Sei sulla pagina 1di 31

Sostegno

psicologico nel
gioco d’azzardo

Il presente e book è
stato redatto dal dott.
Luca Notarianni

E’ vietata la distribuzione
e riproduzione anche
parziale senza l’espressa autorizzazione dell’autore
Ti informiamo che il dott. Luca Notarianni svolge per
Obiettivo Psicologia s.r.l il webinar:

Gioco d’azzardo: strumenti e tecniche


dell’intervento psicologico
e il corso di alta formazione d’aula:
IL lavoro dello Psicologo nel gioco d’azzardo

Visita l’area formazione di Obiettivo Psicologia e scopri


tutte le informazioni sul corso e gli sconti riservati agli
abbonati a Liberamente
http://www.obiettivopsicologia.it
formazione@obiettivopsicologia.it

Buona lettura
INDICE

Capitolo 1

1.1 Introduzione
1.2 Definizione di “gioco d’azzardo”
1.3 Situazione in Italia

Capitolo 2

2.1 Tipologie di giocatore


2.2 Età differenti, differenti caratteristiche: adolescente,
adulto e anziano

2.3 Distorsioni cognitive

Capitolo 3
3.1 Patologico o problematico? Differenze
3.2 Counseling psicologico e gioco d’azzardo
3.3 Lo psicologo clinico nel gioco d’azzardo

Bibliografia
Capitolo 1
1.1 Introduzione

La storia del gioco d’azzardo è strettamente legata alla storia


dell’uomo e ha sempre occupato un posto importante in tutte le
culture, le società e le classi sociali. Si pensa che i primi giocatori
d’azzardo fossero gli egizi, ma tracce si ritrovano anche in Cina, India
e Giappone: antichi manoscritti narrano di forti scommesse al gioco
dei dadi e alle corse dei carri come usanze diffuse (Lavanco, 2001).

La stessa origine etimologica della parola “azzardo” riporta al dado.


Essa infatti deriva dal francese hazard, che a sua volta deriva
dall'arabo az-zahr, cioè dado. Anche nella Roma Imperiale il gioco
d’azzardo era abbastanza diffuso (si poteva scommettere sui
combattimenti dei gladiatori); così come nell’Inghilterra Elisabettiana.
Le prime case da gioco nascono intorno alla metà del 1600, a Venezia,
dando il via a una grande diffusione dell’azzardo, fino ad arrivare alla
nascita di circoli e club privati a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo.
Negli anni l’atteggiamento nei confronti del gioco d’azzardo è cambiato
più volte, alternando fasi permissive ad altre proibizioniste. Croce e
Zerbetto (2001) osservano come la competenza e la condanna del
gioco (e dei giocatori) sia stata in un primo momento di pertinenza
religiosa (giocare è peccato), in seguito una preoccupazione del diritto
(giocare è reato), e ora sempre più di dominio della medicina e della
psicologia (giocare, se in modo compulsivo, è malattia).

Bisogna sottolineare come, attualmente, sia lo Stato a gestire la


maggior parte dell’offerta del gioco d’azzardo, che, dunque, diviene
uno strumento per aumentare le entrate economiche della Nazione,
anche a discapito della salute dei cittadini, e soggetto a
strumentalizzazione politica.

Fiasco (2001) ,aggiunge, che il gioco rappresenta anche una risorsa,


oltre che un arma a doppio taglio, per il popolo: per esso significa la
possibilità di sperare in una vita migliore, ignorando che dovrebbe
essere lo stesso Stato a doverla garantire.

Anche Imbucci (1999), che ha analizzato in Italia l’evoluzione storica


del gioco, ha evidenziato come il ricorso ad esso abbia soddisfatto
funzioni di tipo ludico, nei momenti di diffuso benessere, e di tipo
compensativo nei periodi di crisi.
Questa breve introduzione ha come scopo quello di evidenziare quanto
il gioco d’azzardo sia sempre stato presente nella vita dell’uomo. Un
fenomeno complesso, caratterizzato da vari livelli (socio-economico,
politico, psicologico, ludico e problematico), che bisogna prendere in
considerazione se si vuole analizzare il gioco d’azzardo nel modo più
completo possibile.

