizzazione delle relazioni diplomatiche con uno scambio regolare di ambasciatori e non pi di rappresentanti. I dirigenti russi favoriscono peraltro il dialogo tra le due Chiese, al Cremlino interessa il ruolo internazionale della Santa Sede. In effetti con il passaggio di millennio latmosfera tra Vaticano e Patriarcato mutata in meglio. Nel 2007 diventato arcivescovo cattolico a Mosca litaliano mons. Paolo Pezzi, inviato (come scrisse lOsservatore Romano) esplicitamente per rilanciare il dialogo con gli ortodossi. Dal disgelo si passati a un avvicinamento. A Mosca il Papa-teologo Ratzinger piace. E a sua volta il nuovo Patriarca Kirill, che stima molto Benedetto XVI, viene considerato un valido interlocutore per arrivare a relazioni di cooperazione e forse in tempi non lontani a un vertice fra i capi delle due Chiese. Simbolo significativo del nuovo clima la decisione del Patriarcato di Mosca di pubblicare in questi giorni in lingua russa unantologia di discorsi di Ratzinger sullEuropa. Discorsi caratteristici del pensiero di Benedetto XVI, preoccupato per unEuropa che si svuota del suo patrimonio cristiano mentre la tecnoscienza acquista il predominio. E proprio sul terreno di una riscossa nei confronti di una societ contemporanea troppo laica e scristianizzata si sta realizzando una forte convergenza tra la Chiesa di Roma e il Patriarcato di Mosca, che ha gi condannato la sentenza europea sulla non esposizione di crocifissi nelle scuole italiane. Nella prefazione ai testi ratzingeriani larcivescovo Hilarion, ministro degli esteri del Patriarcato, denuncia (come fa il Vaticano) il pericolo del secolarismo militante, rivendicando nei confronti della Ue il diritto delle singole nazioni a conservare le proprie identit culturali e spirituali, il cui nucleo molto spesso costituito dalla religione. Lalleanza con il Patriarcato di Mosca (numericamente la Chiesa pi forte del mondo ortodosso) fondamentale per i progetti ecumenici di Benedetto XVI. Salendo sul trono papale nellaprile 2005, Ratzinger annunci di volere fare passi concreti sulla via della riconciliazione fra le Chiese cristiane e nella prospettiva di una ritrovata unit. Di questo progetto fa parte un asse preferenziale cattolico-ortodosso. Il momento della verifica si sta avvicinando. Nel 2007 si sono riuniti a Ravenna i rappresentanti della Chiesa cattolica e di quasi tutte le Chiese ortodosse sotto la guida del Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo. Ne scatur un documento in cui per la prima volta gli ortodossi mettevano nero su bianco la disponibilit a riconoscere al vescovo di Roma un ruolo di primato . Questa funzione, tuttavia, andava inseparabilmente legata alla prassi di conciliarit. Un principio di democrazia originaria di cui le Chiese ortodosse sono gelose. Nel loro sistema il capo di una Chiesa, il Patriarca, decide unicamente con laccordo del consiglio sinodale, in cui siedono alti rappresentanti dellepiscopato. La riunificazione delle Chiese cristiane sar dunque solo possibile se il Papa romano realizzer questo principio. Recentemente Benedetto XVI ha scritto una lettera al Patriarca ecumenico Bartolomeo a Costantinopoli, dicendosi pronto a cercare insieme le forme di

esercizio del primato papale. Ma venuto il momento di individuare concretamente queste forme di partecipazione al potere di governo del Papa. Nel secondo incontro cattolico-ortodosso, svoltosi a Cipro in ottobre, le parti si sono impegnate ad approfondire tre principi che si ritrovano nei concili del Primo millennio (quando ancora lo scisma tra oriente e occidente non era avvenuto). Sono tre concetti-chiave : cooper azione del Papa con il Concilio, concordia tra il Papa e gli altri quattro Patriarchi storici della cristianit, accordo tra i capi delle Chiese. Sembrano sottigliezze, ma delineano un modello di

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cristianit, accordo tra i capi delle Chiese. Sembrano sottigliezze, ma delineano un modello di governo partecipato assai lontano dalla monarchia papale del cattolicesimo.

Sobriet e solidariet cos Milano torna grande


di Lorenzo Rosoli in Avvenire del 5 dicembre 2009 la pratica straordinaria della solidariet che ha reso grande nei secoli Milano. Ma la nostra citt oggi una citt solidale, allaltezza della sua tradizione?. Muove da questo interrogativo il Discorso alla citt per la vigilia di SantAmbrogioche il cardinale Dionigi Tettamanzi ha pronunciato ieri sera nellantica Basilica al cospetto com ormai consuetudine non solo delle autor it ma anche delle famiglie regionali e degli esponenti delle comunit etniche che rappresentano il volto nuovo della metropoli lombarda. Una citt che cambia, dunque. E cambier ancora, anche a causa dellExpo 2015. Ma come? Sapr Milano rinnovare la sua storia di citt solidale? Sapr rilanciare come suggerisce larcivescovo lalleanza fra istituzioni pubbliche e forze vive della societ civile? Sapr trovare vie diverse allazione di forza, senza alternative e prospettive, come invece accade con i continui sgomberi contro i Rom? Sapr coniugare solidariet e giustizia, imparare che non c solidariet senza sobriet scandisce Tettamanzi e che proprio la sobriet pu favorire lo sviluppo? Per questo cammino di conversione Milano non senza bussola. Guardiamo a Cristo, linvito conclusivo di Tettamanzi: presenza che ha i segni del Crocifisso. Simbolo da conservare, certo. Ma che non va ridotto solo a segno di unidentit. La grande sfida passare dal simbolo alla realt. Vivere con umile, forte e gioiosa coerenza nella luce del Crocifisso Risorto. Fin dallesordio il discorso di Tettamanzi una dichiarazione damore alla citt, un amore che

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Fin dallesordio il discorso di Tettamanzi una dichiarazione damore alla citt, un amore che segnato da gratitudine e insieme da responsabilit. Per rendere grande Milano non bastano le grandi opere: Sono gli abitanti la sua ricchezza pi grande. E due i criteri per renderla grande: la generosit e la solidariet. Una solidariet inscindibile dalla giustizia, che si configura come dovere e ha un ruolo sorgivamente sociale e politico, ha affermato Tettamanzi attingendo al D e officiisdi Ambrogio come alla Caritas in veritatedi Benedetto XVI e alla Populorum progressiodi Paolo VI, suo predecessore sulla cattedra milanese, al quale si deve la riscoperta della festa patronale come occasione per attualizzare il magistero di Ambrogio. Illuminato il significato di solidariet, la domanda: Milano oggi una citt veramente solidale con tutti i suoi abitanti? Tettamanzi passa in rassegna condizioni, sofferenze e solitudini dei diversi gruppi sociali linfanzia, i giovani, le famiglie, gli anziani, gli immigrati ma anche i molti esempi di autentica solidariet che danno forza alla citt, come i volontari impegnati nel Fondo famiglia-lavoro, o le parrocchie e le famiglie che nei giorni scorsi hanno aiutato i Rom dopo lennesimo sgombero. Quanti angeli li ha chiamati Tettamanzi si prendono cura degli altri, lontani dalla luce dei riflettori... Ci di cui ha bisogno Milano una solidariet che sia in grado di animare il corso delle istituzioni e unalleanza fra istituzioni pubbliche e societ civile. Ma Milano ha anche bisogno di sobriet, perch la sobriet la via privilegiata alla solidariet. Sobriet che questione di giustizia, che non comprime bens favorisce lo sviluppo, non contro il mer cato ma a favore di una realizzazione sapiente delleconomia. Proprio lExpo 2015 con un tema alto, affascinante, come Nutrire il pianeta, energia per la vita pu essere loccasione per un ripensamento globale della Milano dellimpresa, della finanza, della ricerca, della comunicazione, della cultura, del volontariato portando nella vita dogni giorno la sobriet come via alla solidar iet. LExpo dunque non sia solo pretesto per grandi opere che mobilitano ingenti quantit di denaro che ha sottolineato larcivescovo possono far gola alla criminalit organizzata. La sobriet inoltre una sfida allo stile di vita della Milano no limits,che cerca nella droga e nellalcol uno stato di ebbrezza permanente, assetata di successo, di autoaffer mazione. Persone autenticamente felici, invece, arrecano un grande contributo alla costruzione di una citt migliore; la via della vera gioia non legoismo ma il dono di s, la ricerca del bene dellaltro. dunque una chiamata alla conversione quella di Tettamanzi alla sua citt, per superare insieme una crisi non riducibile agli aspetti tecnico-finanziari bens dindole culturale, morale e spirituale. Servono modelli e stili di vita insieme profetici e praticabili. E un grande

investimento educativo che chiama tutti allimpegno. Anche la Chiesa, che nellannuncio del Vangelo e nella testimonianza concreta pu aprire le ragioni umane del nesso fra sobriet e solidar iet alla sorprendente novit di Cristo e del suo comandamento damore. Un amore che ha il volto e la forma del Crocifisso, simbolo cristiano ma anche simbolo profondamente umano . Simbolo da conservare. Ma soprattutto da vivere.

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Tettamanzi, luci a Milano


di Aldo Maria Valli in Europa del 5 dicembre 2009 Che cosa fa veramente grande una citt? Forse le infrastrutture? Forse i grattacieli? Forse le opere darte? Certo, tutte queste cose sono necessarie per fare pi bella e funzionale una citt, ma per farla grande occorre altro. Occorre, precisamente, unanima. E se la citt in questione Milano, occorre che riscopra le sue qualit universalmente riconosciute ma ormai piuttosto sbiadite: generosit e solidar iet. La festa di santAmbrogio del sette dicembre tradizionalmente il momento in cui larcivescovo di Milano si rivolge alla citt con un messaggio a vasto raggio, e questanno il cardinale Dionigi Tettamanzi ha deciso di intitolarlo cos: Milano torni grande con la sobriet e la solidariet, titolo che contiene sia lobiettivo da porsi sia la strada da seguire per raggiungerlo. Dice Tettamanzi: Non possiamo stancarci di parlare di solidariet, una solidariet non a parole ma a fatti. La solidariet inseparabile dalla giustizia, ha una destinazione sociale. Alla sua radice ci sono sempre gli altri. Nessuno di noi pu pensare di fare da solo. Sono principi certamente cristiani, ma il cardinale si premura di ricordare che sono principi anche costituzionali. Tra i principi fondamentali della nostra Carta fondamentale viene infatti affermato il legame tra i diritti inviolabili delluomo e ladempimento dei doveri inderogabili di solidariet politica, economica e sociale (articolo 2). questo il patto sociale che mantiene in vita una citt, e qui in gioco la giustizia!. Ora per il cardinale la domanda : Milano una citt solidale, allaltezza della sua tradizione? , per esempio, solidale con i bambini che hanno bisogno di asili nido, scuole materne e parchi gioco? solidale con i ragazzi che hanno bisogno di opportunit educative per prevenire il disagio? solidale con i giovani nel momento in cui offre loro un lavoro quasi sempre precario, quasi a voler sfruttar e le loro necessit? solidale con le tante famiglie alle prese con problemi economici? solidale con gli anziani senza relazioni e prospettive per il futuro? solidale con gli immigrati spesso confinati, per chiusura o rifiuto, nei propri gruppi etnici? Il cardinale non gira attorno alle parole. Milano offre ancora molti esempi di solidariet, specie a opera del volontariato e della Chiesa, ma ci che occorre una solidariet che sia in grado di animare il corso delle istituzioni. Un esempio calzante il comportamento nei confronti dei nomadi: La risposta della citt e delle istituzioni alla presenza dei rom non pu essere lazione di forza senza alternative e prospettive, senza finalit costruttive. Per Tettamanzi la solidariet si costruisce nella sobriet. Nella nostra citt c chi sta molto bene, mentre sempre pi aumenta il numero di chi fa pi fatica. La sobriet ci aiuta a costruire la giustizia, perch agisce secondo la giusta misura, superando sempre eccessi e sprechi . La sobriet, in quanto istanza etica, non danneggia leconomia e non contro il mercato, ma a favore di una realizzazione sapiente delleconomia perch mette al centro la persona e le sue esigenze vere . Milano ha davanti a s un appuntamento importante, lExpo 2015, il cui tema, Nutrire il pianeta, energia per la vita, si presta a una riflessione proprio sulla sobriet. La sfida presuppone un ripensamento circa luso delle risorse e i modi di produrle e scambiarle. E bisogna partire proprio dalla citt. Milano conosciuta come la citt del fare. La sobriet pu essere un modo per ridare sostanza a questo appellativo, un risultato che si raggiunger eliminando ci che vuota appar enza, spreco di risorse, perch si ha la sensazione che si punti a campagne di comunicazione e immagine, nascondendo la consistenza dei problemi, pi che alla loro soluzione e allofferta di servizi efficienti. Chi chiamato a operare per gli altri, come luomo delle istituzioni, deve essere sobrio per mettere al centro delle proprie attenzioni i problemi delle persone e per risolverli. Occorre un sussulto di moralit e spiritualit nei nostri stili di vita. Milano coinvolta in progetti di sviluppo che esigono

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moralit e spiritualit nei nostri stili di vita. Milano coinvolta in progetti di sviluppo che esigono

grandi quantit di denaro e per i quali sono possibili infiltrazioni di criminalit organizzata . Per questo urgente da parte di tutti il rispetto di norme semplici, chiare ed efficaci, nel confronto con la coscienza morale, la rettitudine nellagire, la gestione corretta del denaro pubblico.

Parabole
di Adriana Zarri in il manifesto del 5 dicembre 2009 Siamo sempre alla caccia di pietosi eufemismi per addolcire le realt pi dolorose. Non si dice pi

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Siamo sempre alla caccia di pietosi eufemismi per addolcire le realt pi dolorose. Non si dice pi cieco, ma non vedente. Vi ricordate quando, davanti alle porte delle chiese, c'era chi implorava fate la carit a un povero cieco? Non si sa se a chiedere: fate la carit a un povero non vedente l'offerta sia pi o meno generosa. Armi in piazza Perplessit e sconcerto per l'esposizione, nella piazza del Duomo di Milano, di un cacciabombardiere: Un velivolo militare attualmente in esercizio come stato giustamente definito. Una serie di riviste laiche e cattoliche (tra cui Pax Christi, Libera, Noi siamo chiesa, ecc.) scrivono al sindaco: Riteniamo che tale operazione abbia avuto nell'intento degli organizzatori non altro scopo se non quello di far percepire ai cittadini la 'vicinanza' di una macchina militare, inducendo nell'immaginario che tale mezzo sia oggetto neutrale, un mero prodotto dell'alta tecnologia, uno strumento al quale avvicinarsi serenamente, indipendentemente dalla funzione alla quale assegnato. Crediamo inoltre che tale prolungata e ostentata permanenza in piazza Duomo dell'Eurofighter sia un inopportuno e biasimevole sfoggio delle 'capacit militari' del nostro paese. Come associazioni e riviste impegnate nella promozione della pace riteniamo che pi di esibizioni di mezzi militari in pubbliche piazze ci sia oggi necessit di un maggior dibattito pubblico e di un approfondito esame delle spese militari del nostro paese. Personaggi Il sindaco leghista di Verona, Flavio Tosi (sia detto per inciso, condannato per istigazione all'odio razziale) forse, in omaggio alla laicit dello stato, ha fatto sostituire nel suo studio la foto del Presidente della Repubblica con la foto del capo della chiesa cattolica, sormontato da un crocifisso (simbolo dei valori in cui fortemente credo) e quale sia poi la sua fede si pu facilmente immaginare. Il sindaco di Besana Brianza (provincia di Monza e Brianza), Vittorio Gatti, anch'egli leghista, ha emesso un'ordinanza che prevede 150 euro di multa per i presidi che non affiggono il crocifisso nelle aule. Di 500 euro invece la multa decisa dal sindaco di Trivolzio (Pavia) Paolo Bremi (eletto in una lista civica vicina al centro-destra) e da quello di Galzignano Terme (Padova) Riccardo Roman (Udc), per chi non espone il simbolo cristiano nei luoghi pubblici. Di fronte a questi fatti c' chi guarda con sgomento alle sacre gerarchie che plaudono politici cattolici, che difendono il crocifisso sui muri, quando poi alcuni di questi signori - secondo la dottrina cattolica - hanno irriso Cristo crocifisso violando il proprio talamo coniugale, inventando riti pagani in onore del dio Po, varando leggi che crocifiggono quei poveri cristi che dal nord Africa tentano, su fatiscenti barconi, di raggiungere la Sicilia. Non chi dice signore signore Disse Cristo: Non chi dice signore signore entrer nel regno dei cieli ma chi fa la volont del padre. Noi diciamo Crocifisso crocifisso e nel contempo crocifiggiamo Cristo, presente nei fratelli, nei poveri, nei perseguitati e negli infelici. Faremmo meglio a preferire, ai crocifissi di legno appesi alle pareti, i crocifissi di carne che camminano per le nostre strade senza che noi li riconosciamo e li degniamo di uno sguardo.

Una chiesa della precariet, bel segno dei nostri tempi


di Enzo Bianchi in Jesus del dicembre 2009 Oggi, e non solo in campo economico e occupazionale, si parla sempre pi spesso di precariet, ter mine che etimologicamente contiene il significato di ci che ottenuto con la preghiera ( prex), dunque frutto della grazia, ma indica or mai e soprattutto ci che provvisorio, non garantito per sempre Tutto ci che luomo ha, in realt precario. La stessa condizione umana precaria, perch mutevole, instabile, fragile: ogni essere umano sempre destinato a nascere, crescere e poi decadere fino a morire. Dovrebbe sempre meravigliarci il fatto che Dio cre cose precarie, ma, avendole create, vide che erano buone e belle (cf. Gen 1,4.10.12.18.21.25). Poche cose sono precarie come un fiore ma chi, siccome il fiore precario, non sa vederne la bellezza? Noi cristiani purtroppo abbiamo rimosso la precariet, soprattutto quando pensiamo alla chiesa e alle realt spirituali da noi intraprese. Ci sentiamo garantiti dalla parola di Ges: Non praevalebunt(Mt 16,18), interpretandola in modo illegittimo. Ges infatti non toglieva la precariet alla comunit cristiana, ma assicurava solo che linferno non avrebbe avuto lultima parola sulla chiesa di Dio.

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parola sulla chiesa di Dio. Ma noi sappiamo dalla storia che le comunit cristiane, anche quelle che sembravano grandi, salde, forti, influenti e potenti, a un certo punto si sono mostrate talmente precarie da essere cancellate. S, per molti secoli almeno qui in Europa la chiesa, la chiesa cattolica innanzitutto, sembrata potente e piena di garanzie, ma oggi ecco i cristiani ridotti a minoranza in un mondo indifferente; e in questa chiesa le comunit cristiane, comprese quelle religiose, finiscono sempre pi per riconoscersi fragili, deboli, precarie Ma in verit questa la situazione normale dei cristiani nel mondo: anormale era, se mai, la cristianit da Costantino fino ai tempi moderni! Ges aveva indicato i discepoli come sale, luce, citt posta sopra un monte (cf. Mt 5,13-16), aveva letto la dinamica del Regno come quella del lievito nella pasta (cf. Mt 13,33) e aveva chiamato la sua comunit piccolo gregge. Essere una piccola realt, essere minoranza non significa essere insignificanti, cos come essere deboli, fragili, non significa essere spiritualmente decadenti! Oggi noi vediamo molte comunit religiose precarie, povere di uomini o di donne, poco efficienti e poco visibili, incapaci di imporsi e di essere una presenza che si fa sentire... Eppure, sovente minoranze creative e convinte hanno saputo cambiare la dinamica della storia: come dimenticare che il cristianesimo nato nella forma di una comunit di una ventina di persone, coinvolte nella vita di Ges, a loro volta fragili fino al tradimento, al rinnegamento, allabbandono del loro maestro e profeta? Ci che conta ancora oggi che le comunit cristiane povere e deboli, oppure numerose e forti siano evangeliche, cio vivano secondo il Vangelo, lo testimonino, siano segni di narrazione di Ges Cristo e del comandamento nuovo lasciato loro da Ges (cf. Gv 13,34; 15,12). Lidentit cristiana non dipende da una visibilit ostentata, mediatica, ricercata a ogni costo in modo che tutti siano obbligati a constatarla. La visibilit dei cristiani, se conforme al Vangelo, una visibilit epifanica, sacramentale, significativa, capace cio di fare segno: la chiesa non chiamata a esibire se stessa, bens a indicare il mistero di Cristo. Nessuna spir itualit del nascondimento, ma anche nessun esibizionismo. Esiste purtroppo un mutismo cattolico, soprattutto unafasia dei cattolici nelle istituzioni della polis, e questa una patologia che svela una scarsa convinzione, dunque una fede debole. Ma la tentazione per i cristiani duplice: da un lato il rischio dellallineamento conformista alla mondanit, che si esprime in una spiritualit senza contorni, liquida, che vuole assicurare a ciascuno il diritto allautorealizzazione e

che pretende di andare incontro ai desideri della gente. Daltro lato, il rischio speculare del ripiegamento identitario, la tentazione di ostentare sicurezza, di costituire un presidio difensivo, di alzare una voce intransigente. Ma lapostolo Paolo confessava quando sono debole, allora sono forte (2Cor 12,10), e questo pu essere vissuto anche nelle situazioni di precariet comunitaria. Ora, in questi decenni siamo passati da una chiesa potente a una chiesa fragile, da una chiesa rivale, concorrente a una solidale, da una chiesa inclusiva e vorace a una chiesa dellincontro e del confronto, da una chiesa del numero a una chiesa che fa segno. Non questo un itinerario evangelico di cui dovremmo rallegrarci?

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L'islamizzazione del cattolicesimo


di Filippo Gentiloni in il manifesto del 6 dicembre 2009 A distanza di parecchi secoli dal tempo del primo incontro-scontro, il cristianesimo si trova oggi a dovere fare i conti con l'islam. Soprattutto il cristianesimo cattolico, e non soltanto a motivo dell'aumento degli immigrati musulmani in Europa e del molto reclamizzato referendum svizzero contro i minareti. Oggi il confronto con l'islam assume toni e modalit nuove, dovute alle novit culturali dirompenti: basti pensare al ruolo dei mass media. Niente pi come prima, neppure nel confronto fra le religioni. Si potrebbe dire che il cattolicesimo si sta islamizzando. Prima di tutto per la prevalenza di quella che chiamiamo religione civile, una espressione che nata negli Usa ma che ormai vige anche da noi. La religione tende ad abbandonare i misteri e a concentrare i suoi sforzi e il suo impegno nel sostenere la societ civile. In altri termini: dominio dell'etica, un'etica pubblica che dovrebbe orientare la vita della societ. Questa - la societ - chiede aiuto alla religione. Non le chiede tanto delle verit dogmatiche quanto degli aiuti per il benessere sociale. E, in cambio di questi aiuti, la societ - lo stato - concede volentier i alla religione il suo aiuto e la sua promozione. la vita tradizionale dell'islam, una vita che si sta imponendo anche da noi. Si pu dire che nel cattolicesimo si sta islamizzando anche il rapporto fra vertici e base. Meno obbedienza e pi fai da te. L'imam ben diverso dal parroco e dal vescovo, e la folla della Mecca non assomiglia, se non in maniera molto superficiale, a quella di piazza San Pietro. Alla Mecca, d'altronde, non esiste un Vaticano. Forse nell'islam il rapporto fra la base e i vertici pi adatto alla cultura moderna e questo potrebbe spiegar e il grande successo dell'islam soprattutto nei paesi emergenti. Un rapporto orizzontale - fra credenti - molto forte, a scapito di quello verticale fra base e vertice. Ma difficile prevedere che cosa riserveranno al mondo cattolico i decenni futuri.

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Ru486, per Marino va distribuita subito


intervista a Ignazio Marino a cura di Sonia Oranges in il Riformista del 4 dicembre 2009 Il Governo vuole introdurre una variabile di valutazione etica in un contesto in cui c soltanto da fare una valutazione clinica: il senatore del Pd Ignazio Marino, che di professione fa il medico, contesta duramente le scelte dellesecutivo in materia di Ru486, la cosiddetta pillola abortiva. LAifa ha davvero sbagliato a non modificare la delibera che secondo il ministro Sacconi sarebbe in contrasto con la legge sullaborto? Assolutamente no. LAifa un organo tecnico, come ce ne sono in ogni Paese. In questo caso, il suo compito era semplice perch doveva pronunciarsi su un farmaco gi ampiamente valutato negli Usa come in Europa. Non stiamo parlando di una scelta con implicazioni etiche, perch la decisione di abortire, sempre dolorosissima, stata gi presa. Qui stiamo parlando di una fase successiva, quella della scelta su quale sia il percorso migliore per la donna che ha preso questa decisione, se quello farmacologico o chirurgico. Una scelta che spetta al medico, insieme con la donna. Prenda il caso di una donna che abbia gi avuto complicanze a causa dellanestesia e che casomai anche finita in rianimazione per questo? Che deve dirle il medico? Scusi, io le consiglierei il percorso farmacologico ma il ministro ha deciso che non possibile ? Il Governo sta entrando in modo inappropr iato nel rapporto di fiducia e professionale tra medico e paziente. Ma risulta che la Ru486 pu risultare pericolosa se non mortale. La R u486, nella fase sperimentali, stata testata su pi di mezzo milione di situazioni cliniche, in 12 diversi Paesi. E, nel 2000, dopo lapprovazione dellente di farmacovigilanza americano, stata osservata su un altro mezzo milione di casi. I morti sono 0,1 ogni 100mila pazienti e sempre in contesti di assenza di vigilanza clinica, senza alcun raccordo con la struttura ospedaliera. Ma allora vero che necessario il ricovero. evidente che la donna dovr avere unindicazione chiara ed essere sorvegliata in ambiente clinico finch il medico lo riterr necessario e dovr mantenere un raccordo con la struttura quando uscir dallospedale. Si pu fare con il ricovero fino allaborto, oppure fino al termine dellemorragia legata allevento, oppure pu tornare a casa subito, garantendole un contatto diretto e continuo con lospedale in caso del minimo disturbo. Ma una decisione che spetta al medico che ha la responsabilit clinica. Che dovrebbe fare il Governo ora? Nulla. Solamente pubblicare in Gazzetta Ufficiale la delibera Aifa, rendere il far maco disponibile negli ospedali, unico luogo dove somministrarlo, e dare ai medici la possibilit di spiegare alle pazienti che hanno gi deciso per laborto, quali siano i percorsi possibili. Invece sin qui il Governo ha dilazionato la decisione e non sa pi che inventarsi per affermare ci che scientificamente non pu essere affermato.

Piena solidariet a Tettamanzi


di Vittorio Bellavite in www.noisiamochiesa.org del 7 dicembre 2009

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in www.noisiamochiesa.org del 7 dicembre 2009 Gli aderenti e i simpatizzanti di Noi Siamo Chiesa che, da fedeli preoccupati della vita della loro Chiesa, sono costretti, troppo spesso, ad andare controcorrente e a criticare orientamenti del Vaticano e della Conferenza episcopale, oggi sono invece particolarmente contenti di esprimere parole di amicizia nei confronti dellArcivescovo Mons. Dionigi Tettamanzi. Esaminiamo i fatti: ---il Cardinale, nel consueto discorso alla citt della vigilia di S. Ambrogio, ha parlato del ruolo tipicamente sociale e politico della solidariet, ha citato lart. 2 della Costituzione, ha esortato ad una sobriet negli stili di vita come questione di giustizia e ha infine giudicato i ripetuti sgomberi dei campi rom ultimo quello di via Rubattino contrastato dalla popolazione del quartiere- una azione di forza, senza alternative e prospettive, senza finalit costruttive. Ha infine messo in guardia da una politica dellimmagine che nasconda i veri problemi della citt. ---ieri la Padania, organo della Lega Nord, aveva come aper tura di prima pagina il titolo Onorevole Tettamanzi; nel testo, aspramente critico nei confronti dellArcivescovo, ci si chiedeva anche se egli fosse un vescovo oppure un imam. Oggi il ministro Roberto Calderoli, in una intervista su Repubblica sostiene che nella Curia di Milano ci sono cattocomunisti e che lArcivescovo non centra proprio nulla con il suo territorio. Questo attacco lultimo di tanti e si inserisce nella campagna per usare il crocifisso come simbolo identitario di una religione civile, di cui devono fare parte in prima fila i pagani adoratori del dio Po, il dio della Lega Nord . ---Per completare lo scippo e quasi la profanazione di fatti e di simboli cari a tutti i cristiani, ieri Umberto B ossi e il sindaco Letizia Moratti hanno insieme inaugurato il presepe municipale a Palazzo Marino. Per quanto ci riguarda, a noi sembra che lArcivescovo, nel discorso di S. Ambrogio, si sia solo preoccupato di richiamarsi, come suo compito, alle parole del Vangelo sullaccoglienza dello straniero, e non certamente di essere in sintonia con il suo territorio come gli chiede Calderoli. Ora la Chiesa di Milano, il volontariato e tutte le forze positive della citt, anche prescindendo da queste istituzioni mal gestite, devono cercare di continuare a tessere la tela del dialogo e dellaccoglienza nella legalit come invita a fare lArcivescovo. Milano 7 dicembre 2009 festa di S.Ambrogio

Il crocifisso non una clava


di Enzo Bianchi in La Stampa del 7 dicembre 2009 Prima la polemica sullesposizione del crocifisso nelle aule scolastiche in Italia, poi (una settimana fa) il risultato del referendum popolare in Svizzera che vieta ledificazione di minareti. Le due tematiche sono solo apparentemente affini. In un caso si tr atta infatti della presenza di un simbolo religioso in aule pubbliche non destinate al culto, nellaltro invece di un elemento caratterizzante un edificio in cui esercitare pubblicamente e comunitar iamente il diritto alla libert di culto. Resta il fatto che si fa sempre pi urgente una seria riflessione sugli aspetti concreti e quotidiani della presenza in un determinato paese di credenti appar tenenti a religioni diverse e delle garanzie che uno Stato democratico deve offrire per salvaguardare la libert di culto. La paura esiste, cattiva consigliera e porta a percezioni distorte della realt - come dimostra anche il recente sondaggio sui timori degli italiani nei confronti degli immigrati - ma proprio per questo non deve essere lasciata alla sua vertigine, ma va oggettivata, misurata e ricondotta alla razionalit, se si vuole una umanizzazione della societ. Del resto proprio lessere concittadini, il conoscersi, il vivere fianco a fianco, condividendo preoccupazioni per il lavoro, la salute, la salvaguardia dellambiente, la qualit della vita, il futuro dei propri figli, che porta a una diversa compr ensione dellaltro. Dir pure qualcosa, per esempio, il fatto che tra i pochissimi cantoni

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compr ensione dellaltro. Dir pure qualcosa, per esempio, il fatto che tra i pochissimi cantoni svizzeri che hanno respinto la nor ma contro i minareti ci siano quelli di Ginevra e di Basilea, car atterizzati dalla pi alta presenza di musulmani. In Italia lesito del referendum svizzero contro i minareti ha rinfocolato le polemiche, e non mancato chi ha invocato misure analoghe anche nel nostro paese, impugnando di nuovo la croce come bandiera, se non come clava minacciosa per difendere unidentit culturale e marcare il terr itorio riducendo questo simbolo cristiano a una sorta di idolo tribale e localistico. Cos, lo strumento del patibolo del giusto morto vittima degli ingiusti, di colui che ha speso la vita per gli altri in un servizio fino alla fine, senza difendersi e senza opporre vendetta, viene sfigurato e stravolto agli occhi dei credenti. La croce, questa realt che dovrebbe essere parola e azione per il cristiano, ormai ridotta a orecchino, a gioiello al collo delle donne, a portachiavi scaramantico, a tatuaggio su varie parti del corpo, a banale oggetto di arredo... Tutto questo senza che alcuno si scandalizzi o ne sottolinei lo svilimento se non il disprezzo, salvo poi trovare i cantori della croce come simbolo dellitalianit, allombra della quale si pronti a lanciare guerre di religione. Ma quando i cristiani perdono la memoria della parola della croce, e assumono labito del crociato, rischiano di ricadere in for me rinnovate di antichi trionfalismi, di ridurre il Vangelo a tatticismo politico: potenziali dominatori della storia umana e non servitori della fraternit e della convivenza nella giustizia e nella pace. Va riconosciuto che la Chiesa - dai vescovi svizzeri alla Conferenza episcopale italiana, allOsservatore Romano - ha colto e denunciato questuso strumentale della religione da parte di chi nutre inter essi ideologici e politici e non si cura del bene dellinsieme della collettivit, ma resta vero che in questi ultimi anni abbiamo assistito a una progressiva erosione dei valori del dialogo, dellaccoglienza, dellascolto dellaltro: a forza di voler ribadire la propria identit senza gli altri, si finisce per usarla e ostentarla contro gli altri. Se la croce brandita come una spada, Ges a essere bestemmiato a causa di chi si fregia magari del suo nome ma contraddice il Vangelo e il suo annuncio di amore. La vera forza del cristianesimo invece il vissuto di uomini e donne che con la loro carit hanno umanizzato la societ, mossi dallinvito di Ges: Chi vuol essere mio discepolo, abbracci la croce e mi segua e dal suo annuncio: Vi riconosceranno come miei discepoli se avrete amor e gli uni per gli altri. Quando i cristiani si mostrano capaci di solidariet con i loro fratelli e sorelle in umanit, quando rinunciano a guerre sante e restano nel contempo saldi nel rendere testimonianza a Ges, a parole e con i fatti, allora potranno essere riconosciuti discepoli del loro

Signore mite e umile di cuore. S, le dispute su crocifissi e minareti non dovrebbero farci dimenticare che la visibilit pi eloquente non quella di un elemento architettonico o di un oggetto simbolico, ma il comportamento quotidiano dettato dalladesione concreta e fattiva ai principi fondamentali del proprio credo, sia esso religioso o laico.

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"La Lega non sa di cosa parla ignorano il cristianesimo e sono un pericolo per il Paese"
intervista a Massim o Cacciari a cura di Oriana Liso in la Repubblica del 7 dicembre 2009 Massimo Cacciari, per la Lega il cardinale Tettam anzi tralascia le questioni della Chiesa e fa politica. Su questa, come su altre questioni, la Lega non sa di cosa parla, c una totale ignoranza sui fondamenti del Cristianesimo: davvero difficile interloquire con chi non sa che lamore per il prossimo, come racconta la parabola del buon samaritano, quella solidariet di cui il cardinale parla. I leghisti non solo non lo capiscono, ma non sono neanche interessati a farlo. Sono solo alla disperata ricerca di una "religio civili", una predica vagamente moralistica, fatta per tenere buone le persone. Lesatto contrario di quello che la religione cristiana. Laccusa rivolta al cardinale Tettamanzi di fare demagogia sui bambini rom. Pensare di trattare lo straniero come nemico unaberrazione frutto, ripeto, della colossale ignoranza di questa gente. Con buona pace loro, proprio compito della Chiesa denunciare dal suo pulpito la mancanza di quelle pratiche di carit. Compito che viene svolto allo stesso modo, sottolineo, di tutta la Chiesa, perch su questi temi non credo esista una via milanese, o romana, o veneziana. Se capitasse a lei, come sindaco di Venezia, di essere ripreso su questi temi? Questi discorsi, forse anche pi netti, io li ho sentiti fare al cardinale Scola, a Venezia. E certo non mi offendo se mi vengono rivolte critiche di questo genere, perch le considero doverose e costruttive. Se poi si parla di campi nomadi, io ne ho appena chiuso uno: ma la differ enza il progetto per il dopo, il cercare di sistemare questa gente tenendo conto dei loro costumi, ricorrendo anche a villaggi pi decenti come fase di passaggio. Per i leghisti lo straniero non dovrebbe esistere e i preti si dovrebbero limitare a fare patronato e a far giocare i bimbi alloratorio. Altra accusa: non si capisce se Tettamanzi sia un cardinale o un im am . Ci rendiamo conto? Per loro, in unepoca di societ multietnica, dire imam un insulto. Queste persone possono provocare danni pazzeschi, e mi sembra che questo Paese non capisca il rischio che stiamo correndo con forze politiche di questo genere al governo. Lei ha conosciuto lex arcivescovo di Milano, il cardinale Martini. Che differenze ci sono con Tettamanzi? Ad essere diversa era la situazione di Milano e del Paese. Le cose sono peggiorate, c un imbarbarimento pericoloso ed giusto che la Chiesa continui a fare critiche che sono molto costruttive, perch denunciano un pericolo reale. Ma la Chiesa sola, davanti a questo compito? Con realismo devo dire che c solo la Chiesa, che svolge un ruolo essenziale per il nostro futuro. I laici di buona volont fanno analisi, ma non indicano strade pratiche da percorrere per evitare che si allarghino le brecce dovute alle politiche anche, ma non solo, della Lega

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"Non c'entra con Milano come mettere in Sicilia un sacerdote mafioso"


intervista a Roberto Calderoli a cura di Andrea Montanari in la Repubblica del 7 dicembre 2009 Roberto Calderoli, ministro per la Semplificazione, perch la Lega attacca il cardinale Dionigi Tettamanzi? Noi della Lega abbiamo non solo il massimo rispetto, ma anche un dialogo aperto con le massime espressioni della Chiesa, quella romana. A partire dal cardinale Bertone. sorprendente che qualcuno voglia fare della dietrologia sui nostri richiami. Cio? Avremmo voluto che certe battaglie trovassero sponda anche in chi dovrebbe praticare l'evangelizzazione. Invece, le uniche voci a sostegno sono venute solo dalla nostr a parte. Avere il massimo rispetto non vuol dire abbassare la testa. Il rispetto deve essere reciproco. Che cosa intende dire? La C hiesa romana ha un notevole equilibrio nel far prevalere i principi delle radici cristiane. Avevo gi detto che qualcuno nella Curia di Milano era figlio del cattocomunismo. L'autonomia di tutti, ma l'orientamento della Chiesa sui problemi della globalizzazione dovrebbe essere tenuto presente anche dai loro sottoposti. Lo spirito cristiano deve guidare ogni uomo politico, non dipendere dall'emozione del momento. Questo principio deve valere per tutti. Si rif erisce all'arcivescovo di Milano? La grande capacit della chiesa territoriale dovrebbe essere la vicinanza con il territorio. Sa che cosa le dico? Cosa? Che Tettamanzi con il suo territorio non c'entra proprio nulla. Sarebbe come mettere un prete maf ioso in Sicilia. una forte accusa. Perch? Perch non parla ai milanesi Perch, per esempio, Tettamanzi non mai intervenuto in difesa del crocifisso? Perch parla solo dei rom? Non spetta a noi intrometterci nei rapporti tra le cariche ecclesiastiche, ma non posso non vedere che tra le nostre posizioni e quelle della maggioranza dei vescovi, della Chiesa romana fino alla Cei c' la massima assonanza. Non con quelle di Milano. Trova giusto che la Padania si domandi se Tettamanzi sia un cardinale o un imam? Sono provocazioni. Ma se i toni si alzano perch i nostri appelli cadono nel vuoto. Anche l'arcivescovo di Milano si sempre schierato a difesa delle regole. No. Questo ci che ci distingue da alcuni prelati come Tettamanzi. Lui concepisce lo spirito cristiano basato sui diritti slegati dai doveri. Noi, invece, pensiamo che tutti abbiano dei diritti, ma a fronte di doveri. Si spieghi meglio. Negare che persone di una certa etnia facciano un tipo di attivit disconoscere la realt. Seguendo la logica dei "poverini" non si va da nessuna parte. Si trasformano solo i nostri poverini in agnelli sacrificali. Sta dicendo che l'arcivescovo di Milano fa politica? Faccia quello che vuole. Noi continueremo ad andare nel senso opposto. A Milano o in Lombardia un sacerdote che fa politica non lo ascolta nessuno.

La religione senza Dio


di Ilvo Diamanti

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in la Repubblica del 7 dicembre 2009 impossibile separare la religione dalla politica, in Italia. Tanto pi dopo la fine della Dc, quando la Chiesa tornata a rappresentare i valori, i principi, ma anche gli interessi dei cattolici in Italia, in modo autonomo e diretto. Il fatto che oggi altri soggetti, oltre alla Chiesa, svolgono lo stesso ruolo. Talora in competizione, perfino in disaccordo con essa. Come dimostra la pesante polemica lanciata, ieri, dalla Lega contro il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano. Ma gli esempi sono molti. Basta pensare alla proposta di inserire la croce nel tricolore. La bandiera nazionale. Avanzata (ancora) dalla Lega e apprezzata dal ministro Frattini, dopo il referendum che, in Svizzera, ha bloccato la costruzione dei minareti. Daltronde, la Lega si oppone alla costruzione delle moschee in molte realt locali, insieme ad altri gruppi e partiti politici della destra (non solo) estrema. Xenofobia e islamofobia si mischiano e si richiamano reciprocamente, in nome delle radici cristiane dellEuropa e, soprattutto, dellItalia. Come dimostrano le polemiche suscitate dalla decisione della Corte europea contro lesposizione del crocifisso nei luoghi pubblici. Criticata, in Italia, da gran parte delle forze politiche, di destra e di sinistra. Tutte impegnate a difendere l identit cattolica. Anche a costo di entrare in contrasto con la Chiesa. Di assumere posizioni pi clericali della Chiesa. Non nel caso del crocifisso, ovviamente, ma nelle altre vicende citate. Le moschee, i minareti. In generale: le politiche sullimmigrazione e i rapporti con gli stranieri. Su cui la Chiesa, attraverso le sue organizzazioni e i suoi media, ma anche attraverso la gerarchia (non solo il cardinale Tettamanzi, ma tutta), ha assunto posizioni molto lontane dalla Lega e dal centrodestra. Schier andosi a favore del diritto di culto e di fede religiosa, anche per gli islamici. E, dunque, in disaccordo con le guerre di religione lanciate contro i minareti e le moschee. E contro gli immigrati. Da ci il singolare (ricorrente) contrasto, fra la Chiesa e la Lega spesso affiancata dagli alleati di centrodestra nella rappresentanza dei valori religiosi e della "comunit cattolica". Il fatto che il valor e della religione va ben oltre i confini della fede e della comunit dei credenti. Daltronde (Demos, 2007), linsegnamento della religione nella scuola pubblica, in Italia, approvato da 9 persone su 10. E dalla maggioranza degli stessi elettori di sinistra. Lo stesso per lesposizione del crocifisso. Perch, come ha rammentato il sociologo Jean-Paul Willaime su Le Monde: Tutte le societ europee, per quanto secolarizzate, non sono mai uscite del tutto da una concezione terr itoriale di appartenenza religiosa; gli stessi immaginari nazionali non sono completamente neutri dal punto di vista religioso. Cos, anche in presenza di un declino sensibile della pratica rituale, ai partiti populisti diviene possibile riattivare e sfruttare le componenti religiose dellidentit nazionale e territoriale. Non solo: la religione viene usata come strumento di consenso partigiano ed elettorale. Lo ha fatto la Lega fin dagli anni Novanta, in polemica aperta e dura contro la Chiesa nazionale, nemica della secessione. Lo scontro proseguito in seguito, sui temi della solidariet sociale, soprattutto verso gli immigrati. Sulla questione dellintegrazione. La Lega, in altri termini, si proposta essa stessa alla guida di una religione senza Chiesa e senza Dio. I cui valori, simboli, luoghi vengono fatti rientrare dentro i confini dellidentit territoriale. Ne diventano riferimenti fondamentali. D altronde, il ruolo della religione nella costruzione dellimmaginario locale e nello stesso mondo intorno a noi per riprendere la suggestione di Willaime innegabile e molto visibile. Un santo al giorno, scandisce il calendario. Le festivit. Gli atti che accompagnano la biografia di molte persone: dal battesimo al matrimonio fino al funerale. E ancora, ogni giorno: le ore battute dai campanili. I quali, insieme alle chiese e alle cattedrali, fanno parte del nostro paesaggio quotidiano. Il che spiega, in parte, la reazione sollevata dalla possibile costruzione di luoghi di culto di altre religioni. Le moschee. Figuriamoci i minareti. Capaci di produrre una rottura rispetto al passato, resa visibile anzi: appariscente da uno skyline urbano inedito. Il che genera incertezza e

inquietudine, soprattutto quando, come in questa fase, le appartenenze territoriali nazionali e locali sono scosse violentemente dalla globalizzazione, ma anche dai mille muri sorti dopo la caduta del Muro. In Italia questo problema appare particolarmente rilevante, perch si tratta di un paese diviso, con unidentit nazionale debole e incompiuta. La Lega offre, al proposito, risposte semplici e rassicuranti a problemi complessi. Reinventa la tradizione per rispondere al mutamento. Recupera le radici cristiane di una societ secolarizzata, le impianta sul territorio. Ricorre a simboli antichi per affrontare problemi nuovi. Lo spaesamento, linquietudine suscitata dai flussi migratori. Gli stranieri diventano, anzi, una risorsa importante per rafforzare lappar tenenza locale. Per chiarire chi siamo Noi attraverso il distacco dagli Altri. Lo stesso crocifisso si trasforma in simbolo unificante, avulso dal suo significato. la croce da associare al tricolore. Dove la croce pi importante del tricolore. Una bandiera che, secondo la Lega, evoca una nazione inesistente. Mentre la croce evoca lo "scontro fra civilt". La crociata contro lIslam, che ha lepicentro nel Nord, dove limmigrazione pi ampia. Daltra parte, su questi temi gli italiani e gli stessi cattolici si trovano spesso daccordo con la Lega e con gli alleati di governo (a cui essa detta la linea). Molto meno con le posizioni solidali e tolleranti espresse dalla Chiesa (Demos per liMes, 2008). La sfida della Lega , dunque, insidiosa. Perch etnicizza la religione. Costruisce, al tempo stesso, una patria e unidentit. Ma anche una religione alternativa. In tempi segnati da una domanda di appar tenenza e di senso acuta e diffusa. Di fronte a questa sfida, le scomuniche e lindignazione rischiano di risultare risposte insufficienti. Inadeguate. Per gli attori politici. (Tutti, non solo quelli di sinistra. Anche per gli alleati di

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Inadeguate. Per gli attori politici. (Tutti, non solo quelli di sinistra. Anche per gli alleati di centrodestra). Ma soprattutto per la Chiesa.

Pax Christi Italia esprime solidariet al card. Tettamanzi di Mons. Giovanni Giudici, vescovo di Pavia
Ero straniero e mi avete accolto (Mt 25,35) Pax Christi Italia esprime solidariet umana e cristiana al cardinale di Milano. Accusato per le sue parole che richiamano valori fondamentali della convivenza umana e civile e che stanno alla base del Vangelo. Sappiamo che quelle del cardinale di Milano non sono solo parole, ma sono accompagnate, con mitezza e fermezza, dalle scelte di accoglienza e carit che la chiesa ambrosiana testimonia ogni giorno sul territorio. Viviamo, come movimento, una forte preoccupazione per il crescere di una mentalit razzista e intollerante, aiutata anche da una legislazione che, come ha osservato mons. Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio dei Migranti, porter dolore. Come gi Pax Christi scriveva lo scorso 5 luglio nel documento La gloria di Dio risplende sul volto di ogni persona, invitiamo le comunit cristiane e tutti gli operatori di pace a mobilitarsi per costruire la pace nella vita quotidiana spesso prigioniera di solitudini, governata dalla paura e coinvolta in progetti tr ibali e autoritari. Nessuno ci straniero. Il tempo di Avvento tempo di vigilanza. Operiamo per far s che il Natale che attendiamo sia un Natale veramente cristiano, di accoglienza per chi non trova posto, anche oggi, se non ai margini della societ. Vegliamo davanti al presepe, riconoscendo Maria e Giuseppe che non trovano posto, i pastori non considerati veri cittadini ma che li accolgono. Pax Christi ricorda che papa Benedetto XVI nel promuovere per il prossimo gennaio la Giornata mondiale del migrante, paragona lesperienza dei bambini migranti e rifugiati a quella del piccolo Ges che si rifugia in Egitto. Davanti al Dio bambino, preghiamo perch nessuno ci sia nemico. La distanza che ci separa dallo straniero quella stessa che ci separa da noi stessi e la nostra responsabilit di fronte a lui quella che abbiamo verso la famiglia umana amata da Dio.

Pavia, 7 dicembre 2009

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La rivincita degli ortodossi


di Lucilla Guidi in la Repubblica del 7 dicembre 2009 Una piccola rivincita di Bisanzio sui musulmani, sull'impero romano di Occidente e la sua capitale cattolica: Saranno quasi certamente i cristiani ortodossi i primi ad avere l'ora di religione alternativa, nelle scuole pubbliche italiane. Il nuovo numero di "Reset", intitolato "Nuovi italiani arrivano. Vecchia politica resta", si apre con questa notizia. Un'altra che tra romeni, albanesi, ucraini, russi e moldavi, i fedeli nell'orbita del patr iarca Kirill e di quello di Costantinopoli, Bartolomeos, sono diventati pi numerosi dei musulmani, che sono peraltro privi di una rappresentanza unitaria e aggregata. un altro capitolo dei mutamenti irreversibili in corso ed dovuto al "pluralismo concreto" dell'immigrazione, fenomeno assai pi rapido dei tempi di reazione della politica e della stessa opinione pubblica: qui il confronto tra diverse idee di Italia agli albori, da una parte "indigenisti", leghisti e non, dall'altra sostenitori di una cittadinanza inclusiva. Lo sa chi si occupa di scuola, di fedi e diritto ecclesiastico, come Carlo Cardia. Si cominciato da poco a parlare di ora di religione islamica, ma al momento - spiega Cardia - l'unica religione "altra" in condizione di introdurre tra poco il proprio insegnamento confessionale a scuola non l'Islam. La C hiesa ortodossa romena - dice Cardia - ha fatto domanda di riconoscimento allo Stato e far ora richiesta d'intesa. Per rendere possibile l'insegnamento della confessione islamica invece non esiste una rappresentanza musulmana organica, di cui lo Stato ha bisogno per stilare un'intesa. Mentre la confessione ortodossa sta per aprire la pagina del pluralismo religioso in un luogo di forte valor e sociale e simbolico come la scuola, il dialogo con il mondo musulmano subisce una brusca battuta d'arresto per decisione del governo: Fino a un anno e mezzo fa - sottolinea Cardia - esisteva un tavolo di mediazione, istituito dal ministro dell'Interno Pisanu e poi rafforzato dal successore Amato, ma l'attuale governo ha sospeso il tavolo e interrotto qualsiasi processo di mediazione. Intanto la popolazione italiana si trasforma e i flussi migratori ridisegnano il profilo del paese. Secondo l'ultima fotografia scattata dal Dossier Caritas Migrantes sul panorama delle appartenenze religiose degli immigrati residenti in Italia, gli ortodossi prevalgono or mai nettamente sia sui cattolici sia sui protestanti, registrando, tra la fine del 2007 e la fine del 2008, un aumento di circa due punti percentuali. A seguito dell'entrata nell'Unione europea della Romania, il loro totale arriva a un milione e 300 mila, di cui 800 mila possono ritenersi romeni mentre gli altri sono divisi tra le altre comunit balcaniche e dell'Est Europa. Dalla fine del 2008 superano il milione sia i musulmani sia gli ortodossi. Il punto dunque che se uno Stato liberale deve prendere sul serio l'esistenza di varie confessioni, oltr e a quella cattolica, in Italia non si capisce ancora bene come si affronter il problema del pluralismo religioso a scuola e fuori.

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possibile nel mondo cattolico discutere serenamente di IRC e di insegnamento delle religioni?
di Brunetto Salvarani

in settimana n. 44 del 6 dicembre 2009 Cari amici di Settimana, non si pu che applaudire alla recente scelta della chiesa cattolica italiana, che nel programma per i prossimi dieci anni (2010-2020) ha deciso di investire strategicamente sulla sfida educativa. Parlando apertamente, sulla scorta di unintuizione del papa Benedetto XVI, di emergenza educativa . Nel Consiglio permanente della Cei dello scorso settembre, i vescovi hanno riferito il proposito di esplicitare le linee pastorali al riguardo in un documento che abbia la capacit di trafiggere i cuori . La malattia mortale che rende tanto difficile il rapporto educativo infatti lincapacit di rapportarsi con il reale, avendo smarrito il senso delloggettivit. Alla luce di tale opzione, che personalmente mi auguro trovi le chiese locali disponibili a scommettere in questa direzione, non credo possa lasciare indifferente il mondo cattolico la discussione pubblica accesasi, nelle scorse settimane, sullipotesi di ora di islam nelle scuole italiane, che ha visto il consenso di personalit di diverso orientamento politico e culturale quali fra gli altri - Gianfranco Fini, Massimo DAlema e il cardinal R enato Martino (ma anche molti uomini e donne di scuola, sensibili allurgenza di una risposta alta alla questione del pluralismo religioso in aumento nelle nostre agenzie educative). Una discussione che, comunque la si valuti, non andrebbe lasciata cadere. Da parte mia (sono per formazione docente di lettere nei licei), ritengo che, per evitare di essere inserita in un quadro di multiculturalismo separatista - con relativo rischio di balcanizzazione delle diverse ore delle singole religioni -, una proposta del genere debba trovare la sua collocazione allinterno di una scelta pi ampia, interculturale e dialogica che metta in comunicazione le religioni tra di loro (pena il rischio di trovarsi di fronte, in un prossimo futuro, allora di islam, quella di buddhismo, e cos via). Mi pare che solo una scuola che favorisca e promuova il dialogo interreligioso e interculturale pu contribuire a rafforzare il fondamento della civilt e della convivenza sociale. Con ragione Amos Luzzatto, leader storico delle comunit ebraiche, nel dibattito apertosi, ha affermato che ogni bambino ha il diritto di leggere il Libro sacro degli altri bambini, poich fino a quando i cattolici leggeranno solo il vangelo, gli ebrei solo la Tor e i musulmani solo il Corano sar impossibile realizzare una vera integrazione a scuola e nella societ. Mentre il cardinal Martini, da tempo, va sostenendo che il pluralismo religioso una sfida per tutte le religioni; e che, se non si vuole giungere a nuovi scontri, occorre promuovere con forza un serio e corretto dialogo interreligioso. La presenza crescente delle seconde generazioni (i G2) nelle aule italiane mostra del resto chiaramente, con levidenza dei numeri in progress , che il cosiddetto mosaico delle fedi richiede unanalisi della situazione dellinsegnamento religioso a scuola a pi alto livello di una semplice contrapposizione ideologica. E dunque, leducazione interculturale non pu non fare i conti con le religioni: la considerazione del pedagogista Andrea Canevaro pu essere lo slogan per avviare una riflessione su quanto lambito religioso e interreligioso costituisca oggi un terreno privilegiato, complesso ma ineludibile, per il mondo della scuola, delleducazione e della formazione. A partire proprio da quel plurale, le religioni, che rappresenta lo scenario con cui necessario confrontarsi per quanti intendano cogliere gli attuali segni dei tempi . Materia incandescente e delicatissima, ovvio, soprattutto in stagioni, quali la nostra, di identitarismi e di sordit reciproche, molto pi che di dialogo e di accoglienza. Proprio per questo, peraltro, lambito scolastico sarebbe chiamato a un supplemento di responsabilit, pena il divenire lo spazio principe per strumentalizzazioni e banalizzazioni varie.

Linatteso pluralismo che ci sta attraversando , in effetti, destinato a porre a dura prova la tradizionale ignoranza italica in campo religioso, invitando luniverso della scuola a un impegno pi serio e approfondito. Sar impossibile continuare a considerare il fatto religioso come elemento puramente individualistico o folkloristico, privo dinflussi culturali, economici e sociali. Come ogni

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puramente individualistico o folkloristico, privo dinflussi culturali, economici e sociali. Come ogni novit, tale panorama potr provocare paure e chiusure intellettuali, e lo sta facendo, ma altres stimolare a una feconda stagione di riflessioni innovative, se sar vissuta con la dovuta laicit (poich la laicit aperta il presupposto di ogni sano pluralismo). E possibile assumere, come cornice per un dibattito sempre pi indispensabile, quanto sostiene lOsservatorio nazionale per lintegrazione degli alunni stranieri e leducazione interculturale, nato presso il Ministero della Pubblica Istruzione dal 2006. Che, due anni fa (ottobre 2007), ha messo a punto un documento dal titolo emblematico, La via italiana alla scuola interculturale , teso a mostrare come adottare prospettiva interculturale e promozione del dialogo nella scuola significa non limitarsi solo ad organizzare strategie di integrazione degli alunni immigrati o misure compensatorie di carattere speciale, bens assumere la diversit come paradigma dellidentit stessa della scuola, occasione privilegiata di apertura a tutte le differenze. Fra laltro, esso segnala la necessit di superare le proposte marcatamente identitarie ed eurocentriche nel campo dellinsegnamento della storia, concettualizzando il nesso storia-cittadinanza; di considerare la geografia unoccasione quanto mai privilegiata per la formazione di una coscienza mondialistica; o lopportunit di allargare lo sguardo degli alunni stessi in chiave multireligiosa, consapevoli del pluralismo religioso che caratterizza le nostre societ e le nostre istituzioni educative e della rilevanza della dimensione religiosa in ambito interculturale (corsivo mio). Si tratta, direi, di un buon punto di partenza che convocherebbe, da una parte, lattuale IRC a fare un ulteriore salto di qualit in questa direzione (so bene, incontrando di frequente i docenti di IRC, come siano diffusi fra loro molta buona volont e grande professionalit, ma anche un certo disagio, soprattutto alla luce della possibilit di avvalersi o meno di tale insegnamento, che lo rende in qualche modo dimezzato); e dallaltra, i diversi attori che hanno a cuore la conoscenza delle religioni come valore ineludibile in una societ in cui, piaccia o no, le religioni sono tornate al cuore del dibattito pubblico (si veda il recente bel libro di un laico doccome Giancarlo Bosetti sul Fallimento dei laici furiosi , che auspica apertamente la nascita di un ora delle religioni ), a impegnarsi in sperimentazioni e progetti che coinvolgano lintero corpusdegli alunni di ogni ordine e grado a studiare il fenomeno religioso e i suoi riflessi sulle nostre vite e societ. Sar possibile discuterne, a mente serena, allinterno del mondo cattolico? E farlo senza chiusure preconcette, ma prendendo le mosse (anche) dal dato oggettivoe realisticodi unignoranza crescente sia della Bibbia sia delle religioni, nel nostro Paese, come dimostrano le numerose inchieste al riguardo? A titolo di esempio, sono convinto, da molti anni, della necessit di prevedere, per il curriculum scolastico e laggiornamento formativo dei docenti (tutti!), lo studio della Bibbia quale grande codicedella cultura occidentale; e punto di riferimento essenziale - nelle sue diverse interpretazioni - per cogliere le vicende della letteratura, dell'arte, della musica, delle scienze, e cos via. Come si pu immaginare che i cittadini di domani possano vivere assieme gestendo nonviolentemente i conflitti se, in pratica, si fa di tutto perch rimangano analfabeti dal punto di vista religioso? Credo che Settimana, con la sua storia e la sua apertura, potrebbe offrire in tal senso uno spazio prezioso di confronto sul tema, che ho qui appena tratteggiato. Con vivi ringraziamenti per lospitalit.

Brunetto Salvarani PS Una curiosit, per chiudere sorridendo (pur se amaramente). Proprio stasera, in uno dei classici quiz televisivi pre-TG, una ragazza allapparenza acculturata si trovata di fronte alla domanda: Cosa conteneva lArca dellAlleanza?e a quattro ipotesi di risposta ( la Bibbia; il corpo di Mos; il

sacro Graal; o le Tavole della Legge). Dopo un gran pensamento, la sventurata rispose, in perfetto stile New Age: il sacro Graal.

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Un ritorno al Medioevo e alla lotta per le investiture


di Giancarlo Zizola in la Repubblica del 7 dicembre 2009 Nella tradizione ambrosiana, il paradigma dei rapporti tra Chiesa e politica costituito dall'esempio del fondatore, l'ex prefetto di Milano Ambrogio acclamato vescovo dal popolo. Egli rifiuta l'omaggio dell'imperatore Teodosio, reduce dalla strage di Tessalonica, e lo respinge dalla Chiesa per le sue mani lorde di sangue. Nella visione di Ambrogio, il rifiuto del compromesso con il potere laico trovava la sua giustificazione nella inaccettabile lesione dei diritti umani fosse pure perpetrata su "nemici della vera fede". La prova di forza della Lega con il cardinale Tettamanzi, in quanto successore legittimo nella cattedra di Milano, sembra porsi come un'inversione del modello ambrosiano. Per come stata presentata questa rivolta del potere civile contro una carica ecclesiastica fa regredire la scienza politica moderna alla lotta per le investiture dell'anno Mille. Allora papa Gregorio VII aveva fronteggiato con intransigenza e lucidit la pretesa dell'investitura laica, cio aveva rifiutato l'intervento dell'imperatore nella decisione sulla nomina dei vescovi. La modernit ha portato alla Chiesa il beneficio della laicit, grazie alla quale lo Stato si dichiarato incompetente in materia religiosa, cos offrendo un terreno d'incontro al mondo cristiano sul terreno della libert religiosa. L'incidente va oltre una presunta lesa maest. Il potere politico straripa dalla sua sfera costituzionale, si fa invasivo dell'autonomia garantita alla Chiesa dalla Carta, inquina quell'approdo storico dei percorsi della laicit e della libert religiosa, un approdo rappresentato da una nuova concezione dello Stato, dei suoi compiti e dei suoi limiti. E rischia di dare forma ad un'ideologia totalizzante alternativa, l'ibrida incarnazione di un clericalismo rovesciato in nome del quale il poter e politico contesta il diritto-dovere della Chiesa di pronunciarsi sulle questioni etiche che toccano la dignit della persona e reclama allo stesso Papa l'esilio per i vescovi che osano schierarsi a difesa dei pi deboli. Era gi accaduto con l'abate Aureli Escarr di Montserrat, costretto a prender e le vie dell'esilio sotto il franchismo. La C hiesa, dal Papa all'ultimo dei preti, non pu regredire rispetto alla posizione raggiunta dalla costituzione "Gaudium et Spes" del Concilio, laddove afferma che " suo diritto, sempre e dovunque, predicare con vera libert la fede, insegnare la sua dottrina sociale, esercitare senza ostacoli la sua missione tra gli uomini e dare il suo giudizio morale anche su cose riguardanti l'ordine politico quando ci sia richiesto dai diritti fondamentali della persona o dalla salvezza delle anime". Il paradosso di questa vicenda che la critica a un cardinale, che si vorrebbe separar e da un

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anime". Il paradosso di questa vicenda che la critica a un cardinale, che si vorrebbe separar e da un Papa che ha fir mato l'enciclica "Caritas in veritate", interviene in un'ora in cui i rapporti fra Chiesa e poter e politico in Italia sembravano aver recuperato un certo grado di apparente normalit. Il cardinale Bertone, segretario di Stato, aveva infatti auspicato pochi giorni or sono che la politica imboccasse la via del "patriottismo costituzionale" affrontando la discussione sui temi di carattere etico, come quelli iscritti nella prossima agenda parlamentare. Il metodo suggerito era mutuato dalla Costituente, "la via di uno stile di convivenza sociale fondato sul rispetto dei valori autentici, da realizzare attraverso un costruttivo e pacifico confronto"

Quegli slogan senza verit e senza misericordia


in Avvenire dell'8 dicembre 2009 C i sono polemiche che fanno rumore, ma portano vergogna e imbarazzo solo su chi le scatena, non cer to su chi le subisce. il caso di quella sguaiata scatenata nei confronti dellarcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, da un articolo della 'Padania', giornale leghista, e da unintervista del ministro Roberto Calderoli. Nel mirino, stavolta, stata addirittura messa la chiamata alla solidariet e alla sobriet che il cardinal Tettamanzi ha posto nel cuore del suo 'Discorso alla citt' in occasione della festa del patrono santAmbrogio. E si arrivati a sostenere che larcivescovo di Milano si occuperebbe 'politicamente' solo di rom e di musulmani e non avrebbe mai difeso il crocifisso. Slogan indegni, senza misericordia e senza verit. Che mistificano il magistero di un vescovo ancorato, come lo stesso Tettamanzi ci ha ricordato ieri, alla serena fedelt al Vangelo. Parole gravi e vuote, che hanno suscitato il calore del popolo attorno al proprio pastore e la preoccupata e trasversale reazione di tanti rappresentanti delle istituzioni e dei diversi partiti. Questo conta. Questo dice continua a dire di Milano e dellItalia molto pi di qualunque parola scomposta e vana.

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Le anime di Milano
di Michele Brambilla in La Stampa dell'8 dicembre 2009 Larcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, ormai diventato un caso. Ben prima che La Padania, come ha fatto laltro ieri, ponesse retoricamente una domanda (Cardinale o imam?) la cui risposta veniva data per scontata. E ben prima dellattacco sferrato da Calderoli, che su La Repubblica ha detto che Tettamanzi sta a Milano come un sacerdote mafioso sta alla Sicilia. Parole durissime, che sono solo leco di una polemica avviata da tempo dalla Lega, la quale accusa lar civescovo di Milano di essere sdraiato, in tema di immigrazione, su posizioni politically correct. Ma anche una parte non insignificante del mondo cattolico mostra diffidenza verso Tettamanzi, sospettato di essere troppo di sinistra; e pi di una volta accusato di parlare pi di politica che di Ges Cristo. Quanto c di vero in questa diceria? Preliminarmente andrebbe precisato che quando si parla di Chiesa le categorie destra e sinistra sono sempre fuori luogo. Il Vangelo sfugge totalmente a questi schemi. Ma, anche tenendo conto che ciascun sacerdote o vescovo declina poi il messaggio cristiano secondo una propria sensibilit, utile andare a verificare su che cosa siano fondate certe convinzioni. Stiamo agli ultimi fatti. Lattacco de La Padania e di Calderoli parte dal tradizionale Discorso alla citt che Tettamanzi ha pronunciato il 4 dicembre. Leggiamo su una cronaca che lar civescovo ha bacchettato la giunta Moratti e le istituzioni sui temi della moralit e dellaccoglienza. Il solito attacco al centrodestra, dunque. Da qui il plauso della sinistra e la reazione durissima della Lega. Ma vero che Tettamanzi ha bacchettato la giunta Moratti? Chi legge il testo integrale del discorso non trova nulla di tutto questo. C s lesortazione a essere pi solidali. Ma rivolta a tutta la citt, Chiesa compresa: richiesto un grande investimento educativo da parte di tutti: istituzioni, societ civile, comunit cristiana. Secondo esempio. Calderoli si chiede: Perch Tettamanzi non mai intervenuto in difesa del crocifisso? Perch parla solo dei rom?. Domande che si fissano nellopinione comune di tutti, destra e sinistra, generando un giudizio di riprovazione o di approvazione. Ma hanno un senso? Tettamanzi ha parlato in difesa della presenza dei crocifissi tre volte: il 3 novembre, unora dopo la sentenza europea, dettando una dichiarazione alle agenzie; il 7 novembre con un intervento su Avvenire; e infine proprio nel contestato Discorso alla citt, e proprio nelle conclusioni: Conserviamo la presenza del crocifisso, simbolo cr istiano ma anche simbolo profondamente umano. E ancora: vero che Tettamanzi parla pi di politica che di Ges Cristo? Lomelia pronunciata ier i, festa del patrono di Milano SantAmbrogio, comincia proprio con linvito di guardare a Cristo ed tutta una riflessione sul Vangelo; quanto al Discorso alla citt, che pure da sempre un discorso civile, si conclude con il paragrafo intitolato Guardiamo a Cristo. vero insomma che un vescovo di sinistra? Se vale questa schematizzazione, non si comprenderebbe come nel pur breve Discorso alla citt ci sono sette citazioni di papa Ratzinger, che consider ato di destra. Che cosa insegna dunque il caso Tettamanzi? Da una parte, che troppe polemiche sono fondate su leggende metropolitane. In questo, anche noi giornalisti abbiamo le nostre responsabilit, visto che spesso ci limitiamo a estrapolare, di un episodio o di un fatto, quel dettaglio che fa pi titolo. Ma dallaltra parte dimostra una tendenza a semplificare, anzi a distorcere la realt in modo da farla rientrare nello schema che pi ci fa comodo. Per stare al caso Tettamanzi, vero che la Lega attacca strumentalmente; ma anche vero, come ha ricordato ieri Formigoni, che c pure chi strumentalmente difende, visto che la libert di espressione rivendicata per la Chiesa quando parla di immigr azione non altrettanto rivendicata quando la stessa Chiesa parla, ad esempio, di aborto, eutanasia e famiglia. Il caso Tettamanzi dunque emblematico di un Paese che vorrebbe dividere tutti i suoi cittadini in opposte curve di ultr; di un Paese che si vorrebbe spaccato in due parti impossibilitate a

dialogare fra loro. La realt invece molto pi complessa. E proprio ieri il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, rievocando la strage di piazza Fontana, ha messo in guardia dalle esasperazioni polemiche che possono avvelenare la vita politica: Una lezione che non dobbiamo mai dimenticare, ci insegna che dobbiamo evitare che in Italia i contrasti e le legittime divergenze possano sfociare in tensioni tali da minacciare la vita civile.

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possano sfociare in tensioni tali da minacciare la vita civile. E sempr e ier i, a Milano, sono stati assegnati i tradizionali Ambrogini doro, le civiche benemerenze. Se si scorrono i nomi dei premiati, si vede - ad esempio - che c Belpietro ma c anche, alla memoria, Camilla Cederna; che ci sono i vigili che danno la caccia ai clandestini ma anche il responsabile di una comunit islamica; banalizzando, ci sono perfino un milanista, Maldini, e un interista, Bergomi. Si potr osservare che anche per gli Ambrogini vince il manuale Cencelli. Pu darsi. Ma chi volesse guardare il fenomeno con occhi pi profondi scoprirebbe soprattutto che la citt di Milano ha semplicemente preso atto delle sue tante anime diverse. E sono anime che non di rado convivono nella stessa persona. Anime che, nella vita concreta di tutti i giorni, collaborano fra loro molto pi di quanto vogliano far credere coloro che hanno interesse a dare a tutti etichette tranchant, e a dipingere lItalia come un Paese spaccato da un crepaccio invalicabile.

Quattro vescovi al consiglio comunale di Cassino: inquietante il no preventivo allaccoglienza dei rom
di Augusto Cinelli in Avvenire dell'8 dicembre 2009 Sconcer to nei confronti di una presa di posizione che contraddice lanimo profondo dei nostri concittadini e che confligge fortemente con quello che dovrebbe essere il modo di rapportarsi con il diverso di una societ dalle forti radici cristiane. quanto esprimono in un comunicato congiunto i vescovi delle quattro diocesi della provincia di Frosinone nei riguardi di un ordine del giorno approvato allunanimit dal Consiglio comunale di Cassino, in cui si dichiara la totale contrariet ad ogni progetto di integrazione di cittadini di etnia rom provenienti da campi insediati altrove ed in via di smantellamento. A fir mare la nota sono lAbate Ordinario di Montecassino Pietro Vittorelli e i vescovi di Anagni-Alatr i Lorenzo Loppa, di Frosinone- VeroliFerentino Ambrogio Spreafico e di Sora- Aquino- Pontecorvo Filippo Iannone. I quattro presuli definiscono inquietante il no dellassise civica allipotesi di insediamento rom a Cassino e nel Cassinate, perch motivato da una decisione preliminare, espressa nel dubbio di una notizia e non sulla base di delibere o proposte di organi istituzionali. Riguardo poi alle forti tensioni sociali che, secondo il Consiglio comunale, seguirebbero alleventualit di insediamenti

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tensioni sociali che, secondo il Consiglio comunale, seguirebbero alleventualit di insediamenti rom, i vescovi par lano di cosa tutta da dimostrare , ribadendo che la capacit di accoglienza e di solidar iet sono cartina di tornasole di una comunit cristiana ma anche semplicemente civile, in particolare quando questa cresciuta alla scuola di San Benedetto da Norcia che gi nel VI secolo prevedeva laccoglienza di romani e barbari nella comunit . Richiamando le parole di Benedetto XVI nella Caritas in veritate (il migrante una persona umana con diritti fondamentali inalienabili da rispettare sempre a da tutti) e nel Messaggio per la Giornata del Migrante e del Rifugiato, i vescovi invitano lassise civica e la Consulta dei sindaci del Lazio meridionale a ripensar e responsabilmente lintera questione, perch non lesclusione che migliora una societ ma lintegrazione, accettando linevitabile odierna sfida della multietnicit.

Perch si pu criticare Tettamanzi senza malizia


di Giuliano Ferrara in il foglio dell'8 dicembre 2009 Am brogio imparagonabile si sa, non per niente santo e dottore della chiesa. Ma una questione , ambrosiana esiste, e pesa nel mondo cattolico come un segno di contraddizione, un segno che avr anche i suoi signif icati positivi, non c da dubitarne, ma non manca di lati negativi, fiacchi, ipocr iti, insipidi, tiepidi. Se fosse possibile criticare la curia milanese e i suoi recenti titolari, senza malizia e senza vedersi attribuire malanimo, ragioneremmo cos. Partendo, per esempio, dal fatto storico che Ambrogio era un santo statista, un facitore di civilt e rito e territorialit felice, come i suoi successori della Riforma cattolica cinquecentesca, e cos occupava con estrema autorevolezza uno spazio pubblico di cui la chiesa, divenuta religione di stato nella sua era, non aveva paura. Quella bella m a fragile persona che Dionigi Tettam anziinvece, in una con testimoni , altrettanto autorevoli, per esempio il cardinal Martini, per esempio il priore di Bose Enzo Bianchi, dello spazio pubblico della religione diffida. Non importa che gli ultimi due papi si siano consacrati anima e corpo alla riaffermazione della libert di culto e di pensiero e di prassi cristiana; a Milano la fede autorizzata dal clero (e da Massimo Cacciari) si spiritualizza ogni anno di pi, la materialit anche civile della presenza religiosa, cos corposamente e sapidamente evocata nelle splendide memorie del cardinale Giacomo Biffi, uno straordinario parroco lombardo e un grandissimo italiano, si dissolve in prediche solidaristiche, sociologiche, pauperistiche, povere di visibilit cristiana e ricche di suggestioni tipiche dellestablishment politico cattolico-democratico, ma senza pi il genio religioso e politico dei Lazzati. Cos Tettam anzi e resta quello del convegno di Veronache cita contro Ruini e Benedetto XVI , Ignazio dAntiochia per affermare il bello di un cristianesimo che preferibilmente ha pudore nel dire s stesso, e infatti il sagrato del Duomo di Milano ospite solitario e muto delle bottiglie dacqua per Eluana Englaro, ma tribuna possente e recettiva per le preghiere islamiche di protesta religiosa e politica. Bianchi addirittura vuole tenere il Crocefisso nel cassetto, perch appeso a un muro gli sembra unarma brandita dai finti devoti che vogliono disfare Cristo e agitarlo come clava nel nome di una religione civile. Lideologia liberale ambrosiana avrebbe radici serie e profonde, specie nel grande apostolato moderno di un Montini, poi Paolo VI, che fece della contraddizione e della complessit, da arcivescovo della citt e poi da Papa, una ricchezza teologica ed umana da coltivare di fronte alla grande deriva della seconda met del secolo scorso. Ma anche lui, come Ambrogio,

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di fronte alla grande deriva della seconda met del secolo scorso. Ma anche lui, come Ambrogio, sebbene nel pieno della secolarizzazione e della rottura dellantico patto costantiniano della cristianit, agiva, diceva e significava qualcosa, non si limitava a ostentare il pudore di una cultura sociale spesso debole, banale.

La Lega tenta di usare il Papa per legittimare il suo attacco


di Massimo Franco in Corriere della Sera dell'8 dicembre 2009 La novit nellattacco al cardinale Dionigi Tettamanzi, che stavolta la Lega giustifica le accuse allarcivescovo di Milano tentando di farsi scudo con il Papa. Per anni, il partito di Umberto Bossi aveva contrapposto la Chiesa di Roma a quella padana; e sottolineato la sfasatura fra il centralismo vaticano ed un popolo cattolico in sintonia con il Carroccio. Adesso, la polemica contro il maggior esponente della gerarchia ecclesiastica lombarda. E il ministro leghista Roberto Calderoli si difende dalle reazioni suscitate dalle sue parole insultanti, evocando Benedetto XVI. Solo il Papa non sbaglia , dice. Per fortuna nella Chiesa non esiste un pensiero unico. La rozzezza delloffensiva vistosa, quando il quotidiano del partito, La Padania,definisce il presule un laico sempre pi lontano dai fedeli. Il messaggio, per, aspira ad essere pi sottile. La Lega non si limita ad appellarsi ai sentimenti della base cattolica: lascia capire che sarebbero simili alle idee del pontefice. Il tentativo quello, un po azzardato, di mostrare fuori linea Tettamanzi. La negazione del pensiero unico serve ad evocare una filiera interna alle gerarchie vaticane, in disaccordo con larcivescovo di Milano. In pi, il partito di Umberto Bossi sceglie un bersaglio che imbarazza il Pdl, suo alleato e insieme concorrente alle prossime Regionali, in programma nella primavera del 2010. E infatti il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, si smarca dalle critiche a Tettamanzi. Afferma di non condividerle, sebbene aggiunga che quelle del centrosinistra ai cattolici del Pdl gli appaiono strumentali. Che non si tratti di unuscita estemporanea ma di un nuovo capitolo della strategia cattolica del Carroccio evidente. Per il modo in cui avviene, fa sospettare che sia una delle conseguenze non volute degli incontri del settembre scorso fra i vertici leghisti ed il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, e il segretario di Stato, Tarcisio Bertone. La Padaniasta martellando da settimane sullidentit cristiana del partito. Difende i temi cari alla Santa Sede a livello parlamentare, come il testamento biologico. Si schiera con la Svizzera che ha votato contro i minareti, ricevendo una replica dura da parte di Osservatore Romanoe Avvenire ,quotidiano della Cei, attenti a non avallare una battaglia che sconfina nella xenofoba. Lattacco a Tettamanzi ufficializza loffensiva contro un clericale di sinistra, nelle parole del viceministro Roberto Castelli: un punto di resistenza culturale allagenda di Bossi. Vuole dimostrare che lelettorato con la Lega, e non con un vescovo paragonato senza mezzi termini ad un imam islamico. Rivendica il diritto a criticare una Chiesa accusata di parlare di politica , esulando dai propri compiti tradizionali. Il coro a difesa di Tettamanzi possente fino alleccesso: dal presidente della Camera, Gianfranco Fini, a quello dellAntimafia, Giuseppe Pisanu, e del Pd, Rosy Bindi, a Pier Ferdinando Casini dellUdc, ad esponenti del Pdl. Ci sono anche Idv e Pdci. Ma questo non cambier latteggiamento di B ossi. Insistendo sulla difesa dellidentit, la Lega parla allelettorato, senza preoccuparsi delle reazioni. In fondo, dal 1994 a oggi il Carroccio si affermato non grazie ma nonostante latteggiamento dei vescovi e del Vaticano. Ha preso voti in proprio. E ultimamente ha cercato di accreditarsi sfruttando le incompr ensioni con la Cei seguite alla svolta laica di Fini; e le difficolt fra Silvio Berlusconi ed i vescovi dopo laggressione della stampa berlusconiana al direttore di Avvenire ,Dino Boffo. La mar cia di avvicinamento avvenuta in modo strumentale, senza rinunciare alle sue battaglie simboliche: a cominciare dallostilit verso immigrati ed islamismo. Si tratta di due temi sui quali la convergenza con il mondo cattolico si riveler molto difficile.

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Croce e cassoeula
di Massimo Gram ellini in La Stampa dell'8 dicembre 2009 Perch il cardinale, anzi limam Tettamanzi non difende il crocifisso ma i rom?, si interroga dal suo autor evole pulpito il Calderoli. Tiro a indovinare: forse perch lo sgombero di un campo alle porte di Milano ha lasciato alladdiaccio, sotto le stelle fredde di dicembre, decine di bambini che frequentavano regolar mente le scuole cittadine, unica soluzione per inserire sul serio il famigerato straniero nella nostra societ? Forse perch difendere lumanit inerme, comunque si chiami e qualunque sia il suo colore, equivale a difendere il crocifisso nella sostanza e non solo nella forma? A differenza del noto teologo leghista, e del suo collega di partito che durante una discussione pubblica, a Genova, ha difeso le ragioni del catechismo a suon di bestemmie, non sono un esperto del ramo. Per suppongo che se il titolare della ditta scendesse dal crocifisso per fare due passi in Lombardia, andrebbe pi daccordo con Tettamanzi che con Calderoli. Non fossaltro perch il primo cerca di riempire i simboli di contenuti - per esempio il rispetto, per esempio lamore - mentre il secondo tratta il cr istianesimo come il risotto allo zafferano o la cassoeula: elementi di identit sganciati da qualsiasi significato che non sia un tributo doveroso alla tradizione e in qualche caso alla nostalgia. Molti poveri cristi italiani pensano che, senza stranieri, ci sarebbero case e mestieri migliori per loro. E molti altri, che poveri cristi non sono, ritengono che lunico modo di sopravvivere allinvasione consista nellacquattarsi sopra le proprie radici. Forse merita di essere ascoltato anche chi, come Tettamanzi, quelle radici non si limita a proteggerle, ma cerca di protenderle verso lalto. Immaginando una Milano che, oltre che nella croce, nella Madonnina e nella cassoeula, si identifica nella capacit di dare un tetto e unistruzione a tutti i bambini.

L'ideologia eretica dei leghisti


di Benedetto Ippolito

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in il Riformista dell'8 dicembre 2009 Tra la Lega nord e la Chiesa cattolica siamo ormai ai ferri corti. Daltr a parte, che non vi fosse sintonia era cosa nota da tempo. Adesso per ci troviamo davanti a unescalation. Come dicevano gli empir isti inglesi, quando un fatto si ripete pi di una volta diviene una regola. E qui la regola che la Lega vorrebbe un Cristianesimo senza lautorit della Chiesa. Lultimo anatema politico ha riguardato Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano e guida morale del popolo settentrionale. Ad essere insopportabile per i Lumbard la mentalit con cui il prelato giudica la societ. Daltronde, la tradizione che il cardinale Tettamanzi ha dietro le spalle quella di un cattolicesimo illuminato, che dal cardinale Schuster a Montini non ha mai fatto sconti a nessuno. Ad irritare il Carroccio stato il Discorso alla citt tenuto da Tettamanzi qualche giorno fa, in cui egli ha giudicato duramente gli amministratori meneghini per la poca sensibilit ai temi dellaccoglienza e dellinterculturalit. Un ragionamento, al contrario, di grande buon senso. In passato vivere a Milano non era facile per i meridionali; oggi lo ancor meno per gli extr acomunitari. Chi ha vissuto in Lombardia sa che la gente molto generosa e disponibile, anche se non sempre di primo acchito e spontaneamente aperta alla diversit. Perci il richiamo del Vescovo stato opportuno, perch conforme alle esigenze pastorali del momento e in linea con quanto santAmbrogio gi diceva ai milanesi alla fine del IV secolo. La Padania, organo politico della Lega, rivolgendosi direttamente alla persona di Tettamanzi, si domandata se dietro questa sorta di solidarismo ambrosiano non vi sia un disinteresse per i cittadini. Il pi violento, e ci sia permesso dirlo, anche il pi grossolano, stato Roberto Calderoli, che ha definito la distanza del Vescovo dalla Lombardia simile a quello di un mafioso dalla Sicilia. E tutta la curia milanese stata liquidata semplicemente come una propaggine cattocomunista. Sulla stessa linea donda si mosso pure Umberto Bossi. Con la sua consueta concisione, il leader leghista ha spiegato che la gente del Nord d peso alla tradizione cristiana, e si sente sicura solo quando la tradizione rispettata. Ci incompatibile con le aperture di Tettamanzi allIslam, tanto che lecito domandarsi se egli sia ancora un Vescovo oppure un Imam. Sebbene tra i collaboratori del cardinale le pesanti parole abbiano creato nervosismo, Tettamanzi si detto lo stesso sereno, perch guidato da quella bussola infallibile che il Vangelo. Ci sarebbero molti modi per commentare moderatamente cosa vi sia daberrante in questultima invettiva leghista. Ma, daltronde, perch essere diplomatici? La cristianit cattolica, come diceva Etienne Gilson, la trasformazione della fede di un popolo, quello ebraico, nella religione di tutti gli esseri umani. Non vi scusa pertanto verso chi, tronfio della propria ignoranza, confonde la tradizione cattolica con un delirio razzista e pseudo ariano. Se un Vescovo trasformasse se stesso in un capo popolo locale, preoccupato della conservazione della identit omogenea dei suoi cittadini, smetterebbe immediatamente di essere cattolico, divenendo automaticamente un pastore protestante degno solo di essere deposto. questo che vuole la Lega? Veramente Bossi e Calderoli pensano che la lunga tradizione aristocratica e cosmopolita lombarda possa lasciarsi trasformare in una conventicola di esaltati o in un leghismo religioso? Non detto, infatti, che ritenere gli ideali cristiani validi sia garanzia di una solida cattolicit. Anzi, vale piuttosto il contrario. Fin dalle origini, vi furono molte chiese cristiane, mentre una sola era cattolica. Le altre erano eretiche perch non universali e animate da un senso dappartenenza simile a quello leghista. A render e cattolica la Chiesa di Roma stata la fedelt al Papa e lidea di una cristianit istituzionale non esaurita culturalmente da una sola nazione o da una sola tradizione locale. Con queste critiche a Tettamanzi, la Lega ha dimostrato cos di essere non solo ispirata da unideologia eretica e protestante, ma dessere il perfetto alleato di Berlusconi. Questi sostiene da

tempo una democrazia populista senza pi istituzioni di controllo e loro adesso una cristianit tradizionalista senza pi alcuna garanzia di cattolicit. In ogni caso, ununica via sicura al disastro italiano.

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La corona longobarda
di Gad Lerner in la Repubblica dell'8 dicembre 2009 Se nel giorno di SantAmbrogio, vescovo e patrono di Milano, la Lega ha lanciato una sfida pubblica contro il suo successore Dionigi Tettamanzi, paragonandolo prima a un imam musulmano e poi a un prete siciliano mafioso, perch si sente forte, molto forte. La volgarit degli argomenti scagliati contro lOnorevole Tettamanzi, delegittimato cos nel suo ruolo pastorale, additato come un nemico degli interessi del popolo, non deve trarre in inganno: c del metodo nella provocazione architettata nel d festivo. Quasi una contro-predica rivolta al gregge della diocesi pi grande del mondo, puntando dal trono del governo alla conquista dellaltare in Duomo. La Lega vuole la corona longobarda, che sia cristiana o pagana non le importa. Si erge a potere costituito che ripr istina la tradizione perduta. Sente venuto il suo momento e punta al bersaglio grosso. Perci esercita violenza verbale, scagliandosi contro il cardinale: deve dimostrarci che nulla la potr fer mare, non ha paura di nessuno. Perfino il Vangelo pu subire uninterpretazione alternativa, dal "Bianco Natale" razzista fino ai bambini rom da ricacciare in mezzo alla strada, ora che la nuova teologia in camicia verde simpone come energia scaturita dalla volont popolare. Di fronte al sopruso, a una calcolata volont intimidatoria, larcivescovo Tettamanzi ha profetizzato ier i il pericolo dei lupi. Leresia dei forti disposti a tutto, perfino a uccidere e esiliare i pastori delle chiese, ha detto, citando Ambrogio. Egli sa bene di trovarsi di fronte una forza politica candidata alla successione del potere berlusconiano nel Nord Italia. Uneventualit sempre pi probabile da quando la Lega pu scommettere su un argomento storico e su un argomento contingente che, entr ambi, la favoriscono. Largomento storico il riemergere di uno spirito reazionario, pre-illuministico, anti-risorgimentale, nostalgico della cristianit lombarda della Controriforma nelle nostre contrade settentrionali. questo spirito dei tempi che incoraggia tradizionalismo leghista a proclamarsi erede perfino di San Carlo Borromeo, il missionar io della "conquista delle anime", in contrapposizione ai vescovi contemporanei. Bossi scommette su un cattolicesimo pi antico e chiuso di quello conciliare. Sui legami del sangue e del suolo opposti alla Chiesa universale. Si compiace di come le parole d ordine xenofobe assecondino e liberino una spinta oscurantista. Ambisce a rappresentare il passato che ritorna e simpossessa della modernit, come portavoce non pi solo degli interessi ma delle coscienze stesse: perch vergognarsi di desiderar e il bene per s, non per tutti? Laltro argomento, di natura contingente, che favorisce la Lega nella sfida al cardinale di Milano,

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Laltro argomento, di natura contingente, che favorisce la Lega nella sfida al cardinale di Milano, la totale remissivit della destra cattolica da decenni al governo in Lombardia. Comunione e Liberazione, la Compagnia delle Opere, il sottobosco del potere di Roberto Formigoni, non hanno mai ritenuto conveniente erigere un argine che li differenziasse dalla politica e dai valori propagandati dalla Lega. Si sono contraddistinti ben pi negli affari che nella solidariet. Oggi, cer to, vivono con estremo disagio, quasi come un tradimento inaspettato, gli insulti della "Padania" e del ministro Calderoli al vertice della chiesa ambrosiana. Ma fino a ieri prevaleva in loro la malcelata insofferenza nei confronti di pastori spiritualmente lontani dallintegralismo e dalla spregiudicatezza che li caratterizzano. Questa destra cattolica lombarda gi sopportava con fatica il cardinale Carlo Maria Martini, predecessore di Dionigi Tettamanzi. For migoni e i suoi seguaci, preoccupati di consolidare la loro influenza nella sanit, nell urbanistica, nel business delle bonifiche, in Fiera e ovunque possibile, hanno lasciato che anche il loro elettorato diventasse arrabbiato, sospettoso, reazionario. Oggi un cittadino di destra lombardo, ma anche veneto o piemontese, non sta certo a fare distinzioni culturali. Per lui sar indifferente votar e un presidente della Lega o del Pdl: sul piano ideale non sono pi ravvisabili diversit significative. La Lega e il Pdl hanno condotto insieme campagne elettorali contro "la societ multietnica". Parola di Silvio Berlusconi al comizio conclusivo di Milano, nel giugno scorso, quando aggiunse il

lamento: Camminavo nel centro di Milano e mi pareva di trovarmi in Africa. Umberto Bossi, l al suo fianco, applaudiva. Poi con linverno a Milano tornata la stagione degli sgomberi dei campi rom. Inutili, propagandistici, spesso crudeli nelle conseguenze su poche centinaia di persone di cui erano in corso faticosi tentativi di integrazione. La C hiesa milanese non poteva accettare questo stravolgimento dello spirito evangelico, perpetrato oltr etutto dagli stessi che inneggiano alla Tradizione e alla Croce. Larcivescovo ha denunciato la blasfemia. Lo aspettavano al varco. Accusarlo di essere un musulmano o un mafioso, nellaccezione incivile dei leghisti, la stessa cosa. Conta lo sfregio, conta la prossima tappa: laltare del Duomo. Intanto il sindaco di Milano, timorosa di non essere ricandidata, ha ritenuto di non avere nulla da dichiarare. Era pi importante la prima della Scala.

