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Bonaventura
Per una lettura del trattato bonaventuriano, ci pare utile offrirne al lettore un rapido
e scheletrico schema. E' uno schema rigorosamente geometrico; quasi una struttura
da cattedrale gotica.
Concetto-base:
dalla creature al Creatore; la creatura come "scala" al Creatore.
Si apre con un Prologo, che dà le circostanze della composizione e qualche
raccomandazione al lettore. Seguono sette capitoli: i primi sei riguardano l'ascesa a
Dio fondata sull'uso retto delle facoltà umane; il settimo sta a sé, e riguarda l'estasi
mentale e mistica, che si pone, com'è ovvio, a un livello soprarazionale.
I primi due capitoli sono dedicati alla meditazione del mondo sensibile; il
terzo e il quarto, alla riflessione dell'anima su sé stessa; il quinto e il sesto, alla
contemplazione del Trascendente. La meditazione del mondo sensibile porta a
scoprire Dio fuori di noi; la riflessione dell'anima su se stessa, a scoprirlo dentro di
noi; la contemplazione del Trascendente, ad attingerlo sopra di noi.
Ognuna di queste tre vie (o gradi) presenta, a sua volta, un doppio modo di
raggiungere Dio.
Ad ogni "via", dunque, son dedicati due capitoli; ogni "modo", un capitolo.
L'ultimo il settimo, parla dell'estasi mistica, della "luminosa caligine", che,
sorpassando ogni funzione intellettiva, trasferisce intuitivamente l'anima in Dio.
L'Itinerario dello spirito a Dio fu ideato da san Bonaventura sulla Verna, la
montagna sacra alle stimmate di san Francesco, nell'ottobre del 1259: lo dice lo
stesso autore nel Prologo. Fu composto però altrove (cf. c. VII, 3).
L'opera ha avuto una sua singolare fortuna, anche se certe lodi che le vengono
fatte sono così iperboliche, fantasiose e generiche da indurre a dubitare se, chi le
ha fatte, l'abbia veramente e seriamente letta.
Essa è inserita nella monumentale edizione critica che il Collegio di san
Bonaventura dei Frati Minori di Quaracchi ha compiuto tra il 1882 e il 1902: S.
B. Opera omnia, 10 voll. La nostra opera è precisamente nel vol. V, pp. 293-316;
c'è, peraltro, anche una editio minor di essa in Opera theologica, vol. V, pp. 117-
214.
Le versioni in lingua italiana sono parecchie. Ne ricordiamo le principali: C.
Ottaviano, Palermo 1933; L. Stefanini, Torino 1934; D. Scaramazzi, Padova 1943;
G. Melani, La Vrena 1960. Insieme ad altre opere: A. Hermet, Lanciano 1923; G.
Sanvido, Milano 1942; F. Maccomo, Torino 1947; G. Bonafede, Roma 1951.
Non essendo la nostra una edizione critica o scientifica, non abbiamo
creduto necessario dare i rimandi esatti delle continue citazioni - specialmente della
Sacra Scrittura -, per non appesantire la lettura. Le citazioni bibliche
si riconosceranno a colpo d'occhio, perché sono stampate in carattere diverso.
Prologo
1 - Nel cominciare rivolgo la mia invocazione al Primo Principio, al Padre, dal
quale provengono tutte le illuminazioni, essendo lui il padre di ogni lume, di ogni
bene, di ogni perfezione. E lo prego nel nome di Gesù Cristo, suo Figlio e nostro
Signore, e per l'intercessione della vergine santissima , Maria, madre di Dio e
madre dello stesso Gesù, e di san Francesco, nostra guida e padre, di
voler illuminare la nostra anima e dirigere il nostro cammino nella vita di
quella pace che sorpassa ogni umana intelligenza.
Questa è la pace che Gesù, nostro Signore, ha predicato e donato al
mondo, e che san Francesco, nostro padre, è andato, a sua volta, diffondendo con
la sua predicazione: egli, infatti, cominciava e terminava ogni suo discorso con
l'annuncio della pace; augurava la pace in ogni suo saluto, e vi aspirava
ardentemente nell'estasi della contemplazione, poiché si considerava già cittadino
di quella Gerusalemme, di cui il canone della pace - il quale la amava, mentre altri
la odiavano - diceva: Chiedete la pace di Gerusalemme.
San Francesco sapeva, infatti, che il regno di Salomone era fondato sulla
pace, com'è scritto: La sua sede è costruita sulla pace, e la sua dimora sul monte
Sion.
3 - Quelle sei ali del serafino alato, infatti, possono benissimo essere
interpretare come i sei gradi dell'illuminazione, con i quali - quasi scalini o sentieri
- l'anima si mette nella condizione di passare al godimento della pace attraverso i
rapimenti estatici della sapienza cristiana.
In fondo non è altro che la via, aperta dall'amore ardente a Gesù crocifisso;
quell'amore che, dopo averlo rapito al terzo cielo, trasformò in modo tale san Paolo,
da potergli far dire: sono crocifisso insieme con Cristo. Vivo, ma non più io, bensì è
Cristo che vive in me.
Questo stesso amore infiammava l'anima di san Francesco e si
manifesto visibilmente nel suo corpo quando, negli ultimi due anni della sua vita,
portò sulla sua carne le sacre stimmate della passione...
Ma nessuno, che non sia uomo di desideri, come Daniele, può aspirare in
qualche modo alle contemplazioni divine, che conducono ai rapimenti dell'estasi.
Queste aspirazioni, infatti, si alimentano in noi ad una duplice fiamma: al fuoco di
una preghiera, che sgorghi dal fremito del cuore, e alla folgore della
intuizione, con la quale l'anima attinge direttamente la intensa luce divina.
Capitolo Primo
Le fasi dell'ascesa a Dio e la conoscenza di Lui attraverso le sue orme visibili
nel mondo
4 - Sul modello di questa triplice progressione anche la nostra anima presenta tre
facoltà principali: la prima facoltà è a livello materiale o esteriore, ed è la sensibilità;
la seconda, a livello spirituale, e riguarda la sfera interiore in se o coscienza; la terza
è la facoltà che ha il potere di elevarsi al di sopra di sè, ed è lo spirito.
Partendo da queste tre facoltà, lo spirito si pone nella possibilità di operare la sua
ascesa a Dio e amarlo con tutta la mente, con tutto il cuore, con tutta l'anima.
E' a questo punto che viene realizzata la perfetta osservanza della legge e,
insieme, la sapienza cristiana.
6 - I sei gradi ascensionali verso Dio trovano la loro corrispondenza nei gradi delle
funzioni dell'anima, che sono anch'essi sei .
Per mezzo di esse, noi saliamo dalle realtà più basse a quelle più alte, da
quelle esteriori a quelle interiori, dalle temporale alle eterne. Queste funzioni sono: i
sensi, l'immaginazione, la ragione, l'intelletto, l'intelligenza e la vetta dell'anima
dove rifulge la sindèresi (o senso del bene). Noi le possediamo per natura; la
colpa le aveva deformate, ma la grazia le ha riabilitate. Esse vanno purificate con
l'esercizio di una vita santa, di uno studio continuo e portate alla perfezione dalla
sapienza.
CAPITOLO SECONDO
La contemplazione di Dio nelle orme lasciate nel mondo visibile
1 Dio, possiamo contemplarlo, dunque, non solo mediante le cose sensibili, che
sono come la sua orma, ma anche nelle stesse cose, poiché Egli è in esse per
essenza, presenza e potenza.
Questa seconda considerazione è superiore a quella che abbiamo esaminata,e
costituisce il secondo grado di quella contemplazione, che ci porta a scoprire Dio in
tutte le creature, le quali sono presenti nel nostro intelletto ad opera dei sensi
esteriori.
