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Università degli Studi di Trento

Dipartimento di Economia & Management


Anno Accademico 2022 – 2023

Tesi di Laurea Triennale in Economia & Management

LA VALUTAZIONE DELLE
RIMANENZE DI MAGAZZINO:
IL CASO CAVIT SC

Relatrice Laureanda
Prof.Ssa Ericka Costa Elena Nicole Zolla
Mat. 218128
A True Passione Passoa
che mi hanno insegnato
a collezionare momenti
e non meri oggetti
INDICE
Lista delle Tabelle ..........................................................................................................................iii
1 – Introduzione .............................................................................................................................. 1
1.1 - L’Organismo Italiano di Contabilità ................................................................................... 1
2 – I Beni in Magazzino .................................................................................................................. 3
2.1 – La Classificazione delle Rimanenze e la Collocazione in Bilancio ................................... 3
2.2 – La Valutazione delle Rimanenze ........................................................................................ 4
2.2.1 – Il Costo d’Acquisto ...................................................................................................... 4
2.2.1.1 – Il costo medio ponderato (CMP) ........................................................................... 5
2.2.1.2 – Il metodo primo entrato, primo uscito (FIFO) ...................................................... 7
2.2.1.3 – Il metodo ultimo entrato, primo uscito (LIFO) ..................................................... 9
2.2.1.4 – Un confronto tra metodi ...................................................................................... 11
2.2.2 – Il Costo di Produzione ............................................................................................... 12
2.2.3 – Il Presunto Valore di Realizzo e le Rettifiche di Valore ............................................ 15
2.2.4 – I Contributi in Conto Esercizio .................................................................................. 17
2.3 – La Nota Integrativa ........................................................................................................... 18
3 – I Lavori in Corso su Ordinazione ............................................................................................ 19
3.1 – Definizione e Collocazione in Bilancio ............................................................................ 19
3.2 – Il Contratto per Realizzare i Lavori in Corso su Ordinazione .......................................... 20
3.3 – I Metodi di Valutazione dei Lavori in Corso su Ordinazione .......................................... 22
3.3.1 – Il Metodo della Commessa Completata ..................................................................... 24
3.3.2 – Il Metodo della Percentuale di Completamento ......................................................... 26
3.3.3 – Un Confronto tra i Metodi ......................................................................................... 29
3.4 – La Nota Integrativa ........................................................................................................... 30
4 – Il Caso Cavit SC ...................................................................................................................... 31
4.1 – Le Origini di Cavit SC ...................................................................................................... 31
4.2 - CAVIT nel 2023 ................................................................................................................ 32
4.3 – Una Panoramica Generale ................................................................................................ 34
4.3.1 – Analisi di Struttura ..................................................................................................... 34
4.4 – La Valutazione delle Rimanenze di Magazzino ............................................................... 40
4.4.1 – Le Materie Prime, Sussidiarie e di Consumo............................................................. 40
4.4.2 – I Prodotti finiti, Semilavorati e in Corso di Lavorazione ........................................... 43
4.5 – I Problemi di Valutazione ................................................................................................. 44
5 - Conclusione.............................................................................................................................. 47
Bibliografia.................................................................................................................................... 49
Ringraziamenti .............................................................................................................................. 51

i
ii
LISTA DELLE TABELLE

Tabella 1: Esempio del costo medio ponderato per periodo .......................................................... 5


Tabella 2: Esempio del metodo costo medio ponderato per movimento ........................................ 6
Tabella 3: Esempio del metodo FIFO ............................................................................................. 8
Tabella 4: Esempio del metodo LIFO continuo .............................................................................. 9
Tabella 5: Esempio del metodo LIFO a scatti .............................................................................. 10
Tabella 6: Confronto tra i diversi metodi ..................................................................................... 11
Tabella 7: Esempio del metodo della commessa completata ........................................................ 25
Tabella 8: Esempio del metodo della percentuale di completamento .......................................... 28
Tabella 9: Confronto tra metodi previsti dall'OIC 23 .................................................................. 29
Tabella 10: Stato Patrimoniale riclassificato secondo il criterio finanziario .............................. 35
Tabella 11: Conto Economico riclassificato a valore aggiunto ................................................... 39
Tabella 12: Prospetto riassuntivo della valutazione dei vini divisi per tipologia ........................ 41
Tabella 13: Prospetto che riassume il metodo di valutazione e i valori inseriti in bilancio ........ 42
Tabella 14: Prospetto riassuntivo di Conto Economico ............................................................... 45

iii
iv
1 – INTRODUZIONE
La gestione delle rimanenze di magazzino è una delle sfide che gli amministratori di
un’impresa devono affrontare nell’ambito della gestione della catena di approvvigionamento. I
beni in giacenza rappresentano infatti uno dei principali costi da sostenere al fine di poter realizzare
il proprio catalogo prodotti. Il significativo impatto sul patrimonio aziendale del valore delle
rimanenze ha spinto il legislatore a standardizzare la valutazione di tali asset aziendali, imponendo
rigidi criteri da rispettare volti limitare la discrezionalità degli amministratori chiamati a stimare il
valore dei beni in entrata ed in uscita dal magazzino.
La loro influenza sulla redditività aziendale risulta di particolare interesse non solo per gli
stakeholders dell’azienda, che mirano a massimizzare il profitto derivante dall’investimento
compiuto, ma anche oggetto di rilievo per la collettività, nel momento in cui viene calcolata la
base imponibile per il pagamento delle imposte.
La prima parte di questo elaborato fornisce una panoramica sulla valutazione delle
rimanenze di magazzino e dei lavori in corso su ordinazione analizzando i principi contabili
previsti dall’Organismo Italiano di Contabilità e le linee guida emanate dal legislatore.
Successivamente verrà analizzato il bilancio della società cooperativa Cavit SC focalizzando
l’attenzione sull’applicazione del principio contabile OIC 13, oggetto di studio nel capitolo
dedicato alla valutazione delle rimanenze di magazzino.

1.1 - L’ORGANISMO ITALIANO DI CONTABILITÀ


Il vasto numero di imprese private e pubbliche sottoposte al regime di contabilità ordinaria
ha spinto l’istituzione di organismi in grado di costituire uno standard setter nazionale o
internazionale per esprimere in modo omogeneo le regole in materia contabile. Se prima questo
compito, all’interno dei confini italiani, era portato a termine dal Consiglio Nazionale dei Dottori
Commercialisti e del Consiglio Nazionale dei Ragionieri (CNDC-CNR), dal 27 novembre 2001 è
obiettivo principale dell’Organismo Italiano di Contabilità (OIC) (Organismo Italiano di
Contabilità, s.d.).
Costituito in veste giuridica di fondazione, tramite la stipula dell’atto costitutivo, viene
creato un organismo non solo volto ad emanare ed interpretare i principi contabili nazionali,
riferimento normativo fondamentale per la stesura del bilancio di esercizio, ma anche capace di
fornire supporto all’attività di organi costituzionali come Parlamento e Governo. Inoltre, offre su
richiesta, pareri nel caso di assenza dei principi contabili nazionali da applicare, e grazie alla
pubblicazione di ricerche, l’organizzazione di convegni, seminari e incontri di studio, promuove
la cultura contabile. Da ultimo, intrattiene rapporti con l’International Accounting Standard Board

1
(IASB1) e con l’European Financial Reporting Advirosy Group (EFRAG2) partecipando al
processo di formazione dei principi contabili internazionali, facilitandone l’applicazione e
l’interpretazione.
Per garantire una maggior rappresentatività delle parti portatrici di interessi in ambito
contabile, sono state coinvolte nella creazione dell’OIC sia soggetti privati che enti pubblici.
Siedono nel Collegio dei Fondatori: Assirevi, Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e
degli Esperti Contabili, Associazione Bancaria Italiana (ABI), Alleanza delle Cooperative Italiane
(ACI), Associazione Nazionale Direttori Amministrativi e Finanziari (ANDAF), Associazione
Nazionale fra le Imprese Assicuratrici (ANIA), Associazione Italiana Leasing (Assilea),
Assonime, Confagricoltura, Confcommercio, Confindustria, Associazione Italiana degli Avvocati
per la Famiglia e per i Minori (AIAF), Assogestioni e Cerved Group S.p.A.
I fondatori, distinti in tre diverse categorie3, sovrintendono la fondazione, nominano il
Presidente, i membri del Consiglio di Sorveglianza e del Collegio dei Revisori dei Conti,
deliberano modifiche allo statuto e definiscono il fabbisogno finanziario della fondazione.
Composto da diciannove membri, il Consiglio di Sorveglianza nomina il Presidente e gli
altri membri del Consiglio di Gestione, approva il bilancio dell’OIC così come il budget, gli
obiettivi, i programmi di lavoro. Esprime valutazioni e indirizzi su questioni di rilievo strategico,
vigila sull’organizzazione della fondazione e propone modifiche allo statuto.
Il Consiglio di Gestione nomina il Segretario Generale, a cui spettano la direzione e il
coordinamento della fondazione, emana i principi contabili nazionali, predispone il bilancio
dell’OIC e propone le candidature per i membri degli organi di organismi internazionali, come
EFRAG. Ai lavori del Consiglio non mancano enti come Consob, Ragioneria dello Stato, Banca
d’Italia, ISVAP, Agenzia delle Entrate e Ministeri per le materie di interesse dei settori di rispettiva
competenza. La rappresentanza legale del Consiglio di Gestione è a capo del suo Presidente che
cura le relazioni con soggetti terzi.
La vigilanza sul rispetto delle leggi e dello Statuto viene garantita dal Collegio dei Revisori,
organo composto da tre membri effettivi e due supplenti nominati dal Collegio dei Fondatori
(Organismo Italiano di Contabilità, 2022).
La complessità dell’assetto istituzionale e l’equilibrio tra soggetti privati e pubblici
consentono di garantire imparzialità e autorevolezza ai principi contabili emanati e la scrittura di
uno standard setter in grado di uniformare i criteri di redazione del bilancio consentendo una più
facile comparazione tra aziende appartenenti a settori diversi.

1
Ente di natura privata responsabile dell’emanazione dei principi contabili internazionali.
2
Associazione privata responsabile di reporting finanziario e di sostenibilità a livello europeo.
3
Professione contabile, preparers e users.

2
2 – I BENI IN MAGAZZINO
2.1 – LA CLASSIFICAZIONE DELLE RIMANENZE E LA COLLOCAZIONE IN BILANCIO
Le rimanenze di magazzino consistono in beni destinati alla vendita o utilizzati nella
produzione messa in atto durante l’attività d’impresa. Vengono disciplinate dal principio contabile
nazionale OIC 13 che le distingue in: materie prime, materie sussidiarie e di consumo, prodotti in
corso di lavorazione, semilavorati, merci e prodotti finiti. Fanno parte delle materie prime,
sussidiarie e di consumo quei beni che vengono acquistati al fine di poter essere trasformati oppure
utilizzati all’interno dell’attività produttiva svolta dall’azienda. Sono considerati semilavorati le
parti finite che verranno successivamente impiegate del processo produttivo. Le merci e i prodotti
finiti sono beni destinati alla vendita che si differenziano in base ad una caratteristica. Mentre le
merci vengono acquistate per essere vendute senza subire alterazioni, i prodotti finiti derivano da
un processo di trasformazione non indifferente che vede impiegati materie prime, sussidiarie, di
consumo e semilavorati. Da tutte le precedenti tipologie elencate si distinguono i prodotti in corso
di lavorazione. Essi sono materiali, parti e assiemi non ancora terminati e risultano essere in fase
di avanzamento.
La collocazione in bilancio di questi beni, che rientrano all’interno del patrimonio aziendale
e contribuiscono alla formazione del risultato d’esercizio, viene regolata dagli artt. 2424 e 2425
del Codice Civile. Il primo le inserisce all’interno dello schema di Stato Patrimoniale, Attivo,
macroclasse C – Attivo Circolante, classe I – Rimanenze, con la seguente classificazione:
1) Materie prime, sussidiarie e di consumo;
2) Prodotti in corso di lavorazione e semilavorati;
3) Lavori in corso su ordinazione;
4) Prodotti finiti e merci;
5) Acconti.
A partire dalla data in cui sorge l’obbligo di pagamento o al momento del versamento,
vengono inseriti nella medesima classe gli acconti versati ai fornitori per l’acquisto dei beni che
rientrano nelle categorie da 1) a 4).
Il secondo articolo, che espone lo schema di Conto Economico, prevede l’inserimento tra i
costi di produzione, e in particolare alla voce B6, il costo di acquisto di materie prime, sussidiarie,
di consumo e merci, segnalando la variazione che queste hanno subito nel corso dell’esercizio
nella voce B11. Diversa è invece la destinazione della variazione di rimanenze di prodotti in corso
di lavorazione, semilavorati e prodotti finiti, ricompresa nella voce 2 della macroclasse A – Valore
della produzione.

3
L’OIC 13 precisa che, i beni considerati rimanenze di magazzino sono rilevati a partire dal
momento in cui vengono trasferiti i rischi e i benefici connessi all’acquisto. Di norma ciò accade
con il trasferimento del titolo di proprietà dei beni, ma se ciò dovesse avvenire in un secondo
momento, si ritiene debba essere posticipato il loro inserimento negli schemi del bilancio
d’esercizio.

2.2 – LA VALUTAZIONE DELLE RIMANENZE


Dopo aver individuato la destinazione delle diverse categorie di rimanenze di magazzino, si
prosegue con l’esposizione della regola generale per la valutazione delle stesse come enunciato
dall’articolo 2426, 1° comma, punto 9 del Codice Civile.
“[…] 9) le rimanenze, i titoli e le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni
sono iscritti al costo di acquisto o di produzione, calcolato secondo il numero 1), ovvero al valore
di realizzazione desumibile dall'andamento del mercato, se minore; tale minor valore non può
essere mantenuto nei successivi bilanci se ne sono venuti meno i motivi. I costi di distribuzione
non possono essere computati nel costo di produzione; […]”.
Le rimanenze sono valutate al minore tra il costo storico di acquisto, di produzione ovvero
il valore desumibile dall’andamento del mercato di seguito approfonditi. L’OIC 13 sottolinea
l’importanza di valutare i beni in magazzino in modo autonomo e distinto per ciascuna delle
categorie previste. Risulta quindi necessario distinguere i beni presenti in magazzino per poter
applicare il principio del costo specifico. Nel caso in cui la distinzione non fosse possibile, come
nel caso dei beni fungibili, il legislatore prevede altre tecniche di valutazione che verranno in
seguito esposte.

2.2.1 – IL COSTO D’ACQUISTO


Il costo di acquisto viene utilizzato per la valutazione delle rimanenze di merci, materie
prime, sussidiarie e di consumo e si compone del prezzo di acquisto pagato per i suddetti beni e,
come precisato dal principio contabile OIC 13, comprende i costi accessori come ad esempio i
costi di trasporto, dogana e altri tributi direttamente imputabili a quel bene. Esso è diminuito degli
sconti, abbuoni, premi e resi che si possono manifestare durante la compravendita e non possono
essere considerati gli oneri finanziari nella determinazione del costo di acquisto.
Il principio generale impone agli amministratori di valutare le rimanenze in base al loro costo
specifico. Ciò prevede l’identificazione di ogni singolo bene e la sua relativa valutazione. Il
procedimento è difficilmente utilizzabile nel caso in cui le rimanenze siano costituite da beni
fungibili, ovverosia beni fra loro interscambiabili che presentano caratteristiche identiche
rendendo difficoltoso, se non impossibile, la distinzione fra singole unità.

4
In deroga al principio generale interviene il legislatore enunciando nell’art. 2426, numero 10
del Codice Civile: “[…] 10) il costo dei beni fungibili può essere calcolato col metodo della media
ponderata o con quelli: "primo entrato, primo uscito" o "ultimo entrato, primo uscito"; se il valore
così ottenuto differisce in misura apprezzabile dai costi correnti alla chiusura dell'esercizio, la
differenza deve essere indicata, per categoria di beni, nella nota integrativa; […]”. È dunque
prevista la possibilità di valutare le rimanenze composte da beni fungibili tramite i metodi: costo
medio ponderato, primo entrato primo uscito, ultimo entrato primo uscito.
Il principio contabile OIC 13 impone l’uniformità di metodo nella valutazione dei beni
fungibili. Ciò implica il mantenimento del medesimo metodo di valutazione, sia per le rimanenze
iniziali che per le rimanenze finali. Il caso eccezionale di mutamento del metodo utilizzato
costituisce il cambiamento di principio contabile e viene regolato dall’OIC 29.
Al fine di poter analizzare le differenze di valutazione che derivano dall’utilizzo delle diverse
metodologie, di seguito verranno esposti alcuni esempi di movimentazioni di magazzino che non
differiscono in merito alla quantità di carico4 o scarico5 di magazzino ma solo nella loro
valutazione al termine dell’esercizio.