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Milano, gli arcivescovi fanno muro allodio leghista


di Marco Polit i in il Fatto Quotidiano dell'8 dicembre 2009 Ha ragione la Lega a temere le parole dellarcivescovo di Milano, che la Padania attacca con calcolata volgarit tacciandolo di imam. Ha ragione, perch da Carlo Maria Martini a Dionigi Tettamanzi la cattedra di santAmbrogio diventata palese contraltare dei rigurgiti xenofobi espressi dai seguaci di Bossi. Monito continuo, culturalmente elevato, schiaffo a una maggioranza di centrodestra che tollera tra le sue fila pulsioni di odio razziale impensabili nei governi democratici dellEuropa occidentale, pungolo verso unopposizione incapace di svolgere sul terr itorio unopera di contrasto culturalmente e socialmente efficace. Non cosa di oggi. E il ruolo assunto dalla Chiesa di Milano a partire dai primi anni Novanta, nel disfarsi della Prima Repubblica e nel sorgere dellonda leghista ubriaca di secessione e inneggiante allodio dello straniero. Sono gli anni in cui papa Wojtyla, polacco memore del valore culturale della nazione, teme le lacerazioni dellunit italiana e lancia lappello per una grande preghiera per lItalia. In quella stagione lallora arcivescovo cardinale Martini, nello sconquasso di Tangentopoli e nel tramonto inglorioso della Milano da bere, prende sulle sue spalle la tradizione del cattolicesimo solidale e popolare lombardo coniugandolo sottilmente al patrimonio laico e riformista di una borghesia milanese, segnata dal senso dello Stato di Maria Teresa, e di un movimento operaio orgoglioso della sua funzione nazionale. Milano e la Lombardia hanno svolto un ruolo cruciale nel cattolicesimo del Novecento, collocando la Chiesa ai crocevia della modernit. Hanno prodotto tre pontefici di primo rango: Pio XI, Giovanni XXIII, Paolo VI. Protagonisti gli ultimi due del concilio Vaticano II, testimone di robusto antagonismo al razzismo nazista il primo. Milano quella laica e quella religiosa sempre stata aperta allEuropa, al mondo, aliena dallottuso rinserrarsi nel proprio particolare. questa Milano che, naufragata la Prima Repubblica, trova in Carlo Maria Martini un punto di riferimento, nutrito di spiritualit e testimonianza evangelica e al tempo stesso attento ai temi del buon governo, della moralit civica, dello stato sociale, del confronto con le religioni, con i popoli in arrivo sul suolo italiano e persino con i non credenti. Cos il cardinale diventa anatema per una Lega che insieme con Berlusconi esalta levasione fiscale e dopo la mascherata celtica si traveste da crociato (ma spesso Martini malvisto anche da una dirigenza ecclesiastica che ha deciso di puntare sul cavallo del centrodestra). Colpisce vedere a distanza di anni il suo intuito profetico. Gi nel 1990 Martini indica le coordinate del dialogo con lislam. Invitando a comprendere una fede che, nel solco di Abramo, ha portato per secoli milioni di credenti a rendere a Dio un culto onesto e sincero e insieme a praticare la giustizia. Respingendo un buonismo superficiale ed esortando a fare i conti con le sfide che la modernit occidentale pone ai musulmani: diritti umani, libert, laica distinzione tra politica e religione. Non confondendo lannuncio cristiano con il proselitismo, ma suggerendo di approfondire la cooperazione nel campo della pace, della solidariet e della giustizia. Il cardinale Tettamanzi, con il suo stile e il suo temperamento, ha proseguito questa linea. La sua difesa dei rom e gli appelli a lavorare sul serio per lintegrazione, la sua difesa del diritto alla preghiera dei musulmani e linvito a costruire per loro luoghi di culto nella dimensione del quartiere non pu piacere ai crociati senza religione. Dichiara il leghista Calderoli (si badi, un ministro della Repubblica) che Tettamanzi arcivescovo a Milano come mettere un prete mafioso in Sicilia. Dove la volgarit dellattacco, mai casuale, risponde alla strategia di delegittimare sistematicamente lavversario. Perch dietro Tettamanzi, insultato a suo tempo come cattocomunista, la Lega intr avede una voce in cui pu riconoscersi trasversalmente quellItalia credente e diversamente credente che tiene alla moralit della politica (oggetto di un intervento dellarcivescovo nel 2008), che difende la solidariet sociale, che si aspetta una Chiesa in ascolto, che respinge lislamofobia degli elettor i svizzeri ostili per principio ai minareti. Se il ciellino Formigoni si dissociato, se

Casini ha definito vergognosi gli insulti a Tettamanzi, i Medici cattolici di Milano denunciano giustamente lipocrita difesa del crocifisso e del presepe da parte della Lega. Intervistato dal quotidiano Repubblica, il ministro Calderoli si per vantato della massima assonanza delle posizioni del suo par tito con la Cei e la Chiesa romana (allusione agli incontri di Bossi con il

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posizioni del suo par tito con la Cei e la Chiesa romana (allusione agli incontri di Bossi con il cardinale Bagnasco, presidente dellepiscopato, e con il cardinale Bertone, segretario di Stato vaticano).

Tutti solidali con Tettamanzi, il Vaticano tace


di Aldo Maria Valli in Europa dell'8 dicembre 2009 Non stata una festa di santAmbrogio tranquilla per larcivescovo di Milano. Loffensivo attacco della Lega, per bocca del ministro Roberto Calderoli, ha di nuovo portato in superficie tutto lastio che luniverso leghista cova contro il cardinale, specie dopo che, nel discorso alla citt della scorsa settimana, Tettamanzi ha chiesto alla metropoli di ritrovare la sua anima solidale. Il cardinale in ogni caso sereno. Responsabilit e serenit sono le parole dominanti negli uffici della curia ambrosiana, anche perch lattacco della Lega era stato in qualche modo preventivato, visti i precedenti. A rincuorare lar civescovo provvedono i tanti messaggi di solidariet in arrivo, dalla diocesi ma anche da fuori, soprattutto da parte di sacerdoti, religiosi e semplici fedeli che chiedono a sua eminenza di continuare a percorrere la strada del Vangelo, senza lasciarsi intimidire da attacchi tanto violenti quanto pretestuosi. Il cardinale reagisce a questa ennesima bufera provocata dalla Lega con una calma olimpica,

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Il cardinale reagisce a questa ennesima bufera provocata dalla Lega con una calma olimpica, dicono i suoi pi stretti collaboratori. Larcivescovo Dionigi si ispira al Vangelo, come sempre. Quella la sua bussola, quella soltanto . Il che non sminuisce la consapevolezza circa la gravit dellattacco. Siamo in presenza di un ministro della repubblica che usa espressioni di una pesantezza inaudita contro un cardinale della Chiesa cattolica. Non solo: usa queste frasi dopo essersi accreditato come interlocutore privilegiato della Santa sede. Le frasi che il cardinale ha utilizzato nellomelia per la festa di santAmbrogio fotografano bene il modo in cui sta vivendo questa vicenda: Serenit e responsabilit, in particolare da parte dei vescovi e dei sacerdoti, vogliamo chiedere al Signore. Di fronte alla propria coscienza e al popolo che gli affidato, ha detto rivolto ai fedeli riuniti in duomo, il buon pastore chiamato a mostrare sul suo stesso volto e nelle sue scelte il messaggio evangelico. Al pastore, sottolinea Tettamanzi nellomelia, tocca anche un compito di vigilanza, ed proprio questo compito che intende far risaltare in un momento in cui la convivenza civile attraversata da tensioni tanto pericolose, che non possono essere n sottovalutate n rubricate fra le intemperanze ormai abituali di una parte politica. Nella curia di Milano si fa notare che dal cardinale, nei suoi ripetuti inviti allaccoglienza, in questi anni sono sempr e arrivate anche precise richieste di rispetto della legalit. Ma la legalit, si precisa, non pu essere usata come alibi per giustificare politiche di esclusioni che vanno a danno dei pi deboli e ignor ano i dir itti umani fondamentali. Nel momento in cui scriviamo, in merito agli attacchi leghisti, non risultano per arrivati allarcivescovo Dionigi Tettamanzi messaggi da parte dei vertici della Chiesa cattolica, n dalla Conferenza episcopale italiana n dalla segreteria di Stato vaticana. Ma un incontro ravvicinato fra il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di stato, e il cardinale Tettamanzi in programma proprio oggi, 8 dicembre, in occasione della solenne celebrazione per lImmacolata. Il pontificale nel duomo sar infatti concelebrato da Tettamanzi e Bertone, e prima della messa i due cardinali saranno in visita, con il presidente Napolitano, alla Biblioteca ambrosiana, nel quarto centenario dellapertura al pubblico della prestigiosa istituzione.

Il cardinale, gli stranieri e loffesa del ministro


di Marco Vitale in Corriere della Sera dell'8 dicembre 2009 Quando lambiente cittadino si incattivisce, la convivenza diventa pi difficile, si diventa ostili lun laltro, si arriva a parole che sfiorano il razzismo. A Milano il cardinale Tettamanzi si assunto loner e di mettere in guardia politici e cittadini dal rischio di una deriva incivile che non appartiene alla storia di questa citt. Lha fatto nel discorso di SantAmbrogio, richiamando amministratori pubblici e cittadini ad un supplemento di solidariet. Lo ha fatto appellandosi ad un maggior impegno nellaccoglienza, a pi sobriet e moralit, rinnovando lappello del vescovo Ambrogio: I tempi sono duri, i tempi sono difficili. Cambiate i tempi e vivrete meglio . Di questo bisogna essergli grati. Da tempo il cardinale richiama Milano ai suoi doveri nei confronti dei pi deboli e lesempio lha dato in prima persona con il Fondo di solidariet, messo a disposizione dalla Curia per le famiglie povere, i disagiati, i disoccupati. Ma nel suo intervento nella basilica di SantAmbrogio il cardinale ha anche messo in guardia dai pericoli rappresentati dalle interferenze criminose, cogliendo in pieno lallarme lanciato da Fernando Pomarici, il magistrato per sette anni alla direzione distrettuale antimafia della Lombardia (la presenza di Cosa nostra a Milano ormai residuale, il problema della Lombardia la ndrangheta calabrese). Milano ha detto Tettamanzi interessata da progetti di realizzazione di grandi opere che esigono ingenti quantit di denaro e per le quali sono possibili infiltrazioni di criminalit organizzata. Divengono quindi ancora pi urgenti da parte di tutti e specialmente di chi ha maggiori responsabilit il rispetto di norme semplici, chiare ed efficaci, il confronto con la coscienza morale, la rettitudine nellagir e, la gestione corretta del denaro pubblico. I grandi risultati ottenuti a Palermo e a Milano dalle forze dellordine contro le nuove e le vecchie leve della mafia siciliana meritano laffettuosa riconoscenza di tutti i cittadini perbene. Ma non si pu non rilevare che il cardinale Tettamanzi, nel suo profondo e ampio discorso, ha inserito questo allarme nel quadro di un grande doloroso affresco delle debolezze e delle disfunzioni della societ milanese e lombarda. una denuncia degna del grande Ambrogio, ma anche un atto di amore nelle verit di C aritas in veritate. Mai come oggi abbiamo bisogno di amore e verit congiunte, non solo per resistere alloffensiva della malavita organizzata, ma anche per respingere lo squadrismo intellettuale della peggior Lombardia da un lato e la superficiale valutazione delle cose, tutta basata

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intellettuale della peggior Lombardia da un lato e la superficiale valutazione delle cose, tutta basata sullapparenza. Non abbiamo la sensazione che si punti sulla costruzione di campagne di immagine nascondendo la consistenza reale dei problemi?, si domanda il cardinale. S, eminenza, abbiamo questa sensazione. Ma insieme abbiamo la sensazione che la stessa gravit dei problemi che si affacciano su questa comunit suoni la sveglia a tutti coloro che non vogliono vedere la Lombardia e Milano sprofondare nella barbarie e nellincultura. Per questo le parole del ministro Calderoli nei confronti del successore di Ambrogio (Non centra con Milano, come mettere in Sicilia un sacerdote mafioso, ndr )si commentano da sole: sono prive di senso. Quando tempo fa dalle colonne del Corrieresi parl di allarme Milano, allarme Italia , il cardinale Tettamanzi fece una correzione importante. Disse: Per me c una speranza Milano, speranza Italia. Vogliamo continuare a credere che sia questo il messaggio di fiducia che arriva da una citt che ha lorgoglio di tornare davvero nella storia con la grandezza, lumanit e la civilt che le appartengono.

Dal dio Po a ultr del presepe la conversione lampo dei lumbrd


di Filippo Ceccarelli in la Repubblica del 9 dicembre 2009 Con un Pinocchio al guinzaglio e ben due Soli delle Alpi scolpiti sopra la testa, il Ges bambino della Padania benedice idealmente il White Christmas o bianco Natale di Coccaglio, Bs, dove previo incoraggiamento del ministro dell'Interno, il mistero della Nativit coincide con la cacciata dei clandestini. Opera del pittore iper-surrealista della Padania Luigi Regianini, gi autore di fondali rupestri con scene e divinit celtiche, nel gennaio scorso il bambinello leghista tocc in premio al primo classif icato dell'ormai tradizionale concorso lanciato dalla Padania per il miglior presepe della tradizione. Nel 2005 il quotidiano di via Bellerio scopr che i pupazzetti e le decorazioni in commercio provenivano dalla Cina: Natale giallo tuon sdegnato notificando ai suoi lettori che quella tr adizione era sempre pi a rischio di scomparsa. L'allarme poteva anche suonare un po' incongruo, e non solo o non tanto perch proprio allora il presepio entrava in grande spolvero nelle sedi istituzionali, nell'atrio di Montecitorio con tanto di visita del cardinal Ruini, come pure a Palazzo Madama, dove l'allora presidente Pera notific alla pubblica opinione che l'aveva allestito lui stesso, con le sue manine e la degna collaborazione della figlia del Segretario generale, di anni otto, o nove, l'et era comunque specificata nell'indimenticabile nota presidenziale. No. La stranezza dell'intemerata leghista era semmai da mettersi in relazione con le accese polemiche scatenate da Bossi, prima del coccolone, contro il Vaticano, il Papa, i vescovoni, la Chiesa centralista di Roma; e ancora di pi con la sbandata neo-pagana, ancora fresca di Dio Po e di altre baracconate celtiche e idolatrie pseudo-druidiche culminate in certi fantastici rituali su cui i giornali avevano inzuppato il pane con risultati sconcertanti. Un anno, nel raccogliere l'acqua santa sul Monviso, Bossi era inciampato e stava per infilare il piede in una pozza; quindi l'ampolloforo, corsi i primi chilometr i con il prezioso liquido, s'era fermato a far bisboccia; poi forse, a Venezia, l'ampolla s'era rotta, ma ce n'era un'altra. L'allarme padano sul del presepe - peraltro a quei tempi effettivamente minacciato da provocatorie immissione di statuine di Moana o di Barbie gay - si combinava con il ricordo delle bizzarre cer imonie nuziali, anch'esse di natura celtica, con tanto d'invitati in kilt, cui s'erano sottoposti il ministro Castelli e l'ineffabile Calderoli. In quest'ultimo caso si poi risaputo (grazie ad Adalberto Signore e Alessandro Trocino, Razza Padana, Rizzoli, 2008) che le fantastiche formule rituali se l'era inventate la sposa di Calderoli, Sabina Negri, di l a poco bionda mattatrice televisiva di Markette. Ma ecco che nel lasso di un paio d'anni Castelli se ne andava scalzo in pellegr inaggio a Medjogorije e Calderoli, mutato anche negli affetti, si mette a rubare il mestiere ai cardinali. Lo stesso Bossi, totus politicus, ogni tanto esterna le sue nuove convinzioni religiose. Di recente cos ha esortato un giornalista: Lo scriva che fuori da casa mia ho fatto mettere un crocifisso di legno. E' un portafortuna. Ogni volta che vado via lo tocco. Vero che la Lega ha un elettorato molto cattolico, per quel che vale oggi la parola: ma il suo gruppo dirigente ondeggia tra il moderatismo filo-establishment vaticano del senatore Leoni e il tradizionalismo infuocato e vandean-lefebvriano di Borghezio, che giusto ier i ha inaugurato un presepio al pianoterra del Parlamento Europeo, con processione finale per Bruxelles. Le due linee convivono, un po' come succede per i fedeli dei celti e per quell'altra tradizione, ancora pi ermetica e per pochi intimi, che trova nutrimento nei cerchi magici, le simbologie esoteriche, i draghi verdi e quant'altro appare in certi murales nei bar della campagna mantovana (cfr Giovani Granucci, Il

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quant'altro appare in certi murales nei bar della campagna mantovana (cfr Giovani Granucci, Il marchio della Bestia tra noi, Arterigere, 2009). E insomma, per farla breve: l'impressione che l'assai variabile religiosit della Lega prescinde dalla fede in senso stretto, ma la utilizza piuttosto come un dispositivo che corrisponde all'identit.

Cos il presepio da combattimento non solo instrumentum di potere, ma prefigura, insieme all'intemerata contro Tettamanzi, una forma di cristianesimo popolare di rito padano. Questo ha da essere visibile sotto Natale in ogni comune: Per riaffermare con forza i valori cristiani eccetera; per lanciare un forte, preciso segnale agli ambienti "laicisti" e cos via. O ingenua o furbissima la Moratti allorch, passando in rassegna con Bossi quei cento metri quadri di presepe nel cortile d'onore di Palazzo Marino, l'ha definito simbolo d'amore. Secondo la Padania invece un argine sicuro all'inondazione musulmana, uno sbarramento all'invasione e via di seguito. Di cer to Fini, che ieri ha richiamato gli immigrati fuori e dentro la grotta di Betlemme, ha capito il gioco. Cos come le gerarchie ecclesiastiche, che su queste faccende potenzialmente scismatiche hanno l'occhio lungo e allenato. In mezzo resta il bambinello padano, poverino. Dal paganesimo all'eresia prima ancora di scendere dalle stelle sulle miserie dell'umanit.

Napolitano e Bertone con Tettamanzi "Rispetto per l'impegno della Chiesa"

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Chiesa"
di Zita Dazzi in la Repubblica del 9 dicembre 2009 Dopo gli insulti arrivati dalla Padaniae dal ministro leghista Roberto Calderoli, ieri l'arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi ha ricevuto l'abbraccio e la solidar iet del segretario di Stato Vaticano e del presidente della Repubblica. Arrivati a Milano per il quarto centenario della Biblioteca Ambrosiana, in un clima di grande affetto e cordialit, Tarcisio Bertone e Giorgio Napolitano sono stati oltr e mezz'ora con Tettamanzi, tra le tele di Tiziano e del Caravaggio, davanti alle carte del Codice Atlantico di Leonardo. All'uscita della mostra, il cardinale Tarcisio Bertone ha dato una risposta molto chiara a chi gli chiedeva delle recenti polemiche: Raccomando rispetto e verit per il cardinale di Milano. E il capo dello Stato gli ha fatto immediatamente eco: Ho detto tante volte che la religione un fatto pubblico. L'impegno della chiesa nel sociale un fatto essenziale. Napolitano ha poi aggiunto un invito che suona come un monito: Penso che bisognerebbe che tutti venissero a visitare questo scrigno di tesori che soprattutto una straordinaria testimonianza di universalit, di valori spirituali e di valori culturali. Le parole di Bertone spiegano che la chiesa tutta fa quadrato attorno al vescovo della Diocesi pi grande del mondo, nel momento di un'aggressione virulenta: un grande pastore della Chiesa che dona la vita per il suo popolo, ha detto Bertone, suscitando la divertita replica di Tettamanzi: Ma non sono ancora un martire!. Il segretario di Stato ha raccolto la battuta, ma ha continuato serissimo: Come dice il Papa, ricchi e poveri, sviluppati e in via di sviluppo, siamo tutti soggetti protagonisti della nostra vita, sulla stessa barca e dobbiamo salvarci insieme. Mi sembrano le parole pi chiare e pi prospetticamente impegnative per tutto il nostro lavoro sia dal punto di vista pastorale che politico-amministrativo. E ha concluso: Ho letto il fondo di "Avvenire", parole che hanno difeso degnamente. E lo sottoscrivo pienamente. Anche le autorit politiche e amministrative si sono mosse in questa linea e hanno espresso il loro impegno per coniugare sempre insieme legalit e accoglienza. Il quotidiano della Conferenza episcopale esplicito su quella che viene definita una sguaiata polemica scatenata dalla Padaniae da Calderoli. Si arrivati a sostenere - si legge in un fondo di "Avvenire" - che l'arcivescovo di Milano si occuperebbe politicamente' solo di rom e di musulmani e non avrebbe mai difeso il crocifisso. Slogan indegni, senza misericordia e senza verit. Che mistificano il magistero di un vescovo ancorato, come lo stesso Tettamanzi ci ha ricordato ieri, alla serena fedelt al Vangelo. E conclude: Parole gravi e vuote che hanno suscitato il calore del popolo attorno al proprio pastore e la preoccupata e trasversale reazione di tanti rappresentanti delle istituzioni. La solidariet al cardinale arriva, in queste ore, anche sotto forma di una valanga di messaggi da parte di fedeli che scrivono da tutta Italia. Eppure, il ministro alla Semplificazione Roberto Calderoli inizialmente non arretra: Sono d'accordo su quello che ha detto il presidente Napolitano sulla C hiesa. Comunque, nel giorno di Sant'Ambrogio, avrei gradito che qualcuno parlasse dei milanesi, dei nostri Santi e dei nostri poveretti, non vedo perch pensare sempre a quelli che vengono da fuori. E La Padaniaieri ha rincarato la dose, spiegando che la libert religiosa non pu essere confusa con l'incoraggiamento ad altre fedi, men che meno da parte di chi ha l'autorit ecclesiale. Il cardinale Dionigi Tettamanzi, visibilmente soddisfatto della solidariet, non vuole aggiungere altro. Ieri ha ricevuto anche il ministro per lo Sviluppo economico Claudio Scajola, che poi lo ha difeso: la maggioranza degli italiani riconosce il lui un grande pastore della Chiesa. Calderoli, in serata, ha cercato di chiudere a modo suo le polemiche: Mamma mia, cardinale Tettamanzi mi assolva e mi salvi lei dal rogo cui mi vogliono condannare tutti i neodifensor fidei . Quel che ho detto, ho detto - conclude - ma non volevo offendere nessuno.

Il no svizzero ai minareti: uno schiaffo che sveglia lEuropa, una provocazione su cui lavorare
di Paul Hinder in www.oasiscenter.eu del 9 dicembre 2009 Lesito del referendum svizzero del 29 novembre scorso ha scatenato un terremoto e non soltanto in Svizzera. Mentre alcuni esultavano per linaspettato s del 57% dei votanti favorevoli alla proibizione della costruzione di nuovi minareti, altri rimanevano esterrefatti. Come possibile che una societ abituata ad essere caratterizzata dalla presenza al suo interno di molte religioni, etnie, tradizioni e lingue, reagisca cos? Come mai un Paese che, nonostante una cer ta tendenza alla chiusura in se stesso, riuscito ad aprirsi e a praticare la tolleranza nei confronti dellesterno, arriva a introdurre nella sua Costituzione un articolo che non solo si configura contr ario alla libert religiosa, ma rischia anche di accendere un pericoloso conflitto interno? Non facile dare una risposta esauriente a questi interrogativi, ci vorr del tempo. Ma prima di tutto

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Non facile dare una risposta esauriente a questi interrogativi, ci vorr del tempo. Ma prima di tutto importante rilevare che il tema referendario non ha riguardato la costruzione di moschee in Svizzera (ne esistono gi pi di 160), ma di minareti, ritenuti simbolo del potere islamico e avversati in quanto tali dai sostenitori del referendum. Tutti coloro che temono che la Svizzera perda la propria identit nel contesto attuale di grande migr azione e globalizzazione si sono trovati uniti attorno a questo no ai minareti, sventolando la bandiera della difesa del volto cristiano del Paese. Una battaglia paradossale, perch sia il governo che tutte le comunit cristiane si erano espresse per il no a tale divieto. Allesito referendario hanno contribuito diversi fattori: la convinzione diffusa tra gli svizzeri che il minareto sia espressione della religione che alimenta il terrorismo; la sensazione di umiliazione ricevuta da parte di dittature musulmane come quella della Libia di Gheddafi, che ancora tiene in ostaggio due cittadini svizzeri; la diffusa sensazione di insicur ezza alla quale il governo non risponderebbe adeguatamente; la disoccupazione crescente e la crisi economica che fanno guardare allimmigrato (in Svizzera il 23 % della popolazione non ha passaporto svizzero) come a una persona che ruba il posto di lavoro ai locali; un certo laicismo che vorrebbe bandire tutti i simboli religiosi dallo spazio pubblico. Penso che non pochi Paesi segnati da tali contesti sociali registr erebbero lo stesso risultato per un simile referendum. arduo tentare di prevedere quali ricadute lesito referendario avr su altri paesi in Europa e sulle relazioni con i paesi arabi. A mio avviso tutto dipender da se e come la votazione sar strumentalizzata per alimentare una sorta di guerra culturale e religiosa. Non mancano, infatti, sia in Europa che nei paesi musulmani movimenti pronti a manipolare temi tanto esplosivi. Se verr meno la capacit di governare queste tensioni e tendenze, si potr arrivare a un drammatico ricorso alla violenza, con pesanti conseguenze non soltanto per la Svizzera. Lesito del referendum in Svizzera lascia emergere un dato: la coesione di una societ in rapido e profondo cambiamento e di un Paese, abituato da secoli a difendere la sua identit e indipendenza, non mai un tr aguardo raggiunto una volta per tutte, ma un processo doloroso e dinamico. Non basta risolvere il problema accusando di razzismo chi ha votato a favore, ma in Svizzera come altrove necessario lavorare per trovare risposte valide alle paure e al disorientamento in una certa misura comprensibili. Anche se a mio avviso lesito del referendum un passo indietro, non escludo che ci possa essere un risvolto positivo in tutto ci: esso dovrebbe condurre a una riflessione condivisa pi approfondita su cosa comporti lattuale fenomeno del meticciato di civilt in atto nel mondo. Si tratta di un lavoro che attende tutti: da un lato, chi nelle societ europee rischia di enfatizzare il

car attere cristiano solo quando serve a difendersi contro gli altri dovr lasciarsi interrogare dalla globalizzazione e dalle sue conseguenze relazionali. A questo riguardo la Chiesa cattolica potrebbe testimoniare una via importante in quanto da sempre vive la pluriformit nellunit; dallaltro chi sostiene che le religioni sono esclusivamente un fatto privato, dovr imparare a fare i conti con popoli che chiedono di vivere la fede pubblicamente. Il referendum svizzero del 29 novembre 2009 diventa una provocazione per tutti: non basta il benessere materiale a far tacere il dramma della trasformazione antropologica, sociale e culturale che colpisce oggi le nostre societ. Occorre avere il coraggio di andare a fondo e trarne una lezione per il futuro.

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Campagna leghista per condizionare il dopo-Tettamanzi


di Alberto Melloni in Corriere della Sera del 9 dicembre 2009 Il nodo dei rapporti fra la Lega e la Chiesa di Roma sta venendo al pettine: non riguarda la politica o limmigrazione, ma la sacra potestas .Da tempo in alcune aree del paese la Lega Nord non si presenta solo come un partito e forza di governo: ambisce ad essere la voce di un intero territorio, sente di rappresentarne gli umori e in ultima analisi la cultura di fondo. Si colloca cio esattamente dove il cattolicesimo italiano s posizionato da tempo: prima come maggioranza, poi come minor anza. E dunque chiede di governare la Chiesa. Qualche equivoco deve aver dato ai dirigenti la sensazione di aver ottenuto successi. I cattolici chiamano spesso lamore allo straniero, che un precetto, volontariato: quasi che fosse un optional o un pallino per preti di frontiera . In quel coacervo di problemi su cui i vescovi hanno messo letichetta ciellina della emergenza educativa ci sono interessi corposi, di cui in molte amministr azioni la Lega sa di essere il regolatore. Ma in questi giorni a SantAmbrogio 2009 stato fatto un salto di qualit, che riguarda il governo ecclesiastico. Larcivescovo di Milano infatti da tempo il bersaglio di una campagna di propaganda basata sulla paura. A settantacinque anni compiuti, il cardinale Tettamanzi anche un vescovo dimissionario, ai sensi del canone 411 del Codice di diritto canonico. Nel recente passato il Papa ha procrastinato le dimissioni di qualche porporato (Wojtyla, ad esempio, tenne il cardinale Siri sulla sede di Genova fino a 81 anni); in altre circostanze, invece sono state utilizzate brevi proroghe (cinque mesi per il cardinale Martini a Milano, due anni per il cardinale Ruini vicario di Roma) per quella che si chiama la provisione . La successione dunque dovrebbe essere pienamente nelle mani del Pontefice, che, si diceva, avrebbe scelto il nuovo arcivescovo di Milano a fine inverno o dopo le elezioni regionali. Ed su questa campagna elettorale che la Lega intervenuta, con una irriverenza utile solo per distinguere le reazioni vere da quelle rituali o minimali. Il calcolo, per, stato fatto male, malissimo. Le offese al cardinale Tettamanzi, infatti, non lo imbarazzeranno: un cristiano e sa che i guai per lui verranno quando tutti diranno bene di lui, non ora. Ma quelle ingiurie rimbalzeranno direttamente a Roma, sul tavolo di Benedetto XVI: finiranno nel fascicolo dove ci sono i nomi dei candidati alla successione del cardinale e dove forse cerano gi gli appunti di quel colloquio Bossi-Bertone che, col senno di poi, sembra essere stato almeno un regalo immeritato. Cosa far adesso il Papa? Far finta di non aver sentito nulla e provveder alla diocesi di Milano nei tempi che gi sera dato, anche a rischio di vedere sventolare le bandiere verdi il giorno del commiato dellarcivescovo uscente? Nominer un arcivescovo padano per non crearsi noie? Far ricorso al tipico age contrae dar filo da torcere alle mode di una Lombardia che voleva essere la Baviera del sud? Terr conto delle esigenze del braccio politico-economico di Cl che deve metter qualcosa sul piatto leghista per garantire una quieta rielezione a Roberto Formigoni? Trover nelle infinite risorse della Chiesa una figura di cui nessuno parla, che non s preparato la carriera ricamando furbizie, tale luminescenza spirituale da spiazzare tutto e tutti? User dellarte del governo e lascer Tettamanzi a Milano non per sempre, ma per un altro santAmbrogio...? Lo vedremo fra poco: quel che certo che se in Vaticano era sfuggita la convinzione della Lega di aver diritto a governare il territorio civile ma anche quello ecclesiastico, adesso lo sanno tutti, ma proprio tutti. E se la Lega non perdona, Roma invece s, perdona: ma spesso non sottovaluta.

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Il Vaticano irritato con la Lega, Bertone Ci vuole rispetto


di Roberto Monteforte in l'Unit del 9 dicembre 2009

M ilano si stringe attorno al suo vescovo, il cardinale Dionigi Tettamanzi. La Chiesa fa quadrato attorno al suo cardinale. Altro che asse privilegiato tra Lega Nord e vertici della Chiesa romana o della conferenza episcopale italiana. Non trova spazio il gioco della contrapposizione tra sensibilit interne alla Chiesa, tra lanima pi conservatrice che simpatizza per il centrodestra e quella conciliare, pi aperta alle istanze sociali di cui voce autorevole il pastore che guida la Chiesa ambrosiana. Raccomando rispetto e verit anche per il cardinale di Milano. Parole chiare e definitive quelle del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, che ieri a Milano ha replicato con fermezza allattacco del Carroccio e del ministro leghista Roberto Calderoli contro larcivescovo. Tettamanzi un grande pastore della Chiesa, che da la vita per il suo popolo ha scandito. Non ho dato ancora la vita, non sono ancora martire ha sdram matizzato Tettamanzi. Il segretario di Stato ha citato le parole del Papa. Quel ricchi e poveri siamo tutti soggetti protagonisti della nostra vita, siamo tutti sulla stessa barca e dobbiamo salvarci tutti insieme. Per aggiungere: Le autorit politiche e am ministrative mi pare si siano mosse in questa direzione e hanno espresso la necessit di coniugare legalit e accoglienza . Per il resto Bertone sottoscrive Avvenire. Ci pienamente le argomentazioni dell sono polemiche che fanno rumore, ma portano vergogna e imbarazzo solo su chi le scatena, non certo su chi le subisce aveva scritto il quotidiano della Cei in risposta alla sguaiata polemica leghista. Sarebbero solo slogan indegni, senza misericordia e senza verit contro un vescovo ancoratoalla serena fedelt al Vangelo. Conclude evidenziando la reazione ferma e trasversale del mondo politico, con la Lega isolata. Ma il Carroccio alto. Sente di interpretare un sentimento e una cultura diffusa nel centro punta Nord. Ipotizza una Chiesa padana , che si raccoglie attorno ai simboli della tradizione cristiana. Si sente di intercettare un sentimento diffuso, dove lincertezza sociale e la domanda identitaria si miscela con lostilit verso gli immigrati e la richiesta di sicurezza. La Chiesa ambrosiana indica una strada diversa. Un ostacolo per Bossi e i suoi che forse giocano una partita guardando al futuro: condizionare la successione a Tettamanzi che, superati i 75 anni, stato prorogato dal Papa sino al 2011. Benedetto X VI nel giorno della festa dellImmacolata, ha reso omaggio alla Madonna in piazza ieri, di Spagna. Ha tenuto un discorso importante. Nessun riferimento alle polemiche milanesi. Ogni uomo sacro, va accolto e rispettato. Non sfruttato ha affermato. Sono i sentimenti cristiani da coltivare con misericordia e tenerezza infinita , in particolare verso quelli pi soli, disprezzati e sfruttati. Verso le persone invisibili, spesso strumentalizzate dai media. la stessa richiesta dellarcivescovo di Milano.

Applausi crudeli alla zingara. La Carmen e l'ipocrisia

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di Dijana Pavlovic in l'Unit del 9 dicembre 2009 Milano applaude la zingara Carmen, ma caccia i Rom dalle loro baracche Il 7 dicembre, festa di Milano e della Scala, si svolge allinsegna dellipocrisia. La giunta ostenta un lusso sfrenato, come il pi alto albero illuminato del mondo, che stride con la miseria di migliaia di famiglie che non trovano sostegno nel Comune. E soprattutto nei confronti dei pi deboli tra i deboli si esercita una crudelt, feroce perch colpisce chi non ha nullaltro che la propria fragilit. Almeno pochi anni si lasciava partecipare alle feste, come si faceva una volta nei pranzi dei ricchi, anche agli ultimi: le cooper ative rom mantenevano le famiglie partecipando agli appalti per lilluminazione natalizia, ma poi la giunta ha deciso di togliergli questo privilegio. Oggi mi colpisce lipocrisia di Moratti e De Corato, sindaco e vice-sindaco che, insieme alla Milano opulenta e cieca, applaudono Carmen, la zingara libera e affascinante, stereotipo romantico contr apposto a quello dello zingaro ladro di bambini, dimenticando lo sgombero di pochi giorni fa, quello di Rubattino, che ha sradicato 40 famiglie e i loro bambini che avevano cominciato a integrarsi frequentando le scuole, ma gi si preparano al prossimo che andr ad arricchire un altro record della giunta milanese: il pi alto numero di sgomberi del mondo. Di fronte a questo io sono grata alle parole del cardinale Tettamanzi nel suo discorso alla citt: la risposta della Citt e delle Istituzioni alla presenza dei rom non pu essere lazione di forza, senza alternative e prospettive, senza finalit costruttive Non possiamo, per il bene di tutta la Citt, assumerci la responsabilit di distruggere ogni volta la tela del dialogo e dellaccoglienza nella legalit che pazientemente alcuni vogliono tessere. Ma mi domando: queste parole saranno in grado di attraversare lipocrisia e la crudelt di questa giunta?

Se la Lega sale sul pulpito cattolico


di Gian Antonio Stella in Corriere della Sera del 9 dicembre 2009 Massimo Cacciari? In passato faceva parte di quelli che innalzavano cartelli con scritto 'cloro al clero' ha barrito ieri su La Padaniail segretario provinciale della Lega Nord veneziana Corrado Callegar i. Per chiudere: Avr nascosto quei cartelli, ma i veneziani lo conoscono e se lo ricordano bene. Letto il quotidiano leghista, al sindaco di Venezia sono girati quelli che Leopardi, in odio allautor e del celebre dizionario, chiamava i tommasei: Rimando questo barbaro ignorante, indegno esponente della stessa Lega, alla mia bibliografia nella quale gi allepoca della mia militanza sempre rivendicata nei movimenti della sinistra italiana pubblicavo riviste come Angelus novuse saggi su Kierkegaard, i problemi teologici in Hegel, il problema della mistica nel pensiero contemporaneo ecc. Per non citare i decenni del mio costante confronto con la cultura cattolica europea. Esigo che il suddetto signore si rimangi la sua idiota volgarit o mi vedr costretto ad adire a vie legali. Se la cosa finisse davanti ai giudici ci sarebbe da sorridere. Se c un partito che non pu parlare dal

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Se la cosa finisse davanti ai giudici ci sarebbe da sorridere. Se c un partito che non pu parlare dal pulpito cattolico e tantomeno rinfacciare il passato altrui, infatti, come dovrebbe sapere perfino Callegar i il Carroccio. Vogliamo scartabellare in archivio? Rileggiamo il ministro della Cultura padano Gilberto Oneto: Noi siamo la Chiesa cattolica padana, Roma non ci piace, Roma la prigione del cristianesimo, vi sono accumulate tutte le putrescenze della storia . Rileggiamo il manifesto leghista Le 50 ragioni della Padania : Con la diabolica alleanza fra certe gerarchie ecclesiastiche e il comunismo si creato un regime nemico di ogni libert e differenza, ivi compr ese quelle religiose . Rileggiamo la formula del matrimonio celtico di Roberto Calderoli: Sabina, sarai la mia sposa. Giuro davanti al fuoco che mi purifica. Esso fonder questo metallo come le nostre vite nuovamente gener ate. Andiamo avanti? Limitiamoci alle omelie di Umberto Bossi: Il cattolicesimo quella setta bassa del cristianesimo che ritiene che occorra avere il potere temporale per occuparsi di anime. Ruolo che la chiesa romana ha svolto contro il Nord e la Padania. O, Vaticano: la Padania non ha interesse a cambiar religione, ma lindipendenza non in vendita. T cap?. Se la chiesa si oppone alla Padania possibile che si vada alla Riforma. Rilanceremo il principio cuius regio eius religio ,lidea della religione nazionale legata al Principe e rivendicheremo lindipendenza dalla Roma cattolica, oltre che dalla capitale. Il Papa il re di Roma Oltretevere: si mangi una banca per finanziare Solidarnosc e ha molta gente disposta a piegare il culo tutte le mattine verso la Mecca romana. Il Vaticano il vero nemico che le camicie verdi affogheranno nel water della storia. Ieri mattina, fatti affiggere manifesti che mettono insieme Alberto da Giussano e il crocifisso, il segretario leghista era a inaugurare il presepe. E il water? Dov finito il water della storia?

La critica del Papa ai mass media: abituano al male e ci intossicano


di Gian Guido Vecchi in Corriere della Sera del 9 dicembre 2009 C in ogni uomo il desider io di essere accolto come persona e considerato una realt sacra, perch ogni storia umana una storia sacra, e richiede il pi grande rispetto. Laccoglienza dei tanti invisibili, laccusa ai mass media impietosi o falsamente pietosi, il rispetto delle persone. Davanti alla statua dellImmacolata, in piazza di Spagna, Benedetto XVI ha pronunciato ieri pomeriggio un discorso forte, un richiamo alla responsabilit. Quanto abbiamo bisogno di una bella notizia!, ha esclamato il Papa, ricordando che la Vergine la Madre Immacolata che ripete anche agli uomini del nostro tempo: non abbiate paura, Ges ha vinto il male. Per questo la presenza di Maria nel cuore delle citt cristiane importante: Ogni giorno, attraverso i giornali, la televisione, la radio, il male viene raccontato, ripetuto, amplificato, abituandoci alle cose pi orribili, facendoci diventare insensibili e, in qualche maniera, intossicandoci, perch il negativo non viene pienamente smaltito e giorno per giorno si accumula. Il cuore si indurisce e i pensieri si incupiscono. Accade anche di peggio: Nella citt vivono o sopravvivono persone invisibili, che ogni tanto balzano in prima pagina o sui teleschermi, e vengono sfruttate fino allultimo, finch la notizia e limmagine attirano lattenzione. un meccanismo perverso, al quale purtroppo si stenta a resistere. La citt prima nasconde e poi espone al pubblico. Senza piet, o con una falsa piet. Di qui il richiamo di Benedetto XVI allaccoglienza: La citt siamo tutti noi! Ciascuno contr ibuisce alla sua vita e al suo clima morale, in bene o in male. Nel cuore di ognuno passa il confine tra bene e male e nessuno deve sentirsi in diritto di giudicare gli altri, ma ciascuno deve migliorare se stesso. Con buona pace dei mass media: Tendono a farci sentire sempr e 'spettatori', come se il male riguardasse solamente gli altri, e certe cose a noi non potessero mai accadere. Invece siamo tutti 'attori' e, nel male come nel bene, il nostro comportamento ha un influsso sugli altri. C un inquinamento spirituale altrettanto pericoloso di quello atmosferico, e impedisce di veder e il volto dellaltro.

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Eppure ci sono persone che danno speranza: Tutti coloro che in silenzio, non a parole ma con i fatti, si sforzano di praticare la legge evangelica dellamore, che manda avanti il mondo. Sono tanti, anche qui a Roma, e raramente fanno notizia.

La Lega sbaglia Cristo non arma ideologica


di Michele Brambilla in La Stampa del 10 dicembre 2009 Il punto centr ale che il cristianesimo non lo difendi brandendolo come unideologia, ma testimoniandolo nella vita quotidiana come risposta ai bisogni delluomo. La grande forza del cristianesimo, quella che colpisce e contagia il prossimo che incontriamo, la possibilit per luomo di sperimentare una novit di vita. Star dietro a Giorgio Vittadini - 53 anni, presidente della Fondazione per la Sussidiariet, una delle tante realt nate dallesperienza di Comunione e Liberazione - non facile. Parla veloce e parla tanto: quel che dice non mai banale, ed un peccato non riuscire a fissare tutto sul taccuino. Difende il cardinal Tettamanzi - arcivescovo per la Chiesa, imam per La Padania - dagli attacchi della Lega. Io non demonizzo la Lega - dice -. il partito che forse ha pi di ogni altro un rapporto reale con il popolo, del quale raccoglie molte istanze legittime. Ma sbaglia a non capire che il cristianesimo non e non pu essere unideologia. Le ideologie sono utopie per il domani e per collettivit indistinte: il cristianesimo unesperienza per loggi e per ciascun individuo, per ciascun io. Larcivescovo, nellomelia di santAmbrogio, questo ha detto: ha richiamato ciascuno di noi alle proprie responsabilit, ha chiamato ciascuno di noi a vivere la carit nella propria vita quotidiana. Anche Cl ha un radicamento nel popolo. E non si pu dire che non abbia a cuore la difesa della civilt cristiana. Sono le strategie ad essere differenti. Prendiamo la presenza dei crocifissi - dice ancor a Vittadini -. Io sono totalmente daccordo che restino esposti. Ma il crocifisso non pu essere il segno di una battaglia ideologica. qualcosa che mi chiama a essere un uomo vivo. Mi chiama alla capacit di operare, di perdonare, di riconoscere innanzitutto il mio errore, il mio bisogno di essere accolto. Io accolgo qualcuno perch so che a mia volta ho bisogno di essere accolto. Siamo tutti profughi. Quello che fa andare avanti il cristianesimo - continua - la testimonianza viva di persone come il Papa, come Madre Teresa, don Giussani, don Gnocchi. Sono le vite concrete che ci fanno capire che Cristo non una cosa di duemila anni fa, ma una cosa viva oggi. Penso allesperienza di Rose Busingye, uninfermiera ugandese che a Kampala prende donne malate di Aids e rid loro una speranza. E loro ricominciano a vivere. Qualche anno fa queste donne malate decisero di spaccare pietre gratis per poter donare tremila dollari agli alluvionati di New Orleans, cio a gente della ricca America. Il console statunitense obiett: ma voi non dovete aiutarci perch siete povere. E loro hanno risposto: ma scusi, lei pensa che noi non possiamo vivere la carit perch siamo povere?. C un altro punto in cui la Lega, secondo Vittadini, sbaglia. Ed la distinzione fra un noi e gli altri, alla quale segue la paura dello straniero. Quando noi portiamo i pacchi del Banco Alimentar e, li portiamo a chiunque. E poi la Lombardia sempre stata un crogiolo di popoli: camuni, romani, galli, longobardi, franchi, spagnoli, francesi, austriaci, italiani del Sud. Siamo il popolo pi incontro che ci sia, e il cristianesimo ambrosiano ha saputo renderlo un popolo solo, facendo di queste diversit una ricchezza. stato un incontro cos realista che ha stemperato perfino le tensioni delle ideologie. Qui da noi, per esempio, la modernit non ha portato a Robespierr e come in Francia, ma ha temperato il cattolicesimo facendolo uscire dallAncien Rgime; ha creato un liberalismo illuminato, e un socialismo non rivoluzionario, quello di Turati. La forza di Milano stata, storicamente, quella di abbracciare tante diversit in unidentit cristiana. Questo ci sta dicendo il cardinale. Ma gli errori della riduzione del cristianesimo a ideologia, dice, in questa vicenda sono due. Uno lemarginazione del diverso. Laltro lesaltazione astratta di quel che dice il cardinale. Voglio dire:

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lemarginazione del diverso. Laltro lesaltazione astratta di quel che dice il cardinale. Voglio dire: c chi applaude senza vivere i problemi. Bisogna capire chi ha paura di perdere il lavoro o di veder e il degrado del proprio quartiere. Le enunciazioni di buoni propositi non bastano: bisogna metter cisi dentro, nei problemi. Il cardinale questo ci sta dicendo: implicatevi, costruite luoghi di convivenza. Non ci ha detto di fare un partito. La sua una risposta non ideologica.

La libert di pensare Dio sfidando la Chiesa


di Vito Mancuso in la Repubblica del 10 dicembre 2009 Alcune riflessioni sul convegno dedicato a "Dio oggi": necessario cambiare, non si possono pi sostenere cos come sono i dogmi e la morale sessuale Il cristianesimo continua a perdere di fascino e nel migliore dei casi consola Lattuale gerarchia ecclesiastica in grado di aprirsi al rischio della libera intelligenza? Si apre oggi a Roma e durer fino a sabato un convegno internazionale promosso dal Progetto Cultur ale della Cei con il patrocinio del Comune di Roma: "Dio oggi. Con lui o senza di lui cambia tutto". Il programma prevede la partecipazione di scienziati, storici, filosofi, scrittori, giornalisti, teologi. Condividendo lurgenza dellargomento, presento alcune considerazioni in forma necessariamente schematica che consegno alla pubblica riflessione. 1. La sfida della postmodernit alla fede in Dio non pi lateismo materialista. Tale era limpresa della modernit, caratterizzata dal porre lassoluto nello stato-partito o nel positivismo scientista, ma questi ideali sono crollati e oggi gli uomini sono sempre pi lontani dallateismo teoreticamente impegnato. Gli odierni alfieri dellateismo vogliono distruggere la religione proprio mentre si connota il presente come "rivincita di Dio", anzi la vogliono distruggere proprio perch ne percepiscono il ritorno, ma i loro stessi libri anti-religiosi, trattando a piene mani di religione, finiscono per alimentare la rivincita di Dio. 2. La questione epocale piuttosto unaltra, cio che tale rivincita non corrisponde per nulla a una rivincita del Dio cristiano. La postmodernit col suo crescente desiderio di spiritualit non intende per nulla tradursi nelle tradizionali forme cristiane. Anzi, il cristianesimo continua a perdere fascino, annoia, nel migliore dei casi consola. La questione diviene quindi quale forma di spiritualit sia concepibile per un epoca che vuole essere religiosa (persino mistica come prevedeva Malraux) ma non intende pi essere cristiana nella forma tradizionale del termine. Affrontare questa sfida essenziale per la teologia cristiana. 3. La teologia pu tornare a far pensare gli uomini a Dio solo a due condizioni: radicale onest intellettuale e primato della vita. Ha scritto Nietzsche: "Nelle cose dello spirito si deve essere onesti fino alla durezza". vero. Se vuole tornare a essere significativa, la teologia deve configurarsi come radicale onest intellettuale. Vi sono stati pensatori che nel 900 hanno scritto di Dio in questo modo: penso a Florenskij, Bonhoeffer, Weil, Teilhard de Chardin. Si tratta di continuare sulla loro strada. Oggi la coscienza europea non pi disposta a dare credito a una teologia che dia il sospetto anche del minimo mercanteggiare. 4. In questa prospettiva la teologia deve intraprendere una lotta allinterno della Chiesa e della sua dottr ina, talora persino contro la Chiesa e la sua dottrina, senza timore di dare scandalo ai fedeli perch il vero scandalo il tradimento della verit e lipocrisia. Ha scritto nel 1990 il cardinal Ratzinger : "Nellalfabeto della fede al posto donore laffermazione: In principio era il Logos. La fede ci attesta che fondamento di tutte le cose leterna Ragione". Parole sublimi, ma ecco il punto: proprio dallesercizio della ragione allinterno della fede sorgono acute difficolt logiche su non pochi asser ti dottrinali. Simone Weil rilev il paradosso: "Nel cristianesimo, sin dallinizio o quasi, c un disagio dellintelligenza". Tale malaise de lintelligence attestato anche dal fatto che i principali teologi cattolici del 900 hanno avuto seri problemi con il magistero, penso a Teilhard de Chardin, Congar, de Lubac, Chenu, Rahner, Hring, Schillebeeckx, Dupuis, Panikkar, Kng, Molari. E oggi le cose non sono migliorate, anzi. 5. Limpostazione dominante rimane oggi la seguente: la teologia si esercita nella Chiesa e per la Chiesa e deve avere un esplicito controllo ecclesiale. Nel documento La vocazione ecclesiale del teologo, firmato dal cardinal Ratzinger nel 1990, il nesso chiesa-magistero-teologia strettissimo. A

mio avviso precisamente questo nesso che oggi la teologia deve sottoporre a critica. Perch il cristianesimo possa continuare a vivere in Europa, necessario che la teologia liberi il pensiero di

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cristianesimo possa continuare a vivere in Europa, necessario che la teologia liberi il pensiero di Dio dalla forma rigidamente ecclesiastica impostale lungo i secoli con la morsa degli anathema sit e faccia entrare laria pulita della libert. Non sto auspicando la scomparsa del magistero, ma il superamento della convinzione che la verit della fede si misuri sulla conformit a esso. Ci che auspico lintroduzione di una concezione dinamico-evolutiva della verit (verit uguale bene) e non pi statico- dottrinaria (verit uguale dottrina). Ignazio di LoyolaUna teologia allaltezza dei tempi non pu pi configurarsi come obbedienza incondizionata al papa. Lobbedienza deve essere prestata solo alla verit, il che impone di affrontare anche le ombre e le contraddizioni della dottr ina. 6. Ci comporta il passaggio dal principio di autorit al principio di autenticit, ovvero il superamento dellequazione "verit uguale dottrina" per porre invece "verit maggiore dottrina". esattamente la prospettiva della Bibbia, per la quale la verit qualcosa di vitale su cui appoggiarsi e camminare, pane da mangiare, acqua da bere. In questo orizzonte lesperienza spirituale ha pi valor e della dottrina, il primato non della dogmatica ma della spiritualit, e i veri maestri della fede non sono i custodi dellortodossia ma i mistici e i santi (alcuni dei quali formalmente eterodossi come Meister Eckhart e Antonio Rosmini). Ne viene che unaffermazione dottrinale non sar vera perch corrisponde a qualche versetto biblico o a qualche dogma ecclesiastico, ma perch non contr addice la vita, la vita giusta e buona. Si tratta di passare dal sistema chiuso e autor eferenziale che ragiona in base alla logica "ortodosso-eterodosso", al sistema aperto e riferito alla vita che ragiona in base alla logica "vero-falso", e ci che determina la verit la capacit di bene e di giustizia. Cos la teologia diviene autentico pensiero del Dio vivo, qui e ora. 7. Concretizzando. Non si pu continuare insegnare che la morte stata introdotta dal peccato dell uomo, mentre oggi si sa che la morte c da quando esiste la riproduzione sessuata, cio milioni di anni prima della comparsa delluomo. N si possono pi sostenere cos come sono i dogmi sul peccato originale, sullorigine dellanima, sulleternit dellinferno, sulla risurrezione della carne. Occorre inoltre prendere atto dellinsufficiente risposta alla questione del male e del dolore innocente, la pi antica e la pi attuale sfida a ogni pensiero di Dio. Per quanto riguarda poi la morale sessuale, le parole del card. Poupard sul caso Galileo, cio che la Chiesa di allora fu incapace di "dissociare la fede da una cosmologia millenaria", devono portare a domandarsi se oggi non si allo stesso modo incapaci di dissociare la fede da una biologia altrettanto millenaria e altrettanto sorpassata. necessario un immenso lavoro perch loccidente torni a riconoscersi nella sua religione, e la condizione indispensabile che il cantiere della teologia si apra alla libert. Infatti (per riprendere il sottotitolo del convegno romano) con o senza libert cambia tutto. Ma l attuale gerarchia della Chiesa spiritualmente grado di cogliere lurgenza della situazione e di aprirsi al rischio della libera intelligenza?

"I nostri sono valori non negoziabili"


intervista a Camillo Ruini, a cura di Orazio La Rocca in la Repubblica del 10 dicembre 2009 Luomo non un semplice prodotto della natura. E questa la base su cui poggiano tutte quelle tematiche che Benedetto XVI riassume, per cattolici, credenti, non credenti e uomini di buona volont, quando par la di "valori non negoziabili". Valori che - ricorda il Papa - hanno come fine ultimo la difesa della vita dal concepimento fino alla fine naturale. Di valori non negoziabili - ma non solo - si parler a Roma al convegno Dio oggi. Con Lui o senza di Lui cambia tutto, organizzato dal cardinale Camillo Ruini, presidente del Progetto Culturale Cei. Un confronto sullo stato di "salute" della fede, anche per ribadire la strada maestr a che i cattolici doc devono seguire nelle scelte sociali. Cardinale Ruini, perch un convegno dedicato a Dio oggi? Per due ragioni. La prima il nostro compito di sempre: annunciare e rendere testimonianza a Dio infatti la missione essenziale della Chiesa. La seconda ragione riguarda lattuale contesto

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infatti la missione essenziale della Chiesa. La seconda ragione riguarda lattuale contesto culturale, nel quale forte la negazione di Dio, o almeno la convinzione che di Dio la ragione umana non possa sapere nulla, ed eventualmente solo la fede, come fatto soggettivo, possa aprire una strada verso Dio. Dio discusso come un qualsiasi altro argomento culturale: non c il rischio di banalizzarlo? Promuovere un confronto culturale riguardo a Dio significa cercare di adempiere al mandato contenuto nella prima lettera di Pietro: "Rendere ragione della speranza che in noi". Non significa per pensare che Dio possa essere "padroneggiato" dai nostri discorsi e neppure signif ica dimenticare che quella di Dio non soltanto una questione dellintelligenza: una questione di tutto luomo, che mette in gioco la nostra libert, sensibilit, il senso e lorientamento della nostra vita. Con questo convegno spera di poter fermare, almeno in parte, lattuale processo di scristianizzazione? Non penso di poter lo fermare, ma di poter in piccola misura dare un contributo per orientare il divenire della cultura italiana in una direzione pi aperta alle piene dimensioni dellintelligenza e della libert delluomo che, come dicono i teologi, "capace di Dio", e rimane tale anche nellItalia e nellOccidente di oggi. Anche la Chiesa ha colpe per questa scristianizzazione? Tra gli uomini e le donne che formano la Chiesa, accanto a molti santi e autentici testimoni di Dio, vi sono, e temo vi saranno sempre, anche dei testimoni meno attendibili, tra i quali penso purtroppo di rientrare anchio. Dio stesso, per, ci chiama tutti a una testimonianza pi generosa e pi coer ente: questo anzitutto un dono di Dio, per il quale personalmente prego ogni giorno. La sentenza del Tribunale di Strasburgo che impone di togliere i crocifissi dalle scuole italiane non in parte figlia di questo processo di scristianizzazione? Lo certamente, e mostra lambiguit di questo processo. Infatti, pensando di tutelare al massimo la liber t del singolo, il Tribunale ha trascurato di salvaguardare la libert di espressione di un popolo, le sue tradizioni, la sua cultura, il sentimento profondo che lo lega alla croce di Cristo. Rilanciare Dio nella societ di oggi significa anche rilanciare temi morali cattolici come la difesa della vita, la condanna dellaborto, il no alleutanasia, la famiglia fondata sul matrim onio tra un uomo e una donna che Benedetto XVI ha pi volte definito "non negoziabili"? Obiettivo dellevento internazionale su Dio affrontare quel grande tema che Dio stesso, la sua esistenza, il suo vero volto, il suo significato per noi. Di per s, non entreremo dunque negli argomenti da lei indicati. E vero per che soltanto se Dio esiste, luomo, ogni essere umano, pu essere qualcosa di pi e di diverso da un semplice prodotto della natura, pu essere un fine in se stesso. Questa la base comune di tutti i temi che Benedetto XVI ha definito "non negoziabili": una base che pu rimanere anche soltanto implicita, perch il valore delluomo ha una sua immediata

evidenza. A chi destinato il messaggio legato a Dio oggi? Politici, gente comune, uomini di Chiesa? E destinato a tutti, non in particolare alluna o allaltra categoria, anche se il tipo di trattazione di un incontro di questo genere pi facilmente accessibile per chi ha una certa preparazione culturale. Ma preti, vescovi, cardinali e papi hanno sufficiente attenzione verso Dio? Benedetto XVI ha scritto, nella sua lettera ai vescovi del 10 marzo scorso, che per lui e per la Chiesa tutta rendere Dio presente in questo mondo e aprire agli uomini laccesso a Dio la priorit che sta al di sopra di tutte le altre. E una parola che ci interpella tutti e dalla quale mi sento personalmente interpellato nel profondo.

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Minareti chi alimenta il populismo


di Nicolas Sarkozy in La Stampa del 9 dicembre 2009 Con un refer endum il popolo svizzero si pronunciato contro la costruzione di nuovi minareti sul suo territorio. Questa decisione pu legittimamente suscitare degli interrogativi. Il referendum impone di rispondere alla domanda con un s o un no. Si pu rispondere con un s o un no a una domanda cos complicata, che tocca questioni tanto profonde? Sono convinto che dando una risposta cos netta a un problema che deve poter essere risolto caso per caso, nel rispetto delle convinzioni e delle credenze di ciascuno, non si possano che creare malintesi dolorosi. Ma come non rimanere stupefatti dalla reazione che questa decisione ha suscitato in certi ambiti mediatici e politici del nostro Paese? Reazioni eccessive, a volte caricaturali, nei confronti del popolo svizzero la cui democrazia, pi antica della nostra, ha le sue regole e le sue tradizioni, che sono quelle di una democrazia diretta in cui il popolo ha labitudine di prendere la parola e decidere in prima persona. Dietro la violenza di queste prese di posizione si nasconde in realt una diffidenza viscerale verso tutto ci che viene dal popolo. Il riferimento al popolo gi, per alcuni, linizio del populismo. Ma proprio diventando sordi alle grida del popolo, indifferenti alle sue difficolt, ai suoi sentimenti, alle sue aspirazioni, che si nutre il populismo. Questo disprezzo del popolo, perch una forma di disprezzo, finisce sempre male. Come stupirsi del successo degli estremisti, quando non si tiene conto della sofferenza degli elettori? Quello che appena accaduto mi ricorda come fu accolto il no alla Costituzione europea nel 2005. Mi ricordo di parole a volte dure pronunciate contro la maggioranza dei francesi che aveva scelto di dir e no. Opporre la Francia del s a quella del no significava aprire una frattura, che non avrebbe mai permesso alla Francia di riprendere il suo posto in Europa. Per riconciliare la Francia del s e quella del no bisognava prima di tutto capire cosa avevano voluto esprimere i francesi. Bisognava ammettere che questa maggioranza non si era sbagliata ma che aveva, come la maggioranza degli irlandesi o degli olandesi, espresso quello che sentiva e detto no coscientemente a unEuropa che non voleva pi, perch dava lidea di essere sempre pi indifferente alle aspirazioni dei popoli. Non potendo cambiare i popoli, bisognava cambiare lEuropa. La Francia del no ha iniziato a riconciliarsi con quella del s a partire dal momento in cui invece di giudicarla ha cercato di capirla. allora che, superando le divisioni, la Francia ha potuto mettersi a capo del movimento per cambiare lEuropa. Dunque, invece di insultare gli svizzeri perch la loro risposta non ci piace, sarebbe meglio interrogarci su quello che rivela. Perch in Svizzera, Paese con una lunga tradizione di apertura, ospitalit, tolleranza, c stato un rigetto cos forte? E cosa risponderebbe il popolo francese alla stessa domanda? Invece di condannare senza appello il popolo svizzero, cerchiamo di capire cosa ha voluto esprimere e che cosa provano molti popoli europei, compreso quello francese. Niente sarebbe peggio della negazione. Niente sarebbe peggio del non guardare in faccia la realt dei sentimenti, delle preoccupazioni, delle aspirazioni di tanti europei. Capiamo bene innanzitutto che quel che accade non ha nulla a che fare con la libert di culto o di coscienza. Nessuno, nemmeno la Svizzera, si sogna di rimettere in discussione queste libert fondamentali. Gli europei sono accoglienti, sono tolleranti, nella loro natura e nella loro cultura. Ma non vogliono che la loro vita, il loro modo di pensare e le loro relazioni sociali vengano snaturati. E il sentimento di perdere la propria identit pu essere causa di profonda sofferenza. La

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sentimento di perdere la propria identit pu essere causa di profonda sofferenza. La mondializzazione contribuisce a ravvivare questo sentimento. La globalizzazione rende lidentit problematica, perch tutto in lei contribuisce a smembrarla, ma nello stesso tempo ne acuisce il bisogno: perch pi il mondo aperto, pi la circolazione delle idee delle persone dei capitali delle merci intensa, pi c bisogno di unancora, di un punto di

rifer imento, di sentire che non si soli al mondo. A questo bisogno di appartenenza si pu rispondere con la trib o con la nazione, frantumando la societ in comunit etniche o con lunit della Repubblica. Lidentit nazionale lantidoto al tribalismo e al comunitarismo. per questo che ho sperato in un ampio dibattito sullidentit nazionale. Bisogna parlare tutti insieme di questa sorda minaccia che tante persone nelle nostre vecchie nazioni europee sentono pesare sulla loro identit, perch a forza di essere rinnegato questo sentimento non finisca per generare un terribile rancor e. Gli svizzeri come i francesi sanno che il cambiamento necessario. La loro lunga storia ha insegnato loro che per restare se stessi bisogna accettare di cambiare. Come le generazioni che li hanno preceduti, sanno che aprirsi agli altri un arricchimento. Nessunaltra civilt europea ha tanto praticato il meticciato delle culture, che il contrario del comunitarismo. Il meticciato la volont di vivere insieme, il comunitarismo la scelta di vivere separati. Ma il meticciato non la negazione delle identit, la comprensione e il rispetto per tutti. Da parte di chi accoglie il riconoscere cosa laltro pu portare. Da parte di chi arriva il rispetto di cosa cera prima di lui. Da parte di chi accoglie , ancora, lofferta di condividere la propria eredit, la propria storia, la propria civilt e arte di vivere. Da parte di chi arriva la volont di inserirsi senza violenza ma natur almente in questa societ che si contribuir a trasformare, in questa storia che si contribuir a scriver e. La chiave di questo mutuo arricchimento che il meticciato delle idee dei pensieri delle culture unassimilazione riuscita. Rispettare chi arriva anche permettere loro di pregare in luoghi di culto decenti. Non si rispettano le persone quando le si obbliga a pregare in un hangar. Accettando una situazione del genere non rispettiamo neanche i nostri valori. Ancora una volta, laicit non il rifiuto della religione, ma il rispetto di tutte le religioni. un principio di neutralit, non di indifferenza. Quando ero ministro dellInterno ho creato il Consiglio francese del culto musulmano perch la religione musulmana fosse messa su un piede di uguaglianza delle altre grandi religioni. Rispettare chi si accoglie sforzarsi di non urtarli, di non choccarli, di rispettarne i valori, le convinzioni, le leggi, le tradizioni e farle, almeno in parte, proprie. fare propria luguaglianza tra uomo e donna, la laicit, la separazione di potere temporale e spirituale. Io mi rivolgo ai miei compatrioti musulmani per dire loro che far di tutto perch si sentano cittadini come gli altri, abbiano gli stessi diritti degli altri a vivere la propria fede, a praticare la loro religione con la stessa libert e dignit degli altri. Combatter qualsiasi forma di discriminazione. Ma voglio anche dire loro che nel nostro Paese, dove la civilt cristiana ha lasciato una traccia tanto profonda, dove i valor i della Repubblica sono parte integrante della nostra identit nazionale, tutto quello che pu sembrare una sfida a questa eredit e a questi valori condannerebbe alla sconfitta la creazione cos necessaria di un Islam francese che si inserisca senza violenza nel nostro patto sociale e civico. Cristiano, ebreo, musulmano, uomo di fede, qualunque sia la sua fede, credente, qualsiasi siano le sue convinzioni, ognuno deve saper evitare ogni ostentazione e provocazione e, cosciente della fortuna di viver e in una terra libera, deve praticare il suo culto con lumile discrezione che testimonia non la debolezza delle sue convinzioni ma il rispetto fraterno che prova per chi non pensa come lui e con cui vuole vivere. (Da Le Monde)

La filosofia si allea con Dio e salva luomo dalla violenza

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La filosofia si allea con Dio e salva luomo dalla violenza


di Emanuele Severino in Corriere della Sera del 10 dicembre 2009 Stando al significato assunto storicamente dalla parola Dio, esiste qualcosa di infinitamente pi alto di Dio. Pu il cristianesimo portarsi a questa altezza? Il Dio storico, infatti, una delle forme pi radicali della violenza, e la vicinanza tra Satana, che omicida sin dallinizio, e Dio diventa inevitabile. Ma in quello stare infinitamente pi in alto appare che la violenza e la morte sono gi da sempre vinte anche se la fede nella loro esistenza domina il mondo. La violenza domina il mondo. Rende nemici stati, etnie, famiglie, individui e lindividuo stesso rispetto a s stesso. Il cristianesimo una delle forme pi alte che luomo abbia evocato contro di essa. Tutte le grandi religioni hanno lintento di tenerla lontana. Parlano un linguaggio che i popoli possono capire. Ma soprattutto il cristianesimo si confrontato per due millenni con la filosofia. E infatti quale altro alleato le religioni hanno trovato, contro la violenza, oltre alla filosofia? La quale non parla certo il linguaggio che la gente capisce, ma entrata nel sangue delle religioni, e poi di tutti i grandi eventi della storia europea: rinascimento e arti, scienza moderna e diritto, rivoluzione francese, capitalismo e comunismo. La filosofia si fa sentire come il vento a chi se ne sta in casa: attraverso le porte, le finestre, i muri delle religioni. Stare allaperto difficile, perfino pericoloso. Laperto mette in discussione tutte le certezze di chi sta al chiuso. Mette in discussione anche il senso della violenza. Non certo per rimetterla in circolazione. La filosofia stende la mano alla coscienza religiosa, a quella cristiana in particolare, per portarla pi in alto. Si distingue la violenza dalla volont. Esiste la volont buona, si dice: combatte quella cattiva che, essa s, violenza. La volont non pu esser messa in discussione! E quandanche lo fosse , dovremmo stenderci per terra e non fare pi nulla? Ma anche per far questo occorre volerlo! E allora? Allora si potrebbe incominciare a pensare che altro volere sapendo che volere peccare, violenza, altro volere non sapendolo. Volere peccato e violenza? S, strano; ma si provi a prestar e ascolto a cosa dice quel vento di cui si parlava qui sopra. Molte parole sfuggiranno, altre rester anno incomprensibili, anche perch in casa, a volte, si fa molto rumore. Il vento dice: La violenza pu esistere solo perch si crede che il mondo sia disponibile alla volont (umana o divina) di trasformarlo. Nel paradiso cristiano non c violenza, soprattutto perch lOrdinamento divino che vi regna un sole immutabile, inviolabile, immodificabile. E nessuno dei beati vuole trasformarlo. Ma si pensa a che significa la trasformazione delle cose e la conseguente decisione di trasformarle? Significa che diventano altro da quello che sono. Il vivente diventa un morto, e quando diventato un morto, l non c soltanto un morto, ma un vivente che un morto. Perch sia un morto, necessario che esso sia, appunto, un vivente che ora un morto, ossia che il morto sia il risultato di un morire e che il risultato sia, appunto, un vivente che un morto, cio un non vivente. Che strano! Si diventa sospettosi quando si sente parlare di una casa che non una casa, di una stella che non una stella, di un albero che non un albero; ma non si prova nessun imbarazzo e si sta tranquilli (o meglio, si crede di esserlo) quando si sente dire che un vivente un morto! Eppure la stessa follia presente nel dire che una stella non una stella e nel dire che un vivente un morto. La stessa follia, lo stesso errore, la stessa violenza per cui qualcosa reso altro da ci che esso , separato da s, squartato, e un pezzo del proprio cadavere (la stella) reso identico allaltro pezzo (la non stella). A questo punto, in casa qualcuno dir infastidito di chiudere meglio porte e finestre, per non sentire questi discorsi, qualche altro dir che essi son proprio parole al vento. Che per, anche se non gli si bada pi, continua a parlare. Cos: Ges dice ai Farisei, che vogliono ucciderlo, che il loro padre il diavolo, 'che sin dallinizio stato omicida e non rimasto nella verit' ( ille homicida erat ab

inizio et in veritate non stetit ,Gv.,8,40). Infatti ha indotto i nostri progenitori al peccato, cio ad essere 'come Dio' ( eritis sicut dii ),e Dio ha punito luomo consegnandolo alla morte. 'Ad opera di un uomo dice Paolo ( ad Romanos,5, 12) entr nel mondo il peccato, e ad opera del peccato la morte'. Ma ecco il centro di quanto va soprattutto pensato, allaperto: che non che la mor te sia entr ata nel mondo ad opera del peccato, ma, allopposto, che il peccato entrato nel mondo ad opera della morte; e cio che il vero peccato la morte. Vediamo. Nei Vangeli, la parola pi usata per nominare il peccato hamarta ,che innanzitutto significa 'errore'. Ma prima abbiamo sentito lerrore pi radicale, cio la convinzione che le cose divengano altro da ci che esse sono, e che, diventate altro, sono altro da s. Diventando un morto, il vivo un morto. E ogni diventar altro un morire. Credere nellesistenza della morte credere che un vivo sia un mor to, cio un non vivo; che la stella sia non stella, e cos via per tutte le cose che la volont vuole far diventar altro da quello che sono, e che cos vuole perch, appunto, crede che possano diventar altro. Credere nellesistenza della morte lerrore estremo, il peccato pi profondo, pi originale. C on la mor te il peccato entra nel mondo perch il vero peccato la morte stessa, cio la fede nella sua esistenza. sul fondamento di questa fede si pu decidere di uccidere.

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Ma la filosofia ha un duplice volto. Uno guarda la notte, laltro il giorno. Il vento che sta parlando il vento del giorno. Laltro volto, mostrato dal popolo greco dice ancora il vento, se qualcuno rimasto a sentirlo , rende estremo lerrore pi radicale: crede di vedere che le cose diventando altro da s, diventano nulla e da nulla che erano, diventano esseri. A ci provvede la volont di Dio e delluomo. Lerrore estremo credere che il nulla, diventato essere, sia essere, e che lessere diventato nulla, sia nulla. Quando luomo vuole che luomo vada nel nulla 'omicida'. Quando Adamo pecca deicida. Ed omicida il diavolo che spinge luomo nella morte. E Dio? Ma anche Dio non vuol forse creare il mondo dal nulla, e annientarlo quando creer 'un nuovo cielo e una terr a nuova?' (Apocalisse,21). Non crede forse anche Dio nellesistenza della morte? E non forse questo il senso originar io dellomicidio e della violenza? . Se la follia estrema credere che uomini e cose divengano nulla e ne escano, e questa fede il vero peccato, lessere ucciso proprio dalla fede che esso divenga nulla. Sul fondamento di questa fede, che la violenza dellenticidio, viene perpetrato lomicidio autentico: si mette luomo (e le cose tutte) nel sepolcro del nulla, lo si fa diventare un nulla lui, che uomo e non un nulla , lo si consider a qualcosa che di per s un nulla. Poi si solleva il coperchio del sepolcro, e, trovando un cadavere, lo si 'salva', prima creandolo dal nulla e poi liberandolo dalla morte, che per la 'morte eterna', non questa nostra morte, nella quale si continua a credere. Il cristianesimo vuole ridurre il suo Dio a un omicida? O non c forse qualcosa di infinitamente pi alto di ogni Dio, pi alto della volont e della violenza?. Il vento che si fatto sentire viene dallaperto, si diceva prima. Solleva miriadi di problemi, ma prima di giudicar lo vanit delle vanit, non ci si possono tappare le orecchie. Anche perch viene dallaper to nel senso che sale dal pi profondo di noi stessi, dal profondo con cui crediamo di non aver nulla a che fare, dal sottosuolo della casa in cui ci chiudiamo e a cui riduciamo la nostra esistenza.

La patria di Bertone e quella leghista


di Angelo Bertani in Europa dell'11 dicembre 2009 Pi rispetto reciproco, pi confronto costruttivo e pacifico. Uno stile di vita fatto di convivenza sociale e di valori autentici per rilanciare la via del patr iottismo costituzionale. Il cardinale Bertone ha ragione. E la provocazione di Pierluigi Celli (figlio mio, fuggi allestero ), con le risposte di Benedetta Tobagi, Veronesi e del presidente Napoletano (giovani, non lasciate lItalia) hanno rilanciato il dibattito sul patriottismo. Intorno allidea di patria potrebbero convergere molte energie positive. Ma quale unidea di patria positiva e condivisibile? Certo non la rivendicazione del noi contro gli altr i. Quando si parla di patria spesso lenfasi cade sui confini, le forze armate, le tradizioni locali, quando non sulla (presunta) purezza della razza. Quale gretta idea di patria (e di religione) abbiano i leghisti come Calderoli lo dimostra lincredibile polemica contro il cardinale Tettamanzi (che sarebbe pi Iman che vescovo Repubblica del 7 dicembre). Non c da illudersi: da questa idea di patria (chiusa, conservatrice e ostile) non nasce certo un rispetto reciproco e un confronto pacifico, ma ulteriori divisioni anche interne, rigidit e fanatismi crescenti. La patria chiusa agli altri, sospettosa di ogni differ enza, diventa una gabbia, una prigione in cui anche i cittadini si trovano sempre pi stretti e in conflitto tra loro. Ha ragione Enzo Bianchi (La Stampa 7 dicembre): Si fa sempre pi urgente una riflessione sugli aspetti concreti e quotidiani della presenza in un paese di credenti appartenenti a religioni diverse e sulle garanzia che uno stato democratico deve offrire per salvaguardare la libert di culto. La paura esiste ed cattiva consigliera, aggiunge, e porta a non capire la realt. E invece proprio lessere concittadini, il conoscersi, il vivere fianco a fianco condividendo preoccupazioni per il lavoro, la salute, la salvaguardia dellambiente, la qualit della vita, il futuro dei propri figli, che porta a una diversa comprensione dellaltro. Questa lidea di patria: la citt in cui si vive non solo vicini, ma insieme, legati da una

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Questa lidea di patria: la citt in cui si vive non solo vicini, ma insieme, legati da una condivisione e un progetto comune, uniti nel rispetto dei diritti essenziali di ciascuno e nella speranza di un futuro migliore per tutti. Anche oggi occorre ricostruire; e c bisogno di unidea di patr ia accogliente, aperta al futuro. la patr ia che costruiscono gli uomini di pace, i volontari. E sarebbe importante che fossero proprio loro a prendere la guida della politica nazionale. Sarebbe opportuno che anche la gerarchia e tutta la comunit cattolica se ne convincano seriamente.

Dobbiamo giustificarci di essere laici?


di Gian Enrico Rusconi in La Stampa dell'11 dicembre 2009 Adesso ci si deve giustificare di essere laici. straordinaria la rapidit con cui mutato il clima culturale nel nostro paese. Sino a ieri tutti si dichiaravano laici, con zelo, sia pure con laggiunta di sani o positivi. Adesso diverso: se critichi la Conferenza episcopale italiana o approvi la sentenza di Strasburgo sul crocifisso nella scuola pubblica devi offrire le credenziali che non sei nemico della religione, della Chiesa, anzi di Dio. Ci si mettono anche i laici pentiti con le loro raccomandazioni. Quando rivendicano con enfasi la religione come componente costitutiva del pluralismo democratico (salvo smentirsi immediatamente parlando del cattolicesimo come irrinunciabile indicatore di identit storica nazionale) citano Rawls e Habermas. Credono di essere nellAmerica di Barack Obama o nella civile Germania multiconfessionale. Siamo invece in un paese dove la semplice proposta del pluralismo nellinsegnamento della storia delle religioni nelle scuole e la loro analisi comparata viene respinta come lequivalente del famigerato relativismo. Come tradimento della tradizione cattolica del popolo italiano. A questo punto, anche il pi disponibile dei laici perde la pazienza. finito il tempo del dialogo tra laici e cattolici inteso nel modo tradizionale. opportuno prenderci una pausa di silenzio e rimettere a fuoco parametri e argomenti su cui rimisurare le distanze. Per cominciare, si fa un gran parlare della religione nello spazio pubblico, dimenticando che la dimensione pubblica definita proprio dalla laicit. Lessere laico non un fatto privato, riconducibile alle categorie soggettive del credere/non credere - come si pensa comunemente ma una dimensione pubblica che prescinde dalle credenze. listituzionalizzazione del principio del pluralismo dei convincimenti. La laicit parte dello statuto della cittadinanza. In questo il fondamento delletica pubblica. Laico il cittadino che esercita il diritto di decidere autonomamente della propria condotta morale di vita. In questo senso tutti sono o dovrebbero essere laici. Ma allora nasce il grave problema di coer enza per i cattolici-clericali che si riservano di condizionare la loro lealt allo Stato democratico quando legifera in modo contrario ai loro convincimenti. Si badi: non contro la loro libert di fede e di comportamento, ma contro la loro opinione su come gli altri cittadini devono comportarsi. Qui nasce il contrasto con la dottrina e la strategia della gerarchia della Chiesa quando mira a determinare in modo autoritativo letica pubblica del paese, in particolare nelle questioni che fanno rifer imento allarea della soggettivit personale. (Faccio notare che questa sintetica e esplicita espressione stata coniata dal card. Ruini per qualificare il Progetto culturale cattolico da lui messo in moto). Detto questo, va chiarito un punto molto importante. Il concetto di etica pubblica ampio. Chi laico, nel senso che stiamo illustrando, pu avere larghi spazi di convergenza con le posizioni della gerar chia ecclesiastica su altri temi sociali e culturali. Penso alla difesa dei diritti degli immigrati, o allazione di contrasto di ogni forma di razzismo. Su queste e altre questioni ci pu e ci deve essere convergenza. In questa situazione il laico deve assumersi i seguenti compiti: (a) Sostener e con fer mezza la legittimit del contrasto di visioni etiche e la illegittimit della prevar icazione autoritativa, tramite norme di legge, da parte di una maggioranza che non riconosce la pari dignit etica di chi non la pensa come lei. In questo modo si concretizza il principio della laicit come statuto della cittadinanza e non come questione di convincimenti personali e di stili di vita, da regolamentare secondo i criteri delle convinzioni della maggioranza.

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vita, da regolamentare secondo i criteri delle convinzioni della maggioranza. (b) Contestare gli equivoci che esistono a proposito dello spazio e del discorso pubblico, distinguendo nettamente tra laccesso alla sfera pubblica, aperto e praticato senza restrizioni dalla Chiesa, e lazione strategicamente mirata a influenzare con ogni mezzo la deliberazione politica. (c) Combattere le confusioni tra scienza e teologia a proposito dei concetti di natura e di vita che

sono diventati cruciali per letica pubblica. Da anni nel mondo cattolico si discute di biotecnologie, di testamento biologico, di famiglia naturale mescolando in modo arbitrario argomenti che si pretendono razionali e scientifici, puramente umani, con assunti di fede. Il punto culminante lidea di vita (anzi di Vita), potente veicolo di una visione religiosa che diventa ostinato rifiuto di altre visioni della vita umana, interpretata in modo diverso nella sua concreta storicit, con quel che segue per i rapporti procreativi, sessuali, familiari - gi gi sino alla contraccezione. (d) Aprire un dibattito culturale qualificato di carattere storico-critico sulla formazione della dottrina e della dogmatica cristiano-cattolica (anche in risposta ai discorsi del Pontefice sulla razionalit della fede, sul logos, lilluminismo, lellenizzazione del cristianesimo ecc.). In questo senso parlo della necessit che i laici siano competenti di teologia e della sua storia. Il disinteresse del pensiero laico per la riflessione teologica ha portato alla clericalizzazione della teologia stessa diventata strumento per tenere in minorit intellettuale i credenti. Naturalmente conosco le seccate repliche dei teologi professionali che mi accusano di ignorare la loro produzione. Ma il punto non il professionismo degli esperti bens la teologia pubblica, per cos dire. In questo contesto vorrei sollevare alcuni punti problematici. Lapproccio etico-religioso oggi dominante mantiene sfocati (o semplicemente non detti) i riferimenti ai grandi dogmi teologici della colpa originale, della redenzione, della salvezza che storicamente sono (stati) tuttuno con la dottr ina mor ale della Chiesa. Oggi questi temi teologici sono diventati incomunicabili a un pubblico religiosamente de-culturalizzato. La teologia morale interamente assorbita dalla tematica della vita e della natura con modalit che rischiano di farla cadere in forme di bio-teologismo o di risacr alizzazione naturalistica carica di risentimento verso le scienze biologiche e le teorie dellevoluzione. La teologia diventa sacra biologia. Nel frattempo per si verificata una straordinaria mutazione silenziosa: la Chiesa, nella sua comunicazione pubblica odierna, trasmette unidea tutta positiva di natura/naturalit originaria rimuovendo dun colpo tutti gli aspetti tremendi che per secoli hanno prodotto e accompagnato lidea della natura decaduta con il peccato. E le connesse paure di punizione. Gran parte della dottr ina mor ale sessuale cattolica stata costruita sullassunto della natura corrotta e sulla minaccia della punizione. Ma oggi i teologi morali fanno finta di niente.

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Le cose belle di tutti i giorni ci conducono a Dio


di Maria Antonietta Calabr in Corriere della Sera del 12 dicembre 2009 Quello che il New Yorker ha definito il pi influente filosofo al mondo, docente presso lInstitute for the Psychological Sciencesdella Virginia, Roger Scruton, non ha paura di indicare al pubblico dellevento culturale Dio oggi, una strada sicura verso Dio, quanto semplice e ordinaria. Sorprendentemente, non quella della bellezza dellarte, della grande arte, anche religiosa di tutti i tempi e luoghi. Piuttosto la bellezza nelle sue forme altre e pi quotidiane: la bellezza delle strade ordinate e dei visi gioiosi, delle for me naturali e dei paesaggi cordiali. Niente di zuccheroso o da cartolina di Natale. Ma in un clima culturale desertificato e rinsecchito dalla dissacrazione (che altro non che una forma di difesa dal sacro), Scruton punta su unesperienza di bellezza che incontriamo, in una versione o in unaltra, ogni giorno delle nostre vite : dal riapparire della luce del sole dopo un temporale alla cura che ogni uomo mette nella sua casa. Siamo creature bisognose afferma Scruton e tutti i nostri tentativi di far s che ci che ci circonda appaia in ordine decorando, sistemando, creando sono tentativi di dare il benvenuto a noi stessi e a coloro che amiamo. Questo suggerisce che il nostro bisogno umano di bellezza non semplicemente unaggiunta ridondante alla lista degli appetiti umani. Secondo Scruton possibile ritornare alla bellezza delle cose ordinarie nello spirito di Wallace Stevens e di Samuel Barber (o diciamo, per gli italiani, di Eugenio Montale e di Attilio Bertolucci) per mostr are quanto ci sentiamo a casa nostra con esse e quanto esse magnifichino e giustifichino la nostra vita. Perch, allora, si chiede, cos tanti artisti si rifiutano oggi di camminare lungo quel sentiero? . La risposta di Scruton forse perch sanno che esso conduce a Dio. Impietosa l analisi del cambiamento improvviso subito dal mondo dellarte in mezzo secolo di negativit . Gli artisti hanno iniziato a glorificare la bruttezza con immagini di brutalit e distruzione, racconti di stili di vita viziosi e ripugnanti, musica di una sgradevolezza vessatoria o di una violenza folle e spietata. Ovviamente, nellarte moderna non tutto cos. E si debbono sicuramente salutare come eroi dei nostri tempi Saul Bellow e Charles Tomlinson, Henri Dutilleux, Tom Phillips e David Inshaw i quali non hanno rinunciato alla bellezza . Il culto della bruttezza e della dissacrazione si afferma oggi secondo Scruton in unepoca di prosperit senza precedenti. Nella ricchezza sorge lillusione di essere padroni del proprio fato e quindi di non avere pi bisogno di un Dio che provvede per noi. E cos nasce in noi uno strano spirito di vendetta, la dissacrazione, il sacrilegio di tutto ci che contiene (come di fatto contiene) il presagio di una qualche sacralit originaria. Non si pu servire Dio e Mammona: Davanti alle cose sacre conclude le nostre vite vengono giudicate e per sfuggire a quel giudizio, noi distruggiamo la cosa che sembra accusarci.

