Sei sulla pagina 1di 2

LE PHYSIQUE DU RÔLE

Uno dei problemi principali con i quali ci si deve confrontare, è quello relativo alla ricerca di un
giocatore piuttosto che di un altro per la copertura di un determinato ruolo.
Mentre mi preoccupavo, qualche anno fa, di recuperare alcuni nominativi di giocatori validi presso
persone ritenute da tutti competenti nel settore, mi capitò di venire a contatto con un dirigente del
settore giovanile di una importante società della zona. Questi, penso con convinzione e senso di
responsabilità, mi propose un ragazzo che, a suo parere “era uno su cui la società puntava molto e
che (nonostante i soli 17 anni) avrebbe potuto tranquillamente fare la differenza, in quanto in grado
di sostenere per tutta la partita un impegno sulla fascia senza perdere mai di efficacia.”
Certo di avere vinto un terno al lotto grazie a questa informazione e gratificato dall’idea di essere
stato ascoltato, quale umile allenatore, dalla grande società, ritenni di possedere un buon colpo in
canna in vista del prossimo campionato.
Le sorprese iniziarono quando cominciò la preparazione precampionato: nel test di valutazione
della potenza aerobica i risultati (iniziali e successivi), rivelarono dati che stridevano rispetto ai
giudizi espressi dal dirigente. Non solo: nelle altre prove di valutazione relative alle varie
espressioni di forza, alle competenze tecniche e anche durante le esercitazioni tattiche o le semplici
partitelle più o meno a tema, si manifestava un quadro profondamente diverso da quello che mi era
stato prospettato.
Escludendo l’ipotesi che il calciatore avesse subito un processo di deterioramento fisiologico e
psicologico e di involuzione tecnico tattica in così poco tempo, rimanevano soltanto due
spiegazioni, e cioè o quella che il noto dirigente avesse “toppato” clamorosamente o che i suoi
criteri di valutazione fossero profondamente diversi dai miei.
Ho utilizzato questo esempio banale per sottolineare come certe affermazioni o convinzioni
possano essere opinabili e discutibili, soprattutto se riguardano un aspetto del particolare pianeta
calcio.
Quello che rimane indiscutibilmente come punto di partenza è sicuramente il fatto che se le scelte o
i giudizi vengono espressi rispettando una serie di parametri di valutazione (psicologici, tecnici,
tattici e fisiologici), il margine di errore (esistente comunque, soprattutto se ci riferiamo a soggetti
in età evolutiva) risulterà ridotto; se invece le indicazioni vengono date basandosi su luoghi
comuni, convinzioni personali o stereotipi, il risultato finale sarà sempre incerto e rischierà di
creare anche danni.
Sappiamo che per un ragazzo che si avvicina allo sport, ed in particolare modo al calcio, sono
fondamentali le figura dell’allenatore e del dirigente. Spesso accade che opinioni, giudizi, scelte e
indicazioni espresse da queste persone vengano prese come oro colato. Viene dunque da chiedersi
per quale motivo, già in calciatori di giovane età, venga ritenuta più importante l’assegnazione di
un “ruolo” in campo, piuttosto che la ricerca di un tipo di indagine che permetta di conoscere i
punti forti e quelli deboli di ogni giovane; anche perché dall’analisi di questi parametri dovrebbe
dipendere la possibilità di svolgere un particolare compito tecnico o tattico da parte dei calciatori.
Altro esempio personale: mi capitò di allenare durante un campionato, un “giovane” di 30 anni che
aveva recitato per tutta la sua vita calcistica il ruolo di marcatore. Era, a giudizio di chi me ne parlò,
il classico “mastino”, il cui unico compito (che fra l’altro non lo divertiva neppure troppo) era
quello di annullare il diretto avversario. Cercando di entrare un po’ più nel dettaglio, lo sottoposi ad