2.2.1.1 – Il costo medio ponderato (CMP)


Il costo medio ponderato valuta le rimanenze in base alla media ponderata dei costi dei
relativi beni acquistati durante l’esercizio. Nella pratica si rilevano le esistenze iniziali, gli acquisti
e gli scarichi impiegati nel processo produttivo prendendo a riferimento il costo medio ponderato.
Il principio contabile OIC 13 prevede due alternative: costo medio ponderato per periodo e costo
medio ponderato per movimento. Per maggior chiarezza si considerino i seguenti esempi.

Tabella 1: Esempio del costo medio ponderato per periodo

COSTO QUANTITA'
DATA MOVIMENTO C*Q
UNITARIO (C) (Q)
01-gen es. iniziali 50,00 € +500 25.000,00
12-gen carico 51,00 € +350 17.850,00
16-feb scarico -380
20-apr scarico -50
09-giu carico 53,00 € +200 10.600,00
13-lug carico 54,00 € +100 5.400,00
06-ago scarico -260
30-set carico 55,00 € +400 22.000,00
03-nov scarico -380
24-dic carico 57,00 € +200 11.400,00
31-dic rim. finali 52,71 € +680 35.845,71
4
Bene che entra in magazzino.
5
Bene che esce dal magazzino.

5
In questo esempio viene utilizzato il costo medio ponderato per periodo al fine di valutare le
rimanenze di fine esercizio. Il costo unitario delle rimanenze finali è definito come media
ponderata dei costi dei diversi carichi considerando come pesi le quantità cronologicamente entrate
nel magazzino.
Come si evince dalla tabella 1, il costo unitario delle rimanenze finali è pari a € 52,71. Esso
è stato calcolato tramite la seguente formula:
∑𝐶 ∗ 𝑄
∑ 𝑄 𝑑𝑖 𝑐𝑎𝑟𝑖𝑐𝑜
dove:
C = Costo unitario pagato per il bene in magazzino;
Q = Quantità movimentata;
Q>0 si riferisce ad un carico di magazzino;
Q<0 si riferisce ad uno scarico di magazzino.
Quindi:

25.000 + 17.850 + 10.600 + 5.400 + 22.000 + 11.4000


= 52,71
500 + 350 + 200 + 100 + 400 + 200

Per poter stabilire il valore delle rimanenze è necessario moltiplicare la quantità presente in
magazzino, somma dei carichi meno somma degli scarichi (680), per il costo medio ponderato
unitario calcolato. (680*52,71)=35.845,71 è dunque il valore che, ipotizzando essere inferiore al
presunto valore di realizzo, verrà inserito all’interno dello Stato Patrimoniale, Attivo, macroclasse
C – Attivo Circolante, Classe I – Rimanenze, in base alla classificazione esposta in precedenza.
Per quanto concerne il valore della voce B11 di Conto Economico, esso è pari alla differenza
tra rimanenze finali ed esistenze iniziali (35.845,71-25.000) = 10845,71 inserito con segno
negativo data la sua collocazione all’interno dei Costi della Produzione.
Tabella 2: Esempio del metodo costo medio ponderato per movimento

COSTO QUANTITA'
DATA MOVIMENTO C*Q
UNITARIO (C) (Q)
01-gen es. iniziali 50,00 € +500 25.000,00
12-gen carico 51,00 € +350 17.850,00
16-feb scarico 50,41 € -380 -19.155,80
20-apr scarico 50,41 € -50 -2.520,50
09-giu carico 53,00 € +200 10.600,00
13-lug carico 54,00 € +100 5.400,00
06-ago scarico 51,63 € -260 -13.423,84
30-set carico 55,00 € +400 22.000,00
03-nov scarico 53,20 € -380 -20.215,06
24-dic carico 57,00 € +200 11.400,00
31-dic rim. finali 54,32 € +680 36.934,81

6
A differenza di quanto avviene per la valutazione delle rimanenze tramite il metodo del costo
medio ponderato per periodo nel quale il valore di queste è definito solo al termine di ogni periodo
amministrativo, l’alternativa per movimento prevede la necessità di calcolare il costo medio
unitario, ogni qualvolta sia effettuato uno scarico di magazzino.
In data 16 febbraio si nota che il costo unitario è pari a 50,416, medesimo importo dello
scarico del 20 aprile. Il movimento in uscita avvenuto il 6 agosto è valutato 51,637 a differenza del
costo unitario dello scarico avvenuto in data 3 novembre è pari a € 53,208.
In questo caso il valore da iscrivere all’interno dello Stato Patrimoniale, tra le rimanenze,
rispettando la classificazione dettata dal Codice Civile, è pari a (680*54,32) = 36.934,81, ferma
restando l’ipotesi che il presunto valore di realizzo sia superiore. 680 corrisponde alle unità
presenti in magazzino ed è calcolato come somma algebrica di quantità caricate al netto delle
quantità movimentate in uscita, mentre € 54,329 è il costo unitario delle rispettive rimanenze.
L’importo della voce B11 di Conto Economico, inserito con segno «-» è pari a (36.934,81 –
25.000) = 11.934,81.

2.2.1.2 – Il metodo primo entrato, primo uscito (FIFO)


Il metodo del primo entrato, primo uscito, meglio conosciuto con la dicitura inglese first-in,
first-out (FIFO), fa riferimento al processo con il quale i beni acquistati in un tempo meno recente
sono utilizzati nella produzione per primi. Questo permette che restino in magazzino e siano
valutate le rimanenze derivanti da acquisti più recenti. Al fine di valutare l’applicazione di questo
metodo si consideri l’esempio seguente.

6 25.000+17.850
50,41 =
500+350

7 25.000+17.850−19.155,80−2.52,50+10.600+5.400
51,63 =
500+350−380−50+200+100

8 25.000+17.850−19.155,80−2.52,50+10.600+5.400−13.423,84+22.000
53,20 =
500+350−380−50+200+100−260+400

9 25.000+17.850−19.155,80−2.520,50+10.600+5.400−13.423,84+22.000−20.215,06+11.400
54,32 =
500+350−380−50+200+100−260+400−380+200

7
Tabella 3: Esempio del metodo FIFO

COSTO QUANTITA'
DATA MOVIMENTO C*Q
UNITARIO (C) (Q)
01-gen es. iniziali 50,00 € +500 25.000,00
12-gen carico 51,00 € +350 17.850,00
16-feb scarico 50,00 € -380 -19.000,00
20-apr scarico 50,00 € -50 -2.500,00
09-giu carico 53,00 € +200 10.600,00
13-lug carico 54,00 € +100 5.400,00
50,00 € -70
06-ago scarico -13.190,00
51,00 € -190
30-set carico 55,00 € +400 22.000,00
51,00 € -160
03-nov scarico 53,00 € -200 -19.840,00
54,00 € -20
24-dic carico 57,00 € +200 11.400,00
54,00 € +80
31-dic rim. finali 55,00 € +400 37.720,00
57,00 € +200

Come è possibile osservare dalla tabella 3, la valutazione degli scarichi di magazzino


avviene in base all’ordine cronologico, implicando che il costo al quale viene scaricato il
magazzino si basa sul valore dei carichi meno recenti.
In particolare, diversamente da quanto avviene con l’applicazione del metodo del costo
medio ponderato, lo scarico di 380 unità avvenuto in data 16 febbraio viene interamente riferito
alle esistenze iniziali. Esso infatti viene valutato ad un costo di € 50,00 per un valore totale di
scarico pari a € 19.000,00. Analizzando invece lo scarico avvenuto in data 6 agosto, è possibile
notare come solo 70 unità vengano valutate ad un costo di € 50,00. Quanto residuo, 190 unità, è
valutato ad un costo di € 51,00, valore di riferimento del primo carico avvenuto in data 12 gennaio.
L’impossibilità di valutare interamente l’uscita di magazzino del 6 agosto ad un costo di € 50,00
deriva dalla presenza di sole 70 unità10 non ancora utilizzate, e non 26011, appartenenti alle
esistenze iniziali. Il valore totale di scarico, calcolato come la somma del valore totale delle singole
unità moltiplicate per il rispettivo costo unitario, è pari a € 13.19012.
La medesima procedura viene applicata nella valutazione dello scarico avvenuto in data 3
novembre. 160 unità sono valutate ad un costo di € 51,00 e fanno riferimento al carico del 12

10
70 = esistenze iniziali – scarico 16 febbraio – scarico 20 aprile
= 500 – 380 – 50
11
260 = totale unità scaricate in data 6 agosto
= 70 + 190
12
13.190 = 50,00*70+51,00*190

8
gennaio, 200 unità sono valutate ad un costo di € 53,00 e fanno riferimento al carico del 9 giugno,
mentre le restanti 20 unità sono valutate ad un costo di € 54,00 e si riferiscono al carico del 13
luglio. Il valore totale di scarico di magazzino è dunque pari a € 19.840.
Al fine di determinare l’ammontare delle rimanenze finali vengono considerate tutte le
partite di beni presenti in magazzino valutate al rispettivo costo unitario. Con in metodo del FIFO
le rimanenze finali sono costituire dai beni entrati in magazzino per ultimi in termini di ordine
cronologico. Nell’esempio, il valore che viene iscritto nello Stato Patrimoniale tra le rimanenze,
ipotizzando che il presunto valore di realizzo sia superiore, è € 37.720,0013, mentre il valore della
voce B11 di Conto Economico è pari a – 12.720 derivante dalla differenza con segno negativo tra
il valore delle rimanenze finali e quello delle esistenze iniziali (37.720 – 25.000).

2.2.1.3 – Il metodo ultimo entrato, primo uscito (LIFO)


Da ultimo, il metodo ultimo entrato, primo uscito, anche noto come metodo last-in, first-out
(LIFO), prevede che i beni acquistati più recentemente vengano utilizzati nel processo produttivo
per primi rispetto ad acquisti più remoti. Esistono due alternative per questo metodo, LIFO
continuo e LIFO a scatti. Per analizzare e comprendere le differenze tra i due metodi si considerino
gli esempi di seguito riportati.

Tabella 4: Esempio del metodo LIFO continuo

COSTO QUANTITA'
DATA MOVIMENTO C*Q
UNITARIO (C) (Q)
01-gen es. iniziali 50,00 € +500 25.000,00
12-gen carico 51,00 € +350 17.850,00
51,00 € -350
16-feb scarico -19.350,00
50,00 € -30
20-apr scarico 50,00 € -50 -2.500,00
09-giu carico 53,00 € +200 10.600,00
13-lug carico 54,00 € +100 5.400,00
54,00 € -100
06-ago scarico -13.880,00
53,00 € -160
30-set carico 55,00 € +400 22.000,00
03-nov scarico 55,00 € -380 -20.900,00
24-dic carico 57,00 € +200 11.400,00
57,00 € +200
55,00 € +20
31-dic rim. finali 35.620,00
53,00 € +40
50,00 € +420

13
37.720 = 54,00*80+55,00*400+57,00*200

9
Questo metodo, nel momento della valutazione dell’uscita di magazzino, considera il costo
unitario della partita di merce in entrata immediatamente precedente allo scarico. Infatti, in data
16 febbraio la valutazione delle 380 unità in uscita è ricondotta innanzitutto, per 350 unità, al
carico avvenuto il 12 gennaio con costo unitario è pari a € 51,00, mentre le restanti 30 unità sono
valutate ad un costo pari a € 50,00 e derivano dall’uscita di parte delle esistenze iniziali. Il valore
totale di scarico, calcolato come la somma del valore totale delle singole unità moltiplicate per il
rispettivo costo unitario, è pari a € 19.35014.
Per quanto concerne lo scarico avvenuto in data 20 aprile, esso è interamente imputato alle
esistenze iniziali, dato che la partita di beni caricata in data 12 gennaio è stata completamente
utilizzata a seguito dello scarico precedente.
L’uscita del giorno 6 agosto si compone di due parti. La prima viene valutata ad un costo
unitario di € 54,00, che si riferisce al carico del 13 luglio comportandone l’intero utilizzo. Quanto
residuo invece viene valutato ad un costo di € 53,00 prendendo a riferimento il carico avvenuto in
data 9 giugno.
Da ultimo, data la possibilità di utilizzare interamente il carico del 30 settembre, l’uscita di
magazzino viene valutata ad un costo unitario di € 55,00.
Il valore inserito all’interno dello Stato Patrimoniale, nell’ipotesi in cui il presunto valore di
realizzo sia superiore, è pari a € 35.62015. Nel Conto Economico la voce B11 è pari a (35.620,00
– 25.000,00) = 10.620,00.

Tabella 5: Esempio del metodo LIFO a scatti

ANNO CMP dell'anno RIM. FINALI VALORE


2016 50,00 € 500 25.000,00
2017 50,30 € 600 30.030,00
2018 50,50 € 400 20.000,00
2019 50,80 € 480 24.000,00
2021 51,07 € 520 26.006,00
2022 51,20 € 680 34.126,00

Il metodo LIFO a scatti prevede l’utilizzo del costo medio ponderato per la valutazione delle
rimanenze al termine del primo esercizio contabile, mentre negli esercizi successivi è necessario
controllare il totale delle unità che rimangono ed effettuare un confronto con le rimanenze finali
dell’anno precedente. Se la quantità è aumentata, l’incremento tra n e n+1 viene valutato al costo
medio ponderato dell’anno n+1 mentre la quantità preesistente è valutata al costo medio ponderato

14
19.350 = 51*350+50*30
15
35.620 = 57,00*200+55,00*20+53,00*40+50,00*420

10
dell’anno n. Nell’esempio considerato, il valore delle rimanenze finali dell’esercizio 2017, le cui
unità hanno subito una variazione positiva, è pari a (500*50+(600-500)*50,30)=30.030,00.
Nel caso in cui la quantità sia diminuita rispetto al primo esercizio contabile di riferimento,
come avviene nel corso dell’anno 2018, la valutazione avviene al costo medio ponderato del primo
esercizio considerato. Al 31/12, nell’ipotesi in cui il presunto valore di realizzo sia superiore, verrà
inserito (400*50)=20.000,00 all’interno della classe I-Rimanenze di Stato Patrimoniale.

2.2.1.4 – Un confronto tra metodi


Per poter analizzare ed evidenziare le principali differenze tra le diverse metodologie esposte
in precedenza si consideri la seguente tabella riassuntiva.

Tabella 6: Confronto tra i diversi metodi


COSTO QUANTITA' VALORE VARIAZIONE
METODO
UNITARIO RIM. FINALI STATO PATRIMONIALE A CONTO ECONOMICO
CMP per periodo 52,71 € +680 35.845,71 € - 10.845,71 €
CMP per movimento 54,32 € +680 36.934,81 € - 11.934,81 €
54,00 € +80
FIFO 55,00 € +400 37.720,00 € - 12.720,00 €
57,00 € +200
57,00 € +200
55,00 € +20
LIFO continuo 35.620,00 € - 10.620,00 €
53,00 € +40
50,00 € +420

Come si può notare, nonostante la quantità al termine dell’esercizio sia la stessa, 680 unità,
il valore iscritto in Stato Patrimoniale, tra le rimanenze, e la variazione imputata a Conto
Economico, tra i costi della produzione, cambia in base al metodo utilizzato per la valutazione.
Focalizzando l’attenzione sul metodo del costo medio ponderato (CMP nella tabella 6) è
possibile notare come i prezzi, che subiscono fluttuazioni nel corso del periodo contabile
considerato. In particolare, l’applicazione del costo medio ponderato per movimento comporta una
valutazione delle rimanenze superiore rispetto all’alternativa applicazione del costo medio
ponderato per periodo. Ciò è in linea con la progressiva sostituzione delle quantità acquistate in
tempi meno recenti con quelle acquistate in seguito comportando, in caso di prezzi crescenti, una
valutazione superiore delle rimanenze in giacenza a fine anno.
Confrontando i metodi FIFO e LIFO emerge una significativa differenza tra i valori iscritti
in Stato Patrimoniale. In una situazione di mercato inflazionistico, il metodo LIFO valuta le
giacenze di fine anno in modo più prudente rispetto al metodo FIFO, conseguenza di una
valutazione che attribuisce un importo inferiore alle rimanenze finali rispetto ai valori di scarico.

11
La sottovalutazione delle rimanenze nello Stato Patrimoniale, risultato dell’utilizzo del metodo
LIFO, non è invece presente nel caso di utilizzo del metodo FIFO.
In maniera opposta, in un mercato deflazionistico, la metodologia LIFO iscrive a Stato
Patrimoniale rimanenze sopravvalutate rispetto ai prezzi di mercato, mentre il metodo FIFO valuta
le rimanenze finali più prudenzialmente. In generale dunque, l’esposizione a costi più recenti dei
beni in magazzino garantisce una valutazione allineata ai prezzi del mercato.

