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EnzoBombardieri

MECCANICA
APPLICATA3
per l'Istituto Tecnico Industriale
Indirizzo per la Meccanica
sulla base dei Programmi del 9 marzo 1994

Cappelli Editore
Copyright© 1996 GEM s.r.l. / Nuova Casa Editrice Cappelli
via Farini 14, 40124 Bologna

Redazione di Valeria Bettelli


Copertina e progetto grafico di Sofia Accinelli

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento,


totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono
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L'editore potrà tuttavia concedere a pagamento l'autorizzazione a riprodurre una porzione
non superiore a un decimo del presente volume. Le richieste di riproduzione vanno. inol-
trate all'Associazione Italiana per i Diritti di Riproduzione delle Opere a Stampa
(AIDROS), via delle Erbe 2, 20121 Milano, telefono e fax 02/809506.

Prima edizione, aprile 1996

Ristampe: 5 4 3 2 O

Finito di stampare
nel 2000 1999 1998 1997 1996

Fotocomposizione M.G., Città di Castello (Perugia)


Stampato presso la Tipografia Babina, S. Lazzaro di Savena (Bologna)
Indice

TRASFORMAZIONI
E TRASMISSIONI
DEI MOTI ROTATORI

Capitolo 1 Trasformazione del moto 1

1.1. Manovellismi 1
1.2. Manovellismo ordinario (o di spinta rotativa) 4
1.2.1.Analisi cinematica del meccanismo biella-manovella 7
1.2.2.Metodi grafici per rappresentare le leggi cinematiche 16
Esercizio 1.1. 26

Capitolo 2 Dimensionamento del meccanismo


biella-manovella 30

2.1. Analisi delle forze agenti sul manovellismo 30


2.1.1. Esercizi sul dimensionamento di un manovellismo di spinta
rotativa 42
Esercizio 2.1. 42
Esercizio 2.2. 48
Esercizio 2.3. 50

Capitolo 3 Alberi e manovelle 52

3.1. Manovelle 52
3.1.1. Esercizi sul dimensionamento di manovelle d'estremità 63
Esercizio 3.1. 63
VI INDICE

3.2. Alberi a gomito 71


3.3. Alberi ad asse rettilineo 81
3.4. Equilibratura degli alberi a gomito 82
3.4.1. Necessità dell'equilibratura 82
3.4.2. Considerazioni sulla forma geometrica degli alberi a go-
mito 83
3.4.3. Principi informativi per l'equilibratura degli alberi a gomito 84
3.4.4. Preparazione dell'equilibratrice per l'equilibratura degli al-
beri a gomito. Procedimento statico-dinamico 86
3.4.5. Principi teorici dei manovellismi 86
3.4.6. Ricerca delle condizioni ottime di bilanciamento per il ma-
novellismo monocilindrico 88
3.4.7. Comportamento della macchina alternativa monocilindrica
con diversi gradi di bilanciamento della forza alterna F2 .
Indicazioni per l'equilibratura dell'albero a gomiti 89
3.4.8. Equilibratrici speciali per l'equilibratura del manovellismo
completo 91
3.4.9. Esempio di bilanciatura di un manovellismo monocilin-
drico 93
3.4.10. Alberi a due gomiti per cilindro 94
3.4.11. Alberi a uno e a più gomiti. Prescrizioni per l'equilibratu-
ra dell'albero singolo 95
3.5. Altre possibilità nel campo dell'equilibratura degli alberi a go-
mllo 98
Esercizio 3.2. 1O1
Esercizio 3.3. 102
3.6. Vibrazioni 104
3.6.1. Principio di funzionamento delle macchine equilibratrici 107
3.7. Macchine equilibratrici 108
3.7.1. Tolleranza di equilibratura dinamica 108

Capitolo 4 Perni e cuscinetti 110

4. l. Perni e cuscinetti 11O


4.1.1. Perni portanti d'estremità 111
4.1.2. Perni portanti intermedi 118
4.1.3. Perni di spinta d'estremità 118
4.1.4. Perni di spinta intermedi a ralle multiple 122
Esercizio 4.1. 125
Esercizio 4.2. 130
Esercizio 4.3. 130
Esercizio 4.4. 134
Esercizio 4.5. 135
Esercizio 4.6. 138
Esercizio 4.7. 139
Esercizio 4.8. 139
INDICE VII

Capitolo 5 Regolazione del moto 140

5.1. Regolatori tachimetrici 140


5.2. Regolatore elementare tachimetrico di Watt 144
5.3. Regolatore tachimetrico di Porter 146
5.4. Regolatore tachimetrico Hartung 153
Esercizio 5.1. 160
Esercizio 5.2. 161

Capitolo 6 Uniformazione del moto rotatorio 162

6.1. Volani 162


Esercizio 6.1. 180
Esercizio 6.2. 183
Esercizio 6.3. 186

Capitolo 7 Trasmissione del moto rotatorio 190

7.1. Generalità sulla trasmissione del moto 190


7.2. Cinghie 193
7.2.1. Schema di calcolo di una trasmissione a cinghie piatte 207
7.2.2. Schema di calcolo di una trasmissione a cinghie trapezoidali 210
Esercizio 7.1. · 212
Esercizio 7.2. 212

Capitolo 8 Trasmissione del moto mediante ruote


dentate cilindriche 213

8.1. Ruote di frizione 213


8.1.1. Ruote di frizione cilindriche 213
8.1.2. Ruote di frizione coniche 216
8.2. Ruote dentate cilindriche a denti diritti 220
8.2.1. Numero minimo di denti 230
8.2.2. Forze agenti fra i denti e rendimento 232
8.2.3. Teorie per il dimensionamento degli ingranaggi 237
8.3. Ruote dentate cilindriche a denti elicoidali 246
Esercizio 8.1. 253
Esercizio 8.2. 258
Esercizio 8.3. 258
VIII INDICE

Capitolo 9 Trasmissione del moto


mediante ruote dentate coniche 259
9.1. Ruote dentate coniche 259
Esercizio9.1. 267

Capitolo 10 Trasmissione del moto fra assi sghembi 277

10.1. Trasmissioni fra assi sghembi 277


10.2. Ingranaggio a vite 280
Esercizio 10.1. 290

Capitolo 11 Treni di ingranaggi 296

11.1. Ruotismi 296

Capitolo 12 Oscillazioni flessionali e torsionali 308

12.1. Oscillazioni flessionali 308


12.2. Vibrazioni torsionali 316
Esercizio 12.1. 320
Esercizio 12.2. 323
Esercizio 12.3. 325
Esercizio 12.4. 329

APPENDICE

Esempi di progettazione per alcuni organi di macchina 333

1. Dimensionamento di una trasmissione con ruote dentate cilindri-


che a denti diritti 333
2. Esecuzione di una scanalatura su di un blocco d'acciaio 349
3. Progettazione di un profilo scanalato 365
4. Proporzionamento di un gancio per apparecchio di sollevamento 379
5. Esempio di trasmissione mediante cinghie trapezoidali 388
6. Esempio di dimensionamento di un cuscinetto Michell 392
7. Esempio di trasmissione mediante giunto a dischi 403
8. Analisi delle forze agenti sul meccanismo biella-manovella 415
9. Esempio di calcolo di una trasmissione a cinghie trapezoidali 434

Bibliografia 449
TRASFORMAZIONI
ETRASMISSIONI
DEIMOTIROTATORI
Trasformazione del moto

1.1 . Manovellismi

In generale vengono indicati con il termine «manovellismi» quei particola-


ri meccanismi (ovvero catene cinematiche) costituiti da più aste collegate
fra loro mediante coppie cilindriche (cerniere) oppure coppie sferiche (sno-
di) che servono, sostanzialmente, per convertire il moto, di uno o alcuni
punti, rotatorio in alternativo di altri punti (ad esempio pompe a stantuffo
e compressori alternativi) o viceversa da alternativo a rotatorio (ad esempio
nei motori a combustione interna volumetrici alternativi).
Una della aste costituenti il manovellismo è rigidamente collegata al telaio,
ovvero a una parte fissa, della macchina mentre le altre aste sono libere di
compiere movimenti resi possibili dalle loro articolazioni ..
Normalmente gli elementi che costituiscono un manovellismo sono contenuti
e si muovono in un piano perpendicolare all'asse (o gli assi) di rotazione
delle rispettive articolazioni; in questo caso si parla di manovellismo piano.
Esistono, ma si tratta in verità di casi rari, anche manovellismi sferici nei
quali gli elementi possono compiere movimenti in qualunque direzione
dello spazio. Uno schema geometrico di un manovellismo piano è eviden-
ziato nella figura 1.1.
manovella ; manovella
biella
ci)D~=d====.,//. ~ -~\
H·)I'""!!"!!!!!"'..,.
__ -. _____ !_., -~~~~~-) ·-·-·-·-· \; . \_ __ _

Asta fissa
\ ·,.....
~K:B;;/
·, ; ! ~
i //
---------~----
...·"

'
Figura 1.1.
2 1. TRASFORMAZIONE
DELMOTO

Come si evince dalla figura il manovellismo è composto da quattro aste


e precisamente:

1. asta AB - asta fissa, immobile, costltmsce il supporto della catena


cinematica ed è ancorata, generalmente, al telaio della macchina mediante
vincoli (H e K in figura 1.1);
2. aste AD e BC - sono definite manovelle quando compiono giri interi
attorno ad A e a B rispettivamente (nel caso della figura 1.1), mentre
assumono la denominazione di bilancieri se hanno la possibilità di descrivere
solamente angoli piatti (nrad) attorno alle cerniere A e B rispettivamente;
3. asta CD - si tratta di un'altra asta mobile i cui punti descrivono
traiettorie particolari (molto spesso si tratta di ellissi) che viene comune-
mente definita biella.

Il meccanismo sin qui illustrato (Figura 1.1) viene anche definito quadrila-
tero articolato, con ovvio significato dei termini, poiché è composto da
quattro aste non uguali tra loro in lunghezza; se rendiamo uguali le
lunghezze della biella e del supporto fisso e quello delle due manovelle
otteniamo un parallelogramma articolato (Figura 1.2).

AB=CD

-----~------
-----
-----
---------------·-z
D=========~~ C AD=BC

///~\ ----
'.
--------
A,~;
__
(=7\\___
:
_ w',~;B
\, K i
.'
./
\,___ ! _,,/
'-.. -. - . -~ --- ----
'
' '
'
' '
'

Figura 1.2. Schema di parallelogramma articolato

Un'applicazione pratica molto diffusa, specialmente nel secolo scorso, fu


quella relativa al meccanismo di movimentazione delle locomotive a vapo-
re (Figura 1.3).
Un altro tipo di manovellismo piano è l' antiparallelogramma articolato
(Figura 1.4) nel quale le quattro aste sono ancora uguali due a due,
opposte, ma sono disposte in modo tale da incrociarsi durante il movimen-
to e consentire l'inversione del senso di rotazione delle due manovelle.
Altro manovellismo particolare è quello che va sotto il nome di quadrilate-
ro di Galloway (Figura 1.5). In questo caso la configurazione è piuttosto
inusuale poiché, come viene evidenziato in figura, le aste sono uguali due
a due ma quelle tra loro adiacenti e non opposte; vale a dire che una
1.1. MANOVELLISMI 3

Figura 1.3. Realizzazione pratica di un parallelogramma articolato in una locomotiva


a vapore

---1----
AB=CD e
AD=BC
Figura 1.4. Antiparallelogramma articolato

verso del
movimento

AD=r
BC=R
Figura 1.5. Quadrilatero di Galloway

manovella ha la stessa lunghezza del supporto mentre l'altra ha la stessa


lunghezza della biella a essa contigua.
Si deve, altresì, notare che l'estremità C della manovella più lunga compie
un giro completo mentre l'estremo D della manovella più corta ne compie
due e ciò può servire per aumentare o ridurre il numero di giri degli
elementi collegati al manovellismo stesso (si ottiene, cioè, un rapporto di
trasmissione i= 2 se la manovella AD è motrice).
Come ultimo manovellismo, ma non per ordine di importanza, si ricordi
anche il glifo di Fairbairn (già ampiamente studiato) che viene riportato
4 1. TRASFORMAZIONE
DELMOTO

nella successiva figura 1.6. Si ricordi la particolarità del manovellismo


a glifo per la conversione del moto circolare uniforme del corsoio (C in
figura 1.6) in moto rettilineo alternato dell'estremità del glifo ove, general-
mente, è ancorato lo slittane porta-utensile. Si ricordi anche la peculiarità
del manovellismo in relazione alla diversa velocità di andata (corsa attiva
di lavoro, lenta) e di ritorno (corsa passiva, veloce).

moto rettilineo

a) b)

Figura 1.6. Manovellismo a glifo (schema)

1.2. Manovellismo ordinario (o di spinta rotativa)

Come abbiamo accennato nel paragrafo precedente il manovellismo a glifo


oscillante (o di Fairbairn) serve per convertire il moto rotatorio del corsoio
in moto rettilineo alternativo dello slittane porta-utensile ma in molte
macchine alternative serve la conversione opposta (moto rettilineo alterna-
to in moto circolare) e in questo caso il glifo non è molto pratico. Per la
suddetta conversione, specialmente nel caso dei motori a combustione inter-
na, è diffusissimo in tutto il mondo il manovellismo ordinario ovvero
meccanismo biella-manovella ovvero anche manovellismo di spinta rotativa
evidenziato nella figura 1.7.
Nella figura viene rappresentata, in forma molto schematica, la sezione
trasversale di un motore a combustione interna, alternativo, a quattro
tempi e ad accensione per scintilla (A.S.). Il cilindro è, in pratica, il
contenitore entro cui si muove lo stantuffo con moto rettilineo alternativo.
Lo stantuffo, inoltre, porta al suo interno lo spinotto, cilindrico, sul quale
si articola l'estremità superiore della biella (P), l'estremità inferiore della
stessa è collegata alla manovella-albero motore mediante il perno B. La
1.2. MANOVELLISMOORDINARIO(O DI SPINTAROTATIVA) 5
vite di registro bilanciere
candela
camera di combustione
molla
testa
(miscela in guida valvola
aspirazione) (gas di scarico)
valvola di aspirazione
cilindro valvola di scarico

stantuffo

albero della _ _____,--.;,a,, punteria


distribuzione
basamento

albero a gomiti
coppa

contrappeso lubrificante

Figura 1.7. Schema di motore alternativo

parte superiore della biella (P) viene comunemente definita occhio di biella
ovvero, più diffusamente, piede di biella (dotato di moto rettilineo alterna-
tivo); la parte inferiore viene invece denominata testa di biella oppure, più
diffusamente, bottone di manovella a seconda che il punto centrale della
coppia rotoidale (B) venga considerato appartenente alla biella o alla
manovella rispettivamente. Il bottone di manovella e, quindi, la testa di
biella a esso accoppiata descrivono una circonferenza avente diametro pari
alla corsa effettuata dallo stantuffo. Il cilindro fa parte del blocco cilindri
(monoblocco) che a sua volta costituisce una parte del basamento (struttura
fondamentale del motore).
La parte superiore del cilindro è chiusa dalla testata (o testa) del motore
e il volume racchiuso fra la stessa e lo stantuffo costituisce la camera di
combustione ove viene bruciata la miscela aria-combustibile, ovvero il
fluido operante nella macchina motrice.
Nei motori che erogano grandi potenze e grandi coppie motrici (ad esem-
pio nei motori navali a ciclo Diesel anche a doppio effetto) il piede di
biella (punto P di figura 1.7) può non essere collegato direttamente allo
stantuffo ma a un pattino denominato testa a croce come viene evidenziato
nella figura 1.8. Successivamente dalla testa a croce si realizza il collega-
mento, indiretto, con lo stantuffo mediante un'asta denominata stelo.
6 1. TRASFORMAZIONE
DELMOTO

Figura 1.8. Schema di una testa a croce

Cinematicamente il manovellismo ordinario può essere composto dagli


elementi seguenti (Figura 1.9):

a) un'asta, (avente lunghezza/) articolata agli estremi P e B mediante due


cerniere (ideali), rappresenta la biella;
b) un'asta, (avente lunghezza r) collegata alla biella nel punto B e rotante
attorno al centro O, costituisce la manovella;
c) un corsoio (C) il quale costringe il piede di biella (P) a muoversi lungo
una retta; nel caso (pratico) reale la funzione del corsoio è svolta dallo
stantuffo ovvero dal pattino testa a croce;
d) una parte fissa che costituisce il telaio il quale, a sua volta, sostiene il
manovellismo.

B __, ___
_

corsa= 2r
r· corsa= diametro 2·r
Figura 1.9.

Quando la retta che individua la direzione del moto di P coincide con la


retta congiungente i punti P e O il manovellismo vien detto centrato
(Figura 1.9); quando le due rette non coincidono il manovellismo vien
detto non centrato od obliquo (Figura 1.10).
In tal caso la retta PO e la traiettoria di P (PMEPMI) si intersecano nel
1.2. MANOVELLISMOORDINARIO(O DI SPINTAROTATIVA) 7

PME = punto morto esterno


PMI = punto morto interno
Figura 1.10. Manovellismo obliquo

punto P stesso. Una volta schematizzato il manovellismo come in figu-


ra 1.9 (studieremo, quindi, il solo manovellismo centrato) si passa alla
analisi cinematica delle caratteristiche del moto dei vari punti dello stesso
per giungere, quindi, alla determinazione delle accelerazioni degli stessi.
La determinazione delle accelerazioni dei punti caratteristici del manovelli-
smo è indispensabile poiché, sulla base delle principali leggi della Dinami-
ca, alle accelerazioni sono associate forze (quando vi sono masse in movi-
mento) e in particolar modo le forze d'inerzia le quali agiscono, in conco-
mitanza con le forze esterne, sugli elementi del meccanismo. Conseguente-
mente il dimensionamento del manovellismo può avvenire se, e solo se,
sono note tutte le sollecitazioni agenti sui vari organi del meccanismo.
Poiché lo scopo del presente testo è il dimensionamento dei principali
organi delle macchine ecco spiegata l'importanza dello studio cinematico
preliminare.

1.2.1. Analisi cinematica del meccanismo biella-manovella

Lo studio cinematico del manovellismo riguarda, sostanzialmente, la deter-


minazione della velocità (vp) e della accelerazione (ap) istantanee del piede
di biella (P) sulla base del movimento del bottone di manovella (B) che, in
prima approssimazione, supponiamo si muova con moto circolare unifor-
me (w = costante).
La schematizzazione utilizzata per questo studio cinematico è evidenziata
nella figura 1.11 ove il meccanismo viene rappresentato in una generica
posizione.
Indichiamo con:

- I=> lunghezza della biella PB;


- r => lunghezza della manovella BO;
- a=> angolo formato fra la direzione PO e l'asse della manovella BO (r);
8 1. TRASFORMAZIONE
DELMOTO

w = costante

PME A

corsa= 2r
a =W•t
r

Figura 1.11.

- f3=> angolo formato fra la direzione PO e l'asse della biella PB;


- Sr => spostamento del punto P rispetto al punto morto esterno (PME)
ovvero punto morto superiore (PMS) nel caso di manovellismo disposto
con l'asse verticale.
Il punto P, durante il moto, descrive il segmento PME (ovvero PMS)-PMI
(punto morto inferiore o interno) che corrisponde, come già è stato detto,
alla corsa dello stantuffo o del pattino.

Per determinare Vp e ap dobbiamo, innanzitutto, analizzare l'espressione


dello spostamento Sp. Dalle figure 1.11 e 1.12 si evince che:

Sr = (PM°Eo) --'-1Pa' = (l + r) - (PH + HO) =

= (l + r)-,---(lcos/3 + rcosa)
Sr = I + r - I cos f3- r cos a (1)

w = costante
PME

(
___ __. a =w·t
l cos f3 '
i rcosa
Figura 1.12.
1.2. MANOVELLISMOORDINARIO(O DI SPINTAROTATIVA) 9
Molto spesso la lunghezza della biella è un multiplo del raggio di manovella
e, conseguentemente, si può introdurre un rapporto fra le due lunghezze:

I
µ =- (2)
r

(µ = 3 --;-4 per i motori a combustione interna in generale).


Altri autori preferiscono introdurre un rapporto À pari al reciproco del
precedente:
r I
À=-=- (2')
l µ

Utilizzando l'espressione (2) l'equazione (1) diviene:

Sp = µ · r +r- µ · r · cos /3- r · cos a

e raccogliendo la grandezza r otteniamo:

Sp = r(µ + I - µ· cos/3- cosa) (3)

L'equazione (3) non è, però, definitiva poiché il meccanismo di figura 1.11


(ovvero 1.12) è dotato di J grado di libertà (6 G.L. e 5 G. V.) e, conseguen-
temente, vi deve essere una sola coordinata libera, indipendente, per descri-
vere il moto del piede di biella P.
Normalmente si assume come coordinata libera l'angolo a = w · t (Figure
1.11 e 1.12) mentre l'angolo /3risulta dipendere da a come spieghiamo qui
di seguito.
Dall'esame della figura 1.12 si desume che:

BH = rsena
BH = /sen/3
quindi:
r sen a = I sen /3

r sena
sen/3 =-sena= -- (4)
/ µ

Conseguentemente, ricordando che:

sen2 /3+ cos 2 /3= I


10 1. TRASFORMAZIONE
DELMOTO
. .
possiamo scnvere:

ovvero:

1
cos/3 = -Jµz - senza (5)
µ

Utilizzando ora la relazione (5), l'equazione (3) diviene:

quindi:

Sp = r(µ+ 1- cosa -Jµz -senza) (6)

Ricordando l'espressione dell'angolo ix:

IX=W· t (7)

la relazione (6) può anche essere così scritta:

Sr = r(µ+ 1 - cos(wt) -Jµz - senz(wt)) (8)

In questa equazione si vede che lo spostamento del piede di biella (Sr)


è funzione del rapporto caratteristicoµ e dell'angolo ix= w · t (ovvero, in
ultima analisi, del tempo t supponendo w costante).
Il valore dello spostamento Sr assume i seguenti valori in funzione del-
l'angolo ix:

se ix = O=>Sr (ix = O) = O
se ix = n =>Sr (ix = n) = 2· r
1.2. MANOVELLISMOORDINARIO(O DI SPINTAROTATIVA) 11

Come abbiamo visto nella Cinematica la velocità, istantanea, è la derivata


prima dello spostamento rispetto al tempo:

dSp
Vp=-
dt

e, conseguentemente, utilizzando la relazione (8) possiamo scrivere:

Vp = :t{,[µ
+ 1 - cos(wt) - (µ2 - sen2 (wt))½]}

Vp = ,[sen(wt) · w -1(µ 2 - sen2 (wt))½-i.

· (-2sen(wt)· cos(wt)· w)]

vp = ,[w· sen(wt)-1(µ 2 - sen2 (wt))-½ ·

· ( - 2w sen (wt) · cos (wt))]

w · 2 sen (wt) · cos (wt)]


vp = r [ w · sen(wt) +
2
Jµ 2 - sen2 (wt)

Ricordando la formula trigonometrica che lega i multipli di un angolo:

2 sen o:cos o:= sen 2o:


ovvero:
2sen(wt)· cos(wt) = sen(2wt)

possiamo anche scrivere:

w· sen(2wt) ]
vp = r [ w· sen(wt) + J
2 µ 2 - sen (wt)
2

e raccogliendo la velocità angolare w otteniamo:

sen(2wt) ]
vp = w· r [ sen(wt) + J
2 µ sen 2 - 2 (wt)
(9)
12 1. TRASFORMAZIONE
DELMOTO

oppure, inserendo l'angolo (a) anziché il prodotto (wt), l'equazione (9)


diviene:

sen2a ]
Vp = wr [ sena + J
2 µ sen
2 - 2 a
(10)

Le equazioni (9) e (1O) rappresentano, rigorosamente, le espressioni della


velocità istantanea del piede di biella (P).
Le suddette espressioni possono subire alcune semplificazioni se introdu-
ciamo alcune approssimazioni; ovvero molto spesso si può ritenere trascu-
rabile il termine «sen 2 (wt)» rispetto al termine «µ 2 », conseguentemente le
due relazioni precedenti divengono:

sen(2wt)]
Vp = wr [ sen (wt) + 2µ (11)

e:

sen2a]
Vp = wr [ sen et + ~ (12)

Se moltiplichiamo (wr) per le quantità entro la parentesi quadra possiamo


scrivere, infine:

wr
vp = wrsen(wt) + -sen(2wt) (11')

e:

wr
vp = wrsen et+ -sen2ct (12')

Come si evince dalle relazioni (11') e (12') la velocità del piede di biella in
ogni istante è determinata dalla somma delle velocità di due moti sinusoidali
(armonici) le cui pulsazioni sono rispettivamente:

w e 2w
1.2. MANOVELLISMO
ORDINARIO(O DI SPINTAROTATIVA) 13

mentre le ampiezze (massime) delle due onde risultano:

wr
wr e

Le equazioni (11) e (12) rispetto alle equazioni (9) e (10) sono, come già
detto, un po' approssimate però sono sufficienti per consentire il calcolo
della velocità (vp) in ogni istante generico (t). Le suddette equazioni danno
valori coincidenti solo per le seguenti posizioni:

ix= O=>senix =O=> vp (ix= O)= O


ix= n=>senix = O=>vp(ix= n) = O

I risultati ottenuti erano, in un certo qual modo, scontati poiché coincido-


no con i valori delle velocità di P in corrispondenza del punto morto
esterno o superiore (ix= O) e del punto morto interno o inferiore (ix= n)
ove il piede di biella (P) inverte il moto e, quindi, la sua velocità si
annulla.
Se la biella avesse, per assurdo, lunghezza infinita il rapporto caratteristico
I
µ = - tenderebbe a un valore infinito:
r
.
11m I
µ = - = oo
1--+oo r

Di conseguenza il secondo termine delle equazioni (11') o (12'):

wr
-sen(2wt)

tenderebbe a un valore nullo poiché:

. wr
11m -sen(2wt) = O
µ--+oo 2µ

e la velocità del piede di biella diverrebbe:

Vp= wr sen ix= wr sen (wt) (13)

ovvero la velocità di un punto che si muove di moto oscillatorio armonico.


Per determinare l'accelerazione del piede di biella (ap) dovremmo, rigorosa-
mente, effettuare la derivata prima della espressione (9) della velocità;
poiché, però, la relazione (11) (ovvero 11') è accettabile anche se un po'
14 1. TRASFORMAZIONE
DELMOTO

approssimata conviene, anche per semplificare le operazioni, utilizzare


quest'ultima equazione. Quindi:

ap = dvp = ~ {wr [sen (wt) + sen (2wt)]}


dt_ dt 2µ

ap = wr[cos(wt) ·w + 2~ cos(2wt) · 2w]

ap = wr [ w cos (wt) + ~: cos (2wt)]

Semplificando e raccogliendo la velocità angolare w possiamo scrivere:

(14)

oppure:

(15)

Se moltiplichiamo (w 2 r) per le quantità entro parentesi quadra possiamo


anche scrivere:

w2r
ap = w 2 rcos(wt) + -cos(2wt) (14')
µ

e:

w2r
ap = w 2 rcosa + -cos2a (15')
µ

Queste relazioni sono, in genere, sufficienti per risolvere i principali proble-


mi relativi alla determinazione delle leggi del moto del piede di biella.
Come si evince dalle relazioni (14') e (15') l'accelerazione del piede di biella
1.2. MANOVELLISMO
ORDINARIO(O DI SPINTAROTATIVA) 15

in ogni istante è determinata dalla somma delle accelerazioni di due moti


sinusoidali (armonici):

1. ap=oircos(wt) (16)
I

detta accelerazione del/ ordine avente pulsazione (w) e ampiezza (w 2 r);

w2r
2. ap = -cos (2wt) (17)
II µ

detta accelerazione del// ordine avente pulsazione (2w) e ampiezza (w 2 r/µ).


Anche in questo caso se considerassimo una biella avente lunghezza infini-
1
ta il rapporto caratteristico µ = - tenderebbe all'infinito e, conseguente-
,
mente, il termine:
w 2r
-cos(2wt)
µ

assumerebbe un valore nullo poiché:

w2r
lim -cos (2wt) = O
µ-+oo µ

e l'accelerazione del piede di biella diverrebbe:

(18)

vale a dire l'espressione che si otterrebbe derivando direttamente l'equazio-


ne (13).
Infine accenniamo alla formula relativa al calcolo della velocità media
dello stantuffo poiché si tratta di una grandezza che interessa l'entità delle
sollecitazioni agenti sugli organi principali del manovellismo e fornisce
un'indicazione del valore del rendimento meccanico di un motore. Ciò
è legato al fatto che le perdite per attrito in un motore sono in gran parte
legate al movimento dello stantuffo e, di conseguenza, la perdita di poten-
za risulta tanto più sensibile quanto maggiore è la velocità media dello
stantuffo (vm)-
L'espressione della vm è la seguente:

2· C· n (19)
Vm=-6-0- (m/s)
16 1. TRASFORMAZIONE
DELMOTO

ove:
c = corsa dello stantuffo (in m);
n = frequenza di rotazione del motore (in giri/min).
L'importanza della velocità media è legata anche alla dinamica del mecca-
nismo e, come vedremo successivamente, coinvolge le forze d'inerzia e il
calore prodotto dal motore stesso.

1.2.2. Metodi grafici per rappresentare le leggi cinematiche

Come già anticipato la determinazione, grafica, della velocità del piede di


biella si può effettuare nel seguente modo (Figura 1.13):

(J)

diagramma
reale Vp

PP' = AO
corsa = 2r corsa = 2r
PME PMI
Figura 1.13. Diagramma reale della Vp in funzione dello spostamento Sp

A tal proposito prolunghiamo l'asse PB della biella sino a intersecare in


A la verticale tracciata a partire dal centro di rotazione (O) della manovel-
la (Figura 1.13).
Si può, a questo punto, dimostrare che il segmento OA (ovvero PP') rappre-
senta, in opportuna scala, la velocità istantanea reale del piede di biella P.
Rammentando ciò che è stato studiato a proposito della Cinematica dei
corpi rigidi individuiamo il centro di istantanea rotazione (C in figura 1.13)
tracciando le rette normali alla tangenti alle traiettorie descritte dai punti
B e P. In tal modo, detta W; la velocità angolare istantanea con la quale
i punti del meccanismo ruotano attorno a C, possiamo scrivere:

Vp = W;· CP (20)
1.2. MANOVELLISMOORDINARIO(O DI SPINTAROTATIVA) 17

e:
VB= W;· CB (21)

Dividendo membro a membro le equazioni (20) e (21) otteniamo:

Vp w.I · CP CP
(22)

.,...--..._ .,...--..._
Se consideriamo, ora, la similitudine fra i triangoli CPB e BAO (lasciamo
al lettore la giustificazione dell'affermazione precedente) possiamo scrivere
la seguente relazione di proporzionalità:

CP AO
(23)
CB = BO

Inserendo questa relazione nell'equazione (22) otteniamo:

quindi:

(24)

Guardando la figura 1.13 si rileva che:

BO = r (raggio di manovella)

e ricordando che il moto del bottone di manovella B (per ipotesi) è circola-


re uniforme (w = costante) possiamo altresì scrivere:

vB = w · r =w· BO (25)

In ultima analisi l'equazione (24) diviene quindi:

AO -
Vp = w · r· - = w · AO (26)
r

Ciò conferma quanto affermato precedentemente e cioè che, in scala op-


portuna, il segmento AO rappresenta la velocità istantanea del piede di
biella P.
18 1. TRASFORMAZIONE
DELMOTO

Se riportiamo il segmento AO in corrispondenza della posizione, generica,


relativa al piede di biella si ottiene il segmento PP' (Figura 1.13).
Ripetendo la costruzione testé illustrata per diverse posizioni di P e di B si
ottengono tanti punti (P', P" ecc.) i quali, uniti fra loro, individuano una
curva che rappresenta il diagramma della velocità istantanea del piede di
biella (vp) in funzione dello spostamento dello stesso punto (Sp). Come si
evince dalla figura 1.13 il diagramma è un po' deformato rispetto a quello
di un moto armonico classico e assume il valore massimo in corrisponden-
za di un valore dell'angolo a inferiore a 90° e, come già anticipato
precedentemente, relativo alla posizione di quadratura, ovvero all'incirca
quando la manovella e la biella sono tra loro perpendicolari. Riportiamo
ora in figura 1.14 il diagramma che rappresenta l'andamento della velocità
istantanea di P in funzione del tempo t (ovvero dell'angolo a= w · t).
Questo diagramma si può ottenere, anche graficamente, sommando a pari-
tà di ascissa le ordinate corrispondenti al termine del 1° ordine delle
velocità:
1l = wr· sen(wt)
vp<

e al termine del 2° ordine delle velocità:

wr
vp111l = 2µ · sen (2wt)

(ricordare l'equazione 11').

vp = wr sen(wt) + wr sen(2wt)

vP(I) =wr sen(wt)

....
8
,I
,,
_,_
:
;
I '
vP(II) = w r sen (2wt)

· , 312n

o a =W•t
' (rad)

Figura 1.14. Diagramma reale della Vp in funzione dell'angolo e,; (owero del tempo t)
1.2. MANOVELLISMOORDINARIO(O DI SPINTAROTATIVA) 19

Si ricordi che la figura 1.14 rappresenta l'andamento reale della Vp


con relazione semplificata 11'

La determinazione grafica della legge che individua l'accelerazione del


piede di biella (ap) è un po' più complessa e si avvale di una costruzione
particolare detta costruzione di M ohr (Figura 1.15).

a
PMS diagramma reale
ap (parabola)

PMS

'
- •• __ J __ _

PD=KO
2r

Figura 1.15. Diagramma reale della Op in f.unzione dello spostamento Sp

La costruzione di Mohr è basata sulla applicazione del Teorema di Rivals


ed è effettuata in una posizione generica del manovellismo (Figura 1.15).
Ricordando il Teorema di Coriolis possiamo scrivere:

a:.ssoluta
(P)
= arelativa
(P)
+ ~rascinamento
(P)
+ acomplementare
o di Coriolis (27)
(P)

ove:
- 2-(t) -
acomplementare - W /\ V relativa
o di Coriolis (P) (28)
(P)

Il moto di trascinamento è il moto del punto P quando si suppone che lo


stesso sia rigidamente collegato alla terna mobile (in generale il moto di
trascinamento di P è diverso dal moto della terna mobile).
Se la terna mobile viene posizionata nel bottone di manovella B il movi-
mento relativo si semplifica poiché la terna trasla e non ruota; ciò significa
che l'accelerazione complementare (o di Coriolis) definita dalla relazione
(28) si annulla poiché:
w(t) =o
/'
trascinamento
20 1. TRASFORMAZIONE
DELMOTO

A questo punto possiamo applicare il Teorema di Rivalse scrivere:

Zz;.ssoluta
P
= a:.elativa
PB
+~ (29)

Ricordando, inoltre, che le accelerazioni possono essere scomposte nelle


componenti normale e tangenziale, l'equazione (29) diviene:

(30)
ma, essendo:

1. il moto di P è rettilineo 7 a:,r


=>

2. il moto di B è uniforme => 7 a;B

ne consegue che:

(31)

L'applicazione della equazione (31) è realizzata con la costruzione riporta-


ta in figura 1.15. Precisamente:

1. prolungare PB sino a ottenere E;


2. tracciare la retta orizzontale passante per t; _
3. prolungare BO sino a ottenere A;
4. tracciare la retta verticale da A sino a ottenere H sull'asse della biella;
5. tracciare, partendo da H, la perpendicolare all'asse della biella sino
a intersecare PO nel punto K.

Ponendo attenzione al quadrilatero KHBO e supponendo di posiziona-


re, come già detto, la terna mobile con origine in B il punto P descri-
ve, rispetto a B, archi di circonferenza di centro B appunto. Ciò significa
che la a;rBè tangente all'arco di circonferenza, avente raggio pari a PB,
nel punto P ed è perpendicolare quindi al raggio PB stesso; in ultima
analisi questa accelerazione è rappresentata, in opportuna scala, dal
vettore Kil (Figura 1.15).
Il vettore a:,rB sulla base di tutto quanto detto precedentemente risulta
diretto secondo la biella ed è rappresentato dal vettore Hff diretto verso
B. Il vettore a:,8è, infine, diretto verso il centro O ed è rappresentato dal
vettore BO. In definitiva la relazione (31) diviene:

(32)
1.2. MANOVELLISMO
ORDINARIO(O DI SPINTAROTATIVA) 21
e conseguentemente il vettore risultante fra KJi, Hli e BO è il vettore KO
(Figura 1.15).
Se riportiamo il segmento KO in corrispondenza del punto P individuiamo
un segmento PD pari al valore dell'accelerazione di P nella posizione
considerata. Ripetendo la costruzione per diverse posizioni di P otteniamo
tanti punti D i quali, uniti fra loro, determinano il diagramma reale della
ap in funzione dello spostamento Sp.
Il diagramma così ottenuto è una parabola (Figura 1.15).
Riportiamo ora, in figura 1.16, il diagramma che rappresenta l'andamento
dell'accelerazione istantanea di P in funzione del tempo t (ovvero dell'angolo
rt. = w · t). Questo diagramma si può ottenere, anche graficamente, somman-
do a parità di ascissa le ordinate corrispondenti al termine del 1° ordine
delle accelerazioni:

e al termine del 2° ordine delle accelerazioni:

w2r
ap(n) = -cos (2wt)
µ

(ricordare l'equazione 14').


Riprendiamo in esame, ora, il diagramma dell'accelerazione di P in funzio-
ne dello spostamento (Figura 1.15): abbiamo detto che questo diagramma

2
ap = air cos(wt) +wµr cos(2wt)

ap 1 =w
2

r
r cos(wt)
2

~"'µ'cos(2rot)
,,
/
/
n 2n
....
I
"'a :::t
o / a=w·t
(rad)

Figura 1.16. Diagramma reale della Op in funzione dell'angolo ix (owero del tempo t)
22 1. TRASFORMAZIONE
DELMOTO

ha un andamento parabolico e presenta un valore massimo positivo al


PMS e un valore massimo negativo al PMI. Questi valori si determinano
ponendo nelle equazione 15':

1. IX = O al PMS =

(33)

2. IX = n al PMI =
= aPMI = w 2 r ( cos n + tcos 2n) = w2r ( - 1 + t)
ovvero anche: (34)

Conoscendo questi valori di ap in corrispondenza del PMS e del PMI


possiamo effettuare la costruzione del diagramma di figura 1.15 in modo
un po' più semplice.
Consideriamo una coppia di assi cartesiani nei quali vengano riportati gli
spostamenti (ascisse) e le accelerazioni (ordinate) del piede di biella;
sull'asse delle ordinate riportiamo i valori delle accelerazioni· al PMS e al
PMI definite dalle relazioni (33) e (34) e congiungiamo, con un segmento,
i punti così individuati K e H (Figura 1.17).
Il segmento KH intersecherà l'asse delle ascisse in un punto (T) appena oltre
la metà della corsa del piede di biella. Si dimostra che la parabola di figura
1.17 è inscritta in un triangolo il quale ha il vertice (V) individuato traccian-
do la verticale dal punto Te fermandoci a una quota (negativa) pari a:
- w2
TV=(-)-· 3r (35)
µ

Il punto V può essere più alto o più basso del punto H (come ad esempio
V' in figura 1.17) e ciò dipende dal rapporto caratteristico del manovelli-
smo (µ = l/r).
Ora, individuato il punto V e, conseguentemente, il triangolo KVHsi
procede al tracciamento della curva mediante il metodo dell'inviluppo delle
rette tangenti come viene evidenziato nella figura 1.17.
Come si evince dalla suddetta figura l'accelerazione ap si annulla in un
punto (L) corrispondente non all'angolo IX = n/2 ma all'incirca alla posi-
zione di quadratura fra biella e manovella (quindi IX< rc/2).
1.2. MANOVELLISMO
ORDINARIO(O DI SPINTAROTATIVA) 23

ap

"';I:t K

'=R
+
-=-- .... '=R
I
.... N
N
a
a -=--
....
N
PMS PMI a
o S, (a)
....
r:i N
....
"'al:t .................
H a

V
"';I:t
C/2
e
Figura 1.17. Costruzione diagramma ap(Sp) mediante inviluppo

La costruzione eseguita in figura 1.17 si riferisce alla sola corsa di andata


del piede di biella P ovvero dal PMS al PMI; durante la corsa di ritorno,
ovvero dal PMI al PMS del piede di biella P, il diagramma risulta
pressoché capovolto poiché il punto P cambia verso ed è, quindi, logico
attendersi un mutamento di verso del vettore accelerazione analogamente
a quanto visto per il vettore velocità. Per tracciare il diagramma completo
dell'accelerazione relativo a un intero giro dell'albero motore, schematiz-
ziamo lo studio nel seguente modo.

I. Prima semicorsa di andata di P (O ~ a < n/2)


In questa fase il moto del piede di biella P è accelerato e, conseguentemen-
te, l'accelerazione è positiva, rispetto al moto di P, ed è diretta da sinistra
verso destra come viene evidenziato in figura 1.18a. In effetti, però, questa
considerazione vale per il tratto di diagramma compreso fra il PMS e la
posizione di quadratura; oltre questa posizione l'accelerazione cambia ver-
so. Per semplificare, però, la spiegazione, lo studio è stato suddiviso in
4 parti ciascuna relativa a un quadrante di 90° (n/2 radianti).

2. Seconda semicorsa di andata di P (n/2 <a~ n)


In questa fase il piede di biella si muove con moto decelerato e l'accelerazione
ha verso opposto allo spostamento di P come viene evidenziato in figura 1.18b.
In effetti l'inversione del vettore accelerazione avviene in corrispondenza
24 1. TRASFORMAZIONE
DELMOTO

2·r 2·r
B

.
O)

·--
1,Q
-------·--
j
--- _____..,
·+
X
aP(+) PMI x
x
a) moto di P

PMS aP(-)
·-·-----·--@-------~ , ,..,
___+
X
PMI x
x
b) moto di P

x
x
e) moto di P B

x
'
' x
d). moto di P s··----+----
,
Figura 1.18. Accelerazione del piede di biella in funzione dello spostamento dello
stantuffo

della posizione di quadratura (punto L di figura 1.17) e non per rx= n/2
come è già stato ricordato più volte. Il valore assoluto dell'accelerazione
aumenta sino a raggiungere il valore massimo (negativo) in corrispondenza
del PMI, ovvero a fine corsa (punto H di figura 1.17).

3. Prima semicorsa di ritorno di P (n < rx< 3/2n)


Al PMI il piede di biella inverte il moto e riparte (poiché Vp al PMI = O)
con movimento accelerato. Poiché il coseno di un angolo minore di 270°
è negativo e poiché prevale, generalmente, l'accelerazione del primo ordine
1.2. MANOVELLISMO
ORDINARIO(O DI SPINTAROTATIVA) 25
ne consegue che il vettore accelerazione, in questa fase, è concorde con il
vettore spostamento di P ed è quindi diretto da destra verso sinistra come
viene evidenziazto in figura 1.18c. A causa della ripetizione dei movimenti
di P in senso inverso rispetto alla fase di andata ne consegue che il piede
di biella sarà sottoposto alle stesse accelerazioni (aventi verso opposto
però) relative alla fase di andata.

4. Seconda semicorsa di ritorno di P (3/2n < rx.~ 2n)


In questa ultima fase il moto del piede di biella P è decelerato e siccome il
coseno di un angolo maggiore di 270° è positivo e poiché prevale, generalmente,
l'accelerazione del primo ordine ne consegue che l'accelerazione di P è positiva
in funzione del tempo t e quindi è diretta verso destra (Figura 1.18d).

Ma poiché la rappresentazione in esame è relativa alla accelerazione in funzione


dello spostamento ne consegue che l'accelerazione stessa, rispetto al moto di
P (da destra a sinistra) è negativa come viene evidenziato in figura 1.18d.

--GD Tutte queste considerazioni finali sono, ovviamente, valide anche


per le altre tre semicorse illustrate precedentemente.

Il diagramma completo della accelerazione rx.pin funzione dello spostamento


del piede di biella P, per un giro completo dall'albero motore, è rappresenta-
to in figura 1.19.

PMS

sp(2n)
o s"(a)

Figura 1.19. Diagramma della accelerazione del piede di biella in funzione dello
spostamento dello stantuffo [ap(Sp)]
26 1. TRASFORMAZIONE
DELMOTO

esercizi - esercizi - esercizi - esercizi

Esercizio1.1.
Un meccanismo biella-manovella ha le seguenti caratteristiche geometri-
che:

- lunghezza della biella / = 240 mm


- raggio di manovella r = 60 mm

Il regime di rotazione è pari a n = 1 500 giri/min.


Determinare lo spostamento, la velocità e l'accelerazione (istantanee) del
piede di biella P in corrispondenza ai seguenti valori dell'angolo a forma-
to dalla manovella con la direzione di P:

n n 4 n 2 5
a=::> -n· -n· -n
6' 3' 9 ' 2' 3 ' 6
l l l l l l
30° 60° 80° 90° 120° 150°

Soluzione
Iniziamo la risoluzione dell'esercizio determinando le seguenti grandezze:

I 240 mm
µ=-=---=4
r 60 mm
2n · n 2n · I 500 giri/min
w = -- = ------ = 157 rad/s
60 60 s/min

Applichiamo, ora, l'equazione (6)

~ 60 fil++
s,m 1 - cos~ ~
-J16 -(sen~)')

= 9,92 mm

s,m =(s-cosi-)16-(seni)')
~ 60 ~
~ 35,7 mm
ESERCIZIO 27

S,(~·)~ 60 - cos~n
mm(5 )')~
-Jl6-(,e+
~ 56,97 mm

~ 60
s,m -Ji6
- cos~
mm(5 ~
-(sen~)')
= 67,62 mm

~
S,(¾•) 60 - cos~n
mm(5 )')~
-Jl6-(sen~n
~ 95,7 mm

~
S,(¾•) 60 -Jl6-(sen~n
- cos~n
mm(5 )')~
~ 113,84 mm

Per il calcolo della velocità istantanea del piede di biella applichiamo, ora,
l'equazione semplificata (12) riservandoci di effettuare, successivamente, il
confronto fra i risultati ottenuti applicando l'equazione (12) e l'equazione
(10) completa.
sen2-71:]
= 157 rad/s · 0,06 m sen ~ + --
Vp(~) [ 6 =
6 6 2· 4
~ 5,73 m/s

sen2-71:]
= 157 rad/s · 0,06 m sen ~ +
Vp(i) [ T =

~ 9,178 m/s

sen ( 2· -n
4 )]
[ 9
vp(~")
= 157 rad/s · 0,06 m sen:n + 8 =
~ 9,68 m/s

n sen n]
vp(i)= 157 rad/s· 0,06 m [ sen 2 + - 8- =
= 9,42 m/s

sen 2- -n
2 )]
(
[ 3
vp(¾")
= 157 rad/s · 0,06 m sen(In) + 8 =

= 7,138 m/s
28 1. TRASFORMAZIONE
DELMOTO

vp(¾") [
= 157 rad/s · 0,06 m sen (~n +
sen ( 2 · -n
5
6
)J=
8
= 3,69 m/s
Vediamo ora come si modificano i valori delle velocità istantanee del piede
di biella nel caso in cui si utilizzi l'equazione (10) completa.

sen2a )
= wr ( sena+ J
vp(~) =
6 2 µ - sen a
2 2

= 157 rad/s · 0,06 m (sen(?:) + J


( n) )
sen 2- -
6 =
6 2 16 - (sen n/6) 2
~ 5,738 m/s

= 157 rad/s · 0,06 m ( sen


vp(~) (!:)
+ J
sen(2·
3
!:) ) =
3 3 2 16 - (sen n/3) 2
= 9,2 m/s

sen ( 2 · ~9 n) )
vp(~")
9
= 157 rad/s · 0,06 m
(
sen (~
9
n)+ 2 J 16 - (sen4/9n) 2
=

= 9,69 m/s

sen ( 2 · ?:) )
2
= 157 rad/s · 0,06 m ( sen?: +
vp(~)
2
J
2 16 -
2
(sen n/2) 2
=

=9,42 m/s

sen ( 2- -n
2 ) )
vp(~")
3
= 157 rad/s· 0,06 m ( sen~n
3
+
2
J 3
16 - (sen2/3n) 2
=

= 7,113 m/s

= 157 rad/s · 0,06 m sen~n + J


vp(~") (
sen(2·
6
~n)) =
6 6 2 16 - (sen 5/6n) 2

= 3,682 m/s
ESERCIZIO 29
Lasciamo allo studente il commento dei risultati ottenuti mediante l'appli-
cazione delle due relazioni (12) e (10) rispettivamente.
Per quanto riguarda la velocità media dello stantuffo possiamo scrivere:

2· e· n 2· 0,12 m- 1500 giri/min


Vm =
60 60 s/min
Vm = 6 m/s

Per la determinazione dell'accelerazione del piede di biella utilizziamo la


relazione (15). Quindi:

ar(i)= alr[cosCi
+ tcos2Ci] = (157)2 · o,o6[cosi + }cos(2i)] =

~ 1465,67 m/s 2

ar(i) = 1572 · 0,06[ cos~ + }cos( 2- ~)] =

= 554,6 m/s 2

ap(~")
= 157 2
• 0,06 [cosi n + lcos ( 2 · in)] =
= - 90,62 m/s 2

ar(i)= 1572 · 0,06 [ cos~ + }cos n] =

= - 369,735 m/s 2

ar(¾")= 1572 · 0,06[cos~n+}cos(2- ~n)]=

~ - 924,34 m/s 2

ar(¾") = 1572 • o,o6[cos1n +}cos(2· 1n)] =

~ - 1096 m/s 2
Dimensionamento
del meccanismo
biella-manovella

2.1. Analisi delle forze agenti sul manovellismo

Si esamina il meccanismo biella-manovella considerandone le forze agen-


ti dall'esterno sulla superficie dello stantuffo e quindi quelle d'inerzia
legate alla presenza di masse dotate di accelerazione. Ricavandone i ri-
spettivi diagrammi F(s) ed eseguendone la somma algebrica delle ordina-
te a parità di ascisse sarà possibile infine valutare .le forze risultanti
N = I: (Fmot,ici + Pine,zia) agenti sul sistema.
esterne
Consideriamo la generica azione esterna P · A; scomponendo tale forza
(Figura 2.1) nelle due componenti:

F"=tgfJ·F (1)
F= { F
F'=-- (2)
cosfJ

-
F"

Figura 2.1.
2.1. ANALISIDELLEFORZEAGENTISULMANOVELLISMO 31

si nota che esse hanno azioni contrastanti circa l'influenza sul moto del mano-
vellismo; considerandone l'equilibrio dinamico rispetto al polo O (Figura 2.3):

F' · b - F" · PO = O
dove:
F' · b è il momento motore Mm che provoca la rotazione della mano-
vella;
F" · PO è un momento resistente che causa vibrazioni al sistema (tende
a far ruotare il motore!).

Già da ora è possibile intuire come N m =I-costante; vediamo di analizzar-


ne meglio la variazione scomponendo F', traslata sul bottone di manovella
o testa di biella, in una componente radiale F, e in una tangenziale F 1
rispetto alla circonferenza descritta da B (Figura 2.2).
Si ricava facilmente:
cos (a + /3)
F, = F'cos(a + /J) = F· (3)
cos/3
{
sen(a + /3)
F1 = F'sen(a + /3) = F· ---- (4)
cos/3

Figura 2.2.

-
F'

Figura 2.3.
32 2. DIMENSIONAMENTO
DELMECCANISMOBIELLA-MANOVELIA

delle due, F, non avendo braccio, non genera un momento di rotazione


attorno a O, per cui:

sen (a+ /3) . .


Mm,...,F· r· ---- (a meno delle forze d'merzia!)
cos /3
Esaminiamo infine le forze d'inerzia agenti, oltre a quelle attive e reattive
esterne, sul piede di biella, visto che questo è dotato di massa. Dall'equazio-
ne di D'Alembert:

(5)

si tratta di forze di primo e secondo ordine, che intervengono negativa-


mente sul funzionamento del manovellismo (es. vibrazioni) e devono per-
ciò essere bilanciate.
Il piede di biella non è però l'unica parte del manovellismo di spinta rotativa
a essere soggetta a forze d'inerzia; anche il bottone di manovella risulta
caratterizzato da una accelerazione centripeta ac = w 2 r (se supponiamo
w = cost). L'intera manovella è dunque soggetta a una forza centrifuga
Fc = mm w 2rG applicata nel suo baricentro G (Figura 2.4); per comodità di
studio è utile considerare l'equivalente di Fc applicata esattamente nel punto B;
si porrà dunque:

Fc = mm,#'rG = m;,.,#'r
' rG (6)
=mm=mm· -
r

In altre parole occorre considerare, nel calcolo, una massa inerziale fittizia
m;,.ridotta rispetto a quella effettiva della manovella, oltre a quella degli
elementi solidali al bottone di manovella @.

Figura 2.4.
2.1. ANALISIDELLEFORZEAGENTISULMANOVELLISMO 33
Per quanto riguarda l'entità e la variazione in funzione del tempo delle forze
attive o motrici esterne sullo stantuffo e quindi immaginate applicate diret-
tamente al piede di biella, occorre studiare i singoli specifici principi di
funzionamento dei motori:
a) motore idraulico (Figura 2.5): è il caso più semplice, in cui cioè la forza
esercitata dal fluido sullo stantuffo si può ritenere costante durante tutta la
corsa PMS-----+PMI:
F = y1 • h · A = p · A

ammissione scarico
manovella

,,, '
t'I

i:::
'Il
.
I

,,, ' ,p_


I - '' \

\
\
I

--
I
'11 I ~-n '
-~ .--":' ----+- I

::'.:
,,, '
L.- -' I
I
1,1'
I
ut:' \
\
\ I
I

,'
'- ...._____
Figura 2.5. Schema di un motore idraulico ad asse orizzontale

b) motore a combustione interna (Figura 2.6): la pressione interna nella


camera di combustione varia sensibilmente istante per istante e quindi con

p
ciclo Otto ideale

ciclo Otto reale

Figura 2.6.
34 2. DIMENSIONAMENTO
DELMECCANISMOBIELLA-MANOVELLA

essa varia la forza motrice esterna; per determinarne la legge di variazione


occorre far riferimento al ciclo termico reale del motore (ciclo Otto ad
esempio, per un motore a combustione interna monocilindrico a due tem-
po) rappresentato in figura 2.6.
Per passare dal diagramma (p-v) a quello (F-s) basta osservare che:

F=p·A stantuffo
{ (7)
s = V: A stantuffo

nel piano (F-s), tradotte nelle opportune scale secondo le relazioni (7), il
diagramma delle forze (Figura 2.7) risulterà rappresentato da:

- nella corsa PMS- PMI dall'equivalente tratto di diagramma nel piano


(p-v) tracciato in colore;
- nella corsa di ritorno · PMI- PMS dall'equivalente tratto in nero,
riportato simmetricamente rispetto alle ascisse in quanto si tratta di forze
che tendono a opporsi al senso del moto (resistenze) e per di più immaginato
come percorso in senso opposto! (fase di compressione del motore).
Il principale svantaggio offerto dal meccanismo biella-manovella consiste
nell'estrema irregolarità del moto di rotazione sviluppato; anche nell'ipotesi,
per altro solo avvicinabile in pratica con l'impiego di volani, di ottenere il
moto circolare uniforme del bottone di manovella B (cv= cost), il momen-
to motore, individuato dal prodotto della componente tangenziale N1 della

s (d)

Figura 2.7.
2.1. ANALISIDELLEFORZEAGENTISULMANOVELLISMO 35
forza risultante (N = F + ~) moltiplicata per il raggio di manovella:
(8)

è comunque soggetto alle variazioni di intensità di N1, sia in relazione alla


geometria del meccanismo sia per i motori a combustione interna, alla
variazione della stessa N in seguito alle modificazioni dell'entità della spinta
operata, sulla superficie dello stantuffo, dai gas. L'equazione che lega N 1
a N è simile a quella già ricavata per il legame tra F 1 e F, e cioè:

sen (a+ /3)


N 1 =N· ---- (9)
cos /3

Sapendo che gli angoli a e /3sono fra loro dipendenti si opera nel seguente
modo:

sen (a + /3) sena cos /3+ cosa sen /3 sena~ cosa sen /3
cos /3 = cos /3 = ~ + cos /3 (IO)

Dalla relazione già dimostrata:

sena I
--=-=µ
sen/3 r
si ricavano rispettivamente:

sena
sen/3 =--
µ

sostituendo si ha:

cos a sen /3
sen a + cos
/3 = sena
sen a
+ cos a---:;-
.,,,
· J µ2 -;Isen2 a
sen2a
= sena + ----=====
2Jµ 2 - sen2 a
per cui:

Mm = N · r · (sena + ---=s=en=2=a==) (11)


2Jµ 2 - sen2 a
36 2. DIMENSIONAMENTO
DELMECCANISMOBIELLA-MANOVELLA

Dall'espressione è di immediata comprensione come Mm sia «tutto fuorché


costante!».

~ Per il calcolo di Mm occorre considerare la sola componente N 1 in


quanto:

- N, non ha braccio rispetto al polo O;


- N" esaurisce la propria azione scaricandosi contro le pareti del cilindro
contenente lo stantuffo (Figura 2.8).

Figura 2.8.

Il dimensionamento di una biella di un manovellismo di spinta rotativa


-segue due differenti metodologie di calcolo in funzione del tipo di motore in
cui tale meccanismo è presente:
a) motori «lenti» (indicativamente n < 350 + 400 giri/min): il ridotto regi-
me di rotazione rende pressoché minime le forze d'inerzia, comunque
presenti; la biella viene quindi dimensionata o verificata nella posizione
corrispondente al PMS, supponendo che la stessa sia soggetta alle sole forze
motrici esterne, trascurando l'effetto delle Fi che in ogni caso riducono il
carico risultante, essendo dirette in senso opposto alle forze motrici ( => im-
postazione condizione peggiorativa!). Bisognerà tener presente l'eventuale
effetto pericoloso provocato dal carico di punta;
b) motori «veloci» (n > 350 + 400 giri/min): oltre a eseguire un calcolo di
progetto-verifica come al punto precedente, è necessario considerare anche le
sollecitazioni agenti sulla biella quando il manovellismo è in posizione di
quadratura: in tale configurazione infatti si manifestano maggiormente le
forze d'inerzia agenti sul fusto della biella. Queste forze tendono a infletterla,
sollecitandola anche a flessione!
2.1. ANALISIDELLEFORZEAGENTISULMANOVELLISMO 37
Spesso però, data la complessità del calcolo, si preferisce eseguire una
verifica della biella, che generalmente assume una sezione retta a I (nei
motori veloci), la quale non risponde ad alcun tipo di unificazione in merito
data la specificità di ogni manovellismo di spinta rotativa.
Si danno di seguito alcune osservazioni su punti che saranno ripresi nella
procedura rigorosa di calcolo esposta negli esercizi.

1. Materiali impiegati: si tratta di acciai pregiati fortemente legati quali


quelli al Ni Cr Mo o simili (UNI 7845).
2. Carico di punta: la verifica della sua presenza va condotta separatamente
nei due diversi piani in cui la biella potenzialmente può inflettersi (Figura
2.9); si valuteranno quindi i due distinti rapporto di snellezza:

x) Àx = ~ asse neutro x-x, asse sollecitazione y-y


lx

ly
y) Ày = -:-- asse neutro y-y, asse sollecitazione x-x
ly

Mentre la flessione nel piano y-y, quella più probabile, è ben sopportata
dal tipo di sezione e dalla sua disposizione, quella nel piano x-x, pur
essendo più difficile a realizzarsi, trova un modulo di resistenza a flessione
Wfy « W1x·
Per valutare le lunghezze delle semionde di libera inflessione lx e ly si osservi
che nel piano del disegno P e B sono cerniere => lx = I, mentre nel piano
a esso perpendicolare P e B possono essere considerati come incastri, per cui
rigorosamente => ly = 0,51, ma per tener conto di eventuali possibili giochi

·,'
----- - - -- -- - -- - -- - --- -- .' -- -- - - - ---- - --
'
p
A;
~
y Sez. A-A

X X

scala ingrandita
y

Figura 2.9.
38 2. DIMENSIONAMENTO
DELMECCANISMOBIELLA-MANOVELLA

causa di rotazioni anche minime, per sicurezza si assume => ly = O,71(ovvero


P cerniera e B incastro o viceversa).
3. Coefficiente di sicurezza: relativamente a sollecitazioni di carattere dina-
mico (fatica), assume valori molto elevati (sino a 60); è bene osservare che
all'aumentare del regime di rotazione del manovellismo tale fattore progres-
sivamente diminuisce.
4. «Colpo di frusta»: denominazione corrente con cui si indica la particolare
situazione di carico che caratterizza i motori cosiddetti «veloci» in posizione
di quadratura.
Come già accennato tutti i punti del fusto della biella sono sottoposti ad
accelerazioni sia tangenziali che radiali (percorrono infatti, a eccezione di P,
traiettorie ellittiche sempre più schiacciate, che degenerano nel moto circola-
re di B) (Figura 2.10), la cui determinazione rigorosa è piuttosto complessa;
si suppone perciò, con sufficiente approssimazione, che abbiano una distri-
buzione di tipo triangolare. (Figura 2.11), per cui le corrispondenti forze
d'inerzia risulteranno anch'esse distribuite in modo lineare (equazione di
D' Alembert: ~ = - m · a) (Figura 2.12).
Il carico unitario, per unità di lunghezza, massimo coincide con la forza
centrifuga della testa di biella, espressa da (Figura 2.13):

qmax = mbiella. acp. l1 = mw 2 r


-!- = m
* 2
w r [N/m]

Figura 2.1 O.

Figura 2.11.
2.1. ANALISIDELLEFORZEAGENTISULMANOVELLISMO 39

Figura 2.12.

Figura 2.13.

dove:
mbiella = m = massa dell'intera biella= p · Vb = p · A· /;
I
m*
= lunghezza della biella;
= massa per unità di lunghezza della biella
(
7 )
= p·A .

Si esegue ora lo studio di un'asta generica isostatica e non labile soggetta


a un carico linearmente distribuito per valutarne il massimo momento
flettente (Figure 2.13, 2.14 e 2.15):

- reazioni vincolari: applicando le equazioni di equilibrio si ha:

R =0
{
~z(p) =O

- Studio sollecitazione di taglio (Figura 2.15): equilibrio traslazione verticale


parte sinistra:
X
- Rb + qx · 2- T=O
X
T= qx2 -Rb
40 2. DIMENSIONAMENTO
DELMECCANISMOBIELLA-MANOVELLA

Q = q·l/2

Figura 2.14.

qx qmax

p ~T l)(t'--------'----- B

Figura 2.15.

essendo:

si ha:

q z /
T=-· X -q- (12)
21 6

T = O(M 1 = max) ~,-D~


~( O =Ix 0 ~ JJI (12')

- Studio sollecitazione di flessione: equilibrio rotazione della parte sinistra


rispetto al baricentro della sezione di taglio (Figura 2.15):

-R p
· x+(q·~)-
X2 ~3-M=O
2.1. ANALISIDELLEFORZEAGENTISULMANOVELLISMO 41

~ q· X X X q 3 ~
M= --x+--· -· -=-x --x (13)
6 I 2 3 61 6

. dM q ql qx 2 ql )
( venfica: T = dx = ffl..J'x 2 -
6 · lx
O
= 21 - 6 c.v.d.

Mfmax= M(xo) = :z'()3)3


- q· { J3= :/ /~ - /~ =

i)--I-t~-
-6~G- - 9~- -~ ql'

dal valore di qmax precedentemente ricavato si ha infine (Figura 2.16):

IM1max l=+-l
J3 z ·--=-mwrl
mw2r J3 i
(14)
27 / 27

5. Dimensionamento del collegamento biella-testa di biella: la biella, per


permettere l'effettivo montaggio, è costruita generalmente in due parti

TiG!T
a)

Figura 2.16.
42 2. DIMENSIONAMENTO
DELMECCANISMOBIELLA-MANOVELLA

(supporto e cappello) che si serrano sul bottone di manovella con una coppia
di bulloni; questi devono essere dimensionati tenendo conto degli sforzi di
trazione a cui sono soggetti, in quanto la compressione viene «scaricata»
direttamente dal fusto della biella sul bottone di manovella. La situazione di
carico più pericolosa si ha in genere al PMS, all'inversione del moto dello
stantuffo, a opera (esclusiva) delle forze d'inerzia.

2.1.1. Esercizisul dimensionamento di un manovellismodi spinta


rotativa

esercizi - esercizi - esercizi - esercizi •

Esercizio2.1.
Un motore a combustione interna a 4 tempi e 4 cilindri segue il ciclo termico
rappresentato in figura 2.17 e ha le seguenti caratteristiche:
Dsi = 80 mm
l= 200 mm
r= 50 mm
n= 5 000 giri/min
mb= 0,500 kg
Pmax = 42 bar = 4,2 MPa

pressione (bar)
42
40
(bar)

30

20
20

10

3
volume (m)
Figura 2.17.
ESERCIZI 43
La biella ha sezione media a I evidenziata in figura 2.17. Eseguire la verifica
di resistenza della biella ritenendo che la massa degli elementi in moto
alterno sia pari a 1 kg.

Soluzione
Calcolo della velocità angolare:

2nn 2n · 5 000 giri/min


w = 60 = I .
6O smm ~ 523,6 rad/s

I 200 mm
µ=-=---~4
r 50 mm
nD 2 n· 802 mm 2
s.r= -t- 4 ~ 5 026,55 mm 2

Forza massima esterna dovuta alla pressione dei gas:

Fmax = Pmax · Ssr = 4,2 N/mm 2 · 5 026,55 mm 2 ~ 21111,51 N

Calcolo dei momenti quadrati di superficie:

1
I X =-(15·
12 20 3 -7· 103 )mm 4 ::=::9417mm
-
4

1
I y =-(10·
12 83 +2· 5- 153 )mm 4 :::::3239mm
-
4

lx 9417 mm 4 3
wfx =- =----~ 941,7 mm
Ymax 10 mm
ly3239 mm 4
wfy = -- ----- ~ 431,87 mm 3
Xmax 7,5 mm
A= (5 · 15- 2)mm 2 + (8 · 10)mm 2 = 230 mm 2
flx 9417 mm 4
ix= -yj = 230 mm2 ~ 6,4 mm

3239 mm 4
230 mm2 ~ 3,75 mm

lx I 200 mm
}_x = -:--= -:--= 4 = 31,25 ~ (praticamente trascurabile l'influenza del
lx lx 6, mm · d"1 punta )
canco
44 2. DIMENSIONAMENTO
DELMECCANISMOBIELLA-MANOVELLA

ly 0,71 0,7 · 200 mm .


).Y = -:--= -.- = ----- = 37,34 => presenza canco di punta!
1 1 3 75 mm .
Y Y ' (nel piano 1- a quello contenente
il manovellismo).

Per la costruzione della biella scegliamo un acciaio 18 Ni Cr Mo 5 UNI 7845


con aR ~ 1300 N/mm 2.
Formula di Rankine:

aR 1300 N/mm 2 2
a = · =-------~1075N/mm
CR 1 + aÀ. 1 + 0,00015. 37,34 2
2

acR 1075 N/mm2 = 107 5 N/mm2


(J'adm = --;;- = lO ,

Equazione di stabilità a caric·o di punta:

Fmax
amax =A~ aadm carico di punta

21111,51 N / 2
~ 107,5 N mm
_2_3_0_m_m_2_

91,8 N/mm 2 < 107,5 N/mm 2

La verifica dà esito positivo! (a maggior ragione anche la compressione


semplice è verificata).
Verifica a pressoflessione nella posizione di quadratura:

I
tga = - =µ=>a= arctg(4) ~ 76° = 1,326 rad
r

/3= 90° - a= 14°


Dal diagramma rappresentato nella figura 2.18 si ricava:

N<J.>~ 204. kgr = 2 000 N

N' = __!!_= 2 000 N ~ 2061,23 N


cos /3 cos (14)0

di sollecitazione compressione.
Poiché:

),x = 31,25 => (si può trascurare l'influenza del carico di punta. Verifiche-
remo comunque la stabilità a compressione con la formula
di Rankine).
ESERCIZI 45
forze esterne (N)
21 111,51 ----------------
20 000

15 000 diagramma a)
10 000

5 000

o· --- e,<

n a (rad)
-5 000
aspirazione ~ .. compressione espansione scarico ___.,

forze d'inerzia (N)


20 000
17 134,8 -
10 280
10 000

----------------
17 134,8 diagramma b)

forze risultanti (N)


20000 17 134,8 (tr_a_z_ione)

10000

a= 1,326 rad
posizione di diagramma c)
quadratura

Figura 2.18.

Il valore delle forze d'inerzia viene calcolato nel seguente modo:

Fi(o)
PMS
= m 1 · w 2 · r (1 + !)=
µ
1 kg· (523,6 rad/s) 2 · 0,05 m (1 + !)
4
Fi(o) = 17 134,8 N (1 746,6 kgr)
PMS

Fi(1t)
p~
= m 1 · w 2 r(1 - !)
µ
= 1 kg(523,6 rad/s) 2 · 0,05 m(l - !)
4
~ 10280 N (1048 kgr)
F;<'lt>
PMI
46 2. DIMENSIONAMENTO
DELMECCANISMOBIELLA-MANOVELLA

y\ Sez. A-A

·-~--~
'

y '\
Figura 2.19.

Quindi la forza risultante (di compressione) in corrispondenza del PMS vale:

Fris. = Fmax -F;PMS = 21111,51 N - 17134,8 N ~ 4000 N

Questo valore è riportato nel terzo diagramma della figura 2.18.

j3
M 1max =-mb·
2
w rl=
27

= {:- 0,5 kg· (523,6)2 (rad/s)2- 0,050 m· 0,20 m ~ 88 N- m =


= 88000 N- mm

Equazione stabilità a pressoflessione:

_ N'
( _A (w)
M·fmax ) ~ -~ (J
(Jmax - + W1x -...::
(Jadm - a

2061,23 N 88000 N · mm) 1300 N/mm 2


( ----+------ ~-----
230 mm 2 941,7 mm 3 10

102,4 N/mm 2 < 130 N/mm 2

la verifica dà esito positivo!


ESERCIZI 47

Dimensionamento dei bulloni di serraggio supporto/cappello della biella.


Equazione stabilità a trazione al PMS: ·

F;
=-
<Imax ~ <Iadm (A"= area del nocciolo della vite)
2A"

Materiale bulloni: classe di resistenza 12.9 adottando un acciaio


18 NiCrMo5 UNI 7845

<JR= 1300 N/mm 2

(Jadm= (JR = 1 300 N/mm2 = 130 N/mm2


nR 10
poiché:

F- 17134,8 N 2
F; = 1 746,6 kgr ~ 17 134,8 N =>A" = -'- ------ ~ 66 mm
2<Iadm 2- 130 N/mm 2

quindi:

Dalla tabella UNI 4536, adottando un diametro di nocciolo della vite


immediatamente superiore a quello calcolato si ha:

d" = 9,853 mm=> filettatura a passo grosso M12

Effettuiamo, ora, la verifica a carico di punta nel piano contenente il


manovellismo poiché Àx = 31,25 e, seppur di poco, è superiore al limite
inferiore di 30. Siamo, quindi, nel campo di applicazione della formula di
Rankine:
<JR 1300 N/mm 2 2
<J = -- = ------- ~ 1134 N/mm
CR 1 + aÀ.; 1 + 0,00015 · (31,25) 2 -
<JcR 1134 N/mm 2 2
<Iadm=-----;;= IO = 113,4 N/mm

Di conseguenza:
Fmax
(J max= A ~ (J admcaricodipunta
48 2. DIMENSIONAMENTO
DELMECCANISMOBIELLA-MANOVELLA

= 21111,51 N = 91, 8 N/ mm 2
(1max 2
230 mm
Quindi, poiché:

amax = 91,8 N/mm 2 < 113,4 N/mm 2 = aàdmcaricodipunta

anche in questo piano la verifica ha dato esito positivo.

Esercizio2.2.
La biella di un motore a ciclo Diesel ha il fusto, che si suppone a sezione
costante, circolare e cavo e della lunghezza di 1 metro; il suo diametro
interno è pari ai 4/10 del diametro esterno.
Il motore ha i cilindri di diametro di 280 mm; la pressione massima
raggiunta dal fluido all'inizio della combustione è di 57 kgr/cm2 •
Si determini il diametro esterno del fusto della biella, dopo aver scelto
in modo opportuno i dati eventualmente mancanti nell'enunciato del
problema.
d
X= 0,4 = D

I= 1 m
Pmax = 57 kgr/cm 2 = 5 591 700 Pa
Dst = 280 mm

4!~······i·······t···
, Sez. A-A
'
'

01dln'
'
'
Figura 2.20.
ESERCIZI 49

Soluzione
n· 280 2 mm 2
4 ~ 61575,2 mm 2 (Area dello stantuffo)

Fmax = Pmax · S.r = 5,5917 N/mm 2 · 61575,2 mm 2 ~ 344310 N

Primo dimensionamento a compressione semplice


Scelta del materiale: acciaio da bonifica 20 CrNi 4 UNI 7846 =
=aR ~ 1300 N/mm 2

Equazione di stabilità: ·

Fmax (lR
(lmax =A ::S;(Tadm =-;; (a = coefficiente di sicurezza dinamico)

344310 N 1300 N/mm 2


A 10
=A= 2648,54 mm 2

n22n2 2 {4-A 4· 2 648,54 mm 2


A=iD -d )= 4D (1-x )=D='-/~=
n (1 - 0,4 2 )
.~ 63,36 mm
n · n
1 = -D
n 64
4 (1 -
·
x4·) = -63
64'
364 mm 4 (1 - O 4 4 ) ~ 770846 4 mm 4
' - '

770846,4 m~,...,,
= 17,06 mm
2648,54 m
I 1000mm .
A = - = ---- ~ 58,62 = esiste il carico di punta!
i 17,06 mm

Ricalcolo della sezione:

Fmax (fCR
(Tmax =A ::S;Cladm =-;;-
~ aR _ 1300 N/mm 2 ,...,, 2
acR - 1 + IXA2
- 1 + 0,00015. 502 = 945,5 N/mm

Fmax · a 344 310 N · 1O 2


A=--= 2 ~3641,74mm
aCR 945,5 N/mm
50 2. DIMENSIONAMENTO
DELMECCANISMOBIELLA-MANOVELLA

4 · 3 641,74 mm 2
-----=--:::::. 74 3 m
n(l - 0,42 ) - '

I" = 6n4 D 4 (1 - x4 ) = 6n4 74,34 mm 4 (1 - 0,44 ) ~ 1457 680,8 mm 4

1 457 680,8 mm 4 ~ 20 mm
3 641,74 mm 2
À= != 1 000 mm = 50
i 20 mm

Data la sostanziale uguaglianza fra À supposto e À calcolato, la sezione


risulta correttamente dimensionata con:

D = 74,3 mm
d = xD = 0,4 · 74,3 mm~ 29,72 mm

Per maggior sicurezza si potrà poi assumere:

D = 75 mm
{
d= 30 mm

Esercizio2.3.
Dimensionare la sezione media ad I del fusto della biella di un motore
a combustione interna lento, in base al momento quadratico minimo
e considerando le peggiori condizioni a carico di punta; assumere in
riferimento una sezione unificata da commercio.

