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Deontologia forense :
Il professionista è soggetto a una dettagliata disciplina statale, in quanto le attività professionali sono
attraversate da interessi privatistici, ma anche pubblicistici.
Gli ordini professionali, a cui sono iscritti i professionisti, hanno il compito di tutelare gli interessi della
categoria e possono agire in giudizio per tutelare i diritti della propria categoria.
Con particolar riferimento all'ordine forense, esso è costituito dagli iscritti agli Albi degli Avvocati e si
articola a sua volta, in Ordini Circondariali e CNF ( Consiglio Nazionale Forense).
Il Cnf e gli Ordini Circondariali sono enti pubblici NON economici a carattere associativo e sono
istituiti per garantire il rispetto delle regole deontologiche e per tutelare l'utenza e gli interessi pubblici
connessi all'esercizio della professione forense.
Essi sono dotati di una autonomia patrimoniale e finanziari e sono finanziati unicamente dai contributi
degli iscritti. Determinano la propria organizzazione con regolamenti e sono soggetti esclusivamente
alla vigilanza del Ministro della Giustizia.
Gli ordini esercitano i seguenti poteri: potere disciplinare sugli iscritti e potere di ammissione e di
esclusione degli stessi dall'ordine professionale. Il potere disciplinare appartiene ai Consigli
distrettuali di disciplina forense. Al potere disciplinare sono sottoposti non solo gli avvocati, ma anche i
praticanti avvocati, con o senza patrocinio. La decisione dei Consigli distrettuali di disciplina forense,
sono impugnabili, attraverso il reclamo, direttamente davanti al Cnf. Contro le decisioni di quest'ultimo
organo, invece, è consentito il ricorso in Cassazione, entro 30 gg dalla notificazione per incompetenza,
eccesso di potere o violazione di legge.
è l'ordine degli avvocati costituito presso ciascun Tribunale, al quale sono iscritti tutti gli avvocati
aventi domicilio professionale in quel circondario. Il consiglio circondariale assume precise funzioni :
provvede alla tenuta degli albi, elenchi e registri; approva regolamenti interni; sovraintende il corretto
ed efficace tirocinio forense. A tal fine organizza e promuove scuole forensi, cura la tenuta del registro
dei praticanti, rilascia il certificato di compiuta pratica. Si occupa, altresì di : organizzare e promuovere
eventi formativi per l'adempimento della formazione continua prevista per gli avvocati iscritti,
organizza e promuove corsi e scuole di specializzazione; vigilia sulla condotta degli iscritti, esegue il
controllo sulla continuità, abitualità ed effettività dell'esercizio della professione forense tutela
l'indipendenza ed il decoro professionale, può costituire camere arbitrali di conciliazione, interviene
nelle contestazione insorte tra iscritti o tra iscritti e cliente, ecc..
Il Cnf, infatti, ha stabilito che presso gli Ordini Circondariali debbono essere istituite ed organizzate le
Scuole Forensi. Queste, sono deputate ad organizzare i corsi di formazione per l'accesso alla
professione d'avvocato per il tramite di Scuole Forensi, dalle Scuole Forensi possono essere organizzate
attività anche di formazione continua per gli avvocati, e percorsi formativi per conseguire il titolo di
specialista con l'apposita intesa di associazioni specialistiche. Sono riconosciute come maggiormente
rappresentative dal Cnf e iscritte nell'elenco le associazioni specialistiche che : - hanno uno statuto che
preveda espressamente tra gli scopi della associazione anche la promozione del profilo professionale
specialistico, hanno un numero di iscritti significativo su base nazionale, hanno un ordinamento
interno, assicurano una offerta formativa attraverso strutture organizzative e tecnico- scientifico
adeguate, non hanno scopo di lucro, ma possono chiedere ai partecipanti il rimborso delle spese
sostenute dall'organizzazione.
Parere di congruità: generalmente il compenso dev'essere pattuito per iscritto. Quando la pattuizione
manchi oppure vi sia contestazione da parte del cliente, l'avvocato può rivolgersi all'Ordine e chiedere
un parere di congruità.
Gestione finanziaria:
La gestione finanziaria e l'amministrazione dei beni spettano al consiglio che annualmente sottopone
all'assemblea ordinaria il conto consuntivo ed il bilancio preventivo. Per provvedere alle spese di
gestione, il consiglio è autorizzazione a fissare e riscuotere un contributo annuale o straordinario che
debbono versare gli iscritti di ciascun albo, elenco o registro; fissare, altresì, contributi per l'iscrizione
agli albi, negli elenchi e nei registri. per il rilascio anche di copie, tessere e certificati. L'entità dei
contributi è fissata in misura tale da garantire il pareggio del bilancio.
-L'ASSEMBLEA: essa è composta da avvocati iscritti all'albo o negli elenchi speciali. I suoi compiti
sono : eleggere i componenti del consiglio circondariale, approvare il bilancio, esprimere il parere sugli
argomenti sottoposti ad essa dal Consiglio, esercitare ogni altra funzione attribuita dall'ordinamento.
L'assemblea Ordinaria è convocata dal Presidente, o in caso di impedimento dal Vicepresidente,
almeno una volta all'anno per l'approvazione del bilancio consuntivo e preventivo. Il consiglio delibera
la convocazione dell'assemblea, inoltre, ogniqualvolta lo ritenga necessario e secondo il D.M. n.
156/2016 deve farne richiesta almeno 1/3 dei componenti o 1/10 degli iscritti all'albo. L'avviso deve
contenere indicazione di giorno, ora e luogo della adunanza in prima convocazione , nonchè l'eventuale
seconda convocazione.
IL CONSIGLIO DELL'ORDINE:
Il consiglio ha sede presso il tribunale ed i componenti sono eletti dagli iscritti con voto segreto in base
ad un apposito regolamento ministeriale. Hanno diritto al voto tutti coloro che risultano iscritti negli
albi o negli elenchi dei dipendenti degli enti pubblici e dei docenti e ricercatori universitari a tempo
pieno e nella sezione speciale degli avvocati stabiliti. Sono esclusi dal diritto di voto gli avvocati
sospesi dall'esercizio della professione. Risultano eletti coloro che abbiano riportato il numero
maggiore di voti. In caso di parità di voti, risulta eletto il più anziano per iscrizione e tra coloro che
abbiano lo stesso tempo di iscrizione, il maggiore di ETA'. I consiglieri non possono essere eletti per
più di due mandati e la ricandidatura è possibile solo quando sia trascorso un numero di anni uguali agli
anni nei quali si è svolto il precedente mandato. In caso di morte, dimissione o altri impedimenti di uno
o più consiglieri, subentra il primo dei non eletti. Il consiglio dura in carica quattro anni e scade il 31
dicembre del 4^ anno. Il Consiglio uscente sbriga gli affari correnti, fin quando non subentri il nuovo
Consiglio. L'intero consiglio decade se cessa la carica la metà dei suoi componenti. Il Consiglio elegge
a sua volta il presidente, il segretario, il tesoriere.
Incopatibilità: Il consigliere che si trovi in una condizione incompatibilità con la carica rivestiva ( es.
quando ricopre anche la carica di consigliere nazionale), deve scegliere uno degli incarichi entro 30
giorni dalla proclamazione, se non lo fa decade automaticamente dall’incarico assunto in precedenza.
Al consigliere non possono essere conferiti incarichi da parte dei magistrati del circondario: divieto di
essere nominato curatore fallimentare, assumere la difesa in una procedura fallimentare, assumere
tutela o curatela degli incapaci.
Deliberazioni: Per la validità del riunioni del Consiglio è necessaria la maggioranza dei membri,
mentre per la validità delle deliberazioni è richiesta la maggioranza assoluta di voti dei presenti.
Sportello per il cittadino: Ciascun Consiglio deve istituire lo sportello per il cittadino il cui scopo è
quello di fornire al cittadino le informazioni e l’orientamento per la fruizione delle prestazioni degli
avvocati e l’accesso alla giustizia. L’accesso è gratuito. E’ fatto divieto di fornire attraverso lo sportello
qualsivoglia tipo di consulenza ed informazioni sui giudizi pendenti. Il servizio viene reso da avvocati
iscritti in un apposito elenco, tenuto dal Consiglio dell’Ordine. L’avvocato che svolge l’attività di
sportello per il cittadino non può indicare il nominativo di avvocati che possano assumere l’incarico
professionale, non può assumere personalmente degli incarichi dal beneficiario dei servizi resi. Tali
divieti si estendono anche al coniuge e ai parenti fino al secondo grado, ai soci e colleghi che esercitano
nel medesimo studio professionale.
Il collegio dei revisori: è composto da tre membri effettivi ed un supplente nominati dal Presidente del
Tribunale e scelti tra gli avvocati iscritti nel registro dei revisori contabili. I revisori durano in carica : 4
anni, possono essere confermati per non più di 2 volte consecutive. Verifica la regolarità della gestione
patrimoniale riferendo annualmente in sede di approvazione del bilancio.
Il Consiglio Nazionale Forense ha sede presso il Ministero di Giustizia e dura in carica 4 anni.
Il Consiglio uscente resta in carica per il disbrigo degli affari correnti fino all’insediamento del nuovo
Consiglio Nazionale. Il Cnf è composto da avvocati iscritti all’albo speciale per il patrocinio davanti
alle giurisdizioni superiori. Il meccanismo di elezione prevede che il Cnf sia eletto da parte dei
componenti dei vari Consigli dell’ordine, nominati a loro volto dagli iscritti all’albo. Ciascun distretto
della Corte d’appello, il cui numero di iscritti non sia superiore a 10.000, elegge un componente del
Cnf. Ciascun distretto della Corte d’Appello in cui il numero complessivo degli iscritti sia pari o
superiore a 10.000 elegge due componenti. A parità di voti è eletto il candidato più anziano di
iscrizione. 15 GIORNI prima della scadenza del Consiglio in carica, si procede alle suddette elezioni e
la pubblicazione dei risultati è curata dal Consiglio uscente. I componenti del Cnf non possono essere
eletti per più di due volte. Il Cnf elegge il presidente, due vicepresidenti, il segretario, il tesoriere che
formano il Consilio di Presidenza. Il Cnf ha la rappresentanza istituzionale dell’avvocatura a livello
nazionale, può adottare e aggiornare il Codice Deontologico, provvede alla tenuta dell’albo speciale per
il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori, e provvede, altresì, alla tenuta dell’elenco nazionale.
Promuove l’attività di coordinamento dei consigli degli ordini territoriali e collabora con i singoli
consigli per la tenuta dell’indipendenza e decoro professionale, provvede a dare informazioni utili sulla
sua attività amministrativa, esprime pareri, su richiesta del ministro, in materia di disegni di legge sulla
professione e amministrazione della giustizia e sulla previdenza forense. Per pareggiare i conti del
bilancio, annualmente i Consigli dei singoli ordini, devono procedere alla riscossione del contributo
annuale da essi determinato da versare al Cnf, stabiliscono il termine entro il quale gli iscritti devono
adempiere al versamento e gli iscritti che non provvedano a versare i contributi nei termini prescritti,
saranno soggetti al provvedimento della sospensione. Il Cnf è composto, altresì, da un organo che è
l’osservatorio permanente sull’esercizio della giurisdizione, che raccoglie i dati ed elabora studi diretti
ad una efficiente amministrazione della funzione giurisdizionale e pubblica periodicamente dei rapporti
che sono dedicati alla giustizia italiana. Entro il primo anno dalla sua costituzione, l’osservatorio
nazionale promuove la costituzione anche di osservatori distrettuali presso ordini distrettuali, entro il
secondo anno dalla sua costituzione, promuove la costituzione di osservatori locali presso i consigli
dell’ordine circondariali .Gli osservatori nazionali, quelli distrettuali e circondariali effettuano ricerche,
raccolgono dati e promuovono studi in materia di amministrazione della giustizia. Nell’ambito delle
attività dedicate alla giustizia penale, l’osservatorio: monitora i dati relativi al trattamento dei detenuti,
controlla l’effettiva corrispondenza tra del sistema processuale ai canoni del giusto processo, cura che
sia osservato il principio costituzionale del giusto processo. Il Cnf si pronuncia: su reclami contro
provvedimenti disciplinari , nonché in materia di albi, registri ed elenchi, nonché in materia di rilascio
del certificato di compiuta pratica. Pronuncia in merito ai ricorsi relativi alle elezioni del consiglio
dell’ordine, risolve i conflitti di competenza tra ordini circondariali, esercita funzioni disciplinari nei
confronti dei propri componenti.
Le udienze dinnanzi al Cnf sulle questioni ut supra espose, sono pubbliche. Ad esse partecipa con
funzioni di P.M. , un magistrato, con grado non inferiore a consigliere di Cassazione. Per la
partecipazione alle procedure in materia disciplinare, non sono riconosciuti compensi, indennità o
gettoni di presenza. Le decisioni del Cnf hanno natura di sentenza e sono notificate entro 30 gg
all’interessato e al p.m. della corte d’appello nella circoscrizione di appartenenza dell’interessato. Le
comunicazioni, nel suddetto termine, devono essere effettuate anche al Consiglio dell’ordine della
circoscrizione stessa. Contro le decisioni del Cnf è ammesso ricorso in Cassazione, che decidono a
sezioni unite. Le Sezioni Unite, valuteranno il profilo di violazione di legge ovvero se il Cfn abbia o
meno applicato i criteri del decoro e della corretta e leale concorrenza.
Non possono essere eletti come componenti del Cnf, coloro che siano anche Consiglieri dell’ordine,
coloro che abbiano riportato, nei 5 anni precedenti, una condanna esecutiva anche non definitiva a una
sanzione disciplinare più grave dell’avvertimento. L’eletto che si trovi in una condizione di
incompatibilità, deve optare per uno degli incarichi entro 30 gg dalla sua proclamazione, rinunciando
automaticamente all’incarico assunto in precedenza.