Brescia cattolica che ti succede?


di Don Fabio Corazzina, Claudio Treccani, Francesca Martinengo in Bresciaoggi del 4 dicembre 2009 Cara Brescia cattolica, fammi un po' capire quello che ti sta accadendo: 700 missionari sparsi per il mondo ad annunciare e testimoniare il Vangelo, tra le prime diocesi d'Italia per il numero di adozioni a distanza di seminaristi, 800 sacerdoti, 5 istituti missionari pi diversi istituti religiosi aventi missioni, le adozioni "a distanza" proliferano in ogni associazione, pi di 150 associazionionlus impegnate per la cooperazione nei paesi del sud del mondo (con forme e modalit diverse), 150 gruppi missionari nelle parrocchie che fanno informazione, formazione e raccolgono fondi per i fratelli del sud del mondo, Banca etica fa la sua parte, il Commercio equo e solidale ha raggiunto i 29 negozi, 7 Ong da anni operano per il sud del mondo... e potremmo continuare. Non manca certo l'attenzione agli ultimi, ai poveri, agli "altr i". Senza Verit, senza fiducia e amore per il vero, non c' coscienza e responsabilit sociale, e l'agire sociale cade in balia degli interessi privati e di logiche di potere, con effetti disgregatori sulla

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sociale cade in balia degli interessi privati e di logiche di potere, con effetti disgregatori sulla societ, tanto pi in una societ in via di globalizzazione, in momenti difficili come quelli attuali ( Caritas in ver itate , 5). La verit che c' qualcosa che non funziona al di l di questa luminosa facciata e di questa gloriosa storia. Siamo sempre stati in grado di far coabitare virtuosamente diavolo e acqua santa. Infatti siamo tra i primi produttori e commercianti di armi al mondo e non se ne pu parlare. Cresce, anche nelle nostre parrocchie e fra i preti e religiosi, una cultura leghista ben lontana dal vangelo (si raccolgono fir me per difendere il crocifisso, brandendolo come una spada e urlando nessuno potr mai privarci dei nostri simboli, della nostra storia e della nostra identit: che tristezza e che vergogna!). Dilaga la violenza verbale, culturale e aumentano i gesti di avversit contro gli stranieri (ci mancava pure l'ultima trovata del Cie - Centro di identificazione e espulsione - che non render Brescia pi sicura ma certamente pi conflittuale). Continuiamo a maltrattare l'ambiente in cui viviamo e privilegiamo logiche di cementificazione e di inutile inquinamento o l'idea di guadagnare su tutto privatizzando ci che spetta a tutti (vedi l'acqua). Consumiamo, pro capite, 25 volte pi di un abitante dei paesi del sud del mondo. Tolleriamo (e votiamo) leggi apertamente ingiuste e inique. Dimentichiamo la coscienza pur di intrupparci in logiche di potere e di partito. Ci lamentiamo della chiesa e dei vertici (giustamente), per i loro silenzi e connivenze, ma non sappiamo vivere una sincera, libera e adulta vita di fede nell'economia, nella politica, nell'educazione. Chiediamo privilegi che non riconosceremo mai ad altri. Inneggiamo al Papa e poi prepariamo delibere che calpestano la dignit della persona e i diritti umani. I fatti di Coccaglio e di Rovato ci turbano e ci interrogano. Ci turba la violenza gratuita e insensata contro due giovani tanto quanto l'odio e la violenza che cresce dentro le nostre comunit. Quattro manifestazioni in 4 giorni e totale incapacit di dialogare e lavorare insieme per il bene comune. Chiedere giustizia e legalit non ci esime dal coraggio dell'ospitalit e dell'accoglienza. Chiedere sicurezza e meno violenza non ci esime dalla valutazione della mole di violenza che noi abbiamo seminato nel mondo e stiamo seminando nel nostro mondo. Chiedere attenzione alla famiglia non cancella la responsabilit di espellere famiglie intere in nome di leggi fatte dal centrosinistra o di un pacchetto sicurezza scandalosamente ingiusto (il sindaco di Coccaglio avr formalmente ragione ma la formalit del rispetto delle leggi in questo caso e in molti altri non si coniuga pi con la libert di coscienza e il bene dell'uomo). Chiedere identit significa fare seriamente il punto sulla qualit della nostra vita e scelta cristiana, di singoli e di comunit. Se le destre e le sinistre che in questi giorni hanno inneggiato al crocifisso e al bianco Natale, se chi vuole mettere la croce sulla bandiera italiana si fer massero a leggere e vivessero il Vangelo nulla di questo sarebbe accaduto. Intanto le comunit cristiane balbettano, o tacciono. Ci domandiamo cosa abbiamo da perdere e perch abbiamo cos tante paure. Ci domandiamo perch le nostre comunit si sono incattivite. Ci domandiamo perch, anche nei nostri consigli

pastorali e fuori dalle chiese, in paesi a maggioranza cattolica, pi facile sentire una bestemmia piuttosto che una parola di speranza. Ci domandiamo perch sia rilanciato un cattolicesimo che cer ca poltrone e potere piuttosto che uno stile di vita libero, povero e in dialogo costante con il mondo (vi consigliamo di leggere le due interviste a Cesare Trebeschi e a Graziano Tarantini su Bresciaoggi del 7 novembre 2009 per capire cosa c' in gioco). Siamo invece certi che Ges ci chiede di stare con gli ultimi, di servire e non farci servire, di scegliere Dio e non il denaro, di costruire pace e nonviolenza, di essere benedizione e non maledizione. Buoni, liberi, poveri e coraggiosi compagni di viaggio per questo mondo che chiede incontro e non censure e chiusure. A quando un discernimento veramente comunitario? don Fabio Corazzina, parroco di S. Maria in Silva - Brescia Claudio Treccani, animatore del Centro missionario diocesano Francesca Martinengo, giovane studentessa

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A Milano nuove forme di strategia della tensione


di Paolo Foschini in Corriere della Sera del 12 dicembre 2009 A quarantanni di distanza da Piazza Fontana la sfida deve essere di nuovo raccolta, perch volger e lo sguardo al passato necessario ma non basta: occorrono risposte vere alle 'strategie della tensione' non solo di ieri ma anche di oggi. La Curia di Milano sceglie il giorno esatto dellanniversario della prima strage di Stato italiana per rilanciare un monito pi preoccupato che mai. Se la carica distruttrice del terrorismo di quarantanni fa pu dirsi sconfitta si legge infatti in un editoriale pubblicato ieri sera sul sito della Diocesi ambrosiana occorre vigilare su altre forme certo pi sottili ma non meno pervicaci di violenza: da quella verbale e intimidatoria sino al dilagare dellindifferenza che opprime ed esclude, del giudizio privo di qualsiasi senso della misura, dellutilizzo strumentale del pensiero e dellagire altrui per far s che non si tenda invece alla reciproca comprensione, alla collaborazione, alledificazione di una citt a misura di uomo e della sua dignit irr inunciabile. Larticolo cade a una settimana precisa dal discorso alla citt pronunciato dal cardinale Dionigi Tettamanzi (foto sopra) alla vigilia di SantAmbrogio e che aveva innescato stante il suo contenuto allinsegna dellapertura, della necessit di maggiore attenzione al sociale e di un forte rilancio della questione morale anche in politica non solo una reazione a dir poco gelida dellamministrazione Moratti ma soprattutto quella almeno verbalmente violentissima della Lega. Leditoriale della Curia firmato dal vicario episcopale Eros Monti non richiama espressamente quelle reazioni ma il discorso del cardinale lo riprende pi volte. E formulando un parallelismo tra due epoche pur distanti quasi mezzo secolo parla tuttavia di segni molto simili. Occorre che Milano cos si legge come seppe reagire allora alla logica del terrorismo con la compostezza del suo tessuto sociale, sappia guardare anche il nostro tempo con occhi rinnovati per cogliere la vera volont di dialogo, di gratuit, disinteresse che pure esistono: e questo nonostante la creazione di sempre nuove barricate prosegua di gran carr iera mentre individualismo e ricerca del proprio tornaconto personale non cessino di stringere tra loro alleanze inedite.

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Cuore e ragione nella questione Dio


di Franco Garelli in La Stampa del 12 dicembre 2009 In un'epoca in cui il termine religione evoca i significati pi diversi (dalla religione civile a quella etnica, dal conflitto di civilt al fondamentalismo religioso), colpisce la scelta effettuata dalla Chiesa italiana di dedicare un maxi convegno di due giorni di alto profilo culturale e scientifico al tema Dio oggi. Il grande rendez-vous, che termina questa mattina, ha raccolto all'Auditor ium di Roma pi di 1500 persone e ha visto la presenza di 50 relatori provenienti dall'Europa e dall'America, tra cui scienziati, filosofi, teologi, letterati, giornalisti. Il tutto ha dato vita a una quindicina di momenti di alta riflessione, che hanno trattato la questione di Dio dalle angolature pi diverse: non soltanto il Dio della fede e della filosofia, o il Dio delle diverse religioni, ma anche quello della cultura e della bellezza, i rapporti tra Dio e anima, tra Dio e vita, oltre alle immagini di Dio evocate dalla letteratura e dalla poesia, dalla musica di ieri e di oggi, dalla storia e dalla politica. Temi dunque non solo elogiativi del rapporto tra l'uomo e Dio, ma capaci di affrontare anche le questioni pi aperte e spinose che hanno accompagnato la presenza del sacro nel corso della storia, tra cui il difficile rapporto tra Dio e le scienze, o il tema drammatico e sempre caldo di Dio e la violenza. Promosso dal Progetto cultur ale della Cei, e fortemente voluto dal cardinal Ruini che lo anima da sempre, questo evento internazionale si posto come obiettivo di raccordare la fede cristiana con la cultura, di colmare un vuoto di riflessione che da tempo incombe nella societ italiana. Per una volta tanto, gli esponenti del mondo laico non possono accusare la chiesa cattolica di avere uno sguardo pi orizzontale che verticale, di essere pi interessata alle questioni della vita, bioetica, famiglia fondata sul matrimonio, scuola cattolica, insegnanti di religione, 8x1000, che a parlare di Dio nella modernit avanzata. In effetti con questo evento i vescovi italiani hanno voluto porre la grande domanda a pi destinatari: a chi crede, a chi perplesso e a chi cerca. Tre categorie ben rappresentate nel convegno sia tra i relatori sia tra il pubblico selezionato. Di per s, il titolo lungo del Convegno - Dio oggi. Con lui o senza di lui cambia tutto - suonava come un aut aut capace di mettere in difficolt il mondo laico, sovente sconcertato dalle posizioni di cer ta gerarchia cattolica che attribuisce solo ai credenti la chiave della vera conoscenza e compr ensione della realt. Il Dio cambia tutto del Convegno richiama certamente il primato che Benedetto XVI attribuisce alla verit cristiana, anche se ne rappresenta una versione pi aperta. Si coltiva in questo caso maggior mente il dialogo con l'uomo contemporaneo, con le culture e le mentalit del tempo presente, da parte di una chiesa consapevole che vi sono domande di senso in ogni dove e in ogni epoca, e che il fatto che esse si manifestino e irrobustiscano dipende anche dal modo in cui le religioni e le chiese si pongono nel mondo. Di qui linteressante mix di relatori e di interventi al Convegno di Roma, come emerso dalla presenza italiana. Sui palchi sono saliti non soltanto laici credenti o teologi e uomini di chiesa (tra cui, oltre a Ruini, Scola, Forte, R avasi, Sequeri), ma anche esponenti del mondo laico sensibili al tema (Sever ino, Panebianco, Cacciari, Galli della Loggia, Schiavone) e rappresentanti di quegli atei devoti (come Ferrara) con cui il vertice della Chiesa (pi che la base cattolica) ha da tempo rapporti privilegiati. Tra i pregi del Convegno, dunque, vi certamente l'intenzione di porre la questione di Dio anche in un'epoca che si pensa refrattaria ai grandi interrogativi, non tanto perch in essa vi siano deboli capacit riflessive, ma perch lo scetticismo e il relativismo sembrano oggi prevalere rispetto alla domanda di assoluto. Per contro, un limite forse individuabile in un'impostazione di fondo dei lavor i troppo giocata sulla ragione, in un tempo in cui molti accedono alle questioni della trascendenza perlopi sulla base dell'esperienza. I virtuosi della religione possono fare a meno delle prove dell'esistenza di Dio, in quanto essi sono consapevoli della sua benevolenza nei loro confronti, che li rassicura e li conferma nella vita; e ci

anche se nel Convegno stato ricordato che tutti i mistici hanno vissuto una notte profonda dello

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anche se nel Convegno stato ricordato che tutti i mistici hanno vissuto una notte profonda dello spirito, come per dire che il dubbio, la ricerca, lo sconforto parte integrante del cammino dell'uomo verso Dio. La maggioranza dei fedeli, invece, deve accontentarsi di esperienze di seconda mano della trascendenza, rappresentate da una comunit di persone che trasmette il testimone della fede di generazione in generazione; dai santi che attestano la presenza di Dio con le loro opere di carit o la loro finezza spirituale; da momenti particolari in cui il sacro bussa con maggior forza nell'esistenza. Non c' solo dunque una via razionale per provare l'esistenza di Dio; ma fa parte della cultura d'oggi guardare a Dio in termini affettivi, in chiave esperienziale, in un'epoca che rispetto al passato tiene molto pi unite anima e corpo, mente e spirito, ragione e affettivit.

Io, nero italiano e la mia vita ad ostacoli


di Pap Khoum a in la Repubblica del 12 dicembre 2009 Sono italiano e ho la pelle nera. Un black italiano, come mi sono sentito dire al controllo dei passaporti dell'aeroporto di Boston da africane americane addette alla sicurezza. Ma voi avete idea di cosa significa essere italiano e avere la pelle nera proprio nell'Italia del 2009? Mi capita, quando vado in Comune a Milano per richiedere un certificato ed esibisco il mio passaporto italiano o la mia carta d'identit, che il funzionario senza neppure dare un'occhiata ai miei documenti, ma solo guardandomi in faccia, esiga comunque il mio permesso di soggiorno: documento che nessun cittadino italiano possiede. Ricordo un'occasione in cui, in una sede decentrata del Comune di Milano, una funzionaria si stup del fatto che potessi avere la carta d'identit italiana e chiam in aiuto altre due colleghe che accorsero lasciando la gente in fila ai rispettivi sportelli. Il loro dialogo suonava pi o meno cos.

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rispettivi sportelli. Il loro dialogo suonava pi o meno cos. Mi ha dato la sua carta d'identit italiana ma dice di non avere il permesso di soggiorno. Come possibile?. Come hai fatto ad avere la carta d'identit, se non hai un permesso di soggiorno ci capisci? Dove hai preso questo documento? Capisci l'italiano?. Non ho il permesso di soggiorno, mi limitai a rispondere. Sul documento rilasciato dal Comune (e in mano a ben tre funzionari del Comune) era stampato "cittadino italiano" ma loro continuavano a concentrarsi solo sulla mia faccia nera, mentre la gente in attesa perdeva la pazienza. Perch non leggete cosa c' scritto sul documento?, suggerii. Attimo di sorpresa ma. finalmente mi diedero del lei. Lei cittadino italiano? Perch non l'ha detto subito? Noi non siamo abituati a veder e un extracomunitario. L'obiezione sembrerebbe avere un qualche senso ma se invece, per tagliar e corto, sottolineo subito che sono cittadino italiano, mi sento rispondere frasi del genere: Tu possiedi il passaporto italiano ma non sei italiano. Oppure, con un sorriso: Tu non hai la nazionalit italiana come noi, hai solo la cittadinanza italiana perch sei extracomunitario. Quando abitavo vicino a viale Piave, zona centrale di Milano, mi capitato che mentre di sera stavo aprendo la mia macchina ed avevo in mano le chiavi una persona si avvicinata e mi ha chiesto con tono perentorio perch stavo aprendo quell'auto. D'istinto ho risposto: Perch la sto rubando! Chiama subito i carabinieri. E al giustiziere, spiazzato, non restato che andarsene. In un'altra occasione a Milano alle otto di mattina in un viale ad intenso traffico, la mia compagna mentre guidava ha tagliato inavvertitamente la strada ad una donna sul motorino. E' scesa di corsa per sincer arsi dello stato della malcapitata. Ho preso il volante per spostare la macchina e liberare il traffico all'ora di punta. Un'altra donna (bianca) in coda scesa dalla propria macchina ed corsa verso la mia compagna (bianca) e diffondendo il panico le ha detto: Mentre stai qui a guardare, un extr acomunitario ti sta rubando la macchina. Non un ladro, il mio compagno, si sentita rispondere. Tutte le volte che ho cambiato casa, ho dovuto affrontare una sorta di rito di passaggio. All'inizio, saluto con un sorriso gli inquilini incrociati per caso nell'atrio: Buongiorno! o Buona sera!. Con i giovani tutto fila liscio. Mentre le persone adulte sono pi sospettose. Posso anche capirle finch mi chiedono se abito l, perch la prima volta che ci incontriamo. Ma rimango spiazzato quando al saluto mi sento rispondere frasi del genere: Non compriamo nulla. Qui non puoi vender e!. Chi ti ha fatto entrare?. Nel settembre di quest'anno ero con mio figlio di 12 anni e aspettavo insieme a lui l'arrivo della metropolitana alla stazione di Palestro. Come sempre l'altoparlante esortava i passeggeri a non superare la linea gialla di sicurezza. Un anziano signore apostrof mio figlio: Parlano con te, ragazzino. Hai superato la linea gialla. Devi sapere che qui vietato superare la linea gialla maleducato. Facevo notare all'anziano che mio figlio era lontano dalla linea gialla ma lui continuava ad inveire: Non dovete neppure stare in questo paese.

Tornatevene a casa vostra... feccia del mondo. La pagherete prima o poi. Qualche settimana fa all'aeroporto di Linate sono entrato in un'edicola per comprare un giornale. C'era un giovane addetto tutto tatuato, mi sono avvicinato a lui per pagare e mi ha indicato un'altra cassa aper ta. Ho pagato e mi sono avviato verso l'uscita quando il giovane addetto si messo a urlare alla cassiera: Quell'uomo di colore ha pagato il giornale?. La cassiera ha risposto urlando: S l'uomo di colore ha pagato!. Tornato indietro gli dico: Non c' bisogno di urlare in questo modo. Ha visto bene mentre pagavo. Lei mi ha guardato bene? Lo sa con chi sta parlando? Mi guardi bene! Sa cosa sono? Lei si rende conto cosa sono?. Cercava di intimidirmi. Un razzista! gli dico. S, sono un razzista. Stia molto attento!. Lei un cretino, ho replicato. Chi vive queste situazioni quotidiane per pi di 25 anni o finisce per accettarle, far finta di niente per poter vivere senza impazzire, oppure pu diventare sospettoso, arcigno, pieno di "pregiudizi al contr ario", spesso sulle spine col rischio di confondere le situazioni e di vedere razzisti sbucare da tutte le parti, di perdere la testa e di urlare e insultare in mezzo alla gente. E il suo aguzzino che ha il coltello dalla parte del manico, con calma commenta utilizzando una "formula" fissa ma molto efficace: Guardate, sta urlando, mi sta insultando. Lui soltanto un ospite a casa mia. Siete tutti testimoni. Ho assistito per caso alla rappresentazione di una banda musicale ad Aguzzano, nel piacentino. Quando quasi tutti se ne erano andati ho visto in mezzo alla piazza una bandiera italiana prendere fuoco senza una ragionevole spiegazione. Mi sono ben guardato dal spegnerla anche se ero vicino. Cosa avrebbe pensato o come avrebbe reagito la gente vedendo un "extracomunitario" nella piazza di un paesino con la bandiera italiana in fiamme tra le mani? Troppi simboli messi insieme. Ho lasciato la bandiera bruciare con buona pace di tutti. Ho invece infinitamente apprezzato il compor tamento dei poliziotti del presidio della metropolitana di Piazza Duomo di Milano. Non volevo arrivare al lavoro in ritardo e stavo correndo in mezzo alla gente. Ad un tratto mi sentii afferrare alle spalle e spintonare. Mi ritrovai di fronte un giovane poliziotto in divisa che mi url di consegnare i documenti. Consegnai la mia carta di identit al poliziotto gi furibondo il quale, senza aprir la, mi ordin di seguirlo. Giunti al posto di polizia, dichiar ai suoi colleghi: Questo extr acomunitario si comporta da prepotente!. Per fortuna le mie spiegazioni non furono smentite dal collega presente ai fatti. I poliziotti verificarono accuratamente i miei documenti e dopo conclusero che il loro giovane collega aveva sbagliato porgendomi le loro scuse. Furono anche dispiaciuti per il mio ritardo al lavoro.

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dispiaciuti per il mio ritardo al lavoro. Dopotutto, ho l'impressione che, rispetto alla maggioranza della gente, ai poliziotti non sembri anormale ritrovarsi di fronte a un cittadino italiano con la pelle nera o marrone. Noi non siamo abituati!, ci sentiamo dire sempre e ovunque da nove persone su dieci. E' un alibi che non regge pi dopo trent'anni che viviamo e lavoriamo qui, ci sposiamo con italiane/italiani, facciamo dei figli misti o no, che crescono e vengono educati nelle scuole e universit italiane. Un fatto sconvolgente quando tre anni fa fui aggredito da quattro controllori dell'Atm a Milano e finii al pronto soccorso. Ancora oggi sto affrontando i processi ma con i controllori come vittime ed io come imputato. Una cosa certa, ho ancora fiducia nella giustizia italiana.

No al razzismo
di Alessandra L ongo in la Repubblica del 12 dicembre 2009 Settecentottantotto provvedimenti comunali contro gli immigrati emessi nel solo Nord in 14 mesi (luglio 2008 - agosto 2009). Che cosa sta succedendo all'Italia e agli italiani? L'Anpi, l'Associazione nazionale partigiani ha organizzato per oggi, a Mirano (Venezia), una manifestazione nazionale contro il razzismo. E' un basta a ingiustizie e cinismo, un basta in ricordo delle vittime delle leggi razziali e della barbar ie nazifascista. Siamo un popolo - scrive l'Anpi - che ha conosciuto l'odio razziale imposto per legge. Amara la sintesi: Chi ci governa sembra aver perso la memoria. Immigrati respinti alla mor te quando chiedono accoglienza, denunciati quando hanno bisogno di cure. L'Italia di oggi. Siamo un popolo che ha il dovere di reagire, dice l'Anpi.

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Piazza Fontana quarant'anni dopo


di Eros Monti, vicario episcopale per la Vita Sociale della Diocesi di Milano in www.chiesadimilano.it dell'11 dicembre 2009 In Piazza Fontana si condensa la memoria di un passato che di continuo richiede di essere riletto, compr eso, interpretato. In una parola, riascoltato. Interrompendo magari le frenetiche giornate milanesi con una visita e uno spazio di silenzio quello che il traffico incessante concede soffermandosi davanti a lapide e corone, scorrendo la lista in doppia fila di nomi incisi nel mar mo, riper correndo tratti incancellabili di questi quattro decenni di vita milanese. In effetti, Piazza Fontana rimane sede di una memoria difficile da cancellare, come tutte le pagine dolenti del passato di una inter a citt. Ha rappresentato una lacerazione, una ferita profonda per tutti. Tempo fa, ho avuto loccasione di ascoltare il racconto di quelle ore terribili dalla viva voce di un testimone, una persona giunta sul posto poco dopo la drammatica esplosione. Mi ha ricondotto ad uno scenario dominato da sangue, urla, pianti che si sovrapponevano alle sirene dei mezzi di soccorso. E poi, diradatosi il fumo, quella grande buca, quel cratere lasciato dalla bomba. Una ferita aperta, un vuoto profondo creato dalla logica della violenza e del terrore, che ha ingoiato vite umane, ha colpito intere famiglie, ha percosso lintera citt, ha scavato un solco nel suo tessuto sociale. Quel solco tante volte approfondito dalla cosiddetta strategia della tensione che proprio da Piazza Fontana ha tratto le sue origini, inaugurando i cosiddetti anni di piombo, che pi volte, troppe volte, hanno insanguinato le strade e le piazze di questa nostra citt. Milano, per, non rimasta inerte. Ha raccolto la sfida, si ripresa, ha saputo reagire alla logica del terrorismo, della violenza sfrenata di pochi che pretendeva di imporsi a tutti nellarco di tempo del bagliore di unesplosione o di una scarica di proiettili. Milano ha risposto, ha reagito; ha saputo riprendersi. Nel tempo, nei fatti. Con la solida determinazione di una cittadinanza che in tutte le sue componenti non si mai inginocchiata n arresa, riproponendo di continuo il suo volto di labor iosit, di coesione sociale, per quanto ferita e minacciata. Manifestando anche apertamente il proprio comune sentire: indimenticabile rimane la partecipazione alle esequie di Walter Tobagi. La citt ha risposto con la compostezza di un tessuto sociale che in molti modi, per lo pi non appar iscenti, a partire dalla quotidianit del suo vissuto, delle sue relazioni, del suo mondo associativo, dellagire responsabile di molti, ha ripetuto e confermato il suo no alla logica distruttiva del terrorismo. A quarantanni di distanza, la sfida devessere di nuovo raccolta. E questa la ragione per cui facciamo memoria di una delle stragi pi drammatiche e tuttora impunite della storia del nostro Paese. Non soltanto per volgere lo sguardo al passato, ma per guardare con occhi rinnovati attorno a noi, per scorgere nel nostro tempo quei segni che annunciano risposte vere alle strategie della tensione di ieri e di oggi. Quei segni che dicono di legami, personali e sociali, solidi perch capaci di esprimere solidariet, apertura, accoglienza. Verso tutti. Quei segni che indicano vera volont di dialogo, di gratuit, disinteresse. Nonostante la creazione di sempre nuove barricate prosegua di gran carriera e individualismo e ricerca del proprio tornaconto personale non cessino di stringere tra loro alleanze inedite. Quei segni, soprattutto, che ci parlano di futuro, ci aiutano a spingere lo sguardo oltre. Oltre limmediato, leffimero, il provvisorio. Che ci indir izzano nella direzione di una rinnovata progettualit. Come ci ha recentemente richiamato lArcivescovo, in occasione dellultimo Discorso alla Citt, si esige un cambiamento radicale, lungimirante e teso al bene comune globale. Si esige una progettazione di ampio respiro, capace di andar e oltre le risposte immediate ed effimere, capace di dare un volto nuovo alla nostra Citt. Una progettazione che riguardi tutti i grandi capitoli della vita sociale.

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Perch se la carica distruttrice del terrorismo di quarantanni fa pu dirsi sconfitta, occorre vigilare su altr e forme, certo pi sottili, ma non meno pervicaci, di violenza. Da quella verbale, intimidatoria, al dilagare dellindifferenza che opprime ed esclude, del giudizio privo di qualsiasi senso della misura, dellutilizzo strumentale del pensiero e dellagire altrui per far s che si prendano distanze nette gli uni dagli altri, non si tenda invece alla reciproca comprensione, alla collaborazione, alledificazione di una citt a misura di uomo di ogni persona umana e della sua dignit irrinunciabile. Occorre allora guardare avanti; in profondit. E con determinazione, come ancora ci suggerisce lArcivescovo, indicandoci la traccia di un fecondo, comune cammino: In questa prospettiva va promossa con decisione una nuova solidariet che assuma la forma di una vera e propria alleanza intesa come incontro, dialogo, scambio dinformazioni, condivisione di interventi, collaborazione corresponsabile tra le istituzioni pubbliche e le forze vive della societ civile, ovviamente nel rispetto delle diverse competenze e nel segno di una reciproca fiducia: si pensi, in particolare, allurgenza di una simile alleanza nei fondamentali ambiti della scuola, del lavoro, della salute, della lotta alle varie forme di povert e di emarginazione sociale. ci di cui abbiamo bisogno: educarci tutti, ciascuno secondo la propria competenza, capacit a guardar e al futuro, a quanto ci possibile costruire in questa direzione, fin dal prossimo passo. Tutti; e insieme. Senza indugiare nellaspettativa di soluzioni facili o di prospettive semplificatrici, o nellattesa che per prima cosa altri comincino ad assumersi le rispettive responsabilit. La risposta al terrorismo e alla violenza di ieri e di oggi esige coralit, costanza, partecipazione. Sapremo raccogliere la sfida? Siamo consapevoli che la risposta non pu che giungere da un agire pienamente rinnovato. Che affidiamo, con le parole del Cardinale, allunico Signore della storia: dunque a Cristo che dobbiamo guardare, come singole persone, come citt di Milano, a lui che il buon samaritano e che vuole continuare a essere presente e operante nella storia dellumanit ferita e bisognosa di cura tramite la nostra mediazione.

Noi, quelli del Crocefisso Loro tutti talebani


di PZ, redattore "Radio Onda d'Urto" in Liberazione del 12 dicembre 2009 Per capire come sia possibile, nell'anno di grazia 2009, conciliare la fede religiosa nel cattolicesimo con quella politica nel padanismo lumbard non bisogna aver paura di guardare in quell'abisso fatto di contraddizioni, gretto utilitarismo e paradossi che negli ultimi anni ha fatto proseliti nei cuori e nelle menti di tanti "fedeli" del Nord Italia. Perch, bisogna dirlo, di abisso si tratta: crocifisso e rastrellamenti di massa contro i migranti, presepe e ronde, messa di Natale e voglia di farla pagare a qualcuno di questi extracomunitari: non lavorano, sono troppi e pretendono di imporci la loro cultura, il burqa e tutto il resto. Da diverso tempo parole di questo tenore non sono pi appannaggio dei militanti leghisti pi accesi, magari coinvolti in una discussione nei tantissimi bar della ster minata provincia lombarda. Le si possono ascoltare anche, ad esempio, fuori dagli oratori,

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della ster minata provincia lombarda. Le si possono ascoltare anche, ad esempio, fuori dagli oratori, di fatto l'unica agenzia sociale a basso costo in cui ancora oggi migliaia di bambini e famiglie passano una parte del loro tempo libero. La zona di territorio pi "calda", al riguardo, la fascia indistinta di borghi, abitazioni e capannoni che corre fra le citt di Bergamo e Brescia, dove i recenti fatti di cronaca hanno fatto lievitare pericolosamente il livello di tensione sociale ed intolleranza, specie nei confronti dei migranti. Fra gli abitanti delle due province divise dal fiume Oglio, si sa, non mai corso buon sangue, ma la sincrasi fra una parte del mondo cattolico (specie di base) e il leghismo intollerante riuscita ad unire quel che politica, calcio e altre mille piccole rivalit avevano contribuito a tenere ben diviso nel corso degli anni. Tornare a Coccaglio, il paese bresciano divenuto tristemente famoso nel corso delle ultime settimane per il provvedimento antimigranti denominato "White Christmas", consente di avere l'esatta percezione di questo cortocircuito dagli esiti devastanti per il vivere civile delle comunit: Quando mio figlio - ha detto una signora coccagliese in una delle tante interviste ad abitanti del paese pubblicate ultimamente sui media mainstream - gioca con i suoi amici ci sono anche alcuni marocchini e kosovari (le etnie pi presenti nell'ovest bresciano, ndr ). A me questo non piace. Sarei pi sicura se mio figlio trascorresse il suo tempo con gli italiani, e non con gli altri. In questa frase, ed in altre di questo tenore che facile ascoltare fra le colline della Franciacorta e la pianura circostante, c' il nocciolo del discorso. Da una parte, la realt dei fatti, che parla di una societ gi multiculturale ormai da tempo, con importanti momenti di integrazione e confronto reciproco, specie fra le giovani generazioni. Dall'altra, invece, i timor i indotti dal rumore mediatico, da alcuni fatti di cronaca e soprattutto dalla crisi economica ed occupazionale (la Tenaris di Dalmine, con i suoi 700 e passa licenziamenti annunciati, qui a due passi). Tutto questo anima, fra la gente comune, la paura dell'"altro" in quanto tale. Ma l'altro, qui nella zona a cavallo fra il Bresciano e il Bergamasco, non identificabile con cer tezza. La linea di confine fra "noi" e "loro", non potendo passare dal colore della pelle, attraversa cos il campo della religione: "noi" siamo i cattolici, "loro" sono i musulmani. Perch alla fine - dice infatti un ragazzo studente universitario nel bar di fronte alla chiesa di un comune della bergamasca -: noi siamo quelli del crocifisso, del presepe, dell'amore per tutti, della solidariet. Loro, invece? Il burqa, i talebani e tutte quelle robe l. Analisi agghiacciante e brutale, nella sua capacit di esser per esempio di un sentire comune diffuso in nella societ lombarda. E fa niente se anche l'intolleranza mediata attraverso la divisione religiosa, per assurdo, non regge: molti albanesi non praticano alcuna religione, mentre in Africa sono milioni i cristiani di diverse confessioni. L'immagine dell'invasione islamica, di una nuova Lepanto, su cui da anni la Lega Nord batte in ogni gazebo fa presa sull'immaginario collettivo ed perfettamente funzionale alla repressione dei conflitti intensificatisi in questi mesi di dura crisi. La religione - dice un frate di un Convento del bresciano, impegnato sui temi dell'integrazione - solo un mezzo: il pi utile, se si vuole, perch arriva a tutti gli strati sociali della provincia lombarda, ma un mezzo. La vera questione che la gente non conosce pi n i propri vicini di casa n il proprio territorio: tanto pi

ci si allontana dal reale, anche in campo religioso, tanto pi facile che nascano ibridi difficilmente collocabili all'interno del solco di solidariet e attenzione agli altri che caratterizza buona parte della Chiesa lombarda. Non occorre scomodare lo psicanalista francese Jacques Lacan e le sue riflessioni sul "localismo identitario", o lo scrittore argentino Luis Borges e la sua "identit di sabbia" per capire dove vuole andare a parare il religioso: in un territorio sfigurato da anni di disastri ambientali, obeso di centri commerciali, appartamenti sfitti e boom demografico incontrollato, la gente impaurita da crisi e mancate risposte cerca di recuperare un'identit riadattando quell'idea di cattolicesimo con lo spadone tanto cara ai militanti lumbard. Causa del problema, la Lega riesce anche questa volta a passare all'incasso del supermarket della paura, trascinando dalla propria parte ampi strati di "fedeli" dell'ultima ora e parroci di paese. Incurante degli strappi provocati al tessuto sociale , il Carroccio continua a scherzare con il fuoco della polver iera politica e sociale che oggi diventata la cosiddetta "Lombardia diffusa". PZ, redattore "Radio Onda d'Urto"

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Il Papa e i preti pedofili Vergogna per il caso Irlanda


di Gian Guido Vecchi in Corriere della Sera del 12 dicembre 2009 Outrage: sdegno, rabbia. E betrayal, tradimento. E shame , vergogna. Benedetto XVI sempre stato durissimo sui preti pedofili, dagli Usa allAustralia, ma mai le sue parole erano state cos forti. Per unora e mezzo, ieri mattina, il Papa ha ascoltato i vertici della Chiesa dIrlanda convocati in Vaticano, profondamente scosso e angosciato dopo uno studio accurato del Murphy C ommission Report, il rapporto governativo di 720 pagine (sul sitowww. justice. ie )che cer tifica 320 casi di abusi sessuali a minori nella sola arcidiocesi di Dublino, trentanni di sevizie e omer t dal 1975 al 2004, 320 vittime di 46 preti pedofili: uno ha ammesso di aver violentato pi di cento ragazzini, un altro di aver commesso abusi per 25 anni ogni due settimane. Uninchiesta diffusa il 26 novembre che si aggiunge al Rapporto Ryan pubblicato il 20 maggio dalla Child Abuse Commission: 9 anni di indagine e 3.500 pagine a descrivere mezzo secolo di violenze sistematiche negli istituti correttivi cattolici, commesse da centinaia di preti e suore dagli anni 30 agli anni 80. Molto peggio di quanto raccont il film The Magdalene sisters nel 2002. Un vergognoso catalogo di crudelt, abbandono e abusi fisici, sessuali e psicologici , ha riassunto il cardinale Sean Brady, presidente dei vescovi irlandesi, presente ieri con larcivescovo di Dublino Diarmuid Martin. Il Papa li aveva ricevuti a giugno. Si rivolse ai vescovi irlandesi gi nel 2006 chiedendo giustizia. Ma ora Benedetto XVI, fautore della tolleranza zero contro i pedofili, ha deciso di agire direttamente: scriver una lettera a tutti i fedeli irlandesi per indicare con chiarezza le iniziative da prender e in risposta alla situazione. Selezione pi severa nei seminari, riduzione allo stato laicale, denunce alla magistratura. Ma anche idee come la commissione indipendente che a marzo fece dimettere il vescovo John Magee. In una nota da lui stesso rivista, il Papa condivide lo sdegno, il tradimento e la vergogna dei fedeli, esprime il suo profondo rammarico per quei preti che hanno tradito le solenni promesse a Dio, chiede di unirsi a lui nella preghiera per le vittime e le famiglie ma soprattutto garantisce la massima attenzione per capire come questi crimini odiosi siano potuti accadere e definire efficaci e sicure strategie per evitare che si ripetano . In Irlanda si era accusata Roma di silenzio: La commissione nel 2006 non ebbe risposta . Per il Vaticano non cerano state richieste attraverso i canali diplomatici. Ora interviene il Papa. Salteranno molte teste: La Santa Sede prende molto sul serio le questioni centrali sollevate dalla relazione, ivi comprese le questioni relative alla guida dei responsabili della Chiesa locale che hanno la responsabilit ultima nella cura pastorale dei bambini. Il rapporto Murphy cita quattro arcivescovi responsabili daver coperto, e lunico vivo il cardinale in pensione Desmond Connell. Ma rischia, tra gli altri, il vescovo Donal Murray, dal Papa nei giorni scorsi. Larcivescovo Martin commenta: Penso si vada verso una significativa riorganizzazione. Era stato lui a spiegare, amaro: Le sofferenze dei bambini erano subordinate a 'proteggere la Chiesa' ed 'evitare lo scandalo' . Spesso i pedofili erano stati spostati altrove. E avevano ricominciato.

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In cerca di buone notizie


di Angelo Bertani in Oreundici del dicembre 2009 Da alcuni mesi mi capitato di leggere i giornali con occhi diversi. Mi sembra quasi che ci siano solo notizie cattive o volgari. Provo un certo fastidio dalla parte del lettore; e molto pi dalla parte del "giornalista": il lavoro che ho scelto pi di quarant'anni fa (e con qualche conflitto, visto che avevo un padre, un nonno, un bisnonno, uno zio: tutti notai, ed ero io stesso laureato in legge). Qualche volta, nei tempi recenti, mi son domandato se ripeterei la scelta che avevo compiuto. Mi era sembrato allora che scrutare i fatti, i comportamenti e le parole della gente, le idee che cir colano, diffondere le notizie e le riflessioni, fosse il modo efficace per migliorare il mondo e creare una rete di comunicazione tra le persone. E poi la teologia (e la spiritualit) deisegni dei tempi: guardare intorno, dal risveglio del legno, dalle prime gemme dei fiori indovinare l'arrivo della primavera. Questa s, sarebbe una buona notizia! E invece dalla scorsa estate, cos brutta e sporca, mi chiedo: ma davvero possibile raccontare i fatti, trasmettere le notizie senza fare danni, cio senza esaltare o umiliar e, senza depr imere lo spir ito, senza accentuare egoismi e super bie? Vale davvero la pena di r accontare quello che accade? O non un modo di contr ibuire alla delusione, alla disperazione? Si pu davvero evitare di trovarsi al bivio disper ato: far danno o dir e bugie? Eppure... ci dev'essere una risposta. Mi risuona ogni giorno, nella coscienza, una parola di Andrea Trebeschi (un intellettuale cattolico bresciano, impegnato nella resistenza, che sarebbe poi morto a Gusen di Mauthausen nel 1945). Era il 1943, la tragedia era ormai iniziata ma non era ancora al culmine. Trebeschi scriveva: Se il mondo fosse monopolio dei pessimisti sar ebbe da tempo sommer so da un nuovo diluvio; e se oggi la tragedia sembra inghiottirci, si deve alla malvagit di alcuni, ma soprattutto all'indifferenza della maggioranza. Il simbolo di troppa gente non ebbe, fin qui, che due articoli: "non vi nulla da fare" e "tutto ci che si fa non serve a nulla". Quel che impor ta che ognuno, secondo le proprie possibilit e facolt, contribuisca di persona alle molte iniziative di bene, spir ituale, intellettuale e mor ale. Un mondo nuovo si elabora. C he sia miglior e o ancor peggio, dipende da noi. Per non essere spettatori passivi, carne da macello o, peggio, spettatori indifferenti del macello degli altri, non c' che tr ovare dei canali e dei linguaggi accettabili e soprattutto una voglia di comunicazione. Provo a concentrare i tanti pensieri che mi sono venuti in vari decenni di lavoro giornalistico e di esami di coscienza; e che ora, un po' confusamente, mi si affollano nell'animo. Ci sono le buone notizie paradossali: possono sembrare cattive, ma se sono lette e ascoltate con saggezza aiutano a capire la realt e a trovare la strada giusta. Faccio tre esempi drammatici: le torri gemelle, l'atomica iraniana, l'invasione di immigrati e profughi illegali... Impossibile, ovviamente, dir e che queste siano buone notizie nel senso tradizionale. Per sono cose vere, accadute perch alle loro spalle ci sono cause reali che le hanno provocate. Sono notizie di fronte alle quali la nostra coscienza deve esporsi con sincerit, senza falsit o negazioni. Il problema non negar e o rimuovere o esecrare queste notizie, ma capire le cause di quanto accaduto e rimuoverle. Cambiare la vita del mondo. Se nel mondo ci sono tantissimi uomini che si sentono violentati nella loro vita e cultura fino ad essere lieti di sacrificarsi pur di combattere un nemico... bisogna saperlo, valutarlo e cambiare la realt. La cattiva notizia che la risposta alla tragedia delle torri gemelle stata l'invasione dell'Iraq. Essa ha provocato dieci o cento volte pi morti, ha distrutto qualche esperienza di

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convivenza e di toller anza, ha destato emozioni e inimicizie che pagheremo a lungo. L'atomica iraniana (e di tanti altri paesi) non una notizia allegr a. Ma ci impone di chiederci come possa essere controllata con giustizia la pericolosissima proliferazione nucleare; e per quale ragione alcuni paesi pi potenti vogliano e possano aver e l'esclusiva. Simili cose possono dirsi della crisi economica mondiale. una buona notizia, paradossalmente, perch ci svela una realt: la insostenibilit e la falsit del nostro "modello di sviluppo" (dei suoi profeti, del suo metodi di analisi e misura, dei suoi obbiettivi). Dunque ci sono delle notizie buone nel senso che effettivamente vanno conosciute, diffuse, analizzate. Se non lo facciamo, rischiamo di camminare come ciechi. Sono buone perch svelano la realt, con le sue ambiguit e le sue tragedie. Non solo nel vasto mondo, ma anche a casa nostra. In fondo le buone notizie sono i segni dei tempi. Diceva Ges che quando si vedono le gemme sui rami si capisce che la primaver a si avvicina. Ma aggiungiamo noi: quando si vedono certe formazioni nuvolose si capisce che sta arrivando al tempesta. Quando il termometro scende repentino viene la grandine... Insomma: sono buone notizie quelle che contengono verit, anche se ci comporta fatica o preoccupazione. Ma conoscere queste notizie, leggerle, aiuter ad affrontare la difficile, ineludibile realt con un certo anticipo, con la capacit di prevenire il peggio, o valorizzare il meglio. Ma poi credo che ci siano davvero le buone notizie in senso pieno. Le vere buone notizie, quelle che a me sembrano pi interessanti e pi degne di essere scrutate e raccontate, sono quelle che dimostr ano che si pu vincere la forza di gravit. Tutte le cose, sappiamo, tendono a cadere per terra. Tutti gli oggetti, gli uomini, persino le idee, sembrano avere un destino determinato dalle forze della fisica materiale o spirituale: sembra esserci un determinismo per cui si va sempre allo ricerca di un vantaggio, o si preda di un desiderio, una convenienza, un'ansia, un destino, un gioco di azione-reazione. A pensarci, il Vangelo ci offre una buona notizia: l'amore gratuito e paradossale di Dio, che esce dalla perfezione e dalla felicit, si umilia, si fa servo, soffre, si dona gratuitamente per amore ai suoi carnefici. Vorrei dire che ogni vera buona notizia una piccola rifrazione di questa essenziale verit della creazione: la forza di gravit, quella che obbliga alla causalit tra azione e reazione, tra peso e caduta, tra movimento ed energia eccetera, tutto questo vincibile. Quando la vedova del Vangelo fa la sua piccola offerta Ges dice che la pi grande! E quando una persona offesa, magari torturata o uccisa perdona, quando viene accettata una sconfitta, quando qualcuno si mette al servizio di un altro gratuitamente, quando persone o popoli continuano a sperare pur dopo esperienze di dolore e violenza. Penso al dramma, vivo tuttora, dei martiri cristiani nel mondo. Martiri per fede, non perch "amici degli americani". Il mondo cristiano, pur nel dolore per il sacrificio, ha sempre celebrato con gioia (e le pale dei nostri altari lo dimostrano) l'eroismo, il sacrificio e il perdono dei martiri. una notizia straordinariamente buona (a capirla!) quella che qualcuno d la vita per la sua fede, la sua speranza e l'amore per gli altri. Una buona notizia da diffondere e approfondire. La buona notizia che si pu uscire dalla gabbia dei determinismi e si pu fare esperienze di libert. L'esperienza di verit e riconciliazione in Sudafrica un esempio su scala mondiale. La preghiera di perdono, giustizia e mitezza pronunciata da Giovanni Bachelet ai funerali del suo pap un esempio famoso di casa nostra. In questi mesi mi hanno colpito i comportamenti pi che dignitosi di molte donne (mogli, compagne, amiche, figlie, collaboratrici) di uomini non proprio esemplari. E non una grande notizia che qualcuno, talvolta, riesca a vincere l'interesse o la paura e dica in coscienza ci che vero, anche se magari dovr pagare un prezzo per questa testimonianza? Vorrei ricordare, per esempio quando la coscienza di un addetto al traffico aereo (rompendo ordini di scuderia) permise di riaprire l'indagine su Ustica o quando qualche agente dell'ordine permise di

fare un pochino di luce su quel che avvenne a Genova in occasione del G8. 0 quando qualche laico od ecclesiastico hanno consentito di demitizzare certe costruzioni para- religiose e di cominciare a far luce su fatti come Medjugorje o altre misticherie, o sulle scandalose vicende interne di istituzioni laiche od ecclesiastiche, economiche o politiche. Le buone notizie, spesso, non sono raccontini festosi di cose trionfali; sono piuttosto la fatica di dire la verit, di scoprire la libert che ha spesso un alto prezzo. Ma questa la verit e queste sono le vere buone notizie. Non per caso sono davvero rarissime nella nostra esperienza di lettori di giornali e, peggio ancora, di spettatori delle televisioni. Ma le buone notizie ci sono, ci sarebbero; e forse dovremo fare una lega, una grande alleanza per farle conoscere. Potrebbe chiamarsi: "Lega per una buona stampa che diffonda vere, buone notizie".

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La morte di Dio in prima serata


di Riccardo Chiaberge in Il Sole 24 Ore del 13 dicembre 2009 Applaudire il Papa non costa nulla, ed il miglior salvacondotto per continuare a fare il contrario di quello che il Papa si aspetta da noi. Come ha osservato Aldo Grasso, il di Benedetto XVI contro il j'accuse meccanismo perverso dei media che amplificano il male e intossicano i cuori stato approvato con fervore sospetto proprio da quelli che pi praticano un certo tipo di televisione: A cominciare da Bruno Vespa che per anni ha vissuto sui trans, sulle escort, sui delitti di Cogne e di Garlasco, facendo vedere cadaveri e sangue, e non sembra avere nessuna intenzione di smettere. La tv un mezzo straordinario, di una complessit meravigliosa, sostiene il critico Corriere che ha partecipato al convegno Dio oggi del , promosso dalla Cei: ma in essa non c' posto per l'assoluto. Soltanto il relativo fa audience. Ecco dove si annida il cancro relativista e nichilista che sta divorando la civilt cristiana, e dal quale il pontefice non si stanca di metterci in guardia: non nei laboratori del Cnr o nelle aule della Sapienza, ma negli studi di Saxa Rubra e di Mediaset. Nei salotti catodici in cui tutto opinione, perfino le sentenze passate in giudicato. Dove i saccenti hanno la meglio sui sapienti, dove il parere di una showgirl odi un bellimbusto ignorante vale pi di quello di un magistrato poco telegenico, i condannati per assassinio diventano divi, le profezie maya sono messe sullo stesso piano dei modelli elaborati dai climatologi, e i pregiudizi ideologici di un sottosegretario hanno un peso superiore ai giudizi di uno scienziato. E il premier, a seconda del colore di chi interviene, per cinque minuti un mafioso e un martire per i successivi cinque. Ma mai, neppure un istante, quello che dovrebbe essere: un capo di governo chiamato a rendere conto delle promesse non mantenute. Senza verit, senza fiducia e amore per il vero, non c' coscienza e responsabilit, e l'agire sociale cade in balia di privati interessi e di logiche di potere: sono parole di Joseph Ratzinger, nella sua ultima enciclica. Gi, la verit. Povera veritas, quante volte ci capita di vederla seduta sui divanetti televisivi, affollati di imbonitori? Altro che Scientismo ateo: Saccentismo mediatico dobbiamo guardarci. Anche e dal che soprattutto quando si finge devoto.

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Vangelo e razzismo nel Veneto profondo


di Laura Eduati in Liberazione del 13 dicembre 2009 Don Matteo Ragazzo siede davanti al computer nella sua canonica e comincia a raccontare. Dopo la Messa esco sul sagrato per salutare i miei parrocchiani e sento che parlano come Bossi e Borghezio contro gli immigrati. Allora mi chiedo: che cosa hanno capito della mia omelia? Probabilmente nulla. La minuscola chiesa di Ca' Onorai quasi si confonde con le case di questa frazione di Cittadella (Pd) dove il sindaco Massimo Bitonci (Lega Nor d) invent la celebre ordinanza che proibiva la residenza in paese dei migranti poveri. Un successone. Tanto che Bitonci diventato parlamentare e continua a sfornare ordinanze. Le ultime prevedono cinquecento euro di multa per chi urina o vomita nei luoghi pubblici, e vietano l'elemosina. E poi, per chi prende l'agognata residenza in citt, controlli a sorpresa per verificare se gli alloggi sono puliti e decorosi. (E don Matteo sorride: Probabilmente caccerebbero anche me, se venissero a vedere la canonica). A vigilare sul decoro urbano scendono in strada, accanto ai vigili urbani, una truppa di ausiliari in borghese pronti a staccare multe anche fino alle ore piccole del sabato sera. I cittadelles i, tutti, sono contenti di Bitonci. Ci voleva un poco di ordine - spiega un edicolante - in fondo si tratta di punir e la cattiva educazione. Se sporcano devono pagare. Non si tratta naturalmente soltanto di buone maniere. Il signor Piero ha appena cantato i salmi ad un funerale, praticante, e non vede contraddizioni tra il Vangelo e la cacciata dei (pochi) mendicanti dal centro storico: I delinquenti non li vogliamo. Il profondo Veneto vive una contraddizione per il momento insanabile. Ad una altissima percentuale di cr edenti e pr aticanti corr isponde una altissima percentuale di leghisti. Prendiamo Ca' Onorai: nella zona tutti i bambini vanno a catechismo e arrivano alla cresima. Il 25-30% degli adulti va in chiesa tutte le domeniche, la media nazionale si f er ma al 12-13%. Nel seggio della fr azione alle ultime elezioni il Carroccio guadagn il 73,4%. E' facile pensare che molti approvino le sparate r azziste di Giancarlo Gentilini. Il quale, nello stesso giorno, riuscito a inaugurare un crocefissone alto tre metri in centro a Treviso e nel fr attempo chieder e che i parr oci stranieri se ne stiano lontani dalle terr e del Piave. Attirandosi le ire di don Vallotto, responsabile immigrazione della Caritas trevigiana: Non si pu esibir e un cr ocifisso nel giardino del Comune e poi sbatter lo sulla testa degli immigrati. Nei mesi scorsi don Matteo prese carta e penna e scr isse un articolo duro contro il respingimento dei migranti africani in Libia e lo pubblic sul bollettino parrocchiale accanto ad una f oto del ministro Rober to Maroni. Titolo: "For ti con i deboli". Vale la pena citare un passaggio: "Se trovassi leggi, ordinanze o decreti che tentano di f ermarmi non mi spaventerei, perch anche io come te, ho il diritto di dare un f uturo ai miei figli e alla mia famiglia". Un chiaro segno di malessere nei confr onti delle politiche leghiste e , soprattutto, delle ordinanze anti-stranieri di Bitonci. Apr iti cielo. Il sindaco lo chiam immediatamente per protestare. Mi sorprese tuttavia la reazione dei miei parrocchiani. Erano stupefatti. Mi dicevano: perch fai politica? Ho tentato di spiegare che l'accoglienza non una par ola vuota, e che mi indignavano le immagini dei barconi aff ondati. Alcuni mi diedero ragione, ma furono pochi, continua don Matteo. Convinto che, ormai, Chies a e Lega sono arrivati ai ferri corti per la contesa del

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Matteo. Convinto che, ormai, Chies a e Lega sono arrivati ai ferri corti per la contesa del territorio. E che, ma questo non lo dice, il C ar roccio non mostra deferenza ai paramenti sacri e, anzi, si permette di cr iticare apertamente le gerar chie ecclesiastiche. Non soltanto Calderoli contro Tettamanzi. E' anche Gentilini contro don Aldo Danieli, parroco di Pader no di Ponzano Veneto, paesello a pochi chilometri da Treviso, che ogni venerd apriva regolar mente le por te della parrocchia ai fedeli musulmani per la preghiera. Svuoteremo la chiesa del parroco rosso! aveva tuonato il vice-sindaco di Treviso. A far retrocedere don Aldo, per, ci pens la Curia che estrasse dai libri polverosi una vecchia disposizione secondo la

quale non possibile praticare due religioni differenti nel medesimo luogo. Alla prudenza delle ger archie Don Aldo, 72 anni e un passato da professore di greco e latino, ha risposto con una mezza disobbedienza: ora concede i locali dell'oratorio saltuariamente ai musulmani, per le grandi feste, e ogni domenica alle chiese evangeliche e pentecostali dei ghanesi e dei nigeriani, una bar aonda di canti e balli che distur bano i vicini. Col buonismo non si va da nessuna parte critica il tabaccaio di Pader no, che va a mes sa ma pensa che il Vangelo comunque severo con chi sgarra. Ma come, non parla di perdono, di amore, di accoglienza? Chissenefrega di quello che dice Ges: l'or atorio dei parrocchiani, non degli stranieri. I n pr ovincia sono molti a chiamare santo don Aldo. Tranne la gente della sua parr occhia. E qualche ruggine col vescovo. Per ch don Danieli, come don Ragazzo di Ca' Onorai, anche critico nei confronti delle rigide norme interne e firmer ebbe volentieri la lettera di alcuni parr oci della diocesi trevigiana che chiedono l'elezione dir etta del nuovo vescovo dopo la partenza di mons. Bruno Mazzocato, destinato a Udine. "L'elezione di un vescovo deve essere fr utto della partecipazione del clero e del popolo - scrivono - e invece le nomine vengono fatte dir ettamente dal dicastero della Curia romana, ma evidente che a Roma poco si conosce della realt locale". Lettera interessante, poich in controluce possibile leggere uno dei motivi di vittoria della Lega nella zona: rappresentanti del popolo vicini al popolo, conosciuti dai cittadini. Sacerdoti come don Matteo lo dicono apertamente: La Chiesa deve dare un segno di cambiamento altrimenti la gente si disaff eziona. Perch ormai sente pi vicine le parole di Luca Zaia, onnipresente ministro trevigiano, delle parole dei pas tori della Chiesa. Per il momento le proteste dei sacerdoti provocano soltanto irritazione. Quando don Matteo scrisse, sempre sul bollettino parrocchiale, che papa Ratzinger veste par amenti che valgono milioni di eur o e che questo non lo spir ito della Chiesa, ricevette una dur a reprimenda dal vescovo. Obbedienza, solenne obbedienza. Intanto le chiese si svuotano e la Lega si gonfia di voti. Da quando don Aldo ha aperto l'oratorio agli stranieri di fedi diverse e per sino ad un corso domenicale di ar abo r ivolto ai bambini, alcuni parr occhiani hanno cominciato ad andare a messa in altre parrocchie. L'ecumenismo non piace. Il sacerdote tiene duro: Dicano quello che vogliono, i musulmani lasciano pulito, non bevono e non fanno confusione. Prefer isco un musulmano che prega ad un cristiano che bestemmia. Cer tamente pi cauto don Eros Pellizzari, giovane parroco a Campigo di Castelfr anco Veneto (Tv) , finito sui quotidiani nazionali per uno s cioper o della f ame. C er ti giorni alla messa non veniva nessuno, ho f atto un piccolo digiuno per sensibilizzare i miei par rocchiani, minimizza il sacer dote che, dopo l'esposizione mediatica, sceglie il silenzio. Tuttavia dicono che don Angelo preferisca non parlar e di politica durante le omelie per non offendere la sensibilit dei fedeli, che da queste parti sono un terzo del Pdl, un ter zo della Lega e un terzo del Pd. C on una unica eccezione: l'affare Feltri contro Boffo, il direttore dell 'Avvenire, originario di queste parti, costretto alle dimissioni dopo una subdola campagna del Giornale sulla sua presunta omosessualit. Ecco, in quel caso don Pellizzar i ha sentito l'urgenza di stigmatizzare 1'episodio prendendo le difese di Boffo. E anche qui, apriti cielo. I fedeli del centrodestra si fermarono, dopo la funzione, a par lare col sacerdote per chiedere spiegazioni. Alcuni per si convinsero: For se hai ragione, don Eros. E andarono a confessar e i lor o peccati. Quali? Aver pensato male del direttore del quotidiano dei vescovi.

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La Chiesa russa rompe con la Papessa tedesca


di Giacomo Galeazzi in La Stampa del 13 dicembre 2009 Lannuncio-choc racchiuso in due parole: Nessun rapporto. Il Patriarcato di Mosca rompe con i protestanti perch una donna non pu guidare la Chiesa. Dalla Riforma di Martin Lutero Margot Kssmann, 51 anni, divorziata dal 2007 e madre di quattro figlie, la prima papessa tedesca, ma la Chiesa ortodossa russa le rifiuta ogni rapporto istituzionale perch non la riconosce come presidente del consiglio delle Chiese evangeliche. Dotata di charme e carattere fermo, schierata contro lestremismo di destra e a favore dellintegrazione degli immigrati, Frau Margot per un decennio ha guidato la maggiore comunit protestante in Germania, quella di Hannover. Cinque anni fa ha sconfitto il cancro, adesso a capo dei 25,4 milioni di protestanti (circa un terzo della popolazione). Ora che, per la prima volta nella storia, le sorti della chiesa tedesca sono affidate a una donna, tutte le principali cariche sono rosa. Il secondo scranno, quello di presidente del comitato direttivo del Sinodo, affidato a Katrin Gring-Eckardt, ex deputata dei Verdi e vicepresidente del parlamento. Una donna non pu essere il successore degli apostoli, tuona il braccio destro del patriarca russo Kirill, larcivescovo Ilarion. E cos, ad appena 40 giorni dallelezione, le porte di Mosca si chiudono per lei. Motivazione ufficiale: Se Kirill la incontrasse sarebbe un segnale che la Chiesa ortodossa riconosce il sacerdozio femminile. Il Patriarcato critica duramente le posizioni etico-morali delle Chiese evangeliche tedesche: Giustificano dal punto di vista teologico lomosessualit, benediscono i matrimoni gay, ritengono che laborto non sia un peccato. Insomma, le Chiese protestanti tedesche non sono Chiese autentiche, ma solo comunit di cristiani. Mosca apprezza, invece, limpegno di Benedetto XVI sui valor i tradizionali cristiani e intende arrivare presto al disgelo con il Vaticano: Siamo alleati nella stessa sfida contro unaggressiva secolarizzazione, quindi un incontro tra il Patriarca e il Pontefice possibile e auspicabile, a condizione che cattolici e ortodossi non cerchino di sottrarsi i credenti. Sulla papessa Margot, nota in Germania per abilit oratoria e talento mediatico, Roma e Mosca sono divise. La sua elezione stata accolta con soddisfazione dalla Chiesa cattolica e anche dalle organizzazioni riformiste. Sono suoi estimatori sia il leader dei vescovi tedeschi, Robert Zollitsch, sia Christian Weisner, capo del movimento ecclesiale Wir Sind Kirche, secondo il quale lelezione fa sperare che presto alle donne saranno aperti tutti gli incarichi e le responsabilit anche nella Chiesa cattolica.

Le istituzioni pi forti degli uomini


di Barbara Spinelli in La Stampa del 13 dicembre 2009 Non escluso che dal grande chiasso che regna ai vertici del governo nasca, taciturno ma testardo, un attaccamento pi intenso degli italiani alle istituzioni e alla carta costituzionale su cui poggiano le istituzioni. Il politico che se ne sente ingabbiato e vuole liberarsene continuer magari a esser applaudito, per la spavalderia che esibisce e per il ruolo di vittima che recita. Ma in parallelo con questo consenso, fatto di adorazione e indolenza, probabile che si rafforzi proprio la pianta che il leader vorrebbe disseccare: la pianta, rara in Italia, che quando attecchisce d come frutto il senso delle leggi e dello Stato. C qualcosa nel chiasso della presente legislatura che ricorda i dipinti dellespressionismo tedesco, durante la Repubblica di Weimar: volti stravolti da eccitazioni,

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dellespressionismo tedesco, durante la Repubblica di Weimar: volti stravolti da eccitazioni, maschere che sogghignano, citt sghembe che urlano senza pi ordine. Kurt Tucholsky scrisse che il precipizio spettrale cominciava con luomo che mette lIo in primo piano (politico o scrittore, giornalista o imprenditore). Hitler era un uomo cos, e lIo che accampava era la sua persona e qualcosa di pi nascosto, torbido: lIo della nazione, del Popolo illimitatamente sovrano. LIo di per s non esiste, scrive Tucholsky fin dal 1931: Questuomo non esiste; in realt egli solo il chiasso, che produce. Il frastuono coesiste da tempo con il rispetto italiano delle istituzioni, a ben vedere. La seduzione e il carisma di Berlusconi hanno alcune qualit inossidabili, ma non meno incorruttibili sono stati, lungo gli anni, lammirativa affezione per i garanti della Costituzione e l adesione dei cittadini allequilibrio fra i poteri. Sono stati molto popolari Oscar Luigi Scalfaro, Carlo Azeglio Ciampi. Lo Giorgio Napolitano. Anche ladesione agli organismi di garanzia non scema, come dimostrano i sondaggi favorevoli al Csm e alla Consulta. La lezione sulla Costituzione che Scalfaro tenne nel 2008 allAuditorium di Roma riscosse un successo vasto. una conferenza che andrebbe riascoltata: la maniera in cui lex Presidente racconta la scrittura intellettualmente elettrizzante della Carta, le visioni profetiche che essa contiene, fa rivivere un testo che non affatto vecchio e che in pieno frastuono non andrebbe modificato. Ricordo in particolare il passaggio sui diritti della persona: per la prima volta in Italia, dice Scalfaro, lo Stato non li concede n si limita a garantirli, ma li riconosce. I diritti precedono i governi e le Carte, e davanti a essi gli uni e le altre si inchinano. Ricordo anche quel che disse a proposito del referendum del 2006 sulla riforma costituzionale del governo Berlusconi. Gli italiani dissero no non solo alla devoluzione ma anche, con forte maggioranza (pi del 60 per cento), a un Premier dotato di poteri esorbitanti, compreso quello che scioglie le Camere e che la Carta affida al Capo dello Stato. Istituzioni e carte costituzionali hanno questo, di specialmente prezioso: durano pi degli uomini, dei governi, delle campagne elettorali, dei sondaggi. Sono l come una tavola fatta di pietra, confer iscono stabilit a quel che nellalternarsi democratico delle maggioranze necessariamente votato allinstabilit. significativo che non solo le nazioni uscite dalla dittatura si siano messe come prima cosa a riscrivere le Carte, ma che anche ledificio europeo abbia anteposto la permanenza delle istituzioni allimpermanenza degli uomini, dopo le guerre del 900. Jean Monnet, che dell Europa fu uno degli artefici, venerava in particolar modo le istituzioni. Citando il filosofo svizzero Henri Frdric Amiel scrive nelle Memorie: Lesperienza di ciascun uomo qualcosa che sempre ricomincia da capo. Solo le istituzioni son capaci di divenire pi sagge: esse accumulano lesper ienza collettiva e da questa esperienza, da questa saggezza, gli uomini sottomessi alle stesse regole potranno vedere non gi come la propria natura cambi, ma come il proprio comportamento si trasformi gradualmente (Cittadino dEuropa, Guida 2007, i corsivi sono miei). Questo vuol dire che grazie alle istituzioni non cambia la natura delluomo (missione impossibile e, se tentata, deleteria) ma il suo comportamento: il progresso di cui capace luomo vive e si trasmette solo attraverso le istituzioni che egli sa darsi. Per alcuni, le istituzioni e le costituzioni hanno una forza cos potente - la forza del Decalogo - da sostituire identit controverse come la

nazione o l identit etnica. Non sono Habermas e le sinistre ad aver inventato il concetto, non a caso tedesco, di patriottismo costituzionale. Lo coni negli Anni 70 un conservatore, Dolf Sternberger: per lallievo di Hannah Arendt, il patriottismo costituzionale era una sorta di amicizia per lo Stato (Staatsfreundschaft): amicizia che Weimar non aveva posseduto a sufficienza. Ladesione italiana alle istituzioni e alla Costituzione ha radici pi forti che ai tempi di Weimar. Ha una resilienza a quellepoca sconosciuta. Uomini come Scalfaro e Ciampi, nella Germania di allora, non avrebbero avuto la popolarit che hanno oggi in Italia. Per Sternberger, il patriottismo costituzionale era lunica identit possibile per un paese ridotto a mezza nazione dal nazionalismo etnico, la dittatura e la guerra. Una condizione che si diffonde, con la mondializzazione: tutte le nazioni hanno, nel globo, sovranit dimezzate. Laltro concetto formulato da Sternberger quello di democrazia agguerrita. Alle violazioni delle leggi e agli abusi dun singolo potere, la democrazia deve rispondere anche con la forza. In guerra si difende con le armi; in pace con le istituzioni, le leggi, le corti, perch queste si decompongono meno rapidamente e facilmente di un uomo o una maggioranza. Le istituzioni nascono quando luomo scopre il male, fuori e dentro di s. Quando il politico, spinto esclusivamente da volont di potenza, mostra di non tollerare confini e non riconosce, sopra di s o al proprio fianco, poteri che frenino i suoi abusi. Quando smette, dice Ciampi, di essere compos sui: pienamente padrone di s (intervista al Corriere della Sera, 11-12-09). Limiti e contrappesi sono necessari anche quando lespansione della volont di potenza sincarna nel popolo e nelle sue maggioranze: il popolo non ha innocenza e anchesso pu divenire despota, insofferente ai limiti. La democrazia che gli attribuisce sovranit assoluta non gi pi democrazia. Anche questa una lezione del Novecento: comunismo, fascismo e nazismo sono state escrescenze della democrazia, e tutte son partite dallidea che il popolo-sovrano sia compos suiper natura. Lidea che luomo sia natur almente buono di Rousseau, e tende a squalificare sia il controllo esterno delle istituzioni sia il controllo interiore della coscienza, scriveva nel 1924 un altro filosofo conservatore, Irving Babbitt: Con la scomparsa di questo controllo, la volont popolare diventa solo un altro nome dellimpulso popolare (Babbitt, Democracy and Leadership, 1924). Quel che avvince gli italiani, negli ultimi capi di Stato, lattitudine o comunque laspirazione a fissare uno standard, a farsi custodi non notarili ma perfezionisti della Costituzione. Nel dizionario Battaglia, lo standard la norma riconosciuta o il criterio o linsieme di norme o di criteri a cui

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Battaglia, lo standard la norma riconosciuta o il criterio o linsieme di norme o di criteri a cui devono fare riferimento o a cui si devono unifor mare attivit, servizi, comportamenti, metodi operativi o di lavorazione, e in base ai quali sono valutati. Quando vengono meno gli standard i popoli tendono a guardare non verso lalto ma verso il basso, e il chiasso che ne esce si fa spettrale come nelle parole di Tucholsky.

Un cristiano galantuomo
di Adriana Zarri in il manifesto del 13 dicembre 2009 Boxenon un termine corretto (in italiano si dice pugilato), per non dir poi del verbo boxare: un autentico orrore, per altro degno dellosceno spettacolo che designa durante il quale due atleti (ma un eufemismo) saltellano come polli, si massacrano, sputano..... . Questo non sport: violenza, bruttura, unoffesa allatletica e al buon gusto. Tettamanzi e la LegaLa diocesi di Milano, oltre ad essere (pare) la pi grande del mondo, anche assai fortunata. Dopo il grande Ambrogio, a distanza di secoli, il pur grande Carlo MariaMartini (un pastore che ha lasciato un segno a Milano come aGerusalemme) ed ora Dionigi Tettamanzi. Difficile e inopportuno il paragone. Diciamo, al di l dei confronti, che un bravuomo, un bravo cristiano e un bravo vescovo (anche cardinale ma il cardinalato conta meno). Questo galantuomo ha compiuto il suo dovere di cristiano difendendo gli ultimi, i poveri, gli esclusi, i rom e gli immigrati. Non lavesse mai fatto! La Lega (che incredibilmente si presume cristiana) lha attaccato con la violenza e la volgarit che ne sono proprie. E lattacco vergognoso non tanto perch perpetrato nei confronti di un vescovo (altri vescovi vi sono degni di riprovazione), ma perch si tratta di un vescovo, di un cristiano e di un uomo degnissimo e, per di pi, attaccato non per i vizi (posto poi che li avesse) ma per le virt che indubbiamente ha. Attacco per altro degno della Lega che di vizi ne ha molti e di virt nessuna.

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Il vangelo ci libera, non la legge. Un contributo


di Giancarla Codrignani

Vorrei partire dalla problematica ecumenica, quale apparsa dalle dichiarazioni del primate delle Chiesa d'Inghilterra Rowan Williams nel recente incontro con Benedetto XVI (cfr. www.lavie.fr, 24.XI.'09), dopo le disposizioni vaticane sull'accoglimento dei preti anglicani dissidenti dalla loro confessione. La chiesa cattolica - sostiene Williams riafferma il linguaggio della regola e della gerarchia stabilito per decreto, con opposizioni formali tra docente e discenti, direttori e diretti , nonostante il Vaticano II avesse superato il verticismo giuridico gerarchico e posto il tema dell'unit in termini di compatibilit reciproca, fatti salvi i temi non negoziabili su cui le Chiese possono anche rischiare gli scismi per conflittualit non risolte. E l'accesso delle donne e degli omosessuali al presbiterato e all'episcopato non questione secondaria, anche se mette in discussione la coerenza di una Chiesa. Non si tratta solo di una denuncia di parte; la stessa critica, in tutta fedelt al messaggio evangelico, viene rivolta anche da quel mondo cattolico che attento ai problemi dell'ecumenismo, oggi in regresso totale nei fatti, a prescindere dal permanere di dichiarazioni di principio del tutto platoniche. Lo ha dimostrato l'accettazione vaticana dei dissidenti anglicani e lo dimostra il documento ortodosso antiecumenico che circola sulla rete ed firmato da vescovi che ritengono di non avere lo stesso Dio di nessun'altra religione (A:Melloni, Il Corriere della Sera, 16.XI.'09). Analogamente, a prescindere da altri fatti recenti pi di strumentalizzazione politica che di fede, non si pu non dubitare della valorizzazione tutta formale del crocifisso da imporre nelle sedi istituzionali: come non sentirsi in contraddizione con il rispetto dovuto ai credenti il cui culto (ebraico e islamico) nega la possibilit di raffigurare in immagini la divinit? Il problema di fondo relazionarsi su un piano orizzontale di riconoscimento della reciproca ricerca di verit e perseguire ci che unisce le confessioni cristiane (che non possono annunciare tranquillamente la pace se restano divisi quelli che credono in un solo Cristo e in un solo battesimo) e le religioni in generale. Ormai ampiamente discussa l'importanza del fattore religioso nelle conflittualit fra paesi di differenti interessi non solo culturali. L'arroccamento a difesa di un Dio contro un altro (che di questo si tratta) danneggia in primo luogo ogni fede e ogni ricerca di verit. Viviamo situazioni difficili anche in Europa, dove la Svizzera per referendum ha assolto i missili e condannato i minareti, e in Italia, dove, a Coccaglio, il Comune ha "democraticamente" deliberato che il Natale sia "bianco" non per innocua neve, ma per bianchezza di pelle; a Ceresara e San Martino dell'Argine (Mn) gli amministratori hanno pubblicato un "bando" per invitare i cittadini a denunciare gli immigrati irregolari; e negli stadi si contesta il calciatore Balotelli, un cittadino ritenuto indegno di rappresentare il nostro paese nella nazionale perch pur italiano nero. Fa paura un governo che per legge ha reso reato l'immigrazione clandestina - di per s giuridicamente non diversa dal turismo. I pi giovani debbono sapere che incominci cos, partendo dall'antico pregiudizio ahim cristiano, l'antisemitismo che delegittim i cittadini tedeschi e italiani di "razza" ebraica, e accett di veder fumare i camini di Auschwitz. Per dare valore ad una fede incarnata sono tanti i problemi interni alla cattolicit che non possono essere taciuti perch possono mettere a repentaglio la trasmissione del messaggio di Cristo al futuro. Non mancano testimonianze in questo senso, sia di teologi non sempre costruttivamente valorizzati dal Vaticano, sia di gruppi di fedeli che manifestano, non solo in Italia, le loro perplessit sull'attuale status ecclesiae che Roma ben conosce e di cui ha evidentemente paura, se rifiuta di guardare avanti.

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"La nostra Chiesa non sta bene", dice un gruppo francese che ha creato la Conferenza dei battezzati di Francia : "siamo migliaia di persone, uomini e donne, religiosi e religiose, diaconi, preti, vescovi e laici che... abbiamo dato la nostra fede a Cristo e siamo pronti a render conto della speranza che ci fa vivere...e della grazia del nostro battesimo". Tuttavia, nonostante il Decreto sull'apostolato dei laici del Vaticano II e l'appello di Giovanni Paolo II alla corresponsabilit nella Chiesa, i cattolici francesi, non avendo "un luogo dove tutti possano discutere, ascoltarsi, sostenersi", debbono chiedere ai vescovi il riconoscimento di valore del contributo critico dei laici: il tributo da pagare per aver condannato i fedeli alla passivit e solo un'apertura alla discussione pu superare le "critiche pesanti" di cui la Chiesa oggetto. Sempre per ricorrere ai piccoli segni, il rettore del collegio dei gesuiti del Cairo ha pubblicato su Internet una lettera al Santo Padre che non mai arrivata a destinazione per altre vie (Il Regno n.16/'09). P. Henry Boulad, ricco di esperienze internazionali conferma che "la pratica religiosa in costante declino" e che "il linguaggio ecclesiastico desueto, anacronistico, noioso, ripetitivo, moralistico, totalmente inadatto alla nostra epoca". Per questo e tenuto conto della diminuzione del clero e dell' insidia delle sette, chiede alla Chiesa cattolica "che stata la grande educatrice dell'Europa" un rinnovamento, ripensato e riformulato "dai fondamenti" sul terreno teologico, pastorale, catechetico e spirituale. Condivido, non da oggi. Ma necessario ottenere ascolto e non essere emarginati perch "cristiani adulti". Vorrei per questo che l'istituzione ecclesiastica si rendesse fraternamente presente al prossimo incontro, se vero che crediamo tutti nella potenza dello Spirito.

La favola che aiuta a vivere


di Raffaele La Capria in Corriere della Sera del 14 dicembre 2009 Che faceva Dio prima di creare il mondo? Se lo domandava anche SantAgostino. Ma quando si parla di Dio non si pu usare la parola prima, perch questa parola ha a che fare col tempo e quando si dice Dio si dice eterno, infinito. Si dice senza tempo e incollocabile nel tempo. E comunque se vuoi rispondere in termini umani a una domanda che non prevede ter mini umani, alza gli occhi al cielo in una notte stellata. A che tante facelle? , ti domanderai. Le hai mai contate? Sono milioni, miliardi, sono infinite anchesse come chi le accese. Se Dio cre il mondo in sette giorni, come dice la Bibbia, e se ci mise altrettanto per creare ogni stella, quelle che vediamo e quelle che non vediamo, infinito come le stelle sarebbe il suo creare. E dunque prima di creare il nostro mondo Dio faceva quel che fa ora,

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stelle sarebbe il suo creare. E dunque prima di creare il nostro mondo Dio faceva quel che fa ora, quel che sta da sempre facendo, perch Dio eterna e continua creazione, e chiss cosa ci mise in ogni stella e cosa ora ci sta mettendo. Nella nostra mise la luce e la distinse dalle tenebre, ci mise il mar e e i pesci, la terra gli animali e le piante, il cielo e gli uccelli, il sole, la luna e tutto il corteo dei pianeti che ci accompagna. Nelle altre stelle non possiamo neppure immaginare cosa ha messo, ma saranno cose mirabili come quelle che ha creato nel nostro mondo, mirabili come luomo che le contempla e ci ragiona, vedendo in esse la mano di Dio. Ecco, ora una stella cade e lascia dietro di s una polverina luminosa nel cielo notturno e mentre questa cade unaltra chiss dove sta nascendo, perch la creazione non mai compiuta e avviene di continuo, non si ferma mai. Se si fermasse ci sarebbe il Nulla e il Nulla ci che impensabile, il contrario di Dio che invece pensabile, tant vero che io ora sto pensando. Se il nulla fosse pensabile sarebbe come cancellare lesistenza del Dio Creatore e questo impossibile perch la sua creazione sotto gli occhi di tutti. Ecco, questa la favola che mi sto raccontando, la favola in cui credo e che mi sostiene, la favola che ognuno si racconta secondo la propria fede. Ma a turbarla subentra un altro pensiero che suscita tremore e terrore: non siamo portati a pensare Dio un po troppo a nostra immagine e somiglianza? A pensarlo come un Divino Artista che ha i nostri sentimenti di amore e giustizia? Ma se non fosse cos? Se fosse soltanto terribile? Cio quel Dio che ha creato la gazzella ma anche lo scorpione, ci che chiamiamo Amore e ci che chiamiamo Orrore, ci che diciamo Buono e ci che diciamo Cattivo. Ci ama questo Dio o siamo per lui come le formiche che spazziamo via con un gesto senza pensarci un momento? A volte sembra che ci ami, a volte no. volubile questo Dio o distratto? Ad Auschwitz certo era distratto, e non solo l. Quante volte gira la testa da unaltra parte e non vede le cose atroci che accadono. Lo dissero anche i soldati romani a Cristo inchiodato sulla croce: dov il tuo Dio? Perch non viene a salvarti? E Cristo invano lo chiam nellagonia: padre, padre, perch mi hai abbandonato? Eli, Eli, lamma sabactani !Gi, perch tante volte ci ha abbandonati nellagonia? Glielo chiese anche Giobbe e non ebbe risposta. l il mistero, nel silenzio di Dio. Forse se Dio non risponde mi dico a volte perch sta combattendo. Credi che per far crescere una pianta o il cervello di un uomo e i suoi nervi o un piccolo fior e dei campi di cui nessuno si accorger mai, non sia necessario il suo combattimento? La forza che preme nel gambo e scoppia nel fiore non il Dio combattente della Creazione Continua? E la forza che piega quel fiore e lo fa appassire non sempre Lui? E chi fa viver e le cellule che distruggono il corpo di una persona amata, non sempre Lui? Creare pu essere continua presenza ma anche continuo dolore, il Suo e il nostro. Il dolore delluomo o di un animale, il destino di un povero pollo di batteria o di un vitello portato innocente al macello fa parte della creazione. Ma fa par te della creazione che ogni creatura vivente per continuare a vivere debba uccidere unaltra creatura vivente, e mangiarla, masticarla, ridurla in poltiglia in un bolo disgustoso, ingerirla ed espellerla come escremento? Chi ha inventato tutto questo? E come mai tutto questo si tiene e non collassa? Non sprofonda nelle tenebre e nel gelo? Questo mi fa paura e mi sconcerta, il

contr ario di quellarmonia che pur immagino e che tante volte mi stato concesso di scoprire nelle cose create. Tutto questo mi trascende e forse inevitabile mi dico, ma perch? Tutto questo non ha risposta. Ed parte del mistero-che-non-ha-risposta lintreccio inestricabile di bene e male che forse implicito nella creazione, perch la forza che crea la forza che distrugge ed entrambe forse sono necessarie alla vita. Ma a me questo non basta, perch se Dio fosse tutto questo, io mi sentirei un casuale accidente del creato. Nella realt mi considero invece un uomo rispettoso del Suo mistero, ma una risposta la vorrei. E la vorrei non solo per me, ma anche per lasino legato alla ruota del mulino, per il bue e per il maiale. Vorrei la risposta a questa domanda: la sofferenza e il dolore sono inutili? Non saranno registrati in nessun libro? Sono gratuiti? Sono per nulla? La risposta non pu essere il Tuo silenzio. Perch allora la favola che mi raccontavo del Dio Vincente va in frantumi. E se la favola non resiste e la fede vacilla, chi mi sosterr? No, forse sbagliato tutto il mio modo di impostare la faccenda. Forse il mio modo umano, troppo umano. Forse Dio altro e io sono una particella minima di un ingranaggio inafferrabile. Come posso pretendere di capirlo, di superare lo scoglio su cui si sono imbattute tutte le religioni, se non so nemmeno io chi sono e che cosa potrei essere in determinate condizioni? stato detto: non vale soltanto ci che tu fai di te, ma forse pi importante ci che tu fai di quel che stato fatto di te. E se ci che stato fatto di me fosse di confrontarmi col silenzio di Dio? Dovrei assumermi questa responsabilit e comportarmi di conseguenza? Dovrei combattere insieme a Lui che sta combattendo anche per me, insieme al Dio della mia favola, al Dio Vincente della creazione? Ma chi, se non Lui, me ne dar la forza?

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Una donna non pu essere sacerdote Dagli apostoli a Wojtyla, ecco perch
di Vittorio Messori in Corriere della Sera del 14 dicembre 2009 Caro Direttore, nei giorni scorsi se lo chiedeva in un articolo il collega Aldo Cazzullo, dispiaciuto dal rarefarsi dei candidati ai seminari, con labbandono di quei presidi anche sociali che sono le parrocchie. Scriveva, dunque: Non capisco perch una donna non possa diventare sacerdote. Cosa le manca? Quale motivazione teologica lo impedisce?. Domande che, in questi mesi, si sono poste altri, davanti al rientro nella Chiesa cattolica, dopo quasi mezzo millennio di separazione, di una parte consistente della Comunit anglicana. Due le motivazioni principali del ritorno allovile: lordinazione sacerdotale di omosessuali praticanti e, prima ancora, lordinazione di donne. Possibile, ci si chiesto, che toccare, qui, il monopolio maschile possa costituire un tale scandalo da provocare rivolta anche tra cristiani non papisti? Ebbene, s: in una prospettiva di fede, il problema radicalmente diverso da quello del matrimonio per i consacrati, problema di disciplina ecclesiale sul quale possibile il dibattito, pur non dimenticando che non sono in gioco solo questioni di opportunit. Per lordinazione di donne, invece, siamo davanti a una sorta di intangibile elemento costitutivo della Chiesa non solo cattolica, ma anche ortodossa: in tutto lOriente greco e slavo la sola proposta di sacerdoti femmine provocherebbe prima stupore e poi, insistendo, sdegno o ilarit. Il tema cos basilare che, nel suo debordante insegnamento, solo in due occasioni Giovanni Paolo II sembrato fare appello, almeno nei toni, al carisma della infallibilit: avvenuto sul rifiuto, sempre e comunque, di ogni legittimit dellaborto; e sul rifiuto, appunto, del sacerdozio femminile. In effetti, nella Pentecoste del 1994, papa Wojtyla indirizzava una Lettera apostolica ai vescovi di tutto il mondo con il titolo Ordinatio Sacerdotalis. Un testo breve e secco che terminava con parole inequivocabili: Al fine di togliere ogni dubbio su una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, in virt del mio ministero di confermare i fratelli, dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facolt di conferire a donne lordinazione sacerdotale e che questa nostra sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa. Potremmo dunque vedere, in un futuro indefinito, preti cattolici sposati (come nellortodossia i pope, ma non i vescovi) ma non vedremo mai, parola di Giovanni Paolo II, parroci donne. Ginofobia, tab sessuali, maschilismo? Niente affatto, replicava il Papa: Il fatto che Maria Santissima, Madre di Dio e della Chiesa, non abbia ricevuto la missione propria degli apostoli n il sacerdozio ministeriale, mostra chiaramente che la non ammissione delle donne allordinazione non pu significare una loro minore dignit o una discriminazione... Il ruolo femminile nella vita e nella missione della Chiesa, pur non essendo legato al sacerdozio ministeriale, resta assolutamente necessario e insostituibile. Cos lo dicevamo Oriente e Occidente cristiani hanno creduto e praticato sin dagli inizi, tanto che la Tradizione indivisa, qui, non ha subito alcuna eccezione in duemila anni. Ma perch questa intr ansigenza? Si possono trovare, certo, motivi di convenienza e di opportunit, si pu fare appello a una ricca simbologia.

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a una ricca simbologia. Ma, alla fine, ricorda papa Wojtyla, il motivo di fronte al quale il credente deve inchinarsi, quello enunciato da Paolo VI, che pure alline molti e non irrilevanti argomenti umani: La ragione vera che Cristo, dando alla Chiesa la sua fondamentale costituzione, seguita poi sempre dalla Tradizione, ha stabilito cos. E Giovanni Paolo II confermava: Nellammissione al servizio sacerdotale, la Chiesa ha riconosciuto come norma il modo di agire del suo Signore nella scelta di dodici uomini che ha posto a fondamento della sua Chiesa. E solo uomini scelsero quegli apostoli per loro successori, in una catena maschile che giunge sino a noi.

La C hiesa cattolica , a livello istituzionale, la sola, vera monarchia assoluta sopravvissuta. Il Papa vi pu tutto, vi supremo legislatore, esecutore, giudice. Pu tutto, tranne contraddire alla Scrittura e alla Tradizione, indiscussa e ininterrotta, che lha interpretata. Siamo davanti a uno dei casi in cui anche gli onnipotenti pontefici romani spalancano le braccia: Anche se volessimo, non possumus .Cos il Cristo ha stabilito e noi non siamo che suoi esecutori. Obbediamo a una rivelazione, non a una ideologia umana. Situazione, certo, comprensibile solo in una prospettiva di fede. Ma per dirla ancora con papa Wojtyla alla fine della sua Lettera apostolica: I pi grandi nel regno dei cieli non sono i preti, sono i santi. E di questi ultimi con nome femminile vi abbondanza nel calendario cattolico. Come ricord proprio quel Papa, tra i milioni di pellegrini di Lourdes pochi sanno il nome del parroco e forse nessuno quello del vescovo nel 1858. Ma tutti conoscono e venerano la piccola analfabeta che Maria scelse come sua portavoce e che la Chiesa, gestita da uomini, pose sugli altari, onorando questa stor ia tra donne.

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Ma quale White Christmas Natale deve essere a colori


di Igiaba Scego in l'Unit del 14 dicembre 2009 Il 14 Settembr e 2008 stato ucciso un ragazzo a Milano. Preso a sprangate per futili motivi. Quel ragazzo si chiamava Abba, era italiano e i suoi genitori venivano dal Burkina Faso. Chi lo ha ucciso lo ha considerato una persona con meno diritti per via della sua pelle nera, una persona che si poteva schiacciare come un insetto nocivo. Allindomani di quellomicidio il deputato del PD Jean Leonard Touadi disse una frase significativa che molti ancora ricordano: C un clima da Mississipi Burning, da far tremare i polsi. lapartheid italiano Un clima fatto di razzismo, violenza, mancanza di dialogo. Da quellomicidio ad oggi la situazione anche peggiorata. Oggi sembra che il razzismo non crei pi scandalo, si creato di fatto un apar theid tutto italiano fatto di leggi che discriminano chi ha radici altrove. Gli esempi sono sotto i nostri occhi:? i richiedenti asilo vengono respinti, si fatica a considerare litalianit dei figli di migr anti, si schiaccia un tema vasto come le migrazioni solo sul problema sicurezza. Un apartheid che lontano anni luce dalla bellezza della nostra Costituzione.? Un apartheid che un paese bello e ricco di storia come il nostro proprio non si merita. Ma questa barbarie pu essere contrastata cer tamente con gesti grandi, ma anche con tanti piccoli gesti quotidiani. Per questo ora vi faccio una proposta di un gesto piccolo, ma molto significativo. il nostro natale Siete tutti a conoscenza delliniziativa di Coccaglio, comune in provincia di Brescia che ha proposto di cacciare gli immigrati irregolari nel segno di un White Xmas solo per bianchi. Non ne parlo perch tra i momenti pi tristi che lItalia abbia mai vissuto. Siamo tutti al corrente, purtroppo. Io non sono cristiana. Ma il Natale so che una festa di accoglienza, pace e amore. Maria e Giuseppe erano migranti perseguitati, Ges era loro figlio. Fare un White Christmas contro il Natale, contro tutto quello che questa festa significa. Questo 25 Dicembre 2009 sarebbe bello invece trasformare il Natale nella festa di tutti. Un 25 che lega cristiani, ebrei, islamici, induisti, atei, agnostici, uomini, donne, etero, gay, adulti, bambini, anziani. Ecco la proposta. Organizziamo in tutta Italia dei Natali a COLORI e poi mandiamo le nostre foto a unitaonline@unita.it per pubblicarle sul sito e sul quotidiano in edicola. Natali in famiglia, con gli amici, con i senza fissa dimora, con i migranti, con i richiedenti asilo, con gli anziani, in ospedale, nelle carceri, a casa, per strada. Natali gay, etero, come ci pare, come ci piace. Non solo foto, ma anche video, disegni, loghi e biglietti di auguri, riflessioni, ecc. Non solo del giorno di Natale, ma anche dei preparativi e, perch no, anche delle feste della fine dellanno per un 2010 di speranza. Una festa della gente. Una festa A COLORI. La nostra festa, dellItalia a colori che non solo verr, ma che gi qui.