Soluzione
Indichiamo solo la traccia della soluzione.

a) Nota la forza massima di compressione agente assialmente lungo la biella


nei pressi del PMS, si applica la formula di Eulero:

Considerando:
PcR = Padm. a
Padm = Fmax compressione
ESERCIZI 51

/"min= momento quadratico della sezione assunto come piano di sollecita-


zione quello ..l al piano di movimento del cinematismo (/1 = O,7 /b!
asse neutro y - y);

ricavato /nmin si opera la scelta del profilato (IPE, IPN) idoneo.


b) Eseguito il progetto a carico di punta si procede con la verifica della
sezione a compressione semplice.
c) Eventualmente, infine, si opera una ulteriore verifica a carico di punta nel
piano perpendicolare a quello considerato per il progetto iniziale.
Alberi e manovelle

3.1. Manovelle

Il dimensionamento di un manovellismo di spinta rotativa non si esaurisce


ovviamente con il calcolo della biella: l'altro elemento che ne completa la
catena cinematica, interposto fra l'albero motore e la biella, risulta essere
la manovella.
Tale tipo di organo meccanico può assumere due distinte configurazioni:

a) manovelle a gomito, o intermedie, parti integranti dei cosiddetti alberi


a gomito;
b) manovelle frontali, o d'estremità, calettate a sbalzo sugli alberi.

Occupandoci per ora in particolare di quest'ultime, si nota immediatamen-


te come la loro particolare conformazione asimmetrica ne limiti l'impiego;
senza adottare accorgimenti costruttivi che saranno poi esaminati, il loro
baricentro si discosta anche notevolmente dall'asse di rotazione dell'albero,
generando forze d'inerzia centrifughe a loro volta causa di vibrazioni
e anomalie di funzionamento che si ripercuotono in maniera determinante
negli organi meccanici adiacenti. Le manovelle frontali oltre a non essere
bilanciate dinamicamente, non lo sono in generale staticamente: esse assu-
mono una sola posizione di equilibrio stabile e una seconda di equilibrio
instabile (Figura 3.1).
Ciò potrebbe risultare molto dannoso nel caso in cui il manovellismo, in
quiete, tendesse a portarsi nella posizione corrispondente al PMI raggiunto
3.1. MANOVELLE 53

----~- --

equilibrio instabile / critico mg equilibrio stabile


a) b) c) d)

Figura 3.1.

dal piede di biella: al successivo avviamento si avrebbe il pericolo di «im-


puntamento» (Figura 3.2c) del sistema che, virtualmente, non sarebbe in
grado di realizzare il momento torcente a causa dell'assenza di bracci, e ri-
sulterebbe oltremodo sollecitato a trazione (manovella) e compressione-cari-
co di punta (biella) in maniera anomala. Per tutte queste ragioni si cerca di
introdurre contrappesi adeguati, in modo che la manovella «sposti» il pro-
prio baricentro in corrispondenza del proprio asse di rotazione, bilanciando-
si e cioè compensando gli effetti delle forze centrifughe (applicate nel bari-
centro del corpo = J dm w 2 r) e di quelle gravitazionali, potendo assumere
Am
innumerevoli posizioni d'equilibrio (equilibrio indifferente) (Figura 3.2).
È importante però puntualizzare cosa s'intenda per equilibrio statico e di-
namico di un organo qualunque in moto (elemento dinamico, non statico!):

a) equilibrio statico=> EFe =0 (1)

la risultante delle forze centrifughe (d'inerzia) agenti sul campo è nulla;

Mt(O) = F·O = o

equilibrio indifferente
mg infinite posizioni di equilibrio
B
a) b) c)

Figura 3.2.
54 3. ALBERIE MANOVELLE

b) equilibrio dinamico => (2)

in questo caso è rispettato e soddisfatto l'equilibrio statico, in più anche il


vettore risultante dei momenti dovuti alle forze centrifughe (d'inerzia)
è nullo; quindi: equilibrio statico è condizione necessaria, ma non suffi-
ciente per equilibrio dinamico;
equilibrio dinamico è condizione sufficiente, anche per equilibrio statico.
Un esempio esplicativo è il seguente (Figura 3.3): una piastra omogenea
soggetta a moto rotatorio attorno ad un asse coincidente con una sua
diagonale, per semplicità con w = costante. I suoi due settori triangolari,
esattamente congruenti, di baricentro rispettivamente G' e G", saranno
soggetti alle identiche, in modulo, forze centrifughe ~. dirette radialmente,
ovvero 1- all'asse di rotazione imposto; avremo dunque la piastra bilancia-
ta staticamente:
1:Pe =0 (3)
ma non dinamicamente:
(4)

w= cost
/---~---=::::::::::,,,,,_ e-----
___

Figura 3.3.

Vediamo ora di focalizzare il problema di bilanciamento delle forze alterne


d'inerzia che agiscono sul piede di biella, che coinvolge per certi versi la
conformazione della relativa manovella appartenente allo stesso cinematismo
di spinta rotativa:

F;p = mw 2 r(coswt + tcos2wt) = m· aP (5)


3.1. MANOVELLE 55
Tale ·azione può essere più funzionalmente pensata come risultante delle
due componenti:
Fi1 = mw 2 rcoswt (6)
w2r
F;11 = m-cos2wt (7)
µ

dette rispettivamente forze d'inerzia del primo ordine e del secondo ordine
(analogamente a quanto visto nell'analisi cinematica del meccanismo biel-
la-manovella per quanto riguarda velocità e accelerazioni istantanee sem-
pre del piede di biella). Consideriamole per comodità separate.

a) Bilanciamento Fi 1: se supponiamo di considerare una massa fittizia pari


a m e concentrarla in B (Figura 3.4), questa risulterà soggetta a una forza
centrifuga istantanea:
(8)

Figura 3.4.

le cui componenti orizzontale e verticale sono rispettivamente:

in particolare la componente orizzontale risulta equipollente a Fi 1: se si


suppone quindi di spostare m nella posizione diametralmente opposta a B si
realizza il bilanciamento statico sull'asse orizzontale del sistema (Figura 3.5)!
L'installazione dell'eventuale contrappeso è però solo un rimedio parziale,
in quanto:

1. la componente verticale Fcy non è a sua volta bilanciata da un'omologa


azione di verso opposto: nel piano trasversale all'asse del manovellismo
56 3. ALBERIE MANOVELLE

Figura 3.5.

vengono introdotte nuove vibrazioni, comunque di intensità inferiore a quel-


le che si verificherebbero nel piano longitudinale in assenza del contrappeso;
2. le due componenti Fcx ed Fcy possono infine compromettere l'equilibrio
dinamico del sistema, sebbene si possa ritenere, con sufficiente approssima-
zione, che i relativi momenti prodotti rispetto al centro di rotazione O si
compensino vicendevolmente.

Si può pensare di sfruttare in alternativa uno schema d'impostazione


differente: impiegare due masse identiche m/2 disposte come in figura 3.6;
tale soluzione dal punto di vista dinamico (e statico) sarebbe perfetta, ma
non lo sarebbe altrettanto dal punto di vista costruttivo; occorrerebbe
infatti realizzare una manovella supplementare che, per di più, ruotasse in
senso opposto alla principale dotata di contropeso!
Si preferisce dunque adottare la soluzione illustrata in apertura nella
maggior parte dei casi (Figura 3.5).

i)
Yw=cost
Figura 3.6.
3.1. MANOVELLE 57
b) Bilanciamento F;n: si tratta .delle forze d'inerzia più pericolose nei
manovellismi di spinta rotativa, non tanto per la loro entità, che risulta
comunque inferiore a quella delle F; 1, quanto perché rigorosamente non
sono bilanciabili per tutti i manovellismi! Il nocciolo della questione risiede
nella pulsazione con la quale tali forze variano periodicamente nel tempo,
che è doppia (2cv) (Figura 3.7) di quella della rotazione impressa alla
manovella principale. Anche in questo caso si tratta di un vincolo costrut-
tivo notevole, che può essere solo «aggirato» con varie soluzioni meccani-
che più o meno complesse, queste hanno però la comune prerogativa di
spostare i centri di rotazione delle masse (contrappesi) di bilanciamento
lateralmente rispetto al centro di rotazione O dell'albero motore, pregiudi-
cando l'equilibrio dinamico del sistema.

Figura 3.7.

Facendo riferimento alla figura 3.8, si imposti ora il calcolo di una


manovella d'estremità (o frontale). L'organo è considerato in una posizio-
ne qualsiasi nel piano del manovellismo, caratterizzata dagli angoli ix e /3,
e su di esso sono evidenziate le azioni (Figura 3.9) a cui il bottone di
manovella è soggetto, derivanti dall'azione assiale N' agente lungo l'asse
della biella: l'analisi delle sollecitazioni, da condurre nello spazio, per
comodità viene eseguita separatamente prima per l'albero (Figura 3.10)
e poi per la manovella stessa.

a) Albero: risulta soggetto, nel piano di mezzeria del cuscinetto, a:

l. momento flettente nel piano (y-z) a opera di:

N = N-co_s_(
ix_+_/3_)
r COS /3
pan a:
(9)
58 3. ALBERIE MANOVELLE

N,

'

'~J,
Sez. n-n

Figura 3.8. Dimensionamento di una manovella di estremità

/· ....___
_

Figura 3.9.

2. momento flettente nel piano (x-z) a opera di:

sen(a + /3)
N 1 =N----
cos/3
pan a:
Mli= N 1 • (e+ c0 ) (10)

3. momento torcente nel piano (x-y) a opera di N 1, pari a:

(11)
3.1. MANOVELLE 59

Figura 3.1 O.

4. taglio nel piano (x-y) a opera di:

N'=JN 2
r + N t2 (19)

deve essere quindi progettato tenendo conto della composizione di tutte


queste sollecitazioni. Nr ed N, (ovvero N') sono però soggette a variazione
in funzione dei valori assunti dagli angoli a e {3.
Il procedimento di calcolo generico, che prevede un dimensionamento
a flessotorsione seguito da una verifica a taglio, dovrebbe poter essere
applicato infatti nel punto soggetto alla sollecitazione risultante più eleva-
ta, ma questo è di complessa determinazione in quanto Nt ed N, variano
con leggi inverse (l'una aumenta, l'altra diminuisce e viceversa). Si preferi-
sce suddividere il progetto considerando due punti notevoli fra le infinite
posizioni assumibili dalla manovella:

1. PMS=> Nr = O N, = N' = N (13)


2. posizione quadratura=> N, = O N 1 = N' (14)

Di questi punti quello più significativo è generalmente il secondo, per cui


si procede di solito con un calcolo di progetto nella posizione di quadratu-
ra seguito da una verifica al PMS.

1. Progetto posizione quadratura, sollecitazioni presenti:

Mli= Nr· (c + c0 ) = N'(c + c 0 ) (15)


Mt = Nt · r = N' · r (16)
T = Nt = N' = N/cos/3 (17)

Mentre:
(18)
60 3. ALBERIE MANOVELLE

si calcola:
(Mfo~ J M7+ 3/4M;) 2
(19)
Mfid (1R
(1id = -- ~ <1adm = -- (19')
Wfn nRdin

risolvendo l'equazione (19') corrispondente (progetto), si valuta D !


Infine si verifica:
4 N' <1adm
't'max = 3 Av ~ 't'adm = J3
2. Verifica al PMS, sollecitazioni presenti:

Mli = N 2 • (c + c0 ) = N' (c + c0 ) = N(c + c0 ) (20)


T=N 2 =N (21)
mentre:
(22)
si verifica:

(1,d =<1
J 2
+ 3-r2 ~ a d = --
(1R
1 max a m nRdin

dove:
M11
<1=--
W1.
4N
't' =--
3 Av

Determinata l'entità di D, con formule empiriche si valuta il valore da


attribuire al diametro d del perno d'estremità, tale da consentire la realiz-
zazione di una piccola battuta per l'appoggio del mozzo della manovella; il
valore ricavato dovrà essere però poi maggiorato per consentire l'esecuzio-
ne della cava per la linguetta (evitare l'uso di chiavette!) mantenendo un
diametro di nocciolo «netto» sufficiente.

~ Per conservare una minima superficìe di battuta si maggiorerà


parallelamente anche il diametro D dell'albero prima calcolato!

b) Manovella: la figura 3.8 risulta oggetto, nella sua parte mediana, in cui
è possibile individuare le sezioni resistenti notevoli a n-n ed n' -n'
3.1. MANOVELLE 61

n-n n'-n'

1. momento flettente
nel piano (y-z): M 11 = N,· e M 1 , = N,· e (23)

2. momento flettente
nel piano (x-z): M1z=N 1 ·(r-z) M1z = N 1 • z' (24)

3. momento torcente: M 1 =N 1- e M 1 = N1 • e (25)

3 N1 3 N1
4. taglio: ·=-- ·=-- (26)
2A 2 A'

N, N,
5. compressione: (J =- (J =- (27)
A A'

Si può innanzitutto notare come, a parte M 11 ed M 1 che risultano costanti


lungo tutto il fusto della manovella, mentre in (n-n) prevale nettamente la
sollecitazione a flessione M1z, in (n'-n') raggiungono il loro valore massi-
mo taglio e compressione. Le manovelle d'estremità non vengono in genere
progettate, bensì verificate a fronte di un proporzionamento di massima
eseguito in relazione ai diametri dei perni che fanno capo al bottone di
manovella e all'albero motore. Anche per esse si considerano due situazio-
ni di carico particolari, corrispondenti alla posizione di quadratura e al
PMS.

1. Verifica al PMS: essendo N 1 necessariamente nulla, la sezione in assolu-


to più pericolosa risulta (n'-n') ! in cui si ha pressoflessione, si verificherà
l'equazione di stabilità:

N N- e <JR
<Jmax = A' + -W ~ <Jadm = -- (28)
f~ nRdin

2. Verifica in pos1z10ne di quadratura: in questo caso la sollecitazione


prevalente risulta la flessione nel piano (x-y); anche se perciò, come nel
caso precedente, taglio e compressione sono più «pericolose» nella sezione
62 3. ALBERIE MANOVELLE

-rMtmax

'rRmax

Figura 3.11.

di area inferiore (n'-n'), generalmente la verifica è effettuata sulla sezione


(n-n) per la quale:

( w1, = 1bh 2
) (29)

(Nr = N') (30)

(31)

(32)

~ Rigorosamente tale procedimento non è completamente corretto


poiché si tiene conto della composizione di tensioni agenti in punti differenti
I
della sezione (anche se siamo in favore della sicurezza).
ESERCIZIO 63
3.1.1. Esercizisul dimensionamentodi manovelle d'estremità

- esercizi - esercizi - esercizi -

Esercizio3.1. (Si faccia riferimento alla figura 3.8)


Eseguire il dimensionamento (proporzionamento e verifica) di massima di
una manovella d'estremità e dell'albero a essa collegato, facente parte di
un manovellismo di spinta rotativa con i seguenti dati di progetto:
l = 320 mm
i = interasse fra mezzeria perno di banco e mezzeria bottone manovel-
la= 120 mm
r = 145 mm
F = agente sul piede di biella = 8 800 N ~ cost.
=
n « 400 giri/min trascuriamo l'azione delle forze d'inerzia.

Materiale con cui sono costruiti l'albero e manovella: C 40 UNI 7845

= uR ~ 650 N/mm 2

uR 650 N/mm 2 2
uadm = -- = 10 = 65 N/mm
nRdin

J3 = 65 N/mm
2
'Ladm =
uadm
J3 ~ 37,5 N/mm
2

Soluzione

N"

Figura 3.12.
64 3. ALBERIE MANOVELLE

Analisi azioni esterne agenti sul sistema.

I. Posizione di quadratura (Figura 3.12).

N, = o I N
{
·Ni = N = cosfJ
(N = F F; ~ O)
r 1 145
tg fJ= - = - = ---
! µ 320 mm
fJ~ 24° 22' 35" = (24,376) 0

8800 N
Ni =·cos(24,376)o ~ 9661,3 N

~ In questa posizione le F; ~ O poiché è praticamente nulla


I l'accelerazione del piede di biella.

2. PMS (Figura 3.13):

N, = N' = N = F = 8 800 N
{
N1 = O

Dimensionamento albero.

I. Progetto (posizione quadratura) a flessotorsione:

M 1y = N 1 - i= 9661,3 N · 120 mm= 1159356 N · mm


M 1z = N 1 • r = 9 661,3 N · 145 mm= 1400 888,5 N · mm

.
i
N= N'=N r
i'
--- ~ ------- ----------•---------------
p B iO
'
'
'
'

Figura 3.13.
ESERCIZIO 65

M1 id = M2fy +IM2 =
4 t,

~ J(l,16
· 10' N ·mm)'+~(
1,4· 10' N · mm)'
se
~ 1 678 086 N · mm
n 3
W1 =-D
" 32
3 32Mh 3 32· 1678086 N- mm
=D= ' = --------=64mm~65mm
n· aadm n · 65 N/mm 2

2. Verifica a taglio (posizione di quadratura):

4 Txy 4 9661,3 N 2
Txy = N 1 = 9661,3 N Tmax =- - =- 2 2 ~ 3,88 N/mm ( < Tadm)
3 Av 3 n65 mm
4
3. Verifica a flessione (PMS):

M 1 x = N,· i= 8800 N- 120 mm= 1056000 N · mm


M1 1056000 N · mm
O"max = _x = ------ ~ 39,17 < O"adm
wf n -·
n
653 mm 3
32
La verifica ha dato esito positivo.

4. Verifica a taglio (PMS):

Txy = N, = 8 800 N
4 Txy 4 8 800 N -
Tmax - - - =- 2 2 = 3,54 < Tadm
3 Av 3 n65 mm
4
La verifica ha dato esito positivo.
5. Una volta calcolato il diametro dell'albero (D) fissiamo il diametro del
perno (d):
=D=65mm
d = D - 3 mm = 62 mm
66 3. ALBERIE MANOVELLE

6. Scelta della linguetta: linguetta A - 20 x 12 x / UNI 6604; adottando


desterno= 70 mm è assicurato un dnocciolo= 62,5 mm
7. Calcolo lunghezza linguetta: materiale Fe 590 TF UNI-EU 27

aR 590 N/mm 2
2
Tadm= r:;= r:; ~ 34 N/mm
nR · v 3 10v 3

2M 2 · 1 400 888,5 N · mm
=>I~ . i. ------------,- ~ 59 mm
d · b · Tadm 70 mm· 20 mm· 34 N/mm 2

arrotondata al valore unificato 63 mm

=> Linguetta A - 20 x 12 x 63 UNI 6604

8. Proporzionamento manovella:

D= d + 3 mm = (70 + 3) mm = 73 mm
L ~ 1,1 · d = 1,1 · 70 mm= 77 mm (> 63 mm linguetta!)
Demozzo~ 1,8d + 20 = 1,8 · 70 mm+ 20 mm= 146 mm
albero

9. Verifica sezione di battuta dell'albero:


a) flessotorsione posizione quadratura:

M 1z = 1400888,5 N · mm
M 1y = N 1 • i'= 9661,3 N(77 + 24)mm = 975791,3 N· mm

3 3
M1 id = 2
M1 y +-Mi=
4 z
2
(975791,3 N- mm)2 + 4(1400888,5 N· mm)2 ~

~ 1556931,3 N · mm

_ M 1 id _ 1556931,3 N- mm....., 2 .....,


<Tmax
- -- - ------- = 64,96 N/mm = aadm
wfn -·
n
62 53 mm 3
32 '
ESERCIZIO 67
b) Taglio posizione quadratura:
4 Nr 4 9 661,3 N 2
•max= 3 nd;/4 = 3. 62,32 mm2 ~ 4,2 N/mm < •adm

4

c) Verifica flessione al PMS:

M 1" = N, · i' = 8 800 N · (77 + 24) mm= 888 800 N · mm


M1 888800 N · mm 2
amax= -" = ------ ~ 37 N/mm < aadm
wfn -·n 62 53 mm 3
32 '
La verifica ha dato esito positivo.

d) Taglio al PMS:

4 N, 4 8 800 N - 2
•max= - -2 = - . 2 2 = 3,8 N/mm < •adm
3ndn 3 n-62,5 mm
4 4
La verifica ha dato esito positivo.

10. Proporzionamento conclusivo della manovella:

De mozzo albero (già calcolato)~ 146 mm


De mozzo bottone manovella ~ 2,2 · 34 mm ~ 75 mm

Si suppongono noti: diametro perno bottone manovella = 34 mm


lunghezza perno bottone manovella = 48 mm

11. Calcolo dimensioni sezioni pericolose n - n ed n' - n' (Figura 3:14)

b = b' ~ 0,8 · 34 mm ~ 28 mm
BC (146 - 75)
tga = AC = 145. 2 ~ 0,245

=>O(~ (13,757) = 13°45' 25"


0

- - 75
FG = AG· tga =-·O
2 ,245 -~ 9 ,2 mm
68 3. ALBERIE MANOVELLE

B ç-------~----------------- --------

Figura 3.14.

h' = 75 mm + 2 FG ~ 93,4 mm

-ED= -AD· tgix = ( 145 - 146) · 0,245 ~ 17,64 mm


2
h = 75 mm+ 2 ED~ 110,3 mm

12. Verifica manovella:

a) posizione PMS:
Verifica a pressoflessione sezione (n-n)

N, N,· 36 mm
O"max = -- + ----
b•h !b2. h
6

8 800 N 8 800 · 36
N · mm ,_ 24 8 N/ 2
------2 + ------- = ' mm < O"adm
28 · 110,3 mm !232. 110 3 mm3
6 '
La verifica ha dato esito positivo.
ESERCIZIO 69
Verifica a pressoflessione sezione (n' - n'):

N, N,· 36 mm
(J' max = b' . h' + 1
-b' 2 · h'
6

8 800 N 8 800 · 36 N · mm ,..., 2


93 4 mm 2 + l = 29,3 N/mm < aadm.

' -28 · 93 4 mm
2 3
6 ' .

La verifica ha dato esito positivo.

b) posizione quadratura:

Verifica sollecitazione composta di flessione, taglio e torsione sez10ne


(n-n):

3 N1 3 9 661,3 N 2
1:T = 2 b· h= 2· 28 · 110,3 mm 2 ~ 4 ' 7 N/mm
-r = ~. N 1 • 36 mm = ~. 9 661,3 N · 36 mm ~ 18 1 N/mm 2
M, 2 b2 · h 2 28 2 · 1103 mm 3 - '
'
N 1 • AD 9661,3 N · 72 mm 2
aM = --- = ------ ~ 12 3 N/mm
1 1 1 - '
-b · h 2 - 28 · 110 Y mm 3
6 6 '

aid 1 = Ja~ + 3(-rT + -rM,)2= J12,Y


1 + 3(18,1 + 4,7) 2 N/mm 2 ~
~ 41,36 N/mm 2 < aadm

La verifica ha dato esito positivo.

1 Rigorosamente tale procedimento non

è corretto in quanto compone tensioni


agenti in punti differenti delle sezioni rette
(n-n) e (n'-n') come a fianco illustrato:
più corretto sarebbe eseguire una duplice
verifica nei punti A e B. Il calcolo sopra
applicato costituisce una sopravvalutazio-
ne delle sollecitazioni a favore della sicu-
rezza.
70 3. ALBERIE MANOVELLE

Verifica sollecitazione composta flessione, torsione e taglio sezione (n'-n'):

_ ~ N 1 • 36 mm_~- 9661,3 N · 36 mm"' / 2


-rM,- 2 b'2. h' - 2 2g2. 93,4 mm3 = 21,4 N mm

<JM = N 1 - AG = 9661,3 N · 37,5 mm~ 8 9 N/mm 2


1 1 1 '
-b' · h' 2 -28 · 93 4 2 mm 3
6 6 '
(Jid = J <JF.f
f + 3 (1:T + 1:M,)2 = Js,9 2 + 3 (5,5 + 21,4) 2 N/mm 2 ~
~ 47,4 N/mm 2 < <Iadm

La verifica ha dato esito P<?Sitivo.

Lo schizzo costruttivo della manovella è evidenziato nella figura 3.15.

120
75 '
36 :
~1

'

(")
i: o
-r---- ·----- ------! ----- ----------------- ----- t-------------

~
~

l
'

146 77

Figura 3.15.
3.2. ALBERIA GOMITO 71

3.2. Alberi a gomito

Quando le forze sollecitanti manovelle d'estremità risultano di non mo-


desta entità, si evita il montaggio dell'elemento a sbalzo, sostenendo-
lo invece da entrambi i lati: si ottiene in questo modo un «albero
a gomiti».
Il dimensionamento di tale organo meccanico è piuttosto complesso in
quanto, oltre alle semplici sollecitazioni meccaniche, occorre tener conto
delk necessità di bilanciamento, dei vincoli costruttivi, del dimensiona-
mento dei perni (di banco e di manovella!) del fatto che si tratta general-
mente di una struttura iperstatica! Del dimensionamento se ne dà perciò
un semplice cenno: in riferimento alla figura 3.16 si ha, analizzando per
comodità separatamente, perni di banco, perno di manovella e maschette:

b e b

a= b+ C/2

N,
in Ei
---,---
·------------
--------------- ---~--- -------- --------------------

r
'
'
'
-
Ft. .:·~~-'
.•·
i '
A ---•---
L--+----1(
'

ia

Figura 3.16.
72 3. ALBERIE MANOVELLE

a) perni di banco (AC e FB):


sollecitazioni presenti

D -----------E M fzmax =M f:zc


=M fzF
=
b
=R ·b=N--
A C F B •Y r 2

a)

MlY D E M fymax =M =M =
~
f-,,c f,,F

b
C F =R az · b=N,- -
2
b)

nFB
D E
N,
I TI =cost = Ray = -2

Tyl I 1$-11
A e .11$11
T
e)
TiGtT
Tz D E N,
C~lll I TI = cost = Raz = -
A
r11e11r
d)
r B
2

D E
M,,s = cost = N,- r
M 1Ac =0
--·____
nl I I I Il
A C F B
e)

b) perno di manovella (DE):


sollecitazioni presenti

M f:zD =M fzE
=M fzc
=M f-zF
=

Mft ......
A
__ D_.Fl
.....
e F
E-----•
..B
=R •Y
-b=N-- r 2
b

M fzmax =M fa
=R ay
· a=
f) = N,· a/2
3.2. ALBERIA GOMITO 73

MIY
~
M fyD =M

=R
fyE

·b=N·-
=M f yC

t
=M
b
fyF
=
M(Df
1

e
A F B
az
2
g)
M fymax =M fa
=R az
· a=
= Nt · a/2

Ty


A
DrE
e
,
h)
F

B
TYDG = cost

TYG, = cost
=

= -
R ay

R by
N,
2

= - -
N,
2
TiG!T

Tz D3J;PE
~ . TzvG = cost = - R az = --
N,

A e F B
2

i) N,
TZGE = cost = R bx =-
2

Mt


A
nrr
e
1)
F

B
M tnE =

=N·
cost

t
r
-
2
= R az · r =

c) sollecitazioni sulle maschette (DC ed EF):

D E
N,
-+-
N GN

~ H
N= cost = --
Ny 2


A e F

B TiG!T
m)

D E

Mt

• n LJ •
M, =

=N·
cost

r
=
b
-
2
R •• · b =

\of
A e F B
n)
74 3. ALBERIE MANOVELLE

T. r~E N,
TZen = cost = - R az = - -2
r----i17~ N,
o)
TZEF = cost = + R bz = + -2

Mfx

A
c/1tE• F B
Mf xma:it
=M

=R
f xD
=M

·r=N·-
f xE
=
r
az t 2
p)

D E Mf, = cost = R ay · b =

~
b
Mft =N · -
2
LJ
r


A e F

B
q)

~ Attenzione a valutare accuratamente i vari piani di sollecitazione


' per ogni elemento, in particolare per quanto riguarda le maschette, disposte
perpendicolarmente ai perni!

=> flessione per gli uni è torsione per l'altra e viceversa.

Negli alberi a gomito con più manovelle, queste vengono opportunamente


disposte rispetto all'asse di rotazione al fine di autobilanciare il sistema,
staticamente e dinamicamente ove possibile, rispetto alle forze d'inerzia
centrifughe che sulle varie manovelle si sviluppano (il bilanciamento delle
forze alterne d'inerzia di 1° e 2° ordine, già compiutamente analizzato,
è svolto solo successivamente in «sovrapposizione» al presente studio!); la
soluzione più efficace e funzionale per ottenere tale scopo, e quindi solleci-
tare il meno possibile i perni di banco a favore di una maggiore affidabili-
tà, risulta essere lo sfasamento delle manovelle, sfasamento che contribui-
sce, vincolando l'ordine di accensione nei motori a combustione interna,
a uniformare il più possibile il moto di rotazione dell'albero motore; lo
sfasamento 9 può essere calcolato conoscendo il numero di cilindri z del
motore e il numero di tempi -r dello stesso:

(33)
3.2. ALBERIA GOMITO 75
Facciamo alcuni esempi.

a) Motore monocilindrico a due tempi (Figura 3.17):

z=l r=2 =>9 = 360° = 2rcrad

LLL.i..J LLL.i..J
l7TT7 l7TT7

Figura 3.17.

La configurazione illustrata rende il sistema bilanciato staticamente e dina-


micamente.
b) Motore monocilindrico a quattro tempi:

z = 1 r=4 => 9 = 720° = 4n rad

La configurazione è identica alla precedente e assicura il bilanciamento


statico e dinamico; l'angolo di sfasamento calcolato è indice del fatto che il
ciclo motore si compie effettivamente in due giri completi dell'albero (4
corse dello stantuffo nel cilindro).
c) Motore bicilindrico a due tempi (Figura 3.18):

z=2 T=2 => 9 = 180° = rerad

Esistono due possibili configurazioni di bilanciamento: la prima (Figura


3.18a), di maggiore ingombro assiale, assicura il bilanciamento statico
e quello dinamico a patto che la lunghezza del perno centrale sia tale da
far equilibrare i momenti delle coppie rispetto all'asse di mezzeria
(b 1 = b2 !); la seconda (Figura 3.18b), più compatta, con un'appropriata
scelta delle masse dei contrappesi, nonché dei singoli bracci, consente di
76 3. ALBERIE MANOVELLE

LLU LLU LLU LLU LLU


l7T7 l7T7 l7T7

a)
Figura 3.18.

bilanciare staticamente e dinamicamente il sistema nel complesso, ma non


i singoli cilindri!
d) Motore bicilindrico a quattro tempi:

z=2 T=4 =9 = 360° = 2n rad

La configurazione permette in ogni caso di bilanciare staticamente il si-


stema (Figura 3.19), mentre l'equilibrio dinamico è assicurato da un'op-
=
portuna scelta dei bracci delle singole coppie ( b 1 = b2 !).

LLLLI LLLLI LLLLI


ITTT7 ITTT7 ITTT7

Figura 3.19.
3.2. ALBERIA GOMITO 77
e) Motore a tre cilindri e a due tempi (Figura 3.20):

2
z=3 '[ = 2 => 9 = 120° = - n rad
3

CD

v1
120·
Figura 3.20.

La disposizione spaziale consentirebbe l'auto-bilanciamento delle forze


d'inerzia centrifughe, che di fatto formano un poligono chiuso, ma non è as-
sicurato quello dinamico (comunque il meno dannoso!); i contrappesi sono
posti semplicemente per assicurare il bilanciamento di ogni singolo cilindro.

f) Motore a tre cilindri e a quattro tempi (Figura 3.21):

4
z=3 '[ =4 => 9 = 240° = - n rad
3

CD CD-@=240°
@-(1)=240°

Figura 3.21.
78 3. ALBERIE MANOVELLE

La configurazione è del tutto simile alla precedente: solamente si modifica


l'ordine di accensione.
g) Motore a quattro cilindri a due tempi:

n
z=4 -r=2 => 9 = 90° = - rad
2

Figura 3.22.

La disposizione schematizzata (Figura 3.22) assicura il bilanciamento stati-


co del sistema; per determinare anche quello dinamico è necessario intro-
durre opportuni contrappesi che, per semplicità costruttiva e motivi di
leggerezza, possono essere limitati come rappresentato, pur conservando la
propria funzionalità; in tal modo però non risulteranno bilanciati i singoli
cilindri.
h) Motore a quattro cilindri e a quattro tempi:

z=4 1' =4 => 9 = 180° = n rad

Sono possibili due differenti configurazioni: la prima (Figura 3.23) assicura


il solo bilanciamento statico ed è perciò inutilizzata in pratica; la seconda
(Figura 3.24) è autobilanciata invece dinamicamente, senza ricorrere a con-
trappesi; si tratta della disposizione più in uso in campo automobilistico
(nota come «quattro cilindri in linea»!), che consente poi il bilanciamento
delle forze d'inerzia del primo ordine, sia statico che dinamico, ad opera
ancora di masse centrifughe applicate a ogni cilindro sul prolungamento
della maschette; è bene notare come l'introduzione di contrappesi, se ha
3.2. ALBERIA GOMITO 79

liL.L./ liL.L./ liL.L./ liL.L./ liL.L./


l7TT7 l7TT7 l7TT7 l7TT7 l7TT7

Figura 3.23.

'~ Fc ,, Fc

liL.L./ liL.L./ liL.L./ liL.L./ liL.L./


-l7TT7 l7TT7
~

l7TT7 l7TT7 l7TT7

'f -
Fc Fc
Figura 3.24.

l'effetto di evitare l'affaticamento dei perni di banco, procura però un


appesantimento della struttura e una sua complicazione costruttiva non
indifferente: sarà cura del costruttore valutare la soluzione intermedia più
affidabile e funzionale del caso; per quanto riguarda infine le forze alterne
d'inerzia del secondo ordine queste costituiscono quattro forze di uguale
intensità e concordi pari a:

m2 r
Flii = m--·
I
COS20I'.
µ
m2 r
= m;-· cos2(0I'.+ n)
µ
80 3. ALBERIE MANOVELLE

cos 2a = cos 2(:n:+a)

Figura 3.25.

(Figura 3.25) ovvero un sistema a forza risultante diversa da zero (causa


perciò di vibrazioni), ma a momento risultante nullo!
i) Motore a cinque cilindri e a quattro tempi:

4
z=5 -r=4 ==>9 = 144° = -nrad
5

Prevede una caratteristica disposizione «stellare» (Figura 3.26) che consen-


te di ottenere in ogni caso il bilanciamento statico; per realizzare anche
quello dinamico è necessario introdurre contrappesi.

CD

Figura 3.26.

1) Motore a sei cilindri e a quattro tempi:


2
z=6 T =4 ==>9 = 120° = -n rad
3
3.2. ALBERIA GOMITO 81
@

b)
Figura 3.27.

(Figura 3.27) la disposizione rispecchia quella dell'analogo motore a tre


cilindri e quattro tempi, semplicemente «raddoppiata» specularmente; si
tratta di un sistema perfettamente equilibrato, staticamente e dinamica-
mente, sia per quanto riguarda forze centrifughe che forze alterne d'inerzia
del primo ordine e, si dimostra, anche del secondo ordine!

3.3. Alberi ad asse rettilineo

Sono impiegati per la trasmissione di momenti torcenti; hanno la caratteri-


stica di avere notevole lunghezza e quindi essere sostenuti da un elevato
numero di supporti; si tratta quindi di strutture iperstatiche soggette pre-
valentemente a torsione. Ne segue il progetto a flessotorsione basato sulla
limitazione degli sforzi (o):

aid= Jai + 3-ri


f t
:::;aadm
= M1id =
W1.
JM} + 3/4M; d= 3 ~3/4M
32 ylVJJ-t- 2
t
=> (34)
naadm
!!:_d3
32
82 3. ALBERIE MANOVELLE

può non essere efficace: l'albero si può rompere non per il superamento
delle tensioni critiche interne, bensì per le eccessive deformazioni di torsio-
ne a cui è soggetto, data la notevole lunghezza. È necessario verificare (o
imporre) perciò che tali deformazioni siano contenute entro limiti tollera-
bili: ciò è realizzato limitando gli angoli di torsione a un quarto di grado
per metro di lunghezza; in formula analitica:

9 re re Mt Mt
I = 0,250/m = 720 rad/m = 720 000 rad/mm = G. lp =
G· ~d 4
32

4
d= 32· 720000· M 1
(35)
rc2 · G

Caso per caso si valuterà la condizione pm restnttlva per esegmre il


corretto dimensionamento dell'organo meccanico.

3.4. Equilibratura degli alberi a gomito

3.4.1. Necessità dell'equilibratura

Gli alberi a gomito sono organi rotanti destinati a funzionare a velocità


spesso assai elevate e pertanto è indispensabile equilibrarli se si vuole che
la macchina, motore, compressore o pompa nel quale sono montati, fun-
zioni regolarmente senza produrre vibrazioni dannose o fastidiose.
Nel passato, talvolta anche in ambienti tecnicamente qualificati, l'equili-
bratura degli alberi a gomito è stata trascurata in base alla considerazione
che nelle macchine alternative la presenza di forze libere dovute alle masse
dotate di moto alterno fosse causa di vibrazioni più o meno forti.
Questa convinzione è però ormai superata e tutti i costruttori e gran parte
delle officine di riparazione e rettifica si preoccupano di equilibrare questi
importantissimi organi delle macchine alternative.
Con particolare riguardo ai motori il motivo che ha portato a dare
importanza all'equilibratura degli alberi a gomito è costituito dal notevo-
lissimo miglioramento che si è potuto ottenere grazie a essa nella marcia:
una minore rumorosità, una più lunga durata dei cuscinetti che vengono
a essere meno sollecitati, un aumento di rendimento e un incremento
notevole delle velocità di regime.
Gli elevatissimi regimi divenuti ormai normali anche nelle autovetture
3.4. EQUILIBRATURA
DEGLIALBERIA GOMITO 83
strettamente di serie non sarebbero stati raggiunti senza il contributo di
una buona equilibratura dinamica dell'albero a gomito.
I risultati pratici ottenuti hanno pertanto dimostrato che le obiezioni di
quelli che ritenevano di scarsa importanza le vibrazioni dovute agli squili-
bri degli alberi nei confronti di quelle generate dalle forze alterne e quindi
ritenevano superflua l'equilibratura erano infondate.
È evidente che l'equilibratura dell'albero riveste un'importanza maggiore
e deve pertanto essere eseguita con maggiore precisione nei motori plurici-
lindrici (a cominciare dal quattro e ancor più dal sei cilindri) nei quali
essendo bilanciate le forze alterne del primo e anche di ordini superiori, le
forze libere hanno una entità minore.
Ciò peraltro non esclude che anche per motori a uno o due cilindri
(esempio più noto il motore della Fiat Nuova 500) siano ormai tutti
concordi sulla necessità di effettuare una buona equilibratura.
La necessità di equilibrare gli alberi è confermata anche per gli alberi di
motori usati che hanno subìto una rettifica dei perni per eliminare le
ovalizzazioni prodotte dall'usura: nell'operazione di rettifica infatti si ha
generalmente uno spostamento tra il nuovo asse e l'asse originario che
è causa di squilibri anche molto rilevanti.
È per questo che la maggior parte delle moderne officine di rettifica
motori si è ormai attrezzata con una equilibratrice dinamica.
Sul fatto che l'equilibratura debba essere dinamica e non statica non è il
caso di soffermarsi quando si consideri la notevole dimensione che hanno
generalmente gli alberi nel senso assiale.

3.4.2. Considerazioni sulla forma geometrica


degli alberi a gomito

Premessa la necessità di procedere all'equilibratura prendiamo in conside-


razione la forma geometrica particolare dell'albero a gomiti.
Essa si presenta molto complessa: perni di banco, manovelle e contrappesi
sono disposti in modo che anche in caso di accurata lavorazione meccani-
ca di tutte le superfici, la distribuzione delle messe in pratica non fa mai
coincidere l'asse principale di inerzia con l'asse di rotazione.
Questi due assi si discosteranno l'uno dall'altro tanto più quanto minore
sarà stata la precisione della lavorazione delle superfici (perni, manovelle,
ecc.) e l'omogeneità del materiale.
Ne risultano pertanto squilibri capaci di generare forze libere rotanti che
possono essere veramente intense quando la velocità di rotazione è elevata
e tali da provocare una rapida usura del motore.
L'equilibratura dell'albero a gomito, oltre ad assicurare le condizioni di un
regolare funzionamento del motore, può anche, in sede di costruzione, far
risparmiare costose lavorazioni di finitura meccanica delle superfici. Quan-
84 3. ALBERIE MANOVELLE

do sia stato provveduto infatti a una perfetta finitura dei perni di banco
e di manovella l'operazione di equilibratura permette di lasciare grezze
o semilavorate le superfici delle maschette perché l'eccedenza di materiale
di alcune maschette nei confronti delle altre viene compensata con le
correlazioni eseguite nell'operazione di equilibratura.
La particolare distribuzione delle masse nell'albero a gomito a causa della
forma geometrica determina, in particolare negli alberi con molte manovel-
le, momenti interni che sono fra di loro bilanciati ma che sollecitano
a flessione l'albero stesso, tanto più quanto più elevata è la velocità di
rotazione.
L'albero è però generalmente sopportato nel suo basamento da un certo
numero di supporti che impediscono che si verifichi l'inflessione a causa di
questi momenti interni. Questa caratteristica degli alberi a gomito richiede
però particolari accorgimenti per le operazioni di equilibratura sulle mac-
chine equilibratrici che vengono più oltre precisati.

3.4.3. Principi informatM per l'equilibratura degli alberi a gomito

Caratteristiche dell'equilibratice

Dato che si tratta di corpi che si deformano sotto l'effetto della velocità,
se non sono costretti a mantenere il loro asse da uno o più supporti
intermedi oltre a quelli estremi, come avviene nel basamento della macchi-
na in cui lavorano, quando si esegue l'equilibratura appoggiandoli su due
soli supporti dell'equilibratrice, l'equilibratura deve essere fatta alla veloci-
tà più bassa possibile, cioè a una velocità alla quale le deformazioni
dovute ai momenti interni siano praticamente trascurabili.
In generale la velocità dovrà essere inferiore di almeno il 30% rispetto alla
prima critica flessionale, ma una velocità dell'equilibratrice ancora più
bassa consente di ottenere, sulle moderne macchine molto sensibili anche
a bassi giri una maggiore precisione dell'equilibratura.
Solo a velocità molto bassa l'albero si comporta infatti come se fosse
rigido e cioè alla stessa stregua di ciò che avviene sotto la costrizione dei
vari supporti del basamento.
Negli alberi di notevole lunghezza e flessibilità può assumere importanza
un altro fenomeno e cioè quello della inflessione per effetto del peso; la
linea elastica deformata per effetto del peso purtroppo non si mantiene
costante quando l'albero viene fatto ruotare lentamente e ciò per la diversa
rigidità che l'albero ha in corrispondenza di differenti piani assiali.
Questo fenomeno può produrre, anche nel caso che si operi a bassa
velocità, oscillazioni irregolari che rendono difficile o addirittura impossi-
bìle la ricerca degli squilibri dell'albero.
3.4. EQUILIBRATURA
DEGLIALBERIA GOMITO 85
Si può però spesso diminuire l'effetto dell'inflessione, sopportando l'albero
in corrispondenza di due perni di banco intermedi anziché in corrispon-
denza dei perni estremi.
Per sopportare l'albero in corrispondenza di due perni di banco intermedi
è necessario che l'equilibratrice abbia supporti così stretti che le manovelle
adiacenti non abbiano a interferire con essi durante la rotazione.
Una equilibratrice per alberi a gomito deve avere quindi, oltre a una velocità
minima molto bassa, anche supporti con ingrombro minimo nella direzione
assiale.
Per alberi eccezionalmente lunghi (per esempio l'albero di un motore a 16
cilindri a V) non è possibile generalmente ottenere buoni risultati con due
soli supporti. In questi casi si può ricorrere a un terzo supporto oscillante
intermedio che ha la funzione di semplice sostegno.
La soluzione tecnicamente più valida in questi casi è però quella di
appoggiare l'albero su di una speciale culla rigida, che avrà tre (o anche
più) supporti, che a sua volta sarà sostenuta dai supporti dell'equilibratrice
tramite un organo intermedio che assicuri la perfetta libertà di oscillazione
sotto l'effetto degli squilibri dinamici.
Con questa soluzione l'albero si viene a trovare in una condizione uguale
a quella in cui si trova nel basamento e non può deformarsi sotto l'effetto
della velocità di rotazione.
Le correzioni degli squilibri vengono fatte in corrispondenza dei contrap-
pesi delle manovelle quando esistono o sulle manovelle, facendo attenzione
che esse non debbano pregiudicare la resistenza dell'albero.
Per squilibri non molto elevati si eseguono asportazioni di materiale (per lo
più mediante foratura) sulle manovelle più prossime alle estremità
dell'albero. Quando la posizione angolare dello squilibrio indicata dalla
macchina equilibratrice non corrisponde alla posizione angolare della mano-
velle estreme si deve necessariamente passare alle manovelle intermedie.
Spesso la posizione angolare degli squilibri e quella delle manovelle obbliga-
no a correggere gli squilibri ripartendo la correzione su diverse manovelle.
Se lo squilibrio è prevalentemente statico (cioè la macchina equilibratrice
indica una medesima posizione angolare sui due supporti) ed è molto
forte, compatibilmente con la posizione delle manovelle si cercherà di
ripartire le correzioni su tutta la lunghezza dell'albero.
Per squilibri prevalentemente dinamici si devono invece cercare due posi-
zioni assiali le più lontane possibili fra di loro. Con questo accorgimento le
entità delle correzioni risultano le minime possibili.
Le moderne macchine equilibratrici sono in grado generalmente di effet-
tuare la decomposizione dello squilibrio secondo due direzioni prestabilite,
ciò agevola l'operazione di ripartire le correzioni fra manovelle adiacenti
quando lo squilibrio capita in una posizione angolare intermedia in cui
non si trova nessuna manovella.
86 3. ALBERIE MANOVELLE

3.4.4. Preparazione dell'equilibratrice per l'equilibratura


degli alberi a gomito. Procedimento statico-dinamico

Le moderne equilibratrici dinamiche hanno tutte il dispositivo elettrico che


permette di separare i piani di correzione e di tarare lo strumento indicato-
re dello squilibrio nell'unità di misura desiderata (generalmente la profon-
dità di foro).
Nel caso dell'equilibratura di lunghi alberi a gomito il dispositivo può
essere utilizzato per la separazione dello squilibrio statico dallo squilibrio
dinamico. Questa suddivisione torna spesso utile, scegliendo opportuna-
mente il piano di correzione dello squilibrio statico, per portare lo squili-
brio dinamico in una posizione angolare che coincida con le zone obbliga-
te di correzione dell'albero (in genere i contrappesi).
Una volta definito il piano di correzione dello squilibrio statico la corre-
zione può poi essere suddivisa in due o più piani paralleli, facendo .in
modo che il baricentro della correzione statica completa coincida con il
piano prescelto.

3.4.5. Principi teorici dei manovellismi

Per avere una chiara idea sui problemi inerenti all'equilibratura degli alberi
a gomito è necessario fare i seguenti richiami teorici.

A) Manovellismo semplice

Si consideri un albero a un solo gomito m cm sia / la lunghezza della


biella, r il raggio della manovella, n il numero di giri, w = nn la velocità
30
angolare dell'albero e t il tempo misurato a partire dall'istante in cui il
pistone si trova nel punto morto superiore.
Inoltre sia:
ma1t = somma della masse a moto rettilineo (pistone completo e la parte
della biella da considerarsi dotata di moto rettilineo);
mro1 = somma delle masse a moto rotatorio (manovella e relativo perno,
e la parte della biella da considerarsi dotata di moto rotatorio).

L'albero completo di biella e pistone è soggetto durante il movimento alle


seguenti forze.

I. Forza centrifuga con direzione radiale F 1 dovuta alle masse dotate di


moto rotatorio, avente il valore F 1 = mro1 rw 2 •
3.4. EQUILIBRATURA
DEGLIALBERIA GOMITO 87
2. Forza d'inerzia F2 dovuta alle masse dotate di moto rettilineo al-
ternato, agente in direzione assiale, che vale m ogm istante:
F2 = ma11rco2 cos (cot).
3. Forza rotante F 3 dovuta agli squilibri dell'albero.
Gli squilibri dell'albero possono dipendere da errati valori dei contrappesi,
da disuniformità del materiale, dalle manovelle che non sono state lavorate
sulle loro superfici, da una lavorazione dei perni che ha causato una
eccentricità del baricentro della massa rispetto all'asse. dei perni stessi
(nelle operazioni di rettifica).
Se p è lo squilibrio riferito all'asse del bottone di manovella, si ha:
F 3 = p· r· co2 .
4. Forza d'inerzia F 4 in direzione assiale, agente contemporaneamente alla
F2 ma con frequenza doppia del numero di giri, vale in ogni istante:
r2
F 4 = ma111co2 cos(2cot).
Esistono poi ancora forze di inerzia con frequenza superiore, ma esse sono
generalmente piccole e quindi trascurate nello studio del manovellismo.
5. Momenti attorno all'asse di rotazione, provocati dall'inerzia delle masse
in moto alternato e momenti prodotti dalla pressione del fluido contenuto
nei cilindri e agente sui pistoni.
L'analisi di questi momenti e delle masse serve per il calcolo della torsione
dell'albero nonché delle sue vibrazioni torsionali: si tratta di argomento che
non riguarda l'equilibratura dell'albero e quindi non viene preso in esame.

La forza, F 1 viene annullata con adeguati contrappesi sull'albero a gomito.


La forza F2 viene compensata in una misura percentuale che può variare di
caso in caso e che viene stabilita dal progettista. La compensazione viene fatta
maggiorando la massa dei contrappesi previsti per bilanciare la forza F 1 .
La forza F 4 , avendo frequenza doppia del numero dei giri, non può venire eli-
minata con una massa aggiuntiva che, necessariamente, ruoterebbe allo stesso
numero di giri dell'albero. Il progettista può solo cercare di ridurre questa
forza, causa di vibrazioni, riducendo al minimo le masse con moto alternativo
e il rapporto r/l (cioè facendo r più piccolo e I più grande possibile).
La forza F 3 viene eliminata procedendo all'equilibratura dell'albero su di
una macchina equilibratrice che fornisce il valore e la posizione angolare
della correzione da apportare.

B) Manovellismi di macchine a più cilindri

Si possono considerare come la combinazione di più manovellismi semplici.


Per quanto riguarda le forze F 1 a seconda del numero dei cilindri, una
opportuna disposizione delle varie manovelle e dei cilindri consente di
88 3. ALBERIE MANOVELLE

annullare le forze stesse ed eventualmente anche i momenti che esse gene-


rano in quanto si trovano ad agire in piani diversi.
ll progettista può talvolta prevedere i contrappesi sulle singole manovelle,
anche nel caso che in linea teorica non fossero necessari (ad esempio
nell'albero di un motore a sei cilindri in linea) allo scopo di annullare
i momenti interni che, pur essendo bilanciati fra loro, potrebbero provoca-
re inflessioni dell'albero sotto l'effetto della velocità.
Anche le forze F2 e F 4 , e i momenti che esse generano, possono essere
eliminate con un'opportuna disposizione delle manovelle e dei cilindri
secondo gli schemi classici noti.
In conclusione compete al progettista segnare l'albero in modo da ridurre
e quando possibile annullare le forze sopraddette e i momenti da esse
generati.
Le forze F 3 devono essere eliminate invece mediante l'equilibratura che,
necessariamente, deve essere fatta con un'equilibratrice dinamica, con cor-
rezione su due (o talora anche più di due) piani.

3.4.6. Ricerca delle condizioni ottime di bilanciamento


per il manovellismo monocilindrico

È stato accennato che l'equilibratura completa dell'albero a gomito delle


macchine monocilindriche non è realizzabile e che si può solo cercare la
condizione «ottima» di compromesso per le vibrazioni nelle diverse dire-
zioni radiali, ossia la condizione corrispondente al minimo disturbo.
Si è chiarito infatti che la forza d'inerzia F 4 , che ruota con una frequenza
doppia rispetto alla velocità di rotazione, non può venire equilibrata
usando un contrappeso che, necessariamente, ruota allo stesso numero di
giri dell'albero.
Il bilanciamento della forza F 1 dovuta alle masse rotanti mro1, che ha un
valore costante, è ottenuto con un contrappeso opposto al perno di mano-
vella che è capace di generare una forza centrifuga - mro1 • r · w 2 •

A) Bilanciamento totale della forza alterna F 2

La forza alterna F 2 ha una valore che varia continuamente durante la


rotazione dell'albero fra un massimo positivo e uno negativo sempre
secondo la direzione dell'asse del cilindro.
Ricordiamo che la forza alterna F2 ha l'entità:

Essa può essere immaginata come la proiezione secondo la direzione


3.4. EQUILIBRATURA
DEGLIALBERIA GOMITO 89
dell'asse del cilindro del vettore di una forza rotante di entità costante pari
a malt. r. Cù2 •
È facile comprendere come con un contrappeso sull'albero, opposto al
perno di manovella (in aggiunta a quello che bilancia la forza rotante F 1),
si possa generare una forza centrifuga di direzione opposta - ma1t · r · co2 ,
la proiezione del vettore sulla direzione dell'asse del cilindro sarà in ogni
momento uguale e opposta alla forza F2 •
È però evidente che l'altra componente di questa forza rotante
- ma1t · r · ·co2 secondo la direzione ortogonale all'asse del cilindro, è una
forza libera cioè non è bilanciata da alcuna forza perché la forza di inerzia
F2 ha la sua direzione secondo l'asse del cilindro.
L'effetto del contrappeso che genera la forza centrifuga - ma1t · r · co2
è perciò quello di annullare in ogni momento la forza alterna F2 ma di far
nascere una forza alterna libera secondo la direzione ortogonale all'asse
del cilindro di entità variabile di istante in istante e pari a quella della
forza F2 annullata.
In definitiva con il contrappeso sopraddetto si è soltanto ottenuto un
cambiamento della direzione della forza alterna libera, che è causa di
vibrazioni del manovellismo.

B) Bilanciamento parziale di compromesso del 50% della forza alterna F 2

Consideriamo quello che si verifica se invece di applicare un contrappeso


opposto al perno di manovella che genera una forza centrifuga
- ma1t · r · w 2 (oltre naturalmente a quello che bilancia la forza rotante
F 1 ), si applica un contrappeso dimezzato, capace di generare una forza
. .l 2
pan a 2 malt · r · Cù •
Si ottiene in questo modo il bilanciamento del 50% della forza alterna F 2
e la forza libera massima ortogonale all'asse del cilindro avrà un valore
. F
pan ai
È facile dimostrare che componendo la forza alterna così dimezzata con
quella ortogonale all'asse del cilindro prodotta dal contrappeso si ha una
forza libera rotante di entità costante e di valore pari a f.
3.4.7. Comportamento della macchina alternativa monocilindrica
con diversi gradi di bilanciamento della forza alterna F2 .
Indicazioni per l'equilibratura dell'albero a gomiti

Metodo per determinare il peso della massa rotante e della massa alterna
della biella

Si appoggia su un piatto di una bilancia la biella dalla parte della testa


90 3. ALBERIE MANOVELLE

e dell'altra parte si infila un tondino nel foro del cuscinetto di piede. Con
il tondino si sostiene il piede in modo che la biella si disponga orizzontal-
mente. Il peso che si legge sulla bilancia è quello della parte della biella
dotata di moto rotatorio.
Questo peso è sovente di circa due terzi il peso totale della biella.
Per avere un'indicazione precisa sarà opportuno interporre fra il piatto
della bilancia e la testa della biella un tassello di appoggio molto stretto
che dovrà essere disposto verticalmente al di sotto dell'asse del cuscinetto
della testa stessa.
Analogamente può essere fatta la misura del peso della massa alterna del
piede di biella, appoggiando questo sul piatto della bilancia, mentre la
testa è sostenuta a mezzo di un tondino infilato nel cuscinetto.
Riepilogando si possono considerare i seguenti casi base.

I° caso - Bilanciamento della sola forza rotante F 1

A mezzo di un doppio contrappeso si annulla la forza centrifuga F 1


dovuta alle masse dotate di moto rotatorio, inalterata restando la forza
F 2 , avente una direzione assiale, dovuta alle masse a moto alternato
rettilineo.
La macchina presenterà vibrazioni secondo la direzione assiale del cilindro,
mentre sarà stabile nella direzione ortogonale all'asse del cilindro.
Questo bilanciamento delle sole masse rotanti andrà bene per una macchi-
na avente una sospensione molto rigida nella direzione assiale del cilindro
e poco rigida nella direzione trasversale. L'equilibratura dell'albero a go-
mito, che annulla la forza F 3 , può essere ottenuta su di una normale
equilibratrice dinamica, applicando sul perno di manovella una bussola
compensatrice di peso uguale al peso della massa rotante (testa di biella).

2° caso - Bilanciamento delle forza rotante F 1 e bilanciamento totale della


forza alterna F 2 secondo la direzione dell'asse del cilindro

La forza d'inerzia F 2 viene annullata (assieme alla forza F 1 ) montando dal


lato opposto al perno di manovella un doppio contrappeso che genera una
forza centrifuga pari a - (m, 01 • r · w 2 + malt · r · w 2 ).
Come precedentemente è stato spiegato mentre vengono eliminate tutte le
forze libere secondo la direzione dell'asse del cilindro nasce una forza
alterna secondo la direzione ortogonale ad esso F~ di valore massimo
pari a quello della forza F 2 eliminata, il cui valore istantaneo è
F~ = malt · r · w 2 sen (wt).
Questo bilanciamento andrà bene pertanto per una macchina avente una
sospensione molto rigida secondo la direzione ortogonale dell'asse del
cilindro e poco rigida secondo la direzione dell'asse del cilindro.
3.4. EQUILIBRATURA
DEGLIALBERIA GOMITO 91
L'equilibratura dell'albero a gomito può essere fatta su di una normale
equilibratrice dinamica, montando sul perno di· manovella una bussola
compensatrice di peso pari alla somma della massa rotante (testa di biella)
e della massa alterna (piede di biella e pistone completo di spinotto e fasce
elastiche).

3° caso - Bilanciamento della forza rotante F 1 e bilanciamento del 50% della


forza alterna F 2 secondo la direzione dell'asse del cilindro

Viene ottenuto montando dal lato opposto al perno di manovella un doppio


contrappeso che genera una forza pari a - (mro1 • r · w 2 + ½mali · r · w 2 ).
È stato precedentemente chiarito che rimane una forza libera rotante di
entità costante pari a - ½mali · r · w 2 , che produce vibrazioni in tutte le
direzioni, ma di entità ridotta al minimo. Questo bilanciamento è valido
quando la rigidità della sospensione della macchina è uguale sia nella
direzione dell'asse del cilindro sia nella direzione a questo ortogonale.
Questo caso spesso si avvicina alle condizioni optimum agli effetti della
vibrazione della macchina.
L'equilibratura dell'albero a gomito può essere fatta su di una normale
equilibratrice dinamica, montando sul perno di manovella una bussola
compensatrice di peso pari alla somma della massa rotante (testa di biella)
e della metà della massa alterna (½piede di biella e ½pistone completo di
spinotto e fasce elastiche).
In pratica, in dipendenza della diversa rigidità del fissaggio, della sospen-
sione e anche della struttura stessa della macchina, l'optimum può corri-
spondere a una diversa percentuale di bilanciamento della forza alterna
Fz.
Nel caso di macchine veloci si è constatato che un compromesso che s1
scosti del 5% da quello ottimo dà già disturbi sensibili.

3.4.8. Equilibratrici speciali per l'equilibratura


del manovellismo completo

Per poter agevolmente e con precisione determinare la condizione «otti~


ma» e procedere all'equilibratura degli alberi a un sol gomito, si possono
usare equilibratrici speciali (Figura 3.28), caratterizzate dal fatto di portare
montati oltre all'albero anche la biella e il pistone completo di spinotto
e segmenti elastici scorrevole in un cilindro fittizio. Questo gruppo viene
montato su un telaio oscillante, che può ruotare di 90° e venir fissato in
qualsiasi posizione angolare. È facile in tal modo misurare le vibrazioni in
tutte le direzioni e tracciare il diagramma polare delle vibrazioni e quindi
degli squilibri, che di solito si presenta ellittico (Figura 3.28).
92 3. ALBERIE MANOVELLE

/
I

direzione assiale

<1.l
i:= <1.l
o-
·- c<j
N
<1.l·-Cll
... Cll
:.a~

,,
direzione / '
'
vibrometro ---------------- --~--------
trasversale
I '
I

'' /

Figura 3.28. Schemi di manovellismo monocilindrico

Nei casi più frequenti in cui le rigidità della incastellatura sulla quale la
macchina deve essere fissata è uguale in tutte le direzioni, la condizione «ot-
tima» si ottiene riducendo a circolare il diagramma polare ellittico, cioè fa-
cendo in modo che le vibrazioni siano in tutte le direzioni uguali e minime.
Se si conosce invece il diagramma polare della rigidità della incastellatura
destinata a portare la macchina e questo non fosse circolare, risulta ancora
determinabile con sicurezza la condizione «ottima» di equilibratura, che
sarà rappresentata da un diagramma polare ellittico con gli assi proporzio-
nali agli assi del diagramma ellittico della rigidità.
3.4. EQUILIBRATURA
DEGLIALBERIA GOMITO 93
Notiamo che se la frequenza propria di vibrazione della incastellatura di
sostegno della macchina (motore, compressore, pompa, ecc.) è prossima ai
giri di funzionamento, anche con l'equilibratura «ottima» non si ha un
servizio sufficientemente tranquillo. In questo caso occorre modificare
l'incastellatura, allo scopo di irrigidirla. Con modifiche talvolta minime si
ottengono ottimi risultati.
L'equilibratrice speciale con attrezzatura per la prova del manovellismo
completo è quindi un utilissimo strumento per la messa a punto di un
prototipo; essa però può anche essere utilizzata per equilibrare gli alberi in
lavori di piccole serie nelle quali si vuole ottenere un'elevata precisione (ad
esempio elaborazione di motori spinti per competizione).
Facendo le correzioni su ciascun albero, provato assieme alla biella e al
pistone completo, si possono compensare oltre agli squilibri dell'albero
stesso (che se non ha tutte le superfici lavorate sono in genere rilevanti)
anche le piccole differenze di peso del pistone e della biella rispetto al
valore nominale.
In generale però per la produzione di grande serie, dopo aver messo
a punto il manovellismo prototipo con l'equilibratrice speciale si preferisce,
perché molto più rapido, equilibrare separatamente gli alberi su di una
normale equilibratrice dinamica, montando sul perno di manovella una
bussola compensatrice il cui peso deve essere tale da bilanciare l'albero del
prototipo già messo a punto.
Il peso della bussola compensatrice può essere determinato nei tre casi
base sopra descritti anche mediante un accurato calcolo, eventualmente
partendo dai dati dei pesi effettivamente misurati del pistone, del piede
e della testa di biella.
Quando nel lavoro di serie gli alberi a gomito vengono equilibrati separa-
tamente dalle altre parti del manovellismo, su di una normale equilibratri-
ce dinamica, occorre provvedere a pesare accuratamente le altre parti
(pistone, testa e piede di biella) provvedendo a correggere le differenze che
si trovassero nei confronti dei valori esatti previsti dal progettista.
Infatti anche con un albero perfettamente bilanciato si possono avere
vibrazioni anormali nella macchina quando detti pesi non sono esatti.

3.4.9. Esempio di bilanciatura di un manovellismo monocilindrico

Motocicletta 190 cc

Albero monocilindrico: massa della biella 153 g (86 g lato bottone + 67


lato spinotto)
Raggio del bottone di manovella r = 30 mm
Massa del pistone (più spinotto) 209 g
Massa dell'albero a gomito 1 405 g
94 3. ALBERIE MANOVELLE

La casa costruttrice dell'albero lamenta vibrazioni e si decide di studiarlo


su una equilibratrice speciale per manovellismi monocilindrici. Si trova che
per l'equilibratura della forza centrifuga F 1 si dovrebbe aggiungere dalla
parte del bottone di manovella una massa di 24 g, riferita al raggio di
manovella r = 30 mm.
Per l'equilibratura nella direzione assiale del cilindro, lasciando la massa di
24 g necessaria per l'equilibratura delle masse a moto rotatorio, si trova
che si dovrebbe aggiungere dalla parte del contrappeso (opposta al bottone
di manovella) una massa di 276 g.
In base alla condizione ottima del 50% occorrerebbe pertanto aggiungere
276: 2 = 138 g. Togliendo i 24 g di cui sopra a 180° basta aggiungere dalla
parte del contrappeso 138 - 24 = 114 g.
Questa correzione, che diede all'atto pratico ottimo risultato, è di valo-
re elevato (quasi 8% del peso dell'albero!) e ha dimostrato la prati-
cità dell'equilibratrice speciale per dimensionare esattamente i contrap-
pesi.

3.4.1O. Alberi a due gomiti per cilindro

Le forze centrifughe F 1 delle masse a moto rotatorio e quelle alterne F2


a moto rettilineo relative ai due bottoni di manovella, sfasate di 180°, sono
in ogni istante uguali e contrarie, ma non si ha l'autocompensazione delle
stesse perché giacciono su piani diversi. Ne nasce una coppia, di valore
variabile durante ogni giro che provoca una vibrazione a doppio ventaglio,
con nodo nel punto intermedio fra le due manovelle.
Anche in questo caso ci si deve limitare a una soluzione di compromesso
e vale quanto detto per l'albero a un sol gomito.
Si bilanciano cioè interamente le forze rotanti F 1 mediante contrappesi,
che vengono poi aumentati per bilanciare anche una certa percentuale delle
forze alterne F2 (generalmente prossime al 50%).
Le forze F 4 con frequenze doppie rispetto alla velocità di rotazione
dell'albero rimangono libere anche in questo caso, generando un momento
che fa vibrare a doppio ventaglio la macchina, con frequenza doppia
rispetto alla velocità.
Nel caso in cui l'albero a due gomiti sia provvisto di contrappesi che
devono realizzare il compromesso al 50% della bilanciatura delle forze
alterne F2 , si può eseguire l'equilibratura su una normale equilibratrice
montando su ciascun bottone di manovella una bussola avente peso come
calcolato per il compromesso del 50% per l'albero monocilindrico.
Nel caso che le due manovelle non siano sfasate di 180° ma si trovino
dalla stessa parte, l'albero a due gomiti si comporta esattamente come un
albero a un sol gomito e pertanto valgono i criteri di equilibratura esposti
nel paragrafo precedente.
3.4. EQUILIBRATURA
DEGLIALBERIA GOMITO 95
3.4.11. Alberi a uno e a più gomiti.
Prescrizioni per l'equilibratura dell'albero singolo

Dal punto di vista dell'equilibratura si possono distinguere due categorie


di alberi a gomito: quella in cui la forma geometrica ha l'asse principale di
inerzia coincidente con l'asse di rotazione dei perni di banco e quella in cui
non si ha questa coincidenza dei due assi.
Gli alberi appartenenti alla prima categoria possono essere equilibrati su di
una normale equilibratrice dinamica come comuni rotanti, mentre quelli
che appartengono alla seconda categoria richiedono per l'equilibratura
l'applicazione sui perni di manovella di bussole aventi un peso ben deter-
minato.
La possibilità di rendere anche gli alberi della seconda categoria equilibra-
bili di per se stessi come quelli della prima offre grandi vantaggi partico-
larmente nella lavorazione di serie, perché il tempo di equilibratura è ri-
dotto al minimo.
Anche nel lavoro non di serie il vantaggio di poter usare una normale
equilibratrice senza ricorrere all'acquisto delle costose macchine speciali
per manovellismi completi è molto importante.
Con l'equilibratura pertanto si possono compensare la disuniformità delle
forme effettive e la mancanza di omogeneità del materiale lasciando anche
grezze molte superfici dell'albero, la lavorazione delle quali porterebbe
a un notevole aggravio di costo.
Elenchiamo nelle due tabelle che seguono i tipi di alberi a gomito più
diffusi nella costruzione della macchine alternative.

Tabella 3.1 Disposizioni manovelle e ordine di accensione dei motori a 4 tempi più usati.

n• Ordinedi r
Disposizione 9= 180·-
cilindri accensione
z

IG)W®I 3 in linea 1-3-2 240°

1-4

CD
2-3
4 in linea 1-3-4-2 180°

orizzontali
[Iilll 4 contrapposti 1-3-2-4 180°
lHliJ (boxer)

(segue)
96 3. ALBERIE MANOVELLE

Tabella 3.1. (continua).

n• Ordinedi r
Disposizione .9= 180--
cilindri accensione
z

lw@®@G)I -i/~ 4çlz2


1 5
5 in linea 1-2-4-5-3 144°

lw@®@G)@I 6 in linea 1-5-3-6-2-4 120°

1
@©® 6,(1\2
6 aVdi60° 1-4-3-6-5-2
Q)@G) 5'(1::/3 120°
4

1-8
lw@®@G)@G)@I 3-6EB4-5 8 in linea 1-6-2-5-8-3-
7-4 90°
2-7

1-5
Q)@®© 2-6EB3-7 8 aVdi90° 1-5-4-8-
7-2-6-3 90°
G)@G)@ 4-8

1-7
Q)@®©G)@ 6-12
12 aVdi60°
1-12-4-9-2-11
60°
G)@®@@@ 3-902-8
4-10 5-11
6-7-3-10-5-8

1-9 8-16
16 a V di 45° l-16-6-11-2-15-5-12
~
3-11EB4-12
6-14 5-13
Q)@@©G)@G)@ 2-107-15 8-9-3-14-
7-10-4-13
1-9 45°
®@@@@@@@ 16 aVdi90° l-15-2-16-4-14-3-l3
~/ 8-1~@7-15
2-10 3-11
. 6-144_125-13 l l-8-9-6-10-5-12-7
3.4. EQUILIBRATURA
DEGLIALBERIA GOMITO 97
Tabella 3.2 Alberi della 2• categoria che richiedono l'applicazione delle bussole (precisa-
zioni sui pesi delle bussole).

P = Pesodellebussoleper
Numero Angoli ciascunperno di manovella
delle fra le Disposizione Numero R = Pesomassarotante
manovelle successive dei cilindri dei ( di una testa di biella) Note
e schemi manovelle cilindri A = Pesomassaalterna
(di un cilindro)( •)

I compromessodel
1(F) P = R +-A(**) 50% per le forze
2 alterne

I compromessodel
2(G) 0-0 in linea 2 P= R +-A(**) 50% per le forze
2 alterne libere nel
p = R (**) piano dei cilindri
(es. FIAT Nuova
500)

I compromessodel
2(H) 0-180 in linea 2 P = R +-A(**) 50% per le forze
2 alterne

I (F) V 90° 2 P=2R+A

2(H) 0-180 V 90° 4 P=2R+A

4(/) 0-270-90-180 V 90° 8 P=2R+A

I compromessodel
P = R +-A(**) 50% per le forze
2 alterne
3 (L) 0-120-240 in linea 3
p = R (**) forze alterne libe-
re nel piano dei
cilindri

I compromessodel
P = R +-A(**) 50% per le forze
2 alterne
5(M) 0-72-144-216-288 in linea 5
p = R (**) forze alterne libe-
re nel piano dei
cilindri

8 (N) 0-270-90-180-135-225- V 90° 16 P=2R+A


45-315

Dipendente secondoprescrizionedel esempio vetture


4(0) V stretto 4 costruttore LANCIA
dall'angolodel V

(*) Il peso della massa alterna di un cilindro è il peso di: - piede di biella + pistone completo di
spinotto e di fasce elastiche.
(**) Il costruttore può stabilire le differenti percentuali per l'equilibratura delle forze alterne; in tali
casi per dimensionare le bussole è necessario interpellarlo.
98 3. ALBERIE MANOVELLE

3.5. Altre possibilità nel campo dell'equilibratura


degli alberi a gomito

Nella produzione in grandi serie di alberi a gomito, che vengono lavorati


solo sui perni, per ridurre il lavoro di equilibratura finale si può praticare
la trapanatura dei fori di centratura in posizione tale da assicurare che essi
vengano a trovarsi sull'asse principale di inerzia del pezzo grezzo. Lo squili-
brio viene così già in partenza ridotto al minimo e rapida diviene l'ope-
razione, sempre necessaria, di equilibratura finale.
La macchina per la «centratura equilibrata» è posta all'inizio del ciclo di
lavorazione del pezzo fucinato, mentre la macchina equilibratrice è l'ultima.
Per accelerare al massimo il lavoro di equilibratura sono stati realizzati
impianti costituiti da un 'equilibratrice combinata con un gruppo di trapani,
essendo le macchine collegate tra loro in modo .tale che i trapani vengano
comandati dall'equilibratrice stessa.
Sono previsti dispositivi supplementari per il trasporto automatico del
pezzo da equilibrare dal banco di equilibratura e quello del trapano
e viceversa.
La caratteristica tecnica più interessante di questi impianti è che l'equilibra-
trice misura gli squilibri degli alberi a gomito e registra i trapani sulla
profondità di foro necessaria per la compensazione.
Questi impianti, che rendono possibile un'automatizzazione assai spinta delle
operazioni di equilibratura, richiedono notevoli spese di installazione e di ma-
nutenzione e sono giustificati solo nei casi di grandissime produzioni di serie.
Il vantaggio della notevole riduzione dei tempi di equilibratura si accom-
pagna però a una precisione di equilibratura sensibilmente inferiore a quel-
la ottenibile con le equilibratrici dinamiche non automatiche.
Queste macchine assai complesse richiedono inoltre per la condotta perso-
nale altamente specializzato; una possibile avaria può renderle inutilizzabili
per un periodo di tempo molto lungo per il fatto che bisogna far interveni-
re tecnici ben preparati delle case costruttrici e può quindi causare danni
economici alla produzione assai rilevanti.
Un'ultima considerazione da fare è la seguente: quando si deve cambiare il
tipo di albero da equilibrare occorre cambiare costose attrezzature che
richiedono una laboriosa messa a punto.
Tutte le considerazioni sopraddette devono essere tenute presenti quando
si deve fare un esame completo sia dal punto di vista tecnico che economi-
co per decidere l'acquisto.