2.2.2 – IL COSTO DI PRODUZIONE


Sostanzialmente differente nella sua determinazione è il costo di produzione impiegato per
la valutazione di prodotti finiti, semilavorati e prodotti in corso di lavorazione.
Una chiara definizione di costo di produzione può essere letta nell’art. 2426, 1° comma punto
1 del Codice Civile che dispone:
“[…] Il costo di produzione comprende tutti i costi direttamente imputabili al prodotto. Può
comprendere anche altri costi, per la quota ragionevolmente imputabile al prodotto, relativi al
periodo di fabbricazione […]”.
Il costo di produzione comprende i costi diretti, come i costi legati ai materiali utilizzati, alla
manodopera diretta o agli imballaggi impiegati nella realizzazione del bene, e i costi indiretti
cosiddetti costi generali di produzione. È possibile suddividere questi ultimi in costi generali
variabili, in quanto tali variano al variare della quantità impiegata nel processo di trasformazione,
e costi generali fissi. Rientrano in questa categoria, il cui valore rimane relativamente costante al
variare della quantità prodotta, gli ammortamenti16 dei beni che contribuiscono alla produzione, le
manutenzioni, le riparazioni, i salari e gli stipendi pagati ai lavoratori non direttamente coinvolti
nella realizzazione del prodotto, i materiali di consumo e tutti gli altri costi sostenuti per la
trasformazione in beni che rientrano nella categoria di prodotti finiti, semilavorati e prodotti in
corso di lavorazione. Sono compresi nei costi di produzione i costi necessari per portare le
rimanenze di magazzino nelle condizioni e nel luogo attuali.
I costi generali fissi vengono calcolati in base alla normale capacità produttiva ovverosia la
produzione prevista in media durante un esercizio o un periodo stagionale in condizioni normali.
Nel caso in cui la presenza di varie condizioni non permette il normale sfruttamento della capacità
produttiva i costi generali fissi verrebbero ripartiti su una minor quantità effettivamente prodotta
concretizzandosi in una sopravalutazione delle rimanenze di magazzino. In quanto tali costi non
sono attribuibili ai prodotti in rimanenza, essi saranno rilevati come costi d’esercizio. Per una
maggior comprensione si illustra un esempio.

16
Ripartizione del costo di un bene pluriennale sulla durata del suo ciclo di vita.

12
Un’azienda produce normalmente 1.000 unità di prodotto l’anno. I costi direttamente
imputabili alla produzione di questo prodotto sono pari a € 30,00 per unità di prodotto mentre i
costi fissi generali sono pari a € 1.500,00, ovverosia (1.500/1000) = 1,50 per unità. A fine anno le
rimanenze di prodotto in magazzino sono pari a 250 unità.

Valore delle rimanenze = rimanenze finali * (costi diretti + costi fissi unitari) =
= 250 * (30+1,50) = 7.875

€ 7.875,00 è il valore che verrà inserito nello Stato Patrimoniale, Attivo, macroclasse C – Attivo
Circolante, Classe I – Rimanenze, nell’ipotesi in cui il presunto valore di realizzo sia superiore.
Si ipotizzi ora che la stessa azienda abbia realizzato 400 unità di prodotto a causa di un
periodo di fermo, per esempio ha subito il lock-down durante la pandemia. I costi direttamente
imputabili alla produzione di questo prodotto si mantengono pari a € 30,00 per unità di prodotto
mentre i costi fissi generali, in quanto non dipendenti dalla quantità prodotta, sono ancora pari a €
1.500,00, pari a (1.500/400) = 3,75 per unità. A fine anno le unità presenti in magazzino sono pari
a 250.

Valore delle rimanenze = rimanenze finali * (costi diretti + costi fissi unitari) =
= 250 * (30+3,75) = 8.437,50

€ 8.437,50 è il valore che dovrebbe essere inserito nello Stato Patrimoniale, Attivo, macroclasse
C – Attivo Circolante, Classe I – Rimanenze, ipotizzando essere inferiore al presunto valore di
realizzo.
Benché il numero di unità presenti fisicamente in magazzino non sia cambiato, resta sempre
250, il valore inserito a bilancio è mutato; € 7.875,00 nel caso di normale produzione, €8.437,50
nel caso di condizione particolare. La situazione fin qui analizzata porta a dover affrontare un
possibile problema di sopravalutazione delle rimanenze. Per risolvere l’ostacolo nel pieno rispetto
del principio della prudenza17, il legislatore impone l’inserimento in Conto Economico di un costo
pari alla differenza tra il valore delle rimanenze nella situazione normale ed il medesimo in caso
di condizione particolare. Nell’esempio, l’azienda dovrà inserire a Conto Economico un costo parti
a (8.437,50-7.875) = 562,50 e nello Stato Patrimoniale, tra le rimanenze un valore di € 7.875,00.
Nel calcolo del costo di produzione sono esclusi: i costi di natura eccezionale o anomali, i
costi generali, amministrativi, di distribuzione e di vendita. Non vengono consideranti nemmeno i
costi indiretti di produzione e i costi di ricerca e sviluppo. Questi ultimi si riferiscono a produzioni

17
Il principio contabile fa riferimento all’impossibilità dell’azienda di indicare utili non realizzati e “di tener conto
dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio anche se conosciuti dopo la chiusura di questo” (Codice
Civile Italiano).

13
future ed il loro inserimento nel calcolo del costo di produzione violerebbe il principio della
competenza18, secondo il quale deve esistere una correlazione tra costi e ricavi d’esercizio imputati
a Conto Economico. Sono altresì esclusi gli oneri finanziari, ad eccezione di quelli derivanti dalla
produzione di beni che richiedono un lungo periodo di trasformazione, sempre rispettando il limite
derivante dal presunto valore di realizzo del bene sul mercato di riferimento.
Il costo di produzione è quindi la somma dei costi diretti ed indiretti imputabili ad ogni
singolo bene prodotto. Per praticità l’OIC 13 lascia la possibilità agli amministratori di utilizzare
altre tecniche di determinazione di suddetto costo come il metodo dei costi standard, del pezzo al
dettaglio e del valore costante purché i risultati riescano ad approssimare il costo effettivo delle
rimanenze.
I costi standard sono costi anticipatamente determinati rispetto alla produzione tramite
l’impiego di specifiche tecniche, ore normali di lavoro, elenchi materiali che possono essere usati
nella valutazione del magazzino. Se ritenuti rappresentativi dei costi effettivamente sostenuti,
vanno aggiornati periodicamente per rappresentare in maniera veritiera la situazione in cui
l’impresa opera.
Con il metodo del prezzo al dettaglio, il costo dei beni è determinato sottraendo dal valore
di vendita delle rimanenze una percentuale di margine lordo. Esso è utilizzato per la valutazione
di grandi quantità di merci continuamente oggetto di movimenti che rende difficoltoso l’utilizzo
delle metodologie precedentemente esposte.
Per le materie prime, sussidiarie e di consumo frequentemente impiegate nella produzione
ed il cui valore rispetto all’attivo di bilancio risulti esiguo, l’OIC 13 prevede la possibilità di
utilizzare il metodo del valore costante. Esso consente di approssimare il costo effettivo dei
prodotti finiti, semilavorati e in corso di lavorazione in presenza di variazioni minime in termini
di entità, valore e composizione dei beni utilizzati per produrli.
Una volta individuato il costo effettivo di produzione, per valutare i flussi fisici in entrata ed
in uscita dal magazzino vengono utilizzati gli stessi metodi in precedenza esaminati per la
valutazione delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci: costo medio
ponderato per periodo e per movimento, FIFO e LIFO. Al fine di comprendere queste metodologie
si rinvia agli esempi analizzati in precedenza (vedi 2.2.1 – Il Costo d’Acquisto) prestando attenzione
a sostituire il costo unitario di acquisto con il costo effettivo di produzione.

18
Il principio della competenza economica prevede la rilevazione degli effetti di operazioni ed eventi nell’esercizio
in cui tali operazioni ed eventi si riferiscono, indipendentemente dal concretizzarsi di variazioni finanziarie ad essi
connesse.

14
2.2.3 – IL PRESUNTO VALORE DI REALIZZO E LE RETTIFICHE DI VALORE
Come precedentemente esposto è necessario che i costi di produzione e i costi di acquisto
vengano confrontati con il valore di realizzo desumibile dall’andamento del mercato prima di poter
inserire all’interno dello Stato Patrimoniale il valore delle giacenze. Senza operare distinzioni tra
le diverse categorie di rimanenze, il loro presunto valore di realizzo corrisponde alla stima del
prezzo di vendita dei prodotti finiti e delle merci al netto dei presunti costi di completamento e
diretti di vendita, tenuto conto del tasso di obsolescenza19 e dei tempi di rigiro del magazzino20.
Il legislatore considera il presunto valore di realizzo come limite oltre al quale le rimanenze
non possono essere valutate senza però soffermarsi sull’incertezza con cui viene calcolato.
Essendo esso previsionale, basato su accadimenti futuri, e in quanto tali, incerti, viene lasciato agli
amministratori dell’attività d’impresa il dovere di stimarne prudenzialmente l’ammontare.
(Broglia Guiggi, 2008)
Meno incerto è il caso in cui siano presenti in magazzino beni per i quali è stato
preventivamente fissato il prezzo di vendita. Il presunto valore di realizzo di questi beni è quindi
pari al relativo prezzo di vendita, non essendoci alcun motivo di ritenere che il prezzo pattuito non
venga rispettato dalla controparte del contratto di compravendita.
L’OIC 13 precisa che le rimanenze possono essere oggetto di svalutazione quando il
presunto valore di realizzo sul mercato è minore rispetto al relativo valore contabile. Ciò comporta
che le rimanenze di magazzino verranno valutate non più in base al loro valore contabile,
determinato con i metodi precedentemente esposti, ma verrà utilizzato il loro valore di mercato.
Nella pratica, la svalutazione può avvenire in due modi ben distinti tra loro. Il primo metodo,
diretto, prevede la rilevazione di rimanenze finali direttamente al presunto valore di realizzo.
Alternativamente è possibile valutarle al costo e procedere successivamente ad una svalutazione a
fronte di un accantonamento a Conto Economico e creando il relativo fondo di svalutazione,
metodo quindi indiretto.
Una differenza sostanziale tra il primo ed il secondo metodo emerge nel momento del calcolo
del reddito imponibile. In particolare l’art. 92, comma 5 del TUIR riconosce la svalutazione diretta
permettendo quindi di ridurre anche la base imponibile fiscale, a differenza di quanto avviene nel
caso in cui la svalutazione avvenga tramite istituzione del fondo svalutazione. L’art. 107 del TUIR
non prevede la deducibilità dell’accantonamento, riconoscendo fiscalmente la svalutazione solo a
seguito del reale accadimento che ha comportato la stessa.

19
“Perdita di efficienza economica subita da un bene in misura superiore a quella derivante dal suo logorio fisico
per effetto del progresso economico e delle scoperte e invenzioni della tecnica” (Treccani, s.d.).
20
Indice di rigiro fa riferimento all’indice di rotazione del magazzino ovvero il numero di volte in cui i beni
contenuti si rinnovano in un dato periodo di tempo.

15
Se, in un momento successivo, decadono i presupposti della svalutazione, è possibile
annullare la rettifica effettuata rispettando il limite del costo sostenuto in precedenza e rettificando,
se istituito, il fondo creato.
Nel rispetto del divieto di compensazione tra partite, la valutazione del presunto valore di
realizzo deve avvenire in qualsiasi caso per singolo bene distinto. È infatti vietato compensare le
svalutazioni relative a beni il cui costo è superiore al presunto valore di realizzo, con i beni il cui
costo è inferiore.
Al fine di poter valutare le rimanenze di magazzino, gli amministratori devono considerare
diversi fattori che influenzano il presunto valore di realizzo sul mercato, tra i quali l’obsolescenza,
distinta in: tecnica, psicologica e pianificata.
L’obsolescenza tecnica fa riferimento al “declassamento di macchine e apparecchi dovuto
al progresso tecnico, che introduce miglioramenti di ogni tipo” (Latouche, 2015). Un’impresa
produttrice di computer potrebbe trovarsi a valutare rimanenze di prodotti in magazzino il cui
valore di mercato è diminuito a causa del miglioramento tecnologico introdotto con la vendita di
modelli successivi, sia da parte della stessa che da parte di imprese concorrenti.
L’obsolescenza psicologica deriva da cambiamenti legati alla moda e alla pubblicità che
sono in grado di manipolare e convincere il consumatore ad acquistare un nuovo modello
nonostante la mancanza di usura tecnica o l’assenza di innovazione reale (Latouche, 2015). Si
pensi ad un capo di abbigliamento non utilizzato a causa del cambiamento nei gusti del mercato e
non per il logorio fisico dello stesso.
L’obsolescenza pianificata è una strategia che definisce in modo programmato il ciclo di vita
del prodotto limitandone la durata (Latouche, 2015). Ciò avviene con l’inserimento pianificato di
difetti nel prodotto che con il tempo ne limitano l’utilizzo.
L’obsolescenza di un bene può essere influenzata dalla data di scadenza a cui sono soggetti
alcuni prodotti, soprattutto alimentari o farmaceutici. È quindi logico stimare un presunto valore
di realizzo sempre minore con l’avvicinarsi della data di scadenza.
Le modifiche legislative contribuiscono a rendere obsoleti i prodotti in magazzino non più
conformi alla nuova normativa. Un chiaro esempio è il regolamento UE 1169/2011, che disciplina
a livello europeo le informazioni che devono essere contenute sulle etichette degli alimenti. Nel
caso in cui un’impresa produttrice di alimentari avesse avuto in magazzino prodotti non etichettati
in maniera conforme al nuovo regolamento, avrebbe dovuto provvedere ad una svalutazione di tali
rimanenze.
Un altro fattore che influenza l’obsolescenza è la fase del ciclo di vita del prodotto in cui
questo si trova. Se ad esempio le rimanenze di magazzino sono costituite da prodotti in fase di

16
declino o deperimento, come l’alimentare, il loro presunto valore di realizzo tenderà a diminuire
più velocemente nell’ormai prossimo futuro.
Il continuo e rapido cambiamento delle preferenze sul mercato, e non solo, impone agli
amministratori di valutare prudenzialmente le rimanenze di magazzino al fine di rappresentare in
modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale.
Gli impatti che la svalutazione porta con sé sono assai notevoli; svalutare le rimanenze di
magazzino non è quindi una decisione senza sacrifici da sostenere. Si assiste infatti ad una
riduzione del patrimonio a disposizione dell’azienda e una diminuzione della voce 21 di Conto
Economico che segnala la presenza di utile o perdita d’esercizio. La mancata svalutazione, e quindi
l’esposizione in bilancio di rimanenze superiori al loro valore corretto, porta alla distribuzione di
utili fittizi, in netto contrasto con il principio della prudenza, e non rappresenta in maniera chiara,
veritiera e corretta la situazione patrimoniale e finanziaria dell’azienda.

2.2.4 – I CONTRIBUTI IN CONTO ESERCIZIO


Nell’esercizio dell’attività d’impresa è possibile ricevere contributi in conto esercizio erogati
sia in base alla legge che in base a disposizioni contrattuali il cui fine è quello di integrare i ricavi
derivanti dall’attività caratteristica o accessoria. Trovano collocazione all’interno dello schema di
Conto Economico, A) Valore della Produzione, voce 5) Altri ricavi e proventi, avendo cura di
indicarli separatamente rispetto ad altre componenti di questa voce. Essi non vanno confusi con i
contributi in conto esercizio volti a ridurre direttamente gli oneri finanziari derivanti da alcune
tipologie di finanziamento assunti dalla società, inseriti invece all’interno del medesimo schema,
nella macroclasse C) Proventi e Oneri Finanziari.
La rilevazione dei contributi in Conto Economico deve avvenire solo a seguito del sorgere
con certezza del diritto della società a riceverli. Non è quindi necessario che l’iscrizione a bilancio
avvenga nel medesimo esercizio a cui i contributi sono riferiti.
Esistono diversi tipi di contributi tra i quali rientrano quelli riferiti all’acquisto di materie
prime, sussidiarie, di consumo e merci. In questo caso il costo di acquisto viene iscritto alla voce
B6) al lordo dei contributi in conto esercizio ricevuti, a differenza di quanto avviene in sede di
calcolo della variazione delle rimanenze, indicata al netto del contributo nella voce B11), se riferiti
a materie prime, sussidiarie, di consumo o merci, oppure nella voce A2) per le rimanenze di
prodotti finiti e semilavorati (Organismo Italiano di Contabilità, 2022).
Un esempio concreto di contributo in conto esercizio erogato per l’acquisto di materie prime
e servizi è quello concesso dalla regione Sardegna che, a differenza di quelli erogati da altre regioni
come il Trentino-Alto Adige, mira a sostenere i costi d’esercizio relativi alla pubblicazione di
opere editoriali. Destinatario principale del provvedimento sono le aziende editrici regionali

17
regolarmente iscritte al registro delle imprese che rispettano determinati requisiti tra i quali la
produzione e distribuzione di almeno 5 titoli. Con la presentazione della richiesta del contributo
entro il termine previsto, la regione Sardegna si impegna a contribuire alle spese esternalizzate per
acquisto di carta, stampa, legatoria, correzione bozze, editing, spese di promozione,
comunicazione, distribuzione, traduzione, spedizione, grafica e impaginazione, cura e stesura testi.
Sono invece esclusi i costi sostenuti in materia di diritti d’autore (Regione Autonoma della
Sardegna, 2021).
In conclusione, i contributi in conto esercizio, che finanziano l’acquisto di materie prime,
sussidiarie e di consumo, rappresentano una riduzione del costo che l’impresa deve sostenere per
procedere alla trasformazione di suddetti beni in prodotti finiti.