una ristretta serie di test e nel contempo cercai di osservare con attenzione ciò che avveniva durante
le esercitazioni tecnico - tattiche e durante le “partitelle”.
I test rivelarono, riguardo al soggetto in questione, scarsa velocità (commetteva infatti parecchi falli
a causa della sua lentezza), la tendenza più a spingere che non a difendere, un buona capacità
nell’eseguire i cross, la mancanza di calcio lungo frontale, la tendenza ad aspettare il rimbalzo della
palla davanti a sé invece di cercare l’anticipo, l’ottima potenza aerobica e resistenza lattacida.
Tutti questi rilevamenti, le osservazioni e le conseguenti riflessioni che ne derivarono, mi spinsero
a proporgli di provare a giocare esterno nel quartetto difensivo.
Dopo un iniziale momento di smarrimento durante il quale ci sentimmo entrambi due marziani,
essendo egli una persona curiosa e disponibile accettò, anche per esigenze di squadra, di provare,
dopo tanti anni di attaccamento al ruolo, questa nuova parte.
Il rendimento fu tra i migliori della stagione e lui stesso ammise di aver scoperto la differenza tra
giocare a calcio e dare calci ad un pallone (e all’avversario).
Il ruolo: Herbert Marshall McLuhan (grande sociologo e teorico della comunicazione) sostiene che
ognuno di noi cerca un ruolo da sostenere. Il problema rimane quello di stabilire quale ruolo sia più
adatto a noi e soprattutto se si possiedono le caratteristiche per assumersi determinati incarichi o
competenze.
Solo attraverso l’acquisizione di informazioni relative alle caratteristiche psicologiche, tecniche,
tattiche e fisiologiche è dunque possibile, come già detto all’inizio, formulare una ipotesi
abbastanza fondata e veritiera rispetto al ruolo da occupare in campo. Non solo, i vari compiti da
assolvere in funzione dell’età, del modulo di gioco, delle caratteristiche degli o dell’avversario ecc.,
richiedono particolari caratteristiche, attitudini e una preparazione specifica e personalizzata. Inoltre
sarebbe necessario che a livello giovanile nei primi anni di attività (scuola calcio, pulcini,
esordienti) venisse creata la possibilità di cimentarsi un po' in tutti i ruoli per poi (giovanissimi e
allievi) iniziare a specializzarsi a livello di reparto (tutte le posizioni della difesa per un difensore,
tutte le posizioni a centrocampo per un centrocampista, tutte le posizioni d’attacco per una punta), e
puntare quindi decisamente verso l’acquisizione del proprio ruolo e della specializzazione vera e
propria.
Come corollario oserei affermare l’inutilità della scelta del mestiere del domani senza prima sapere
come è necessario essere e cosa è necessario saper fare per poterlo esercitare in maniera
soddisfacente; allora l’obiettivo diventa verificare quali sono le caratteristiche e le qualità da
possedere e lavorare per acquisirle valorizzando nel contempo le proprie doti.
Ma di chi è compito tutto questo? Come mai non viene dato alcun indirizzo di tipo tecnico,
didattico e metodologico da seguire a livello periferico come invece si fa in altre federazioni, le
quali con meno mezzi e minor investimento, a volte ottengono risultati più significativi ?!
Si sente spesso affermare che il calcio si sta avviando a diventare un sport esclusivamente
muscolare; forse ciò è vero, ma lo è soltanto per chi ha la fortuna di avvalersi di un buon
preparatore atletico. Per chi si può permettere di seguire metodi, anche semplici, ma mirati ed
efficaci, il calcio rimane una meravigliosa disciplina in cui la tecnica, l’estro, la fantasia e la
“giocata” mantengono il ruolo e l’importanza che nessun gesto atletico potrà mai soppiantare.
Rimane quindi il problema di costruire queste caratteristiche e questi presupposti.
Vogliamo cominciare....?!

Enrico Talpo.

Potrebbero piacerti anche