ESEMPIO: Bilanciamento di un motore a 3 cilindri in linea a 4 tempi


4
Angolo di sfasamento delle manovelle: 9 = 180- = 240°
3
NELCAMPO DELL'EQUILIBRATURA99
3.5. ALTREPOSSIBILITA

Figura 3.29.

L'albero ha le manovelle a 120° e normalmente quattro supporti. Ordine


di accensione: 1-3-2.
Normalmente questo tipo di albero viene bilanciato con due soli contrap-
pesi: A (anteriore) e P (posteriore).

Equilibramento

1. Forze centrifughe. Formano una stella regolare (poligono vettoriale


chiuso) e quindi sono equilibrate: E~ = O.
2. Forze alterne del primo ordine. Sono di conseguenza equilibrate (essendo
bilanciate appunto da opportune masse centrifughe, anch'esse formeranno
un poligono vettoriale chiuso; questo presupponendo però di contrappesa-
re ogni singolo cilindro): I:F~= O.
3. Coppie dovute alle forze centrifughe. L'albero non ammette un piano di
simmetria normale al proprio asse => non sono bilanciate le coppie; cioè:

I:Mc = (Fc · cos 30°) · a + (Fccos 30°) · a

e
J3
I:M=-F-2a=
2 e
J33a·F=f.0.e

per questo si introducono i contrappesi A e P.


100 3. ALBERIE MANOVELLE

4. Coppie dovute alle forze alterne del primo ordine. Essendo EMc =I O
segue = EM~ =I O. Nel caso dei 3 cilindri se 9 2 è un angolo qualsiasi
(posizione generica di studio!) della 2a manovella:

(F~2 non ha braccio rispetto all'asse mediano dell'albero, che coincide con
la propria retta d'azione!).
Quindi:

ed essendo 9 = 9 2 + 120° l'angolo della prima manovella:

5. Forze alterne del secondo ordine:

cilindro 1: a = 9 =cos2a = cos29


cilindro 2: a = 9 + 240° = cos 2a = cos (29 + 120°)
cilindro 3: a = 9 + 120°= cos 2a = cos (29 + 240°)

EF~ = maw2 rÀ [cos 29 + cos (29 + 120°) + cos (29 + 240°)] =

= maw2 rÀ[cos29 _ !cos29 -


2
j32 sen29 _ !cos29
· 2
+ j3 sen29] =0
2
(N.B.: 2 = µ- 1)

6. Coppie dovute alle forze alterne del secondo ordine.

= non si bilancia!
NELCAMPO DELL'EQUILIBRATURA101
3.5. ALTREPOSSIBILITA

Sviluppo dimostrazioni

a) punto 4:

'EM~ = maw 2 r · a· [ - cos (9 2 + 120°) + cos (9 2 - 120°)] =


= maw 2 r · a· [ - cos 9 2 cos 120° + sen 9 2 sen 120° +
+ cos 9 2 cos ( - 120°) - sen .92 sen ( - 120°)] =

=maw 2 r· a· [1
+~+ 1
2J3sen9 2 -~+ 2j3 sen9 2 ] =

= m w 2 r· a· J·
---sen9
J3 =
a J 2

= maw 2 r · a· J3sen(9 - 120°) (c.v.d.)

b) punto 5:

'EF~ = maw 2 rÀ · [cos29 + cos(29 + 120°) + cos(29 + 240°)] =


= maw 2 rÀ · [cos 29 + cos 29 cos 120° - sen 29 sen 120° +
+ cos 29 cos 240° - sen 29 sen 240°] =

=0 (c.v.d.)

izi - esercizi - esercizi - esercizi -

Esercizio3.2.
Dimensionare una manovella di estremità azionante una pompa a stantuf-
fo avente le seguenti caratteristiche:

- diametro del cilindro: · dint = 224 mm


- corsa dello stantuffo: e= 340 mm= 2r
- lunghezza della biella: h = 3 · r (mm); µ = 3
- pressione ( ~ costante!) di mandata del fluido: p = 3 daN/cm 2

Come materiale si può assumere un acciaio da bonifica (ad esemp10


C30 UNI 7845)
102 3. ALBERIE MANOVELLE

di = (2 + 2,5) d Li = (1 + 1,2) D
l = 1,3d Di= 2D
li = 1,5d Z 2 = 3,5d
b = (0,8 + 0,9) d Zi~(/+b):2= 1,ld
D' = D - (2 + lO)mm

1"~
'
D':
D

Figura 3.30.

Esercizio3.3.
Un motore a 4 tempi con 4 cilindri contrapposti (ordine di accensione
1-3-2-4) ha le seguenti caratteristiche:

r=40mm lb = 160 mm

massa dello stantuffo e degli altri elementi in moto alterno: ma = 0,450 kg,
rotazione dell'albero motore: n = 5 000 giri/min. Calcolare le Fl e Fl1 per il
ESERCIZI 103
primo e il secondo cilindro e, ridotto il sistema al baricentro dell'albero,
determinare la forza e la coppia risultanti.

CD..------. @)
'
'
'
'
'
LLLLJ ------
-------f---------LLLLJ
_________
;_______
_______
i_______
' '
._LLLLJ
__ _
w
fTTT7 ' fTTT7 fTTT7
'

70mm ! 90mm 70mm

Figura 3.31.

Indicazione per la risoluzione:


~ =0
M;=O

w
LLLLJ LLLLJ LLLLJ
fTTT7 fTTT7
fTTT7 1-4 2-3

Figura 3.32.
104 3. ALBERIE MANOVELLE

3.6. Vibrazioni

fenomeni vibratori accompagnano pressoché ogni manifestazione della


natura e dell'attività umana. Le radiazioni elettromagnetiche che nei vari
aspetti di onde radio, raggi calorici, luce, raggi ultravioletti, raggi X; ecc.
sono fenomeni vibratori così come lo sono le agitazioni molecolari che si
rilevano come calore, suoni e ultrasuoni, vibrazioni di organi meccanici,
terremoti, onde del mare.
Ma degli infiniti fenomeni vibratori noi considereremo solo quello delle
vibrazioni nelle macchine. Si tratta di un argomento importante e attuale
essendo ben noto come siano proprio le vibrazioni a porre sovente un
limite all'aumento della velocità, all'aumento della produzione e al suo
miglioramento.
Le vibrazioni sono la causa principale del logoramento dei vari organi,
provocando l'usura di cuscinetti, bronzine, giochi nelle chiavette, ecc. Esse
danno luogo, inoltre, a marcia non regolare e rumorosa, diminuzione del
rendimento e della durata; infine sono la causa prima delle frequenti
rotture a fatica di organi talvolta essenziali come alberi, giunti, palette di
turbina. Tipico è il caso della rottura di palette di turbina a vapore
provocata dalle vibrazioni dell'alternatore a essa accoppiato.
Le vibrazioni si trasmettono da una macchina all'altra attraverso i giuntì,
le placche di base comune e le solette di pavimenti. Spesso capita di
osservare un pezzo metallico, ad esempio un tubo o una lamina che si
mette a vibrare quando viene messa in funzione una macchina anche
lontana; si tratta semplicemente di risonanza con la frequenza di vibrazio-
ne di quella certa macchina essendo le vibrazioni trasmesse, ad esempio,
dal pavimento.
L'insorgere di vibrazioni in una macchina, da tempo in servizio regolare,
indica chiaramente, senza equivoco, un allarme; occorre eliminare le cause
se non si vuole incorrere in una grave avaria oppure giungere a un rapido
logoramento· della macchina.
Le cause che possono determinare l'insorgere delle vibrazioni sono varie,
ad esempio in una macchina elettrica possono essersi avuti spostamenti
delle matasse dell'avvolgimento, nelle turbine idrauliche e nelle pompe
centrifughe si può essere determinata una irregolare erosione, per cavita-
zione, delle pale; in una turbina a vapore può essere avvenuta una defor-
mazione dell'albero per avviamento _irregolare o per trascinamento
dell'acqua o rottura di palette.
La causa principale di vibrazioni si trova negli squilibri di parti rotanti.
Un organo rotante, pur costruito con ottimi materiali e al termine di una
lavorazione eseguita con cura, solo eccezionalmente è esente da squilibri.
Ne sono causa principale la mancanza di omogeneità del materiale, le
deformazioni (inevitabili in qualsiasi lavorazione), le minime differenze di
3.6. VIBRAZIONI 105

spessori, la non perfetta concentricità dei perni, dei dischi, l'esistenza di


chiavette, di bulloni, di spine, ecc. Lo studio del disegno e la cura
dell'esecuzione non sono mai sufficienti per ottenere dalla lavorazione un
elemento rotante sicuramente equilibrato.
La forza centrifuga generata dallo squilibrio di una massa di p grammi
alla distanza r (mm) dall'asse di rotazione di un rotante che gira alla
frequenza di n giri/min, vale in grammi forza:

n2
Fe = m · r · w2 = 1, 12p · r-106 (A)

in cui w è la velocità angolare in radianti per secondo w = 2n · n/60


p = peso in grammi forza della massa m (p = mg)
Dimostrazione della relazione (A):

Fc[gp]= m [g] · r [m] · w 2 [rad 2 /s 2 ]


p [gp] r [mm] (2nn [giri/min]) 2
= g [m/s2 ( 1000 [mm/m( 60 [s/min]

=p· r· n 2 • 1000· ~,80665. (!~)2


= 1,118· 10- 6p· r· n 2 (c.v.d.)

( _ asse di rotazione
I o--------____
/
--------.,('w
e-------
...
___

Figura 3.33.

Per renderci subito conto dell'importanza di tale forza, si consideri ad


esempio che una massa di 5 grammi di squilibrio alla distanza di 200
millimetri dall'asse di rotazione, genera sull'albero rotante a 3 000 giri al
minuto una forza di 100 N.
106 3. ALBERIE MANOVELLE

Se la frequenza fosse di 5 000 giri al minuto la forza sarebbe di 280 N.


Per fortuna solo una parte delle vibrazioni produce effetti nocivi in conse-
guenza delle resistenze che si oppongono alle vibrazioni stesse. Tali resi-
stenze sono di tre tipi.

1. Resistenze statiche del materiale dovute alle forze elastiche; sono predo-
minanti quando un corpo vibra con frequenza al di sotto della frequenza
propria (condizione sotto critica).
2. Resistenze dovute a smorzamento ossia a dissipazione di energia e sono
predominanti quando il corpo vibra con frequenza propria (condizione di
risonanza).
3. Resistenze di massa dovute all'energia delle masse; sono predominanti
quando il corpo vibra con frequenza al di sopra della frequenza propria
(condizioni super critiche).

Quando le tre resistenze suddette non sono sufficienti a ridurre le vibrazio-


ni, in limiti tollerabili, è necessario trovare le cause delle vibrazioni ed
eliminarle.
Si deve all'esistenza di queste resistenze che si oppongono alle vibrazioni,
la possibilità di eliminare i conseguenti disturbi pur non annullandone
completamente le cause. Se ad esempio una vibrazione è dovuta a squili-
brio, per eliminare i disturbi è sufficiente ridurre lo squilibrio medesimo
portando il suo valore sotto un determinato limite senza eliminarlo com-
pletamente. Di qui nasce il concetto di squilibrio residuo ammissibile o di
tolleranza di equilibratura.
Affinché un rotante sia equilibrato è necessario e sufficiente che l'asse di
rotazione passi per il centro di gravità dell'albero (equilibrio statico) e coin-
cida con uno dei suoi assi principali di inerzia (equilibrio dinamico).
Squilibrio puramente statico: si ha quando il baricentro del rotore non
giace sull'asse di rotazione. Se il rotore è libero di muoversi nello spazio, il
suo asse descrive un cilindro; se invece è sopportato da cuscinetti liberi di
oscillare solo in un piano, si ottiene una oscillazione del rotore parallela-
mente a se stesso e l'asse descrive un rettangolo (Figura 3.34).
Squilibrio puramente dinamico: si ha quando le masse sono distribuite
asimmetricamente rispetto al baricentro che in questo caso cade sull'asse di
rotazione. Il rotore si comporta come se a esso fossero applicate due forze
radiali, uguali, parallele e discordi rispetto al baricentro. Se il rotore
è libero di muoversi nello spazio, il suo asse descrive una superficie conica
con il vertice nel baricentro, se invece è sopportato da cuscinetti liberi solo
in un piano, l'asse descrive due ventagli (Figura 3.35).
Lo squilibrio contemporaneamente statico e dinamico è il caso più fre-
quente; qui gli effetti provocati dai due squilibri si sovrappongono.
3.6. VIBRAZIONI 107

·-·-·-+-·-·-·-·-·-·-. ·-.-.-.-.-.-1---·-.-·

I l I I
I

r .....
--------------------,
apparecchio a coltelli '
'
'
'
' '

···1::::·:::::~ ') L :
..·····
..·······
.............
) +·····r : ..::+
Figura 3.34. Effetto di uno squilibrio statico

G
·-· ----------·-··-·····-·•···· ··-· ·-·-·-·-·-·-· -

apparecchie a dischi

Figura 3.35. Effetto di uno squilibrio dinamico

3.6.1. Principio di funzionamento delle macchine equilibratrici

Scopo delle macchine equilibratrici dinamiche è quello di indicare il valore


e la posizione dei contrappesi da applicare o, più raramente, asportare al
pezzo, affinché possa ruotare in servizio senza vibrazioni apprezzabili.
Si noti che di solito i contrappesi vengono posti su piani diversi da quelli
ove si trovano i reali squilibri, la cui vera posizione resta sempre incognita,
108 3. ALBERIE MANOVELLE

ma ottengono ugualmente lo scopo di opporsi all'azione disturbatrice degli


squilibri annullandone l'effetto. Pertanto l'equilibratrice determina il valore
(grado di squilibrio) e la posizione (direzione radiale su cui agire) dei
contrappesi necessari per l'equilibratura.

-~ Un rotore rigido equilibrato a una data velocità è pure equilibra-


to per qualsiasi altra velocità.
--- ------------ -----

Dal suddetto principio si deduce che conviene equilibrare a basse velocità,


poiché si riduce il rischio dell'effetto ventilante, il tempo di equilibratura,
la potenza del motore e le dimensioni di tutti gli organi di comando; infine
si elimina il pericolo di sobbalzi del rotante o la sua fuoriuscita dai
supporti.

3.7. Macchine equilibratrici

Apparecchio a coltelli: consiste in due lame a coltello perfettamente oriz-


zontali. Il rotante appoggiato sulle lame tende a portare lo squilibrio verso
il basso; la sua sensibilità varia a seconda del peso del rotante e dall'abilità
dell'operatore. Richiede un perfetto livellamento e serve solo per rilevare
lo squilibrio statico mentre non può rilevare lo squilibrio dinamico.
Apparecchio a dischi: l'albero appoggia su due coppie di dischi montati su
cuscinetti a sfere; si usa come quello a coltelli ma è più pratico sebbene
meno sensibile.
Macchine equilibratrici a lancio: sono caratterizzate dal fatto che il rotante,
appoggiato su sostegni elastici, viene lanciato a una certa velocità e poi
abbandonato nella sua corsa. Durante il rallentamento, il rotante passa
nella zona di risonanza, per cui è possibile determinare una grandezza
proporzionale allo squilibrio e la sua posizione angolare.
Macchine equilibratrici a strisciamento: sono le più moderne e sono carat-
terizzate dall'abolizione di ogni attrito meccanico che non sia quello inevi-
tabile dei rulli su cui il rotante appoggia.

3.7.1. Tolleranza di equilibratura dinamica

Come nelle lavorazioni meccaniche si stabiliscono le tolleranze di lavora-


zione, il cui valore varia da caso a caso secondo le esigenze di ogni singolo
pezzo, essendo impossibile ottenere un pezzo di dimensioni uguali a quello
del disegno, così nell'equilibratura dinamica occorre precisare caso per
3.7. MACCHINEEQUILIBRATRICI 109

caso la tolleranza o finezza di equilibratura, secondo le esigenze di ogni


singolo rotante. Non si è giunti ancora a una norma di uso generale, ma
una buona unità di misura si ritiene sia data dallo squilibrio espresso in
grammi per millimetro (g · mm).
La tolleranza di misura è pertanto espressa dal prodotto p · r dello
squilibrio massimo p espresso in grammi che, applicato alla distanza
r espressa in millimetri dall'asse di rotazione, dà luogo a uno squilibrio
tollera bile.
Per squilibrio tollerabile di un rotante si intende quello squilibrio che nella
macchina mantenuta e funzionante nelle condizioni di servizio non provo-
ca rumori o vibrazioni degni di nota.
Come primo orientamento, per un calcolo rapido, si può usare la seguente
formula che fornisce per ciascun piano di correzione, la tolleranza di
equilibratura p · r (g · mm) in funzione della massa P del rotante (kg)
e del suo numero di giri al minuto cioè:

"l'b . . "b"l p. 90 . 106 90 . p


sqm 1 no amm1ss1 1 e = p · r = n2 = (_!!__)2
103

La suddetta formula è valida per frequenze medie comprese tra i 2 000


e i 10 000 giri al minuto.
Perni e cuscinetti

4.1. Perni e cuscinetti

I perni e i cuscinetti costituiscono i due elementi complementari che compon-


gono la coppia rotoidale più diffusa nella meccanica delle macchine.
Date le molteplici applicazioni si è soliti suddividere i perni nelle seguenti
categorie:

a) perni portanti: sopportanti cioè carichi esclusivamente perpendicolare al


proprio asse geometrico. A loro volta si distinguono:
1. perni portanti d'estremità = per questo soggetti solo a sollecitazioni di
taglio e flessione;
2. perni portanti intermedi = soggetti oltre che a taglio e a flessione,
anche a torsione;

b) perni di spinta: soggetti a carichi, in teoria, esclusivamente diretti


secondo il proprio asse longitudinale; anche in questo caso si avranno:
1. perni di spinta d'estremità;
2. perni di spinta intermedi, spesso costituiti da ralle multiple anulari;

c) perni conici: conformati in modo da poter sopportare sia carichi assiali


che radiali, quindi una situazione di carico che riassume le due precedenti.

Rimandando per quanto riguarda le caratteristiche costruttive direttamente


ai testi di disegno meccanico, si consideri ora il procedimento di calcolo da
4.1. PERNIE CUSCINETTI 111

seguire per il dimensionamento/proporzionamento di un qualunque perno.


A tale scopo devono essere rispettate le seguenti condizioni:

1. resistenza meccanica del perno alle sollecitazioni a cui è sottoposto;


2. ripartizione dei carichi su una superficie di supporto sufficientemente
ampia, contenendo cioè la grandezza «pressione specifica» di contatto;
3. sufficiente smaltimento del calore sviluppato a seguito degli attriti, per
non inibire il sistema di lubrificazione 1 o ridurre le capacità di resistenza
dei materiali costituenti;
4. corretto proporzionamento delle dimensioni di massima del perno, indi-
cativamente rappresentato dal rapporto lunghezza/diametro:

(1)

Essendo entrambe le grandezze incognite all'inizio del progetto, si può a


seconda dei casi, avere un'indicazione di partenza, oppure verificare il corretto
proporzionamento dell'organo meccanico dopo il suo progetto, al fine di
avere un discreto proporzionamento anche di tutto ciò che vi sta attorno!

4.1.1. Perniportanti d'estremità (Figura 4.1)

Il carico che su di esso grava, ovvero la reazione vincolare per esso


calcolata in mezzeria del supporto, si distribuisce uniformemente, in teoria,
su tutta la superficie d'appoggio del cuscinetto.

1. Il perno è soggetto alle sole sollecitazioni di flessione e taglio; in


particolare il momento flettente massimo si ha nella sezione A-A del perno
(Figura 4.1) dove:

I .
M 1max = F · -2 (Figura 4.2a)
{
/2 F /Z I
Mfmax = q· 2 = / · 2 = F· 2 (Figura 4.2b)

In tale sezione anche le tensioni dovute a taglio sono massime.

1 Grasso: adatto per meccanismi lenti (n « 300 giri/min); oppone una certa resistenza/viscosi-

tà al movimento. Olio: adatto per meccanismi veloci; funge da efficace elemento refrigerante.
112 4. PERNIE CUSCINETTI

A
F-
d
(
--------r--
1

F =q
I Figura 4.1. A

a)

Mi ([±J/ ~
b)
~
Figura 4.2.

Progetto a flessione:

d=3~
v-;;::;:: (2)

Verifica a taglio:
4 F 4 F
'tm;x - 3 A - 3 nd2 ~ 'tadm (3)

4
4.1. PERNIE CUSCINETTI 113

2. La superficie sulla quale il canco sopportato si ripartisce, al fine di


valutare la relativa pressione specifica di contatto perno-cuscinetto, si
calcola nel seguente modo: si consideri il cuscinetto, ovvero l'elemento su
cui sono certamente e volutamente più deleteri gli effetti dovuti all'usura,
sezionato in due metà (Figura 4.3) e si individuino lungo la sua superficie
interna di appoggio strisce di area infinitesima, rappresentate da corrispon-
denti vettori (d.A), caratterizzate da ampiezza da e posizione a. Tali vettori
possono venir scomposti nelle relative componenti orizzontali e verticali
(Figura 4.3): di queste le prime (d.:L) risultano «auto compensate» nel
senso che coppie di forze uguali e opposte si manifestano sia sulla parete
a sinistra dell'asse di simmetria verticale, che a destra, elidendosi recipro-
camente; le componenti verticali (d~), invece, contribuiscono utilmente al
sostegno del perno, offrendo una superficie di appoggio:

dAy = dAsena: = ds· l· sena= l· rdasena

Al fine di valutare l'intera superficie di appoggio, applicando le regole di


integrazione otteniamo:

A= J" /rsena:da: = lr J" sena da= lr[- cosa]i = lr[- cosn - (- cos0°)] =
o o

~lr[+l+l]~ I 21r~1d I (4)

Come si poteva intuire inizialmente, la superficie d'appoggio effettiva del


perno non coincide con la superficie laterale della metà inferiore del
cuscinetto, bensì con la proiezione di questa su un piano orizzontale.
Per verificare la funzionalità del sistema nei riguardi della pressione massi-
ma ammissibile di contatto dovrà essere soddisfatta la seguente relazione:

F F
Pmax = A = [. d :::;:Padm (5)

3. Durante il funzionamento, oltre a fenomeni di usura, si manifestano,


sempre dovuti all'attrito radente fra gli elementi in moto relativo, riscalda-
menti localizzati delle parti a contatto reciproco; indicando con:
vP = velocità periferica perno = velocità relativa fra perno e cuscinetto
(immobile);
f = coefficiente d'attrito radente
114 4. PERNIE CUSCINETTI

'
..-----m-or--------------- /}/_ _____________
_
/ I
/ ;
// i

dA
. Figura 4.3.

··· ····· ) w= oost

perno

Figura 4.4.

si avrà:
Rattrito =f · F (6)

La potenza termica (quantità di calore prodotta nell'unità di tempo)


o flusso termico Qattr. generato sarà:
4.1. PERNIE CUSCINETTI 115

Ricordando che:
,lnn [giri/min] d ndn
v =wr=-----·-
P 60 7 60

si ha:

. f- F· ndn
Qattr. = 60 (7)

Tale potenza termica dissipata per attrito deve poter essere assorbita
efficacemente da un opportuno flusso di lubrificante, avente dunque azione
anche refrigerante. Dalla termodinamica si ricorda:

Q. lubr. = rh · CSmedio · tir (8)


dove:
rh = portata massica [kg/s] di lubrificante;
c. = capacità termica massica media relativa sempre al lubrificante;
tir= gradiente termico ammesso per il lubrificante fra ingresso e uscita
dal cuscinetto in esame. ·

Ponendo sotto altra forma:

Q,ubr.= C · ndl · tir (9)


nella quale:
C = coefficiente di trasmissione termica per convenzione indicante l'effi-
cacia con cui il calore prodotto è assorbito dal circuito lubrifican-
te/refrigerante;
ndl = estensione della superficie di scambio termico;
tir= idem come sopra.

In condizione di regime di funzionamento deve instaurarsi l'equilibrio ter-


mico nel sistema, ovvero il flusso termico sviluppato per attrito nell'unità
di tempo deve poter essere smaltito efficacemente dall'azione del lubrifi-
cante-refrigerante; in termini analitici:

Qattr. = Qlubr.

f_·_F_·_Jdfi_· = C · yd[· tir


60
da cui:
l = _f_·_F_·_n_
60· C· tir
116 4. PERNIE CUSCINEITI

ponendo l'espressione:

/ 1
60· C· ~T K

cioè uguagliandola a un coefficiente dipendente dalla limitazione del gra-


diente termico imposto all'olio in uso, alle sue caratteristiche di lubrifican-
te e refrigerante, nonché alla natura dei materiali a contatto, si ha l'equa-
zione da impiegare per i calcoli:

(10)

dimensionalmente:

[N] · [giri/min]
[mm]= .
[N/(mm · mm)]

Per i valori della Pactm e di K vedere le tabelle 4.1 e 4.2 1 .


Specificate le formule pratiche per il proporzionamento dei perni d'estre-
mità (progetto o verifica), si tratta ora di stabilire quali impiegare in
relazione alle varie condizioni di funzionamento reali:

a) perni lenti (indicativamente n < (350 -;-400) giri/min):


per il progetto= limitazioni delle sollecitazioni meccaniche e press10ne
specifica di contatto;
per la verifica = valutazione delle condizioni di smaltimento del calore
e buon proporzionamento dell'elemento;

b) perni veloci (indicativamente n > (350-;- 400) giri/min):


per il progetto= limitazioni delle sollecitazioni meccaniche e impostazione
delle corrette condizioni di refrigerazione;
per la verifica= limitazione della pressione di contatto specifica e buon
proporzionamento dell'elemento.

1 Queste tabelle sono state tratte dal testo: C. Pidatella, M. Poggi, Meccanica applicata,

voi. 3°, Bologna, Zanichelli, 1986, pp. 80-81. Anche sul manuale. Malavasi si trovano valori
indicativi delle pressioni ammissibili.
4.1. PERNIE CUSCINETil 11 7
Tabella 4.1 Valori indicativi della pressione specifica ammissibile.

Tipo di accoppiamento Pressione specifica (N/mm 2 )

Motori a carburazione per autoveicoli


perno-cuscinetto di banco 4-:-9
perno di manovella-cuscinetto di testa di biella 5 + 10
spinotto-cuscinetto del piede di biella 20 + 30
Motori diesel per autotrasporti
perno-cuscietto di banco 4-:-7
perno di manovella-cuscinetto di testa di biella 5-:-8
spinotto-cuscinetto del piede di biella 20 + 30
Motori diesèl marini
perno-cuscinetto di banco 5-:- 11
perno di manovella-cuscinetto di testa di biella 9 + 11
perno del testacroce-cuscinetto del piede di biella 12 + 14
Turbine a vapore
perno di acciaio-cuscinetto di bronzo 1,2 + 1,8
perno di acciaio-cuscinetto di metallo bianco 0,6 + 1
Turbomacchine
perni di ventilatori, pompe e compressori 1,3 + 1,8
Macchine di sollevamento e trasporto
perno di acciaio-cuscinetto di bronzo 35 + 40
perno di acciaio-cuscinetto di ghisa 5-:-7
Trasmissioni generiche
perno di acciaio temperato-cuscinetto di acciaio temperato 10 + 20
(lavorazione accurata, lubrificazione perfetta)
perno di acciaio temperato-cuscinetto di bronzo 8 + IO
(lavorazione accurata, lubrificazione perfetta)
perno di acciaio dolce-cuscinetto di bronzo 5-:-7
(lavorazione accurata, lubrificazione perfetta)
perno di acciaio extradolce-cuscinetto di bronzo 3-:-4
(lavorazione accurata, lubrificazione perfetta)
perno di acciaio extradolce-cuscinetto di bronzo 1,5 + 2,5
(lavorazione corrente)
perno di acciaio extradolce-cuscinetto di ghisa 1-:- 5
(lavorazione corrente)

Tabella 4.2 Valori della costante (K) per il calcolo del calore dissipato dai perni.

Grado di Valori di K
lavorazione Lubrificazione Raffreddamento
del perno (N/mm min) (kgrfmmmin)

corrente scarsa assente 15' 103 -;- 20 · 103 1 500 + 2 000


accurata normale aria calma 35' 103 -;- 40 ' 103 3 500 + 4000
accurata normale forzato 55 ' 103 -;- 60. 103 5 500 + 6000
accurata forzata aria calma 60 ' 103 -;- 70 ' 103 6 000 + 7 000
accurata forzata forzato 150 · 103 -;- 250 · 103 15 000 + 25 000
118 4. PERNIE CUSCINETil

4.1.2. Perni portanti intermedi

Il procedimento di calcolo è del tutto simile a quello analizzato per i perni


portanti d'estremità; l'unica variante riguarda il calcolo di resistenza mec-
canica dell'elemento alle sollecitazioni meccaniche a cui è sottoposto, in
quanto oltre a flessione e taglio occorrerà valutare anche la torsione!

-
F

--- --- --~-IM,I

Figura 4.5.

Come già spiegato si imposta la seguente equazione:

(J _
M1.1dmax ~ (1
id - W '-" adm
f.
ove:
7t 3
M1 id = M2I +iM2
4 t e wf. =-d
32
quindi:

d=
3 32 JM 2
f
+ 3/4M t2 (11)
=>
1t(Jadm

Per il resto valgono tutte le relazioni e considerazioni esposte al punto precedente.

4.1.3. Perni di spinta d'estremità

Per essi lo schema di calcolo differisce sensibilmente rispetto a quanto


esposto per i perni portanti, in quanto:

1. il rapporto (l/d) non ha senso;


4.1. PERNIE CUSCINETTI 119

2. la limitazione degli sforzi dal punto di vista delle sollecitazioni meccaniche


(a parte la remota possibilità di carichi di punta!) non ha più valore di riferi-
mento per il progetto.

'
'

ii perno

cuscinetto

d d,

Figura 4.6.

Per il loro proporzionamento si utilizzeranno le equazioni limitanti la


pressione specifica di contatto e verificanti il corretto smaltimento del
calore prodotto per attrito; occorre però premettere che le superfici di
appoggio dei perni di spinta d'estremità possono avere due differenti
conformazioni: circolare piena o anulare, provvista cioè di un foro centra-
le; quest'ultima soluzione è la più adottata, sia per esigenze di lubrificazio-
ne, sia perché risulta sperimentalmente la zona in cui si hanno pressioni di
contatto superiori e quindi la pressione stessa viene distribuita sulla sezio-
ne anulare anziché essere concentrata.
Considerando tale soluzione tecnica si avrà:

F F
Pmax=A= n 2 2
::,;;padm
4(de - dJ

ponendo:
120 4. PERNIE CUSCINETII

f F = Ratrr.

V
F

linee di
tensione

Figura 4.7.

fissando il rapporto di cavità, generalmente non superiore a (0,4 -;-0,5),


è possibile valutare de e quindi di.
Per quanto riguarda lo smaltimento del calore prodotto per attrito occorre
approfondire il discorso, prima solo accennato, circa la particolare distri-
buzione delle pressioni sull'area di appoggio anulare, visto che il flusso
termico è dato dal prodotto:

bQ.attr. =f· P· dA · wr (13)

mentre la distribuzione delle velocità periferiche di scorrimento relativo è di


tipo triangolare (Figura 4.7), le pressioni seguono, in certo qual modo, il
principio di Adémar Barré de Saint Venant circa l'andamento delle linee di
tensione alle estremità di un corpo nel caso di carichi concentrati applicati.
Un calcolo di tipo rigoroso risulterebbe di ambigua impostazione e di
risoluzione eccessivamente complicata; per questo in prima approssimazio-
ne si considerano una distribuzione delle pressioni pressoché uniforme su
tutta la sezione e una velocità periferica media corrispondente alla· velocità
. aI diametro
relativa . . [ dm = dc + di] de11a ralla anulare. Con queste
medio 2
semplificazioni si può scrivere:

·
Qattr. = J- (pmA) · VPm = J- F· (JJ
(de+2 di)· 21 =
=fF7nn [giri/min] (de + di). ~ =fF nn (de + dj (14)
60 2 7 120

Il flusso termico efficacemente asportabile dal liquido lubrificante sarà


4.1. PERNIE CUSCINETTI 121
invece, come già visto, direttamente proporzionale, per mezzo di un coeffi-
ciente di trasmissione termica per convezione tipico per ogni lubrifican-
te-refrigerante e per ogni specifico accoppiamento, all'area della superficie
di scambio termico e al gradiente termico ammissibile sempre dal lubrifi-
cante-refrigerante, per altro opportunamente limitato:

impostando l'equazione che esprime il bilancio termico del sistema (14) e (15):

sostituendo:
f- F· nn(de + d;) = C· ~(d 2 -d~)- !::.T
120 4 e I

semplificando:

f- F· ~~ = C· 1~(de -d;)· !::.T


30

da cui:
f-F· n
(d -d-)=-- (16)
e 1
30C/::.T

Volendo far riferimento ai raggi, interno ed esterno, della sezione di spinta an-
ziché ai rispettivi diametri:

(r _ r-) = (de - d;) = JFn (17)


e 1
2 60C!::.T

come già esposto trattando i perni portanti, si pone l'espressione:

f 1
60C1T K

cioè uguagliandola a un coefficiente dipendente dalla limitazione funziona-


le al gradiente termico imposto al lubrificante in uso, alle sue caratteristi-
che di lubrificazione e refrigerazione, nonché alla natura dei materiali
a contatto, si ha l'equazione pratica da impiegare per i calcoli:

(18)
122 4. PERNIE CUSCINETTI

Il sistema costituito dalle due equazioni ricavate consente la risoluzione di un


problema di progetto (e verifica) di un qualunque perno di spinta d'estremi-
tà, fissando a discrezione, ad esempio, il rapporto o grado di cavità X·

4.1.4. Perni di spinta intermedi a ralle multiple

Sono adatti a sopportare notevoli carichi assiali, per i quali sarebbero


altrimenti necessari perni di diametro certamente sproporzionato, date le
elevate superfici di spinta richieste per limitare le pressioni a valori accetta-
bili.
Si tratta poi in genere di applicazioni pressoché statiche, non soggette
a moto rotatorio elevato, quali ad esempio i ganci per gru di sollevamento
ma, anche, alberi per eliche di navi o di turbine a vapore (casi notevoli
questi ultimi).
Dalla vista di metà perno in figura 4.8, il carico assiale F agente sul perno
si scarica sulle superfici laterali di ogni singola ralla anulare, distribuendosi
pressoché uniformemente e generando perciò una pressione:

F F
P=-=--- (19)
Atot Z · Aralia
con:
z = numero ralle;
Arana = considerando la «rettificazione» della corona anulare che de-
genera (Figura 4.9) in un rettangolo di altezza b e base
n · dm( dm = di+ d2), SI. ha: Aralia = ndm · b.
2

TI--F·
-·-----·----
--------------
-----·-----------
--------------
------------ h
-.-----·-·-1-1-·-----
-----·-
-·-·---·

Figura 4.8.
4.1. PERNIE CUSCINETTI 123

,,.- -I,....--;;;;;--~"<----~
....

i'_'_~· ,\_
I l
\ I
' I
' ....
-
. ;
..--C.---~---~
"

Figura 4.9.

In conclusione una prima relazione di riferimento è la seguente:

F
Pmax = n dm" b • z ~Padm (20)

utile non tanto in caso di progetto, quanto per la determinazione del


numero di ralle z una volta fissate· le dimensioni geometriche del perno,
come ricavabili dalle seguenti relazioni.
Dal punto di vista .delle sollecitazioni puramente meccaniche le singole
ralle costituiscono piccole mensole, incastrate a un'estremità all'albero,
soggette a flessione (e taglio). Considerandone il loro sviluppo in piano, in
prima approssimazione si può ritenere che esse sopportino l'intero carico
assiale F in corrispondenza della mezzeria (b/2), (Figura 4.10) distribuito
lungo tutta la loro estensione (ndm); in realtà le pressioni specifiche do-
vrebbero essere distribuite uniformemente su tutta la superficie di battuta,
ma, al fine di determinare gli sforzi unitari di flessione agenti in corrispon-
denza della sezione d'attacco, si traggono le medesime conclusioni:

b2 b
M 1max = p · -2 · nd m · z = F · -2 · nd m · z
·
(21)

poiché:
(F= p· b)

assumendo, in caso di progetto, p = Pmax = Padm·


124 4. PERNIE CUSCINEITI

a)

b)

Figura 4.10.

La sezione resistente di attacco delle ralle all'albero («all'incastro»), svilup-


pata in piano, è un rettangolo di base nd 1 e altezza h (spessore singola
ralla) (Figura 4.1O) il cui modulo di resistenza a flessione rispetto all'asse
neutro (n- n) risulta (Figura 4.10):
1 2
Wfn =-nd
6 1
·h ·z

tenendo conto della presenza di ralle multiple (z).


Dall'equazione di stabilità a flessione semplice retta:
M1
<1max = -- ::::,;
<1adm
wfn

in caso di progetto:

t
Pad m . dm . J b2. ~~
3dm· b2 · Padm
<1max = <1adm =
1 2 d1 · h 2
-Jid1 · h · /
(j
dalla quale si ricava:

h = b· (22)
4.1. PERNIE CUSCINETII 125
Con la relazione (22) è possibile dimensionare i perni in oggetto fissando
preventivamente d 1 e d2 , calcolando successivamente:

quindi h limitando gli sforzi di flessione e infine z limitando le pressioni


specifiche di contatto.

~-----@) Per quanto riguarda un'eventuale verifica al riscaldamento vale la


stessa teoria enunciata per i perni di spinta semplici.

- esercizi - esercizi - esercizi -

Esercizio4.1.
La girante di una turbina a vapore (Figura 4.11), éhe sviluppa 30 MW al
regime di 5 000 giri/min, pesa 50 000 N ed è sostenuta da due perni a
strisciamento posti alle due estremità dell'albero. Assumendo opportuna-
mente i dati mancanti nel testo e trascurando l'entità delle spinte assiali,
determinare il diametro (D) dell'albero e le dimensioni dei perni A e B.

p
3,00m 2,00m

P=50000N

Figura 4.11.
126 4. PERNIE CUSCINETTI

Soluzione

Poiché la girante della turbina ruota a un regime di 5 000 giri/min (piutto-


sto elevato) dovremo applicare, ai fini del dimensionamento dei perni,· la
relazione relativa alla resistenza meccanica e la formula relativa alla verifi-
ca al riscaldamento.
Vista l'applicazione a cui devono essere destinati i perni (turbo-macchina
motrice a vapore) si può ritenere che gli stessi siano lavorati in maniera
molto accurata e siano anche sottoposti a lubrificazione forzata e successi-
vo raffreddamento dell'olio lubrificante. A tal proposito dalla tabella 4.2
possiamo ricavare, per la costante K, un valore:

K = 200 · 103 N/mm · min

A questo punto, schematizzato l'albero della turbina come in figura 4.11


determiniamo l'entità delle reazioni vincolari Rae Rbdei due carrelli (ri-
cordare il concetto relativo alla labilità non sfruttata) sufficienti per vinco-
lare l'albero stesso.
Stabilite le convenzioni di segno:
y

procediamo al calcolo delle reazioni vincolari.

Ra -P+ Rb = O
{
@ P· 3 m-Rb· 5 m=0

Dalla seconda equazione ricaviamo:

P· 3 m 50 000 N · 3 m = 30 000 N
Rb=---
5 m 5m

ora dalla prima equazione:

Ra = P - Rb = 50 000 N - 30 000 N = 20 000 N

Riportiamo ora, per comodità, il diagramma del momento flettente e il


diagramma del momento torcente che sollecitano l'albero della turbina
(Figura 4.12).
ESERCIZI 127

p
-
Rb
Ra

A e B

A
Mfmax= 60 000 N•m
e
B \o)Ml
A e
B B]
M1 .. 57 296 N•m
Figura 4.12.

A questo punto possiamo iniziare il progetto dei perni prima e dell'albero


pOI.

a) Perno A

Calcolato il valore di Rae stabilita l'entità di K, applicando l'equazione (10),


otteniamo:
I = _Fa_·
_n = _Ra_·
_n = 20 000 N · 5 000 giri/min
a K K 200· 103 N/mm· min
/0 = 500 mm
Utilizzando l'equazione (2):

ricaviamo il diametro del perno previa assunzione della tensione ammissi-


bile per il tipo di acciaio scelto.
Supponendo di utilizzare, per la costruzione dell'intero albero, un acciaio ti-
po C 40 UNI 7845 avente:
aR ~ 700 N/mm 2

possiamo ritenere che la aadm valga (per sollecitazioni dinamiche):

(1R 2
aadm IO= 70 N/mm
128 4. PERNIE CUSCINETTI

A questo punto:
3 16 · 20 000 · 500
d= -----~90mm
n· 70

In questo caso non è rispettato il rapporto caratteristico (l/d) ma tenendo


conto della particolare applicazione del perno i valori calcolati si possono
ritenere accettabili.
Dobbiamo verificare che il valore della pressione specifica ammissibile non
superi il valore consigliato (Tabella 4.1). Nel nostro caso:

_ Ra _ 20 000 N - 2
Pmax - la. da - (500. 90) mm 2 = 0,45 N/mm

valore, quest'ultimo, molto basso rispetto a quello riportato in tabella 4.1


(1,2---;-1,8 N/mm 2 ) e, quindi, pienamente accettabile.

b) Perno B

Utilizzando la stessa procedura usata per il perno A con la sola differenza


legata alla forza agente sul perno stesso, ovvero:

Rb = 30000 N
anche in questo caso:

Rb · n 30 000 N · 5 000 giri/min


h = -- = ----------
K 200 000 N /mm· min
lb = 750 mm

mentre il valore del diametro varrà:

3 16 · 30000 · 750
db = ------ = 118 mm
n· 70

La pressione massima sul cuscinetto a strisciamento invece:

Rb 30000 N 2
P ----------034N/mm
max - h· db - (750- ll8)mm 2 = ,

valore estremamente modesto.


ESERCIZI 129
c) Albero motore

Come si evince dalla figura 4.12 e dai relativi diagrammi delle azioni interne,
l'albero motore è soggetto a una sollecitazione composta di flessotorsione.
In particolare il momento torcente vale:

M = 9549 3 p(kW) = 9549 3. 30000 kW


1 ' n (giri/min) ' 5 000 giri/min
M 1 ~ 57 296 N · m

Mentre il massimo momento flettente, nella sezione C di figura 4.12, vale:

M 1(clx = Ra· 3 m = Rb · 2 m = 60 000 N · m

A questo punto, applicando le teorie di Huber-Hencky, Ros-Eichinger, von


Mises calcoliamo:

M1 id = M2 +iM2 1 =
fmax 4

= J(60000 N- m) 2 + ~(57296 N- m) 2 =

~ 77860 N- m = 77860000 N- mm
Applichiamo, ora, l'equazione di stabilità a flessotorsione assumendo come
tensione ammissibile sempre:

aadm = 70 N/mm 2
quindi:

O"max = w
Mfid

f.
= aadm

M1 77 860000 N · mm
W = ------1!! = · ~ 1 1123 · 106 mm 3
1• a adm 70 N/mm 2 - '

e poiché:

Wfn _!!:_D
- 32
3
albero

otteniamo:
3 32-1,1123-10 6
Da= ------ ~ 225 mm
7t
130 4. PERNIE CUSCINEITI

Esercizio 4.2.
Dimensionare i perni di un verricello (Figura 4.13), costituito da un
tamburo di ghisa (0 = 50 cm) pesante 8 000 N, che aziona una taglia
a 4 pulegge mobili al cui gancio è applicato un carico di 50 kN. Per il
calcolo delle sollecitazioni si ritenga che la fune traente sia disposta oriz-
zontalmente.

1,5 m
2,00m p

Figura 4.13.

Esercizio 4.3.
Una pompa centrifuga (Figura 4.14) compie 1 500 giri/min ed è atta
a elaborare 80 1/s di acqua imprimendole una prevalenza manometrica (H)
di 75 m; la girante, montata a sbalzo sull'albero, peso 1 500 N. Trascuran-
do l'eventualità di spinte assiali, dimensionare i perni su cui appoggia
l'albero ritenendo che essi siano del tipo a strisciamento.

Soluzione

La struttura può essere schematizzata nel modo illustrato in figura 4..14b;


le reazioni degli appoggi dipendono dal peso (P) della girante e dal
peso (q) dell'albero stesso (peraltro incognito) che non può essere tra-
scurato.
Possiamo supporre che il diametro dell'albero si aggiri (in prima approssi-
mazione) attorno ai 60 mm ipotizzando un acciaio tipo C 30 UNI 7845
avente un carico di rottura a trazione statica di circa 600 N/mm 2 (aR)-
11carico q per unità di lunghezza vale, in queste ipotesi, circa:

q =A· Pacciaio · g
n(0,06 m) 2
q= 4 · 7 850 kg/m 3 · 9,80665 m/s 2 =

~ 218 N/m
ESERCIZI 131

) rr::"-:::_
-----------~)e ',

.··ijtqp··.. ---~-~~i
~-~~!'-~-
~·-
:.·.·.·.:
-~,)11
i
aspirazione
: maotlat~
:i
0,5m l,Om

b)
p q

Figura 4.14.

a) Perno A (Figura 4.14)

Il valore del momento flettente m corrispondenza del perno A varrà


pertanto:
(0,5 m) 2
MIA= 1500 N- 0,5 m + 218 N/m · 2

= 777,25 N · m = 777250 N · mm

Per determinare il valore del momento torcente dobbiamo calcolare la


potenza erogata dalla pompa. Ricordando quanto già studiato possiamo
scrivere:
P = p · g· V· H (W)
H20

ove: V= portata volumica in m 3 /s.


Nel nostro caso:

P = I 000 kg/m 3 · 9,81 m/s 2 · 0,06 m 3 /s · 75 m


P = 44145 W = 44,145 kW
132 4. PERNIE CUSCINETTI

Ora possiamo determinare il valore di M 1:

44,145 kW
M = 9 549 3 · ----- '.:::'.
281 N · m
r ' 1 500 giri/min -

Il momento flettente ideale vale, al solito:

M f;d = M21 +2M2 r


=
4

= J(777,25 N- m) 2 + !(281 N- m) 2 ~ 814,5 N · m

Assumendo, per l'acciaio in esame, una tensione unitaria ammissibile:

aR 600 N/mm 2 2
ad
a m
=-=----=60N/mm
10 10

possiamo scrivere:
M.
O"max -
-~ W -- (1 adm
fn

W _ Mfo _ 814500 N- mm 3
f. - aadm - 60 N/mm2 = 13 575 mm

Poiché:

n 3
w1 =-d
" 32
ricaviamo:

3
d=~= 32- ~575

d~ 52 mm

Il valore ipotizzato inizialmente (d = 60 mm) era quindi sovrastimato e,


quindi, a tutto vantaggio della sicurezza dell'albero stesso.
Determiniamo ora le reazioni vincolari Rae Rbutilizzando lo schema di
figura 4.14 e usando per q il valore inizialmente ipotizzato (sempre in
favore della sicurezza).
ESERCIZI 133
Quindi:

- P + Ra - Q - Rb = O
{
@ - P · 1,5 m +Ra· 1 m - Q · 0,75 = O
ove:

Q = q · 1,5 m = 218 N/m · 1,5 m = 327 N

Dalla seconda equazione del sistema otteniamo:

P· 1,5 m+ Q· 0,75 m
R---------
a - 1 m -

1500 N · 1,5 m + 327 N · 0,75 m


----- 1-m----- = 2495,25 N

Dalla prima equazione del sistema:

Rb = - P + Ra - Q = - 1500 N + 2495,25 N - 327 N


Rb = 668,25 N

Dalla tabella 4.2 fissiamo per K il valore di:

K = 60000 N/mm· min

Conseguentemente la lunghezza del perno A sarà:

IA _ Ra· n _ 2 495,25 N · 1 500 giri/min ,...,


- -- - ---------- - 62 5 mm
K 60000 N/mm· min - '

Controlliamo il valore della pressione specifica:

_ Ra _ 2495,25 N ,..., 2
PA - !A. dA - (62,5. 52)mm2 = 0,77 N/mm

valore accettabile.

b) Perno B (Figura 4.14)

Si tratta, in questo caso, di un perno di estremità e, di conseguenza,


134 4. PERNIE CUSCINETTI

calcoleremo la lunghezza nel seguente modo:

Rb · n 668,25 N · 1 500 giri/min


/B = -- = ----------
K 60 000 N/mm · min
/8 = 16,7 mm=> 18 mm

Per quanto riguarda il diametro:

'TC<J'
adm 'TC(J'adm

3 16 · 668,25 · 18
d8 = ----- = 10 mm
n· 60

La pressione specifica risulta:

Rb 668,25 N 2
PB = IB. dB = (18 · 10)mm2 = 3,712 N/mm

valore piuttosto elevato.


Aumentiamo allora la lunghezza del perno sino a:

/8 = 30 mm

Il diametro diverrà:
3 16 · 668,25 · 30
d8 = ----- = 12 mm
n· 60

e la pressione specifica:
668,25 N 2
PB = (30- 12)mm2 = 1,85 N/mm

Accettabile in questo caso.

Esercizio4.4.
Un albero di trasmissione riceve e trasmette il moto tramite un sistema di
cinghie piane e pulegge (Figura 4.15); la puleggia motrice (P m) trasmette
all'albero una forza tangenziale di 3 000 N al regime di 1 000 giri/min.
Trascurando il peso dell'albero e quello delle pulegge, determinare le
dimensioni del perno intermedio (A).
ESERCIZI 135

i d 1 =50cm
E
u A
~
Il
~
'
'
'
'
'
'
'
'
F 1 = 3000Nj
0,6m 0,8 m 0,5m :

Figura 4.15.

Esercizio4.5.
L'albero motore di una nave trasmette all'elica una potenza di 8 000 kW al
regime di 150 giri/min ed è soggetto a una spinta assiale di 1 500 kN
derivante dall'azione propulsiva dell'elica stessa; la spinta assiale è soppor-
tata da un perno a ralle multiple con lubrificazione indipendente. Determi-
nare il numero (z) delle ralle e le dimensioni delle stesse ritenendo ammissi-
bile una pressione specifica di 6,0 N/mm 2 ; assumere opportunamente gli
altri dati mancanti.

Soluzione
È impossibile procedere al dimensionamento delle ralle senza avere un'idea
- almeno approssimata - del diametro dell'albero motore; dovremo perciò
valutare dapprima tale diametro (D) in funzione delle sollecitazioni cui
esso è sottoposto.
Tali sollecitazioni comprendono la torsione (dovuta alla potenza trasmes-
sa), lo sforzo assiale (dovuto alla spinta dell'elica), la flessione e il taglio
(derivanti dal peso dell'albero che non è trascurabile); poiché queste ultime
sollecitazioni sono difficilmente valutabili per mancanza di elementi più
circostanziati (posizione dei supporti), ci limiteremo a considerare soltanto
gli effetti prodotti dalla torsione, riducendo abbondantemente la tensione
ammissibile -radm per tener conto delle altre sollecitazioni.
Il momento torcente vale:

8000
M 1 =9549,3 · 150 = 509296 N · m
136 4. PERNIE CUSCINETTI

e ritenendo che l'albero sia cavo internamente con:

(ovvero x = 0,6)

il modulo di resistenza della sezione è:

n
-(D 4 -D~)I
32 e
n [D! - (0,6De)4] D! (1 - 0,6 4 ) n
Wr=-----
De 16De De 16
2

in definitiva:

Dall'equazione di stabilità a torsione:

sostituendo l'espressione di Wr si ricava:

Assumendo una tensione ammissibile sufficientemente bassa:

"actm = 25 N/mm 2
si ottiene:
3 16 · 509 296 000
D = ------ = 492 mm
e n · 25 · (1 - 0,6 4 )

che arrotonderemo per prudenza a 500 mm; il diametro interno risulta:


D; = 0,6De = 0,6 · 500 = 300 mm

Con questi calcoli l'albero principale è grossolanamente dimensionato;


prevedendo una lieve maggiorazione in corrispondenza del perno di spinta,
il diametro minore (d 1 ) delle ralle è di 520 mm (Figura 4.16).
Per limitare la pressione specifica fra le superfici a contatto occorre fissare
anche il diametro esterno (d2 ) ponendo:
d 2 = 580 mm
ESERCIZI 137
25

o00
8
I/") I/")

(S) (S)

Figura 4.16.

risulta:
b = d2 - di = 580 - 520 = 30 mm
2 2
e:
d = d2 + di = 580 + 520 = 550 mm
m 2 2
Dalla equazione (20):

ricaviamo:
1500000
z=-----=483
n· 550· 30· 6,0 '

che arrotonderemo necessariamente a 5; in tale ipotesi, la pressione specifi-


ca che ne deriva è:
1500000 2
p = n· 550· 30· 5 ~ 5,79 N/mm
accettabile.
Rimane ancora da determinare lo spessore (h) delle ralle. Ricordando
quanto svolto nella parte teorica (equazione 22) si ricava:

h = b:; 3dmp = 30 3 3. 550. 6 ~ 22,86 mm


<ladmdi 43 · 520

arrotondato, come di consueto, a 23 mm.


138 4. PERNIE CUSCINETTI

Esercizio4.6.
Il rotore di un motore elettrico che compie l 500 giri/min pesa complessi-
vamente 15 kN ed è sostenuto da due cuscinetti a rotolamento; procedere
alla scelta dei cuscinetti suddetti, ritenendo che essi siano posti a eguale
distanza dal baricentro del rotore e prefissando una durata di funziona-
mento di 30 000 ore.

Soluzlone
Data la simmetria del carico rispetto ai vincoli, la ricerca delle reazioni
è superflua; ogni cuscinetto infatti deve sopportare un carico:

Q 15000 N
F=- =---= 7500 N
2 2

Noto il valore di F, occorre determinare la durata (L) in milioni di giri


(per questo scopo si possono consultare i manuali tecnici approntati dalle
maggiori industrie del settore SKF, FAG, ecc.):

60 · 1 500 · 30 000 T . d. .
L = 1 000 000 = 2 700 m1 10m 1 gin

e il fattore di carico dinamico:


1

C=FLP
vale:

C = 7 500 · (2 700)3 = 7 500 · (2 700)3 ~ 105000 N

Poiché non si prevede la possibilità di carichi assiali, il cuscinetto può


essere scelto fra quelli di tipo radiale a una corona di sfere; dalle tabelle
riportate nei manuali tecnici si deduce che al carico dinamico ora calcolato
si addicono i seguenti cuscinetti:

d= 60 mm C = 108000 N (SKF-6412)
d= 65 mm C = 119000 N (SKF-6413)
d= 70 mm C = 143000 N (SKF-6414)

Una scelta più precisa può essere effettuata solo conoscendo il diametro
del perno (!).
ESERCIZI 139

Esercizio4.7.
Procedere alla scelta del cuscinetto anteriore della pompa citata nell'eserci-
zio 4.3, supponendo che oltre al carico radiale di 2 500 N sia presente
anche una spinta assiale di 2000 N. Assumere la durata di funzionamento
intorno a 15 000 ore.

Esercizio4.8.
Un cuscinetto rigido a sfere avente d = 40 mm è soggetto a un carico di
4 000 N e ruota a 1 000 giri/min.
Si calcoli la prevedibile durata di funzionamento (in ore).
Regolazione del moto

5.1. Regolatori tachimetrici

Quasi tutte le macchine rotanti operatrici e motrici sono destinate a fun-


zionare mantenendo un regime di rotazione pressoché costante, o comun-
que compreso entro determinati limiti d'impiego.
Per la realizzazione di un moto rotatorio uniforme deve essere verificata
l'equazione di equilibrio dei momenti:

M motore = Mresistente (A)

Se supponiamo che il momento motore, sviluppato dalla stessa macchina


motrice, rimanga sostanzialmente costante nel tempo (ad esempio median-
te impiego di volani!), il momento resistente presenta comunque variazioni
anche notevoli dovute a cause esterne imponderabili; in tal senso a ogni
variazione di M, è necessario contrapporre istantaneamente un'identica
variazione di Mm, agendo sugli organi di comando della macchina in
modo da ristabilire l'equilibrio.
Non tutte le macchine richiedono però un intervento esterno per ristabilire
l'equilibrio di funzionamento. A tal proposito le macchine stesse vengono
caratterizzate in relazione alla «curva di coppia», che esprime Mm= f(n)
(Figure 5.1 e 5.2).
5.1. REGOLATORI
TACHIMETRICI 141

Curva macchina
stabile
B
MmB I--------=:,,,-,...__
MmA >------+---

o n

Figura 5.1.

1. Curva ad andamento decrescente (Figura 5.1)


Dato lo stato di equilibrio iniziale, detto A il punto di normale funziona-
mento con: MmA= M,A; nA; si hanno i seguenti comportamenti:

a) all'aumento di M, il motore risponde inizialmente riducendo n (P =


=Mm· w = costante); la riduzione di n comporta però un aumento di Mm
fino alla ricerca di un nuovo punto di funzionamento (B) in cui sia
verificata la:

b) alla diminizione di M, il motore risponde inizialmente accelerando;


l'aumento di n comporta una riduzione di Mm fino a stabilire un nuovo
punto di funzionamento (C) per il quale:

2. Curva ad andamento crescente (Figura 5.2)


Dato il punto di normale funzionamento (Mm= M,; n) come nel caso
precedente si avranno:
a) all'aumento di M, il motore risponde inizialmente rallentando; ciò
comporta tuttavia un'ulteriore riduzione di Mm (B) che, non potendo vin-
cere M,, tende a far arrestare il motore (spontanea irreversibilità!);
b) alla diminuzione di M, il motore risponde inizialmente accelerando; ciò
comporta un ulteriore aumento di Mm (C) che, di molto superiore a M,,
tende a far aumentare ancora il regime di rotazione del motore.
142 5. REGOLAZIONEDELMOTO

Curva macchina
instabile~
Mmc f--------------=--~c
M~f---------------.~tY.

o n

Figura 5.2.

Nel primo caso siamo in presenza di un motore stabile, in grado cioè di


autoregolarsi (entro certi limiti), bilanciando la propria potenza in termini
di velocità e coppia nel modo migliore; nel secondo caso il comportamento
del motore è invece instabile, nel senso che all'alterazione delle condizioni
di normale funzionamento (A) il sistema non è autocontrollato, anzi tende
spontaneamente a peggiorare la propria situazione aumentando il divario
esistente fra Mm e M,.
È purtroppo questo il caso più frequente nella pratica, di conseguenza si
comprende perché si abbia la necessità di introdurre sistemi di controllo
ausiliari esterni che consentano di ripristinare (in tempi brevissimi) il
moto di rotazione di normale funzionamento; in particolare tali sistemi
sono denominati regolatori tachimetrici quando la grandezza da essi
presa in esame per valutare il corretto funzionamento del motore è la sua
velocità di rotazione. L'azione del regolatore è tanto più efficace quanto
più esso è sensibile alle variazioni di n, in modo che possa intervenire
tempestivamente nell'azione di correzione (retroazione!). Detto n il regi-
me di normale funzionamento, n 1 ed n 2 i regimi (solitamente simmetrici
rispetto ad n) in eccesso e in difetto al precedente, ai quali corrisponde
l'entrata in funzione del regolatore, si definisce «grado di insensibilità»
dello stesso il rapporto:

(l)

Il meccanismo è tanto più efficace quanto minore è 8 il quale, generalmen-


5.1. REGOLATORI
TACHIMETRICI 143

te, assume valori compresi fra 0,012--;-0,03; da sottolineare il fatto che


non deve mai essere raggiunta la condizione e = O~ n 2 = n 1 ( = n), in
quanto il regolatore provocherebbe continue risposte che indurrebbero
oscillazioni nel motore, agendo quindi da elemento perturbatore! (caso di
regolatore «astatico», in contrapposizione ai regolatori «statici» con
e-+ O, ma e> O).
Nel caso in cui l'azione del regolatore sia simmetrica (totalità dei casi per
i regolatori meccanici; alcune eccezioni per quanto riguarda sistemi di
regolazione elettronici), ovvero:

cioè si ha un'identica risposta correttiva in entrambi i sensi del grado di


libertà del motore, si può ricavare un'ulteriore espressione del grado di
insensibilità (equazione 1).

(n2 - n 1 )(n 2 + n 1) n~ - nf n~ - nf
(2)
n n (n2 + n 1 ) n · 2n 2n2

Per essere funzionale un regolatore deve essere adatto alla macchina sulla
quale è installato; per caratterizzare i vincoli posti al regime di rotazione
del motore, onde assicurarne un corretto funzionamento, si definisce «gra-
do di irregolarità o di staticità» della macchina il rapporto:

(3)

Indicando con n il regime di funzionamento normale e con (nmax- nmin)


la massima oscillazione concessa attorno ad esso, entro la quale deve
necessariamente avvenire l'intervento del regolatore tachimetrico, la sua
funzionalità sarà dunque espressa dalla relazione:

Come per il grado di insensibilità del regolatore, è possibile ricavare un'ulte-


144 5. REGOLAZIONE
DELMOTO

riore espressione del grado di irregolarità della macchina, supponendo:


--.,

n (nmax + nmin) n· 2n
2 2
nmax - nmin
(0,02 -:- 0,08) (4)
2n2

Il principio di funzionamento dei regolatori meccanici, che andremo di


seguito a esaminare, è basato quasi esclusivamente sugli effetti prodotti da
forze centrifughe, dipendenti certamente dal regime di rotazione a cui le
masse centrifughe sono soggette.

5.2. Regolatore elementare tachimetrico di Watt

Rappresentato schematicamente in figura 5.3a, quando l'alberino verticale


ruota su se stesso i bracci tendono a sollevarsi, per effetto della forza
centrifuga ~ che fa allontanare le sfere dall'asse di rotazione, stabilendo
una ben determinata posizione d'equilibrio nella quale gli effetti, su ogni
sfera, delle forze centrifughe e di gravità sono bilanciati. Analiticamente,
imponendo la condizione di equilibrio alla rotazione di uno dei due bracci
rispetto alla cerniera V, possiamo scrivere:

-F,·h+P·r=0
ma:
P=mg
Sostituendo:

da cui:

~ (5)
L:J
5.2. REGOLATORE
ELEMENTARE
TACHIMETRICO
DJWATT 145

/ '
'
'
'
'
' ';
.------?--,,, ,,--·\·-----,
p ' , ' I '
p
T------I------1------\-------)
\ --~.•
-
'-,, ,: i'-,_ ,:
''
l r
''
' a)
--·-·-·r-
' -----

tw(n)
''
''
''
''
' b)
-- --. --~'' ---- --
''
Figura 5.3.

si comprende come in questo tipo di regolatore la sua azione dipenda


esclusivamente dal regime di rotazione, non dalle masse in gioco o dalle
caratteristiche costruttive dello stesso!
Ricordando che:
2nn [giri/min]
w [rad/s] = 60

sostituendo nella equazione (5) si ha:

h = _g_ = 3 600 g. _!_~ 900 (6)


4nn 2 4n 2 n 2 - n2
3600
146 5. REGOLAZIONEDELMOTO

Tale tipo di regolatore, pur essendo costruttivamente molto semplice, non


è applicabile ai moderni tipi di macchine nelle quali si hanno regimi di rotazione
sensibimente elevati, in quanto anche per piccole frequenze di rotazione (n)
i bracci coprono gran parte dell'intera corsa utile, disponendosi rapidamente già
quasi in posizione orizzontale e non essendo dunque in condizione di subire
spostamenti apprezzabili anche se la macchina subisse accelerazioni sensibili.
Per questo il regolatore tachimetrico di Watt è più in uso con le modifiche
introdotte da Porter. ·

5.3. Regolatore tachimetrico di Porter

Rappresentato schematicamente in figura 5.4 rispetto al precedente presenta,


applicato al collare C (comunque presente anche nel regolatore di Watt, con
la sola funzione di elemento attuatore dell'azione di controllo, subendo
spostamenti proporzionali al regime di rotazione n!), un peso aggiuntivo Q
tendente a contrastare l'effetto delle forze centrifughe e limitando l'eccessivo
innalzamento delle sferette (effetto di regolazione in un campo più ampio!).

~ Trovandosi il regolatore con il proprio baricentro giacente sull'as-


se di rotazione, nonché possedendo un asse di simmetria coincidente con quello
di rotazione, risulta staticamente e dinamicamente bilanciato.

Figura 5.4.
5.3. REGOLATORE
TACHIMETRICO
DI PORTER 147

Supponendo, per ipotesi, che esista una simmetria del sistema di leve
a pantografo, nonché vi sia il parallelismo delle aste, si scomponga Q lun-
go le direzioni delle biellette (Figura 5.4):

AC e BC => Q = Q' · coso:· 2 => Q' = __g_


2cos o:
(7)

Trasportata ogni componente nel punto in cui la relativa bielletta si


articola col braccio mobile (A e B), esse possono essere ulteriormente
scomposte ottenendo:
a) una componente Q" diretta secondo il braccio mobile, quindi di mo-
mento nullo rispetto alla cerniera V; Q" ha in sostanza azione nulla nei
confronti dello spostamento delle sfere;
b) una componente 2 · Q' · coso:= Q verticale, di intensità pari al peso
del collare C.

-CE!) È questa la particolarità del meccanismo: riuscire a sfruttare una


forza peso non influenzata da forze centrifughe.

Con tale ipotesi, imponendo l'equilibrio alla rotazione di uno dei due
bracci rispetto alla cerniera V otteniamo:
(8)
ovvero:
mw 2 r· h=P· r+Q· r1
dividendo ambo i membri per (mw 2 r):
_JJWf'r P·/ Q· r1
--·h=--+--
_J}Wf'r mw3/ mw 2 r
s1 ncava:

h=- 1 ( Q· -+P
r1 )
mw 2 r

=- 1 ( Q· -+P
r1 )
p z r
-(J)
g

=- g
(J)2
(Q
-,
p
r1 ~
-+- f
r

=_!_(l + Q_ r1)
w2 p r
148 5. REGOLAZIONEDELMOTO

e, con l'approssimazione già svolta per il regolatore di Watt:

h~900( 1 +Q_r 1)
(9)
n2 P r

Già da questa relazione è possibile comprendere che h sarà certamente


maggiore, data la presenza del fattore moltiplicativo comunque superiore
all'unità entro la parentesi tonda.
Dalla figura 5.4 si ricava:
-
r I

per quanto detto precedentemente è opportuno che tale rapporto risulti il


più alto possibile: in pratica conviene proporzionare il regolatore in modo
che risulti:
r1 = r
a=l

Costruttivamente ciò equivale a porre le due sfere ai vertici di un parallelo-


gramma (Figura 5.5).
Dalla equazione (9) deriva infine:

h ~ 900(1 + Q) (10)
n2 p

ovviamente si avranno h tanto più elevate quanto più Q » P!

Figura 5.5.
5.3. REGOLATORE
TACHIMETRICO
DI PORTER 149

La particolare conformazione assegnata al pantografo fa sì, inoltre, che lo


spostamento verticale del collare sia doppio di quello subito dalle sfere.
Al fine di valutare il grado d'insensibilità di un regolatore trachimetrico
Porter, esaminiamone il comportamento in occasione di un'accelerazione
e una decelerazione della macchina controllata; in entrambi i casi, oltre alle
azioni già analizzate in precedenza, si aggiunge anche la resistenza d'attrito
che tende a ostacolare la traslazione del collare sull'alberino CV, nonché
l'inerzia al moto opposta dal sistema di leve dell'elemento attuatore a esso
collegato. Riassumendo tali resistenze con un'unica forza risultante comples-
siva R, con retta d'azione supposta coincidente con l'asse dell'alberino e verso
discorde rispetto al senso dello spostamento del collare, si avrà che, ripetendo
la stessa identica scomposizione già analizzata per il peso del collare Q, il
regolatore si comporterà come se nel baricentro di ogni sfera fossero applicati
contemporaneamente i due pesi (P e Q) e la suddetta resistenza {R.).
In particolare avremo i seguenti casi.

a) Accelerazione del regime di rotazione da n a n 2 (Figura 5.6): supposta


sufficiente a provocare l'intervento del regolatore e tale per cui si possa
considerare, per semplicità: h2 ~ h ~ costante; l'equilibrio alla rotazione
della singola sfera rispetto alla cerniera V è espresso da (Figura 5.6):

(P + Q + R) · r = Fc · h
(P + Q + R)· /= mw~/- h

S = vettore
spostamento
del collare

Figura 5.6.
150 5. REGOLAZIONE
DELMOTO

da cui:
P+Q+R
h---------
P+Q+R
- mw~ - P 2
-
-w2
g

= _!_
w~
(p+ + R)~ (p+ + R)
Q
p
900
n~
Q
p
da cui ancora:

2 ,..,
n2 = h
900 (p+ + R) Q
p (11)

b) Decelerazione del regime di rotazione da n a n 1 (Figura 5.7): supposta


sufficiente a provocare l'intervento del regolatore, ma tale per cui si
possa considerare, per semplicità:

h1 ~ h ~ costante.

L'equilibrio alla rotazione della singola sfera rispetto alla cerniera V è

P+ Q-IRI

S = vettore
spostamento
del collare
S:
- r

Figura 5.7.
5.3. REGOLATORE
TACHIMETRICODI PORTER 151

espresso da (Figura 5.7):

(P + Q - R) · r = Fc· h
(P + Q- R)·I= mwf/· h

da cui:
P+Q-R P+Q-R
h---------
- mw? - P 2
-
-· W1
g

= _!_ (p+ Q - R)~ 900 (p+ Q - R)


wf P nf P
da cui ancora:

(12)

ricordando l'equazione del regime di normale funzionamento:

n ~- 900( 1 + Q) (13)
h p

sostituendo le espressioni trovate nell'equazione del grado di insensibilità


del regolatore simmetrico:

(14)
152 5. REGOLAZIONEDELMOTO

È chiaro che, come già esposto, affinché l'azione del regolatore sia efficace
dovrà risultare:
e< L\

Inoltre la presenza di R al numeratore fa in modo che e non sia mai nullo


per evitare l'innesco di effetti deleteri già analizzati precedentemente; se
R fosse = O allora e= O.
Vediamo ora di valutare in che modo lo spostamento del collare del
regolatore, al quale è direttamente o indirettamente collegato il sistema di
retroazione, è legato allo spostamento delle sfere, in relazione al regime di
rotazione del regolatore. Dalla figura 5.8 si rileva:

a) in posizione di riposo, con il telaio a pantografo in massima estensione


verticale, considerando ininfluente lo spessore dovuto alle sfere, le interdi-
stanze fra vertice e sfere e fra vertice e collare risultano rispettivamente
(Figura 5.8a):

{
hmax = / · COS OCo~ /
Smax = 2/ · COS OCo~ 2/
b) in una posizione di lavoro qualunque, caratterizzata da un angolo ocdi
semiapertura del. pantografo, le suddette interdistanze risultano ridotte
a (Figura 5.8b):
h =I· cosoc
{
s = 2/ · cosoc

w=O
V

a) b) "'
<1

e
Figura 5.8.
5.3. REGOLATORE
TACHIMETRICO
DI PORTER 153

Gli spostamenti, misurati in senso verticale, subiti da sfere e collare saran-


no perciò rispettivamente:

11.h= hmax - h ~ l - lcosoc


{
ds = Smax - S ~ 2/ - 2/COSOC= 2(/- /cosoc) = 211.h

Si è quindi dimostrato come nei regolatori «a pantografo» il collare


subisca spostamenti doppi di quelli compiuti dalle masse centrifughe.

5.4. Regolatore tachimetrico Hartung

Rispetto al regolatore Porter, che risulterebbe ingombrante e pesante per


essere funzionale anche a elevati regimi di rotazione, il regolatore Hartung
(Figura 5.9) si presenta più compatto e privo di pesi addizionali, la cui
azione è invece affidata a una coppia di robuste molle; la presenza del

~ w(n)
'

m
.. . ~

Figura 5.9.
154 5. REGOLAZIONEDELMOTO

tirante filettato consente inoltre di adattare il regolatore a differenti regimi


di utilizzazione, semplicemente variando il precarico delle molle, senza
però variare il grado di insensibilità.
In condizioni di normale funzionamento le masse centrifughe si dispongo-
no a una certa distanza dall'asse di rotazione, essendo soggette contempo-
raneamente a forze centrifughe ~ e alle forze antagoniste delle due molle
f (reazioni elastiche).
La condizione di equilibrio è espressa, applicando le forze nel baricentro di
ogni massa, da:

T = F = mw 2 r = !._.(2nn [giri/min]) 2 • r = !._.4n 2 n 2 . r


e g 60 g 3600
dalla quale:

2 T 3600 g
n =-·--·-
rP 4 n2

con la consueta approssimazione:

T
n 2 ~ 900· - (15)
rP

Con il procedimento già seguito per la determinazione del grado d'insensi-


bilità del regolatore Porter si considera il comportamento del sistema in
occasione di un'accelerazione e una decelerazione della macchina control-
lata. In entrambi i casi, oltre alle azioni già analizzate, occorrerà tenere in
considerazione anche le resistenze d'attrito che tendono a opporsi alla
traslazione del collare; queste forze verranno equamente suddivise fra le
due leve che collegano collare e masse centrifughe.
Le condizioni d'equilibrio rispetto al fulcro O, supponendo uguali i bracci
della leva e la rotazione di questa tanto limitata da poter assumere:
r ~ cost = r 1 = r2 , per le rispettive fasi transitorie di accelerazione (risalita
collare) e decelerazione (discesa collare) tendenti al raggiungimento dei
regimi di rotazione n 2 ed ni, prima dell'intervento del regolatore (Figura
5.10), risultano essere:
R
n- n 2 : + Fe · b - T · b - -2 · b = O
(Fc > T)
R
n-n 1 : + Fc· b - T· b + -· b=O
2
(Fc < T)
5.4. REGOLATORE
TACHIMETRICO
HARTUNG 155
!G
T

(discesa R
collare) 2
-...-...-...--.---(@
A-e-...-....-..-.... ............
.
_'t-------..:::-::.- o
(ascesa R
collare) 2
b

Figura 5.10.

dalle quali:

R
Fc =T+-- 2

sapendo che:

2nn [giri/min]
W=-----
60

rispettivamente si avrà, con le solite approssimazioni:

nf = g2 • 3 600 _ T - R/2 ~ 900 . T - R/2


(16)
n 4 r· P r· P

2 g 3 600 T + R/2 T + R/2


n2 = 2 · --· ---~900· --- (17)
n 4 r· P r· P

sostituendo le espressioni trovate nell'equazione del grado di insensibilità


156 5. REGOLAZIONEDELMOTO

del regolatore simmetrico:

900 T + R/2 900 T - R/2


n~ - nf r p r p
e=---
2n2 900 T
2--·-
r p

R
--------- (18)
1-2; 2T

la presenza di R al numeratore fa in modo che e non sia mai nullo.