1.2 Definizione di “gioco d’azzardo”

A Roger Callois (1958) si deve la distinzione dei giochi secondo alcune


categorie, tra le quali quella del gioco d’azzardo. L’autore ne individua
quattro:
- giochi di competizione (agon), caratterizzati dalla competizione,
senza interventi esterni, dove il vincitore è tale perché “il migliore”;
- giochi di travestimento (mimicry), caratterizzati dal credere o dal
far credere di essere un altro, come ad esempio i travestimenti, le
drammatizzazioni, i giochi di ruolo;
- giochi di vertigine (ilinix), che si basano sulla ricerca della vertigine
o del capogiro, o quelli che provocano stordimento, come il girotondo,
l’altalena, i giochi estremi, oggi le montagne russe, etc;
- giochi di alea (dal latino “gioco dei dadi”), ossia i giochi in cui
vincere o perdere non è legato ad alcuna abilità o capacità del
giocatore, ma soltanto al caso; giochi nei quali si “nega il lavoro, la
pazienza, la destrezza, la qualificazione […] è avversità totale o
fortuna assoluta” (ibidem).
Ciascun gioco è in genere composto da una percentuale differente di
questi quattro elementi fondamentali, ma spesso è caratterizzato dalla
prevalenza di uno di essi sugli altri.

I giochi d’azzardo, ad esempio, sono caratterizzati da una netta


prevalenza della componente di alea e da percentuali variabili, ma in
ogni caso inferiori, di agon (giochi nei quali l’abilità ha un suo peso,
come il poker) e di ilinx (ad esempio la roulette russa).

Secondo Callois (ibidem), se i giochi di competizione (agon) sono una


rivendicazione del merito e della responsabilità personale, quelli di
rischio (alea) sono un’abdicazione della volontà e un abbandono al
destino.

Per definire un gioco d’azzardo devono verificarsi tre condizioni:

1) il giocatore deve scommettere del denaro o un oggetto di valore;

2) la scommessa, una volta giocata, non può essere ritirata;

3) l’esito del gioco dipende esclusivamente dal caso


(Ladouceur,Sylvain, Boutin, Doucet, 2003).

Il termine “caso” comporta necessariamente la nozione che è


impossibile controllare il risultato del gioco. L'imprevedibilità governa
l'intera situazione ma la probabilità di vincere, per quanto ridotta, è la
condizione si ne qua non di questi giochi (Ladoucer et al. 2003).
I giochi d’azzardo, così come le sostanze, presentano delle
caratteristiche diverse e si distinguono tra loro in base alla maggiore-
minore potenzialità nel produrre rischi di addiction.

Si può parlare quindi di distinzione tra giochi hard e giochi soft. La


distinzione principale tra questi due sarebbe in relazione alla riduzione
del tempo tra la giocata ed il pagamento della vincita, la frequenza
delle possibilità di gioco, la possibilità di ripetere la giocata e alla
possibilità di continuare a giocare non creando situazioni di
discontinuità nelle sequenze di gioco (Croce, 2001).

1.3 Situazione in Italia

Il mercato del gioco d’azzardo nel nostro paese ha subito una


fortissima espansione negli ultimi anni. Dal 2000 in poi, la spesa
nazionale nel comparto del gioco d’azzardo legalizzato, come
dimostrano i dati dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato
(AAMS), ha registrato incrementi sempre maggiori, passando dai 14.5
miliardi del 2001 agli 80 e passa miliardi del 2014.

Ovviamente questo incremento è dovuto anche al vero e proprio boom


esercitato da tutta l’offerta dei giochi online.
Questa espansione pone l’Italia al primo posto in Europa per spesa pro
capite nel gioco d’azzardo e al quarto posto mondiale, dietro Stati
Uniti, Giappone e Gran Bretagna. Un record davvero poco invidiabile.
In Italia i giocatori d’azzardo patologici si attestano tra lo 0.5% e il
2.2% (quindi una forbice piuttosto ampia tra da 300.000 a un
1.300.000 individui). I giocatori problematici, ovvero che non hanno
un vero e proprio disturbo, si attestano tra l’1,5% e il 4% della
popolazione. Tra i minori più del 50% ha giocato almeno una volta (in
Italia il gioco d’azzardo per i minori è vietato) e una percentuale tra il
4% e il 6% di questa popolazione sviluppa un rapporto problematico
con il gioco.

Questi dati presentano una forbice abbastanza ampia in quanto le


ricerche effettuate nel nostro Paese, rispetto a questo argomento, non
sono mai state precise ed esaustive. Infatti le stime potrebbero essere
più basse, come più alte.

Quello che ci interessa, per poter analizzare meglio il fenomeno


capendone anche la sua crescita, è come, il gioco d’azzardo, si sia
evoluto nel nostro Paese; quali caratteristiche siano cambiate rispetto
al passato; come si siano evoluti i giochi, le offerte e di conseguenza il
rapporto delle persone con il gioco d’azzardo.

