Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Segue in IV di copertina
MAURIZIO PIETRO FAGGIONI
Sessualità matrimonio famiglia
Maurizio Pietro Faggioni
Sessualità
matrimonio
famiglia
Realizzazione editoriale: Prohemio editoriale srl, Firenze
@
2010 Centro editoriale dehoniano
via Nosadella, 6 - 40123 Bologna
www.dehoniane.it
EDB®
ISBN 978-88-10-50550-2
p . M A U R I Z I O P. F A G G I O N I
1
Negli ultimi anni sono uscite in italiano molte opere di diversa sensibilità e di ottima qualità
che offrono un quadro sintetico della materia. Segnaliamo come referenze di base: L. CICCONE, Etica
sessuale. Persona, matrimonio, vita verginale, Milano 2004; G. DIANIN, Matrimonio, sessualità, fecon-
dità. Corso di morale familiare, Padova 2008; R. FRATTALLONE, Sessualità umana. Modelli antropologi-
ci e problematiche morali, Messina 2008; J. NORIEGA, Il destino dell'eros. Prospettive di morale sessua-
le, Bologna 2006; L. PADOVESE, Uomo e donna a immagine di Dio. Lineamenti di morale sessuale e
familiare, Padova 2008; C. ZUCCARO, Morale sessuale. Nuovo manuale di teologia morale, Bologna
1997.
SEZIONE PRIMA
QUESTIONI
STORICO-FONDATIVE
La sessualità è una realtà complessa e articolata che attraversa tutta la
condizione umana e non può essere ridotta alle strutture e alle funzioni geni-
tali, anche se la genitalità costituisce un'espressione significativa della sessua-
lità. La persona, nella sua interezza, è sessuata: a livello biologico, a livello psi-
cologico, a livello relazionale. Dal momento che la persona si autocomprende
attraverso l'esperienza fondamentale e irriducibile della corporeità che è una
corporeità sessuata, la persona non può comprendere compiutamente se stes-
sa prescindendo dalle connotazioni sessuali del suo esistere. Questa autocom-
prensione è un processo altamente soggettivo che non si compie, tuttavia, in un
vuoto assoluto, fuori da uno spazio e da un tempo, ma sempre in precisi con-
testi storici e culturali, all'interno di un'interpretazione generale del mondo
umano e attraverso i codici linguistici e simbolici propri di un dato gruppo e di
un dato tempo. L'autocomprensione del proprio esistere in quanto creatura
sessuata si configura, così, come un processo di mediazione e di unificazione
compiuto dal soggetto fra molteplici elementi di diversa provenienza, naturali
e culturali, fisici e psichici, consci e inconsci, necessitati e liberi.
Il vissuto della sessualità, passando attraverso un processo di mediazio-
ne, ne riflette e ne subisce le vicende, le difficoltà, i fallimenti, derivandone
un'inevitabile componente di relatività. Le regole che le diverse società
hanno elaborato per dare ordine all'esercizio della sessualità sono diverse e
riflettono sensibilità difficilmente riducibili a norme universalmente condivi-
se. Il legame naturale fra sessualità e generazione rappresenta un'evidenza
antropologica che le diverse culture hanno valorizzato e normato, data l'im-
portanza della generazione per la vita sociale e individuale, ma il tratto tipico
dell'intuizione morale originaria sulla sessualità umana prima di qualsiasi
specificazione normativa è il legame fra l'esercizio della sessualità e una rela-
zione interpersonale tendenzialmente stabile fra uomo e donna che possiamo
definire coniugale:
16 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE
1
La parola ethos rimanda a due termini greci diversi, ma correlati: éthos che significa «costu-
me», «modo di vivere», ed ethos che significa «dimora» e indica il carattere morale di un soggetto e di
un gruppo, tradotti entrambi in latino con mos, da cui «morale». La ricchezza semantica del termine
ethos rimanda alla nozione di «tradizione» così com'è intesa da Maclntyre, e M. Foucault, in un arti-
colo del 1984, lo rende con «attitude», definendolo «un modo di pensare e di sentire; un modo, anche,
di agire e comportarsi che, allo stesso tempo, produce una relazione di appartenenza e si presenta come
un compito» (M. FOUCAULT, «Qu'est-ce que les Lumières?», in ID., Dits et Ecrits, 1954-1988, par D.
DEFERT - F. EWALD, 4 voll., Paris 1994, IV, 575); cf. J.P. WILS - D. MIETH (edd.), I concetti fondamenta-
li dell'etica cristiana, Brescia 1994,86-88.
2
Cf. K. DEMMER, Interpretare e agire. Fondamenti della morale cristiana, Cinisello Balsamo
1989,58.
17 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE
scelte e delle strategie operative. Compito della teologia è anche avvertire cri-
ticamente che l'uso di uno strumento linguistico non è mai neutrale, ma esso
in qualche misura condiziona l'intelligenza della verità così che lo strumento
linguistico, se da una parte permette alla verità di incarnarsi, d'altra parte vela
la verità con la mondana relatività e mutabilità.
In tale contesto epistemologico si colloca la persuasione di molti morali-
sti che nel secolo XX si sia avuta una trasformazione del modello etico catto-
lico, passando da una prospettiva naturalistica, centrata sulla procreazione, a
quella personalistica, centrata sull'amore. La mia opinione - che cercherò di
argomentare nel testo - è che esiste una continuità reale nell'ethos cristiano,
anche se stiamo assistendo a un superamento del modello antropologico tra-
dizionale a vantaggio di un nuovo modello antropologico, generalmente detto
personalista.
Il nucleo etico permanente costituisce lo specifico dell'autocoscienza
etica cristiana nell'ambito della sessualità da quando il Signore Gesù ricon-
dusse la sessualità umana al principio genesiaco: il Redentore ristabilì l'inten-
zione originaria del progetto divino sull'uomo e sulla donna (la una caro) e
gettò una luce di verità sulla sessualità umana. Esiste un rapporto originario
fra la sessualità con la sua apertura alla vita e l'apertura della persona alla
comunione. La creatura umana, creata a immagine del Dio amore, è capace di
un'autodonazione intenzionalmente così piena che fa di due realtà umane
diverse una nuova realtà coniugale la quale, a sua volta, è capace di autotra-
scendersi in una donazione intenzionalmente piena e potenzialmente feconda.
Esiste un legame intimo fra sessualità, comunione interpersonale e fecondità:
è un legame misterioso fra la sessualità e la vita che rimanda, ultimamente, al
misterioso legame di Cristo e della Chiesa. Da questa intuizione etica origina-
ria sono derivate le norme a protezione della verità della sessualità, le norme
morali, pensate ed elaborate dalla comunità cristiana attraverso diverse
mediazioni linguistico-culturali. La radice permanente di valore delle norme
non si trova, quindi, nella loro forma storica, ma nel loro rapporto con l'espe-
rienza della verità morale. Talvolta si sono usati a sostegno delle norme argo-
menti molto contingenti, rivelatisi successivamente fragili e inaccettabili. Il
venir meno di alcune argomentazioni non significa affatto la caduta del valo-
re, giacché il fondamento primo del valore sta nell'esperienza cristiana della
salvezza in Cristo. Egli, liberando il cuore dell'uomo dalla durezza, ha rinno-
vato in ciascuno le sorgenti stesse dell'amore.
In questa prima sezione del testo, definita storico-fondativa, ripercorre-
remo, perciò, alcuni itinerari della storia del popolo di Dio, antico e nuovo, per
comprendere come sia emerso a poco a poco, attraverso la tortuosa genealo-
gia delle idee e lo svolgersi a volte contraddittorio delle narrazioni, quel logos
18 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE
della sessualità che il Creatore aveva voluto fin dal principio e che rappresen-
ta il paradigma di autenticità della sessualità umana.
1
SESSUALITÀ E MATRIMONIO
NELLA SCRITTURA
1
Si vedano: M. ALIOTTA, Il matrimonio, Brescia 2002,9-66; P. CAPELLI (ed.), Eros e Bibbia, Bre-
scia 2003; P. DEBERGÉ, Amore e sessualità nella Bibbia, Cinisello Balsamo 2002; S. GUETTA SADUN - A.
MANNUCCI, I tuoi seni son grappoli d'uva. La sessualità nella Bibbia, Pisa 1998; A. MATTIOLI, Le realtà
sessuali nella Bibbia. Storia e dottrina, Casale Monferrato 1987; R. VIRGILI, Le stanze dell'amore.
Amore, coppia, matrimonio nella Bibbia, Assisi 2008. Tranne indicazione contraria, le citazioni della
Scrittura in questo capitolo e nei successivi sono fatte secondo la nuova versione CEI 2008.
2
Sull'uso dei simboli sponsali nella Scrittura: L. ALONSO SCHÖKEL, I nomi dell'amore. Simboli
matrimoniali nella Bibbia, Casale Monferrato 1997.
20 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE
3
G. CROCETTI, La famiglia secondo la Bibbia. I fondamenti biblici della vita familiare, Milano
1983; E. DE LA SERNA, «La famìlia en la Biblia», in Revista Biblica 57(1995), 93-119; A. TOSATO, Il
matrimonio nel giudaismo antico e nel Nuovo Testamento, Roma 1976; ID., Il matrimonio israelitico.
Una teoria generale, Roma 1982; R. DE VAUX, Le Istituzioni dell'Antico Testamento, Torino 1964,27-70.
4
Per esempio Maria, sorella di Mosè e di Aronne (Es 15,20-21), Debora, annoverata fra i giu-
dici (Gdc 4,4), la profetessa Culda (2Re 22,14) e le eroine nazionali Giuditta ed Ester protagoniste
degli omonimi libri; cf. S. ACKERMAN, Warrior, Dancer, Seductress, Queen: Women in Judges and Bibli-
cal Israel, New York 1998.
CAP. 1 - SESSUALITÀ E MATRIMONIO NELLA SCRITTURA 21
Un altro aspetto che accomuna Israele con i paesi limitrofi sono la forma
poligamica del matrimonio e l'istituzionalizzazione del concubinato, conse-
guenze dirette della supremazia maschile. In età patriarcale la poligamia era
piuttosto moderata: Giacobbe aveva due mogli principali (Gen 29,21-30) ed
Esaù tre (Gen 26,34; 28,9). Molto diffusa era la monogamia relativa: alla
moglie principale venivano associate una o talvolta più concubine o mogli
secondarie, secondo un uso normale in Mesopotamia attestato anche nel Codi-
ce di Hammurabi (§§ 144-146.163): questa era la situazione matrimoniale di
Abramo che, accanto a Sara, moglie principale, aveva Agar come moglie
secondaria (Gen 6,1-3), e di Giacobbe che genera i suoi dodici figli da due
mogli principali, Lia e Rachele, e da due mogli secondarie, Zilpa e Bila (Gen
29,15-30).
Poligamia e concubinato si ampliarono progressivamente fino a raggiun-
gere l'acme al tempo dei giudici e dei re: la Bibbia ci ha tramandato la figura
di Davide circondato da mogli e concubine (2Sam 3,2-5.15; 11,2-27; 15,16) e di
Salomone che, a imitazione dei grandi monarchi del tempo, possedeva un
harem di 700 mogli e 300 concubine (IRe 11,3).
I motivi alla base della diffusione della poligamia sono da ricercarsi nella
struttura economica e sociale dell'antico Israele: molte mogli significavano
molti più figli e quindi maggiori risorse umane per i lavori agricoli e la pasto-
rizia, maggiore forza verso l'esterno, maggiore garanzia per il futuro della
famiglia. Avere molte mogli significava avere rapporti con un maggior nume-
ro di gruppi familiari ed era inoltre ritenuto un indice di benessere economico
e di prestigio sociale.
La pratica della poligamia incontrò in seguito crescenti opposizioni,
soprattutto in ambiente profetico.5 Dopo il ritorno dall'esilio babilonese la
poligamia declinò rapidamente: oltre ai motivi ideali e alla maturazione della
consapevolezza nei riguardi del matrimonio e della dignità della donna, con-
tribuì non poco alla sua scomparsa la disastrosa situazione economica del post-
esilio che non permetteva certo alla popolazione di avvalersi di un istituto
oggettivamente costoso come quello poligamico. Ai tempi di Gesù la poliga-
mia non era più accettata dal costume: ne è prova Erode il Grande che, aven-
do diverse mogli, era costretto a giustificarsi dalle accuse richiamandosi all'e-
sempio dei patriarchi.
II ruolo subordinato della donna si rifletteva anche nel modo di conside-
rare l'adulterio. L'adulterio è percepito come un delitto contro la giustizia o, per
5
La nuova mentalità si riflette in diversi testi che tramandano la storia patriarcale: Gen 2,21-
24 (uomo e donna diventano una caro); Gen 4,19 (la poligamia è introdotta da Lamech, il violento
discendente di Caino), Gen 7,3-7 (gli animali entrano nell'arca due a due).
22 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE
meglio dire, contro il diritto del marito (o fidanzato o tutore) al quale la donna
appartiene. Non si configura invece tale delitto se si tratta di una donna libera
da vincoli matrimoniali o priva di tutela, proprio perché lei non appartiene a nes-
suno e quindi non si fa torto a nessuno nell'avere un rapporto sessuale con lei.
1.2. Il ripudio
Un altro elemento che accomuna Israele alle culture limitrofe è l'istitu-
to del ripudio. La parola "ripudio" è più corretta di divorzio, perché in Israele
questo diritto era riconosciuto soltanto al marito nei confronti della moglie e,
anche in questo caso, vediamo come la legislazione ebraica fosse largamente
sbilanciata a favore dell'uomo.
L'uso del ripudio è supposto dalla legislazione mosaica (Lv 21,7.14;
22,13; Nm 30,10) e viene regolato dal codice deuteronomico (Dt 22,13-19.28-
29 e soprattutto 24,1-4). Contrariamente alle apparenze, l'intenzione del legi-
slatore era di mettere un limite all'arbitrio del marito e di tutelare i diritti della
donna ripudiata attraverso l'obbligo del libello di ripudio, una dichiarazione
del marito che rendeva alla moglie la sua libertà e la possibilità di risposarsi. Si
legge in Dt 24,1:
Quando un uomo ha preso una donna e ha vissuto con lei da marito, se poi avvie-
ne che ella non trovi grazia ai suoi occhi, perché egli ha trovato in lei qualche
cosa di vergognoso ['erwat dabar], scriva per lei un libello di ripudio e glielo con-
segni in mano e la mandi via di casa.
6
TOSATO, Il matrimonio israelitico. Una teoria generale, 216.
7
Cf. Dt 25,6-10.
8
Cf. il dolore per la sterilità di Rachele in Gen 30,1 e di Anna madre di Samuele in ISam 1,28,
o il pianto della figlia di Iefte in Gdc 11,37-38 che piange non per il morire, ma per il morire vergine e,
quindi, senza figli.
9
S.P. TARJA, Menstruation and childbirth in the Bible. Fertility and impurity, New York-London
2005.
24 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE
10
II codice di purità del Levitico comprende i cc. 11-15, cui corrisponde la sezione Tohorot
(Purità) del Talmud. In particolare: Lv 12 (parto e puerperio) e Lv 15 (flussi sessuali maschili e fem-
minili, fisiologici e patologici); cf. M. ADAM (ed.), Souillure et Purété, Toulouse 1972; E. CORTESE (ed.),
La Sacra Bibbia. Levitico, Casale Monferrato 1982,151-159; E.S. GERSTENBERGER, Teologia nell'Anti-
co Testamento. Pluralità e sincretismo della fede veterotestamentaria, Brescia 2002,268-269.
11
Per esempio la segregazione della puerpera potrebbe essere motivata da una giusta cautela
di fronte a un periodo così delicato e pericoloso per la salute della madre e del figlio, vista la situazio-
ne sanitaria del tempo.
12
Cf. M. ADINOLFI - P. GERACI, Bibbia e ginecologia a confronto, Casale Monferrato 1989, 81:
«Anche l'Antico Testamento conosce dei tabù, concernenti tra l'altro la vita sessuale e la fecondità,
funzioni misteriose che permettono alla creatura umana di partecipare alla potenza creatrice di Dio».
CAP. 1 - SESSUALITÀ E MATRIMONIO NELLA SCRITTURA 25
essere messi a morte: il loro sangue ricadrà su di loro» (Lv 20,13). Il termine
ebraico to'ebah definisce ciò che è esecrabile. Esso è usato per indicare quei
peccati che implicano contaminazioni pagane e spesso compare nell'espressio-
ne to'ebah ha-goyim, «l'impurità dei gentili» (cf. 2Re 16,3). Talvolta to'ebah
indica l'idolo stesso. Nella mentalità ebraica, il disordine sessuale fa sempre
tutt'uno con l'infedeltà a Dio.13
La rimozione della sessualità dalla sfera del culto in nome della trascen-
denza dell'unico Dio ha un aspetto fondamentalmente positivo perché sottoli-
nea che la sessualità è una realtà creata da Dio e che, in quanto tale, è buona,
ma legata alla dimensione mondana e profana dell'esistenza. Secondo E. Schil-
lebeeckx, «la fede in YHWH ha desacralizzato o secolarizzato il matrimonio,
strappandolo da un piano puramente religioso per riportarlo sul suo piano
umano e profano».14
D'altra parte il sistema dei tabù rituali legati al sesso e la rimozione dal
culto di ogni riferimento alla sessualità introducono una sorta di inconciliabilità
fra sesso e culto. Questa diffidenza si perpetuerà ben oltre l'Antico Testamento.15
13
Parlando dell'omosessualità nella seconda parte del corso, approfondiremo i testi e ne discu-
teremo il valore. L'accostamento dell'omosessualità all'idolatria si perpetua nell'idea - tuttora presen-
te nell'inconscio cattolico - che l'atto omosessuale sia una colpa non solo sessuale, ma anche, in qual-
che modo, sacrilega.
14
E. SCHILLEBEECKX, Il matrimonio. Realtà terrena e mistero di salvezza, Cinisello Balsamo
4
1986,39-40.
15
Nonostante gli insegnamenti di Gesù sulla vera purezza, per secoli nel costume cristiano si per-
petuò la convinzione che non fosse conveniente per la donna accedere agli spazi sacri della chiesa o che
fosse più rispettoso astenersi dagli atti coniugali prima di fare la comunione. L'influsso di queste leggi
cultuali è evidente in Paolo: J.C. POIRIER - J. FRANKOVICH, «Celibacy and Charism in 1 Cor. 7:5-7», in
Harvard Theological Review 89(1996), 1-18. Secondo altri le leggi di purità non influirono sul costume
cristiano: J. MAIER, «La Torah di purità nel Levitico e la sua trattazione nella letteratura giudaica del
periodo del Secondo tempio e dei primi secoli cristiani», in Annali di storia dell'esegesi 13(1996), 39-66.
26 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE
personale, tra uomo e donna, dentro una legge di amore, che salvaguarda il
sesso da una considerazione puramente istintuale».16
Un rilievo particolare rivestono i racconti di creazione in Genesi. Quan-
do il Signore fu interrogato dai farisei intorno al divorzio, egli, fondando la sua
risposta sulla parola di Dio, si riportò al principio, al progetto originario del
Creatore sull'uomo e sulla donna. Anche noi dobbiamo sempre tornare a quel
principio che illumina il mistero umano della sessualità e del matrimonio, «dob-
biamo collocarci», come ci avverte Mulieris dignitatem, «nel contesto di quel
principio biblico, in cui la verità rivelata sull'uomo come "immagine e somi-
glianza" di Dio costituisce l'immutabile base di tutta l'antropologia cristiana».17
16
C. ZUCCARO, Morale sessuale. Nuovo manuale di teologia morale, Bologna 2002,27.
17
GIOVANNI PAOLO II, lettera apostolica Mulieris dignitatem, 15 agosto 1988, n. 6 (EV 11/1206-
1345).
18
Cf. G. RAVASI, «Genesi», in P. ROSSANO - G. RAVASI - A . GHIRLANDA (edd.), Nuovo diziona-
rio di teologia biblica, Cinisello Balsamo 8 2005,567.
19
La parola che indica aiuto ('ezer) è usata solo in pochi testi dell'Antico Testamento e indica
un aiuto talmente speciale che solo Dio può offrirlo. Tale aiuto per Adamo è detto, con rara espres-
sione che ricorre solo in questo luogo, ke-neged-o (A;e=come; «eged=davanti; ó=lui), il suo faccia-a-fac-
cia. I L X X traducono «boethon kat'auton», mentre la Vulgata ha un più debole «adiutorium simile sibi»
(cf. CEI 1974 «un aiuto che gli sia simile»).
CAP. 1 - SESSUALITÀ E MATRIMONIO NELLA SCRITTURA 27
Questa volta
è osso delle mie ossa,
carne della mia carne.
La si chiamerà 'ishsha [donna],
perché da 'ish [uomo] è stata tolta. 22
20
«La comunione degli animali con l'uomo primitivo è un tema assai noto nelle saghe orienta-
li (cf. Enkidu), le quali considerano la presenza della donna come una vera seduzione alla vita di impu-
rità e di abbandono della bontà primitiva. Completamente diverso è il piano di Dio: gli animali sono
solo un aiuto esterno dell'uomo, la vera compagna della sua vita sarà la donna» (E. TESTA, Genesi,
Roma 1983,78, nota 19).
21
ADINOLFI, Donna, 420.
22
Gen 2,23.
23
Cf. N.M. Loss, «Il tema biblico della donna e del matrimonio orizzonte della lettera aposto-
lica», in M. T o s o (ed.), Essere donna. Studi sulla lettera apostolica «Mulieris dignitatem» di Giovanni
Paolo II, Leumann 1989,19. L'imposizione del nome di Eva si trova, nel testo biblico, in Gen 3,20.
28 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE
scopre la sua intima affinità con lei e si rende conto di trovarsi finalmente
davanti a un tu. Questo grido di gioia introduce al movimento dell'unione e
dell'integrazione di vita e ne costituisce il presupposto: l'uomo va verso la
donna e viceversa perché solo insieme essi non sono più soli: «Per questo l'uo-
mo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due saranno
un'unica carne» (Gen 2,24).24 L'uomo e la donna sono progettati per essere
una caro, per unirsi sessualmente, ma soprattutto per unirsi nella vita e diven-
tare, attraverso il dono del reciproco amore, una persona coniugatisi5
L'ultimo versetto richiama la nudità della coppia primitiva. Questa
nudità originaria, reciproca e insieme non turbata dalla vergogna, esprime la
libertà della relazione coniugale e rivela il significato sponsale del corpo
umano, che è sessuato e quindi capace di esprimere l'amore. «Si può dire»,
commenta Giovanni Paolo II nelle Catechesi sull'amore umano, «che, creati
dall'Amore, cioè dotati nel loro essere di mascolinità e femminilità, entrambi
sono nudi perché sono liberi della stessa libertà del dono».26
24
Si noti che secondo il v. 24 è l'uomo a lasciare la propria casa, prassi inusuale in una società
patriarcale. C'è chi ha pensato a una fase matriarcale della società israelitica, c'è chi vi ha visto un'allusio-
ne all'iniziativa sessuale dell'uomo verso la donna. Noi crediamo che voglia sottolineare la forza dell'a-
more che strappa l'uomo dalle sue radici e lo introduce in un nuovo stato di vita con la sua donna.
25
Qui possiamo ravvisare, come abbiamo notato in precedenza, un'implicita ma radicale criti-
ca alla poligamia.
26
GIOVANNI PAOLO II, Uomo e donna lo creò. Catechesi sull'amore umano, Roma 2 1987,77.
27
Gen 1,26-27.
CAP. 1 - SESSUALITÀ E MATRIMONIO NELLA SCRITTURA 29
28
S. CIPRIANI, « M a t r i m o n i o » , in ROSSANO - RAVASI - GHIRLANDA ( e d d . ) , Nuovo dizionario di
teologia biblica, 924.
29
Non sono mancati commentatori antichi, a partire da Filone, che hanno pensato a una crea-
zione dell'Adamo androgino, soltanto in un secondo momento diviso in due soggetti distinti (alla divi-
sione alluderebbe Gen 2 con il racconto della donna tratta da Adamo). Non pare che la Bibbia pre-
senti questo mito di origine, peraltro molto diffuso nelle religioni e narrato, fra gli altri, da Platone
(.Simposio 189C-193D); cf. A. FAIVRE - F. TRISTAN, L'Androgyne, Paris 1986 (trad. Androgino, Genova
1991).
30
Gen 1,28.
30 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE
In effetti alcuni esegeti hanno creduto di poter riconoscere dei richiami sessuali
nei simboli o nelle espressioni usati a presentarla. Il serpente sarebbe in relazione
con i culti di fecondità; la manducazione del frutto proibito sembrerebbe un atto
magico destinato a risvegliare la sessualità; l'uso di questa, ottenuto senza il con-
senso di Dio, si nasconderebbe dietro alla conoscenza del bene e del male, come
indicherebbe il sorgere della vergogna e del sentimento del pudore (Gen 3,7).
Questa indagine sul retroterra possibile dei simboli non è priva d'interesse; ma
essa non deve coprire i legami del racconto con la letteratura sapienziale. Que-
sto peccato-tipo, di fatto, è la trasgressione di un ordine - o piuttosto di una proi-
bizione - posto da Dio, esattamente come ogni trasgressione di comandamenti. 31
Nel suo significato essenziale [...] il peccato è negazione di ciò che Dio è - come
creatore - in relazione all'uomo e di ciò che Dio vuole, sin dall'inizio e per sem-
pre, per l'uomo. Creando l'uomo a sua immagine e somiglianza, Dio vuole per
loro la pienezza del bene, ossia la felicità soprannaturale che scaturisce dalla par-
tecipazione alla sua stessa vita. Commettendo il peccato l'uomo respinge questo
dono e contemporaneamente vuole diventare egli stesso «come Dio conoscendo
il bene e il male» (Gen 3,5), cioè decidendo del bene e del male indipendente-
mente da Dio suo creatore. 33
31
P. GRELOT, La coppia umana nella sacra Scrittura, Milano 3 1987,41.
32
Sembra che l'atto di mangiare l'uva, le mele, i melograni in Ct 1,14; 2,3.5; 4,13; 7,9 alluda all'u-
nione sessuale. Alle focacce d'uva, ricordate in Ct 2,5 (cf. Os 3,1), si annetteva una potenza afrodisia-
ca; cf. D. COLOMBO, Cantico dei Cantici, Roma 7 1999,61, nota.
33
GIOVANNI PAOLO II, Mulieris dignitatem 9. L'interpretazione data da san Francesco è molto
suggestiva e si colloca su questa linea: il peccato consiste nell'appropriarsi dei doni di Dio, primo fra
tutti la libertà, e nel non voler accettare di ricevere come dono quel che Dio offre, in pratica nel non
voler accettare di essere creature davanti al Creatore (cf. Ammonizione 2).
CAP. 1 - SESSUALITÀ E MATRIMONIO NELLA SCRITTURA 31
34
GIOVANNI PAOLO II, Mulieris dignitatem 9.
35
Per tutta questa parte si vedano le riflessioni molto illuminanti di Mulieris dignitatem 10.
32 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE
36
Cf. S. AUSIN, La sexualidad en los libros proféticos. Aportación de los profetas alconcepto
biblico del hombre varón mujer, in PJ. VILADRICH - J. ESCRIVÀ-IVARS (edd.), Teologia del cuerpo y de
la sexualidad. Estudios exegéticos para una teologia biblica del cuerpo y de la sexualidad fiumana,
Madrid 1991,51-106.
CAP. 1 - SESSUALITÀ E MATRIMONIO NELLA SCRITTURA 33
37
Cf. SCHILLEBEECKX, Il matrimonio. Realtà terrena e mistero di salvezza, 86 ss. La traduzione
CEI qui proposta («la donna legata a te da un patto») appoggia questa interpretazione, ma l'espres-
sione ebraica è più sfumata (letteralmente, «la donna della tua alleanza») e potrebbe riferirsi alle
donne ebree in quanto parte del popolo dell'alleanza: si accuserebbe, quindi, l'israelita di abbandona-
re le donne ebree per sposare donne straniere (cf. C. MARUCCI, Parole di Gesù sul divorzio. Ricerche
scritturistiche previe ad un ripensamento teologico, canonistico e pastorale della dottrina cattolica del-
l'indissolubilità del matrimonio, Brescia 1982,76ss).
38
Alcuni pensano che la novità portata dal profetismo sia sopravvalutata da Schillebeeckx; cf.
P. DACQUINO, Storia del matrimonio cristiano alla luce della Bibbia, 2 voli., Leumann 1984,1, 47.631-
34 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE
632:
39
G. DIANIN, Matrimonio, sessualità, fecondità. Corso di morale familiare, Padova 2008, 63.
40
V. D'ALARIO, «Le donne nei Libri Sapienziali», in A. BONORA - M. PRIOTTO (edd.), Libri
sapienziali e altri scritti, Leumann 1997,413-422.
CAP. 1 - SESSUALITÀ E MATRIMONIO NELLA SCRITTURA 35
Non è possibile separare [il Cantico] dalla realtà del sacramento primordiale.
Non è possibile rileggerlo se non sulla linea di ciò che è scritto nei primi capi-
toli della Genesi, come testimonianza del «principio», di quel «principio» al
quale Cristo si riferì nel decisivo colloquio con i farisei (cf. Mt 19,4). Il Cantico
dei cantici si trova certamente sulla scia di questo sacramento in cui, attraver-
so il linguaggio del corpo, è costituito il segno visibile della partecipazione del-
l'uomo e della donna all'Alleanza della grazia e dell'amore, offerta da Dio
all'uomo 44
41
L. MAZZINGHI, Tobia: il cammino di una coppia, Bose 2004.
42
G. BARBIERO, Cantico dei cantici. Nuova versione, introduzione, commento, Milano 2004; E.
BOSETTI, Cantico dei cantici. «Tu che il mio cuore ama». Estasi e ricerca, Cinisello Balsamo 2001; A.
CHOURAQUI, Il Cantico dei cantici e introduzione ai Salmi, Roma 1980; V. COTTINI, «Linguaggio eroti-
co nel Cantico dei cantici e in Proverbi», in Liber Annuus 40(1990), 25-45; V. MANNUCCI, Sinfonia del-
l'amore sponsale. Il Cantico dei cantici, Leumann 1982; G. RAVASI, Cantico dei cantici, Bologna 2008.
43
BARBIERO, Cantico dei cantici. Nuova versione, introduzione, commento, 16.
44
GIOVANNI PAOLO II, Uomo e donna lo creò. Catechesi sull'amore umano, 413, n. 3. Il santo
padre ha dedicato al Cantico le catechesi 108-113, alle pp. 411-433.
36 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE
Nel Verbo fatto uomo tutta la realtà umana nelle sue molteplici dimensio-
ni è redenta e messa in condizione di esprimere la sua intima verità. Egli, attra-
verso i misteri della sua carne, restituisce all'uomo l'immagine divina oscurata
dal peccato e rivela le profondità inattese della corporeità umana come simbolo
e sorgente di un amore sino alla fine. Questo è il vangelo sulla sessualità e il
matrimonio che il Signore Gesù ha annunciato con la vita e la parola, e che la
Chiesa apostolica ha cercato di attuare nel suo tempo consegnandoci, negli scrit-
ti del Nuovo Testamento, la sua esperienza paradigmatica e fondante.46
45
GIOVANNI PAOLO II, Lettera alle famiglie, 2 febbraio 1994, n. 18 (EV 14/158-344). Su questo
punto: G. MAZZANTI, Teologia sponsale e sacramento delle nozze. Simbolo e simbolismo nuziale, Bolo-
gna 2004.
46
Per approfondire: B. OGNIBENI,// matrimonio alla luce del Nuovo Testamento, Città del Vati-
cano 2007; R. SCHNACKENBURG, Il messaggio morale del Nuovo Testamento, I: Da Gesù alla Chiesa pri-
mitiva, 2 voli., Brescia 1989-1990,181-195,299-318.
47
Merita una lettura attenta la parte quinta di Mulieris dignitatem (nn. 12-16), dedicata al ruolo
delle donne nella vita e nel messaggio di Gesù.
CAP. 1 - SESSUALITÀ E MATRIMONIO NELLA SCRITTURA 37
Durante la sua vita egli ha intrattenuto molti rapporti con il mondo femmini-
le. Parla pubblicamente con donne, anche con donne di dubbia reputazione,
come nel caso della prostituta che incontra nella casa di Simone (Le 7,37-47) o
della samaritana (Gv 4,7ss). Ha donne tra i suoi seguaci, giungendo con alcu-
ne all'intimità dell'amicizia come nel caso di Marta e Maria (Le 10,38-42; Gv
11,1-40; 12,1-3), e ci sono donne tra coloro che lo seguono più da vicino; sap-
piamo anzi dal Vangelo di Luca che alcune di esse aiutavano, con i loro mezzi,
la piccola comunità apostolica (Le 8,1-3; cf. Mt 27,55). Ha avuto donne fra i
discepoli - cosa davvero inaudita per un rabbi - , come dimostra il tipico atteg-
giamento di Maria, sorella di Lazzaro, che «sedutasi ai piedi del Signore, ascol-
tava la sua parola» (Le 10,39). Una donna, la Maddalena, vede per prima il
Risorto e lo annuncia ai discepoli increduli (Gv 20,11-18). Ma soprattutto non
dobbiamo dimenticare che il Signore ha voluto nascere da donna (cf. Gal 4,4)
e ha associato nella sua opera redentiva la madre.
Agli occhi di Gesù la donna ha valore e questa sua attitudine verso la
donna è rivelata dal fatto che l'incontro con Gesù ha per loro un effetto libe-
ratorio: siano prostitute (Le 7,37-47) o adultere (Gv 8,3-11), malate nell'anima
o nel corpo (Le 13,11; Me 1,30), siano vedove (Le 7,13; 21,1-4) o straniere (Mt
15,28), esse ritrovano nell'incontro con lui il senso della loro dignità, della loro
pienezza, della loro autonomia. 48
L'impurità rituale delle donne è superata anch'essa: la donna colpita
dalla metrorragia e quindi non solo malata, ma anche perpetuamente immon-
da, viene risanata per la sua fede nel Cristo (Me 5,25-34). Ogni tabù che lega-
va uomini e donne alla legge del puro e dell'impuro viene superato dalla
purezza superiore chiesta dal Cristo, quella del cuore (cf. Mt 5,8):
Non ciò che entra nella bocca rende impuro l'uomo; ciò che esce dalla bocca
rende impuro l'uomo [...] Ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo
rende impuro l'uomo. Dal cuore, infatti, provengono propositi malvagi, omicidi,
adultèri, impurità, furti, false testimonianze, calunnie. Queste sono le cose che
rendono impuro l'uomo. 49
48
Cf. E. MOLTMANN WENDEL, Le donne che Gesù incontrò, Brescia 1989.
49
Mt 15,10.18-20a.
38 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE
50
L. BARNI, «Il recente dibattito sul logion degli eunuchi (Mt 19,10-12)», in Studia Patavina
34(1987), 129-151; J. KODEL, «The Celibacy Logion in Matthew 19:12», in Biblical Theology Bulletin
8(1978), 19-23; D. MARZOTTO, Celibato sacerdotale e celibato di Gesù, Casale Monferrato 1987.
CAP. 1 - SESSUALITÀ E MATRIMONIO NELLA SCRITTURA 39
51
Cf. STRACK - BILLERBECK, Kommentar zum Neuen Testament aus Talmud und Midrasch, I,
3 0 3 - 3 2 0 ; TOSATO, Il matrimonio israelitico. Una teoria generale, 28-39.
40 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE
52
Notare la dialettica fra Yenetéilato, «ordinò», dei farisei e Vepètrepsen, «concesse», di Gesù in
Mt 19,7-8.
53
GIOVANNI PAOLO II, esortazione apostolica Familiaris consortio, 22 novembre 1981,13 (EV
7/1522-1810).
CAP. 1 - SESSUALITÀ E MATRIMONIO NELLA SCRITTURA 41
antica:
Fu pure detto: «Chi ripudia la propria moglie le dia l'atto del ripudio» [Dt 24,1].
Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di immoralità
[parektòs lògou pornèias; Vulgata: «excepta fornicationis causa»), la espone all'a-
dulterio e chiunque sposa una ripudiata commette adulterio.54
54
Nel presente testo e nel seguente ci discostiamo dalla Bibbia CEI e traduciamo «pornèia»
con «immoralità» (come fa, d'altra parte, la stessa Bibbia CEI altrove, ad esempio in ICor 5,1; 7,2). Le
ragioni della scelta diventeranno chiare più avanti.
55
Indichiamo qualche studio più generale: DACQUINO, Storia del matrimonio cristiano alla luce
della Bibbia; L. LIGIER, Il matrimonio. Questioni teologiche e pastorali, Roma 1988,161-183; MARUCCI,
Parole di Gesù sul divorzio; T. STRAMARE, Matteo divorzista? Studio su Mt 5,32 e 19,9, Brescia 1986;
ID., «Il "Supplément au Dictionnaire de la Bible" e le clausole matteane sul divorzio», in Divinitas
39(1995), 269-273.
56
Cf. H. CROUZEL, «Le sens de "pornèia" dans les incises matthéennes», in Nouvelle Revue
Théologique 110(1988), 903-910; B. MALINA, «Does Pornèia Mean Fornication?», in Novum Testamen-
tum 14(1972), 10-17; MARUCCI, Parole di Gesù sul divorzio, 274-275.
42 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE
cite per affinità. Analogamente anche nel Nuovo Testamento pornèia può indi-
care unioni incestuose per affinità (ICor 5,1; cf. ITs 4,3) o altre unioni proibi-
te in base alla legislazione giudaica (At 15,20-29; 21,25).
Negli incisi matteani la pornèia potrebbe quindi indicare una qualsiasi
impudicizia o fornicazione della moglie, o più precisamente la prostituzione
(Sand, Schneider) o l'adulterio da parte della moglie (anche se ci si aspette-
rebbe il greco moicheia), o, addirittura, un'immoralità prematrimoniale che
risulta in mancanza di verginità della sposa (Friedrichsen); altri, infine, pensa-
no a un'unione illegittima per un qualche motivo.
Il senso ovvio delle particelle parektòs/mé epì è quello esclusivo o eccet-
tuativo, ma è possibile grammaticalmente, almeno per mé epì, un senso inclu-
sivo («anche», «persino»)57 o anche preteritivo («a prescindere da»).58 Le solu-
zioni preteritive e inclusive, però, benché sostenute da autorevoli teologi ed
esegeti sia antichi che moderni, non sono mai state prevalenti e stanno per-
dendo sempre più terreno.
57
Se si intendono le particelle mé epì e parektòs come inclusive, Gesù proibirebbe il divorzio
anche nel caso di pornèia. Tra gli autori che sono riconducibili a questa tesi: Ott, Fisher, Vogt, Zerwick,
ma anche Brunec e Holzmeister.
58
Gesù tralascerebbe volontariamente di prendere in esame il caso di pornèia, come se dices-
se: «della pornèia parlerò in altra circostanza». Fu sostenuta da Agostino (in un primo tempo), Gaeta-
no, Bellarmino, Zahn, Staab (solo per Mt 5,32), Lagrange (solo per Mt 5,32), Vawter, Lohmeyer, Benoit
(solo per Mt 19,9).
59
Non mancano esegeti cattolici che ammettono l'esistenza di una vera eccezione all'indisso-
lubilità: Moingt, Sand, Hoffmann, Schierse, Gnilka, Pesch, Schneider, Wijngaards, Vattioni, Descamps,
Bauer, Marucci; cf. MARUCCI, Parole di Gesù sul divorzio, 400ss.
CAP. 1 - SESSUALITÀ E MATRIMONIO NELLA SCRITTURA 43
molto gravi.
I cattolici danno ad apolyèin il senso più generico di «separazione» e
ammettono il valore eccettuativo delle particelle, ma l'eccezione viene riferita,
appunto, alla separazione: «Chi si separa - cosa che è proibita se non in caso di
pornèia - espone la donna all'adulterio». Non si tratta dunque di un'eccezione
all'indissolubilità, ma si concede la separazione, senza la facoltà di accedere a
seconde nozze, in certi casi di grave disordine morale del coniuge.
La concessione della separazione senza la possibilità di risposarsi è chia-
ramente insegnata in ICor 7,10-11 e da essa dipende la prassi latina della sepa-
ratio a mensa et toro. Il fondamento di questa prassi viene visto da Paolo nel-
l'insegnamento del Signore stesso: «Agli sposati poi ordino, non io, ma il Signo-
re: la moglie non si separi dal marito - e qualora si separi, rimanga senza spo-
sarsi o si riconcili con il marito - e il marito non ripudi la moglie». Si tratta di
una lettura molto antica, sostenuta da san Girolamo e, nel corso del tempo, da
altri autori fra i quali san Tommaso d'Aquino, Maldonado, Cornelio a Lapide
e poi da Innitzer, Knabenbauer, Lagrange (solo per Mt 19,9) e, in tempi più
recenti, da J. Dupont. 60
60
J. DUPONT, Mariage et divorce dans VEvangile. Matthieu 19, 3-12 et parallèles, Bruges 1959.
61
J. BONSIRVEN, Le divorce dans le Nouveau Testament, Paris 1948.
62
Cf. H. BALTENSWEILER, Il matrimonio nel Nuovo Testamento. Ricerche esegetiche su matri-
monio, celibato e divorzio, Brescia 1981.
44 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE
63
Nella Bibbia CEI 2008 Mt 5,32 è tradotto: «Chi ripudia la propria moglie, eccetto il caso di
unione illegittima», mentre Mt 19,9 è tradotto: «Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di
unione illegittima». La versione CEI 1974 traduceva invece «concubinato». Sono sfumature che si
muovono nella stessa linea ermeneutica.
64
LIGIER, Il matrimonio. Questioni teologiche e pastorali, 164.
65
In generale, sul problema delle interpretazioni e reinterpretazioni delle norme all'interno del
Nuovo Testamento, si veda: G. SEGALLA, Introduzione all'etica biblica del Nuovo Testamento. Proble-
mi e storia, Brescia 1989,231-238 (soprattutto 232).
CAP. 1 - SESSUALITÀ E MATRIMONIO NELLA SCRITTURA 45
L'importanza della letteratura paolina per i temi sui quali stiamo riflet-
tendo è grandissima. È in Paolo che si trovano alcune delle fondamentali idee
sulla sessualità e sul matrimonio, idee nelle quali giungono a pienezza anche
alcuni temi del Vecchio Testamento, e soprattutto quello del matrimonio come
alleanza. Paolo non offre un'esposizione sistematica sulla sessualità e sul
matrimonio perché le sue lettere sono legate a circostanze e a destinatari par-
ticolari, ma da quello che leggiamo più o meno sparsamente in esse è possibi-
le trarre preziose indicazioni su ciò che Paolo pensava di questi argomenti.
La prima parte della lettera (cc. 1-6) è centrata su un tema molto senti-
to nel contesto culturale ellenistico, quello della sapienza. I corinzi pretendo-
no di possedere una conoscenza profonda del mistero di Dio che li porrebbe
su un piano di superiore perfezione spirituale. Essi invece - dice Paolo - non
possiedono la vera sapienza perché la vera sapienza è quella della croce e si
66
G. CLAUDEL, «1 K o r 6 , 1 2 - 7 , 4 0 n e u e g e l e s e n » , i n Triere Theologische Zeitschrift 94(1985), 20-
36; H. HÜBNER, Teologia biblica del Nuovo Testamento, 2: La teologia di Paolo, 2 voli., Brescia 1999,
162-178; B. PRETE, Matrimonio e continenza nel cristianesimo delle origini. Studio su ICor 7,1-40, Bre-
scia 1979.
67
Cf. STRABONE, Geografia 8,6,20c.
46 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE
illudono di essere perfetti, mentre la loro comunità rivela con segni inequivo-
cabili di essere ancora immatura nella vita cristiana (cf. 1,17-3,4).
In seno alla Chiesa di Corinto ci sono fazioni e divisioni, ingiustizie cla-
morose e casi di scandalosa immoralità, tra cui un'inaudita pornèia che «non si
riscontra neanche tra i pagani»: uno che ha preso in moglie la propria matri-
gna (5,1). Paolo sembra meravigliato non solo del fatto in sé, ma anche del-
l'indifferenza della comunità cristiana e ordina, pertanto, con molta severità, di
prendere provvedimenti drastici contro l'incestuoso (5,3-5). I cristiani di
Corinto devono vivere coerentemente la novità di vita nella quale sono stati
introdotti accogliendo Cristo (5,6-8) e non possono mescolarsi con gli impudi-
chi, i pòrnoi (5,9). Non si tratta degli immorali della città, altrimenti i cristiani
avrebbero dovuto lasciare Corinto, ma dei cristiani immorali (5,9-13). I pòrnoi
- si dirà nel capitolo seguente - così come idolatri, adulteri e altri peccatori non
erediteranno il Regno (6,9-10).
Nella seconda parte del c. 6 Paolo affronta alcune questioni di principio
rifiutando opinioni inaccettabili in tema di morale sessuale che si sentivano
nella comunità di Corinto. Qualcuno insegna: «Tutto mi è lecito» (pùnta moi
exèstin) (6,12) e qualcun altro: «I cibi sono per il ventre e il ventre per i cibi»
(6,13). Sono veri e propri slogan etici ben collocabili nel variegato mondo cul-
turale greco-romano. Il primo sembra un'affermazione di anomia gnosticheg-
giante che proclama la libertà del perfetto da ogni legge: «Il cristiano maturo è
libero da ogni legge, anche dalle leggi morali sulla sessualità». Il secondo, di
tipo naturalistico, instaura un parallelismo implicito fra cibi-ventre e sesso-
corpo e insinua che la soddisfazione del desiderio sessuale è paragonabile alla
soddisfazione del bisogno alimentare: «Il bisogno sessuale è un fatto naturale
e non c'è niente di male a soddisfarlo».
La risposta dell'apostolo è decisa. In riferimento ai primi egli osserva che
se è vero che «tutto mi è lecito», «non tutto, però, è utile» e «io non mi lascerò
dominare da nulla»: è quindi necessario un discernimento, giacché non ogni
impulso symphèrei, è conveniente con il bene e, soprattutto, non può dirsi dav-
vero libero chi è schiavo delle sue pulsioni (6,12).
Ai secondi, egli ricorda che il corpo dei cristiani non è per la fornicazio-
ne, bensì per il Signore (6,13b): il contesto suggerisce che qui pornèia abbia il
significato più comune nella lingua greca, quello di frequentazione di prostitu-
te ovvero fornicazione.68 Chi si unisce a una prostituta - afferma Paolo -
diventa con lei una sola carne. Attraverso il richiamo sorprendente a Gen 2,24,
68
Dal latino fornicano. La parola è allusiva e deriva dall'uso delle prostitute di ricevere i clien-
ti in giacigli sotto archi (fornices) ricavati nello spessore dei muri.
CAP. 1 - SESSUALITÀ E MATRIMONIO NELLA SCRITTURA 47
siamo così introdotti nella percezione paolina del corpo e della sessualità: nel-
l'atto sessuale l'incontro non è mai puramente fisico, ma comporta sempre, in
un modo o in un altro, una relazione interpersonale: «Chi si unisce alla prosti-
tuta forma con essa un corpo solo» (6,16). Il corpo non può essere considera-
to un semplice strumento per soddisfare l'istinto sessuale, né un'unione ses-
suale può essere giudicata indifferente: l'immorale pecca gravemente, perché
pecca contro la dignità del corpo (6,18). Il corpo del fedele è, infatti, un tem-
pio abitato dallo Spirito, è possesso del Signore, è membro di Cristo (6,19-
20).69 Ogni fedele è unito al Signore e forma con lui un solo spirito e perciò,
quando si unisce con una prostituta, l'immorale fa sì che «le membra di Cristo»
diventino «membra di una prostituta».
Riaffermata la dignità eristica del corpo, Paolo affronta, nel c. 7, diverse
questioni che si raccolgono fondamentalmente intorno a due nuclei tematici,
quello del matrimonio e quello della verginità, e che sembrano suscitate da
un'espressione che non si capisce bene se sia sua o di fautori di tendenze enfa-
tiche in seno alla comunità di Corinto: «È cosa buona per l'uomo non toccare
donna» (7,1).
69
Cf. Le corps et le Corps du Christ dans la première épìtre aux Corinthiens, Paris 1983.
48 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE
«per condiscendenza e non per comando» (7,6).70 Paolo sostiene senza dubbio
l'eccellenza del celibato e della verginità, ma è consapevole che questo dono
(ichàrisma) non è per tutti e che alcuni hanno un dono, altri un altro (7,7; cf. Mt
19,11).71 Egli, perciò, consiglia come scelta preferibile per i cristiani non spo-
sati e per quelli rimasti vedovi di restare senza sposarsi o risposarsi, ma affer-
ma anche, molto saggiamente, che se i non sposati e le vedove non riescono a
vivere in continenza (enkratèuontai), è meglio che si sposino, in quanto «è
meglio sposarsi che bruciare» (7,9; cf. 7,39).
70
Si seguono qui gli autori che riferiscono la condiscendenza o concessione al fatto dell'asti-
nenza coniugale (v. 6) e non al matrimonio, che sarebbe - secondo altri - una concessione rispetto al
bene superiore della verginità (cf. v. 7).
71
Varie sono le interpretazioni date a questo versetto: alcuni negano la parità di doni tra celi-
bato e matrimonio; altri la sostengono; cf. PRETE, Matrimonio e continenza nel cristianesimo delle ori-
gini, 113ss.
72
II v. 14 è difficile: sembra alludere al fatto che il coniuge non credente o i figli non credenti
non contaminino (in senso cultuale) il partner cristiano, giacché sono come inclusi «nella sfera di san-
tità di Cristo».
CAP. 1 - SESSUALITÀ E MATRIMONIO NELLA SCRITTURA 49
dente non è più tenuto alla convivenza, non si capirebbe il senso del «non esse-
re più soggetti alla schiavitù».73
Riguardo alle seconde nozze di persone vedove (questione che interes-
serà molto le prime generazioni cristiane), abbiamo già visto che Paolo consi-
glia di non risposarsi (7,8-9.39-40) ma, contro alcune tendenze rigoriste emer-
genti, afferma chiaramente che possono risposarsi (7,9) giacché, dopo la morte
del coniuge, non sono più legate al vincolo matrimoniale. 74 Le vedove sono tut-
tavia tenute a risposarsi «nel Signore», cioè con un cristiano (7,39).
Con queste parole Paolo caratterizza quella tensione religiosa che sperimentano
i coniugi cristiani, i quali si sentono divisi tra le esigenze della vita di famiglia e
le istanze della fede, particolarmente l'istanza escatologica. Con il termine carne
l'apostolo indica per così dire l'uomo esterno, l'uomo cioè che, vivendo a con-
tatto con le realtà terrene perché sposato e vincolato ad una famiglia, avverte
come cristiano la tensione interna tra i doveri imposti dal suo stato e le istanze
escatologiche della fede. 76
Perciò nelle risposte sulle vergini (7,25ss), sui fidanzati77 (7,36-38) e sulle
vedove (7,39-40), senza proibire il matrimonio egli consiglia che «ognuno
rimanga nella condizione nella quale è stato chiamato» (7,24).
73
La prassi tradizionale della Chiesa si è strutturata nel cosiddetto privilegio paolino, secondo il
quale è ammesso il passaggio a nuove nozze di un convertito sposato in precedenza il cui coniuge non
accetti più la convivenza dopo la conversione (cf. C/C, can. 1143). L'evoluzione della prassi e della dot-
trina del Privilegium paulinum è stata faticosa: nel medioevo Innocenzo III e ancora nel 1886 una dichia-
razione del S. Uffizio collegavano il privilegio con ICor 7,2-16; non così farà Pio XI nella Casti connu-
bii; cf. L. SABBARESE, LO scioglimento del matrimonio non sacramentale in favor em Fidei, Roma 2005.
74
L'idea di Paolo è che solo una vedova è tornata libera (elèuthera) di contrarre nuove nozze.
Sulla questione della casta viduitas e delle seconde nozze vedovili, cf. B. PETRÀ, Il matrimonio può
morire? Studi sulla pastorale dei divorziati risposati, Bologna 1996,207-222 (con bibliografia).
75
La versione CEI ha: «tribolazioni nella loro vita».
76
PRETE, Matrimonio e continenza nel cristianesimo delle origini, 228.
77
Secondo alcuni le persone cui Paolo consiglia come comportarsi nei confronti «della propria
vergine» sono dei fidanzati (Kümmel, Schnackenburg); altri hanno pensato a padri che devono mari-
tare le figlie (Huby, Spicq, Osty, Allo) o a matrimoni spirituali, come sarà più tardi con le virgines subin-
troductae (Thurian, Von Allmen, Häring, Schillebeeckx). Dacquino pensa che si tratti di sposi che
hanno celebrato la prima fase del matrimonio ebraico senza essere ancora passati alla coabitazione
(DACQUINO, Storia del matrimonio cristiano alla luce della Bibbia, 56); cf. D. TETTAMANZI, Il matrimo-
nio cristiano. Studio storico teologico, Venegono Inf. (Milano) 1979, 63ss.
50 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE
78
Questa tesi illuminerebbe il cosiddetto privilegio paolino con la vicenda personale dell'apo-
stolo (ICor 7,12-16); cf. J.B. BAUER, Alle origini dell'ascetismo cristiano, Brescia 1984,104.
79
Cf. W. DEMING, Paul on Marriage & Celibacy. The Hellenistic Background of 1 Corinthians 7,
Grand Rapids (Ml)-Cambridge (UK) 2 2004,207: «Paul's understanding of marriage is predicated on a
positive evaluation of celibacy rather than a negative evaluation of sexuality or a theology of sexual ascet-
icism». Non condividiamo l'idea di chi sostiene il permanere in Paolo della categoria veterotestamen-
taria di puro e di impuro in relazione al culto, applicata alle persone: A. DESTRO - M. PESCE, «La nor-
mativa del Levitico: interpretazioni ebraiche e protocristiane», in Annali di storia dell'esegesi 13(1996),
15-37.
80
La traduzione CEI ricalca la Vulgata {«transit enim figura huius mundi»), ma il greco schema
poteva essere reso più fedelmente con «struttura».
CAP. 1 - SESSUALITÀ E MATRIMONIO NELLA SCRITTURA 51
81
La letteratura su questo tema è davvero vasta perché, oltre alle questioni immediatamente
esegetiche, il brano ha importanza per la dogmatica, l'etica e la comprensione della visione del matri-
monio alle origini della Chiesa. Abbiamo trovato molto stimolanti per il nostro discorso alcune pagi-
ne volte a mostrare il valore «politico» del matrimonio e del rapporto fra i sessi nella visione cristiana
in controtendenza con i costumi greco-romani: C. OSIEK - M.Y. MACDONAL, Il ruolo delle donne nel
cristianesimo delle origini. Indagine sulle chiese domestiche, Cinisello Balsamo 2007,169-202.
