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LA MOLA
Introduzione
La mola è un utensile multitagliente, formato dai cristalli abrasivi che agiscono come punte taglienti e dal
legante, che li cementa e li distanzia fra loro in modo predeterminato.
Possiamo dividere in due principali categorie gli abrasivi utilizzati per la produzione delle mole da rettifica:
1) Il corindone (Al2O3)
Si ottiene dall’ ossido di alluminio (Al2O3), ricavato dalla fusione di allumine e bauxite alla temperatura di
circa 2900-3000°C. Il successivo raffreddamento, molto lento e controllato, genera una cristallizzazione
sotto forma di rocce compatte, poi frantumate per ottenere l’abrasivo in grana.
Caratteristiche: 96% di Al2O3. Non molto friabile, ma tenace. Vira al grigio se la cottura raggiunge i 1200°C
ma mantiene il colore rosso-bruno con temperature più basse. Cristallizzazione casuale.
E’ adatto per lavorazioni grossolane, come la sbavatura di acciai non troppo duri: in rettifica non è molto
utilizzato, perché la sua capacità di taglio è limitata.
Abral- ABR
Miscele di corindoni
Nelle mole, i vari tipi di corindone si possono miscelare tra loro per esaltare le qualità di un abrasivo
(esempio Cubitron + bianco) o per ottenere una somma delle qualità di ogni singolo abrasivo utilizzato
(esempio HSA = monocristallo+grigio+bianco). Le combinazioni possibili sono molte, si possono anche
miscelare corindone e carbosilicio per rettificare pezzi composti, ad esempio, da acciaio con inserti in metallo
duro.
Durezza
La durezza di una mola è la resistenza al distacco dei suoi granuli abrasivi, ed è determinata dal tipo e
quantità di legante contenuto e, in misura minore, dalla pressione di stampaggio, che ne determina anche la
struttura
Una mola è autoravvivante quando perde i propri cristalli consumati al momento giusto, non troppo presto
altrimenti si consumerebbe troppo, non troppo tardi altrimenti non taglierebbe, causando bruciature sul
pezzo. In rettifica le mole sono ravvivate con sistemi meccanici come gli utensili a diamante: una mola
completamente autoravvivante tenderebbe infatti a non mantenere la misura, causando problemi
dimensionali sui pezzi. Si preferisce quindi utilizzare mole un po’ più dure del necessario, ravvivando
meccanicamente quando serve.
Nella rettifica CNC la mola non deve essere troppo tenera, altrimenti c’è il rischio che il diamante, prima della
finitura, non sfiori la mola che nel frattempo si è consumata con conseguente perdita dello zero necessario
per ottenere la misura finita sul pezzo.
La durezza di una mola, seppure con molte eccezioni, è proporzionale alla sua rigidità e si misura di solito
con un apparecchiatura che ne rileva il modulo di resistenza alla flessione. Si percuote la mola e si misura
l’ampiezza d’onda emessa: elaborando poi questo dato assieme a peso e volume si ottiene un numero che
rappresenta appunto il modulo di resistenza alla flessione.
La rigidità complessiva della mola dipende però anche dalla elasticità del suo legante, ad esempio una mola
vetrificata di durezza “M” potrebbe avere un modulo pari a 40-45 mentre una mola resinoide della stessa
durezza avrà un modulo pari a 20-22, perché il suo legante è molto più elastico.
Ne deriva che ciascun produttore utilizza scale personali, dipendenti dai leganti che usa, propri del suo
know-how. Sarebbe quindi molto difficile realizzare una scala unificata, che per ora non esiste. Può
succedere allora che mole di fabbricanti diversi, con la stessa sigla, siano in realtà di durezza diversa.
STRUTTURA
La struttura di una mola esprime in pratica la sua porosità. I cristalli abrasivi che la costituiscono non sono
completamente aderenti gli uni agli altri, ma tra loro sono presenti numerosi spazi vuoti che derivano dalla
maggiore o minore pressione ricevuta dalla mola durante il suo stampaggio.