Note per il calcolo e/o proporzionamento di regolatori tachimetrici:

a) valutare n 1 ed n 2 conoscendo e: dalla definizione di grado d'insensibilità


e ipotizzando un funzionamento «simmetrico»:

si tratta di un sistema di due equazioni in due incognite, quindi risolvibile;


b) valutare nmax ed nmin conoscendo d, dalla definizione di grado di
irregolarità e ipotizzando un funzionamento «simmetrico»:

si tratta di un sistema di due equazioni in due incognite, quindi risolvibile;


c) dimensionamento delle mcplleelicoidali di torsione (deformate apparen-
temente per compressione!) di un regolatore Hartung (Figura 5.11): sono
caratterizzate dal diametro d del tondino metallico, avvolto secondo
un'elica di diametro D e composte da z spire: si tratta duinque di tre
incognite! Una prima equazione deriva dalla limitazione degli sforzi, pre-
5.4. REGOLATORE
TACHIMETRICOHARTUNG 157
D

Figura 5.11.

valentemente di torsione (si considera solo tale sollecitazione, eventualmen-


te maggiorata con opportuni coefficienti correttivi, per tenere conto dello
sforzo di taglio e delle tensioni supplementari dovute alla curvatura, senza
complicare eccessivamente i calcoli). Dall'equazione di stabilità a torsione:
M
-rmax= _r acciaio armonico al silicio (Si)
w,::S;-r:dm-
in caso di progetto:

Fmax ·
----~
D/2 d= 3 8 Fmax. D
I
(19)
1t 'r adm
!!_d3
16
relazione che consente di ricavare il diametro mm1mo del filo, fissando
opportunamente il diametro D d'avvolgimento. Eventualmente si esegue
una verifica di sicurezza a (taglio + torsione) (la -r:dm prima utilizzata
deve per quanto detto sopra essere ridotta rispetto alla usuale -radm!):

(20)
158 5. REGOLAZIONEDELMOTO

La forza massima da inserire nel calcolo (Fmax)è assunta come la forza centri-
fuga massima esercitata sulla molla dal contrappeso a regime n,, un istante
prima dell'intervento del regolatore stesso; per maggior sicurezza non si fa so-
litamente riferimento al campo d'intervento del regolatore determinato da e,
bensì al più ampio campo di variabilità del sistema non controllato indicato
da A, oltre il quale comunque il sistema non deve poter funzionare per inter-
vento, in caso di inefficienza del regolatore, di opportuni elementi di sicurezza.
Per quanto detto:

(21)

dove:
mi = massa del singolo contrappeso, comprensiva della molla m esso
alloggiata;
wmax= preferita a w 2 per le ragioni precedentemente illustrate;
r max = distanza, nelle suddette condizioni del baricentro delle masse iner-
ziali centrifughe mi dall'asse di rotazione dell'alberino del regolato-
re; dalla figura 5.12, supponendo la leva in posizione «retta» a re-
gime di normale funzionamento, si ricava:
s
rmax=b+ 2
indicando con s la corsa del collare.

s/2 s/2

s/2
s
s/2

Figura 5.12.
5.4. REGOLATORE
TACHIMETRICO
HARlUNG 159
Sapendo che:

2nn [giri/min]
w=-----
60

sostituendo:

p 4n 2n!ax
FCmax =-·
g
---·
3 600
r ~
max-

P900
· n!ax . (b+ :.)
2
(22)

Analogamente, nelle condizioni di Fcmm. (nmin), tenendo presente che ora si


ha:

s
r min= b - -2 ==>Fcmm. = m; · w!in · r min

P 41t2n!in
=-· ---· r.
g 3600 min

(23)

si può valutare la costante elastica delle molle, sapendo che esse debbono
determinare un'escursione massima pari a s in corrispondenza di una
variazione di carico:

llF=F Cmax
-F Cmin

da cui:

k ==
FCmax -F Cmin
(24)
s

per il calcolo del numero di sp1re attive delle molle stesse basterà ora
160 5. REGOLAZIONEDELMOTO

applicare la relazione (25) 1 :

G· d4 · s G· d 4
Z= (25)
64· !1F- (~)3- (~)3 64- k-

esercizi - esercizi - esercizi - esercizi I


Esercizio 5.1.

RA ( = 6 000 N)
F
130

·-------·-----·- \[\_M,
-·-· ___ ________
_

A B

-
R R8 ( = 8 000 N)

300 300 180

Figura 5.13. Calcolo albero di motore elettrico

La figura indica lo schema (distanze in mm) dell'albero di un motore


elettrico che trasmette la potenza di 13,5 kW ( ~ 18,5 CV) al regime di
500 giri/min mediante la puleggia F a cinghia verticale, il cui tiro rivolto
verso l'alto è pari a 750 daN. Si consideri una fattore di sicurezza C pari
a 2. L'albero ha un supporto di estremità A e un supporto intermedio B;
fra questi supporti è posto un rotore R il cui peso è di 350 daN.
Sì determini:

1. il diametro da assegnare alla sede della puleggia, supponendo che la


sezione pericolosa si trovi a 130 mm da F;

1 Si veda ad esempio, C. MALAVASI, Vademecum per /'ingegnere costruttore meccanico,


Milano, Hoepli, p. 942.
ESERCIZI 161
2. il diametro da assegnare alla sede del rotore;
3. il diametro da assegnare al perno intermedio B;
4. il diametro da assegnare al perno di estremità A.

Si consideri l'albero costruito in acciaio fortemente legato (ad esemp10:


16 CrNi4 UNI 7846 avente una <1R ~ 120 daN/mm 2 ).

Esercizio 5.2.
Determinare la massa dei contrappesi di un regolatore Hartung, conoscen-
do i seguenti dati caratteristici:

- regime di normale funzionamento: n = 500 giri/min


- grado di insensibilità: e= 0,02
- grado di irregolarità (o di staticità): d = 0,05
- resistenza allo spostamento: R= 55N
- distanza fra il baricentro di ciascun contrappeso
e l'asse di rotazione: r = 80 mm

Conoscendo la corsa del collare (s = 30 mm) si determinino anche le


principali dimensioni delle molle.
Uniformazione
del moto rotatorio

6.1. Volani

I regolatori tachimetrici, come visto, sono in grado di intervenire per correg-


gere lo squilibrio fra momento motore e momento resistente quando questo
ha durata tale da produrre una variazione più o meno sensibile del regime
di rotazione, nei limiti fissati da e. Frequentemente, oltre agli effetti prodotti
dalla modificazione del momento resistente, il moto di una macchina. viene
spesso perturbato a causa del fatto che lo stesso momento motore non
è costante nel tempo, ma varia periodicamente nell'intervallo di tempo a cui
corrispondono uno o due giri dell'albero motore (rispettivamente, ad esem-
pio per motori a combustione interna a 2 e 4 tempi, per i quali il ciclo
motore si completa appunto in uno o due giri dell'albero stesso).
In questi casi si ricade perciò nella disuguaglianza: Mm -=I-M,, limitata-
mente a intervalli di tempo brevissimi, che è causa di funzionamento
comunque irregolare ma tanto modesto da non poter essere rilevato da
alcuno strumento di regolazione tachimetrica.
Gli effetti prodotti dalle variazioni periodiche di Mm, anche supponendo
M, = cost, si riassumono nella generazione di accelerazioni angolari e 1 ;
dalla dinamica dei moti rotatori:

(1)

1 e in questo caso è l'accelerazione angolare e non il grado di insensibilità di un regolatore

tachimetrico.
6.1. VOLANI 163

dove:

J = Jr2 dm.-momento d'inerzia di massa degli organi mobili rispetto


m all'asse di rotazione. (2)
Al fine di ridurre le deleterie accelerazioni angolari, ovvero regolarizzare il
funzionamento del motore, essendo comunque la differenza IMm - M, I un
dato di fatto, una possibile soluzione consiste nell'aumentare J, calettando sul-
l'albero motore un organo denominato volano, avente la peculiarità di con-
centrare gran parte della propria massa lontano dall'asse di rotazione, quindi
J diventa molto superiore.
Occorre tener presente tuttavia che un aumento indiscriminato della massa
volanica, pur consentendo una più corretta uniformità del moto, può
essere nociva per quanto riguarda la prontezza di risposta del moto-
re = capacità di produrre rapide accelerazioni (per esempio motori a ciclo
Otto.- come facilmente acquistano giri, così li perdono = volano piccolo),
mentre migliora la sua elasticità = coppia motrice disponibile elevata an-
che a fronte di notevoli variazioni del regime di rotazione (per esempio
motori a ciclo Diesel.-volano grande).
Per caratterizzare l'irregolarità del moto periodico di una macchina si
definisce un coefficiente o grado di irregolarità nel periodo il rapporto:

b = _w_2
_-_w_1
(3)
(J)

dove:
w2 e w 1 = velocità angolari massima e minima che si possono riscontrare
nell'arco di un ciclo macchina, o periodo completo;
w = velocità angolare a cui corrisponde rigorosamente l'uguaglian-
za: Mm = M, generalmente, per simmetria, è pari al valore me-
dio aritmetico delle precedenti:

I '° ~ w,;
w, (4)

Sulla base della relazione (4) deriva immediatamente una seconda possibile
espressione del grado di irregolarità nel periodo:

Wz - W1 (w1
() - ---· ----
+ Wz) - ---
w~ - wf
(5)
- w (w 1 + w 2 ) - 2w 2

Considerando, ad esempio, un motore a combustione interna monocilin-


drico a due tempi, si era già a suo tempo calcolata, supponendo per altro
164 6. UNIFORMAZIONE
DELMOTO ROTATORIO

il moto della testa di biella-bottone di manovella di tipo circolare unifor-


me, la legge di variazione del momento motore in relazione alla geometria
del meccanismo e alla spinta esercitata sullo stantuffo dai gas:

M = N· ,(senoc 2=oc==)
+ !---,,=s=e=n= (6)
m 2 Jµ2- sen2oc
nonché la sua rappresentazione grafica nel piano (M, oc) (Figura 6.2).
Dallo studio della dinamica dei moti rotatori si ricava che il lavoro
sviluppato dalla rotazione di una coppia, considerando termini infinitesimi
(Figura 6.1), vale:
bL = 2· F- ds (7)
ma:
ds = rdoc (8)
M=Fd
da cui:
bL = 2Frdoc= F· d· doc= Mdoc (9)

F
Figura 6.1.

ne segue che l'area sottesa dal suddetto diagramma (Figure 6.2 e 6.3)
rappresenta un lavoro; più precisamente:

a) le aree individuate al di sopra delle ascisse rappresentano il lavoro


«positivo» sviluppato dalla macchina, ovvero l'energia prelevata dal fluido
(fase di espansione) (Figura 6.3);
b) le aree ìndividuate al di sotto delle ascisse rappresentano il lavoro
«negativo» speso dalla macchina, ovvero l'energia fornita al fluido (fase di
compressione) (Figura 6.3).

Di conseguenza il lavoro utile sviluppato in un giro completo dell'albero mo-


6.1. VOLANI 165

Mm

160
,....._
8
~ 120
~
B
o 80
8
B
r=
Q)

8o 40
8 a
o 3/2,r angoli
(rad)
-40
O 40 80 120
(N•m)
-80 scala dei momenti
Figura 6.2. Diagramma del momento di un motore a carburazione monocilindrico
a due tempi

160

120

80 lavoro eccedente

momento motore medio


40 ······························································
3/2,r
o a
2 ,r (rad)

compressione espansione

Figura 6.3. Valutazione del momento motore medio di un motore monocilindrico


a due tempi

tore (periodo) risulta:


(10)
ed è ovviamente positivo (si tratta di una macchina motrice, non operatrice).
166 6. UNIFORMAZIONE
DELMOTO ROTATORIO

3/2;r
o i2;r a

diagramma cilindro n. 1

b)

;r/2
o :2n a

diagramma cilindro n. 2

Figura 6.4. Diagrammi separati (cilindro per cilindro) di un motore bicilindrico a due
tempi

Per il dimensionamento del volano da calettare sull'albero motore occorre


far riferimento al momento motore medio, cioè a quel momento motore
che, supposto costante durante tutto il ciclo macchina, individua un'area
nel piano (M, a) esattamente uguale ai lavoro utile; analiticamente:
a) motore a due tempi:

Lui
Lut = M medio · 2n => M medio = - (11)
· 2n
6.1. VOLANI 167

160

120

80

40

o TC
a

Figura 6.5. Diagramma complessivo del momento sviluppato da un motore bicilindri-


co a due tempi

300

200

100

o a

Figura 6.6. Diagramma del momento (riferito ad un solo cilindro) di un motore


a combustione interna a quattro tempi

b) motore a quattro tempi:

Lu,
Lui = M medio · 4n => Mmedio = - (12)
4n

L'area sottesa alla curva Mm= f(a) posta al di sopra di Mmedio è denomi-
nata lavoro eccedente (Lecc) (Figura 6.11).
Nelle figure (dalla 6.2 alla 6.10) vengono riportati alcuni esempi dell'anda-
168 6. UNIFORMAZIONE
DELMOTO ROTATORIO

Figura 6.7. Diagrammi separati (cilindro per cilindro) di un motore a combustione


interna a quattro tempi
A - aspirazione; C - compressione; E - espansione; S - scarico

mento Mm (a) per alcuni tipi di motore. Intuitivamente si può affermare


che, in condizioni di normale funzionamento, supponendo per ipotesi
M, = cost, si ha l'uguaglianza fittizia: M, = Mmedio; considerando i punti
6.1. VOLANI 169
N·m
350
~
300 =
Ll
250 ::
: '
200
\
150 \
~
100 "
"
50
o
V.,.........
~-
.........
-- L, - "- "-1\-
-.. _..,.,,i"""....~
50 " --
/ c.--i-- "i--
I\

100

Aspirazione Compressione Scoppio Scarico

Figura 6.8. Diagramma della coppia motrice per un monocilindro

del diagramma Mm= f((X), sempre relativo a un motore a combustione


interna monocilindrico a due tempi, in cui si ha l'istantaneo equilibrio:

(13)

sicuramente nell'intorno di essi si ha la maggiore instabilità dal punto di


vista energetico; in tali punti, caratterizzati da velocità angolari dell'albero
motore w 1 e w 2 istantaneamente costanti, si hanno infatti le maggiori
accelerazioni angolari (Figura 6.11):

punto 1 ((Xi,w 1) = posto a termine della fase «passiva» del ciclo macchina,
è caratterizzato dalla velocità angolare minima dell'inte-
ro periodo; l'accelerazione angolare e1 è minima in
quanto all'albero motore sta per essere trasmessa la
massima potenza (lavoro eccedente);
punto 2 (('J.2 , w 2 ) = posto a termine della fase «attiva» del ciclo macchina,
è caratterizzato dalla velocità angolare massima dell'in-
tero periodo; la decelerazione angolare e2 è massima in
quanto all'albero motore è applicato un momento resi-
stente superiore a quello istantaneamente sviluppato (il
moto è conservato per inerzia).

La quantità di energia che, anziché essere sviluppata fra ('J.1 e ('J.2 , deve poter
170 6. UNIFORMAZIONE
DELMOTO ROTATORIO

Nm Nm
350 350
300
250
200
150
i.
2 cilindri
~
300
250
200
150
5 cilindri

Il

100 100
m ~ ~ ~ ~~ m
o o
m m
Nm Nm

ir~~
11111
350 350
6 cilindri
300 300
250
m 250 ~

200 200
150 150 ~ ~
~ ~
~ 11
100 100
m ~ ~ m
o ~
11 . 11 o
m m
Nm Nm
350 350 I 8 cilindriI
3cilindri1
300 300
250 250
~ ~
200 200
150 " ~

150
100 100
m m
o o
~ ~

N-m
2cilindri
350
300
250
200
150
100 ~~~~ ~~~ ~ ~ I= ~

50 11
o
50

Figura 6.9. Diagrammi della coppia per motori pluricilindrici

essere più funzionalmente distribuita durante l'intero periodo, può essere


espressa come:

(14)
6.1. VOLANI 171

Figura 6.10. Diagramma complessivo del momento sviluppato da un motore a com-


bustione interna a quattro tempi

(N•m)
160

120

80
momento motore medio (Mm)
40 ···················································

o 2:n:
a

-40

-80

Figura 6.11. Valutazione del lavoro eccedente per_il dimensionamento del volano

dove con J si indica il momento d'inerzia di massa di tutti gli orgam


soggetti al moto rotatorio: esso risulta, quindi, dalla somma di:

Jv = momento d'inerzia di massa del solo volano;


10 = momento d'inerzia di massa degli altri organi rotanti solidali all'al-
bero motore, facenti parte della macchina.
172 6. UNIFORMAZIONE
DELMOTO ROTATORIO

Generalmente per il calcolo del volano si trascura la presenza del termine 10 :

ma:

e quindi:

in tal modo si affida la uniformazione del moto nel periodo al solo volano
(condizioni di sicurezza); dall'espressione del grado d'irregolarità nel periodo
si ricava: cv~- cvf = 2cv2 · b; sostituendo nell'equazione del lavoro ecce-
dente prima ricavata (relazione 14):

(15)

Da tale relazione si evince, ancora una volta, come fissati cv (velocità


angolare dell'albero motore a regime di normale funzionamento) e Lecc.
(dipendente dal ciclo termodinamico sviluppato dal motore), il grado di
irregolarità nel periodo e il momento d'inerzia di massa del volano siano fra
loro inversamente proporzionali; in altre parole all'aumentare di lv (non
oltre certi limiti che saranno poi esaminati) il moto dell'albero motore
diviene più regolare e uniforme!
Supponendo quindi di conoscere Lecc. (derivato dal diagramma Mm= f(a)
(Figure 6.2 - 6.11), il regime di normale funzionamento cv(n) e stabilendo
opportunamente b, è possibile impostare il proporzionamento del volano
necessano:

(16)

Per il dimensionamento del volano si possono presentare due casi:


a) volano costituito da un disco pieno (Figura 6.12): soluzione peraltro non
molto diffusa per la non razionale distribuzione delle masse rispetto all'asse
di rotazione; s1 dimostra che il momento d'inerzia di massa dell'elemento
risulta:
1 2
J V =-m·
2 R
6.1. VOLANI 173

Sez. A-A

A---.J
D s

Figura 6.12.

sostituendo nell'espressione di cui sopra:

1 2 Lecc. 2Lecc. 2Lecc.


-mR =--=> m=---=-- (17)
2 w 2 1> 1>w2
R2 1>.v2
p

b) volano a corona circolare a razze (Figura 6.13): supponendo di poter con-


centrare la totalità della massa lungo la circonferenza media, dunque trascu-
rando l'influenza delle razze (approssimazione per difetto), si dimostra che:

J =m· R 2 =>m· R2 Lecc.


=--=> (18)
V m m 0)2?)

Figura 6.13.
174 6. UNIFORMAZIONE
DELMOTO ROTATORIO

A parità di dimensioni d'ingombro e di momento d'inerzia di massa, i vola-


ni a corona circolare hanno una massa inferiore (circa la metà) di quelli
a disco pieno, in virtù del fatto che essa è meglio distribuita attorno all'asse
di rotazione (è più lontana dall'asse stesso!).
Al fine di proporzionare un volano secondo il procedimento descritto, sa-
rebbe necessario avere a disposizione il diagramma Mm= f(a) del moto-
re di cui si vuole uniformare il moto, derivato a partire dal ciclo macchina
con procedimenti grafici e analitici piuttosto laboriosi; a complicare ulte-
riormente i calcoli è da tenere presente il fatto che per determinare l'effet-
tiva intensità delle forze d'inerzia in gioco è necessario disporre di una
grande quantità di dati (materiali, masse, forme e dimensioni degli organi
mobili) ..
Si preferisce quindi impostare il calcolo di un volano valutando il lavoro
eccedente, da distribuire durante l'intero ciclo macchina, empiricamente, su
basi sperimentali statistiche, a partire dal lavoro complessivamente svilup-
pato dalla macchina stessa in un periodo, per mezzo di un coefficiente
detto di «fluttuazione»:

(19)

Tale coefficiente è riportato in apposite tabelle (ad esempio manuali tecni-


ci) in relazione al tipo di macchina e alla sua applicazione.
Indicando con:
Pu1[kW] = potenza utile sviluppata dalla macchina;
n [giri/min] = regime di normale funzionamento= 60 · f[Hz = s- 1];
T[s] = periodo del ciclo macchina;

si può esprimere il lavoro LP [J] sviluppato in un ciclo macchina come:

(20)

Ricavando dalla definizione di coefficiente di fluttuazione il lavoro ecce-


dente [J = N · m (relazione 19)]:

Pu1[kW]
Lecc.= <p· Lp = 60 000 · <p· . . . (21)
. n[gm/mm]
6.1. VOLANI 175
e sostituendo nelle relazioni che consentono di valutare la massa volanica
necessaria, si ha:

a) volano a corona circolare:

Lecc. 60 000<p· P ut
m=--=-----
b· vPm
2 b· w 2 rm
2 · n

60 000<p· Put

60 000<p· P ut
}fn2 D2
b · -- · n2 · ~ · n
3 600 }f
3 600 · 60 000 <pPui
n 2 b- D; · n 3

21 885 · 106 <pPui (22)


' b · D m2 • n 3

b) volano a disco pieno:

m = 2Lecc.= 43 77. 106 <p. Pu1 (23)


b· vp2 ' bD 2 · n 3

Con tali accorgimenti il dimensionamento di un volano è certamente


approssimativo, ma può essere condotto conoscendo semplicemente la
potenza utile Put sviluppata dalla macchina, il relativo regime di rotazione
n di normale funzionamento e il grado di irregolarità b compatibile con il
suo funzionamento.
Conoscendo poi la massa volanica m, con formule di proporzionamen-
to empiriche si stabiliscono le dimensioni di massima del volano (Figu-
ra 6.14).
Il dimensionamento fin qui trattato è stato svolto secondo criteri di pura
funzionalità; proporzionato il volano, in particolare se a corona circolare,
è necessario verificarne poi la capacità di resistenza meccanica nei confron-
ti delle sollecitazioni in esso indotte dalle forze centrifughe.
Si consideri a tal proposito la semi-corona in figura 6.15: su ogni elemento
infinitesimo di essa di massa dm, in posizione generica individuata dall'an-
176 6. UNIFORMAZIONE
DELMOTO ROTATORIO

b = (1,5 + 2,5) · s
sm = (0,4 + 0,5) · d + 10 mm

r
m
lD
=__m
2
r2
L = (1,5 + 2) · d

Figura 6.14. Proporzionamento volano

golo rx, di ampiezza ds = rm • drx, agisce una forza centrifuga, diretta


radialmente verso l'esterno.
La forza centrifuga viene espressa come:

dFe = dm· w 2 r m (24)


= pdV· w 2 rm
= p · A· ds· w 2 rm
= p · A · rm · drx· w 2 rm
= p ·A· (wrm)2drx
= p · A· 2 drx
vPm (25)

Questa forza può essere scomposta come in figura 6.15; la componente in


direzione x è pari a:
dFcx = p · A · vPm
2 cos rxdrx (26)

ed è equilibrata dalla componente, uguale ed opposta, della forza centrifu-


ga agente sull'elemento infinitesimo simmetrico a quello in esame; la
componente in direzione y risulta invece:

dFcy = p · A· vPm
2 senrxdrx (27)
6.1. VOLANI 177

b
N- N
rm = raggio medio
della corona
Figura 6.15.

e sollecita la corona a trazione nelle sezioni A, producendo una forza risul-


tante:
1t 1t 1t

Fcy = JdFcy = Jp · A· v;m


· senocdoc= p · A· v;mJ
senocdoc=
o o o
= p · A· v;m cos ocrn= p · A· v;J-
· [_:_ cos n ( - cos O)] =
= p · A· v;Jl + 1]= 2p · A· v;m (28)

Imponendo la condizione d'equilibrio alla traslazione verticale della semi-


corona circolare:
Fcy -2N= O (29)
da cui:
2 =7N
7P· A· vPm (30)
si ricava:

N
crmJx -- -A -- p . v2Pm '-'~ cradm (31)

(Pghisa ~ 7,25 kg/dm 3 ; Pacciaio ~ 7,85 kg/dm 3) la formula (31) è dimensio-


nalmente omogenea:
178 6. UNIFORMAZIONE
DELMOTO ROTATORIO

e informa che:

a) le tensioni unitarie sono indipendenti dalla massa del volano;


b) le tensioni unitarie sono pure indipendenti dall'area della sezione retta
della corona;
c) le tensioni unitarie dipendono invece fondamentalmente dalla velocità
periferica (tangenziale) valutata lungo la circonferenza media della corona;
la verifica alle sollecitazioni indotte dalle forze centrifughe viene infatti
effettuata imponendo un limite a tale velocità, secondo la formula:

(32)

generalmente si assume:

Vadm ~ 40 m/s Vadm ~ 60 m/s


ghisa acciaio

corrispondenti a aadm ~ 28 MPa e O'adm ~ 12 MPa.


acc1a10 ghisa
Il calcolo delle tensioni nella corona di un volano, come precedentemente
esposto, si basa sull'ipotesi che la corona stessa sia sottile e non vincolata,
ovvero si possa liberamente dilatare sotto l'azione della forza centrifuga;
essa è però collegata al mozzo del volano generalmente per mezzo di una
serie di razze che ne obbligano la deformazione introducendo aggiuntive
tensioni di flessione, come rappresentato in figura 6.16. Per compensare
l'effetto della semplificazione di calcolo che sta alla base della teoria svolta
sarà opportuno assumere coefficienti di sicurezza maggiorati.

+I--·

Figura 6.16.
6.1. VOlANI 179
Sempre nel caso di un volano a corona circolare e razze, anche queste
ultime vanno proporzionate in relazione alle sollecitazioni a cui sono
sottoposte (Figura 6.16):

1. flessione=> per le accelerazioni angolari determinate dall'istantanea di-


suguaglianza Mm =f. M,, agisce sulla corona del volano una forza d'iner-
zia tangenziale F;,determinabile imponendo l'istantaneo equilibrio dinami-
co alla rotazione:
Dm
IM m -Ml=F·-·Z
r , 2

da cui:

(33)

Valutando le condizioni in cui è massimo il divario IMm - M, I la mag-


giore sollecitazione di flessione si avrà in corrispondenza della sezione
d'attacco delle razze al mozzo (Figura 6.15): M 1 max = F;max • I;
2. trazione=> nelle peggiori condizioni di esercizio ogni razza deve essere
in grado di resistere alla sollecitazione prodotta dalla forza centrifuga nella
corona del volano, tendente a dilatarlo:

(34)

Dato che generalmente le razze hanno una sezione che va via via riducen-
dosi dal centro alla periferia, si verificherà la tenuta della sezione d'attacco
al mozzo a tensoflessione, mentre l'opposta sezione d'attacco alla corona si
verificherà a semplice trazione.
Nel caso, peraltro poco frequente, in cui un numero limitato di razze
(4-;- 8) siano insufficienti a sopportare gli sforzi di trazione in esse indotti
dalle forze centrifughe, compatibilmente con le dimensioni assegnate a co-
rona e mozzo, si può pensare di collegare questi ultimi per mezzo di un
sottile disco, eventualmente alleggerito con fori; l'area della sezione resi-
stente a trazione in corrispondenza sia della sezione d'attacco alla corona
che in quella d'attacco al mozzo sarà costituita dalla superficie laterale di
un cilindro, ovvero, se rettificata, da un rettangolo di base nd* = 2nr*
e altezza s*; impostando l'equazione di stabilità a trazione:

Nmax
(Jmax = -- ~ (Jadm
N A
180 6. UNIFORMAZIONE
DELMOTO ROTATORIO

'1

-H---- --H---
------
------+------- ------
Figura 6.17.

in caso di progetto e tenendo presente che:

N max= FCmax = mw 2 r m
si avrà:

mw 2 r
s*=---- (35)
2nr*. G'adm

Tale relazione sarà applicata due volte in corrispondenza delle due sezioni
pericolose considerate. In figura 6.17 viene schematicamente rappresentata
la semisezione di un volano avente lo spessore interno di collegamento fra
corona e mozzo senza razze.

esercizi - esercizi - esercizi - esercizi

I seguenti esercizi (6.1-6.3) sono stati assegnati alle sessioni dell'esame di


maturità del 1967 (6.1) e del 1968 (6.2 e 6.3).

Esercizio 6.1.
Un regolatore di Hartung ha le seguenti caratteristiche:

numero di giri di regime 200 giri/min


grado di irregolarità (statismo) 3: 100
grado d'insensibilità 1:1000
ESERCIZI 181

forza resistente agente sul collare 0,5 kgr


lunghezze dei bracci (uguali) delle leve a squadra 150 mm
corsa del collare 100 mm

Determinare:

1. la forza esercitata da ciascuna molla al numero di giri di regime;


2. il peso di ciascun contrappeso;
3. il valore della forza centrifuga in corrispondenza delle posizioni estreme
del collare;
4. la costante delle molle.

Soluzione
1. Con la forza resistente agente sul collare R = 0,5 kgr e il grado di
insensibilità e= 0,001 si calcola la forza centrifuga a regime normale:

R
Fc = - = 250 kgr = 2452,5 N
o 2t:

2. Per calcolare la massa m (e quindi il peso Q) di ciascun contrappeso,


bisogna prevederne - alla velocità angolare «desiderata» w 0 (di regime)
- la distanza baricentrica r 0 dall'asse di rotazione. Poiché la corsa e del
collare è 2/3 della lunghezza / dei bracci delle leve a squadra, si prevede
r0 = 0,89 l = 0,133 m.
Pertanto:
Fc0 = mwlro = 250 kgr = 2 452,5 N
Calcolato:
2n · 200
w0 = 60 = 20,94 rad/s

si trova:
250
m = 20 942 . O 133 = 4,27 UTM ~ 41,9 kg
' '
Q = 4,27 · 9,81 = 41,9 kgr = 411 N

3. Lo statismo s (o «grado di staticità» o d'irregolarità) è nel nostro caso:


s = 0,03.
182 6. UNIFORMAZIONE
DELMOTO ROTATORIO

Pertanto le velocità angolari massima (w 2 ) e minima (w 1 ) risultano dalla


definizione:
w -w.
~ = max mm = 0,0 3
Wo

Di conseguenza:

Wmax - Wmin = 0,628 rad/s


Wmax = Wo + 0,5 · 0,628 = 21,25 rad/s
Wmin = Wo - 0,5 · 0,628 = 20,63 rad/s
I valori, massimo e minimo, della distanza baricentrica dall'asse di rotazio-
ne risultano:

e
r1 = /- 2= 100 mm

e i corrispondenti valori della forza centrifuga:


Fcs= mw;.,axrs= 4,27 · 21,252 · 0,200 = 386 kgf = 3 786,66 N
Fci = mw;.,inr1 = 4,27 · 20,632 · 0,100 = 182 kgr = 1 785,42 N
4. In considerazione della configurazione di minima velocità, detta F; la
forza di richiamo esercitata dalla molla, per l'equilibrio dinamico della
leva rispetto al suo centro di articolazione (Figura 6.18):

FcJcosr:1..- FJcosr:t. - Q/senr:t.= O

'
G
Figura 6.18.
ESERCIZI 183

dalla quale:

analogamente:
Fs = Fcs+ Q tg (t,

poiché: sena = c/2/ = 0,333, tg a = 0,354, si trova:

Fi = 182 - 41,9 · 0,354 = 167,2 kgr = 1640,23 N


F.= 386 + 41,9 · 0,354 = 400,8 kgr = 3 931,85 N
La costante (o parametro di rigidità) delle molle è dunque:

F. - Fi 233,6
K = -- = -- = 2,34 kgr/mm = 22,92 N/mm
r. - ri 100

In via semplificativa il calcolo può essere così modificato: si suppone che,


alla velocità di regime, la leva a squadra sia nella configurazione di
mezzeria. Pertanto r0 = I
250
m = 20 942 = 3,80 UTM ~ 37,28 kg
, · 0,150
Q = 37,3 kgr = 365,7 N

Rifatto il calcolo delle forze centrifughe, si trova:

Fcs= 343 kg = 3 364,83 N Fci = 162 kgr = 1589,22 N

Trascurato l'effetto del peso sull'equilibrio alla rotazione delle leve, la


costante delle molle è:
Fcs- Fci ·
K= --- = 1,81 kgr/mm = 17,756 N/mm
'• - ri

Esercizio6.2.
Il volano di un motore funzionante con la frequenza di 250 giri al minuto
ed avente una fluttuazione massima di lavoro pari a 1000 kpm, possiede
un momento d'inerzia di 80 kp · m · s2 • Si determini:

l. il grado di irregolarità, trascurando l'effetto volanico degli organi mobi-


li propri della macchina;
184 6. UNIFORMAZIONE
DELMOTO ROTATORIO

2. il momento dinamico di un volano supplementare da aggiungere a quel-


lo descritto per portare l'irregolarità all' 1%;
3. l'accelerazione angolare della macchina nelle condizioni originarie corri-
spondente a uno squilibrio di 160 kpm tra momento motore e momento
resistente;
4. la tensione massima per flessione provocata dall'accelerazione predetta
in ciascuna delle quattro razze del volano originario lunga 800 mm e aven-
te sezione circolare di diametro 50 mm;
5. per ultimo argomento vanno precisati, in uno schizzo, la sezione e l'ele-
mento sezionale nei quali si verifica la tensione calcolata.

Soluzione
1. La massima fluttuazione ciclica di lavoro, o «lavoro eccedente», è:

Le= 1000 kpm = 9 810 J

Poiché la velocità angolare media è:

2nn
w = 60 = 26,2 rad/s

e il momento d'inerzia del volano è 1 1 = 80 kpm s2 (UTM m 2 ), [784,8


kg- m 2 ] il grado di irregolarità b risulta dalla:

1000
b= -------,- = O 0182
80. 26,22 '

2. Con un volano supplementare (di momento d'inerzia 1 2 ), si deve rag-


gh.nigere un grndo d'irregolarità b = 1%.
Pertimtp; ·
1000
J = J~ + 12 = . ·.. .2 = 146 kp · m · s2 = 1432,26 kg· m 2
O:Ol, i6,-2.

12 =l - 1 1 = 146 - 80 = 66 kp · m · s2 = 647,46 kg· m 2


ESERCIZI 185

Il «momento dinamico» del volano supplementare è dunque:

Q 2 D~ = 4gl 2
Q 2 D~ = 2 590 kpm 2 = 25 407,9 N · m 2

3. Con una differenza Mm - M, = 160 kpm = 1569,6 N · m, l'accelera-


zione angolare e si deduce dalla:
Mm-M, =l 1e

160
e= - = 2rad/s 2
80

4. Alla differenza Mm - M, corrisponde una «coppia di inerzia», alla


quale contribuisce essenzialmente il complesso delle forze d'inerzia tangen-
ziali della corona del volano. Detto D 1 il diametro medio di questa
e indicando con F; la forza d'inerzia d'un quarto di corona (e che pertanto
sollecita a flessione una delle 4 razze):

dalla quale:

Da uno schizzo del volano (Figura 6.19) si ricava D 1 = 2,2 m. Pertanto:

F; = 36 kgr = 353,16 N

Il momento flettente all'attacco della razza al mozzo è:

M 1 = 36 · 870 = 31 400 kp · mm = 308 034 N · mm

Poiché il modulo di resistenza a flessione è:

n n
W = -d 3 = -50 3 = 12300 mm 3
32 32

la massima sollecitazione, nei punti A e B della sezione è:

31400 2 2
a-max=12 300 = 2,55 kp/mm ~ 25 N/mm

piuttosto elevata, trattandosi di ghisa.


186 6. UNIFORMAZIONE
DELMOTO ROTATORIO

95

Figura 6.19.

Esercizio6.3.
Un alternatore trifase che sviluppa una potenza di 37 kW a 1500 giri/min
è azionato da un motore a 4 cilindri e a 4 tempi. Assumendo opportuna-
mente tutti gli altri dati occorrenti, si eseguano:

a) il calcolo del diametro dell'albero di trasmissione;


b) il calcolo delle dimensioni di massima (raggio medio e sezione) della
corona del volano di ghisa occorrente, assumendo una velocità media della
corona stessa uguale a 30 m/s;
c) la verifica della resistenza a trazione della corona.

Soluzione

a) Per l'albero di trasm1ss10ne (Figura 6.20), in acc1a10 con CfR ~ 60


kp/mm 2 , si assuma un carico di sicurezza a torsione: "actm = 3,5 kp/mm 2 •
Nella formula:

si pone la potenza in CV (P = 37 kW = 50,3 CV).


ESERCIZI 187

motore
diesel

alternatore

A
Figura 6.20.

Pertanto:
3
50,3
d= 154
3,5 · 1 500 = 32' 8 mm

che sarà portato a 38 mm per compensare l'indebolimento causato dalla


cava per la linguetta.
b) Per un motore di questo tipo si assume il coefficiente di fluttuazione
<p= 0,25. Si prescrive il grado di irregolarità b = 0,003.
Trascurato l'effetto volanico degli altri organi rotanti, si attribuisce al solo
volano il momento d'inerzia:

J = 411000 <p~
bn

Con P = 50,3 CV, n = 1500 giri/min e gli altri valori assunti:

J = 0,512 UTM m 2 ~ 5,023 kg· m 2

Alla sola corona si attribuiscono i nove decimi di J:

Jc = 0,9 · 0,512 = 0,460 UTM m 2 = 4,52 kg- m 2

Poiché è data la velocità della corona (v = 30 m/s), si ricava il suo


diametro medio:
60v
D=-=0,382m
nn

Il peso della corona è dunque:

4gJC
Qe = - 2 = 124 kgr = 1216,44 N
D
188 6. UNIFORMAZIONE
DELMOTO ROTATORIO

Detta A l'area della sezione, y il peso volumico (y = 7,25 kgr/dm 3):

Qc = AnDy
124
A=-----= 1,43 dm 2 = 143 cm 2 = 14300 mm 2
n · 3,82 · 7,25

Assunto il lato radiale della sezione rettangolare doppio di quello assiale


(b = 2a), si ricava:

2a2 = 14 300 mm 2
a= 84,5 mm b = 169 mm

c) La sollecitazione unitaria massima a trazione nella corona è:


yv2
a=-
g
7 250. 302
a = ---- = 665 000 kgr/m 2 = 0,665 kgr/mm2
9,81

circa metà del carico di sicurezza usato per la ghisa (1,2 kgr/mm 2 ).

Il calcolo viene rifatto aiutandosi con il Manuale del Perito industriale,


6a edizione.

a) Si calcola il momento della coppia:

50,3
M = 716 -- = 24 kgrm = 24000 kgrmm = 235440 N · mm
1500

Stabilito il carico di sicurezza 't'adm= 't'max= 3,5 kgr/mm2, si esegue il


calcolo a torsione:
l6M 1
't'max= nd3

dalla quale:

d= 316· 24000 =328mm


n · 3,5 '

b) Il peso della corona si ricava dalla relazione:

<p*P
Qc = 360c5v
2
ESERCIZI 189
Con b = 1/300, P = 50,3 CV, <p* = 3 500 000, v = 30 m/s, n = 1 500
giri/min, si ricava:
Qc = 108 kgr = 1059,48 N

Trovato il diametro medio della corona:

60v
D=-=0,382m
nn

si calcolano A= 12400 mm 2 ; a= 78,5 mm; b = 157 mm.

c) La forza centrifuga agente sulla semicorona è:

Qcw2 D 108 · 1572 • 0,382


Fc = 2ng = ----- 2n · 9,81 = 16 500 kgr = 161865 N

La sollecitazione a trazione è:

Fc 16500
a= 2A = 2 . 12400 = 0,665 kgr/mm2 = 6,52 N/mm 2
Trasmissione
del moto rotatorio

7.1. Generalità sulla trasmissione del moto

La trasmissione del moto rotatorio fra due assi geometrici, ovvero due
alberi in senso rigorosamente meccanico, posti a distanza e inclinazione
generica qualsiasi, può avvenire impiegando differenti sistemi di trasmissio-
ne. Schematicamente i vari metodi di trasmissione possono essere così
riassunti:

1. trasmissione fra assi paralleli:


a) funi;
b) catene (ad anelli e articolate);
c) cinghie (piatte, trapezoidali, dentate);
d) ruote di frizione cilindriche (piane o con gole);
e) ruote dentate (ingranaggi cilindrici a denti dritti o a denti elicoidali);

2. trasmissione fra assi concorrenti in un punto:


a) ruote di frizione coniche;
b) ruote dentate coniche (a denti diritti o curvi);

3. trasmissione fra assi sgembi:


a) ruote dentate cilindriche a denti elicoidali;
b) ingranaggio vite senza fine/ruota elicoidale.

Nella trasmissione del moto, con un'opportuna geometria dei meccanismi,


7.1. GENERALITA
SULLATRASMISSIONE
DELMOTO 191

è possibile variare le grandezze che caratterizzano la potenza trasmessa:


P = M 1 • w; questo al fine di adeguare le caratteristiche meccaniche del
motore, progettato per fornire una data coppia motrice a una certa fre-
quenza di rotazione, a quelle richieste dall'utenza.
Si introduce dunque il concetto di «rapporto di trasmissione», definito (in
accordo con le norme ISO e UNI 4760-75) dal rapporto fra la velocità
angolare dell'elemento motore o movente e quella del membro condotto
o mosso o, ancora, cedente.

~ (1)

~
,--~ Fino a qualche anno fa si era soliti invece utilizzare il rapporto di
I trasmissione inteso come:

Wz ·-1
,=-=l (2)
W1

-------------·------

Per convenzione ora i membri motori sono identificati con numeri cardina-
li dispari, viceversa gli elementi condotti con numeri pari.
Supponendo di trascurare le dissipazioni di potenza che si manifestano per
attriti in tutte le trasmissioni e che si valutano introducendo opportuni
rendimenti (l'/trasmissione), in base a quanto detto si avrà che:

a) i = I trasmissione invariante; le grandezze che caratterizzano la potenza


trasmessa rimangono costanti:

b) i < I si tratta di una trasmissione di moltiplicazione; al membro cedente


è aumentata la velocità di rotazione a seguito della coppia motrice ridotta:

c) i> 1 si tratta di una trasmzsswne di riduzione; al membro cedente è


ridotta la velocità di rotazione in favore di una superiore coppia motrice:
192 7. TRASMISSIONE
DELMOTO ROTATORIO

La potenza trasmissibile con gli organi meccanici sopra elencati, definita


come quantità di energia trasferita nell'unità di tempo, può essere fornita
con differenti unità di misura:

a) Sistema Internazionale (S.1.):

[J] [N]. [m]


[W] = [s] = [s] (Watt)

b) Sistema Tecnico (S.T.):

[kpm] [kp] · [m]


-- - (kilogrammetri al secondo)
[s] [s]
dato che:
1 [kp] = 9,80665 [N]
si ha:

1 [kpm/s] = 9,80665 [W]

c) Sistema «tradizionale» tecnico-pratico:

[m] [kpm]
[CV]= 75 [kp] · - = 75 -- (cavallo vapore)
[s] [s]

per quanto detto:

1 [CV] = 75 [kpm/s] ~ 735,5 [W]

d) Sistema anglosassone:

[foot]
[HP] = 550 [lbfj · -
[s]
poiché:
1 [lbf] = 0,45359 [kp]
1 [foot] = 0,3048 [m]
7.1. GENERALITASULLA
TRASMISSIONE
DELMOTO 193
ne deriva:

1 [HP] = 550 · 0,45359 · 0,3048 [kp] · [m]


[s]
per quanto detto:

1 [HP] ~ 76,04[kpm/s] ~ 745,7 [W]

7.2. Cinghie

Si tratta di organi meccanici flessibili, a sezione retta rettangolare allun-


gata (cinghie piatte) o trapezoidale (cinghie trapezoidali), atti alla tra-
smissione di potenza, nonché alla conversione delle grandezze con le quali
la potenza è espressa (velocità angolare-momento torcente), introducendo
rapporti di trasmissione; affinché ciò sia possibile le cinghie devono po-
tersi avvolgere su particolari pulegge, a profilo generatore esterno sago-
mato (ad esempio a gola), a loro volta calettate per mezzo di un mozzo
sull'albero da movimentare o dal quale ricevere il moto. Considerando il
caso più generale di una trasmissione a cinghia fra alberi paralleli, si
definiscono· (Figura 7.1):

-
s

I
Figura 7.1.

G) puleggia motrice;
G) puleggia condotta o mossa;
a 1 angolo d'avvolgimento sulla puleggia G);
194 7. TRASMISSIONE
DELMOTO ROTATORIO

angolo d'avvolgimento sulla puleggia @;


ct 2
I interasse fra le pulegge;
S (empiricamente si assume ,.., (3 "'7'"4) volte il peso della puleggia di
0 maggiore) tensione di «tiro» applicata tendente a far allontanare fra
loro le pulegge, necessaria al fine di assicurare l'aderenza della cinghia
sulle stesse;
f tensione nei due rami della cighia (~ S/2) quando il meccanismo è in
quiete.

Esaminiamo ora più dettagliatamente il sistema di trasm1ss1one in movi-


mento (Figura· 7.2): innanzitutto tutti i punti appartenenti alla cinghia,
qualunque essa sia, devono essere caratterizzati dalla stessa velocità perife-
rica, altrimenti la cinghia slitterebbe sulla puleggia (o viceversa); supponen-
do l'assenza di slittamenti, tale velocità dovrà poi coincidere con la veloci-
tà periferica (tangenziale) di entrambe le pulegge:

e, dalla definizione di rapporto di trasmissione (UNI 4760-75):

. W1 n1 r2 d2 (T=l ·-1)
l=-=-=-=- (3)
CV2 n2 r1 di

- - ------------------------------------------ ·---·- - -
Mt2
( :)w,
-~.--- -
:
- - ------- ---

Figura 7.2.

In riferimento alla figura 7.2, il momento motore M 11 è concorde con cv1


(sulla puleggia 1 viene sviluppato lavoro-potenza), mentre il momento
resistente M 12 è discorde con cv2 (sulla puleggia 2 viene dissipato, o meglio
prelevato, lavoro-potenza); da ciò si comprende perché, mentre in quiete
7.2. CINGHIE 195

i due rami della trasmissione sono soggetti alla stessa identica tensione di
trazione (Figura 7.1) determinata dal tiro S, in movimento un ramo (in
questo caso superiore) si allenta (ramo trascinato), mentre l'altro (nel
nostro caso inferiore) si tende (ramo traente).
Trascurando le perdite di energia dovute agli attriti, essenzialmente per
slittamento e valutabili nell'ordine del 2 7 3% della potenza trasmessa
(IJcinghie ~ 0,97), dall'uguaglianza fra potenza motrice e resistente (nomina-
li):

sempre dalla definizione di rapporto di trasmissione si ricava:

. W1 Mt2
l=-=- (4)
W2 Mt1

Impostando l'equilibrio dinamico alla rotazione della puleggia motrice


(Figura 7.2) otteniamo:

(5)

quindi:

(6)

alla differenza fra le tensioni (T 1 - T 0 ) si dà il nome di «forza motrice»


F; la sua esistenza rappresenta la condizione necessaria e sufficiente affin-
ché si abbia trasmissione di potenza, ovvero momento torcente M11 ; in
caso contrario ci si troverebbe in regime di tensione statico:

Le tensioni T 1 e T0 presenti nei due rami di cinghia sono fra loro


dipendenti; a tal proposito si prenda in esame un elemento infinitesimo di
cinghia (Figura 7.3), avvolto sulla puleggia minore, individuato da un
angolo al centro di ampiezza dlX.
Le tensioni infinitesime che su di esso agiscono risultano:

a) dN = forza di reazione della puleggia sulla cinghia causata dalla tensio-


ne di montaggio a fermo;
b) fdN = forza tangenziale d'attrito, perpendicolare alla forza premente
196 7. TRA5MISSIONE
DELMOTO ROTATORIO

y~
da
X T
fd.N

-
dN
da
T
- -
T+dT

Figura 7.3.

dN e diretta nel senso di opporsi allo slittamento della cinghia sulla


puleggia;
c) f = tensione esercitata sull'elemento dalla parte di cinghia adiacente al
lato del ramo trascinato;
d) f + df = omologa tensione agente dal lato del ramo traente;
e) si trascura per il momento l'influenza della forza centrifuga
2 d1
dF=dm-w
e
-2

Imponendo le equazioni di equilibrio dinamico alla traslazione lungo le


direzioniXradiale e Ytangenziale:

R =0 -dN + Tsen(d 2a) + (T+ dT)sen(~a) =O (7)


{
R:••
-O fdN + Tcos(~a)-(T+ dT)cos(~a) =O (8)
dio.

essendo da un angolo infinitesimo espresso in radianti si possono eseguire


le seguenti approssimazioni:

sen ( -da) ~- da [rad]


2 - 2

cos ( d2a) ~1
7.2. CINGHIE 197
pertanto il sistema può essere riscritto nella forma seguente:

d~ d~ d~
-dN+ T-+ T-+dT-=0 (7')
{ 2 2 2
fdN + T- T- dT = O (8')

SvolgP.ndole necessarie semplificazioni e trascurando l'ultimo termine della


prima equazione, costituito dal prodotto di due infinitesimi del primo
ordine (si tratta di un infinitesimo del secondo ordine):

dN= Td~
{
fdN= dT

dalle quali otteniamo l'equazione risolutiva:

dT=f- Td~ (11)

La relazione (11) costituisce un'equazione differenziale a variabili separabili:

dT
-=fd~
T

risolvibile per integrazione considerando per estremi i punti limite di


avvolgimento dell'intera cinghia sulla puleggia motrice, caratterizzati dalle
tensioni T0 e Ti:

To O

[ln T]f~ = J[~Jii1


[ln Ti - ln T0 ] = J[~i - O)
Ti
ln- =f~i
To

~ (12)
~
Si è quindi dimostrato come le tensioni nei due rami di cinghia durante il
movimento, ovvero la trasmissione di potenza, non siano fra loro indipen-
198 7. TRASMISSIONE
DELMOTO ROTATORIO

denti: stabilito infatti il regime di tensione statica («tiro» conseguente al


montaggio), il rapporto fra le tensioni in equilibrio dinamico è dato da
una funzione esponenziale in cui le variabili indipendenti sono:

f = coefficiente d'attrito radente fra cinghia e puleggia;


lii = angolo d'avvolgimento della cinghia sulla puleggia di diametro infe-
riore (di < d2 => lii < liz);

il cui prodotto esprime, in un certo qual modo, l'attitudine del sistema


a trasmettere potenza.
Visto che il progetto di una trasmissione a cinghia è svolto in relazione
alla tensione massima Ti che in quest'ultima può essere indotta, si posso-
no ricavare le utili relazioni:

(13)

sovente può poi essere posto:

(14)

quindi:
(15)

Tutta la trattazione fin qui svolta riguarda la puleggia di diametro


inferiore, indipendentemente dal fatto che essa sia motrice o condotta, in
quanto comunque su di essa si verificano le sollecitazioni maggiori per la
cinghia.
Nell'analisi eseguita non si è però tenuto conto di altre due importanti
tensioni indotte nella cinghia, sia essa piatta o trapezoidale: ovvero la
tensione dovuta alla forza centrifuga (Te) e alla flessione (T 1 ).

l. Tensione aggiuntiva dovuta alla forza centrifuga Te : si consideri ancora


un elemento infinitesimo di cinghia avvolta sulla puleggia di diametro mi-
nore (Figura 7.4); su di esso agisce radialmente la forza centrifuga:

(16)
7.2. CINGHIE 199

Figura 7.4.

Indicando con p la massa volumica del materiale costituente la cinghia si ha:

dm= pdV (17)

e ancora, fissata la sezione retta costante per tutta la lunghezza della


cinghia:
dV=A· di

infine, esprimendo la lunghezza di considerata come arco:

di= rde<
la relazione (16) diviene:

dF e = dmair =
= pdVair =

= p · A· di w 2 r =
= p · A· rde<w2 r (18)

La relazione può essere riscritta considerando che:


w · r = vP velocità periferica della cinghia;
p · A= m* massa lineica, o per unità di lunghezza, della cinghia [kg/m];

ovvero:
dF e = m* · vp2 · de< (19)
200 7. TRASMISSIONE
DELMOTO ROTATORIO

Di tale forza infinitesima si possono individuare le componenti ortogonali


(x e y):
dFey = dFe cosa= m* · vp2 · cosa da (20)

il cui effetto è controbilanciato da un'analoga forza infinitesima ad essa


opposta, agente sull'omologo elemento di cinghia simmetrico rispetto
all'asse orizzontale della trasmissione di quello in esame; essa non ha
perciò effetto sulla determinazione di Te;

dFex = dFesena = m* · v;· sena da (21)

che invece contribuisce decisamente a indurre nei rami della cinghia una
tensione di trazione aggiuntiva Te; occorre perciò valutarne la risultante
rispetto a tutti gli elementi infinitesimi di cinghia costituenti l'arco avvolto
sulla puleggia di diametro minore.
Operando per integrazione e considerando le condizioni peggiori rappre-
sentate da un arco di avvolgimento a 1 = n (teoricamente), si ha:
1t

Fex = J dFex = Jm* · v;· sena da=


o
1t

= m* v;Jsen a da =
o

= m*v; [ - cos a]ò =


= m*v; [ - cos n - ( - cos O)]=
= m*v; [ - ( - 1) - ( - 1)] =
= 2m*vp2 (22)

Tale sollecitazione di trazione si suppone sopportata, equamente riparti-


ta, nei due rami della cinghia; infatti essa si distribuisce pressoché unifor-
memente lungo tutta la cinghia, indipendentemente nei rami condotto
e conduttore, così pure su entrambe le pulegge; applicando l'equazione
che impone l'equilibrio dinamico del sistema, raffigurato nella figura 7.4,
si ha:
2Te = Fex
7Te =7m*v;

Te = m*vp2 (23)
7.2. CINGHIE 201

2. Tensione supplementare di flessione conseguente all'avvolgimento della


cinghia sulle pulegge: a differenza della precedente sollecitazione, uniforme
lungo tutta la cinghia come si evince dalla relazione (23), essa è concentra-
ta esclusivamente nei tratti di cinghia che, ciclicamente, si avvolgono sulle
pulegge e sarà certamente superiore per la puleggia di diametro minore che
costringe la cinghia a un più ridotto raggio di curvatura (sia essa motrice
o condotta). Dalla teoria sulla flessione semplice retta si ricordano le
relazioni che esprimono sforzi e deformazioni:

(24)

(24')

(25)

Figura 7.5.

ricavando dalle prime due:

e sostituendo nella equazione (25):


E
<JM = - .y (26)
f r

Ovviamente tale sollecitazione sarà massima nei punti più distanti dall'asse
neutro della flessione considerata, per i quali:

E
(Jmax = - · Ymax (27)
M.r r
202 7. TRASMISSIONE
DELMOTO ROTATORIO

Per semplicità di trattazione, si accetta la seguente approssimazione: si


considera una tensione fittizia di trazione equivalente a quella reale di
flessione, tale che induca nella sezione resistente della cinghia gli stessi sforzi
unitari massimi.
Ovviamente ciò equivale a considerare (Figura 7.6) sforzi uniformemente
distribuiti su tutta la sezione resistente retta della cinghia, anche se in
realtà le tensioni di flessione sono distribuite linearmente assumendo valori
limite di trazione e di compressione (pure opposti se la sezione è simmetri-
ca rispetto all'asse neutro della flessione).

___ - =>-------------
7!__________________________
Il_________ ---------,
aMJ

Figura 7.6.

Per le condizioni poste:

da cui, nel caso generale:

E· A· Ymax
T1=---- (28)
r

si può notare, come giustamente deve verificarsi, che a parità di tutte le


altre condizioni (materiale costituente la cinghia - E; area sezione retta
resistente -A; spessore - Ymax),la tensione fittizia T1 aumenta al dimi-
nuire del raggio di curvatura imposto alla cinghia.
Nel caso di cinghie piatte la suddetta relazione può essere ulteriormente
sviluppata; assumendo, m condizioni certamente peggiorative (in favore
della sicurezza):

indicando con d 1 il diametro della puleggia minore (in verità, rigorosamen-


7.2. CINGHIE 203

te si avrebbe):

nonché sostituendo in base alle notazioni in figura 7.7:

h
A =b· h Ymax = '.2

n n
h

Figura 7.7.

s1 ncava:

E· b · h · h/J Ebh 2
TI=-----= -- (29)
d1 d1
J

Di tutte le tensioni esaminate è possibile valutare la tensione risultante Ts,


detta «tensione superiore»; trattandosi della composizione di sforzi della
stessa natura (trazione), si avrà:

(30)

ovviamente, fra T 1 e T 0 si considera la tensione maggiore T 1 > T 0 !


Affinché la cinghia risulti idonea a trasmettere la potenza richiesta, in essa
la tensione superiore Ts non deve superare quella ammissibile, in relazione
alla sezione resistente, al materiale costituente la cinghia stessa; nei proget-
ti in realtà tale disequazione/equazione (caso di verifica o progetto vero
e proprio), non è mai posta in maniera diretta ed esplicita, soprattutto in
204 7. TRASMISSIONE
DELMOTO ROTATORIO

relazione al fatto che il calcolo di resistenza delle cinghie deve essere


eseguito tenendo presente i fenomeni di fatica in esse indotti dalla ciclicità
con cui gli sforzi di trazione suddetti si alternano nelle varie parti della
trasmissione (si vedano, a tal proposito, le figure 7.8 e 7.9).

Figura 7.8.

Ts

a b e d

Figura 7.9.

A causa di queste complicazioni le singole tensioni vengono limitate indi-


rettamente a partire dalla causa prossima che le determina; più precisa-
mente:

a) T1 ~ si impone di non impiegare cinghie di eccessivo spessore nonché


pulegge di diametro non inferiore a limiti fissati unificati;·

~ Per le cinghie piatte di cuoio lo spessore è sostanzialmente costan-


. te, derivando queste dalla conciatura di pelli animali bovine: h ~ 4 mm; al
; limite, con strati sovrapposti, si ottengono spessori multipli.
7.2. CINGHIE 205
b) Te=>si impone un limite alla velocità periferica della cinghia (general-
mente: vP ~ 25 + 30 m/s); questo anche al fine di non causare anomale
sollecitazioni di fatica;
c) (T 1 - T0 ) => ogni tipo di cinghia è idonea a trasmettere potenza con
condizioni di avvolgimento (verifica dell'interasse fra le pulegge) e di
aderenza (limite imposto al «tiro» statico di montaggio) ben definite.

Tutte le condizioni esposte, qui in forma semplicemente intuitiva, si ritro-


vano nel procedimento di calcolo delle trasmissioni a cinghia o con vere
e proprie verifiche da rispettare, oppure sovente sono imposte da diagram-
mi di cui ci si avvale per valutare le varie grandezze (vedere gli esercizi
svolti nei paragrafi 7.2.1 e 7.2.2 e Appendice).
Assai più diffuse delle cinghie piatte sono oggi le cinghie trapezoidali
(Figura 7 .1O), aventi la caratteristica sezione retta a trapezoide isoscele,
costituite da un nocciolo. (nucleo in corrispondenza dell'asse neutro della
flessione!) formato da trefoli affiancati e/o sovrapposti in nylon (poliam-
mide) o d'acciaio, destinato a sopportare gli sforzi di trazione; il tutto
è avvolto da gomma particolare, caratterizzata da elevata elasticità, de-

n
h

Figura 7.10.
206 7. TRASMISSIONE
DELMOTO ROTATORIO

formabilità, aderenza e coefficiente d'attrito radente. Il vantaggio deri-


vante dall'impiego di cinghie trapezoidali anziché piatte risiede proprio
sulla loro forma; infatti le cinghie trasmettono potenza sopportando una
tensione F perpendicolarmente alla loro sezione retta; questa tensione
deriva dall'aderenza che, a causa della tensione S di «tiro» al montag-
gio, si sviluppa fra le superfici a contatto reciproco cinghia-puleggia.
Ora, mentre per le cinghie piatte si ha:

dF=f- dS ::::- JT (31)

per le cinghie trapezoidali occorre considerare le componenti di S agenti


perpendicolarmente alle superfici di contatto oblique (Figura 7.11); detto
f3= (15---:-20) l'angolo di semiapertura formato tra i fianchi, dal poligo-
0

no delle forze in figura 7.1 lc si ricava:

dS = dNsen/3 · 2 (32)

dS
dN=-- (32')
2 sen f3

la forza d'attrito-aderenza che consente la trasmissione di potenza risulterà


perciò:

d.."!::::-dF = J, 2dN = _j_ · dS


sen/3
(33)

-
dS~
dN

a) b) e)

Figura 7.11.
7.2. CINGHIE 207
A parità di condizioni di trasmissione si comprende come per le cinghie
trapezoidali sia assicurato un coefficiente d'attrito radente fittizio:

f' =_i_ (34)


sen/3

certamente superiore a quello determinato per una cinghia piatta equiva-


lente.
In pa,rticolare si ha:
per /3= 14°=~I'~ 4 · f
per /3= 19°=~I'~ 3 · f

ciò significa che, fissate le condizioni di montaggio geometriche e dinami-


che (interassi, angoli d'avvolgimento, materiali ...), a parità di tensione di
montaggio le cinghie trapezoidali, assicurando una migliore aderenza. (ef-
fetto di «incuneamento»), sono in grado di trasmettere potenze più elevate
(ecco perché sono rinforzate internamente da anime d'acciaio o di altri
materiali); in altre parole, a parità di potenza trasmissibile, è possibile
adottare una cinghia di minor ingombro, riducendo le dimensioni del-
l'intera trasmissione.

7 .2.1. Schema di calcolo di una trasmissione a cinghie piatte

Dati del problema:

- potenza nominale o di targa del motore P e relativa velocità angolare w 1 ;


- interasse di trasmissione I;
- rapporto di trasmissione i.

Si procede come segue:

a) determinazione della potenza di calcolo Pc: per tener conto di eventuali


sovraccarichi o degli spunti all'avviamento, si definisce un fattore di servi-
zio C., tabulato in base alle applicazioni, con il quale maggiorare opportu-
namente P:

(35)

b) si sceglie il diametro (ad esempio d 1 ) della puleggia minore, in previ-


208 7. TRASMISSIONE
DELMOTOROTATORIO

sione di usare un dato tipo di cinghia, evitando ove possibile i valori


m1mm1;
c) calcolo della puleggia di diametro magg10re (ad esempio d2 ): dalla
definizione di rapporto di trasmissione:
. Cùi d2
l=-=-
Cùz di

si ricava, nel nostro caso: d2 = i· di;


d) verifica dell'interasse: una formula empirica dedotta dall'esperienza, che
indirettamente tiene conto degli angoli d'avvolgimento evitando in partico-
lare che e.ti sia insufficiente, prevede di verificare che fra le due pulegge
della trasmissione possa interporsi una terza puleggia fittizia di diametro
pari a quella più piccola; analiticamente:

I>- (di + d2 + d )
1/ 2 2 i

==> (36)

1rrun

Figura 7 .12.

e) calcolare la velocità periferica vP della cinghia:

verificando che rientri nei limiti previsti per il buon funzionamento della
cinghia;
7.2. CINGHIE 209
f) calcolare la lunghezza della cinghia L con la formula:

(d 2 d 1) 2
L = 21 + 1 57 (d + d2 ) + - (37)
' 1 4/

g) dedurre, da apposite tabelle, la potenza nominale trasmissibile dal tipo


di cinghia scelto per unità di larghezza, nel caso l'angolo di avvolgimento
fosse r:1..= 180° (i= 1), in relazione al diametro della puleggia minore (d 1 )
e alla velocità periferica della cinghia;
h) valutare il coefficiente correttivo Ca: esso tiene conto dell'ampiezza del-
l'angolo d'avvolgimento della cinghia sulla puleggia minore (d 1 - r:1..1 ) e con-
sente di valutare la potenza effettiva trasmissibile dalla cinghia per unità di
larghezza; è definito dalla geometria della trasmissione in base al rapporto:

(38)

(valori tabulati);
i) calcolo della potenza effettiva trasmissibile dalla cinghia per unità di
larghezza:

(39)

1) determinazione della larghezza della cinghia da adottare, eseguendo il


rapporto fra la potenza di calcolo Pc e quella trasmissibile effettivamente
per unità di larghezza:

(40)

m) i dati costruttivi ottenuti per la cinghia calcolata dovranno poi essere


confrontati con quelli di commerciale fornitura; in particolare la larghezza
della cinghia sarà maggiorata al valore nominale immediatamente superio-
re; lo stesso arrotondamento sarà svolto per la sua lunghezza: ciò compor-
terà una minima variazione dell'interasse di trasmissione che un tenditore
della cinghia dovrà essere in grado di limitare a valori accettabili, al limite
per annullare queste variazioni.
210 7. TRASMISSIONE
DELMOTO ROTATORIO

7.2.2. Schema di calcolo di una trasmissione


a cinghie trapezoidali

Dati del problema:

- potenza nominale o di targa del motore P e relativa velocità angolare


W1(n1);
- interasse di trasmissione I;
- rapporto di trasmissione i.

Si procede come segue:

a) determinazione della potenza di calcolo Pc: tenendo conto dei possibili


sovraccarichi o degli spunti all'avviamento, si definisce un fattore di servi-
zio Cs, tabulato in base alle applicazioni, con il quale maggiorare opportu-
namente P:

I P, ~ C,· p I (41)

b) scelta del tipo di cinghia unificata da adottare: in relazione alla potenza


di calcolo e alla frequenza di rotazione della puleggia di diametro (ancora
incognito) minore, con opportuni diagrammi è possibile stabilire il tipo di
sezione resistente da attribuire alla cinghia, secondo normativa;
c) scelta del diametro della puleggia minore (con l'ausilio di manuali
tecnici): in base al tipo di cinghia da adottare, si fissa ad esempio d 1 ,
compatibilmente con le dimensioni della trasmissione e con i valori minimi
imposti (adottare preferibilmente quelli consigliati);
d) calcolo del diametro della puleggia maggiore: dalla definizione di rap-
porto di trasmissione:

. W1 d2
l=-=-
W2 d1

e) verifica dell'interasse: come già esposto per il calcolo di trasrmss10ne


con cinghie piatte, si dovrà verificare, per il buon funzionamento della
trasmissione, che:

(42)
7.2. CINGHIE 211

f) calcolo della velocità periferica della cinghia:

di d2
vP = w1 2 = w2 2
verificando che rientri nei limiti previsti per il buon funzionamento della
cinghia scelta;
g) calcolo della lunghezza della cinghia, con la:

(d2 d1) 2
L = 21 + 1, 57 (d 1 + d2 ) + -
4/ (43)

questa sarà maggiorata al valore unificato più prossimo; valutando inoltre


un allungamento d'esercizio del 3% si provvederà a calcolare il nuovo
interasse di funzionamento, nonché la corsa dell'eventuale tenditore;
h) dedurre, da apposite tabelle riportate sui manuali tecnici, la potenza
nominale trasmissibile dalla singola cinghia del tipo scelto, nel caso di
angolo d'avvolgimento a= 180° (i= 1), in relazione alla sua velocità
periferica e al diametro della puleggia minore;
i) calcolo della potenza effettiva trasmissibile dalla singola cinghia; a que-
sto proposito è necessario valutare l'entità di due coefficienti:
C" = tiene conto dell'ampiezza dell'angolo d'avvolgimento sulla puleggia di
diametro minore; è definito dalla geometria della trasmissione ed
inserito in apposite tabelle;
Ce= tiene conto dei fenomeni di fatica a cui la cinghia è sottoposta, in
relazione alla sua lunghezza; è anch'esso tabulato o deducibile da
diagrammi;

si procede quindi calcolando:

(44)

l) determinazione del numero di cinghie necessarie per realizzare la trasmis-


sione, dividendo la potenza di calcolo per quella effettivamente trasmissibile
dalla singola cinghia:

(45)
212 7. TRASMISSIONE
DELMOTO ROTATORIO

ovviamente z sarà approssimato per eccesso al numero intero più vicino.

~-~ Vedere esercizio, in Appendice, relativo al dimensionamento di


una trasmissione mediante cinghie trapezoidali.

esercizi - esercizi - esercizi - esercizi

Esercizio 7.1.
Un motore a ciclo Diesel, 8 cilindri, 4 tempi, è collegato a un alternatore
trifase da 150 kW, avente due coppie di poli, che eroga corrente avente la
frequenza di 50 Hz.
Scegliendo opportunamente ogni altro dato occorrente si dimensioni il
volano del motore adottando come materiale la ghisa.

Esercizio 7.2.
Effettuare il proporzionamento di una trasmissione con cinghie trapezoida-
li, in servizio continuo, mediante le quali si vuole azionare, con un motore
a ciclo Diesel erogante una potenza N = 45 kW a 1 900 giri/min, un
generatore elettrico a corrente continua che deve ruotare al regime di
(circa) 670 giri/min.
L'interasse della trasmissione deve ritenersi pari a 1 000 mm.
Trasmissione del moto
mediante
ruote dentate cilindriche

8.1. Ruote di frizione

Le ruote di frizione rappresentano la soluzione più semplice del problema della


trasmissione del moto tra assi paralleli o, al limite, concorrenti in un punto: si
tratta di impiegare una coppia di ruote che sono in grado di trasmettere
potenza in virtù dell'aderenza che si manifesta fra le rispettive superfici; è ovvio
che per evitare lo slittamento, le ruote, poste a contatto, dovranno essere messe
in pressione l'una sull'altra per realizzare la necessaria forza d'attrito.

8.1.1. Ruote di frizione cilindriche

Cominciamo a esaminare ruote di frizione cilindriche. Dalla schematica


rappresentazione in figura 8.1 per la geometria del meccanismo si ricava:
I= r 1 + r2 ; supponendo di trascurare l'influenza degli attriti, quindi in
condizioni di trasmissione ideale priva di slittamenti, dalla definizione di
rapporto di trasmissione: i= Wi si ha:
Wz

e quindi:

. W1 n1 r2 d2
l=-=-=-=- (1)
Wz n2 r1 di
214 8. TRASMISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CILINDRICHE

I'

I
Figura 8.1.

Dovendo, nel caso di progetto di una trasmissione con ruote di frizione


cilindriche, rispettare sia il rapporto di trasmissione che l'interasse prefissa-
ti, la geometria del sistema sarà ricavabile da:

(2)
(3)
La forza motrice trasmessa:

M, p p
F=-1=--=-
r1 W1. '1 vP

è effettivamente trasmissibile se esiste una forza (resistenza R) in grado di


bilanciarla, la quale dipende dall'entità della forza premente S e dalla
natura delle superfici a contatto:

R =f- S (4)
con:
f = coefficiente d'attrito «radente» (si tratta di uno scorrimento-stnscia-
mento se si considera la condizione limite per la quale le ruote tendono
a strisciare/scivolare l'una sull'altra); si riportano di seguito i coeffi-
cienti d'attrito desunti dall'esperienza per alcuni tipici accoppiamenti
fra materiali:
ghisa su ghisa-0,10 + 0,15
cartone pressato su ghisa- O,15 + 0,20
cuoio su ghisa- 0,20 + 0,30
legno su ghisa- 0,25 + 0,30
gomma su metallo-0,40 + 0,60
8.1. RUOTEDI FRIZIONE 215

Riassumendo, la condizione affinché sia realizzata una corretta trasmissio-


ne è espressa dalla:

I 1R1;,IFI (5)

sostituendo le relative espressioni:

M
s~-'-1 (6)
f- r1

con la quale è possibile determinare la forza di pressione minima necessa-


na.
Al fine di limitare l'entità di S, che seppure sopportata validamente dalle
ruote non è detto che lo sia dagli alberi su cui queste sono calettate, si
comprende come sia utile realizzare il più elevato coefficiente d'attrito
possibile e adottare ruote di diametro superiore.
Occorre però osservare che il coefficiente d'attrito radente e la pressione
ammissibile di contatto sono in un certo qual modo inversamente propor-
zionali tra di loro se si confrontano materiali diversi: ad esempio l'acciaio
ha ottime caratteristiche meccaniche rispetto alla gomma, ma assicura un
coefficiente d'attrito certamente di molto inferiore.
In ogni caso l'elemento che, una volta fissata la geometria della trasmissio-
ne, determina l'entità delle pressioni specifiche di contatto è la larghezza
b delle ruote di frizione; per ogni materiale è definita una ben determinata
pressione specifica lineare di contatto p:dm [N/m] (si tratta di una forza per
unità di lunghezza).
Esempio:
ghisa: P:dm= 30-;- 40 N/mm
acciaio: p:dm = 50-;- 60 N/mm

Stabilita, come già illustrato, la forza di compressione agente complessiva-


mente fra le due ruote a contatto, si imposterà la disequazione:

s
* - - :!( p*adm
Pmax-b"" (7)

che, in caso di progetto, consente di determinare:

(8)
216 8. TRASMISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CILINDRICHE

~ È bene che b non superi determinati limiti (es. 100 mm) m


, quanto sarebbe difficile assicurare l'uniformità delle pressioni specifiche di
contatto lungo le generatrici.

Per migliorare l'efficienza della trasmissione si usano ruote di frizione cilindri-


che con ricavate sulla corona una serie di scanalature trapezoidali (Figu-
ra 8.2); per effetto dell'incuneamento delle parti coniugate, come già analizza-
to trattando le cinghie trapezoidali, si ottiene un coefficiente d'attrito fittizio:

f'=_L (9)
sen/J

Figura 8.2.

sensibilmente più elevato di quello che si manifesterebbe fra superfici a


contatto piane (con /J= 15° si ha: f' ~ 3,8f!). Ciò significa che, a pari-
tà di potenza trasmissibile, è necessaria una pressione di montaggio certa-
mente inferiore:

(10)

o, ancora, a parità di forza premente è possibile la trasmissione di potenze


più elevate.

8.1.2. Ruote di frizione coniche

Le ruote di frizione coniche, ancora meno diffuse di quelle cilindriche,


realizzano la trasmissione del moto fra assi incidenti o concorrenti in un
8.1. RUOTEDI FRIZIONE 217

punto (Figura 8.3), basandosi sempre sul notevole attrito reciproco esercita-
to da una opportuna forza premente (pressione di montaggio). In figura 8.3
è rappresentata schematicamente una trasmissione: gli assi di rotazione,
concorrenti nel vertice V, formano con la generatrice comune alle due ruote
gli angoli y1 e y2 di semiapertura dei coni (y = y1 + y2 ); dalla definizione
ormai nota del rapporto di trasmissione si avrà, ancora una volta:

. W1 n1 r2
l=-=-=-
W2 n2 r1

Figura 8.3.