2 Il mondo, infatti, che viene detto macroscopico, entra nel piccolo mondo della
nostra anima attraverso i cinque sensi, e ne scaturiscono l'apprendimento, il
piacere, il giudizio..
7 Ora tutti questi fenomeni costituiscono quasi tante vestigia, che riflettono, come
uno specchio, Dio stesso...
10 Queste riflessioni possiamo anche allargarle alla visione settenaria dei numeri.
Anch'essa costituisce quasi una scala di sette gradini, che dalle cose sensibili ci fa
salire gradatamente al creatore di tutto, in modo tale che noi possiamo vedere Dio
in tutte le cose...
11Da quanto abbiamo detti fin qui sui primi due gradi - attraverso i quali noi siamo
condotti a riflettere su Dio presente nelle sue orme, e che sono simili alle due ali del
Serafino che scendevano verso i piedi - possiamo anche concludere che tutte le
creature di questo mondo sensibile possono condurre lo spirito di chi riflette e
contempla alla scoperta di Dio.
Esse, infatti, in rapporto al Primo Principio, sono ombre, echi, immagini; sono orme,
figure, rappresentazioni che ci vengono offerte come segni divini per giungere alla
contuizione di Dio...
12 Ogni creatura, infatti, è in qualche modo, per sua natura, immagine e specchio
dell'eterna sapienza; ma lo sono in modo particolare quelle che, già nella Sacra
Scrittura, furono assunte dai profeti per significare valori spirituali...
13 Da quello che siamo venuti fin qui dicendo, possiamo trarre questa conclusione:
Dio, fin dalla creazione del mondo, può esser conosciuto dall'uomo attraverso le
creature. Coloro che rifiutano di ammettere questo, rifiutano anche di conoscere,
benedire e amare Dio, e non meritano nessuna scusa, dal momento che esse
rifiutano di passare dalle tenebre alla mirabile luce di Dio.
A questo punto, disponiamoci a passare dalle meraviglie del mondo esteriore
all'interno della nostra anima, che è come specchio che riflette tutto il divino.
CAPITOLO TERZO
La conoscenza di Dio mediante la sua immagine riflessa nelle facoltà
dell'anima
1 I due gradi, che sono stati oggetto della nostra riflessione, portandoci a Dio
attraverso le orme, visibili in tutte le creature, ci hanno anche condotto a questo: a
rientrare, cioè, in noi stessi, nel nostro spirito, ove rifulge l'immagine divina... Nel
nostro spirito, infatti, che è immagine della Santissima Trinità, risplende, come da un
candelabro, la luce della verità, che rischiara la nostra mente. Bisogna che tu
rientri, perciò, in te stesso. Il tuo spirito, infatti, ama di amore potente, se stesso.
Ma non potrebbe amare se stesso, se non si conoscesse; e non si conoscerebbe
se, a sua volta, non possedesse la memoria: il nostro intelletto, infatti, comprende
solo quello che gli viene presentato, dalla memoria.
Da questo puoi anche capire - non con la scienza della carne, ma attraverso la
riflessione dello spirito - che la tua anima possiede tre facoltà. La considerazione
delle attività e delle potenzialità dell'anima ti metterà perciò in grado di poter vedere
Iddio per mezzo di te stesso, che sei la sua immagine.
Questo vuol dire: vedere Dio nello specchio e nell'enigma.
L'anima e la sua facoltà
2 La prima operazione è quella della memoria che conserva e ripresenta non solo
oggetti presenti, corporali e temporali, ma anche cose successive, semplici ed
eterne...
3 la seconda operazione è quella dell'intelletto, e consiste nella percezione dei
termini, delle proposizioni e delle conclusioni...
4 La terza operazione è quella della volontà e si attua nella sfera del consiglio, del
giudizio e del desiderio...
5 La considerazione, infine dell'ordine, e dei rapporti vicendevoli tra queste facoltà
porta al riconoscimento della santissima Trinità...
6 A questa riflessione che l'anima compie su Dio uno e trino, partendo dalle sue tre
facoltà che la rendono immagine di Dio, possono portare il loro contributo le scienze
che perfezionano , informano e offrono all'anima una triplice rappresentazione della
santissima Trinità. La filosofia, infatti, è naturale, razionale e morale...
7 Tutte queste scienze hanno norme certe e infallibili: quasi raggi luminosi che si
riversano dalla legge eterna nel nostro spirito. Il quale, illuminato da così grandi
splendori, può giungere da se stesso, seppure non è cieco, alla contemplazione
della luce eterna.
I sapiente restano stupiti di ammirazione nel considerare l'irradiazione di questa
luce; mentre gli insipienti, che per capire avrebbero bisogno di creare, ne restano
confusi. E si avvera il detto del Profeta: Tu hai confuso gli insipienti con la tua luce,
che sfolgora dai monti eterni.
CAPITOLO QUARTO
La contemplazione di Dio nella sua immagine, riformata dai doni della grazia
1 Ma noi possiamo cogliere il Primo Principio non soltanto ricorrendo alla sua
immagine riflessa sulla nostra anima, ma anche direttamente nella nostra anima.
Questa via è ancor più elevata dell'altra , e si pone al quarto posto. A noi sembra
davvero strano che , pur essendo Dio così vicino a noi - e lo abbiamo veduto -,Egli
venga scoperto da così pochi nel loro spirito. La ragione di questa incoerenza ci
sembra chiara: l'intelletto, frastornato dalle preoccupazioni del mondo esteriore,
trova disagevole rientrare in se medesimo, se non fa ricorso all'aiuto della memoria;
accecato da fantasmi inconsistenti, rifugge dalle riflessione; irretito dalla
concupiscenza, non sa trovare la strada che lo riporti a gustare la dolcezza della
gioia interiore e della letizia spirituale. Schiacciato, insomma, dal peso di una realtà
dominata dal senso, si preclude la via che lo condurrebbe alla realtà interiore del
suo spirito, che è modellato ad immagine di Dio.
Gesù Cristo: Verità e scala alla verità
2 La sua condizione è quella di chi, caduto in un precipizio, è costretto a restarvi
fino a quando qualcuno altro non venga a liberarlo. E' ciò che è accaduto
esattamente alla nostra anima: essa non avrebbe mai potuto interamente sollevarsi
dalla realtà del senso alla riflessione di sè e dell'eterna Verità, inabitabile in noi, se
proprio la Verità non avesse assunto forma umana in Cristo e, anzi, se questa
Verità non fosse divenuta essa stessa una scala. E' così che la prima scala, infranta
dal peccato di Adamo, è stata riparata.
E perciò, per quanto si possa essere illuminati dai doni di natura e di scienza,
nessuno può rientrare in se stesso per godervi Dio, se non ricorre alla mediazione
di Cristo, che dice: Io sono la porta. Se uno entra per me, sarà salvo: entrerà e
uscirà e troverà pascolo. Ma non ci si può avvicinare a questa porta se non per
mezzo della fede, della speranza e della carità. Se, perciò, vogliamo tornare a
godere la verità, e cioè il paradiso, è indispensabile che questo passaggio avvenga
attraverso la fede, la speranza e la carità di Gesù Cristo, mediatore tra Dio e gli
uomini. E' lui l'albero della vita, piantato in mezzo al paradiso.
L'aiuto della parola di Dio e dei carismi divini
5 In questa fase lo spirito... è aiutato in modo particolare dalla Sacra Scrittura,
come nella fase precedente era sostenuto dalla filosofia...
6 E' la Sacri Scrittura, infatti, ad insegnare come purificarci, illuminarci,
perfezionarci, secondo la triplice norma ivi esposta: la legge della natura, la legge
della Scrittura la a legge della grazia. O meglio, secondo una grande partizione,
anch'essa triplice: la legge mosaica, che ha una funzione purificante; la rivelazione
profetica, che ha potere illuminante, e la dottrina evangelica si pone alla base di
tutta la perfezione...
