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Il libro

C hi erano Hitler e i nazisti? E come hanno fatto a trascinare un’intera nazione nel loro folle disegno?
Ben Ross, insegnante di storia in un liceo di Palo Alto, prova a raccontarlo ai suoi alunni, ma le
ragioni di tanto orrore sembrano incomprensibili ai ragazzi. Così Ross decide di ricorrere a un
esperimento, utilizzando la classe come laboratorio. Forma un movimento tra gli studenti, L’Onda, e lo dota
di simboli, motti, una rigida disciplina e un forte senso della comunità. In pochissimi giorni lo strano test ha
sviluppi incontrollabili, e spaventosi.
Tratto da una storia vera, un racconto incalzante e pungente, che è anche la denuncia di una verità
inoppugnabile: la Storia, anche nei suoi episodi più crudeli e abietti, può ripetersi. In qualsiasi momento.

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L’autore

TODD STRASSER vive nello stato di New York. Prima di diventare scrittore a tempo pieno è stato musicista
di strada, ha lavorato in un giornale e ha fondato un’azienda di biscotti. Ha scritto un centinaio di romanzi
per ragazzi. L’ultimo è La bomba (Rizzoli, 2014).

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Todd Strasser

L’ONDA

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Capitolo 1

Laurie Saunders sedeva nella redazione del giornale della Gordon High School e mordicchiava
l’estremità di una penna Bic. Era una ragazza carina, con i capelli castano chiaro e un sorriso
quasi inesauribile che svaniva soltanto quando s’arrabbiava, o quando mordicchiava una Bic.
Negli ultimi tempi s’era trovata a masticare parecchie Bic, e in effetti nel suo astuccio non
rimaneva una sola penna o matita la cui estremità non fosse stata consumata dal suo nervoso
mordicchiare. Meglio che fumare, comunque.
Laurie fece correre lo sguardo nella piccola redazione, una stanza occupata da scrivanie,
macchine per scrivere e tavoli luminosi. In quel momento avrebbero dovuto esserci ragazzi
davanti a ogni macchina, a buttare giù articoli per il Gordon Grapevine, il giornale della scuola.
Lo staff artistico e tecnico avrebbe dovuto lavorare ai tavoli luminosi per impaginare il nuovo
numero. Però, a parte Laurie, la stanza era deserta. Era una giornata bellissima, questo era il
problema.
Laurie sentì la cannuccia di plastica rompersi. Sua madre l’aveva messa in guardia: un giorno
o l’altro avrebbe masticato la penna fino a mandarla in frantumi e una lunga scheggia di plastica
appuntita le si sarebbe conficcata in gola, facendola soffocare. Solo lei poteva arrivare a una
conclusione del genere, si disse Laurie con un sospiro.
Alzò lo sguardo all’orologio sulla parete. Mancavano soltanto pochi minuti alla fine
dell’intervallo. Non c’erano regole che obbligassero la redazione a lavorare durante gli intervalli,
però tutti sapevano che il nuovo numero del Grapevine sarebbe dovuto uscire in settimana. Non
potevano smetterla coi frisbee e le sigarette e l’abbronzatura, soltanto per qualche giorno, in
modo che il giornale uscisse in tempo?
Laurie ripose la penna nell’astuccio e iniziò a raccogliere i quaderni per l’ora successiva. Non
c’erano speranze. Faceva parte dello staff da tre anni e il Grapevine era sempre uscito in ritardo.
E adesso che era diventata la caporedattrice le cose non erano cambiate. Avrebbero finito il
numero del giornale solo quando avessero trovato del tempo da dedicargli.
Dopo essersi chiusa la porta della redazione alle spalle, Laurie si ritrovò nel corridoio. Era
praticamente deserto; la campanella del cambio dell’ora non era ancora suonata, e in giro c’era
soltanto qualche studente. Laurie superò alcune porte e si fermò davanti a un’aula. Sbirciò
attraverso la finestra.
La sua migliore amica, Amy Smith, una ragazza graziosa dai boccoli alla Riccioli d’Oro,
cercava di sopravvivere agli ultimi attimi della lezione di francese del signor Gabondi. Laurie
aveva seguito il corso del signor Gabondi l’anno prima ed era stata una delle esperienze più
terribilmente noiose della sua vita. Il signor Gabondi era un uomo tozzo, bruno, corpulento, e
dava sempre l’impressione di sudare, anche nei giorni più freddi dell’inverno. A lezione, parlava
con un tono piatto e tedioso che faceva venire sonno anche agli studenti più brillanti. E malgrado
il corso non fosse stato difficile, Laurie ricordava bene quanto le fosse costato mantenere
l’attenzione necessaria per prendere una A.
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In quel momento, alla vista della sua migliore amica che si sforzava di stare attenta, Laurie
decise che doveva trovare il modo di tirarla un po’ su. Così si fermò dietro la porta, dove Amy
poteva vederla e invece il signor Gabondi no, incrociò gli occhi e fece una smorfia stupida. Amy
reagì tappandosi la bocca con la mano per trattenersi dal ridere. Laurie fece un’altra smorfia e
Amy cercò di non guardare, ma senza resistere alla tentazione di voltarsi per vedere che cosa
stesse preparando l’amica. A questo punto Laurie fece la sua celebre faccia da pesce: spinse in
avanti le orecchie, incrociò gli occhi, e arricciò le labbra. Amy si sforzò così tanto di trattenere le
risate che qualche lacrima cominciò a rigarle le guance.
Laurie sapeva di non dover fare altre facce. Guardare Amy era davvero uno spasso: rideva per
qualsiasi cosa. Sarebbe bastata un’altra smorfia e con ogni probabilità sarebbe caduta dalla sedia
ruzzolando tra le file di banchi. Ma nonostante tutto, non seppe resistere. Si girò con le spalle alla
porta per creare un po’ di suspense, contorse la bocca, strabuzzò gli occhi e poi si voltò.
Sulla porta però c’era il signor Gabondi, ed era furioso. Alle sue spalle, Amy e il resto della
classe ridevano come matti. La mandibola di Laurie cadde. Ma prima che il signor Gabondi
potesse rimproverarla, la campanella suonò e d’improvviso la classe si riversò nel corridoio,
sfilandogli accanto. Amy uscì reggendosi la pancia per il gran ridere. Mentre il signor Gabondi le
fissava, le due ragazze si avviarono alla lezione successiva, senza più fiato per riuscire a ridere
ancora.