I grossi pori contenuti nella mola superporosa a legante ceramico si ottengono aggiungendo alla mescola
materiali porosanti (come legno o materie plastiche ) che in cottura bruciano e lasciano al loro posto una
cavità. Il materiale più usato deriva da gusci di nocciola, praticamente incomprimibile.
Una valida alternativa a questa porosità è il Corindone sferico: si tratta di un materiale abrasivo che si
presenta sotto forma di sfere cave con diametro da 1 a 5 mm. a parete sottilissima, che si consumano
assieme alla mola. Le pareti di queste sfere permettono di ottenere mole che mantengono il profilo anche se
porose. Non si possono usare rulli di crushing per ravvivare queste mole.
LEGANTI: LE TRE FAMIGLIE PRINCIPALI.
LEGANTE VETRIFICATO
Composto molto simili al vetro, di struttura amorfa, che fonde a 750° circa. E' il legante usato di solito per le
mole in cubitron. E’ leggermente più tagliente del ceramico e relativamente più elastico. Massima velocità
periferica 60 m/sec. Indicate nell'utilizzo con liquido refrigerante. E' possibile colorare le mescole in verde,
azzurro e rosso a fini puramente estetici.
LEGANTE CERAMICO
Composto da diversi elementi chimici, la cui base è argilla, fonde a 1300° circa. Le mole che ne derivano
sono di solito più indicate per lavorazioni a secco. Stesse velocità periferiche e stessa color abilità delle mole
vetrificate.
La mola abrasiva, contrariamente agli utensili monotaglienti, può essere resa più versatile solo cambiando
alcune condizioni di lavoro. La stessa mola può quindi dare risultati diversi applicando solo pochi ma
appropriati accorgimenti.
Le vie da seguire per far cambiare comportamento alla nostra mola, in ordine di importanza, sono:
Parametri di ravvivatura
Affinché la mola tagli di più, l’intervento più semplice è aumentare la velocità di traslazione del diamante e la
profondità di passata durante la ravvivatura, creando sulla superficie della mola una sorta di filettatura, che
ne spazia i granelli in contatto con il pezzo e favorisce l’azione di taglio.
Di conseguenza, però, peggiora la finitura superficiale.
Eseguiremo allora solo la sgrossatura con questo accorgimento, lasciando poco sovrametallo per la finitura
e ripristinando per quest’ultima i parametri originari di ravvivatura.
Ovviamente, se invece volessimo ottenere una finitura migliore sarebbe sufficiente l’azione contraria,
facendo molta attenzione a non incorrere in problemi di bruciature o martellamento sul pezzo.
Dobbiamo però tenere presente che, per ottenere queste variazioni, è preferibile utilizzare un diamante a
punta singola o a scalpello: gli utensili a diamanti multipli, infatti, non sempre riescono a produrre sulla
superficie della mola i cambiamenti desiderati.
Superficie di contatto
La superficie di contatto tra la mola e il pezzo è molto importante. Più è limitata, più la mola taglia e non si
intasa. Nel caso dell’esempio, sagomando a gradino la fascia della mola, si potrebbe incrementarne la
capacità di taglio, ma nella rettifica in tondo questo accorgimento non sempre è consigliabile.
Non dimentichiamo infatti che la traslazione laterale della mola per ogni giro del pezzo dovrebbe essere
tra ¼ e 1/5 del suo spessore: se diminuiamo quest’ultimo dovremo diminuire anche la traslazione,
sprecando così molto tempo.
Nel caso si richieda maggior capacità di taglio, diminuire la superficie di contatto è molto consigliabile
specialmente nella rettifica con mole ad asse verticale, per esempio a tazza o a settore. In questo caso la
semplice esecuzione di uno smusso sul bordo della mola a tazza o la riduzione del numero di settori montati
sulla testa della rettificatrice risolve parecchi problemi.