Questo sarà possibile, a patto che intervengono le tre virtù teologali, la riforma dei
sensi interni, i tre rapimenti, di cui abbiamo parlato, e tutti quegli atti attraverso i
quali lo spirito rientra in se stesso, per ritrovarvi Dio nello splendore dei santi. In
questa pace, l'anima troverà il suo sonno e il suo riposo, a suo piacere, come in un
letto, mentre lo Sposo implora che non sia svegliata.
L'anima: Sede della divina sapienza
7 Questi due gradi intermedi ci portano,dunque, a contemplare Dio in noi stessi,
come in uno specchio che rifletta immagini sensibili. Sono come le due ali spiegate
al volo, che erano al centro del serafino alato.
Ora possiamo renderci anche conto come, nel terzo grado, noi siamo condotti ad
elevarci a Dio mediante le facoltà naturali presenti nell'anima razionale, e che sono
alla base dell'operare, del comportarsi e dell'apprendere; e come, nel quarto grado,
queste stesse facoltà naturali dell'anima siano potenziate ad opera della sua grazia,
delle emozioni interiori e dell'estasi...
8 La nostra anima, ora, illuminata da tutte queste luci interiori, si trasforma in sede
della divina Sapienza, che vi abita come in casa propria. E' mutata in figlia, sposa e
amica di Dio; in membro del corpo mistico di Cristo, sorella e coerede di Lui; anzi,
diviene tempio dello Spirito Santo: tempio, fondato sulla fede, elevato dalla
speranza e consacrato a Dio mediante la santità del corpo e dello spirito.
Tutto questo è opera dell'amore purissimo di Cristo, che si diffonde nei
nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che a noi fu dato.
Senza lo Spirito Santo non è possibile penetrare nei misteri divini. Come,
infatti, nessuno degli uomini conosce le cose dell'uomo, se non lo Spirito che è
nell'uomo; così nessuno conosce le cose di Dio, se non lo Spirito di Dio.
Radichiamoci e fondiamoci, perciò, sulla carità, per poter comprendere
insieme ai santi, quale sia la lunghezza dell'eternità, la larghezza della prodigalità,
l'altezza della maestà e della profondità di una Sapienza, cui spetta ogni giudizio.
1 E' possibile contemplare Dio non solamente con la riflessione di ciò che è fuori di
noi e dentro di noi, ma anche di ciò che è sopra di noi. Fuori di noi, lo attingiamo
attraverso lo studio delle sue orme; dentro di noi attraverso la sua immagine; sopra
di noi, ricorrendo a quel lume, presente nella nostra anima, che è il lume della Verità
eterna; "la nostra anima, infatti, è formata direttamente proprio di questa Verità"
(sant'Agostino)...
Coloro che raggiungono questo grado, entrano nel Santo dei santi, dove i
Cherubini, collocati sull'arca, dispiegano le ali per adombrare l'altare della
Propiziazione. Questi due Cherubini stanno a significare i due modi o gradi di
contemplare le perfezioni invisibili ed eterne di Dio: il primo dei quali tocca l'essenza
di Dio; l'altro, le proprietà delle tre Persone divine.
2 Il primo "modo" riguarda, innanzitutto, l'essere, e il senso che il primo nome di
Dio è Colui che è; il secondo, considera Dio sotto l'aspetto del "bene" e, anche in
questo caso si vuole intendere che esso è il suo primo nome.
La prima denominazione è quella usata nell'Antico Testamento...; la seconda, nel
Nuovo... Giovanni Damasceno, rifacendosi a Mosè, afferma che "Colui che è" è il
primo nome di Dio; Dionigi l'Areopagita, attenendosi alla parola di Cristo, dice,
invece, che il primo nome di Dio è il "Bene".
Dio: "L'essere in sè"
3 La contemplazione delle proprietà invisibili di Dio, sotto l'aspetto dell'unità
dell'essenza, comporta, quindi, in primo luogo, la considerazione della nozione
"essere". Questa riflessione porterà a concludere che l' "essere in se" è qualcosa di
talmente certo che non può essere pensato come non-esistente, come l niente
esclude assolutamente l'essere.
Perciò, come il niente assoluto non ha nulla d'essere e delle sue proprietà,
così, inversamente, l'essere in sè non ha nulla del non-essere, nè in atto nè in
potenza, nè nella realtà nè nella nostra riflessione. Il non-essere, infatti, essendo
privazione dell'essere, non può venir pensato se non in relazione al concetto di
essere; l'essere, invece, non può mai essere concepito in relazione ad alcun altro
concetto, perché tutto ciò che conosciamo o lo conosciamo come negazione di
essere o come essere possibile o come essere reale.
Ora: se il non-essere non può essere pensato se non in relazione all'essere, e
l'essere possibile se non in relazione all'essere reale; e se la nozione di essere
riporta necessariamente alla nozione di "atto puro", ne segue che l'essere è la prima
nozione che si presenta all'intelletto, e si identifica con l'atto puro.
Ma l'atto puro non può identificarsi con un essere particolare, che è
qualcosa di limitato, perché commistione di atto o di potenza; né con un essere
analogo, che non trovando affatto riscontro nella realtà, non è assolutamente
possibile che sia in atto.
Non resta dunque, che identificare quest'essere con l'Essere divino.
CAPITOLO SESTO
La conoscenza della Trinità nella riflessione sul'idea del bene
1 ...Come l'essere in sé è il principio radicale di ogni visione dell'essenza divina ed
è al fondamento della conoscenza dei suoi attributo, così anche il "bene" si pone a
fondamento primario della conoscenza delle produzioni divine (che sono il Figlio e
lo Spirito Santo).
2 La riflessione, qui, si deve fare attenta. Il Sommo Bene è ciò che non permette
niente di meglio. Né si può pensarlo non esistente, perché è chiaro che è meglio
essere che non essere; anzi, è tale che non lo si può correttamente pensare, senza
pensarlo uno e trino. "Il bene, infatti, è, per sua natura, diffusivo di se
stesso" (Pseudo-Dionigi); il Sommo Bene è, perciò, diffusivo di sé in sommo grado.
Ma questa diffusione non potrebbe essere tale se non fosse attuale ed intrinseca,
sostanziale ed ipostatica, naturale e volontaria, gratuita e necessaria,continua e
perfetta.
Ora nel Sommo Bene c'è, da tutta l'eternità, una produzione attuale e
consostanziale di ipostasi,eguali in dignità al principio dal quale procedono in via di
generazione e spirazione, in modo tale che queste ipostasi si presentino fin
dall'eternità, quali con-principianti di un eterno principio. In altre parole, c'è in questo
principio un amato e un co-amato, un generato e uno "spirato", e cioè il Padre il
Figlio e lo Spirito Santo. Se così non fosse, Dio non sarebbe il Sommo Bene, dal
momento che non si diffonderebbe in sommo grado...
La contuizione del bene
Sforzati, dunque, di fissare l'occhio della tua anima fino alla contuizione della
purezza di questa Bontà. Essa è l'atto puro di un Principio che ama di amore
gratuito e necessario, nello stesso tempo che è mutuo e reciproco; che si
diffonde in pienezza per via di natura e di volontà. Questa effusione produce il
Verbo, espressione di tutte le cose, e il Dono (dello Spirito), che è fonte di tutti i
doni. Questo ti darà la possibilità di vedere come, mediante la piena comunicabilità
del bene, si giunga alla necessità della Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo...