In questo ci aiuta il seguente schema di Mauro Croce (2005) che


illustra i principali fattori di cambiamento del gioco d’azzardo in Italia.
Giochi del passato Giochi del presente
Sociali Solitari
Si giocava con altri e il gioco I giochi moderni non sono a somma
rispondeva a bisogni o offriva zero (ovvero il denaro perso da un
occasioni di socializzazione giocatore è guadagnato da un altro)
ma da parte di una persona contro
una organizzazione o una macchina.
Alta Soglia di accesso Bassa soglia di accesso
Partecipare a determinati giochi Crescente possibilità all’incontro con il
richiedeva accedere a determinati gioco in luoghi ove si accede per altre
luoghi specifici e delimitati con ragioni e con forme di controllo
esclusione ad esempio dei minori e inesistenti o assai più blande (bar,
,nel caso di alcuni Casinò, anche dei negozi, pub, centri commerciali etc…)
residenti, di determinate professioni,
di persone diffidate.
Rituali Consumo
Il giocare faceva parte di un rito Il gioco perde il suo valore e senso di
collettivo e spesso era limitato e rituale e viene “consumato” in
circoscritto a determinate occasioni: occasioni diverse, “scelte” dal
la tombola a Natale, la lotteria etc… soggetto o proposte dal “mercato”.
Lentezza Velocità
Molti giochi avevano la caratteristica La maggior parte dei nuovi giochi
di essere lenti. sono molto veloci e non permettono
momenti di pausa.
Sospensione Continuità
Il gioco era circoscritto in determinati Con determinati giochi, ad esempio
luoghi e con orari precisi che online, è possibile giocare senza sosta
prevedevano momenti di sospensione. anche 24 ore al giorno.
Complessità Semplicità
Molti giochi d’azzardo presentavano I giochi sono sempre più semplici e
elementi di complessità e di agon caratterizzati dalla prevalenza di alea
(competizione e bravura). (fortuna).
Contestualizzazione Globalizzazione
Molti i giochi erano legati a tradizioni Sono appiattite le differenze locali ed
del territorio e le regole venivano è possibile trovare giochi simili in
spesso tramandate oralmente tra contesti sociali, culturali, linguistici e
generazioni. politici diversi.
Riscossione non immediata Riscossione immediata
La riscossione della vincita talvolta La riscossione è immediata e talvolta
non era immediata. virtuale. Ciò favorisce la possibilità di
continuare a giocare.
Manualità Tecnologia
La variabile umana nel “toccare gli Si gioca contro una macchina, un sito.
elementi del gioco “ era centrale. Si L’attività fisica spesso corrisponde e si
pensi allo smazzare le carte o al lancio limita al “cliccare”.
dei dadi.

In Italia, sempre secondo Croce (2012), il fenomeno del gioco


d’azzardo è caratterizzato dalla tripla A, ovvero i giochi sono:

Additivi: suoni, giochi di luce, ripetitività per fidelizzare il giocatore;

Accessibili: sono presenti ovunque e nei luoghi di maggiore


incontro);

Appetibili: promettono vincite enormi investendo poco denaro; le


eventuali vincite sono pagate immediatamente.
Queste descrizioni, come vediamo, disegnano un profondo
cambiamento del fenomeno all’interno del nostro Paese. Cambiamento
che ancora non tiene conto dell’enorme esplosione del gioco d’azzardo
online, una zona d’ombra difficile da indagare e sulla quale recuperare
dati.

Laddove ci sono domande e quesiti irrisolti, lo psicologo è una delle


prime figure che dovrebbe inserirsi per provare a dare delle risposte
per spiegare il fenomeno.
CAPITOLO 2
2.1 Tipologie di giocatore

Esistono, in letteratura, diverse categorie attraverso le quali i giocatori


d’azzardo sono stati divisi e analizzati per gravità del problema e
caratteristiche individuali.

Ricordiamo che giocare d’azzardo non significa necessariamente gioco


patologico. Bisogna distinguere il gioco patologico dal gioco inteso
come attività sociale e ludica che accompagna l’essere umano nella
sua vita, stimolandone l’intelligenza e la creatività.

Alla base di ogni differenziazione, infatti, c’è il “giocatore sociale”,


rappresentato dalla persona che, nonostante speri in una vincita, è
motivata al gioco da un semplice desiderio di divertimento ed è in
grado di smettere quando vuole (Dickerson 1989). Lo stesso autore
differenzia anche i giocatori interni, coloro che prediligono giochi di
abilità, dai giocatori esterni, che invece preferiscono i giochi di
fortuna.
Al giocatore sociale, Francisco Alonso-Fernandes (1999) aggiunge
altre tre categorie:
- il giocatore problematico: ricorre a qualsiasi mezzo pur di
vincere, non accetta la perdita ed a volte può anche reagirvi in
modo violento;
- il giocatore patologico leggero: il gioco è sintomo di una
patologia sottostante, per esempio uno stato depressivo;
- il giocatore dipendente: ha sviluppato una vera e propria
dipendenza nei confronti di questa attività, fenomeni di comorbilità
sono solitamente una conseguenza di questa dipendenza primaria.