52 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE
82
Così fa intendere un testo di grande autorità del concilio di Firenze (22 novembre 1439):
Decretum pro Armenis (DS 1327): «Septimum est sacramentum matrimonii, quod est signum coniunc-
tionis Christi et Ecclesiae secundum Apostolum dicentem: Sacramentum hoc magnum est ego autem
dico in Christo et in Ecclesia».
83
La Sessio XXIV, 11-11-1563, Doctrina de sacramento matrimonii (DS 1799), dice «innuit»
cioè «allude».
84
Cf. W. KASPER, Teologia del matrimonio cristiano, Brescia 1979, 32. Si vedano anche: J.M.
CAMBIER, «Doctrine paulinienne du mariage chrétien. Etude critique de 1 Cor 7 et d'Eph 5, 21-33 et
essai de leur traduction actuelle»,in Eglise et Théologie 10(1979), 13-59; S.F. MILETIC," One flesh" : Eph.
5,22-24; 5,31. Marriage and the New Creation (Analecta biblica 115), Roma 1988.
85
Cf. DACQUINO, Storia del matrimonio cristiano alla luce della Bibbia, 1,578-579. Egli propone
questa traduzione del v. 32: «Questo mistero [lett.: il mistero questo] grande è, io però [dé avversativo]
dico [guardando] a Cristo e alla Chiesa». Alla misteriosità del matrimonio naturale si contrappone
quella del matrimonio cristiano.
CAP. 1 - SESSUALITÀ E MATRIMONIO NELLA SCRITTURA 53
Chiesa, all'interno cioè del grande mistero della salvezza. In questa prospet-
tiva il matrimonio cristiano viene a porsi come realtà misterica: il matrimonio
è una rivelazione, un segno visibile dell'invisibile mistero che si attua in Cri-
sto e nella Chiesa. Questa interpretazione orienterebbe il testo a una più
diretta preparazione della dottrina cattolica sulla sacramentalità del matri-
monio cristiano.86
Tutte le ipotesi convergono nell'idea che per Paolo l'unione uomo-donna
di Gen 2,24 abbia un rapporto con l'unione Cristo-Chiesa: il progetto genesia-
co acquista nuova profondità e rivela un'intima connessione con il mistero di
Cristo. Il mystèrion fondante, mistero nascosto nei secoli, è l'unità fra Dio e il
mondo in Cristo. Ogni matrimonio nell'ordine creaturale è un mystèrion natu-
rale che si radica nel mystèrion fondante e ne diventa symbolon o sacramento
primordiale; ma solo il matrimonio dei cristiani è mystèrion salvifico, parteci-
pazione piena al mystèrion fondante. Queste riflessioni saranno importanti per
elaborare una teologia della sessualità e per argomentare la qualitas hetero-
sexualis del matrimonio.
Bisogna certamente evitare di imporre al testo sacro categorie teologi-
che che non gli appartengono: Paolo non poteva pensare con le categorie ela-
borate dalla Scolastica, né quindi poteva affermare che il matrimonio fosse
«un segno efficace di grazia». D'altra parte, gli studi esegetici hanno confer-
mato quanto sia appropriata l'asserzione del Tridentino che Ef 5,31-32
«innuit», «fa pensare» alla sacramentalità.87 Secondo Efesini il matrimonio è
una realtà umana che rivela la pienezza del suo significato guardando a Cristo
e alla Chiesa. Gli sposi cristiani non solo partecipano del mistero naturale del
matrimonio, ma essendo «membra del corpo di Cristo» (Ef 5,29) sono la con-
creta realizzazione della relazione fra Cristo e la Chiesa.88
Non possiamo, infine, trascurare il messaggio di Ef 5 per quanto concer-
ne la visione cristiana della vocazione coniugale. Gli sposi cristiani devono
sapere che sono non solo chiamati, ma costituiti ontologicamente come visibi-
lità del rapporto Cristo-Chiesa; la loro verità è dunque in una vita che sia pie-
namente attraversata dall'agàpe dell'unità e della riconciliazione, dalla dona-
zione di Cristo e della Chiesa.89
86
Cf. TETTAMANZI, Il matrimonio cristiano. Studio storico teologico, 74-75.
87
Cf. CONC. TRIDENTINUM, Doctrina de sacramento matrimonii, 1 1 - 1 1 - 1 5 6 3 ( D S 1 7 9 9 ) . Si n o t i
che riguardo alla indissolubilità si afferma che il Creatore «pronuntiavit» (DS 1797) e che Cristo «aper-
tius docuit» (DS 1798), riguardo alla sacramentalità si dice, invece, Paolo «innuit».
88
Si veda uno studio suggestivo: G. MAZZANTI, Teologia sponsale e sacramento delle nozze,
Bologna 20044.
89
Sul valore "politico" del matrimonio e del rapporto fra i sessi nella visione cristiana in con-
trotendenza con i costumi greco-romani: C. OSIEK - M.Y. MACDONAL, Il ruolo delle donne nella Chie-
sa delle origini. Indagine sulle chiese domestiche, Cinisello Balsamo 2007,169-202.
54 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE
Il costume dell'epoca esigeva il velo per le donne. Portarlo era dignità e deco-
ro per la donna, rispetto a sé e all'uomo; non portarlo per qualsiasi motivo
(nel caso delle cristiane di Corinto, per volersi mettere alla pari con l'uomo
anche nel modo di vestire) era dimenticare di essere donna, con scapito della
propria dignità e del rispetto dovuto a sé e all'uomo, quindi, nel caso concre-
to delle assemblee liturgiche, era offendere la santità e le convenienze che
esse esigono. 91
90
M. ADINOLFI, «Il velo della donna e la rilettura paolina di ICor 11,2-16», in Rivista Biblica
23(1975), 147-173; J. MURPHY-O'CONNOR, «1 Corinthians 11:2-16, Once Again», in Catholic Biblical
Quarterly 50(1988), 265-274.
91
S. ZEDDA, Relativo e assoluto nella morale di san Paolo, Brescia 1984,157.
CAP. 1 - SESSUALITÀ E MATRIMONIO NELLA SCRITTURA 55
Non troviamo nel Nuovo Testamento una trattazione esaustiva dei disor-
dini in campo sessuale, ma alcuni disordini nell'ambito dell'esercizio della ses-
sualità - come l'adulterio - sono condannati con notevole costanza e con sor-
prendente fermezza. 94
92
E. BOSETTI, «Codici familiari: storia della ricerca e prospettive», in Rivista Biblica 35(1987),
129-179.
93
Nel testo originale si trova il termine tecnico e, per giunta, al maschile «diàkonos». La tradu-
zione CEI 1974 aveva «diaconessa». La nuova traduzione CEI occulta l'esplicito e - evidentemente -
imbarazzante «diàkonos» con una vaga perifrasi: «che presta servizio».
94
Si veda un saggio che conserva nel tempo la sua validità: A. HUMBERT, «Les péchés de sexua-
lité dans le Nouveau Testament», in Studia moralia 8(1970), 140-183.
56 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE
5.1. L'adulterio
Nella mentalità semitica l'adulterio (in greco moichèia) era la frequenta-
zione di donne sposate con altri, ma nell'insieme del Nuovo Testamento il ter-
mine «adultero» (moichòs) tende a riferirsi tanto agli uomini quanto alle
donne che hanno rapporti extraconiugali.95 L'adulterio è sempre ricordato
negli elenchi dei vizi insieme alle pornèiai (Me 7,21-22; Mt 15,19; ICor 6,9; cf.
Eb 13,4). Nei Sinottici si dice che l'adulterio escluda dalla vita eterna (Me
10,19; Mt 19,18; Le 18,20) e anche Paolo afferma che gli adulteri sono esclusi
dal regno di Dio (ICor 6,9; cf. Eb 13,4).
Tra i testi sull'adulterio particolare importanza riveste Mt 5,27-32, nel
discorso della montagna. Il Signore chiede ai suoi discepoli una «giustizia supe-
riore», cioè un'osservanza più radicale della volontà di Dio, e questa radicalità
chiede di passare dall'esterno all'interno dell'uomo. Non solo non si devono
compiere atti sessuali con la donna di altri, ma non si deve neppure coltivare
nel cuore questo desiderio. La parola evangelica suona esigente: «Avete inte-
so che fu detto: "non commetterai adulterio" [Es 20,14]. Ma io vi dico: chiun-
que guarda una donna per desiderarla [ ( o blèpon gynàika pròs to epithymèsai]
ha già commesso adulterio con lei [ède emòicheusen autèn] nel proprio cuore»
(Mt 5,28). Su questo testo si è soffermato Giovanni Paolo II nelle Catechesi
sull'amore umano. Il papa individua nello sguardo uno straordinario indicato-
re antropologico che consente di penetrare la realtà della concupiscenza e del-
l'adulterio. Un passo tra i più significativi dell'interpretazione del papa lo leg-
giamo nella Catechesi 39:
Lo sguardo esprime ciò che è nel cuore. Lo sguardo esprime, direi, l'uomo inte-
ro. Se in generale si ritiene che l'uomo agisce conformemente a ciò che è (ope-
rati sequitur esse), Cristo in questo caso vuol mettere in evidenza che l'uomo
guarda conformemente a ciò che è: intueri sequitur esse. In un certo senso, l'uo-
mo attraverso lo sguardo si rivela all'esterno e agli altri, soprattutto rivela ciò
che percepisce all'interno. Cristo insegna, dunque, a considerare lo sguardo
come soglia della verità interiore.
Già nello sguardo, nel modo in cui si guarda, è possibile individuare pienamen-
te che cosa sia la concupiscenza. [...] L'uomo, in fondo, commette adulterio ogni
qualvolta avvicina - anche interiormente - la donna come puro oggetto del desi-
derio indipendentemente dalla comunione delle persone, come corpo spogliato
95
Addirittura nei Sinottici e in Paolo le seconde nozze dopo un divorzio vengono equiparate a
un adulterio, a motivo del permanere del precedente vincolo coniugale (cf. Mt 19,9; Me 10,1 lss; Le
16,18).
CAP. 1 - SESSUALITÀ E MATRIMONIO NELLA SCRITTURA 57
del suo significato sponsale e non come corpo personale che esiste per significa-
re e compiere la comunione vitale delle persone. 96
5.2. La pornèia
La parola greca pornèia indicava in genere la relazione sessuale con una
donna non sposata, in particolar modo la frequentazione delle prostitute,97 ma
poteva indicare in modo più generale l'«impudicizia» o l'«immoralità».98 La
pornèia implica un giudizio severo e gravido di conseguenze per un cristiano
che continui a indulgervi, come mostrano ICor 6,9 ed Ef 5,5 (cf. lTm 1,10; Eb
13,4), dove si dice che i pòrnoi non entreranno nel Regno. Abbiamo già visto i
problemi esegetici con i riflessi dogmatico-disciplinari posti dal termine
pornèia nelle eccezioni matteane (Mt 5,31-32 e Mt 19,9).
5.3. L'omosessualità
Sull'omosessualità abbiamo tre testi in Paolo (Rm 1,26-27; ICor 6,9; lTm
1,10), ma sono di significato controverso, anche perché - come vedremo a suo
tempo - la comprensione dell'omosessualità che avevano gli antichi non corri-
sponde del tutto alla nostra.
In ICor 6,10 si parla di malakòi e di arsenokòitai e si dice che questi,
come i pòrnoi, come gli idolatri, gli adulteri, i ladri, gli avidi, non erediteranno
il regno di Dio. Il senso di tali termini - tradotti rispettivamente dalla Vulgata
con molles e masculorum concubitores - è incerto. Il termine malakòi, almeno
in questo contesto, dovrebbe indicare le persone che servono come partner
passivo in un atto omosessuale, ruolo che, nel mondo greco-romano, era spes-
96
GIOVANNI PAOLO II, Uomo e donna lo creò. Catechesi sull'amore umano, 167; cf. M. ADINOL-
FI, «Il desiderio della donna in Mt 5,28», in Fondamenti biblici della teologia morale, Brescia 1973,279.
97
F. HAUCK - S. SCHULZ, «Pornèia», in G. KITTEL (ed.), Grande lessico del Nuovo Testamento,
Brescia 1975, X, 1447-1488.
98
In latino di solito tradotta fornicatio. Fornicano viene da fornix che significa «arco» e, quindi,
«luogo sotto una volta» e, per estensione, luogo dove si va con le prostitute.
58 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE
5.4. La pedofilia
Il mondo antico, biblico ed extrabiblico, non riservava attenzione ai bam-
bini e ai loro diritti. Come vedremo meglio parlando della pedofilia nella
sezione etico-pastorale, era addirittura diffusa nel mondo greco la consuetudi-
ne che ragazzi prepuberi fossero iniziati alla vita sociale attraverso una rela-
zione con un giovane adulto dalla quale non erano esclusi elementi erotico-
sessuali.
Gesù, contrariamente alla mentalità allora dominante, mostra grande
considerazione per i bambini (Mt 19,13-15; Me 10,13-16; Le 18,15-17), li porta
come esempio per coloro che vogliono entrare nel Regno (Mt 18,2-4; Me 9,33-
37; Le 9,46-48) e ha parole dure sullo scandalo contro «uno di questi piccoli»
(Mt 18,6; Me 9,42; Le 17,2). Riguardo alla condanna di chi scandalizza, gli ese-
geti non sono concordi se ci si riferisca a scandali sui bambini (ad esempio, per
abusi sessuali) o non piuttosto se ci si riferisca a chi è occasione di male per
coloro che si sono fatti semplici come bambini.100
99
W.L. PETERSON, «Can ARSENOKOITAI be translated by "Homosexuals" (ICo 6,9, lTm
1,10)», in Vigiliae Christianae 40(1986), 187-191; J. WRIGHT, «Homosexuals or Prostitutes: The meaning
of ARSENOKOITAI (ICo 6,9, lTm 1,10)», in Vigiliae Christianae 38(1984), 125-153. La traduzione
CEI 2008 ha - inspiegabilmente - «depravati» e «sodomiti».
100
Propende per questa seconda ipotesi J. DUPONT, Il discorso della montagna, vol. 1, Cinisello
Balsamo 1972.
CAP. 1 - SESSUALITÀ E MATRIMONIO NELLA SCRITTURA 59
5.5. La masturbazione
Non sembra che nel Nuovo Testamento si parli mai della masturbazio-
101
ne. L'interpretazione del malakòi di ICor 6,9 come riferito alla masturba-
zione o - in latino - mollities oggi in genere non è più accettata dagli esegeti.102
101
II riferimento alla masturbazione viene ripreso in: J. BOSWELL, Christianity, Social Tolerance
and Homosexuality, University of Chicago, Chicago 1980,106-107. Si badi, però, che l'opera è destina-
ta a dimostrare la tesi che i primi secoli cristiani furono tolleranti verso l'omosessualità e, quindi, tende
a eliminare tutto ciò che può suonare condanna verso l'orientamento omosessuale.
102 N e l Vecchio Testamento l'unico testo che può far pensare alla masturbazione è Sir 23,16b
dove si parla di «un uomo impudico nel suo corpo». L'episodio di Onan in Gen 38 si riferisce al coitus
reservatus e Onan, inoltre, non è punito per questo, ma per la sua trasgressione alla legge del levirato.
2
IL MODELLO TRADIZIONALE
DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE
Il pensiero antico sulla sessualità mantiene nel suo sottofondo una forte
caratterizzazione cosmonaturalistica che permette al mondo classico un
approccio non colpevolizzante e, alla fine, non problematico agli aphrodisia,
ma che non riesce a mettere in risalto le valenze personalistiche della sessua-
lità umana.
L'antropologia cristiana assumerà i motivi conduttori dell'antropologia
sessuale classica (il sesso finalizzato alla procreazione, il sesso come realtà cor-
1
Per approfondire: R. CANTALAMESSA (ed.), Etica sessuale e matrimonio nel cristianesimo delle
origini, Milano 1976; C. MOUNIER, Mariage et virginità dans VEglise ancienne (Ier-IIIe siècles), Berne
1987; L. PADOVESE, Cercatori di Dio. Sulle tracce dell'ascetismo pagano, ebraico e cristiano dei primi
secoli, Milano 2002; S. PANIMOLLE (ed.), Dizionario di spiritualità biblico-patristica, 43: Matrimonio-
famiglia nei Padri, Roma 2006; B. PRETE, Matrimonio e continenza nel cristianesimo delle origini. Stu-
dio su ICor 7,1-40, Brescia 1979; C. SFAMEMI GASPARRO et al., La coppia nei Padri, Milano 1991.
CAP. 2 - IL MODELLO TRADIZIONALE DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE 63
2
Si veda: D. DI MEGLIO, L'invisibile confine. Ermafroditismo e omosessualità, Roma 1990; M.
ELIADE, Mitul Reintegrarli, Bucuresti 1942 (trad. it. Il mito della reintegrazione, Milano 31989); A. MAR-
CHETTI (ed.), In forma di parole - L'androgino. Invenzioni sul mito, 1995; E. ZOLLA, The Androgyne.
Fusion of the Sexes, London 1980 (trad. it. L'androgino. L'umana nostalgia dell'interezza, Como 1989).
3
PLATONE, Simposio, 189c-193d. Sul tema dell'androgino in Platone: K.J. DOVER, «Aristopha-
nes' Speech in Plato's Symposium», in Journal of Hellenic Studies 86(1966), 41-50; G.L. KOUTROUM-
BOUSSIS, «Interpretation der Aristophanesrede in Symposion Piatons», in Platon 20(1968), 194-211; C.
SALMAN, «Anthropogony and theogony in Plato's Symposium», in Classical Journal 86(1990), 214-225.
64 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
sintassi dell'amore come esiste una sintassi del linguaggio, proprio perché la ses-
sualità è il linguaggio del corpo così come la parola è il linguaggio della voce. Se
essa si regola secondo il lògos del mito e della liturgia, è fattore di equilibrio e di
ordine cosmico, altrimenti scoppiano gli uragani, si scatenano le tempeste, il
disordine del caos iniziale si impadronisce ancora delle cose.5
4
L'idea che l'universo derivi da coppie di contrari fu ripresa ed elaborata con rigore filosofico
dai pitagorici; cf. ARISTOTELE, Metafisica l,5,986a 22-986b 2.
5
R. BASTIDE, «Comportamento sessuale e religione», in R. VOLCHER (ed.), Dizionario di ses-
suologia, Assisi 1975,618.
6
EPITTETO DI IERAPOLI, Diatribe, 3 , 7 , 2 ; 3 , 1 2 , 7 ; A . M . LUCANO, Bellum civile, 2 , 3 8 7 - 3 9 1 ; MUSO-
NIO RUFO, Reliquiae, 67,6; L.A. SENECA, Consolatio ad Elviam matrem, 13,3.
7
Cf. testi in: H. VON ARNIM (ed.), Stoicorum Veterum Fragmenta, Stuttgart 1905 (rist. 1964), III,
nn. 404,406; cf. A. LAMBERTINO, Valore e piacere. Itinerari teoretici, Milano 2001,44-54.
CAP. 2 - IL MODELLO TRADIZIONALE DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE 65
sercizio della sessualità risponde alla sua logica naturale quando è destinato
alla procreazione e non giustificano pertanto l'attività sessuale degli sterili o
dopo la menopausa femminile, né quella con una donna già incinta perché, essi
dicono, sarebbe come seminare in una terra già seminata. Per lo stesso motivo
condannano le pratiche contraccettive.
Questa impostazione esercitò un sensibile influsso sull'elaborazione
dell'etica sessuale cristiana:8 in occidente, dall'inizio dell'era cristiana sino
all'inizio del XX secolo, fu prevalente una concezione della sessua-
lità/genitalità come realtà finalizzata alla procreazione nel contesto dell'u-
nione monogamica dell'uomo e della donna. È solo dal XX secolo che «l'A-
more diventa la base del sacramento del matrimonio e del modello cristiano
di vita coniugale». 9
8
Per il rapporto fra stoicismo ed etica patristica: C. NARDI, L'eros nei Padri della Chiesa. Sto-
ria delle idee, rilievi antropologici, Firenze 2000,41-62; J.T. NOONAN JR., Contraception. A History of Its
Treatment by the Catholic Theologians and Canonists, Cambridge (Mass.) 1966, 46-85; M. SPANNEUT,
«Le stoi'cisme des Pères de l'Église, de Clément de Rome à Clément d'Alexandrie», in Patristica Sor-
boniensia, Paris 2 1969,1; ID., «Les normes morales du stoi'cisme chez les Pères de L'Église», in Studia
Moralia 19(1981), 153-175.
9
J.E FLANDRIN, Il sesso e l'occidente. L'evoluzione del comportamento e degli atteggiamenti,
Milano 1983,102.
66 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
Dalla natura divina vengono la ragione [tò logikòn] e l'intelletto [tò dianoetikòn]
in cui non c'è nessuna distinzione sessuale; dalla natura irrazionale [alògou] ven-
gono questa struttura e questo aspetto corporeo segnato dalla differenza ses-
suale.12
Anche per lui, come più tardi per Giovanni Crisostomo, se l'uomo non
avesse peccato, il genere umano si sarebbe moltiplicato senza l'unione carna-
le, in un modo spirituale. Ma allora perché Dio creò sin dall'inizio i due sessi?
Gregorio risponde sottolineando che, secondo Gen 1,26-27, dapprima fu crea-
to l'homo imago, che non ha distinzione di sesso (autòn al singolare) e in un
secondo momento l'homo somaticus distinto nei due sessi (autòus al plurale):
la distinzione sessuale fu aggiunta dal Creatore all'uomo perché, nell'eventua-
lità che questi fosse decaduto dalla sua condizione paradisiaca e spirituale, non
gli venisse a mancare uno strumento di propagazione della sua specie: l'uomo
«si abbrutì, dopo che cominciò a moltiplicarsi al modo dei bruti, venendo meno
la sua altezza e lasciandosi cadere verso la condizione di una natura più gros-
solana».13 La sessualità umana, non è dunque, per questi autori, una realtà ori-
ginaria ed essenziale, ma secondaria e accidentale.
10
V. MELCHIORRE, Corpo e persona, Genova 2 1991,95.
11
Cf. ORIGENE, In genesim homiliae 1,15: PG 12,158.
12
GREGORIO DI NISSA, De opificio hominis 1 6 - 1 7 : PG 44,188-192.
13
GREGORIO DI NISSA, De opificio hominis 17.
CAP. 2 - IL MODELLO TRADIZIONALE DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE 67
1A• Il monosessismo
Era acquisizione pacifica per la mentalità ellenistica che l'espressione
piena e perfetta della persona umana si ritrovasse nel maschio adulto e libero,
e gli stessi filosofi, con l'eccezione forse di Platone, non solo registravano la
situazione politica, sociale e culturale vigente, caratterizzata da spiccato
maschilismo e da forti limitazioni nei diritti della donna, ma spesso cercavano
anche di giustificarla razionalmente.14 Questa impostazione androcentrica del
problema delle differenze fra i sessi, per la quale il maschio è in qualche modo
preminente, compiuto, originario, mentre la donna è subordinata, imperfetta,
derivata (monosessismo maschilista), trovò autorevoli conferme nella medici-
na e nella filosofia naturale. 15
L'antropologia sessuale di Aristotele è, a questo proposito, davvero
esemplare. 16 Lo stagirita insegna nella Metafisica che uomo e donna, pur rap-
presentando una coppia di contrari, non sono diversi per specie (eidos). «Le
contrarietà che riguardano la forma», egli scrive, «producono differenza di spe-
cie, mentre quelle che esistono solo nel composto concreto non le produco-
no».17 Uomo e donna, pur appartenendo alla stessa specie (eidos) umana, sono
diversi e contrari perché devono svolgere funzioni diverse e complementari in
vista dell'unico tèlos della riproduzione. Non hanno un eidos diverso, ma
hanno un diverso lògos, una diversa realizzazione concreta, del medesimo
eidos: «Maschio e femmina si distinguono rispetto al lògos, per il fatto di avere
ciascuno due facoltà diverse».18
14
L. MALONEY, «Le argomentazioni a favore della differenza delle donne nella filosofia classi-
ca e nel cristianesimo primitivo», in Concilium 27(1991), 819-829.
15
T. LAQUEUR, Making Sex. Body and Gender from Greeks to Freud, Harvard 1990 (trad. it. L'i-
dentità sessuale dai Greci a Freud, Bari 1992, 33-81).
16
Aristotele affronta questi temi nel De generatione animalium e nella Historia animalium', cf.
S . R . L . CLARK, « A r i s t o t l e ' s W o m a n » , i n History of Political Thought 3 ( 1 9 8 2 ) , 1 7 7 - 1 9 1 ; M . K . HOROWITZ,
«Aristotle and Women», in Journal of History of Biology 9(1976), 186-213; J. MORSINK, «Was Aristo-
tle's Biology Sexist?», in Journal of History of Biology 12(1979), 83-112; S. SAID, «Féminin, femme et
femelle dans les grands traités biologiques d'Aristote», in E. LÉVY (ed.), La femme dans les sociétés
antiques. Actes des colloques de Strasbourg (mai 1980 et mars 1981), Strasbourg 1983,93-123; J. SIHVO-
LA, Aristotle on Sex and Love, in M.C. NUSSBAUM - J. SIHVOLA (eds.) The Sleep of Reason. Erotic Expe-
rience and Sexual Ethics in Ancient Greece, Chicago 2002,200-221.
17
ARISTOTELE, Metafisica, 10,9,1058b 3; M. DESLAURIERS, Sex and Essence in Aristotle's
Metaphysics and Biology, in C.A. FREELAN (ed.), Feminist Interpretations of Aristotle, University Park
(Pennsylvania) 1998, 138-167; cf. B.M. GARETH, «Gender and Essence in Aristotle», in Australasian
Journal of Philosophy 64(1986), suppl., 16-25.
18
ARISTOTELE, De generatione animalium, 1,2,716a 47-49. L'espressione «katà mèn tòn logon»
è controversa. Nella versione italiana curata da Vegetti e Lanza essa è tradotta con l'avverbio «con-
c e t t u a l m e n t e » (cf. ARISTOTELE, Opere, a c u r a di M . VEGETTI - D . LANZA, R o m a - B a r i 1 9 9 0 , V, 1 5 5 ) .
Matthew Gareth spiega: «Essence, to ti en einai, and eidos, form or species, are inextricably linked;
either it is only the species or form itself, the eidos, that has an essence, and its essence is given in the
logos of that eidos, or else individuals do have essences and their essence is given exhaustively in the
logos of their eidos» (GARETH, «Gender and Essence in Aristotle», 20-21).
68 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
19
ARISTOTELE, Metafisica 10,9,1058a 29.
20
Cf. S. VEGETTI FINZI, «Topologia della sessualità e cancellazione del femminile», in Aut-Aut
177-178(1980), 35ss.
21
ARISTOTELE, De generatione animalium l,21,729b 12-18.
22
ARISTOTELE, De generatione animalium L,20,728a 17-18.
23
Cf. L.A. DEAN JONES, Women's Bodies in Classical Greek Science, Oxford 1994, 182: «Ari-
stotles [...] could not allow the difference in sexual logos to set woman apart from man in a separate
eidos [...] He resolved the impasse by saying that although woman belong to the species anthropos,
she did not achieve the perfect eidos as a man did».
24
ARISTOTELE, De generatione animalium 2,3,737a 27-29.
CAP. 2 - IL MODELLO TRADIZIONALE DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE 69
accidentali sia intrinseci sia estrinseci al seme (ad esempio maggiore o minor
vigore del seme, tempo, luogo, clima), nascano femmine perché sono indispen-
sabili alla riproduzione. La generazione di una femmina è una deviazione, ma
una deviazione necessaria: «La prima deviazione è nascere femmina e non
maschio, ma questo è necessario alla natura, perché si deve conservare il gene-
re degli animali in cui la femmina ed il maschio sono individui distinti».25 La
donna, sotto questo riguardo, è da ritenersi una produzione imperfetta della
natura. La natura, infatti, tende a produrre sempre ciò che è perfetto e, di fatto,
lo produrrebbe sempre se non intervenissero elementi interferenti.
La tradizione medievale, inclusa quella tomista, rimase fedele alla dot-
trina aristotelica e ripeterà che la femmina è un maschio mancato, un maschio
deficitario, un «mas laesus».26 La scuola francescana privilegerà, invece, le opi-
nioni della medicina e, segnatamente, quelle di Ippocrate e Galeno che ammet-
tevano un seme femminile, ancorché più debole, e sarà portata a una valuta-
zione più positiva della femminilità.27
I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli
altri uomini. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differen-
zia, né conducono un genere di vita speciale [...]. Si sposano come tutti e gene-
rano figli, ma non gettano i neonati. Mettono in comune la mensa, ma non il
letto. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. 28
25
ARISTOTELE, De generatione animalium 4,3,767b 8-10.
26
Cf. M. NOLAN, «The aristotelian background to Aquinas's denial that "Woman is a defective
male"», in The Thomist 64(2000), 21-69.
27
Si vedano E.T. HEALY, Woman according to St.Bonaventure, Erie (Penn.) 1965; L. SILEO,
«Filosofia, medicina e teologia. Il concepimento di Maria nella svolta teoretica di Duns Scoto», in M.
CARBAJO NÜNEZ (ed.), Giovanni Duns Scoto. Studi e ricerche nel VII centenario della morte, Roma
2007, II, 39-89.
28
Lettera a Diogneto 5,1-2.6-8 (cf. A. QUACQUARELLI [ed.], I Padri apostolici, Roma 2001,356).
70 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
Chi condanna il matrimonio, priva anche la verginità della sua gloria; chi invece
lo loda, rende la verginità più ammirabile e splendente. Ciò che appare un bene
soltanto a paragone di un male, non è poi un gran bene; ma ciò che è ancora
migliore di beni universalmente riconosciuti tali, è certamente un bene al massi-
mo grado.31
29
Per approfondire: CANTALAMESSA (ed.), Etica sessuale e matrimonio nel cristianesimo delle
origini; MOUNIER, Mariage et virginità dans l'Eglise ancienne (Ier-IIIe siècles); PRETE, Matrimonio e con-
tinenza nel cristianesimo delle origini, Brescia 1979; SFAMEMI GASPARRO et al., La coppia nei Padri, 151-
170.
30
Fa eccezione Clemente Alessandrino che, nel presentare l'immagine del cristiano come vero
gnostico, sembra porre sullo stesso piano la vita matrimoniale e la enkràteia (Stromata, 3,102,1-4 in
GCS 52,243,8-20); cf. J.-P. BROUDÉHOUX, Mariage et famille chez Clément d'Alexandrie, Paris 1970.
31
GIOVANNI CRISOSTOMO, De virginitate 10: PG 45,540; citato in Familiaris consortio 16.
CAP. 2 - IL MODELLO TRADIZIONALE DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE 71
32
L. MALONEY, «Le argomentazioni a favore della differenza delle donne nella filosofia classi-
ca e nel cristianesimo primitivo», in Concilium 27(1991), 819-829.
33
E.A. CLARK, Women in the Early Church (-Message of the Father of the Church 13), Wil-
mington (Del.) 1983; U. MATTIOLI (ed.), La donna nel pensiero cristiano antico, Torino 1992; C. MAZ-
z u c c o , E fui fatta maschio. La donna nel cristianesimo primitivo (secoli I-III), Firenze 1989; C. OSIEK -
M.Y. MACDONAL, Il ruolo delle donne nella Chiesa delle origini. Indagine sulle chiese domestiche, Cini-
sello Balsamo 2007; F. QUÉRE-JAULMES, La femme. Les grandes textes des Peres de VÈglise, Paris 1968.
34
NOONAN, Contraception. A History of Its Treatment by the Catholic Theologians and Cano-
nists', J.M. RIDDLE, Contraception and Abortion fron the Ancient World to the Renaissance, Cambridge
(Mass.) 1994.
72 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
3. SANT'AGOSTINO
ALLE ORIGINI DEL MODELLO TRADIZIONALE
35
Cf. M. VIDAL, Morale dell'amore e della sessualità, Assisi 1973,72.
36
Per approfondire: G. CERETI, Divorzio, nuove nozze e penitenza nella Chiesa primitiva, Bolo-
gna 1977; H. CROUZEL, L'Église primitive face au divorce. Du premier au cinquième siede, Paris 1971;
ID., «Le remariage apres divorce selon les Pères de l'Église», in Anthropotes 11(1995), 11-17; E.
HAMEL, «Tensione comandamento-possibilità in materia di divorzio e di nuovo matrimonio nella Chie-
sa primitiva», in Rassegna di Teologia 20(1979), 19-25.
CAP. 2 - IL MODELLO TRADIZIONALE DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE 73
temi della sessualità e del matrimonio.37 Chi vuole attaccare o denigrare l'eti-
ca sessuale cristiana, nella forma che ha assunto storicamente, trova in Agosti-
no il bersaglio privilegiato, com'è ben dimostrato dall'esordio del capitolo su
Agostino di un libro molto corrosivo su Chiesa cattolica e sessualità:
Colui che unì l'avversione al piacere e alla sessualità con il cristianesimo facen-
done un'unità sistematica fu il più grande padre della chiesa, sant'Agostino
(morto nel 430). La sua importanza per la morale sessuale del cristianesimo è
indiscussa ed è stata decisiva per la condanna della pillola da parte di Paolo VI
(1968) e di Giovanni Paolo II (1981). Pertanto, per parlare dell'avversione alla
sessualità, si deve parlare di Agostino. 38
37
1 principali testi agostiniani in: AGOSTINO, Sessualità e amore, il dono reciproco nel matrimonio,
a cura di A. PIERETTI, Roma 1996 (buona introduzione generale e bibliografia); A. TRAPÈ, Sant'Agosti-
no. Matrimonio e verginità (= Opere di Sant'Agostino VII/1), Roma 1978, pp. IX-CIV (l'introduzione
contiene uno status quaestionis sulle principali problematiche connesse a sessualità e matrimonio). Studi
d'insieme: C. BURKE, «Sant'Agostino e la sessualità coniugale», in Annales Theologici 5(1991), 185-206;
E. CLARK (ed.), S. Augustine on Marriage and Sexuality, Washington 1996; P. LANGA, San Agustin y el
progreso de la teologia matrimonial, Toledo 1984; L. DATTRINO, Il matrimonio secondo Agostino, Milano
1996; É. SCHMITT, Le mariage chrétien dans l'oeuvre de saint Augustin, Paris 1983; E-J. THONNARD, «La
morale conjugale selon saint Augustin», in Revue des Etudes Augustiniennes 15(1969), 113-131.
38
U. RANKE-HEINEMANN, Eunuchi per il regno dei cieli. La Chiesa cattolica e la sessualità, Mila-
no 1995 (originale tedesco 1988), 74.
74 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
È la vostra una vera pazzia. Come fate a dire che Cristo apparve fra gli uomini
con una carne falsa e che la Chiesa appartiene a Cristo mentre, quanto ai corpi,
appartiene al diavolo? E che il sesso maschile e femminile sono opera del dia-
volo e non di Dio, e che la carne è unita allo spirito come una sostanza cattiva a
una sostanza buona? 40
Gioviniano invece metteva sullo stesso piano «il merito delle vergini
consacrate e la pudicizia coniugale» e accusava la Chiesa cattolica di avere una
visione negativa del matrimonio e della sessualità. La sua predicazione era
molto persuasiva e a Roma era riuscito a far sposare alcune donne che aveva-
no professato la verginità. Per questo motivo fu condannato da papa Siricio nel
392 e fu attaccato da Girolamo e Agostino. Nelle opere contro Gioviniano,
soprattutto nel De sancta virginitate (400-401) e nel De bono viduitatis (414),
Agostino difese la superiorità della verginità, evitando però di disprezzare il
matrimonio e mostrandone il significato nel progetto di Dio sull'uomo. Nel De
bono coniugali (400), anzi, giunge a ridimensionare alcune affermazioni un po'
forti contenute nelVAdversus lovinianum di Girolamo e spiega in che cosa
consista il bene del matrimonio. 41
I pelagiani, in sintonia con la loro attitudine ottimista sulla natura
umana, sostenevano che non si possono dare vere nozze senza l'esercizio della
genitalità e inoltre che l'istinto o desiderio sessuale non ha in sé alcun male, ma
che anzi, proprio perché naturale, è in sé buono. Polemizzando con loro e
soprattutto con Giuliano di Eclano, nel De nuptiis et concupiscentia (419) e nel
Contra Julianum (421), Agostino sarà portato a sottolineare gli effetti deva-
39
Cf. AGOSTINO, De moribus ecclesiae catholicae 2,28,65. Qualcuno ha pensato che Agostino
volesse fare una condanna ante litteram dei metodi naturali ma, in effetti, egli stigmatizzava l'intenzio-
ne antiprocreativa dei manichei, non il metodo in quanto tale. Si veda: D. Covi, «El fin de la actividad
sexual segün san Agustin», in Augustinus 17(1972), 47-65 (soprattutto 59); D. FAUL, «St. Augustine on
the marriage», in Augustinus 12(1967), 165-180 (soprattutto p. 170).
40
AGOSTINO, De continentia 9,23.
41
D.G. HUNTER, «Augustinian Pessimism? A New Look at Augustine's Teaching on Sex, Mar-
riage and Celibacy», in Augustinian Studies 25(1994), 153-177.
CAP. 2 - IL MODELLO TRADIZIONALE DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE 75
42
P. BROWN, «Sexuality and Society in the Fifth Century a.D.: Augustine and Julian of Eclanum»,
in E. GABBA (ed.), Tria corda. Scritti in onore di Arnaldo Momigliano, Como 1983, 49-70; M. MESLIN,
«Sainteté et mariage au cours de la second querelle pélagienne», in Mystique et Continence, 293-307.
43
AGOSTINO, De bono coniugali 16,18: «Quod enim est cibus ad salutem hominis, hoc est con-
cubitus ad salutem generis».
44
D. Covi, «L'etica sessuale paradisiaca agostiniana», in Laurentianum 13(1972), 340-364; J.
DOIGNON, «Une définition oubliée de l'amour conjugal édénique chez Augustin: piae caritatis adfectus
(Gen. ad litt. 3 , 2 1 , 3 3 ) » , i n Vetera Christianorum 19(1982), 25-36.
45
AGOSTINO, De Genesi ad litteram 9,5,8; cf. TOMMASO D'AQUINO, STh I, q. 92, a. 1.
76 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
2,18, Agostino insegna che «la procreazione dei figli è la ragione prima e legit-
tima delle nozze».46 Essa viene anche corroborata - com'era l'uso dell'orato-
ria latina - con il richiamo al consenso dei popoli e in particolare con la tradi-
zione giuridica romana delle tabulae nuptiales. Agostino non manca a questo
proposito di far notare che la stessa etimologia di «matrimonio», derivante da
matris munus («dovere della madre»), richiama il dovere di procreare: «il
matrimonio è così chiamato perché per nessun altro motivo si deve sposare
una donna se non per diventare madre». 47
Mi pare che [il valore del matrimonio] non sia legato solo alla procreazione dei
figli, ma alla stessa società naturale fra i due sessi. Altrimenti non si potrebbe
parlare di matrimonio tra i vecchi, soprattutto nel caso che avessero perduto i
figli o non ne avessero avuti del tutto.
In un buon matrimonio, anche se gli sposi sono avanti negli anni, quantunque sia
venuto meno il giovanile ardore passionale tra il maschio e la femmina, tuttavia
persiste vigoroso l'affetto reciproco tra marito e moglie.49
Per lo stesso motivo devono essere ritenute vere, anzi esemplari per gli
sposi cristiani le nozze fra Maria e Giuseppe, benché vissute nell'assoluta con-
tinenza. Si legge nel De consensu evangelistarum:
46
AGOSTINO, De coniugiis adulterinis 12,12.
47
AGOSTINO, Contra Faustum 19,26.
48
Le due espressioni si trovano nel De bono coniugali (rispettivamente 1,1 e 3,3); cf. AGOSTI-
NO, De sermone montano 1,15,42.
49
AGOSTINO, De bono coniugali 3,3.
CAP. 2 - IL MODELLO TRADIZIONALE DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE 77
Con questo esempio [delle nozze fra Maria e Giuseppe] si mostra ai fedeli spo-
sati che, anche conservando di comune accordo la continenza, si possa restare ed
essere chiamati coniugi, non a motivo dell'unione del sesso corporeo, ma per la
custodia dell'affetto spirituale.50
La Caritas coniugalis, che è l'amore cristiano fra gli sposi, per attuarsi ed
esprimersi non ha bisogno assoluto della fecondità fisica e neppure dell'eser-
cizio della sessualità. Tuttavia, anche per Agostino, l'ideale della continenza nel
matrimonio deve restare subordinato al debitum coniugale. Perciò, nella lette-
ra A Ecdicia egli rimprovera la moglie di aver imposto al marito una scelta di
astinenza che dovrebbe, invece, nascere dalla volontà concorde dei coniugi.51
50
AGOSTINO, De consensu evangelìstarum 2,1,2; cf. DOIGNON, «Une définition oubliée de l'a-
mour conjugal édénique chez Augustin: piae caritatis adfectus (Gen. ad litt. 3,21,33)», 25-36.
51
AGOSTINO, epistola 262 Ad Ecdiciam (traduzione e breve commento in SFAMEMI GASPARRO
et al., La coppia nei Padri, 134-135; 335-340).
52
Agostino considera la procreazione nella prospettiva della bontà o valore morale e non,
come farà più tardi san Tommaso, nella prospettiva della finalità; cf. TETTAMANZI, Il matrimonio cri-
stiano. Studio storico teologico, 109.
53
Su questo punto: F. GIL HELLIN, Il matrimonio e la vita coniugale, Città del Vaticano 1996,15-
37; A. REGAN, «The perennial value of Augustine's theology of the goods of marriage», in Studia Mora-
lia 21(1983), 351-377.
54
Cf. AGOSTINO, De bono coniugali 6,6.
78 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
ciò che nel matrimonio diventa simbolo non è tanto l'unione dell'uomo e della
donna, quanto l'indissolubilità di quest'unione. Così la realtà partecipata non è
tanto l'unione di Cristo e della Chiesa, quanto l'indissolubilità assoluta di questa
unione. 57
55
Gli autori concordano che Agostino è per l'indissolubilità dei matrimoni cristiani, e alcuni
passi nei quali egli allude a un'oscurità della Scrittura riguardo al caso di fornicatio non inficiano que-
sta posizione. Se per Agostino anche il matrimonio naturale sia sempre indissolubile è controverso:
mentre Joyce sostiene di no, padre A. Trapè propende per il sì; cf. G.H. JOYCE, Matrimonio cristiano.
Studio storico-dottrinale, Alba 1964,163; TRAPÈ, Sant'Agostino. Matrimonio e verginità, XLIV-XLV.
56
TRAPÈ, Sant'Agostino. Matrimonio e verginità, XLIII.
57
M. ALIOTTA, Il matrimonio, Brescia 2002, 76-77.
CAP. 2 - IL MODELLO TRADIZIONALE DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE 79
58
AGOSTINO, De bono coniugali 7,7.
59
AGOSTINO, De nuptiis et concupiscentia 21,23.
60
E. SCHILLEBEECKX, Il matrimonio. Realtà terrena e mistero di salvezza, Cinisello Balsamo
4
1986,263.
61
AGOSTINO, De Genesi ad litteram 11,32,42.
62
Sulla complessa concezione agostiniana della concupiscenza in rapporto alla sessualità: G.I.
BONNER, «Libido and Concupiscentia in St. Augustine», in F.L. CROSS (ed.), Studia Patristica VI (TU
81), Berlin 1962, 303-314; D.F. KELLY, «Sexuality and Concupiscence in Augustine», in Annual of the
Society of Christian Ethics, Dallas 1983,81-116; E. SAMEK LODOVICI, «Sessualità, matrimonio e concu-
piscenza in sant'Agostino», in CANTALAMESSA (ed.), Etica sessuale e matrimonio nel cristianesimo delle
origini, 212-272.
80 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
63
AGOSTINO, Retractationes 2,53.
64
AGOSTINO, Contra Pelagium 1,17,35.
65
AGOSTINO, Epistola 6*.7.
CAP. 2 - IL MODELLO TRADIZIONALE DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE 81
Nella vita umana - spiega Agostino - alcune cose sono buone in sé, come
la salute, e altre sono buone in quanto mezzo per ottenere le prime, come l'a-
limentazione e il riposo lo sono in vista della salute. Se il mezzo è usato per il
fine buono si agisce bene, se il mezzo è invece usato dissociandolo dal fine
buono si pecca. L'atto coniugale è un mezzo per un fine buono che è la salus
generis, cioè la perpetuazione della specie umana, ed è lecito se è usato come
mezzo per un fine buono, la procreazione.66
In sostanza, l'atto coniugale è senza colpa se è finalizzato alla procrea-
zione; se, invece, è finalizzato a soddisfare la concupiscenza è peccato, un pec-
cato veniale se l'atto è compiuto con la moglie, un peccato mortale se compiu-
to con un'altra donna. 67 La condizione più meritoria è quella degli sposi che
rinunciano liberamente e di comune accordo agli aspetti genitali del matrimo-
nio, non esponendosi alla trappola della concupiscenza carnale.
66
Cf. AGOSTINO, De bono coniugali 16,18: «Quod enim est cibus ad salutem hominis, hoc est
concubitus ad salutem generis, et utrumque non est sine delectatione carnali, quae tarnen modificata
et temperantia refrenante in usum naturalem redacta libido esse non potest; quod est autem in susten-
tanda vita illicitus cibus, hoc est in quaerenda prole fornicarius vel adulterinus concubitus; et quod est
in luxuria ventris et gutturis illicitus cibus, hoc est in libidine nullam prolem quaerente illicitus concu-
bitus».
67
Cf. AGOSTINO, De bono coniugali 6,6: «Coniugalis enim concubitus generandi gratia non
habet culpam; concupiscentiae vero satiandae, sed tarnen cum coniuge, propter tori fidem, venialem
habet culpam; adulterium vero sive fornicatio letalem habet culpam». La purezza dell'atto coniugale
in queste condizioni non appare facile, cosicché è comprensibile la conclusione che ne trarrà Gregorio
Magno che l'atto coniugale, pure buono in sé, di fatto non è mai del tutto esente da colpa; cf. S. GRE-
GORIO MAGNO, Responsio ad interrogationes: «Voluptas ilia sine culpa esse nullatenus potest».
68
C. BURKE, «A postscript to the "remedium concupiscentiae"», in The Thomist 70(2006),
481-536.
82 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
specie di austerità nel fervore del godimento poiché, nell'atto di unirsi sessual-
mente, uomo e donna si figurano di diventare padre e madre. 69
3.6.3. Contraccezione
69
AGOSTINO, De bono coniugali 3,3. Sull'idea del remedium, cf. EPIFANIO, Panarion 51,30.
70
Cf. AGOSTINO, De bono coniugali 15,17; Contra Iulianum 5,16,62. Questa, almeno, è l'inter-
pretazione difesa da padre Trapè: TRAPÈ, Sant'Agostino. Matrimonio e verginità, XXXIV-XXXV.
71
Cf. NOONAN, Contraception. A History of Its Treatment by the Catholic Theologians and
Canonists; RIDDLE, Contraception and Abortion fron the Ancient World to the Renaissance.
72
AGOSTINO, De coniugiis adulterinis 2,12.
CAP. 2 - IL MODELLO TRADIZIONALE DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE 83
dal principio, non si unirono in matrimonio ma nella lussuria. Se poi non sono
tutti e due a comportarsi così, io oserei dire che o lei è in un certo senso la pro-
stituta del marito o lui è l'adultero della moglie.73
3,6.4. Omosessualità
Infine, la sua visione sulla sessualità porta Agostino a prendere una posi-
zione molto dura sull'omosessualità in quanto profanazione della natura crea-
ta da Dio.
I delitti che vanno contro natura, ad esempio quelli compiuti dai sodomiti, devo-
no essere condannati e puniti ovunque e sempre. Quand'anche tutti gli uomini li
commettessero, verrebbero tutti coinvolti nella stessa condanna divina: Dio
infatti non ha creato gli uomini perché commettessero un tale abuso di loro stes-
si. Quando, mossi da una perversa passione, si profana la natura stessa che Dio
ha creato, è la stessa unione che deve esistere fra Dio e noi a venire violata.74
73
AGOSTINO, De nuptiis et concupiscentia 1,15,17.
74
AGOSTINO, Confessionum libri III, 8.
84 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
valore in relazione alla comunione, senza perdere nello stesso tempo la ric-
chezza delle intuizioni agostiniane sulla novità del matrimonio cristiano, sarà
uno dei compiti più ardui - e non del tutto adempiuti - della teologia morale
post-agostiniana.
75
Si vedano: C.N.L. BROOKER, Il matrimonio nel Medioevo, Bologna 1992; P.S. REYNOLDS, Mar-
riage in the Western Church: The Christianization of Marriage during the Patristic and Early Medieval
Periods, Leiden 1994.
CAP. 2 - IL MODELLO TRADIZIONALE DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE 85
monio. Sia il patto fra uomo e donna, sia l'unione carnale tra gli sposi conten-
gono un profondo significato simbolico perché rimandano, rispettivamente,
all'unione di Dio e dell'anima e all'unione ipostatica del Verbo con la natura
umana in virtù della quale la Chiesa può diventare veramente sposa del Verbo
incarnato. Tanto il matrimonio in sé, quanto l'unione sessuale - che è compito
e dovere ( o f f i c i u m ) degli sposi - sono portatori di una sacramentalità.76
Nel De beatae Mariae virginitate egli mostra di attribuire grande valore
all'amore coniugale e alla societas coniugalis: al centro del matrimonio sta il
reciproco adhaerère degli sposi per la mutua dilectio e l'unione sessuale ne è il
compagno (comes) e il compito (officium).11 Anch'egli ritiene però - in sinto-
nia con l'ideale dell 'amor cortese cantato dai trovatori del suo tempo e in con-
tinuità con l'ideale agostiniano - che un amore tutto spirituale sarebbe più
santo e più desiderabile.
Nel secolo seguente, san Bonaventura (1217-1274) offre in questo senso
una dottrina originale, anche se non sistematica. Dopo aver ricordato i due
scopi tradizionali del matrimonio e cioè la procreazione e il remedium concu-
piscentiae, aggiunge, nel solco di Ugo, un terzo scopo che è l'unione degli sposi,
simbolo di realtà spirituali.78 Il dottore serafico fa l'elogio dell'amore coniuga-
le con termini squisiti e spiega il simbolismo dell'unione sessuale con parole
audaci:
Il matrimonio si dice consumato nella susseguente unione dei corpi, perché allo-
ra divengono una sola carne e un corpo solo, significando pienamente l'unione
che passa tra noi e Cristo.79
76
UGO DI SAN VITTORE, De sacramentis 1,8,13: «Coniugium constabat in consensu foederis
socialis, officium coniugii constabat in copula carnis. Coniugium sacramentum fuit cuiusdam societatis
spiritualis quae per dilectionem erat inter Deum et animam, in qua societate anima sponsa erat et
sponsus Deus. Officium coniugii sacramentum fuit cuiusdam societatis quae futura erat per carnem
assumptam inter Christum et Ecclesiam, in qua societate Christus sponsus futurus erat et sponsa Eccle-
sia»; cf. G. SALMERI, «Simboli e natura. La sacramentalità del matrimonio nel Medioevo», in Anthro-
potes 20(2004), 23-41.
77
U G O DI SAN VITTORE, De beatae Mariae virginitate: PL 1 7 6 , 8 6 0 ; cf. C. GNEO, « L a d o t t r i n a d e l
matrimonio nel "De B. Mariae Virginitate" di Ugo di S. Vittore», in Divinitas 17(1973), 374-394; J.
LECLERCQ, I monaci e il matrimonio. Un'indagine sul XIIsecolo, Torino 1984,62-63.
78
S. BONAVENTURA, Breviloquium 6,13,1; cf. E TARGONSKI, «Il matrimonio nel pensiero di san
Bonaventura», in Miscellanea Francescana 90(1990).
79
S. BONAVENTURA, Breviloquium 6,13,3.
86 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
L'amicizia quanto è più grande, tanto più è stabile e duratura. Sembra che fra
l'uomo e la donna ci sia l'amicizia più grande: si uniscono infatti non solo nel-
l'atto dell'unione fisica, che anche tra gli animali produce una certa dolce
società, ma anche in vista della condivisione di tutta quanta la vita. Perciò, come
segno di questo, l'uomo a motivo della moglie lascia anche il padre e la madre,
come si legge in Gen 2,24.80
Ciò che è amato con amor amicitiae, è amato semplicemente e per se stesso; ciò
che è amato con amor concupiscentiae, non è amato semplicemente e di per sé,
ma è amato per l'altro [...]. Di conseguenza l'amore con cui si ama un oggetto
per il suo stesso bene è amore nel senso più vero, mentre l'amore con cui si ama
un oggetto per il bene di un altro, è amore in senso relativo.83
80
TOMMASO D'AQUINO, Contra gentiles 3,123,6. Il tema ée\Yamicitia coniugalis è approfondito
in: TOMMASO D'AQUINO, Sententia in ethicorum libros 8,12,18-24.
81
In particolare: TOMMASO D'AQUINO, STh I-II, q. 26, a. 4; STh I-II, q. 28, a. 1, in corp.
82
TOMMASO D'AQUINO, STh I-II, q. 28, a. 1, in corp.: «Cum enim aliquis amat aliquid quasi con-
cupiscens illud, apprehendit illud quasi pertinens ad suum bene esse. Similiter cum aliquis amat ali-
quem amore amicitiae, vult ei bonum sicut et sibi vult bonum: unde apprehendit eum alterum se,
inquantum scilicet vult ei bonum sicut et sibi ipsi. Et inde est quod amicus dicitur esse alter ipse [ARI-
STOTELE, Etica Nicomachea, 9,4,1166a 31; 9,9,1169b 6]; et Augustinus dicit in IV Confessionum: «Bene
quidam dixit de amico suo, dimidium animae suae» [4,6: PL 32,698]».
83
TOMMASO D'AQUINO, STh I-II, q. 26, a. 4: «Id quod amatur amore amicitiae, simpliciter et per
se amatur; quod autem amatur amore concupiscentiae, non simpliciter et secundum se amatur, sed
amatur alteri [...]. Et per consequens amor quo amatur aliquid ut ei sit bonum, est amor simpliciter;
amor autem quo amatur aliquid ut sit bonum alterius, est amor secundum quid».
CAP. 2 - IL MODELLO TRADIZIONALE DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE 87
84
Cf. TOMMASO D'AQUINO, Sententia in ethicorum libros 8 , 1 2 , 2 0 : « I n aliis a n i m a l i b u s e s t c o m -
municatio inter marem et feminam in tantum sicut dictum est, idest solum ad procreationem filiorum;
sed in hominibus mas et femina cohabitant non solum causa procreationis filiorum, sed etiam propter
ea quae sunt necessaria ad humanam vitam».
85
D. TETTAMANZI, I due saranno una carne sola, Leumann 1986,25-26; 29-30.
86
GIONA D'ORLÉANS, De institutione laicali 2,1: PL 106,169.
88 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
87
TETTAMANZI, I due saranno una carne sola, 30.