Dossetti La Costituzione come bussola


di Maurizio Chierici in il Fatto Quotidiano del 15 dicembre 2009 Domani lanniversario della morte di don Giuseppe Dossetti, memoria cancellata dagli uragani di questi giorni. Dossetti (13 febbraio 1913 15 dicembre 1996) collaboratore e avversario di De Gasperi; Dossetti uno dei padri della Costituzione. Nel 95 quando Berlusconi annuncia allItalia che cosa ha in mente dopo aver demolito la vecchia Repubblica, Dossetti abbandona lesilio spirituale nelle montagne della Giordania. Torna a Bologna. Raccoglie i costituzionalisti con un discorso drammaticamente confer mato. Parla di una mitologia sostitutiva con la quale il liberismo della destra ha aperto il conflitto costituzionale. Raniero La Valle, direttore dellAvvenire dItalia a Bologna negli anni segnati dal lavoro comune tra il cardinale Lercaro e Dossetti; La Valle, analizza

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Bologna negli anni segnati dal lavoro comune tra il cardinale Lercaro e Dossetti; La Valle, analizza la mitologia sostituiva che tendeva a sostituire la sovranit popolare col mito antidemocratico, anzi idolatrato, di un potere da conservare ad ogni costo e contro ogni ragione e interesse del paese mediante la sollecitazione di forme plebiscitarie per ridurre il consenso del popolo sovrano allapplauso del popolo sovrano. Dossetti ricordava il senso della sovranit del popolo custodito dalla Costituzione, che si vorrebbe cambiare stravolgendo la volont popolare che ha, come normale espressione, la sua rappresentanza nelle assemblee del Parlamento, e normale garanzia le istituzioni che vegliano sulla Carta Magna: presidente della Repubblica e Corte costituzionale. Dossetti era talmente preoccupato da girare lItalia per lanciare lallarme. Ogni sera la sua voce, e aveva 81 anni. Denunciava che alla Costituzione ancora formalmente e sostanzialmente vigente si sono volute opporre ipotetiche norme di una mitica Costituzione ancora non scritta, del tutto immaginarie, sulla semplice base di deduzioni ricavate solamente dalla legge elettorale maggioritaria, deduzioni del tutto infondate e senza nessun precedente in qualunque ordinamento costituzionale. Gennaio 1995. Quindici anni dopo il cammino dei cambiamenti passa per le tv, madr i della patria. Il degrado politico anni Novanta allarmava Dossetti. Quando nel 1991 i nostri soldati vanno per la prima volta a difendere i sacri confini fuori dai nostri confini bombardando Saddam Hussein, guerra del Golfo, rompe per la prima volta un silenzio lungo 30 anni. Lo strappo alla Costituzione disegnata dopo il fascismo gli sembrava intollerabile. Viveva ormai lontano dalla politica che lo aveva visto antagonista a De Gasperi. Assieme a La Pira, Ardig, Andreatta, quel gruppo bolognese dove Prodi stava crescendo, si era illuso di creare un movimento cattolico nel quale morale e cultura disegnassero una societ di partecipazione comunitaria. Laica e slegata alle influenze vaticane. Utopia troppo severa; avevano vinto gli altri. E Dossetti si ritira negli studi monastici sulle colline di Bologna (Monte Sole attorno alla Marzabotto del massacro nazista), e poi lungo il Giordano. Ed ecco il silenzio si rompe nellincontro con una giornalista in una baracca di Mahin, monte Nepo dove Mos aveva sfiorato la terra promessa. Accetta le domande con qualche esitazione. Preferisce rispondere scrivendo: Credo sia meglio, dopo tanto tempo. Se poi lo desidera possiamo parlarne, ma la sostanza non cambia. Leggo ad alta voce i foglietti che mi allunga. Dossetti ascolta le sue parole con le mani intrecciate, come pregasse. Dal momento che questa guerra, contro ogni speranza di ragionevolezza, deplorevolmente scoppiata, credo di dover osservare il silenzio in modo ancor pi rigoroso. Ma c una volont pi forte: attestare il nostro ascolto e una nostra attenzione verso non poche rivendicazioni islamiche di questa congiuntura. Ecco perch restare qui, mentre gli eserciti si affrontano, non pu non essere rispettoso, umile e pacifico, non solo nelle intenzioni anche nei comportamenti. Dice il salmo 3314-15 Preserva la lingua del male, le labbra da parole bugiarde. Fa il bene, cerca la pace e perseguila. Ho limpressione che non si persegua la pace quando le parole restano equivoche e anche bugiarde. Come italiano e antico costituente, potrei aggiungere che molte menzogne si sono pronunciate nel Parlamento di Roma. Per giustificare la partecipazione di nostre forze aeronavali, si

fatto dir e allarticolo 11 della Costituzione ci che non corrisponde n alla lettera, n al suo spirito. Articolo 11 la cui stesura lo aveva impegnato nella mediazione tra De Gasperi e Togliatti. C una decisione delle Nazioni Unite, provo a ricordargli, rompendo laccordo delle domande scritte. Si preteso di collegare linterpretazione a una finzione verbale e al ristabilimento di una legalit internazionale. Troppe volte in passato questa Carta non stata strumento di legalit. E la guerra di oggi rischia di diventare illimitata nel fine come nei mezzi. LOnu d limpressione di aver la abbandonata a se stessa. Non ne controlla gli sviluppi e affida il conflitto allarbitrio, per cos dire tecnico, di una delle due parti in contesa. Nel salutare due parole: Non so se sono un vero uomo di pace, ma spero di avvicinarmi alla speranza per diffondere la pace che un bene universale. Illusione che non convince Livio Caputo: prima di diventare sottosegretario del Berlusconi Uno, governava gli esteri del Corriere. Cosa centra la Costituzione con la guerra?. Insomma, Dossetti vecchio impiccio fuori dal mondo. Ma Ugo Stille e Giulio Anselmi dedicano a Dossetti un grande titolo di terza pagina. E il mattino dopo Il Giornale diretto da Montanelli commenta la riflessione di Dossetti col disprezzo di Nicola Matteucci: Aveva taciuto trentanni, poteva continuare. Poi venuto lAfghanistan e la Baghdad che sappiamo. Imbarazzo superato, Costituzione adattata ai buoni rapporti internazionali. Possiamo partecipare a ogni guerra preventiva nel rispetto della nostra Carta fondamentale. Ma non basta: purtroppo la Carta lega le mani a chi governa. Si vuole allargare lo strappo per cambiare la vita di tutti. Meno uno. Protagonisti gli stessi nomi. Solo Dossetti la memoria della speranza.

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Quell'immagine senza ritorno


di Ida Dominijanni in il manifesto del 15 dicembre 2009 sempr e il volto dell'altro, sostiene Emmanuel Lvinas, la misura e la prova della nostra umanit, perch nel volto dell'altro che inscritta la sua e la nostra vulnerabilit. Il volto ferito di Silvio Berlusconi, una lacerazione improvvisa e violenta nella costruzione senza tempo e senza rughe della sua immagine personale e politica, si presta poco all'uso strumentale cui stato subito piegato dai suoi pasdaran e in cui, come sempre, sembrano irretiti gran parte dei suoi oppositori. Quel volto colpisce pi a fondo, con l'impatto di un'istantanea senza ritorno. Con il suo consueto istinto, Berlusconi stesso stato il primo a capirlo, offrendosi alla vista della folla e delle telecamere senza nascondere la ferita e anzi impugnandola. Un gesto che non sta solo nello stile mediatico del personaggio, ma sembra piuttosto guidato dall'ansia del dopo. Che ne sar, dopo, dell'immagine del premier? L'icona del sovrano non contempla ferite, e tanto lo sapevano i costruttori della sovranit moderna da inventare, con la geniale formula del doppio corpo del re, il modo di trascendere in un corpo sacro e immortale la vulnerabilit di quello secolare e reale. Ma Berlusconi, maschera postmoderna di una sovranit terminale, di corpi ne ha uno solo, ed sulla sua integrit, durata, potenza e padronanza che ha sempre puntato le sue chance. Neanche l'ostensione quasi sacrale del suo sangue al suo popolo lo garantisce, oggi, dall'effetto di vulner abilit che quell'immagine senza ritorno del suo volto oltraggiato produce. Lo sanno anche i suoi, ed per questo che, loro s con poca umanit, si sono affannati all'istante non tanto a chiedere solidariet per il premier e condanna per l'attentator e, due cose evidentemente dovute e sentite, quanto a pretendere genuflessioni, retromarce, confessioni di colpa, ammissioni di responsabilit, impegni di autosilenziamento dall'opposizione in tutte le sue frantumate espressioni, d'un tratto accomunate nel ruolo del mandante del dissennato Tartaglia. Una marea montante di insulti e attacchi che la dice lunga sulla quantit di rancore di cui la cerchia ristretta degli amici e delle amiche del premier, i Cicchitto e le Carfagna, affetta e infetta: dal rancore verso Veronica Lar io, indir ettamente citata ritorcendo contro la sinistra la denuncia del ciarpame che fu sua contro il marito, a quello verso Rosi Bindi, che fu rea di indisponibilit verso il premier e oggi rea di dire una verit impronunciabile (anche per i suoi compagni di campo), cio che se clima di violenza c', fra i suoi artefici va annoverato anche Berlusconi che pertanto non ne solo vittima. E ancor a, dal rancore ribadito verso la magistratura al rancore riciclato per gli anni Settanta, improvvisamente ripor tati al centro della scena come un deposito fantasmatico di violenza di piazza e giustificazionismo della sinistra, in un crescendo - violento - di semplificazioni e falsificazioni che smentiscono, se ce ne fosse bisogno, qualsiasi pretesa di buone intenzioni nell'appello ipocrita all'abbassamento dei toni, alla collaborazione istituzionale e al dialogo democratico. In politica per i fantasmi sono pessimi consiglieri. E il fantasma degli anni di piombo, evocato con strumentale leggerezza, rischia di portare fuori strada non solo gli amici ma altres gli avversari del premier ferito. C' un doppio salto mortale alla base del teorema che i cortigiani del principe stanno allestendo da quarantotto ore in qua: l'aggressione a Berlusconi opera di uno squilibrato, dunque non c'entrerebbe nulla con la violenza politica organizzata degli anni di piombo, se non fosse per la faccenda dei mandanti, che invece le accomuna: cattivi maestri allora, cattivi maestri oggi, con la differenza che allora i cattivi maestri erano gli estremisti di sinistr a e oggi sono i giudici della Corte

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differenza che allora i cattivi maestri erano gli estremisti di sinistr a e oggi sono i giudici della Corte costituzionale. Oggi come allora per, al fondo il ritornello lo stesso: parlare significa instigare ad agir e, criticare equivale ad armare le mani, riempire le piazze significa fiancheggiare i violenti. Morale, non si disturba il manovratore. E' un ritornello irricevibile, che se rischia di fiaccare ulteriorente un'opposizione istituzionale allo sbando, e se ha buone probabilit di ricompattar e le fratture che cominciavano a palesarsi nella maggioranza, non ha molte speranze di essere ascoltato dove comunque monta la stanchezza sociale per il ventennio berlusconiano e le sue promesse mancate. Tuttavia non solo questo il punto. Marcare la differenza, per poi accorciare le distanze, fra il

pazzo isolato di oggi e la violenza organizzata di ieri rischia di appannare lo sguardo di fronte alle vere, abissali differenze fra il clima di trent'anni fa e quello di oggi. Se oggi l'instabile Tartaglia aggredisce indisturbato il presidente del consiglio durante un bagno di folla, il perch non va cer cato nella differenza fra la miniatura del duomo di Milano e i sampietrini del '77. Va cercata in una deriva della politica che nutre il potere di seduzione e identificazione ma perci stesso lo rende vulner abile dall'antipatia e dalla disidentificazione, blandisce i leader nei bagni di folla e nei bagni di folla li tradisce, riduce la rappresentanza e l'azione collettiva all'impotenza. Il gesto di un folle il gesto di un folle, ma nella follia, lo sappiamo, ci sono pi verit di quanto i sani di mente vogliano o possano talvolta ammettere.

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Perch mi odiano?
di Massimo Gram ellini in La Stampa del 15 dicembre 2009 Non capisco perch mi odino, ha confessato a don Verz in pieno trauma da giorno dopo, quando al dolore fisico si accompagna sempre la prostrazione morale. Berlusconi lopposto di Cyrano. Quello si disprezzava e, disprezzandosi, odiava essere amato. Silvio si adora, e adorandosi, desidera lamore altrui, senza distinzioni. Non si rende conto che chi pretende lamore attira con la stessa intensit anche lodio. I veri politici non pretendono di essere amati e infatti la gente li apprezza. Li ignora o li disprezza: sentimenti medi, razionali, gestibili. Solo un terrorista pu spingersi a odiare un politico, per inteso come simbolo. Non colpisce Moro perch Moro, ma perch rappresenta lo Stato. Invece Berlusconi viene colpito proprio in quanto Berlusconi. Non un politico, ma unicona, una rockstar. Uno che suscita sentimenti estremi: nei fan (linno della Dc tedesca non si intitola meno male che Angela c) come nei detrattori. Lui parla alle viscere prima che ai cervelli: e le viscere sono incontrollabili, da esse pu scaturire tutto il bene e tutto il male del mondo. Questo, ovviamente, non significa giustificare il gesto di uno squilibrato e la violenza verbale di chi lo esalta sul web. solo il tentativo di dare una risposta alla domanda drammatica che Berlusconi ha posto a don Verz. Sventurato il popolo che ha bisogno di eroi, scriveva Brecht. Ma sventurati anche gli eroi che hanno bisogno del popolo.

Il ritorno dei fantasmi


di Aldo Schiavone in la Repubblica del 15 dicembre 2009 Dobbiamo saper guardare a fondo nel volto violato del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, istintivamente offerto da lui stesso allo sguardo del mondo come nell'ostensione istintiva e drammatica di un sacrificio appena consumato nella rammemorazione involontaria e potente di qualcosa che si avvicina all'icona sepolta di una ritualit primaria, fondativa della sua comunit. Riappaiono di colpo fantasmi lontani, l'ombra del magma infuocato che si depositato nei sotterr anei della storia d'Europa, che brucia ancora il suo passato. L'esperienza della contiguit fra politica e violenza; l'idea della forza risolutrice. Dalle armi della critica alla critica delle armi: quel

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politica e violenza; l'idea della forza risolutrice. Dalle armi della critica alla critica delle armi: quel passaggio micidiale e tante volte attraversato fra i due piani come se tra loro non ci fosse un abisso ma che la nascita o la rifondazione delle grandi democrazie di massa nella seconda parte del ventesimo secolo ha bloccato per sempre in Occidente, e che non si deve pi riaprire, mai. Il radicamento di massa della dialettica democratica ha sostituito e cancellato per sempre la polarit fra amico e nemico all'interno dello spazio pubblico, riducendo lo scontro fra le parti in contesa per il governo della comunit nei termini di una sua rappresentazione simbolica, per quanto carica di espressivit e di potenza, controllata dal principio di maggioranza. Da questo non si deve tornare indietro: mai. E anche se l'aggressore ha problemi psichiatrici, il suo gesto deve preoccupar ci lo stesso, come dimostr ano anche le insensate reazioni sui siti web che l'osannano. Riappaiono di colpo le tossine della storia d'Italia, anche di quella pi recente. Ma sono veleni con cui abbiamo imparato a lottare, che abbiamo gi sconfitto. Fanno ancora paura, ma possediamo, a portata di mano, gli antidoti giusti. Il punto di riferimento un principio che ha animato e ispirato la nostra costituzione materiale, e che abbiamo dimostrato di saper difendere: quello di un "ordine democratico" come luogo di convivenza delle diversit, come sistema di confronto fra le differenze, come regola della divisione dei poteri, come libert per ciascuno di organizzare il consenso intorno alle proprie idee, come metodo di risoluzione pacifica dei conflitti sociali, pur nel permanere non risolvibile della contr apposizione degli interessi. Eppure in questo campo non ci sono mai vittorie definitive, ma vittorie che vanno ogni volta riconquistate, e ogni generazione deve compiere il suo apprendistato, la sua peculiare scoperta della democrazia, della sua insostituibilit, della sua necessit come premessa indispensabile per la crescita e lo sviluppo di ogni individualit, di ogni singolo progetto di vita. Ed qui nella formazione dei giovani che noi siamo pi fragili. Tutto l'Occidente pi fragile, certo, ma vi anche e dobbiamo saperla fronteggiare una peculiare inadeguatezza italiana, una specie di sovraesposizione del nostro paese al rischio di una disaffezione giovanile alla democrazia, che ha molte spiegazioni ed espone a molti pericoli. Nei messaggi deliranti che sono comparsi in questi due giorni sui Facebook c' di sicuro la generica quota di irresponsabili che si trova in ogni corpo sociale, ma credo che non sia difficile cogliere anche un sintomo di questo pericolo. In questi giorni l'Italia ha bisogno di voci che sappiano parlare all'intero Paese, senza distinzioni. Non voci "terziste", come si usa malamente dire; ma voci che, pur essendo portatrici di una chiara scelta di parte, sappiano rivolgersi all'Italia intera, con una lingua condivisa. Non per annullare le differenze, o fare un solo passo indietro rispetto alle idee sostenute fino a ieri, alle battaglie sinora combattute. Ma per rendere evidente, che, al di l di tutto questo, c' un tessuto comune, un patr imonio prezioso di unit accumulato nel tempo a prezzo di sacrifici oggi impensabili, una rete di valor i di libert, di eguaglianza, di solidariet che non pu essere gettato al vento, e che la nostra sola speranza di futuro. Per molte ragioni legate alla nostra storia, non meno che alla nostra identit credo che sia soprattutto sulle spalle della sinistra di quel che resta di lei a gravare questo obbligo, che confesso personalmente di sentire come un autentico dovere etico. Non abbiamo bisogno di intelligenze "al di sopra delle parti", n abbiamo bisogno di edulcor are le nostre

asprezze. La democrazia non sa che farsene di queste finzioni e di queste ipocrisie. Abbiamo solo bisogno di maestri di vita morale.

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Il lato oscuro della rete


di Gian Antonio Stella in Corriere della Sera del 15 dicembre 2009 Ma davvero in democrazia un cittadino deve avere il diritto di dire le sciocchezze pi grandi che crede, come teorizz nel 2003 lallora ministro della Giustizia Roberto Castelli mettendosi di traverso alla legge europea che voleva ridefinire i reati di razzismo e xenofobia? Roberto Maroni, vista limmondizia che trabocca online a sostegno delluomo che ha scaraventato una statuetta in faccia a Silvio Berlusconi (c chi si spinto a scrivere: Gli doveva rompere il cranio a quel testa dasfalto!) pensa di no. E ha ragione. Se vero che la nostra libert finisce l dove inizia la libert degli altri, anche la libert di parola, cio il bene pi prezioso delloro in una democrazia, ha un limite. Che non solo il buon senso: il codice penale. Ci sono delle leggi: listigazione a delinquere e lapologia di reato vanno puniti. Uno Stato serio non pu tollerar e che esista una zona franca dove divampa una guerra che quotidianamente si fa pi aspra, volgare, violenta. Come ha spiegato Antonio Roversi nel libro Lodio in Rete, il lato oscuro del web popolato da individui e gruppi che, pur nella diversit di accenti e idiomi utilizzati, parlano tutti, salvo qualche rara ma importante eccezione, il linguaggio della violenza, della sopraffazione, dellannientamento . Tomas Maldonado laveva gi intuito anni fa: In queste comunit elettroniche cessa il confronto, il dialogo, il dissenso e cresce il rischio del fanatismo. Web significa Rete ma anche ragnatela. Una ragnatela apparentemente senza ragno, dove la comunicazione, a differenza della tiv, sembra potersi esercitare senza controllo. Ma pi libert di odio pi democrazia? una tesi dura da sostenere. E pericolosa. Perch, diceva Fulvio Tomizza, che aveva visto il suo piccolo paradiso istriano disintegrarsi in una faida etnica un tempo inimmaginabile, devono ancora inventarlo un lievito che si gonfi come si gonfia lodio. Colpir e Internet, dicono gli avvocati di Google denunciata per certi video infami suYouTube ( esempio: un disabile pestato e irriso dai compagni) come processare i postini per il contenuto delle lettere che portano. E lo stesso ministro degli Interni non si nascosto la difficolt di avventurarsi in battaglie internazionali contro un gigante immenso e impalpabile. Peggio, c il rischio di far la fine dello scoiattolino dellEra glaciale: a ogni forellino che tappa, lacqua irrompe da unaltra parte. Ancora pi rischioso, per, sarebbe avviare una (giusta) campagna contro solo una parte dellodio online. Trascurando tutti gli altri siti che tracimano di fiele come quelli che impunemente scrivono dun olocausto comunista perpetrato dalla mafia razzista ebraica responsabile dello sterminio di 300 milioni di non ebrei, di fottuti schifosi puzzoni stramaledetti sporchi negri mangiabanana , di maledetti zingari immigrati razza inutile sporca da torturare, di respingimenti da abolire perch la soluzione a questi problemi il napalm, altro che rimpatri. Non puoi combattere lodio se non lo combatti tutto. Andando a colpire sia i teppisti razzisti che sputano online su Umberto Bossi chiamandolo paralitico di m. sia quanti aprono gruppi di Facebookintitolati Io odio Di Pietro o Uccidiamo Bassolino. Mai come stavolta, per, il buon esempio deve venire dallalto. Occorre abbassare i toni. Tutti.

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esempio deve venire dallalto. Occorre abbassare i toni. Tutti.

Il marketing delle religioni


di Massimo Faggioli in Europa del 16 dicembre 2009 Contrar iamente a quello che si riteneva in Europa, Dio non morto, anzi sta benissimo, e anche il capitalismo sta meglio di quello che pensavamo. Infatti, dato che sar il mercato globale a decidere dove Dio torner, e soprattutto quale Dio torner, sar un Dio cristiano, occidentale e americano. Questa , in estrema sintesi, la tesi di fondo dellultimo libro di John Micklethwait e Adrian Wooldridge, God Is Back: How the Global Revival of Faith Is Changing the World (Penguin Press, 2009, 416 pagine). Gi autori di vari reportage, tra cui un volume sui vari volti della destra americana, la right nation (tradotto da Mondadori nel 2005, La destra giusta. Storia e geografia dellAmerica che si sente giusta perch di destra), i due giornalisti di punta dellEconomist dipingono un inter essante panorama della rivincita di Dio in corso nel mondo post-11 settembre. Di recente alcuni libri hanno annunciato una controffensiva in difesa di Dio da parte di una gener azione di neo-apologisti (tra i pi recenti usciti in America: Robert Wright, The Evolution of God; Karen Armstrong, The Case for God; Nicholas Wade, The Faith Instinct) che hanno lanciato una reazione al proselitismo antireligioso e populista della triade Dawkins-Harris-Hitchens. Lappassionante God Is Back parte da una prospettiva di geopolitica delle fedi. Micklethwait e Wooldridge non sono avvocati della tesi dello scontro di civilt interpretato dai teocon americani, ma fanno propria la lezione di Samuel Huntington circa la necessit di comprendere la dimensione religiosa della politica internazionale e di elaborare una lettura politica (ed economica) delle relazioni interreligiose nel mondo globalizzato. La prima parte del libro dipinge due vie alternative verso la modernit: la via europea e la via americana. Di fronte ad unEuropa laicista in cui lateismo pubblico la condizione richiesta ai personaggi pubblici, la storia degli Stati Uniti rappresenta lesatto contrario, cio una democrazia che si regge su un pilastro religioso e trascendente, cio sulla religione, e non mi importa quale essa sia (per citare le parole del presidente Eisenhower). La maggior e differenza rispetto allEuropa che lAmer ica si divide sullinterpretazione della religione nello spazio pubblico, pi che sullopportunit di dare alla religione uno spazio pubblico. Ma lo scenario in mutamento su entrambi i lati dellAtlantico. Se in America, dagli anni Ottanta in poi, il cristianesimo evangelical passato da mera lobby culturale a forza politica organizzata, secondo gli autor i anche in Europa si comincer presto a sentire leffettorimbalzo causato da una spinta migratoria in gran parte proveniente da paesi arabi e/o a maggioranza musulmana. Ma tra Europa e Amer ica vi ancora un evidente God gap, una fondamentale differenza nella percezione del ruolo della religione in politica: questa differenza impersonata dal tentativo di alfabetizzazione teologica del neo-cattolico Tony Blair, un tentativo finora malriuscito e incompreso da entrambe le parti dellAtlantico (il suo corso su fede e globalizzazione a Yale ha sollevato critiche per lignoranza dellex premier inglese circa concetti-base della teologia pubblica che avrebbe dovuto insegnar e). La storia recente degli Stati Uniti testimone del gap. La lunga campagna elettorale per le presidenziali del 2008 si era risolta a favore di Obama anche grazie alle sua capacit di outgodding, cio di articolare meglio la questione religiosa rispetto agli altri candidati: meglio sia di Hillary Clinton (che tent di usare in modo cinico il caso del reverendo Wright), sia di John McCain (che, intervistato, non era certo di sapere a quale chiesa appartenesse). Per la vittoria di Obama non significa la fine delle culture wars attorno alla questione religiosa in America: ne testimone il caso di Sarah Palin, la pi radicata nella subcultura evangelical di qualsiasi altro candidato alla Casa Bianca (p. 124). Quanto a cultural warrior, per gli autori di God Is Back quello con la maggiore esperienza nel campo conservatore la Chiesa cattolica () il cui appetito per la battaglia culturale aumentato in modo visibile sotto Giovanni Paolo II (p. 347). Ma se la lotta allaborto sembra essere il campo di battaglia preferito dei cattolici, il nuovo

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evangelicalismo americano (quello del pastore Rick Warren) si aper to alle questioni della povert, dellimmigrazione, della solidariet internazionale, dellambientalismo. Grazie alla formidabile spinta missionaria del cristianesimo di matrice evangelicale e pentecostale in tutti i continenti, il cristianesimo in ripresa, e gli autori riconoscono lesistenza di diverse aree di tensione politico-religiosa sullatlante mondiale: lAfrica centrale, India e Pakistan, la Cina. Tuttavia tra Europa, America e islam che si decider la lotta. Per i due autori assai pi verosimile che lEuropa si avvicini al modello americano piuttosto che una secolarizzazione della politica americana. Tuttavia, la maggiore capacit degli americani di gestire il God business, il marketing di Dio, che spinge Micklethwait e Wooldridge a vedere lAmerica come il mer cato trainante nella concorr enza tra cristianesimo e islam: LAmerica contribuisce al revival religioso globale da due lati: come maggior esportatore mondiale di religione e come maggior fornitore mondiale di quel capitalismo che aumenta la domanda di religione. Gli americani stanno esportando oppio e allo stesso tempo stimolando la domanda di oppiacei (p. 244). Al contr ario della cultura politica europea, lEconomist non ha dimenticato n la lunga durata della politica di Dio n la lezione di Marx sui rapporti tra economia, politica e religione. Tocca agli europei decidere se ragionevole lasciare che di religione e politica si occupino i chierici e i manager.

Trent'anni all'indice
intervista ad Hans Kng a cura di Andrea Tarquini in la Repubblica del Sono passati trent'anni, ma il professor Hans Kng ricorda ancora quel 18 dicembre 1979 in cui la punizione impostagli dal Vaticano lo colp come un fulmine, segn la sua vita e il clima nel mondo cattolico. Lui, considerato allora e oggi forse il pi autorevole teologo cattolico critico, fu interdetto dall'insegnamento negli istituti superiori legati alla Chiesa. Trent'anni dopo, ascoltiamolo confessare le emozioni e i ricordi di allora, e riflettere sulle sfide attuali per il cattolicesimo. Professore, quali ricordi di quel giorno le sono rimasti pi a fondo nella mente, e a che rif lessioni la portano?

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rif lessioni la portano? La revoca della facolt d'insegnamento ecclesiale, quel 18 dicembre 1979, per me fu una totale sorpresa. Un attacco-lampo da parte di persone al massimo livello nella Congregazione della fede romana e della Conferenza episcopale tedesca. Anche oggi, trent'anni dopo, resta valido quanto dissi gi allor a: questa azione da Inquisizione era teologicamente infondata, giuridicamente impugnabile e politicamente controproducente. Quel che venne poi per me, furono i tre mesi pi amari della mia vita. Fu un peso estremo, spirituale quanto fisico. Il pericolo che si present allora e che io affrontai fu di essere completamente emarginato, nella Chiesa come nel mondo universitario, e ridotto alla morte civile del silenzio. Non ci furono spazi o speranze di dialogo e com promesso con la Santa Sede allora, trent'anni fa? Mi accingo a raccontare tutto al pubblico. Sta per uscire, anche in Italia, il secondo volume delle mie memorie, Verit disputata. Narrer al pubblico quali trame furono tessute allora, e quali persone vi furono coinvolte come parte attiva. Allora, trent'anni fa, non si giocava sul terreno di una possibilit di dialogo serio su una questione cos discussa e sofferta nella Chiesa cattolica quale la questione dell'infallibilit papale. No, la situazione cui mi trovai di fronte fu la richiesta di una sottomissione e resa incondizionata al Diktat da Roma. Fu uno choc. Come ce la fece ad andare avanti? Ce l'ho fatta a sopravvivere grazie a un vasto appoggio, nel mio circolo di amici e accademico, e a livello mondiale. La solidariet con me fu straordinaria, quasi soverchiante. Mi disse che non avrei dovuto arrendermi, in nessun caso. Da parte mio ero convinto che le mie posizioni trovavano confer ma nel Vangelo. All'universit di Tubinga, la mia posizione fu relativamente tranquilla, garantita. Affrontai intensi negoziati, dopo quattro mesi riuscii a ottenere un compromesso. Sarei restato professore di Teologia ecumenica con ogni diritto, e il mio Istituto per la ricerca ecumenica fu sganciato dalla facolt cattolica di Teologia e posto alle dirette dipendenze del Senat, il collegio di direzione accademica dell'ateneo. Non una scusa o discolpa postuma per gli Inquisitori, ma oggi posso dire una cosa importante. Quale? Che la revoca papale della mia facolt di docente, paradossalmente, mi ha dato, nel sistema universitario tedesco, una libert unica di condurre ricerca e insegnare. Ci mi ha permesso di portar e avanti con energia il dialogo tra le religioni, e anche di varare il progetto Weltethos, la mia fondazione per l'etica mondiale. Con Benedetto XVI lei ebbe un incontro, ci furono speranze di riconciliazione. Sono poi tramontate, e perch? Joseph Ratzinger, oggi Papa Benedetto XVI, fu mio collega come Peritus del Concilio Vaticano secondo, poi come professore alla facolt di Teologia cattolica dell'universit di Tubinga. Gli sar sempre grato per la sua scelta, dopo un periodo di totale estraniazione tra noi due, di concedermi dopo la sua elezione a Papa un colloquio di ben quattro ore a Castel Gandolfo. Quel colloquio si svolse in uno spirito amichevole, e davvero risvegli in me la speranza che egli fosse pronto ad azioni sagge e coraggiose. Concordammo, anche con un comunicato ufficiale vaticano, un'intesa su

un rapporto costruttivo tra religione e scienze naturali, sul dialogo interreligioso, e sulla necessit di principi etici comuni, come nella Fondazione per l'etica mondiale. Ma purtroppo adesso Papa Benedetto sembra aver scelto una linea di restaurazione. Le sue infelici affermazioni sulla chiesa evangelica, sull'ebraismo e sull'Islam, lo indicano chiaramente. Cio tornano tempi di pericolo? C' anche il pericolo che la Chiesa cattolica diventi luogo di raccolta di correnti arciconservatrici. Lo vediamo con la decisione di riaccogliere nella Chiesa i vescovi tradizionalisti, consacrati illegalmente, e schierati contro il Concilio Vaticano secondo. Ma anche con l'offerta agli anglicani conservatori di tornare nel Castello della Chiesa cattolica. Eppure non ho abbandonato la mia speranza che Papa Benedetto, anche in Vaticano, prenda atto dell'emergenza della cura pastorale cattolica delle anime, e si decida a necessarie riforme, per aiutare le migliaia di parrocchie in tutto il mondo che non hanno pi un parroco. Ma anche molte altre emergenze nella Chiesa impongono una urgente risposta positiva del Papa. Obbligo del celibato, dogmi, crisi delle vocazioni secondo lei la Chiesa com e pu restare viva nel m ondo d'oggi? La C hiesa cattolica si richiama a Ges Cristo come origine e fondamento. da differenziare rispetto al Sistema romano, che nato e si consolidato solo dall'undicesimo secolo. Solo dalla riforma gregoriana vigono nella Chiesa cattolica un centralismo romano imposto, un estremo clericalismo e un obbligo del celibato per tutto il clero. Non a caso venne nella stessa epoca lo scisma d'Oriente. Le sorti delle riforme della Chiesa d'Occidente e della riconciliazione con la Chiesa d'Oriente dipendono da una correzione di questo medievale Sistema romano. Cosa vuol dire oggi, secondo lei, essere cristiano, e cattolico? La misura del nostro essere cristiani non pu essere il diritto ecclesiastico medievale, bens deve esserlo il Vangelo stesso, secondo le Scritture del Nuovo testamento. Che cosa significhi essere cristiani, lo scrissi gi 35 anni fa, e non ho cambiato idea: "Seguendo Ges Cristo/l'uomo nel mondo oggi pu/vivere, agire, soffrire e morire in modo veramente umano:/nella felicit e nella sventura, nella vita e nella morte/sorretto da Dio e fecondo di aiuto per gli altri

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Ellacura, la strage dimenticata


di Alberto Melloni in Corriere della Sera del 16 dicembre 2009 Quando ebbe la notizia, padre Arrupe non era pi il generale della Compagnia di Ges. Si era dimesso dopo lictus del 1981 e Giovanni Paolo aveva accettato le sue dimissione due anni dopo. Era allettato e muto, quando il 16 novembre 1989 gli andarono a dire che nella Universit cattolica di San Salvador erano stati ammazzati sei gesuiti, fra i quali il rettore, e due inservienti. Era muto, Arrupe: e pot solo piangere. Non sappiamo se gli diedero i dettagli della mattanza. Da pochi giorni il Fronte rivoluzionario aveva scatenato una offensiva nei sobborghi della capitale e uno dei gruppi militari addestrati dai consiglieri statunitensi decise di liquidare subito il rettore della Cattolica, il padre Ignacio Ellacura. Figura emblematica della Compagnia di quel tempo, Ellacur a era stato allievo di Rahner e aveva portato il rigore del filosofo nella costruzione teorica di una teologia politica latinoamericana. Da rettore aveva fatto dellateneo salvadoregno, un tempo incubatore della cultura privilegiativa delle famiglie latifondiste, un centro di analisi politica e di ricerca teologica quanto mai avanzato. Specie dopo lepiscopato di monsignor Oscar Arnulfo Romero e il suo assassinio nel 1980 per mano di un fuciliere coperto dal governo dagli Stati Uniti, Ellacur a aveva radicalizzato la sua posizione e aveva accettato non lo faceva neanche la Populorum progressiodi Paolo VI, oggi giustamente celebrata di guardare negli occhi le due questioni cruciali nel continente latinoamericano messo in regime di sicurezza durante le amministr azioni Nixon e Reagan: la ribellione violenta alla violenza strutturale dei regimi sempre moralmente illecita? E lesproprio di umanit prodotto dalla procurata miseria atto intr insecamente malvagio o marachella di cui rispondono i singoli? Non per questo divenuto guerrigliero n ideologo della guerriglia, Ellacura: ma le sue analisi sottili ne offre un campione di seconda mano Emanuele Maspoli in Ignacio Ellacura e i martiri di San Salvador(San Paolo, pp. 170, e 13) non piacciono a molti. Non a Roma, dove perfino Romero era stato sbrigativamente catalogato come un comunista ispirato dai gesuiti, commettendo due errori di cui il Wojtyla fece pubblica ammenda sulla tomba del vescovo martire nel 1983. Non nel Fronte di liberazione nazionale che non accetta la sua idea di dialogare col presidente del partito Arena, Alfredo Cristiani, nel momento in cui uno spiraglio di pace pare possibile. Non al ceto militare, addestrato ed eccitato al sangue da agenti statunitensi incaricati di fare una attiva politica di containmentantisovietico speculando al ribasso sul prezzo della vita. Cos nel momento in cui a met novembre 1989 il governo subisce nella capitale uno schiaffo militare senza precedenti, la decisione di liquidare Ellacura automatica. Come una rappresaglia attesa, una occasione da non sciupare come se ne erano sciupate altre. il momento di far pagare il prezzo (come intitol Teresa Whitefield la sua ricostruzione del massacro, scritta nel 1995 dopo i lavor i della commissione Moakley del Congresso Usa e dopo linchiesta della commissione internazionale Betancourt- Figueredo- Brgenthal). Lo incassa il colonnello Benavides, con la truppa del battaglione Atlacatl: blocca luniversit, finge una ispezione per prendere contezza dei

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truppa del battaglione Atlacatl: blocca luniversit, finge una ispezione per prendere contezza dei luoghi e, finalmente, il 16 novembre, fa irruzione nella casa dei gesuiti. Ne trova cinque: il rettore, Ignacio Ellacura e i suoi colleghi Segundo Montes, Ignacio Matn-Bar, Amando Lpez, Juan Ramn Moreno. Li portano fuori casa, nel giardino. Sdraiati, faccia a terra. Un soldato, Oscar Amaya Grimaldi (armato con un AK47, un fucile in dotazione alla guerriglia allo scopo di depistare indagini) inizia a sparare ai primi tre. Il sergente Vargas ammazza gli altri due. In un edificio contiguo c il padre Joaqun Lpez y Lpez. Sente gli spari si affaccia da una porta: viene raggiunto e ucciso. La cuoca della casa Julia Elba e sua figlia Celina di quindici anni, testimoni delleccidio, vengono sorprese e portate nel prato: si abbracciano mentre il soldato Ascencio le fredda.

Manca solo uno dei membri della comunit, Jon Sobrino, in viaggio per partecipare ad un convegno teologico: si salver dai colpi di fucile, non dai sospetti romani che lo raggiungeranno nel 2007 con una notificazione emessa con procedura durgenza, per stigmatizzare le conclusioni non conformi con la fede della chiesa riguardo a punti cruciali, come la divinit di Ges Cristo, lincarnazione del figlio di Dio, ritrovate in una sua opera degli anni Novanta che rileggeva il dato della fede a partire dalle vittime. Se il Novecento Il secolo del martirio come titola la grande ricerca di Andrea Riccardi tornata in libreria in nuova edizione Mondadori questo dei gesuiti e delle donne del Salvador un mar tirio classicamente novecentesco. Si svolge non dentro la rarefazione teatrale degliActadel III secolo, ma nella polvere e nella sporcizia di societ dilaniate, nella polvere e nello sporcizia di una Chiesa dove il riconoscimento di questa visitazione detta o negata fra mille astuzie. Forse anche su queste piangeva la lungimiranza di padre Arrupe.

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Il sudario di Gerusalemme che rinnega la Sindone


di Paola Caridi in La Stampa del 17 dicembre 2009 Un sudario di lana, e non di lino. A significare che luomo avvolto nel tessuto funerario era di alto lignaggio. Un sudario trovato a Gerusalemme, quasi dieci anni fa, in quellarea conosciuta come la Gehenna, appena fuori dalle possenti mura di Solimano il Grande che circondano la Citt Vecchia. Un sudario che, attraverso gli esami condotti tra Stati Uniti, Londra e Gerusalemme, si pu datare al primo secolo, il secolo di Ges Cristo. Lo hanno studiato per anni: e i risultati sono stati pubblicati ora su PloS One, la rivista della Public Library of Science americana. In quel sudario non stato avvolto Ges di Nazareth. Bens un uomo affetto da lebbra, mor to di tuber colosi. Ma il primo tessuto funerario dellepoca di Ges mai trovato a Gerusalemme, zona umida, clima dove difficile fare scoperte di questo tipo. E la trama di quel tessuto completamente diversa dalla trama della Sacra Sindone. Non solo: i frammenti di tessuto trovati sulluomo della Tomba del Sudario appartenevano a differenti lenzuoli. Come descritto nel Vangelo di Giovanni, quando le donne vanno al sepolcro e lo scoprono vuoto. Pi pezzi di stoffa. E non, come per la Sindone, a un solo lenzuolo, che copriva il corpo da capo a piedi. Non era pratica del tempo coprire i defunti con un solo lenzuolo - dice Shimon Gibson, lautore della scoperta del sudario di Gerusalemme -. Questo perch non si era certi della morte. Il defunto poteva essere in coma, risvegliarsi. Se fosse stato coperto da un solo pezzo di stoffa, ci sarebbe stato il soffocamento. Ci sono voluti molti anni per esaminare tutti i dettagli, dice Gibson, protagonista di altre scoperte a Gerusalemme, alcune controverse. Anni per analizzare i frammenti di tessuto trovati sulla testa, sul petto, in diverse parti del corpo del lebbroso. Shimon Gibson non ha visto direttamente la Sindone di Torino, n ha chiesto al Vaticano di poter esaminare il sudario. Quello che sostiene che il tipo di intreccio differente da quello di Torino. E della stessa opinione il professor Mark Spigelman. Paleoepidemiologo dellUniversit di Gerusalemme, in procinto di arrivare per altre ricerche a Tivoli e a Bologna, ha esaminato sia le ossa del lebbroso, trovate alla Gehenna, sia il sudario di Gerusalemme. Questo sudario - dice il professor Spigelman - lunico trovato a Gerusalemme, ma abbiamo trovato altri tessuti in altre parti di Israele risalenti allo stesso periodo. Vicino al Mar Morto. Il periodo che noi definiamo del Secondo Tempio, il tempo di Ges Cristo. Tra il sudario di Gerusalemme e i tessuti contemporanei, insomma, c molto di simile. La trama, lintreccio, soprattutto. Il sudario di Gerusalemme ha un tipo di intreccio che si chiama uno-sopra-uno. Quello di Torino ha una fattura medievale, tessuto a spiga, e sicuramente non c niente di simile a quanto stato trovato in Israele risalente al primo secolo. Il sasso nello stagno stato lanciato. E la scoperta di quelle che faranno discutere. Come, negli ultimi anni, hanno fatto discutere altri ritrovamenti archeologici a Gerusalemme. Non ultima, alcuni anni fa, la scoperta di una tomba, sempre nella zona est di Gerusalemme, che sarebbe appartenuta alla famiglia di un uomo chiamato Ges. Allora si scaten una polemica durissima. Il problema che, a Gerusalemme, larcheologia non una scienza semplice. Tante religioni, tante sensibilit, tanta ricerca di identit. Spesso, anzi, larcheologia diventa uno strumento della politica, come usava spesso ripetere padre Michele Piccirillo, francescano e archeologo, uno dei pi famosi di tutto il Medio Oriente, scomparso appena un anno fa.

Medicare le ferite dell'anima


di Lisa Ginzburg, scrittrice in l'Unit del 17 dicembre 2009 Roma, centro storico. Stanze quadrate e silenziosissime, prima dell'affaccio su un cortile dove fa ombra una palma da dattero gigantesca, diversa da quelle che vedi in giro per i parchi della citt. Questa della sua origine nordafricana sembra avere conservato tutto. Stanze in cui si insegna un modello di terapia basato su un assunto opposto. L'idea che migrando, modificando il terreno dove insediarsi e crescere, si portano con s le proprie radici ma lasciando che a contatto con la nuova terr a esse si ramifichino, cambino di aspetto. E se i nodi diventano inestricabili, nel racconto

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terr a esse si ramifichino, cambino di aspetto. E se i nodi diventano inestricabili, nel racconto capace di farle tornare chiare a se stesse che quelle radici troveranno scioglimento e cura. Trenta incontri di for mazione di "Pratiche e terapie interculturali" rivolte a terapeuti, psicoanalisti, giornalisti, operator i culturali impegnati con migranti e rifugiati. Docenti italiani e stranieri. L'iniziativa promossa dalla Scuola Etno-sistemico-narrativa (info@etnopsi. it). Il suo fondatore, Natale Losi, si formato in Francia con Tobie Nathan, psicoanalista francese di origini egiziane, tra i fondatori della etnopsichiatria. Ma diversamente dall'approccio di Nathan, qui la cura del paziente migr ante non pensata come esercizio di tutela della sua cultura di appartenenza. Ci si pongono altri interrogativi. Dalla chiusura dei manicomi, strutture pubbliche come carceri e SPDC (Servizi Psichiatrici diagnosi e cura) sono affollate di persone straniere che non di rado puoi trovare legate ai letti di contenzione. Medicare le ferite di sradicamento, esilio, nostalgia, fatica immane per integrarsi nel mondo nuovo, davvero possibile? Possibile superare il muro di diffidenza culturale che i migr anti nutrono nei confronti della stessa terapia analitica? Un primo passo pensare i racconti come corali, non tarli di devastazione vissuti in segreto. Anche le stanze della scuola lo dicono. Ognuna con sedie disposte in cerchio. Ognuna con un microfono che pende dal soffitto, e telecamere a riprendere i settinganalitici, nella stanza accanto monitorati da altri psicoterapeuti. Ragionare circolarmente. Costruire insieme a chi sradicato un percorso terapeutico che rispecchi la stessa ibridazione del suo essere migrante. Aiutarlo cio a mantenere intatta l'appartenenza, ma insieme la consapevolezza che qualcosa giocoforza vada perduto. Se nelle scuole i pi piccoli vengono spronati a parlare italiano anche in casa, quindi implicitamente a disfarsi del proprio passato, della propria cultura, la reazione diretta a questo di norma la devianza. Alcol, droghe. Fughe. Le cose per possono andare diversamente. Da una maestra intelligente, un ragazzino marocchino veniva coinvolto per spiegare ai compagni di classe il significato di parole arabe. La cosa funzionava, il ragazzino era contento. Poi l'estate torna a Casablanca, e alla riapertura della scuola in Italia non parla. Non parla pi: n italiano, n arabo. La maestra sollecita una terapia familiare. Si scopre che laggi il ragazzo ha visto quasi ultimati i lavori di costruzione della sua casa. Intuito che presto sarebbe rientrato in Marocco, non si sentiva pi radicato in nessun luogo. Poi pian piano, guidato nel vedere le cose da angolature diverse, ecco tornare la parola, l'accettazione della realt. La cura. Gi, perch anzich blocco e malattia le storie devono significare cura. In genere i terapeuti si soffermano sull'accoglienza, considerano soltanto ci che accade qui. Ma i peggiori ostacoli hanno spesso a che fare con i paesi di origine. Allora si tratta di volar e verso quei luoghi, e come, secondo i principi di morfologia della fiaba, tornarne con oggetti portatori di salvezza. A Ginevra, una donna siciliana che in nessun modo riusciva a integrarsi stata aiutata da una zolla della sua terra spedita in una busta. L'uso delle cultur e di partenza comporta anche un rapportarsi al "mondo invisibile". Se da lontano arrivano strali di invidia, maledizioni magari per i funerali cui non si potuto partecipare, perch i morti continuano a esistere nell'aria, e devono potersi ricongiungere agli avi se si vuole che la loro presenza non disturbi. Lo stesso migr are viene inteso come "rito di passaggio". Forti della convinzione che anche nel maggior disagio psicologico, il migrante, per forza o per scelta, deve non sentirsi vittima, ma protagonista. Eroe: colui che come accade nelle fiabe pu vivere sconfitte, ma poi si risolleva. Che ha bisogno di alleati per raggiungere i propri scopi, e il terapeuta altro non che il suo alleato. In tempi come

questi, pensare e agire cos non certo poco.

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Vocazioni in crisi, un'idea estrema


di Giorgio Grigolli in il nostro tempo del 17 dicembre 2009 Quelli del card. Martini non li considero quesiti accademici. Sorprende, semmai, che spesso rimangano l, a fare testimonianza solitaria. Ultimamente, sul Corriere, ha alimentato il suo dialogo con i lettori, inserendo in rubrica un quesito penetrante, tra interrogativi di mondo attuale. Cos superbo, sofferto, contraddittorio. Ha scritto che la Chiesa farebbe bene a interrogarsi sulla sua grave situazione in Occidente, quanto a vocazioni: tra le altre cose, anche una revisione delle norme di accesso al ministero potrebbe aiutare in questo senso. E' un tema che il cardinale ha rilanciato di recente in Conversazioni notturne a Gerusalemme e in Siamo tutti sulla stessa barca, scritto con don Verz: il celibato un grande valore e segno evangelico, ma non per questo necessario imporlo a tutti. Del resto, se nella Chiesa latina un obbligo, quelle cattoliche di rito orientale ammettono preti sposati. Cos Carlo Maria Martini ha proposto di discutere la possibilit di ordinare probati, ovvero uomini sposati che abbiano gi viri una certa esperienza e maturit. Non una voce isolata. Sul Corriere del 30 novembre, Gian Guido Vecchi, tra i convergenti, ha ricordato che nel 2005 il sinodo dei vescovi bocci l'ipotesi di alcuni: E' stata valutata come una strada da non percorrere. Ma il cardinale Peter Turkson, appena nominato presidente del Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace, tutto maiuscolo, spieg: La proposta dei viri probati stata messa da parte, come poggiata su uno scaffale. Nulla di definitivo. E ogni tanto c' chi la tira fuori. Quest'anno, a met giugno, un cardinale autorevolissimo come Christoph Schnborn, arcivescovo di Vienna, ha consegnato a Benedetto XVI un appello dei fedeli laici austriaci che chiedevano l'abolizione dell'obbligo del celibato. Ultimamente, la Costituzione apostolica con la quale il Papa ha definito le regole per gli anglicani che vogliono entrare nella Chiesa cattolica, ha previsto la possibilit che anche in futuro gli ordinar iati degli ex anglicani possano chiedere al Papa, caso per caso, di ordinare uomini sposati, dopo un processo di discernimento basato su criteri oggettivi e le necessit dell'Ordinariato. Tuttavia, la norma sul celibato non cambia, ha precisato il Vaticano. Ma c' chi pensa che il "modello" potrebbe essere esteso in futuro. Benedetto XVI, comunque, non manca mai di insistere sull'importanza della verginit consacrata dei sacerdoti. Quella dei probati una questione su cui si deve riflettere, ma viri una soluzione estrema, non "la" soluzione", ha detto Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, teologo. Affer ma poi che non sia vera la sensazione secondo la quale le vocazioni calino, in percentuale: In alcune diocesi il contrario: che ci sono meno giovani in assoluto, il dramma dell'Occidente la denatalit. La sua richiesta ai fedeli di fare pi figli. Pare, peraltro, che i connotati dell'economia non incoraggino, al momento. Momento prevedibilmente a corso lungo. Tornando al tema, un ragguaglio, pi che una tesi, porterebbe a ricordare che il celibato dei preti non mette di mezzo una verit di fede, una legge della Chiesa latina che risale al 1139 ed stata poi fissata dal Concilio di Trento. Nell'attualit, andrebbero riconosciuti a Martini connotati di presenza e saggezza, nonostante quel suo persistente Parkinson. Anche l'insistenza a invocare nella Chiesa uno stile di confronto sulle attualit.

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persistente Parkinson. Anche l'insistenza a invocare nella Chiesa uno stile di confronto sulle attualit. Incurante, lui, dei rilievi su una propensione attribuitagli per un Concilio Terzo. Ha smentito. Ma incoraggiante questa sua sottolineatura. Gi nel 1999 aveva introdotto una subordinata. Mettiamoci a confronto, aveva detto. Aveva elencato temi: la carenza di ministri ordinati; la partecipazione dei laici ad alcune responsabilit ministeriali; la posizione della donna; la sessualit; la disciplina del matrimonio; il ravvivamento della speranza ecumenica. Una sottolineatura scarsamente raccolta presso l'ufficialit. Eppure, a conforto suo e di tanti, emerge un incitamento lontano. Fu quando, il 17 marzo 1950, a un congresso dei giornalisti cattolici, Pio XII sostenne la necessit che nella Chiesa si sviluppi un'opinione pubblica. Almeno sui temi esenti dal vincolo dell'infallibilit. Detto da Pio XII! La tesi dovrebbe persistere, immaginabile. A meno che non la si voglia "tradurre" in una specie di muraglia dei principi detti non

negoziabili. Prossima occasione di riscontro, il dibattito sulla legge del testamento biologico. Insostenibile il testo votato dal Senato, occorrer intendere alla Camera le voci suadenti e costruttive.

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Lazzati e il paradosso del cristiano


di Carlo Maria Martini in Avvenire del 17 dicembre 2009 Ho sempre sentito Lazzati come un uomo leale, fedele alla Chiesa e a Ges Cristo, capace di fare grandi sacrifici per la causa comune. Talvolta, specialmente negli ultimi anni, la sua insistenza nel ribadire l intuizione di ci che il laico e che cosa fa per il mondo dava limpressione di suonare un po astratta e ripetitiva. Non a caso, sorsero vivaci discussioni con diversi teologi proprio sul concetto di laicit. Mi pare che Lazzati volesse riservare questultima categoria a una porzione nella Chiesa (i laici, appunto), mentre unaltra tendenza puntava a considerare la nozione di laicit come un concetto che qualifica lintera Chiesa. Anche oggi non saprei come dare soluzione alla questione: forse rimangono veri entrambi gli orientamenti, nel senso che il laico deve sforzarsi di ordinare le cose temporali secondo il regno di Dio e, daltra parte, il presbitero non resta escluso dal prendersi cura per le vicende di questo mondo. Nella nostra storia di Chiesa italiana conosciamo ecclesiastici che, con dedizione e intelligenza, hanno operato a livello sociale o politico; basti pensare a figure quali quelle di don Luigi Sturzo o, pi recentemente, di don Giuseppe Dossetti Come ho avuto modo di ricordar e nellomelia funebre, non si pu, pensando alla figura di Giuseppe Lazzati, non consider are quella singolare coincidenza inscritta nel misterioso dipanarsi del disegno di Dio: il Professore tornato alla casa del Padre allalba del giorno di Pentecoste. Il riferimento cronologico allalba, avevo osservato, racchiude limmagine della prontezza con cui sempre Lazzati ha inteso rispondere alla vocazione di Dio; mentre, la solennit della Pentecoste dischiude la presenza vivif icante dello Spirito Santo, generatore di luce e di amore. Sotto questo profilo, non possibile non fare un fugace accenno alla Lettera a Diogneto,gemma cristallina della letteratura cristiana del II secolo, cui Lazzati ha consacrato tanti sforzi della sua attivit di studioso. In questa lettera di un autor e anonimo viene messo a fuoco il carattere originale, paradossale, dellidentit e della prassi dei cristiani, sollecitati da una fedelt alla cittadinanza celeste e, insieme, da una lealt nei confronti della citt delluomo. A Diognetointerpreta in modo singolare la tensione del rapporto tra fede e politica, e rispettivamente tra Chiesa e societ, iscritto chiaramente nella stessa vicenda storica. In altre parole, il cristiano sperimenta la condizione di trovarsi quasi ai margini della citt, nellatteggiamento vigilante della sentinella: per un verso, egli si occupa della citt e se ne prende cura; per laltro verso, confessa di attendere una redenzione dallalto, confidando in un messaggio che soltanto dal di fuori pu raggiungere la storia degli uomini. Mi chiedo quale icona biblica possa racchiudere in un frammento il tutto dellesistenza di Giuseppe Lazzati, cos da consentire a una cifra simbolica di entrare nelle pieghe della poliedrica figura lazzatiana, per cogliere linteriorit spirituale della sua vita di credente e lesercizio della sua passione educativa, come pure la sua testimonianza ecclesiale di cristiano adulto nella fede, nonch la sua biografia civile di studioso, di giornalista, di politico, di rettore dellUniversit Cattolica di Milano. Proprio per rilegar e insieme tutti questi aspetti della sua vicenda biografica, ho pensato a un passo biblico che puntasse a cogliere il profilo della sua esistenza unitaria e coerente, senza drastici salti diacronici, senza rigide fratture sincroniche. Inevitabilmente, mi sono imbattuto nellideale paolino: Tutto quello che fate, fatelo in nome del Signore (Col 3,17). Perch Lazzati stato senzombra di dubbio nelle diverse stagioni della sua esistenza e nei diversi mondi vitali che ha abitato, uno che ha preso sul serio questa consegna esigente dellapostolo Paolo. Daltra parte, ho pensato che la figura di Lazzati non riposi soltanto allombra di san Paolo, lapostolo delle genti, ma anche allombra di Pietro, lapostolo dedito alledificazione della Chiesa. Spontaneamente affiorato nella mia mente il rinvio a un altro testo capace di dischiudere al suo interno il segreto della testimonianza lazzatiana; si tratta del celebre toposdi 1Pt 3,5: Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che in voi. Questo testo a buon diritto pu essere considerato il leitmotiv del cristiano Lazzati, limpido

testimone e impareggiabile maestro che ha consacrato la sua vita nellamore per la verit, alla luce di un appassionato slancio comunicativo verso essa. Eppure, una tale citazione risulterebbe unestrapolazione monca dal suo contesto, se ad essa non venisse corrisposta laltra met del versetto dellapostolo Pietro: Tuttavia, questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perch nel momento stesso in cui si parla male di voi rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo. Perch Lazzati cos come io lho potuto conoscere stato un cristiano che ha saputo dare ragione della sua fede nel Signore Risorto con dolcezza e con rispetto, e con retta coscienza. Nei confronti non soltanto della citt delluomo, ma della stessa comunit ecclesiale.

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Incostituzionale processare i clandestini


di Ernesto Maria Ruffini, dell'associazione A Buon Diritto in l'Unit del 17 dicembre 2009 Processare gli immigrati clandestini che sbarcano a Lampedusa probabilmente incostituzionale. quello che emerso marted scorso dopo la sentenza pronunciata ad Agrigento dal giudice di pace. Ma andiamo con ordine. Le nuove norme sul reato di immigrazione clandestina sono entrate in vigore l8 agosto scorso e il giorno successivo 21 persone provenienti dal Nord Africa sono state fermate a Lampedusa e rinviate a giudizio. Un giudizio che stato celebrato per lappunto marted davanti al giudice di pace di Agrigento, al quale spetta la competenza: infatti quello il giudice che deve giudicare tutti gli stranieri che sbarcano clandestinamente sulle coste dellisola di Lampedusa o che riescono ad arrivare fino alle coste siciliane che si affacciano sul quel tratto di mare. Marted si pronunciato sulle eccezioni di incostituzionalit, da me sollevate per conto dellassociazione A Buon Diritto, presieduta da Luigi Manconi. A quelle eccezioni si sono poi aggiunte quelle sollevate dalla Procura della Repubblica di Agrigento. In aula, alle spalle del giudice, appesa alla parete si nota un enorme quadro in legno con una semplice scritta in bronzo: La legge e non La legge uguale per tutti,ma solo La Legge. Chiss perch. Memore di altre aule di giustizia e di altri giudici, leggo quel cartello con curiosit e preoccupazione. Se la legge non uguale per tutti, pu essere considerata giusta? La preoccupazione comunque scompare alla lettura dellordinanza. Secondo linterpr etazione accolta dal giudice, il nuovo reato di immigrazione clandestina presenta diversi profili di incostituzionalit. Sia perch lingresso o la presenza illegale del singolo straniero non paiono rappresentare, di per s, fatti lesivi di beni meritevoli di tutela penale, ma sono lespressione di una condizione individuale, quella di migrante; sia perch la perseguibilit

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penale dello straniero appare irragionevole, non agevolando in alcun modo le procedure di espulsione. Altri profili di incostituzionalit: perch in contrasto con il principio di uguaglianza previsto dall art. 3 della Costituzione; e perch, infine, la norma risulta contraddittoria con gli obblighi assunti dallItalia in materia di trattamento dei migranti . Non il primo giudice investito della questione di costituzionalit, ma il suo accoglimento ha un evidente valore simbolico, dal momento che davanti a questo giudice sono portati tutti coloro che, dopo estenuanti traversate del Canale di Sicilia, approdano in Italia. Un valore simbolico che reso ancor pi palese dalle immagini, impresse nella memoria di tutti noi, di persone stremate a bordo di improbabili imbarcazioni. E sarebbero questi gli invasori? www.abuondiritto.it

Giusto difendere il Natale, ma senza trasformarlo in arma


di Giangiacomo Schiavi in Corriere della Sera del 17 dicembre 2009 Si molto discusso sul Natale cancellato in una scuola di Cremona. Dopo larticolo del Corriere sulla Festa delle luci ci sono stati apprezzamenti, critiche e polemiche, hanno parlato politici, insegnanti, parroci e ministri, si sono mossi i partiti e le associazioni, gruppi di laici e di cattolici, insomma, nato un caso. Ma la difesa del Natale, reso ibrido con il camuffamento del nome, non deve diventare adesso motivo di esclusione: lipotesi di sopprimere la Festa delle luci lascia in tutti i bambini della elementare Manzoni il senso di uningiustizia e si porta dietro unaggressivit sbagliata. Non strapazziamolo con una bagarre politica il nostro Natale: si pu difendere restando sereni nel dirlo, e senza doversene vergognare, spiegandone il senso a chi viene da altri paesi e da altre tradizioni. E una festa che unisce. E questo il messaggio che deve filtrare in un Paese che troppe volte non sa difendere con orgoglio i suoi simboli, la sua cultura. successo anche con la bandiera: dobbiamo ringraziare il presidente Ciampi per aver chiesto alle istituzioni di esporla senza pudore: e non ce ne dobbiamo pentire. A Cremona come altrove, orientali e occidentali possono celebrare il Natale insieme, arricchito con le luci dei lumini, senza cancellarne il nome. Il caso per ci fa riflettere su una questione pi ampia: la rimozione dei simboli, il rischio di una perdita identitaria e leccesso di quel che viene chiamato politicamente corretto. Non servono crociate, ma riflessioni attorno a quel che appartiene a noi, alla nostra storia e alla nostra cultura. Natale ci ricorda la nascita di Ges e di quella piccola gente che sono i bambini, che possono cambiare (in meglio) il mondo con ideali di pace, di giustizia e solidariet. Agli alunni e ai genitori della scuola Manzoni questo bisogna dire, senza dare lidea di un Natale capovolto, come ha scritto un parroco della zona. Il Natale non pu essere un nemico.

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Campanile non fortezza


di Aldo Maria Valli in Europa del 17 dicembre 2009 Stando al vocabolario della lingua italiana il verbo presidiare significa difendere, se occorre anche con la forza. Quando si dice presidiare il territorio si pensa a unopera di difesa, per mezzo di struttur e adeguate. Caso tipico quello della fortezza. Al presidiare dunque connessa lidea che il bene in questione sia in pericolo, a causa di un invasore, di un nemico, di qualcuno che lo minaccia. Quando, alcuni giorni fa, il segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, ha detto ai cronisti che la Lega Nord presidia il territorio e lo fa come faceva una volta la Chiesa, non stato possibile chiedergli di dettagliare meglio il suo pensiero, per luso del verbo presidiare fa nascere qualche domanda. Prima di tutto: la Lega presidia davvero il territorio? E in secondo luogo: compito della Chiesa quello di presidiare il territorio? La risposta alla prima domanda andrebbe lasciata a chi vive nelle zone in cui la Lega ha una forte rappresentanza, ma sinceramente non sembra che la sua sia unopera di presidio. Stando alle notizie che ci arrivano dal profondo Nord (tipo il bianco Natale), sembra piuttosto che il leghismo diffonda paure e voglia di chiusura nella separazione. Posto che il bene in questione sia la tradizione e la cultura di un popolo (e qui bisognerebbe chiedersi quanto sia legittimo parlare di tradizione e cultura al singolare, visto il mescolamento che ci caratterizza tutti), lattivit leghista sembra rivolta non tanto alla salvaguardia quanto alla costruzione di muri. Una cultura si salvaguarda se respira, se entra in contatto con gli altri mondi, se comunica, se si confronta. Quando invece si trincera nella mera conservazione produce solo tossine sociali e alla lunga si condanna al soffocamento per consunzione. Quanto alla Chiesa, legittimo dire che una volta presidiava il territorio? Forse, pi che presidiarlo lo evangelizzava. Per lo meno, questo dovrebbe essere il suo compito, in ogni epoca. Il campanile non equivale alla torre di una fortezza, e il portone della chiesa non un ponte levatoio. Quando Ges percorreva le strade della Palestina non presidiava quel territorio ma cercava di farlo diventare terreno fertile per la nascita di uomini nuovi. Predicava a tutti e a tutti si rivolgeva, non girava armato e in atteggiamento di difesa. Quando la Chiesa presidia il territorio, di certo non si comporta secondo il Vangelo. Pu darsi che qualche volta un parroco possa sentirsi un presidiatore o una sentinella, ma non risulta che questo sia il suo mandato in quanto uomo di Dio. Laspetto pi preoccupante nellattacco che la Lega ha fatto nei giorni scorsi allarcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi non sta tanto nella brutalit dialettica e nella consueta violenza intr inseca, quanto nel messaggio che sta sotto: visto che la Chiesa cattolica non fa quello che secondo noi il suo dovere, cio esattamente presidiare il territorio per difenderlo dai nemici e dagli invasori, questo compito lo assumiamo noi, che diventiamo in questo modo gli autentici difensori della fede. Ecco cos che si delinea il vero problema. In gioco quel bene fondamentale che la reciproca autonomia di religione e politica. Un bene che la Chiesa dovrebbe salvaguardare come il pi prezioso, visto che in ballo c la sua libert. Bisognerebbe quindi prestare molta attenzione alle parole che si usano. Se c qualcosa da presidiare questa libert, questa autonomia.

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Il Pd pu essere la casa dei cattolici


di Angelo Bertani in Europa del 18 dicembre 2009 Pu sembrare pessimistico il giudizio di Massimo Franco in prima pagina sul Corriere della Sera (Cattolici senza casa, 9 dicembre). La novit, spiegava, rappresentata dalla irrilevanza crescente dei politici che si presentano come cristiani nelle fila della maggioranza e dellopposizione; ma anche dalla difficolt dei vescovi italiani a pesare sulle scelte del governo e sugli equilibri di potere. Molti fatti confermano che i cattolici spesso non si sentono a casa propria. I leghisti vogliono salire sul pulpito e imporre a tutti quel che loro considerano cattolicesimo. Ma anche Vittadini (La Stampa, 10 dicembre) difende il cardinale Tettamanzi. I cattolici che si trovano nella destra berlusconiana, anche Cl, hanno difficolt in tema di giustizia sociale, di etica pubblica e di morale privata. I centristi faticano a distinguere la virt della moderazione dal vizio del moderatismo. Nel partito democratico si notano cattolici con sensibilit e stile assai diversi; e su certi temi la convivenza con posizioni laiche non facile. Anche nelle articolazioni della sinistra estrema i cattolici, salvo eccezioni, non condividono posizioni settarie e utopistiche. Ma lansia generale dei cattolici soprattutto per la crisi della democrazia, della giustizia, della pace. Esemplare, in questi giorni, il disagio dei cattolici bresciani verso il bianco Natale, Lega e clerico-moderati, espresso da Fabio Corazzina, parroco e gi coordinatore nazionale di Pax Christi, sul settimanale La Voce del Popolo: cara Brescia cattolica, che amavi la solidariet, com che adesso sei diventata intollerante e razzista? E il vescovo Luciano Monari conferma: ricordatevi che lidentit cristiana non un bene che si eredita: Cristiani non si nasce ma si diventa. La nostra vocazione, conclude, esige linclusione relazionale di tutte le persone e di tutti i popoli nellunica comunit della famiglia umana. Da questo disagio e questa irrilevanza, Chiesa e cattolici sono invitati anzitutto a riscoprire il loro specifico, il linguaggio, i valori e gli obbiettivi della propria fede. Poi servir un grande sforzo culturale e creativo per individuare una politica che meriti di mobilitare la coscienza cristiana. Un lavoro culturale che sar prezioso quando, presto, questo sistema di potere e bugie sar in crisi. Lo dicevano gi Sturzo e De Gasperi, Dossetti e Lazzati, Moro e Martinazzoli Dal disagio dei cattolici, dal loro inappagamento, pu nascere qualcosa di nuovo e di buono per la politica; soprattutto se il Pd avr la forza di dimostrare sempre pi vera laffer mazione di Mimmo Luc (Europa, 11 dicembre): il Pd un partito dove, meglio che altrove, anche i cattolici possono sentirsi a casa propria.

Il popolarismo cattolico? Non finito, anzi


di Paola Gaiotti De Biase in l'Unit del 18 dicembre 2009 Vorrei in primo luogo ringraziar e Bruno Gravagnuolo per il suo bel, compiuto, lucido, attento, ricordo - qualche giorno fa - di Gabriele De Rosa, maestro e amico di una vita, da un lontano 1952, cui in tanti dobbiamo molto: alla sua ricostruzione, pubblicata nel numero di venerd 11, non ho davvero nulla da aggiungere. Sono spinta per ad intervenire dalle battute finali del suo articolo: davvero la tradizione del

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Sono spinta per ad intervenire dalle battute finali del suo articolo: davvero la tradizione del popolar ismo langue di fronte allusurpazione del popolarismo berlusconiano, allesposizione cattolica allintegralismo? Davvero disciolta in modo sincretistico nel Pd? Certo se fosse vero che il popolarismo finito, non potremmo che rispondere, no non stato un bene. Da tempo d una lettura diversa del processo avvenuto, anche se una lettura forse minoritaria. Il popolar ismo non finito: ha vinto la sua battaglia. Abbiamo appena celebrato la caduta del Muro di Berlino, ma in Italia era gi caduto da tempo, grazie alla maturazione accelerata della stessa tradizione comunista legata anche a un confronto politico rispettoso e fecondo. E lusurpazione berlusconiana gravida di effetti negativi per il paese, ma sarebbe risibile considerarla una variabile interna alla cultura politica sturziana. Gli assi del suo pensiero politico sono divenuti in realt senso comune della pi avanzata cultura politica del paese, quello che comunque alla base del Pd democratico in primo luogo ma, ci che pi conta, di chi crede nella Costituzione e ne fa il suo testo di riferimento. finita lidea di un affidamento alla politica di un compito radicale e totale, insieme di identificazione e costruzione del s e di un disegno che ingabbia la storia, per mantenere alla politica tutto il suo significato alto di solidariet collettiva ma anche la coscienza del suo limite. finita lidea di una sovranit assoluta dello Stato, del primato assoluto della conquista di un potere centrale, non certo per ridurne il senso ma per articolarlo nella pluralit dei livelli di statualit, dalle autonomie locali alla costruzione di soggetti sovranazionali capaci di governances pacifiche, e riconoscere il suo debito verso tutte le for me spontanee dellarticolarsi della vita sociale, economica, culturale, affettiva e ora anche degli stessi equilibri della natura. finita lidea di una classe universale, portatrice assoluta del futuro, e non per negare lesistenza di un conflitto sociale, ma per imparare a leggerlo nel concreto dei processi storici, nellampia variabilit dei suoi soggetti, nella complessit della realt che viviamo. Entro questo senso comune, ormai condiviso e incontestabile, quanti sono, per storia personale, legati alla lettura sturziana dellimpegno politico, devono saperne dimostrare la sua fecondit, non chiudendosi in un ghetto ideologico (il popolarismo il contrario di una ideologia, una analisi razionale e perci laica della realt sociale), in un gruppo identitario, in una rendita di posizione. Non mi sento nel Pd un cattolico del disagio: sono convinta che abbiamo molto da dire e da fare, e molti lo stanno facendo. Potrei semmai aggiungere che spesso maggiore il disagio che sento, come cattolico-democratica, nella vita della mia Chiesa.

Copr decine di preti pedofili si dimette il vescovo irlandese


di Orazio La Rocca in la Repubblica del 18 dicembre 2009 Cade la prima testa per lo scandalo dei preti pedofili irlandesi. E monsignor Donal Brendan Murray, costretto a dimettersi da vescovo di Limerick perch accusato di aver coperto decine di sacerdoti che, negli anni passati, avevano violentato centinaia di bambini. Crimini consumati nella diocesi di Dublino, dove Murray (69 anni compiuti il 29 maggio scorso) era vescovo ausiliare, secondo quanto riportato dal rapporto della commissione governativa irlandese Murphy, un drammatico dossier di 720 pagine con la descrizione dettagliata delle violenze sessuali perpetrate in quasi 30 anni - dal 1975 al 2004 - da 46 sacerdoti ai danni di 320 piccole vittime. Una indagine pubblicata nei giorni scorsi in Irlanda, dopo unaltra inchiesta svolta dalla Commissione Ryan resa nota 6 mesi fa su analoghi casi avvenuti nelle scuole irlandesi delle congregazioni dei Fratelli Cristiani e delle Suore della Misericordia, nelle quali a partire dagli anni 40 sarebbero stati compiute 11.337 violenze sessuali costate circa 34 milioni di euro di risarcimenti. Ieri la Sala stampa vaticana ha reso noto che il Papa ha accettato le dimissioni, con effetto immediato, di monsignor Murray, a poco meno di una settimana dalludienza concessa dallo stesso Ratzinger ai vertici della Conferenza episcopale irlandese per decidere il da farsi alla luce dei due scottanti rapporti. C hi ha sbagliato dovr pagare, annunci papa Ratzinger venerd scorso, alla fine delludienza, dopo aver ascoltato - con stupore, dispiacere, vergogna - le rivelazioni dei vescovi islandesi. In particolare, Murray nel Rapporto Murphy accusato di aver coperto gli abusi sessuali, essendosi limitato solo a spostare in altre parrocchie i preti pedofili. Un modo di agire - si legge nella relazione - discutibile ed imperdonabile. Per questo motivo, la scorsa settimana il vescovo era stato convocato in Vaticano dal cardinale prefetto della congregazione dei vescovi Giovanni Battista Re, al quale aveva offerto le dimissioni, accolte in seguito dal Papa e rese

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Giovanni Battista Re, al quale aveva offerto le dimissioni, accolte in seguito dal Papa e rese pubbliche ieri. stato lo stesso Murray ad annunciarlo ieri ai dipendenti della diocesi di Limerick, subito dopo la diffusione della nota ufficiale vaticana. So bene - ha ammesso il vescovo - che le mie dimissioni non possono annullar e il dolore che le vittime di quegli abusi hanno sofferto in passato e continuano a soffrire ogni giorno. Chiedo umilmente scusa ancora una volta a tutti coloro che sono stati abusati quando erano bambini. A tutti i sopravvissuti ripeto che la mia principale preoccupazione quella di aiutare in ogni modo possibile, il loro cammino verso la sperata serenit. Murray solo il primo vescovo ir landese a farsi da parte per lo scandalo della pedofilia. Ma la lista dei responsabili molto pi lunga. Non escluso quindi che altri alti prelati saranno puniti in applicazione di quella tolleranza zero promessa da Benedetto XVI sulla scia di quanto aveva gi assicurato il predecessore Giovanni Paolo II nellultima fase del suo pontificato.

Gruppi di anglicani con il papa, cio sotto il papa


dialoghi con Paolo Ricca in Riforma - Settimanale delle Chiese Evangeliche Battiste, Metodiste e Valdesi dell'11 dicembre 2009 Per i vaticanisti dei grandi quotidiani non manca la materia prima. Un ghiotto boccone costituito dalla recente (o imminente) emigrazione di un certo numero di anglicani dalla loro Chiesa a quella cattolica romana. Per accoglierli, l'attuale pontefice ha pubblicato un documento di cui la stampa ha un po' parlato, ad esempio Marco Ansaldo su La Repubblica del 25 novembre scorso, con un'inchiesta che conteneva anche qualche frammento di un'intervista al pastore valdese Platone, di cui ho condiviso il commento. Ma come dobbiamo valutare questa vicenda? Noi, che non siamo lettori abituali dei documenti pontifici e che non siamo addentro alle logiche del Diritto canonico, vorremmo capire che cosa sta succedendo e, in particolare vorremmo sapere se l'ecumenismo c'entri qualcosa in questa operazione anglicano-cattolica o se invece essa sia una sconfitta per l'ecumenismo. (Enzo Forapani Rivoletto (Totino)) Ho davanti a me il documento di cui parla il nostro lettore. Si chiama Costituzione apostolica, anche se dubito che un apostolo avrebbe mai scritto o sottoscritto un documento del genere. Apostolico qui vuol dire che si tratta di un documento del papa. Il titolo Anglicanorum coetibus ed stato pubblicato a Roma il 4 novembre scorso, memoria di San Carlo Borromeo precisa il documento. Ora questo santo fu un campione della Controriforma e come tale leggo nel Dizionario Enciclopedico dell'Istituto Treccani condusse, con la collaborazione dei gesuiti, la lotta pi decisa contro le infiltrazioni protestanti nel clero e tra i fedeli, e riusc nella Svizzera stessa, attraverso un'azione dura e coerente, a isolare e distruggere i nuclei eterodossi. come se, ad accogliere gli anglicani che tornano a Roma, ci fosse S. Carlo Borromeo, storico nemico dei protestanti. La C ostituzione apostolica breve: tre cartelle di testo con 13 articoli, e tre e mezzo di Norme complementari che precisano ulteriormente le disposizioni papali e ne regolano l'applicazione. Con questo documento il papa risponde positivamente alla richiesta avanzata pi volte e insistentemente cos si legge nel paragrafo iniziale da gruppi anglicani di essere ricevuti anche corporativamente nella piena comunione cattolica. Non si tratta quindi solo di adesioni individuali, ma di gruppi, cio di intere comunit, o parti di esse, che con i loro sacerdoti e sembra anche qualche vescovo, hanno deciso di emigrare, come dice il nostro lettore, dall'anglicanesimo al cattolicesimo romano. Il fenomeno non nuovo. Soprattutto nella Chiesa d'Inghilterra, che la chiesa-madre dell'anglicanesimo mondiale (che comprende ben 27 chiese, che insieme costituiscono la Comunione anglicana), quasi sempre esistita una corrente

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insieme costituiscono la Comunione anglicana), quasi sempre esistita una corrente anglocattolica, con forti simpatie per Roma. A met Ottocento sorse il Movimento di Oxford guidato da John Henry Newman (1801-1890), notevole personalit di teologo e storico, che nel 1845 si fece cattolico (prete nel 1847, cardinale nel 1879), seguito allora da circa 150 membri del clero anglicano. La differenza rispetto a oggi che nel quadro del cattolicesimo di allora (quello del Sillabo e del Vaticano I!) Newman era decisamente un progressista, tanto da diventare per certi versi un padre del modernismo cattolico; invece gli anglicani che oggi intendono diventare cattolici sono tradizionalisti e conservatori, ed nel segno della pi rigida conservazione che essi si apprestano a raccogliersi sotto la bandiera del papa. Ma perch vogliono diventare cattolici? Perch non sentono pi la Comunione anglicana come la loro casa spirituale, malgrado la inclusivit (comprehensiveness, in inglese) che da sempre la

car atterizza, o forse proprio a motivo di essa? Essenzialmente per due ragioni. La prima il sacerdozio femminile che la Chiesa d'Inghilterra adott a larga maggioranza nel 1994, ma che le correnti pi conservatrici hanno continuato ad avversare, in nome, appunto, della tradizione. La seconda la decisione presa da alcune chiese della Comunione anglicana (che ne comprende 27), sia pure in mezzo a forti opposizioni interne, di ordinare al sacerdozio e anche all'episcopato persone omosessuali, e procedere a una forma di benedizione di coppie omosessuali. Per questo un cer to numero di anglicani dissidenti (non sappiamo ancora quanti) hanno chiesto di diventare cattolici. Come ha risposto il papa? Ha risposto con la citata Costituzione, di cui riproduco le affermazioni principali. La a] prima e pi importante, la creazione di uno o pi Ordinariati Personali per Anglicani all'interno di diocesi cattoliche gi esistenti nel territorio di una Conferenza episcopale nazionale. Questo significa che gli anglicani divenuti cattolici non saranno semplicemente assorbiti nella Chiesa cattolica, ma per loro si crea, al suo interno, uno spazio ecclesiale presieduto da un vescovo (questo il signif icato del termine Ordinariato), con fisionomia propria. Uno spazio analogo esiste gi in Italia per le chiese greco-albanesi di rito bizantino, che sono unite a Roma e sottomesse al papa, ma conservano il loro patrimonio liturgico e spirituale. La b] fede di questi anglicani entrati in piena comunione con Roma quella del Catechismo della Chiesa cattolica, che l'espressione autentica della fede cattolica professata dai membri dell'Ordinariato (I,5). Quindi, sul piano della fede, questi anglicani non sono pi anglicani, ma cattolici romani al 100%. Invece sul piano liturgico l'Ordinariato ha facolt di celebrare l'Eucaristia e gli altri c] Sacramenti ... secondo i libri liturgici propri della tradizione anglicana approvata dalla Santa Sede, in modo da mantenere vive all'interno della Chiesa Cattolica le tradizioni spirituali, liturgiche e pastorali della Comunione Anglicana, quale dono prezioso per alimentare la fede dei suoi membri e ricchezza da condividere (III). Quindi questi anglo-cattolici saranno di fede cattolica e di rito anglicano. Le d] ordinazioni anglicane di diaconi, sacerdoti e vescovi vengono azzerate. Tutti i ministri anglicani ridiventano candidati ai Sacri Ordini nella Chiesa Cattolica (VI,1): l'ordinazione ricevuta nella Comunione anglicana nulla. Per e] i ministri anglicani sposati, occorrer chiedere per ognuno di loro alla Santa Sede una dispensa personale (VI,2). I f] cattolici battezzati nella Chiesa cattolica non possono ordinariamente essere membri dell'Ordinariato, a meno che siano congiunti di una famiglia appartenente all'Ordinariato (5,1). Analogamente l'Ordinariato pu accettare come seminaristi solo i fedeli che fanno parte di una parrocchia dell'Ordinariato o che provengono dall'Anglicanesimo (10,4). Sacerdoti cattolici diventati anglicani non possono essere ammessi all'esercizio del ministero g] sacro nell'Ordinariato (6,2). Questo il contenuto essenziale della Costituzione. Che cosa pensarne? Ci sono, a mio avviso, due elementi positivi e diversi elementi negativi. Il primo elemento positivo che non si parla di conversione: infatti il passaggio da una chiesa a un'altra non una conversione, perch ci si conver te al Signore, non a una chiesa, qualunque essa sia. Il secondo elemento positivo che l'anglicanesimo non completamente cancellato: sopravvive non come Chiesa, ma come tradizione cristiana inglobata nella chiesa cattolica, solo per sul piano della liturgia e della spiritualit. Gli elementi negativi sono numerosi, ma ne indico solo tre. [1] Anzitutto la negazione delle ordinazioni anglicane (gi stabilita dal papa Leone XIII a fine Ottocento, e ora pienamente ribadita!) equivale alla negazione dell'anglicanesimo come Chiesa e come fede: come Chiesa perch i suoi ministri sono letteralmente ridotti allo stato laicale e devono ricominciare tutto da capo, e

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come fede perch la fede degli ex-anglicani completamente assorbita in quella del Catechismo cattolico. Ci comprensibile dato che sono gli anglicani a chiedere che la Chiesa cattolica diventi la loro chiesa (perci non si deve parlare, in questo caso, di proselitismo cattolico). Ma vero che in tutto questo di ecumenico non c' praticamente nulla. [2] In secondo luogo colpisce negativamente il divieto fatto ai cattolici di diventare membri dell'Ordinariato per gli anglicani ormai diventati cattolici al 100% sul piano della fede. C' una specie di chiusura delle frontiere nel senso che i cattolici potranno, s, frequentare, se lo desiderano, le liturgie anglicane, ma non diventare membri di quelle comunit. Manca totalmente la reciprocit, la piena condivisione della vita comunitaria e il senso di comune appartenenza all'interno della stessa chiesa... Manca cio l'ecumenismo interno tra l'Ordinariato per ex-anglicani e il resto della comunit cattolica. [3] In terzo luogo, il modello di unit cristiana ovviamente quello del ritorno all'ovile romano un modello preecumenico che si pensava superato, ma che invece non lo , per Roma, va da s, ma anche per questi gruppi di anglicani tradizionalisti. La Costituzione apostolica afferma addir ittur a che lo Spirito Santo che li spinge verso Roma e che il loro desiderio di diventare cattolici santo. Insomma: il papa pensa che ci sia Dio all'origine di questa emigrazione. Ma tornare a Roma significa sottomettersi all'autorit assoluta del papa: con Pietro significa sotto Pietro. Ma che spazi ci sono sotto Pietro? Ci pu essere al massimo spazio per il tuo patrimonio liturgico e di spiritualit, ma non per la tua minister ialit, cio per il tuo modo in essere Chiesa, n per la tua fede, cio per il tuo modo di intendere il cristianesimo, che sono semplicemente ridotti a zero. Il che significa: zero ecumenismo o poco pi. Non quindi un caso che in tutto il documento il Pontificio Consiglio per l'unit dei cristiani non sia mai neppure menzionato.

Cacciari difende il prefetto che ha aiutato i sinti


di Anna Sandri in La Stampa del 18 dicembre 2009 La Lega aveva chiesto la sua testa, l'ha ottenuta: non c' carta in cui sia scritto ma non c' altra lettura, a Venezia, per l'improvvisa rimozione del prefetto Michele Lepri Gallerano, arrivato 4 mesi fa. Allontanato per le proteste leghiste relative al trasferimento della comunit sinti di terraferma da un campo nomadi, senza pi servizi e riscaldamento, alle nuove casette prefabbricate di un villaggio alla periferia di Mestre. Sulle ragioni di questo forzato addio pochi dubitano, mentre gi si

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alla periferia di Mestre. Sulle ragioni di questo forzato addio pochi dubitano, mentre gi si annunciano interrogazioni e si levano le proteste. Il trasferimento dei sinti - 150 persone, compresi molti vecchi e bambini - era avvenuto nella notte tra il 25 e il 26 novembre, a sorpresa, con scorta di polizia e vigili urbani. Deciso dal sindaco di Venezia in accordo col prefetto, con l'ordine della massima riservatezza. Gli stessi sinti avevano saputo solo un'ora prima che era arrivato il momento di raccoglier e tutto e andarsene. Il ministro Maroni, che al campo sinti aveva dedicato una delle 4 visite a Venezia, laveva saputo il giorno dopo come tutti. Il blitz - un corteo di lampeggianti nella notte - aveva vanificato mesi di barricate leghiste: il Carroccio ai sinti, pur trattandosi di una comunit residente da generazioni a Venezia, non voleva dare quelle casette, chiedendo che venissero destinate agli anziani del quartiere, o alla peggio lasciate inutilizzate. Il mattino dopo, accorgendosi di aver perso una battaglia durata mesi, la presidente leghista della Provincia, Francesca Zaccariotto, aveva chiesto un'ispezione: la mossa di Cacciari e Lepri Gallerano, motivata da ragioni dordine pubblico aveva lasciato di stucco chi si era battuto contro i sinti. Ora la Zaccariotto maschera la soddisfazione. Ben diversa la reazione del sindaco Massimo Cacciari: parla di una volgare vendetta politica nei confronti di un funzionario dello Stato senza colpa alcuna. Le motivazioni ufficiali del trasferimento, dice Cacciari, sono solo frasi in burocratese, il resto sarebbe un'ingiustizia perch la legittimit del trasferimento dei sinti era stata riconosciuta da Tar e Consiglio di Stato. Lira di Cacciari affidata a un comunicato, dove la politica che ha portato al trasferimento di Lepri Gallerano viene definita rozza, intollerante e ancora prima e ancora peggio stupida. L'Italia dei Valori e Delia Murer hanno annunciato interrogazioni parlamentari; per Gianfranco Bettin, consigliere regionale dei Verdi, l'allontanamento del prefetto, a pochi mesi dalla pensione, un atto nello stile dei regimi autoritari: al posto del federalismo vogliono i federali. Giancarlo Galan, governatore Pdl da un giorno cancellato dalla corsa elettorale per far posto alla Lega, si dice colpito assai negativamente, mala tempora currunt. Michele Lepri Gallerano, napoletano di 64 anni, sar Commissario dello Stato per la Regione Siciliana. Il nuovo prefetto di Venezia Luciana Lamorgese.