In Italia, invece, un importante contributo lo abbiamo da Cesare


Guerreschi (2000) che stila una serie di profili, piuttosto analitici, che
ci aiutano a capire meglio le varie sfumature del comportamento del
giocatore d’azzardo. Le categoria proposte da Guerreschi sono sei:
- giocatori con sindrome da dipendenza: per i quali il gioco
diventa strumento di «azione», fine ultimo della giornata; le
relazioni vengono influenzate negativamente, l’individuo non riesce
a smettere di giocare anche se lo vorrebbe;
- giocatori per fuga con sindrome da dipendenza: utilizzano il
gioco come un momento di fuga e una modalità di distacco dalle
situazioni di rabbia, noia o solitudine, una sorta di calmante,
analgesico;
- giocatori sociali costanti: per i quali il gioco mantiene il suo
significato originario legato al divertimento e alla socializzazione,
secondario agli affetti, non sembra sfuggire al loro controllo;
- giocatori sociali adeguati: a questa categoria appartiene la
maggior parte della popolazione che vive il gioco come un’attività
che permette di svagarsi senza condizionare minimamente i
quotidiani impegni;
- i giocatori antisociali: per i quali il gioco d’azzardo è solo una
maniera per arricchirsi illegalmente;
- i professionisti non- patologici: per i quali giocare è una
professione come un’altra per mantenersi economicamente.

Questi sono solo alcuni contributi, nazionali e internazionali, che ci


aiutano a capire come leggere i comportamenti di un giocatore
d’azzardo. È facile intuire come un eventuale diagnosi sia piuttosto
complessa, in quanto spesso gli atteggiamenti e i comportamenti del
giocatore oscillano in modo più o meno netto tra un modo di giocare
più problematico a un modo di giocare più sociale. Per lo psicologo è
utile capire la categoria nella quale inserire il giocatore per conoscere i
vari atteggiamenti, pensieri e stereotipie che il giocatore può portare;
per monitorare eventuali spostamenti verso comportamenti più
problematici, se non addirittura patologici, o comportamenti
accettabili.
2.2 Età differenti, differenti caratteristiche:
adolescente, adulto e anziano

Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, ogni giocatore ha delle


sue caratteristiche che ne contraddistinguono l’approccio al gioco.
Un’altra importante differenza che emerge, e che può aiutarci nel
tarare un approccio specifico al giocatore, è l’età. Sono emerse, dalla
letteratura, profonde differenze in base al periodo di vita in cui un
giocatore gioca. Differenze che si evidenziano sia a livello di approccio
al gioco, sia nella scelta della tipologia di gioco preferito.

Andiamo a vederle insieme nello specifico:

Adolescente

Per parlare di adolescenti possiamo partire da un dato analizzato e


studiato dalla letteratura internazionale, ovvero che la probabilità di
sviluppare una dipendenza, o un problema con il gioco d’azzardo,
diminuisce parallelamente all’aumentare dell’età di primo contatto con
il gioco stesso. Questo vuol dire che più tardi un individuo entra in
contatto con il gioco d’azzardo, più difficilmente svilupperà un
problema con esso (Johansson, Grant, Kim, Odlaug, Gotestam, 2009).
A questo elemento possiamo aggiungere, come si è detto
precedentemente, che in Italia più del 50% degli adolescenti ha
giocato almeno una volta d’azzardo, prediligendo giochi online,
scommesse sportive, gratta e vinci e slot machine.
La difficoltà più grande che s’incontra con un adolescente che gioca
d’azzardo è senza dubbio la possibilità di far emergere il problema.
Vivendo con i genitori, un adolescente può permettersi di perdere
svariate cifre, senza dover per forza sentire il bisogno o la necessità di
chiedere aiuto. Altro elemento interessante, che come quello
precedente tende a mascherare eventuali problemi, è la
sottovalutazione da parte dei genitori rispetto a questo problema.
Anche se negli ultimi anni la sensibilità nei confronti del fenomeno è
aumentata, alcune ricerche dimostrano come i genitori siano
preoccupati più per altre forme di problematicità: rapporto con le
droghe, alcol e risultati scolastici; il gioco d’azzardo non viene
considerato un possibile problema, e spesso è proprio in famiglia che
s’inizia a giocare. Questo clima trova riscontro nella percezione degli
adolescenti, che riconoscono, nei genitori, un atteggiamento distratto
nei confronti del gioco d’azzardo (Felsher, Gupta, e Derevensky,
2003).