-l’elenco degli avvocati che hanno subito un provvedimento disciplinare, non impugnabile e
comportante la radiazione;
Gli albi, gli elenchi ed i registri, sono a disposizione del pubblico e sono pubblicati sul sito internet
dell’ordine. Entro il 31 Marzo di ogni anni, il consiglio dell’ordine trasmette per via telematica al Cnf
gli albi e gli elenchi di cui è custode, aggiornati al 31 dicembre dell’anno precedente. Entro il mese di
giugno di ogni anno il Cnf redige, sulla base dei dati ricevuti dai Consigli dell’ordine, l’elenco
nazionale degli avvocati aggiornato al 31 dicembre dell’anno precedente. Le novità più importanti,
sono le modalità informatiche di tenuta di albi, registri ed elenchi che è stata introdotta dal D.M.
178/2016. Il sistema informativo centrale, indica anche i documenti che devono essere allegati alla
domanda di iscrizione, prevedendone le modalità di trasmissione. Il Consiglio dell’Ordine, provvede ad
accertare la sussistenza dei requisiti e delle condizioni prescritti per l’iscrizione , provvede alla stessa e
a qualsivoglia variazione dei dati. La cancellazione dall’albo, dev’essere chiesta nei modi previsti per
l’iscrizione, indicando nome, cognome, data di nascita e codice fiscale. La cancellazione è pronunciata
d’ufficio o su richiesta del procuratore del generale, quando risulta che non sussistevano i requisiti al
momento dell’iscrizione. La cancellazione dal registro dei praticanti viene deliberata nei seguenti casi:
quando è stato interrotto senza un giustificato motivo per oltre 6 mesi, nei casi previsti per la
cancellazione dell’albo ordinario, oppure dopo il rilascio di certificato di compiuta pratica forense, che
non può essere richiesto dopo che siano trascorsi 6 anni dall’inizio, per la prima volta, dalla pratica.
Per iscriversi all’albo bisogna essere cittadino italiano od i uno Stato appartenente all’Unione Europea;
aver superato l’esame di abilitazione, avere il domicilio nel circondario del Tribunale dove ha sede il
Consiglio dell’Ordine; godere del pieno esercizio dei diritti civili, non trovarsi in una condizione di
incompatibilità , non essere sottoposto a pene detentive o misure cautelari o interdittive, essere di
condotta irreprensibile secondo i canoni previsti dall’ordinamento forense, che non si riferisce
unicamente all’attività dell’avvocato ma all’intero stile di vita. Con il regolamento del 2015, il Cnf ha
dettato le regole di funzionamento della Scuola superiore dell’Avvocatura per Cassazionisti. La
conseguente iscrizione nell’Albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori può
essere richiesta al Cnf dagli avvocati che, avendo maturato una azianità di iscrizione parti ad 8 anni,
abbiano lodevolmente e proficuamente frequentato il corso organizzativo dal Cnf. Per essere ammessi
ai concorsi occorrono i seguenti requisiti: -l’iscrizione all’albo da almeno 8 anni, non aver riportato
negli ultimi 3 anni delle sanzioni penali definitive e non essere stato sospeso dall’albo, aver svolto
effettivamente la professione forense. L’ammissione al corso è subordinata al superamento della prova
di accesso con un test a risposta multipla. Il corso ha ad oggetto diritto processuale civile e penale,
giustizia costituzionale e giustizia amministrativa e gli orientamenti recenti delle giurisdizioni superiori
per una durata complessiva di 100 ore. La sede del concorso è a Roma. Al termine del corso è prevista
una prova di idoneità per le seguenti materie: redazione di un ricorso per cassazione in materia penale o
civile o di un atto di appello al Consiglio di Stato.
L’scrizione all’albo per gli stranieri privi di cittadinanza italiana o della cittadinanza di un altro Stato
appartenente all’Unione Europea è consentita esclusivamente: - allo straniero che abbia conseguito il
diploma di laurea in giurisprudenza presso una università italiana ed abbia superato l’esame di Stato, o
che abbia conseguito il titolo di avvocato in uno Stato membro, allo straniero regolarmente
soggiornante in possesso di un titolo conseguito in uno Stato non appartenente all’Unione Europea,
previa presentazione del titolo abilitativo rilasciato dal Ministri di Giustizia. Il problema , sorge, nel
caso del cittadino straniero residente in italiano che chieda di essere iscritto nel Registro dei Praticanti.
Secondo il parere rilasciato nel 2013 dal Cnf, il titolo di studi è considerato come un titolo abilitante
all’esercizio di determinate funzioni regolarmente. Pertanto del suo riconoscimento, può esserne fatta
richiesta direttamente presso qualsiasi Università della Repubblica nella quale sia istituto il corso di
laurea in giurisprudenza. Se, viceversa, il cittadino straniero intende avvalersi del proprio diploma di
laurea al fine esclusivo di essere iscritto nel registro dei praticanti avvocati e le relative valutazioni
spettano al consiglio dell’ordine competente. A tal proposito, la giurisprudenza Europa ha precisato che
il rifiuto dell’iscrizione non può essere disposto per il solo fatto che il titolo provenga da una istituzione
accademica straniera. La procedura di valutazione, che l’autorità competente dello Stato membro
ospitante ( da identificarsi nel Consiglio dell’Ordine che tiene il registro nel quale l’iscrizione è
richiesta) ha il dovere di compiere, deve tendere ad assicurare che il diploma straniero attesi, da parte
del suo titolare, il possesso di conoscenze e di qualifiche identiche o equivalenti a quelle attestate dal
diploma nazionale. Una valutazione che verrà svolta sulla base delle conoscenze e delle qualifiche
conseguite.
L’accertamento dei requisiti per l’ iscrizione nell’albo degli avvocati è compiuto dal consiglio
dell’Ordine. La domanda dev’essere rivolta al Consiglio dell’Ordine con indicazione del proprio
domicilio, avendo cura di comunicare ogni eventuale variazione del domicilio, se avviene nel tempo,
sempre e con la massima sollecitudine al Consiglio dell’ordine circondariale. La domanda di iscrizione,
dev’essere corredata anche dai documenti comprovanti i requisiti richiesti. L’autocertificazione è
ritenuta ammissibile secondo le disposizioni generali di semplificazione. La cancellazione dagli albi,
elenchi, registri è pronunciata dal Consiglio dell’ordine a richiesta dell’iscritto, quando questi rinuncia
all’iscrizione, oppure d’ufficio o su richiesta del procuratore generale nei casi già indicati nel capitolo 1
. ( sia per i praticanti che per gli avvocati) . Il consiglio, prima di deliberare la cancellazione, con lettera
raccomandata invita l’iscritto a presentare eventuali osservazioni in un termine non inferiore ai 30 gg
dal ricevimento di tale raccomandata. L’iscritto può essere anche ascoltato personalmente.
L’interessato, avvero la delibera di cancellazione emessa dal Consiglio dell’Ordine, può presentare
ricorso al Cnf entro 60 gg dalla notificazione. Il ricorso presentato ha effetto sospensivo.
Incompatibilità:
Elenchiamo i casi di incompatibilità tra l’esercizio della professione forense ed altre professioni:
- E’ incompatibile anche con la veste del testimone, a meno che le vesti siano assunte in due gradi
diversi ed in un due procedimenti diversi,
- Non gli è consentito d essere iscritto contemporaneamente all’albo dei consulenti della proprietà
industriale ( sono iscritti generalmente tutti coloro che intendano rappresentare i terzi in materia
di brevetti, marchi, modelli e disegni di fronte all’amministrazione preposta) alla concessione
dei relativi diritti)
- E’ incompatibile anche con un impiego part-time, perché in questi casi preme tutelare gli
interessi di pari rango costituzionale quali imparzialità e buon andamento.
- Gli avvocati non possono esercitare le funzioni del giudice di pace nel circondario nel quale
esercitano la professione dell’avvocato o nel circondario nel quale esercitano la professione
forense gli associati del loro studio, il coniuge, il convivente, i parenti fino al 2^ grado o gli
affini entro il 1^grago; non possono esercitare le funzioni del giudice di pace davanti
all’ufficio del giudice di pace al quale appartengono e non possono rappresentare, assistere le
parti di procedimenti che si sono svolti nel medesimo ufficio e nei successivi gradi di giudizio
E’ consentita, invece, l’iscrizione nell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili,
nell’elenco dei pubblicisti ma non in quello dei giornalisti, nel registro dei revisori contabili e
nell’albo dei consulenti del lavoro. Inoltre, all’avvocato, sono consentite attività di lavoro
autonomi, anche se svolte in modo continuativo e professionale, che abbiano carattere scientifico,
letterario, artistico e culturale. E’ consentito anche ai professori ed ai ricercatori a tempo pieno di
esercitare l’attività di avvocato, nei limiti consentiti dall’ordinamento universitario. Con
riferimento, invece, ai ricercatori a tempo parziale , sarà consigliabile richiedere previamente il
parere del proprio Consiglio dell’Ordine, come previsto dall’art. 6 del Codice Deontologico, prima
di procedere a qualsivoglia iscrizione.
l’ART. 41 della Legge 247/2012 non pone preclusioni allo svolgimento della pratica forense
contestualmente ad attività di lavoro subordinato pubblico o privato purchè con modalità ed orari
idonei a consentire l’effettivo e puntuale svolgimenti della pratica forense e purchè non sussistano
gravi ragioni di conflitto. Lascia perplessità il fatto che nessuna preclusione è volta, altresì al
praticante abilitato, al quale, invece dovrebbero essere applicati gli stessi limiti previsti per
l’avvocato
Qualora venga accertato un’incompatibilità può farsi luogo all’adozione del provvedimento
amministrativo, non sanzionatorio, della cancellazione dall’albo, ma ciò non esclude che, qualora la
sussistenza di una situazione d’incompatibilità venga fraudolosamente celata o negata dal
professionista, tale condotta integri gli estremi dell’illecito disciplinare.
Iscrizione alla Cassa Forense: L’iscrizione agli albi comporta la contestuale iscrizione alla Cassa
nazionale di previdenza e assistenza forense. Per tutti gli avvocati iscritti all’Albo anche SE NON
ISCRITTI ALLA CASSA, sussiste l’obbligo della comunicazione reddituale obbligatoria alla cassa
forense. Non sono ammesse deroghe. Pertanto non ha rilievo la mancanza della partita IVA,
l’inesistenza del reddito o del volume d’affari, l’iscrizione al solo albo special dei cassazionisti, la
non conoscenza dell’obbligo per carenze informative. Questo vuol dire che l’obbligo delle
comunicazioni reddituali è obbligatorio indipendentemente dalla produzione di reddito
professionale. L’omessa comunicazione delle dichiarazioni obbligatorie per tutti gli iscritti agli albi,
costituisce un illecito disciplinare. Circa il DIES A QUO della prescrizione del diritto al recupero
dei contributi previdenziali da parte della Cassa Forense , il termine inizia a decorrere dalla data in
cui l’avvocato invia le comunicazioni dell’ammontare dei redditi professionali prodotti e risultati
dalle dichiarazioni Irpef e dal volume dai volumi d’affari ai fini dell’Iva. Invece, i praticanti abilitati
al patrocinio sono destinatari dell’obbligo di invio delle comunicazioni se iscritti alla Cassa. Come
anticipato l’iscrizione alla Cassa è obbligatoria per tutti gli avvocati che esercitano la libera
professione con carattere di continuità e per coloro che sono iscritti ad altre gestioni previdenziali
( come i professori di ruolo di discipline giuridiche dell’università), salvo che abbiano esercitato
l’opzione di iscrizione ad altra cassa previdenziali o che siano avvocati iscritti ad albi speciali. In
caso di infrazione all’obbligo di iscrizione alla cassa ai fini previdenziali, la giunta provvede
d’ufficio con decorrenza dall’anno in cui è stato raggiunto il minimo prefissato di reddito e con
l’obbligo del pagamento dei contribuiti arretrati e della sanzione e di una penalità pari alla metà dei
contributi arretrati. Tale comunicazione deve essere inviata a tutti gli iscritti all’albo,
indipendentemente dall’adempimento di iscrizione a titolo pieno ( e cioè una iscrizione che sia
non solo a fini assistenziali, ma anche previdenziali), perché dev’essere fatta anche se le
dichiarazioni fiscali non sono state presentate o sono negative o se l’avvocato è pensionato, essendo
obbligato comunque al versamento del contributo minimo di solidarietà se resta iscritto all’albo
degli avvocati o all’albo speciale dei patrocinatori davanti alle giurisdizioni superiori.
L’iscrizione nell’albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori può essere
richiesta al Cnf, ai sensi dell’art. 22 della legge 247/2012, da chi sia iscritto all’albo circondariale
da almeno 5 anni e superato l’apposito esame al quale sono ammessi gli avvocati iscritti all’albo.
L’iscrizione può essere richiesta anche da chi abbia maturato ormai una iscrizione di anzianità
all’albo da 8 anni, e successivamente abbia lodevolmente frequentato la scuola superiore
dell’avvocatoria istituita e disciplinata con regolamento del Cnf. Al corso si accede a seguito del
superamento della prova di accesso di 36 domande divise tra procedura civile, procedura penale,
giustizia amministrativa e giustizia costituzionale e 24 domande in una delle materie a scelta dal
candidato tra : diritto processuale civile o penale o giustizia amministrativa. Il corso ha ad oggetto
le suddette materie e dura 100 ore. Generalmente si tiene a Roma, ma può tenersi anche preso gli
Ordini distrettuali con corsi a distanza. La verifica finale è eseguita da una commissione d’esame
designata dal Cnf e composta dai suoi membri, avvocati e professori universitari e magistrati
addetti alla Corte di Cassazione e consiste in un ricorso in cassazione in materia civile o penale e
nell’atto d’appello al Consiglio di Stato.