3 e tuttavia questa riflessione non ti deve dare l'illusione di comprendere
l'incomprensibile: l'occhio della tua anima ha ancora di che meravigliarsi nella
considerazione delle perfezioni della Trinità. Il mistero della Trinità si presenta infatti
come somma comunicabilità e insieme proprietà particolare di ciascuna persona,
come somma consostanzialità e pluralità di ipostasi, come massima somiglianza e
distinzione personale, come somma eguaglianza gerarchica, come coeternità ed
emanazione, continuità e diffusione. Chi, nel considerare così grandi meraviglie,
non sarà preso da stupore?
Ora, tutte queste proprietà nella Trinità si spiegano se pensiamo che esse trovano
la loro origine nell'infinita bontà di Dio...
Cristo, sintesi di tutta la realtà
6 Ed allora volgiti all'altare propiziatorio e vedrai come in Cristo sia presente: unità
di persona, trinità di sostanza e dualità di nature; perfetta unità di determinazione e
pluralità di volontà; perfezione di Dio e perfezione dell'uomo insieme a pluralità di
proprietà, unità di adorazione insieme a differenza di grado; unità di glorificazione
sopra ogni cosa insieme a ineguaglianza di dignità; e, infine, unità di dominio con
distinzione di poteri.
7 Con questa riflessione l'illuminazione della mente è ormai perfetta, perché - quasi
fossimo al sesto giorno della creazione - le si presenta l'uomo fatto a immagine di
Dio. E l'immagine esprime somiglianza.
Ne deriva che, quando l'anima contempla in Cristo, Figlio e immagine
perfetta di Dio, la nostra umanità, così mirabilmente esaltata e così ineffabilmente a
lui unita..., è giunta allo stadio della perfezione, e cioè all'illuminazione perfetta del
sesto grado, come Dio al sesto giorno.
Non le resta che attendere il giorno del riposo: il giorno, cioè, in cui l'ansia della
ricerca cessa e lo spirito si riposa nella quiete dell'estasi.
DIO SOPRA DI NOI
Capitolo settimo
L'estasi mentale e mistica, nella quale lo spirito trova la sua quiete, mentre la vita
intima passa nella vita di Dio
1 La sei riflessioni che abbiamo compiuto sono state come la salita dei sei gradini
del trono del vero Salomone, che portano alla pace. Qui giunto, l'uomo pacificato
trova il riposo nella quiete del suo spirito, che è stato trasformato in una
Gerusalemme interiore...
Ci siamo elevati, gradatamente, dalla contuizione di Dio fuori di noi mediante le sue
orme e nelle sue orme, a quella dentro di noi attraverso la sua immagine e nella sua
immagine, alla intuizione di lui sopra di noi mediante lo splendore della sua luce
riflessa in noi e ci siamo posti, infine, nel cono stesso di questa luce, sempre però
tenendo presente la nostra condizione di itineranti e la limitatezza operativa del
nostro spirito.
Giunti al sesto grado, l'anima ha potuto ammirare in Dio, Primo e Sommo
Principio, e in Gesù Cristo, mediatore tra Dio e gli uomini, realtà mirabili che non
hanno l'eguale nelle creature e che nessuna intelligenza, anche la più acuta, può
comprendere appieno.
Approfondendo la speculazione, non resta all'anima ora, che trascende non
solo il mondo sensibile, ma se stessa. In questa ascesa, Cristo è via e porta, scala
e veicolo; l'altare propiziatorio collocato sull'arca di Dio e il mistero nascosto dal
principio dei secoli.
Dai sillogismi e i carismi
2 Chi si rivolge a questo propiziatorio con tutta l'anima e fissa lo sguardo su Gesù
crocifisso con spirito di fede, di speranza e di carità, con devozione, ammirazione,
entusiasmo, venerazione, lode e giubilo fa davvero la Pasqua con Lui, e cioè
realizza il "passaggio"...
3 Questo prodigio è già avvenuto in san Francesco. Nell'estasi della
contemplazione sul monte della Verna - dove appunto ho meditato quel che qui ho
scritto - gli apparve un Serafino con sei ali in forma di crocifisso: io e parecchi altri lo
abbiamo appreso dalla bocca di chi gli fu compagno e, in quel momento, era con lui.
Fu allora che, nel rapimento dell'estasi, in lui si operò il "passaggio" in Dio,
e divenne un modello di vita contemplativa come prima lo era stato la vita attiva...
4 Un "passaggio", però, che, per essere perfetto, comporta la necessità di
dover lasciar da parte ogni operazione intellettuale, e, spinti dalla necessità
dell'amore,trasformare in Dio la pienezza di tutti i nostri affetti. E' un dono
mistico e arcano, questo, che nessuno conosce prima di averlo sperimentato; per
riceverlo, bisogna desiderarlo ma non può essere desiderato se il fuoco dello Spirito
Santo, che cristo ha mandata sulla terra, non ci bruci interiormente.
A ragione, dunque, l'Apostolo dichiara che questa mistica sapienza è una
rivelazione dello Spirito Santo.
Tutto è grazia
5 Se è questa la natura dell'ascesa, è chiaro che l'uomo da sé non può far nulla, e
a poche serva qualunque sforzo umano. Ciò comporta che bisogna far
ricorso all'unzione più che alla ricerca, alla letizia interiore più che alla
lingua. Non è opera della parola o della penna, ma è tutto dono di Dio, e cioè dello
Spirito Santo; poco o niente può fare la creatura, perché è tutto opera del Creatore
d'ogni cosa: Padre e Figlio e Spirito Santo..
6 E se tu volessi sapere in qual modo può avvenire tutto questo, bisogna che
tu ti rivolga alla grazia e non alla scienza, all'anelito interiore e non all'intelletto, al
gemito della preghiera e non allo studio dei libri, allo sposo e non al maestro, a Dio
e non all'uomo, all'oscurità e non alla chiarità. Non alla nostra luce, ma a quel fuoco
incandescente, che infiamma e trasporta in Dio, mediante mistici rapimenti e sublimi
folgorazioni.
Questo fuoco è Dio stesso e la fornace dove esso è acceso è posta a
Gerusalemme. Ma chi lo accende è Cristo con la fiamma della sua passione
ardentissima, e ne è incendiato veramente solo chi può dire: la mia anima ha scelto
una fine violenta e le mie ossa hanno bramato la morte. Solo che abbraccia la
morte è in grado di vedere Dio, poiché non si può dubitare della verità di queste
parole: Nessuno può contemplare la sua faccia, e rimanere in vita.
Morire per vivere la vita piena
Ed allora, moriamo. Entriamo nella luminosa caligine di Dio, imponendo silenzio a
cure, concupiscenze e apparenze. Passiamo, con Cristo crocifisso, da questo
mondo al Padre. Dopo la visione del Padre, noi potremo dire con Filippo:
Questo ci basta.
Per una lettura del trattatello bonaventuriano, ci pare utile offrirne al lettore un
rapido e scheletrico schema. E' uno schema rigorosamente geometrico; quasi una
struttura da cattedrale gotica. Concetto-base: dalla creature al Creatore; la
creatura come "scala" al Creatore.
Si apre con un Prologo, che dà le circostanze della composizione e qualche
raccomandazione al lettore. Seguono sette capitoli: i primi sei riguardano l'ascesa a
Dio fondata sull'uso retto delle facoltà umane; il settimo sta a sé, e riguarda l'estasi
mentale e mistica, che si pone, com'è ovvio, a un livello soprarazionale.
I primi due capitoli sono dedicati alla meditazione del mondo sensibile; il
terzo e il quarto, alla riflessione dell'anima su sé stessa; il quinto e il sesto, alla
contemplazione del Trascendente. La meditazione del mondo sensibile porta a
scoprire Dio fuori di noi; la riflessione dell'anima su se stessa, a scoprirlo dentro di
noi; la contemplazione del Trascendente, ad attingerlo sopra di noi.