Povero Milingo, prigioniero di Moon


di Aldo Maria Valli in Europa del 18 dicembre 2009 Povero Milingo. Mi viene da pensare cos dopo lultimo atto della sua triste vicenda. A nulla sono serviti i tentativi di ricomposizione. Un passo dopo laltro, attraverso scelte sciagurate, scivolato sempre pi lontano non tanto dalla Chiesa (perch in quanto battezzato ci resta dentro), ma dagli impegni che aveva preso con il Signore. Lultima volta che lho visto di persona, pi di un anno fa, ho incontrato un uomo furente e profondamente triste. Niente gioia nel suo sguardo, ma solo risentimento, contro Roma soprattutto. Fece la solita tirata contro il divieto di matrimonio per i sacerdoti cattolici e disse che in questo modo il Vaticano va incontro allo sfascio, perch le vocazioni continuano a diminuire. Poi sostenne che il papa non ha nessun diritto di stabilire se un sacerdote si debba sposare o no, perch non materia da affrontare con lautorit. Ragionamenti ascoltati pi volte, e attraverso i quali sarebbe anche stato possibile tirar fuori qualche concetto utile per una riflessione, resa improbabile per dal tono risentito e dallaggressivit. Preso dalla foga, a un certo punto Milingo rimase quasi senza fiato. Mi sembr un uomo disperato e prigioniero. L accanto cera Maria Sung, con il suo solito atteggiamento da casalinga petulante. Incapace di discrezione, volle ascoltare lintera intervista e alla fine pretese di dire qualcosa anche lei. Disse che a suo giudizio il Vaticano avrebbe dovuto conceder e a suo marito una pensione per il servizio svolto. Rimasi senza parole. Loro due vivevano un dramma e lei pensava ai soldi.

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servizio svolto. Rimasi senza parole. Loro due vivevano un dramma e lei pensava ai soldi. E li chiedeva al Vaticano! Il nostro incontro avvenne in Brasile, dove Milingo era ospite di una delle tante sedi della setta del reverendo Moon, la cosiddetta Chiesa dellunificazione. Eravamo in un palazzo interamente di propriet della setta. Fui accolto da quello che mi sembr un funzionario di partito, coreano, con tanto di tesserino di riconoscimento sulla giacca. Per tutto il tempo della mia permanenza l il funzionario mi segu passo passo, sincerandosi di ogni parola pronunciata da Milingo. Il monsignore mi sembr chiaramente in ostaggio di quella gente, il che accrebbe la mia pena per lui. La setta di Moon per adescare i nuovi adepti usa quella che chiamata love bombing, tecnica che nel caso di Milingo ha funzionato fin troppo. Attraverso lagopunturista coreana Maria Sung la setta ha cercato di dividere la Chiesa cattolica usando la questione del celibato dei preti e nello stesso tempo ha cercato di rilanciare se stessa, in profonda crisi a causa di una serie di scandali. Per questo Milingo stato gestito come unarma. Nella sede brasiliana il funzionario mi fece vedere gli uffici, somiglianti a quelli di una multinazionale, e un enorme salone per le cerimonie di massa. La megalomania di Moon si manifesta in queste architetture faraoniche, utilizzate per arringare gli adepti e celebrare i matrimoni di migliaia di uomini e donne accoppiati dallo stesso Moon secondo una sua imperscrutabile logica che richiede soltanto cieca obbedienza. Quando uscii dalla sede provai un senso di liberazione e capii che Milingo aveva preso una strada senza ritorno. Ripensai a lui sorridente, al suo carattere gioviale, a quando cantava le canzoni africane. Ripensai al Milingo esorcista, capace di lottare contro il maligno grazie a una fede forte. Al suo posto, ecco ora un uomo solo, triste, prigioniero. Povero Milingo.

La crisi mistica del microfono di Dio


di Giancarlo Zizola in la Repubblica del 18 dicembre 2009 Il Papa mi ha detto cose gravissime sul male della Chiesa e sulla sua causa pi profonda: cose che non posso scrivere. Ha parlato di piaga ulcerosa. Il rimedio dovrebbe essere immenso perch il male senza proporzioni. Padre Riccardo Lombardi esce sconvolto dal colloquio con Paolo VI. C qualcosa che accomuna il volto pallido e tirato del gesuita che arringava le folle nelle piazze del primo dopoguerra e la maschera angosciata del papa della modernit. Ed la lucida percezione delle dimensioni della catastrofe che percuote la Chiesa. Anche Montini soffre dinsonnia, anche lui grida al suo Dio in ginocchio, nottetempo, sul pavimento della cappella, il gemito di unimpotenza senza scampo apparente. Lombardi lombra dellaggressivo "Microfono di Dio" che sguainava la Croce, simbolo dellimpotenza di Dio, per la potenza politica della Chiesa. Da mesi in depressione, va avanti con psicofarmaci: Mi sveglio dal sonno artificiale dei sonniferi confessa nel diario e subito langoscia mi schiaccia. Come i profeti, ciechi e gementi scrivo in grande tentazione, quasi disperazione, dubbi nella fede, tenebre Queste tenebre spaventose, questa agonia personale mi fa partecipare alle tenebre e allagonia della Chiesa. Un grande lavoro era in cantiere a quel tempo sulle riforme del Concilio, una revisione lacerante delle abitudini di pensiero, degli schemi di azione, dellapparato istituzionale. Al teologo francese Yves Congar papa Montini ha detto: Dobbiamo superare una teologia sclerotica. Bisogna ricominciare come se si tornasse nei primi secoli. Ma a Lombardi il papa pare tanto lucido nella diagnosi quanto troppo cauto nella terapia. Le sue pressioni per incoraggiarlo a una guida "profetica" della barca di Pietro vanno a vuoto. Papa Paolo sa bene che i burattinai delleresiarca Marcel Lefebvre, che lo ha gi minacciato di scisma, si nascondono dietro i tendaggi delle Congregazioni vaticane: Lei un profeta dice al gesuita ma noi dobbiamo stare sulla superficie della terra. Tuttavia arrivano momenti in cui la verit demolisce la diplomazia delle mezze misure, in cui anche la grande battaglia con gli avversari della riforma del Vaticano II sembra una caccia al topo nella stiva mentr e il Titanic affonda. Lora della verit arriva un 5 aprile, durante la Settimana Santa del 1971, quando i due uomini di Chiesa si parlano a viso aperto, mettono sul tavolo la catastrofe del sistema e si ritrovano entrambi sconfitti. Una ad una, con la ferocia di cui capace la lama affilata del tormento di un mistico, vengono strappate a Lombardi le ultime crisalidi di una visione potente, mondana e tr ionfalista del cristianesimo. Questansia di aggiornare gli strumenti di penetrazione del mondo moderno, di farsi una cultura plausibile, una accettabilit sociale nella modernit, come potrebbe riflettere limpoverimento radicale del Cristo denudato e bestemmiato sulla Croce? Era con compromessi del genere che la Chiesa avrebbe potuto annunciarla? Il cambiamento nella Chiesa e nel mondo mi stordisce, mi spaventa, mi ci perdo annota quella sera Lombardi. Cade tutto ci che potrei vedere di umano nella speranza, langoscia copre tutto. Vedo tutto sconvolto. Forse la via di Dio sar di usare il comunismo per purificare la Chiesa nel

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Vedo tutto sconvolto. Forse la via di Dio sar di usare il comunismo per purificare la Chiesa nel dolore, nellumiliazione, nella stessa morte. Allimprovviso mi apparsa una risposta: non c salvezza se non in Ges, quel Ges che nei fratelli, nel dialogo umile e assolutamente perduto, nella croce. Se mi riprender penso che sar profondamente diverso. Muter anche il mio modo di parlare. Inviter a parlare come preghiera e comunicazione di vita, eventualmente in dialogo modesto, in clima di preghiera. Forse Dio mi risuscita perch io gridi il ritorno alla nuda radicalit del Vangelo. La Chiesa scossa terribilmente dalla crisi generale dellumanit. Il passato sembra non aver e pi alcun valore. Langoscia si avvia di nuovo ad essere mortale, fino alla tentazione suicida. Non una cr isi che possa farsi sedare coi farmaci. la notte oscura gli ha detto il confessore. Ha risvolti esistenziali, segnali tipici di un lutto interiore, di una catastrofe identitaria: aveva investito trentacinque anni di vita sullipotesi della centralit della Chiesa come esclusiva e universale

mediatr ice della salvezza dellumanit intera. Il Concilio prima, il terremoto del Sessantotto poi e alcuni viaggi in Asia gli scompongono i paradigmi ecclesiocentrici. La rivoluzione copernicana nel suo vissuto prende forma in due righe essenziali, risolutive: La Chiesa deve accettare lumiliazione totale della potenza nellimpotenza divina, nella debolezza definitiva del Dio che muore nella croce. Non c quasi pi traccia dellantico Crociato dellintransigenza cattolica. Le ricerche storiche partite nei primi anni Novanta con il mondadoriano Il Microfono di Dio. Pio XII, Padre Lombardi e i cattolici italiani offrivano gi una prima opportunit di liberare la figura del gesuita da alcuni stereotipi riduttivi formatisi negli anni della guerra fredda. Quella che era convenzionalmente narrata come la tonaca pi intrusiva, fanatica e politicante dellintegralismo clericale sotto Pio XII era stata messa in riga da Giovanni XXIII. Ma i suoi archivi privati, i diari, e testimonianze raccolte da studiosi indipendenti cominciavano fin da allora a rivelare la complessit del personaggio, le sfumatur e dei suoi rapporti con i Papi, le sue tensioni con i circoli pi tradizionalisti della curia romana: il suo sogno, ha scritto Andrea Riccardi, era lidea di un mondo nuovo, lidea di cambiare il mondo. Per questo reclamava un risveglio della Chiesa da ci che definitiva la "letargia" in cui giaceva. Non vedeva alcuna possibilit per la Chiesa di prendere parte alla trasformazione del mondo se non passando per un profondo processo di trasformazione di s medesima. Il fianco cr itico di questa storia che la potenza sempre pigra dello stereotipo ha continuato a oscurare nel mondo della realt camuffata le evidenze provate della storia. Il Lombardi "crociato" resta fissato per sempre con in pugno il suo microfono anticomunista fanatico, come se non fosse stato nientaltro. Come se la purificazione da quellimpianto securitario del regime di cristianit non gli fosse costata sangue e un duro mutamento di prospettiva non lo avesse impegnato, negli ultimi anni della vita, su unidea tutta diversa dei compiti della fede e del ruolo della Chiesa. una lezione attuale, per lo scenario globale che si impone al messaggio cristiano, rimasto mummificato nella cultura greco-romana. Padre Lombardi mostra come si possa cogliere nel magistero del Vaticano II non solo le continuit con la tradizione ma anche la capacit di aprirsi a una forma pi ampia e alta di verit rispetto a quella storicamente gi acquisita, in modo da renderne pi comprensibile il significato ai contemporanei. convinto che si debba far leva sulla coscienza, pi che su osservanze "esterne e massive". La Chiesa ha solo una funzione provvisoria, come "germe e inizio del Regno per tutta lumanit". Scrive l8 ottobre 1975 a Paolo VI: Lidea del Regno di Dio mi sta prendendo sempre pi, tanto da cambiare la mia vita. Nel Regno di Dio compr esa anche la Chiesa come nucleo voluto da Dio, ma esso si estende misteriosamente tanto al di l di essa, nel santuario delle coscienze. A Manila, febbraio 1976, sdegnato dal contrasto scandaloso tra il fasto della nunziatura e la miseria delle baraccopoli: La Chiesa dovrebbe essere come Cristo annota nel Diario. Ridursi in pane, farsi mangiare dal popolo per comunicarlo all umanit. Ma come, con queste cattedrali di stile occidentale, questi conventi confortevoli, queste scuole cattoliche per i ricchi, questi pranzi diplomatici? Come con questa mentalit clericale, secondo cui il privilegio ci compete? Sono sconvolto, mi vergogno nel profondo del cuore. Se il piano di Dio il Regno universale, la Chiesa solo mezzo privilegiato per servirlo. E certe conseguenze si devono trarre. Una Chiesa che si d fino allestremo, che quasi si dimentica di s stessa, perch tutti e ciascuno possano essere aiutati a crescere nel bene che gi possiedono in s stessi, la condizione perch il cristianesimo possa inculturarsi in questi paesi. Si interroga: Cosa sarebbe successo nella storia se Pietro e Paolo fossero venuti qui in Indonesia o in India o a Pechino invece che dirigersi verso Roma? Ci che non si potuto realizzare allora, tocca a noi oggi. Ma il suo libro, La C hiesa e il Regno di Dio(Morcelliana, 1976) insieme vertice della sua riflessione e suo testamento viene raggiunto da sette durissime cartelle di "Osservazioni" della Segreteria di Stato vaticana. Le sue tesi implicano una riforma cos radicale da esigere la convocazione di un nuovo Concilio Ecumenico per un pi vasto ecumenismo con tutti gli abitanti del pianeta. convinto che non solo le religioni non cristiane abbiano valori salvifici. Ma anzitutto che lo Spirito agisce ovunque un uomo lotta sinceramente per ottenere ai fratelli giustizia, ovunque c un pacifico e un pacificatore e dovunque c qualcosa di vero e di buono: il piano divino di salvar e il genere umano offerto a tutti scrive. Vi un modo di arrivare alleternit felice anche

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l dove la Chiesa non pu giungere coi sacramenti. Il Regno di Dio fatto da tutti gli uomini che accettano lazione dello Spirito Santo dentro al cuore. Ubbidendo alla coscienza essi sono in grado di salvarsi. Quanto alla Chiesa, essendo istituzione ma anzitutto mistero, essa di dissolver come comunit nel futuro mentre il Regno nel suo senso pieno eterno. Non la Chiesa ma il Regno di Dio annunziato in molte parabole del Vangelo. Non la Chiesa ma il Regno di Dio il fine della creazione. Nel servire la diffusione del Regno di Dio, inteso nei cuori degli uomini, di ogni uomo, sincer amente in buona fede, anche senza il credo cristiano, sta la funzione universale della Chiesa

Quando Abele si prende cura di Caino


di Valentina Brinis e Valentina Calderone in l'Unit del 19 dicembre 2009 Padova, carcer e Due Palazzi, seconda giornata del IV Congresso di Nessuno tocchi Caino. Da tempo, in questo carcere, Ristretti Orizzonti (essenziale strumento di informazione sul sistema penitenziario) promuove incontri tra vittime e carnefici. Ovvero incentiva la comunicazione tra autor i di reati e persone che ne hanno subito le conseguenze sul proprio corpo o negli affetti. Incontr i che alludono a quello che il pi alto esercizio di amministrazione della giustizia:

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Incontr i che alludono a quello che il pi alto esercizio di amministrazione della giustizia: ricomporre la lacerazione che il delitto ha prodotto nel corpo sociale, consentendo al reo di misurare la propria colpa considerando in profondit il danno inflitto; e consentendo alla vittima di elaborare la propria sofferenza, al di l del risarcimento costituito dalla pena inflitta al colpevole, facendosi una ragione della ragione (per quanto folle essa sia) di chi l'ha danneggiata. Si tratta di un esercizio delicatissimo e pieno di insidie, che va attuato con saggezza. Ai detenuti di quel carcere capitato di parlare del proprio passato criminale davanti a una studentessa che raccontava il proprio terrore a causa di un furto subito e davanti a un'insegnante cui era accaduto di trovarsi sequestrata durante una rapina. E hanno descritto la sofferenza che quegli incontri hanno compor tato, ma anche il ruolo curativo che hanno svolto. Sono state proprio quelle testimonianze il momento pi intenso del congresso: anche perch, a rinnovare la forza di quello scambio, c'erano Sabina Rossa e Olga D'Antona. Con ci come se Nessuno tocchi Caino abbia non solo riaffermato la propria tradizionale missione, ma anche indicato il suo possibile sviluppo: come ha detto Don Sandro Spriano contribuire a che lo stesso Abele, quando e come lo vorr, tuteli Caino. Non c nulla di retorico in questo: la ricomposizione della lacerazione prodotta dal reato e la capacit di disinnescare la spirale della vendetta una esigenza primaria dei sistemi democratici. In assenza di questo prevale fatalmente un'idea esclusivamente punitiva della pena che agir, inevitabile, contro l'intero sistema delle relazioni sociali, lasciando sanguinanti le ferite e rendendo pi fragile il legame di cittadinanza. Come si vede una sfida enor me quella che attende Nessuno tocchi Caino, ma questo congresso ha dimostr ato che in grado di affrontarla. Infine. Un congresso tenuto all'interno di un carcere a cui partecipano liberi e reclusi consente ai primi unesperienza assai rara, di forte impatto emotivo, che cer tamente deter miner nuova attenzione verso quella istituzione: e la consapevolezza che anche loro, come noi, appartengo alla medesima societ.

Don Ciotti: Cos uccidono la nostra speranza


di Giampiero Calap in il Fatto Quotidiano del 19 dicembre 2009 Ho un senso di sconforto quando sento dire che il governo avrebbe arrestato boss o sequestrato beni. E diseducativo, la libert personale pu esser tolta solo da un provvedimento dellautorit giudiziar ia, non dal ministro degli Interni: cos Pier Luigi Vigna ha introdotto la Festa della Legalit a Firenze, organizzata dalla regione Toscana, rincarando la dose: Quei successi sono dovuti ad indagini lunghe, che il cosiddetto processo breve non consentirebbe; bisognerebbe abbreviare i tempi per la confisca e lassegnazione dei beni delle mafie, invece. Gli ha fatto eco Walter Veltroni, membro della commissione parlamentare antimafia: I governi passano, sul campo rimangono i magistrati e le forze dellordine: come gli uomini della Catturandi di Palermo, 1.400 euro al mese di stipendio, missioni finanziate di tasca propria, neppure la benzina pagata dallo Stato. Veltroni ha attaccato quindi, il governo sulla Finanziaria: Approvata con una procedura sbagliata, perch porre la fiducia con solo 45 emendamenti delle opposizioni? E evidente che la preoccupazione fosse proprio per quella norma sulla messa allasta dei beni confiscati alle mafie grazie alla legge Rognoni-La Torre: il governo sapeva che se si fosse discusso e votato in aula ci sarebbero state sorprese. Blindare quella norma, negli stessi giorni in cui si approva lo scudo fiscale, non un passo avanti nella lotta alle mafie. Il patrimonio dei beni confiscati valutato intorno ai 6 miliardi di euro, oltre 3100 propriet, di cui pi del 30 per cento sotto ipoteca bancaria e con almeno un altro 30 ancora occupato da mafiosi o prestanome. Anche don Luigi Ciotti preoccupato: Amarezza per la Finanziaria, ma anche senso

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prestanome. Anche don Luigi Ciotti preoccupato: Amarezza per la Finanziaria, ma anche senso di responsabilit, nonostante i tentativi di assassinare la nostra speranza. Per anni il boss Michele Greco, detto il Papa, ha continuato attraverso i suoi legali a chiedere che i suoi beni fossero venduti. Recentemente ci sono stati 14 arresti di prestanome che si recavano alle aste giudiziarie per riportare ai Casalesi alcuni beni gi sequestrati. Non facile evitare che le mafie trovino il modo di rimettere le mani su queste propriet, come sappiamo che difficile tenerle lontane da appalti pubblici di grandi opere come il Ponte sullo Stretto. Voce fuori dal coro quella di Giovanna Maggiani Chelli, dellassociazione vittime di via dei Georgofili: Nessuno si occupa del fondo 512 per i risarcimenti alle vittime e ai loro familiari. Ora le vendite dei beni ci saranno, non esultiamo, ma confidiamo in uno Stato che voglia combattere per davvero la mafia, perch i mafiosi sono noti. Non daccordo Salvatore Calleri della Fondazione Caponnetto, perch le mafie parteciperebbero con prestanome, peraltro facendo abbassare i prezzi. E un paradosso il contrasto tra queste due esigenze che bisogna comporre, ha concluso Veltroni, annunciando che parler in commissione antimafia della necessit di finanziare il 512 a prescindere dalla vendita dei beni confiscati.

Riabilitare la politica darle priorit severe e forti


di Giorgio Campanini in Avvenire del 19 dicembre 2009 Alte grida si sono levate un poco ovunque, e non a torto, per la cervellotica decisione di una Corte europea che ha considerato discriminatoria, e dunque intollerabile, la presenza dellimmagine del Crocif isso sui mur i delle aule scolastiche. Legittima e giustificata la reazione a una decisione a un tempo miope e non rispettosa delle tradizioni dei vari popoli. Sorprende tuttavia, e sgomenta, la canea che a pochi giorni di distanza da quelle prese di posizione e proprio da parte di coloro che ne erano stati i pi severi critici si levata contro un Arcivescovo che puramente e semplicemente richiama al dovere cristiano dellaccoglienza, dellospitalit, della solidariet con i poveri del mondo, con i tanti 'crocifissi' che vagano nelle nostre strade ( ed ancor pi con limmensa, seppur lontana, moltitudine di coloro che nel mondo attendono ancora oggi una giustizia invano attesa da millenni, in un mondo nel quale non ancora penetrato in profondit il lievitatore messaggio di Cristo). Evidentemente questi critici hanno poca familiarit con le Scritture, che pure sono alla base della fede cristiana e senza le quali con la narrazione del mistero del Dio che si fa uomo la stessa immagine del Crocifisso sarebbe priva di senso. Nessuno di costoro ha probabilmente mai letto le parole dellapostolo Giacomo: Una religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da questo mondo ( Letter a di Giacomo 1, 27). Quali siano i nuovi ' orfani' e le nuove ' vedove' dellopulenta societ dei consumi ci che i cristiani del nostro tempo sono sollecitati a scoprire. Separar e lamore di Dio dallamore del prossimo significa rinnegare lessenza profonda del cristianesimo e scindere ci che invece dovrebbe essere inscindibilmente unito: il culto reso a Dio nei templi e il culto reso a Dio sui percorsi degli uomini; luno e laltro stanno insieme e non possono essere separati se non a prezzo di trasformare il messaggio evangelico in una sorta di car icatura. Dietro questa ovvia constatazione sta tuttavia uninquietante domanda, insieme 'religiosa' e 'politica'. Noi sappiamo da dove vengono i crocifissi dei muri, ma non da dove vengano i crocifissi delle strade. Come mai, in Italia e in vastissime aree del mondo (e qui in misura crescente, ed intoller abile) tante ingiustizie, tanti abbandoni, tante solitudini? Colmare i vuoti dei muri abbastanza facile, perch non mancheranno presumibilmente mai gli artigiani disposti a fare questo lavoro; ma colmare i vuoti delle strade pi difficile, pi oneroso, pi impegnativo. Non a caso la Caritas in veritatesollecita la comunit cristiana a ripensare in profondit il modello di sviluppo dellOccidente e, in generale, il rapporto fra economia, politica, giustizia. Sta qui il senso profondo della necessaria riabilitazione della politica, come severo ed esigente impegno a servizio delluomo. Saranno gli uomini e le donne della politica con le loro scelte, con le loro scale di priorit, con la loro tenacia nella lotta alle vecchie e nuove povert a decidere, alla fine, se continuer, o cesser, lo scandalo di un Crocifisso onorato a intermittenza sui muri e troppo spesso disprezzato sulle

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lo scandalo di un Crocifisso onorato a intermittenza sui muri e troppo spesso disprezzato sulle strade.

Mercificazione della memoria


di Angelo d'Orsi in il manifesto del 19 dicembre 2009 In fondo il santo Natale alle porte, e la ricerca del regalo originale, possibilmente unico, ci sta tormentando, e, nello sfogliare il calendario dell'avvento - il gioco che accompagna specie nei paesi nordici l'attesa della helige Nacht - l'ansia cresce. Ma qualcuno, nella notte scorsa, ha avuto un'idea assolutamente geniale. Si recato a Oswiecim, in Polonia, a settanta chilometri da Cracovia, e ha trovato quel che cercava: una bella, grande scritta in ferro battuto, inserita fra due sbarre ondulate, un perfetto addobbo da giardino, o, per i proprietari di dimore spaziose, un gentile ornamento da salotto. Che cosa si legge sulla scritta? Arbeit macht frei: Il lavoro rende liberi. A questo punto il lettor e ha capito che stiamo parlando di Auschwitz (Oswiecim la denominazione polacca), uno dei simboli della modernit, nel suo volto pi truce, uno dei nomi-simbolo di quel secolo breve che forse lunghissimo, che il Ventesimo: accanto a Hiroshima, Auschwitz rappresenta un toponimo che ci racconta gli orrori del presente, rinviando l'uno e l'altro, situazioni, orientamenti, politiche che hanno industrializzato lo sterminio, lo hanno reso scientifico, coniugando disumanizzazione del nemico con una efficiente razionalit genocidaria. Com' noto, in ambedue le localit, per difendere la memoria, sono nate istituzioni museali, e tanto Hiroshima, quanto Auschwitz, sono diventati mete di ininterrotti pellegrinaggi. Recarsi a Hiroshima fece capire al filosofo Gnther Anders che cosa significasse davvero l'et atomica, e quale impor tanza potesse (e dovesse) avere un'adeguata coscienza atomica. Recarsi ad Auschwitz, per centinaia di migliaia di persone, specialmente le generazioni giovani, ha avuto un'impor tanza formativa, super iore alle ricostruzioni storiche o ai racconti dei testimoni. Se Auschwitz dunque uno dei simboli del Novecento, la scritta che beffardamente dava il benvenuto agli ospiti - Il lavoro rende liberi -, quella insegna di ferro un po' corrosa dagli anni e dalle intemperie, che ogni tanto veniva restaurata (sostituita da una copia, ora frettolosamente collocata al suo posto, dopo la sottrazione dell'originale), ne l'icona. L'immagine riassuntiva, di ruvida e perversa forza comunicativa, dell'abisso di ignominia in cui il nazismo hitleriano gett un popolo - con le sue luminose eccezioni, naturalmente -, quello tedesco, corrompendo il suo spirito e persino la sua bella lingua. Costruita dagli stessi prigionieri, l'insegna troneggiava, dal 1940, sopra il cancello di ingresso di quello che era Il pi esteso campo di sterminio nazista, nel quale trov perfetto compimento la Endlsung, la definitiva soluzione del problema ebraico. La scritta, in realt, ornava anche altri campi, appunto, di lavoro. Ad Auschtiz-Birkenau, per lavorare ed essere libere entrarono centinaia di migliaia di persone. Oltre un milione ne uscirono sotto specie di fumo dai camini: ebrei, innanzi tutto, ma anche prigionieri sovietici, oppositori politici, testimoni di Geova, disabili, sinti, rom: la macchina di morte divenne scienza e industria, oltre quella scritta. Se probabilmente la l'idea della sua collocazione all'ingresso fu del famigerato comandante Rufolf H, responsabile di quella perfetta macchina dello sterminio (dalle camere a gas ai forni crematori), la scritta nella sua innocenza originaria rinvia al titolo di un'opera di tale Lorenz Diefenbach, degli anni Settanta del XIX secolo. Ora, forse, quelle tre parole metalliche stanno viaggiando verso una ricca dimora per fare un ornamento prezioso, o, chiss, ben celata in uno scantinato, stanno per diventare oggetto di scambio, o di ricatto. Il furto, dicono le autorit, stato compiuto da professionisti. Sono entrati nel campo, recintato e vigilato, hanno asportato con diligenza la scritta, e se la sono svignata: il tutto in un paio d'ore di tempo, nella notte. Gli interrogativi fioccano, e finch non sapremo, ciascuno di noi potr avanzare ipotesi. Che ci sia un nesso con l'annuncio del governo tedesco di una donazione di 60 milioni di euro per la manutenzione del campo/museo? O soltanto uno dei mille segni del degrado della nostra civilt? Ennesima manifestazione di un diffuso bisogno di cancellare la memoria del passato? Una tentazione presentista che intende scacciare le ombre pi scure del secolo degli orrori, quasi a dire: noi non c'entriamo niente, noi siamo innocentI? O che non si tratti

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semplicemente, di un clamoroso esempio di mercificazione dell'esistenza: la tendenza a trasfor mare a tutto in prodotto da supermarket, cose da vendere e comprare, oggetti che da pezzi di storia diventano pezzi di modernariato? Basti pensare - per rimanere nell'attualit commemorazionistica al fiorente mercato dei frammenti del Muro di Berlino. A questo punto, preferisco pensare che chi ha perpetrato il furto - si parlato retoricamente, ma non a torto di un sacr ilegio - sia un nazista nostalgico o un inguaribile negazionista. In fondo, la rimozione della memoria o la sua cancellazione, ha qualcosa di nobile, al cospetto della ebete e trucida santificazione del presente sotto forma di merce. Che la banalit del male stia cambiando i suoi car atteri?

Clandestini fino a ieri italiani oggi


di Amara Lakhous in l'Unit del 19 dicembre 2009 La Consulta sar chiamata a pronunciarsi sulla costituzionalit del reato di immigrazione clandestina, una delle grandi promesse di Berlusconi durante lultima campagna elettorale. Finalmente si torna a ragionare seriamente su una questione delicata senza essere prigionieri della propaganda. Da parte mia, penso che il reato di immigrazione clandestina non sia solo

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propaganda. Da parte mia, penso che il reato di immigrazione clandestina non sia solo anticostituzionale, ma sia una vera negazione del principio basilare della giustizia: una persona deve essere giudicata e condannata per quello che fa, non per quello che . Limmigrazione, regolare o irregolare che sia, prima di tutto una condizione umana. Ogni persona che immigra porta con s la speranza di migliorare la sua vita e quella della famiglia: si lascia il paese di origine per essere padroni del proprio destino. Nel caso italiano, bisogna poi tener presente che gli immigr ati regolari di oggi sono stati in gran parte clandestini ieri. Non abbiamo il sistema americano del green card per selezionare chi ha diritto di entrare e soggiornare. Moltissimi sono arrivati con visti per turismo e dopo la scadenza hanno deciso di rimanere. Il motivo? I clandestini sono funzionali al sistema economico italiano e se non ci fossero, sarebbe necessario inventarli! Si dimentica troppo spesso che, dal 1986, ci sono state sei sanatorie o regolarizzazioni che complessivamente hanno dato a pi di un milione e mezzo di stranieri la possibilit di uscire allo scoperto e vivere con dignit e senza paura. vergognoso continuar e a criminalizzare a priori persone innocenti costringendole diventare i nuovi schiavi o semplicemente carne da macello.

Meglio tirare la catenella


di Claudio Magris in Corriere della Sera del 19 dicembre 2009 Quando, nel dopoguerra, alcune tombe di un cimitero ebraico in Germania furono sfregiate da scritte naziste, il Cancelliere Adenauer disse che si trattava della barbarie di qualche idiota che mer itava solo un calcio in culo. Ritengo sia questa anche oggi la giusta e pi efficace reazione al gesto di quel povero disgraziato o, probabilmente, di quei poveri disgraziati che hanno rubato la terribile scritta che introduce ad Auschwitz, Arbeit macht frei, il lavoro rende liberi, versione novecentesca del dantesco lasciate ogne speranza, voi chintrate. Non credo che Adenauer intendesse minimizzare lantisemitismo e oggi ancor meno il caso di minimizzar lo. Ma la sua intelligenza politica capiva che non bisognava creare un clima che esaltasse, sia pur ovviamente condannandoli, gli autori di quel gesto, infame come lo quello di oggi; che non bisognava dare loro lidea di essere protagonisti di uninfera trasgressione, sinistri e protervi campioni del Male. molto pi sano e produttivo lasciar cadere le loro penose imprese nel cestino, come fece Marlene Dietrich quando un simpatizzante nazista le sput in viso e lei, senza batter ciglio, si pul la guancia con un fazzoletto lasciandolo poi cadere per terra. Gli autori di quel vandalismo inf litto al luogo in cui si consumato uno dei pi atroci abomin della Storia meritano solo disprezzo, silenzio e oblio; una campagna di proteste che li facesse sentire importanti e pericolosi fomenterebbe quel delirio. sempr e difficile, naturalmente, capire quando, dinanzi al Male, opportuno affrontarlo e

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sempr e difficile, naturalmente, capire quando, dinanzi al Male, opportuno affrontarlo e denunciarlo a voce alta o quando invece opportuno lasciarlo cadere nel vuoto, per farlo morire di asfissia, e semplicemente tirare la catenella dellacqua nel water. C un detto viennese il quale dice che certe cose non bisogna nemmeno ignorarle, perch gi ignorarle significherebbe dar loro troppo credito e importanza; uno sdegno altisonante sarebbe dunque come annaffiare una pianta velenosa, facendola cos crescere. Lantisemitismo certo ancora, e forse nuovamente, in agguato, magari travestito da discussioni storico- accademiche, ed questa sofisticata falsificazione che va presa di petto; lantisemitismo, peraltro, rientra in quel crescente razzismo che serpeggia ovunque, contro tutte le genti diverse possibili. caduto un muro mor ale, che aveva messo al bando una volta per tutte ogni barbarie razzista, e dunque in primo luogo quella antisemita. Uno strisciante e trionfante relativismo etico respinge ogni valore assoluto ogni valore che consider iamo assoluto e dunque relativizza pure quel male assoluto per eccellenza che Auschwitz, che rappresenta tutti gli efferati stermin perpetrati contro lumanit, dalla tratta degli schiavi ai Gulag di Stalin. Quel vescovo lefebvriano che ha minimizzato la Shoah non certo pi intelligente dei teppisti che hanno tirato gi la scritta di Auschwitz, ma pi pericoloso. Non mi risulta che Giovanni Paolo II, quando alcuni imbecilli lo accusarono di essere giudeo per via di madre, abbia perso tempo a rispondere. Magari, se uno di quegli imbecilli gli fosse venuto a tiro, gli avrebbe mollato un ceffone, non potendo, in quanto Papa, dargli un calcio nel sedere.

Il crimine e la critica
di Enrico Peyretti

in www.nuovasocieta.it del 17 dicembre 2009 Un uomo La pietra in forma di Duomo, tirata il 13 dicembre sulla faccia di Berlusconi, mostrata al mondo sanguinante, dolorante e terrorizzata, deve, prima di tutto, farci guardare il volto offeso e ferito di un uomo, uno di noi. La sofferenza accomuna tutti. Nessuno offenda il potente nella sua fragilit. Chi crede in Cristo, salvatore persino dei ricchi (Matteo 19, 23-26 e passi paralleli in Marco e Luca), prega per lui. Come abbiamo detto e scritto in altri simili casi (Reagan, Craxi), il potente colpito dalla violenza, oppure quando spogliato del potere, ritorna un uomo pari a tutti noi, fragile, dolorante, e riguadagna il rispetto e la solidariet dovuti ugualmente a tutti, che invece la potenza offusca, cos come dice Kant - ottunde lintelligenza. Il dolore che dobbiamo compartecipare per primo quello molto pi grande dei poveri, dei senza voce, delle vittime di immense violenze sistematiche, degli ingannati. Berlusconi ferito, umiliato e offeso si avvicina ai poveri: condannando la violenza che lo ha colpito, combattiamo tutte le maggiori violenze consolidate nelle strutture e nelle mentalit. Critica La com-passione che sente il dolore altrui, anche dellavversario, sacrosanta, eppure non contraddice n pu impedire la critica politica corretta e veritiera, in difesa delle istituzioni che devono garantire i deboli ancora pi dei forti. La critica degli atti di Berlusconi, che era giusta, non perde le sue ragioni. La compassione non elimina la contesa e il giudizio intellettuale, morale, politico, ma li riconduce in termini pi umani e gli garantisce termini pi giusti. Se nella critica abbiamo talvolta mancato di considerare la debolezza patologica (ma pericolosa) del potente superbo, ora vogliamo imparare di nuovo la regola umana primaria della piet, anche nel conflitto, affinch sia e resti sempre nonviolento. Violenza stolta Realisticamente, da prevedere che il fatto patito sar utilizzato da Berlusconi per rafforzare la presunta giustizia del suo potere, supremo e indiscutibile, con lenfasi morale della vittima. Ecco la stoltezza dellazione violenta, che di natura sua viene dalla violenza e permette di giustificare altra violenza oppressiva o repressiva, fisica, o strutturale, o mentale. Opposizione L'opposizione politica, oltre al deplorare giustamente e sinceramente quellatto, deve darne una interpretazione meditata, culturale, politica, nella situazione presente. Essa deve mostrare che

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interpretazione meditata, culturale, politica, nella situazione presente. Essa deve mostrare che l'imperiosit che disprezza la legge e le critiche, suscita violenza, perch gi violenza, e che tutti, a cominciare dai pi forti, devono sottostare alla legge, il cui compito limitare e imbrigliare i poteri di fatto, per liberare i diritti impediti (secondo il grande art. 3 della Costituzione, disprezzata come vecchia da Berlusconi) Libert e giustizia Qualcuno ha detto: "Tra il forte e il debole la libert uccide, e la legge libera". falsa libert quella di "libere volpi fra libere galline". Il tema dell'opposizione e Berlusconi deve essere la giustizia, non tanto (anche) quella penale (non vendicativa, ma restitutiva-riparatrice), quanto quella sociale. La disuguaglianza grossa e pesante offende pi della miseria. Suscita servilismo o violenta rivolta. Quando la ricchezza si fa potere, e anche potere arrogante, accade facilmente che la critica e il bilanciamento del potere, se non trova

spazi politici nelle strutture democratiche e nonviolente, sia tentata dalla violenza; accade facilmente che i pi deboli moralmente e psichicamente, o i pi fanatici, vi cadano. Ma la violenza non viene su dallinferno: nasce tra le cose umane, dallalto e dal basso della societ, quando non sappiamo regolarle con saggezza e giustizia. La libert frutto della giustizia, e la giustizia non pu essere imposta da chi ne pretenda il monopolio, ma frutto della libert onesta. La libert vera quando condivisa: la tua libert non il limite della mia, ma la condizione della mia libert: non sono davvero libero se non lo sei anche tu. Libert e giustizia si sostengono a vicenda, non si pu opporle luna allaltra. E insieme possono resistere alla violenza senza riprodurla. Enrico Peyretti dicembre 2009 , 17

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Colonne d'Ercole del Novecento


di Adriano Prosperi in la Repubblica del 19 dicembre 2009 Nelle prime ore della mattina di venerd 18 dicembre qualcuno ha strappato via la targa di metallo con la scritta "Arbeit macht frei" che sovrastava lingresso del lager di Auschwitz. stato un gesto deliberato, preparato accuratamente: solo questo quel che sappiamo per ora. Non conosciamo gli autor i: ma sappiamo perch lhanno fatto e come si chiama il loro delitto. Si tratta del furto non di un pezzo di metallo ma di un simbolo sacro alla memoria dellumanit. dunque un reato di lesa memoria umana quello che stato consumato. Qualcuno forse si chieder perch quel simbolo non fosse sorvegliato, perch non ci fosse una polizia speciale a impedire lazione criminale. Ebbene noi non crediamo che si debba proteggere a forza quel simbolo: lumanit intera che deve sapere quale soglia altissima di rispetto e di tutela debba alzarsi nella mente di tutti davanti a quel pezzo di metallo. da l che deve emanare una forza capace di tenere lontana ogni volont aggressiva. Come la biblica Arca dellAlleanza che si tutelava da sola folgorando lincauto che allungava la mano per sostenerla, la scritta di Auschwitz deve bruciare gli infami che hanno consumato il sacrilegio. La scritta "Arbeit mach frei" significa Auschwitz, Auschwitz significa la Shoah: e queste sono le colonne dErcole oltre le quali lumanit intera entrata in una nuova storia, ha scoperto il paesaggio devastato del mondo nuovo, ha saputo che Dio era morto. A chi voleva continuare a vivere in un mondo dove si respirava unaria densa delle ceneri di milioni di morti, si impose un solo comandamento: ricordare. Uno solo: ma non fu facile accettarlo. Nellopera della ricostruzione, tra le macerie della guerra, i pochi testimoni sopravvissuti alla Shoah incontrarono enor mi difficolt a farsi ascoltare. Il processo lungo e difficile attraverso il quale quella storia stata non spiegata, non compresa impossibile comprendere, impossibile spiegare ma almeno raccontata per ricomposizione di indizi e dati statistici sufficiente a mostrare la difficolt di ricordare ma anche lassoluta necessit della memoria. un dovere intollerabile e inevitabile. Che sia intollerabile lo sappiamo bene. Lasportazione della scritta di Auschwitz lo dimostr a. Molti sono i percorsi battuti per raggiungere lo stesso effetto: aggiustando larr edo del campo, inserendovi simboli e presenze religiose istituzionali, mettendo via via a rischio la desolazione di uno spazio che la presenza immateriale di milioni di vite cancellate ha reso lunico vero spazio sacro della storia umana dopo la cesura irrecuperabile tra passato e futuro che si chiama Shoah. Perdita di memoria: questo che si vuole ottenere. Lo tentarono gli aguzzini che cancellarono coi forni crematori lesistenza delle vittime e si preoccuparono di nascondere le tracce di quel che avevano fatto. Lo hanno tentato poi in vario modo gli avamposti dei narratori accademici della storia con le loro faticose elaborazioni sul "passato che non passa". Erano solo le avanguardie di un umanit che voleva inghiottire a ogni costo quel groppo intollerabile. E tuttavia da allora una legge non scritta, incisa nei cuori, ci dice che c un solo dovere, una sola legge obbligatoria per chi vuole continuare a vivere nel mondo che ha conosciuto la Shoah: ricordare. per questo che ogni anno milioni di visitatori compiono un pellegrinaggio che lultima sopravvivenza del sacro nella quale lumanit tutta, senza distinzioni di culture o di religioni, obbligata a riconoscersi: la visita ai lager nazisti, quella minuscola citt sacra che occupa uno spazio immenso, quella vasta necropoli senza tombe di cui Auschwitz la capitale. da l in poi che la storia del mondo cambiata. Se vero che ci che ci costituisce come esseri umani la memoria, un fatto indiscutibile che solo l nato il legame di memoria che ha unificato la nostra specie. Al di sopra delle appartenenze nazionali e delle identit culturali e religiose, tutti sono obbligati a riconoscersi in quel simbolo e a guardare a quella scritta che oggi stata rubata. Noi tutti sappiamo che ricordare la Shoah, ricordare Auschwitz, lunico modo che ci rimane per metter ci in guardia da noi stessi. Perci quella scritta deve tornare al suo posto: un reperto sacro.

N si dovr sopportare che gli autori di questo crimine contro lumanit restino impuniti. Il loro atto unoffesa a milioni di morti, un delitto contro i viventi di oggi e di domani, un attentato al legame di memoria che ci unisce al passato e che vogliamo trasmettere al futuro.

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Le grandi manovre nel governo della Chiesa


di Gian Guido Vecchi in Corriere della Sera del 19 dicembre 2009 Lunico non tenuto a presentare le dimissioni era il cardinale Tarcisio Bertone, dato che lufficio del Segretario di Stato si esercita ad nutum Summi Pontificis :dipende dalla sola volont del Papa. Cos quando Bertone, 75 anni il 2 dicembre, si presentato con la lettera, Benedetto XVI ha sorriso, guardi che non ce nera bisogno! , e lo ha confermato finch rester lui. Per tutti gli altri vertici della Curia romana, invece, a 75 anni si rimette il mandato, al massimo ci sono proroghe: e anche quelle limitate. Perci nei prossimi mesi si preparano a cambiare alcune caselle decisive, nel governo della Chiesa: a cominciare dalla potente Congregazione per i vescovi, che dal 2000 guidata dal cardinale Giovanni Battista Re. La sostituzione di Re data per imminente, il 30 gennaio compir 76 anni, scadr il primo anno di proroga e Oltretevere non previsto un secondo. Ci sono state dilazioni pi lunghe, due anni e oltre, ma il dicastero che provvede a tutto ci che attiene alla nomina dei vescovi non vive un bel momento: da ultimo, lo scandalo dei preti pedofili in Irlanda, con relativi vescovi che li hanno coperti, ha provocato lo sdegno e la vergogna del Papa, qualcosa non ha funzionato nella gestione dei pastori e si impone un rinnovamento. Non sono ancora state prese decisioni, anche se il nome pi accreditato quello dellarcivescovo Giuseppe Ber tello, 67 anni, nunzio apostolico in Italia: originario del Canavese come il cardinale Bertone, molto stimato dal segretario di Stato, che lo volle nunzio nel 2007.

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Bertone, molto stimato dal segretario di Stato, che lo volle nunzio nel 2007. Un altro nome autorevole quello del cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney: a luglio, per, il Papa ha nominato segretario della congregazione (cio numero due) il portoghese Manuel Monteiro de Castro, ed quindi pi probabile che il prefetto sia italiano. Il cardinale Pell, piuttosto, potrebbe guidare in futuro Propaganda Fide ,congregazione per le terre di missione, il cui prefetto viene definito Papa rosso : il cardinale Ivan Dias, 73 anni, non in scadenza ma ha qualche problema di salute. Oltre la scadenza, invece, il cardinale Walter Kasper, 77 anni a marzo, presidente del Consiglio per lunit dei cristiani: entro Pasqua atteso il successore (s parlato, ma solo unipotesi, del vescovo di Ratisbona Gerhard Mller). Anche il cardinale Claudio Hummes, prefetto della Congregazione per il clero, compie in agosto 76 anni, come in settembre il cardinale Franc Rod, alla guida degli istituti di vita consacrata, e il cardinale Paul Cordes, presidente del pontificio consiglio Cor Unum per i progetti umanitari. Si provveder per gradi: nello stile della riforma gentile avviata nel 2005 da Benedetto XVI.

I nemici della memoria


di Elie Wiesel

in la Repubblica del 19 dicembre 2009

Chi stato a rubare linsegna di Auschwitz, recando offesa alla memor ia degli ebrei e a chi impegnato a tutelarla? Da dove vengono? Che intenzioni hanno, qual il loro progetto? Questo incidente criminale riverbera la sua immagine in tutto il mondo e suscita stupore, shock e rabbia. Cosa avevano in mente i ladri quando hanno rimosso liscrizione che centinaia di migliaia di vittime arrivate nel campo vedevano ogni giorno, ogni sera? Cosa immaginavano di poter fare? Di venderla in televisione per enormi somme di denaro? Di tenerla incorniciata a casa loro? Quale idea perversa pu aver motivato un simile abominio? In questa nostr a era di confusione e sfiducia, la Verit sempr e in prima linea, al fronte, e i suoi nemici sono i nemici della Memoria. Dunque, quel Luogo dimportanza e significato speciale, perch si basa su entrambi quei valori costitutivi, Verit e Memoria. Chiunque voglia cancellare il passato ha naturalmente interesse a rimuovere quella scritta, che parte cos visibile del Passato della Memor ia. In un cer to senso, si pu esprimere sorpresa per il fatto che non si sia mai tentato prima di compiere quanto accaduto oggi. cos facile distruggere, cos facile rubare, eppure, grazie al cielo, persino quelli che sono i nostri nemici non avevano osato, fino ad oggi, di intraprendere un simile furto. In virt di ci che avvenuto allinterno di quellincommensurabile cimitero di cenere, Auschwitz deve restare un monumento intoccabile al dolore, allo strazio e alla morte di pi di un milione di ebrei e altre minoranze. Bench protetto a livello internazionale dalla rabbia e dalla piet che suscita in centinaia di migliaia di visitator i provenienti da tutto il mondo, il campo necessita ovviamente di maggior sicurezza. Devono provvedervi le autorit polacche ai massimi livelli. Tutto ci che si trova entro le recinzioni di filo spinato deve restare immutabile e intatto per generazioni e generazioni. Quanto ai ladr i, verranno senza dubbio interrogati a lungo da personale specializzato, psichiatri inclusi. Siamo tutti ansiosi di conoscere ogni aspetto della loro personalit, del loro carattere, del loro passato. E di conoscerne lappartenenza ideologica. Hanno agito da soli? Appartengono a gruppi neonazisti? Volevano dimostrare qualcosa entrando in possesso dellinsegna, e se s, che cosa? "Arbeit macht frei" era, ed ancora, massima espressione di cinismo, inganno e brutalit. Dietro quel cancello il lavoro non portava libert. Agli ebrei e agli altri portava fatica, umiliazione, fame e morte. Dentro tutto equivaleva alla morte. questo che il ladro voleva cancellare?

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Parabole
di Adriana Zarri in il manifesto del 19 dicembre 2009 Io mi chiamo Adriana Zarri e non Zarri Adriana, anche se, come Zarri Adriana sono scritta nella guida telefonica e in ogni altro elenco stilato secondo l'ordine alfabetico ed ovviamente per cognome. Ho messo correttamente il nome prima del cognome come normale per uno scrittore che, di mestiere, un tecnico del linguaggio. Ma non tutti sono cos n cos dicono e scrivono. Anzi l'invertire l'ordine dei ter mini, mettendo il cognome prima del nome, uno degli errori pi comuni. Ma il fatto di essere frequentissimo nulla toglie all'errore (e all'orrore) di una s fatta sovversione. Che si pu mettere solo in alcuni casi, come ad esempio per la mia postina che forse di Adriane ne ha parecchie e per non sbagliare pu chiamarmi per nome, ma seguito dal cognome. Carceratum L'art. 27 della nostra Costituzione recita: La responsabilit personale l'imputato non consider ato colpevole fino alla conclusione definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanit e devono tendere alla riabilitazione del condannato. Purtroppo cos non . I detenuti in Italia sono aumentati e i servizi diminuiti. Il sovraffollamento, la car enza di personale e altri disagi sono stati pi volte denunciati. Il 24 novembre il dossier curato da Ristretti Orizzonti (associazione sul carcere) ha presentato cifre spaventose: 65 suicidi su 157 morti in poco pi di dieci mesi. E poi le morti sospette la cui causa ancora da accertare. Accer tiamola subito e subito prendiamo provvedimenti. I carcerati, per quanto colpevoli possano essere, sono pur sempre persone umane e, come tali, vanno trattate. Suore Siamo soliti pensare alle suore come creature miti e sottomesse, sempre a chinar la testa, sempre a dire di s , mai a levare il capo con fierezza. E certo molte (troppe) son cos fatte. Ma non tutte. Un'aria nuova circola anche nei conventi femminili. Molte religiose raddrizzano la schiena, anche di fronte al Vaticano. il caso di un gruppo di suore americane che, ritenendo inoppor tuna una visita apostolica decisa a Roma, ha detto: Basta!.

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Labbinamento a Wojtyla e il segno della continuit


di Luigi Accattoli in Corriere della Sera del 20 dicembre 2009 Primo: papa Benedetto non si lascia intimidire e beatifica Pacelli nonostante le polemiche. Secondo: ne preannuncia la beatificazione insieme a quella di papa Wojtyla affermando anche per questa via altamente simbolica la continuit del pontificato romano oltre la variet talora divergente delle singole figure. Luno il Papa pi amato dagli ebrei, laltro il pi avversato, e il loro successore li onora alla pari. Sono i due messaggi contenuti nella decisione di ieri: il primo ha maggiore incidenza pubblica, il secondo pi sottile e strategico. Insieme ci dicono che il Papa teologo va sicuro per la sua strada, flessibile nellimmediato ma tenace nellattuazione di un programma che vuole onorare tutta la storia e leredit del papato contemporaneo. La flessibilit lha mostrata nellattendere due anni e mezzo definiti di riflessione e di approfondimento prima di dare il proprio assenso al voto della Congregazione sulle virt eroiche di papa Pacelli. Nel frattempo ha ripetuto (il febbraio scorso) la richiesta di perdono di papa Wojtyla per le responsabilit dei cristiani nella persecuzione degli ebrei, andato in Israele (in maggio) e si impegnato a visitare tra un mese la sinagoga di Roma. Dunque ha riflettuto, ha fatto studiare il problema, ha continuato il dialogo di avvicinamento. Ma alla beatificazione di Pio XII intendeva arrivare e a essa infine arriva. Incoraggiato dal fatto che nel frattempo, anche in rispondenza ai suoi gesti amichevoli, il fronte dellopposizione ebraica si ridotto e frammentato. C poi labbinamento delle due beatificazioni: lannuncio in contemporanea lascia prevedere una proclamazione appaiata, bench sia prematuro parlarne. Aveva gi indicato questa via Paolo VI quando fece annunciare alla fine del Concilio, nel dicembre del 1965 lavvio delle cause di Giovanni XXIII e Pio XII. Ma partite insieme quelle cause presero presto unandatura spaiata e Giovanni XXIII arriv solo in vista del traguardo. Ed ecco che papa Wojtyla a evitare ogni rischio di polarizzazione escogit un nuovo accoppiamento giudizioso e fu cos che vedemmo Roncalli proclamato insieme a Mastai Ferretti nel settembre dellanno Duemila. La decisione annunciata ieri da papa Benedetto ce lo segnala come erede e continuatore delle modalit bilanciate di governo sperimentate dai predecessori.

Le ragioni cristiane dell'ecologia


di Enzo Bianchi in La Stampa del 20 dicembre 2009 Mentre lattenzione mondiale era rivolta alle discussioni di Copenhagen sul clima della Terra e quella italiana alle conseguenze del gesto di uno psicolabile sul clima della convivenza civile, il messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale della pace del prossimo 1 gennaio passato

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messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale della pace del prossimo 1 gennaio passato praticamente inosservato. Eppure la tematica scelta questanno di cocente attualit nel suo indicare il nesso profondo tra la pace e la custodia del creato. Pace, infatti, non solo assenza di guerre - anche se questo quanto attendono da troppo tempo ormai tanti uomini e donne nelle pi diverse regioni del globo - ma anche una vita piena, in armonia con la creazione, abitata dalla memoria riconciliata con il passato, dalla giustizia per il presente, dalla speranza per il futuro. Cos, riprendendo e sviluppando alcune tematiche gi presenti dellenciclica Caritas in veritate, Benedetto XVI sottolinea alcuni elementi irrinunciabili nella riflessione contemporanea sui problemi che affliggono il mondo. Innanzitutto, la consapevolezza della responsabilit che noi esseri umani abbiamo nei confronti dellambiente naturale e dei pi deboli tra noi, in particolare i poveri e le generazioni future. Poi la capacit che la Chiesa, esperta in umanit, ha di ribadire lurgente necessit morale di una nuova solidariet - inter-gener azionale e intra-generazionale, capace cio di proiettarsi nello spazio e nel tempo - che nella situazione odierna non pu se non coniugarsi con una revisione profonda e lungimirante del modello di sviluppo e con la sobriet. Ma vi anche la percezione di una dicotomia sempre pi pronunciata tra i rari progetti politici lungimiranti e i sempre pi frequenti miopi interessi economici: dicotomia particolarmente preoccupante oggi che la politica, anche mondiale, pare appiattirsi sulleconomia, quasi rassegnata a divenirne serva impotente. Il testo del Papa ci ricorda con efficacia che linteresse alla creazione, e dunque al rapporto dellumanit con essa, unistanza della fede biblica: esistono ragioni cristiane assolute e precise per lecologia, ragioni mai separabili, appunto, dal tema della giustizia e della pace. La tradizione cristiana, infatti, non pu e non sa separare giustizia ed ecologia, condivisione della Terra e rispetto della Terra, attenzione alla vita della natura e cura per la qualit buona della vita umana: sono due aspetti di ununica urgenza: contrastare il disordine, la volont di potenza, far regnare la giustizia, la pace, larmonia. La terra desolata quando viene meno la qualit della vita delluomo e della vita del cosmo, e la qualit della vita umana dipende anche dalla vita del cosmo di cui luomo fa parte e nel quale la sua dimora. Cos, nellaffrontare la questione ecologica, Benedetto XVI mostra di avere a cuore che questo annuncio cristiano sia proclamato con un linguaggio antropologicamente comprensibile da tutti e capace, nel contempo, di rimarcare le peculiarit che gli impediscono di cedere a un nuovo panteismo con accenti neopagani. Gi i profeti dellAntico Testamento avevano s cercato di annunciare il futuro che attende la creazione con immagini poetiche, pastorali - lagnello e il lupo che pascolano insieme, il lattante e la serpe che insieme giocano, il deserto fiorito... - ma con lo scopo di destare negli uomini unattrazione non per ci che perduto, bens per ci che sta davanti come una vocazione e una promessa. Queste immagini giunte fino a noi non intendono inculcare una nostalgia per culture non pi attuali o chiedere una conservazione verginale della natura: questa non un patrimonio originale inviolabile e immacolato, e occorre vigilare pi che mai perch non finisca con lessere divinizzata o sacralizzata quale Gaia, divina madre vergine e immacolata che chiede di essere preservata da ogni intervento umano. Per questo il messaggio del Papa esorta a vigilare anche su un altro pericolo: nella crisi di rapporto tra luomo e lalterit della creazione alterit che luomo oggi non sa rispettare, tentato com di assorbire in se stesso tutto ci che gli sta di fronte - appare la tentazione di eliminare la differenza ontologica e assiologica tra la persona umana e gli altri esseri viventi. Non va dimenticato che la nostra generazione forse la prima nella storia a essere cosciente che

dalle proprie scelte dipendono la vita o la morte degli esseri, del pianeta, e questa consapevolezza purtroppo deriva da evidenze che si impongono: dallaria viziata, dalle acque avvelenate, dal suolo mortificato e sfruttato, dal deserto che avanza. La verit che viviamo unerrata relazione con la materia del mondo, non sapendo in essa riconoscere lopera vivificante dello Spirito Santo che ci richiederebbe un rapporto di rispetto e di amore. Le creature sono per noi un oggetto neutro di consumo, oggetti che servono a soddisfare i nostri desideri, strumenti per il nostro benessere senza limiti e senza leggi. Eppure, anche in questo esigente discernimento, i cristiani avrebbero davanti a s il cammino tracciato da Ges, luomo secondo Dio che ha saputo vivere con la creazione in modo esemplare. Il suo agire messianico non riguardava solo il rapporto con gli esseri umani ma anche con la creazione: Ges ha amato la Terra, le restato fedele, si mostrato un contemplativo della creazione, capace di vedere in essa un dono di Dio a tutti - come ricorda Benedetto XVI - e una responsabilit per luomo. Riconciliato con la natura, con gli animali, con le fatiche umane, con la realt quotidiana, dalla contemplazione della natura Ges ha saputo trarre lezione e consolazione, ha saputo rispondere al gemito presente in ogni cosa. I cristiani, alla sua sequela, di fronte al deserto che avanza annunciato da Nietzsche, di fronte alla Terra sempre pi desolata, dovrebbero imparare a scorgere nella profondit della creazione la signatura rerum, la scrittura delle cose, le loro lacrime e le loro lodi. Allora forse saprebbero rivolgere in modo credibile ai loro fratelli e sorelle in umanit il pressante appello cui Benedetto XVI ha voluto dar voce: Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato.

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Ora la distensione tra Vaticano e Israele rischia un altro stop


di Giacomo Galeazzi in La Stampa del 20 dicembre 2009 Con la firma al decreto sulle virt eroiche Benedetto XVI indica come esempio ai fedeli la spiritualit e le opere del Papa che ha attraversato il secondo conflitto mondiale, la Shoah, la parte iniziale della Guerra Fredda e mezzo secolo di polemiche. Per la Santa Sede la leggenda nera alimentata su Pacelli negli anni Sessanta dalla pieceteatrale Il Vicario, aveva le sue origini non in una verit storica, ma nel fermo anti-comunismo di Pio XII e anche nel suo sostegno ai diritti dei palestinesi e dei popoli arabi. La sua navigazione verso gli onori degli altari si era incagliata nelle polemiche e negli interrogativi storici su un suo presunto silenzio di fronte alla Shoah, ma gi lanno scorso Benedetto XVI aveva risposto con grande fermezza alle obiezioni del mondo ebraico. Pio XII ag spesso in modo segreto e silenzioso proprio perch, alla luce delle concrete situazioni di quel complesso momento storico, egli intuiva che solo in questo modo si poteva evitare il peggio e salvare il pi gran numero possibile di ebrei. Secondo Ratzinger, Pacelli aveva colto fin dal suo sorgere il pericolo costituito dalla mostruosa ideologia nazionalsocialista con la sua perniciosa radice antisemita e anticattolica. Insomma un eroismo che merita il riconoscimento ufficiale della Chiesa. La decisione di ieri riaccende le polemiche innescate dal perdono accordato ai lefebvriani (tra cui il negazionista Williamson) e dalla reintroduzione della messa pre-conciliare in latino, con la preghiera del Venerd santo per la conversione degli ebrei. Limminente visita di Benedetto XVI non a rischio, assicurano nella comunit ebraica, ma la palla in mano al Vaticano per indicare in cosa sia esemplare la condotta di Pio XII. Per Pio XII non ancora stato individuato un miracolo da attribuirgli. Da Roma a Gerusalemme, la polemica ebraico-cattolica, nei summit diplomatici e sui media, non si mai interrotta, quando sotto traccia, quando scoppiando in superficie. Nel museo della Memoria a Gerusalemme la targa su Pio XII sostiene che mise da parte una lettera contro lantisemitismo e il razzismo preparata dal suo predecessore e anche quando i resoconti sulle stragi degli ebrei raggiunsero il Vaticano, non reag con proteste scritte o verbali. Nel 1942, non si associ alla condanna espressa dagli Alleati per luccisione degli ebrei. Quando vennero deportati da Roma ad Auschwitz, Pio XII non intervenne. Le polemiche sulla sua figura sono dunque destinate a proseguire, nonostante il decisivo riconoscimento concesso ieri da Joseph Ratzinger con linattesa accelerazione ad una beatificazione che sembrava al palo

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Il disagio dei cattolici verso il White Christmas


di Filippo Gentiloni in il manifesto del 20 dicembre 2009 Nonostante le apparenze monolitiche, qualche cosa si muove nel cattolicesimo italiano. bene rendersene conto, anche per reagire ad una certa tendenza ad uniformare e a tacitare tutte le forme di discussione. interessante, per fare un primo esempio, la reazione che si avuta, anche nel bianco Veneto, contro il tentativo di White Christmas promosso dalla Lega nel comune di Boccaglio, in provincia di Brescia: un Natale senza immigrati di colore. Importanti autorit cattoliche: Il Natale celebra il mistero dell'annunciazione alla Vergine e chiama all'accoglienza di Ges Bambino. Anche Ges, come dice il papa nel suo messaggio, era un rifugiato in Egitto. Natale, dunque, di tutti i colori. E una serie di parroci di alcuni comuni della Franciacorta: Il cammino non facile, ma la meta coniugare il doveroso rispetto e l'amore per noi stessi con l'amore per l'altro, chiunque esso sia. positivo questo interessamento per l'altro, piuttosto raro in un magistero che finora si caratterizzato soprattutto per l'attenzione alle nascite (aborto) e alle morti (testamento biologico). In non poche circostanze le attenzioni del magistero cattolico si stanno rivolgendo anche alla crisi economica che sta mettendo in difficolt una grande quantit di famiglie italiane. Un situazione, dunque, caratterizzata da un certo disagio. quello che hanno sottolineato molti cattolici riuniti qualche tempo fa a Firenze e che si sono dati appuntamento ancora una volta fra qualche mese. stato sottolineato proprio il disagio: non un vero e proprio dissenso, ma una situazione che non prende in nessun modo le distanze dalla istituzione gerarchica ma che vuole esprimere la propria sofferenza per alcune situazioni che lasciano, a dir poco, incerti e insoddisfatti. Al centro di questa insoddisfazione - disagio - la presenza dei tanti immigrati che la societ italiana stenta ad accettare con cordialit e sincerit; e la stessa chiesa cattolica con carit. Ma la comunit di base di San Paolo di Roma si rivolge agli immigrati: Quest'anno ci piacerebbe di festeggiare insieme a voi il ricordo della comparsa dell'idea di eguaglianza di tutti e tutte sulla terra, anche per ribadire il valore dei diritti che dall'eguaglianza derivano.

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La guerra leghista per l'egemonia culturale


di Renzo Guolo in la Repubblica del 20 dicembre 2009 Gli attacchi leghisti a quanti nella Chiesa sono lontani dalle posizioni del Carroccio su temi come immigrazione, islam, libert religiosa, rivelano un conflitto dal nocciolo duro, difficilmente componibile anche in presenza di retromarce bossiane. Ad esempio, nella dura critica all'arcivescovo di Milano il ministro Calderoli ha affermato che Tettamanzi con il suo territorio non c'entra proprio nulla. Sarebbe come mettere un prete mafioso in Sicilia. Al di l dell'inaudito paragone, sono parole che rivelano il vero oggetto del contendere. E che fanno capire perch ormai a Nord, la Lega viva la Chiesa, almeno quella che si oppone apertamente a derive xenofobe e tramonto del solidarismo, con crescente insofferenza. La posta l'egemonia culturale sul territorio. La Lega storicamente insediata laddove, in passato, il voto bianco otteneva percentuali altissime: Varesotto, Brianza, Valli bergamasche, Pedemontana veneta. Da qui la necessit, prima per radicarsi, poi per espandersi, di riplasmare in direzione dell'etnicizzazione della religione il senso comune locale. Nel momento in cui fa sentire la sua voce dissonante su temi come immigrazione, pluralismo religioso, discriminazione, la Chiesa, tanto pi se autorevole per azione e guida, come quella ambrosiana, storicamente "chiesa di popolo" attenta alla dimensione sociale e caritativa, contrasta palesemente questo progetto. Le sue parole, e soprattutto le sue azioni, cozzano contro quelle di un partito che, abbandonato il folcloristico neopaganesimo delle origini, rilegge la tradizione cristiana in modo del tutto indifferente ai contenuti del Vangelo. Un cristianesimo senza Cristo, degradato a sorta di religione civile padana: ci che Robert Bellah chiamerebbe il basso continuo o sottofondo religioso non della nazione ma di un gruppo particolare, in questo caso della comunit immaginaria della Padania. Una religione senza Chiesa, almeno quella postconciliare. Un cristianesimo iperpolitico, in cui la Croce essenzialmente un'arma identitaria da impugnare conto gli "altri". Un cristianesimo ridotto a cultura locale, privo di dimensione universale. A Nord la Chiesa percepita dalla Lega come l'unico, reale, concorrente alla sua egemonia. Essa contende al Carroccio un'immagine del territorio e delle relazioni sociali che lo caratterizzano. Contesa che induce la Lega a distinguere tra vescovi "buoni", quelli che "non fanno politica" e quelli "cattivi", che la fanno. Laddove "fare politica" significa esprimere posizioni diverse da quelle "padane". Uno scontro che si nutre di conflittualit quotidiana nei diversi territori in cui Lega e Chiesa sono radicate. Non solo, dunque, nella grande diocesi milanese ma anche nel trevigiano, feudo verde per eccellenza, dove da anni l'intr ansigentismo leghista mette sotto accusa i cosiddetti "preti rossi", sacerdoti "rei" di vivere pienamente, nella loro pratica, il messaggio evangelico. Una sfida, quella con la Chiesa, che il Carroccio innalza ulteriormente facendosi portatore di una versione, in salsa padana, del cesaropapismo: almeno nella germanica variante medievale in cui si designava persino il candidato all'elezione papale. L'obiettivo delle incessanti critiche leghiste , infatti, la delegittimazione delle guide episcopali ritenute ostili o non omogenee; e, laddove, si prospettino avvicendamenti, come nel caso milanese Tettamanzi dimissionario per i limiti d'et ma in proroga quello di determinare condizioni ambientali tali che, a essere nominati, siano capi delle diocesi pi vicini al "comune sentire del territorio". In ragione di questa duplice dimensione, che ha a che fare con gli orientamenti pastorali ma anche con la supremazia nelle rispettive sfere d'azione, lo scontro tra Chiesa e Lega , ciclicamente, destinato a riprodursi. Anche se, proprio perch interessato a tutte le dimensioni del potere locale, il Carroccio continuer a offrire a Sacra Romana Chiesa uno scambio politico a livello nazionale su temi sensibili quali bioetica, famiglia, aborto, perseguendo una linea che alterner blandizie a epiteti. Per ottenere, a Milano come altrove, la nomina di vescovi graditi, un po' pi "padani" o, quantomeno, pi silenti. Una prospettiva deleteria per la Chiesa che, in tal caso, vedrebbe svuotata la sacra potest dei suoi pastori e il senso di parte rilevante del suo messaggio in nome del compromesso con la politica.

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Anche papa Pacelli nel processo di beatificazione. Insieme a Wojtyla


di Luca Kocci in il manifesto del 20 dicembre 2009 Accelera la corsa verso gli onori degli altari di papa Wojtyla. E, a sorpresa, nel percorso ecclesiastico che porter alla santit si inserisce anche papa Pio XII, un processo di beatificazione fermo per i dubbi sui silenzi davanti alla Shoah. Benedetto XVI, al termine dell'udienza alla Congregazione vaticana delle cause dei santi, ha firmato ieri il decreto che riconosce le "virt eroiche" di Giovanni Paolo II, Pio XII e altri 8 futuri santi e il "martirio" di don Jerzy Popieluzsko, prete polacco vicino a Solidarnosc, rapito ed ucciso nel 1984. Una tripletta che sottolinea anche le virt anticomuniste dei tre: Pacelli, il papa della scomunica ai comunisti, Wojtyla, il papa del crollo del Muro di Berlino, e Popieluzsko, il martire del regime di Jaruzelski. Il riconoscimento delle "virt eroiche" il penultimo passo prima della beatificazione. Dovr essere completata solo l'istruttoria per l'accertamento di una guarigione miracolosa, poi si proceder alla cerimonia, che per Giovanni Paolo II dovrebbe avvenire ad ottobre 2010, appena sar appurato che una suora francese guarita dal morbo di Parkinson grazie all'inter cessione di Wojtyla. Una beatificazione a tempo di record - la norma canonica prevede che debbano passare 5 anni dalla morte per aprire il processo, che invece per Giovanni Paolo II partito un mese dopo la sua scomparsa -, su cui ha espresso dubbi anche il cardinal Godfried Danneels, arcivescovo di Bruxelles: bisognava rispettare la procedura normale, senza passare per corsie preferenziali. Fra i pochi pareri contrari alla beatificazione di Wojtyla, quello dell'ex abate di San Paolo fuori le

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Fra i pochi pareri contrari alla beatificazione di Wojtyla, quello dell'ex abate di San Paolo fuori le Mura, Giovanni Franzoni - la deposizione integrale stata resa nota dall'agenzia Adista - ha criticato fra l'altro la repressione dei teologi non allineati alle posizioni vaticane da parte di Giovanni Paolo II e le omissioni sullo scandalo Ior-Banco Ambrosiano. Per Pio XII, invece, i tempi saranno pi lunghi perch ancora manca il miracolo. Un cammino accidentato verso la santit, di cui si parla dai tempi di Wojtyla.. A riaprir e la questione ci ha pensato Benedetto XVI, sfidando le critiche degli ebrei e di una parte del mondo cattolico che, sulla base di documentati riscontri storici, accusano Pio XII di aver taciuto, pur sapendo, di fronte alla tragedia della Shoah. Nel maggio 2007 la Congregazione vaticana delle cause dei santi dichiar le "virt eroiche" di Pacelli, ma Ratzinger ordin un supplemento di indagine, istituendo una commissione di studio che ora ha dato parere positivo. Gli ebrei per continuano a pensarla diversamente. Lo ribadisce il presidente dell'Unione delle Comunit ebraiche Italiane Renzo Gattegna e lo testimonia il pannello nello Yad Vashem, il museo della memoria di Gerusalemme, che lo stesso papa Ratzinger chiese invano di rimuovere, durante la sua visita in Israele nel maggio scorso.

Annuncio a Giuseppe
di Gianfranco Ravasi in Il Sole-24 Ore del 20 dicembre 2009 La melodia di White Christmas pu essere anche gradevole, ma il Natale nella sua genesi profonda non potr mai essere "bianco" a livello etnico; eventualmente potr esserlo solo a livello climatologico (ho anch'io in mente una Betlemme di molti anni fa tutta innevata). Fino a prova contraria, infatti, i protagonisti di quell'evento erano semiti e non certo ariani, la loro pelle era olivastra, i loro profili somatici erano simili a quelli degli arabi o degli israeliani nati nell'attuale Vicino Oriente. Ebbene, all'interno di quella famiglia semita vorremmo ora mettere in primo piano colui che nella tradizione rimasto quasi sempre sullo sfondo, s, proprio il capofamiglia, Giuseppe, un nome chiaramente ebraico che significa Dio aggiunga! o che egli raduni!. un nome portato da altri sei personaggi biblici, tra i quali il pi celebre quel figlio di Giacobbe che fece fortuna in Egitto divenendo da schiavo vicer, cos da trasformarsi secoli dopo nel protagonista del fluviale romanzo Giuseppe e i suoi fratelli di Thomas Mann. La presenza del nostro Giuseppe, il padre legale e non naturale di Ges, nei Vangeli esile: affiora nella genealogia di Cristo; appare come il promesso sposo di Maria (Luca 1, 27), sar menzionato durante la nascita di Ges a Betlemme (Luca 2,4-5), far qualche altra fugace apparizione nei primi giorni del neonato, acquister rilievo durante la vicenda di clandestino e migrante in Egitto, riemerger dal silenzio anni dopo quando occhiegger nelle parole di sua moglie, Maria, in occasione della "fuga" del figlio dodicenne nel tempio di Gerusalemme tra i dottori della Legge (tuo padre e io, angosciati, ti cer cavamo, Luca 2,48), e sar ricordato con sarcasmo dai suoi concittadini di Nazaret, quando di fronte ai successi del figlio ironizzeranno: Ma costui non il figlio di Giuseppe..., il figlio del falegname? (Luca 4, 22; Matteo 13, 55). Ci sono, per, due scene nelle quali Giuseppe protagonista. Sono le uniche e riguardano proprio il Natale. Rievochiamo la prima: la cosiddetta annunciazione a Giuseppe ed narrata dall'evangelista Matteo (1, 18-25). Leggiamo insieme: Cos fu generato Ges Cristo: sua Madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trov incinta, per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poich era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pens di ripudiarla in segreto. Mentre per stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella dar alla luce un figlio e tu lo chiamerai Ges: egli infatti salver il suo popolo dai suoi peccati". Tutto questo avvenuto perch si compisse ci che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: "Ecco, la vergine concepir e dar alla luce un figlio: a lui sar dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi". Quando si dest dal

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luce un figlio: a lui sar dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi". Quando si dest dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con s la sua sposa; senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiam Ges. Per capire il comportamento iniziale di Giuseppe nei confronti di Maria, dobbiamo entrare, almeno sommar iamente, nel mondo delle usanze matrimoniali dell'antico Israele. Il matrimonio comprendeva due fasi ben definite. La prima - denominata qiddushin, cio consacrazione, perch la donna veniva consacrata al suo sposo - consisteva nel fidanzamento ufficiale tra il giovane e la ragazza che solitamente aveva dodici o tredici anni. La ratif ica di questo primo atto comportava una nuova situazione per la donna: pur continuando a vivere a casa sua all'incirca per un altro anno, essa era chiamata e considerata gi moglie del suo futuro marito e per questo ogni infedelt era ritenuta un adulterio. La seconda fase era chiamata (dal verbo nissu'in nasa', ossia sollevare, portare) in quanto ricordava il trasferimento processionale della sposa che veniva portata nella casa dello sposo, un avvenimento che fa da sfondo alla parabola di Ges che ha per protagoniste le ancelle di un festoso corteo nuziale notturno (si veda Matteo 25, 1-13). Questo atto

suggellava la seconda e definitiva tappa del matrimonio ebraico. Il racconto che abbiamo letto sopra si colloca, allora, nella prima fase, quella del fidanzamento-consacrazione: Prima che andassero a vivere insieme [col trasferimento alla casa di Giuseppe], Maria si trov incinta. Giuseppe di fronte a una scelta drammatica. Il libro biblico del Deuteronomio era chiaro e implacabile: Se la giovane non stata trovata in stato di verginit, allora la faranno uscire all'ingresso della casa del padre e la gente della sua citt la lapider a morte, perch ha commesso un'infamia in Israele, disonorandosi in casa del padre (22, 20-21). Nel giudaismo successivo, per, aveva preso strada un'altra norma pi moderata, quella che imponeva il ripudio. Come si spiegato, trattandosi gi di una vera e propria moglie, si doveva celebrare un divorzio ufficiale con tutte le conseguenze civili e penali per la donna. curioso ricordare che a Murabba'at, nei pressi del Mar Morto, venuto alla luce anni fa un atto di ripudio del 111 d.C., scritto in aramaico e riguardante due sposi che si chiamavano Maria e Giuseppe. Ma ritorniamo a Giuseppe e alla sua decisione. Egli deve ripudiare Maria a causa della legge che lo obbliga a questo; essendo uomo giusto, cio obbediente alla legge dei padri, egli si mette su questa strada amara, ma, essendo uomo giusto, che secondo il linguaggio biblico significa anche mite, misericordioso, buono, lo vuole fare nella for ma pi delicata e pi attenta per lo donna. Sceglie la via segreta, senza denunzia legale, senza processo e clamore, alla presenza dei soli due testimoni necessari per la validit dell'atto di divorzio, cio la consegna del cosiddetto libello di ripudio. Certo, la nostra sensibilit ci fa subite dire: che ne sarebbe stato di Maria? La risposta purtroppo chiara e inequivocabile: sarebbe stata un'emarginata totale, rifiutata da tutti, accolta forse solo dal clan paterno assieme al figlio illegittimo che avrebbe generato. nota a tutti, infatti, la triste situazione della donna nell'antico Vicine Oriente. Ma lasciamo da parte questa ipotesi irreale e ritorniamo a Giuseppe e al suo dramma interiore, per altro non lontano da quello vissuto da tante coppie di fidanzati. La sua oscura tensione , all'improvviso, squarciata da una luce: l'angelo nella Bibbia per eccellenza il segno di una rivelazione divina come il sogno (se ne contano cinque nel Vangelo dell'infanzia di Ges secondo Matteo) il simbolo della comunicazione di un mistero. Non temere di portare Maria a casa tua, completando cos anche la seconda fase del matrimonio (nissu'in), dice l'angelo a Giuseppe. Ed qui che scatta la grande rivelazione del mistero che si sta compiendo in Maria: Il bambino che gener ato in lei viene dallo Spirito Santo. E questa la sorpresa straordinaria che dovr sconvolgere la vita di Giuseppe, sorpresa molto pi forte di quella di avere la propria donna incinta di un altro uomo. Si apre, allora, per Giuseppe una vita nuova e una missione unica. Egli, che figlio di Davide ( l'unica volta nei Vangeli in cui questo titolo non viene applicato a Ges), dovr trasmettere la linea ereditaria davidica al figlio di Maria nella qualit di padre legale. Potremmo dire che, come Maria colei per mezzo della quale Ges nasce nel mondo come figlio di Dio, Giuseppe colui per mezzo del quale Ges nasce nella storia come figlio di Davide. La paternit legale o putativa in Oriente era molto pi normale di quanto possiamo immaginare. Esemplare il caso del levirato (dal latino levir, cognato) cos formulato nel Deuteronomio: Quando uno dei fratelli di un clan morir senza lasciare figli, la moglie del defunto verr presa in moglie dal cognato; il primogenito che essa metter al mondo, andr sotto il nome del fratello morto perch il nome di questi non si estingua in Israele (25, 5-6). In altre parole, il padre reale di questo figlio il cognato, ma il padre legale resta il defunto che attribuisce al neonato tutti i diritti ereditari. Come padre ufficiale di Ges, Giuseppe esercita il diritto di imporre il nome riconoscendolo giuridicamente. Nella Bibbia il nome il compendio simbolico di una persona, la sua carta d'identit: perci, anche se si hanno delle eccezioni ( Eva a chiamare Set il suo secondo figlio), il padre a dichiarare il nome del figlio e Giuseppe sa gi che per il figlio di Maria c' un nome preparato da Dio. Ges l'equivalente di Giosu, e a livello etimologia popolare e immediata significa Il Signore salva, come spiegato di dall'angelo: Egli infatti salver il suo popolo dai suoi peccati. Anche san Pietro in un suo discorso registrato dagli Atti degli Apostoli afferma: In nessun altro c' salvezza; non vi infatti, sotto il cielo,

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altro nome dato agli uomini, nel quale stabilito che noi siamo salvati (4,12). A un'analisi pi filologica Ges significa letteralmente Il Signore aiuta o Il Signore d la vittoria, un senso abbastanza vicino a quello tradizionale. Nella narrazione di Matteo c' un ultimo dato da decifrare. nella frase finale, quella della nascita di Ges, che letteralmente suona cos: Giuseppe prese con s la sua sposa e non la conobbe prima che gli partorisse il figlio. Sappiamo che nella Bibbia il verbo conoscere un eufemismo per alludere all'atto matrimoniale. Sulla frase per secoli si accesa un'aspra discussione teologica riguardante la verginit perpetua di Maria e la presenza nei Vangeli dei cosiddetti fratelli e sorelle di Ges. In realt il testo di Matteo nel suo tenore originale non affronta la questione, dal momento che in italiano, quando si dice che una cosa non succede fino a un certo tempo, si suppone di solito che abbia luogo dopo: Giuseppe non ha avuto rapporti con Maria fino alla nascita di Ges, ma in seguito avrebbe potuto averli. In greco, invece, e nelle lingue semitiche si vuole mettere l'accento solo su ci che avviene fino alla scadenza del finch: Giuseppe non ebbe rapporti con Maria, eppure nacque Ges. Il tema fondamentale , perci, quello della concezione verginale di Maria. Il Cristo non nasce n da seme umano n da volere della carne, ma solo per lo Spirito di Dio che opera in Maria vergine. Corretta allora la traduzione che ci propone la Bibbia ufficiale italiana da noi sopra adottata e che risuoner anche nella liturgia natalizia: Senza che Giuseppe la conoscesse, Maria partor un figlio. Parlavamo prima di due scene in cui Giuseppe protagonista. Alla seconda - che abbiamo gi avuto occasione di presentare in passato proprio su queste pagine - dedichiamo solo un cenno. La famiglia di Ges si iscrive subito nel lungo elenco che giunge fino ai nostri giorni e che comprende i profughi, i clandestini, i migranti. Ecco, infatti, quando il bambino Ges ha pochi mesi, Giuseppe in marcia con lui e con la sposa Maria attraverso il deserto di Giuda per riparare in Egitto, lontano dall'incubo del poter e sanguinario del re Erode. Anche in questo caso siamo proprio agli antipodi di quel Natale bianco assurdamente prospettato da certe attuali ignoranze religiose e da isterie xenofobe. Il Natale cristiano ha, in verit, per protagonisti una famiglia di fuggiaschi e migranti con la loro storia di sventure. Il cristianesimo - scriveva nei suoi quaderni il filosofo Wittgenstein - non una dottrina, non una teoria di ci che stato e sar nell'anima umana, ma la descrizione di un evento reale nella vita dell'uomo. Vorremmo, allora, far risuonare a suggello di questo Natale di Giuseppe le parole - forse un po' oratorie e magniloquenti ma dalla sostanza inequivocabile - di uno scrittore "scandaloso" come Curzio Malaparte che in un articolo del Natale 1954 ammoniva: Tra pochi giorni Natale e gi gli uomini si preparano alla suprema ipocrisia... Vorrei che il giorno di Natale il panettone diventasse carne dolente sotto il nostro coltello e il vino diventasse sangue e avessimo tutti per un istante l'orrore del mondo in bocca... Vorrei che la notte di Natale in tutte le chiese del mondo un povero prete si levasse gridando: Via da quella culla, ipocriti, bugiardi, andate a casa vostra a piangere sulle culle dei vostr i figli. Se il mondo soffre anche per colpa vostra, che non osate difendere la giustizia e la bont e avete paura di essere cristiani fino in fondo. Via da questa culla, ipocriti! Questo bambino, che nato per salvare il mondo, ha orrore di voi!.

L'integrazione degli islamici


di Giovanni Sartori in Corriere della Sera del 20 dicembre 2009 In tempi brevi la Camera dovr pronunciarsi sulla cittadinanza e quindi, anche, sullitalianizzazione di chi, bene o male, si accasato in casa nostra. Il problema viene

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sullitalianizzazione di chi, bene o male, si accasato in casa nostra. Il problema viene combattuto, di regola, a colpi di ingiurie, in chiave di razzismo. Io dir, pi pacatamente, che chi non gradisce lo straniero che sente estraneo uno xenofobo, mentre chi lo gradisce uno xenofilo . E che non c intrinsecamente niente di male in nessuna delle due reazioni. Chi pi avversa limmigrazione da sempre la Lega; ma a suo tempo, nel 2002, anche Fini firm, con Bossi, una legge molto restrittiva. Ora, invece, Fini si trasformato in un acceso sostenitore dellitalianizzazione rapida. Chiss perch. Fini un tattico e il suo dire asciutto: troppo asciutto per chi vorrebbe capire. Ma a parte questa giravolta, il fronte da tempo lo stesso. Berlusconi appoggia Bossi (per esserne appoggiato in contraccambio nelle cose che lo interessano). Invece il fronte accogliente costituito dalla Chiesa e dalla sinistra. La Chiesa deve essere, si sa, misericordiosa, mentre la xenofilia della sinistra soltanto un politicamente corretto che finora restato male approfondito e spiegato. Due premesse. Primo, che la questione non tra bianchi, neri e gialli, non sul colore della pelle, ma invece sulla integrabilit dellislamico. Secondo, che a fini pratici (il da fare ora e qui) non serve leggere il Corano ma imparare dall'esperienza. La domanda allora se la storia ci racconti di casi, dal 630 d.C. in poi, di integrazione degli islamici, o comunque di una loro riuscita incorporazione etico-politica (nei valori del sistema politico), in societ non islamiche. La risposta sconfortante: no. Il caso esemplare lIndia, dove le armate di Allah si affacciarono agli inizi del 1500, insediarono limpero dei Moghul, e per due secoli dominarono lintero Paese. Si avverta: gli indiani indigeni sono buddisti e quindi paciosi, pacifici; e la maggioranza ind, e cio politeista capace di accogliere nel suo pantheon di divinit persino un Maometto. Eppure quando gli inglesi abbandonarono lIndia dovettero inventare il Pakistan, per evitare che cinque secoli di coesistenza in cagnesco finissero in un mare di sangue. Conosco, sintende, anche altri casi e varianti: dalla Indonesia alla Turchia. Tutti casi che rivelano un ritorno a una maggiore islamizzazione, e non (come si sperava almeno per la Turchia) lavvento di una popolazione musulmana che accetta lo Stato laico. Veniamo allEuropa. Inghilterra e Francia si sono impegnate a fondo nel problema, eppure si ritrovano con una terza generazione di giovani islamici pi infervorati e incattiviti che mai. Il fatto sorprende perch cinesi, giapponesi, indiani, si accasano senza problemi nellOccidente pur mantenendo le loro rispettive identit culturali e religiose. Ma ecco la differenza lIslam non una religione domestica; invece un invasivo monoteismo teocratico che dopo un lungo ristagno si risvegliato e si sta vieppi infiammando. Illudersi di integrarlo italianizzandolo un rischio da giganteschi sprovveduti, un rischio da non rischiare.

Segev: ora Ratzinger apra gli archivi


intervista a Tom Segev a cura di Francesco Battistini in Corriere della Sera del 20 dicembre 2009 Fu vero beato? Se in questa storia di Papa Pacelli serve un grado di distanza storica che richiede tempi lunghi, come raccomanda David Rosen, il rabbino di Gerusalemme incaricato del dialogo con le altre religioni, perch non chiedere il commento a uno dei pi famosi storici israeliani? Non posso, non voglio avere un'opinione su una faccenda che comunque un affare assolutamente interno alla Chiesa cattolica. E poi la prego, oggi Shabbat..., si schermisce Tom Segev, 64 anni, esponente della corrente revisionistica che smitizz il sionismo, figlio di scampati all'Olocausto e autore dieci anni fa d'un discusso saggio sul rapporto fra Israele e la Shoah. Cala il tramonto del sabato di riposo ebraico, quando Segev d un'occhiata ai siti: E' solo la quinta notizia di Haaretz, e viene liquidata con un titolo sul Nazi-Pope. E' solo la sesta sul Jerusalem Post. Per ore, Yedioth Ahronot non ha scritto nulla. Capisco sia una cosa importante, in Italia. L'opinione generale su Pio XII, qui, direi che piuttosto scontata.... Definirlo eroe della Chiesa provocher nuovi problemi, nelle relazioni fra ebrei e cristiani? Il punto centrale rimane che Benedetto XVI dice questa cosa senza aprire i suoi archivi. E' un'affermazione rivolta al popolo dei fedeli, che per non accetta obbiezioni da chi non cattolico. Si parla sempre del 'silenzio' di Papa Pacelli, ma come storico mi turba ancora di pi il silenzio dei pontefici successivi, che non hanno dato accesso alle fonti per capire e valutare. C' un'intera

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comunit di studiosi internazionali che aspetta. Se non si aprono questi archivi, il rapporto rimane problematico. Papa Wojtyla, santo quasi subito, fu pi saggio in questo rapporto? Non vorrei dare un giudizio su questo. Ma anche sotto il suo papato non furono messi a disposizione molti documenti. Le com unit ebraiche sono gi in subbuglio. Rosen dice che la Chiesa non m ostra grande sensibilit , dopo tante polemiche. I rabbini italiani parlano di considerazioni dolorose. E in gennaio, Papa Ratzinger sar alla Sinagoga di Roma... Molta gente s'arrabbier, chiaro: tutta la gente che da anni lavora perch i rapporti fra ebrei e cristiani migliorino. Per il problema investe pi la base che i vertici. Il livello spirituale, pi che quello politico. Perch con lo Stato d'Israele, almeno ufficialmente, molte questioni sono state risolte o si risolveranno . Vuol dire che dalla riunione dom enicale del governo Netanyahu non uscir alcuna protesta formale? Non penso proprio. Pu esserci la dichiarazione di dispiacere di qualche ministro. O qualche parola forte dalla destra. Cose cos. Ma la beatificazione di Pio XII non un tema che riguardi i rapporti bilaterali. Le discussioni aperte sono sul Cenacolo, sullo status, sulle questioni fiscali. E peraltro le cose pi dure si sono gi sentite in maggio, quando Benedetto XVI venuto in visita a Gerusalemme. Al Museo dell'Olocausto, Ratzinger non entr nella sala della vergogna e non volle vedere la targa dedicata al silenzio di Pacelli. Tutti i suoi discorsi di quei giorni non piacquero. C'era una questione rovente, lui us frasi troppo fredde. Questo Papa Ratzinger davvero una personalit problematica. Ha fatto un sacco d'errori. Dichiara cose di cui, dopo, costretto a scusarsi. Dice e fa sempre la frase che pi dispiace all'interlocutore. Ha un eterno problema di comunicazione. E per il mondo ebraico, difficile instaurare un rapporto con quest'amministrazione vaticana.