Nell’aula in cui si teneva il corso di storia, Ben Ross era chino sul proiettore a cercare di infilare
la pellicola nel complesso intrico di rulli e lenti. Questo era il suo quarto tentativo, e neanche
stavolta ci stava riuscendo. Frustrato, Ben si fece correre le dita tra i capelli mossi e castani.
Aveva sempre avuto enormi difficoltà con le macchine – proiettori, automobili, persino la pompa
automatica del benzinaio locale lo faceva impazzire.
Non era mai riuscito a capire perché fosse così incapace, ragion per cui, quando doveva
vedersela con qualcosa di meccanico, lasciava fare a Christy, sua moglie. Lei insegnava musica e
dirigeva il coro alla Gordon High, e a casa aveva la responsabilità di tutto ciò che richiedesse una
certa abilità manuale. Christy scherzava sempre sul fatto che non ci si poteva fidare di Ben
neppure per cambiare una lampadina, mentre Ben si difendeva dicendo che era un’esagerazione.
In vita sua aveva cambiato parecchie lampadine e ricordava di averne rotte soltanto due.
In tutto il tempo passato alla Gordon High – Ben e Christy insegnavano lì da due anni – era
riuscito a nascondere le sue incapacità meccaniche. O meglio, le sue incapacità erano state messe
in ombra dalla crescente fama di insegnante giovane e straordinario. Gli studenti di Ben
lodavano la sua intensità: si lasciava appassionare e coinvolgere da un tema a tal punto che anche
loro non potevano far altro che entusiasmarsi. Era contagioso, dicevano, riferendosi al suo
straordinario carisma. Sapeva conquistarli.
I colleghi di Ross, invece, provavano nei suoi confronti i sentimenti più variegati. Alcuni
erano stupefatti dalla sua energia, dalla sua dedizione e dalla sua creatività. Correva voce che
avesse uno stile tutto nuovo di insegnare, che per quanto possibile cercasse di avvicinare i suoi
studenti agli aspetti concreti, rilevanti della storia. Se studiavano un sistema politico, divideva la
classe in partiti; se studiavano un famoso processo, alcuni impersonavano gli avvocati
dell’accusa e altri quelli della difesa, e altri ancora si sedevano e diventavano la giuria.
Altri colleghi dell’istituto, però, erano più scettici nei confronti di Ben. Alcuni dicevano che
era soltanto giovane, ingenuo e troppo zelante, che tempo qualche anno si sarebbe calmato e
avrebbe cominciato a tenere i corsi nel modo giusto: tante cose da leggere a casa, test settimanali
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e lezioni tradizionali. Altri semplicemente non gradivano il fatto che non indossasse mai giacca e
cravatta in classe. Un paio avrebbero persino ammesso che la loro era pura e semplice gelosia.
Ma di sicuro, se c’era una cosa di cui gli insegnanti non avrebbero potuto dirsi gelosi di Ben
era la sua totale incapacità di vedersela con i proiettori. Pur brillante in altre occasioni, in quel
momento non sapeva far altro che grattarsi la testa e fissare il groviglio di celluloide dentro il
marchingegno. Mancava soltanto qualche minuto, poi la classe di storia dell’ultimo anno sarebbe
entrata in aula. Erano settimane che aspettava di far vedere quel film ai suoi studenti. Perché i
suoi colleghi non tenevano un corso su come inserire una pellicola in un proiettore?
Ross riavvolse la pellicola sul rullo e la lasciò così, penzolante. Era certo che almeno uno dei
ragazzi del corso fosse una specie di genio degli apparecchi audiovisivi, e che avrebbe saputo far
funzionare quel marchingegno in un istante. Tornò alla scrivania e raccolse una pila di compiti a
casa che voleva riconsegnare agli studenti prima della proiezione del film.
I voti ormai erano diventati prevedibili, pensò Ben, mentre sfogliava i compiti con il pollice.
Come al solito ce n’erano due da A, quello di Laurie Saunders e quello di Amy Smith. C’era un
