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Nella stessa collana SPIRITUALIT ORIENTALE

P. Deseille, Il vangelo nel deserto. Un itinerario di spiritualit


G. Bunge, La paternit spirituale. Nel pensiero di Evagrio
G. Bunge, Vino dei draghi e pane degli angeli. Dall'ira alla mitezza
I. Hausherr, Philautia. Dall'amore di s alla carit
Ignazio e Teodosio di Manjava, Sottomessi all'evangelo. Vita di Iov di Maniava,
Testamento di Teodosio, Regola dello skytyk
Paisij Velickovskij, Autobiografia di uno starec
S. Salvestroni, Dostoevskii e la Bibbia
P. Evdokimov, Serafim di Samv, uomo dello Spirito
N. Arseniev, V. Lossky, Padri nello Spirito. La paternit spirituale in Russia
]. B. Dunlop, Amvrosii di Optina
P. A. Florenskij, Il sale della terra. Vita dello starec Isidoro
Matta el Meskin, L'esperienza di Dio nella preghiera
Matta el Meskin, Comunione nell'amore
AA.VV., Paisii, lo starec
AA.VV., San Serafim: da Sarov a Diveevo
AA.VV., Silvano dell'Athos
Invieremo gratuitamente
il nostro Catalogo generale
e i successivi aggiornammti
a quanti ce ne faranno richiesta.
AUTORE: Ilario n Alfeev
CURATORE: Riccardo Larini, monaco di Base
TITOLO: La forza dell'amore
SOTTOTITOLO: L'universo spirituale di !sacco il Siro
COLLANA: Spiritualit orientale
FORMATO: 20 cm
PAGINE: 384
PREFAZIONE: Kallistos (Ware), vescovo di Diokleia
TITOLO ORIG.: L'univers spirituel d'Isaac le Syrien, Abbaye de Bellefontaine, Bgrol-
les-en-Mauges 2001
TRADUZIONE: dal francese a cura di Augusto De bave
IN COPERTINA: !sacco il Sim, miniatura (1389), particolare, Codice Mosca, Biblioteca
statale di Russia
2003 EDIZIONI QIQAJON
COMUNIT DI BOSE
13887 MAGNANO (BI)
Te!. ors.679.264- Fax ors.679.290
ILARION ALFEEV
LA FORZA
DELL'AMORE
L'universo spirituale di !sacco il Siro
EDIZIONI QIQAJON
COMUNIT DI BOSE
PREFAZIONE
Ricordo peifettamente il giorno in cui mi imbattei per la prima
volta nel nome di [sacco il Siro, circa quarant'anni fa. Scorrendo
un'antologia divulgativa, in margine a una citazione di Spinoza les-
si queste parole di Isacco: "Cbe cos' un cuore misericordioso? ...
un cuore cbe arde per tutta la creazione, per gli uomini, gli uccelli,
gli animali, i demoni e ogni creatura", e prosegue descrivendo le la-
crime versate da un uomo misericordioso quando il suo cuore pie-
no di tristezza e compassione per tutte le creature viventi: "Grazie
alla misericordia possente cbe gli stringe con forza il cuore e all'in-
tensa compassione, la sua anima umiliata e non sopporta di senti-
re o vedere un'offesa qualsiasi o la minima afflizione patita dalle
creature"
1

1
I, 71 (p. 344) = Touraille 81 (p. 395); PR 74 (pp. 507-508). I testi della prima parte
dell'opera di Isacco sono stati tradotti a partire dal libro russo dell'autore, che a sua vol-
ta ha adottato la traduzione russa corrente (Sergiev Posad 19rr); essi sono indicati nelle
citazioni con la cifra iniziale romana I, seguita dal numero del discorso e tra parentesi
dalla pagina della traduzione americana di Dana Miller; poich la numerazione dei
discorsi nella versione francese di Touraille e nell'edizione di Bedjan del 1909 non cor-
risponde a quella di Miller, accanto alla prima numerazione sono indicate anche le nu-
merazioni alternative e le pagine ad esse corrispondenti. I testi della seconda parte del-
l' opera di Isacco (indicati nelle citazioni con la cifra iniziale romana II) sono stati tra-
dotti dalla versione dello stesso Alfeev, basata sull'edizione critica siriaca di Sebastian
Brock (Leuven 1995), pubblicata a Mosca nel 1998, con l'eccezione delle quattro Centu-
rie di conoscenza, corrispondenti a Isacco II,3, tradotte a cura di Andr Louf in francese
dal ms. Teheran, Issayi 4 L'edizione francese del presente libro stata accresciuta rispet-
to a quella russa (Mosca 1998) e inglese (Kalamazoo zooo), essendo l'autore venuto a co-
noscenza di alcuni testi di Isacco rimasti fino a quel momento inaccessibili; di conse-
guenza su di essa che stata condotta la presente traduzione italiana [N.d.T.].
5
Allora mi chiesi: "Chi questo Isacco che parla di compassione
con un sentimento cos forte dell'unit cosmica?". per l la mia
curiosit non fu soddisfatta, ma decisi di tenere presente il nome di
Isacco il Siro nell'ambito delle mie indagini.
Non pass molto tempo prima che lo incontrassi di nuovo, citato
pi volte nel libro di Vladimir Lossky sulla teologia mistica della
chiesa orientale. Mi colpirono soprattutto le parole riportate da
Lossky sui tormenti dell'inferno: secondo Isacco, le anime che sof
frano nell'inferno non sono castigate n dalla collera di Dio, n da
un suo desiderio di vendetta -giacch in Dio non c' posto per la
crudelt o per la rappresaglia ma dalla '1rusta dell'amore". "La
sofferenza che colpisce il cuore a causa dei peccati contro l'amore
pi terribile di qualsiasi altro castigo", scrive Isacco. "Sarebbe fumi
luogo pensare che i peccatori nella geenna siano privati dell'amore
di Dio ... Ma la forza dell'amore ha un duplice effetto: tormenta i
peccatori ... e richiama a s quelli che pagano il loro debito "
2

Commenta Lossky: "L'amore di Dio diventa una tortura intollera-
bile per quelli che non lo possiedono dentro di s"
3

Ancora una volta, come per la citazione del "cuore misericordio-
so", si spalancava inaspettatamente una grande finestra nel mio ani-
mo, e tutto il mio mondo interiore era inondato di luce. Sentivo
che questa era l'unica spiegazione convincente del giudizio finale e
dell'inferno. Dio amore, e il suo amore inesauribile; dunque il
suo inesauribile amore non ha mai fine, nemmeno all'inferno. An-
che se questo amore in due modi" ...
Il mio te1zo incontro con Isacco il Siro fu dovuto a un mticolo
dello studioso cattolico Irne Hausherr circa l'insegnamento d
Isacco sull'incarnazione
4
. Isacco sostiene che la nascita di Cristo a
Touraille
sur la de l'Eglise d'Orient, Aubier, Paris I944
naucsneJ:r, "Un prcurseur thologie scotiste sur la fin de l'Incarna-
tion", in Recherches sciences religieuses 22 (1932), pp. 316-320, ripreso in Id., tu-
des de spiritua!it orientale, Pro, Roma r969, pp. r-5.
6
Betlemme fu l'evento pi felice di tutta la storia del mondo. Ma
non era assurdo che la cagione dell'avvenimento pi gioioso fosse
un fatto che non avrebbe assolutaniente potuto e, in fin dei conti,
neppure dovuto verificarsi, cio il peccato dell'uomo? No, il moti-
vo principale dell'avvento del Salvatore fra noi non fu negativo ma
positivo, non il peccato dell'uomo ma l'amore di Dio: "Dio ha fat-
to tutto questo al solo scopo di mostrare al mondo il suo amore". Si
incarnato "non per riscattarci dal peccato n per altre ragioni, ma
unicamente perch il mondo conoscesse l'amore che Dio porta alla
sua creazione"
5

Ancora una volta fui colpito dalla profondit delle parole di
Isacco. L'incarnazione non deve essere considerata unicamente un
"progetto sub condicio ne", escogitato da Dio in risposta alla ca-
duta; essa invece espressione della natura eterna di Dio e del suo
amore spinto fino al sacrificio. Nel pensiero di Isacco trovai ina-
spettatamente conferma della dottrina di Duns Scoto sulla causa
dell'incarnazion. Compresi per che Isacco non si era chiesto se
l'incarnazione avrebbe avuto luogo senza il peccato dell'uomo:
un problema irreale, perch il mondo esistente, che noi conoscia-
mo per esperienza personale, un mondo successivo alla caduta,
rito dal peccato, nel quale i padri generalmente non si ponevano
domande ir-reali. Non si chiedevano "che cosa sarebbe successo
se ... ?", ma facevano teologia a partire da una realt che ancora
la nostra. Con la discrezione caratteristica dei padri della chie-
sa, Isacco si limita ad affermare che la causa dell'incarnazione fu
l'amore di Dio.
Nei primi tre jncontri con Isacco fui colpito sempre dallo stesso
tema: l'amore. E l'amore che spiega - nei limiti del possibile la
5
Centurie di conoscenza IV, 78.
6
La stessa conferma si trova presso un contemporaneo di Massimo il Con-
fessore. Cf. G. Florovskij, '"Cur Deus Homo?'. The Motive of Incarnation", in
Tbe Co!!ected Works of Georges Florovsky III, Nordland, Belmont 1976, pp. r63-I70;
3 I0-3 14.
7
creazione del mondo e l'incarnazione di Cristo. sempre l'amore
e nient'altro che ci rende capaci di abbracciare con la compassione
i dolori del mondo e trasformar/i. Ed ancora la logica dell'amore
di Dio che ci offre una chiave di comprensione dell'oscuro mistero
dell'inferno. Mi colpiva non solo il fatto che Isacco ponesse l'amore
al centro del suo pensiero teologico, ma anche il suo modo diretto,
semplice e vigoroso di parlare dell'ordine divino e dell'amore. Pri-
ma di lui, escluse le sacre Scritture, non ho mai trovato nessuno
capace di dire cos tanto in cos poche parole.
Non molto dopo i miei primi tre incontri con [sacco, mi imbattei
nella traduzione inglese dei suoi discorsi ad opera di Arent fan
Wensinck. Li leggevo saltuariamente, non senza difficolt ma sem-
pre con vivo interesse. Trascrivevo le citazioni su schede, fino a co-
struirmi uno schedario completo. A lavoro quasi finito, e bench
avessi gi letto pi di quattrocento pagine, mi restava una sete ine-
stinguibile di saperne di pi. Grazie alla prefazione di Wensinck e
ad altre fonti appresi che [sacco era un monaco vissuto in Mesopo-
tamia nell'viii secolo e che aveva occupato per breve tempo la sede
episcopale di Ninive, per poi ritirarsi sui monti a vivere da eremita.
Sapevo che era appartenuto alla chiesa d'oriente detta comunemen-
te "nestoriana" ma, come appresi a poco a poco, ci non significava
che il suo insegnamento n quello della comunit ecclesiale di cui
faceva parte potesse essere tacciato d'eresia.
Decenni pi tardi, seguendo il percorso delle mie letture, raccolsi
come tessere di mosaico tutto ci che potei trovare di propedeutico
alla lettura di [sacco. Ma oggi finalmente, con mia grande gioia, di-
sponiamo di una monografia e di un'analisi equilibrata ed esaurien-
te della vita e della dottrina di Isacco e del contesto storico e teolo-
gico in cui egli visse
7
. Padre Ilarion Alfeev ha dato prova di saggia
7
Alla quale si recentemente aggiunto il libro di S. Chial, Dall'ascesi eremitica
alla misericordia infinita. Ricerche su Isacco di Ninive e la sua fortuna Leo S. Olschki
Firenze 2002 [N.d.T.]. ' '
8
ispirazione dando sovente la parola a [sacco stesso. Il suo libro con-
tiene una ricca silloge di citazioni scelte con cura, nelle quali pos-
siamo ascoltare chiara e viva la voce di Isacco. Padre Ilarion ha
avuto il grande vantaggio di potersi avvalere della seconda parte del-
la sua opera, data a lungo per persa e solo recentemente scoperta e
pubblicata da Sebastian Brock.
"Non voglio contare e ricontare le pietre miliari lungo il cammi-
no, ma raggiungere la camera nuziale dello sposo", scriveva [sacco.
"Per arrivarci pi in fretta prendo tutte le scorciatoie "
8
Queste pa-
role non sono prive di legame con la sua esperienza spirituale: egli
non ci propone le pietre miliari o le mappe di una geografia spiri-
tuale; questi scritti non costituiscono un itinerario dettagliato del
percorso spirituale del cristiano tappa per tappa. [sacco un intui-
tivo, non sistematizza. La sua opera piena di ripetizioni e digres-
sioni inattese in cui i vari temi collidono, di aforismi e di pensieri
talora oscuri. Ma dietro questa apparente mancanza di sistematicit
si cela un spirituale straordinario per armonia e logi-
ca interiore. E proprio questo l'aspetto che viene pi particolarmen-
te evidenziato nel libro di padre Ilarion: raggruppando in un siste-
ma saldamente articolato i punti fondamentali dell'insegnamento
di Isacco sulla vita in Cristo, esso mostra con chiarezza l'unit e la
coerenza che ne caratterizzano la visione spirituale.
Se [sacco fu un asceta e visse da eremita sui monti, non per que-
sto la sua opera priva di portata universale. Essa si rivolge non so-
lo agli eremiti ma anche agli uomini delle citt; non solo ai monaci
ma a tutti coloro che credono in Cristo. Isacco parla in modo estre-
mamente vivo di un punto essenziale per ogni cristiano: il penti-
mento, l'umilt, le diverse forme della preghiera orale e interiore, la
vita solitaria e la vita in comune, il silenzio, il rapimento e l'estasi.
Insiste poi sull'amore "illuminato", insieme al quale sviluppa altri
due temi caratteristici della sua descrizione del percorso mistico del
8
I, 75 (p. 366) = Touraille 28 (p. r82); PR So (p. 548).
9
cristiano: il senso di Dio come mistero vivente e la sua profonda de-
vozione per il Cristo salvatore.
Quando nel XIV secolo Gregorio il Sinaita, monaco e autore spi-
rituale, volle consigliare delle letture ai suoi discepoli, diede parti-
colare rilievo a Isacco: "Leggi sempre ci che riguarda il silenzio e
la preghiera, in particolare san GJVanni Climaco, sant'Isacco e san
Massimo ... "
9
.
E quando nel XIX secolo il filosofo slavo/ilo Ivan Kireevskij vol-
le individuare un autore in cui si incarnasse la spiritualit ortodossa
nel suo complesso, scelse Isacco il Siro, i cui scritti, secondo lui, si
distinguevano da quelli degli altri padri della chiesa per un'eccezio-
nale profondit spirituale
10
.
Chi legger il libro di padre Ilarion non stenter a capire perch
Gregorio il Sinaita e Ivan Kireevskij abbiano di Isacco il Siro una
cos alta stima.
fB Kallistos (Ware)
vescovo di Diokleia
9
Gregorio il Sinaita, La quiete e i due modi della preghiera I I.
10
I. Kireevskij, Polnoe sobranie soCinenij II, Tip. imp. Mosk. Univers., Moskva
I9II, pp. II8II9.
IO
Introduzione
ISACCO DI NINIVE,
AUTORE SPIRITUALE DELLA CHIESA D'ORIENTE
Mar I sacco parla la lingua degli esseri celesti ...
Giovanni Ibn N usai
La storia del cristianesimo di lingua siriaca si basa su tre prin-
cipali tradizioni ecclesiastiche e teologiche risalenti all'epoca
dei concili ecumenici (rv-vrr secolo )1. C' in primo luogo la
chiesa siro-ortodossa, nota anche come chiesa siro-occidentale o
giacobita
2
, che si considera erede della cristologia di Cirillo di
Alessandria e Severo di Antiochia e rifiuta il concilio di Calce-
donia (451). C' poi la chiesa siro-orientale
3
che rifiuta il conci-
lio di Efeso (431) e considera suo teologo e dottore principale
Teodoro di Mopsuestia. Infine, bisogna citare alcune comunit
di lingua shiaca in Siria e nel Libano, che accolsero la cristolo-
gia di Calcedonia e si divisero poi in due gruppi: i melchiti, che
accettarono il sesto concilio ecumenico ( 68o), e i maroni ti che lo
rifiutarono.
1
Cf. S. Brock, "The Syriac Background", in Archbishop Theodore. Commemorati-
ve Studies 011 H Life and Influence, ed. by M. Lapidge, Cambridge University Press,
New York-Cambridge I995, pp. }O} I.
2
Essa prende il nome da uno dei suoi capi pi eminenti: Giacomo Baradeo (v se-
colo). Dai suoi avversari teologici viene anche chiamata "monofisita".
1
Chiamata anche "nestoriana" dai suoi avversari.
II
!sacco di Ninive o !sacco il Siro apparteneva alla chiesa si-
ro-orientale, i cui confini allora coincidevano press'a poco con
quelli dell'impero persiano dei Sassanidi (attuali Iraq e Iran).
Questa chiesa era davvero nestoriana, come sostenevano i suoi
nemici? Bisogner rispondere alla domanda per accertare se
!sacco fosse nestoriano o no.
In questo capitolo introduttivo ripercorreremo brevemente la
storia della chiesa orientale e le principali correnti teologiche
presenti in Siria nel corso del VII secolo. Analizzeremo quindi le
informazioni in nostro possesso sulla vita e gli scritti di !sacco,
per concludere con un richiamo alle fonti principali della sua
teologia.
La chiesa d'oriente al tempo di Isacco
Comunit cristiane sono esistite in Persia fin dai primi seco-
li della nostra era
4
Il cristianesimo vi si era diffuso in un pri-
mo momento fra gli ebrei e successivamente fra gli originari
della Persia che praticavano la religione di Zoroastro. Da par-
te del clero di questa religione nel m e IV secolo i cristiani di
Persia subirono crudeli persecuzioni; particolarmente dura fu
quella che ebbe luogo verso la met del IV secolo, sotto il regno
di Shabur II.
Per molti secoli la chiesa persiana ebbe scarsi contatti con le
chiese dell'impero romano. Nei primi tempi l'isolamento geo-
grafico contribu in buona parte a determinare il corso della sua
storia, giacch proprio in tale ambiente si svilupparono le sue
' Il compendio storico della chiesa siriaca contenuto in questo capitolo principal-
mente ispirato al ricercatore ortodosso americano Dana Miller, nella postfazione della
sua traduzione inglese della prima parte delle opere di Isacco.
12
peculiari tradizioni liturgiche, furono fondate le sue scuole teo-
logiche e venne elaborato un vocabolario teologico specifico.
Un altro fattore che contribu ulteriormente alla specificit
del cristianesimo persiano furono gli stretti legami tra chiesa e
sinagoga, che si protrassero molto pi a lungo che in occidente.
Le radici semitiche di questo cristianesimo sono ancora molto
evidenti in Afraat, per esempio, detto il "Saggio persiano", che
scrisse in siriaco nella prima met del IV secolo. Le ventiquattro
Dimostrazioni che conosciamo come di suo pugno sono caratte-
rizzate da "un'espressione della fede semplice e biblica, l'assen-
za totale di qualsiasi influenza di formule derivate dal pensiero
greco e un interesse costante per gli insegnamenti e i costumi
ebraici"
5
.
importante notare che il siriaco parlato allora in Persia ap-
parteneva alla famiglia delle lingue semitiche, pi precisamente
era un dialetto dell'aramaico, la lingua di Ges e degli apostoli.
per questo motivo che la traduzione dei vangeli in antico si-
riaco, del II o m secolo, riflette le radici semitiche del cristiane-
simo pi fedelmente dell'originale greco. Pertanto, la tradizione
teologica della lingua siriaca ha saputo conservare una stretta af-
finit con la lingua della Bibbia, molto pi a lungo - segnata-
mente - della tradizione in lingua greca, che sub l'influenza del
platonismo, del neo-platonismo e del pensiero filosofico greco in
generale.
Per tutta la tradizione cristiana siro-orientale, quella che sar
chiamata "scuola dei persiani" (vale a dire dei rifugiati persiani)
fu un centro teologico di grande importanza; venne fondata nel
IV secolo a Edessa, e la sua influenza sullo sviluppo della teolo-
gia siriaca non sar mai abbastanza sottolineata. Oggetto princi-
pale degli studi di questa scuola era la sacra Scrittura: i discepoli
' "Translator's Epilogue", in Tbe Ascetica! Homilies of Saint Isaac tbe Syrian, tr. by
D. Miller, Holy Transfiguration Monastery, Boston 1984, p. 484.
I}
ascoltavano il maestro e prendevano nota delle sue interpretazio-
ni6. La scuola era frequentata tanto dalla giovent di lingua
riaca, a Edessa e nei dintorni, quanto dagli immigrati provenien-
ti dalla Persia
7
I commenti biblici di sant'Efrem, che coprono
solo una parte della Bibbia, sono stati utilizzati come modelli di
esegesi per tutto il IV secolo e fino alla met del v.
Tuttavia, dal momento che i commenti di non riguar-
davano che una piccola parte delle sacre Scritture, si decise nel
corso del v secolo di tradurre dal greco l'intero corpus dell' ope-
ra esegetica di Teodoro di Mopsuestia. ragione principale fu
che Teodoro aveva commentato uno dopo l'altro quasi tutti i li-
bri della Bibbia, adottando il metodo dell'esegesi letterale allora
diffuso ad Antiochia; lo scopo di questi commenti era di rende-
re pi chiaro il testo in s e per s, evitando con cura le interpre-
tazioni allegoriche. Una volta portata a termine la traduzione
delle sue opere, Teodoro di Mopsuestia divenne il commentatore
biblico per eccellenza della tradizione siro-orientale: tutti gli au-
tori spirituali facenti capo a questa tradizione, !sacco incluso, si
riferivano a lui come al "beato Interprete".
La traduzione delle opere di Teodoro ebbe un'importanza cru-
ciale il cristianesimo siriaco: insieme all'esegesi della Bib-
bia, anche le sue concezioni teologiche furono incorporate nella
tradizione siro-orientale, comprese le opinioni cristologiche. In
particolare Teodoro afferma che il Verbo di Dio ha "assunto"
l'uomo Ges; che lui- che non ha principio- venuto a risie-
dere nell'uomo Ges nato dalla Vergine; che abitava nel Cristo
come in un tempio, ed era avvolto dalla natura umana come da
una veste; che l'uomo Ges era stato unito al Verbo e aveva rice-
vuto la dignit di Dio grazie alla sua opera redentrice e alla mor-
te sulla croce. In fondo, Teodoro parlava del Verbo e dell'uo-
6
Cf. G. Florovskij, Vizantijskie otcy \TVIIIvekov, YMCA Press, Paris 1933, p. 227.
7
Cf. D. Miller, "1hnslator's Epilogue", p. 489.
mo Ges come di due soggetti la cui unione nell'unica figura del
Figlio di Dio incarnato non era n antologica n essenziale, ma
solamente di ragione ed esistenziale in rapporto al nostro modo
di comprendere: quando adoriamo il Cristo, siamo noi che fac-
ciamo l'unione delle due nature, professando non gi "due figli"
ma un solo Cristo, Dio e uomo.
Negli anni 'zo del v secolo questo insegnamento divenne ele-
mento fondante dell'insegnamento cristologico di Nestorio, pa-
triarca di Costantinopoli, contro il quale si Cirillo di Ales-
sandria. Il punto cruciale della sua polemica contro il nestoria-
nesimo concerneva l'unit della persona divina: il Verbo eterno
identico alla persona di Ges nato dalla Vergine. N o n si pu
dunque parlare del Verbo e di come se si trattasse di due
soggetti differenti. La cristologia di Cirillo fu confermata dal
terzo concilio ecumenico che condann Nestorio. Pi tardi, nel
quinto concilio, fu condannato a sua volta Teodoro di Mopsue-
stia in quanto "padre del nestorianesimo"
8
. Ma agli occhi dei
cristiani siro-orientali egli sarebbe rimasto per sempre un'autori-
t indiscussa in campo teologico. Questo spiega come la chiesa
dei persiani, con tutta la tradizione teologica siro-orientale nel
suo insieme, abbia finito con l'essere chiamata "nestoriana", ap-
pellativo di cui essa stessa non si era mai servita, ben consapevo-
le di non aver avuto alcun legame storico con Nestorio.
Nel489la "scuola persiana" fu chiusa per ordine dell'impera-
tore Zenone. Alcuni anni prima il suo capo, Narsai, accompa-
gnato dai propri discepoli, si era trasferito a Nisibe, avvenimen-
to che si sarebbe rivelato di capitale importanza per gli sviluppi
successivi della chiesa di Persia. Alla fine del v secolo la scuola
' I punti di vista dei patrologi moderni sul nestorianesimo di Teodoro di Mopsue-
stia, come del resto su quello di Nestorio stesso, sono Una ricostruzione
completa della cristologia dei due autori non sarebbe qui e inoltre esulerebbe
dall'ambito della presente opera. Per la cristologia di Nestorio si soprattutto A. de
Halleux, "Nestorius. Histoire et doctrine", in Irnikon 66 (r993l, pp. 38-5r; r63-I78.
di Nisibe diventer uno dei principali centri teologico-spirituali
di tale chiesa.
Alla fine del VI secolo Henana, divenuto capo della scuola nel
572, tent di sostituire i commenti biblici di Teodoro con i pro-
pri, basati sul metodo allegorico di Origene. Il tentativo non eb-
be successo, e il concilio locale del 585 conferm l'autorit in-
contestabile di Teodoro, al punto da diffidare chicchessia dal
"criticare in pubblico o segretamente questo dottore della chiesa
o confutare i suoi santi libri". Poco pi tardi, nel596 e nel 6os,
altri due concili condannarono i commenti di Henana e rinno-
varono gli anatemi contro coloro che "mettono in discussione i
commenti, le esegesi e gli insegnamenti del 'dottore infallibile',
il beato Teodoro l'Interprete, e cercano di introdurre esegesi
nuove ed estranee, piene di sciocchezze e di bestemmie"
9
La
fede della chiesa di Persia era diventata "la fede di Teodoro",
o quella di "Teodoro e Diodoro", giacch nella tradizione si-
ro-orientale il nome di Diodoro di Tarso era circonfuso di un'e-
guale aura di santit e di autorevolezza teologica.
La fine del VI secolo e l'inizio del VII furono segnati dall'atti-
vit teologica di Babai il Grande, che scrisse a lungo su temi cri-
stologici. La sua cristologia attua una sorta di sintesi tra quelle
di Teodoro, di Diodoro e di Nestorio
10
Essendo uno dei capi
del partito conservatore che rivendicava rigorosa fedelt agli in-
segnamenti di Teodoro, Babai fu in prima linea nell'opposizione
al concilio di Calcedonia. Egli insistette sulla teoria dei due
qnome nel Cristo incarnato, utilizzando un temine - qnoma, che
maschile in siriaco - usato per rendere il greco hyp6stasis, ma
che in lui acquistava un significato un po' diverso
11
. L'allusione
9
Ci t. in D. Miller, "Translator's Epilogue", p. 503.
10
Cf. G. Chediath, Tbe Cbristology of Mar Babai tbe Great, Pontificia Universit
Lateranense, Roma 1982, p. 194.
11
Si veda la trattazione sulla terminologia cristologica siriaca nella sezione seguente
di questo capitolo.
r6
di Babai a due qnome aveva tutta l'apparenza di un conflitto
frontale con la definizione di Calcedonia che era approdata alla
formula "una hyp6stasis (qnoma in siriaco) in due nature". Nello
sviluppare le concezioni cristologiche di Teodoro, Babai utilizz
in parte Nestorio, specialmente il suo Libro di Eraclide, un'apo-
logia scritta dopo la condanna ad opera del concilio di Efeso e
tradotta in siriaco verso la met del VI secolo
12
Cent'anni dopo i
nomi dei "tre dottori", cio Diodoro, Teodoro e Nestorio, furo-
no inseriti nei dittici della chiesa d'oriente
13
, e da allora vi furo-
no costantemente menzionati.
La cristologia della chiesa d'oriente
Si deve concludere che la chiesa cui Isacco apparteneva fosse
nestoriana? Per rispondere, dobbiamo interrogarci sulle ragioni
che spinsero questa chiesa a non accettare i concili di Efeso e di
Calcedonia.
Si sa che le controversie cristologiche del v secolo portarono
alla luce punti di vista diversi circa la relazione tra l'umanit e
la divinit di Ges Cristo. In particolare i rappresentanti della
scuola di Antiochia, Diodoro di Tarso, Teodoro di Mopsuestia e
Nestorio di Costantinopoli, usavano per esprimere l'unit fra le
due nature delle formule di questo tipo: Dio, il Verbo, "assun-
se" l'uomo Ges; il Verbo non generato di Dio "abitava" in co-
lui che nacque da Maria; il Verbo dimorava in quest'uomo come
nel suo "tempio"; il Verbo si rivest della sua natura umana co-
me di una "veste". L'uomo Ges era unito al Verbo e aveva as-
12
Bench Babai non citi mai Nestorio, la sua conoscenza del Libro di Eraclide ap-
pme evidente; cf. D. Miller, "Translator's Epilogue", p. 504.
13
Cf. D. Miller, "Translator's Epilogue", pp. 507508.
17
sunto la dignit di Dio. Se si fosse loro domandato: "Chi ha pa-
tito sulla croce?", avrebbero risposto "la carne del Cristo", "l'u-
manit di Cristo", la sua "natura umana" o "ci che vi era in lui
di umano"
14
Essi tracciavano in tal modo una linea nettissima
tra le due nature, divina e umana. Nel corso della vita terrena
di Ges le due nature avevano conservato ciascuna le sue carat-
teristiche proprie. Volendo dunque parlare oggi dell'unit delle
due nature, essa sarebbe d'ordine piuttosto che an-
tologico: essa esiste nel nostro modo di comprendere il Cristo,
nel nostro modo di rivolgergli un culto, quando noi costituiamo
l'unit delle due nature per venerare un solo Cristo, Dio e uomo
nello stesso tempo.
La corrente alessandrina, entr in conflitto con Nestorio
nella persona di Cirillo di Alessandria, oppose allo schema an-
tiocheno un altro modo di comprendere l'unit delle due nature:
il Verbo nel farsi uomo qualcosa di pi che semplicemente
assumere la natura umana; il Verbo non-generato di Dio la stes-
sa persona di Ges nato da Maria; cos inteso Dio il Verbo in
persona che "ha sofferto nella carne" (pathen sarki)
15
. Pertanto
c' un solo Figlio, una sola ipostasi, "un'unica natura del Dio
Verbo fatta carne" (mia physis tou theo l6gou sesarkomne).
Quest'ultima frase, di Apollinare di Laodicea, valse a Cirillo d
Alessandria il sospetto di la "mescolanza" e la "confu-
sione" delle due nature. cristologia di Cirillo fu confermata
dal concilio di (43 r), ma rifiutata dalla tradizione teologi-
ca siro-orientale, alla terminologia cristologica
di Teodoro e Diodoro.
Il concilio di Calcedonia (451) torn alla pi rigorosa distin-
zione antiochena tra le due nature, ma evit i termini di "inabi-
tazione" della divinit nell'umanit e di "assunzione" della na-
Unily and Cbl'istian Divsions. Tbe Cburcb, 45o-68o AD,
Crestwood r989, p. 191.
ruessaJtun.a, Lettera J a Nestorio.
tura umana da parte della natura divina. L'intento della defini-
zione di Calcedonia era di riconciliare le due parti, alessandrina
e antiochena, mettendo contemporaneamente l'accento sull'u-
nit dell'ipostasi di e sull'esistenza delle due natme:
All'unanimit noi a confessare un solo e medesi-
mo Figlio: il nostro Ges Cristo, perfetto nella sua
divinit e sua umanit, vero Dio e vero uomo
... uno e Cristo Signore unigenito; da riconoscersi
in due nature, senza confusione, immutabili, indivise, inse-
parabili, non venuta meno la distinzione delle nature
a causa della loro unione, ma essendo stata, anzi, salvaguar-
data la di ciascuna natura, e concorrendo a formare
una sola persona e ipostasi
16

Questa formulazione, approvata dallo stesso Nestorio
17
, non
ebbe successo siriaco. Gli autori del periodo imme-
diatamente come Babai il Grande, la cui cristologia
affine a quella Isacco di Ninive, continuarono a parlare di
"inabitazione" della divinit nell'umanit, come pure della na-
tura umana come "tempio" o "veste" della divinit.
Perch la tradizione siro-orientale non accett il concilio di
Efeso? La risposta non va cercata nella personalit di Nestorio,
di cui in fino al VI secolo si conosceva a mala pena il no-
me. Se le conclusioni del concilio non furono adottate dalla
chiesa persiana piuttosto dalla procedura da esso seguita.
Tale procedura era stata stabilita da Cirillo di Alessandria e da
quanti si riconoscevano nella sua dottrina, in assenza di Giovan-
ni di Antiochia che, non appena arrivato a Efeso, scomunic Ci-
16
Definizione della fede del concilio di Calcedonia, in Decisioni dei concili ecume-
a cura d G. Alberigo, UTET, Torino 1978, p. r64.
Nel Nestorio, ancora in vita, diede la sua approvazione al Tomo a Flaviano di
che fu preso come punto di partenza per la definizione cristologi-
rillo. La posizione cristologica del concilio di Efeso fu esclusiva-
mente alessandrina e non tenne alcun conto di quella antioche-
na. Ora, quest'ultima (e non, si badi bene, quella "nestoriana")
era appunto la cristologia pi comunemente diffusa nella chiesa
d'oriente.
Pi difficile spiegare perch i siro-orientali non abbiano
accettato il concilio di Calcedonia. La formula "una ipostasi
in due nature" avrebbe dovuto riuscire gradita alle due fazio-
ni opposte. In tale contesto la parola greca byp6stasis riguar-
dava la persona specifica di Ges Cristo, Dio il Verbo, mentre
la parola phjsis (natura) si riferiva alla divinit e all'umanit di
Cristo. Purtroppo nella traduzione siriaca la diversit dei due
non trov corrispondenza adeguata, perch il siriaco
qnoma (byp6stasis) rappresentava un'espressione concreta e indi-
viduale della kymza (natura). Gli autori di lingua siriaca erano
indotti a parlare comunemente delle nature e dei loro
qnome. Cos, quando Severo di Alessandria, monofisita, pensa-
va che una sola ipostasi dovesse implicare un'unica natura, gli
autori sostenevano che due nature dovessero riflettersi
in due ipostasi
18
.
la stessa logica il catholicos Isho'yahb II (6z8-646)
modo seguente le ragioni per cui la chiesa d'oriente
non poteva accettare la definizione calcedonese della fede:
Coloro che si riunirono nel sinodo di. Calcedonia, bench
avessero l'intenzione di restaurare la vera fede, tuttavia se ne
allontanarono: la loro terminologia difettosa, avviluppata in
significati oscuri, costitu uno scoglio per molti. Pur ritenen-
do nell'animo di conservare la vera fede professando le "due
nature", la loro formula di "un solo qnoma" sembra essere
stata occasione di tentazione per le menti deboli. Alla fine si
18
S. Brock, "The 'Nestorian' Church. A Lamentable Misnomer", in Bulletin of the
John Ryland's Library 78 (1996 [1997]), pp. 53-66.
20
trovarono di fronte a una contraddizione, perch con la for-
mula "un solo qnoma" avevano corrotto la professione delle
"due nature", e con quella delle "due nature" avevano
to e confutato quella di "un solo qnoma". Trovandosi cos a
un bivio, esitarono e abbandonarono le schiere beate degli or-
todossi, pur senza unirsi alle accolte degli eretici ... Non sa-
prei proprio da che parte collocarli, giacch la loro terminolo-
gia non sta in piedi, come testimoniano la natura e la Scrittu-
ra, per le quali possibile incontrare molti qnome in una sola
"natura", ma non si mai dato il caso che diverse "nature"
possano sussistere in un unico qnoma, e nessuno ne ha mai
sentito parlare
19

Queste parole mostrano chiaramente perch la definizione
calcedonese della fede fosse inaccettabile a orecchie siriache: es-
sa aveva tutta l'apparenza dell'illogicit. interessante notare
come Isho'yahb non accusi di eresia i padri di Calcedonia: rico-
nosce le loro buone intenzioni, ma sostiene che non sono riusci-
ti a conciliare la tradizione di Antiochia con quella di Alessan-
dria a causa di un compromesso terminologico che fa torto alla
verit. Alla fine, il rifiuto di Isho'yahb a collocare i padri di
Calcedonia o fra ortodossi o fra gli eretici mostra come quel
concilio al quale la sua chiesa non aveva voluto partecipare -
contasse ben poco agli occhi dei catholicos d'oriente. Quando
parliamo di accettazione o non accettazione di certi concili ecu-
menici da parte dell'oriente esterno all'Impero romano, bisogna
rammentare dal IV al vn secolo, si tennero tutti all'in-
terno imperiale, e pertanto non riguardavano di-
rettamente le poste al di fuori di quei confini. La chiesa
d'oriente, situata nell'Impero persiano, non aveva alcun legame
diretto con i mondo bizantino. Se alcuni concili han-
no finito con riconosciuti dall'oriente non bizantino, ci
19
Ci r. in S. Brock, "The 'Nesroran' Church".
2!
di solito avvenuto molti anni dopo la loro celebrazione. Cos,
per esempio, il primo concilio ecumenico (Nicea, 325) fu rico-
nosciuto dalla chiesa di Persia a non meno di ottantacinque anni
dalla sua effettiva celebrazione
20
.
Dopo questo necessariamente rapido excursus nella storia del-
le controversie cristologiche del v secolo, possiamo infine dare
una risposta al problema del "nestorianesimo" della chiesa d'o-
riente. Se per "nestorianesimo" si intende la dottrina combattu-
ta da Cirillo di Alessandria, quella che predicava l'esistenza di
due persone differenti nel Figlio di Dio e che si sarebbe spinta
fino a riconoscere "due figli"
2
1, ebbene, tale dottrina era total-
mente estranea alla tradizione siro-orientale. Tuttavia i teologi
di questa tradizione, non avendo accettato l'insegnamento di
Calcedonia su "una ipostasi in due nature", parlano sempre di
due qnome-ipostasi nel Figlio di Dio incarnato. Essi si trovano
pertanto in opposizione verbale con la chiesa di Bisanzio. Dal v
all'viii secolo hanno continuato a usare il vocabolario teologico
di Teodoro di Mopsuestia e di Diodoro, vocabolario che l'orien-
te di lingua greca identificava generalmente con il nestorianesi-
mo. La chiesa d'oriente continuava cos a far menzione di Teo-
doro e Diodoro dopo che essi erano stati scomunicati a Bisan-
zio, e inseriva nei suoi dittici persino il nome di Nestorio molto
tempo dopo la sua condanna. Tutto ci dimostra che la chiesa di
Persia, pur non essendo "nestoriana" nel senso stretto del ter-
mine, aderiva alla stessa corrente di pensiero teologico e cristo-
logico alla quale Nestorio era vicino.
Verso la fine del VII secolo gli avvenimenti politici avevano
praticamente finito con il tagliar fuori la chiesa d'oriente dal
mondo bizantino, al punto che quest'ultimo non sembrava pi
riguardarla. Bisogna per osservare che il crescente isolamento
2
Cf. S. Brock, "The 'Nestorian' Church".
21
Anche se N es torio stesso rifiutava nettamente l'idea dei "due figli", ritenendola
il risultato di una cattiva lettura della sua cristologia.
22
della chiesa d'oriente non condusse affatto a un declino teologi-
co o spirituale. Al contrario, fu proprio nel VII e VIII secolo che
essa conobbe la pi bella fioritura della sua teologia. Fu il perio-
do in cui autori come Martyrios Sahdona (sostenitore di Calce-
donia), Dadisho', Simone di Taibuteh
22
(il Misericordioso),
Giuseppe Hazzaya (il Veggente) e Giovanni di Dalyata vissero e
pubblicarono le loro opere. Essi erano tutti autori essenzialmen-
te spirituali e non si occupavano di questioni cristologiche. Ben-
ch poco conosciuti fuori della tradizione siro-orientale, sono
stati i principali artefici di quella che pu essere chiamata "l'et
dell'oro della tradizione cristiano-siriaca". Di questa et dell'o-
ro un solo rappresentante divenne conosciuto in tutto il mondo:
!sacco di Ninive.
Vita di !sacco di Ninive
I dati biografici essenziali su Isacco si ricavano da due fonti
siriache: il Liber castitatis - raccolta di brevi biografie di asceti
persiani ad opera dello storico siro-orientale Isho'denah vescovo
di Basra - e un documento siro-occidentale di datazione e origi-
ne incerte.
Il capitolo r 24 del libro di Isho'denah si intitola: "Intorno al
santo Mar !sacco, vescovo di Ninive, che lasci l'episcopato e
scrisse dei libri sulla disciplina della vita solitaria". Ecco in che
termini si parla di lui:
22
Il possibile autore del Libro della grazia, che la tradizione manoscritta slavona
attribuisce a Isacco. Per i dettagli del dibattito, si veda D. Miller, "Translator's In-
troduction", in T be Ascetica! Homilies, pp. LXXXI-Lxxxv; d. anche A. Viiobus, "Eine
neue Schrift von Ishaq von Ninive", in Ostkircblicbe Studien 21 (1972), pp. 309-312,
e G. E unge, "Mar Isaac of Nineveh and His Relevance Nowadays", in Christian Oriettt
4 (1986), pp. 193-195
2}
stato consacrato vescovo di Ninive dal catholicos Giorgio
nel monastero di Bet 'Abe. Ma dopo aver ricoperto la cari-
ca di pastore di Ninive per cinque mesi ... si dimise per una
ragione che solo Dio sa, e and ad abitare sulle montagne ...
Sal al monte Matut, che circondato dalla regione di Bet
Huzaye, e l visse nella solitudine presso alcuni eremiti che
si trovavano nei dintorni. In seguito si rec al monastero di
Rabban Shabur. Era straordinariamente versato nelle divine
Scritture, al punto di perdere la vista a causa delle letture e
dell'ascesi. Penetr a fondo nei misteri divini e scrisse libri
sulla disciplina divina della vita solitaria. Tuttavia, tre sue
proposizioni da molti non furono accettate: Daniele Bar Tu-
barrita, vescovo del Garmai, si oppose alle tre proposizioni in
questione. Abbandon questa vita temporale in et molto
avanzata, e il suo corpo fu deposto nel monastero di Shabur.
Isacco era nativo di Bet Qatraye, e credo fosse oggetto di ge-
losia da parte di coloro che abitavano le regioni interne della
Persia
23
.
La fonte siro-occidentale contiene indicazioni analoghe. Essa
non fa cenno delle controversie che hanno accompagnato le pro-
posizioni teologiche di !sacco, ma ne completa il ritratto con al-
cuni elementi nuovi. In particolare, segnala che furono i suoi di-
scepoli a metterne gli insegnamenti per iscritto, dopo che !sacco
fu diventato cieco:
Lo chiamavano un secondo Didimo. In effetti era sereno,
amabile e umile, e le sue parole erano gentili. Non mangiava
che tre pani alla settimana con un po' di verdura e si asteneva
rigorosamente dai cibi cotti. Scrisse cinque volumi giunti fi-
no ai giorni nostri, pieni di soavi insegnamenti
24
.
23
Isho'denah di Basra, Li ber castitatis 63-64.
24
Studia syriaca I, ed. L Rahmani, Seminarium Scharfense, Monte Libano 1904,
pp. }2-33
La provincia del Qatar in cui !sacco vide la luce si trova sulla
costa occidentale del Golfo persico (il Qatar fa oggi parte de-
gli Emirati Arabi Uniti). I sacco pass dunque gli anni della sua
giovinezza vicino al mare, e nei suoi scritti le immagini marine
abbondano. Ama evocare navigli, capitani con le loro ciurme,
tempeste, tuffatori e ostriche strappate agli abissi. Ecco uno di
questi passi:
Quando vedi che la tua barca naviga felicemente verso il por-
to, che una brezza deliziosa e piacevole spira costante, che
nelle tue mani i commerci prosperano a meraviglia, allora
che ti devi preoccupare di pi e gemere per paura di una fi-
ne improvvisa della tua libert
25
, che devi temere un rove-
sciamento della situazione, facendo in modo che la vigilanza
osservata durante tutto il viaggio non finisca con l'essere va-
nificata dall'esserti abbandonato, per via delle circostanze, a
un rilassamento della volont
26
.
Ed ecco un altro testo analogo:
Se il tuffatore trovasse una perla in ogni ostrica, chiunque sa-
rebbe subito ricco! E se appena tuffato ne riportasse una alla
superficie, senza venire sbattuto qua e l dalle onde, senza in-
contrare squali, senza dover trattenere il respiro fin quasi a
soffocare, senza privarsi dell'aria fresca di cui tutti godono,
senza dover scendere negli abissi del mare, se cos fosse, le
perle sarebbero numerose e frequenti come il lampeggiare di
un temporale lontano
27

2
' possibile un'altra traduzione: "per paura che la tua libert subisca un cambia-
mento a causa della tua quiete"; la quiete infatti pu "far addormentare" l'asceta.
26
Centurie di conoscenza II,96.
27
Il,34.4
Quest'ultima citazione mostra fino a punto Isacco avesse
familiarit con il mestiere del tuffatore. Non da escludere che
lui stesso, da giovane, sia andato a pesca di
La chiesa cristiana del Qatar era allora sottoposta al catholi-
cos d'oriente. Verso il 648 i vescovi del Q a tar si separarono dal
catholicos di Persia, dando cos origine a uno scisma che dur
fino al 676, quando il catholicos Giorgio al Qatar e
riconcili i vescovi con la sua chiesa. Pu darsi Isacco, noto
per il rigore della sua vita ascetica, sia stato consacrato vescovo
di Ninive in questa occasione.
Ebbe poco successo nell'incarico. Una leggenda
conservata in traduzione araba fornisce qualche informazione
sulle sue dimissioni. Il giorno successivo alla consacrazione Isac-
co stava seduto in casa quando due litiganti entrarono nella sua
stanza. Uno reclamava dall'altro il rimborso di un prestito: "Se
costui rifiuta di restituirmi ci che mi appartiene, sar costretto
a trascinarlo in giudizio". Isacco rispose: "Poich il santo evan-
gelo ci insegna a non riprendere ci che stato dato, si la-
sciare a quest'uomo almeno un giorno di tempo per la
restituzione". L'uomo gli rispose: "Lascia da parte, per ora,
insegnamenti dell'evangelo", e Isacco di rimando: "Se qui
vangelo non ha valore, che cosa ci sono venuto a fare?", e
do il ministero pastorale avrebbe turbato la sua vita solitaria
"il sant'uomo rinunci alla carica di vescovo e fugg
di
Quest'ultima precisazione contraddice quanto sappiamo dalla
cronaca di Isho'denah precedentemente citata, la quale sostiene
Isacco si sulle montagne dello Huzistan, non in
rl"''''"'r''" di Scete. Sembra poi inverosimile che le sue dimis-
siano state provocate da quell'unico e tutto sommato
:Spirituatity in the Syriac Tradition, SEERI, Kortayam 1989, p. 33; D.
Introduction", pp. LXVIII-LXLX.
gnificante episodio. pi probabile che la nomina di Isacco,
originario di una diocesi di provincia come il Qatar che si era
trovata in una situazione di per quasi trent'anni, sia stata
accolta male dagli abitanti di Ninive. citt era all'epoca uno
dei centri pi attivi dei giacobiti, ai quali ci si aspettava che
Isacco come vescovo si opponesse
29
. Poco attratto
dalle argomentazioni di carattere dogmatico, egli avr preferito
andarsene da Ninive, destinata d'altronde a diventare teatro di
conflitti.
Quali fossero le tre "proposizioni" attribuite a !sacco, e per
quale preciso motivo Daniele Bar Tubanita gli si fosse opposto,
resta un enigma. Sappiamo Daniele compose "una risposta
alle questioni sollevate dal quinto volume di Mar !sacco di Nini-
ve"
30
Ma la sola testimonianza a noi conservata di questa opera
di Daniele dovuta a un autore siro-orientale del IX secolo, Ha-
nun Ben Yuhanna Ibn as-Salt, il quale la visita resa dal
catholicos Giovanni Ibn Narsai a un monaco. Il metro-
polita aveva portato con s gli scritti Isacco e li lesse ad alta
voce, "senza alzare la testa, fino al tramonto del sole". Quando
ebbe finito, il monaco gli chiese quali pi degni di
fede, quelli di !sacco o quelli che Daniele aveva scritto per con-
futarlo. Il metropolita rispose: "Com' possibile che uno come
te mi faccia una domanda del genere? Mar !sacco parla la lingua
degli esseri celesti, Daniele quella dei
31
Isacco pass gli ultimi anni della sua vita monastero di
Rabban Shabur sul monte Shushtar
32
Non conosciamo la data
29
D. Miller, "Translator's Introduction", pp. LXIX-LXX.
30
G. S. Assemani, Bibliotheca orientalis, III,r. De scriptoribus syris nesto1ianis, Typis
Sacrae Congregatons de Propaganda Fide, Romae 1728, p. ro4.
31
Tivits religeux, pbilosopbques et moraux. Extraits des oeuvres d'Jsaac de Ninive
par Ibn as-Salt, d. par P. Sbath, Impr. al-Chark, Le Caire 1934. pp.
32
Cf. Isacco di Ninive, spilituali. Capitoli sulla conoscenza. n<:lmtc.r<:.
templazone sull'argomento della gebenna. Alfi-i opuscoli, a cura di P.
Base r8. Questa montagna situata nel Kurdistan settentrionale.
ce ai
27
precisa della sua morte, n quella della nascita. probabile che
sia stato venerato come santo ancora in vita, e la sua gloria au-
ment dopo la morte, con il progressivo diffondersi delle sue
opere. Giuseppe Hazzaya, nell'viii secolo, lo chiama "celebre
fra i santi"
33
. Un altro autore siria co parla di lui come di un
"maestro e dottore di tutti i monaci e salvezza dell'universo in-
tero"34. Nel corso dell'xi secolo Isacco divenne molto noto nel-
l'oriente di lingua greca grazie alla traduzione delle sue opere:
nell' Everghetin6s, celebre antologia di testi ascetici, i passi tratti
da "abba !sacco il Siro" stanno alla pari dei classici della spiri-
tualit bizantina antica. cos che un semplice vescovo "nesto-
riano" originario di una remota provincia della Persia riusc a di-
ventate un "santo padre della chiesa ortodossa d'orientamento
calcedonese ", fenomeno pi unico che raro nella storia del cri-
stianesimo d'oriente
35
.
Gli scritti di Isacco
L'anonima fonte siro-occidentale che abbiamo precedente-
mente citato parla di "cinque volumi" di pugno di !sacco. Un
autore del XIII secolo che ci ha lasciato un elenco degli autori si-
ro-orientali, 'Abdisho' di Ninive, riporta sette libri di !sacco
"sul tema della disciplina spirituale, dei misteri divini, dei giu-
dizi, e sulla provvidenza"
36
. Impossibile sapere se si tratta di
33
A. Mingana, Woodbroke Studies, VII. Ear!y Christian Mystics, W. Effer and Sons,
Cambridge I934. p. 268.
"].-B. Chabot, De S. Isaaci Ninivitae vita, scriptis et doctrina, ex. Lefever F. et S.,
Parisiis-Lovanii I 892, p. VII.
" La festa di sant'Isacco il Siro, vescovo di Ninive, si celebra il IO febbraio (28
gennaio secondo il calendario antico), contemporaneamente a quella di sant'Efrem.
36
G. S. Assemani, Bib!iotbeca orienta!is III, I, p. I74
una diversa ripartizione dello stesso corpus di testi, o se alcune
opere di !sacco sono a tutt'oggi perdute. Per ora, siamo in pos-
sesso di due gruppi di opere, il primo dei quali oggi ampiamente
conosciuto e tradotto in molte lingue, il secondo invece ignoto
fino alla sua recentissima scoperta
37
.
Il testo originale del primo gruppo giunto a noi in due re-
censioni differenti, una orientale e una occidentale
38
. La prima
stata edita da Paul Bedjan, in una pubblicazione che l'unico
testimone a stampa della prima parte dell'opera di Isacco
39
; la
seconda si trova in numerosi manoscritti, il pi antico dei quali
risale al IX o x secolo
40
. Ecco le differenze principali tra le due
recensioni: r) l'orientale contiene molti passi, tra cui otto interi
discorsi, che non figurano in quella occidentale; z) l'occidentale
contiene alcuni passi non presenti in quella orientale; 3) nella re-
censione orientale compaiono citazioni di Teodoro di Mopsue-
stia e Diodoro di Tarso che in quella occidentale vengono attri-
buite ad altri padri. Senza dubbio la recensione orientale quel-
la che riflette il testo originale di !sacco, mentre l'occidentale
rappresenta una lettura siro-ortodossa dei suoi scritti
41
.
La traduzione greca di !sacco - fine VIII, inizio IX secolo - fu
condotta sulla recensione occidentale ad opera di Abramo e Pa-
trizio, due monaci della laura di San Saba in Palestina. In essa
le citazioni di Evagrio furono attribuite a Gregorio di Nazian-
zo, mentre alcune omelie e alcuni passi oscuri furono omessi.
37
La prima parte delle opere di Isacco, edita da Pau! Bedjan, contiene 82 discorsi,
la seconda 41. Poich due discorsi della prima parte sono riprodotti pari pari nella se-
conda, l'insieme degli scritti di Isacco consta di I 2 I discorsi. Tenendo conto del fatto
che la pi antica traduzione araba della sua opera (rx secolo) ne conta I22 (cf. l'intro-
duzione alla traduzione russa delle opere di Isacco, edita a Sergiev Posad nel I9II),
molto probabile che gli scritti di Isacco che ci sono pervenuti in lingua siriaca rappre-
sentino la totalit del corpus (anche se alla luce delle pi recenti ricerche il quadro si
presenta oggi pi complesso: cf. S. Chial, Dall'ascesi eremitica, pp. 65-83 [N.d.T.]).
38
Cf. D. Miller, "Translator's Introduction", pp. LXVII-LXXVIII.
39
Nelle note del presente libro questa edizione indicata con la sigla PR.
4
Cadex Sinaiticus syriacus 24.
41
Cf. D. Miller, "Translator' s Introduction", p. LXXVill.
D'altro canto, vi furono incluse quattro omelie di Giovanni di
Dalyata
42
, come pure la cosiddetta Lettera a Simeone, che in real-
t opera di un autore siro-orientale del V-VI secolo, Filosseno
di Mabbug
43
. Questa traduzione greca abbastanza letterale e
conserva pertanto molti passi poco chiari dell'originale siriaco.
Sembra addirittura che in certi punti il traduttore non abbia ca-
pito il senso dell'originale, e ci spiegherebbe i numerosi errori
di questa traduzione
44
che, stampata per la prima volta a Lipsia
nel 1770
45
, vide in seguito numerose ristampe.
A partire dal greco, l'opera di Isacco fu tradotta in georgiano
(x secolo), slavone (xiv) e latino (xv); dal latino in portoghe-
se, spagnolo, catalano, francese e italiano (xv e XVI secolo). Pi
tardi, sulla base dell'edizione greca a stampa, Isacco fu tradotto
in rumeno (1781), russo (1854 e 191 1), greco moderno (187I),
francese (1981) e inglese (1984); nonch dal russo in giapponese
(1909). Nell'antichit la sua opera fu tradotta in arabo (Ix seco-
lo) e in etiopico (prima del XIV secolo) sulla base del siriaco; poi,
in epoca moderna, parzialmente in tedesco (1876), quindi in in-
42
I, discorsi 15, 16, 17 e 31 dell'edizione greca a stampa.
43
E la lettera 4 nell'edizione greca di !sacco, ma corrispondente in realt alla Lette-
ra a Patrizio di Filosseno; cf. La lettre Patricius de Pbi!oxne de Mabboug, d. par R.
Lavenant, Firmin-Didot, Paris 1963 (Patrologia orientalis 30,5).
44
Si veda il giudizio di Filarete di Mosca: "Il traduttore probabilmente non era un
erudito; ignorava le regole grammaticali e quindi mischi le parole e al posto delle
espressioni appropriate mise parole scorrette e oscure, che potrebbero n c l ~ e essere ope-
ra dei copisti, al punto di moltiplicare gli errori e le inverosimiglianze" (Zizneopisaniia
otecestvemzycb podviinikov b!agocestiia xvm-xrx vv., Sentjabr', Moskva 1909, p. 497);
cf. anche Georgij Florovskij; "Questa traduzione spesso scorretta ... Nel testo siriaco
c' meno ordine e pi spontaneit" (Vizantiiskie otcy, p. r86).
45
Con il titolo Toz2 bosfou patrs bemfm Isak episk6pou Nineu tot2 Syrou t beure-
tbnta asketikd. La citazione completa si trova in bibliografia. Chi scrive ha avuto modo
di lavorare sui manoscritti greci di !sacco conservati nel monastero di Santa Caterina del
Sinai, nella Biblioteca nazionale di Parigi e nella Biblioteca vaticana. La tradizione ma-
noscritta delle opere di !sacco in greco ha avuto una diversa evoluzione. Un'analisi pre-
liminare di questa tradizione rivela che sono esistite almeno due redazioni del testo
di !sacco; una redazione primitiva (che apparve verso l'viii-IX secolo) e una pi tarda,
collegata al risveglio esicasta a Bisanzio (xm-xrv secolo). Le edizioni a stampa del testo
greco rispecchiano la redazione pi tarda, che ha cambiato l'ordine e la numerazione
dei discorsi.
30
glese (192 1)
46
, e ancora parzialmente in italiano (1984). Da sola,
questa lista di traduzioni (certamente incompleta) mostra in mo-
do evidente la grande popolarit di cui hanno goduto fino a oggi
gli scritti di Isacco, soprattutto negli ambienti monastici.
Come abbiamo visto, la maggior parte di queste traduzioni si
sono basate sul testo greco, che non solo rifletteva la recensione
siro-occidentale di Isacco, ma era a sua volta una rilettura orto-
dossa di questa recensione, ritenuta dai traduttori greci "mono-
fisita". In altre parole, per dieci secoli il mondo ha conosciuto
solo un Isacco "riveduto e corretto", inizialmente travestito da
"nestoriano" in "monofisita", e infine da "monofisita" in "or-
todosso"
47
.
Oggi siamo in grado di scoprire il vero Isacco grazie alla pub-
blicazione della prima parte ad opera di Bedjan, e pi ancora
grazie alla seconda parte scoperta di recente. Bedjan ne cono-
sceva l'esistenza e ne aveva pubblicato alcuni frammenti nella
sua edizione della prima parte
48
, servendosi di un manoscrit-
to che poi (nel 1918) sarebbe andato perduto. Fortunatamen-
te nel 1983 Sebastian Brock pot identificare la seconda parte
nella sua interezza in un manoscritto della Biblioteca bodleia-
na di Oxford, risalente al x o XI secolo
49
L'identit dell'auto-
46
Mystic Treatises by Isaac o/ Nineveb, ed. by A. J. Wensinck, Koninklijke Akademie
van Wetenschappen, Amsterdam 1923.
47
Mettiamo questi termini tra virgolette per sottolineare il carattere di ambiguit
che essi presentano nella tradizione siriaca.
48
Si veda PR, pp. 585-6oo. Bedjan fornisce anche alcuni estratti di una terza parte
(PR, pp. 6or-6z8), ma questi di fatto appartengono a Dadisho' Qatraya (VII secolo).
Cita inoltre il Libro della grazia, da lui attribuito a !sacco, ma la cui autenticit messa
in dubbio dall'odierna ricerca; Miller sostiene che non sia di mano di !sacco ma piut-
tosto di Simone di Taibuteh ("Translator's Introduction", pp. LXXXI-LXXXV).
49
Oxfozd, Bodleian Lib. sir. e. 7, proveniente dal monastero di Mar 'Abdisho', ap-
partenente a Rabban Isho' del villaggio di Bet Shrift, scritto in caratteri siro-orienta-
li chiamati estrangbe!a. Il nome del copista Marco. Il manoscritto fu acquisito dalla
Biblioteca bodleiana nel 1898. Una copia del manoscritto, datata r895, si trova nella
biblioteca dell'arcivescovo caldeo di Teheran, Mar Yuhannan Issayi, recentemente
scomparso (Teheran, Issayi 4). Il testo integrale della seconda parte di !sacco si trova
parimenti nei mss. Paris, Bibl. Nat. sir. 298 e Hmvmd sir. 57 (ma solo una parte di
3I
re non d adito a dubbio: lo stile, la lingua, la grammatica e la
sintassi, il vocabolario e i temi affrontati tradiscono con tutta
evidenza la mano di Isacco. Fra l'altro, in molti luoghi l'auto-
re rimanda ai discorsi della prima parte. E ancora, i discorsi r 7
e 2 della seconda parte sono identici ai 54 e 55 della prima. Si
pu osservare che, ad onta della minore diffusione e del fatto di
non essere stata tradotta in greco, questa seconda parte era tut-
tavia nota oltre i confini della chiesa d'oriente, anche fra alcuni
monaci calcedonesi: un manoscritto appartenente al monastero
di Santa Caterina del Sinai, datato XI secolo, ne contiene dei
frammenti
50
.
La seconda parte costituita da quarantun capitoli, il terzo
dei quali a sua volta contiene quattro Centurie di conoscenza, che
rappresentano quasi la met del testo recentemente scoperto.
Paolo Bettiolo ne sta preparando l'edizione critica e una tradu-
zione italiana gi disponibile
51
. I capitoli dal4 al4r sono stati
pubblicati con traduzione inglese da Sebastian Brock nel Corpus
Scriptorum Christianorum Orientalium
52
Ha inoltre appena visto
la luce una traduzione russa dei discorsi r-2 e 3-4, frutto delle
nostre fatiche
53
.
Il presente libro la prima monografia contemporanea sul-
la teologia di Isacco il Siro che abbia potuto prendere in esame
questi due manoscritti conservata). Tra i manoscritti che hanno conservato qualche
discorso o frammento di discorso della seconda parte si possono menzionare il Ba-
gbdlld, Monastero caldeo di Dawra, sir. 68o; il Vaticano sir. 509; il Birmingham, Min-
gana sir. 6or; Londra, British Lib. Add. r4632 e Add. 14633 Per ulterion dettagli
sui manoscritti pi importanti, si veda S. Brock, "Introduction", in Isaac of Nineveh
(Isaac the Syrian), "Tbe Second Part", Cbapters IVXU, ed. and tr. by S. Brock, Peeters,
Lovani 1995 (CSCO 554-555), vol. I, pp. Xll-JGU(V.
;o Cf. S. Brock, "St. Isaac the Syrian: Two Unpublished Texts", in Sobomost 19,1
(1997), pp. 7-8.
51
Cf. Isacco di Ninive, Dscorsi spirituali.
52
Cf. Isaac of Nineveh (Isaac the Syrian), "Tbe Second Part"; d'ora in poi quest'ope-
ra sar citata soltanto con la sigla della collana esco seguita dal pumero del volume.
'' Prepodovnyj Isaak Sirin, O boiestvennicb tajnacb i o ducbovnoj :f.i:wi, ed. Ilarion
Alfeev, Zai':at'evskij Monastyr', Moskva r998.
.32
i testi recentemente scoperti. Esso il risultato di uno studio
dell'eredit spirituale di Isacco che si prolungato per molti
anni. Il nostro lavoro si rivolge non tanto ai teologi di profes-
sione quanto a una larga cerchia di lettori per i quali la lettu-
ra di Isacco costituisce il "pane quotidiano" indispensabile alla
loro salvezza, e non solo un oggetto di curiosit scientifica. Per
questo motivo abbiamo deliberatamente rinunciato a un' espo-
~ z i o n in cui ogni frase dell'autore fosse supportata da riferi-
menti a studi eruditi, come usa nelle opere destinate a un pub-
blico di specialisti. L'apparato scientifico modesto e i riman-
di ad altri studi sono ridotti al minimo. Contenuto principale
del libro sono le parole stesse di Isacco, alle quali l'autore non
ha voluto aggiungere altro che i commenti strettamente indi-
spensabili.
Abbiamo un profondo debito di riconoscenza nei confronti
di Sebastian Brock per il suo preziosissimo aiuto nella compren-
sione di molti passi difficili della seconda parte degli scritti di
Isacco. La nostra particolare gratitudine va anche a padre Andr
Louf, non solo per essersi assunto l'ingrato compito di tradurre
questo libro in francese, ma anche per la possibilit che ci ha da-
to di utilizzare la sua traduzione delle opere di !sacco.
fonti della teologia di Isacco
Prima di tentare un'analisi della teologia di Isacco, bisogna
spendere due parole sui suoi predecessori, coloro che esercita-
rono una qualche influenza su di lui. Isacco frequent assidua-
mente la letteratura ascetica, e non manc di citare autori anti-
chi, siriaci o greci, o di far loro riferimento.
Secondo Sebastian Brock il vocabolario e la terminologia di
Isacco devono molto soprattutto a due autori: Giovanni il Soli-
33
tario ed Evagrio
54
Gli scritti del primo (inizio v secolo) hanno
esercitato una profonda influenza non solo su Isacco ma su un
buon numero di autori ascetici posteriori al v secolo 5
5
. Pur non
nominandolo mai, Isacco utilizza molte formule tratte da lui.
Quanto a Evagrio (rv secolo), egli era la principale autorit in
materia spirituale per tutti gli autori di lingua siriaca: i suoi
scritti erano stati tradotti in quella lingua e godevano di gran-
de popolarit 5
6
Isacco lo nomina e lo cita frequentemente; a
imitazione dei Capitoli gnostici (Kephdlaia gnostikd) di Evagrio
ha voluto a sua volta scrivere quattrocento "capitoli gnostici" (le
quattro Centurie di conoscenza). Agli occhi di !sacco, E vagrio
era "un vaso di rivelazioni spirituali illimitate" 5
7
, "colui che de-
fin la forma appropriata di ogni nostra attivit"
58
, cio colui
che gett le fondamenta della comprensione teologica di tutti gli
aspetti della vita ascetica.
Oltre a Giovanni di Apamea (detto anche "il Solitario"), !sac-
co conosceva altri autori siriaci, in particolare Afraat ed Efrem,
espressamente citati, ma anche, bench non nominati nei suoi
scritti, Narsai e Babai il Grande. Fra le traduzioni patristiche,
!sacco conosceva il corpus delle opere di Dionigi l'Areopagita, le
Omelie dello Pseudo-Macario, gli Apoftegmi dei padri, gli scritti
di Marco l'Eremita, di abba Isaia, di Nilo di Ancira (v secolo),
come pure un certo numero di documenti appartenenti alla let-
teratura agiografica, ascetica e dogmatica.
Nel campo della dogmatica e dell'esegesi, Teodoro di Mop-
suestia e Diodoro di Tarso erano le sue autorit principali, come
lo erano per la tradizione siro-orientale nel suo insieme. !sacco
54
Cf. S. Brock, "Intrcducdon", pp. XXXVIIXXXVIII.
" Ibid., p. xvrr.
56 Ibid., p' XXII.
" II,J5, I 2.
50
I,8 (p. 68) PR 8 (p. ro6). Cf. PR 9 (p. IIJ), I9 (p. r6o), 22 (p. r68) e 44
(p. 319).
.34
fa spesso appello a Teodoro chiamandolo il "beato Interprete" e
scagliando l'anatema contro i suoi nemici:
Che nessun fanatico, convinto che il suo zelo abbia a che fare
con la causa della verit, osi immaginare che noi di nostra ini-
ziativa ci apprestiamo a introdurre novit delle quali i padri
ortodossi nostri predecessori non abbiano mai parlato, come
se proponessimo un'opinione non conforme alla verit. Chi
vuole pu andarsi a vedere gli scritti del beato Interprete, uo-
mo che aveva ricevuto in abbondanza i doni della grazia, al
quale erano stati confidati i misteri nascosti delle Scritture
autorizzandolo a insegnare a tutta la comunit della chiesa ll
cammino verso la verit, e soprattutto uomo che ha illumina-
to noi orientali [cio i siro-orientali] di sapienza. La vista del-
la nostra mente non in grado di sostenere il fulgore della sua
opera ispirata dallo Spirito divino. Sicch, lungi dal respinge-
re le sue parole - Dio ce ne guardi! - noi le accogliamo come
quelle di un apostolo, e tutti coloro che vi si oppongono, insi-
nuano dubbi sulle sue interpretazioni o esitano di fronte alle
sue affermazioni, noi li consideriamo alla stregua di estranei
alla comunit della chiesa e di erranti riguardo alla verit 59.
Quanto a Diodoro di Tarso, !sacco parla di lui con il massimo
rispetto, chiamandolo di volta in volta "testimone degno di
de", "persona di grande intelligenza", "sorgente alla quale si
dissetato Teodoro stesso, la cui parola risuona con tanta chiarez-
za", "grande dottore della chiesa", "mirabile fra tutti gli inse-
gnanti e maestro di Teodoro"
60

evidente che Isacco nella sua scelta di autori, sia nel campo
del dogma sia in quello dell'ascesi, stato fedele alla tradizione
della sua chiesa e merita pertanto di essere considerato un autore
"II,39,7 Si pu sentire in questo passo l'eco degli anatemi lanciati contro Henana
dai concili locali del585, 596 e 6o6.
""II,J9, IO-I I.
35
--
tradizionale. Al tempo stesso si rivela uno degli autori pi origi-
nali non solo della tradizione siro-orientale, ma della letteratura
mistica cristiana universale. La sua originalit non consiste in
una concezione della mistica opposta a quella tradizionale, ma
piuttosto nel fatto che, bench erede della stessa tradizione e
della stessa esperienza dei suoi predecessori, egli sia riuscito a
distillarla in un linguaggio nuovo e originale e persino a propor-
re, in alcuni casi, soluzioni nuove ad antichi problemi. Come
potremo constatare nel corso di questo studio, !sacco non aveva
alcun timore reverenziale nell'esprimere opinioni personali in
materia ascetica o dogmatica: in certi casi fu anzi decisamente
audace, sempre per sforzandosi di suffragare le sue idee con il
sostegno della tradizione dei padri. Non aveva paura di parlare
apertamente della sua esperienza di vita ascetica, ma era sempre
attento a cercarne conferma nell'esperienza degli altri, sia pre-
decessori sia suoi contemporanei.
!sacco visse in armonia con la sua chiesa, riuscendo a conci-
liare con la tradizione ecclesiale un'assoluta libert di pensiero.
In tale accordo della sua esperienza e della sua teologia persona-
le con la tradizione sta il segreto della straordinaria popolarit di
cui l'opera di !sacco ha goduto nei secoli. Di epoca in epoca,
nuove generazioni di cristiani trovano in lui un grande maestro
la cui esperienza spirituale non perde mai di attualit.
I
DIO, L'UNIVERSO E GLI UOMINI
Il mondo stato mescolato a Dio,
e la creazione e il Creatore sono diventati uno!
Uno studio su !sacco deve cominciare dall'analisi della sua
dottrina su Dio, creatore e rettore dell'universo, e della sua con-
cezione del modo in cui Dio si rivela attraverso il mondo creato.
Studieremo inoltre l'antologia di Isacco, cio il suo insegnamento
sulla struttura dell'essere creato, come pure la cristologia, la dot-
trina riguardante la redenzione del mondo da parte del Verbo
incarnato di Dio. Tale analisi ci permetter di collocare meglio il
nostro autore nella tradizione teologica orientale e di precisarne
la posizione personale di fronte ai dogmi cristiani fondamentali.
L'amore di Dio si rivela attraverso il mondo creato
Dio, come Isacco lo concepisce, in primo luogo "pi ab-
bondante dell'oceano"\ Amore senza misura e senza limitF.
1
Cf. Centurie di conoscenza III, 2.
2
Il tema dell'amore di Dio universalmente presente in tutta la tradizione teolocri-
ca di lingua siriaca: cf. S. Brode, Spitituality in the Syriac Tradition, p. 84. "
37
L'idea di Dio come amore centrale e preponderante nel suo
pensiero: essa costituisce la fonte principale delle sue opinioni
teologiche, delle raccomandazioni ascetiche e anche delle intui-
zioni mistiche. Al di fuori di questa idea fondamentale, il suo
sistema teologico resterebbe incomprensibile.
L'amore divino trascende ogni umana comprensione e descri-
zione attraverso la parola. riflesso nell'agire divino sia in rap-
porto al mondo creato sia in rapporto agli uomini: "Fra tutte le
sue opere, non ve n' alcuna che non sia tutta quanta opera di
misericordia, d'amore e di compassione: ecco l'inizio e la fine di
tutta la sua attivit in rapporto a noi"
3
. La creazione del mondo
e la venuta di Dio sulla terra dentro una carne umana non aveva-
no entrambe che un sol fine: "Rivelare al mondo il suo amore
senza limiti"
4
. L'amore di Dio dunque la ragione principale
della creazione dell'universo:
Il motivo dell'esistenza del mondo e quello della venuta di
Cristo nel mondo sono identici: la manifestazione del grande
amore di Dio che li mise entrambi in moto affinch esistesse-
ro. Lo specchio della forza dell'amore di Dio per la creazione
la venuta di Cristo nel mondo; lo specchio dell'amore di
Cristo sono le diverse forme della sua umiliazione. Come Dio
ha fatto conoscere l'alto amore con il quale ha portato i mon-
di all'esistenza riproducendolo in favore nostro nell'econo-
mia di salvezza riguardante il Cristo, cos, ripetendolo nel
Cristo, ha reso palese che ne offrir una spiegazione lampan-
te agli esseri razionali nel mondo a venire
5
.
Questo stesso amore rimane oggi la principale forza propulsi-
va che sta dietro alla creazione del mondo
6
, all'atto della quale
l'amore di Dio si rivelato in tutta la sua pienezza:
3
II,39,22.
4
Centurie di conoscenza IV,79
5
Centurie di conoscenza IV, 79-Sr.
6
Cf. P. Bettiolo, "Avec la charit camme but: Dieu et cration dans la mditation
d'Isaac de Ninive", in Irnikon 63 (r990), pp. 323-345.
Che cos' questo Essere invisibile la cui natura non contem-
pla inizio, unico in se stesso, per natura al di l della cono-
scenza intellettuale e della percezione degli esseri creati, oltre
il tempo e lo spazio- poich essi sono stati creati da lui-; che
si manifestato come per allusioni ed stato conosciuto per
segni quando la creazione, al suo inizio, fu interamente fissa-
ta; che si fatto sentire attraverso la sua opera, affinch cos
fosse conosciuta la sua essenza di Signore fonte di nature in-
numerevoli? Questo Essere nascosto perch, avendo abitato
il proprio essere per secoli senza numero n limite n inizio,
piacque alla sua bont di dare inizio al tempo e portare all'esi-
stenza i mondi e gli esseri creati. Consideriamo un istante la
magnificenza di ricchezza che fu l'oceano del suo atto creato-
re, e la moltitudine delle cose create che appartengono a Dio,
e come egli sostenga ogni cosa con misericordia, e con quan-
ta provvidenza agisca quando guida la creazione, con quale
amore incommensurabile abbia fondato il mondo e dato ini-
zio alla creazione, e fino a che punto sia pieno di compassio-
ne e pazienza, e come ami la creazione sostenendola, soppor-
tandone con bont difetti, peccati e cattiverie e persino le
spaventose bestemmie dei demoni e degli uomini malvagF.
L'amore di Dio la continua messa in opera della sua potenza
creatrice, rivelazione infinita della divinit nel suo atto creatore.
il fondamento dell'universo, governa il mondo e lo condurr a
quell'esito glorioso nel quale verr interamente "consumato" da
Dio:
O profondit di ricchezze, o spirito elevato e alta sapienza di
Dio! Che bont piena di compassione, che benevolenza so-
vrabbondante quella del Creatore! Quale non fu la sua in-
tenzione, quale non fu il suo amore quando cre questo mon-
do e lo port all'esistenza! Che mistero non aveva concepito
7
II,ro,r8r9.
39
--
nel portare la creazione alla luce! ... per amore che ha fatto
esistere il mondo, per amore lo condurr a questa trasforma-
zione meravigliosa e sempre per amore il mondo sar inghiot-
tito nel grande mistero dell'autore di tutto. infine l'amore
che governa ogni cosa nella creazione
8

Questa volont piena d'amore di Dio la prima fonte di tutto
ci che esiste nell'universo:
lui che, dimorando nella luce della sua natura, ha voluto
che tutta la creazione si avvicinasse alla nube oscura della sua
eterna gloria, lui che ha donato la corona della sua eternit
alla creazione sprigionata dalle sue mani ... lui che all'ori-
gine della pienezza che ha deciso di condividere nell'eternit
del suo regno, lui che l'Essere e il Signore, esaltato al di l
di ogni nozione secondaria, la cui volont la fonte delle na-
ture, dal quale defluiscono come da una sorgente i mondi, gli
esseri creati e le nature, illimitate e innumerevoli
9
.
L'amore di Dio la ragione per la quale siamo in grado di co-
noscerlo, giacch tutto quello che sappiamo di lui ci viene da
quanto lui stesso ci ha rivelato attraverso il suo divino Nome, e
dalle diverse rivelazioni menzionate dalla Scrittura.
Ci di cui si pu avere coscienza, ci che si pu conoscere di
Dio quello che egli, nel suo amore, ha preso su di s per il
nostro bene. Queste realt sono l'oggetto delle dimostrazioni
sensibili attraverso le quali la sacra Scrittura fa conoscere ai
nostri sensi quanto conoscibile del mondo non sensibile,
bench tali realt non lo facciano conoscere in ci che gli
proprio, ma nel modo in cui Dio disse a Mos: "Io sono il
Signore che si rivelato ad Abramo, Isacco e Giacobbe co-
8
Il,j8,I2.
9
Il,r0,24.
me Dio El Shaddaj, ma non ho indicato loro il mio nome"
(Es 6,3). La differenza che intercorre tra "Dio El Shaddaj" e
"Ehyeh asher ehyeh"
10
e che in rapporto con la distinzione
tra due tipi di discepoli, vale anche per la differenza tra quan-
to ci viene detto affinch noi conosciamo Dio in verit e la
verit [profonda] di questa conoscenza
11
.
Dio non solo il creatore dell'universo e la sua forza motrice.
Egli prima di tutto un "vero padre per gli esseri dotati di ragio-
ne, da lui generati attraverso la grazia affinch diventino eredi
della sua gloria nel tempo a venire, ed egli possa mostrare loro la
sua opulenza, che sar la loro delizia senza fine"
12
. Nel suo im-
menso e smisurato amore supera ogni cosa in tenerezza paterna
13

Il suo atteggiamento verso il mondo creato dunque caratterizza-
to da un'incessante sollecitudine provvidenziale per tutti i suoi
abitanti, per gli angeli e i demoni, per gli uomini e gli animali.
La sua provvidenza universale e abbraccia tutto
14
. Nessuna
creatura esclusa dallo sguardo della sua amante provvidenza,
ma l'amore del Creatore si riversa egualmente su tutte le cose:
Nella conoscenza del Creatore non c' nessuna natura che
stia al primo o all'ultimo posto della creazione, ma tutto ci
che egli ha portato all'esistenza si trova da sempre nella sua
coscienza. E non ce n' una che egli abbia conosciuto prima
delle altre, n altre prima di essa; nessuna fu prima, nessuna
10
"Io sono Colui che sono" (Es j,r4), in ebraico nel testo.
11
Con la sua dottrina sulla duplice interpretazione del N ome di Dio I sacco si inse-
risce in una tradizione esegetica rappresentata prima di lui da Isho'dad di Merw nel
suo commento a Es 6,3. Accanto all'interpretazione "sensibile" di questo Nome, adat-
tato alla nostra reale capacit di comprensione, c' l'interpretazione "intelligibile" o
"spirituale", riservata al mondo a venire, la sola che svela la verit profonda. La stessa
duplice interpretazione influenza tutto quello che pu essere detto a proposito di Dio
[N.d.T. francese].
12 Il,r,r.
lJ Cf. I,j2 (p. 254) = PR )I (p. J6I).
1
'
1
Cf. I,7 (p. 6j) = PR 7 (p. IOJ).
fu dopo nemmeno per un istante. Parimenti, non c' n pri-
ma n dopo nel suo amore per le creature, n amore pi gran-
de n pi piccolo da parte sua verso di esse. Al contrario, cos
come la sua conoscenza sempre la stessa, sempre uguale il
suo amore
15
.
Tutte le creature viventi esistevano nello spirito di Dio prima
della loro creazione. Prima di essere portate all'esistenza tice-
vettero un posto nella struttura e nella gerarchia dell'universo,
posto che non mai stato loro tolto, nemmeno se sono cadute
lontane da Dio:
Quanto al rango nell'amore, ciascuno ha il proprio posto uni-
co e immutabile nell'economia salvifca di Dio, secondo la
forma che Dio vedeva in lui prima di crearlo con le altre crea-
ture, cio nel tempo precedente l'attuazione del progetto del
mondo secondo la sua eterna economia di salvezza ... Dio
non conosce che un solo grado di amore, totale e senza par-
zialit per nessuno, e ha una sola sollecitudine e una sola pre-
mura sia nei confronti di quelli che sono caduti sia di quelli
che non lo sono
16

La sollecitudine della provvidenza di Dio e il suo amore si
estendono agli angeli primo frutto della sua attivit creatrice -
e includono quelli che, caduti lontano da Dio, sono diventati
demoni. Secondo I sacco, l'amore del Creatore verso gli angeli
decaduti non assolutamente diminuito a seguito della loro ca-
duta, e non affatto inferiore all'amore che egli porta agli altri
angeli
17
:
Sarebbe ignobile e del tutto blasfemo sostenere che in Dio
sussistano odio e risentimento, anche solo verso i demoni; o
"IIas,3.
16 I!,40,}.
17
Cf. II,4o,2.
immaginarsi qualsiasi altra debolezza o passione, o che alla
sua natura gloriosa possa confarsi anche implicitamente una
qualche idea di remunerazione del bene o del male sotto
ma di retribuzione. Dio piuttosto agisce su di noi per vie che
sa esserci favorevoli; siano causa di sofferenza o sollievo, gioia
o tristezza, insignificanti o gloriose, tutte sono orientate ver-
so gli stessi beni eternP
8
.
Sostenere che l'amore di Dio diminuisca o scompaia a causa
della caduta di una creatura equivarrebbe a "ridurre la natura
gloriosa del Creatore alla debolezza e al cambiamento"
19
. Sap-
piamo infatti che
non c' presso il Creatore n cambiamento n intenzioni an-
teriori o successive; non c' odio n risentimento nella sua
natura, n posto pi grande o pi piccolo nel suo amore, n
prima n dopo nella sua conoscenza. Giacch, se tutti credo-
no che la creazione venuta alla luce come conseguenza della
bont e dell'amore del Creatore, sappiamo che questa causa
prima non diminuisce n muta nella natura del Creatore per
via di un andamento disordinato della creazione
20

Niente di ci che avviene nella creazione potrebbe alterare la
natura del Creatore che "alta, nobile, gloriosa, perfetta, com-
piuta nella sua conoscenza e intera nel suo amore"
21
.
Per questa ragione Dio ama allo stesso modo i giusti e i pecca-
tori, e non fa nessuna distinzione fra loro. Dio conosceva la vita
peccaminosa che l'uomo avrebbe condotto gi prima di crearlo,
eppure lo cre
22
Dio conosceva tutti prima che diventassero
43
giusti o peccatori, ma il suo amore non mut a causa del cambia-
mento che essi avrebbero subito
23
. Anche le azioni riprovevoli
sono da lui misericordiosamente accolte, e "i loro autori perdo-
nati senza biasimo da un Dio che conosce tutto e al quale ogni
cosa rivelata prima che accada, e che conosceva i limiti della
nostra natura prima di crearci. Giacch Dio, che buono e pie-
no di compassione, non ha l'abitudine di giudicare le debolezze
della natura umana o delle azioni che si compiono necessaria-
mente, bench riprovevoli"
24
.
Anche quando castiga, Dio lo fa per amore o mirando alla
salvezza del punito piuttosto che per sanzionare. Dio rispetta la
libera volont dell'uomo e non desidera contrastarla:
Dio castiga con amore, non per vendicarsi- tutt'altro! -ma
per cercare di portare a compimento la sua immagine. Non
prova collera - a meno che la correzione risulti impossibile -
perch non cerca vendetta. Tale l'intento dell'amore: il ca-
stigo per amore mira alla correzione, non alla sanzione ... Chi
considera Dio come un vendicativo che d in tal modo prova
della sua giustizia, a guardar bene lo accusa di scarsa bont.
Non piaccia a Dio che in quella fonte d'amore e in quell'o-
ceano debordante di bont possa mai essere riconosciuta la
vendetta
25
!
Cos presso !sacco l'immagine del Dio-giudice completa-
mente eclissata da quella del Dio-amore (pubba) e del Dio-mise-
ricordia (raf?me).
Dio non vuole giudicare nessuno. Al contrario, desidera es-
sere il padre di tutti: "Dopo la venuta di Cristo e oltre, le ri-
velazioni ci hanno fatto conoscere il suo ruolo di padre, come
44
23
Cf. II,
3
8a.
24 II,I4,I5.
25
1,48 (p. 230).
veramente , non avendo pi alcun desiderio di essere per noi
n signore n giudice"
26
. Agli occhi di !sacco, la misericordia
(mraf?manuta) incompatibile con la giustizia (kinuta):
La misericordia si oppone alla giustizia. La giustizia consiste
nell'uguaglianza tra due piatti di una bilancia che si manten-
gono in equilibrio, perch essa dona a ciascuno ci che merita
. . . mentre la misericordia un rammarico e una piet pro-
vocati dalla bont. Essa fa pendere la bilancia dalla parte di
tutti, non punisce chi pure lo meriterebbe e accorda a chi ne
ha diritto una ricompensa doppia. Ecco perch, se evidente
che la misericordia fa parte della rettitudine, la giustizia fa
parte della malvagit. Proprio come erba e fuoco non posso-
no coesistere nello stesso luogo, cos giustizia e misericordia
non possono coabitare nella stessa anima.
quindi assolutamente impossibile parlare di o-iustizia di
Dio; bisogna semmai parlare di una misericordia eh; oltrepassa
qualsiasi giustizia:
Come il peso di un granello di sabbia nulla di fronte a una
gran massa d'oro, parimenti l'uso che Dio fa della aiustizia
nulla rispetto alla sua misericordia. Davanti allo spirito di Dio
i peccati della carne sono una manciata di sabbia gettata nel
vasto mare; e come una fonte che sgorga impetuosa non pu
essere fermata da un pugno di polvere, cos la misericordia
del Creatore non ostacolata dai vizi delle sue creature27.
Dopo aver respinto cos vigorosamente l'idea della sanzione
!sacco mostra che la concezione veterotestamentaria di un i ~
che punisce i peccatori, "che castiga la colpa dei padri nei fi-
gli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione"
26
II,r,q.
27
I,5r (p. 244) ~ Touraille 58 (p. 312); PR 50 (p. 345).
45
(Es 34,7; cf. Nm I4,I8), non corrisponde alla rivelazione che
abbiamo ricevuto nel Nuovo Testamento attraverso l'intercessio-
ne di Cristo. Bench David nei salmi chiamasse Dio "giusto e
retto nei suoi giudizi" (cf. Sal II9,I3]), di fatto egli buono
e misericordioso. Cristo stesso ha confermato questa "ingiusti-
zia" di Dio nelle sue parabole, specialmente quelle dei lavora-
tori dell'undicesima ora e del figlio prodigo (cf. Mt zo,I-I5; Le
r5, I I-32), e ancor pi con la sua incarnazione a causa dei pecca-
tori: "Dov' dunque la giustizia di Dio, dal momento che Cristo
morto per noi mentre eravamo peccatori?"
28