Ognuna di queste tre vie (o gradi) presenta, a sua volta, un doppio modo di
raggiungere Dio.
Ad ogni "via", dunque, son dedicati due capitoli; ogni "modo", un capitolo.
L'ultimo il settimo, parla dell'estasi mistica, della "luminosa caligine", che,
sorpassando ogni funzione intellettiva, trasferisce intuitivamente l'anima in Dio.
L'Itinerario dello spirito a Dio fu ideato da san Bonaventura sulla Verna, la
montagna sacra alle stimmate di san Francesco, nell'ottobre del 1259: lo dice lo
stesso autore nel Prologo. Fu composto però altrove (cf. c. VII, 3).
L'opera ha avuto una sua singolare fortuna, anche se certe lodi che le vengono
fatte sono così iperboliche, fantasiose e generiche da indurre a dubitare se, chi le
ha fatte, l'abbia veramente e seriamente letta.
Essa è inserita nella monumentale edizione critica che il Collegio di san
Bonaventura dei Frati Minori di Quaracchi ha compiuto tra il 1882 e il 1902: S.
B. Opera omnia, 10 voll. La nostra opera è precisamente nel vol. V, pp. 293-316;
c'è, peraltro, anche una editio minor di essa in Opera theologica, vol. V, pp. 117-
214.
Le versioni in lingua italiana sono parecchie. Ne ricordiamo le principali: C.
Ottaviano, Palermo 1933; L. Stefanini, Torino 1934; D. Scaramazzi, Padova 1943;
G. Melani, La Vrena 1960. Insieme ad altre opere: A. Hermet, Lanciano 1923; G.
Sanvido, Milano 1942; F. Maccomo, Torino 1947; G. Bonafede, Roma 1951.
Non essendo la nostra una edizione critica o scientifica, non abbiamo
creduto necessario dare i rimandi esatti delle continue citazioni - specialmente della
Sacra Scrittura -, per non appesantire la lettura. Le citazioni bibliche
si riconosceranno a colpo d'occhio, perché sono stampate in carattere diverso.
Prologo
1 Nel cominciare rivolgo la mia invocazione al Primo Principio, al Padre, dal
quale provengono tutte le illuminazioni, essendo lui il padre di ogni lume, di ogni
bene, di ogni perfezione. E lo prego nel nome di Gesù Cristo, suo Figlio e nostro
Signore, e per l'intercessione della vergine santissima , Maria, madre di Dio e
madre dello stesso Gesù, e di san Francesco, nostra guida e padre, di
voler illuminare la nostra anima e dirigere il nostro cammino nella vita di
quella pace che sorpassa ogni umana intelligenza.
Questa è la pace che Gesù, nostro Signore, ha predicato e donato al
mondo, e che san Francesco, nostro padre, è andato, a sua volta, diffondendo con
la sua predicazione: egli, infatti, cominciava e terminava ogni suo discorso con
l'annuncio della pace; augurava la pace in ogni suo saluto, e vi aspirava
ardentemente nell'estasi della contemplazione, poiché si considerava già cittadino
di quella Gerusalemme, di cui il canone della pace - il quale la amava, mentre altri
la odiavano - diceva: Chiedete la pace di Gerusalemme.
San Francesco sapeva, infatti, che il regno di Salomone era fondato sulla
pace, com'è scritto: La sua sede è costruita sulla pace, e la sua dimora sul monte
Sion.
3 Quelle sei ali del serafino alato, infatti, possono benissimo essere
interpretare come i sei gradi dell'illuminazione, con i quali - quasi scalini o sentieri
- l'anima si mette nella condizione di passare al godimento della pace attraverso i
rapimenti estatici della sapienza cristiana.
In fondo non è altro che la via, aperta dall'amore ardente a Gesù crocifisso;
quell'amore che, dopo averlo rapito al terzo cielo, trasformò in modo tale san Paolo,
da potergli far dire: sono crocifisso insieme con Cristo. Vivo, ma non più io, bensì è
Cristo che vive in me.
Questo stesso amore infiammava l'anima di san Francesco e si
manifesto visibilmente nel suo corpo quando, negli ultimi due anni della sua vita,
portò sulla sua carne le sacre stimmate della passione...
Ma nessuno, che non sia uomo di desideri, come Daniele, può aspirare in
qualche modo alle contemplazioni divine, che conducono ai rapimenti dell'estasi.
Queste aspirazioni, infatti, si alimentano in noi ad una duplice fiamma: al fuoco di
una preghiera, che sgorghi dal fremito del cuore, e alla folgore della
intuizione, con la quale l'anima attinge direttamente la intensa luce divina.
Invito alla preghiera
4 Prima di tutto invito, perciò, il lettore alla preghiera, elevata a Dio nel nome di
Cristo crocifisso, dal sangue del quale siamo purificati dei nostri peccati.
Nessuno si deve illudere che possa bastare la lettura senza la pietà, la
speculazione senza la devozione, la ricerca senza la riverenza, l'attenzione senza la
gioia interiore, l'attività senza la preghiera, la scienza senza l'amore, l'intelligenza
senza l'umiltà, l'applicazione senza la grazia, l'investigazione senza la sapienza
infusa dall'alto.
Propongo perciò le riflessioni che seguono solo alle anime disposte dalla
grazia divina, umili, pie, compunte, devote, unte con profumi di festa, innamorate
della sapienza divina e infiammate dal desiderio di possederla; a quelle anime, cioè,
che vogliono applicarsi alla gloria di Dio, al suo amore, al suo godimento spirituale.
Poco o niente serve lo specchio esteriore se quello interiore non è terso e lucido.
Datti da fare, dunque, o uomo di Dio, nell'assecondare il pungolo di una
coscienza crucciata, prima di alzare gli occhi ai raggi della sapienza, riflessi nello
specchio dell'anima, affinché, per avventura, abbagliato dalla riflessione di questi
raggi, tu non cada in un baratro ancor più tenebroso.
Capitolo Primo
Le fasi dell'ascesa a Dio e la conoscenza di Lui attraverso le sue orme visibili nel
mondo
3 Le tappe di questo itinerario sono simboleggiate dal viaggio di tre giorni, compiuto
dagli ebrei nella solitudine del deserto; anche le tre fasi della luce del giorno stanno
a significare la stessa cosa: la prima tappa, col crepuscolo del tramonto; la seconda,
con quello del mattino, e la terza con la luce del mezzogiorno.
La stessa cosa può dirci anche la realtà, nel suo triplice modo di essere: la materia,
la vita spirituale e, infine, la vita nel divino Artefice. La Sacra Scrittura le rappresenta
bene con la successione di questi tre verbi: sia fatto; egli ha fatto; fu fatto.
Questo stesso procedimento, infine, si verifica anche nella persona di Cristo, che è
la nostra scala per salire a Dio: il corpo, l'anima e la divinità.
4 Sul modello di questa triplice progressione anche la nostra anima presenta tre
facoltà principali: la prima facoltà è a livello materiale o esteriore, ed è la sensibilità;
la seconda, a livello spirituale, e riguarda la sfera interiore in se o coscienza; la terza
è la facoltà che ha il potere di elevarsi al di sopra di sè, ed è lo spirito.
Partendo da queste tre facoltà, lo spirito si pone nella possibilità di operare la sua
ascesa a Dio e amarlo con tutta la mente, con tutto il cuore, con tutta l'anima.
E' a questo punto che viene realizzata la perfetta osservanza della legge e,
insieme, la sapienza cristiana.
6 I sei gradi ascensionali verso Dio trovano la loro corrispondenza nei gradi delle
funzioni dell'anima, che sono anch'essi sei .