A-, e poi la solita manciata di B e C. C’erano due D. Una era di Brian Ammon, il quarterback
della squadra di football, un tipo che pareva gradire i voti bassi, anche se per Ben era chiaro che,
se solo avesse voluto, sarebbe stato in grado di fare molto meglio. L’altra D era di Robert
Billings, il perdente della classe. Ross scosse la testa. Quel Billings era un bel problema.
Fuori dall’aula la campanella suonò e Ben udì il rumore delle porte che si spalancavano e
degli studenti che si riversavano in corridoio. Era singolare il fatto che gli studenti uscissero
sempre in fretta dalle aule ma che arrivassero alle lezioni successive a passo di lumaca. In
generale, Ben era convinto che le scuole superiori fossero diventate un posto migliore dove far
studiare i ragazzi, in confronto a quando le aveva frequentate lui. Però c’erano alcune cose che lo
infastidivano. Una era l’indolenza dei suoi studenti sul tema puntualità: a volte cinque, persino
dieci preziosi minuti di lezione andavano persi mentre gli studenti arrivavano alla spicciolata. Ai
tempi in cui era stato studente lui, se non ci si trovava in classe alla seconda campanella, erano
guai.
L’altro problema erano i compiti a casa. I ragazzi non si sentivano più obbligati a farli. Potevi
strillare, minacciarli con voti che arrivavano alla F o con punizioni, ma non aveva importanza. I
compiti a casa erano diventati praticamente facoltativi. O meglio, come gli avevano fatto notare
alcuni alunni del primo anno qualche settimana prima, “Lo so che i compiti sono importanti,
signor Ross, ma la mia vita sociale viene prima”.
Ben ridacchiò. Vita sociale.
Ormai gli studenti cominciavano a entrare in aula. Ross individuò David Collins, un tipo alto
e di bell’aspetto che giocava nel ruolo di running back nella squadra di football. Era il ragazzo di
Laurie Saunders.
«David» disse Ross, «potresti occuparti del proiettore?»
«Certo» rispose David.
Ross rimase a guardare mentre David si accovacciava accanto al proiettore e iniziava a
trafficare con disinvoltura. In pochi secondi riuscì a sistemare nel modo giusto la pellicola. Ben
sorrise e lo ringraziò.
Robert Billings si trascinò nell’aula. Era un ragazzo goffo, con la maglietta sempre fuori dai
pantaloni e i capelli perennemente arruffati, come se non si prendesse mai il disturbo di pettinarli
quando usciva dal letto, al mattino. «Vediamo un film?» chiese, quando vide il proiettore.
«No, scemo» disse un ragazzo di nome Brad, specializzato nel tormentarlo. «Il signor Ross ha
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preparato il proiettore così, per divertimento.»
«Va bene, Brad» disse Ben in tono severo. «Basta così.»
Il numero degli studenti arrivati bastava perché Ross cominciasse a riconsegnare i compiti.
«Molto bene» disse a voce alta, per richiamare l’attenzione della classe. «Ecco i compiti della
settimana scorsa. In generale, avete fatto un buon lavoro.» Camminò su e giù per le file di banchi
consegnando ogni compito al rispettivo autore. «Ma vi avverto: sono sempre più sciatti.» Si
fermò e ne sollevò uno perché la classe potesse vederlo. «Guardate questo. Era davvero
necessario scarabocchiare i margini del foglio?»
La classe ridacchiò. «Di chi è?» chiese qualcuno.
«Non è affar tuo.» Ben ripose il compito tra gli altri e continuò a distribuirli. «D’ora in poi
inizierò ad abbassare i voti ai compiti troppo pasticciati. Se fate molte correzioni o errori sul
foglio, ricopiate il vostro tema e fate una bella copia prima di consegnarlo, intesi?»
Alcuni ragazzi annuirono. Altri non lo stavano neanche ascoltando. Ben si piazzò di fronte ai
ragazzi e abbassò il telo per la proiezione. In quel semestre era la terza volta che li riprendeva per
le condizioni dei compiti.