Isacco dunque sostiene che non bisogna interpretare alla let-
tera i passi che attribuiscono al Creatore sentimenti quali colle-
ra, sdegno, odio e altri analoghi. Se nelle scritture si incontrano
simili espressioni antropomorfiche, esse sono usate in senso fi-
gurato, poich Dio non agisce mai per collera o per odio, senti-
ment totalmente estranei alla sua natura. Non si deve prendere
alla lettera tutto ci che scritto, ma piuttosto vedere la prov-
videnza nascosta e la conoscenza eterna di Dio dissimulate sot-
to il velo corporeo dei racconti dell'Antico Testamento
29
"Temi
Dio per amore, non per la reputazione di severit che gli stata
attribuita"
30
.
Se Dio amore per natura, colui che ha raggiunto un amo-
re pieno e una misericordia rivolta all'intera creazione diventa
simile a Dio: lo stato di pienezza d'amore verso la creazione
che gli proprio lo specchio nel quale pu contemplare l'im-
magine verace e la somiglianza dell'essenza dvina
31
. Tutti i san-
ti "cercano per s il segno della somiglianza totale con Dio: rag-
giungere la pienezza nell'amore del prossimo"
32
Caratteristico
28
I,5r (p. 25r) Touraille 6o (p. 324); PR 50 (p. 35B).
29
Cf. II,;9,19.
30
I,sr, (p. 25r) = Touraille 6o (p. 324); PR 50 (p. 35B).
11
Cf. !,64 (p. 3r2) Touraille 34 (p. 2rsl; PR 6s (p. 455).
12
I,7I (p. 346) Touraille Br (p. 397); PR 74 (p. 5ro).
in questo senso il celebre testo di Isacco in cui viene descritto
il "cuore misericordioso" grazie al quale l'uomo pu diventare
simile a Dio:
Ma cos' un cuore misericordioso? un cuore che arde per
tutta la creazione, per gli uomini, gli uccelli, gli animali, i de-
moni e ogni creatura. Quando l'uomo misericordioso pensa a
loro, i suoi occhi versano copiose lacrime. Grazie alla miseri-
cordia possente che gli stringe con forza il cuore e all'intensa
compassione, la sua anima umiliata e non sopporta di senti-
re o vedere un'offesa qualsiasi o la minima afflizione patita
dalle creature. Per questo motivo egli offre incessantemente
preghiere e lacrime, anche per gli animali privi di ragione, per
i nemici della verit e per coloro che gli fanno dei torti, affin-
ch siano protetti e ricevano misericordia. Nello stesso modo
prega anche per la stirpe dei serpenti, a causa della grande
compassione che, a immagine di Dio, arde smisuratamente
nel suo cuore
33

Nell'uomo, il "cuore misericordioso" dunque l'immagine
precisa della misericordia di Dio, che abbraccia l'insieme della
creazione: uomini, animali, serpenti e demoni. In Dio non c'
odio per nessuno bens un amore che abbraccia tutto, che non fa
differenza tra giusto e peccatore, tra amico della verit e suo ne-
mico, tra angelo e demone. Ogni essere creato prezioso agli oc-
chi di Dio. Egli si prende cura di tutte le creature e ciascuna tro-
va in lui un padre pieno d'amore. Se noi voltiamo le spalle a
Dio, lui non le volta a noi: "Se noi manchiamo di fede, egli per
rimane fedele, perch non pu rinnegare se stesso" (zTm z, I 3).
Qualsiasi cosa possa accadere agli uomini o all'intera creazione,
quale che sia il loro grado di allontanamento da Dio, egli resta
fedele al suo amore che non pu n vuole rinnegare.
JJ I,7r (pp. 344-345) Touraille Br (p. 395); PR 74 (pp. 507-50B).
47
Struttura del mondo creato
Secondo la rivelazione biblica, la creazione comprende a un
tempo il mondo invisibile degli spiriti incorporei e il mondo vi-
sibile della materia. Al primo appartengono gli angeli e i demo-
ni, al secondo l'insieme dell'universo con gli uomini, gli animali
e tutti gli oggetti inanimati.
Ecco come la storia biblica della creazione viene compendiata
da Isacco:
Il primo giorno furono create otto nature spirituali, sette si-
lenziosamente e una, la luce, con una parola di comando. Il
secondo giorno fu creato il firmamento; il terzo, Dio riun le
acque e fece germogliare le erbe; al quarto ebbe luogo la sepa-
razione della luce; al quinto furono creati gli uccelli, i rettili e
i pesci; il sesto giorno gli animali e, infine, l'uomo
34

A proposito della struttura del mondo angelico, Isacco espo-
ne la dottrina delle nove classi gerarchiche, ripresa da Dionigi
l'Areopagita che a sua volta si fonda sui nomi degli angeli nel-
l' Antico Testamento. Ecco che cosa scrive, rifacendosi al testo
biblico:
I libri sacri hanno attribuito nove nomi a queste essenze spi-
rituali, suddividendole in tre gruppi di tre classi ciascuno.
Il primo gruppo costituito dai "troni", grandi, sublimi e
santi al sommo grado, dai "cherubini" dagli innumerevoli oc-
chi e dai "serafini" dalle sei ali; il secondo gruppo compren-
de "dominazioni", "virt" e "potest"; il terzo "principati",
"arcangeli" e "angeli". I loro nomi sono cos interpretati: in
"I,z6 (p. 132) Touraille 67 (p. 349); PR 25 (pp. r87-r88).
ebraico,. serafini significa fervidi e ardenti, cherubini vuol di-
re grandi per conoscenza e saggezza, i troni sono le dimore di
Dio e si riposano
35
. Questi ordini hanno ricevuto i loro no-
mi in base all'attivit che svolgono. I troni sono cos chiamati
perch un tempo venivano realmente onorati; le dominazioni
perch hanno autorit su tutto il regno; i principati perch
governano l'atmosfera; le potest perch stato loro dato po-
tere su tutte le nazioni e tutti gli uomini; le virt perch era-
no una volta grandi potenze dall'aspetto terribile; i cherubini
perch sono esecutori; gli arcangeli in quanto vigili guardiani
e gli angeli perch messaggeri
36
.
Secondo Isacco, Dio cre gli angeli
dal nulla e in un solo istante ... come i mondi innumerevoli
dell'alto, potenze illimitate, legioni di serafini fiammeggianti,
terribili e veloci, meravigliosi e forti, che hanno la facolt di
eseguire la volont dei disegni onnipotenti, spiriti semplici,
luminosi e incorporei, che parlano senza bocca, vedono senza
occhi, sentono senza orecchie, volano senz'ali ... Non si affa-
ticano n provano debolezza, sono rapidi nei loro movimenti,
non rimandano mai le loro azioni; terribili all'aspetto, il cui
compito degno di ammirazione, ricchi di rivelazioni, elevati
nella contemplazione, che scrutano il luogo della Shekinah
37
dell'Invisibile, delle essenze gloriose e sante, essi sono stati
suddivisi in nove classi dalla sapienza che tutti li ha creati ...
I loro movimenti sono di fuoco, la loro intelligenza acuta, la
loro conoscenza mirabile, assomigliano per quanto possibile
a Dio
38
.
15
Segue a questo punto la citazione dello Pseudo-Dionigi l'Areopagira, Sulla gerar-
chia celeste 7, 2.
16
I,26 (pp. r3r-rvl Touraille 67 (p. 349); PR 25 (pp. r87-r88).
17
Il termine ebraico Sbekinab significa "presenza", "gloria". Lo ritroviamo presso
molti autori di lingua siriaca e nei loro testi liturgici: cf. S. Brock, n. 5 a II, ro,24, in
esco
5
55, p. 46.
38
II,ro,24.
49
Gli angeli assomigliano dunque a Dio e ne recano in s l'im-
magine: nei loro esseri il Creatore, che al di sopra di ogni cosa,
ha posto per quanto possibile una somiglianza con se stesso
39
.
Gli angeli, dice Isacco,
sono esseri invisibili il cui compito di commuoversi alle lodi
di Dio nella grande quiete che si estende sul loro mondo, co-
sicch, a partire da queste lodi, possano elevarsi nella con-
templazione della natura gloriosa della Trinit e restare atto-
niti alla visione della maest di quella gloria ineffabile
40

Gli angeli sono dunque in uno stato di continua meraviglia di
fronte ai misteri divini, "a causa delle rivelazioni che vengono
loro fatte in diversi modi"
41
. Paragonati allo stato attuale degli
uomini, essi sono pi elevati e pi santi, perch non sottostanno
alle passioni. Sono gli assistenti di Dio, e partecipano della sua
luce e della sua gloria:
L'economia di salvezza che Dio ha attuato a favore di que-
sti mondi elevati e i misteri loro rivelati sono infinitamente
pi grandi di quelli rivelati fra di noi, bench la causa di tutto
ci derivi da noi. Sono poi tanto pi elevati e sottili nelle lo-
ro nature e dimore, e pi prossimi a Dio, quasi fossero dietro
a lui, luci dietro a luce, come camerieri del re e legioni di
fuoco accampate davanti al palazzo, pronte a obbedire ai suoi
desideri e capaci di penetrare, senza l'impaccio della carne,
i misteri della santit. Remoti da ogni passione, somiglianti a
Dio per quanto concesso a creatura, primi servitori dei mi-
steri di Cristo, intermediari nell'opera di santificazione inte-
riore conformemente alla sua economia di salvezza, assistenti
al suo trono di fuoco tra i mormorii rispettosi che li santifica-
" II,2o,9.
4o II,r2,r.
41
II,8,6.
no, elevati al di sopra del mondo corporale, mantello naturale
della gloria e della luce invisibile, impronta della luce delle
origini
42
Le idee di Isacco su Satana e i demoni sono del tutto tradizio-
nali. Quanto alla caduta di Satana, egli segue l'opinione comune
dei padri secondo la quale Satana era inizialmente una creatura
di luce e di gloria, ma opponendosi a Dio e disobbedendogli per
orgoglio divenne malvagio. Isacco sottolinea che tutto ci av-
venne "}n un batter d'occhio", in modo improvviso e impreve-
dibile. E dal diavolo che deriva tutto il male che esiste:
Da ll venuta, nella natura spirituale, la decisione del [di
commettere iJ] male. La "stella del mattino, sorta all'aurora"
(Is q, r 2 LXX) appariva infatti sminuita ai propri occhi per-
ch sottomessa alla regola fissata per le creature. Da quel mo-
mento, la forza che la sosteneva l'ha abbandonata, ed piom-
bata come folgore (cf. Le ro,r8) fuori della sua gloria. a
partire da quel desiderio di essere liberi che il pensiero del
male si insinuato nelle creature e nelle schiere infinite delle
due legioni delle nature spirituali, l'una delle quali chiamata
degli arconti, l'altra dei principati e delle dominazioni. Una
di esse in un batter d'occhio precipitata fuori della gloria
della sua natura luminosa e felice, fuori della sua dimora vici-
no ai cieli dove abitava con gli esseri superiori. Come uno
spregevole rettile della terra strisciata gi nell'abisso
43
.
Quanto ai demoni, essi sono "estremamente sudici" e incapa-
ci, nel loro stato di impurit, di vedere gli ordini angelici sopra-
stanti44. I demoni possiedono le stesse qualit degli angeli, ma la
luce divina non loro accordata perch sono portatori di tene-
42
Centurie di conoscenza IV,86.
43
CentUiie di conoscenza III,87-88.
44
Cf. I,26 (p. 130) = Tourailie 67 (p. 346); PR 25 (p. r84).
bra
45
La volont dei demoni di rovinare e distruggere l'essere
umano; tuttavia non possono nuocergli finch Dio lo impedisce
loro
46
. I demoni sono dunque totalmente sottomessi a Dio e non
possono agire senza un permesso o un ordine da parte sua. In
particolare, quando siamo legati a Dio da un amore sincero, Dio
non permette ai demoni n agli animali selvaggi n ai serpenti di
farci il minimo male, ma "al contrario, in nostra presenza essi si
comportano pacificamente, in quanto esecutori della volont di
Dio"
47
Ma se noi siamo attaccati al peccato, Dio ordina a uno
dei demoni di "fustigarci duramente", non per spirito di ven-
detta, ma perch "non abbiamo a traviarci, in un modo o nell'al-
tro, lontano da lui"
48
.
Se il mondo invisibile degli angeli stato creato allo scopo di
lodare la gloria e la potenza di Dio, il mondo materiale chia-
mato a sua volta a testimoniar ne l' onnipotenza. Esso stato co-
struito come un tempio magnifico che rivela e riflette la bellez-
za di Dio. La cosmologia di !sacco corrisponde alle concezioni
scientifiche del suo tempo: Dio ha steso il mondo come un pavi-
mento e gettato il cielo come una "volta"; ha fissato "il secondo
cielo come un cerchio aderente al primo"; ha creato l'oceano
"come una cintura" che circonda cielo e terra; "vi ha posto
montagne eccelse che toccano il cielo, e ha ordinato al sole di
percorrere il suo cammino dietro le montagne lungo la linea del-
la notte: all'interno delle montagne ha collocato il grande mare,
che domina sulla met o un quarto della terra emersa"
49

A sua volta l'essere umano stato creato per essere tempio di
Dio, dimora della divinit
50
. Questa abitazione di Dio nel suo
tempio si realizz il pi pienamente possibile nella persona del
45
Cf. I,28 (pp. 137-r38) = Touraille 84 (p. 4rr); PR 27 (p. r96).
46
Cf. I,54 (p. 270) = Touraille 33 (p. 207); PR 53 (p. 386).
47 II,9,6.
4s II,9,I2.
49
I,26 (p. rvl = Touraille 67 (p. 349); PR 25 (p. r87).
>o Cf. II,5,6.
Cristo, Dio diventato uomo. Ritorneremo pi avanti in modo
particolareggiato sulla cristologia di Isacco e su come egli com-
prese la divinizzazione della natura umana operata da Ges Cri-
sto. Per il momento, ci limitiamo a sottolineare che secondo
!sacco la natura umana stata creata capace di accogliere la pie-
nezza della divinit.
La natura umana ha anche la facolt di esistere infinitamente
a immagine di Dio
51
. Il fine ultimo dell'uomo la
ne: gli esseri umani, come le altre creature dotate di rao-ione
b '
debbono diventare di, somiglianti al solo e unico vero Dio.
Nell'affrontare questo tema !sacco ripropone una posizione co-
mune a tutta la tradizione patristica orientale:
Eco quanto oso affermare: l'oggetto finale di ci che sar
contemplato nel mondo futuro visibile nell'essenza dei san-
ti angeli, quando noi saremo tutti di per grazia del Creatore.
Tale fu infatti il suo scopo fin dall'inizio: portare tutta la crea-
zione degli esseri dotati di raerione a una totale eeruaglianza
o o '
nella quale non ci sar pi differenza tra erli uni e erli altri tra
o o '
un uomo doppio e uno semplice, senza per che il corpo na-
turale sia abolito 52.
Il fatto che gli esseri umani siano predestinati alla deificazio-
ne ad onta delle loro infedelt la prova pi convincente dello
smisurato amore di Dio:
attraverso la grazia che Dio ha portato il mondo alla luce,
con l'amore che ne governa le vicende. Mentre noi diamo
ogni giorno motivo di amarezza alla sua bont con la nostra
follia che si volge verso il male, il suo amore non cessa mai
di progettare ogni giorno grandi beni in nostro favore e di
51
Cf. II,r8,r8.
52
II,r,62.
53
aumentare i soccorsi a noi destinati, come se fosse convinto
poterei innalzare [un giorno] ai costumi della vita futura.
allora che conosceremo la ricchezza dell'amore sublime del
quando, dopo la condotta quaggi] che aumen-
ta i frutti della distruzione, in attesa della perdizione tota-
le oh, non so proprio come ... dopo tutto ci,
a quale grado eccelso innalzer la nostra creazione a partire
dalla polvere, a quale somiglianza e a quale gloria gioiosa ci
trasciner tutti e ci condurr a diventare di e figli di Dio"!
L'uomo occupa un posto speciale nella gerarchia degli esseri
creati, il cui scopo un progresso senza verso una comunio-
ne sempre pi completa con Dio. !sacco ha potuto ricavare tale
concetto di progresso infinito dai padri greci, come Gregorio di
N issa e Dionigi l'Areopagita, dei quali conosceva le opere. Egli
mette a confronto la gerarchia esistente nel mondo creato con
una scala grazie alla quale gli uomini e le creature simili a loro si
innalzano verso Dio:
Tra tutti gli ordini delle nature spirituali alcuni salgono, gior-
no dopo giorno, ma nessuno A questa ascesa non
fissato alcun termine, dal pi antico e dal primo tra gli ordini
fino all'ultimo. Essi salgono giorno, dal momento della
loro creazione fino a
Ogni persona umana stata fornita di cinque "grandi e in-
comparabili doni"
55
: la vita, la sensoriale, la ragione,
la libera volont e l'autorit. Quando parla della persona uma-
na, !sacco si richiama alla sua divisione in spirito, anima e cor-
po, divisione tradizionale nell'antropologia dei filosofi greci e in
54
53
Centurie di conoscenza II l, 70.
54 II,:z,jo.
55
ll,r8,r8.
quella dei

Egli la divisione dell' anirr:a in


tre parti: des1deno, pass10ne e rag10ne (refJmta, ,tnana, mlzluta,
che corrispondono ai t epithymetik6n, t tbymoeids, t
logbistik6n)5
7
. Questa concezione deriva dall'antropologia plato-
nica con la quale !sacco messo in contatto attraverso
Giovanni il Solitario e BabaP
8
.
In !sacco non troviamo un'analisi dottrinale approfondita del-
la caduta e del peccato originale responsabili, secondo la tradi-
zione cristiana, della perdita della somiglianza divina originaria
e dei danni inferti a una natura umana ormai corrotta. Tuttavia
l'insegnamento di !sacco sulle passioni e il peccato corrispon-
dono perfettamente a questa dottrina. Secondo lui, le passioni
caratterizzano l'uomo suo stato attuale, susseguente alla ca-
duta. Dio non ha imposto alla nostra natura n il n le
passioni5
9
. L'anima per sua natura ignora le passioni: inizial-
mente era caratterizzata dall'impassibilit, che la rendeva simile
a Dio, e solo molto pi tardi le passioni entrarono in lei
60
. Sia il
corpo che l'anima furono assoggettati alle passioni quando per-
sero ci che apparteneva loro per natura e si trovarono cos al
di fuori della loro condizione normal
1

Tuttavia !sacco sembra contraddirsi quando afferma che esi-
stono delle passioni sono state donate da Dio, passioni del-
l'anima e del corpo introdotte nell'uomo per il suo bene e la sua
cresdta
62
. La contraddizione si spiega con il fatto che la parola
sriaca pasbsba, proprio come il corrispettivo greco pdtbos, signi-
fica tanto "passione" quanto "sofferenza". Cos, il senso della
contraddizione di !sacco consiste nel sottolineare che le passioni
56
Cf. S. Brock, "The Syriac Background".
57
Cf. Il,I9,I; Il,I7,I.
58
Cf. S. Brock, n. 2 a Il,rt,r, in CSCO 555, p. 9r.
59
Cf. I,3 (p. r9) Tomaille 83 (p. 407); PR 3 (p. 26).
6
Cf. I,3 (p. n) Touraille 83 (p. 406); PR 3 (p. 2r).
61
Cf. 1,.3 (p. 19) Touraille 84 (p. 407); PR 3 (p. 25).
62
Cf. !,3 (p. 19) Touraille 84 (p. 407); PR 3 (p. z5).
55
--
peccaminose sono contro natura, mentre le sofferenze mandate
da Dio possono essere utili alla crescita spirituale. Un'altra spie-
gazione potrebbe trovarsi nella tradizione patristica, che cono-
sce due modi di intendere il pathos: da una parte un desiderio
peccaminoso dell'anima, dall'altra la sua naturale capacit di
orientarsi verso il bene o verso il mal
3
. Pu darsi che scrivendo
i testi che abbiamo or ora citato !sacco abbia avuto in mente
questi due modi di intendere il pdthos.
Contrariamente alle sofferenze che vengono da Dio, le pas-
sioni peccaminose provocano danni alla natura umana. Scrive
I sacco:
Chi non si ritira volontariamente dalle cause delle passioni
si lascia involontariamente travolgere dal peccato. Ed ecco le
cause del peccato: il vino, le donne, le ricchezze e una robu-
sta salute fisica. Non che queste cose siano peccaminose in
s, ma a causa loro la natura inclina spesso e volentieri verso
passioni peccaminose. Ecco perch l'uomo deve guardarsene
con grande attenzione
64
.
L'incarnazione
Dopo la caduta dell'uomo c'era un solo mezzo per distoglierlo
dal suo stato passionale e rimetterlo nella condizione benedetta
delle origini: l'incarnazione del Figlio di Dio. Il tema dell'incar-
nazione, che sta al cuore del messaggio del Nuovo Testamento,
dominante anche nell'opera di !sacco.
63 Cf. K. Ware, "The Meaning of 'Pathos' in Abba Isaias and Theodoret of
Cyrus", in Studia patristica 20 (r989), pp. 3r5-322.
64
I,5 (pp. 4r-42) = Touraille 5 (p. 76); PR 5 (p. 6r).
s6
Poich la sua cristologia si conforma nell'espressione alla tra-
dizione siro-orientale, caratterizzata da una presunta termino-
logia "nestoriana" (di fatto quella di Teodoro di Mopsuestia,
ereditata dal suo discepolo Nestorio), un gran numero di passi
cristologici di !sacco non stato tradotto in greco ed rimasto
fino a oggi sconosciuto. Il solo scritto dell'Isacco "greco" che
tratti direttamente temi cristologici la Lettera a Simeone, la
quale per, come stato dimostrato, opera di Filosseno di
Mabbug. Essa contiene una cristologia che agli an-
tipodi di quella di !sacco. E solo dopo la recente scoperta della
seconda parte della sua opera che un'analisi accurata della cri-
stologia di !sacco diventata possibile. Ma prima di dedicarci a
questa parte ormai disponibile, citiamo dalla prima alcuni passi
caratteristici nei quali i temi cristologici fanno la loro comparsa.
Prima di tutto bisogna soffermarsi con attenzione su numerosi
passi delle Centurie di conoscenza che hanno come oggetto l'in-
carnazione. In uno di questi Isacco tratta dell'unione tra umani-
t e divinit in Cristo servendosi di una terminoloaia affine a
t
quella del concilio di Calcedonia. Egli evita in particolare qual-
siasi allusione ai due qnome, mentre menziona le due kyane e
l'unica in Cristo (omissione, secondo noi, probabilmen-
te non intenzionale):
Il Signore Cristo sia il Primogenito sia il Figlio unico, per-
ch le due cose non si incontrano in una sola natura. di-
ventato primogenito di una moltitudine di fratelli, ma figlio
unico perch nessuno stato generato n prima n dopo di
lui. Queste due realt si verificano in un Dio e in un uomo,
uniti entrambi in una sola persona senza che le pro-
priet di ciascuna delle due nature (kyane) siano confuse a
causa dell'unione
65
.
6
' Centurie di conoscenza I,49.
57
Un altro passo di !sacco ancor pi dipendente dal vocabola-
rio tradizionale della cristologia siro-orientale, specie quando
sostiene che la natura divina si "annessa ci che aveva preso da
noi". In tal modo egli presenta Cristo come mediatore tra Dio e
gli uomini, e afferma che scopo dell'incarnazione era il rinnova-
mento completo della natura umana:
Gloria a colui che diventato per noi mediatore di questi be-
ni, grazie al quale siamo stati resi degni di ricevere, conoscere
e provare nella fede ci che l'occhio non ha visto n l'orec-
chio udito, e che i sensi dell'anima non hanno potuto pene-
trare (cf. rCor 2,9); tutti beni che si trovano nel Primogeni-
to, che proviene da noi ed in verit l'immagine dell'Invisi-
bile (cf. Col r,rs). Giacch la natura divina ha incorporato
quello che aveva preso da noi in vista della speranza degli es-
seri dotati di ragione, il cui fine era stato custodito presso Dio
fin dall'inizio, e che ora egli ha reso pubblicamente manife-
sto. Cos ci ha fatto conoscere una parte di quel fine, per ren-
derei consapevoli di ci che resta ancora (celato) ed a noi ri-
servato, in vista del rinnovamento che la nostra costituzione
umana ricever allora per suo tramite6
6
.
Un altro passo dello stesso scritto di !sacco solleva la questio-
ne del significato del termine "primogenito" in relazione a Cri-
sto: !sacco lo intende riferito alla nascita unica di Cristo, non
paragonabile a nessun'altra nascita, n angelica n umana:
Sta scritto: "Generato prima di ogni creatura" (Col r,rs), di_
quelle dotate di ragione, delle visibili e delle invisibili, per-
ch, quando sorse dalla tomba, egli fu il primo nato alla vita
dell'altro mondo. Egli il primogenito in rapporto a noi, e a
buon diritto, perch prima di lui nessuno era nato per l'aldil.
Ma giusto che sia chiamato primogenito in rapporto non so-
66
Centurie di conoscenza II,r9.
lo a noi ma anche alle nature incorporee, perch la loro crea-
zione non senza relazione con questa nascita
67

Nelle Centurie di conoscenza i passi pi sorprendenti sull'in-
carnazione sono quelli in cui !sacco parla dell'amore di Dio per
la sua creazione, principale e unica ragione, secondo lui, della
discesa del Figlio sulla terra e della sua morte sulla croce: qui si
manifesta nel modo pi chiaro il suo amore per l'umanit; da
questo momento in poi gli uomini sono chiamati a rispondere al-
l'amore di Dio con il loro amore:
Il Signore Dio ha consegnato suo figlio alla morte sulla croce
a causa del suo amore ardente per la creazione ... Avrebbe po-
tuto benissimo riscattarci in altro modo, ma ha voluto cos
mostrarci il suo traboccante amore come insegnamento per
noi, e attraverso la morte dell'unico figlio ci ha riavvicinato
a s. S, se avesse avuto qualcosa di pi prezioso ce l' avreb-
be donato, affinch la nostra stirpe diventasse sua propriet.
Per via del suo grande amore non desiderava assolutamente
fare violenza alla nostra libert, pur potendolo; ma ha prefe-
rito che ci riavvicinassimo a lui attraverso l'amore di ci che
avremmo potuto comprendere. A causa del suo amore per noi
e per obbedienza al Padre, Cristo ha accettato con gioia gli ol-
traggi e lo sconforto ... Allo stesso modo i santi, quando rag-
giungono la pienezza, la acquistano tutti nel medesimo grado
e, riversando copiosamente il loro amore e la loro compassio-
ne su tutti gli uomini, assomigliano a Dio
68
.
cos che l'incarnazione ha avuto luogo a causa dell'amore
del Padre e del Figlio per gli uomini; parimenti, a causa di que-
sta incarnazione che un uomo pu ora pervenire a un grado di
amore che lo rende somigliante a Dio.
67
Centurie di conoscenza II,65-66.
68
I,7r (pp. 345-346) = PR 74 (pp. 509-510).
59
Per !sacco l'incarnazione costituisce la nuova rivelazione su
Dio. Al tempo dell'Antico Testamento, prima dell'incarnazione,
gli uomini erano incapaci di contemplare Dio e di intenderne la
voce. Dopo l'incarnazione diventato possibile:
La creazione non lo poteva guardare prima che ne prendesse
una parte presso di s per conversare con lei, dal momento
che neppure essa poteva intendere la sua voce quando le par-
lava faccia a faccia. I figli d'Israele non erano nemmeno in
grado di sentire la sua voce quando si rivolgeva loro dalla nu-
be (cf. Dt 5,23 ss.) ... Per diventare degni di ascoltare la voce
di Dio e contemplarne la rivelazione, dovevano osservare tre
giorni di castit secondo il comandamento mosaico (cf. Es
19,15); tuttavia, quando venne il momento, non poterono so-
stenere la vista della sua luce n la forza della sua voce mista
al tuono. Ma ora che con la sua venuta ha riversato la sua gra-
zia sul mondo, egli disceso non gi in mezzo a un terremoto
o a un turbine di fuoco, n con fragore spaventoso e potente
(cf. 1Re I9,II-I2), ma dolcemente, come pioggia sulla lana,
come gocce di pioggia che cadono sulla terra (cf. Sal7z,6), ed
stato visto conversare con noi sotto altra forma. Tutto ci
avvenuto dopo che ha dissimulato la sua maest dietro il velo
della carne (cf. Eb Io,zo) come in un tesoro, e ha conversato
con noi e in mezzo a noi, nel corpo che si voluto forgiare
dalle viscere della Vergine
69
.
Quando il Verbo si fatto carne le porte della contempla-
zione e della visione si sono aperte in Ges non solo per gli
uomini ma anche per gli angeli, giacch prima dell'incarnazio-
ne, come afferma !sacco, non era loro possibile penetrare questi
misterF
0
.
69
I,77 (pp. 38r-382) = Touraille 20 (pp. I37-q8); PR 82 (pp. 574-575).
7
Cf. I,28 (p. r39). Questo testo non compare nella recensione siro-orientale, ma si
trova in quella siro-occidentale (e quindi nella versione greca).
6o
Nella prima parte delle sue opere incontriamo un altro passo
in cui !sacco spiega come le due nature di Cristo siano messe in
evidenza nella sacra Scrittura. Per lui, la Scrittura usa spesso le
parole in senso figurato: per esempio "quello che appartiene al
corpo detto dell'anima", e viceversa.
Analogamente, qualit appartenenti alla divinit del Signore
e incompatibili con un corpo umano sono predicate rispetto
al suo santissimo corpo, mentre qualit inferiori, pertinenti
alla sua umanit, sono attribuite alla sua divinit. Molti, non
comprendendo l'intenzione delle parole divine, incespicano
su questo punto e non si risollevano pi dalla caduta
71
.
Tra questi !sacco, da buon diofisita, include molto probabil-
mente i monofisiti. Egli dunque sottolinea la necessaria distin-
zione fra natura divina e natura umana di Cristo, bench la
Scrittura non vi insista poi molto.
Questi sono i passi cristologici pi importanti della prima
parte. Volgendoci ora alla seconda, dobbiamo prestare attenzio-
ne a uno dei capitoli delle Centurie di conoscenza in cui !sac-
co tratta dell'incarnazione. Egli sottolinea di nuovo il fatto che
l'amore di Dio per la creazione fu la ragione principale e uni-
ca della discesa sulla terra del Figlio di Dio e della sua morte
in croce:
Se al risanamento dell'umanit fosse bastato lo zelo, perch
Dio, con bont e umilt, si sarebbe rivestito di un corpo allo
scopo di ricondurre il mondo al Padre suo? E perch si sareb-
be steso sulla croce a causa dei peccatori, consegnando il suo
santo corpo alla sofferenza a beneficio del mondo? Io perso-
nalmente affermo che Dio ha fatto tutto questo per una sola
ragione: far conoscere al mondo il suo amore, affinch, co-
71
I,3 (p. r8) = Touwille 83 (p. 406); PR 3 (p. 24).
61
noscendolo, noi ce ne lasciassimo catturare, dato che un pi
grande amore sarebbe provenuto da noi quando, grazie alla
morte del Figlio, egli avrebbe messo in atto la manifestazione
della forza e della potenza del regno dei cieli
72
.
Secondo !sacco, l'incarnazione del Salvatore e la sua morte
sulla croce avrebbero avuto luogo
non gi per riscattarci dal peccato, n per altri motivi, ma
unicamente perch il mondo si rendesse conto dell'amore che
Dio porta alla sua creazione. Se questo avvenimento sorpren-
dente si fosse realizzato solo per il perdono dei peccati, qual-
siasi altro mezzo sarebbe potuto servire per il riscatto. Quale
ostacolo gli avrebbe impedito di portare a compimento il suo
proposito attraverso una morte normale? Ma egli non ha vo-
luto una morte normale, affinch tu potessi renderti conto
della natura di questo mistero. Ha trovato invece la morte tra
i crudeli tormenti della croce. Che bisogno c'era degli oltrag-
gi e degli sputi di cui fu coperto? La sola morte sarebbe basta-
ta alla nostra redenzione - soprattutto la sua morte - senza
tutto ci che vi si aggiunse. Com' grande la sapienza di Dio!
E come piena di vita! Ora puoi comprendere tu stesso per-
ch la venuta di nostro Signore sia stata accompagnata da tut-
ti questi altri avvenimenti, e renderti conto del motivo per
cui egli stesso espose personalmente e chiaramente il suo pro-
getto: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio uni-
genito" (Gv 3,r6), riferendosi all'incarnazione e al rinnova-
mento che ne consegue
73

Lo stesso tema sviluppato nel passo seguente, in cui Isacco
tratta del "vero motivo" dell'" economia di salvezza" (mdabbra-
nuta) di Dio:
62
72
Centurie di conoscenza IV, 7 8.
7
' Ibid.
Il mistero nascosto nell'economia di salvezza di nostro Si-
gnore, miei amati, pi eccelso della remissione dei pecca-
ti o dell'abolizione della morte. Fratelli, la speranza che per
il momento ci nascosta pi sorprendente ed eminente di
ci che ne comprendere oggi, per contribuire alla
nostra crescita. E per mezzo di realt imperfette che biso-
gna comprendere ci che rimandato a pi tardi, giacch non
tutti possiedono una conoscenza piena della fede n osser-
vano una buona condotta filiale: molti infatti devono ancora
apprendere realt che fanno paura e umiliano. Come infatti
molti nomi e similitudini sono troppo banali e inadeguati alla
realt (che significano), simili a parole inficiate da passioni
quali collera, rabbia e voglia di giudicare, e come lo anche,
non appena per effetto dello Spirito si viene innalzati alla ve-
ra contemplazione, il carattere materiale di certe definizioni
formulate in base all'economia salvifica della creazione, allo
stesso modo molti testi delle Scritture relativi alla causa della
venuta di Cristo sono manchevoli e insufficienti rispetto al
vero motivo del sua economia di salvezza per il mondo. Ne
danno testimonianza le nature spirituali, quelle che nemme-
no conoscono i peccatori, non hanno mai militato nelle loro
file e sono state innalzate al grado in cui si trovano dalla rive-
lazione di Cristo ... Unico il suo amore, per noi come per i
santi angeli, per i peccatori come per i giusti. n fatto che no-
stro Signore sia stato assunto di mezzo a noi lo dimostra
7
4.
motivo dell'incarnazione del Verbo era dunque l'amo-
re d1 Dw, e non la necessit di riscattare l'umanit dal peccato.
Questa affermazione di !sacco sembra contraddire l'opinione
corrente sul motivo dell'incarnazione, e potrebbe anche essere
tacciata di deviazione rispetto alla tradizione comune delle chie-
se. Qualcuno potrebbe spingersi a sostenere che, sottolinean-
do con tanta forza il ruolo dell'amore, Isacco rischi di scalzare
alla base il dogma della redenzione che sta al cuore della fede
cristiana. Ma una tale conclusione sembra dipendere da una
concezione tipicamente occidentale della redenzione, considera-
ta come il riscatto di una colpa e la "soddisfazione" offerta alla
"giustizia" di Dio. Se consideriamo attentamente i passi appena
citati inserendoli nel contesto dell'universo mentale di !sacco e
alla luce della teologia orientale la conclusione cui aiungiamo
' ......., ' o
ben diversa. E evidente che Isacco non mette minimamente in
dubbio la redenzione, ma la intende in un modo particolare. Ai
suoi occhi essa significa prima di tutto la restaurazione di quel
primato dell'amore che esisteva alle origini fra Dio e il mondo
creato. Tale primato fu abolito dalla caduta, poich l'uomo non
si comportava pi come figlio di Dio ma come servo disobbe-
diente. Nondimeno, Dio rimasto suo padre, e il suo amore di
padre richiama gli uomini a quello stato originario. L'amore di
Dio, dunque, e non la necessit di riscattare l'uomo dal peccato,
fu l'unico motivo dell'incarnazione del Verbo: poich ha voluto
che gli uomini tornassero a rivolgersi a lui come a un padre, Dio
stesso si fatto uomo, come spiega !sacco nel capitolo 40 della
seconda parte:
Quando tutta quanta la creazione ebbe abbandonato e di-
menticato Dio e gli uomini ebbero perpetrato ogni sorta di
nequizie, Dio volontariamente e senza alcuna sollecitazione
discese presso le loro case e visse fra loro nel loro corpo co-
me uno di loro. Come un mendicante, con un amore che ol-
trepassava ogni conoscenza o possibilit di descrizione da
parte di qualsiasi essere creato, li supplic di ritornare a lui,
mostrando loro la gloriosa costituzione del mondo a venire e
l'intenzione che aveva avuto, prima di tutti i secoli, di intro-
durre una tale felicit nella creazione: fece loro conoscere la
sua esistenza, perdon tutti i peccati da essi in precedenza
commessi, conferm la sua benevolenza con segni e miracoli
autorevoli e con la rivelazione dei suoi misteri, e si abbass
al punto di farsi chiamare "padre" da una natura umana pec-
catrice, fatta di polvere della terra, e da esseri umani misera-
bili. Cose simili si possono forse compiere senza un grande
amore
75
?
Affrontiamo ora il capitolo I I, in cui I sacco espone la propria
cristologia con tutta la precisione necessaria. In questo capitolo,
consacrato in gran parte alla croce, si subito colpiti dal gran
numero di termini tipicamente siro-orientali usati da !sacco per
presentare la sua concezione del Cristo. Per lui la croce il sim-
bolo dell'uomo "che diventa tutto intero un tempio"
76
di Dio;
il credente che fa il segno della croce lo fa in nome "dell'uomo
nel quale abita la divinit"
77
; l'umanit di Cristo "la veste del-
la sua divinit"
78
Sono termini tipici di tutta la tradizione si-
che si pu definire fortemente diofisita. Gi Efrem
aveva presentato l'umanit di Cristo come una "veste", e questa
terminologia fu conservata dagli autori siro-orientali successivi,
mentre fu espunta dalla tradizione siro-occidentale
79
. Nella tra-
duzione siriaca del simbolo niceno la parola greca esark6the (si
incarnato) resa con lbesh pagra: "si rivestito di un corpo".
Tuttavia, pur utilizzando la terminologia tradizionale della
propria chiesa, !sacco resta lontano dalla concezione diofisita
pi estrema della persona del Cristo, che sosteneva non potersi
attribuire a Cristo in quanto Dio le propriet di Cristo uomo.
Egli sottolinea come, ad onta del fatto che Cristo possieda due
nature, noi le veneriamo entrambe, cio adoriamo un solo Cri-
sto in due nature; quindi attribuiamo a Ges uomo gli stessi no-
mi che a Dio il Verbo:
" II,40, I4.
76
II,II,I2. La parola "tempio" si riferisce a Gv 2 I9.
77
II,II,I}. '
78
II,II,24.
79
Cf. S. Brock, n. I a II,I I,24, in esco 555, p. 6o; Id., "Clothing Metaphors as a
Mea!ls Theological Expression in Syriac Tradition", in Typus, Symbol, Allegorie bei
den ostltcben Vatern und tbren Parallelen im Mittelalter, hrsg. von M. Schmidt, Pustet,
Regensburg I982, pp. I I-38.
Non esitiamo a chiamare "Dio", "Creatore" e "Signore" l'u-
manit di nostro Signore, lui che veramente uomo; o ad ap-
plicare divinamente a lui l'affermazione che "per sua mano
sono stati costituiti i mondi (cf. Eb I ,2) e tutto stato crea-
to". Perch colui al quale tutte queste cose si riferiscono ha
abitato volontariamente in lui, accordandogli l'onore della
sua divinit e l'autorit su tutte le cose a causa dei benefici
che la creazione avrebbe ricevuto grazie a lui, l'inizio dei qua-
li ebbe luogo sulla croce. Chiese persino agli angeli di adorar-
lo, secondo le parole del beato Paolo: "Quando introduce il
primogenito nel mondo, dice: lo adorino tutti gli angeli di
Dio" (Eb I ,6). Gli concesse di essere adorato con lui, senza
distinzione, attraverso un unico atto di adorazione, mirando
allo stesso modo all'uomo che divenne Signore e alla divinit,
poich entrambe le nature sono conservate ciascuna con le
sue propriet, senza che vi sia distinzione nell'onore reso
80

cos che Dio "ha abitato volontariamente" nell'uomo Gest1,
e che l'uomo Ges " diventato" Dio e ha avuto potere sull'inte-
ra creazione, grazie alla sua morte sulla croce. A causa della cro-
ce, l'uomo Ges stato innalzato fino a Dio il Verbo:
Giacch noi crediamo che tutto quello che si applica all'uomo
sia stato elevato fino al Verbo che l'accetta per se stesso, aven-
do voluto che l'uomo prendesse parte a tale onore. Tutto que-
sto stato reso a noi manifesto sulla croce; grazie ad essa, che
i non credenti giudicano spregevole, noi abbiamo acquisito
una conoscenza esatta del Creatore
81
.
Pu sembrare che questo modo decisamente diofisita di in-
tendere la persona di Ges Cristo nel pensiero teologico di Isac-
Bo II, I I ,2 r. Isacco usa qui il vocabolario dei sinodi siro-orientali del 554 e del 612
- che parlano entrambi delle propriet delle due nature -, il primo dei quali riflette
senza dubbio la definizione di Calcedonia: cf. S. Brock, n. 3 a II,rr,21, in CSCO
555, p. 59
'' II,II,22.
66
co divida in due l'immagine del Ges storico, ma non cos.
!sacco intende correttamente Cristo come una sola persona, Dio
sceso in un corpo umano. L'umanit di Cristo altrettanto reale
che quella di ciascuno di noi; nel contempo l'uomo Ges si-
multaneamente Dio il Verbo, creatore dell'universo:
O meraviglia! Il Creatore, rivestito di un essere umano, entr
nelle case dei pubblicani e delle prostitute, e quando si volse-
ro a lui li esort e procur loro, grazie al suo insegnamento,
l'assicurazione e la riconciliazione con lui. Poi suggell la pa-
rola di verit con testimonianze credibili, consistenti in segni
e prodigi. In tal modo l'intero universo, attratto dal suo amo-
re e dalla bellezza della sua visione, era indotto a professare
l'unico Dio Signore di tutte le cose, e cos la conoscenza del-
l'unico Creatore fu disseminata


Il significato universale della venuta di Dio sulla terra e del
suo insediamento in un corpo umano viene messo cos in piena
evidenza.
Quali sono le conseguenze soteriologiche della cristologia di
!sacco e della sua insistenza sulla distinzione tra le due nature di
Cristo? Implica essa forse il rifiuto di un concetto tradizionale
del pensiero teologico orientale, cio che l'umanit sia stata sal-
vata attraverso la deificazione della natura umana grazie alla sua
unione con la divinit nella persona del Cristo? Nella tradizione
alessandrina in particolare la deificazione era considerata quale
risultato dell'unione delle due nature in Cristo: come il ferro
unito al fuoco diventa fuoco, cos l'umanit unita alla divinit
stata resa divina. Se questa unit non reale ma solo condizio-
nale "in occasione del culto", come si pu ancora parlare di dei-
ficazione della natura umana?
81
Il,rr,z8.
---
Abbiamo visto poc'anzi che Isacco non respingeva l'idea di
una deificazione dell'uomo, tutt'altro: vedeva anzi in essa il fine
ultimo della vita umana. Ma il suo modo di spiegare come Cri-
sto l'abbia resa possibile differisce da quello della tradizione
alessandrina. Per lui l'uomo Ges, ascendendo a Dio dopo la re-
surrezione, ha elevato la natura umana allivello della divinit.
Inoltre la passione, la morte, la resurrezione e l'ascensione di
Cristo hanno aperto alla natura umana la possibilit di salire fi-
no a Dio:
In mezzo a uno splendore ineffabile, il Padre lo innalz al
cielo al proprio fianco, a un posto al quale nessun essere uma-
no si era ancora spinto ma dove, attraverso la sua attivit,
Dio aveva invitato tutti gli esseri razionali, angeli e uomini,
a quell'ingresso beato, per gioire nella luce divina della qua-
le era rivestito l'uomo
83
che ripieno di tutto ci che san-
to e che si trova ora con Dio in una gloria e un onore inef-
fabili84.
Si tratta dunque di un approccio soteriologico diverso da
quello degli alessandrini, in cui per l'essenza del messaggio cri-
stiano salvaguardata: l'uomo salvato da Cristo attraverso l'u-
nione della natura umana con la divina. La via per la quale l'uo-
mo Ges salito dalla terra al cielo e dall'umano al divino
83
La sintassi della frase consente due interpretazioni: o si tratta della "luce di cui
era rivestito l'uomo (il Cristo-uomo)", oppure della luce nella quale stava colui che ave-
va rivestito la natura umana (il Cristo-Dio-e-uomo). Quest'ultima lettura non contrad-
dice l'uso fatto qui da Isacco n la tradizionale dottrina siro-orientale; ma la prima in-
terpretazione corrisponde meglio al senso del passo.
84
II, I I ,29. Notiamo come tale concezione sia vicina ai testi della liturgia bizanti-
na. Cf. per esempio questo canto della festa dell'Ascensione: "Dolce G_es, senza ab-
bandonare il seno del Padre tu sei vissuto come un uomo sulla terra; oggr, al monte de-
gli Ulivi, sei stato innalzato nella gloria e,. nella tua misericordia, hai
nella gloria la nostra natura decaduta e l'har fatta sedere accanto al Padre (Sttcbera der
Vespri); "Dio eterno e senza inizio, tu hai assunto la natura umana, tu l'hai misteriosa-
mente divinizzata e tu l'hai fatta salire ai cieli" (Mattutino).
68
ormai, dopo la sua resurrezione, aperta a tutti. La deificazione
qui intesa in senso dinamico, come ascesa dell'essere umano
e insieme di tutto l'universo creato verso la gloria divina, la san-
tit e la luce.
Oltre al capitolo 9, un altro luogo fondamentale per la cristo-
logia di !sacco il capitolo 5 della seconda parte, che contiene
molti passi cristologici. Vi si trova in particolare una preghiera
che adotta la terminologia del "tempio" e che parla di "colui
che vi abita":
Signore, io lodo la tua natura santa, perch tu hai fatto della
mia natura un santuario per nasconderti e un tabernacolo
per i tuoi misteri, un luogo dove puoi abitare e un santo
tempio per la tua divinit, cio per colt che tiene lo scettro
del tuo regno, che governa tutto quello che tu hai fatto esi-
stere, il tabernacolo glorioso del tuo essere eterno, la fonte
di rinnovamento per le schiere fiammeggianti che ti servo-
no, la strada per conoscerti, la porta che permette di veder-
ti, la ricapitolazione del tuo potere e della tua grande sa-
pienza: Ges Cristo, l'unico generato dal tuo seno, e il "re-
sto" che fu raccolto a partire dalla tua creazione visibile e
spiritual
5
.
L'idea dell'ascesa dell'uomo verso Dio grazie all'incarnazione
del Verbo si ritrova in quest'altra preghiera:
O Mistero elevato al di sopra di ogni parola e di ogni silen-
zio, che ti sei fatto uomo per rinnovarci grazie a un'unione
volontaria con la carne, svelami la strada attraverso la quale io
possa essere innalzato fino ai tuoi misteri, e che passa per la
via del silenzio di tutti i pensieri del mondo. Raccogli la mia
mente nel silenzio della preghiera, tacciano in me i pensieri
85
II,j,6. Le allusioni scritturistiche fanno riferimento a Gv ro,9 (''porta"), Gv
r,I8 (''seno"), Is 1,9 e Rm 9,29 (''resto").
dissipati, grazie alla frequentazione illuminata e piena di mi-
steri della preghiera e dello stupore
86

Possiamo qui notare l'espressione "unione volontaria", ricor-
rente in Nestorio e Babai e caratteristica della tradizione si-
ro-orientale87.
La redenzione intesa come il sacrificio del Figlio di Dio
che, offerto a causa dell'amore di Dio Padre per il mondo, uni-
sce il mondo creato a Dio. interessante osservare che !sacco
chiama l'unione di Dio con il mondo una "mescolanza", espres-
sione che la tradizione siro-orientale non avrebbe mai ammesso
se si fosse trattato delle due nature di Cristo:
Tu hai dato tutto il tuo tesoro al mondo, facendogli dono, per
il bene di tutti, del tuo unico Figlio, generato dal tuo seno e
proveniente dal trono del tuo essere. Cosa possiedi ancora
che tu non abbia donato alla tua creazione? Il mondo stato
mescolato a Dio, e la creazione e il Creatore sono diventati
uno
88
!
Parlare di una "mescolanza" tra il mondo e Dio non for-
se un modo, sia pure inconsapevole, di superare gli aspetti pi
estremi del diofisismo? In altri termini, un'affermazione del ge-
nere annulla i netti confini tra Dio e creazione che caratteriz-
zano la posizione diofisita intransigente della chiesa orientale.
Se Teodoro di Mopsuestia e i suoi discepoli potevano essere ac-
cusati di mantenere tra le nature divina e umana una distinzione
che portava a dividere in due l'immagine di Cristo, si pu forse
nutrire lo stesso sospetto nei confronti di !sacco il Siro il quale,
pur rappresentando la stessa corrente teologica, fa intravede-
70
86 II,5,7
87
Cf. S. Brock, n. r a II,5,7, in CSCO 555, p. 8.
88
II,5,r8.
re una certa rottura con il diofisismo estremo? !sacco non parla
di unit essenziale, men che meno di "confusione" tra le due
nature di Cristo, ma parla di una "mescolanza" di Dio con la
creazione
89
. Tale modo di esprimersi rivela che la linea di de-
marcazione tra divino e umano, cos netta nella scuola di Teo-
doro, lo molto meno in !sacco.
Se !sacco non esita a parlare di "mescolanza" di Dio
- con la creazione attraverso l'incarnazione del Verbo di Dio
90
,
proprio perch il Verbo increato di Dio e l'uomo creato Ges so-
no una medesima e unica persona. Nella sua preghiera !sacco si
rivolge dunque a una sola persona, che al tempo stesso Dio e
uomo:
O Cristo, avvolto di luce come di un manto (cf. Sal 104,2),
che a causa mia sei stato nudo davanti a Pilato, rivestimi di
quella forza la cui ombra ha protetto i santi, e grazie alla qua-
le essi hanno conquistato questo mondo di lotte. Possa la tua
divinit, o Signore, compiacersi in me e condurmi al di l del
mondo insieme a te, o Cristo, che i cherubini dai molti occhi
non riescono a contemplare a motivo della gloria del tuo viso,
bench tu vi abbia ricevuto sputi per via del tuo amore: can-
cella la vergogna dal mio volto e permettigli di stare scoperto
davanti a te nell'ora della preghiera
91
.
89
Il tema della "mescolanza" di Dio con la creazione caratteristico di Efrem
quando parla dell'incarnazione e dell'eucaristia, e ritorna continuamente nei suoi
inni.
9
Cf. II,7,3, dove Isacco parla della "mescolanza perfetta" dei santi con Dio, sim-
bolo e tipo dell'unione di Cristo nella santa Trinit. Questa una terminologia eva-
griana: cf. S. Brock, n. 6 a II,7 ,3, in CSCO 555, p. 25.
91 II,5,22-23.
7!
Ricapitolando quanto abbiamo detto sulla teologia di !sacco il
Siro, possiamo ancora una volta sottolineare come l'insieme del
suo pensiero teologico derivi dall'idea che Dio si rivela al mon-
do come amore ineffabile, un amore che ha creato il mondo e lo
guida sulla via che conduce a Dio. Per amore della creazione e
per la salvezza dell'umanit Dio ha assunto un corpo umano ed
morto sulla croce, al fine di rinnovare la natura umana e offrir-
le un accesso al regno dei cieli. La salvezza di una persona altro
non che la sua ascesa verso la luce e l'amore divini, alla sequela
del Cristo che era s uomo, ma un uomo che, innalzato allivello
della divinit, ha reso divina la natura umana.
II
LA VIA DEL SOLITARIO
Vuoi conoscere l'uomo di Dio?
Impara a riconoscerlo dal suo silenzio continuo,
dalle lacrime,
dall'attenzione che presta costantemente a se stesso.
Centurie di conoscenza IV,76
Ama tutti gli uomini, ma tieniti a distanza da tutti.
In questo capitolo ci proponiamo di affrontare uno dei tratti
pi caratteristici di !sacco: l'ascetismo siria co. In primo luogo
vedremo come la vita ascetica da lui considerata una vita di
solitudine, lontano dal mondo e dalle passioni. Quindi illustre-
remo i suoi insegnamenti sulla rinuncia al mondo richiesta al
cristiano che intraprende la via dell'ascesi, sull'amore di Dio e
del prossimo, sulla quiete come una delle condizioni principali
per conseguire la pace dello spirito. Nella maggior parte dei casi
ci occuperemo di aspetti della vita monastica e solitaria, ma trat-
teremo anche altri temi cari a Isacco riguardanti la vita cristia-
na in generale, come il suo insegnamento sulla realizzazione dei
comandamenti di Dio e sulla lotta alle passioni. Questa indagine
ci permetter di circoscrivere l'individualit specifica di !sacco
e di apprezzarne l'originalit nell'affrontare alcuni temi-chiave
dell'ascesi cristiana.
73
Solitudine e rinuncia al mondo
Protagonista degli scritti di !sacco lo il "solitario",
o pi letteralmente il "singolo" (affine all'ebraico "singo-
lare"). Al tempo di I sacco questo termine designava il monaco
eremita in opposizione al dayraya, il cenobita. Il significato eti-
moloaico del temine tuttavia molto pi ampio: esso indica l'u-
o .
nit di una persona all'interno di se stessa, come pure la sua um-
t con Dio. cos che nella pshitta (versione siriaca della Bibbia)
la parola i(Jidaya era stata usata come epiteto di Adamo, creato a
immagine di Dio: "La sapienza ha custodito il primo padre,
l'ihidaya, che era stato creato nel mondo"
1
. Per il Nuovo Testa-
innanzi tutto l'epiteto di Ges Cristo, e traduce
il greco monoghens, l"'Unigenito" o Figlio unico. Negli scritti
siriaci del rv secolo il termine gi usato con riferimento agli
asceti i quali, poich non si sposano, assomigliano agli angeli.
Solitario chi vive in Cristo, "il Figlio unico (i(Jidaya) del Padre
che ralleara tutti i solitari (ihidaye)", come spiega Afraat
2

b
Per !sacco solitudine non sinonimo di celibato o vita eremi-
tica. La parola denota innanzi tutto un'esperienza di unione con
Dio. La maggior parte della gente trova la solitudine difficile da
sopportare e la considera un'esperienza totalmente negativa di
1 Sap IO,I syr. Cf. il Targum palestinese nella sua versione si:iaca: "Guarda il
Adamo che io ho creato che sincrolo (ibiclay) nel mondo come lO sono smgolo nel! alto
dei cieli" (ci t. in S. IbfdayutiJa. A Study of tbe Life o/ Singleness in tbe Syrian
Orient/rom Ignatius o/ Antio.cb to Cbalcedon, 45I 11D, ARAM Society for Syro-Mesopota-
rnian Studies, Oxford I993, p. 169; cf. anche S. Brock, The Lummous Eye. Tbe Spmtual
World Vision o/ St. Epbrem, Cistercian Publications, Kalamazo? p. II1. . .
2 Dimostrazioni 6,6. Per una discussione pi globale sul s1gruhcato della solitudi-
ne nella tradizione siriaca, si veda S. H. Griffith, "Monks, 'Singles' and the 'Sons of
the Covenant'. Reflections o n Syriac Ascetic Terminology", in Eulogema. Studies in
Honor o/ Robert Taft sf, Pontificio Ateneo Sant'Anselm?, Roma I993, J?P
Id. "Asceticism in the Church of Syria. The Hermeneut!CS of Early Synan Monastl-
in Asceticism, ed. by V. L. Wimbush and R. Valantasis, Oxford University Press,
Oxford-New York I995, pp. 11o-245
74
isolamento, di abbandono e di assenza dell"'altro" con cui divi-
dere le gioie e le pene della vita di quaggi. Per !sacco al contra-
rio la solitudine esperienza della presenza di Dio, che pi vi-
cino di qualsiasi amico e si prende sempre cura dell'uomo. "Dio
non ha mai lasciato percepire la sua azione altro che in un am-
biente di quiete, nel deserto, o in luoghi appartati, lontano dagli
incontri occasionali con gli uomini o lontano dalla confusione
..... delle loro dimore"
3
Chi vive nel deserto, lontano dalla gente,
pu star sicuro di avere in lui un custode che non lo lascer mai
solo
4
. L'anima di colui che separato dal mondo e conduce una
vita di quiete elevata verso Dio, piena di meraviglia, colta dallo
stupore, e dimora con Dio
5
.
La solitudine l'esperienza interiore di chi vive con se stesso
si ritira nella propria interiorit, condizione necessaria per
unirsi a Dio. Al tempo stesso, l'esperienza della rinuncia al-
l"'altro", amico o parente che sia. Essa infine un'esperienza di
ritiro dal mondo e di rinuncia, allo scopo di unirsi a Dio. La so-
litudine pu essere dolorosa e piena di sofferenze interiori; tut-
tavia, senza farne esperienza, nessuno si avvicina alla pienezza
della vita in Dio, alla comunione con lo Spirito santo e all'il-
luminazione spirituale: "La solitudine ci fa comunicare con lo
Spirito divino e in breve, senza incontrare ostacoli, ci avvicina
alla limpidezza del pensiero"
6
.
Agli occhi di !sacco rinunciare al mondo per vivere da soli-
tari in Dio la condizione necessaria per intraprendere la via
che conduce a lui: "La liberazione dalle cose materiali precede
il legame con Dio"
7
"Nessuno pu avvicinarsi a Dio se non si
separato dal mondo. Ma io chiamo separazione non il distac-
'I, p (p. 355) = Touraille I9 (p. I33); PR 77 (p. 53 I).
'Cf. I,54 (pp. 2
7
o-z
7
I) = PR S3 (p. 386).
5
Cf. I,3 (p. I6) = Touraille 81 (p. 403); PR 3 (pp. 20-2 I).
6
Centw1e di conoscenza II,3 I.
7
I, I (p. 7) = Touraille I (p. 63); PR I (p. 7).
75
co del corpo, bensl il distacco dalle faccende del m o ~ d o ~ . In
questo contesto, "mondo" "un nome collettivo che s1 apphca a
ci che chiamiamo passioni"
9
. Uscire dal mondo e monre a es-
so vuoi dire liberarsi delle passioni e dello "spirito della carne"
(cf. Rm 8,7), cio di tutto quello che, nel corpo o nella materia,
pone ostacoli sulla strada della vita spirituale
10
. Essendo l'amore
del mondo incompatibile con l'amore di Dio, bisogna liberarsi
del primo per acquisire il secondo: "L'anima che ama ~ i o trova
in lui solo la sua pace. Dapprima sciogli te stesso da ogmlegame
esteriore, poi sforzati di legare il tuo cuore a Dio, giacch l'unio-
ne con Dio preceduta dal distacco dalla materia"
11
.
Questa rinuncia al mondo procede per gradi. Comincia con il
desiderio di giungere alla contemplazione di Dio e comporta
una disciplina sia del corpo che dell'anima. D'altra parte c' una
corrispondenza tra grado di rinuncia e capacit acquisita di im-
mergersi nella contemplazione di Dio:
Benedetta sia la maest di Dio che apre davanti a noi una
porta, affinch nostra unica aspirazione sia desiderarlo! Allo-
ra noi lasciamo ogni cosa, e la nostra mente avanza nella ri-
cerca unicamente del Signore, senza altre preoccupazioni che
possano impedirgliene la contemplazione. Miei cari fratelli,
pi la mente abbandona il pensiero delle cose visibili e non si
dedica ad altro che alla speranza delle cose a venire ... pi si
affina e diventa trasparente nella preghiera. E pi il corpo
liberato delle cose del mondo, pi la mente a sua volta se ne
affranca ...
Ecco perch il Signore ci ha comandato di badare, prima di
ogni altra cosa, a non possedere nulla e a ritrarci dagli affan-
ni del mondo liberandoci dalle cure abituali degli uomini. Ha
'1,I (pp. 3-4) = Touraille I (p. 59); PR I (p. 2).
9
1,2 (p. I4) = Touraille 30 (p. I93); PR 2 (p. I8).
1
Cf. I,2 (p. I5) = Toumille 30 (pp. I93-I94); PR 2 (p. I9).
11
I,4 (p. 29) = Touraille 23 (p. I5I); PR 4 (p. 40).
detto: "Chi non rinuncia completamente alla sua condizione
di uomo e a tutto ci che gli appartiene e non rinnega se stes-
so, non pu essere mio discepolo" (cf. Le r4,33Jl
2
.
Rinunciare al mondo e vivere secondo una severa disciplina di
corpo e di spirito non da tutti. Molti si sono dimostrati inca-
paci di condurre a buon fine una simile impresa e, dopo aver co-
minciato, hanno poi abbandonato la via dell'ascesi per ritornare
al mondo. Isacco ne parla con profondo rammarico:
In effetti molti hanno cominciato tra le fatiche, la povert,
la mortificazione delle cose che passano, la continua preghie-
ra, le lacrime, le molte prostrazioni, una vita umile e senza
passioni, la clausura prolungata, la quiete, la condizione di
stranieri fra gli uomini, insomma tutte le cose che ho appena
enumerato, ma poi hanno finito per lasciarsi andare alla ri-
lassatezza, a una certa celebrit, ai rapporti con i ricchi e al-
l'allegra compagnia con la gente del mondo: e sono diventati
procuratori, giudici, consiglieri e mediatori di affari impor-
tanti, chi tra i monaci, chi tra i secolari. Altri ancora hanno
accettato la vista delle donne, i loro consigli e insegnamenti,
e le loro celle sono diventate luoghi di ritrovo e di incontro
per gli abitanti del villaggio. Al posto delle mortificazioni di
prima hanno scelto una vita tumultuosa e la loro condotta
sprofondata nella cecit. Hanno concluso la vita nelle prati-
che del corpo, dopo tanto rigore nell'osservanza delle regole e
dopo la nobile vita di un tempo, quando non osavano nem-
meno guardare un volto mortale e si rendevano simili alla vita
futura nell'emulazione degli esseri incorporei, grazie allo zelo
nell'osservanza di una vita di quiete
13
.
L'ideale di una totale rinuncia al mondo attecchito nella
prassi del romitaggio monastico dei primi tempi. Gli asceti di
12
1,63 (pp. 302-303) = Touraille 35 (p. 2I8); PR 63 (pp. 437-438).
" Centurie di conoscenza II,97.
77
.---
una volta si ritiravano nel deserto per evitare i conflitti suscitati
dalla vicinanza delle cose terrene:
Finch uno non si allontana da ci che il suo cuore teme,
l'Avversario ha sempre un punto di vantaggio su di lui ... I pa-
dri che hanno percorso questa strada prima di noi sapevano
bene che il nostro intelletto non gode sempre di una salute di
ferro ... Quindi, considerando saggiamente le cose, si sono
rivestiti della rinuncia al possesso come di un'armatura ... si
sono ritirati nel deserto, dove non c'era niente che potesse
dare occasione alle passioni ... Voglio dire che non c'era posto
per la collera, la cupidigia, il ricordo dei torti subiti, n per la
gloria, e che tutte queste e altre simili cose erano rese inof-
fensive dal deserto. L infatti, come in una torre, protetti da
un bastione inespugnabile, essi potevano portare a termine la
loro lotta nella solitudine, dove i sensi non trovavano nulla
che desse manforte al nostro Avversario attraverso l'incontro
con gli oggetti che ci feriscono
14
.
Ecco perch monaci fuggivano il mondo: per non creare occa-
sioni di contatto con le passioni, i peccati e i pensieri colpevoli.
Inoltre, nel monachesimo di tipo eremitico troviamo la ricerca
di un tale distacco dagli uomini da rifiutare in certi casi qual-
siasi contatto con essi. La vita monastica diventa cos una vita in
solitudine nel senso letterale della parola. Isacco ritiene che la
solitudine completa sia superiore alla vita in una comunit mo-
nastica, che lui accetta unicamente come preparazione alla vita
solitaria. Quando si imparato a vivere con gli altri, prefer-
bile ritirarsi completamente da ogni contatto con le persone, ad
eccezione del proprio padre spirituale:
Non bene che chi ne all'altezza e possiede una forte aspi-
razione a Dio, una volta abbandonato il mondo resti a lungo
'"I,73 (pp. 358-359) = Touraille 6 (p. 9'o); PR 78 (pp. 536-538).
in comunit, in mezzo al viavai di tante persone. Appena avr
parato con;' la vita in fraternit, il grado e lo scopo dell'a-
(monastlco) e le varie umiliazioni che esso comporta, si
nsolva a restare solo nella propria cella
15
, sia per non fare 1' a-
bitudine alla vita in comune sia perch la semplicit dei suoi
esordi non si trasformi in ipocrisia, vivendo in mezzo a certi
fratelli disinvolti che si trovano fra noi. Ne ho visto tanti che
puri e innocenti all'inizio del loro ritiro dal mondo e all'arri:
vo nella casa dei fratelli, dopo un po', a causa di una convi-
v_enza eccessiva, _sono diventati ipocriti e arroganti, senza pi
ntrovare la loro mnocenza di prima. Per questo motivo deci-
di di frequentare un solo anziano di cui tutti la
bella condotta di vita e la conoscenza della quiete. Dovrai ve-
dere solo lui per esercitarti e imparare da lui la condotta della
quiete
16
: Da questo momento in poi non frequentare nessun
altro, e m breve sarai degno di gustare la conoscenza 17.
Lo stesso tema sviluppato nel passo seguente, in cui Isacco
parla della sfera delle virt che egli giudica inferiori a quelle cui
pu giungere un solitario, completamente ritirato dal mondo e
da ogni commercio con la gente:
Non confrontare l'insieme delle regole e le fatiche mirabili
che esse comportano con la mancanza di notoriet, l'assenza
dell_a fama e la fuga da tutto ... Pochi sono convinti, pochi
cap1sc?no che noi, i solitari, ci sbarriamo dietro una porta
nel chmso della nostra interiorit non gi per praticare la vir-
t,_ ma al_ contrario per morire alla virt stessa ... Infatti, se
no1 cerchiamo la virt a partire dalla quiete e i nostri fratel-
li s?erimentati dalla vita comune fanno altrettanto, perch
aggmngere questa fuga e seppellirsi in una cella? No, noi ci
15
Letteralmente: "capanna".
16
Si .n?ti l'importanza che !sacco attribuisce all'accompagnamento spirituale, mo-
In ta! r;nodo fed_ele alla secolare tradizione monastica che ritiene la vita mo-
nas;;ca rmpossrbile senza il competente aiuto di un anziano ricco di esperienza.
Centune dz couoscenza IV,7r.
79
aspettiamo di ricevere dalla quiete qualcosa che impossibile
raggiungere tra la folla, nemmeno impegnandosi allo stremo
delle forze
18
. Se fossimo dediti all'opera della virt, in che
modo la coabitazione con molti ci sarebbe di ostacolo? La
coabitazione non ha mai impedito n il digiuno, n la litur-
gia, n l'elemosina, n altre simili opere; anzi, essa darebbe
modo di praticarle ancora di pi. D'altro canto, non sappia-
mo se la virt esista all'infuori di queste cose ...
Le delizie spirituali dispensate dall'opera nascosta non sono
contate come virt, ma quest'opera pi importante della
virt stessa
19
. La virt qualsiasi opera compiuta a causa di
Dio, in pubblico e con l'aiuto dei sensi corporei. Ecco perch
pratichiamo la virt in una comunit e, ammaestrati da essa,
entriamo nella quiete, aspettando per di esserne diventati
degni. chiaro che anche il canto degli uccelli turba la quie-
te: a maggior ragione lo faranno le persone che entrano ed
escono in continuazione e che siamo costretti a vedere! Sap-
piamo che molti padri spirituali ai quali il corpo non permet-
te pi di praticare le opere della virt non vogliono minima-
mente ridurre la loro quiete: prostrati faccia a terra dentro
le loro celle, con la porta chiusa, rimangono soli nella quiete.
Sarebbe giusto diminuire la loro quiete per il fatto che non
sono in grado di praticare le fatiche dell'ascesi? La dolcezza
della solitudine non permette loro di essere continuamente
esposti agli sguardi di un'assemblea. Giacch una sola pre-
ghiera offerta a Dio in solitudine, prostrati nell'intimo del
cuore, nella dolcezza del dolore e dell'umilt, ben pi deli-
ziosa di mille fatiche e preghiere offerte a Dio fuori della cel-
la, e ben pi dolce anche di quanto di meglio si veda e si pra-
tichi assiduamente nella vita comune, e pi ancora di tutte le
ricreazioni e le feste. Il fine della virt [praticata nella vita
comune] il rapporto solitario con Dio e la meditazione silen-
ziosa e spirituale su di lui. Per il solitario non ci sono feste
1
' Letteralmente: "nemmeno se restassimo appesi per le palpebre", immagine che
suggerisce uno sforzo estremo.
19
Letteralmente: " signora della virt".
So
sulla terra. Il pentimento la sua festa, e in luogo delle fati-
che dell'ascesi, di cui altri si gloriano non senza qualche com-
piacimento, egli conosce il peso della quiete
20

Questa fuga da tutti gli esseri umani non ha altro fine che
favorire l'unione con Dio: il solitario non ama essere distratto
dal suo stare al cospetto di Dio. !sacco trova accenti severi per
denunciare il danno che il solitario ricava dall'incontro con la
gente:
Oh, che danno per il solitario la vista e la frequentazione del-
la gente! Come il soffio improvviso del gelo avventandosi sul-
le tenere gemme degli alberi le trafigge e le brucia, cos i con-
tatti con gli altri, anche brevi, anche apparentemente ispirati
da buoni motivi, fanno appassire i fiori della virt appena
schiusi nell'aria temperata della quiete che protegge con de-
licata dolcezza l'albero fruttifero dell'anima, piantato lungo
i ruscelli del pentimento. E come il freddo glaciale assalendo
i nuovi germogli li brucia, cos le conversazioni con la gen-
te aggrediscono e distruggono le radici di una mente da cui
appena spuntata qualche tenera gemma di virt. E se pu
nuocere all'anima il commercio con persone che, pur control-
late in un campo particolare, in altri conservano qualche di-
fetto di minor conto, quanto pi dannose saranno la vista e
le chiacchiere degli ignoranti e degli sciocchi
21
!
Nel trattare della necessit di fuggire il mondo e gli uomini,
!sacco porta spesso a esempio gli asceti d'altri tempi, special-
mente Arsenio il Grande, che gli era particolarmente caro, del
quale racconta il seguente aneddoto: Arsenio, vedendo un visi-
tatore che si avvicinava al suo deserto, scapp via. "Aspettami,
padre mio - grid il monaco - perch io ti rincorro a causa di
2
Centurie di conoscenza II,4r.43-44
21
I,r9 (p. 99) = Touraille 13 (p. 112); PR r6 (pp. I3I-IJz).
Dio"; "E a causa di Dio io ti fuggo", replic Arsenio
22
. In un'al-
tra occasione Arsenio si prostr davanti a un monaco che era ve-
nuto a trovarlo dicendo: "Non mi alzer finch non te ne sarai
andato". Quando gli fece visita un arcivescovo in cerca di inse-
gnamento spirituale, Arsenio rispose: "Dovunque tu senta dire
che si trova Arsenio, non andarci". Un giorno, richiesto del mo-
tivo per cui evitava tutti, rispose: "Dio sa che vi amo, ma non
posso stare nello stesso tempo con Dio e con gli uomini". Que-
sto era il modo in cui Arsenio osservava il comandamento rice-
vuto da Dio: "Arsenio, fuggi gli uomini e sarai salvato"
23

Secondo I sacco, la rinuncia alle persone dev'essere radicale e
assoluta. Ogni relazione o legame di amicizia e di affetto dev'es-
sere troncato. La rinuncia ai genitori e ai parenti uno dei temi
pi tradizionali della letteratura monastica. Per spiegarlo Isacco
porta l'esempio di un santo monaco che non andava mai a trova-
re il fratello, monaco anch'esso. Quest'ultimo, in punto di mor-
te, gli mand un messaggio per chiedergli che venisse a dirgli
addio. "Ma non per questo, nemmeno nell'ora in cui la natura
solita mostrare compassione al prossimo, il sant'uomo si lasci
convincere a oltrepassare i limiti che si era volontariamente im-
posti. 'Se esco- disse- il mio cuore non sar pi puro al cospet-
to di Dio'. Il fratello dunque mor senza vederlo"
24
. La storia,
che suona crudele a orecchi moderni, mostra quale grado di ri-
nuncia il monachesimo primitivo si aspettasse dai monaci.
A volte Isacco parla non solo di fuga dalla gente ma anche di
morte rispetto alla gente. Morire agli uomini condizione del
morire al mondo ed indispensabile per raggiungere lo stato
della limpidit spirituale:
22
I,n (p. II2) = Touraille 79 (p. 39I); PR I8 (pp. I53I54l- Cf. Palladio, Storia
lausiaca I 6.
23
!,44 (pp. 2I82I9) = Touraille, Lettere I (p. 453); PR 4I (pp. }093IO). Gli episo
di qui riportati sono tratti dagli Apoftegmi dei padri (cf. Arsenio I; 7; q; 37; e altri
ancora).
24
!,44 (p. no)= Touraille, Lettere I (p. 454); PR 4I (p. }I2).
82
Quante volte succede che il solitario senta i propri pensieri
muoversi al di l della carne, a partire dall'allontanamento
dalla sua dimora, anche se le fatiche sono modeste! Questo
perch egli del tutto morto agli uomini. Nella misura in cui
si lascia alle spalle la vita nel mondo addentrandosi in territo-
ri abbandonati e deserti e il suo cuore si accorge che gli uomi-
ni sono lontani, allora riceve la quiete dei pensieri. Giacch
nel deserto, fratello mio, a forza di lottare contro i pensieri,
la fatica e il tormento che vengono da essi non sono poi cos
grandi. In realt la semplice vista del deserto mortifica natu-
ralmente gli impulsi mondani del cuore e lo mette al riparo
dai loro assalti. Come la vista di chi sta vicino al fumo, se non
si allontana, non pu essere chiara, cos non possibile acqui-
sire purezza di cuore e quiete di pensiero senza la solitudine,
lontano dai fumi del mondo che salgono davanti ai sensi e ac-
cecano gli occhi dell'anima
25
.
Per raggiungere la pienezza della sua vita in Dio, il monaco
deve riuscire non solo a dimenticare gli altri e a cancellarne in
s ogni rimembranza, ma anche ad abbandonare qualsiasi preoc-
cupazione per loro e rinunciare a ogni gesto di bont nei loro
confronti:
Se vuoi attenerti rigorosamente alla quiete, diventa come i
cherubini, che non accolgono alcun pensiero su nessun argo-
mento di questa vita, e mettiti nell'ordine di idee che, all'in-
fuori di te e di Dio, non esista nessun altro sulla terra del
quale tu debba curarti, come hai appreso dai padri che ti han-
no preceduto. Finch un monaco non avr indurito il proprio
cuore costringendolo a trattenere la compassione, cos da es-
sere immune da qualsiasi preoccupazione per gli altri- a cau-
sa di Dio o di una qualche necessit materiale - e finch non
sapr perseverare nella sola preghiera nei tempi stabiliti, sen-
25
Centurie di conoscenza IV,5052.
za che alcun attaccamento o ansiet per gli altri si insinui nel
suo cuore, egli sar incapace di vivere nella quiete libero da
turbamenti e preoccupazioni
26

Bench l'esigenza di limitare i gesti di misericordia riguardi
solo i tempi specificamente previsti per la preghiera, tuttavia
evidente che agli occhi di Isacco la vita in quiete pi elevata
della vita attiva al servizio degli altri. Per questo motivo egli in-
siste tanto sulla necessit di rinunciare, almeno in certi periodi,
a ogni attivit filantropica, se si vuole raggiungere il fine della
vita nella quiete.
Amore di Dio e amore del prossimo
In che modo una cos radicale insistenza sulla rinuncia agli
uomini si concilia con il comandamento dell'amore del prassi-
mo? Questa fuga dagli uomini non al tempo stesso una fuga da
Cristo, lui che ha detto: "Amerai il prossimo tuo come te stesso"
(Mt 22,39)? Un tale isolamento non conduce alla perdita o al-
l' assenza di ogni amore per gli altri, a un'indifferenza egoistica
verso tutto ci che diverso da s?
Sono domande alle quali Isacco si affretta a rispondere nega-
tivamente, sostenendo che, al contrario, fuggire gli uomini para-
dossalmente accresce l'amore verso di essi. Il comandamento di
amare Dio universale e include pertanto quello di amare il
prossimo:
Il comandamento che dice: "Amerai il Signore Dio tuo con
tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua
26
I,21 (p. 1I2) = Touraille 79 (p. 39r); PR r8 (p. 153).
mente" (Mt 22,37), al di sopra del mondo, della natura e di
quanto vi appartiene, adempiuto quando tu perseveri pa-
zientemente nella quiete. E il comandamento che tratta del-
l'amore del prossimo incluso nel primo. Vuoi acquisire nel-
l'anima, secondo il comandamento dell'evangelo, l'amore per
il prossimo? Allontanati da lui, e il calore e la fiamma dell'a-
more per lui arderanno in te e gioirai alla vista del suo aspetto
esteriore come se contemplassi un angelo di luce. Se poi desi-
deri che quelli che ti amano abbiano sete di te, fa' in modo di
vederli solo a giorni fissi. Ma tutto questo si impara con l'e-
sperienza
27

Qui occorre sottolineare, per i lettori che potrebbero essere
urtati da un tale atteggiamento verso il prossimo, che Isacco cos
parlando non intende proporre raccomandazioni universalmen-
te applicabili, giacch i suoi scritti si rivolgono prevalentemente
a eremiti ed egli parla a un pubblico del tutto particolare. Inol-
tre, non dice nulla che non parta dalla sua personale esperienza
di solitario per vocazione, e che non tenga conto dell'esperienza
di altri solitari che vivono o sono vissuti nelle vicinanze. Pertan-
to qui si tratta proprio della via monastica nel senso pi stretto,
quella che consiste nell'acquisire l'amore degli altri eliminando
ogni contatto con loro.
Isacco convinto che il compito principale di un cristiano sia
la purificazione dell'uomo interiore, compito ben pi importan-
te dei rapporti con gli altri o di qualsiasi attivit alloro servizio.
Tale attivit, d'altro canto, particolarmente rischiosa quando
il cuore del monaco non del tutto purificato e vi albergano an-
cora le passioni. Molti, ricorda Isacco, divennero celebri per la
loro attivit filantropica, ma non dedicarono sufficienti cure alla
loro anima per il fatto di trovarsi costantemente nel mondo, in
mezzo alle sue passioni e alle sue tentazioni:
27
l,44 (p. 220) = Touraille, Lettere r (p. 455); PR 4r (pp. 312-313).
Molti hanno compiuto imprese di grande prestigio, hanno ri-
suscitato morti, si sono prodigati nel convertire gli erranti,
hanno operato grandi miracoli e molti, per merito loro, sono
stati portati alla conoscenza di Dio. Ma in seguito proprio lo-
ro che avevano incoraggiato gli altri sono caduti in preda a
passioni infami e abominevoli e si sono completamente adul-
terati, diventando pietra di scandalo per molti, una volta che
la loro condotta fu rivelata. Questo perch la loro anima era
ancora malata, e invece di prendersi cura della propria salute,
si sono gettati nel mare del mondo per curare quella altrui,
quando proprio loro erano infermi; cos, come ho detto, han-
no perduto se stessi e la loro speranza in Dio. La fragilit dei
loro sensi non era in condizione di far fronte o resistere alla
fiamma delle cose che sogliano far incrudelire le passioni
28
.
Isacco dunque non condanna le buone azioni, ma sottolinea
la necessit di godere di un'ottima salute spirituale prima di af-
frontare il mondo con l'intento di guarire gli altri. Chi sia spiri-
tualmente solido e abbia acquisito la necessaria esperienza della
vita interiore sar pi utile al suo prossimo. L'attivit esteriore,
anche quella apostolica utile agli altri, non potr mai sostituirsi
alla profondit interiore:
86
Insegnare agli altri ci che buono e prodigarsi assiduamente
per liberarli dall'illusione e avvicinarli alla conoscenza della
vita, cosa eccellente. Questa stata la via percorsa da Cristo
e dagli apostoli, una via molto nobile. Ma se uno avverte che,
a causa di questa via e del continuo rapporto con la gente, la
sua coscienza si indebolisce alla vista delle cose esteriori, la
sua serenit turbata e la conoscenza si offusca ... che per vo-
ler guarire gli altri sul punto di perdere la propria salute, che
la sua mente scossa e ha abbandonato la casta libert della
volont, allora ... ritorni sui suoi passi, per non dover sentire
28
1,4 (p. 32) = Touraille 23 (p. 155); PR 4 (p. 46).
dalla bocca del Signore le parole del proverbio: "Medico, cu-
ra te stesso" (Le 4,23). Si condanni da solo e abbia cura della
propria salute. Invece di parole, uno stile di vita nobile pren-
da il posto dell'insegnamento, e invece del suono della bocca
siano di esempio agli altri le sue opere, cosicch, avendo con-
servato la salute dell'anima, per mezzo di questa possa ren-
dersi utile agli altri. Giacch quando lontano dagli uomini
pu essere loro pi utile per il fervore delle sue buone azioni
che attraverso le parole, visto che lui stesso infermo ed bi-
sognoso di cure pi di loro. Infatti "Se un cieco guida un cie-
co, cadranno entrambi nel fosso" (Mt
15
,
14
)2
9
.
Agli occhi di !sacco dunque necessario che il solitario guari-
sca innanzitutto la propria anima, prima di prendersi cura di
quelle degli altri. La vita interiore in Dio pi elevata di qual-
siasi attivit filantropica o missionaria:
Ama il disimpegno della quiete pi dell'impegno per la fa-
me nel mondo o per la conversione di masse di pagani. me-
glio per te liberarti delle catene del peccato che liberare degli
schiavi dalla loro servit. meglio per te fare la pace con te
stesso che rappacificare le persone in disaccordo. Giacch,
come ha detto Gregorio il Teologo, " buona cosa parlare del-
le cose di Dio a causa di Dio, ma meglio per l'uomo puri-
ficare se stesso davanti a Dio"
30
Dedicarti ali' innalzamento
della tua anima, morta a causa delle passioni, verso le intui-
zioni su Dio, ti pi utile che resuscitare un morto
31
.
Questo non vuole affatto dire che !sacco disapprovi le attivit
caritatevoli nel loro insieme; egli vuole solo sottolineare che esse
non costituiscono il compito principale degli eremiti, e meglio si
29
1,6 (p. 57)= Touraille 56 (pp. }OO-}or); PR 6 (p. 89).
30
Gregorio di Nazianzo, Disco1!i 3,r2; citazione mancante nella versione siro-orientale
31
1,4 (p. 32) = Touraille 23 (p. 154); PR 4 (pp. 45-46). .
confanno ai secolarP
2
. Per questi ultimi le opere di carit sono
un dovere; quanto agli eremiti, il loro primo compito di veglia-
re sui loro pensieri interiori e purificare la loro mente:
Infatti l'adempimento dei doveri della carit nell'ambito del
benessere materiale costituisce il compito dei secolari nel
mondo, e anche dei monaci, ma solo degli imperfetti fra loro,
quelli che non vivono nella quiete o che mescolano la quiete
con l'intesa fraterna e un continuo viavai. Per tutti costoro,
l'attivit caritatevole buona e degna di ammirazione. Ma
chi ha scelto di ritirarsi dal mondo, nel corpo e nella mente
... non deve servire nell'organizzazione delle cose materiali e
nella giustizia visibile ... ma al contrario, mortificando le pro-
prie membra che appartengono alla terra, secondo le parole
dell'Apostolo (cf. Colj,)), deve offrire a Dio il sacrificio pu-
ro e immacolato dei propri pensieri, le primizie del proprio
servizio come pure le sofferenze del corpo, sopportando pa-
zientemente i pericoli a causa della sua speranza futura. Giac-
ch la disciplina monastica rivaleggia con quella degli angeli,
e non giusto che noi abbandoniamo questo servizio celeste
per aderire a cose materiali
33

Quando parla all'infuori di un contesto eremitico, !sacco sot-
tolinea la necessit delle buone azioni a favore del prossimo.
Avendogli detto un monaco che "i monaci non sono tenuti a di-
stribuire elemosine", egli ribatt che solo il monaco "che non
possiede niente sulla terra, non guadagna nulla per s a partire
dalle cose materiali, non cerca di acquistare niente e ha l'animo
libero da ogni attaccamento alle cose visibili"
34
si trova effet-
32
Cf. 1,54 (p. 270) = Touraille 33 (p. 209); PR 53 (p. 385).
"1,2r (p. 109) = Touraille 78 (p. 387); PR r8 (pp. 147-148). Questa distinzione tra
i "solitari" e gli "altri" potrebbe richiamare quella tra "perfetti" e "giusti" nel Liber
graduum. Secondo questo testo i perfetti devono assomigliare agli angeli che non vesto-
no gli ignudi, non danno da mangiare agli affamati e non si curano dei loro fratelli (cf.
Liber gradu11m 25,8).
"1,2r (p. no)= Touraille 79 (p. 388); PR r8 (pp. I48r49).
88
tivamente in quella condizione. Ma i cenobiti non sono dispen-
sati dalla necessit di fare l'elemosina e compiere atti di filan-
tropia in favore dei loro vicini. Quanto agli eremiti, non devono
fare elemosina bens misericordia, una misericordia che si mani-
festa non tanto nelle opere buone quanto attraverso la loro inter-
cessione in favore del mondo intero. Tuttavia essi non possono
evitare certe iniziative concrete, soprattutto in situazioni che
richiedono un intervento immediato in soccorso di chi soffre:
Benedetto l'uomo di misericordia, perch trover misericor-
dia (cf. Mt 5, 7), non solo nell'aldil ma quaggi, in modo mi-
stico. Invero, si d misericordia pi grande di quella di chi,
per compassione del prossimo, ne condivide le sofferenze?
Nostro Signore affranca l'anima di costui dall'oscurit delle
tenebre -che la geenna spirituale- e la guida alla luce della
vita, colmandola di delizie ... Quando in tuo potere di li-
berare l'empio dal male, non trascurare di farlo. Non penso
tu debba lanciarti in un'impresa del genere quando la cosa
molto distante, giacch una simile attivit non appartiene al
tuo modo di vita. Se per la cosa a portata di mano e rientra
nelle tue capacit ... guardati allora dall'essere partecipe del
sangue dell'empio per non aver voluto fare lo sforzo di libe-
rarlo ... Invece di essere un vendicatore, sii un liberatore; in-
vece di un avvocato di parte, un pacificatore; invece di un tra-
ditore, un martire; invece di un accusatore, un difensore.
Supplica Dio per i peccatori affinch trovino misericordia
35
.
Quindi in certe circostanze anche gli eremiti, il cui compito
non di dedicarsi alle opere buone, hanno il dovere di agire co-
me liberatori e difensori degli uomini. Pi in generale, devono
sforzarsi di acquisire l'amore del prossimo come una qualit in-
teriore, un amore universale e pieno di misericotdia per tutti gli
uomini e tutte le creature. Essendo pieni di misericordia
no guarire se stessi, pensa Isacco, aggiungendo cos una IJ""-i>l:l.-
zione importante alla sua tesi secondo cui non opportuno
plicarsi a opere di carit prima che la propria anima sia
Se le opere buone non sono in grado di guarire l'anima di chi le
compie, lo far la misericordia interiore:
Dentro di te sia sempre il piatto della misericordia quello
pende di pi, finch tu riconosca in te la che
Dio ha per il mondo. Questo stato diventi lo nel
quale vediamo in noi stessi la e vera-
ce di ci che appartiene per natura all'essenza divina. Per
mezzo di queste e simili cose siamo illuminati in modo tale da
essere spinti a Dio con intelletto limpido. Un cuore duro e
senza piet non sar mai L'uomo misericordioso
medico di se stesso da s le della pas-
sione come per effetto di un vento impetuoso
36
.
L'amore universale di cui parla non si raggiunge con
atti di filantropia n in attraverso sforzi umani: un
dono che riceviamo direttamente da Dio. L'insegnamento di
!sacco sul modo di acquisire l'amore del prossimo pu essere co-
s illustrato: se uno si ritira dalla compagnia dei suoi simili per
vivere in solitudine e nella acquista l'amore ardente di
Dio, ed questo amore nascere in lui "l'amore luminoso"
({mbba shapya) per gli uomini. Isacco prende l'espressione apre-
stito dalle Omelie dello Pseudo-Macario, da Giovanni il Solita-
rio e da altri autori , quindi la sviluppa nel capitolo ro
della seconda parte:
90
36
"
e frequenta la conoscenza raggiunger
"f"''-'"'"""1.'- l'amore di Dio, grazie al quale si
Touralle 34 (p. 2r5); PR 65 (p. 455).
n. I a II,r0,34, in esco 555, p. 49
avviciner ali' amore perfetto per gli uomini, suoi pross1m1.
Nessuno si mai potuto accostare a questo amore luminoso
per gli uomini senza essere stato precedentemente giudicato
degno dell'amore meraviglioso e inebriante di Dio
38