Si tratta perciò di ricavare il legame analitico esistente fra detto rapporto


di trasmissione e la geometria dei coni che originano il profilo delle ruote
di frizione. Si costruisca graficamente il parallelogramma V0 1 M0 2 in
modo tale che i segmenti adiacenti VO 1 e VO 2 risultino direttamente
proporzionali rispettivamente a n 1 (w 1 ) e n 2 (w 2 ); dai triangoli sottoindi-
cati si ricava (Figura 8.3):
6. --
VMM2---+r2 = MV· seny 2
6. --
VMM 1 ---+r 1 = MV· sen y 1

sostituendo nell'espressione del rapporto di trasmissione:

. ~sen Y2 sen Yz
l==~-- (11)
~sen y1 sen Y1
218 8. TRASMISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CILINDRICHE

cioè il rapporto di trasmissione realizzato è pari al rapporto fra i seni dei


semiangoli di apertura dei coni della ruota condotta e di quella motrice.
Un tipico problema geometrico di progetto è realizzare una trasmissione
fra assi incidenti inclinati di un angolo y con il voluto rapporto di trasmis-
sione; il sistema (A) con i dati assegnati non è infatti di facile risoluzione:

y = Y1 + Y2
{
==> (A) . sen Y2
l=--
sen y1

Sempre dalla figura 8.3 si ricava però:

MO 2 seny

per la costruzione effettuata, per ipotesi:

sostituendo:

n 1 sen y M sen y seny


tgyz = = -· ==
n 1cosy + n 2 M cosy + n 2/n 1 1
cosy + 2

sen y isen y
----= (12)
icosy + 1 icosy + 1
i

allo stesso modo:

M0i sen y n 2 sen y


M0 1 cosy + 0 1V n 2 cosy + n 1
n 2 sen y
(13)

da cui:

JJi seny seny


tgy1=-·----- (14)
JJi cos y + nifn2 cosy + i
8.1. RUOTEDI FRIZIONE 219
Esaminiamo alcuni casi particolari:

1
a) y = 90°=tgy 1 =-:- tgy2 = i
l

Il proporzionamento di una ruota di frizione conica (Figura 8.4) non


è dissimile da quello già illustrato per le ruote cilindriche; ipotesi di
partenza è il rispetto delle condizioni di trasmissione (i) e di ingombro (in
questo caso la definizione di un interasse I non è significativa!), dai vincoli
imposti si ricava, con le relazioni prima determinate, la geometria del
sistema, in riferimento a un raggio medio (determinato da questioni d'in-
gombro o imposto dalla limitazione di vPm.)del tronco di cono; affinché la
trasmissione sia funzionale e cioè priva di slittamenti, come già visto dovrà
essere verificata la:

da cui:

(15)

D d

Figura 8.4.
220 8. TRASMISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CILINDRICHE

tenendo presente le osservazioni esposte per le ruote di frizione cilindriche,


la larghezza della ruota, ovvero, l'altezza del tronco di cono, è calcolata
limitando la pressione specifica lineica di contatto secondo la:

P * --~b ~Padm
*
da cui, in caso di progetto:

(16)

Ricavato b, facilmente poi si calcolano (sulla base della figura 8.4):

D =2 (r + i sen
m y ') (17)

d= 2(rm
-isen y') (18)

I= b · cosy' (19)

8.2. Ruote dentate cilindriche a denti diritti

Al fine di ridurre gli inconvenienti che una trasmissione a ruote di frizione


comporta (ad esempio slittamenti), nelle ruote dentate la trasmissione del
moto-potenza è affidata alle spinte che si trasmettono reciprocamente
i denti che sporgono dalle corone delle ruote (Figura 8.5).
La trasmissione del moto deve in ogni caso svolgersi con la massima rego-
larità, idealmente senza urti, rispettando la costanza del rapporto di trasmis-
sione. A tal proposito esaminiamo il moto di una coppia di ruote dentate ci-
lindriche a denti diritti osservandone le condizioni di contatto fra i profili
coniugati (Figura 8.5): ognuna delle due ruote dentate fa riferimento a una
circonferenza particolare (circonferenza primitiva, come sarà in seguito spe-
cificato); siano le due circonferenze di centro rispettivamente 0 1 e 0 2 , tan-
genti in C, e sia la coppia di denti in presa a contatto nel punto A. Consi-
derato tale punto pensato appartenente prima alla ruota CDmotrice, poi
alla ruota @ condotta, le relative velocità periferiche istantanee risultano:

VA1 =W1. 01A (20)


vA2 = Wz. 02A (21)
8.2. RUOTEDENTATE
CILINDRICHEA DENTIDIRITTI 221

Figura 8.5.

Al contatto i due denti non devono urtarsi né distanziarsi, a tal proposito


si conduca da A la retta (n-n) di contatto (o di pressione o ancora normale
di contatto) perpendicolare alla tangente del profilo di entrambi i denti
(deve essere comune, altrimenti o i denti si compenetrano o non si tocca-
no) nel punto di contatto A; inclinata di un angolo a rispetto all'orizzonta-
le (perpendicolare alla congiungente i centri 0 1 e 0 2 ). Dalla figura 8.5 si
osserva che, affinché non vi siano né urti, né distanziamenti fra i profili,
è necessario che le proiezioni di VA, e V Ai sulla retta (n-n) siano uguali,
ovvero che la velocità relativa in direzione normale alla superficie di con-
tatto sia nulla. Anche in questo caso non è comunque assicurata l'assenza
di strisciamenti relativi poiché esiste sempre, a eccezione del punto notevo-
le C, una velocità relativa tangenziale alle superficie di contatto, causa di
attriti e quindi di usura (la velocità VR in figura 8.5).
Dall'esame della figura 8.5 si ricavano le condizioni di similitudine fra
i triangoli:

(siano N 1 ed N 2 i piedi delle perpendicolari mandate dai centri delle ruote


alla normale di contatto n-n).
Stabiliti gli angoli:
222 8. TRASMISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CILINDRICHE

si ha pure:
_.,,,,,....._,_ ............... ......-..... ......-.....
BAD = BAN 1 - DAO 1 - O 1AN 1 =
= 180° - 90° - (90° - <X1)
=

,,......__ ,,......__ ,,......__


BAE = EAO 2 - BAO 2 =
= 90° - (90° - <Xz)=

= <Xz
Ne segue che:
Vn = VAi· COS <X1= W1· O1A · COS <X1
v" = VA 2 · cosa 2 = W 2 • 0 2 A· cosa 2
da cui:

Essendo il rapporto di trasmissione definito da:

si otterrà:
. 'o;Acosa 2 O2N2
z= O 1Acos a 1 = O 1N 1

Infine, per similitudine fra i triangoli:

si ha:

(22)

ovvero il rapporto di trasmissione di un ingranaggio cilindrico a denti diritti


è pari al rapporto fra i raggi (diametri) delle circonferenze tangenti delle
ruote di frizione cilindriche a esse omologhe, dette circonferenze primitive.
8.2. RUOTEDENTATE
CILINDRICHEA DENTIDIRlm 223
Affinché sia assicurata la costanza del rapporto di trasmissione durante
l'ingranamento è necessario che la normale di contatto (n-n) passi per il
punto C di tangenza di dette circonferenze (condizione necessaria e suffi-
ciente è la invarianza dei segmenti 0 1 C e O 2 C ).
Per questo occorre che i fianchi dei denti siano profilati in maniera
opportuna; i profili che consentono questa costanza del rapporto di tra-
smissione sono due:

1. profilo cicloidale (ordinario, ipocicloidale, epicicloidale): generato da un


punt9 di una circonferenza che rotola, senza strisciare, su una retta o una
circonferenza, esternamente o internamente a essa (Figura 8.6); per la co-
struzione di ruote dentate tale profilo è stato da tempo abbandonato, sal-
vo qualche applicazione in orologeria e per i compressori/pompe tipo
Root, nel caso siano trasmesse ridotte potenze e siano richieste ruote con
un ridotto numero di denti; questo perché i denti a profilo cicloidale ri-
sultano indeboliti alla base e perché l'angolo di pressione, definito dall'in-
clinazione della retta di pressione con l'orizzontale (perpendicolare alla
congiungente i centri delle ruote coniugate), varia durante l'ingranamento;

Figura 8.6.

2. profilo a evolvente di cerchio: ottenuto facendo rotolare senza strisciare


una retta su una circonferenza a essa tangente (Figura 8.7); è impiegato
per la costruzione di ingranaggi di potenza in quanto consente di mantene-
re un rapporto .di trasmissione costante nonché assicurare la univocità
della retta di pressione, cosicché l'azione di spinta fra i denti si mantiene
sempre nella stessa direzione. Per la costruzione grafica dell'evolvente si
nota che l'andamento della curva dipende solo esclusivamente dal diame-
tro della circonferenza di riferimento, detta di base; inoltre si ha che le
lunghezze dei segmenti A'B, A"C... (Figura 8.7) sono rispettivamente
uguali a quelle degli archi AB,AC...
224 8. TRASMISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CILINDRICHE

Figura 8.7.

Il proporzionamento di una ruota dentata, in particolare la sua dentatura,


è svolto per convenzione ed evidente praticità in relazione a una grandezza
di riferimento denominata modulo; si tratta di una grandezza introdotta
per agevolare la costruzione delle ruote dentate, la cui dentatura ha passo:
nd
p=- (23)
z
indicando con:
z = numero di denti (numero di vani);
d = diametro primitivo.

Figura 8.8.
8.2. RUOTEDENTATE
CILINDRICHEA DENTIDIRITII 225
Il passo di una dentatura, ovvero la distanza fra due punti omologhi
appartenenti a due denti consecutivi misurata sulla circonferenza pri-
mitiva (si tratta di un arco), risulta di difficile commensurabilità
per la presenza, nel membro di destra, del numero irrazionale n; per
questo si è posto più semplicemente:

[2][mm] (24)

Il proporzionamento modulare (nei paesi anglosassoni è in. uso il pro-


porzionamento impiegando il Diametral Pitch, rapporto tra z e d espres-
so in pollici: p = 25,4/m) rispetta la seguente nomenclatura (UNI 6773):

rx = angolo di pressione formato dalla retta di pressione con la normale


alla congiungente i centri di rotazione delle rette costituenti l'ingra-
naggio ("' 20°);
r = raggio della circonferenza primitiva, ovvero quello della retta di
frizione omologa alla ruota dentata in esame;
rb = r cos rx: raggio della circonferenza di base o deferente, riferimento per
la costruzione del profilo a evolvente dei fianchi dei denti;

~ Nel caso in cui rb > rJ i profili dei fianchi dei denti sono prolun-
gati all'interno di rb circa radialmente!

ra = raggio della circonferenza di troncatura esterna, m corrispondenza


della quale il profilo a evolvente viene interrotto;
r 1 = raggio della circonferenza di troncatura interna, m corrispondenza
della quale il profilo a evolvente viene iniziato;
ha = addendum, definito come differenza fra il raggio di troncatura ester-
na, o raggio di testa, e il raggio primitivo: ha= ra - r = m;
h 1 = dedendum, definito come differenza fra il raggio primitivo e il raggio
di troncatura interna o di piede: h1 = r - r1 = 1,25 m; tempo fa si
. h'e: h = 5 m, assumere: h = 7 m;
era sol'1tI. porre, anz1c 1 4 1 6
h = ha + h1 = 2,25 m: altezza complessiva del dente; il dedendum è supe-
riore all'addendum per evitare lo strisciamento della testa del dente
nel vano in cui alloggia;
b = À · m (2 = 10...,...
30, passando da ingranaggi ordinari a quelli di
precisione): larghezza utile della dentatura (Figura 8.9a).
226 8. TRA5MISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CILINDRICHE

b)
Figura 8.9.

Il profilo geometrico descritto subisce generalmente «ritocchi» per essere


più idoneo a un corretto funzionamento/ingranamento:

1. arrotondamento di base = è evitata la realizzazione di spigoli vivi sul


fondo del vano, sia per vincoli costruttivi che per rafforzare la base del
dente evitando pericolosi effetti d'intaglio; generalmente si assume (Fi-
gura 8.9b):
p1 = 0,4 · m

2. riduzione dello spessore = attuato, se necessario, tra i fianchi oziosi che


non prendono parte alla trasmissione, assicurando un opportuno gioco (y)
che faciliti la lubrificazione ed eviti impuntamenti (dilatazione termica,
variazione dell'interasse ...);
3. aumento dell'interasse = a dentature immutate non rende cinematica-
mente scorretto il funzionamento della trasmissione, così pure il rapporto
di trasmissione, aumentando il dedendum a scapito dell'addendum; di
conseguenza si ha un aumento dell'angolo di pressione e maggiori proble-
mi per la resistenza del dente, soggetto a urti all'inversione del senso di
marcia, nonché di spessore inferiore.

Affinché sia assicurato l'ingranamento fra due ruote dentate a denti diritti
8.2. RUOTEDENTATE
CILINDRICHEA DENTIDIRITil 227

è necessario che abbiano lo stesso modulo; conseguentemente il relativo


rapporto di trasmissione, tenendo presente quanto già esposto anche trat-
tando le ruote di frizione, nonché la definizione di modulo, risulta:

. C.01 n1 r2 d2 Z2
l---------- (25)
C.02 n2 r1 di z1

Considerando una coppia di ruote dentate a denti diritti in presa (Fi-


gura 8.1O), il contatto fra i relativi fianchi, imposto il senso di rotazione in
figura, inizierà in corrispondenza dell'intersezione del cerchio di testa della
ruota condotta con la retta di pressione (punto Q1 ), si svilupperà da detto
punto fino a C (fase di «accesso»), proseguirà oltre C (fase di «recesso»)
per concludersi all'intersezione del cerchio di testa della ruota motrice
sempre con la retta di pressione (punto Q2 ).

Figura 8.1 O.

Siano le seguenti definizioni geometriche:

Q1 Q2 = linea di condotta;
AC = arco di accesso o di ingranamento, misurato sulla circonferenza
primitiva della ruota condotta;
228 8. TRASMISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CILINDRICHE

CB= arco di recesso o di allontanamento, misurato sulla circonferenza


primitiva della ruota motrice;
AB= AC+ CB= arco di condotta, ovvero rotazione subita da entrambe
le ruote durante l'intera condotta da parte di una coppia di denti coniuga-
ti; per convenzione gli archi sopra menzionati sono indicati, secondo sim-
bologia normalizzata, con:

condizione necessaria affinché sia assicurata continuità nella trasmissione


è che, al cessare del contatto fra una coppia di denti coniugati, sia già
iniziata la fase di condotta relativa alla coppia successiva; il passo della
dentatura dovrà essere perciò inferiore all'arco di condotta! Ovvero:

si fa sovente riferimento a una grandezza denominata rapporto di condot-


ta:

(26)

che generalmente è assunto pari a 1,2 --è- 2.


Nello studio cinematico dell'ingranamento fra due ruote dentate si è già
avuto modo di notare l'esistenza di uno strisciamento relativo fra i fianchi
a contatto dei denti in presa. Per avere un'indicazione sull'entità della
velocità relativa di strisciamento durante l'ingranamento, all'interno del-
l'arco di condotta si immagini perciò di rendere immobile la ruota motrice
e considerare la ruota condotta rotolante su di essa (analogamente a quan-
to accade nei ruotismi epicicloidali che analizzereno successivamente), at-
tribuendo al sistema una velocità angolare uguale e opposta a w 1 ; ciò
significa appunto che la ruota 1 è immobile:

e che la ruota 2 subisce rotazione attorno al centro d'istantanea rotazione


C con velocità angolare:
a= w2 + I- w1 I = w,

Nello spostamento del contatto da Q, a C (fase di accesso) la velocità di


8.2. RUOTEDENTATE
CILINDRICHEA DENTIDIRITII 229
'
------r---

'
'
-

Figura 8.11.

strisciamento con la quale il dente si inserisce nel vano relativo decresce


fino ad annullarsi, istantaneamente, nel punto di tangenza dei cerchi
primitivi, mentre nella fase di recesso (da C a Q2 ) riprende ad aumentare;
la legge di variazione di tale velocità è di tipo, sostanzialmente, lineare:

v, = w, · b = (w 1 + w 2 ) · b (27)

Tali considerazioni sono di fondamentale importanza in quanto gli attriti


sviluppati (in relazione al carico sui denti e al loro stato di finitura, nonché
al materiale di costruzione) sono causa di usura e riscaldamenti durante il
funzionamento, con il pericolo di indurre principi di saldatura sui fianchi
dei denti, nonché grippaggi; per evitare simili inconvenienti si adottano oli
lubrificanti con particolari additivi, idonei trattamenti superficiali sui denti
(per esempio: nitrurazione), oppure, intervenendo direttamente sulla geo-
metria della trasmissione, rendendo minore l'arco di condotta (al fine di
ridurre b), conseguenza di un proporzionamento della dentatura con nu-
merosi denti di piccolo modulo.
Per un funzionamento cinematicamente corretto, i cerchi di testa o di
troncatura esterna delle dentature devono intersecare la retta di pressione
(punti Q 1 e Q 2 ) internamente al segmento N 1 N 2 , delimitato dai piedi alla
normale di contatto delle perpendicolari a essa condotte per i centri di
rotazione 0 1 e 0 2 delle ruote dentate; è infatti geometricamente dimostra-
to che, nel caso ciò non sia verificato (Figura 8.12), i profili anziché
disporsi tangenti fra loro tendono a compenetrarsi, manifestando interf e-
renza, sia nella fase di accesso che in quella di recesso. Tale fenomeno,
ovviamente indesiderato in quanto causa di rapido danneggiamento e inde-
230 8. TRASMISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CILINDRICHE

Figura 8.12.

bolimento dei denti della ruota costruita in materiale più tenero, può poi
essere causato anche nella fase di realizzazione della dentatura di una
ruota mediante impiego di una dentiera utensile. In particolari circostanze
si ha che, nel moto di rivoluzione relativo utensile-dentiera/ruota, nel corso
del taglio con il procedimento per inviluppo l'utensile realizza un sensibile
e dannoso sottointaglio alla base dei denti.
I suddetti inconvenienti si hanno fondamentalmente con ruote certamente
non proporzionate modularmente, caratterizzate da denti surdimensionati
rispetto ai relativi raggi primitivi!

8.2.1. Numero minimo di denti

Le condizioni geometriche esposte per assicurare un funzionamento cine-


maticamente corretto della trasmissione e per evitare interferenze impongo-
no che le ruote dentate siano realizzate con un sufficiente numero minimo
di denti in relazione al loro diametro primitivo. Consideriamo il caso
limite in cui un pignone o rocchetto ingrana con una dentiera, ovvero una
ruota dentata con raggio primitivo oo, i cui denti sono profilati a trapezio
isoscele (evolvente degenere in retta, segmentata dalle troncature di testa
e di base) (Figura 8.13); in tale accoppiamento supponiamo, condizione
limite ammissibile per evitare interferenza, che N 1 = Q 1 (si noti che in
8.2. RUOTEDENTATE
CILINDRICHE
A DENTIDIRITTI 231
n

Figura 8.13.

questo caso N 2 cade all'infinito!), ovvero il massimo addendum della


dentiera si trova intersecando la retta di pressione con la retta di testa
della dentiera proprio in N 1 ! In tal caso:

ma:
01C = '1
01S = 01N1. COSO(

01N1 = 01C· COSO(

sostituendo:

= r 1 (1 - cos2 oi)=
= r 1 sen2 oi
ricordando che:

mz1 2
ha= 2 sen oi
232 8. TRASMISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CILINDRICHE

dalla quale il numero (per qualunque tipo di proporzionamento) minimo


di denti risulta:

Z1 = 2 (27')
min msen Cl.

nel caso di proporzionamento modulare: ha = m ; ne deriva:

2;n 2
(28)
Z1 = 2 =--2-
min ;nsen Cl. sen Cl.

per l'angolo di pressione unificato di 20° si calcola: z 1 = 17

con a = 15° = z 1 = 30
con a= 22°30' (dentature rilassate, esempio Fellows)=z 1 = 13

Se si facesse ingranare il pignone, anziché con la dentiera, con un'altra


ruota, si ricaverebbe graficamente un addendum ha certamente maggiore
(CS 1 di figura 8.13), in relazione al diametro primitivo di quest'ultima;
immutato il diametro primitivo del pignone, sarebbe possibile diminuire
ulteriormente il numero minimo di denti di questo, rinunciando però al
taglio con utensile-dentiera per inviluppo (si avrebbe sottointaglio ), ma
impiegando particolari frese a profilo costante o sagomate. Si potrebbe
infine pensare di ridurre ulteriormente il numero minimo di denti aumen-
tando l'angolo di pressione; in tal caso però si ridurrebbe pure il rapporto
di condotta!

8.2.2. Forze agenti fra i denti e rendimento

Durante la trasmissione di potenza per mezzo di ingranaggi, resistenze


passive si sviluppano sia nel contatto, con strisciamento, tra i denti delle
ruote, sia in corrispondenza dei perni degli alberi che le supportano;
a prescindere da queste ultime, la cui determinazione è laboriosa e legata
comunque alla struttura statica del cinematismo, si considerino ora le
resistenze passive che si manifestano fra i denti di un ingranaggio, al fine
di determinarne il rendimento. Prendiamo in esame un ingranaggio (Fi-
gura 8.14) con una coppia di denti in presa, per i quali il contatto
avviene in Q 1 (fase di accesso): in condizioni ideali le forze reciprocamen-
8.2. RUOTEDENTATE
CILINDRICHEA DENTIDIRITTI 233

:t 02
-J_J.
i W2

'
-!

n
'

~I W1
se= e
!+01
Figura 8.14.

te trasmesse P sono dirette lungo la normale di contatto ai profili (retta


di pressione); in realtà, per effetto delle resistenze passive di strisciamen-
to, le forze si inclinano di una quantità pari all'angolo d'attrito <p,disco-
standosi dalla normale (n - n) nel senso di ostacolare lo strisciamento
relativo:
R = P tg <p= f- P (29)
F= P/cos<p (30)

L'intersezione della retta d'azione di F con la congiungente i centri delle


ruote avviene in S, punto interno al cerchio primitivo della ruota condot-
ta, distante da C, punto di tangenza fra i cerchi primitivi, di una quanti-
tà e.
Il rendimento dell'ingranaggio è dato dal rapporto fra il lavoro raccolto
sulla ruota condotta e quello fornito dalla ruota motrice, ovvero, in
termini di potenza (lavoro riferito all'unità di tempo):

(31)

Scomposta ortogonalmente la forza F nelle sue componenti radiale fil e


periferica o tangenziale f, i suddetti momenti torcenti risultano:

M11 = T· 0 1 S
M 12 = T· 0 2 S
234 8. TRASMISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CILINDRICHE

e poiché:

per l'uguaglianza delle velocità periferiche in C:

0 1 S = r1 +e
sostituendo:
1· 'B';s- r 1 (r 2 - e)· r 1
'1i = 1· 0 1 S · r 2 (r 1 +e)· r 2

manipolando opportunamente:

(r 2 - e) r1
r2 (r 1 + e)
e
sommando e sottraendo - al numeratore:
r1

e separando la frazione:
e e e e e
1 +----- -+-
r1 r1 r2 =I- r1 r2
e e
1 +- 1 +-
'1 r1

Si nota che il secondo addendo del denominatore della frazione è certa-


mente trascurabile (e« r 1) per cui si ha:

(32)

relazione che esprime il rendimento istantaneo della trasmissione. Appare


però evidente che la lunghezza e varia durante l'ingranamento e, a parità
d'angolo d'attrito, è tanto maggiore quanto più lontano è il contatto
rispetto al punto C.
8.2. RUOTEDENTATE
CILINDRICHEA DENTIDIRITTI 235
Risulta quindi più utile, in pratica, definire un rendimento medio dell'in-
granaggio, valutato considerando i profili a contatto a metà dell'arco di
/:, /:,
condotta in accesso. Per la similitudine dei triangoli AHC e GSC, entram-
1:,
bi rettangoli per costruzione (in realtà AHC è un triangoloide in quanto
CH è un arco, non un segmento) e per i quali si ha:
............. .............
SCG + GCH = 90°
..........................
GCH + HCA = 90°
............. .............
=>SCG = HCA = o:

si può scrivere:

da cui:
- -- CG
e=CS=CH·-=-
CA

Figura 8.15.

Per un ingranaggio con una sola coppia di denti in presa (si dimostra
comunque che si ottengono le medesime conclusioni anche se le coppie di
236 8. TRASMISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CILINDRICHE

denti in presa sono due), l'arco di condotta è pari al passo della dentatura,
per cm:
- 1
CH=-p
4
del resto:
CG
--==- = tg q>= f coefficiente d'attrito radente
CA

sostituendo:
1
e =-pf
4

e infine:

(33)

tenendo presente che:


p 2n
2nr = p· z=
r z
si ha:

I"/; .
med,o
1 (1
= 1--·:Znf
ft'2
-+- 1)
= 1 (1
Z1
-±- 1)
Zz
1--nf
2 Z1 Zz
(34)

nella quale con il segno ( - ) si contempla il caso di ingranaggi interni.


Tale relazione evidenzia il migliore rendimento delle coppie di ruote con
numerosi denti, soprattutto se interne, come pure l'ovvia efficacia di una
buona lubrificazione. Una formula semi-empirica che tiene conto delle
supplementari dissipazioni di energia sui cuscinetti degli alberi su cui sono
calettate le ruote dentate è la seguente:

(35)
8.2. RUOTEDENTATE
CILINDRICHEA DENTIDIRITTI 237
8.2.3. Teorie per il dimensionamento degli ingranaggi

La causa che determina la messa fuori servizio di una coppia di ruote


dentate non è tanto il fatto che i denti possano cedere agli sforzi a cui
sono sottoposti ciclicamente, quanto per l'eccessivo danneggiamento per
usura (butteratura o «Pitting» = vera e propria erosione da usura) dei
fianchi degli stessi, rendendo irregolare nonché rumorosa la trasmissione;
l'assottigliarsi dei denti e cioè il loro progressivo modificare il proprio
profilo porta infatti a non rispettare più le previste condizioni di condotta,
a produrre urti in fase di ingranamento, fino a giungere a rotture se
l'esercizio è forzatamente continuato.
L'usura che si manifesta sui fianchi dei denti risulta dipendere da una serie
di fattori:

a) pressione esercitata reciprocamente fra i denti durante l'ingranamento;


b) materiale di costruzione di entrambe le ruote e trattamenti termici
superficiali eventualmente eseguiti sulle corone dentate;
c) tipo di dentatura in esame, accuratezza con cui è stata generata e stato
della superficie;
d) frequenza con la quale i denti giungono a contatto, in relazione alla
velocità angolare delle ruote costituenti l'ingranaggio (f = w/2n);
e) efficacia della lubrificazione;
f) condizioni di servizio, genere di impiego, tempi di utilizzo giornaliero.

Un metodo di calcolo per il proporzionamento delle ruote dentate, tenendo


presente quanto esposto, è stato sviluppato da Hertz: egli cominciò ad af-
frontare il problema considerando coppie di rulli cilindrici elastici e, teori-
camente, indeformabili, posti a contatto radialmente con una forza di com-
pressione F (Figura 8.16a), supposta distribuita uniformemente lungo l'in-
tera generatrice di contatto comune b. A seguito di una serie di esperienze
egli riuscì a valutare l'entità della pressione scambiata tra i rulli nella zona di
contatto (impronta), che, essendo i corpi in esame elastici e certamente non
perfettamente indeformabili, si estende nell'intorno della generatrice di con-
tatto teorico, assumendo forma sostanzialmente rettangolare (Figura 8.16b).
In particolare Hertz precisò che la pressione massima si verificava comunque
lungo l'asse longitudinale mediano, rispettando la:

2
Pmax E1 · E2 · ( -1
= 0,35 · --- + -1 ) · -F (36)
E1 + E2 Pi P2 b
238 8. TRASMISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CILINDRICHE

pmax

b)

Figura 8.16.

e indicando rispettivamente con Pi, E 1 e p 2 , E 2 i raggi e i moduli di ela-


sticità longitudinali dei materiali costituenti i due cilindri.
Nel caso in cui i materiali costituenti i rulli siano gli stessi si avrà:

per cm:

2
Pmax=0,35•
7
-E ( -+-1 1)
F
-=0,175E
2/l P1 P2 b
( 1 1)-
-+-
P1
F
P2 b
(37)

Passando a considerare le ruote dentate e volendo applicare le stesse for-


mule si ha che:
b = larghezza dentatura;
F = forza trasmessa lungo la retta di pressione, quindi perpendicolar-
mente alla tangente comune ai profili nel punto di contatto;
E 1 , E 2 = moduli di elasticità longitudinali dei materiali costituenti le ruote,
o meglio le dentature;
p 1 , p 2 = raggi di curvatura del profilo a evolvente di entrambi i fianchi in
corrispondenza del punto di contatto; ricordando che il raggio di
curvatura dell'evolvente di cerchio è, in un suo punto qualsiasi,
pari al segmento normale alla tangente il profilo e tangente al
8.2. RUOTEDENTATE
CILINDRICHEA DENTIDIRITTI 239
cerchio di base fra di essi compreso; detto A il punto di contatto
generico, dalla figura 8.17 si ha:

P1 = N1A; P2 = NzA.

Figura 8.17.

Per quanto detto le condizioni di trasmissione peggiori si hanno nel mo-


mento in cui una coppia di denti sta per terminare la fase di recesso (fine
ingranamento), per cui tutta la forza da trasmettere grava sulla coppia di
denti precedente, che si trova in fase di accesso; questo supponendo che il
rapporto di condotta dell'ingranaggio sia minore o uguale a due (e certa-
mente superiore a 1,2 come già visto).
Detto M 11il momento torcente applicato alla ruota motrice, per la confi-
gurazione considerata:
-- -- d1
M 11 = F· 0 1N 1 = F· O 1 Ccosoc = F· 2 cosoc (38)

dove:
d1
2 cosoc
non è altro che il raggio del cerchio di base rb 1 della ruota (Figura 8.17).
Ricavando:
F=-2_M~t1~
d1 cos OC
240 8. TRASMISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CILINDRICHE

e sostituendo nella relazione di Hertz (36) otteniamo:

moltiplicando numeratore}
e denominatore per d 1 :

tenendo presente le regole}


di proporzionamento mo-
dulare (b = ).. m; d 1 = mz 1 )

Si determina quindi una sorta di equazione di stabilità:

Pmax = (39)

dalla quale, in caso di progetto, è possibile ricavare il modulo della den-


tatura:

(39')

Limitatamente al caso in cui il materiale costituente entrambe le ruote


dentate sia lo stesso: E 1 = E 2 =E, si pone parte del secondo membro
della disuguaglianza come costante (tabulata:):

per cm s1 ncava:

(40)

Tale relazione è idonea per ingranaggi cilindrici a denti diritti proporzionati


modularmente e di tipo «lento» (vp ~ 0,5 m/s); per tener conto degli im-
8.2. RUOTEDENTATE
CILINDRICHEA DENTIDIRITTI 241

mancabili effetti dinamici di sovraccarico, determinati dalle imperfezioni


della dentatura e accentuati all'aumentare della velocità periferica delle
ruote, è necessario porsi in condizioni di sicurezza, cioè prendendo in
considerazione una forza F da trasmettere, ovvero una coppia motrice
Mr1 , leggermente più elevata, introducendo un fattore di velocità periferica
.fv (questo oltre ad aver già considerato, nel calcolo di Mr1 , una potenza di
calcolo superiore a quella nominale, maggiorata con un opportuno fattore
di servizio 1s> 1); si ha quindi:

(41)

relazione che, secondo le ipotesi di Hertz, permette di progettare un ingra-


naggio tenendo conto degli effetti di usura a cui è sottoposto.
Il progetto degli ingranaggi prende talvolta in considerazione la capacità di
resistenza meccanica effettiva dei denti delle ruote, soggetti a cicli di carico
pulsanti «dallo zero», che potrebbero determinarne la rottura per fatica. La
sollecitazione prevalente, considerando il singolo dente come mensola inca-
strata in corrispondenza alla circonferenza di piede (Figura 8.18), in questo
caso è la flessione, mentre come sezione pericolosa, poiché il dente al piede è
raccordato (proprio per evitare effetti d'intaglio, ovvero costituire probabili
inneschi alla rottura per fatica), si assumerà quella che dista dalla circonfe-
renza di piede di una quantità pari a p 1 = 0,4 · modulo.
Il calcolo di resistenza dei denti a flessione è stato sviluppato secondo due
differenti teorie:

a) ipotesi di Reu/eaux, si considera il dente come solido di uniforme


resistenza incastrato, caricato dalle forze scambiate durante la trasmissione
in corrispondenza dell'estremità sul cerchio di testa; si tratta di condizioni

Figura 8.18.
242 8. TRASMISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CILINDRICHE

di carico certamente peggiorative rispetto alla realtà, che rendono tale


teoria fin troppo restrittiva (eccesso di sicurezza);
b) ipotesi di Lewis, si considera il dente sempre come solido di uniforme
resistenza alla flessione, incastrato in corrispondenza della sezione perico-
losa di cui si è detto, rigorosamente soggetto alle forze scambiate durante
l'ingranamento lungo la retta di pressione; in tale caso la mensola a uni-
forme resistenza (trascurando le sollecitazioni di taglio e trazione) ha
andamento parabolico (Figura 8.19) e risulta tangente alla retta di pressio-
ne. Le condizioni di carico più gravose per la coppia di denti in presa,
durante l'intera trasmissione, si hanno nel momento in cui la coppia di
denti che la precede ha raggiunto la fine dell'arco di recesso (punto Q 2 )
(Figura 8.20), cosicché su di essa si scarica l'intera potenza da trasmettere.

Figura 8.19.

In tal caso, sempre trascurando le altre sollecitazioni in gioco, il momento


flettente agente nella sezione pericolosa (A-A) (Figura 8.19) risulta:

(42)

dove con «bF» si è indicato il braccio della forza F di trasmissione rispetto


al baricentro G della sezione d'attacco resistente (A-A); tale sezione
resistente, vista in profondità, è un rettangolo leggermente convesso (o
concavo), di lato maggiore pari alla larghezza della dentatura b = À · m,
e lato minore s; il relativo modulo di resistenza a flessione rispetto all'asse
neutro assiale (x-x) risulta:
1 2 1 2
Wfx = -b
6 · s = -Àm
6 ·s (43)
8.2. RUOTEDENTATE
CILINDRICHEA DENTIDIRITTI 243

W2 it 02

~
'
'
'
' n

n '
'
'
AW1
:i 01
Figura 8.20.

per cui, dall'equazione di stabilità a flessione semplice retta:

M ~
O"max = -- fmax "'O"adm
W1.
in caso di progetto:

F· bF
O"max = = O"adm (44)
1 2
-Àm· s
6

La forza P può scomporsi per comodità ortogonalmente nelle sue compo-


nenti:

1. radiale: N= F· senili'. (45)

2. tangenziale: T= F· COSO( (46)

da cui, in particolare:
T
F=-
coslll'.
244 8. TRASMISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CILINDRICHE

essendo la componente f di più immediata determinazione:

sostituendo si ha:
6F· bF 6T· bF 6· 2- M 1 • bF
(Td = 2
= =
a m Àm · s Àm · s 2 · cos (X Àms 2 · d cos (X

esprimendo ogni dimensione lineare in funzione del modulo della dentatu-


ra, introducendo opportuni coefficienti di proporzionalità:

d=z· m
s = k1 · m
bF = k 2 · m (47)
si ricava:
12 · k 2 • p1· M 1 12k 2 M 1
(T adm = 1 (k m )2 · mz · cos rx= 1 k2
3
(48)
A · p1· 1 AZm · 1 · cos rx

da cui:
Àzm 3 · kf · cos rx
Mt = 12k2 CTadm
(49)

Come già osservato trattando la teoria di Hertz, le condizioni di sovrac-


carico e le imperfezioni costruttive sono tanto più dannose quanto mag-
giore è il regime di rotazione dell'ingranaggio, anche ai fini del fenomeno
della fatica: si introduce perciò un opportuno fattore di velocità periferi-
ca fv < 1 che limiti opportunamente il momento torcente trasmissibile
all'aumentare della velocità periferica della trasmissione:

Àzm 3 · kf cos rx
Mt = 12k 2 · CTadm · fv (50)

raggruppando alcune variabili nel fattore di forma:

1 kf
y = - . - . cos (X (51)
6 k2

ed esplicitando la precedente equazione rispetto al modulo:

m= Jfv ·
2M t
(Tadm ·
(52)
8.2. RUOTEDENTATE
CILINDRICHEA DENTIDIRITTI 245

infine se si pone come coefficiente:

G= 3/2 (53)
Vyz
si ricava l'equazione finale:

m=G J fv ·
Mr
CTad
(54)

che, secondo l'ipotesi di Lewis, permette di progettare un ingranaggio


prendendone in esame la capacità di resistenza meccanica dei denti.
A fronte delle teorie di calcolo esposte (Hertz, Lewis), il progetto di una
trasmissione a ingranaggi verrà condotto:

a) imponendo condizioni di resistenza meccanica nel caso di ingranaggi


cosiddetti «di forza», nei quali si ha la trasmissione di elevati momenti
torcenti a basso numero di giri;
b) imponendo condizioni di resistenza all'usura nel caso degli ingranaggi
cosiddetti «di velocità», in cui viceversa si hanno elevati regimi di rota-
z10ne.

Generalmente comunque l'ipotesi pm restntt1va, salvo talune particolari


applicazioni, è quella di Hertz, èhe conduce al calcolo di moduli maggiori;
in ogni caso, impostato il calcolo secondo una delle due teorie, è necessa-
rio verificare che anche l'altra dia esito favorevole.
Comunemente alle due teorie è necessario, in fase di progetto, definire un
opportuno fattore di velocità fv dipendente, come visto, dalla velocità
periferica delle ruote (tabulato sui manuali tecnici); non conoscendo tutta-
via a priori il diametro primitivo delle ruote; non essendo il modulo
ancora stato calcolato (d = mz), non è possibile valutarne la velocità
periferica in corrispondenza del cerchio primitivo. Per tale motivo inizial-
mente si esegue un primo progetto stabilendo opportunamente un valore
provvisorio prudenziale di fv e, una volta calcolate le geometrie dell'ingra-
naggio, si provvede a valutarne la velocità periferica; ricavato il relativo
fattore di velocità effettivo, dal confronto con quello prima fissato si
conclude se il dimensionamento svolto è corretto o se occorre rieseguire il
progetto con il nuovo fv-
Eseguito il calcolo della dentatura si procede al proporzionamento, seguen-
do regole empiriche, della corona, del mozzo e dell'elemento di connessio-
ne tra i due (disco, razze ...).
246 8. TRASMISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CILINDRICHE

I 8.3. Ruote dentate cilindriche a denti elicoidali

Nelle ruote dentate cilindriche a denti diritti i fianchi dei denti sono realizzati,
per inviluppo, da una serie di rette, dette direttrici, parallele all'asse della ruota
stessa, cosicché il profilo dei denti (evolvente) è formato perpendicolarmente
allo stesso asse; nelle ruote a denti elicoidali, invece, fermo restando il concetto
del profilo a evolvente di cerchio, le direttrici dei fianchi sono inclinate di un
angolo f3(Figura 8.21) rispetto alle corrispondenti di una ruota a denti diritti
e, giacenti su una superficie cilindrica, costituiscono delle eliche.

Pr /3

Figura 8.21.

Per questo f3 è anche detto angolo d'elica, generalmente compreso tra


10°-;- 30°, mentre si definiscono passo trasversale e passo normale le entità
indicate rispettivamente con Pt e Pn come da figura. Evidentemente si ha:

p. ~ p,· cosP I (55)

e, corrispondentemente, dividendo ambo i membri per n::

(56)

come sarà di seguito ripreso.


8.3. RUOTEDENTATE
CILINDRICHEA DENTIELICOIDALI 247
Durante l'ingranamento i denti vengono posti a contatto non istantanea-
mente come accade per le dentature diritte, ma progressivamente, a van-
taggio di una maggiore uniformità di condotta e una superiore silenziosità;
tale è il principale vantaggio offerto dalle dentature elicoidali unitamente
al fatto che, di conseguenza, i cicli di sollecitazione dei denti stessi si
rendono meno bruschi.
L'arco che intercorre fra i punti estremi di contatto, relativamente a uno
stesso dente, è detto arco di ricoprimento e indicato con:

ep = b· tg/3 (57)

a esso si deve l'incremento dell'arco di condotta dell'ingranaggio, ovvero la


presenza di più coppie di denti contemporaneamente in presa, con i van-
taggi già esposti.
L'impiego di ingranaggi elicoidali introduce tuttavia, come si vedrà più
avanti, spinte assiali che dovranno essere opportunamente sopportate con
particolari provvedimenti.
La generazione del profilo dei denti di una dentatura elicoidale può essere
immaginata come realizzata tracciando il profilo a evolvente su un piano
normale all'asse della ruota e dotandolo di moto elicoidale; dato che, per
comodità e semplicità di costruzione, spesso si usano gli stessi utensili per
profilare dentature diritte ed elicoidali, inclinandone opportunamente
l'azione di taglio, per il proporzionamento delle «ruote elicoidali» si farà
riferimento alla sezione della dentatura normale alle direttrici che indivi-
duano i denti, inclinata di un angolo /3rispetto alla verticale. .
Per valutare le relazioni geometriche esistenti fra le entità riferite ai profih
trasversale e normale di una ruota a dentatura elicoidale, si consideri la
rappresentazione in figura 8.22: data la vista laterale della ruota, se ne
ricavi la sezione secondo un piano perpendicolare al profilo della dentatu-
ra, costituita da un'ellisse di semiassi r ed r 1 = _r __
cos/3
Lo studio dei profili dei denti su un'ellisse non è certamente agevole: per
questo si effettua una particolare costruzione che consenta di far riferimento al
profilo di una corrispondente ruota dentata cilindrica a denti diritti, indivi-
duando un cerchio osculatore la cui circonferenza si confonda, per un breve
arco, con la curvatura dell'ellisse in corrispondenza dell'asse minore: tracciate
le tangenti all'ellisse nei punti A' e B', se ne individua il punto d'intersezione
C'; tracciata pure la congiungente fra A' e B', si conduce perpendicolarmente
a essa la retta passante per C', la quale intersecherà l'asse minore dell'ellisse
nel punto O': tale punto è il centro del cerchio osculatore cercato, di raggio
quindi:
rid - = O'A'
248 8. TRASMISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CILINDRICHE

C'

cerchio ideale osculatore

Figura 8.22.

Per la costruzione eseguita si ricava:

r 1 = rid· cos /3
ma:
r = r 1 · cos/3
da cui:

r
r-d=-- 2 (58)
1 cos /3

Al cerchio osculatore ideale così tracciato è possibile applicare le già note


relazioni relative alle ruote dentate cilindriche a denti diritti (mid = m"):
8.3. RUOTEDENTATE
CILINDRICHEA DENTIELICOIDALI 249

con alcuni semplici 2r d 1 z


------ = -· -- = -- (59)
passaggi: m, cos fJ· cos fJ m 1 cos fJ cos 3 fJ
2 3

relazione che lega il numero di denti della «ruota elicoidale» e quello


della ruota cilindrica ideale a denti diritti a essa corrispondente;. si nota
immediatamente che adottando dentature elicoidali è possibile tagliare
ruote con numero inferiore di denti rispetto alle corrispondenti con
dentatura diritta: in particolare, posto oc= 20°, come già ricavato si ha:

z m1n
. = z.d
1 min
= 17

adottando angoli d'elica crescenti si calcola:

fJ= l0°=>z mm· = 16

fJ= 20° =>z mm. = 14

fJ= 30° =>zmm. = 11

Studiando più in particolare i profili normale e trasversale, facendo per


semplicità riferimento a una dentiera a denti elicoidali (Figura 8.23), si

a,

/ i

/3 '
Figura 8.23.
250 8. TRASMISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CILINDRICHE

osserva che gli angoli di pressione a essi relativi non sono certamente gli
stessi, ma:

Vediamo di dimostrarlo: individuate le sezioni trasversale e normale di un


vano (cioè della parte vuota) e detta h l'altezza del dente si ha, rispettiva-
mente:

essendo per costruzione:


Xn = X 1 COS /3
sostituendo si ha:

X 1 COS /3
tg OCn= h = tg OC1 • COS /3 (60)

Per quanto detto, il proporzionamento modulare di un ingranaggio a den-


tatura elicoidale ricalca esattamente quello di un ingranaggio a denti
diritti, purché si faccia riferimento alla sezione normale al profilo dei
denti, ovvero al modulo normale, come già accennato in base a considera-
zioni pratiche sulla costruzione delle ruote.
Il rapporto di trasmissione si ricava essere ancora pari al rapporto dei
raggi dei cilindri primitivi delle due ruote:

. r2id
l----·----
r2 cos3 /3 '2
r1id r1 cos3 /3 r1

come si otterrebbe uguagliando le velocità periferiche delle ruote costituen-


ti l'ingranaggio; affinché due ruote coniugate ingranino è necessario che
abbiano identico profilo normale, uguale angolo di pressione e angolo
d'elica opposto, quindi pari moduli normale e trasversale; si ricava ancora:

.
z=-=----
r2 7· 1'14
· Z2 Z2
(61)
'1 7· 1'f4.Z1 Z1

Considerando una coppia di ruote dentate a denti elicoidali ingrananti


(Figura 8.24), la forza risultante F che un dente trasmette al proprio
8.3. RUOTEDENTATE
CILINDRICHEA DENTIELICOIDALI 251

-'.-·----,.-·i:_---
-------
-
...:.--
'
'

·-----!-

b
F" N
f3

b
Figura 8.24.

coniugato non giace in un piano normale a quello contenente gli assi di


rotazione delle due ruote, bensì in un piano formante con questo l'angolo
d'elica /3;rispetto al piano tangente ai cilindri primitivi in corrispondenza
della comune direttrice di contatto, essa formerà poi l'angolo di· pressione
normale ll(n·
Le componenti di F lungo gli assi di una tema cartesiana ortogonale, di
origine coincidente con il suo punto d'applicazione, risultano:

a) componente tangenziale, o periferica utile, responsabile della trasmissio-


ne di potenza:

T = F' · cos /3= F cos Il(" cos /3 (62)

b) componente assiale, che tende ad allontanare assialmente le due ruote;


per essa occorre predisporre opportuni sistemi di montaggio o ricorrere
a ingranaggi bielicoidali:

A = F' · sen /3= F cos ll(n sen /3 (63)


252 8. TRASMISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CILINDRICHE

c) componente radiale, tendente ad allontanare radialmente le due ruote:

N = F· senrxn (64)

Si osservi inoltre che l'angolo formato dalla F rispetto al piano orizzontale


non è altro che l'angolo di pressione trasversale rx1; ne segue che, ricavando
di solito la componente utile T dal momento torcente applicato alla
singola ruota e dal suo diametro primitivo, si ottiene:

(65)

si ha inoltre:

A= T· tg/3 (66)

tg (Xn
N = T · tg rx1 = T · -- (67)
cos /3

T
F=---- (68)
cos (Xn COS /J

Per quanto riguarda il rendimento degli ingranaggi a dentatura elicoidale,


si osserva che, a parità di forza periferica utile T, la forza totale
F trasmessa tra i denti è più intensa di quella che si sviluppa tra i denti
dell'ingranaggio «diritto» (di una quantità pari a 1/cos /3) e più intense
sono di conseguenza le resistenze passive e, quindi, leggermente inferiore
risulta il rendimento.
Il calcolo degli ingranaggi a dentatura elicoidale deve tener presente che:

a) l'estensione dell'arco di condotta aumenta il numero di denti contempo-


raneamente in presa;
b) la forza agente perpendicolarmente al profilo dei denti aumenta
anch'essa in relazione all'angolo di inclinazione dell'elica /3;
c) in proporzione aumenta pure l'effettiva larghezza del dente: b/cos /3; lo
8.3. RUOTEDENTATE
CILINDRICHEA DENTIELICOIDALI 253
studio della distribuzione delle forze sui diversi denti rende perciò i calcoli
alquanto complessi; ai fini pratici si adattano le equazioni già dimostrate
per le ruote a dentatura diritta, facendo riferimento al modu!o normale: I, ,
l ~. /

1. ipotesi di Hertz (resistenza all'usura):

(69)

2. ipotesi di Lewis (resistenza a flessione del dente):

,' I ,
(70)

nelle precedenti formule:

(71)

mentre gli altri coefficienti (Ce1., Ge1.,fv.) hanno il già noto significato
e differiscono ovviamente dai corrispondenti relativi alle ruote a denti
diritti, in particolare in funzione dell'entità dell'angolo d'elica /3.
Il procedimento di calcolo segue perciò la stessa metodologia a suo tempo
analizzata trattando le ruote dentate a denti diritti.

- esercizi - esercizi - esercizi -

Esercizio8.1.
Per l'azionamento di un tamburo di un verricello, avente diametro
d = 0,3 m, si dispone di un motore che eroga una potenza di 16 kW al
regime di 720 giri/min.
Assunti, con opportuno criterio, i dati occorrenti si progetti il meccanismo
di trasmissione costituito da una coppia di ruote dentate cilindriche a denti
elicoidali da interporre tra motore e tamburo, con la condizione che la
254 8. TRASMISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CILINDRICHE

massima velocità di sollevamento del carico sia pari a 0,6 m/s. Calcolare,
inoltre, il carico sollevabile alla suddetta velocità. ·
[All'interno di questo esercizio vengono citati valori e parametri dedotti
dal Nuovo Manuale di Meccanica, ESAC/Zanichelli, 1994.]

Soluzione

P. = 16 kW
d= 0,3 m
n 1 = 720 giri/min
, e ,
~ ·-·-
v = 0,6 m/s
\·-·-·-·- -!·-·-·-·-·'t·-·
..··-·-·-·-·\---~ ~- Dimensionare ruote elicoidali
' "1::!; F=?

n 1 = 720 giri/rnin

i V= 0,6 mfs

F
Figura 8.25.

La velocità angolare del tamburo e quindi della ruota condotta è ricavata


dalla relazione:
d
V= Cù2-
2
da cui:
2v 2- 0,6
cv2 = - = -- = 4 rad/s
d 0,3
60cv2 60 · 4 . ·; .
n 2 =--=--= 38 gm mm
2n 2n

Il rapporto di trasmissione vale pertanto:

Cù1
i=-= 18,84
Cù2

in verità, per l'applicazione presente, un po' elevato. Sarebbe conveniente


frazionare i in due rapporti di trasmissione con l'uso di due coppie di
ruote e albero di rinvio.
ESERCIZI 255

-----· ·----1----- -·-·

. .
.
. - -- . - --- ·-· -•-·- ---------- ----. ---·- -- . --- . ---- - ---- .
- . - . - . - - -----1----- ..

figura 8.26.

Ad ogni modo procediamo al calcolo e dimensionamento della sola coppia


elicoidale.
La potenza di calcolo vale:

ove f. = fattore di servizio.


Si adotta: f.= 1,5 ricavandolo dalla tabella 3.4 del Manuale di Meccanica.
Pertanto la potenza di calcolo vale:

P= 16-1,5 =24kW

Il momento motore trasmesso dal pignone vale:

P 24000
M 11 = - = -- = 318 5 N · m = 318 500 N · mm
W1 2n720 '
60

Ipotizzando di utilizzare due ruote in materiale non indurito, si procede al


calcolo ad usura con la relazione di Hertz:

Si assume per la costruzione delle ruote un acciaio da bonifica C40 UNI 7845.
Dal Manuale di Meccanica, relativamente all'acciaio adottato, troviamo
256 8. TRASMISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CILINDRICHE

che:
Pam= 350 N/mm 2

Come prescritto nello stesso testo, il rapporto À = b/m varia da 10 a 30.


Si adotta:
À = 25
La formula presentata in tale sede non tiene però conto del fattore di
velocità fv, in quanto le pressioni ammissibili sono state già ulteriormente
ridotte.
Per la valutazione di Ce1. si procede a fissare il numero di denti per la
ruota motrice (D. Si assume @ = 14 (con /3= 30°, z 1 . = 11). Come
prescritto nel Manuale di Meccanica si ha: mm

Ce1.= 0,83C

ove C = coefficiente per ruote cilindriche a denti diritti .


.Per la valutazione di C si ricava il numero di denti ideale (ruota con dia-
metro primitivo del cerchio osculatore) per il pignone con la relazione:

Z1 14
Z1 =--=---~22
id cos /3 cos 3 30° -
3

Interpolando dalla tabella 3.5 del Manuale di Meccanica, si ricava pertanto


C per Z1.1d = 22 e U = 18,84:
C= 6,8
e quindi:
cel. = 5,6

2 18,84 u

Figura 8.27.
ESERCIZI 257
Procediamo pertanto al calcolo del modulo normale:

3 318 500
mn = 5,6 3502 . 25 = 2,6 mm

Dalla tabella dei moduli unificati si stabilisce:

mn = 3 mm UNI 6586

Il modulo trasversale varrà pertanto:

mn 3
m 1 =--=---= 346mm
cos fJ cos 30° '

Dalla relazione del rapporto di ingranaggio:

Z2
i= u = - = 18,84
Z1

s1 ncava:

Il diametro primitivo della ruota condotta vale:

d 2 = m 1 • z 2 = 3,46 · 264 ~ 913,44 mm

Come si vede la sproporzione fra d 1 e d2 è palese in quanto:

d 1 = m 1 • z 1 = 3,46 · 14 ~ 48,44 mm

e ciò conferma che sarebbe stato opportuno l'uso di due coppie elicoidali
di ruote.
La larghezza della fascia dentata vale:

b = À· mn = 25 · 3 = 75 mm

L'interasse tra le due ruote:

913,44 + 48,44
~ 481 mm
2

L'addendum delle ruote vale:


258 8. TRASMISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CILINDRICHE

mentre il dedendum:

Infine, il gioco sul fondo vale:

J = h1 - ha= 0,75 mm

Calcolo del carico

Il momento torcente sulla ruota condotta vale:

P P 24000
M =-=-=--=6031 N- m
12 w2 2nn 2 2n 38
-- --
60 60
da cui:
2M 1 2 · 6031
F=-=--= 40206 N = 4098 Kp
d 0,3

Esercizio8.2.
Eseguire il dimensionamento di massima di una coppia di ruote coniche
a denti diritti atte a trasmettere 3 kW tra alberi posti a 90° tra loro. Tale
coppia di ruote coniche deve ridurre il numero di giri n 1 = 600 giri/min
dell'albero motore a n 2 = 360 giri/min dell'albero condotto.

Esercizio8.3.
Si proporzioni una coppia di ruote cilindriche a denti diritti, in accia10
fucinato, che devono trasmettere, con rapporto di trasmissione i = 2,5, la
potenza N = 18 kW tra due alberi paralleli. L'albero motore ruota
a 1000 giri/min. Si ritenga la dentatura soggetta a sovraccarichi di media
entità e funzionamento pari a 16 h/giorno.
Trasmissionedel moto
mediante
ruote dentate coniche

9.1. Ruote dentate coniche

La trasmissione di potenza per aderenza tra una coppia di ruote di frizione


coniche comporta gli stessi svantaggi già analizzati per le ruote di frizione
cilindriche; al fine di evitare notevoli forze d'accoppiamento, nonché pre-
venire eventuali slittamenti, si preferisce perciò usare ruote coniche munite
di denti, il cui moto non è diverso da quello dei coni di frizione, la cui
funzione è cinematicamente assunta da due coni primitivi di funzionamen-
to che, idealmente, rotolano l'uno sull'altro senza strisciare (Figura 9.1).

Figura 9.1.
260 9. TRASMISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CONICHE

I denti delle ruote sporgono e rientrano nei coni primitivi e hanno general-
mente dimensioni decrescenti verso il vertice dei coni (Figura 9.2); tuttavia la
porzione dei denti più prossima a questo viene soppressa, per cui la fascia
dentata ha larghezza comprendente parte della generatrice del cono primitivo.
La trasmissione di potenza è dunque permessa fra assi geometrici incidenti
o concorrenti in un punto, il vertice dei coni primitivi, i quali formano con
la generatrice comune i semiangoli d'apertura

Come già dimostrato per le ruote di frizione coniche:

. w1 senb 2
l=-=-- (1)
Wz sen <>
1
senb
tg <>1= . (2)
cosb + 1

isenb
tg<>z=---- (3)
icosb + 1

Il profilo dei fianchi dei denti degli ingranaggi conici è ancora a evolvente,
per assicurare continuità e costanza del rapporto di trasmissione, generata
nello spazio sulla superficie di una sfera; entro questa, sia un cono di base,
con vertice al centro di essa, e un cerchio «massimo» tangente al cono:
facendo rotolare tale cerchio sulla superficie del cono, il suo punto A d'ini-
ziale tangenza tra cono-cerchio-sfera, descriverà su quest'ultima una curva
detta evolvente sferica. Proiettando dal vertice V i punti dell'evolvente si

cono di
testa
cono di
piede

cono primitivo
Figura 9.2.
9.1. RUOTEDENTATE
CONICHE 261

ottiene una superficie che, opportunamente limitata, costituisce il fianco di


un dente; tale limitazione è effettuata a opera di altri coni, detti rispettiva-
mente di testa e di piede, coassiali al cono base e aventi in comune il vertice
V, fra i quali un quarto cono assume il significato di cono primitivo.
Rappresentando il tutto sul piano che contiene l'asse della ruota si ottiene
la figura 9.3 nella quale:
R = generatrice del cono primitivo;
90 , 9 1 = angoli d'addendum e di dedendum.

Il profilo dei fianchi dei denti sarebbe tuttavia di non facile esecuzione per
via del necessario riferimento sferico; si attua perciò una semplificazione,
in base alla quale la calotta sferica di costruzione è sostituita con un cono,
detto cono complementare, tracciato a partire dal cono primitivo in direzio-
ne tangente alla calotta sferica; i due coni hanno perciò le generatrici
perpendicolari fra loro e la base in comune: l'angolo al vertice del cono
complementare è dunque il complemento 90° - c5 dell'angolo di semiaper-
tura del cono primitivo.
La superficie laterale del cono complementare può essere sviluppata in
piano; il settore circolare che ne risulta ha raggio:

(4)

Figura 9.3.
262 9. TRASMISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CONICHE

------------------------- - --- ------ - ---------- --- - ---- - -- - -- - ------- - ---·--- --- --------------- - ------~-~ -

Figura 9.4.

e su di esso possono essere svolte, idealmente, tutte le considerazioni già


effettuate per le dentature cilindriche a denti diritti:

did 2rid 2 r d z
zid - -;;; --;;; =m· cos{) - mcos{) - cos{)
(5)

corrispondentemente si definisce il rapporto ideale di trasmissione:

. z2 id z '?.. cos {)1 z 2 cos {)1 . cos {)1


l·d-----· --=-· --=i-- (6)
' Z1id COS()z. Z1 Z1 COS()2 COS()2

tutte le grandezze relative al profilo del dente sono riferite al cono


complementare, ovvero misurate alla base maggiore della ruota; per
questo si ha:

ha
tg.9a =-
R (7)

hf
tg9f = - (8)
R
d
R=-- (9)
2 sen {)
9.1. RUOTEDENTATE
CONICHE 263
generalmente, a completamento del proporzionamento geometrico, si pone:

b = (0,25 -:-0,30) · R

al fine di evitare denti troppo assottigliati al vertice e troppo spessi alla


base, ovvero:
b = A· m ove .A.= 5 -,-7

Lo studio della condotta di una coppia conica si può ricondurre a quello


già effettuato per le ruote cilindriche; in particolare, attribuendo a zid
i minimi numeri di denti già per esse calcolate, il numero di denti reale di
una ruota conica può essere tanto minore quanto maggiore è l'angolo di
semiapertura del relativo cono primitivo. La forza F trasmessa tra una
coppia di denti coniugati può essere ritenuta concentrata a metà della
larghezza b della dentatura, a una distanza r m dall'asse della ruota,
giacente nel piano ortogonale alla generatrice del cono primitivo e incli-
nata dell'angolo di pressione a rispetto al piano tangente a tale cono.
Scomposta F secondo tre direzioni spaziali ortogonali e ricavata la
componente tangenziale utile dai dati della trasmissione (Figure 9.5
e 9.6):

~ (10)
~

-
T

Il -- / -------------
------
------ i f',:--
----
--- ------
---Il
Figura 9.5.
264 9. TRASMISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CONICHE

'
'
- '-·- ·-•·- ·-·-·--·-·-
·-·-·
C2\
- - ·-·-·-.

Figura 9.6.

le altre si ottengono per conseguenza:

(11)

F' = Fsenll( = T--senll( = TtgO(=> I A= F' sen<>= Ttgll(sen'5 (12)


COSO(
~----------~

(13)

Generalmente il calettamento delle ruote dentate coniche sui relativi alberi


prevede disposizioni a sbalzo (per almeno una delle due ruote costituenti
l'ingranaggio); le sollecitazioni su questi alberi, in corrispondenza della
· mezzeria del supporto prossimo alla ruota, sono prevalentemente di flesso-
torsione (trascurando il taglio), con:

M 1 , =A· rm - N- 11 (14)
M 1y = T· 11 (15)
M fx =T· rm (16)
9.1. RUOTEDENTATE
CONICHE 265

componendo tali sollecitazioni secondo l'ipotesi di resistenza dei materiali


proposta da Hiiber-Hencky, Ros-Eichinger-von Mises, si ha il momento
flettente ideale:
3
M1 id = M2fR +-M2
4 t (17)

con:
3
M1 id = M2fz +M2fy +-M2
4 lx (18)

da cui, impostando la condizione di resistenza, otteniamo:

_Mfid
<J·d -
1
--
W ~ (J a d m (19)
fn

Per quanto riguarda il calcolo delle ruote dentate coniche, non ci sono
sostanziali differenze con quello delle ruote cilindriche; semplicemente si
farà riferimento a un modulo medio mm della dentatura, nonché alle
dimensioni medie del dente (in corrispondenza cioè di metà larghezza della
dentatura) e infine a diametri e numeri di denti ideali. Le equazioni per
i progetti a usura (teoria di Hertz) e a resistenza meccanica dei denti
a flessione dinamica (teoria di Lewis), risulteranno perciò modificate:

(20)

m
m
= G J fv · (Jadm •
M1 (21)

ricordando che:

(22)

Z1
Z·d=-- (23)
1 cos od.
. . cos 01
l·d = l·-- (24)
1 cos 02
266 9. TRASMISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CONICHE

Tenendo conto della disposizione a sbalzo di almeno una delle due ruote
e la conseguente maggiore deformabilità degli alberi di trasmissione, il
fattore di velocità J,,, calcolato in corrispondenza della velocità periferica al
diametro medio della dentatura, sarà da assumere opportunamente basso.
Gli ingranaggi con ruote coniche munite di denti a direttrici curvilinee
(spirale conica) presentano un angolo di condotta più ampio delle corri-
spondenti a denti diritti, per cui il relativo funzionamento, come già
analizzato trattando le dentature elicoidali per le ruote cilindriche, risulta
più silenzioso e assicura una più graduale variazione dei carichi sulle
porzioni dei denti impegnati nell'ingranamento. Lo studio della condotta
di una coppia di «ruote-spirale» coniugate si esegue, come per le ruote
cilindriche a denti elicoidali, sezionando la dentatura con piani normali
agli assi dei denti; si giunge cioè a definire, per ogni ruota, il numero di
denti ideale:

z
z.d = (25)
I COStJ • COS3 /3m

indicando con:
z = numero di denti reale;
{J = angolo di semiapertura del cono primitivo;
/3m
= angolo (medio) formato dal dente con la generatrice del cono primi-
tivo

I più comuni tipi di «ruote spirale» sono le ruote coniche Gleason e Klin-
gelberg. Per poter imboccare tra loro i denti delle «ruote spirale» coniuga-
te devono avere pari inclinazione e sensi opposti.
In conseguenza della conicità della ruota e per effetto dell'inclinazione dei
denti le spinte assiale e normale scambiate tra le ruote ingrananti variano
continuamente d'intensità, in particolare a seconda che il fianco di lavoro
del dente sia concavo o convesso (rispettivamente corrispondenti ai segni
algebrici superiore e inferiore nei binomi delle seguenti espressioni); le
equazioni già analizzate per le ruote coniche a denti diritti vengono così
modificate:

(26)

(27)
9.1. RUOTEDENTATE
CONICHE 267

Il proporzionamento delle «ruote spirale» verrà condotto principalmente


seguendo l'ipotesi di Hertz, data la presenza di notevoli strisciamenti
(=>usura!), ricavando il modulo normale medio:

(29)

con i coefficienti valutati in relazione al numero di denti e al rapporto di


trasmissione ideali; per una verifica della resistenza meccanica a flessione
dinamica dei denti, si applicherà, eone le stesse considerazioni, la:

mnm = Gei
·
· J
fv· (ladm
M1
·
(30)

- esercizi - esercizi - esercizi -

Esercizio9.1.
Eseguire il dimensionamento di massima di una coppia di ruote coniche
a denti diritti atte a trasmettere 3 kW tra alberi posti a 90° tra loro. Tale
coppia di ruote coniche deve ridurre il numero di giri n 1 = 600 giri/min
dell'albero motore a n 2 = 360 giri/min dell'albero condotto.

Pn = 3 kW
n 1 = 600 giri/min
n 2 = 360 giri/min
J:= 90°

[All'interno di questo esercizio si rimanda, per alcuni valori, al Nuovo


Manuale di Meccanica, ESAC/Zanichelli, 1994.]
268 9. lRASMISSIONEDELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CONICHE

Soluzione

, n 1 = 600 giri/min
~

Figura 9.7.

Il rapporto di trasmissione vale:

Dalla relazione per E = 90°:

s1 ncava:
b1 ~ 32°
b2 ~ 58°
la potenza di calcolo vale:

Assunto f.= 1,5 (Tabella 3.4 del Manuale di Meccanica) avremo:

P = 3 · 1,5 = 4,5 kW

Il momento torcente sul pignone CDvale quindi:


p p 4,5 · 106
M, =- =--=---= 71650 N· mm
1 w1 2nn 1 2n 600
60 60
ESERCIZI 269
Per la costruzione delle due ruote si pensa di adottare materiale non
indurito superficialmente.
Per il calcolo dell'ingranaggio si adotterà pertanto la formula di Hertz, ripor-
tata dal Manuale di Meccanica:

Detta formula non tiene conto dell'eventuale effetto negativo della velocità
periferica, in quanto tale effetto è già considerato nella valutazione di Pam
opportunamente ridotta!
Si assume per la costruzione un acciaio da bonifica C40 UNI 7845.
Per tale acciaio si adotta, dal Manuale di Meccanica:

Pam= 350 N/mm 2

Sempre dal Manuale di Meccanica si ricava, per l'ingranaggio in esame:

Per la valutazione del coefficiente Cc si procede a stabilire il numero di


denti z 1 del pignone.
Si assume:

Il rapporto ideale di ingranaggio vale:

zid 2 z2cosc51 cosc51


uid=-= =u--
zid, cosc52 z 1 cosc52

posto u = i = 1,6. avremo:

Uid = 2,56

Dalle tabelle si ricava, interpolando per uid = 2,56 e z 1 = 20


270 9. TRA5MISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CONICHE

13,3 ----------------

12,4

1,6 2 u

Figura 9.8.

X - 12,4 2- 1,6
13,3 - 12,4 2-1
X - 12,4 0,4
0,9 1
X= Cc= 12,76

Il modulo medio è definito pertanto dalla relazione:


3 71650cos 32°
mm = 12,76 3502 . 6 = 5,55 mm

Dalle tabelle dei moduli unificati si adotta:

Si procede quindi al proporzionamento delle ruote dentate.


Come detto:
<>1= 320 Z1 = 20
<>2= 58°

Il diametro primitivo medio del pignone vale:

d 1m = mm· z 1 = 6 · 20 = 120 mm

e la lunghezza della generatrice Rm media:

dim
Rm = <5 = 113,22 mm
2sen 1
ESERCIZI 271

Figura 9.9.

La larghezza b della dentatura sarà:

b ~ 0,25Rm~ 28,3 mm

L'addendum è ricavato (in corrispondenza della pos1Z1one media sulla


dentatura) con:
ha= m = 6 mm
e il dedendum:
h1 = 1,20m = 7,2 mm

L'angolo di addendum vale:

ha 6
tg9 =- = -- = o 05299=>9 = 3°2
I

a Rm 113,22 ' a

L'angolo di dedendum:

hf 7,2 I
tg9f = - = -- = 0,06359=> 91 = 3°38
Rm 113,22
272 9. TRASMISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CONICHE

Il cono di testa ha quindi angolo al vertice (pignone):

()a1 = ()1 + 8a = (35, 03) = 35°2' 18" 0

Il cono di piede ha angolo al vertice (pignone):

()f1 = ()1 - 81 = (28,36) = 28°21'40"


0

Il numero di denti della ruota condotta è ricavato dalla relazione:

l
. Z2
= -=> Z2 = Z1 · l
.
= 32
Z1

Il diametro primitivo medio della ruota condotta vale pertanto:

Il modulo pari all'addendum misurato sulla corona esterna:

tg 8=
a
m b => m = tg 8· (R+ ~)
a 2
= m
Rm +-2

~ tg (3,03) 0
( i
113,22 + 2 3) =

~ 6,74mm

Pertanto l'addendum misurato sulla corona esterna della ruota vale:

ha, =m = 674mm
,

e il dedendum:
5 5
h
fe
= -m
4
= -4 · 6' 74 = 8' 425 mm

Infine, il diametro primitivo misurato sulla corona esterna della ruota vale:

( b)· senJ
dP1 = 2 Rm + 2 1
(
= 2 113,22 +-28,3)
2- sen32° ~ 135 mm

2
b)· senJ
dp = 2 (Rm + 2 2 = 2 (113,22 +-28,3)
2- sen58° ~ 216 mm
ESERCIZI 273

La lunghezza effettiva della generatrice vale pertanto:

b 28,3
R = Rm + 2 = 113,22 + 2 = 127,37 mm

Il cono di testa della ruota condotta ha angolo al vertice pari a:

ba2 = b2 + 9a = 58° + (3,03)0 = (61,03)0 = 61° l'

mentre il cono di piede ha angolo al vertice:

Jfz = b2 - 91 = 58° - (3,63)0 = (54,37)0 = 54°22'

Calcolato il modulo medio a usura:

mm= 5,55 mm

si può assumere, tralasciando altre verifiche, alla base maggiore della ruota
sul cono complementare, il modulo unificato m = 6 mm.
Si procede quindi al proporzionamento delle ruote:

Figura 9 .1 O.
274 9. TRASMISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CONICHE

Il diametro primitivo del pignone CDvale:

mentre il diametro primitivo della ruota condotta vale:

dP2 = mz 2 = 6 · 32 = 192 mm

La lunghezza della generatrice R vale:

R =-d~P~1_
2sent51

La larghezza della dentatura deve essere proporzionata in modo che:

b = (0,25 -:- 0,30)R

Essa è definita dalla formula:

b = À.• mm = 6 · 5,5 = 33 mm

Il rapporto b/R risulta 0,29. Anche se siamo al limite la larghezza risulta


proporzionata in maniera corretta.
L'addendum e il dedendum misurati sulla base maggiore del cono della
ruota valgono:

ha= m = 6 mm
h1 = 1,2m = 7,2 mm

L'altezza del dente, misurata sul cono complementare, vale pertanto:

h = ha +h 1 = 13,2 mm

Si procede infine al calcolo degli angoli caratteristici della ruota.


L'angolo di addendum vale:

ha 6
tg 8
ai
= -R = --
113,20
= o' 0529 ==>8 al = 3°2'
ESERCIZI 275
L'angolo di dedendum:

hf 7,2
tg 9 = - = -- = o0636 => 9 = 3° 38'
Ii R 113 20 ' Ii
'
Il cono di testa ha angolo al vertice (pignone):

ba 1 = b 1 + 8a = 32° + (3 03) = (35 03) = 35°2' 18"


1 ,
0
,
0

Il cono di piede ha angolo al vertice:

Il cono di testa della ruota condotta ha angolo al vertice:

mentre il cono di piede ha angolo al vertice:

bfi = b2 - 9f = 58° - (3,63)0 = (54,37)0 = 54°22'

Dei due proporzionamenti, il secondo appare più corretto, agile e raziona-


le e quindi migliore.

Pignone (D
Dimensioni in mm

Figura 9.11.
276 9. TRA5MISSIONE
DELMOTO MEDIANTERUOTEDENTATE
CONICHE

Ruota condotta @

Dimensioni in mm

3°2'

-
N
O'I

Figura 9.12.
Trasmissionedel moto
fra assi sghembi

10.1. Trasmissionifra assi sghembi

Due rette nello spazio si dicono sghembe se non sono incidenti e nemmeno
parallele; già si intuisce che per realizzare tale tipo di trasmissione a mezzo
di ruote dentate si deve rinunciare alle dentature diritte, rendendosi neces-
sarie quelle elicoidali o, più raramente, spiroidali.
Una prima soluzione al problema prevede l'uso di ruote dentate cilindriche
a denti elicoidali, disposte come rappresentato nella figura 10.1, aventi
angoli d'elica concordi.
Individuati gli assi sghembi x 1 e x 2 (Figura 10.2) se ne individui la
normale comune 0 1 0 2 , ovvero il segmento di distanza minima a, che
coinciderà con l'interasse di trasmissione; i raggi primitivi delle ruote
cilindriche, disposte in corrispondenza rispettivamente di 0 1 e 0 2 , saranno
tali per cui:
r1 + r2 = a
La figura 10.2 rappresenta le due ruote in proiezione su un piano perpen-
dicolare a 0 1 0 2 , segmento quest'ultimo che degenera nel punto C di unico
contatto ideale fra le due ruote, intersezione «virtuale» fra le proiezioni
degli assi di rotazione x 1 e x 2 • In realtà il contatto è fatto estendere al
segmento e-e, asse longitudinale comune della coppia di denti in ingrana-
mento, risultanti inclinati rispettivamente degli angoli /31 e /32 d'elica in
relazione agli assi x 1 e x 2 •
Considerando il punto C di tangenza fra i cilindri primitivi della coppia di
2 78 1O. TRASMISSIONE
DELMOTOFRAASSISGHEMBI

X~--- .---·

'
'
'
'
I i
_____ l, ________ -------------
Xl
----

' :o
, i I

Figura 10.1.