Il Papa firma il decreto che render beato Pio XII


di Gian Guido Vecchi in Corriere della Sera del 20 dicembre 2009 Con sobriet ecclesiastica, i due nomi compaiono oltre la met di un lungo elenco, tra le virt eroiche di Giacomo Illirico da Bitteto e quelle di Luigi Brisson: c il Servo di Dio Giovanni Paolo II, e questo si sapeva, ma c anche il Servo di Dio Pio XII, al secolo Eugenio Pacelli, e questo il colpo di scena che Benedetto XVI ha riservato al mondo ieri mattina. I decreti riconoscono anche il martirio di Jerzy Popieluzsko, il prete polacco rapito ed ucciso da regime comunista nel 1984. Se per Giovanni Paolo II lattesa era unanime, nel caso di Pio XII le cose sono pi complicate: le polemiche sul silenzio di Papa Pacelli, dalle leggi razziali alla Shoah, hanno accompagnato lintera causa che Paolo VI, nel 1965, avvi assieme a quella di Papa Giovanni XXIII, beatificato nel 2000. Per Pio XII come per Wojtyla, divenuti venerabili, non ancora la beatificazione ma un passo in avanti decisivo: a questo punto manca solo lultimo passaggio, il riconoscimento ufficiale di un miracolo ottenuto per intercessione del futuro beato dopo la sua morte. Nel caso di Wojtyla gi stato scelto, la guarigione improvvisa e inspiegabile di suor Marie Simon-Pierre, religiosa francese, nel 2005: come lui, aveva il Parkinson. A Roma la proclamazione potrebbe avvenire intorno al 16 ottobre 2010, nellanniversario dellelezione (16 ottobre 1978) del Papa polacco. Tutto molto rapido: la congregazione per le cause dei santi aveva approvato il decreto sulle virt eroiche a novembre. Per Pio XII i tempi sono stati pi lunghi. Il decreto era stato approvato dalla congregazione, con voto quasi unanime ( segreto, ma si parla di un contrario su 27), nel maggio del 2007. A dicembre di quellanno, pi che le polemiche esterne, uno scontro interno (un membro della commissione contestava al postulatore di aver raccolto solo testimonianze a favore) convinse Benedetto XVI a rinviare la firma e disporre un supplemento di indagine, affidato al domenicano Ambrosius Eszer. C chi diceva che Benedetto XVI non volesse irritare il mondo ebraico. Ma la spiegazione, in effetti, pi interna e meno contorta: Paradossalmente, hanno avuto pi influenza gli atteggiamenti polemici dei difensori a oltranza di Pio XII che hanno suscitato contraccolpi altrettanto aspri, considera lo storico Giovanni Maria Vian, direttore dell Osservatore Romano . stato Vian ad avviare un dibattito sul quotidiano e a svilupparlo in un libro, In difesa di Pio XII (Marsilio) che aveva la sua chiave nel sottotitolo: Le ragioni della storia. Storici e teologi, ebrei e cattolici Paolo Mieli, Saul Israel, Andrea Riccardi, gli arcivescovi Fisichella e Ravasi a discutere di storia oltre la leggenda nera del Papa di Hitler. Un libro indicativo di un nuovo clima , dice Vian: Le stesse reazioni del mondo ebraico mi pare che rispondano allauspicio del Segretario di Stato Tarcisio Bertone: rispettare un atto religioso interno alla Chiesa. Sembra di cogliere una maggiore serenit, critiche che si possono non condividere ma vanno rispettate e anche posizioni

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maggiore serenit, critiche che si possono non condividere ma vanno rispettate e anche posizioni favorevoli . Ma il silenzio di Pio XII? Il silenzio c stato, indubbio. Ma non era il silenzio di chi ha paura o, peggio, complice o addirittura simpatizzante del nazismo: la scelta sofferta, religiosa pi che politica, di chi sente il dovere di salvare pi vite possibili. stato Pio XII a disporre che la Chiesa, i monasteri, nascondessero tanti ebrei. Pacelli, anticomunista, arriv a convincere i cattolici americani della necessit che gli Usa si alleassero con Stalin contro Hitler. Aveva disposto che la reggenza della Chiesa andasse allarcivescovo di Palermo, liberata dagli Alleati, nel caso i nazisti lavessero deportato. La sua figura consegnata alla storia, i documenti disponibili sono innumerevoli e altri ne arriveranno. Oltre la leggenda nera, e anche la leggenda rosa, altrettanto insidiosa: quella degli apologeti incondizionati.

Tullia Zevi: "Era meglio il silenzio fino allapertura di tutti gli archivi"
intervista a Tullia Zevi a cura di Orazio La Rocca in la Repubblica del 20 dicembre 2009 Di fronte ad una figura complessa come Pio XII sarebbe meglio osservare un doveroso silenzio, in attesa di saperne di pi e con pi mirata certezza quando saranno completamente aperti gli archivi del suo tor mentato pontificato. Ma non credo che la decisione assunta da Benedetto XVI su papa Pacelli possa compromettere i rapporti tra ebrei e cristiani, e, tantomeno, mettere in pericolo la visita che papa Ratzinger far alla Sinagoga di Roma il 17 gennaio prossimo. Cerca di gettare acqua sul fuoco delle polemiche, la professoressa Tullia Zevi, presidente emerito dellUnione delle Comunit Ebraiche Italiane, la prima donna ad essere stata eletta alla pi alta carica ebraica del nostro Paese. Prima di fare commenti bene meditare a lungo, ma altrettanto opportuno - avverte - non avere mai paura di sollevare tutti i veli che finora hanno coperto la storia di Pio XII e di esprimere, alla fine, giudizi obiettivi e pacati. Signora Tullia Zevi, perch Pio XII, a 51 anni dalla morte, suscita ancora tanta diffidenza in una parte del mondo ebraico? Non c dubbio che, stando a quanto stato scritto e a tutto quello che stato tramandato nei libri di storia e anche oralmente, papa Pacelli un personaggio complesso e controverso, soprattutto per tutto quanto c stato tra lui e il regime fascista nellambito del quale guid la Chiesa cattolica come sommo pontefice. Cinquantuno anni dalla morte possono essere tanti, ma anche pochi proprio in relazione agli anni apocalittici del suo pontificato. Eppure, papa Ratzinger non sembra avere dubbi... Non sta a me e, tantomeno, a tutto il mondo ebraico sindacare sulle decisioni di un Papa. In questo caso, per, forse bene non avere fretta. Per un giudizio complessivo su Pio XII manca ancora tutta la parte relativa alla documentazione del suo pontificato che dovr essere messa a disposizione degli studiosi. Aspettiamo di leggere quelle carte, non da escludere che potrebbero emergere nuovi aspetti e far evidenziare altri episodi inediti che potrebbero portare altra luce e diradare le nubi che ancora gravano su Pacelli. Perch non farlo?. Ma qual laspetto pi controverso di Pacelli? I suoi presunti silenzi sullOlocausto? I suoi rapporti con i f ascisti?... Sono gli storici che devono rispondere a questi quesiti e diradare, sulla base di documentazioni attendibili, i dubbi che ancora circondano Pio XII. , comunque, un fatto storicamente provato che tante sue scelte furono dettate dalla sulla apocalittica paura verso il comunismo, senza tener conto che, anche in quegli anni, non cera solo il comunismo sovietico, ma tante altre forze progressiste, socialiste e socialdemocratiche. Non va comunque sottovalutato il fatto che avere a che fare con regimi fascisti e nazisti non era cosa semplice ed indolore. Si aspettava da Ratzinger una accelerazione tanto inaspettata sulla beatificazione di Pio XII? Ripeto, non giudico le scelte dei pontefici. Storicamente, quasi mai un Papa ha criticato o contraddetto un suo predecessore. Pio XII va comunque studiato a fondo, va capito, sviscerato, perch non va mai dimenticato che stato un pontefice che vissuto in tempi drammatici e difficili. Teme che ora i rapporti tra Comunit ebraica e Vaticano torneranno ad essere critici? Il 17 gennaio prossimo Benedetto XVI visiter la Sinagoga di Roma. Non credo che ci saranno conseguenze sui rapporti tra cristiani ed ebrei. Ormai non si torna indietro, il dialogo andr sempre avanti, anche di fronte ad incomprensioni momentanee e persino a critiche reciproche, come pu legittimamente succedere con Pio XII. Indietro per non si torna. Per

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fortuna.

Le tre ipotesi di una santificazione


di Giancarlo Zizola in la Repubblica del 20 dicembre 2009 Immerse in unondata di santit discreta, le aureole decretate su due papi che hanno segnato la Chiesa del 900 rimandano un segnale del papato sul carattere della perfezione cristiana. Accessibile

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Chiesa del 900 rimandano un segnale del papato sul carattere della perfezione cristiana. Accessibile a ogni genere di soggetti, nei conventi come nella comune vita profana. E per quanto possa sembrare pi difficile, anche in Vaticano. Il messaggio che lesercizio delle virt eroiche non pu essere escluso da unanalisi obiettiva della realt umana. Che ne sa il mondo, si chiedeva Papa Giovanni XXIII, della forza misteriosa che si agita nella profondit di tante anime, che sembrano irrequiete quaggi, mentre seguono invece la luce di un ideale che perennemente le attira? Lattenzione si focalizza sulle figure di Pio XII e di Giovanni Paolo II. Qui la preoccupazione di non confondere il piano dellascesi verso la perfezione individuale e quello delle opzioni concrete nel governo ecclesiale assume alti livelli di criticit. Nella politica della Congregazione vaticana per le Cause dei Santi questa riserva "spiritualistica" del privato di un pontefice, dissociato dalle sue responsabilit nel modo di interpretare il suo esclusivo potere primaziale e di portarsi al livello della "grazia di stato" ha prodotto un altro compromesso discutibile il 3 settembre 2000, con la elevazione agli altari, in un medesimo atto, di Pio IX e di Giovanni XXIII. Con lo stesso criterio fu elevato agli altari nel 1950 Pio X, le cui predisposizioni verso lesercizio eroico della carit erano contraddette dalle prove dei suoi atteggiamenti persecutori verso cardinali, vescovi e preti accusati ingiustamente di "modernismo". Laccorpamento sugli altari di Pacelli e di Wojtyla non manca di rischi anche maggiori. Il processolampo sul papa polacco, che aveva condotto la Chiesa al mea culpa per le correit con l antisemitismo, potrebbe facilmente prestarsi a sublimare la controversia sui "silenzi" diplomatici che hanno pesato sul ritardo della causa di Pio XII, prima ancora che luce completa sia fatta sui documenti dellArchivio Vaticano. possibile dunque ipotizzare tre spiegazioni: o le conclusioni della Commissione speciale istituita da Benedetto XVI sono prossime alla pubblicazione e considerate non in contraddizione con lesito favorevole dellaccertamento sulle virt eroiche di Pacelli; oppure la decisione stata adottata prescindendo da quel fianco storico-politico del comportamento del papa, se non per i risvolti documentati e universalmente riconosciuti della sua carit e dei suoi soccorsi ai perseguitati, in prima linea agli Ebrei. Ma una terza ipotesi potrebbe essere che il papa tedesco si sia risolto ad associarsi alla corrente storiografica anche cattolica per la quale il silenzio di Pio XII sulla questione ebraica risulta "un innegabile dato di fatto", anzi "una decisione assunta liberamente e motivatamente", al limite una croce della sua vita, portata da solo. Scelta di cui non ci sarebbe che da prendere atto. Infine, una considerazione: se convenga alla riforma del papato e alla causa ecumenica questa esaltazione canonica della carica, che Urs von Balthasar auspicava ricondotta alla sua umiliazione, nel segno della crocifissione di Pietro, con la testa allingi. Ma forse anche per tutti questi papi glorificati in terra vale il dubbio di Borges, secondo cui i Beati ritengono che i vantaggi del Cielo siano stati esagerati dai teologi che non ci sono mai stati. E che forse allinferno, se esiste, i reprobi non sono sempre infelici

Una chiesa come grembo materno e accogliente


di Christian Albini Avendo partecipato allincontro del 16 maggio 2009, offro un mio contributo, strutturato in due parti, alla preparazione di Firenze 2010.

1. Liniziativa Lincontro di Firenze 2009 ha rappresentato per molti cattolici la risposta a unesigenza che fino ad allora non aveva trovato riscontri adeguati. Come proseguire? Mi sembra di capire, leggendo la convocazione della nuova iniziativa e lintervento di Paolo Giannoni in risposta ai promotori della Lettera alla Chiesa fiorentina, che si voglia intraprendere il passaggio dalla protesta (in cui si finisce col restare asfissiati e limitati) alla proposta. Condivido. Ci non vuol dire non vedere i motivi di disagio, ma iniziare a costruire un domani che li superi. Listanza che anima la proposta di Firenze 2010, cito sempre Giannoni, riguarda la necessit di una concentrazione spirituale e di una documentazione seria e di una riflessione attenta per dare

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sostanza alla presenza nella chiesa. In altre parole, per come capisco, non ci si pu limitare alla denuncia che rimane inascoltata e si disperde, se si vuole un cambiamento nella chiesa. C bisogno di pregare, di pensare, di formarsi, di prepararsi per matur are parole e gesti che siano portatori di spessore evangelico, di intelligenza, di autorevolezza, di credibilit. Scavare per costruire la casa ponendo le fondamenta sulla roccia, invece che costruirla sulla terra, senza fondamenta. Concordo, ma credo che ci sia bisogno anche di altro. a) Se la prospettiva quella di preparare il futuro, necessario un coinvolgimento delle generazioni pi giovani. Altrimenti, il rischio che questo lavoro rimanga circoscritto in gruppi ristretti che non riescono a trasmettere il testimone e a comunicare con la chiesa e la societ italiana. Su questo, per non dilungarmi, rimanderei a una mia lettera apparsa su Il Regno Attualit 18/2009. stato fatto lesempio di don Mazzolari, esempio di ununit tra parola e gesti maturata nel silenzio orante, nellordinariet del quotidiano, di una realt parrocchiale piccola e marginale, ma che ha avuto uneco straordinaria e contagiosa. Mazzolari, per, nella sua docilit allo Spirito stato anche un grande, efficace, instancabile comunicatore. La mia preoccupazione, pertanto, che nel portare avanti levento-Firenze lattenzione comunicativa riceva la giusta considerazione. Trovo positivo laver aperto spazi di confronto sul sito, ma ci che mi chiedo : come raggiungere cerchie pi ampie, a cominciare da coloro che non si sentono in sintonia con le attuali scelte della gerarchia. Si torna oggi a parlare dello scisma sommerso, a dieci anni dal libro di Prini: come raggiungere quella componente del mondo dei credenti, o dei credenti in ricerca? Per quanto il passa parola possa fare, possibile uno sforzo pi intenso in questa direzione? P.es. mandare un comunicato stampa, con la richiesta di divulgarlo, ai settimanali diocesani, siti di informazione, riviste, gruppi, associazioni, monasteri b) Un secondo aspetto che vorrei toccare la finalit di questo momento di riflessione. laccrescimento di chi partecipa, o c anche lintenzione di divulgare i contenuti pi rilevanti? Se lintento contribuire al futuro della chiesa, propendo per la seconda eventualit. Si tratta solo di prepararsi in attesa che cambino i tempi, seppellendo il talento che si ricevuto, o di mettere in

circolo stimoli per agevolare il cambiamento nella logica del lievito e del sale? La domanda volutamente retorica e provocatoria. Per farla breve, non penso a forme di rivendicazione che gi in passato hanno mostrato di lasciare un po il tempo che trovano e di offrire solo pretesti per ulteriori reazioni di esclusione e marginalizzazione da parte degli intransigenti posizionati dentro listituzione ecclesiale i quali oggi come oggi hanno buon gioco. Penso piuttosto a fare seguire Firenze 2010 da un momento in cui si ragioni maggiormente su come portare i contenuti nelle diocesi, nelle associazioni, sui mezzi di comunicazione. Magari non lo stesso momento per tutti, magari su base regionale o per aree (Nordest, Nord-ovest, Centro, ecc.).

2. I contenuti Il tema del Vangelo e della Legge cruciale, perch tocca il rapporto tra fede ed etica situandosi cuore delle relazioni tra Chiesa, societ e politica. un tema enorme, per cui mi limito ad alcune osservazioni, augurandomi che possano in qualche modo essere utili. a) La questione della legge naturale. indispensabile il riferimento alla legge naturale? Quale legge naturale? La legge naturale larchitrave degli interventi magisteriali in materia di etica che animano il dibattito politico. La fede cristiana, infatti, purifica la ragione e l'aiuta ad essere meglio se stessa: con la sua dottrina sociale pertanto, argomentata a partire da ci che conforme alla natura di ogni essere umano, la Chiesa contribuisce a far s che ci che giusto possa essere efficacemente riconosciuto e poi anche realizzato (Benedetto XVI, Verona, 19 ottobre 2006). Il definire la legge naturale come accessibile da parte della sola ragione, e perci valida allo stesso modo per credenti e no, largomento che giustifica le prese di posizione gerarchiche. Il punto critico lidentificazione della verit con il magistero cattolico, ponendo questultimo al di sopra del mondo e della storia come autorit di fatto indiscutibile, legittimata a impartire le sue direttive e a emanare giudizi. Avviene cos nellintroduzione della Caritas in veritate (testo peraltro ricco di prospettive interessanti). Per non passare in rassegna una quantit eccessiva di documenti, mi soffermo solo sullultimo testo della Commissione Teologica Internazionale, Alla ricerca di unetica universale: nuovo sguardo sulla legge naturale . Il testo contiene s delle aperture significative, frutto evidentemente della pluralit di contributi che ha recepito. Si riconosce che la legge naturale non pu essere

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pluralit di contributi che ha recepito. Si riconosce che la legge naturale non pu essere sottomissione alle leggi fisiche della natura, che non pu essere un dato esterno alla coscienza personale indipendente dal lavoro della ragione e della soggettivit e che spesso con il ricorso alla legge naturale la teologia cristiana ha giustificato posizioni antropologiche condizionate in realt dal contesto storico e culturale (n. 10). Vengono evidenziati i limiti del modello razionalista moderno della legge naturale (n. 33). Si dichiara la storicit della legge naturale per quel che riguarda la sua applicazione alle situazioni contingenti (nn. 53-54). Si afferma che solo alla luce di Ges Cristo la legge naturale pienamente comprensibile. Insomma, il documento sembra accoglie tutta una serie di istanze emerse dal dibattito teologico degli ultimi decenni. Per, c unaffermazione che a mio parere stride con le precedenti e rischia di vanificarle. quando nel n. 34 si dice che la legge naturale di diritto accessibile alla ragione umana, comune ai credenti e ai non credenti, e la Chiesa non ne ha lesclusiva, ma, poich la Rivelazione assume le esigenze della legge naturale, il magistero della Chiesa ne costituito il garante e linterprete. E lo si dice facendo riferimento all Humanae vitae di Paolo VI. In questo modo ritengo che si vada in

direzione opposta rispetto alla conversione della Chiesa che secondo Theobald stata avviata dal Vaticano II innescando un gigantesco processo di apprendimento che conduce la Chiesa a entrare in contatto con altri credenti, con atei e con forze economiche, sociali e politiche della societ, sino a prendere progressivamente coscienza della loro alterit e del profitto spirituale che essa pu trarre dal dialogo con loro (Il cristianesimo come stile, p. 136). b) Il contributo dellEtica di Bonhoeffer. Il riferimento all Eticadi Bonhoeffer mi sembra offrire stimoli promettenti a motivo della prossimit nel vedere i problemi unitamente alla diversit delle direzioni indicate. Come quando, nel considerare i crimini nazisti contro la vita, egli dichiarava la necessit per il pensiero protestante di recuperare il concetto di naturale, presente nelletica cattolica, ma alla luce del Vangelo. Il baricentro, coerentemente con tutta la sua teologia, allora la persona di Cristo, piuttosto che una metafisica: Il naturale ci che, dopo la caduta, orientato alla venuta di Ges Cristo. Linnaturale ci che, dopo la caduta, si chiude alla venuta di Ges Cristo. Bonhoeffer non ha definito lessenza delluomo per poi dedurre da essa una legge morale. Infatti, egli sostiene che lagire adeguato a Cristo non scaturisce da un qualche principio etico, ma dalla stessa persona di Ges Cristo. Letica conformazione a Cristo e poich la forma di Cristo, secondo la logica dellincarnazione, per quanto sia e rimanga una e identica, vuole tuttavia prendere forma in uomini reali e cio in maniere molto diverse. In questo modo siamo distolti da unetica astratta, astorica, e orientati a unetica concreta: Non ci che sarebbe buono una volta per tutte pu e deve [essere] detto, ma come Cristo prenda forma tra noi oggi e qui . Lappello alla decisione personale e responsabile, pur nel contesto della comunit cristiana, che nasce nella situazione concreta. Al contrario, il procedimento deduttivo tende a produrre unantropologia fissista, statica, e un edificio etico monolitico in cui la storia non apre nuove finestre. In Bonhoeffer non c nessun cedimento al relativismo e al nichilismo, ma anzi una chiara denuncia. Egli legge il trionfo della tecnica come approdo della negazione occidentale di Dio: Con la perdita della sua unit creata dalla figura di Ges Cristo lOccidente si trova di fronte al nulla. () Di fronte allabisso del nulla scompare la questione delleredit storica, ricevere la quale significa nel medesimo tempo elaborarla nel presente e trasmetterla nel futuro. Non esiste n futuro n passato. Esiste solo pi listante salvato dal nulla e la volont di afferrare quello seguente. Sono toni quasi ratzingeriani. La differenza sta, a mio avviso, nella considerazione della storia. Siccome per Bonhoeffer essa il luogo dellincarnazione di Cristo, il cristiano con la sua fede e la Chiesa appartengono alla storia, nella storia che cercano di conformarsi a Cristo. La storia richiede la fatica del discernimento. c) Un approccio spirituale: Giovanni Vannucci Riterrei opportuno affrontare il tema anche sotto laspetto spirituale, in modo che emerga pi espressamente lincidenza che esso ha nellesistenza cristiana. Faccio riferimento al recente inedito Cristo e la libert di Giovanni Vannucci (Romena, 2009) che trovo pertinente. Riporto alcuni passaggi significativi. Per me Cristo lazione creativa di Dio in via di realizzazione. Io, personalmente, sono un Cristo in divenire, un cristiano in divenire, una speranza di uomo non ancora realizzato; perch anchio, dopo Cristo, sono luomo che deve camminare sulle acque dellinconscio e sviluppare al massimo le sue capacit, lucide, consapevoli, in modo da partecipare, in maniera piena, viva, reale, luminosa, saggia al mistero dellesistenza. Luomo, secondo me, non ha ancora raggiunto il termine della sua

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creazione. Spesso, quando esamino la mia vita, dico: sono un embrione di uomo, un germe in via di raggiungere la maturazione (p. 45). Ogni giorno dobbiamo amar e di pi, essere pi liberi, capire di pi, trasfigurare il nostro egoismo in altruismo, liberarci dalle nostre non libert, dalle nostre idee limitate e meschine per assurgere a una nuova creatura attraverso la fatica costante, per decenni e cinquantenni. Questo difficile. Allora preferiamo avere di Cristo unimmagine cristallizzata e andare ad adorarlo, a cantare inni, a fare processioni; ma Cristo vuole la nostra trasfigurazione: la mia carne deve diventare luce, la mia mente deve diventare vasta come la mente di Dio, il mio cuore deve dilatarsi nelluniversalit dellamore di Dio. Essere cristiani questo: essere di Cristo nelle cose ordinarie, essere veri uomini, donne, padri, madri, figli, professori, operai (p. 47). Pi che un idolo, Ges Cristo una qualit che deve scendere nella nostra coscienza. Siamo credenti, non perch recitiamo il Credo, il simbolo niceno, il simbolo apostolico o perch aderiamo a tutti i dogmi annunciati dalla nostra santa madre Chiesa, ma perch ci trasformiamo nella coscienza di Cristo (p. 49). Leggiamo nel vangelo di Matteo: Tu sei Pietro e su questa pietra fonder la mia chiesa (Mt 16,18). Cosa significa pietra? Cristo non dice Pietro (Pietro la tradizione greca), ma lo chiama Kefa, che indica le mani congiunte: in ebraico kaf la coppa, linterno di una coppa, lutero materno che accoglie il germe e lo porta a maturazione; una volta giunto a maturazione lo consegna alla vita distaccandosi da lui. Allora non un elemento duro, come dura la pietra. Nel linguaggio del tempo di Cristo e in tutto il linguaggio antico, sapete cosa significava la pietra? Era il simbolo della dea madre, della grande madre, della femminilit di tutto luniverso, dellaspetto misericordioso del mistero divino. Quindi la pietra il mistero della madre che gesta e partorisce. Vedete, la concezione tutta differente: Pietro non il sasso che ci viene battuto in testa, la coppa che ci accoglie affinch possiamo germinare con le nostre forze e poi muoverci nella vita (pp. 5556). Se capisco bene, qui si presenta la Chiesa non come istituzione religiosa legalistica, ma come grembo materno che ci accoglie per far germinare in noi la coscienza di Cristo, per la nostra trasfigurazione. Non significa questo, in definitiva, affermare che il Vangelo ci libera e non la Legge? Christian Albini

Cambiare a partire da noi. una risposta cristiana alla crisi


del Consiglio Pastorale Diocesano di Crem a in Il Nuovo Torrazzo del 17 dicembre 2009

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in Il Nuovo Torrazzo del 17 dicembre 2009 Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro propriet e sostanze e le dividevano con tutti secondo il bisogno di ciascuno. (Atti 2,44-45) necessario un effettivo cambiamento di mentalit che ci induca ad adottare nuovi stili di vita , nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti. (Benedetto XVI, Caritas in veritate, 51) La crisi economica sta facendosi sentire anche nel nostro territorio: aumentano le famiglie che vedono ridursi pericolosamente il proprio reddito e cresce la tentazione di trovare capri espiatori (soprattutto gli stranieri) cui attribuire la colpa dellinsicurezza che ne deriva. Questo chiama in causa le istituzioni, i partiti, le parti sociali e la societ civile, poich, come ricordava don Lorenzo Milani, sortirne insieme la politica, sortirne da soli avarizia. Ma interpella anche ciascun credente e tutta la comunit ecclesiale, chiamata a riflettere sulleconomia e sulla finanza, su come letica sia o possa essere alla base di questo mondo e la dottrina sociale della Chiesa abbia valori da proporre in questo contesto. Il card. Tettamanzi ha avanzato lidea che ne possa nascere una nuova primavera sociale. Il 6 dicembre il Consiglio Pastorale Diocesano tornato a confrontarsi su questi temi a partire da un bilancio del Fondo famiglie solidali istituito in diocesi, che ha finora raccolto 187.527,70 euro ed erogato 48.737,37 euro a 47 famiglie. Alla generosa risposta iniziale, con la decima offerta dai preti e i contributi di alcune istituzioni e delle parrocchie, non ha fatto seguito un impegno diffuso nelle nostre comunit per mantenere desta lattenzione sul Fondo e far entrare stabilmente i poveri nei bilanci familiari in una prospettiva di condivisione. Ma nel posto che i poveri hanno nella nostra vita in gioco il nostro essere cristiani. tempo di cambiare, se non si vuole che questa crisi serva solo a rendere la nostra societ pi ingiusta e meno vivibile. Cambiare implica prendere coscienza delle cause della crisi e delle politiche economiche necessarie per superarla in modo solidale e attento al bene comune. Cambiare implica modificare i propri stili di vita per compiere alla luce del Vangelo le scelte quotidiane dei consumi, dei risparmi e degli investimenti nella direzione della fraternit cristiana descritta dagli Atti degli apostoli. lo sforzo di passare dalla logica del mio a quella del nostro, di fare giustizia restituendo ai pi poveri quel superfluo che frutto delle disparit economiche e sociali. Il tema degli stili di vita riguarda leducazione e un vero e proprio cambio di mentalit per comprendere come i nostri comportamenti possono avere effetti rilevanti sui pi deboli e sullambiente. Diverse diocesi hanno gi creato appositi uffici per stimolare e valorizzare scelte del genere. Perci il Consiglio pastorale diocesano invita: - le famiglie, soprattutto quelle benestanti, ad aderire alliniziativa della decima mensile, destinando una quota stabile del proprio reddito a chi vive situazioni di disagio; - le parrocchie a cominciare dai Consigli pastorali, con apposite riunioni - i gruppi, le associazioni e i movimenti a riflettere su questi temi per avviare iniziative e scelte comuni; - le Commissioni pastorali diocesane Caritas, famiglia, sociale e del lavoro ad avviare un lavoro comune che aiuti la comunit ecclesiale cremasca a maturare lassunzione di stili di

vita sobri, solidali e sostenibili, a partire dal convegno che lUfficio Missionario e la commissione Migrantes stanno organizzando per il prossimo mese di gennaio. Consiglio pastorale diocesano di Crema

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La fraternit per chi nasce nelle catapecchie


di Erri De Luca in Avvenire del 21 dicembr I nomi spiegano qualcosa. Lei, Miriam/Maria, si chiama come la sorella di Mos, prima Miriam della scrittura sacra. Dopo il guado asciutto del Mar Rosso, aperto in due davanti alle schiere di Israele uscite dalla servit di Egitto, Miriam inventa un canto di libert e di festa. Sta davanti al deserto spalancato, a nome delle donne rompe il silenzio compresso, spaventato del popolo di fronte alla vastit rischiosa della libert. Coincide con il deserto, con la divinit. C da affidarsi pienamente al viaggio comandato. Miriam canta e festeggia, facendosi avanguardia di coraggio e fiducia. Invita a inoltrarsi nel migliore azzardo della figura umana, la fede, che un sandalo in cammino nel deserto. Come lei, anche Miriam/Maria, ragazza madre di un concepimento sacro, guarda dritto in faccia il deserto spuntato innanzi a lei. Incinta prima delle nozze e non del suo sposo promesso, unadultera in flagranza di reato, per la legge. La giustizia di allora e anche di molto mondo oggi, prevede la condanna a morte. La salva il fidanzato che conferma le nozze e non labbandona ai sassi della legge. Per intorno a lei si estende fitto e ostile il deserto della comunit, che la ritiene impura per la loro legge. Miriam/Maria regger il peso di quellisolamento, poi del viaggio dinverno, in piena gravidanza, infine il parto nella solitudine di una baracca di periferia. La sua obbedienza un canto. Giuseppe/Iosef ha nome che viene dal verbo ebraico aggiungere, al participio presente, colui che aggiunge. La sua fede seconda: lui crede a lei, alla notizia inaudita. Le crede per amore. Nessun Vangelo narra che sia vecchio. Allora invece giovane, bello e molto innamorato. Crede perch se non le crede, lei perduta. Perci aggiunge le sue nozze di secondo sposo, per lui la sua Miriam ancora betula ,ragazza intatta. E aggiunge ancora il riconoscimento di paternit di quello strano figlio spuntato in mezzo a loro. Lo iscrive nellanagrafe a suo nome, sar nellalbero genealogico di Davide, quello del messia, perch Iosef/Giuseppe discende da quel re. Infine Ges/Ieshu, viene dal verbo ebraico iesha,salvare. Il suo nome vuol dire salvato. Non salvatore, non redentore ancora, allinizio un salvato. Prima da suo padre Iosef che sposa sua madre, poi dallavviso notturno e dalla successiva fuga in occidente, in Egitto, sottraendosi alla macelleria di Erode. Lo ster minio alla cieca dei piccoli coetanei fa di lui un salvato a spese di altre vite. Salvato, accaparrato dalla provvidenza che pu poche eccezioni. Come Mos, lui solo scampato nella sua generazione, cos Ieshu/Ges accantonato, messo per caparra di altro destino e mondo. Il suo anniversario contiene il ritorno a nascere in una catapecchia di periferia. Da noi una malintesa

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Il suo anniversario contiene il ritorno a nascere in una catapecchia di periferia. Da noi una malintesa legalit, anche peggio applicata, sgombera in citt capanne e rifugi di fortuna, gettando in strada famiglie di accampati, Miriam con figli in braccio. Cos viene insultato il compleanno di chi nacque spaesato e forestiero. Perci da noi ogni gesto opposto, di fraternit, di aiuto, di sorriso, celebra e onora la sua ricorrenza.

Ora a rischio la visita di Ratzinger in sinagoga


di Giacomo Galeazzi in La Stampa del 21 dicembre 2009 Il via libera di Benedetto XVI alla beatificazione di Pacelli preoccupa e addolora il mondo ebraico. Secondo quanto si apprende, sarebbe a rischio persino la visita del 17 gennaio di Joseph Ratzinger alla sinagoga di Roma. Fra tre settimane, infatti, il Papa atteso al Tempio maggiore per il solenne faccia a faccia con il rabbino capo Riccardo Di Segni e al ghetto per lincontro con i reduci dai campi di concentramento. Ci aspettiamo un chiarimento da parte del Vaticano nei prossimi giorni, altrimenti andr rivisto tutto quanto era stato concordato per la visita - spiegano alla comunit ebraica -. Laccordo era di lasciare fuori le questioni di papa Pacelli e della preghiera del Venerd Santo per la conversione degli ebrei, ma linattesa accelerazione alla beatificazione cambia le carte in tavola. Il mutato scenario mette a rischio la stessa visita, mentre si moltiplicano le proteste da molteplici settori dellebraismo per un invito che in queste condizioni diventa un boomerang nel dialogo interreligioso. A ci si somma il timore che Benedetto XVI ci metta in imbarazzo in sinagoga rivendicando i meriti di Pacelli nellaiuto ai perseguitati. Intanto il governo israeliano, attraverso il portavoce del ministero degli Esteri Ygal Palmor, riconosce che si tratta di un affare interno della Chiesa cattolica, perci non intende interferire, per reclama che gli storici possano determinare e valutare il significato della sua azione nel contesto dei tempi. Quindi, ritiene di vitale importanza per il Vaticano consentire laccesso agli archivi. Il Museo dellOlocausto rincara la dose. I suoi storici assicurano che il Vaticano fu informato di uccisioni sistematiche di ebrei verso la fine del 1941 e che nel marzo 1942 Pio XII non ag in alcun modo per impedire la deportazione ad Auschwitz degli ebrei della Slovacchia: Pacelli denunci in maniera laconica gli orrori della guerra in corso, ma non condann mai la Germania nazista. Dunque deplorevole secondo lo Yad Vashem che Benedetto XVI abbia deciso di avanzare nel processo di beatificazione prima che tutti i rilevanti documenti relativi a quellepoca storica siano stati resi pubblici dal Vaticano. Inoltre, avevamo capito che prima di fare altri passi la Chiesa avrebbe atteso lapertura di rilevanti archivi vaticani, permettendo cos agli studiosi di chiarire questo controverso periodo nella storia della Chiesa e la posizione di Pio XII durante lOlocausto. Il gran rabbino di Francia, Gilles Bernheim, chiede alla Chiesa di rinunciare alla beatificazione di Pacelli: E un progetto agli antipodi del dialogo giudaico-cristiano, oltrech del messaggio e dei valori cattolici. Il silenzio sulla Shoah non lo rende un esempio di moralit per lumanit.LOsservatore Romano difende la scelta di Ratzinger: Pio XII stato un grande Papa e un testimone di Cristo nel mondo. Se lungo spesso il cammino di purificazione di chi sceglie di imitare Cristo, altrettanto complesso e rigoroso litinerario che porta allaccertamento della santit. Il ministro dei Santi, Amato garantisce che le cause di Pacelli e Wojtyla procederanno separate. Inoltre la firma papale al decreto su Pio XII non una sorpresa: il congresso dei cardinali e vescovi aveva gi votato, da tempo, unanimemente a favore delleroicit delle sue virt. E linchiesta negli archivi della Segreteria di Stato si era positivamente conclusa. Ieri il Papa allAngelus ha richiamato lattenzione sul Medio Oriente. Citt-simbolo della pace, in Terra Santa e nel mondo intero, ancora oggi Betlemme purtroppo non rappresenta una pace raggiunta e stabile, bens ricercata e attesa. Dio non si rassegna mai a questo stato di cose.

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Sono polemiche emotive ma penso che alla fine prevarr il buon senso
intervista a Walter Kasper a cura di Giacomo Galeazzi in La Stampa del 21 dicembre 2009 Sarebbe unassurdit se saltasse la visita di Benedetto XVI alla sinagoga di Roma. Prevedevo reazioni negative, ma prevarr il buon senso. Il cardinale Walter Kasper, presidente della Pontificia commissione per i rapporti con lebraismo, difende il s di Ratzinger . Non era meglio aprire prima gli archivi? La beatificazione distinta dalla ricerca storica e solo il Papa pu decidere su questo. Poteva andare avanti, rallentare, rinviare. Ha scelto di chiudere la partita perch tutti gli elementi vanno a favore di Pio XII che ha fatto il possibile per salvare gli ebrei durante lOlocausto. Durante le persecuzioni naziste, la condanna dellOsservatore Romano era quotidiana. Un pubblico attacco di Pio XII al Terzo Reich avrebbe danneggiato gli ebrei, come gli appelli dei vescovi olandesi. Le ricerche storiche serie stanno isolando chi vuole alimentare contrapposizioni. Pacelli spalanc conventi e canoniche ai perseguitati. Perch gli ebrei protestano? Sono polemiche emotive, ma da tempo trovo minori opposizioni a Pacelli beato. In unEuropa asservita ai totalitarismi, guid la Chiesa con prudenza ed equilibrio riconosciuti da tutti. Golda Meir lod Pio XII, definito durante la Shoah dal New York Times lunica voce a favore degli ebri. Benedetto XVI ha valutato ogni aspetto e alla fine ha preso una buona decisione con il coraggio di ripristinare la verit dei fatti e di liberare il campo dalle mezzo secolo di falsit. Teme porte sbarrate al ghetto? No, saranno apprezzate onest, scrupolo, limpidezza. La visita in sinagoga si far e produrr frutti di mutua conoscenza, come quella di Wojtyla nel 1986. Incontrasi e guardarsi in faccia servir a fugare le incomprensioni. La beatificazione ha seguito le regole ed una questione interna alla Chiesa. Prima del viaggio di Benedetto XVI in Terra Santa si temevano contraccolpi che non ci sono stati. Anche stavolta sar un successo. Il dialogo non unopzione, ma un obbligo interiore

"Pio XII, a rischio la visita del Papa in Sinagoga"


di Orazio La Rocca in la Repubblica del 21 dicembre 2009 Nubi sulla visita di Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma in programma per il 17 gennaio

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Nubi sulla visita di Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma in programma per il 17 gennaio prossimo. Laccelerazione al processo di beatificazione di Pio XII impressa da Ratzinger potrebbe mettere a rischio latteso incontro tra il Papa e la comunit ebraica romana, dove nessuno si aspettava che - praticamente alla vigilia della visita - Benedetto XVI avrebbe dichiarato venerabile papa Pacelli proclamandone leroicit delle virt insieme a Wojtyla. Un papa, questultimo, tanto amato dagli ebrei di tutto il mondo, a partire dagli italiani, che per non hanno gradito - confessano delusi alla comunit ebraica romana - vederlo affiancato nel processo di beatificazione ad una figura come Pio XII su cui non pochi ebrei ancora nutrono dubbi circa i suoi presunti silenzi sulla Shoah. Mi auguro di no, ma non mi meraviglierei se dopo quanto stato deciso su Pacelli la visita potesse saltare, commenta preoccupato il rabbino Giuseppe Laras, presidente dellAssemblea rabbinica italiana. A questo punto - aggiunge il rabbino - tutto pu succedere. Non capisco perch il Papa abbia preso una decisione tanto intempestiva, pur rispettando lautonomia della Chiesa in materia di beatificazioni. Su Pio XII, per, il giudizio storico - avverte Laras - non ancora chiaro, per cui sarebbe stato meglio rinviare ogni cosa alla apertura degli archivi del suo pontificato. Comprensibile, quindi, la delusione della comunit ebraica, dove il clima in vista del 17 gennaio non dei migliori. Il sindaco di Roma Gianni Alemanno, invece, non ha dubbi e dice sicuro che la visita del Papa alla Sinagoga sar una grande occasione per chiarire ogni malinteso, per cui importantissimo farla. In realt, col passare delle ore tra gli ebrei romani lindignazione cresce. E proprio per scongiurare evoluzioni traumatiche, da sabato tra il Vaticano ed i vertici della Comunit ebraica capitolina ci sono stati una serie di incontri ai massimi livelli per cercare di trovare una soluzione dignitosa per entrambe le parti, si apprende in Sinagoga, dove comunque hanno apprezzato quanto precisato ieri, sul quotidiano cattolico Avvenire, dal vescovo Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le cause dei Santi, secondo il quale lannuncio fatto dal Papa non significa che i processi di beatificazione di Giovanni Paolo II e di Pio XII procederanno in parallelo. Si trattato di una felice coincidenza, ma ogni causa seguir il suo corso. un buon segnale, che speriamo possa contribuire a far calare le tensioni, si augurano in Sinagoga. Ma dal quotidiano Avvenire, ieri, arrivato un altro segnale di natura storica dalla popolare rubrica "Rosso Malpelo" firmata dal teologo Gianni Gennari che ha riportato alla luce una preghiera fatta da Pio XII nellottobre del 1939, pochi mesi dopo lelezione papale. Nel testo - diffuso in 35 milioni di copie in tutte le chiese italiane - Pacelli invit i cattolici a pregare contro i comunisti dellUrss e i nazisti della Ger mania. Preghiamo - vi si legge tra laltro - per quelle nazioni dove lateismo e il neopaganesimo hanno fatto maggiori stragi. Tutti sappiamo chi sono queste nazioni: sono quelle dove lateismo vergognosamente eretto a bandiera e quelle dove, disconosciuti i valori spirituali e morali, si considera nelluomo solo la parte bestiale, subordinando alla razza e al sangue anche gli eterni principii regolatori della vita. il vero trionfo di Barabba!. Dopo quella preghiera, nel 1942 Pacelli autorizz i vescovi olandesi a scrivere una lettera contro il nazismo, ma - ricorda Gennari - la ritorsione fu tremenda. Furono deportati nei campi di concentramento migliaia di ebrei olandesi, tra cui anche Edith Stein. E il Papa ne fu scosso e turbato. Iniziative, notano alla comunit ebraica romana, che sembrano fatte, per, non tanto in difesa degli ebrei, quanto per salvare la Chiesa dal paganesimo nazista: ecco perch importante la verifica storica degli archivi del pontificato pacelliano.

Il Natale e l'obbligo della felicit


di Claudio Magris in Corriere della Sera del 21 dicembre 2009 A Lima, negli ultimi anni, durante la settimana di Natale la percentuale dei suicidi aumenta del 35%. Le ragioni dice sul Comercio ,il pi importante quotidiano peruviano, il direttore dellIstituto Guestalt, Manuel Saravia Oliver possono essere fin troppo ovvie. Natale una celebrazione degli affetti familiari, di una raccolta felicit, e chi se ne sente privo o povero ne soffre certo sempre, ma particolarmente in quei giorni. Giorni in cui si ostenta quel calore che gli manca e la cui mancanza si fa pi acuta e talora insostenibile. Quel 35 per cento in pi di morti disperati pesa come un dies irae. Chi ha detto che il Natale debba essere un karaoke della felicit, in cui Minnie e Topolino si vogliono eternamente bene, le famiglie sono sempre unite e i buoni sono anche contenti, tutte cose false sia in quella settimana sia nelle altre cinquantuno dellanno? Il Natale ricorda la nascita di un bambino venuto al mondo nel pi grande anche se finora fallito tentativo di portare la pace agli uomini fallito non per colpa sua, ma perch la pace doveva essere portata, come sta scritto, agli uomini di buona volont e di questi ultimi se ne vedono pochi. Quel neonato di Betlemme inoltre destinato, nella sua opera di redenzione, a morire fra tremendi dolori fisici e morali di una morte infame, sulla croce; non promette la felicit, n in pillole n in panettoni, tant' vero che, vedendo come va il mondo, quel bambino, cresciuto, dir di essere venuto a portare non la pace, ma la spada. Non un caso che, a

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bambino, cresciuto, dir di essere venuto a portare non la pace, ma la spada. Non un caso che, a Natale, si pensi sempre meno a lui, sostituito dal faccione paonazzo e svampito di Babbo Natale, giuliva e stolida caricatura della felicit. Questultima non sembra pi essere uno struggente e lacerante desiderio del cuore, bens un obbligo sociale. Bisogna essere felici; altrimenti, che vergogna. Ma perch la felicit devessere come la carta di credito in certi Paesi, nei quali chi non ce lha quasi un reietto, un asociale da disprezzare o tuttal pi commiserare? Tra tante luminarie natalizie, felicit al neon, chi se ne sente escluso pu sentirsi indegno, come quel personaggio di Kafka che si risveglia trasformato in scarafaggio, e perdere la stima di s fino al punto di uscir di scena. La felicit una nostalgia, pu bruciare come una ferita anche quando c, come un amore che ci piomba addosso o come lincanto della bella giornata di cui scrive La Capria, la cui bellezza ferisce il cuore a morte, perch fa sentire tutto quello che ci manca. Non un rango o un ruolo che si pu avere, ma un mare che ci avvolge; non possiamo avere la felicit, ma essere nella felicit, come in una risata insieme a un figlio che ci fa sentire unarmonia profonda o in unora magica e semplice in cui la vita assomiglia al vino che esce da una bottiglia stappata con un amico. Ogni brandello di gioia e anche di minimo e fugace piacere va afferrato e tenuto stretto pi che si pu, perch non siamo al mondo per fare stupide, spesso torbide rinunce; ogni dolore va lenito il pi possibile e un analgesico che fa sparire un forte mal di testa libera e dunque eleva lo spirito non meno di una grande poesia che lo incanta. Ma non abbiamo il dovere di essere felici, belli e in forma; la vita certo anche stupida, come sapevano Shakespeare o Flaubert, ma comunque meno dellIsola dei famosi. Dovremmo lamentarci o addirittura vergognarci quando ci tocca il grigior e dei giorni, la solitudine, la rancorosa stanchezza di un amore che sopravvive a se stesso, la sconfitta, il decadimento fisico e intellettuale, linvitabile malinteso fra noi e gli altri e pure fra noi e noi stessi? Non il caso di assumere una posa stoica di eroica forza danimo, ma piuttosto di arrangiarsi come si pu, scansando se possibile i colpi, senza recriminare e senza far troppe domande al tempo che passa, aiutandosi con tutte le protesi fisiche e morali di cui c bisogno e cercando di barare un po col destino. Anche a Natale, come in ogni altro giorno dell'anno. Pu essere triste non sempr e essere soli, ma questo vale per ogni giorno, come laver fame che non mai allegro. Lanno scorso, in questo periodo, mi capitato di leggere, nel giornaletto di un liceo di Schio, larticolo di una ragazzina, Giulia Baldassarre, che protestava contro lo sciagurato dovere di fare regali di Natale, che rende quella settimana pi affannosa di ogni altr a. Quellarticolo si poneva la stessa domanda posta giorni

fa sul Comerciodi Lima da un giornalista peruviano, Adolfo Bazn Coquis, che non credo legga la stampa scolastica di Schio. A Natale c un unico cumpleaero, uno solo di cui festeggiare il compleanno: quel bambino di Betlemme. a lui che andrebbero fatti i regali, non ad altri se non a quegli ultimi della terra con cui lui si esplicitamente identificato. E potremmo imitare, anche per nostro sollievo, la sua festa di Natale, lunica vera. Nella grotta di Betlemme, quella notte, non ci sono suoceri, prozii, cognati, cugini di nipoti acquisiti; tutto quel clan che il 25 dicembre si ha il dovere di invitare e frequentare, anche se in esso ci sono, accanto a persone amate, persone del tutto estranee e alle quali siamo estranei, persone le quali negli altri 364 giorni dellanno per noi sostanzialmente non esistono e per le quali non esistiamo. Nella o davanti alla grotta di Betlemme, invece, quella notte c solo chi ha voluto venire, senza averne lobbligo e senza averlo deciso n saputo prima, come i pastori. Ci sono un bue, un asino, verosimilmente alcune pecore; animali alieni da quei nascosti livori, ambivalentemente mescolati agli affetti, spesso latenti o esplodenti nelle grandi famiglie riunite a Natale. Come sar stato, in quella grotta, il pranzo di Natale? Niente cena di magro, la vigilia; nessuna ipocrisia di far penitenza rinunciando per un giorno alla carne e rimpinzandosi di pesci prelibati. E immaginabile che i pastori abbiamo portato del latte, formaggi, frutta, uova, forse un po di vino, di quel vino col quale, non molti anni dopo, quel neonato compir il suo primo miracolo. Mangiare e bere insieme in semplicit, senza men obbligato ma con amore delle buone cose che allietano il palato ed il cuore, far festa alla vita e a s stessi e ogni occasione buona per farlo, ogni giorno dellanno. difficile invece immaginar e Maria, Giuseppe e i loro nuovi amici intorpiditi da quelle succulente e mortali portate dei pranzi di Natale che non lecito rifiutare neanche quando la saziet, la sonnolenza e la greve digestione danno limpressione che vita mastichi e macini per la morte. La Chiesa tuona contro la secolarizzazione, ma forse ritenendo di dover patteggiare con la sua potenza crescente quasi sempre esita a dire troppo apertamente che col Natale, con la nascita di Cristo, il nostro Natale non centra proprio niente e somiglia piuttosto alla festa delle zucche di Halloween. Ma per una zucca vuota, almeno, non si mai suicidato nessuno.

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Due giganti della fede e il 900. Il segno del bene nella realt toccata dal male
di Salvatore Mazza in Avvenire del 20 dicembre 2009 Sembra quasi di vederli, Pacelli e Wojtyla, camminare oggi fianco a fianco sulla strada verso la beatificazione. Per quegli strani (strani?) casi della storia, i percorsi delle rispettive cause, lunga, tormentata e controversa luna, rapidissima quasi a furor di popolo laltra, hanno finito ieri per convergere nella firma che Benedetto XVI ha contemporaneamente apposto sui Decreti che ne riconoscono le 'virt eroiche', primo passo verso la gloria degli altari. Due giganti, che a confronto con le tragiche e infinite contraddizioni del secolo forse pi buio per lumanit, seppero illuminarlo con la fiaccola della Verit. Non giusto, e Papa Ratzinger lha nuovamente sottolineato ieri parlando al Dicastero per le Cause dei santi, leggere la santit in chiavi diverse da quella dell'efficacia del Vangelo'. E questo, ovviamente, vale anche per Pio XII e Giovanni Paolo II. tuttavia altrettanto vero che, proprio per lessere Cristo il signore della storia, non si pu scrutare litinerario dei due Servi di Dio che dentro le vicende di un Novecento di cui finirono con lessere protagonisti assoluti. Opponendosi con tutte le loro forze, in ogni momento, a ogni forma di negazione delluomo. Che si chiamassero fascismo, nazismo, comunismo, degenerazioni ultime dellidea statuale ottocentesca, tragici colpi di coda di una concezione della ragion di Stato alla quale, in nome dellideologia costitutiva, tutto pu - e, alla bisogna, deve - essere sacrificato. Oppure relativismo, globalizzazione, coi loro opprimenti fardelli pieni di quel vuoto post- ideologico che ancora aspetta di essere colmato. Se dunque i santi, come ha detto ieri Benedetto XVI, sono una prova che la presenza di Cristo nel mondo, creduta e adorata nella fede, capace di trasfigurare la vita delluomo, Pacelli e Wojtyla rappresentano in questo senso, nel loro tempo, un esempio inequivoco, uguale e parallelo, della capacit del bene cristiano di incidere su una realt segnata dal male. Un mare di cose sono gi state dette sullargomento, e altri mari verranno detti. Ma oggi, forse, bastano due immagini a fissare quella 'capacit'. La prima del 19 luglio del 1943, quando Pio XII arriv nel quartiere romano di San Lorenzo appena bombardato dagli alleati, mentre ancora si cercavano i morti sotto le macerie. Il Papa che digiunava in segreto per condividere le privazioni del suo gregge, che aveva dato ordine di soccorrere in ogni modo gli ebrei ovunque perseguitati (fatto ancora discusso solo da chi ne vuole a tutti i costi discutere, non certo dalla verit storica) quel 19 luglio scese tra la sua gente. Un gesto tanto semplice quanto impensabile, che trasform quel giorno disperato: Davvero vedemmo Cristo tra noi, ha ricordato una volta il cardinale Fiorenzo Angelini, che allepoca era parroco e fu testimone del fatto. La seconda immagine, separata dalla prima da quasi cinquantanni, del 23 giugno del 1996. E ci mostra Giovanni Paolo II che, col suo passo gi tanto affaticato, varca la Porta di Brandeburgo. Il Muro era crollato appena da sette anni, ma la sbornia dellillusione di essere al capolinea di una nuova et delloro era passata da un pezzo, cancellata brutalmente dalle crudelt atroci dei rinascenti nazionalismi, dallinizio dellabbandono che trascinava in basso il Sud del mondo, da quel vivere come se Dio non esistesse che - diceva il Papa rappresentava un male ben peggiore, perch pi subdolo, dellateismo. Nel silenzio di quel piovigginoso pomeriggio berlinese, prima che esplodesse lapplauso, furono gli occhi di tutto il mondo a riconoscere in quelluomo divenuto debole, che da quellubriacatura aveva messo in guardia fin da quando la polvere del Muro non sera ancora del tutto posata, la forza invincibile della profezia cristiana. Due immagini che davvero declinano quanto detto ieri da Benedetto XVI: La santit, cio la trasfigurazione delle persone e delle realt umane a immagine del Cristo risorto, rappresenta lo scopo ultimo del piano di salvezza divina. Chiss, ora che camminano fianco a fianco, Pacelli e Wojtyla di questo che parlano.

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Gli archivi di Pio XII visibili tra 5 anni


di Gian Guido Vecchi in Corriere della Sera del 21 dicembre 2009 Per quanto riguarda il pontificato di Pio XII, come spieg a suo tempo larchivista, ci sono sedici milioni di fogli, pi di quindicimila buste, duemilacinquecento fascicoli. Considerate le forze a disposizione, per ordinare tutto quel materiale ci vorranno ancora cinque, sei anni. Non questione di segretezza, di tener nascosti documenti, anche perch tutto ci che c da sapere ormai noto. Padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, chiarisce: non c nulla di nascosto o da nascondere. La tradizione dellarchivio di andare avanti per pontificati. La quantit dei documenti immensa, perci vengono ordinati in modo da collegare le tre fonti principali: le nunziature, cio le rappresentanze pontificie, la Segreteria di Stato e le Congregazioni della Curia romana . Questione di metodo. Lo Yad Vashem di Gerusalemme, il memoriale della Shoah, fa sapere che deplorevole si sia deciso di procedere con la beatificazione di Papa Pacelli prima che fossero pubblici tutti i documenti. Anche il governo israeliano, tramite il portavoce del ministero degli Esteri Yigal Palmor, chiede lapertura degli archivi. Mentre dalla Francia il gran rabbino Gilles Bernheim dice di sperare che la Chiesa rinunci alla beatificazione. Del resto c tempo: la proclamazione contemporanea delle virt di Giovanni Paolo II e Pio XII stata una felice coincidenza, ha spiegato monsignor Angelo Amato, prefetto della congregazione per le cause dei santi, e ognuna seguir il suo corso. Wojtyla sar probabilmente beato in autunno, Pacelli chiss. Alle obiezioni sullapertura degli archivi, tempo fa, aveva gi replicato il Segretario di Stato Tarcisio Bertone: LUfficio informazioni vaticano per i prigionieri di guerra, tre milioni e mezzo di documenti, fu istituito per volont di Pio XII subito dopo linizio del conflitto: si tratta di un fondo degli archivi vaticani che arriva al 1947 ed interamente aperto, ma nonostante questo quasi inutilizzato. Sembra infatti che basti aprire un archivio, di cui magari si reclamava a gran voce lapertura, perch i suoi documenti vengano trascurati. Considerazioni simili arrivano ora da padre Lombardi: Basterebbe ricordare i dodici volumi degli Actes et documents du Saint-Sige relatifs la seconde guerre mondialeche Paolo VI volle pubblicare nel 1965. Dal punto di vista metodologico giusto che uno storico pretenda di vedere tutti i documenti, basta avere il tempo di ordinarli e di aprirli: la decisione ultima spetta al Papa, ma il Santo Padre ha sempre avuto una linea di trasparenza. Detto questo, precisa Lombardi, ci che Pio XII ha fatto o non ha fatto e perch ha deciso in questo senso sotto gli occhi di tutti. In alcuni casi ha ritenuto di parlare in modo anche forte, in altri si preoccupato di evitare persecuzioni come quelle subite dai cattolici olandesi. La sua linea di coraggio e prudenza, tenendo conto del bene della Chiesa e della necessit di salvare la vita di tante persone, compresi tanti ebrei, nota. Si trattava di una valutazione concreta che prendeva in quei momenti: se ne discuter per leternit. Questo, di per s, non ha a che fare direttamente con la beatificazione: Il decreto del Papa dice che Pacelli ha vissuto le virt cristiane in modo eroico, e quindi un cristiano modello. Non un giudizio storico, ma sulla persona: prende in considerazione i suoi comportamenti ma in rapporto alle sue intenzioni di fede, non a quelle politiche, riassume il portavoce della Santa Sede. Morale: La Chiesa dice che lui era un modello come cristiano e su questo non si pu interferire. Se poi alcuni storici valutano che il suo pontificato poteva avere una linea diversa, sono liberi di farlo, si possono avere opinioni differenti e magari se ne discuter per secoli .

Dalle crociate al concilio secoli di fratture e dialoghi


di Gian Guido Vecchi in Corriere della Sera del 21 dicembre 2009

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in Corriere della Sera del 21 dicembre 2009 Pesano, duemila anni di incomprensioni e persecuzioni. Gli stessi sospetti reciproci e il dibattito storiografico intorno a Pio XII e ai suoi silenzi , inevitabile, richiamano un passato pesante, nel rapporto tra cristiani ed ebrei. Ah, su questo non c dubbio: duemila anni non passano come una goccia nel mare. Per questo bisognerebbe guardare avanti, senza pi indulgere su ci che pu creare amarezze, riflette Amos Luzzatto, saggista, gi presidente delle comunit ebraiche italiane. E il filosofo cattolico Giovanni Reale, curatore dellopera omnia e amico di Karol Wojtyla: Io temo che peseranno ancora a lungo. Luomo fatto cos. Limportante affrontare il problema sapendo che difficile e come tale va affrontato. Certo che non facile. Partendo dalla (prossima) beatificazione di Pio XII, non forse bene che resti una questione tra storici? Senza che per questo debba dividere cattolici e mondo ebraico? Luzzatto sorride: Su un punto siamo tutti daccordo: lungi da me intervenire sul processo di beatificazione, non so cosa voglia dire, non mi riguarda. Il problema : ci si rende conto che il silenzio rimane silenzio? Che questo pontefice ha taciuto a lungo anche dopo il 45, quando non avrebbe messo in pericolo nessuno, n ebrei n cattolici? Se uno rimane dispiaciuto o ferito non si pu dire che non sia giusto. Resta il fatto che ferito. Reale allarga le braccia: Gli elementi storici che vengono portati 'contro' sono interpretabili in maniera opposta. Ed giusto che gli storici ragionino con le loro categorie. Ma secondo me lerrore di fondo sta nel ridurre tutto al piano storiografico e politico. Specie quando la Chiesa prende una posizione spirituale. Si ignora il senso del religioso . La storia, per, scandita da ferite che impossibile riassumere, riflette Amos Luzzatto: La cacciata dalla Spagna, le Crociate che cominciano con lo sterminio delle comunit ebraiche sul Reno, ce n quante ne vuole. Pensi solo, nel dopoguerra, al rifiuto di restituire i bambini ebrei che erano stati salvati nei monasteri: i genitori erano morti, ma le famiglie cerano. Giovanni Reale, da buon studioso del pensiero greco, guarda al fondamento: Il problema dei cristiani, nella storia, che spesso abbiamo dimenticato e dimentichiamo ci che ha detto Cristo: il mio regno non di questo mondo. Anche oggi la Chiesa non si del tutto spogliata dalla dimensione del potere temporale, anche se i passi avanti sono stati enormi. Ogni volta che questo accade, che si cala la religione nel temporale, si commettono errori gravi, anche spaventosi: il senso profondo dei mea culpa di Giovanni Paolo II sta in questo. Solo che a volte, dice Luzzatto, si continua a indulgere in ci che crea amarezza. Tipo? La preghiera in latino del Venerd Santo. Quel Williamson, un negazionista! E ora Pio XII, alla vigilia della visita in sinagoga a Roma: ma era proprio indispensabile? Io non temo per noi ebrei, ne abbiamo viste tante: io sono preoccupato per i cattolici che lavorano al dialogo. Ho decine di amici cattolici e queste cose mettono in difficolt anzitutto loro: c un popolo cristiano che va in tuttaltra direzione. Giovanni Reale, a questo proposito, dice una cosa importante: La Chiesa ha sempre custodito prudenza e saggezza. Ma a volte, purtroppo, stata imprudente. Non questione di tolleranza, una parola ambigua, ma di empatia. Di comprensione dellaltro e insieme di identit sentita e vissuta. Salvo il nucleo centrale della mia identit devo sempre cercare la mediazione . La svolta nel dialogo stata segnata dal Concilio Vaticano II. Un punto di non ritorno? Bisognerebbe domandarlo alla Chiesa, sospira Luzzatto. Per me lo . O meglio: il punto dal quale ripartire per andare avanti, approfondire e cancellare i motivi di ostilit reciproca. Quando a Camaldoli hanno ricordato i trentanni dei colloqui ebraico-cristiani, i frati hanno invitato me, un ebreo, a fare la relazione introduttiva. Questo dialogo. E Reale: Il Concilio la strada. Dipende da noi. Platone diceva: la citt ideale la puoi trovare nella tua anima. Benedetto XVI e Wojtyla possono sembrare per certi versi opposti, ma coincidono nel nucleo centrale della trascendenza.

Non potremo mai tacere


intervista ad Angelo B agnasco a cura di Mario Calabresi e Paolo Mastrolilli in La Stampa del 22 dicembre 2009 Il Cardinale Angelo Bagnasco appena uscito dallincontro con Benedetto XVI per lo scambio degli auguri di Natale con la Curia. Il presidente della Cei scruta i titoli dati al discorso del Pontefice e scuote la testa: Sono tutti sbagliati. Parla con lentezza, attento ad ogni sfumatura. La cosa che ama di meno la spettacolarizzazione delle parole, e ha accettato di rilasciare questintervista proprio per chiarire il suo pensiero al termine di un anno turbolento e confuso per il Paese. Si enfatizzato il no alla politica del Papa, ma se vero che la Chiesa non una lobby politica o di potere, per inevitabile che la fede abbia ricadute pubbliche e sociali. Questo inevitabile. La Chiesa non pu tacere su tutto ci che attiene luomo e Benedetto XVI ci ha voluto dare un esempio di come il sacerdote debba occuparsi di ogni cosa che attiene alla vita degli uomini, sempre per da pastore. AllAssem blea generale della Cei ad Assisi lei aveva detto: E necessario e urgente svelenire il clima generale in Italia. Lo stesso presidente del Consiglio nei giorni scorsi stato aggredito. Le sembra che il suo appello sia stato recepito? Vorrei anzitutto rinnovare la vicinanza sincera al presidente del Consiglio per latto di violenza di cui stato fatto oggetto, in modo tanto imprevedibile quanto gratuito. Mi auguro che i toni dopo questo segnale allarmante del degrado democratico possano volgere verso un confronto pi

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questo segnale allarmante del degrado democratico possano volgere verso un confronto pi maturo che, senza nulla togliere alla necessaria dialettica tra governo e opposizione, sappia farsi carico anzitutto dei problemi del Paese e poi delle legittime diversit di opinione. La gente stanca di una pregiudiziale e sistematica contrapposizione che tanto pi inconcludente quanto pi urlata. Si com inciato a discutere di riform e condivise, le sembra un segnale incoraggiante? Le parole sono migliori di prima: se gli diamo un credito e pensiamo che abbiano un significato, allora un buon segno. Speriamo che questa volte alle buone intenzioni seguano davvero i fatti.... In questi giorni sono emerse tensioni con la comunit ebraica per la decisione del Pontefice di avviare le procedure di beatificazione per Pio XII. Il Cardinale non vuole entrare nel merito ma ci tiene a spiegare: Liter previsto va avanti secondo procedure che sono molto rigorose. Quindi lasciamo che il lavoro degli esperti e delle persone responsabili proceda serenamente. A Copenhagen si appena concluso il vertice mondiale sullambiente: soddisfatto dei risultati raggiunti? Penso che si patisca sempre un po di delusione quando si registra lo scarto tra le attese della vigilia e i risultati di taluni eventi internazionali. Non vi dubbio comunque che la mentalit della gente e non solo il clima sta cambiando. Trovo importante far crescere in particolare la consapevolezza che esiste un legame di causa-effetto tra equilibrio interno ed equilibrio esterno. Spesso quel che il dissesto della natura solo un riflesso della confusione interiore. Anche perch - come annota Benedetto XVI nel suo Messaggio per la pace di questanno -: Quando la natura e, in primo luogo, lessere umano vengono considerati semplicemente frutto del caso o del determinismo evolutivo, rischia di attenuarsi nelle coscienze la consapevolezza della responsabilit. Di recente diversi politici cattolici hanno m anif estato disagio tanto allinterno del Pd quanto nel Pdl, dopo le critiche della Lega allarcivescovo di Milano Tettam anzi. I cattolici hanno bisogno di una nuova casa comune in politica? I cattolici, in qualunque area geopolitica si muovano per rendere il loro servizio al Paese, non devono mimetizzarsi per paura di non essere accettati. La politica larte della mediazione e il dialogo necessario per il convergere delle posizioni, ma senza mai dimenticare che ci sono principi non negoziabili, senza dei quali si andrebbe contro luomo e la stessa convivenza democratica non avrebbe solide basi. La testimonianza di un credente in politica esige di saper andare controcorrente e di essere allinterno del proprio mondo di riferimento un lievito e non del

sale scipito. Anche il quotidiano della Cei, Avvenire, stato oggetto nei mesi scorsi di un pesante attacco. Qualche giorno f a il direttore de Il Giornale, Vittorio Feltri, si scusato con lex direttore Dino Boffo per la campagna scatenata contro di lui. Lei giudica sufficienti queste scuse? Si trattato senza dubbio di scuse tardive, ma sono state la conferma di quanto gi si sapeva del dottor Boffo, che persona integra e professionista di grande valore. A lui va la stima e la riconoscenza di tutti per la passione e lintelligenza con cui ha lavorato, facendo emergere con crescente chiarezza la posizione della Chiesa nel vivo del dibattito culturale e sociale del nostro Paese. Spero che le recenti parole del Santo Padre ai media siano motivo di serio e concreto ripensamento. Il Parlamento italiano sta ancora discutendo la legge sul biotestamento. Lei teme un tentativo di introdurre surrettiziamente leutanasia in Italia? Fare testamento poter disporre delle proprie cose in favore di altri, ma la vita non semplicemente una cosa. Della vita non si dispone, anche se alla vita apparteniamo. Probabilmente il lato mancante della cultura oggi la percezione del limite e dellautonomia che non mai assoluta, cio sciolta da qualsiasi altro legame. In realt nessuno che abbia buon senso pu pensare di essere autosufficiente, neanche quando in piena salute e in frenetica attivit. Tutti infatti si dipende anche da altri e molto di quello che siamo lo dobbiamo ad altri. La Chiesa intende tutelare questa dimensione relazionale dellesistenza che non pu interrompersi mai e che anche nella fase delicata della fine della vita deve trovare forme compatibili, come quella di assicurare le condizioni essenziali per sopravvivere. Il resto sarebbe una sorta di abbandono dellaltro, pur ammantato di nobili motivazioni. AllAssem blea generale della Cei lei ha detto che anche quando la maschera della morte scende sul volto dei propri cari, si tende a rimuovere levento. La societ moderna sta banalizzando la morte e quindi anche il significato della vita? Il tentativo di rimuovere la morte la fonte delle nevrosi pi scoperte: come il rincorrere il tempo, il mito delleterna giovinezza, la mancanza di profondit che nasce solo dal senso dellirripetibilit di ogni istante. La nostra societ avvertita: se manca il senso della morte anche la vita perde spessore. Ma la vita pi forte della morte, cos come ciascuno intuisce nel profondo del proprio cuore. Dopo il via libera dellAifa, la pillola abortiva RU486 entrata in commercio e lei ha invitato gli operatori sanitari allobiezione di coscienza. Volete rimettere in discussione la legge 194? Ci che in discussione lapplicazione della legge 194. Quel che veniva sbandierato come un diritto, oggi viene inteso di pi come un dramma e comunque una sconfitta. La RU486 da parte sua contribuisce ulteriormente a banalizzare il grave male dellaborto e, oltre a porre serie domande alla

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contribuisce ulteriormente a banalizzare il grave male dellaborto e, oltre a porre serie domande alla salute della donna, la confina in una sorta di isolamento psicologico e morale, lasciandola da sola a dover decidere con una via di fuga allapparenza facile e innocente. Lei ad Assisi ha chiesto il reintegro dei fondi destinati al sistema dellistruzione non statale, cio alla scuola paritaria. Lei pensa che la scuola cattolica sia penalizzata in Italia? La scuola paritaria una possibilit per tutti e un traguardo democratico, prima di qualsiasi altra considerazione. Se infatti il diritto alla scelta delleducazione dei figli da tutti riconosciuto a parole, si tratta poi di renderlo praticabile ed accessibile, senza discriminazione di sorta. A ci va aggiunta una osservazione pratica: penso ad esempio alle scuola materne, in parte rilevante, di matrice cattolica. Nessuno mette in dubbio che allo Stato costerebbe molto di pi gestirle direttamente. E allora perch poi tanta fatica a sostenerle?. Spesso per si discute in Italia sugli aiuti che la Chiesa riceve dallo Stato. Lei come risponde? Gli aiuti quando ci sono e non sono semplicemente promessi - non sono mai fini a se stessi, ma sempre legati a ben pi ampi servizi che la Chiesa rende alla societ civile e di cui lo Stato non pu disinteressarsi. Concretamente, se dincanto sparisse la presenza delle suore negli ospedali, o quella dei docenti nelle scuole cattoliche, ma ancor prima la discreta ed efficace azione dei parroci nei territori urbani pi disgregati, verrebbe a mancare una grande risorsa del vivere quotidiano,

specialmente dei pi poveri e bisognosi. La Chiesa non cerca privilegi di alcun genere, ma solo di poter esercitare questazione di umanizzazione che giova al bene di tutti, mentre annuncia e rende testimonianza di ci che le sta a cuore e cio il Vangelo. Prima la Corte di Strasburgo ha chiesto allItalia di togliere i crocif issi dalle aule delle scuole, poi un ref erendum ha bandito i minareti in Svizzera. La difficile convivenza tra le culture e le religioni in Europa sta scivolando verso lo scontro quotidiano tra le civilt? Non credo che si vada verso lo scontro tra le religioni. Il dialogo religioso, al contrario, aiuta la reciproca comprensione dei popoli ed introduce un elemento ulteriore rispetto alle contrapposizioni culturali ed economiche che sono queste s - alla base dei conflitti. Lidea che lassoluto introduca la violenza un pregiudizio diffuso. Molto di pi produce lindifferenza e il relativismo culturale che minano le basi della condivisione dei valori di base. Il docum ento della Cei Risorse e dignit del Mezzogiorno sostiene che sarebbe una sconf itta per tutti se il federalism o allontanasse le diverse parti dItalia. Com e si pu realizzare un federalismo fiscale solidale? Il federalismo un punto nevralgico della trasformazione politica e istituzionale, a patto che non equivalga ad uno spezzettamento del nostro Paese. Un sano federalismo fiscale una sfida per lintero Paese se permane la responsabilit unitaria sulle infrastrutture, sullintegrazione sociale, sulla lotta alla criminalit. Il Paese non superer la crisi se non insieme, e certamente un Meridione umiliato farebbe lItalia pi piccola e pi fragile. Cosa bisognerebbe fare in Italia per sostenere la famiglia? La famiglia la prova empirica dellunit della questione antropologica. Quando si lede una dimensione come quella che allorigine di ciascuno di noi si compromettono non solo le dinamiche relazionali, ma perfino quelle economiche. Tutti oggi sappiamo ad esempio che la famiglia un ammortizzatore sociale, che la crisi demografica pure un segnale di crisi sociale e dunque siamo avvertiti che la famiglia non solo una questione di tradizione, ma di prospettiva. Occorre passare dalle parole ai fatti perch la famiglia il volano dello sviluppo. Quali sono i temi che le stanno pi a cuore? Personalmente il problema che viene per primo la questione di Dio. Quando infatti Dio sparisce dallorizzonte degli uomini lumanit perde lincanto del mondo, lorientamento della vita, la scommessa del futuro. Non strano dunque che leclissi di Dio abbia coinciso con un progressivo oscurarsi anche delle pi elementari evidenze umane, a cominciare dalla vita stessa minacciata in forme sempre pi aggressive quando non banalizzata e abbandonata alla logica del pi forte. Ad esempio, dietro il deprezzamento delluomo, che in ambito economico per lo pi una variabile e neanche la pi decisiva, o dietro lirrilevanza delle fasce pi deboli della societ, si nasconde la stessa dinamica: se manca la percezione dellassoluto che c dentro ogni esistenza umana viene fatalmente meno il rispetto che si deve a ciascuno. Tutti gli altri problemi sono conseguenza di questa perdita dellalfabeto umano di base. Per concludere, le sembra che il ruolo della Chiesa in Italia sia ben compreso? Sia a Genova che in giro per lItalia, colgo sempre unattesa tra le persone pi diverse, per estrazione sociale e culturale, e cio lattesa di una parola della Chiesa in grado di riscattare lopacit del quotidiano. Ma ancor pi forte la sensazione che lesperienza cristiana renda possibile anche oggi lincontro con Dio, di cui si avverte forte la nostalgia e il desiderio. Certo non mancano qua e l riserve sulla Chiesa, che vengono puntualmente amplificate dal meccanismo mediatico, spesso vincolato ad una doppia legge di gravit: la spettacolarizzazione e la politicizzazione.

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Il Natale del prete che sfida i muri


di Marco Bardazzi in La Stampa del 22 dicembre 2009 A Ovest hanno il mare, che in alcuni punti non dista pi di 20 chilometri: ne possono quasi sentire lodore, ma il Muro impedisce di andare oltre. A Sud hanno Gerusalemme e Betlemme, luoghi simbolo della loro fede: almeno a Natale vorrebbero visitarli, ma i permessi sono difficili da ottenere e la barriera sempre l, insieme a decine di checkpoint da attraversare. Capita che una famiglia di 10 persone riceva i pass per la madre e gli otto figli, ma il padre figura su una qualche lista nera e sfuma per tutti il Natale in visita ai parenti. Per la piccola comunit dei cristiani di Ramallah, Nablus e altre localit della Cisgiordania, la festa pi attesa arriva anche stavolta impacchettata dai muri che segnano la vita nei Territori. Ogni anno lavvicinarsi del 25 dicembre interroga i 175 mila cristiani che vivono in Israele e nelle zone palestinesi: l1,5% della popolazione, tra sei milioni di ebrei e 3,5 milioni di musulmani. La tentazione unirsi alle decine di migliaia che se ne sono andati. Vengono da me e mi chiedono: Per i musulmani sono un cristiano; per gli ebrei sono un arabo. Cosa posso fare?. Don Vincent Nagle la persona giusta per tentare una risposta. Nato in una famiglia di ebrei californiani, affascinato dallIslam al punto da dedicare anni di studi ad approfondirlo, girando paesi arabi e imparando lingua e culture. Il cammino lo ha poi portato ad approdi imprevisti: la conversione al cattolicesimo, poi il sacerdozio come missionario nella Fraternit San Carlo. Ora luomo-chiave del Patriarcato di Gerusalemme per tenere i rapporti tra le piccole comunit cristiane nei Territori. Una missione sempre in auto, passando da un checkpoint allaltro, da una barriera alla successiva. I suoi giudizi sul Natale in Terrasanta non sono diplomatici: Israele vuol convincere il mondo di essere a favore della soluzione dei due Stati - dice - ma basta guardarsi intorno per capire che non cos. Israele sta prendendo tutto. Le barriere non sono per la sicurezza, ma per delimitare il territorio: gi l11% della terra migliore stata portata via ai palestinesi. E gli insediamenti crescono, nonostante la moratoria. I lavori su 3000 abitazioni gi in costruzione vanno avanti, insieme a quelli di grandi strade di comunicazione tra le colonie che dividono interi villaggi. La vita della millenaria comunit cristiana sempre pi dura. In molti si arrendono. Dal Patriarcato dipendono ora anche tre parrocchie in altre parti del mondo, una proprio a San Francisco, la citt di don Nagle. Ha pi parrocchiani palestinesi di quanti ne abbiamo qui, dice. Ma a colpire il sacerdote sono coloro che, nonostante tutto, non se ne vanno. Penso al caso di Ibrahim - racconta un greco ortodosso che ha sposato una cattolica e ora frequenta la nostra chiesa. Un tassista che vive in un monolocale seminterrato, con la moglie e cinque figli. Come molti nella comunit cristiana, in questi anni ha visto crollare il suo status sociale, anche per il muro. Gli ho chiesto perch non emigra negli Usa. Mi ha risposto che non se ne andr, perch lunica eredit che pu lasciare ai figli poter dire: Sono un cristiano nella terra di Cristo. Con il tempo, spiega il sacerdote, ci si abitua anche ai muri. I cristiani locali questo Natale ne incontrano molti, non solo le barriere di Israele. Dentro il Santo Sepolcro a Gerusalemme, per esempio, gli ortodossi hanno isolato la navata centrale con un muro per separarla dai cattolici. Puoi reagire con il lamento - afferma don Nagle - oppure guardi quei muri e dici: Quello che ci divide anche ci che ci unisce, perch ci permette di condividere lo stesso luogo. E qui spuntano gli spiragli di luce che permettono al Natale di Betlemme di essere, nonostante tutto, una festa. Se la speranza fosse solo nella politica, ce ne sarebbe poca, dice il sacerdote. Lo abbiamo capito con la visita di Benedetto XVI a maggio. I cristiani locali avevano forti perplessit, la consideravano politicamente inopportuna. Invece il Papa venuto e ha dato ai cristiani la certezza di non essere dimenticati La speranza - ripete don Nagle - vivere ora, oggi: non si pu aspettare che ci siano due Stati, che scompaia il Muro. Si pu essere sorpresi dalla gioia adesso, invece di puntare a un futuro

indeterminato.

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Quando per i nazisti Pio XII era un amico


di Tonino Bucci in Liberazione del 22 dicembre 2009 Prima l'afflato con Pio IX, il Papa della Breccia di Porta Pia e dell'antir isorgimento, oggi la proposta di beatif icare l'altro suo predecessore, Pio XII. Benedetto XVI consuma, una ad una, le tappe di un percorso nella storia della Chiesa, alla ricerca di riferimenti per il proprio magistero. Nel primo caso, quello di Pio IX, ha esaltato nientemeno che l'autore del Sillabo , il pi memorabile documento di condanna della modernit che la Chiesa abbia mai fatto da due secoli a questa parte. Benedetto XVI ha recuperato l'immagine di un pontefice indomito e coraggioso, difensore di uno Stato teocr atico, a capo di una Chiesa asserragliata, indisponibile a scendere a patti, mobilitata in una lotta senza quartiere contro liberalismo, ateismo, socialismo e comunismo, tutti indistintamente consider ati derive eretiche di una modernit mai accettata. N occorre grande acume per cogliere le affinit elettive tra l'attuale magistero di Benedetto XVI e quello di Pio XII, il papa che attravers con molte ambiguit e compromissioni la stagione del nazismo, dell'antisemitismo e del peggior anticomunismo del Novecento. A giudicare dai primi effetti un mezzo, anzi totale, passo falso. L'ombra funesta di un papa che non profer parola sulla Shoah e di cui non si ricordano atti espliciti contro la deportazione di milioni di ebrei nei lager

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Shoah e di cui non si ricordano atti espliciti contro la deportazione di milioni di ebrei nei lager nazisti pesa come un macigno e si riflette nelle relazioni tra Vaticano e le comunit ebraiche, prime fra tutte quella romana, tanto che sarebbe a rischio la visita di Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma prevista per il 17 gennaio prossimo. Qualche giornale ha provato a difendere la figura di Pio XII. L' Avvenire ha tirato fuori una preghiera rivolta ai cattolici dal pontefice nell'ottobre del 1939. Ma persino questo che dovrebbe essere un testo edificante risuona in realt di un linguaggio ferocemente antimoderno. Preghiamo per quelle nazioni dove l'ateismo e il neopaganesimo hanno fatto maggiori stragi. Tutti sappiamo chi sono queste nazioni: sono quelle dove l'ateismo vergognosamente eretto a bandiera e quelle dove, disconosciuti i valor i spirituali e morali, si consider a nell'uomo solo la parte bestiale, subordinando alla razza e al sangue anche gli eterni principii regolatori della vita. Dovrebbe essere la prova del presunto sentimento antinazista di Pio XII e invece soltanto la testimonianza di un Papa che considera il nazismo un male non tanto per i suoi tratti specifici - che non vede - bens per un generico riferimento all'ateismo, tanto da non fare alcuna distinzione tra nazismo e comunismo, entrambi accomunati come prodotti della modernit. Come spiegarsi altrimenti i toni amichevoli usati all'epoca dalla diplomazia nazista nei confronti di Pio XII? Sia pure di sfuggita d'obbligo citare qualche documento - anche se oggi invalsa la moda di usare "politicamente" la storia e di ridurla a campo di battaglia tra opinioni fluttuanti. Tra questi ce ne sono alcuni ritrovati in Gran Bretagna negli archivi di Kew Gardens. Pacelli - si legge in un documento del 3 marzo 1939 - sempre stato molto amico della Germania. La sua difesa di una politica ecclesiastica ortodossa lo ha ripetutamente portato a scontrarsi con il nazionalsocialismo in rapporto alle questioni di principio. Per divenuto papa si ripetutamente sforzato di scendere a compromessi. E quanto all'immagine di Pio XII come alfiere della lotta a tutti i totalitarismi, nazismo e comunismo assieme, basta leggere quanto segue per capire da che parte pendesse. All'indomani dell'invasione nazista dell'Urss la preoccupazione principale del Vaticano che il bolscevismo emerga come potenza europea e che, anzi, rimanga incolume a livello planetario fino alla fine del conflitto. Il nazismo resta tutt'al pi un male minore, un tributo da pagare perch dalla faccia della terr a sia eliminato il nemico principale, l'avversario epocale, il comunismo, quello s avvertito come potenza con la quale impossibile stabilire patti. E non del tutto forzato vedere nella Chiesa di Pio XII impegnata a fondo, con tutte le proprie energie, in una battaglia spirituale contro la modernit ier i il comunismo, oggi il relativismo - il modello che ispira Benedetto XVI.

Il papa dimentica Romero


di Maurizio Chierici in il Fatto Quotidiano del 22 dicembre 2009 Dietro la polemica che accompagna la beatificazione di Pio XII, fa malinconia un nome che non c. Le virt eroiche del vescovo Romero ucciso in Salvador vengono rimandate a chiss quando. Dava voce alla speranza delle folle contadine schiacciate dalla dottrina Reagan, America centrale nelle mani di squadre della morte finanziate da Washington: 6 milioni di dollari al giorno ai militari del Salvador. Romero non invita alla disobbedienza. Mai unomelia di rancore. Nellultima predica supplica i fratelli militari ad abbassare le armi. Parlate lo stesso dialetto; siete cresciuti negli stessi villaggi.... Provocazione rivoluzionaria per le grandi famiglie riunite nella bandiera dellanticomunismo in difesa del mondo libero. In realt affari con multinazionali infastidite dalla chiesa dei poveri e da un primate che rifiutava le tovaglie ricamate. Anche il Vaticano guardava con sospetto. Giovanni Paolo II stava strappando la Polonia dai gironi di Mosca. E la piccola America dei fedeli e dei preti perseguitati non veniva considerata Chiesa del Silenzio come la Chiesa di Varsavia. In Salvador uccisi quattro giovani sacerdoti consacrati da Romero, il suo confessore e amico, sindacalisti e militanti nellassociazionismo cristiano. E la dinamite sbriciola la redazione di Orientacion, radio e giornale della Chiesa. Romero implora il Vaticano, ma Giovanni Paolo II non vede le sue lettere: c chi le filtra per non disturbare la strategia che attorno a Wall Street finanziava Solidarnosc e lopposizione polacca. Quando il Papa lo riceve, allontana con mano brusca le carte che raccolgono le sofferenze di un popolo. Parlano pochi minuti. Un minuto per la fotografia limpressione che Romero confessa al giornalista al quale affida la solitudine. Finalmente lo uccidono sullaltare, 24 marzo 1980. E il massacro continua: missionari protestanti, sei gesuiti delluniversit e Marianela Garcia Villas: raccoglieva i corpi dei desaparecidos e denunciava la sperimentazione Usa di bombe al fosforo sulle proteste contadine. Nel primo viaggio in Salvador, Papa Wojtyla visita la tomba del vescovo definendolo zelante pastore, insomma, curato di una campagna tranquilla. Adesso il Romero escluso dal decreto di Benedetto XVI. Beato degli oppressi sar Jerzy Popieluszko, sacerdote che marciava con gli operai in sciopero nella Polonia della dittatura rossa. Continua a marciare dopo la legge marziale dell81. Assassinato nel 1984, unica vittima della Chiesa del silenzio polacca. Adesso, Romero messo da parte dalla diffidenza vaticana a proposito della teologia della liberazione svuotata negli anni di Wojtyla. Solo alla fine ne riconosce limportanza. Jesus Delgado, segretario di Romero e vicario della diocesi di San Salvador, ricorda che tre o quattro cardinali si oppongono alla beatificazione interpretata come approvazione romana ai sacerdoti che si mescolavano alle speranze della gente, approvazione

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come approvazione romana ai sacerdoti che si mescolavano alle speranze della gente, approvazione che infastidisce la destra cattolica. Non importa se mezzo milione di fedeli hanno firmato un appello, se 104 nazioni sollecitano il Papa. Le chiese anglicana e protestante lo commemorano come martire. Ma limpegno di Vicenzo Paglia, postulante e vescovo di Terni, non scuote chi impaurito dal sacrificio di Romero. Povero prete lontano dai labirinti delle gerarchie.

