Sei sulla pagina 1di 4

Abecedario del buon chiodatore

Questo non vuole essere un decalogo per nessuno, né tanto meno un presuntuoso
documento dove si impongono certe regole. Questi scritti qui sotto vogliono essere solo
dei consigli per chi, ha anche solo intenzione di provare a chiodare una via secondo certi
criteri.

Dopo aver preparato la via, con Aldo Michelini, guida alpina, siamo andati al bar a
rinfrescarci e a scambiarci opinioni sulle modalità di questo genere di attività; ne è uscita
una specie di “lista di consigli per una buona chiodatura”, che possa dare quantomeno una
indicazione teorica a chi si avvicina a questa attività, visto che in Italia non esistono regole
a riguardo e che comunque questi consigli andranno adattati di volta in volta ai differenti
terreni di gioco.
Per non allargare troppo il discorso, prenderemo in considerazione solo la chiodatura di
monotiri, dividendo in parti distinte le sequenze operative; una parte quasi esclusivamente
burocratica e un’altra sicuramente più pratica.

Valutazione generale
Bisogna almeno domandarsi se il lavoro che stiamo iniziando abbia “un senso”.
Cioè se valga la pena di farlo oppure stiamo per occupare l’ultimo metro quadrato libero di
roccia verticale.
In tal caso, se per l’arrampicatore non si aggiunge niente di significativo, è quasi doveroso
lasciare come “wildernees” l’area in progetto.

L’ambiente naturale
La grande maggioranza delle pareti naturali costituiscono anche un ambiente insostituibile
di rifugio per le specie vegetali ed animali. Alcune piante arboree ed erbacee possono
essere legate a microclimi favorevoli ed essere presenti solo nel sito dopo vicissitudini di
milioni di anni come ad esempio i relitti post-glaciali.
Per le specie animali il ragionamento può essere simile, ma in più, i luoghi verticali
rappresentano quanto di meglio possono trovare gli uccelli per riposare sentendosi al
sicuro e soprattutto nidificare.
Se decidiamo di “fare nostra” una parete, pensiamo sempre che prima è “casa loro”.
Se non siamo in grado di riconoscere chi ci abita, facciamoci aiutare da chi ne sa più di noi

La sicurezza
Prioritaria e selettiva per la scelta del luogo resta comunque la sicurezza di chi arrampica
o di chi usualmente frequenta la zona che si intende chiodare; fare una via sotto un
ghiaione che scarica, sotto una parete dove possono cadere delle frane, chiodare sopra
case o centri abitati, sentieri frequentati, sopra una strada, può essere un problema e
potrebbe generarne di molto più grossi; bisognerà quindi ragionare pensando alle future
frequentazioni del luogo.

La parte burocratica
Dato voto positivo alla valutazione generale, alla valutazione ambientale e alla sicurezza
del luogo, è necessario capire se l'area scelta è una proprietà privata o una proprietà
pubblica (es. demaniale o comunale) e se insistono, sul territorio scelto, vincoli ambientali.
Che l’interlocutore sia privato o istituzionale, sarebbe bene preparare una specie di
progettino dove si spiega cosa si ha intenzione di fare e che tipo di ricasco potrebbe avere
l’attività sul territorio.

Tratto da “la nascita di una nuova via” di http://www.falesia.it. Articolo completo a:


http://www.falesia.it/Content/pid=139/news=Storia-della-nascita-di--el-can-de-Trieste-.html
Abecedario del buon chiodatore

Diversi saranno il caso in cui si tratti di “lavoro ufficiale”, quindi presenza di un


committente, oppure il caso in cui l’iniziativa sia personale o di un gruppo amatoriale.
Il committente dovrebbe avere cura di affidare la progettazione ed i lavori ad una guida
alpina o ad altre figure professionali che abbiano competenza a riguardo.
I singoli ed i gruppi amatoriali non dovrebbero mai gestire incarichi del genere.
Nel caso ci siano vincoli ambientali: riserve, ZPS, SIC, parchi, dovranno essere espletate
tutta una serie di pratiche al fine di ottenere i permessi necessari per poter fare le attività
descritte nel progetto. A seconda del vostro interlocutore ... aspettatevi tempi biblici.