88
Nel secolo XII, secondo quanto afferma il cancelliere parigino Prepositino (t 1210), c'è chi
sostiene che, essendo la Terra già molto abitata, non c'è più il dovere della procreazione e il matrimo-
nio è dunque solo ad remedium. Per la terminologia officium e remedium, si veda AGOSTINO, De Gene-
si ad litteram 9,7,12.
89
Ricordiamo uno studio classico e completo sul tema: C. SCHAHL, La doctrine des fins du
mariage dans la théologie scolastique, Paris 1948.
CAP. 2 - IL MODELLO TRADIZIONALE DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE 89
pletur, cioè iscritto nella natura, ma si compie attraverso una libera scelta della
persona. Ebbene, il matrimonio è naturale non in senso fisico-biologico, ma in
senso metafisico: esso è naturale perché risponde alla natura della persona
umana e si compie attraverso la sua libertà. La natura dell'uomo lo orienta al
fine primario del matrimonio, il bonum prolis, che per l'uomo non può ridursi
alla semplice generazione, ma consiste nell'accogliere e nell'educare il figlio
fino a renderlo un uomo degno di questo nome. La stessa natura umana lo
orienta anche verso il fine secondario del matrimonio, che è Vossequio vicen-
devole che i coniugi si danno nella vita familiare e questo corrisponde al biso-
gno dell'uomo, naturalmente socievole (politicus), di stringere società con i
suoi simili.90
La geniale teoria della gerarchia dei fini, comprensibile soltanto all'inter-
no della visione antropologica tomista, non si fonda su una gerarchia assiologi-
ca, ma su una successione ne\Yordine dell'essere e dipendente dal modo con cui
ogni ente partecipa all'essere stesso. L'uomo passa dall'ambito della legge natu-
rale generica, che lo interessa in quanto ente animato (animai), alla legge natu-
rale specifica, che interessa gli enti dotati di libero arbitrio e chiamati a vivere
in società. Nell'irato multiplex del composto umano anche la procreazione -
che l'uomo ha in comune con gli animali non umani - è come attratta nella sfera
dell'umanità, così che l'uomo vive, mediante il libero arbitrio e in modo tipica-
mente umano, l'istinto procreativo che avverte operare in sé.91
Il modello tomasiano cerca così di superare il naturalismo sessuale e di
integrare in una visione sintetica le dimensioni o fini essenziali del matrimo-
nio. Sarebbe, perciò, un errore di prospettiva pensare che il fine primario rap-
presenti il polo biologico del matrimonio e il fine secondario il polo antropo-
logico, così come sarebbe erroneo ritenere che il fine primario sia da conside-
rarsi preminente in senso assiologico sul secondario.92
90
TOMMASO D'AQUINO, STh, Supplementum, q. 41, a. 1, resp.: «Et hoc modo matrimonium est
naturale: quia ratio naturalis ad ipsum inclinat dupliciter. Primo, quantum ad principalem eius finem,
qui est bonum prolis. Non enim intendit natura solum generationem prolis, sed et traduCtionem et pro-
mo tionem usque ad perfectum statum hominis in quantum homo est, qui est status virtutis [...] Secun-
do, quantum ad secundarium finem matrimonii, qui est mutuum obsequium sibi a coniugibus in rebus
domesticis impensum. Sicut enim naturali ratio dictat ut homines simul cohabitent, quia unus non suf-
ficit sibi in omnibus quae ad vitam pertinent, ratione cuius dicitur homo naturaliter politicus, ita etiam
eorum quibus indigetur ad humanam vitam, quaedam opera sunt competentia viris, quaedam mulieri-
bus. Unde natura monet ut sit quaedam associatio viri ad mulierem, in qua est matrimonium».
91
Si vedano: G. PERINI, «Il confronto tra l'uomo e gli animali nell'antropologia sessuale di S.
Tommaso e nei moderni», in San Tommaso e il pensiero moderno. Saggi (Studi tomistici 3), Roma 1974;
L. SILEO, «Natura e norma. Dalla "Summa Halensis" a Bonaventura», in Etica e politica: le teorie dei
frati mendicanti nel Due e Trecento, Spoleto 1999,29-58.
92
Cf. L. JANSSENS, «Le grandi tappe della morale cristiana del matrimonio», in Alle sorgenti
della morale coniugale, Perugia 1968,109-110: «Nelle innumerevoli discussioni che queste tematiche
hanno suscitato (speriamo che appartengano definitivamente al passato dopo che la Gaudium et spes
90 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
ha accuratamente evitato l'espressione: fine primario e fine secondario) non si è sempre tenuto conto
della portata della concezione di S. Tommaso. Per lui non si tratta affatto di gerarchia di valori. Tutta
la sua opera testimonia che egli riconosce il valore superiore di ciò che e specificamente umano su ciò
che abbiamo in comune con gli animali [...]. Ecco cosa vuole sottolineare: nello sviluppo della loro col-
laborazione a servizio della famiglia, i coniugi devono rispettare assolutamente l'ordine naturale che
Dio stesso ha creato nella loro struttura biologica».
CAP. 2 - IL MODELLO TRADIZIONALE DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE 91
93
Sul tema del piacere sessuale nella Scrittura e nella tradizione morale, si veda: S.G.
KOCHUTHARA, The Concept of Sexual Pleasure in the Catholic Moral Tradition, Roma 2007.
94
M.G. COTTIER, «"Libido" de Freud et "appetitus" de saint Thomas», in L'Anthropologie de
saint Thomas, Fribourg (Suisse) 1974,91-123; A. LAMBERTINO, Valore e piacere. Itinerari teoretici, Mila-
no 2001,35-75; L. MASSARA, «La "delectatio" dans la psychologie de Saint Thomas d'Aquin», in Archi-
ves de philosophie 3 1 ( 1 9 6 4 ) , 1 8 6 - 2 0 5 ; 3 6 ( 1 9 6 9 ) , 6 3 9 - 6 6 3 ; C. REUTEMANN, The thomistic concept of Plea-
sure, as compared with the Hedonistic and Rigoristic Philosophies, Washington 1953; S. TUMBAS, «La
moralità del piacere secondo san Tommaso d'Aquino», in Educare 4(1953), 158-170.
95
TOMMASO D'AQUINO, Sententia in ethicorum libros 8,12,22: «[Amicitia coniugalis] habet
etiam delectationem in actu generationis, sicut et in ceteris animalibus».
96
TOMMASO D'AQUINO, De malo q. 15, a. 2, a d 17; STh M I , q. 3 4 , a. 1, c o r p .
97
TOMMASO D'AQUINO, STh I, q. 98, a. 2.
98
TOMMASO D'AQUINO, STh, Supplementum, q. 41, a. 4 («Utrum actus matrimonialis sit meri-
torius»). Secondo Tommaso non esistono atti indifferenti, per cui anche l'atto coniugale o è buono o è
cattivo, a seconda che persegua o no i bona matrimonii, ma se è buono, allora è anche meritorio.
99
Questa posizione viene ripetuta fedelmente dalla teologia dei secoli seguenti, come risulta
chiaramente in questo testo di sant'Antonino da Firenze (1389-1459): «In secondo luogo chiedere il
debito coniugale per piacere, ma entro i limiti del matrimonio, è sempre peccato veniale, come il fatto
di mangiare per piacere. Infatti ciò che è il cibo per la salute dell'uomo, cioè quanto è necessario all'in-
dividuo, lo è il coito per la salute della specie, dice sant'Agostino» (S. ANTONINO, Summa theologica, p.
3, c. 20, § 1,3).
92 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
100
Una presentazione sintetica della sessualità nell'Alto Medioevo e nella letteratura peniten-
ziale: J.A. BRUNDAGE, Law, Sex, and Christian Society in Medieval Europe, Chicago 1987,124-175.
101
Si veda, soprattutto: G. CAPPELLI, Autoerotismo. Un problema morale nei primi secoli cri-
stiani?, Bologna 1986; D. ELLIOTT, Fallen Bodies: Pollution, Sexuality, and Demonology in the Middle
Ages, Philadelphia (Penn) 1998.
102
Sullo sviluppo della categoria di contra naturam nell'Alto Medioevo: V.L. BOLLOUGH, The
Sin against Nature and Homosexuality, in V.L. BULLOUGH - J. BRUNDAGE, Sexual Practices and the
Medieval Church, Buffalo 1982,55-71; J. CHIFFOLEAU, Contra naturam. Pour une approche casuistique
et procédurale de la nature médiévale, Micrologus 4(1996) 265-312. Su san Pier Damiani e il LIber
Gomorrhianus: K. SKWIERCZY SKI, L'apologia della Chiesa, della società o di se stesso? Il Liber
Gomorrhianus di s. Pier Damiani, in M. TAGLIAFERRI (ed.), Pier Damiani. L'eremita, il teologo, il rifor-
matore (1007-2007), Bologna 2009, 259-279.
CAP. 2 - IL MODELLO TRADIZIONALE DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE 93
5. L A MORALE SESSUALE
NELLA TEOLOGIA POST-TRIDENTINA
103
S. TOMMASO D'AQUINO, S Th Il-IIae, q. 154, art. 12, ad 4: «Gravissimum autem est peccatum
bestialitatis, ubi non servatur debita species... Post hoc autem est vitium sodomiticum, ubi non servatur
debitus sexus. Post hoc autem est peccatum ex eo quod non servatur debitus modus concumbendi».
104
S. TOMMASO D'AQUINO, S Th II-IIae q. 154, art. 12. Utrum vitium contra naturam sit maxi-
mum peccatum inter species luxuriae. Nella risposta alla prima obiezione egli spiega che nei peccati
sessuali, in generale, c'è una lesione dell'orbo rationis che è "ab homine", mentre nei peccati contro
natura si aggiunge una lesone dell'orde? naturae che è "ab ipso Deo" e ne conclude che «in peccatis con-
tra naturam, in quibus ipse ordo naturae violatur, fit iniuria ipsi Deo».
105
S. TOMMASO D'AQUINO, S Th II-IIae q. 154, art. 12, resp.: "Magis autem repugnat rationi
quod aliquis venereis utatur non solum contra id quod convenit proli generandae, sed etiam cum
iniuria alterius".
94 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
Bisogna spiegare per quali motivi l'uomo e la donna debbano unirsi. La prima
ragione è questa stessa società di sesso diverso, ricercata per istinto di natura,
[haec ipsa diversi sexus naturae instinctu expetita societas] che, cementata dalla
CAP. 2 - IL MODELLO TRADIZIONALE DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE 95
106
Catechismus romanus, p. 2, c. 8, q. 13 (cf. L. ADRIANOPOLI, Il catechismo romano commenta-
to, Milano 1983, § 291).
107
II concilio aveva affermato la necessità «di diritto divino di confessare tutti e singoli i pec-
cati mortali, anche quelli occulti e che violano i due ultimi comandamenti del Decalogo, come pure le
circostanze che cambiano la specie». Sessio, XIV, c. 7 (DS 1707); cf. J.A. D o COUTO, De integritate con-
fessionis apud Patres Concilii Tridentini, Roma 1969.
108
Cf. Sessio, XXIII, Decretum de reformatione, c. 18.
96 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
pura casistica, che si prefiggevano di esaminare caso per caso le varie situa-
zioni umane attraverso l'applicazione di regole e di principi generali. Per indi-
viduare gli spazi di libertà che si aprivano alla coscienza nei confronti delle
leggi e dei precetti, con particolare riferimento all'uso di opinioni morali di
maggiore o minore probabilità, si elaborarono diversi sistemi morali in con-
correnza fra loro.
Nel XVI e XVII secolo le problematiche sessuali si trovarono largamen-
te coinvolte nelle polemiche tra i vari sistemi morali, soprattutto quelle tra
rigoristi e lassisti.109 Se il rigorismo fu coinvolto nella condanna del gianseni-
smo, diverse proposizioni di etica sessuale ispirate al lassismo furono condan-
nate dal Sant'Uffizio sotto i pontefici Alessandro VII (1655-1667), Innocenzo
XI (1676-1689), Alessandro Vili (1689-1691). Tra le altre, Alessandro VII nel
1666 condannò alcune proposizioni tratte da opere di Giovanni Caramuel
(1606-1682), detto il principe dei lassisti: secondo una di esse la fornicazione è
cattiva solo perché proibita, ma non in sé;110 secondo un'altra la masturbazio-
ne non sarebbe proibita per legge di natura, ma solo per legge divina positiva,
e se non fosse stata proibita avrebbe potuto essere buona e talvolta obbligato-
ria sub mortali.m
In questo contesto, un tema molto dibattuto fu quello della «parvitas
materiae in re venerea» (materia lieve in ambito sessuale).112 San Tommaso
aveva insegnato che nell'ambito della sessualità non si dà mai parvità di mate-
ria per cui tutti i peccati contro la castità, essendo la materia in ogni caso grave,
devono considerarsi mortali.113 Il motivo di questa severità era comprensibile
per quanto riguardava l'uso della facoltà generativa fuori del matrimonio, ma
era più difficile spiegare come semplici sguardi o toccamenti, se compiuti con
piena avvertenza e deliberato consenso, fossero sempre peccati mortali. Il
motivo - piuttosto discutibile - è che il consenso al piacere illecito connesso
con i peccati di lussuria (come la fornicazione) è peccato mortale, e questo non
vale solo per il consenso in atto, ma anche per il consenso ordinato a tale pia-
cere che si esprime negli sguardi e nei toccamenti.114
109
L. VEREECKE, «L'etica sessuale dei moralisti post-tridentini», in ID., Da Guglielmo
d'Ockham a sant'Alfonso de Liguori, Cinisello Balsamo 1990,657-678.
110
Propositiones LXV damnatae, 2 mart. 1679, n. 48 (DS 2148).
111
Propositiones LXV damnatae, 2 mart. 1679, n. 49 (DS 2149).
112
Secondo l'impostazione classica, il peccato mortale è un atto umano deordinato rispetto al
fine ultimo dell'uomo. In esso intelletto e volontà abbracciano con piena avvertenza e consiglio inte-
gro un oggetto che è materia grave. L'oggetto, considerato in sé e nelle circostanze, è materia grave,
quando priva l'anima della sua ordinazione al fine ultimo, che è la carità; cf. O. LOTTIN, Principes de
Morale, Louvain 1947,297-299.
113
TOMMASO D'AQUINO, STh II-II, q. 1 5 4 , a. 2.
114
TOMMASO D'AQUINO, STh II-II, q. 1 5 4 , a. 4.
CAP. 2 - IL MODELLO TRADIZIONALE DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE 97
Tra la fine del XVI secolo e l'inizio del XVII si fece strada un'opinione
diversa che ammetteva anche in re venerea la possibilità della parvità di mate-
ria, almeno per alcuni oggetti ritenuti non gravemente disordinati, come un
pensiero o un bacio.115
Papa Clemente Vili (1592-1605) e papa Paolo V (1605-1621) avevano
ordinato di denunciare all'Inquisizione coloro che sostenevano che baci,
abbracci e toccamenti in vista della delectatio carnalis non erano peccati mor-
tali.116 Nel 1612 Claudio Aquaviva, generale dei gesuiti, era intervenuto con un
decreto che proibiva d'insegnare l'opinione della parvità di materia. È signifi-
cativo il fatto che nell'edizione del 1607 del De sancto matrimonii sacramento
del gesuita T. Sanchez venisse dichiarata «veracissima sententia» l'opinione
della parvità di materia nel piacere sessuale, quando questo provenga esclusi-
vamente dal tatto e dal pensiero. Secondo lui, infatti, non c'erano ragioni con-
vincenti per ammettere la parvità di materia negli altri comandamenti ed
escluderla, invece, nel sesto comandamento. 117 A partire, però, dall'edizione
successiva, pubblicata nel 1614, morto l'autore, questa opinione possibilista
sulla parvità di materia scomparve.118
Al tempo di Alessandro VII, il Sant'Uffizio, rispondendo a un dubium
sulla sollicitatio, ribadiva nel 1661 che «in rebus venereis non datur parvitas
materiae»119 e nel 1666 condannò una proposizione che considerava probabi-
le l'opinione che era un peccato soltanto veniale il bacio desiderato per il pia-
cere carnale che ne nasce, escluso il pericolo di consenso ulteriore e di pol-
luzione.120
115
Ampio studio sull'argomento in: J.M. DIAZ-MORENO, «La doctrina moral sobre la parvedad
de materia "in re venerea" desde Cayetano hasta San Alfonso», in Archivio Teològico Granadino
23(1960), 5-138.
116
Cf. F. GIUNCHEDI, Eros e norma. Saggi di sessualità e bioetica, Roma 1994,49, nota 5.
117
T. SÀNCHEZ, De sancto matrimonii sacramento, IX, disp. 47, nn. 7.9.16.
118
Si discute se la rettifica sia stata introdotta dall'autore stesso o da un correttore (come fareb-
be pensare l'avvertenza del frontespizio: «Superiorum auctoritate correcta»).
119
Responsum S. Officii, 11 febr. 1661 (DS 2013).
120 propositiones LXV damnatae, 18 mar. 1666, n. 40 (DS 2060). Fino a oggi la questione è rima-
sta sostanzialmente a questo punto, anche se la stessa nozione di materia è stata recentemente messa
in discussione da alcuni moralisti tacciandola di fisicalismo. Nella prassi pastorale attuale si mantiene
l'idea della materia oggettivamente grave, ma - forti dei progressi delle scienze psicologiche - si ten-
dono ad attenuare avvertenza e consenso. Cf.: J.P. BOYLE, Parvitas Materiae in Sexto in Contemporary
Catholic Thought, Washington D C 1987; K.H. KLEBER, De parvitate materiae in sexto. Ein Bietrag zur
Geschichte der katholischen Moraltheologie, Regensburg 1971; E. ORSENIGO, «La parvità di materia
nella lussuria: riflessioni storico-dottrinali», in La Scuola Cattolica 92(1964), 425-442.
98 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
121
Cf. R. BROUILLARD, «Sanchez Th.», in Dictionnaire de Théologie Catholique, Paris 1939,
XIV/1,1078-1079.
122
L. VEREECKE, «Matrimonio e piacere sessuale nei teologi dell'epoca moderna (1300-1789)»,
in ID., Da Guglielmo d'Ockham a sant'Alfonso de Liguori, 679-701.
123 propositiones LXV damnatae, 2 mart. 1679, n. 9: «Opus coniugii ob solam voluptatem exer-
citum omni penitus caret culpa ac defectu veniali» (DS 2109). La proposizione condannata è in: G.
SÀNCHEZ, Selectae et practicae disputationes, disp. 23, n. 14; cf. VEREECKE, «Matrimonio e piacere ses-
suale nei teologi dell'epoca moderna (1300-1789)», 696-700.
CAP. 2 - IL MODELLO TRADIZIONALE DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE 99
124
M. BEVILACQUA, La realtà corporea dell'uomo nel pensiero di Sant'Alfonso e degli autori
redentoristi del XIX secolo, Roma 1991,198.
125
ALFONSO M. DE' LIGUORI, Theologia moralis, tr. 6, c. 2, dub. 2, a. 1, n. 900ss (a cura di L.
GAUDÉ, Roma 1912, t. 4,82ss).
126
Alla fine degli anni '60 B. Häring e M. Zalba polemizzarono sul presunto anti-agostinismo
di sant'Alfonso in morale matrimoniale, sostenuto dal primo e negato dal secondo; cf. M. ZALBA, «S.
Alfonso in contrasto con la tradizione e con S. Agostino? (sfogliando B. Häring)», in Rassegna di Teo-
logia 10(1969), 369-388.
127
ALFONSO M . DE' LIGUORI, Theologia moralis, tr. 6, c. 2 , d u b . 2, a. 1, n . 9 1 2 ( a c u r a di L. GAUDÉ,
Roma 1912, t. 4,95).: «Certum est esse illicitum habere copulam propter solam voluptatem; ut patet ex
propositione 9 damnata ab Innocentio XI. Commune est tamen, apud omnes id non esse mortale [...]
sed tantum veniale peccatum [...] ita ex D.Thoma».
128
ALFONSO M. DE' LIGUORI, Theologia moralis, tr. 6, c. 2, dub. 2, a. 1, nn. 882-883 (a cura di L.
GAUDÉ, Roma 1912, t. 4, 59-65). Egli distingue fini intrinseci essenziali («traditio mutua cum obliga-
tione reddendi debitum et vinculum indissolubile»), fini intrinseci accidentali («procreatio prolis et
remedium concupiscentiae») e fini estrinseci accidentali («plurimi esse possunt ut pax concilianda,
voluptas captanda» ecc.). Chi esclude i fini intrinseci essenziali contrae invalidamente il matrimonio,
mentre chi (come un vecchio) non potesse perseguire i fini intrinseci accidentali non lo contrae né
invalidamente né illecitamente; cf. L. VELA, «La doctrina de S. Alfonso M.a de Ligorio sobre los fines
del matrimonio», in Sai Terrae 61(1973), 599-621.
129
ALFONSO M. DE' LIGUORI, Theologia moralis, tr. 6, c. 2, dub. 2, a. 1, n. 927,3 (a cura di L.
GAUDÉ, Roma 1912, t. 4,109).
100 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
6. L A MANUALISTICA
Scritti in latino, utilizzati nei seminari di tutto il mondo, riprendono con maggior
logica e con gli adattamenti canonici la dottrina delle Institutiones morales
secondo l'ordine del Decalogo. Gli autori si ispirano in primo luogo al sistema
alfonsiano o al probabilismo, ma di fatto queste opzioni di principio hanno
poche conseguenze pratiche. 130
130
L. VEREECKE, « S t o r i a d e l l a t e o l o g i a m o r a l e » , i n P. ROSSANO - G. RAVASI - A . GHIRLANDA
(edd.), Nuovo dizionario di teologia biblica, Cinisello Balsamo 8 2005,1333.
CAP. 2 - IL MODELLO TRADIZIONALE DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE 101
131
M. ZALBA, Theologiae moralis compendium, Madrid 1958,1, 734: «Virtus morali specialis,
pars subiectiva temperantiae, quae inclinat ad moderandum usum facultatis generativae secundum
rectam rationem fide illustratam».
132
G. MAUSBACH, Teologia morale, Alba 1959, 948-949.
133
ZALBA, Theologiae moralis compendium, 761-802.
102 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
riae, sulla base dell'idea che da Agostino, attraverso Tommaso, giunge fino a
oggi sull'intrinseca gravità delle colpe in questo ambito. L'ordine e il disordine
sessuale vengono, ancora una volta e molto rigorosamente, compresi in rela-
zione alla fecondità, almeno virtuale, degli atti sessuali.
La morale manualistica mostra nel campo dell'etica sessuale la sua insuf-
ficienza: molto più angusta e povera antropologicamente rispetto ai vasti oriz-
zonti della sintesi agostiniana e scolastica, molto meno vivace e creativa, per il
suo desiderio di uniformità e certezza, rispetto alla morale post-tridentina,
sempre più lontana dalla vita concreta dei cristiani e spiritualmente arida
rispetto alla grande tradizione.
Il paradigma che interpreta la sessualità in prospettiva naturalista e pro-
creazionista, con l'accento posto sulle dimensioni fisico-biologiche della ses-
sualità, l'enfasi unilaterale sul legame tra sessualità e procreazione, l'appiat-
timento della vita coniugale sul tema dell'istituzione e dei doveri coniugali, si
mostrava, perciò, sempre più inadeguato a rispondere ai bisogni dei cristiani e
a orientare la loro vita nel delicato ambito della sessualità.
Nella prima metà del XX secolo, sotto la spinta dei progressi della medi-
cina e delle scienze umane, di grandi rivolgimenti sociali e culturali e di un rin-
novamento negli studi teologici, il dibattito sul matrimonio e sulla sessualità si
fece intenso. Uno dei temi più vivacemente dibattuti fu la dottrina dei fini del
matrimonio, preparato, alla fine dell'Ottocento, da suggestioni del Durier e del
Ballerini i quali, per primi, avevano introdotto Xaffetto tra i fini del matrimo-
nio e quindi dell'unione sessuale.134
Nel 1928 Dietrich von Hildebrand pubblicò il suo Die Ehe nel quale
distingue tra Zweck o scopo primario del matrimonio e Sinn o senso di esso: lo
scopo è la procreazione, il senso è l'amore, la fusione d'amore. Tale struttura è
applicata alla comprensione dell'atto coniugale il cui senso è appunto l'amore,
e lo scopo la procreazione.
Come il matrimonio - egli scrive - , nel suo significato, è anzitutto fusione d'a-
more, così anche l'unione fisica non ha semplicemente il significato di procrea-
134
Si vedano: C. BURKE, «Fini del Matrimonio: visione istituzionale o personalistica?», in Anna-
tes Theologici 6(1992), 227-254; S.D. KOZUL, Evoluzione della dottrina circa l'essenza del matrimonio
dal C.I.C. al Vaticano II, Vicenza 1980.
CAP. 2 - IL MODELLO TRADIZIONALE DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE 103
zione. Certo non vi è maggior mistero, nell'ordine naturale, che la nascita di una
nuova creatura dotata d'anima immortale, appunto attraverso questa intima
unione [...]. Ma tale scopo primario non è l'unico senso dell'unione corporea e,
soggettivamente, non ne è mai il senso primo. 135
Sulla scia di von Hildebrand si colloca Herbert Doms che, nel 1935, pub-
blicò il celebre e controverso Significato e scopo del matrimonio.136 Doms insi-
ste sull'idea del Sinn del matrimonio come «unità dei due» a livello fisico e spi-
rituale; la rappresentazione e l'attuazione concreta di esso sono costituite dal-
l'atto coniugale.137 Non è escluso il fine procreativo o biologico (come egli lo
chiama) né quello personale o di compimento dei coniugi, ma tali fini sono
parte del connaturale orientamento dell'unità dei due che si attua.
Su una linea non dissimile si colloca più tardi B. Krempel che sostiene la
comunità di vita come essenza del matrimonio e che riconosce il fine proprio
di esso nel perfezionamento delle persone.138 Per lui «l'atto coniugale è la
parola del matrimonio».
Di fronte ai tentativi di revisione della dottrina dei fini, il magistero
interviene in vario modo. Le tesi estreme, che alcuni avevano dedotto este-
nuando le posizioni di von Hildebrand e Doms, furono condannate, ma gli ele-
menti più vitali della discussione cominciarono a entrare, sia pure timidamen-
te, nello stesso magistero.
Nel 1930 l'enciclica Casti connubii mostra di essere al corrente della
disputa intorno ai fini del matrimonio e si muove in una linea di cauta revisio-
ne del dettato tradizionale. Era l'ultimo giorno del 1930. In quell'anno per la
prima volta una Chiesa cristiana, quella anglicana, aveva accettato, sia pure
come male minore, la contraccezione e in quello stesso anno Pio XI volle far
uscire la sua enciclica sul matrimonio cristiano.139 In essa giungono a matura-
zione gli interventi magisteriali dei pontefici di fine Ottocento, tra i quali l'en-
ciclica Arcanum divinae sapientiae di Leone XIII (1880). Domina in Casti con-
nubii la preoccupazione per lo sfaldarsi dell'istituto matrimoniale nel contesto
135
D. VON HILDEBRAND, Il matrimonio, Brescia 1959,28 (originale tedesco Die Ehe, 1928).
136
H. DOMS, Vom Simm und Zweck der Ehe, Breslau 1935 (trad. it. Significato e scopo del matri-
monio, Roma 1946). Gli interventi polemici furono molti, segnaliamo: E. BOISSARD, Questions théologi-
que sur le mariage, Paris 1948; A. LANZA, «De fine primario matrimonii», in Apollinaris 13(1940), 57-83.
137
Cf. H. DOMS, «Conception personnaliste du mariage d'après S.Thomas», in Revue Thomiste
45(1939), 76: «L'acte conjugal est plein de sens et se justifie dejà en soi-mème, abstraction faite de son
orientation vers l'enfant».
138
B. KREMPEL, Die Zweckfrage der Ehe in neuer Beleuchtung, begriffen aus dem Wesen der bei-
den Geschlechter im Lichte der Beziehungslehre des hl Thomas, Einsiedeln-Köln 1941.
139
P i o X I , Casti connubii: AAS 2 2 ( 1 9 3 0 ) , 5 3 9 - 5 9 2 . T e s t o i t a l i a n o in P. BARBERI - D . TETTAMAN-
ZI, Matrimonio e famiglia nel magistero della Chiesa. I documenti dal concilio di Firenze a Giovanni
Paolo II, Milano 1986,107-154; cf. D. TETTAMANZI, «L'attualità del magistero di Pio XI sulla pastorale
del matrimonio e della famiglia», in La Famiglia 17(1983), 49-71.
104 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
Una tale vicendevole formazione interna dei coniugi, con l'assiduo impegno di
perfezionarsi a vicenda, in un certo senso verissimo, come insegna il Catechismo
romano, si può anche dire «primaria ragione e motivo del matrimonio», purché
s'intenda per matrimonio, non già, nel senso più stretto, l'istituzione ordinata alla
retta procreazione ed educazione della prole, ma, in senso più largo, la comu-
nione, la consuetudine e la società di tutta quanta la vita.
Consolidata infine con il vincolo di questa carità la società domestica, fiorirà in essa
necessariamente quello che è chiamato da sant'Agostino «ordine dell'amore».141
Due tendenze sono da evitarsi: quella che nell'esaminare gli elementi costitutivi
dell'atto della generazione dà peso unicamente al fine primario del matrimonio,
140
Pio XI, Casti connubii 10.
141
Pio XI, Casti connubii 25.27: «Haec mutua coniugum interior conformatio, hoc assiduum
sese invicem perficiendi Studium, verissima quadam ratione, ut docet Catechismus Romanus, etiam pri-
maria matrimonii causa et ratio dici potest, si tamen matrimonium non pressius ut institutum ad pro-
lem rite procreandam educandamque, sed latius ut totius vitae communio, consuetudo, societas acci-
piatur [...] Firmata denique huius caritatis vinculo domestica societate, floreat in ea necesse est ille, qui
ab Augustino vocatur ordo amoris» (DS 3707-3708).
CAP. 1 - SESSUALITÀ E MATRIMONIO NELLA SCRITTURA 105
come se il fine secondario non esistesse o almeno non fosse finis operis stabilito
dall'Ordinatore stesso della natura; e quella che considera il fine secondario
come ugualmente principale, svincolandolo dall'essenziale sua subordinazione al
fine primario, il che per logica necessità condurrebbe a funeste conseguenze.142
[Si chiede] se si possa ammettere la dottrina di alcuni [autori] moderni che nega-
no che il fine primario del matrimonio sia la generazione ed educazione della
prole e insegnano che i fini secondari non sono essenzialmente subordinati al
fine primario, ma sono parimenti principali e indipendenti. Risposta: No. 143
Ancora nel 1951, nel famoso Discorso alle ostetriche italiane, Pio XII
ribadisce la stessa tesi che la funzione primaria del matrimonio è «il servizio
per la vita nuova» e mette in rapporto interno Vamore coniugale con la pro-
creazione nel tentativo di riproporre la dottrina tradizionale in un contesto più
personalista:
Non soltanto l'opera comune della vita esterna, ma anche tutto l'arricchimento
personale, lo stesso arricchimento intellettuale e spirituale, persino tutto ciò che
vi è di più spirituale e profondo nell'amore coniugale come tale, è stato messo
per volontà della natura e del Creatore al servizio della discendenza.144
142
Pio XII, «Allocuzione ai giudici della Rota Romana»: AAS 33(1941), 423. Merita sottoli-
neare la novità di questo insegnamento che inserisce anche i fini non procreativi tra quelli intesi dalla
natura come parte, quindi, del finis operis e non solo del finis operands.
143
«Decretum S. Officii, 1-4-1944»: AAS 36(1944), 103 (cf. DS 3838): «An admitti possit quo-
rundam recentiorum doctrina, qui vel negant finem primarium matrimonii esse prolis generationem et
educationem, vel docent fines secundarios fini primario non esse essentialiter subordinatos sed esse
aeque principales et independentes. Resp. Negative»; cf. F. HUERTH, «De finibus matrimonii. Adnota-
tiones ad Decretum S. Officii, die 1 apr. 1944», in Periodica 33(1944), 207-234.
144
Pio XII, «Allocuzione alle congressiste dell'Unione cattolica italiana ostetriche, 29-10-
1951»: AAS 43(1951), 849-850; cf. B. PETRÀ, «Principi fondamentali di morale coniugale», in Vivens
Homo 1(1990), 45-47.
3
ANTROPOLOGIA SESSUALE
CONTEMPORANEA
1
«Divenuta facilmente disponibile negli anni Sessanta, la pillola si rivelò proprio ciò che le
donne stavano aspettando [...]. Finalmente si poteva ricorrere ad un contraccettivo sicuro al cento per
108 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
cento, il cui uso era completamente controllato dalla donna e la cui assunzione, parte della routine quo-
tidiana, non possedeva la detestabile prerogativa di inibire la passione come accadeva con la spugna o
col diaframma» (R. TANNAHILL, Storia dei costumi sessuali. L'uomo, la donna, l'evoluzione delle società
di fronte al sesso, Milano 2 1994,358); cf. M.P. FAGGIONI, «La famiglia e le sfide del progresso biomedi-
co», in Studia Moralia 35(1997), 111-119.
2
Ricordiamo alcuni testi fondamentali: H. MARCUSE, Reason and revolution. Hegel and the rise
of social theory, New York 1941 (trad. it. Ragione e rivoluzione. Hegel ed il sorgere della teoria sociale,
Bologna 1966); ID., Eros and civilisation. A philosophical inquiry into Freud, Boston 1955 (trad. it. Eros
e civiltà, Torino 51969); W. REICH, The Sexual Revolution, London 1945 (trad. it. La rivoluzione sessua-
le, Milano 7 1971).
CAP. 3 - ANTROPOLOGIA SESSUALE CONTEMPORANEA 109
1• ASPETTI BIOMEDICI
Non sarebbe esatto [...] affermare che la sessualità è comparsa in natura come
strumento a servizio della pura crescita numerica. In origine la sua funzione bio-
logica era quella di stabilire differenze fra gli individui, e ancor oggi la situazio-
ne non è cambiata. Se l'unico problema degli esseri viventi fosse quello di mol-
tiplicarsi, potrebbero trovare metodi più pratici, rinunciando a quel complicato
accessorio che è la sessualità.3
3
W. WICKLER - U. SEIBT, Maschile Femminile. Il significato della differenziazione sessuale, Tori-
no 1986, 28. Su tutto il tema, cf. T.R. BIRKHEAD - A.P. MOLLER (edd.), Sperm competition and sexual
selection, San Diego-London 1998.
4
E.O. WILSON, Sociobiologia. La nuova sintesi, Bologna 1979, 327; cf. N.H. BARTON - B.
CHARLESWORTH, «Why Sex and Recombination?», in Science 281(1998), 1986-1989.
110 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
5
Viene detto anche sesso cromatinico perché in alcune cellule somatiche della femmina un cro-
mosoma X presenta al microscopio ottico l'aspetto di un corpicciolo cromosomico detto cromatina di
Barr, essendo stato osservato per la prima volta da M.L. Barr nel 1949.
CAP. 3 - ANTROPOLOGIA SESSUALE CONTEMPORANEA 111
luzione nei due sessi.6 Dalle strutture wolffiane derivano i genitali interni
maschili: epididimi, deferenti, vescichette seminali e dotti eiaculatori. Dalle
strutture mülleriane derivano i genitali interni femminili: utero e tube, e inol-
tre la porzione superiore della vagina.
- Differenziazione dei genitali esterni: mentre i genitali interni derivano
da strutture diverse nei due sessi, i genitali esterni hanno un'origine comune.
La loro differenziazione in senso maschile avviene soltanto in presenza di de-
idrotestosterone o DHT (un derivato del testosterone), mentre in assenza di fat-
tori mascolinizzanti si osserva un'intrinseca tendenza alla differenziazione in
senso femminile. Esiste una struttura embrionale comune, il tubercolo genita-
le, da cui derivano sia la clitoride della femmina sia i corpi cavernosi del pene
maschile. Le pieghe labioscrotali danno origine alle grandi labbra nella donna
e allo scroto nell'uomo.
- Maturazione puberale: la differenziazione sessuale in senso maschile o
femminile si perfeziona nella pubertà (tra gli 11-14 anni per la femmina e i 13-
16 anni per il maschio) con l'attivazione della funzione gonadica ormonale e
gametogenetica e con le relative modificazioni fenotipiche, somatiche, neu-
roendocrine e comportamentali.
6
Se non intervengono agenti mascolinizzanti, questi abbozzi tendono a femminilizzarsi sotto
l'influsso di determinanti embrionali prodotti da geni del cromosoma X, per cui si svilupperanno le
strutture mülleriane, mentre quelle wolffiane tenderanno a regredire. I fattori mascolinizzanti prodot-
ti dal testicolo sono il testosterone, che stimola lo sviluppo del Wolff, e Yormone antimülleriano, che fa
regredire il dotto di Müller dallo stesso lato del corpo in cui si trova il testicolo che lo ha prodotto.
CAP. 3 - ANTROPOLOGIA SESSUALE CONTEMPORANEA 113
cato non è ancora del tutto chiaro, soprattutto per quanto riguarda l'identità e
l'orientamento sessuale.
Esiste, infatti, una tipicità della sessualità umana rispetto a ogni altra
forma di sessualità animale - esclusi, per certi aspetti, alcuni primati superiori -
e questo è riconosciuto anche dagli autori che tendono a una visione tenden-
zialmente biologista dell'uomo. Prima di tutto, lo sviluppo della capacità cere-
brale e, quindi, dell'intelligenza e dell'autocoscienza influenza ogni attività
umana, incluso l'esercizio della sessualità: l'uomo collega l'attività sessuale con
forme di relazione interpersonale stabile di cui la coppia eterosessuale e la
famiglia nucleare, composta da genitori e figli, sono le strutture elementari. Si
considerino due circostanze tipiche della nostra specie e le loro conseguenze
sulle dinamiche dei comportamenti umani. Il bipedismo - che ci distingue dai
primati non umani - ha mutato la struttura del bacino umano e ha cambiato la
direzione della vagina femminile, così che il rapporto sessuale, che negli ani-
mali avviene con il maschio alle spalle della femmina, nella specie umana com-
porta l'affrontarsi dei visi e degli sguardi: questo fatto spinge l'uomo ad attri-
buire un significato relazionale e interpersonale all'esercizio della sessualità.
L'immaturità dei neonati umani e il lungo periodo di accudimento spiegano la
tendenza della specie umana a stabilire legami stabili fra adulti a vantaggio
della loro discendenza: le caratteristiche della nostra specie richiedono che,
assieme alla trasmissione della vita biologica, ci sia una socializzazione cultu-
rale dei nuovi nati la quale deve protrarsi per un lungo periodo, con cure assi-
due da parte di un numero stabile e solidale di persone con cui il bambino
possa sviluppare relazioni di intimità e di identificazione.
Ciò che appare veramente originale nella specie umana è l'attribuzione
alla sessualità di significati e finalità non immediatamente ricollegabili alla
riproduzione. Qualcosa di questo tipo si osserva - a livello aurorale - tra le
scimmie bonobo in cui toccare i genitali serve a rafforzare i legami all'interno
del gruppo, retto da regime matriarcale, e ad allentare situazioni di conflitto
che potrebbero minare la coesione dal gruppo stesso.7 Dal punto di vista eto-
logico, un fatto davvero unico nella specie umana è la grande indipendenza esi-
stente fra estro, fecondità e comportamenti copulatori: l'estrema corticalizza-
zione dei comportamenti sessuali ha fatto sì che, nella nostra specie, le femmi-
ne si lascino avvicinare dai maschi anche al di fuori delle fasi estrali e i maschi
cerchino le femmine anche al di fuori e indipendentemente dai periodi fecon-
di per ricercare piacere, per rafforzare i legami interpersonali, per esercitare
rapporti di potere e di forza.
7
F.B.M. DE WAAL - F. LANTING, Bonobo. The Forgotten Ape, Berkeley-Los Angeles-London
1997.
114 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
2. ASPETTI PSICOLOGICI
8
Un bilancio dell'apporto della psicoanalisi alla Chiesa nell'opera di un grande studioso cat-
tolico: L. ANCONA, Il debito della Chiesa alla psicoanalisi, Milano 2007.
9
S. FREUD, Drei Abhandlungen zur Sexualtheorie, Leipzig-Wien 1905 (trad. it. Tre saggi sulla
teoria sessuale, in ID., Opere, Torino 1967-1980, V, 441-546). Si trova anche in varie edizioni economi-
che, come i Tascabili Economici Newton, n. 25, Milano 1992.
CAP. 3 - ANTROPOLOGIA SESSUALE CONTEMPORANEA 115
10
Cf. G. ABRAHAM - W. PASINI, Introduzione alla sessuologia clinica, Milano 3 1982,29.
116 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
11
Una visione di questo tipo nel discusso volume: A. VALSECCHI, Nuove vie dell'etica sessuale.
Discorso ai cristiani, Milano 3 1973,38-87.
12
Trent'anni di esperienze sono condensati in opere famose: J. MONEY, Sex Errors of the Body,
Baltimore 1968; J. MONEY - A.A. EHRHARDT, Man & Woman, Boy & Girl. The Differentiation and
CAP. 3 - ANTROPOLOGIA SESSUALE CONTEMPORANEA 117
Money si basa sulla premessa che il sesso di una persona sia il risultato di mol-
teplici variabili e non di una o alcune, e che fra queste variabili devono essere
inclusi il sesso psicologico e quello sociale, i quali sono legati in modo stretto
al benessere della persona. Accanto all'orientamento sessuale, che si riferisce
all'oggetto del desiderio erotico, egli introdusse perciò le categorie di identità
di genere, cioè l'autopercezione di se stessi come maschi o come femmine, e di
ruolo di genere, cioè tutto quello che una persona fa o dice per indicare a se
stessa o agli altri la sua appartenenza a un sesso: esso include ma non si restrin-
ge alla sessualità nel senso erotico.13 La percezione di sé come sessuato prece-
de lo sviluppo de\Yorientamento sessuale e l'assunzione di un qualsiasi ruolo
sociale. Essa sta al centro del nostro essere,
è l'ancora della nostra salute emozionale, presente nell'amore e nel gioco, nei
rapporti con gli altri. La nostra identità di genere informa di sé tutto quanto fac-
ciamo e diciamo. La nostra comprensione di noi medesimi e degli altri è limita-
ta dall'intendimento del significato che ha - per noi e per loro - essere uomo o
essere donna.14
L'uso della categoria di genere invece che quella di sesso non è casuale,
ma vuole sottolineare l'origine e la valenza psicosociale di questi aspetti della
persona, svincolandoli dall'ambito della biologia: genere evoca cultura, mentre
sesso suggerisce natura. Money ha dimostrato che, dal punto di vista psicologi-
co, la sessualità alla nascita è indifferenziata e diventa differenziata in senso
maschile o femminile nel corso di varie esperienze della crescita, configuran-
dosi come una sorta di imprinting psichico che si completa entro due anni e
mezzo dalla nascita e che può essere mutato più tardi solo a prezzo di gravi
rischi per l'equilibrio psichico. Un aspetto originale (e oggi messo, almeno in
parte, in discussione) sta nell'affermazione che l'identità di genere si sviluppa
conformemente al sesso di allevamento e che tale sviluppo può avvenire anche
in contrasto con il sesso genetico, gonadico, genitale interno e persino fenoti-
pico, presi singolarmente o in combinazione, per cui il sesso di allevamento
dovrà essere considerato il miglior indice prognostico dell'identità di genere.15
Dimorphism of Gender Identity from Conception to Maturity, Baltimore-London 1972 (trad. it. Uomo
Donna Ragazzo Ragazza, Milano 1976); J. MONEY - P. TUCKER, Sexual Signatures: On Being a Man or a
Woman, Boston 1975 (trad. it. Essere uomo, essere donna. Uno studio sull'identità di genere, Milano 31989).
13
Cf. MONEY, « H e r m a p h r o d i t i s m » , in E . ELLIS - A . ABARBANEL ( e d d . ) , The Encyclopedia of
Sexual Behaviour, New York 2 1967,476: «Gender role is definied as all those things that a person says
or does to disclose himself or herself as having the status of boy or man, girl or woman, respectively. It
includes, but it is not restricted, to sexuality in the sense of eroticism».
14
MONEY - TUCKER, Sexual Signatures: On Being a Man or a Woman, 6-7.
15
Money aveva condotto molte ricerche su bambini dal sesso fisico ambiguo, perciò enfatizza
molto la possibile discordanza fra il sesso di allevamento e il sesso fisico quando vi sia stato un errore
di assegnazione alla nascita o una deliberata scelta terapeutica per motivi seri.
118 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
16
Soprattutto a partire dalle osservazioni di J. IMPERATO-MCGINLEY et ai, «Androgens and the
evolution of male gender identity among male pseudohermaphrodites with 5a-reductase deficiency»,
in New England Journal of Medicine 300(1979), 1233-1237.
17
D. FEDERMAN, «Psychosexual Adjustment in Congenital Adrenal Hyperplasia», in New En-
gland Journal of Medicine 316(1987), 210.
18
A. OLIVERIO, «Sesso e cervello», in Psicologia contemporanea 33(2006)198,6-15; D.F. SWAAB,
«Sexual differentiation of the human brain: relevance for gender identity, transsexualism and sexual
orientation», in Gynecological Endocrinology 19(2004), 301-312.
CAP. 3 - ANTROPOLOGIA SESSUALE CONTEMPORANEA 119
19
R.C. FRIEDMAN - J.I. DOWNEY, «Sexual differentiation of behavior: The foundation of devel-
opmental psychosexuality», in Journal of the American Psychoanalytic Society 56(2008), 147-175.
20
M.F. SCHWARTZ, «Intersexuality and Conceptual Implications for the Biosocial Development
o f G e n d e r I d e n t i t y » , i n M.F. SCHWARTZ - S . A . MORACZEWSKI - J . A . MONTELEONE ( e d d . ) , Sex and Gen-
der: A Theological and Scientific Inquiry, St. Louis (Mass.) 1983,312-313.
120 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
Una società non è una specie: in essa la specie si realizza come esistenza, si tra-
scende verso il mondo e ve.rso l'avvenire. I suoi costumi non si inferiscono dalla
biologia: gli individui non sono mai abbandonati alla loro natura, obbediscono a
21
P. LERSCH, Vom Wesen der Geschlecthter, München 2 1950 (citato in GEVAERT,// problema del-
l'uomo, 83).
22
Rappresentante di spicco della concezione costruttivista della sessualità è Judith Butler; di
lei in italiano: J. BUTLER, Corpi che contano, Milano 1996 (or.: Bodies that Matter: On the Discursive
Limits of «Sex», London 1993).
23
M. MEAD, Sex and Temperament in Three Primitive Societies, New York 1935; ID., Male and
Female: A Study of the Sexes in a Changing World, New York 1949 (trad. it. Maschio e femmina, Mila-
no 9 1979). L'attendibilità delle ricerche della Mead è stata contestata: D. FREEMAN, The Fateful
Hoaxing of Margaret Mead. A Historical Analysis of Her Samoan Research, Boulder (Col.) 1998; M.
ORANS, Not Even Wrong: Margaret Mead, Derek Freeman, and the Samoans, Novato (Cai.) 1996.
CAP. 3 - ANTROPOLOGIA SESSUALE CONTEMPORANEA 121
quella seconda natura che è l'abitudine, nella quale si riflettono desideri e timo-
ri che rivelano il loro atteggiamento ontologico. Il soggetto non prende coscien-
za di se stesso e non si realizza in quanto corpo, ma in quanto corpo sottoposto
a leggi e tabù: prende coscienza in nome di certi valori.
Ancora una volta non è la fisiologia che può stabilire dei valori, piuttosto i dati
biologici assumono quei valori che l'esistenza dà ad essi [...] Così noi dovremo
chiarire i dati della biologia alla luce di un contesto ontologico, economico, socia-
le, psicologico.24
Uno degli apporti più significativi e fecondi delle scienze umane moderne
è l'avere rivelato le connessioni intime e quasi inestricabili fra sessualità e
società.26 La sessualità fa la società: essa infatti, connotando profondamente l'i-
dentità individuale e tessendo legami privilegiati fra gli individui, si configura
come la matrice genetica delle strutture relazionali e sociali e, attraverso la tra-
smissione della vita, assicura al gruppo un avvenire e gli offre possibilità di
espansione e di rinnovamento. D'altra parte la società fa la sessualità se si pensa
che la sessualità non può sottrarsi all'influenza della cultura di modo che l'in-
sieme delle determinazioni culturali concorre a modellare la sessualità vissuta
dai soggetti.
Queste prospettive, se spogliate da una sopravvalutazione unilaterale
dell'elemento culturale, possono essere integrate con cautela nel modello di
antropologia sessuale che abbiamo proposto sin dall'inizio: l'essere umano è
un essere eminentemente culturale per cui la sua condizione sessuata è sem-
24
S. DE BEAUVOIR, Il secondo sesso, Milano 1984, 62-63 (or.: Le deuxième sexe, 2 voli., Paris
1949).
25
J. GEVAERT, Il problema dell'uomo, Leumann 41981,85.
26
E . GIUS - A . SALVINI, « S e s s u a l i t à » , in F. DEMARCHI - A . ELLENA - B. CATTARINUSSI ( e d d . ) ,
Nuovo dizionario di sociologia, 1859-1875 (articolo chiaro ed equilibrato).
122 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
27
G. BOF, «Uomo», in G. BARBAGLIO - S. DIANICH (edd.), Nuovo dizionario di teologia, Roma
1979,1859. Della sterminata letteratura sul tema segnaliamo un intervento equilibrato: A. SERRA, «Ses-
sualità: natura e cultura», in N. GALLI (ed.), L'educazione sessuale nell'età evolutiva, Milano 1994,23-66.
28
Si vedano: J. BUTLER, La disfatta del genere, Roma 2006; F. HERITIER, Maschile e femminile:
il pensiero della differenza, Roma 2000; D. OLEARY, Maschi o femmine? La guerra del genere, Soveria
Mannelli 2006. Segnaliamo il numero monografico sull'identità di genere de I Quaderni di Scienza e
Vita 2(2007).
29
G. HAWKES, A Sociology of Sex and Sexuality, Buckingham-Philadelphia 1996, 135-136. Si
vedano inoltre, in italiano: G. BOCK, Storia, storia delle donne, storia del genere, Estro 1988; T. DE LAU-
RETIS, Sui generis, Milano 1996; J. LORBER, Paradoxes of Gender, New Haven (CT) 1994 (trad. it. L'in-
venzione dei sessi, Milano 1996).
CAP. 3 - ANTROPOLOGIA SESSUALE CONTEMPORANEA 123
me.30 Non mi pare, tuttavia, che le diversità cerebrali e attitudinali finora evi-
denziate abbiano la forza di mettere in crisi gli orientamenti di pensiero con-
temporanei in fatto di genere e, comunque, sarebbe difficile intervenire su con-
cezioni ormai integrate nella coscienza collettiva e ritenute conquiste irrinun-
ciabili.
4- ASPETTI FILOSOFICO-ANTROPOLOGICI
30
L. CAHILL, «Why sex matters for neuroscience», in Nature Reviews Neuroscience 7(2006),
477-484 (con ampia bibliografia). L'articolo è reperibile anche on line.
31
Per il pensiero filosofico sul corpo, si vedano: C. BRUAIRE, Filosofìa del corpo, Milano 1975;
U. GALIMBERTI, Il corpo, Milano 1987; R. LUCAS LUCAS, L'uomo spirito incarnato, Cinisello Balsamo
1993; V. MELCHIORRE, Il corpo, Brescia 1984; ID., Corpo e persona, Genova 1987; R PRINI, Il corpo che
siamo, Torino 1991; C. ROCCHETTA, Per una teologia della corporeità, Torino 1990; W. SCHULTZ, Le
nuove vie della filosofia contemporanea. La corporeità, Genova 1988, III; S. SPINSANTI (ed.), Il corpo
nella cultura contemporanea, Brescia 1983.
32
Sul corpo in prospettiva fenomenologica: A. ALES BELLO, «L'analisi della corporeità nella
fenomenologia», in Studium 96(2000), 481-494; E. BÜCHLI, «Corporeità e conoscenza. Nota sulla posi-
zione della filosofia fenomenologica del Novecento», in II corpo in scena, Milano 1983,69-85.
124 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
oggetti naturali. Il Leib è invece il proprio corpo nel suo presentarsi alla
coscienza, il corpo percepito e vissuto, il corpo sperimentato dal soggetto come
manifestazione della sua identità, come presenza, desiderio, tensione, apertu-
ra. Nella lingua italiana questa comprensione del corpo viene indicata dalla
categoria di corporeità con la quale si vuole esprimere il carattere radicalmen-
te umano e interumano del corpo.
Il corpo come Leib è compresente in qualsiasi percezione, svolgendo la
funzione di un fondamento trascendentale, 33 mentre nei confronti delle cose il
corpo dell'uomo si impone come punto zero (Nullpunkt) dell'orientamento,
ossia come ciò che lo rende possibile e che, per ciò stesso, si sottrae inevitabil-
mente a una visione totale;34 infine, poiché nell'orizzonte in cui Vio vive si
incontrano altre coscienze, la riflessione sul proprio corpo si prolunga inevita-
bilmente sulla sponda dell'intersoggettività.35
In J.-P. Sartre (1905-1980) il tema fenomenologico della corporeità viene
riletto alla luce dell'analisi heideggeriana del Da-sein contenuta in Essere e
tempo. Egli mette in evidenza che il modo umano di essere nel mondo è appun-
to la corporeità, per cui il manifestarsi del mondo viene a darsi mediante il vis-
suto di quell 'io che si apre originariamente al mondo nella corporeità. 36
L'analisi fenomenologica del corpo è guidata dalla celebre distinzione
tra in-sé e per-sé. Uin-sé è l'essere che riposa su se stesso, massiccio, compatto,
immobile, attraversato da un divenire immobile, perché rigido e meccanico. Il
per-sé è diverso, è un altro modo di essere, è l'essere specificamente umano, è
la negazione, il nulla dell 'in-sé, una breccia aperta ne\V in-sé. Il corpo umano è
il crocevia dell'essere e del nulla, è insieme in-sé e superamento dell'in-sé nel
per-sé\ l'uomo, infatti, con il suo trascendimento costitutivo fa sì che ci sia il
mondo, ma questo darsi del mondo refluisce su di lui solo mediante il corpo.
Da questo punto di vista il corpo, come «centro strumentale dei complessi
utensili», rappresenta il passato, il superamento continuo del per-sé?1
In quanto punto permanente di intersezione e dialetticità fra Vin-sé e il
per-sé, di conseguenza il corpo è anche il luogo decisivo della dimensione pro-
pria del per-sé che è Yessere-per-altri. Si legge in L'essere e il nulla:
33
E. HUSSERL, Ideen zu einer reinen Phänomenologie und phänomenologischen Philosophie,
Den Haag 1952, II,1,3,18a; 11,11,3,38-39 (trad. it. Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia
fenomeno logica, Torino 1965).