Gli avvocati degli enti pubblici sono iscritti in un apposito elenco speciale annesso all’albo
dell’ordine dove ha sede l’ente. Nel contratto di lavoro dev’essere garantita l’autonomia e
l’indipendenza intellettuale e tecnica dell’avvocato. Per l’iscrizione nell’elenco gli interessati
Ldevono presentare la deliberazione dell’ente , dalla quale risulti la costituzione stabile di un ufficio
legale con la specifica attribuzione della trattazione degli affari legali dell’ente stesso e
l’appartenenza a tal ufficio del professionista incaricato in forma esclusiva a tali funzioni.
Per accedere alla professione forense, il praticante deve svolgere almeno 18 mesi di praticata presso
un avvocato che abbia maturato una iscrizione all’Albo per almeno 5 anni, oppure presso
l’avvocatura dello Stato o l’ufficio legale di un Ente pubblico per un termine di 12 mesi, per 6 mesi
in un altro Paese dell’Unione Europea presso un professionista con titolo equivalente a quello
dell’avvocato, per non più di 6 mesi in concomitanza con la conclusione dell’Università. Il tirocinio
può essere svolto anche presso due avvocati contemporaneamente, qualora il carico di lavoro di uno
di essi non sia tale da consentire al praticante una sufficiente offerta formativa. L’avvocato è tenuto
ad assicurare che il tirocinio si svolga in modo proficuo e dignitoso e non può avere più di tre
praticanti contemporaneamente. Negli studi legali il praticante avvocato è sempre tenuto al
RIMBORSO spese sostenute per conto dello Studio legale, ad eccezione degli enti Pubblici e
dell’Avvocatura dello Stato, decorso il primo semestre possono essere riconosciuti al praticante
solo delle indennità o un compenso per l’attività svolta per conto dello studio. Dopo i primi 6 mesi
di pratica, il praticante può esercitare l’attività di sostituzione dell’avocato in udienza: - nell’ambito
civile, di fronte al tribunale e al giudice di pace, - in ambito penale, nei procedimenti di competenza
per il giudice di pace e in quelli rientrati un tempo nella competenza del pretore, per tutti i reati per
i quali sono previste le contravvenzioni. I praticanti avvocati osservano gli stessi doveri e norme
deontologiche che devono osservare gli avvocati iscritti al Consiglio dell’Ordine. I praticanti,
contemporaneamente allo svolgimento della pratica forense, devono obbligatoriamente e con
profitto frequentare anche dei corsi di formazione di indirizzo professionale tenuti dagli Ordini e
dalle associazioni forensi. Qualora il tirocinio venga svolgo contestualmente ad una attività di
lavoro subordinato, pubblico o privato, il praticante deve informare il Consiglio dell’ordine e venga
accertata l’assenza di specifiche ragioni di conflitto di interesse. Il tirocinio dev’essere svolto
nel rispetto delle norme di deontologia professionale e in e in osservanza di questi criteri:-
assiduità : consistente nella frequentazione continua dello studio del professionista, sotto la
supervisione diretta di quest’ultimo, -diligenza: intesa come cura attenta e scrupolosa nello
svolgimento del tirocinio, - riservatezza: ossia l’adozione di un comportamento corretto volto al
mantenimento del massimo riserbo su tutte le notizie e le informazioni nel corso del tirocinio. Il
tirocinio dev’essere svolto in forma continuativa, l’interruzione per un periodo pari ad un mese e
comunque inferiore a sei mei, può essere giustificato in presenza di altri motivi a carattere
personale. Mentre per un periodo pari o superiore a 6 mesi può essere giustificato soltanto: - per
accertati motivi di salute; -quando ricorrono le condizioni per l’applicazione delle disposizioni in
materia di maternità e di paternità, - per la sussistenza di sanzioni disciplinari interdittive inflitte
all’avvocato presso cui svolge pratica forense; - per comprovata necessità di assicurare assistenza
continuativa ai prossimi congiunti o al coniuge affetto da malattia. L’interruzione del tirocinio per
oltre 6 mesi, senza giustificato motivo, comporta la cancellazione dal registro dei praticanti. Inoltre,
semestralmente, bisogna dimostrare di avere assistito almeno 20 udienze. Terminato il periodo di
pratica forense svoltosi per 18 mesi, al tirocinante verrà rilasciato dall’Ordine il certificato di
compiuto tirocinio.
Il tirocinio presso gli uffici giudiziari: Per coloro che abbiano conseguito almeno una laurea
quadriennale in giurisprudenza, e che abbiano riportato come voto di laurea almeno 105/110 o, in
alternativa, abbiano conseguito una media del 27/30 alle seguenti materie : diritto civile, diritto
penale, diritto del lavoro, diritto amministrativo, diritto processuale civile e diritto processuale
penale, è riconosciuta la possibilità di chiedere per un arco di tempo pari a 12 mesi, di svolgere il
tirocinio affiancando un magistrato. Il tirocinio consistente nel prendere visione dei fascicoli e
prendere parte delle udienze ed il divieto di difendere persone che siano parte di un processo che si
svolga davanti al proprio giudice affidatario, e di esercitare l’attività professionale davanti
all’ufficio dove si svolge lo stage. Lo stage può essere interrotto in qualsiasi momento sia per
ragioni organizzative, ma anche per il venir meno del rapporto fiduciario che lega il tirocinante al
magistrato affidatario. Al termine del tirocinio, il giudice affidatario dovrà redigere una relazione
sull’esito del periodo di formazione e trasmetterla al capo d’ufficio. Ricordiamo che il tirocinio può
essere svolto contestualmente ad altre attività: - dottorato d ricerca, - tirocinio per l’accesso alla
professione di avvocato o notaio, - frequenta dei corsi delle scuole di specializzazione per le
professioni legali.
Il D.M. n. 158/2016 disciplina l’attività di praticantato presso gli uffici giudiziari. I destinatari di
questo nuovo strumento di formazione sono i praticanti che abbiano già svolto 6 mesi di pratica
presso lo Studio legale scelto o presso l’Avvocatura di Stato, che non abbiano riportato condanne
legali e che non siano sottoposti a misure di sicurezza o a misure di prevenzione. Ha una durata pari
a 6 mesi e non può superare i 12 mesi. E’ necessario che l’attività svolta presso lo Studio legale ed
il tirocinio svolto presso il magistrato affidatario, sono tra di loro coordinati attraverso progetti di
coordinazione offerti dall’ Ordine. Non vi è incompatibilità tra questa formazione e lo svolgimento
di lavori autonomi o subordinati, part time o full time, purchè non contrastanti con il tirocinio sia
presso lo Studio legale , sia presso il magistrato affidatario. Il tirocinio può essere interrotto in
qualsiasi momento per problemi organizzati oppure qualora sia venuto meno il rapporto fiduciario
con il magistrato. Al termine dello stage, il tirocinante redige personalmente una relazione sul
tirocinio svolto che dovrà essere sottoscritta dal magistrato affidatario.
L’esame di Stato si articola in tre prove scritte e una prova orale. Le prove scritte si dividono in :
redazione di un parere penale, redazione di un parere civile e redazione di un atto giudiziario a
scelta tra le materie diritto civile, diritto penale e diritto amministrativo. Le spese per la sessione
d’esame sono pari a 50 euro, secondo quando disposto dal decreto del Ministero della Giustizia di
concerto con il Ministero dell’economia. La commissione d’esame è nominata, con decreto, dal
Ministro della giustizia ed è composta da 5 membri effettivi e 5 membri supplenti. Con il medesimo
decreto, presso ogni sede di Corte d’Appello è nominata una sottocommissione per gruppi fino a
300 candidati. Il ministro della Giustizia, anche su richiesta del Cnf, può nominare un ispettore per
il controllo del regolare svolgimento delle prove orali e delle prove scritte. Attualmente, per i
candidati, è ancora possibile l’ausilio di codici commentati e annotati con la giurisprudenza,
dall’anno 2018 entrerà in vigore la riforma che prevede l’utilizzo di meri codici secchi. Tuttavia
muterà anche il metro di giudizio, difatti verrà valutato il tipo di ragionamento seguito che potrà
approdare a soluzioni minoritarie o abbandonate dalla giurisprudenza, purchè siano puntellate da
argomentazioni corrette. Le bocciature dovranno sempre essere motivate, non solo dal voto
numerico ma anche dando atto dei criteri di valutazione indicati dalla commissione centrale. I
criteri di valutazione, così come espressi dal decreto ministeriale, sono: - chiarezza, logicità e rigore
metodologico nell’esposizione, -dimostrazione della concreta capacità di soluzione di specifici
problemi giuridici, - dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici, -
dimostrazione della capacità di cogliere eventuali profili di interdisciplinarietà e per ultimo tecniche
di persuasione ed argomentazione. Alla prova orale, infatti, saranno ammessi i candidati che
abbiano almeno conseguito 90 punti. Se si accerti che l’elaborato è stato in tutto o in parte copiato
da un altro lavoro o fonte, la Commissione annulla la prova.
Gli ordini professionali: Ogni ordine si configura come una persona giuridica che raggruppa tutti gli
iscritti residenti nella provincia in cui è istituito. Gli organi dell’ordine sono : -l’assemblea degli
iscritti a cui spetta approvare il bilancio preventivo e consuntivo; - il Consiglio dell’ordine: organo
direttivo a cui sono affidate funzioni istituzionali. Il Consiglio a sua volta elegge il Presidente che
ne è rappresentante legale, il segretario e il tesoriere. Il sistema degli ordini professionali deve
ispirarsi ai principi di concorrenza ed interdisciplinarietà, avendo la funzione di tutelare gli interessi
della categoria professionale, ma anche gli interessi dell’intera società L’esercizio delle professioni
intellettuali è libero : l’esame di stato è necessario soltanto per l’accesso alle professioni protette,
per le quali è istituito un apposito albo professionale. Se l’opera professione viene resa da chi non è
iscritto all’albo, l’esecuzione dell’opera sarà affetta da nullità assoluta, con la conseguenza che il
professionista non iscritto all’albo o addirittura privo della qualifica professionale necessaria non
può agire in giudizio per ottenere il pagamento della retribuzione. La Legge 247/2012 ha riformato
la professione d’avvocato nel rispetto dei principi costituzionali. Gli obiettivi che la legge intende
perseguire sono i seguenti: - regolamentare l’organizzazione e l’esercizio della professione
d’avvocato; - assicurare l’idoneità professionale degli iscritti, per garantire la tutela degli interessi e
collettivi sui quali l’attività forense incide; -garantire l’indipendenza e l’autonomia degli avvocati, -
favorire l’accesso alla professione delle giovani generazioni.
Analizziamo l’attività svolta dall’avvocato, consistente in :
-Rappresentanza, assistenza e difesa nei giudizi davanti a tutti gli organi giurisdizionali e nelle
procedure arbitrali rituali. Si tratta dello ius postulandi, che ne diritto tributario è riconosciuto anche
ad altri professionisti come dottori commercialisti e i ragionieri.
Per tanto: - la rappresentanza consiste nel compimento e nella ricezione, da parte del difensore degli
atti del processo in nome e per conto della parte. La fonte della rappresentanza è la procura alle liti;
- l’assistenza, invece, consiste nell’opera consultiva o nella difesa a favore della parte. Con
l’assistenza il difensore assume nel processo un ruolo più marginale, poiché non opera in nome
della parte ma opera in nome proprio e a favore della parte.
L’art. 2, comma 6, della legge 247/2012 consente la stipulazione di rapporti di lavoro subordinato,
ovvero la stipulazione di una prestazione d’opera continuativa e coordinata, avente ad oggetto la
consulenza e l’assistenza legale stragiudiziale, nell’esclusivo interesse di un datore di lavoro. Stesso
vale per la consulenza continuativa stragiudiziale, che può essere resa nel preciso interesse di una
associazione o enti esponenziali, poiché portati di un interesse di rilievo sociale.
Il difensore compie gli atti del processo in virtù i un atto di procura con la quale la parte designa il
difensore e gli conferisce il potere di agire in giudizio a tutela dei propri interessi. La procura può
essere : generale : ossia riferendosi genericamente a una serie indefinita di liti oppure a tutte le
possibili liti o speciale: ossia riferirsi alla singola lite e dev’essere conferita con atto pubblico o
scrittura privata autenticata. QUANDO E’ SPECIALE, può essere apposta in calde o al margine
degli atti elencati tassativamente dall’art. 83 c.p.c. con i quali entra nel possesso- citazione, ricorso,
controricorso, comparsa di costituzione e risposta, precetto, ecc.. In tali casi, il difensore, certifica
l’autografia della sottoscrizione della procura ad opera della parte. La mancanza della certificazione
da parte del difensore non è causa di nullità se la procura è inserita in un atto sottoscritto dal
difensore. La procura, invece, può ritenersi implicita per la presenza, in calce o a margine, della
sottoscrizione della parte seguire dal procuratore. La mancanza di una valida procura può essere
sanata per effetto della modifica dell’art. 182, comma 2, c.p.c. e può essere rilevata anche d’ufficio
in ogni stato e grado del processo. Invece, l’inesistenza della procura, può fondare la responsabilità
del difensore che può essere condannato alle spese. La procura speciale si presume conferita
soltanto per un determinato grado del processo, quando non è espressa volontà diversa. La procura
può includere la facoltà di designare sostituti e nominare altri difensori. Se è rilasciata a più
difensori, il conferimento sarà disgiunto. Più parti, possono, inoltre, conferire la procura allo stesso
difensore. La procura può essere sempre revocare e il difensore può sempre rinunciarvi, ma la
revoca e la rinuncia non hanno effetto nei confronti dell’altra parte finchè non sia avvenuta la
sostituzione del difensore.
AL DIFENSORE DELL’ATTORE la procura può essere rilasciata anche dopo la notifica dell’atto
di citazione, purche anteriormente alla costituzione della parte. Fino a quel momento la legge
considera sufficiente la procura puramente verbale. Quando il difensore agisca senza procura,
assume la qualità di parte con tutte le conseguenti responsabilità, comprese le spese. In alcuni casi
non è nominato direttamente dalla parte, ma dalla legge, come accade ad esempio per l’ Avvocatura
dello Stato, che difende ex lege l’amministrazione dello Stato. Normalmente, al momento del
conferimento dell’incarico la parte elegge domicilio presso il difensore, al quale dovranno essere
indirizzati gli atti relativi al processo. I difensori, a loro volta, quando il processo si svolge fuori
dalla propria circoscrizione eleggono domicilio presso un collega iscritto nel luogo dove ha sede
l’autorità procedente.