Figura 10.2.
10.1. TRASMISSIONI
FRAASSISGHEMBI 279
ruote, le velocità periferiche delle stesse risultano:
(1)

Per assicurare una corretta trasmissione dal punto di vista cinematico, al


contatto, i denti non devono né urtarsi, né distanziarsi; si conduca perciò
da C la retta (n-n) perpendicolare al segmento (e-e): necessariamente le
proiezioni di v1 e v2 su detta retta dovranno essere uguali:

ovvero dovrà essere nulla la velocità relativa in direzione normale alle su-
perfici di contatto; viceversa non è comunque assicurata l'assenza di stri-
sciamenti: esisterà sempre una velocità relativa tangenziale alle superfici di
contatto, causa di attriti (e quindi di usura):
(2)
(3)

tanto maggiore quanto più ampi sono gli angoli d'inclinazione delle eliche
delle dentature di entrambe le ruote.
Ritornando all'equazione prima scritta:
(4)

dalla definizione di rapporto di trasmissione si ha:

. W1 r2 COS /32
l=-=--- (5)
W2 r 1 cos/31

inoltre, condizione d'ingranamento è che le due ruote abbiano identici


passi, e quindi moduli, normali e tras:i.,0rsali:
(6)
m,1 cos/31 = m,2 cos/32 (7)
2r 1 2r2
-cos/3 1 = -cos/3 2 (8)
Z1 Z2

da cui:

7-·-·---/--
r2 cos/32 . z2
(9)
7 r1 cos /31 z1
280 10. TRASMISSIONE
DELMOTOFRAASSISGHEMBI

Il proporzionamento cinematico dell'ingranaggio in esame si esegue una


volta che siano stati fissati il rapporto di trasmissione i, l'interasse minimo
a, l'angolo virtuale J; tra gli assi visti in proiezione nella direzione di a; te-
nendo presente che:

I p, + p, ~E I (10)

nonché le precedenti relazioni, si tratta di valutare i diametri primitivi e gli


angoli d'elica delle due ruote. Si tratta ovviamente di un problema che
ammette infinite soluzioni. Casi particolari risultano:

J; . r2
1) /31=/32=-= l=- (11)
2 r1
2) l:=90°=> /32= 90° - /31
. r2 sen/31 r2
cos/32=cos(90°-/3 1)=sen/3 1 = z=-· --=-· tg/31 (12)
r 1 cos/31 r 1
/31= 900 - /32
. r2 cos /32 r2
cos/31=cos(90°-/3 2)=sen/3 2 = z=-· --=-· ctg/32 (13)
r 1 sen/32 r 1
3) /31= /32
r 1 =r 2 = i= 1

10.2. Ingranaggio a vite

Un caso particolarmente importante di trasmissione fra assi sghembi è da-


to dal cosiddetto ingranaggio a vite; esso non è altro che una coppia di
ruote dentate cilindriche a denti elicoidali, una delle quali, la vite, è carat-
terizzata da un angolo d'elica /31 molto grande e, corrispondentemente, da
un numero di denti ridotto. Questo ingranaggio serve per trasmettere po-
tenza tra assi sghembi ortogonali tra loro.
Data la particolare conformazione geometrica, il moto è trasmissibile sola-
mente dalla vite, così chiamata in quanto i suoi pochi denti vi si avvolgo-
no a spire d'elica, alla ruota dato che l'angolo /32 d'inclinazione dei denti
di questa, complementare di /31, è generalmente inferiore all'angolo d'attri-
to caratterizzante il moto relativo di strisciamento dei denti (Figura 10.3).
10.2. INGRANAGGIOA VITE 281

/32

Figura 10.3.

La trasmissione unidirezionale ha tuttavia la peculiarità di realizzare eleva-


ti rapporti di riduzione, per cui la coppia vite senza fine-ruota elicoidale
è frequentemente impiegata nei riduttori di una certa importanza, pur con
limitati ingombri.
Dalla relazione già ricavata per una qualunque coppia di ruote cilindriche
a denti elicoidali:

. d2cos /32
l=--- (14)
d1cos /31
essendo nel caso in esame: .

E= 90° = /31+ /32


otteniamo:

/31= 90° - /32= cos /31 = cos (90° - /32) = sen /32
282 10. TRA.5MISSIONE
DELMOTOFRAASSISGHEMBI

Tabella 10.J Elementi di calcolo della coppia vite senza fine - ruota elicoidale.

ruota

senza
fine

Elementiprincipali Vite senzaf me Ruoia a vite

Numerodenti ruota z - z2 = d2fm,2


Numero principi vite i i= d 1/m 11 -

Modulo normale m. m. 1 = m, 1 cos/31 m. 2 = m,2cos f32

Modulo assiale m •• m••, = m./(cos/3) m••2 = m./(cos /32 )


Modulo trasversale m, m, 1 = m./(sen/3 1) m,2 = m./(sen/3 2)

Passo normale p. P., =nm •1 P.2 =nm •2


Passo assiale p as P••, = nm••1 Pasz= nm••2
Passo trasversale p, p 11 =nm, 1 P,2 = nm,2
Senso d'elica - -

Angolo d'elica /3 tg/31 --m as 1 /mt 1 tg/32 = m,,Jm••2


Diametro primitivo d d 1 = (m. 1 • i)/(sen f31) d2 = m,2. z2

(segue)
10.2. INGRANAGGIOA VITE 283
Tabella 10.1 (continua)

Elementiprincipali Vite senzafine Ruota a vite

Addendum h . h =m n

Dedendum h1 h1 = (1,2-;- l,4)m.

Altezza del dente h h =h.+ hf


Diametro di testa d0 d01 = d 1 + 2m., d02 = d2 + 2m. 2
Diametro di piede d1 dli = d 1 - 2,334m., dli = d 2 - 2,334m. 2
Diametro di testa esterna
ruota d01 - d01 = 2 (ri + ri x cos 11.
5/2) + d02
Serniangolo profilo o angolo
di pressione normale 11. IJ. = 15°-;- 25°
Raggio primitivo gola ruota r - r = d 1 /2
Raggio interno gola ruota ri - ri = a - dfi/2
Raggio esterno gola ruota r, - r, = a - d0 /2
Interasse a a = (d 1 + d 2 )/2
Rapporto di ingranaggio u u = z 2 /z 1 = n 1 /n 2
Giuoco di testa e e::::::0,2m.

Lunghezza vite L L = (4-;- 5)P.s,


Larghezza ruota b - b = (6 -;- IO)m. 2
Angolo smusso denti 11.s - IJ.s = 60° -;- 90°

sostituendo si ha:

(15)

analogamente:
/32= 900 - /31= cos /32 = cos (90° - /31) = sen /31

(16)

L'angolo dell'elica /32 della ruota può essere anche pensato come formato
dal filetto della vite con un piano perpendicolare al suo asse di rotazione
284 10. TRASMISSIONE
DELMOTO FRAASSISGHEMBI

ed è perciò anche denominato angolo d'inclinazione dell'elica e simboleg-


giato con y.
Sviluppando il cilindro della vite in un piano, è possibile individuare il
passo Pz1 della stessa, inteso come distanza misurata lungo l'asse di rota-
zione fra due punti omologhi e consecutivi appartenenti allo stesso filetto;
frequentemente però la vite non ha un solo filetto, o principio z 1 , per cui
si è soliti definire anche il corrispondente passo apparente valutato cioè
assialmente fra due punti omologhi appartenenti a creste consecutive e che,
per assicurare una trasmissione cinematicamente corretta, deve essere pari
al passo trasversale della ruota.

Figura 10.4.

In simboli:

(17)

Dalla figura 10.4 si ricava:

(18)

sostituendo nell'espressione del rapporto di trasmissione:

. d2 nd'i nd2
l=-·-=- (19)
Ài Pzl Pz1
dato che:

e, come ricavato sopra:


10.2. INGRANAGGIO A VITE 285
si determina infine:

. Pt2. Zz Zz
l=---=- (20)
Pt2· Z1 Z1

Si comprende ora come sia possibile realizzare agevolmente elevati rappor-


ti di trasmissione essendo:

i= (40 + 60)

Per quanto riguarda la geometria della vite senza fine, cilindrica a uno o
più filetti o principi (max 3 + 4), nella sezione eseguita con un piano con-
tenente l'asse di rotazione, il profilo dei filetti può avere forma approssi-
mativamente trapezoidale o curvilinea, a seconda di come esso è generato:

a) vite con profilo dei denti a evolvente di cerchio, in tutto analoga a una
qualunque ruota cilindrica a denti elicoidali, avente però angolo d'inclina-
zione dei denti notevole; ne segue che l'angolo di pressione trasversale
11 è notevolmente più grande dell'angolo di pressione normale C<n
C< 1:

tg C(n
tgC<t= __ !
1 sen y

La vite a evolvente può essere tagliata per inviluppo con pignone-utensile


(coltello Fellows), o dentiera-utensile, o ancora seguendo lo stesso pro-
cedimento di generazione delle filettature al tornio parallelo o alla fresa-
trice;
b) vite con profilo dei denti a spirale d'Archimede, in essa, nel piano
contenente l'asse di rotazione della vite, si assume un profilo esattamente
trapezoidale e lo si dota di moto elicoidale, in modo che i lati inclinati del
trapezio generino le superfici (elicoidi) dei fianchi del singolo filetto: il
profilo del filetto ottenuto con un piano trasversale all'asse della vite si
dimostra essere una spirale d'Archimede. Malgrado l'apparente semplicità
geometrica la vite così profilata presenta problemi di realizzazione.

La coppia vite senza fine-ruota dentata elicoidale durante la trasmissione,


per ipotesi in assenza d'attrito, determina una forza F orientata nello spa-
zio in relazione all'angolo di pressione normale qella dentatqra e all'an-
golo d'inclinazione dell'elica, scomponibile per comoqità di studio (Figu-
ra 10.5) nelle componenti assiale A, radiale .Ne tangenziale T, denomina-
te prendendo come riferimento la ruota (per la vite si tratta rispettivamen-
286 10. TRASMISSIONE
DELMOTO FRAASSISGHEMBI

te delle componenti assiale, radiale e tangenziale), come rappresentato in


figura 10.5.
In base a quanto già esposto per le ruote dentate cilindriche a denti
elicoidali:

(21)

I N ~ Fsen•. ~ T· tga, (22)

I A~ T· tgy (23)

T e

-
F'.-=:-_.,__ _ __,,...~'-----.r

b)

-
F e)
a)

Figura 10.5.

La presenza di notevoli attriti nella trasmissione del moto dalla vite senza
fine alla ruota determina, a parità di forza tangenziale o periferica utile T,
un aumento della forza assiale A, indice di maggior dissipazione di ener-
gia; questo a causa dell'incremento dell'angolo formato nel piano orizzon-
tale fra F' e T a opera dell'angolo d'attrito <p (tg <p= lradenie).
Il momento di F rispetto all'asse della vite, determinato dalla componente
A, risulta il momento «motore»:
M 11 = A· r 1 = T· tg(y + <p)· r 1 (24)
10.2. INGRANAGGIOA VITE 287

nel caso di esercizio ideale si avrebbe invece:

M 10 = A 0 · r1 = T- tg y · r1 (25)

Si può quindi definire il rendimento della trasmissione come rapporto fra


il momento motore richiesto per lo sviluppo di una data potenza utile nel
caso di esercizio ideale e in esercizio reale:

(26)

dalle precedenti relazioni si ricavano:

Ao
-=tgy (27)
T
A
T = tg(y + <p) (28)

da cui:

tgy
r, = (O,70 + 0,80) (29)
tg(y + <p)

relazione analoga a quella valida per la coppia vite-madrevite.


Tutto ciò può essere semplicemente intuito considerando che per ottenere
un prefissato momento torcente in uscita:

M12 = T· r2 = F'cos(y + <p)· r2

all'aumentare dell'angolo Yreale a causa di <poccorre incrementare parallela-


mente la forza scambiata F.
Il proporzionamento di un ingranaggio a vite è svolto prendendo in con-
siderazione il fenomeno di usura dei fianchi dei denti, nettamente prevalente
rispetto alle semplici sollecitazioni meccaniche; in sequenza si provvederà a:

1. verificare la resistenza a usura dei denti della ruota, applicando la


relazione che deriva dalla teoria di Hertz:

m12 = 7,5 . J 2 M tz
Z2 · Padm ·
(30)
288 10. TRASMISSIONE
DELMOTO FRAASSISGHEMBI

nella quale:
m12 = modulo trasversale della ruota (mn2 = m12 • cosy)
M12 = momento applicato alla ruota, ricavabile come noto dalla potenza
in trasmissione valutata per eccesso introducendo un opportuno
fattore di servizio f. (Tabella 10.2);
z2 = numero di denti reale della ruota (40--;-60);
Padm = pressione ammissibile sopportabile dal materiale costituente la den-
tatura della ruota, che generalmente è assunto più debole di quello
della vite al fine di realizzare un'usura preferenziale pressoché uni-
laterale sul membro della trasmissione di più agevole sostituzione
e di relativo minor costo; si spiega perciò il motivo per cui la prima
fase del proporzionamento dell'ingranaggio riguarda la ruota, non
la vite;
). = rapporto tra la larghezza di contatto tra vite e ruota e il modulo
trasversale di questa: À = }!_ (6--;-7);
mtz
fw = fattore di velocità di strisciamento che tiene conto della velocità
angolare w 1 della vite (Tabella 10.3);

Tabella 10.2 Fattore di servizio f..

Rapporto di intermittenza 10% 20% 40% Esercizio continuo

Fattore di servizio (f.) 0,50-;- 0,55 0,65-;- 0,70 0,85

Tabella 10.3 Fattore di velocità fw. [Da G. Vianello, Meccanica delle macchine, voi. 3,
Firenze, Sansoni, 1986]

Velocità . w 1 (vite) in rad/s


w1 (in m/s)
IO 20 40 80 160 320

0,1 0,40 0,34 (0,28)

0,5 0,34 0,28 0,24 (0,19)

(0,31) 0,26 0,22 0,18 (0,14)

2 (0,24) 0,20 0,16 0,13 (0,1)

5 (0,17) 0,14 0,11 0,085

10 (0,12) 0,09 0,075

20 (0,08) 0,065
ESERCIZI 289
2. verificare la resistenza all'usura dei filetti della vite: per quanto detto
sopra generalmente tale verifica è in genere superflua; occorre tuttavia te-
ner presente che nel calcolo di m12 , di cui al precedente punto, si presenta
ancora lo stesso problema già affrontato nella progettazione di altri tipi di
ingranaggi, ovvero quello della valutazione di fw in base alla velocità di
rotazione della ruota a vite che non è nota a priori: si procederà, come già
esposto, fissando un fattore di velocità di strisciamento preventivo con il
quale impostare il calcolo (valore che verrà solo in seguito verificato una
volta stabilita la geometria dell'ingranaggio);
3. verificare la resistenza a fatica del nocciolo della vite: le tre componenti
che il dente della ruota esercita sulla vite (reazione) inducono nel nocciolo
sollecitazioni composte di flesso-torsione prevalentemente (trascurando ta-
glio e sforzo normale); assunta una distanza tra i supporti della vite pari a:

(31)

si verificherà che il nocciolo resistente della vite, il cui diametro, assieme


alla geometria dell'intero ingranaggio, è determinabile dopo aver svolto
i precedenti punti, sia sufficiente affinché il materiale costituente sopporti
validamente le suddette tensioni.
Un ultimo caso particolarmente interessante di trasmissione con ruote den-
tate fra assi sghembi è rappresentato dalla coppia ipoidale di ruote coniche
(pignone e corona), che permette la trasmissione, generalmente unidirezio-
nale, fra assi sghembi ortogonali, posti su piani paralleli distanti di una
quantità denominata «offset» (Figura 10.6).
I denti delle ruote ipoidi hanno profilo curvo, tipico di ogni casa costrut-
trice, in modo tale che, durante l'ingranamento, il contatto tra i coni
primitivi delle ruote è limitato teoricamente a un punto.

offset
/3m, = 45°-;- 50°
/3"'2 = 20° -;- 25°
z 1 =8+}2
Z 2 = 40 + 50

Figura 10.6.
290 1O. TRASMISSIONE
DELMOTOFRAASSISGHEMBI

A questo si aggiunga la presenza di notevoli attriti di strisciamento, eviden-


ziati dalla differente inclinazione delle eliche dei denti di ruota e pignone.
Tale coppia di trasmissione trova applicazione in particolare nelle costru-
zioni automobilistiche con motore anteriore e trazione posteriore come
«coppia al ponte»: l'utile abbassamento dell'albero di trasmissione realiz-
zabile con questa coppia consente di abbassare il piano della carrozzeria
e quindi il baricentro dell'automobile.
Per far fronte alle notevoli condizioni di carico e di usura, gli ingranaggi
ipoidi richiedono un'accurata lubrificazione con oli speciali a elevata visco-
sità a gradazione fissa (non multigradi).

esercizi - esercizi - esercizi - esercizi

Esercizio10.1.
Eseguire il dimensionamento di un ingranaggio a vite necessario per l'azio-
namento di un argano per montacarichi nel quale possono trovare posto,
al massimo, dieci persone.
Assumere i seguenti dati:

- carico massimo= 8000 N (carico utile)+ 8000 N (peso cabina)= 16000 N


- contrappeso = 8 000 N (peso cabina) + 4 000 N (metà carico utile) =
= 12000 N
- diametro tamburo= 0,8·m
- velocità massima cabina = 0,80 m/s; (v1 ~ w 1 )
- regime di rotazione dell'albero motore= n 1 = l 000 giri/min
- rapporto di intermittenza = 25%
- l = b/m12 = 6

Soluzione
Calcoliamo, inizialmente, le velocità angolari rispettivamente dell'albero
motore e del tamburo (condotto):

2nn 1 2 · n · l 000
W1 = 60 = 60 = 104,72 rad/s

2v 2 · 0,80 m/s
w 2 = --- = ---- = 2 rad/s
D1amburo 0,80 m
ESERCIZI 291

Di conseguenza il rapporto della coppia di trasmissione risulta:

CV1 104,72
i=-=--= 5236
W2 2 '

Potremo assumere, pertanto, una vite a un solo filetto (z1 = l) e una


ruota con 52 denti (z 2 = 52).
Il momento torcente da applicare all'albero del tamburo dell'argano varrà:

Mr 1 = (16000 - 12000) N · SOO2mm = 1,6 · 106 N · mm

Dalla tabella IO.I possiamo assumere un fattore di servizio:

f.= 0,70

conseguentemente il calcolo a usura per la ruota deve essere effettuato


utilizzando il momento torcente:

M 12 = 1,6· 106 • 0,70 N- mm= 1,12· 106 N· mm

Sulla base della velocità angolare cv1 ( = 104,72 rad/s) la tabella 10.2 ci
fornisce un valore medio per il coefficiente di velocità fw

fw = 0,17
medio

Supponendo di considerare una vite cementata e la ruota in bronzo di allu-


minio eseguita su una macchina dentatrice si ricava dai manuali tecnici una
pressione ammissibile:
(TH = Padm = 300 N/mm 2
adm

Applichiamo, ora, la relazione di progetto (equazione 30):

3
1,12. 106
(52) 2 · 300· 6- 0,17

Questo valore viene quindi arrotondato a:


292 1O. TRASMISSIONE
DELMOTO FRAASSISGHEMBI

Stabilito l'angolo di inclinazione dell'elica (y) si potrà poi calcolare anche


il valore del modulo normale (mn2 = m 12 • cosy).
Il diametro primitivo della ruota vale quindi:

d2 = m 12 • z 2 = 10 mm· 52
d2 = 520 mm
Il diametro della vite si calcola con la formula empirica:

(ove x è un coefficiente che viene riportato in tabella 10.4).


Conseguentemente:
d 1 =X· m12 = 8 · 10 mm= 80 mm

(x = 8 per vite a evolvente).


Per eseguire la verifica calcoliamo ora la velocità w1:

d1 0,080
w 1 ~ v 1 = c.v1 · 2 = 104,72 rad/s· - 2 - m ~ 4,2 m/s

Tabella 10.4 Valori del coefficiente X·

Ingranaggio con vite Ingranaggio con vite


a evolvente di Archimede
(n. di denti z2 della ruota) (n. di filetti z I della vite)

25 30 40 50 60 2 3 4

5+ 6 5,5 -;-6,5 6,5 -;-7,5 7,5 -;-8,5 8,5 + 10 7 -;-8 8,5 -;-9,5 10 + 11 11 + 12

La tabella 10.2, in corrispondenza di w1 ~ v1 = 4,2 m/s, fornisce:

fw ~ 0,13

anziché fw = O,17 assunto in prima approssimazione.


Di conseguenza ricalcoliamo il modulo m12 per controllare l'eventuale
variazione dello stesso a causa del nuovo fw:
3
1,12. 106
(52) 2 · 300- 6- 0,13
ESERCIZI 29 3
Poiché il modulo utilizzato per il dimensionamento precedente era stato
unificato a 1O mm, la nuova assunzione di f w non modifica i valori dei
diametri già calcolati.
L'inclinazione del filetto della vite si determina con la seguente relazione:

m · z1 10 mm· 1
tgy = ~t2~_
d1 80 mm
y = (7,125) = 7°07' 30" ~ 0,124 rad
0

Rimane ora la verifica di resistenza della vite.


A tal proposito consideriamo l'intero momento torcente che agisce sulla
vite stessa, ovvero:

La schematizzazione di questo problema è evidenziata nella figura 10.7.

RzA
T -
RzB
N
e RxB

l/2 l/2

Figura 1 O.7.

La forza parallela all'asse della vite (fin figura 10.7) vale:

2 · 1 6 · 106 N · mm
' ~ 6154 N
520 mm

mentre la forza tangente al suo cilindro primitivo (.A in figura 10.7):

A= T· tg(y + <p) = 6154 N · tg(7,125 + 2,5)0 = 1043,63 N

Avendo assunto:
<p= (2,5)0 = 2° 30'
294 10. TRASMISSIONE
DELMOTOFRAASSISGHEMBI

Considerando per l'evolvente an = 20°, la componente radiale della spinta


(N in figura 10.7) risulta:

N = T· tga" = 6154 N · tg20° ~ 2240 N

Per ultimo assumiamo:

I~ 0,75 (di + d 2 ) = 0,75 (80 + 520) mm


I~ 450 mm

Analizzando le azioni evidenziate nella figura 10.7 notiamo che:

A 1043,63 N
RZA= RZB= 2= 2 ~ 521,8 N

di N 80 2240
R =T·-+-=6154---+--
YA 2. I 2 2 · 450 2
RYA = 1667 N

Il momento flettente nel punto C (ovvero in mezzeria dell'albero) vale:

M 1e =(JR~ y
+ R~)z · ~2 = (J(l 667)2 + (521,8)2 ) · 225 =

= 3,93 · 105 N · mm

Il momento torcente invece:

di
M 1 = A · - = 1 043,63 N · 40 mm
e 2

M 1e = 41 745,2 N · mm

Utilizzando l'ipotesi di Huber-Hencky-von Mises:

_Mfid
O'id - -- ::;; O'adrn
W1.

Mfo = M;c + i M; = (3,93 · 105 )2 + 1(41 745,2)2 ~ 3,95 · 105 N · mm


ESERCIZI 295
Mentre:
n 3
wf. --d
- 32 Ii

ove:
dli= d 1 - 2,4· mn = 80 mm - 2,4· mn
mn2 = m 12 • cosy = 10 mm· cos · (7,125)0 ~ 9,923 mm
quindi:
dli= 80 mm - 2,4· 9,923 mm= 56,18 mm

Conseguentemente:
n
W1 =-(56,18 mm)3 = 17412,8 mm 3
• 32

La tensione ideale varrà pertanto:

Mfo 3,95 · 105 N · mm 2


a-d = -- = ------ = 22 68 N/mm
l wf. 17 412,8 mm 3 '

La tensione unitaria ideale è risultata di entità molto modesta e, quindi,


pienamente accettabile.
Determiniamo, infine, la potenza motrice trasmissibile.
Dall'equazione del rendimento 17 (per <p= 2° 30') otteniamo:

tg y tg (7,125)0
17=---=-----=O 737
tg(y + <p) tg(7,125 + 2,5) '

Valore che possiamo ridurre a:


17= 0,72

per tener conto degli attriti sviluppati nell'accoppiamento perno-cuscinetto.


La potenza resistente vale:

P2 =Mi 2 max· Wz = 1,6· 106 · 10- 3 . 2= 3200W

Mentre la potenza motrice:

P2 3200 W
P 1 =- =---~ 4444,5 W
17 0,72
Treni di ingranaggi

11.1. Ruotismi

Si definisce ruotismo, o treno d'ingranaggio, un complesso di ruote dentate


ingrananti l'una con l'altra, disposte in modo tale che dal moto di una
derivi il movimento delle altre. Si possono poi avere:

a) ruotismi ordinari=> nei quali gli assi geometrici di tutte le ruote sono
fissi nello spazio;
b) ruotismi epicicloidali=> nei quali almeno un asse del ruotismo è mobile
nello spazio.

Nei treni d'ingranaggi ordinari la prima ruota, membro movente di tutto il


complesso, è detta ruota motrice, mentre l'ultima, membro cedente, è detta
ruota condotta del ruotismo; oltre a queste due ruote il treno ne compren-
de altre, calettate su alberi intermedi, considerabili condotte rispetto alle
precedenti e contemporaneamente motrici per le seguenti.
Si consideri l'esempio elementare in figura 11.1: la ruota intermedia @
è considerata condotta per la ruota motrice CDe motrice per la condot-
ta @, per· questo, al fine di evitare confusione, ad essa è associata una
duplice numerazione; essa è spesso denominata ruota oziosa, in riferimento
al fatto che la sua geometria non influenza il rapporto di trasmissione del
ruotismo, come sarà di seguito spiegato.
La sua funzione è quella di invertire il senso di rotazione dell'ultima ruota,
rispetto a una trasmissione «diretta» ovvero mantiene lo stesso senso di
rotazione della ruota @ rispetto alla ruota CDe, a ben vedere, di ozioso
11.1. RUOTISMI 297

L
-----(ro, --( ___________
t
. _________
W3J---
Oz_3
i o, Wz

Figura 1.1.

ha ben poco in quanto lavora doppiamente rispetto alle altre ruote, essen-
do impegnata in due ingranamenti. ·
Il rapporto di trasmissione di un ruotismo è, per definizione, a prescindere
dal segno:

Q)motrice prima
i=-------'--- (1)
Q) condotta ultima

ma i rapporti di trasmissione singoli della coppia di ingranaggi costituenti il


treno in esame risultano:

e, poiché:

(2)

quindi il rapporto di trasmissione di un treno di ingranaggi ordinario è


pari al prodotto dei rapporti di trasmissione tra le varie coppie di ingra-
naggi di cui esso è costituito.
In certi casi è opportuno fissare una convenzione per attribuire un segno
a i: a un ruotismo in cui le ruote estreme abbiano lo stesso senso di
rotazione si attribuisce un rapporto di trasmissione positivo, mentre vice-
versa, se si hanno sensi di rotazione opposti, si considera un rapporto di
trasmissione negativo. Si osserva infine che:

a) se I i I > 1 si ha un treno riduttore;


b) se I i I < 1 si ha un treno moltiplicatore.
298 11. TRENIDI INGRANAGGI

Se si indica con z, seguito da un indice (pedice) numerico, il numero di


denti di ogni ruota costituente il treno, i rapporti di trasmissione parziali
possono essere anche espressi nel seguente modo:

da cui:

(3)

e quindi il rapporto di trasm1ss1one del ruotismo è espresso, in valore


assoluto, da una frazione in cui al numeratore vi è il prodotto dei numeri
di denti delle ruote condotte dei vari ingranaggi che lo compongono,
mentre al denominatore il prodotto dei numeri di denti delle ruote motrici.
Nel caso in esame prima considerato in figura 11.1 si ha:

e perciò:
• C.01 Z4
l=-=-
C.04 z1

per il ruotismo rappresentato invece in figura 11.2, in cui le ruote 2 e 3 so-

Figura 11.2.
11.1. RUOTISMI 299
no distinte e calettate sullo stesso albero:

. W1 Zz. Z4
1=-=-- (4)
W4 Z1. Z3

Per quanto riguarda la progettazione di un treno d'ingranaggi ordinario, la


determinazione del modulo delle dentature, da eseguirsi seguendo le note
teorie, è svolta seguendo due possibili criteri:
1. il ruotismo è del tipo rappresentato in figura 11.1: condizione necessaria
affinché sia possibile l'ingranamento è che, nel caso di proporzionamento
modulare, il modulo di tutte le ruote sia lo stesso (indipendentemente dal
tipo di dentatura comune). Ai fini dell'usura, questa si manifesterà in
maggior misura sulla ruota a più elevato regime di rotazione, specie se
soggetta a due ingranamenti (ruota intermedia): a essa si applicherà l'ipo-
tesi di calcolo di Hertz; per quanto riguarda invece la mera resistenza mec-
canica dei denti, le condizioni peggiori si avranno laddove, a parità di
potenza trasmessa (trascurando le dissipazioni per attrito), si verificheran-
no i regimi di rotazione minori, ovvero i momenti torcenti maggiori: alle
ruote di maggiori dimensioni si applicherà l'ipotesi di calcolo di Lewis; dai
risultati scaturiti dai suddetti studi si valuterà il modulo da assegnare alle
ruote del treno di ingranaggi;
2. il ruotismo è del tipo rappresentato in figura 11.2: in tal caso il modulo
di ogni coppia di ruote in presa può essere stabilito indipendentemente
dalle altre coppie, evitando eccessivi sovradimensionamenti. A seconda che
si tratti di un treno moltiplicatore o riduttore, seguendo il senso della
trasmissione, si avrà rispettivamente la progressiva diminuzione o aumento
del modulo, considerando la sola resistenza dei denti a flessione e trascu-
rando l'opposto effetto determinato dalle condizioni di resistenza a usura,
certamente di minore influenza. Si ricordi che, a parità di potenza da
trasmettere e a prescindere dagli attriti ovvero dalle dissipazioni d'energia,
la velocità di rotazione e la coppia motrice sono fra loro inversamente
proporzionali e che, in particolare, a una notevole riduzione della velocità
angolare corrisponde un proporzionale aumento del momento torcente da
trasmettere.
Una condizione ricorrente nei cambi di velocità, nei quali la trasmissione
tra due alberi paralleli è effettuata mediante un ruotismo con più coppie di
ruote, realizzanti differenti rapporti di trasmissione e il cui collegamento ai
rispettivi alberi è realizzato ad esempio a mezzo di un opportuno innesto,
riguarda la costanza dell'interasse a fra le due coppie di ingranaggi
nell'esempio di figura 11.3:

d1 d2 d3 d4
2+2=2+2= ...=a (5)
300 11. TRENIDI INGRANAGGI

LLLLLL/

<}--------
---

Figura 11.3.

ma:
d=mz
da cui:
(6)

Nei treni d'ingranaggi epicicloidali o planetari, le ruote ad asse di rotazio-


ne mobile sono sostenute da un telaio girevole, detto portatreno; in analo-
gia con l'astronomia questo trasporta perciò le ruote planetarie attorno
a una ruota ad asse fisso detta solare. Immobilizzando il portatreno, il
ruotismo da epicicloidale si trasforma in ordinario, nel quale la prima e
l'ultima ruota sono dette ruote d'estremità.
Lo studio cinematico di un ruotismo epicicloidale può presentarsi abba-
stanza complesso; si consideri il ruotismo di seguito rappresentato in fi-
gura 11.4, formato da una coppia di ruote e dal relativo portatreno
indicando con w 1 , w 2 e Q le rispettive velocità angolari, supposte concordi
e orane.
Al fine di determinare la relazione fra le varie velocità angolari, si immagi-
ni di applicare a ogni elemento la velocità angolare - Q, con l'effetto di
immobilizzare il portatreno ®, trasformando il ruotismo da epicicloidale
in semplice ordinario, pur conservando il moto relativo tra i membri; il
relativo rapporto di trasmissione, detto del ruotismo reso ordinario, risulta
evidentemente:

. W1 -Q
lo= (6)
Wz -Q

relazione la (6) nota come formula di Willis. Naturalmente al rapporto di


11.1. RUOTISMI 301

I "
I

: ---------------
------------
-----
--1------------,-eQ
----
.

y
'

Figura 11.4. Ruotismo elementare epicicloidale

trasmissione sarà attribuito il segno opportuno, come già analizzato per i


ruotismi ordinari.
A seconda degli impieghi, i treni planetari possono essere suddivisi nelle
seguenti categorie:

a) treni riduttori-moltiplicatori, nei quali una delle ruote d'estremità è fissa,


mentre il portatreno e l'altra estremità risultano i membri movente e ce-
dente o viceversa;
b) ruotismi combinatori, nei quali sono moventi due dei tre membri, mentre
cedente è il terzo, nel senso che quest'ultimo riceve il moto combinato dei primi;
c) ruotismi differenziali, nei quali un solo membro è movente, mentre gli
altri due ricevono il moto opportunamente differenziato.

Si descrivono di seguito i ruotismi epicicloidali di più frequente applicazione.

1. Ruotismo riduttore semplice con corona del treno planetario fissa (Figura
11.5): la corona, dentata internamente, è fissa, in modo che dall'albero mo-
tore la potenza utile sia trasmessa all'albero del telaio portatreno, evidente-
mente a esso allineato. Applicando la formula di Willis si mantenga fermo il
telaio portatreno e invece si liberi la corona, cosicché questa e la ruota solare
costituiscano le ruote d'estremità; il rapporto di trasmissione del ruotismo
reso ordinario risulta:

. W1 -Q
poiché di fatto: w 3 = O lo= (7)
-Q
302 11. TRENIDI INGRANAGGI

Sez. A-A

Figura 11.5.

da cui:
- Qio = W1 - Q

- Qio + Q = W1
Q(l - io)= W1

(8)

inoltre, considerando che il rapporto di trasmissione del ruotismo reso ordi-


nario può essere espresso in relazione al numero di denti delle varie ruote, si ha:

(8')

Il segno tiene conto del fatto che, a portatreno fermo, w 1 e w 2 sono neces-
sariamente discordi; dall'uguaglianza fra la soprascritta relazione e la formu-
la di Willis otteniamo:

z3 Q = w 1z i - Qz i

Q(z1 + Z3) = W1Z1


11.1. RUOTISMI 303
da cui, infine:

Z1
Q =----· C.01 (9)
(z1 + Z3)

il rapporto di trasmissione del riduttore epicicloidale risulterà dunque:

. C.01 Z1 + Z3 .
z= - = --- = 1 - z0 (10)
Q Z1

Dalla geometria del ruotismo si ha poi che:

(11)

essendo necessariamente il modulo delle dentature unico, dividendo ambo


i membri dell'uguaglianza per m si ha:

(12)

sostituendo nell'espressione del rapporto di trasmissione del ruotismo (re-


lazione 10):

(13)

Un tale tipo di ruotismo epicicloidale riduttore trova frequente applica-


zione in aeronautica, nella trasmissione fra motore ed elica anteriore,
nonché nei cambi di velocità dei mezzi cingolati, ovvero nei rotori degli
elicotteri.
2. Ruotismo riduttore con ingranaggi esterni (Figura 11.6): il treno com-
prende quattro ruote a dentatura esterna: il portatreno è il membro mo-
vente, la prima ruota d'estremità è fissa, mentre l'altra costituisce il mem-
bro cedente del ruotismo.
Applicando la formula di Willis, poiché evidentemente · w 1 = O:
304 11. TRENIDI INGRANAGGI

Figura 11.6.

dalla quale:
io(W4 - Q) = - Q
- i0 Q + Q = - i0 w 4

dalla definizione di rapporto di trasmisisone, si ricava quello del riduttore


epicicloidale:

. Q io
l=-=-- (14)
W4 io - 1

Il ruotismo in esame si presta perciò per realizzare rapporti di trasmissione


enormi, a condizione che il rapporto di trasmissione del ruotismo reso ordi-
nario sia prossimo all'unità:

(15)

Singolare soluzione si ha se si adottano:


11.1. RUOTISMI 305
per la quale:
10000
i0 = -- => i = 10 000
9999

Evidentemente anche in questo caso, per la geometria del ruotismo, dovrà


essere:
di d2 d3 d4
- + - = - + - = a = costante·
2 2 2 2 '

3. ruotismo differenziale per autoveicoli (Figura 11.7): l'albero motore, per


mezzo di un ingranaggio ipoide (coppia al ponte), pone in relazione con
velocità angolare Q la scatola del differenziale che costituisce il portatreno
del ruotismo; tale « scatola» alloggia gli assi delle ruote planetarie coniche
ingrananti con le ruote coniche d'estremità, calettate sugli alberi portanti le
ruote motrici dell'autoveicolo.
Applicando la formula di Willis:

ma, per il ruotismo reso ordinario:

Figura 11. 7.
306 11. TRENIDI INGRANAGGI

ed essendo:
Z1=Z3=> i0 = - 1

uguagliando le precedenti relazioni:

W1 -Q
-l=---
W3-Q

-W3 + Q = W1 - Q

Q = _w_
1 _+_w_
3
(16)
2

risulta perciò che la velocità angolare del portatreno è la semisomma delle


velocità angolari delle ruote del veicolo.
Dall'unico membro movente (portatreno) si ricava il moto dei due alberi,
in modo che questi possano anche avere velocità angolari differenti, così
come impone, in curva, il differente sviluppo delle traiettorie. In particola-
re se:
Wz =0
mentre se:

Un difetto del ruotismo differenziale in esame è legato al fatto che la ri-


partizione della coppia motrice alle due ruote si dimostra essere costante-
mente frazionata in parti uguali; in tal senso se una ruota transita su un
terreno scivoloso e slitta, l'altra si arresta e non è in grado di far avanzare
il veicolo: l'intera potenza sviluppata dal motore è sostanzialmente conver-
tita totalmente nella velocità angolare della ruota ad aderenza pressoché
nulla, cosicché i momenti torcenti applicati a entrambe le ruote risultano
insignificanti.
Tale fatto giustifica l'adozione, specie per veicoli fuoristrada, di differenziali
autobloccanti che, inibendo la mobilità delle ruote planetarie (w 2 = O),
consentono di far fronte temporaneamente a situazioni difficili.

-.-CN.aJ A tal proposito ci si deve ricordare di sbloccare il differenziale


I una~uperato il momento di difficoltà per evitare la possibile rottura dello
stesso, se si affronta poi una curva, con il rischio ulteriore di ribaltare l'auto-
I vettura).
11.1. RUOTISMI 307

coppia conica
di nduzione

semialbero

Figura 11.8. Esempio completo di un differenziale per autovettura


Oscillazioniflessionali
e torsionali

12.1. Oscillazioniflessionali

Un corpo posto in rotazione attorno a un asse fisso nello spazio risulta


soggetto, negli elementi infinitesimi di massa che lo costituiscono (Figura
12.1), a forze d'inerzia determinate dalle accelerazioni a cui è sottoposto;

'
~ w=cost.
Figura 12.1.
12.1. OSCILLAZIONIFLESSIONALI 309

supponendo il moto di rotazione con velocità angolare w = costante,


ovvero accelerazioni e forze tangenziali nulle, si avrà che le forze centrifu-
ghe, applicate a ogni elemento infinitesimo di massa dm soggetto ad
accelerazione centripeta o radiale e ridotte come sistema a un punto
appartenente all'asse di rotazione (non necessariamente coincidente col
baricentro del corpo), danno luogo a:

1. una forza risultante:

(1)
m

2. una coppia risultante:

(2)
m

che generalmente non giacciono nello stesso piano e, ruotando assieme al


corpo, tendono rispettivamente a traslare e inclinare l'asse di rotazione
(Figura 12.2).
Tali movimenti sono ovviamente impediti dai vincoli applicati al corpo
ma, per l'elasticità delle strutture e del corpo stesso, ne inducono deforma-
zioni elastiche manifestantesi generalmente con vibrazioni.
Proprio queste indesiderate, ma reali, deformazioni introducono nei mate-

'
'----Jw=cost
Figura 12.2.
310 12. OSCILLAZIONIFLESSIONALI
E TORSIONALI

riali ulteriori sollecitazioni meccaniche sommandosi alle azioni interne de-


terminate dalle forze attive e reattive esterne agenti sullo stesso corpo;
l'effetto, in taluni casi, può dar luogo a fenomeni inaspettatamente gravi:
ecco perché tanta attenzione viene riservata a queste sollecitazioni. Si
consideri ad esempio un albero (Figura 12.3), supportato alle estremità da
una coppia di cuscinetti; nella mezzeria dell'albero è calettato un rotore
qualunque di massa m con baricentro non coincidente con l'asse di rota-
zione, ma disassato di una quantità r 0 ; posto il sistema in rotazione il
punto G diviene sede di una forza centrifuga (Figura 12.4):

Fc = mw 2 r 0 = Jw 2 rdm (3)
m

Figura 12.3.

Figura 12.4.

ne segue che la freccia di flessione elastica, .determinata dal peso della strut-
tura, sommandosi al disassamento rilevato determina un aumento dell'ec-
centricità e, progressivamente, della forza centrifuga che assume il valore:

(4)
12.1. OSCILLAZIONIFLESSIONALI 311

Assimilando il comportamento dell'albero a quello di una molla, cioè


limitando le sollecitazioni indotte in campo rigorosamente elastico, affin-
ché vi sia proporzionalità diretta fra sforzi e deformazioni possiamo scrive-
re:
(5)

ove K individua il parametro di rigidità del sistema:

Fc mw 2 (f + ra) mw 2f + mw 2 ra
K=-=-----=------ (6)
f f f
da cui:
K· f = mw 2f + mw 2 ra
(K - mw 2 )f = mw 2 ra

mw 2 ra ra
(7)
f= K-mw 2 = K
--1
mw 2

Dall'esame dell'equazione (7) si nota che, se l'eccentricità ra non è nulla (e


tale in pratica non lo sarà mai), la freccia di deformazione tende ad
aumentare indefinitamente nel momento in cui il denominatore tende
a zero; in particolare se:

K- mw 2 =0=> K=mw 2

ovvero alla velocità angolare:

(8)

detta velocità critica, che corrisponde alle condizioni di risonanza del-


l'albero, le reazioni elastiche dello stesso sono vinte e l'albero può, teorica-
mente, giungere alla rottura: f- oo (in realtà, per effetto di svariate
cause di dissipazione, l'ampiezza della freccia di deformazione in condizio-
ni di risonanza non è di fatto infinita, tanto che un rotore alla velocità
critica può non subire danni purché non ruoti a lungo in tali condizioni!).
Riscrivendo l'espressione della freccia di deformazione nella seguente
312 12. OSCILLAZIONIFLESSIONALI
E TORSIONALI

forma:

ra ra ra
f=, K (9)
--1 pf w;- 1- (Wc)z
-1
mw 2 p(w 2 w

e studiando la funzione a essa associata:

J= h(w)
si osserva che (indicando con/ un valore generico costante):

!i!::h(w) - cl --
o
-1
o (10)

I
lim h (w) = 1+ - 1= + oo (11)
a,-+roc-

/
lim h(w) = _ = - oo (12)
ro--+roct-
e
1 - 1
. ra
hm h(w)=--= -ra (13)
ro--+ + CO o- 1

In riferimento anche alla figura 12.5, si nota come nell'intorno di wc,


secondo quanto già esposto, si hanno le condizioni di massima instabilità;

e
/
'i: t +oo
eccentricità ':' effetto di
:
i
' '--smorzamento

rG ...............................
j '
---
( .................................. '.'.'.. '.'.'.. '.".'.. '.".'.. '.'C'.. '.'C'.... .

-'o··························
iru~ru -oo I
. i: / ,,
Figura 12.5.
12.1. OSCILLAZIONIFLESSIONALI 313

è interessante sottolineare che per w > wc la freccia diviene negativa,


ovvero si manifesta nel senso opposto all'eccentricità, e che per w » w"
ovvero per velocità angolari dette anche «ipercritiche», il baricentro del
rotore tende spontaneamente a disporsi sull'asse di rotazione (autocentra-
mento!).
Come già accennato tale studio è rigorosamente teorico; in pratica, con
l'impiego di opportuni dispositivi smorzatori (es. viscosi), la funzione rap-
presentata si modifica come evidenziato dalla curva tratteggiata in figura
12.5. Al fine di conseguire condizioni di funzionamento, a regime, lontane
da quelle critiche in relazione alle applicazioni pratiche si tende general-
mente a ridurre il più possibile wc in modo da oltrepassarla rapidamente in
fase di avviamento della trasmissione. Dall'espressione di wc si deduce che
ciò può essere realizzato aumentando la massa degli organi in rotazione,
ma questo è un criterio che contrasta con esigenze talvolta più importanti
di economicità e, non da ultimo, della maggiore inerzia alla rotazione; si
preferisce perciò agire cercando di ridurre il parametro di rigidità K del
sistema in esame, dipendente dal materiale costituente, dalla geometria
dell'albero in rotazione e da come questo è sollecitato-vincolato.
Dalla teoria sulle deformazioni elastiche di flessione indotte su travi, si
ricordano le equazioni che esprimono le rotazioni angolari e le inflessioni
generiche corrispondenti in un punto qualunque delle stesse (Figure 12.6):

d _ M 1 (x)· dx
<p- E· I (14)
n

dy = d/ = xd<p = M1(x) · xdx (15)


E· In

Figura 12.6.

con:
In= momento quadratico d'inerzia di superficie rispetto all'asse neutro
(n-n) di flessione;
E= modulo di elasticità normale del materiale in esame.
314 12. OSCILLAZIONIFLESSIONALI
E TORSIONALI

Si considerino ora alcuni casi notevoli:


a) albero isostatico vincolato agli estremi e soggetto a carico concentrato
in mezzeria (Figura 12.7):
f = .!__Fc. /3 (16)
48 E· In
K = Fc = 48 E. In (17)
f /3

Wc -
-J48E-In
m· /3
(18)

--+
Fc
Figura 12. 7.

b) albero isostatico a sbalzo, incastrato a una estremità (Figura 12.8)


e soggetto a carico concentrato all'estremità opposta:

(19)

Figura 12.8.
12.1. OSCILLAZIONIFLESSIONALI 315

(20)

(21)

c) albero iperstatico, incastrato agli estremi e soggetto a un carico concen-


trato in mezzeria (Figura 12.9):

(22)

(23)

(24)

.....
Fc
Figura 12.9.

tutto ciò supponendo la perfetta rigidità dei supporti.


Poiché però, i supporti ammettono deformazioni di varia misura, essendo
caratterizzati da rigidità certamente non infinita (effetto giroscopico che
attenua le deformazioni), la rigidità risultante del sistema di trasmissione
potrà essere valutata determinando la media armonica· delle rigidità dei
singoli elementi:

K
1
±1
i=1 K;
(25)
316 12. OSCILLAZIONIFLESSIONALI
E TORSIONALI

La determinazione della velocità angolare critica di un albero soggetto


a carichi multipli richiede complessi sistemi di calcolo; molto usata è la
formula di Dunkerley, secondo la quale la velocità critica wc dell'albero su
cui sono calettati diversi corpi-rotori è posta in relazione alle velocità
critiche dell'albero stesso, quando sia separatamente ed esclusivamente
gravato da ciascuno di essi:

1 n 1
w2c I
i=1
2
wi
FORMULA DI DUNKERLEY (26)

Per la determinazione sperimentale della velocità angolare critica di un


albero si sfrutta il fatto che a wc corrisponde la pulsazione del moto

oscillatorio armonico w = l di un corpo di massa m collegato a un


organo elastico di rigidità K, ne segue che nell'albero fermo, portante
i rotori calettati, si suscita, con un impulso esterno (es.: urto-colpo), un
moto di oscillazione flessionale; la pulsazione di tale moto coincide mate-
maticamente con la velocità angolare critica dell'albero posto in rotazione!

12.2. Vibrazioni torsionali

Come già analizzato studiando le oscillazioni flessionali, le tensioni negli


alberi di trasmissione possono essere pericolosamente incrementate se si
producono vibrazioni torsionali nel sistema, determinate sostanzialmente
dalla variabilità del momento motore.
Si consideri il semplice sistema (Figura 12.10) costituito da un albero
a sezione circolare piena (o cava), di lunghezza I e massa trascurabile,
incastrato a un'estremità e recante all'altra un rotore di momento d'inerzia
di massa rispetto all'asse di rotazione J; se a questo è applicata una
coppia-momento M 1, esso subisce una rotazione 9 [rad] corrispondente
all'angolo di torsione in campo elastico:

(27)

con:
IP= momento quadratico d'inerzia di superficie polare dell'albero, da non
confondere con il suddetto J;
G = modulo di elasticità trasversale del materiale costituente l'albero.
12.2. VIBRAZIONITORSIONALI 317

'
_;_

fr·K=M,

Figura 12.10.

Confrontando il comportamento dell'albero, in campo elastico, con quello


di una molla a spirale di torsione, che fornisce un momento di reazione
elastica proporzionale all'angolo di deformazione, è possibile individuare il
parametro di rigidità dell'albero:

(28)

All'annullarsi della coppia, sotto l'azione delle reazioni elastiche preceden-


temente indicate, ha inizio un moto di oscillazione torsionale naturale,
caratterizzato da un'accelerazione angolare istantanea:

M,
e=-
J

dal confronto fra le due espressioni che esplicitano M,:

M,=Je (29)
M,= -K9 (30)
ne consegue:
=>le= - K9 (31)
318 12. OSCILLAZIONIFLESSIONALI
E TORSIONALI

. (W~ e è negativa quando 8 è positivo, in quanto M 1 esprime il momen-


to di richiamo o di reazione elastica.

e, quindi:
K
e= - -· 9 (32)
J

Moltiplicando entrambi i membri della equazione (32) per il raggio. del


rotore si ottiene l'espressione dell'accelerazione tangenziale della relativa
periferia:

K
a1 =e· r= --· 9· r (33)
J
ma:

K
9- r=S= a1 =--·S (34)
J

Per confronto con l'equazione dell'accelerazione m un moto armomco


semplice
a= - cv2 S (35)

si ricava la pulsazione del moto di oscillazione torsionale naturale:

cv = /K (36)
"v1
Conseguentemente il periodo e la frequenza d'oscillazione risultano:

(37)

f, = Wn = J_ . /K (38)
" 2n 2n VJ
12.2. VIBRAZIONI
TORSIONALI 319
Nel caso in cui più rotori siano calettati, possibilmente in prossimità dei
supporti per limitare le flessioni, su uno stesso albero (Figure 12.11
e 12.12) le oscillazioni naturali innescate risultano della stessa natura, ma
le deformazioni torsionali si manifestano lungo l'albero in maniera diffe-
renziata, con versi anche opposti, come illustrato nelle succitate figure .

.. -: ---~-------.
, . ------·---------------·-·

'
'
'
'
'
'
'

~.~~
ff2

Figura 12.11.

i tJ,2
Figura 12.12.
320 12. OSCILLAZIONIFLESSIONALI
E TORSIONALI

In particolare si manifesteranno dei punti nodali (N) notevoli, o più semplice-


mente nodi del moto oscillatorio, in cui le sezioni corrispondenti dell'albero
rimangono immobili; il loro numero dipende dal numero N dei rotori calettati
e non potrà essere mai maggiore di N - 1, mentre la loro posizione dipende
dai momenti d'inerzia di massa e dalle posizioni degli stessi lungo l'albero.
Le vibrazioni torsionali di un sistema hanno origine e divengono pericolo-
se per la resistenza dell'albero quando sono determinate da un momento
torcente periodicamente variabile con pulsazione e frequenza prossime a
quelle di oscillazione naturale; o, meglio, la condizione di risonanza, visto
che in genere il momento applicato all'albero non varia con legge sinusoi-
dale, può essere raggiunta anche considerando le oscillazioni armoniche
dei vari ordini superiori rispetto a quella fondamentale; per lo stesso
albero vi sarà risonanza con l'armonica di ordine m alla velocità angolare:

w n' =-
Wn
m

Quando l'albero si avvicina a una delle suddette velocità angolari critiche,


l'ampiezza delle vibrazioni elastiche cresce rapidamente, tendendo all'infi-
nito in condizione di risonanza; tutto ciò dal punto di vista teorico: in
realtà l'esperienza mostra che a opera di dissipazioni d'energia per isteresi
si hanno inevitabili smorzamenti delle oscillazioni.
In ogni caso le tensioni • indotte, che si dimostrano massime in prossimità
dei nodi, debbono essere opportunamente limitate, evitando funzionamenti
a regime con velocità angolari prossime a quelle critiche, al fine di evitarne
la possibile rottura.

esercizi - esercizi - esercizi - esercizi

Esercizio12.1.
Un albero rotante, che trasmette una potenza di 100 kW al regime di
rotazione di 800 giri/min, porta in mezzeria un volano a corona circolare
costruito in acciaio (p = 7 850 kg/m 3 ).
Supponendo di conoscere le seguenti grandezze:
- dimensioni corona volano: b x s = 18 x 15 cm
- diametro medio della corona: Dm= 1 m
- distanza fra i supporti dell'albero: / = 1,5 m

determinare la velocità di rotazione critica del sistema.


ESERCIZI 321

Soluzione
Per risolvere il problema dobbiamo applicare l'equazione (8):

ove K è il parametro di rigidità del sistema.


A questo proposito dobbiamo eseguire il dimensionamento dell'albero che
è sottoposto a una sollecitazione composta di flessione e torsione (suppo-
niamo di considerare trascurabile le tensioni dovute all'azione di taglio).
Il peso del volano vale:

Pv = y · Volume= p · g · n · Dm· b · s

Pv = 7 850 kg/m 3 · 9,81 m/s 2 · n · 1 m · 0,18 m · 0,15 m

Pv ~ 6532 N

Questa forza genera un momento flettente:

I
M f =P V ·-4

ovvero:
1,5 m
M 1 = 6532 N · - 4 - ~ 2450 N · m

Il momento torcente vale invece:

potenza (kW) 100 kW


Mt = 9549,3 . / = 9549,3 · . ·; .
n (g1ri min) 800 gm mm
M 1 ~ 1194 N· m

A questo punto possiamo calcolare il momento flettente ideale:

Mfa= MJ+ !M; = (2450) 2 + 1(1194) 2 ~ 2660 N·m

Supponendo di costruire l'albero in acciaio C 40 UNI 7845 (aR~700 N/mm 2 )


322 12. OSCILLAZIONIFLESSIONALI
E TORSIONALI

possiamo ritenere:
O'R 2
aadm = 12 = 58,3 N/mm

Dall'equazione di stabilità a flessotorsione otteniamo:

quindi:
_ M 1id _ 2660000 N ·mm_ 3
W1 -----------45626mm
" aadm 58,3 N/mm 2

Ricordando che:
1t 3
W1 =-d
n 32
otteniamo:
3
d=:J32-nW 1• = 32-:5626

d= 77,46 mm

valore arrotondato, almeno, a:

d= 80 mm

Con questo valore del diametro, il momento quadratico vale:

1t 1t
In = 64 d 4 64 · (80 mm) 2 010 620 mm 4
= 4 =

La freccia fin mezzeria dell'albero (equazione 16), prodotta dalla forza


peso Pv, vale:
1 Pv · 13 1 6 532 · (1 500)3
f = 48 . E· In = 48 . 206 000 · 2 O1O620
/~ 1,11 mm

Il parametro di rigidità (K) del sistema assume valore:

F Pv 6532 N
K = - = - = --- = 5 884 7 N/mm
f f 1,11 mm '
ESERCIZI 323
Sapendo che la massa del volano (mv) vale:

Pv 6532 N
m =-=---=66585kg
v g 9,81 m/s 2 '

otteniamo, infine, il valore cercato della velocità angolare critica:

5 884,7 · 1000 N/m = 94 rad/s


665,85 kg

a cui corrisponde un numero di giri (critico) ne pari a:

60 · w 60 · 94
ne = __ e = -- ~ 898 giri/min
2- n 2-n

Esercizio12.2.
Determinare la velocità angolare critica (wc) di un albero rotante soggetto
a un carico uniformemente distribuito per tutta la sua lunghezza e di
valore pari a 1000 N/m (q). L'albero trasmette una potenza di 100 kW al
regime di 1 000 giri/min ed è sostenuto da due cuscinetti alle estremità
distanti fra loro di una quota pari a 1,5 m.

Soluzione

Problema analogo al precedente ma con la diversità legata al tipo di carico


agente sull'albero.

P= 100 kW
P 100 kW
M, = 9 549,3- = 9 549,3 · .. .
n 1000 gm/mm
M, = 954,93 N · m = 954930 N · mm

Per quanto riguarda il momento flettente generato dal carico uniforme-


mente distribuito (q) ricordiamo:

/2 (1 5 m) 2
M 1 =q 8 = l000N/m· ' 8 =281,25N· m

M 1 = 281 250 N · mm
324 12. OSCILLAZIONIFLESSIONALI
E TORSIONALI

Il momento flettente ideale varrà, pertanto:

MI id = (281,25)2 + 1(954,93) 2
M 1 id = 873,51 N · m = 873 510 N · mm

Assumendo, come nell'esercizio precedente, tina tensione ammissibile:

O'adm = 58,3 N/mm 2


. .
possiamo scnvere:

e quindi:

W _Mfo_873510 N-mm 3
In -
o-adm
- I 2 = 14 983 mm
58,3 N mm
Quindi:
3
d = J32 · wfn = 32 · 14 983
n n
d= 53,44 mm

Valore che viene arrotondato, almeno, a:

d= 55 mm

Il momento quadratico In vale quindi:

n n
In = 64 d 4 = 64 · (55 mm) 4 = 449 180 mm 4

Ricordando l'espressione della freccia fin questo caso:

5 q. /4
f = 384 E· In
otteniamo:
5 1 · (1 500)4
f=-· -----=0712mm
384 206000 · 449180 '
ESERCIZI 325

Il parametro di rigidità del sistema diviene:

K= !_= _pe_s_o
= _q·_I = _l,_5_m_
_lO_0_0_N_/m_·
f f f 0,712 mm
K = 2106,74 N/mm

La massa vale quindi:


m =peso= 1500 N ~ 153 kg
g 9,81 m/s 2
Allora:

2106,74 · 1000 N/m = 117 34 rad/s


153 kg '
e:
60·wc 60-117,34 ··;.
1120 5gmmm
n =--=----=
e 2-n 2·n '

Esercizio12.3
P 1 =6000N
P2 = 10000N
n = 500 giri/min

0,5m 0,4m 0,8m

Figura 12.13.

Determinare la velocità angolare critica dell'albero rotante di figura 12.13


sapendo che lo stesso trasmette una potenza di 60 kW al regime di 500 giri/min.

Soluzione
Schematizziamo l'albero come evidenziato in figura 12.14.
326 12. OSCILLAZIONIFLESSIONALI
E TORSIONALI

P2

pi

,B e
A D

"
j

0,5m 0,4m 0,8m .


Figura 12.14.

Determiniamo le due reazioni vincolari RA e RB.


Come al solito:
RA - Pi - P2 + Rv = O
{
@ Pi· 0,5 m + P2 • 0,9 m - Rv· 1,7 m = O

Dalla seconda equazione ricaviamo:

Pi · 0,5 m
Rv = ---------
+ P2 · 0,9 m
1,7 m
6000 N· 0,5 m + 10000 N· 0,9 m
Rv = ------------ ~ 7059 N
1,7 m

Inserendo questo risultato nella prima equazione del sistema:

RA= Pi+ P 2 - Rv = (6000 + 10000 - 7059)N


RA= 8941 N

Il momento flettente nella sezione B vale quindi:

M 18 = RA· 0,5 m = 8 941 N · 0,5 m = 4470,5 N · m

Mentre il momento flettente nella sezione C:

M 1 c = Rv · 0,8 m = 7 059 N · 0,8 m = 5 647,2 N · m

Il momento torcente M 1 (costante lungo tutto l'albero) vale invece:

60
M 1 = 9 549,3 · - ~ 1146 N · m
500
ESERCIZI 327

Conseguentemente la sezione più sollecitata sarà la C. In tale sezione do-


vremo calcolare, quindi, il valore del momento flettente ideale.

Mft = MJC+ ~M; = (5647,2) 2 + ~(1146) 2

Mlid ~ 5734 N- m = 5734000 N · mm


e

Al solito assumiamo:

O"adm = 58,3 N/mm 2

WJ = Mfoc = 5 734000 N. mm= 98 353 35 mm3


" aadm 58,3 N/mm 2 '

quindi:

d= 3
= 3
32· 98353,35
v~
~

n
d~ 100 mm

La formula di Dunkerley (equazione 26) può anche essere scritta nella


seguente forma:

(valida per un carico solo, applicato all'albero, P).


Volendo generalizzare la succitata espressione avremo:

(26')

Altra espressione (26') della formula di Dunkerley.


Nel nostro caso l'equazione (26') assume la forma seguente:

Per calcolare le frecce / 1 e / 2 dobbiamo analizzare separatamente le due


situazioni di carico (con P 1 e P 2 ) evidenziate nella figura 12.15.
328 12. OSCILLAZIONIFLESSIONALI
E TORSIONALI

[1 =0,5 m l2 = 1,2 m

_________ ...., ______ D


e

[ 1 =0,9 m l2 = 0,8 m

Figura 12.15.

Nel primo caso:

6 000 · (500)2 · (1200) 2

3. 206000- ~- (100)4 · 1700


64

( 1n = ~-
64 d = ~-
4
64 (100) :-:'.
4
-, 4 91 · 10 mm )
6 4

Quindi:
f 1 ~ 0,419 mm
Nel secondo caso:
p 2. lf. /~ 10 000. (900)2 . (800)2
h=----=----------
3. E· In· I 3· 206000· 4,91 · 106 • 1700
f2 ~lmm
Quindi:
9810
cve = --- ~ 83, 15 rad/s
0,419 + 1
60 · wc . ·; .
ne = -- = 794 gm mm
2-n
ESERCIZI 329

Esercizio12.4.

D 1m =80cm
l = l,5 m
D2 =40cm
Figura 12.16.

Determinare la pulsazione (wn) delle oscillazioni torsionali naturali (o libere)


che si verificano in un albero schematizzato come in figura 12.16. L'albero
ha un diametro di 80 mm (d) mentre il volano di sinistra, a corona cir-
colare, ha un Dm, = 80 cm e la corona b 1 = 10 cm e S 1 = 15 cm
(costruito in ghisa). Il volano di destra è in acciaio e costituito da un disco
pieno avente D 2 = 40 cm e spessore di 30 mm (S 2 ).

Soluzione
La formula necessaria per la soluzione del problema è la seguente:

con ovvio significato dei simboli.

1) IP (momento d'inerzia di superficie polare dell'albero).

I = .!!_d4 = .!!__(80 mm) 4 ~ 4 021 · 106 mm 4


P 32 32 - '

2) J 1 (momento d'inerzia, di massa, del volano di sinistra).

Trascuriamo l'influenza delle razze e del mozzo; in tal caso la massa del
330 12. OSCILLAZIONIFLESSIONALI
E TORSIONALI

volano vale:

mv1 = P1 · 7t· Dm1 • b1 · S1 = 7250· n· 0,8 · 0,1 · 0,15 = 273,32 kg


Quindi:
1 1 = mv1 • r! 1 = 273,32 kg· (0,4 m) 2 = 43,73 kg· m 2
3) J 2 (momento d'inerzia, di massa, del volano di destra).

. (0,4)2
m V2 = 7 850 · n · -- 4 · O' 03 ~
- 29' 6 kg

A questo punto calcoliamo il valore della costante:

K= G· IP= 82400- 4,021 · 106


I 1500
K ~ 2,21 · 108 N · mm = 221 000 N · m

La pulsazione cercata risulterà infine:

w 2 = 2 21 · 10
n '
s( 1 + - 1)[1]
--
43,73 0,6 s2
w;= 373 387 (rad/s) 2
Cùn = M ~ 611 rad/s
60 · Cùn . . •
·nn =--~ 5835 gm/mm
2. 7t
[ I

!
Esempidi progettazione
per alcuni organi di macchina

1. Dimensionamento di una trasmissione


con ruote dentate cilindriche a denti diritti

Dati di progetto

Potenza da trasmettere P = 15 kW
Regime di rotazione del pignone n = I 500 giri/min
Rapporto di trasmissione i= 3

Soluzione

Premessa: la trasmissione in esame è realizzata fra assi geometrici paralleli,


con interasse non eccessivo, in quanto altrimenti sarebbe necessario ricorrere
a un treno di ingranaggi o ad altri sistemi di trasmissione flessibili o artico-
lati quali cinghie dentate, trapezoidali, catene, in relazione alle richieste con-
dizioni di sincronizzazione dei movimenti (assenza di slittamenti).
In particolare le ruote dentate a denti diritti sono idonee alla trasmissione
anche di elevate potenze, purché la velocità periferica delle corone dentate
sia limitata a non più di circa 10 m/s, valore oltre il quale risulterebbe più
conveniente l'impiego di ruote dentate a denti elicoidali, assicuranti un più
graduale carico-scarico dei denti e una maggiore silenziosità.
Proporzionamento degli alberi di trasmissione: sono certamente sollecitati
a flessotorsione, ma non avendo tuttavia a disposizione elementi sufficienti
a valutare gli sforzi di flessione nelle sezioni pericolose, quali interdistanze
e numero dei supporti, se ne esegue il dimensionamento a semplice torsio-
ne; considerando un fattore di maggiorazione della potenza nominale, per
tener conto di eventuali sovraccarichi (es.: avviamento, inversione del
moto), del 15%. Si valuta la potenza di calcolo:
Pc= P + 15%P = 1,15 · 15 kW ~ 17,25 kW
dalla dinamica del moto rotatorio:
P=M 1 ·W
334 APPENDICE

da cui, con alcuni passaggi:

M = 9 549300 · Pc[kW]
11 n 1 [giri/min]
17,25
= 9 549 300 · 1 500 ~ 109 817 N · mm

M = 9549300· Pc[kW]
12 n 2 [giri/min]
17,25
= 9 549 300 · 500 ~ 329451 N · mm

ipotizzando di impiegare come materiale per la costruzione degli alberi un


acciaio C 40 TF UNI 7845 per il quale:

aRm1n. = 700 N/mm 2


Assumendo:

aR
nRdin = (3 + 4) nRstatico = 1O==> aadm = -- = 70 N/mm 2
nRdin

dalle teorie sull'ipotesi di resistenza dei materiali condotta da Huber-Hen-


cky-Ros-Eichinger-von Mises si ha infine:

•adm = j3
aadm"'
=
60 N/mm 2

Dall'equazione di stabilità a torsione:

in caso di progetto e assumendo:

7C 3
W=-D
1 16
si ha:
3 16 · 109 817 N · mm
D1 = = -------- ~ 24 mm
adm n · 40 N/mm 2
3 16· 329451 N- mm
D2 = = ------- ~ 34,7 mm
adm n · 40 N/mm 2
DI UNA TRASMISSIONE 335
1. DIMENSIONAMENTO

Proporzionamento accoppiamento alberi-mozzi delle ruote dentate a mezzo di


linguette: si ipotizza l'impiego di linguette di forma A, dalla cui norma di
riferimento UNI 6604-69 si ricava che:
1. per alberi di diametro compreso fra 22 --:-30 mm è consigliata una
linguetta di sezione 8 x 7 [mm] per la quale la profondità della cava
nell'albero è: t 1 = 4 mm; aumentando il diametro esterno dell'albero ad
almeno: 24 + 4 = 28 mm si assicura una sezione netta certamente suffi-
ciente; per maggiore sicurezza e per necessità di approssimazione a valori
possibilmente «tondi» si adotterà:

La lunghezza m1mma da attribuire alla linguetta è calcolata imponendo


che questa sia in grado di resistere effettivamente alle tensioni di taglio
a cui è sottoposta; le unificazioni in merito prescrivono come materiale per
la costruzione di chiavette e linguette un acciaio con aR ~ 590 N/mm 2
come ad esempio: Fe 590 UNI EU 27 per il quale:
aR mm. garantita= 590 N/mm 2
(J'R 2
aadm = -- = 60 N/mm
nRdin

"adm = (J'adm
.j3 ~
35 N/ mm 2

La linguetta deve essere in grado di resistere, con la sez10ne resistente


b x 1, alla sollecitazione tangenziale:
T= M 11 = 2· 109817 N· mm~ 7321 N
Di/2 30 mm
valutando la tensione media di taglio:
T T
r =-=--:!".:r
m A b X l"" adm

in caso di progetto ("adm = "max):

7321 N
l= T -------- ~ 26 mm
"adm · b 35 N/mm 2 · 8 mm
ovviamente approssimata per eccesso al valore unificato più prossimo
(32 mm) salvo tener conto di modifiche derivanti dal proporzionamento
delle ruote dentate; si adotterà dunque provvisoriamente una linguetta:

A 8 x 7 x 32 UNI 6604-69
336 APPENDICE

2. Per alberi di diametro compreso fra 30 ---:-38 mm è consigliata una


linguetta di sezione 10 x 8 [mm] per la quale: t 1 = 5 mm; si ha tuttavia:

34,7 +5= 39,7 mm> 38 mm

occorre passare al campo di diametri superiori (38---:-44 min) ove è previ-


sta una linguetta di sezione 12 x 10 [mm] e ! 1 = 5 mm.
Ne segue che:
D2 = 34,7 + 5 = 39,7 mm
approssimato per eccesso a:

D 2 = 40 mm

Ripetendo il calcolo di resistenza a taglio della linguetta:

2Mr 2 · 329 451 N · mm


T=-- 2 =------~ 16475 N
D2 40 mm

16475 N
l= T ------- ~ 39 mm
'radm · b 35 N/mm 2 • 12 mm

approssimato a:
l= 40 mm

si adotterà dunque provvisoriamente una linguetta:

A 12 x 10 x 40 UNI 6604-69

Proporzionamento dell'ingranaggio: per il calcolo delle ruote dentate è pos-


sibile seguire due teorie:

a) ipotesi di Hertz, che fa riferimento all'usura che si manifesta sui fianchi


dei denti;
b) ipotesi di Lewis, che fa riferimento all'effettiva resistenza meccanica dei
denti.

In pratica gli ingranaggi sono messi fuori servizio non tanto per la rottura
a flessione per fatica dei relativi denti, quanto perché l'usura (butteratu-
ra-«pitting») che si manifesta sui loro fianchi rende inservibile la trasmis-
1. DIMENSIONAMENTODI UNA TRASMISSIONE 33 7
sione; nel nostro caso, trattandosi di un ingranaggio cosiddetto «di veloci-
tà» e non «di forza», si procederà al dimensionamento delle ruote secondo
l'ipotesi di Hertz, per poi verificare, al termine del calcolo, anche la
resistenza meccanica mediante la teoria di Lewis.
Innanzitutto si valuta la potenza a cui fare riferimento nel calcolo, mag-
giorando la potenza nominale per effetto di un opportuno fattore di
servizio f.> l valutato in base all'applicazione in esame; supponendo un
servizio della durata di 16 h/giorno (2 turni lavorativi) di tipo continuo
con sovraccarichi brevi, ma frequenti (per esempio macchina utensile), s1
ricava da apposite tabelle:

fs = 1,3 =>Pc= P· fs = 19,5 kW

s1 ncava quindi il momento torcente agente sul pignone che, m questo


caso, è la ruota più piccola (i > 1):

P [kW] 19 5
M 1 = 9 549 300 · e = 9 549 300 · -'- = 124140 N · mm
1 n [giri/min] 1 500

supponendo di sostenere l'ingranaggio con supporti scatolati, orientativa-


mente si potrà fissare:

b
À =- ~ 12
m

prevedendo un'esecuzione delle ruote precisa ed elevata rigidità del telaio,


idonee a ridurre sensibilmente i difetti di parallelismo degli assi.
Come materiale per la costruzione delle ruote dell'ingranaggio si stabilisce
senz'altro un acciaio da bonifica legato, quale il 38 Ni Cr Mo 4 UNI 7845
consigliato per ingranaggi di qualità sollecitati dinamicamente e a fatica;
per esso si ricavano:

(J'R .
mm
= l 000 N/mm 2

(J'R · 2
(J'adm = -----1!!!!! = 100 N/mm
nRdin

Padm = 650 N/mm 2

si introduce un fattore di velocità periferica fv (Tabella 1) che, per dentatu-


re precise e indurite (bonifica), non conoscendo ancora le dimensioni
geometriche delle ruote, può essere assunto provvisoriamente come O,70.
338 APPENDICE

Tabella 1. Fattore di velocità periferica/ 0 •

Velocità Dentature precise o


periferica correnti rodate Dentature correnti
(m/s) non indurite indurite

~ 0,5 0,75 0,92 0,54


0,63 0,87 0,46
2 0,59 0,82 0,43
5 0,55 0,75 0,40
IO 0,50 0,65

Tabella 2. Fattore C per ruote di acciaio (o entrambe di ghisa) cx= 20°.

Rapporto d'ingranaggioU = z2 /z 1
Z1 Pignone/ Ingranaggio
pignone Ingranaggioesterno
dentiera interno

1,33 2 4 00 4 2

14 17,3 16,9 16,4 15,8 15,1


16 15,6 15,2 14,7 14,1 13,4
18 14,3 14,0 13,4 12,9 12,1 ll,3
20 13,3 12,9 12,4 11,8 11,2 10,3 9,2
22 12,4 12,0 ll,6 11,0 10,3 9,6 8,5
25 11,3 11,0 10,6 10,0 9,4 8,6 7,6
28 10,6 10,2 9,7 9,3 8,7 7,9 7,0
32 9,6 9,3 8,9 8,4 7,8 7,2 6,4
36 8,9 8,6 8,2 7,7 7,2 6,6 5,8
40 8,3 8,0 7,6 7,2 6,7 6,1 5,4
50 7,1 6,8 6,5 6,2 5,8 5,3 4,6
60 6,3 6,1 5,8 5,5 5,1 4,7 4,1

È possibile ora applicare l'equazione di Hertz:

dove C (Tabella 2), per ruote di acciaio con angolo di pressione a = 20°,
DI UNA TRASMISSIONE 339
1. DIMENSIONAMENTO

fv

0,75e-------_..,,_
? e--------+--_,,,_

5 6,283 10

Figura 1.

rapporto di trasmissione i= 3 e numero di denti del pignone stabilito in


z1 = 20, non avendosi problemi di ingombro, da apposite tabelle risulta
pari (per interpolazione) a 12,1; eseguendo i calcoli:

3
124140 N· mm
m = 12,1 -------- ~ 3 95 mm
0,7 · 650 2 N 2 /mm 4 • 12 '

arrotondato, per eccesso, al modulo unificato più prossimo: m = 4 mm


(essendo il modulo 3,5 sconsigliato!). Si provvede innanzitutto a verificare
se la scelta di fv è stata corretta, valutando la velocità periferica della
corona dentata in corrispondenza del diametro primitivo:

d 1 = mz 1 = 4- 20 = 80 mm

v = wiri = 2nn 1 . d 1 =7n · 1500. 0,08 ~ 6 283 m/s


P 60 2 60 7-,
Dalle tabelle 3 e 4, per dentature precise e indurite, si ricava, interpolan-
do:
(x - 0,65): (10 - 6,283) = (0,75 - 0,65): (10 - 5)
0,10
X - 0 65 = 3 717 · -
' ' 5

x = 0,07 + 0,65 = 0,72 > 0,70 assunto!