34
HUSSERL, Ideen zu einer reinen Phänomenologie und phänomenologischen Philosophie, 1,11,
3,41-42 (cf. MELCHIORRE, Il corpo, 207-209).
35
E. HUSSERL, Zur Phänomenologie der InterSubjektivität, 1932 (cf. MELCHIORRE, Il corpo, 209-
212).
36
F. FERGNANI, Il corpo vissuto, Milano 1979; W. MAIER, Das Problem der Leiblichkeit bei Jean-
Paul Sartre und Maurice Merleau-Ponty, Tübingen 1964; J.A. MERINO, Humanismo existencial en Mer-
leau-Ponty, Madrid 1980.
37
J.-P. SARTRE, L'ètre et le néant, Paris 1943, III,11,1.
CAP. 3 - ANTROPOLOGIA SESSUALE CONTEMPORANEA 125
38
SARTRE, L'étre et le néant, III,II,3.
39
G. MARCEL, Journal métaphysique, Paris 1935,236 (trad. it. Giornale metafisico, Roma 1966).
40
G. MARCEL, Existence et objectivité, citato da MELCHIORRE, Il corpo, 202-203.
41
MELCHIORRE, Il corpo, 201.
126 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
42
MELCHIORRE, Il corpo, 221.
43
M. MERLEAU-PONTY, Phénoménologie de la perception, Paris 1945,239; 399.
44
X. TILLIETTE, «Corpo oggettivo, corpo soggettivo», in II corpo perché? Saggi sulla struttura
corporea della persona, Brescia 1979,55.
45
In questa prospettiva: S. PALUMBIERI, Antropologia e sessualità. Presupposti per un'edu-
cazione permanente, Torino 1996. Cf. anche G. Russo (ed.), Bioetica della sessualità, della vita nascen-
te e pediatrica, Leumann 1999,5-183.
CAP. 3 - ANTROPOLOGIA SESSUALE CONTEMPORANEA 127
getti esistenziali: la donna sarebbe «colei che si prende cura di...»; l'uomo
invece sarebbe «colui che trasforma il mondo e lo domina». La qualità-essen-
za del modo femminile di essere-nel-mondo sarebbe la sollecitudine, mentre
il lavoro sarebbe la qualità-essenza del modo maschile. La donna accentue-
rebbe il valore del mondo e la sua conservazione; essa vivrebbe di gratuità,
un'etica dell'amore; l'uomo al contrario è confrontato con la resistenza del
mondo, agisce calcolando mete da raggiungere e vive l'etica del dovere. 46
Il filosofo italiano Virgilio Melchiorre così sintetizza la sua posizione:
46
FJ.J. BUYTENDIJK, La femme, ses modes d'etre, de par altre, d'exister. Essai de psychologie exi-
stentielle, Paris 1961,320ss.
47
V. MELCHIORRE, «Per un'antropologia della sessualità», in CIF, Uomo donna, progetto di vita,
Roma 1985,185.
128 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
L'uomo e la donna non divengono ciò che sono se non nella reciprocità di un fac-
cia a faccia corporeo che li impegna l'un l'altro, l'uno all'altro; e parimenti essi
non si esprimono altro che in questa reciprocità. Non si è se stessi che attraver-
so l'altro, questo è ciò che fondamentalmente rivela la sessualità.49
48
M. BUBER, Werke, München 1962,1 (qui i principali scritti su questo argomento, incluso Ich
und Du, 1922); E. LÉVINAS, Totalità et infini. Essai sur l'extériorité, Den Haag 1961 (trad. it. Totalità e
infinito. Saggio sull'esteriorità, Milano 1980). Si vedano: A. BABOLIN, Essere e alterità in Martin Buber,
Padova 1965; B. BORSATO, L'alterità come etica. Una lettura di Emmanuel Lévinas, Bologna 1995.
49
A. JEANNIÈRE, Anthropologie sexuelle, Paris 1964,130 (trad. it. Antropologia sessuale, Torino
1969).
50
Come vedremo, questa apertura radicale all'altro in quanto altro-da-me non si esprime, se
non in modo parziale e ambiguo, nell'attrazione omosessuale, nella quale prevale una logica di tipo
narcisistico e nella quale opera, quindi, un movimento prevalentemente autoreferenziale. Tale movi-
mento autoreferenziale si pone agli antipodi del movimento virtualmente autotrascendente della ses-
sualità eterosessuale.
CAP. 3 - ANTROPOLOGIA SESSUALE CONTEMPORANEA 129
Nella logica esistenziale del dialogo e del dono è, infine, possibile com-
prendere e recuperare il senso umano del rapporto naturale fra sessualità e
fecondità: annota J. Gevaert che
51
GEVAERT, Il problema dell'uomo, 89.
4
IL MODELLO CONTEMPORANEO
DI ANTROPOLOGIA
ED ETICA SESSUALE CATTOLICA
Non credo che ci sia ambito dell'esistenza umana nel quale la frizione tra
la cultura contemporanea e la morale cattolica sia più stridente che nel campo
della morale sessuale e, più a fondo, dell'antropologia sessuale. In effetti, dopo
la crisi protestante, il dialogo della teologia con il mondo si era fatto sempre più
arduo e con molta difficoltà le evoluzioni del pensiero secolare sono penetrate
nella cittadella fortificata della teologia cattolica.
Le rivoluzionarie acquisizioni della cultura contemporanea sulla sessua-
lità furono dapprima guardate con una diffidenza perché si presentavano per lo
più inquadrate in sistemi di pensiero viziati di positivismo, di materialismo e di
irreligiosità e inoltre mettevano in profonda discussione tutto un edificio dot-
trinale sanzionato dalla tradizione e dal magistero antico e ritenuto pressoché
perfetto in ogni sua parte.
Sappiamo, però, che un'attitudine costante del pensiero cattolico è la
ricerca appassionata per la verità integrale della persona e questa passione per
l'uomo ha condotto pian piano ad accogliere criticamente, purificandoli se
necessario dagli aspetti dissonanti rispetto alla sua concezione dell'uomo, que-
sti fecondi apporti che illuminavano il mistero umano in aspetti e prospettive
fino ad allora quasi inesplorati.
In questo capitolo offriremo una sintesi sistematica dell'antropologia ses-
suale dal punto di vista teologico, mentre nel prossimo capitolo tracceremo un
quadro normativo che esprima l'ideale di una sessualità autenticamente
umana così come oggi è percepito dal popolo di Dio.
132 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
L'apporto interpretativo che ci viene dalla cultura sessuale del nostro tempo è il
riconoscimento dei valori personali della sessualità umana: la sua essenziale pre-
senza nello sviluppo dell'intera personalità è il ruolo primario che essa svolge per
la crescita nell'autonomia, nell'oblatività, nell'amore. È il punto di convergenza,
codesto, dei modelli interpretativi creati dalle scienze antropologiche, il cui nuovo
discorso caratterizza in maniera determinante la nostra attuale cultura.1
1
A. VALSECCHI, Nuove vie dell'etica sessuale. Discorso ai cristiani, Brescia 1972, 42.
2
Pensiamo soprattutto a una famosa opera degli anni '70: Human Sexuality. New Directions in
American Catholic Thought, New York-Paramus-Toronto 1977 (trad. it. La sessualità umana. Nuovi
orientamenti del pensiero cattolico americano, Brescia 1978).
3
Cf. J. GALLAGHER, «Magisterial Teaching from 1918 to the Present», in Human Sexuality and
Personhood, Braintree (Mo.) 2 1990,191-210; 253-265.
CAP. 4 - IL MODELLO CONTEMPORANEO DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE CATTOLICA 133
La persona umana, a giudizio degli scienziati del nostro tempo, è così profonda-
mente segnata dalla sessualità, che questa deve essere considerata come uno dei
fattori che danno alla vita di ciascuno i tratti principali che la distinguono. Dal
sesso, infatti, la persona umana deriva le caratteristiche che, sul piano biologico,
psicologico e spirituale, la fanno uomo o donna, condizionando così grandemen-
te l'iter del suo sviluppo verso la maturità e il suo inserimento nella società.8
4
CONCILIO VATICANO II, Gaudium et spes 4 7 - 5 2 ( E V 1 / 1 4 6 8 - 1 4 9 1 ) .
5
GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio 1 1 - 1 6 (EV 7 / 1 5 7 7 - 1 5 7 8 ) .
6
PAOLO V I , Humanae vitae, 2 5 l u g l i o 1 9 8 8 , 7 - 9 (EV 3 / 5 9 5 - 5 9 6 ) .
7
GIOVANNI PAOLO II, Veritatis splendor 4 8 - 5 0 (EV 1 3 / 2 5 3 2 - 2 8 2 9 ) .
8
CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA, Dichiarazione su alcune questioni di etica
sessuale. Persona humana, 29 dicembre 1975,1 (EV 5/1717).
9
CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA, Orientamenti educativi sull'amore umano.
Lineamenti di educazione sessuale 4 (EV 9/422).
134 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
sualismo freudiano, per cui ogni realtà della persona sarebbe espressione
occulta del sesso, ma è una constatazione che dal piano dell'esperienza ci intro-
duce in quello dell'ontologia: noi constatiamo che ciascun soggetto concreto
esiste secondo una modalità maschile o femminile e questo dà una tonalità ses-
suale a tutte le manifestazioni del suo essere, pensare, volere, sentire, operare.
Riallacciandosi alla filosofia di G. Marcel, mons. D. Tettamanzi spiega che la
sessualità umana non si colloca nella linea dell'avere, ma in quella dell'essere,
perché,
La natura umana offre sul piano dei dati biologici tratti iniziali per l'elaborazio-
ne dei criteri [normativi]. Tali tratti sono accolti dalla ragione che comprende e
interpreta, sono decifrati nel loro significato ed ulteriormente sviluppati. Ciò si
verifica nell'ambito di condizioni sociali e culturali che consolidano e rafforzano
l'effetto voluto. Ora questo non significa che lo strato biologico sia illimitata-
mente plasmabile. Non è un amorfo materiale grezzo. Anzi dà il suo contributo
10
D. TETTAMANZI, «La sessualità umana: prospettive antropologiche, etiche e pedagogiche», in
Medicina e Morale 34(1984), 133.
CAP. 4 - IL MODELLO CONTEMPORANEO DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE CATTOLICA 135
alla comprensione globale della natura umana. Sottolineare questo non è natura-
lismo, ma è l'implicazione antropologica di una gnoseologia realistica.11
11
K. DEMMER, Deuten und handeln. Grundlagen und Grundfragen der Fundamentalmoral, Frei-
burg 1985 (trad. it. Interpretare e agire. Fondamenti della morale cristiana, Cinisello Balsamo 1989,138).
136 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
era cosa molto buona» (Gen 1,30). Nella Scrittura «buono» è ciò che corri-
sponde al disegno di colui che opera. 12 Il punto di partenza della nostra rifles-
sione è costituito pertanto dal principio, così come la fede lo percepisce e lo
sperimenta.13 Per principio si intende qui Yorigine della sessualità, il suo primo
dispiegarsi, giacché in questo primo darsi si rivela il significato dell'articolazione
maschile/femminile dell'essere umano e dunque il permanente fondamento del
suo senso. Principio, dunque, non vuole dire «primo momento temporale», ma
«manifestazione originaria»: il principio è la trasparenza pura del progetto divi-
no sulla sessualità umana che presiede al suo emergere creativo dal nulla per
volontà di Dio e che può consentire in ogni istante di rintracciare il filo di signi-
ficato di essa. Spiega Giovanni Paolo II nelle sue Catechesi sull'amore umano:
[Il principio] è la prima eredità di ogni essere umano nel mondo, uomo e donna,
prima attestazione dell'identità umana secondo la parola rivelata, prima sorgen-
te della certezza della sua vocazione come persona creata a immagine di Dio. 14
12
Cf. I. HÖVER-JOHAG, «Tòb», in Theologisches Wörtebuch zum Alten Testament, Stuttgart-Ber-
lin-Köln 1982, III, coli. 315-339 (soprattutto 324); H.J. STOEBE, «Tòb», in Dizionario Teologico del-
l'Antico Testamento, Torino 1978,1, 565-576. Merita notare che i LXX tradussero i sei tob di Gen 1
(4.12.18.21.25.31) non con «agathòn», ma con «kalòn».
13
In questo capitolo si seguono da vicino gli insegnamenti proposti dal santo Padre sull'amore
umano in sei famosi ciclo di catechesi, soprattutto nei primi due cicli: GIOVANNI PAOLO II, Uomo e
donna lo creò. Catechesi sull'amore umano, Roma 1987. Vederne: C. ANDERSON - J. GRANADOS, Chia-
mati all'amore. La teologia del corpo di Giovanni Paolo II, Casale Monferrato 2010; L. CICCONE,
Uomo-donna. L'amore umano nel piano di Dio. Le grandi catechesi del mercoledì di Giovanni Paolo
II, Leumann (TO) 1986; A. MATTHEEUWS, «De la Bible à «Humanae vitae», Les catéchèses de Jean-
Paul II», in Nouvelle Revue Théologique 111(1989) 228-248; Y. SEMES, La sessualità secondo Giovanni
Paolo II, Cinisello Balsamo 2005.
14
GIOVANNI PAOLO II, Uomo e donna lo creò. Catechesi sull'amore umano, 105.
CAP. 4 - IL MODELLO CONTEMPORANEO DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE CATTOLICA 137
Dio ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza [cf. Gen l,26ss]: chiaman-
dolo all'esistenza per amore, l'ha chiamato nello stesso tempo all'amore. Dio è
amore [lGv 4,8] e vive in se stesso un mistero di comunione personale d'amore.
Creandola a sua immagine e continuamente conservandola all'essere, Dio iscri-
ve nell'umanità dell'uomo e della donna la vocazione, e quindi la capacità e la
responsabilità dell'amore e della comunione [cf. Gaudium etspes 12]. L'amore è,
pertanto, la fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano. 15
15
GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio 11.
16
Segnaliamo uno studio, di notevole valore speculativo, sulla teologia della sessualità: C. Giu-
LIODORI, Intelligenza teologica del maschile e del femminile, problemi e prospettive nella rilettura di von
Balthasar e P. Evdokimov, Roma 1991.
17
GIOVANNI PAOLO II, Uomo e donna lo creò. Catechesi sull'amore umano, 59.
138 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
non tanto un passare dalla coscienza alla subcoscienza, quanto uno specifico
ritorno al non-essere (il sonno ha in sé una componente di annientamento del-
l'esistenza cosciente dell'uomo), ossia al momento antecedente alla creazione,
affinché da esso, per iniziativa creatrice di Dio, l'uomo solitario possa riemerge-
re nella sua duplice unità di maschio e di femmina [...]. In questo modo, il cer-
chio della solitudine dell'uomo-persona si rompe, perché il primo uomo si risve-
glia dal suo sonno come maschio e femmina. 18
Il racconto della creazione dell'uomo, nel capitolo primo, afferma sin dall'inizio
e direttamente che l'uomo è stato creato a immagine di Dio in quanto maschio
e femmina. Il racconto del capitolo secondo invece non parla dell'immagine di
Dio; ma esso rivela, nel modo che gli è proprio, che la completa e definitiva crea-
zione dell'uomo (sottoposto dapprima all'esperienza della solitudine originaria)
si esprime nel dar vita a quella communio personarum che l'uomo e la donna
formano. In questo modo, il racconto j ah vista si accorda con il contenuto del
primo racconto. Se, viceversa, vogliamo ricavare anche dal racconto del testo
jahvista il concetto di immagine di Dio, possiamo allora dedurre che l'uomo è
divenuto immagine e somiglianza di Dio non soltanto attraverso la propria uma-
nità, ma anche attraverso la comunione delle persone, che l'uomo e la donna for-
18
GIOVANNI PAOLO II, Uomo e donna lo creò. Catechesi sull'amore umano, 55. La Scrittura
impiega il termine tardemah (torpore) quando l'uomo, di fronte a un mirabile agire di Dio, si sente
oppresso da uno stato simile al sonno: così in Gen 15,12 il torpore cade su Abramo mentre il Dio del-
l'alleanza si rivela, mentre in Le 22,45 i discepoli oppressi dall'angoscia cadono in un sonno misterioso
(cf. ISam 26,12; Is 29,10; Gb 4,13 e 33,15). La traduzione greca dei LXX traduce tardemah con ékstasis.
CAP. 4 - IL MODELLO CONTEMPORANEO DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE CATTOLICA 139
19
GIOVANNI PAOLO II, Uomo e donna lo creò. Catechesi sull'amore umano, 59. Cf. S. GRYGIEL,
Extra communionem personarum nulla philosophia, Roma 2002; M. OUELLET, Divina somiglianza.
Antropologia trinitaria della famiglia, Roma 2004; K. WOJTYLA, La famiglia come "communio perso-
narumin ID., Metafisica della persona. Tutte le opere filosofiche e saggi integrativi; G. REALE - T . STYC-
ZEN (curr.), Milano 2003,1463-1479.
20
K. BARTH, Die kirchliche Dogmatik, Zürich 1959, bd. 3/1,216; cf. GIULIODORI, Intelligenza teo-
logica del maschile e del femminile, 117ss.
21
Sul tema della comunione interpersonale come analogia trinitaria; F. LADARIA, La Trinità,
mistero di comunione, Milano 2004,143-182.
140 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
radice di quel dinamismo che conduce l'uomo a realizzarsi solo nel dono reci-
proco è da ricercarsi proprio in questo arcano significato sponsale della sua
esistenza, come si legge in un celebre testo di Gaudium et spes:
Quando il Signore Gesù prega il Padre, perché tutti siano una cosa sola, come io
e te siamo una cosa sola (Gv 17,21-22), mettendoci davanti orizzonti impervi alla
ragione umana, ci ha suggerito una certa similitudine tra l'unione delle persone
divine e l'unione dei figli di Dio nella verità e nella carità. Questa similitudine
manifesta che l'uomo, il quale in terra è la sola creatura che Iddio abbia voluto
per se stessa, non possa ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono since-
ro di sé.22
22
CONCILIO VATICANO II, Gaudium et spes 24.
23
N. BERDIAEFF, Cinque meditazioni sull'esistenza. Solitudine, società e comunità, Leumann
1982,118.
CAP. 4 - IL MODELLO CONTEMPORANEO DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE CATTOLICA 141
unico e vero, quello di Dio. Non è eccessivo dire che probabilmente ogni uomo
che si sforza di amare con sincerità di cuore cerca, anche senza saperlo, nei suoi
più o meno piccoli amori umani l'orma del grande amore, quello immenso,
assoluto e incondizionato di Dio.
In quanto spirito incarnato, cioè anima che si esprime nel corpo e corpo infor-
mato da uno spirito immortale, l'uomo è chiamato all'amore in questa sua tota-
lità unificata. L'amore abbraccia anche il corpo umano e il corpo è reso parteci-
pe dell'amore spirituale.24
Il corpo umano, con il suo sesso, e la sua mascolinità e femminilità, visto nel
mistero stesso della creazione [...] racchiude fin dal principio, l'attributo spon-
sale, cioè la capacità di esprimere l'amore: quell'amore appunto nel quale l'uo-
mo-persona diventa dono e, mediante questo dono, attua il senso stesso del suo
essere ed esistere.25
24
GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio 11.
25
GIOVANNI PAOLO II, Uomo e donna lo creò. Catechesi sull'amore umano, 77.
142 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
Il corpo umano, orientato interiormente dal dono sincero della persona, rivela
non soltanto la sua mascolinità o femminilità sul piano fisico, ma rivela anche un
tale valore e una tale bellezza da oltrepassare la dimensione semplicemente fisi-
ca della sessualità. In questo modo si completa in un certo senso la coscienza del
significato sponsale del corpo, collegato alla mascolinità-femminilità dell'uomo.
Da una parte, questo significato indica una particolare capacità di esprimere l'a-
more, in cui l'uomo diventa dono; dall'altra, gli corrisponde la capacità e la
profonda disponibilità all'affermazione della persona, cioè letteralmente, la capa-
cita di vivere il fatto che l'altro - la donna per l'uomo e l'uomo per la donna - è,
per mezzo del corpo, qualcuno voluto dal Creatore per se stesso, cioè unico ed
irripetibile: qualcuno scelto dall'Eterno Amore.
L'affermazione della persona non è nient'altro che accoglienza del dono, la
quale, mediante la reciprocità, crea la comunione delle persone; questa si costrui-
sce dal di dentro, comprendendo pure tutta l'esteriorità dell'uomo, cioè tutto
quello che costituisce la nudità pura e semplice del corpo nella sua mascolinità
26
Sul rapporto fra corpo e spirito nel composto umano si leggano alcune suggestive riflessioni
di P. Evdokimov: «Le strutture più profonde e nascoste del mondo empirico corrispondono alle leggi
dello spirito. Sono i doni e i carismi che determinano e normalizzano lo psichico e il fisiologico. La
donna è materna non perché nel suo corpo sia predisposta a partorire, bisogna invece dire che la
facoltà fisiologica e la corrispondenza anatomica dipendono dal suo spirito materno. Allo stesso modo,
l'uomo è più virile e più forte fisicamente perché, nel suo spirito, c'è qualcosa che corrisponde alla vio-
lenza di cui parla il vangelo. Bisogna ristabilire la vera gerarchia dei principi e capire che, normativa-
mente, il fisiologico e lo psichico dipendono dallo spirito, lo servono e lo esprimono» (P. EVDOKIMOV,
La donna e la salvezza del mondo, Milano 1980,20-21).
CAP. 4 - IL MODELLO CONTEMPORANEO DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE CATTOLICA 143
e femminilità. 27
27
GIOVANNI PAOLO II, Uomo e donna lo creò. Catechesi sull'amore umano, 79.
28
Orientamenti 2 5 (EV 9/443).
144 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
girti e compie il progetto della comunione che lo guida nella creazione. Dio
attua questo progetto attraverso la cooperazione dell'uomo e della donna, la
loro unità totale e la loro capacità generativa. Dice Gaudium et spes 50:
Lo stesso Dio che disse: «non è bene che l'uomo sia solo» (Gen 2,18) e che creò
all'inizio l'uomo maschio e femmina (Mt 19,4), volendo comunicare all'uomo
una certa speciale partecipazione nella sua opera creatrice, benedisse l'uomo e
la donna, dicendo loro: crescete e moltiplicatevi (Gen 1,28). Di conseguenza il
vero culto dell'amóre coniugale e tutta la struttura familiare (totaque vitae fami-
liaris ratio) che ne nasce, senza posporre (non posthabitis) gli altri fini del matri-
monio, a questo tendono che i coniugi, con fortezza di animo, siano disposti a
cooperare con l'amore del Creatore e del Salvatore che attraverso di loro conti-
nuamente dilata e arricchisce la sua famiglia.
29
In questo senso, anche quando si presentasse una sterilità fisica, la coppia non perde la sua
fecondità spirituale; cf. GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio 14; Donum vitae II, 8.
146 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
3. L'AMORE CONIUGALE
30
In ciò consiste quell'affermazione della fede cattolica per la quale ogni anima umana indivi-
duale è creata da Dio immediatamente e dal nulla.
CAP. 4 - IL MODELLO CONTEMPORANEO DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE CATTOLICA 147
31
Digesto, 1,23,2: «Nuptiae sunt coniunctio maris et feminae et consortium omnis vitae, divini
et humani iuris communicatio».
32
J.D. DE ROUGEMONT, L'amour et l'Occident, Paris 1939 (trad. it. L'amore e l'occidente, Mila-
no 1958); A. NYGREN, Eros und Agape. Gestalwandlungen der Christlichen Liebe, Gütersloh 1937 (trad,
it. Eros e Agape. La nozione cristiana dell'amore e le sue trasformazioni, Bologna 1971). Secondo il teo-
logo protestante Anders Nygren l'eros è l'amore naturale dell'uomo per Dio, segnato dall'egocentri-
smo perché è bramosia, ancorché trascendente; l'agape è l'amore disinteressato e oblativo di Dio per
l'uomo. La tradizione cattolica avrebbe confuso l'eros egoistico con l'agape altruistica, ma Lutero ha
mostrato che l'eros umano deve essere salvato mediante l'agape per opera della fede.
33
TOMMASO D'AQUINO, STh I-II, q. 2 6 , a. 3.
34
Per una densa riflessione filosofica sull'eros, si veda: V. MELCHIORRE, Metacritica dell'eros,
Milano 1987. Suggestivo e immediato: F. FAROS, La natura dell'eros, Milano 1993.
35
I n p a r t i c o l a r e : TOMMASO D'AQUINO, STh I-II, q. 2 6 , a. 4; I-II, q. 2 8 , a. 1, in c o r p .
36
TOMMASO D'AQUINO, STh I-II, q. 2 8 , a. 1, i n corp.
148 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
Ciò che è amato con amor amicitiae è amato semplicemente e per se stesso; ciò
che è amato con amor concupiscentiae, non è amato semplicemente e di per sé,
ma è amato per l'altro [...]. Di conseguenza l'amore con cui si ama un oggetto
per il suo stesso bene è amore nel senso più vero, mentre l'amore con cui si ama
un oggetto per il bene di un altro, è amore in senso relativo 41
37
PLATONE, Simposio 203a-204c.
38
PLATONE, Simposio 203c-d.
39
PLATONE, Simposio 206a.
40
C. WOJTYLA, Amore e responsabilità. Morale sessuale e vita interpersonale, Torino 2 1979,73.
41
TOMMASO D'AQUINO, STh I-II, q. 26, a. 4: «Id quod amatur amore amicitiae, simpliciter et per
se amatur; quod autem amatur amore concupiscentiae, non simpliciter et secundum se amatur, sed
amatur alteri [...]. Et per consequens amor quo amatur aliquid ut ei sit bonum, est amor simpliciter;
amor autem quo amatur aliquid ut sit bonum alterius, est amor secundum quid».
CAP. 4 - IL MODELLO CONTEMPORANEO DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE CATTOLICA 149
Il legame fra le due qualità d'amore è così forte che lo stesso amore di
concupiscenza tende a trasformarsi in profonda benevolenza, come si legge
poco più avanti nell'enciclica:
42
La tesi di Nygren che dichiara inconciliabili eros e agape è giudicata da Angelini «molto sche-
matica e rozza» e si prospetta - come in Deus caritas est di papa Benedetto XVI - un superamento del-
l'alternativa: G. ANGELINI, Eros e agape. Oltre l'alternativa, Milano 2006 (citazione: VII); cf. J. NORIE-
GA, Eros e agape nella vita coniugale, Siena 2008.
43
BENEDETTO XVI, Deus caritas est, 25-12-2005, 7 (EV 23/1538-1605); cf. BENEDETTO XVI,
Deus caritas est 8: «La fede biblica non costruisce un mondo parallelo o un mondo contrapposto rispet-
to a quell'originario fenomeno umano che è l'amore, ma accetta tutto l'uomo intervenendo nella sua
ricerca di amore per purificarla, dischiudendogli al contempo nuove dimensioni»; cf.: S. PALUMBIERI,
«Un binomio costitutivo: "èros" e "agape", tra dono impegno», in Studia Moralia 45(2007), 109-136.
150 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
44
BENEDETTO X V I , Deus Caritas est, 8.
45
BENEDETTO XVI, Deus Caritas est, 7: «Quanto più ambedue, pur in dimensioni diverse, trova-
no la giusta unità nell'unica realtà dell'amore, tanto più si realizza la vera natura dell'amore in genere».
46
WOJTYLA, Amore e responsabilità. Morale sessuale e vita interpersonale, 73.
CAP. 4 - IL MODELLO CONTEMPORANEO DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE CATTOLICA 151
viene usato per indicare che l'amore coniugale, sia affettivamente sia effetti-
vamente, tende all'altro in tutti i suoi aspetti, al suo bene totale, fisico e spiri-
tuale, e anche per indicare che tutta la vita coniugale è attraversata da tale
amore, ne è manifestazione e arricchimento.
Un altro aggettivo che viene spesso usato è mutuus, «reciproco». Nell'a-
more coniugale c'e la piena reciprocità della donazione tra l'uomo e la donna.
Essa si fonda sulla «pari dignità» dell'uomo e della donna e implica necessa-
riamente l'unità, giacché una piena donazione reciproca di tutta la persona
non è possibile se non a una persona soltanto. Lo dice con forza Gaudium et
spes (48) parlando dell'unione sponsale fondata nel patto coniugale (foedus
coniugale):
Tra tutti i gesti attraverso i quali si esprime l'amore coniugale, uno che lo
manifesta in modo particolare è Yunione coniugale, come afferma limpida-
mente Gaudium et spes 49:
Ci sono degli atti che, essendo propri della condizione coniugale, sono
autentici solo nel contesto della vita matrimoniale, giacché sono espressione
fisica di essa (l'intimità fisica esprime l'intimità delle persone e delle vite) e
sono anche Vesperienza fisica e gioiosa dell'unità costituita da tale condizione.
Questi atti non soltanto esprimono l'unione, ma la favoriscono e la intensifica-
no, purché siano posti nella verità, cioè come linguaggio fisico di due persone
pienamente donate l'una all'altra.
I padri conciliari sottolineano anche un'altra caratteristica dell'amore
coniugale, che è in fondo legata al suo essere eminentemente un'amicitia, una
dilectio. È un amore nel quale l'elemento portante è Yaffectus voluntatis, il sen-
47
CONCILIO VATICANO II, Gaudium et spes 49: «Haec dilectio proprio matrimonii opere singu-
lariter exprimitur et perficitur. Actus proinde, quibus coniuges intime et caste inter se uniuntur, hone-
sti ac digni sunt et, modo vere humano exerciti, donationem mutuam significant et fovent, qua sese
invicem laeto gratoque animo locupletante
152 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
timento cioè viene radicato nella volontà, diventa donazione libera, con pieno
impegno della persona al bene dell'altro. Perciò esso non può non portare al
patto, all'alleanza coniugale, in continuità con un'ispirazione che abbiamo
visto iniziare già nell'Antico Testamento.
Quanto abbiamo detto finora sulle caratteristiche dell'amore coniugale
emerge specialmente da Gaudium et spes 49, il numero esplicitamente dedica-
to a questo tema, ma c'è un altro fondamentale aspetto che è ben messo in luce
dal n. 50 della stessa Gaudium et spes ed è la relazione interna, profonda, tra
l'amore coniugale e la partecipazione all'amore creativo del Dio amante della
vita. Leggiamo in Gaudium et spes 50:
48
CONCILIO VATICANO II, Gaudium et spes 50: «Unde verus amoris coniugalis cultus totaque
vitae familiaris ratio inde oriens, non posthabitis ceteris matrimonii finibus, eo tendunt ut coniuges forti
animo dispositi sint ad cooperandum cum amore Creatoris atque Salvatoris, qui per eos Suam fami-
liam in dies dilatat et ditat».
CAP. 4 - IL MODELLO CONTEMPORANEO DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE CATTOLICA 153
È prima di tutto, dice Paolo VI, «amore pienamente umano, vale a dire sensibi-
le e spirituale. Non è quindi semplice trasporto di istinto e di sentimento, ma
anche e principalmente è atto della volontà libera, destinato non solo a mante-
nersi, ma anche ad accrescersi mediante le gioie e i dolori della vita quotidiana;
così che gli sposi diventino un cuor solo e un'anima sola, e raggiungano insieme
la loro perfezione umana. È poi amore totale, vale a dire un forma tutta specia-
le di amicizia personale, in cui gli sposi generosamente condividono ogni cosa,
senza indebite riserve o calcoli egoistici. Chi ama davvero il proprio consorte,
non lo ama soltanto per quanto riceve da lui, ma per se stesso, lieto di poterlo
arricchire del dono di sé. È ancora amore fedele ed esclusivo fino alla morte. Così
infatti lo concepiscono lo sposo e la sposa nel giorno in cui assumono libera-
mente e in piena consapevolezza l'impegno del vincolo matrimoniale. Fedeltà
che può talvolta essere difficile ma che è, nessuno lo può negare, sempre possi-
bile, sempre nobile e meritoria. L'esempio di tanti sposi attraverso i secoli dimo-
stra non solo che essa è consentanea alla natura del matrimonio, ma altresì che
da essa, come da una sorgente, scaturisce un'intima e duratura felicità. È infine
amore fecondo, che non si esaurisce tutto nella comunione tra i coniugi, ma è
destinato a continuarsi, suscitando nuove vite. Il matrimonio e l'amore coniuga-
le sono ordinati per loro natura alla procreazione e all'educazione della prole. I
figli infatti sono il preziosissimo dono del matrimonio e contribuiscono somma-
mente al bene degli stessi genitori» (cf. Gaudium et spes 50).49
49
PAOLO V I , Humanae vitae, 9.
154 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
Alla descrizione dell'amore umano nella luce della totalità sono quindi
ricondotte anche la fedeltà, l'unità e l'indissolubilità, cioè le classiche proprietà
del matrimonio, che sono qui presentate come dimensioni di verità dell'amore
coniugale. L'amore coniugale è infatti un amore esclusivo, unico e fedele, per-
ché donandosi con totalità ogni membro della coppia investe nella dinamica
della comunione tutto ciò che è e tutto ciò che ha, e niente resta che non sia
donato e scambiato fra gli sposi. L'amore coniugale è attraversato dalla dimen-
sione della temporalità: esso è totale anche nel tempo, è un amore perenne,
sigillato con patto irrevocabile in un vincolo indissolubile. La perennità dell'a-
more dà all'uomo la sicurezza che egli non sarà ingoiato nel nulla, perché non
solo il suo essere oggi riceve pienezza di senso dalla comunione sponsale, ma
può alimentare anche la certezza che potrà vincere il nulla del futuro, che
ancora non è.
Sviluppando la prospettiva suggerita dall'enciclica si comprende anche il
significato della procreazione nel contesto dell'amore coniugale: i figli sono
simbolo ed espressione dell'unità coniugale, sono un io e un tu che diventano
un noi fatto carne. Il figlio è la definitività del dono fatto carne, una realtà con
due nomi, quello proprio e quello dei genitori. Il figlio emerge come prova che
la mia esistenza ha un valore: un uomo che ha un figlio da una donna accetta
con totalità l'esistenza di quella donna e, valorizzandola, le dice: «anche se tu
non esistessi, io vorrei che tu fossi».
L'enciclica, dato lo scopo della sua pubblicazione, si mostra anche par-
ticolarmente attenta a mettere in chiara luce il rapporto tra atto coniugale e
amore coniugale. L'atto coniugale è un atto particolare: mentre unisce l'uo-
mo e la donna, per ciò stesso li rende idonei a generare la vita. È cioè un atto
che dice l'unione e dicendo l'unione apre alla vita, seppure secondo i ritmi
propri della vita stessa (Humanae vitae 12). Questa realtà non è priva di signi-
ficato ma anzi, a una ragione che si muova nel contesto della fede nel Dio
creatore e provvidente, rivela una ricca significatività: rivela l'intimo legame
tra l'unione personale e il dono della vita, tra amore coniugale e apertura alla
vita. Un legame che va sempre salvaguardato, in modo particolare nella cele-
brazione fisica dell'amore che è l'espressione corporea propria di quella
potenza di vita e di unione che è l'amore coniugale (cf. Humanae vitae 11). La
conservazione di tale legame viene affermata dall'enciclica attraverso il lin-
guaggio della connessione inscindibile che Dio ha voluto tra i due significati
dell'atto coniugale, il significato dell'unità (o unitivo) e il significato della
procreazione (o procreativo). Con questa conservazione ogni atto coniugale
«conserva del tutto il senso del mutuo e vero amore e il suo ordinamento
all'altissima vocazione [munus] alla paternità» (Humanae vitae 12; cf. Gau-
dium et spes 51).
CAP. 4 - IL MODELLO CONTEMPORANEO DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE CATTOLICA 155
che modo ha già decretato il suo destino giacché nessun uomo può vincere il
peccato senza il dono di Dio.
50
La stessa rivelazione della chiamata all'amore si attua attraverso quegli uomini e quelle
donne che servono Dio senza conoscere Cristo e che egli si è riservato fin dal seno materno: essi rea-
lizzano una nascosta sequela del Cristo sospinti dallo Spirito Santo che «riempie tutta la terra» (cf.
CONCILIO VATICANO II, Gaudium et spes 11).
CAP. 4 - IL MODELLO CONTEMPORANEO DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE CATTOLICA 159
4. A M O R E CONIUGALE E MATRIMONIO
51
Restano anche nel nuovo Codice - in ossequio all'impostazione tradizionale difficile da supe-
rare - tracce di un'identificazione fra il patto o foedus nuziale con il contratto, come nel can. 1055, § 2,
ove si parla dell'inseparabilità tra contratto matrimoniale e sacramento. Non c'è dubbio che il patto
matrimoniale ha anche aspetti contrattuali e giuridici, ma il patto non si identifica con il contratto.
52
CONGREGAZIONE EPISCOPALE ITALIANA, Evangelizzazione e sacramento del matrimonio, 20
giugno 1975,40-41.
53
II nuovo C/C, can. 1055, richiama indubbiamente tali definizioni quando parla di «totius vitae
consortium», impiegando tuttavia un'espressione che deriva dalla già ricordata definizione del giurista
latino Modestino tramandata nel Digesto («omnis vitae consortium»).
54
Cf. S.D. KOZUL, Evoluzione, 160-164; 299ss.
CAP. 4 - IL MODELLO CONTEMPORANEO DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE CATTOLICA 161
beni o fini propri del matrimonio vanno compresi all'interno della dinamica
dell'amore coniugale e, dunque, entro il rapporto che sussiste tra amore coniu-
gale e matrimonio. Gli studi di G. Hellin hanno dimostrato che, per i padri con-
ciliari, l'amore coniugale non è un fine o il fine del matrimonio, ma piuttosto
che è «Velemento formale della comunità di persone che è il matrimonio»
ovvero, per dirla sempre con Hellin, che il matrimonio è l'«istituzione dell'a-
more coniugale».55 Esiste una netta corrispondenza tra fini/proprietà del
matrimonio e le dimensioni dell'amore coniugale: in altre parole, il matrimo-
nio è l'amore coniugale fedele alla propria vocazione totale e dunque anche
sociale e procreativa, così come si esprime e si manifesta nell'atto generativo
dello status coniugale che è il consenso. Alla luce di queste riflessioni si com-
prende perché il concilio usi l'espressione endiadica «istituto del matrimonio e
l'amore coniugale» (cf. Gaudium et spes 48; 50).
Vista tale unità, ne consegue che se è vero che tanto l'amore coniugale
quanto il matrimonio trovano nell'educazione e procreazione dei figli il loro
coronamento (Gaudium et spes 48) e sono a essa ordinati (Gaudium et spes
50), è anche vero che amore e matrimonio non sono semplici mezzi per la
procreazione, ma hanno un valore intrinseco per il bene dei coniugi costitui-
to dalla «consuetudine e comunione di tutta quanta la vita» (cf. Gaudium et
spes 50). Da questo punto di vista il can. 1055, § 1 del C/C è abbastanza fede-
le al concilio quando coordina i fini del matrimonio, evitando ogni gerar-
chizzazione e afferma che «il patto matrimoniale [...] per sua indole natura-
le è ordinato al bene dei coniugi e [atque] alla generazione ed educazione
della prole».
55
G. HELLIN, «El lugar propio del amor conyugale en la estructura del matrimonio segun la
"Gaudium et spes"», in Anales Valentinos 6(1980)11,1-35.
162 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
4.2.1, Unità
Per unità si intende che il matrimonio è l'unione di un solo uomo con una
sola donna; sono contraddittorie con la verità creaturale del matrimonio la
poligamia così come la poliandria, cioè ogni forma di poligamia simultanea.
L'unità viene radicalmente lesa anche da ogni infedeltà, che instaura con una
terza persona una relazione fatta di elementi propri del rapporto coniugale.
Con quali argomenti si afferma l'unità del matrimonio? Ci sono argo-
menti di ragione e argomenti derivabili dalla Rivelazione. La Scrittura in Gen
2,18-24, interpretato alla luce di Mt 5,27-28; 19,39, offre un chiaro sostegno
all'unità così è stato sempre interpretato dai padri e dal magistero della Chie-
sa. Tuttavia, secondo il modo di esprimersi tradizionale, si è sempre distinto tra
la poligamia praticata da cristiani e quella praticata da non cristiani: la prima,
come dice il can. 2 di Trento (DS 1802), è da rigettare come contraria alla
volontà di Dio e al comando del Signore; la seconda non riceve una sanzione
così severa, dal momento che nell'economia veterotestamentaria la poligamia,
di fatto, è stata consentita.
L'emergere della visione personalista del matrimonio ha portato a una
forte critica magisteriale nei confronti della poligamia qua talis: secondo Fami-
liaris consortio 19, che riprende Gaudium et spes 48, la poligamia contraddice
radicalmente «la pari dignità personale dell'uomo e della donna» e dunque la
piena reciprocità delle donazione. Nella poligamia, senza dubbio, vi è una dise-
guaglianza nella donazione e nella relazione: totale da una parte, non totale dal-
l'altra. L'argomento personalista, seppure con conseguenze più radicali, è anche
quello più adeguato, dal momento che gli argomenti classici (la poliandria, vista
la lunga gestazione propria della specie umana, renderebbe biologicamente più
difficile da attuarsi il fine procreativo; la poligamia renderebbe difficile sia l'e-
ducazione dei figli sia la pace familiare) non sembrano davvero sufficienti.
Negli ultimi decenni alcuni teologi, specie missionari, hanno chiesto che
venisse ammessa una certa gradualità della legge della monogamia. A parer
loro l'introduzione della monogamia in culture poligamiche oltre a provocare
grossi problemi di adesione al cristianesimo determina anche notevoli conse-
guenze negative (aumento della prostituzione, rinvio delle mogli ecc.). Perciò
propongono di ammettere una gradualità della legge simile alla gradualità
manifestata da Dio nell'economia veterotestamentaria, valutando in modo
diverso la situazione dei già poligami (che potrebbero rimanere tali) e dei cri-
stiani non ancora poligami (che non potrebbero diventare poligami).
Giovanni Paolo II, soprattutto nei suoi viaggi in Africa, ha rifiutato que-
sta possibilità e lo ha detto sulla base del principio che se si può ammettere la
legge della gradualità non è però ammissibile la gradualità della legge (cf.
CAP. 4 - IL MODELLO CONTEMPORANEO DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE CATTOLICA 163
4.2.2, Indissolubilità
56
La nota teologica dell'affermazione è discussa: per qualcuno è de fide exmagisterio ordinario,
per altri proxima fidei.
164 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
Tale caratteristica [...] è radicata nella natura dell'amore e della comunità coniu-
gale, è richiesta dall'educazione dei figli, è un fattore primario di stabilità della
famiglia [...] è connaturale all'ordine che meglio garantisce ai coniugi e alla
famiglia il raggiungimento dell'interiore pienezza e l'espletamento della loro
funzione sociale, soprattutto di quella educativa. La perennità dell'unione è un
valore riconosciuto dalla coscienza profonda dell'umanità, anche nei paesi a
regime divorzista.
Sono argomenti senza dubbio di grande forza. Tuttavia essi ricevono la loro
fermezza nella luce della Rivelazione; razionalmente non vanno ancora al di là
del carattere di indizi di notevole vigore e qualità a favore dell'indissolubilità.
57
CONCILIO VATICANO II, Gaudium et spes 48 (cf. Familiaris consortio 20).
CAP. 4 - IL MODELLO CONTEMPORANEO DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE CATTOLICA 165
Ciò basta per dire che il matrimonio, in quanto tale, ha un valore religio-
so; tuttavia, andando oltre, si potrebbe dire anche che ha in quanto tale un
significato religioso ovvero che è segno di realtà divine? Secondo diversi auto-
ri, in particolare J.M. Scheeben,
Tutte le cose sono state create in Cristo, da Cristo e per Cristo. Anche il matri-
monio, dal momento che è stato creato da Dio creatore, diventa un segno del
mistero dell'unione di Cristo sposo con la Chiesa sposa. Si trova, in un certo
modo, ordinato a questo mistero.
Questo è provvisto di beni e di valori autentici che gli assicurano una consisten-
za. Ma è bene mettere in evidenza che, anche se gli sposi lo ignorano, questi valo-
ri provengono da Dio creatore e si inseriscono in modo incoativo nell'amore
sponsale che unisce Cristo e la Chiesa.
166 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
alla volontà di Dio e alla grazia matrimoniale, apertura che deve essere espli-
citata e portata a compimento nella catechesi prematrimoniale e nella stessa
celebrazione del sacramento.
L'esortazione papale mette quindi in guardia contro la pretesa di misu-
rare la fede dei nubendi e contro la presunzione che essi chiedano il matrimo-
nio cristiano per soli motivi sociali. Solo quando si ravvisi un'esclusione espli-
cita della fede della Chiesa sul matrimonio, i nubendi non potranno accedere
alle nozze cristiane, ma negli altri casi l'intransigenza sarebbe immotivata.
Misurare la validità del sacramento sul grado di fede degli sposi, oltre che esse-
re umanamente impossibile, è anche profondamente discriminatorio. Ne segui-
rebbero inoltre perniciose incertezze, facili contestazioni di invalidità, dubbi
sulla sacramentalità dei matrimoni tra non cattolici.
5
IL MODELLO ETICO CRISTIANO
1• SESSUALITÀ ED ETICA
Nel nostro tempo, l'oblio della verità antropologica della sessualità si sta
traducendo in una sorta di impossibilità di stabilire un qualsiasi rapporto fra
etica e sessualità. Nel subconscio contemporaneo, l'etica suscita la sensazione
di qualcosa di artefatto e di aggiuntivo, una sorta di camicia di forza che
costringe o vorrebbe costringere l'essere umano a porre barriere ai propri
desideri e alle proprie pulsioni con intento repressivo.
Le regole sono ricondotte alla libertà personale. È eticamente accettabi-
le ogni atto sessuale posto senza violenza fra adulti capaci di esprimere una
volontà libera. Accanto alla regola della consensualità qualcuno colloca la
regola del beneficio, nel senso che l'attività sessuale non deve essere dannosa
a se stessi o a terzi. Questa seconda regola viene comunque ricondotta alla pre-
cedente perché si ritiene lecito che un soggetto possa centrare la sua vita ses-
suale sul provocare male a un altro consenziente nel contesto di una relazione
sado-masochista, secondo l'assioma che «volenti non fit iniuria».
170 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
1
Cf. CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA, Orientamenti educativi sull'amore
umano. Lineamenti di educazione sessuale, 42.
172 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
2
K. WOJTYLA, Amore e responsabilità. Morale sessuale e vita interpersonale, Torino 2 1979,124.
CAP. 5 - IL MODELLO ETICO CRISTIANO 173
3
X. LACROIX, Il corpo di carne. La dimensione etica, estetica e spirituale dell amore, Bologna
1996,278.
CAP. 5 - IL MODELLO ETICO CRISTIANO 175
4
Human Sexuality. New Directions in American Catholic Thought, New York-Paramus-Toron-
to 1977 (trad. it. La sessualità umana. Nuovi orientamenti del pensiero cattolico americano, Brescia
1978). La Congregazione per la dottrina della fede è intervenuta in modo critico con lettera del 13
luglio 1979: The book «Human Sexuality» (£1/6/1705-1721, soprattutto nn. 1715-1721).
5
La sessualità umana. Nuovi orientamenti del pensiero cattolico americano, 67.
176 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
ovvero del loro amore coniugale nella duplice dimensione di unità e fecondità:
gli atti sessuali sono eticamente corretti nella misura in cui esprimono il senso
umano della sessualità. Un testo esemplare, a questo proposito, si trova in Per-
sona humana 5, che rielabora un passaggio significativo di Gaudium et spes 49:
4- ORIENTAMENTI NORMATIVI
6
CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA, Orientamenti educativi sull'amore umano.
Lineamenti di educazione sessuale, 95; cf. CCC, nn. 2360-2363.
CAP. 5 - IL MODELLO ETICO CRISTIANO 177
La donazione fisica totale sarebbe menzogna, se non fosse segno e frutto della
donazione personale totale, nella quale tutta la persona, anche nella sua dimen-
sione temporale, è presente: se la persona si riservasse qualcosa o la possibilità di
decidere altrimenti per il futuro, già per questo essa non si donerebbe totalmente. 7
7
GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio 11. La Familiaris consortio parla della dimensione
temporale della donazione; ma si potrebbe parlare altrettanto correttamente della dimensione sociale
e pubblica della donazione giacché l'essere umano è sempre un essere che vive ed è riconoscibile solo
in un sistema di coordinate sociali; per una coppia cristiana poi si tratta anche sempre della dimensio-
ne ecclesiale della donazione: essere uno in Cristo nella comunità dei fratelli.
178 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
sona, di usarla come un mezzo. Neppure Dio, suo creatore, lo fa. Neppure il
consenso all'uso modifica la fondamentale negatività morale di ogni riduzione
della persona a cosa.
Per questo Humanae vitae 13 afferma che «un atto coniugale imposto al
coniuge senza riguardo alle sue condizioni ed ai suoi legittimi desideri non è
un vero atto d'amore e nega pertanto un'esigenza del retto ordine morale nel
rapporto tra gli sposi». Non posso quindi usare l'altro per sperimentare moda-
lità erotiche diverse, se questo non si attua nel rispetto reciproco ed esclude
un'autentica unione sessuale: nella tradizione cattolica si rifiutano tutti gli atti
che non avvengono vis à vis o quei gesti ludici che non siano finalizzati alla
piena unione sessuale. Se poi l'unione sessuale viene attuata solo per il piace-
re che vi è connesso, si ha un uso dell'altro, anche se consenziente, come fonte
di piacere. Il centro antropologico dell'atto deve essere invece la persona nella
sua capacità di dare e di ricevere amore.
8
Nel linguaggio tecnico della morale, positivo significa risultato di una posizione da parte del-
l'uomo e dipendente da essa.
CAP. 5 - IL MODELLO ETICO CRISTIANO 179
cettiva:
5. IL PECCATO SESSUALE
9
«Tutto quello che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la
superbia della vita, non viene dal Padre, ma viene dal mondo» ( l G v 2,16).
182 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE 118
figura fisica dell'unica storia, come generazione del futuro della famiglia di Dio.
Esso tende invece al darsi/riceversi dei due visti come sorgenti di piacere, come
occasione di benessere. Si tratta di un modo sottile per trasformare l'uomo e la
donna in cose piacevoli e gratificanti, collocabili nella lista e nella serie delle
tante cose che producono effetti piacevoli e, in quanto strumenti, sostituibili e
alternabili. La concupiscenza è lo sguardo radicalmente non vero sull'altro, in
modo particolare sull'altro in quanto persona sessuata. La concupiscenza è dav-
vero, da questo punto di vista, il principio non solo di ogni violazione della ses-
sualità, ma semplicemente di ogni violazione dell'essere umano.
Il peccato sessuale, in questa prospettiva, appare come il fallimento e il
tradimento dell'amore. Il rapporto fra sessualità e apertura alla comunione
autentica viene tradito ogni volta che la sessualità viene vissuta in modo egoi-
stico, violento, manipolatorio. Il linguaggio corporeo della sessualità viene fal-
sificato e diventa menzognero quando è piegato a significare un senso che con-
traddice Vanticipazione di senso di cui è portatrice la corporeità stessa. Gli
esempi sono molteplici: impegnarsi come persone sessuate là dove non si dà
l'alterità sessuale piena, come nelle relazioni omosessuali, negare intenzional-
mente il bene della fecondità nel contesto di relazioni intime che evocano la
pienezza dell'amore coniugale nelle sue due dimensioni costitutive, unità e
fecondità, unirsi violentemente a un partner sessuale in un gesto che dovreb-
be significare volontà di comunione e che esprime invece una sopraffazione
intenzionale. Usare se stessi e gli altri come strumenti di autogratificazione, più
o meno perversa, è negare la natura intimamente personale della sessualità, è
negare se stessi e gli altri come persone. Ciò significa che nella storia bisogna
salvare la sessualità dalla distruttività di tale sguardo e del suo portato dina-
mico. Questo è il compito dell'etica e, ancor più, è questo il compito dell'al-
leanza redentiva in Cristo, giacché salvezza della sessualità e salvezza dell'uo-
mo non sono realmente separabili.
SEZIONE SECONDA
QUESTIONI
ETICO-PASTORALI
Parte prima:
Matrimonio e famiglia
Nella prima sezione del volume, dedicata agli aspetti storico-fondativi,
abbiamo esaminato il modello teologico di antropologia ed etica sessuale che
è frutto dell'autocomprensione dell 'ethos cristiano nel contesto delle diverse
realtà culturali in cui il popolo di Dio si è confrontato e abbiamo ripercorso lo
svolgimento della complessa vicenda storica di questo modello, così com'è
stata vissuta dal popolo di Dio nel Vecchio Testamento, nel Nuovo Testamen-
to, nella tradizione fino a oggi.
Abbiamo visto come alcune intuizioni fondamentali siano state tematiz-
zate in diversi contesti culturali e con diverse accentuazioni attraverso un pro-
cesso di autocomprensione che non consente di separare nettamente un con-
tenuto invariabile dai suoi moduli espressivi, ma che permette, tuttavia, di indi-
care alcune attitudini costanti. L'elemento più originale di questo modello teo-
logico, elemento costante nel mutare degli accenti e delle prospettive, è il
nesso tra sessualità e persona, sia come dimensione costitutiva e strutturante
della singola persona sia come rapporto stabilito fra esercizio della sessualità
e contesto coniugale, come peculiare forma di relazione interpersonale, come
si legge in un testo sintetico del Catechismo della Chiesa cattolica:
La sessualità segna tutti gli aspetti della persona umana, nell'unità del suo corpo
e della sua anima. Essa coinvolge in modo particolare la capacità affettiva, la
capacità di amare e di procreare e, in modo ancora più generale, l'apertura a
stringere con l'altro rapporti di comunione (CCC 2332).
va, diventa cifra della possibilità della persona di autotrascendersi verso l'alte-
rità, in una continua definizione del proprio sé in una relazione con un altro-
da-sé che si compie nella vita del figlio da parte del noi coniugale come sé e
come altro-da-sé.
Dall'intuizione di questo significato irrinunciabile e attraverso la media-
zione di diversi modelli antropologici e assiologici, sono state elaborate nel
tempo dalla comunità cristiana le norme morali poste a salvaguardia della
verità della sessualità umana. Abbiamo visto che il modello antropologico per-
sonalista si dimostra sotto molti aspetti più persuasivo di quello tradizionale e
ammette determinazioni normative in parte nuove, ma abbiamo anche cerca-
to di mostrare come la struttura normativa tradizionale reggesse, nella sostan-
za, anche nel nuovo contesto antropologico. In particolare si è visto come l'im-
pegno della sessualità genitale sia ritenuto significativo solo quando corri-
sponde a un impegno intimo e totalizzante in quello stato di vita che diciamo
coniugale. La fecondità emerge su questo sfondo come espressione incarnata
dell'autotrascendenza della coppia, nata a sua volta dall'autotrascendenza di
ciascun partner verso l'altro.
Alla luce della nostra comprensione della sessualità e dell'amore, così
com'è annunciata e vissuta dalla Chiesa nelle sue varie articolazioni, esamine-
remo alcune questioni emergenti oggi nell'ambito della vita matrimoniale e
familiare.