Indipendenza ed autonomia:
L’art. 1 comma 2 della legge 247/2012 assegna all’ordinamento forense il compito di garantire
l’indipendenza ed autonomia agli avvocati. Il dovere di indipendenza è richiamato anche dall’art. 9
del Codice Deontologico forense. In cosa consistono l’autonomia e la dipendenza . in primis nel
dover dell’avvocato di conservare la propria indipendenza e di difendere la propria libertà da
pressioni e condizionamenti esterni. Pertanto la sua attività è connotata dall’autonomia e
indipendenza dell’azione professionale e del giudizio intellettuale, obbligo della difesa alla quale si
affianca l’obbligo di assicurare il patrocinio in favore dei meno abbienti, indipendenza, lealtà e
probità, decoro, diligenza e competenza, tendo conto del rilievo sociale della propria difesa e
rispettando i principi della corretta e leale concorrenza; osservanza dei principi contenuti nel codice
deontologico emanato dal Cnf.
L’iscrizione all’Albo:
Per l’esercizio della professione di avvocato è necessaria l’iscrizione all’ Albo circondariale.
L’esercizio della professione in mancanza dell’iscrizione comporta due conseguenze rilevanti:
integra il reato di esercizio abusivo della professione e sul piano civilistico chi non è iscritto
all’albo non può agire per ottenere il pagamento del compenso relativo alla prestazione
abusivamente svolta. L’iscrizione all’albo è subordinata al possesso di un diploma di laurea almeno
quadriennale in giurisprudenza, un periodo di tirocinio di 18 mesi e successivamente l’abilitazione
alla professione forense. Sono previste, come abbiamo già visto, delle iscrizioni di diritto : nel caso
del magistrato ordinario, del magistrato amministrativo o contabile, del magistrato militare , dei
professori universitari di ruolo dopo 5 anni di insegnamento di materie giuridiche. Ci si riferisce a
professori ordinari e di professori associati. L’uso del titolo di avvocato spetta esclusivamente a
coloro che sono iscritti o sono stati iscritti a un albo circondariale, nonché agli avvocati dello Stato
ed è vietato da chi è stato radiato.
E’ possibile esercitare la professione forense anche in forma associata. In ogni caso l’incarico
professionale dev’essere conferito all’avvocato in via personale e la partecipazione a
un’associazione no può pregiudicare la propria autonomia e libertà ed indipendenza intellettuale.
L’avvocato, infatti, deve svolgere la propria attività in totale autonomia rispetto agli altri associati e
l’incarico, non può essere affidato all’associazione ma è necessario individuare singoli
professionisti che dovranno svolgere l’incarico. Il professionista associato, pertanto, è l’unico
titolare dell’incarico ricevuto ed è l’unico creditore del compenso nei confronti del cliente. Ne
consegue che l’associazione non può riscuotere il credito facendo le veci dell’avvocato a cui sia
stato affidato l’incarico. La personalità della prestazione non viene meno se ci si fa aiutare da
sostituti ed ausiliari. Fermo restando che i sostituti svolgono l’attività al posto del professionista,
mentre gli ausiliari svolgono una attività concorrente a quella principale. Tra i collaboratori possono
essere ricompresi anche i praticanti ed i lavoratori subordinati o autonomi. La collaborazione di
ausiliari o sostituti non comporta che quest’ultimi diventino parti del rapporto di clientela.
L’associazione, pur rimanendo estranea al contatto d’opera professionale è destinataria dei risultati
economici dell’attività professionale. La struttura associativa consente, dunque, la creazione di una
cassa comune finalizzata a rendere più agevole lo svolgimento della propria attività professionale,
che resta esclusivamente personale per quanto riguarda il conferimento dell’incarico, l’esecuzione
dello stesso e la responsabilità professionale.
Le società multiprofessionali: sono bene altra cosa, nascono proprio per assicurare prestazioni a
carattere multidisciplinare al cliente e possono partecipare a queste associazioni oltre agli iscritti
all’albo forense, anche altri liberi professionisti. Tra le categorie che possono partecipare alla
associazione ricordiamo: i dottori agronomi e forestali, gli assistenti sociali, gli ingegneri, i chimici,
i dottori commercialisti e gli esperti contabili. Sono escluse le associazioni tra avvocati laureati in
giurisprudenza non abilitati al patrocinio.
Le associazioni tra avvocati sono iscritte in un elenco tenuto dal Consiglio dell’Ordine nel cui
circondario hanno sede. Pertanto gli associati devono eleggere il proprio domicilio professionale
nella sede dell’associazione. L’iscrizione all’albo è condizione essenziale per la partecipazione di
un avvocato ad una associazione tra avvocati. Mentre, nelle associazioni multidisciplinari, è
necessario che vi sia almeno un avvocato iscritto all’albo affinchè l’associazione possa indicare
l’esercizio di attività proprie della professione forense fra quelle previste nel proprio oggetto
sociale.
Il Domicilio professionale: è previsto che l’avvocato deve iscriversi nell’albo del circondario del
tribunale dove ha il domicilio professionale, di regola coincidente con il luogo in cui svolge la
professione in modo prevalente. Gli ordini professionali presso cui gli avvocati sono iscritti
pubblicano un apposito elenco, consultabile dalle pubbliche amministrazioni, gli indirizzi di posta
elettronica comunicati dagli iscritti, anche al fine di rendere più semplice la notifica e la
comunicazione di atti per via telematica da parte degli uffici giudiziari. L’avvocato che stabilisca
uffici al di fuori del proprio circondario deve darne immediata comunicazione scritta all’ordine di
iscrizione, e all’ordine del luogo in cui si trova l’ufficio. Gli avvocati italiani che esercitano la
professione all’esterno e che hanno residenza in quel luogo mantengono l’iscrizione nell’albo del
circondario del tribunale dove avevano l’ultimo domicilio in Italia. La violazione degli obblighi
suddetti, comporta illecito disciplinare.
La specializzazione: Gli avvocati possono indicare anche il titolo di specialista e tale titolo si
ottiene: 1) all’esito di percorsi formativi biennali e per comprovata esperienza nel settore di
specializzazione. Solitamente i percorsi formativi sono organizzati presso le facoltà di
giurisprudenza, con le quali il Cnf e i consigli degli ordini territoriale, possono stipulare i corsi di
alta formazione per il conseguimento del titolo di specialista. Invece, il conseguimento del titolo di
specialista per COMPROVATA ESPERIENZA NEL SETTORE PROGESSIONALE, è riservato
agli avvocati che abbiano maturato una anzianità di iscrizione all’albo degli avvocati
ininterrottamente e senza sospensioni, di almeno 8 anni e che dimostrino di aver esercitato in modo
assiduo, prevalente e continuativo l’attività professionale in uno dei settori negli ultimi 5 anni. Il
titolo di specialista può essere revocato solo dal Cnf, nei casi previsti dal decreto ministeriale.
L’assicurazione per la responsabilità civile: Gli avvocati, come tutti i liberi professionisti, hanno
l’obbligo di stipulare garanzie assicurative a copertura della responsabilità per i danni cagionati alla
clientela nell’esercizio della loro professione. L’obbligo è posto a carico dell’avvocato, sia esso
esercente in proprio ovvero in forma associata con altri professionisti. La copertura dev’essere
estesa all’attività dei collaboratori e dei praticanti che operino in nome e per conto del titolare
dell’attività professionale e quindi che agiscano in veste di sostituti o mandatari del dominus dello
studio. L’avvocato deve rendere nota la polizza al cliente. E’ previsto l’obbligo dell’avvocato di
stipulare una polizza per la copertura degli infortuni derivanti a sé o ai propri collaborativi
nell’esercizio della professione e anche al di fuori dei locali dello Studio Legale. Degli estremi delle
polizze e delle loro variazioni dev’essere data comunicazione al Consiglio dell’Ordine. Tale polizza
copre: - tutti i danni che lo stesso dovesse causare per colpa, anche grave nello svolgimento
dell’attività professionale; - per i danni derivanti dalla custodia di documenti, somme di denaro,
titoli e valori ricevuti in deposito dai clienti; - per tutti i danni derivanti da fatti colposi o dolosi di
collaboratori, praticanti, dipendenti o sostituti processuali.
L’incarico professionale:
L’avvocato ha piena libertà di accettare l’incarico. Si tratta di una disposizione ovvia, l’incarico,
infatti, si fonda su un accordo negoziale : il contratto d’opera professionale richiede l’incontro delle
volontà del cliente e dell’avvocato. Il mandato professionale si perfeziona con l’accettazione.
L’avvocato ha sempre la facoltà di recedere con le cautele necessarie per evitare i pregiudizi al
cliente. Tale recesso, senza bisogno di addurre alcuna giustificazione, è riconosciuto tanto
all’avvocato quanto al suo cliente. Ad ogni modo l’avvocato, qualora decida di recedere, deve dare
un adeguato preavviso e deve informare il cliente di quanto è necessario per non pregiudicare la
difesa. In caso di irreperibilità del cliente, dovrà essere informato delle intenzioni dell’avvocato con
lettera raccomandata inviata all’ultimo domicilio conosciuto. La procura può essere sempre
REVOCATA ed il difensore può sempre RINUNCIARVI. Tuttavia la revoca e la rinuncia non
hanno effetto nei confronti dell’altra parte se non sia intervenuta la sostituzione del difensore.
Le sostituzioni fra avvocati: Gli avvocati possono farsi sostituire da un altro avvocato, con
incarico anche verbale. L’avvocato nominato difensore d’ufficio, deve nominare un sostituto in caso
di impossibilità a partecipare alle singole attività processuali e deve darne comunicazione
all’autorità procedente o conferire l’incarico ad un collega, il quale, se accetta, è responsabile per
l’adempimento dell’incarico. La sostituzione è consentita anche per chi assiste la parte ammessa al
patrocinio a spese dello Stato. E’ sufficiente anche la Delega verbale. E’ richiesta, invece, la
delega scritta se il sostituto è un praticante abilitato al patrocinio dopo 6 mesi di pratica. Il
praticante può sostituire l’avvocato anche nella difesa d’ufficio. E’ previsto che l’avvocato può
nominare presso ogni ufficio giudiziario dei sostituti in maniera stabile. Tuttavia, l’avvocato che si
fa sostituire o coadiuvare da altri avvocati o praticanti, resta comunque responsabile verso i clienti.
Salvo che non sia disposto diversamente, i praticanti, i sostituti, i collaboratori, non sono
disciplinarmente responsabili per il compimento di atti ed incarichi specifici ricevuti.
Il patrocinio a spese dello Stato: Può accedere al gratuito patrocinio chi sia titolare di un reddito
imponibile risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore ad un importo periodicamente
aggiornato. Se l’interessato convive con il coniuge od i propri familiari, il reddito è costituito dalla
somma dei singoli redditi e fa riferimento al nucleo familiare di fatto. Invece si terrà conto del
reddito personale quando siano oggetto della causa i diritti della personalità nonché nei processi in
cui gli interessi della parte siano in conflitto con quelli degli altri componenti del nucleo familiare o
con lui conviventi. L’interessato che si trovi nelle suddette condizioni può chiedere di essere
ammesso al patrocinio in ogni stato e grado del processo, con istanza sottoscritta dall’interessato a
pena di inammissibilità. La sottoscrizione è autenticata dal difensore. Nel processo penale, per
effetto dell’ammissione al patrocinio sono gratuite le spese per LE COPIE DEGLI ATTI
PROCESSUALI, quando sono necessarie per l’esercizio del diritto di difesa. E’ vero che il
patrocinio dei non abbienti comporta l’anticipazione delle spese da parte dello Stato, ma è pur vero
che a questa regola vige la deroga che in sede penale, se l’imputato è soccombente deve essere
condannato al pagamento delle spese processuali.
Il nuovo codice forense non ha carattere normativo, essendo costituito da un insieme di regole che
gli organi di governo degli avvocati si sono date per attuare i valori caratterizzati la propria
professione e garantire la libertà, la sicurezza e l’’inviolabilità della difesa. Le regole deontologiche
si applicano a tutti gli avvocati e a tutti i praticanti avvocati nella loro attività e nei loro reciproci
rapporti e nei rapporti con i terzi. Tutte le condotte che violano le suddette regole, costituiscono
illecito disciplinare e sono rimesse alla valutazione dell’Ordine professionale
I compiti dell’avvocato sono :- tutelare in ogni sede il diritto di liberà, di inviolabilità e di effettività
della difesa; - assicurare, nel processo, la regolarità del giudizio e del contradditorio, - vigilare sulla
conformità delle leggi ai principi della Costituzione e dell’Ordinamento dell’Unione Europea.
Nell’esercizio della sua professione all’estero, l’avvocato italiano deve rispettare il Codice
deontologico interno nonché quello del Paese in cui viene svolta l’attività, tenendo conto che non
perde connotazione o rilevanza negativa un fatto illecito indipendentemente dal locus commissi
delicti. In caso di contrasto tra le due normative, prevale quella del Paese ospitante, sempre che non
sia confliggente con l’interesse pubblico al corretto svolgimento dell’attività professionale.
L’avvocato, cui sia imputabile un comportamento non colposo che abbia violato la legge
penale, è sottoposto a procedimento disciplinare. E’ del tutto irrilevante la consapevolezza
dell’illegittimità della propria condotta, essendo determinate la volontarietà dell’azione che ha
portato al compimento del comportamento deontologicamente scorretto, mentre l’intensità del solo
rileva solo ai fini della sanzione. Anche la negligenza del comportamento è motivo di
responsabilità, perché dimostra che non sono stati adottati tutti gli accorgimenti necessari e , in ogni
caso, queli richiesti dal caso concreto.