340 APPENDICE

Tabella 3. Materiali per ruote dentate: acciai da indurimento superficiale.

Materiale Pam
Acciai da tempra superficiale
C 50 UNI 7845 1250-;- 1350
40 Ni Cr Mo 3 UNI 8551 1200 -;- 1 300
Acciai da cementazione
16 Cr Ni 4 UNI 7846 1200 -;- 1 300
20 Cr Ni 4 UNI 7846 1 300 -;- 1 400
18 Ni Cr Mo 5 UNI 7846 1 300 -;- 1 400
Acciai da nitrurazione
41 Cr Al Mo 7 UNI 8077 1 100 -;- 1 200
34 Cr Al Mo 7 UNI 8077 1200 -;- 1 300

Tabella 4. Larghezze degli ingranaggi.

b
Tipo di costruzione À. = -
m
Supporti su telai di ordinaria carpenteria 10-;- 15
montaggi di sbalzo o comunque poco rigidi
Supporti in scatola e casi analoghi 20 -;-25
Cuscinetti di esecuzione molto accurata, supporti e alberi rigidi 25-;- 30

pertanto, rieseguendo il calcolo del modulo:

3
124140 N · mm
m = 12,1 ·
O,72 · 6002 N 2 /mm 4 · 12 ~ 3' 92 mm

tale risultato consente di assumere come definitivo il modulo:

m=4mm

Progettato l'ingranaggio secondo l'ipotesi di resistenza all'usura enunciata


da Hertz, lo si verifica secondo l'ipotesi di Lewis, valutandone l'effettiva
resistenza meccanica a flessione dei denti.
Con i dati già noti è possibile applicare direttamente l'equazione:
DI UNA TRASMISSIONE 341
1. DIMENSIONAMENTO

Tabella 5. Valori del coefficiente G per ruote normali (Ol= 20°).

z G z G z G z G

14 0,71 25 0,54 50 0,40 -400 0,19

16 0,67 28 0,51 70 0,36 -200 0,24

18 0,63 32 0,48 100 0,32 -100 0,30

20 0,60 36 0,46 200 0,25 - 70 0,34

22 0,57 40 0,44 400 0,23 - 50 0,37

nella quale il coefficiente G, per angolo di pressione O(= 200 e Zi = 20,


dalla tabella 5 si ha:
G = 0,60

eseguendo i calcoli:

3
124140 N- mm
m = 0,60 0,72. 100 N/mm2. 12 = 3,145 mm< 4 mm

Il progetto eseguito è dunque corretto ed è possibile ora ricavare le dimen-


sioni di massima delle due ruote dentate (proporzionamento modulare):
m=4mm
ha= m = 4 mm
h1 = 1,25 · m = 5 mm
h = ha + h1 = 9 mm
p = n· m = 12,566 mm

di = mzi = 80 mm d2 = i· di = 240 mm
dal = di + 2ha ~ 88 mm da2= d2 + 2ha = 248 mm
d1i = di - 2h1 = 70 mm dli= d 2 - 2h1 = 230 mm
db1=di. COSO(= 75,175 mm db2 = d2 · cos O( = 225,526 mm

b = il · m = 48 mm

Studio particolare del pignone: al fine di impostarne il ciclo di lavorazione,


come sarà di seguito specificato, è necessario procedere al proporziona-
mento di tutte le sue parti (mozzo, disco, corona).
342 APPENDICE

Tolleranze generali superficie di


sez. A-A riferimento
UNI-ISO 2768-mK
'
;----
i
'
' '
' '
' '\
' A
' \
' I
' I
' I
' I
:f!
---
-----r-~----
---
----
---------,---
00
' o .e
-- or"> 00 00
00
0. 0. 0.

scala 1:1

A==:= sinussi non quotati I x 45•


----.1
-Figura 2.

Tabella 6. Caratteristiche della dentatura.

Modulo m 4mm
Numero di denti z 20
Diametro primitivo di riferimento d 80mm
Dentiera di riferimento UNI 6587-69
Coefficiente di spostamento X o
Spessore del dente (scartamento) W3 30,642 mm
Grado di precisione 6 FL UNI 7890
Numero di denti ruota coniugata z 60
Interasse nominale di funzionamento a' 160 mm
Gioco normale dell'ingranaggio jn 0,05 mm

Innanzitutto si valuta la proporzione esistente tra diametro del foro (albe-


ro) e diametro primitivo:
80 mm -
30 mm= 2' 6

in tal caso è conveniente adottare la soluzione che prevede il collegamento


1. DIMENSIONAMENTODI UNA TRASMISSIONE 343

fra mozzo e corona con un disco pieno, eventualmente alleggerito con fori;
di seguito è riportato lo schizzo costruttivo.
Impostazione del ciclo di lavorazione del pignone: si prevede innanzitutto
che la produzione da realizzare costituisca una media serie, indicativamen-
te di circa 200 pezzi; avendo il pignone forma regolare, priva di sagomatu-
re, si scarta l'ipotesi di ottenere il grezzo per fusione o stampaggio a caldo,
lavorazioni certamente di notevole costo che possono essere evitate pen-
sando di ricavare i grezzi direttamente per taglio dalla barra, date le non
rilevantissime dimensioni esterne del pezzo. Consultando i manuali tecnici
si ricava che la norma di unificazione UNI 7620, riguardante tondi di
acciaio speciale laminato a caldo in barre, prevede tondi da commercio di
dimensioni 090± 1 , 2 e 095± 1 , 2 (grado di qualità unico - A): dovendo
ottenere un diametro esterno del pezzo finito di 0 88h8 , partire da un
tondo 0 90 consentirebbe al limite un sovrammetallo di otto decimi di
millimetro (8/10 mm), probabilmente troppo ridotto.
Si sceglie perciò di partire da un: ·

Tondo UNI 7620-90

materiale 38 Ni Cr Mo 4 TD UNI 7845

fornito in barre della lunghezza commerciale di 4 m; occorreranno perciò:


4000 mm
---~74pz
54 mm/pz
e quindi:
200 pz
----- = 3 barre
74 pz/barra
dalle quali avanzerà uno spezzone di:

4000mm-[(200-74- 2)· 54]mm= 1192mm

Le successive fasi del ciclo di lavorazione comprenderanno nell'ordine:


1. taglio alla segatrice a nastro delle barre, ottenendo spezzoni di larghezza
b ~ 54 mm, lasciando dunque un sovrammetallo assiale di 6 mm necessario
per cautelarsi contro il taglio irregolare e impreciso della segatrice.
2. Gli spezzoni così ottenuti sono pronti per essere torniti; tenendo presen-
te il numero di pezzi da realizzare e la semplicità delle lavorazioni da
eseguire, non è necessario ricorrere a un tornio a CNC, ma può essere
sufficiente programmare un tornio semiautomatico a torretta; anzi, sareb-
be utile avere a disposizione una coppia di torni semiautomatici, ognuno
344 APPENDICE

dei quali programmato per eseguire le lavorazioni che competono alle due
facce della ruota. Dovendo, infatti, essere il grezzo afferrato in un mandri-
no autocentrante a tre morsetti, essendo impensabile lavorare la barra dal
passaggio barra della macchina per poi troncarla, è necessario eseguire le
operazioni di tornitura in due fasi, ruotando di 180° il pezzo.

a) prima fase: afferrato indistintamente lo spezzone simmetrico da un lato,


si procede con la sua sfacciatura ad opera di un utensile montato sul
carrello trasversale; quindi, con gli utensili predisposti sulla torretta esago-
nale, si eseguono nell'ordine:

- centratura (profonda);
- foratura dal pieno 0 25 mm;
- allargatura interna a 0 29 mm;
- prefinitura interna a 0 29,7 mm e smussatura d'estremità;
- tornitura esterna a 0 88,5 mm;
- finitura esterna a 0 88h8 e smussatura in testa;
b) seconda fase: smontato lo spezzone dalla prima macchina e trasportatolo
alla seconda, si provvede a eseguirne la sfacciatura sul iato ancora grezzo,
tornendo a quota e sfruttando il riferimento costituito dalla battuta offerta
al pezzo in lavorazione dal mandrino autocentrante, quindi a completare la
tornitura esterna e infine eseguire gli smussi interno ed esterno.

3. I semilavorati di tornitura passano all'operazione di brocciatura; il pezzo


è ancora simmetrico centralmente per cui non vi sono problemi di posizio-
namento alla macchina: proprio per questo si è scelto di effettuare a questo
punto del ciclo di lavorazione la brocciatura: essendo questa una lavorazio-
ne per la quale la posizione dell'utensile non è di facile e precisa determina-
zione all'inizio della stessa, indipendentemente dalla sua qualità, si è preferi-
to assumere la cava per linguetta come riferimento per i successivi posizio-
namenti del pezzo. In previsione di adottare una broccia a sezione rettango-
lare, tipica per l'esecuzione di cave per linguette in mozzi, altrimenti detta
piatta, si rende necessaria la realizzazione di un particolare dispositivo di
guida (attrezzatura), che ha poi la funzione di centrare il pezzo ..
L'esecuzione della brocciatura avviene con un'unica passata; l'impiego di un
utensile costoso quale una broccia presuppone una produzione tale da
ammortizzarne efficacemente il valore, oppure, nel presente caso, l'ipotesi di
poterlo utilizzare per eseguire identiche lavorazioni, per altro frequenti (si
tratta di cave per linguette), su altre produzioni,
Il progetto deU'utensÌ.leverte su più fasi:

a) materiale da asportare: sezione retta 8 x 3,3 [mm], da tabella UNI


DI UNA TRASMISSIONE 345
1. DIMENSIONAMENTO

6604-69, costante per una lunghezza di 48 mm; essendo il materiale da


lavorare un acciaio fortemente legato allo stato normalizzato, si ricava
l'incremento radiale massimo fra due denti consecutivi: i= 0,05 mm;
b) struttura della broccia: il numero di denti contemporaneamente in presa
è ricavato in relazione alla lunghezza da brocciare; nel nostro caso:

L = 48 mm=>N~ 4
cosicché il passo fra due denti consecutivi risulta:
L 48 mm
p =- =---= 12 mm
N 4

Si deduce quindi l'altezza della gola fra i denti:

H=JkH· i· L=J3,5- 0,05 mm· 48 mm~2,9mm


con: kH = 3,5 in relazione all'applicazione in esame; si verifica infine la
resistenza del nucleo della broccia:
A = sviluppo del perimetro tagliente = 8 mm
i = incremento radiale = 0,05 mm
N = n° denti in contemporanea presa= 4
k1 = sforzo di taglio specifico~ 5 000 N/mm 2
P 1 = sforzo totale di taglio = k 1 • A · i· N
= 5000 N/mm 2 · 8 mm· 0,05 mm· 4
= 8000 N
dall'equazione di stabilità a trazione:

Nmax ·
(1 ---~(1
max - A -.....::::
adm

con:
A =b X h
costruendo la broccia con un acciaio X90 Mn V Cr 8 UNI 2955 per il
quale:
aR ~ 1500 N/mm 2

aR l 500 N/mm 2 / 2
aadm = -- = 10 = 150 N mm
nRdin
346 APPENDICE

In caso di progetto si ricava:

Pi 8000 N _
h = --- = ------- ~ 6,6 mm (minimo)
b· o-adm 8 mm· 150 N/mm 2

ovviamente approssimato per eccesso ad almeno 15 ...;-20 mm per ragioni


costruttive e per permettere la realizzazione di attacchi unificati (UNI
8083); (si omette la parte di proporzionamento del singolo dente).
4. I semilavorati brocciati passano· alla fase di dentatura; si prevede di
impiegare una dentatrice a creatore, in modo da poter lavorare in contem-
poranea un «pacco» di ruote infilate l'una sull'altra, il cui numero dipen-
derà dal tipo di macchina specificamente adottata.
I pezzi verranno infilati su un'apposita spina, bloccati, nonché posizionati,
sfruttando le cave per linguette appena realizzate, in quanto certamente vi
è relazione fra dentatura e posizione della cava nel mozzo; trattandosi poi
di pezzi tozzi, non si pone il problema della discontinuità del materiale da
lavorare in senso assiale!
5. Eseguita la dentatura delle ruote, prima di procedere alla loro finitura,
le si sottopone a trattamento termico di bonifica, come ovvio essendo
costituite da acciaio espressamente designato per bonifica. Dai manuali
tecnici si ricavano le indicazioni di massima circa i cicli da realizzare, come
suggerito per il 38 Ni Cr Mo 4 UNI 7845

a) tempra di durezza martensitica: temperatura di austenitizzazione


~ 840 °C; raffreddamento in olio;

b) rinvenimento: temperatura di rinvenimento ~ 550°C; raffreddamento


in aria;

risulta difficile in questa sede stabilire più dettagliatamente lo svolgimento


del trattamento, non essendo a conoscenza delle caratteristiche dei mezzi
a disposizione (capacità, potenza dei forni ...).

6. Qualunque trattamento termico, per quanto accuratamente eseguito,


produce comunque deformazioni nei pezzi trattati; riguardando la produ-
zione in esame, ruote dentate di precisione, si è pensato certamente utile
terminarne il ciclo di lavorazione con operazioni di finitura, immediata-
mente a seguire i trattamenti termici; in particolare si tratta di ultimare la
lavorazione del foro nel mozzo per rettifica interna con mola a disco
e quindi rettificare pure il profilo dei denti con l'ausilio di mole opportu-
namente profilate. Trattandosi infatti di una dentatura indurita risulta
inopportuna l'operazione di rasatura-sbarbatura, ineseguibile su superficie
con durezza HRC > 40, indicativamente.
DI UNA TRASMISSIONE 34 7
1. DIMENSIONAMENTO

I.T.I.S. CARTELLINOPER CICLO DI LAVORAZIONE CICLO N.


1-------------------------------i FOGLIO N.
ELEMENTO: Ruota dentata cilindricaa denti diritti DATA
STUDI DI QUANTITÀ: CLASSE
FABBRICAZIONE MATERIALE: 38 Ni Cr Mo 4 UNI 7845 COMPILATORE

Utensili-attrezzi
N. Operazione Reparto-macchina
calibri

10 Tondo UNI 7620-90 • taglio della • macchineutensili • calibro a corsoio a


\ barra in • segatricea nastro nonio ventesimale
spezzoni 0 lama

_ -54

-35
20 • sfacciatura • macchineutensili • torretta esagonale
-centratura • tornio semiautoma- • mandrino autocen-
• foratura 0 25 tico trante a 3 morsetti
io
00
• allargaturainterna 0 29 • punta da centri
& •tornitura interna 029,7H8 A IO UNI 3223
e smussatura1,2 x 45° • punta elicoidale:
• tornitura esterna 0 88,5 N25 UNI 5622mat.
smussoesterno I x 45• • finitura esterna 0 88h8 X82 W Mo 06 05
smusso interno1,2 x 45'
e smussaturain testa; KU TF (...)
UNI 2955
30 li} • sfacciatura a quota • macchineutensili • torretta esagonale
• tornitura esterna • tornio semiautoma- • mandrino autocen-
0 88,5h8 tico trante a 3 morsetti
e smussaturain testa • ut. piegato per sfac-
io • smussaturainterna ciatura UNI 4108
00
& • ut. diritto per pas-
sata UNI 4102
• ut. diritto per fini-
smussoesterno1 x 45'
tura UNI 4105
smussointerno1,2 x 45' • ut. specialeper
smussi x 2 (...)

40 • brocciaturacava • macchineutensili • attrezzaturaspeciale


per linguetta • brocciatrice • broccia piatta per
A - 8 x 7 x 45 - cave di linguette
UNI 6604
348 APPENDICE

I.T.I.S. CARTELLINOPER CICLO DI LAVORAZIONE CICLO N.


1-------------------------------, FOGLIO N.
ELEMENTO: Ruota dentata cilindricaa denti diritti DATA
STUDI DI QUANTITÀ: CLASSE
FABBRICAZIONE MATERIALE: 38 Ni Cr Mo 4 UNI 7845 COMPILATORE

Utensili-attrezzi
N. Operazione Reparto-macchina
calibri

50 , dentatura in , macchineutensili , utensile:


I seriedi più , dentatricea motore Creatore Al destro
ruote a «pacco»: DR III x 4 UNI
m=4 4503
z = 20 materiale:X 78 W Co
1805KU UNI 2955
, micrometro a vite
centesimalecon piat-
telli per misura Wil-
dhaber

60 , sgrassaggio , trattamentitermici , vasca di sgrassag-


, riscaldamentoa gio
temperaturadi , forno/i di riscalda-
austenitizzazione= 840°C mento
, tempra in olio , vascadi spegnimento
, pulitura e asciugatura , vasca di pulitura
, raffreddamentoin aria
, pulitura e asciugatura

70 , rettificae finitura , macchineutensili , utensile: mola a di-


del foro nel mozzo , rettificatrice univer- sco per rettifica in-
030 "6 sale terna 1-20x 5 x IO
UNI 7747
, mandrino autocen-
trante con morsetti
speciali
o;/

80 , rettificadi forma , macchineutensili , utensile:


del profilo dei denti , rettificatrice univer- coppia di mole pro-
sale filate speciali
, spina cilindrica per
il montaggio della
ruota fra punta e
contropunta
2. ESECUZIONE
DI UNA SCANALATURA
SU DI UN BLOCCO D'ACCIAIO 349

2. Esecuzione di una scanalatura


su di un blocco d'acciaio

In un blocco d'acciaio C 40 TD UNI 7845 (aR = 700 N/mm 2) si deve


eseguire una scanalatura a sezione rettangolare larga 16 mm e profonda
5mm.
Per tale lavorazione si impiega una fresa in acciaio super rapido HSS
a disco a tre tagli a denti elicoidali, avente le seguenti caratteristiche:

D = 80mm
b = 126 mm
Fresa A 80 x 16 N UNI 3905
d= 27 mm
z = 16 denti

La fresa viene montata a sbalzo all'estremità dell'albero portafrese:

30/27 x 25 UNI 4612

Il montaggio avviene mediante linguetta con interposizione di anelli distan-


ziatori posti tra la fresa e l'estremità dell'albero portafrese; quest'ultimo
è realizzato in acciaio 20 Cr Ni 4 UNI 7846 e ha un codolo normalizzato:
Codolo 30 UNI 3088 a conicità 7 : 24 per il montaggio al mandrino della
fresatrice.
Eseguire:

a) scelta dei parametri di taglio e calcolo della potenza necessaria per


l'esecuzione della scanalatura con una sola passata di fresatura;
b) verifica della stabilità dell'albero portafrese alle sollecitazioni generate
dalle forze agenti sulla fresa (risultanti dalle azioni che si esplicano durante
il taglio tra pezzo e utensile), trascurando la componente assiale e suppo-
nendo che tra la componente radiale e quella tangenziale esista la relazio-
ne:

F, = O6
Ft ,

c) verifica della linguetta a pressione sui fianchi assumendo una pre!isione


specifica ammissibile di 70 N/mm 2 ;
d) il disegno di fabbricazione dell'albero con indicazione delle tolleranze
dimensionali e geometriche, nonché delle rugosità;
350 APPENDICE

e) il ciclo di lavorazione dell'albero per una produzione di media sene


definendo il grezzo di partenza e indicando operaz1om, fasi, macchine
utensili, attrezzi e strumenti di misura.

Soluzione
Schizzo d'insieme:

,·.···.·.·.······························~
....................................
---------------------------------------------------------------------~

'
'
027

080

Figura 3.

Condizioni di lavoro: il montaggio della fresa con il relativo portafresa con


codolo d'attacco è senz'altro effettuato a sbalzo su una fresatrice a testa
verticale o, tutt'al più, su una fresatrice universale attrezzata per operare
con mandrino in posizione verticale.
La lavorazione da eseguire può essere certamente e comodamente ottenuta
con una sola passata, data l'esigua profondità di fresatura, operando con
discordanza fra velocità d'avanzamento del bancale e velocità di taglio
periferica nella zona di asportazione di truciolo; ciò consente di compensa-
re i giochi del cinematismo di alimentazione, ma presenta lo svantaggio di
2. ESECUZIONE
DI UNA SCANALATURA
SUDI UN BLOCCO D'ACCIAIO 351

realizzare sezione di truciolo minima all'inizio e massima al distacco,


essendo questo «attaccato» tangenzialmente: ne segue che in un primo
tempo il dente della fresa, non incontrando un sufficiente sovrammetallo,
comprime, leviga e incrudisce il materiale; iniziata la penetrazione poi la
sezione di truciolo aumenta, sicché il distacco di questo avviene in modo
violento. Operando in concordanza, invece, l'attacco del truciolo avviene
nel suo massimo spessore, senza azioni passive, mentre il distacco avviene
gradualmente; si rende tuttavia indispensabile la presenza, in tali casi, di
sistemi per la ripresa automatica dei giochi d'alimentazione, con i quali
sono equipaggiati ad esempio le recenti macchine utensili CN-CNC.
Per il calcolo delle condizioni di taglio si fa riferimento al fatto che si
tratta sostanzialmente di un'operazione di fresatura periferica; in base alla
natura del materiale in lavorazione e al tipo di fresa impiegato, nonché al
materiale costituente, si ricavano da apposite tabelle dati orientativi circa
velocità di taglio e avanzamento:

vt~ 12 m/min
va~ 60 mm/min
per una fresa in HSS con avanzamenti in contrapposizione, abbondante e
appropriata lubro-refrigerazione e durata dei taglienti:

T ~ 8 h (un turno di lavoro)

con tali dati è possibile valutare:

nD· n [ . ·; . ] 1 000 · V1 [m/min]


V=--=> ngmmm=
1 1000 n· D[mm]

1000-12 m/min . ·; . . ·; .
= ------~ 47,75 gm mm----1:48
gm mm
n· 80 mm

an[mmIgiro]=
. va[mm/min]
.. .
n[gm/mm]
60 mm/min .
·= ---- ~ 1,25 mm/giro
48 giri/min

an[mm/giro]
az[mm /d ente]=-----
z [denti]

1,25 mm/giro .
=-----~0,078 mm/dente (accettabile...)
16 denti/giro
352 APPENDICE

Ovviamente i dati relativi a n e Va dovranno necessariamente esse-


re approssimati tenendo conto delle prestazioni della macchina utensi-
le impiegata per la lavorazione; non avendo tuttavia a disposizione sche-
de macchina di fresatrici, si suppone che i valori n = 48 giri/min e
a= 1,25 mm/giro siano selezionabili fra quelli disponibili alla macchina.
Per il calcolo della potenza richiesta dalla lavorazione è necessario valutare
l'entità della sezione di truciolo asportata.

Figura 4.

Sono già noti:


P=5mm
b = 16 mm

occorre calcolare solo lo spessore s del truciolo; questo non è però costan-
te durante il taglio, come già visto, per cui solitamente se ne considera il
valore massimo smax ( condizioni peggiori); questo può essere calcolato
approssimativamente con la:

. risu 1tere
( lo spessore med10 . bb e mvece:
. sm = Smax /P )
2 = az · VD = 0,02 mm .
2. ESECUZIONEDI UNA SCANALATURA SU DI UN BLOCCO D'ACCIAIO 353

Si calcola quindi la rispettiva sezione massima di truciolo:

= 0,04 mm· 16 mm= 0,64 mm 2

Per valutare lo sforzo di taglio massimo, nel caso di fresatura periferica


con un solo dente in presa (semplificazione!), si può usare la:

p tmax =K s · qmax
-K
- s(l) . q'max

dove:

K. [N/mm 2 ] = carico unitario di strappamento;


K., [N/mm 2 ] = sforzo di taglio specifico;
1)

r = coefficiente esponenziale che, per l'acciaio, vale 0,803;

assumendo, da tabelle a disposizione, in funzione della resistenza meccani-


ca a trazione del materiale in lavorazione e dell'angolo di spoglia superiore
y del singolo dente della fresa in esame (ipotizzato y = + 5°):

K.,1) = 2 950 N/mm 2

si ha:
K s = K s(l) <,-1>
· qmax

= 2 950 N/mm 2 · 0,64- 0 • 197 mm 2 ~ 3 225 N/mm 2

ovvero:

K. ~ 4,5 · Rm (accettabile)

da cui:

p tmax =K s · qmax
= 3 225 N/mm 2 · 0,64 mm 2 = 2064 N

dalla dinamica:

N=F· V
354 APPENDICE

nel nostro caso:


p . V
N == tmax t
fmax 60000

= 2064 N · 12 m/min ~ 0 42 kW
60000 - '

Tenendo conto del fatto che anche il moto di alimentazione richiede


potenza (questo a differenza della tornitura, ove Na è trascurata in quanto
minima: la resistenza all'avanzamento è pressocché perpendicolare alla
direzione d'avanzamento) e valutando approssimativamente:

= 0,15 · 0,42 kW = 0,063 kW

si ha la potenza effettiva richiesta dalla lavorazione:

Ntot = Na + Nt = 0,42 kW + 0,063 kW ~ 0,483 kW

supponendo che questa sia fornita da un unico motore elettrico (asincrono


trifase), benché ultimamente si tenda a equipaggiare le macchine utensili con
più motori indipendenti dedicati a un'unica e determinata funzione, valutan-
do un rendimento medio della fresatrice (motore, trasmissioni varie)
11= 0,7

si calcola la minima potenza di targa del motore:

0,483 kW
N= N101:11=----~ 0,7 kW
0,7

certamente sopportabile anche da una piccola fresatrice.

Verifica della stabilità de/l'albero portafrese: si tratta di una struttura


a sbalzo, considerabile incastrata in corrispondenza della sezione d'attacco
al codolo, soggetta a sollecitazioni composte di flessione, torsione, taglio
e sforzo normale, ma per ipotesi quest'ultimo è trascurato; esaminando
una generica sezione circolare retta piena dell'albero, in essa la distribuzio-
ne delle azioni interne rispecchia quanto rappresentato in figura 5:

a) flessione = nulla in corrispondenza dell'asse neutro, massima nei punti


più distanti da questo;
b) torsione= nulla al centro e massima alla periferia;
2. ESECUZIONE
DI UNA SCANALATURA
SUDI UN BLOCCO D'ACCIAIO 355
Ai

Figura 5.

c) taglio= nullo nei punti più distanti dall'asse neutro e massimo m


corrispondenza di questo.

I punti più pericolosi risultano perciò:

A-B = sono massime flessione e torsione, il taglio è nullo;


C-D = sono massime torsione e taglio, la flessione è nulla;

occorre tener presente però che l'albero portafrese presenta in testa un


foro filettato e sul fianco una cava per linguetta che certo lo indebolisco-
no; la duplice verifica a flessotorsione e a torsione-taglio andrà perciò
condotta in almeno quattro punti notevoli dello stesso:

1. sezione d'attacco al codolo;


2. sezione in corrispondenza della gola di scarico;
3. sezione in corrispondenza del fondo del foro di testa;
4. sezione in corrispondenza dell'estremità più vicina al codolo della cava
per linguetta.

Considerando condizioni certamente peggiori rispetto alla realtà, si suppo-


ne per assurdo che la fresa sia calettata all'estremità dell'albero portafrese,
non in corrispondenza della sezione mediana ove è ricavata la cava per
linguetta; ciò ci esenta dall'effettuare la verifica della sezione 3, che an-
drebbe invece eseguita nel caso di montaggio di una fresa di tipo frontale
con foro.
Si calcolano innanzitutto le tensioni, normali e tangenziali, ammissibili dal
materiale costituente l'albero, per il quale, dopo trattamento termochimico
356 APPENDICE

di carbocementazione e successivi di tempra e rinvenimento (bonifica), su


saggio di </>= 25 mm, è assicurato un carico di rottura a trazione
mm1mo:

Rm ?: 1 200 N/mm 2

Trattandosi di sollecitazioni di natura dinamica, per le quali preponderante


è l'effetto della fatica, si assume un coefficiente di sicurezza pari a (3 --;-4)
volte il corrispondente per sollecitazioni statiche:

nR .
d1n
= (3 --;-4) nR stat ~ IO

Ne segue:

<1R 1200 N/mm 2 2


<1adm =- = l0 = 120 N/mm
nRdin

dalla teoria sull'ipotesi di resistenza dei materiali proposta da Hu-


ber-Hencky-Ros-Eichinger-von Mises si ricava inoltre:

_ <1adm _ 120 N/mm 2 _, 2


Tadm - y13- j3 = 70 N/mm

Per quanto detto l'albero portafrese è soggetto a una terna di forze Fr,F,,
F,,applicate all'estremità di esso a una distanza radiale pari al raggio della
fresa montata, come rappresentato in figura 6: la risultante di tali forze
è la forza di taglio massima P 1max precedentemente calcolata.

~
'

Figura 6.
2. ESECUZIONE
DI UNA SCANALATURA
SUDI UN BLOCCO D'ACCIAIO 35 7

F,

F,
Figura 7.

Per ipotesi si assume: Fa= O, per cm, operando nel piano, è possibile
scrivere:
F,
tga=-=06
Ft '
a = arctg (0,6) = (30,964)0
F, = P1max • sena

= 2 064 N · sen (30,964) 0 ~ 1 062 N

= 2 064 N · cos (30,964) 0 ~ 1 770 N

ridotto il sistema di forze all'asse di rotazione dell'albero, si ricavano le


singole sollecitazioni:

D .
M 1 = F1 • 2= 1 770 N · 40 mm = 70 800 N · mm

R 1 = F1 = 1770 N
R 2 = F, = 1 062 N

Di seguito si riportano i diagrammi delle azioni interne relative all'albero


portafrese in esame, per la configurazione descritta.
Si procede ora alla verifica delle varie sezioni:

1. sezione d'attacco al codolo:

circolare piena - </J1 = 42 mm


M, 1 = M 1 = 70800 N- mm
M 1 z, = R1 · 85 mm = 150 450 N · mm
M 1YI = R 2 · 85 mm = 90 270 N · mm
358 APPENDICE

65
85

N 1111111111111 M,

r, 111111½1 I I I I I .-a1lIII[
rtG!r IM1I (D) IMtl

Tz 111111$111111 ~ MIY

Figura 8.

Mii= JML + M}y,= 175440 N- mm

Ty, = R 1 = 1 770 N
Tz, = R2 = 1062 N

r 1 =Jr;,+ r;,= 2064 N

a) verifica a flessotorsione:

Mi
- ---1..M
- wif.

~ 25,5 N/mm 2 < aadm


2. ESECUZIONE
DI UNA SCANALATURA
SU DI UN BLOCCO D'ACCIAIO 359
b) verifica a torsione-taglio:

't"R = 't"M, + 't"r


M 11 4 T1
=-+-· -
W1 1 3 A1
M
1 4 T1
=--1-+-· --
n 3 3 n 2
16<P
1 4<Pl
~ 7,1 N/mm 2 < -radm

Entrambe le verifiche hanno dato esito positivo.

2. Sezione minima d'esecuzione della gola:

circolare piena - </J


2 = (27 - 2 · l,6)mm

= 23,8 mm

M 12 = M 1 = 70 800 N · mm M 1 = R 1 · 65 mm= 115 050 N · mm


z2

M1
n
= R 2 · 65 mm= 69 030 N · mm M1 =
2
j M 12 + M 12 =
~ ~
134 170 N · mm

a) verifica a flessotorsione:

= M1id2
wln2
_ jM 2
lz + 3/4M lz2
n 3
32. <P2

~ 111,5 N/mm 2 < aadm


360 APPENDICE

b) verifica a torsione-taglio:

1:R = TM, + 1:T


Mr2 4 T2
=-+-· -
W12 3 A2

Mr2 4 T2
=--+-·-
n 3 3 n 2
16</J2 4<p
2

~ 33,7 N/mm 2 < 1:adm

Entrambe le verifiche hanno dato esito positivo.

3. Sezione più interna ove sia presente l'intera cava per linguetta: si
considera come sezione retta circolare piena con diametro di nocciolo:

3 = (27 - 5)mm = 22 mm
</J
M 13 = M 1 = 70 800 N · mm
M 1 = R 1 · 50 mm = 88 500 N · mm
Z3

M 1Y3 = R 2 · 50 mm = 53 100 N · mm

M 1 3 = JM 12 Z3 + M 12 ~ Y3
103200 N· mm
TY3 = R1 = 1 770 N
TZ3 = R2 = 1 062 N
T3 = JT; + T;= 2064 N
3 3

a) verifica a flessotorsione:

(Tid = J 0"2 + 31:2


Mfid

wf "'

~ 114,8 N/mm 2 < cradm


2. ESECUZIONEDI UNA SCANAlATURA SU DI UN BLOCCO D'ACCIAIO 361
b) verifica a torsione-taglio:

"R = "M, + "T


M 13 4 T3
=-+-· -
wt3 3 A3
M1 4 T3
=--3-+-· --
n 3 3 n 2
16<p3 4<p3
~ 42 N/mm 2 < "adm

Entrambe le verifiche hanno dato esito positivo.


In conclusione, l'attrezzo è opportunamente proporzionato in modo che,
in caso di condizioni di lavoro inammissibili, si abbia prima la rottura dei
taglienti della fresa che del più costoso e durevole albero portafrese con
codolo d'attacco.

Verifica del collegamento albero porta/resa-fresa a mezzo linguetta: le lin-


guette impiegate negli attacchi per utensili differiscono da quelle comune-
mente utilizzate nei collegamenti meccanici ordinari; l'attacco in esame può
essere designato come:
Attacco 27 UNI 381O

per il quale è assegnata una linguetta 7 x 7 x 55.


Questa, in acciaio Fe 60 UNI 7230 crudo, è proporzionata per sostenere le
sollecitazioni sopportabili dall'albero portafrese; se ne verificherà:

a) la resistenza meccanica a taglio;


b) la pressione specifica lungo i fianchi.

Per il materiale costituente è assicurato un carico unitario di rottura


a trazione: Rm ~ 590 N/mm 2, come specificato per tutti i materiali per la
costruzione di chiavette e linguette; per esso si ricava, fissando un coeffi-
ciente di sicurezza dinamico nRd· = (3 -;-4) nRstat ~ l O:
10

O'R 590 N/mm 2 2


(J'adm = - = 10 = 59 N/mm
nRdin
In riferimento alla teoria sull'ipotesi di resistenza dei materiali proposta da
Huber-Hencky-Ros-Eichinger-von Mises:

O'adm 59 N/mm2 z
"adm = J3 = j3 ~ 34 N/mm
362 APPENDICE

la pressione specifica ammissibile sui fianchi è infine, per ipotesi:

Padm = 70 N/mm 2

Per la verifica della resistenza meccanica a taglio della linguetta si tiene


presente che la sezione retta orizzontale b x I, considerata rettangolare
a prescindere dal fatto che l'estremità della linguetta è di tipo A (arroton-
data), deve poter sostenere lo sforzo di taglio orizzontale:

T= Md1 = 2· 70800 N- mm~ 5245 N


27 mm
2

dall'equazione di stabilità a taglio:

3 T
•max= 2· A~ •adm

3 5 245 N ,.., 2
= -· 2 = 20,4 N/mm
2 7 x 55 mm

la verifica dà esito positivo.

Figura 9.

Per valutare la pressione specifica agente sui fianchi della linguetta è neces-
sario determinare le pressioni differenziate che si verificano:

a) sulla parte inferiore del fianco a opera dell'azione «motore» dell'albero


portafrese;
b) sulla parte superiore del fianco opposto al precedente a opera
dell'azione «resistente» del mozzo della fresa.
2. ESECUZIONE
DI UNA SCANALATURA
SUDI UN BLOCCO D'ACCIAIO 363
Si noti che la maggiore profondità della cava nell'albero rispetto a quella
nel mozzo è dovuta al fatto che si preferisce, in caso di sovraccarichi, la
rottura della fresa a quella dell'albero portafrese.
In riferimento alla figura 9 si calcola:

M1 2 · 70 800 N · mm
a) T = -- = ------ ~ 6436,4 N
d 5 (27 - 5)mm
2 2
A = 5 mm x 53 mm = 265 mm 2
T 6436,4 N 2
p~b~ro= A = 265 mm2 ~ 24,3 N/mm < Padm

b) T = ~ = 2 · 70 800 N · mm ~ 4 882 8 N
d 2 (27 + 2) mm - '
2+2
A = 2 mm x 53 mm = 106 mm 2
_ T _ 4 882,8 N ,.., 2
Pmax - - - 2 = 46,1 N/mm < Padm
mozzo A 106 mm ·

Entrambe le verifiche hanno dato esito positivo; il collegamento in esame


è perciò proporzionato correttamente per le condizioni di lavoro impo-
state.
Il disegno di fabbricazione dell'attrezzo porta-frese dovrà essere completa-
to dalle relative tolleranze dimensionali e geometriche, nonché dalle rugosi-
tà di lavorazione; per la sua stesura si dovrà tener conto delle indicazioni
tratte dalle norme di unificazione UNI 3088, relative al codolo, e UNI
4612, relative all'albero porta-frese vero e proprio, introducendo opportu-
ne modifiche funzionali, quali:

a) il foro filettato in testa all'albero presenta una smussatura interna a 60°,


rimanenza dell'iniziale foro da centro;
b) la gola di scarico per permettere la rettifica dell'albero porta-frese
e della relativa battuta è stata scelta di tipo F anziché D, come specificato
da normativa, per agevolarne l'esecuzione;
c) la gola di scarico per permettere la rettifica del codolo conico, di tipo
E, in realtà ha ingombro assiale superiore a quello concesso (di soli
1,6 mm) dagli ingombri meccanici, volendo rispettare la proporzione fra
gruppi di diametri e gole di scarico associate;
d) il foro filettato in testa al codolo presenterà una particolare smussatura:
364 APPENDICE

la principale a 60°, rimanenza dell'iniziale foro da centro e utilizzata


durante il ciclo di lavorazione per il centraggio dell'attrezzo fra punte,
necessita di una protezione a 120° ricavabile sempre in fase di centratura.

Ciclo di lavorazione dell'attrezzo: si tratta per ipotesi di una produzione di


media serie; il ciclo di lavorazione può essere impostato a partire da
differenti grezzi o semilavorati:

1. da barra, ovvero da un:

Tondo UNI 7620-65 - materiale: 20 Cr Ni 4 TD UNI 7846

avente diametro esterno 0 65± 0 , 9 mm (grado di precisione A) e fornito


allo stato normalizzato in barre di lunghezza commerciale da 3 a 6 metri,
assicuranti una rettilineità normale con tolleranza di 4 mm su 1 m.
In tal caso sarebbe necessario tuttavia asportare un grande volume di
materiale per taglio, il che consiglierebbe l'adozione di utensili in metallo
duro, al fine di conseguire la massima produttività;
2. da semilavorato stampato a caldo, certamente di costo superiore alla
soluzione precedente, la cui adozione deve essere giustificata da una pro-
duzione cospicua che ne consenta tuttavia l'ammortamento; in tal caso si
avrebbero comunque i seguenti vantaggi:

a) caratteristiche meccaniche sicuramente superion, m virtù dell'incrudi-


mento, dell'affinazione dei grani della struttura cristallina per frantumazio-
ne e della fibratura del materiale; prima di iniziare la lavorazione dello
stampato sarà perciò necessario eseguire un opportuno trattamento termi-
co per _aumentarne la lavorabilità, quale una normalizzazione o una ricot-
tura di lavorabilità;
b) comporta una netta riduzione dei tempi di lavorazione per asportazione
di truciolo, anche impiegando utensili in acciaio super rapido, rendendosi
necessario il taglio di un volume di materiale certamente inferiore alla
prima soluzione presentata.

La scelta fra le due possibili metodologie di lavorazione è determinata


sostanzialmente dall'entità della produzione; si suppone che la media serie
in esame sia tale da giustificare la seconda ipotesi: ciò consentirebbe, come
detto, di conseguire migliori caratteristiche meccaniche di resistenza e tena-
cità, determinanti in un organo meccanico molto sollecitato, in particolare
a fatica e/o a urti-sovraccarichi, come l'attrezzo in esame.
In tal caso la normativa di riferimento per il materiale in esame non è più
la UNI 7846 «Prodotti laminati a caldo in acciaio legato», bensì la UNI
7874 «Prodotti fucinati o stampati a caldo in acciaio legato».
3. PROGETTAZIONE
DI UN PROFILOSCANALATO 365

3. Progettazione di un profilo scanalato

Si esegua il dimensionamento di un albero a profili scanalati destinato


a funzionare nelle seguenti condizioni:

Dati di progetto

Regime di rotazione n = 4 000 giri/min


Potenza nominale da trasmettere N=l19kW

Valutare opportunamente ogni altro dato relativo alla trasmissione.

Soluzione

Premessa: il collegamento del mozzo di un organo rotante (ruota dentata,


puleggia) con l'albero che trasmette potenza può essere funzionalmente
eseguito in differenti modi:

a) calettamento forzato;
b) a mezzo chiavetta;
c) a mezzo linguetta;
d) con profili scanalati.

Il caso in esame è utilizzato quando siano da trasmettere elevate potenze,


ovvero elevati momenti torcenti, per cui il calettamento per attrito (solu-
zioni a e b) non risulterebbe funzionale, mentre comunque eccessive risul-
terebbero le pressioni agenti sulle facce della linguetta sollecitata a taglio.
In particolare i profili scanalati, a fianchi rettilinei (soluzione che sarà poi
esaminata) o ad evolvente di cerchio risultano adatti specie se si richiede la
scorrevolezza del mozzo sull'albero.

Progetto dell'albero: nulla è noto a proposito dei supporti che lo sostengo-


no e nemmeno si conosce il tipo di organo meccanico con cui verrà
accoppiato (ruota dentata cilindrica a denti diritti o elicoidali); non è per-
ciò possibile valutare per esso le tensioni di flessione che, assieme a quelle,
invece ricavabili, di torsione, costituiscono le sollecitazioni primarie a cui
è soggetto, trascurando taglio ed eventualmente spinte assiali comunque
improbabili per un profilo scanalato.
Nonostante sia possibile valutare approssimativamente l'interdistanza mi-
366 APPENDICE

nima tra i supporti a ridosso del profilo scanalato, per quanto detto la
progettazione dell'albero dovrà necessariamente tener conto della sola
sollecitazione di torsione, peraltro notevole, trascurando gli effetti della
flessione, comunque certamente altrettanto preponderanti. Per la costruzio-
ne dell'albero si sceglie di utilizzare, data l'elevata potenza da trasmettere,
un acciaio legato da cementazione, che con successivi trattamenti termici
di cementazione, tempra e rinvenimento (bonifica) consenta di:

1. assicurare la necessaria durezza superficiale ai risalti del profilo scana-


lato;
2. garantire elevata tenacità a cuore, necessaria per sostenere sollecitazioni
di tipo dinamico (fatica).

Si ipotizza di adottare perciò un acciaio

I 20 Cr Ni 4 UNI 7846

per il quale sono garantite, dopo rinvenimento a 200°C, le seguenti carat-


teristiche meccaniche:
aRmm. ~ 1400 N/mm 2

durezza superficiale 60HRC


allungamento percentuale A= 11
tenacità 6KCU

Trattandosi di sollecitazioni dinamiche per le quali è preponderante l'effetto


della fatica, si dovrà definire un opportuno coefficiente di sicurezza nRdm. che
può ritenersi pari a (3 --;-4) nRstat. , con approssimazione che evita di valutare
entità e numero d'intagli nell'organo e i conseguenti fattori di fatica:
nRstat = 3 => nRdin = 10
si ricava dunque:

aR 1400 N/mm 2 2
aadm = -- = l0 = 140 N/mm
nRdin

dalla teoria sull'ipotesi di resistenza dei materiali proposta da Hu-


ber-Hencky-Ros-Eichinger e von Mises, si deduce:

(Jadm
"adm = J3
3. PROGETTAZIONE
DI UN PROFILOSCANNATO 36 7
da cui:
140 N/mm 2 2
•adm = j3 ~ 80 N/mm

imponendo l'equazione di stabilità a torsione:

trattandosi di una sezione resistente retta circolare piena si ha:

n 3
W=-d
r 16

da cui, in caso di progetto:

Definendo un opportuno fattore di servizio per la valutazione della poten-


za di calcolo a partire da quella nominale, supponendo sovraccarichi del
15%, si otterrà indicativamente:

Pc= P + 15% = 1,15· 119 kW ~ 140 kW

dalla dinamica del moto rotatorio:

da cui, con alcuni passaggi:

Pc[kW]
M 1 [N · mm] = 9 549 300 · [ . ·; .· ]
n gmmm
si ricava perciò:
140
M 1 =9549300 · 4000 ~ 334225,5 N · mm

e infine:
3 16 · 334225,5 ,N· mm
d= Ml 2 ~ 27,7 mm
n · 80 /",mm
368 APPENDICE

Ricordando che il dimensionamento è svolto a sola torsione, si procede


a un sovradimensionamento cautelativo, tenendo conto dell'esigenza di
ricavare sull'albero sedi per cuscinetti di supporto (volventi), nonché il
profilo scanalato ancora da progettare.
Da tabelle desunte dai cataloghi SKF, si ricava che il diametro standard
del foro dei comuni cuscinetti volventi, approssimato per eccesso relativa-
mente al caso in esame, è 30 mm; assunta tale sezione minima in corri-
spondenza dei supporti, supponendo il sistema sfilabile da un lato per il
montaggio-smontaggio (Figura 10), il profilo scanalato sarà ricavato in
risalto rispetto al corpo dell'albero, interponendo opportune gole e scarichi
tra esso e le superfici d'appoggio adiacenti.
Ciò consente inoltre di irrobustire ulteriormente la parte centrale dell'albe-
ro, nella quale, data la lontananza dai supporti, maggiori sono le sollecita-
zioni di flessione. ·
Seguendo il criterio del minimo ingombro le sedi per i cuscinetti sono ricavate
immediatamente a lato del profilo, prevedendo l'interposizione di opportune
rosette d'appoggio; altra soluzione avrebbe potuto consistere nel lasciare uno
spallamento intermedio, ottenendo una superiore lunghezza dell'albero.
Il progetto di un profilo scanalato, una volta dimensionato l'albero su cui
dovrà essere ricavato, viene condotto innanzitutto valutando il profilo di
riferimento adatto per l'albero in esame: dalla normativa UNI 8953 si
ricava che il profilo di serie media (permette di trasmettere l'intero M 1
sopportabile dall'albero, a patto che non sia scorrevole sotto carico) più
prossimo per eccesso risulta: 8 x 32 x 38 per un diametro interno netto:
0 = 32 mm; ciò assicurerebbe solo 1 mm di battuta per l'anello interno
del cuscinetto: si opta perciò per il profilo superiore: 8 x 36 x 42 la cui
designazione completa risulta:

Albero UNI 8933 - 8 x 36 x 42 s

IL UNI 8953
supporto Sx ,,,.------------... supporto Dx

gola di scarico UNI 4386


Figura 10.
3. PROGEnAZIONEDI UN PROFILOSCANALATO 369
Si tratta ora di valutare la minima lunghezza assiale dei fianchi utile per la
trasmissione della potenza nota, ovvero la lunghezza del mozzo dell'ele-
mento meccanico da calettarvi.
Per questo il momento torcente risultante dalle pressioni che si esercitano
tra albero e mozzo sulle superficie dei fianchi delle scanalature deve essere
almeno uguale al momento torcente M 1 massimo sopportato dall'albero
pieno; tale condizione è espressa dall'uguaglianza:

D- d ) D +d nd 3
Mi = ( -2- - 2c . t/1· z. L -4-. Pa<lm = 16. "adm

ponendo:
n d2
m=- Q = --------- k =Padm
2t/J z(D + d)(D - d- 4c) "adm

si ha la relazione pratica di calcolo

L m-Q
d k
dove:
Q è caratteristico della geometria del profilo;
m, k sono tabulati (secondo norme di unificazione) in relazione all'applica-
z10ne.

-:-~ In tal senso si proporziona il profilo scanalato non tanto al M 1 di


calcolo (334 225,5 N · mm) al quale corrisponde 0aibero ~ 28 mm, bensì a un
M 1 certamente superiore, sopportabile da 0aibero = 36 mm.

Procedendo con i calcoli:

36 2
Q =---------~O 43
8 (42 + 36)( 42 - 36 - 4 · 0,3) - '

trattandosi di un accoppiamento scorrevole, ma non sotto carico, con una


sola superficie cementata, si ha: m = 2,10; supponendo condizioni di
carico pressoché costanti e senza eccessive vibrazioni, esecuzione delle
lavorazioni precisa e lubrificazione accurata:

k = 1,10
370 APPENDICE

sostituendo si ha:
L 2,10 · 0,43
d 1 10 ~ 0,82
'
valore sicuratamente accettabile in quanto inferiore a 1,5 come consigliato
da normativa.
Con condizioni di carico variabile e presenza di vibrazioni invece si avreb-
be:
k = 0,85
da cui:
L _2,_1 ~ 1
o_-_o_,4_3
d 0,85 -

Tenendo presente tali indicazioni, in relazione agli ingombri che non


è specificato esser necessario rispettare, si assumerà come lunghezza mini-
ma del mozzo:

L ~ 30 mm

Essendo il profilo scanalato sfruttato per la possibilità di scorrimento


concessa al mozzo sull'albero sul quale è calettato, ipotizzando un'escur-
sione minima pari ad almeno L, la lunghezza utile complessiva del profilo
risulterà:
2L = 60 mm

tenendo conto dei tratti estremi, e intermedio eventuale, non «sfruttati»,


indicativamente la lunghezza del profilo sarà di circa: 90 mm.

Note costruttive: uno schizzo del tratto di albero in progettazione è già


stato riportato (Figura 10) il profilo scanalato è ricavato completamente in
rilievo e smussato alle estremità per sicurezza e per agevolare il montaggio;
lo separano dalle adiacenti superfici d'appoggio per i cuscinetti volventi di
supporto una coppia di gole di scarico, necessarie per la rettifica di dette
sedi (l'albero ruota a regime a 4 000 giri/min).
Dalla normativa UNI 4386, in relazione al diametro dell'unica superficie
da rettificare, si sceglie la gola unificata:

Gola UNI 4386 - E 0,6 x 0,3


3. PROGETTAZIONE
DI UN PROFILOSCANALATO 371
Per quanto riguarda le tolleranze dimensionali e geometriche per le sedi
dei cuscinetti volventi, supponendo la presenza di carichi normali e/o
elevati in relazione a una ordinaria trasmissione meccanica, si consiglia la
zona di tolleranza k nonché la qualità o classe IT 5, per cuscinetti volventi
radiali, siano essi a sfere o a rulli cilindrici e conici.
Infine le tolleranze dimensionali e di simmetria del profilo scanalato si
ricavano direttamente dalla normativa UNI 8953.
Tutto quanto esposto è rappresentato nel ciclo di lavorazione del tratto di
albero in esame.

Impostazione del ciclo di lavorazione, limitatamente al tratto di albero scana-


lato in esame: la realizzazione dell'elemento meccanico progettato ha inizio
da un tondo laminato a caldo in barre, fornito allo stato ricotto, che,
secondo le normative correnti corrisponde alla designazione:

Tondo UNI 7620_45 I grado di precisione A


~-------~ materiale: 20 Cr Ni 4 TC UNI 7846

il diametro esterno del tondo 0 45 ± 0 •7 è stato valutato prevedendo una


certo non perfetta rettilineità della barra, comunque garantita, per fornitu-
ra, inferiore a 4 mm per ogni metro di lunghezza (rettilineità normale), al
fine di assicurare un sufficiente sovrammetallo (1,5 mm sul raggio) sul
tratto di maggior diametro, asportabile comodamente con una passata di
sgrossatura (profondità p = 2,5 mm) e una successiva di finitura per
tornitura.
Il ciclo di lavorazione dell'albero, a grandi linee verterà su:

a) tornitura;
b) esecuzione profilo scanalato;
c) trattamento termico;
d) rettifica;

essendo il tondo troppo grande per essere lavorato sfruttando il passag-


gio barra del tornio (generalmente 0max 40 mm) e certamente troppo
lungo per essere lavorato semplicemente di sbalzo, è necessario ricorrere
a lavorazione fra le punte con brida. Perciò occorre preliminarmente
esegmre:

1. taglio della barra in spezzoni della desiderata lunghezza alla segatrice


a nastro;
2. intestatura e centratura con apposita macchina intestatrice-centratrice;
372 APPENDICE

successivamente, montando lo spezzone fra le punte con l'ausilio di una


brida o, senza ricorrere a una metodologia tradizionale, realizzando un
posizionamento misto mandrino autocentrante-contropunta, si procede al-
la tornitura dell'albero in due successive fasi, essendo necessario girare il
pezzo. Nell'ordine le operazioni da effettuare risultano:
I. sgrossatura 0 42,5 mm per tutta la lunghezza;
2. sgrossatura della prima sede per cuscinetto a 0 30,5 mm;
3. pre-finitura della suddetta sede a 0 30,25 mm lasciando un adeguato
sovrammetallo per la rettifica finale;
4. esecuzione della gola di scarico, realizzando contemporaneamente lo
spallamento;
5. smussatura a 30° dell'estremità del tratto su cui sarà ricavato il profilo
scanalato
- rotazione di 180° del pezzo;
6. sgrossatura della seconda sede per cuscinetto a 0 30,5;
7. pre-finitura della suddetta sede a 0 30,25 mm lasciando come sopra
un sufficiente sovrammetallo per la rettifica;
8. esecuzione della gola di scarico, realizzando contemporaneamente lo
spallamento;
9. smussatura a 30°;
1O. finitura diametro esterno tratto centrale 0 42a 11 x 90 mm.
L'esecuzione del profilo scanalato è affidata a una fresatrice con albero
e mandrino orizzontale, equipaggiata con divisore universale e contropun-
ta, utilizzando una speciale fresa sagomata; per la realizzazione delle
8 divisioni angolari, dato i= I/40 il rapporto di trasmissione interno del
divisore, sarà necessario eseguire 40 : 8 = 5 giri esatti della manovella su
qualsiasi disco-serie di fori.
Prima di procedere alla finitura dell'albero rettificando le sedi dei cuscinet-
ti e il profilo scanalato (a centraggio interno), è opportuno realizzare
i trattamenti termici previsti in sede di progettazione, onde poi poter
correggere eventuali deformazioni conseguenti.
Si tratta di eseguire, per l'acciaio «tipizzato» in esame:
I. cementazione con gas cementante;
2. tempra scalare martensitica (martempering);
3. rinvenimento di distensione;

che sono di seguito analizzati in dettaglio.


3. PROGETTAZIONE
DI UN PROFILOSCANALATO 3 73
1. Cementazione con gas

Si fa riferimento agli studi condotti in materia da Harris, il quale ha però


considerato acciai classificati secondo l'unificazione statunitense AISI-SAE;
per l'acciaio in esame si ricava la corrispondenza:

20 Cr Ni 4 UNI 7846 + AISI-SAE 3120

ci si propone di ottenere una profondità di cementazione di circa:

x~lmm

realizzando in superficie una concentrazione in massa di carbonio:

% efinale ~ 1%

a partire da: ¾Ciniziale ~ 0,2%

Dalle tabelle di Harris si ricava che, per conseguire la profondità di


cementazione voluta, a una temperatura di regime di 925 °C, occorre:
ttot ~ 3 ore; in tal senso l'acciaio raggiungerebbe la percentuale di C di
saturazione in superficie: ¾Csaturaz. ~ 1,25%; il tempo di trattamento
dovrà quindi essere opportunamente suddiviso in:

(tot = fcem.
attiva
+ (diffusione
in modo da ottenere lo strato di cementazione desiderato, m termini di
profondità e concentrazione; dalla relazione:

2
t =t . (¾Cfin. - %Ciniz.)
cem. tot %C _ 01 C- .
O sat. IO 1n1z.

s1 ncava: 1,0 - 0,2 ) 2


= 3 ore- (
1,25 - 0,2
= 1 ora 45 min

(diffusione = ttot - tcem. = 1 ora 15 min

Allo stesso risultato si sarebbe potuto pervenire cementando a temperature


più basse, necessitando tuttavia di maggiori tempi.
374 APPENDICE

2. Tempra scalare martensitica o differita o «martempering»

Si raffredda il pezzo dalla temperatura di cementazione a quella di auste-


nizzazione: Taus ~ 800 °C facendolo permanere per I minuto per ogni
millimetro di spessore, (nel caso di pezzi singoli)=> t = 1 min/mm · 42
mm~ 45 min. Il successivo raffreddamento avviene in bagno d'olio o di
sali termostatato a 200 °C, onde conseguire l'uniformazione della tempera-
tura nel pezzo prima di realizzare la trasformazione dell'austenite in mar-
tensite con raffreddamento in aria calma.

3. Rinvenimento di distensione

Al fine di ottenere le volute caratteristiche meccaniche del prodotto, si


fissa la temperatura di rinvenimento a 200 °C, alla quale il pezzo dovrà
permanere per un tempo ricavabile dagli studi di Hellman e Jaffe: volendo
ottenere una durezza superficiale dello strato cementato di circa 60 HRC,
per un tenore massimo dello strato di 1% di C si rileva il parametro

k = 12,25

prendendo come elemento di confronto un accia10 al solo C avente la


stessa percentuale in peso di C dell'acciaio legato in esame, considerando-
ne la % cmax di cementazione, si ricava:

T(k + logt) ~ 3250


da cui:
3250
logt = 2000c - 12,25 = 4

!permanenza ~ 1O000 s = 166 min ~ 2 ore 45 min

il successivo raffreddamento è da operarsi in aria calma.


Al termine dell'esecuzione dei trattamenti termici non resta ora che proce-
dere alla finitura dell'elemento meccanico alla rettifica, correggendo le
inevitabili deformazioni prodotte:

a) afferrando il pezzo tra le punte per eseguire la rettifica cilindrica per le


sedi dei cuscinetti volventi a 0 30k6 ;
b) afferrando il pezzo fra la testa a divisore e una contropunta per
rettificare il fondo delle scanalature del profilo UNI 8953 a centraggio
interno a 0 36g7 •
3. PROGETTAZIONE
DI UN PROFILOSCANALATO 375
I.T.I.S. CARTELLINOPER CICLO DI LAVORAZIONE CICLO N.
N.B. =il ciclo di lavorazione è limitato al tratto di albero proporzionato!
FOGLIO N.
DATA
ELEMENTO: Alberoscanalato
CLASSE
STUDI DI QUANTITÀ:
COMPILATORE
FABBRICAZIONE MATERIALE: 20 Cr Ni 4 TF UNI 7846
Utensili-attrezzi
N. Operazione Reparto-macchina
calibri

IO /ondo UNI 7620-49 • macchineutensili - lama da sega a na-


.. • segatricea nastro stro
materiale: 55 W Cr
·- ·-·-· ---. -·-· --- ----------- -------·---- -- -- VB KU UNI 2955
• calibro ventesimale
a corsoio

135 min ij
• taglio spezzonidi barra

20 • macchineutensili • fresa per intestatura


"l

·-
&,
·-·-·-·-·-·-·-·-·-·-·-·-·-cr ,----~--- ----- ·-·
1//4 N • intestatrice centra- • punta da centri
trice punta 2,5 A UNI
7652
~ '
/
y materiale:
5,10 HS 6-5-2UNI 2955
-
- 132,5 min ~
• intestaturae centratura

30 V)
• macchineutentili • fresa in intestatura
@ "'
&, • intestatrice centra- • punta da centri
trice punta 2.5 A UNI
·-· - - - - . - - - - - - - - - - - - -- - - -- - - - r·-- +- - ... ·-·
~ 7652
/~
y / materiale:
5,10 HS 6-5-2UNI 2955

130min ~
• intestaturae centratura
40 • macchineutensili • utensile diritto per
-
I "l V)
' • tornio parallelo sgrossatura destro
.,.,..
o - ·-v- • contropunta, punta UNI 4247
·-· ·-· -
- - . - - - - - -- - - - - - - - -- . - . --------- .
& & "' e discomenabrida materiale:
, • torretta a cambio HS 18-10-1 UNI
rapido 2955
~ • calibro ventesimale
110 min \} a corsoio

• sgrossature0 42,5 x min 110e 0 30.5 x min 20


376 APPENDICE

I.T.I.S. CARTELLINOPER CICLO DI LAVORAZIONE CICLO N.


FOGLION.
ELEMENTO: Albero scanalato DATA
STUDI DI QUANTITÀ: CLASSE
FABBRICAZIONE MATERIALE: 20 Cr Ni 4 TF UNI 7846 COMPILATORE

Utensili-al/rezzi
N. Operazione Reparto-macchina
calibri

40 , macchineutensili , utensile piegato per


-
2 , tornio paraIIelo finitura destro UNI
4250
--- . - .- - - - - - - . - - - . - - - - - -
. . . . -. - -.- .

-!1----- materiale:HS I8-IO-I


UNI 2955
.,______.
20min

I&
, prefinitura 0 30,25x min 20

40 , macchineutensili , utensile a testa sai-


-
3
è:_-2
"-::: - Gola UNI 4386 , tornio paraIIelo data per gole di
/E0,6x0,3 scaricoesterne
utensile N 2.5 UNI
·-· - - - - . - . -· - . - . - . - - . - . - - ·---·-
--!-1--- 6349
, utensile specialeper
2,5
smussatura
- materiale:HS I8-I0-1
~
I& UNI 2955
, esecuzionegola di scaricoe smussatura

50 , macchineutensili , utensilediritto per


-
, tornio paraIIelo

---8
1 sgrossaturadestro
UNI 4247
-- . - . - . - . - ·-. -- -
. . -- - .-
--!-1--- materiale:HS 18-1O-I
UNI 2955
, utensile piegato per
.,______.
20min I& finitura destro UNI
4250
materiale:HS 18-10-1
, sgrossatura0 30,5e finitura 0 30,25x min 20 UNI 2955

50
- l':_ 2
, macchineutensili
, tornio paraIIelo
, utensile a testa sai-
data per gole di
2 "- Gola UNI 4386
/E0,6x0,3 scaricoesterne

---8 - --·-------·-· .. . - ·-. -.


--!-1---
, utensile N 2.5 UNI
6369
, utensile specialeper
smussatura
2,5
- materiale:HS 18-10-1
.,______.I&
20min UNI 2955
• esecuzionegola di scaricoe smussatura
3. PROGETTAZIONE
DI UN PROFILOSCANALATO 377

I.T.I.S. CARTELLINOPER CICLO DI LAVORAZIONE CICLO N.


t-------------------------------, FOGLIO N.
ELEMENTO: Albero scanalato DATA
STUDI DI QUANTITÀ: CLASSE
FABBRICAZIONE MATERIALE: 20 Cr Ni 4 TF UNI 7846 COMPILATORE

Utensili-allrezzi
N. Operazione Reparto-macchina
calibri

50 • macchineutensili • utensile piegato per


• tornio parallelo finitura destro UNI
3
·--8 i.,
4250
materiale:HS 18-10-1
UNI 2955

- 90 -

• finitura 0 42•11 x 90

60 Albero UNI 8953 8 x 36 x 42 s • macchineutensili • fresa speciale sago-


I • fresatriceuniversale mata (a profilo co-

·-·B-·-----
[J-
• divisoreuniversale stante) per esecuzio-
• contropunta e punta ne profilo UNI
8953 8 X 36 X 42
materiale:X 78 WV
18 I KU UNI 2955

• fresatura del profilo scanalato UNI 8953- 8 x 36 x 42

70 • sgrossatura • trattamenti termici • vascadi sgrassaggio


• carbocementazionein gas a 925°C per 3 ore • forno elettricoad at-
• tempra scalaremartensiticain bagno di sali a 200°C mosferacontrollata
• rinvenimentodi distensionea 200°C • vasca termostatata
-pulitura di spegnimento
• asciugatura • vasca di pulitura

80 • macchineutensili • mola a disco per


• rettificatrice univer- rettificacilindrica
sale esterna
I - 300 X 32 X 127

04-1
• rettificacilindrica0 30k6
378 APPENDICE

I.T.I.S. CARTELLINOPER CICLO DI LAVORAZIONE CICLO N.


1----------------------------l FOGLIO N.
ELEMENTO: Albero scanalato DATA
STUDIDI QUANTITÀ: CLASSE
FABBRICAZIONE MATERIALE: 20 Cr Ni 4 TF UNI 7846 COMPILATORE

Utensili-attrezzi
N. Operazione Reparto-macchina
calibri

90 • macchineutensili • mola a disco


• rettificatriceuniver- per rettifica
sale cilindrica·esterna
1 - 300 X 32 X 127

04'
• rettificacilindrica0 30k 6

100 • macchineutensili • mola speciale a di-


• rettificatrice univer- sco sagomata (a

---B
-------------
-E-- sale profilo costante)per
rettificaesterna
• testa a dividere

• rettificavano scanalaturea 0 36g7 e ripresa fianchi tg


4. PROPORZIONAMENTO
DI UN GANCIO 3 79

4. Proporzionamento di un gancio
per apparecchio di sollevamento

Dati di progetto

Si debba proporzionare un gancio semplice per apparecchio di sollevamen-


to con portata massima di 10 t ~ 100000 N.

Soluzione

Premessa: i ganci sono organi di presa del carico normalmente impiegati


negli apparecchi di sollevamento, quali paranchi e argani; -in commercio
esistono vari tipi di ganci, il più comune dei quali è il gancio semplice: si
tratta di un solido ad asse curvilineo munito di un gambo che, a seconda
del modo di sospensione scelto, può essere liscio o filettato. L'adozione del
gambo filettato si impone in particolare quando la sospensione del gancio
è attuata per interposizione di un cuscinetto assiale (a sfere semplice,
a sede sferica e quindi autorientabile).

Proporzionamento: il progetto di un gancio, una volta scelto il materiale di


costruzione, consta di due fasi:

a) proporzionamento geometrico in base alla portata nominale;


b) verifica di resistenza delle sue varie parti, prendendo in esame le sezioni
più significative maggiormente sollecitate.

La normativa UNI 9465-89, che considera proprietà meccaniche, portate,


tensioni e materiali per i ganci in oggetto, fissa 5 classi di resistenza in
funzione delle caratteristiche meccaniche del prodotto finito che, essendo
ottenuto per fucinatura, è considerato allo stato normalizzato.
Ipotizzando di adottare come materiale per la costruzione del gancio un
acciaio non legato di qualità per prodotti fucinati o stampati:

Fe 690 TD UNI 7746

per il quale sono assicurati:

Rmin = 690 N/mm 2


REmm. = 355 N/mm 2
KVmin = 41 J
380 APPENDICE

esso rispetta dunque le caratteristiche previste per la classe di resistenza P.


Dal prospetto inserito nella normativa sopraindicata concernente le porta-
te nominali dei ganci, si ricava che per una portata nominale, ovvero il
valore massimo della massa staticamente appendibile al gancio, di 10000
kg, sono proposte varie soluzioni di proporzionamento; arbitrariamente si
sceglie di adottare un gancio n. 12 avente classe di meccanismo M8, scelta
preferenziale per apparecchi di sollevamento utilizzati in reparti di produ-
zione. Prevedendo un sistema di sostegno come descritto nella premessa, si
opterà per la realizzazione di un gancio con gambo filettato del tipo:

gancio UNI 9469/2 - FSN 12 - M

il cui proporzionamento geometrico è riportato successivamente.


Al fine di procedere con le necessarie verifiche di resistenza meccanica, per
il materiale costituente si assume:

CJR ~ 690 N/mm 2

adottando un coefficiente di sicurezza prudenziale, in quanto pur essendo


il gancio sollecitato sostanzialmente in maniera statica, esso risulta sogget-
to a urti e strappi:

da cui:
_(JR,.._, 2
aadm - -
nR
= 115
.
N/mm

dall'ipotesi di resistenza meccanica dei materiali proposta da Huber-Hen-


cky-Ros-Eichinger-von Mises:

Tadm = J3
(Jadm,...,
=
66 N/mm 2

Si eseguono ora le verifiche di resistenza delle sezioni ·maggiormente solle-


citate del gancio proporzionato.

a) Verifica di resistenza a trazione del gambo filettato

La filettatura prevista per il gancio scelto è, secondo normativa, una


filettatura tonda specifica per apparecchi di sollevamento:

FT 72 x 8 UNI 9471
4. PROPORZIONAMENTO DI UN GANCIO 381
(in alternativa, per una maggiore semplicità realizzativa, si potrebbe pensare
di adottare una equivalente filettatura metrica UNI 4535); la sezione minima
del gambo del gancio non è tuttavia determinata dal diametro di nocciolo
della suddetta filettatura, bensì dalla gola ricavata fra questa e la parte liscia
del gambo; per essa si importa l'equazione di stabilità a trazione semplice:
p
(JN
max
= --
n02 ~ <Ja d m
4
_ 100000 N,..., 2
- 2 2 = 35,4 N/mm < <Iadm
n60 mm
4

La verifica dà dunque esito ampiamente positivo.

b) Verifica di tenuta della filettatura

Si tratta di determinare il minimo numero utile di filetti in presa affinché


le pressioni specifiche di accoppiamento non oltrepassino il valore limite
sopportabile, per gli acciai valutabile in:
Padm ~ 30 N/mm 2
da notare che il carico P da sostenere viene scaricato, si suppone unifor-
memente, sul fianco del filetto secondo una direzione inclinata di 15°
rispetto alla verticale, come rappresentato in figura 11.
La forza da prendere in considerazione per valutare la pressione di accop-
piamento risulterebbe perciò la componente: P· cos 15° < P; per maggior
sicurezza, nel calcolo si considererà agente l'intero carico o portata nomi-
nale; dalla normativa relativa alla filettatura in esame si ricavano:
de= 72 mm
d;=64mm

Figura 11.
382 APPENDICE

per cui l'area di contatto di ogni spira risulta approssimativamente:

d 2 - d?- n(72 2 - 642 )mm 2


A= n e '=-------~ 8545 mm 2
4 4 - '

Dall'equazione di stabilità alla pressione specifica di contatto:

p
Pmax ---S::.p
- A---:: adm

indicando con z il numero di spire o filetti completi ·utili, m caso di


progetto si ha:

P 100000 N
z=---= 2 2~4
A · Padm 854,5 mm · 30 N/mm

certamente ridottissimo, da incrementarsi almeno fino a z = 6. Definito


p = 8 mm il passo della filettatura, la lunghezza del tratto utile di questa
risulterà:
lui = p · z = 8 mm · 6 = 48 mm

cui corrisponderà l'altezza minima del dado di serraggio di - 50 mm,


mentre la lunghezza complessiva della filettatura risulterà ovviamente su-
periore. Infine si verifica, per sicurezza, la sezione d'attacco dei filetti
a taglio, impostandone la relativa equazione di stabilità:

4 p
•max= 3· A~ •adm

con:
A= ndi- lui= n· 64 mm- 50 mm~ 10053 mm 2
da cui:
4 100000 N - 2
•max= 3. 10053 mm2 = 13,3 N/mm

Anche tale verifica dà esito favorevole.

c) Verifica di resistenza del corpo del gancio

Viene condotta separatamente per due sezioni notevoli del gancio, rispetti-
4. PROPORZIONAMENTO
DI UN GANCIO 383

vamente indicate con A-A e B-B; lungo lo sviluppo dell'elemento meccani-


co si hanno sollecitazioni composte di trazione, flessione e taglio, accen-
tuate dal fatto che si tratta di un solido ad asse curvilineo; in particolare
nella sezione A-A si ha tensoflessione, mentre nella sezione B-B prevalente-
mente taglio. Entrambe le sezioni rette hanno profilo trapezoidale, oppor-
tunamente arrotondato alle estremità e pieno; per comodità di studio si
prenderà in considerazione il «nocciolo» di tali sezioni, ovvero il trapezio
isoscele regolare in esse inscritto, agevolando i calcoli e considerando
condizioni di resistenza certamente peggiorative. Dall'esatta conoscenza
delle dimensioni e, in particolare, dei raggi di curvatura di dette sezioni
è possibile calcolare rigorosamente per via analitica le dimensioni dei
relativi «noccioli»; per rapidità di svolgimento queste verranno invece
valutate in via approssimativa:

1. sezione A-A

Per essa si ricava:

Ya =3
H(B
+ 2b)
B+b (xa = O)

115 112 + 2- 42
-------mm
3 112 + 42
~ 48,8 mm

scala 1:5

-
N

-115 mm

140mm

Figura 12.
384 APPENDICE

'
.....,.
___--- --
. . . -- --- . - . -- - . -- - . --- . - - --- --,.
'G - ----- -- --- --- --- -- - --
y

Figura 13.

I" = /"1 + 21"2


2
1
1 = -42· 1153 + (42· 115)· (115
- -48 8)
"1 12 2 '
~ 5,690 · 106 mm 4

l = _!__(112 - 42). 1153 +(112 - 42). 115. (48 8 _ 115) 2


" 2 36 . 2 2 ' 3
~ 1,920· 106 mm 4 =/n ~ 9,530· 106 mm 4
come già accennato la sezione è soggetta a tensoflessione, a opera del
carico P applicato verticalmente a una distanza dall'asse neutro:

125 + 48,8)"mm~ 111,3 mm


b = (2

Il momento flettente applicato risulta:


MI= P· b = 100000 N- 111,3 mm
~ 11,13 · 106 N · mm
Si valutano ora separatamente le tensioni:
- di trazione conseguenti allo sforzo normale:

_ P _ I 00 000 N ,..., 2
aN - - - ------- - 11 3 N/mm
A 115 - '
2 (112 + 42)mm 2
4. PROPORZIONAMENTO
DI UN GANCIO 385
- di trazione conseguente alla flessione del lato intradosso:

<+>_ M 1 · YG _ 11,13 · 106 N · mm· 48,8 mm~ /


(JM 1 - ---''--- - 6 4 = 57 N mm 2
In 9,53 · 10 mm

- di compressione conseguenti alla flessione del lato extradosso:

<-J_Mr(H-yG)_ll,13-10 6 N-mm·(115-48,8)mm~ /
(JM 1 ----''------ 6 4 = 77,3 N mm 2
In 9,53· 10 mm

Si riportano di seguito i diagrammi delle azioni interne relative alla sezione


in esame, nonché quello risultante, per il quale:

(J 101
.
mtra d OSSO = (J N + (J (+)
M f

= 11,3 N/mm 2 + 57 N/mm 2


~ 68,3 N/mm 2 < (Jadm

(J 101 ext ra d OSSO -- (J N -


(-)
(J M f

= 111,3 N/mm 2 - 77,3 N/mm 2 I


~ 66 N/mm 2 < (Jadm

N QN
N
-L!J-

0 101
extrad

0 101
intr.