Un primo gruppo di questioni si riferisce alla vita matrimoniale. Vedre-
mo, prima di tutto, come gli sposi cristiani cerchino di realizzare, in un tempo
di transizione e di grandi mutamenti, la loro identità e il loro cammino specifi-
co (capitolo 1). Affronteremo poi la questione ampiamente dibattuta della
regolazione della fecondità nel matrimonio e della paternità responsabile
(capitolo 2) e quelle, altrettanto controverse e pastoralmente scottanti, della
sessualità tra fidanzati (capitolo 3) e dei cristiani divorziati e risposati civil-
mente (capitolo 4). L'ideale cristiano di vita buona è affidato alle nostre forze
e al nostro impegno e, con l'aiuto della grazia, esso viene attuato secondo ritmi
di cammino che, nella fondamentale fedeltà a un modello condiviso, sono pro-
pri di ciascuna persona e di ciascuna coppia. Compito della teologia morale è
indicare mete e suggerire percorsi di autenticità, senza temere di affrontare le
contraddizioni e le fragilità che il cuore umano sempre sperimenta.
1
LA FAMIGLIA
IN UN MONDO CHE CAMBIA
L'amore coniugale prende la forma concreta di una relazione di persone
che è incentrata sulla coppia e che si allarga ai figli, frutto ed espressione della
fecondità che dell'amore coniugale è dimensione intrinseca. La famiglia è la
struttura umana generata dal matrimonio: essa è composta dai coniugi e dai
figli, ma tende ad allargarsi con una rete complessa ad altri soggetti legati a essi
da vincoli di varia natura.
Com'è risultato chiaro nell'esaminare lo svolgimento storico dell'antro-
pologia sessuale, la famiglia credente, pur avendo la certezza di essere porta-
trice di un ideale irriducibile ai tempi e alle culture, vive immersa nei tempi e
nelle culture condividendo le speranze, le difficoltà, le persuasioni di tutti. Nel
nostro tempo, in particolare, sono giunti a maturazione fenomeni epocali ini-
ziati sin dalla fine del XVIII secolo che hanno messo in crisi i modelli familia-
ri tradizionali e che hanno portato a ripensare le relazioni fra i sessi, il ruolo
sociale delle donne, il senso della procreazione, il rapporto tra famiglia e
società. Sono sfide e provocazioni che toccano da vicino anche il popolo di
Dio, che chiedono alla Chiesa un profondo ripensamento della concezione tra-
dizionale della famiglia e la creatività per offrire risposte profetiche e coeren-
ti con la propria fede. 1
1
II tema è oggetto di innumerevoli studi da molteplici punti di vista. Per un primo approccio:
G. DIANIN - G. PELLIZZARI (edd.), La famiglia nella cultura della provvisorietà, Padova 2008; F. D'A-
GOSTINO, Credere nella famiglia, Cinisello Balsamo (MI) 2009; R. FABRIS - E. CASTELLUCCI (curr.),
Famiglia Chiesa domestica. La Chiesa-famiglia nella dinamica della missione cristiana, Cinisello Balsa-
m o (MI) 2009.
188 SEZIONE II - QUESTIONI ETICO-PASTORALI: MATRIMONIO E FAMIGLIA
1 • LA STRUTTURA FAMILIARE
2
Segnaliamo, per la sintonia con la nostra prospettiva personalista, gli studi di Paolo Donati
basati sulla teoria sociologica razionale: P. DONATI, Manuale di sociologia della famiglia, Roma-Bari
2006; ID., Perché "la famiglia"? La prospettiva relazionale, Siena 2008.
3
C. LÉVI-STRAUSS, Razza e storia e altri studi di antropologia, Torino 1967,154.
4
LÉVI-STRAUSS, Razza e storia e altri studi di antropologia, 165.
CAP. 1 - LA FAMIGLIA IN UN MONDO CHE CAMBIA 189
5
LÉVI-STRAUSS, Razza e storia e altri studi di antropologia, 165.
190 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: MATRIMONIO E FAMIGLIA
6
G. CAMPANINI, Famiglia, storia e società. Studi e ricerche, Roma 2009.
CAP. 1 - LA FAMIGLIA IN UN MONDO CHE CAMBIA 191
nei capitoli precedenti, l'amore coniugale è infatti un tipo di amore che si vuole
totale e non può non tendere alla costituzione di un noi, cioè un nuovo sog-
getto sociale, al riconoscimento del legame da parte di tutti gli altri in relazio-
ne ai quali la vita dei due si costituisce. Nessuno vive solo, nessuno nasce e cre-
sce solo: chi vuole amare coniugalmente chiede che gli altri riconoscano il lega-
me e la nuova unità, a cominciare dai familiari, dai parenti, dagli amici, dai col-
leghi di lavoro, dallo Stato, da tutto il mondo sociale che è il mondo reale nel
quale l'individuo umano ha consistenza. Essendo l'amore una realtà totaliz-
zante, esso lentamente invade e riconfigura tutte le dimensioni dell'individuo,
comprese quelle pubbliche e relazionali e la coppia umana generata da esso,
una volta raggiunta la sua maturità interna, si propone al mondo e alla società
come nuovo soggetto personale e sociale.
Ma non è solo la dinamica totale dell'amore coniugale a esigere una
forma istituzionale, è anche l'interesse dei partner e dei figli eventualmente
nati (giacché è pur sempre vero che possono nascere e nascono figli), come
anche il dovere della società di garantire condizioni di certezza giuridica e di
chiare responsabilità affinché i diritti di tutti siano rispettati in qualsiasi eve-
nienza, specialmente dei più deboli. C'è quindi anche un'esigenza di giustizia
che sospinge all'istituzionalizzazione.
Una prova non piccola di tale inevitabile legame tra relazione affettiva di
tipo coniugale e istituzionalizzazione è fornita dalla vicenda delle unioni di fatto
nei nostri paesi: sempre di più le coppie stabili di fatto reclamano un certo rico-
noscimento giuridico per poter accedere a servizi pubblici e ottenere le stesse
condizioni delle coppie coniugate in vari ambiti della vita pubblica (dagli affitti
alle pensioni). Anche se sono forme deboli di istituzionalizzazione rispetto al
matrimonio tradizionale, tuttavia si tratta pur sempre di forme di istituzionaliz-
zazione e prove dell'esigenza di un riconoscimento da parte della società.
In pochi ambiti come quello dell'etica delle relazioni familiari è più evi-
dente l'intreccio fra l'intuizione cristiana e i condizionamenti storico-culturali.
Non solo la tradizione antica, ma persino la manualistica ottocentesca sem-
bravano ritenere che le strutture e i costumi matrimoniali e sessuali da loro
conosciuti rappresentassero un'incarnazione fedele e immutabile del progetto
di Dio sul matrimonio. Queste affermazioni risulteranno evidenti se esaminia-
mo l'etica delle relazioni familiari così come veniva proposta nei manuali: si
192 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: MATRIMONIO E FAMIGLIA
Doveri comuni di un coniuge verso l'altro: amore (cf. Ef 5,25; Tt 2,4); coabitazio-
ne (cf. Gen 2,24; Mt 19,5); fedeltà coniugale; sostentamento secondo le proprie
possibilità (dovere primario per l'uomo, secondario per la donna).
Doveri specifici del marito: seria amministrazione dei beni familiari; retto gover-
no della moglie e di tutta la famiglia nelle cose che riguardano la salute dell'ani-
ma, i buoni costumi e la disciplina domestica.
Doveri specifici della moglie: riverenza verso il marito (cf. Ef 5,33); obbedienza
(cf. Ef 5,22-23); diligente cura della casa (cibo, vestiti ecc.).
Doveri dei genitori verso ifigli',amore (interno ed esterno); educazione corpora-
le (comprendente il provvedere alla vita fisica, al cibo, alla condizione sociale dei
figli) ed educazione spirituale (comprendente la dottrina, l'esempio e la corre-
zione).
Doveri dei figli verso i genitori: amore (sia interno che esterno); riverenza (nelle
parole, nei segni, nei fatti); obbedienza (in cose lecite, che abbiano riferimento
alla loro cura, e nella misura in cui siano sotto la potestà dei genitori).
7 18
La tavola è desunta da I. AERTNYS - C. DAMEN - I. VISSER, Theologia moralis, Torino 1968,
II, 1 0 7 - 1 1 8 .
CAP. 1 - LA FAMIGLIA IN UN MONDO CHE CAMBIA 193
8
Fra i più significativi interventi di Giovanni Paolo II sul tema: Familiaris consortio (1981);
Catechesi del mercoledì sull'amore umano (1979-1984); esortazione apostolica Christifideles laici,
soprattutto 40.45-56.62 (1988); lettera apostolica Mulieris dignitatem (1988); Lettera alle famiglie
(1994). Una presentazione dell'apporto di Giovanni Paolo II in: S. GRYGIEL - L. MELINA (edd.), Amare
l'amore umano. L'eredità di Giovanni Paolo II sul matrimonio e la famiglia, Siena 2007.
194 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: MATRIMONIO E FAMIGLIA
Il sacramento del matrimonio, effondendo il dono dello Spirito che trasforma l'a-
more sponsale, diventa la legge nuova della coppia cristiana. La grazia, mentre
testimonia l'amore gratuito di Dio che si comunica agli sposi, sollecita la loro libe-
ra risposta di credenti mediante un'esistenza che sia conforme al dono ricevuto.
La morale coniugale cristiana non rimane così un'imposizione esteriore, ma
diventa un'esigenza della vita di grazia, un frutto dello Spirito che agisce nel
cuore degli sposi e li guida alla libertà dei figli di Dio [n. 49].
In tal modo al sacramento deve essere ricondotta, come a suo fondamento e a
suo costante sostegno, la vita morale della coppia cristiana nei suoi molteplici
valori e impegni, anche in quelli radicati nella stessa natura dell'uomo [n. 50].
In forza del sacramento del matrimonio gli sposi cristiani sono quasi con-
sacrati (cf. Gaudium et spes 48); sono cioè come messi a parte e dotati di doni
in ordine ai compiti/doveri propri della loro condizione, del loro status nella
Chiesa. Quest'idea della consacrazione coniugale ha una sua fonte primaria
nella teologia di Scheeben, al quale si deve una rilettura fondamentale della
struttura sacramentale del matrimonio. Egli annoverava il matrimonio, insie-
me al battesimo, alla confermazione e all'ordine, tra i sacramenti consacranti,
perché essi consacrano a un compito soprannaturale e costituiscono in una
posizione speciale e permanente nel corpo mistico di Cristo. Mentre nel batte-
simo, confermazione e ordine la soprannaturale realtà della consacrazione è
costituita dal carattere, nel matrimonio essa si configura come Yunione consa-
crata di due persone, che sono membra di Cristo e perciò partecipi della san-
tità di Cristo. La missione poi degli sposi cristiani è di essere ramificazioni vive
dell'unione di Cristo e della Chiesa, organi mediante i quali si rivela la fecon-
dità della Chiesa e si attua la crescita del corpo di Cristo.
CAP. 1 - LA FAMIGLIA IN UN MONDO CHE CAMBIA 195
Queste suggestioni di Scheeben, che recuperano del resto temi già pre-
senti nella tradizione, hanno davvero arricchito in questo secolo il pensiero,
anche magisteriale, sul matrimonio cristiano. Così Lumen gentium 11 sottoli-
nea che i coniugi cristiani «hanno, nel loro stato di vita e nella loro funzione, il
proprio dono in mezzo al popolo di Dio»; Lumen gentium 41 dice che essi
diventano «testimoni e cooperatori della fecondità della madre Chiesa» e
Paolo VI nella sua Allocuzione alle Equipes Notre-Dame del 4 maggio 1970
afferma che la coppia cristiana è «una vera cellula di Chiesa [...] cellula di
base, cellula germinale, la più piccola senza dubbio ma anche la più fonda-
mentale dell'organismo ecclesiale». Familiaris consortio 49, poi, riprendendo
Lumen gentium 11 e 41, vede nella famiglia cristiana da una parte un «frutto e
segno della fecondità soprannaturale della Chiesa», dall'altra la chiama «sim-
bolo, testimonianza, partecipazione della maternità della Chiesa».
Per tale radicamento sacramentale dell'intera vita coniugale e familiare,
il magistero usa spesso il termine ministero per indicare la missione della fami-
glia. Con questa terminologia si vuole sottolineare che i coniugi e, con loro,
tutti i membri della famiglia partecipano, in forza della loro unione in Cristo,
alla ministerialità della Chiesa e con l'esercizio di essa edificano il corpo eccle-
siale. Questa lettura ministeriale della vita coniugale e familiare si trova al cen-
tro della Familiaris consortio la quale proprio nella prospettiva della ministe-
rialità ripropone i compiti della famiglia cristiana nel mondo di oggi e offre
una visione articolata della molteplice missione degli sposi e della famiglia.
9
GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio, 22-11-1981,17.
196 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: MATRIMONIO E FAMIGLIA
10
GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio 17.
11
GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio 18.
12
GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio 21.
CAP. 1 - LA FAMIGLIA IN UN MONDO CHE CAMBIA 197
comunione maturi giorno dopo giorno nella famiglia è indispensabile che ogni
suo membro abbia un grande spirito di sacrificio e si apra a virtù che sono
necessarie all'amore: pronta e generosa disponibilità, comprensione, tolleran-
za, perdono, riconciliazione. La comunione infatti è aggredita e mortalmente
ferita da realtà quali l'egoismo, il disaccordo, le tensioni, i conflitti. Una fami-
glia cristiana poi sa che il cammino verso l'unità più grande è sostenuto e reso
possibile dai sacramenti che fanno la comunione o sempre la ristabiliscono, il
sacramento della riconciliazione e quello dell'eucaristia.
Nella costruzione della comunione momento fondamentale è lo «scam-
bio educativo tra genitori e figli, nel quale ciascuno dà e riceve». 13 1 figli vi con-
tribuiscono, attraverso l'amore, il rispetto, l'obbedienza verso i loro genitori. I
genitori sono chiamati in particolare a esercitare la loro irrinunciabile autorità
come un vero e proprio ministero, cioè un servizio ordinato al bene umano e
cristiano dei figli, specialmente ordinato a far loro acquistare una libertà vera-
mente responsabile, e possono farlo se mantengono viva in loro la coscienza
del dono, che continuamente ricevono dai figli. Questo tema viene sviluppato
nella Lettera alle famiglie quando Giovanni Paolo II, rileggendo il quarto
comandamento in prospettiva di comunione e di reciprocità, scrive:
13
GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio 21.
14
GIOVANNI PAOLO II, Lettera alle famiglie, 2-2-1994,15.
198 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: MATRIMONIO E FAMIGLIA
15
Cf. soprattutto: GIOVANNI PAOLO II, Mulieris dignitatem, 15-8-1988.
16
GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus, 1-5-1991,39.
CAP. 1 - LA FAMIGLIA IN UN MONDO CHE CAMBIA 199
È infine amore fecondo, che non si esaurisce tutto nella comunione tra i coniu-
gi, ma è destinato a continuarsi, suscitando nuove vite. Il matrimonio e l'amore
coniugale sono ordinati per loro natura alla procreazione e all'educazione della
prole. I figli infatti sono il preziosissimo dono del matrimonio e contribuiscono
sommamente al bene degli stessi genitori.17
17
PAOLO VI, Humanae vitae, 25-7-1968, 8 (cf. Gaudium et spes 50).
18
GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio 28. Il tema è magnificamente sviluppato dallo stes-
so pontefice in Lettera alle famiglie 9.
19
GIOVANNI PAOLO II, Evangelium vitae, 25-3-1995,43.
200 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: MATRIMONIO E FAMIGLIA
ziale, cioè essenzialmente connesso con la trasmissione della vita umana, origi-
nale e primario, cioè precede e prevale rispetto al compito educativo di altri, per
il carattere unico dell'amore che unisce genitori e figli, insostituibile e inaliena-
bile, cioè non può essere totalmente delegato ad altri né da altri usurpato.
Ai genitori spetta dunque l'educazione dei figli ai valori essenziali della
vita umana: semplicità di vita, giustizia, amore. Nell'educazione all'amore
come dono di sé rientra anche l'educazione a una sessualità pienamente e vera-
mente personale, cioè una sessualità realizzata nel dono che la persona fa di sé
nell'amore, e di conseguenza l'educazione alla castità, al rispetto/promozione
del «significato sponsale del corpo».20 Per i genitori cristiani questa educazio-
ne all'amore è esercizio di un ministero ecclesiale poiché essi sono consacrati
in forza del sacramento all'educazione cristiana dei figli: l'educazione ai valo-
ri viene a essere interna alla generale educazione cristiana che è affidata ai
genitori. Perciò la famiglia cristiana è chiamata a diventare «itinerario di fede
e, in qualche modo, iniziazione cristiana e sequela di Cristo». Il compito edu-
cativo dei genitori non è certo esclusivo, perché esso, sulla base sempre del
principio di sussidiarietà, deve armonicamente integrarsi con l'opera educativa
di altre «forze educative» quali lo Stato, la Chiesa e in particolare la scuola.
Naturalmente se è vero che mai deve essere violato il diritto inalienabile dei
genitori, è altrettanto vero che a tale diritto corrisponde «il grave dovere dei
genitori [stessi] di impegnarsi a fondo in un rapporto cordiale e fattivo con gli
insegnanti e i dirigenti delle scuole».21
Il servizio alla vita non è estraneo a nessuna famiglia, neppure a quella
costituita da coppie sterili. L'istruzione Donum vitae, dedicata appunto ai pro-
blemi dell'inizio della vita con particolare riferimento alla sterilità e alle sue
cure, ricorda che la fecondità dell'amore coniugale non è solo fisica: ogni vero
atto di amore è fecondo e serve la vita.22 La coppia sterile può servire la vita
esercitando l'amore genitoriale verso figli non di sangue, ma diventati tali solo
per scelta d'amore, attraverso l'adozione e l'affidamento: può realizzare crea-
tivamente il proprio amore vivificante andando incontro ai tanti fenomeni di
emarginazione sociale e culturale che colpisce duramente anziani, ammalati,
handicappati, tossicodipendenti, ex carcerati.
20
Cf. GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio 37. Sul tema dell'educazione all'amore si veda-
no: CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA, Orientamenti educativi sull'amore umano, 1-11-
1983; PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA, Sessualità umana: verità e significato. Orientamenti edu-
cativi in famiglia, 8-12-1995.
21
GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio 40.
22
Cf. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Donum vitae, 2 2 - 2 - 1 9 8 7 , II, 8; GIOVANNI
PAOLO II, Familiaris consortio 41. Si veda: R. BONETTI, La fecondità degli sposi oltre la fertilità. Nuove
catechesi su matrimonio e famiglia, Cinisello Balsamo (MI) 2007; J. NORIEGA - M.L. DI PIETRO, Fecon-
dità nella sterilità, Roma 2007.
CAP. 1 - LA FAMIGLIA IN UN MONDO CHE CAMBIA 201
In forza della sua natura e vocazione la famiglia si apre alle altre fami-
glie e alla società e presenta, anzi, un'intrinseca e costitutiva relazione con la
società. Della società essa è la prima e vitale, è la prima e insostituibile scuola
di socialità mediante un vissuto relazionale gratuito, è forza e luogo di uma-
nizzazione della società. Perciò la famiglia non può rimanere chiusa nell'ambi-
to intrafamiliare: deve aprirsi alle varie opere di servizio sociale, specie verso i
poveri, tra le quali è di grande importanza il servizio dell'ospitalità. Essa stes-
sa deve impegnarsi perché si attui una politica favorevole alle famiglie, deve
far riconoscere e valere i suoi diritti, deve cooperare alla creazione di un nuovo
ordine internazionale.23
Particolare rilievo va attribuito al rispetto del principio di sussidiarietà
nei rapporti reciproci tra società e famiglia. La famiglia ha il diritto di rivendi-
care il proprio spazio e la società è gravemente obbligata ad attenersi a tale
principio secondo il quale, come afferma l'enciclica di Pio XI Quadragesimo
anno,
siccome non è lecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le
forze e l'industria propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere
ad una maggiore e più alta società quello che dalle minori e inferiori comunità
si può fare. 24
lo Stato non può né deve sottrarre alle famiglie quei compiti che esse possono
egualmente curare bene da sole o liberamente associate, ma positivamente favo-
rire e sollecitare al massimo l'iniziativa responsabile delle famiglie.25
23
Familiaris consortio 46 riporta una prima elencazione dei diritti della famiglia, che verrà
ripresa e ampliata nella Carta dei diritti della famiglia pubblicata da Giovanni Paolo II il 22-11-1983. Si
vedano: S. CACCIA, La famiglia come «soggetto» sociale. Riconoscere-relazionarsi-promuovere, Milano
2006; F. CAGGIA, Famiglia e diritti fondamentali nel sistema dell'unione europea, Roma 2005. C.A.
ANDERSON, La famiglia: una risorsa per la società. Dimensioni giuridiche e politiche di una cultura della
vita e della famiglia, Siena 2009; C. MARTINOLI, La famiglia naturale - Garanzia istituzionale & diritto
di libertà, Milano 2009.
24
Pio XI, Quadragesimo anno, 15-5-1931, 80.
25
GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio 45.
202 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: MATRIMONIO E FAMIGLIA
sione regale della famiglia cristiana, missione conferita a essa con il sacramen-
to. È la grazia del sacramento, infatti, che li sospinge e li chiama a offrire a tutti
la testimonianza di una dedizione generosa e disinteressata ai problemi socia-
li, mediante la scelta preferenziale dei poveri e degli emarginati.
La famiglia cristiana, in quanto comunità d'amore, è «una piccola chiesa
[ecclesia domestica]».26 Essa, infatti, rivela e attua la Chiesa, è una forma con-
creta della Chiesa, è visibilità storica della Chiesa. Da una parte essa è genera-
ta e nutrita dalla Chiesa (la Parola, il sacramento, la carità), dall'altra condivi-
de e partecipa alla missione salvifica stessa della Chiesa. Non solo è comunità
salvata ma anche comunità salvante in forza del dono proprio del sacramento
stesso del matrimonio, chiamata com'è a trasmettere il medesimo amore di
Cristo che ha ricevuto.
La partecipazione attiva alla missione di salvezza della Chiesa è attuata
da essa proprio in quanto è intima comunità di vita e di amore cioè «secondo
una modalità comunitaria» (come coppia e comQ famiglia), e si compie princi-
palmente nella fedeltà all'amore coniugale e familiare vissuto nella sua straor-
dinaria ricchezza di valori ed esigenze di totalità, unicità, fedeltà e fecondità.
L'articolazione dei contenuti di questa partecipazione, fondata nell'amore, alla
missione ecclesiale può essere illustrata nel triplice riferimento a Gesù Cristo
profeta, sacerdote e re, presentando perciò la famiglia cristiana come comunità
credente ed evangelizzante, comunità in dialogo con Dio, comunità al servizio
!
dell'uomo.
La famiglia cristiana vive il proprio compito profetico accogliendo e
annunciando la parola di Dio.27 Gli sposi e genitori cristiani sono chiamati
all'obbedienza della fede, ad accogliere la stupenda novità del progetto di Dio
sull'amore coniugale e familiare. Il loro ingresso nella condizione coniugale
deve configurarsi come itinerario di fede in risposta a una vocazione: la chia-
mata a vivere la sequela di Cristo e il servizio del regno di Dio nello stato
matrimoniale. La celebrazione del sacramento del matrimonio deve perciò
manifestarsi come «professione di fede» nell'offerta dell'amore coniugale per-
ché diventi misteriosa e reale partecipazione all'amore stesso di Dio per l'u-
manità. Questa professione di fede, poi, richiede di essere prolungata nel corso
della vita vissuta degli sposi e della famiglia.
Nella misura in cui la famiglia cristiana accoglie il vangelo e matura nella
fede diventa comunità evangelizzante, testimoniando l'alleanza pasquale di
Cristo, irradiando la gioia dell'amore e la sicurezza della speranza, talvolta, in
26
GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio 21.49; cf. Lumen gentium 11; Apostolicam actuosita-
tem 11.
27
GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio 51-54.
CAP. 1 - LA FAMIGLIA IN UN MONDO CHE CAMBIA 203
28
GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio 55-61.
29
GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio 55.
30
Cf. Rm 12,lss.
204 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: MATRIMONIO E FAMIGLIA
31
GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio 62-64; cf. Lumen gentium 36.
32
GIOVANNI PAOLO II, Lettera alle famiglie 13.
33
GIOVANNI PAOLO II, Novo millennio ineunte, 6-1-2001,47.
CAP. 1 - LA FAMIGLIA IN UN MONDO CHE CAMBIA 205
La vita umana, ogni vita umana rimanda a Dio amore, che è pienezza di
vita e che si trova in una relazione originale con ogni creatura umana. Il crea-
tore, nella sua sapienza e benevolenza, chiama l'uomo e la donna, fin dalle ori-
gini del mondo, a cooperare con lui nel dono della vita. Gli sposi non trasmet-
tono infatti una vita qualsiasi, ma una vita umana, trasmettono l'immagine di
Dio da uomo a uomo e diventano così, attraverso il loro amore e i gesti che lo
esprimono, ministri del disegno di Dio. La vita del figlio germoglia dall'amore
coniugale come frutto e incarnazione dell'amore e nell'amore deve essere
accolta e portata alla sua maturità: l'esistenza del figlio si presenta agli sposi
1
La bibliografia su questo tema è sterminata. Segnaliamo, per un orientamento generale: G.
DIANIN, Matrimonio, sessualità, fecondità, Padova 2008,408-502; M. RHONHEIMER, Etica della procrea-
zione, Roma 2000,15-125.
208 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: MATRIMONIO E FAMIGLIA
2
In inglese si traduce, opportunamente, responsible parenthood, cioè «genitorialità responsabi-
le». Questo modo di parlare meglio sottolinea la dimensione coniugale della responsabilità e il comu-
ne impegno degli sposi nel rispondere alla loro vocazione alla fecondità.
3
Le discussioni conciliari su matrimonio e famiglia sono ricostruite da: G. DE ROSA, «Dignità
del matrimonio e della famiglia e sua valorizzazione», in La costituzione pastorale sulla Chiesa nel
mondo contemporaneo, Leumann 1966, 679-745 (soprattutto 731ss).
CAP. 2 - LA PATERNITÀ RESPONSABILE 209
2 - I METODI DI ATTUAZIONE
4
Riprendiamo le indicazioni di Familiaris consortio 30. Per approfondire il tema cf. PONTIFICIO
CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA, Evoluzioni demografiche dimensioni etiche e pastorali, 25-3-1994.
CAP. 2 - LA PATERNITÀ RESPONSABILE 211
5
L'espressione family planning - tipica del mondo laico - allude più a una programmazione
calcolata della grandezza della famiglia, che a una regolazione responsabile della fecondità. Perciò tro-
viamo sgradevole anche l'espressione corrente "natural family planning" (NFP).
212 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: MATRIMONIO E FAMIGLIA
2-2, Sterilizzazione
Un altro metodo gravemente immorale è la sterilizzazione.9 La steriliz-
zazione, sia maschile sia femminile (vasectomia ed elettrocoagulazione delle
tube) è un intervento mutilante che priva in modo permanente e, di regola,
pressoché irreversibile la persona umana di una delle funzioni più rilevanti, sia
sul piano biologico sia psichico, dell'essere umano.
6
CENTRO DI BIOETICA UNIVERSITÀ CATTOLICA SACRO CUORE, « S u l l a c o s i d d e t t a " c o n t r a c c e z i o -
ne d'emergenza"», in Medicina e Morale 46(1996), 582-589; M.L. DI PIETRO - R. MINACORI, «''Con-
traccezione d'emergenza": problema medico, etico e giuridico», in Vita e Pensiero (1997), 353-361.
7
L. ROMANO - M.L. DI PIETRO - M.P. FAGGIONI - M. CASINI, RU-486. Dall'aborto chimico alla
contraccezione d'emergenza. Riflessioni biomediche, etiche e giuridiche, Roma 2008.
8
M.L. DI PIETRO - R. MINACORI, «Sull'abortività della pillola estroprogestinica e di altri "con-
traccettivi"», in Medicina e Morale 46(1996), 863-900.
9
II magistero ha ribadito più volte la condanna della sterilizzazione diretta, in particolare: Pio
XI, Casti connubii, 31-12-1930: AAS 22(1930), 565; Pio XII, «Discorso al congresso dell'unione catto-
lica italiana ostetriche», 29-10-1951: AAS 43(1951), 843-844; PAOLO VI, Humanae vitae, 25-7-68, 14:
AAS 6 0 ( 1 9 6 8 ) , 4 9 0 ; CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Quaecumque sterilizatio: AAS
68(1976), 738-740; ID., «Risposte ai dubbi proposti circa l'isolamento uterino», 5-8-1993, in L'Osserva-
tore Romano, 31-7-1994; Catechismo della Chiesa cattolica, Città del Vaticano 1997, n. 2297.
CAP. 2 - LA PATERNITÀ RESPONSABILE 213
2.3. Contraccezione
I metodi contraccettivi sono metodi di controllo della fertilità che, pur
non avendo la gravità oggettiva dell'aborto e pur non avendo effetti irreversi-
bili come la sterilizzazione chirurgica, non sono moralmente accettabili. Rien-
trano nel novero dei contraccettivi chimici le pillole anovulatorie a base di
estroprogestinici, che bloccano il meccanismo ormonale che porta all'ovula-
zione. Questo meccanismo non vale per i preparati iniettabili e per le pillole
estroprogestiniche a basso dosaggio di estrogeno. I contraccettivi di barriera
sono invece finalizzati a impedire il contatto tra spermatozoi e ovulo (con-
dom, diaframma, tampone ecc.). Possiamo aggiungere ai metodi contraccetti-
vi anche il coitus reservatus (più spesso, impropriamente, detto coitus inter-
ruptus, nel quale l'uomo compie la penetrazione ma, retraendosi, evita di eia-
culare in vagina).
I mezzi contraccettivi, al di là di conseguenze di natura fisica e relazio-
nale che - specie in alcuni casi - non sono piccole, sono di per sé mezzi contro
il concepimento e sono posti come tali dalla coppia. L'infertilità del rapporto
coniugale è prodotta dalla coppia, di quel rapporto cioè che dovrebbe essere il
gesto espressivo dell'amore senza riserve che i coniugi si sono promesso. Si ha,
in tal modo, una scissione positiva, diretta e intenzionale di quei due significati
dell'atto coniugale, unitivo e procreativo, che secondo Humanae vitae 12 sono
inscindibili. L'atto che dice Vincondizionata donazione-accoglienza dell'altro
diventa, così, un atto condizionato, carico di riserve e deformato nella sua pie-
nezza antropologica.
Dal momento che la produzione dell'infertilità si ha per intervento della
coppia, vediamo operare in essa una dinamica difensiva nei confronti della
propria corporeità, che appare rischiosa in quanto contiene la potenza di tra-
smettere la vita. Nei metodi contraccettivi si esprime, in modo più o meno con-
sapevole, una mentalità anti-vita che, avendo smarrito senso e valore del dono
della vita umana, oscura anche il senso e il valore del corpo umano.
10
Nella seconda fase del ciclo, a ovulazione avvenuta, il progesterone rende il muco più scarso
e viscoso, trasformandolo in una barriera insormontabile per gli spermatozoi.
CAP. 2 - LA PATERNITÀ RESPONSABILE 215
Sui metodi naturali ci sono alcune obiezioni sulle quali è opportuno fer-
marsi perché frequentemente il pastore deve confrontarsi con esse.
a) Sono anch'essi metodi contraccettivi. Qualcuno afferma che anche i
metodi naturali sono in qualche modo contraccettivi, perché sono usati per lo
stesso scopo dei veri contraccettivi. Questo non è vero, perché non si tratta di
metodi che impediscono il concepimento, né che tolgono fecondità ad atti
coniugali di per sé fecondi. Questi metodi danno piuttosto alla coppia una
conoscenza su di sé che può essere impiegata tanto per la generazione di una
nuova vita, quanto per rinviarla responsabilmente, se questa appare essere la
volontà di Dio. Se una coppia ha un'intenzione anti-vita, espressione di una
mentalità contraccettiva, non si può parlare di paternità responsabile e non
sarà il ricorso a un metodo naturale a coonestare un'intenzione distorta.11
D'altra parte, se una coppia ha motivi legittimi per rinviare una nuova nascita,
ma ricorre a metodi contraccettivi, la buona intenzione non può togliere il
11
Alcuni, come G. Grisez, J. Boyle e J. Finnis, ritengono che una coppia che ricorra ai metodi
naturali con intenzioni cattive o egoistiche sia colpevole del peccato di contraccezione. Secondo altri,
pur trattandosi di un comportamento disordinato, non si può parlare di contraccezione in senso stret-
to; cf. W.H. MARSHNR, «Can a couple practicing NFP be practicing contraception?», in Gregorianum
77(1996), 677-704.
216 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: MATRIMONIO E FAMIGLIA
4- ORIENTAMENTI PASTORALI
12
Si veda una revisione della letteratura scientifica: P. FRANK-HERRMANN et ai, «The effec-
tiveness of a fertility awareness based method to avoid pregnancy in relation to a couple's sexual
behaviour during the fertile time: A prospective longitudinal study», in Human Reproduction 22(2007),
1210-1319.
218 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: MATRIMONIO E FAMIGLIA
13
CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Washington Case. Official Communication, 26-6-1971: EV
4/698. Abbiamo ritoccato la traduzione mettendo al posto di «giustificabile» «difendibile», perché il
testo originale inglese ha «defensible».
CAP. 2 - LA PATERNITÀ RESPONSABILE 219
Di fronte alle domande del penitente non si risponde più della domanda
stessa e se, rispondendo, si pensa di turbare il penitente è meglio evitare di
rispondere: il penitente infatti non va caricato inutilmente. C'è invece il dove-
re di illuminare il penitente quando il male materiale deriva dalla violazione
del bene comune o di valori inviolabili ed essenziali, come la vita. C'è quindi il
dovere di render noto a una donna che, per esempio, utilizza la spirale che si
tratta di un metodo virtualmente abortivo e non semplicemente di un con-
traccettivo.
Non dimentichiamo, poi, che talvolta un farmaco o un intervento medi-
co chirurgico possono procurare un impedimento stabile o transitorio alla
fecondità. È il caso dell'uso di farmaci di tipo estroprogestinico impiegati nella
terapia delle ovariti autoimmuni, per non parlare degli interventi di isterecto-
mia a motivo di tumori uterini. In questi casi l'effetto sterilizzante, pur previ-
sto, non è direttamente voluto, ma è un effetto collaterale che può essere tol-
lerato per ragioni proporzionatamente gravi. Questa applicazione casistica, da
spiegarsi in base alla dottrina dell'atto a duplice effetto, viene menzionata
espressamente in Humanae vitae 15.
La dottrina morale conosce anche situazioni particolari nelle quali il
ricorso a metodi veramente anovulatori può essere moralmente giustificato,
come nel caso della violenza sessuale, inclusa la situazione non rara, soprattut-
to in contesti umanamente degradati, della violenza intraconiugale. Comunque
si manifesti e da chiunque sia compiuta, la violenza sessuale costituisce una
grave invasione dello spazio intimo della persona: opera in essa l'attitudine
radicalmente distorta di chi vuole sottomettere l'altra persona ai propri desi-
deri, assolutamente incurante delle sue esigenze, della sua libertà e della sua
dignità, che vengono mortificate sotto tutti i profili. La donna violentata vive
l'esperienza avvilente e psicologicamente distruttiva di essere stata usata e
sfruttata come un oggetto. Il ricorso a un mezzo che impedisca il concepimen-
to assume, in tali contesti, i caratteri di un atto primariamente difensivo: esso,
14
Cf. PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA, Vademecum per i confessori su alcuni temi di
morale attinenti alla vita coniugale, 12-2-1997, parte 3,7-8.
220 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: MATRIMONIO E FAMIGLIA
15
Se ne riparla con cadenza tragicamente regolare in occasione di guerre accompagnate da stu-
pri, come in Congo negli anni '60 e in Bosnia negli anni '90: P. PALAZZINI - F. HÜRTH - F. LAMBRU-
SCHINI, «Una donna domanda: Come negarsi alla violenza?», in Studi Cattolici 5(1961), 62-72; G. PERI-
CO, «Stupro, aborto e anticoncezionali», in Aggiornamenti Sociali 44(1993), 449-457; M. RHONHEIMER,
«Minaccia di stupro e prevenzione: un'eccezione?», in Studi Cattolici 123(1995), 75-90; M. ZALBA, «La
portata del principio di totalità nella dottrina di Pio XI e Pio XII e la sua applicazione ai casi di vio-
lenza sessuale», in Rassegna di Teologia 9(1968), 225-237; ID., «Sobre la pildora anti-estupro: extrana
sorpresa entre moralistas de vanguardia», in Burgense 35(1994), 209-217. Si veda un nostro intervento
riguardo all'abuso sessuale sulle donne mentalmente handicappate: M. FAGGIONI, «Sessualità e affet-
tività nei disabili mentali», in Antonianum 82(2007), 125-148.
3
RAPPORTI PREAAATRIMONIALI
1• VALUTAZIONE ETICA
1
L. CICCONE, Etica sessuale, Milano 2004,155-172; G. DIANIN, Matrimonio, sessualità, fecondità,
Padova 2008,356-385; L. PADOVESE, Uomo e donna a immagine di Dio. Lineamenti di morale sessuale
e familiare, Padova 2001,113-118; G. Russo - T . FORZANO, «Problemi di bioetica sessuale», in G. Russo
(ed.), Bioetica della sessualità, della vita nascente e pediatrica, Leumann 1999,204-214; P. SCABINI - G.
CAMPANINI (edd.), Rapporti prematrimoniali e coscienza cristiana, Roma 1975; C. ZUCCARO, Morale
sessuale. Nuovo manuale di teologia morale, Bologna 1997,164-185.
222 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: MATRIMONIO E FAMIGLIA
2
La sessualità umana. Nuovi orientamenti nel pensiero cattolico americano, Brescia 1977,127.
CAP. 3 - RAPPORTI PREMATRIMONIALI 223
10,8; Ef 5,5; lTm 1,10; Eb 13,4; ICor 6,12-20), condanna l'impudicizia, la quale
certamente comprende l'unione sessuale esterna al matrimonio.
Il magistero ha «sempre inteso e insegnato» in questo senso il dato scrit-
turistico e la coscienza della Chiesa non ha mai dissociato l'unione sessuale
compiuta in verità dall'unione definitiva dell'uomo e della donna. A questo
proposito dobbiamo, però, notare che i testi magisteriali addotti nella nota 17
a conferma della continua riproposizione di tale dottrina si riferiscono in gene-
re alla fornicazione e, nel caso di Pio XI, al matrimonio ad tempus e ad experi-
mentum? Il matrimonio, poi, non è un semplice atto cerimoniale, ma corri-
sponde alle esigenze stesse dell'unione dell'uomo e della donna nell'amore,
cioè al valore e al significato sociale di tale unione sia per la coppia stessa, sia
per il bene della prole eventuale, sia per il bene e la conservazione della comu-
nità umana. Tale valore-significato sociale è ancor più netto in contesto cri-
stiano, nel quale l'unione uomo-donna costituisce il contenuto di «un sacra-
mento di Cristo» (Persona humana 7).
Gli argomenti - come si vede - sono diversi: alcuni sono strettamente
teologici (Scrittura, tradizione, magistero); altri sono di natura antropologica e
psicologica, ma tutti convergono nella tesi di fondo che l'unione sessuale del-
l'uomo e della donna, se vuole essere vera, deve essere espressione dell'unio-
ne di due esistenze personali in una storia ormai comune e condivisa. Una
posizione simile a Persona humana 7, anche dal punto di vista argomentativo,
la si trova in Orientamenti educativi sull'amore umano 95, introducendo il
paradigma - caro a Giovanni Paolo II - della sessualità come linguaggio e
quindi accentuando l'aspetto personalistico della norma proposta. In tale testo
si insiste in modo particolare sul fatto che
3
Nella nota 17 del documento sono riferiti alcuni testi magisteriali: INNOCENZO IV, Sub catho-
licae professione, 6 - 3 - 1 2 5 4 : DS 835; P i o II, Cum sicut accepimus, 1 4 - 1 1 - 1 4 5 9 : DS 1367; S. UFFIZIO,
Decreti d e l 2 4 - 9 - 1 6 6 5 : DS 2 0 4 5 , e 2 - 3 - 1 6 7 9 : DS 2 1 4 8 ; P i o X I , Casti connubii: AAS 2 2 ( 1 9 3 0 ) , 5 5 8 - 5 5 9 .
L'insegnamento di questi testi non è specifico perché essi si riferiscono alla fornicazione in genere e,
nel caso di Pio XI, al matrimonio ad tempus e ad experimentum.
224 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: MATRIMONIO E FAMIGLIA
2- ORIENTAMENTI PASTORALI
4
N. DE MARTINI, Sessualità linguaggio d'amore. La maturità sessuale aspetto della maturità glo-
bale, Cinisello Balsamo 21990, 256-280; T. STAFFORD, Aspettare insieme. Un'alternativa ai rapporti pre-
matrimoniali, Torino 21991.
CAP. 3 - RAPPORTI PREMATRIMONIALI 225
3. I RAPPORTI INTIMI
1
Si veda, per la situazione italiana: F. BELLETTI - P. BOFFI - A. PENNATI, Convivenze all'italia-
na. Motivazioni, caratteristiche e vita quotidiana delle coppie di fatto, Paoline, Milano 2007: F. D'AGO-
STINO - L. SANTOLINI (edd.), Famiglie e convivenze. Nuove tensioni nella società italiana, Siena 2007;
ISTAT, Matrimoni, separazioni e divorzi. Anno 2002, Roma 2006; A. URBANO, L'instabilità coniugale in
Italia. Evoluzione e aspetti strutturali. Anni 1980-1999, Roma 2001.
2
Riprendiamo in larga parte un nostro intervento: M. FAGGIONI, «Situazioni matrimoniali irre-
golari: aspetti teologico-morali», in Crisi coniugali: riconciliazione e contenzioso giudiziario, Città del
Vaticano 2001,119-125. Per approfondire: H. FRANCESCHI, Unioni di fatto, in PONTIFICIO CONSIGLIO
PER LA FAMIGLIA, Lexicon. Termini ambigui e discussi su famiglia, vita e questioni etiche, Bologna 2003,
835-851; A. FUMAGALLI, «Matrimonio e unioni di fatto. Quali differenze? Quali riconoscimenti?», in La
228 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: MATRIMONIO E FAMIGLIA
Senza dubbio l'amore umano tende alla perennità. La totalità che carat-
terizza la qualità coniugale dell'amore è attraversata dal tempo e diventa una
totalità che si dispiega nell'esistenza degli sposi come perennità dell'amore e
indissolubilità del patto nuziale che lo suggella. Se l'amore umano è fedele
sino alla morte per sua esigenza interna, come insegna Humanae vitae,3 tut-
tavia «nel matrimonio cristiano, in ragione del sacramento, consegue una
peculiare saldezza».4 L'indissolubilità del vincolo si radica - secondo la dot-
trina tridentina 5 - nel vangelo del matrimonio, cioè nella piena rivelazione e
restaurazione del progetto divino sul matrimonio che è operata da Gesù. L'a-
more umano, che di per sé tende alla totalità e alla perennità, è insidiato dal-
l'egoismo, dalla paura, dal tempo, dalla durezza del cuore, ma il Signore, libe-
rando l'uomo dalla durezza del cuore, risana le radici dell'amore umano:
paradossalmente, solo con l'aiuto della grazia sanante ed elevante l'amore
umano può essere fedele a se stesso e sviluppare tutte le sue esigenze e
potenzialità. L'indissolubilità, pur promanando dalla realtà creaturale del
matrimonio, è connessa nella sua dimensione di assolutezza e, in qualche
modo, nella sua stessa praticabilità con la grazia sacramentale propria del
matrimonio cristiano.
Nonostante il sostegno della grazia, per l'influsso di circostanze sfavore-
voli esterne e per la naturale fragilità dell'uomo, purtroppo anche il matrimo-
nio dei fedeli conosce l'esperienza del fallimento e della disgregazione ponen-
do pesanti interrogativi sul senso dell'indissolubilità e dello stesso istituto
matrimoniale, mettendo in pericolo la protezione e la tutela di eventuali figli,
Rivista del clero italiano 4(2007) 253-274: C. GIULIODORI, «Matrimonio e unioni di fatto», in Anthropo-
tes 22(2006) 17-49; D. TETTAMANZI, «Famiglia e unioni di fatto: considerazioni antropologiche ed eti-
che», in Familia et Vita 5/2(2000) 18-28; L. CICCONE, Etica sessuale, Milano 2004, 395-424; G. DIANIN,
Matrimonio, sessualità, fecondità, Padova 2008,155-194; B. HÄRING, Pastorale dei divorziati. Una stra-
da senza uscita?, Bologna 1990; A. LE BOURGEOIS, Cristiani divorziati risposati, Cinisello Balsamo
1991; G. MARCHESI, «Un problema per la Chiesa: la cura pastorale dei divorziati», in Civiltà Cattolica
(1994)1,486-495; G. MURARO, I divorziati risposati nella comunità cristiana, Milano 1994. Si veda anche
il numero monografico di CredereOggi 23(2003)136.
3
Cf. PAOLO VI, Humanae vitae, 25-6-1968, 9: «Caratteristiche e dimensioni necessarie proprie
dell'amore coniugale» («notae et necessitates coniugalis amoris propriae»).
4
CIC, can. 1056: «Unitas et indissolubilitas [...] in matrimonio christiano ratione sacramenti
peculiarem obtinent firmitatem» (cf. CIC '17, can. 1013, § 2). L'opinione prevalente, fino al Tridentino,
era che «già al matrimonio come semplice fatto naturale, conveniva che non potesse mai sciogliersi,
quantunque tale proprietà rampolli soprattutto dalla sua natura di sacramento» (Catechismus roma-
nus, p. 2, c. 8, q. 13). Alcuni teologi post-tridentini, come Azor e Vazquez, sostennero l'assoluta indis-
solubilità del matrimonio de iure naturali, ma prevalse, ripresa da Bellarmino e Sanchez, l'opinione tra-
dizionale che assolutamente indissolubile è solo il matrimonio sacramentale.
5
S. TRIDENTINA SYNODUS, Sessio XXIV, 11-11-1563, Doctrina de sacramento matrimonii: DS
1797-1799.
CAP. 4 - I CATTOLICI DIVORZIATI E RISPOSATI CIVILMENTE 229
causando, nel caso di nozze di divorziati, una situazione di frattura con la vita
ecclesiale che si coagula con l'esclusione dalla comunione eucaristica. Si tratta
di una problematica pastorale vasta e variegata che chiede di elaborare propo-
ste e percorsi il cui obiettivo sia la prevenzione e, dove possibile, la sanazione
delle situazioni matrimoniali irregolari. Non a torto l'accesso alla comunione
eucaristica dei divorziati risposati, pur essendo una questione particolare nel
contesto di un problema alquanto più articolato, essendo un'esclusione pesan-
te e densa di significati negativi, ha polarizzato l'attenzione di pastori, teologi e
giuristi, nonché - com'è ben comprensibile - dei fedeli direttamente coinvolti.
Il magistero è intervenuto in svariate occasioni sul tema. Segnaliamo in
particolare il documento pastorale dei vescovi italiani La pastorale delle situa-
zioni matrimoniali non regolari del 28 aprile 1979; i nn. 83-84 di Familiaris con-
sortio, esortazione post-sinodale pubblicata il 22 novembre 1981, che riflette i
lavori del V sinodo dei vescovi del 1980 dedicato alla famiglia; la lettera della
Congregazione per la dottrina della fede Circa la recezione della comunione
eucaristica da parte dei fedeli divorziati risposati del 14 settembre 1994.
In sintesi, i punti fermi dell'insegnamento magisteriale sono i seguenti:
- i fedeli divorziati e risposati si trovano in una situazione oggettiva-
mente contrastante con il vangelo del matrimonio;
- essi non sono esclusi dalla comunione con la Chiesa e sono chiamati a
prendere parte, per quanto possono, alla vita della comunità ecclesiale;
- la loro comunione con la Chiesa è tuttavia, a motivo della loro situa-
zione matrimoniale, imperfetta, per cui non possono accedere all'eucaristia
che di questa comunione ecclesiale è il segno.
2- VIE DI SOLUZIONE
6
VESCOVI DELL'OBERRHEIN, Per l'accompagnamento pastorale di persone con matrimoni falli-
ti, divorziati e divorziati risposati, 10-7-1993 (trad. it. Il Regno. Documenti [1993], 613-622).
7
Così, all'inizio degli anni '70, esponeva quest'impostazione B. SCHÜLLER, La fondazione dei
giudizi morali. Tipi di argomentazione etica nella teologia morale cattolica, Assisi 1975, 120: «Nella
discussione che oggi se ne fa, si può osservare la tendenza a interpretare l'indissolubilità del matrimo-
nio immediatamente come imperativo morale per una fedeltà fino alla morte [...]. Supponiamo ora
che uno abbia infranto la sua promessa di fedeltà coniugale e che viva con un altro partner in un secon-
do matrimonio contratto secondo le leggi civili. Sul piano morale costui può aver peccato mortalmen-
te. Nello stesso tempo però egli in genere non si trova più di fatto in condizione di riparare il male arre-
cato [...]. Egli ha però sempre aperta la possibilità di pentirsi della sua colpa morale. Una volta realiz-
zata questa possibilità, non si capisce perché non debba essergli permessa l'eucaristia».
8
Cf. A. FUMAGALLI, «Le situazioni matrimoniali irregolari. Disciplina ecclesiale e misericordia
evangelica», in La rivista del clero italiano (2004)7/8,530-540.
CAP. 4 - I CATTOLICI DIVORZIATI E RISPOSATI CIVILMENTE 231
Per la indissolubilità o dissolubilità del matrimonio non può nella Chiesa valere
altra norma e prassi se non quella stabilita da Dio, autore della natura e della
grazia. Al quale riguardo due sono i passi dei Libri santi che in un certo modo
indicano i limiti entro i quali la soluzione del vincolo deve rimanere e che esclu-
dono sia il lassismo odierno sia il rigorismo contrario alla volontà e al mandato
divino. L'uno è: quod Deus coniunxit, homo non separet (Mt 19,6); vale a dire,
9
Tra i fautori di questa via: B. HARING, Pastorale dei divorziati. Una strada senza uscita?, Bolo-
gna 1990 (soprattutto 43-55); A. LE BOURGEOIS, Chrétiens divorcés remariés, Paris 1990 (soprattutto
140-155).
10
Cf. C/C, can. 1143, § 1. Si veda: L. SABBARESE - E. FRANK, Scioglimento in favorem fidei del
matrimonio non sacramentale. Norme e procedura, Roma 2010.
11
Cf. C/C, can. 1142.
12
C/C, can. 1141.
232 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: MATRIMONIO E FAMIGLIA
non l'uomo, ma Dio può separare i coniugi e quindi è nulla la separazione ove
Dio non scioglie il loro vincolo. L'altro è: Non servituti subiectus est frater aut
soror [...]; in pace autem vocavit nos Deus (ICor 7,15); vale a dire, non vi è più
servitù né vincolo ove Dio lo scioglie e permette così al coniuge di passare leci-
tamente a nuove nozze.
In ogni caso, la norma suprema seconda la quale il Romano Pontefice fa uso
della sua potestà vicaria di sciogliere matrimoni, è quella che già in principio
abbiamo additata come la regola dell'esercizio del potere giudiziario nella Chie-
sa, vale a dire la salus animamm, per il cui conseguimento così il bene comune
della società religiosa e in generale dell'umano consorzio, come il bene dei sin-
goli trovano la dovuta e proporzionata considerazione.13
13
Pio XII, Allocuzione ai giudici della Rota Romana, 3 ottobre 1941, in AAS 33 (1941) 425-426.
14
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Circa la ricezione della comunione eucari-
stica da parte dei fedeli divorziati risposati, 6; cf. CCC 1640.
15
J.A. CORIDAN, The indissolubility added to the Christian marriage by consummation, Roma
1961; W. KELLY, Pope Gregory on Divorce and Remarriage, Roma 1976; L. LIGIER, Il matrimonio que-
stioni teologiche e pastorali, Roma 1988, 62-72; 84-98; M. MACCARONE, «Sacramentalità e indissolubi-
lità del matrimonio nella dottrina di Innocenzo III», in Lateranum 44(1978), 449-514. La consummatio
(dal verbo consummari, condurre a compimento) definisce il momento perfettivo del matrimonio: gli
antichi canonisti distinguevano fra matrimonium initiatum e matrimonium perfectum o consummatum.
16
B. PETRÀ, Il matrimonio può morire? Studi sulla pastorale dei divorziati risposati, Bologna
1996 (con ampia bibliografia).
CAP. 4 - I CATTOLICI DIVORZIATI E RISPOSATI CIVILMENTE 233
Sono incapaci di contrarre matrimonio: 1°, coloro che mancano di sufficiente uso
di ragione; 2°, coloro che difettano gravemente di discrezione di giudizio circa i
diritti e i doveri matrimoniali essenziali da dare e accettare reciprocamente; 3°,
coloro che per cause di natura psichica non possono assumere gli obblighi essen-
ziali del matrimonio.
3. ATTEGGIAMENTI PASTORALI:
PREVENIRE, CURARE, ACCOGLIERE
17
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Circa la ricezione della comunione eucari-
stica da parte dei fedeli divorziati risposati, 9; cf. P. BIANCHI, «Nullità di matrimonio non dimostrabili.
Equivoco o problema pastorale?», in Quaderni di diritto ecclesiale (1993)6,280-297.
18
Dal magistero episcopale, oltre ai citati documenti dei vescovi italiani e dell'Oberrhein, ricor-
diamo: CEI, Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa italiana, Roma 1993,166-191; COMMISSION
FAMILIALE DE L'ÉPISCOPAT, Les divorcés remariés dans la communauté chrétienne, Paris 1992; cf. R.L.
BURKE, «I divorziati risposati in un recente documento della Chiesa in Francia», in Quaderni di dirit-
to ecclesiale (1993)6, 261-279. Segnaliamo il numero della rivista del Pontificium Consilium pro fami-
lia interamente dedicato al nostro tema: Familia et vita 2(1997), 2.
CAP. 4 - I CATTOLICI DIVORZIATI E RISPOSATI CIVILMENTE 235
19
F . R . AZNAR - J.R. FLECHA ANDRES, « A d m i s i ó n a la c o m u n i ó n e u c a r ì s t i c a d e l o s d i v o r c i a d o s y
casados civilmente de nuevo», in Salmanticensis 42(1995), 235-277; G. MARCHESI, «Un problema per la
Chiesa: la cura pastorale dei divorziati», in Civiltà cattolica (1994)1,486-495; M.F. POMPEDDA, «La que-
stione dell'ammissione ai sacramenti dei divorziati civilmente risposati», in Notitiae (1992)28,472-483.