Adulto
Il gioco d’azzardo nell’adulto è caratterizzato soprattutto dalla ricerca
di evasione dalla propria quotidianità. Questo aspetto, in genere,
accomuna sia gli uomini che le donne. Queste ultime si differenziano
rispetto ai maschi, in quanto generalmente iniziano a giocare in età
più avanzata, ma, nel momento in cui sviluppano una problematicità
con il gioco, tendono a raggiungere più velocemente un apice
problematico nel gioco d’azzardo. L’adulto, dunque, cerca nel gioco
sollievo e distrazione dai propri problemi quotidiani, spesso economici,
ma non solo. I giochi preferiti sono giochi semplici e diffusi, come:
bingo, slot, vlt, gratta e vinci e lotterie nazionali. In genere si rivolge a
un servizio d’aiuto quando i problemi economici sono quasi irrisolvibili,
oppure spinti da un famigliare.

Anziano

Il gioco d’azzardo rispetto all’anziano ha molte caratteristiche in


comune con l’adulto, essendo anche, come tipologia età, soggetta a
numerose sfumature. In genere l’anziano gioca a bingo, gratta e vinci
e lotterie, ovvero giochi abbastanza conosciuti, ma, ultimamente, le
slot hanno attirato anche questa fascia età. Questo fenomeno è legato
a molti fattori, per citarne uno, basti pensare che uno dei luoghi
privilegiati d’incontro da parte degli anziani, ovvero il bar storico della
piazza, ha ormai da tempo abbandonato le classiche partite a carte,
sostituendole con slot machine e vlt.
L’anziano, tendenzialmente, gioca per solitudine, per noia o per
concedersi qualcosa che nell’arco della vita non ha mai fatto. Lavorare
con un cliente con queste caratteristiche risulta molto complesso,
soprattutto se sono presenti importanti distorsioni cognitive o deficit di
pensiero.
Con l’anziano bisogna, qualora possibile, cercare di coinvolgere il più
possibile familiari e parenti, che aiutino la persona anche al di fuori del
setting psicologico.
Queste differenze, ovviamente, sono soltanto uno spunto di
ragionamento. Non esistono differenze nette e spesso si può usare lo
stesso tipo di approccio indipendentemente dall’età del cliente. La
realtà è sempre molto più complessa. Bisogna sempre considerare
che il tipo di approccio che si decide di attuare varia in base al tipo di
persona che si ha davanti.

È utile, a mio avviso, che lo psicologo si ponga comunque delle


domande sulle differenze in base all’età, soprattutto concentrandosi
sugli aspetti di personalità tipici di quell’età specifica. Questo può
aiutarci molto a non cadere in errori valutativi, in giudizi
approssimativi e soprattutto ci permette di ascoltare nel modo più
aperto e chiaro possibile il cliente che si rivolge a noi.

2.3 Distorsioni cognitive

Una delle caratteristiche principali del giocatore d’azzardo sono le


distorsioni cognitive.
Queste possono caratterizzare il pensiero del giocatore sia fin
dall’inizio del suo approccio al gioco, sia consolidandosi dopo anni di
gioco d’azzardo.
Molte distorsioni cognitive riguardano il locus of control interno o
esterno.
Partendo da questo costrutto Lavanco e Varveri (2006) distinguono i
giocatori in tre categorie:
- quelli che attribuiscono la vincita e la perdita alle proprie
competenze ( tipicamente gli scommettitori delle coese dei
cavalli, che studiano, s’informano e scambiano opinioni sulle
varie gare)
- il giocatore che attribuisce la vincita o la perdita alla
componente aleatoria ( ad esempio il giocatore del lotto e delle
varie lotterie);
- il giocatore che crede nella relazione tra Agon ed Alea, che
pure affidandosi al fato, si riconosce anche abile nell’effettuare il
pronostico ( ad esempio il giocatore del totocalcio).