La parte operativa
Risolti i problemi di sicurezza e burocratici, permessi, valutazione di incidenza, richieste di
passaggio, avvisi ecc. ecc., direi che siamo a buon punto per poter iniziare a pensare ai
materiali da utilizzare e a capire fisicamente come chiodare una via.

SEMPRE E COMUNQUE ANDRANNO UTILIZZATI MATERIALI CERTIFICATI!!!

L’arrampicata sportiva sta diventando uno sport di massa, facciamo in modo che almeno
la sicurezza di chi arrampica non dipenda dai materiali utilizzati.

Il costo di una via chiodata con materiali certificati si aggira dai 40 agli 80 euro circa. È
meglio fare una via in meno, o non farla per niente, che accroccare soste e protezioni con
materiale di ferramenta e senza certificazione.

Il consiglio è quello di utilizzare i resinati, per vie di falesia chiodate dall'alto e fix a
espansione per le vie spittate dal basso, a meno di specifica richiesta o specifica
necessità.
Da tenere presente che la resina ci mette anche 24 ore circa per tirare, un fix dopo averlo
piantato e stretto si può utilizzare subito.

Partendo dal presupposto che la zona che abbiamo scelto e la linea che idealmente
abbiamo individuato sia in un luogo “vergine”, ovvero che non intersechi vecchie linee, non
interferisca con l’etica del luogo, solo vie trad, siti storici, ecc. ecc., dobbiamo decidere se
aprire dal basso, dall'alto o se il sito lo permette, utilizzare compromessi che ci permettano
comunque di ottenere il miglior risultato possibile bilanciando sicurezza e gesto atletico.

Le protezioni lungo la via andranno posizionate, per quanto possibile, nelle posizioni
statiche di equilibrio: i riposi.

La soluzione ideale è quella di mettere subito la sosta e studiare la via in moulinette.


Questa soluzione ci darà la possibilità di fare la pulizia della parete partendo dall’alto, ci
permetterà di provare più volte la via dal basso individuando la linea migliore e soprattutto
ci darà la garanzia di posizionare le protezioni nella giusta posizione utilizzando
indifferentemente resinati o fix a espansione.

Per chiodare dal basso avremo necessità di utilizzare tutta una serie di attrezzature, cliff,
sky hook, dadi, friend, chiodi, che ci permetteranno di assicurarci per utilizzare il trapano e
piantare i fix. Chiodare in questa modalità non permetterà l'utilizzo di resinati. La pulizia
andrà fatta dal basso, mentre per il materiale che risulti un oggettivo problema per la
sicurezza, la pulizia definitiva è rimandata al completamento della via.

Tratto da “la nascita di una nuova via” di http://www.falesia.it. Articolo completo a:


http://www.falesia.it/Content/pid=139/news=Storia-della-nascita-di--el-can-de-Trieste-.html
Abecedario del buon chiodatore

Per chiodare dall'alto dovremo invece avere la capacità di individuare riposi immaginando i
movimenti che l'arrampicatore farà risalendo la via. È più facile in questo caso sbagliare la
posizione delle protezioni e le misure tra esse. Questa modalità di chiodatura ci
permetterà di lavorare agevolmente sia per la pulizia che per la posa delle protezioni (sia
resinati che fix a espansione), ma si corre il rischio di omologare le protezioni a quelle
della via vicina o di mettere le protezioni “col metro”, ovvero proteggere a distanze fisse,
senza calcolare la morfologia della parete.

La roccia su cui andremo a posare le protezioni dovrà essere “saggiata” con un martello;
se suona vuota, se ha buchi o fessure evidenti se ha radici vicino o intorno al punto
prescelto, potrebbe essere necessario spostare il punto prescelto per proteggersi,
soprattutto se si utilizzano fix a espansione.
Non sopravalutiamo la stabilità di certe strutture più grandi, come lame di qualche metro
sorrette solo da un lato e blocchi appoggiati su superfici riconducibili a piano di
scivolamento.

Le protezioni andranno messe seguendo preferibilmente un andamento verticale lineare,


per agevolare le manovre di rinviata.

Le protezioni di partenza sono le più importanti, ricordiamoci sempre che stiamo facendo
uno sport e non dell'attività alpinistica e di avventura; bisogna pensare che si devono
ridurre per quanto possibile le cadute a terra, quindi ecco una tabellina che vi dà le misure
di come dovrebbero essere posizionate le protezioni sulle partenze di una via (tabella
COSIROC).