236 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: MATRIMONIO E FAMIGLIA
QUESTIONI
ETICO-PASTORALI
Parte seconda:
Disordini sessuali
Dopo aver studiato alcune questioni emergenti nel campo della morale
matrimoniale, vedremo alcune situazioni fra loro molto diverse che potremmo
raccogliere sotto il titolo generale di disordini dell'area sessuale.
Vedremo dapprima un comportamento ubiquitario e polimorfo, quello
della masturbazione (capitolo 1) espressioni di dinamiche personali diverse e
bisognoso di una analisi non superficiale. Per forza di cose molto articolato
sarà il capitolo dedicato alla condizione omosessuale, condizione variegata e in
qualche modo sfuggente, in cui ogni tentativo di comprensione sembra sfidare
le coordinate antropologiche e normative in cui si è strutturato Yethos cristia-
no (capitolo 2). Il capitolo seguente sarà dedicato alla pedofilia, una delle
patologie del comportamento sessuale note come parafilie, presenti da sempre
nella tassonomia delle perversioni, ma ultimamente fatta oggetto di approfon-
dita considerazione per i suoi inquietanti riflessi sociali (capitolo 3). Vedremo
poi i problemi legati a un anomalo sviluppo del sesso corporeo, generalmente
noti come stati intersessuali o disordini dello sviluppo sessuale (capitolo 4). Per
l'importanza che ha l'esperienza del corpo nella crescita armonica della ses-
sualità personale, si comprende la ferita, a volte profonda, causata da queste
patologie. Affronteremo, quindi, il vissuto transessuale, esperienza devastante
di un'opposizione fra sesso corporeo e sesso psichico e, in particolare, tra feno-
tipo e identità di genere (capitolo 5).
Nell'affrontare questioni così scottanti avremo bisogno di ricorrere ai
dati offerti dalle scienze mediche e psicologiche, ma senza dimenticare che la
forma caratterizzante la nostra riflessione deve essere quella teologica. Scrive-
va, a questo proposito, Giannino Piana:
Proprio la ricerca scientifica, se assunta nella globalità dei suoi contributi, evi-
denzia la ricchezza inesauribile di potenzialità e di significati reconditi che la ses-
sualità possiede. Paradossalmente si può dire che quanto più essa è fatta ogget-
240 SEZIONE II - QUESTIONI ETICO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
to di analisi scientifica, tanto più emerge nella sua profonda mistericità. Per que
sto i dati delle scienze non vanno assolutizzati, bensì interpretati mediante l'uti
lizzazione di categorie filosofiche, che consentano di verificare l'attendibilità e 1,
correttezza dei processi mediante i quali le scienze e le ideologie si sviluppano i
di pervenire, nello stesso tempo, all'individuazione di alcune strutture portant
dell'esperienza sessuale, per coglierne i significati ultimi ed irrinunciabili.1
1
G. PIANA, «Orientamenti di etica sessuale», in T. GOFFI - G. PIANA (edd.), Corso di morale, 2:
Diakonia. Etica della persona, Brescia 2 1990,270.
1
LA MASTURBAZIONE
1• FREQUENZA E TIPOLOGIA
1
II Catechismo della Chiesa cattolica al n. 2352 definisce la masturbazione come «l'eccitazione
volontaria degli organi genitali, al fine di trarne un piacere venereo».
2
Cf. J.N. ADAMS, The latin sexual vocabulary, Baltimore 1990, 209-211. In latino, stando agli
autori e alle testimonianze epigrafiche, per indicare il masturbare si ricorreva più comunemente ad
altri termini: frico e sollicito, contrecto, tero ecc.
3
G. CAPPELLI, «Autoerotismo», in Nuovo dizionario di teologia morale, 60-70; L. CICCONE,
Etica sessuale, Milano 2004,143-154; A. PLÈ - A. RIVA - L. Rossi, La masturbazione. Profilo teologico,
psicologico, morale e pastorale, Torino 1968; G. Russo - T . FORZANO, «Problemi di bioetica sessuale»,
in G. Russo (ed.), Bioetica della sessualità, della vita nascente e pediatrica, Leumann 1999,184-192. M.P
FAGGIONI, «Il peccato segreto: la masturbazione fra storia e morale», in Studia Moralia 48(2010) 143-
193.
242 SEZIONE II - QUESTIONI ETICO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
sessi. In uno studio statunitense pubblicato nel 2007 relativo a soggetti fra i 18
e i 60 anni, riferisce atti masturbatori il 61% dei maschi e il 38% delle femmi-
ne.4 In uno studio del 2008 riferito alla popolazione inglese, è risultato che
nella fascia dei soggetti fra i 16 e i 44 anni si era masturbato nel mese antece-
dente l'inchiesta il 73% degli uomini e il 36.8% delle donne e dati provenien-
ti da studi diversi sono sostanzialmente sovrapponibili a questi.5 In uno studio
statunitense dedicato alla popolazione anziana, fra i 57 e gli 85 anni, è risulta-
to che nell'anno precedente l'inchiesta avevano avuto un'attività masturbato-
ria circa il 52% degli uomini e il 23% delle donne, senza grandi differenze fra
persone con relazioni di coppia o singole.6
Dal momento che la pratica masturbatoria risponde a motivazioni e
dinamiche personali diverse, per una corretta formulazione del giudizio mora-
le nei singoli casi e per una fruttuosa opera di educazione occorre tener conto
dei diversi contesti esistenziali nei quali tale pratica si colloca.7 Dal punto di
vista etico e pastorale sembra utile, pertanto, distinguere diverse situazioni.
Nella masturbazione infantile, più frequente verso gli 8-10 anni, prevale
la semplice ricerca di gratificazione fisica, mancando la consapevolezza del
significato sessuale dell'atto e non essendo presenti fantasie erotiche struttu-
rate. La masturbazione adolescenziale è legata alle tipiche dinamiche psicofisi-
che della pubertà e si accompagna, di regola, a fantasie erotiche. È l'espressio-
ne di una sessualità che tende alla sua piena definizione, ma che si trova anco-
ra in una fase immatura, segnata dall'ondeggiare tra il ripiegamento narcisisti-
co e l'apertura alla relazione di tipo adulto.8 Il corpo che, con i suoi rapidi cam-
biamenti, sgomenta l'adolescente, viene scoperto come corpo sessuato e, in
quanto tale, fonte di piacere. Non di rado l'adolescente mette in atto compor-
tamenti masturbatori come compensazione a livello genitale di conflitti extra-
sessuali e quindi come segno di reazione, protesta o rivalsa dinanzi a frustra-
zioni di varia natura. La masturbazione a scopo compensatorio, comune a livel-
4
D.A.S. ANIRUDDHA, «Masturbation in the United States», in Journal of sex and marital the-
rapy (2007)33,301-317.
5
M . G . ERRESU - C. MERCER - C . A . GRAHAM et al, « P r e v a l e n c e of m a s t u r b a t i n g a n d a s s o c i a -
ted factors in a british national probability survey», in Archive of Sexual Behaviour (2008)37,266-278.
6
S. TESSLER LINDAU - L.P. SCHÜMM - E . O . LAUMANN et al., « A s t u d y o f s e x u a l i t y a n d h e a l t h
among older adults in the United States», in New England Journal of Medicine (2007)335,162-11A.
Tenendo conto che non di rado le difficoltà sessuali dell'età portano a praticare la masturbazione reci-
proca, nel questionario si specificava che per masturbazione si intende «stimulating your genitals (sex
organs) for sexual pleasure, not with a sex partner». I dati medi sono riferiti a tutta la popolazione stu-
diata ma, com'è intuibile, scorporando i dati, si constata che l'attività masturbatoria, così come l'atti-
vità sessuale in genere, declina con l'età; cf. J. DELAMATER - S.M. MOORMAN, «Sexual behavior in later
life», in Journal of aging health (2007)19, 921-945.
7
Cf. I.M. MARCUS - J.J. FRANCIS (edd.), Masturbation. From infancy to senescence, N e w York
1995.
8
T. SHAPIRO, «Masturbation, sexuality, and adaption: normalization in adolescence», in Journal
of the american psychoanalytic association (2008)56,123-146.
CAP. 1 - LA MASTURBAZIONE 243
2- VALUTAZIONE ETICA
Per gli antichi non pare che l'attività masturbatoria creasse imbarazzo
e difficoltà.10 In alcuni miti di origine egizi, la genealogia degli dei derivereb-
9
R. IRONS - J.P. SCHNEIDER, «Differential diagnosis of addictive sexual disorders using the
D S M - I V » , in Sexual addiction & compulsivity ( 1 9 9 6 ) 3 , 7 - 2 1 ; D.J. STEIN - D . W . BLACK - W. PIENAAR,
«Sexual disorders not otherwise specified: compulsive, addictive, or impulsive?», in CNS spectr.
(2000)5, 60-64.
10
Negli ultimi anni, spesso ispirandosi alle suggestioni di M. Foucault e della scuola costru-
zionista, si sono moltiplicati gli studi sulla comprensione della masturbazione nel tempo, essendo la
comprensione del fenomeno masturbatorio strettamente connessa con la comprensione generale
della sessualità e, quindi, del sé: P. BENNEYY - V.A. ROSARIO (edd.), Solitary pleasures: the historical,
244 SEZIONE II - QUESTIONI ETICO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
literary, and artistic discourses of auto eroticism, New York 1995; T.W. LAQUEUR, Solitary sex: a cultu-
ral history of masturbation, New York, 2003 (trad. it. Sesso solitario. Storia culturale della masturba-
zione, Milano 2007).
11
DIOGENE LAERZIO, Vitae philosophorum V I , 69; cf. DIONE CRISTOSTOMO, Discorso VI, Con-
tro la tirannide 16-20; PLUTARCO, De stoicorum repugnantiis 1044b. Dobbiamo anche segnalare alcune
testimonianze letterarie latine in cui si dimostra una certa riprovazione della masturbazione dell'adul-
to: MARZIALE, Epigrammi II, 104; 9,42; 14,203: Murat. 927,15.
12
ERONDA, Mimiambi VI. Questo strumento era denominato anche òlisbos; cf. ARISTOFANE,
Lysistrata 109; CRATINO, frag. 78.
CAP. 1 - LA MASTURBAZIONE 245
sa nel contesto del generale invito etico-ascetico alla castità.13 Con l'affinarsi
dell'elaborazione morale e con la tematizzazione del significato procreazioni-
sta della sessualità, la masturbazione venne messa sempre più in evidenza
come trasgressione del retto uso delle facoltà generative.
I penitenziali medievali prevedevano pene specifiche per gli atti mastur-
batori e, benché si trattasse di pene più miti che per altri disordini sessuali, ci
colpiscono per il loro rigore. Uno dei più antichi, se non il più antico, il Peni-
tenziale di san Colombano, prescriveva «per il peccato di masturbazione un
anno di digiuno, se il colpevole è ancora giovane».14 Più indulgente il Peniten-
ziale di Teodoro di Tarso, che prevedeva quaranta giorni di penitenza per la
masturbazione nell'uomo e nella donna. 15
Con Incmaro di Reims nel IX secolo,16 ma soprattutto con il Liber
gomorrhianus di san Pier Damiani nell'XI secolo, diventerà comune accostare
la masturbazione degli adulti alle pratiche sodomitiche fra maschi nell'ambito
dei peccati contro natura i quali comportano una dispersione di seme al di fuori
dell'unione sessuale procreativa.17 San Tommaso si muove nella duplice pro-
spettiva del retto uso del piacere sessuale e della conformità degli atti sessuali
alle dinamiche della natura umana e spiega che, fra i peccati di lussuria, espres-
sione del vizio di intemperanza, il vizio contro natura ha un particolare motivo
di deformitas, perché è contrario al significato umano della sessualità. La prima
di queste trasgressioni della regola della natura è, appunto, la polluzione volon-
taria fuori dell'atto sessuale, detta anche immunditia, impurità, o mollities.ls
13
Si vedano oltre alle opere citate nella nota 3: G. CAPPELLI, Autoerotismo. Un problema mora-
le nei primi secoli cristiani?, Bologna 1986; D. ELLIOTT, Fallen bodies: pollution, sexuality, and demo-
nology in the middle ages, Philadelphia (Penn.) 1998.
14
C. VOGEL, Il peccatore e la penitenza nel medioevo, Leumann 1970,92. Sembra davvero ecces-
sivo - per la nostra sensibilità - un anno di digiuno per un atto masturbatorio, tenendo conto che l'o-
micidio e la sodomia sono puniti nel medesimo Penitenziale con dieci anni di digiuno e la fornicazio-
ne di un diacono con una donna, in caso di peccato occulto, con cinque anni di digiuno. Ricordiamo,
comunque, che le penitenze potevano essere commutate secondo equivalenze prestabilite: per esem-
pio i Canones hibernenses del VI secolo prevedono che un digiuno di un anno possa essere compensa-
to con tre giorni passati senza bere né mangiare sulla tomba di un santo o passare tre giorni e tre notti
in una chiesa senza vestiti, senza sedersi, senza bere, né mangiare, né dormire (VOGEL, Il peccatore e la
penitenza nel medioevo, 99-100).
15
TEODORO DI TARSO, Poenitentiale, lib. I, De fornicatione, 9: «Si se ipsum coinquinat, XL. dies
[peniteat.] 13. Si sola cum se ipsa coitum habet, sic peniteat».
16
INCMARO DI REIMS, De divortio Lotharii et Tetbergae, interr. XII: PL 125,693A-C9. Secondo
il teologo carolingio, i peccati sodomitici consistono nell'esercizio della genitalità e nella ricerca del
piacere al di fuori dell'unione coniugale procreativa, sia che si tratti di rapporti fra maschi, sia tra fem-
mine (usando, per esempio, falli artificiali) sia di congiungimenti bestiali (cum pecore), sia di polluzio-
ne volontaria, sia di atti genitali non procreativi con la moglie.
17
Cf. S. PIER DAMIANI, Liber gomorrhianus, c. 2: « Alii siquidem secum, alii sibi invicem inter se
manibus virilia contrectantes inquinantur, alii inter femora, alii fornicantur in terga». Poco più avanti
si ha un preciso riferimento al seme come causa del contagio morale: «qui per semetipsos egesta semi-
nis contagione sordescunt» (K. REINDEL, Die Briefe des Petrus Damiani, München 1983,1,287-288: PL
145,16). Si veda anche la lettera Ad splendidum nitentis di papa Leone IX (DS 688).
18
Dal medioevo, il termine mollities, connesso con mollis (greco malakòs) era spesso usato per
indicare la masturbazione. Notiamo, però, che di solito san Tommaso spiega correttamente i molles di
246 SEZIONE II - QUESTIONI ETICO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
La natura ha negato all'uomo l'emissione del seme fuori del matrimonio, in ogni
circostanza, perché [nella masturbazione] il godimento del piacere è così forte
che gli uomini, accecati dalla passione, si convincerebbero facilmente di avere un
valido motivo per eccitare il seme. Ne deriverebbero molti e gravi danni per il
bene comune e ne risulterebbe ostacolata la generazione. 20
lCor 6,9 con «muliebria patientes», cioè omosessuali passivi. Ad esempio TOMMASO D'AQUINO, STh
II-II, q. 138, a. 1, arg. 1: «Super illud I ad Cor. VI, neque adulteri neque molles neque masculorum con-
cubitores, Glossa exponit molles, idest pathici, hoc est muliebria patientes» (cf. Super I Cor., c. 6, lec. 2:
«Neque molles, id est, mares muliebria patientes, neque masculorum concubitores, quantum ad agen-
tes in ilio vitio»).
19
Cf. L. VEREECKE, Da Guglielmo d'Ockham a sant'Alfonso de Liguori, Cinisello Balsamo
1990,656-701.
20
T. SÀNCHEZ, De sancto matrimonii sacramento, IX, d. 17: «Natura administrationem seminis,
extra matrimonium, in omni eventu, homini denegavit, eo quod adeo vehementer sit in ea re [seil.
masturbatione] sensus voluptatis, ut homines passione excaecati, passim sibi facile persuaderent habe-
re se iustam causam irritandi seminis, unde plurima gravissimaque vitia contra bonum comune et in
impeditione generationis emergerent»; cf. H. BUSEMBAUM, Medulla theologiae moralis III, t. 4, c. 2, d. 4;
S. ALFONSO, Theologia moralis III, t. 4, c. 2, d. 4 (Gaudé n. 476,697).
21
J. CARAMUEL, Teologia intentionalis, Lione 1664, IV, n. 1965: «Mollities iure naturae prohibi-
ta non est. Unde si Deus eam non interdixisset, saepe esset bona et aliquando obbligatoria sub morta-
li» (cf. ID., Theologia moralis, Lovanio 1645, IV, n. 1603).
CAP. 1 - LA MASTURBAZIONE 247
22
Cf. DS 2149. La frase era stata colpita dalla censura dell'Università di Lovanio nel 1653 e fu
sottoposta al Sant'Uffizio da un gruppo di teologi fautori del baianismo.
23
Questo scarso interesse per il mondo infantile può essere spiegato con la nota tesi di Ariès
sul disinteresse dell'antichità e del Medioevo per l'infanzia, ma soprattutto dobbiamo tener presente
che per gli antichi e i medievali la nozione di adulto comprendeva agevolmente tutta la nostra adole-
scenza: la masturbazione di quello che per noi è un ragazzo, era pertanto equiparata alla masturbazio-
ne di un adulto.
24
GERSON, Tractatus de modo inquirendi peccata in confessione, II, 453-454, De confessione
mollitiei: «/gitur post aliqua colloquia de alii materiis aut vitiis familiariter ac affabiliter non austere
facta, descendat gradatim & quasi ab obliquo Confessor ad inquisitionem hujusmodi peccati, sic dicen-
do: u Amice, recordaris quòd unquam in pueritia tua circa 10 aut 12 annos tua virga, vel membrum
pudendi, fuerit erecta?". Si dicit quod non, statim convincitur mendacii, & quod vult fingere & timet
capi, quia constat hoc omnibus pueris non vitiatis corpore, dum calefacti sunt in lecto vel alias saepe
contingere. Idcirco magis ac magis aperte debet urgere ut dicat veritatem. Item Confessor, si ille sit
juvenis praecipue : "Amice, nunquid istud erat indecens ? Quid ergo faciebas ut non erigere tur ?" Et
dicatur hoc vultu tranquillo, ut appareat quod illud quod quaeritur non sit inhonestum vel silendum, sed
quasi remedium contra praefatam erectionis praetensam inhonestatem. Si nolit respondere, piane peta-
tur consequenter: "Amice, nunquid palpabas aut fricabas virgam tuam quemadmodum pueri solent?"».
25
Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, par une Société de
Gens de lettres, 1765
248 SEZIONE II - QUESTIONI ETICO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
26
Onania; or, the heinous sin of self-pollution, and all its frightful consequences, in both sexes,
considered, London 1723: Boston 1924. Reprinted in The secret vice exposed! Some arguements again-
st masturbation, New York 1974.
27
S.A. TISSOT, L'onanisme. Dissertation sur les maladies produites par la masturbation, 1764
(ristampa: Paris 1980). Si veda: J. STENGERS - A. VAN NECK, Histoire d'une grande peur, la masturba-
tion,, Paris 1998.
CAP. 1 - LA MASTURBAZIONE 249
o per contenere gli organi sessuali dei ragazzi, impedendo ogni tentativo di
masturbazione. 28
Sarà S. Freud a sostenere apertamente la positività della masturbazione
infantile nell'ambito dello sviluppo normale della sessualità e questa idea,
variamente ripresa e tematizzata, segnò un mutamento radicale nella conside-
razione della masturbazione. Nella seconda metà del secolo XX, sotto l'influs-
so delle scienze umane, si è assistito a una completa inversione di tendenza
rispetto alla condanna dell'onanismo decretata dalla scienza del Sette-Otto-
cento, per non parlare della condanna morale del passato. Dal punto di vista
della psicologia, la masturbazione svolgerebbe addirittura una funzione positi-
va nello sviluppo della persona, nell'equilibrio psicofisico e nello stabilimento
di un'adeguata autostima. Nel volume dal titolo altamente significativo La
masturbazione come mezzo per conseguire la salute sessuale, il prof. Coleman
scrive che tra gli psicologi contemporanei «c'è l'impegno fondamentale di nor-
malizzare la masturbazione». 29
Sotto l'influsso di questa letteratura che ritiene la masturbazione, specie
quella dei bambini e degli adolescenti, un fenomeno statisticamente normale
dell'evoluzione della sessualità, alcuni moralisti cattolici hanno cominciato a
dubitare dell'oggettiva gravità della masturbazione e si sono mostrati piutto-
sto indulgenti in proposito, sostenendo che si dovrebbe parlare di «colpa reale
e grave» solo nella misura «in cui il soggetto cedesse deliberatamente ad
un'autosoddisfazione chiusa in se stessa (ipsazione), perché in tal caso l'atto
sarebbe radicalmente contrario a quella comunione amorosa tra persone di
diverso sesso»30 in cui sta il senso ultimo della sessualità. In questa posizione
due elementi indubbiamente veri (l'alta frequenza statistica e l'individuazione
dell'elemento formale della trasgressione grave) sono usati per trarne una con-
clusione discutibile: la masturbazione, essendo un fenomeno normale, è da
considerarsi atto ordinariamente leggero e, solo in casi singoli ed eccezionali,
grave. Contro queste opinioni, il magistero in Persona humana 9, poi ripreso
dal Catechismo della Chiesa cattolica 2352, ha ribadito il rifiuto morale della
masturbazione definendola «un grave disordine morale».
La dichiarazione Persona humana contesta l'idea che la normalità stati-
stica, alla quale fanno riferimento psicologia e sociologia, possa essere ribalta-
ta in normalità morale o criterio di verità etica. La diffusione e la tolleranza del
28
Negli anni '30 del XX secolo un autorevole e consultatissimo lavoro di medicina pastorale
ancora li consigliava, con tutta tranquillità, per risolvere i casi più resistenti: G. ANTONELLI, Medicina
pastoralis, Roma 1932, II, 237-238.
29
W. BOCKING - E. COLEMAN (edd.), Masturbation as a means of achieving sexual health, Bin-
ghanton (NY) 2002,8: «There is the basic task of "normalizing" masturbation».
30
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Persona humana 9.
250 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
anche se non si può stabilire con certezza che la Scrittura riprova questo pecca-
to con una distinta denominazione, la tradizione della Chiesa ha giustamente
inteso che esso veniva condannato nel Nuovo Testamento, quando questo parla
di impurità, di impudicizia, o di altri vizi, contrari alla castità e alla continenza.
Si rimanda, quindi, ad alcuni testi del magistero che, a partire dalla lette-
ra di plauso che papa Leone IX inviò a san Pier Damiani per il Liber
gomorrhianus, respingono formalmente la masturbazione. 31
31
LEONE I X , Ad splendidum nitentis, 1 0 5 4 : DS 6 8 7 - 6 8 8 ; S. UFFIZIO, Decreto, 2 - 3 - 1 6 7 9 : DS 2149;
P i o X I I , Allocuzione, 8 - 1 0 - 1 9 5 3 : AAS 4 5 ( 1 9 5 3 ) , 6 7 7 - 6 7 8 .
CAP. 1 - LA MASTURBAZIONE 251
3. ORIENTAMENTI PASTORALI
32
A. NALESSO, Sulla capacità dell'adolescente al peccato grave contra sextum. Contributo alla
formazione di un criterio di valutazione morale del fenomeno masturbatorio dell'adolescenza, Roma
1971.
33
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Persona humana 9; cf. Catechismo della
Chiesa cattolica 2352: «Al fine di formulare un equo giudizio sulla responsabilità morale dei soggetti e
per orientare l'azione pastorale, si terrà conto dell'immaturità affettiva, della forza delle abitudini con-
tratte, dello stato d'angoscia o degli altri fattori psichici o sociali che possono attenuare, se non addi-
rittura ridurre al minimo, la colpevolezza morale».
252 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
34
CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA, Orientamenti educativi sull'amore umano,
99-100. Si veda: C. CIOTTI - S. RIGON, «La masturbazione. Considerazioni psicodinamiche», in Tredi-
mensioni. Psicologia spiritualità formazione 5(2008), 303-312.
CAP. 1 - LA MASTURBAZIONE 253
fettiva, che deve essere attentamente studiata nel tempo precedente un impe-
gno definitivo, o se non sia piuttosto l'emergere di una vocazione diversa. In
ogni caso, in ambito formativo il fenomeno masturbatorio non va minimizzato.
Fra i consacrati possiamo incontrare persone che lottano, le quali vanno
sostenute e incoraggiate a confessarsi spesso, vincendo la stanchezza e la ver-
gogna e ricordando che il fine della castità è la carità, ma possiamo anche
incontrare persone che non lottano più e che, forse, hanno smesso di credere
alla propria vocazione o che hanno accettato una situazione ambigua e, alla
fine, nevrotizzante. A queste persone sfiduciate dobbiamo consigliare una seria
revisione di vita e un rinnovato esame delle loro motivazioni vocazionali. In
generale, quando siamo a contatto con una persona consacrata che abbia com-
messo colpa grave, specie in materia sessuale, bisogna saper valorizzare anche
la vergogna e il dolore come spazio di libertà che si apre nel peccato e come
espressione di un appello alla fedeltà che sgorga dal profondo della persona;
può essere utile anche chiedere alla persona che cosa consiglierebbe a un peni-
tente che si trovasse nelle sue stesse condizioni, perché questo aiuta a uscire
dal tunnel della propria colpa e a guardare con maggiore serenità alla propria
situazione; infine è essenziale rinnovare la stima e la fiducia, magari chieden-
do noi stessi, se il penitente è sacerdote e se lo desideriamo veramente, di esse-
re confessati da lui.
35
Cf. A.G. SPAGNOLO et al., «Valutazione scientifica ed etica di un metodo per il prelievo dia-
gnostico del liquido seminale umano», in Medicina e morale 43(1993), 1189-1203.
254 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
L'uso del condom (che si può chiedere ovviamente solo agli sposati) pre-
senta qualche difficoltà per il trasporto celere del materiale e per il fatto che i
profilattici in commercio non danno tutte le garanzie necessarie di asespsi e di
composizione del lattice; inoltre non tutti riescono ad avere rapporti coniuga-
li a comando. I sistemi più indaginosi o addirittura cruenti sono esclusi o per-
ché gravati di forti rischi o perché il seme che se ne ottiene non è del tutto ido-
neo per gli scopi.
Di gran lunga più diffusa è la pratica della masturbazione o manipolazio-
ne dei genitali, cui si va affiancando in qualche centro il vibratore che - essen-
do calibrato su una fascia di frequenze che non stimolano i recettori della sen-
sibilità cosciente - produce emissione di seme senza le sensazioni piacevoli
tipiche della masturbazione. Dal punto di vista morale il metodo della mastur-
bazione presenta problemi: essendo, infatti, la masturbazione un disordine
oggettivo, qualunque sia lo scopo per cui essa si compie resta un male e il fine
buono, si sa, non giustifica i mezzi cattivi. In questo senso si espresse nel 1929
il Sant'Uffizio. 36
Alcuni moralisti contemporanei hanno però sottolineato la differenza
fra un atto masturbatorio vero e proprio e una manipolazione dei genitali
senza componenti autoerotiche, in cui mancherebbero la malizia della mastur-
bazione e, quindi, l'oggettività del disordine.37 L'opinione ha una sua logica, è
stata sostenuta da autori non secondari, e non è stata rifiutata espressamente
dal magistero recente, per cui può essere seguita come opinione almeno pro-
babile. A mio avviso, queste argomentazioni più che tradursi in un'approva-
zione esplicita da parte del sacerdote eventualmente interrogato, lo autorizza-
no a tollerare nel penitente una decisione in questo senso, quando fosse asso-
lutamente necessario per evitare un grave danno alla salute e non fosse possi-
bile ricorrere a mezzi eticamente più sicuri.
L'uso del vibratore, non presenta invece problemi etici perché manca sia
la componente sensitiva sia quella erotico-fantastica della masturbazione. 38 Si
registra a questo proposito un parere del Comitato nazionale di bioetica (5-5-
91) che invita gli operatori sanitari a rispettare la sensibilità e le convinzioni
del paziente il quale, non di rado, non gradisce questa metodica di raccolta e
36
Decretum S. Officii, 24-7-1929: DS 3684. «Qu. Utrum licita sit masturbalo directe procurata,
ut obtineatur sperma, quo contagiosus morbus "blenorragia" detegatur et, quantum fieri potest, cure-
tur. Resp. Negative».
37
Cf. A. AUER, Etica y medicina, Madrid 1972,135-136; G. PERICO, Fecondazione extracorporea ed
"Embryo transfer". Informazioni tecniche e riflessioni morali, "Aggiornamenti sociali" 1984,265; D. TET-
TAMANZI, Bambini fabbricati. Fertilizzazione in vitro, embryo transfer, Casale Monferrato 1985, 33-35; J.
VISSER Problemi etici dell'embryo transfer, "Ricerca scientifica ed educazione permanente" 1982-1983,48
(citato in Tettamanzi, p. 31). Dopo la pubblicazione di Donum Vitae mons. Tettamanzi ha preso delicata-
mente le distanze dall'opinione favorevole precedentemente professata.
CAP. 1 - LA MASTURBAZIONE 255
richiede che egli sia informato in modo semplice ma veritiero sulle possibili
alternative.
Sempre nell'ambito medico, bisogna distinguere la raccolta del seme per
scopi diagnostici dalla raccolta del seme da usarsi nelle tecniche di procrea-
zione artificiale. La morale cattolica non accetta le tecniche artificiali in senso
stretto che separano il concepimento dall'atto coniugale, ma ritiene accettabi-
le il ricorso a quei mezzi artificiali che permettono a un atto coniugale nor-
malmente posto di raggiungere il suo fine procreativo. Nelle tecniche extra-
corporee, come la FIVET e la ICSI, il concepimento avviene in provetta, in un
contesto oggettuale e non nel seno materno, così che il concepimento,
quand'anche il seme provenisse da un atto coniugale condomato, verrebbe a
essere forzatamente separato dall'atto coniugale. Esistono tecniche, invece,
come l'inseminazione artificiale intraconiugale, che possono configurarsi come
un aiuto e non come una sostituzione dell'atto coniugale purché il seme pro-
venga da un atto coniugale condomato. Anche nelle tecniche intracorporee
però, se il seme viene raccolto attraverso masturbazione, l'eventuale insemi-
nazione non può essere compresa come un aiuto di un atto coniugale che non
ha avuto luogo, né l'eventuale concepimento come frutto dell'atto coniugale
che è l'espressione corporea dell'amore coniugale.39 Il fatto che il seme rac-
colto per masturbazione sia raccolto in vista della procreazione non può certo
costituire una giustificazione morale perché, comunque, l'intenzione procrea-
tiva che muove l'atto masturbatorio non può surrogare un rapporto autentica-
mente coniugale.
38
La questione del piacere è - come si vede - ancora del tutto operante e si ritiene inaccetta-
bile provare piacere fuori dell'atto coniugale, qualunque sia il contesto in cui si colloca questa fruizio-
ne del piacere. La tradizione post-tridentina si interrogherà a lungo se il desiderare e il compiacersi del
piacere sessuale derivante dalla polluzione spontanea notturna siano peccaminosi.
39
Cf. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Donum vitae, 2 2 - 2 - 1 9 8 7 , II, 6: «L'in-
seminazione artificiale sostitutiva dell'atto coniugale è proibita in ragione della dissociazione volonta-
riamente operata tra i due significati dell'atto coniugale. La masturbazione, mediante la quale viene
normalmente procurato lo sperma, è un altro segno di tale dissociazione; anche quando è posto in vista
della procreazione, il gesto rimane privo del suo significato unitivo».
2
L'OMOSESSUALITÀ
1 • DEFINIZIONE E FREQUENZA
1
Una referenza datata, ma autorevole, per i dati psichiatrici in: W.J. GADPAILLE, «Homosexua-
lity and homosexual activity», in H.I. KAPLAN - B.J. SADOCK (edd.), Comprehensive textbook of psy-
chiatry, Baltimore 6 1995,1,1321-1333. Due sintesi con buona selezione bibliografica: J.R. PRADA, «La
persona homosexual», in Studia moralia 42(2004), 293-335; G. ZUANAZZI, «Omosessualità. Aspetti psi-
cologici», in G. Russo (ed.), Enciclopedia di bioetica e sessuologia, Leumann 2004,1313-1319.
CAP. 2 - L'OMOSESSUALITÀ 259
10% dei maschi e il 5% delle femmine erano da ritenersi omosessuali, che l'8%
dei maschi e il 4% delle femmine avevano avuto rapporti solo omosessuali per
almeno tre anni in età adulta e che ben il 37% della popolazione intervistata
aveva riferito almeno un'esperienza omosessuale durante l'arco della vita,
inclusa l'adolescenza.2 Studi successivi, condotti con maggiore accuratezza e su
campioni più rappresentativi, hanno notevolmente ridimensionato queste per-
centuali, anche se non ci sono conclusioni definitive per un fenomeno i cui con-
torni non sono ben circoscrivibili e che si presenta in continuo divenire.
Sulla base di varie ricerche recenti sul comportamento sessuale degli
adulti - ricordando che le percentuali variano molto da luogo a luogo - si può
dire che sono omosessuali esclusivi per tutta la vita circa il 2-3% dei maschi e
l'I,5-2% delle femmine, mentre un numero almeno triplo di soggetti ha speri-
mentato in modo esclusivo o no, per periodi più o meno lunghi, soprattutto
prima dei 19 anni, qualche comportamento classificabile come omosessuale.3
Di fatto, accanto all'omosessualità genuina in cui l'orientamento omo-
sessuale non è occasionale e contingente, ma permanente, possono darsi com-
portamenti omosessuali legati a situazioni diverse: comportamenti omosessua-
li transitori nelle fasi di aggiustamento sessuale dell'adolescenza; comporta-
menti omosessuali accidentali dovuti a ebbrezza alcolica o all'uso di droghe o
a condizioni di vita monosessuali obbligate, come nelle carceri o nei lunghi
viaggi per mare; comportamenti omosessuali sintomatici, facenti parte del cor-
teggio sintomatologico di patologie cerebrali o di psicosi; comportamenti omo-
sessuali accettati per accondiscendenza o per trarne vantaggi economici e
sociali o per il semplice gusto della trasgressione.
2
A . C . KINSEY - W.B. POMEROY - C . E . MARTIN, Sexual behavior in the human male, P h i l a d e l p h i a
1 9 4 8 ; A . C . KINSEY - W.B. POMEROY - C . E . MARTIN - P H . GEBHARD, Sexual behavior in the human
female, Philadelphia 1953.
3
Cf. R . C . FRIEDMAN - J.I. DOWNEY, « H o m o s e x u a l i t y » , i n New EnglandJournal of Medicine
( 1 9 9 4 ) 3 3 1 , 9 2 3 - 924; W.J. GADPAILLE, Homosexuality and homosexual activity, 1321-1322.
260 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
meni patologici, ma non delle cause dei fenomeni normali. Tuttavia, anche
quanti ritengono che l'omosessualità rappresenti un comportamento sessuale
accettabile devono domandarsi perché alcuni soggetti, la maggioranza, siano
eterosessuali e altri, in numero largamente minore, siano invece omosessuali.4
Innumerevoli sono le teorie elaborate, ma la questione resta tuttora irrisolta.
Fra le teorie prescientifiche ricordiamo il classico mito degli androgini,
contenuto nel Simposio di Platone, la teoria macrobiotica legata alla classifi-
cazione dei cibi in maschili e femminili, la dottrina della reincarnazione, la dot-
trina dell'equilibrio dei principi maschili e femminili nella persona.
Nell'antichità merita un posto a parte l'interpretazione del comporta-
mento omosessuale fornita da Aristotele nelle sue opere etiche e biologiche.
Neil 'Etica nicomachea, Aristotele affermava che fare l'amore con i maschi non
costituisce per natura (physei) una forma di piacere consono all'essere umano
ma, come altri comportamenti, esistono casi in cui esso, vuoi per difetti di svi-
luppo vuoi per abitudine acquisita, viene ricercato. Egli distingueva, a tal pro-
posito, l'omosessualità dovuta a una disposizione anomala della natura dall'o-
mosessualità acquisita come effetto di violenze sessuali subite in età infantile.5
In particolare, riguardo agli uomini che provano piacere a essere passivi - come
le donne - in un atto sessuale egli riteneva che ciò potesse dipendere da una
struttura particolare delle vie seminali, per cui il seme si raccoglie in sedi inna-
turali e provoca in questi soggetti il desiderio di essere stimolati attraverso un
rapporto anale.6 In entrambi i casi, sia per anomalia fisica, sia per abitudine
contratta nell'adolescenza, egli riteneva che l'inclinazione omosessuale fosse
incolpevole, anche se viene giudicata dallo Stagirita una nosematode, una pic-
cola infermità (distinta da altri comportamenti francamente patologici detti,
perciò, nòsoi, malattie). Dal punto di vista morale, perciò, egli riteneva che l'o-
mosessuale passivo non potesse essere ritenuto un intemperante, essendo tale
comportamento consono alla propria natura particolare.
Nel dibattito scientifico del nostro tempo, si fronteggiano teorie di tipo
biologico e teorie di tipo psicologico. Dopo l'incontrastato predominio delle
4
D.P. M E WHITER - S . A . M . SANDERS ( e d d . ) , Homosexuality/heterosexuality: concepts of sexual
orientation, New York 1990.
5
ARISTOTELE, Etica nicomachea VII,5,1148b 29-31: «Ci sono comportamenti bestiali [cioè, non
propri della natura umana]: certi sono provocati da malattia o, in alcuni, addirittura da follia, come quel
tale che offrì sua madre in sacrificio e la divorò, o quello schiavo che si mangiò il fegato del suo com-
pagno, altri sono stati morbosi [nosematode] derivati da un'abitudine, come, per esempio, lo strappar-
si i capelli e il mangiare le unghie, e anche carbone e terra e anche fare sesso tra maschi: ad alcuni que-
sto succede per natura, ad altri in forza di un'abitudine, come capita a quelli che sono stati violentati
da bambini».
6
ARISTOTELE, Storia degli animali VIII,581b. In base a questo passo, il Dover ritiene che Ari-
stotele nell'Etica nicomachea riserverebbe il giudizio di comportamento anomalo solo all'omosessua-
lità passiva, in quanto spinge a ricercare un piacere che è innaturale per il maschio; cf. K.J. DOVER,
Greek homosexuality, Cambridge 1978,168-169.
CAP. 2 - L'OMOSESSUALITÀ 261
7
Uno status quaestionis in: B.S. MUSTANSKI - M.L. CHIVERS - J.M. BAILEY, «A critical review of
recent biological research on human sexual orientation», in Annual review of sex research 13(2002), 89-
140. Si vedano inoltre: Q. RAHMAN, «The neurodevelopment of human sexual orientation», in Neuro-
science biobehavior review 29(2005), 1057-1066; D.F. SWAAB, «Sexual differentiation of the human
brain: relevance for gender identity, transsexualism and sexual orientation», in Gynecological endocri-
nology 19(2004), 301-312. A livello divulgativo, si vedano: W. BYNE, «I limiti dei modelli biologici del-
l'omosessualità», in Le scienze 27(1994), 24-30; S. LE VAY - D.H. HAMER, «Le componenti biologiche
dell'omosessualità maschile», in Le scienze 27(1994), 18-23.
8
V.L. QUINSEY, «The etiology of anomalous sexual preferences in men», in Annals of New York
academy of science (2003)989,105-117; 144-153.
9
J.D. HAYNES, «A critique of the possibility of genetic inheritance of homosexual orientation»,
in Journal of homosexuality 28(1995), 91-113.
262 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
In uno studio di Ford e Beach risalente agli anni '50 si evidenziava che
forme di omosessualità sono presenti in quasi tutte le culture antiche e moder-
ne.10 Su 76 culture non occidentali in cui si rintracciavano comportamenti rife-
ribili all'omosessualità maschile, il 64% di esse riteneva accettabile, a qualche
livello e almeno per alcuni membri della società, tale comportamento.
Nell'ambito della cultura classica la comprensione del fenomeno omo-
sessuale è molto complessa e l'interpretazione delle fonti documentarie si pre-
sta a letture diverse, con il rischio di proiettare, anacronisticamente, sul passa-
to i nostri schemi interpretativi.11
All'interno del mondo greco dobbiamo segnalare, prima di tutto, l'istitu-
to singolare della pederastia che non è riportabile semplicemente al quadro
psichiatrico della pedofilia. la pederastia consisteva in un rapporto di stretta
intimità fra un adulto e un adolescente in vista della sua iniziazione alla vita
sociale e che, entro un codice comportamentale accettato dal costume, non
escludeva neppure l'interazione genitale. In un simile contesto di profondo
10
Cf. C.S. FORD - F.A. BEACH, Patterns of sexual behaviour, New York 1951.
11
Sulla variegata attitudine degli antichi verso l'omosessualità e le sue diverse manifestazioni,
la letteratura è sterminata: J. BOTTER - H. PETSCHOW, «Homosexualität», in Reallexikon für antike und
Christentum, Stuttgart 1962-1965, IV, 459-468; E. CANTARELLA, Secondo natura. La bisessualità nel
mondo antico, Roma 21992; DOVER, Greek homosexuality, T.K. HUBBARD (ed.), Homosexuality in
Greece and Rome. A sourcebook of basic documents, Berkeley 2003; C. NARDI, «Omosessualità
maschile e cattolicesimo. A confronto con Atene e Roma», in Vivens Homo 15(2005), 219-250.
CAP. 2 - L'OMOSESSUALITÀ 263
12
L'ermeneutica dei testi biblici è oggetto di infinite controversie. Segnaliamo alcuni interven-
ti sintetici, di ambito sia cattolico sia protestante: R. CAVEDO, «Bibbia e omosessualità», in Credere oggi
20(2000), 37-45; W. COUNTRYMAN, Sesso e morale nella Bibbia, Torino 1998 (passim); M. GILBERT, «La
Bible et l'homosexualité», in Nouvelle revue théologique 109(1987), 78-95; R. HAYS, The moral vision
of the New Testament. Community, cross, new creation. A contemporary introduction to New Testament
ethics, San Francisco 1996, 379-406; I. HIMBAZA - A. SCHENKER - J.-B. EDART, L'omosessualità nella
Bibbia, Cinisello Balsamo 2007; G. RAVASI, «Omosessualità e devianza religiosa», in Vita pastorale
6(1993), 167-175; M.L. SOARDS, Scripture and homosexuality: biblical authority and the Church today,
Louisville 1995; O. VIA - R. GAGNON, Homosexuality and the Bible: two views, Minneapolis 2003. Tra
gli interventi recenti, più propensi a una rilettura pro-gay della questione: D.G. MYERS - L. DAWSON
SCANZONI, What God has joined together? A christian case for gay marriage, San Francisco 2005.
13
Lv 18,22.
264 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
altro passo del Levitico l'atto omosessuale maschile viene punito con la morte,
esattamente come l'avere relazioni con una donna mestruata, rivelando una
connessione fra il tabù del sangue e quello del seme: «Se uno ha rapporti con
un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio;
dovranno essere messi a morte: il loro sangue ricadrà su di loro».14
Il termine ebraico to'ebah definisce ciò che è impuro e causa l'impurità
rituale. In tutto l'Antico Testamento il termine è usato per indicare quei pec-
cati che implicano contaminazioni pagane: molto spesso compare come parte
dell'espressione to'ebah ha-goyim, «l'impurità dei gentili» (cf. 2Re 16,3) e tal-
volta to'ebah indica l'idolo stesso. A questo proposito, è interessante notare
che nel Levitico quando si vieta la prostituzione ordinaria si impiega il termi-
ne zimah (cf. Lv 19,29), mentre quando si condanna la prostituzione sacra, col-
legata all'idolatria, viene usato il termine to'ebah (cf. IRe 14,24). La connes-
sione di to'ebah con l'idolatria piuttosto che con un disordine sessuale in sé
ritorna anche nei passi riguardanti gli atti omosessuali.
Ci sono, perciò, esegeti che, a partire dagli anni '50 del secolo scorso,
hanno sostenuto che la condanna dell'omosessualità nel Levitico non avrebbe
lo scopo di proibire certi comportamenti perché sessualmente disordinati, ma
di mettere in guardia il popolo eletto verso pratiche sessuali legate all'idolatria
e, quindi, di prevenire contaminazioni degli ebrei con i costumi dei popoli
pagani circostanti.15 In effetti, le proibizioni contenute nel c. 18 del Levitico
sembrano avere lo scopo di segnare una demarcazione netta fra gli ebrei, il
popolo santo, e i pagani, come si può leggere nei primi versetti: «Non farete
come si fa nella terra d'Egitto dove avete abitato, né farete come si fa nella
terra di Canaan dove io vi conduco, né imiterete i loro costumi» (Lv 18,3).
Passando al noto episodio della distruzione di Sodoma e Gomorra (Gen
19,1-29), ritenuto emblematico della condanna veterotestamentaria, dobbiamo
ammettere che una connessione univoca ed esclusiva tra omosessualità e puni-
zione divina non è per niente chiara. È vero che si racconta come i sodomiti
volessero conoscere sessualmente gli ospiti misteriosi di Lot, ma dal testo non
è dato dedurre se Dio avesse deciso di punire Sodoma proprio per i compor-
tamenti omosessuali. L'esegesi moderna tende a dare spiegazioni diverse della
condanna delle città peccatrici e sottolinea, comunque, che il significato origi-
nale del passo riguardava la violazione dell'ospitalità verso gli stranieri. Sodo-
ma viene ricordata come esempio di città peccatrice in una dozzina di luoghi
dell'Antico Testamento, ma in nessuno di questi passi i suoi peccati vengono
14
Lv 20,13. Notare che, quanto alla punizione, non si fa differenza del ruolo diverso eventual-
mente svolto dai partner di una coppia omosessuale.
15
Cf. D.S. BAILEY, Homosexuality and the western tradition, London 1955, 30.
CAP. 2 - L'OMOSESSUALITÀ 265
Per la mia vita - oracolo del Signore Dio - tua sorella Sodoma e le sue figlie
non fecero quanto hai fatto tu insieme alle tue figlie! Ecco, questa fu l'iniquità
di tua sorella Sodoma: essa e le sue figlie erano piene di superbia, ingordigia,
ozio indolente. Non stesero, però, la mano contro il povero e all'indigente.
Insuperbirono e commisero ciò che è abominevole [to'ebah] dinanzi a me: io le
vidi e le eliminai. 17
16
Nei libri sapienziali si identifica il peccato di Sodoma con l'orgoglio (cf. Sir 16,8) o con l'ino-
spitalità (cf. Sap 19,14). Tra i profeti, Isaia sottolinea la mancanza di giustizia (Is 3,9), mentre Geremia
ricorda la rilassatezza dei costumi (Ger 23,14).
17
Ez 16,48-50; cf. Lam 4,6.
18
FILONE ALESSANDRINO, De migratione Abrahami 139; De ebrietate 222ss; De vita Moysis 2,56;
cf. GIUSEPPE FLAVIO, Antiquitates judaicae 1,11,1-3.
19
Cf. H. STRACK - P. BILLERBECK, Kommentar zum neuen testament aus talmud und midrasch,
1,571-574; III, 785ss.
20
La parola sodomia può indicare un rapporto sessuale anale od orale sia omo sia eteroses-
suale, sia, talvolta, la bestialità (zoofilia). Quest'ultima accezione è tipica del tedesco sodomie.
21
ICor 6,9-10. Così CEI 2008; in CEI 1974 era: «né effeminati [malakoi], né sodomiti [arse-
nokoitai]»; cf. l T m 1,9-10: «Nella convinzione che la legge non è fatta per il giusto, ma per gli iniqui e
i ribelli [...] i sodomiti [arsenokoitai, Vulgata: masculorum concubitores] [...] e per ogni altra cosa che
è contraria alla sana dottrina» (cf. A. HUMBERT, «Les péchés de sexualité dans le Nouveau Testament»,
in Studia moralia 8[1970], 140-183).
266 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
22
W.L. PETERSON, «Can arsenokoitai be translated by "homosexuals" (ICor 6,9; lTm 1,10)?»,
in Vigiliae christianae 40(1986), 187-191; J. WRIGHT, «Homosexuals or prostitutes: the meaning of arse-
nokoitai (ICor 6,9; lTm 1,10)», in Vigiliae christianae» 38(1984), 125-153.
23
II termine malakòs copre un'area semantica che comprende i significati di morbido, delicato,
debole e simili. In senso morale significa incontinente, non controllato, come si legge in ARISTOTELE,
Etica nicomachea 7,4,4. In effetti malakòs può indicare l'omosessuale passivo o pathikòs, come il cor-
rispondente latino mollis (cf. FEDRO, Fabulae 4,14; CATULLO, Carmina 25,1; MARZIALE, Epigrammata
3,73; PETRONIO, Satyricon 23). I teologi medievali pensavano piuttosto al senso di «masturbatore» e
usavano indicare la masturbazione con mollities o mollitia (cf. VINCENZO DI BEAUVAIS, Speculum doc-
trinale 4,162; TOMMASO D'AQUINO, STh II-II, q. 54, a. 1, resp.).
24
Anche l'enciclica Veritatis splendor si servirà proprio della condanna tradizionale degli atti
omosessuali per illustrare le sue tesi sull'antropologia cristiana e i suoi rapporti con la legge naturale
(nn. 47-49).
25
Per l'uso della categoria di legge naturale in Paolo: A. SACCHI, «La legge naturale nella Let-
tera ai Romani», in Fondamenti biblici della teologia morale. Atti della XXII settimana biblica, Brescia
1973, 375-389. L'idea che la pratica omosessuale sia contro natura (katà physin) si trova già in PLATO-
NE, Leges VIII,838e-839.
26
II concetto di aiskemosyne è comune nella grecità e nel giudaismo ellenistico; cf. ad esempio
EPITTETO, Dissertationes 2 , 5 - 2 3 ; FILONE ALESSANDRINO, Legum allegoriae 2 , 1 7 ; GIUSEPPE FLAVIO, Bel-
lum Judaicum 223.
27
Per un'esegesi del testo si veda: H. SCHLIER, «La Lettera ai Romani», in Commentario teolo-
gico del Nuovo Testamento, Brescia 1982, VI, 121-122. In prospettiva etica: J.B. EDART, «Le drame de
l'humanisme pai'en, réflexions sur Rm 1,18-32 et l'homosexualité», in Anthropotes (2004), 285-304.
CAP. 2 - L'OMOSESSUALITÀ 267
Come Sodoma e Gomorra e le città vicine che alla stessa maniera [seil, dei falsi
maestri] si abbandonarono all'immoralità e deviarono verso una carne diversa,
stanno subendo esemplarmente le pene di un fuoco eterno. 28
28
Abbiamo ritoccato la versione CEI, come spiegheremo più avanti. L'espressione «alla stessa
maniera» è riferita agli eretici; cf. K.H. SCHELKLE, «Le lettere di Pietro. La lettera di Giuda», in Com-
mentario teologico del Nuovo Testamento, Brescia 1981, XIII/2,254, nota 18.
29
SCHELKLE, Le lettere di Pietro, 254.
268 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
D'altra parte non possiamo attribuire a san Paolo e agli agiografi una
comprensione dell'omosessualità analoga alla nostra, in un tempo nel quale
ancora non era stata costruita la categoria socio-culturale di omosessualità
come oggi noi l'intendiamo.32 Essi, in sostanza, non pensano l'orientamento
sessuale in termini binari, etero od omosessuale, ma presuppongono che esista
in ciascuno un istinto sessuale naturale che porta all'unione feconda e che
alcuni soggetti, per motivi vari, compiono atti sessuali con persone dello stes-
so sesso. L'atto omosessuale è senza dubbio riprovato in sé, ma nulla si direb-
be della condizione omosessuale modernamente intesa.
Fin dalle origini la Chiesa, facendo eco alle sacre Scritture, ha condanna-
to la pratica omosessuale e gli avversari più accesi delle posizioni cattoliche
parlano, addirittura, di «crociate antigay» e di costante atteggiamento omofo-
bo da parte della Chiesa.33 Studi più recenti - spesso orientati ideologicamen-
te, come quelli dello storico J. Boswell - hanno cercato di ridimensionare o,
30
Cf. H. VAN DE SPIJKER, Omotropia, un discorso diverso sulla omosessualità, Torino 1983,33:
«La condanna talvolta molto dura degli atti omosessuali diventa allora comprensibile se si pensa che,
secondo la concezione di allora, quegli atti omosessuali erano compiuti da persone eterotropiche».
31
A.BERLENDIS, La gioia sessuale: frutto proibito? Le risposte della Bibbia, delle Chiese e della
società, Torino 1985,173. Si noti che il testo, edito dalla editrice Claudiana, rappresenta un attacco fron-
tale a tutta la tradizione cattolica nell'ambito dell'etica sessuale.
32
Senza voler assolutizzare una prospettiva particolare, ci pare che gli storici costruttivisti non
abbiano tutti i torti quando insistono sul fatto che l'omosessualità non è tanto un'essenza o una natu-
ra che definisce certi soggetti, ma la rappresentazione dell'omosessualità propria di una certa società
e cultura a plasmare la vita di certi soggetti. Questa impostazione costruttivista si può ritrovare nella
prima parte della famosa storia della sessualità di M. FOUCAULT, Histoire de la sexualité. La volontà de
savoir, Paris 1976.
33
II termine omofobo fu coniato nel 1967 per indicare una precomprensione negativa nei con-
fronti degli omosessuali: G.M. HEREK, «Beyond "homophobia": a social psychological perspective on
attitudes toward lesbians and gay men», in Journal of homosexuality 10(1984), 1-21; G.H. WEIMBERG,
Society and healthy homosexuals, New York 1972.
CAP. 2 - L'OMOSESSUALITÀ 269
I delitti che vanno contro natura, come erano quelli dei sodomiti, devono essere
condannati e puniti ovunque e sempre. Quand'anche tutti i popoli li commettes-
sero, verrebbero tutti coinvolti nella stessa condanna divina: Dio, infatti, non ha
creato gli uomini perché commettessero un tale abuso di loro stessi. È la stessa
unione che deve esistere fra Dio e noi a venire violata quando, mossi dalla per-
versità della passione, viene profanata la natura stessa che Dio ha creato. 35
34
Cf. J. BOSWELL, Christianity, social tolerance and homosexuality, Chicago 1980 (trad. it. Cri-
stianesimo, tolleranza, omosessualità. La Chiesa e gli omosessuali dalle origini al XIV secolo, Milano
1989); ID., Same sex unions in premodern Europe, New York 1994.
35
AGOSTINO, Confessionum libri 3,8,15: PL 32,689-690: «Itaque flagitia, quae sunt contra natu-
ram, ubique ac semper detestanda atque punienda sunt, qualia Sodomitarum fuerunt. quae si omnes
gentes facerent, eodem criminis reatu divina lege tenerentur, quae non sic fecit homines, ut hoc se ute-
rentur modo, violatur quippe ipsa societas, quae cum D e o nobis esse debet, cum eadem natura, cuius
ille auctor est, libidinis perversitate polluitur».
