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PONTIFICIO COMITATO

PER I CONGRESSI EUCARISTICI INTERNAZIONALI

ANGOLA
I CONGRESSO EUCARISTICO NAZIONALE
Huambo, 14 giugno 2017

Discorso di apertura
di S. E. Mons. Piero Marini
Presidente del Pontificio Comitato
per i Congressi Eucaristici Internazionali

Fratelli e sorelle,
Cari amici Angolani

Per la prima volta si celebra in questo grande Paese un Congresso Eucaristico


Nazionale. Esso vuole fare memoria dei 150 anni della seconda evangelizzazione del Paese
iniziata nel 1886 ma, soprattutto, manifestare il ruolo dell’Eucaristia nella vita ecclesiale e
nel cammino della nuova evangelizzazione che coinvolge la Chiesa locale.
Fin dal lontano 1491, Gesù Cristo, nella persona dei suoi missionari, ha chiesto e
ricevuto degna ospitalità in queste accoglienti terre dell’antico Regno del Congo che,
diventato cristiano, sopravvisse fio al XVIII secolo. Dalle sue ceneri sorse poi, a cavallo dei
secoli XIX e XX, una Chiesa rinnovata che ha continuato a crescere fino ai nostri giorni e
che, grazie anche alla mobilitazione del laicato locale e all’indispensabile opera dei
catechisti, si è caricata dell’impegno missionario affrontando difficoltà, persecuzioni e
guerre, con la forza del Vangelo e dell’Eucaristia.
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Oggi, questo primo Congresso Eucaristico offre la possibilità per avviare nuovi
processi di crescita della comunità cristiana intorno a valori condivisi per dare vita ad una
società veramente sollecita del bene comune.

Per ricreare il circuito vitale tra Eucaristia e vita della Chiesa.

Sono numerose le urgenze che chiamano all’impegno la Chiesa Angolana


(riconciliazione sociale, famiglia, creato, misericordia, poveri…), ma il Congresso
Eucaristico viene celebrato perché tutti i battezzati mantengano un’attenzione prioritaria
all’Eucaristia. La Chiesa, infatti, non solo «vive dell'Eucaristia» (Giovanni Paolo II,
Ecclesia de Eucharistia , 1) ma, come affermava Benedetto XVI, l’Eucaristia è «il grembo
della Chiesa» (Statio Orbis di Quebec, 22 giugno 2008).
Bisogna dunque riconoscere che una delle realtà fondamentali che la nuova
evangelizzazione deve trasmettere, come recita il tema del Congresso, è la capacità di
«Riconoscere il Signore nel gesto dello spezzare il pane».
Proviamo a chiederci anzitutto: quando il Signore spezza per noi il pane come per i
discepoli di Emmaus? La risposta è semplice: nella celebrazione domenicale dell’Eucaristia!
All’interno di una società così carica di disagi sociali, attraversata da tante divisioni e, a
tratti, imbarbarita dalla legge del più forte, i cristiani sono chiamati, di domenica in
domenica, a fare un gesto semplice ma significativo: radunarsi nel nome del Signore
riconoscendosi fratelli. E lì si ripete il miracolo: nell’ascolto della Parola e nel gesto del
Pane spezzato non solo il Signore si fa riconoscere presente, ma anche la più piccola e umile
assemblea di credenti diventa il Corpo del Signore, il suo tabernacolo nel mondo.
In questa pasqua settimanale, facendo comunione con il Cristo morto e risorto, ogni
comunità cristiana è resa capace di assumere gli stessi atteggiamenti di Gesù che «pur
essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l'essere come Dio» (Fil 2, 6).
Così, la celebrazione domenicale dell’Eucaristia diventa sorgente della vita e dell’attività
ecclesiale, plasma l’azione dei cristiani e ne orienta l’esistenza.
Inoltre, nel cammino della “nuova evangelizzazione”, una autentica pastorale
eucaristica non si limita a condurre i battezzati a frequentare la Messa domenicale e a
ricevere il Sacramento, ma spinge a comunicare con il “Cristo totale” nella liturgia, nella
preghiera, nella carità, nella missione. Perché una delle più pericolose malattie che colpisce
i cristiani consiste nel dividere il Cristo Capo dal suo Corpo, nel separare la comunione con
Cristo da quella con le sue membra.
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A partire dalla comune partecipazione alla mensa del Risorto – da una profonda e
costante esperienza eucaristica nutrita di ascolto, di rendimento di grazie e di
contemplazione – nascono discepoli del Signore che lavorano per un rinnovamento culturale
e sociale, per privilegiare il bene comune secondo un’etica della comunione e della
solidarietà.