Esempio Altezza in mt. del 1° Altezza in mt. del 2° Altezza in mt. del 3°
ancoraggio da terra rispetto al 1° rispetto al 2°
1 3 0,80 1,5
2 4 1,3 2,2
3 5 1,9 3

Queste distanze andrebbero riportate in parete ogniqualvolta ci siano oggettivi problemi di


caduta su cengie, massi, speroni.

Prima di chiodare dobbiamo COMUNQUE decidere a chi sarà destinata la via: bambini,
principianti, propedeutica per lavorare il grado, selettiva per arrampicatori esperti. Questa
decisione condizionerà la lunghezza della chiodatura, sempre partendo dal presupposto
della sicurezza di cui sopra e sempre tenendo conto dell’etica della zona in cui si vuole
operare.

Quando possibile, prima di utilizzare il trapano, la posizione delle protezioni andrà


verificata da persone più esperte e se possibile di diversa altezza.

Prima di bucare vanno controllate le eventuali leve che faranno i moschettoni una volta
posizionati nei golfari o nelle piastrine.

Tratto da “la nascita di una nuova via” di http://www.falesia.it. Articolo completo a:


http://www.falesia.it/Content/pid=139/news=Storia-della-nascita-di--el-can-de-Trieste-.html
Abecedario del buon chiodatore

Non potendo spostare il buco per posizionare la protezione, si dovrà “addomesticare” la


roccia che crea problemi di sicurezza al materiale; stiamo comunque parlando di
piccolissime modifiche e non di disgaggi con il martello pneumatico.

Il trapano dovrà bucare il più possibile perpendicolarmente la roccia.

Per i resinati andrà fatta la sede per il golfaretto, in modo che la parte bassa e interna
dell'anello appoggi in parte sulla roccia (non vanno fatte quelle orribili e inutili mammelle di
resina intorno e sotto al golfare), una volta pulito e soffiato il buco, dopo aver fatto
l’iniezione di resina (attenersi alle istruzioni prescritte per ogni resina), il golfare andrà
inserito nel foro ruotandolo fino a posizionarlo con l’anello nell’invito; andrà pulita la resina
in eccesso con un fazzoletto e lasciato riposare senza più toccarlo almeno fino al giorno
dopo.

Per le piastrine, andrà invece preparata una adeguata superficie di appoggio in modo che
tutta la base della piastrina sia il più possibile aderente alla roccia; tirare il dado
possibilmente con una chiave dinamometrica (leggere le specifiche di trazione, differenti
per ogni fix), non strizzarlo a morte perché si rovina solo la filettatura del fix e si rischia di
danneggiare l’acciaio.

Una volta terminata la via, andranno eliminate le lame che potrebbero interferire con la
corda, tagliandola. Anche qui si tratta di piccolissime ed invisibili correzioni e non di
disgaggi pesanti.
Infine ripulire con una spazzola la terra e la polvere che si è depositata sulle prese,
facendo attenzione anche a rimuovere erbette ed accumuli di terra, che potrebbero
generare in seguito indesiderate fioriture.

Come vedete, le variabili che insistono su una nuova chiodatura sono numerosissime; per
chi si avvicina a questa attività consiglio l’umiltà, anche se siete fortissimi arrampicatori,
anche se avete chiodato numerose vie o se non ne avete mai chiodata nemmeno una;
confrontatevi sempre con chi ha già aperto e chiodato vie e a chi è del luogo, per capire
che tipo di problematiche ci siano con quel tipo di roccia e ambiente e che tipo etica si
vuole mantenere nel caso siano già presenti altre linee d’arrampicata.

Sperando di aver fatto un lavoro utile, ringrazio Aldo, sincera persona di Trieste nonché
guida alpina del Friuli Venezia Giulia, che giustamente mi ha accolto un po’ perplesso, ma
mi ha salutato con gran calore quando son partito, e che mi ha dato un importante
appoggio per scrivere queste due righe.

ciao Luca

Tratto da “la nascita di una nuova via” di http://www.falesia.it. Articolo completo a:


http://www.falesia.it/Content/pid=139/news=Storia-della-nascita-di--el-can-de-Trieste-.html

Potrebbero piacerti anche