Lo schema cos concepito da Isacco differisce da quello della
Prima lettera d Giovanni: "Chi non ama il proprio fratello
vede, non pu amare Dio che non vede" (rGv 4,20). Secondo
Isacco bisogna prima di tutto amare Dio che non si e
quindi, grazie a tale amore, avvicinarsi all'amore per il prossimo
che si vede, o piuttosto non si vede, poich ci si deliberata-
mente proibiti di vederlo. La conquista dell'amore
attraverso le opere buone altrettanto impossibile che la conqui-
sta dell'amore di Dio attraverso l'amore del prossimo:
Arrivare all'amore luminoso per uomini a partire dalla fa-
tica e dalla lotta contro i pensieri, e a da questo amore
essere innalzati fino all'amore di Dio portare a compimento
un tale processo nel corso della anche prolungan-
dolo fino all'ora del congedo mondo tutto ci impos-
sibile per l'uomo, quale che sia la sua lotta. Grazie ai coman-
damenti e al discernimento, tenere a freno i propri
pensieri e purificare la propria rispetto ad essi [agli
uomini], e pu persino alcune opere buone in loro
favore. Ma quanto a l'amore luminoso degli uo-
mini attraverso la lotta, io non sono affatto convinto che sia
possibile: nessuno vi mai arrivato in questo modo e nessuno
mai vi arriver in questa vita, percorrendo una strada del ge-
nere. Senza bere vino non d si pu ubriacare e far sobbalzare
il cuore di gioia; parimenti, senza l'ebbrezza in Dio nessuno
raggiunger, attraverso lo sviluppo naturale delle cose, una
virt che non gli n essa dimorer in lui serena-
mente e senza
9I
Si tratta di una forma particolare di amore del prossimo, la
pi elevata, chiamata da !sacco amore "luminoso" o "perfetto",
che dono di Dio, estraneo alla natura umana. Esso dunque
non assolutamente l'amore naturale degli uomini, degli anima-
li domestici, degli uccelli, delle bestie selvatiche, e via dicendo,
che si trova in molti
40
, ma un amore sovrannaturale che nasce
dall'ebbrezza causata dall'amore di Dio
41
. L'amore luminoso del
prossimo l'amore sacrificale che rende somiglianti a Dio, che
ama peccatori e giusti allo stesso modo:
Chi stato giudicato degno di gustare l'amore divino ((JUbba
alabaya)
42
dimentica tutto per la sua dolcezza, perch a para-
gone di quel sapore tutte le altre cose sensibili appaiono vili,
e la sua anima si accosta gioiosamente all'amore luminoso de-
gli uomini senza distinzioni tra peccatori e giusti. Una tale
persona non mai sopraffatta n turbata dalle debolezze che
incontra nella gente, ma si comporta come i beati apostoli i
quali, in mezzo a tutte le offese che dovettero sopportare da-
gli uomini, erano per assolutamente incapaci di odiarli o di
smettere di mostrare amore per loro. Questo si manifestava
attraverso le azioni, perch accettarono persino la morte af-
finch gli altri fossero salvati; ed erano quegli stessi discepoli
che poco prima avevano domandato a Cristo di far scendere
la folgore dal cielo sui samaritani solo perch si erano rifiutati
di accoglierli nel loro villaggio (cf. Le 9,54)! Ma una volta ri-
cevuto e assaporato l'amore di Dio, divennero perfetti anche
nell'amore per i malvagi, sopportando ogni sorta di male allo
scopo di accattivarseli, incapaci di odiarli. Da qui vedete be-
ne come l'amore perfetto del prossimo non possa essere con-
quistato con la semplice osservanza dei comandamenti
43

"Cf. ibid.
" Il tema dell'"ebbrezza" sar discusso nel capitolo "La vita in Dio" (d. in/ra, pp.
259-319).
42
Espressione caratteristica di Giovanni il Solitario: cf. S. Brode, n. r a II,ro,J6,
in esco sss. p. so.
"II,ro,J6.
92
per questo che, basandosi sull'insegnamento dell'evange-
lo riguardante i due maggiori comandamenti, !sacco ne offre
un'interpretazione personale e propone una sua via particolare
per giungere all'amore di Dio e del prossimo. Ma questa via non
destinata alla maggioranza degli uomini: essa riguarda unica-
mente quelli che hanno seguito la solitudine come percorso di
vita, hanno rinunciato al mondo e si avvicinano a Dio attraverso
la vita nella quiete.
Vivendo lontano dalla gente e restando interiormente solo, il
solitario pu e deve mostrare il suo amore per gli altri:
Gioisci con chi nella gioia (cf. Rm 12,r5), perch questo il
segno della limpida purezza. Soffri con i malati e sii triste
con i peccatori, rallegrati con chi si pente. Sii amico di tutti,
ma resta solo nella tua mente. Condividi le pene di tutti, ma
tieni il tuo corpo distante da tutti. Non respingere nessuno,
non insultare nessuno, nemmeno coloro che vivono in modo
malvagio. Stendi il tuo mantello su chi cade e coprilo. E se
non puoi prendere i suoi peccati su di te n ricevere il castigo
al suo posto, almeno soffri la sua vergogna e non farlo arrossi-
re ... Sappi, fratello, che se dobbiamo restare chiusi dietro la
porta della nostra cella, per non sapere le azioni malvagie
degli uomini, ed cosl che, vedendoli tutti buoni e santi, rag-
giungeremo la purezza della mente
44
.
Cos l'amore luminoso per il prossimo, che non ci fa vedere i
peccati e le debolezze altrui ma solo le loro qualit, nasce in un
cuore purificato e in una mente che dimora nella quiete, total-
mente libera dalle faccende del mondo.
44
I,51 (p. 247) = Touraille 58 (p. 316); PR 50 (pp. 349-350).
93
Quiete e silenzio
In che cosa consiste dunque questa "quiete" (shelya) di cui
!sacco parla continuamente? una volontaria rinuncia al dono
della parola, al fine di creare un silenzio interiore in cui si senta
la presenza di Dio; consiste nel restare senza al cospetto di
Dio in perfetto silenzio e in stato di preghiera. E il ritiro da ogni
attivit di parola e pensiero, per conquistare il silenzio e la pace
dello spirito:
Ecco la definizione di quiete (d-shelya): silenzio (shelyuta) in
ogni cosa. Se nella quiete ti ritrovi pieno di affanno, se tor-
menti il corpo con il lavoro manuale e l'anima con le preoccu-
pazioni, giudica allora tu stesso che genere di quiete stai pra-
ticando, dal momento che ti occupi di tante cose per piacere a
Dio! ridicolo che parliamo di quiete se non abbandoniamo
ogni cosa e non ci stacchiamo da ogni preoccupazione
45

!sacco distingue due specie di quiete: esteriore e interiore.
Quella esteriore consiste nell'osservare il silenzio della lingua e
della bocca; l'interiore nel silenzio dell'intelletto, nella pace del
pensiero, nella calma del cuore. La quiete interiore pi eleva-
ta di quella esteriore, ma se manca la prima, l'altra non serve:
"Se non puoi essere silenzioso nel tuo cuore, osserva almeno il
silenzio della lingua"
46
. La quiete interiore scavata da quella
esteriore e l'asceta deve sempre praticare la seconda per realiz-
zare la prima:
94
Ama il silenzio spra ogni altra cosa, poich ti rende simile a
un frutto che la lingua non pu esprimere. Costringiamoci al
45
1,2r (p. ru) = Touraille 75 (p. 392); PR r8 (p. 154).
46
1,5r (p. 247) = Touraille 58 (p. 316); PR 50 (p. 350).
silenzio, e da esso nascer qualcosa che condurr verso il si-
lenzio stesso [vale a dire il silenzio interiore]. Possa Dio con-
cederti di provare almeno una parte di ci che nasce dal silen-
zio! Se intraprenderai questa pratica, non so dirti tutta la luce
che ne ricaverai. Quando Arsenio, uomo meraviglioso, resta-
va in silenzio - si dice di lui che durante le visite che i padri
gli facevano stesse seduto con loro e li congedasse senza aver
proferito parola - non credere, fratello, che lo facesse volon-
tariamente se non all'inizio, quando vi si costringeva. Dopo
qualche tempo, una certa dolcezza nasce nel cuore a partire
dall'esercizio di questa fatica, che forza il nostro corpo a per-
severare nella quiete ... Il silenzio anche un cammino verso
il silenzio ... Quando Arsenio si accorse che, per via dell'ubi-
cazione della sua dimora, spesso gli era impossibile stare lon-
tano dagli uomini e dai monaci che abitavano nei dintorni al-
lora apprese dalla grazia quel percorso di vita che il
ininterrotto. E se talvolta la necessit lo costringeva ad aprire
la porta a qualcuno, questi era gi felice per il solo fatto di ve-
derlo: la conversazione e lo scambio di parole tra loro erano
diventati superflui
47

L'esperienza di un silenzio che assenza di parole un'espe-
rienza di partecipazione alla vita del mondo a venire. Come scri-
ve !sacco, "il silenzio il mistero del secolo a venire, ma le pa-
role sono gli strumenti di questo mondo"
48
.
Il silenzio esteriore produce frutti nell'interiorit dell'io, men-
tre l'incapacit a tenere a freno la lingua porta all'offuscamento
spirituale:
Fratello, se trattieni la lingua Dio ti conceder il dono della
compunzione del cuore; contemplerai la tua anima e avrai co-
s accesso alla gioia spirituale. Ma se la lingua avr la meglio
47
1,64 (pp. 3I0-3rr) = Touraille 34 (p. 213); PR 65 (pp. 450-452).
48
1,65 (p. 321) = Touraille, Lettere 3 (p. 46r); PR 66 (p. 470).
95
su di te ... non sarai mai in grado di sfuggire all'oscurit. Se il
tuo cuore non puro, che almeno lo sia la bocca
49
.
La natura della quiete interiore sar sviluppata in maggior
dettaglio nel capitolo del presente studio dedicato alla "vita in
Dio", che verter sulla "quiete della mente", uno dei gradi pi
elevati del cammino spirituale. Per il momento ci limitiamo a
indicare i diversi frutti interiori della "vita nella quiete", cio
della forma eremitica della vita monastica. Isacco tratta la que-
stione in una lettera a un amico anonimo, nella quale racco-
alie le testimonianze degli asceti del suo tempo su questo tema.
Queste testimonianze menzionano numerosi frutti della quiete,
in particolare:
- Come una tale vita conduca a una concentrazione della
mente e a un approfondimento dell'attivit spirituale dell'intel-
letto: "Ecco il vantaggio che io ricavo dalla quiete: quando la-
scio la mia dimora, la mia mente priva di qualsiasi preparazio-
ne alla lotta e si applica a un'attivit superiore".
- Come questa vita porti alla dolcezza spirituale, alla gioia,
alla tranquillit interiore e a una perdita estatica dell'attivit dei
sensi e dei pensieri: "Io corro verso la quiete affinch i verset-
ti della mia lettura si riempiano per me di dolcezza. E quan-
do la mia lingua tace per la soavit prodotta dalla loro compren-
sione, cado in una sorta di sonno, in uno stato in cui i sensi e i
pensieri cessano da ogni attivit. Quando poi, dopo un silenzio
P
rolunaato il mio cuore reso calmo e privo di turbamento ...
"' '
onde di gioia si accostano alla navicella della mia anima e la
immergono nella quiete che esiste in Dio, come in un vero e pro-
prio stupore".
- Come la quiete cancelli i ricordi che fanno torto alla mente,
e come essa sia cos in grado di ritornare al suo stato naturale.
49
l,48 (p. 236) = Touraille 73 (pp. 375-376); PR 46 (p. 334).
- Come la quiete aiuti a liberare la mente e a concentrarsi sul
pentimento e la preghiera: "Quando si vedono molti volti e si
ode ogni sorta di voci estranee alla meditazione spirituale ... la
mente non abbastanza libera per contemplare se stessa segreta-
mente, rammentarsi dei suoi peccati, ridurre al nulla i pensieri,
fare attenzione a ci che le viene in mente e dedicarsi alla pre-
ghiera nascosta".
- Come la quiete aiuti a "sottomettere i sensi al dominio
dell'anima"
50

La vita di quiete e silenzio ridesta nell'interiorit dell'anima
quell"'uomo nascosto del cuore" di cui parla san Pietro (d. rPt
3,4). Tale processo si sviluppa in proporzione al grado di morti-
ficazione dell'uomo esteriore, che deve affrontare le lotte nel
mondo:
Al dire di Basilio, la quiete l'inizio della purificazione del-
l'anima51. Giacch, quando le membra cessano da ogni loro
attivit esterna e la dispersione che ne deriva ha termine, la
mente si distoglie dalle distrazioni e dai pensieri che errano al
di fuori della sua sfera, e si colloca tranquillamente all'inter-
no di se stessa, finch il cuore si risveglia per esprimere le ri-
flessioni che ha dentro ... Se la purezza non altro che l'oblio
di un modo non libero di vivere e l'abbandono delle proprie
abitudini, come e quando potr l'uomo purificare la sua ani-
ma che, per sua o altrui attivit, rinnova in lui il ricordo delle
consuetudini di un tempo? Se il cuore si macchia ogni giorno,
quando sar lavato dalle sue lordure? E se non riesce a resiste-
re all'azione delle cose esterne, come potr purificarsi nel bel
mezzo dell'accampamento e nell'incalzare quotidiano dei ru-
mori di guerra? Ma ritirandosi da tutto ci potr a poco a po-
co far cessare questo primo tumulto interiore ... Solo quando
entra nella quiete l'anima pu discernere le passioni ed esa-
'
0
I,65 (pp. vo-vr) = Touraille, Lettere 3 (pp. 459-46r); PR 66 (pp. 468-470).
'
1
Lettera 2 (a Gregorio di Nissa).
97
e, giorno per giorno,
nascosta che fiorisce nella sua
i sensi esteriori e ravviva i moti
interiori, mentre lo di vita esteriore fa il contrario: ravvi-
va i sensi esteriori e uccide i moti interiori 5
2

Osserviamo come
anche quando
sia del tutto coerente con se stesso
la priorit dell'attivit interiore su
Ma contemporaneamente constatiamo l'impos-
la quiete interiore della mente senza il si-
quella
sibilit di
lenzio
modo, il
della vita
della lingua, dei sensi e dei pensieri. In questo
sopra ogni altra cosa" diventa la prima legge
stato di """""'""'""'"'
Senza di esso non solo non si raggiunge lo
ma non si nemmeno in grado di fare i primi
conduce a Dio.
Un cammino monastico verso Dio
"Sappi che una vita breve nella giustizia conformemente al
desiderio di Dio preferibile a molti giorni passati a provocare
la sua collera", scrive Isacco. Merita di essere vissuta solo una
poco importa se breve o lunga - che conduce all'unione
con Dio. Tale la vita del monaco, che non persegue altro fine.
splranLdOSl alla similitudine di san Paolo (cf. 1Cor 9,24-25),
riprende l'immagine dell'atleta che corre nello stadio per
il modo in cui l'intelletto dell'uomo si dirige verso
spirituale di Cristo, coronamento della vita solita-
ria5
3
A volte paragona la vita spirituale a una navigazione per
mare 5
4
; pi spesso a una scala 5
5
, affatto tradizionale
nella letteratura cristiana
56
. ascesa senza fine,
poich la sua meta Dio, che
La fine di questo non pu essere mai raggiunta, al
punto che anche i santi sentono piamente il bisogno della sa-
pienza perfetta, il verso la sapienza non ha fi-
ne. La sale tanto in alto da unire a Dio colui che la
persegue. proprio questo il segno che le intuizioni della sa-
pienza sono illimitate: la sapienza Dio in persona
57

Il solo cammino Isacco conobbe per ascendere a Dio fu
quello monastica ed eremitica. Non quindi
sorprendente le sue raccomandazioni ascetiche siano rivolte
prima di tutto ai monaci, bench molte di esse abbiano portata
universale. l'inizio della vita con Dio come la con-
clusione di un'alleanza (qyama) con lui per separarsi dal mondo:
Quando l'uomo a Dio, conclude con lui un'alleanza
per staccarsi da tutto. Con ci intendo non vedere volto di
donna, non contemplare lo splendore di cose o persone e il
loro o abiti, non curare la compagnia dei
secolari n ascoltarne le parole n volerne sapere di loro 5
8
.
Qui non si tratta di voti monastici, ma piuttosto di una deci-
sione di rinuncia al mondo e a quanto vi appartiene, ri-
tirandosi completamente dalla societ degli uomini.
5J
54
(p. 1 n) Touraille 79 (p. 392); PR r8 (p, 225).
(p. u) Touraille 30 (p. 189); PR 2 (p. 12), e passm.
56
ricordarsi dell' Inte1pretazone delle Beatitudini di Gregorio di N issa e della
Scala del paradiso di Giovanni Clirnaco.
57
(p. r63) Touraille 85 (p. 4r7l; PR 35 (p. 225).
5
' (p. 169) = Touraille 85 (p. 422); PR 35 (p, 235).
99
Il tema dell'"alleanza" con Dio uno dei pi importanti nella
letteratura protomonastica di lingua siriaca. Raggiunge partico-
lare sviluppo presso Afraat che menziona un gruppo di asceti
nell'ambito della chiesa siriaca detti "figli dell'alleanza" o "al-
leati" (bnay qyama)5
9
Si trattava di laici il cui comportamento
non differiva in nulla da quello degli altri cristiani di Siria, se si
eccettuano i voti di celibato, di povert e di servizio della comu-
nit parrocchiale
60
In seguito il termine di alleanza fu attribuito
al monachesimo siriaco che aveva sviluppato le aspirazioni asce-
tiche dei "figli dell'alleanza". In particolare, l'idea che gli eletti
fossero ben distinti dagli altri - idea assai diffusa fra gli "allea-
ti" - avrebbe avuto pieno sviluppo nella tradizione monastica
posteriore, alla quale Isacco appartiene.
In questa tradizione il monachesimo si opponeva radicalmen-
te al resto dell'umanit e i monaci si consideravano una schiera
di eletti:
I figli di Dio sono quindi separati dal resto dell'umanit: essi
vivono nell'afflizione mentre il mondo gode del lusso e degli
agi. Giacch Dio non vuole che coloro che lo amano vivano
negli agi finch risiedono nella carne. Egli piuttosto desidera
che durante tutta la loro vita terrena abitino nell'afflizione,
nell'oppressione, nella fatica, in povert, nudit, isolamento,
nel bisogno, nella malattia, l'abiezione e la difficolt, nello
strazio del cuore, nel rigore corporale, nella rinuncia ai fami-
gliari e nel pensiero del pentimento. Egli desidera per loro un
aspetto diverso da quello del resto della creazione e dimore
dissimili da quelle degli altri; vuole che si stabiliscano in luo-
ghi solitari e tranquilli, ignoti a sguardo umano e privi di tut-
to ci che rende gradevole la vita. Essi piangono, ma il mon-
59
Cf. S. H. Griffith, "Monks, 'Singles' and the 'Sons of the Covenant"', pp. 141
ss.; G. Nedungatt, "The Covenanters of the Ea1ly Syrian-speaking Church", in Orien-
talia cbristianaperiodica 39 (r973), pp. I9I ss.
60
S. AbouZayd, Ibidayutba, p. IDI.
IOO
do ride; sono tristi, ma il mondo gioisce; digiunano, ma il
mondo sguazza nei piaceri. Di giorno soffrono, di notte si co-
stringono a lotte ascetiche aspre ed estenuanti
61
.
Nella societ cristiana il monachesimo svolge un ruolo del
tutto peculiare e vi penetra fino al cuore. Per !sacco ogni mona-
co doveva essere irreprensibile e dare un buon esempio ai secola-
ri in tutto ci che riguarda la sua vita:
Il monaco i ~ i d a y a , solitario), nel suo aspetto e in tutto ci
che fa, dev'essere di incoraggiamento a chi lo guarda. Cos,
grazie alle molte sue virt che brillano come i raggi del sole, i
nemici della verit che lo vedono ammetteranno, loro malgra-
do, la speranza della salvezza che ferma e incrollabile nei
cristiani, e accorreranno a lui come a un rifugio ... Giacch la
vita monastica la gloria della chiesa
62
.
Agli occhi di Isacco la via del monaco un martirio invisibile,
che ha per meta la corona della santit
63
. Essa anche un modo
di "prendere la propria croce" ed quindi incompatibile con la
ricerca degli agi: "Il cammino di Dio la croce di tutti i giorni.
Nessuno salito al cielo per una strada agevole ... "
64
Prendere
la propria croce significa condividere le sofferenze di Cristo:
O lottatore, assapora dentro di te le sofferenze di Cristo, per
essere giudicato degno di assaporarne la gloria. Giacch se
61
I,6o (pp. 293-294) = Touraille 36 (p. 223); PR 6o (pp. 424-425).
62
I, II (p. n)= Touraille IO (p. ID3); PR II (p. rr9). Questa concezione della vita
monastica caiatteristica di tutto l'oriente cristiano nei secoli VII e vm. Essa era ancor
pi marcata a Bisanzio, dove il monachesimo aveva un ruolo dirigente all'interno della
chiesa, particolarmente nel periodo successivo alla crisi iconoclasta. Nella Scala del pa-
radiso di Giovanni Climaco (c. 26) si leggono frasi simili alle affermazioni di Isacco sui
monaci: "Gli angeli sono una luce per i monaci, e la vita monastica una luce per tut-
ti gli uomini. Che i monaci si sforzino dunque di diventale un buon esempio in tutto".
63
Cf. I,37 (p. I7J) = Touraille 85 (p. 426); PR 35 (p. 424).
6
' I,59 (p. 290) = Touraille 4 (p. 75); PR 59 (p. 4I8).
IOI
noi soffriamo con lui saremo glorificati con lui. L'intelletto
non glorificato con Ges se il corpo non soffre con lui
65
.
La vita sulla terra quindi sentita dal monaco come una cro-
cifissione:
Finch hai mani, tendile al cielo nella preghiera prima che le
braccia ti si stacchino dalle giunture e non smettere mai, an-
che se vorresti. Finch hai dita, segnati nella preghiera prima
che la morte venga a sciogliere la forza dei loro tendini. Fin-
ch hai occhi, riempili di lacrime, prima dell'ora in cui la pol-
vere coprir la tua veste nera
66
.
La via che porta a Dio sar diversa per ciascun monaco, ma il
punto di partenza uno solo per tutti: l'ascesi, che implica pre-
ghiera e digiuno
67
. !sacco attribuisce una funzione importante
al digiuno e ad altri mezzi che mirano a disciplinare il corpo:
Il digiuno, le veglie e la vigilanza nel servizio di Dio per re-
sistere alla dolcezza del sonno, crocifiggendo il corpo giorno
e notte, costituiscono la via santa di Dio e il fondamento di
ogni virt. D tutto ci il digiuno il campione: principio
della lotta, corona dell'astinente, splendore della verginit e
della santit, sfavillio della purezza, inizio del cammino del
cristiano, fonte della sobriet e della prudenza, signore della
quiete e precursore di tutte le opere buone. Come il godimen-
to della luce procede di pari passo con la sanit degli occhi,
cos il desiderio della preghiera accompagna il digiuno pra-
ticato con discernimento ... Anche il Salvatore, al momento
di manifestarsi al mondo presso il Giordano, da l prese le
mosse. Infatti, dopo il battesimo ... digiun quaranta giorni e
65
1,36 (p. r6r) = Touraille r6 (p. rq); PR 34 (p. 222),
66
l,64 (p. 315) = Touraille 34 (p. 215); PR 65 (pp. 459-460).
67
Cf. Il,JI,I.
102
quaranta notti (cf. Mt 4,1-12). Allo stesso modo, tutti coloro
che muovono sulle sue tracce fondano [sul digiuno] l'inizio
della loro battaglia
68
.
Il digiuno, accompagnato da altre sofferenze corporali, deve
procedere di pari passo con l'attivit spirituale. Secondo !sacco
la sofferenza corporale precede quella dell'anima, la quale a sua
volta precede ogni attivit della mente:
Le opere compiute con il corpo precedono quelle compiute
con l'anima ... Chi non ha compiuto opere corporali non pu
possedere quelle dell'anima, poich queste nascono da quel-
le, come la spiga nasce da un semplice granello di frumento.
E colui che non possiede le opere dell'anima privato dei do-
ni spirituali
69
.
La mortificazione del corpo porta a un rinnovamento spm-
tuale dell'anima: "Nella misura in cui il corpo appassisce e si,in-
debolisce ... l'anima si ravviva di giorno in giorno e fiorisce pro-
gredendo verso Dio"
70
. Tuttavia le sofferenze corporee non sono
di alcuna utilit se non si accompagnano al "governo interiore
della mente" e se il monaco limita a esse il suo impegno spiritua-
le. Tale impegno infatti riposerebbe unicamente su sforzi asceti-
ci esteriori, facendo assomigliare il monaco in tal modo a quei
farisei condannati da Cristo:
Limitare continuamente la propria speranza, come tipico di
un servizio unicamente esteriore, appartiene alla visione im-
matura e giudaica di coloro che menano vanto dei loro digiu-
ni, delJe offerte e della durata delle loro preghiere, come ha
detto nostro Signore (cf. Mt 6,16), ossia di coloro che non
66
l,37 (pp. I7I-r72) = Touraille 85 (pp. 424-425); PR 35 (pp. 238-240).
69
lA (p. 29) = Touraille 23 (p. r5r); PR 4 (pp. 40-41).
70 Il,24,3
103
intimo la minima percezione n
su Dio con le quali possano ornare la pro-
un incremento di speranza
71

Seguendo uno classico che risale ad autori pi
quali Evagrio e il Solitario, il cammino del monaco
verso Dio si divide tre tappe di progresso spirituale. S tratta
dello stesso schema adottato da Isacco, quando scrive:
Le tappe attraverso le quali si progredisce sono tre: dei
principianti, la tappa intermedia e quella di coloro che hanno
raggiunto la pienezza. Nella prima, anche se la mente orien-
tata verso il tutto il pensiero e tutto il so-
no circoscritti dalle passioni. La seconda una sorta di via
mediana tra le passioni e la tappa spirituale: vi si agitano in
egual misura pensieri della mano destra e della mano sinistra,
mentre luce e tenebre vi si alternano senza posa. Quanto alla
terza tappa, essa caratterizzata dalle rivelazioni dei misteri
divini, quando Dio dischiude la sua porta al monaco che ha
perseverato nelle fatiche
72
.
Ne risultano tre tipi differenti di fatiche spirituali, ciascuno
dei quali corrisponde a una tappa ben precisa dell'avanzamento
spirituale:
I04
La fatica spirituale e il suo fine non sono identici nella tappa
dei principianti, in quella intermedia e in quella finale. La
comporta una parte considerevole di recita-
te" e la sola sottomissione del corpo a un difficile di-
Al culmine della tappa tutto d diminuir,
la perseveranza del monaco cambier oggetto e si estenuer
nella lettura spirituale e pi particolarmente nelle genufles-
79-80) = Touraille II (p. ro5); PR 12 (pp. I2II22).
sioni. All'apice della terza tappa le pratiche precedenti sce-
meranno ulteriormente, per concentrarsi ormai sulla
della e della preghiera del cuore
73
.
Questo non che solo i principianti dovranno digiu-
nare, solo si trovano nella tappa intermedia
leggere le solo i pi avanzati dovranno pregare. Questi
tipi di attivit appartengono agli asceti in tutte le tap-
pe e lungo corso della loro vita. Tuttavia se tappa
dei principianti l'accento posto sulle sofferenze corporee, l'at-
tivit interiore della mente si addice meglio a coloro
che hanno la pienezza:
Ci non che a ciascun culmine le caratteri-
della tappa precedente siano completamente abbando-
nate, ma piuttosto che qualcosa cambia nel loro orientamento
e nel modo in cui sono adempiute ... La recita dei salmi e la
sofferenza del digiuno appartengono alla tappa intermedia,
ma ormai non sono pi eseguite senza discernimento n con
l'impeto che le contraddistingueva nella tappa dei principian-
ti. Allo stesso modo, in cima alla tappa di coloro che hanno
la pienezza ci sar pur sempre la lettura e la fatica
genuflessioni e della salmodia, ma non ne sar pi ne-
cessaria una grande quantit, baster consacrarvisi un
attimo e subito si rimarr catturati e dallo stupore, men-
tre la meditazione continua sull'economia divina (mdabbra-
nu.ta)
74
e la preghiera nascosta avranno ormai maggiore im-
portanza
75

termine siriaco mdabbranuta ,...,.,;,,,J,.nrP oil;onomfa, che significa il
Si applica anche all'attivit
sua morte per la salvezza degli nomini.
di Dio, il suo piano di salvezza
e redentrice del Figlio di Dio e
75
II,22,46.
IO)
rgr)m,,ntn delle pagine seguenti saranno gli svariati aspetti
dell'attivit interiore della mente, e avremo l'occasione di tor-
nare pi particolareggiatamente sui diversi tipi di preghiera, co-
me pure su certi fenomeni mistici, quali lo "stupore" e la con-
possiamo trarre qualche rapida conclusione sul
'-'"'u'a".v verso Dio, cos come Isacco ce lo presenta.
Questo cammino un'ascesa a partire dall'attivit esteriore del
corpo fino dell'attivit contemplativa interiore, che
saranno quando si verr giudicati degni dello "stupo-
re" e dell'unione con Dio. Il primo requisito per giungervi ri-
nunciare al mondo ed essere lasciati soli con Dio. parimenti
necessario la quiete interiore della mente e del cuore,
quella nasce dal silenzio esteriore della bocca e dalla soli-
tudine. La rinuncia al mondo e la vita in solitudine non signifi-
cano rifiuto dell'amore verso il prossimo: al contrario, grazie a
questa rinuncia e a questo ritiro il monaco partecipa dell'amore
di Dio, che finir per destare nel suo cuore "l'amore luminoso"
del prossimo.
In altre parole: dall'ascesi esteriore per andare verso
la contemplazione di Dio, dal silenzio della bocca alla
quiete dell'intelletto, dalla solitudine all'unione con Dio, dal-
l' attivit degli uomini all'" amore luminoso
dell'umanit" tutta intera: ecco il cammino del solitario, quale
Isacco l'ha descritto.
ro6
III
PROVE SULLA VIA CHE CONDUCE A DIO
Dio non concede grandi doni senza grandi prove.
Ho fatto spesso esperienza di queste cose, e ci che ho sco-
perto corrisponde a quanto ho appena scritto per amore fra-
terno, a guisa di pro memoria, giacch penso che molti possa-
no trarre profitto da queste esperienze e progredire.
II,3J ,J
il Siro celebre soprattutto per la descrizione degli sta-
ti superiori, propri degli asceti che hanno raggiunto una
certa pienezza spirituale. Al tempo stesso, per, egli non ignora
negativi della vita cristiana e dell'ascesi, cio le prove
l'asceta deve attraversare.
capitolo analizzeremo l'insegnamento di Isacco sul-
inerenti alla vita cristiana e cercheremo di riassume-
negative cos come sono descritte nella sua ape-
questo, ci occuperemo in primo luogo delle diverse
agguato sul cammino verso Dio dell'asceta, prima
di parlare dell'abbandono da parte di Dio, forma suprema di
ogni or>Jhe<>M
107
Le tentazioni
Il termine siriaco nesyana, corrispondente al greco peirasm6s,
si pu tradurre "tentazione", "prova", "esame", "saggio". Un
altro termine affine, nesyuna, significa "esperienza"; entrambi
derivano dalla radice ebraica nsh, che significa "mettere alla
prova", "saggiare".
La Bibbia conosce vari tipi di tentazione, ai quali prendono
parte tre personaggi: Dio, l'uomo e il demonio. Dio e il demo-
nio hanno il ruolo di tentatori dell'uomo. Dio "tenta" Abramo
al fine di mettere alla prova la sua fede (cf. Gen 22, r); mette alla
prova il popolo eletto nel "crogiolo dell'afflizione" (Is 48,ro);
prova "il cuore e le reni" (Sal 7 ,9) dell'uomo, "scruta tutti i se-
greti recessi del cuore" (Pr 20,27). Da parte sua, il demonio ten-
ta Adamo ed Eva inducendoli a mangiare dell'albero della cono-
scenza (cf. Gen 3,r-6), e tenta Ges nel deserto (cf. Mt 4,r-r r).
Esiste un terzo tipo di tentazione, in cui l'uomo a tentare Dio:
Israele ha tentato Dio a causa della sua mancanza di fede (cf. Es
I7, 7); i farisei e gli erodiani hanno tentato Ges (cf. M t 2 2, r 5),
mentre Anania e Saffira hanno tentato lo Spirito santo (cf. At
5,9). Esiste infine un quarto tipo di tentazione, quando l'uomo
" tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo seduce"
(Gc r,r4).
I sacco tratta di solito le prime due tentazioni, da Dio e dal de-
monio. La prima un'esperienza necessaria per giungere alla co-
noscenza di Dio; la seconda un'esperienza spaventosa, che il
cristiano cerca con tutte le sue forze di evitare. Un giorno, a chi
gli chiedeva come le parole di Cristo "pregate, per non cadere in
tentazione" (Mt 26,4r) si conciliassero con le frequenti esorta-
zioni del medesimo a sopportare le tentazioni e i dolori (cf. Mt
ro,28 e passim), !sacco cos rispose:
ro8
Cristo ha detto: Prega per non cadere in tentazione contro la
tua fede. Prega per non entrare nella tentazione di blasfemia
e di orgoglio a opera del demonio, a causa del fatto che la tua
mente contenta di s. Prega perch Dio non permetta che
tu cada nelle ovvie tentazioni dei sensi, che il demonio sa be-
nissimo come proporti se Dio glielo consente per via dei tuoi
sciocchi pensieri. Prega affinch la testimonianza della pu-
rezza non ti sia tolta e si trasformi nella fiamma seduttrice del
peccato. Prega per non entrare in tentazione avendo causato
sofferenza a qualcuno. Prega per non cadere nelle tentazioni
dell'anima attraverso dubbi e provocazioni che la trascinano
violentemente in una grande lotta. Nondimeno preparati con
tutta l'anima a ricevere l'assalto delle tentazioni corporali;
contrastale con tutte le tue membra e riempi gli occhi di lacri-
me, affinch l'angelo che ti protegge non ti abbandoni. Senza
sostenere le prove, infatti, impossibile contemplare la prov-
videnza di Dio o acquistare sicurezza davanti a lui. o impara-
re la sapienza dello Spirito, o vedere il desiderio di Dio stabi-
lirsi dentro di te. Prima delle tentazioni, l'uomo prega Dio
come un estraneo; ma dopo che, per suo amore, si addentra-
to nelle tentazioni senza lasciarsi sviare, come se Dio avesse
contratto un debito con lui. Dio allora lo considera un amico
sincero, poich ha combattuto contro il nemico e ha trionfato
per la forza della sua volont. Ecco cosa vuol dire "pregate,
per non cadere in tentazione". E ancora, prega di non entrare
nella terribile tentazione del demonio a causa della tua arro-
ganza, bens a causa dell'amore di Dio, poich ti auguri che la
sua forza ti venga in aiuto e si serva di te per sgominare i suoi
nemici. Prega di non entrare in simili prove a causa della stu-
pidit dei tuoi pensieri e delle tue opere, ma piuttosto affin-
ch il tuo amore per Dio venga messo alla prova e la sua forza
sia glorificata attraverso la tua pazienza
1
.
Fra le tentazioni provenienti da Dio, !sacco ne annovera al-
cune che le fonti monastiche attribuiscono generalmente al dia-
1
I.3 (pp. 25-26) = Tournille 44 (p. 254); PR 3 (pp. 36-37).
I09
volo, come "i pensieri di blasfemia e vanagloria"; Vl mserisce
tuttavia una nota particolare per far capire che sta esprimendo
solo un suo punto di vista:
Fratelli, credetemi: l' acedia, il torpore, la pesantezza delle
membra, la confusione e il turbamento del pensiero e tutte
le cose opprimenti che costituiscono il fardello dei monaci
quando siedono nella quiete, sono opera di Dio. Non dovete
pensare che opera sua siano solo le illuminazioni durante l'uf-
ficio, la purezza del pensiero, l'allegrezza e l'esultanza del
cuore, la consolazione delle dolci lacrime e la piacevole com-
pagnia di Dio. In verit - e qui esprimo una mia opinione -
anche i pensieri di blasfemia e vanagloria, come pure i de-
testabili impulsi della lussuria che vengono abitualmente ad
assalire i solitari nella quiete, fino alla passione che si ritor-
ce contro di loro, possono essere considerati, eccettuato l'or-
goglio, come un sacrificio puro e come opera santa di Dio;
e questo anche se il solitario si rivela ancora debole di fron-
te ad essi, purch ne affronti l'assalto e non scappi dalla pro-
pria cella
2
.
Le prove mandate da Dio hanno lo scopo di guarire le malat-
tie dell'anima: sopportando le tentazioni l'uomo si avv1e1na a
Dio e la sua fede si fortifica:
Chi fa l'esperienza dei ripetuti interventi dell'aiuto divino
nel pieno delle tentazioni, raggiunge una fede solida. Un tale
uomo non ha pi paura e, grazie all'addestramento fatto, ac-
quista maggiore audacia di fronte alle tentazioni. La tentazio-
ne utile a tutti ... I lottatori dell'ascesi sono tentati affinch
possano incrementare le loro ricchezze; gli indolenti affinch
si guardino da ci che potrebbe recare loro danno; i torpidi
perch si armino di vigilanza; i lontani perch si riavvicinino
2
Centurie di conoscenza IV,23.
IIO
a Dio; quelli che gli appartengono perch abbiano l'audacia
di riporre ogni loro gioia in lui ... Non c' chi non si senta a
disagio nell'ora della prova, chi non ne trovi amara, quando
dovr berla, l'aspra pozione. Ma senza le tentazioni non si
pu edificare una costituzione solida
3
.
Dio manda le tentazioni affinch, tra i loro assalti, l'uomo
diventi consapevole della vicinanza e della provvidenza divine.
' ' . ' ~ - - - ~ - ~ - uno ha consolidato la propria speranza in Dio, questi
gli manda le tentazioni per avvicinarlo ancor di pi a s:
Dopo aver rafforzato il suo pensiero ... in modo che egli ri-
ponga tutta la sua fiducia in Dio, la grazia di Dio lo introduce
a poco a poco alla tentazione, e consente che gli siano man-
date tentazioni proporzionate, cosicch possa sopportarne la
violenza. Ma nel pieno delle tentazioni l'aiuto di Dio si fa
presente e palpabile, affinch l'uomo possa prendere coraggio
e accrescere gradatamente la propria esperienza, acquistare
sapienza e, grazie alla fiducia in Dio, disprezzare i nemici. In
effetti, senza tentazioni l'uomo non cresce in sapienza nella
lotta spirituale, n riconosce la presenza e la provvidenza del
suo Dio, n si rafforza nella fede, se non attraverso l'espe-
rienza in tal modo acquisita ... giacch l'amore meraviglioso
di Dio gli si rivela in una situazione disperata, salvandolo dal-
la quale Dio gli mostra la propria potenza
4

proprio nell'infuriare delle tentazioni, al colmo dello scon-


forto e della lotta, che si trova Dio, non nella rilassatezza e negli
agi. Isacco paragona colui che affronta le tentazioni a un mari-
naio nella tempesta il quale, concluso il viaggio ed entrato in
porto, rende grazie a Dio per le tribolazioni patite
5
. Lo parago-
3
I,3 (pp. 25-26) = Touraille 48 (p. z68); PR 3 (pp. 36-37).
4
I,72 (p. 355) = Touraille r9 (pp. I32-133); PR 77 (p. 53r).
5
Cf. I,6 (p. 6r) = Touraille 56 (p. 305); PR 6 (p. 96).
III
na al tuffatore che cerca le perle in fondo al mare (mestiere i cui
pericoli dovevano essere familiari a !sacco, cresciuto nel Qatar
sulle rive del mar Rosso)
6
:
Se il tuffatore trovasse una perla in ogni ostrica, chiunque
sarebbe subito ricco! E se appena tuffato ne riportasse una al-
la superficie, senza venire sbattuto qua e l dalle onde, senza
incontrare squali, senza dover trattenere il respiro fin quasi
a soffocare, senza privarsi dell'aria fresca di cui tutti godono,
senza dover scendere negli abissi del mare, se cos fosse, le
perle sarebbero numerose e frequenti come il lampeggiare di
un temporale lontano
7

Una delle leggi della vita spirituale che, quanto pi ci si
avvicina a Dio, tanto pi le tentazioni aumentano di intensit.
Isacco la formula cos:
Mentre sei in cammino verso la citt del regno e ti avvicini al-
la citt di Dio, la violenza delle tentazioni che incontri ti ser-
va da segnale: quanto pi progredisci e ti avvicini, tanto pi
frequenti saranno i loro assalti. Pertanto, quando ti accorgi di
incontrare tentazioni pi varie e forti, sappi che proprio allo-
ra la tua anima segretamente penetrata a un livello pi alto e
che una nuova grazia si appena aggiunta alla condizione pre-
cedente. Dio infatti guida l'anima attraverso il tormento delle
prove in misura direttamente proporzionale alla generosit
delle grazie che le elargisce
8
.
!sacco ribadisce che Dio non manda a nessuno tentazioni su-
periori alla sua capacit di sopportazione, ma ne adatta sempre
6
Cf. S. Brode, n. 2 a II,34A, in esco 555, p. I48.
7
II,34A Secondo i dotti del tempo di Isacco la perla nasce nell'ostrica quando vi
penetra un raggio di luce attraverso uno spiraglio tra le valve socchiuse.
3
1,42 (p. 208) = Touraille 46 (p. 26o); PR 39 (p. 298).
II2
forza e numero alla resistenza dell'uomo. Ma chi non in gra-
do di sostenere grandi tentazioni non sar nemmeno all'altezza
di ricevere doni importanti; e questa un'altra legge della vita
spirituale:
Se un uomo ha un'anima debole e priva della forza sufficien-
te a sopportare grandi tentazioni, preghi che gli siano rispar-
miate e che Dio lo esaudisca. Tuttavia puoi essere certo che la
sua anima, nella misura in cui troppo debole per le grandi
prove, lo anche per i doni importanti; e se alle grandi tenta-
zioni non concesso di entrare in essa, non lo sar neanche ai
doni importanti. Dio infatti non concede un dono importan-
te senza una grande prova. Nella sua sapienza, che trascende
la capacit di comprensione delle sue creature, Dio ha stabili-
to che i doni siano concessi in proporzione alle tentazioni ...
Pertanto, in base alla durata delle prove, la tua anima pu
rendersi conto dell'onore che riceve dalla maest di Dio, giac-
ch la consolazione sar commisurata alla sofferenza
9

Al tempo stesso, per, !sacco precisa che Dio non manda
grandi tentazioni a nessuno senza averlo prima preparato a so-
stenerle per mezzo della grazia. Esiste quindi una specie di di-
namica preposta a combinare le tentazioni e i doni della grazia:
Domanda: Viene forse prima la prova e poi il dono? Oppure
c' prima il dono e poi la grazia?
Risposta: La prova non arriva finch l'anima non ha segreta-
mente ricevuto, insieme allo Spirito di grazia, una parte mag-
giore di quanto ha avuto in precedenza. Lo testimoniano la
tentazione del Signore e le prove degli apostoli, i quali non
furono infatti ammessi alla tentazione prima di aver ricevuto
il Paraclito. Bisogna dunque che coloro che ricevono in sorte
il bene abbiano anche a sostenere le prove che toccano loro,
9
1,42 (p. 209) = Touraille 46 (p. 26r); PR 39 (p. 298).
II}
o-iacch la loro afflizione mischiata con il bene ... Di conse-
:uenza se vero che il dono precede la prova, altrettanto
che la percezione della tentazione precede quella del
dono, e questo al fine di dimostrare la libert
ch la grazia non entra mai in lui prima che egh abbia saggia-
to la tentazione. Dunque nella realt la grazia che precede,
ma nella percezione dei sensi essa si manifesta dopo
10
-
Qual la differenza tra le prove che vengono da Dio e
le dovute all'azione del demonio? Le prime sono mandate agh
"amici di Dio, cio agli umili". Gli amici di Dio vengono messi
alla prova non gi per punizione, ma in vista del loro progresso
spirituale. In questo senso, tali prove fanno parte della pedago-
gia divina:
Le prove inflitte dalla verga di un padre per l_o sviluppo. e la
crescita dell'anima da lui educata sono: apatia, oppressiOne
del corpo, fiacchezza delle reni, prostrazione, confusione
mentale sofferenze corporee, temporaneo sconforto, tenebre
dei abbandono da parte uomini,
mezzi materiali e cos via. A causa di queste tentaziOni l ani-
ma si sente sconsolata e indifesa, il cuore mortificato e pieno
di umilt: cos l'uomo si abitua a languire nel desiderio del
suo Creatore. Tuttavia la provvidenza di Dio commisura le
prove alle forze e ai bisogni di coloro che le patiscono.
solazione e sconforto, luce e oscurit, lotta e soccorso v1 si
trovano mescolati insieme ... Questo il segno che l'aiuto di
Dio sta diventando pi intenso
11
.
Le tentazioni provenienti dal demonio, invece, sono mandate
ai "nemici di Dio cio aa-li orgogliosi": esse "assalgono coloro
che sono sfrontati;, e che,bnelloro orgoglio, abusano della bont
1o 1,42 (p. 209) = Touraille 46 (p. 26r); PR 39 (p. 299).
11 l,42 (pp. 2o92ro) = Touraille 46 (p. 262); PR 39 (pp. 299-300).
1J4
di Dio. Queste tentazioni possono superare i limiti delle for-
ze umane e condurre alla caduta spirituale. !sacco ne distingue
due categorie: quelle dell'anima e quelle del corpo. Tra le prime
annovera
il ritiro delle forze della sapienza, le trafitture della fornica-
zione ... un temperamento collerico, il voler seguire una pro-
pria strada, l'amore delle dispute, la tendenza a imprecare e
offendere, un cuore sdegnoso, una ragione completamente
sconvolta, la bestemmia contro il nome di Dio ... il desiderio
di avere contatti con il mondo o di tornarvi, il parlare senza
freno dicendo cose vane e insensate, l'essere continuamente
in cerca di novit e persino di false profezie.
Tra le tentazioni del corpo egli enumera
gli inconvenienti penosi, prolungati, complicati e difficili da
risolvere, gli incontri frequenti con uomini malvagi e senza
Dio; gli assalti improvvisi di irragionevoli terrori; il cadere
nelle mani di chi ci tormenta, l'inciampare spesso e malamen-
te nelle rocce, il precipitare pericolosamente da luoghi elevati
e simili disavventure che arrecano grave danno al corpo; infi-
ne, avere un cuore completamente privo del sostegno di Dio e
ormai incapace di fare affidamento sulla fede ... un cuore -in
una parola - che immagina cose impossibili e si spinge oltre le
proprie forze e quelle di chi gli sta accanto
12
.
I cristiani che amano sinceramente Dio dimostrano il loro
amore sopportando le tentazioni e ne vengono fortificati: sono
messi alla prova come oro al fuoco, e attraverso tale prova diven-
tano amici di Dio. Al contrario, coloro che non amano Dio "si
dissolvono come schiuma ... perch, cedendo al nemico, abban-
12
l,42 (p. 2IO) = Touraille 46 (p. 263); PR 39 (pp. JOOJor).
115
donano il campo di battaglia, o a causa di un senso di colpa, o
per negligenza o per orgoglio. Essi non sono stati degni di rice-
vere la forza che opera nei santi"
13
. Le tentazioni rivelano cos
chi amico di Dio e chi gli nemico, chi fedele e chi no. Per
questo motivo esse sono una sorta di krfsis, un giudizio che pre-
cede il giudizio finale in cui le pecore saranno separate" dai capri
(cf. Mt 25,32-JJ).
Qualcuno potrebbe anche essere consegnato nelle mani del
diavolo per esser messo alla prova o tentato, se lui stesso a ten-
tare Dio con il suo orgoglio o la sua dissolutezza. In tal caso la
collera di Dio che si infiamma contro di lui:
Tu non hai ancora sperimentato la severit del Signore, quan-
do lascia la destra colma di bont e passa alla sinistra recla-
mando il dovuto da quelli che approfittano di lui - quanto ar-
de di collera e com' pieno di sdegno in quei momenti! -.
Una volta irritato a tal segno non torna pi indietro, nemme-
no se lo supplichi insistentemente; al contrario, la sua collera
ardente come fuoco di fornace (cf. MlJ,I9)1
4

Questo uno dei passi, estremamente rari negli scritti di
Isacco, in cui si accenna alla collera di Dio, la quale tuttavia non
significa affatto punizione o sanzione per i peccati e meno anco-
ra "regolamento di conti". Come abbiamo gi detto
1
5, l'idea di
una sanzione da parte di Dio totalmente estranea a Isacco. Dio
non va in collera perch si sente insultato o per desiderio di ven-
detta. Egli piuttosto manifesta un segno visibile della sua collera
"lasciando la mano destra per la sinistra" - e questo vuol dire
abbandonare un uomo per qualche tempo nelle mani del demo-
nio- affinch quest'uomo possa sperimentare il sentimento del-
l'abbandono di Dio per poi convertirsi a lui con tutto il cuore.
1} r.39 (p. I95) = Tourai!Je 54 (p. 290); PR 36 (p. 279).
'
4
II,}I,IO.
15
Cf. supra, "Dio, l'universo e gli uomini", pp. 3 7-72.
rr6
proprio per questo motivo che uno pu essere "dato in bala
di Satana per la rovina della sua carne" (rCor 5,5). Il demonio
non pu assolutamente tentare nessuno senza il beneplacito di
Dio. Esiste quindi un certo "accordo" tra Dio e il demonio circa
i termini entro i quali quest'ultimo pu agire. Il demonio "ri-
chiede" certe persone a Dio, proprio come ha dovuto "chiede-
re" di poter mettere alla prova Giobbe il giusto (cf. Gb r,6-rr;
2
,r-j), ma liberare qualcuno dalla prova o non liberarlo dipende
interamente da Dio. Ecco perch i due tipi di tentazione, quella
proveniente da Dio e quella proveniente dal demonio, devono
essere entrambe permesse da Dio, e possono cos servire alla sal-
vezza e al progresso spirituale dell'uomo.
Secondo Isacco, sono quattro i metodi che il demonio usa per
combattere gli asceti. Il primo si manifesta all'inizio della con-
versione, quando il demonio infligge tentazioni opprimenti e
violente, onde spingere il nuovo venuto in un abisso di scorag-
giamento e distoglierlo dalla via appena intrapresa. Quando usa
il secondo metodo il demonio lascia passare un certo tempo pri-
ma di accostarsi all'asceta, nell'attesa che il primo fervore si sia
raffreddato. Con il terzo metodo il demonio, preso atto dei pro-
gressi fatti dall'asceta nella vita spirituale, cerca di instillare nel-
la sua mente il pensiero di attribuire il successo a se stessi e non
a Dio. Per applicare il quarto metodo il demonio fa leva su tutte
le inclinazioni naturali dell'asceta, per esempio stimolando in
lui pensieri di fornicazione, oppure ogni genere di illusioni. "Il
demonio tentatore ottiene il permesso di combattere i santi con
tutti questi mezzi, affinch il loro amore per Dio sia cos messo
alla prova"
16
.
Tutte le tentazioni, provengano da Dio o dal demonio, pos-
sono quindi giovare all'asceta, offrendogli l'occasione di dar
prova del suo amore per Dio. Isacco invita tutti i cristiani apre-
16
I,39 (pp. r89-194) = Tourai!Je 51-54 (pp. 280-29r); PR 36 (pp. 369-378).
II7
pararsi a sostenere le tentazioni, senza le quali non si avanza
nelle virt;
Quando vuoi intraprendere un'opera buona, preparati innan-
zitutto ,all'assalto delle tentazioni e non dubitare della loro
realt. E infatti abitudine del nemico, quando vede qualcu-
no avviarsi con fede ardente verso un giusto modo di
scagliargli contro tentazioni varie e terribili ... Non
l'avversario abbia un tale potere- se cos fosse, nessuno po-
trebbe agire bene-, ma perch Dio glielo concede, come ab-
biamo appreso a proposito di Giobbe il giustol. Preparati
dunque ad affrontare coraggiosamente le tentazionil
8

Il tempo delle tentazioni e delle lotte, durasse anche tutta una
v i t ~ non una intermedia o meglio una tappa prepara-
tona durante la quale le dell'asceta sono messe alla prova.
Isacco ci tiene a sottolineare una volta superate le tentazio-
ni, l'asceta penetra nel campo della e l un "cambiamento
sorprendente" si produce in lui:
Finch l'uomo si trova nella lotta e aggiunge battaglia a batta-
glia non pu arrivare alla luce del pensiero n provare la pace
delle ispirazioni. "Non ci sono buone notizie nei giorni del
combattimento" (Qo 8,8), ha detto Qohelet, perch nelle co-
se di Dio tutto viene compiuto con grande fatica e tormento e
senza la minima consolazione, si trattasse puranco di una sola
pratica ascetica. Se si accosta alla preghiera, all'ufficio
0
a
qualche osservanza, non pu staccarsene se non facendo for-
za su se tutta la sua opera ancora inficiata
dall' acedia. in parte consolato dalla lettura [della Scrittu-
ra], ma anche qui tutto per lui tenebra poich nel suo opera-
re per Dio attraversa ancora una plaga oscura. Il suo tempo
17
Nella versione siro-orientale guesta allusione a Giobbe assente.
'" I,5 (p. 42) = Touraille 5 (p. 77); PR 5 (pp. 6r-62).
II8
quello della messa alla prova dell'anima, nel quale il desiderio
umano in tutto ci che ha rapporto con Dio saggiato dalla
tristezza. Se sopporta di buon grado le tribolazioni che
prostrano corpo e a causa della verit, una volta ter-
minato, per grazia di Dio, il tempo della lotta, egli entrer
con la sua anima nelle piaghe della gioia e scoprir in se stes-
so a ogni giorno che passa, come hanno detto i un cam-
biamento sorprendente
19
.
L'esperienza della derelizione {abbandono di Dio)
Isacco parla spesso di una condizione che la lingua siriaca de-
signa con due locuzioni: meshtabqanuta (abbandono) o meshtab-
qanuta d-men alaha (abbandono da parte di Dio)2. Altri due
term1m s1 avv1cmano a nel significato: 'amfana (oscura-
mento) e qu!fa'a (prostrazione, scoraggiamento), ai quali corri-
sponde il termine greco akedfa (prostrazione, scoraggiamento,
disperazione).
Isacco descrive la vita ascetica come un'avventura nella quale
periodi che si possono chiamare di "assistenza'' da parte di Dio
e altri di "debolezza" senza Dio si alternano senza sosta: pre-
senza di Dio e derelizione, in una successione continua di alti e
bassi nell'esperienza spirituale:
In tal modo, l'alternanza di assistenza e debolezza si ripro-
duce in tutti i momenti e a tutte le tappe della vita ascetica,
sia negli assalti contro la castit sia nei diversi stati di gioia
19
Centurie di conojcem.:a IV,57
20
Pi particolarmente: II,r,4 e II,r4,3; nella versione guesti due termini cor-
rispondono a enkatcileipsis (abbandono) e enkatdleipsis toti (abbandono da
Dio). Cf. Evagrio Pontico, Sulla preghiera 3g; Lo gnostico 28; Scolii
II9
o abbattimento. A volte, infatti, a trasporti luminosi e gioiosi
seguono bruscamente nuvole e tenebre, non diversamente da
quanto avviene nella rivelazione di intuizioni mistiche e divine
circa la verit. Chi serve Dio fa esperienza di simili variazio-
ni: o sente l'aiuto della forza divina venire immediatamente
in soccorso al suo intelletto, o sperimenta il contrario, e cosl
prende coscienza della debolezza della natura umana e scopre
quanto la propria natura sia fragile, debole, sciocca e puerile
2
1.
Da qui la necessit di periodi di derelizione e, per cos dire, di
deperimento spirituale, affinch l'uomo senta la sua impotenza
e la sua dipendenza da Dio. La derelizione (meshtabqanuta) non
significa che Dio si allontani da lui: essa consiste invece nel sen-
timento soggettivo dell'assenza di Dio, che non dovuto al fatto
di essere stati realmente da lui dimenticati; semplicemente, Dio
che l'uomo resti solo di fronte alle realt che lo circonda-
no. E cos che per lungo tempo Antonio il Grande fu lasciato so-
lo a combattere i demoni. Quando fu completamente sfinito
Dio gli apparve in un raggio di luce. "Dov'eri?", gli chiese allora
Antonio, "Perch non sei venuto a porre fine ai miei tormenti
fin dall'inizio?". E la voce di Dio gli rispose: "Io c'ero, Anto-
nio, ma ho aspettato, perch volevo vederti combattere"
22
Dio
vuole che attraverso l'esperienza della derelizione l'uomo riporti
da solo la vittoria e si renda degno di lui.
La derelizione un'esperienza attraverso la quale passa tutta
l'umanit, credenti e non credenti, dalla caduta di Adamo in
poi. Per un credente, tuttavia, si tratta dell'esperienza di un'as-
senza temporanea di Dio, alla quale seguir un sentimento in-
tenso della sua presenza; per l'ateo, invece, l'assenza irrepara-
bile e senza fine. Quest'ultimo considera l'assenza di Dio nor-
ma generale, mentre il credente ne sopporta il sentimento come
llll,9,II.
22
Atanasio di Alessandria, Vita di Antonio IO.
I20
una sofferenza acuta e particolarmente dolorosa. Non vi si pu
rassegnare: bench la sua ragione sappia benissimo che Dio non
l'ha dimenticato, l'anima e il cuore hanno sete dell'esperienza
consapevole della sua presenza. La vita in Dio si accompagna
normalmente al sentimento della sua presenza; quando esso si
smarrisce, il credente non pu pi ritrovare la pace finch non
ritorna.
In questo senso la derelizione costituisce lo stadio pi elevato
della krisis o giudizio che separa i credenti dai non credenti. Per
un cristiano l'esperienza della derelizione ha due soli sbocchi
possibili: o l'accrescimento della sua fede e il riavvicinamento a
Dio, oppure il "naufragio" della fede (cf. rTm r, 19) e la perdita
di Dio. Per questo motivo Isacco mette in guardia contro la be-
stemmia di Dio durante i periodi di derelizione e tentazione,
perch porterebbe alla perdita della fede. Secondo lui, quando
un uomo privato della grazia la fiducia in Dio e la giusta conce-
zione della sua provvidenza vengono abbandonate
23
, ed egli pu
arrivare a "concludere che Dio per lui non esiste"
24
. Ma invece
di prendersela con Dio farebbe meglio a placarsi con il ricordo
della sua buona provvidenza:
Avvicinati un po' pi a Dio durante le tue prove, amico mio,
con questa disposizione d'animo: sai veramente contro chi
stai imprecando? Se solo tu fossi abbastanza saggio da ricor-
darti della provvidenza che si cela in Dio, otterresti un sollie-
vo


Il sentimento di derelizione pu avere diverse cagionP
6
, tra le
quali il disprezzo delle tradizionali forme esteriori della preghie-
"'Cf. l,I (p. 4) = Touraille r (p. 6o); PR I (p. 3).
"II,z6.6.
2
' Il,26,7.
26
Cf. Evagrio Pontico, Lo gnostico 28, che ne elenca cinque.
I2I
ra e la mancanza di rispetto. !sacco parla di "coloro che disprez-
zano i riti venerabili, come pure il timore di Dio e il rispetto che
si deve mostrare durante la preghiera: a quale infelicit si espon-
o-ono nell'ora in cm 10 1 a an onera. . . D' 1 bb d ' 1"
27
"' Qualche volta la ragione va cercata nella negligenza della
sona, nella sua impazienza e nell'orgoglio. In tal caso la dereh-
zione prende la forma del disincanto e dello scoramento, due
sentimenti che sono come un inferno sulla terra:
Quando piace a Dio di sottoporre sofferenze an-
cor pi grandi, egli lo lascia in balla del dlSlncanto. Questo
sentimento fa nascere nell'uomo un forte scoramento che
sembra soffocarali l'anima. un primo assaggio della geen-
o . . .
na. A partire da questo, svariati sent1ment1.s1 con-
tro di lui si tratta di uno spirito di aberraziOne da cm scatu-
riscono cecimila specie di prove: la confusione, la
blasfemia, le proteste e le lamentazioni propna, l
pensieri perversi, il vagare da un luogo ali altro e
tu mi chiedessi dove sta la causa di tutto questo, ti drre1 che e
in te, perch non ti sei dato la pena di trovarvi rimedio. Que-
sto rimedio ... l'umilt del cuore
28

Il sentimento della derelizione pu anche sopraggiung:re
ragioni indipendenti dalla persona di .c?i ne . afflit:o. Tah r::eno-
di di derelizione, prostrazione, oscunta e d1sperazwne cap1t:no
soprattutto aali asceti che vivono nella quiete. Nel loro caso e la
provvidenza Ineffabile di Dio che ne all'origine:
Non turbiamoci quando piombiamo nell'oscuri;,
mente se non per causa nostra. Considerala un operaziOne
della provvidenza di Dio per motivi che lui solo conosce. In
27
II,I4,3 ( l
2s r, 42 (p. 2 r r) Touraille 46 (pp. 263-264); PR 39 p. 302
I22
certi momenti l'anima, come in bala delle onde, quasi sul
punto di annegare. Un uomo in questo stato, che legga le
Scritture, celebri la liturgia o qualsiasi altra cosa faccia, rice-
ve tenebre su tenebre. Non riesce neppure ad avvicinarsi alla
preghiera e la abbandona, totalmente incapace di credere in
un cambiamento o di immaginare che ritrover la pace. un
momento pieno di disperazione e paura; la speranza in Dio e
la consolazione della fede sono totalmente bandite dalla sua
anima al colmo del dubbio e dell'angoscia 29
Tuttavia, continua I sacco, Dio non lascer a lungo l'anima in
questa condizione. Dopo un periodo di disperazione ci sar un
cambiamento in meglio:
Chi flagellato dai marosi di questo momento terribile co-
nosce per esperienza il cambiamento che avr luogo alla fine
della tempesta. Dio non abbandona l'anima in tale stato nem-
meno un giorno, altrimenti essa, divenuta straniera a ogni
speranza cristiana, finirebbe con il perdersi; ma subito Dio le
offre una via d'uscta
30

Che deve fare l'asceta per sfuggire a questi periodi di dereli-
zione, o almeno !imitarne i danni? Lo strumento principale
l'umilt: "Finch l'uomo conserva l'umilt, non ci sar dereli-
zione da parte di Dio in nessuna delle tentazioni che mettono
alla prova il corpo o la coscienza, e in nessuna delle contrariet
corporali e psichiche"
31
. Ecco perch !sacco avverte il suo let-
tore: "Finch non avrai trovato l'umilt sarai tentato dall'ace-
dia pi che da qualsiasi altra cosa"
32
. Altro mezzo importante
29
I,5o (p. 24r) Touraille 57 (p. 308); PR 48 (p. 339).
JO Ibid.
31
Centurie di conoscenza II,23.
Jz Centurie di conoscenza IV,97.
I23
chiedere incessantemente a Dio di non precipitare nelle tenebre
spirituali:
Notte e giorno non smetta mai di salire dal tuo cuore questa
preghiera: "Signore, liberami dalle tenebre dell'anima!". Per-
ch questo il fine di ogni preghiera della conoscenza. Un'a-
nima avvolta nelle tenebre un secondo inferno, ma la mente
illuminata compagno dei serafini3
3

Come deve comportarsi l'asceta durante questi periodi di de-
relizione e oscurit? Il consiglio pi ovvio di pregare e aspet-
tare che passino: "Durante i periodi di tentazione, quando ca-
diamo nell'oscurit, bisogna prostrarsi faccia a terra e pregare, e
non rialzarsi prima che una forza e una luce vengano dal cielo
per sorreggere il nostro cuore con una fede che non dubiter
pi"
34
. "Quando viene il tempo della lotta e dell'oscurit, pro-
lunghiamo le preghiere e le genuflessioni anche se ci sentiamo
distratti"
35
.
Un'altra raccomandazione di dedicarsi alla lettura degli
scritti dei padri:
Quando avviene ... che la tua anima nel suo intimo sia im-
mersa in fitte tenebre, come quando i raggi del sole si celano
alla terra tra le nuvole, e sia per breve tempo priva di conforto
spirituale e di luce della grazia a causa delle nubi delle passio-
ni che la ricoprono, e quando la forza gioiosa per un certo
tempo indebolita e la tua mente avvolta da una nebbia insoli-
ta, allora non devi confonderti n abbandonarti allo sconfor-
to. Sii paziente, immergiti nella lettura degli scritti dei dotto-
33
Centurie di co11oscenza I,34.
34
II,9,5
35
Centurie di conoscenza I,}O.
ri della chiesa, sforzati di pregare e aspetta aiuto. L'aiuto non
tarder a venire, senza che tu te ne accorga
36

La "lettura della Scrittura" (qeryana, parola siriaca che si rife-
risce sia alla Bibbia che ai padri della chiesa)3
7
libera l'anima
dallo sconforto e dalle tenebre:
Personalmente ne ho fatto spesso l'esperienza, e ci che ho
scoperto corrisponde a quanto ho appena scritto per amore
fraterno, a guisa di pro memoria, giacch penso che molti
possano trarre profitto da queste esperienze e progredire, ac-
corgendosi che nella met dei casi in cui, nella quiete, si sof-
fre di un sentimento di pesantezza, esso svanisce con la lettu-
ra delle Scritture. A volte ci dipende dal discernimento che
se ne ricava e che proviene dalla luce della sapienza soggia-
cente a quelle parole
38
.
In certi casi, se preghiera o lettura da sole non bastano, pu
essere utile combinarle insieme: "Facciamo un misto di entram-
be: cerchiamo rimedio dalla Scrittura e accostiamoci alla pre-
ghiera"39.
Un altro consiglio di ricordarsi del fervore degli esordi e dei
primi anni della vita ascetica:
Nell'ora della sconfitta, quando, oppresso dal nemico, ti sen-
ti debole, fiacco, invischiato in una dolorosa inerzia, richia-
ma al tuo cuore i tempi passati pieni di fervore, ripensa co-
me allora curavi anche i minimi particolari, con che vigore ti
gettavi nella lotta e come ardevi di zelo contro chi poneva
ostacoli al tuo progresso ... Cos, grazie a queste e altre simili
36
I,30 (p. Sr) = Touraille r4 (p. rr4); PR I} (p. r24).
37
Cf. D. Miller, "Translator's Introduction", pp. CXICXII.
"II,J3,3
39
Centurie di conoscenza I,}O.
125
rimembranze, la tua anima come risvegliata da un abisso e
rivestita della fiamma della passione ... Essa si risolleva dal
suo sfinimento come da una morte, si volge in alto e ritorna
allo stato di un tempo
40
.
Pu darsi tuttavia che il sentimento di derelizione e scorag-
giamento diventi cos intenso da non lasciare a chi ne vittima
nemmeno pi la forza di leggere la Scrittura o di pregare. In tal
caso, ecco le raccomandazioni di Isacco:
Se non hai la forza di dominarti e di prostrarti faccia a terra
per pregare, allora avvolgi la testa nel tuo mantello e dormi
finch quest'ora di tenebre non passata, ma non lasciare la
tua dimora. Una tale prova capita specialmente a quelli che
vogliono passare la vita nella disciplina della mente e cercano
la consolazione della fede durante tutto il loro viaggio. per
questo che la loro sofferenza e il loro travaglio pi grande
consistono in simili momenti di oscurit, nei quali la mente
vacilla e comincia a dubitare. La blasfemia allora in aggua-
to. Qualche volta si assaliti da dubbi circa la resurrezione, o
altro di cui non necessario parlare. Noi ne abbiamo fatto
spesso l'esperienza e abbiamo scritto di questa lotta, per la
consolazione di molti ... Felice chi riesce a sopportare tutto
ci nel chiuso della sua cella! Come hanno detto i padri, lo
aspetter, dopo, una dimora grande e magnifica
41
.
Nel contempo, per, Isacco osserva che tanto impossibile
liberarsi del tutto di questi periodi di oscurit e derelizione,
quanto lo raggiungere quaggi sulla terra la pace perfetta. L'al-
ternarsi di momenti di oscurit e di luce contrassegner la vita
del solitario fino all'ultimo respiro:
40
I,z (pp. IO-I I)= Touraille 30 (pp. I88-I89); PR 2 (pp. I I-Il).
41
I,so (pp. 24I-242) = Touraille 57 (p. 309); PR 48 (pp. 339-340).
rz6
Un giorno la prova, un altro giorno la consolazione. Egli con-
tinua cos fino alla sua dipartita dal mondo. Non dobbiamo
aspettarci di essere completamente liberati dalla lotta in que-
sta vita, n di ricevere una consolazione perfetta
42
.
Isacco paragona questi periodi di tenebra e derelizione all'in-
verno, quando la vita della natura sembra fermarsi, mentre nelle
profondit della terra il seme aspetta la primavera per schiudere
i suoi germogli. Non bisogna dunque cedere allo sconforto, ma
attendere pazientemente che le afflizioni, lo scoramento e il
senso di derelizione sopportati diano i loro frutti:
Beato colui che, sperando nella grazia di Dio, ha sopportato
il rifiuto e l'abbandono. Questo un segreto cimento della
virt e della crescita dello spirito, simile alla desolazione del-
l'inverno che d origine alla crescita del seme nascosto, desti-
nato a disgregarsi nel terreno a causa delle aspre e molteplici
burrasche del clima. In una medesima attesa dei frutti che
verranno, attesa che pu prolungarsi nel tempo, quest'uomo
scaccer da se stesso il sentimento dell'abbandono ... Che
sappia attendere, mantenendosi a una certa distanza, senza
credere che i frutti siano a portata di mano. Infatti, se non ri-
cever presto una consolazione in cambio delle sue sofferen-
ze, egli rischier di disperare, come un salariato che si sente
truffato riguardo alla paga pattuita
43
.
Al freddo dell'inverno, cessato inaspettatamente e improvvi-
samente come era cominciato, fa seguito la primavera dell'anima
che si schiude:
Dio permette che freddo e pesantezza mettano l'uomo alla
prova, ma se egli arde di zelo e si sforza di scacciare quei sen-
42
!,50 (p. 242) = Touraille 57 (pp. 309-3 ro); PR 48 (p. 34I).
43
II,34,3
127
timenti la orazia non tarder a soccorrerlo nuovamente e
un' altr; forz: scender su di lui, una forza che racchiude in s
tutti i beni e ogni genere di conforti. Egli si meraviglier e
prover grande stupore confrontando il ricordo della pesan-
tezza di prima con l'attuale trionfo della leggerezza e della
forza. Vedr quant' diverso il suo stato presente, vedr che
cambiamento importante si prodotto inaspettatamente in
lui. Da quel momento in poi sar diventato sapiente e, doves-
se di nuovo prodursi una simile pesantezza, sapr riconoscer-
la in base all'esperienza fatta
44

Isacco descrive poi in stile colorito l'illuminazione spirituale
e l'esultanza che seguono a un tal periodo di tenebre:
Ci sono momenti in cui ci si adagia nella quiete ... senza sape-
re da dove entrare o uscire. Ma dopo aver frequentato a lungo
le Scritture, dopo aver continuamente supplicato e ringrazia-
to per il proprio stato di debolezza e aver appuntato incessan-
temente lo sguardo sulla grazia di Dio, succede che, a partire
dal grande sconforto vissuto nella quiete, il cuore a poco a po-
co si allarghi, qualcosa cominci a nascere e faccia germogliare
dentro una grande gioia, bench tale gioia non provenga dalla
persona in questione attraverso un principio di attivit del
pensiero. Essa consapevole della gioia del suo cuore, ma
non sa perch. Infatti una certa esultanza occupa ora la sua
anima, la cui letizia le permette di disprezzare tutto ci che
esiste ed visibile. Attraverso la forza di questa letizia la
mente scorge l'origine del rapimento del suo pensiero, ma
non comprende perch ci avvenga. L'uomo vede la propria
mente innalzarsi al di sopra di ogni contatto con le cose, li-
brarsi in quell'esaltazione al di l del mondo ... ma non di-
scerne alcuna estensione dell'intelletto quando il suo cuore
~

I,zo (p. ro3) = Touraille 29 (pp. r86r87); PR I7 (p. qS).
128
danza in quel modo, o quando la mente cos trascinata e at-
tirata fuori di s
45

In questo modo, a partire dalle tentazioni cui sottoposto, un
asceta acquista esperienza e si inerpica, un gradino dopo l'altro,
sulla scala che porta a Dio. Secondo Isacco le prove e le tenta-
zioni lungo la strada verso Dio sono indispensabili a tutti. La
prova pi dolorosa quella della derelizione, che "ha un sapore
di geenna", quando si gettati nelle tenebre e nello scoramento,
e si perde cos ogni speranza e ogni consolazione proveniente
dalla fede. Non per il caso di disperare; ci che conta ri-
cordarsi della provvidenza di Dio che insieme con la tentazione,
offrir una via per uscirne (cf. rCor ro,r3), e anche conservarsi
umili e pregare con tutto l'ardore possibile. Alla fine, il tempo
della vicinanza di Dio seguir a quello della tentazione, e il sen-
timento dell'abbandono di Dio lascer il posto a quello della sua
presenza.
129
IV
L'UMILT
L'umilt la veste della divinit.
I.n
Beato colui che si umilia in tutto, perch in tutto sar esal-
tato.
Giacch colui che si umilia a causa di Dio e ha una piccola
idea di se stesso, glorificato da Dio.
Colui che ha fame e sete di Dio, Dio lo inebrier con un vino
la cui ebbrezza non abbandona mai quanti l'hanno bevuto.
Colui che va nudo a causa di Dio, Dio lo vestir di una veste
di incorruttibilit e di gloria.
E colui che si fa povero a causa sua, sar consolato dalle sue
vere ricchezze.
1,5
Uno dei temi prediletti di Isacco, sul quale ritorna continua-
mente, quello dell'umilt. A esso sono dedicati molti discorsi,
sia della prima sia della seconda parte della sua opera. Questo
capitolo studier l'insegnamento di Isacco in primo luogo sull'u-
milt come mezzo per assomigliare a Dio, quindi sui
riori ed esteriori di una vera umilt.
IJ I
L'umilt, mezzo per assomigliare a Dio
Per Isacco il Siro parlare di umilt (mukkaka o makkikuta)
1

parlare di Dio, perch ai suoi occhi Dio prima di tutto "mite e
umile di cuore" (Mt r r,29). Tale umilt si manifestata al mon-
do all'atto dell'incarnazione del Verbo. Nell'Antico Testamento
Dio era rimasto invisibile e inaccessibile a chiunque. Ma dopo
essersi rivestito di umilt celando la sua gloria sotto una carne
umana, Dio divent visibile e avvicinabile:
Giacch l'umilt la veste della divinit. Se ne rivest il
Verbo che si fece uomo e con essa ci rivolse la parola nel
nostro corpo. Tutti coloro che sono stati rivestiti di umilt
sono stati resi veramente somiglianti a colui che discese dal-
la sua altezza, nascose lo splendore della sua maest e dis-
simul la sua gloria dietro l'umilt (cf. Eb ro,zo), per timo-
re che la creazione nel contemplarlo ne fosse totalmente an-
nientata2.
Ogni cristiano invitato a imitare Cristo nella sua umilt.
Praticandola, diventa simile al Signore che se ne era rivestito:
per questo che tutti gli uomini, che sono coperti dalla veste
nella quale apparso il Creatore attraverso il corpo che aveva
assunto, indossano il Cristo. Giacch la somiglianza con cui
stato visto dalla sua creatura e nella quale ha voluto accompa-
gnarla, egli ha anche voluto prenderla su di s nel suo uomo
interiore e con essa farsi vedere da amici e servitorP.
1
Isacco usa i due termini nella stessa accezione. In siriaco mukkaka significa il
percorso attraverso il quale si acquisisce l'umilt (l'uomo si abbassa), mentre makkikuta
indica piuttosto il risultato (l'uomo che ha acquisito l'umilt).
2
I,77 (pp. 38r-382) = Touraille zo (p. r37); PR 82 (p. 575).
3
I,77 (p. 382) = Touraille 20 (p. r38); PR 82 (pp. 575-576).
I}2
L'umilt unita a fatiche correttamente praticate "fa dell'uomo
un Dio in terra"
4

Inizialmente non attraverso ogni sorta di fatiche ascetiche
che l'uomo riesce a farsi adottare da Dio e a diventare simile a
lui; per Isacco, la prima condizione essere umili. L'ascesi senza
l'umilt non porta da nessuna parte, mentre l'umilt senza asce-
si sufficiente per essere adottati da Dio:
L'umilt, anche senza ascesi, fa perdonare molte offese, men-
tre le opere, senza umilt, non danno alcun profitto; anzi,
procurano grandi mali. Per questo, come ho appena detto,
con l'umilt devi guadagnarti il perdono delle tue azioni mal-
vagie. Ci che il sale per il cibo, l'umilt lo per la virt,
potente com' nel cancellare molti peccati ... Se la possedia-
mo, essa far di noi dei figli di Dio e, anche in assenza di ope-
re buone, ci indirizzer a lui. Senza l'umilt, infatti, tutte le
nostre opere sono inutili, cos come ogni virt e ogni pur one-
sta fatica
5
.
Ne consegue che nessuno deve aspettarsi frutti dal suo trava-
glio spirituale prima di aver conquistato l'umilt, quali che siano
gli sforzi ascetici messi in atto per perseguire il suo scopo:
Non devi meravigliarti se, praticando una virt eccellente,
non riesci a gustarne i conforti: finch non si diventati umi-
li, infatti, non si riceve alcuna ricompensa per le proprie fati-
che. La ricompensa non premia lo sforzo bens l'umilt, e chi
fa torto a quest'ultima, non vi ha diritto6.
Chi rivestito di umilt assomiglia a tal punto a Dio da susci-
tare attorno a s l'amore che tutti portano a Dio, perch ormai
4
I,6 (p. 6o) = Touraille 56 (p. 305); PR 6 (p. 95).
5
I,69 (p. 338) = Touraille 49 (p. 273); PR 72 (p. 499).
6
I,57 (pp. 382-383) = Touraille 37 (p. 224); PR 8z (pp. 576-577).
I}}
considerato un dio in terra. Cos l'umilt aiuta a ripristinare fra
le persone relazioni fondate sull'amore:
Nessuno mai odia chi umile, n lo ferisce con parole, n lo
disprezza, perch il suo Signore lo ama ed egli amato da tut-
ti. Ama tutti e tutti lo amano. caro a tutti, dovunque si
presenti visto come un angelo di luce ed circondato di
onori. Ridotti al silenzio, il saggio e il maestro avvezzi a di-
scorrere cedono la parola all'umile. Tutti gli occhi sono rivolti
alla sua bocca e a ogni parola che ne esce. E il mondo attende
le sue parole quasi fossero le parole di Dio ... Tutti lo annun-
ciano come un Dio, anche se non esperto di parole, anche
se il suo aspetto suscita ribrezzo ed insignificante
7

Quando l'uomo reso simile a Dio grazie all'umilt, ti-
condotto alla condizione priva di peccato della sua origine e ri-
trova l'armonia che allora regnava tra l'uomo e l'universo e che
stata spezzata per effetto della caduta. Non solo le persone,
ma anche gli animali e gli elementi obbediscono all'umile, come
obbedivano ad Adamo nel paradiso. Persino i demoni gli sono
sottomessi:
Chi umile pu avvicinarsi alle fiere affamate e queste al solo
vederlo, deposta ogni ferocia, gli si avvicinano come al padro-
ne !ambendogli mani e piedi, giacch fiutano in lui l'odore
che Adamo emanava intorno a s prima della caduta, quando
a ciascuna di esse, riunite in paradiso davanti a lui, egli diede
un nome
8
... Anche i demoni, nonostante la loro feroce osti-
lit e la loro arroganza, diventano polvere al suo cospetto. Di-
7
I,77 (pp. 382383) = Touraille 20 (pp. 138-r39); PR 82 (pp. 576-577).
8
Cf. Gen 2,r9. La letteratura agiografica ricca di racconti di animali selvatici
sottomessi all'uomo umile. Si veda ad esempio la Vita di san Gerasimo del Giordano, che
si narra tenesse un leone al suo servizio. Pi tardi, san Francesco ammansir un lupo e
san Serafim di Sarov si far servire da un orso.
I34
menticano tutta la loro malvagit, le loro trappole sono sven-
tate, i trucchi e le astuzie perniciose perdono ogni potere9.
S:cond? Isac_co l'umilt consiste in una misteriosa potenza
che 1 santi acqmstano quando raggiungono lo stato di pienezza.
fu agli apostoli il giorno della pentecoste,
polche Gesu aveva ordmato loro di non lasciare Gerusalemme
prima di aver ricevuto una forza dall'alto (cf. At r,4-8).
giudicati degni di ricevere in s lo Spirito del-
le nvelaz10m che palesa i misteri. Per questo motivo alcuni
santi hanno sostenuto che l'umilt rende l'anima perfetta at-
le ... Beato colui che ha conquistato
l umilta, p01che a ogm Istante bacia e abbraccia il petto di
Ges
10
!
Se l'umilt dono sovrannaturale concesso da Dio ne conse-
gue che quanti sono per natura gentili, calmi, pacati dolci non
possono essere tutti considerati veramente umili 11. La differen-
za tra umilt naturale e sovrannaturale trattata nel capitolo
1
8
seconda parte dell'opera di Isacco. Egli insegna che l'umil-
ta non mai sostituirsi a quella che, nel cristiano,
frutto d1 un pentimento profondo o del pensiero della crrandezza
di Dio e dell'umilt di Cristo: b
del cuore pu sussistere nell'uomo per due ragioni:
o ln conseguenza di un'esatta nozione dei suoi peccati
0
co-
frutto del dell'abbassamento di nostro o,
plUttosto, del pensiero della grandezza di Dio e del punto fi-
no al quale la grandezza del Signore di tutto l'universo si
abbassata per rivolgersi agli uomini e impartire loro i suoi in-
:
0
I,77 (p. 383) = Touraille 20 (p. r39); PR 82 (pp.
577
_
57
8).
11 I,77 (pp. 384-385) = Touraille 20 (p. r4r); PR 82 (p. 580).
Cf. I, 77 (p. 383) = Toumille 20 (p. r4o); PR 82 (pp.
579
_
5
8
0
).
I35
segnamenti - abbassamento che si spinto fino ad assume-
re un corpo come il nostro - e di tutto ci che il corpo del
Signore ha dovuto sopportare. Com' parso disprezzabile al
mondo, mentre in cielo rivestiva una gloria ineffabile presso
Dio Padre e gli angeli tremavano alla sua vista quando, fiam-
meggiante, risplendeva alto sopra le loro schiere! A noi invece
si mostrato sotto un aspetto e in uno stato di abbassamento
tali che gli uomini hanno potuto catturarlo, mentre rivolgeva
loro la sua parola, e rnetterlo in croce a causa della sua cos
modesta apparenza
12
.
L'umilt cosiddetta naturale, invece, non ha niente a che ve-
dere con quella appena descritta da !sacco:
Non portatemi a esempio quelli che sono spontaneamente
umili, sostenendo che molte persone lo sono per natura o per-
ch provano sentimenti soffocati e deboli, e ogni ardore, ogni
fuoco in loro spento. Tali persone non possiedono quell'ab-
bassamento accompagnato da discernimento che implica pen-
sieri umili, riflessioni laboriose e penetranti, il fatto di consi-
derare se stessi insignificanti, la frantumazione del cuore e i
fiumi di lacrime che sgorgano dalla sofferenza della mente e
dal discernimento della volont. Se tu interrogassi quelle per-
sone ti accorgeresti che in loro non c' niente di tutto ci:
nessuna meditazione capace di suscitare dolore vero, nessun
interesse che si affacci alla loro coscienza. Esse non meditano
sull'abbassamento di nostro Signore e non ne custodiscono il
ricordo, non le punge il dolore che nasce dalla consapevolezza
dei propri peccati, nessuna passione ardente infiamma il loro
cuore al presagio dei beni futuri, non concepiscono nessuno
dei profittevoli pensieri che, in seguito alla debolezza della
mente, vengono normalmente suscitati nel cuore
13
.
12
II, r8,6.
u II,r8,8-9.
Se tutte le persone gentili e miti per natura venissero incluse
nel numero degli umili, bisognerebbe allora annoverare gli eunu-
chi tra le vergini e le persone "santificate"
1
\ bench la natura
soltanto, non la volont, impedisca loro di maritarsi:
Chi bonario e umile per natura rientra esattamente nello
stesso caso: la natura, non la forza della volont, ha tempera-
to le sue pulsioni. Tali persone non hanno assolutamente sen-
tito il gusto n hanno la minima idea della dolcezza dei cari-
smi e delle consolazioni provate da coloro che sono umili a
causa del Signore
15
.
L'umilt interiore
L'umilt prima di tutto una qualit interiore che consiste
nella fiducia in Dio, nella diffidenza verso se stessi e nel senti-
mento di essere indegni e indifesi, unito a quello della presenza
dello Spirito santo celato nelle profondit del proprio cuore. Nel
contempo l'umilt si manifesta esteriormente sotto forma di ap-
parenza dimessa, abbigliamento povero, ritegno nel parlare, ri-
fiuto dei privilegi, abitudine a non reagire, a onorare gli altri, a
sopportare insulti e tormenti. Gli aspetti interiori ed esteriori
dell'umilt sono intimamente legati e non possono essere sepa-
rati: l'umilt esteriore sarebbe falsa se l'uomo non si umiliasse
davanti a Dio nel proprio cuore, l'umilt interiore non sarebbe
vera se non si manifestasse in alcun modo all'esterno.
14
Nella letteratura siriaca primitiva (Afraat) il termine qaddisbe (santificati, messi
a parte) designava le persone sposate che di loro spontanea volont si astenevano da
rapporti sessuali; solo in un secondo momento sar usato per designare i "santi" in
genere.
15
II,r8,ro-r r.
I3J
In conclusione, ci sono segni interiori e segni esteriori dell'u-
milt, e non facile tracciare una linea di demarcazione tra gli
uni e gli altri, come testimonia questo passo:
L'umilt si accompagna alla modestia e al raccoglimento, vale
a dire alla castit dei sensi, a una voce moderata, parole rade,
scarsa stima di s, abbigliamento povero, atteggiamento mo-
desto, sguardo rivolto a terra, misericordia sovrabbondante,
facilit alle lacrime, animo solitario, cuore contrito, incapaci-
t a farsi turbare dalla collera e distrarre dai sensi, scarsit di
possessi, moderazione nei bisogni, sopportazione, pazienza,
assenza di paura, cuore coraggioso a causa del disprezzo della
vita presente, sopportazione paziente dei cimenti, riflessioni
meditate e non fatue, assenza di cattivi pensieri, custodia dei
misteri, castit, modestia, rispetto e soprattutto quiete assi-
dua e proclamazione continua della propria ignoranza
16

Un tale elenco contiene insieme le qualit interiori ed esterio-
ri dell'umilt, senza distinzione.
Se vogliamo distinguerle meglio a partire dai segni interiori,
il primo sembra essere quello di un sentimento profondo della
presenza di Dio, dal quale ha origine l'umilt. Nessuno pu
conquistare l'umilt da solo, come risultato dei suoi sforzi e del-
le sue attivit esteriori, ma si umilia veramente quando incontra
Dio e ne percepisce la grandezza nel proprio nulla: dopo tale in-
contro si avvicina a Dio in un silenzio profondo del cuore, e non
si reputa degno nemmeno di pronunciare le parole della preghie-
ra al cospetto di colui che al di l di ogni parola. Questa pre-
ghiera silenziosa e umile conduce alle profondit mistiche della
contemplazione di Dio:
Sarei assai sorpreso di vedere un uomo veramente umile az-
zardarsi a supplicare Dio quando si accosta alla preghiera, o
16
I,7r (p. 349) = Touraille Sr (p. 402); PR 74 (pp. sr6-5q).
chiedergli di essere giudicato degno di pregare o di implorarlo
a qualsiasi altro fine, o semplicemente di sapere come prega-
re. Giacch l'umile custodisce, al di sopra di tutte le proprie
riflessioni, un regno di silenzio, e non fa altro che aspettare la
misericordia, o qualsiasi altra decisione su di lui da parte del-
l' adorabile maest ... Quando china il capo a terra e nel suo
cuore la contemplazione si innalza fino alla porta che condu-
ce al Santo dei Santi di colui la cui dimora tenebra (cf. rRe
8,12)- colui che fa abbassare lo sguardo ai serafini e ne inti-
midisce le legioni e i cori con il suo fulgore imponendo il si-
lenzio a tutte le loro schiere mentre queste attendono che i
misteri lascino l'Invisibile dal suo regno etereo attraverso mo-
vimenti muti, sentimenti incorporei e una percezione priva di
immagini dell'Essenza senza forma che va al di l di quanto
possa essere loro rivelato, poich la virt dei loro pensieri
troppo debole per sostenere l'onda dei suoi misteri -, allora
soltanto l'umile osa parlare e pregare cos: "Signore, fa' di me
ci che tu vuoi!"
17
.
Un altro segno interiore di umilt consiste nell'essere morti al
mondo: "Colui che ha conquistato l'umilt nel proprio cuore
morto a questo mondo"
18
. Una certa ripugnanza nei confronti
del mondo un segno di umilt che nasce dalla sapienza spiri-
tuale:
Domanda: In che modo ci si accorge di aver ricevuto la sa-
pienza dello Spirito?
Risposta: A partire dalla conoscenza, che insegna le vie del-
l'umilt nelle profondit nascoste e nei sensi e rivela all'intel-
letto come si deve ricevere l'umilt.
Domanda: Come si pu sapere che si raggiunta l'umilt?
Risposta: Quando piacere al mondo, frequentarlo o rivolgergli
17
!,71 (p. 350) = Touraille Sr (p. 402); PR 74 (pp. 5I7-5r8).
"!,51 (p. 244) = Touraille 58 (p. 3I 3); PR 50 (p. 346).
139
la parola diventato odioso, e la gloria del mondo appare ai
nostri occhi un abominio
19