-LA PROIBITA: fa riferimento all’integrità morale, alla onestà e alla rettitudine dello stile di vita;
-LA DIGNITA’: riguarda colui che sia meritevole, per le sue qualità professionali, del massimo
rispetto;
-IL DECORO: rappresenta il complesso dei valori e degli atteggiamenti ritenuti confacenti a una
vita dignitosa e corretta;
Tali doveri devono essere osservati anche al di fuori dell’attività professionale, a tutela della propria
reputazione e dell’immagine della professione forense. In sostanza:
-l’avvocato che non provveda al puntuale adempimento delle proprie obbligazioni nei confronti dei
terzi;
-la richiesta di un prestito di denaro al proprio cliente per soddisfare delle situazioni contingenti di
sofferenza finanziaria del professionista;
-l’avvocato il quale, oltre a richiedere l’esecutorietà di un decreto ingiuntivo non eseguibile rivolga
all’indirizzo del legale di controparte espressioni offensive;
-l’avvocato che non partecipi all’udienza per altri concomitanti impegni professionali senza
garantire adeguata sostituzione;
Dovere di diligenza: L’avvocato deve svolgere la propria attività professionale con coscienza e
diligenza, assicurando la qualità della propria prestazione professionale. Vuol dire che l’avvocato
non può agire contro i principi che la coscienza gli suggerisce. Pertanto in presenza di gravi e
giustificati motivi, l’avvocato può rifiutare l’incarico senza che si possa configurare un abbandono
della difesa.
Dovere di segretezza e riservatezza: L’art. 13 del Codice Deontologico sancisce l’obbligo per
l’avvocato di mantenere, nell’interesse nel cliente e della parte assistita, il segreto professionale e il
riserbo su fatti e circostanza in qualsiasi modo apprese nell’attività di rappresentanza ed assistenza
in giudizio. L’avvocato deve tenere riservata l’esistenza dello stesso rapporto, con particolare
riguardo alla trattazione dell’oggetto del mandato difensivo. Occorre precisare che la rivelazione di
notizie relative ad una controversi in corso è lesiva dell’interesse delle parti, indipendentemente che
una di esse se ne sia lamentata, costituendo una condotta idonea a pregiudicare la dignità della
professione e l’immagine dell’intera classe forense. Viola il dovere di riservatezza anche il gesto
dell’avvocato che intaschi il denaro del cliente senza il dovuto riserbo ( si pensi, ad esempio,
all’avvocato che intaschi il denaro nei corridoi del tribunale o per strada).
Dovere di competenza: Tra i presupposti dell’attività professionale rientrano la diligenza e la
competenza: la prima assicura la qualità della prestazione, mentre la seconda impone all’avvocato
di non accettare incarichi che non sia in grado di svolgere adeguatamente. L’avvocato deve
comunicare alla parte assistita e al cliente l’esistenza di circostanze impeditive per la prestazione
dell’attività richiesta , prospettando al cliente, la necessità di integrare l’assistenza con un altro
collega in possesso di tali competenze. Per sindacare l’attività prestata dall’avvocato che sia
inficiata da competenza, si dovrebbero ravvisare delle condotte professionali palesemente
divergenti rispetto a quelle esigibili in concreto.
I rapporti con i colleghi: L’avvocato deve mantenere nei confronti dei colleghi, un comportamento
di correttezza e lealtà. La regola costituisce l’applicazione del canone più generale della buona fede
oggettiva o correttezza che è espressione del principio di solidarietà sociale. La solidarietà sociale,
si traduce, non solo nel comportarsi in maniera leale e corretta nei confronti dei propri colleghi, ma
anche nei confronti della controparte. Di talchè, se quest’ultima sia parte soccombente alla
conclusione di un processo, e si stia attivando a far fronte alla propria posizione debitoria,
l’avvocato della parte vittoriosa non deve aggravare la sua posizione debitoria con plurime
iniziative giudiziarie, per esempio notificando un immediato atto di precetto al debitore.
Ai sensi dell’art. 21 del Codice Deontologico, spetta agli organi disciplinari il potere di applicare le
sanzioni adeguate e proporzionate alla violazione deontologica commessa. La sanzione è unica
anche quando siano contestati più addebiti nel medesimo procedimento. La sanzione dev’essere
commisurata alla gravità del fatto e al grado di colpa, alla sussistenza del dolo e alla sua intensità e
al comportamento dell’incolpato, avuto riguardo al contesto in cui si è verificata la violazione. Si
potrà, altresì, tener conto della compromissione dell’immagine professionale, della vita
professionale , dei precedenti disciplinari, del tempo trascorso dalla commissione dell’illecito e
anche dal comportamento assunto successivamente dall’incolpato. Analizziamo le sanzioni
disciplinari: a) avvertimento: che consiste nell’informa l’incolpato che la sua condotta non è stata
conforme alle norme deontologiche e di legge e con l’invito ad astenersi dal compiere altre
infrazioni, è deliberato anche quando il fatto contestato non è grave e vi è motivo di ritenere che
l’incolpato non commetta altre infrazioni; b)la censura: è un biasimo formale, si applica quando la
gravità dell’infrazione, il grado di responsabilità ed i precedenti dell’incolpato ed il suo
comportamento successivo, inducano a ritenere che non commetterà altra infrazione ( un esempio
sono le minacce di azioni nei confronti della controparte); c) la sospensione: ovvero l’esclusione
temporanea per un periodo di tempo che va da 2 mesi a 5 anni dall’esercizio della professione o dal
praticantato e si applica per le infrazioni consistenti in comportamenti e responsabilità gravi o
quando non sussistano le condizioni per irrogare la sola sanzione della censura; d) la radiazione:
consistente nell’esclusione definitiva dall’albo, elenco o registro e impedisce l’iscrizione a qualsiasi
altro albo, elenco o registro ed è inflitta per violazioni molto gravi, che rendono incompatibile la
permanenza dell’incolpato nell’albo, elenco o registro.
Nei casi di infrazioni lievi e scusabili all’incolpato è fatto richiamo verbale, non avente carattere di
sanzione disciplinare.
Ai sensi dell’art. 23 del Codice Deontologico Forense, l’incarico è conferito dalla parte assistita.
Qualora sia conferito da un terzo, nell’interesse proprio o della parte assistita, l’incarico dev’essere
accettato solo con il consenso della parte assistita e svolta nel suo esclusivo interesse. Prima di
assumere l’incarico, l’avvocato deve accertare L’IDENTITA’ della parte che lo conferisce. Dopo
l’accettazione dell’incarico, l’avvocato non può intrattenere con il cliente o parte assistita rapporti
economici, patrimoniali, commerciali o d qualsiasi altra natura che possano influire sul rapporto
professionale. L’avvocato, nell’adempimento del proprio mandato:- non deve consigliare azioni
inutilmente gravose, - non deve prestare la propria attività se si accorga che sia finalizzata per la
realizzazione di una attività illecita; - non deve suggerire comportamenti, atti o negozi nulli, illeciti o
fraudolenti. L’avvocato deve astenersi dal svolgere l’attività professionale quando : - si possa
determinare un conflitto di interessi tra gli interessi del proprio cliente e lo svolgimento di un altro
incarico, anche non professionale; - quando l’esercizio del proprio mandato possa essere condizionato,
anche da interessi appartenenti alla propria sfera personale; - quando il nuovo mandato determini la
violazione di un segreto sulle informazioni fornite da un’altra parte assistita o un altro cliente; - quando
la conoscenza degli affari del proprio cliente possa ingiustamente favorire un’altra parte assistita o
cliente; - quando l’adempimento di un precedente mandato limiti l’indipendenza dell’avvocato nello
svolgimento del nuovo incarico.
Il conflitto di interessi sussiste anche se le parti aventi interessi confliggenti si rivolgano ad avvocati
partecipi di una stessa società di avvocati o di una associazione professionale o che esercitino negli
stessi locali o collaborino personalmente in maniera occasionale. Per la configurazione dell’illecito
deontologico in materia di incompatibilità, non è richiesto il dolo specifico, essendo sufficiente il dolo
generico, ossia la consapevolezza della propria incompatibilità.
L’indipendenza dell’avvocato nell’esercizio della propria funzione, è anche uno dei principi fondamenti
del Codice Deontologico degli Avvocati Europei. L’indipendenza dell’avvocato è una condizione
imprescindibile perché egli possa svolgere i compiti che gli assegnano tanto l’ordinamento
costituzionale che quello europeo. L’indipendenza è un termine che va interpretato in maniera estensiva
: comporta un atteggiamento asettico ed equidistante nei confronti dei poteri, delle istituzioni, di ogni
altro soggetto che in qualche modo tenti di coartare la libertà professionale. Questo dovere è senza
dubbio violato in caso di eccessivo servilismo nei confronti del magistrato che oltrepassi la soglia di
una doverosa collaborazione nell’ambito di una corretta dialettica processuale.
Accordi sulla definizione del compenso: La pattuizione del compenso è libera, fermo il divieto
dell’avvocato di chiedere compensi o acconti manifestamente sproporzionati all’attività svolta o da
svolgere. Infatti, l’avvocato che chieda un compenso manifestamente sproporzionato od eccessivo
rispetto alla attività professionale svolta, pone in essere un comportamento deotologicamente rilevante,
poiché lesivo del dovere di correttezza e probità. Invece, sono valide le pattuizioni con cui si determini
il compenso: - a percentuale: sul valore dell’intero affare, - a tempo: in base all’assolvimento e ai
tempi di erogazione della prestazione. La violazione del divieto, comporta la sospensione dall’esercizio
dell’attività professionale da 2 a 6 mesi.
Adempimento del mandato: L’art. 26 del Codice Deontologico prevede che l’accettazione di un
incarico professionale presuppone anche la competenza a svolgerlo. Qualora l’avvocato sia
consapevole che il proprio incarico comporti competenze diverse dalle proprie, deve prospettare al
cliente la necessità di integrare l’assistenza con un altro collega in possesso delle dovute competenze.
Costituisce violazione dei doveri professionali, sanzionabile con la censura, anche il mancato o il
ritardo o negligente compimento degli atti, qualora non sia scusabile e derivi da trascuratezza degli
interessi della parte assistita. Un esempio : non partecipare all’udienza, omettere di informare il cliente
sullo stato della causa, rassicurare continuamente l cliente sull’avvenuta instaurazione di un giudizio e
sulla imminente conclusione, a cui l’avvocato non abbia dato alcun seguito. Per il difensore d’ufficio,
sussiste l’obbligo di partecipare alle singole attività processuali. Se non vi possa presenziare, ne dovrà
dare tempestiva comunicazione all’autorità procedente ed incaricare alla difesa un collega.
L’obbligo del segreto e del massimo riserbo: L’avvocato, è tenuto alla rigorosa osservanza del
segreto professionale e del massimo riserbo su fatti e circostanze apprese nell’attività di rappresentanza
e di assistenza in giudizio, nonché nella attività di consulenza legale e stragiudiziale. Deve mantenere il
segreto ed il massimo riserbo su tutte le informazioni che gli siano fornite dal cliente, nonché su quelle
delle quali sia venuto a conoscenza attraverso il suo mandato. L’obbligo del segreto va osservato anche
quando il mandato sia stato ormai adempiuto e si estende ai collaboratori, dipendenti e tirocinanti
dell’avvocato. Si ricordi che il dovere di segretezza riguarda tutti i casi in cui l’espletamento di un
nuovo mandato comporti la violazione del segreto di informazioni fornite da un altro assistito. La
segretezza dev’essere rispettata anche nei confronti di colui che si rivolga all’avvocato per richiedere
assistenza, senza che il mandato sia poi accettato. E vige, per ultimo, il dovere di segretezza anche nei
confronti di un ex cliente dell’avvocato.
In tema di investigazioni private: il codice deontologico prevede che quando l’avvocato si avvalga di
collaboratori, di sostituti di studio, di investigatori privati autorizzati e consulenti tecnici, possa fornire
loro tutte le informazioni e i documenti necessari per lo svolgimento dell’incarico, anche nel caso in cui
sia intervenuta la segretazione degli atti.
Conseguenze alla violazione del dovere: la violazione del dovere del segreto per l’avvocato comporta
un illecito disciplinare sanzionato con la censura o con la sospensione e, per il dipendente
dell’avvocato, una giusta causa di licenziamento. Inoltre il dovere di segretezza e del massimo riserbo è
sanzionato dall’art. 622 c.p. ( Rivelazione del segreto professionale), che punisce chiunque che, avendo
notizia per ragione del proprio mandato o della professione od arte, di un segreto, lo rivela senza giusta
causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, se dal fatto possa derivarne un noncumento.
Astensione dalla testimonianza: L’avvocato, i collaboratori e i dipendenti non possono essere obbligati
a deporre, nei procedimenti e nei giudizi di qualunque specie, su ciò di cui sono venuti a conoscenza
nell’esercizio della professione o dell’attività di collaborazione. Questa disposizione richiama l’art. 200
c.p.p. laddove prevede che gli avvocati non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno
conosciuto per ragione del proprio ministero, ufficio e professione. Analoga facoltà di astensione è
riconosciuta anche ai collaboratori ed ai praticanti avvocati.
Richiesta di pagamento: Ai sensi dell’art. 29 del Codice Deontologico, nel corso del rapporto
professionale l’avvocato può chiedere ANTICIPI, ragguagliati a spese sostenute o a spese da sostenere,
nonché acconti sul compenso commisurati alla QUANTITA’ E ALLA QUALITA’ DELLA
PRESTAZIONE. Deve sempre tenere la contabilità delle spese sostenute e degli acconti ricevuti e
deve conseguire, a richiesta del cliente, una nota dettagliata. Non deve mai chiedere anticipi o acconti
sproporzionati e per ogni pagamento deve emettere documento fiscale.