Un’ altra importante distorsione cognitiva è quella dell’illusione del


controllo, ovvero l’aspettativa di successo personale estremamente
alta rispetto alle probabilità oggettive (Langer, 1975).
Griffiths (1994) raccoglie ed evidenzia i maggiori pensieri irrazionali
dei giocatori d’azzardo e le loro distorsioni cognitive, come ad
esempio:
- l’illusione del controllo;
- la fallacia:
- le attribuzioni flessibili.
Queste sono solo alcune delle numerose distorsioni cognitive che,
nell’arco della storia del giocatore, influenzano gli schemi di pensiero e
l’approccio al gioco.
Pensiamo ad esempio a tutti i giocatori che si accaniscono con una slot
machine, pensando che, visto che hanno già inserito molto denaro al
suo interno, prima o poi darà indietro una grossa vincita. Ovviamente
niente di più sbagliato. Oppure chi, dopo aver giocato 1000€, ne vince
500€ e torna a casa con la convinzione di aver guadagnato soldi e non
di aver perso 500€.

Questi sono solo piccoli esempi che mostrano come, soprattutto nella
prima fase di lavoro, sia indispensabile per lo psicologo indagare sulla
presenza di eventuali distorsioni cognitive e sulla loro gravità.
Successivamente, attraverso l’utilizzo di tecniche cognitive, sarà in
grado di aiutare la persona a rimodulare e ,dove necessario, eliminare
i pensieri distorti relativi al gioco.
CAPITOLO 3

3.1 Patologico o problematico? Differenze

“Scrivere sul gioco d’azzardo è quasi altrettanto rischioso che scrivere


sul sesso: entrambi gli argomenti raramente vengono trattati senza
toni moraleggianti. […] sarebbe assurdo non accettare che il gioco,
legale o meno, sarà sempre una parte integrante di tutte le culture e
società “ (Dickerson, 1993)

Dickerson ci consiglia una strada differente da quella che,


tendenzialmente, viene tracciata quando si parla di gioco d’azzardo.
Ovvero la strada della patologia. Il giocatore d’azzardo viene spesso
identificato con quello patologico. Nel DSM IV il gioco d’azzardo veniva
definito un disturbo del controllo degli impulsi; nel DSM V, invece,
viene inserito nell’area delle dipendenze, mettendolo sullo stesso
piano delle dipendenza da sostanze stupefacenti. Sebbene questo
passaggio, con tanto di cambio di nome (Gambling Disorder), segna
un passaggio piuttosto positivo nel diagnosticare un disturbo da gioco
d’azzardo secondo un continuum di gravità, e non solo rispetto ai
criteri; dall’altra parte lascia in sospeso ancora alcune domande.
Il gioco d’azzardo resta un fenomeno altamente complesso,
influenzato da fattori sociali, economici, familiari e psicologici. Il
continuum, dunque, che va dal giocatore sociale, che approccia al
gioco in maniera perfetta, al giocatore problematico, fino a sfociare nel
disturbo, sembra molto più articolato e lungo.

Sicuramente per farci un idea del livello del problema del giocatore
con cui dobbiamo relazionarci, bisognerebbe esplorare il suo rapporto
con il denaro. Nei giocatori patologici il denaro rappresenta il fulcro
centrale attorno al quale ruota tutto il resto. Il giocatore problematico,
è vero che porterà verosimilmente sempre un problema di denaro, ma
difficilmente rappresenterà l’argomento principale.

Nel giocatore patologico, invece, il denaro diventa un vero e proprio


strumento meta, sia per relazionarsi con se stessi, sia per
interfacciarsi con la realtà. Il giocatore patologico, inoltre,
accompagna al problema di gioco anche un problematica di uso di
altre sostanze o condotte a rischio, in particolare abuso di alcol.

Un’altra importante differenza tra giocatori patologici e problematici è


la presenza, in maniera invalidante, delle tre caratteristiche principale
di chi sviluppa una dipendenza: tolleranza, assuefazione, astinenza.

Un campanello d’allarme può essere la presenza o meno di chasing,


ovvero la tendenza del giocatore a rincorrere le perdite, quindi il gioco
non come momento autoconclusivo, ma come decisione di recuperare
il denaro eventualmente perso in precedenza.
Un’importante differenza tra i livelli di gravità del giocatore, infatti, è
presente nella capacità di controllare l’impulsi (Steel e Blaszczyanski,
1998).

Come possiamo vedere, dunque, non è facile distinguere la


problematica che un giocatore può portare, ma attraverso un’analisi
attenta della raccolta anamnestica e del vissuto portato, nonché
avvalendoci di strumenti diagnostici ad hoc, possiamo distinguere
l’entità del problema riportato, per poter offrire il percorso più adatto
ai bisogni del cliente.