2.3 – LA NOTA INTEGRATIVA


La Nota Integrativa è uno degli schemi obbligatori che compongono il bilancio d’esercizio.
Il suo contenuto è dettato dall’art. 2427 del Codice Civile e nell’ambito delle rimanenze di
magazzino impone che vengano inserite informazioni in merito ai criteri utilizzati per la loro
valutazione. In casi eccezionali è possibile modificare il metodo di determinazione del costo dei
beni fungibili. Ciò costituisce un cambiamento di principio contabile, e in quanto tale, è
regolamentato dal principio contabile OIC 29. Esso impone agli amministratori l’inserimento in
Nota Integrativa delle motivazioni alla base del cambiamento e gli effetti provocati in Stato
Patrimoniale e Conto Economico (Organismo Italiano di Contabilità, 2017).
Sono altresì evidenziati in Nota Integrativa i criteri adottati per accertare la presenza di
ragioni a sostegno delle svalutazioni, se effettuate, così come i motivi che hanno condotto ad un
eventuale ripristino di valore.
In Nota Integrativa sono da ultimo specificati gli importi di impegni, garanzie e passività
non inserite in Stato Patrimoniale che gravano sulle rimanenze.

18
3 – I LAVORI IN CORSO SU ORDINAZIONE
3.1 – DEFINIZIONE E COLLOCAZIONE IN BILANCIO
Il notevole impatto che i lavori in corso su ordinazione hanno nel determinare il risultato
d’esercizio, la complessità delle movimentazioni economiche e finanziarie e la loro possibile,
quasi certa, manifestazione in esercizi diversi hanno spinto l’Organismo Italiano di Contabilità ad
emanare un principio contabile in grado di standardizzare la rendicontazione di questi peculiari
prodotti finiti. Il principio contabile OIC 23 definisce i lavori in corso su ordinazione (LCO) come
“un contratto, di durata normalmente ultrannuale, per la realizzazione di un bene (o una
combinazione di beni) o per la fornitura di beni o servizi non di serie che insieme formino un unico
progetto, ovvero siano strettamente connessi o interdipendenti per ciò che riguarda la loro
progettazione, tecnologia e funzione o la loro utilizzazione finale.”
Esempi concreti di opere che prevedono la contabilizzazione secondo il principio contabile
nazionale OIC 23 sono dighe, navi, strade e impianti, caratterizzati da un lungo periodo di
realizzazione prima di poter consegnare al cliente l’opera finita e trasferire diritti e obblighi
permettendo l’iscrizione a bilancio di un ricavo per l’impresa costruttrice.
La ragione per cui gli LCO sono considerati parte delle rimanenze finali in magazzino risiede
nella natura dei costi che l’azienda deve sostenere per poterli realizzare. Essa infatti si troverà a
dover sopportare costi d’esercizio che troveranno correlazione con i ricavi una volta portata a
termine l’opera e consegnata al cliente.
In linea con quanto esposto, l’art. 2424 del Codice Civile colloca i lavori in corso su
ordinazione all’interno dello schema di Stato Patrimoniale, Attivo, macroclasse C – Attivo
Circolante, classe I – Rimanenze, voce 3) lavori in corso su ordinazione.
Congiuntamente al loro effetto nel patrimonio aziendale, la loro manifestazione economica
viene inserita all’interno del Contro Economico alla voce A1 – ricavi delle vendite e delle
prestazioni, accogliendo il corrispettivo della vendita tenuto conto del prezzo stabilito
contrattualmente, di eventuali maggiorazioni dovute a modifiche del progetto e di altri proventi
accessori. Nel caso in cui l’azienda beneficiasse di sopravvenienze attive emerse dopo la chiusura
della commessa, la rilevazione di tali valori economici positivi avviene nell’esercizio in cui si
verificano. Così come vengono rilevate le variazioni delle rimanenze di prodotti finiti esaminate
in precedenza, il legislatore prevede l’inserimento nella voce A3 di Conto Economico delle
variazioni degli LCO. Essa è calcolata come differenza tra il valore delle rimanenze per lavori
eseguiti ma non ancora consegnati a fine dell’esercizio contabile ed il medesimo ad inizio anno.
Analogamente alla produzione dei prodotti finiti, la realizzazione dei lavori in corso su
ordinazione comporta il sostenimento di costi d’esercizio classificati in base alla loro natura

19
all’interno del Conto Economico, macroclasse B – Costi della produzione, tra questi i costi
sostenuti per l’acquisto di materiali, per la manodopera e gli ammortamenti dei beni pluriennali
utilizzati. Tuttavia, nel caso in cui i materiali acquistati non venissero utilizzati nella realizzazione
dell’opera nel corso dell’esercizio cui fa riferimento il bilancio, essi vengono considerati come
materie prime, sussidiarie e di consumo e valutati come tali. Qualora invece si manifestassero
sopravvenienze passive per il conguaglio di costi non previsti dalle stime a causa della mancanza
di elementi sufficienti, la rilevazione delle stesse avviene nell’esercizio in cui si verificano
inserendole tra i costi della produzione nel prospetto di Conto Economico.
Approfondendo i costi di commessa, ovverosia i costi stimati per il compimento dell’opera
si individuano: i costi per l’acquisizione, i costi pre-operativi, i costi di esecuzione, ulteriormente
suddivisi in diretti, indiretti e derivanti da clausole contrattuali, e i costi di smobilizzo. La prima
categoria comprende le spese sostenute per la partecipazione a gare di appalto, per studi di
fattibilità e altre tipologie di costi che normalmente vengono considerati come costi d’esercizio e
quindi imputati a Conto Economico all’interno della macroclasse B. I costi pre-operativi
consistono in costi a cui l’azienda fa fronte tra il momento in cui stipula il contratto e l’inizio dei
lavori. I costi di esecuzione diretti si riferiscono a costi direttamente sostenuti per la realizzazione
dell’opera oggetto dell’accordo tra le parti e possono comprendere, tra gli altri, l’acquisto di
materiali, la manodopera, le eventuali spese per i subappaltatori, la locazione di beni immobili e
gli ammortamenti dei beni ad utilizzo pluriennale. Contrariamente alla facilità di identificazione
dei costi diretti, i costi di esecuzione indiretti, di più complessa individuazione, comprendono tutti
i costi generali di realizzazione dell’opera non direttamente imputabili ad un singolo progetto.
L’attribuzione di questi alle singole commesse avviene tramite l’applicazione di criteri volti a
ripartire queste spese tra le opere a cui fanno riferimento. I costi previsti dalle clausole contrattuali
derivano da spese concordate tra le parti e possono comprendere ad esempio le spese di ricerca e
sviluppo. L’ultima categoria viene rappresentata dai costi di smobilizzo che includono l’eventuale
chiusura del cantiere, il collaudo dell’opera realizzata o la manutenzione della stessa.

3.2 – IL CONTRATTO PER REALIZZARE I LAVORI IN CORSO SU ORDINAZIONE


Elemento cruciale affinché si possa classificare un determinato prodotto come lavoro in
corso su ordinazione è la presenza di un contratto volto a regolare diritti e obblighi delle parti che
lo stipulano. Normalmente il contratto di appalto21 è adatto a questa funzione e viene scelto dalle
parti allo scopo di regolamentare il compimento dell’opera. L’essenzialità del valore del bene
oggetto del contratto, che avrà innumerevoli ricadute in materia di contabilità aziendale,

Art. 1655 del Codice Civile: l’appalto è il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi
21

necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera di servizio verso un corrispettivo in denaro.

20
soprattutto nella fase di redazione del bilancio, impone alle parti di stabilire in modo chiaro un
metodo volto a quantificare il corrispettivo per lo sviluppo, la progettazione, la produzione e la
consegna dell’opera. Impiegando questo criterio come distintivo, si classificano due diverse
tipologie di contratto: a prezzo determinato o a prezzo basato sul costo consuntivo più un margine
di contribuzione.
I contratti a corrispettivo determinato prevedono la realizzazione dell’opera sulla base del
conseguimento di un prezzo contrattualmente predeterminato. Data l’incertezza della
manifestazione di eventi futuri, che potrebbero comportare un aumento dei costi stimati, i
contraenti possono prevedere la possibilità di modificare il prezzo pattuito. Situazioni future come
l’aumento dei costi per la realizzazione dell’opera, le modifiche che il progetto originario potrebbe
subire per essere adattato alle nuove esigenze del cliente o la variazione in termini di quantità sono
esempi di accadimenti che possono portare ad una modificazione del prezzo originariamente
concordato.
Distinti invece sono i contratti a prezzo basato sul costo consuntivo più un margine di
contribuzione. Con questa metodologia di definizione del corrispettivo, il cliente si trova a dover
pagare un prezzo composto dai costi sostenuti maggiorati di una percentuale a titolo di copertura
delle spese generali e dal profitto dell’impresa realizzatrice dell’opera.
Indipendentemente dal modo con cui viene determinato il prezzo finale, esso può essere
concordato per l’intera opera oppure frazionato per singole opere o fasi. In particolare è necessario
che vengano rispettatati alcuni requisiti nell’uno o nell’altro caso previsti dal principio contabile
nazionale OIC 23. Esso enuncia che è possibile combinare più commesse e considerarla come
unica solo se vengono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
“[…]
- Il gruppo di commesse è stato negoziato in modo congiunto come un unico pacchetto ed
esiste apposita documentazione di ciò;
- Le commesse sono così strettamente connesse che fanno parte, di fatto, di un unico
progetto con un margine di profitto globale;
- Le commesse sono realizzate simultaneamente o in sequenza continua;
- I piani economici delle commesse evidenziano dei costi comuni.”
Nel caso in cui si ritenga opportuno segmentare la commessa in base alle opere che la
compongono o secondo le varie fasi di realizzazione devono verificarsi congiuntamente le seguenti
condizioni:
“[…]
- Il contratto prevede fasi o opere ben separate;
- Ciascuna fase o opera è stata oggetto di offerte separate e vi è documentazione di ciò;

21
- È possibile identificare con chiarezza i costi e i ricavi di ciascuna fase o opera;
- L’attribuzione di margini diversi alle singole fasi o opere del contratto rispecchia
comprovate situazioni di mercato, in quanto tale diversità rispecchia differenti gradi di
rischio o del rapporto domanda-offerta;
- I corrispettivi delle singole fasi o elementi del contratto devono generare margini
comparabili con quelli che si otterrebbero se tutte le fasi o elementi venissero forniti a
clienti diversi e ciò sia provato da una documentata esperienza;
- L’eventuale minor ammontare del corrispettivo totale del contratto rispetto alla somma
dei corrispettivi relativi alle singole fasi o opere come praticati in trattative indipendenti
e separate degli stessi è dovuto alla riduzione di costi derivante dall’esecuzione
combinata delle varie fasi o opere.”
L’ingente somma di denaro investita nella realizzazione dell’opera spinge le parti a
prevedere il pagamento di anticipi ed acconti. I primi si riferiscono ad importi addebitati in via
anticipata rispetto all’inizio dei lavori, mentre i secondi sono richiesti nel corso del compimento a
fronte delle attività svolte. L’anticipazione di future spese e il pagamento degli acconti
contribuiscono a manifestare la volontà delle parti di portare a termine il contratto e consentono
all’appaltatore di finanziare le spese di realizzo tramite i flussi di cassa in entrata corrisposti dal
cliente.
Il ricevimento degli anticipi ed acconti pagati dal cliente comporta una variazione finanziaria
e non economica. Ciò impone l’iscrizione dell’acconto all’interno dello Stato Patrimoniale
Passivo, macroclasse D – Debiti, voce 6) – Acconti e del credito, a seguito dell’emissione della
relativa fattura, nella parte attiva del medesimo schema, macroclasse C – Attivo Circolante, classe
II – Crediti. Gli acconti verranno stornati in concomitanza con la rilevazione del ricavo di vendita
inserito nel prospetto di Conto Economico, secondo i criteri successivamente esaminati.

3.3 – I METODI DI VALUTAZIONE DEI LAVORI IN CORSO SU ORDINAZIONE


Il già citato articolo 2426, 1° comma, punto 9 del Codice Civile, prevede la valutazione delle
rimanenze in base al minore tra il costo storico di acquisto, di produzione ovvero il valore
desumibile dall’andamento del mercato. Nella prassi contabile della valutazione dei lavori in corso
su ordinazione esso è denominato come “criterio della commessa completata”. In alternativa, il
medesimo articolo, 1° comma, punto 11 enuncia:
“[…] i lavori in corso su ordinazione possono essere iscritti sulla base dei corrispettivi
contrattuali maturati con ragionevole certezza; […]”.

22
Con questa norma si lascia la possibilità di valutare questa categoria di prodotti aziendali
tramite il cosiddetto “metodo della percentuale di completamento” consentendo una più uniforme
distribuzione dei ricavi nell’arco di tutta la durata del contratto.
Ogni azienda è libera di adottare il criterio che ritiene più consono a rappresentare in maniera
veritiera e corretta la propria situazione economica, patrimoniale e finanziaria, fermo restando la
presenza di alcune condizioni che verranno in seguito analizzate. Una volta scelto il metodo, esso
deve essere mantenuto nel tempo anche se il legislatore prevede la possibilità di cambiare il criterio
di valutazione seguendo quando indicato dal principio contabile nazionale OIC 29 e riportandone
notizia all’interno della Nota Integrativa.
Come accennato in precedenza, al fine di poter adottare il criterio della percentuale di
completamento, il principio contabile nazionale OIC 23 prevede il rispetto di alcune condizioni
necessarie, tra le quali:
- L’esistenza di un contratto vincolante tra le parti che definisca chiaramente le
obbligazioni e il diritto al corrispettivo;
- L’accrescimento del diritto al corrispettivo avviene con ragionevole certezza a mano a
mano che i lavori sono svolti;
- L’assenza di incertezza in merito a condizioni che potrebbero rendere incapaci i
contraenti di portare a termine le rispettive obbligazioni contrattuali;
- La presenza di un risultato della commessa che possa essere attendibilmente misurato.
Con maggiore dettaglio, è considerato certo il corrispettivo di un contratto che prevede il
diritto dell’appaltatore di ricevere il risarcimento dei costi già sostenuti nel caso di recesso da parte
del committente.
Per quanto concerne l’attendibilità del risultato, il principio contabile prevede condizioni
distinte in base alla predeterminazione di un prezzo contrattuale o alla presenza di un corrispettivo
basato sul costo consuntivo più il margine di commessa. In particolare, stimare con attendibilità il
corrispettivo nella prima casistica comporta la determinazione dei ricavi di commessa, ritenendo
con ragionevole certezza che questi verranno incassati dall’appaltatore, e dei costi in base allo
stato di avanzamento dei lavori (SAL) e alle stime in precedenza elaborate.
Nel secondo caso invece è necessario che vengano identificati con chiarezza e determinati
con attendibilità i costi di commessa, oltre a ritenere ragionevolmente certa la possibilità di incasso
di quanto pattuito.
Indipendentemente dall’utilizzo del metodo della commessa completata o della percentuale
di completamento, il legislatore impone l’obbligo di iscrivere a Conto Economico, come
decremento del valore di lavori in corso su ordinazione, la differenza negativa tra ricavi e costi
stimati. Nell’eventualità in cui la perdita sia superiore al valore di lavori in corso su ordinazione

23
l’appaltatore rileva l’eccedenza in un fondo per rischi e oneri che verrà collocato all’interno del
prospetto di Stato Patrimoniale Passivo, macroclasse B – Fondi per rischi e oneri, voce 4) Altri.
L’iscrizione a bilancio della perdita avviene nell’esercizio in cui è prevista a seguito di una
ragionevole valutazione senza poterla compensare con eventuali margini positivi di altre
commesse realizzate dall’azienda.