Gestione di denaro altrui: L’avvocato, ai sensi dell’art. 30 del Codice Deontologico, deve gestire con
diligenza il denaro ricevuto dalla parte assistita o da terzi per l’adempimento dell’incarico
professionale. All’avvocato non è consentito trattenere somme del cliente neppure a titolo di
COMPENSAZIONE con proprio credito professionale. Deve mettere immediatamente a disposizione
della parte assistita le SOMME RISCOSSE per la stessa, pena la sospensione dall’esercizio dell’attività
professionale da 1 a 3 anni. Può trattenere le somme a titolo di compenso nei seguenti casi: - quando vi
sia il consenso del cliente o della parte assistita, - quando si tratti di somme liquidate giudizialmente e
l’avvocato non le abbia già ottenute dal cliente, - quando abbia formulato una richiesta di pagamento
del proprio compenso espressamente accettata dal proprio cliente.
RESTITUZIONE DEI DOCUMENTI: L’avvocato, se richiesto, deve restituire senza ritardo gli atti e
i documenti ricevuti dal cliente e dalla parte assistita per lo svolgimento dell’incarico e consegnare la
copia di tutti gli att e documenti, anche provenienti da terzi, riguardanti l’oggetto del mandato e
l’esecuzione dello stesso. Ai fini dell’adempimento dell’obbligo: - è irrilevante che si tratti di atti,
fascicoli e documenti originali o in copia; - il cliente non è tenuto ad esporre le motivazioni della
richiesta di restituzione; - non sono previsti limiti temporali in capo al cliente per effettuare la richiesta;
- l’avvocato non può subordinare la restituzione al pagamento delle spettanze professionali. La
violazione del suddetto obbligo comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento.
Dovere di corretta informazione: Ai sensi dell’art. 35 del codice Deontologico, l’avvocato che dà
informazioni sulla propria attività professionale deve rispettare i doveri di verità, correttezza e
trasparenza e riservatezza. L’informazione sulla propria attività dev’essere rispettosa della dignità e del
decoro professionale e , quindi, di tipo semplicemente conoscitivo, potendo il professionista
provvedere alla sola indicazione delle attività prevalenti o del proprio curriculum. Nel fornire
informazioni deve indicare il titolo professionale, la denominazione dello studio e l’Ordine di
appartenenza. Può spendere il proprio titolo accademico di professore solo se sia stato docente
universitario di materie giuridiche. Non può utilizzare informazioni inerenti un professionista ormai
defunto che faceva parte dello studio e non deve indicare il nominativo dei proprio clienti o parti
assististe se questi non vi acconsentano. Non è consentita nemmeno l’indicazione dei nominativi di
professionisti e terzi non collegati allo studio dell’avvocato.
Attività professionale senza titolo o uso di titoli inesistenti: Ai sensi dell’art. 36 del Codice
Deontologico, costituisce un illecito disciplinare l’uso di un titolo professionale non conseguito o lo
svolgimento della professione in mancanza dello stesso. L’illecito è punito con la sospensione
dall’esercizio dell’attività professionale da 6 mesi ad 1 anno. Costituisce altresì illecito, il
comportamento dell’avvocato che agevoli in qualsiasi modo e renda possibile a soggetti non abilitati
o sospesi dall’esercizio dell’attività professionale, di ricavare benefici economici, anche se
limitatamente al periodo di eventuale sospensione.
I DOVERI DELL’AVVOCATO NEL PROCESSO: Nel caso di sostituzione di un collega nel corso
di un giudizio, per revoca dell’incarico o rinuncia, il nuovo legale dovrà rendere nota la propria nomina
al collega sostituito in tempi ragionevolmente congrui e nel rispetto all’assunzione dell’incarico, per
fornire al precedente difensore la consapevolezza della nuova nomina. La sostituzione o revoca del
mandato, deve avvenire senza arrecare danni all’assistito ed in particolare l’avvocato deve fornire al
collega che lo abbia sostituito nella difesa, tutta la documentazione del proprio fascicolo di studio e non
solo quella che ritenga strettamente necessaria alla difesa.
Dovere di difesa nel processo e rapporto di colleganza: Anche nel corso dell’attività giudiziale,
l’avvocato deve aspirare alla osservanza del dovere di difesa: - deve rispettare la puntualità nelle
udienze e in ogni altra occasione di incontro con i colleghi; - deve opporsi a qualunque istanza irrituale
o ingiustificata che comporti un pregiudizio per la parte assistita, - deve collaborare con i difensori
delle altre parti, - nei casi di difesa congiunta, deve consultare il co-difensore; - deve comunicare al
collega avversario l’intenzione di avviare un’azione giudiziaria a seguito dell’interruzione delle
trattative stragiudiziali; - non deve riportare negli atti processuali, né riferire in giudizio il contenuto dei
colloqui intercorsi con i colleghi.
Divieto di produrre la corrispondenza scambiata con il collega: Sempre nell’ottica del rispetto del
rapporto tra colleghi, l’art. 48 del Codice deontologico, vieta all’avvocato di produrre, riportare negli
atti processuali o riferire in giudizio la corrispondenza intercorsa tra colleghi e qualificata come
RISERVATA. Per “ riservato” deve intendersi il contenuto della corrispondenza , laddove in esso siano
ravvisabili elementi destinanti ad incidere sull’assetto di interessi e sulle situazioni giuridiche oggettive
delle parti rappresentato. Tale corrispondenza non può essere consegnata nemmeno al cliente alla parte
assistita. L’eccezione è prevista quando la corrispondenza: - costituisca la prova dell’accordo o di un
suo perfezionamento; - assicuri l’adempimento delle prestazioni richieste. La violazione di tali divieti
comporta la sanzione disciplinare della censura.
I doveri del difensore : Il difensore non ha alcuna responsabilità per la ricostruzione dei fatti fornita
dal cliente ed ha il dovere preciso di non introdurre nel processo degli elementi di prova, dichiarazioni
o documenti che sappia essere falsi. L’avvocato, inoltre, non deve impegnare la propria parola sulla
verità dei fatti esposti in giudizio, né deve rendere false dichiarazioni sulla esistenza o inesistenza di
alcuni fatti suscettibili di essere assunti come presupposto per il provvedimento del magistrato.
Divieto di testimonianza: l’avvocato deve astenersi dal deporre come testimone sulle circostanza
apprese nell’esercizio della sua attività e del contenuto di quanto appreso attraverso colloqui privati o
colloqui riservati con i collegi, nonché sul contenuto della corrispondenza riservata intercorsa con
quest’ultimi. Se intende presentarsi come testimone o come persona informata sui fatti, l’avvocato non
deve assumere il mandato e se lo ha assunto deve rinunciarsi e non può riassumerlo. Tale divieto opera
soltanto nel medesimo processo in cui l’avvocato abbia assunto la veste del testimone e non per altri
processi.
Divieto di espressioni sconvenienti: Ai sensi dell’art. 52 del Codice Deontologico, l’avvocato deve
evitare espressioni offensive o sconvenienti sia negli scritti che produrrà in giudizio che nell’esercizio
della attività stessa e nei confronti dei magistrati, terzi e controparti. L’avvocato ha il dovere di
comportarsi con dignità e decoro anche nella dimensione privata. La condotta di cui sopra non è
giustificata dalla provocazione altrui, dalla reciprocità delle offese o dallo stato d’ira.
Rapporti con i magistrati: L’art. 53 del Codice Deontologico afferma che i rapporti con i magistrati
devono essere improntati sulla dignità e soprattutto sul reciproco rispetto. Ciò vuol dire che è
riconosciuto il diritto di critica nei confronti di qualsiasi provvedimento giudiziario, tale diritto, però,
dev’essere sempre esercitato nelle modalità e con gli strumenti previsti dall’ordinamento e non può
travalicare i limiti del rispetto della funzione del giudice. L’approccio con il magistrato deve basarsi sul
rispetto reciproco, decoro, utilizzo di un linguaggio non offensivo ed un comportamento elegante. Ad
esempio commette un illecito disciplinare l’avvocato che sottoscriva un atto con espressioni offensive
nei confronti del magistrato. Lo stesso reciproco rispetto dev’essere alla base dei rapporti con arbitri,
conciliatori, mediatori, periti e consulenti tecnici. L’avvocato non deve approfittare di eventuali
rapporti di amicizia, di familiarità, di confidenza con i magistrati per ottenere favori e preferenze e non
deve ostentare l’esistenza di tali rapporti. L’avvocato chiamato a svolgere le funzioni di magistrato
onorario deve rispettare tutti gli obblighi inerenti tali funzioni e le norme sulla incompatibilità. Ad
esempio: pone in essere un comportamento contrario ai doveri di lealtà e di correttezza il professionista
che nell’esercizio delle funzioni di magistrato, non si astenga in una procedura introdotta da un
avvocato sulla cui carta intestata risulti anche il proprio nominativo.
L’avvocato che entri in contatto con organi di comunicazione ( ad esempio i mass media), ha l’obbligo
di non fornire notizie che siano coperte dal segreto di indagine, di non fornire il nome dei propri clienti
od assistiti, di non enfatizzare le proprie capacità professionali, di non sollecitare articoli, interviste o
conferenze stampa. Il tutto in ossequio al dovere di discrezione che l’avvocato deve osservare per
tutelare tutte le vicende processuali che riguardino i propri assistiti o il proprio assistito, per impedire
quelle forme di rapporto con i mass media che pubblicizzino l’attività del professionista, essendo, per
altro, questo atteggiamento contrario al dovere di decoro e d dignità cui deve essere improntata
l’attività del professionista. E’ vietato altresì: - anticipare le notizie sulle proprie scelte difensive,
esprimendo opinioni in relazione ai provvedimenti giudiziari; - rilasciare dichiarazioni di tono
autoreferenziale e facendo pubblicare fotografie che lo ritraggono al tavolo del suo studio.
All’avvocato è fatto salvo il diritto di astenersi dal partecipare alle udienze e alle altre attività giudiziari
quando l’astensione sia proclamata dagli organi forensi, ma deve attenersi al codice di
autoregolamentazione e alle norme vigenti. Sia il diritto di astenersi che il diritto di non aderire
all’astensione, sono istituzionalmente garantiti e devono essere esercitati liberamente dal professionista.
Gli organi istituzionali dell’avvocatura non possono intervenire sulla scelta dell’avvocato, a meno che
l’esercizio del diritto di lavorare o di astenersi si realizzi con modalità tali da cagionare dei danni ai
colleghi o alla parte o costituisca violazione del dovere di solidarietà.
L’AVVOCATO ARBITRO: L’art. 61 del Codice deontologico, stabilisce che l’avvocato chiamato a
svolgere la funzione di arbitro è tenuto ad improntare il proprio comportamento sui doveri di probità e
correttezza e a vigilare affinchè il procedimento si svolga con imparzialità ed indipendenza. Tale
indipendenza e imparzialità riguarda tanto l’arbitro rituale che l’arbitro irrituale, cosicchè l’arbitro non
soltanto deve essere indipendente e imparziale, ma deve anche APPARIRE TALE affinchè possa
svolgere il suo ruolo di terziarietà, con il necessario distacco dalle parti e dai loro difensori. L’avvocato
non può assumere le funzioni di arbitro quando: - abbia in corso o abbia avuto negli ultimi due anni,
rapporti professionali con una delle due parti; - ricorra una delle ipotesi di ricusazione degli arbitri
previsti dal codice di procedura civile; - una delle due parti sia assistita o sia stata assistita negli ultimi
due anni da lui, un suo socio o associato o da un avvocato che eserciti negli stessi locali. Nel corso del
procedimento l’avvocato-arbitro: deve comportarsi in modo da preservare la fiducia che sia stata in lui
riposta e deve rimanere immune da influenze e da condizionamenti esterni di qualunque tipo; - deve
mantenere la riservatezza su fatti dei quali venga a conoscenza in ragione del procedimento arbitrale; -
non deve fornire notizie su questioni attinenti al procedimento, - non deve rendere nota la decisione
prima che questa sia formalmente comunicata alle parti. A conclusione del procedimento, l’avvocato-
arbitro, per i successivi 2 anni, non può intrattenere rapporti lavorativi con una delle due parti del
procedimento. Tale divieto si estende anche i professionisti soci, associati o che esercitino la loro
attività negli stessi locali.
L’avvocato può svolgere la funzione di mediatore rispettando gli obblighi dettati dalla normativa in
materia e le previsioni del regolamento dell’organismo di mediazione, nei limiti in cui non contrastino
con quelle del Codice Deontologico Forense. La mediazione è l’attività svolta da un terzo imparziale e
finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di
una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione stessa. Il regolamento
scelto dalle parti e applicato al procedimento di mediazione deve garantire la riservatezza del
procedimento e le modalità di nomina del mediatore che ne assicurino la idoneità e la imparzialità dello
stesso. Il mediatore si differenzia dall’avvocato in quanto, mentre l’avvocato è un professionista che
tutela gli interessi esclusivi della parte che lo ha nominato, il mediatore, invece, aiuta le parti a
raggiungere un accodo amichevole o conciliativo ed è neutrale poiché non cura gli interessi né di una ,
né dell’altra parte. L’art. 5 indica i casi in cui la mediazione è condizione di procedibilità del processo,
stabilendo i casi : materia di condominio, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione,
comodato, affitto di aziende, danno derivante da responsabilità medica e sanitaria, ecc.. in tali casi, si è
tenuti con l’assistenza di un avvocato, ad esperire preliminarmente il procedimento di mediazione. Al
mediatore e suoi ausiliari è fatto divieto di assumere diritti od obblighi connessi con gli affari trattati,
ed è fatto divieto di percepire il compenso direttamente dalle parti. Inoltre all’avvocato è impedita la
facoltà di assumere la funzione di mediatore se non vanti di una adeguata competenza, se ha o ha avuto
negli ultimi 2 anni rapporti professionali con una delle due parti o se una delle due parti è o è stata da
lui assistita, stesso divieto si estende al professionista socio dell’avvocato o con lui associato o che
eserciti l’attività negli stessi locali, nonché di intrattenere rapporti professionali con una delle due parti
se non è passato un biennio dalla definizione del procedimento di mediazione e se l’oggetto dell’attività
non è diverso da quello del procedimento stesso.