Per mezzo di esse, noi saliamo dalle realtà più basse a quelle più alte, da
quelle esteriori a quelle interiori, dalle temporale alle eterne. Queste funzioni sono: i
sensi, l'immaginazione, la ragione, l'intelletto, l'intelligenza e la vetta dell'anima
dove rifulge la sindèresi (o senso del bene). Noi le possediamo per natura; la
colpa le aveva deformate, ma la grazia le ha riabilitate. Esse vanno purificate con
l'esercizio di una vita santa, di uno studio continuo e portate alla perfezione dalla
sapienza.
CAPITOLO SECONDO
La contemplazione di Dio nelle orme lasciate nel mondo visibile
1 Dio, possiamo contemplarlo, dunque, non solo mediante le cose sensibili, che
sono come la sua orma, ma anche nelle stesse cose, poiché Egli è in esse per
essenza, presenza e potenza.
Questa seconda considerazione è superiore a quella che abbiamo esaminata,e
costituisce il secondo grado di quella contemplazione, che ci porta a scoprire Dio in
tutte le creature, le quali sono presenti nel nostro intelletto ad opera dei sensi
esteriori.
2 Il mondo, infatti, che viene detto macroscopico, entra nel piccolo mondo della
nostra anima attraverso i cinque sensi, e ne scaturiscono l'apprendimento, il
piacere, il giudizio..
7 Ora tutti questi fenomeni costituiscono quasi tante vestigia, che riflettono, come
uno specchio, Dio stesso...
10 Queste riflessioni possiamo anche allargarle alla visione settenaria dei numeri.
Anch'essa costituisce quasi una scala di sette gradini, che dalle cose sensibili ci fa
salire gradatamente al creatore di tutto, in modo tale che noi possiamo vedere Dio
in tutte le cose...
11Da quanto abbiamo detti fin qui sui primi due gradi - attraverso i quali noi siamo
condotti a riflettere su Dio presente nelle sue orme, e che sono simili alle due ali del
Serafino che scendevano verso i piedi - possiamo anche concludere che tutte le
creature di questo mondo sensibile possono condurre lo spirito di chi riflette e
contempla alla scoperta di Dio.
Esse, infatti, in rapporto al Primo Principio, sono ombre, echi, immagini; sono orme,
figure, rappresentazioni che ci vengono offerte come segni divini per giungere alla
contuizione di Dio...
12 Ogni creatura, infatti, è in qualche modo, per sua natura, immagine e specchio
dell'eterna sapienza; ma lo sono in modo particolare quelle che, già nella Sacra
Scrittura, furono assunte dai profeti per significare valori spirituali...
13 Da quello che siamo venuti fin qui dicendo, possiamo trarre questa conclusione:
Dio, fin dalla creazione del mondo, può esser conosciuto dall'uomo attraverso le
creature. Coloro che rifiutano di ammettere questo, rifiutano anche di conoscere,
benedire e amare Dio, e non meritano nessuna scusa, dal momento che esse
rifiutano di passare dalle tenebre alla mirabile luce di Dio.
A questo punto, disponiamoci a passare dalle meraviglie del mondo esteriore
all'interno della nostra anima, che è come specchio che riflette tutto il divino.
CAPITOLO TERZO
La conoscenza di Dio mediante la sua immagine riflessa nelle facoltà dell'anima
1 I due gradi, che sono stati oggetto della nostra riflessione, portandoci a Dio
attraverso le orme, visibili in tutte le creature, ci hanno anche condotto a questo: a
rientrare, cioè, in noi stessi, nel nostro spirito, ove rifulge l'immagine divina... Nel
nostro spirito, infatti, che è immagine della Santissima Trinità, risplende, come da un
candelabro, la luce della verità, che rischiara la nostra mente. Bisogna che tu
rientri, perciò, in te stesso. Il tuo spirito, infatti, ama di amore potente, se stesso.
Ma non potrebbe amare se stesso, se non si conoscesse; e non si conoscerebbe
se, a sua volta, non possedesse la memoria: il nostro intelletto, infatti, comprende
solo quello che gli viene presentato, dalla memoria.
Da questo puoi anche capire - non con la scienza della carne, ma attraverso la
riflessione dello spirito - che la tua anima possiede tre facoltà. La considerazione
delle attività e delle potenzialità dell'anima ti metterà perciò in grado di poter vedere
Iddio per mezzo di te stesso, che sei la sua immagine.
Questo vuol dire: vedere Dio nello specchio e nell'enigma.
L'anima e la sua facoltà
2 La prima operazione è quella della memoria che conserva e ripresenta non solo
oggetti presenti, corporali e temporali, ma anche cose successive, semplici ed
eterne...
3 la seconda operazione è quella dell'intelletto, e consiste nella percezione dei
termini, delle proposizioni e delle conclusioni...
4 La terza operazione è quella della volontà e si attua nella sfera del consiglio, del
giudizio e del desiderio...
5 La considerazione, infine dell'ordine, e dei rapporti vicendevoli tra queste facoltà
porta al riconoscimento della santissima Trinità...
6 A questa riflessione che l'anima compie su Dio uno e trino, partendo dalle sue tre
facoltà che la rendono immagine di Dio, possono portare il loro contributo le scienze
che perfezionano , informano e offrono all'anima una triplice rappresentazione della
santissima Trinità. La filosofia, infatti, è naturale, razionale e morale...
7 Tutte queste scienze hanno norme certe e infallibili: quasi raggi luminosi che si
riversano dalla legge eterna nel nostro spirito. Il quale, illuminato da così grandi
splendori, può giungere da se stesso, seppure non è cieco, alla contemplazione
della luce eterna.
I sapiente restano stupiti di ammirazione nel considerare l'irradiazione di questa
luce; mentre gli insipienti, che per capire avrebbero bisogno di creare, ne restano
confusi. E si avvera il detto del Profeta: Tu hai confuso gli insipienti con la tua luce,
che sfolgora dai monti eterni.
CAPITOLO QUARTO
La contemplazione di Dio nella sua immagine, riformata dai doni della grazia
1 Ma noi possiamo cogliere il Primo Principio non soltanto ricorrendo alla sua
immagine riflessa sulla nostra anima, ma anche direttamente nella nostra anima.
Questa via è ancor più elevata dell'altra , e si pone al quarto posto. A noi sembra
davvero strano che , pur essendo Dio così vicino a noi - e lo abbiamo veduto -,Egli
venga scoperto da così pochi nel loro spirito. La ragione di questa incoerenza ci
sembra chiara: l'intelletto, frastornato dalle preoccupazioni del mondo esteriore,
trova disagevole rientrare in se medesimo, se non fa ricorso all'aiuto della memoria;
accecato da fantasmi inconsistenti, rifugge dalle riflessione; irretito dalla
concupiscenza, non sa trovare la strada che lo riporti a gustare la dolcezza della
gioia interiore e della letizia spirituale. Schiacciato, insomma, dal peso di una realtà
dominata dal senso, si preclude la via che lo condurrebbe alla realtà interiore del
suo spirito, che è modellato ad immagine di Dio.
Gesù Cristo: Verità e scala alla verità
2 La sua condizione è quella di chi, caduto in un precipizio, è costretto a restarvi
fino a quando qualcuno altro non venga a liberarlo. E' ciò che è accaduto
esattamente alla nostra anima: essa non avrebbe mai potuto interamente sollevarsi
dalla realtà del senso alla riflessione di sè e dell'eterna Verità, inabitabile in noi, se
proprio la Verità non avesse assunto forma umana in Cristo e, anzi, se questa
Verità non fosse divenuta essa stessa una scala. E' così che la prima scala, infranta
dal peccato di Adamo, è stata riparata.