3.3.1 – IL METODO DELLA COMMESSA COMPLETATA


Il metodo della commessa completata prevede l’iscrizione a bilancio del ricavo e del margine
di commessa di lavori in corso su ordinazione a partire dal momento in cui i benefici e i rischi
connessi al bene realizzato sono stati trasferiti al cliente. Al fine di poter considerare concluso il
trasferimento, il bene, provvisto di collaudo con risultato positivo, deve essere completato e
accettato dal committente. Inoltre, l’ammontare di eventuali costi da sostenere in una fase
successiva al completamento deve essere esiguo, provvedendo a stimare con ragionevole certezza
possibili effetti futuri relativi a situazioni di incertezza.
Il metodo della commessa completata, che predilige il rispetto del principio della prudenza,
valuta i lavori in corso su ordinazione al minore tra il costo ed il valore di realizzo desumibile
dall’andamento del mercato, come avviene per la valutazione delle altre tipologie di rimanenze,
Durante il periodo di realizzazione dell’opera, all’interno del Conto Economico vengono
iscritti i costi sostenuti fino alla data di chiusura del bilancio, non inserendo però i ricavi, e quindi
il margine della commessa, che verranno imputati solo una volta consegnato il bene. Per quanto
concerne la valutazione della parte dell’opera già realizzata, inserita a Conto Economico nella
macroclasse A, essa sarà pari alla somma tra il valore della stessa ad inizio esercizio ed i costi
sostenuti nei dodici mesi successivi. Conseguenza diretta di questo metodo è dunque la mancata
rilevazione, durante gli esercizi di produzione, del margine di contribuzione che verrà rilevato
interamente alla consegna del bene.
Dato il lungo periodo di tempo che intercorre tra la stipulazione del contratto e la consegna
del bene, è possibile che siano presenti oneri finanziari connessi alla commessa. Essi possono
essere compresi tra i costi di realizzazione dell’opera nel caso in cui l’appaltatore non richieda
anticipi ed acconti dall’importo elevato e nell’eventualità in cui gli interessi possano essere
recuperati tramite l’incasso del ricavo.
Al fine di poter analizzare il funzionamento del criterio esposto, si consideri il seguente
esempio.
L’azienda Alpha ha stipulato un contratto di appalto con l’azienda Beta per la realizzazione
di una cantina. Alpha prevede un costo per la realizzazione dell’opera, che si concluderà dopo
cinque anni dal suo inizio, pari a €5.000.000,00 e verranno così ripartiti:

24
- 1° anno: 25% del costo stimato, (€1.250.000,00);
- 2° anno: 20% del costo stimato, (€1.000.000,00);
- 3° anno: 20% del costo stimato, (€1.000.000,00);
- 4° anno: 20% del costo stimato, (€1.000.000,00);
- 5° anno: 15% del costo stimato, (€750.000,00).
Il margine di contribuzione è pari a €2.000.000,00 che permette di concordare un prezzo tra
parti di €7.000.000,00.

Tabella 7: Esempio del metodo della commessa completata


COSTO DI ESISTENZE RIMANENZE
RICAVO
PRODUZIONE INIZIALI FINALI
1° anno 1.250.000,00 € 0€ 1.250.000,00 € 0€
2° anno 1.000.000,00 € 1.250.000,00 € 2.250.000,00 € 0€
3° anno 1.000.000,00 € 2.250.000,00 € 3.250.000,00 € 0€
4° anno 1.000.000,00 € 3.250.000,00 € 4.250.000,00 € 0€
5° anno 750.000,00 € 4.250.000,00 € 0 € 7.000.000,00 €

La tabella 7 espone i valori che verranno inseriti nel Conto Economico al termine di ogni esercizio.
Ipotizzando che tutti i costi sostenuti si riferiscono a lavori già eseguiti, l’azienda inserisce tra i
propri costi d’esercizio le spese di produzione in base alla natura di queste ultime. Ad esempio il
costo di €1.250.000,00 sostenuto nel corso del primo anno potrebbe essere equamente ripartito tra
costo per l’acquisto di materiali, per la manodopera impiegata e per gli ammortamenti dei beni
pluriennali utilizzati. In questo caso l’azienda inserirà €416.666,66 rispettivamente nelle voci B6,
B9 e B10 del prospetto di Conto Economico.
Applicando il metodo descritto, la valutazione delle rimanenze finali avviene al costo di
produzione inserendo a Conto Economico il margine di commessa alla conclusione del lavoro in
corso su ordinazione. Per questo motivo il valore delle rimanenze finali corrisponde alla somma
tra il valore dell’opera ad inizio esercizio, sempre uguale al valore finale della medesima
nell’esercizio precedente, e i costi sostenuti durante i dodici mesi successivi. Nell’esempio, il
valore delle rimanenze finali del terzo anno, €3.250.000,00, è quindi calcolato come segue:

= esistenze iniziali 3° anno + costo di produzione 3° anno =


= 2.250.000 + 1.000.000 = 3.250.000

In quanto valore delle rimanenze finali di magazzino dell’azienda, €3.250.000,00 viene


iscritto nella voce di Stato Patrimoniale Attivo CI3 e rappresenta la sospensione di costi pluriennali
che troveranno correlazione con futuri ricavi d’esercizio.

25
Alla conclusione dei lavori nell’anno cinque, l’azienda potrà inserire nella voce A1 di Conto
Economico l’importo previsto dal contratto per il compimento dell’opera, €7.000.000,00,
comportando, solo in questo momento, la rendicontazione del margine di commessa benché
maturato nel corso dell’intero periodo di produzione.

3.3.2 – IL METODO DELLA PERCENTUALE DI COMPLETAMENTO


Il metodo della percentuale di completamento prevede l’iscrizione a bilancio dei ricavi,
nell’esercizio in cui sono acquisiti a titolo definitivo, del margine di commessa, al termine di ogni
esercizio in misura proporzionale al corrispettivo deciso tra le parti tenuto conto dello stato di
avanzamento dei lavori, e dei costi, nell’esercizio in cui sono stati sostenuti. Il criterio privilegia
il rispetto del principio della competenza economica, suddividendo il margine di commessa
durante tutti gli esercizi di realizzazione dell’opera senza però violare il principio della prudenza.
Infatti, la presenza di un contratto vincolante tutela l’appaltatore da possibili situazioni di mancato
incasso del corrispettivo pattuito, permettendo l’iscrizione a bilancio di una parte del margine di
commessa.
Come accennato in precedenza è possibile che il committente decida di modificare la
commessa, comportando l’aumento o la diminuzione del margine ad essa collegato. Se il contratto
prevede con attendibilità la possibilità di revisione in aumento del prezzo, le maggiorazioni, e
quindi la parte di margine di competenza, sono rilevate nell’esercizio in cui i lavori, che causano
l’aumento, sono eseguiti. Nel caso in cui l’appaltatore solleciti un aumento dell’importo
concordato, dato l’elevato grado di incertezza di incasso di quanto richiesto, è possibile iscrivere
a bilancio la porzione di competenza del corrispettivo aggiuntivo quando risulti certo o
ragionevolmente certo. Esso è ritenuto certo quando la richiesta di aumento del corrispettivo è
accettata dal committente prima della chiusura dell’esercizio; è definito ragionevolmente certo se
la richiesta, benché non ancora formalmente accettata, sarà accolta data l’analisi di informazioni
recenti ed esperienze passate.
I costi della commessa, con il metodo della percentuale di completamento, possono
comprendere gli oneri finanziari solo se:
- Sono un elemento determinante nella valutazione della redditività aziendale;
- Anticipi ed acconti non sono in grado di finanziare in modo esaustivo le spese sostenute
dall’impresa;
- Lo stato di avanzamento dei lavori non è determinato tramite misurazioni fisiche;
- I ricavi di vendita permettono il recupero degli interessi.
Per poter iscrivere a bilancio il valore delle rimanenze (Stato Patrimoniale CI3) e della
produzione eseguita (Conto Economico A3), e dunque la parte di margine di commessa maturata,

26
è necessario individuare un metodo volto a determinare lo stato di avanzamento dell’opera.
Esistono diverse metodologie ed il legislatore permette all’appaltatore di adottare il metodo più
consono alla tipologia di commessa in grado di misurare in maniera attendibile il lavoro eseguito
nel corso dell’esercizio. Fermo restando l’applicazione costante del metodo prescelto, le
metodologie che possono essere applicate si distinguono in due categorie: metodi basati sui valori
o dati di carico della commessa oppure metodi basati sulla misurazione della produzione.
Rientra nella prima categoria il metodo del costo sostenuto, con il quale l’azienda rapporta i
costi già sostenuti con l’ammontare totale dei costi di commessa stimati per il completamento
dell’opera. Ciò permette di determinare una percentuale di completamento che verrà applicata al
totale dei ricavi stimati calcolando il valore attribuito ai lavori fino a quel momento eseguiti.
Tuttavia, nel caso in cui i costi già sostenuti facessero riferimento a lavori futuri, ad esempio
l’acquisto di materie prime che verranno utilizzate nell’esercizio successivo, essi verranno sospesi
e valutati secondo i criteri adottati per la valutazione delle rimanenze finali come da principio
contabile nazionale OIC 13. Nell’eventualità in cui le componenti realizzate ad hoc per la
commessa non siano state ancora installate sull’opera, le spese sostenute per i suddetti elementi
sono inclusi nel calcolo dello stato di avanzamento dei lavori. Le stime dei costi possono essere
aggiornate durante il periodo di realizzazione dell’opera, comportando una variazione di costi e
ricavi inizialmente previsti. Di conseguenza, la variazione del margine di commessa è ritenuta di
competenza dell’esercizio in cui avviene la revisione.
Con il metodo delle ore lavorate, classificato anch’esso nella prima categoria, viene
rapportato il numero di ore lavorate con il numero totale di ore previste per il completamento
dell’opera al fine di valutare lo stato di avanzamento dei lavori. Nell’eventualità di lavori svolti
presso terzi, il valore dell’opera viene calcolato assimilando il numero di ore impiegata dal
subappaltatore come se fossero state impiegate internamente. Il metodo, che evidenzia
l’importanza del fattore lavoro nel compimento dell’opera, viene adottato per commesse
significative e complesse dove il costo dei materiali non permetterebbe di valutare in modo
adeguato il valore del bene prodotto.
Appartenente alla seconda categoria è il metodo delle unità consegnate. Il criterio viene
utilizzato nel caso di lavorazioni per commesse che prevedono la fornitura di più prodotti uguali
o omogenei. La bassa variabilità dei ricavi, dei costi, e quindi, del margine di commessa consente
la valutazione delle singole unità consegnate classificando i prodotti non ancora recapitati al
cliente come rimanenze di magazzino e valutati al costo di produzione.
Da ultimo, il metodo delle misurazioni fisiche appartenente anch’esso alla seconda categoria,
prevede la misurazione delle quantità prodotte e valutandole in base al prezzo contrattuale
comprensivo di eventuali revisioni. È dunque necessario che il contratto preveda un prezzo

27
specifico per ogni singola unità prodotta e sia mantenuto lo stesso margine di commessa per ogni
componente accettato dal cliente. Il sostenimento di spese imputabili a componenti o lavorazioni
non ancora realizzate comporta la loro sospensione e valutazione tramite le regole previste dal
principio contabile nazionale OIC 13.
Per poter analizzare il metodo della percentuale di completamento si consideri il medesimo
esempio esposto in precedenza di seguito riportato.
L’azienda Alpha ha stipulato un contratto di appalto con l’azienda Beta per la realizzazione
di una cantina. Alpha prevede un costo per la realizzazione dell’opera, che si concluderà dopo
cinque anni dal suo inizio, pari a €5.000.000,00 e verranno così ripartiti:
- 1° anno: 25% del costo stimato, (€1.250.000,00);
- 2° anno: 20% del costo stimato, (€1.000.000,00);
- 3° anno: 20% del costo stimato, (€1.000.000,00);
- 4° anno: 20% del costo stimato, (€1.000.000,00);
- 5° anno: 15% del costo stimato, (€750.000,00).
Il margine di contribuzione è pari a €2.000.000,00 che permette di concordare un prezzo tra
parti di €7.000.000,00.

Tabella 8: Esempio del metodo della percentuale di completamento


COSTO DI ESISTENZE RIMANENZE
RICAVO
PRODUZIONE INIZIALI FINALI
1° anno 1.250.000,00 € 0€ 1.750.000,00 € 0€
2° anno 1.000.000,00 € 1.750.000,00 € 3.150.000,00 € 0€
3° anno 1.000.000,00 € 3.150.000,00 € 4.550.000,00 € 0€
4° anno 1.000.000,00 € 4.550.000,00 € 5.950.000,00 € 0€
5° anno 750.000,00 € 5.950.000,00 € 0€ 7.000.000,00 €

La tabella 8 illustra i valori riportati rispettivamente nelle macroclassi B ed A di Conto


Economico. In particolare, come esposto nell’esempio precedente, i costi vengono classificati per
natura ed in base a ciò inseriti nella voce opportuna.
Il metodo della percentuale di completamento valuta la porzione di opera già completata,
applicando una percentuale al corrispettivo contrattualmente concordato tra le parti. Nell’esempio,
dove è stato applicato il criterio del metodo del costo sostenuto, la percentuale impiegata nel
calcolo è data dal rapporto tra i costi sostenuti fino al termine dell’esercizio ed i costi stimati per
il completamento dell’opera. Ad esempio, alla fine del terzo anno sono già stati complessivamente
sostenuti (1.250.000+1.000.000+1.000.000) = 3.250.000 pari al (3.250.000/5.000.000)*100 =
65% del totale dei costi. Il valore delle rimanenze finali, inserito nella voce CI3 di Stato
Patrimoniale, è dunque pari a (7.000.000*65/100) = 4.550.000.

28
Il completamento della commessa e il trasferimento di benefici e rischi al cliente comporta
la rilevazione a Conto Economico del ricavo d’esercizio. Un aspetto peculiare di questo metodo è
la differente registrazione del margine di commessa se confrontata con il metodo alternativamente
previsto dal principio contabile OIC 23. Il margine, sempre pari a €2.000.000,00
indipendentemente dal metodo di rendicontazione utilizzato, emerge infatti già a partire dal primo
anno di lavori consentendo all’azienda di segmentare i ricavi derivanti dalla commessa durante
tutta la durata del contratto.

3.3.3 – UN CONFRONTO TRA I METODI


Dopo aver analizzato singolarmente i metodi utilizzati per la valutazione dei lavori in corso
su ordinazione, è opportuno confrontare vantaggi e svantaggi dell’applicazione di uno e dell’altro.
Per poter agevolare la comprensione si consideri la seguente tabella riassuntiva degli esempi
analizzati in precedenza.

Tabella 9: Confronto tra metodi previsti dall'OIC 23

COMMESSA COMPLETATA PERCENTUALE DI COMPLETAMENTO


Marg. Valore A3 Conto Valore CI3 Stato Marg. Valore A3 Conto Valore CI3 Stato
Contribuzione Economico Patrimoniale Contribuzione Economico Patrimoniale
1° anno 0€ 1.250.000,00 € 1.250.000,00 € 500.000,00 € 1.750.000,00 € 1.750.000,00 €
2° anno 0€ 1.000.000,00 € 2.250.000,00 € 400.000,00 € 1.400.000,00 € 3.150.000,00 €
3° anno 0€ 1.000.000,00 € 3.250.000,00 € 400.000,00 € 1.400.000,00 € 4.550.000,00 €
4° anno 0€ 1.000.000,00 € 4.250.000,00 € 400.000,00 € 1.400.000,00 € 5.950.000,00 €
5° anno 2.000.000 € - 4.250.000,00 € 0€ 300.000,00 € - 5.950.000,00 € 0€

Sebbene il metodo della commessa completata sia più prudente rispetto al metodo della
percentuale di completamento, espone l’azienda a subire risultati reddituali irregolari a seguito del
riconoscimento dell’intero margine in un unico esercizio, nel momento del trasferimento
dell’opera al cliente. Questa differenza si manifesta tramite i diversi valori che vengono riportati
nella voce A3 di Conto Economico applicando l’uno o l’altro metodo.
Adottando il metodo che predilige il rispetto del principio della prudenza, indici come ROE22
e ROI23, importanti indicatori di redditività, possono subire significative variazioni in un periodo
temporale relativamente breve comportando la mancanza di comparabilità dei risultati tra i diversi
periodi (Quagli, 2021).

22 𝑟𝑒𝑑𝑑𝑖𝑡𝑜 𝑛𝑒𝑡𝑡𝑜
ROE: Return On Equity = , misura la redditività del capitale proprio aziendale
𝑝𝑎𝑡𝑟𝑖𝑚𝑜𝑛𝑖𝑜 𝑛𝑒𝑡𝑡𝑜

23 𝑟𝑒𝑑𝑑𝑖𝑡𝑜 𝑜𝑝𝑒𝑟𝑎𝑡𝑖𝑣𝑜
ROI: Return On Investment = , misura la capacità degli investimenti effettuati di generare
𝑐𝑎𝑝𝑖𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑖𝑛𝑣𝑒𝑠𝑡𝑖𝑡𝑜 𝑛𝑒𝑡𝑡𝑜
reddito

29
Inoltre, in un sistema fiscale basato sul pagamento di acconti calcolati sull’importo delle
imposte dell’esercizio precedente, l’irregolarità del risultato d’esercizio non agevola l’azienda.
Essa si troverà a dover pagare un ammontare particolarmente elevato nel caso in cui l’esercizio
precedente di riferimento corrisponde a quello nel quale il bene viene consegnato e quindi il
margine di contribuzione rilevato a Conto Economico generando un utile cospicuo.
Approfondendo il regime fiscale delle commesse, l’art. 93 del TUIR impone alle imprese la
valutazione dei lavori in corso su ordinazione secondo il criterio della percentuale di
completamento. Dunque, nel caso in cui l’azienda adotti il metodo della commessa completata, si
genererebbe “un doppio binario civile e fiscale in quanto contabilmente i ricavi ed il margine di
commessa sono riconosciuti solo quanto il contratto è completato […] mentre fiscalmente si
applica l’art. 93 del TUIR” (Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti
Contabili; Fondazione Nazionale dei Commercialisti, 2019).
Nonostante la poca costanza in termini di marginalità e le ricadute fiscali poco agevoli,
questo metodo rimane comunque prediletto per le aziende che si trovano a dover completare
commesse particolarmente rischiose e caratterizzate dalla possibilità di dover sostenere spese
inattese durante la realizzazione dell’opera.