Figura 14.
386 APPENDICE

pertanto la sezione è in grado di resistere abbondantemente alle sollecita-


zioni a cui nelle condizioni di portata nominale massima, sarebbe sottopo-
sta.

2. Sezione B-B

Per essa si ricava:

YG = ~(~ :
2
:) =

= 100(95 + 2 · 36)mm =
3 95 + 36
~ 42,5 mm

H
A= 2 (B + b) =
100
= 2 (95 + 36) mm 2 ~ 6 550 mm 2

Dall'equazione di stabilità a taglio, sollecitazione preponderante nella se-

95mm

§ §
-
00

-
8
l

36mm scala 1:5

Figura 15.
4. PROPORZIONAMENTO
DI UN GANCIO 387
zione in esame:
p
•max= C· A~ •adm

fissando un opportuno coefficiente:

e~ 1,5

in relazione alla geometria della sezione, si ha:

100000 N 2
•max= 1,5 · 2 ~ 22,9 N/mm < •adm
6550 mm

Anche tale verifica dà esito largamente positivo.

d) Dimensionamento del cuscinetto reggispinta assiale a una corona di


sfere, orientabile

Dal catalogo SKF, scelto un cuscinetto avente le suddette caratteristiche


e un foro di diametro compatibile con quello del gambo del gancio
(0 75 inm), del tipo:

75 TA 12 UNI 5417 - SKF 53215

assicurante un coefficiente di carico statico:

C 0 = 134 kN

per tale tipo di cuscinetto è previsto che:

P 0 = P = 100 kN

e, assumendo un coefficiente di servizio per normali esigenze:

f.= 1
si verifica che:

100 kN < 134 kN

Il cuscinetto scelto si dimostra perciò idoneo allo scopo.


Il proporzionamento del gancio semplice per apparecchio di sollevamento
può dirsi felicemente concluso.
388 APPENDICE

--.c------
Ff72x8
063

Gola E 1.6 x 0.3


S
UNI 4386 ----------,-,............,,._----j
r-
V)

-
00
R3

085
36
Sez.B-B
Sez. A-A

140

Figura 16. Gancio UNI 9469/2-FSN 12-M

5. Esempio di trasmissione mediante cinghie trapezoidali

Una macchina operatrice, funzionante a 750 giri/min, è azionata, mediante


una trasmissione a cinghie trapezoidali con due successive riduzioni, da un
albero motore che ruota alla velocità di 2 520 giri/min.
L'albero intermedio della trasmissione è sorretto alle due estremità da
cuscinetti volventi e porta calettata, in mezzeria, una puleggia scanalata
a gradini, a due diametri. Tale puleggia riceve il moto mediante tre
cinghie di sezione A UNI 5265, che sono montate sul gradino di diame-
tro maggiore, essendo pari a 180 mm il valore del diametro primitivo.
A sua volta, la puleggia calettata sull'albero motore ha il diametro
primitivo pari a 100 mm. .
Con riferimento alla potenza massima trasmissibile dalle suddette cinghie
di sezione A e fissando con giustificato criterio ogni altro dato necessario,
s1 esegua:
- il proporzionamento completo della trasmissione;
5. ESEMPIODI TRASMISSIONE
MEDIANTE
CINGHIETRAPEZOIDALI 389
- il dimensionamento dell'albero intermedio nell'ipotesi che il tiro delle
cinghie della prima riduzione sia parallelo e di verso opposto a quello della
seconda riduzione;
- il disegno di fabbricazione della puleggia a gradini;
- il ciclo di lavorazione della puleggia a gradini per una produzione di
piccola serie, a partire da un grezzo ottenuto per fusione, dopo aver scelto
il materiale e aver definiti, con uno schizzo quotato, la forma e le dimen-
sioni del grezzo stesso.

Il ciclo dovrà essere descritto indicando, per ogni operazione, la macchina


utensile, le fasi, le attrezzature, gli utensili e gli strumenti di misura necessari.

Soluzione
Traccia del ciclo di lavorazione della puleggia intermedia in oggetto: il
progetto-proporzionamento dell'organo meccanico in esame è stato svolto
tenendo presente che lo scopo è realizzare una trasmissione di riduzione
dell'albero d'uscita di un motore elettrico all'utilizzazione, per interposizio-
ne di un albero intermedio sul quale calettare la puleggia; assegnato il
rapporto di trasmissione i < 1 da realizzare complessivamente, SI Impo-
stano i rapporti di trasmissione intermedi tali che:

Il progetto, qui omesso, può portare sicuramente a soluzioni diversificate;


imposto l'impiego di una terna di cinghie trapezoidali di tipo A, si può
pensare di:

a) sviluppare il proporzionamento di una puleggia in ghisa grigia, cercan-


do di contenere al massimo le masse al fine di ridurre le inerzie al moto;
con tale criterio si è eseguito il progetto più avanti riportato;
b) sviluppare il proporzionamento di una puleggia in lega leggera (per
esempio, alluminio), sfruttandone la certo maggiore leggerezza in relazione
al volume (inferiore massa volumica), salvo verificarne l'effettiva resistenza
a torsione nella sezione circolare cava mediana;
c) progettare la puleggia su un unico mozzo, come svolto, evitando di
sollecitare l'albero, su cui è calettata, a torsione; in tal caso l'accoppiamen-
to con linguetta ha funzione esclusivamente cinematica, al fine di vincolare
la puleggia all'albero e far sviluppare gli attriti di movimento ai cuscinetti
volventi che lo sostengono; il dimensionamento del mozzo sarà condotto:

1. diametro = risultante dal calcolo a flessione dell'asse di sostegno;


390 APPENDICE

2. lunghezza = stabilita limitando le pressioni specifiche d'accoppiamento


risultanti dal tiro complessivo esercitato dai rami della trasmissione suppo-
sto uniformemente distribuito sul mozzo;
3. proporzionare una coppia di pulegge fisicamente separate, determinan-
do nell'albero intermedio sollecitazioni di torsione supplementari.

In relazione ai rapporti di trasmissione intermedi stabiliti, la valutazione


dei diametri «primitivi» delle gole della puleggia, in relazione alle dimen-
sioni del mozzo, determina la forma dei fianchi della puleggia stessa: se
questa è in lega leggera e deve essere lavorata dal pieno sarà opportuno
fare in modo che si richieda l'asportazione del minimo volume di truciolo,
se invece si opta per un semilavorato di fusione in ghisa grigia, risulterà
utile predisporre, se possibile, alleggerimenti ottenibili direttamente sul
grezzo (Figura 17).

50 56

piano di colata raccordi R4 mm

Figura 17.

Si descrive ora il ciclo di lavorazione per la produzione della puleggia:

O - controllo del semilavorato;


10 - montaggio su mandrino autocentrante di un tornio parallelo con
5. ESEMPIODI TRA<ìMISSIONE
MEDIANTECINGHIETRAPEZOIDALI 391

attrezzatura di centraggio; in battuta è il lato destro del semilavorato


in figura 18,
- sgrossare 0 158 x 30 mm,
- intestare asportando 1,5 mm,
- smontaggio;
20 - montaggio del pezzo girato sullo stesso mandrino autocentrante di
cui alla fase 1O,
- sgrossatura faccia di riferimento,
- sfacciatura (sgrossatura e finitura) a 101,5 mm finendo il mozzo a
w;
- allargatura foro passante a 0 43,6 e a 0 44,6 mm (sgrossatura-
prefinitura);
- finitura foro per alesatura a 0 45" 7 x 76 mm passante;
- smussatura 2,5 x 45° esterno mozzo e interno corona, 1,5 x 45°
interno mozzo,
- sgrossatura esterna a 0188 (2 passate),
- smontaggio;
30 - montaggio su mandrino autocentrante afferrando su 0188,
- sgrossare lato mozzo a / = 73,5 mm ed esterno a / = 100,6 mm,
o
- finire lato mozzo a / = 73-0,1 mm ed esterno a / = 100 mm,
- smussare 1,5 x 45° interno foro, 2,5 x 45° esterno mozzo e inter-
no corona,
- smontaggio;
40 - montaggio pezzo su spina conica per forzamento con l'ausilio di un
tirante posteriore o con tappo a vite, da afferrarsi a sbalzo al
mandrino autocentrante, ovviamente con la faccia di riferimento
verso la testa del tornio,
- sgrossare-sfacciare gradino a 49,5 mm,
- sgrossare 0157 x 49,8, 0187 x 50,2,
- finitura 0156,6 x 50, 0186,6 x 50,
- sgrossare n. 3 gole su 0 156,6 ottenendo diametro primitivo
+0,2
0150,5 o :
a) fase di troncatura;
b) fase di sgrossatura fianchi con utensile sagomato a 34°,
- finitura delle stesse in fase separate (un unico utensile sagomato
produrrebbe dannose vibrazioni!) ottenendo un diametro di fondo
o
gola 0132,6-0,2 ed eliminando gli spigoli vivi esterni;
- idem come sopra per l'altra terna di gole (il controllo della corretta
esecuzione delle lavorazioni è effettuato a mezzo dima! come avviene
per il controllo del profilo delle filettature;
50 - brocciatura della cava per linguetta utilizzando un'attrezzatura speci-
fica di centraggio già illustrata in precedenti esercitazioni.
392 APPENDICE

N
o"?

- """-

r-i
.....
'0- '0-
Il")
i--
'0-
Il")

"""
'0-
Il")
i--
'0-
--
"""
'0-

10·

0150
0156.6
0162.6i.2
Semilavorato di fusione
in sabbia in ghisa 0180
Tolleranza generali
UNI7078
per getti ordinari ' 0186.6
Tolleranze generali prodotto 38t±I" , I
UNI- ISO 2768 - m puleggia 6A UNI 5266
eliminare spigoli vivi
in testa alle gole
10 15±0· i
3 : 15±0·
3 : 10 materiale: ghisa
G20UNI5007
raggi di raccordo fondo
goleRI mm 50 50
(100)

3 2 tornito brocciato (t6 20 fuso in sabbia)


V" 7" q
'
Figura 18.

6. Esempio di dimensionamento di un cuscinetto Michell

Un cuscinetto Michell per un complesso turbina idraulica-alternatore deve


sopportare, durante il funzionamento, un carico Q = 700 tonnellate alla
6. ESEMPIODI DIMENSIONAMENTO
DI UN CUSCINETTO
MICHELL 393
velocità di rotazione n9 = 75 giri/min. Sono inoltre noti:

1. diametro esterno del cuscinetto De= 2200 mm


2. diametro interno del cuscinetto D; = 1100 mm
3. numero dei settori z = IO
4. distanza fra i settori d= 50 mm
5. distanza del perno di un settore dal bordo
di entrata del settore XN = 0,565 1
6. coefficiente di viscosità del lubrificante
(a 50°C) µ = 0,0035 kgr m- 2 s.
Le distanze de xN si intendono misurate lungo la circonferenza media del
cuscinetto.
Utilizzando i coefficienti riportati nella tabella, calcolare:

1. gli spessori minimo h 2 e massimo h 1 del moto;


2. l'inclinazione fra le sue superfici;
3. la pressione media;
4. il coefficiente d'attrito mediato;
5. l'azione tangenziale sulle superfici.

Ritenendo quest'ultima concentrata a una distanza dall'asse uguale al


raggio medio, calcolare infine la coppia resistente e la potenza dissipata.

Soluzione
Il cuscinetto Michell considerato in questa esercitazione è un cuscinetto
spingente (cioè sopporta carichi assiali mentre un cuscinetto portante sop-
porta carichi radiali).
Fra il pezzo, che rappresenta il carico, e i pattini orientabili del cuscinetto
Michell è interposto lubrificante.
La relazione fondamentale che lega il carico (per unità di larghezza)
sopportabile dal cuscinetto con la velocità di rotazione, viscosità e dimen-
sioni geometriche del cuscinetto è la seguente:

12
N= Aµ· v· h~ (1)
394 APPENDICE

dove:
N = carico sopportato per unità di larghezza
A = costante
µ = viscosità lubrificante
v = velocità di rotazione
l = lunghezza pattino
h 2 = h minima del meato

Dalla relazione (1) si vede chiaramente come, affinché il cuscinetto soppor-


ti carico N, la velocità di rotazione debba essere v -=I-O.
Se la velocità si annulla il carico si annulla. L'impiego del cuscinetto
Michell è subordinato a un moto continuativo. Quando si rispetta questa
condizione il cuscinetto Michell può funzionare ininterrottamente anche
per molti anni senza essere sostituito.
Il cuscinetto Michell è il classico esempio dell'impiego del sistema di
lubrificazione idrodinamica (per la visualizzazione delle grandezze che
compaiono nella equazione (1) vedere la figura 19).

~+'
V
-- l

n A A(n - 1)2 XN// k

1,6 0,141 0,0508 0,548 2,20


1,8 0,153 0,0982 0,559 2,03
2,0 0,159 0,159 0,571 1,94
2,2 0,160 0,231 0,577 1,88
2,4 0,159 0,312 0,586 1,85
2,6 0,156 0,400 0,594 1,83
2,8 0,152 0,494 0,601 1,82
3,0 0,148 0,592 0,608 1,81

I valori intermedi si calcolino per interpolazione lineare.


Figura 19.
6. ESEMPIODI DIMENSIONAMENTO
DI UN CUSCINElTOMICHELL 395
Una relazione importante che lega la viscosità del fluido con l'azione
assiale esercitata dal fluido stesso è la legge di Petroff:

du
Sforzo di taglio = r=µ-
dz
(2)

(Azione assiale) Viscosità Gradiente di


esercitata dal del fluido velocità in direzione
fluido .L a quella del fluido

Per risolvere il nostro problema si devono fare alcune ipotesi (alcune delle
quali non sarebbero, in effetti, completamente accettabili).

1. Fuoriuscita laterale del lubrificante nulla (in realtà non è esattamente


vero).
Si suppone, cioè, che il moto del fluido non avvenga secondo la direzione
y, ma solo secondo x e z.

v moto del carico


Z 1111111,2 2 2 2 2" 11111111

y
Figura 20.

2. Siamo in presenza di moto laminare (in realtà questa ipotesi risulta più
accettabile della precedente). Il numero di Reynolds è basso e non c'è
turbolenza.

3. Si trascurano le forze di volume (accettabile), cioè la quota di un


elemento è bassa.

4. La viscosità, il peso volumico sono considerati costanti.

5. Deve valere la legge di Petroff Deve cioè valere la relazione (2) in cui si
considera solo la componente orizzontale della forza viscosa. Un altro
396 APPENDICE

fatto importante da tener presente è che tutto viene calcolato con funzio-
namento a regime. Non consideriamo la turbolenza del fluido.
Vediamo ora come varia la pressione lungo il pattino (ovviamente la
pressione del fluido).

v= cost v=cost v=cost


v=O
m~
v=O

baricentro
delle pressioni
N = carico sopportato
dal cuscinetto
Figura 21.

Poiché la velocità, per ipotesi, è costante, dal disegno di figura 21 si nota


che i due triangoli CDe a) hanno area diversa.
Questo perché la base (v) è costante ma non l'altezza (h1 =I-h 2 ).
Siccome la portata deve essere costante, altrimenti tutto quanto detto non
è più valido, significa che all'interno c'è qualche cosa che rende uguale
l'area dei due triangoli.
I diagrammi rappresentati in figura 21 sarebbero validi se vi fossero solo le
forze di trascinamento.
Quindi, affinché la portata sia costante (siamo a regime), l'area deve essere
uguale.
Il parametro che rende l'area dei due triangoli uguale è la pressione.
La velocità dovuta alla pressione ha un andamento del tipo:

//////1/~IIIIIIII

--------
~:P,
.......
/////////
P1 velocità dovuta alla pressione

////////
(P, < 1)

Figura 22.

Sovrapponendo i due effetti, uno dovuto alle sole forze di trascinamento


(Figura 21) e l'altro alla pressione (Figura 22), si ottiene l'andamento
6. ESEMPIODI DIMENSIONAMENTO
DI UN CUSCINETTO
MICHELL 397
effettivo delle velocità del fluido nel cuscinetto:

V-
CD

Figura 23.

Si può dimostrare, analiticamente, che l'area delle figure 20, 21 e 22 è uguale.


Il carico N, in generale, non è applicato in corrispondenza del massimo della
p (x); il valore xN è determinato dal valore di h del meato. Cioè h deve assumere
quel tal valore in modo da portare N a una distanza xN dallo spigolo di sinistra.
Vediamo, ora, alla effettiva risoluzione del problema.

1. Dalla tabella data nel testo ricaviamo il valore della costante A.


Noto il rapporto IXN = 0,565 per interpolazione lineare otteniamo:

A A

0,153 0,559
X 0,565
0,159 0,571

Figura 24.
398 APPENDICE

0,571 - 0,559 0,571 - 0,565


0,159 - 0,153 0,159 - X
0,012 0,006
0,006 0,159 - X

0,012(0,159 - x) = (0,006)2
1,908 · 10- 3 - 0,012x = 3,6 · 10- 5
1,908 · 10- 3 - 3,6 · 10- 5
---------=X = A
0,012
Quindi:

A= 0,156 (3)

Calcoliamo ora la velocità angolare w. Questa è data dalla notissima


formula:

2nn 9 2n · 75
w = - = -- = 7 854 rad/s
60 60 '

Nota la w determiniamo facilmente la velocità periferica:

De+ Di 2,2 + 1,1


v = w --- = 7 854 · --- = 6 48 m/s (4)
4 ' 4 '

La lunghezza l del pattino può essere così calcolata:

De+Di 2,2 + 1,1


·n ·n
2 2
l = __ z ___ d= -- 1-0 ---0,05

l = 0,468 m (5)

Il carico teorico N (per unità di larghezza) calcolato per una larghezza


6. ESEMPIODI DIMENSIONAMENTO
DI UN CUSCINETTO
MICHELL 399
oo del pattino è dato dalla formula:

carico Q canea su 1 pattino Q/z


N=-------
larghezza pattino b b
ovvero:

Q 700000
N = - = ---= 127272 kg /m
teorico Z · b z(Re - RJ P

L'N così calcolato è il carico sopportabile teorico. In effetti il carico N deve


essere aumentato in modo tale da avere il valore di h 2 voluto. Se usassimo l'N
teorico avremmo un h 2 minore (equazione 1) che non garantirebbe il sostenta-
mento del carico (a causa della diminuzione di pressione nella sezione di uscita).
Il carico effettivo agente sul pattino vale:

N· b I+ b
RN =-- dove: C=- b
cn n

Mentre il carico effettivo unitario sarà:

N* = N· Cn
Quindi:

N* = 127 272 · 0, 468 + (Re - R;) = 235 569 k /m (6)


(Re - R;) gP

Ora siamo in possesso di tutti i dati necessari per calcolare h 2 • Applichiamo


l'equazione (1):
12
N= A·µ· V· hi

235 569 = O,156 · 0,0035 · 6,48 · (0,4~ 8)2


h2
quindi:

0,156· 0,0035· 6,48· 0,219 = 5 73548 _ 10 _ 5 m


h2
effettivo 235 569 '
400 APPENDICE

A questo punto bisogna verificare che se il valore di h 2 non sia troppo


piccolo in relazione alle asperità dei componenti meccanici.
Per interpolazione lineare calcoliamo il valore di n corrispondente a
XN
1 = o,565.

0,571 - 0,559 0,571 - 0,565


2,0 - 1,8 2,0 - X
0,012 6. 10- 3
0,2 2- X
0,012(2-x)=0,2· 6- 10- 3
0,012· 2-0,2· 6· 10- 3 = 0,012· X

X= 1,9 = n

h1
Poiché: n = - ricaviamo il valore h1 :
h2

I h, ~ h, · n ~ 1,9 · 5,73548 · IO~' ~ 1,08974 · 10~• m


2. Per calcolare l'inclinazione a possiamo scrivere (Figura 19):

h1 - h2
tga =---
!

Poiché a è piccolo confondiamo la tg a con l'angolo (in radianti):

h1 - h2 4
a,ad ~ I = 1,10297 · 10- radianti

Trasformato in gradi diventa:

a= 6,31955 · 10- 3 gradi

3. La pressione media agente su ogni pattino non è altro che il canco


Q diviso per l'area che compete a ogni settore.
6. ESEMPIODI DIMENSIONAMENTO
DI UN CUSCINETTO
MICHELL 401

Cioè:
Q 700000
Pmedia = z · b · I= 10 · (R - R-) · O 468
e I '

700000
Pm = lO. O 468 . O 55 = 271 950,27 kgp/m 2
' '

4. Prima di calcolare il coefficiente di attrito mediato dobbiamo ricavare il


coefficiente k.
Per interpolazione lineare, dalla tabella:

0,571 - 0,559 0,571 - 0,565


1,94 - 2,03 1,94 - X
0,012 6. 10- 3
- 0,09 1,94 - X

0,012(1,94- x) = -0,09· 6· 10- 3


0,012 · 1,94 + 0,09 · 6 · 10- 3 = 0,012 · X

x ~ 1,985 ~ k I

Calcoliamo ora un coefficiente di attrito mediato teorico:

r
Jm = k
H = 1, 985
0,0035 · 6,48
127272

f.~ 8,38- 10-• I /- teorico


In effetti questo coefficiente deve essere corretto per tener conto dell'uscita
laterale dell'olio:

='J m f4/+b= 8, 38· 10- 4


4 · 0,468 + (Re - Ri)
f ' \) ------;;-
(Re - Ri)

f' = 8,38. 10- 4 . 4,40363 = 3,7. 10- 3


402 APPENDICE

5. La risultante dell'azione tangenziale agente sulle superfici è stata calco-


lata con la formula:
coeff. attrito statico

RT=f-
I RN=--;·f'=
Q 100000
10 · 3,7· 10-
3

6. La coppia resistente può essere calcolata con la seguente formula:

C, = Q · f' · Rmedio

Q = 700 000 kgp


f' = 3,7. 10- 3
D+D-
Rm = e
2 '= 165
, m

Quindi:

C,=700000- 3,7· 10- 3 • l,65=4273,5kgp· m

Calcoliamo ora la potenza dissipata per attrito idrodinamico. Mediante la


formula:

C·r w= WP
otteniamo:

wp= 4273,5 · 7,854 = 33 564,069 kgp · m/s

Potremmo anche calcolare l'aumento di temperatura dell'olio lubrificante


con la formula:

Wp = K· S· 119
dove:
119= 9olio - 9ambiente

S = superficie di scambio termico


K = 1,985
6. ESEMPIODI DIMENSIONAMENTO
DI UN CUSCINETTO
MICHELL 403
Comunque tenendo conto che .9amb. = 20 °C si ottiene, in casi analoghi a
questo, un:

Come consiglio: non si debbono superare i 50 °C --;-60 °C oltre la tempe-


ratura ambiente altrimenti l'olio perde alcune sue caratteristiche fonda-
mentali.

7. Esempio di trasmissione mediante giunto a dischi

Un motore elettrico, avente coppia di regime C = 105 kgP · m, viene


applicato a una macchina tramite un giunto a dischi.
Le due parti di questo vengono montate per accoppiamento forzato su albe-
ri di diametro d = 70 mm con mozzi aventi diametro esterno D = 100 mm
e lunghezza L = 99 mm.

1. Determinare la pressione di forzamento minima necessaria alla stabilità de-


gli accoppiamenti nelle peggiori condizioni (coefficiente di attrito f = 0,08,

L
sez.
A-A
semi giunto

bullone rosetta
UNI5727-0A elastica
UNI 1751
Figura 25. Giunto a disco con anello distanziatore in due metà (SAPITserie R.F.D.)
404 APPENDICE

Tabella 7. Dimensioni del giunto SAPIT con anello distanziatore.

d(mm) Viti Momento Velocità


D L L, l2 l3 s
torcente massima
PD 2 Peso
min. max. mm mm mm mm mm mm d, N. kg, cm giri/min
kg, m2 ,::;kg,

25 100 110 50 20 16 IO M8 50 4 5,7 6000 0,0132 2,600

30 120 110 50 25 16 10 M8 55 4 12 5500 0,0312 4,300

35 140 130 60 28 16 10 M 10 55 4 20 4500 0,0605 · 6,200

30 40 140 130 60 28 16 10 M 10 55 4 30 4500 0,0633 6,700

35 45 160 160 75 35 16 10 M 12 65 4 50 4000 0,1385 10,700

40 50 160 160 75 35 16 10 M 12 65 4 70 4000 0,1449 11,300

45 55 180 180 85 37 16 IO M 12 70 4 100 3500 0,2217 14,700

50 60 180 180 85 37 16 IO M 12 70 4 125 3500 0,2395 15,600

60 70 200 210 100 40 16 10 M 12 70 6 200 3000 0,3997 21,200

70 80 230 230 110 45 18 10 M 12 90 8 300 2500 0,8152 32,500

80 90 260 250 120 50 18 10 M 16 90 8 450 2200 1,4004 45,700

90 100 280 270 130 55 18 IO M 16 100 8 650 2000 2,1463 57,0

95 110 300 290 140 55 18 10 M 16 100 8 850 1800 2,9250 70,700

110 125 330 320 155 60 18 10 M 16 110 IO 1300 1500 4,7534 94,700

120 140 375 350 170 70 18 10 M 20 125 10 2000 1300 8,9242 136

140 160 425 410 200 80 18 IO M 24 140 10 3050 1200 16,402 196

Cmax= 2C) e l'interferenza efficace corrispondente nell'ipotesi di compor-


tamento elastico del materiale;
2. scegliere l'accoppiamento unificato nel sistema ISO FORO-BASE, tale
da garantire l'interferenza efficace richiesta tenendo conto della rugosità
(albero RP = 5 µm, mozzo RP = 7 µm);
3. determinare nel caso di interferenza massima la pressione di forzamento
e la sollecitazione di confronto nel punto più cimentato del mozzo e sce-
gliere per esso un materiale al quale anche in questo caso estremo, resti un
coefficiente di sicurezza rispetto allo snervamento.
7. ESEMPIODI TRA5MISSIONE
MEDIANTEGIUNTOA DISCHI 405

Soluzione
Schema dell'accoppiamento:

or-
'Q -
8
G.

L=99

Figura 26.

1. La simmetria costruttiva e di carico di un cilindro circolare cavo sotto-


posto solo a pressioni uniformemente distribuite, Pe sul mantello esterno
e Pi sul mantello interno, ci assicura che, qualsiasi sia la lunghezza assiale
del cilindro, almeno finché il comportamento del materiale è elastico, le
direzioni radiale, tangenziale e assiale sono principali e che le sollecitazioni
variano solo lungo il raggio e che nella deformazione di tale cilìndro le
sezioni normali all'asse restano piane, mentre la proiezione su tale piano
dello spostamento di un punto materiale qualsiasi deve essere puramente
radiale (Figura 27).
In tali condizioni le equazioni di equilibrio e di congruenza sono soddisfat-
te da sollecitazioni elastiche del tipo:

A B
=---
(j
r 2 ,2

Se alle estremità del cilindro sono applicate delle forze si avranno anche
delle sollecitazioni assiali calcolabili, sotto le usuali limitazioni, con le
formule di de Saint-Vénant e Navier. In particolare per un tubo aperto
con pressioni soltanto dall'interno e basi aperte avremo le condizioni al
406 APPENDICE

Figura 27.

contorno:

a,(r = RJ = - p a
r
=~(R;
,2_1)
a2 - 1

ai =
(R;
7i"+ )
p
a2 - 1 1

dove:

Le a, e· a1 sono funzione di r, si vede che all'aumentare di a le a dimi-


nuiscono. Per r =Re=> a,= O poiché il mantello esterno è scarico.

andamento delle a

Figura 28.
7. ESEMPIODI TRASMISSIONE
MEDIANTEGIUNTOA DISCHI 407

La coppia che può essere trasmessa da un accoppiamento cilindrico «albero-


mozzo» è limitata dal pericolo di scorrimento tra le due superfici di contatto.
Per calcolare le <J si deve conoscere la distribuzione delle pressioni all'in-
terno del mozzo: questa distribuzione p è la stessa che si esercita sull'al-
bero di diametro d.
La forza applicata su un elemento di albero è data da:

d
dF = p · f - L d<p
2

Figura 29.

Da questa relazione, moltiplicando per il braccio d/2, otteniamo la coppia


elementare trasmessa al limite di scorrimento:

d2
dCum = pf 4 Ld<p

Integrando ora tra O e 2n (angoli espressi in radianti), otteniamo la coppia


totale:

(1)

dove:
p pressione di contatto;
f coefficiente di attrito radente (di primo distacco);
408 APPENDICE

p ·ftensione specifica d'attrito limite e d/2 il suo braccio;


ndL superficie di contatto.

Nel nostro caso, nota Cmax= 2,0C ricaviamo dalla equazione (1) la pres-
sione minima di forzamento:

2Cmax
P ~---p
,_..,.
nfd2L - min
(2)

Introducendo nella equazione (2) i valori dati nel testo del problema otte-
niamo:

4. 105 kgp
Pmin = 3 44
n · O08 · (O07)2 · O099 = ' mm 2
' ' '

A questo punto possiamo calcolare le a.


Applicando le relazioni di pagina 406 otteniamo:

Re 50
a=-=-= 1428
R-I 35 '

a = 3,44 (1 _ (50)2) = (3 31 2- 8275,72)k / 2


r (1,428)2 - 1 ,2 ' o ,2 gp mm

3,44 ( (50)2 ) 8275,72)


, 2 kgp/mm2
(
at = (l,4 28) 2 _ 1 1 + 7 = 3,3102 +

Utilizzando la teoria dei cilindri a grosso spessore abbiamo:

per il mozzo:
a2 +1
atM = (r = R;) = p -2--1
a -
a,M = (r = Ri) = - p

per l'albero:
7. ESEMPIODI TRASMISSIONE
MEDIANTEGIUNTOA DISCHI 409
Da queste sollecitazioni si ricavano, in campo elastico, le deformazioni
diametrali:
A
Ll
dM-d-
- p (az+I
--+-
E a2 I -
I)
m

=
L'.ldA - d~(}
-~) (3)

Prima di calcolare l'interferenza bisogna premettere alcune definizioni e


misure riguardanti le irregolarità superficiali.
Le norme UNI 3963 definiscono diversi concetti di superficie (e del corri-
spondente profilo, sezione normale di essa) (Figura 30):

superficie (profilo) ideale quella rappresentata dai disegni;


superficie (profilo) tecnico quella rilevata da strumenti di misura macro-
geometrica con palpatore a punta sferica avente
raggio R ;?; 25 mm;
superficie (profilo) reale quella effettivamente ottenuta dalla lavorazione
e misurata con strumenti di misura microgeo-
metrica aventi palpatori a punta sferica con
R ~ I µm;
linea media del profilo è la linea di compenso, tra pieni e vuoti, paral-
lela al profilo tecnico nell'ambito del tratto di
misura L.

linea media profilo reale


Figura 30.

Detto y lo scarto tra profilo reale e linea media, questa è definita dalla
relazione:
410 APPENDICE

Come misura dell'irregolarità superficiale tale norma definisce un solo


parametro della rugosità microgeometrica, la:

rugosità inedia aritmetica: Ra = ±LII y dL

Altre norme, DIN 4760, 4769, 4766 e BS 1134, definiscono anche altri pa-
rametri.
Anzitutto lo scostamento del profilo tecnico da quello ideale viene chiama-
to ondulazione, riservando il termine rugosità agli scostamenti microgeo-
metrici del profilo reale da quello tecnico.
Questa distinzione è significativa dal punto di vista meccanico: mentre la
«rugosità» è intrinsecamente legata al procedimento tecnologico adottato
(per esempio nella tornitura dipenderà dal raggio dell'utensile e dall'avan-
zamento dello stesso ogni giro del pezzo), la «ondulazione» è generalmente
dovuta a inconvenienti nel funzionamento delle macchine utensili, vibra-
zioni e altro.
Come parametri relativi alla rugosità, oltre alla media aritmetica, vengono
definiti:

profondità della linea di compenso: RP = è la distanza della linea media dal


profilo tecnico di riferimento;
altezza picco-valle: R 1 = è la massima distanza tra il profilo reale e quello
tecnico di riferimento;

portanza percentuale del profilo: tP =i·100 -


l
funzione della profondità
a cui viene misurata rispetto al profilo tecnico, e rappresenta il rapporto
che esiste tra la somma delle larghezze delle creste tagliate a tale pro-
fondità e la lunghezza di misura L.

Nei problemi di contatto tra superfici meccaniche i parametri che interes-


sano sarebbero RP e lp, ma misurati rispetto ai profili ideali che costitui-
scono la linea di contatto teorica e perciò comprensivi anche della «ondul-
zione» e degli errori di forma.
Poiché queste due ultime forme di irregolarità possono essere praticamente
evitate con una lavorazione di normale accuratezza, potremo riferirci in tal
caso ai parametri definiti dalle norme e in particolare a RP più facilmente
misurabile con normali rugosimetri-profilometri universali.
Questo parametro viene introdotto nei calcoli in modo semplice anche se piut-
tosto restrittivo ammettendo che le pressioni di contatto arrivino a schiacciare
plasticamente le creste della rugosità spianando il profilo sulla linea media.
Ritorniamo al calcolo dell'interferenza.
7. ESEMPIODI TRASMISSIONE
MEDIANTEGIUNTOA DISCHI 411
Ora l'interferenza misurabile prima del forzamento sarebbe risultata:

tenendo conto delle deformazioni elastiche di forzamento e degli schiaccia-


menti plastici delle rugosità, dopo il forzamento, sarà:

per cui l'interferenza necessaria è:

(4)
ovvero:
P. 2a 2
·
lnecess.
=d mm
E --
a2 _ 1 + 2 (R PM + R PA) (4')

dalla quale soltanto la prima parte, elastica, risulterà efficace:

i -dpmin~ (4")
err. - E a2 - 1

Calcoliamo inoltre l'interferenza sia «necessaria» che «efficace» e vediamo


che tipo di accoppiamento è necessario nei due casi.

dM ··· · ····· ··· ··· · ···· ·'11


·······
······
···
·········
{
Figura 31.

Cominciamo con le deformazioni dell'albero. Questo è soggetto a:

a 1A = - p = 3,44 kgP/mm 2
a, A = - p = 3,44 kgP/mm 2
412 APPENDICE

La circonferenza dell'albero subisce una deformazione, o meglio una varia-


zione, data da:
i\ CA = 1t d f,t ( 5)
/'
variazione
della circonferenza
i "
diametro deformazione dovuta
agli sforzi agenti sull'albero

Dal legame sforzi-deformazioni si ha che:

(<J-
/'tf, = _!_
E t
_!__
m ,
<J ) (6)
deformaz. j
tangenziale modulo di Poisson

Sostituendo l'equazione (6) nella (5), otteniamo:

L\CA = n~d (~ - J) (7)

A noi interessa più che altro la variazione del diametro. Basta, a questo
proposito, dividere per ne otterremo:

L\CA
L\dA = -- (8)
/' n
variazione del diametro
dell'albero

Analogamente si procede per calcolare le deformazioni del mozzo:

<J,M = - p = 3,44 kgP/mm2


a2 +1
<J1M = p - 2-- = 10,06 kgP/mm2
a - I
Con semplici passaggi ritroviamo infine:

L\dM = dM· f,t (9)

Introduciamo infine i valori dall'equazione (7):

n · 3 44· 70
L\CA = 2 ; 000 (0,3 - 1) = - 0,025 mm
7. ESEMPIODI TRASMISSIONE
MEDIANTE
GIUNTOA DISCHI 413
e dall'equazione (8):

L\CA
L\dA = - = - 0,008 mm albero
n

Per il mozzo:
1
e1 = 21 OOO
(10,06 - 0,3 · 3,44) = 0,00043

Sostituendo questo valore nell'equazione (9):

I MM ~ 70 · 0,00043 ~ 0,030I mm mozzo

Finalmente calcoliamo l'interferenza necessaria (possiamo usare anche la


relazione 4):

i= 0,0301 + 0,008 + 2 (0,005 + 0,007) = 0,0621 mm

Per l'accoppiamento foro-base (scelto m per il foro) si deve determinare la


tolleranza da assegnare all'albero in modo tale che l'interferenza minima
sia ~ 62, 1 µm.
Nella tabella ISO foro-base m in corrispondenza del gruppo di dimensio-
ni «sopra 65 a 80» (il nostro è d = 70 mm) si vede che l'accoppiamento
con u6 garantisce una interferenza minima di 72 µm.
Quindi l'accoppiamento scelto è:

m-u6

Per quanto riguarda l'interferenza efficace, dalla (4"):

Pmin 2a 2 3,44
i rr = d- -- = 70 · -- · 3 924 = O045 mm
e E a2 - 1 21 000 ' '
414 APPENDICE

In questo caso l'accoppiamento sarebbe stato:

Jn-t6

che ammette appunto una interferenza minima di 45 µm.

2. Con l'accoppiamento prescelto la massima possibile interferenza efficace


è quella che si ottiene dalla interferenza nominale massima della tabella
ISO tenendo conto anche in questo caso dello schiacciamento della rugosi-
tà. Quindi:

imax = i max - 2 (RPA+ RPM)= 121 - (2 · 12) = 97 µm


effic. tabella

La pressione corrispondente a questa interferenza massima efficace si ot-


tiene dalla formula:

imax 0,097 2
Pmax = Pmin -. - = 3,44· -- = 7,415 kgp/mm
i.cc. 0,045

La posizione più sollecitata di un tubo sottoposto a pressione interna è


sempre l'intradosso ove le sollecitazioni sono date da:

a,M = (r = R;) = - Pmax = - 7,415 kgp/mm2


a2 +1
a,M = (r = R;) = Pmax -2-- = 21,68 kgp/mm2
a -1

Figura 32.
7. ESEMPIODI TRASMISSIONE
MEDIANTEGIUNTOA DISCHI 415
Secondo il criterio di Huber-Hencky la sollecitazione di confronto è:

~-------- 3a4 +I R.
a'fI = Ja;M + a;M - a,M· a,M = Pmax a2 -1 -<- 11

Seguendo invece il criterio di Guest:

2a 2 R
(J~ = a,M - a,M = Pmax -2--1 ~ ~
a - . 11

Ponendo 11= 1,5 si dovranno pertanto scegliere materiali che abbiano:

Utilizziamo il criterio di Huber-Hencky:

a'fI = J(21,68) 2 + (- 7,415) 2 - a,M · a,M = 26,187 kgP/mm 2

Il nostro R. dovrà pertanto essere:

R. ~ 1,5 · 26,187 = 39,2805 kgP/mm 2

In base a questo risultato scegliamo pertanto un acciaio: C30 UNI 7845


bonificato avente

8. Analisi delle forze agenti


sul meccanismo biella-manovella

Del manovellismo schematicamente illustrato in figura 33 si hanno i se-


guenti dati:

a) corsa pistone e= 65 mm
b) lunghezza della biella I= 107 mm
416 APPENDICE

c) velocità angolare manovella m = 410 rad/s


d) peso delle masse in moto alterno Po= 0,2 kgr
e) massa della biella p 1 = 0,5 kg
f) massa della manovella P2 = 1 kg
g) distanza del baricentro della manovella dall'asse di
rotazione O a=8mm
h) distanza del baricentro della biella dal bottone di ma-
novella A b = 35 mm
i) raggio giratorio biella p = 25 mm
I) diametro del pistone D=60mm
m) distanza fra i supporti d= 180 mm

Figura 33.

Si consideri il manovellismo nell'istante in cui la manovella, muovendosi


con velocità angolare costante, sia ruotata di <p= 55° a partire dalla
8. ANALISIDELLEFORZEAGENTISULMECCANISMOBIELLA-MANOVELLA 41 7

posizione di punto morto esterno, e la pressione dei gas contenuti dal


cilindro valga p = 7,5 kgP/cm2 •
Si richiede di determinare:

1. il sistema equivalente delle forze d'inerzia (forza d'inerzia e coppia


d'inerzia) agenti sullo stantuffo, sulla biella e sulla manovella.

Inoltre, senza tener conto delle azioni direttamente dovute ai pesi, determi-
nare:

2. la coppia agente sulla manovella;


3. la forza laterale che lo stantuffo esercita sul cilindro;
4. la forza trasmessa dalla biella alla manovella;
5. la forza agente sul perno di banco;
6. le reazioni vincolari dei supporti.

Soluzione
Richiami teorici sul concetto delle velocità relative:

A Conosciamo solo
w = costante

G0 (stantuffo)

Figura 34.

Un carico distribuito può essere sostituito da un carico concentrato se non


è molto importante l'azione di questo carico sul corpo (nel nostro caso la
biella).
È chiaro che questa semplificazione può essere fatta solo se il corpo è ri-
gido. Il punto in cui vengono concentrate le forze è il baricentro.
Dobbiamo pertanto calcolare aa,, aa 2 , aa 0 -
Siamo già fortunati perché la:

wmanovella = O
418 APPENDICE

In questo caso la coppia d'inerzia della manovella è nulla.


Tutto questo, invece, non è vero per la biella, perché:

Per calcolare le forze d'inerzia (forza di inerzia F; = - m"ifàe coppia di


inerzia M;= - JacS) dobbiamo calcolare le velocità e le accelerazioni del
nostro manovellismo.
Utilizziamo il metodo dei moti relativi (il metodo analitico è il più moder-
no).

traiettoria assoluta
--------,__
traiettoria relativa

X
traiettoria di trascinamento

z tema fissa tema mobile


Figura 35.

Analizziamo solo due assi perché, nel nostro caso, il moto è piano.
Al solito, nel caso di moti relativi valgono i seguenti teoremi:

1. Teorema di composizione delle velocità:

vass
p
= v'p + vtr.p

2. Teorema di Coriolis:
zrss.= a' + a + ac
p p
1
p p

dove:
ac = 2fil(G)
p
/\ V(r)
p

accelerazione
/
complementare o di Coriolis

Il moto di trascinamento è il moto del punto P quando questo fosse rigi-


damente vincolato alla terna mobile (in generale il moto di trascinamento
di P è diverso dal moto della terna mobile).
8. ANALISIDELLEFORZEAGENTISULMECCANISMOBIELLA-MANOVELLA 419

I due teoremi precedenti sono validi solo per un ben preciso pun-
to, e qumdi dobbiamo definire:

1. il punto;
2. il riferimento mobile.

1. Scelta del punto


L'uso dei teoremi è subordinato al fatto che v1 siano delle incognite
significative.

Figura 36.

Chiaramente le incognite non devono essere più di due per ogni equazione
vettoriale (siamo nel piano e quindi ogni equazione vettoriale equivale a
due scalari).

a) La scelta del punto O sarebbe controproducente, perché è un punto


fisso e mettendo in quel punto la terna mobile non concluderemmo niente.
b) La scelta del polo A, per calcolare le velocità e le accelerazioni, sarebbe
già più significativa ma è ancora un po' complicato calcolare tutto il
movimento di A.
c) In generale si usa il punto B.

2. Per quanto riguarda il riferimento mobile questo si è soliti porlo nel


punto A. In tal modo w<G> = O perché la terna non ruota.

Determinazione velocità

Solo se la terna trasla possiamo scrivere il Teorema di Rivals anziché il


Teorema di composizione delle velocità:
420
cioè:

anziché:
APPENDICE

VB=

-
VB -
_
V1u

-(r)
VB
+ "A
+ -(t)VB
> sono uguali

y'

traiettoria
relativa di B

--- --- . ---- -- - --- --------- '.----


--- . --- . --- . --- --------- ------,--
---- --- . -----. - .

traiettoria i
di A
./</traiettoria di
trascinamento
di B (se questo si
muovesse)

Figura 37.

Impostiamo ora lo specchietto delle velocità:

vg>
Velocità assoluta relativa trascinamento

Modulo ? Cù • r

Direzione II 1-AB l.AO


BO

Per trovare la velocità assoluta di B si può operare anche graficamente.


Si calcola la velocità di trascinamento:

(rJ e 32,5
V =Cù·r=410·-=410•--
B 2 } 000

vg>= 13,325 mls


8. ANALISIDELLEFORZEAGENTISULMECCANISMOBIELLA-MANOVELLA 421

Conoscendo le direzioni delle tre velocità si ricavano i moduli delle altre


due:

B
-----------------------------------------------------------------•-----------

Figura 38.

Bisogna disegnare il manovellismo in scala (con q>= 55°):

VB
assoluta

disegno manovellismo grafico velocità


scala 1:1 scala 1 mm = 1/3 m/s
Figura 39.

Utilizzando il grafico della figura 39 si ottiene:

v~>= 8,34 m/s

Vn = 15,834 m/s
assoluta

e sappiamo che:

v~>= 13,325 m/s


422 APPENDICE

Determinazione accelerazioni:

v
p = raggio di curvatura

Figura 40.

Se conosciamo l'equazione della traiettoria descritta da P ricaviamo facil-


mente le componenti normali delle accelerazioni (cioè le v 2 /p). Abbiamo
come sola incognita la v.Allora si applica il Teorema di Coriolis scompo-
nendo però le accelerazioni nelle componenti normali e tangenziali alla
traiettoria:

Impostiamo ora lo specchietto delle accelerazioni:

Acceler. an+ at = at>+ al'>+ a~>+ a)O+ -(e)


aB
B B B B B B

Modulo o ? Q2/ Qf? w 2r o o


Direz. X //BO //AB .lAB //AO X X

ove:
al'>=> vale in modulo Q/ ma non si conosce il suo valore
B

at>=> è centripeta da B verso A


B

a~>=> è centripeta da A verso O


B

a~>= O perché la terna non ruota


8. ANALISIDELLEFORZEAGENTISULMECCANISMOBIELLA-MANOVELLA 423

Le uniche due accelerazioni di cui conosciamo il modulo sono le:


t) 2 2 32,5
a( = w · r = (410) · --
; 1000

a<
n1> = 5 463 , 25 m/s 2
B

Per calcolare atl dobbiamo determinare Qb· Sapendo che:


B
v~l = Qb · I= 8,34 m/s
ncav1amo:

v<r) 8 34
Qb = T = o,'107 ~ 78 rad/s
Calcolata Qb avremo:

ati =a:· I= (78) 2 · 0,107 = 651 m/s 2


B

Noti i moduli e le direzioni delle due accelerazioni calcoliamo le altre me-


diante costruzione grafica.

disegno manovellismo grafico accelerazione


scala 1:1 scala 1 mm= 100 m/s 2

Figura 41.
424 APPENDICE

Dalla figura 41 ricaviamo (oltre alle due note):

at> = 651 m/s 2


B

ai'>= 4 300 m/s 2 } dal grafico


B

aBt = 2910 m/s 2 } dal grafico


assoluta

nota { 1>= 5 463 25 m/s 2


a<
·"
B '

Prima di calcolare il sistema equivalente delle forze d'inerzia s1 devono


calcolare la velocità e l'accelerazione del baricentro della biella.
Prima dobbiamo calcolare la ~A e applicare poi la relazione:

Il moto di B rispetto ad A è rotatorio quindi:

vBA = v~>= 8,34 m/s


(dal diagramma delle velocità).

y'

grafico velocità
scala 1 mm = l/3 m/s

Figura 42.
8. ANALISIDELLEFORZEAGENTISULMECCANISMOBIELLA-MANOVELLA 425

Dalla figura 42 si ricava:

Per trovare la velocità assoluta di G 1 applichiamo la relazione:

scala 1 mm = l/3 rn/s

Figura 43.

Dalla figura 43 si ricava:

Va 1 = 13,5 m/s

Determiniamo ora anche l'accelerazione del baricentro G 1 .


Impostiamo il diagramma delle accelerazioni distribuite lungo la biella:

y'

in generale

Figura 44.
426 APPENDICE

y' scala 1 mm= 100 m/s 2

Figura 45.

In scala:

a(r)
n Qo a<r>;o
t ,
107
B B
-
dr) = 1/tglX= -. =
Q2
782
t
B

1/tg IX= 6,6

dr) 651
~
quindi: tg IX=-" = -- = O 1515
dr)
t
4 300 '

IX= arctg0,1515 = 8,6148°

aBA = J (a~>)
B
+ (a~'>) =
2
B
2 4 349 m/s 2

Dal grafico si ricava:

Nota l'accelerazione relativa del baricentro della biella si ricava, mediante


grafico, l'accelerazione assoluta del baricentro.
8. ANALISIDELLEFORZEAGENTISULMECCANISMOBIELLA-MANOVELLA 427

A
scala accelerazioni:
1 mm= 100 rn/s 2

Figura 46.

Dalla figura 46 si ricava:

aa 1 = 4 400 m/s 2

Ora che abbiamo tutti i valori possiamo calcolare:


1. il sistema equivalente delle F; agenti sul sistema: stantuffo, biella, manovella.

l;p = O perché il pistone


non ruota

accelerazione
centripeta

w =cost. = w=O
e quindi l;m = O
Figura 47.
428 APPENDICE

Cominciamo con il calcolare:

a) = 0,2· 2910 = 582 N


Fip = mP· ap<B>

b) Fim= mmw2 b' = 1 · (410)2 • 0,008 = 1344,8 N

La forza d'inerzia agente sulla biella varrà:

c)

Per calcolare la coppia d'inerzia agente sulla biella bisogna tener conto
della massa della biella, del raggio giratorio d'inerzia e della accelerazione
angolare .Qb·
Sapendo che:

(r) 2 o o
a, = 4 300 m/s = Qb · l= Qb · 0,107
B

ricaviamo:
• 4300
Qb = O,l0 7 =40187 rad/s 2

Sappiamo inoltre che:


p = 0,025 m

quindi:

Ja 1 =mb· p 2 = 3,125 · 10- 4 kgm 2

Ora possiamo calcolare la coppia d'inerzia agente sulla biella:

Mib = Ja 1 · Qb = 3,125 · 10- 4 kgm 2 · 40187 rad/s 2

d) Mib = 12,558 N · m
8. ANALISIDELLEFORZEAGENTISULMECCANISMOBIELLA-MANOVELLA 429

2. Per calcolare la coppia C agente sulla manovella isoliamo tutto il


sistema e, considerando le nuove forze agenti sul manovellismo, scriviamo
l'equilibrio alla rotazione di tutto il sistema attorno al polo O.

F80, (dovuta ai gas)

R (?) (reazione esterna del cilindro)

(coppia resistente dovuta al mondo esterno)

(?) y

Figura 48.

Anzitutto calcoliamo la F8•• dovuta ai gas presenti nel cilindro:

Fgas = p· A

dove:

p = pressione dei gas all'istante considerato


A= area del cilindro ( ~ all'area della testa del pistone).

p = 7,5 kgp/cm2 = 75000 kgP/m2 = 75000· 9,81 =


= 735 750 N/m 2 (pascal)

nd 2 n
A= - = -(O 06)2 = 2 827 · 10- 3 m 2
4 4 ' '
430 APPENDICE

Onde per cui:

Fgas = 2,827 · 10- 3 · 735 750 = 2080,28 N

Per semplificare ulteriormente il calcolo delle incognite possiamo spezzare il


manovellismo in A e scrivere una equazione di equilibrio alla rotazione attor-
no al punto A della sola biella. In tal modo si calcola direttamente la forza R.

w
Figura 49.

AG 1 = b = 0,035 m
AB= I= 0,107 m

MA=0=>Fg· /senl4°+R/cosl4°+
- F;b· b sen 60° - M;b = O

2 080,28 · O,107 · sen 14° + R · 0,107 · cos 14° +


- 2 200 · 0,035 · sen 60° - 12,558 = O
Da cui:

-2080,28· 0,107· senl4°+2200· 0,035- sen60°+ 12,558


3. R=-----------------~----
0,107· cosl4°
8. ANALISIDELLEFORZEAGENTISULMECCANISMOBIELLA-MANOVELLA 431

ovvero:

R = 244,5 N

Calcolata la R determiniamo la Cm in:

M(O)=o=>cm- Fibsen45°(bcos 15° + rcos 55°) +


+ Fibcos45°[(/- b)sen 15°] - Mib - R(/cos 15° + rcos55°) =O

y o
X

X
R
Figura 50.

cm- 2 200 sen 45° (0,035 cos 15° + 0,0325 cos 55°) +
+ 2 200 cos 45° (0,0745 sen 15°) - 12,558 +
- 244,5 (0,107. cos 15° + 0,0325 cos 55°) = o

cm= 81,59 - 28,037 + 12,558 + 29,94

Cm= 96,051 N· m

Calcoliamo ora le x e y.

4. e 5. R; = O per l'intero sistema:


y + Fibcos45° - Fgas = O

y = Fgas - Fibcos 45° = 524,64 N


432 APPENDICE

Ry = O per l'intero sistema:


- x + Fibsen45° + R = O

x = R + Fibsen45° = 1800,13 N

6. Per calcolare le reazioni vincolari ai supporti, cioè Ri, R 2 e R 3 , vi sono


due metodi:

a) isoliamo il motore e mettiamo in evidenza le forze agenti sul sistema


(trascurando i pesi):

trascuriamo i pesi
F;b (?) = incognite

Rp)

Rz(?)
: compare

perché abbiamo ta~to l'albero motore


perpendicolarmente al piano del disegno
Figura 51.

oppure, più semplicemente:


b) estraiamo il manovellismo dal motore e mettiamo in evidenza le forze
agenti sul cilindro e sulla coppa del motore:

Sempre nella posizione della manovella per cui <p= 55°.


Dal disegno si ricava:
a= 93,4mm
b = 93,4 mm
8. ANALISIDELLEFORZEAGENTISULMECCANISMOBIELLA-MANOVELLA433

'
f '
'

-0 _-- X !Q
_[777T,D~

'
'
a b

Figura 52.

Utilizziamo il metodo b perché in tal modo le forze agenti sul motore


vengono ridotte.
Per calcolare le reazioni Ri, R 2 e R 3 applichiamo le tre equazioni cardinali
della statica.
Rx = O=> -R- X- R3 = 0 (1)

Ry =O=> R1 + Fgas- y + R2 = 0 (2)

Mv= 0=> R1 (a + b) - Rf+ Fgas· b - Yb = O (3)

Dalla equazione (1) si ricava:

I R, ~- R- x ~- 244,5 - 1800,13 ~- 2044,63 N

Il segno ( - ) sta a indicare che la R 3 ha verso opposto a quello disegnato


in figura.
Dalla equazione (3):

R· f + y·b-Fgasb ( 244,5(/cos 15° + rcos55°) + ) 1


Ri = (a+b) = + 524,64· 0,0934-2080,28· 0,0934 . 0,1868=>

=> R 1 = - 617,53 N
434 APPENDICE

Per ultima calcoliamo dalla equazione (2):

R2 = y - Fgas - R1 = 524,64 - 2,080,28 + 617,53

R, ~- 938, 11 N I

Se tutti i calcoli sono esatti significa che tutte e tre le reazioni R 1 , R 2 e R 3


hanno verso opposto a quello disegnato.

9. Esempio di calcolo di una trasmissione


a cinghie trapezoidali

Un agitatore ad asse verticale per autoclave è schematizzabile come risulta


dalla figura 53.
Si suppone che le pale siano uguali e si rappresenta l'effetto del fluido su
2
di esso come un'unica spinta S agente in un punto distante - f dall'asse
d 1. rotazione.
. 3
Si considera di tale spinta S la componente tangenziale P, la componen-

y
cinghie trapezoidali

-K--:~~:
H
~:~:~:~:~:~:~:~:~:~:~
-----~-
:~~:---K--:~:~:~:~:~:
· H
---~- -~-------- ------------ -------------------
Ridut. ~----t motore
f f d

.........
··•····
·.·'1··•···•················
.
Figura 53.
9. ESEMPIODI CALCOLO DI UNA TRASMISSIONE
A CINGHIETRAPEZOIDALI 435
te assiale A (quest'ultima di verso opposto sulle due pale), nel nostro
caso IA I = IP I, nonché la componente radiale T'. A quest'ultima va
sommata la forza centrifuga T", ottenendo un valore complessivo
T = T' + T" = 0,20P.
Si proceda:

1. al calcolo della trasmissione a cinghie trapezoidali;


2. al calcolo di tutte le forze agenti sull'albero nell'ipotesi che si trasmetta
al fluido una potenza N = 7 kW per un numero di giri n = 200 giri/min;
3. al dimensionamento di massima dell'albero;
4. alla verifica di resistenza dell'albero progettato, nelle sezioni H-H e K-K;
5. alla scelta dei cuscinetti a rotolamento che debbono durare 8 000 ore (h);
6. alla determinazione delle deformazioni dell'albero supposto a sezione
costante.

I dati geometrici sono:


a= 150 mm
e= 580 mm
d= 800 mm
e= 700 mm
f= 500 mm

Soluzione

Consideriamo una trasm1ss1one a cinghia rappresentata schematicamente


nella figura 54 e mettiamo in evidenza le azioni che sollecitano la cinghia
stessa. Dette azioni sono:

1. tiri necessari per trasmettere la potenza;


2. forze centrifughe;
3. azioni di flessione dovute all'avvolgimento della cinghia sulle pulegge.

1. L'effetto di queste forze è duplice:

I) premere le cinghie contro le pulegge in modo da instaurare delle pres-


sioni radiali di contatto (tra cinghia e corona della puleggia) sufficienti
a generare, mediante l'attrito tra cinghia e puleggia, delle reazioni tangen-
436 APPENDICE

T.

I
~ T.
o
So T.
o

Figura 54.

ziali capaci di equilibrare i momenti di torsione agenti su ciascuna puleg-


gia;

Il) equilibrare appunto i momenti di torsione che agiscono sulle due ruote.
Per quanto detto al punto I è chiaro che anche se sulle due ruote non
agisce alcun momento di torsione, nella cinghia vi sarà uno sforzo di tra-
zione T 0 costante per tutta la lunghezza della cinghia stessa.
Tale sforzo T 0 , che viene instaurato nella cinghia durante il montaggio,
sollecita gli alberi, su cui sono calettate le pulegge, con due forze S0 ,
uguali e contrarie, dirette secondo la congiungente i centri delle pulegge
medesime. Tali forze hanno un'intensità pari a:

ISoI= I fo + fo I= 2T 0 cosf3 (1)

Se ora applichiamo alla puleggia CDun momento torcente M 1 nei due


rami di cinghia che si dipartono dalla stessa puleggia non avremo più due
tiri uguali, ma avremo un ramo più teso in cui agirà T(T > T0 ) e un
ramo meno teso dove agirà t (t < T 0 ).
Il tutto in modo che sia soddisfatto l'equilibrio alla rotazione; ossia:

(2)

Quindi sulla puleggia (1) dovrà esservi un momento di torsione M 12 pari a:

(3)
A CINGHIETRAPEZOIDALI 43 7
9. ESEMPIODI CALCOLO DI UNA TRASMISSIONE

Per effetto dello squilibrio tra T e t le spinte S che agiscono sugli alberi
saranno uguali e contrarie ma agiranno secondo due rette inclinate rispetto
alla congiungente i centri delle p1:1legge(Figura 55). Tali spinte, ovviamen-
te, sono sempre date dalla somma vettoriale di f e T.

M,,=Sm·X
M, 2 = Sm(X + /)
Figura 55.

Possiamo ora scomporre questa spinta S in due componenti:

S 0 - diretta secondo la congiungente i centri delle pulegge avente valore:

S 0 = (T+ t)cos{J (4)

Sm- diretta secondo la normale alla congiungente i centri delle pulegge, di


valore:
Sm= (T- t) sen{J (5)

La componente Sm viene denominata componente motrice in quanto,


moltiplicata per la distanza del suo punto di applicazione dal centro della
puleggia su cui Sm agisce, dà il momento di torsione applicato alla puleg-
gia medesima (Figura 55).
Ora, se in prima approssimazione ammettiamo che, quando viene applica-
to un momento di torsione a una puleggia, i due rami di cinghia si
carichino e si sca~ichino di una stessa quantità 11T, avremo:

T= T0 + 11T
t = T0 - 11T
438 APPENDICE

sicché:
(6)

ossia, la componente di spinta agente secondo la congiungente i centri


delle pulegge si mantiene costante per qualsiasi momento applicato alla
puleggia (ciò è rigorosamente vero quando S0 è mantenuto costante, come
avviene in determinati tipi di montaggio).
Se ora ammettiamo di essere in condizioni di funzionamento limite, ossia
che lo slittamento avvenga su tutto l'arco della puleggia minore, avremo:

T
- = efa (7)
t

dove:
e = base dei logaritmi naturali (numero di Nepero);
f = è il coefficiente di attrito tra cinghia e puleggia. Nel caso di cinghie
trapezoidali tale coefficiente sarà sostituito da/*;
et= angolo di avvolgimento (espresso in radianti) della cinghia sulla puleg-
gia mmore.

Quindi se applichiamo un momento torcente, M11 , alla ruota motrice si ha:

Di
M 11 = (T- t)· - 2

e:
Sm = (T- t)sen/3

Eseguiamo il rapporto, membro a membro, delle relazioni precedenti:

S -M
(T
----
+ t) 2cos /3
o- t1 (T- t) Di

Dividiamo ora numeratore e denominatore per t:

2M 11 (!+
t
1)
S0 = -D-i -(T--)cos/3
--1
t
9. ESEMPIODI CALCOLO DI UNA TRASMISSIONE
A CINGHIETRAPEZOIDALI 439
ricordando l'equazione (7) si ottiene infine:

2M 11 (efa + 1)
S0 = --D (. fa ) cos/3 (8)
1 e - 1

È un legame al limite di slittamento.


Sicché, per una data trasmissione, all'aumentare di S0 aumenta il massimo
momento trasmissibile.
Si può intervenire in diversi modi per modificare il legame tra le varie
grandezze che compaiono nella (8):

a) f (materiali diversi);
b) ix (mediante galoppini ecc.);
c) aumentare o diminuire il tiro.

È importante notare che le cinghie, anche se non trasmettono coppia, sono


sempre in tensione, a differenza degli ingranaggi.

2. Il tiro dovuto alle azioni centrifughe è dato da:

Te =mv 2 (9)

dove:
m = massa per unità di lunghezza della cinghia;
v = velocità di traslazione della cinghia medesima.

Lo sforzo di trazione Te, uniformemente distribuito lungo tutta la cinghia,


equilibra le forze centrifughe agenti nei tratti di cinghia avvolti sulle ruote
perciò, se la cinghia fosse inestensibile, detto sforzo non provocherebbe
alcuna reazione sugli alberi dove sono calettate le pulegge.
Ma, nella realtà, lo sforzo di trazione Te produce un allungamento della
cinghia quindi, quando questa venga montata in modo che il tiro iniziale
T0 sia ottenuto per mezzo di una deformazione iniziale della cinghia
medesima, ad esempio mediante un opportuno aumento dell'interasse,
è ovvio che Te fa diminuire il valore di S 0 e di conseguenza la pressione di
contatto tra cinghia e puleggia. Perciò il valore iniziale di S0 dovrà essere
8ndeterminato tenendo conto anche delle forze centrifughe che si· avranno
in funzionamento, a meno che il valore di S0 non venga mantenuto
costante in tutte le condizioni di funzionamento della trasmissione median-
te l'applicazione alla trasmissione medesima di forze esterne, ossia quando
S0 è reso indipendente dagli allungamenti della cinghia.
440 APPENDICE

3. Le tensioni di flessione, dovute all'avvolgimento delle cinghie sulle


pulegge, sono proporzionali al rapporto:
s
(10)
D

dove:
S = altezza del cingolo;
D = diametro di avvolgimento del cingolo stesso.
Quindi, per il buon funzionamento di una trasmissione, a ogni tipo di
cinghia corrisponde un diametro minimo di avvolgimento.
Grandezze geometriche: angolo /3(Figura 54):
D2 -Di
sen/3 = 21 (11)

e, confrontando sen /3con /3(come è lecito nelle usuali trasmissioni a cin-


ghie) ottengo:
D 2 -D
/3[rad] ~
- 21
i (12)

Perciò ricordando che un radiante è pari a circa 57°:

po= 57oD 2 -D i (13)


21

Angolo a (Figura 54):


D 2 -D
lX0 = 180° - 2/3= 180° - 57 i (14)
21
(UNI 5789-69).
Lunghezza primitiva della cinghia:

L_P =-. /J. D.2 .- Di) +-D2 ( 2n-n+---


i ( ~-~~-
2 , I 2
D2 - Di)
I
+

(15)
9. ESEMPIODI CALCOLO DI UNA TRASMISSIONE
A CINGHIETRAPEZOIDALI 441

Se ( D 2 ; Di )2risulta molto minore di uno, come è di solito nelle nor-


mali trasmissioni:

J (D
1- ---2 -
2/
D 1) 2
+1-- 1
2
(D21 D
2 - 1) 2

sicché:
n (D - D ) 2 (D - D ) 2
L = (D 1 + D 2 )- + 2 i + 2/ - 2 i
p 2 21 41
quindi:
(D - D ) 2
L p = 21 + 1' 57 (D 1 + D 2 ) + 2
4/
1 (16)

(UNI 5789-69 oppure il manuale di calcolo Pirelli per cinghie «Oleostatic»).

Svolgiamo ora effettivamente l'esercitazione.

1. Calcolo della trasmissione a cinghie trapezoidali.


Per il procedimento di calcolo e per le necessarie tabelle ci serviamo del
manuale Kompattex (cinghie trapezoidali) della Pirelli.

a) Calcoliamo il rapporto di trasmissione.; tale rapporto è dato da:

• = n1 = 200 = 2 66 = ~
n2 75 ' i

ed è quindi il reciproco del rapporto di trasmissione i.

b) Poiché, durante il funzionamento, ci possono essere delle punte di


carico che eccedono il valore nominale di potenza dobbiamo incrementare
tale valore durante il calcolo.
Infatti il valore della potenza trasmissibile deve essere calcolato mediante
la relazione:
(17)

Il coefficiente C" che tiene conto appunto di questo incremento, si trova


sulla tabella 12 del catalogo Kompattex della Pirelli.
Per un agitatore di liquidi azionato da un motore a corrente alternata
e coppia ·normale con rotore a gabbia di scoiattolo e considerando un tipo
di servizio normale di circa 8 ore/giorno, con spunti ~ 150% del pieno
442 APPENDICE

10000
5000
Cl) V
s:: ...
·s g
=e:·s
3000
z /
/
2000 / A /
·-bO,_c<:I
·-
"O bO l,/
,I
B V V
o Cl)
~-"3 1000 /
.,J
V
/
e::, ..!:!
o.. / V / e/ ,I
V
500
z :g 300 ., /
V
/ / D
E
200
a)
/ V // /
VV
100
0,1 10 100 1000
Potenza corretta Pc in kW

b)

Potenza corretta Pc in kW

10000
,,
,, ,,
· 5000
Cl)
s:: ...
·sg 3000 ~ 3V /
=e:·s -- ----
2000 - "\)~_I"-"" /
·-bO,_c<:I
<P,,,, ~'b- /_ ~V
·-
"O bO <()~ ~ / /
,, ,,
o Cl) 1000 I

~ '3 V 'ì-', ,, /
e::, ..!:! 8V
/ ,, q)~~/
o.. ,,
500 \. ,, 'b-t>l V
Zo"O 300 / I ,, <()
'l,':,\) V

c)
200
100
/V , ,, y
1 10 100 1000
Potenza corretta Pc in kW
Figura 56. Scelta della sezione della cinghia: a) cinghia di tipo classico; b) cinghie
strette tipo SP;c) cinghie strette tipo V
9. ESEMPIODI CALCOLO DI UNA TRASMISSIONE
A CINGHIETRAPEZOIDALI 443
carico troviamo (Tabella 12 del manuale Kompattex):

cc= 1,1

Quindi la potenza corretta risulta, dall'equazione (17),

Pc= 7 · 1,1 = 7,7 kW = 10,47 CV

c) Dal grafico NIV 19 in base alla potenza corretta e al numero di giri


della puleggia minore scegliamo la sezione della cinghia.
Con i dati del problema troviamo che è conveniente utilizzare la cinghia
a sezione 5 V avente le seguenti dimensioni: ·

16

Figura 57.

d) Servendoci ancora della stessa tabella si sceglie per la puleggia minore


un diametro esterno:
d::;; 200 mm

Siccome le pulegge sono a gole determiniamo il diametro primitivo dP


mediante la:
dP = d- 2a (18)

Il valore di a si trova nella tabella 6 del catalogo Pirelli.


Per le cinghie trapezoidali a sezione 5 V otteniamo:

a= 1,27
444 APPENDICE

Onde per cui, utilizzando l'equazione (18), otteniamo:

dP = 200 - 2 · 1,27 = 197,46 mm

Le norme fissate sul catalogo consigliano di verificare che la velocità


periferica delle pulegge sia inferiore a 30 m/s.
Con il nostro d = 200 mm risulta:

2nn 1 2n200
V= - · r = -- · O 100 = 2 09 m/s
60 60 ' '

Come si vede la velocità periferica è nettamente al di sotto del valore


massimo ammesso.
Troviamo ora il diametro primitivo DP della puleggia maggiore:

(19)
quindi:
DP = 2,66· 197,46 = 526,56 mm

Risalendo al diametro esterno della puleggia maggiore:

D = DP + 2a
D = 526,56 + 2 · 1,27 = 529,1 mm (20)

tale valore viene arrotondato a:

D = 540 mm (valore consigliato)

Ricalcoliamo ora il nuovo rapporto di trasmissione -r:

540
-r=-=27
200 '

Come si vede il valore nuovo non è molto diverso dal 2,66.


e) Calcoliamo ora l'interasse I mediante la relazione:

I~ ---
(K+l)d
+d per 1 < -r < 3 (21)
2
quindi:
(2,7 + 1) 200
I = 2 + 200 = 570 mm
A CINGHIETRAPEZOIDALI 445
9. ESEMPIODI CALCOLO DI UNA TRASMISSIONE

f) La lunghezza esterna teorica L delle cinghie si calcola con la relazione


16 (sempre dal catalogo Kompattex della Pirelli oppure da manuali
tecnici):

(D d) 2
L = 2· I+ l,57(D + d). +---4· I
(22)

Quindi:

L = 2- 570 + 1,57 (540 + 200) + (540 - 200) 2 = 2 352,5018 mm


4. 570

Unifichiamo tale lunghezza utilizzando la cinghia:

5V 950 di lunghezza L' = 2415 mm

Calcoliamo ora l'interasse effettivo:

L' - L 2415 - 2 352,5018


/eff =/+ 2 = 570 + 2 = 601,25 mm

g) Determiniamo ora l'angolo di avvolgimento sulla puleggia minore me-


diante la relazione:

y = 180 - 57 (D - d) [gradi]
/eff

ovvero:
(540 - 200)
y = 180 - 57 601,25 = (146,222) = 2,57 rad
0

h) La prestazione attuale, che può dare una cinghia del nostro tipo 5 V
950, P0 è la potenza in CV che la cinghia trasmette nelle reali condizioni di
esercizio e si ottiene da:
(23)

dove:
P,, = prestazione base, cioè la potenza in CV trasmissibile teoricamente per
-r = 1; cioè D = d e y = 180°.

Dalla tabella 9 del catalogo ricaviamo:

P,, = 2,98 CV
446 APPENDICE

Ricaviamo anche:
pd = 0,22 cv
che è la potenza che la cinghia trasmette in più per il fatto che r =faI.

C1 = tiene conto delle reali condizioni di esercizio (y < 180°) relativo al-
l'avvolgimento. C1 = 0,91 per y = 145°.
CL= condizioni di esercizio reali per la cinghia.
CL= 0,96.

Applicando allora la relazione (23) otteniamo

Pa = (2,98 + 0,22) · 0,91 · 0,96 = 2,79 CV

i) Calcoliamo il numero di cinghie Q occorrenti per la trasmissione della


potenza Pc:
Pc 10,472
Q =- =-- = 3 753
Pa 2,79 '

arrotondando, chiaramente per eccesso, possiamo dire che per la nostra


trasmissione occorrono quattro cinghie.
1) Velocità periferica della cinghia:

0,052 · d · N 0,052 · 200 · 200


v = ---- = ----- = 2 08 m/s
1000 1000 '

I dati fondamentali della trasmissione sono:

tipo di cinghia: 5V950


numero di cinghie: 4
diametro puleggia motrice: 200mm
diametro puleggia mossa: 540mm
interasse effettivo: 601,25 mm

Possiamo ora calcolare il tiro che si deve dare alle cinghie affinché esse
non slittino.
Supponiamo che l'insieme ruoti ma con potenza trasmessa nulla (cop-
pia = O) (Figura 54):

S0 = 2T 0 cos /3 (24)

Nel caso invece di trasmissione di coppia M 11 applicato a d (Figura 55) le


A CINGHIETRAPEZOIDALI 44 7
9. ESEMPIODI CALCOLO DI UNA TRASMISSIONE

condizioni cambiano (relazione 25):

(25)

S0 è influenzato da f e IX.
Per assicurare che la cinghia non slitti si può intervenire su questi due
valori oppure sul tiro cercando di diminuirlo il più possibile.
IX è un dato del problema;
f dipende dalle superfici e dalle forze che si scambiano cinghie e pulegge.

Poiché ·1ecinghie sono trapezoidali f si calcola così:

Figura 58.

FR = 2Rsen(9/2)

La forza d'attrito FA vale:

quindi:

f* =FA= 2/R
FR 2R sen (9/2)

f* = f (24)
sen 9/2

Per le nostre cinghie dal catalogo ricaviamo 9 = 38°.


Inoltre:
f = 0,22 e quindi f* = 0,675
448 APPENDICE

Per quanto riguarda /3= /3(cx) si ha la seguente relazione:

C( 146,222°
/3= 90- - = 90 - ---
2 2
= 16 531°
'

Calcoliamo ora M 11 • Ovvero:

W 7 0,33 · 1 000
M =-=--=O 33 kJ =---= 3403 kg m
11 w 2n200 ' 9,81 ' P

60

Allora S0 diventa:

2 · 34,07 e 0,675 · 2,57 + 1


S0 =----------cos
/3= .472 96 kg
0,2 e 0,675 · 2,57 - 1 ' P
Bibliografia

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15. D. GIACOSA,Motori endotermici, 14a edizione, Milano, Heopli, 1990.

TABELLE

1. Tabella CNR-UNI 10011 del giugno 1988 relativa alle «costruzioni in acciaio».
2. Tabella CNR-UNI 10021 del dicembre 1973 relativa alle «strutture di acciaio
per apparecchi di sollevamento».

MANUALI

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5. AA.VV., Il Nuovo Manuale di Meccanica, III ed., Bologna, Zanichelli/ESAC,
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