Un altro segno interiore di umilt il risveglio aella voce della
coscienza che impara a non accusare mai Dio o il prossimo, a
non incolpare le circostanze della vita, a non giustificare se stes-
si. Colui che ascolta la voce della coscienza raggiunger la quiete
spirituale e si riconcilier con Dio:
I rimproveri continui della coscienza sono un segno di umil-
t. La loro assenza in tutte le cose che si fanno dimostra du-
rezza di cuore, indica l'abitudine a giustificare se stessi e in-
colpare altri o, peggio ancora, la sapiente provvidenza di
Dio. Al contrario, ci si mantiene nell'umilt quando non ci si
reputa irreprensibili e non si attribuisce ogni colpa alle circo-
stanze e alle occasioni che Dio ha previsto per noi. Quando
infatti, sulla base d un'esatta presa di coscienza, ci si consi-
dera sottomessi agli eventi, allora si realizza una condizione
di profonda umilt, riconoscibile dal fatto che, qualunque co-
sa accada, si resta in pace e tranquillit e ci si mostra imper-
turbati. lo stato di calma che appartiene all'umilt, frutto
di maturit. Chi vi accede potr constatare che in tutte le
tentazioni il senso di riposo pi forte del tormento
20

La quiete interiore uno dei segni caratteristici dell'umilt:
''Senza la quiete il cuore non si umilia"
2
1, afferma I sacco. Essa
si manifesta nell'assenza di ogni paura di fronte agli eventi, e nel-
la fiducia nella provvidenza divina che protegge da ogni male:
L'umile non mai precipitoso, non ha fretta, non si inquieta,
non si accalora n si lascia andare a pensieri incontrollati,
19 I,62 (p. 298) Tow:aille 38 (pp. 228-229); PR 62 (pp. 431-432).
20
Ila7,r-z.
21
Centurie di conoscenza II,94.
I40
mantiene sempre la calma. Dovesse precipitare il cielo sulla
terra, l'umile non ne sarebbe scosso. Non tutte le persone
calme sono umili, ma tutte le persone umili sono calme ...
giacch l'umile sempre rilassato e nulla pu turbare o aoita-
re il suo animo. Come nessuno pu far paura a una monta;na
cos nessuno pu intimorire la mente dell'umile22. '
Chi umile non teme le cose che accadono accidentalmente
perch teme Dio: il timore di Dio scaccia ogni altra
dal suo cuore. E nn timore che implica nn atteooiamento di re-
ligioso terrore davanti a Dio e lo sforzo di con
azioni o pensieri peccaminosi. Per Isacco l'umilt trae oriuine
pr_opri.o questo timore di Dio. L'umilt implica un cuore
tnto, il timore e la gioia spirituale:
C' un'umilt che deriva dal timore di Dio, e una che deriva
dall'amore ardente di Dio. C' chi si umilia a causa del timo-
re e chi si umilia a causa della gioia. Quello la cui umilt deri-
va dal timore possiede in tutte le sue membra la modestia
sensi temperati e un cuore contrito. Ma quello la cui umilt
ha origine dalla gioia possiede una grande esuberanza e un
cuore grande e incontenibile
23

Isacco paragona l'umilt all'infanzia: coloro che sono umili a
causa di Dio assomigliano ai bambini nella loro semplicit e in-
nocenza. Il tema del recupero dell'infanzia appariva gi nella
predicazione di Ges: "Se non vi convertirete e non diventerete
com: i non entrerete nel regno dei cieli" (Mt r8,3). I
padr1 esegeti della scuola di Antiochia vi hanno letto un invito
cristiani a coltivare un cuore umile e semplice
24
. Sviluppando
1l tema, Isacco osserva che la vulnerabilit del bambino obbliga
:: I,71 (p. 349) 8r (pp. 401-40Z; PR 74 (p. 515).
24
I,5I Touraille 58 (p. 313); PR ;;o (p.
34
6).
Cf. Gwvanru Cnsostomo, Omelie su Matteo 58, 2 -
3
.
Dio a prendersi particolare cura di lui. L'umile dev'essere egual-
mente vulnerabile e indifeso:
Sta scritto: "Il Signore protegge i bambini" (Sal r r6,6). Un
fanciullo si avvicina a un serpente e lo afferra per la testa, ma
il serpente non gli fa alcun male. Va nudo d'inverno, quan-
do tutti sono ben coperti, e non sente il gelo che gli sferza
le membra. Siede nudo in una fredda giornata di ghiaccio e
gelo senza soffrirne, perch il suo corpo innocente v v o l ~
to da un'altra veste, invisibile, tessuta da quella provvidenza
nascosta che protegge le sue tenere membra affinch nulla
possa nuocergli ... "Il Signore protegge i bambini". E non so-
lo quelli dal corpo piccolo e fragile, ma anche quelli che nel
mondo erano sapienti, ma hanno abbandonato la loro scienza
per consacrarsi unicamente a quell'altra sapienza che basta a
tutto, ridiventando bambini per libera scelta
25

per questo che l'umile si trova sotto la protezione particola-
re della provvidenza divina: essa lo avvolge come una veste e lo
protegge contro ogni pericolo esterno. In altri termini, l'umile
ha instaurato un tipo particolare di rapporto con Dio: rinuncian-
do ai mezzi naturali di difesa, ha posto tutta la sua fiducia in
Dio, colui che "protegge i bambini".
San Paolo d insegna che proprio nella debolezza dell'uomo
la forza di Dio si dispiega pienamente (d. 2Cor r2,9). Quan-
do prende coscienza della sua fragilit e invoca l'aiuto di Dio,
l'uomo senz' altro esaudito. Da qui deriva lo stretto legame tra
umilt e preghiera:
Beato chi conosce la propria debolezza, giacch tale cono-
scenza diventa per lui fondamento, radice e principio di ogni
bene ... Quando l'uomo sa di aver bisogno dell'aiuto di Dio,
25
I,7r (pp. 35r-352) = Touraille I9 (pp. rz8-r29); PR 77 (p. 525).
moltiplica le preghiere, e quanto pi le moltiplica, tanto pi il
suo cuore si umilia: infatti impossibile non umiliarsi quando
si intercede e si supplica. "Un cuore affranto e umiliato Dio
tu non disprezzi" (Salsr,r9)2
6
' '
Cosl si spiega perch sia indispensabile pregare per raggiun-
gere l'umilt, che non si pu ottenere con mezzi unicamente
umani. Osserva Isacco:
Ci che all'uomo impossibile, con Dio pu davvero accade-
re (cf. Mt r9,z6). Invece di pregare per uno scopo qualsiasi,
invece di chiedere questo o quello, lascia perdere tutto e pun-
ta su una sola preghiera, dicendo: "Dio, concedimi l'umilt
affinch io sia liberato dalla sferza e possa accostarmi, quale
che sia il mio desiderio, alle delizie della mente, anche quelle
di cui non ho coscienza prima di aver acquisito tale umilt".
Dio allora ti conceder il dono del suo Spirito, dono del quale
tu non sai n esprimere n concepire la grandezza, giacch ti
render umile in un modo nascosto, se solo vedr che non ti
ritrai, non cessi di chiedere senza posa e non ti stanchi mai di
rivolgergli questa preghiera. Fratello, bisogna convincersi che
l'umilt una forza che nessuna lingua pu descrivere, nes-
suna fatica umana conquistare. Essa data a tutti coloro ai
quali pu essere data, e viene ricevuta in mezzo alle veglie,
tra suppliche e ferventi intercessioni
27
.
26
1,8 (pp. 67-68) = Touraille 2r (p. r43); PR 8 (pp. ro4-I05).
27 II,27,I-}.
I43
I segni esteriori dell'umilt
Volgiamo ora la nostra attenzione ai segni esteriori dell'umil-
t, a partire dalla mancanza di interesse per le distrazioni e i pia-
ceri del mondo e dal rifiuto degli affanni e degli agi del secolo.
Chi possiede molto denaro, chi si occupa di grandi opere, chi
partecipa alle attivit della societ, si trova legato mani e piedi a
questo mondo. Chi al contrario riesce a fuggire tutto ci, con-
serva una libert che lo rende simile a Dio:
L'umile non trae alcuna gioia dalle riunioni, dal tramestio
delle folle, dal tumulto, da clamori e grida, dall'opulenza, dal
lusso e da tutto ci che privo di sobriet. Il suo piacere non
sta nelle conversazioni, nelle assemblee, nel frastuono e nella
dissipazione dei sensi, giacch a ogni altra cosa egli preferisce
il raccoglimento nell'intimo e nella quiete, staccato da tutte le
cose create, custodendo se stesso in un luogo silenzioso. L'es-
sere insignificanti, la mancanza di beni, la miseria e la pover-
t gli sono sempre cose care. Egli non si impegna in faccende
svariate e complesse, ma desidera essere libero da incomben-
ze e preoccupazioni e dalla confusione delle cose mondane,
per impedire che i suoi pensieri fuoriescano da lui ... Per tut-
te queste ragioni l'umile si protegge incessantemente dalla
molteplicit degli affari e si fa cosl trovare sempre tranquillo,
buono, calmo, modesto e rispettoso
28

Un simile atteggiamento verso la vita, che spinge a evitare
ogni coinvolgimento nelle attivit secolari e d la sensazione di
essere quasi ospiti in mezzo alla societ degli uomini, chiamato
dagli autori ascetici greci xeniteia, termine che vuoi dire "esilio"
o, pi letteralmente, "stranierit", il fatto di "vivere come uno
28 I,7r (pp. 348-349) = Touraille 8r (pp. 400-40r); PR 74 (pp. 5r55r6).
I44
straniero" (da xnos, straniero). In siriaco il termine stato tra-
dotto con aksnayuta (da aksnaya, straniero)2
9
. Per !sacco "vivere
da straniero" l'atteggiamento che un asceta deve mantenere
sempre e ovunque: "Considerati uno straniero ogni giorno del-
la tua vita, ovunque tu sia"
30
. Un asceta deve "rendersi straniero
a tutte le sue relazioni, al suo paese, alla famialia alla stirpe"
d
" b' b ' '
eve a Itar: una terra straniera" e scegliersi "un luogo di quie-
te dove ogm rumore cessi, per abitarvi poveramente nell'indi-
genza materiale
3
I, e per viverci solo, in disparte da' ogni com-
mercio con gli uomini e da ogni frequentazione e consolazione
visibile"
32

Nella tradizione ascetica la xeniteia non comporta una vita
migrazione continua di luogo in luogo, ma piutto-
sto un esistenza appartata dal mondo e dalle sue distrazioni il
sentimento della brevit e fragilit di questa vita e la a
ci che terreno in favore delle cose del cielo. Tale atteg-
giamento conduce all'umilt:
Come conquistare l'umilt? . . . Rammentandosi continua-
mente delle proprie trasgressioni nella previsione della morte
che incombe, vestendo poveramente, accontentandosi sem-
pre dell'ultimo posto, assumendo i compiti pi modesti e di-
non disobbedendo mai, osservando sempre il silen-
ZIO, nfuggendo dalle riunioni, desiderando di essere scono-
sciuti e tenuti in nessun conto, evitando di affezionarsi a un
tipo di opera [ascetica], evitando le conversazioni a pi
voci, avendo orrore del guadagno materiale e, in aggiunta a
tutto questo, elevando la propria mente fino a non accusare o
,
29
, Su xeniteia/aksnayuta si veda A. Guillaumont, "Le dpaysement comme forme
d ascese dans le monachisme ancien", in Id., Aux origines du monachisme cbrtien Ab-
de Bellefontaine, r979, pp. 89-r r6. '
I,4 (p. 33) = Touraille 23 (p. I 55); PR 4 (p. 47).
'
1
Letteralmente: "corporale".
'
2
Centurie di conoscenza I,85.
I45
biasimare nessuno, evitando di atteggiarsi a chi si oppone a
tutto il mondo e ha tutto il mondo contro (cf. Gen r6,12),
ma piuttosto comportandosi come chi sta solo, attende alle
proprie faccende e d'altro non si cura. Riassumendo, dall'esi-
lio, dalla povert e dalla vita solitaria scaturiscono l'umilt e
la purezza del cuore
33
.
Un'altra manifestazione esteriore dell'umilt la sopporta-
zione senza un lamento di ogni sorta di umiliazioni:
Soffri volentieri umiliazioni e disprezzo, per essere audace
davanti a Dio. Colui che sopporta consapevolmente ogni sor-
ta di parole aspre senza aver fatto torto al suo avversario, gli
pone in testa una corona di spine; quanto a lui, invece, be-
nedetto e ricever una corona imperitura in un tempo che an-
cora non sa
34
.
!sacco ritiene che sopportare accuse e ingiurie senza protesta-
re sia la virt pi alta:
Colui che, pur potendo respingerla, riesce a sopportare con
gioia la malvagit, riceve da Dio la consolazione consapevole
della propria fede. Chi tollera con umilt le accuse che gli so-
no rivolte ha raggiunto la pienezza, e gli angeli santi guardano
a lui ammirati, giacch non c' virt altrettanto grande e dif-
ficile da mettere in pratica
35
.
L'umilt si manifesta altres negli sforzi fatti per essere umi-
liati dagli altri. Come la grazia accompagnata dall'umilt,
cos l'orgoglio seguito da incidenti dolorosi. Gli occhi del
Signore si posano sull'umile per rallegrarlo; ma il suo viso si
33
1,7r (p. 345) = Touraille 8r (p. 396); PR 74 (p. 508).
34
1,4 (p. 29) = Touraille 23 (p. rsr); PR 4 (p. 41).
35
1,5 (p. 43) = Touraille 5 (p. 78); PR 5 (pp. 63-64).
rivolta contro gli orgogliosi per render li umili. L'umilt riceve
sempre la misericordia del Signore; ma la durezza del cuo-
re e la mancanza di fede devono sostenere scontri terribili ...
Se ti abbassi in ogni modo davanti a tutti sarai innalzato al
di sopra dei signori di questo mondo. Fa' conoscere a tutti
la tua salvezza e la tua passione e ne sarai lodato pi di chi
porta in dote l'oro di Ofir (cf. I Re r o, I I). Sii spregevole ai
tuoi stessi occhi e vedrai dentro di te la gloria di Dio, giacch
dove ti spinge l'umilt, l zampilla anche la gloria di Dio.
Se ti sforzi di essere pubblicamente umiliato da tutti Dio
far in modo di colmarti di gloria. Se nutri l'umilt ne cuo-
re, Dio ti mostrer la sua gloria. Sii disprezzabile nella tua
grandezza, non voler essere grande nella tua insignificanza.
Sopporta il disprezzo e sarai colmato dell'onore di Dio. Non
cercare gli onori quando dentro di te sei tutto una piaga. Fug-
gi gli onori, per poterli ricevere; non amarli, per non essere
disonorato
36
.
Per Isacco la vera umilt si manifesta nell'onorare il prossimo
al di sopra dei suoi meriti, perch l'umile tratta tutti quelli che
incontra con rispetto, onore e amore:
Quando incontri il tuo prossimo, sforzati di fargli pi onore
di quanto gli dovuto. Baciagli le mani e i piedi, prendigli
spesso la mano con grande rispetto e posala sui tuoi occhi,
congratulati con lui per cose che non possiede. Dopo che ti
avr lasciato, racconta di lui tutto il bene possibile e tutto ci
che induce rispetto. In questo modo e con atteggiamenti si-
mili lo attiri verso il bene ... e poni in lui semi di virt3
7

Bench !sacco parli di "sforzarsi" di onorare il prossimo non
si tratta di assumere ad arte un atteggiamento insincero, q ~ n t o
36
1,5 (p. so)= Touraille 5 (p. 87); PR 5 (pp. 76-77).
37
1,5 (pp. 51-52)= Touraille 5 (p. 89); PR 5 (p. 79).
1
47
piuttosto della naturale conseguenza di un vero amore del pros-
simo: provare per lui un rispetto profondo e sentirsene personal-
mente indegni.
C' ancora una manifestazione dell'umilt interiore che si po-
trebbe definire estrema, cio la "santa follia", fenomeno assai
diffuso nell'oriente ortodosso ai tempi di Isacco. Scegliere di es-
sere un "folle in Dio" significa assumere volontariamente un
comportamento da folle o commettere azioni riprovevoli al fine
di suscitare condanna e disprezzo. La follia in Dio era praticata
da asceti divenuti celebri per la santit della loro vita virtuosa:
non avendo pi occasione di sopportare offese e umiliazioni, per
riceverne ancora si imponevano la maschera della follia. Scrive
I sacco:
Chi non disprezza onori e disonori e non sopporta paziente-
mente per via della quiete rimproveri, scherni, ingiurie e per-
cosse e il fatto di essere diventato lo zimbello di tutti ed esse-
re ritenuto un pazzo o un debole di mente, costui non pu
perseverare nei benefici della quiete
38
.
Isacco cita ad esempio certi santi di un tempo che si erano im-
posti la maschera della follia per evitare la gloria umana, e si ac-
cusavano di peccati che non avevano commesso:
Chi veramente umile non si turba quando gli viene fatto del
male e non dice niente per giustificarsi di fronte all'ingiusti-
zia, ma accetta le calunnie come verit, senza cercare di pro-
vare agli altri la sua innocenza ma chiedendo perdono. Certi
si sono volontariamente addossati una reputazione di dissolu-
ti pur non essendolo affatto; altri si sono lasciati accusare di
un adulterio inesistente e con le loro lacrime ammettevano di
portare il frutto di peccati non commessi; piangevano e chie-
38
I,44 (p. 217) = Touraille, Lettere r (p. 45r); PR 4I (pp. 307-308).
devano perdono a coloro che li offendevano per un male d
cui non avevano colpa, e al tempo stesso le loro anime veniva-
no incoronate di purezza e castit; altri ancora, per non rica-
vare gloria dalle virt che avevano ben nascoste in se stessi,
fingevano di essere squilibrati mentre in realt erano ripieni
di sale divino e cos saldamente installati nella serenit che gli
angeli si facevano araldi delle loro prodezze, a causa della loro
estrema perfezione
39

Isacco rievoca anche ricordi personali di quando era un gio-
vane monaco, e conversazioni con asceti celebri sul tema della
"santa follia". Racconta per esempio che un giorno and a far
visita a "un vegliardo, uomo eccellente e virtuoso" per confidar-
gli: "Padre, mi venuto in mente di andarmi a sedere la dome-
nica mattina presto accanto alla porta della chiesa e mettermi a
mangiare l, cosicch tutti quelli che entrano ed escono mi di-
sprezzino" . .i'vla ecco la risposta dell'anziano:
Sta scritto che colui che scandalizza cristiani che vivono nel
mondo non vedr la luce. Nessuno ti conosce in questa regio-
ne40, n sa qual la tua fama. Diranno: "I monaci mangiano
fin dalle prime ore del mattino ... ". Un tempo i padri si com-
portavano cos a causa dei molti miracoli che avevano com-
piuto e dell'onore e della reputazione di cui godevano presso
gli uomini. Facevano queste cose per disonorarsi, per offusca-
re la gloria della loro condotta ed eliminare ogni motivo d'or-
goglio. Ma tu, che cosa ti obbliga a fare altrettanto? Non lo
sai che ogni pratica ascetica ha le sue regole e un tempo op-
portuno? La tua condotta di vita non straordinaria e il tuo
nome non celebre, dato che vivi come gli altri fratelli. Com-
portarti in quel modo a te non arrecherebbe vantaggio alcuno
39
I,6 (p. 55) Touraille 56 (pp. 298-299); PR 6 (pp. 85-86). Isacco si riferisce in
particolare alla vita di san Simeone di Emesa, un folle in Cristo del vr secolo.
40
Questa osservazione fa supporre che Isacco, al tempo della sua giovinezza, abbia
abitato o viaggiato in paesi stranieri.
149
mentre farebbe torto ad altri. Inoltre, queste cose sono ecce-
zionali e non tutti possono trame profitto, ma solo i pi gran-
di e quelli che hanno raggiunto la pienezza
41
.
Cos l'anziano riusc a smorzare lo zelo del giovane asceta e gli
imped di adottare un comportamento contrario all'etica mona-
stica, anche se al fine di progredire nell'umilt.
41 I,zr (pp. ro6-ro7) = Touraille 76 (pp. 382-383); PR r8 (pp. I42-r43).
v
LE LACRIME
Sei tu che concedi il pentimento
e un cuore afflitto al peccatore che si pente.
Cos tu rendi leggero il suo cuore,
togliendogli il peso del peccato che lo prostra,
grazie al sollievo dato dall'afflizione
e dal dono delle lacrime.
n pentimento
II,s,J
Sulle orme di Afraat e di Giovanni il Solitario\ Isacco consi-
dera il pentimento un rimedio inventato da Dio per il nostro
continuo rinnovamento e per la nostra guarigione:
Con la conoscenza piena di compassione che gli propria Dio
sapeva che, a esigere dagli uomini una giustizia rigorosa, solo
uno su diecimila riuscirebbe a entrare nel regno dei cieli. Per-
tanto egli ha previsto un rimedio adatto a tutti: il pentimento.
Cos, ogni giorno e a ogni istante, grazie alla forza di questo
1
Cf. Afraat, Dimostrazioni 7,3-4; Giovanni di Apamea, Lettere 45 Cf. S. Brock,
n. 2 a II,40,8, in esco 555. p. I76.
rimedio, Dio offre agli uomini l'opportunit di rimettersi fa-
cilmente sulla retta via: attraverso la compunzione (twata) es-
si saranno in grado di purificarsi da tutte le brutture di cui
possano essersi macchiati. Davvero potente il mezzo che il
Creatore misericordioso ha preparato per noi nella sua divina
sapienza, in vista della nostra vita eterna giacch
egli desidera che noi ci rinnoviamo ogni giorno, ricomincian-
do da capo attraverso un cambiamento in meglio della nostra
volont e della nostra mente
3

Il pentimento un sentimento spirituale in .ogni
asceta, che si protrae giorno e notte nel suo cuore: Dobbtamo
sapere in ogni momento che abbiamo bisogno di pentirei duran-
, l . d 11 "
4
N '
te tutte le ventiquattr ore de gtorno e e a notte . on e un
sentimento limitato a un periodo della vita o a una specifica ca-
tegoria di persone, ma universale:
Se tutti siamo peccatori e nessuno grande davanti alle tenta-
zioni del peccato, chiaro che non c' virt pi eccelsa del
pentimento (nessuno infatti potr mai portarne a
pera. Esso si addice sempre ai peccatori ma al gms:l
che aspirano alla salvezza. Non c' limite alla ptenezza, pm-
ch anche la pienezza dei perfetti non mai veramente com-
piuta. per questo che il pentimento non legato a opere o
momenti dati e dura fino alla morte)5.
!sacco definisce il pentimento come "l'abbandono delle opere
passate e il dolore provato per esse"
6
. Secondo un'altra defini-
zione:
> Il termine siriaco hayye significa tanto "vita" quanto "salvezza".
3
Il,4o,8-9.
4 I,7o (p. 340) = Touraille 50 (p. 276); PR 73 (p. 502). .
5 r,
32
(p. r
53
) = Touraille 55 (p. 294); PR 30 (p. 2q). Il passo tra parentesi nella
redazione siro-orientale manca.
6 I,7r (p. 344) = Touraille Sr (p. 395); PR 74 (p. 507).
Il significato del termine pentimento (tyabuta) ... il seguen-
te: una continua supplica piena di tristezza che, grazie alla
preghiera di compunzione, riavvicina l'anima a Dio, per cer-
care il perdono delle offese passate e chiedere di esserne pre-
servati per l'avvenire
7

In questa definizione si possono distinguere tre elementi. In
primo luogo il pentimento una preghiera rivolta a Dio da parte
di chi sta al suo cospetto e non si accontenta di riflettere nel pro-
prio intimo sui suoi peccati passati. In secondo luogo, esso com-
porta la rinuncia ai peccati passati e il rammarico per averli com-
messi. Da ultimo, il pentimento mira al futuro e ormai non ha
altro desiderio che guardarsi dal peccato.
!sacco paragona il pentimento a una nave presa a nolo per
attraversare il mare che ci separa dal paradiso spirituale. Timo-
niere il timore di Dio, meta del viaggio il porto dell'amore
divino. Chiunque sia "afflitto e pesantemente oppresso"
8
dal
pentimento pu entrare in porto. "Carica tutti i miei impulsi
sulla navicella del pentimento, affinch io possa solcare esultan-
do il mare del mondo, per entrare infine nel porto della tua spe-
ranza"9: ecco la preghiera di !sacco.
Il tema del pentimento come secondo battesimo fa parte del-
la tradizione patristica, e anche !sacco lo sviluppa in tal senso.
Egli non pensa che Dio volesse privare l'uomo, per avere que-
sti abusato della sua libert, della condizione di felicit a lui
destinata. Ecco quindi che "Dio concep nella sua misericor-
dia un secondo dono, quello del pentimento, affinch la vita
dell'anima potesseogni giorno rinnovarsi e rimettersi sulla retta
7
I, 70 (p. 340) = Touraille 50 (p. 2 76); PR 73 (p. 502).
8
I,46 (pp. 224-225) = Touraille 72 (p. 367); PR 43 (p. 3f7). Cf. Mt rr,28.
9
II,5,I4. Le immagini marine sono tradizionali negli autori siro-orientali dell'et
anteriore a Isacco; l'espressione "il mare del mondo" (yammeh d-'alma) un luogo co-
mune presso gli autori greci e siriaci; cf. S. Brock, nn. 2-3 a II,5,r4 (CSCO 555, p. I2)
e n. 4 a II,7,3 (CSCO 555, p. 25).
1
53
via"
10
Il pentimento appunto questo rinnovamento della gra-
zia battesimale perduta a causa del peccato:
Il pentimento donato come grazia dopo la grazia, giacch
esso costituisce una seconda rigenerazione operata da Dio.
Ci che abbiamo ricevuto come promessa solenne nel battesi-
mo ora lo otteniamo come dono attraverso il pentimento. Il
pentimento la porta della misericordia che si apre per coloro
che la cercano. Per questa porta si accede alla misericordia e
fuori da questa porta non si trova nessuna misericordia ... Il
pentimento la grazia seconda
11
.
Attraverso il pentimento l'uomo riceve di nuovo la conoscen-
za (ida'ta) che gli era stata donata al battesimo come promessa
12
.
Parlando del pentimento !sacco, seguendo la tradizione, para-
gona le lacrime del pentimento al sangue dei martiri:
Chi possiede il vero pentimento un martire vivente. Le la-
crime prevalgono sul sangue attraverso l'attivit loro propria,
e il pentimento prevale sul martirio. Il martirio delle lacrime
preceder quello del sangue, quando riceveremo la corona. I
martiri saranno incoronati insieme agli altri; coloro che vivo-
no nel pentimento, prima degli altri. Chi possiede il vero pen-
timento sembra dunque ricevere una doppia corona
13
.
Il pentimento appare perci come un frutto dell'azione del-
la grazia divina sull'anima, alla quale Dio inizialmente concede
di prendere coscienza dei suoi peccati. Questa presa di coscien-
za penetra nell'anima quando Dio ci vede soffrire ogni sorta di
10
II,IO,I9.
11
1,46 (p. 223) = Touraille 72 (p. 365); PR 43 (p. }I)).
12
1,47 (p. 227) = Touraille r8 (p. !25); PR 44 (p. 319). Cf. 1,46 (p. 223) = Touraille
72 (p. 365); PR 43 (p. 3I5); 1,64 (p. 305) = Touraille 34 (p. 2Io); PR 65 (p. 443).
13
Centurie di conoscenza 1,5 3.
154
prove
14
. !sacco considera pi importante essere consapevoli dei
propri peccati che compiere miracoli o avere visioni soprannatu-
rali o mistiche, giacch proprio attraverso una tale consapevolez-
za si intraprende la via del pentimento, che virt pi grande
di tante altre:
Chi conosce i propri peccati pi grande di chi fa del bene al
mondo intero con la sua sola presenza. Chi geme sulla propria
anima, anche per un'ora soltanto, pi grande di chi risuscita
un morto con la preghiera e abita in mezzo agli uomini. Chi
giudicato degno di vedere se stesso pi grande di chi giu-
dicato degno di vedere gli angeli, giacch quest'ultimo vede
con gli occhi del corpo mentre il primo scruta dentro di s
con gli occhi dell'anima. Colui che segue Cristo pentendosi
nella solitudine pi grande di chi loda Dio nel mezzo di
un'assemblea
15
.
Il pentimento unisce cuore e intelletto. !sacco riconosce nel
"dolore del cuore" e nella "tristezza della mente" due attributi
del pentimento
16
. Il "cuore affranto e umiliato" del salmista (cf.
Sals r, 19) si ottiene attraverso il processo del pentimento, quan-
do la presa di coscienza del peccato coincide con la liberazione
dal suo peso; in una sua preghiera !sacco dice: "Sei tu che con-
cedi il pentimento e un cuore afflitto al peccatore che si pente;
cos tu rendi leggero il suo cuore togliendogli il peso del peccato
che lo prostra, grazie al sollievo dato dall'afflizione e dal dono
delle lacrime".
Il perdono dei peccati risultato e frutto del pentimento
al quale fa immediatamente seguito, per quell'amore smisurato
di Dio per gli uomini che ha spinto il Figlio di Dio non solo
14
Cf. 1,74 (p. 362) = Touraille 7I (p. 362); PR 79 (p. 542).
"1,64 (p. 317) = Touraille 34 (p. 2!6); PR 65 (pp. 463-464).
16
1,51 (pp. 243-244) = Touraille 58 (p. }Ir); PR 50 (p. 344).
1
55
a perdonare i peccatori ma anche a farsi uomo per salvarli dal
peccato:
Poich il suo volto inclina sempre verso il perdono ... egli ef-
fonde su di noi la sua grazia immensa e senza limiti come l'o-
ceano. A qualsiasi uomo che dia segno anche solo di un mini-
mo sentimento di dolore per quanto ha fatto e di un desiderio
di compunzione, Dio accorda immediatamente, l e subito, il
perdono dei peccati
17
.
Dunque il cristiano, purch si penta, non ha il diritto di dubi-
tare del perdono di Dio per i suoi pur gravi peccati. Tale fiducia
nel perdono deriva dalla concezione di !sacco della misericordia
di Dio, pi grande della sua giustizia, e anche dalla sua conce-
zione della provvidenza divina e pi particolarmente dell'incar-
nazione di Dio il Verbo, che gi conteneva la promessa di una ri-
conciliazione tra Dio e il genere umano:
Vedendo e ascoltando tali cose, chi potrebbe essere cos tur-
bato dal ricordo dei propri peccati da nutrire questo dubbio
nell'animo: "Dio davvero pronto a perdonar mi le cose che
mi fanno soffrire e il cui ricordo mi tormenta? Cose di cui ho
orrore ma verso le quali continuo a inclinare e la cui sofferen-
za, dopo averle commesse, pi dolorosa di una puntura di
scorpione? Le aborro, nondimeno mi ci trovo continuamente
invischiato, e se da una parte me ne pento con dolore, dall'al-
tra vi faccio sempre tristemente ritorno". Ecco cosa pensa-
no molti tra coloro che hanno timore di Dio e si applicano
alla virt, trafitti dal dolore della compunzione. Piangono
i loro peccati, ma la prosperit del mondo li costringe a far
fronte alle cadute da essa stessa provocate, e cos vivono tutto
il tempo tra peccato e pentimento. Cara umanit, non dubi-
tiamo dunque della speranza della nostra salvezza, vedendo
pieno di sollecitudine per essa colui che ha patito per causa
nostra. La sua misericordia ben pi grande di quanto noi
possiamo concepire, la sua grazia maggiore di quanto noi pos-
siamo chiedere. La destra del Signore si stende infatti giorno
e notte spiando l'occasione per sostenerci, confortarci e in-
coraggiarci insieme a quanti si rammaricano della loro poca
rettitudine; soprattutto per vedere se c' qualcuno che soffre
anche un minimo di dolore e tristezza, per potergli accordare
il perdono dei peccati
18
.
Cos, attraverso un atto di pentimento, avviene la riconcilia-
zione tra Dio e il peccatore. Da quest'ultimo ci si aspetta che si
penta dei peccati commessi, si risolva, con un atto di volont, a
guardarsene per il futuro, e perseveri nella preghiera davanti a
Dio per chiedergli perdono. Tale perdono viene da Dio, che ri-
concilia l'uomo con la propria persona e lo rende partecipe del
suo amore.
Lacrime amare e lacrime dolci
Il tema delle lacrime si incontra di frequente nella letteratura
ascetica di lingua siriaca, a partire da Efrem, chiamato il "padre
del pentimento". Un suo contemporaneo bizantino lo descrive-
va con queste parole: "Per Efrem piangere era come per gli altri
respirare. Leggendo i suoi scritti ci si accorge che lui non piange
solo quando parla di pentimento, ma anche nelle occasioni in
cui gli altri esprimono la loro gioia"
19
. Questo autore bizantino
18
II,4o,r5I7 Nel manoscritto il testo dell'ultima frase rovinato; cf. S. Brock,
n. 2 a II,4o,q, in CSCO 555, p. !79
19
Pseudo-Gregorio di N issa, Elogio di E/rem il Siro.
1
57
ha saputo ben rilevare un tratto carattensttco dell'esperienza
delle lacrime nella tradizione siriaca: esse non esprimono solo il
pentimento ma anche la gioia. Tale tema occupa quindi un posto
importante nella spiritualit monastica di Isacco
20
e mostra co-
me l'esperienza delle lacrime poggi su una doppia tradizione,
scritturistica e patristica:
Accanto alla visione spirituale, anche le lacrime erano tenute
in grande onore dai padri. Del beato Arsenio si dice che le la-
crime facessero una guardia attenta e costante alle sue pupil-
le. Ma perch parlare di questo se gli occhi del beato Paolo,
questo gigante, questo vaso ripieno dello Spirito, piansero in-
cessantemente per ben tre anni, come riferisce il beato Luca
nel libro degli Atti (cf. A t 20,3 r)2
1
?
Per !sacco le lacrime sono inseparabili dall'esperienza mona-
stica. Si pu osservare in proposito che il termine abila, che in
siriaco significa in primo luogo "piangente", era usato anche per
designare il monaco. Secondo la tradizione siriaca il monaco
soprattutto colui che piange su se stesso, sugli altri e sul mondo
intero. Scrive Isacco:
Il piangente (abila) colui che passa tutti i giorni della pro-
pria vita nella fame e nella sete delle cose che spera e dei beni
a venire. Il monaco (i{Jidaya) colui che, avendo stabilito la
propria dimora lontano dagli spettacoli del mondo, non co-
nosce che una domanda nella sua preghiera: il desiderio del
mondo a venire. La ricchezza del monaco la consolazione
che gli viene dal pianto
22

20
Cf. D. A. Licher, "Tears an d Contemplation in Isaac of Nineveh", in Diakonia I I
(I976), pp. 239-258; P. T. Mascia, "The Gift of Tears in Isaac of Nineveh", ibid. I4
(I979), pp. 255-265.
21
CentUiie di conoscenza I, 82.
'' I,6 (p. 54)= Touraille 56 (p. 298); PR 6 (pp. 83-84).
Conformemente a questa immagine del monaco come colui
la cui principale attivit consiste nel piangere i propri peccati,
!sacco scrive:
Quale pu essere la meditazione di un monaco nella sua cella,
se non le lacrime? Potrebbe mai conoscere momenti senza la-
crime per volgersi ad altri pensieri? E quale occupazione
migliore di questa? La cella stessa e la solitudine del monaco,
simili a una vita di tomba lontana da gioie umane, gli inse-
gnano che il suo compito piangere. E anche il nome che gli
viene dato lo induce e lo esorta a questo: egli infatti chiama-
to "piangente" (abila), cio colui che ha un cuore amareggia-
to. Tutti i santi hanno abbandonato la vita piangendo. Se tut-
ti i santi hanno pianto e i loro occhi erano pieni di lacrime fi-
no al momento di lasciare questa vita, chi mai potrebbe fare a
meno delle lacrime? La consolazione del monaco nasce dalle
lacrime. Se quaggi hanno pianto i perfetti e i conquistatori,
come potrebbe astenersi dal piangere chi coperto di ferite?
Chi vede la persona amata esanime ai suoi piedi e se stesso
morto nel peccato ha forse bisogno di un insegnamento par-
ticolare per imparare a piangere? L'anima giace ai tuoi piedi
uccisa dai peccati, quell'anima per te pi preziosa dell'uni-
verso intero; possibile che tu non senta il bisogno di pian-
gerla? Ecco perch, se entriamo nella quiete e vi perseveria-
mo con pazienza, saremo certamente in grado di piangere
senza sosta. Chiediamo dunque insistentemente al Signore di
concederci le lacrime
23

Per !sacco le lacrime devono essere continue. Pi ci si avvi-
cina al frutto della vita spirituale, pi frequenti esse diventano,
fino a quando sgorgheranno ogni giorno e a ogni istante:
Domanda: Qual il segno preciso e certo che il frutto celato nel-
l'anima comincia ad apparire in seguito alle nostre sofferenze?
"!.37 (pp. rn-q8) = Touraille 85 (p. 432); PR 35 (pp. 25I-252).
159
Risposta: Quando uno giudicato di ricevere il dono di
lacrime copiose che sgorgano senza Giacch le lacri-
me sono state istituite a beneficio della mente come una sorta
di frontiera tra ci che appartiene al corpo e ci che appartie-
ne alla mente, tra lo stato passionale e la purezza. Finch uno
non ha ricevuto quel dono, la sua attivit unicamen-
te l'uomo esteriore; egli non ha ancora provato l'attivit delle
cose nascoste che ha luogo nell'uomo spirituale. Ma quando
comincia ad abbandonare le cose corporali all'e-
t presente e varca il confine che lo fa accedere a ci e m-
terno alla natura visibile, egli ottiene immediatamente la gra-
zia delle lacrime. Fin dalla prima tappa del cammino interiore
le lacrime cominciano a scorrere e lo conducono alla ,.,,,.,.,,,,"'_
ne dell'amore di Dio. Pi egli progredisce in tale u ~ - ~ - > u u . u ,
pi viene arricchito dall'amore; finch lacrime continue non
finiscono per inzuppargli il cibo e diluirgli le bevande
24
.
Tuttavia, le lacrime che scorrono incessantemente non costi-
tuiscono ancora il punto culminante del cammino spirituale, il
cui apice secondo Isacco sar il momento in cui, per effetto delle
continue lacrime, si raggiunge la "pace del pensiero" ,e il riposo
spirituale. Le lacrime diventano allora "moderate". E nel capi-
tolo 16 della prima parte che Isacco sviluppa la dinamica sottesa
ai diversi passaggi, dapprima dalle lacrime occasionali alle lacri-
me continue, poi dalle lacrime continue a quelle "moderate" che
sono proprie di coloro che hanno raggiunto la pienezza. Isacco
suggerisce che la comparsa delle lacrime del pentimento signi-
fichi che uno ha intrapreso il cammino verso Dio. Dapprima le
lacrime sono temporanee e ritornano di tanto in tanto; in un se-
condo momento esse sgorgano incessantemente; al culmine del
percorso trovano una loro "misura". Isacco considera questo in-
segnamento parte integrante della fede della chiesa universale:
160
Una volta giunto alla regione delle lacrime, sappi che la tua
mente ha lasciato la prigione di questo mondo e ha gi mes-
so piede sull'ampio argine di un mondo nuovo, dove
un'aria diversa e meravigliosa. Contemporaneamente comin-
ciano a scorrere le lacrime, giacch stanno per iniziare i dolo-
ri del parto del pargolo spirituale. Effettivamente la
madre comune di tutti noi, ansiosa di partorire misticamen-
te nell'anima l'immagine divina destinata alla luce dell'et
futura.
Fino alla nascita del bimbo le lacrime sgorgheranno di quan-
do in quando dagli occhi del solitario; ma dopo che sar nato
e comincer a crescere aumenteranno fino a diventare inarresta-
bili: "Gli occhi di quest'uomo si trasformano in fontane per
un anno o due o anche pi, cio per tutto il tempo del passag-
gio". Dopo questi due o pi anni il solitario penetra nella "pa-
ce del pensiero" e nel "riposo" di cui parla la Lettera agli Ebrei
(cf. Eb 4.3):
Man mano che ti addentri nella regione della pace dei pensie-
la grande ondata di lacrime ti risparmiata ed esse ormai
arrivano solo in misura moderata e al momento opportuno.
precisamente e concisamente, la verit del fenomeno
cosi come inteso da tutta la chiesa, dai suoi uomini pi illu-
stri e dai combattenti di prima linea
25

lacrime del pentimento che nascono dalla coscienza dei
peccati sono accompagnate dall"'amarezza di cuore" e dalla
contrizione. Ma il dinamismo della crescita spirituale implica un
passaggio progressivo da questo primo tipo di lacrime a un altro
in cui dominano le lacrime dolci della compunzione. Il discorso
3 7 della prima parte espone questa dottrina:
25
I,r4 (pp. 82-83) Touraille 15 (pp. 1I5II6); PR 14 (pp. 125-127).
161
Ci sono lacrime che bruciano e lacrime che ungono come
olio. Quelle che sgorgano dalla frantumazione e dalla pena
del cuore per i peccati commessi bruciano e disseccano il cor-
po, e spesso capita che anche le facolt che governano l'uomo
ne siano danneggiate. Ma all'inizio si deve necessariamente
passare per quelle lacrime, attraverso le quali viene aperta
una porta che conduce a un secondo ordine superiore, segno
l'uomo ha ricevuto misericordia. Si tratta delle lacrime
sparse a causa di un'intuizione. Esse abbelliscono il corpo ed
come se lo ungessero d'olio. Scorrono da sole, senza sforzo.
Non solo ungono il corpo, ma cambiano l'aspetto dell'uomo.
detto: "Un cuore lieto rende ilare il volto, ma quando il
cuore triste la mente depressa" (Pr I 5, I 3). Quando il pen-
siero tace, queste lacrime si spandono su tutto il viso. Il cor-
po ne riceve una sorta di nutrimento e gli si dipinge sul viso la
gioia. Chi ha fatto esperienza di questo duplice cambiamento
mi capir
26
.
Queste lacrime di compunzione, accompagnate da un
mento di gioia spirituale, sono concesse a chi ha raggiunto la
condizione di purezza di cuore e di assenza delle passioni. Esse
sono conseguenza del fatto che la persona stata giudicata de-
gna delle rivelazioni celesti e della visione di Dio, come gi an-
nunciato dalle Beatitudini:
Ecco perch sono "beati i puri di cuore" (Mt 5,8), giacch
per loro non ci sono pi momenti in cui non godano della dol-
cezza delle lacrime, nelle quali vedono continuamente il Si-
gnore. I loro occhi sono ancora umidi di lacrime, ed ecco che
gi, al culmine della preghiera, sono giudicati degni di affer-
rarne le rivelazioni, e ormai non pregano pi senza lacrime.
Da qui si comprende che cosa voleva dire il Signore con le
parole "beati quelli che piangono, perch saranno consolati"
26
I,37 {pp. 174-n5l Touraille 85 (p. 428); PR .35 (pp. 245-246).
(Mt 5,4). Infatti proprio a partire dalle lacrime si perviene al
cuore puro. Ma il Signore, parlando di consolazioni, non ha
spiegato in che cosa esse consistano. Quando un monaco,
grazie alle lacrime, giudicato degno di attraversare i terri-
tori accidentati delle passioni per giungere alle pianure della
purezza del cuore, vi ritrova una consolazione che non sar
mai provata in questo mondo. Egli allora comprende che l
la consolazione che si riceve grazie alla purezza del cuore
quando cessano le lacrime, e che Dio ha voluto concederla
a coloro che piangono. Infatti impossibile che chi piange e
si duole incessantemente sia tormentato dalle passioni,
ch il dono delle lacrime e del pianto appartiene a coloro che
non hanno pi passioni. E se le lacrime di chi piange e si la-
menta a lungo non solo lo portano all'assenza delle passioni,
ma anche purificano completamente la sua mente e la libera-
no dal ricordo delle passioni, che dire allora di quelli che si
sono votati giorno e notte a questa pratica? Ecco perch nes-
suno conosce esattamente il soccorso prestato dalle lacrime,
tranne coloro che sono dediti a tale fatica. Tutti i santi si sfor-
zano di trovare questa via d'accesso perch, grazie alle lacri-
me, viene loro aperta la porta che introduce nelle plaghe della
consolazione, dove le tracce dell'amore di Dio sono impresse
dalle rivelazioni
27

Cos le lacrime della compunzione nascono dall'aver conqui-
stato la purezza del cuore e l'assenza delle passioni, che portano
poi alla perfezione dell'amore di Dio. Il segno che si raggiunto
l'amore di Dio sta nella facilit con cui si versano lacrime quan-
do si pensa a lui:
Domanda: Da che cosa si pu capire di aver raggiunto l'amore
perfetto per Dio?
Risposta: Dal fatto che il ricordo di Dio si agita nella mente, il
cuore si infiamma immediatamente d'amore e gli occhi versa-
27
I,37 (pp. !78-r79l = Touraille 85 (pp. 432-433); PR 35 (p. 253).
no copiose lacrime. Giacch l'amore avvezzo alle calde la-
crime quando gli tornano alla mente le persone amate. Chi si
trova in questo stato non sar mai privo di lacrime, perch
non gli mancher mai ci che gli riconduce alla mente il pen-
siero di Dio; persino nel sonno egli parla con Dio. Poich l'a-
more avvezzo a produrre tali cose, che costituiranno la pie-
nezza degli uomini nella vita futura
28
.
Isacco rammenta spesso che le lacrime della compunzione do-
vrebbero accompagnare la preghiera, specialmente durante la
lettura dei salmi:
Le lacrime che scorrono durante la preghiera, la dolcezza dei
versetti [dei salmi] che si riversa sul cuore e lo intenerisce, la
lingua che si impegna a ripeterli uno dopo l'altro, insaziabil-
mente e con amore, e che non pu risolversi a !asciarli a cau-
sa delle delizie che vi trova, o ancora la modesta
29
gioia che
di tanto in tanto sopraggiunge nel tempo della lettura o della
meditazione: tutto questo, e ci che vi assomiglia, il sapore
del soccorso della grazia di Dio, inconsapevolmente
30
gustato
da quanti si prodigano nella loro opera allo scopo di fortifica-
re e far progredire l'anima verso una condizione di eccellen-
za, affinch essa accresca ulteriormente il loro vigore
31

Secondo lui le lacrime che cominciano a sgorgare durante la
preghiera sono il segno che il nostro pentimento stato accol-
to da Dio
32
Quando il dono delle lacrime concesso durante
la preghiera, il diletto che ne deriva non deve essere preso per
infingardaggine
33
. Le lacrime sono frequenti per chi vive nella
28
I,37 (p. r83) = Touraille 85 (p. 439); PR 35 (pp. z6r-z6z).
29
Letteralmente: "parziale".
30
Letteralmente: "senza conoscenza".
31
Centurie di conoscenza III,37
32
Cf. I,54 (p. 269) = Touraille 33 (p. zo8); PR 53 (p. 384).
" Cf. I,64 (p. 307) = PR 65 (p. 446).
quiete, "talora accompagnate dalla sofferenza, talaltra dalla me-
raviglia; giacch il cuore si umilia e diventa come un fragile pop-
pante e, quando prega, le lacrime si mettono a scorrere prima
ancora che abbia cominciato"
34
. Secondo la testimonianza di
Isacco la maggior parte dei bravi monaci del suo tempo facevano
l'esperienza di queste lacrime durante la preghiera:
Dimmi, fratello mio, se esiste un uomo che sia rimasto quasi
tre giorni e tre notti prostrato davanti alla croce, come alcuni
nostri padri, o abbia ricevuto il dono delle lacrime durante la
celebrazione dell'ufficio - quel dono di cui la maggior parte
dei fratelli dallo spirito buono hanno esperienza - in quanti-
t cosl irresistibile da renderlo incapace di portare a termine
l'ufficio: pur lottando per riuscirei, sar costretto a interrom-
pere l'ufficio per l'abbondanza delle lacrime, e far come chi
si risveglia da un sonno profondo con tutto il corpo trasfor-
mato per cosl dire in una sorgente di lacrime che sgorgano dal
cu?re, provenienti dalla grazia che in lui. Egli irrorato
e la sua lingua tace per la gioia; intuizioni sorpren-
denti gli fanno scorrere le lacrime e rigare il viso, mentre la
sua anima rapita e ricolma di un'esperienza ineffabile35.
Possiamo dunque constatare che Isacco non considera il dono
delle lacrime una cosa straordinaria, un carisma speciale di cui
solo un piccolo numero sarebbe giudicato degno. Al contrario ri-
tiene che questa esperienza sia necessaria a tutti i cristiani non
solo ai monaci. '
. Ma che debbono fare quelli che per natura sono incapaci di
piangere o poco inclini a farlo? Isacco risponde a questa doman-
da nel capitolo r8 della seconda parte. Le lacrime continue so-
stiene, possono scorrere per tre ragioni: '
:; I,64 (p. )ro) = Touraille 34 (p. zr3); PR 65 (p. 45r).
II,r4,46.
Prima di tutto pu succedere che abbondanti lacrime co-
mincino a scorrere senza che uno lo voglia e senza che provi
alcun dolore, in conseguenza dello stupore davanti a intuizio-
ni piene di mistero, quando esse sono rivelate all'intelletto
... Oppure le lacrime nascono da un ardente amore di Dio
che infiamma l'anima, che non pu sostenerne pi a lungo
la dolcezza e le delizie senza piangere continuamente. Anco-
ra, le lacrime possono sgorgare da un cuore profondamente
prostrato
36

Tuttavia, se uno non conosce queste lacrime abbondanti non
vuol dire che sia privo di lacrime, quanto piuttosto dell'origine
stessa delle lacrime: il suo cuore non possiede le radici che le
producono. In altri termini, egli non ha mai sentito il gusto del-
l' amore di Dio; la presenza continua a Dio non ha fatto scattare
in lui la meditazione sui misteri divini ed egli non ha neppure
un cuore umile (mukkaka), bench si illuda di possedere l'umil-
t (makkikuta)3
7

Ecco perch, quando ci mancano le lacrime, non dobbiamo
cercare scuse nella costituzione particolare della nostra natura.
Poich la vera umilt non una qualit naturale e si acquisisce
solo attraverso la presa di coscienza della propria indegnit e il
ricordo dell'umilt del Signore, parimenti le lacrime non dipen-
dono dalla natura ma sono conseguenza di una delle tre cause
sopra menzionate:
Se non hai un cuore umile n il dolore dolce e ardente che
proviene dall'amore di Dio, cio le radici delle lacrime che
diffondono una cos piacevole consolazione nel cuore, non
cercare scusanti in qualche paralisi dovuta alla natura o in una
presunta inerzia congenita del cuore.
36
II,r8,4-6.
37
Cf. II,r8, 7
r66
Infatti, quando vi sono umilt di cuore e coscienza della pro-
pria indegnit
impossibile trattenere le lacrime anche volendo, poich
zampilla spontaneamente dal cuore una fonte inesauribile
grazie al sentimento di ardente e incontenibile dolore che lo
pervade e alla ferita che lo strazia
38

Isacco distingue tuttavia le lacrime esteriori, che scorrono vi-
sibilmente, da quelle interiori, celate nel profondo del cuore:
"Entra nella tua stanza, veglia e prega Dio in segreto" (cf. Mt
6,6) si accorda con "Beati coloro che piangono" (Mt 5,4),
perch proprio grazie alle lacrime e alla quiete la preuhiera di-
venta limpida, ed grazie alla preghiera che coloro ~ h pian-
gono sono consolati; consolazione che le lacrime non bastano
a conquistare, se non si resta soli con se stessi ... Anche senza
lacrime esteriori, esistono lacrime nascoste versate nel pen-
siero. Colui che porta in cuore una sofferenza continua per i
propri peccati, o sul cui cuore si effonde la tristezza al pensie-
ro dell'umiliazione di nostro Signore o dei peccati degli uorni-
ni, o che fors'anche si affligge e soffre a causa delle realt del
cielo che non cessa di attendere ... un uomo del genere, che
non pu essere consolato da alcuna cosa terrena, che non ot-
tiene ci causa della sua sofferenza, non pu essere altro
che un continuo "piangente"
39
, giacch anche in assenza di
lacrime materiali egli piange nel segreto [del suo cuore]. A co-
lui che possiede uno di questi [motivi per piangere] si applica
il detto "Beati quelli che piangono, perch saranno consolati"
(Mt 5A)4o.
38
II,r8,I4-I5.
39
Gioco di parole su abi!a che significa sia "piangente" che "monaco".
4
Centurie di conoscenza IV, 74
Non dunque sempre necessario piangere fisicamente, poi-
ch l'asceta pu piangere di continuo nel suo cuore; l'importan-
te che resti un "piangente", quali che siano le sue lacrime: fisi-
che o interiori, lacrime amare del pentimento o lacrime dolci
della compunzione. Ecco perch non sempre !sacco le distin-
gue; esse sono piuttosto due facce di una stessa medaglia, due
aspetti di un'unica e identica esperienza. Le lacrime della com-
punzione, che nascono da un'intuizione mistica dell'amore di
Dio e da un profondo sentimento di umilt, sono lacrime gioio-
se. Esse tuttavia al tempo stesso si accompagnano al pentimen-
to, alla coscienza di essere peccatori, al "dolore ardente" e a un
cuore frantumato.
VI
UNA SCUOLA DI PREGHIERA
Come nulla pu essere paragonato a Dio,
cos non c' n servizio n opera
che possano essere paragonati
alla conversazione con Dio nella quiete.
Il,JO, I
Il tema della preghiera quello pi spesso evocato da !sacco
e pi approfonditamente sviluppato. Chi legge le sue opere non
solo in grado di farsi un'idea precisa del modo in cui pregavano
!sacco e i fedeli della chiesa d'oriente di quel tempo, ma dispo-
ne per giunta di una descrizione dettagliata riguardo alla teoria e
alla prassi della preghiera secondo la tradizione cristiano-orien-
tale nel suo insieme. Per questi motivi gli scritti di !sacco sono
stati una scuola di preghiera per i suoi contemporanei e lo sono
rimasti per molti cristiani nelle diverse regioni del mondo in cui
si continua a leggerli e a metterne in pratica i consigli.
Per facilitare la presentazione del suo insegnamento sulla pre-
ghiera occorre enuclearne i temi pi specifici. Dopo aver dato
uno sguardo d'insieme alla sua teoria della preghiera ne studie-
remo alcuni aspetti esteriori. Parleremo quindi della preghiera
di fronte alla croce, e questo ci dar l'opportunit di evidenziar-
ne l'importanza per i cristiani siriaci. La lectio quotidiana e le
veglie notturne saranno analizzate in quanto elementi importan-
Non dunque sempre piangere fisican;:nte, poi-
ch l'asceta pu piangere di contmuo nel suo cuore;
te che resti un "piangente", quali che siano le sue
che
0
interiori, lacrime amare del pentimento o lacnme :fo!Cl
della compunzione. Ecco perch non sempre Isacco le _d1stm-
gue; esse sono piuttosto due facce :fi una stessa _medaglia, due
aspetti di un'unica e identica espenenza. Le lacnme della
punzione, che nascono da .d1
Dio e da un profondo sentimento d1 umilta, sono lacnme
se. Esse tuttavia al tempo stesso si accompagnano al pentimen-
to alla coscienza di essere peccatori, al "dolore ardente" e a un
'
cuore frantumato.
r68
VI
UNA SCUOLA DI PREGHIERA
Come nulla pu essere paragonato a Dio,
cos non c' n servizio n opera
che possano essere paragonati
alla conversazione con Dio nella quiete.
II,30,I
Il tema della preghiera quello pi spesso evocato da Isacco
e pi approfonditamente sviluppato. Chi legge le sue opere non
solo in grado di farsi un'idea precisa del modo in cui pregavano
Isacco e i fedeli della chiesa d'oriente di quel tempo, ma dispo-
ne per giunta di una descrizione dettagliata riguardo alla teoria e
alla prassi della preghiera secondo la tradizione cristiano-orien-
tale nel suo insieme. Per questi motivi gli scritti di Isacco sono
stati una scuola di preghiera per i suoi contemporanei e lo sono
rimasti per molti cristiani nelle diverse regioni del mondo in cui
si continua a leggerli e a metterne in pratica i consigli.
Per facilitare la presentazione del suo insegnamento sulla pre-
ghiera occorre enuclearne i temi pi specifici. Dopo aver dato
uno sguardo d'insieme alla sua teoria della preghiera ne studie-
remo alcuni aspetti esteriori. Parleremo quindi della preghiera
di fronte alla croce, e questo ci dar l'opportunit di evidenziar-
ne l'importanza per i cristiani siriaci. La lectio quotidiana e le
veglie notturne saranno analizzate in quanto elementi importan-
ti della preghiera di tutti i giorni. Dovremo inoltre sottolineare
il carattere universale della preghiera secondo !sacco, come pure
il suo insegnamento sulla preghiera per il prossimo, per la chiesa
e per il mondo. Bisogner poi ancora accennare alle regole con-
crete della preghiera. La conclusione verter sulla meditazione e
sugli stadi pi elevati della preghiera, dove essa non esiste pi in
quanto tale ma si trasforma in contemplazione.
La preghiera
Secondo Evagrio "la preghiera la conversazione della mente
con Dio" 1 . Per I sacco la conversazione ('enyana) della mente
con Dio costituisce l'attivit spirituale pi elevata e pi impor-
tante per ogni cristiano, e non pu essere paragonata a nessu-
n' altra attivit: "Proprio come nulla pu essere paragonato a
Dio cosl non c' n servizio n opera che possano essere para-
alla conversazione con Dio ('enyana d- 'am alaha) nella
2 Per preghiera I sacco intende l'insieme d_egli atti che
accompagnano la conversazione della mente con D10:
Ogni applicazione dell'intelletto a Dio e ogni meditazione
sulle cose spirituali che sia circondata di preghiera si chiama
preghiera ed compresa sotto questo nome, che si di
letture diverse, delle grida di una bocca che rende grazte a
Dio, di pensieri dolorosi riguardo al Signore, di inclinazioni
del corpo, di alleluia della salmodia e di tutto ci che alla
base di un insegnamento sulla vera preghiera
3

1 Evagrio Pontico, Sulla preghiera 3.
2
II,JO,I.
3 I,63 (p. 303) = Touraille 35 (p. 219); PR 63 (pp. 439-440).
170
Secondo il pensiero ascetico tradizionale dei cristiani d' orien-
te la preghiera la base della vita spirituale cristiana, fonte e
origine di ogni bene. !sacco la definisce cos:
La preghiera rifugio ausiliatore, fonte di salvezza, tesoro di
certezza, porto che salva dalla tempesta, luce per chi nella
tenebra, bastone per gli infermi, riparo contro le tentazioni,
rimedio nel punto critico della malattia, scudo che protegge
in guerra, freccia aguzza scoccata verso il volto del Nemico
in breve: la preghiera ci che permette di accedere a tutti
questi beni
4

Altrove !sacco definisce la preghiera come "la libert della
mente, la sospensione di tutto ci che appartiene alla terra e un
cuore il cui sguardo interamente rivolto al desiderio ardente
che accompagna la speranza delle cose a venire"
5
. Un altro pas-
so presenta la preghiera come un'attivit che rende lo spirito
dell'uomo simile a Dio:
Nulla tanto amato da Dio e onorato dagli angeli, nulla umi-
lia tanto Satana e incute terrore ai demoni, fa tremare il pecca-
to, fa scaturire la conoscenza, attira la misericordia, cancella i
peccati, conquista l'umilt, rende sapiente il cuore, procura
consolazioni e unifica l'intelletto, nulla produce tutti questi
effetti cos pienamente come un solita_rio inginocchiato per
terra e dedito alla preghiera continua. E quello il porto della
conversione che tanti pensieri di pentimento mescolati alle la-
crime ardentemente desiderano. Essa il tesoro della forza, il
lavacro del cuore, il sentiero della purezza, la via delle rive-
lazioni e la scala dell'intelletto. Essa rende la mente simile a
Dio e attraverso i suoi slanci gli fa il dono di riceverlo, come
se fosse gi nelle realt futur.
4
I,8 (p. 68) = Touraille 21 (p. 144); PR 8 (p. 105).
5
I, 71 (p. 345) = Touraille 81 (pp. 395-396); PR 74 (p. 508).
6
Centurie di conoscenza IV .3 r.
171
Nell'ora della preghiera, quando la mente raccolta e tutti i
sensi sono stati ricondotti all'armonia, si produce un incontro
tra Dio e l'arante. "Perch tutte le rivelazioni di Dio ai san-
ti giungono nel momento della preghiera?", si chiede I sacco, e
risponde: "Perch nessun tempo come quello della preghiera
fatto per la santit"
7
Ecco perch tutti i doni spirituali e tutte
le visioni mistiche furono accordate ai santi durante le loro pre-
ghiere. Fu allora che un angelo apparve a Zaccaria per annun-
ciargli il concepimento di Giovanni il Battista (cf. Le r,rr ss.);
fu durante la preghiera dell'ora sesta che Pietro ricevette una vi-
sione da parte di Dio (cf. At ro,9 ss.), e l'angelo apparve a Cor-
nelio mentre era raccolto in preghiera (cf. At ro,3 ss.).
Quando una volta all'anno il sommo sacerdote nell'ora tre-
menda della preghiera penetrava nel Santo dei Santi e si pro-
strava faccia a terra ... sentiva gli oracoli di Dio attraverso
una rivelazione impressionante e ineffabile. Che mistero ter-
ribile si celebrava in quella cerimonia! sempre al tempo del-
la preghiera che tutte le visioni e le rivelazioni si sono mani-
festate ai santi. In verit, quale tempo altrettanto santo,
quale per la sua santit cosl adatto a ricevere doni, quanto
quello in cui l'uomo conversa con Dio? In quel momento,
mentre formula le sue domande e le sue suppliche al cospetto
di Dio e gli rivolge la parola, l'uomo si sforza di riunire tutti i
moti e tutti i pensieri dell'anima per conversare solo con Dio,
e allora il suo cuore cosl abbondantemente ripieno di Dio
da comprendere ci che impenetrabile
8
.
Vediamo ora le principali condizioni poste da !sacco perch la
preghiera sia vera.
La prima condizione di pregare attentamente e senza di-
strazioni: le attivit esteriori non dovrebbero mai distoglierci
7
Centurie di conoscenza III,84.
8
I,23 (pp. I20-I2I) = Touraille 32 (p. 202); PR 22 (pp. I7J-I74l-
172
dalla preghiera. !sacco cita l'esempio di un asceta che avrebbe
detto:
Sono stupefatto quando sento parlare di monaci che eseguo-
no un lavoro manuale nella loro cella, riescono a portare a ter-
mine le preghiere previste dalla regola senza trascurare nulla e
conservano imperturbata la mente. Quanto a me, in verit ti
dico che se esco a portare dell'acqua mi trovo estromesso dal-
l'ordine naturale della mia mente e non sono pi in grado di
compiere le mie opere di virt
9
.
Bisogna poi combattere i pensieri estranei alla preghiera, che
provengono dal demonio e turbano la mente: "Non dipende da
noi che pensieri estranei si introducano o meno nella nostra
mente quando preghiamo; ma fermarsi o non fermarsi a medita-
re su di essi, questo s che dipende da noi"
10
. Cos dicendo !sac-
co si rif all'insegnamento monastico corrente sulla vigilanza (in
greco npsis), che implica un atteggiamento di attenzione tale da
vigilare sull'intelletto e scacciarne ogni pensiero estraneo non
appena si presenta; insegnamento gi impartito con straordina-
ria chiarezza da Evagrio nei suoi testi sul discernimento delle
passioni e dei pensieri e sulla vigilanza.
In terzo luogo, importante evitare durante la preghiera tutto
ci che frutto di immaginazione: ogni immagine o rappresen-
tazione che prendesse forma nella mente costituirebbe una bar-
riera tra l'uomo e Dio e rischierebbe di distruggere l'opera della
preghiera:
Non approvare quelli che, al momento della preghiera, si
fingono nella mente un'immagine sensibile e invece che nel
pensiero unico, semplice e solitario che contiene l'intuizione
'I,2r (p. ro8) = PR rS (p. 146).
1
Centurie di conorcenza III,r4.
173
dell'incomprensibilit del nostro Salvatore, trovano soddisfa-
zione nei fantasmi del loro pensiero. Al contrario, noialtri
evitiamo costoro e i loro simili, ingannati come sono dalle lo-
ro stesse allucinazioni e, quando la preghiera acquista vigore,
ci prepariamo attraverso un raccoglimento totale, affidando i
sensi della nostra anima allo Spirito di Dio nella semplicit
del cuore
11

In quarto luogo, bisogna pregare con umilt. La preghiera del-
l'umile passa direttamente dalla sua bocca all'orecchio di Dio
12
:
Quando ti prostri davanti a Dio in preghiera, il tuo pensie-
ro diventi come una formica, un animale che striscia, una
sanguisuga, un fragile lattante che farfuglia. A Dio non di-
re niente che sappia di erudizione, ma avvicinati a lui con il
pensiero di un bambino, e diventerai degno di quella prote-
zione di cui i padri circondano i loro figli pi piccoli
13
.
In quinto luogo, importante pregare con sentimenti profon-
di e lacrime. L'afflizione del cuore unitamente alle sofferenze
corporali cos come le prostrazioni devono diventare parte inte-
grante della preghiera: "Considera fallita quella preghiera in cui
il corpo non soffre e il cuore non afflitto, giacch una tale pre-
ghiera senz' anima"
14
. E al tempo stesso !sacco cita Evagrio,
per il quale "la preghiera una gioia che rende grazie"
15
. La
combinazione di cuore afflitto e gioia spirituale che nasce dal
rendimento di grazie diventa una fonte di lacrime che accompa-
gna la preghiera, particolarmente ai livelli pi alti. Per !sacco,
"la pienezza della preghiera il dono delle lacrime"
16
. "Durante
11
Centurie di conoscenza II,59.
12
Cf. I,6 (p. 59)= Touraille 56 (p. 303); PR 6 (p. 93).
13
!,72 (p. 351) = Touraille 19 (p. 128); PR 77 (p. 524).
14
I,n (p. 107) = Touraille 76 (p. 383); PR 65 (p. 446). . .
15
I,8 (p. 68) = Touraille 21 (p. 144); PR 8 (p. w6). Cf. Evagno Pontlco, Sulla pre-
ghiera I 5: "La preghiera il frutto della gioia e del rendimento di grazie".
16
I,64 (p. 307) = PR 65 (p. 446).
174
la preghiera le lacrime segnalano che il pentimento dell'anima
stato giudicato degno della misericordia di Dio, che stato ac-
cettato e che l'anima, attraverso le lacrime, ha appena fatto il
suo ingresso sulle plaghe della limpida purezza" n.
In sesto luogo, importante pregare con pazienza e ardore,
due qualit che hanno a che fare con l'amore di Dio:
L'amore il frutto della preghiera che, attraverso la sua con-
templazione, attira un intelletto insaziabile verso l'oggetto
dei suoi desideri, quando persevera pazientemente nella pre-
ghiera senza lasciarsi abbattere, sia che la preghiera appaia
visibilmente e impegni il corpo, sia che essa si svolga con im-
pegno e fervore attraverso le riflessioni silenziose della men-
te. La preghiera la mortificazione degli impulsi del desi-
derio che appartengono alla vita carnale, giacch colui che
prega come si deve assomiglia a chi morto al mondo. Questo
il significato dell'espressione "rinunciare a se stessi" (cf.
Mc 8,34): perseverare coraggiosamente nella preghiera1s.
In settimo luogo, ogni parola della preghiera deve sgorgare
dalle profondit del cuore. Anche se sono tratte dai salmi, le pa-
role della preghiera devono essere pronunciate come se fossero
di colui che prega:
Recitando i versetti dei salmi, non fare come chi ripete le pa-
role di un altro, per non restare completamente estraneo alla
compunzione e alla gioia racchiuse nei salmi. Al contrario, re-
cita le parole della salmodia come se fossero veramente tue
in modo da formulare la tua supplica con comprensione e o ~
una compunzione dotata di discernimento
19

17
I,54 (p. 269) = Touraille 33 (p. 208); PR 53 (p. 384).
18
I,66 (p. 325) = Touraille 69 (pp. 353-354); PR 68 (p. 476).
19
!,54 (p. z69) = Touraille 33 (p. 207); PR 53 (p. 384).
!sacco tiene in grande considerazione la salmodia e sottolinea
l'importanza di meditare le parole dei salmi:
Le parole sorprendenti depositate nei cantici affidati alla san-
ta chiesa, insieme alle molte altre parole elevate che lo Spirito
ha sparso in questi canti armoniosi, possono secondo alcuni
prendere il posto della preghiera perfetta. A meditarle, esse
fanno nascere in noi preghiere pure e intuizioni elevate e ci
avvicinano alla limpidezza (shapyuta) della mente e allo stu-
pore di fronte a Dio, e a tutto ci che Dio user per illuminar-
ci con la sua sapienza al momento opportuno, quando sceglie-
remo versetti appropriati per offrirli al Signore con l'intento
di farne una supplica, e li ripeteremo a lungo e con calma
20

In ottavo luogo, non bisogna "preoccuparsi della quantit del-
la preghiera, bens mirare alla qualit"
21
Pu succedere che un
solo versetto di un salmo basti ad alimentare un lungo momento
di preghiera; ma in altri casi il monaco deve cambiare spesso
salmo:
Infatti, a partire da una sola parola si pu prolungare una pre-
ghiera per tre notti e tre giorni. Nulla impedisce a un solitario
di utilizzare per tutta la vita un solo versetto di preghiera, per
l'orazione e per l'ufficio, senza sentirsi minimamente in col-
pa. Ma poich, cambiando spesso salmo, disponiamo di nu-
merosi sensi diversi grazie ai quali l'intelletto si dispone a es-
sere colto da stupore davanti a Dio, passare frequentemente
da un salmo all'altro non ci disturba affatto
22

Forse dicendo che un solo versetto basterebbe a nutrire la pre-
ghiera cli un'intera vita, !sacco ha in mente Paolo il Semplice, da
"II,2I,7
21
Centurie di conoscenza II,55
22
Ibid.
lui spesso citato
23
e che, secondo fonti monastiche
24
, pot ap-
prendere solo l'inizio del Salmo r, ma gli bast a raggiungere la
pienezza spirituale. Non poi escluso che il nostro autore alluda
alla pratica, diffusa tra i monaci, della preghiera continua sulla
base di una breve formula come la "preghiera di Ges", che pro-
prio all'epoca di !sacco (vii-VIII secolo) aveva avuto un certo suc-
cesso nei circoli monastici di Bisanzio. Non sappiamo se la for-
mula bizantina della "preghiera di Ges" fosse in uso nell'oriente
siriaco, ma certo che doveva esserci un tipo analogo di preghie-
ra, trattandosi di una pratica universale presso i monaci.
In nono luogo, al momento della preghiera bisogna essere cer-
ti della propria assoluta fiducia in Dio
25
. Per questo non si devo-
no chiedere a Dio i beni materiali che egli ci darebbe comunque,
anche senza esserne pregato:
Presenta le tue richieste a Dio in modo confacente alla sua
gloria, sicch il tuo onore sia magnificato davanti a lui ed egli
si compiaccia di te ... Non chiedergli ci che ha gi deciso di
darti spontaneamente ... Un figlio al padre non chiede pane,
ma le cose importanti e preziose della sua casa. Ordinandoci
di pregare per il pane quotidiano (cf. M t 6, r r) il Signore ha
tenuto conto della debolezza di spirito dell'uomo comune,
giacch a coloro che avevano una conoscenza piena e un'ani-
ma sana ha detto: "Perch vi affannate per il vestito? ... Cer-
cate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste co-
se vi saranno date in aggiunta" (Mt 6,28.33)2
6

Coloro che hanno veramente fede in Dio non gli chiedono
"donaci questo" oppure "liberaci da quest'altro", n si curano
23
Cf. per esempio I,75 (pp. 372373) =PR So (p. s6o); II,q,20-22 (i due passi so-
no citati pi avanti in questo stesso capitolo).
24
Rufina, Storia dei monaci IX,2,7.
"I,54 (p. 266) = Touraille 33 (p. 204); PR 53 (p. 379).
26
I,3 (pp. 23-24) = Touraille 44 (pp. 251-252); PR 3 (pp. 32-33).
I77
;
i
minimamente di se stessi, perch sentono la provvidenza pater-
na di Dio nella loro vita
27
Invece di chiedere a Dio: "Che cosa
mi donerai?", l'anima nata libera gli chiede di il te-
soro della fede nel suo cuore, "bench Dio
bisogno neanche di questa preghiera"
28

Infine, la preghiera non priva di con la vita con-
creta di ciascuno di noi. Essa deve corrispondere al dubbara
(condotta) di un monaco: "Una non si accompa-
gna a una bella condotta come un'aquila perde le pen-
ne"
29
, ammonisce Isacco. Se l'arante trascura gli altri elementi
dell'ascesi, la sua preghiera ne
Secondo Isacco, dunque, le caratteristiche della preghiera so-
no l'attenzione e la vigilanza, l'assenza di distrazioni, di pensie-
ri estranei e immaginazioni, l'umilt, il pentimento e le lacrime,
la pazienza e il fervore, le parole affiorano dal profondo del
cuore, la cura della qualit e non della quantit, la fede, l'abban-
dono fiducioso a Dio e uno di vita che le sia consono. Una
preghiera dotata di queste qualit arriver presto e facilmente al-
le orecchie di Dio.
Ma perch sembra a volte Dio tardi a rispondere alle no-
stre domande o che addirittura non le esaudisca? Isacco ipotizza
due ragioni. La prima la provvidenza di Dio, grazie alla quale
egli dona a ciascuno secondo la sua misura e la sua capacit di
ricevere:
Non rattristarti se, quando lo supplichi, Dio indugia a ri-
spondere: non sei pi sapiente d Dio. Questo avviene o per-
ch non sei di ricevere ci che chiedi, o perch le vie
del tuo cuore non sono in sintonia con le tue richieste e anzi
27
Cf. !,52 (pp. 253-154) Touraille 62 (p. 329); PR 51 (pp. J6o-J6r).
28
II,8,24.
29
Centurie di conoscema III,5o.
178
contrastano con esse, o anche perch la tua misura interiore
non abbastanza matura per l'eccellenza che tu sollecitPo.
Se la nostra preghiera non viene esaudita ci dipende anche
dai nostri peccati, che d allontanano da Dio:
Se Dio veramente pieno d misericordia, com' u ' ' ~ ; u < : :
che non ci ascolti e non presti attenzione alla nostra
ra quando, assaliti dalle tentazioni, bussiamo alla sua porta e
preghiamo incessantemente? Il profeta l'ha con chia-
rezza quando ha detto: "La mano del non troppo
piccola per salvarci, il suo orecchio non cos sordo da non
sentirei, ma i nostri peccati ci hanno allontanato da lui, le no-
stre iniquit gli hanno fatto voltare il capo dall'altra parte per
non sentirei" (cf. Is 59, Ricordati sempre di Dio, ed egli
si ricorder di te ogni volta che nel male
31

Gli aspetti esteriori della preghiera
Generalmente si pensa autori mistici mostrino scarso
interesse per gli aspetti esteriori dell'ascesi e della prassi della
preghiera, supponendo si concentrino sui frutti interio-
ri di tali pratiche. Isacco il Siro fa parte della schiera relativa-
mente nutrita di autori smentiscono questa erronea opinio-
ne. In lui troviamo molte descrizioni delle forme esteriori della
preghiera in base sua prassi personale e a quella degli eremiti
del suo tempo. una di queste descrizioni:
30
J1
(p. 24) Touraille 44 (p. 252); PR 3 (p. 33).
(p. 46) Touraille 5 (p. 82); PR 5 (p. 70).
179
C' chi passa la giornata intera a pregare e
re, dedicandone solo una piccola parte alla
terio, e cos accresce in s nel migliore dei il continuo
raccoglimento in Dio. C' poi si occupa tutta la i'\1'-'lllL"-
dei salmi, senza nemmeno rendersi conto di pregare.
cora si limitano a ripetere giorno e notte molte ..
(sbsut syam burke), recitando contempo le diverse parti
delle ore e dell'ufficio ... Di tanto in tanto si alzano, con il
cuore rasserenato, e si volgono per un attimo meditazione
della Scrittura. Un altro riempir la intera con la let-
tura delle Scritture, allo scopo di dimenticare questo mondo
che passa e chiudere la mente a riguardante le
questioni temporali e a ogni con le passioni; trovando
la sua gioia nelle intuizioni ai misteri divini, meravi-
gliandosi a ogni istante davanti all'economia divina, dediche-
r poco tempo alla recitazione in della preghiera e della
salmodia: il tempo consacrato alla lettura sar pi importante
di quello consacrato alla 1-'"n'"''"'u
Il passo d fornisce un elenco di aspetti esteriori
della preghiera: la salmodia, la lettura, le genuflessioni. Isacco
tiene in grande considerazione i salmi e sostiene che proprio
o:razie alla recitazione continua del salterio molti hanno raggi un-
o
to la gioia ineffabile "che riduce la lingua al silenzio dello stupo-
re" quando li colpisce in modo sovrannaturale:
I8o
Dove sono quelli che sostengono che i salmi non sono neces-
sari all'ufficio? Dico la verit come se parlassi davanti a Dio:
conosco un uomo che degno di tutto ci nella sua
personale tutti questi beni li ha ricevuti a partire
dalla attraverso la misericordia della
e non solo una volta o due ... beni che consi-
rivelazioni e misteri neffabili, nella sensazio-
ne meravigliosa delle cose del mondo a venire e
di una conoscenza che trascende la natura
33
.
Isacco attribuisce grande valore alle genuflessioni e alle pro-
strazioni, che considera tra gli esercizi spirituali pi importanti,
al di sopra della salmodia e delle altre pratiche
Non pensare che la prostrazione in
davanti a Dio sia una forma di ozio, perch anzi neppure la
salmodia la eguaglia in grandezza
35
. Fra tutte le azioni eccel-
lenti compiute dagli uomini non c' ... Es-
sa il segno della morte al mondo e, a dell'Interprete,
la via precisa del pentimento. Essa umilt corpo e del
pensiero, fine delle suggestioni dissolvimento
desideri, preparazione simbolica
do [la morte] dal corpo,
Dio: tutti i beni di e mondo futuro vi si trovano
riuniti. Quest'opera non sembri dunque ai tuoi
occhi. Se puoi, portala a senza sosta perseveran-
do in essa e in essa sola, rinunciando a tutto il resto e a te
stesso. Se le consacri la tua anima, non parlare della tua feli-
cit in una lingua di questa terra: ti assicuro che quello che ti
succeder da questo momento in sar stupefacente e inef-
fabile. Quest'opera veramente perfetto dal mondo,
o piuttosto dai comportamenti corrotti. la fine di tutti i tra-
vagli, il debito pagato a tutti i comandamenti, e il compimen-
to di ogni eccellenza
36

Isacco raccomanda di prostrarsi spesso durante la preghiera:
che la recitazione dei salmi, ama le pro-
strazoni .
CetJturie di conoscenza I,2o.
Quale che sia il momento nel quale Dio apre il tuo pensie-
ro dall'interno, devi dedicarti a piegamenti e prostrazioni in-
cessanti ... Nelle lotte dell'ascesi niente pi grande e pi
arduo e niente suscita in misura maggiore l'invidia dei de-
moni delle prostrazioni dinanzi alla croce di Cristo, pregan-
do giorno e notte, le mani legate dietro la schiena come dei
colpevoli3
7

!sacco cita la preghiera notturna di un monaco era andato
a far visita come esempio del modo in cui le prostrazioni si devo-
no moltiplicare durante la preghiera: "Non riuscivo a contare il
numero delle sue prostrazioni. E chi mai avrebbe potuto contare
le prostrazioni eseguite da quel fratello ogni notte?"
38

Accanto alle prostrazioni, un altro atteggiamento esteriore
che pu accompagnare la preghiera quello di percuotere la te-
sta al suolo. Questa pratica e altre simili sembra siano state mol-
to diffuse non solo nella tradizione siriaca, ma nel rnonachesirno
orientale in genere
39
. "Piangere, percuotersi il capo durante la
preghiera
40
, gettarsi a terra con fervore", tutto questo, secondo
Isacco, "risveglia il calore ... della dolcezza all'interno del cuore
che, in ammirevole rapimento, si slancia verso Dio"
41
. I sacco
parla di battere il suolo con la testa "cento volte o pi"
42
e sotto-
linea che alcune di queste pratiche possono essere appropriate
per ciascun asceta al momento della preghiera, ma non c' una
regola generale che valga per tutti. Tuttavia stupisce che, secon-
do lui, la celebrazione giornaliera dell'ufficio nel suo insieme
possa essere sostituita dal percuotere la testa:
38) = Touraille 2 3 (p. r6r); PR 4 (pp. 57-58).
ro5} Touraille 75 (p. 38o); PR r8 (p. 140).
Climaco (Scala del paradiso 5,ro) menziona l'uso di battersi il pet-
JJn:glllc>, mentre Simeone il Nuovo Teologo parla di percuotersi il viso e
strapparsi! (Catechesi 3o,r68-r69l-
40 O anche: "battere il suolo con la testa".
41
I,r9 (p. 99) = Touraille r3 (p. rii); PR r6 (p. I}I).
42
I, n (p. ro5) = Touraille 75 (p. 38o); PR r8 (p. r4o).
r82
Le diverse opere di coloro che vivono secondo Dio sono le se-
guenti: c' chi, al posto delle ore del suo ufficio, si batte tutto
il giorno la testa. Altri raggruppa le preghiere fisse tutte in-
sieme e le prolunga attraverso prostrazioni continue. Altri an-
cora sostituisce gli uffici con abbondanti lacrime, e tanto gli
basta ... Ma un altro, che aveva poca esperienza di queste co-
se, si gonfi d'orgoglio e cadde in errore
43

Quest'ultimo cenno a coloro che si "gonfiano d'orgoglio"
un'allusione ai rnessalian. In generale !sacco non interessato
alla polemica: egli evita, ad esempio, qualsiasi discussione su te-
rni cristologici che possano suscitare controversie. Fanno ecce-
zione i messali ani
4
\ contro i quali troviamo nei suoi scritti di-
verse affermazioni polemiche. Il movimento dei rnessaliani (dal
siriaco m.salyane, "quelli che pregano"), apparso nelrv secolo, si
era diffuso in tutto l'oriente cristiano. rifiutavano i sacra-
menti della chiesa e l'ascesi perch ritenevano che l'attivit
rituale principale fosse la preghiera, attraverso la quale l'arante
poteva raggiungere diversi stadi di estasi
45
!sacco, in quanto lui
stesso autore mistico che si era dovuto spesso occupare di terni
legati alle pratiche della preghiera e della vita spirituale, era sen-
sibile a tutte le manifestazioni di falso rnisticisrno e a tutte le
forme non autentiche della preghiera. Egli dunque reagl viva-
mente contro gli "errori dei rnessaliani".
Tra i passi antirnessaliani di suo pugno a noi pervenuti, il ca-
pitolo 14 della seconda parte occupa il primo posto. Si intitola
"Sulla preghiera e le sue forme esteriori" e merita di essere stu-
diato partitarnente, giacch contiene molte preziose indicazioni
sul modo di pregare dei monaci siriaci del tempo.
u 1,6 (p. 62) Touraille
44
Cf. PR 72 (p. 495); e 47; Centurie conoscenza IV,3r.34 e passm.
45
C. Srewart, Vorking o/ the Heal't. Tbe Messa[ian Conti'Oversy in Hist01y,
Texts and Languages to AD 4JI, Clarendon Press, Oxford 1991, ha dato un contributo
imporrante alla nostra conoscenza del messa!ianesimo.
I sacco comincia con l'affermare che nessuno ha il diritto di
trascurare le forme esteriori della preghiera, anche se evidente
che la perfezione consiste nell'ottenere da Dio dei doni spiritua-
li e la preghiera pura. In realt, gli atteggiamenti esteriori che
esprimono rispetto verso Dio aiutano a progredire interiormente
verso la preghiera pura:
Chi decide di abbandonare le fasi iniziali prima di aver trova-
to il seguito evidentemente preda del demonio ... Secondo
l'onore che, con corpo e anima, rendiamo a Dio nella pre-
ghiera, si aprir davanti a noi la porta dell'aiuto che ci con-
durr alla purificazione dagli impulsi e all'illuminazione. Co-
lui che durante la preghiera assume un atteggiamento rispet-
toso, tendendo le mani al cielo quando sta modestamente in
piedi o prostrandosi faccia a terra, sar giudicato degno di ri-
cevere cospicue grazie dall'alto. Tutti coloro che abbelliscono
continuamente la loro preghiera con tali atteggiamenti este-
riori saranno giudicati degni, presto o subito, dell'attivit
dello Spirito santo, poich mostrano di considerare grande il
Signore ai loro occhi grazie all'onore che gli fanno con i sacri-
fici offerti, nei momenti stabiliti dalla legge della loro libera
volont
46
.
Isacco sottolinea che Dio non ha bisogno di segni esteriori di
rispetto, ma da parte nostra ci vuole un atteggiamento rispetto-
so per abituarci a stare degnamente davanti a lui:
Bisogna che vi rendiate conto, fratelli miei, che Dio desidera
vivamente certi atteggiamenti esteriori durante l'ufficio - ge-
sti specifici di rispetto e forme visibili della preghiera - non
gi per s ma per il nostro bene. Egli infatti non ricava alcun
vantaggio da queste cose, n ci rimette nulla se le trascuria-
mo; esse sono per un sostegno alla debolezza della nostra
<
6
II,r4,8.rr-r2.
natura. Se tali atteggiamenti esteriori non erli fossero o-raditi
l
. bb o o '
non l avre e egli stesso adottati al tempo della sua incarna-
zione e non ne avrebbe parlato nelle sacre Scritture. Niente
pu? disonorarlo, poich l'onore gli appartiene per natura. Ma
no1, a causa delle nostre abitudini trasandate e di ocrni sorta
di azioni irriguardose, assumiamo attecrcriamenti che
d' 00
lmostrano disprezzo nei suoi confronti. Cos ci escludiamo
dalla grazia per nostra precisa volont, visto che siamo inclini
a cadere: allora che i demoni ci assalgono e ci ingannano
senza posa; allora che si sviluppa in noi una natura amante
degli agi e pro n a alle azioni malvagie
47