3.4 – LA NOTA INTEGRATIVA


Il principio contabile nazionale OIC 23 regola il contenuto della Nota Integrativa in ambito
lavori in corso su ordinazione prevedendo una serie di informazioni che devono essere inserite. In
particolare è necessario indicare il metodo di valutazione utilizzato, commessa completata o
percentuale di completamento, la metodologia applicata per monitorare lo stato di avanzamento
dei lavori, i criteri di contabilizzazione dei costi per l’acquisizione della commessa, nonché dei
costi pre-operativi e successivi al trasferimento dell’opera realizzata. Inoltre, deve specificare il
trattamento contabile degli oneri finanziari e delle perdite probabili se verificate. La Nota
Integrativa precisa in aggiunta la distinzione tra anticipi ed acconti, la presenza di impegni assunti
per opere non ancora eseguite e gli effetti che derivano dalla revisione dei preventivi.

30
4 – IL CASO CAVIT SC
Dopo aver analizzato i principi contabili OIC 13 e OIC 23 si svolgerà in questa parte
conclusiva dell’elaborato uno studio empirico basato su un caso aziendale reale. L’analisi si
concentrerà sulla valutazione delle rimanenze di magazzino iscritte nel bilancio 2021/2022 della
società cooperativa Cavit Cantina Viticoltori Consorzio Cantine Sociali del Trentino SC.
Quest’ultima, a differenza di molte aziende in Italia che chiudono il proprio esercizio in data 31/12,
redige annualmente il bilancio analizzando le scritture contabili avvenute tra 1/6/n e 31/05/n+1.
Questa scelta, adottata da tutte le cantine che appartengono al gruppo, permette di seguire la
stagionalità delle materie prime utilizzate dall’impresa, uva e vini prodotti durante l’anno.

4.1 – LE ORIGINI DI CAVIT SC


La storia di Cavit SC inizia nel 1950 da un gruppo di viticoltori che, spinti dalla volontà di
valorizzare i prodotti coltivati, si associano dando vita al Consorzio di Cantine Sociali. Assistere
gli associati, promuovere la cultura del vino in trentino, fornire formazione e aiuto ai propri
consorziati sono gli obiettivi alla base del contratto di consorzio24. Le remunerazioni molto basse
e la poca struttura delle singole cantine, focalizzate principalmente sulla produzione, pongono in
secondo piano la commercializzazione dei prodotti. Ciò spinge il consorzio ad intervenire per
favorire la vendita dei vini realizzati dai viticoltori consorziati, ritenuti di elevata qualità ma carenti
di strategie atte a collocare quanto realizzato sul mercato.
La sede, fino ad allora collocata nel centro del comune di Trento, nel 1964 viene spostata a
Ravina, frazione di Trento, ritenuta migliore dal punto di vista organizzativo e logistico. Nel corso
degli anni, a seguito dell’espansione aziendale, il nuovo quartier generale viene ampliato fino a
raggiungere gli attuali 80.000 m2 ed è in grado di contenere circa 300.000 ettolitri di vino stoccato.
Negli anni ’70 Cavit SC inizia un processo di internazionalizzazione basato sull’esportazione
dei prodotti finiti negli Stati Uniti. In particolare, l’intuizione di far conoscere il Pinot grigio, vino
all’epoca poco conosciuto e di limitata produzione ma con grandi potenzialità, favorisce
l’acquisizione di quote nel mercato statunitense. Questa scelta si rivela un successo e contribuisce
ad espandere l’esportazione dei prodotti che oggi rappresenta il 76% del volume d’affari della
cooperativa. Gli Stati Uniti non sono l’unico mercato di sbocco di Cavit SC; i prodotti sono infatti
presenti in Canada e in diversi paesi europei come Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Olanda,
Repubblica Ceca, Svezia e Svizzera.

24
“Con il contratto di consorzio più imprenditori istituiscono un’organizzazione comune per la disciplina o per lo
svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese.” (Codice Civile Italiano)

31
Gli impatti della crisi economica del 2009 non sono particolarmente significativi per
l’impresa che supera questa fase di stagnazione grazie ai legami commerciali creati in passato sui
mercati esteri. L’esportazione contribuisce a finanziare gli investimenti intrapresi nel paese di
origine, segno che per migliorare la situazione macroeconomica nazionale sono necessari sia gli
interventi pubblici che privati.
Nel 2013 Cavit SC coglie l’opportunità di ampliare l’area strategica d’affari della
spumantistica e acquisisce il 50,1% di Kessler Sekt & Co KG, impresa tedesca produttrice di
spumanti fondata nel 1826 a Esslingen am Neckar. La controllata utilizza vini base provenienti da
Cavit SC al fine di produrre spumanti di fascia premium e super premium. La spumantistica,
considerata uno degli asset strategici del consorzio, è infatti l’area sulla quale si concentrano gli
investimenti in ricerca e sviluppo e quelli più recenti in termini strategici come l’acquisizione della
società spumantistica Cesarini Sforza Spumanti spa avvenuta nel 2019. Nel medesimo anno viene
acquisito il 100% di Casa Girelli spa, impresa che si occupa, sin dalla sua fondazione nel 1800, di
imbottigliamento e commercializzazione di vini, e l’80% di GLV srl, impresa dedita alla vendita
di linee di spumanti (Palazzolo, 2018), (Ufficio Stampa Cavit, 2023).

4.2 - CAVIT NEL 2023


Cavit SC è una società cooperativa di secondo grado, ovverosia un consorzio di cooperative
persone giuridiche che riunisce undici cantine sociali e oltre 5.250 viticoltori della provincia
autonoma di Trento. La cooperativa si propone di “produrre e promuovere nel mondo un vino di
qualità, ottenuto con modalità responsabili e sostenibili, creando valore per i soci conferenti e per
il tessuto economico, sociale e produttivo del Trentino”, mission aziendale che è presente
all’interno del Codice Etico del Gruppo Cavit sottoscritto nel 2023 (Cavit SC, 2023).
Viticoltori e cantine consociate formano una rete in grado di coprire un’area pari al 60%
delle viti situate all’interno dei confini provinciali, rendendo l’impresa oggetto dell’analisi
protagonista nel panorama vinicolo all’interno del paese ed esempio di modello di cooperazione
unico in Italia per il quale è stata eletta miglior cantina cooperativa d’Italia nel 2018.
“Rendere il vino di qualità un piacere quotidiano da condividere è da sempre una missione
per Cavit” (Ufficio Stampa Cavit, 2023) che, grazie al meticoloso controllo delle proprie materie
prime, riesce a garantire una qualità elevata del prodotto ad un prezzo competitivo. Per poter
garantire un certo grado di qualità, Cavit SC collabora con l’Istituto Agrario di San Michele
all’Adige, volto a formare tecnici qualificati, e si avvale della tecnologia PICA. Quest’ultima,
acronimo di Piattaforma Integrata Cartografica Agriviticola, è una tecnologia nata in
collaborazione con la Fondazione Edmund Mach e la Fondazione Bruno Kessler che permette
l’implementazione di una viticoltura intelligente ed ecosostenibile basata sulla viticoltura di

32
precisione. Il sistema fornisce in tempo reale su computer, tablet o smartphone dati che
comprendono l’umidità, la temperatura, gli sbalzi termici e restituisce informazioni
quotidianamente. Ciò permette non solo di elaborare modelli previsionali a supporto di decisioni
in merito al tipo di coltivazione adatta alla tipologia di terreno a cui fanno riferimento i dati, ma
anche di limitare l’utilizzo di risorse idriche quando non necessario. Inoltre il sistema è in grado
di pianificare la fase di vendemmia, fondamentale per garantire al prodotto finale un determinato
profilo enologico e renderlo unico dal punto di vista qualitativo.
Prima di poter analizzare la attività di cui si occupa l’impresa oggetto dell’analisi, è
necessario definire le attività svolte da ogni soggetto all’interno del consorzio. Il processo inizia
dai 5.250 soci viticoltori. Essi si occupano della cura del terreno, della coltivazione della vite e
della raccolta dell’uva. Nello svolgimento di queste attività vengono supportati dagli agronomi
Cavit SC che, grazie alla tecnologia PICA, assistono ed aiutano i soci viticoltori nella gestione del
vigneto. Non mancano le collaborazioni con la Fondazione Edmund Mach e la Fondazione Bruno
Kessler mirate alla ricerca e all’attività di assistenza in campagna. Una volta terminata la fase di
maturazione del frutto e di vendemmia, il raccolto, particolarmente soggetto a fattori che non
possono essere controllati, come il clima, viene vinificato dalle undici cantine associate, assistite
dagli enologi Cavit SC che analizzano la qualità del vino. Superati i controlli il processo prosegue
all’interno dei magazzini Cavit SC dove l’azienda si occupa di trasformare i vini base in vini
tranquilli, frizzanti e spumanti, imbottigliare i medesimi e commercializzarli. Il consorzio vende i
propri prodotti sul mercato nazionale a clienti quali la GDO e Ho.Re.Ca a differenza di quanto
avviene sul mercato internazionale dove la clientela è composta da distributori, retailer diretti,
private ed exclusive label (Cavit SC, 2018). Da ultimo, l’adozione di pratiche di marketing
permette a Cavit SC di far conoscere i prodotti dei soci e ricevere prestigiosi premi internazionali
a seguito delle partecipazioni a concorsi enologici.
Non manca l’impegno in ambito sociale e sostenibile; “la cultura della sostenibilità e della
tutela delle ricchezze naturali e paesaggistiche del territorio è per il Gruppo Cavit una filosofia
di vita, nonché parte integrante della propria strategia” (Cavit SC, 2023). Di spicco è la
Certificazione Agroalimentare Biologico che certifica la produzione agroalimentare nel rispetto
della naturale fertilità dell’ecosistema del suolo, la salubrità dei prodotti e rafforza la sostenibilità
senza l’utilizzo di prodotti di sintesi (Cavit SC, 2022).
Il gruppo ad oggi si compone di 5 imprese: Cavit SC individuata come società capogruppo,
Cesarini Sforza, controllata al 100%, Casa Girelli, controllata al 100%, GLV, controllata al 80%
e Kessler Sekt, controllata al 50,1% (Cavit SC, 2022). I rapporti tra capogruppo e controllate si
basano principalmente sulla fornitura di vini, pratiche di consulenza in merito al sistema
produttivo, servizi di ricerca dei fornitori e analisi di laboratorio. (Cavit SC, 2018).

33
Il futuro della società vede la costante crescita sui mercati esteri supportata dall’aumento
delle esportazioni senza però dimenticare il mercato nazionale, 2° in termini di numero di bottiglie
vendute, e le eventuali opportunità di crescita per acquisizione che si dovessero manifestare.

4.3 – UNA PANORAMICA GENERALE


Prima di approfondire i metodi con i quali Cavit SC attribuisce un valore alle proprie
rimanenze di magazzino è bene presentare il consorzio da un punto di vista contabile analizzando
la destinazione dell’utile d’esercizio, la struttura patrimoniale ed economica e verificare la
presenza di equilibrio nel breve, medio e lungo termine.
Cavit SC ha un fatturato di €211.286.576 e le risorse umane impiegate sono pari a 203
suddivisi in dirigenti, quadri, impiegati ed operai. Il risultato economico positivo durante
l’esercizio 2021/2022 è pari a €5.902.546,00. È doveroso precisare che a differenza delle società
di capitali, le società cooperative non distribuiscono l’utile sottoforma di dividenti ma il beneficio
tratto dai singoli soci di Cavit SC deriva da un prezzo di conferimento favorevole a questi ultimi.
La proposta di distribuzione dell’utile è infatti così ripartita:

UTILE D’ESERCIZIO: 5.902.546


3% a fondo mutualistico Promocoop spa: 117.077
30% a Riserva legale: 1.770.764
Riserva statutaria: 3.954.705

4.3.1 – ANALISI DI STRUTTURA


Analizzare l’equilibrio patrimoniale e verificare la presenza di una struttura solida può essere
utile sia a soggetti interni, come il management, che a soggetti esterni, come i finanziatori, al fine
di prendere decisioni che potrebbero modificarne la stabilità come la richiesta di un prestito,
l’emissione di obbligazioni, l’aumento del capitale sociale o l’acquisto di un’immobilizzazione.
Indagare l’affidabilità finanziaria nel breve, medio e lungo termine è un compito arduo che
inizia con un’operazione di riclassificazione dello schema di Stato Patrimoniale. Così come
proposto dal art. 2424 del Codice Civile, il prospetto non facilita infatti la comprensione del grado
di liquidità o solidità patrimoniale. La tabella 10 propone la riclassificazione dello Stato
Patrimoniale di Cavit SC attraverso il criterio finanziario permettendo più agevolmente di
calcolare indici e quozienti atti a verificare la presenza di equilibrio tra fonti e impieghi.

34
Tabella 10: Stato Patrimoniale riclassificato secondo il criterio finanziario

ATTIVO FISSO PATRIMONIO NETTO


IMMOBILIZZAZIONI IMMATERIALI capitale 8.522.880
diritti di brevetto 62.807 riserva di rivalutazione 1.128.095
concessioni, licenze, marchi e diritti
44.000 riserva legale 22.770.054
simili
altre 179.505 riserve statutarie 58.964.566
riserva straordinaria 310.751
IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI altre riserve 8.723.443
terreni e fabbricati 24.850.832 utile d'esercizio 5.902.546
impianti e macchinari 12.156.340 TOTALE PATRIMONIO NETTO 106.322.335
attrezzature industriali e commerciali 761.422
altri beni 747.672
immob. In corso 76.195

IMMOBILIZZAZIONI FINANZIARIE
crediti v/soci versamenti ancora dovuti 431.646
partecipazioni in
- imprese controllate 29.266.713
- altre imprese 1.810.611
crediti v/imp controllate 5.000.000 PASSIVO CONSOLIDATO
fondi di trattamento di quiescenza e
crediti v/altri 8.540 650.931
obblighi simili
crediti tributari 84.937 altri fondi 4.239.904
crediti v/altri 340.978 tfr 947.458
debiti v/banche 6.045.062
TOTALE ATTIVO FISSO 75.822.198 TOTALE PASSIVO CONSOLIDATO 11.883.355

ATTIVO CORRENTE PASSIVO CORRENTE


DISPONIBILITA' debiti v/banche 2.161.571
materie prime, sussidiarie e di consumo 37.202.003 acconti 353.798
prodotti in corso di lavorazione e
9.166.249 debiti v/fornitori 94.761.522
semilavorati
prodotti finiti e merci 13.379.419 debiti v/imp controllate 689.595
acconti 61.208 debiti tributari 311.516
risconti 521.296 debiti v/istituti di previdenza 577.157
TOTALE DISPONIBILITA' 60.330.175 altri debiti 3.736.185
ratei e risconti 9.642.391
LIQUIDITA' DIFFERITE TOTALE PASSIVO CORRENTE 112.233.735
crediti v/imp controllate 119.429
crediti v/altri 10.903
crediti v/clienti 43.460.181
crediti v/imp controllate 4.736.133
crediti tributari 1.976.066
crediti v/altri 770.870
attività finanziarie per la gestione
219.529
accentrata della tesoreria
ratei 86.061
TOTALE LIQUIDITA' DIFFERITE 51.379.172

LIQUIDITA' IMMEDIATE
desositi bancari e postali 42.907.258
denaro e valori in cassa 622
TOTALE LIQUIDITA' IMMEDIATE 42.907.880

TOTALE ATTIVO CORRENTE 154.617.227

TOTALE ATTIVO 230.439.425 TOTALE PASSIVO 230.439.425

35
Uno degli indici calcolati a questo scopo è il quoziente di struttura primario. Esso permette
di indagare se le fonti messe a disposizione dai soci, in primo luogo il capitale sociale, sono in
grado di coprire gli impieghi di medio e lungo temine, come le immobilizzazioni.

𝑚𝑒𝑧𝑧𝑖 𝑝𝑟𝑜𝑝𝑟𝑖 106.322.335


Quoziente di struttura primario = = = 1,40
𝑎𝑡𝑡𝑖𝑣𝑜 𝑓𝑖𝑠𝑠𝑜 75.822.198

Il valore 1,40 esprime la capacità dell’impresa di finanziare le proprie immobilizzazioni


materiali, immateriali e finanziarie nel medio e lungo termine. Si può dunque affermare che la
cooperativa gode di una buona solidità che deriva dall’accantonamento dell’utile maturato durante
gli esercizi a riserve, permettendo di aumentare il valore dei mezzi propri a disposizione senza
dover ricorrere a mezzi esterni di finanziamento nel caso di investimenti, come l’acquisto di beni
strumentali. Lo stesso risultato può essere ottenuto calcolando il margine di struttura primario.