E perciò, per quanto si possa essere illuminati dai doni di natura e di scienza,
nessuno può rientrare in se stesso per godervi Dio, se non ricorre alla mediazione
di Cristo, che dice: Io sono la porta. Se uno entra per me, sarà salvo: entrerà e
uscirà e troverà pascolo. Ma non ci si può avvicinare a questa porta se non per
mezzo della fede, della speranza e della carità. Se, perciò, vogliamo tornare a
godere la verità, e cioè il paradiso, è indispensabile che questo passaggio avvenga
attraverso la fede, la speranza e la carità di Gesù Cristo, mediatore tra Dio e gli
uomini. E' lui l'albero della vita, piantato in mezzo al paradiso.
L'aiuto della parola di Dio e dei carismi divini
5 In questa fase lo spirito... è aiutato in modo particolare dalla Sacra Scrittura,
come nella fase precedente era sostenuto dalla filosofia...
6 E' la Sacri Scrittura, infatti, ad insegnare come purificarci, illuminarci,
perfezionarci, secondo la triplice norma ivi esposta: la legge della natura, la legge
della Scrittura la a legge della grazia. O meglio, secondo una grande partizione,
anch'essa triplice: la legge mosaica, che ha una funzione purificante; la rivelazione
profetica, che ha potere illuminante, e la dottrina evangelica si pone alla base di
tutta la perfezione...
Questo sarà possibile, a patto che intervengono le tre virtù teologali, la riforma dei
sensi interni, i tre rapimenti, di cui abbiamo parlato, e tutti quegli atti attraverso i
quali lo spirito rientra in se stesso, per ritrovarvi Dio nello splendore dei santi. In
questa pace, l'anima troverà il suo sonno e il suo riposo, a suo piacere, come in un
letto, mentre lo Sposo implora che non sia svegliata.
L'anima: Sede della divina sapienza
7 Questi due gradi intermedi ci portano,dunque, a contemplare Dio in noi stessi,
come in uno specchio che rifletta immagini sensibili. Sono come le due ali spiegate
al volo, che erano al centro del serafino alato.
Ora possiamo renderci anche conto come, nel terzo grado, noi siamo condotti ad
elevarci a Dio mediante le facoltà naturali presenti nell'anima razionale, e che sono
alla base dell'operare, del comportarsi e dell'apprendere; e come, nel quarto grado,
queste stesse facoltà naturali dell'anima siano potenziate ad opera della sua grazia,
delle emozioni interiori e dell'estasi...
8 La nostra anima, ora, illuminata da tutte queste luci interiori, si trasforma in sede
della divina Sapienza, che vi abita come in casa propria. E' mutata in figlia, sposa e
amica di Dio; in membro del corpo mistico di Cristo, sorella e coerede di Lui; anzi,
diviene tempio dello Spirito Santo: tempio, fondato sulla fede, elevato dalla
speranza e consacrato a Dio mediante la santità del corpo e dello spirito.
Tutto questo è opera dell'amore purissimo di Cristo, che si diffonde nei
nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che a noi fu dato.
Senza lo Spirito Santo non è possibile penetrare nei misteri divini. Come,
infatti, nessuno degli uomini conosce le cose dell'uomo, se non lo Spirito che è
nell'uomo; così nessuno conosce le cose di Dio, se non lo Spirito di Dio.
Radichiamoci e fondiamoci, perciò, sulla carità, per poter comprendere
insieme ai santi, quale sia la lunghezza dell'eternità, la larghezza della prodigalità,
l'altezza della maestà e della profondità di una Sapienza, cui spetta ogni giudizio.
CAPITOLO QUINTO
La conoscenza dell'unità di Dio mediante la riflessione sul principale suo
nome: L'ESSERE
1 E' possibile contemplare Dio non solamente con la riflessione di ciò che è fuori di
noi e dentro di noi, ma anche di ciò che è sopra di noi. Fuori di noi, lo attingiamo
attraverso lo studio delle sue orme; dentro di noi attraverso la sua immagine; sopra
di noi, ricorrendo a quel lume, presente nella nostra anima, che è il lume della Verità
eterna; "la nostra anima, infatti, è formata direttamente proprio di questa Verità"
(sant'Agostino)...
Coloro che raggiungono questo grado, entrano nel Santo dei santi, dove i
Cherubini, collocati sull'arca, dispiegano le ali per adombrare l'altare della
Propiziazione. Questi due Cherubini stanno a significare i due modi o gradi di
contemplare le perfezioni invisibili ed eterne di Dio: il primo dei quali tocca l'essenza
di Dio; l'altro, le proprietà delle tre Persone divine.
2 Il primo "modo" riguarda, innanzitutto, l'essere, e il senso che il primo nome di
Dio è Colui che è; il secondo, considera Dio sotto l'aspetto del "bene" e, anche in
questo caso si vuole intendere che esso è il suo primo nome.
La prima denominazione è quella usata nell'Antico Testamento...; la seconda, nel
Nuovo... Giovanni Damasceno, rifacendosi a Mosè, afferma che "Colui che è" è il
primo nome di Dio; Dionigi l'Areopagita, attenendosi alla parola di Cristo, dice,
invece, che il primo nome di Dio è il "Bene".
Dio: "L'essere in sè"
3 La contemplazione delle proprietà invisibili di Dio, sotto l'aspetto dell'unità
dell'essenza, comporta, quindi, in primo luogo, la considerazione della nozione
"essere". Questa riflessione porterà a concludere che l' "essere in se" è qualcosa di
talmente certo che non può essere pensato come non-esistente, come l niente
esclude assolutamente l'essere.
Perciò, come il niente assoluto non ha nulla d'essere e delle sue proprietà,
così, inversamente, l'essere in sè non ha nulla del non-essere, nè in atto nè in
potenza, nè nella realtà nè nella nostra riflessione. Il non-essere, infatti, essendo
privazione dell'essere, non può venir pensato se non in relazione al concetto di
essere; l'essere, invece, non può mai essere concepito in relazione ad alcun altro
concetto, perché tutto ciò che conosciamo o lo conosciamo come negazione di
essere o come essere possibile o come essere reale.
Ora: se il non-essere non può essere pensato se non in relazione all'essere, e
l'essere possibile se non in relazione all'essere reale; e se la nozione di essere
riporta necessariamente alla nozione di "atto puro", ne segue che l'essere è la prima
nozione che si presenta all'intelletto, e si identifica con l'atto puro.
Ma l'atto puro non può identificarsi con un essere particolare, che è
qualcosa di limitato, perché commistione di atto o di potenza; né con un essere
analogo, che non trovando affatto riscontro nella realtà, non è assolutamente
possibile che sia in atto.
Non resta dunque, che identificare quest'essere con l'Essere divino.
CAPITOLO SESTO
La conoscenza della Trinità nella riflessione sul'idea del bene
1 ...Come l'essere in sé è il principio radicale di ogni visione dell'essenza divina ed
è al fondamento della conoscenza dei suoi attributo, così anche il "bene" si pone a
fondamento primario della conoscenza delle produzioni divine (che sono il Figlio e
lo Spirito Santo).
2 La riflessione, qui, si deve fare attenta. Il Sommo Bene è ciò che non permette
niente di meglio. Né si può pensarlo non esistente, perché è chiaro che è meglio
essere che non essere; anzi, è tale che non lo si può correttamente pensare, senza
pensarlo uno e trino. "Il bene, infatti, è, per sua natura, diffusivo di se
stesso" (Pseudo-Dionigi); il Sommo Bene è, perciò, diffusivo di sé in sommo grado.
Ma questa diffusione non potrebbe essere tale se non fosse attuale ed intrinseca,
sostanziale ed ipostatica, naturale e volontaria, gratuita e necessaria,continua e
perfetta.