I papi santi di Benedetto


di Massimo Faggioli in Europa del 22 dicembre 2009 Assieme al decreto sulleroicit delle virt di Giovanni Paolo II, papa Benedetto XVI ha firmato anche quello per Pio XII: questo atto apre la strada ad una prossima, non lontana beatificazione di papa Pacelli, e riaccende il dibattito attorno al suo pontificato e allatteggiamento tenuto in pubblico nei confronti del nazismo e della Shoah prima e durante la Seconda guerra mondiale. Latto sovrano di papa Ratzinger esprime la debole audacia di unistituzione che, elevando allonore degli altari uno dei suoi pi vicini predecessori, rischia di ferire la credibilit della decisione che riguarda Giovanni Paolo II: la scommessa del papa che la notizia della prossima beatificazione di Giovanni Paolo II renda pi accettabile al mondo ebraico e a parte di quello cattolico la decisione su Pio XII. La soluzione di procedere per abbinamenti di papi santi non certamente nuova: durante il Vaticano II, Paolo VI si sottrasse alla richiesta proveniente da molti cardinali e vescovi per una canonizzazione conciliare di Giovanni XXIII e avvi la procedura standard per Giovanni XXIII insieme a quella per Pio XII. Nel settembre 2000, Giovanni Paolo II proclam beato Giovanni XXIII assieme a Pio IX, sollevando le proteste a mezzo stampa di una parte non irrilevante dei teologi cattolici in tutto il mondo. Ora tocca allo stesso Giovanni Paolo II condividere con Pio XII il news cycle che ormai spetta ai prossimi beati. La beatificazione per abbinamenti di pontefici una ricetta gi usata per mediare tra le diverse anime della chiesa cattolica. La coppia di papi varata da papa Ratzinger particolare e diversa dalle precedenti. In primo luogo, il nome di Pio XII destinato, nella percezione ad extra della chiesa cattolica, ad oscurare quello di Giovanni Paolo II e a significare lopzione di Benedetto XVI per quel cattolicesimo eurooccidentale e conservatore che sembra essere il vero azionista di riferimento di questo pontificato. In secondo luogo, Pio XII e Giovanni Paolo II dicono molto del papa attualmente regnante, dato che rappresentano larco biografico, teologico ed ecclesiale di Joseph Ratzinger. In terzo luogo, il binomio Pio XII-Giovanni Paolo II lancia segnali diversi e potenzialmente contraddittori circa la rilevanza, per la chiesa contemporanea, del rapporto con lebraismo: lunanime giudizio positivo sugli sforzi di dialogo con il popolo ebraico da parte Giovanni Paolo II rappresenta il polo opposto rispetto alla controversia storiografica e teologica sul ruolo di Pio XII. Non azzardato affermare che, per certi versi, il dibattito storiografico sui rapporti tra Pacelli, il regime nazista e la Shoah appena iniziato: dopo decenni di controversie scaturite dalle polemiche sullopera teatrale Il Vicario di Rolf Hochhuth (1963), solo dal febbraio 2006 che sono disponibili i documenti sullattivit diplomatica di Pacelli durante il pontificato di Pio XI (6 febbraio 1922 - 10 febbraio 1939). Altri anni dovranno passare prima che i documenti diplomatici relativi al suo pontificato (19391958) siano resi disponibili dallArchivio segreto vaticano. La decisione di Benedetto XVI quindi non conclude, ma interviene nella fase pi delicata della ricerca storica sul pontificato di Pio XII. Tuttavia, non si tratta quindi di criticare la decisione di Benedetto XVI per le accuse di filonazismo rivolte a Pacelli accuse che nessuno pu seriamente attribuire a Pio XII. Ma il dibattito su Pio XII non riguarda primariamente i sentimenti e le azioni intraprese e ordinate da Eugenio Pacelli in favore della salvezza degli ebrei durante la Shoah. Il dibattito su Pacelli riguarda soprattutto la capacit della diplomazia vaticana da lui guidata come nunzio e come segretario di Stato prima dellinizio della guerra, e della chiesa da lui guidata durante e dopo la Seconda guerra mondiale, di comprendere lantisemitismo nazista e fascista e di fare i conti col pi terribile dei loci theologici per la coscienza contemporanea, lo sterminio degli ebrei dEuropa. Da questo punto di vista, Pio XII e Giovanni Paolo II rappresentano due epoche teologiche diverse, un prima e un dopo, disegnano un arco interpretativo la cui curvatura pi forte di qualsiasi possibile rettifica continuista.

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continuista. Negli ultimi anni la politica della santit nella chiesa cattolica ha risposto ad esigenze e a

sollecitazioni diverse: santi nazionali e santi imperiali; santi monaci e santi coniugi; santi missionari, santi globali e santi locali. Ma in questo caso la decisione dei Benedetto XVI non una pura ratifica dei meccanismi della fabbrica dei santi. Limplicito annuncio della prossima beatificazione di Pacelli sottolinea la tendenza del pontif icato ad affrontare i nodi della chiesa contemporanea giustificando e rettificando i passaggi pi problematici del passato recente, piuttosto che aprendo vie nuove sulla base di una presa datto del cambiamento epocale avvenuto anche per la chiesa tra lo scontro tra le ideologie e la guerra fredda passando attraverso la Shoah. una decisione, coerente con le linee maestre del pontificato, che riafferma e tenta di imporr e una continuit tra la chiesa di Pio XII e quella del secolo XXI e sottende una lettura riduzionista delle novit del concilio Vaticano II. La decisione di Benedetto XVI evidenzia che la politica della santit nella chiesa contemporanea anche, appunto, una politica, e come tale deve attendersi di essere valutata. In questo senso la decisione su papa Pacelli rappresenta una sorta di nemesi. Pio XII, il papa principe della diplomazia vaticana nella tempesta dellEuropa tra Grande guerra e Seconda guerra mondiale, si appresta ad essere beatificato da un papa come Benedetto XVI che finora ha faticato a comprendere i meccanismi della diplomazia del nuovo cattolicesimo nella sua dimensione globale e plurale.

Pio XII e il dilemma del silenzio


di Anna Foa

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in Il Sole 24 Ore del 22 dicembre 2009 L'annuncio del Vaticano sulle "virt eroiche" di Pio XII ha in queste ore rinfocolato una polemica che sembrava, negli ultimi anni, essersi attutita e soprattutto essersi spostata dal piano delle polemiche politico- confessionali a quello storico. Riemergeranno cos gli schieramenti opposti, le leggende nera e rosa, la denigrazione e l'apologia? E che ne sar del dialogo? Eppure, la dichiarazione resa da ravDi Segni, da Gattegna e da Pacifici - sottolineando proprio la necessit di scinder e il piano della santit, su cui gli ebrei non hanno evidentemente voce in capitolo, da quello della storia - sembrava una presa di distanza da ogni estremismo. Ma quali sono, dal punto di vista storico, le acquisizioni condivise, quali le differenti interpretazioni, quali i punti di netta divergenza fra i sostenitori di Pio XII e i suoi critici? Non dico fra gli ebrei e i cattolici, perch il confine non passa necessariamente fra gli schieramenti religiosi, e cattolici sono molti degli oppositori di Pio XII. Inoltre, non prendo nemmeno in considerazione le posizioni pi estr eme, quelle della leggenda nera e di quella rosa. Non m'interessa esaminare le sparate polemiche di storici screditati come Goldhagen, n discutere della definizione data di Pio XII da Cornwell come il Papa dei nazisti, come non voglio prendere in considerazione interpretazioni apologetiche che hanno - come ha sostenuto recentemente in un dibattito il direttore dell'Osservatore RomanoGian Maria Vian - nuociuto all'immagine papale quanto quelle denigr atorie della parte opposta. Le polemiche estreme sono importanti solo perch deteriorano gli umori dell'opinione pubblica, abituata ad apprezzare pi i bianchi e neri che i toni smorzati, ma non portano acqua al mulino della storia. Ma cosa c' al di l delle leggende? Innanzitutto, i silenzi. Che i silenzi ci siano stati, giudizio condiviso sia dai sostenitori di Pio XII che dai suoi oppositor i. Che la Santa Sede abbia pesato con cura i suoi termini, abbia rinunciato a schier arsi apertamente contro il nazismo e abbia mantenuto una posizione di dichiarata "neutralit", nessuno lo contesta. La discussione nasce non sulla realt dei silenzi, ma sulle loro motivazioni. Per i sostenitori del Papa, i silenzi furono volti ad evitare maggiori disastri, come successe di fatto quando i vescovi olandesi condannarono dai pulpiti le deportazioni, e i tedeschi reagirono con deportazioni di massa anche fra i cattolici di origine ebraica (fu in quell'occasione che Edith Stein fu deportata). Per i suoi critici, riesce difficile immaginare che cosa di peggio sarebbe potuto succedere di quanto effettivamente successe, almeno per quanto riguarda il destino degli ebrei. Inoltre, i critici dei silenzi di Pio XII vi scorgono anche motivi di carattere politico: il timore dei comunisti, l'adesione rigida alla proclamata neutralit della Chiesa, e non ultima una mentalit antigiudaica ancora viva nella Chiesa di quegli anni. Ancora, i sostenitori di Pio XII sostengono che i silenzi non sono stati solo suoi, ma di tutti, e in primisdegli alleati, la cui priorit era vincere la guerra, non difendere gli ebrei. Ma, stato risposto, l'unica guerra possibile per un Pontefice sarebbe stata la condanna morale e religiosa, quella strada profetica che il Papa non scelse, e su cui la storiografia cattolica pi critica verso Pio XII di quella ebraica. Un altro punto quello dell'aiuto dato dalla Chiesa agli ebrei. Aiuto di cui difficile, anche da parte della storiografia pi critica verso Pio XII, negare l'esistenza. Il libro di Andrea Riccardi L'inverno pi lungoci descrive una Roma senza altra autorit, di fronte alla occupazione nazista, che quella della Chiesa, le istituzioni religiose e gli edifici extraterritoriali zeppi di rifugiati ebrei, antifascisti, membri della Resistenza, ufficiali angloamericani, soldati che non avevano aderito a Sal. Un'immagine che gi era emersa anni fa nel bel libro di Enzo Forcella, e che non pu certo, dato il numero di testimonianze, essere negata. Il punto pi contestato se si sia trattato di un'azione spontanea o di un ordine del Vaticano. Anche se non esiste un ordine scritto, se gli archivi - ancora chiusi, e sulla cui apertura molto si discute, e che tutti auspicano avvenga in tempi brevi - non lo contengono, tanto fitto era il rapporto diretto tra il Vaticano e i luoghi di rifugio, attraverso membri anche di grado molto elevato del clero, che davvero difficile pensare che si sia trattato di

un'attivit ignorata dal Vaticano. Questa protezione ci fu, fu molto ampia e salv molte vite. E di questa protezione il mondo ebraico si detto e si dice ancor oggi riconoscente. Lo scontro quindi sulla mancanza di una netta condanna. Mancanza che pes, forse, sulla deportazione del 16 ottobre. impossibile dire oggi se questa strategia del male minore abbia o meno salvato delle vite. un discorso che potremmo allargare a tante situazioni del genere, sotto il tallone nazista. Il "collaborazionismo" dei consigli ebraici nei ghetti non ripropone forse un simile dilemma? Si pu pensare che una condanna aperta delle deportazioni avrebbe reso pi difficile l'obbedienza dei cattolici tedeschi, come anche che avrebbe reso ancor pi difficile salvare delle vite. mater ia su cui si pu discutere, senza tuttavia dimenticare che la colpa assoluta e primaria fu dei nazisti. su questi dati fattuali e su queste interpretazioni che si sono costruite leggende opposte. L'una, quella di un Papa filonazista, ed stato dimostrato che a questa immagine molto ha contr ibuito la propaganda sovietica; l'altra quella di un Papa eroico salvatore degli ebrei. A consolidare l'immagine di un Papa ostile agli ebrei e indifferente al loro destino contribu, credo, anche il duro clima del dopoguerra, il rifiuto di Pio XII, ora che la Chiesa era libera da timori e che i nazisti erano sconfitti, di iniziare una riflessione sulla tradizione antigiudaica della Chiesa e di valutarne il peso nella tragedia appena avvenuta. Una riflessione che gli veniva sollecitata da pi parti, non ultima dai movimenti ebraico-cristiani che si stavano formando sull'onda della Shoah. Cos, la Chiesa non accolse allora - lo far anni dopo Giovanni XXIII - le richieste di dialogo recate da Jules Isaac al Papa. E quando un illustre convertito, l'ex rabbino di Roma Zolli, chiese di abolire il termine perf idi giudei dalla liturgia del venerd santo, il Papa addusse che non era ancora

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il termine perf idi giudei dalla liturgia del venerd santo, il Papa addusse che non era ancora giunto il momento. Ma se non allora, quando? Anna Foa insegna storia moderna all'Universit di Roma La Sapienza

Non vero che la chiesa perseguita Hans Kng


di Gianni Gennari in la Repubblica del 22 dicembre 2009 Caro direttore "Kng: Trentanni allIndicesu di me i fulmini del Papa", era il titolo della recente intervista ad Hans Kng con questo inizio: Sono passati trentanni dal 18 dicembre 1979 in cui la punizione imposta dal Vaticano lo colp come un fulmine... egli fu interdetto dallinsegnamento negli Istituti superiori legati alla Chiesa. Un ragionamento amichevole. Nel 1979 Kng da quasi 10 anni negava "linfallibilit" della Chiesa e del Papa su verit di fede e morale contenute in Scrittura e Tradizione perenne e definite da Concili o Papi come "dogmi", che non chiudono a ricerca ulteriore, ma indicano un cammino su cui non si torna indietro. Nella definizione dellinfallibilit (Vaticano I, 1870) sono chiarissimi i suoi contenuti e limiti, ma nella realt il problema alla base della negazione di Kng fu lHumanae Vitae (1968) sulla regolazione delle nascite. Il suo argomento infatti - ripercorrendo i suoi libri dal 1970 in poi - che lHumanae Vitae non solo fallibile, ma sbagliata e perci che il Papa "non" infallibile. Kng allora parl di "indefettibilit" della Chiesa e del Papa nella fede, ma senza alcuna garanzia di questa o quella affermazione di "dottrina cattolica". Paradosso sorprendente! A legare lH. V. allinfallibilit papale, insieme con il professor Kng, erano teologi e uomini di Chiesa tra i pi ostili al Concilio e al rinnovamento della teologia come "traduzione" della fede senza "tradimento", nel contesto del "nuovo umanesimo" di cui parla il Concilio. Ho sentito tante volte i pi nostalgici teologi del passato proclamare infallibile la norma dellH. V. come Kng, che per ne trasse conseguenze opposte. Gli estremi si toccano. In realt lo stesso Paolo VI, che contro il parere di maggioranza della Commissione apposita aveva deciso per la norma restrittiva, chiese a mons. Ferdinando Lambruschini, docente di teologia morale al Laterano che present lH. V. alla stampa mondiale, di dire che essa "non" era definitiva, n irreformabile. Mai Paolo VI, pur difendendo pi volte la sua soffertissima enciclica di fronte alla contrariet aper ta di interi episcopati e di congressi di teologi in tutto il mondo, parl di insegnamento infallibile. LH. V. pretendeva linfallibilit solo per certi conservatori estremisti ostili al Concilio intero, quelli che gi nel 1951 avevano brontolato contro la liceit dei metodi detti naturali, come lOgino Knaus, che per essi contraddiceva la Casti connubii di Pio XI (1931). La corrente teologica della Curia romana - da Piolanti a Parente, Florit, Palazzini, Lio ecc. - fu ostile alla "novit" di Pio XII, che nel celebre discorso del 29 ottobre 1951, accogliendo in extremis il suggerimento di padre Virginio Rotondi disse s ai metodi detti "naturali". Per quei teologi di curia lH. V. era infallibile, ed essi condannavano i teologi detti "progressisti" che poich il Concilio circa la paternit responsabile

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condannavano i teologi detti "progressisti" che poich il Concilio circa la paternit responsabile (Gaudium et Spes, n. 87 e 51) aveva lasciato l"ultimo giudizio" alla coscienza dei coniugi, ricordavano che questa era la strada maestra, e condivisa dalle Chiese ortodosse ed evangeliche. Dunque, a sorpresa, ai curiali ostili al Concilio e ad ogni "aggiornamento" si aggiunse Kng sostenendo la pretesa infallibilit della norma dellH. V., e poich la trovava sbagliata arriv a negare in toto linfallibilit stessa. Da allora su questo paradosso Kng ha elaborato la sua teologia, per molti aspetti anche condivisibile e di valore, ma in totale autonomia non solo da Santa Sede e insegnamento dei Concili su punti dottrinali essenziali, ma anche dalla maggioranza dei suoi colleghi grandi teologi cattolici, Rahner, Ratzinger, De Lubac, Guardini, Kasper, Von Balthasar, Congar, Chenu ecc., per non nominare alcun italiano. Perci nel 1979, dopo dieci anni di paziente attesa, Giovanni Paolo II priv Kng della "missione canonica" di insegnare in ar monia con la dottrina cattolica. Kng - sua libert - si sottratto alla compagnia "cattolica" e ne ha portato le conseguenze. Non capisco perch si senta vittima di ingiustizia o di persecuzione. Scrive infatti che ha potuto felicemente continuare ad insegnare la sua teologia nelle Universit statali tedesche con facolt di studi religiosi. Non si senta perseguitato, per favore: trentanni orsono gli stato solo comunicato autorevolmente che la sua teologia non era in armonia con la fede della comunit ecclesiale cattolica, e ancora 4 anni orsono il suo "collega" Joseph Ratzinger, da poco eletto Papa, lo ha

ricevuto e trattato da fratello... Talora egli pare sorpreso del fatto che la Chiesa cattolica come tale non si sia adeguata alla sua teologia moderna e progressista, e perci sarebbe destinata a rovina e abbandono da parte delluomo di oggi. Forse troppo. Constatare una diversit, nel suo caso, non stato e non atto persecutorio, ma solo riconoscimento di una realt, che dal 1979 ad oggi non certo cambiata: semmai si accresciuta.

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Ma cos si riaprono antiche ferite


di Sergio Luzzatto in Il Sole 24 Ore del 22 dicembre 2009 La contemporaneit delle due notizie da ritenersi casuale, ma colpisce ugualmente. In Polonia, alcuni criminali rubano da Auschwitz la scritta-simbolo della Soluzione finale, Arbeit macht frei. In Vaticano, Papa Ratzinger firma il decr eto che avvia Pio XII sulla strada della beatificazione. Un increscioso affronto simbolico alla memor ia della Shoah coincide con un clamoroso riconoscimento canonico delle "virt eroiche" di chi era pontefice durante lo sterminio degli ebrei Nei giorni scorsi, le due notizie hanno provocato reazioni differenti. Il furto compiuto in Polonia ha suscitato l'unanime riprovazione dell'opinione pubblica internazionale, che ha tirato un grande sospiro di sollievo quando si saputo che l'insegna era stata ritrovata. Il decreto fir mato in Vaticano ha invece diviso. Da una parte gli apologeti di Pio XII, fieri che Ratzinger abbia rotto gli indugi e fiduciosi di vedere Pacelli elevato presto agli altari. Dall'altra parte i critici di Pio XII, inquieti che la decisione vaticana offenda le comunit ebraiche e penalizzi il dialogo interreligioso. In realt, la doppia notizia di questi giorni andrebbe sottratta sia al tempo troppo rapido delle news, sia al riflesso quasi pavloviano delle contrapposte appartenenze. Andrebbe consegnata a un'analisi pi distesa, a una riflessione pi storica. Si scoprirebbe forse, a quel punto, che non tutto il male viene per nuocere. Lo sciagurato furto di Auschwitz ha offerto una testimonianza straordinaria di come la Polonia stia cambiando. Nelle quarantotto ore intercorse fra il trafugamento dell'insegna e il suo ritrovamento, il paese natale di papa Wojtyla - amico vero degli ebrei - stato colpito da un trauma collettivo. Di l dalla mobilitazione poliziesca per identificare e arrestare i responsabili del furto (a quanto sembra, non immediatamente legati a circoli neonazisti), la Polonia si dimostrata compatta nel vivere l'episodio criminale come un terribile memento dei suoi trascorsi di nazione antisemita Pochi anni fa, la pubblicazione di un libro di storia che sottolineava il volenteroso contributo dei polacchi alla Soluzione finale del problema ebraico (Jan T. Gross, I carnefici della porta accanto, Mondadori 2002) aveva suscitato reazioni piccate e scomposte nella Polonia dei fratelli Kaczynski e di Radio Maryia. Oggi, l'antisemitismo che tuttora alligna in alcuni settori della societ polacca ha dovuto inchinarsi alle passioni e alle ragioni di una nazione altrimenti matura e civile. Quanto alla prospettiva di un'elevazione agli altar i di Papa Pacelli, non c' dubbio che si tratti di una faccenda carica d'implicazioni gravi. Lo attestano i segnali di protesta che si vanno levando oltrech dalle comunit ebraiche - dagli ambienti cattolici pi impegnati sul fronte dell'ecumenismo. La decisione di Joseph Ratzinger minaccia di riaprire ferite che ci si poteva augurare rimarginate per sempre grazie all'impegno di Karol Wojtyla. Eppure, anche nel caso del decreto vaticano su Pio XII non tutto il male viene per nuocere. Perch qualunque cosa la Chiesa cattolica voglia decidere riguardo alla beatificazione di un papa, la collettivit intera ha ancora bisogno di studiare, di ragionare, di sapere intorno alla questione del rapporto fra carnefici, vittime e spettatori della Shoah. La storia guadagna poco da un approccio di tipo giudiziario, da una dialettica secca colpevole/innocente. E tanto meno guadagna la storia della Shoah, che tra il bianco e il nero conobbe infinite gradazioni di grigio. Pio XII non va trasformato nell'unico responsabile di quella che fu l'indifferenza diplomatica - o, peggio, il calcolo politico -anche delle maggiori potenze impegnate nella guerra contro il nazismo. Dal 1941 al '45, il silenzio di Churchill e di Roosevelt (per tacere di Stalin) fu altrettanto assordante del silenzio di Papa Pacelli Ci detto, il Vaticano potrebbe ben guardare alla vicenda di cattolici i quali, durante la Soluzione finale, mostrarono di possedere "virt eroiche" assai pi sviluppate che quelle di Pio XII. Uno per tutti: Jan Karski, eccezionale figura di messaggero della Resistenza polacca presso i governi alleati. In un giorno d'agosto del 1942, questo giovane uomo vide lo spettacolo inenarrabile del ghetto di

Varsavia, e da allora ebbe una sola idea fissa: far sapere al mondo che gli ebrei venivano sterminati. Le torture dei nazisti non lo fermarono. Fra il '43 e i1 '44 Karski fu a Londra, fu a Washington, buss a tutte le porte di tutti i potenti della coalizione antihitleriana. Non fu creduto, ma non smise di battersi per salvare - se non la vita degli ebrei - almeno la coscienza del mondo. Lui s che

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di battersi per salvare - se non la vita degli ebrei - almeno la coscienza del mondo. Lui s che andrebbe fatto santo, santo subito. Sergio Luzzatto insegna storia moderna all'Universit degli studi di Torino

Il decreto di papa Ratzinger e quella strada gi battuta di Alberto Melloni in Corriere della Sera del 22 dicembre 2009 il Con decreto che riconosce l'esercizio in grado eroico delle virt in Pacelli e Wojtyla, Benedetto

XVI ha imboccato una via gi battuta Nel 1965, davanti all'iniziativa polacca per far santo Roncalli in concilio e alla minaccia degli oppositori di sommergerlo di firme in favore di Pio XII, Paolo VI scelse di aprire un processo ordinario di canonizzazione per entrambi Nel 2000 Giovanni Paolo II beatific Pio IX insieme a Giovanni XXIII, affidando al tempo l'onere lieve di discernere. Nel suo decreto (non necessariamente nella beatificazione) Ratzinger ha associato il papa che per difendere il Vaticano II dal relativismo lefebvriano ricorse alla scomunica, a quello che condann i teologi creati cardinali mezzo secolo dopo aver assaggiato il bastone di Roma. Nell'atto che ha firmato, Benedetto XVI ha usato responsabilit tutte e sole sue: valutare la devozione e la esemplarit dei venerabili; derogare ai canoni nell'esame degli scritti e nei tempi d'attesa; assecondare l'idea che le cause pi controverse siano le pi urgenti; rompere con la tradizionale parsimonia di papi beatificati o beatificabili. Tutte cose che sta a lui decidere. Ma il nodo sta, come sempre, non nell'atto, ma nelle conseguenze. Se qualcuno sperava che il papa penitente al Muro del pianto facesse da contrappeso al papa di un silenzio che, come dice Gian

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penitente al Muro del pianto facesse da contrappeso al papa di un silenzio che, come dice Gian Maria Vian, ci fu, ha sbagliato, come si vede in queste ore. Il turbine storico della Shoah non cosa che si risolva addebitando a complotti israeliani o bolscevichi le questioni o rinserrando la discussione nel falso dilemma assoluzione/condanna per un uomo, una chiesa, un tempo. Ci che l'Europa, il Novecento e la chiesa hanno scoperto di s durante la Shoah non appartiene alle leggende: storia, che va letta e ascoltata nella sua verit. Con le domande brucianti che porta, le ferite che chiede di rispettare, senza farsi ingannare da compiacenze che lasciano la chiesa sola davanti a conseguenze difficili.

Pio XII non condann i nazisti


intervista a Daniele Menozzia cura di Luca Kocci in il manifesto del 22 dicembre 2009 Tre giorni dopo il riconoscimento delle "virt eroiche" di papa Pio XII, preambolo alla beatificazione, da parte di papa Ratzinger, il mondo ebraico manifesta a gran voce la sua contrariet alla santificazione di un pontefice da pi parti accusato di aver taciuto di fronte alla tragedia della Shoah. Anche se ieri Benedetto XVI, nel discorso alla Curia romana, ha detto che l'Olocausto ha cacciato dal mondo anche Dio, non si placano le polemiche. La beatificazione di Pio XII inopportuna e prematura, sino a quando i suoi archivi del periodo 1939-1945 resteranno chiusi e non si saranno chiarite le sue azioni, o inazioni, sulla persecuzione di milioni di ebrei durante l'Olocausto, dichiara Ronald Lauder, presidente del World Jewish Congress. E gli ebrei italiani, il presidente dell'Unione delle Comunit ebraiche italiane Renzo Gattegna e il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, che il prossimo 17 gennaio accoglier papa Ratzinger in visita alla sinagoga della capitale, pur non volendo interferire su decisioni interne della Chiesa, ribadiscono che se la decisione vaticana significasse un giudizio definitivo e unilaterale sull'operato storico di Pio XII, la nostra valutazione rimane critica. La ricerca storica ha dimostrato che Pio XII intervenuto solo a livello diplomatico, facendo presente al governo di Hitler che la Santa Sede non condivideva le persecuzioni contro gli ebrei, spiega Daniele Menozzi, docente di Storia contemporanea alla Scuola normale superiore di Pisa ed esperto del papato novecentesco. Ma papa Pacelli - prosegue - non ha mai assunto una posizione pubblica di condanna durante la guerra. E questo dimostrato anche dal fatto che nel magistero pontificio del periodo bellico la parola ebrei non viene mai usata. Pio XII la pronuncer solo molti anni dopo, a guerra finita, per dire che non si poteva fare nulla di pi di quello che stato fatto, in una sorta di autoassoluzione. Alcuni storici vicini alla Santa Sede sostengono che il silenzio di Pio XII fosse tattico, per consentire alla Chiesa di poter aiutare gli ebrei in segreto, per esempio nascondendoli nei conventi. Cosa ne pensa? Istituzioni ecclesiastiche e singoli cattolici hanno sicuramente offerto una via di scampo a molti ebrei, ma il punto non questo. La ricerca non pu assumere le categorie con cui gli attori giustificano i loro comportamenti, perch il giudizio storico pu tenere conto delle intenzioni ma deve basarsi sui fatti e sui risultati. E i risultati sono che i silenzi di Pio XII non hanno evitato lo

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deve basarsi sui fatti e sui risultati. E i risultati sono che i silenzi di Pio XII non hanno evitato lo sterminio degli ebrei, anzi hanno fatto parte del contesto in cui esso si verificato. Aggiungo tuttavia che constatare il silenzio di Pacelli sulla Shoah non vuol dire che non ne fosse intimamente inorridito, n che non la condannasse e nemmeno che non cercasse di limitarne, tramite la via politico-diplomatica, le spaventose conseguenze. Significa solo che non prese pubblica posizione su di essa. Insieme a Pio XII, papa Ratzinger ha riconosciuto anche le "virt eroiche" di Giovanni Paolo II, dicendo che "i santi non sono rappresentanti del passato ma costituiscono presente e futuro della nostra societ". Esiste una sorta di "politica" vaticana delle canonizzazioni? Per secoli la Chiesa di Roma non ha santificato dei papi. Poi, a partire dalla seconda met del '900, proprio con Pio XII, si iniziato a canonizzare pontefici, soprattutto quelli del XX secolo, avviando una prassi, interrotta solo da Giovanni XXIII e Paolo VI, per cui i papi vengono fatti santi. C' una spiegazione: un papato che si sente in difficolt in una societ contemporanea che sfugge al suo controllo tende a rafforzarsi santificando se stesso. La decisione di aff iancare Pio XII e papa Wojtyla casuale? Non credo. Mi sembra che si voglia ripetere quanto venne fatto da Giovanni Paolo II nel 2000 beatificando Pio IX, ovvero un papa molto controverso, insieme con Giovanni XXIII, un papa al

contrario molto popolare. E anche oggi si mettono insieme il discusso Pio XII con il popolarissimo Wojtyla. Ma le difficolt mi sembrano maggiori perch il rapporto di Pacelli con il mondo ebraico una ferita ancora aperta.

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Il papa dei troppi silenzi


di Marco Politi in il Fatto Quotidiano del 22 dicembre 2009 Santo no. Anche se appare un leader importante della Chiesa del Novecento. Pio XII, che papa Ratzinger sta portando sugli altari, resta una figura controversa. Difficile presentarlo come simbolo e modello da seguire. bastato che Benedetto XVI firmasse il decreto sulle virt eroiche di Eugenio Pacelli (ultimo passo, oltre al riconoscimento di un miracolo, prima della beatificazione ufficiale) perch esplodesse nuovamente la crisi fra Ratzinger e il mondo ebraico. Il Papa dovrebbe recarsi in visita alla Sinagoga il 17 gennaio, ma ora tutto in forse. Gi lanno scorso, proprio a causa dellesaltazione di Pio XII fatta da Ratzinger, lassemblea rabbinica italiana aveva cancellato la tradizionale giornata dincontro cattolico-ebraica. Faticosamente si era riallacciato il dialogo e adesso arriva la nuova gelata. Dietro le quinte sono in corso negoziati molto tesi perch il Vaticano garantisca che la beatificazione di Pacelli non abbia luogo almeno nel 2010 assieme a quella di Karol Wojtyla. Continua a pesare su Pio XII latteggiamento di diplomatica prudenza di fronte allOlocausto, quel silenzio che gli fu rimproverato dal drammaturgo Rolf Hochhuth nellopera teatrale Il Vicario, che nel 1963 si conquist risonanza mondiale. Ancora oggi i maggiori rappresentanti dellebraismo gli rimproverano di non avere detto una parola quando i nazisti rastrellarono a Roma, quasi sotto le finestre del Palazzo apostolico, e oltre mille ebrei che vennero deportati ad Auschwitz il 16 ottobre 1943. Negli ultimi ventanni limmagine di papa Pacelli rimasta schiacciata sulle vicende della Shoah, paradossalmente dopo che nellimmediato dopoguerra esponenti ebraici di primo piano come il premier israeliano Golda Meir lo avevano elogiato come difensore delle vittime dellOlocausto. In effetti immaginare Pio XII tollerante verso il nazismo o peggio suo complice secondo la tesi adombrata nel titolo del libro Hitler s Pope - Il Papa di Hitler dello scrittore britannico John Cornwell una falsit. Pacelli aveva orrore di Hitler e dellideologia neopagana e razzista del nazismo. Negli archivi sono state trovate anche tracce di un suo cauto, ma convinto appoggio ai tentativi di circoli dellestablishment tedesco di eliminare il Fhrer. N si pu dimenticare limpulso da lui dato a istituzioni e conventi cattolici per salvare in ogni modo un numero grandissimo di ebrei. E tuttavia, nella stagione cruciale del duello mortale ingaggiato tra il nazifascismo e lo schieramento antifascista, divenuto poi in guerra il fronte degli alleati, Eugenio Pacelli rimasto vittima di una concezione tutta politica e diplomatica della sua missione. Era preoccupato di salvaguardare per la Santa Sede una posizione al di sopra delle parti nel conflitto mondiale, preoccupato di garantire i diritti della Chiesa cattolica tedesca attraverso il Concordato offertogli da Hitler, preoccupato di mantenere per la Germania una funzione di baluardo nei confronti del bolscevismo, convinto di scegliere il male minore non chiamando per nome la bestiale persecuzione degli ebrei nellintento di salvarli dietro le quinte. Cos Pio XII non ha saputo essere allaltezza del momento storico. Quanto pi negli ultimi cinquantanni cresciuta la consapevolezza internazionale del carattere radicalmente disumano della Shoah tanto pi appare chiaro che Pio XII ha mancato nel ruolo profetico che dovrebbe svolgere un vicario di Cristo. Ci sono tappe precise che testimoniano dei fallimenti di papa Pacelli, non riscattati dalla sincerit delle sue intime angosce. Come segretario di Stato vaticano Pacelli preme nel 1933 sul partito cattolico tedesco Zentrum affinch voti i pieni poteri a Hitler, prologo della dittatura organica. A Pacelli interessava ottenere il concordato con il Terzo Reich. Eppure i cattolici del Zentrum e i socialdemocratici avevano voti abbastanza per impedire lapprovazione della legge, ma Pacelli, diffidente della democrazia e avverso ai socialdemocratici, volle altrimenti. Subito dopo la

conferenza episcopale tedesca fu costretta ad abrogare i suoi precedenti pronunciamenti antinazisti. E quando si verific il gigantesco pogrom antiebraico della Notte dei Cristalli, la Chiesa stette in silenzio.

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Appena eletto pontefice Pacelli mise nel cassetto il progetto di unenciclica contro lantisemitismo, progettata dal suo predecessore Pio XI. Non condann decisamente la violazione della neutralit di Belgio e Olanda da parte delle truppe tedesche. Suscit amarezza nei cattolici polacchi, che non si sentirono abbastanza difesi. Non denunci apertamente lo sterminio degli ebrei, pur mandando messaggi chiari di simpatia e solidariet al popolo ebraico usando un linguaggio allusivo. in questo quadro che si situa il tragico silenzio sul rastrellamento dei 1021 ebrei romani nel 1943. Silenzio osservato, nella sua ottica, per aiutare le vittime. Papa Wojtyla, nel suo viaggio in Germania nel 1996, elogi i vescovi olandesi che avevano protestato pubblicamente contro le persecuzioni antisemite. La reazione nazista fu spietata, ma la citazione di Giovanni Paolo II rivel eloquentemente che il pontefice polacco riteneva che dinanzi allAnticristo non bisognasse fermarsi a fare di conto tra profitti e perdite. Pio XII stesso sapeva che il suo silenzio sarebbe stato giudicato. Lo documenta linteressante biografia di Andrea Tornielli (Mondadori). Tormentato, ne parl gi nellottobre del 1941 con lallora nunzio Angelo Roncalli, futuro Giovanni XXIII. E appelli a levare profeticamente la sua voce gli vennero da personalit cattoliche francesi come Mounier e Mauriac, da Edith Stein, dal gesuita tedesco Friedrich Muckermann che gi negli anni 30 si chiedeva perch la Chiesa si fermasse alla tattica e non denunciasse il nazismo con la stessa forza con cui combatteva il bolscevismo. E cos i silenzi di Pacelli hanno finito per oscurare anche il suo ruolo rilevante allinterno della Chiesa dopo la guerra. A studiarlo attentamente, il suo pontificato mostra importanti aperture nellincoraggiare gli studi di esegesi biblica. lui a dare un primo placet alle teorie evoluzioniste di Darwin come ipotesi accettabili. lui ad autorizzare nei paesi del nord le messe nelle lingue nazionali. Lui a occuparsi per primo della regolamentazione delle nascite attraverso losservanza dei periodi fecondi e infecondi della donna. Lui, persino, a progettare un Concilio che mai si terr. Poi c il capitolo della politica italiana, ma questa come direbbe Kipling unaltra storia.

La rivolta dei rabbini italiani: scelta inopportuna e insensibile


di Alessandro Speciale in Liberazione del 22 dicembre 2009 Nemmeno "accoppiarlo" a Giovanni Paolo II, il pontefice pi amato dagli ebrei - e non solo - bastato a smorzare le polemiche: Benedetto XVI ha firmato sabato scorso i decreti che riconoscono le virt eroiche di papa Wojtyla e di papa Pacelli, un passo chiave verso l'elevazione agli altari dei due successori di San Pietro. Ma se la prima firma era ampiamente pronosticata dagli esperti e ferventemente attesa dai "supporter" del papa polacco, la promozione a venerabile di Pio XII arrivata come un fulmine a ciel sereno, riportando il barometro delle relazioni tra ebrei e Chiesa cattolica sulla "tempesta". Anche la visita, annunciata per il prossimo 17 gennaio, di papa Ratzinger alla sinagoga di Roma, potrebbe essere messa in forse. La causa di beatificazione di Pacelli era ferma sulla scrivania di papa Ratzinger da oltre un anno, da quando cio i vescovi e i cardinali della Congregazione vaticana per le Cause dei Santi avevano votato a favore del decreto. Perch il decreto diventasse operativo mancava la firma del pontefice, che aveva per preferito rimandare di mese in mese, indotto alla prudenza dalle polemiche sul "silenzio" di Pacelli di fronte alla Shoah. Per vederci chiaro, Ratzinger aveva ordinato ad una

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"silenzio" di Pacelli di fronte alla Shoah. Per vederci chiaro, Ratzinger aveva ordinato ad una commissione speciale di sua nomina di condurre un supplemento d'indagine sull'incartamento del processo di Pio XII. L'esito dei lavori, evidentemente, deve aver soddisfatto il pontefice, che sabato - come detto - ha fir mato il decreto. Adesso, per diventare "beati", tanto a Wojtyla quanto a Pacelli manca solo l'accertamento, da parte sempre della Congregazione per i Santi, di un miracolo avvenuto per loro intercessione: un adempimento che, nel caso di Giovanni Paolo II, dovrebbe essere poco pi che una passeggiata, dato che i potenziali "miracolati" non mancano e i documenti medici sono gi pronti da tempo (e infatti probabile la beatificazione gi nell'ottobre dell'anno prossimo); nel caso di Pacelli, invece, anche se trovare il "miracolo" giusto non sar forse cos semplice, la strada verso gli altari, a questo punto, sembra comunque spianata. L'annuncio vaticano ha provocato immediatamente le reazioni. Il rabbino David Rosen, veterano del dialogo ebraico-cattolico, ha criticato la insensibilit di Benedetto XVI mentre per il presidente dei rabbini italiani, Giuseppe Laras, la decisione papale riaccende considerazioni che per noi sono sempr e dolorose. Pi meditata, ma non meno aspra, la reazione del presidente del World Jewish Congress, Ronald S. Lauder, che ieri ha parlato in una nota di scelta inopportuna e prematura. Ma se queste polemiche erano, probabilmente, previste in Vaticano e considerate tutto sommato accettabili, ben diversa la questione della visita di papa Ratzinger alla sinagoga di Roma. Un annullamento dell'appuntamento del 17 gennaio avrebbe una risonanza mondiale, che difficilmente potrebbe essere cancellata. Non a caso, da entrambe le parti, si lavora alacremente per "salvare" una visita che stata fortemente voluta in primis dalla comunit ebraica della Capitale, per chiudere la crisi aperta, prima, dalla liberalizzazione della messa tridentina in latino (con la sua preghiera "per la conversione degli ebrei"), e poi dalla revoca della scomunica dei quattro vescovi lefebvriani, compr eso il negazionista Richard Williamson. A fare le spese di queste polemiche, quest'anno, stata l'annuale giornata di dialogo tra cattolici ed ebrei, ripristinata invece per il 2010 dopo un paziente lavoro di tessitura da entrambe le parti. Adesso, con l'avvicinamento di papa Pacelli agli altari, dalla Comunit ebraica romana fanno sapere che ora difficile che certi nodi non vengano al pettine. Tracciando il bilancio dell'anno che si va concludendo, papa Ratzinger ha ricordato ieri con toni vibranti la sua visita al memoriale dell'Olocausto Yad Vashem del maggio scorso: Un incontro sconvolgente con la crudelt della colpa umana, con l'odio di un'ideologia accecata che... ha voluto cacciare dal mondo anche Dio. Ma anche queste parole potrebbero non bastare: come ha ricordato ier i la filosofa Donatella Di Cesare, gli ebrei contestano alla Chiesa non solo di occultare i propri errori ma anche di voler cristianizzare la Shoah.

La cattedra dei non credenti


di Aldo Maria Valli in Europa del 22 dicembre 2009 Si potrebbe parlare di nuova frontiera di papa Benedetto. Il dialogo tra le religioni importante, e non bisogna stancarsi di perseguirlo, ma oggi ce n un altro da realizzare, forse ancora pi importante: quello fra credenti e non credenti. Ratzinger lo dice davanti ai cardinali riuniti in Vaticano per gli auguri di Natale, occasione nella quale per tradizione il papa fa il bilancio dellanno trascorso, ricordando le tappe pi significative della sua missione. Ed rievocando il viaggio nella Repubblica Ceca, antica nazione cristiana percorsa oggi da un crescente processo di secolarizzazione, che Benedetto XVI affronta largomento. Anche le persone che si considerano agnostiche o atee, dice, devono stare a cuore a noi credenti, il che impone di trovare strade nuove di dialogo, perch a volte queste persone forse si spaventano quando sentono che la Chiesa parla di evangelizzazione. La questione riguardante Dio, secondo Benedetto, ineludibile per ogni uomo. E ha decisive conseguenze sul piano storico, come dimostra il fatto che la cultura occidentale nata, attraverso il monachesimo, proprio da uomini che cercavano Dio (tema al centro della lezione ratzingeriana tenuta durante la visita a Parigi). La Chiesa ha quindi il compito di tornare costantemente sullargomento Dio, e in forme sempre adeguate rispetto ai tempi. Gi il profeta Isaia, citato da Ges, immaginava una parte del tempio come un luogo in cui consentire la preghiera a popoli diversi e nel quale i gentili (i non israeliti) potessero rivolgersi al Dio sconosciuto. I credenti convinti e praticanti potevano accedere al tempio per celebrarvi i misteri, gli altri, i lontani, potevano entrare nel cortile dei gentili, cos da avere anche loro un dialogo con Dio, sia pure in un modo diverso e nonostante le oscurit che li caratterizzavano. Ecco, dice Benedetto, oggi dovremmo fare qualcosa del genere: un moderno cortile in cui consentire ad atei e agnostici di avvicinare Dio sia pure in quanto sconosciuto. una proposta-provocazione culturale dai contorni suggestivi. Ricorda un po la cattedra dei non credenti alla quale il cardinale Carlo Maria Martini diede vita nei suoi anni milanesi ed in linea anche con il lavoro che il cardinale Camillo Ruini sta realizzando con il suo progetto culturale (si veda il convegno di qualche tempo fa a Roma), allinterno del quale c spazio per un confronto anche con tutti quelli che, pur dicendosi atei o agnostici, avvertono la nostalgia di Dio. Benedetto, che in questi anni, specie negli incontri con i suoi collaboratori, ha chiesto spesso di

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Benedetto, che in questi anni, specie negli incontri con i suoi collaboratori, ha chiesto spesso di andare allessenziale tralasciando tutto ci che non fa parte del compito di chi chiamato a portare Dio nel mondo, anche nel discorso tenuto nel solenne scenario della sala Clementina ribadisce questa urgenza. Come sacerdoti, dice Benedetto XVI ai cardinali e ai membri della curia romana, siamo a disposizione di tutti, sia per coloro che conoscono Dio da vicino, e ne sperimentano lattenzione amorevole, sia per coloro che lo considerano come lo Sconosciuto. Di qui laugurio di Natale del papa: essere sempre di pi amici di Cristo e di Dio, per poter essere veramente sale della terra e luce del mondo.

I musulmani e i tempi dellintegrazione


di Tito Boeri in Corriere della Sera del 23 dicembre 2009 Caro Direttore, dunque Giovanni Sartori ha deciso che gli immigrati di fede islamica non sono integrabili nel nostro tessuto sociale, non devono poter diventare cittadini italiani ( Corriere del 20 dicembre, ndr). Non si tratta di unaffermazione di poco conto. Parliamo di circa un milione e mezzo di persone che oggi vivono in Italia. Da cosa trae Sartori questa convinzione? Da unanalisi dei processi di integrazione degli immigrati di fede islamica in Paesi a pi antica immigrazione? Si direbbe di no. Il 77 per cento dei maghrebini di seconda generazione immigrati in Francia ha sposato una persona di cittadinanza francese. Dichiarano di sentirsi francesi tanto quanto gli altri immigrati. In Germania un figlio di immigrato turco (al 90 per cento di religione islamica) ha la stessa probabilit di un figlio di immigrato italiano di sposarsi con una persona nata in Germania. Si identificano di pi con il Paese che li ha accolti di quanto non facciano i figli dei nostri emigrati. Nel Regno Unito gli immigrati del Pakistan o del Bangladesh, le due pi grandi comunit di fede islamica ivi presenti, si integrano allo stesso modo degli indiani, dei caraibici e dei cinesi. Si sentono britannici e parte del Regno Unito pi degli immigrati di fede cristiana, anche se mantengono la loro religione. Si integrano economicamente e socialmente, nel lavoro, sposandosi con persone del Paese che li accoglie e parlando a casa linglese, indipendentemente da quanto spesso vadano in moschea, da quanto siano devoti allIslam. Ritengono di poter essere al tempo stesso britannici e musulmani. Si sbagliano forse? Pensa Sartori, come quei sindaci leghisti che si battono contro la costruzione di moschee nelle loro citt, che chi nasce in Italia, studia, lavora e paga le tasse da noi, per diventare italiano debba abbandonare la fede islamica? Non voglio certo negare che ci sia un problema di integrazione degli immigrati in generale e dei musulmani in particolare. Ma trattare di questi problemi con superficialit, alimentando pregiudizi tanto diffusi quanto lontani dalla realt non aiuta certo a risolver li. Impedire poi ai musulmani di praticare la loro religione da noi, a differenza di quanto avviene in Paesi che da decenni ospitano grandi comunit di fede islamica, e precludere loro a priori la cittadinanza italiana, serve solo ad allungare i tempi dellintegrazione.

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Natale e il mantello della compassione


di don Angelo Casati in www.sullasoglia.it del dicembre 2009 Mi fermo nella notte a immaginare il bagliore degli occhi dei profeti. Occhi dei profeti e occhi delle sentinelle. Mi emoziona il loro guardare lontano, bucando la notte. Fino a intravederne il minimo sussulto, fino ad avvistarne il minimo intenerimento nel cielo. I loro occhi e la voce. E la passione che ne riga la voce fino ad accenderla. Mi emoziona anche il loro destino. Il destino delle sentinelle e dei profeti, spesso trattati come in vigilia di pazzia, disturbatori dellordine, in genere poco ascoltati. Migliore sorte per chi ripete i luoghi comuni, per chi non osa disturbare il manovratore, per chi non si arrischia a negargli un credito, unautorit morale. Oggi li vado cercando. Cerco i profeti dellantico e poi del nuovo testamento. Cerco quelli della mia giovinezza, ancora era una terra di voci alte, voci lungimiranti nella notte. E poi con sete cerco oggi, cerco quelli del mio tempo. Io che non ho occhi. Oggi, vedendo lo sfascio, mi va almeno di ringraziar li. Quando sar giorno e si converr che i loro occhi avevano visto lontano, qualcuno certamente, succede sempre, si azzarder a difendere la buona fede dei loro miopi oppositori, con la giustif icazione che i fatti vanno collocati nel tempo e non si pu con gli occhi di oggi condannare le miopie del passato. Vi confesso che ho sempre ascoltato con diffidenza le ragioni di chi trova facile giustificazione ai silenzi di chiese e societ adducendo la scusa dei tempi. Se non altro perch in questi nostri tempi di miopie ci accaduto di udire per grazia voci di allarme. Inascoltate! Cera chi aveva occhi per denunciare ci che stava avvenendo. Alcuni di noi alzavano la voce. Ma le finestre erano chiuse e le porte sbarrate e le stanze a prova di pareti desonorizzate. Poi il grido moriva in gola, le finestre rimanevano chiuse, le porte sbarrate, le stanze irrealmente ovattate. Vorrei oggi onorare le sentinelle e i profeti che lucidamente avvistavano lapprossimarsi di un pericolo esiziale per la fede, quello di un cristianesimo senza volto. Il loro grido era: Voi dite Ges. Ma non il Ges dei vangeli. E tuttaltro! E solo un nome!. Li hanno guardati come fossero contestator i. Ed era invece passione di Ges, passione del vangelo. Leggevano un allontanamento. Quello a cui un Papa aveva pensato di dare sapiente rimedio con un Concilio. Perch ci fosse ricongiungimento. Ricongiungimento tra immagine di chiesa e vangelo. Perch pu succedere di celebrare riti, di sfornare a getto continuo e impressionante documenti, e di ritornare dalle chiese con la faccia triste, come discepoli a cui non toccato di sentire ardere in petto il cuore. Giorni fa unamica mi raccontava di alcuni giovani da lei conosciuti, sinceri, disarmanti nel confessarle che quando succede loro di uscire dalle chiese senza che abbiano sentito arder e il cuore, vanno a leggersi i discorsi di Obama, perch l le dicevano finalmente troviamo qualcosa che fa ardere il nostro cuore. Ascoltandola, alla mente mi si affacciava una strada lontana, strada verso Emmaus, con un sole obliquo in bagliore di annegamento e due viandanti che sentirono passi diversi e voce e parole diverse da un compagno di un viaggio di poche ore, compagno di parole che facevano ardere il cuore. Poi lo riconobbero, era Ges, nella locanda, lo riconobbero in quelle mani, le sue, che spezzavano il pane. Purtroppo noi alle sue parole abbiamo sostituito le nostre. E non fanno ardere il cuore. Orpelli ad annegamento di vangelo. Mentre la salvezza la sua nudit, nudit di parole e di vita. Quella nudit ti fa fermare per improvviso sbalordimento. Anche a Natale.

Me ne venivo, una sera di queste, per una via del centro, il sole non arrivava obliquo, mi succedeva per in quellor a di sognare alle spalle passi diversi, voce e parole diverse. E di augurarmi che a

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per in quellor a di sognare alle spalle passi diversi, voce e parole diverse. E di augurarmi che a passare in incognito in mezzo a quel serpentone di folla in striscio di vetrine fosse lui, il viandante in incognito. Mi andavo chiedendo se avrebbe osato la stessa domanda che os con Cleopa e il suo compagno: perch ve ne andate con il volto triste?. Guardavo il serpentone di folla in striscio e struscio di vetrine. Pensai che avrebbe osato la stessa domanda. Perch scrive Giovanni. lui conosce ci che c nelluomo (Gv 2,25). Lui conosce. Vede oltr e la vernice. Legge solitudini dello spirito con tentativi ingenui di annegamento. E gli occhi andavano alle vetrine, andavano e si ritraevano, come portando colpa per sguardi a prezzi che suonano insulto a una umanit impoverita. Andavano gli occhi, per poi subito ritrarsi, ai manichini che oggi hanno preso forma di corpi umani, siluette scintillanti a cattura di sguardo. Per un attimo, ve lo confesso, mi parvero metafora del male cui sopra accennavo. Mi colpiva che fossero figure senza volto, derubate di connotati precisi, di occhi, di labbra di cui ci innamoriamo. Figure senza volto. A cui oggi puoi dare un vestito, domani un altro, accolgono tutto senza ribellioni, un vestito ad ogni stagione. Manichini per tutte le stagioni. Per un brivido di secondo mi prese la paura che a tanto fossimo arrivati con il cristianesimo, a un Cristo ridotto a manichino senza volto, senza la sua vita concreta, senza le sue scelte concrete, senza le sue parole e i suoi gesti, e ognuno vi attacca impudentemente il suo vestito. Non forse quello che sta capitando? Il pericolo, ma ormai non pi un pericolo, spettacolo sotto i nostri occhi, quello di non confrontarci pi con la vita reale di Ges. E allora pu succedere che si pretenda di difendere il Natale, il mistero di un Dio che condivide, che annulla le distanze, esiliando uomini e donne che hanno un diverso colore della pelle! E che, nel giorno di una nascita in cui Dio sconfina e chiede di sconfinar e, ci si ubriachi nellorgoglio di innalzare muri! O ci si impalchi a difensori del crocifisso, il mistero di un Dio che dallalto della croce ha abbattuto il muro della separazione e della inimicizia, dicendo Li possano tutti ammazz!. Cristo e cristianesimo come i manichini che scintillavano dalle vetrine illuminate a giorno. Guardavo e ritraevo gli occhi, quasi avessero sorpreso un male del cristianesimo, forse il vero male perch lo svuota, un male segnalato da sentinelle inascoltate. Ma a soccorso della tristezza, a scudo da invasione danima, miracolosamente mi sentii attraversare quella stessa sera, traversata di grazia, da pensieri in controtendenza. Pensieri di speranza che vorrei oggi affidarvi. Augurio di Natale? Pensieri che mi sollevavano. Io sono innamorato, lo confesso di Ges, Ges di Nazaret, anche se non sempre mi riesce di seguirne la limpidezza della voce. Innamorato di lui, mi commuovo quando per grazia incrocio uomini e donne che in lui hanno trovato un pozzo dacqua che disseta. Mi era capitato nel giorno dei santi, e non ho vergogna di dirlo, di commuovermi alle parole scritte da un non credente, dietro uno scambio di pensieri tra lui e un cardinale, il cardinale Carlo Maria Martini. Loccasione era stata la lettura dellultimo libro del cardinale meditazioni sulla preghiera. Giustificando il tema inusuale del suo editoriale Eugenio Scalfari scriveva: Mi sentivo stanco di visitare e rivisitare problemi importanti ma ripetitivi, che per di pi dimostrano un tale stato di degradazione da esser diventati ripugnanti per ragioni estetiche prima che ancora morali e politiche. Sicch mi sono assai confortato leggendo la prosa del cardinale. Ho pensato di cogliere l'occasione che il suo scritto mi offriva e intervenire anch'io sullo stesso argomento. Penso che i miei lettori ne saranno contenti. Il tema del cardinale riguarda la preghiera dei vecchi. Detto in altro modo e lui stesso ne fa menzione si tratta d'una meditazione sulla morte da parte di chi, pur in buona salute, la vede approssimarsi incalzata dal calendario. Martini profondamente

religioso, ad un punto tale da potere e volere colloquiare anche con i non credenti e mettere in comune esperienze cos disparate. Io sono per l'appunto uno di quelli e meditare assieme a lui mi ha dato grandissima pace tutte le volte che tra noi accaduto. E a conclusione dellarticolo ecco le parole che allora lessi e oggi rileggo con emozione: La vecchiaia restringe la nostra vitalit, limita le capacit del corpo e concentra quelle delle mente. In alcuni il desiderio del potere soverchia gli altri. patetico vedere come alcuni vecchi restino aggrappati al potere, la loro zattera di salvataggio che non li porter ad alcuna salvezza, la loro rabbia nel vederselo strappato brano a brano, la solitudine del loro io denudato giorno per giorno dagli orpelli dei quali l'avevano rivestito. Altri si effondono nell'amore. Non dico nell'erotismo, dico amore. Amore per gli altri e per quelli a loro pi prossimi, quelli dai quali hanno ricevuto amore e ai quali l'hanno restituito. Quando questo avviene, l'io non solo, non denudato, non disperato, anzi pi ampio e pi ricco. Non ha nessun bisogno di chiamarsi e di sentirsi io ma si sente noi e quella la sua ricchezza. Oggi il giorno di tutti i santi, ma non ci sono santi laici, ci sono soltanto anime amorose che lasciano lungo la strada il pomposo mantello dell'egoismo e indossano quello della compassione con il quale ricoprono s e gli altri. Lei, carissimo cardinale Martini, ha un amplissimo mantello di compassione, di passione per gli altri. Col suo mantello ricopre anche me talvolta come il mio pu ricoprire anche lei. Per questo la Nera Signora non ci spaventa. per questo sia lei che io

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ricoprire anche lei. Per questo la Nera Signora non ci spaventa. per questo sia lei che io sentiamo nel cuore il messaggio che incita all'amore del prossimo. A lei lo invia il suo Dio e il Cristo che si incarnato; a me lo manda Ges, nato a Nazareth o non importa dove, uomo tra gli uomini, nel quale l'amore prevalse sul potere. Come non ringraziare il non credente che con accenti commoventi mi ha ricordato il mantello? Il presepe, quello vero, quello dei vangeli, non ci ricorda forse il mantello di Dio, il mantello della sua compassione e della sua passione? E che altro ci rimane se non ricoprirne noi stessi e gli altri?

Gli archivi britannici confermano i silenzi di Pio XII sulla Shoah


di Filippo Ceccarelli in la Repubblica del 23 dicembre 2009 Oggi il Papa mi ha ricevuto in udienza per un'ora - telegrafa l'ambasciatore inglesi due giorni dopo la retata degli ebrei romani -. Sembrava in buone condizioni e di buon umore, il suo atteggiamento era sereno in rapporto all'attuale situazione, ma pienamente cosciente dei futuri pericoli.... Di solito le cancellerie non s'interrogano sulla futura santit dei loro interlocutori, tantomeno in guerra. Ma i documenti della diplomazia, per quanto anch'essi di scarso valore nella ricostruzione postuma delle eroiche virt, hanno comunque un loro valore perch aiutano, nella loro indispensabile parzialit, a far capire come i possibili santi reagiscono in certi momenti. Con tale premessa si d conto, in modo pi esteso di quanto lo si sia fatto finora, di un documento fra i tanti recuperati da Mario J. Cereghino negli archivi del Foreign Office di Kew Gardens e oggi consultabili presso l'Archivio Casarrubea di Partinico (www.casarrubea.wordpress.com). Si tratta della nota "segreta" che il 2 novembre del 1943 il ministro degli Esteri del Regno Unito Anthony Eden spedisce al visconte di Halifax, ambasciatore di Sua Maest a Washington, e che contiene il resoconto di un incontro che l'ambasciatore britannico presso la Santa Sede, Sir D'Arcy Osborne, ha avuto con Pio XII il 18 ottobre, cio proprio mentre alla stazione Tiburtina i militari tedeschi stavano imbarcando e sigillando in un treno diretto ad Auschwitz oltre mille ebrei romani: 1007 stabilisce Kappler, 1015 secondo la Comunit ebraica - la differenza sembra la facciano, disperatamente, i neonati. Papa Pacelli, diplomatico sottile, esordisce enfatizzando la situazione alimentare. Roma gi alla fame, le scorte di cibo sono sufficienti fino a quando i tedeschi saranno qui. Ma poi? Si capisce che il Pontef ice d per scontato un ritiro abbastanza imminente. In questo senso spera che gli alleati siano in condizione di provvedere ai beni di prima necessit. Al che Osborne traccheggia, non s'impegna. Pio XII insiste, richiama la possibilit di disordini, cerca garanzie sul minimo indispensabile, quindi esprime la sua preoccupazione sull'interludio tra la ritirata dei tedeschi e l'arrivo degli alleati. Nel corso della guerra, ora con gli uni, ora con gli altri, il Papa sta giocando da tempo una partita sul filo del rasoio, di alta acrobazia diplomatica, che assomiglia a un doppio gioco su due tavoli e prevede sottintesi, riserve, dissimulazioni, pure da modularsi a seconda degli interlocutori. L'impressione che Osborne non sia dei pi fidati.

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L'impressione che Osborne non sia dei pi fidati. Di nuovo in modo enfatico, annota l'ambasciatore, il Papa afferma che non abbandoner mai Roma per proteggere la sua incolumit, a meno di non esserne rimosso con la forza. Quindi aggiunge di non avere elementi per lamentarsi del generale von Stahel e della polizia tedesca, che finora hanno rispettato la neutralit della Santa Sede. E qui viene naturale di pensare che forse la questione non era questa, o soltanto questa. In realt Pio XII sa della deportazione, ancora freschissima. Si sa che ha cercato di scongiurarla smuovendo prelati tedeschi e sollecitando nazisti tiepidi o opportunisti. Comunque ha gi aperto le porte di chiese e conventi; il mese prima ha "prestato" dell'oro per allontanare le rappresaglie (15 chili dei 50 richiesti alla comunit ebraica provengono dal Vaticano). Se non suonasse irrispettoso per un Papa, Pacelli sta cercando, anche lui alla disperata, di salvarsi l'anima. Di norma, in questi casi, il potere mette in atto il dispositivo dello scambio e imbocca la logica del male minore. Forse ha ottenuto la certezza che a Roma, sotto la sua finestra, non ci saranno altre deportazioni di massa. Ma Osborne non in condizione di rispettarne la pena. Anzi, sembra irritato, va gi duro: la formula Roma citt aperta una farsa, dice. L'Urbe alla merc dei tedeschi che la affamano, arrestano gli ufficiali, i giovani, i carabinieri e - attenzione qui - applicano metodi spietati nella persecuzione degli ebrei. l'unico, significativo accenno. Il resto riguarda ci che all'inizio stava pi a cuore al Papa, che Roma non diventi un campo di battaglia. Per Osborne la faccenda militare, non pu garantire nulla. Tocca semmai al Pontefice salvaguardare i suoi diritti dai tedeschi. Pio XII replica che in tal

senso e fino a questo momento i tedeschi si sono sempre comportati correttamente. Ma anche l'ambasciatore insiste, con un approccio che suona diretto nella sua pur involuta formulazione: A mio parere molta gente ritiene che egli (il Papa) sottostimi la sua autorit morale e il rispetto riluttante di cui egli fatto oggetto da parte dei nazisti, tanto pi considerato che buona parte della popolazione germanica cattolica. Insomma, esca allo scoperto, dica qualcosa, condanni i nazisti. L'ho esortato a tenerlo bene in mente nel caso emergesse una situazione in cui in futuro fosse necessario applicare una linea forte. Cos si conclude l'incontro. Alle 20 di quel 18 ottobre il treno degli ebrei romani a Firenze; il 19 si ferma a Padova per prestar e assistenza ai prigionieri di ogni et che sono ammucchiati l dentro da 28 ore; ad Auschwitz arriva la notte del 22, e poco dopo entra nel lager. Se la santit ha un significato, dentro quei vagoni e poi nel campo ce n'era moltissima.

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"Credo alla Bibbia e non a Darwin"


intervista a Roberto De Mattei a cura di Leopoldo Fabiani in la Repubblica del 23 dicembre 2009 L'evoluzionismo non una teoria scientifica, ma una filosofia, un modo di vedere il mondo. Ancora nessuno riuscito a dimostrare la sua validit". Incurante delle critiche che gli sono precipitate addosso da ogni par te Roberto De Mattei, storico del Cristianesimo e vicepresidente del Consiglio nazionale delle ricerche, non deflette. L'uscita del volume Evoluzionismo. Il tramonto di un'ipotesi, che raccoglie gli atti di un seminario da lui organizzato nel febbraio scorso, e pubblicato con il contr ibuto (9.000 euro) del Cnr, ha scatenato parecchie reazioni. Le tesi creazioniste sostenute da De Mattei, hanno detto scienziati come Piergiorgio Odifreddi, Nicola Cabibbo, Telmo Pievani, non hanno nulla a che vedere con la ricerca scientifica e non dovrebbero godere di finanziamenti pubblici (gi cos scarsi). E ora De Mattei, che crede fermanente nella "discussione aperta" vuole replicare al fronte dei suoi avversari. Professore, giusto che il Cnr finanzi delle iniziative che secondo la com unit scientifica si basano su teorie inf ondate? Il contributo finanziario stato minimo ed servito allo scopo, che era quello di aprire una discussione su idee che altrimenti sarebbero passate sotto silenzio. Ora tutti si concentrano su questo aspetto e nessuno vuole discutere nel merito i contributi del libro. Ma la comunit degli scienziati non rit iene che le idee creazioniste abbiano una base scientif ica. Per questo non le vuole discutere. Sarebbe come, si dice, mettere ogni giorno in discussione l'acquisizione che la terra a girare intorno al sole e non viceversa. Io credo che la scienza debba procedere per tentativi, errori e confutazioni. Quindi gli scienziati non dovrebbero atteggiarsi a casta intoccabile e invece aprirsi alle idee critiche. Invece non vogliono nemmeno esaminare i contributi scientifici che abbiamo portato nel nostro seminario. Perch la messa in discussione delle teorie darwiniane ha solide basi scientifiche, lo ripeto. Mentre la verit che nessuno finora riuscito a dimostrare la teoria evoluzionistica. Che una vera e propria posizione filosofica, basata cio su convinzioni generali di fondo e non su evidenze sperimentali. E come spiega allora che gli scienziati "evoluzionisti" hanno ognuno una propria idea del mondo che pu essere classificata atea, marxista, postmoderna, cristiana o buddista, mentre i "creazionisti" sono tutti cristiani? Guardi, per questo apprezzo la coerenza di Odifreddi, quando dice che dall'evoluzione cos com' spiegata da Darwin consegue che non esiste il peccato originale e quindi la venuta di Cristo sulla terr a non ha senso. Mentre trovo incredibilmente incoerente che ci si possa dichiarare cristiani ed evoluzionisti. E mi chiedo come uno scienziato su queste posizioni come Cabibbo possa presiedere la Pontifica accademia delle Scienze. Ma oggi la chiesa non ha pi un atteggiamento di condanna verso le teorie darwiniane. Lei vorrebbe dare lezioni di coerenza anche alle gerarchie ecclesiastiche? Senza dubbio in alcuni ambienti ecclesiastici c' un atteggiamento debole, come un senso di infer iorit verso certi ambienti intellettuali. E questo anche in posizioni di vertice. Certo non in Benedetto XVI che ha una posizione critica sulla teoria dell'evoluzione. Esistono invece vescovi e teologi che la accettano, e sono gli stessi per esempio che sostengono che il libro della Genesi una metafora e che non va preso alla lettera. Non sar convinto che il mondo stato creato in sette giorni? Non, non dico questo. C redo per che Adamo ed Eva siano personaggi storici e siano i progenitori dell'umanit. Credo che su evoluzionismo e fede religiosa nel mondo cattolico ci sia una grande confusione, su cui occorrerebbe discutere. Comunque tutto ci non ha a che fare con i contenuti del libro e del seminario che erano prettamente scientifici.

Le parole necessarie su Pio XII

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di Arrigo Levi in La Stampa del 23 dicembre 2009 Era pi che prevedibile che lannuncio della decisione di Papa Benedetto XVI di dare avvio al processo di beatificazione di Pio XII venisse giudicato, non solo dagli ebrei romani ma dalle pi alte personalit dellebraismo italiano e mondiale, pur impegnate intensamente nel dialogo interreligioso, quanto meno intempestivo, a tre settimane dallattesa prima visita del Papa alla grande sinagoga di Roma. E stato detto e ripetuto da esponenti dellebraismo italiano, come da diplomatici israeliani, che la beatificazione rappresenta un fatto interno alla Chiesa. Si discute l'opportunit di un giudizio che appar e definitivo non solo sulle eroiche virt ma anche - a torto o ragione - sulloperato storico di Pio XII, oggetto del dibattito da poco avviato tra storici ebrei e cattolici, e prima dellapertura degli archivi vaticani successivi al febbraio 1939. E poi ci sono le memor ie. Non tanto le memorie dei secoli di persecuzioni, che la Chiesa di Giovanni Paolo II ha pi volte condannato (furono pi di venti le occasioni in cui il grande Papa chiese perdono per luno o laltro peccato storico della Chiesa, non solo nei confronti degli Ebrei), ma memor ie molto vicine, soprattutto qui a Roma: Non dimentichiamo - hanno detto i portavoce degli ebrei romani - il treno di 1021 deportati del 16 ottobre 43 che part verso Auschwitz da Roma nel silenzio di Pio XII. Sul piatto della bilancia della memoria ebraica quel silenzio pesa ancora. E come potrebbe non pesare? Anche se su un altro piatto pesa la consapevolezza che anche a Roma, dopo quella giornata tremenda, i religiosi cattolici furono i principali attori delloccultamento degli ebrei, e che in tutta Italia la carit cristiana fu dispiegata durante la guerra in maniera non specifica nei confronti degli ebrei, ma sicuramente in maniera speciale, per motivi di quantit e di particolare allarme per le loro vite. Cito Liliana Picciotto, forse la maggiore studiosa ebrea della persecuzione che cost la vita a pi di ottomila ebrei italiani, e a sei milioni di ebrei europei. Ha scritto ancora Liliana Picciotto: Il rifugio nei conventi e nelle case religiose, laiuto dei parroci nei piccoli centri, la disponibilit e il soccorso prestato da esponenti o semplici iscritti allAzione Cattolica fu di tale proporzione da assumere un aspetto corale. Secondo lamica Liliana, nel suo intenso saggio che conclude il volume su I Giusti dItalia, voluto dal presidente Fini: Al contr ario di molti osservatori, non pensiamo che per questa opera fosse necessaria una specifica direttiva papale. Sono daccordo che tanti sacerdoti agirono dimpulso, per virt cristiana. Ma ammetto che io mi colloco fra i molti che ritengono non solo probabile ma sicuro che il Papa, dopo lindimenticato silenzio del 16 ottobre 43, approv e stimol lopera di salvataggio degli Ebrei, non solo a Roma ma in tutta Italia, non solo ad opera di parroci di campagna ma di vescovi e autor evoli cardinali. Un esempio fra tanti: a Roma tedeschi e fascisti sapevano bene che il complesso del Laterano, che godeva di extraterritorialit, e innumerevoli case religiose che non godevano di tale privilegio, ospitavano ebrei o antifascisti. Furono molte migliaia, compreso tutto il vertice del Cln, e molti ebrei, quelli ospitati nel complesso lateranense nellarco di tempo delloccupazione tedesca, e che cos si salvarono. Il Laterano rimase un rifugio (e Andrea Riccardi ha trovato conferme che il Papa sapeva), anche dopo linvasione fascista dellabbazia di San Paolo, che pure godeva anchessa della extraterritorialit, e dove furono arrestati 96 fra ebrei, antifascisti e militari. Esito a giudicare le scelte del Papa di quei tempi tra parlare e tacere. Se il Papa avesse pronunciato una pubblica condanna dellolocausto ebraico avrebbe compiuto un eroico atto di martirio, coinvolgendo tutta la Chiesa. Ma gli ebrei italiani vittime della Shoah sarebbero stati molti pi di ottomila. Penso che sarebbe stato saggio rispettare con una pi lunga attesa, prima di aprire la strada alla beatificazione di Pio XII, i sentimenti degli Ebrei sopravvissuti e dei loro discendenti, e lasciare pi

tempo agli storici. Ma auspico che, nel tempo che manca alla data prevista per la visita del Papa, le autor it cattoliche ed ebraiche trovino modo di ricomporre quel clima di comprensione, di dialogo, di fiducia, che si costruito in questi anni; e che quindi la visita si possa fare in atmosfera serena. Prendo atto che il Papa, un Papa che ha avuto in tante occasioni parole di affetto verso gli Ebrei, ha gi lanciato un primo segnale con una rinnovata durissima condanna della Shoah. Forse occorrono altri pronunciamenti. Le buone parole possono curare molte ferite.

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Poletto striglia la paga dei politici "Sorprendente la doppia liquidazione"


di Diego Longhin in la Repubblica del 23 dicembre 2009 I nostri politici sono sempre pronti a bisticciare su tutto, ma quando si mettono a discutere di premi e di liquidazioni solo per loro, vanno daccordo. Una dura bacchettata bipartisan dell arcivescovo di Torino, Severino Poletto, che alla vigilia di Natale se la prende con la classe politica che, in un momento di crisi, difetta di sobriet. Al cardinale non piaciuta la "superliquidazione" di 100 mila euro lordi che i consiglieri regionali del Piemonte incasseranno fra tre mesi. Unindennit di fine mandato, decisa durante lera Ghigo, doppia rispetto al trattamento di fine rapporto di un qualsiasi altro comune mortale che accantona una mensilit ogni anno. Non due come i consiglieri. E Poletto ha storto il naso anche sullaumento del premio elettorale dei parlamentari, da uno a quattro euro per ogni voto: una contraddizione predicare che bisogna trovare risorse, fare sacrif ici, e poi quadruplicarsi il premio elettorale. Non mi pare sia un bellesempio, non fa bene al popolo. Pensare che i buoni esempi dovrebbero venire proprio dalle istituzioni pubbliche. Le scelte del Parlamento e del Consiglio regionale del Piemonte infastidiscono ancora di pi il cardinale di Torino in un momento di forte crisi, quando in Italia si sono persi 500 mila posti di lavoro e nella sola provincia di Torino ci sono 50 mila persone in cassa integrazione e 20 mila in mobilit. Fa un po mer aviglia che di fronte alle difficolt generali i nostri politici, di qualsiasi livello, si aumentino emolumenti e premi. Piuttosto si dovrebbero impegnare a cercare soluzioni pi efficaci per uscire al pi presto da questa fase di oscurit. Queste cose vanno denunciate. Poletto interviene anche sulle prossime elezioni regionali. In lizza in Piemonte la presidente uscente, Mercedes Bresso, e il leghista, Roberto Cota: No al collateralismo tra chiesa e politica, il vescovo non deve entrare nella cabina elettorale, ma i cattolici votino secondo coscienza rispetto ai valor i in cui credono, trovando una corrispondenza con i candidati. Ma sulla costruzione di moschee in Italia larcivescovo non ha nulla in contrario: Il diritto alla libert religiosa e al luogo di preghiera sacrosanto - dice Poletto - non mi interessano le questioni urbanistiche, se ci va o no il minar eto, ma mi interessa che venga data la possibilit ai musulmani e agli immigrati, che considero una risorsa della societ, di avere dei loro luoghi dignitosi dove potersi ritrovare. Il cardinale chiede per reciprocit: Anche i cristiani abbiano il diritto di portarsi il Vangelo nella valigia e di avere le proprie chiese nei Paesi musulamani, sperando che qualsiasi discussione non si

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valigia e di avere le proprie chiese nei Paesi musulamani, sperando che qualsiasi discussione non si trasformi sempre in una battaglia religiosa.

Ebrei tedeschi in rivolta "Il Papa riscrive la Storia"


di Andrea Tarquini e Orazio La Rocca in la Repubblica del 23 dicembre 2009 Clima di tensione crescente tra le comunit ebraiche europee e la Santa Sede dopo la decisione di papa Benedetto XVI di accelerare la beatificazione di Pio XII. Il Consiglio centrale degli ebrei di Germania ha criticato il Papa tedesco, definendola assolutamente prematura e parlando di tentativo della Chiesa cattolica di scrivere in un altro modo la Storia. E stasera alle 20,30 si terr a Roma, sotto la presidenza di Riccardo Pacifici, un tesissimo consiglio della comunit romana per analizzare il "caso Pacelli" alla luce della dichiarazione del Pontefice sulleroicit delle virt sancita da papa Ratzinger per Pio XII stesso. A Roma e nella comunit ebraica italiana lattesa grande e anche la preoccupazione palpabile: il timore che i delusi dalla decisione di Benedetto XVI possano prendere il sopravvento, e la preventivata visita del pontefice in Sinagoga, il 17 gennaio prossimo, possa essere messa in discussione. Ci si attende dal Vaticano almeno un gesto o una iniziativa con cui si spieghi che gli aspetti storici del pontificato di Pio XII saranno definitivamente chiariti, specialmente per quanto riguarda i presunti silenzi sullOlocausto. Nessuna interferenza sulla beatificazione, ma anche niente coperture sulle ombre storiche di quel pontificato, ammoniscono i vertici degli ebrei romani. A Bologna sempre oggi si riunir un gruppo di rabbini convocati dal presidente dell Assemblea dei rabbini italiani, Giuseppe Laras, che fu il primo a parlare di seri pericoli per la visita del papa in Sinagoga in caso di mancata chiarezza sul caso Pacelli. Di fronte al Tempio Maggiore del Ghetto sono anche apparse scritte sui muri di protesta per le scelte di Benedetto XVI. In questo clima cresce il malcontento della comunit ebraica tedesca, quella che proprio nella patria dellattuale papa sta vivendo un rifiorire di presenza nella societ e nella cultura. Sono triste e pieno di collera, assolutamente prematuro intraprendere un simile passo, ha detto, citato da Der Spiegel, il segretario generale Stephan Kramer. E ha aggiunto, nella sua dura dichiarazione rilanciata con forza da tutti i media tedeschi: un chiaro rovesciamento dei fatti storici del periodo nazista. Secondo Kramer la Chiesa cattolica cerca di riscrivere la Storia. E si dichiara indignato del fatto che il Papa non per metta lo svolgimento di alcuna seria discussione scientifica sul caso. Molti esponenti delle comunit ebraiche accusano Pio XII di aver saputo e taciuto sulla Shoah, e non basta loro la reazione vaticana secondo cui Papa Pacelli avrebbe cercato di aiutare gli ebrei in silenzio. La rivolta degli ebrei tedeschi particolarmente imbarazzante per la Santa Sede: la comunit ebraica a Berlino ha ottimi rapporti con lestablishment della Cancelliera cristianoconservatrice Angela Merkel, la leader europea pi decisa nel ricordare sempre gli orrori del passato.

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Papa Pio XII beato Tempi pi lunghi Gli ebrei: rassicurati


di Gian Guido Vecchi in Corriere della Sera del 23 dicembre 2009 I vertici della comunit ebraica chiedevano un segnale distensivo e il segnale in arrivo, in parte anzi arrivato. Gi oggi, prima di una riunione serale del consiglio della comunit che si annuncia incandescente, dalla Santa Sede potrebbero arrivare parole di chiarimento per gli equivoci nati intorno alla decisione di Benedetto XVI di dichiarare le virt eroiche del venerabile Pio XII, un passo importante verso la beatificazione di Pacelli, contestato per i suoi silenzi sulla Shoah. Ma nel frattempo i pontieri hanno lavorato alacremente e ieri, da Oltretevere, si fatto sapere alla comunit ebraica romana che Pio XII, in ogni caso, non potr essere beatificato il 16 ottobre dellanno prossimo, anche perch i tempi saranno inevitabilmente pi lunghi rispetto a Karol Wojtyla. quella, infatti, la data ritenuta pi probabile per la beatificazione di Giovanni Paolo II, poich coincide con lanniversario della sua elezione a pontefice, il 16 ottobre 1978. La preoccupazione diffusa nella comunit ebraica romana era che in quello stesso giorno potesse essere proclamato beato anche Pio XII: il 16 ottobre pure il giorno del rastrellamento nazista nel ghetto di Roma, nel 43; il primo convoglio di deportati dallItalia arriv ad Auschwitz una settimana pi tardi e, su 1.020 persone, tornarono in 17. La coincidenza delle date avrebbe potuto, va da s, creare polemiche. Gli ebrei si sono sentiti cos rassicurati. Lo stesso prefetto della congregazione per le cause dei santi, larcivescovo Angelo Amato, aveva del resto chiarito che la proclamazione contemporanea delle virt di Giovanni Paolo II e Pio XII, sabato, era stata una felice coincidenza e che da ora ciascuna avrebbe seguito il suo corso. La causa di Giovanni Paolo II pi avanzata, un miracolo ottenuto per intercessione del pontefice gi stato individuato fra migliaia di segnalazioni: la guarigione improvvisa e inspiegabile, nel 2005, di suor Marie Simon-Pierre, religiosa francese malata di Parkinson come Wojtyla. Senza contare che non neppure detto si faccia in tempo per autunno. Nel caso di Pio XII, il miracolo ancor a da individuare. E del resto, fanno notare in Vaticano, i tempi non sono mai scontati: Pio IX, vener abile nel 1985, divenne beato nel 2000. C poi la faccenda delle virt eroiche. Il rabbino capo Riccardo Di Segni, il presidente della comunit romana Riccardo Pacifici e di quelle italiane Renzo Gattegna, pur chiarendo di non voler interferire su posizioni interne della Chiesa, avevano scritto: Se dovesse implicare un giudizio definitivo e unilaterale sulloperato storico di Pio XII, la nostra valutazione rimane critica. Una frase che dava voce a un altro motivo di malcontento. Il fatto , per, che le virt eroiche, in effetti, per la Chiesa non hanno a che fare con una valutazione storica in senso tecnico. Le due cose sono distinte, ed su questo si attende la precisazione vaticana, a diradare gli equivoci. Daltra parte, lo aveva spiegato al Corriere padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede: Il decr eto del Papa dice che Pacelli ha vissuto le virt cristiane in modo eroico, e quindi un cristiano modello. Non un giudizio storico, ma sulla persona: prende in considerazione i suoi compor tamenti ma in rapporto alle sue intenzioni di fede, non a quelle politiche. Fermo restando che, per il Vaticano, quando Papa Pacelli rest in silenzio lo fece per salvare il maggior numero possibile di vite, anche di tanti ebrei nascosti nei monasteri.

Il futuro colorato di speranza

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Il futuro colorato di speranza


di Enzo Bianchi in la Stampa del 24 dicembre 2009 Il bilancio che ciascuno di noi fa sui dodici mesi trascorsi sempre condizionato dalle aspettative che aveva nutrito nell'anno precedente e, specularmente, orienta le speranze per l'anno a venire, soprattutto quando ci veniamo a trovare alla fine di un decennio: allora attese e disillusioni si fanno pi forti, quasi che il misurare il tempo in cifre tonde e simboliche - gli anni zero del terzo millennio - sia percepito con maggiore intensit e che le svolte impresse al corso della storia debbano assumere un carattere pi marcato. Cos, il dover constatare anche alla chiusura di quest'anno che ben poco stato fatto per sanare situazioni negative nella convivenza umana, in ambito nazionale come a livello planetario, risulta fonte di particolare amarezza. Non solo, sembra quasi che il protrarsi indefinito di profonde ferite infer te all'umanit e al creato finiscano per trasformarsi in ineluttabili calamit, cui si fatta l'abitudine e che si derubricano a problemi cronici, non pi degni di attenzione e di impegno. il caso delle guerre e delle patenti violazioni dei diritti umani in certe aree del globo: i conflitti vengono dimenticati, le vittime ignorate, le sofferenze banalizzate, come se si trattasse di ciclici eventi naturali, analoghi all'alternarsi delle stagioni. La crisi economica, per esempio, ha solo superficialmente scalfito la fiducia nell'autoregolamentazione del mercato globale, suggerendo al massimo alcuni accorgimenti per una maggiore vigilanza, mentre le ingiustizie di fondo che pervadono i rapporti produttivi e commerciali non sono state considerate degne di seria attenzione. Anche la mancanza di legalit o l'irrisione dello stato di diritto, il non rispetto delle minoranze e dei pi deboli e indifesi, il diradarsi delle struttur e di solidariet e di integrazione sociale paiono ormai atteggiamenti passivamente acquisiti, la cui disumanit non interpella pi le coscienze. A poco a poco ci si assuefa alla barbarie quotidiana, si rinuncia alla sana indignazione contro gli attentati portati alla dignit di ogni essere umano, si considera scontata l'impossibilit del dialogo civile, ci si rassegna a una sorda lotta di tutti contro tutti. Eppure l'animo umano fatica a rinunciare alle aspettative di miglioramento, portato a sperare contro ogni speranza, soprattutto l dove percepisce che non in gioco solo il mero interesse personale, ma il futuro delle generazioni che si affacciano oggi all'esistenza e di fronte alle quali saremo considerati responsabili: il desiderio di riconsegnare la societ civile in condizioni migliori di quelle nelle quali ci stata affidata da quanti ci hanno preceduto anima il cuore e l'intelligenza di ogni essere umano degno di tal nome. Per i cristiani, in particolare, cittadini come gli altri e solidali con loro nelle vicende quotidiane, questo desiderio assume anche i tratti dell'annuncio di verit in cui si crede: non dogmi astratti, ma convinzioni che muovono il pensare e l'operare. Allora non utopia sperare che l'annuncio evangelico delle beatitudini, il disarmo di ogni inimicizia, il prendersi cura di chi nel bisogno, il perdono per le offese ricevute possano trovar e fecondo terreno di crescita non solo nei cuori dei singoli, ma nel tessuto stesso dalla convivenza civile: queste speranze non sono il non-luogo dei nostri sogni, ma l'anelito insopprimibile che rende sopportabile anche un presente intr istito nel suo ripiegarsi su se stesso. Cesser l'imbarbarimento dei rapporti quotidiani? Rinascer la solidariet tra le generazioni e le popolazioni della terra? Si concretizzer la cura e la custodia per un creato affidato alla mano sapiente dell'uomo? I pi deboli troveranno nei pi forti sostegno e non oppressione? Le carestie, le guerre e le pandemie finiranno di essere considerate ineluttabili e verranno contrastate nelle loro cause e nei loro effetti? La pace ritrover nel concreto della storia il suo significato di vita piena e ricca di senso? E ancora, crescer il dialogo franco e autentico all'interno della chiesa e tra le chiese? Ci si aprir all'ascolto dell'altro, al rispetto delle sue convinzioni, al discernimento delle sue attese, indipendentemente dal suo credere o meno? A questo dovremmo pensare quando ci scambiamo gli auguri: non a un gesto formale e scaramantico, ma a una promessa di impegno e a

un'assunzione di responsabilit. Perch lo sguardo critico e sereno sul grigiore del passato gi aper tura a un futuro colorato di speranza.

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Storia della vigilia tra sacro e profano


di Enzo Bianchi in la Repubblica del 24 dicembre 2009 A cosa pensa oggi la gente quando usa l'espressione "vigilia" di Natale? Quasi sicuramente pensa al giorno prima della festa, niente di pi. E tuttavia la parola "vigilia, vigilie" ha una lunga storia. Ha conosciuto significati diversi lungo i secoli e di fatto conserva ancora significati differenti a seconda di come la si vive. Ormai giunto all'anzianit, posso dire di averla vissuta almeno in tre modi diversi. Innanzitutto il modo in cui la vivo ancora oggi da cristiano e da monaco. S, perch vigilia pannycha in greco significa in primo luogo la veglia nella notte, il montare la guardia durante la notte, dunque il restare svegli e l'essere vigilanti, preparati, attenti a ci che pu accadere. Gi i credenti ebrei pi ferventi, come testimoniano i Salmi, si alzavano nella notte per dedicarsi alla preghiera. Ma soprattutto con l'avvento del cristianesimo che si afferma la vigilia. Nel IV secolo i monaci, sia in oriente che in occidente, scelsero proprio queste ore della notte per vegliare e pregare, in attesa della venuta gloriosa del Signore Ges Cristo. E i monaci lo fanno ancor a oggi: prima dell'alba, nella propria cella, con la faccia che a volte cade sul libro santo della Bibbia, oppure cantando tutti insieme i salmi, essi pregano, meditano, contemplano, invocando soprattutto la venuta del giorno del nuovo Sole, della luce, dello Sposo, del Signore vincitore della morte. Caratterizzate da canti che diventano particolarmente solenni quando il giorno che si apre quello di una grande festa, le vigilie sono un'esperienza che si fa con tutto il corpo, non solo con la mente: gli occhi devono restare aperti, il corpo non deve piegarsi, tutte le membra devono essere in stato di vigilanza, nella convinzione di accelerare cos la venuta del Signore La chiesa, fatta di cristiani e non di monaci, non vive questa esperienza, e pochi sono oggi i cristiani che si esercitano alla veglia, a lottare contro il sonno, a restare desti mentre tutti gli altri dormono, per pregare, pensare, cantare il Signore. Ma la chiesa comunque ha sempre vissuto la veglia pasquale, nella notte tra il sabato santo e la domenica di resurrezione, e da Agostino in poi l'ha chiamata "mater omnium sanctarum vigiliarum", "madre di tutte le sante vigilie". Essa celebra inoltre una veglia anche nella notte di Natale, prima della cosiddetta "messa di mezzanotte" in cui si ricorda la nascita di Ges a Betlemme. Come a partire dalla notte pi lunga dell'anno il sole comincia a vincere le tenebre, cos il "Sole di giustizia" Ges Cristo vince le tenebre del male e

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comincia a vincere le tenebre, cos il "Sole di giustizia" Ges Cristo vince le tenebre del male e nasce come luce vittoriosa a Betlemme. La sera del 24 dicembre nelle chiese sparse su tutta la terra sovente i fedeli attendono con canti, letture e meditazioni la mezzanotte, quando inizia la liturgia eucaristica, celebrazione delle celebrazioni, in cui si ricorda tutto il mistero di Cristo, a cominciare dalla sua nascita nella carne umana a Betlemme. Ecco in cosa consiste la vigilia secondo la chiesa. Ma, soprattutto a Natale, nelle famiglie si vive anche una vigilia segnata dalla costruzione di simboli religiosi assai cari. Innanzitutto si fa il presepe in un angolo della casa: pi o meno grande, a volte ridotto a una capanna nella quale si collocano i protagonisti del Natale di Ges, a volte assai elaborato, fino a contenere il castello del re Erode, le lande del deserto in cui camminano i re magi, le case di Betlemme con tutti gli artigiani al lavoro, i pastori che vengono alla greppia Molti di noi ricordano come questo fosse un evento atteso: "fare il presepe" era in qualche modo rappresentare visivamente nella propria casa ci che era al cuore della fede, era una costruzione dovuta alla fede e occupava molto tempo della giornata. Non c'erano molte immagini nella societ del dopoguerra, non molte possibilit di rappresentare domesticamente "l'altro", "l'eccezionale", ma il presepe insegnava che Ges era nato povero, che i poveri erano i primi clienti di diritto della buona notizia, che a loro per primi si era rivolto l'angelo, che Ges era venuto tra i suoi ma non era stato accolto, che appena nato aveva conosciuto la persecuzione da parte del potente di turno ed era stato costretto ad andare come uno straniero in Egitto. La vigilia di questa festa era anche l'occasione per addobbare l'albero di Natale. Oggi lo fanno tutti, ma non dimentico che quando ero piccolo e lo preparavo accanto al presepe, venivo messo in

guardia: se il presepe era percepito come proprio alla tradizione cattolica, l'albero aveva invece una connotazione di matrice protestante, legato com'era agli usi delle nazioni pi settentrionali. E dunque di esso bisognava diffidare. Ecco dunque la vigilia vissuta in casa, con il presepe e l'albero fatti dai bambini, aiutati a volte dai padri, che apprestavano un luogo in cui deporre i regali di Ges bambino. E i regali erano poveri: castagne, qualche mandarino, noccioline e cioccolato, e a volte, se c'era qualche soldo in famiglia, un vestito nuovo... sempre, comunque, un oggetto che fosse anche utile. E mentre succedeva questo, le donne della casa vivevano la vigilia preparando il cibo festoso per il pranzo di Natale del giorno dopo. Sovente si aiutavano tra loro, donne di diverse famiglie, per cucinare le pietanze in cui ciascuna era specializzata, e tutte insieme per preparare i ravioli, questo straordinario piatto di pasta ripiena di carne che un canto alla vita. La vigilia era fervorosa, tutti facevano qualcosa, tutti preparavano la festa. Quel giorno per i credenti era vigilia anche nel senso di giorno "di magro", cio di astinenza dalla carne e anche di digiuno: ci si preparava anche cos alla festa del Natale. Oggi in alcune regioni invalsa l'usanza del "cenone magro" in cui si banchetta con pesci prelibati e costosissimi, ma questa consuetudine, frutto dell'abbondanza e della volont di consumare senza sobriet, appare ipocrita e di fatto rompe l'atmosfera di vigilia, la deturpa svuotandola del suo senso di attesa. S, io continuo a pensare che il modo in cui si viveva la vigilia e in cui, come molti cristiani, anch'io continuo a viver la fosse pi sapiente e che un tempo, quando verso sera si accendeva un grande ceppo nel camino, destinato ad ardere fino al ritorno dalla messa di mezzanotte, si compiva anche un gesto di fiducia: questo ceppo che riscaldava nella notte custodendo una luce pronta a erompere appena lo si riattizzava era davvero un emblema eloquente della vigilia!