Dopo aver cos argomentato la necessit delle forme esteriori
della preghiera, Isacco si scaglia direttamente contro le pratiche
dei messaliani:
Molti hanno disprezzato gli aspetti esteriori della preghiera e
hanno presunto che a Dio bastasse la preghiera del cuore. Su-
pini o seduti in modo irrispettoso pretendono che conti solo
il raccoglimento interiore su Dio, e non sono minimamente
interessati ad abbellire lo stile visibile della loro preghiera at-
traverso prolungate stazioni in piedi secondo il vigore dei loro
corpi, n a fare il venerando segno della croce sulle loro mem-
bra. Non gli interessa adottare, stando inginocchiati un at-
teggiamento interiormente ed esteriormente come
di chi si avvicina al fuoco, n mostrare una riverenza partico-
lare per il Signore onorandolo con tutto il corpo e mostrando
un volto umile. In fatto che non si sono resi conto del potere
del loro Avversario, quindi si lasciano andare a opere false
perch non hanno ancora capito che sono mortali e socrcretti a
ricevere impulsi da parte della loro anima sempre alle
cadute. Non si accorgono che non hanno racrcriunto lo stato
d l
. 00
eg l esseri spirituali, che la resurrezione non ha avuto luocro
o
47 II,I4,I3.
e non sono ancora immutabili. Essendo ancora nel corpo, in
una condizione in cui la natura umana deve sforzarsi per
adattarsi alle novit, hanno voluto condurre la loro vita se-
condo uno stato puramente spirituale, senza essere coinvolti
da ci che appariva inevitabilmente come la costrizione della
vita di tutti i giorni in un mondo ancora soggetto alle passio-
ni. "Immaginando di essere saggi, si sono comportati con di-
sprezzo" (Rm I ,zz), nel senso che si sono manifestati in loro i
segni dell'orgoglio e del disprezzo di Dio. In tal modo hanno
conseguito una doppia perdita, proprio a causa della preghie-
ra che invece fonte di vita. Tutto ci perch hanno creduto
di poter offrire disprezzo a colui che solo venerabile, che
nessuno pu disprezzare e che deve essere onorato da tutti gli
esseri creati
48
.
Trascurando cos le forme esteriori della preghiera i messalia-
ni afferma !sacco si sono messi in contrasto con la tradizione
, ,
della chiesa. Gli antichi padri non pregavano solo nel cuore, ma
osservavano molte regole esteriori, prestando particolare cura
all'atteggiamento del corpo durante la preghiera: "Non esatto,
come pretendono i loro detrattori, che questo numero fisso di
preghiere fosse eseguito soltanto nel cuore, come vorrebbero i
seguaci dei messaliani, che negano la necessit delle forme este-
riori della liturgia"
49
I santi padri, continua !sacco, pregavano
con rispetto, si gettavano a terra davanti alla croce, si prostra-
vano, abbracciavano la croce e a volte passavano ore intere in
ginocchio:
Le loro prostrazioni, grazie alle quali l'anima si manteneva
umile, erano assolutamente reali. Essi le eseguivano tutte,
avendo cura di alzarsi dal luogo in cui erano seduti - a meno
che ne fossero impediti dalla debolezza fisica- con grande ri-
48 II,I4,I4.
49
II,r4,22.
spetto e umilt di mente e di corpo, poggiando la faccia a ter-
ra davanti alla croce. Questi atti di adorazione erano del tut-
to diversi da quelli che si svolgevano nel cuore. Nondimeno,
ogni volta che si alzavano eseguivano con il corpo secondo le
circostanze i vari gesti di adorazione, baciando la croce cin-
que o dieci volte e contando ogni gesto e ogni bacio come una
preghiera. Nel compiere tali gesti capitava talora di scoprire
improvvisamente, all'interno di una sola preghiera, una perla
che conteneva tutte le altre. Succedeva ad alcuni di essere ra-
piti in spirito dallo stupore della preghiera mentre stavano in
piedi o in ginocchio: uno stato che non controllato dalla vo-
lont della carne e del sangue (cf. Gv 1,13) o dagli impulsi
dell'anima. Oppure si ritrovavano in uno degli stati della pre-
ghiera pura che spiegheremo pi avanti5.
In seguito Isacco mostra pi particolareggiatamente come i
padri calcolassero il numero delle preghiere eseguite ogni gior-
no, e ci fa intendere che essi recitavano molte preghiere e fa-
cevano molte prostrazioni, ma non si alzavano dopo ognuna di
esse. Si alzavano una sola volta, ripetevano le prostrazioni e, do-
po averle terminate, leggevano la Scrittura, recitavano l'ufficio o
pregavano con lacrime:
cos, nel modo che ho appena descritto, che i padri usavano
compiere un gran numero di preghiere. Non dedicavano un
tempo preciso alla stazione in piedi per ogni preghiera, come
molti suppongono e alcuni pretendono, giacch il nostro fra-
gile corpo non reggerebbe ad alzarsi ogni volta a ogni nuova
preghiera. Il conto delle preghiere non avrebbe mai fine se
davvero ci si dovesse alzare dalla sedia un centinaio di volte al
giorno, o cinquanta o sessanta- per non dire trecento, com'e-
ra costume di certi santi -, cosa che non lascerebbe spazio al-
la lettura o alle altre osservanze richieste. Inoltre non ci sa-
50 II,I4,24.
rebbe stata neppure la possibilit di prolungare la preghiera se
nel corso di essa, poniamo, la grazia avesse accordato il dono
lacrime, n d permettere agli impulsi limpidi di farla
durare, come nel caso di quelli che sono giudicati degni di ta-
le In luogo di tutto ci, l'ufficio di una tale persona sa-
stato tormentato, ed essa stessa sarebbe stata piena di
turbamento durante tutto il suo servizio
51
.
!sacco al lettore di provare lui stesso questi diversi
modi pregare, per constatare di persona l'impossibilit di ese-
guire cento o pi preghiere alzandosi in piedi a ciascuna di esse:
faccia egli stesso la prova e veda se ca-
tranquillamente dalla propria sedia cinquanta
per non dire cento o duecento -, evitando
interiore e mantenendo tranquilla la sua pre-
nello stesso tempo al suo ufficio e alla
delle Scritture che da sola costituisce una
della preghiera - e di mantenersi tutto il
alcuna. Provi a mettere in pratica tut-
per non dire tutta la vita
52

La ragione di Isacco su questi consigli pratici
che, al contrario dei messaliani, egli vuole lasciare ai suoi disce-
poli un manuale dettagliato di preghiera. I messaliani infatti, di-
ce Isacco, rifiutano non solo le forme esteriori della preghiera,
ma anche i sacramenti della chiesa e la lettura delle Scritture.
Questa rottura con la li ha condotti all'errore spiri-
tuale, all'orgoglio e
All'origine deviazioni non c' la preghiera continua,
n l'omissione di certi se convenientemente motivata.
n Il,I4,25.
52
II, I4,26.
r88
Non bisogna fare della preghiera, fonte di vita, e delle fatiche
che essa comporta, una causa di errore. Questo tuttavia suc-
cede quando si abbandonano le sue venerabili forme esterio-
ri, dedicandosi invece a regole e costumi particolari stabiliti a
capriccio, e ci si priva completamente dei santi misteri,
sprezzandoli e facendosene gioco, per arrivare a rifiutare la
luce delle sacre Scritture trascurando i precetti e le parole dei
padri che ci hanno insegnato le trappole dei demoni. Cosi al-
cuni abbandonarono i gest di umilt, le genuflessioni, le con-
tinue prostrazioni, il cuore in pena, gli atteggiamenti sotto-
messi che si addicono alla preghiera, la stazione in piedi se-
gno di modestia, le mani umilmente oiunte o tese al cielo i
b '
sensi pieni di rispetto. A tutto ci sostituirono atteggiamenti
fino a mescolare alle loro preghiere insulti contro
Dio insieme a espressioni e gesti arroganti, dimenticando co-
s quanto alta la natura di Dio, mentre la loro non che pol-
vere. Ma in tutto ci, le parole della loro preghiera non erano
diverse da dei salmi
53
.
Continuando sua descrizione delle forme esteriori della
preghiera, Isacco alla preghiera a braccia tese. Secondo
lui questa postura il raccoglimento del pensiero e un
sentimento di profonda compunzione. Egli sottolinea anche la
necessit di pregare con parole proprie, convinto che questo
porti a intuizioni spirituali:
Di fatti la parte delle preghiere sono composte di pa-
role prese dai salmi, a idee e sentimenti d dolore
e di supplica, di e di lode, e via dicendo. Cosi
talvolta, quando si sta inginocchiati con il capo reclinato o
con le dita e lo rivolti al cielo, scandendo lentamente
le parole si potranno sentimenti personali. A tratti
il dolore e la scaturire parole
profondamente sentite; altre volte, in risposta a qualche av-
venimento, esploder una gioia che trasformer la preghiera
in lode per effetto della delizia provata dalla mente. Lo stesso
si pu dire dell'impulso dato dallo Spirito alla preghiera dei
santi, la cui espressione comprende misteri e intuizioni inef-
fabili. Quando la forma esteriore della preghiera rivela qual-
che seono delle intuizioni che essa contiene, questo d un'i-
"
dea dei misteri e della pienezza di conoscenza che i santi ri-
cevono mescolati alla loro preghiera grazie alla sapienza dello
Spirito santo
54

A pregare con parole proprie c' il vantaggio di non dover im-
parare a memoria o recitare testi presi dai libri. Isacco osserva
che certi santi del passato ignoravano completamente i salmi,
eppure grazie alla loro umilt le loro preghiere, contrariamente a
quelle dei messaliani, giungevano a Dio:
O ci si avvicina a Dio, o si cade lontani dalla verit. Que-
sto dipende dall'orientamento della mente e non dalle forme
esteriori di ci che stato compiuto o trascurato. Un gran nu-
mero di antichi padri - mi riferisco a certi grandi solitari -
non conoscevano nemmeno i salmi. Le loro preghiere tuttavia
salivano come fuoco fino a Dio, a causa della loro condotta
eccellente e dell'umilt di spirito che avevano acquisito. Le
loro parole mettevano i demoni in fuga come mosche che vo-
lavano via ronzando alloro arrivo. Molti, tuttavia, usano la
preghiera come scusa per la loro pigrizia e il loro orgoglio:
non riuscendo ad afferrare la parte migliore (cf. Le 10,42),
perdono anche quella che tenevano in mano. Non hanno
niente, e si immaginano di aver raggiunto la pienezza. Altri,
facendo assegnamento sulla formazione intellettuale ricevu-
ta, hanno presunto che essa bastasse a scoprire la vera cono-
scenza: appoggiandosi sulla loro cultura secolare e sulla let-
54
II,14>43
tura ordinaria sono caduti lontano dalla verit e non hanno
saputo umiliarsi per potersi rialzare
55
.
Questa l'opinione di Isacco circa le forme esteriori della
preghiera 56. Egli convinto che la preghiera, con tutti gli atteg-
giamenti esteriori che comporta, sia la "pienezza di ogni vir-
t"57. Nel contempo sa che queste forme esteriori, indipenden-
temente dalla loro importanza, non sono altro che sussidi per
l'acquisizione della preghiera pura; quando non polemizza con i
messaliani si esprime assai pi cautamente sulla loro indispensa-
bilit: ammette, per esempio, che si possa pregare seduti
58
. So-
prattutto a favore degli anziani e dei malati ci vogliono regole
che escludano la sofferenza fisica:
Non nostra intenzione costringere i malati e gli infermi al-
l'osservanza della regola, non vogliamo sottoporre nessuno
all'impossibile. Tutto ci che viene compiuto con rispetto e
timore, secondo quanto richiedono le circostanze, conside-
rato da Dio un'offerta di qualit anche se fuori dalle regole.
Non solo Dio non biasima queste persone, ma accoglie le co-
se irrisorie e insignificanti, se fatte con buona volont e per
causa sua, allo stesso modo delle azioni vigorose e complete
... giacch Dio buono e misericordioso e non ha l'abitudine
di giudicare le debolezze di natura o le cose fatte per neces-
sit, bench riprovevoli. Ci giudica solo quando trascuriamo
ci che siamo in grado di fare 5
9
.
Se le forme esteriori sono necessarie alla preghiera, la loro mi-
sura deve per essere proporzionata alle forze di ciascuno. Non
55
II,14A4
56
Circa le forme esteriori della preghiera, si veda anche Afraat, Dimostrazioni 4;
Origene, Sulla preghiera.
57
II,14>45
58
I,2o (p. 103) = Touraille 29 (p. 186); PR I7 (pp. 137-138). Cf. II,21,6.
59 II,14,15.
solo i fratelli anziani e infermi sono dispensati dal ripetere le
prostrazioni o altri gesti esteriori, ma tutti quelli che sono affa-
ticati dalla preghiera possono commutare le forme tradizionali
in preghiere personali prolungate:
Quando sei indebolito ed esausto per lo sforzo di una salmo-
dia recitata assiduamente secondo l'uso, e per et avanzata o
debolezza di corpo non sei pi in grado di sostenere ci che
prima sopportavi, allora al suo posto affaticati con le suppli-
che, le intercessioni e cose simili. Presenta le tue suppliche
con perseveranza e seriet, formula con cura le tue domande
e soffri supplicando con cuore afflitto. Renditi importuno,
prolunga la tua preghiera e insisti finch la porta non ti sar
aperta, perch nostro Signore misericordioso e ti accoglier
non a causa del tuo sforzo ma secondo l'orientamento della
tua mente. Nel momento stesso in cui prolunghi la supplica,
la tua anima sar illuminata e i tuoi pensieri si infiammeranno
d'amore per lui. cos che riceverai il suo soccorso nel mezzo
degli sforzi stentati che il tuo corpo infiacchito pu soste-
nere, senza avere del tutto abbandonato, nella misura del pos-
sibile, gli uffici ormai abbreviati. In questo modo non sem-
brerai appartenere al novero di quanti rifiutano di sottoporsi
alla regola monastica- atteggiamento che sarebbe conseguen-
za degli attacchi del demone dell'orgoglio, come succede a
quanti si illudono di non aver pi bisogno di queste cose - e
non finirai con il cadere a poco a poco in uno stato di fatica
presunta. Non voglio qui porre dei limiti fissi di tempo; parlo
solo di quello che pu succedere e che di fatto succed
0

Si pu pregare in piedi, seduti o in ginocchio, ma pi impor-
tante ancora che la preghiera sia fatta con timore di Dio:
Non ci sarebbe nulla di riprovevole se, per un tempo corri-
spondente alle nostre forze - e non nemmeno necessario
60
II,2I,IJ.
che vi corrisponda - durante il quale siamo in piedi o seduti,
noi vedessimo il grande stupore e la vigilanza che ci accompa-
gnano. Essi impedirebbero al disprezzo di Dio di insinuarsi
in noi all'ora in cui celebriamo il suo ufficio, o quando offria-
mo il sacrificio della preghiera davanti a lui. Si tratta di una
questione di giudizio e di discernimento piuttosto che di li-
miti prefissati e di confusione, senza che tu sia troppo preoc-
cupato della quantit delle preghiere, giacch sovente pro-
prio questa preoccupazione a causare turbamento interiore.
Al contrario, nostro scopo di trovare la via seguendo la qua-
le il cuore pu avvicinarsi a Dio durante l'ufficio e la preghie-
ra; per questo infatti sei ancora soggetto alla legge dei bambi-
ni. E ancora, alla salmodia aggiungi altre cose per farne un
uso particolare, e cerca di stare a volte in piedi, a volte in gi-
nocchio, poi siediti nuovamente
61
.
Isacco giunge alla conclusione che non ci sono atteggiamenti
esteriori irrinunciabili nel corso della preghiera. Chi rifiutasse
intenzionalmente ogni forma esteriore rischierebbe di cadere
"nell'errore dei messaliani", ma ci non significa che non sia del
tutto impossibile pregare al di fuori di queste forme. Al contra-
rio, siamo invitati a pregare ogni momento e indipendentemente
dall'atteggiamento del nostro corpo:
Ci si pu dedicare a ci restando in piedi o seduti, lavorando
o passeggiando nella cella, da quando si va a dormire fino a
quando si sprofonda nel sonno, in casa o in viaggio. In tal
modo- ma anche quando si sta sempre in ginocchio e dovun-
que possibile farlo, anche senza porsi davanti a una croce -
ci si tiene segretamente occupati nel proprio cuor
2

6! II,2I ,46.
62
II,5, titolo: Cf. II,r,75: "[Prega] quando mangi, quando bevi, in piedi e seduto,
andando a dormrre o lavorando, e anche in viaggio e in mezzo a una folla".
193
La preghiera di fronte alla croce
Alcuni dei passi appena citati accennano al fatto di pregare e
prostrarsi davanti alla croce o di baciarla o ad altri segni del ri-
spetto particolare le dovuto da parte di un cristiano. Le fre-
quenti allusioni di Isacco alla croce e al crocifisso si spiegano
con il ruolo eccezionale rivestito dalla santa croce nella cristiani-
t di lingua siriaca. All'epoca di Isacco la chiesa d'oriente non
aveva una tradizione significativa in fatto di pittura di icone:
bench ve ne fossero esistiti vari tipi fin dalla remota antichi-
t63, il culto della croce era molto pi diffuso. La chiesa d'orien-
te aveva per la croce, in quanto simbolo della redenzione del ge-
nere umano e della presenza invisibile di Dio, una grande devo-
zione e venerazione liturgica. In questo campo l'insegnamento
di Isacco del massimo interesse, giacch ci permette di entrare
in contatto con l'antica tradizione dell'oriente siriaco e di con-
statare direttamente l'importanza della croce nella vita spirituale
dei suoi contemporanei.
Il suo insegnamento sulla croce come simbolo dell'economia
divina e oggetto di venerazione religiosa si trova nel capitolo I I
della seconda parte, cosl intitolato: "Sulla contemplazione del
mistero della croce e sulla forza che essa procura invisibilmente
sotto forma visibile; e intorno ai grandi misteri del governo di
Dio tra gli antichi e al modo in cui tali misteri sono stati ricapi-
tolati in Cristo nostro Signore, e come la croce onnipotente con-
63
Sul tema della venerazione delle icone nelle chiese di tradizione siriaca, si veda S.
Brock, "lconoclasm and the Monophysites", in Ico11oclasm. Papers Givetl at the Ni11th
Spri11g Symposium o/ Byza11ti11e Studies, University of Birmingham, Birmingham 1977,
pp. 5358; M. Mundell, "Monophysite Church Decoration", ibid., pp. 59-74; J. Dau-
villier, "Quelques tmoignages et archologiques sur la prsence et sur le
culte cles images dans l'ancienne Eglise chaldenne", in.L'Orie11t syriett r,3 (1956), pp.
297-304; E. Delly, "Le culte cles saintes images dans l'Eglise syrienne-orientale", i bi d.
r,r (1956), pp. 29r-296.
I94
tu:te cose contemporaneamente". Gi l'incipit
contlene 1nd1caz10n1 abbastanza esplicite sul carattere universa-
le della venerazione della croce nella tradizione siriaca:
Qual _ il senso : il tip? di immagine che la croce rappresenta
per nm, questa Immagme che, tenuta da noi in grande onore
venerata gioiosamente con amore e desiderio insaziabile
cui storia conosciuta e ripetuta, per cosl dire,
intero?
Nel paragrafo introduttivo Isacco spiega la sua intenzione di
dell'attivit della potenza di Dio in diverse epoche della
st?na _umana, _e del modo in cui Dio "a ogni generazione pone
muab1lmen:e il_su? Nome venerabile negli oggetti corporei e,
d1 ess1, nvela al mondo cose stupende e degne di am-
per il loro tramite grandi benefici agli uo-
mml , e mfme d1 affrontare il tema della potenza eterna che ri-
siede in una croc
4

All'inizio della sua trattazione Isacco ci tiene a sottolineare
che la particolare potenza contenuta nella croce non differisce
da quella che operava al momento della creazione del mondo e
che regge ancora l'universo conformemente alla volont di Dio.
In una croce vive precisamente la stessa potenza che gi si trova-
va nell'arca dell'alleanza, circondata di venerazione e terrore dal
popolo d'Israele:
La potenza illimitata di Dio risiede nella croce cosl come essa
risiedeva, in un modo che sfugge alla nostra' comprensione,
nell'arca venerata con grande onore e timore dal popolo ebraico.
Essa vi miracoli e segni terribili in mezzo a persone
che non SI vergognavano di invocarla con il nome di Dio65
'
64
Il,II,I-2.
65
Cf. N m ro,3536, dove Mos si rivolge all'arca chiamandola "Signore".
I95
cio la trattavano con quel timore che avrebbero avuto alla vi-
sta di Dio, a causa del nome venerato di Dio che riposava su
di essa. L'arca era venerata con il nome di Dio non solo dagli
ebrei ma anche dai popoli stranieri loro nemici: "Guai a noi,
poich il Dio di quel popolo oggi arrivato nel loro campo"
( r Sa m 4, 7). N o i crediamo che la forza che era insi ta nell'arca
risieda oggi nella figura venerata della croce che noi teniamo
in grande onore, pienamente consapevoli come siamo di per-
cepire Dio attraverso di essa
66

Che cosa c'era nell'arca, si chiede Isacco, per renderla cos
terribile e riempirla di forza e di segni? E risponde che la vene-
razione dell'arca era dovuta alla Shekinah (presenza) invisibile di
Dio che in essa risiedeva:
Mos e il suo popolo non si prostravano forse davanti all'arca
con grande timore e tremore? E Giosu, figlio di Nun, non
rimasto steso faccia a terra davanti a essa dal mattino fino alla
sera (cf. Gs 7,6)? Non forse in essa che si erano manifestate
le rivelazioni tremende di Dio, come a voler onorare quell'og-
getto nel quale la di Dio risiedeva
67
?
Ora, proprio questa Shekinah che oggi risiede nella santa
croce: essa ha lasciato l'arca dell'Antico Testamento ed entrata
nella croce del Nuovo Testamento
68
.
Cos, l'arca dell'alleanza prefigurava la proprio come
l'Antico Testamento prefigurava il Nuovo. E per questo che i
miracoli degli apostoli descritti nel N uovo Testamento erano pi
potenti di quelli compiuti all'epoca dell'Antico:
Attraverso la forza della croce molti hanno domato anima-
li selvatici, hanno affrontato il fuoco, camminato su distese
66
II,II,4.
67 II,II,5
68
Cf. II,r r,s.
d'acqua, resuscitato i morti, respinto i flagelli, fatto scaturi-
re fonti in terreni aridi e desertici, hanno dato un confine al
mare, hanno ordinato a fiumi impetuosi di seguirli, hanno in-
vertito il corso delle acque. Ma perch parlare di queste co-
se? Persino Satana con tutta la sua potenza terrorizzato dal-
l'immagine della croce, quando noi la raffiguriamo per usarla
contro di lui
69
.
Il culto dell'Antico Testamento con i suoi segni e i suoi mi-
racoli non era in grado di estirpare completamente il peccato,
mentre la croce ne ha annientato la forza. Essa ha annientato an-
che la potenza della morte:
Quanto alla morte, un tempo temuta dal genere mnano, or-
mai anche donne e bambini le tengono testa. Un tempo essa
regnava su tutto, ma ora diventata pi arrendevole non solo
ai credenti ma anche ai pagani, poich il terrore che prima in-
cuteva si molto attenuato
70

In altri termini, la religione della croce introduce nel mondo
un atteggiamento diverso di fronte alla morte, non pi temuta
come prima dell'era cristiana. Forse I sacco allude qui all'epoca
dei martiri, quando donne e bambini affrontavano la morte? Se-
condo lui, la serenit ostentata dai cristiani avrebbe influenzato
la visione della morte della societ pagana stessa, sdrammatiz-
zandola.
Ritornando poi all'Antico Testamento Isacco si chiede come
mai a un oggetto di legno come l'arca, fabbricato da un fale-
gname, "sia stata costantemente tributata un'adorazione piena
di sacro terrore", e ci ad onta della legge che proibiva il culto
di opere fatte da mano d'uomo o di statue e immagini (cf. Es
69 II, II, 7-8.
70
II,II,8.
197
20,4-5; Lv z6,r; Dt 5,8). La ragione- risponde !sacco- che
diversamente dagli idoli pagani, la forza di Dio si era aper-
tamente manifestata in essa e le era stato imposto il nome di
Dio
71
. Parlando della venerazione della croce egli respinge l' ac-
cusa di idolatria, la stessa che a Bisanzio, nell'viii secolo, sar
mossa a quanti veneravano le icone. Diverso era il contesto della
lotta iconoclastica a Bisanzio, nella quale l'argomento principale
a favore dell'adorazione delle icone era l'incarnazione di Dio il
Verbo che aveva reso possibile la sua rappresentazione dipinta in
colori materiali, tema mai toccato da !sacco. In un senso pi ge-
nerale, tuttavia, la concezione di !sacco della presenza di Dio
negli oggetti materiali ha molto in comune con quanto scriveva-
no a Bisanzio i difensori delle icone circa la presenza di Dio in
esse. !sacco insiste in particolare sul fatto che, se la croce non
fosse costruita "nel Nome di quell'uomo nel quale abita la di-
vinit"
72
, cio il Verbo incarnato di Dio, allora l'accusa di ido-
latria sarebbe giustificata. Egli cita anche l'interpretazione dei
"padri ortodossi" secondo cui la foglia di metallo posta sopra
l'arca (cf. Es 25,17) sarebbe stata emblema della natura umana
di Cristo
73
.
!sacco sottolinea il fatto che la presenza-Shekinah divina ac-
compagna sempre la croce, dal momento in cui essa viene dipin-
ta o fabbricata:
Non appena la sua immagine dipinta su muro o tavola, o
plasmata con oro, argento o altro metallo, o scolpita nel le-
gno, immediatamente essa assume la forza divina che a suo
tempo risiedeva nell'arca e ne ripiena, diventando cos il
71
Cf. II,rr,ro-rr.
72
II,rr,r3.
73
Cf. II,rr,r3. Isacco pensa a Narsai, Omelia sull'arca r83-r84: "Con la parola
'foglia' (.tassa, la foglia d'oro che copriva l'arca dell'alleanza), la Scrittura ci parla del-
l'umanit di nostro Signore".
luogo della Shekinah di Dio, in misura anche maggiore di
quando essa avvolgeva l'arca
74

Questo passo contiene informazioni importanti circa i diversi
tipi di croci in uso nella tradizione siriaca e rivela anche la fede
della chiesa antica nel fatto che una croce, non appena veniva
fabbricata o dipinta, diventasse fonte di santit per il popolo e
luogo della presenza divina. Per questo motivo
ogniqualvolta fissiamo quest'immagine al momento della pre-
ghiera o la veneriamo a causa dell'uomo che vi fu crocifisso
riceviamo la forza divina attraverso l'immagine e
degni di aiuto, di salvezza e di beni ineffabili, in questo mon-
do e in quello a venire; e tutto questo ci viene attraverso la
croce
75
.
Per !sacco i simboli dell'Antico Testamento erano solo figure
e ombre delle realt del Nuovo. Ecco come insiste sulla premi-
nenza della croce rispetto ai simboli dell'Antico Testamento:
Come il ministero della nuova alleanza pi degno di onore
davanti a Dio di quello dell'antica, come c' differenza tra
Mos e il Cristo, come il compito ricevuto da Ges tanto
pi eccellente di quello assegnato a Mos e cos pure la sua
gloria, allo stesso modo la figura della croce molto pi glo-
riosa a causa dell'onore dell'uomo che la divinit ha assunto
fra noi per risiedervi, e perch la compiacenza divina per lui
- divenuto realmente tempio di Dio
76
- diversa da quella,
metaforica, che Dio aveva per oggetti muti, semplici ombre
di quelli che sarebbero venuti con il Cristo
77

74
Il,rr,r2.
75
II,rr,r3.
76
Formula cristologica tipica dei siro-orientali.
77
II,rr,rz.
1
99
Il culto dell'Antico Testamento esigeva un atteggiamento reli-
gioso e improntato al timore degli oggetti sacri. Ogni volta che il
sacerdote entrava nell'arca "non osava alzare gli occhi per ispe-
zionarla, perch vi aleggiava la tremenda Shekinah della divini-
t". Ma se gi la figura cos venerabile e temibile, "ben di pi
dovr esserlo l'archetipo al quale tutti i simboli e tutte le figure
appartengono". Inoltre la venerazione tributata agli oggetti sa-
cri dell'Antico Testamento era ispirata dalla paura della punizio-
ne che colpiva tutti quelli che mancavano loro di rispetto. Nel
Nuovo Testamento, al contrario
la grazia stata riversata senza misura, la severit stata in-
ghiottita dalla bont ed nata la libert di parola (panbesfa)
... Ora, la libert di parola di solito scaccia la paura, grazie al-
l'immensa bont di Dio che ci toccata in questo tempo
78

Per questo, se oggi veneriamo la croce non per paura di un
castigo ma per l'amore misto a timore che portiamo a Cristo che
ci ha riscattato attraverso la croce. Contemplando quella croce, i
cristiani vedono Cristo in persona:
Per i veri credenti il segno della croce non poca cosa, poich
credono che essa comprenda tutti gli altri simboli. Ogni volta
che alzano gli occhi su di lei come se contemplassero il volto
di Cristo. Per questo motivo sono pieni di rispetto per la cro-
ce: vederla per loro cosa preziosa e terribile, ma al tempo
stesso teneramente amata ... Ogni volta che ci accostiamo al-
la croce come se ci accostassimo al corpo di Cristo, giacch
le cose per noi credenti stanno proprio cos. Avvicinandoci a
lui e fissando lo sguardo su di lui, immediatamente il nostro
intelletto si leva misticamente in volo verso il cielo. Bench si
tratti di uno sguardo che non pu essere n visto n provato,
78
II,ri,I4-r6.
200
la nostra visione segreta, a partire dall'onore reso all'umanit
del Signore, come inghiottita attraverso una certa contem-
plazione del mistero della fede
79

La croce venerata nel nome di Cristo e a causa di Cristo
80
.
In generale, tutto ci che appartiene all'umanit di Cristo de-
v'essere venerato in quanto innalzato allivello di Dio, che ha vo-
luto che l'uomo Ges Cristo partecipasse della gloria della sua
divinit. Tutto ci stato reso a noi manifesto a partire dalla
croce, grazie alla quale abbiamo acquisito una conoscenza esatta
del Creatore
81
.
La croce materiale, di cui l'arca dell'alleanza era figura, divie-
ne a sua volta figura del regno escatologico di Cristo alla fine dei
tempi. In questo modo la croce per cos dire illeo-ame tra Anti-
- b
co e Nuovo Testamento, come pure fra quest'ultimo e il secolo a
venire in cui simboli e figure materiali saranno tutti aboliti. Tut-
ta l'economia di Cristo, che cominciata all'inizio dell'Antico
Testamento e si protrarr sino alla fine del mondo, viene cos a
trovarsi compendiata nel simbolo della croce:
La croce infatti la veste di Cristo, come l'umanit di Cristo
la veste della sua divinit. Ogo-i la croce serve come fio-ura
b b '
in attesa del momento in cui il vero prototipo sar svelato e
queste cose non saranno pi necessarie. Giacch la divinit
abita nell'umanit senza separazione, senza fine e per sem-
pre; in altre parole, illimitatamente. Per questo motivo guar-
diamo alla croce come al luogo proprio della Sbekinah dell'Al-
tissimo, al Santo dei Santi del Signore e all'oceano dei simbo-
li dell'economia divina. Grazie all'occhio della fede la fio-ura
della croce ci manifesta il simbolo appartenente ai clue T;sta-
menti ... Essa inoltre il suggello finale dell'economia del
79
II,rr,r7-19.
8
Cf. II, II ,2 I.
81
Cf. II,rr,21-22. Cf. supra, p. 66, n. Sr.
20!
nostro Salvatore. Ogni volta che guardiamo la croce con ani-
mo pacificato, i ricordi dell'insieme dell'economia del Salva-
tore si raccolgono e si dispongono davanti ai nostri occhi
interiori
82
.
11 capitolo termina con un inno di ringraziamento a Dio, che da
sempre aveva l'intenzione di elargire agli uomini la vera conoscen-
za per mezzo della croce, simbolo materiale della sua economia:
Benedetto sia Dio, che si serve continuamente di oggetti ma-
teriali per attirarci in modo simbolico alla conoscenza della
sua natura invisibile; egli semina e imprime nel nostro intel-
letto la reminiscenza della pena che si dato per noi attraver-
so tutte le generazioni, seducendole con il suo amore e le sue
ricchezze per mezzo di segni visibili. Gioiscano i nostri cuori
nei misteri della fede in cui crediamo: esultiamo in Dio che
tanta cura si prende di noi. Entriamo, attraverso lo sguardo
della nostra mente, nell'opera mirabile che egli ha intrapre-
so a nostro beneficio. Rallegriamoci nella speranza di quan-
to ci stato rivelato nei misteri del Nuovo Testamento e che
noi, gregge di Cristo, per sua intercessione abbiamo ricevuto.
Quanto dunque non dovr essere adorato colui che, per sal-
varci, ha disposto ogni cosa del mondo al fine di riavvicinarci
a lui? E questo ancor prima che ci che aveva preparato per
noi fosse rivelato, e che noi avessimo ricevuto benefici degni
dei figli di Dio! Quanto non dovr essere adorato il simbolo
della croce, grazie al quale - grazie cio alla potenza dalla
quale tutte le cose visibili e invisibili sono state create- tutto
questo ci stato accordato e siamo stati giudicati degni della
conoscenza che propria degli angeli
83
?
Questa la "teologia della croce" sviluppata da Isacco nel
capitolo I I della seconda parte della sua opera, e che si pu co-
82
II, II ,2426.
8} II,II,JI-34
202
s riassumere: I) la Shekinah-presenza di Dio ha sede nella cro-
ce, in cui si installata dopo aver lasciato l'arca dell'alleanza;
2 ) l'arca dell'alleanza era una figura della croce; 3) la venerazio-
ne della croce non idolatria a causa della presenza in essa di
Cristo, e in quanto a lui rivolta e non a un oggetto materiale;
4) la croce il simbolo del progetto di Dio sugli uomini; 5) la
croce figura delle realt del secolo a venire, nel quale i simboli
materiali saranno aboliti.
Cos vediamo come, nella tradizione siriaca in generale e pi
particolarmente presso Isacco, la croce fosse di fatto la pi im-
portante e addirittura l'unica immagine sacra, divenuta oggetto
di culto liturgico. Se nella tradizione bizantina le diverse tappe
dell'economia del Cristo, come pure i grandi personaggi della
storia biblica ed ecclesiastica (profeti, apostoli, santi), si sono
potuti incarnare in diversi soggetti iconografici, per il cristiano
siriaco questa variet di immagini era sostituita dalla sola im-
magine della croce. Si tratta di una concezione ascetica che si
concentra in modo esclusivo sulla croce e non ha bisogno di tan-
te immagini dipinte. Nella tradizione siriaca tutte le preghiere
convergono, per cos dire, verso un unico punto che la croce
di Cristo.
Che Isacco si senta in dovere di dire che la preghiera "anche
non davanti alla croce"
84
comunque possibile, dimostra come
tale procedura fosse considerata parte integrante e obbligatoria
della pratica della preghiera: pregare davanti alla croce era un ri-
to cos diffuso che il fatto di non osservarlo richiedeva una giu-
stificazione particolare.
Isacco descrive diversi modi di atteggiarsi davanti alla croce
durante la preghiera, tra i quali la gi menzionata prostrazione
prolungata, silenziosa, talora a braccia tese. Isacco ricorda un
asceta che "rest prostrato davanti alla croce, faccia a terra, tre
84
II,5, titolo.
203
giorni e tre notti"
85
. Aggiunge poi che tutti gli della
preghiera possono essere sostituiti da questa prostraztone da-
vanti alla croce, nei momenti di grazia abbondante:
n fatto che tu stia prostrato davanti alla croce per la maggior
parte della giornata - modo di pregare che compendia in s
tutte le preghiere parziali dell'ufficio stesso - non dimostra
forse che quella preghiera ha posto tutte le regole della pre-
ghiera in tuo potere? ... Chi si tiene incessantemente in con-
tatto con Dio profondendosi in preghiere, supplicandolo con-
tinuamente prostrato a terra, con l'anima immersa nel deside-
rio di lui, mentre giace cos faccia a terra non sottoposto a
nessun genere di legge n alle imposizioni di una regola, e
tempi o momenti prefissati non hanno alcun potere su di lui,
giacch semmai a questo punto egli al di l della legge, per-
ch si trova con Dio, senza limiti nel tempo
86

Secondo Isacco, dunque, starsene prostrati davanti alla croce
una forma di preghiera superiore a ogni altra poich l.e
ne tutte. Essa consiste in un'esperienza di concentraziOne e dt
raccoglimento estremi che accompagnanoun sentimento inten-
so della presenza di Dio.
Un altro tipo di preghiera davanti alla croce consiste nell'alza-
re gli occhi e fissarla continuamente, e pu essere in
piedi o seduti, o anche in ginocchio a braccia tese. Isacco Cl ha
lasciato la descrizione di uno che "si inginocchia quando prega
e tende le mani al cielo, fissando con gli occhi la croce di Cristo
e concentrando tutti i suoi pensieri in Dio"
87
Altrove egli parla
di una "intellezione di colui che crocifisso"
88
concessa durante
la preghiera davanti alla croce. Si tratta di un Cristo crocifisso
85
II,I4,46.
86
II.4.49
87
I.4 (p. 39) = Touraille 23 (p. r6r); PR 4 (p. 58).
88
II,5, r6.
204
- la croce con sopra Cristo - oppure di una semplice croce sen-
za l'immagine di Cristo, simbolo della presenza invisibile del
Crocifisso? Noi propendiamo per quest'ultima interpretazione:
si tratterebbe allora dello sguardo portato su Cristo presente in
modo invisibile nella croce. Le immagini di Cristo in croce, co-
si popolari a Bisanzio come nell'occidente latino, non sono dif-
fuse nella tradizione siriaca. Non a caso Isacco sostiene, in un
passo appena citato, che ogni volta che i credenti posano lo
sguardo sulla croce "come se vedessero" il Cristo in persona
89
,
e questo vuol dire che essi vedono la rappresentazione di Cristo
non gi con gli occhi del corpo, ma con quelli dell'intelletto e
del cuore.
!sacco ci segnala anche le prostrazioni davanti alla croce, vuoi
in serie, vuoi una prostrazione unica ma prolungata:
Durante i periodi nei quali Dio ti guida interiormente al pen-
timento, moltiplica gli inchini e le genuflessioni ... Nessuna
fatica pi penosa e difficile e suscita in maggior misura l'in-
vidia dei demoni che quella di gettarsi davanti alla croce di
Cristo pregando giorno e notte, a volte con le mani giunte
dietro la schiena
90

In particolare egli accenna a serie di trenta o pi prostrazioni
eseguite di fila, e anche al fatto di restare prostrati davanti alla
croce per tre intere giornate:
La fame, la lettura, la sobria veglia di tutta una notte, secon-
do le forze di ciascuno, e le numerose prostrazioni che dob-
biamo eseguire di giorno e, altrettanto spesso, di notte. C'
chi si prostra trenta volte di seguito, quindi prima di ritirarsi
bacia la preziosissima croce. Altri ne incrementano ulterior-
'
9
II,rr,q.
90
I,56 (p. 289).
205
mente il numero, secondo la loro capacit. Altri ancora per-
mangono tre ore nella stessa preghiera e il loro intelletto si
mantiene vigile senza sforzo e, mentre giacciono prostrati
faccia a terra, i loro pensieri non si sviano
91
.
Baciare ripetutamente la croce un altro modo di venerarla.
Gli antichi padri si prostravano e poi baciavano la croce cinque
o dieci volte92 . !sacco ci descrive la preghiera di un eremita pres-
so il quale aveva passato la notte una volta che era ammalato:
Vedevo qual era l'abitudine di questo fratello, che si alzava di
notte prima di tutti gli altri per dare inizio alla sua regola di
preghiera. Cominciava con il recitare i salmi fino a quando
improvvisamente abbandonava la regola e, prostrato sul pro-
prio volto, batteva la testa per terra cento volte o pi, con
l'ardore che la grazia gli aveva acceso nel cuore. Quindi si al-
zava, baciava la croce del Signore, si prostrava nuovamente,
baciava ancora una volta la croce, si prostrava di nuovo faccia
a terra ... A volte gli capitava perfino di baciare la croce venti
volte con timore e fervore e con un amore misto a rispetto,
di riprendere la recitazione dei salmi
93

Non c' dubbio che la pratica di venerare la croce o di pregare
davanti a essa fosse uno degli elementi pi importanti dell'inse-
gnamento di !sacco sulla preghiera.
91 I,I8 (p. 97) = Touraille 9 (p. Ioz); PR I) (p. I29).
92
Cf. II, I4,24-
" I,2I (p. IO))= Touraille 75 (p. 38o); PR I8 (p. qo).
zo6
La lectio divina
Un altro elemento importante era costituito dalla recitazione
di testi in spirito di preghiera, che noi chiamiamo lettura o lectio
divina (qeryana). !sacco ne parla sovente e ce ne d una descri-
zione. Il termine indica soprattutto, ma non esclusivamente, la
lettura della Scrittura. Per !sacco, come per tutta la tradizione
monastica antica, tale lettura consisteva non tanto in uno studio
intellettuale del testo biblico, quanto piuttosto in un dialogo, un
incontro, una rivelazione da esso ricevuta: il testo della Bibbia
un mezzo per fare esperienza diretta del dialogo con Dio, per in-
contrarlo misticamente e raccogliere intuizioni sulla sua realt
profonda.
!sacco parla della lettura della Scrittura come del mezzo pi
importante per la trasformazione spirituale che accompagna
l'abbandono di una vita di peccato:
L'inizio di un cammino di vita consiste nell'occupare inces-
santemente l'intelletto con le parole di Dio e nel vivere in po-
vert ... Per bandire dalla nostra anima le tendenze alla disso-
lutezza che vi si sono incrostate e cacciarne i ricordi attivi che
si ribellano nella carne e vi producono una fiamma inquieta,
niente pi efficace che immergersi nell'amore ardente per
esserne istruiti e scrutare da vicino le intuizioni profonde
contenute nelle divine Scritture. Quando i pensieri di un uo-
mo sono totalmente e deliziosamente immersi nei tesori di sa-
pienza celati nella Scrittura, con l'aiuto delle facolt da essa
illuminate egli si getta dietro le spalle il mondo con tutto ci
che gli appartiene ... Spesso non sa neppure pi come servirsi
dei pensieri che visitano abitualmente la natura umana e la
sua anima rapita a causa dei nuovi incontri che
dall'oceano dei misteri della Scrittura
9
4.
94
I, I (pp. 3-5) = Touraille I (pp. 59-6I); PR I (pp. 2-5).
207
Nella cella, la lettura riguarda non solo la Scrittura ma anche
gli scritti dogmatici e ascetici dei padri della chiesa. !sacco rac-
comanda entrambi:
Dobbiamo considerare lo sforzo della lettura una cosa estre-
mamente nobile, la cui importanza non sar mai abbastanza
sottolineata. Essa una porta attraverso la quale l'intelletto
accede ai misteri divini e riceve la forza per giungere alla pre-
ghiera luminosa e immergervisi con gioia, passando in rasse-
gna tutte le azioni compiute dall'economia divina per il bene
dell'umanit. A causa di queste azioni siamo continuamen-
te colti da stupore e riceviamo una forza che precisamente
frutto della condotta ascetica di cui stiamo parlando. La pre-
ghiera ne viene illuminata e rafforzata, sia che le letture sia-
no tratte dalle Scritture dello Spirito santo, sia che riguardino
oli scritti dei orandi dottori della chiesa che hanno per tema
P economia d i ~ i n o che insegnano i misteri della vita asceti-
ca. Entrambi i generi sono utili all'uomo spirituale ... Senza
lettura la mente non dispone di alcun mezzo per avvicinar-
si a Dio: la Scrittura fa innalzare la mente e a ogni istante
la orienta a Dio, la libera dal mondo corporeo e dalle sue in-
tuizioni e la fa librare incessantemente oltre il corpo. Nessu-
n' altra fatica consente progressi maggiori. Ecco le cose che si
possono scoprire nella Scrittura, a patto di leggerla per co-
glierne la verit
95

Leggere la Scrittura, i padri e le vite dei santi, cos come
pregare, significa frequentare Dio. !sacco consiglia di alterna-
re lettura e preghiera, in modo che i pensieri provenienti dal-
la Scrittura riempiano la mente durante la preghiera. Passando
da una frequentazione all'altra, la mente si rammenta sempre
di Dio:
95
II,2I,I3-I5.
zo8
Leggi spesso e avidamente gli scritti dei dottori della chiesa
che trattano della provvidenza di Dio . . . Leggi anche i due
Testamenti che Dio ci ha consegnato perch potessimo cono-
scere l'universo intero ... Per passare da una frequentazione
all'altra cerca dunque di leggere libri che ti spianino le vie
sottili della disciplina ascetica, della contemplazione e della
vita dei santi ... E quando ti alzerai per recitare la preghiera
della tua regola, invece di pensare a quello che hai visto e sen-
tito nel mondo rifletterai nella tua mente sulle divine Scrittu-
re che hai appena letto ... Per mezzo della lettura ogni volta
l'anima di nuovo illuminata, rinnovata e aiutata a pregare
senza posa e senza inquietudine
96
.
!sacco chiama la lettura "fonte della preghiera pura"
97
, ma
sottolinea altres che essa deve limitarsi alla Scrittura e alla lette-
ratura ascetica. Se il monaco assorbito dalla lettura di numero-
si libri su argomenti d'ogni sorta, la sua mente ne sar distratta e
impedita dal raggiungere lo stato della preghiera pura:
Dopo che Dio ti avr reso degno del dono della quiete per re-
stare seduto nella solitudine, non dovrai pi dissiparti in un
gran numero di libri. La limpidezza non si incontra nella mol-
teplicit degli insegnamenti e neppure nella variet dei libri,
ma nella cura dedicata alla preghiera. Come potrebbe giovare
al raccoglimento e alla purezza della preghiera la conoscenza
di numerosi libri e dei loro commenti? In verit, poich ogni
solitario ha abbandonato gli usi del mondo, chi leggesse an-
che un solo libro, scolastico o secolare, all'infuori di quelli
che trattano della vita solitaria, avrebbe mancato in anticipo
lo scopo del suo cammino, perch il suo pensiero scivolato
verso la ricerca del piacere. Quand'anche questi libri ti innal-
zassero al cielo, non ti sarebbero d'aiuto, a meno che non in-
96
1,4 (pp. 33-36) = Touraille 23 (pp. I56-I59); PR 4 (pp. 48, 52-53).
97
1,64 (p. 307) = PR 65 (p. 447).
209
segnassero la condotta di vita degli stranieri
98
. Ti bastino gli
scritti del Nuovo Testamento e quelli che trattano della con-
dotta dei solitari in vista della conoscenza piena e di un pen-
siero limpido
99
.
!sacco ripete pi volte che "non tutti i libri sono utili al rac-
coglimento della mente"
100
, ma solo quelli che favoriscono il pro-
gresso spirituale e giovano alla preghiera. Egli raccomanda ai
monaci di astenersi dalla lettura di scritti polemici, legati a de-
terminate posizioni teologiche o religiose. In primo luogo, un
asceta dovr evitare la letteratura eterodossa: "Guardati dai libri
che riassumono dottrine e credenze allo scopo di spiegarle, giac-
ch essi pi di ogni altra cosa possono fornire allo spirito di bla-
sfemia delle armi contro di te"
101
. Forse qui !sacco allude alla let-
teratura polemica contro gli ebrei, molto diffusa in Siria; pu
anche darsi che metta in guardia contro gli scritti di "teologia
comparata" che a quel tempo trattavano temi cristologici. Da
asceta esperto, Isacco ritiene che tutta la letteratura di "conte-
stazione" rischi di compromettere la mente pacata e dedita alla
preghiera del solitario, suscitando in essa una foga polemica dif-
ficile da conciliare con la vocazione monastica (ed questo che
egli chiama "spirito di blasfemia").
Secondo Isacco tutta la letteratura che non appartiene al no-
vero dei testi scritturistici o patristici dev'essere esclusa dalla
lettura giornaliera dell'asceta:
98
Altro nome per i monaci, poich vivono come stranieri sulla terra; per l'insegna-
mento di Isacco su aksnayutafxeniteia si veda il capitolo "La via del solitario" (supra,
pp. 73-ro6).
., Centurie di conoscenza IV,72.
100
!,64 (p. 307) PR 65 (p. 446). . . .
lol l,4 (p. 33) Touraille 23 (p. r56); PR 4 (p. 48). A.]. Wensmck, Mystzc
p. 34, traduce cos quest? passo: "Sii prudente c?e le dif-
ferenze tra le confessiom allo scopo d1 provocare sc1sm1, g1acche ess1 forruscono allo
spirito della calunnia armi potenti contro di te". Pu darsi che sia un'allusi?n.e let-
teratura polemica contro gli ebrei o, pi probabilmente, alla letteratura anttdioflSlta (o
antimonofisita).
210
Gli altri libri, quali che siano, lo danneggeranno, gettando
tenebre nella sua mente e offuscando il suo proposito che si
trova presso Dio; sono letture atte a generare in lui oscurit e
indolenza al momento dell'ufficio e della preghiera
102

N le opere didascaliche sulla retorica e la filosofia (''ci che


ti introduce alle discussioni sulle parole o all'apprendistato del-
la saggezza di questo mondo"), n i libri di storia della chiesa
(''che ti informano su avvenimenti e conflitti all'interno della
chiesa"), n le cronache di storia profana (''sulle leggi e le gesta
degli imperatori, le loro vittorie e le loro imprese"), n, ancora
una volta, la letteratura polemica ("le parole polemiche aventi lo
scopo di dimostrare questa o quella opinione"), nulla di tutto
ci utile ai solitari; dice I sacco, non senza ironia:
Questo genere di letture, !asciamole a coloro che godono di
buona salute; ma quanto a noi sofferenti, noi abbiamo biso-
gno di medicine, vale a dire di testi redatti per la guarigione
dalle nostre passioni, e di vite di santi vissuti prima di noi
- giacch hanno vissuto la vita solitaria che pi elevata di
quella nel mondo- come pure di resoconti delle rivelazioni di
cui sono stati giudicati degni e degli insegnamenti che hanno
ricevuto da Dio circa il loro genere di vita solitaria, delle pas-
sioni e delle battaglie combattute per l'istruzione loro perso-
nale e di quanti camminano sllile loro tracce, e dei racconti di
vittorie e sconfitte, cadute e resurrezioni che hanno dovuto
subire. In una parola, occupiamoci solo dei libri che hanno a
che fare con la vita monastica e ce ne descrivono l'organizza-
zione e le forme esteriori
103

Ma oltre alla letteratura secolare, ci sono anche le opere patri-
stiche sul dogma che non sempre giovano a chi non ha una men-
102
II,2 I,I4.
103 II,IA5
2II
te purificata dalle passioni. Ad alcuni si devono consigliare solo
opere ascetiche:
Ci sono persone alle quali neppure la lettura delle azioni del-
l'economia divina sar giovevole, perch non ne trarrebbero
alcun beneficio: la maggior parte di loro ne avrebbe la mente
ancor pi oscurata, giacch ha molto pi bisogno di letture
che insegnino a raddrizzare le passioni. Ciascuno riceve van-
taggio e progredisce nella misura in cui le sue letture sono ap-
propriate allo stadio in cui si trova
104
.
Quest'ultima frase riflette una concezione comune presso gli
antichi monaci, e cio che la sola ragion d'essere della lettura
consista nel miglioramento che se ne pu ricavare. Da un mona-
co non ci si aspetta una grande cultura ma una mente pura; ne
deriva il consiglio:
Il corso delle tue letture corrisponda al fine del tuo tipo di vi-
ta ... La maggior parte dei libri che contengono insegnamenti
non sono utili alla purificazione, e la lettura di molti e svaria-
ti libri causer distrazioni alla mente. Sappi che non tutti i li-
bri che istruiscono nella religione sono utili alla purificazione
della coscienza e al raccoglimento dei pensieril
05
.
Il consiglio di astenersi non solo dai libri secolari ma anche
dalla letteratura dogmatica pu sembrare una forma di oscuran-
tismo da parte di Isacco. Noi per non pensiamo che Isacco vo-
glia dire che un monaco non ha bisogno di conoscere con chia-
rezza e precisione la dottrina cristiana. Nel passo appena citato
egli intende soprattutto ricordare allettare una massima mona-
stica affatto tradizionale, cio che le letture devono corrispon-
104
II,2r,r6.
10
' !,64 (p. 307) = PR 6:; (pp. 446-447).
2I2
dere alla vita. probabile inoltre che Isacco pensasse ai conflitti
cristologici quali lui e i suoi contemporanei erano continua-
mente invischiati, ed in tale contesto che va intesa la sua mes-
sa in guardia contro le letture di argomento dogmatico. Egli non
voleva che i monaci fossero coinvolti in dispute teologiche, an-
se riguardanti la verit o la vera fede. "Chi ha gustato la ve-
rit non si mette a disputare sulla verit ... e non s'infiamma
nemmeno quando si tratta della fede"
106
Per Isacco la vera fede
non viene dai libri ma dall'esperienza; essa nasce dalla purifica-
zione pi che dalle letture
107

Vediamo ora qualche consiglio di Isacco sul modo di leggere la
Scrittura. La prima condizione per ogni lettura fatta in cella sar
il silenzio, la quiete: "Persevera nella lettura mentre ti trovi nella
quiete, affinch il tuo intelletto sia attratto a ogni istante verso
la meraviglia e lo stupore"
108
"Che la tua lettura si svolga in una
quiete che nulla venga a turbare"
109
La seconda condizione il
raccoglimento della mente e l'assenza di pensieri provenienti
dall'esterno:
Liberati da ogni preoccupazione riguardante il corpo e i grat-
tacapi degli affari, affinch, attraverso la dolce comprensione
del senso delle Scritture che sorpassa ogni altra sensazione,
tu possa gustarne nell'anima il dolcissimo sapore
110
.
La terza condizione di pregare prima di cominciare a leggere:
Non accostarti alle parole dei misteri contenuti nelle divine
Scritture senza pregare e supplicare Dio di aiutarti, ma di':
106
Centurie di corwscem:a IV,77.
107
Per la sua concezione della fede si veda il paragrafo "Fede e sapere" (nfra, pp.
305'319).
w 1,4 (p. 31) = Touraille 23 (p. 153); PR 4 (p. 43).
109
!,4 (p. 34) = Touraille 23 (p. 156); PR 4 {p. 48).
110
1,4 (p. 34) = Touraille 23 (p. r56l; PR 4 (pp. 48-49).
213
"Signore, concedimi di sentire la forza che esse contengo-
no!". Considera la preghiera come la chiave di una vera com-
prensione della divina Scrittura
111
.
La comprensione del senso interiore e nascosto della Scrittura
il fine principale della lettura. Qui non si tratta dell'esegesi al-
legorica del testo, che godeva di scarso favore nella tradizione si-
ro-orientale anche se !sacco talvolta la pratica, ma piuttosto di
intuizioni (sukkala) mistiche relative al senso spirituale di parole
o frasi della Scrittura, che si producono nella mente dell'asceta
quando legge in raccoglimento e con grande attenzione. Queste
intuizioni sono un raggio di sole che illumina improvvisamente
la mente del lettore:
Non scrutinare cn pedanteria parole che, scritte sulla ba-
se dell'esperienza, hanno l'intento di sostenere il tuo genere
di vita e aiutarti con le loro elevate intuizioni a elevare te stes-
so. Scopri l'intenzione soggiacente a ogni passo delle Scrittu-
re che incontri, per immergerti pi profondamente in esso e
sondare le intuizioni profonde negli scritti di uomini che ri-
cevettero l'illuminazione. Coloro che nel loro genere di vita
sono condotti dalla grazia divina a ricevere l'illuminazione si
accorgono sempre di qualcosa di simile a un raggio spirituale
che passa attraverso le righe e le rende capaci di distinguere le
parole dette in modo ordinario da quelle importanti per l'illu-
minazione dell'anima. Chi legge in modo ordinario righe che
contengono un significato importante rende ordinario anche
il suo cuore e lo priva di quella potenza santa che pu procu-
rargli un sapore dolcissimo, attraverso intuizioni che immobi-
lizzano l'anima nello stupore. Ogni cosa abitualmente segue
ci che proprio della sua specie; cos l'anima che ha ricevuto
una partecipazione dello Spirito e sente una frase in cui si na-
sconde una potenza spirituale, la tiene ardentemente per s.
111
I,48 (p. 233) = Touraille 73 (p. 372); PR 45 (p. 329).
214
Il mondo intero non abbastanza sveglio per stupirsi di ci
che detto spiritualmente e cela una grande potenza 112.
Questo passo si pu considerare il credo di !sacco circa il mo-
do di comprendere la Scrittura. Egli distingue da una parte "le
parole dette in modo ordinario", che non parlano n al cuore n
alla mente, dall'altra "ci che detto spiritualmente" e si rivol-
ge direttamente all'anima del lettore. Questa distinzione non si-
gnifica che la Scrittura contenga contemporaneamente parole si-
gnificative e parole insignificanti, ma piuttosto che non tutte le
parole della Scrittura sono ugualmente importanti per tutti i let-
tori. I sacco pone qui l'accento sull'atteggiamento soggettivo del
lettore: ci sono parole e frasi che lo lasciano freddo e indifferen-
te, altre che lo infiammano al fuoco dell'amore divino. impor-
tante non lasciar passare inosservati quei versetti della Scrittura
che sono "pieni di senso", per non restare privati delle intuizio-
ni spirituali che essi contengono.
Quando un monaco legge la Scrittura cercando di afferrarne
il contenuto nascosto, la sua comprensione aumenta in propor-
zione alla lettura e lo conduce per gradi a uno stato di stupore
spirituale, raggiunto il quale egli si trova completamente immer-
so in Dio:
[L'asceta] che si dedica allo studio delle divine Scritture ri-
cercandone il senso avr certamente tregua dalle passioni. I
pensieri vani, infatti, si affrettano ad abbandonarlo a causa
della comprensione delle Scritture divine che in lui risiede e
diventa sempre maggiore, giacch la sua mente non pu pi
staccarsi dal grande desiderio delle Scritture e dal raccoali-
"
mento su di esse. Allo stesso modo l'asceta diventa incapace
di prestare attenzione alle cose di questa vita a causa della
grande dolcezza della continua riflessione sulle Scritture che
112
I,r (pp. 6-7) = Touraille r (pp. 62-63); PR r (pp. 6-7).
215
lo esalta nella quiete profonda del deserto. Cos egli arriva a
dimenticare se stesso e la propria natura umana, diventando
come un invasato che non conserva pi alcuna memoria del
tempo presente. Si sofferma a riflettere con impegno partico-
lare su ci che riguarda la maest di Dio, dicendo: "Gloria al-
la sua divinit!", o anche: "Gloria alle sue opere meraviglio-
se!". Cos, assorto in queste meraviglie e incessantemente
colto da stupore, l'asceta sempre in stato di ebbrezza, quasi
vivesse la vita successiva alla resurrezione
113
.
L'insegnamento di Isacco sulla lettura delle Scritture conte-
nuto specialmente nel capitolo 29 della seconda parte, cos inti-
tolato: "Circa i grandi benefici che nascono dalla frequentazione
delle Scritture, e sul ministero nascosto, la meditazione e la con-
tinua ricerca che essa implica, come pure sulla ricerca della ma-
teria da essa insegnata; e contro le persone che accusano quanti
si applicano con zelo a questa ammirabile e divina fatica"
114
Si
tratta di un testo a carattere polemico, bench non esprima una
reazione a un'eresia specifica come quella dei messaliani. Qui
Isacco combatte un'opinione allora molto diffusa negli ambienti
monastici, secondo la quale la lettura dei libri inutile e solo
li d 11
. h ' . h' 115
que a e e opere ascet1c e e ne lesta a un monaco .
Contro costoro Isacco afferma che considerare l'ascesi e la fa-
tica corporea pi elevate della lettura sbagliato e fuorviante.
La fatica corporea costituisce "la via e la regola per la gente che
nel mondo", ma per i monaci molto pi importante avere la
mente sempre colma del pensiero dell'economia divina, il che
costituisce "l'attivit perfetta e la summa dei comandamenti di
nostro Signore". Colui il cui raccoglimento continuamente
prigioniero del Signore grazie alla lettura e alla preghiera "ha
113
I,37 (p. 179) = Touraille 85 (p. 434); PR 35 (p. 254).
114
II,29, titolo.
115
Cf. II,29,r.
zr6
piantato in s tutte le opere eccellenti" e "le ha condotte a pieno
compimento, senza che niente facesse loro difetto"
116
.
La lettura la fonte della preghiera, continua Isacco. Grazie
alla lettura e alla preghiera "siamo trasportati verso l'amore di
Dio la cui dolcezza si espande incessantemente nei nostri cuori
come il miele nel favo, e le nostre anime esultano al sapore che
il servizio nascosto della preghiera e della lettura delle Scritture
riversa nel nostro cuore". In seguito alla lettura e alla preghiera
e all'amore di Dio che da esse promana, il cuore dei lettori si
infiamma e rimane in conversazione costante con Dio, e il lo-
ro intelletto "fa schiudere un simbolo particolare della verit, ri-
sultato delle delizie continue che provengono da queste parole
importanti con le quali essi si danno pena notte e giorno". La
ricerca dei sensi spirituali nelle parole della Scrittura li conduce
a uno stato di profonda gioia interiore:
Cosa c' di pi di. grande che gioire continuamente in Dio
lodandolo a ogni istante con un nuovo canto di lode (cf. Sal
33,3; 40,4; 96,r ... ) scaturito dallo stupore dell'anima in le-
tizia, contemporaneamente a molte altre cose che nascono
dalla stessa fonte, come la preghiera che zampilla improvvisa-
mente, perennemente e spontaneamente dalle profondit di
un cuore in cerca della contemplazione
117
?
Isacco denuncia poi quelli che leggono la Scrittura unicamen-
te allo scopo "di ricavarne materia di gloria umana, o per rende-
re la mente pi acuta". La Scrittura dev'essere letta solo "a cau-
sa della verit": allora soltanto la mente del lettore
abita continuamente in cielo, conversando a ogni istante con
Dio, e i suoi pensieri navigano verso il mondo a venire cui
u II,29,23
117
II,29,59. In tale contesto il termine "contemplazione" (te'o1ya) pu riguardare il
"significato spirituale" di certi passi della Scrittura.
2!7
anelano ... La sua mente medita sulla speranza futura e, nel
corso della sua vita, non sceglie altro compito n fatica n ser-
vizio che sia pi grande di questa sola occupazione
118

Giunto a questo stadio l'uomo come un angelo che non pen-
sa pi ad altro che a Dio e alle cose di Dio.
Queste citazioni bastano a mostrare l'estrema importanza agli
occhi di Isacco della lettura delle Scritture e dei padri, e a stabi-
lire che la lectio faceva parte della sua concezione della preghie-
ra. Bisogna ricordare che nell'antichit cristiana, e pi in parti-
colare nella pratica dei monaci, la lettura, anche solitaria, non si
faceva solo con gli occhi bens ad alta voce. La Scrittura veniva
letta lentamente, con molte pause, e ogni frase o parola era og-
getto di meditazione. Questo modo particolare di "coltivare" la
lettura oggi praticamente scomparso, poich spesso necessa-
rio assorbire un numero imponente di parole senza grande inte-
resse, e leggere di e affrettatamente dozzine e perfino
centinaia di pagine. E ovvio per che la "lettura pregata" consi-
gliata da Isacco, cio una lettura che investe il massimo possibile
di attenzione su ogni singola parola, resta la forma ideale per chi
vuol penetrare il significato spirituale delle sante Scritture. L'e-
sperienza e le raccomandazioni di !sacco mantengono qui tutto
il loro valore.
Ad onta del suo grande amore per la lettura, specialmente del-
la Bibbia, !sacco tuttavia ammette che possa esistere uno stato
spirituale nel quale nessuna lettura pi necessaria:
Chi non ha ancora ricevuto il Paraclito ha bisogno di opera
d'inchiostro per imprimere il ricordo del bene nel suo cuore,
applicarsi senza sosta al bene attraverso la lettura continua e
proteggere l'anima dalle vie insidiose del peccato. Egli infatti
non ha ancora acquisito la potenza dello Spirito che scaccia
118
II,29,I0-I2.
218
l'illusione capace di far prigionieri i pensieri che giovano al-
l'anima e di raffreddare gli animi con le distrazioni dell'intel-
letto. Quando la potenza dello Spirito penetra le potenze spi-
rituali di un'anima attiva, sono i suoi comandamenti non le
leggi scritte con l 'inchiostro, a mettere radici nel suo ;uore. A
questo punto l 'uomo ormai segretamente istruito dallo Spi-
rito e pu fare a meno dell'aiuto delle cose sensibili
119

!sacco non stato l 'unico a mettere in luce la priorit dell'e-
sperienza spirituale interiore rispetto a tutte le sue espressioni
formali ed esteriori, compresa la lettura della Scrittura e dei te-
sti ascetici: si tratta infatti di un tema fra i pi caratteristici del-
la letteratura monastica e agiografica
120
. Agli occhi di I sacco im-
porta non tanto il testo che viene letto quanto le intuizioni spiri-
tuali e mistiche che se ne possono trarre. Quando la lettura un
mezzo per frequentare Dio, essa conduce l dove la mente, ces-
sata ogni attivit umana, entra in contatto diretto con Dio.
La preghiera notturna
La preghiera notturna appartiene alla grande tradizione cri-
stiana, sia nella prassi liturgica generale
121
sia, pi specificamen-
te, in quella della preghiera monastica. Quando gli autori spiri-
tuali raccomandano ai monaci le veglie, insistono sul fatto che
l'intera creazione si trova in quel momento immersa nel sonno e
119
I,6 (p. 58)= Touraille 56 (p. 302); PR 6 (p. 9r).
120
La Vita di Maria Egiziaca narra di una donna che si ritir nel deserto senza aver let-
to neanche parola Scrittura ma che, dopo molti anni di rigorosa vita ascetica,
e:a capace d1 c1tare la Scnttura a memoria, essendo stata istruita direttamente dallo Spi-
nto santo. Cf. anche la storia di Paolo il Semplice, in Rufina Storia dei monaci IX 2 7.
121
Si pensi ad esempio alle veglie notturne ancor oogi (enute in gran conto
chiesa ortodossa. "
219
quindi nulla potr distrarre l'asceta. La notte diventa cosl il pe-
riodo pi propizio alla preghiera. Ascoltiamo !sacco in proposi-
to: "Che ogni preghiera offerta durante la notte sia pi preziosa
ai tuoi occhi di tutte le pratiche del giorno"
122
. La veglia nottur-
na rappresenta quell' "opera deliziosa" durante la quale "l'anima
fa esperienza della vita immortale e grazie ad essa si spoglia de-
gli abiti delle tenebre e riceve i doni dello Spirito"
123
.
!sacco sviluppa questo tema nei capitoli zo e 75 della prima
parte dei suoi scritti. Il primo discorso illustra i fondamenti teo-
rici della veglia, mentre il secondo propone soprattutto consigli
pratici che fanno riferimento alla vita dei santi, ed solo par-
zialmente contenuto nella recensione siro-occidentale delle ope-
re, il che spiega perch esso sia in parte assente nella traduzione
greca. Prima di tentare, sulla base del capitolo 75, una ricostru-
zione del modo in cui la preghiera era praticata dal monachesi-
mo d'oriente, vediamo che cosa ci insegna !sacco nel capitolo 20
sulla preghiera notturna.
Questo discorso comincia con una "lode della veglia" consi-
derata come un'attivit degli angeli che porta l'uomo a Dio:
O uomo, devi considerare che nessuna opera monastica pi
grande della pratica della preghiera notturna . . . Il monaco
che persevera nella veglia con discernimento non sembra rive-
stito di carne, perch questa veramente un'opera che appar-
tiene alla condizione angelica ... L'anima che soffre ed eccel-
le nella pratica della veglia avr occhi di cherubino, per poter
guardare e scrutare in ogni momento le visioni celesti
124
.
!sacco si affretta per ad aggiungere che lo sforzo delle veglie
giova all'asceta solo a condizione che egli si guardi, durante il
122
1,64 (p. 308) = Touraille 34 (p. 2rr); PR 65 (p. 447).
1
23
1,65 (pp. 320-32r) = Touraille, Lettere 3 (pp. 46o-46r); PR 66 (p. 469).
124
1,20 (p. ror) = Touraille 29 (p. r84); PR I7 (p. r34).
220
giorno, dalla dissipazione e dalle cure secolari. In caso contra-
rio, quando star in piedi durante la veglia non riuscir a racco-
gliere la sua mente, e la fatica rimarr senza frutto:
O uomo, com' possibile che tu conduca la tua vita con cos
poco discernimento? Stai in piedi a pregare tutta la notte e
sopporti le fatiche della salmodia, degli inni e delle litanie, e
poi ti sembra compito gravoso e difficile stare un po' pi at-
tento durante il giorno, soprattutto se Dio ti ha reso degno
della sua grazia in virt dello zelo che dimostri per altre fati-
che! A che scopo aumenti il tuo impegno nel seminare di not-
te se poi quello che hai seminato lo dissipi di giorno, in modo
che non possa dare frutto? ... Se tu di giorno avessi coltivato
il tuo cuore con occupazioni ferventi per renderlo conforme
alla meditazione della notte, senza erigere tra le due cose un
muro di separazione, in breve avresti abbracciato il petto di
Ges
125

Chi veglia su di s durante il giorno conosce la forza delle ve-
glie notturne. Esse da sole possono sostituire tutte le virt: "Se
uno ha un corpo cos estenuato dalla malattia da non poter di-
giunare, la veglia da sola pu dare stabilit al suo intelletto in
preghiera e riversargli nel cuore l'intuizione spirituale necessaria
per comprendere la natura della potenza spirituale". A chi poi
non ha la forza di prostrarsi e recitare i salmi a causa di un offu-
scamento e un rilassamento spirituali, la veglia da sola potr ba-
stare, anche se resta seduto:
Se devi abbandonare queste opere [prostrazione e salmodia]
perch non sei in grado di compierle, resta almeno sveglio da
seduto, prega con il cuore, fa ogni sforzo possibile per tra-
scorrere la notte senza dormire, seduto e meditando pensieri
125
1,20 (p. ro2) = Touraille 29 (p. r85); PR I7 (p. r34).
22!
buoni. Se non lasci indurire il tuo cuore, se non lo lasci offu-
scare dal sonno, la grazia ti restituir quel tuo fervore origina-
rio, quella leggerezza e quella forza, e finirai con il danzare di
gioia rendendo grazie a Dio
126
.
Diamo ora uno sguardo al capitolo 75 di Isacco e alle sue rac-
comandazioni pratiche circa le veglie. Egli comincia con il ri-
chiamare la nostra attenzione sull'inizio della preghiera nottur-
na, che richiede secondo lui una preparazione appropriata. Bi-
sogna dapprima prostrarsi, fare il segno della croce, restare un
certo tempo in piedi e in silenzio, poi formulare una preghiera
composta di parole personali:
Quando vuoi stare in piedi durante la liturgia della veglia, se
Dio ti aiuta fa' come ti dico. Inginocchiati secondo l'uso, ma
non dare immediatamente inizio alla liturgia. Dopo aver fini-
to una preghiera, segna cuore e fianchi con il segno vivifican-
te della croce resta un momento in piedi e in silenzio e aspet-
ta che i tuoi ;ensi siano placati e i pensieri in riposo. Alza poi
lo sguardo interiore sul Signore e supplicalo, con il cuore do-
lente, di fortificare la tua debolezza e concederti che la sal-
madia della tua lingua e i pensieri del tuo cuore siano graditi
alla sua volont, affidando tranquillamente alla preghiera del
cuore le parole seguenti: "Signore Ges, mio Dio, tu che con-
templi l'insieme della tua creazione, al quale le mie passioni,
la debolezza della nostra natura e la potenza dell'Avversario
appaiono evidenti, sii tu stesso il rifugio contro la malvagit
del nostro comune nemico ... Proteggimi dal tumulto dei pen-
sieri e dal traboccare delle passioni e rendimi degno di porta-
re a compimento questa santa liturgia affinch non mi accada
di auastarne la dolcezza con le mie passioni, apparendo sfron-
"'
tato e temerario di fronte a te"
127
.
126 1,2o (p. 103) = Touraille 29 (p. 1S6); PR 17 (pp. 137-13S).
1211,
75
(pp. 365-366) = Touraille zS (p. 1S1); PR So (pp. 546-547).
222
Isacco non ha tratto questa preghiera da qualche celebrazione
liturgica: essa composta da lui, come un gran numero di pre-
ghiere che si trovano sparse qua e l nei suoi scritti. Egli attri-
buiva grande importanza alla preghiera composta dalle parole
dell'arante stesso e raccomandava ai cristiani di non limitarsi a
recitare le preghiere prescritte dalla regola, bens di trovare pa-
role personali con cui rivolgersi a Dio.
Al tempo stesso, per, la veglia notturna degli asceti compor-
tava una specie di "regola", vale a dire una successione di pre-
ghiere, inni, letture e prostrazioni obbligate ogni volta che si ce-
lebravano le vigilie. Tuttavia per Isacco questa regola non dove-
va comportare per forza un numero fisso di preghiere: dimorare
in Dio con l'intelletto pi importante che attenersi rigidamen-
te a un regolamento. "Dobbiamo celebrare la liturgia completa-
mente liberi da ogni pensiero e inquietudine infantili". Isacco
poi suggerisce:
Se vediamo che il tempo poco e ci accorgiamo che l'auro-
ra ci coglier prima che abbiamo portato a termine la nostra
liturgia, allora saltiamo volontariamente e saggiamente una
marmita
128
o due di quelle abitualmente previste dalla regola,
per non causare turbamento e non guastare il dolce sapore
della nostra liturgia
129
.
Proprio per questo, per non perdere il gusto della veglia, non
bisogna recitare i salmi affrettatamente nella speranza di far pri-
ma a completare il numero regolamentare:
Mentre celebri la liturgia, se mai un pensiero si insinuasse
nella tua mente e ti suggerisse: "Accelera un po', hai molte
128
Parte del salterio. Nella tradizione siro-orientale il salterio era diviso in venti bul-
la/e e cinquantasette mannyata.
129
1,75 (p. 366) = Touraille 2S (p. 1S1); PR So (p. 547).
22}
cose da fare e sarai libero prima", tu ignoralo. E se questo
pensiero continuasse a tormentarti, ritorna alla marmita pre-
cedente o dove vorrai, e ricanta ogni versetto per compren-
derlo ... E se proprio non la smettesse di importunarti, inter-
rompi la salmodia, inginocchiati e prega: "Io non voglio fare
il conto delle parole ma raggiungere le dimore del cielo"
130

Un primo modo di lottare contro i pensieri consiste dunque
nel recitare lentamente i salmi ripetendo ogni versetto pi volte;
un secondo modo nell'ignorare il numero prescritto di salmi e
pregare con parole personali. Isacco continua:
Se ti senti mancare le forze per la fatica di quella lunga posi-
zione in piedi e se il pensiero ti sussurra in un orecchio: "Ora
smettila, non ce la fai pi", rispondi: "No, ma vado a seder-
mi, che sempre meglio che dormire. Anche se la lingua tace
e non recita pi salmi, la mia mente rimarr in rapporto con
Dio nella preghiera e nella presenza al suo fianco; sempre
pi giovevole vegliare che dormire"
131
.
La cosa che di primo acchito d colpisce che Isacco preveda
l'eventualit di pregare seduti; ci colpisce poi anche il permesso
da lui accordato di sostituire la recitazione ad alta voce con la
preghiera silenziosa all'interno del proprio animo. probabile
che pregare ad alta voce fosse la pratica corrente tra gli asceti
dell'epoca, mentre la preghiera mentale era ammessa solo in ca-
so di affaticamento o durante le attivit comuni che non consen-
tivano di essere soli o infine quando si stava prostrati faccia a
terra.
Isacco insegna poi che la successione dei diversi elementi al-
l'interno della veglia notturna non identica per tutti gli asceti.
130
I, 75 (p. 366) Touraille 2.B (p. rBz); PR Bo (p. 54 B).
131
I,75 (p. 366) Touraille 2B (p. r8z); PR So (p. 548).
224
Ci sono vari tipi di veglie e serie diverse di preghiere, come pure
molti modi di favorire l'attenzione e l'umilt. Merita poi di es-
sere rilevato il cenno alla preghiera costituita da una breve for-
mula132 e alla possibilit di pregare senza inginocchiarsi:
N la preghiera n la semplice salmodia esauriscono comple-
tamente la veglia del monaco. C ' chi passa tutta la notte
salmodiando, chi a pentirsi ripetendo le preghiere di com-
punzione e le prostrazioni, altri ancora impegnato in pian-
ti, lacrime e lamentazioni sui propri peccati. Di uno dei no-
stri padri hanno scritto che per quarant'anni ripet un'unica
preghiera: "Ho peccato come uomo, ma tu, come Dio, per-
donami"133. I padri lo sentivano meditare queste parole con
compunzione e lo vedevano piangere senza mai tacere; que-
sta preghiera faceva per lui le veci dell'ufficio, di notte come
di giorno. Un altro fratello consacra una parte della sera alla
salmodia e il resto della notte ai cantici
134
Un altro ancora
loda Dio e legge delle marmyata, mentre tra una marmita e
l'altra si illumina e si ristora leggendo la Bibbia, finch non
ha ripreso lena. Altri infine si impone come regola di non
piegare le ginocchia nemmeno per la preghiera conclusiva di
una marmita, bench questo sia l'uso durante le vigilie, ma
passa la notte intera nel continuo silenzio
135

Con questa allusione a Mos l'Etiope, che pregava senza mai
piegare le ginocchia, si conclude il capitolo 75 nella recensione
siro-occidentale e quindi nella traduzione greca. Ma la versione
originale prosegue con una descrizione della gioia spirituale che
si riversa sul monaco durante le veglie:
132
La "preghiera di Ges", largamente diffusa in tutto l'oriente bizantino, una
delle numerose forme di questa "preghiera a formula breve".
133
Abba Apollo. Cf. Palladio, Sto,rlausiaca 2..
1
" I "tropari" greci.
135
I,75 (pp. 366-367) = Touraille zB (pp. rB:H83); PR Bo (pp. 54B-549).
Quando i forti provano godimento e piacere durante le veglie,
passano senza scoraggiarsi le lunghe ore della notte. La loro
anima fiorisce, gioisce e dimentica la sua veste carnale ... La
gioia e la danza del cuore non permettono loro di pensare al
sonno, perch hanno l'impressione di essersi spogliati del cor-
po e di aver ai raaaiunto quello che sar il loro stato dopo la
Per dell'immensit della loro gioia capita lo-
ro di interrompere la salmodia e prostrarsi faccia a terra, a
causa dello zampillo di gioia che scaturisce nelle loro anime.
La notte sembra loro lunga come il giorno e l'avvicinarsi del-
l' oscurit come il sorgere del sole, a causa della speranza
che innalza e inebria il loro cuore quando meditano su questo
... Mentre le loro lingue suonano l'arpa spirituale, l'intelletto
va dietro a ci che gli proprio. Ora ritorna sul significato dei
versetti, ora respinge un pensiero estraneo non appena si af-
faccia alla mente, ora infine, quando l'anima incomincia a es-
sere stanca, ritorna alle letture del giorno
136
.
!sacco allora riprende i suoi consigli sulla preghiera in stato di
stanchezza. Se uno vuole dare un po' di riposo al corpo, si sieda
con il viso rivolto a oriente. Finch resta seduto cos, bisogna
che la mente non sia vuota ma rifletta sull'utilit delle veglie
notturne ricordandosi come un tempo i padri perseveravano in
questa fatica. Questo richiamo lo riempie di stupore, pensando
alla grande tradizione di cui ha ricevuto l'eredit. L'esempio di
padri celebri che si sono dati gran pena nelle veglie (qui !sacco
cita vari nomi) porta a uno stato di ebbrezza spirituale, giacch
sembra al monaco di trovarsi in mezzo a loro e di vederli con i
propri occhi
137
:
A causa del ricordo delle vite dei santi, di cui la mente si ram-
menta e medita le vicende, il suo scoraggiamento ormai sva-
136 I,75 (pp. 367-36S) = PR So (p. 550).
137 Cf. I,75 (pp. 36S-37o) = PR So (pp. 551-555).
226
nito, l'indifferenza scacciata, le reni rinvigoriscono, il sonno
stanato dalle pupille ... e una gioia ineffabile affiora alla sua
lacrime gli rigano il volto, un giubilo spirituale
mebna l mtelletto, l'anima riceve consolazioni indicibili la
speranza sostiene il cuore e gli infonde coraggio. A
mo sembra ora di dimorare in cielo per tutta la durata di una
veglia piena di tante cose eccellenti 138.
Il te.ma spirituale il pi caratteristico tra quelli
trattatl da !sacco 11 Suo. Nel capitolo seguente avremo occasio-
ne di analizzarlo in maggior dettaglio. Per il momento acconten-
tiamoci di s?ttolineare il carattere estatico della preghiera not-
c?e fonte di gioia soprannaturale e
Nulla mfattl rende la mente cos raggiante e
g1010sa, la nempie tanto di luce, scaccia i cattivi pensieri e fa
esultare l'anima, quanto l'applicazione a veo-lie continue" 139 E
continua: stesso si appartava per
a pregare e scegheva, non senza discernimento, come tempo la
notte e come il deserto (cf. Mt 14,23; Mc r,35)". Analo-
gamente, la magg10r parte delle rivelazioni fatte ai santi avven-
nero durante la preghiera notturna 140:
La of!erta durante la notte molto potente, pi di
quella dmrna. E questa la ragione per cui i aiusti hanno tut-
ti pregato di notte, lottando contro la pesan;ezza del corpo e
la dolcezza del sonno. Per questo Satana teme la fatica della
veglia e cerca con ogni mezzo di ostacolare ali asceti come
caso di Antonio il Grande, del beato Paolo, di e
d1 padri d'Egitto. Tuttavia i santi hanno perseverato con
nella veglia e hanno trionfato sul diavolo. Quale
sohtano, pur dotato di ogni altra virt, non sarebbe stato
138
I,75 (p. 370) = PR So (p. 555).
139
I,75 (p. 370) = PR So (pp. 555-556).
14
Cf. I,75 (p. 37r) = PR So (p.
55
6).
227
considerato un inetto se avesse trascurato questa fatica? Giac-
ch la veglia la luce della coscienza (tar'ita), essa esalta la
mente (mad'a) e concentra il pensiero (re'yana); attraverso di
essa l'intelletto (hawna) spicca il volo e fissa lo sguardo sulle
realt spirituali mentre, ringiovanito grazie alla preghiera, ri-
fulge di splendore
1
41_
Come ha notato Dana Miller, questo l'unico passo nell'ope-
ra di Isacco in cui i quattro vocaboli che designano in siriaco
le facolt mentali dell'uomo sono usati tutti insieme
142
. proba-
bile che !sacco abbia voluto cos sottolineare fino a che punto la
preghiera di notte possa interessare l'intera persona e sia capace
di trasfigurare la totalit delle sue capacit mentali. Per !sacco la
preghiera notturna possiede un carattere globale: egli la conside-
ra il mezzo universale per antonomasia che consente di giunge-
re all'illuminazione della mente. Di Arsenio, l'eroe preferito di
!sacco, si dice che alla veglia del giorno del Signore (domenica)
si lasciasse il sole alle spalle e tendesse le mani al cielo finch il
sole, sorgendo dalla parte opposta, non giungesse a illuminargli
il viso
143
. A causa delle suo assiduo vegliare Arsenio pervenne a
un tale grado di illuminazione che nel corso della preghiera il
suo intero corpo diventava come di fuoco
144
. San Pacomio, in
questo campo rivale di Arsenio, vegliava nello stesso modo e fin
con l'acquistare una tale purezza di spirito che "vedeva Dio, che
invisibile, come in uno specchio". "Ecco i frutti della veglia,
le benedizioni che ricevono coloro che la praticano e il corona-
mento delle loro lotte"
145
.
Come si vede, i frutti principali della veglia sono la trasfigura-
zione della mente, la purificazione del cuore e la visione mistica
141
I,75 (pp. 372-373) = PR So (p. s6o).
142
Cf. D. Miller, n. z6 a I,75, in Tbe Ascetica! Homi!ies, p. 373
143
Cf. Apoftegmi dei padri, Arsenio 30.
144
Cf. ibid., Arsenio 27.
14
' I,75 (p. 374) = PR So (pp. 563-564).
228
di Dio. !sacco conclude con un appello al lettore affinch imiti
i santi del passato e diventi "loro sociale ed erede del loro stile
di vita"
146
.
La "legge della schiavit" e la "legge della libert"
Abbiamo visto come Isacco, parlando della preghiera durante
le veglie, osservi che tale preghiera dev'essere eseguita in "tota-
le libert", affrancata dal desiderio infantile di aderire ad ogni
costo alle prescrizioni di una regola
147
. Egli torna spesso su que-
sto consiglio, sottolineando come un "attegaiamento da schia-
vo" rispetto alla regola, consistente nel r i t n ~ r che la cosa pi
importante sia l'esecuzione di una quantit prescritta, non pos-
sa liberarci dalla confusione e dai pensieri materiali, ma che solo
la "libert" possa condurre a uno stato di calma dello spirito e
dell'anima:
Vuoi_ trarre le tue delizie dai salmi della liturgia e comprende-
re gh oracoli dello Spirito? Non dare allora importanza alla
quantit dei versetti, dimentica la tua abilit a imprimere lo-
ro un ri:mo, per riuscire invece a recitarli come una preghie-
ra. Lasc1a perdere l'abitudine di recitarli a memoria e cerca
di capirmi ... Quando la tua mente avr raagiunto la 'stabilit
b
1n questa meditazione, la confusione sgombrer il campo e ti
lascer. La pace dei pensieri non potr essere trovata con un
lavoro da schiavi, mentre nella libert dei figli di Dio non c'
n confusione n irrequietudine14s.
146
I,75 (p. 375) = PR So (p. 564).