Margine di struttura primario =mezzi propri – attivo fisso =


=106.322.335 – 75.822.198 = 30.500.137

La differenza positiva tra i mezzi propri e l’attivo fisso rimarca la capacità di Cavit SC di
coprire quest’ultimo.
Nel caso in cui il quoziente di struttura primario fosse inferiore a 1 ed il relativo margine di
struttura primario fosse negativo, è opportuno calcolare il quoziente di struttura secondario ed il
relativo margine. Nell’esempio ciò non si verifica ma al fine di poter rimarcare la solidità
dell’impresa oggetto di analisi si propongono i seguenti calcoli.

𝑚𝑒𝑧𝑧𝑖 𝑝𝑟𝑜𝑝𝑟𝑖+𝑝𝑎𝑠𝑠𝑖𝑣𝑜 𝑐𝑜𝑛𝑠𝑜𝑙𝑖𝑑𝑎𝑡𝑜


Quoziente di struttura secondario = =
𝑎𝑡𝑡𝑖𝑣𝑜 𝑓𝑖𝑠𝑠𝑜
106.322.335+11.883.355
= = 1,56
75.822.198

Margine di struttura primario =mezzi propri + passivo consolidato – attivo fisso =


=106.322.335 + 11.883.355 – 75.822.198 = 42.383.492

Il risultato affermato in precedenza con l’analisi del quoziente e del margine di struttura
primario viene ulteriormente confermato dai valori espressi dal quoziente di struttura secondario
e dal relativo margine.
Conclusa l’analisi dell’equilibrio di medio/lungo periodo è opportuno verificare se l’impresa
è dotata della capacità di far fronte ai propri debiti di breve termine, calcolando il quoziente ed il
margine di tesoreria.

36
𝑙𝑖𝑞𝑢𝑖𝑑𝑖𝑡à 𝑖𝑚𝑚𝑒𝑑𝑖𝑎𝑡𝑒+𝑙𝑖𝑞𝑢𝑖𝑑𝑖𝑡à 𝑑𝑖𝑓𝑓𝑒𝑟𝑖𝑡𝑒
Quoziente di tesoreria = =
𝑝𝑎𝑠𝑠𝑖𝑣𝑜 𝑐𝑜𝑟𝑟𝑒𝑛𝑡𝑒
42.907.880 + 51.379.172
= = 0,84
112.233.735

Margine di tesoreria = liquidità immediate + liquidità differite – passività correnti =


= 42.907.880 + 51.376.172 – 112.233.735 = - 17.946.683

A differenza di una situazione particolarmente solida nel medio/lungo termine, Cavit SC


presenta alcune difficoltà nel finanziare i debiti a breve con le proprie liquidità immediate e
differite. Queste ultime comprendono quanto presente presso i depositi bancari e postali così come
i crediti esigibili entro l’esercizio 2022/2023. In linea teorica le liquidità immediate e l’incasso dei
crediti dovrebbero essere in grado di finanziare i debiti di breve, tuttavia, come si può notare dal
quoziente di tesoreria inferiore a 1 e dal relativo margine negativo, ciò non avviene. Si può dunque
affermare che la cooperativa deve ricorrere alle proprie rimanenze per poter mantenere un
equilibrio anche nel breve periodo. Per poter affermare quanto ipotizzato è utile calcolare il
quoziente ed il margine di disponibilità, noto come Capitale Circolante Netto (CCN).

𝑎𝑡𝑡𝑖𝑣𝑜 𝑐𝑖𝑟𝑐𝑜𝑙𝑎𝑛𝑡𝑒 154.617.227


Quoziente di disponibilità = 𝑝𝑎𝑠𝑠𝑖𝑣𝑜 𝑐𝑜𝑟𝑟𝑒𝑛𝑡𝑒 = = 1,38
112.233.735

Capitale circolante netto = attivo circolante – passività correnti =


= 154.617.227 – 112.233.735 = 42.383.492

Il quoziente, espressione del grado di solvibilità, è superiore a 1, valore che esprime la


perfetta capacità di un’impresa di utilizzare le attività più liquide e di immediata liquidazione per
pagare i debiti esigibili entro l’esercizio successivo. Nel caso in esame, l’impresa non solo è dotata
di questa competenza ma gode di un ulteriore margine disponibile, 42.383.492, in grado di far
fronte a rischi ed oneri imprevisti che dovessero abbattersi sull’attività.
Concludendo l’analisi dei quozienti e dei margini di struttura calcolati sullo schema di Stato
Patrimoniale secondo il criterio finanziario è possibile affermare che la cooperativa oggetto di
studio dispone di un elevato grado di liquidità e solidità patrimoniale. La capacità di far fronte ai
debiti di breve, medio e lungo termine deriva dallo scopo mutualistico intrinseco alla natura
cooperativa su cui si fonda Cavit SC. Essa infatti non distribuisce gli utili d’esercizio ma preferisce
destinarli a riserve, raggiungendo l’obiettivo di soddisfare i bisogni dei soci, le cantine sociali,
pagando un prezzo più elevato i conferimenti di questi ultimi.

37
4.3.2 – ANALISI DI REDDITIVITÀ
L’equilibrio economico tra costi e ricavi d’esercizio viene esaminato tramite l’analisi di
redditività. Similarmente a quanto avviene per il prospetto di Stato Patrimoniale, anche il prospetto
di Conto Economico fornito dal Codice Civile non è in grado di agevolare il calcolo degli indici
atti a verificare la presenza di questa stabilità. Si rivela dunque indispensabile riclassificare lo
schema attraverso il criterio del valore aggiunto, come riportato nella tabella 11.
Il prospetto così riclassificato è in grado di evidenziare, attraverso il valore aggiunto, la
ricchezza generata al fine di coprire i costi di produzione esterni, nello schema denominati consumi
netti. La differenza tra il valore aggiunto ed i costi interni derivanti dall’impiego di manodopera,
dall’utilizzo dei beni pluriennali e dalle svalutazioni effettuate esprime il reddito operativo
caratteristico. Quest’ultimo, sommato ai risultati della gestione accessoria, finanziaria e
straordinaria, costituisce il reddito pre-imposte dal quale vengono sottratte tasse e imposte per
ottenere il reddito d’esercizio.
Terminata la riclassificazione è possibile procedere al calcolo degli indici ROI e ROA, atti
ad analizzare la redditività dell’attività svolta e contestualmente conformi a confronti con
alternative di investimento che i soci potrebbero intraprendere.
L’indice ROI, Return On Investment, esprime la redditività della gestione caratteristica e
della relativa efficienza economica. Esso è calcolato come rapporto tra il reddito operativo ed il
capitale investito netto25. Nel caso di Cavit SC questo rapporto è pari a 0,0393.

𝑟𝑒𝑑𝑑𝑖𝑡𝑜 𝑜𝑝𝑒𝑟𝑎𝑡𝑖𝑣𝑜 7.362.326


ROI = 𝑐𝑎𝑝𝑖𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑖𝑛𝑣𝑒𝑠𝑡𝑖𝑡𝑜 𝑛𝑒𝑡𝑡𝑜 = = 0,0393
187.531.545

L’indice ROA, Return On Assets, misura la redditività degli asset impiegati dall’impresa per
svolgere la propria attività. Esso viene calcolato come segue anche se non mancano varianti che
utilizzano il reddito operativo e non il reddito d’esercizio:

𝑟𝑒𝑑𝑑𝑖𝑡𝑜 𝑛𝑒𝑡𝑡𝑜 5.902.546


ROA = = = 0,0256
𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑎𝑡𝑡𝑖𝑣𝑜 230.439.425

Il ROA di Cavit SC può essere espresso in termini percentuali, 2,56%, per rendere più
agevole il confronto con il tasso di interesse pagato sul capitale di debito. Un ROA superiore al
tasso di interesse esprime la capacità dell’impresa di generare valore rendendo l’accensione di un
prestito una decisione sostenibile.

25
Capitale investito netto = attivo fisso + disponibilità + liquidità differite

38
Tabella 11: Conto Economico riclassificato a valore aggiunto
Ricavi netti di vendita 211.286.576
variazione p. finiti, in lavorazione, semilavorati -554.161
altri ricavi e proventi 3.631.460
PRODOTTO INTERNO LORDO 214.363.875

Costi della produzione


- per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci 167.585.797
- per servizi 29.161.925
- per godimento di beni di terzi 1.401.598
variazione rimanenze mat. Prime, sussidiarie, consumo e merci -6.049.727
CONSUMI NETTI 192.099.593

VALORE AGGIUNTO 22.264.282

costo del lavoro


- salari e stipendi 9.405.735
- oneri sociali 1.499.597
- tfr 309.673

MARGINE OPERATIVO LORDO 11.049.277

ammortamenti e svalutazioni 3.686.951

REDDITO OPERATIVO CARATTERISTICO 7.362.326

proventi da partecipazioni 424.401


altri proventi finanziari 52.674
utile e perdite su cambi 22.679
oneri accessori 1.299.348
RISULTATO GESTIONE ACCESSORIA -799.594

REDDITO OPERATIVO GLOBALE 6.562.732

interessi e altri oneri 516.880

REDDITO DI COMPETENZA 6.045.852

REDDITO PRE-IMPOSTE 6.045.852

imposte e tasse 143.306

REDDITO NETTO D'ESERCIZIO 5.902.546

39
4.4 – LA VALUTAZIONE DELLE RIMANENZE DI MAGAZZINO
Cavit SC redige il bilancio d’esercizio nel rispetto dei principi contabili nazionali emanati
dall’Organismo Italiano di Contabilità e delle norme dettate dal Codice Civile. Viene quindi
rispettato il principio contabile OIC 13 secondo il quale le rimanenze di beni in magazzino devono
essere valutate al minore tra il costo di acquisto o produzione e il valore di realizzo desumibile
dall’andamento del mercato, come analizzato nei capitoli precedenti.
Nel corso dell’esercizio 2021/2022 Cavit non ha ricevuto alcun contributo in c/esercizio
volto a sostenere i costi di acquisto nelle materie prime. Inoltre, si segnala l’assenza di svalutazioni
che riguardano i beni contenuti in magazzino.
Per poter analizzare in modo chiaro ed ordinato la valutazione dei beni contenuti all’interno
del magazzino, verranno di seguito esaminati distintamente le rimanenze contenute all’interno dei
costi della produzione e quelle invece inserite nel valore della produzione.

4.4.1 – LE MATERIE PRIME, SUSSIDIARIE E DI CONSUMO


Le materie prime presenti in magazzino e collocate in Stato Patrimoniale, macroclasse C –
Attivo Circolante, classe I – Rimanenze, 1) Materie prime, sussidiarie e di consumo, si
compongono principalmente di vini sfusi conferiti dalle undici cantine socie della cooperativa, al
termine della vendemmia dell’anno 2021 pari a 411.315 ettolitri. Ogni vino viene valutato
singolarmente nel rispetto del principio contabile OIC 13 secondo il quale è necessario valutare
ogni categoria in modo autonomo e distinto dalle altre prestando attenzione ad inserire nella
valutazione gli eventuali oneri accessori di diretta imputazione. Nella valutazione di questi beni
Cavit SC si avvale del valore di mercato di riferimento applicando criteri prudenziali. In
particolare:
- I vini bianchi e rossi IGT e DOC di origine trentina sono stati valutati ad un prezzo
compreso tra €0,80 e €4,3026 mentre le tipologie Superiore e Riserva sono state valutate al
medesimo valore maggiorato del 20%;
- I vini bianchi comuni privi di denominazione IGP-DOP ed i vini IGP e DOP con
denominazioni interregionali non quotati dalla CCIAA di Trento sono stati valutati tra
€1,00 e €9,6027;
- I vini con denominazione IGT Pavia sono stati valutati €0,7028;

26
€0,80 e 4,30 sono rispettivamente il valore minimo ed il valore massimo presente all’interno del listino n.5 dei
prezzi all’ingrosso dei vini stilato dalla CCIAA di Trento nell’anno 2022
27
€1,00 e €9,60 sono rispettivamente il valore minimo ed il valore massimo della quotazione minima presente
all’interno della borsa merci della CCIAA di Verona in data 27/06/2022
28
€0,70 è la quotazione minima rilevata dalla CCIAA di Pavia, sezione Broni in data 10/06/2022

40
- I vini Prosecco DOC, IGT Terre Siciliane, Rosso IGT Trevenezie, Merlot IGT Trevenezie,
Sauvignon IGT Trevenezie e rosso generico senza IGP-DOC sono stati valutati al prezzo
indicato sul Corriere vitivinicolo n. 18 del 23/05/2022;
- I vini rosati privi di denominazione IGP-DOP sono stati valutati utilizzando una media fra
il valore del vino bianco generico e del vino rosso generico ovverosia 50% dal CCIAA di
Verona al 27/06/2022 e 50% vino rosso corriere vitivinicolo del 23/05/2022;
- I vini non quotati sul mercato e appartenenti a denominazioni particolari sono stati valutati
al valore di entrata;
- I vini giacenti dal 31/05/2021 sono stati valutati al medesimo valore attribuito in occasione
della chiusura d’esercizio precedente.
Al fine di facilitare la comprensione in merito alla valutazione dei vini si consideri la seguente
tabella riassuntiva.

Tabella 12: Prospetto riassuntivo della valutazione dei vini divisi per tipologia

VALUTAZIONE
TIPOLOGIA DI VINO
Valore minimo Valore massimo
Vini bianchi e rossi IGT e DOC € 0,80 € 4,30
Vini bianchi e rossi Superiore e Riserva € 0,96 € 5,16
Vini bianchi comuni privi di IGT-DOP
Vini IGP e DOP con denominazioni
€ 1,00 € 9,60
interregionali non quotati dalla CCIAA
di Trento
Vini IGT Pavia € 0,70
Vini Prosecco DOC
Vini IGT Terre Siciliane
Vini rossi IGT Trevenezie Prezzo Corriere vitivinicolo
Vini Merlot IGT Trevenezie n. 18 del 23/05/2022
Vini Sauvignon IGT Trevenezie
Vini rossi generici senza IGP-DOC
Media tra vini bianchi e rossi
Vini rosati privi di IGT-DOP
generici
Vini non quotati
Valore di entrata
Vini con denominazioni particolari
Medesimo valore di chiusura
Vini giacenti dal 31/05/2021
esercizio anno precedente

Le materie prime non composte da vino sfuso, le materie sussidiarie e di consumo vengono
valutate utilizzando il metodo del costo medio ponderato stratificato per anno, alternativo al
metodo del costo specifico. L’adozione di questa metodologia di valutazione, in deroga al
principio generale previsto dal principio contabile OIC 13 in precedenza esaminato, è possibile
41
data la natura fungibile dei beni oggetto di valutazione. Come emerge infatti dalla Nota Integrativa
contenuta nel bilancio d’esercizio, “l’impossibilità tecnica o amministrativa di mantenere distinta
ogni unità fisica in rimanenza” (Cavit SC, 2022) spinge l’impresa ad adottare il metodo del costo
medio ponderato stratificato per anno, nel corso dell’esercizio 2021/2022. Per quanto concerne gli
esercizi precedenti invece, fino all’esercizio 2019/2020 è stato adottato il metodo LIFO, mentre
nell’esercizio 2020/2021 è stato utilizzato il metodo FIFO.
Al fine di esaminare l’impatto del cambiamento della metodologia di valutazione per questo
tipo di beni si esamini la seguente tabella che riassume il metodo utilizzato, il valore iscritto
all’interno della voce Rimanenze, 1) Materie prime, sussidiarie e di consumo di Stato Patrimoniale
e nella voce B11) Variazione di rimanenze di materie prime, sussidiarie, consumo e merci di Conto
Economico.