L’AVVOCATO-NEGOZIATORE:
Il nuovo istituto della Negoziazione Assistita ha fatto ingresso con il D.L. 132/2014 convertito in L.
162/2014. Unitamente al trasferimento in sede arbitrale dei procedimenti pendenti, la nuova procedura
di negoziazione assistita mira a portare fuori i conteziosi dalle aule dei tribunali, bloccando a monete
l’afflusso dei processi costituenti un0alternativa stragiudiziale alla risoluzione ordinaria dei conflitti. La
negoziazione assistita consiste nell’accordo tramite il quale parte convengono a cooperare in buona
fede e lealtà per risolvere in via amichevole una controversia tramite l’assistenza degli avvocati. La
convocazione deve contenere:
-il termine concordato dalle parti per l’espletamento della procedura che non può essere inferiore ad un
mese e superiore a 3 mesi, nonché l’oggetto della controversia che non PUO’ RIGUARDARE NE’
DIRITTI INDISPONIBILI NE’ MATERIE DI LAVORO;
Il procedimento si innesca con l’informativa da parte dell’avvocato al proprio cliente sulla possibilità di
avviare la negoziazione assistita. L’invito dev’essere inviato alla controparte per il tramite del proprio
legale con l’invito a stipulare la convenzione di negoziazione. Tale invito:
-dev’essere sottoscritto, -deve indicare l’oggetto della controversia, - deve contenere l’avvertimento
che in caso di mancata risposta entro 30 giorni o di rifiuto, ciò costituirà motivo di valutazione da parte
del giudice ai fini dell’addebito alle spese del giudizio.
Se l’invito è accettato, si giunge allo svolgimento della negoziazione vera e propria, la quale può
avere : - esito positivo e l’accordo viene sottoscritto dalle parti e dai loro avvocati, - esito negativo e in
questo caso gli avvocati dovranno redigere la dichiarazione di mancato accordo. L’accordo costituisce a
tutti gli effetti titolo esecutivo.
La negoziazione assistita è prevista anche in materia di separazione e divorzio. In tal caso i coniugi
possono raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti
civili o di scioglimento del matrimonio, nonché MODIFICA delle condizioni di separazione e divorzio.
Se non ci sono figli, l’accordo è sottoposto AL VAGLIO DEL P.M., il quale, se non ravvisa irregolarità,
comunica il NULLA-OSTA agli avvocati. Qualora ritenga che l’accordo non risponda all’interesse dei
figli, lo trasmette, entro 5 giorni, al PRESIDENTE DEL TRIBUNALE, il quale dispone la
comparizione delle parti, provvedendo senza ritardo. Dopo la sottoscrizione dell’accordo che è
equiparato ai provvedimenti che definiscono gli analoghi procedimenti giudiziari, l’avvocato ha
l’obbligo di trasmettere all’ufficiale di stato civile per tutti gli adempimenti necessari, copia autentica
entro 10 giorni, pena la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 10.000euro.
Infine, la stessa L. 162/2014, prevede la separazione “ fai da te”. La norma, infatti, consente ai coniugi
di recarsi direttamente dall’UFFICIALE DELLO STATO CIVILE DEL COMUNE di residenza di
entrambi i coniugi, per “ concludere un accordo di separazione personale o di divorzio ovvero di
modifica delle condizioni di separazione o del divorzio”. L’ufficiale di Stato Civile riceve da ciascuna
delle parti, personalmente, la dichiarazione che esse vogliono far cessare gli effetti civili del
matrimonio. Quindi viene compilato e sottoscritto l’accordo. L’accordo non può contenere patti di
trasferimento patrimoniale ( in tal caso, l’unica strada possibile è quella della negoziazione assistita)
Questa procedura “ accelerata” riguarda soltanto chi decide di separarsi o divorziare consensualmente e
non ha figli minori o figli maggiori incapaci o economicamente non autosufficienti ovvero figli
portatori di handicap.
La negoziazione assistita assegna un ruolo determinate agli avvocati, ai quali sono attribuiti determinati
poteri e doversi. E’ dovere deontologico per gli avvocati informare il cliente all’atto del conferimento
dell’incarico della possibilità di ricorrere alla negoziazione assistita. Gli avvocati e le parti devono
comportarsi secondo LEATA’ e devono tenere riservate le informazioni ricevute nel corso della
procedura, non potendole utilizzare nel giudizio avente il medesimo oggetto. La violazione delle
prescrizioni costituisce un illecito disciplinare, invece costituisce un ILLECITO DEONTOLOGICO
per l’avvocato impugnare un accordo alla cui redazione ha partecipato. Copia dell’accordo raggiunto,
dev’essere inviata al Consiglio dell’Ordine che obbliga l’avvocato della parte di trasmettere entro 10
giorni, la copia dell’accordo in materia di divorzio all’Ufficiale di Stato civile del comune.
L’avvocato ha il dovere di rivolgersi con correttezza e con rispetto al personale giudiziario, ovvero a
giudizi, cancellieri, ufficiali giudiziari , ecc.., al proprio personale dipendente e a tutte le persone con le
quali venga in contatto nell’esercizio della propria professione. Deve comportarsi in modo tale da non
compromettere la fiducia dei terzi sulla sua capacità di adempiere ai doveri professionali. Pertanto egli
è tenuto a provvedere regolarmente all’adempimento delle obbligazioni assunte nei confronti dei terzi.
L’avvocato, come già appurato nei paragrafi precedenti, ha il dovere di non aggravare la parte
soccombente a seguito di un giudizio. ( si rimanda ai paragrafi precedenti in ordine ai doveri
dell’avvocato)
L’avvocato non deve chiedere alla CONTROPARTE il pagamento del proprio compenso professionale,
salvo che non sia stato oggetto di specifica pattuizione e vi sia stato in merito un ACCORDO CON IL
PROPRIO CLIENTE, nonché in ogni altro caso previsto dalla legge. La violazione del divieto
comporta la sanzione disciplinare dell’avvertimento. A titolo di esempio: pone in essere un
comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che richieda le spese legali dovute dai propri
clienti, direttamente al debitore senza darne previa comunicazione ai clienti medesimi e dopo averle
ricevute, le fatturi quali pagamento di prestazione professionale.
ASSUNZIONE DI INCARICHI CONTRO UNA PARTE GIA’ ASSISTITA: L’art. 68 del Codice
deontologico Forense, stabilisce che l’assunzione di un incarico professionale contro una parte già
assistita è ammessa a due condizioni: - dev’essere trascorso almeno un biennio dalla cessazione del
rapporto professionale, - l’oggetto del nuovo incarico deve essere estraneo a quello compiuto in
precedenza.
In ogni caso, l’avvocato non può utilizzare notizie acquisite in virtù del rapporto professionale che si
sia già esaurito, così come l’avvocato che abbia assistito congiuntamente i due coniugi in una
controversia familiare, deve successivamente astenersi dal prestare assistenza in diverse controversie
tra gli stessi. E’ una forma di tutela anticipata a fronte di utilizzare conoscenze ottenute in ragione della
precedente congiunta assistenza. Allo stesso modo, l’avvocato che abbia assistito il minore in
controversi familiari deve astenersi dal presentare la propria assistenza in favore di uno dei genitori in
controversie aventi la stessa natura ( e viceversa).
L’avvocato chiamato a far parte delle istituzioni forensi deve adempiere il suo incarico professionale
con diligenza, indipendenza ed imparzialità. Se partecipa in qualità di candidato o sostenitore dei
candidati all’elezione degli Organi rappresentativi dell’Avvocatura, deve comportarsi secondo
correttezza evitando forme di propaganda ed iniziative non consone alla dignità delle sue funzioni.
E’ consentita soltanto l’affissione delle liste elettorali e di manifesti concernenti le regole dello
svolgimento delle operazioni.
L’art. 70 del Codice Deontologico forense, stabilisce che l’avvocato al momento dell’iscrizione
all’albo, ha l’obbligo di dichiarare la sussistenza di rapporti di parentela di coniugio o affinità o
convivenza con magistrati. Ne deve dare immediatamente comunicazione scritta al Consiglio
dell’Ordine di appartenenza, anche dell’apertura di studi o società professionali, principali e secondari
e dei recapiti professionali ed i successivi eventi modificati. L’avvocato può partecipare a una sola
associazione o società tra avvocati. Inoltre l’avvocato deve : - assolvere agli obblighi previdenziali ed
assicurativi previsti dalla legge, nonché quelli contributivi nei confronti delle istituzioni forensi; -
rispettare i regolamenti del Consiglio Nazionale forense e del Consiglio dell’ordine di appartenenza
riguardanti gli obblighi e i programmi formativi.
ESAME DI ABILITAZIONE: L’avvocato che faccia pervenire, in qualsiasi modo, ad uno o più
candidati durante la prova d’esame di abilitazione, testi relativi al tema proposto è punito con una
sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da 2 mesi a 6 mesi.
Mentre il candidato che accetti questi scritti e non ne faccia direttamente denuncia alla commissione, è
punito direttamente con la sanzione disciplinare della censura.
Diritti e Doveri dell’avvocato europeo: Tutte le disposizioni contenute nel Codice deontologico sono
in linea con la carta dei principi fondamentali dell’avvocato europeo ( CCBE ) ed afferma questi
principi peculiari: - indipendenza: intesa come libertà di garantire la difesa del proprio cliente con
autonomia; - dignità, onorabilità e probità; - lealtà verso il cliente: intesa anche come lealtà verso i
colleghi e verso i terzi; - rispetto dello Stato di diritto e doveroso contributo alla buona amministrazione
della giustizia.
Anche nel Codice deontologico degli avvocati europei risalente al 1988 e più volte modificato, le
norme sono pienamente coerenti con il dettato nazionale ( dell’Italia) e sanciscono: -la funzione
dell’avvocato: intesa come i doveri ed obblighi a cui è sottoposto l’avvocato; - l’indipendenza
dell’avvocato : ovvero l’assoluta indipendenza dell’avvocato da pressioni esterne;- la fiducia e
l’integrità morale : che possono coesistere solo se non vi siano dubbi sulla onorabilità; - la tutela
dell’interesse del cliente ; - rispetto del giudice, -divieto di fornire informazioni false o fuorvianti; -
relativamente alla deontologia della attività giudiziaria: l’avvocato che compare davanti a un giudice o
che partecipa ad un procedimento deve rispettare le norme deontologiche applicabili davanti
all’autorità giudiziaria.
Quando il Consiglio dell’Ordine, riceve un esposto o una denuncia o acquisisce notizia di fatti
suscettibili di valutazione disciplinare, deve immediatamente:
Il Presidente del Consiglio distrettuale d disciplina, iscrive in un apposito registro , senza ritardo, il
ricevimento degli atti relativi ad un possibile procedimento, indicando il nome dell’iscritto e se ravvisa
una infondatezza della notizia, chiederà al Consiglio l’archiviazione del caso. In caso di archiviazione,
il Consiglio comunque trasmetterà all’interessato copia degli atti relativi all’esposto, unitamente al
provvedimento che ha disposto archiviazione. Se, invece, il Consiglio dell’Ordine distrettuale di
disciplina non ritenga di disporre l’archiviazione, il presidente designa la commissione che deve
giudicare e nomina il consigliere istruttore.
Il potere disciplinare è soggetto a prescrizione, che è stata aumentata da 5 a 6 anni ( dal fatto), termine
oltre il quale di estingue il procedimento disciplinare. Per ogni atto interruttivo decorre un nuovo
periodo di prescrizione che però è di 5 anni ( art. 56 della L. 247/2012 al comma 3, secondo periodo ).
In presenza di più atti interruttivi la prescrizione decorre dall’ultimo, ma il termine di 6 anni non può
essere prolungato di oltre ¼ ( comma 3, quarto periodo). Non si calcola il tempo delle eventuali
sospensioni.
L’omessa indicazione delle norme violate, comporta la nullità dell’atto. Ai fini della validità dell’atto,
sono sufficienti: - la chiarezza della contestazione; - la specifica menzione dei fatti addebitati
all’incolpato, NON RICHIEDENDOSI, invece, l’indicazione della NORMA DEONTOLOGICA
VIOLATA.
E’ determinante la chiara e precisa e puntuale contestazione degli addebiti, in quando si deve dare
modo all’incolpato di difendersi adeguatamente, non assumendo rilievo la MANCATA INDICAZIONE
DELLE NORME VIOLAE, NE’ LA LORO ERRONEA INDIVIDUAZIONE. La nullità dell’addebito
per difetto di specificità ricorre in caso di ASSOLUTA INCERTEZZA su fatti di oggetto di
contestazione. Il capo di incolpazione, per ultimo, deve contenere l’avviso che l’incolpato, nel termine
di 20 giorni dalla comunicazione della comunicazione stessa, può accedere ai documenti contenuti nel
fascicolo e può depositare memorie e documenti e comparire davanti al Consigliere Istruttore, con
l’assistenza di un difensore, per essere sentito ed esporre le proprie difese. Qualora l’incolpato, sia UN
COMPONENTE DEL CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, la comunicazione e gli atti del
fascicolo sono trasmessi senza ritardo direttamente al Cnf.
Come abbiamo detto all’inizio del paragrafo, l’atto di apertura del procedimento, è un atto
amministrativo endoprocedimentale e come tale, non incide in maniera definitiva sullo status
professionale dell’avvocato. Esso, pertanto, non è autonomamente impugnabile davanti al Cnf.
Atto di citazione a giudizio: Qualora il Consigliere istruttore, non ritenga di disporre l’archiviazione,
chiede al Consiglio Distrettuale di disciplina di disporre la CITAZIONE DELL’INCOLPATO, che
dev’essere notificata all’incolpato e al P.M., a mezzo di ufficiale giudiziario almeno 30 giorni prima
della data di comparizione e deve contenere: - le generalità dell’incolpato, -l’enunciazione precisa degli
addebiti con l’indicazione delle norme violate;- l’indicazione del luogo, giorno e ora di comparizione
davanti al Consiglio distrettuale di disciplina per il Dibattimento, con l’avvertimento che si procederà
anche in assenza dell’incolpato; - avviso che l’incolpato nel termine di 7 giorni prima della data fissata
per il dibattimento, ha il diritto di produrre documenti, indicare testimoni ed indicare sommariamente i
fatti suoi quali verranno sentiti, - elenco dei testimoni che il Consiglio Distrettuale intende ascoltare, -
data, ora e sottoscrizione del presidente e del segretario.