147
9uand_o parla della "regola" della preghiera Isacco usa come sinonimi due t ermi-
m greci: kanon (regola) e n6mos (leaae).
148 - . 00
I,J4 (p. z6S) = Touraille 33 (pp. 206-207); PR 53 (pp. 3S2-3S3).
229
Nel capitolo 4 della seconda parte Isacco studia la funzione di
una regola per la preghiera. L'idea di fondo che fissare per
norma un numero definito di preghiere vada bene per coloro la
cui mente non ha raggiunto l'illuminazione, mentre chi l'ha ri-
cevuta non ne ha bisogno. Affine alla precedente l'idea che la
regola sia utile in un periodo di rilassamento spirituale, ma di-
venti superflua quando domina la grazia:
La mente che ha ricevuto l'illuminazione non ha pi biso-
gno di molte formule di preghiera per unirsi a Dio. La variet
delle preghiere di grande aiuto a chi subisce l'assalto delle
distrazioni, poich la forza che gliene deriva lo induce al pen-
timento e gli fa acquistare la dolce preghiera, le genuflessio-
ni prolungate, l'intercessione in favore della creazione e le
lunghe suppliche che prendono le mosse dall'interno del suo
animo. Ci accade perch a ogni parola incontrata in queste
preghiere si sente come scosso dal torpore e si imbatte conti-
nuamente in sorprendenti intuizioni e capisce che tali parole,
dotate di una forza nascosta, sono di per s un dono della gra-
zia. In ogni momento, quando le legge o vi medita sopra, egli
riceve un soccorso. Nei periodi in cui domina la grazia, quan-
do gioisci in questa preghiera deliziosa e nelle genuflessioni
prolungate, non necessario che tu ti attenga alle ore della
regola o ti preoccupi del numero di preghiere da recitare, per-
ch quella preghiera deliziosa contiene in s tutte le preghiere
che devono essere recitate in numero fisso e fa s che le regole
siano sottomesse a te [e non viceversa]l
49
.
Isacco continua affermando che nella preghiera pura la fatica
della preghiera trova il proprio culmine: chi arrivato fin l non
ha pi bisogno di regole o canoni. Se per non ci sei arrivato
non devi abbandonare le regole: anche se la preghiera pura la
possiedi in parte, "continua a osservare la regola e i canoni per
la parte che non possiedi"
150
. Osservare le regole necessario
finch si rimane bambini spiritualmente, ma una volta raggiunta
la maturit esse diventano inutili
151
Esiste una "legge dei bam-
bini che illumina ed educa in vista della libert", ed esiste una
"legge degli schiavi che non permette alcun progresso ed educa
in modo adatto ai bambini piccoli"
152
. La prima corrisponde alla
"legge della libert", rispecchia l'atteggiamento di un figlio ver-
so il padre e non richiede regole particolari; la seconda corri-
sponde alla "legge della schiavit" e ha bisogno di limiti canoni-
ci e di regole. Finch uno prega in momenti precisi della giorna-
ta, deve osservare gli uffici della regola; ma quando capace di
pregare ininterrottamente, prostrato davanti alla croce, "non
sottoposto a regola o legge canonica di sorta, e i tempi o i mo-
menti espressamente previsti non hanno alcuna autorit su di
lui. Al contrario, egli ormai al di l delle regole perch con
Dio, senza limiti n confini"
153
.
Isacco sviluppa lo stesso tema, ma in un contesto diverso e
antimessaliano, nel gi citato capitolo 14 della seconda parte.
L'accento qui posto su vantaggi e necessit di una regola per
la preghiera, contro i messaliani che ne rifiutavano ogni forma
esteriore. Anche qui per Isacco accenna a situazioni in cui la
regola pu essere trascurata, a causa della gioia che deriva dall'a-
more di Dio:
Ecco un cattivo segno: trascurare l'obbligo delle ore dell'uffi-
cio senza una ragione urgente. Ma se la preghiera stessa che
ci induce a trascurare le ore, se sono la pressione e il peso di
una lunga esperienza della preghiera prolungata che ci spingo-
231
no a farne a meno, o i tempi aggiuntivi causati dal predomi-
nio delle delizie che ci reca la preghiera, allora abbiamo avuto
la fortuna di concludere un ottimo affare per via dell' ogget-
to invidiabile di cui ci siamo impadroniti. Come sta scritto:
"La sorte che gli tocca deliziosa" (Sal 16,6). Tutto va bene
se trascuriamo l'ora dell'ufficio non per idee vane ispirate da
un atteggiamento di disprezzo, ma piuttosto perch la dolce
gioia trovata nella preghiera e dovuta alla pressione esercitata
dall'amore di Dio ci ha trattenuto. Infatti, dopo tutto, pro-
prio in ci consiste l'adempimento del nostro servizio, che
non imposto da una legge n a essa sottomesso
154
.
Sembra che !sacco passi dalla critica di un "atteggiamento di
disprezzo" verso la regola, proprio dei messaliani, alla sua per-
sonale concezione secondo la quale l'osservanza di una regola
non sempre necessaria n sempre possibile all'asceta ortodos-
so. chiaro che vuole evitare che il suo amore per la libert sia
scambiato per un atteggiamento messaliano, dal quale egli tiene
a dissociarsi sottolineando come l'abbandono delle regole, nel-
la tradizione ortodossa, non sia dovuto a disprezzo o arroganza
ma al contrario all'abbondanza dell'amore di Dio che costrin-
' '
ge talvolta a dimenticare ogni regola.
Se a qualcuno queste cose accadono continuamente - e so-
no un segno dei carismi divini e costituiscono una potente in-
troduzione alla purezza della preghiera -, ma soprattutto se,
durante la preghiera, egli mostra un atteggiamento esteriore
pieno di venerazione e di profondo rispetto, perch stato
rapidamente innalzato al rango di coloro che hanno raggiunto
la pienezza, particolarmente se continua a osservare atteggia-
menti esteriori pii e a mostrare un profondo timore di Dio
nella preghiera
155
.
154
II,I4,7
155
II,r4,7-8.
232
Per !sacco le regola utile perch insegna l'umilt; privarcene
pu indurre all'orgoglio:
Il cuore acquista maggior libert di parola nei confronti di
Dio durante la preghiera che nel corso dell'ufficio. Ma trascu-
rare completamente quest'ultimo porta all'orgoglio, e a causa
dell'orgoglio l'uomo cade lontano da Dio. Vedi come attraver-
so il semplice sforzo di sottomissione a una regola una perso-
na relativamente libera nel suo modo di vivere mantenga l'a-
nima umile, senza offrire al demone dell'orgoglio l'occasione
di agitare pensieri malvagi davanti ai suoi occhi. Ritenendosi
insignificante e incapace di libert, essa umilia e abbassa ogni
orgoglio del pensiero. Non c', per la bocca, freno pi effica-
ce di una mente che si innalza
156
.
Per questa ragione gli antichi padri, pur possedendo la pre-
ghiera ininterrotta, non abbandonavano la regola
157
:
Non senza ragione questi padri si imponevano a volte un cen-
tinaio di preghiere
158
, a volte cinquanta o sessanta, bench la
loro persona tutta intera fosse ormai diventata un altare di
preghiera. Che bisogno c'era di un numero fisso se non smet-
tevano mai di pregare? Di Evagrio si dice che ne recitasse un
centinaio, il beato Macario sessanta, Mos l'Etiope cinquan-
ta, Paolo il grande solitario trecento, e cos via. Il motivo per
cui questi beati padri si costringevano, come dei servi, al ri-
spetto delle regole, era la paura dell'orgoglio
159
.
La regola sottomette l'anima all'umilt, che propria della
condizione servile. Tuttavia, all'interno della regola stessa per-
156
II,q,rS.
157 Cf. II,q,I9.
158
Si tratta ancora una volta di una regola contenente brevi preghiere, che pu com-
prendere un salmo, un'invocazione e una serie di prostrazioni.
159
Il,I4,20-22,
2
33
mane la libert, come all'interno della libert permane la regola.
Alcuni progrediscono grazie alla regola, altri grazie alla libert
che viene loro dalla regola
160
:
Alcuni fanno maggiori progressi nella libert che quando so-
no sottoposti a una regola. Nondimeno, dalla libert possono
diramarsi strade che portano all'errore. Nella libert si na-
scondono molte possibilit di caduta, ma con la regola nessu-
no mai si discosta dalla retta via. Coloro che si sottopongono
con perseveranza al giogo di una regola saranno indotti alla
caduta solo dopo averla abbandonata e disprezzata. Per que-
sto motivo i santi d'un tempo, che hanno portato a termine il
loro cammino senza deviare dalla retta via, si facevano guida-
re da qualche regola
161
.
Per Isacco "c' una regola che implica la libert e una regola
destinata agli schiavi". Quest'ultima consiste nell'obbligo di re-
citare un numero fisso di preghiere e di salmi a ogni ufficio:
Si ha la legge degli schiavi quando uno dice a se stesso: Ecco
la quantit di salmi che reciter a ogni liturgia e a ogni pre-
ghiera. Chi dice cos invariabilmente obbligato tutti i giorni
agli stessi salmi senza poter cambiare, perch nella preghiera
e nell'ufficio costretto a uniformarsi ai criteri di numero,
lunghezza e quantit che egli stesso ha fissato. Questo del
tutto estraneo al cammino della vera conoscenza, giacch non
tiene conto n dell'azione di Dio n della debolezza della na-
tura umana o della possibilit di lotte frequenti: quanto alla
prima, potrebbe essergli concessa una grazia che gli faccia
prolungare la preghiera oltre i limiti fissati dalla sua volont;
negli altri casi, la natura umana potrebbe rivelarsi troppo de-
bole per adempiere la regola
162
.
16
Cf. II,I4,3I-31.
161 II,I4,33.
162 II,I4,34
2
34
In altre parole, chi si impone una quantit fissa di preahiere
alle diverse ore del giorno non tiene conto del fatto che
non riuscire a rispettarla, o perch una grazia sovrabbondante
gli fa dimenticare le parole, o perch la debolezza fisica non gli
permette di portare a termine le preghiere prescritte.
La "legge della libert", per contro, non fissa in anticipo n
la successione n il numero delle preghiere. Ogni monaco deve
mantenere i sette uffici tradizionali della giornata, ma contenu-
to e lunghezza delle preghiere sono lasciati alla sua discrezione:
La legge della libert consiste nell'osservanza fedele dei set-
te uffici, stabiliti dai santi padri riuniti in concilio ecume-
nico dallo Spirito santo al fine della purezza del nostro stile
di vita
163
. Lungi da noi solitari l'idea di non sottometterei al-
la chiesa, ai suoi capi e alle sue leggi. precisamente questo
il motivo per il quale osserviamo le sette ore dell'ufficio in
conformit con quanto la chiesa ha prescritto ai suoi figli.
Questo tuttavia non significa che a ogni ufficio siamo obbli-
gati a recitare lo stesso numero di salmi, n che un nume-
ro fisso di preghiere debba essere recitato ogni giorno duran-
te gli uffici diurni e notturni. Neppure necessario preci-
sare la durata di ogni preghiera o specificarne le parole. Al
contrario, si consacri pure a ogni preghiera il tempo per il
quale la grazia ce ne d la forza, domandando tutto quello
che l'urgenza del momento pu esigere e servendoci della
preghiera alla quale ci sentiamo portati. Pregando cos sare-
mo pi raccolti e liberi da distrazioni, in vista della gioia
che ne deriva. Pregando cos, adatteremo le nostre richieste
alla forza della natura umana e alla sapienza che il Signore ci
concede
164
.


Qui .Isacco allude al 54 del concilio di Nicea (325), che prescrive la cele-
bra.zwne dlSe.tte al g;?rno. Cf. Centurie di conoscenza IV,24, in cui l'autore met-
te m guard1a 1 sohtarl dal trascurare senza un motivo impellente i sette uffici fissati
dalle regole per la salvezza di coloro che lottano contro il demonio".
164 II,I4>35
235
Questo passo sottolinea come dai monaci ci si aspetti obbe-
dienza alla chiesa, e ci costituisce una nuova critica ai messalia-
ni che alle tradizioni della chiesa, da loro rifiutate, preferiscono
la preghiera spontanea. Tuttavia !sacco presenta le sette ore co-
me una specie di "legge quadro" al servizio della preghiera dei
monaci senza annullare il carattere spontaneo di quest'ultima:
n la successione delle preghiere n la loro lunghezza devono es-
sere precisate. Tra i fattori che ne determinano la lunghezza e
l'ordine di successione !sacco cita "la necessit urgente del mo-
mento" o "la forza della natura". In altri termini, la preghiera
non dev'essere astratta o ignorare i bisogni reali di chi prega, co-
s come la sua lunghezza non deve eccedere le capacit naturali
di quest'ultimo.
Quanto alle parole, secondo !sacco nessuna preghiera scritta
obbligatoria, nemmeno il Padre nostro. Il peso di questa pre-
ghiera non sta nelle parole; ci che pi importa che l'arante sia
impregnato del suo spirito:
Se uno pretende che in tutte le nostre orazioni si debba reci-
tare la preghiera pronunciata dal Salvatore usando le medesi-
me parole e rispettandone l'ordine preciso pi che il significa-
to, costui non ha capito niente dell'intenzione di nostro Si-
gnore nel formulare la sua preghiera e resta ben lontano dal
pensiero del beato lnterprete
165
. Nostro Signore non ha voluto
insegnarci una successione particolare di parole, ma ha voluto
indicarci quale debba essere lungo tutta la nostra vita la meta
della nostra mente. Egli ci ha dato un senso, non una serie di
parole da recitare con le labbra. Ogniqualvolta dunque noi
poniamo questa preghiera davanti alla mente come meta da
raggiungere, noi preghiamo secondo il suo senso e dirigiamo
i movimenti della nostra preghiera in accordo con esso: per
165
Isacco allude all'Omelia catechetica II di Teodoro di Mopsuestia, dedicata al Pa-
dre nostro.
esempio, quando chiediamo il regno [di Dio] e la sua giustizia
(cf. Mt 6,33), o quando preghiamo di essere liberati dalle ten-
tazioni, come a volte ci capita. In altri momenti possiamo
pregare per i bisogni della nostra natura umana, o per avere di
che nutrirei durante il giorno, o per tutte le altre cose che il
Signore ci ha insegnato a chiedere. La nostra preghiera de-
v'essere ispirata al significato delle parole e noi dobbiamo in-
dirizzare la nostra vita in conformit a esse
166
.
Quando nostro Signore ha consegnato questa preghiera ai
suoi discepoli non si limitato alla sequenza delle parole ma ha
insegnato loro "a non mescolare alla preghiera, come fanno i pa-
gani, ogni sorta di cose contrarie ai suoi comandamenti"
167
Pen-
sare diversamente indice di una mentalit puerile che osserva e
studia l'ordine preciso delle parole invece di fare attenzione al
loro significato, dal quale promanano preghiere, domande e ri-
flessioni in perfetta sintonia con la condotta del mondo nuovo.
Modificare la forma esterna della preghiera insegnata dal Signo-
re non cambia nulla, a patto di rispettarne il senso e seguirla nel-
lo spirito
168
.
Come risulta dai testi citati, !sacco favorevole a un atteggia-
mento libero verso le regole di preghiera e i testi da usare: n il
tempo dedicato alla preghiera n le parole hanno un valore asso-
luto. L'importante che la preghiera corrisponda ai bisogni in-
teriori dell'arante e al modo in cui Ges Cristo ha insegnato ai
cristiani a pregare. Si pu pregare con parole personali oppure
con i salmi o con preghiere scritte da altri: in quest'ultimo caso,
le parole altrui debbono essere fatte proprie da chi le recita, de-
vono cio passare attraverso il profondo del suo cuore. La fedel-
t a Cristo non consiste nella ripetizione pedissequa della pre-
166 II,q,3637
167 II,I4,}8.
168 Cf. II,I4.39
237
ghiera che egli ci ha insegnato, bens nell'essere imbevuti del
suo spirito. Parimenti la fedelt alla chiesa e alla tradizione mo-
nastica non esige che si recitino tutti gli uffici e i salmi stabiliti
dagli antichi padri, ma che ci si lasci permeare dal loro spirito
mirando a eguagliarne la santit.
La preghiera per il mondo intero
!sacco il Siro fa parte di quegli autori della chiesa antica che
avevano una visione universale e non perdevano mai di vista il
mondo intero, tutta la creazione e tutti gli uomini con le loro
sofferenze. In ci consiste il paradosso della vita solitaria: l'ere-
mita che si ritira dal commercio con gli uomini non li dimentica
affatto, e pur rinunciando al mondo non smette mai di pregare
per esso. !sacco era amante della solitudine e del silenzio, ma
ogni tentazione di chiudersi in se stesso o di occuparsi della pro-
pria salvezza senza darsi pensiero per i suoi fratelli gli era total-
mente estranea. Egli possedeva quel "cuore misericordioso" la
cui caratteristica di avere compassione per tutte le creature:
non solo per i cristiani ma anche per gli apostati, gli animali e i
demoni. Come la preghiera liturgica, la sua preghiera personale
si estendeva su scala cosmica, abbracciando non solo i vicini e
gli estranei, ma la totalit degli uomini e dell'universo.
Per conoscere un po' meglio questa straordinaria esperienza
di preghiera universale prendiamo in esame il capitolo 5 della se-
conda parte dell'opera di !sacco. Esso contiene una lunga pre-
ghiera per il mondo intero, ed esordisce con un ringraziamento a
Dio per l'incarnazione:
La mia anima si inchina fino a terra e io ti offro con tutte le
mie ossa e tutto il mio cuore il sacrificio che ti si conf, o Dio
di gloria che dimori entro un silenzio ineffabile. In vista del
mio rinnovamento tu hai innalzato per me sulla terra un ta-
bernacolo d'amore in cui ti compiaci di riposarti, un tempio
di carne
169
che stato unto con l'olio pi santo tra quelli del
Santo dei Santi. Tu l'hai colmato della tua santa presenza, co-
sicch tutta la liturgia vi possa essere celebrata, facendola co-
noscere in onore delle Persone eterne della Trinit e rivelan-
do al mondo, creato da te nella tua grazia, un mistero indici-
bile, una potenza che non pu essere n sentita n afferrata
da nessun elemento venuto alla luce nella tua creazione. Gli
esseri angelici, immersi nel silenzio, sostano stupiti davanti
alla nube impenetrabile (cf. Es 2o,2I) di questo eterno miste-
ro e davanti al fiume glorioso che sgorga da quella meraviglio-
sa sorgente che celebrata nelle placrhe del silenzio da ocrni
pensiero santificato e reso degno di t ~ l i D o
La nostra attenzione attirata dalle domande con cui la pre-
ghiera si apre, formulate secondo il linguaggio dei salmi: una
frase come "con tutte le mie ossa e tutto il mio cuore" eviden-
temente ispirata a immagini del salterio (cf. Sal 9,2; 35,Io;
I I9, Io e passim). Proseguendo nella sua preghiera I sacco rivolge
l'attenzione alla creazione e alla caduta dell'uomo, e riferendo
quest'ultima a se stesso parla di s come di un bambino che im-
plora Dio di trattarlo con la sollecitudine di un padre:
Signore, mi prostro davanti allo sgabello dei tuoi piedi (cf.
Sal 99,5; I 3 2, 7) e davanti alla tua santa destra che mi ha mo-
dellato e ha fatto di me un essere umano, capace di sentire la
tua presenza. Ma ho peccato e agito male, sia dentro di me
che davanti a te, giacch ho abbandonato la santa conversa-
zione con te per trascorrere i miei giorni in conversazione con
le concupiscenze. Te ne supplico, Signore: non contare contro
169
Si tratta della natura umana del Verbo incarnato [N.d.T. francese].
170 Il,), I.
239
di me i peccati della mia giovinezza (cf. Sal 2 5, 7), l'ignoranza
della mia vecchiaia e la fragilit della natura che mi hanno
vinto e sommerso in pensieri rivolti a oggetti spregevoli. Volgi
il mio cuore verso di te, lontano dalle torbide distrazioni dei
piaceri; fa' abitare in me una luce nascosta. L'azione della tua
bont previene sempre ogni velleit del mio cuore a bene agi-
re e oani disponibilit alla virt. La tua sollecitudine a sotto-
porre la mia libera volont alla prova tu non l'hai mai tratte-
nuta, anzi, essa mi ha seguito come un padre segue il proprio
figlio ... giacch da sempre tu sai che io, come e pi di un
bambino, ignoro la meta del mio viaggio
171

Seguono richieste di essere liberato da ogni intenzione malva-
aia dai desideri carnali e dalla potenza del demonio
172
. Isacco
poi a Dio di concedergli un vero pentimento, affinch
egli possa vedere i propri peccati:
Busso alla porta della tua misericordia, Signore: vieni in soc-
corso dei miei impulsi di dissipazione, avvelenati da tante
passioni e dalla potenza delle tenebre. Tu vedi le piaghe na-
scoste nel mio intimo: avvia dentro di me la contrizione, an-
che se non pari alla gravit dei miei peccati, giacch se io
avr piena conoscenza della loro entit, la mia anima sar
consumata di dolore e di amarezza a causa loro ... O Nome di
Ges
173
, chiave di tutti i doni, disserra per me la grande porta
del tuo tesoro, affinch io possa entrarvi e lodarti di una lode
che viene dal cuore per gli atti di misericordia che ho speri-
mentato da parte tua, poich tu sei venuto e mi hai rinnovato
attraverso la percezione del mondo nuovo
174
.
Seguono domande di carattere pi personale, che mescolano
sentimenti diversi con espressioni di pentimento, ringraziamen-
171
II,5,z.
172
Cf. II - 3.
m Sul di Ges, cf. Efrem il Siro, Inni sulla fede 6,r7; Inni sulla Nativit 27.
174
II,5A5
ti e azioni di lode. Isacco si rivolge quindi alla natura umana di
Cristo per lodarla, poi passa a una preghiera di pentimento:
Signore, sto davanti al trono della tua maest, io polvere, cene-
re, rifiuto dell'umanit. Migliaia e migliaia di angeli e legioni
innumerevoli di serafini ti offrono una liturgia spirituale nel
segreto del loro essere, con lodi infuocate e sante ispirazio-
ni rivolte a te, santo Essere, celato ai sensi e alla conoscenza
di ogni creatura. Con il tuo soccorso, Signore, stai accanto a
ognuno nei momenti di sventura; a tempo opportuno e anche
inopportuno, la tua porta rimane sempre aperta alle preghiere
di ciascuno. Non hai ribrezzo dei peccatori, non volgi le spal-
le alle anime macchiate d'ogni sorta di peccati, tu che da mali
infiniti fai scaturire ogni bene. Quanto a me, cos interamen-
te ricoperto di bruttura, tu, Signore, mi hai reso degno di
prostrarmi davanti a te, faccia a terra, e di osare pronunciare
con le mie labbra il tuo santissimo Nome, bench io sia un
vaso di lordura, indegno d'essere annoverato fra i discendenti
di Adamo. Concedimi, o Signore, di essere santificato attra-
verso le tue lodi e di essere purificato dal ricordo di te; rinno-
va la mia vita con il cambiamento del mio intelletto e con i
pensieri benefici che tu sai avviare in me ... Fortifica in me
l'unico desiderio di contemplarti a ogni istante, e il pensiero
che non smette mai di riporre in te ogni sua speranza grazie
alla mortificazione continua imposta per causa tua. Concedi-
mi, Signore, una bocca che non ti preghi con parole insince-
re, concedimi di perseverare su questa terra nel tesoro nasco-
sto dell'umilt del cuore e del pentimento della mente
175

Quindi Isacco si rivolge a Dio con una domanda sulla sua
morte a beneficio del mondo e un ringraziamento per la miseri-
cordia con la quale ha creato l'uomo
176
; poi chiede di poter asso-
175 II,5,8.
176
Cf. II,5,IO-II.
migliare ai padri e agli asceti d'un tempo, ripercorrendo il loro
cammino sulla via che conduce a Cristo:
O forza grazie alla quale gli antichi padri hanno trionfato su-
gli attacchi potenti e terribili dell'Avversario - erano uomini
immersi nella natura umana con tutti i suoi bisogni, ma sem-
bravano persone libere da ogni costrizione, apparse sulla terra
come emissari della realt futura-, tu hai reso le tombe degli
uomini, le [loro] grotte e le [loro] campagne il luogo della tua
Shekinah, rivelandoti a essi. Riversa nel mio cuore l'ardore
dei loro pensieri ... poni in me il seme della conoscenza del-
l'umilt ... O soccorso dei deboli, via retta per chi smarrito,
rifugio per quanti vengono sorpresi dalle tempeste, abbassa
tu stesso davanti a me l'orgoglio del mio Avversario, spezza la
forza crudele che egli dispiega contro di me, umilia lo strapo-
tere del suo orgoglio, spiana davanti ai miei pensieri le tue vie
nascoste, sii mia consolazione nell'ora dello sconforto e mia
guida nei passi perigliosi. O sole di giustizia, grazie al quale i
giusti possono vedersi e diventano specchi per la loro genera-
zione, schiudi in me la porta della tua conoscenza, dammi un
pensiero penetrante che non vada a urtare gli scogli della col-
pa, nell'attesa ch'io possa giungere al porto luminoso nel qua-
le sono gi entrati i padri d'un tempo, a te cos graditi per
tutte le loro fatiche
177

Tornando poi all'incarnazione del Verbo, !sacco chiede a Dio
di essere reso degno di comprendere il mistero del sacrificio del
suo Figlio amato
178
Il richiamo alla morte di Cristo in croce gli
suggerisce un inno di ringraziamento, in cui la preghiera assume
accenti di drammatica intensit:
Tu hai donato al mondo tutto ci che avevi come tesoro ... Ve-
ramente questo mistero grande ... La fiumana dei misteri di
177
II,5,1 21}.
178
Cf. II,5,15-
Cristo travolge la mia mente come le onde del mare. Avrei vo-
luto restare in silenzio davanti a essi e non dire nulla, ma si
sono rivelati fuoco ardente nelle mie ossa (cf. Ger zo,9). La
mia mente mi rivela i miei peccati e mi rimprovera. Il tuo mi-
stero da una parte mi getta nello stupore, dall'altra mi spinge
a continuare a contemplarlo ... O mia speranza, infondimi
nel cuore quell'ebbrezza che consiste nella speranza che io ri-
pongo in te. O Ges Cristo, resurrezione e luce di tutti i
mondi, incorona il capo della mia anima con il diadema della
conoscenza di te, spalanca tutt'a un tratto davanti a me la
porta delle tue misericordie, fa' rifulgere nel mio cuore i raggi
della tua grazia
179

Dopo una lunga e commovente preghiera rivolta a Cristo, nel-
la quaJe ne ripercorre la vita e le sofferenze patite per il bene
dell'umanit, !sacco giunge a una preghiera per i monaci e i soli-
tari, vivi e morti, che ora acquista quella risonanza universale
cos tipica delle anafore eucaristiche della chiesa d'oriente.
D'altronde, non un caso che la preghiera citi a questo punto
l'offerta del corpo e del sangue di Cristo:
Siano ricordati sul tuo santo altare, Signore, nel momento
terribile in cui il tuo corpo e il tuo sangue sono offerti in sa-
crificio per la salvezza del mondo, tutti i padri e tutti i fratelli
che vivono nella montagna, nelle grotte, nei valloni, sulle sco-
gliere, in luoghi aspri e solitari, uomini celati al mondo, dei
quali tu solo conosci la dimora; quelli che sono gi morti e
quelli che, vivi, celebrano in corpo e anima davanti a te, che
solo sei santo e risiedi nei santF
80
nei quali la tua divinit ri-
posa; quelli che hanno abbandonato il mondo temporale e so-
179
II,5,18.19.2I.
180
Secondo S. Brock (n. 3 a II,5,z6, in CSCO 555, p. 17), l'espressione si basa su Is
57,15 LXX, passo spesso citato dagli autori greci, da uno dei quali !sacco potrebbe averlo
ripreso. Da parte nostra vorremmo suggerire un parallelo tra questa espressione di !sacco
ed espressioni analoghe nelle anafore cristiane primitive: "Le cose sante per i santi".
no gi morti a questa vita perch sono usciti incontro a te,
cercandoti e anelando a te tra le afflizioni di una vita di tor-
menti. O re di tutti i mondi e di tutti i padri ortodossi che
per la vera fede hanno patito esilio e sofferenze da parte dei
loro persecutori, e che nei monasteri, nei conventi, nei deser-
ti e nelle dimore del mondo, dappertutto e in ogni luogo,
hanno avuto cura di piacerti attraverso le fatiche sopportate
al fine della virt: accompagnali con il tuo soccorso, Signore,
sii per loro un baluardo perpetuo, manda loro di nascosto il
tuo continuo conforto, lega a te le loro menti nell'infuriare
delle battaglie; che la forza della tua Trinit abiti in loro e che
possano celebrare alla tua destra sino alla fine della vita, con
una buona coscienza e una condotta eccellente. Rendili de-
gni, mentre sono ancora nel corpo, del porto del riposo
181
.
A questa preghiera per i monaci e i solitari segue una preghie-
ra in favore dei malati e dei prigionieri:
Siano ricordati davanti a te anche quanti soffrono malattie
gravi che ne mettono a dura prova i corpi. Manda loro un an-
gelo di compassione a placarne le anime crudelmente afflit-
te dalle gravi sofferenze dei corpi. Abbi anche compassione,
Signore, di quanti sono in balla di gente malvagia ed empia;
affrettati a inviare loro un angelo di misericordia che li libe-
ri dalla situazione critica in cui versano. Mio Signore e mio
Dio, riconforta tutti quelli che soffrono di una qualche bruta-
lit, qualsiasi essa sia
182

In tale richiesta, e ancor pi in quella seguente, facile ri-
conoscere analogie letterarie con le preghiere eucaristiche tradi-
zionali della chiesa d'oriente. Per esempio, la preghiera che la
chiesa sia liberata dalla persecuzione e dai conflitti intestini, o
181 II,5,z6.
"' II,5,z 7.
244
che tra re e sacerdoti - vale a dire tra stato e chiesa - siano pre-
servate la carit e la concordia, formulata nel modo seguente:
Signore, accogli la tua santa chiesa- che stata riscattata con
il tuo sangue- sotto la tua ombra; fa' abitare in essa la tua ve-
ra pace, quella che hai donato ai tuoi santi apostoli; congiungi
i suoi figli tra di loro con i legami santi e indissolubili del-
l'amore; fa' che gli avversari non possano soggiogarla; allon-
tana da lei persecuzione, tumulto e guerra, sia che provenga-
no dal suo interno sia dall'esterno; fa' che re e sacerdoti siano
strettamente congiunti in pace profonda e nella carit, con lo
sguardo tutto fisso in te; e che la santa fede sia baluardo al
tuo gregge
183

A titolo di confronto, ricordiamo l'intercessione dell'anafora
siro-orientale attribuita a Teodoro di Mopsuestia:
Signore Dio potente, accogli questa offerta (q urbana) ... per
tutti i sacerdoti, i re e le autorit ... per tutta la chiesa santa e
cattolica, perch abiti in essa la tua quiete e la tua pace, per
tutti i giorni del mondo; e siano allontanate da essa le perse-
cuzioni, i tumulti, le liti, gli scismi e le divisioni; e noi tutti
siamo uniti, nella concordia l'uno con l'altro, con cuore puro
e amore perfetto
184
.
Nelle sue ultime intercessioni Isacco menziona quelli che,
smarriti, hanno lasciato la vita senza pentirsi e lontani dalla vera
fede:
Ti supplico e scongiuro, Signore: concedi a tutti coloro che
hanno deviato da te di conoscerti veramente, in modo che
"' II,5,28.
1
" Anafora di mar Teodoro di Mopsuestia, in Segno di unit. Le pi antiche eucaristie
delle chiese, a cura dei monaci e delle monache di Bose, sotto la direzione di E. Mazza,
Qiqajon, Bose r996, pp. 3I3-3I5
2
45
tutti e ciascuno possano venire a conoscenza della tua glo-
ria
185
Quanto a coloro che hanno lasciato questa vita senza
virt e senza fede, sii il loro avvocato, Signore, a causa del
corpo che hai assunto tra di loro, affinch a partire dal corpo
unico e unificato di questo mondo noi offriamo le nostre lodi
al Padre, al Figlio e allo Spirito santo nel regno dei cieli, sor-
gente infinita di gioie eterne
186
.
Quest'ultima richiesta in favore di quanti muoiono fuori della
vera fede mostra come fosse totalmente estranea al pensiero di
Isacco l'idea che non si potesse pregare per i morti non cristiani.
Egli non immaginava un regno dei cieli accessibile solo agli elet-
ti, mentre il resto degli uomini ne sarebbe stato escluso. Abbia-
mo appena visto che Isacco considera il mondo intero come un
"corpo unico e unificato", di cui ogni uomo membro. Nel se-
colo a venire l'universo intero sar trasformato nel corpo di Cri-
sto, che la chiesa riscattata per opera sua. Quando, nell'ultimo
capitolo di questo libro, discuteremo l'escatologia di Isacco, ve-
dremo come in lui questa visione universale si svilupper nella
sua concezione della salvezza universale.
!sacco dunque convinto che i cristiani debbano pregare per
tutti, indipendentemente dalle loro virt o religioni:
Bisogna che preghiamo attivamente e intercediamo dolorosa-
mente per tutti questi scopi. Questo l'atteggiamento che
dobbiamo tenere verso tutti gli uomini: pregare dolorosamen-
te per loro come per noi stessi, giacch proprio allora la divi-
nit verr a riposare in noi, e in noi collocher la sua volont,
"come in cielo cos in terra" (Mt 6,ro)
187
.
165
Cf. l'anafora di Teodoro di Mopsuestia: "E [presentiamo questa offerta] per l'intera
progenie degli uomini, quelli che sono nel peccato e nell'errore, perch nella tua grazia,
mio Signore, tu li renda degni della conoscenza della verit" (Segno di unit, p. 315).
''6 II,s,293o.
167 Il,5,32.
La meditazione su Dio e la "preghiera pura"
Tra le categorie di preghiera citate da !sacco riveste un ruolo
eccezionale la meditazione, designata da molti vocaboli, e spe-
cialmente dai tre termini caratteristici di tutta la tradizione si-
ro-orientale: herga, meditazione; renya, riflessione; 'uhdana, ri-
cordo. Ciascuno di questi termini, al di l delle loro sfumature
specifiche, pu essere riferito alla meditazione su Dio e sulle co-
se spirituali. In questo paragrafo ci occuperemo soprattutto di
quella che Isacco chiama herga db-alaha, meditazione su Dio.
Essa intimamente legata alla preghiera, dalla quale difficil-
mente separabile: talvolta la preghiera fa nascere la meditazione,
in altri momenti invece la meditazione che fa nascere la pre-
ghiera188.
In un capitolo delle sue Centurie di conoscenza Isacco descri-
ve con dovizia di particolari il contenuto di tale "meditazione
su Dio":
Quando siedi tra due uffici per applicare l'intelletto alla me-
ditazione su Dio, aggiungi queste riflessioni: considera che
sei venuto all'esistenza dalla totale non-esistenza; considera
chi era colui che ti ha modellato affinch tu, una volta uscito
dal tuo nulla, potessi esistere nello stato presente, e come tu
- per usare le parole della Scrittura -, bench inizialmente
creato nella bellezza, abbia preso di tua volont una cattiva
strada, mangiando dell'albero proibito, e continui a mangiar-
ne ogni giorno; ti sei rivolto al male a causa di ci che l'Onni-
potente ti aveva promesso, bench il suo intento non mirasse
a tale esito. E ancora, rifletti su ci che sei volontariamente
diventato e sulla tua condizione attuale, senza aspettarti nul-
la, ma senza neppure ignorare la speranza alla quale sei stato
lBB Cf. Il,IO,J.
improvvisamente chiamato per la compassione sovrabbon-
dante di colui che, cercandoti nel nome di Cristo Ges nostro
Signore, ti riconduce alla relazione luminosa che avevi origi-
nariamente con Dio. Guarda come sei rimasto nella disobbe-
dienza persistendo nella condizione della caduta, mentre Dio
non si affatto disinteressato di te ma, di sua iniziativa, ha
escogitato per te cose al punto di venirti a trarre in
salvo quando tu stesso non eri nemmeno pi capace di chie-
derlo. Considera inoltre ci che sei in questa vita presen-
te e quello che presto sarai, e in corruzione finir il tuo
stato attuale: diventerai come se non fossi mai esistito, senza
che nessuno si ricordi di te, senza nome n monumento in
memoria per tutte le generazioni future di questo mondo. Ma
come descrivere una simile meraviglia, cio che proprio a par-
tire da questa corruzione si preparano un'esistenza e una con-
dizione del tutto nuove, e tu questo tugurio per una
sfarzo sa dimora? Metti poi a confronto quello che c' ora con
quello che vi sar dopo, e il balzo dalla nostra condotta pre-
sente a quella della vita futura, quando dalle semplici ipotesi
passeremo a una conoscenza e a una visione piene di certezza
189

Cos, la meditazione su Dio presuppone il richiamo all'intera
economia di salvezza dispiegata da Dio in degli uomini, a
partire dalla creazione, passando attraverso l'incarnazione per
giungere infine alla vita del secolo a venire. Al tempo stesso, ta-
le meditazione su Dio include considerazioni sulla vita ascetica
e le virt cristiane, come Isacco precisa nel capitolo ro della se-
conda parte. Secondo lui, tale meditazione all'illumi-
nazione spirituale:
Ciascuno trover l'illuminazione nella in cui si
inoltra e nelle idee che la sua mente indaga: vi
trover la sapienza, e tanto si concentrer su di esse che potr
189
Centurie di conoscenza II,84.
' ~ le azioni della giustizia riflettendo su questo ministe-
ro ... e meditando sull'esercizio della virt, su come pu
cere a Dio con la purezza del corpo, con lo sforzo della pre-
con il digiuno che rende il corpo diafano, con la reci-
e la lotta contro tutto ci che la intralcia ... e
tiPttPnrlrt poi sui diversi ordini in cui si dispongono le virt
fra di esse che gli procurano luce e progresso - e in
queste dovr dunque pi particolarmente persevera-
re e infine su tutto ci che a ogni singola virt si oppone ...
allora sl che riuscir ad approfondire enormemente la propria
conoscenza
190

La riflessione diverse specie di virt che Isacco suggeri-
sce in questo passo costituisce una forma astratta di meditazio-
ne su argomenti ordine morale. Essa tuttavia necessaria al-
l'asceta nella misura in cui gli fornisce il fondamento teorico di
una vita virtuosa. Ma importante non limitare la meditazione
agli aspetti negativi della vita ascetica, cio alla lotta contro le
passioni e i pensieri. Questo tipo di meditazione non privo di
utilit, ma quella che gli aspetti positivi della vita cri-
stiana di gran lunga pi proficua:
Colui che medita passioni, sui pensieri e le lotte da essi
suscitate, e su come i pensieri e le passioni si susseguono gli
uni alle altre, e qual l'inizio e la fine della prima passione,
qual la forza di come si possono tenere a bada e
donde ricevono la loro ... un uomo del genere si concen-
tra ed esercita il proprio intelletto unicamente sulle passioni.
Ma se egli medita su Dio e lascia spaziare la mente su ci che
gli appartiene, cercando Dio con animo semplice, egli neri-
cever l'illuminazione: una tale meditazione inglober tutti i
temi precedenti, che sono interessanti ma portano a conflitti.
La riflessione e la conoscenza dell'anima e del corpo non de-
2
49
vano assolutamente finire, giacch in esse c' ben di pi della
resistenza alle passioni: ... non questa l'oggetto della spe-
ranza che ci stata predicata n quello che ci ha detto l' Apo-
stolo, cio che dobbiamo "comprendere con tutti i santi qua-
le sia l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondit" (Ef
3 ,8), oppure eccellere "con ogni sapienza e intelligenza" (Ef
I, I 8). Come eccellere in sapienza ed esserne consapevoli, se
si notte e giorno impegnati a discutere e a preoccuparsi di
pensieri passionali? Eppure sono in molti a concentrarsi su
questo, e bench il loro impegno sia difficile e degno di ri-
spetto, essi per nulla al mondo si interesserebbero all'altro
aspetto di cui abbiamo parlato
191

Chi si preoccupa dei pensieri e delle passioni continuamen-
te coinvolto nelle battaglie della vita spirituale: talora vince ma
spesso sconfitto
192
, mentre colui che nella sua meditazione mira
a Dio si trova al di l della lotta contro le passioni:
Questo non vuol dire che il suo intelletto abbia trionfato su
pensieri, impulsi e passioni, ma che regna su di loro ed essi
scompaiono; non sono sconfitti perch non c' stata vittoria:
semmai passioni, ricordi e tutto ci che si insinua insieme a
loro spariscono, perch ora quest'uomo stato innalzato al di
sopra del mondo, lasciando dietro di s, in basso, nel loro luo-
go naturale, tutte le riflessioni che riguardano il mondo, le
sue varie faccende e la loro conoscenza, mentre l'intelletto
stato rapito fuori di esse ... Un uomo, quando medita su Dio
e sulle onde imponenti di tutto ci che gli appartiene, quan-
do si dedica a Dio, ha abbandonato il mondo, e la porta che
d su tutti i ricordi tenuta chiusa, mentre le passioni resta-
no alloro posto inoperose, perch quest'uomo per ora tra-
scinato via dal luogo in cui esse risiedono
193
.
191
II, IO, 7-IO.
192
Cf. II,ro,rr.
193
II,ro,rz-r3.
La meditazione su Dio, accompagnata da un oblio totale del
mondo presente, conduce allo stato di contemplazione spirituale
in cui l'uomo penetra nella "nube oscura" della gloria di Dio (cf.
Es zo,zr) e si rende simile agli angeli:
Una volta che queste cose sono state spiegate, la meditazione
su Dio comincia a smuovere l'intelletto e a poco a poco, per
gradi, se ne impadronisce completamente, lo guida nella nube
oscura della sua gloria e gli concede di restarvi e di avvicinarsi
alla fonte dalla quale sgorga incessantemente la vita per il be-
ne di tutti gli intelletti superiori e inferiori: quelli i cui sforzi
si spingono verso l'alto, al di l del corpo, e quelli il cui impe-
gno si dispiega sulla terra e muore; quelli i cui slanci sono
"fuoco ardente" (cf. Sal I04,4) e quelli i cui moti sono limita-
ti dalla loro spessa natura
194
.
La "meditazione luminosa" su Dio uno degli stadi pi eleva-
ti della preghiera, a un solo passo dallo "stupore" mistico in cui
l'intelletto, completamente liberato da questo mondo, viene cat-
turato da Dio:
Se desideri gustare l'amore di Dio, fratello mio, considera e
medita con intelligenza su ci che appartiene a lui e sulla sua
santa natura: medita e rifletti mentalmente, lascia ogni mo-
mento vagare il tuo intelletto tra queste cose. Proprio a parti-
re da qui ti accorgerai di come tutte le parti della tua anima
avvampino d'amore, quando una fiamma ardente comincer
a bruciare nel tuo cuore e il desiderio di Dio si impadronir di
te ... La meditazione luminosa su Dio lo scopo ultimo della
preghiera o piuttosto la fonte principale di tutte le preghie-
re, dal momento che la preghiera stessa ha come approdo la
riflessione su Dio. Ci sono momenti nei quali la preghiera
ci trasporta verso una meditazione piena di meraviglia, ce ne
194
II,ro,r7.
sono altri in cui la preghiera a nascere dalla meditazione
su Dio. Ci sono tappe differenti nel percorso che l'intelletto
porta divinamente a compimento nello stadio di questo mon-
do, senza distogliere mai lo sguardo dalla corona (cf. rCor
9,24-25). La corona del solitario la gioia spirituale in Cristo
nostro Signore. Chi l'ha trovata ha ricevuto la caparra del
mondo e delle cose a venire
195
.
La relazione tra preghiera e meditazione sviluppata nel capi-
tolo rs della seconda parte dell'opera di !sacco, tema principa-
le del quale la "preghiera pura" ~ l a t a dkita), che consiste per
lui nella "meditazione sulla virt". Non bisogna credere, sostie-
ne Isacco, che la preghiera pura presupponga l'assenza totale di
pensiero; essa consiste piuttosto in una "divagazione" (pehya)
della mente nelle cose di Dio:
La preghiera pura, o discepolo della verit, e il raccoglimen-
to della mente nel quale essa consiste, una riflessione esat-
ta sulla virt nella quale noi ci impegniamo diligentemente
all'atto della preghiera. Proprio come la purezza del cuore,
tanto raccomandata dai padri, non consiste nell'essere total-
mente privi di pensieri, riflessioni o impulsi, ma piuttosto
in un cuore purificato da ogni male, che guarda a tutte le
cose con benevolenza e le considera dal punto di vista di
Dio, cosl avviene della preghiera pura e priva di distrazioni.
Ci non significa che la mente sia completamente svuotata di
pensieri o di qualsivoglia divagazione, ma che essa, nel tempo
della preghiera, non si addentra in argomenti futili; non gi
che la mente resti fuori della preghiera pura finch non di-
vaga su qualcosa di specificamente buono, giacch pu an-
che considerare argomenti appropriati e sviluppare durante la
preghiera pensieri graditi a Dio. Non nemmeno obbliga-
torio che nessun pensiero insignificante si affacci alla mente
durante la preghiera: basta non occuparsene e non lasciarsi
distrarre da esso
196
.
Due sono i modi nei quali la mente pu divagare, uno buono
e uno cattivo. Anche la preghiera pura implica una divagazione,
ma allora si tratta di "divagazione eccellente", poich la mente
si concentra su cose buone e divine
197
:
La divagazione cattiva quando si distratti da pensieri insi-
gnificanti o malvagi, perch si presi da essi mentre si prega
davanti Dio; buona quando per tutto il tempo della preghie-
ra la mente divaga su Dio e sulla sua maest e gloria, a partire
da una riflessione sulle Scritture o su intuizioni relative alle
espressioni di Dio e alle sante parole dello Spirito ... Non
consideriamo estranee alla preghiera pura o nocive al racco-
glimento del pensiero tutte le memorie utili che affiorano alla
coscienza a partire dalle Scritture dello Spirito e che genera-
no, durante la preghiera, delle intuizioni e una comprensione
spirituale del mondo di Dio. Per alcuni, esaminare l'oggetto
della propria richiesta e riflettere su di essa in raccoglimento
costituisce un modo eccellente di pregare, purch sia in ac-
cordo con il fine dei comandamenti di nostro Signore. Que-
sto uno splendido modo di raccogliere la mente
198
.
Cos, meditazione sulle cose di Dio e preghiera pura sono si-
nonimi, e Isacco arriva ad affermare che la divagazione della
mente pu essere migliore della preghiera, quando si accompa-
gna a intuizioni sulle realt spirituali:
Se la mente, lasciando da parte questa preghiera, s1 nversa
nelle cose di Dio, o se qualche riflessione eccellente gli viene
196 II,I5,2.
197
Cf. Il,I5,}
198 Il,I5A-5
2
53
suggerita dalle intuizioni della Scrittura su Dio - che si tratti
di intuizioni particolari alla persona in questione o apparte-
nenti all'intera comunit, riguardanti l'economia di Dio o l'a-
zione della sua provvidenza, quotidiane o universali - attra-
verso tutte queste cose le profondit del cuore si avviano alla
lode di Dio, al rendimento di grazie e alla gioia, a causa del-
l'immensit e dell'elevatezza della sua compassione e del suo
amore verso di noi; e un tal genere di divagazione, quando si
verifica, migliore della stessa preghiera! Indipendentemen-
te dall'elevatezza e dalla purezza della preghiera, quello il
culmine di ogni raccoglimento della mente e di ogni preghiera
eccellente
199
.
"Intuizioni" (sukkale) uno dei termini preferiti di !sacco,
sul quale ritorneremo nel capitolo seguente. Limitiamoci per ora
a osservare come esso riguardi una certa vicinanza e degli in-
contri mistici che hanno avuto luogo durante la preghiera: vici-
nanza e incontri con una realt diversa, trascendente la com-
prensione e le parole dell'uomo. Rileviamo per inciso un parti-
colare degno di nota: queste intuizioni possono essere un fatto
individuale, ma anche "appartenere alla comunit". Che cosa
vuol dire? Probabilmente non si tratta dell'esperienza di un
gruppo i cui membri ricevano tutti contemporaneamente una
medesima intuizione, bens di intuizioni personali di un singolo
membro della comunit riguardanti l'esperienza della chiesa nel
suo complesso, che diventa cos per lui, proprio attraverso quelle
intuizioni, un'esperienza personale. In altri termini, una cosa
gi in precedenza rivelata agli altri membri della comunit eccle-
siale, rivelata a un singolo durante la preghiera. Per via di que-
sta rivelazione personale l'esperienza della comunit integrata
con quella di un credente particolare. Cos la preghiera pura
un luogo d'incontro tra individuo, comunit ecclesiale e tradi-
zione della chiesa.
199 II,I5,6.
2
54
Nelle Centurie di conoscenza !sacco usa un'altra espressione:
la "preghiera sapiente" ~ l a t a hakimta), che sinonimo di "pre-
ghiera pura" e sottolinea il fatto che essa non si fonda sulla sa-
pienza umana ma su quella che viene direttamente da Dio eri-
schiara l'uomo a partire dalla sua interiorit:
Quando parlo di una preghiera sapiente non penso alla sag-
gezza del mondo o all'erudizione verbosa e sciocca, che do-
vrebbe far arrossire l'anima in preghiera davanti a Dio a cau-
sa della vana gloria che suscita, e che allontana il soccorso di
Dio. Penso invece alle parole di sapienza che, nella preghiera,
promanano dalla sapienza di Dio e dalla luce dell'anima, e
che i fervidi impulsi fanno affiorare nel cuore a causa dell'a-
more per la vera vita che precede la preghiera e che, riscal-
dando il cuore, suscita parole involontarie e che tuttavia il
ricordo [di Dio] fa scaturire. Quante volte, su questa strada,
non sono sgorgate lacrime a partire dal calore del cuore e dal
soccorso di Dio! questo che [i padri] chiamano preghiera
pura2oo_
Nello stesso scritto !sacco enumera molti livelli di preghiera
pura, corrispondenti a diverse tappe della crescita interiore e do-
vuti ai vari influssi dello Spirito santo sull'anima:
La preghiera pura consiste nel fatto che il pensiero non sguaz-
za negli impulsi risvegliati in noi dai demoni o dalla natura
o dai ricordi, oppure dai moti del nostro carattere. Anche nel-
la preghiera pura ci sono varie misure, secondo i gradi del
pensiero di coloro che la offrono. Pi un pensiero si innalza al
di sopra dell'amore per le realt di questa terra, pi esso
risparmiato dalle immgini che, ad opera delle distrazioni, si
affacciano al momento della preghiera. Quando completa-
mente elevato al di sopra dell'amore per le cose di quaggi, il
zoo Ce11turie di conoscenza III, 13.
2
55
suggerita dalle intuizioni della Scrittura su Dio che si tratti
di intuizioni particolari alla persona in o apparte-
nenti all'intera comunit, riguardanti l'economia di Dio o l'a-
zione della sua provvidenza, quotidiane o attra-
verso tutte queste cose le profondit del cuore si avviano alla
lode di Dio, al rendimento di grazie e alla a causa del-
l'immensit e dell'elevatezza della sua e del suo
amore verso di noi; e un tal genere di divagazione, quando si
verifica, migliore della stessa preghiera! Indipendentemen-
te dall'elevatezza e dalla purezza della preghiera, il
culmine di ogni raccoglimento della mente e di ogni tm::>tl'le:ra
eccellente
199
.
"Intuizioni" (sukkale) uno dei termini preferiti di
sul quale ritorneremo nel capitolo seguente. Limitiamoci per ora
a osservare come esso riguardi una certa vicinanza e degli in-
contri mistici che hanno avuto luogo durante la preghiera: vici-
nanza e incontri con una realt diversa, trascendente la com-
prensione e le parole dell'uomo. Rileviamo per inciso un parti-
colare degno di nota: queste intuizioni possono essere un fatto
individuale, ma anche "appartenere alla comunit". Che cosa
vuo1 dire? Probabilmente non si tratta dell'esperienza di un
gruppo i cui membri ricevano tutti contemporaneamente una
medesima intuizione, bens di intuizioni personali di un singolo
111c:llllJJ.V della comunit riguardanti l'esperienza della chiesa nel
suo complesso, che diventa cos per lui, proprio attraverso quelle
intuizioni, un'esperienza personale. In altri termini, una cosa
precedenza rivelata agli altri membri della comunit eccle-
rivelata a un singolo durante la preghiera. Per via di que-
sta rivelazione personale l'esperienza della comunit integrata
con quella di un credente particolare. Coslla preghiera pura
un luogo d'incontro tra individuo, comunit ecclesiale e trad-
della chiesa.
199 II,I5,6.
254
Nelle Centurie di conoscenza !sacco usa un'altra espressione:
la "preghiera sapiente" hakimta), che sinonimo di "pre-
ghiera pura" e sottolinea il essa non si fonda sulla sa-
pienza umana ma su quella che direttamente da Dio e ri-
schiara l'uomo a partire dalla sua interiorit:
Quando parlo di una sapiente non penso alla sag-
gezza del mondo o all'erudizione verbosa e sciocca, che do-
vrebbe far arrossire l'anima in davanti a Dio a cau-
sa della vana gloria che suscita, e che allontana il soccorso di
Dio. Penso invece alle parole di sapienza che, nella preghiera,
promanano dalla sapienza di Dio e dalla luce dell'anima, e
che i fervidi impulsi fanno affiorare nel cuore a causa dell'a-
more per la vera vita che precede la e che, riscal-
dando il cuore, suscita parole involontarie e che tuttavia il
ricordo [di Dio] fa scaturire. Quante volte, su questa strada,
non sono sgorgate lacrime a partire dal calore del cuore e dal
soccorso di Dio! questo che [i padri] chiamano ,.,.,_,.,
pura2oo.
Nello stesso scritto Isacco enumera molti livelli di
pura, corrispondenti a diverse tappe della crescita interiore e do-
vuti ai vari influssi dello Spirito santo sull'anima:
La preghiera pura consiste nel fatto che il pensiero non sguaz-
za negli impulsi risvegliati in noi dai demoni o dalla natura
o dai ricordi, oppure dai moti del nostro carattere. Anche nel-
la preghiera pura ci sono varie misure, secondo i gradi del
pensiero di coloro che la offrono. Pi un pensiero si innalza al
di sopra dell'amore per le realt di questa terra, pi esso
risparmiato dalle immgini che, ad opera delle distrazioni, si
affacciano al momento della preghiera. Quando completa-
mente elevato al di sopra dell'amore per le cose di quaggi, il
20
Centurie di co>toscem:a III, I3.
255
pensiero non dimora pi presso la preghiera ma si libra in alto
al di l della preghiera pura, perch l'alba della sorge
di continuo nella sua preghiera, ed esso di quando in quan-
do attirato fuori di s da qualche azione santa. L'amore per le
realt temporali e la riflessione su di esse u"''"'"'"'-'-Hlv
porzione, e i pensieri scemano con il ridursi della nr1ess1o,ne
e quanto pi scemano tanto pi l'anima si "u''"Li'-"
sura in cui l'anima si purifica, l'azione [dello ...... VJ
offerta al pensiero al momento della prt!gtueJta
Nel pensiero di Isacco la preghiera pura
estremo di ogni preghiera; oltre questo
ultimo e limite
non c' pi pre-
ghiera:
Come la forza delle e dei comandamenti dati da Dio tro-
vano il loro fine nella purezza cuore, secondo la parola dei
padri, cos anche tutti i modi e le della preghiera di cui
ci si serve per pregare Dio trovano in essa il loro fine. I gemi-
ti, le prostrazioni, le suppliche che partono dal pi profondo
del cuore, le dolci grida di lamento e tutte le altre forme di
preghiera hanno infatti il loro come ho gi detto, nella
preghiera pura e si estendono fino ad essa. Una volta che la
mente supera questo limite ... non possiede pi n preghiera,
n moti, n pianti, n dominio di n libero arbitrio, n
supplica, n desiderio, n aspirazione fervente verso le realt
sperate in questa vita o nella vita futura. Ecco perch al d l
della preghiera pura non c' pi preghiera
202

Quelli che raggiungono lo stadio della preghiera pura, aggiun-
ge Isacco, sono molto
Se ne trover uno su mille che ... sia stato giudicato degno di
la pura ... Quanto al mistero che viene
201
Centurie d conoscenza
202
1,23 (p. n6) Touraille 32 rn); PR 22 (p. I65).
dopo e si trova al di l di essa, a mala pena in ogni generazio-
ne se ne trover uno che, per grazia di Dio, abbia potuto at-
tingere a questa conoscenza
203
.
Ecco perch la preghiera pura consiste nella divagazione
la mente in mezzo alle cose di Dio, quando pi niente di terre-
no o di futile si trova mischiato ai suoi slanci. Questa nrPon1P
ra prossima alla meditazione, e l'una e l'altra sono le tappe
pi elevate dello sforzo della preghiera. Ci che si colloca al di
l della preghiera pura e viene chiamato spirituale",
stupore, contemplazione, beatitudine, non pi
gi pienezza di vita in Dio e appartiene alla vita secolo a ve-
nire: proviene dall'esperienza della preghiera, ma ne LJ."'"'-''u'-1"-'
confini.
20
' 1,23 (p. I r7l Touraille 32 (p. r98); PR 22 (pp. r66-r67).
2
57
VII
VITA IN DIO
Breve, fratello mio, il tempo della nostra vita,
l'apprendistato del nostro mestiere lungo e difficile,
ma inenarrabili i beni ci sono stati promessi!
di III,62
O uomo, attento a ci che
senza fatica, non troverai,
e se non bussi con ardore alla porta
e non vegli incessantemente,
non sarai esaudito.
Con il tema della "preghiera spirituale", vista come lo stato in
cui la mente dell'uomo ridotta al silenzio, cominceremo questo
capitolo dedicato alla mistica di !sacco. Passeremo poi a discute-
re della contemplazione-theorfa, dell"' accoglimento sotto l' om-
bra" (obumbratio) e dell'illuminazione. con-
siderare alcuni temi caratteristici di !sacco quali lo "stupore"
(estasi) e l"'ebbrezza" causati dall'amore di Dio. conclude-
re, ci soffermeremo sulla sua gnoseologia, cio il suo msef!:J1a-
mento sulla conoscenza che nasce dalla fede in Dio.
Prima di procedere opportuno osservare che
sono tutti strettamente collegati fra loro ed difficile
per sottopor li a un'analisi puntuale. Pertanto, al fine di dare alla
2
59
teologia mistica di !sacco una parvenza di sistematicit, neces-
saria un'analisi semantica preliminare dei termini da lui usati
per designare i diversi aspetti dell'esperienza mistica. Ci soffer-
meremo sui principali, illustrando il ventaglio semantico di cia-
scuno. Sulla base di questa analisi saremo meglio attrezzati per
esprimere un giudizio sul carattere peculiare della mistica del
nostro autore.
La "preghiera spirituale" e la "quiete della mente"
Secondo !sacco, la differenza tra la preghiera pura e ci che
sta oltre consiste in questo: durante la preghiera pura la mente
piena di svariati impulsi (zaw'e) di preghiera (per la liberazione
dalle tentazioni, ad esempio); al di l della preghiera pura, inve-
ce, la mente libera da ogni impulso. C' una preghiera pura
e c' una "preghiera spirituale

quest'ulti-
ma, ripresa da Giovanni di Apamea e da altri autori ascetici an-
tichi, denota per !sacco uno stato posto oltre i confini della pre-
ghiera pura. Per lui, purezza della preghiera significa che niente
di esteriore viene a intorbidarne gli impulsi, "nessun pensiero
estraneo e nessuna inquietudine riguardo a qualsivoglia argo-
mento". Per quanto riguarda la "preghiera spirituale", essa non
comporta pi alcun moto della mente,
perch i santi nel secolo a venire, quando il loro intelletto sar
stato inghiottito dallo Spirito, non pregheranno pi per mez-
zo di preghiere ma risiederanno con stupore nella gloria che
1
Cf. . Khalif-Hachem, "La prire pure et la prire spirituelle selon Isaac de Ni-
nive", in Mmorial Mgr Gabriel Kbouri-Sarkis, Impr. Orientaliste, Louvain r969, pp.
157-173
z6o
sar la loro gioia. Lo stesso succeder anche a noi. Da quando
giudicato degno di presentire la beatitudine futura, l'intel-
letto dimentica se stesso e tutte le cose di quaggi, e non sen-
te pi alcun impulso verso alcunch
2
.
La "preghiera spirituale" che comincia al di l dei confini del-
la preghiera pura la discesa della mente in uno stato di riposo e
di quiete, in cui ogni genere di preghiera viene meno:
Nella vita della mente ... non c' pi nessuna preghiera. Tutte
le preghiere sono fatte di squisiti pensieri e slanci spirituali.
Ma a livello "psichico" e nella vita dell'anima non ci sono pi
n pensieri n impulsi, e nemmeno il minimo sentimento del
pi piccolo moto dell'anima in rapporto a chicchessia; anzi, la
natura umana si trova molto lontana da questo e da tutto ci
che le proprio. L'uomo allora immerso in un silenzio inef-
fabile e inesplicabile, giacch l'azione dello Spirito santo
avviata in lui ed egli innalzato al di l di quanto l'a1ma pos-
sa comprendere
3

Per !sacco i concetti di riposo o silenzio (shetqa) e di preghie-
ra spirituale sono sinonimi. Lo stato di silenzio o la quiete del-
la mente non si acquistano con sforzi umani, ma sono un dono
di Dio:
Quando la mente totalmente sciolta da ogni pensiero o ri-
flessione, allora abbiamo il silenzio della mente\ non la pre-
ghiera pura. La preghiera pura una cosa, ma la mente silen-
ziosa, lontana da ogni divagazione o riflessione sulle parole
2
I,23 (p. rr9) = Touraille 32 (p. 200); PR 22 (p. qo).
3
II,32,4.
4
O "silenzio del pensiero (sbetqa d-re'yana)". Nella nostra traduzione della secon-
da parte degli scritti di I sacco il termine sbelya reso con "quiete", sbetqa con "cal-
ma'' o "silenzio", re<yana con "pensiero" e hawntl con "intelletto". Nei passi ripresi
dalla prima parte dei suoi scritti, la logica di queste traduzioni non sempre rispettata
nella misura in cui esse non sono state condotte sull'originale siriaco.
z6r
della preghiera e quindi priva di moti, un'altra cosa, comple-
tamente diversa. Nessuno cosl sciocco da volerla conquista-
re a forza di braccia e della propria volont, poich si tratta eli
un dono di rivelazione all'intelletto, che oltrepassa la misura
della preghiera pura e trascende le capacit della volont
5
.
Secondo Isacco il termine "preghiera spirituale" usato dagli
autori ascetici in senso convenzionale ed sottinteso che esso
designi uno stato non corrispondente alla preghiera nel senso
abituale della parola:
z6z
Talvolta ci che detto "preghiera spirituale" si chiama "via"
o "conoscenza" o ancora "visione spirituale". Vedi come i pa-
dri cambiano continuamente i nomi delle cose spirituali? La
loro precisione, infatti, vale per le cose presenti, ma non esi-
stono vocaboli precisi e puntuali per quelle del secolo futuro.
Noi possiamo solo sapere che esistono, ma sono al di l di
denotazione, di ogni principio o immagine, configura-
zione o colore, e al eli l di qualsiasi vocabolo inventato da
noi. Per questo motivo, quando la conoscenza dell'anima si
innalza al di l del mondo visibile, i padri per alludervisi ser-
vono di qualsiasi denominazione piaccia loro, giacch non c'
nessuno sia in grado di nominarla con precisione ... Tut-
tavia, come scrisse Dionigi, per dare una certa coerenza alle
loro riflessioni ricorrono a termini e parabole: "Noi usiamo
parabole, sillabe, nomi plausibili e termini derivati dai sensi,
ma quando la nostra anima muta a causa dell'azione dello
Spirito verso le cose di Dio, i sensi e la loro attivit diventano
come superflue sono ormai le potenze dell'anima
essa diventa simile a Dio attraverso un'u-
e quando, nei suoi moti, risclarata da
di luce sublime"
6

199); PR n (pp. r68-r69). La citazione finale
rue:oD2ll!lta I nomi divini 4, r r.
che questo arresto totale dell'attivit intellettuale - che
chiama calma o "silenzio della mente" e che, da lontano,
pu simile al nilvana dei buddisti - una via d'uscita
oltre i confini dell'esistenza personale, paragonabile a una totale
perdita della coscienza di s? La risposta non pu che essere ne-
gativa. il "silenzio della mente" non sinonimo di
perdita di conoscenza o annullamento delle percezioni. In que-
sto silenzio, come lo intende, un elemento positivo: la
mente diventa di Dio. A differenza del nirvana, l
"silenzio della presuppone un'attivit estremamente in-
tensa mente si trova sotto l'influsso di Dio ed attratta
verso le profondit ancora insospettate dello Spirito:
Appena entrata regno del silenzio la mente cessa di prega-
re ... A dal momento in cui la direzione e la guida del-
lo Spirito incominciano a governare l'intelletto ... la natura
privata della libert e l'intelletto, guidato da altri,
non si governa pi solo. Dove sarebbe allora la preghiera se
la natura non avesse pi nessun su se stessa ma fos-
se diretta da un'altra forza? Essa non sa dov' condotta ed
incapace di orientare i movimenti della sua mente nella dire-
zione voluta, ma, e fatta prigioniera da quella for-
za, non capisce dove sar In questa condizione l'uo-
mo non ha pi desideri e come testimonia la Scrittu-
ra, non sa nemmeno pi se o del suo corpo (cf.
zCor Iz,z)7.
Si tratta qui di assenza dei movimenti e desideri caratteristici
dell'intelletto, non della perdita o dell'annientamen-
to della persona. Nel "silenzio della , al contrario, si pro-
duce un'intensa comunione dell'uomo personale con il Dio per-
sonale. Per !sacco il "silenzio della allo "stupo-
7
I,23 (pp. rr8-rr9l = Touraille 32 (p. 2oo); PR 22 (pp. r69-qo).
re" e alla "contemplazione", che stanno oltre i confini della pre-
pura:
Ci sar allora stupore e non pi preghiera, giacch tutto ci
che appartiene alla preghiera ormai cessato e si fa strada
una certa contemplazione (te'orya}, mentre la mente non pre-
ga pi nessuna preghiera ... La preghiera la semina, la con-
templazione la messe, dopo la quale il contemplativo con-
dotto verso lo stupore davanti a una visione ineffabile: come
hanno potuto, dai granelli piccoli e nudi che aveva semi-
nato, sptmtare all'improvviso davanti a suoi occhi spighe cos
belle? La sua attivit personale rimane allora priva di ogni
movimento
8

Non difficile individuare l'influsso di Evagrio in questo in-
segnamento sul "silenzio della mente". In particolare, Isacco si ba-
sa sulle parole di Evagrio circa la purezza dell'intelletto quando
descrive lo stato d quiete come "ebbrezza" della mente per ope-
ra dello Spirito santo, in seguito alla visione della luce divina:
Lo Spirito santo, infatti, agisce in tutti gli uomini, secondo le
forze di ciascuno ... in modo tale che la preghiera privata di
movimento e l'intelletto colpito e inghiottito dallo stupore
... i suoi movimenti sono immersi in un'ebbrezza profonda ed
esso non fa pi parte di questo mondo. Allora non ci sar pi
distinzione tra anima e corpo n rimembranza di alcunch,
come ha detto Evagrio: "La preghiera la purezza dell'intel-
letto, concessa solo dalla luce della santa Trinit, nello stupo-
re dell'uomo". Inoltre, aggiunge Evagrio: "La purezza del-
l'intelletto fa spiccare il volo alle facolt intellettuali e asso-
miglia alla luce del cielo, nella quale irradia la luce della santa
Trinit durante la preghiera"
9
.
8
l,23 (pp. rr6-rr7) Touraille 32 (pp.
I,28 (p. I2I) PR 2.2 (p. I74l. Le
Skemmata 2 7 e 4-
PR 22 (pp. r65- r66).
sono tratte da Evagrio Pontico,
Isacco segue l'insegnamento d Evagrio sull'intelletto e la sua
natura luminosa, e anche quello di Dionigi l'Areopagita sulla
"beata ignoranza" che supera ogni conoscenza umana:
Quando l'intelletto si spoglia dell'uomo vecchio e riveste il
nuovo, quello della grazia, vede la propria purezza simile a
un colore celeste
10
, che gli antichi figli d'Israele chiamarono
''luogo di Dio", quando Dio apparve loro sulla montagna (cf.
Es 24,9 Ecco perch, come ho gi detto, questo dono e
questa non devono essere chiamati preghiera spiritua-
le, ma sono i germogli preghiera pura, ormai inghiottita
dallo Spirito santo. In tale momento l'intelletto si trova al di
l della preghiera, che stata abbandonata perch qualcosa di
meglio apparso. L'intelletto allora non prega con la preghie-
ra, ma si sente rapire e contempla cose inafferrabili che trava-
licano i confini del mondo mortale, ed ridotto al silenzio
dall'ignoranza di tutto ci che vi si trova. Ecco l'ignoranza
che detta essere pi sublime della conoscenza
11

Agli occhi di Isacco la preghiera spirituale una partecipazio-
ne al secolo futuro, esperienza del paradiso in terra. Proprio gra-
alla preghiera spirituale l'esperienza della contemplazione,
di cui i santi sono giudicati degni nel secolo futuro, concessa
all'uomo nel corso della sua vita terrena:
L'anima non prega con la preghiera ma esperimenta le realt
spirituali del secolo a venire, realt che trascendono il sapere
dell'uomo e la cui comprensione possibile solo grazie alla
potenza dello Spirito santo. Ma qui si tratta della contempla-
zione dell'intelletto e non di un movimento o di un'espressio-
ne della preghiera, bench nella preghiera tale contemplazio-
1
CL Evagrio Pontico, Skemmata 4
u !,23 (pp. I2I-I22) PR 22 (pp. 174I75l. CL Pseudo-Dionigi l'Areopagita, Teo-
mistica r,2-3.
ne abbia avuto inizio ... a partire da questa preghiera che
lo Spirito santo innalza alla contemplazione chiamata "visio-
ne spirituale"
12

L'insegnamento di !sacco sulla preghiera spirituale e sul silen-
zio della mente gi delinea i temi principali della sua teologia
mistica, in particolare quelli della contemplazione, della visione
spirituale, dello stupore, dell'ebbrezza e dell'ignoranza, che ora
esammeremo uno per uno.
La contemplazione
Nel vocabolario mistico di !sacco si subito colpiti dal termi-
ne contemplazione (te'orya), ripreso pari pari dal greco theoria.
!sacco lo attinge dal linguaggio di Evagrio e di Dionigi l'Areo-
pagita. Presso gli autori siriaci che lo hanno preceduto - Afraat,
Efrem, Narsai e Giacomo di Sarug- tale termine non si trova.
Filosseno di Mabbug fu probabilmente il primo autore di lingua
siriaca a usarlo (in particolare nella sua Lettera a Simeone, suc-
cessivamente attribuita a !sacco). Nei secoli vr e vrr il termine
entra nell'uso degli autori ascetici siro-orientali grazie alla loro
conoscenza delle opere di Evagrio
13
. In un contesto di teologia
mistica viene tradotto con "contemplazione" o "visione divi-
na". !sacco lo rende con "visione spirituale"
14
.
12
I,37 (pp. r82-r83) Touraille 85 (p. 438); PR 35 (p. z6o).
13
Cf. S. Brock, "Some Uses of the Term 'Theoria' in the Writings of Isaac of Ni-
neveh", in Parole de l'Orient zo {r995 [r996]), pp. 407-4r9.
"I,37 (p. r83) Touraille 85 (p. 438); PR 35 (p. z6o). Nella sua traduzione ingle-
se della prima parte, Miller traduce "visione divina", mentre Brock, nella seconda par-
te, preferisce "contemplazione". Noi usiamo normalmente "contemplazione" per ren-
dere te '01ya.
Il termine "contemplazione" in !sacco ricorre associato a sva-
riati aggettivi: essenziale, divina, nascosta, esatta, noetica, na-
turale, angelica, elevata, spirituale, verace, celeste, e altri anco-
ra. !sacco parla della contemplazione dei misteri, di quella del-
l'essere divino, della provvidenza, dell'attivit creatrice di Dio,
delle cose create, delle propriet di Cristo, del giudizio, delle
cose immateriali, della sapienza, della passione di Cristo, delle
realt spirituali, della Scrittura, degli angeli, dello Spirito, del-
la verit, del secolo a venire. Come ha dimostrato Sebastian
Brock, la maggior parte di queste espressioni sono tratte dal vo-
cabolario di Evagrio
15
. Quello che soprattutto ci interessa la
contemplazione in quanto fenomeno mistico; pertanto ci limite-
remo allo studio dei testi che trattano della contemplazione di
Dio e del mondo immateriale.
!sacco usa sovente il vocabolo "contemplazione" come sino-
nimo di "visione di Dio". Egli parla di uno stato sovrannaturale
dell'anima come del suo "movimento verso la contemplazione
della divinit transustanziale"
16
. In esso l'anima "si slancia ...
ed innalzata sulle ali della fede al di l della creazione visibile e
diventa quasi ebbra di stupore nella sua frequentazione di Dio,
grazie a una visione semplice e a intuizioni invisibili della natu-
ra divina"
17
I sacco sottolinea allo stesso tempo che i giusti non
possono vedere l'essenza di Dio: "Quando si innalzati alla
contemplazione di Dio, ci che si vede non la natura di Dio
bens la 'nube oscura della sua gloria"'
18
. L'uomo non capace
di vedere nient'altro che un riflesso dell'essenza di Dio, anche
se questa visione sar pi completa nel secolo a venire:
Pi l'uomo diventa perfetto in rapporto a Dio, pi lo segue
dappresso. Nel secolo di verit Dio gli mostrer il volto ma
"Cf. S. Brock, "Some Uses of the Term 'Theoria'".
16
I,3 (p. r8) Touraille 83 (p. 405); PR 3 (p. 23).
17
I,52 (p. 263) Touraille 65 (p. 343); PR 5r (p. 377).
18
II,ro,q.
non l'essenza, giacch, per profonda che sia la loro contem-
plazione, i giusti non vedono Dio se non in enigma, come ri-
flesso in uno specchio (cf. rCor I},rz), nel quale per appare
loro la rivelazione della verit
19
.
Isacco distingue vari tipi di contemplazione. Una cosa con-
templare l'azione di Dio nel mondo creato, altra cosa con-
templare l'essenza stessa dell'essere divino. La prima, nella sua
forma naturale, la traiamo dalle impressioni che riceviamo dal
mondo sensibile. La seconda non proviene n dall'intelletto n
da un oggetto esteriore. Amala pena un giusto su mille giudi-
cato degno di questo stato sublime. Dalla contemplazione della
divinit nasce quella dell'incarnazione e dell'apparizione di Dio
nella carne.
Accanto alla contemplazione di Dio nella sua essenza e nelle
sue azioni c' anche la contemplazione delle potenze angeliche
"nella loro vera natura e nella sfera loro propria". La contempla-
zione degli angeli dev'essere distinta dalle visioni nelle quali es-
si appaiono agli uomini sotto forma visibile. Queste ultime non
sono vere visioni ma solo manifestazioni degli angeli per inco-
raggiare i semplici. Solo la prima specie di visione, la contem-
plazione degli angeli nella sfera invisibile che loro propria, me-
rita davvero il nome di contemplazione: "Essa appartiene agli
uomini che hanno ricevuto illuminazione e sapienza e sono stati
innalzati al rango della purezza grazie alla condotta gloriosa del-
la quiete"
20
.
!sacco usa il termine theoria in rapporto alla Trinit e a Cri-
sto. Egli distingue tra la "contemplazione dell'essenza divina" e
la "contemplazione del mistero delle distinzioni tra le persone
21
dell'essenza [divina]"
22
Quando adotta il vocabolario di Eva-
19
1,48 (pp. 230-231) = Touraille 73 (p. 369); PR 45 (p. 324).
20
1,22 (pp. r r 3-r r 4) = PR 20 (pp. r6r-r62).
21
Qnome qui applicato alle persone in Dio.
22
Centurie di conoscenza II,4.
z68
grio distingue anche tra la "contemplazione naturale seconda"
23
e la "contemplazione che nei suoi diversi elementi anteriore a
quella precedente l'esistenza" degli angeli; la prima appartiene
agli esseri corruttibili composti di anima e corpo, la seconda agli
spiriti incorporei2
4

!sacco distingue inoltre la "contemplazione naturale" (kyanay-
ta), che in rapporto con la natura dell'anima, dalla "contem-
plazione spirituale" dono soprannaturale di Dio. La
prima era propria dell'uomo nel suo stato naturale anteriore alla
caduta; la seconda fa parte della beatitudine del secolo futuro.
Egli scrive:
La contemplazione avvicina l'anima alla nudit dell'intelletto
che chiamata theorfa immateriale. Si tratta di una disciplina
spirituale, giacch innalza il pensiero al di l della sfera terre-
stre, lo avvicina alla contemplazione originaria dello Spirito e
lo concentra in Dio e nella contemplazione della gloria ineffa-
bile ... Quando l'intelletto dei santi riceve tale contemplazio-
ne, quella naturale viene loro tolta insieme al carattere gros-
solano dei corpi, e la loro contemplazione diventa spirituale.
Chiamo contemplazione naturale quella propria allo stato pri-
mitivo della natura creata. A partire dalla contemplazione na-
turale l'uomo portato facilmente alla conoscenza della vita
unitiva che , in parole semplici, lo stupore davanti a Dio. Si
tratta di una condizione elevata, a causa del godimento dei
beni futuri, che sar accordato nella libert della vita immor-
tale, nella vita dopo la resurrezione
25
.
Cos la contemplazione di Dio l'esperienza dell'uscita da
questo mondo per comunicare con il secolo a venire. Isacco sot-
23
La contemplazione di cui, secondo Evagrio, godette Cristo (Capitoli gnostici II,2
ss.).
24
Cf. Centurie di conoscenza II,ro5.
2
' 1.43 (pp. 213-214) = Touraille I7 (p. r2r); PR 40 (pp. 303-304).
tolinea questo carattere escatologico della contemplazione di
Dio affermando che il regno dei cieli la "contemplazione spiri-
tuale (te'orya rupanayta)"
26
L'esperienza di tale regno comincia
nella vita presente e prosegue in quella futura. Tuttavia pochi di-
ventano degni di questo dono al tempo della loro vita e
la maggior parte di loro sono asceti e solitari che hanno rinun-
ciato al mondo:
La contemplazione spirituale ... si dispiega in intuizioni lumi-
nose. Chi la non ha pi interesse a questo mondo n
attaccamento al corpo ... Se Dio avesse accordato uom1ru
anche solo un istante questa vera contemplazione, non si sa-
rebbero pi generazioni sulla terra. una contem-
plazione che l'uomo con legami ai quali la natura non
pu resistere . . . una grazia divina ... ed concessa
larmente a chi Dio sappia essere veramente degno di abban-
donare questo mondo per una vita migliore ... una
che cresce e dimora in coloro che abitano luoghi solitari e ap-
partati ... Dobbiamo chiedere questa contemplazione nelle
nostre preghiere; per essa dobbiamo votarci a lunghe e
stare in lacrime davanti a Dio per chiedergli la concessione di
una tale grazia impareggiabile
27

Agli occhi di Isacco la contemplazione essenzialmente
ta alla quiete (shelya) della mente:
La luce della contemplazione va di pari passo con la quiete
{shelyuta) ininterrotta e con il recedere delle impressioni che
provengono dall'esterno. Dopo aver fatto il vuoto dentro di
s, l'intelletto sta continuamente all'erta nell'attesa che sorga
in lui la contemplazione
28
.
26
1,72 (p. 353) = Touraille 19 (p. 131); PR
27
1,49 (p. 2 39) = Touraille 39 (pp.
528).
47 (pp. 336337).
2
' Centurie di conoscenza 1,29.
270
contemplazione di Dio si accompagna alla visita degli
Quando siamo immersi nello stupore a causa delle intuizioni
legate alla contemplazione dell'Essenza elevata, quando, co-
me ha detto Evagrio
29
, gli angeli si avvicinano a noi e ci col-
mano di contemplazione, allora si allontana da noi ogni av-
versit e, finch restiamo in questo stato, una pace e una tran-
quillit indicibili si diffondono in noi}
0

Isacco parla di "contemplazioni celesti (te'oryas shmayyanya-
ta)" quando "l'intelletto, esclusi i sensi, messo in movimento
dalle potenze spirituali del mondo superiore che dispongono di
innumerevoli meraviglie"
3
\ e di "contemplazioni angeliche"
32
.
Queste due formule, che non troviamo n Evagrio n presso i
predecessori siriaci di Isacco, indicano una partecipazione degli
angeli alla contemplazione.
Si pu notare qui come l'insegnamento di Isacco sulla con-
templazione tradisca un qualche influsso sistema gerarchico
ereditato da Dionigi l'Areopagita, secondo il quale per gli esseri
umani impossibile la contemplazione diretta di Dio, mentre
pu darsi una contemplazione parziale per il tramite degli ange-
li. Le rivelazioni su Dio sono prima, attraverso la mediazione di
Ges, trasmesse da Dio stesso agli angeli, poi da questi agli uo-
mini. Facendo eco a questa dottrina dell'Areopagita, Isacco de-
scrive un ordine gerarchico che assicura la trasmissione delle ri-
velazioni a partire da Dio fino agli uomini:
Gli ci istruiscono, cosi come si istruiscono gli uni con
gli altri. Gli angeli inferiori sono istruiti da che li sovra-
2
' Il testo greco reca "san Marco".
30
1,69 {p. 337) Touraille 49 (p. 272); PR Tl (p. 497).
31
!,43 (pp. 215n6) Touraille I7 (pp. 122-113); PR 40 {p. 307).
,, Centurie di conoscenza III,9o.
stano con l'abbondanza della loro luce. In questo modo ocrni
ordine istruito da un altro, risalendo tutti i gradi fino a q ~ l
l'ordine unico istruito dalla santa Trinit. Quest'ordine
d1e il primo, chiaramente di non essere istruito da s;
stesso ma dal mediatore Ges, dal quale riceve tutto ci che
trasmette agli ordini inferiori. Secondo me, il nostro intellet-
to non ha il potere naturale di avviarsi alla contemplazione di
Dio ... Anche se fossimo diventati puri e senza macchia, sen-
za l'intermediazione delle essenze angeliche non riusciremmo
ad avvicinarci alla rivelazione e alla conoscenza che conduco-
no alla contemplazione eterna, vera rivelazione del mistero.
Il nostro intelletto non possiede questa capacit, che pro-
pria esseri elevati che ricevono le rivelazioni e le con-
templazioni direttamente dall'Eterno, senza intermediari
33

Nel secolo a venire i santi contempleranno Dio faccia a faccia
. '
ma vlta presente la contemplazione non possibile se non
attraverso la mediazione angeli:
272
Quando nell'intelletto dei santi si produce la sensazione del-
la rivelazione di un qualche essa viene angeli.
Quando Dio lo permette, la rivelazione si trasmette da un or-
dine superiore a uno inferiore, e cos via fino al pi basso. Se
dunque, a un cenno di Dio, concesso a un ogcretto di arriva-
re fino alla natura umana, questo trasmesso ;traverso colo-
ro che ne sono degni al pi alto grado. Infatti aali or-
dini [angelici] pi elevati i santi ricevono la luce"' della
contemplazione e della contemplazione fino al glorioso Es-
sere eterno-, mistero che non pu essere insegnato ... Nel se-
colo futuro, tuttavia, quest'ordine di cose sar abolito, per-
la rivelazione della gloria di Dio non sar ricevuta da altri
... ma ognuno ricever senza intermediari quello che ha meri-
tato in proporzione alle sue fatiche
34

(p. 139) = Touraille 84 (pp. 413-414); PR 27 (pp. ,a-;.TCm>
(p. qo) = Tourai!le 84 (pp. 414-415); PR 27 (pp.
Visioni, rivelazioni, intuizioni
I termini "visione" (/;zata) e "rivelazione" (gelyana) sono stret-
tamente associati a di "contemplazione". Tuttavia, men-
tre quest'ultima caratterizzata dall'indispensabile mediazione
degli angeli, le visioni e le rivelazioni suggeriscono spesso un
contatto diretto con il mondo superiore. Al tempo stesso, come
abbiamo visto, angeli non sono assenti dalle visioni, ma la lo-
ro funzione non si limita alla mediazione tra Dio e l'uomo. Al
contrario essi svolgono visioni un ruolo indipendente co-
me dei misteri d Dio.
!sacco definisce la "visione divina" (/;zata alahaya) una "rive-
lazione fatta all'intelletto al di l dei sensi"
35
i termini
"visione" e "rivelazione" sembrano sinonimi, ma intercorre fra
di essi una differenza semantica sulla quale il nostro autore ri-
chiama l'attenzione testo seguente:
Domanda: Visione e rivelazione sono la stessa cosa?
Risposta: No, tra i due termini c' una differenza. Spesso en-
trambi i concetti sono designati con il termine di rivelazione:
poich in un caso come nell'altro viene rivelato qualcosa di
nascosto, visione chiamata rivelazione. Ma non ogni
rivelazione una visione. Il termine "rivelazione" usato il
pi delle volte per cose che saranno conosciute, che sono spe-
rimentate e afferrate dall'intelletto. Ma le visioni hanno luo-
go in molteplici modi, per esempio sotto forma di somiglian-
ze e di immagini, come nell'Antico Testamento, in un sonno
profondo o in stato di veglia, talora con tutta altre
volte in modo pi oscuro attraverso parvenze. Per questo mo-
tivo chi riceve una visione spesso non sa se sogna o
Pu darsi che senta una voce che gli porta soccorso, o intrave-
"I,22 (p. II3) PR 20 (p. I62).
2
73
da una certa forma, mentre a volte vede in modo pi chiaro,
faccia a faccia ... Visioni del genere si producono in luoghi
deserti e abbandonati dagli uomini, dove l'uomo ne ha mag-
giore bisogno, privo com' di ogni aiuto o consolazione che
gli provenga dal luogo stesso. Ma le rivelazioni, che sono per-
cepite nell'intelletto e vengono facilmente accolte se questo
puro, si presentano solo ai perfetti e a quanti sono in grado di
comprendere
36
.
Una "rivelazione" quindi superiore a una "visione". Inol-
tre, il concetto di "rivelazione" pi generale di quello di "vi-
sione". La rivelazione indice di un'esperienza interiore, men-
tre la visione si riferisce ad apparizioni visibili e concrete pro-
venienti dal mondo immateriale. Le apparizioni degli angeli ai
martiri e agli asceti appartengono pi specificamente al campo
delle visioni:
Che i santi martiri ti siano di esempio e di incoraggiamento.
Essi hanno spesso combattuto in molti insieme per Cristo, o
talvolta da soli, in luoghi diversi ... Gli angeli sono loro ap-
parsi sotto forma visibile ... C' forse bisogno di ricordare gli
asceti e gli eremiti divenuti stranieri a questo mondo? Del de-
serto essi fecero una citt
37
, una dimora e un luogo d'acco-
glienza per gli angeli, i quali li frequentavano assiduamente a
causa della loro eccellente condotta di vita ... E poich costo-
ro, avendo abbandonato ci che appartiene alla terra e aman-
do le cose del cielo, erano diventati imitatori degli angeli, era
giusto che questi ultimi non si celassero ai loro occhP
8

Ma non apparvero loro solo gli angeli; dopo la morte, anche i
santi si manifestarono nel sonno a quegli asceti:
36
1,37 (pp. q6rn) = Touraille 85 (pp. 430-43r); PR 35 (pp. 249-250).
37
Cf. Atanasio di Alessandria, Vita di Antonio r4.
38
1,5 (p. 44) = Touraille 5 (pp. 79-8o); PR 5 (p. 65).
274
Molti che avevano raggiunto lo stato di purezza sono stati giu-
dicati degni di contemplare nelle loro visioni notturne il volto
dei santi ... Si dice che gli angeli rivestano le sembianze di
certi santi beati e degni e le mostrino in sogno all'anima nel
tempo dell'assenza dei pensieri, per la sua gioia, il suo arric-
chimento e la sua letizia
39

Il termine "rivelazione" suggerisce una vicinanza interiore a
una realt che non di questa terra, ma non comporta necessa-
riamente la visione di immagini. Esso generalmente usato al
plurale:
L'inizio della contemplazione spirituale quello di tutte le ri-
velazioni nell'intelletto, attraverso le quali esso cresce e si for-
tifica nelle cose nascoste, e in tal modo progredisce verso al-
tre rivelazioni che sorpassano la natura umana. cos che so-
no trasmesse tutte le contemplazioni divine e tutte le rivela-
zioni dello Spirito che i santi ricevono in questo mondo
40

Qui Isacco considera le rivelazioni alla stregua di fenomeni
che accompagnano l'intelletto nelle diverse tappe della sua evo-
luzione: il percorso dell'intelletto considerato un cammino che
porta da una rivelazione all'altra.
Per Isacco le "rivelazioni" sono, fin da questa vita, un'espe-
rienza di comunione con il regno di Dio:
La rivelazione del bene che in noi consiste nel fatto di spe-
rimentare la conoscenza della verit: "Il regno di Dio misti-
camente dentro di voi" (cf. Le q,2r) ... Lo stupore di fronte
alla natura divina la rivelazione del secolo nuovo. Le rive-
lazioni del secolo nuovo sono impulsi che, grazie a Dio, ci ra-
piscono. Tutte le nature dotate di ragione sono avviate verso
39
1,54 (p. 267) = Touraille 33 (p. 205); PR 53 (p. 38r).
40
1,49 (p. 240) = Touraille 40 (pp. 234-235); PR 47 (p. 338).
275
l'esistenza futura, verso la dimora del cielo. Poich le sante
potenze esistono adesso per opera di questi impulsi, tale la
forma della loro vita. A ogni istante esse sono rapite da que-
sto mistero grazie alle rivelazioni che ricevono sotto varie for-
me, attraverso il loro orientamento all'essenza divina. Ecco lo
stato in cui noi tutti ci troveremo dopo la resurrezione
41

!sacco distingue tra le rivelazioni del "secolo futuro" e quelle
del "secolo nuovo". Le prime sono incontri con la realt divina;
le altre, intuizioni spirituali circa lo stato escatologico futuro del
mondo creato:
Le rivelazioni del secolo futuro sono differenti da quelle
del mondo nuovo. Le prime riguardano il carattere glorio-
so della natura divina, le seconde si riferiscono alle svariate
forme delle sorprendenti trasformazioni che subir la creazio-
ne, come pure ai diversi aspetti della loro condizione futu-
ra, che l'intelletto apprende per rivelazione intuitiva, grazie
alla meditazione continua su di esse e in virt di un'illumi-
nazione42.
In una delle omelie della prima parte, che non figura nel-
la traduzione greca, !sacco parla delle sei specie di rivelazioni
menzionate nella Scrittura: attraverso i sensi; tramite una visio-
ne fisica; per effetto del rapimento dell'intelletto; mediante la
profezia; attraverso "una qualche forma intellettuale", "come in
sogno". Le rivelazioni "attraverso i sensi" si producono o "con
l'intermediazione degli elementi", come il roveto ardente, o at-
traverso la nube della gloria di Dio, e via dicendo; oppure "sen-
za l'aiuto della materia" ma pur sempre "attraverso i sensi cor-
porei", come l'apparizione dei tre uomini ad Abramo, la scala di
41
II,S,I-4-6.
42 II,8,7.
Giacobbe e altre ancora. Tra le rivelazioni che si producono con
l'ausilio di una visione fisica si pu citare, fra le altre, quella del
profeta Isaia che contempla il Signore seduto su di un trono alto
ed elevato, circondato dai serafini (cf. Is 6,r ss.). Il "rapimento
dell'intelletto" quello che prov l'apostolo Paolo quando fu ra-
pito al terzo cielo e ud parole divine ineffabili (cf. 2Cor 12,2-4).
Le rivelazioni "mediante la profezia" sono giunte ai profeti "che
predissero avvenimenti che si sarebbero verificati molti secoli
pi tardi". La rivelazione "attraverso forme intellettuali" quel-
la che consente di gettare uno sguardo sulla natura di Dio, sulla
resurrezione dei morti, sulla vita del secolo a venire o su altre
verit dogmatiche centrali per la fede cristiana. Infine, le rivela-
zioni possono essere mandate durante il sonno
43
.
!sacco sottolinea il fatto che le rivelazioni possono prodursi
sia "per mezzo di immagini" che "senza immagini". Dio conce-
de il primo tipo di rivelazioni al fine di istruire pi persone gra-
zie a una "piccola intuizione" della verit. Il secondo tipo, al
contrario, di solito concesso a una sola persona per suo orien-
tamento e consolazione
44
. !sacco insiste per sul fatto che le ri-
velazioni non si debbano intendere come piena verit o cono-
scenza piena, poich esse non sono altro che intuizioni della ve-
rit, disvelate solo nella misura in cui l'uomo pu accoglierle
45
.
Il vocabolo "intuizioni" (sukkale) semanticamente vicino a
"rivelazioni": come questo usato quasi sempre al plurale e ser-
ve a descrivere improvvisi ed eccezionali incontri con realt del-
l'altro mondo. Le intuizioni si distinguono dalle rivelazioni per
il loro carattere puntuale; esse sono istantanee ma lasciano nel-
l' anima un segno profondo, e si possono produrre a di versi stadi
della vita spirituale del cristiano:
. ~
3
~ ~ ~ R 20 (pp. ;rs6-r59l = Mystic Teatises, pp. ro6-ro8. Si vedano anche gli sva-
natl tlpl dt nvelaz10m nportati in Centurie di co11oscenza III,s6.59-6o.
44
Cf. PR 20 (pp. I59-r6o) = Afystic Teatises, p. ro8.
45
Ibid.
277
Pu succedere che uno, avendo acquisito il massimo grado di
perfezione allo stadio dell'anima, non sia ancora penetrato in
quello dello spirito, solo alcuni moti del quale hanno comin-
ciato a farsi sentire in lui. Mentre in tutta la sua condotta si
trova ancora allo stadio dell'anima, pu succedere a volte che
alcuni impulsi spirituali, di quando in quando e confusamen-
te, si facciano strada in lui, e che egli cominci a sentire in s
stesso una gioia e una consolazione nascoste, come lampi di
luce ... Intuizioni mistiche sorgono nel suo animo e lo scuoto-
no, e di colpo il cuore esplode di gioia ... Conosco uno della
mia cerchia
46
che ha esperienza del gusto di tali lampi di luce.
Bench l'intuizione mistica attraversi il suo intelletto in un
attimo per allontanarsi subito dopo, nondimeno l'esplosione
di gioia da essa prodotta e il suo sapore durano a lungo, e la
pace da essa diffusa nei suoi pensieri rimane per un bel po'
dopo la sua partenza. In questo modo il suo corpo e le sue
membra, pacificati, provano un grande ristoro, e la gioia e la
dolcezza di questa meraviglia, gustate nel momento supremo,
restano a lungo impresse nel suo palato spirituale
47