Ora nel Sommo Bene c'è, da tutta l'eternità, una produzione attuale e
consostanziale di ipostasi,eguali in dignità al principio dal quale procedono in via di
generazione e spirazione, in modo tale che queste ipostasi si presentino fin
dall'eternità, quali con-principianti di un eterno principio. In altre parole, c'è in questo
principio un amato e un co-amato, un generato e uno "spirato", e cioè il Padre il
Figlio e lo Spirito Santo. Se così non fosse, Dio non sarebbe il Sommo Bene, dal
momento che non si diffonderebbe in sommo grado...
La contuizione del bene
Sforzati, dunque, di fissare l'occhio della tua anima fino alla contuizione della
purezza di questa Bontà. Essa è l'atto puro di un Principio che ama di amore
gratuito e necessario, nello stesso tempo che è mutuo e reciproco; che si
diffonde in pienezza per via di natura e di volontà. Questa effusione produce il
Verbo, espressione di tutte le cose, e il Dono (dello Spirito), che è fonte di tutti i
doni. Questo ti darà la possibilità di vedere come, mediante la piena comunicabilità
del bene, si giunga alla necessità della Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo...
3 e tuttavia questa riflessione non ti deve dare l'illusione di comprendere
l'incomprensibile: l'occhio della tua anima ha ancora di che meravigliarsi nella
considerazione delle perfezioni della Trinità. Il mistero della Trinità si presenta infatti
come somma comunicabilità e insieme proprietà particolare di ciascuna persona,
come somma consostanzialità e pluralità di ipostasi, come massima somiglianza e
distinzione personale, come somma eguaglianza gerarchica, come coeternità ed
emanazione, continuità e diffusione. Chi, nel considerare così grandi meraviglie,
non sarà preso da stupore?
Ora, tutte queste proprietà nella Trinità si spiegano se pensiamo che esse trovano
la loro origine nell'infinita bontà di Dio...
Cristo, sintesi di tutta la realtà
6 Ed allora volgiti all'altare propiziatorio e vedrai come in Cristo sia presente: unità
di persona, trinità di sostanza e dualità di nature; perfetta unità di determinazione e
pluralità di volontà; perfezione di Dio e perfezione dell'uomo insieme a pluralità di
proprietà, unità di adorazione insieme a differenza di grado; unità di glorificazione
sopra ogni cosa insieme a ineguaglianza di dignità; e, infine, unità di dominio con
distinzione di poteri.
7 Con questa riflessione l'illuminazione della mente è ormai perfetta, perché - quasi
fossimo al sesto giorno della creazione - le si presenta l'uomo fatto a immagine di
Dio. E l'immagine esprime somiglianza.
Ne deriva che, quando l'anima contempla in Cristo, Figlio e immagine
perfetta di Dio, la nostra umanità, così mirabilmente esaltata e così ineffabilmente a
lui unita..., è giunta allo stadio della perfezione, e cioè all'illuminazione perfetta del
sesto grado, come Dio al sesto giorno.
Non le resta che attendere il giorno del riposo: il giorno, cioè, in cui l'ansia della
ricerca cessa e lo spirito si riposa nella quiete dell'estasi.
DIO SOPRA DI NOI
Capitolo settimo
L'estasi mentale e mistica, nella quale lo spirito trova la sua quiete, mentre la vita
intima passa nella vita di Dio
1 La sei riflessioni che abbiamo compiuto sono state come la salita dei sei gradini
del trono del vero Salomone, che portano alla pace. Qui giunto, l'uomo pacificato
trova il riposo nella quiete del suo spirito, che è stato trasformato in una
Gerusalemme interiore...
Ci siamo elevati, gradatamente, dalla contuizione di Dio fuori di noi mediante le sue
orme e nelle sue orme, a quella dentro di noi attraverso la sua immagine e nella sua
immagine, alla intuizione di lui sopra di noi mediante lo splendore della sua luce
riflessa in noi e ci siamo posti, infine, nel cono stesso di questa luce, sempre però
tenendo presente la nostra condizione di itineranti e la limitatezza operativa del
nostro spirito.
Giunti al sesto grado, l'anima ha potuto ammirare in Dio, Primo e Sommo
Principio, e in Gesù Cristo, mediatore tra Dio e gli uomini, realtà mirabili che non
hanno l'eguale nelle creature e che nessuna intelligenza, anche la più acuta, può
comprendere appieno.
Approfondendo la speculazione, non resta all'anima ora, che trascende non
solo il mondo sensibile, ma se stessa. In questa ascesa, Cristo è via e porta, scala
e veicolo; l'altare propiziatorio collocato sull'arca di Dio e il mistero nascosto dal
principio dei secoli.
Dai sillogismi e i carismi
2 Chi si rivolge a questo propiziatorio con tutta l'anima e fissa lo sguardo su Gesù
crocifisso con spirito di fede, di speranza e di carità, con devozione, ammirazione,
entusiasmo, venerazione, lode e giubilo fa davvero la Pasqua con Lui, e cioè
realizza il "passaggio"...
3 Questo prodigio è già avvenuto in san Francesco. Nell'estasi della
contemplazione sul monte della Verna - dove appunto ho meditato quel che qui ho
scritto - gli apparve un Serafino con sei ali in forma di crocifisso: io e parecchi altri lo
abbiamo appreso dalla bocca di chi gli fu compagno e, in quel momento, era con lui.
Fu allora che, nel rapimento dell'estasi, in lui si operò il "passaggio" in Dio,
e divenne un modello di vita contemplativa come prima lo era stato la vita attiva...
4 Un "passaggio", però, che, per essere perfetto, comporta la necessità di
dover lasciar da parte ogni operazione intellettuale, e, spinti dalla necessità
dell'amore,trasformare in Dio la pienezza di tutti i nostri affetti. E' un dono
mistico e arcano, questo, che nessuno conosce prima di averlo sperimentato; per
riceverlo, bisogna desiderarlo ma non può essere desiderato se il fuoco dello Spirito
Santo, che cristo ha mandata sulla terra, non ci bruci interiormente.
A ragione, dunque, l'Apostolo dichiara che questa mistica sapienza è una
rivelazione dello Spirito Santo.
Tutto è grazia
5 Se è questa la natura dell'ascesa, è chiaro che l'uomo da sé non può far nulla, e
a poche serva qualunque sforzo umano. Ciò comporta che bisogna far
ricorso all'unzione più che alla ricerca, alla letizia interiore più che alla
lingua. Non è opera della parola o della penna, ma è tutto dono di Dio, e cioè dello
Spirito Santo; poco o niente può fare la creatura, perché è tutto opera del Creatore
d'ogni cosa: Padre e Figlio e Spirito Santo..
6 E se tu volessi sapere in qual modo può avvenire tutto questo, bisogna che
tu ti rivolga alla grazia e non alla scienza, all'anelito interiore e non all'intelletto, al
gemito della preghiera e non allo studio dei libri, allo sposo e non al maestro, a Dio
e non all'uomo, all'oscurità e non alla chiarità. Non alla nostra luce, ma a quel fuoco
incandescente, che infiamma e trasporta in Dio, mediante mistici rapimenti e sublimi
folgorazioni.
Questo fuoco è Dio stesso e la fornace dove esso è acceso è posta a
Gerusalemme. Ma chi lo accende è Cristo con la fiamma della sua passione
ardentissima, e ne è incendiato veramente solo chi può dire: la mia anima ha scelto
una fine violenta e le mie ossa hanno bramato la morte. Solo che abbraccia la
morte è in grado di vedere Dio, poiché non si può dubitare della verità di queste
parole: Nessuno può contemplare la sua faccia, e rimanere in vita.
Morire per vivere la vita piena
Ed allora, moriamo. Entriamo nella luminosa caligine di Dio, imponendo silenzio a
cure, concupiscenze e apparenze. Passiamo, con Cristo crocifisso, da questo
mondo al Padre. Dopo la visione del Padre, noi potremo dire con Filippo:
Questo ci basta!