Per una Chiesa missionaria

Amati fratelli e sorelle: l’Angola ha un’esperienza di incontro di culture lunga più di


cinque secoli, esperienza che la maggior parte dei popoli africani non ha conosciuto. Qui i
colonizzatori, nonostante tutto, hanno convissuto con i popoli incontrati e questa è una
differenza specifica che contraddistingue il vostro popolo.
In questo senso, «Riconoscere il Signore nel gesto dello spezzare il pane», diventa il
punto di partenza per un annuncio missionario del Vangelo capace di riconciliare e
diversità.
Nella Messa, quando all’interno della preghiera eucaristica il pane e il vino sono
trasformati nel Corpo del Signore offerto per noi e nel suo Sangue versato “per le
moltitudini”, insieme alla “presenza reale” di Cristo c’è una “presenza reale” dell’umano e
di tutte le sue realtà. E la Nuova Alleanza che l’Eucaristia riannoda con il mondo, ricorda
che il sogno di Dio è quello di riunire tutti i suoi figli in un’unica famiglia attraverso il
dialogo della vita e del cuore.
Per questo, nella Chiesa locale, le differenze e le complessità di tradizioni, lingue,
culture, non devono condurre alla condanna o all’esclusione vicendevole ma devono
manifestare la comunione ecclesiale come spazio per l’accoglienza delle diversità.
Nell’Eucaristia si trova la fonte di quel processo storico di cambiamento che si chiama
riconciliazione, la fonte del dialogo costruttivo con i popoli e le culture, con le religioni, con
i poveri, i giovani e i lontani. È lì che si modella il volto della Chiesa di oggi, chiamata ad
offrire al Paese la cooperazione sincera per conseguire la fraternità universale (cfr Gaudium
et Spes, 3). È lì che le grandi sfide ormai universali della pace della solidarietà si caricano di
coraggio.
Noi siamo inseriti in una drammatica esperienza storica percorsa da un fiume
sotterraneo di miseria alimentato dal peccato: sopraffazione, arroganza, malvagità, fame,
persecuzioni, odio, muri, noncuranza dell’ambiente… ecc. Ma questo fiume in piena non
può nulla contro l’oceano di misericordia che inonda il nostro mondo. L’Eucaristia è la
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fonte di quest’oceano di misericordia perché in essa l’Agnello di Dio, immolato ma ritto in
piedi, dal suo costato trafitto fa sgorgare questo oceano di misericordia, effonde il suo
Spirito per una nuova creazione e si offre come cibo sulla mensa della nuova Pasqua.
Nell’Eucaristia il Signore Gesù, facendosi pane spezzato per gli uomini, riversa su di loro
tutta la sua misericordia e il suo amore, così da rinnovare i cuori, le esistenze, le relazioni
con Lui e con i fratelli.

Per una cultura eucaristica

«Riconoscere il Signore nel gesto dello spezzare il pane», significa, infine, entrare
nell’atto oblativo di Gesù che si fa servo dei fratelli e offre corpo e sangue per la vita del
mondo.
«Nell’Eucaristia – scriveva Benedetto XVI in Sacramentum Caritatis (n. 11) – noi
veniamo coinvolti nella dinamica della donazione di Cristo. Egli ci attira dentro di sé. La
conversione sostanziale del pane e del vino nel suo corpo e nel suo sangue pone dentro la
creazione il principio di un cambiamento radicale, come una sorta di “fissione nucleare”
portata nel più intimo dell’essere, un cambiamento destinato a suscitare un processo di
trasformazione della realtà». Così, l’unione con Cristo che si realizza nel Sacramento ci
abilita anche ad una novità di rapporti sociali e stabilisce una chiara relazione con il bene
comune e con le realtà sociali.
Ritornando domenica dopo domenica alla “stanza superiore”, grembo della Chiesa, i
cristiani servono la causa del Vangelo inserendosi nei luoghi della debolezza e della croce
per condividere e sanare. E questi luoghi possiamo oggi identificarli con l’epocale
migrazione dei popoli, con gli estremismi contrapposti, la violenza insensata, i problemi del
lavoro, della convivenza pacifica, della giusta distribuzione dei beni, ecc...
È in queste prove, e in altre ancora più disumane, che i cristiani celebrano il memoriale
della croce e rendono vivo e presente il Vangelo del Servo consegnatosi per amore.
In questo senso i battezzati costruiscono una cultura eucaristica se, invece di diventare
i cortigiani del mondo, si fanno servitori dei poveri. Nell’esortazione apostolica Evangelii
gaudium (nn, 197-201), Papa Francesco ha risolutivamente suggellato il ritorno dei poveri
nel cuore della Chiesa: non è una moda passeggera né solo il frutto di ingenui idealismi, ma
regola della vita cristiana. Partecipando al dono di Cristo col dono di se stessi, si fonda il
servizio della carità solidale e fraterna che sola può aiutare la convivenza umana a
strutturarsi “civilmente”.
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La celebrazione del primo Congresso Eucaristico dell’Angola si realizza all’interno di
questo percorso di novità e di conversione. Esso ricorda che al centro di ogni comunità
cristiana c’è la celebrazione dell’Eucaristia. Questo Sacramento influenza positivamente
non solo i singoli battezzati, ma anche le città e i villaggi in cui i cristiani vivono e lavorano.
Offre un aiuto per avviare processi di rinnovamento storici perché la salvezza sociale di cui
l’Eucaristia è fonte si traduca in una cultura eucaristica capace di ispirare l’impegno dei
cristiani nel campo della famiglia, della carità, della solidarietà, della pace, dell’ecologia,
della comunità umana.
Che ciascuno di noi possa fare, in questi giorni, l’esperienza dei discepoli di Emmaus
e, dopo aver riconosciuto i Signore nel gesto dello spezzare il pane, sappia annunciare il suo
amore e la sua salvezza.

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