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PioXII santo. Non subito


di Luca Kocci in il manifesto del 24 dicembre 2009 Sulla futura beatif icazione di Pio XII, il Vaticano spiega ma non rettifica. E anzi ribadisce uno dei nodi fondamentali circa il silenzio pubblico di papa Pacelli di fronte alla Shoah: Pio XII ha agito con l'intenzione di svolgere al meglio il suo servizio. In seguito alle reazioni al decreto di papa Ratzinger di sabato scorso sul riconoscimento delle virt eroiche di Pio XII, viatico alla sua beatificazione, il direttore della sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ieri ha rilasciato una dichiarazione a Radio Vaticana: Quando il papa firma un decreto sulle virt eroiche di un servo di Dio, cio di una persona di cui stata introdotta la causa di beatificazione, conferma che il candidato ha vissuto in modo eminente le virt cristiane e ha manifestato la sua fede, la sua speranza, la sua carit, in grado superiore a ci che si attende normalmente dai fedeli. Perci pu essere proposto come modello di vita cristiana. Ma con questo, ha aggiunto il gesuita, non si intende dare una valutazione della portata storica di tutte le sue scelte operative, silenzi compresi. E anzi, ha precisato, la Chiesa afferma che tali scelte sono state compiute con la pura intenzione di svolgere al meglio il servizio di altissima e drammatica responsabilit del pontefice. Per il Vaticano, quindi, Pio XII un modello di vita cristiana, i suoi silenzi pubblici sono stati una scelta di responsabilit, e comunque la storia non c'entra nulla. Per cui una eventuale beatificazione non intende minimamente limitare la discussione circa le scelte concrete compiute da Pio XII nella situazione in cui si trovava, anzi rimane aperta anche in futuro la ricerca e la valutazione degli storici. Per, ha aggiunto padre Lombardi, gli archivi con le carte di papa Pacelli rimarranno ben chiusi: per l'apertura completa ci vorranno ancora alcuni anni. Comunque Pio XII non verr beatificato insieme a Giovanni Paolo II, anche se il decreto sull'eroicit delle loro virt stato firmato lo stesso giorno: Le due cause sono del tutto indipendenti - ha precisato - e seguiranno ciascuna il proprio iter. Infine la mano tesa agli ebrei: la beatificazione di Pacelli non un atto ostile contro il popolo ebraico e ci si augura che non sia considerata un ostacolo sul cammino del dialogo fra ebrei e cattolici. Ci si augura anzi - ha concluso il direttore della Sala stampa vaticana - che la prossima visita del papa alla sinagoga di Roma sia occasione per riaffermare e rinsaldare i vincoli di amicizia e di stima. Plausi ma anche puntualizzazioni alle parole del Vaticano da parte degli ebrei. Apprezzo il chiarimento di padre Lombardi, dice il rabbino israeliano David Rosen, consulente per il dialogo interreligioso del Gran rabbinato di Israele, e la precisazione che l'approvazione delle virt eroiche non un'affermazione relativa alla verit storica. Tuttavia un po' disonesto non riconoscere come questo procedimento viene percepito dal mondo ebraico: Pio XII inestricabilmente connesso alla tragica storia della Shoah e, di conseguenza, ogni affer mazione sul suo conto vista alla sua ombra. Un opportuno segnale distensivo, dichiara il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, che il prossimo 17 gennaio accoglier papa Ratzinger nella sinagoga della capitale. Sono impor tanti sia la distinzione dell'aspetto religioso da quello storico - spiega Di Segni - sia la precisazione che la causa di beatificazione avr un suo iter indipendente da quello di papa Wojtyla. Per, puntualizza il rabbino, rimane aperta e controversa la valutazione storica. L'intervento del Vaticano rende la vicenda pi distesa, anche se continuano ad esserci delle differenze di giudizio sotto il profilo storico, ma di questo si potr parlare con maggior ragione quando finalmente saranno resi accessibili gli archivi vaticani, dice Riccardo Pacifici, presidente della comunit ebraica di Roma. Meno accondiscendente Piero Terracina, uno dei pochi ebrei romani sopravvissuti al lager di Auschwitz-Birkenau, dove stato deportato con la sua famiglia. Durante il rastrellamento del ghetto di Roma nell'ottobre del 1943, ma anche nei mesi e negli anni precedenti, da parte di Pio XII ci fu un silenzio assordante, ricorda Terracina. Il Vaticano dice che il papa stato un modello di vita cristiana, ma mi chiedo se la scelta di non intervenire pubblicamente di fronte alle leggi razziali

o alla depor tazione degli ebrei possa essere considerata coerente con i principi cristiani o addirittura espressione di santit. Sono convinto che una parola di Pio XII avrebbe potuto cambiare le cose e

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espressione di santit. Sono convinto che una parola di Pio XII avrebbe potuto cambiare le cose e risvegliare le coscienze di molti italiani, ma questa parola non c' stata. Comunque non possiamo interferire nelle scelte del Vaticano, anche perch noi ebrei non veneriamo santi. Onoriamo solo i "giusti", cio coloro che mettono in pericolo la propria vita per salvarne altre. E fra i "giusti" ci sono anche molti cattolici, che decisero di agire personalmente, senza aspettare le parole del papa.

Il pontificato delle precisazioni


di Vito Mancuso in la Repubblica del 24 dicembre 2009 Unaltr a piccola gaffe? Unaltra marcia indietro? Unaltra necessaria e non prevista "precisazione"? Abbiamo gi assistito alla precisazione sullislam dopo il discorso di Ratisbona. E poi alla precisazione sulla revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani con le concomitanti dichiarazioni negazioniste di mons. Williamson, alla precisazione sulla preghiera del venerd santo per la conversione degli ebrei. Ora va forse interpretata allo stesso modo la dichiarazione di ieri della Sala stampa vaticana sulla travagliata via verso la beatificazione di Pio XII? Quello che certo che sei mesi fa padre Gumpel, il gesuita tedesco postulatore della causa di beatificazione di Pio XII, aveva dichiarato tra lo stupore del mondo che papa Pacelli non riusciva a salire agli onori dell altare perch Benedetto XVI era intimidito dalle pressioni del mondo ebraico. Padre Gumpel natur almente poi aveva smentito dicendo che era stato (anche lui) frainteso, e una settimana fa, quando si era venuti a conoscenza che Benedetto XVI aveva firmato insieme i decreti sulle virt

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quando si era venuti a conoscenza che Benedetto XVI aveva firmato insieme i decreti sulle virt eroiche di Giovanni Paolo II e di Pio XII, lidea che papa Ratzinger potesse essere intimorito dal mondo ebraico nella sua ferma determinazione di beatificare quanto prima papa Pacelli risultava del tutto inverosimile. Oggi per non pi cos. Oggi lennesima precisazione a cui stato costretto il direttore della Sala stampa vaticana padre Lombardi a seguito delle proteste del mondo ebraico dimostr a che Benedetto XVI non se la sente di ignorare la voce ebraica. Non ne capace? Non si sente sufficientemente forte per farlo, gestendo la beatif icazione di Pio XII come un affare del tutto interno alla Chiesa, cos come Giovanni Paolo II aveva gestito la beatificazione di Edith Stein (filosofa ebrea convertita al cattolicesimo, suora carmelitana col nome di Teresa Benedetta della Croce, morta ad Auschwitz nel 1943, beatificata nel 1987, canonizzata e proclamata patrona d Europa nel 1998) nonostante le proteste di alcuni settori del mondo ebraico? Oppure invece Benedetto XVI ha a cuore immensamente il dialogo col mondo ebraico (il frutto pi bello del Vaticano II dopo secoli e secoli di inimicizia e persecuzioni) e non lo vuole compromettere in nessun modo e per questo propenso persino a rallentare nella sua ferma determinazione di beatificare papa Pacelli? Chiss come stanno davvero le cose, non ci sono elementi per poter risolver e la questione, io posso solo dire che mi piace pensare che per Benedetto XVI il dialogo col mondo ebraico sia molto pi importante della beatificazione di un suo predecessore. Il che, se vero, significa che il dialogo con lebraismo ha per Ratzinger un valore immenso, perch non ci sono dubbi che egli voglia quanto prima giungere alla beatificazione di Pio XII e porre un altro tassello per anestetizzare del tutto il carattere innovativo del Vaticano II e le sue interpretazioni in tal senso. Pio XII il papa che aveva rimosso dallinsegnamento ed esiliato i teologi poi nominati periti conciliari da Giovanni XXIII e che furono lanima del Vaticano II. La sua beatificazione corrisponder ebbe a una definitiva sedazione delleffervescenza conciliare, al compimento della restaur azione, per la gioia dei lefebvriani che finalmente potrebbero considerare il ritorno nel seno della Chiesa cattolica. E quanto questo sia nel cuore di Benedetto XVI sotto gli occhi di tutti. Se non ci fossero le proteste ebraiche sarebbe solo questione di pochissimo tempo, ma le proteste ebraiche ci sono e per questo le mormorazioni di padre Gumpel di sei mesi fa vanno prese molto sul serio. Ma a quale prezzo ieri stata proposta la precisazione vaticana? Al prezzo di una duplice disgiunzione: quella pratica di Pio XII da Giovanni Paolo II nel loro percorso verso la beatificazione, e quella teologica delle virt religiose dalle azioni concrete sul piano storico. Sulla prima disgiunzione non c molto da dire se non esserne felici, se non altro per non ripetere la triste esperienza di un Giovanni XXIII beatificato insieme a Pio IX, al cui proposito invito i lettori che lo desider assero a confrontare il "Sillabo" di Pio IX con la "Gaudium et spes" del concilio voluto da papa Giovanni per rendersi conto della abissale differenza tra i due papi. Sulla seconda disgiunzione invece ci sarebbe molto da dire. In che senso, come scrive padre Lombardi, la valutazione riguarda

essenzialmente la testimonianza di vita cristiana data dalla persona (il suo intenso rapporto con Dio e la continua ricerca della perfezione evangelica) e non la valutazione della portata storica di tutte le sue scelte operative? In che senso la vita cristiana non riguarda le scelte operate storicamente? Non ha insegnato forse Ges a proposito dei profeti che dai loro frutti li potrete riconoscere (Matteo 7,20)? E come insegna tutta la teologia morale a partire da san Tommaso dAquino, la virt non eminentemente pratica? Che cosa sarebbero mai delle virt religiose incapaci di operare la giustizia concr etamente? La Sala stampa vaticana ci ha proposto una inusitata distinzione, sconosciuta alla Bibbia e alla tradizione spirituale. Il papa teologo, diviso tra il desiderio di beatificare il suo predecessore preconciliare e i timori evocati da padre Gumpel, ha costretto il suo portavoce a una pericolosa e maldestra innovazione teologica.

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Il regalo di Natale? Pi fiducia ai giovani


di Carlo Maria Martini in Corriere della Sera del 24 dicembre 2009 Natale avvertito da molti come il tempo dei buoni sentimenti. Si stemperano le tensioni e lanimo sembra incline a guardare la realt di oggi e di domani con occhi pi benevoli. E tuttavia molti non riescono, neppure in questi giorni, a riconoscere che possono esistere motivi di fiducia. vero che i Vangeli, in alcuni passi, non ci fanno intravedere un futuro dellumanit caratterizzato dalla fede e dallamor e. Piuttosto ci mettono di fronte a prospettive di crescente decadenza morale e spirituale. Una parola misteriosa di Ges, tramandataci dal Vangelo di Luca (18,8), ci scuote e ci fa tremare: Ma il Figlio delluomo, quando verr, trover la fede sulla terra?. A questo interrogativo, che certo non lascia molto adito alla speranza, si aggiungono frasi come questa: Per il dilagare delliniquit, lamore di molti si raffredder (Mt 24,12). Ma vi sono tanti di noi che non aspettano soltanto questi ultimi tempi per vedere la decadenza della fede, perch ritengono di riconoscerla presente gi nei nostri giorni, a cominciare dalla decadenza dei giovani. C un modo di parlare di essi che ci appare senza speranza e senza remissione: i giovani sono abulici, indiffer enti, svogliati, viziosi, dediti solo al diver timento, alle sostanze eccitanti o allalcol. Non questa limpressione che io ho dei giovani di oggi. Anzitutto non uso volentieri la categoria giovani, categoria puramente biologica, che non dice di per s nulla sulla realt di queste persone. Preferisco guardarli pi da vicino. Allora mi sembra di riconoscere tre tipi di giovani: quelli alla deriva, i giovani che pensano e i giovani che decidono. La prima categoria composta da coloro che si lasciano trascinare dalla massa e da qualunque proposta di successo o di godimento. Rimangono passivi. Per questi giovani, finch restano in tale situazione, sembra non vi sia altro da fare se non cercare di scuoterli dal loro torpore. Una seconda categoria costituita invece dai giovani pensosi. Sono quelli che si pongono delle domande, che hanno uninquietudine nel cuore, che cercano qualche cosa. Sono molti di pi di quanti noi immaginiamo. Avendo ricevuto ormai da tanti anni moltissime lettere dai giovani, vedo che parecchi di loro si presentano come spensierati e gaudenti, ma nella realt sono pensierosi e preoccupati, vivono forti momenti di angoscia. Dopo una serata di divertimento in cui magari hanno brillato per la loro capacit di far divertire il gruppo, ritornano a casa nelle prime ore del mattino chiedendosi: che senso ha la mia vita? Io che ci sto a fare qui? Questi sono giovani che hanno bisogno di una mano amica, di chi li sappia comprendere, di chi sia disponibile a entrare in dialogo con loro. Sono giovani che guardano agli adulti con molta attenzione. A seconda della testimonianza che ricevono e degli esempi che vedono, possono acquistare fiducia e coraggio oppure cadere nel pessimismo. C poi una terza categoria, quella dei giovani decisi. Ne ho conosciuti molti. Non sono necessariamente credenti, alcuni di loro non frequentano molto la chiesa. Ma hanno nel cuore dei valori forti e sanno sacrificarsi per essi. Sono i giovani che troviamo nelle varie iniziative di volontariato, che si decidono presto per una vita di dedizione agli altri. Sono giovani che, secondo la felice espressione di Benedetto XVI, hanno saputo osare lamore. Il Papa li invita a non desider are niente di meno per la vostra vita che un amore forte e bello, capace di rendere lesistenza intera una gioiosa realizzazione del dono di voi stessi a Dio e ai fratelli (Giornata mondiale della giovent 2007). A questi giovani dico: voi siete una minoranza, ma una minoranza qualificata, capace di guidare e di trascinare altri. Lavvenire sempre stato di minoranze forti, non di masse passive attratte solo dal gusto di ci che piace. Questi giovani vanno aiutati, sostenuti, incor aggiati. Con loro si pu guardare avanti, ma a condizione che si lasci loro il giusto spazio, sia

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incor aggiati. Con loro si pu guardare avanti, ma a condizione che si lasci loro il giusto spazio, sia di azione che di parola, e che siano riconosciuti come veri protagonisti del nostro vivere sociale. I grandi valori entrano nellinsieme della personalit attraverso il cuore, la mente e le mani. Attraverso il cuore quando si parla al loro anelito di qualcosa di pi grande. Attraverso la mente quando vengono a contatto con le convinzioni profonde nella ricerca sul trascendente. Ma valori veri si trasmettono anche con le mani: ci avviene quando questi giovani accettano di sacrificarsi

per gli altri. Essi danno grande speranza, e si oppongono al declino della Chiesa e della societ. Il Natale ci riporta a questa fiducia in ci che nuovo, in ci che viene ora nel mondo. Facciamo s che questa fiducia sia condivisa da molti.

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Babbo Natale ha cacciato Ges Bambino. Peccato!


di Lidia Menapace in Liberazione del 24 dicembre 2009 Ma chi Babbo Natale? E' davvero un usurpatore. Per primo ha levato dalla scena storica S.Nicola di Bari un vescovo e santo del quale si raccontano mirabilia (gli dedicata una bellissima basilica romanica appunto a Bari): tra le imprese che di lui si narrano, quella di andare di notte senza gloriarsi a buttare palle d'oro nelle finestre delle ragazze povere in modo che potessero vivere una vita onesta (ma tenete a mente la notte e l'oro). Poi ha messo in ombra santa Lucia, martir e di Siracusa, cui furono cavati gli occhi, diventata famosa per i doni che porta ai bambini e perch il suo nome indica luce ed festeggiata dalla Svezia fino alla Lombardia: porta sul capo, e si portano sul capo in suo onore, coroncine con candele. Babbo Natale trasforma la porpora vescovile di Nicola in un abito da carnevale e cos addobbato va alla caccia di Ges Bambino. E' diventato un vecchio americano, ovviamente obeso per le schifezze piene di ogm che mangia tutto l'anno, con la pelle rosea come un porcellino, gli occhi azzurri e una canizie che pi bianca non si pu. E continua a ridere. Ma che c' da rider e? Lui ride e a Copenaghen non decidono nulla sul clima; due senzatetto ne uccidono un altro per l'uso di una vecchia auto per non morire di freddo e lui ride; di notte stazioni di ferrovia e di metro sono chiuse, sicch i senza tetto o crepano o uccidono, e lui ride; i bambini soldato rischiano la pena di morte e lui seguita a ridere. Lui sorride anche se tutto va a rotoli. Di sicuro ha letto la Costituzione americana (che non considerata vecchia bench abbia pi di duecent'anni) la quale promette la felicit, sicch deve aver pensato che chi non ride felice non patriottico. E cos ride: non ha letto che i disoccupati aumentano? O se lo scordato subito? Che abbia l'Alzheimer? Via ricoveriamolo, che se ne vada in pace. E' l'immagine stessa del capitalismo in crisi e veicola solo barbarie e idee di morte. Teniamoci magari il Bambino Ges. Lo dico per chi crede e per chi non crede. Quando i cristiani dei primi secoli cominciarono a preoccuparsi di collocare la loro nuova religione in un mondo molto organizzato, il mondo greco-romano, volevano che la nuova religione desse un messaggio di giovinezza, forza, amore. Iniziarono a parlare di un dio che nasce in un momento di speranza, collocarono perci la data vicino al solstizio d'inverno, quando la luce incomincia ad aver ragione della tenebra invernale. Questa data un chiaro esempio di sincretismo pagano-cristiano ed stata scelta con grande abilit, mettendo insieme la tradizione nordica dell'abete che resiste anche all'inverno e si colora di luci invernali e il paesaggio mediorientale. Il 13 di dicembre dedicato a Santa Lucia, il giorno pi corto che ci sia, dice un diffuso proverbio popolare; San Nicola, che il 6 di dicembre, porta sugli abeti la luce di molte palline di neve o di brina che scintillano nella notte; il 25 dicembre viene collocata la nascita e il giorno aumenta del passo di un gallo, dice sempre il proverbio popolare e il 26, a Santo Stefano, del passo di un prete. Come si vede, una lenta progressione di crescita della luce. La tradizione fu innovata da Francesco d'Assisi, che invent il presepe. E lo fece vivente con un neonato di Greccio, che non era necessariamente biondo, e oggi potrebbe essere un qualsiasi neonato anche di pelle nera o con occhi a mandorla. Francesco era contrario alle Crociate ed ebbe con l'Islam un rapporto molto positivo, non amava il crocefisso brandito da picchiare in testa agli "Infedeli". Sulle innumerevoli immagini e riproduzioni del presepe sta un breve cartiglio che dice Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini che vogliono far bene: lasciata la prima proposta a chi crede in dio (al quale del resto si chiede solo che sia assicurata gloria, non privilegi n ricchezze) e aggiungendo le donne al secondo auspicio, il presepe ha una sua attualit molto significativa, che sostiene una proposta di pace fondata nella storia umana. Serve anche per ricordare che per fortuna sua Ges Bambino nacque a Betlemme, perch i suoi genitori, privi di cittadinanza romana e di documenti, non poterono trovar posto in albergo e si ricoverarono in una stalla, cio oggi in un garage, da usare alla bisogna. Se invece che a Betlemme

fossero capitati a Coccaglio con sindaco del KuKluxklan, gli sarebbe andata molto peggio.

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Santo per difetto di memoria


di Alessandro Portelli in il manifesto del 24 dicembre 2009 Dopo la rimozione della scritta Arbeit macht frei dal cancello di Auschwitz, si detto che si trattava di un attentato contro la memoria, di un tentativo di cancellarla. A me sembra invece che azioni del genere siano il risultato di una vera e propria ossessione per la memoria: un'ossessione che rende insopportabile l'esistenza di certi oggetti e che cerca di placarsi possedendoli e cancellandoli al tempo stesso, e si illude cos di controllare e dominare anche la memoria altrui. questo il fondamento emotivo dei revisionismi e dei negazionismi. Che, pi si affannano a cancellare, manipolare, nascondere queste memorie, pi mostrano di essere dominati da quello che vorrebbero dominare. Solo chi non pu dimenticare rimuove. Di questa ossessione, legata agli stessi eventi della guerra mondiale e della Shoah, fa parte anche il processo di beatif icazione di Pio XII per le sue virt eroiche, di fatto confermato e nuovamente giustificato dalla Santa Sede anche se soltanto disgiunto da quella di Giovanni Paolo II. Io non so se esista una definizione di eroismo nella dottrina teologica o nei codici di diritto canonico; ma so che nel nostro linguaggio ordinario l'eroismo comporta sempre un'assunzione di rischio, un mettersi in gioco, mentr e la capacit (o se vogliamo la virt) mediatrice e diplomatica di Papa Pacelli durante la guerra e la Shoah consistette precisamente nel tenere fuori dal pericolo la sua istituzione e la sua persona, e di compiere a protezione dei perseguitati tutte, e solo, quelle azioni che si potevano compiere senza correre rischi. A rischiare, anche in seno alla Chiesa, furono altri. Pu darsi pure che avesse ragione, e abbia fatto la cosa pi saggia ed equilibrata, non sto qui a discuterlo. Ma mi sembra che l'insistenza sulla beatificazione, sua e di altr i papi problematici come Pio IX, abbia anch'essa a che fare pi con questa ossessione della memoria che con virt vere o presunte. Voi ricordate ambiguit, criticate silenzi, dubitate sulle esitazioni? E noi proprio per questo beatif ichiamo: alla vostra memoria problematica sovrapponiamo una memoria canonica cer tificata, pacificata e vera per fede. Ora, la memor ia non n una cosa buona n una cosa cattiva: come la respirazione, una funzione inevitabile degli esseri umani, in una certa misura addirittura involontaria - non possiamo decidere di non avere memoria, cos come non possiamo decidere di non respirare. Ma proprio per questo,

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di non avere memoria, cos come non possiamo decidere di non respirare. Ma proprio per questo, come possiamo impegnarci su come respirare, su che aria vogliamo metterci nei polmoni, anche sulla memor ia possiamo lavorare, esercitarci, fare attenzione, essere il pi possibile coscienti di come e che cosa ricordiamo. Per questo, la memoria non un dato stabile ma un terreno di conflitto: se abbassiamo per un attimo la vigilanza, la nostra mente sar posseduta da cattive memorie, da memorie altrui: siamo come gli eroi cyberpunk di William Gibson, capaci di espandere all'infinito la propria coscienza nel ciberspazio, ma vulnerabili ogni momento dall'invasione del ciberspazio nell'intimo pi profondo della propria psiche. L'ossessione conservatrice e reazionaria per la memoria nasce da qui: all'impossibilit di dimenticare e di far dimenticare incubi del passato si risponde cercando di controllarli e di sostituirli con memorie alternative. La resistenza, certo, sta nell'impedire la cancellazione dei segni e dei simboli, ed un bene che la scritta di Auschwitz sia tornata al suo posto (a me piacerebbe che i segni della frammentazione a cui stata sottoposta dai rapitori restassero visibili - segni di una seconda memoria, della memoria della profanazione). Ma la resistenza sta soprattutto dentro di noi, sta anche nella nostra capacit di ricordare senza dipendere troppo dai promemoria e dagli oggetti. In un memorabile racconto di Alice Walker, Per uso quotidiano, due sorelle si litigano un quilt, cimelio familiare patchwork in cui sono incorporati il lavoro di una nonna e frammenti dei suoi vestiti. La sorella colta, proprio come il committente del furto di Auschwitz, vuole farne un oggetto da collezionista, appeso al muro; la sorella campagnola pure disposta a lasciarglielo fare, tanto io sono capace di ricordarmi di nonna Dee anche senza il quilt. La memoria siamo noi, e se il furto di un oggetto sia pure infinitamente simbolico bastasse a indebolirla vorrebbe dire che abbiamo gi cominciato a dimenticare.

Pio XII santo non subito


di Aldo Maria Valli in Europa del 24 dicembre 2009 La decisione di Benedetto XVI di certificare le virt eroiche di Pio XII ha destato, come cera da immaginarsi, molte reazioni. Ma di che cosa parliamo quando diciamo virt eroiche? E come procede in questi casi la Chiesa? Il riconoscimento delle virt un passaggio indispensabile sulla via della beatificazione del candidato (alla quale potr seguire in un secondo tempo la canonizzazione) e le virt in questione sono prima di tutto le tre teologali (fede, speranza e carit) e poi le quattro cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza). Attraverso un processo articolato in varie fasi e assai meticoloso, la Chiesa conduce un esame in ter mini strettamente teologici. Come ha precisato la nota ufficiale del Vaticano diffusa da padre Federico Lombardi in risposta alle polemiche, si guarda allagire del candidato rispetto alla sua comunione con Dio e alla sua aderenza a Ges, non alla portata storica di tutte le sue scelte operative. Quanto alleroicit, una questione di grado. Cio: non sono le vir t a essere considerate eroiche in quanto tali. Si cerca di stabilire invece se quelle determinate virt sono state esercitate in grado eroico. E qui possono venire in aiuto le parole del cardinale Joseph Ratzinger, che scrisse: Virt eroica non vuol dire che uno ha fatto grandi cose da s, ma che nella sua vita appaiono realt che non ha fatto lui, perch egli stato trasparente e disponibile per lopera di Dio. Ecco: si potr ebbe dire che leroicit sta in questo lasciarsi fare da Dio, in questa assoluta disponibilit e accoglienza. Chiaro quindi che si pu essere eroi in modi diversi, a seconda del proprio stato, della propria condizione sociale e professionale, a seconda dellet. Eroe della fede pu essere un papa cos come un giovane studente, un religioso cos come una madre di famiglia. Unulter iore precisazione circa leroicit ci viene da Benedetto XVI: La virt cristiana, per essere eroica, deve far s che colui che la possiede operi facilmente, prontamente e con gioia, in modo superiore allordinario, per un fine soprannaturale, senza ragionamenti umani, con abnegazione e totale dominio dei moti dellaffettivit. Si vede qui che siamo in un campo di indagine molto diverso da quello al quale pensa il mondo quando ragiona attorno ai possibili santi. Lesame condotto su fatti concreti e quindi storici, ma il punto di vista spirituale, non politico-sociale. Per restar e al caso di Pio XII, se lindagine dimostra che, anche rispetto a una questione tanto delicata come quella della persecuzione antiebraica, il papa oper con assoluto amore per il Signore e in totale comunione con Dio, ecco che la Chiesa ritiene di essere in presenza di virt eroica, a prescindere dalla valutazione storica su ci che il papa disse o non disse. Ovviamente, il processo verso la beatificazione si arresta subito se si scopre che il candidato ha consapevolmente operato, anche una sola volta, il male. Ma se si accerta che il candidato ha operato sempre con fede profonda, con cuore buono e puro, il processo va avanti. Quanto poi al fatto che leroicit delle virt di Pio XII sia stata proclamata insieme a quella di Giovanni Paolo II, ci non presuppone, di per s, che i due processi verso la beatificazione andranno di pari passo. Il Vaticano ha precisato che i percorsi sono diversi e come tali avranno tempi differenziati. Se per Wojtyla praticamente certa la beatificazione nel prossimo autunno, per Pacelli ancora non si sa. Leroicit delle virt stata proclamata insieme non tanto per una

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Pacelli ancora non si sa. Leroicit delle virt stata proclamata insieme non tanto per una questione di bilanciamento (come avvenne per la cerimonia di beatificazione di Pio IX e Giovanni XXIII), quanto perch, essendosi concluso positivamente il supplemento dindagine ordinato su Pio XII, Ratzinger ha deciso di procedere normalmente, senza lasciarsi condizionare dal fatto che la proclamazione delle virt eroiche di Pacelli coincidesse con quella di Wojtyla. Questo tipo di annuncio viene fatto dal papa una volta allanno, prima di Natale, e Benedetto XVI non ha voluto aspettare altri dodici mesi. Ragioni di opportunit nel rapporto con il mondo ebraico avrebbero

potuto suggerire un rinvio, ma Benedetto ha voluto dimostrarsi completamente libero e autonomo. La prossima visita del papa alla sinagoga di Roma sia occasione per riaffermare e rinsaldare con grande cordialit i vincoli di amicizia e di stima, si legge nella nota vaticana. Un augurio, ma anche una richiesta: nessuno pu condizionare la Chiesa per quanto riguarda questioni che attengono strettamente alla sua sfera di competenza.

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Sul caso Betori-Santoro


di Luisa e Paolo B enciolini in Rocca del 1 gennaio 2010 Intendiamo esprimere due osservazioni sulla lettera di Enrico Peyretti (qui sotto riprodotta) pubblicata sul caso Betori-Santoro nel n. 22 di Rocca. La prima riguarda la condizione del transessuale. Il transessuale vero (purtroppo la vicenda Marrazzo ha fortemente contribuito a inquinare la conoscenza del problema) soffre per l'intima dissociazione tra l'aspetto somatico e il suo orientamento psico-sessuale. Per questo chiede di poter adeguare il proprio corpo a tale dimensione che vive come di fondamentale importanza esistenziale. Il nostro ordinamento ha riconosciuto la legittimit di tale aspirazione con una legge che risale ormai a quasi trent'anni fa (n.164/82) e che la Corte Costituzionale ha dichiarato conforme al diritto di ogni individuo a ottenere la tutela della propria salute. Per questo non possiamo condividere la (sia pure istintiva) ritrosia di Enrico nei confronti di quelli che egli chiama slittamenti di identit sessuale che oggi vanno forte. La seconda osservazione riguarda il modo di considerare il problema posto alla Chiesa da chi, come ha ottenuto dallo Stato il riconoscimento della nuova identit sessuale, cos le chiede - con tale identit - di sposarsi davanti al Signore. Nel caso di Firenze la sentenza del Tribunale (che la legge subordina ad approfonditi accertamenti peritali) aveva da tempo consentito alla coppia di sposarsi civilmente e la comunit ecclesiale, alla quale facevano riferimento, era partecipe della loro relazione d'amore. Non ci pare, dunque, che il problema posto alla chiesa fiorentina possa essere confrontato con quello dei battesimi e matrimoni ben fuori dal campo della fede cristiana, quasi per cercare una indulgente giustif icazione ad una sorta di deroga disciplinare. N che sia il caso di invocare misericordia. La questione di fondo se la Chiesa in grado di riconoscere la nuova identit sessuale; se, cio, accogliendo anch'essa i contributi della scienze umane, (la cui importanza lo Stato Italiano ha da tempo riconosciuto), riesce a comprendere che anche questo un matrimonio fra un uomo e una donna. Con amarezza dobbiamo prendere atto che anche su questo tema continua a dominare una inaccettabile e da tempo scientificamente superata concezione biologica della persona umana. Ma siamo anche convinti che tutti coloro che vivono nelle comunit ecclesiali la responsabilit della loro competenza scientifica siano oggi chiamati ad aiutare la Chiesa a cercare una maggiore conoscenza e fedelt a quell'uomo (maschio e femmina) creato dal Padre a sua immagine.

riportiamo di seguito l'intervento di Peyretti a cui si fa riferimento: Sul caso Betori-Santoro La chiesa, la disciplina, sono buone cose. La bont di pi. Non conosco di persona il prete Santoro. Non ho alcuna simpatia, anzi una istintiva ritrosia tradizionalissima davanti a questi slittamenti di identit sessuale che oggi vanno forte. Li considero una sfortuna, ma temo di offenderli. Ho sentito alla radio l'essenziale della notizia, mi sono trovato sul monitor davanti alla tastiera un messaggio di solidariet, ho pensato: un prete che ha rotto una disciplina per bont verso degli "esclusi". Non sostengo affatto di avere tutta la ragione. Non ci ho pensato molto, n mi pare una cosa tanto grave. Si danno battesimi e matrimoni ben fuori dal campo della fede cristiana,come semplici riti sociali di buon augurio, e - assai peggio - si fanno messe militari con grida bestiali di "Folgore!" dentro la

chiesa-edificio (basilica di san Paolo, funerale dei soldati mandati e andati a morire a Kabul), davanti al tavolo della Cena e alla Croce, e cos si benedice la guerra sporcando Dio e la sua Parola. Cosa vuoi che sia, al confronto, un prete che chiama sacramento - ma tutto sacramento! "tutto grazia"! - una preghiera e una benedizione su due persone che appoggiano l'una all'altra le loro povere vite, povere come tutte le nostre, di vescovi e non-vescovi. Il vescovo, principe della disciplina pi che della bont, faccia il suo mestiere, ma allora scagli la sua disciplina anche contro esercito e governo che sacrilegano assai di pi l'eucaristia di Ges, per rafforzare le loro armi e i loro profitti a danno dei poveri ingannati con la falsa retorica militare, tacendo ben bene sulla popolazione afghana che subisce la guerra. Non sappiamo dove arriva la grazia, la chiesa senza confini (come proclamava sorella Maria di Campello), e stiamo l col centimetro della disciplina. Santoro forse faceva bene a non sacramentalizzare quel gesto, e piuttosto dirgli che la loro vita era gi un sacramento. E fa male il vescovo-disciplina a non dare lui questo annuncio, che amore e amicizia sono l'unico universale sacramento di Dio, in qualunque sesso e trans-sesso, roba di cui Dio - oso immaginare - non ossessionato come le gerarchie cattoliche.

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ossessionato come le gerarchie cattoliche. Per "es-agerare" ancora un po' (spesso la verit sta "ex-agro", fuori dal campo), mi verrebbe voglia di parafrasare il profeta e il vangelo: "Misericordia voglio, e non sacramenti!" Enrico Peyretti, Torino

Prima Cristo, poi le chiese


di Fulvio Ferrario in Riforma - Settimanale delle Chiese Evangeliche Battiste, Metodiste, Valdesi - del 25 dicembre 2009 La crisi dell'ecumenismo da tempo un luogo comune. Le analisi al riguardo sono numerose, le proposte per uscirne un po' meno. La cosa comprensibile e sarebbe presuntuoso millantar e soluzioni di pronto utilizzo, in particolare in un contesto ecumenicamente provinciale come quello italiano. Quelle che presento sono, dunque, semplici riflessioni, che per vorrebbero avere, almeno nel piccolo cabotaggio nostrano, qualche valenza direttamente operativa. Protestantesimo tra piagnisteo e servilismo Il protestantesimo, negli ultimi (ahim) decenni, ha giocato di rimessa: lamenti perch Roma non vuole considerare quelle evangeliche chiese in senso proprio, come se il giudice da ascoltare e, cer to, da temere, non fosse tutt'altro; lutto per il divieto della famosa ospitalit eucaristica, spesso presentato come fonte di sofferenza: parola impegnativa, questa, che personalmente sarei incline a riservare ad altre situazioni; da parte delle chiese anglicane e di alcune chiese luterane, poi, rivendicazioni del fatto che, in fondo, anche loro hanno la vera successione apostolica, quella storica, e che dunque, se proprio Roma vuole scartare qualcuno, i reietti dovrebbero essere quei luterani che hanno diviso la chiesa (i non-scandinavi, insomma) e naturalmente gli altri, i cattivissimi, riformati, metodisti, battisti ecc. Non sono sicuro che un simile cocktail, di piagnisteo e servilismo abbia un grande avvenire; nemmeno mi pare che esso rappresenti le ragioni della Riforma in modo particolar mente significativo. Vorrei allora porre la domanda: che cosa intendono fare, nel prossimo futuro, gli evangelici italiani, in ambito ecumenico? Una possibilit consiste nel mantenere la linea del recente passato: muoversi il meno possibile, ruggire contro Roma (battisti, metodisti, valdesi: i luterani continueranno a fare i bravi), accertandosi bene di non essere ascoltati da alcuno, coltivare con cura ogni possibile dissenso al proprio interno, innalzando bandiere denominazionali il cui contenuto effettivo sfugge ai pi. Le energie per perseguire una simile politica sospetto non ci manchino. Ma proprio l'unica possibile? Naturalmente la nostra riflessione

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politica sospetto non ci manchino. Ma proprio l'unica possibile? Naturalmente la nostra riflessione non pu non essere ampia e approfondita, il che significa anche doverosamente interminabile. Tuttavia il futuro (non vicinissimo, ma che giunger, nella malaugurata ipotesi che il Signore non torni prima) presenta due scadenze che varrebbe la pena tenere presenti. Firenze 2012 La prima l'assemblea generale della Comunione di chiese protestanti in Europa, che riunisce riformati, luter ani (quasi tutti), metodisti, prevista per il 2012 a Firenze. Il fatto di essere in Italia determina, per le nostre chiese, l'occasione di intervenire nella discussione ecumenica in termini un poco pi visibili del solito. Ebbene, come si presenter all'assemblea la piccola Leuenberg italiana che dovr contribuire a organizzarla? Finora, valdesi e metodisti da una parte e luterani dall'altra hanno condotto esistenze amichevolmente estranee. In fondo, ci piace cos. Per valdesi e metodisti, i luterani sono troppo tedeschi, troppo filocattolici, troppo conservatori. Per i luterani, questi quattro gatti di italiani sono, intanto, perennemente squattrinati (vero, peraltro), poi sessantottini impenitenti, morbosamente anticlericali e, alla fin fine, un po' sguaiati. Ma proviamo a spostare i termini del confronto, se la situazione attuale merita una simile espressione. vero o no che il protestantesimo italiano ha introiettato Lutero (non il luteranesimo confessionale: ma questo davvero un torto?) in profondit? E che oggi tra un riformato e un luterano, in Italia, ci sono solo differenze socio-religiose, di conto in banca e di bon ton con il Grande Fratello romano, uso dell'8 per mille a parte? E che teologicamente nemmeno un professore di Erlangen o Gottinga (forti rocche, appunto, del verbo di Wittenberg) saprebbe rintracciare dissensi di qualche impor tanza? E allora, se una effettiva unit nel nome di Ges Cristo, l'unico che a Lutero

interessava, nei fatti, come la esprimeremo di fronte al protestantesimo europeo? Che contributo daremo, da qui al 2012, all'unit protestante nel continente? Ma c' dell'altro. In Italia, le chiese riformate e metodiste hanno con le chiese battiste rapporti che cer to potrebbero (dovrebbero) essere migliorati, ma che comunque non sono confrontabili con altre situazioni europee. Non dovremmo, da qui al 2012, presentarci all'Europa evangelica con un esempio (niente meno) di comunione ecclesiale nella quale le divergenze sul battesimo siano ricomprese in una solidariet pi ampia? In Baviera, luterani e battisti ci sono riusciti. Perch noi no? 2017 In Germania fervono i preparativi per il quinto centenario della Riforma. Anche a Roma. In Vaticano, dico. L ci si sta attrezzando per qualche dichiarazione ecumenica, della quale qualcuno inizia a tracciare possibili contenuti. Diciamocelo, non era poi cos malvagio, questo Lutero, gi lo abbiamo capito nel 1983 (quinto centenario della nascita). Ha un po' esagerato, questo s. Ha diviso la chiesa (l'ho sentito dire anche da luterani. Lui? Lui ha diviso la chiesa?), ha rotto con Roma (ma chi ha rotto? E che cosa?), ma in fondo era per i valori cristiani, che sono alla radice dell'Europa. E, come abbiamo ricordato, giusto poche settimane fa, sulla giustificazione siamo d'accordo. Perch non esserlo anche, come minimo, sulla successione apostolica, mediante un vescovo come si deve, ordinato romanamente? E come massimo... chiss. Forse con un papa un po' pi elastico, molte cose sarebbero possibili... Questa musica non ci piace. Non credo piaccia molto nemmeno ai luterani in Italia. Ma, allora, perch non iniziamo a suonarne una diversa? Non certo (su questo facile accordarsi) una trionfalistica celebrazione della Riforma. Piuttosto, si potrebbe provare a dire qualcosa di protestante. A esempio: perch siamo convinti che questo paese abbia bisogno (oltre che della laicit) della comprensione del Signore Ges Cristo per la quale nel XVI secolo si vissuti e si morti? Chi , questo Cristo della Riforma? Certo, non un altro rispetto a quello creduto e testimoniato da milioni di sorelle e fratelli cattolici. Tuttavia altro rispetto all'ideologia di un papato infallibile, di una chiesa monolitica, che poco ha in comune con la variopinta diversit delle chiese del Nuovo Testamento; altro rispetto alle pretese di potere fuori dal tempo ed estranee all'evangelo; e anche rispetto a un secolarismo debosciato e indifferente, che si riempie la bocca di illuminismo e liberalismo per poi risultare ateo e bigotto al tempo stesso. Esiste un movimento, che noi (anch'io) definiremmo fondamentalista, che si chiama Cristo la risposta. Secondo me, a Lutero una frase del genere non sarebbe dispiaciuta. Anzi, egli stesso l'ha ripetuta fino allo sfinimento: ai confratelli tentati da Satana, ai fanatici di tutte le risme (e anche a quelli che tali non erano, ma che a lui lo sembravano), al papa e all'imperatore. Perch non lo diciamo anche noi, insieme? Cristo la risposta. Certo, bisogna essere precisi: dire quale Cristo risponde, e perch, a quali domande delle donne e degli uomini del nostro tempo, in questo paese. Bisogna dirlo liturgicamente, teologicamente, spiritualmente, musicalmente e anche con qualche proposta in positivo sulle questioni etiche che tutti si pongono (Lutero lo ha fatto, eccome, anche sbagliando, ma interrogandolo, questo Cristo benedetto, e rischiando proposte per amore del suo nome). Poi parleremo anche della laicit, del pluralismo e di tutto il resto. Ma intanto, alla scuola di Lutero, noi, battisti, metodisti, luterani, valdesi in Italia, siamo debitori al paese anzitutto di Cristo. E se si aggiunge qualche pentecostale, tanto meglio. Non che la chiesa cattolica non l'abbia offerta, questa testimonianza. Ma se celebriamo il 2017 perch siamo convinti che la Riforma l'ha resa in un modo particolare, vero, irrinunciabile. E di questa Riforma, noi, sgangherati come siamo, custodiamo, indegnamente, l'eredit. Forse vero. In Italia, del protestantesimo, non importa nulla ad alcuno. Ma nemmeno al

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Forse vero. In Italia, del protestantesimo, non importa nulla ad alcuno. Ma nemmeno al protestantesimo impor ta molto del protestantesimo. Cristo importante. Cristo la risposta. E dopo la risposta, due domande. 1) Ci sentiamo di dirlo? O troppa fondamentalista, troppa pietista, troppo generico o (speriamo non venga in mente a nessuno) troppo astratto? 2) Come dire questo Cristo, da protestanti (cio: secondo le Scritture), insieme, in Italia? In vista del 2012 (non della fine del mondo. Dico dell'assemblea evangelica europea) e del 2017, di questo che, non

senza pregare (insieme, anche qui), mi piacerebbe discutere. Fulvio Ferrario

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Il libro sacro degli altri


di Brunetto Salvarani in Cem Mondialit n. 5 del dicembre 2009 Nello scorso numero di CEM abbiamo pubblicato un comunicato stampa sulla delicata questione dell'insegnamento religioso a scuola. Lo abbiamo costruito dopo una consultazione fra noi, ma anche con i direttori delle altr e riviste CSAM, Missione Oggi e Missionari Saveriani.Ci siamo espressi in base all'esperienza che da molti anni ci ha condotto a progettare un itinerar io che - senza contrapporsi all'attuale ora di IRC (Insegnamento della Religione Cattolica) - prenda in seria consider azione l'odierno processo di pluralit dei riferimenti religiosi, e anche la constatazione, forse non banale, che questo insegnamento, per giunta facoltativo, non riesce a esaudire il crescente bisogno di informazione e di formazione sul religioso. Mentre sempre pi palpabile che - come ha affermato Tony Blair - non capire il potere della religione significa non essere in grado di compr endere il mondo moderno. Il pluralismo che ci sta attraversando infatti destinato a porre a dura prova la tradizionale ignoranza di noi italiani in campo religioso, invitando l'universo della scuola e della formazione permanente a un impegno pi serio e approfondito. Sar impossibile, in ogni caso, continuare a considerare il fatto religioso come un elemento puramente individualistico o folkloristico, privo d'influssi culturali, economici e sociali. Come ogni novit, un quadro simile potr provocare paure e indur re a chiusure identitarie (e lo sta facendo), ma potr anche stimolare a un autentico salto di qualit, se sar vissuta con la necessaria laicit (poich la laicit aperta il presupposto di ogni sano pluralismo). Ecco perch torno sul tema, nella convinzione che soltanto una scuola capace di favorire e promuover e un dialogo interreligioso e interculturale possa contribuire a rafforzare il fondamento della convivenza sociale e civile, in un paese che sta conoscendo una fase di disgregazione. Il che non equivale ad accodarsi ai cantori del cattolicesimo-religione-civile, perch noi prendiamo sul serio tanto la pluralit religiosa quanto la presenza di cittadini che non intendono essere presi per credenti. Ma anche costoro non possono negare che la conoscenza delle religioni un dato di base, per acquisire una buona cultura e per capire le dinamiche del tempo che stiamo vivendo. Si veda la riflessione offerta da un laico doc come Giancarlo Bosetti, nel bel libro uscito qualche mese fa, dal titolo Il fallimento dei laici furiosi.Presenta le religioni non come nemici da annientare in vista di una societ migliore, pi aperta e vitale, bens come alleati preziosi nelle sfide del futuro. Togliendo l'acqua alle due derive oggi in campo, quella neoclericale e quella di un laicismo incapace di accettare la dimensione pubblica delle fedi. Siamo convinti che occorra proseguire in questo dibattito, tenendolo il meno ideologizzato possibile, in vista di quella che ci piace definire l'ora delle religioni. Non confessionale e per tutti. Sappiamo quanto sia difficile parlarne senza scomuniche reciproche. Ma sappiamo anche che si tratta di un cammino necessario, su cui continueremo a impegnarci, con tutti coloro che ci tengono al futuro del senso religioso. Ci incoraggia anche l'esperienza di coloro che hanno aderito al Syllabus di Bradford, che da tempo stiamo diffondendo nelle scuole italiane, con notevole risultato. Per sintetizzare, sottoscrivo quanto ha detto Amos Luzzatto, figur a autorevole dell'ebraismo italiano e gi presidente dell'Ucei: ogni bambino ha il dir itto di leggere il Libro sacro proprio e degli altri bambini, poich fino a quando i cattolici leggeranno solo il Vangelo, gli ebrei solo la Tor e i musulmani solo il Corano sar impossibile realizzare una vera integrazione a scuola e nella societ.

Un'icona per sancire l'egemonia moderata


di Roberto Ciccarelli in il manifesto del 27 dicembre 2009 In questo clima di unit nazionale in soccorso della presenza del crocefisso nelle aule scolastiche riemerge una mentalit che accomuna appartenenze politiche e religiose distanti. Nulla di natur ale, e quindi di antropologico, come vuole il corrente sentimento del politicamente corretto. Le radici cristiane dell'Europa nei cui valori sarebbe stata forgiata anche l'identit italiana non il terreno sul quale tale unit si afferma ancora oggi. piuttosto uno degli effetti di un dispositivo plasmato, rimosso e tramandato che ha una lunga storia. Seconda parte di una ricerca iniziata nel 2007 con la pubblicazione del volume Croce e delizia (Bollati B oringhier i), ne ritorno delle crocil'antropologa romana allieva di Ernesto De Martino Il dimostr a che questa icona sacra il risultato di un discorso che influisce sui pronunciamenti del Consiglio di stato, dei pi diversi ministri dell'istruzione, dei tribunali e delle Commissioni

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Consiglio di stato, dei pi diversi ministri dell'istruzione, dei tribunali e delle Commissioni parlamentari. Il crocefisso esprimerebbe in chiave simbolica l'origine religiosa dei valor i di tolleranza, di rispetto reciproco e di valorizzazione della persona. Affiggere un crocefisso sulle pareti degli edifici pubblici significa ribadire una verit al tempo stesso relativa e assoluta: tutti coloro che crescono e muoiono nella cultura italiana hanno lo statuto di cristiano. Cos facendo si aggira un tab, quello di affermare che il cristianesimo una religione universale e superiore a tutte le altre, ma si occulta il fatto che in Italia la religione cristiana una religione cattolica, con tutta la complessit delle sue espressioni che spingono ad interpretare questo simbolo in modi molto diversi. Individualista ai limiti della discrezionalit e dell'opportunismo morale, spesso connivente con la secolarizzazione, altre volte insoddisfatta dei limiti che essa impone, la questione cattolica in Italia trova nella storia simbolica e politica del crocefisso l'alba di un giorno nuovo. Elevato a simbolo di potere, e non solo di martirio per l'umanit, il crocefisso traduce l'incombenza di una Chiesa che tende a proporsi come guida etica e politica di una societ in crisi non di valori, ma di futuro e di autonomia individuale. La vocazione mondana di questa istituzione incombente sulla societ italiana ha trovato molto spesso una sponda nella politica. Accadde ad esempio tra il 1920 e il 1926, quando un'accorta campagna di stampa riapr il problema della restituzione delle croci. Queste croci erano state tolte dai luoghi laici pi signif icativi della citt di Roma quali il Campidoglio e il Colosseo, come di una contr ada del vercellese, Stroppiana, dove tutto inizi. Queste restituzioni vennero accompagnate da grandi manif estazioni di folla, veicolate dall'alleanza tra gerar chie vaticane, movimenti cattolici di base e il fascismo, che segnarono la conclusione di una storia che aveva visto togliere il simbolo dai luoghi pubblici subito dopo l'unit d'Italia quando si parlava di Roma capitale. Protagonista di questa battaglia fu il maestro e capo socialista Felice Angelo Fietti che guid per una quindicina d'anni le lotte della Lega dei contadini per le otto ore che culminarono nello sciopero pi lungo della storia del proletariato vercellese durato cinquantaquattro giorni. Fietti divent un rappresentante politico importante dopo le elezioni locali del 1920. Senza consultare la propria base impose con una circolare la rimozione dei crocefissi dalle scuole dell'intero circondario. La reazione non tard a farsi sentire. La Domenica del Corriere del 16 gennaio 1921 rappresenta in copertina l'assalto di una folla di donne di ogni et che, crocefissi alla mano, cerca di riappender li alle pareti del municipio di Stroppiana. L'immagine riprodotta nel libro di Clara Gallini, insieme a molte altre, viene commentata con una sapienza degna di Aby Warburg. La lotta di Fietti in nome della laicit e del pluralismo ignorava la potenza di un immaginario politico alimentato dalla letteratura dannunziana e da una vasta iconogr afia che Gallini ripercorre sin dai tempi di Piranesi e dei pittori del Grand Tour in Italia. Ci furono anche poeti come Carducci o Gozzano che videro nel crocefisso il simbolo della sofferenza e della rassegnazione cristiana, ma ci non bast ad arrestare la costruzione del discorso dominante. Sin da inizio Novecento, infatti, archeologi e filologi rielaborarono il mito fondativo della Roma culla della cristianit. La grande croce di legno alta 7,8 metri e pesante 5 quintali che un tempo si

dice fosse piantata nella cavea del Colosseo venne ricollocata in Campidoglio nel novembre 1926. Fu il trionfo dell'identit italiana che prepar l'atto finale della stipula tra il fascismo e la Chiesa cattolica dei patti lateranensi l'11 febbraio 1929. Fietti termin la sua vita in mendicit, tollerato dai fascisti e dimenticato da tutti. L'eco della sua solitaria, ed incompresa, battaglia giunge anche nelle pagine dei Quaderni del carcere di Gramsci. Il crocefisso uno dei frammenti della raffinata composizione dell'egemonia moderata in Italia. Da etnologa, Gallini ripercorre il lato chiaroscurale di questa storia, popolato di memorie scomparse e di relitti culturali oggi sommersi. In essi rispuntano bagliori di lotte che, se costruirono il cristianesimo ai suoi inizi, si sono sviluppati sia dentro che contro di esso. Nella storia del socialismo italiano e in quella dei tanti saperi minori che alimentano le lotte per la libert e l'uguaglianza. Clar a Gallini,Il ritorno delle croci, manifestolibri, pp. 134, euro 14

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Tettamanzi, messa a San Vittore In cella offesa la dignit umana


di Zita Dazzi in la Repubblica - Milano del 27 dicembre 2009 Senza cercare pubblicit, prima di Natale, il cardinale Dionigi Tettamanzi aveva voluto entrare a San Vittore per benedire le celle. Una visita che lo ha profondamente colpito e addolorato, tanto che ne ha voluto par lare nellomelia della messa di mezzanotte, in Duomo. E in questo frangente tanto solenne non ha usato aggettivi scelti a caso, dicendosi sconvolto per lo squallore intollerabile a cui si trovato di fronte. Le condizioni abitative che ho potuto rilevare in tante celle sono offensive della dignit umana, ha raccontato larcivescovo nel silenzio della cattedrale gremita. Ho provato tanta pena, anzi un vero e proprio sconcerto per quanto ho visto con i miei occhi ha continuato. Non posso dimenticare le parole di un detenuto S, la giustizia deve fare il suo sacrosanto percorso e al colpevole la pena dovuta, ma le condizioni abitative, nelle loro pi elementari esigenze, non possono essere ingiustamente offensive della dignit personale di chiunque. E concludeva In questo modo ci strappano via la nostra dignit umana!. Non cerano autorit cittadine ad ascoltarlo alla messa in Duomo, ma certo lappello cos accorato a fare gesti di solidariet per cercare di rimediare e di portare conforto in una situazione cos difficile, ha sicuramente toccato il cuore di molti fedeli. Penso che tutti ha poi spiegato, a margine della liturgia e non solo il sistema generale delle carceri, ma anche le persone che in qualche modo devono sentire il carcere non come un corpo estraneo alla vita sociale, devono fare qualcosa in pi perch queste condizioni siano davvero migliorate. Gli stessi carcerati sentono viva la realt di una giustizia autentica perch la sentono sulla propria pelle, non la rifiutano ha aggiunto perch chi consapevole di un errore, di uno sbaglio, di unoffesa fatta alla societ, sa che la pena dovuta e che proporzionata con la gravit di quanto commesso. Nonostante questo, ha sottolineato il cardinale, i carcerati desiderano essere trattati in questo cammino faticosissimo della loro vita nel rispetto della dignit umana. Il giorno di Natale, larcivescovo tornato a San Vittore, a celebrare la rituale messa, in un clima di grande commozione e partecipazione. Rivolgendosi ai detenuti assiepati dietro le sbarre, il cardinale riferendosi anche allo striscione con scritto Abbiamo sete di una giustizia autentica appeso a un muro della rotonda dove larcivescovo ha celebrato la Messa ha sottolineato che la cosa pi bella che voi volete essere uomini di giustizia. So che paradossale ma possibile coltivarla anche qui in carcere. Durante la visita, allietata dal canto del coro del reparto tossicodipendenti, gli sono state consegnate letter e e messaggi personali di ringraziamento e di richiesta di conforto. Un rientro nella vita sociale dove il perimetro deve essere ospitale per tutti ha risposto larcivescovo perch la pi grande etnia che fonda e spiega tutte le altre etnie particolari quella umana. Ma la tappa a San Vittore, era solo linizio di una lunga giornata di visite pastorali. Ospite della comunit di SantEgidio, Tettamanzi ha conosciuto prima i rom reduci dallo sgombero di via Rubattino, poi una comunit cinese del quartiere Sarpi, infine un circolo di anziani. Incontri che si sono svolti tutti in un clima di grande fraternit. Ho voluto portare la mia solidariet stato il commento finale ma devo dire che sono loro che portano a me la loro solidariet, perch mi accolgono. Vorrei capovolgere un po le cose. Nessun accenno negli incontri pubblici del 25 ai recenti attacchi subiti da parte della Lega nord,

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Nessun accenno negli incontri pubblici del 25 ai recenti attacchi subiti da parte della Lega nord, anche se in un punto dellomelia della notte ha rimarcato: Quanto necessaria oggi questa pace! Non solo per tanti popoli tuttora sconvolti dalla guerra, ma anche per il nostro paese provato da continue tensioni e scontri verbali, forzature bugiarde e ipocrite, strumentalizzazioni inaccettabili e violenze morali e fisiche.

Anime belle. Le vite parallele


di Goffredo Fof i in l'Unit del 27 dicembre 2009 A fine anno, pi che di far consuntivi - quanto allo stato di salute della nostra societ, sarebbero per pi aspetti disastrosi - mi sembra opportuno guardarsi indietro e pescare nel passato recente del paese esempi positivi di resistenza, di impegno, di intervento in difesa di una fattiva intelligenza di tutti e a favore di chi ha pi bisogno. Proprio alla fine di Lettera a una professoressa, il ragazzo che scrive e con lui don Milani dice che, alla fin fine, ci che pi importa lamore del prossimo -ma oggi anche questo andrebbe aggiornato, moralmente e soprattutto politicamente: chi il prossimo che ha pi bisogno di essere amato? Sono usciti in questi due mesi due libri che riferiscono di due vite esemplari e ai pi poco note, le vite di due rappresentanti di quelle minoranze etiche che la maggioranza degli italiani e i suoi diseducatori hanno sempre tenuto in nessun conto, i politici solo per servirsene quando ne avevano bisogno, con il massimo cinismo o semplicemente disprezzandole (tacciandole volta a volta da anime belle, da utili idioti, da mosche cocchiere eccetera e sempre, in definitiva, da sciocchi idealisti). Si tratta di Rocco Mazzarone, medico lucano, di cui Lancora del Mediterraneo ha pubblicato la lunga intervista biografica che gli fece Pancrazio Toscano a Tricarico, prima che morisse, pochi anni fa ( uscita per Lancora del Mediterraneo con il titolo I limiti del possibile), e di Tullio Vinay, pastore valdese, di cui la figlia Paola ha ricostruito la biografia per la Claudiana, Testimone d'amore. Ho scritto io la prefazione del primo libro e la postfazione del secondo (la prefazione del quale dovuta a Paolo Ricca, un teologo protestante tra i pi bravi che vanti il nostro paese), ed forse scorretto che sia io a scrivere di questi libri e di queste persone,ma siccome non lo fa nessuno fuori dalle limitate cerchie dei lucani e dei valdesi, mi sembra opportuno e doveroso assumermi questa responsabilit. Non credo che Mazzarone e Vinay si siano mai conosciuti, ma io ho avuto la fortuna di conoscerli entrambi, considerandoli dei maestri, dal percorso biografico diverso e per simile, parallelo. Mazzarone stato il grande amico di Rocco Scotellaro, Manlio Rossi Doria e Carlo Levi, e con essi ha affrontato studi e battaglie nel dopoguerra, sul fronte di un meridionalismo preoccupato della concr etezza dellazione e delle proposte. Non scriveva, il suo campo dazione stato la medicina sociale, di cui fu un pioniere in Italia e in particolare nel Sud. Legatissimo alla sua terra, non furono per solo il materano e il potentino i suoi campi dintervento; interag con i grandi riformatori e intellettuali del suo tempo, da Salvemini a Olivetti, ed stato stimolatore e critico delle riforme pi avanzate degli anni del dopoguerra,ma fino all'ultimo attivissimo, un punto di riferimento fondamentale per chi operava nel Sud nei campi dellassistenza e per le migliori espressioni del mondo politico. Vinay, dal canto suo, pastore a Firenze durante la guerra (tra l'altro, salv dalla deportazione decine di ebrei) costru a guerra finita a Torre Pollice un centro di incontri, Agpe, grazie a campi di lavoro volontario da cui passarono centinaia di giovani europei, in una logica di riconciliazione e di rispetto tra i figli di chi si era odiato e combattuto. Nei primi anni sessanta si trasfer con un piccolo gruppo di collabor atori a Riesi, nel cuore della Sicilia, e vi fond una comunit attiva pedagogicamente e politicamente, oltre che,come ovvio, saldamente religiosa. Fu anche senatore indipendente della sinistra per molti e molti anni e i suoi discorsi e battaglie restano memorabili, anche se i funzionari della politika non sempre potevano apprezzarli, troppo chiari ed esigenti per la loro capacit di comprensione Ahinoi, l'Italia e il mondo non sono migliorati grazie al lavoro di persone bellissime come Mazzarone e Vinay e al rigore delle loro azioni. La storia continua a dar ragione non a quelli come loro ma agli opportunisti e alle canaglie - sul piano politico come su quello educativo - ma, come ricordava di recente nelle sue memorie un altro maestro, anzi maestra, Bianca Guidetti Serra (Bianca la rossa, Einaudi), militante della sinistra migliore, non ci si mette in unimpresa di rifor ma del mondo, con le misere forze di cui possono disporre un singolo o un

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piccolo gruppo, perch si convinti che essa avr buon fine, ma semplicemente perch giusto cos. Il miglior memento per l'anno che va a cominciare , a mio parere, sempre lo stesso e oggi pi che mai: Fa quel che devi, accada quel che pu

I cattolici contano, ma a destra


di Filippo Gentiloni in il manifesto del 27 diocembre 2009 Se i politici cattolici non contano pi nulla . il titolo drammatico dell'editoriale di Famiglia cristiana. Gli argomenti vanno dall'attacco della Lega al cardinale Tettamanzi ad una tesi ben precisa: non ci si troverebbe pi di fronte alla 'diaspora' del voto cattolico dopo la fine della Democr azia Cristiana ma di fronte alla crescente irrilevanza dei politici che si presentano come cristiani nella file sia della maggioranza che dell'opposizione. Una critica sulla quale vale la pena di riflettere. Prima di tutto e soprattutto perch sottintende che la presenza dei cattolici in politica debba costituire gruppo, partito. Debba essere visibile proprio come cattolica, proprio con questa connotazione politica. Altrimenti sarebbe invisibile, inesistente. Permane il ricordo del partito a ispirazione cristiana, come si era soliti dire allora. Una posizione che non considera la presenza nella vita politica di cattolici singoli, come avviene in Francia e in

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che non considera la presenza nella vita politica di cattolici singoli, come avviene in Francia e in molti altri paesi che non hanno conosciuto un partito a ispirazione cristiana. Una posizione che non prende nella dovuta considerazione l'impegno di parecchi politici cattolici che anche da noi si impegnano favore dei pi deboli e/o degli immigrati. Anche se non hanno una casa cattolica. La posizione di Famiglia cristiana, d'altronde, non considera le non poche prese di posizione politiche dei cattolici proprio a favore delle posizioni berlusconiane. Basti pensare all'atteggiamento della Lega nei confronti degli immigrati, senza dimenticare che il retroterra culturale della Lega proprio cattolico. E senza pensare all'appoggio che il governo Berlusconi concede a posizioni cattoliche come quelle sul testamento biologico e quelle sulla pillola abortiva RU486. N bisogna sopravvalutare l'uscita di qualche cattolico dal Partito Democratico perch con l'elezione di Bersani sarebbe diventato troppo di sinistra. In realt pi che non contare pi nulla i cattolici nella politica italiana sembrano contare sempre di pi, ma a destra. Una tendenza che speriamo possa essere smentita nel prossimo futuro.

Levoluzione il compito dellHomo Sapiens. E se ricominciassimo?


Colloquio con Luce Irigaray a cura di Maria Serena Pallieri in l'Unit del 27 dicembre 2009 Luce Irigar ay per una decina danni, tra met anni Ottanta e met dei Novanta, stata per lItalia una presenza familiare: stata uninterlocutrice di spicco, in quellepoca, del femminismo istituzionale praticato dalle donne del Pci, poi del Pds. In quella stagione potevamo dialogare con il suo pensiero - di quegli anni sono testi come Io tu noi. Per una cultura della differenza, Amo a te, Essere due, La democrazia comincia a due - vedendolo come un orizzonte radicale non solo desider abile ma anche praticabile. Oggi no. Nel corso del soggiorno romano, in cui ha incontrato il pubblico alla Fondazione Basso e a Romatre, abbiamo parlato con Irigaray del suo libro pi recente, Condividere il mondo (come molti altri edito da Bollati Boringhieri). E, parlando con lei, leffetto su di noi stato questo: ci siamo ricordate che esistono luoghi dove la civilt sussiste e dove si pu perfino riflettere su come migliorarla. Questo ci dice con cruda chiarezza in quale buco nero noi lItalia di Ber lusconi e della Lega - siamo invece caduti. Ecco, alla fine di questoannus horribilis, parliamo con Luce Irigaray e ci sentiamo in viaggio allestero. Condividere il mondo riprende alcuni dei temi-chiave della filosofa francese: laltro e lalterit, la differenza tra i generi e le identit sessuate, luomo e il suo rapporto con la madre e la conseguente fondazione di un Logos e una civilt basati, anzich su coesistenza e amore, su conflitto e opposizione. Per qui lo fa alla luce di alcune urgenze della nostra epoca. Oggi dobbiamo tornare alla questione che cos lessere umano? In che modo si distingue dagli altri esseri viventi? Siamo arrivati a un punto tale che dobbiamo ricominciare da qui. Lumanit la specie vivente che ha pi possibilit di perdersi. Dobbiamo tornare alla nostra realt di umani e, da qui, riprendere il compito che ci dato: continuare levoluzione. Come possiamo governare il mondo, anzich dominarlo? si chiede Irigaray. Continuare levoluzione un bellobiettivo. Per lHomo e la Foemina Sapiens quali potrebbero essere le prossime tappe? Per esempio la cosiddetta liberazione della donna. O la globalizzazione. Ma siamo a un limite:

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Per esempio la cosiddetta liberazione della donna. O la globalizzazione. Ma siamo a un limite: tutto pu andar e contro levoluzione umana, se non stiamo attenti a usarlo in suo favore. La globalizzazione, con il conseguente multiculturalismo, ci aiuter a trovare un paradigma che ci faccia crescere oppure ci far assestare su un consenso verso il basso? Oggi, poi, la vita stessa a rischio, non solo come futuro del pianeta e del vivente, ma come futuro dellumano in quanto tale. In Francia ogni giorno la televisione parla di specie condannate alla scomparsa, animali, piante. Nessuno dice per che lumanit stessa che scompare: abbiamo perso energia, capacit di anticipare il futuro, capacit di pensare. Si parla piuttosto di pandemie, di apocalisse. Ma questo vuole pur dire che c il sentore di un pericolo. In Condividere il mondo lei nota che oggi nel pianeta i conflitti sono tra Assoluti. Pensa agli integralismi religiosi? La radice dei conflitti sembra economica, ma, ciecamente o chiaramente, essi vengono promossi in nome di un Dio e di una concezione dellAssoluto su cui si fonda la comunit. Il modo di concepire lAssoluto non lo stesso in tutte le comunit, perci i conflitti ci sono e continueranno a esserci. LAssoluto la cosa pi difficile da interrogare. LAssoluto per definizione un dio? O ne esistono anche nelle nostre societ secolarizzate? Pu essere lideale platonico del Bene, del Buono, del Vero. Pu essere unideologia. Cambiando registro, pu essere un idolo incarnato, un dittatore. Ora, io penso che se un intellettuale, dopo la caduta degli idoli, non propone nuovi modelli per il futuro dellumanit, diventa un complice. Lumanit, caduti gli idoli, manca di trascendenza, ma trascendersi fa parte dellumano. Dobbiamo riprendere questo cammino attraverso cose radicalmente semplici ed umane, per esempio costruire

un futuro, o il rapporto con laltro in quanto differente. Dopo la caduta degli Assoluti che cementavano una comunit non si pu lasciare che tutto si disfi, non si pu restare fermi alla distruzione, bisogna creare nuovi valori. importante continuare a sfidare i valori del passato, per esempio a livello sessuale, ma si devono trovare, anche, nuove modalit di rapporto. In Italia allo sfascio che siamo ferm i: i nuovi valori in crescita sono il razzismo, la mercificazione della sessualit e una specie inquietante di neo-sessismo, promossi dal livello pi alto, da chi ci governa. Lei, quando parla di nuovi valori, a cosa pensa? Al rispetto dellalterit dellaltro. Che sia un compagno, una compagna, un figlio, uno straniero. Rom, donne, il problema questo: la mancanza di rispetto per laltro. Laltro umano viene consider ato in modo quantitativo: io, che sono sopra di te, posso decidere per te. Tu, in un modo o in un altro, sei il mio schiavo o il mio debitore. La globalizzazione ha rivoluzionato alcune nostre coordinate. Lei nel suo saggio aff ronta quelle di lontano e vicino. l che nasce il rigetto dello straniero? Io suggerisco di sostituire lintimit alla familiarit. Familiarit significa condividere abitudini, costumi, senza essere attenti allaltro. Ma dentro di noi c un nocciolo pi intimo che ci ancora nascosto. lincontro con laltro che pu rivelarci a noi stessi. Il rispetto per laltro riapre il nostro orizzonte, ci chiama pi lontano. Ma questo lontano anche dentro di noi, lintimo che non conosciamo. E se questo ci ancora precluso perch siamo vissuti in una cultura che ha privilegiato la vista sul tatto. La carezza pu servirci a dominare laltro, ma anche a rivelarci reciprocamente. Invece, secondo lo stesso Sartre, nella nostra cultura la carezza serve ad assopire per dominare, anzich a risvegliare il desiderio e lamore per poterli condividere. Il tatto pu essere fisico, ma anche psichico o spirituale. Si dice quella persona ha tatto, cio ha sensibilit, rispetto... La familiar it riduzione a cosa: tu fai parte del mio paesaggio, delle mie abitudini. E quando arriva lo straniero, va tutto allaria. Accettiamo lo straniero finch ci porta qualcosa in pi. Quando invece turba la nostra familiarit, lo rigettiamo. Abbiamo curiosit per lo straniero quando lo vediamo nel suo paese, ma quando viene qui e ci chiede di cambiare le nostre abitudini, allora no. Anche il desiderio, quando si fer ma alla familiarit senza rispetto per lintimit dellaltro svela qualcosa di davvero problematico. E questa la storia della sessualit occidentale: usare il familiare anzich condividere lintimit. Lei pratica yoga e ha soggiornato in India. L ha notato differenze, su questi piani? Non ho ricevuto, con lo yoga, insegnamenti sulla differenza tra i sessi, e questo glielo rimprovero. Ma le donne, l, sono dee. Nessuno si per metterebbe di trattare una donna, anche povera, in India, come si fa qui. Forse perch nel loro pantheon ci sono delle divinit femminili. Il rapporto con lalt ro un problema squisitamente occidentale? Credo che, alla culla della nostra civilt, i filosofi presocratici abbiano ripreso alcuni valori dalle tradizioni orientali ma che, poco alla volta, vi abbiano sostituito dei valori propriamente maschili, come il dominio, la tecnocrazia e la competitivit. Bisogna ricominciare dal due anzich dalluno: due generi, non uno che li comprende entrambi. Nella Grecia arcaica esisteva la forma duale e la via mediana nei verbi,Omero per esempio la usa, poi scompare. C stato un crocevia in cui stata imboccata la strada sbagliata. Da l bisogna ricominciare.

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La Chiesa in decadenza? Mai stata cos fiorente


di Carlo Maria Martini in Corriere della Sera del 27 dicembre 2009 Eminenza, sono credente ma mi sento disarmata da questa Chiesa che non mi fa sentire dentro la sensazione che io chiamo Dio e che mi stravolge quando sono davanti a un cielo stellato, al sorriso dei bimbi, a una donna o a un uomo. La Chiesa deve ritrovare la purezza e lumilt che sento nel Vangelo e deve concentrarsi di pi sul perdono invece di accanirsi nel giudizio. Gentile Cardinale, la Chiesa sta impoverendosi di fedeli e ancora non reagisce proponendo idee al di fuori di una bonaria e banale socialit. Se lei vuole dire qualche cosa al mondo, sia coraggioso e proponga riforme quali l'abolizione del celibato dei preti ed un coinvolgimento pi incisivo dei laici nella comunit. (Francesco Bertini, Milano) Eminenza, la Chiesa sta morendo. Un'istituzione, che per sua stessa natura, immutabile non pu resistere ai mutamenti avvenuti nell'ultimo secolo e negli ultimi anni. Il progresso scientifico, ff cambiamento dei costumi e del modo di pensare in seguito alla diffusione di Internet: tutto questo ha portato ad uno sgretolamento del controllo che finora ha esercitato la Chiesa cattolica. Come si fa a credere, oggi, che Dio abita nel Cielo, che esiste un inferno, che Ges salito in cielo dopo essere morto? Fra qualche centinaio di anni verremo sbeffeggiati perch credevamo alle storie raccontate nella Bibbia. (Paolo Rosa, Pavia) Al centro delle mie riflessioni ci sta la Messa. Tanti vanno e tanti ne sono delusi, tanti non vanno. Il rito si svuotato di quello che forse fu: ascoltare la parola di Ges attraverso quelle del parroco. Tanti concetti sono presenti nella vita di oggi che ci rimandano ai Vangeli, tante parole di Ges sono piene di significati moderni, tante vite sono rappresentate nei Vangeli. Ma io non trovo tutto questo nella messa di oggi, troppe parole astratte, troppi riferimenti banali, troppa morale e poco indirizzo concreto. Qualche volta sembra che la debolezza dei parroci sia la debolezza della Chiesa. Manca la passione, la sofferenza ma anche la gioia. (Roberto R ossi, Arezzo) Sono molte le lettere che denunziano una decadenza della Chiesa, descritta anche in termini drammatici. Vengono proposte cause e rimedi per questo fenomeno. Qui considereremo il fatto della decadenza (esiste o non esiste?), alcune ragioni di questo fatto e qualcuno dei rimedi proposti. Ma vorrei prima esporre alcune mie convinzioni. Primo: sono dellavviso che la storia ci mostri come la Chiesa nel suo insieme non sia mai stata cos fiorente come essa ora. Per la prima volta ha una diffusione veramente globale, con fedeli di tutte le lingue e culture; pu esibire una serie di Papi di altissimo livello, una fioritura di teologi di grande valore e spessore culturale. Malgrado alcune inevitabili tensioni interne, la Chiesa si presenta oggi unita e compatta, come forse non lo fu mai nella sua storia. Secondo: la Chiesa non va vista solo nel suo aspetto istituzionale, identificandola per giunta con la gerar chia, cio con i preti, i vescovi e il Papa. Essa composta da tutti coloro che credono in Ges Cristo Figlio di Dio, attendono la sua venuta definitiva, lo amano e si comportano col prossimo come con Ges stesso. Fanno parte o sono chiamati a far parte della Chiesa anche tutti gli altri uomini, i quali, come si esprime il Concilio Vaticano II, hanno un solo fine ultimo, Dio, del quale la provvidenza, la testimonianza di bont e il disegno di salvezza si estendono a tutti (Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane, n. i). Terzo: una tale societ esiste nella storia e quindi ha anche bisogno di una struttur a visibile. Perci esiste nella Chiesa anche l'aspetto istituzionale, la cui configurazione per primigenia solo in pochi punti. Per il resto sottoposta alla legge dell'adattamento e del cambio, con risultati pi o

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meno felici, come appare chiaramente dalla storia della Chiesa. Ma di tutte le istituzioni di questo mondo essa tra quelle che sono durate pi a lungo e che hanno mostrato nei secoli una capacit grande di rinnovamento e di cambio. Basta pensare ai giorni del Concilio Vaticano II e alla carica di gioia che esso fece esplodere. Quarto: molte delle lettere contengono osservazioni oggettive, ma che nascono dalla considerazione del nostro mondo occidentale. Esse non tengono conto della vivacit e della gioia che si trova nelle chiese dell'Africa, dell'Asia e dell'America Latina. Vengo ora ad alcune risposte alle singole lettere. Alla prima dico che il senso profondo di Dio e di Ges Cristo dato congiuntamente da una sensazione del cuore e dalla corrispondenza di questo sentimento con la grande Tradizione. Essa, come dice il Concilio Vaticano II, progredisce sia con la riflessione e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro, sia con la profonda intelligenza che essi provano nelle cose spirituali, sia con la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma certo di verit (Costituzione dogmatica Dei Verbum, n. 8). Mi pare qui molto ben descritto quanto avviene nel cuore dei credenti. E io ne ho conosciuti tanti cos, anche in Occidente. Alla seconda: la lettera contiene osservazioni oggettive e in parte condivisibili. Ma v' anche da tener presente il tanto bene che c' nella Chiesa, il fervore di molti laici, la dedizione di molti preti. Io ne ho conosciuti tanti e per questo posso parlare cos. Sull'ultima proposta mi esprimer pi sotto. Per la ter za lettera rimando a quanto ho detto sopra sulla Chiesa come istituzione storica, legata quindi anche ai rivolgimenti del mondo ma ancorata nella sua fede e speranza in Dio e capace di rinnovarsi continuamente. Essa ha avuto il coraggio, negli ultimi tre secoli, di sottoporre ad analisi critica le proprie fonti. Ha saputo perci riconoscere e quanto nelle antiche storie sia dovuto al genere letterario e quale prezioso messaggio esse contengano. Convengo con l'autore della quar ta lettera (e di molte altre che non trovano spazio per la pubblicazione) sulla noiosit di non poche prediche domenicali. Bisogna anche riconoscere che l'omelia un genere difficile. Sono anche d'accordo sul fatto che ci voglia pi gioia. Sant'Agostino diceva a questo proposito: gaudens catechizet, cio si faccia la catechesi con gioia.

Il crocifisso deve essere dentro di noi


di Carlo Maria Martini in Corriere della Sera del 27 dicembre 2009 Il problema del Crocifisso nella scuola stato visto da gran parte del cattolicesimo moderato come un esempio di arroganza. Come cattolico, mi sarei aspettato un dietrofront e unapertura della Chiesa. Se vogliamo veramente parlare di dialogo con le religioni, che esempio do a mio figlio dicendo: dialoga, ma tu vieni prima degli altri e delle minoranze?(Maria Brambilla, Milano) Sono stato ginecologo in ospedale. Mi sono accorto che in tanti anni non avevo mai visto il mio Crocifisso nel luogo di lavoro. Fino ad allora avevo ritenuto il Crocifisso un arredo, mi sfuggiva il contenuto di quella divina presenza...(Giuseppe Laconi, Nuoro)

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contenuto di quella divina presenza...(Giuseppe Laconi, Nuoro) Si molto discusso in questi mesi sulla presenza del Crocifisso nelle aule scolastiche e in altri luoghi pubblici. Personalmente ritengo che la cosa pi importante avere il Crocifisso nel cuore. Averlo nellesteriorit pu condurre a quella situazione ben descritta nella seconda lettera, di avere davanti agli occhi il Crocifisso senza vederlo. Se ci toglieranno il Crocifisso dalle aule pubbliche, ci rimarr questa decisione personale, profonda, di seguire Ges Cristo fino allultimo, di affidarci a Lui, che tanto ci ha amato, di perdonare di cuore a quelli che ci hanno fatto del male. Questo ci che conta. Ma nel caso concreto bisogna anche tenere conto delle tradizioni e della sensibilit della gente. Chi viene dal di fuori deve imparare a rispettare tutto ci. Perci capisco bene quanti si sono opposti a tale cambiamento, che sarebbe incongruo e inopportuno. N vale il paragone con il dialogo tra le religioni, evocato dalla prima lettera. Tale dialogo presuppone certamente una sincera stima per le credenze e le tradizioni degli altri. Esso preoccupato in prima battuta anzitutto di rimuovere gli equivoci, con cui a volte ci fraintendiamo. Ci non richiede affatto di mettere tra parentesi le proprie credenze.

Preti sposati e donne sacerdote


di Carlo Maria Martini in Corriere della Sera del 27 dicembre 2009 Se si vuole salvare la Chiesa cattolica, Apostolica e Romana, facciamo sposare i preti, altrimenti sar la fine del cattolicesimo.(Mario B ianchi, Roma) Eminenza, ho letto le sue parole sullopportunit di modificare le regole di accesso al sacerdozio. Personalmente non penserei ad unestensione dellordine agli sposati, ma inizierei da un accorciamento del percorso formativo (7 anni, tanti!), specie per le vocazioni adulte. Si potrebbe pensare a un modello che ricalchi quello per la formazione dei diaconi. (Claudio Buzzi, Asola) Dire che per cambiare basta abolire il celibato dei sacerdoti della Chiesa Cattolica Romana, troppo semplicistico, ma un fattore su cui si dovr meditare.(Giampiero Vallivero, Biella) Non pochi ritornano, a proposito dellaffermata decadenza della Chiesa, al rimedio di abolire nella Chiesa latina il legame tra celibato e sacerdozio. Sono daccordo con chi afferma che si tratterebbe di un rimedio semplicistico, anche se il tema merita considerazione. Per quello che conta anzitutto il sacerdozio dei fedeli. I presbiteri sono al servizio del sacerdozio di tutti i fedeli e non viceversa. Ci posto evidente dal Nuovo Testamento che il celibato per il Regno di Dio un grande valore evangelico e non necessariamente legato al presbiterato. La Chiesa latina richiede che i candidati al presbiterato abbiamo anche il dono del celibato. Ma recentemente Benedetto XVI ha fatto una eccezione importante, permettendo che i sacerdoti anglicani che rientrano nella comunione cattolica possano essere ordinati preti anche se sposati. Ritengo che la posizione dell'autore della seconda lettera, che parla di un accorciamento del programma educativo, sia da tenere in considerazione. Ma pi che di un accorciamento si dovrebbe trattare di una semplificazione. Vi sono situazioni, nel mondo variegato del cattolicesimo universale, in cui non si richiedono da un prete studi universitari, ma soprattutto un buon senso pratico e una capacit di toccare il cuore della gente.

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toccare il cuore della gente. Sono una nonna, insegnante in pensione. Le rivolgo una domanda che da tempo mi pongo: perch la Chiesa non autorizza le suore a svolgere parte dei ministeri che si attribuiscono ai sacerdoti? (Nives Sandri, Genova) Bisognerebbe istituire il sacerdozio femminile: larticolo 1 della Dichiarazione universale dei diritti delluomo, proclamata il 10 dicembre 1948 dallassemblea generale delle Nazioni Unite, recita infatti: Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignit e diritti. Essi sono dotati di ragione di coscienza e debbono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza. Larticolo 21.1 della Carta dei diritti fondamentali dellUnione Europea, allegata al trattato di Lisbona, afferma: vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso.... (Mario Scarbocci, San Donato Milanese) Riconosco che le suore sono utilissime nellambito parrocchiale e meritano un maggior riconoscimento, ma ci non vuol dire che esse possano sostituire in tutto i presbiteri. Il sacerdozio delle donne stato escluso ancora ultimamente da Papa Giovanni Paolo II. Recentemente si sono avute ordinazioni presbiterali ed episcopali di donne in diverse parti della Comunione Anglicana. Ci ha creato molte opposizioni interne e non pochi presbiteri anglicani e anche qualche vescovo sono passati alla Chiesa cattolica. Nell agire della Chiesa latina non v discriminazione, perch tutti i cristiani sono uguali e hanno gli stessi diritti, ma non esiste per nessuno il diritto a essere ordinato prete. Ci sarebbe ancora il

discorso delle pari opportunit, ma esso non ancora entrato bene nella prassi della gente.

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La doppia punizione
di Giovanna Zincone in La Stampa del 27 dicembre 2009 Che le condizioni di vita nelle carceri italiane siano intollerabili cosa nota da fin troppo tempo. Le ragioni sono molte e si collegano tra loro a catena. La pi ovvia la insufficiente capienza delle struttur e penitenziarie esistenti, accoppiata alla loro obsolescenza. E uninsufficienza che si riproduce puntualmente, e alla quale troppo spesso si posto rimedio con amnistie e indulti. In questo momento ci sono circa un terzo di posti in meno rispetto al fabbisogno. Il sovraffollamento cer tamente unovvia causa del degrado delle condizioni di vita dei detenuti, sia perch riduce gli spazi fisici nelle celle, sia perch riduce la sia pur limitata e controllata libert di cui in carcere ancor a si dovrebbe godere. Dove i detenuti sono troppi, anche il tempo e la possibilit di movimento allaria aperta nei cortili si riducono, i colloqui con i parenti sono contratti, il lavoro in carcere (colpito anche dalla crisi) diventa un miraggio. A sua volta laffollamento ha varie cause. Quindi affrontarlo, come ha previsto il governo, con un piano speciale di edilizia una misura necessaria, troppo a lungo rinviata, ma non sufficiente. Costruire nuove carceri, costruirle in modo che siano pi vivibili, differenziare i luoghi di detenzione, ridurre il ricorso alla detenzione sono rimedi necessari. Bisogna smettere di applicare letichetta reato a qualunque comportamento che non risponde appieno alle aspettative della cultura prevalente, mi riferisco ad esempio al consumo personale di sostanze stupefacenti. Si pensa cos di soddisfare la richiesta di sicurezza e di ordine che viene dallopinione pubblica, lo si fa con la speranza di incassare qualche consenso elettorale in pi, ma i costi della penalizzazione a oltr anza poi si pagano. Ma c un costo pi alto che si paga con una corsa gridata, e non meditata, alla repressione. Un ragionevole richiamo allordine pu trasformarsi e si sta trasformando in qualcosa di culturalmente molto rischioso: da una parte la disumanizzazione del reo, reale o anche solo potenziale, dallaltra linnalzamento al di sopra delle regole del tutore dellordine. Si raffigura come pericolo pubblico il criminale incallito e poi, allargando il cerchio, chi ha commesso solo una piccola infrazione della legge e poi, allargandolo ancora, chi ha lo stigma di potenziale delinquente perch ha laspetto fisico di un immigrato o perch vestito come i ragazzi dei centri sociali - e nel corso di questo processo tutte queste ben diverse figure sociali vengono pi o meno consapevolmente percepite come individui spogliati del diritto al rispetto, persino del diritto alla integrit fisica. Quella persona perde il diritto a non essere umiliato, a non essere picchiato, a non essere privato di assistenza medica. Al contrario, se a commettere violenze e soprusi sono esponenti delle forze dellordine, scatta lobbligo di solidariet, a cui si aggiunge spesso anche un occhio di riguardo da parte delle corti che se non altro derubricano il caso facendolo slittare verso un reato meno grave. Alcuni eventi recenti, con il caso del giovane Cucchi picchiato brutalmente e non curato, hanno finalmente richiamato lattenzione dellopinione pubblica, altri sono stati sollevati in anni recenti dalle madri delle vittime, ma chiunque abbia avuto anche una conoscenza marginale delle carceri sa che non si tratta di episodi isolati. Cos come non pu non suonare allarmante il dato alto dei suicidi in carcere: un segnale di condizioni intollerabili. Pi in generale, alcune carceri sono luoghi dove troppo spesso il pi forte, ad esempio il gruppo di detenuti pi potente, pu esercitare un potere arbitrario, distruttivo nei confronti dei compagni pi deboli, in assenza di una vigilanza neutrale e forte. Daltr a parte ci sono carceri italiane gestite con metodi innovativi, competenza e umanit. Si capisce quindi che, proprio in questi giorni in cui il Natale dovrebbe dare maggiore luce al messaggio cristiano di riconoscimento comunque e verso chiunque delle ragioni dellumanit, siano alti esponenti della C hiesa a fare sentire la loro voce a difesa di chi vive tragicamente indifeso nelle car ceri italiane. Accanto ai cardinali Bagnasco e Tettamanzi, si sono fatti sentire i radicali di Nessuno tocchi Caino. Rivendicano giustamente il diritto al rispetto umano anche per chi non ne

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ha avuto per gli altri. Un apparato statale che lasciasse i colpevoli diventare vittime di violenze e soprusi acquisterebbe il loro stesso volto. E dovremmo allora chiederci: chi davvero Caino?

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