Il giudice, per il proprio convincimento, può utilizzare anche le prove raccolte nel giudizio penale.
Terminato il dibattimento, il presidente ne dichiara la chiusura e dà la parola al P.M., all’incolpato e al
suo difensore.
Gli elementi della prova: Nel procedimento disciplinare a carico degli avvocati, trovano applicazione
le norme particolari dettate dalla legge professionale e, in mancanza, quelle del codice di procedura
civile, mentre le norme del codice di procedura penale si applicano soltanto nelle ipotesi in cui la legge
professionale ne faccia espresso rinvio. Poiché, quindi, non valgono le preclusioni stabilite dalle norme
che regolano il procedimento penale, l’organo disciplinare può tenere conto, con libera valutazione,
delle prove pervenute anche in modo formale.
Può essere ricusato l’intero Consiglio di disciplina? L’istituto della ricusazione può essere adottato
per contestare l’imparzialità dei singoli componenti del collegio giudicante ma non per mettere in
discussione l’idoneità a decidere dell’organo giudicante. I membri del Consiglio di Disciplina, possono
essere individualmente ricusati dalle parti e devono astenersi qualora ricorrano i motivi di cui agli artt.
36 e 37 del c.p.p. La ricusazione può essere proposta entro 7 giorni dalla conoscenza dei motivi che la
giustificano e, in ogni caso, non prima della decisione. Quando la ricusazione è stata proposta da chi
NON ne aveva il diritto o senza l’osservanza dei termini e delle forme previste, la sezione designata,
senza ritardo, la dichiara inammissibile con ORDINANZA impugnabile davanti al Cnf nel termine di
30 giorni dalla comunicazione. Se la ricusazione è accolta: - la sezione non può compiere alcun atto
prima della sua ricostituzione, - il provvedimento che accoglie la ricusazione dichiara la inefficacia e
l’inutilizzabilità degli atti compiuti dalla sezione della quale era competente il membro ricusato. Il
componente ricusato viene poi sostituito con un altro individuato dal Presidente del Consiglio
Distrettuale, secondo il criterio di rotazione dei membri.
-Il richiamo verbale, non avente carattere di sanzione disciplinare nei confronti di infrazioni lievi e
scusabili,
Le sanzioni disciplinari:
L’avvertimento: Può essere deliberato quando il fatto contestato non è grave e vi è motivo di ritenere
che l’incolpato non commetta altre infrazioni.
La censura: Consiste nel biasimo formale e si applica quando la gravità della frazione, il grado di
responsabilità, i precedenti dell’incolpato e il suo comportamento successivo al fatto, inducono a
ritenere che egli non incorra in altra infrazione;
La sospensione cautelare può essere irrogata per un periodo non superiore a 1 anno ed è esecutiva
dalla notifica all’interessato. La sospensione cautelare perde efficacia: - qualora nel termine di 6 mesi
dalla sua irrogazione, il consiglio distrettuale non deliberi il provvedimento sanzionatorio, - se il
Consiglio distrettuale di disciplina delibera il “ non luogo a provvedimento disciplinare” o dispone
l’irrogazione dell’avvertimento o della censura.
La sospensione cautelare può essere revocata o modificata nella sua durata, o d’ufficio o su istanza di
parte, qualora, anche per le circostanza sopravvenute non appaia più adeguata ai fatti commessi. La
revoca della sospensione cautelare, impugnata dall’interessato, determina la sopravvenuta carenza di
interesse all’annullamento della sospensione , con conseguente declaratoria di cessazione della
materia del contendere. Contro la SOSPENSIONE CAUTELARE, l’interessato può proporre ricorso
davanti al Cnf entro 20 giorni dalla notifica, nei modi previsti per l’impugnazione dei provvedimenti
disciplinari.
Rapporto con il processo penale: Il procedimento disciplinare si svolge ed è definito con procedura e
valutazioni del tutto autonome rispetto al processo penale avente ad oggetto i medesimi fatti. Se ai fini
della decisione è indispensabile acquisire tutti gli atti e notizie appartenenti al processo penale, il
procedimento disciplinare può essere sospeso e la sospensione non può superare i 2 anni.
IMPUGNAZIONE DELLE DECISIONI DEL CNF: Le decisioni del Cnf in materia disciplinare
sono impugnabili, a loro volta, davanti alle sezioni unite della Corte di Cassazione, soltanto per
incompetenza, eccesso di potere o violazione di legge. Alle Sezioni Unite, non è quindi consentito
sindacare sul piano del merito le valutazioni rese dal Giudice Disciplinare, dovendo la Corte limitarsi
ad esprimere giudizio sulla congruità, sulla adeguatezza e sulla assenza di VIZI LOGICI della
motivazione che sorregge la decisione finale.
Responsabilità penale: Sono numerosi i reati che possono essere commessi dall’avocato
nell’esercizio delle sue funzioni. Proviamo in breve ad analizzarli:
-delitto di corruzione in atti giudiziari ( art. 319-ter) che ricorre quando i fatti di corruzione indicati
negli artt 318 e 319 c.p. sono commessi per favorire o danneggiare una parte in un processo penale,
civile od amministrativo. La pena è aumentata se dal fatto deriva l’ingiusta condanna alla reclusione
di taluno;
-art. 380 c.p. che punisce il reato di patrocinio o consulenza infedele: consiste nel fatto del difensore o
del consulente tecnico che, rendendosi infedele ai suoi doveri professionali, arreca un danno agli
interessi della parte da lui difesa, assistita o rappresentata davanti all’Autorità giudiziari o alla Corte
penale Internazione;
-Art. 381 c.p. : che punisce il difensore o il consulente tecnico che, in un procedimento davanti
all’Autorità Giudiziari, presti contemporaneamente, anche per interposta persona, il suo patrocinio o
la sua consulenza legale a favore di parti contrarie;
- Art 381 c.p. ( Millantato credito) : che punisce il millantato credito del difensore, ossia la condotta
del difensore che, millantando credito presso il giudice, il P.M., al testimone, perito , interprete, riceve
o fa dare o promettere dal suo cliente, a sé o a un terzo, denaro o altra utilità, con il pretesto di doversi
procurare il favore di tali soggetti o di doverli remunerare;
- Art. 374 c.p. : reato di frode processuale, commesso da chiunque, nel corso del procedimento civile o
amministrativo, al fine di trarre in inganno il giudice in un atto di ispezione o di esperimento
giudiziale, ovvero il perito nell’esecuzione di una perizia, modifica artificiosamente lo stato dei luoghi
o delle persone o delle cose.
-Art 377 c.p.: reato di intralcio alla giustizia consiste nel fatto di chiunque offre o promette denaro o
altra utilità alla persona chiamata a rendere dichiarazioni davanti all’autorità giudiziaria, alla Corte
penale internazionale, alla persona richiesta di rilasciare dichiarazione dal difensore nel corso della
attività investigativa o alla persona chiamata a svolgere attività di consulente tecnico o interprete, per
indurla a commettere i reati previsti dagli artt. 371 bis, 371 ter e 373 c.p., qualora l’offerta o la
promessa sia accettata o qualora la promessa o l’offerta sia accettata ma la falsità non sia commessa.
-Art. 378 c.p.: commette, invece, il reato di favoreggiamento personale chiunque dopo che fu
commesso il delitto per il quale la legge stabilisce l’ergastolo o la reclusione, e fuori dal concorso
medesimo, aiuta taluno a eludere le investigazioni dell’Autorità, comprese quelle svolte da organi della
Corte penale Internazionale, o a sottrarsi alle ricerche effettuate da medesimi soggetti.
Art. 379-bis c.p.: rivelazione di segreti inerenti un procedimento penale addebitato a chiunque riveli
indebitamente notizie segrete riguardanti un procedimento penale, da lui apprese per avere partecipato
al procedimento stesso, nonché il soggetto che, dopo aver rilasciato dichiarazioni nel corso del
procedimento penale, non osservi il divieto di comunicare i fatti e le circostanze oggetto dell’indagine
di cui hanno conoscenza, imposto dal P.M. ( si riferisce al divieto).
In primo luogo il dovere, già analizzato di lealtà e probità richiamato non solo dall’art. 9 del Codice
Deontologico Forense, ma anche dall’art. 88 c.p.c.. Il comportamento processuale delle parti,
costituisce anche IL LIBERO CONVINCIMENTO DEL GIUDICE. Pertanto, ai fini dell’accertamento
dei fatti controversi, il giudice può trarre elementi di convincimento dalle contraddizioni che si colgono
nell’assunto difensivo di uno dei soggetti della lite. La violazione di tale dovere dev’essere valutata
esclusivamente nel contesto processuale, restando estranee circostante che, sia pur riconducibili al
comportamento poco commendevole della parte, si siano esaurite esclusivamente fuori dal contesto
processuale. E’ contrario al dovere di lealtà e probità, il comportamento non conforme alla dignità e al
decoro professionale come ad esempio, la sottoscrizione di un ricorso per Cassazione da chi non sia
abilitato al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori. Non integra, invece, la violazione del dovere
di lealtà e probità la prospettazione di tesi giuridiche o la ricostruzione di fatti riconosciuta come
errata dal giudice.
L’art. 92 c.p.c. autorizza la deroga al principio della soccombenza, pertanto la parte che viene meno
al dovere di lealtà e di probità è condannata al rimborso spese che l’altra parte ha dovuto sostenere per
il suo comportamento illecito.
Le parti devono evitare, come già analizzato in precedenza, di utilizzare delle espressioni sconvenienti
ed offensive, salve le imprescindibili esigenze di difesa ( art. 89 c.p.c.). Ad esempio, non possono
essere qualificate offensive all’altrui reputazione le parole che, rientrando seppur in modo piuttosto
graffiante nell’esercizio del diritto di difesa, non si rivelino lesive della dignità umana e professionale
dell’avversario, come la parola “ contrabbandare”, che significa letteralmente :” far passare una cosa
per quella che non è”. Fermo restando che l’ offensività e la sconvenienza, hanno due significati
distinti: - l’offensività è la lesione dei VALORI e dei MERITI di qualcuno; - la sconvenienza è una
lesione di grado minore, inerente il contrasto delle espressioni utilizzare con le esigenze del
processo e della attività difensiva.
Il giudice può ordinare con ORDINANZA la cancellazione delle espressioni sconveniente ed offensive.
Il provvedimento di cancellazione può essere adottato d’ufficio. Se le espressioni offensive non
riguardano l’oggetto della causa, il giudice può assegnare alla persona offesa una somma di denaro a
titolo di risarcimento danno.
L’art. 96 c.p.c., comma 1, prevede che se una delle parti abbia resistito in giudizio con mala fede o
colpa grave , il giudice, su istanza dell’altra parte, può condannarla oltre che alle spese, anche al
risarcimento dei danni.
Mala fede: consiste nella consapevolezza del proprio torto, di agire in maniera sleale o di abusare del
diritto di azione;
Colpa grave: consiste nella omissione di quel minimo di diligenza e perizia sufficiente per avere
contezza della infondatezza delle proprie pretese.
L’art. 96, comma 2, c.p.c., prevede che se il giudice accerta l’inesistenza del diritto in base al quale è
stato eseguito un provvedimento cautelare o trascritta domanda giudiziale o iscritta una ipoteca
giudiziale o inizia o compiuta una azione di esecuzione forcato, su ISTANZA ( richiesta) della parte
danneggiata condanna al RISARCIMENTO DANNO l’attore o il creditore procedente per aver agito
senza LA NORMALE PRUDENZA.
L’art. 96, comma 3, ( anche detta responsabilità aggravata, che ha carattere più che altro sanzionatorio,
come affermato da giurisprudenza acclarata, essendo una “ sanzione d’ufficio”- che si colloca
nell’ambito delle fattispecie inquadrabili nella c.d.” lite temeraria”) prevede che in OGNI CASO,
quando il giudice si pronuncia sulle spese ai sensi dell’art. 91 c.p.c., anche d’ufficio ( questa è la novità
rispetto ai due commi precedenti, introdotta dalla legge 69/2009, il quale deduce un ulteriore strumento
di deflazione del contenzioso, in quanto può essere attivato ANCHE D’UFFICIO ( e non solo su
istanza delle parti come nei primi due commi dell’art. 96 c.p.c.)), può condannare la parte
soccombente, oltre che alle spese processuali in favore della controparte, anche di una somma
equitativamente determinata. Tra il risarcimento del danno per mala fede o colpa grave e la condanna
al pagamento di una somma equitativamente determinata, fondandosi su due principi diversi, non vi è
alternatività, ma cumulatività, sicchè il giudice ricorrendone i presupposti può applicare entrambe le
disposizioni di legge.
L’art. 96 c.p.c, sebbene disciplini la responsabilità aggravata, fornisce anche un importante criterio di
comportamento processuale per l’avvocato, in quanto la temerarietà ha, tra i suoi elementi principali,
la soccombenza e l’illecito civile qualificato da colpa grave o mala fede. Anche l’avvocato, pertanto, è
tenuto a comportarsi secondo diligenza e probità. Ciò giustifica, ad esempio, la condanna della parte al
risarcimento dei danni da lite temeraria ai sensi dell’art. 96 c.p.c. qualora il difensore richieda un
provvedimento di urgenza tacendo che le problematiche oggetto del ricorso sono state già affrontate in
analoghi procedimenti cautelari tutti respinti e non impugnabili con reclamo. Analogamente integra la
condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c., il comportamento della parte che, anziché risolvere agevolmente
un problema che potrebbe essere risolto in via stragiudiziale, adisca senza alcun motivo le vie
giudiziarie.