Le "intuizioni" sono per cos dire delle risorgi ve spirituali che
sgorgano all'improvviso durante la preghiera o la lettura delle
Scritture. In quei momenti l'intelletto penetra nel Santo dei
Santi dei misteri della Scrittura, nei sensi spirituali pi recondi-
ti di quest'ultima, e stabilisce un contatto immediato con Dio.
Ecco perch, come al momento della quiete dell'intelletto, la
preghiera cessa:
Quando parlo di preghiera penso allo stare in piedi o a un ser-
vizio liturgico preciso, giacch quando egli [l'asceta] si dedica
alla lettura, non mai privato, nemmeno un istante, di queste
risorgive della preghiera. Non c' infatti lettura [delle Scrit-
46
Sembra evidente che qui Isacco parli di se stesso in terza persona.
47
II,zo,r9-20.
ture] -purch intrapresa a fine spirituale- che sia priva dita-
le fonte di preghiera, poich l'uomo che la compie letteral-
mente inebriato dai misteri che incontra. Preghiere profonde
si sommuovono dentro di lui, in modo sorprendente e inatte-
so, senza preparazione n sforzo di volont da parte sua. Ma
perch chiamare preghiera questa frequente ebbrezza occa-
sionata da un'intuizione, quando in essa non c' pi posto
per alcun impulso di preghiera n per un ricordo che la ri-
guardi? In effetti, si tratta di qualcosa di pi eccellente - se
mi lecito esprimermi cos - dello stadio della preghiera. La
preghiera si colloca a un livello inferiore rispetto a quello de-
gli impulsi spirituali, giacch innegabile che la preghiera sia
inferiore a quel tipo di mistero. Sovente, quando l'intelletto
commosso da qualche intuizione relativa a un avvenimen-
to proveniente dalla natura o dalle Scritture, quando l'asceta
scandaglia il loro senso spirituale e, con l'aiuto della grazia,
scruta il Santo dei Santi dei loro misteri, non gli resta pi un
briciolo di forza per pregare o pensare, perch a questo punto
ridotto al silenzio nel corpo e nell'anima. Ogni avvenimen-
to, natura o parola di questa creazione presente ha il suo tem-
pio e il suo Santo dei Santi. E quando l'intelletto autoriz-
zato a entrarvi e riceve la forza per farlo, allora nei suoi sen-
si non resta nessun'altra forza, impulso o attivit. Tra coloro
che sono qui riuniti c' qualcuno
48
che ne ha fatto continua-
mente esperienza: so che il suo cuore batte pi forte quando
incontra un momento simile nelle sue letture; e questo gli vie-
ne dalla sua esperienza
49
.
Ecco perch si pu parlare di visioni, rivelazioni e intuizioni
come di aspetti diversi del medesimo fenomeno dell'incontro
con Dio e con le realt del mondo immateriale. Cos le "visioni"
stanno a significare gli incontri con esseri dell'aldil (anaeli
b '
santi) che appaiono sotto una forma visibile; le "rivelazioni" so-
" Senza dubbio Isacco parla nuovamente di se stesso.
49
II,Jo,S-r r.
2
79
no una sorta di accesso all'essenza di Dio o al rinnovamento
escatologico del mondo creato; le "intuizioni" sono sfolgoranti
lampi mistici che si producono nell'intelletto dell'uomo quando
i misteri del secolo futuro gli vengono subitamente rivelati, nel
tempo della preghiera e della lettura delle Scritture.
L"'accoglimento sotto l'ombra" e l'illuminazione
Dobbiamo ora esaminare due termini della mistica di Isacco
che esprimono l'azione della grazia di Dio sull'uomo: "il fatto di
essere accolto sotto l'ombra di Dio", che in latino sar detto
obumbratio, e l"'illuminazione". In collegamento con quest'ul-
timo termine bisogner anche trattare della concezione della
"luce mistica".
Il termine siria co maggnanuta
50
significa "discesa", "accogli-
mento sotto l'ombra", "protezione". Esso indica un'azione par-
ticolare di un superiore verso un sottoposto. Per Isacco, che
vi ha consacrato un'intera omelia
5
1, l'"accoglimento sotto l'om-
bra" significa un'influenza positiva dello Spirito santo sull'uo-
mo. Il nostro autore comincia con il definire il significato del
termine e l'uso che ne viene fatto nella Bibbia:
L'espressione "accoglimento sotto l'ombra" evoca aiuto e pro-
tezione, ma anche la ricezione di un dono dal cielo. Per esem-
pio: "Lo Spirito santo scender su di te, su di te stender la
sua ombra la potenza dell'Altissimo" (Le r,35). Un'altra for-
ma di "accoglimento sotto l'ombra" si trova nel passo: "La tua
5
Cf. S. Brode, '"Maggnanqta'. A Technical Terrn in East Syrian Spirituality", in
Mlanges Antoine Guillaumont, Ed. P. Crarner, Genve r988, pp. rzr-r29.
51
II,r6; manca nella traduzione greca.
destra, Signore, mi prende sotto la sua ombra" (Sal r38,7-8),
che una richiesta di soccorso, proprio come "prender que-
sta citt sotto la mia ombra e la salver" (zRe r9,34; Is 38,6).
Possiamo cos distinguere due generi di "accoglimento sotto
l'ombra" degli uomini da parte di Dio: l'uno misterioso e
spirituale, l'altro ha luogo nel corso degli avvenimenti5
2

Il primo "accoglimento sotto l'ombra" la
santificazione ricevuta attraverso la grazia di Dio; cio il fat-
to di essere santificati nel corpo e nell'anima dall'azione del-
lo Spirito santo, come accadde a Elisabetta, a Giovanni Bat-
tista e alla beata Maria, la benedetta tra le donne; bench
quest'ultimo caso non possa essere messo sullo stesso piano
degli altri, perch }"'accoglimento sotto l'ombra" di Maria
superiore a tutto ci che sia mai stato concesso alle nature
create.
Un simile "accoglimento sotto l'ombra" accade a ogni santo
quando diventa degno di una rivelazione di Dio e di un inter-
vento dello Spirito santo:
La forma mistica dell"'accoglimento sotto l'ombra" che capi-
ta ad alcuni santi rappresenta l'attivit di chi prende l'intel-
letto [dell'uomo] sotto la propria ombra. Quando uno giudi-
cato degno di un simile "accoglimento sotto l'ombra", l'intel-
letto rapito dallo stupore e si allarga per una qualche divina
rivelazione. Finch questa attivit prende l'intelletto sotto la
propria ombra, l'uomo innalzato al d l del movimento dei
pensieri dell'anima grazie alla partecipazione allo Spirito san-
to ... Quando questa forza accoglie qualcuno sotto la sua om-
bra, questi giudicato degno della gloria del secolo futuro
mediante le rivelazioni. Tale partecipazione parziale era quel-
52
II,r6,z-3 = PR 54 (p. 390).
la dei "santi nella luce" (Col I, I z) di cui ha parlato il beato
Paolo, partecipazione di cui sono degni coloro che hanno ri-
cevuto dallo Spirito la santificazione del loro intelletto grazie
a una condotta santa e piena di opere buone 5
3
.
La seconda specie di "accoglimento sotto l'ombra" si esplica
nella prassi quotidiana. Essa
una forza spirituale che protegge l'uomo e aleggia continua-
mente sopra di lui'\ allontanando tutto ci che potrebbe ar-
recargli danno al corpo e all'anima, ed percepita invisibil-
mente da un intelletto illuminato che possiede la conoscenza
grazie all'occhio della fede 55.
Cos, il secondo "accoglimento sotto l'ombra" ha un carattere
mistico come il primo, ma accompagnato da una "visione invi-
sibile", cio da un'esperienza contemplativa di una realt invisi-
bile e accessibile solo "all'intelletto illuminato". Si vede da tali
affermazioni che l'espressione "accoglimento sotto l'ombra"
semanticamente vicina a "visione" e "contemplazione".
Il termine "illuminazione" (nahhiruta) indica a sua volta un'at-
tivit diretta di Dio e non dell'uomo. Esso deriva da nuhra, "lu-
ce", e si applica a un'azione di Dio che implica una presenza lu-
minosa. Isacco ne parla nelle Centurie di conoscenza:
Si riceve l'illuminazione (nahhiruta) secondo la qualit del
proprio comportamento nei riguardi di Dio. Nella misura in
cui si attratti verso la conoscenza, l'anima sempre pi libe-
ra e si passa da una conoscenza a un'altra sempre pi elevata.
La luce (nuhra) che non viene dalla conoscenza una luce che
"II,I6,s-6 = PR 54 (p. 39I).
" I sacco usa qui la stessa parola di Gen I ,2: "Lo spiito di Dio aleggiava sulle
acque".
"II,I6,7 = PR 54 (p. 39I).
z8z
viene dagli elementi [materiali], ma nel mondo nuovo sorger
una luce nuova. Non ci sar pi alcun bisogno di usare di ci
che corporale o che viene dagli elementi. La luce della cono-
scenza l'intelletto illuminato dalla conoscenza divina che,
senza impedimento alcuno, si riversa nella natura [umana]
56
.
Nel capitolo 6 della seconda parte Isacco indica due segni che
permettono all'uomo di accorgersi che l'illuminazione comincia
a prodursi in lui:
Fratello mio, ti indicher due indizi affidabili grazie ai quali,
quando Dio ti giudicher degno di un'illuminazione interio-
re, potrai percepire la luce della tua anima. Essi saranno suf-
ficienti a farti riconoscere il momento in cui la verit sfolgo-
rer nella tua anima. Quando per grazia e misericordia di no-
stro Signore Ges Cristo l'illuminazione dell'intelletto, di cui
parlano i padri, comincia a irradiare in te, questi due segni
ti daranno una conferma in proposito ... Uno il seguente:
quando la luce nascosta comincia a risplendere nella tua ani-
ma, il segno sar che, ogniqualvolta interrompi la lettura del-
la Scrittura o la preghiera, il tuo intelletto verr catturato da
qualche versetto o dal senso in esso contenuto, e tu vi appli-
cherai la tua meditazione, lo esaminerai e, immediatamente
commosso, ne scruterai il significato spirituale. n tuo intel-
letto ne sar avvinto al punto da non poter essere distratto da
nessun altro oggetto proveniente dal mondo creato. Anche se
tu non te ne curi in modo particolare come di un oggetto pre-
sente, cos che accadr all'intelletto, non pienamente ma
almeno in parte. Il secondo segno, preciso come il primo,
il seguente: quando l'anima abbandona le tenebre e diventa
luce dentro di s, al solitario sono concesse delle genuflessio-
ni prolungate che sono per lui talmente dolci da starsene tre
giorni inginocchiato a terra senza sentire fatica alcuna a causa
56
Centurie di conoscenza I, I 2- I 3.
di questo godimento e senza neppure desiderare di alzarsi.
Ogni volta che solleva la testa per tirarsi su ricade faccia a ter-
ra, a causa della dolcezza prolungata che ha invaso il suo cuo-
re. Allora la preghiera non pi tanto importante per lui5
7
,
giacch da quando essa entrata nel suo cuore sente cos in-
tensamente l'aiuto di Dio e il piacere di questa preghiera au-
menta a tal punto, che la lingua gli si blocca e il cuore tace.
Allora una quiete
58
cos dolce gli pervade il cuore e le mem-
bra che egli pensa che nemmeno le delizie del regno dei cieli
siano paragonabili - se lecito esprimersi cos - a quel silen-
zio59 nella preghiera. Giorno e notte giace cos, disteso a ter-
ra, senza proferire parola. In tal modo, nella misura in cui un
uomo accede a tale illuminazione dell'intelletto, degno del-
le delizie delle genuflessioni
60

Questo passo verte su un'illuminazione che si produce in mo-
do discreto e invisibile e che pu essere riconosciuta pi da se-
gni esteriori che da una sensazione interiore. !sacco ne precisa
chiaramente la natura: si tratta della luce dell'anima o piuttosto
dell'"anima che diventa luce". L'illuminazione consiste nel fat-
to che l'anima lascia le tenebre e comincia a percepire la propria
luce naturale.
Bisogna osservare che il termine "luce" (nuhra) si incontra di
frequente negli scritti di !sacco, ma di solito non designa una lu-
ce visibile e concreta, e neppure la luce divina nel senso in cui la
intendono gli autori mistici siriaci e bizantini (Giovanni di Da-
lyata, Simeone il Nuovo Teologo, Gregorio Palamas e molti al-
tri). Pur avendo fatto l'esperienza della contemplazione della lu-
ce divina, !sacco non l'ha mai descritta nei particolari. Non
dunque possibile fare di Isacco un precursore dell'esicasmo bi-
57
Si tratta delia preghiera orale ad alta voce.
58
In siriaco sbelya.
59
In siriaco sbelvufl.z.
60 II,6,I-4. .
zantino. Questa affermazione sar senza dubbio sorprendente
per quanti hanno familiarit con il testo greco di !sacco o con le
traduzioni in lingue moderne basate su di esso: si ricorderanno
immediatamente di espressioni come "la luce della santa Trini-
t", "la luce di Dio" e altre simili. Tuttavia questi termini non si
trovano nei testi autentici di Isacco: risalgono piuttosto o agli
scritti di Giovanni di Dalyata e di Filosseno di Mabbug che fu-
rono a lui attribuiti, oppure a citazioni tratte da Evagrio. !sacco
parla soprattutto dell'anima dell'asceta che diventa luce, e non
dell'asceta che contempla la luce divina
61
. Quanto ai testi au-
tentici di !sacco che parlano della "luce divina", l'espressione
non vi riveste mai il senso specifico e concreto che ha nella lette-
ratura esicasta. La stessa cosa vale per formule come "luce della
theorfa"
62
, "luce santa"
63
e altre analoghe, che si riferiscono tut-
te unicamente a una certa esperienza interiore di visione spiri-
tuale: l'asceta vede la luce della propria anima in conseguenza
dell'illuminazione che ha ricevuto nel proprio intelletto.
Le fonti di tale illuminazione spirituale e dello "sfavillio del-
la luce" all'interno dell'anima sono la preghiera e le altre prati-
che ascetiche64, fra le quali citiamo il ricordo di Dio e le veglie
notturne:
Se l'anima sfavilla per il ricordo di Dio e per le continue ve-
glie, di notte e di giorno, il Signore dispone al di sopra di
61
chiaro che !sacco conosceva l'insegnamento di Evagrio sull'esistenza di una
duplice luce: la luce trinitaria dell'essenza divina e la luce naturale dell'anima umana
che, pur apparentata con la precedente, non identica a essa. Evagrio descrive lo sta-
to nel quale "l'uomo interiore", divenuto un vero "gnostico", contempla la "luce della
bellezza della propria anima (nulmz d-sbupm d-tuzpsbeb)", o la "luce della propria bel-
lezza" (Pseudo-supplementi ai Gzpitoli gnostici 50). In !sacco non ritroviamo tale con-
fronto tra le due luci. Quando parla di luce, egli considera per lo pi la luce nascosta
nell'intimo dell'anima umana. E in questo senso che bisogna intendere l'espressione
"luce divina" (nulmz alabaya) che si incontra nei suoi scritti (cf. II,II,29).
62
I, 77 (p. 382) = Touraille 20 (p. q8); PR 75 (p. 550).
6J II,9,7
64
Cf. II,I0,4.
questa regolarit una nube che di giorno la prende sotto la
sua ombra e di notte la illumina con una luce di fuoco. Nelle
sue tenebre risplende la luc
5
.
Infine, le genuflessioni eseguite con spirito di pentimento fa-
voriscono anch'esse lo sfavillio della luce nell'uomo:
Nel tempo in cui Dio guida interiormente il tuo cuore verso il
pentimento, esegui incessantemente piegamenti e genufles-
sioni ... a questo punto che la luce briller dentro di te e
che la tua giustizia non tarder a risplendere, e tu sarai ... co-
me un giardino in fiore e una sorgente d'acqua inestinguibile
(cf. Is 58,rr)
66

Lo sfolgorare della luce nel cuore dell'uomo diventa allora
fonte inesauribile di gioia:
Finch l'uomo mantiene la fede del proprio cuore - vale a di-
re la conoscenza esatta della provvidenza di Dio - non potr
cadere nelle tenebre dell'intelletto donde nascono inquietu-
dine e angoscia, ma la sua anima sar incessantemente colma-
ta di luce e di gioia e di esultanza continua. Un tale uomo
come se vivesse in cielo, nell'illuminazione dei pensieri che la
fede gli offre: egli ormai degno di ricevere la rivelazione
delle intuizioni
67
.
L'allusione alla gioia spirituale ci introduce allo studio del-
lo "stupore" mistico, altro termine cruciale nella dottrina di
Isacco.
"I,6 (p. 54)= Touraille 56 (p. 297); PR 6 (82-83).
66
I,4 (pp. 38-39) = Touraille 23 (p. I6I); PR 4 (p. 58).
67 II,8,25.
z86
Lo stupore
Uno degli stati spirituali pi caratteristici descritti dagli auto-
ri mistici da loro chiamato "estasi", ed spesso accompagnato
da un senso di rapimento e compunzione dell'anima, da lacrime,
talora da perdita di conoscenza, indebolimento delle membra e
uscita della mente fuori del corpo. La parola greca kstasis, che
significa letteralmente "uscita all'esterno, fuoriuscita", non ha
un esatto equivalente in siriaco. I termini che pi le si avvicina-
no sono temha e tehra, traducibili entrambi con "stupore", "me-
raviglia". Nelle opere di Isacco li incontriamo sovente, e indica-
no appunto lo stato mistico che gli autori greci descrivono come
estasi. Nella versione greca di Isacco, infatti, i due termini sono
abitualmente tradotti con kstasis.
!sacco consapevole delle particolarit del vocabolario greco
dell' kstasis. Commentando i due passi in cui i LXX usano questa
parola - il sonno di Adamo e quello di Abramo - !sacco ne ri-
porta, come ha ben dimostrato Paolo Bettiolo
68
, l'interpretazio-
ne corrente presso i padri siriaci:
Se uno domanda: "Dove si trova il pensiero in questi momen-
ti di elevato raccoglimento?", ecco cosa dice la Scrittura: "La
quiete cadde su Abramo" (Gen r5,rz). E altrove, a proposito
di Adamo: "Il Signore Dio gett la quiete su Adamo" (Gen
z,zr). Invece di quiete, il greco parla di stupore (temha). Ecco
come il beato Interprete commenta il mistero dello stupore:
"Da' il nome di stupore a ci che al di fuori dell'ordine abi-
tuale e al di fuori di quello che l'uomo pu sperimentare"
69
.
Per designare lo stupore !sacco usa anche un'altra espressione
biblica, la "nube oscura" ('arpe/la), che nella pshitta, la versione
68
Cf. !sacco di Ninive, Disco1!i spirituali, p. 197, n. q.
69
Centurie di conoscenza IV,95.
siriaca della Bibbia, applicata alla tenebra nella quale Mos in-
contra Dio:
La nube oscura, caratteristica dello stadio spirituale, [si mani-
festa] quando l'intelletto inghiottito dallo stupore e riceve
un'intuizione dello Spirito. Essa piomba all'improvviso sul-
l' anima e tiene l'intelletto in stato di immobilit, mentre tut-
to ci che visibile si sottrae al suo sguardo, in un non sapere
e un non sentire riguardo all'oggetto che esso cerca di fissare.
Questa nube fa s che l'intelletto indugi nella quiete, come
quando una nube oscura avvolge un oggetto e lo sottrae agli
occhi del corpo
70

Per Isacco lo stato di stupore strettamente legato a quelli ap-
pena descritti come "quiete dell'intelletto" o "contemplazione
spirituale":
Quando uno riceve continuamente la percezione di questi
misteri grazie all'occhio interiore che si chiama contempla-
zione spirituale (te'mya d-ru{J) e consiste in una visione prove-
niente dalla grazia, appena percepisce l'uno o l'altro di questi
misteri il suo cuore si placa in una sorta di stupore. Non solo
le labbra smettono di pronunciare preghiere e tacciono, ma
anche i pensieri languono nel suo cuore per la meraviglia
71
che lo coglie. Al tempo stesso, egli riceve dalla grazia la dol-
cezza dei misteri della sapienza e dell'amore di Dio, in virt
della visione che conosce gli avvenimenti e le nature
72

Lo stupore pu avere molteplici cause. Pu essere frutto del-
l' allontanamento dal mondo e di una vita nella quiete: "Per il
fatto di vivere in disparte dal mondo e nella quiete, l'anima
7
Centurie di conoscenza !,52.
71
In siriaco dummara, che significa anche "stupore".
72
II,35.4
z88
naturalmente spinta alla conoscenza delle creature di Dio, a par-
tire dalla quale si innalza a Dio e, nella meraviglia, colta da
stupore e dimora presso di lui"
73
Lo stupore pu anche nascere
da una preghiera meditati va, "giacch la quiete ... e la medita-
zione suscitano nel cuore una dolcezza immensa e infinita, e por-
tano l'intelletto allo stupore ineffabile"
74
. Esso pu inoltre esse-
re causato dalla lettura della Scrittura: "Medita con delizia le
Scritture che ti fanno conoscere il fine della creazione divina e
che, nel tempo della preghiera, attirano il tuo intelletto verso lo
stupore"
75
. Pu poi scaturire dal ricordo continuo di Dio: "Con-
servando a lungo il ricordo di Dio, l'anima pu essere a tratti
condotta allo stupore e alla meraviglia"
76
Infine Isacco indica
come possibile causa dello stupore l'azione dello Spirito santo:
La sapienza dello Spirito umilia l'anima e la induce a scrutare
Dio nello stupore
77

Proprio come in certe specie di alberi la linfa zuccherina vie-
ne prodotta dall'azione del sole, cos, quando lo Spirito sfa-
villa nel nostro cuore, gli impulsi della meditazione chiamati
"condotta spirituale" (dubbara ru{Jana) si avvicinano alla lim-
pidezza e il nostro intelletto, colto da stupore e senza che la
volont intervenga, in virt di qualche riflessione attratto
verso Dio
78
.
Gli scritti di Isacco contemplano diversi tipi di stupore, di-
stinti secondo il grado di intensit dell'esperienza che rappre-
sentano. n primo una sorta di rapimento che si verifica all'atto
73
I,3 (p. r6) Tournille 82 (p. 403); PR 3 (p. 20).
74
!,37 (p. r82) = Tournille 85 (p. 437); PR 35 (p. 259).
75
Centurie di conoscema !,67; cf. anche !,37 (p. r79l = Touraille 85 (p. 434); PR 35
(p. 254).
76
I,5 (p. 48) = Touraille 5 (p. 84); PR 5 (p. 73).
77
Centurie di conoscenza III,zo.
78
II,ro,2.
della preghiera o della lettura delle Scritture, nel corso del quale
l'interessato non perde il controllo di s, ma il suo intelletto pu
essere interamente "catturato" da Dio:
Egli si spinge fino a dimenticare s stesso e la sua natura
e, colto dallo stupore, si dimentica completamente del seco-
lo presente ... Assorbito dalle meraviglie di Dio, in uno stato
continuo di stupore dinanzi a esse, egli sempre ebbro, qua-
si assaporasse gi la vita dopo la resurrezione ... Inebriato da
queste cose, viene poi ricondotto alla contemplazione del se-
colo presente nel quale ha continuato a vivere, per esclamare
con stupore: "O profondit della ricchezza, della sapienza,
della conoscenza, dei pensieri e dei giudizi dell'inenarrabile
provvidenza di Dio!" (cf. Rm II,33). Da questo momento in
poi egli viene di nuovo innalzato alle realt precedenti la for-
mazione del mondo ... e, come rapifo, riflette e dice: "Quan-
to durer ancora questo secolo, e quando far posto all'inizio
del secolo futuro? Come sar la vita di laggi? In che forma
risusciter e sar ricostituita la natura umana? In che modo
sar sottoposta a una nuova creazione?". Mentre riflette su
queste e simili cose, passa attraverso il rapimento, lo stupo-
re e un silenzio senza parole. Allora si alza, si inginocchia e,
versando lacrime copiose, ringrazia e glorifica Dio, unico sa-
piente79.
La seconda specie di stupore ha come segno esteriore un af-
fievolimento delle membra:
Se uno, inginocchiato con le mani tese al cielo, lo sguardo fis-
so alla croce di Cristo, i pensieri tutti raccolti in un'unica pre-
ghiera rivolta a Dio, prega con lacrime di pentimento, spesso
tutt'a un tratto gli capita di sentir zampillare nel cuore una
sorgente dalla quale si riversa dentro di lui una grande dolcez-
79
I,37 (pp. 179-r8r) = Touraille 85 (pp. 434-436); PR 35 (pp. 254-257).
za. Le membra gli si affievoliscono, lo sguardo si appanna, la
testa pende gi e si alterano i pensieri, cosicch, per la gioia
che pervade tutto il suo corpo, non pu pi compiere prostra-
zioni
80

La terza specie di stupore caratterizzata dalla totale perdita
di coscienza e dall'uscita dell'intelletto dal corpo. Questo stupo-
re ci noto dai santi che sono rimasti in uno stato simile per ore
o giorni:
Vediamo sant'Antonio stare in preghiera per nove ore di se-
guito e accorgersi che il suo intelletto era asceso fino ai cieli
81

Uno dei padri stava in preghiera con le mani tese per giungere
al rapimento dopo quattro giorni. E molti altri furono sedotti
durante la preghiera da un potente ricordo di Dio e dal suo
amore, e cos ottennero il rapimento
82
.
!sacco cita un suo contemporaneo che un giorno gli confid:
Quando voglio rimanere in piedi per celebrare la liturgia, Dio
mi lascia recitare una sola marmita ma poi, se continuo a stare
in piedi per tre giorni, mi ritrovo nello stupore accanto a Dio
senza provare un briciolo di stanchezza
83
.
In uno dei discorsi della prima parte !sacco descrive un caso
particolare di stupore che non stato incluso nella versione si-
ro-occidentale, quindi neanche in quella greca. In esso lo stupo-
re comincia a farsi sentire durarte il sonno, provoca il risveglio e
prosegue nello stato di veglia. E probabile che !sacco vi descriva
la propria esperienza personale anche se, come suole fare in que-
sti casi, usa la terza persona singolare:
80
I,4 (p. 39) = Touraille 23 (p. r62); PR 4 (p. 58).
81
Cf. Atanasio di Alessandria, Vita di Antonio 62.
82
I,37 (p. r83) = Touraille 85 (p. 439); PR 35 (pp. 26o-26r).
"I,54 (p. 272) = PR 35 (p. 388).
Conosco un uomo (cf. zCor rz,z) che anche durante il son-
no fu colto da stupore divino mentre contemplava ci che
aveva letto la sera prima di coricarsi, e che, quando il suo in-
telletto fu affascinato dalla meditazione di ci che contempla-
va, fu come se avesse compreso di essere rimasto a lungo nei
pensieri del sonno seguendo le tracce della sua sorprendente
contemplazione. Tutto ci avveniva a notte fonda: si svegli
all'improvviso, con le lacrime che a fiotti gli bagnavano le
guance. Le sue labbra erano piene di dossologie e il cuore me-
dit a lungo e con dolcezza insaziabile su quella visione. A
causa delle lacrime che gli scendevano copiose dagli occhi e a
causa dello stupore della sua anima, tutte le sue membra era-
no come paralizzate e una grande gioia gli palpitava in cuore,
al punto di non essere pi in grado di celebrare la liturgia abi-
tuale della preghiera notturna. Solo con grande sforzo pot
recitare un salmo sul far del giorno: a tal punto traboccava di
lacrime, che sgorgavano a fiotti dagli occhi, e di altre espe-
rienze spirituali
84

Per Isacco lo stato di stupore non limitato nel tempo, ma
pu a volte prolungarsi ininterrottamente per molti giorni. Egli
lo chiama allora "stupore totale" (temha kulonoya), caratterizza-
to dall'assenza di ogni percezione della realt terrestre:
Quando l'intelletto mosso dalla grazia alle realt spirituali,
per effetto della dolcezza della conoscenza esso mette fine
per lungo tempo alla riflessione e al ricordo e giace tranquillo
nello stupore. Non parlo qui del raccoglimento totale che ha
luogo al momento della contemplazione di Dio, quando gli
slanci dell'intelletto sono trasformati in stupore o piuttosto
quando l'intelletto resta privo di moti per un giorno o pi.
Ci che nasce improvvisamente da certe contemplazioni e da
altre rivelazioni non implica ancora la cessazione di ogni pen-
84
I, App. A III (pp. 392-393) = PR 71 (pp. 492-493).
siero, n che la natura [umana] passi dalla conoscenza alla
non conoscenza - secondo i padri superiore alla preceden-
te-; ma qui sono la pace e la gioia ad accompagnare l' ebbrez-
za e il fervore del cuore. Quanto allo "stupore totale" nella
preghiera e all'assenza di ogni percezione delle cose di quag-
gi, non lo si incontra tra le conoscenze e le dolcezze della
mente, eccetto in questa, che unica
85
.
!sacco menziona spesso la gioia che si manifesta in chi colto
a tal segno dallo stupore. Questa gioia soprannaturale e divina,
nella quale si rivela un sentimento di libert e di amore per Dio,
si accompagna alla liberazione da ogni paura:
Cos, nel momento in cui uno, nella meditazione e nella co-
noscenza, viene innalzato oltre il livello dell'anima che com-
prende le opere buone della vita attiva, quando la sua co-
scienza elevata all'altezza della vita dello spirito per quanto
possibile alla natura umana quaggi, immediatamente lo stu-
pore dinanzi a Dio (telml db-alaha) lo pervade, diventa tran-
quillo e calmo rispetto ai pensieri di prima e tutto il suo in-
telletto mosso da slanci spirituali d'amore. Contempora-
neamente a questa conoscenza, ogni paura scompare e la sua
mente si muove in piena libert in rapporto ai pensieri e supe-
ra ogni timore e dolore spirituale, a immagine di quanto av-
verr nel secolo futuro. E questo perch, attraverso la grazia
di Cristo, stato giudicato degno della forma che appartiene
alla vita dell'uomo nuovo, al regno dei cieli, per effetto dei
moti che si manifestano nella sua natura. Ogni volta che si li-
bera in tal modo della paura e delle sofferenze, egli prova una
grande gioia spirituale e in tutte le sue meditazioni non asso-
miglia pi ai figli di questo secolo, giacch si trova ormai af-
francato dai pensieri, in una libert piena di moti di cono-
scenza e di stupore davanti a Dio. Nella misura in cui vive
nello stato di conoscenza, che superiore a quello dell'anima,
" Centurie di conoscenza IV,48.
2
93
ed innalzato al di sopra della paura, gli slanci dei suoi pen-
sieri risiedono a ogni istante nella gioia in Dio, come pro-
prio dei bambini
86

Questa gioia in Dio e questo stupore possono diventare un'e-
sperienza continua:
Beato l'intelletto che diventato degno del frutto della rifles-
sione continua su Dio, della meditazione e del pensiero sui
suoi misteri. In esso si adempie a ogni istante ci che stato
detto: "Signore, hai messo gioia nel mio cuore" (Sal4,8)
87
.
Tuttavia I sacco sottolinea che nell'esperienza spirituale la gioia
si accompagna alla sofferenza. Se la gioia deriva da un sentimen-
to d'amore fervido per Dio e dall'esperienza della sua ineffabile
vicinanza, d'altra parte la sofferenza si spiega con l'impossibili-
t di permanere sempre in questo stato. Ecco perch !sacco pu
esclamare: "Signore, rendirni degno di abbeverarmi a questa fon-
te!"88. Pi l'uomo si avvicina a Dio, pi cresce la sua sete ine-
stinguibile di comunione con lui. cos che gioia e sofferenza
procedono di conserva, come due facce di un'unica esperienza:
In virt di questo dolce patire che affligge la mente a causa di
Dio, e attraverso la tristezza vivificante di cui ha parlato l'A-
postolo (cf. 2Cor 7,ro), sorgono nell'intelletto, in conformi-
t alle diverse specie di meditazioni, il pentimento o la gioia
a causa di Dio, come pure un cuore intriso di inestinguibile
speranza. Sofferenza e gioia che, per l'ardore e la forza che
le contraddistinguono, bruciano e consumano il corpo fino a
disseccarlo, mentre il sangue affluisce copioso alle vene e do-
na calore, giacch la fiamma dei moti dell'intelletto riscalda
86
II,zo,ro-rr.
" II,z9,9
88
II,r8,r6.
294
tutto il corpo con il fuoco della liturgia nascosta. Essa provo-
ca a ogni istante una sorprendente trasformazione che procu-
ra o gioia o forte dolore all'anima e al corpo; e fa s che notte
e giorno l'uomo vegli in ansia per la propria salvezza, preghi
di tutto cuore e porga, con il cuore in fiamme e il pensiero im-
moto, fervide suppliche a Dio
89
.
Lo stato di stupore che alcuni asceti attraversano nel corso
della loro vita sulla terra il simbolo della meraviglia nella qua-
le vivranno i santi nel secolo a venire: essa un pregusto del re-
gno dei cieli
90
. Per avvalorare il suo pensiero !sacco fa appello a
Evagrio:
Evagrio, vaso traboccante di rivelazioni spirituali, lo chiama-
va "il centuplo che il Signore ha promesso nell'evangelo"
9
\ e
di fronte alla grandezza di questo stupore legato alla dolcez-
za, a ragione lo definiva "la chiave del regno dei cieli"
92
. Te lo
dico come se fossi davanti a Dio in persona: le membra corpo-
ree non possono sostenere una simile dolcezza e il cuore in-
capace di contenerla, tanto intensa. Cosa possiamo dire di
pi se i santi la chiamano "percezione del regno dei cieli"?
Giacch essa il mistero del futuro stupore davanti a Dio. I
giusti troveranno la loro gioia nel regno dei cieli non attraver-
so uno sguardo sul mondo materiale e la sua attivit, magra-
zie alle realt verso le quali l'intelletto, quasi percorrendo una
scala, risale di quaggi, cio il regno dei santi dove essi reste-
ranno colti dallo stupore. A buon diritto tale percezione vie-
ne detta il "mistero del regno dei cieli"; attraverso questi mi-
steri, infatti, conosciamo colui che il vero regno di tutto ci
che esiste, ogniqualvolta l'intelletto da essi sospinto grazie
al dono della forza divina
93
.
89
II,z4,2.
90
Cf. II,8,I4
91
Evagrio Pontico, Capitoli gnostici IV,42.
92
Ibid. IV,4o.
93 II,35,I213
2
95
L'"ebbrezza" d'amore per Dio
Il termine "ebbrezza" (rawwayuta) semanticamente affine a
"stupore". Esprime efficacemente l'eccezionale vigore dei sen-
timenti d'amore per Dio, di gioia e di rapimento spirituale, e
suggerisce una sorta di estasi mistica. Il tema della "sobria eb-
brezza" centrale nella tradizione mistica cristiana, e si incon-
tra gi in Origene e Gregorio di Nissa
94
. Nella tradizione siriaca
fa la sua apparizione in Efrem e Giovanni di Apamea. Tra gli au-
tori del VII secolo presente in Dadisho' e Simeone di Taibu-
teh95. Per Isacco, il concetto di ebbrezza spirituale rappresenta
per cos dire la sintesi di tutta la sua teologia mistica: lo studio
di questo concetto ci permetter di sviluppare i tratti salienti
della mistica del nostro autore.
Nel corpus degli scritti di Isacco il tema dell'ebbrezza pre-
sente sia nella prima che nella seconda parte. Nelle sue Centurie
di conoscenza egli ne parla a pi riprese. Ecco un esempio:
Finch non si resi degni della rivelazione dei misteri divini,
conosciuti dall'intelletto in perfetta purezza grazie all'azione
dello Spirito santo, a questo fine che la consolazione spiri-
tuale gustata da coloro che camminano sulla via della cono-
scenza. Che si tratti di meditare i salmi o di partecipare as-
siduamente alla lettura e alla preghiera, o alla riflessione sul
loro senso, lo scopo sempre quello: diventare degni dell'a-
zione dello Spirito nel proprio intelletto. Nello stupore par-
ziale e nell'ebbrezza del cuore, costoro prendono piacere nel-
la gioia che in Dio e nelle intuizioni che, di quando in quan-
do, oscuramente ricevono. Sono quelli che per conoscere Dio
9
'
1
Per un'analisi sistematica di questo tema si veda H. Lewy, Sobria ebrietas. Unter-
suchungen zur Geschichte der antiJ?en Mystik, Topelmann, Giessen I929.
95
Cf. S. Brock, n. 3 a Il,roa5, in CSCO 555, p. 49
affrontano ogni giorno grandi tentazioni e si preparano lieta-
mente alla morte, e la loro mente non si rattrista e la loro
quiete non si incrina
96
.
In uno dei capitoli della seconda parte, dedicato allo stato di
stupore che comincia al di l dei confini della preghiera, Isacco
ricorre alla metafora del vino per descrivere il rapimento spiri-
tuale che si impadronisce di chi prega:
Talvolta, quando la preghiera ancora solo in parte presen-
te, l'intelletto, come uno schiavo, strappato a se stesso verso
il cielo e le lacrime, scorrendo spontaneamente come fontane
d'acqua, rigano il viso. In questi momenti l'uomo tranquil-
lo, silenzioso, e il suo intimo pieno di una visione sorpren-
dente. Spesso non riesce pi assolutamente a pregare. Si trat-
ta, in verit, di quella cessazione della preghiera che al di l
della preghiera. Essa consiste nell'essere continuamente col-
ti da stupore davanti a tutta la creazione divina, come quelli
che hanno perso la testa per aver bevuto troppo vino: que-
sto "il vino che allieta il cuore dell'uomo" (Sal ro4,15) ...
Beato chi entrato da questa porta e ne ha fatto lui stesso
esperienza, giacch tutta la potenza dell'inchiostro, delle let-
tere e delle frasi troppo poca cosa per esprimere la dolcezza
di un tale mistero
97

Isacco ricorre pi spesso alla metafora dell'ebbrezza quando
parla dell'amore di Dio che afferra e rapisce. L'amore, per lui,
un dono che l'uomo non pu ottenere con i suoi soli sforzi. L'a-
scesi, lettura della Scrittura inclusa, favorisce l'acquisizione del-
l'amore ma senza un dono dall'alto, il vero amore non pu ma-
nifestarsi impossibile conoscere l'amore a partire
dai libri: lo si pu solamente gustare o bere. Scrive !sacco:
Centurie di conoscenza II,r4.
97 IIa5,r.6.
297
L'amore di Dio non si mette in movimento senza uno
ne sia consapevole, giacch non pu scaturire dalla sola cono-
scenza delle Scritture, cos come nessuno pu amare Dio solo
perd1 si sforza di farlo ... E nemmeno si pu amare Dio a
partire dalla legge o dai comandamenti, che stato lui a
darci e non senza rapporto con l'amore, la incute
timore, non amore. E finch uno non avr ricevuto Spiri-
to della rivelazione e i moti dell'anima non si saranno accom-
pagnati a quella sapienza che sta pi in alto del mondo, fin-
ch uno non avr conosciuto la di Dio attraverso
un'esperienza personale, non potr accostarsi al gusto glorio-
so dell'amore. Chi non ha bevuto (eshti) vino non diventa eb-
bro a forza d disquisire sul vino, e chi non stato giudicato
degno (esbtwi) di ricevere in s la conoscenza
di Dio non pu inebriarsi del suo amore
98
Il simbolismo del vino e dell'ebbrezza a Isacco l'oppor-
tunit di rappresentare diversi della vita mistica che
sarebbe stato difficile descrivere affidandosi solo alle parole. La
sete dell'unione con Dio, per esempio, cos caratteristica dei
momenti di derelizione, viene espressa attraverso la sete di be-
vande forti provata dal bevitore quando l'astinenza fa sentire i
suoi effetti:
Con un lodevole impulso il cuore si slancia verso Dio e grida:
"Il mio cuore ha sete del Dio vivente! Quando verr e potr
comparire dinanzi al volto di Dio?" (cf. Sal42,3). Solo chi ha
bevuto di questo vino e ne stato privato sa in che mise-
rancio stato di abbandono si trova, e di che cosa stato priva-
to a causa della sua u ~
5
u
5
~ ... u
Parlando dell'indebolimento che accompagna lo stupore,
Isacco lo paragona all'abbattimento prodotto dall'ubriachezza:
in siriaco.
IIIII2); PR r6 (p. r3r).
Grazie a questo potente e divino desiderio ... l'uomo comin-
cia a essere avviato all'amore di Dio e, tutt'a un tratto, entra
in uno stato di ebbrezza, come se avesse bevuto vino. Le
sua membra diventano fiacche, n pensiero colto da stupore,
il cuore, come uno schiavo, condotto a Dio. Cos come
ho detto, assomiglia a un ubriaco
100
.
Il fatto che l'ebbrezza derivante
menticare i pensieri e i dolori del mondo all'identi-
co fenomeno che accompagna l'intossicazione alcolica:
Come chi beve del vino in un giorno dolore dimentica
i propri affanni, cos l'ebbro d'amore di Dio in questo mon-
do, d1e una casa di lacrime, dimentica tutte le sue pene e il
suo dolore, reso alle passioni peccaminose dall'eb-
brezza101.
Nella vita mistica lo stato spirituale dell'uomo cambia ed egli
diventa disponibile a fino a poco prima inaccessibili.
Invece di una dolorosa egli prova la gioia in Dio,
grazie alla quale acquista un altro sguardo sul mondo e una di-
versa percezione della realt. Tale cambiamento del suo stato spi-
rituale anch'esso simboleggiato dalla percezione alterata della
realt nell'ubriaco:
Le buone azioni e l'umilt fanno dell'uomo un Dio in terra.
La e la misericordia lo avvicinano rapidamente alla pu-
rezza. impossibile che nella stessa persona convivano fer-
vore e contnzwne cuore, proprio come un ubriaco inca-
pace di controllare i suoi pensieri. Infatti, dal momento in cui
questo donato all'anima, la contrizione e le lacrime
le sono Il vino donato per l'allegrezza e il fervore per
too I.49 (p.
101
I,74 (p.
Tour:illle 40 (p. 234); PR 47 (pp. 337-338).
PR 78 (p. 543).
299
la gioia spirituale. Il vino riscalda il cuore e la parola di Dio
riscalda l'intelletto. Coloro che ardono di sono trasci-
nati dalla meditazione di quello che sperano, e preparano il
loro pensiero al secolo a venire. Infatti, come ubriachi di
vino sono soggetti a ogni sorta di allucinazioni, cos quanti
sono inebriati e riscaldati da questa speranza ignorano ormai
dolore e tutto ci che riguarda questo mondo
102

Trattando dell'impassibilit o assenza di passioni, Isacco ri-
corre di nuovo all'immagine dell'ebbrezza: "Impassibilit non
vuoi dire non provare le passioni, ma piuttosto non accoglierle,
grazie all'ebbrezza dell'intelletto prodotta dalla gloria dell'ani-
ma"103. stesso vocabolario adottato per lo stato
in cui la si arresta perch una gioia non terrena ha
preso possesso del cuore: "Vuoi dunque ornare il tuo corpo ...
Sta scritto: 'Di' cinque parole con la tua intelligenza' 1Cor
14,19), ma quando sei in preda all'ebbrezza"
104
L'espe-
rienza della spirituale che accompagna lo stato di stupore
descritta passo seguente:
Quando dunque nel pensiero di un uomo comincia a svilup-
parsi la speranza, e senza motivo apparente e senza sosta la
gioia improvvisa di cui parliamo germoglia nel suo cuore, egli
non conosce pi n la fatica, n il peso dell' acedia, n la pau-
ra della morte. Ti assicuro, fratello mio, che quest'uomo ar-
rivato dov' arrivato perch era completamente ebbro, al pun-
to che volendo glorificare Dio e confessare la propria gli
si la lingua e non riusciva a benedire Dio, ma bal-
bettava come un bimbo e parlava con Dio come un bambino
parla a suo Questa una gioia che inebria completa-
mente; di una gioia tale noi diciamo che rende il cuore
102
I,6 (p. 6o) = Touraille (p. 305); PR 6 (p. 95).
10
' Centurie di conoscenza
10
' Centurie di conoscenza
)00
do e che la porta d'ingresso rivelazioni spirituali del-
l'intelletto, quelle che si vedono nella preghieralo5.
L'immagine del vino offre a !sacco l'opportunit di precisare
cosa intende quando parla della dolcezza e delle delizie del cielo
proprie dell'esperienza mistica:
Una gioia si infiamma improvvisa nel tuo cuore, cosl inten-
sa da costringere la tua lingua a tacere, e una dolcezza ne sca-
turisce incessantemente e ti travolge, senza che tu nemmeno
te ne accorga? A tratti una dolcezza e una gioia che nessuna
lingua mortale potrebbe esprimere impercettibil-
mente in tutte le tue membra? .. . una simile dolcez-
za si diffonde in tutto il corpo e l'uomo, allora egli
pensa che il regno dei cieli non sia diverso da questo
106
.
Il senso di spirituale che si produce esperien-
ze mistiche e quello della vicinanza del fuoco divino che invade
l'uomo sua totalit sono ancora una volta descritti attraver-
so la similitudine dell'ebbrezza:
Domanda: Perch la speranza cos dolce, la sua condotta e le
fatiche che comporta cos leggere, la sua azione sull'anima co-
s rapida?
Risposta: essa avvia nell'anima un desiderio naturale,
da bere quel calice e lo inebria attraverso bel-
lezza. Perch le persone che fanno questa esperienza non sen-
tono la difficolt, diventano insensibili ai tormenti e per
tutto il resto del loro viaggio pensano di camminare sull'aria,
e che il loro non sia un incedere umano ... La spe-
ranza le fa ardere come fuoco, ed esse non sanno co:t1ce:aen
tregua alcuna nella corsa impetuosa e incessante
105
Centurie di conoscet/Za I,8o.
WG 1,68 (p. 333) = Touraille 8 (p. 98); PR 70 (p. 486).
)OI
con gioia. Si realizza in esse ci che stato detto dal profeta
Geremia: "Mi dicevo: non penser pi a lui, non parler pi
in suo nome! Ma nel mio cuore c'era come un fuoco ardente,
chiuso nelle mie ossa" (Ger 20,9). cos che il ricordo di Dio
opera nel cuore inebriandolo con la speranza delle sue pro-
messe107.
Il tema della "follia in Dio" strettamente legato a quello del-
l'ebbrezza ed anch'esso caratteristico di molti spirituali cri::
in san Paolo che contrappone la "sapienza del
mondo" alla "follia dell'evangelo" (cf. rCor r,r8-23), e la follia
di una vita alla gloria del mondo. I mistici parlano pi
tremJ:f'ntf'tnente di follia quando vogliono sottolineare il caratte-
re paradossale, inesplicabile e irrazionale dell'esperienza della
comunione con Dio.
cos che assimila lo stato di ebbrezza alla follia, a
causa dell'amore di Dio tipico dello stupore:
L'amore per natura e quando infiamma qualcuno ol-
tre rende folle la sua anima. Il cuore che prova un tale
amore non pu n contenerlo n sostenerlo ... Gi gli aposto-
li e i martiri ne furono inebriati. I primi poterono cos spar-
pagliarsi per tutto il mondo, soffrendo e patendo umiliazioni;
i secondi versarono sangue membra amputate come se
fosse acqua, ma tra i pi atroci tormenti non si persero
d'animo, li sopportarono coraggiosamente e, divenuti
sapienti, furono folli (cf. ICor 3,r8). Altri vagarono
"per i deserti, sui monti, tra le caverne e le spelonche della
terra" (Eb rr,38), e in mezzo al disordine furono assai ordi-
nati. Possa Dio a noi una follia del generei
08
!
Questa "follia" mistica stata vissuta da numerosi santi:
107
I,7I (pp. 346347)
108
1,35 (pp. 158159)
302
Dopo averne fatto esperienza i santi si dimenticarono di se
stessi e, resi folli, si precipitarono al tuo inseguimento; nella
loro erano continuamente mescolati a te ... Coloro
che hanno a questa dolce fonte perch avevano sete
del tuo amore, tu li hai resi ebbri e li hai colpiti con lo stupore
davanti ai tuoi misteri
10
9.
Ma non furono solo i santi del passato a diventare "folli" a
forza di ubriacarsi spiritualmente, giacch Isacco ne parla come
di un'esperienza follia quell'amore di Dio e del
prossimo che non conosce frontiere e supera tutti i limiti del ra-
gionevole. Il gusto dell'amore paragonabile a quello del miele
che , come il vino, simbolo di dolcezza:
Chi ha raggiunto l'amore divino non desidera pi restare
in questo mondo, perch l'amore scaccia la paura (cf. rGv
4,r8). Anche a me, miei amati, volta di ca-
dere nella follia. Non posso tacere
diventato folle per il bene dei miei
giacch l'amore vero non pu perseverare mistero senza
quelli che ama. Sovente, mentre scrivevo queste cose, le dita
mi si inceppavano sulla carta e non riuscivo a sostenere la
dolcezza che si rinnovava in cuore e riduceva i miei sensi al si-
lenzio ... La gioia in Dio pi grande di questa vita presente
e chi l'ha trovata non solo non bada pi alla ma
non getta pi neanche uno sguardo alla propria vita e non
conserva nessun altro sentimento, se questa gioia veramente
reale. L'amore pi dolce della vita, e la conoscenza di Dio
da cui nasce l'amore pi dolce del miele e del favo. Come
descrivere questa dolcezza dell'amore, pi dolce della vita
stessa? L'amore non ha paura di attraversare mille morti per i
suoi amici
110
.
109
Centurie di conoscenza 1,88.
110
1,62 (pp. 297-298) = Touraille 38 (pp. 227-228); PR 62 (pp. 430-432).
notare come in Isacco il simbolismo del vino e
rivestano a volte persino un carattere eucaristico.
L'amore vi appare allora come nutrimento e bevanda, come pa-
ne e vino con i gli amanti di Dio comunicano a ogni istan-
te. Il simbolismo eucaristico tipico degli autori della tradizio-
ne siriaca, a cominciare da Efrem, e Isacco lo sviluppa ampia-
mente:
ha trovato l'amore si comunica con il pane del cielo e vie-
ne fortificato senza fatica n dolore. Il pane del cielo Cri-
sto disceso dal cielo che ha dato la vita per il mondo (cf. Gv
6,5r), il nutrimento degli angel. Chi ha trovato l'amore
assapora ogni giorno e ogni ora Crsto e diventa immortale.
"Chi mangia questo pane vivr in eterno" (Gv 6,58). Beato
colui che assaggia il pane dell'amore che Ges! Chi
l'amore mangia Cristo che Dio al di sopra di tutto, come at-
testa Giovanni dicendo che "Dio amore" (rGv 4,8) ... L'a-
more il regno nel quale il Signore ha misticamente promesso
ai suoi discepoli che lo mangeranno. Giacch cosa
"mangiare e bere alla mia mensa nel mio regno"
se non che noi mangeremo l'amore? L'amore basta a nutrire
al posto del cibo e delle bevande. questo "il vino che allieta
il cuore dell'uomo" (Sal ro4,15). Beato colui che beve di que-
sto vino! Ne hanno bevuto i dissoluti e sono stati
peccatori, e hanno abbandonato la strada sulla si erano
impantanati
111
; gli ubriaconi ne hanno bevuto e sono diventati
amanti del digiuno; i ricchi ne hanno bevuto e hanno deside-
rato la povert; i poveri ne hanno bevuto e sono diventat ric-
chi di speranza; i malati ne hanno bevuto e sono stati guariti;
gli ignoranti ne hanno bevuto e sono diventati
m Variante: "sono diventati casti".
m I,46 (p. 224) = Touraille 72 (pp. 366-317); PR 5r (pp.
Fede e sapere
Resta da esaminare la gnoseologia di Isacco, il suo inse-
gnamento sui diversi gradi del sapere e sul rapporto tra cono-
scenza e fede
113
. Questo insegnamento il fondamento
teorico della sua teologia mistica e pertanto richiede di essere
studiato nell'ambito complessivo della sua dottrina mistica.
Per Isacco, fede e sapere sono due strade in direzioni op-
poste. L'acquisizione della fede presuppone un silenzio del sape-
re, e l'aumento del sapere contribuisce della fede:
L'anima in cammino sui sentieri
della fede compie sovente
ge di nuovo alle tecniche
vita ascetica e sulla via
Ma se essa s vol-
ta nella sua fede e privata sua forza spirituale ... Perch
l'anima che si affidata a Dio nella fede una volta per tutte
e che, per lunga sa riconoscere il suo agire, non
pensa pi a se stessa, in preda allo stupore e al si-
lenzio non pi1 capace di rivolgersi alle tecniche del sapere
... Il sapere si alla In tutto ci che la riguarda, la
fede distrugge del sapere, ma certamente non quelle
della conoscenza La legge del sapere consiste nel
rifiutarsi di agire senza un'indagine e un esame volto ad ac-
certare se quello che si pensa o si vuole possibile ... La fede,
al contrario, un solo modo di pensare, puro e sempli-
ce e lontano artificio o ricerca tecnica. Osserva fino a
che punto i si contrappongono! La fede risiede in un pen-
siero a quello dei bambini e in un cuore semplice ... Il
trappole ai cuori e ai pensieri semplici e vi s o p-
s colloca all'interno dei confini della natura
muove i propri passi al di l della natura
114
.
113
Sulla teoria della conoscenza di l sacco si veda anche J, Popovi, "H e gnoseolo-
ghla tou haghlou Isak tou in Theologhia 38 (I967), pp. 206-225, 386-407.
114
1,52 (pp. 2)}-254) 62 (pp. 329-330); PR )I (pp. 360-362).
305
Per Isacco la fede dotata di una potenza creatrice illimitata,
libera com' dall'impaccio di dover sottostare alle leggi della na-
tura, contrariamente al sapere che non pu agire al di fuori di
esse. Ecco perch il sapere serve la natura con timore, mentre la
fede travalica audacemente le sue leggi:
Il sapere accompagnato dal timore, la fede dalla speranza.
Quanto pi si seguono le tecniche del sapere, tanto pi si ca-
de in preda al timore ... ma chi cammina secondo la fede di-
venta ben presto libero e indipendente e, come figlio di Dio,
si serve di tutto a suo da padrone. L'amante della
fede, come Dio stesso, ha tutta la natura creata a disposizio-
ne, giacch la fede gli d il potere di creare nuove creature,
come pu fare Dio ... Sovente pu anche far uscire le cose dal
nulla, mentre il sapere non produce niente se non ha materia
a disposizione
115

in questo senso che la fede ammette la possibilit del mi-
racolo, mentre il sapere lo esclude in quanto estraneo alle leg-
gi della natura. Il carattere sovrannaturale e "miracoloso" del-
la fede confermato dall'esperienza dei martiri e degli asceti
cristiani:
in virt della fede che molti si sono gettati nelle fiamme e
hanno potuto farsi schermo all'ustione del fuoco, attraversan-
dolo indenni, oppure hanno passeggiato sulla superficie del
mare come sulla terra ferma. Tutto ci va al di l della natura
e contraddice le tecniche sapere ... Queste ultime hanno
dominato il mondo pi o meno per cinquemila anni
116
e nessu-
no mai riuscito ad alzare il capo da terra per accorgersi della
potenza del suo creatore, prima che la nostra fede ci illumi-
115
I,52 (p. 254) = Touraille 62 (pp. 330-33r); PR 51
116
Isacco calcola il tempo a partire "dalla creazione
tudine della chiesa antica.
, secondo la consue-
nasse liberandoci dalle tenebre dell'attivit terrestre ... Non
c' sapere che non si riveli insufficiente, per vasto che sia,
mentre le ricchezze della n cielo n terra possono con-
tenerle
117
.
Se la fede "pi elevata del sapere"
118
, I sacco tuttavia conce-
de che non si escludano a vicenda. Al contrario, la conoscenza e
il sapere conducono alla fede, e la fede il perfezionamento del-
la conoscenza:
La conoscenza riceve la sua dalla fede e acquista la
forza di salire pi in alto, di provare ci che sta al di l di ogni
sentimento, di contemplare uno splendore che l'intelligenza e
la conoscenza di una creatura non possono raggiungere. La
conoscenza un cammino attraverso il quale l'uomo sale alle
altezze della fede e una volta che le ha raggiunte non ha pi
bisogno del sapere
119

Ad onta dell'accento posto sulla qualit superiore della fede
in rapporto al sapere, Isacco non pu essere tacciato di anti-in-
tellettualismo: egli non un nemico della conoscenza razionale,
n propugna una fede e meramente istintiva. Egli conside-
ra l'ascesa a Dio come un cammino che va non solo dal sapere al-
la fede, ma dalla fede alla conoscenza. I concetti di
(haymanuta) e di conoscenza (ida'ta) hanno molte connotazioni a
un primo e a un secondo livello semantico.
Quando parla della superiorit della rispetto alla cono-
scenza, !sacco sottolinea che la fede non solo comprende la pro-
fessione esteriore di certi dogmi, ma implica l'esperienza miste-
riosa dell'incontro con la realt divina:
117
1!8
119
(p. 255) Touraille62 (p. 33r); PR r (p. 363).
(p. 256) = Touraille 62 (p. 333); PR r (p. 366).
(p. 257) = Touraille 62 (p. 334); PR I (p. 367).
Quando diciamo "fede" non intendiamo solo quella per cui
l'uomo crede alle diverse persone adorabili dell'Essenza divi-
na, alle sue propriet e alla sua meravigliosa economia di sal-
vezza per l'umanit grazie alla natura umana da essa assunta,
anche se questa forma della fede gi molto elevata. Ma noi
chiamiamo fede quella che risplende nell'anima per mezzo
della grazia e fortifica il cuore attraverso la testimonianza del-
l'intelletto. Questa fede disvelata non gi da un maggiore
ascolto delle orecchie, ma grazie agli occhi spirituali che con-
templano nell'anima i misteri nascosti e la ricchezza invisibi-
le di Dio che, dissimulata agli occhi dei figli della carne, ri-
velata dallo Spirito a coloro che si nutrono alla mensa di Cri-
sto ... L'anima si slancia in avanti, sprezzante di ogni pericolo
in virt della speranza che ripone in Dio e, sulle ali della fe-
de, si innalza al di sopra della creazione visibile. Essa diventa
come ebbra per lo stupore generato dall'assidua meditazione
su Dio e, grazie a una visione semplice e non composita e a
intuizioni invisibili sulla natura divina, l'intelletto si abitua a
una meditazione attenta di questa natura nascosta
120
.
In questo modo la fede una conoscenza sperimentale, un
contatto mistico con la realt divina espresso in termini di
"ebbrezza", "stupore", "visione", "intuizione" e "rivelazione".
Una simile fede, "piena di sicurezza di s" perch "viene dalla
grazia di Dio"
12
\ pi alta di qualsiasi presa di coscienza razio-
nale e, in quanto tale, conduce l'uomo oltre i suoi limiti. In que-
sto contesto i termini di "conoscenza" o "sapere" significano la
"saggezza del secolo presente" che "stoltezza davanti a Dio"
(rCor 3,19), "conoscenza terrestre" contrapposta alla fede.
La "conoscenza terrestre" rappresenta il primo dei tre tipi di
conoscenza descritti da !sacco. Al servizio del progresso della
civilt, della scienza e delle arti, essa una conoscenza senza
120
I,52 (pp. 262-263) = Touraille 65 (pp. 342-343); PR 5; (pp. 376377).
121
Centurie di conoscenza !,64.
Dio, al centro della quale sta un uomo pieno d'orgoglio che si fi-
gura signore dell'universo:
Quando la conoscenza si accompagna alla cupidigia della car-
ne, essa verte sui temi seguenti: ricchezza, vanagloria, onore,
rilassamento corporeo, attenzione a tutto ci che permette di
governare il mondo o produce invenzioni nuove nel campo
delle arti e delle scienze ... qui che si annida la conoscen-
za contraria alla fede. Viene anche chiamata "conoscenza nu-
da" perch esclude qualsiasi interesse per Dio e sta sotto l'im-
pero del corpo. Essa introduce nell'intelletto una debolezza
irrazionale e tutti i suoi interessi si appuntano unicamente
su questo mondo presente ... Essa non tiene alcun conto del-
la provvidenza divina che governa il mondo ... ma attribui-
sce alle proprie abilit quanto di buono c' nell'uomo ... al-
l'interno di questa conoscenza che piantato l'albero della
conoscenza del bene e del male, che sradica l'amore ... Essa
produce la presunzione e l'orgoglio, perch attribuisce a se
stessa tutto quello che c' di buono e non tiene alcun conto
di Dio
122
.
Accanto a questa "conoscenza nuda" c' la gnosi o cono-
scenza cristiana. Essa ha poco a che vedere con l'erudizione se-
colare, perch non proviene dai libri ma dalla pratica e dall' espe-
nenza:
Una cosa l'erudizione attinta dai libri e acquisita con lo stu-
dio, altra cosa la conoscenza della verit di ci che i libri con-
tengono. La prima consolidata da studi prolungati e dalla
fatica di seguire un insegnamento; la seconda si innalza [nel-
l' anima] attraverso la pratica dei comandamenti di Dio e per
mezzo di una coscienza limpida a lui rivolta
123
.
122
I,52 (pp. 258-259) =Touraille 63 (pp. 336337); PR 51 (pp. 369-371).
123
Centurie di conoscenza III,99
Contrariamente alla conoscenza profana che frutto di erudi-
zione, la conoscenza spirituale ha la sua fonte primaria in Dio:
Molti altri si sono fatti istruire da brevi sentenze messe per
iscritto nei libri di santi uomini che hanno [un po'] gonfiato
le parole e approfondito i loro discorsi su questo tema, pen-
sando cos di possedere realmente la condotta spirituale. Non
hanno pensato n compreso che non per mezzo di abili paro-
le n dell'esercizio di un insegnamento qualsiasi che quest'at-
tivit pu essere conosciuta e appresa dall'uomo. I misteri di
Dio non si insegnano con opera d'inchiostro e con parole, ma
sono da lui instillati nei cuori grazie a sorprendenti intuizioni
sulla sua maest, scaturite dal profondo di un'intelligenza pu-
rificata ... E se anche si trattasse di uomini dottissimi, sottili
e svelti nel comprendere, non potrebbero conoscere niente
senza aver ricevuto una rivelazione dallo Spirito
124
.
La vera conoscenza spirituale caratterizzata dal desiderio di
conoscere Dio e di avvicinarsi a lui obbedendo ai comandamenti
e percorrendo le varie vie dell'ascesi. Questo il secondo grado
della conoscenza, caratteristico dell'uomo di fede che tuttavia
non ha ancora raggiunto il culmine della sua scalata verso Dio.
Chi vi si trova pratica "il digiuno, la preghiera, la misericordia,
la lettura delle divine Scritture e svariate buone azioni", e com-
batte le passioni. La conoscenza spirituale fortifica la fede pur
non essendo ancora il grado pi elevato di conoscenza: "Essa
mostra le vie del cuore che ci conducono alla fede, lungo le qua-
li facciamo provviste per il nostro cammino verso il secolo futu-
ro. Tuttavia, si tratta ancora di una conoscenza corporea e com-
posita"
125
.
Il grado pi elevato della conoscenza quello che porta al di l
sia della conoscenza razionale, sia dei limiti dell'ascesi esteriore.
124
Centurie di co11osce11za IV, I 6- I 7.
125
I,52 (p. z6o) Touraille 64 (p. 339); PR 5I (pp. 372-373).
JIO
Si tratta di una conoscenza che sar per cos dire inghiottita dal-
l'esperienza mistica della fede, per poter risorgere in un secondo
tempo dotata di una qualit nuova:
Quando la conoscenza viene elevata al di sopra delle cose ter-
rene, quando i suoi pensieri cominciano a sperimentare le
realt interiori celate agli occhi ed essa si protende verso l'al-
to e segue la fede nel suo interesse per il secolo nuovo, nel suo
desiderio della beatitudine promessa e nell'esplorazione dei
misteri nascosti, allora la fede inghiottisce questa conoscen-
za, la riconverte e la rigenera per farla diventare interamente
spirito. Essa pu allora, quasi alata, prendere il volo nel regno
degli esseri incorporei, toccare le profondit di un mare inef-
fabile ponendo di fronte alla mente l'azione meravigliosa di
Dio che governa le creature spirituali e corporee, ed esplorare
i misteri spirituali che essa penetra con intelligenza semplice
e sottile. I sensi interiori sono poi avviati a un'attivit spiri-
tuale conforme a quella che sar la condizione della vita im-
mortale e incorruttibile. Giacch fin d'ora una simile fede
riceve, nel mistero, la resurrezione spirituale, testimonianza
verace del generale rinnovamento
126

Il terzo grado della conoscenza dunque costituito dallo stato
spirituale superiore che nasce dalla fede, la quale la via che
porta a tale grado di conoscenza. La vera conoscenza acquisita
con l'aiuto della fede l'opposto della "conoscenza terrena":
questa allontana da Dio, quella rende pi vicini a Dio; l'una
razionale, l'altra mistica; l'una intrisa d'orgoglio, l'altra insepa-
rabile dall'umilt:
La vera conoscenza rende perfetta nell'umilt l'anima di colo-
ro che l'hanno acquisita, come avvenne a Mos, David, Isaia,
126
I,52 (p. z6I) Touraille 65 (p. 340); PR 5I (pp. 373-374).
JII
Pietro, Paolo e gli altri santi sono stati resi degni della co-
noscenza per quanto a natura umana consentito. E analoga-
mente al caso di tali santi, anche la vera conoscenza di costo-
ro sempre sommersa da contemplazioni straordinarie, rive-
lazioni divine, visioni spirituali elevate e misteri ineffabli,
nonostante essi si considerino cenere e polvere
127
.
Da notare come i termini "contemplazione", "rivelazione" e
"visione" si applichino qui alla conoscenza, proprio come veni-
vano applicati alla un passo che abbiamo citato all'inizio
del capitolo.
Nella patristica la ripartizione della conoscenza tra-
dizionale: Isacco si all'insegnamento dei padri circa le co-
noscenze naturali, e sovrannaturalil
28
. Secondo ta-
le classificazione, la conoscenza degli atei, che
allontana da Dio; la conoscenza naturale quella religiosa che
conduce a Dio e la conoscenza sovrannaturale la conoscenza
mistica che unisce a Dio:
della conoscenza raffredda l'anima nei con-
fronti opere che portano a Dio; la seconda la infiamma e
la incita verso d che appartiene alla fede; la teF;;:a consiste
nel dalla fatica ed l'immagine di ci che verf, attra-
applicazione dell'intelletto che trova la pro-
nei misteri futuri
129
.
Isacco non segue sempre rigorosamente la classifica-
zione tradizionale. chiama talvolta conoscenza naturale tut-
ta la conoscenza del mondo materiale, conoscenza spirituale la
conoscenza di Dio e conoscenza sovrannaturale l'unione con lui.
Touraille 63 (pp. 337-338); PR 5r (p. 37r).
26r) Touraille65 (p. 34rl; PR 5r (p. 374), Cf. inoltre, ad esempio,
A di quelli cbe credono di w ere giustificati per !e opere 90.
65 (p. 34I); PR 5I (p. 375).
3I2
Quest'ultima, in definitiva, oltrepassa il concetto di "conoscen-
e si potrebbe anche chiamare "ignoranza" apofatica o
vra-conoscenza":
La conoscenza che si occupa delle cose visibili e il cui oggetto
ricevuto attraverso i sensi detta naturale. La conoscenza
che risiede nel campo spirituale e raggiunge con le sue
gli oggetti incorporei detta spirituale ... Ma la conoscenza
che si spinge fino alle cose di Dio s chiama sovrannaturale o
piuttosto ignoranza o anche conoscenza al di l della cono-
scenza130.
Questi ultimi due termini sono senza dubbio alla teo-
logia di Dionigi l'Areopagita, che chiama la conoscenza mistica
"n es d enza" o ignoranza
131
.
!sacco talvolta classifica la conoscenza in due categorie, di-
stinguendo tra "conoscenza naturale" e "conoscenza spiritua-
: E s i s t e una conoscenza che precede la e un'altra che
nasce dalla fede. Quella che precede la la conoscenza na-
turale, quella che nasce dalla fede spirituale"
132
conoscenza
naturale razionale, una "conoscenza dal basso"; la conoscenza
spirituale "sovra-razionale", una "conoscenza dall'alto". Non
bisogna credere, sottolinea Isacco, che l'unione con Dio - che
la vera conoscenza - sia accessibile ai ragionamenti discorsivi
dei filosofi:
Molte persone semplici pensano il fine dei ragionamenti
dei filosofi sia un certo pregusto di comunione che
contiene in s tutti gli splendori dei misteri divini. Il beato
vescovo Basilio, in una lettera al [Gregorio d Nissa],
Ho I,;n (p. 264) = Touraille 66 (p.
m Cf. Pseudo-Dionigi l'Areopagita,
132
!,47 (p. 226) = Touraille r8 (p. r24);
r e passim.
distingue tra la percezione dei filosofi e quella che ricevono i
santi circa le essenze create, quest'ultima essendo la scala ra-
zionale di cui parla il beato Evagrio
133
, e che al di l di qual-
siasi visione ordinaria: "C' una comunione -egli dice- che
apre la porta che ci permette di contemplare la conoscenza
delle essenze create ma non i misteri spirituali"
134
. Questa co-
noscenza dei filosofi egli la chiama una "conoscenza dal bas-
so", accessibile anche a coloro che giacciono sotto il dominio
delle passioni. Per contro, la percezione che ricevono i santi
nel loro intelletto, per mezzo della grazia, da lui chiamata
"conoscenza dall'alto dei misteri spirituali". Chi ne stato
reso degno rimane giorno e notte in questo stato come chi,
abbandonato il corpo, si trovasse gi nel mondo dei giusti. Si
tratta di quella dolcezza divina che il meraviglioso Ammonas,
uomo dal cuore puro, ha sostenuto essere "pi dolce del favo
o del miele"
135
, ma ben pochi fra i solitari e gli asceti l'hanno
conosciuta. l'ingresso nella divina quiete di cui hanno par-
lato i padri
136
, e il passaggio dal campo delle passioni all'illu-
minazione e agli slanci della libert
137
.
In quest'ultimo passo non si pu fare a meno di notare le mol-
te citazioni di testi patristici cui !sacco attinge per avvalorare le
sue affermazioni. In un altro testo, a proposito dei due tipi di
conoscenza, egli ricorre a Marco l'Eremita presso il quale il te-
ma della conoscenza studiato nel contesto delle pratiche asce-
tiche:
Esiste una conoscenza la cui forza dipende dalle opere buo-
ne ma ce n' un'altra costituita dalla meditazione dell'intel-
l t ~ o su Dio, come ha detto il beato Marco l'Asceta: "C' una
133
Evagrio Pontico, Capitoli gnostici IV,43. . . . . .
134 Basilio Lettera 2 (che Isacco sostiene essere indmzzata a Gregono d1 N1ssa).
m Ammo;1as, Lettere 2 (sul tema della forza divina che conduce l'uomo alla quiete).
136
Ibid.
U7 II,357-II.
conoscenza il cui oggetto l'attivit, un'altra che ha per og-
getto la verit. Come il sole superiore alla luna, cos la se-
conda pi importante della prima"
138
. Egli chiama "cono-
scenza attiva" quella che nasce dal servizio e dalla lotta con-
tro le passioni, conformemente all'insegnamento dei coman-
damenti: l'uomo diventa sapiente attraverso il rapporto con i
comandamenti, traendo profitto dalla meditazione su di essi.
Ma la conoscenza della verit quella che innalza l'intelletto
al di l di tutto ed illuminata dall'assidua meditazione su
Dio, giacch solo in virt della speranza l'intelletto innalza-
to fino a Dio
139
.
La prima specie di conoscenza corrisponde a quella che la tra-
dizione ascetica di lingua greca e soprattutto Evagrio chiama
"vita attiva" (praktik), mentre la seconda chiamata "vita con-
templativa" (theoria). !sacco adotta questa classica distinzione
in un passo delle Centurie di conoscenza
140
. La seconda specie di
conoscenza, identificata con la "contemplazione", non altro
che l'ascesa mistica dell'intelletto verso Dio.
Per !sacco la vera conoscenza consiste nel fare esperienza di
Dio, nell'incontrarlo personalmente. un'esperienza che per-
mette di toccare con mano la realt divina. Essa genera l'amore
di Dio ed fonte di estrema dolcezza:
L'amore nasce dalla conoscenza, e la conoscenza nasce dalla
salute spirituale ...
Domanda: Che cos' la conoscenza?
Risposta: La percezione della vita immortale.
Domanda: Che cos' questa vita immortale?
Risposta: L'esperienza di Dio. Giacch l'amore viene dalla
conoscenza e la conoscenza di Dio la regina di tutti i desi-
138
Cf. Marco l'Eremita, A proposito di quelli cbe credono di essere giustificati per le
opere I44
"'II,ro,r4-r6.
14
Cf. Centurie di conoscenza I,56.
cleri; al cuore di colui che l'ha ricevuta ogni altra dolcezza
della terra sembra insignificante. Nulla infatti paragonabile
alla dolcezza della conoscenza di Dio
141
.
L'uomo non pu ricevere la vera conoscenza prima di aver
raggiunto la purezza dell'intelletto, la semplicit di un bambi-
no e la santit. indispensabile rinunciare alla conoscenza na-
turale per acquisire quella spirituale:
Non solo impossibile per una conoscenza puramente umana
ricevere la conoscenza spirituale, ma non pu nemmeno pro-
varia attraverso i sensi, n rendersene degna in virt di qual-
che sia pur generoso sforzo. Chi desidera accostarsi a questa
conoscenza dello Spirito non potr avvicinarvisi nemmeno di
un passo finch non avr rinunciato alla conoscenza pura-
mente umana e finch i suoi pensieri non saranno diventati
come quelli di un bambino. La conoscenza dello Spirito
semplice e non illumina le concezioni umane. Finch l'intel-
letto non si liberato da un gran numero di pensieri e non
entrato nella semplicit unificata della purezza, non pu pro-
vare la conoscenza spirituale il cui oggetto percepire la dol-
cezza della vita del secolo a venire ... Nessuno pu accogliere
questa conoscenza spirituale a meno di convertirsi e diventa-
re come un bambino (cf. Mt r8,3). Infatti fin da questa vita
egli gi sperimenta il regno dei cieli. Quando dicono "regno",
le Scritture intendono la contemplazione spirituale
142
.
I vari gradi della conoscenza spirituale corrispondono alle di-
verse tappe dello sviluppo mistico. !sacco elenca cinque tappe
nella crescita spirituale, ciascuna delle quali possiede un par-
ticolare accento mistico e che, tutte insieme, costituiscono "il
vertice unico della conoscenza spirituale":
141
I,62 (p. 298) = Touraille 38 (p. 228); PR 62 (p. 43r).
142
I,72 (pp. 352-353) = Touraille r9 (pp. r3o-r3r); PR 77 (pp. 526-528).
Le prime delizie trovate nella rivelazione spirituale fatta al-
l'intelletto si incontrano nella contemplazione della sollecitu-
dine di Dio, della quale l'intelletto sente la potenza e l'effica-
cia negli avvenimenti sensibili. Vengono poi le delizie che si
trovano nella contemplazione di quella stessa sollecitudine in
favore degli esseri [viventi]. In terzo luogo, quelle derivanti
dalla contemplazione della sapienza di Dio negli esseri. L'in-
comprensibilit della sua economia di salvezza tanto mag-
giore quanto pi i suoi giudizi sono diseguali. A un primo
sguardo, queste delizie si producono soprattutto a partire da
mezzi umani: la prima fede dell'intelletto. A un secondo
sguardo, si basano sulla fiducia nel creatore e sono da essa
rafforzate. Al terzo, le delizie sono per cos dire soggiogate
dal suo amore, come un bimbo quando vede il padre. Nel
quarto caso, sono nascoste nella nube oscura della sua "multi-
forme sapienza" (Ef 3,ro). Al quinto impulso, le delizie sono
accompagnate dalla stupefazione, in una coscienza che non
comprende, sorda a ogni spiegazione ... Questi cinque cam-
biamenti, che si producono quando la comprensione aumen-
ta, sono contenuti sotto il vertice unico della conoscenza spi-
rituale143.
La conoscenza spirituale non si pu acquisire con sforzi uma-
ni: un dono dall'alto. Non conseguenza immediata di una vi-
ta religiosa e non deriva dalle opere buone, ma una ricompen-
sa accordata all'eccellenza della vita. Questa conoscenza condu-
ce alcuni fino al grado pi elevato della fede che ormai non pi
"fede per sentito dire" (cf. Rm Io,q) bensl "fondamento del-
le cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono" (Eb
I I, I):
Questa conoscenza spirituale concessa in dono all'esercizio
del timore di Dio. Se lo esaminerai attentamente ti accorgerai
"' Centurie di conoscenza II, 73.75.
che esso pentimento. E la conoscenza spirituale che lo se-
gue identica a quanto abbiamo detto a proposito del battesi-
mo, cio che "quello che abbiamo assaggiato come primizia
lo riceviamo in dono nel pentimento"
144
La conoscenza spiri-
tuale disvelamento di ci che nascosto. Quando uno fa
esperienza di queste cose invisibili che oltrepassano di gran
lunga tutto il resto e dalle quali deriva il nome di conoscenza
spirituale, allora nasce in lui un'altra fede che non si contrap-
pone alla precedente ma la conferma. Si chiama "fede della
contemplazione (theorfa) divina". Prima c'era l'ascolto, ora
c' la contemplazione (cf. Gb 42,5). Ma la contemplazione
pi certa dell' ascolto
145

Possiamo constatare che, per vie diverse, Isacco perviene a
un'unica conclusione: il culmine dell'ascesa spirituale l'espe-
rienza mistica, indipendentemente dal termine con il quale es-
sa designata: preghiera spirituale, contemplazione, rivelazio-
ne, visione, illuminazione, intuizione, fede contemplativa, co-
noscenza spirituale. La via che conduce a questo culmine pu
essere descritta come un percorso che va dalla vita attiva nelle
opere, la praktik, alla theoria, la contemplazione; dall'ascolto
alla visione, dalle tenebre all'illuminazione, dalla conoscenza ra-
zionale a quella sovra-razionale, dalla fede istintiva alla cono-
scenza spirituale, dal sapere umano all' "ignoranza" divina o alla
sovra-conoscenza. La via verso la conoscenza di Dio, che quel-
la dell'ignoranza o nescienza, una via che non conosce fine.
Non avr termine che nel secolo futuro, quando l'uomo sar di-
venuto capace della pienezza della contemplazione e della cono-
scenza:
144
1,46 (p. 223) = Touraille 72 (p. 365); PR 43 (p. 3r5).
'"' 1,47 (p. 227) = Touraille r8 (pp. I25I26); PR 44 (p. vo).
Prima di potersi avvicinare alla conoscenza, l'uomo dovr sa-
lire e scendere nella sua condotta. Avvicinandovisi, sar com-
pletamente sollevato; ma, quale che sia l'elevazione, la sua
ascesa verso la conoscenza sar portata a termine solo quando
avr raggiunto il secolo glorioso nel quale potr ricevere la
piena misura delle sue ricchezze
146
.
146
1,48 (p. 230) = Touraille 73 (p. 369); PR 45 (p. 324).
VIII
LA VITA DEL SECOLO A VENIRE
Dio non vendica il male ma lo risana.
La maggior parte degli uomini entreranno nel regno dei cieli
senza aver fatto l'esperienza della geenna.
Il,40,12
Ed eccoci giunti all'ultimo argomento della nostra disserta-
zione: l'escatologia di Isacco. La sua visione escatologica par-
te integrante del suo sistema teologico: essa deriva dall'insegna-
mento sul Dio-amore e si basa su presentimenti connessi alla sua
personale esperienza di mistico, avvalorati dall'autorit dei pa-
dri della chiesa che l'hanno preceduto.
La prima sezione di questo capitolo tratter il tema ascetico
tradizionale del memento mori. N ella seconda sezione raccoglie-
remo le concezioni escatologiche di !sacco cos come si trovano,
disseminate un po' dappertutto, nel corpus dei suoi scritti, ad
eccezione dei discorsi dal39 al 41 della seconda parte della sua
opera. Dal momento che questi tre ultimi discorsi presentano
un'esposizione sistematica, ci parso utile studiarli in dettaglio
nella terza sezione del capitolo, che funger da conclusione a
tutta la nostra ricerca.
321
Meditazione sul mondo a venire
La tradizione monastica d'oriente attribuisce una grande im-
portanza al "ricordo della morte", considerandolo una delle pra-
tiche capitali. Dobbiamo a Evagrio il consiglio: "Ri-
cordati sempre della tua morte e non dimenticare mai il giudizio
finale"
1
. Gli eco abba Isaia: "Abbi tutti i giorni la morte da-
vanti agli occhi ... preparati a rispondere nel giorno tremendo
del giudizio di Dio"
2
N ella tradizione siria ca i temi del ricordo
della morte e del giudizio finale sono stati particolarmente svi-
luppati da il Siro\ e proprio a lui si richiama !sacco nel
testo seguente:
Finch d troviamo in questo mondo Dio non appone il suo
suggello o sul male, fino all'ora della nostra morte
quando l'attivit in patria avr termine e usciremo in una re-
gione straniera. Come ha detto sant'Efrem: "Dobbiamo pen-
sare alla nostra anima come a un vascello pronto a salpare che
ancora non sa quando spirer il vento, o come un soldato che
non sa quando suoner la tromba di guerra. Se questo avviene
minore importanza, come ci dovremo prepa-
rare ed in vista di quel giorno tremendo, di fron-
te al ponte e alla porta conducono al secolo nuovo?"
4

Secondo !sacco il del carattere effimero della natu-
ra umana non ci dovrebbe abbandonare maP. Ogni volta che ci
prepariamo al sonno dobbiamo rammentarci della morte e dire a
1
Apoftegmi dei padri, Evagria 4
2
Abba Isaia, Discorri r.
3
La sua opera pi importante in siriaca la Lettera a Publio sulla geenna. I nume-
rosi testi di Efrem sull'argomenta, oggi conosciuti nelle principali lingue europee, ri-
salgano a versioni greche e non la totalit dei suoi scritti.
4
I,6r (p. 301) = Thuraille 38 (p. PR 62
5
Cf. I,49 (p. 238) Touraille 39 232); 335-336).
322
noi stessi che quella notte potrebbe essere l'ultima: "Quando ti
avvicini alletto, digli: 'Questa notte essere la mia tom-
ba, e io non so se invece di un sonno temporaneo non scender
su di me il sonno eterno"'
6
. Bisogna ricordarsi a ogni istante
del giudizio finale e prepararsi all'incontro con Dio:
Come dice l'Interprete
7
: "Il tempio della sempre
congiunto con Dio e il suo pensiero si preoccupa continua-
mente del suo giudizio"; e cosa vuol dire "preoccuparsi con-
tinuamente del suo giudizio" se non averlo sempre in cima
ai propri pensieri, cercare incessantemente il riposo in Dio,
rammaricarsi di non poter raggiungere la a causa
della fragilit della nostra natura? Rammaricarsi incessante-
mente significa portare incessantemente nel cuore il ricordo
di Dio, come ha detto il beato Basilio
8
... Ecco in che cosa
consistono la preoccupazione e il cuore frantumato con i quali
ci prepariamo al nostro riposo
9
!
Il pensiero della morte e del secolo a venire aiutano a domi-
nare la paura della morte:
uno persiste nella povert il pensiero della partenza
dalla vita non lo abbandona, ma orienta continuamente la sua
meditazione verso la vita dopo la resurrezione; egli vi si pre-
para sempre e in tutti i modi ... per non temere la morte,
a ogni istante fissa gli occhi su di lei, come se fosse l
aspettarlo
10

Il pensiero del giudizio finale, che sorge nell'uomo grazie
all'illuminazione spirituale, favorisce la sua crescita nel bene.
va te
(p. 215); PR 65 (p. 459).
tvlopsuestra. Nella versione greca e nelle traduzioni da essa deri-
anr:lotma a Gregorio il Teologo (di Nazianza).
3I8); PR 50 (pp. 352353l-
36o); PR 79 (p. 538).
Rammentandosi della sua ultima ora, l'uomo si fa pi riflessivo
e pi attento alla propria condotta:
Quando la forza spirituale che in noi si illumina, disprezzia-
mo profondamente la paura della morte e veniamo continua-
mente ispirati dalla speranza della resurrezione ... l' attenzio-
ne al giudizio di Dio si rafforza e l'uomo comincia a sorve-
gliare giorno e notte il proprio comportamento, le parole e i
pensieri; anche se si congeda da una splendida e pia ascesi,
tale attenzione e tale ricordo non lo abbandonano pi
11