3.2 Counseling psicologico e gioco d’azzardo

Nell’approcciarci al lavoro con il giocatore d’azzardo, lo psicologo


clinico dovrebbe procedere per alcuni step iniziali. L’obbiettivo
primario è quello, come discusso nel paragrafo precedente, di capire la
gravità del problema, in modo tale da poter decidere se proseguire
con un counseling psicologico o se è necessaria una psicoterapia
funzionale alla persona.

Il primo step rappresenta l’esplorazione anamnestica e dinamica dei


vissuti, per capire la tipologia di giocatore che abbiamo davanti, il tipo
di pensieri legati al gioco e l’eventuale presenza di distorsioni
cognitive. Infine bisogna esplorare la centralità e l’importanza del
denaro.
In questa fase può essere utile avvalersi di strumenti diagnostici.

Sono molti quelli presenti in letteratura che possono aiutarci ad


individuare eventuali aree problematiche. Ne citiamo alcuni che
possono aiutarci:

- il SOGS, basato sui criteri del DSM ci aiuta ad avere


un’immediata panoramica sulla gravità del problema e sullo stile
del giocatore;
- la PG-YBOCS che ci aiuta ad approfondire l’entità del
comportamento di gioco in base agli impulsi a giocare;
- il GABS che esplora i pensieri tipici del giocatore d’azzardo;
- il CPGI che, come il SOGS ma in maniera più approfondita,
aiuta a capire la serietà dei problemi con il gioco d’azzardo.

Questi sono solo alcuni strumenti diagnostici con i quali possiamo


aiutarci nel capire meglio la situazione che ci troviamo davanti. Lo
psicologo, inoltre, dovrebbe strutturare un dettagliata cartella clinica
del giocatore per poter seguire eventuali miglioramenti e tenere
d’occhio i momenti di ricaduta.

Superato questo step sarebbe opportuno coinvolgere, quando


possibile, un familiare o coniuge, svolgendo un colloquio clinico
insieme. Questo serve a evidenziare o far emergere eventuali bugie,
dette dal giocatore, che spesso caratterizzano questo tipo di problema.
Inoltre è utile per lo psicologo capire se la persona può appoggiarsi e
farsi sostenere da qualcuno della sua rete sociale o familiare.
Un altro passaggio è quello dell’analisi del denaro.

Lo psicologo, in accordo al paziente e dopo aver verificato la presenza


di eventuali caregiver al di fuori del contesto clinico, può proporre al
cliente delle soluzioni per gestire meglio l’aspetto economico, ad
esempio lasciando il bancomat nelle mani di un familiare o del
coniuge, piuttosto che resocontando le spese settimanali o mensili.

Superata questa fase, la prima parte del percorso dovrebbe essere


mirata ad aumentare nel paziente la sua self efficacy, modificando
qualora fossero presenti le distorsioni cognitive.

Provare a spostare l’attenzione evitando di concentrarsi


esclusivamente sul gioco d’azzardo; implementare le risorse del
cliente, le sue capacità di problem solving e aiutarlo a entrare in
contatto con le proprie emozioni.

Spesso, infatti, le dipendenze mascherano proprio un’incapacità di


gestire le emozioni, rifugiandosi in contesti caratterizzati da
automatismi o anestesia emozionale.

Questi, ovviamente, vogliono essere solo dei suggerimenti; il percorso


clinico da poter svolgere con un paziente è unico e relativo
esclusivamente a quel cliente che si rivolge a noi.
3.3 Lo psicologo clinico nel gioco d’azzardo

Lo psicologo clinico interessato a lavorare nell’ambito del gioco


d’azzardo non deve pensare di poter spendere la propria
professionalità esclusivamente nella clinica e nella relazione con il
cliente.

Dobbiamo ricordarci che il gioco d’azzardo fa parte della macro area


delle nuove dipendenze, per quanto ormai sia da anni studiato a livello
internazionale. In quest’area annotiamo tutte le dipendenze prive di
una sostanza stupefacente, ma legate al comportamento. Essendo
un’area comunque recente, lo psicologo clinico può trovare un terreno
fertile per poter spendere la propria professionalità e le proprie
capacità. Alcuni ambiti possono essere:

- la prevenzione nelle scuole attraverso sportelli o interventi


in classe;
- consulenze individuali o di gruppo con i famigliari dei
giocatori;
- lavorare nelle comunità per giocatori d’azzardo;
- lavorare nelle associazioni che si occupano di gioco
d’azzardo;
- progetti territoriali per implementare il benessere della
comunità aumentando la conoscenza su temi come il gioco
d’azzardo;
- la ricerca scientifica.
Come possiamo vedere sono diverse le aree in cui lo psicologo clinico
può far valere la propria competenza.
Spesso si pensa che le dipendenze siano argomento specifico di
psicoterapia e che lo psicologo clinico non possa occuparsene. Nello
stesso tempo, però, ci si dimentica che esistono numerose aree
all’interno delle quali lo psicologo clinico può risultare un elemento
valido: prevenzione, implementazione del benessere, psicologia di
comunità, progettazione e via dicendo.