Tabella 13: Prospetto che riassume il metodo di valutazione e i valori inseriti in bilancio

VALORE VARIAZIONE
ESERCIZIO METODO
STATO PATRIMONIALE A CONTO ECONOMICO
2018/2019 LIFO 25.346.808,00 € - 1.946.283,00 €
2019/2020 LIFO 26.269.913,00 € - 978.051,00 €
2020/2021 FIFO 31.516.114,00 € - 5.949.208,00 €
2021/2022 CMP 37.202.003,00 € - 6.049.727,00 €

Prima di procedere con il confronto è necessario formulare le seguenti ipotesi a causa della
mancanza di informazioni a disposizione:
1. Il valore imputato al vino sfuso iscritto a bilancio nella medesima categoria di materie
prime, sussidiarie e di consumo oggetto di analisi non è cambiato significativamente
tra i diversi esercizi presi in esame;
2. Le quantità riferite alle materie prime che non comprendono il vino sfuso, alle
materie sussidiarie, alle materie di consumo e alle merci non sono cambiate
significativamente tra i diversi esercizi considerati;
3. I beni contenuti in questa categoria sono materie prime secche di confezionamento
come bottiglie di vetro, tappi di sughero, capsule, carta e cartone;
4. Le differenze di valori tra i diversi esercizi sono dovute esclusivamente al
cambiamento del metodo di valutazione delle rimanenze.
Nel corso degli anni presi in considerazione il prezzo del vetro, materiale di cui sono fatte le
bottiglie in cui Cavit SC imbottiglia il vino conferito, è aumentato (European Central Bank, 2023).
Ritardi nella produzione, difficoltà nei trasporti dovuti alla pandemia ed il crescente aumento dei
prezzi dell’energia aggravato anche dal conflitto Russia-Ucraina sono alcuni dei fattori che hanno

42
comportato un aumento del 70% nel corso dell’anno 2022 di un materiale così indispensabile per
il settore vitivinicolo (Unione Vini Italiani, 2022). Ciò ha avuto un impatto negativo anche sul
gruppo che, come sottolineato in bilancio, ha comportato un lieve aumento del prezzo dei prodotti.
La caratteristica durevole delle bottiglie di vetro consente all’impresa di valutare queste
rimanenze di magazzino senza doversi preoccupare della loro deperibilità. Come sottolineato nel
primo capitolo, utilizzare il metodo LIFO significa iscrivere a bilancio le rimanenze entrate in
magazzino in tempi più remoti rispetto alla data di chiusura dell’esercizio contabile. In assenza di
fenomeni di inflazione o deflazione la metodologia suddetta non ha particolari svantaggi a
differenza invece di periodi inflattivi, dove i beni verranno sottovalutati, e di periodo deflattivi,
dove i beni verranno sopravvalutati.
Fino all’esercizio 2019/2020 Cavit ha valutato le proprie rimanenze di materie prime,
sussidiarie e di consumo attraverso il metodo LIFO, comportando una sottovalutazione di questi
beni nei primi due esercizi oggetto di analisi in quanto contraddistinti dalla presenza di fenomeni
inflattivi dovuti alle cause in precedenza descritte. Di conseguenza, il risultato d’esercizio ha
subito una contrazione tra gli esercizi 2018/2019 e 2019/2020.
Probabilmente spinti dai fenomeni inflattivi ed il conseguente rischio di sottovalutazione, gli
amministratori hanno preferito valutare le rimanenze di magazzino oggetto di analisi attraverso il
metodo FIFO. Quest’ultimo permette di allineare la valutazione dei prodotti in magazzino con
l’andamento dei prezzi sul mercato senza subire il rischio di sottovalutare i medesimi e comportare
un’ulteriore diminuzione del risultato d’esercizio.
L’esercizio concluso in data 31/05/2022 espone la valutazione delle rimanenze di materie
prime, sussidiarie e di consumo attraverso il metodo del costo medio ponderato, scelta
probabilmente giustificata dalla volontà di valutare più prudenzialmente questi beni.

4.4.2 – I PRODOTTI FINITI, SEMILAVORATI E IN CORSO DI LAVORAZIONE


Come descritto in precedenza, all’interno del magazzino sono presenti prodotti che non
hanno ancora terminato il processo di produzione; non sono ancora commercializzati ma si trovano
in un processo di invecchiamento che potrebbe proseguire per anni. Nell’attesa che il prodotto
possa essere messo sugli scaffali della GDO o distribuito al canale Ho.Re.Ca., sorgono due
problematiche da affrontare: la valutazione di questi prodotti e la loro conservazione. Come si
legge dalla Nota Integrativa, l’azienda decide di valutare le rimanenze di prodotti in corso di
lavorazione e semilavorati attraverso l’utilizzo del costo standard specifico, in linea con quanto
previsto dal principio contabile OIC 13 prestando attenzione a confrontare questo valore con
quello di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato per poter iscrivere il minore in
bilancio. La questione della conservazione del vino viene invece risolta attraverso l’adozione di

43
meccanismi di controllo. Ciò permette all’impresa di monitorare il processo di invecchiamento
senza incorrere nel rischio di veder trasformare il vino contenuto nella botte in aceto. Nel caso in
cui questo evento dannoso dovesse accadere, l’azienda è tenuta a svalutare le rimanenze di prodotti
in corso di lavorazione, imputando direttamente una valutazione minore a bilancio oppure,
adottando il metodo indiretto, istituire un apposito fondo.
Per quanto concerne la valutazione dei prodotti finiti, i bilanci degli esercizi 2018/2019,
2019/2020, 2020/2021, 2021/2022 non specificano il criterio adottato, a differenza di quanto
avviene per i bilanci degli esercizi 2015/2016, 2016/2017, 2017/2018 dove si precisa l’adozione
del costo specifico. È quindi possibile ipotizzare che il criterio basato sul costo specifico venga
mantenuto nel tempo.
I valori inseriti in Stato Patrimoniale, macroclasse C – Attivo Circolante, classe I –
Rimanenze, sono pari a €9.166.249, per i prodotti in corso di lavorazione e semilavorati, e a
€13.379.419 per i prodotti finiti e le merci. A Conto Economico nella voce A2 è stato inserito un
valore di €-554.161. Il segno negativo imputato alla voce A2 segnala la presenza di rimanenze
finali inferiori alle esistenze iniziali per questa tipologia di beni in magazzino.

4.5 – I PROBLEMI DI VALUTAZIONE


Per conferire le uve presso una cantina è necessario stipulare un contratto di compravendita
tra la stessa ed il viticoltore in cui l’effettivo prezzo di vendita, basato sulla tipologia di vino e
sulla relativa qualità, verrà confermato al termine della fase di raccolta e conferimento presso
l’impresa. La medesima tipologia di contratto viene siglata tra la cantina sociale e Cavit SC.
Ipotizzando una situazione in cui la chiusura del bilancio d’esercizio di Cavit SC dovesse avvenire
in assenza di un prezzo certo, il consorzio si troverebbe a dover valutare le proprie rimanenze di
magazzino al prezzo di vendita presente nel contratto. Il principio contabile OIC 13 garantisce
infatti la possibilità agli amministratori di valutare i beni presenti in magazzino, per i quali è stato
preventivamente concordato un prezzo di vendita, utilizzando proprio il valore stabilito dalle parti
in quanto ritenuto certo. Si presume dunque che le parti non abbiano alcun motivo per non
rispettare quanto stabilito in sede di stipula del accordo. L’incertezza del prezzo, che come
descritto dipende da parametri misurati dopo diversi mesi, non permette agli amministratori della
cantina di adottare questo metodo di valutazione, ritenendo più opportuno stimare il valore del
vino con prudenza.
Per poter analizzare gli impatti sul bilancio d’esercizio di una valutazione più prudenziale si
consideri l’esempio seguente.
Cavit SC e una cantina stipulano in data 1/7/n un contratto di conferimento del vino che
verrà realizzato con le uve raccolte durante il periodo di vendemmia nel mese di settembre.

44
L’accordo stabilisce il pagamento in data 1/7/n+1 di €2 al litro di vino prodotto, prezzo diminuito
del 15% nel caso in cui il vino ottenuto dalle uve conferite non abbia raggiunto un adeguato livello
di grado alcolico, 12%, entro il giorno del pagamento. Nel mese di settembre l’uva viene raccolta,
conferita in cantina e lavorata fino ad ottenere 1.500 litri di vino che viene stipato nelle botti di
Cavit SC, pronto alla fase di invecchiamento. Al fine di poter redigere il bilancio d’esercizio, in
data 31/5/n+1 il consorzio si trova a dover valutare il vino contenuto in magazzino, nelle botti. Gli
amministratori valutano i prodotti in corso di lavorazione attraverso il criterio del costo specifico
di produzione. Nell’esempio, il costo specifico è dato dai costi delle materie prime (€2 al litro
come concordato dal contratto) e una quota pari a €0,80 imputata a costi legati alla manodopera e
all’ammortamento. Il prezzo al quale il vino, prodotto in corso di lavorazione, dovrebbe essere
valutato, è dunque pari a €2,80. Dopo aver effettuato i test di qualità, che hanno rivelato il mancato
raggiungimento del grado alcolico stabilito dal contratto, gli amministratori decidono di valutare
prudenzialmente quanto contenuto in magazzino. In particolare, la quota legata alla manodopera e
agli ammortamenti verrà mantenuta pari a €0,80 mentre il valore imputato alle materie prime sarà
pari a €2,00-15%= €1,70. Il vino verrà dunque valutato ad un prezzo di 1,70+0,80 = €2,50.
Per poter facilitare la comprensione dell’analisi che verrà svolta in seguito, si consideri il
seguente prospetto riassuntivo di Conto Economico dove Conto Economico 1 utilizza €2,80 per la
valutazione dei prodotti in corso di lavorazione, mentre Conto Economico 2 li valuta a €2,50.
Tabella 14: Prospetto riassuntivo di Conto Economico
CONTO ECONOMICO 1 CONTO ECONOMICO 2
(€2,80) (€2,50)
A) Valore della produzione
1) Ricavi delle vendite
30.000,00 € 30.000,00 €
e delle prestazioni
2) Variazioni delle rimanenze di
prodotti in corso di lavorazione, 4.200,00 € 3.750,00 €
semilavorati e finiti
Totale 34.200,00 € 33.750,00 €

B) Costi della produzione


Totale 23.000,00 € 23.000,00 €

Differenza tra
11.200,00 € 10.750,00 €
valore e costi della produzione

C) Proventi e oneri finanziari

D) Rettifiche di valore di attività e


passività finanziarie

E) Risultato prima delle imposte 11.200,00 € 10.750,00 €


20) Imposte sul reddito dell'esercizio,
correnti, differite e anticipate
21) Utile (perdite) dell'esercizio 11.200,00 € 10.750,00 €

45
Ipotizzando l’assenza di rimanenze iniziali e finali di semilavorati, prodotti finiti ed esistenze
iniziali di prodotti in corso di lavorazione, il valore inserito in A2 è calcolato come segue:

Conto Economico 1
A2 = rimanenze finali – esistenze iniziali
= [1.500 * (2,00 + 0,80)] – [0] = €4.200,00

Conto Economico 2
A2 = rimanenze finali – esistenze iniziali
= [1.500 * (1,70 + 0,80)] – [0] = €3.750,00

I costi della produzione, pari a €23.000,00 in entrambi i prospetti di Conto Economico sono
comprensivi dei costi imputati agli ammortamenti e al personale. Il valore non differisce tra i due
prospetti in quanto il costo delle materie prime verrà inserito nello schema previsto dall’art. 2425
del Codice Civile solo dopo aver confermato il prezzo di vendita, nell’esempio in data 1/07/n+1.
In assenza di proventi e oneri finanziari così come rettifiche di valore di attività e passività
finanziarie ed imposte, la voce E21 presenta l’utile dell’esercizio pari a €11.200,00 nel prospetto
1 e pari a €10.750,00 nel prospetto 2. Valutare i prodotti in corso di lavorazione a €2,50 anziché a
€2,80 riduce l’utile dell’esercizio del 4,02%29. La minor valutazione delle rimanenze di magazzino
ha un duplice impatto all’interno del prospetto di Conto Economico. In particolare avviene una
diminuzione del valore della produzione, i prodotti in corso di lavorazione sono soggetti ad una
valutazione minore rispetto a quanto previsto. Inoltre, le cantine vedranno diminuire il proprio
profitto a causa di un minor prezzo di vendita imposto da Cavit SC. Ciò conduce a riflettere sul
vero significato attribuito all’utile d’esercizio nel caso in cui quest’ultimo venga realizzato da
consorzi e società cooperative. Come già approfondito nei paragrafi precedenti, lo scopo
mutualistico del consorzio di cooperative si realizza nel momento in cui i soci, nel caso di Cavit
SC le cantine sociali, ottengono un prezzo di vendita superiore a quello che otterrebbero sul
mercato oppure vendendo il prodotto ad altri soggetti. Questo porta a pensare che il valore
attribuito ai conferimenti di vino tenda ad essere superiore al mero punto di incontro tra domanda
e offerta.

10750∗100
29
4,02 = 100 –
11200

46
5 - CONCLUSIONE
La valutazione delle rimanenze di magazzino è un tema di vitale importanza che gli
amministratori devono trattare con cura e precisione nel momento di redazione del bilancio
d’esercizio.
Se da un lato i prodotti finiti sono frutto di un lungo processo di trasformazione che gli
amministratori seguono passo dopo passo e cercano di valorizzare al meglio, dall’altro rimangono
oggetto di problematiche affrontate nel corso di questo elaborato, primo fra tutti la loro
obsolescenza agli occhi del consumatore finale. Ciò li rende il punto di incontro di due visioni
opposte; quella del management, che cerca di massimizzare il profitto, e quella del cliente volto a
minimizzare la spesa che è costretto a sostenere per soddisfare i propri bisogni. Bene fungibile o
meno, durevole o deperibile, lavoro in corso su ordinazione o di immediata realizzazione, ciò che
realmente desta difficoltà è la sua valutazione che rende l’argomento oggetto delicato e ricco di
controversie ma allo stesso tempo affascinante e unico nel suo genere. La volontà del legislatore
di uniformare i criteri di valutazione ha comunque lasciato un certo margine di libertà agli
amministratori che sono tenuti ogni anno ad attribuire un valore alle rimanenze di magazzino
rispettando sempre e in ogni caso il principio della prudenza.
Materie prime, sussidiarie e di consumo sono le fondamenta sulle quali il prodotto verrà
dapprima progettato ed in seguito realizzato rendendo questa posta di bilancio altrettanto
indispensabile e una delle fonti principali di costo per l’impresa. Da questo punto di vista il ruolo
dell’impresa si trasforma da produttore a consumatore e con esso il modo di agire e prendere le
decisioni; minimizzare il costo. La valutazione in Conto Economico delle rimanenze di materie
prime, contraddistinta dal segno negativo nel caso in cui le rimanenze finali siano superiori alle
esistenze iniziali, in realtà concorre a diminuire i costi della produzione trasformandosi in un valore
d’impatto positivo per la determinazione del risultato d’esercizio. È bene dunque dotarsi di
meccanismi in grado di non sopravvalutare tali rimanenze e compromettere il valore della perdita
o dell’utile d’esercizio che conduce al mancato rispetto del principio della prudenza.
L’analisi del consorzio di secondo grado Cavit SC ha permesso di approfondire le tematiche
oggetto di studio nel capitolo 2 concretizzando i principi e le linee guida delineate dal principio
contabile OIC 13. La particolare natura giuridica di questa impresa rende ancora più cruciale il
modo con il quale viene determinato l’utile d’esercizio. Nonostante la politica non distributiva
degli utili d’esercizio, che giova alle casse del consorzio e permette di investire ingenti somme di
mezzi propri in progetti di ricerca e sviluppo, la questione fondamentale è il significato che
comunemente viene associato al risultato d’esercizio positivo. Sia le società di capitale che le
società cooperative perseguono uno scopo economico, tuttavia la presenza di uno scopo
mutualistico da parte di queste ultime impone loro il perseguimento di un vantaggio diretto a favore

47
dei soci. Inoltre Cavit SC si caratterizza per uno scopo consortile ancor più specifico rispetto a
quello mutualistico. Nel caso oggetto di studio il beneficio che le cantine sociali ottengono è il
pagamento del vino, che di volta in volta viene conferito per poter essere imbottigliato e distribuito,
ad un prezzo superiore a quello che otterrebbero vendendo il proprio prodotto sul mercato.

48
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Unione Vini Italiani. (2022, dicembre 6). UIV: nuovo aumento del costo del vetro è il quarto in
12 mesi. Roma.

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RINGRAZIAMENTI
Terminata la stesura di questo elaborato che mi permesso di approfondire la materia che mi
appassiona da 8 anni ed ancora non mi stanca, è giunto il momento di dedicare questo spazio a
tutte le persone che mi hanno sostenuto e aiutato nel mio percorso universitario e non solo.

Un ringraziamento particolare va alla mia relatrice, Prof.Ssa Ericka Costa, che ha scelto di
accompagnarmi nella realizzazione di questo elaborato e mi ha dato fiducia proponendomi come
tutor agli studenti del primo anno. Forse, dopotutto, intraprendere la carriera di docente
universitario non è una strada da escludere.

Desidero ringraziare i miei genitori che mi hanno sostenuto e reso responsabile lasciandomi libera
di scegliere il percorso più adatto a me. Grazie a mio fratello che mi supporta e sopporta quando
torno nel fine settimana. Grazie a zii e nonni per essere sempre presenti nei momenti più
importanti.

Grazie ad Andrea, Damiano, Francesca, Marianna, Marta e Noemi, amici da sempre e compagni
di avventure. Insieme a voi ho trascorso giorni belli e momenti difficili che hanno lasciato il segno
indelebile sulla mia pella come una cicatrice.

Grazie ad Alessia, Elia, Giulia, Ivan, Jim, Matilde e Petra, compagni di corso, di studio ed amici
con i quali ho condiviso la difficoltà della sessione e la gioia di aver superato gli esami. Che la
conclusione dei vostri percorsi accademici possa essere un nuovo inizio.

Thank you to my Erasmus friends, who brightened my days in a gray and gloomy city of Bremen
when no one else could.

Tre anni sono passati così velocemente che ancora non mi rendo conto di aver conseguito la laurea,
ma gli insegnamenti che ho acquisito e i momenti che ho condiviso con tutti voi rimarranno parte
di me nei giorni avvenire.

Un sentito grazie a tutti,

Elena Nicole Zolla

Trento, 18 luglio 2023

~ Collect Moments, Not Things ~

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