270 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
siasi peccato tu nomini, non ne nominerai nessuno che sia uguale a questo, e se
quelli che lo patiscono si accorgessero veramente di quello che sta loro acca-
dendo, preferirebbero morire mille volte piuttosto che sottostarvi. Non c'è nulla,
assolutamente nulla di più folle o dannoso di questa perversità. 36
36
GIOVANNI CRISOSTOMO, Homilia IV in Epistula Pauli ad Romanos: PG 47,360-362.
37
Cf. E. CANTARELLA, Secondo natura. La bisessualità nel mondo antico, Roma 2 1992,226-237.
38
G.D. MANSI (ed.), Sacrorum conciliorum nova collectio, XII, 71.
39
Per l'omosessualità nei penitenziali: BAILEY, Homosexuality and the western tradition, 100-
110; BOSWELL, Cristianesimo, tolleranza, omosessualità, 225-227; P.J. PAYER, Sex and the penitentials.
The development of sexual code 550-1150, Toronto 1984, 40-44 (si veda anche l'appendice Homo-
sexuality and the penitentials).
CAP. 2 - L'OMOSESSUALITÀ 271
Se un laico avrà fornicato in modo sodomitico, faccia penitenza per sette anni: i
primi tre nutrendosi di solo pane, acqua, sale e legumi secchi; gli altri quattro si
astenga dal vino e dalle carni. Così il suo peccato sarà perdonato e il confessore
pregherà per lui e lo riammetterà alla comunione. 40
Questo vizio non va affatto considerato come un vizio ordinario, perché supera
per gravità tutti gli altri vizi. Esso infatti, uccide il corpo, rovina l'anima, conta-
mina la carne, estingue la luce dell'intelletto, caccia lo Spirito Santo dal tempio
dell'anima. 41
chiunque sia stato scoperto soffrire di quella incontinenza che è contro natura, a
causa della quale «la collera di Dio venne sui figli della disobbedienza» (Ef 5,6)
40
J. LAPORTE, Le pénitentiel de saint Colomban. Introduction et édition critique, Paris-Tournai
1 9 5 8 , 99.
41
PIER DAMIANI, Opusculum septimum. Liber gomorrhianus ad Leonem IX romanum pontefi-
cem: PL 145,161-190. Traduzione italiana in: PIER DAMIANI, Lettere (22-40), in ID., Opere di Pier
Damiani, a cura di G.I. GARGANO - N. D'ACUNTO, Roma 2001,1/2,162-227. Ampia bibliografia in: U.
FACCHINI, Pier Damiani. Un padre del secondo millennio. Bibliografia 1007-2007, in Opere di Pier
Damiani. Complementi, Roma 2007, 323-327. Si veda inoltre: K. SKWIERCZYNSKI, «L'apologia della
Chiesa, della società o di se stesso? Il Liber Gomorrhianus di s. Pier Damiani», in M. TAGLIAFERRI (ed.)
Pier Damiani. L'eremita, il teologo, il riformatore (1007-2007), Bologna 2009,259-279.
272 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
e cinque città furono consumate dal fuoco, se è chierico, sia espulso dal clero o
sia rinchiuso in un monastero a far penitenza; se è laico, sia scomunicato e tenu-
to lontano dalla comunità dei fedeli. 42
42
G. ALBERIGO et al. (edd.), Conciliorum oecumenicorum decreta, Bologna 31991, 217: «Qui-
cumque, incontinentia ilia, quae contra naturam est, propter quam venit ira Dei in filios diffidentiae et
quinque civitates igne consumpsit, deprehensi fuerint laborare, si clerci fuierint eiciantur a clero vel ad
poenitentiam agendam in monasteriis detrudantur, si laici excommunicationi subdantur et a coetu
fidelium fiant prorsus alieni» (cf. MANSI, Sacrorum conciliorum nova collectio, XXII, 224).
43
TOMMASO D'AQUINO, STh II-II, q. 142, a. 4, resp.
44
TOMMASO D'AQUINO, STh II-II, q. 142, a. 4, ad primum.
45
TOMMASO D'AQUINO, STh I I - I I , q. 1 4 2 , a. 4 , ad tertium.
CAP. 2 - L'OMOSESSUALITÀ 273
Non è peccato al mondo che più tenga l'anima, che quello de la sodomia male-
detta; il quale peccato è stato detestato sempre da tutti quelli che so' vissuti
secondo Iddio [...]. La passione per delle forme indebite è prossima alla pazzia;
questo vizio sconvolge l'intelletto, spezza l'animo elevato e generoso, trascina
dai grandi pensieri agli infimi, rende pusillanimi, iracondi, ostinati e induriti, ser-
vilmente blandi e incapaci di tutto; inoltre, essendo l'animo agitato da insaziabi-
le bramosia di godere, non segue la ragione ma il furore [...]. La cagione si è per-
ché ellino so' accecati, e dove arebbono i pensieri loro alle cose alte e grandi,
come quelle che hanno l'animo magno, gli rompe e gli fracassa e riduceli a vili
cose a disutili e fracide e putride, e mai questi tali non si possono contentare [...].
Come de la gloria di Dio ne partecipa più uno che un altro, così in inferno vi so'
luoghi dove v'è più pene, e più ne sente uno che un altro. Più pena sente uno che
sia vissuto con questo vizio de la sodomia che un altro, perocché questo è mag-
gior peccato che sia 49
46
TOMMASO D'AQUINO, STh II-II, q. 154, a. 12, ad primum.
47
TOMMASO D'AQUINO, STh II-II, q. 154, a. 12, ad quartum. L o sgradevole a c c o s t a m e n t o del-
l'omosessualità con la zoofilia non deriva da Aristotele. Si noti però - per inciso - che nell'Antico
Testamento veniva usata la stessa parola, shàkhabh, sia per il coito omosessuale sia per il coito con ani-
mali.
48
Cf. R. CANOSA, Storia di una grande paura. La sodomia a Firenze e a Venezia nel Quattro-
cento, Milano 1991; M. ROCKE, Forbidden friendships. Homosexuality and male culture in Renaissance
Florence, Oxford-New York 1996; G. RUGGIERO, Confini dell'eros, 1: Crimini sessuali e sessualità nella
Venezia del Rinascimento, Padova 1988,181-240.
49
BERNARDINO DA SIENA, Predica XXXIX, in Prediche volgari, 896-897.915.
274 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
Grande peccato è quello di questa città, dico del peccato della città di Soddoma,
per il quale Iddio non ti vuol vedere, o Firenze: di questo n'è pieno el popolo e
massime el clero. Se tu non provvedi, Firenze, Firenze, Iddio ti farà pericolare. 51
Avendo noi rivolto il nostro animo a rimuovere tutto quanto può offendere in
qualche modo la divina maestà, abbiamo stabilito di punire innanzitutto e senza
indugi quelle cose che, sia con l'autorità delle sacre Scritture che con gravissimi
esempi, risultano essere spiacenti a Dio più di ogni altro e che lo spingono all'i-
ra: ossia la trascuratezza del culto divino, la rovinosa simonia, il crimine della
bestemmia e l'esecrabile vizio libidinoso contro natura; colpe per le quali i popo-
li e le nazioni vengono flagellati da Dio, a giusta condanna, con sciagure, guerre,
fame e pestilenze.52
Sappiano i magistrati che se, anche dopo questa nostra costituzione, saranno
negligenti nel punire questi delitti, ne saranno colpevoli al cospetto del giudizio
divino e incorreranno anche nella nostra indignazione.
Se qualcuno compirà quel nefando crimine contro natura, per colpa del quale
l'ira divina piombò su figli dell'iniquità, verrà consegnato per punizione al brac-
cio secolare e, se chierico, verrà sottoposto ad analoga pena dopo essere stato
privato di ogni grado.53
50
Sul dibattito intorno alla sodomia nella Firenze del Savonarola: CANOSA, Storia di una gran-
de paura, 55-64; U. MAZZONE, «El buon governo». Un progetto di riforma generale nella Firenze savo-
naroliana, Firenze 1978,97-100.194-197; ROCKE, Forbidden friedships, 195-226.
51
G. SAVONAROLA, Prediche sopra Aggeo, Roma 1965, predica II, 44-45.
52
Pio V, Cum primum, 1-4 1566, in Bullarium romanum, t. IV, c. II, 284.
53
Pio V, Cum primum, 1-4 1566, in Bullarium romanum, t. IV, c. II, 286.
CAP. 2 - L'OMOSESSUALITÀ 275
Quell'orrendo crimine, per colpa del quale le città corrotte e oscene [seil. Sodo-
ma e Gomorra] vennero bruciate dalla divina condanna, marchia di acerbissimo
dolore e scuote fortemente il nostro animo, spingendoci a reprimere tale crimi-
ne col massimo zelo possibile. A buon diritto il concilio Lateranense V stabilisce
per decreto che qualunque membro del clero, che sia stato sorpreso in quel vizio
contro natura per via del quale l'ira divina cadde sui figli dell'empietà, venga
allontanato dall'ordine clericale, oppure venga costretto a far penitenza in un
monastero [c. 4,X,V,31].
Affinché il contagio di un così grave flagello non progredisca con maggior auda-
cia approfittandosi di quell'impunità che è il massimo incitamento al peccato, e
per castigare più severamente i chierici colpevoli di questo nefasto crimine che
non sono atterriti dalla morte dell'anima, abbiamo deciso che vengano atterriti
dall'autorità secolare, vindice della legge civile.
Pertanto, volendo proseguire con maggior vigore quanto abbiamo decretato fin
dal principio del Nostro Pontificato [seil, la costituzione Cum primum], stabilia-
mo che qualunque sacerdote o membro del clero sia secolare che regolare, di
qualunque grado e dignità, che pratichi un così orribile crimine, in forza della
presente legge venga privato di ogni privilegio clericale, di ogni incarico, dignità
e beneficio ecclesiastico, e poi, una volta degradato dal Giudice ecclesiastico,
venga subito consegnato all'autorità secolare, affinché lo destini a quel supplizio,
previsto dalla legge come opportuna punizione, che colpisce i laici scivolati in
questo abisso.54
54
Pio V, Horrendum illud scelus, 30-8-1568, in Bullarium romanum, t. IV, c. III, 33.
276 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
Come abbiamo visto nella sezione storico-fondativa, dalla fine del XIX
e, in modo più tumultuoso e definito, durante la seconda metà del XX secolo,
la concezione tradizionale della sessualità ha subito un'autentica rivoluzione le
cui cause sono molteplici e variamente interconnesse.
Tre elementi hanno condotto a un ripensamento del modo tradizionale
di affrontare l'omosessualità e, in generale, dei comportamenti sessuali alter-
nativi o parafilici, Vautonomizzazione della funzione ludica, simbolica, comu-
55
Cf. L. OLIVIER - R. NOEL, «Michel Foucault: problématique pour une histoire de l'homo-
sexualité», in Revue sexologique/sexological review 2(1994)1. In: http://www.unites.uqam.ca/dsexo/
Revue/Vol2nol/03_01i vier ~l.html.
CAP. 2 - L'OMOSESSUALITÀ 277
nicativa, espressiva del sesso, legata alla persona, rispetto alla funzione pro-
creativa, legata al mondo della natura biologica e dell'eterosessualità; l'esa-
sperazione della contrapposizione fra natura e cultura e la minimizzazione
della rilevanza dell'elemento biologico-somatico della sessualità umana hanno
condotto a un rifiuto del sesso come realtà data, fissa e stabilizzata, a favore del
genere inteso come struttura flessibile e plasmabile; la liberazione dell'eros,
ideale della rivoluzione sessuale, ha condotto a denunciare come repressiva e
nevrotizzante ogni struttura normativa e legislativa volta a ordinare, secondo
le linee tradizionali, la vita sessuale delle persone e a chiedere per ciascuno il
diritto di poter esprimere e vivere la propria sessualità con assoluta libertà.
Gli ultimi esiti di questa temperie culturale sono espressi dalla queer
theory56 secondo la quale, oltrepassando la stessa contrapposizione binaria di
etero e omosessualità, si propugna un totale sganciamento del desiderio e del-
l'attività sessuale dall'identità personale in quanto realtà definitivamente data
e fissata. Sotto la spinta della cultura gay, anche presso certi ambienti scienti-
fici si è giunti a negare che l'omosessualità rappresenti una deviazione rispet-
to alla normalità, affermando che essa è semplicemente una variante minori-
taria, ma non patologica dell'orientamento sessuale umano. A questo proposi-
to, merita ricordare *la vicenda statunitense. Nel 1973, in seguito alle rumorose
manifestazioni dei movimenti gay e alle sollecitazioni di molti psichiatri, l'A-
merican psychiatric association interrogò i suoi associati sull'eliminazione del-
l'omosessualità dal novero dei disordini mentali. Su 10.000 votanti una picco-
la maggioranza, il 58%, era propenso a non considerare l'omosessualità una
malattia psichiatrica. Fu così che nella terza edizione dell'autorevole DSM-III,
il Diagnostic and statistical manual of mental disorders, non appariva più l'o-
mosessualità come categoria diagnostica. L'esempio dell'American psychiatric
association è stato seguito anche dall'Organizzazione mondiale della sanità
(WHA) a partire dalla decima edizione dt\VInternational classification of
diseases and related health problems (ICD-10).57
Nonostante così influenti prese di posizione, il dibattito è tuttora molto
acceso e si è focalizzato intorno ad alcune opere capitali, fra le quali Omoses-
sualità, una nuova prospettiva di Masters e Johnson. 58 In questo classico si
afferma che nel comportamento sessuale è impossibile stabilire ciò che è nor-
male e ciò che è deviato: essendo infatti i dinamismi biologici e psichici del-
l'uomo plastici e aperti a diverse possibilità di espressione, l'ambivalenza ses-
56
Nel linguaggio colloquiale queer significa omosessuale.
57
Cf. GADPAILLE, Homosexuality and homosexual activity, 1322.
58
W.H. MASTERS - V.E. JOHNSON, Homosexuality in perspective, Boston-Little Brown 1979
(trad. it. Omosessualità, una nuova prospettiva, Milano 1980). Si veda inoltre: A.P. BELL - M.S. WEIM-
BERG, Homosexualities: a study of diversity among men and women, New York 1978.
278 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
suale rappresenta l'ideale sia nel rapporto sia nella struttura della persona.
Non sono, però, mancati teologi cattolici che hanno accolto nella loro
riflessione impostazioni analoghe con esiti che si allontanano dall'insegna-
mento tradizionale. Alcuni, come C. Curran, ritengono che una relazione sta-
bile rappresenti per questi soggetti l'unica modalità ragionevolmente proponi-
bile per attuare il loro bisogno legittimo di comunione.59 Altri, spingendosi
ancora più oltre, sono arrivati a porre esattamente sullo stesso piano le rela-
zioni etero e omosessuali. Emblematiche le affermazioni di un celebre e
discusso studio commissionato dall'Associazione dei teologi americani:
Gli omosessuali hanno gli stessi diritti all'amore, all'intimità e alle relazioni degli
eterosessuali. Come loro essi devono realizzare gli stessi ideali nelle loro rela-
zioni, cioè la creatività e l'integrazione. Le norme che regolano la moralità del-
l'attività omosessuale sono le stesse che regolano qualsiasi attività sessuale, e le
norme che regolano l'attività sessuale sono quelle che regolano tutta l'attività
etica dell'uomo. 60
59
C. CURRAN, «Homosexuality and moral theology, methodological and substantive considera-
tions», in The Thomist 35(1971), 447-481.
60
Human sexuality. New directions in american catholic thought, New York-Paramus-Toron-
to 1977 (trad. it. La sessualità umana. Nuovi orientamenti del pensiero cattolico americano, Brescia
1978,161). La Congregazione per la dottrina della fede, con lettera del 13-7-1979, ha riprovato come
erronea tutta l'impostazione del volume e in particolare il tentativo di sostituire alla concezione clas-
sica di «fine procreativo e unitivo» quella di «fine creativo e integrativo» con tutte le immaginabili
applicazioni pratico-normative (The book «Human sexuality»'. EV 6/1705-1721, soprattutto nn. 1715-
1721).
CAP. 2 - L'OMOSESSUALITÀ 279
61
S. CIPRIANI, «Matrimonio», in Nuovo dizionario di teologia biblica, Cinisello Balsamo 61996,
924.
62
A. JEANNIÈRE, Anthropologie sexuelle, Paris 1964,130.
280 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
ne omosessuale la persona non riesce a uscire dal cerchio del sé per autotrascen-
dersi e incontrare, nella comunione, Valtro da sé alla relazione omosessuale cui
manca la possibilità stessa, indipendentemente dalle intenzioni dei soggetti coin-
volti, di diventare pienamente sponsale. Forse potrà incontrare nell'amicizia
un'altra persona, non la incontrerà come sessualmente "altra". In tale contesto
l'unione sessuale, non potendo esprimere la verità di una comunione sponsale,
totale e reciproca, si presenta in modo insuperabile come linguaggio ambiguo o,
almeno, imperfetto.
7- IL MAGISTERO POST-CONCILIARE
63
Segnaliamo alcune voci della teologia cattolica più vicine al magistero: I. Fu EK, «L'ideolo-
gizzazione dell'omosessualità nel contesto dell'odierna discussione teologica», in Medicina e morale
46(1996), 483-513; G. PERICO, Problemi di etica sanitaria, Milano 2 1992,391-413; E. SGRECCIA, Manua-
le di bioetica, Milano 2 1991, II, 131-145.
64
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Persona humana 8.
65
Cf. A. CENCINI, «Omosessualità strutturale e non strutturale. Contributo per un'analisi diffe-
renziale (I)», in Tredimensioni 6(2009), 31-42.
CAP. 2 - L'OMOSESSUALITÀ 281
66
CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA, Orientamenti educativi sull'amore umano,
1-12-1983,101-103; cf. PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA, Sessualità umana: verità e significato.
Orientamenti educativi in famiglia, 8-12-1995,104.
67
EV10/902-948. Si veda la raccolta di saggi pubblicata nella collana «Documenti e studi» della
Congregazione per la dottrina della fede: Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali (1 otto-
bre 1986). Testo e commenti, Città del Vaticano 1995.
68
Sottolineiamo una novità rispetto alla comprensione tradizionale dell'omosessualità: non si
parla soltanto di «atti omosessuali», ma si introduce la nozione di «orientamento omosessuale» come
realmente distinto dagli atti.
282 SEZIONE II - QUESTIONI ET I CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
A questi esegeti il magistero ricorda che «pur nel contesto di una note-
vole diversità, esiste un'evidente coerenza all'interno delle Scritture stesse sul
comportamento omosessuale» e che le Scritture vanno interpretate nel conte-
sto della «tradizione vivente della Chiesa» giacché la comunità di fede «conti-
nua a essere nutrita da quelle stesse Scritture e dallo Spirito di verità di cui esse
sono Parola» (n. 5).
Tutta la storia genesiaca della creazione e del peccato (Gen 1-3), la
vicenda di Sodoma (Gen 19,1-11), la legislazione di Lv 18,22; 20,13, la ripresa
paolina (in ICor 6,9; Rm 1,18-32; lTm 1,10) dimostrano che la prospettiva
biblica è esplicita e univoca:
Gli esseri umani sono creature di Dio, chiamate a rispecchiare, nella comple-
mentarità dei sessi, l'interiore unità del Creatore. Essi realizzano questo compi-
to in modo singolare, quando cooperano con lui nella trasmissione della vita,
mediante la reciproca donazione sponsale [n. 6].
69
II Catechismo non si impegna nelle questioni dell'eziologia dell'omosessualità (se, cioè, sia
frutto di ereditarietà o di eventi prenatali o se sia acquisita nel corso dei primi anni di vita) e parla di
«tendentias homosexuales [...] profonde radicatas». L'edizione italiana del 1993 parlava, invece, di
«tendenze omosessuali innate» (facendo pensare a una connaturalità e, quindi, a una pratica insupe-
rabilità dell'inclinazione). La versione francese del 1993, che era stata la base per le versioni nelle altre
lingue moderne, diceva: «des tendances homosexuelles foncières» conformemente alla Typica del 1997.
284 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
Santa Sede sulla spinosa questione del riconoscimento dei diritti civili agli omo-
sessuali, in particolare sulla legalizzazione delle unioni omosessuali con effetti
giuridici analoghi a quelli del matrimonio, incluso il diritto a poter adottare
bambini.70 Una risoluzione molto larga in questo senso è stata approvata l'8
febbraio 1994 al Parlamento europeo e molti paesi europei hanno già legifera-
to nel senso di un'approvazione più o meno aperta delle unioni omosessuali.
La posizione della Chiesa è coerente: bisogna eliminare dalle legislazio-
ni eventuali discriminazioni ingiuste nei confronti dei cittadini omosessuali (ad
esempio, in campo patrimoniale, testamentario, abitativo o lavorativo), ma non
si può accettare una forma di equiparazione fra unioni matrimoniali e unioni
omosessuali, e tanto meno riconoscere alle coppie omosessuali il diritto di
adottare bambini. Nella mens del legislatore, l'adozione è fatta in vista del
bene primario del minore e, in base ai dati della psicopedagogia contempora-
nea, il bambino ha bisogno di una coppia biparentale dei due sessi per poter
sviluppare armoniosamente la propria identità psicosessuale. Nel documento
Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni omoses-
suali del 3 giugno 2003, la Congregazione per la dottrina della fede, richia-
mandosi a motivazioni di fede e di ragione, conclude che
8 . APPROCCIO PASTORALE
70
M. ARAMINI, PACS, matrimonio e coppie omosessuali. Quale futuro per la famiglia, 2006; G.
CONCETTI, Diritti degli omosessuali, Casale Monferrato 1997; D. DANNA, Matrimonio omosessuale, Boi-
sena 1997; E. MENZIONE, Diritti omosessuali, Roma 2000.
71
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Considerazioni circa i progetti di riconosci-
mento legale delle unioni omosessuali, Roma 2003. C'era stata una precedente Nota della Congrega-
zione per la dottrina della fede del 24-7-1992 (in Regno-Documenti [1992], 466-468); la dichiarazione
della Conferenza episcopale francese sul patto civile di solidarietà (in L'Osservatore Romano, 29-9-
1998); il n. 23 del documento Famiglia, matrimonio e «unioni di fatto», 26-7-2000, del Pontificio consi-
glio per la famiglia, in cui si riprendono e si ampliano gli argomenti già contenuti nella Dichiarazione
sulla risoluzione del Parlamento europeo che equipara la famiglia alle «unioni di fatto», comprese quel-
le omosessuali, del 17-3-2000, del medesimo Pontificio consiglio.
CAP. 2 - L'OMOSESSUALITÀ 285
72
I risultati sono molto controversi. Alcuni, come Van Den Aardweg, vantano eccellenti risul-
tati, altri - anche fra gli psicoterapeuti cattolici - sono molto meno ottimisti: A. MONTANO, Psicotera-
pia con clienti omosessuali, Milano 2000; J. NICOLOSI, Omosessualità maschile: un nuovo approccio,
Milano 2002; G. VAN DEN AARDWEG, Omosessualità & speranza. Terapia & guarigione nell'esperienza
di uno psicologo, Milano 1995. Un bilancio in PRADA, La persona homosexual, 319-320.
73
Studi condotti negli Stati Uniti hanno mostrato una frequenza maggiore di omosessuali fra i
suicidi e addirittura studi sui tentati suicidi fra giovani hanno mostrato che i ragazzi omosessuali erano
circa un terzo del totale. Cf. FRIEDMAN - DOWNEY, «Homosexuality», 926.
286 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
74
B. KIELY, «La cura pastorale delle persone omosessuali. Nota psicologica», in L'Osservatore
Romano, 1 4 - 1 1 - 1 9 8 6 , 1 ( o r a in: CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Lettera sulla cura
pastorale delle persone omosessuali. Testo e commenti, Città del Vaticano 1995, 59). C'è dibattito sulle
forme concrete del percorso pastorale e particolarmente se, nel contesto di un cammino verso la
castità, si possa tollerare ed entro quali limiti un'amicizia omosessuale. Non va, comunque, sottovalu-
tato il rischio di introdurre de facto una gradualità della legge morale o creare, comunque, occasioni di
caduta; cf. D. PEZZINI, «Per un cammino di vita interiore della persona omosessuale», in Credere oggi
20(2000), 73-97; S. TEISA, Omosessualità e vita morale. Tentativo di approccio integrale (Theses), Roma
2001,224-249; X. THÉVENOT, Omosessualità maschile e morale cristiana, Leumann 1991, 85-98.
75
KIELY, «La cura pastorale delle persone omosessuali», 1.
76
Cf. Catechismus ecclesiae catholicae, 2359: «Amicitiae gratuitae auxilio». Negli autori antichi
passare dall'eros alla philìa cioè all' amicizia disinteressata era ritenuta un'evoluzione auspicabile del-
ì'omoerotismo (cf. NARDI, Omosessualità maschile, 243-244.247-249).
CAP. 3 - LA PEDOFILIA 287
In confessione sarà bene distinguere gli occasionali, che non sono omo-
sessuali in senso proprio, ma si sono trovati in circostanze tali per cui hanno
compiuto atti omosessuali o che, pur avendo tendenze omosessuali, vivono
abitualmente in continenza; gli abitudinari, che per la propria struttura inte-
riore (habitus) sono inclini al comportamento omosessuale e hanno cadute
anche frequenti, ma si stanno impegnando in un serio cammino di crescita; i
recidivi, che sono inclini al comportamento omosessuale per costituzione radi-
cata o per vizio contratto, ma non ne colgono appieno la natura disordinata o
almeno imperfetta, né fanno alcunché per superarsi. Con gli occasionali non
occorre drammatizzare, con gli abitudinari occorre grande sapienza pastorale
e discernimento, con i recidivi, che non sono sufficientemente disposti al sacra-
mento, il primo compito del pastore è di illuminare la loro coscienza e di ini-
ziare con loro un dialogo nella verità.
Nei riguardi della vita di consacrazione bisogna ricordare che l'omoses-
sualità non è di per sé condizione invalidante la professione, ma, per il perico-
lo di scandalo, devono essere esclusi coloro che non giungono a padroneggia-
re le loro pulsioni omosessuali. Un documento sulla formazione alla vita reli-
giosa riprova anche coloro che, adducendo come motivo l'umana fragilità e la
divina misericordia, pensano di poter adottare una terza via intesa come uno
stato ambiguo tra il celibato e il matrimonio.77
A livello formativo e di discernimento, bisogna notare che, mentre lo svi-
luppo di un orientamento eterosessuale può far presumere una maturazione
psicoaffettiva sostanzialmente sana, al contrario la condizione omosessuale di
un candidato alla vita consacrata deve far presumere in lui o in lei uno squili-
brio e un'immaturità psicoaffettiva.78 Non di rado la scelta della castità può
nascondere dinamiche autopunitive, né si può escludere che l'ansia verso la
propria condizione possa far desiderare la fuga in un ambiente ritenuto più
protetto, ma che invece, risultando spesso emotivamente poco gratificante e
per di più monosessuale, espone la persona all'infedeltà.
L'istruzione della Congregazione per l'educazione cattolica sui criteri di
discernimento per l'ammissione al presbiterato pone limiti ancora più decisi a
coloro che presentano forme di omosessualità radicate, specie se hanno
mostrato di favorire i movimenti gay. Nei casi in cui sia possibile superare la
77
Cf. CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA, Direttive sulla formazione negli
istituti religiosi, 2-2-1990,39.
78
Le Direttive sottolineano l'importanza di verificare «l'equilibrio dell'affettività, particolar-
mente l'equilibrio sessuale, che suppone l'accettazione dell'altro, uomo o donna, nel rispetto della sua
differenza; se sarà necessario, si ricorra a un esame psicologico, rispettando il diritto di ciascuno a pre-
servare la propria intimità» (CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA, Direttive sulla for-
mazione negli istituti religiosi, 43).
288 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
79
CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA, Istruzione circa i criteri di discernimento
vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al Semina-
rio e agli Ordini Sacri, 31-8-2005; cf. L. ALLEN, «Psychological principles for vocation directors and
seminary formators applied to persons with homosexual tendencies», in Seminarium 3(2007), 855-856.
3
LA PEDOFILIA
In questo capitolo affronteremo il tema scabroso della pedofilia, un com-
portamento sessuale deviante nel quale un adulto, quasi sempre un uomo, si
sente attratto in modo esclusivo o prevalente verso soggetti in età prepubere.
I casi di pedofilia che emergono alla ribalta dei mezzi di comunicazione susci-
tano sdegno nell'opinione pubblica e causano un giustificato allarme sociale
perché coinvolgono soggetti deboli e psicologicamente indifesi. Negli ultimi
anni si è avuta l'impressione di un aggravarsi del fenomeno, forse per un mag-
giore clamore mediatico, legato anche agli scandali interni al clero cattolico,
forse per un'effettiva espansione dell'universo pedofilo. Preoccupano senza
dubbio i tentativi di gruppi di pedofili organizzati che stanno cercando legitti-
mazioni culturali e spazi di accettazione sociale per la loro perversione.
1• UN FENOMENO INQUIETANTE
1
F. DI NOTO (ed.), La pedofilia. I mille volti di un olocausto silenzioso, Milano 2002.
290 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
goli casi, ma anche per tracciare linee di intervento sociale di ampio respiro
che vadano oltre la semplice punizione dei colpevoli e le manifestazioni più
plateali di sdegno.
2• L'ATTENZIONE ALL'INFANZIA
ATTRAVERSO I TEMPI E LE CULTURE
2
La tesi costruttivista pura ritiene che l'infanzia come la conosciamo oggi sia una semplice
costruzione culturale; cf. P. ARIÈS, Padri e figli nell'Europa medievale e moderna, Bari 1994.
292 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
A Roma la pratica della pederastia greca era guardata con molto sospet-
to e c'era anzi un attento controllo perché un giovane libero (ingenuus) non
fosse ferito nel suo onore.3 L'educazione dei giovani esigeva di tenerli lontani
dal costume greco (mos graecorum) e Quintiliano raccomandava di non far
neppure sedere i ragazzi (pueri) insieme ai giovani (adulescentes) per evitare il
sospetto di un «fatto turpe». Nel tardo periodo repubblicano e nel tempo del-
l'impero ci sono testimonianze di sfruttamento sessuale di minori, soprattutto
piccoli schiavi, ma fare molestie sessuali a un ragazzo libero era punito con
sanzioni pecuniarie dalla Lex scatinia, emanata in seguito a un episodio, avve-
nuto nel 227 a.C., del quale fu vittima il figlio dell'edile Claudio Marcello.4
Trent'anni più tardi fu emanato un editto, De adtemptata pudicitia, poi ripreso
nel 130 d.C., che sanzionava anche coloro che cercavano di adescare per stra-
da donne sposate o ragazzi liberi.
Con l'affermarsi del cristianesimo, la morale sessuale cristiana, alleando-
si con le correnti più rigorose dello stoicismo, limitò con rigore e senza distin-
zioni l'abuso sessuale dei minori. Oltre a numerosi testi presenti nei padri della
Chiesa che condannano la pedofilia, l'atteggiamento negativo della Chiesa
contro i comportamenti pedofili è testimoniato da un canone del concilio di
Elvira del 305 che negava la comunione anche in punto di morte agli stupra-
tori di ragazzi.5 Nel VI secolo, l'imperatore Giustiniano, nell'ambito di una
riorganizzazione generale della vita dell'impero d'oriente, intervenne con pre-
scrizioni severe in materia sessuale e si ha notizia, nei primi anni del suo regno,
di castrazioni punitive compiute su sodomiti o, più probabilmente, pedofili.6
Bisogna però notare che, esclusi la violenza e l'abuso sessuale, gli antichi erano
piuttosto larghi per quanto riguardava il matrimonio degli adolescenti e, quin-
di, la legittimazione di attività sessuale nell'ambito matrimoniale. Il diritto
romano permetteva il matrimonio dei soggetti appena puberi, cioè dopo i 12
anni per le femmine e dopo i 14 per i maschi: era costume accettato che un
uomo maturo sposasse una bimba che avesse appena raggiunto gli anni nubi-
les e talora anche donne mature sposavano ragazzi. Ovviamente la loro perce-
zione della maturità e del significato antropologico delle diverse fasi della vita
era diversa dalla nostra.
3
D. DALLA, Ubi venus mutatur, Milano 1987.
4
Con l'espressione stuprum si indicava un rapporto sessuale illecito. Secondo il giurista Mode-
stino si commette stupro qualora si abbia un rapporto sessuale con una vedova, con una vergine o con
un ragazzo: «stuprum in vidua vel virgine vel puero committitur» (MODESTINO, Digesto 48,5,35).
5
Concilium illeberitanum, can. 81: «Stupratoribus puerorum nec in fine dandam esse commu-
nionem», in J.D. MANSI (ed.), Sacrorum conciliorum nova et amplissima collectio, Venezia 1759, II.
6
Su tutta la questione: E. CANTARELLA, Secondo natura. La bisessualità nel mondo antico,
Roma 2 1992,234-237.
CAP. 3 - LA PEDOFILIA 293
Nel mondo barbarico c'era l'uso di sposarsi più tardi e questo influì sui
sistemi di leggi romano-barbariche. Nel VII secolo la Lex visigothorum, per
impedire il matrimonio fra donne adulte e ragazzi, stabilì che lo sposo non
poteva essere più giovane della sposa e parimenti Liutprando, re dei longo-
bardi, proibì il matrimonio fra bambini e bambine prepuberi. Non possiamo
certo accostare un matrimonio precoce con le diverse forme dell'abuso ses-
suale del minore, ma resta il fatto che il giudizio sulla capacità di consenso al
matrimonio e, implicitamente, agli atti sessuali ha subito un'evoluzione nel
tempo. Nella prassi ecclesiale, in continuità con il diritto romano, si giunse a
riconoscere come età legittima per il matrimonio i 12 anni per le ragazze e i 14
per i ragazzi.7
Durante il medioevo, i libri poenitentiales includono spesso norme parti-
colari per chi abbia commesso peccati sessuali con ragazzi, parlando di stu-
primi e di rapporti sessuali in terga. In ambito educativo non sembra che venis-
sero mantenute precauzioni specifiche anche negli strati sociali più elevati per
evitare promiscuità tra adulti e bambini nella condivisione degli spazi della
casa e specialmente nei locali per il riposo notturno, con la conseguente possi-
bilità da parte dei piccoli non solo di assistere ai rapporti sessuali degli adulti,
ma anche di diventare oggetti di molestie da parte di qualche membro della
famiglia. Fino al Seicento perdura la tolleranza di alcuni comportamenti licen-
ziosi degli adulti nei confronti dei bambini, ai quali non si risparmiano gesti e
parole scabrose, senza significative preoccupazioni etiche e pedagogiche. L'im-
pubere era giudicato estraneo e indifferente alla sessualità, per cui gesti e allu-
sioni erotiche erano ritenuti senza conseguenze per lui.
Una maggiore attenzione alla delicatezza psichica ed etica dei fanciulli
apparve, a partire dal XV secolo, in scrittori cristiani di morale e pastorale tra
i quali emerge Giovanni Gerson (1363-1429). Nel XVI secolo la pedagogia
della Compagnia di Gesù e di autori quali il filosofo Michel de Montaigne
(1533-1592) sviluppò il tema dell'innocenza puerile e della necessità della sua
tutela. Questi nuovi orientamenti pedagogici contribuirono a diffondere una
maggiore cura nell'educazione dei bambini e, soprattutto, a preservare i picco-
li da contesti inadatti alla psiche infantile, in sintonia con la politica di mora-
lizzazione dei costumi che accompagnò tanto la Riforma protestante, quanto
la Controriforma cattolica. Questa attenzione si espresse dal XVIII secolo con
atteggiamenti di tenerezza e di rispetto per l'infanzia e si unì, soprattutto nel
7
II Codice del 1917 conserva il limite di 12 e 14 anni per la pubertà di ragazze e di ragazzi
rispettivamente (can. 88, § 2), ma - tenendo conto del raggiungimento della sufficiente discredo iudi-
cii - stabilisce l'età minima per il matrimonio a 14 e a 16 anni rispettivamente (can. 1067; cf. C/C 1983,
can. 1083).
294 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
8
G. CHIOSSO, L'educazione nell'Europa moderna. Teorie e istituzioni dall'Umanesimo al primo
Ottocento, Milano 2007; F. CAMBI - S. ULIVIERI, Storia dell'infanzia nell'Italia liberale, Firenze 1996; D.
RICHTER, Il bambino estraneo. La nascita dell'immagine dell'infanzia nel mondo borghese, Firenze
1992; G. RIFELLI - C. ZIGLIO, Per una storia dell'educazione sessuale 1870-1920, Bergamo 2006.
CAP. 3 - LA PEDOFILIA 295
9
La letteratura è molto vasta, per esempio: E. AGUGLIA - A. RIOLO, La pedofilia nell'ottica psi-
chiatrica, Roma 1999; E. CAFFO - G.B. CAMERINI - G. FLORIT, Criteri di valutazione nell'abuso all'in-
fanzia, Milano 2004; U. FORNARI, «La pedofilia tra demonizzazione e realtà clinica», in Italian journal
of psycopathology 8(2002); D. HOWITT (ed.), Pedofilia e reati sessuali contro i bambini, Torino 2000; R
PIERANTOZZI, «Le pedofilie. E possibile prevenire? E curare?», in Camillianum (2008), 81-106; C. SCHI-
NAIO, Pedofilia, pedofilie: la psicoanalisi e il mondo del pedofilo, Torino 2001.
10
Tra le parafilie, oltre alla pedofilia, si annoverano l'esibizionismo, il voyeurismo, il frotteuri-
smo, il masochismo, il sadismo, il feticismo, la zoofilia.
296 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
11
AMERICAN PSYCHIATRIC ASSOCIATION, Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders,
DSM IV, Washington D.C. 1994, f65.4, Pedophily 302.2.
CAP. 3 - LA PEDOFILIA 297
12
J. MCDOUGALL, Eros. Le deviazioni del desiderio, Milano 1997.
CAP. 3 - LA PEDOFILIA 299
13
S. FREUD, Drei Abhandlungen zur Sexualtheorie, Leipzig-Wien 1905 (trad. it. Tre saggi sulla
teoria sessuale, in Opere, Torino 1967-1980, V, 441-546).
300 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
essere giustificato sia in vista di una piena evoluzione della sessualità del mino-
re, priva di indebite repressioni, sia in vista della possibilità della persona
matura di esprimere una sua tendenza, senza che questo dia origine a veri e
propri episodi di violenza o provochi traumi nel più piccolo.
Emblematica la presa di posizione di alcuni intellettuali francesi nel
periodo fra il 1977 e il 1979, all'epoca in cui nel Parlamento francese era in
discussione la riforma del codice penale. Nel 1977, alcuni filosofi e pensatori,
tra i quali Michel Foucault, Jacques Derrida e Louis Althusser, sottoscrissero
una petizione indirizzata al Parlamento, chiedendo l'abolizione della legge
sull'età del consenso per avere rapporti sessuali, l'abrogazione di numerosi
articoli di legge e la depenalizzazione di qualsiasi rapporto consenziente tra
adulti e minori di quindici anni (l'età del consenso in Francia). Il 4 aprile 1978,
Michel Foucault, lo scrittore e attore Jean Danet e lo scrittore e attivista a
favore degli omosessuali Guy Hocquenghem - che avevano tutti sottoscritto
la petizione del 1977 - hanno partecipato alla trasmissione Dialogues sulla
radio France Culture, esponendo dettagliatamente le ragioni per le quali
erano a favore dell'abolizione della legge. Le tesi dei tre pensatori converge-
vano in particolare nel sottolineare come sia in corso l'istituzione di una vera
e propria società dei pericoli, edificata sulla paura della sessualità e sulla
repressione dei comportamenti considerati socialmente devianti, in particola-
re attraverso la psichiatrizzazione del sistema penale, che comporta un
costante monitoraggio e controllo totalizzante e invasivo, soprattutto nella
sfera intima e privata dei singoli individui. Essi inoltre sottolineavano le
potenzialità suggestive e manipolatone dovute all'intervento degli psichiatri
sui bambini, necessario per valutare attraverso le loro testimonianze la sussi-
stenza di un eventuale abuso.
I gruppi favorevoli alla liberalizzazione della pedofilia, come la Danish
Pedophile Association o la Child Liberation, propagano le loro idee attiva-
mente, cercando di darsi una patina culturale attraverso una ripresa mitiz-
zante di scenari culturali passati, come quello dell'antica Grecia, e cercando
di appoggiarsi su alcuni discutibili dati scientifici. Questa pedofilia culturale
e - si dice - socialmente non pericolosa non è altro che una maschera che il
perverso si mette davanti al volto per celare agli altri e, forse, a se stesso la sua
squallida realtà. Non possono venire, però, sottaciuti gli elementi asimmetrici
che caratterizzano la relazione adulto-bambino: l'inizio di un rapporto a sfon-
do sessuale non trova il suo movente nel minore, nonostante alcuni pedofili
dichiarino di essere stati sedotti dal bambino, ma nell'adulto che pone in atto
il suo innegabile potere e la sua influenza sul piccolo, mettendo in campo una
strategia raffinata per creare un'atmosfera emotivamente surriscaldata e sol-
lecitare la partecipazione del minore alle sue fantasie e ai suoi gesti, dandogli
CAP. 3 - LA PEDOFILIA 301
Una relazione di questo tipo, in cui uno dei membri impone all'altro il proprio
contesto senza che l'altro abbia la possibilità di comprenderne il significato
metacomunicativo, è una relazione doppiamente violenta. Una relazione senza
reciprocità in cui uno dei componenti è mero oggetto di relazione, non sog-
getto. 14
5. PROBLEMATICHE ETICHE
14
A. FANALI in C. BOGLIOLO (ed.), Bambini e violenza. Dalle dinamiche familiari all'evento
sociale, Tirrenia 1998. Sull'approccio al bimbo vittima di pedofilia, cf. A. NATILLA, Il bambino abusato
e dissociato. Come conoscerlo, capirlo e andargli incontro, Roma 2006.
15
Per una riflessione morale sulla pedofilia, si vedano: L. CICCONE, Etica sessuale. Persone,
matrimonio, vita verginale, Milano 2004,229-257; P.D. GUENZI, «Pedofilia», in S. LEONE - S. PRIVITERA,
Nuovo dizionario di bioetica, Roma-Acireale 2004, 843-852. Nella nostra trattazione ci siamo serviti
largamente dell'ottima "voce" di Guenzi.
302 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
Oltre che danni fisici di vario tipo, l'abuso lascia nel bambino che ne è vit-
tima evidenti segni di traumi psichici capaci di protrarsi nell'età giovanile e adul-
ta. In questa ferita profonda, duratura e non facilmente superabile della perso-
na consiste, in ultima analisi, la malizia perversa e devastante della pedofilia.
16
A. OLIVIERO FERRARIS - B. GRAZIOSI, Il volto e la maschera. Il fenomeno della pedofilia e
l'intervento educativo, Roma 1999.
CAP. 3 - LA PEDOFILIA 303
17
CICCONE, Etica sessuale, 246.
304 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
pedofili adulti sono stati bambini vittime a loro volta di violenze sessuali ci dà
ulteriori motivi per sottolineare la grave necessità di far prevalere l'esigenza di
tutela dell'infanzia, attraverso tutti gli strumenti di difesa che una società può
elaborare. Il rispetto dovuto comunque alla persona del pedofilo non può mai
portare a compromessi quando è in gioco il bene dei nostri ragazzi e, pur non
potendosi sovrapporre semplicemente il comportamento deviante del parafili-
co con un comportamento delinquenziale, il diritto prioritario del minore chie-
de ai responsabili del bene comune e, in qualche modo, a tutti i cittadini di tute-
lare efficacemente i ragazzi da esperienze traumatizzanti, da sfruttamento ses-
suale, da attenzioni morbose di qualunque tipo.
18
Su questo punto, cf. M.P. FAGGIONI, La vita nelle nostre mani, Torino 2 2009,112-114.
19
J.A. ALLISON - L.S. WRIGHTSMAN, Rape. The misunderstood crime, Newbury Park-London
1993,239-240; V. MELE - E. SGRECCIA, «Gli antiandrogeni nella terapia dei comportamenti sessuali vio-
lenti: riflessioni etiche», in Medicina e morale 39(1989), 1107-1124.
20
La castrazione chimica è prevista attualmente in tre stati degli U S A (California, Florida e
Montana) e in Danimarca. Se ne sta discutendo in Francia e Gran Bretagna.
306 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
Uno degli aspetti più conturbanti del fenomeno della pedofilia oggi è la
presenza di numerosi casi di pedofilia tra membri del clero, ma ancora più
grande scalpore nell'opinione pubblica ha suscitato il comportamento poco
prudente di alcuni vescovi che non sono intervenuti con le necessarie tempe-
stività e determinazione sui casi di pedofilia.21
La legge canonica già prevedeva pene proporzionate per i chierici che si
macchiano di delitti alquanto gravi («delieta graviora»)22 ma, sotto l'ondata
dello scandalo, la normativa è stata resa ancora più rigorosa attraverso il motu
proprio Sacramentorum sanctitatis tutela, promulgato il 30 aprile 2001 da Gio-
vanni Paolo II.23 Il canone 1395 del codice del 1983 prevedeva, in due para-
grafi, diverse ipotesi di delitti commessi da chierici contro obblighi speciali.
21
Si veda: R.K. HANSON - F. PFÄLLIN - M. LÜTZ (edd.), Sexual abuse in the Catholic Church.
Scientific and legal perspectives, Città del Vaticano 2004.
22
J.H. ALESANDRO, «Canonical delicts involving sexual misconduct and dismissal from the cler-
ical state», in lus Ecclesiae 8(1996), 173-192; V. DE PAOLIS, «I delitti contro il sesto comandamento», in
Periodica 82(1993), 293-316; J.H. PROVOST, «Offenses against the sixth commandment: toward a canon-
ical interpretation of canon 1395», in The jurist 56(1996), 632-663.
23
IOANNES PAULUS II, Epistula a Congregatone pro Doctrina Fidei missa ad totius Catholicae
Ecclesiae Episcopos aliosque Ordinarios et Hierarchas interesse habentes: de delictis gravioribus eidem
Congregationi pro Doctrina Fidei reservatis: AAS 93(2001), 785-788.
CAP. 3 - LA PEDOFILIA 307
Il chierico concubinario, oltre il caso di cui nel can. 1394, e il chierico che per-
manga scandalosamente in un altro peccato esterno contro il sesto precetto del
Decalogo, siano puniti con la sospensione, alla quale si possono aggiungere gra-
dualmente altre pene, se persista il delitto dopo l'ammonizione, fino alla dimis-
sione dallo stato clericale.
il chierico che abbia commesso altri delitti contro il sesto precetto del Decalogo,
se invero il delitto sia stato compiuto con violenza, o minacce, o pubblicamente,
o con un minore al di sotto dei 16 anni, sia punito con giuste pene, non esclusa la
dimissione dallo stato clericale, se il caso lo comporti.
può pervenire alle autorità competenti sia in modo diretto sia in modo indiret-
to, attraverso svariate vie e persone. Non esiste l'obbligo di denunciare all'ordi-
nario un delitto di cui si abbia notizia o di cui si è venuti a conoscenza, a meno
che non sia in gioco il bene comune e ne possa venire un grave danno alla Chie-
sa e alle anime.25
24
Cf. SCICLUNA, Procedura e prassi, 282-283.
25
Cf. Z. SUCHECKI, Le sanzioni penali nella Chiesa. Parte I: I delitti e le sanzioni penali in gene-
re (can. 1311-1363), Roma 1999,162-163.
26
SUCHECKI, Le sanzioni penali nella Chiesa, 163.
27
GIOVANNI PAOLO II, Address to the cardinals of the United States, 23-4-2002.
28
G. ZUANAZZI, Psicologia e psichiatria nelle cause matrimoniali canoniche, Città del Vaticano
2006,223.
CAP. 4 - I DISORDINI DELLO SVILUPPO SESSUALE 309
Il rilievo che la pedofilia ha assunto in questi ultimi anni, sia per l'emer-
sione del fenomeno dalle nebbie della vergogna e dell'omertà, sia per la sua
amplificazione attraverso i mezzi di comunicazione di massa, si è accompa-
gnato a un'accresciuta sensibilità sociale di fronte alla violenza sessuale sui
minori. Di fronte all'escalation della pedofilia nelle sue diverse forme e alle
reazioni allarmate dell'opinione pubblica, i paesi occidentali si sono mobilita-
ti con provvedimenti legislativi, campagne di sensibilizzazione e programmi di
accompagnamento delle vittime e di prevenzione.
La recente evoluzione della normativa italiana sulla violenza sessuale
(legge 3 agosto 1998, n. 269: Norme contro lo sfruttamento della prostituzioney
della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme
di riduzione in schiavitù) ha recepito le indicazioni offerte nel 1989 dall'ONU
con la Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo e le indicazioni del
1997 dell'Unione europea che auspicavano un'azione comune per contrastare
il traffico di esseri umani e lo sfruttamento sessuale dei bambini, imponendo
una revisione delle normative interne a ciascun paese, nel rispetto della pro-
pria tradizione giuridica.29
Questo dispositivo legale, introdotto nel codice penale italiano, ha inteso
precisare con maggiore accuratezza alcuni reati a sfondo sessuale che coinvol-
gono i minori e inasprire le pene, particolarmente in materia di sfruttamento
sessuale. Pur non figurando il termine pedofilia nella legislazione dei paesi
europei (il diritto penale definisce e distingue solo i fatti perseguibili) e persi-
stendo una certa disparità nella determinazione della maggiore età sessuale
(dai 12 ai 16 anni nei paesi dell'Unione) per presupporre un consenso, in
assenza di esplicite azioni di stupro, di abuso e di violenza, a eventuali atti ses-
suali compiuti da un minore anagrafico, si sta sviluppando una più accurata
cultura giuridica per la conduzione di processi delicati che coinvolgono come
parte lesa il minore.
In Italia il 2 marzo 2006 è entrata in vigore la legge 38 contenente Dispo-
sizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedo-
pornografia anche a mezzo Internet la quale, oltre all'inasprimento delle pene,
amplia la nozione di pedo-pornografia e del suo ambito. Riguardo alla prosti-
tuzione minorile (art. 600 bis) viene punito chi compie atti sessuali, in cambio
29
A. CADOPPI - G. Di PAOLO (edd.), Commentari delle norme contro la violenza sessuale e delle
leggi contro la pedofilia, Padova 1999; M.P. COLOMBO SVEVO, «Sfruttamento sessuale dei minori e ini-
ziative dell'Unione europea», in Aggiornamenti Sociali (1998), 383-390.
310 SEZIONE II - QUESTIONI ET I CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
di denaro o di altra utilità, con minori di età compresa tra i 14 e i 18 anni; pre-
cedentemente l'età era compresa tra i 14 e i 16 anni. Per quanto riguarda il turi-
smo sessuale è previsto l'obbligo per gli operatori turistici che organizzano i
viaggi di inserire, sui cataloghi e sui documenti forniti agli utenti, in modo evi-
dente la dicitura: «La legge italiana punisce con la reclusione i reati concer-
nenti la prostituzione e la pornografia minorile, anche se commessi all'estero».
L'attenzione a definire la natura particolare dell'iter giudiziario, nei casi di
pedofilia, è ulteriormente da perfezionare per evitare fenomeni di spetta-
colarizzazione a livello di opinione pubblica, innescando una cultura del sospetto
e meccanismi di criminalizzazione indebita in assenza o nel dubbio di fatti preci-
si, per limitare episodi di pura e semplice delazione, per proteggere gli stessi
minori da ulteriori violenze istituzionali, per raccogliere e valutare in modo pon-
derato le loro confidenze e tutelare il diritto di difesa del presunto aggressore.
Una matura cultura del perdono - senza però indebiti perdonismi o peg-
gio l'occultazione e la rimozione degli episodi di violenza sessuale - rappre-
senta un valore sociale ugualmente da promuovere che non annulla le misure
di giustizia, né misconosce le difficoltà di giungere a una piena riabilitazione
dell'aggressore, ma consente di riaprire cammini di libertà e umanità per chi
ha sinceramente riconosciuto le sue gravi colpe e ha fatto di tutto per riconqui-
stare una propria maturità personale e sessuale. L'attenzione dello Stato e
della società non può essere circoscritta nell'ambito penale e repressivo, senza
una più capillare azione di prevenzione, ispirata da una cultura attenta alla
costruzione di relazioni profonde e significative tra il mondo degli adulti e i
bambini e una corretta formazione ai valori propri della sessualità e dell'amo-
re, reattiva nei confronti di quegli aspetti di forte erotizzazione edonistico-
strumentale e di violenza attualmente presenti.
Si apre così l'imponente capitolo dell'educazione e prevenzione, a comin-
ciare da quella impartita in famiglia, per trasmettere un corretto rispetto del
corpo proprio e degli altri, il senso e il valore della differenza sessuale, con-
siderando attentamente i tempi e le categorie interpretative propri dell'età
infantile. Gli stessi educatori, non solo per far fronte a possibili accuse di com-
portamenti scorretti, ma in vista di un adeguato processo pedagogico, dovran-
no lavorare profondamente su se stessi, sull'equilibrio personale, evidenziando
chiaramente i propri limiti e debolezze, sulla capacità di osservazione dei sin-
tomi che possono rivelare episodi o una storia di abusi nei minori loro affida-
ti, sull'importanza di offrire regole chiare con gli educandi, anche per gestire
eventuali episodi di interesse a sfondo affettivo che possono insorgere nei loro
confronti da parte di ragazzi o pre-adolescenti, sulla necessità di operare cor-
rettamente in équipe condividendo i protocolli pedagogici, sullo sviluppo di
specifici progetti di accompagnamento delle piccole vittime.
4
I DISORDINI DELLO SVILUPPO SESSUALE
1
Per una revisione biomedica, cf. D. FRIMBERGER - J.P. GEARHART, «Ambiguous genitalia and
intersex», in Urol. Int. (2005)75,291-297.
312 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
1. CLASSIFICAZIONE E DESCRIZIONE
2
Cf. A . DREGER - C. CHASE - A . SOUSA et al, «Changing the nomenclature/taxonomy for inter-
sex: a scientific and clinical rationale», in Journal of pediatric endocrinology and metabolism (2005)18,
729-733; J. FRADER - P. ALDERSON - A. ASCH et al, «Health care professionals and intersex conditions»,
in Archive of pediatric and adolescent medicine (2004)158,426-429.
CAP. 4 - I DISORDINI DELLO SVILUPPO SESSUALE 313
3
Quando la sindrome fu individuata negli anni '50 si pensò erroneamente a un difetto biochi-
mico del tessuto testicolare che avrebbe prodotto estrogeni invece di androgeni, per cui si parlava di
sindrome del testicolo femminilizzante; cf. J.M. MORRIS, «Syndrome of testicular feminization in male
pseudo-hermaphrodites (82 cases)», in American journal of obstetrics and gynaecology (1953)65,1192-
1211.