Anche all’interno della clinica stessa lo psicologo deve sempre valutare


la problematica che ha davanti, spesso apparenti problemi di
dipendenza risultano essere problematiche che anche lo psicologo
clinico, attraverso il counseling psicologico, può trattare senza
problemi. Fermo restando che, qualora fosse necessario per il bene del
paziente, anche l’invio ad un intervento psicoterapeutico fa parte del
lavoro e della professionalità dello psicologo clinico.
Bibliografia
Alonso-Fernandez, F. (1999). Le altre droghe, E.U.R., Roma.

Callois, R. (1958), I giochi e gli uomini. La maschera e la vertigine,


trad. it.,
Bompiani, Milano 1981.

Croce, M. (2001). Gioco d’azzardo e psicopatologia:la difficile


inclusione. In Lavanco G. (2001). Psicologia del gioco d’azzardo.
Milano: McGraw-Hill.

Croce M., (2005), “Psicologia del giocatore d'azzardo patologico e


rischi di criminalità", Rivista della Scuola Superiore dell’Economia e
delle Finanze, n.10, pp.130-144

Croce, M. (2012). “La tripla A dei giochi: Attractiveness, Accessibility,


Addictivity. Il diverso potenziale di rischio nei giochi: quali elementi,
quali riflessioni, quali politiche”. Personalità Dipendenze, Mucchi
Editore, Modena, vol. 18, n. 45 (1-2 2012), pp. 7-23.

Dickerson, M. (1984). Compulsive gamblers (Tr. it. La dipendenza da


gioco. Come diventare giocatori d’azzardo e come smette re. Torino:
Gruppo Abele, 1993).

Dickerson M.G. (1993), La dipendenza da gioco, Gruppo Abele, Torino


(ed. or. 1984)

Feklsher, J.R., Derevensky, J.L., Gupta, R. (2003). Parental influences


and social modeling of youth lottery participation. Journal of
Community & Applied Social Psychology. 13, 361-377

Fiasco, M. (2001). Aspetti sociologici, economici e rischio criminalità.


In Croce, M.,Zerbetto, R. (a cura di) (2001). Il gioco & l’azzardo.
Milano: Franco Angeli.
Griffiths M. (1994). The Role of cognitive bias and skill in fruit machine
gambling. British Journal of Psychology, 85, 351-369.

Guerreschi, C. (2000). Giocati dal gioco, Quando il divertimento


diventa malattia: il gioco d’azzardo patologico,Milano: San Paolo.

Imbucci, G. (1999), Il gioco pubblico in Italia. Storia, cultura e


mercato, Venezia: Marsilio.

Johansson, A., Grant, J.E., Kim, S.W., Odlaug, B.L., Gotestam, K.G.
(2009). Risck factors for problematic gambling: a critical literature
review. Journal of Gmabling Studies, 25, 67-92.

Ladouceur, R., Sylvain, C., Boutin, C., Doucet, C. (2003). Il gioco


eccessivo, Centro Scientifico Torinese, Torino.

Langer, E. J. (1975). The Illusion of Control. Journal of Personality and


Social Psychology, 32(2), 311-328.

Lavanco, G. (2001). Psicologia del Gioco d’azzardo. Prospettive


psicodinamiche e sociali, McGraw-Hill, Milano

Lavanco, G., Varveri, L. (2006). Giocatori d’azzardo, familiari e


caregivers: quali interventi. In A.Biganzoli, D. Capitanucci e R.
Smaniotto (a cura di), Reti d’azzardo
(pp.81-90). Gallarate: Ed. And in Carta.

Steel, Z., Blaszczynski, A. (1998), Impulsivity, personality disorders


and pathological gambling severity. Addiction, 93, pp. 895-905.
Gentile collega,
speriamo che il presente e-book sia stato di tuo
gradimento e utilità.

Ricorda che con il tuo abbonamento a Liberamente


puoi scaricare tutti gli ebook di Obiettivo Psicologia e
usufruire di tanti altri vantaggi

Sarà nostra cura informarti della scadenza del tuo


abbonamento: se deciderai di rinnovarlo, potrai farlo al
prezzo agevolato di 25.00 euro.

Rimaniamo a tua disposizione per ogni evenienza

Il team di
Obiettivo Psicologia

Potrebbero piacerti anche