"La meditazione sui beni futuri"
12
dovrebbe diventare una
delle occupazioni pi assidue del cristiano. Isacco porta l'esem-
pio di un asceta che prega cos:
Come ha fatto Dio a portare alla luce il mondo creato? ... E
come lo distrugger, annientando l'ammirevole costruzione,
la bellezza degli esseri, il corso armonioso delle creature, del-
le ore e dei momenti, la sequenza dei giorni e delle notti, gli
anni che si succedono agli anni, le variet dei fiori che sboc-
ciano dalla terra, le imponenti costruzioni cittadine con lo
splendore dei loro palazzi, i rapidi movimenti di popoli, la
loro operosit, la loro dura fatica dalla nascita fino alla mor-
te? Come arrestare tutt'a un tratto questo mirabile ordine per
dare inizio a un secolo nuovo, nel quale nessun ricordo del-
la prima creazione rester pi impresso in nessuno, nel qua-
le sopravverranno altri cambiamenti, altre meditazioni, altre
preoccupazioni? La natura umana non ricorder pi nulla di
questo mondo n della precedente forma di vita, perch l'in-
telletto dell'uomo aderir totalmente alla contemplazione del
suo nuovo stato, n pi gli sar concesso di tornare alla guerra
11
11,20,2.
12
Letteralmente: "meditazione sulle [realt] a venire". La versione greca, e le ver-
sioni moderne che da essa derivano, rendono "meditazione sulla restaurazione futura".
contro la carne e il sangue: con la distruzione del presente se-
colo, infatti, comincer immantinente il secolo futuro
13
.
Questa meditazione arante porta l'uomo allo stupore davanti
alla grandezza di Dio:
Oltre a essere colto da stupore davanti a ci che Dio ha fat-
to e ad avere la mente ricolma della sua maest, l'uomo per
giunta rapito fuori di s dalla misericordia divina: e pensare
che, dopo tutto questo, Dio ha preparato agli uomini un altro
mondo che non avr fine, la cui gloria non stata rivelata
nemmeno agli angeli! ... L'uomo colto da stupore di fron-
te alla gloria che trascende ogni cosa, di fronte all'immagine
di una restaurazione cos elevata e all'insignificanza della vita
presente in confronto alla creazione che stata preparata per
il secolo futuro
14
.
La meditazione escatologica sul secolo futuro l'inizio di una
rinascita spirituale e di un rinnovamento dell'uomo. Essa a poco
a poco spegne il lui il pensiero della carne e cambia le sue idee
mettendogli davanti agli occhi l'immagine del secolo a venire:
quindi nella meditazione continua sui beni futuri che sta
l'inizio del rinnovamento interiore dell'uomo. Egli in tal mo-
do progressivamente purificato dalla dissipazione abituale
dovuta a cause terrene: assomiglia al serpente che si spoglia
della vecchia pelle per rinnovarsi e ringiovanire. Allo stesso
modo, nella misura in cui i pensieri materiali e le preoccupa-
zioni che li accompagnano vanno scemando nell'intelletto, il
pensiero dei beni del cielo e lo sguardo appuntato al futuro
crescono nell'anima e si rafforzano. La dolcezza derivante dal
pensiero dei beni futuri supera quella che viene dai pensieri
materiali e li domina
15
.
13
I,37 (p. r8r) = Touraille 85 (p. 436); PR 35 (pp. 256-257).
14
II,ro,r9.
15
II,8,r6.
La vita dopo la morte
Consideriamo ora lo sguardo che !sacco rivolge alle realt
fondamentali dell'escatologia cristiana studiando i testi in cui
parla della morte, della resurrezione dei morti, della separazione
tra giusti e peccatori, delle pene dell'inferno e delle gioie del
paradiso.
Isacco considera l'esistenza dell'uomo sulla terra come uno
stato d'infanzia, un tempo da dedicare alla crescita spirituale.
L'et futma, al contrario, implica ciascuno abbia raggiunto
la sua taglia spirituale definitiva. I rapporti tra Dio e il suo po-
polo sono cos chiamati a matmare: non pi quelli di un padre
con dei bambini che richiedono cure assidue e a volte debbono
essere castigati. In altre parole, se la vita sulla terra corrisponde
a un tempo di preparazione, e crescita, quella nel se-
colo a venire corrisponder al pieno adempimento di tutte le po-
tenzialit dell'uomo:
Se Dio veramente lui che tutto ha generato attraver-
so la grazia, se gli esseri dotati di ragione sono suoi figli, se
questo mondo come una scuola in cui Dio educa i bambini
alla conoscenza e li corregge quando fanno una sciocchezza, e
se il mondo a venire un retaggio per quando la "piena matu-
rit [d Cristo]" 4, sar stata raggiunta, allora verr un
tempo in cui bambini diventeranno uomini e il padre
senza dubbio muter in gioia, in un mondo adulto, ci che
oggi ha l'apparenza del castigo, e i bambini saranno a loro
volta elevati al di l bisogno di essere corretti
16
.
La frontiera tra la vita sulla terra e quella del mondo a venire
costituita dalla morte. Isacco la morte lo shabta (sabato)
16
Centurie di conoscenza III, 7 r.
la natura umana trover riposo alla vigilia della
Sei giorni passano nell'attivit, nell'adempimento dei coman-
damenti; il settimo giorno viene trascorso interamente presso
la tomba; l'ottavo quello dell'uscita dalla tomba ... La tom-
ba il vero e incomparabile shabta che ci addita e ci fa cono-
scere il sollievo completo dal fardello delle passioni e il ristoro
che deriva dalla cessazione dell'attivit: la natura umana, ani-
ma e corpo, vi celebra il suo shabta
17
.
L'idea dello shabta come simbolo della morte affatto tradi-
zionale: la si ritrova sia nei testi patristici in quelli liturgici.
Parimenti tradizionale l'idea dell'ottavo come simbolo
della resurrezione. Per !sacco la
lo futuro altres prefigurata dal corpo
to durante la vita presente:
dei morti nel seco-
si risolleva dal pecca-
La vera resurrezione del corpo avr luogo quando esso sar
trasformato in modo ineffabile nel suo stato futuro, attraver-
so la spoliazione da ogni carnale e da tutto ci che
appartiene a quest'ultima. La sua resurrezione mistica avr
luogo quando sar risuscitato da ogni peccato cui era legato
nella sua vita terrena, e sar consacrato al servizio insuperabi-
le di Dio
18

Riguardo alla resurrezione, uno dei testi pi impressionanti si
trova nelle Centurie di conoscenza, in cui !sacco ne parla come di
una fonte di speranza per tutti uomini:
Non rattristarti, o di dover entrare un giorno nel
silenzio della tomba, tu il pi bello fra tutti, ma corrotto
11
1,29 (p. I4:2) = Touraille 74 (p. 3 n); PR 28 (pp. 202-204).
18
11,8,ro.
327
dall'oltraggio della morte! Dio ha posto un limite al silenzio
della tua umiliazione e alla totale spoliazione, senza che resti
ricordo di te. Com' bella la tua struttura corporea' Ma an-
che: com' impressionante la sua corruzione! Non !asciarti
per abbattere dalla tristezza, giacch tu la rivestirai di nuo-
vo quella struttura che, ardente di fuoco e di Spirito, porter
in s l'immagine esatta del Creatore. Non ti tormenti alcun
dubbio sulla solidit di questa speranza: Paolo stesso ti con-
forta: "Egli trasformer - dice - il corpo della nostra umi-
liazione e lo render conforme al corpo della sua gloria" (Fil
3,2 r). Non rattristarti se dovremo restare lunghi anni nella
corruzione della morte, sotto la polvere, fino a che soprav-
venga la fine del mondo presente, giacch tutto ci non pese-
r su di noi. La morte e tutto il tempo che dormiremo in una
tomba passeranno come il sogno di una notte. Infatti il Crea-
tore sapiente ha reso cos leggera la nostra morte che non ne
sentiremo minimamente dolore. Essa ci pesa finch non l'a-
vremo accolta, ma poi non ci accorgeremo n della corruzio-
ne n della dissoluzione della nostra struttura, ma tutto ci,
quando ci sveglieremo e ci alzeremo per un nuovo giorno co-
me se ci fossimo addormentati la sera prima, non sar stato
altro che il sogno di una notte. Cos, leggero sar per noi il
sonno prolungato della tomba e lieve la durata degli anni che
vi passeremo
19
.
Il giudizio finale presentato da Isacco come il momento del-
l'incontro non solo con Dio ma con tutti coloro ai quali la nostra
vita quaggi stata legata. La sentenza decreter o l'entrata del-
l' anima nel regno di Cristo insieme ai giusti, o la sua separazio-
ne da loro. Tuttavia essa non sar altro che una semplice ratifica
dello stato raggiunto dall'uomo nella sua vita sulla terra. Chi
stato separato quaggi dai suoi amici da una vita di peccato, lo
sar anche l:
19
Centurie di conoscenza III,74-75
Guai al monaco che infrange il suo voto e, calpestando la pro-
pria coscienza, d la mano al diavolo ... Con che faccia si pre-
senter al giudizio quando i suoi amici - gli stessi dai quali si
era separato durante il cammino comune per avviarsi alla via
della perdizione-, raggiunta la purezza, si ritroveranno al suo
fianco? E, cosa ancora pi tremenda: come egli se n'era stac-
cato lungo il cammino di quaggi, cos Cristo lo separer da
loro nel giorno in cui una nube luminosa ne innalzer i corpi
fulgidi di purezza per deporli dinanzi alle porte del cielo
20

Agli occhi di Isacco la vita del secolo futuro appare come un
"riposo ininterrotto e ineffabile in Dio"
21
. Essa non conosce n
cambiamento n fine: "La nostra dimora sar in cielo e noi sare-
mo esseri celesti in una vita che non conoscer mai n fine n
mutamento"
22
All'attivit corporea se ne sostituir una spiri-
tuale che consister in "uno sguardo di estrema dolcezza e una
visione senza distrazioni"
23
. La mente umana sar tutta presa
dalla contemplazione della bellezza di Dio in uno stato di inin-
terrotto stupore:
La natura umana non cesser mai di stupirsi di Dio e non
conserver nessun pensiero riguardo alle creature ... Dal mo-
mento che, nella rinascita futura, ogni bellezza creata sar in-
feriore a quella di Dio, come potrebbe la mente, assorta nella
sua contemplazione, distrarsi da essa
24
?
Nel secolo futuro cesser anche di esistere la struttura gerar-
chica del mondo, secondo la quale le rivelazioni divine vengono
trasmesse da Dio agli ordini superiori degli angeli, quindi, per il
loro tramite, agli ordini inferiori e all'uomo:
20
I,9 (p. n ~ Touraille +r (p. 239); PR 9 (p. I I4).
21 II, I8,3.
22
Centurie di conoscenza I, I 9.
"II,8,2.
24
I,43 (p. 214) ~ Touraille I7 (p. I2I); PR 40 (p. 304).
dall'oltraggio della morte! Dio ha posto un limite al silenzio
della tua umiliazione e alla totale spoliazione, senza che resti
ricordo di te. Com' bella la tua struttura corporea! Ma an-
che: com' impressionante la sua corruzione! Non lasciarti
per abbattere dalla tristezza, giacch tu la rivestirai di nuo-
vo quella struttura che, ardente di fuoco e di Spirito, porter
in s l'immagine esatta del Creatore. Non ti tormenti alcun
dubbio sulla solidit di questa speranza: Paolo stesso ti con-
forta: "Egli trasformer - dice - il corpo della nostra umi-
liazione e lo render conforme al corpo della sua gloria" (Fil
3,2r). Non rattristarti se dovremo restare lunghi anni nella
corruzione della morte, sotto la polvere, fino a che soprav-
venga la fine del mondo presente, giacch tutto ci non pese-
r su di noi. La morte e tutto il tempo che dormiremo in una
tomba passeranno come il sogno di una notte. Infatti il Crea-
tore sapiente ha reso cos leggera la nostra morte che non ne
sentiremo minimamente dolore. Essa ci pesa finch non l'a-
vremo accolta, ma poi non ci accorgeremo n della corruzio-
ne n della dissoluzione della nostra struttura, ma tutto ci,
quando ci sveglieremo e ci alzeremo per un nuovo giorno co-
me se ci fossimo addormentati la sera prima, non sar stato
altro che il sogno di una notte. Cos, leggero sar per noi il
sonno prolungato della tomba e lieve la durata degli anni che
vi passeremo
19
.
Il giudizio finale presentato da !sacco come il momento del-
l'incontro non solo con Dio ma con tutti coloro ai quali la nostra
vita quaggi stata legata. La sentenza decreter o l'entrata del-
l' anima nel regno di Cristo insieme ai giusti, o la sua separazio-
ne da loro. Tuttavia essa non sar altro che una semplice ratifica
dello stato raggiunto dall'uomo nella sua vita sulla terra. Chi
stato separato quaggi dai suoi amici da una vita di peccato, lo
sar anche l:
19
Centurie di conoscenza III,74-75
Guai al monaco che infrange il suo voto e, calpestando la pro-
pria coscienza, d la mano al diavolo ... Con che faccia si pre-
senter al giudizio quando i suoi amici - gli stessi dai quali si
era separato durante il cammino comune per avviarsi alla via
della perdizione -, raggiunta la purezza, si ritroveranno al suo
fianco? E, cosa ancora pi tremenda: come egli se n'era stac-
cato lungo il cammino di quaggi, cos Cristo lo separer da
loro nel giorno in cui una nube luminosa ne innalzer i corpi
fulgidi di purezza per deporli dinanzi alle porte del cielo
20

Agli occhi di !sacco la vita del secolo futuro appare come un
"riposo ininterrotto e ineffabile in Dio"
21
. Essa non conosce n
cambiamento n fine: "La nostra dimora sar in cielo e noi sare-
mo esseri celesti in una vita che non conoscer mai n fine n
mutamento"
22
. All'attivit corporea se ne sostituir una spiri-
tuale che consister in "uno sguardo d estrema dolcezza e una
visione senza distrazioni"
23
. La mente umana sar tutta presa
dalla contemplazione della bellezza di Dio in uno stato di inin-
terrotto stupore:
La natura umana non cesser mai di stupirsi di Dio e non
conserver nessun pensiero riguardo alle creature ... Dal mo-
mento che, nella rinascita futura, ogni bellezza creata sar in-
feriore a quella di Dio, come potrebbe la mente, assorta nella
sua contemplazione, distrarsi da essa
24
?
Nel secolo futuro cesser anche di esistere la struttura gerar-
chica del mondo, secondo la quale le rivelazioni divine vengono
trasmesse da Dio agli ordini superiori degli angeli, quindi, per il
loro tramite, agli ordini inferiori e all'uomo:
20
I,9 (p. 73) = Touraille 4r (p. 239); PR 9 (p. rr4).
21
II,r8,3.
22
Centurie di conoscenza I,r9.
"II,S,z.
24
I,43 (p. 2r4) = Touraille r7 (p. rzr); PR 40 (p. 304).
Nel secolo a venire quest'ordine di cose sar soppresso, giac-
ch nessuno ricever da altri la rivelazione della gloria di Dio
per la gloria e la gioia della sua anima, ma essa sar elargita a
tutti, senza intermediari, dal Signore in persona, a ciascuno
secondo le sue forze in rapporto alla misura della sua ascesi e
a ci di cui degno. Nessun dono verr da altri, come accade
oggi; nessuno insegner e nessuno dovr essere istruito, nes-
suno avr bisogno di altri per colmare le proprie carenze. Ci
sar un solo Donatore che doner senza intermediari a quanti
saranno in grado di ricevere, e questi ne otterranno la gioia
del cielo. Abolite le categorie di maestro e di discepolo, il de-
siderio di tutti sar di incontrare al pi presto l'Unico
25
.
Nel secolo a venire le attivit spirituali di questo mondo sa-
ranno annullate. In particolare, la preghiera nella sua forma pre-
sente verr sostituita da uno stato sovrannaturale di cui solo i
santi per ora hanno avuto saltuariamente esperienza:
Fra tutti i modi di essere dello stato psichico nulla pi eleva-
to e pi grande della preghiera. Nel mondo a venire, tuttavia,
persino la preghiera sparir, poich gli uomini resteranno mu-
ti davanti a un ordine pi elevato di quello della preghiera.
Ordine che, fin da questo mondo, gi di tanto in tanto con-
cesso ai santi quando pregano e a coloro che hanno raggiunto
la pienezza
26

Anche la contemplazione e le visioni cesseranno alla fine dei
tempi:
Se tutto ci che ha attinenza con l'oggetto della contempla-
zione naturale, con tutte le sue forme, sar abolito nel mondo
futuro - giacch sta scritto che la forma di questo mondo pas-
"I,z8 (p. I4o) = Touraille 84 (pp. 4I4-4I5); PR 27 (p. zoi).
26
Centurie di conoscenza III,46.
330
ser con tutti i suoi gradi (cf. 1Cor 7,31)- evidente che la
sua contemplazione sar anch'essa abolita e, con essa, la sua
visione
27
.
Nella futura felicit nessuno subir costrizioni. Ognuno do-
vr fare una scelta personale per trovare la propria gioia in Dio.
Per gli uomini tale scelta ha luogo durante la vita sulla terra e si
esp:t:ime nella rinuncia alle passioni e nella conversione: "Non
che gli uomini siano costretti a ereditare la gloria futura contro
la loro volont e senza conversione, giacch piaciuto alla sa-
pienza di Dio che ciascuno scelga i1 bene spontaneamente e pos-
sa cos essere introdotto presso di lui"
28
. La felicit futura sar
appannaggio di coloro che fin dalla vita presente avranno rag-
giunto la "terra della promessa" e si saranno congiunti a Dio.
I sacco per non esclude dal regno dei cieli quanti, pur non aven-
do visto quella terra da vicino, sono morti nella speranza di rag-
giungerla. Costoro, che hanno aspirato alla pienezza senza rag-
giungerla, saranno inclusi nella schiera dei giusti dell'Antico Te-
stamento, che non hanno visto il Cristo in vita ma hanno spera-
to in lui
29
.
Chi entrer nel regno dei cieli si trover pi o meno vicino
a Dio secondo la propria capacit di accogliere la luce divina.
Questa differenza di grado non implica tuttavia una disegua-
glianza gerarchica tra gli eletti: per ciascuno, la misura personale
della comunione con Dio sar la pi grande possibi1e e nessuno
si trover in posizione tale da prevalere sugli altri:
Parlando d eli' esistenza di molte dimore presso il Padre (cf.
Gv 14,2) il Salvatore allude alle diverse misure di conoscenza
di quanti abiteranno in quel luogo, cio all'ineguaglianza e al-
27
Centurie di conoscenza III,9.
28
II,I0,20.
29
Cf. I,I2 (p. So)= Touraille II (p. Io6); PR I2 (p. I23).
33
1
la differenza dei doni spirituali che faranno la nostra gioia se-
condo la misura della conoscenza. In effetti, parlando di "di-
more differenti" egli non intende luoghi diversi. Come ognu-
no gode del sole materiale in proporzione della purezza e del-
la virt ricettiva del suo sguardo ... cos nel secolo futuro i
giusti risiederanno tutti nella stessa regione senza essere se-
parati gli uni dagli altri, ma ognuno contempler il medesi-
mo sole spirituale secondo la sua misura personale, e attirer
gioia e allegrezza secondo la propria degnit ... Nessuno con-
siderer la parte toccata all'amico pi o meno importante del-
la propria, cosicch, anche se dovesse constatare che la grazia
dell'amico supera)a propria, non prover per questo ramma-
rico o tristezza. E impossibile che sia diversamente l dove
non ci saranno pi n rimpianti n lamenti (cf. Ap 2r,4)! Al
contrario, ciascuno gioir interiormente della misura che gli
stata concessa
30
.
Bench ci siano molte dimore nel regno dei cieli, tutte sono
comprese entro i suoi confini, oltre i quali c' la geenna di fuo-
co. Isacco non conosce nessuno stato intermedio tra il regno e la
geenna:
Nel regno dei cieli l'oggetto della contemplazione lo stesso
per tutti, come pure il luogo. Tra questi due stati non c' via
di mezzo. Ho visto il livello pi alto e il pi basso: la differen-
za tra i due sta nella diversit delle ricompense. Se questo
giusto - e certamente lo - si possono allora dire parole pi
insensate e sciocche di queste: "Mi basta evitare la oeenna
perch dovrei preoccuparmi di entrare nel regno?". Infatti:
evitare la geenna la stessa cosa che entrare nel reano e man-
care il regno lo stesso che precipitare nella geen;a. La Scrit-
tura non parla di tre regioni, ma dice: "Quando verr il Figlio
dell'uomo ... porr le pecore alla sua destra e i capri alla sini-
30
I,6 (pp. 55-56)= Touraille 56 (pp. 299-3oo); PR 6 (pp. 86-87).
332
stra" (M t 25,3 r.33). Non capisci da queste parole che lo stato
opposto a quello pi eccelso la geenna dei tormentP
1
?
Cosa rappresentano il paradiso e la geenna nel pensiero di
Isacco? La felicit del cielo consiste per lui nella comunione del-
l'uomo con l'amore di Dio che "l'albero della vita" o "il pane
del cielo", cio Dio stesso:
Il paradiso l'amore di Dio nel quale si trovano le delizie di
tutti i beati. Il beato Paolo vi ricevette un cibo sovrannaturale
e dopo aver assaggiato dell'albero della vita esclam: "Quelle
cose che occhio non vide, n orecchio ud, n mai entraro-
no nel cuore di un uomo, queste Dio le ha preparate per colo-
ro che lo amano" (rCor 2,9). Adamo divenne estraneo a que-
st' albero per suggerimento del diavolo. L'albero della vita
l'amore di Dio dal quale Adamo stato strappato al momento
della caduta ... Finch non abbiamo trovato l'amore, tutto ci
che riusciamo a produrre sulla terra sono soltanto rovi ... Ma
quando l'abbiamo trovato veniamo nutriti dal pane del cielo
... Il pane del cielo Cristo, disceso dal cielo per dare la vita
al mondo (cf. Gv 6,33) ... in modo tale che chi vive secondo
l'amore coglie la vita accanto a Dio e, fin da questo mondo,
respira l'aria della resurrezione, quell'aria che far la letizia
dei giustP
2
.
I tormenti dell'inferno, al contrario, si compendiano nell'im-
possibilit di unirsi all'amore di Dio. Ci non significa che al-
l'inferno i peccatori ne siano privati: anzi, l'amore egualmente
offerto tanto ai peccatori quanto ai giusti. Ma per i primi esso
diventa fonte di gioia e felicit in paradiso, per gli altri, fonte di
tormento nella geenna:
"I,6 (pp. 56-57)= Touraille 56 (p. 3oo); PR 6 (p. 88).
32
I,46 (p. 224) = Touraille 72 (pp. 366-367); PR 43 (pp. 3 r6-3 q).
333
Sostengo che coloro che sono tormentati geenna sono
flagellati dalla sferza dell'amore! E quanto cocente e
le tale tormento! Coloro infatti che si rendono conto di aver
peccato contro l'amore subiscono un tormento della
paura del castigo; la tristezza che pervade i loro cuori a causa
dei peceat contro l'amore pi terribile di ~
Sarebbe fuori luogo pensare che i nella geenna sia-
no privati dell'amore di Dio. L'amore ... concesso a tutti in
generale. Ma la forza dell'amore ha un effetto: tor-
menta i peccatori - proprio come quaggi essa a volte fa sl
che un amico soffra a causa dell'amico quelli che
hanno pagato il loro debito. a mio avviso, i tormenti
della geenna sono una forma di Ma me-
bria delle sue gioie i figli del cielo".
Bench Isacco sia persuaso che finale le pecore
saranno separate dai capri e questi precipiteranno nella
geenna, questa convinzione non gli di sperare nella
misericordia di Dio la quale, a suo giudizio, trascende qualsiasi
idea di giusta ricompensa, come abbiamo potuto rilevare nel pri-
mo capitolo di questo libro. La fiducia nella misericordia di Dio
lo induce a pensare che le dei peccatori nella geenna
non siano eterne. Se il male, il la morte e la geenna non
hanno origine in Dio, concepibile possano durare eterna-
mente? Se i demoni, come pure uomini malvagi, sono stati
creati da Dio buoni e senza ma si sono staccati da lui
per loro libera scelta, pensabile Dio possa accettare in eter-
no una situazione simile? del genere sono state poste,
molto prima di Isacco, da alcuni padri e dottori della chiesa an-
tica, in particolare da Nissa.
Un discorso della non tradotto in greco, ha come
titolo: "Contro dicono: Se Dio buono, perch ha
33
!,28 (p. r4rl Touraille 84 (p. 4r5); PR 27 (pp. 2or-202).
334
creato cose simili?". Isacco confuta la concezione dualistica se-
condo la quale il bene e il male, Dio e il demonio sono
te eterni. Nella sua argomentazione Isacco abbandona
mento consueto della tradizione cristiana secondo cui Dio non
sarebbe il creatore del male perch il male non ha sostanza:
Il peccato, la geenna e la morte non esistono nel pi as-
soluto in Dio, perch sono azioni e non sostanze. Il peccato
frutto della libera volont. Ci fu un tempo in cui il peccato
non esisteva e ci sar un tempo in cui non esister La
geenna frutto del peccato. Essa ha cominciato a esistere a
partire da un dato momento, ma il tempo sua fine ci
ignoto. La morte tuttavia la misericor-
dia del Creatore. Essa dominer solo per poco sulla natura e
sar in seguito completamente abolita. Il nome di Satana in-
dica la sua caduta volontaria al di fuori ma non
vuoi dire che sia stato malvagio fin dall'inizio
34

Per Isacco, il peccato e la morte saranno aboliti da Dio, men-
tre la "fine della geenna" rimane e la sua conoscenza
travalica i limiti della ragione umana: non per nulla essa non fa
nemmeno parte dell'insegnamento dogmatico della chiesa. Isac-
co non sviluppa qui il suo insegnamento carattere non eterno
della geenna, come avr occasione di discorsi dal 39 al
41 della seconda parte. La sua attenzione inizialmente non si
appunta sulla geenna in s e per s, ma piuttosto sulla futura tra-
sfigurazione dell'universo dopo l'abolizione della geenna.
La visione escatologica di Isacco pervasa di ottimismo. In
questo senso egli vicino all'escatologia di san Paolo, presso
il quale troviamo la dottrina della trasfigurazione della creazio-
ne, quando "la morte sar stata ingoiata per la vittoria" (rCor
15,55), e Dio sar "tutto in (rCor 15,28). Isacco con-
34
PR 26 (p. r89).
335
vinto che questo stato, che ci promesso, arriver senza fallo,
anche se potr essere preceduto da un periodo intermedio du-
rante il quale i peccatori si troveranno nella geenna. La speranza
della trasfigurazione del creato alla fine della storia umana gli fa
sgorgare dal cuore un rendimento di grazie a un Dio la cui mise-
ricordia non conosce limiti:
Che bont infinita quella con cui Dio porta la natura pecca-
trice al suo rinnovamento! Chi ha forze sufficienti a glorifi-
carlo? Egli risolleva chi ha trasgredito i suoi ordini e bestem-
miato il suo Nome! Il peccatore non sa immaginarsi la grazia
della sua resurrezione. Dov' la geenna che avrebbe potuto
abbatterci? Dov' il tormento capace di impaurirci in mille
modi e di soverchiare la gioia del suo amore? E che cosa signi-
fica la geenna in confronto alla grazia della sua resurrezione,
quando ci sollever dagli inferi e far s che "questo corpo
corruttibile si vesta di incorruttibilit" (1Cor 15,53), e innal-
zer nella gloria ci che prima era all'inferno? Venite, uomini
dotati di ragione, e riempitevi di meraviglia! Quale uomo do-
tato di spirito saggio e ammirevole sarebbe degno di stupirsi
della misericordia del nostro creatore? C' forse un premio
per i peccatori se, invece di un equo compenso, egli dona lo-
ro la resurrezione e, al posto della corruzione dei loro corpi, li
riveste della gloria perfetta dell'incorruttibilit? Una miseri-
cordia simile - farci risuscitare dopo tutti i peccati che abbia-
mo commesso! - pi grande di quella che ci ha portato dal
nulla alla luce. Gloria, o Signore, alla tua grazia infinita! Ec-
co, le onde della tua grazia mi riducono al silenzio e non mi
lasciano pi alcun pensiero per ringraziartP
5
!
"I,5r (pp. 251-252) = Touraille 6o (p. 325); PR 50 (pp. 358-359)
< ~ i j f
i
Punizione eterna o salvezza universale?
Gli avvenimenti successivi alla morte sono oggetto di uno
studio particolare nei tre capitoli conclusivi della seconda parte
dell'opera di Isacco. Il capitolo 39 intitolato: "Contemplazio-
ne sul tema della geenna, per quanto sia concessa a natura uma-
na la grazia di farsi un'opinione su tali misteri". Esso contiene
un'ampia trattazione teorica della sua dottrina sulla natura, il fi-
ne e la durata dei tormenti della geenna. Il discorso 40 si riallac-
cia al precedente e il suo tema cos definito: "Il carattere per-
manente e immutabile della natura divina e il suo amore, all'ini-
zio e alla fine della creazione". Il discorso 4 r trae le conclusioni
etiche degli altri due.
Nel discorso 39 la riflessione di Isacco comincia con il chie-
dersi perch Dio abbia istituito la geenna. L'autore sottolinea
che tutta l'attivit di Dio per l'umanit discende dalla sua "im-
mutata ed eterna bont", dall'amore e dalla compassione. Per-
tanto, gli sembra blasfemo pensare che Dio possa agire per ven-
detta o rivalsa
36
. Tale opinione tanto pi inaccettabile in quan-
to Dio, pur conoscendo prima ancora di crearlo i peccati e le fu-
ture cadute dell'uomo, nondimeno lo cre:
Che vergogna pensare che in Dio possa albergare il desiderio
di vendicarsi del male commesso dall'uomo: sarebbe come at-
tribuire a questo essere [perfetto] la debolezza di servirsi di
una cosa tanto importante e dolorosa per prendersi una rivin-
cita! Se gi inverosimile trovare un desiderio del genere in
persone dalla vita pia e onesta in pieno accordo con la volon-
t di Dio, a maggior ragione non credibile che Dio abbia
potuto fare alcunch a scopo di vendetta per il male compiu-
to, mentre sapeva gi da prima come si sarebbero comporta-
36
Si vedano le citazioni del capitolo "Dio, l'universo e gli uomini" (supra, pp. 37-72).
337
ti quelli ai quali con stima e amore aveva dato la vita. Sapeva
tutto quello che avrebbero fatto, eppure non ha chiuso la fon-
te della sua grazia. Dir di pi: anche dopo che essi si furono
impegolati in azioni malvagie la sua sollecitudine per loro
non venne meno un solo istante
37
.
Ancora pi fuorviante l'opinione secondo la quale Dio
avrebbe permesso agli uomini di peccare durante la loro vita sul-
la terra per poterli punire eternamente dopo la morte. Questa
affermazione blasfema e perversa equivale a una calunnia:
Se qualcuno sostiene che unicamente per manifestare la sua
pazienza Dio tollera quaggi quelli che poi castigher sen-
za misericordia nell'aldil, attribuisce a Dio - mostrando una
coscienza puerile - una bestemmia mostruosa: toglie a Dio la
bont, e la misericordia, cio precisamente le
qualit grazie alle quali egli sopporta i peccatori e i malvagi.
Chi pensa questo attribuisce a Dio uno stato d'animo passio-
nale, come se egli evitasse di infliggere castighi quaggi solo
per paterne preparare in cambio di ben pi gravi, dopo questa
pazienza di corta durata. Un uomo del genere non solo non
attribuisce a Dio niente di giusto o lodevole, ma addirittura
lo calunnia
38

In questa presentazione della bont e della misericordia divi-
ne !sacco ha in mente il racconto della maledizione scagliata da
Dio contro Adamo ed Eva dopo il loro peccato e la cacciata dal
paradiso terrestre. L'introduzione della morte e la cacciata dal
paradiso hanno avuto luogo sotto forma di maledizione, al cuore
della quale, tuttavia, si celava una benedizione:
Avendo introdotto la morte per Adamo sotto forma di una
sentenza che castiga il peccato, e avendo rivelato la presenza
37 II,39,2.
"Ibid.
del peccato per mezzo di un castigo - bench il castigo non
fosse il suo scopo -, Dio ha dato l'impressione che la morte
fosse stata istituita come punizione per la colpa di Adamo.
Ma cos egli ha celato il vero mistero della morte e, sotto
un'apparenza paurosa, ha congiunto il suo fine eterno riguar-
do alla morte con un piano sapiente basato su di essa: mentre
la morte di primo acchito pu far paura e sembrare vergogno-
sa e crudele, nondimeno per mezzo di essa che noi siamo in-
nalzati verso un mondo elevato e pieno di gloria. Senza la
morte non sarebbe stato possibile passare da quaggi a lass.
Quando la istitu, il Creatore non disse: "Questo vi capita a
causa dei beni che sono stati preparati per voi e a causa di una
vita pi gloriosa della presente". Al contrario, l'ha presentata
come un male e una cosa funesta. Parimenti, quando cacci
Adamo ed Eva dal paradiso lo fece come se fosse in collera:
"Poich avete trasgredito il mio ordine, sarete fuori del para-
diso", come se la permanenza nel paradiso fosse stata lor; tol-
ta a causa della loro indegnit. Ma in tutto questo c'era un
piano [divino] per realizzare quello che era l'obiettivo del
Creatore fin dall'inizio. Non stata la disobbedienza a procu-
rare la morte alla discendenza di Adamo, n stata la tra-
sgressione al comando di Dio a cacciarlo con Eva dal paradi-
so: questo infatti rappresentava solo una piccola parte della
terra mentre essi erano destinati a dominarla tutta quanta.
Perci non dobbiamo dire che Dio li ha cacciati a causa della
trasgressione al suo ordine: anche se non avessero trasgredito
non sarebbero comunque rimasti per sempre in paradiso
39

In tal modo !sacco rafforza la tesi che la morte sia stata una
benedizione in quanto fin dall'inizio conteneva in potenza la re-
surrezione futura, e che la cacciata dal paradiso sia stata un bene
per l'uomo perch, in cambio di un "cantuccio di terra", egli ri-
cevette il dominio di tutto il pianeta. Questo approccio al rac-
,. II,J9.4
339
conto della Genesi senz'altro basato sull'esegesi di Teodoro di
Mopsuestia, secondo il quale la morte fu una fortuna per l'uo-
mo perch gli apr la strada verso la conversione e il successivo
rinnovamento
40
.
Per !sacco la morte fu il risultato di un"'astuzia" di Dio, che
avrebbe celato il suo vero scopo - la salvezza dell'umanit - sot-
to le sembianze di un castigo per il peccato. Con un'astuzia ana-
loga si spiega la geenna, istituita da Dio come apparente forma
di castigo, mentre il suo vero scopo il bene dell'uomo. in-
dispensabile, afferma !sacco, che la storia dell'umanit appaia
dall'esterno un castigo e una pena, mentre il suo vero fine la
realizzazione del nostro bene con tutti i mezzi possibili. Cono-
scendo in anticipo la nostra inclinazione per tutte le forme del
male, Dio ci ha preparato un'astuzia, cosicch ci che appariva
un danno si rivelasse invece strumento del nostro riscatto. Solo
attraversando quello che sembra un castigo inflitto da Dio ci ac-
corgiamo che esso al servizio del nostro bene. Da parte di Dio
non c' castigo, giacch la sua unica preoccupazione il bene
che potr derivare da tutta la sua attivit in favore degli uomini.
Ora, i castighi della geenna, istituiti da Dio, fanno appunto par-
te di questa attivit
41
.
Cos, passo dopo passo, !sacco si avvicina alla sua idea centra-
le, cio che la conclusione della storia umana debba corrispon-
dere alla grandezza della Trinit, e che la sorte ultima dell'uomo
debba essere degna della misericordia di Dio:
Per quanto mi riguarda - dichiara Isacco - io penso che il glo-
rioso Creatore si proponga di mostrare l'azione mirabile e il
punto d'arrivo della sua grande e inesplicabile misericordia
per quanto concerne gli aspri tormenti da lui istituiti, affin-
ch grazie a essi la ricchezza del suo amore, la sua potenza
4
Cf. Teodoro di Mopsuestia, Frammenti sullibm della Genesi.
41 Cf. II,)9,5
e la sua sapienza siano ancor pi evidenti, come pure la vir-
t sfolgorante degli effluvi della sua bont. Il Signore miseri-
cordioso non ha creato esseri dotati di ragione per sottoporli
spietatamente a sofferenze infinite se, pur sapendo gi da pri-
ma di crearli in che modo si sarebbero corrotti, li cre ugual-
mente. Tanto pi che progettare il male o la vendetta carat-
teristico delle passioni delle creature, non del Creatore; un
atteggiamento tipico degli uomini, che non sanno quello che
fanno o pensano e non sono consapevoli di ci che capita lo-
ro. Quando qualcosa di imprevisto li colpisce, si infiammano
di collera e provano un impulso di vendetta. Questo non ha
assolutamente niente a che vedere con il Creatore che, dise-
gnando l'immagine della creazione, sapeva tutto quello che
era successo prima e tutto quello che sarebbe successo dopo
come conseguenza della sua azione, fino alle intenzioni degli
esseri razionali 4
2
.
Per avvalorare il suo punto di vista !sacco fa appello sia a Teo-
doro di Mopsuestia, il quale aveva insegnato che le sofferenze
del secolo futuro non sarebbero state eterne
43
, sia a Diodoro di
Tarso, che aveva teorizzato la breve durata dei tormenti dei pec-
catori, mentre la loro felicit dopo la liberazione sarebbe stata
eterna
44
. E Isacco commenta:
Tali illuminazioni e opinioni mirabili, che ci portano ad ama-
re il Creatore e a stupirei dinanzi a lui, ci vengono offerte da
queste grandi colonne della chiesa
45
quando trattano dell'e-
conomia divina, del giudizio futuro e della grande misericor-
dia di Dio, la cui fiumana pi potente delle cattive azioni
delle creature e trionfa su di esse. Il loro punto di vista fa giu-
stizia di tutte le opinioni puerili che vorrebbero introdurre le
42 II,39,6.
43
Contro quelli che sostengono che il peccato sia intrinseco alla natura umana.
44
Cf. Diodoro di Tarso, Sulla provvidenza 5-6.
45
Teodoro e Diodoro.
34I
passioni nella natura divina, sostenendo che Dio cambia se-
condo le circostanze temporali. Ci insegnano altres il senso
dei castighi e dei tormenti, quelli di quaggi e quelli dell' aldi-
l, e l'obiettivo misericordioso di Dio nel permettere che que-
sti tormenti ci colpiscano e le conseguenze principali che ne
discendono. Il senso non che Dio voglia lasciarci soccombe-
re a tali tormenti, n che voglia farceli sopportare in eterno; al
contrario, ce li manda come un padre e non come un vendica-
tore, cosa che sarebbe segno di odio da parte sua. Il loro sco-
po di farci pensare a lui, di farcelo conoscere, di condurci
colti dallo stupore al suo amore, di coprirci di confusione
e farci raddrizzare la nostra condotta in questa vita
46
.
!sacco ritiene l'idea della non eternit del castigo non
debba attenuare n annullare il timore di Dio. Al contrario, a
partire da una presa di coscienza dell'infinita misericordia del
Creatore, essa dovrebbe infiammare l'uomo d'amore per lui e
condurlo al pentimento. L'idea di un Dio che come un padre
pieno di sollecitudine per noi, genera nell'uomo un sentimento
d'amore filiale e il desiderio di abbandonarsi a lui, mentre l'idea
di un vendicatore spietato suscita timore servile e angoscia al
suo cospetto.
Ogni sventura e ogni sofferenza che colpisca l'uomo manda-
ta da Dio per indurlo a un cambiamento interiore. Dio non si
vendica mai del passato, non quaggi e neppure nell'aldil, ma
si preoccupa unicamente del nostro avvenire:
I castighi e i tormenti di ogni sorta che da lui ci vengono non
ce li manda per farci pagare il fio azioni passate, ma se
ne serve per un vantaggio futuro ... Ecco quello che ci dicono
e ci rammentano le Scritture ... in particolare, che Dio non si
vendica male, ma lo punisce per correggerlo. La vendetta
propria dei malvagi, la correzione propria di un padre. La
Scrittura mostra che se egli permette il bene o il male come
castigo, non questo il suo fine ma, al contrario, egli vuole
suscitare in noi l'amore e il timore. Attraverso il timore puri-
fichiamo il nostro modo di vivere; attraverso l'amore crescia-
mo con discernimento nelle opere buone. Se non fosse cos,
che relazione ci sarebbe tra la venuta di Cristo e le azioni del-
le generazioni precedenti? Questa immensa compassione ti
sembra davvero essere un castigo per quelle azioni malvagie?
O uomo, se Dio un vendicatore e se tutto ci che fa lo fa per
vendetta, mostrami le prove di tale vendetta
47
!
L'idea dell'amore in antitesi con quella della vendetta: Isac-
co non si stanca mai di ripeterlo. Inoltre, supporre che Dio fac-
cia soffrire i peccatori in eterno sarebbe quasi come ammettere
che la creazione del mondo stata uno scacco e un errore, poi-
ch Dio non sarebbe stato capace di opporsi a un male che non
era nei suoi piani:
In questo modo noi non attribuiamo pi l'idea di vendetta al-
l' azione di Dio verso di noi ma, al contrario, parliamo della
sua provvidenza paterna, del suo sapiente governo del mon-
do, della sua volont perfetta tutta orientata al nostro bene,
del suo amore. Dove c' amore non c' castigo,
ve c' castigo non c' amore. Quando l'amore compie azioni
buone o corregge i passi falsi, non esige che si paghi per le
colpe commesse in passato ma si prende cura di ci che pi
vantaggioso per l'avvenire, ed esplora quello che ancora
succedere, non ci gi avvenuto. Pensare il contrario
- che modo puerile di vedere le cose! - vorrebbe dire conside-
rare il Creatore un inetto perch, essendosi le sue creature
corrotte contro la sua volont, egli avrebbe escogitato una so-
luzione qualsiasi e, per punirle della loro corruzione, avrebbe
47
II,39,I5-I6.
.34.3
provocato un male impressionante. Questo modo di vedere fa
del Creatore un incapace
48
!
La ragione umana non pu comprendere i giudizi segreti di
Dio. Uno di tali misteri appunto la geenna, creata solo per
condurre alla perfezione morale chi non riuscito a raggiungerla
durante la vita terrena:
C' un mistero nei tormenti e nella condanna della geenna,
giacch il sapiente Creatore si servito delle nostre azioni e
delle nostre volont malvagie come di un punto d'appoggio
per realizzare il risultato futuro, secondo un'economia che
contiene un sapiente insegnamento e un'utilit ineffabile ce-
lati tanto agli angeli quanto agli uomini, nonch a coloro che
soffrono il castigo - demoni o uomini che siano - e che reste-
ranno nascosti per tutta la durata dell'attesa stabilita
49

La geenna, dunque, pi che un inferno una sorta di purgato-
rio, il cui fine di salvare sia gli angeli che gli uomini. Esso tut-
tavia nascosto agli occhi di coloro che vi sono tormentati e sar
svelato solo nel momento della sua abolizione.
A questo punto !sacco riprende la discussione sull'incompati-
bilit tra l'idea di ricompensa e quella della bont di Dio, addu-
cendo, a fil di logica, i seguenti argomenti:
344
Si parla di ricompensa quando chi ne il dispensatore tie-
ne pi o meno conto del risultato delle buone o cattive azio-
ni compiute e, in rapporto a quelle azioni, la sua conoscenza
cambia al loro variare e i suoi disegni si modificano secon-
do le circostanze. Ora, se il regno e la geenna non fossero sta-
ti previsti dalla coscienza del nostro Dio sommamente buo-
no contemporaneamente all'apparizione del bene e del male,
non ci sarebbe pi un'economia eterna di Dio riguardo a essi
e la giustizia o il peccato s r e b ~ e r o stati a lui sconosciuti pri-
ma di essere messi in opera. E per questo che il regno e la
geenna sono conseguenze della misericordia di Dio, da lui in-
ventate secondo la sua bont eterna e non come frutto di una
ricompensa, anche se stato dato loro questo nome. Ancora
una volta, dire o sostenere che questo modo di fare non in-
triso d'amore e di misericordia una bestemmia contro il Si-
gnore Dio nostro. Se poi sosteniamo che per farci soffrire
e infliggerei tormenti e pene che egli ci sottopone al fuoco,
allora attribuiamo all'essenza divina sentimenti di inimicizia
contro gli esseri dotati di ragione che essa stessa ha plasma-
to per pura bont; analogamente, se affermiamo che agisce o
pensa per cattiveria, spirito di rivalsa o desiderio di punire,
come se dicessimo che si vendica di se stesso
50
.
Possiamo cos constatare come !sacco si avvalga di tutte le ri-
sorse disponibili per provare la sua tesi dell'incompatibilit tra
castigo eterno e bont del Creatore: egli si appoggia dapprima
sulle Scritture e sui testi dei dottori della chiesa, per concludere
poi con argomentazioni di ordine logico. Abbiamo gi mostrato
nel primo capitolo di questo libro come la dottrina di un Dio
che amore sia la forza motrice della sua teologia. Vediamo ora
come essa si ripercuote nella sua escatologia.
L'amore di Dio si rivela nel destino ultimo del mondo
La dissertazione sull'amore infinito di Dio, iniziata nel di-
scorso 39, prosegue nel successivo. !sacco vi afferma che l'amo-
'
0
II,39,2I-22.
345
re di Dio per le creature non subisce mutamento alcuno se
esse cambiano. Abbiamo gi accennato a questa concezione nel
primo capitolo. Dio, per essenza necessariamente lo stes-
so da sempre, "riversa su tutta la creazione lo stesso amore e la
stessa misericordia, immutabili, eterni e fuori del tempo"
51

Per !sacco contro natura trovarsi lontani da Dio, e Dio non
permette a chi si allontanato da lui di rimanere per sempre in
questa condizione. porta alla salvezza tutti coloro che sono
caduti e si sono da lui. Ma questa salvezza non sar lo-
ro imposta per forza: dovranno rivolgersi spontaneamente a lui
quando avranno raggiunto la maturit spirituale. Il per il
quale la creazione stata portata all'esistenza indipendente dal
cammino che essa ha intrapreso: prima o poi sar ricondotta al
suo fine. Ne discende la necessit della salvezza finale dei pec-
catori e dei demoni:
certo che Dio non li ha abbandonati al momento della loro
caduta; pertanto, n i demoni rimarranno nella loro condizio-
ne di demoni, n i peccatori persevereranno nel loro peccato:
al contrario, egli ha intenzione di portarli tutti verso una stes-
sa e identica perfezione in rapporto al suo essere personale,
verso lo stato in cui si trovano fin d'ora angeli santi, nella
ple:nezza dell'amore e in una coscienza impassibile. Egli ha
voluto condurli a quell'eccellenza della volont in cui non sa-
ranno pi n prigionieri, n liberi, n dagli impulsi del-
l'Avversario, ma si troveranno in una conoscenza eccellente,
nella quale i pensieri matureranno ai moti ricevuti da-
gli divini, preparati dal nostro Creatore secondo
la sua grazia. Saranno resi perfetti nel loro amore verso di lui
e realizzati nella conoscenza che li porr al di l di ogni incli-
nazione malvagia dei loro impulsi
52
.
, II,40,L
5> II,4o,4.
Secondo il pensiero di Isacco tutti quelli che si sono allonta-
nati da Dio si volgeranno di nuovo a lui dopo un breve castigo
nella geenna, predisposta al fine di purificarli nel fuoco del do-
lore e del pentimento. Dopo aver attraversato questo fuoco puri-
ficatore, aspetteranno di raggiungere uno stato simile a quello
degli angeli:
Forse raggiungeranno la pi perfezione e saranno an-
cor pi in alto dello stato in cui ora si trovano gli angeli, giac-
ch saranno tutti abbracciati in uno stesso amore, una stessa
coscienza, una stessa volont, una stessa conoscenza perfetta;
contempleranno Dio con desiderio insaziabile pieno d'amo-
re, anche se quel disegno
53
si pu provvisoriamente realizzare
per una ragione nota solo a Dio e per un tempo da lui stabili-
to, secondo il volere della sua sapienza
54

Dio non dimentica nessuna delle sue creature e ciascuna ha
un posto che la attende regno dei cieli. Per quelli che non so-
no subito preparati a entrarvi ha previsto un periodo
torio di tormenti nella geenna:
Dio non lascia nessun gruppo di creature dotate di
ragione, quando si tratta di prepararle per quel regno sublime
che destinato a tutti gli uomini. In virt della bont della
sua essenza alla quale dopo aver portato l'universo al-
l'esistenza lo lo guida e se ne prende cura, tanto de-
gli uomini quanto di tutte le altre creature - sua
compassione ha progettato di costruire il regno dei
cieli per l'insieme degli esseri dotati di ragione, anche se ha
dovuto stabilire un periodo transitorio affinch ar-
rivare tutti allo stesso livello. Il nostro modo di vedere con-
corda con l'insegnamento delle Scritture. Tuttavia, anche se
'" Quello della geenna.
54 !1,40,5.
347
limitata nel tempo, non per questo la geenna meno tremen-
da. Chi la pu sopportare? Per questa "c' gioia da-
per un solo peccatore si converte" (Le
Se dagli esseri dotati di ragione si dovesse una giusti-
zia rigorosa, solo uno su diecimila- osserva Isacco- entrerebbe
nel regno dei Per questo Dio ha donato all'uomo il rimedio
del pentimento, capace di guarire in breve dal peccato. Dio
"non vuole la morte del peccatore", e cos ci ha donato il penti-
mento per poterei rinnovare ogni giorno. Dio buono in essenza
e "vuole salvare tutto con qualsiasi mezzo"
56

L'opinione che la maggior parte degli uomini sarebbe con-
dannata al fuoco dell'inferno e solo una piccola schiera di eletti
potrebbe nel regno dei cieli totalmente estranea a Isac-
co. Al contrario, egli convinto che la maggior parte degli uo-
mini si ritrover nel regno dei cieli e solo pochi malvagi e
qualche peccatore saranno mandati alla geenna, e comunque so-
lo il tempo necessario alla remissione loro peccati:
Secondo questa concezione della la maggior parte degli
uomini entreranno nel regno dei senza aver fatto l' espe-
rienza della geenna; tranne a causa della durezza di cuore
e della sua totale inclinazione verso il male e la concupiscen-
za, non ha il cuore frantumato per le sue colpe e i suoi pecca-
ti, nella misura in cui non stato ancora corretto. Giacch la
santa Essenza cos buona e misericordiosa da essere conti-
nuamente alla ricerca della minima occasione per rimetterei
sulla retta via, allo scopo di poter perdonare i peccati degli
uomini, come successo al pubblicano giustificato dalla sua
preghiera di contrizione (cf. Le 18,9-14), o alla vedova con le
sue due monetine (cf. Mc I o alladrone che ricever-
I.
croce (cf. Le z 3 ,40-43). Dio infatti cerca la
nostra non un pretesto per farci
La vita sulla terra data all'uomo in vista della conversione.
Basta che egl si rivolga a Dio chiedendo perdono, perch i suoi
peccati siano immediatamente perdonati
58
. Ne abbiamo un pe-
gno nell'incarnazione del Verbo di Dio il quale, giacendo tut-
ta la creazione in mezzo a mali d'ogni sorta, discese sulla terra
per riscattare l'umanit e l'universo intero con la sua morte in
croce.
Lo studio dell'escatologia di I sacco stato particolarmente ar-
duo per l'autore di queste pagine. consapevoli che il
suo insegnamento sulla salvezza di tutti gli uomini
avrebbe lasciato perplesso pi di un lettore. Dato il contesto, ab-
biamo preferito non schierard a favore punto d vista di Isac-
co n dissociarci da esso. Ci riteniamo troppo lontani dalla sua
pienezza spirituale e dalla sua visione mistica per osare propor-
re una valutazione equilibrata e definitiva delle sue concezioni
escatologiche. Vorremmo solo rispondere ad alcune domande
- non per giustificare Isacco, cosa di cui un padre della chiesa
non ha bisogno, ma per chiarire le ai lettori-, domande che
noi ci siamo posti durante la lettura e la traduzione degli
ultimi capitoli della seconda parte della sua opera.
Innanzitutto, in una tale concezione del dramma della storia
umana, il bene e il male non stanno in definitiva sullo stesso
piano fronte alla misericordia di Dio? Quale pu essere il sen-
so della sofferenza, della vita ascetica, della preghiera, se i giusti
57
58
349
si trovano prima o poi nella stessa condizione dei peccatori? E
ancora, in che misura l'opinione di Isacco corrisponde all'inse-
gnamento dell'evangelo, in particolare al racconto del giudizio
finale nel quale si parla di separazione delle "pecore" dai "ca-
pri"? La sua dottrina non assomiglia forse a quella di Origene
sull'apocatastasi, condannata a Costantinopoli nel vr secolo?
Bisogna prima di tutto ricordare che Isacco non rifiuta affatto
l'idea della separazione delle pecore dai capri, anzi ricorre pro-
prio a essa per affermare che non c' via di mezzo fra la geenna
e il regno dei cieli. Ma il suo pensiero si spinge pi in l, in
quanto egli ritiene che la separazione tra pecore e capri non sia
n definitiva n immodificabile. Come abbiamo potuto consta-
tare, Isacco non nega mai la realt del giudizio finale, anzi, rac-
comanda di ricordarsene ogni giorno. Quando ne parla, descrive
concretamente la separazione tra i peccatori e i giusti. Tuttavia,
secondo lui, questa separazione ha gi avuto luogo nella vita pre-
sente, nella quale c' chi visita i malati, riveste gli ignudi, nu-
tre gli affamati, e chi non lo fa. Questo il senso della parabola:
il giudizio finale non far altro che rivelare lo stato che l'uomo
ha raggiunto sulla terra. Isacco pertanto intende la parabola del
giudizio non come affermazione dell'eternit dei castighi, bens
come ammonimento profetico rivolto a quanti, nella vita presen-
te, non si curano del loro prossimo.
In secondo luogo, Isacco ci avverte che l'esperienza della
geenna e della separazione da Dio terribile e dura da sopporta-
re anche se limitata nel tempo:
Stiamo attenti, miei amati, e cerchiamo di comprendere che
un soggiorno nella geenna, anche limitato nel tempo, resta
qualcosa di assolutamente terribile, e che il livello delle sof-
ferenze ivi patite va al di l della nostra capacit di compren-
sione59.
"II,4I,I.
350
Il castigo dell'amore di Dio che punisce i peccatori nella geen-
na sembra a Isacco cos orribile, che la sola possibilit di trovar-
si all'inferno, anche per poco, lo obbliga a ricordarsene inces-
santemente e a pregare di esserne liberato, lui e tutti quanti gli
UOmllll.
In terzo luogo - probabilmente il dato pi importante - tut-
ta la teologia di Isacco direttamente basata su un'esperienza di
unione mistica con l'amore di Dio. Un'esperienza simile esclude
ogni possibilit di odio verso gli altri, al punto che colui che si
trova sul gradino pi elevato della pienezza spirituale ha conse-
guentemente pi possibilit di trovare posto nel regno dei cieli.
In s e per s, l'esperienza dell'unione con il Dio-amore fonte
di una felicit cos grande che colui che prega, che consacra se
stesso a una vita ascetica o sopporta la sofferenza e la sventura,
non pensa minimamente a una ricompensa futura. Nel mezzo
della sofferenza, della preghiera o di una difficile ascesi egli ri-
ceve la facolt di unirsi senza intermediari a Dio. Il fine della
preghiera, dell'ascesi e dei comandamenti non di superare gli
altri per ottenere un posto migliore nel regno futuro. Loro unico
scopo l'unione con Dio che si realizza fin da questa vita. L'in-
contro con Dio e l'esperienza mistica diretta dell'unione con l'a-
more di Dio sono l'unica giustificazione di tutto lo sforzo asce-
tico, delle sofferenze e della lotta spirituale. In definitiva, l'in-
contro con Dio lo scopo ultimo di tutta la storia umana.
Quanto alla dottrina origenista dell'apocatastasi, si deve esclu-
dere un parallelo diretto con Isacco. Per Origene l'apocatastasi
non ancora la fine del mondo, ma solo una tappa transitoria
prima dell'apparizione del mondo nuovo. Sotto l'influsso plato-
nico, Origene insegnava che era esistito un altro mondo prima
della creazione di quello attuale e che dopo la restaurazione del-
l'universo, quando questo mondo avr termine, un nuovo mon-
do verr creato da Dio, e dopo questo un altro ancora e cos di
seguito senza fine. La caduta dell'uomo lontano da Dio e la sua
conversione a Dio si ripeterebbero continuamente, e Dio si in-
351
carnerebbe pi di una, volta per prendere su di s i peccati del
mondo e riscattarli
60
. E precisamente questo insegnamento, con-
trario al messaggio evangelico sul carattere unico del sacrificio
redentore di Cristo, che fu condannato dal sinodo di Costanti-
nopoli del 543, insieme ad altre opinioni erronee di Origene,
come quella riguardante la preesistenza delle anime6
1
.
Le radici dell'insegnamento di Isacco sulla salvezza universale
non sono riconducibili a Origene - anche se pu darsi che una
volta o l'altra egli ne abbia avuto tra le mani le opere - giacch
I sacco non deve nulla a influenze platoniche o d'altro genere,
estranee alla fede cristiana. Su questo punto il suo insegnamen-
to s fonda unicamente su quanto dichiarato dal Nuovo Testa-
mento circa un Dio "che vuole che tutti gli uomini siano salva-
ti" (ITm 2,4). Essenzialmente non altro che uno sviluppo del
pensiero di san Paolo secondo il quale, dopo l'avvento finale di
Dio Padre e l'abolizione di tutti i principati e le potenze, do-
po la sconfitta d tutti i nemici e l'annientamento della mor-
te da parte del Cristo Salvatore, Dio sar "tutto in tutti" (ICor
15,28). Per Isacco la salvezza universale una diretta conse-
guenza dell'amore infinito di Dio per l'uomo, un amore che lo
ha spinto a creare il mondo, a incarnarsi e a prendere su di s i
peccati degli uomini, al fine di salvarli e condurli nel suo regno
che non avr fine.
Pu darsi che nel suo insegnamento teologico Isacco si sia
spinto un po' oltre quanto consentito dalla dottrina dogmatica
tradizionale e abbia voluto spingere lo sguardo su territori anco-
ra ignoti alla ragione umana. anche possibile che fosse proprio
l'insegnamento sui fini ultimi a far parte dei "tre punti" contro i
quali Daniele Bar Tubanita rivolse i suoi scritti. Tuttavia Isacco
non fu il solo a professare l'universalit della salvezza. Tra i suoi
6
Cf. Trattato sui principii III,5,3.
61
Ecco il passo-chiave in tal senso dell'editto di Giustiniano che sar fatto proprio
dal sinodo di Costantinopoli: "Chi afferma la preesistenza delle anime e concorda con
lui a proposito dell'apocatastasi ... ".
35
2
predecessori, oltre ai dottori della chiesa siriaca che abbiamo gi
menzionato, bisogna annoverare Gregorio di Nissa, che predic
la salvezza per tutti gli uomini e tutti i demoni, insegnamen-
to mai condannato da nessun concilio, n ecumenico n loca-
le62. La possibilit di una salvezza universale fu ammessa anche
da Gregorio il Teologo (di Nazianzo), Massimo il Confessore e
Giovanni Climaco
63
, i quali partirono tutti dalla constatazione
che nulla impossibile a Dio e che, di conseguenza, egli pu sal-
vare il mondo intero. Peraltro, come sottolinea Massimo il Con-
fessore, ogni uomo ha la facolt di rifiutare la salvezza portata a
compimento da Cristo. La salvezza non obbligatoria per nessu-
no: non saranno salvati se non quelli che "desiderano seguire"
Cristo
64
Parole, queste, che contengono una precisazione im-
portante rispetto alle affermazioni di Isacco circa la salvezza di
tutti gli uomini.
L'ottimismo escatologico di un Isacco, di un Gregorio di Nis-
sa e dei padri della chiesa che abbiamo appena citato non de-
v' essere accolto come espressione dell'insegnamento dogmatico
della chiesa. Esso tuttavia d voce a una speranza condivisa da
molti cristiani, cio che ogni uomo, ad onta di ci che sembra
equo e giusto, ricever, in virt della misericordia del nostro
Dio infinitamente buono, la possibilit di essere salvato.
62
Al contrario, il sesto concilio ecumenico lo cita tra i "padri santi e beati", e il
settimo lo saluta come il "padre dei padri". Quanto al sinodo di Costantinopoli del
543 e al quinto concilio ecumenico (553), nei quali le dottrine di Origine furono con-
dannate, significativo che l'insegnamento di Gregorio sulla salvezza di tutti- per al-
tro ben noto - non sia stato identificato con l' origenismo. I padri di quei concili cono-
scevano un modo eretico di concepire tale salvezza (l'apocatastasi di Origene em legata
alla sua dottrina sulla preesistenza delle anime), ma anche un modo ortodosso, basato
su rCor 15,24-28.
63
Cf. Gregorio di Nazianzo, Discm!i 30,6, dove egli ammette, per quanto riguarda
il castigo dei peccatori, una "interpretazione pi conforme all'amore di Dio per gli uo-
mini" alludendo all'insegnamento di Gregorio di N issa circa la salvezza universale. Cf.
anche Massimo il Confessore, Esegesi del Salmo 59; Mistagogia 7; Qaes6ones et dubia
r3; Giovanni Climaco, Scala del pamdiso 26: "Bench non tutti possano essere esenti
da passioni, non tuttavia impossibile che tutti siano salvati e si riconcilino con Dio".
6
' Massimo il Confessore, Quaestiones ad Thalassium 63.
353
CONCLUSIONE
Nel 1987 un giovane che aveva appena finito il servizio mi-
litare si present in un piccolo monastero ubicato nel centro di
una citt baltica, oggi capitale di uno stato indipendente. Ogni
giorno vi si celebravano lunghi offici, si leggevano a tavola le vi-
te dei santi, in una parola vi si poteva trovare tutto ci che oc-
correva alla vita monastica, tranne una cosa: mancava un accom-
pagnatore spirituale incaricato della formazione dei monaci e
dei novizi. Egli allora cerc aiuto negli scritti dei santi padri e
degli asceti della chiesa antica. Il novizio amava molto leggere
gli scritti di !sacco il Siro e prendeva appunti durante la lettura.
Decise di trascrivere sul muro della sua cella alcune sentenze che
l'avevano particolarmente colpito, per averle sempre davanti agli
occhi. Un po' per volta ne aggiunse delle altre. In capo a un an-
no i muri della sua cella erano coperti di citazioni di !sacco: era-
no diventate per lui come il pane quotidiano, senza il quale non
avrebbe potuto sopravvivere nemmeno un giorno.
Questo non che un esempio dell'attualit di !sacco il Siro
per il monachesimo odierno. Senza esagerare, si pu dire che il
suo nome noto a tutti i monaci della chiesa russa. Negli am-
bienti ortodossi i suoi scritti godono della stessa popolarit dalla
Grecia ai Balcani, dall'America alla Gran Bretagna. uno degli
autori pi letti sul Monte Athos, e i suoi scritti hanno avuto un
ruolo importante nella rinascita del monachesimo copto.
Ma l'influenza di !sacco non si limita all'ambiente monastico.
Chi scrive ha potuto incontrare molti laici ferventi che lo amano
355
profondamente e lo rileggono in continuazione. Gli anche ca-
pitato di sentire dei cristiani (n monaci, n preti, n teologi) ci-
tarne passi a memoria. Evidentemente non solo quelli che han-
no voltato le spalle al mondo ma anche quelli che vivono nel
mondo trovano consolazione nelle sue parole, bench non siano
tenuti a metterne in pratica i consigli.
Le parole di Isacco non hanno attraversato solo le frontiere
del tempo: hanno anche varcato le barriere confessionali. A par-
tire dal IX secolo egli era letto tanto dai bizantini e dai siro-or-
todossi quanto dalla chiesa d'oriente, e ogni gruppo aveva una
propria recensione dei suoi scritti. Nel xv secolo Isacco penetr
nell'universo cattolico, pur continuando a essere uno degli auto-
ri spirituali pi popolari dell'ortodossia. Nella nostra epoca i
suoi scritti suscitano l'interesse di cristiani appartenenti a chie-
se e tradizioni diverse che hanno tuttavia in comune la stessa fe-
de in Ges e la stessa ricerca spirituale. Mi ricordo di tre perso-
ne che vennero a trovarmi dopo una conferenza che avevo appe-
na tenuto sulla preghiera in Isacco. Erano, uno dopo l'altro, un
monaco cistercense, un laico protestante e un monaco buddista.
Tutti e tre furono stupefatti dai punti di contatto tra la dottrina
di Isacco e la loro tradizione di preghiera. Dopo di loro un fran-
cescano venne ad annunciarmi l'esistenza di una casa di riposo
"Sant'Isacco di Ninive" in Nuova Zelanda, gestita insieme da
cattolici e anglicani. ..
Il seo-reto del successo di Isacco nel mondo moderno dovu-
o
to in primo luogo al fatto che egli non smette mai di parlare del-
l' amore di Dio per gli uomini, un amore che non conosce limiti
e ignora la vendetta per i peccati, un amore spinto fino al sacri-
ficio che ha portato Ges alla croce, che trionfa di tutto e da-
vanti al quale n la morte n l'inferno resistono. Ricordarsi di
un simile amore necessario in ogni epoca della storia cristiana,
giacch l'immagine di un Dio-amore appare spesso offuscata agli
sguardi dei credenti, per fare spazio a quella di un Dio-giudice o
carnefice, un Dio reputato "giusto" che ripaga ciascuno secondo
quello che ha meritato. E bench tutto l'evangelo affermi con
chiarezza che la salvezza viene da un Dio misericordioso e non
dagli sforzi degli uomini, che Dio salva i peccatori insieme ai
o-iusti che vuole che tutti gli uomini siano salvati, nondimeno
b '
c' stata e persiste ancor oggi la tentazione di sostituire a una re-
ligione d'amore una religione di schiavit, ogni volta che l'osser-
vanza dei comandamenti considerata non come conseguenza
diretta dell'amore dell'uomo per Dio, ma come inevitabile co-
rollario della sua paura del castigo e della sua speranza in una
ricompensa.
La parola di Isacco si rivolge a coloro che hanno paura di
incontrare faccia a faccia l'amore di Dio. Questo incontro po-
trebbe essere doloroso per quanti non possiedono un "cuore mi-
sericordioso" per il loro prossimo, non sono liberi da gelosie e
rivalit, si ritengono migliori degli altri. Chi sinceramente per-
suaso di salvarsi mentre gli altri saranno perduti non pu ac-
cogliere come si dovrebbe il discorso di Isacco sulla salvezza di
tutti per l'universale misericordia di Dio. Chi spera di essere
aiustificato nel giudizio finale mentre gli altri saranno condan-
~ t i non pu concepire l'idea che ha Isacco di un Dio "ingiu-
sto", davanti al quale tutti i peccati dell'umanit, come una
manciata di sabbia, saranno gettati nell'oceano del suo amore
per esservi dissolti. Chi si preoccupa della quantit delle pre-
ahiere da dire invece che della loro qualit, incapace di ap-
o
prezzare il suo insegnamento sulla "legge della libert", che pre-
ferisce il pensiero continuo di Dio e la stazione davanti alla cro-
ce alle interminabili preghiere vocali. Chi vive alla superficie
della vita cristiana e non desidera spingersi fino alle profondit
dove si realizza il misterioso incontro dell'uomo con Dio, non
pu accettare il pensiero di Isacco sul necessario distacco da
assumere rispetto al mondo per acquisire l'amore di Dio e del
pross1mo.
Abbiamo gi detto che Isacco, pur conducendo una vita da
eremita aveva una visione universale, capace di abbracciare le
'
357
sofferenze e i dolori del intero. soprattutto a causa di
questa visione che la sua opera, prodotta per una cerchia ristret-
ta di solitari siriaci, sopravvissuta alla sua epoca e si diffusa
ben oltre i confini della d'oriente, riuscendo a conqui-
starsi un uditorio universale.
Vorremmo concludere questo libro con le parole che chiudono
il discorso di I sacco sull'escatologia, alla fine della seconda par-
te dei suoi scritti, e sono un invito alla conversione e alle ope-
re buone. Bench le pene della geenna siano destinate a finire,
scrive Isacco, esse sono spaventose e conviene prodigare tutte le
proprie energie per sfuggirvi e avvicinarsi, fin da questa vita, al-
le porte del regno di Dio. vita non stata donata all'uomo
perch la sprecasse in occupazioni vane, ma perch diventasse
degno di Dio. Allora i misteri di Dio si rivelano all'uomo ed egli
ha il diritto di dire:
Sforziamoci di gustare di Dio pensando incessante-
mente a lui, e di della geenna che deri-
va dalla negligenza. Evitiamo di disperderci in ogni sorta di
cose trascurando la nostra vita di raccoglimento, evitiamo le
chiacchiere vane e segrete come pure le negligenze evidenti,
per poter provare quella misericordia dentro di noi. Nessuno
meglio del ricco pu parlare della ricchezza, mentre nes-
suno pu parlare della libert di chi la possiede ... La
bellezza della verit si conf a labbra; d che santo si
conf a un santo ... Il fuoco il fuoco, e un cuore fer-
vente deve conservare la bellezza di Dio nella santit
1
.
Ogni uomo chiamato a diventare teologo nel senso pi ele-
vato della parola, cio uno al quale sono rivelati i misteri di
Dio e che ha ricevuto il diritto di parlare liberamente con lui.
Ogni uomo anche chiamato a diventare per offrire a
ogni istante un sacrificio a Dio sull'altare del suo cuore, per s
stesso, per il suo prossimo e per il mondo intero:
Adorna te stesso di buone azioni, o uomo debole! Affinch ti
sia concesso di celebrare come sacerdote
2
davanti a Dio, nel-
la casa dei misteri, per ricevere l'unzione della santit da
te dello Spirito, grazie a un'abbondante purezza ti
lisce per la liturgia delle tue membra esteriori e per quella na-
scosta nel segreto del tuo cuore. Disegna in te, esteriormente
e interiormente, l'immagine della tenda che era stata in
precedenza mostrata [a Mos]. Riunisci nei tuoi sensi l' as-
semblea delle virt e offri a Dio nel tuo cuore, come un sacer-
dote, un sacrificio puro. Offri un sacrificio di riconciliazione
per i peccati di coloro che sono lontanP. E al posto del co-
perchio d'oro che stava sopra l'arca (cf. Es nel
tuo cuore la contemplazione dei misteri del Salvatore: cos
Dio ti inizier a mirabili rivelazioni
4

Oxford, Pasqua 1996
2
CL rPt 2,5-9. Secondo il Liber graduum 12,2, "il cuore celebra come un sacerdo-
te interiore".
>Cio "fuori del tempio": i non cristiani che stanno al di fuori della chiesa.
4
Il,41,2.
359
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MAserA, P. T., "The Gift of Tears in Isaac of Nineveh", in Diakonia
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PoPoVI, J., "He gnoseologhia to haghiou Isak to Syrou", in Theo-
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TsiRPANLIS, C. N., "Praxis and Theoria. The Heart, Lave and Light
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che Studien 2I (I9J2), pp. 309-3I2.
WARE, K., "The Meaning of 'Pathos' in Abba Isaias and Theodoret
of Cyrus", inStudiapatristica 20 (I989), pp. 3I5-322.
374
INDICE
5 PREFAZIONE
I I Introduzione. I SACCO DI NINIVE,
AUTORE SPIRITUALE DELLA CHIESA D'ORIENTE
I 2 La chiesa d'oriente al tempo di Isacco
I7 La cristologia della chiesa d'oriente
23 Vita di !sacco di Ninive
28 Gli scritti di !sacco
33 Le fonti della teologia di !sacco
37 I. DIO, L'UNIVERSO E GLI UOMINI
3 7 L'amore di Dio si rivela attraverso il mondo creato
48 Struttura del mondo creato
56 L'incarnazione
I07
I08
II9
I3I
I32
I37
I44
I5I
I5I
I 57
II. LA VIA DEL SOLITARIO
Solitudine e rinuncia al mondo
Amore di Dio e amore del prossimo
Quiete e silenzio
Un cammino monastico verso Dio
III. LE PROVE SULLA VIA CHE CONDUCE A DIO
Le tentazioni
L'esperienza della derelizione (abbandono di Dio)
IV. L'UMILT
L'umilt, mezzo per assomigliare a Dio
L'umilt interiore
I segni esteriori dell'umilt
V. LE LACRIME
Il pentimento
Lacrime amare e lacrime dolci
375
r69 VI. UNA SCUOLA DI PREGHIERA
qo La preghiera
I9 Gli aspetti esteriori della ~ - ' ' - / ' \
I94 La preghiera di fronte alla croce
207 La lectio divina
2r9 La preghiera notturna
229 La "legge della schiavit" e la della libert"
238 La preghiera per il mondo intero
247 La meditazione su Dio e la preghJera
259 VII. LA VITA IN DIO
260 La "preghiera spirituale" e la della mente"
266 La contemplazione
2 7 3 Visioni, rivelazioni, intuizioni
280 L"' accoglimento sotto l'ombra" e l'illuminazione
287 Lo stupore
296 L'"ebbrezza" d'amore per Dio
305 Fede e sapere
32 r VIII. LA VITA DEL SECOLO A VENIRE
322 Meditazione sul mondo a venire
326 La vita dopo la morte
33 7 Punizione eterna o salvezza universale?
345 L'amore di Dio si rivela nel destino ultimo del mondo
355 CONCLUSIONE
36r ABBREVIAZIONI E BIBLIOGRAFIA
Finito di stampare nel mese di maggio 2003
M.S./Litografia, Torino
EDIZIONI QIQAJON- COMUNIT DI BOSE
13887 MAGNANO (BI)
TEL. 015.679.264 - FA..'C 015.679.290
e-mail: edizioni@qiqajon.it
VOLUMI PUBBLICATI (2003)
COMMENTI BIBLICI
E. BIANCHI, L'Apocalisse di Giovanni
E. BIANCHI, L. MANICARDI, La carit nella
chiesa
E. BIANCHI, Magnificat, Benedictus, Nunc
dimittis
A. MELLO, Geremia
INDICE CONCETTUALE DEL MEDIO GIUDAISMO
r. Famiglia z. Sessualit
SPIRITUALIT BIBLICA
G. ALBERIGO, E. BIANCHI, C. M. CARD.
MARTINI E AA.Vv., La pace: dono e
pmfezia
E. BIANCHI, Adamo, dove sei? Commento
esegetico-spirituale a GenI-II
E. BIANCHI, B. CALATI, F. CoccHINI,
L lLLICH E AA.Vv., La lectio divina nel-
la vita religiosa
E. BIANCHI, V. Fusco, B. STANDAERT E
AA.Vv., La Parola edifica la comunit
G. BRUNI, Mi chiameranno beata
J. CoRBoN, La gioia del Padre. Omelie per
l'anno liturgico dal vangelo secondo Luca
V. Fusco, La casa sulla roccia. Temi spiri-
tuali di Matteo
GRUPPO m DoMBES, Maria, nel disegno di
Dio e nella comunione dei santi
A. MELLO, L'arpa a dieci corde. Introduzio-
ne al Salterio
A. MELLo, Evangelo secondo Matteo. Com-
mento midrashico e nan-ativo
A. MELLO, La passione dei profeti
M. M. MoRFINO, Leggere la Bibbia con la
vita
F. Rossi DE GASPERIS, Maria di Nazaret.
Icona di Israele e della Chiesa
SPIRITUALIT EBRAICA
A.-C. AVRIL, P. LENHARDT, La lettura ebrai-
ca della Scrittura
M. BusER, Il cammino dell'uomo
A. CHOURAQUI, Ges e Paolo. Figli d'Israele
Commenti rabbinici allo Shema' Jisra'el
P. DE BENEDETTI, Ci che tarda avven
Detti di rabbini. Pirq Avot
J. ELICHAJ, Ebrei e cristiani. Dal pregiudi-
zio al dialogo
R. F ABRIS, Uno nella mia mano. Israele e
Chiesa in cammino verso l'unit
R. GIRARD, La pietra scartata. Antigiudaismo
cristiano e antropologia evangelica
J. HEINEMANN, La pregbiera ebraica
A.]. HESCHEL, Il canto della libert
A.J. HESCHEL, La discesa della Shekinah
A.J. HESCHEL, L'uomo alla ricerca di Dio
A. KACYZNE, Le perle malate
RABBI]ISHMA'EL, Il cantico presso il mare
RASHI DI TROYES, Commento al Cantico
dei cantici
Un mondo di grazia. Midrash Tehillim. Let-
ture dal midrash sui Salmi
PADRI ORIENTALI
ANTONIO IL GRANDE, Secondo il vangelo.
Le venti lettere tradotte dall'arabo
Parole dal deserto. Detti inediti di Iperechio,
Stefano di Tebe e Zosima
Detti inediti dei padri del deserto
Paconlio e i suoi discepoli: regole e sCiitti
BASILIO DI CESAREA, Le regole
Umilt e misericordia. Virt di san Macmio
EvAGRIO PoNTICO, Per conoscere Lui
PsEUDO-MACARIO, Spirito e fuoco. Omelie
spirituali
Nelfa tradizione basiliana. Costituzioni asce-
tiche. Ammonizione a 1111 figlio spirituale
B. WARD, Donne del deserto
Cercare Dio nel deserto. Vita di Caritone
Nel deserto accanto ai fratelli. Vite di Gera-
si m o e di Giorgio di Choziba
IsAcco DI NrNIVE, Discorsi spirituali e altri
opuscoli
NICOLA DELLA SANTA MONTAGNA, Alle Oli-
gini dell'Athos. Vita di Pietm l'Athonita
NERSES DI LAMBRON, If primato della cari-
t. Discorso sinodale
GREGORIO PALAMAS, "Abbass i cieli e di-
scese". Omelie
I PADRI ESICASTI, L'amore della quiete. L'e-
sicasnlo bizantino tm il XIII e il xv secolo
PADRI OCCIDENTALI
GIOVANNI CASSIANO, Abba, cos' la pre-
ghiera? Conferenze sulla preghiera
CESARIO D'ARLES, Predicare la Parola
GREGORIO MAGNO, Crescere nella fede
ATTONE DI VERCELLI, Omelie
BRUNO DI QuERFURT, Storia di cinque com-
pagni
STEFANO DI MuH.ET, L'evangelo e nient'altro
I PADRI CISTERCENSI, Una medesima cari-
t. Gli inizi cistercensi
I pADRI CERTOSINI, Una parola dalsilwzio.
Fonti certosine, L Le lettere
PADRI CERTOSINI, Fratelli nel deserto.
Fonti certosine, IL Testi nonnativi, testi-
monianze documentarie e lettermie
PADRI MONASTICI DEL XII SECOLO, [a sa-
pienza del cuore
PADRI OLIVETANI, Per una rinnovata fe-
delt. Fonti olivetane: i piz importanti
documenti, le pi antiche cronache e le
pi rilevanti testimonianze letterarie
GuGLIELMO DI SAINT- THIERRY, Contem-
plazione
GUGLIELMO DI SAINT-THIERRY, Natura e
grandezza dell'amore
GUGLIELMO DI SAINT-THIERRY, Dalla me-
ditazione alla preghiera
GUGLIEUvlO DI SAINT-THIERRY, Commento
al Cantica dei cantici
GUGLIELMO DI SAINT-THIERRY, Lettera d'ara
GUERRrco D'IGNY, Sermoni
BALDOVINO DI FORD, Perfetti nell'amare
GurGO II CERTOSINO, Tomer al mio cuore
Regale monastiche d'accidente. Da Agosti-
na a Francesca d'Assisi
SPIRITUALIT ORIENTALE
P. DESEILLE, Il vangelo 11el deserta. Un iti-
nerario di spiritualit
N. DEVILLIERS, Alrtania e la latta spirituale
P. DESEILLE, E. BrANCHI, Pacamia e la vi-
ta comunitaria
L. REGNAULT, Ascoltare oggi i padri del de-
serta
E. BrANCHI, TH. MERTON E AA.Vv., Ab-
ba, dimmi u11a parola!
D. BuRTON-CHRISTIE, La parola nel deser-
ta. Scrittura e ricerca della santit
G. GouLD, La comunit. I rapporti /ratemi
nel deserta
Fuoco ardente. Guida spirituale
P. MrQUEL, Lessico del deserta. Le parole
della spitualit
S. BROCK, M. CORTESI, A. DE VOGU,
].-R. PoucHET E AA.Vv., Basilia tra
oriente e accidente
G. BUNGE, Akedia. Il male oscuro
G. BUNGE, La paternit spirituale. Nel pen-
siero di Evagria
G. BuNGE, Vasi di argilla. La prassi della
preghiera personale
G. BUNGE, Vi11o dei draghi e pane degli an-
geli. Dall'ira alla mitezza
I. fuFEEV, La forza dell'amare. L'universo
spirituale di [sacco il Siro
I. HAUSHERR, Philautfa. Dall'amore di s
alla carit
IGNAZIO E TEODOSIO DI MANJAVA, Sottomes-
si all'euangelo. Vita di Iou di Man;aua, Te-
stamento di Teodosio. Regola dello skytyk
PAISIJ VELrCKOVSK!J, Autobiografia di ur1o
starec
S. SALVESTRONI, Dostoeuskii e la Bibbia
P. EvDOKIMOV, Serafim di Sarot, uomo
dello Spirito
N. ARSENIEV, V. LossKY, Padri nello Spi-
rito. La paternit spirituale in Russia
]. B. DUNLOP, Amtrosii di Optirw
P. A. FLORENSKIJ, Il sale della tena. Vita
dello starec Isidom
L fuFEEV, La gloria del Nome. L'opera del-
lo schimonaco I!arion e la controuersia
athonita sul Nome di Dio all'inizio del
xx secolo
SILVANO DELL'ATHOS, Non disperare! Scrit-
ti inediti e vita
N. KAUCHTSCHISCHWILI, Mat' Mariia. If
cammino di una monaca. Vita e scritti
L BALAN, Volti e parole dei padri del deserto
romeno
A. ScRIMA, Il padre spirituale
MATTA EL MESKIN, L'esperienza di Dio
nella preghiera
MATTA EL MESKIN, Comunione nell'amore
MATTA EL MESKIN, Il cristiano: nuova
creatura
V. LosSKY, Conoscere Dio
G. FLOROVSKIJ, Cristo, lo Spirito, la chiesa
M. LOT-BORODINE, Perch l'uomo diuenti
Dio
S. S. AvERINCEV, S. S. CHORUZIJ, O. A.
SEDAKOVA E AA.Vv., L'accidente visto
dall'arimte
I. ZrZIOULAS, Il creata come eucaristia
L ZrziOULAS, Eucaristia e regna di Dia
O. CLl\lENT, Occhio di fuoco. Ems e kosmas
K. \'7ARE, Dire Dio oggi. Il cammina del
cristiano
K. W ARE, Riconoscete Cristo in vai?
G. KHOD!', Nella nudit di C1isto
AA.Vv., Lo Spirito e la chiesa
AA.Vv., Giovarmi Climaca e il Sin ai
AA.Vv., Amare del bella. Studi sulla Fila-
calia
AA.Vv., Nicodema l'Aghiorita e la Filacalia
AA.Vv., San Sergio e il sua tempo
AA.Vv., N il Sarskii e l'esicasmo
AA.Vv., Paisii, la starec
AA.Vv., San Serafim: da Sarov a Diveeva
AA.Vv., Siluano dell'Athos
AA.Vv., La grande vigilia
AA.Vv., L'autunno della Santa Russia
AA.Vv., La notte della chiesa russa
AA.Vv., Fanne della santit russa
AA.Vv., Vie del monachesima russa
SPIRITUALIT OCCIDENTALE
E. BrANCHI, Il mantello di Elia. Itinerario
spirituale per la vita religiosa
E. BrANCHI, Non siamo migliori. La vita re-
ligiosa uelfa cbiesa, tra gli uomini
PrccOLA SORELLA ANNIE DI GEs, Charles
de Faucauld
A. CHATELARD, Cbarles de Foucauld. Verso
Tamanrasset
H. TEISSIER, c. DAGENS, P. s. RAYMONDE-
ANDRE, A. CHATELARD, P. SEQUERI
E AA.Vv., Charles de Faucauld. L'elo-
quenza di una vita secar1do l'evangelo
B. CHENU, Tracce del volto. Dalfa parafa
alla sguanla
C. FALCHINI, Monachesiwa: un cammina
di urtificaziolle
C. GENNARO, Chiara d'Assisi
D. GoNNET, A11che Dio conosce la so/fere11za
L.-A. LAssus, Elogio delnascondimenta
]. LEcLERCQ, San Bemarda e la spirito ci-
stercense
A. LouF, Generati dallo Spirito. L'accom-
pagnamento spirituale oggi
A. LouF, Sotto la guida dello Spirito
A. LouF, La Spirito prega in noi
A. LouF, La tita spirituale
TH. MATURA, Celibato e comunit
TH. MATURA, E lasciato tutta lo seguirono.
Fo11damenti biblici della vita religiosa
TH. MATURA, Fmncesco, maestro nello Spirito
TH. MATURA, Incontri con Francesco d'Assisi
G. Mrccou, Seguire Ges povero. Nel Te-
stamento di Francesco d'Assisi
TH. MERTON, Un vivere alternativo
L. MIRRI, La dolcezza nella lotta. Donne e
ascesi secondo Girolamo
F. VARILLON, L'umilt di Dio
LITURGIA E VITA
L. BouYER, Architettura e liturgia
O. CLMENT, Le feste cristiane
A. CoNTESSA, Gerusalemme, promessa e
profezia
F.-X. DURRWELL, Eucaristia ed evangeliz-
zazione
C. GIRAUDO, Conosci davvero l'eucaristia?
A. NocENT, Liturgia semper refonnanda.
Rilettura della rijo1ma liturgica
Segno di unit. Le pi antiche eucaristie del-
le chiese
C. V ALENZIANO, L'anello della sposa. La
celebrazione dell' Eucm-istia
AA.Vv., Vincolo di carit. La celebrazione
eucaristica 1-innovata dal Vaticano II
PREGHIERA E VITA
E. BrANCHI, Via Crucis. Meditazioni e testi
poetici sulla Passione
A. BwoM, La preghiem giorno dopo giorno
A. BLOOM, Ritornare a Dio. Pentimento,
confessione e co1nunione
C. MASSA, Il tempo del vivere
MATTA EL MESKIN, Consigli per la preghiera
Preghiere della tavola. Benedizioni per i pasti
B. STANDAERT, O. CLJ\1ENT, Pregare il
Padre nostro
Un raggio della tua luce. Preghiere allo Spi-
rito santo
J.-P. VAN ScHOOTE, J.-C. SAGNE, Miseria e
misericordia. Perch e come confessarsi
oggi
SEQUELA OGGI
J. BASTAIRE, Eros redento. Amore e ascesi
P. BEAUCHAMP, A. LouF E AA.Vv., La so-
littldine: grazia o maledizione?
A. BLOOM, Vivere nella chiesa
D. BoNHOEFFER, Memoria e fedelt
G. BRUNI, Servizio di comunione. L'ecume-
nismo nel magistero di Giovanni Paolo II
M. DE CERTEAU, Mai senza l'altro. Viaggio
nella differenza
D. F. FoRD, Dare fanna alla vita. Suggeri-
menti spirituali per la vita quotidiana
D. HAMMARSKJOLD, Tracce di cammino
X. LACROIX, Il co1po e lo spirito. Sessualit
e vita cristiana
F. LovsKY, Verso l'unit delle chiese
R. MANCINI, Il silenzio, via verso la vita
J.-P. MENSIOR, Percorsi di crescita umana e
cristiana
B. STANDAERT, Le tre colonne del mondo.
fldemecum per il pellegrino del }(XI secolo
H. TEISSIER, Accanto a un amico. Lettere e
scritti dall'Algeria
X. THVENOT, Le ali e la brezza. Etica e vi-
ta spirituale
X. THVENOT, Avanza su acque profonde!
J.-M. R. TILLARD, La morte: enigma o mi-
stero?
C. VALENZIANO, Vegliando sul gregge. "Sen-
so del pastore" e piani pastorali
R. WILLIAMS, Il giudizio di Cristo. Il pm-
cesso di Ges e la nostra conversione
TIVEU!-liXTlXOl - SPIRITUALI
BARTHOLOMEOS I, Gloria a Dio per ogni
cosa
A. BwoM, Alla sera della vita
A. LoUF, Cantare la vita
TH. MERTON, La contemplazione cristiana
M. VAN PARYS, Incontrare il fratello
R. CARD. ETCHEGARAY, Che ne hai fatto di
Cristo?
ARcHIMANDRITA SoFRONIO, La preghiera:
un'opera infinita
SYMPATHETIKA
G. ALBERIGO, Chiesa santa e peccatrice
G. ANGELINI, Le ragioni della scelta
M. AssENZA, Ricollocarci nel vangelo
E. BrANCHI, Aids. Vivere e morire in comu-
nione
E. BrANCHI, Come evangelizzare oggi
E. BIANCHI, Come vivere il giubileo del 2000
E. BIANCHI, L. MANICARDI, Accanto al ma-
lato. Riflessioni sul senso della malattia
e sull'accompagnamento dei malati
E. BIANCHI, C. M. CARD. MARTim, Parola
e politica
CH. BoBIN, L'uomo che cammina
S. CHIAL, "Discese agli inferi"
O. CLMENT, Il potere croci/isso
P. DE BENEDETTI, E l'asina disse ...
F.-X. DURRWELL, L'eucarestia presenza di
Cristo
A. LoUF, L'umilt
S. NATOLI, Il cristianesimo di un non cre-
dente
Povert e condivisione nella chiesa
PADRI DELLA CHIESA: VOLTI E VOCI
l PADRI DEL DESERTO, Detti editi e inediti !sACCO DI NrNIVE, Un'umile speranza
PATERIKA
Misericordia sempre. Casta meretrix, in al-
cuni testi dei padri della chiesa
Uomini e animali. Visti d4i padri della chiesa
POESIE
D. BoNHOEFFER, Poesie D. CIARDI, Non basta la tena. Poesie
Brucia, invisibile fiamma. Poesie pa ogni
tempo liturgico R. M. R!LKE, Vita di Maria
R. A. AL VES, Parole da mangiare L. GoBBI, Lessico della gioia
E. DE LucA, Ora prima A.JoLLIEN, Elogio della debolezza

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