4
A . B . WISNIEWSKI - C.J. MIGEON - H . F . L . MEYER-BAHLBURG et al, « C o m p l e t e a n d r o g e n i n s e n -
sitivity syndrome: long-term medical, surgical, and psychosexual outcome», in The journal of clinical
endocrinology and metabolism (2000)55,2664-2669.
316 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
5
J. IMPERATO-MCGINLEY et al, «Androgens and the evolution of male gender identity among
male pseudohermaphrodites with 5a-reductase deficiency», in New England Journal of Medicine
(1979)300,1233-1237.
CAP. 4 - I DISORDINI DELLO SVILUPPO SESSUALE 317
2- L A «NORMALIZZAZIONE» DELL'AMBIGUITÀ
6
Tramandata da CICERONE, De legibus 3,8,18: «Cito necatus tamquam ex XII Tabulis insignis
ad deformitatem puer».
7
TITO LIVIO, Ab urbe condita 31,12,5-9: «Iam animalium obscaeni fetus pluribus locis nuntia-
bantur; in Sabinis incertus infans natus, masculus an femina esset, alter sedecim iam annorum item
ambiguo sexu inventus [...]. Foeda omnia et deformia errantisque in alienos fetus naturae visa: ante
omnia abominati semimares iussique in mare extemplo deportari»; cf. TITO LIVIO, Ab urbe condita
27,11,4-5; 27,37,3-4; 39,22,5.
8
Cf. M. FOUCAULT, Résumé des cours 1970-1982, Paris 1989,73-74.
9
ULPIANO, Digesto 1,5,10. Il frammento ulpianeo è riportato nella trattazione De statu homi-
num e l'espressione «cui comparamus» è riferita all'alternativa maschio/femmina.
CAP. 4 - I DISORDINI DELLO SVILUPPO SESSUALE 319
Per la biologia antica il sesso virile è il sesso di riferimento e ogni altra con-
dizione sessuale, inclusa quella di una femmina normale, viene giudicata sul para-
metro costituito dal maschio (monosessismo).10 Il sesso prevalente dovrà quindi
essere valutato in base al maggiore o minore avvicinarsi di una certa comples-
sione genito-somatica al sesso virile accertata attraverso la inspectio corporis. In
base a tale criterio, per esempio, a partire dalla considerazione che un uomo ste-
rile può adottare un figlio e costituirlo suo erede, mentre questo è per legge
impossibile a un eunuco, Ulpiano afferma che un ermafrodita ha il diritto di isti-
tuire heredes sui al pari degli uomini normali «si in eo virilia praevalebunt».11
Se il terrore superstizioso delle origini spingeva a sopprimere fisicamen-
te gli intersessi, il diritto ne occulta l'esistenza conturbante ascrivendoli a uno
dei due generi fondamentali previsti dall'ordinamento della società.
10
T. LAQUEUR, Making sex. Body and gender from Greeks to Freud, Harvard 1990 (trad. it. L'i-
dentità sessuale dai Greci a Freud, Bari 1992, soprattutto 33-81).
11
ULPIANO, Digesto 28,2,6: «Ulpianus libro tertio ad Sabinum. Sed est quaesitum, an is, qui gene-
rare facile nonpossit, postumum heredem facerepossit [...]. Hermaphroditus piane, si in eo virilia prae-
valebunt, postumum heredem instituere poterit». Analogo problema per la testimonianza, da cui erano
di regola escluse le donne, in PAOLO, Digesto 22,5,15: «Hermaphroditus an ad testamentum adhiberi
possit, qualitas sexus incalescentis ostendit».
12
S. AMATO, Sessualità e corporeità. I limiti dell'identificazione giuridica, Milano 1985,157.
320 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
non è stata mai messa in dubbio la doverosità di una scelta in senso maschile
e femminile di un soggetto e, non appena i progressi della medicina lo hanno
permesso, si è cercato di intervenire a livello fisico per conformare il più pos-
sibile l'aspetto corporeo del soggetto alla sua appartenenza.
Ai nostri giorni il problema è stato posto in termini nuovi. La crisi del
sistema binario dei sessi, maschio-femmina, e il riconoscimento di personalità
sessuali anomale dal punto di vista dell'identità psichica (transessuali e trans-
gender) e dal punto di vista dell'orientamento (omosessuali) hanno portato
alcuni a rivendicare il diritto dell'esistenza di soggetti intersessuali, non attri-
buiti a nessuno dei due sessi previsti: un vero e proprio «terzo sesso».13 Questa
posizione contiene una verità: un soggetto con un disturbo dello sviluppo ses-
suale, anche se neonato, non può essere sottoposto a interventi demolitivi e
ricostruttivi in dipendenza da una scelta dei medici e dei genitori, senza tener
conto della sua realtà e determinando in modo irreversibile il suo destino ses-
suale. D'altra parte essere riconosciuti in modo univoco come maschi o come
femmine ed essere allevati come tali rappresenta un diritto del bambino che,
se allevato in una situazione di ambiguità, potrà averne gravi ripercussioni sul
suo equilibrio psichico. Non è solo un'esigenza di normalizzazione sociale a
spingere all'assegnazione certa a uno dei due sessi e a intervenire per adegua-
re a standard di normalità il sesso corporeo sviluppato in modo anomalo. Il
benessere della persona chiede questa assegnazione precoce e univoca e, a suo
tempo, gli interventi necessari per correggere e meglio definire quello che la
natura ha imperfettamente prodotto. Anche in questo ambito vediamo ope-
ranti gli effetti ideologici di quella teoria del genere di cui più volte abbiamo
parlato lungo il nostro percorso.
13
A. FAUSTO-STERLING, «The five sexes: why male and female are not enough», in Sciences
33(1998), 20; S.J. KESSLER, Lessons from the intersexed, New Brunswick 1998.
CAP. 4 - I DISORDINI DELLO SVILUPPO SESSUALE 321
una caratteristica della dimensione corporea della persona umana, ne segue che
qualunque criterio per determinare il sesso di appartenenza di un soggetto
dovrà fondarsi sui dati somatici. In caso di compresenza di caratteri dell'uno e
dell'altro sesso si attribuiva il soggetto al sesso che sembrava prevalente. Nel
caso di assoluta ambiguità si ricorreva all'autoidentificazione nell'idea che nes-
suno possa comprendere se stesso meglio del soggetto interessato. Similmente,
nel caso di ermafroditi perfetti, cioè di soggetti che - secondo le convinzioni
degli antichi - possiedono due sessi perfetti e funzionanti, si concedeva di sce-
gliere in quale sesso volessero vivere e in questo potevano anche sposarsi.
Nel corso del XVI secolo, la nascita della scienza biologica e il crescente
rilievo attribuito in sede canonistica alla perizia medica portarono a una stan-
dardizzazione dei parametri utili per l'identificazione del sesso nei casi dubbi
e a stabilire con cura gli elementi essenziali e quelli secondari che permettes-
sero di distinguere i due sessi. Si affermarono criteri di identificazione sessua-
le sempre più legati alla specificità anatomofisiologica del maschio e della fem-
mina: per il sesso maschile divenne criterio discriminante, anche se con note-
voli discussioni, la presenza o meno dei testicoli, mentre per il sesso femmini-
le si ritenne probante il riscontro dei flussi mestruali o, secondo altri, la pre-
senza della vagina o, per quanto fosse possibile verificarla con i metodi di allo-
ra, dell'utero. 14
Dalla seconda metà del XIX secolo, le scoperte fisiologiche sul ruolo
svolto dalle gonadi nella definizione dei caratteri sessuali, la precisa individua-
zione delle peculiari funzioni gametogenetiche delle gonadi maschili e femmi-
nili e l'approfondimento della loro struttura microscopica, il miglioramento
delle tecniche di indagine clinica condussero a riconoscere nelle gonadi
maschili o femminili l'elemento determinante del sesso vero della persona. In
questo momento la classificazione delle ambiguità genitali si irrigidì in tipolo-
gie molto definite basate esclusivamente su caratteri anatomofisiologici, esclu-
dendo ogni componente psichica. Perciò lo pseudoermafrodita, possedendo
gonadi di un solo sesso, può essere attribuito senza discussioni a questo senza
che la compresenza di elementi discordanti possa interferire con la decisione;
soltanto nei rarissimi casi di ermafroditi veri (con tessuti gonadici dei due
sessi) si può parlare di sesso davvero incerto e quindi si deve cercare quale
sesso sia prevalente sull'altro.15 La medicina ottocentesca riusciva così a
14
II ruolo delle ovaie come agenti di femminilizzazione non era stato intuito e tanto meno la
loro funzione ovulogenetica, e, in ogni caso, esse restavano fuori delle possibilità investigative della
medicina del tempo: questo spiega perché si ricorresse ad altri indici di femminilità.
15
A. LANZA, «De requisita sexus virilis certa determinatione et distinctione ad ordines», in
Apollinaris 19(1946), 59: «Il carattere essenziale del sesso deve essere riposto nella natura delle gona-
322 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
di, così che maschio è chi ha i testicoli, femmina chi ha le ovaie ed ermafrodito chi ha entrambe le gona-
di» (trad, nostra).
16
Su questo punto, cf. A. DREGER, Hermaphrodites and the medical invention of sex, Cambrid-
ge 1998.
17
Cf. G. DE NINNO, «Cambiamento di sesso», in Cento problemi di coscienza, Assisi 3 1960,225:
«Mi sembra chiaro che, nella scelta del sesso da attribuire, debba prevalere la sessualità genetica, cioè
quella legata alle caratteristiche del patrimonio cromosomico, attualmente ben determinabile con
ricerche istologiche perché primitivamente voluta dalla natura e, normalmente, prima sostanziale base
del successivo sviluppo».
CAP. 4 - I DISORDINI DELLO SVILUPPO SESSUALE 323
indirizza così verso uno dei due sessi l'educazione del bambino; ma non solo, è
a partire dalla scoperta del proprio corpo sessualmente definito che il bimbo
elabora lentamente un'immagine del sé, che sarà alla base di ogni futura autoi-
dentificazione sessuale; infine il sesso fenotipico è in se stesso presupposto
indispensabile per permettere una vita sessuale soddisfacente, essendo legata
al sesso fenotipico la possibilità dell'attività copulatoria. Il sesso gonadico ha
un grande valore per quello che riguarda gli imprinting cerebrali, sia di tipo
neuroendocrino (circuiti ipotalamo-ipofisari) sia di tipo psichico (influsso sul-
l'identità di genere), l'elaborazione ormonale tipica di ciascun sesso e la fecon-
dità, una dimensione non secondaria della sessualità umana.
Fra gli indici psichici, grande attenzione deve essere data all' identità di
genere e al ruolo di genere attuali o prevedibili, perché sarebbe contrario alla
verità integrale e al bene autentico della persona orientare la scelta e quindi la
terapia verso un sesso biologicamente prevalente, ma irreparabilmente discor-
de con lo psichismo del soggetto. Dato che le decisioni medico-chirurgiche
riguardano per lo più neonati o bimbi molto piccoli in cui l'identità di genere
ancora non è definita, sarà necessario tener conto di quale potrà essere l'iden-
tità di genere del soggetto, tenendo conto sia della pressione educativa e
ambientale, sia dell'influsso degli steroidi sessuali sul cervello fetale in ordine
all'identità di genere.
18
Si veda uno studio molto equilibrato: M.L. DI PIETRO, «Aspetti clinici, bioetici e medico-lega-
li della gestione delle ambiguità sessuali», in Medicina e morale (2000)50, 51-83; cf. A. DREGER (ed.),
Intersex in the age of ethics, Hagerstown 1999; S.E. SYTSMA (ed.), Ethics and intersex, New York 2006
(International library of ethics, law and the new medicine, XXIX).
324 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
Purtroppo, i successi che Money portava come prove della validità delle
sue teorie, a un'analisi più attenta e prolungata si sono rivelati non sempre
rispondenti a verità. Clamoroso è il caso dei due gemelli di sesso maschile in
cui uno dei due, chiamato John, aveva subito a 18 mesi un incidente operato-
rio per cui era rimasto privo del pene. Si decise perciò di allevarlo come bam-
bina e di procedere a una progressiva femminilizzazione chirurgica e ormo-
nale. Money aveva fatto credere che tutto fosse andato secondo le sue teorie,
ma più tardi si è scoperto che la bimba, nota come Joan (in effetti Brenda),
aveva sempre mostrato disagio per il sesso attribuitole e alla pubertà aveva
manifestato il disagio per il sesso di assegnazione. Quando, all'età di 13 anni,
riuscì a scoprire la verità, decise di eliminare i segni della femminilizzazione
forzata e decise di riassumere il ruolo di genere maschile che gli era stato
negato. Preso il nome di David, sottopose il suo corpo ormai devastato a mol-
teplici interventi ricostruttivi, e si sposò più tardi con una donna che aveva tre
figli frutto di un precedente matrimonio. 19 Il suo equilibrio psichico era, però,
ormai irrimediabilmente ferito e nel maggio del 2004, all'età di 38 anni, David
Reimer si è suicidato.
Dalla fine degli anni '80, si sono moltiplicate le osservazioni di come un
patrimonio genetico maschile o femminile e, soprattutto, l'esposizione prena-
tale agli ormoni sessuali contribuiscano a orientare il futuro sviluppo psicoses-
suale del bambino. In particolare l'esposizione prenatale agli androgeni gona-
dici (testosterone) dà una sorta di spinta verso un'identificazione maschile,
mentre gli androgeni surrenalici, più deboli, sembrano esercitare un influsso
più sullo stile e il comportamento che non sull'identità. Si è visto, per esempio,
che, quale che sia l'entità della virilizzazione dei genitali esterni nel caso di
iperplasia surrenale congenita, le ragazze si identificano di solito come femmi-
ne. Al contrario, in soggetti maschi con genitali poco virilizzati o molto ambi-
gui, l'imprinting prenatale del testosterone sul sistema nervoso centrale dispo-
ne all'identificazione in senso maschile. In altri casi, come nell'agenesia penie-
na, i dati disponibili in letteratura mostrano che i pazienti, diventati adulti,
hanno mostrato soddisfazione sia nel gruppo assegnato al sesso maschile, sia in
quello assegnato al sesso femminile.
Oggi sappiamo che la pressione esercitata dall'educazione orientata in
un certo senso, maschile o femminile, deve comporsi con l'influsso che deriva
dall'esposizione prenatale agli ormoni sessuali e che, pertanto, non si può spe-
rare di plasmare a volontà l'identità di genere. È stata invocata da più parti una
moratoria sugli interventi di riassegnazione e correzione chirurgica del sesso
19
Cf. J. COLAPINTO, As nature made him. The boy who was raised as a girl, New York 2000.
326 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
20
Cf. K. KIPNIS - M. DIAMOND, «Pediatrie ethics and the surgical assignment of sex», in The
journal of clinical ethics 9(1998)4,398-410.
21
M. DIAMOND - H.K. SIGMUNDSON, «Management of intersexuality. Guidelines for dealing
with persons with ambiguous genitalia», in Archives of pediatrics and adolescent medicine (1997)151,
1046-1050; cf. A.H. BALEN (ed.), Paediatric and adolescent gynaecology: a multidisciplinary approach,
Cambridge (UK) 2004. Molto interessanti le linee guida prodotte nel 2006 dalla Intersex Society del
Nord America (ISMA): Clinical guidelines for the management of disorders fo sex development in
childhood. Scaricabili presso: http://www.dsdguidelines.org/ (accesso 10-8-2009).
22
«Consensus statement on management of intersex disorders», in Pediatrics (2006)118, 488-
500.
23
S.A. BERENBAUM - J.M. BAILEY, «Effects on gender identity of prenatal androgens and geni-
tal appearance: evidence from girls with congenital adrenal hyperplasia», in The journal of clinical
endocrinology and metabolism (2003)88,1102-1106. Era stato osservato in precedenza che l'identità di
genere di questi soggetti era più influenzata dall'aspetto dei genitali esterni che non dal grado di
androgenizzazione: R. MULAIKAL et al., «Fertility rates in female patients with congenital adrenal
hyperplasia due to 21-hydroxylase deficiency», in New England Journal of Medicine (1987)316,182.
CAP. 4 - I DISORDINI DELLO SVILUPPO SESSUALE 327
mento in senso maschile e ricostruzione del pene entro i primi anni di vita.
Nella letteratura medica si riportano pari percentuali di successo, quanto all'i-
dentificazione di genere, anche nei soggetti castrati precocemente e femmini-
lizzati chirurgicamente, ma la scelta in senso femminile priva il soggetto delle
sue potenzialità procreative e, invece che correggere un difetto, crea una situa-
zione ancora più dissonante tra le diverse componenti della sessualità psico-
fisica.
Se ci troviamo di fronte a un neonato di cariotipo XY, ma con insensibi-
lità totale agli androgeni ovvero con deficit nella sintesi del testosterone, è più
saggio orientare l'allevamento in senso femminile, correggere il fenotipo in
senso femminile ed eventualmente asportare i testicoli per il rischio di cance-
rizzazione. Nel caso di una resistenza totale agli androgeni, infatti, la persona
possiede testicoli, ma l'aspetto del corpo è francamente femminile e l'identità
di genere, sia per la mancanza di sessualizzazione cerebrale in senso maschile,
sia per l'allevamento congruente con il fenotipo, si svilupperà di regola in
senso femminile.
Una volta stabilito il sesso del soggetto, si programmeranno gli interven-
ti medico-chirurgici più adeguati, che devono avere come obiettivo non solo di
modificare la struttura del corpo quanto piuttosto di aiutare la persona a rea-
lizzare nel miglior modo possibile se stessa e le proprie potenzialità. Tali inter-
venti, come si diceva, non solo sono leciti ma addirittura doverosi e la dovero-
sità degli interventi ha portato qualcuno a sostenere che non sia necessario
chiedere né al paziente né ai genitori, in caso di minori, il consenso a procede-
re. È accaduto così che in alcuni casi siano stati effettuati interventi correttivi
senza previo consenso e che gli stessi abbiano denunciato i medici e i genitori
che avevano permesso manovre mutilanti senza il loro consenso. Non si può,
dunque, fare a meno del coinvolgimento dei genitori nelle scelte terapeutiche
perché - in quanto genitori - non solo sono interpreti del miglior interesse del
figlio o della figlia, ma sono anche i primi protagonisti della sua educazione.
In alcuni casi più difficili può non essere agevole prendere una decisione
immediata. Non è sempre facile spiegare la situazione ai genitori e, soprattut-
to, giustificare loro un eventuale ritardo nella definizione chirurgica del sesso
fisico, ma la definizione chirurgica non può essere dettata dalla fretta nella ret-
tificazione del sesso, né si deve far scomparire il bambino dietro la sua ano-
malia. Bisognerà assegnare quanto prima il bimbo a un sesso definito, tenen-
do conto della patogenesi dell'anomalia e della possibile esposizione cerebra-
le agli steroidi sessuali, rimandando una migliore definizione fenotipica all'e-
mergere dell'autoidentificazione di genere. Nel rispetto del best interest dei
bambini bisogna, pertanto, evitare di praticare interventi precoci di tipo demo-
litivo e ricostruttivo.
328 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
Uno dei grandi capitoli delle anomalie sessuali è quello dei disturbi del-
l'identità di genere nel contesto dei quali il disturbo più caratteristico è costi-
tuito dal transessualismo. Si tratta di un quadro psicopatologico complesso che
causa alla persona molta sofferenza e che presenta aspetti delicati sia dal
punto di vista biomedico sia da quello etico. In questo capitolo studieremo i
principali aspetti clinici del transessualismo ed esamineremo i problemi etici
connessi con la terapia di questa singolare condizione, nonché i suoi riflessi in
campo canonico, con particolare riferimento all'ambito matrimoniale e all'or-
dine sacro.
1
II termine transessualismo si trova per la prima volta in! D.O. CAULDWEL, «Psychopathia tran-
sexualis», in Sexology 16(1949), 274. Fondamentale lo studio di: H. BENJAMIN, The Transsexual Pheno-
menon, New York 1966 (trad. it. Il fenomeno transessuale, Roma 1968).
2
Tra i disordini dell'identità di genere non altrimenti specificati si può annoverare la disforia
di genere che accompagna talora gli stati intersessuali o la preoccupazione da castrazione o da ampu-
tazione del pene non accompagnata dal desiderio di acquisire i caratteri sessuali dell'altro sesso.
CAP. 5 - I DISTURBI DELL'IDENTITÀ DI GENERE 333
2. L A SINDROME TRANSESSUALE
3
AMERICAN PSYCHIATRIC ASSOCIATION, Diagnostic and statistical manual of mental disorders.
Fourth edition. Text revision, DSM YVtr, Washington D.C. 2000.
4
Per esempio, una volta stabilita la diagnosi di transessualismo si potrà specificare ulterior-
mente se il soggetto è attratto da maschi, da femmine, da entrambi o da nessuno dei due. Sarà, comun-
que, difficile dire se un transessuale geneticamente maschio che però si sente femmina nel caso si senta
attratto/a dai maschi sia omosessuale.
5
Presentazioni d'insieme del problema dal punto di vista psichiatrico: J. BALDARO VERDE - A.
GRAZIOTTIN, L'enigma dell'identità. Il transessualismo, Torino 1991; P.T. COHEN-KETTENIS - L.J. Goo-
REN, «Transsexualism: a review of etiology, diagnosis and treatment», in Journal of psychosomatic
research 4 6 ( 1 9 9 9 ) , 3 1 5 - 3 3 3 ; R . GREEN - R . BLANCHARD, « G e n d e r i d e n t i t y d i s o r d e r s » , in H . I . KAPLAN
- B.J. SADOCK (edd.), Comprehensive textbook of psychiatry, Baltimore 6 1995,1,1347-1359.
334 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
6
Sulla percezione del corpo nei disturbi dell'identità di genere: D. BECKER - R. MESTER,
«Further insights into transsexualism», in Psychopathology 29(1996), 1-6; J. MONEY, «Body-image syn-
dromes in sexology: phenomenology and classification», in Journal of health and social policy 6(1995)3,
59-76.
7
L'ambiguità del sesso corporeo dell'intersessualità può accompagnarsi a un disturbo anche
grave dell'identità di genere, ma gli autori tengono giustamente separate le due entità nosografiche; cf.
GREEN - BLANCHARD, Gender identity disorders, 1347.1358-1359.
8
Le distinzioni che introduciamo costituiscono quadri nosografici ben individuati, ma nella
realtà clinica possono darsi forme intermedie nell'ambito dei disturbi di natura psichica, e non è infre-
quente osservare una sorta di progressione dal feticismo al transessualismo, passando attraverso il tra-
vestitismo e l'omosessualità; cf. G. ZUANAZZI, Psicopatologia e psichiatria nelle cause matrimoniali
canoniche, Città del Vaticano 206,237.
CAP. 5 - I DISTURBI DELL'IDENTITÀ DI GENERE 335
qualche anno uno spostamento del rapporto fra i sessi verso l'l:l. 9 Se la fre-
quenza del transessualismo è questa, allora il dato fornito dal MIT (Movi-
mento italiano transessuali), secondo il quale in Italia ci sarebbero circa die-
cimila soggetti affetti da questo disturbo, deve essere ampiamente ridimen-
sionato.
Riguardo all'eziologia del transessualismo la discussione è aperta e
riflette le discussioni sull'importanza relativa dei fattori biologici o dei fattori
psico-sociali nel plasmare l'identità di genere e nell'orientare le scelte sessua-
li della persona. 10 Alcuni riconoscono nel transessualismo una prevalente base
organica: si ipotizzano o predisposizioni genetiche o alterazioni endocrine pre-
natali, forse per immunizzazione materna contro strutture fetali, che compor-
tano alterazioni nel normale sviluppo delle strutture cerebrali connesse con la
sfera sessuale.11 Altri pensano a una base sociopsicologica che causi disturbi
nel processo di formazione dell'identità sessuale nella primissima infanzia: il
maschietto si identificherebbe con la madre o la sorella, invece che col padre,
sino a desiderare di essere donna, ovvero andrebbe incontro a un processo di
fusione simbiotica con la madre per difendersi dall'angoscia di separazione.12
Non si può infine escludere un influsso, almeno indiretto, che proviene dal dif-
fuso clima di incertezza e ambiguità, tipico della cultura contemporanea, nella
definizione della mascolinità e della femminilità e nell'individuazione recipro-
ca dei ruoli maschili e femminili, con ripercussioni diverse nell'immaginario
collettivo e nell'autorappresentazione del proprio esistere sessuato nei diversi
soggetti.13
Si può ancora condividere l'affermazione della De Marinis che
9
Cf. M. LANDEN - J. WALINDER - B. LUNDSTROM, «Prevalence, incidence and sex ratio of trans-
s e x u a l i s m » , in Acta psychiatrica scandinava 9 3 ( 1 9 9 6 ) , 2 2 1 - 2 2 3 ; P.J. VAN KESTEREN - L.J. GOOREN - J.A.
MEGENS, «An epidemiological and demographic study of transsexuals in the Netherlands», in Archives
of sexual behavior 25(1996), 589-600.
10
Cf. GREEN - BLANCHARD, Gender identity disorders, 1350-1352.
11
R. GREEN, «Birth order and ratio of brothers to sisters in transsexuals», in Psychological
medicine (2000)30,789-795; D.F. SWAAB, «Sexual differentiation of the human brain: relevance for gen-
der identity, transsexualism and sexual orientation», in Gynecological endocrinology 19(2004), 301-312;
J.N. ZHOU - M . A . HOFMAN - L J . GOOREN - D.F. SWAAB, « A s e x d i f f e r e n c e in t h e h u m a n b r a i n a n d its
relation to transsexuality, in Nature (1995)378,68-70.
12
Cf. E. PERSON - L. OVERSEY, «The transsexual syndrome in males», in American journal of
psycotherapy 28(1974), 4.174; R. STOLLER, Sex and gender. The transsexual experiment, New York 1975.
13
Cf. E. EULI et al., Sesso nomade. Transessualità, androginia e oscillazioni dell'identità sessua-
le, Roma 1992.
336 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
3. QUESTIONI MORALI
NELLA TERAPIA DEL TRANSESSUALISMO
Per tutti i pazienti che cercano una cura o informazione, e per molti di quelli che
cercano chirurgia, la prima preoccupazione dovrebbe essere di aiutare il pazien-
te a riconciliarsi con il ruolo di genere originario o almeno ad imparare a fun-
zionare ragionevolmente bene in esso.16
14
L. DE MARINIS - A. BARBARINO - A. SERRA, «Biologia della differenziazione sessuale», in
Medicina e morale 34(1984), 165.
15
Cf. C. CAFFARRA, «Il transessualismo: aspetti etici», in Medicina e morale 35(1985), 717-723;
L. CICCONE, Etica sessuale. Persona, matrimonio, vita verginale, Milano 2004, 209-227; S. CIPRESSA, Il
fenomeno transessuale fra medicina e morale, Acireale 2001; M. COZZOLI, «Il problema etico del tran-
sessualismo», in Medicina e morale 36(1986), 806-813; M.P. FAGGIONI, «Il transessualismo. Questioni
antropologiche, etiche e canonistiche», in Antonianum (2000)75,277-310; G. PERICO, Problemi di etica
sanitaria, M i l a n o 2 1992, 391-413; E. SGRECCIA, Manuale di bioetica, Milano 2 1996, I, 529-551; R . H .
SPRINGER, «Transsexual surgery: some reflections on the moral issues involved», in E.E. SHELP (ed.),
Sexuality and medicine, 2: Ethical viewpoints in transition, Dordrecht 1987, 233-248. Fra gli interventi
più antichi: M. CAMPO, «Cambio de sexo», in Sai terrae 43(1955), 31-32.284-287; G. DE NINNO, «Cam-
biamenti di sesso», in G. Rossi (ed.), Cento problemi di coscienza, Assisi 3 1960,219-225.
16
GREEN - BLANCHARD, Gender identity disorders, 1357.
CAP. 5 - I DISTURBI DELL'IDENTITÀ DI GENERE 337
Una vera terapia del transessualismo è infatti quella che riesce a ricom-
porre l'armonia fra soma e psiche del soggetto. Se la diagnosi del disturbo del-
l'identità di genere è posta precocemente, entro i quattro-cinque anni di vita,
la psicoterapia offre buone speranze di risoluzione.17 Negli adulti la psicotera-
pia, coadiuvata eventualmente da opportuna terapia farmacologica, può
migliorare lo stato penoso e aiutare a vincere l'avversione per il proprio
corpo.
Di fronte al fallimento della psicoterapia, in molti casi l'unica soluzione
sembra essere - almeno allo stato attuale della medicina - la correzione del
fenotipo e delle forme corporee per adattarli all'identità di genere che si è evo-
luta patologicamente in senso opposto a quello normale. Impostasi all'opinio-
ne pubblica nel 1952, con il cambio di sesso di George Jorgensen in Christine
Jorgensen, la questione è di estrema attualità perché, sotto la pressione di
rumorosi movimenti per i diritti dei transessuali, molte legislazioni ammetto-
no interventi di cambiamento (o rettificazione) del sesso fenotipico, con con-
seguente correzione del sesso anagrafico.18 Di particolare rilievo, per l'auto-
revolezza dell'organismo proponente, è la Raccomandazione 1117 approvata
dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa il 29 settembre 1989 in
seguito a una risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 12 settembre
dello stesso anno, con la quale si chiedeva agli stati della comunità di aggior-
nare le loro legislazioni in senso favorevole alla modifica dello stato civile dei
transessuali operati e di garantire loro il godimento di tutti i diritti e libertà
fondamentali. In Italia la materia è regolata dalla legge n. 164/1982: Norme in
materia di rettificazione di attribuzione di sesso.19
In pratica, dopo un'adeguata esplorazione psicologica e almeno due anni
di prova nel sesso desiderato (real life test), si procede alla distruzione del feno-
tipo precedente e alla ricostruzione di un nuovo fenotipo: castrazione e ampu-
tazione del pene nel maschio, seguita da costruzione di una pseudovagina; abla-
17
R. BLANCHARD - B.W. STEINER (edd.), Clinical management of gender identity disorders in
children and adults, Washington D.C. 1990; M. SUGAR, «A clinical approach to childhood gender iden-
tity disorder», in American journal of psychotherapy 49(1995), 260-281. Ricordiamo che nei bambini
sotto i cinque anni i disturbi dell'identità di genere non sono infrequenti, interessando il 4% dei bam-
bini e l'l% delle bambine.
18
Della sterminata letteratura giuridica e medico-legale, segnaliamo: M. DOGLIOTTI, «Identità
personale, mutamento di sesso e principi costituzionali», in Giurisprudenza italiana (1981), 23ss; C.
LORÉ - R MARTINI, Aspetti e problemi medico-legali del transessualismo, M i l a n o 1986; S. PATTI - M . R .
WILL, Mutamento di sesso e tutela della persona, Padova 1990.
19
Cf. A. BOMPIANI, «Le norme in materia di rettificazione dell'attribuzione di sesso e il pro-
blema del transessualismo», in Medicina e morale 22(1982), 238-281; A. FIGONE, «Il diritto all'identità
sessuale e la libera esplicazione della propria individualità. Considerazioni a margine della legge 14
aprile 1982, n. 164», in II diritto di famiglia e delle persone (1983), 338ss; A. FIORI, «Sentenza della Corte
di cassazione sulla legittimità costituzionale della legge 14 aprile 1982, n. 164 (Rettificazione di attri-
buzione di sesso), in Medicina e Morale 23(1983), 287-298.
338 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
20
J.C. GODDARD - R.M. VICKERY - T.R. TERRY, «Development of feminizing genitoplasty for
gender dysphoria», in The journal of sexual medicine 4(2007), 981-989 (revisione della chirurgia da-
uomo-a-donna); R.B. KARIM - J.J. HAGE - J.W. MULDER, «Neovaginoplasty in male transsexuals:
review of surgical techniques and recommendations regarding eligibility», in Annals of plastic surgery
37(1996), 669-675; R. MARTEN PEROLINO, «Falloplastica ricostruttiva», in Archivio italiano di urologia
e andrologia 70(1998), 247-249; J. VESELY et al., «Our standard method of reconstruction of the penis
and urethra in female to male transsexuals», in Acta chirurgica plastica 41(1999)2, 39-42.
21
G. SELVAGGI - S. MONSTREY - P. CEULEMANS et al., «Genital sensitivity after sex reassignment
surgery in transsexual patients», in Annals of plastic surgery 58(2007), 427-433.
22
V. CORMAN - J.J. LEGROS, «Le traitement hormonal des patients transsexuels
et ses conséquences métaboliques», in Annales endocrinologiques 68(2007), 258-264; W. FUTTERWEIT,
«Endocrine therapy of transsexualism and potential complications of long-term treatment», in Archi-
ves of sexual behavior 2 7 ( 1 9 9 8 ) , 2 0 9 - 2 2 6 ; A . MUELLER - F. KIESEWETTER - H . BINDER - M . W . BECK-
MANN - R. DITTRICH, «Long-term administration of testosterone undecanoate every 3 months for
testosterone supplementation in female-to-male transsexuals», in Journal of clinic endocrinology and
metabolism 92(2007), 3470-3475; K. SCHLATTERER et al., «A follow-up study for estimating the effecti-
veness of a cross-gender hormone substitution therapy on transsexual patients», in Archives of sexual
behavior 27(1998), 475-492.
23
J. ANDERSON, «Endoscopic laryngeal web formation for pitch elevation», in Journal of otori-
nolaringoiatry 36(2007), 6-12; M. GROSS, «Pitch-raising surgery in male-to-female transsexuals», in
Journal of voice 13(1999), 246-250.
24
J.J. HAGE, «Cross-sexual transplantation of human gonads in transsexuals», in Plastic and
reconstructive surgery 94(1994), 564-565; S. LEE et al., «Transplantation of reproductive organs», in
Microsurgery 16(1995), 191-198; Z.J. XIA et al., «The application of human ovaries and testes cross-sex
transplantation in sex reassignment of transsexuals», letter, in Plastic and reconstructive surgery
95(1995), 201. Sui problemi etici del trapianto di gonadi: M.P. FAGGIONI, «Il trapianto di gonadi. Storia
e attualità», in Medicina e morale 48(1998), 15-46.
CAP. 5 - I DISTURBI DELL'IDENTITÀ DI GENERE 339
nali.25 Dati più recenti registrano un netto miglioramento dei risultati, soprat-
tutto per quanto riguarda il gruppo da-femmine-a-maschi, anche se si deve anco-
ra registrare circa il 4% di pentimento dopo la chirurgia correttiva.26 Dall'espe-
rienza finora accumulata, si può quindi concludere che la correzione chirurgica
non è la panacea per i disagi di tutti i transessuali, anche se in molti casi di vero
transessualismo può determinare un miglioramento della situazione psicologica
e permettere un soddisfacente inserimento sociale nel nuovo genere.
25
S.I. ABRAHAMOWITZ, «Psychosocial outcomes of sex reassignment surgery», in Journal of
consultant and clinical psychiatry 54(1986), 183-189; L. DI BERNARDO, «Casistiche del trattamento chi-
rurgico nei transessuali», in Medicina e morale 37(1987), 543-546; R. GREEN - D.T. FLEMING, «Trans-
sexual surgery follow-up: Status in the 1990s», in Annual review of sexual research 1(1990) 1990; K.
MIDENCE - I. HARGREAVES, «Psychosocial adjustment in male-to-female transsexuals: an overview of
the research evidence», in Journal of psychology 131(1997), 602-614.
26
M. LANDEN et al., «Factors predictive of regret in sex reassignment», in Acta psychiatrica
scandinava 97(1998), 284-289; M.E. PETERSEN - R. DICKEY, «Surgical sex reassignment: a comparative
survey of international centers», in Archives of sexual behavior 24(1995), 135-156; J. REHMAN et al.,
«The reported sex and surgery satisfactions of 28 postoperative male-to-female transsexual patients»,
in Archives of sexual behavior 28(1999), 71-89. Interessante una revisione dei dati sulla funzione ses-
suale post-operatoria: R GREEN, «Sexual functioning in post-operative transsexuals: male-to-female
and female-to-male», in International journal of impotence research 10(1998), suppl. 1, S22-S24.
340 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
27
CAFFARRA, Il transessualismo, 720.
28
PERICO, Problemi di etica sanitaria, 383.
29
PERICO, Problemi di etica sanitaria, 384.
30
Sul principio di totalità: L. CICCONE, Salute e malattia. Questioni di morale della vita fisica,
Milano 1986, II, 192-209; T. GOFFI, «Etica della totalità», in Rivista di teologia morale 5(1973), 347-360;
V.J. MADIRAN, Le principe de totalità, Paris 1963; D. MONGILLO, «Il principio di totalità», in Asprenas
16(1969), 106-126; M. NOLAN, «The principle of totality in moral theology», in C.E. CURRAN (ed.),
Absolutes in moral theology, Washington 1968; B. SCHÜLLER, L'uomo veramente uomo. Dimensione
teologica dell'etica nella dimensione etica dell'uomo, Palermo 1987,15-22.135-157.
CAP. 5 - I DISTURBI DELL'IDENTITÀ DI GENERE 343
31
SGRECCIA, Manuale di bioetica, 540-542.
32
Cf. G. Russo - T . FORZANO, «Problemi di bioetica sessuale», in G. Russo (ed.), Bioetica della
sessualità, 203: la correzione chirurgica del sesso «è da considerare più una terapia palliativa che non
può risolvere tutto il problema».
344 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
33
CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA, Lettera ai superiori generali e alle
superiore generali, 15-1-2003: «Circa la condizione sessuale del fedele agli effetti canonici ciò che conta
è la trascrizione fatta inizialmente nei registri parrocchiale e diocesano, per cui anche in caso di muta-
mento di sesso per mezzo di un intervento chirurgico e di conseguente cambiamento anagrafico nel-
l'ambito civile, nulla cambia rispetto alla condizione canonica iniziale». In questo senso si veda anche
la Notificazione della presidenza CEI (Conferenza episcopale italiana) nella lettera n. 72/03 del 21-1-
2003 in cui si applicano alcune indicazioni fornite dalla Congregazione per la dottrina della fede.
34
Segnaliamo prima di tutto una dissertazione dell'Università del Laterano: G. GIUSTINIANO, Il
fenomeno del transessualismo. Analisi medico-giuridica e giurisprudenza canonica, Roma 1998 (con
ampia bibliografia); cf. inoltre J.J. GRAHAM, Transexualism and nullity of marriage. Dissertano ad lau-
ream, Philadelphia 1979; U. NAVARRETE, «Transexualismus et ordo canonicus», in Periodica de re cano-
nica 86(1997), 101-124 (sul matrimonio 112-117); O. O'DONOVAN, «Transsexualism and christian mar-
riage», in Journal of religious ethics 11(1983), 135-162; M.F. POMPEDDA, «Nuove metodiche di inter-
vento sulla vita umana e diritto matrimoniale canonico. Parte prima: Modificazione del sesso», in C.
ZAGGIA (ed.), Progresso biomedico e diritto matrimoniale canonico, Padova 1992, 96-144; C.J. RITTY,
«The transsexual and marriage», in Studia canonica 15(1981), 441-459; F. ZUANAZZI, Psicologia e psi-
chiatria nelle cause matrimoniali e canoniche, Città del Vaticano 2006,235-243.
35
Non entriamo in merito al valore di una legislazione civile che, perso di vista il senso natu-
rale del matrimonio, privilegiasse la forza della decisione autonoma e la sua ratifica sino al punto di
renderla più forte della stessa realtà ontologica della persona; cf. POMPEDDA, Nuove metodiche di inter-
CAP. 5 - I DISTURBI DELL'IDENTITÀ DI GENERE 345
vento, 132: questa legislazione «aderisce a una visione formalisticamente esteriore o anzi di apparenza
superficiale della questione, la cui gravità nessuno potrebbe negare né dimenticare».
36
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, « S c h r e i b e n v o n 2 8 . M a i 1 9 9 1 z u r E h e s c h -
liessung von Transsexuellen», in De processibus matrimonialibus 2(1995), 315: «Es handelt sich [...] um
eine der Biologie zufolge dem einen Geschlecht zugehörig fühlt und nach entsprechenden medizini-
schen Eingriffen lediglich phänotypisch dieses andere Geschlecht darstellt Demgemäß kann diese Per-
son zur Feier der sakramentalen Eheschließnicht zugelassen werden, weil sie dabei eine Person heira-
ten würde, die biologisch dem eigenen Geschlecht angenhört». Sulla situazione tedesca, cf. C. WEITZE
- S. OSBURG, «Transsexualism in Germany: empirical data on epidemiology and application of the ger-
man transsexuals' Act during its first ten years», in Archives of sexual behavior 25(1996), 409-425.
37
A. CARUSO, «Il cambiamento di sesso: orientamenti giursprudenziali e dottrinali», in II dirit-
to di famiglia e delle persone 7(1978), 688-712 (citazione a p. 706). La situazione del transessuale ope-
rato non muterebbe molto, sotto questo punto di vista, se si riuscisse anche a modificare - con oppor-
tuni artifici chirurgici - il sesso genitale interno o addirittura a conferire fecondità attraverso il tra-
pianto di gonadi: si tratterebbe pur sempre di un sofisticato artificio.
346 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
Il canone che stiamo commentando [can. 1057], oltre alla maggiore precisione
del linguaggio, ha introdotto due importanti novità. La prima si riferisce alla
qualità eterosessuale del matrimonio. Dalla finalità del matrimonio, come viene
descritta nel can. 1055, § 1, appare chiaramente che il matrimonio è tra un uomo
e una donna. Lo stesso si può dire dei cann. 1061, § 1,1083,1084,1089,1093,1096,
etc. Resta però il fatto che nel can. 1081 del vecchio codice, correlativo dell'at-
tuale can. 1057, non c'era nessun riferimento diretto alla qualitas heterosexualis
del matrimonio. 41
38
La mancata sottolineatura di questa condizione preliminare allo stabilirsi del vincolo matri-
moniale era così commentata in P.A. D'AVACK, Cause di nullità e di divorzio nel diritto matrimoniale
canonico, Firenze 1952,1,91: «È fin troppo evidente infatti che il matrimonio non solo non può esiste-
re, ma neppure concepirsi, se non fra persone di sesso diverso, e, appunto perché l'esistenza necessa-
ria di siffatta condizione è intuitiva, essendo insita nel concetto stesso del vincolo matrimoniale, è più
che naturale che sia i vari legislatori civili, sia il legislatore canonico non abbiano tenuto necessario
farne un particolare cenno nel dettare la disciplina giuridica dell'istituto».
39
CIC 17, can. 1081, § 2: «Consensus matrimonialis est actus voluntatis quo utraque pars tradi-
dit et acceptat ius in corpus, perpetuum et exclusivum, in ordine ad actus per se aptos ad prolis gene-
rationem».
40
CIC can. 1057, § 2: «Consensus matrimonialis est actus voluntatis, quo vir et mulier foedere
irrevocabili sese mutuo tradunt et accipiunt ad constituendum matrimonium».
41
J.F. CASTANO, Il Sacramento del matrimonio, Roma 2 1992,123.
CAP. 5 - I DISTURBI DELL'IDENTITÀ DI GENERE 347
42
G. PIANA, «Omosessualità e transessualità», in F. COMPAGNONI et al. (edd.), Nuovo dizionario
di teologia morale, Cinisello Balsamo 1990, 836.
43
Non ci sembra perciò condivisibile la conclusione di G. Giustiniano che «lo stato di interses-
sualità rende incapace per due fondamentali motivazioni: 1) perché è causa di impotenza copulativa;
2) perché non sono ammessi né i mezzi straordinari di intervento, in quanto illeciti, né la costruzione
di organi artificiali che ne possano escludere la perpetuità» (GIUSTINIANO, Il fenomeno del transessua-
lismo, 135).
348 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
44
Cf. NAVARRETE, Transexualismus et ordo canonicus, 117: «Persona enim quae ad hunc gra-
dum angustiae interioris pervenit absque dubio gravissima infirmitate psychica laborat, quae probabi-
lius iam tempore celebrationis matrimonii, etsi latens, erat praesens in subiecto [...] Difficilius autem
est casus in quo nulla operatio chirurgica interfuit» (corsivo nostro).
CAP. 5 - I DISTURBI DELL'IDENTITÀ DI GENERE 349
Prescindendo dal problema della validità del consenso emesso prima del
manifestarsi della patologia, ci si può chiedere se l'intervento di correzione del
sesso fenotipico non abbia alcuna conseguenza sul matrimonio in precedenza
validamente contratto. Il problema si è posto mutatis mutandis anche nell'ordi-
namento italiano, pervenendo a esiti che si direbbero grotteschi, se non avesse-
ro riflessi drammatici nella vita di persone già tanto provate e dei loro con-
giunti. L'art. 4 della legge italiana n. 164 del 1982 stabiliva, infatti, che la sen-
tenza giudiziale che concedeva l'intervento di correzione provocava automati-
camente lo scioglimento del matrimonio. Quando nel 1987 è stata aggiornata la
disciplina sul divorzio con la legge n. 74, il legislatore ha invece collocato la
modificazione artificiale del sesso tra le situazioni che giustificano l'intro-
duzione di una domanda di scioglimento del matrimonio. In conseguenza di
questa singolare disposizione, l'opinione più diffusa tra i commentatori è che
due coniugi, pur divenuti dello stesso sesso [anagraficamente], potrebbero con-
servare lo status coniugale; inoltre, nel caso in cui uno di essi proponga domanda
per lo scioglimento del matrimonio, il procedimento da seguire sarà quello appli-
cabile in via generale, con necessità di esperire un tentativo di conciliazione.45
45
F. ANELLI, Il matrimonio. Lezioni, Milano 1998,294.
350 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
[Nel matrimonio] la copula viene considerata solo come oggetto che si promet-
te e il diritto al quale i coniugi si danno reciprocamente; il sesso invece viene con-
siderato non come oggetto, ma come soggetto che si dona: infatti l'uomo dona
alla moglie un uomo e la moglie dona all'uomo una moglie. Perciò, come quan-
do, morta la moglie, si scioglie il matrimonio, così, venendo meno la moglie in
quanto moglie e mutato il sesso di modo che non sia moglie, il matrimonio deve
sciogliersi ipso facto, non potendo sussistere il matrimonio se non tra marito e
moglie. Il matrimonio, infatti, non può permanere altro che fra due coniugi e non
può esser coniuge se non chi sia marito o moglie: ma non può più esser moglie
colei che non è femmina, bensì uomo. Viene allora meno, quindi, il matrimonio
per difetto del soggetto, perché non sono più marito e moglie, fra i quali soli e
nei quali deve sussistere il matrimonio. 47
46
Aveva fatto da poco scalpore, nell'anno 1601, la storia di Marie di Rouen che, mutato sesso,
voleva sposare l'amata Jeanne; cf. J. DUVAL, «L'ermafrodito di Rouen. Una storia medico-legale del
XVII secolo», a cura di V. MARCHETTI, Venezia 1988. Molti casi analoghi raccolti in: D. URSAYA, Insti-
tutiones criminales, Romae 1706, 3,5, nn. 205-216.
47
GIOVANNI DE LUGO, Responsorum moralium libri VI, Lugduni 1651,1, dub. 31, n. 8: «Copula
attenditur solum ut obiectum, quod promittitur, et ad quod coniuges dant sibi ad invicem ius; sexus
autem respicitur, non ut obiectum, sed ut subiectum: nam vir tradit uxori virum, et uxor tradit viro uxo-
rem. Quare sicut mortua uxore, dissolvitur matrimonium, sic deficiente uxore in ratione uxoris, et alte-
rato sexu ita ut iam non sit uxor, debet etiam ipso facto dissolvi, cum non possit matrimonium consi-
stere, nisi inter maritum et uxorem; neque enim potest matrimonium permanere, nisi inter duos coniu-
ges, nec potest esse coniunx, nisi qui sit maritus, vel uxor: non potest amplius esse uxor, qui iam non est
foemina, sed vir. Deficit ergo tunc matrimonium ex defectu subiecti, quia non sunt amplius maritus, et
uxor, inter quos solos, et in quibus debet persistere matrimonium».
CAP. 5 - I DISTURBI DELL'IDENTITÀ DI GENERE 351
48
A. D'AVACK, Corso di diritto canonico. Il matrimonio, Milano 1961,120.
49
D'AVACK, Corso di diritto canonico, 120.
352 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
50
Cf. CIC can. 968, § 1.
51
Notiamo, a tal proposito, che ben diverso è il caso di soggetti omosessuali in cui l'identità di
genere non è dubbia e che possono essere assegnati con sicurezza al sesso maschile anche se per ragio-
ni di convenienza e come prova di sufficiente equilibrio psichico, si dovranno ammettere all'ordina-
zione solo quei candidati che dimostrano di saper padroneggiare la loro spinta sessuale anomala.
52
F.X. WERNZ, Jus decretalium, ibid.: «Si sexus sit dubius, certe ante dubii solutionem ad ordi-
nationem sacram talis homo admitti nequit. Superveniente autem dubio post ordinationem iam accep-
tam dubia quoque est ordinatio, atque dubius ille vir iam promotus saltem ab exercitio ordinum supe-
riorum omnino debet abstinere, donec iudicio medicorum res certo sit definita».
53
NAVARRETE, Transexualismus et ordo canonicus 119: «Veri transsexuales videntur recensen-
di inter irreguläres ex defectu, ad normam c. 1041,1°».
CAP. 5 - I DISTURBI DELL'IDENTITÀ DI GENERE 353
54
Cf. CIC can. 290: «Sacra ordinatio, semel valide recepta, numquam irrita fit».
55
II can. 1322 afferma: «Qui habitualiter rationis usu carent, etsi legem vel praeceptum viola-
verint dum sani videbantur, delieti incapaces habentur». Commenta A. CALABRESE, Diritto penale
canonico, Roma 2 1996,55: «Gli unici casi, a nostro avviso, nei quali, pur essendoci materialmente la vio-
lazione di una legge o di un precetto, non può configurarsi un delitto, è quello del soggetto abitual-
mente privo dell'uso di ragione o del bambino che non ha compiuto sette anni» (corsivo nostro).
56
Lo stato di necessità è circostanza esimente nisi tarnen actus sit intrinsece malus. Noi abbia-
mo cercato di dimostrare la liceità, a certe condizioni, dell'intervento correttivo che, quindi, non può
essere giudicato intrinsecamente e cioè sempre e per qualsiasi motivo illecito. Coloro che ritengono
l'intervento correttivo intrinsecamente cattivo non ammetteranno mai la possibilità del verificarsi di
uno stato di necessità esimente dal punto di vista penale.
354 SEZIONE II - QUESTIONI ETI CO-PASTORALI: DISORDINI SESSUALI
57
CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA, Lettera ai superiori generali.
58
Si tratterebbe di «pertinax inoboedientia legitimis praescriptis Superiorum in materia gravi»
nonché di «grave scandalum ex culpabili modo agendi».
CAP. 5 - I DISTURBI DELL'IDENTITÀ DI GENERE 355
59
CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA, Lettera ai superiori generali: «Altret-
tanto gravi dal punto di vista canonico sono le conseguenze per un membro di un istituto di vita con-
sacrata o di una società di vita apostolica che volontariamente si sottoponesse all'intervento chirurgi-
co di cambiamento di sesso: l'espulsione dalla casa religiosa o dalla casa della società (C/C cc. 703 e
746; CCEO 498, §§ 1-2 e 551)». Il C/C can. 746 riguarda le società di vita apostolica e rimanda alle
norme per gli istituti di vita consacrata, con i debiti adattamenti.
356 SEZIONE I - QUESTIONI STORICO-FONDATIVE
60
G. NIVEAU - M. UMMEL - T. HARDING, «Human rights aspects of transsexualism», in Health
and human rights 4(1999), 134-164.
INDICE GENERALE 357
e dell'eucaristia. Non esiste invece per loro, come per nessun fedele, il diritto
di accedere all'ordine sacro o di entrare in un istituto di vita consacrata. Que-
ste limitazioni nell'esercizio di alcuni servizi ecclesiali, così come il rifiuto
morale di alcune pratiche terapeutiche ritenute immorali, non esimono la
comunità cristiana dal mostrarsi accogliente e misericordiosa con questi fra-
telli più sfortunati. Si dovrà raccomandare ai sacerdoti, agli operatori, a tutti i
fedeli un approccio improntato a verità, chiarezza, delicatezza, comprensione,
pensando che siamo di fronte a creature e a battezzati che recano nel corpo e
nella mente una profonda lacerazione, una stimmata misteriosa di quell'abisso
di dolore umano che il Signore ha preso su di sé.
CONCLUSIONE
INTRODUZIONE p. 7
SEZIONE PRIMA
QUESTIONI STORICO-FONDATIVE
CAPITOLO 1
CAPITOLO 2 /
IL MODELLO TRADIZIONALE
DI ANTROPOLOGIA ED ETICA SESSUALE » 61
1. L'antropologia sessuale classica » 62
2. Caratteri salienti dell'etica sessuale patristica » 69
3. Sant'Agostino alle origini del modello tradizionale » 72
4. Gli sviluppi del modello tradizionale » 84
5. La morale sessuale nella teologia post-tridentina » 93
362 INDICE GENERALE
6. La manualistica p. 100
7. La crisi del modello tradizionale » 102
CAPITOLO 3
CAPITOLO 4
IL MODELLO CONTEMPORANEO DI ANTROPOLOGIA
ED ETICA SESSUALE CATTOLICA » 131
1. La sessualità umana in prospettiva personalista » 132
2. Il significato teologico della sessualità » 135
3. L'amore coniugale » 146
4. Amore coniugale e matrimonio » 159
CAPITOLO 5
SEZIONE SECONDA
QUESTIONI ETICO-PASTORALI
CAPITOLO 1
CAPITOLO 2
CAPITOLO 3
CAPITOLO 4
CAPITOLO 1
LA MASTURBAZIONE p. 241
1. Frequenza e tipologia » 241
2. Valutazione etica » 243
3. Orientamenti pastorali » 251
4. La raccolta del seme per scopi medici » 253
CAPITOLO 2
L'OMOSESSUALITÀ » 257
1. Definizione e frequenza » 257
2. Genesi dell'orientamento omosessuale » 259
3. L'omosessualità nell'antichità e nella Scrittura » 262
4. L'omosessualità nella tradizione » 268
5. Una nuova comprensione dell'omosessualità » 276
6. L'omosessualità fra desiderio e limite » 278
7. Il magistero post-conciliare » 280
8. Approccio pastorale » 284
CAPITOLO 3
LA PEDOFILIA » 289
1. Un fenomeno inquietante » 289
2. L'attenzione all'infanzia attraverso i tempi e le culture » 291
3. La pedofilia: descrizione e psicodinamica » 295
4. La «normalizzazione» della pedofilia » 299
5. Problematiche etiche » 301
6. L'abuso di minori nella legislazione canonica » 306
7. Legislazione civile e prevenzione » 309
INDICE GENERALE 365
CAPITOLO 4
CAPITOLO 5
CONCLUSIONE » 359