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Capitolo 2

Stavano studiando la Seconda guerra mondiale, e il film che Ben Ross fece vedere alla sua classe
quel giorno era un documentario sulle atrocità commesse dai nazisti nei campi di
concentramento. Nell’aula buia gli alunni non staccavano gli occhi dallo schermo. Vedevano
uomini e donne emaciate, ridotti alla fame a tal punto da non sembrare altro che scheletri
ricoperti di pelle. Persone le cui ginocchia erano la parte più consistente delle gambe.
Ben aveva già visto quel film o film del genere dozzine di volte. Però la visione delle spietate
e disumane crudeltà dei nazisti non smetteva di terrorizzarlo e di farlo infuriare. La pellicola
continuava a scorrere, e intanto lui parlava con trasporto: «Quello che vedete è successo in
Germania tra il 1934 e il 1945. È opera di un uomo di nome Adolf Hitler, un umile lavoratore,
poi facchino e imbianchino, che iniziò a interessarsi alla politica dopo la Prima guerra mondiale.
La Germania ne era uscita sconfitta e il suo prestigio era in declino, l’inflazione era alta e c’erano
migliaia di senzatetto, affamati e disoccupati.
«Per Hitler fu l’occasione buona per ascendere rapidamente ai vertici del partito nazista.
Abbracciò la teoria secondo cui agli ebrei doveva essere imputata la decadenza della civiltà, e
che i tedeschi fossero una razza superiore. Oggi sappiamo che Hitler era un paranoico, uno
psicopatico, un pazzo. Nel 1923 fu rinchiuso in galera per le sue attività politiche, ma dal 1934
lui e il suo partito riuscirono a impadronirsi del governo tedesco.»
Ben fece una pausa per permettere agli studenti di guardare tranquilli il film. Davanti ai loro
occhi, camere a gas e mucchi di corpi impilati come legna da stufa. Gli scheletri umani rimasti in
vita avevano il macabro compito di accatastare i morti sotto gli occhi dei soldati nazisti. Ben
sentì torcersi lo stomaco. Com’è possibile che sulla terra creata da Dio qualcuno costringa
un’altra persona a fare una cosa del genere? si chiese.
Poi riprese a parlare. «Hitler definiva i campi di sterminio “la soluzione finale della questione
ebraica”. I nazisti, però, proclamandosi razza superiore, vi spedirono chiunque reputassero
inadatto, non solo gli ebrei. Quelle persone furono ammassate in campi sparsi per tutta l’Europa
orientale e dopo essere state costrette a lavorare, ridotte alla fame e torturate, quando ormai non
erano più in grado di lavorare vennero sterminate nelle camere a gas. E i loro resti furono
bruciati nei forni.» Ben fece una pausa e poi aggiunse: «L’aspettativa di vita dei prigionieri nei
campi era di duecentosettanta giorni. Molti non sopravvissero nemmeno una settimana.»
Sullo schermo si vedevano gli edifici che accoglievano i forni crematori. Ben pensò di dire
agli studenti che il fumo che si levava dagli edifici era fumo di carne umana che bruciava, ma
non lo fece. La visione del film era già abbastanza spaventosa. Grazie a Dio, però, gli uomini
non avevano inventato un modo per trasmettere gli odori attraverso le pellicole, perché la cosa
peggiore di tutte sarebbe stato il puzzo, il puzzo dell’atto più atroce mai commesso nella storia
dell’umanità.
Il film era finito. Uno studente vicino alla porta diede un colpetto all’interruttore per
riaccendere le luci. Guardandosi attorno, Ben si rese conto che gran parte degli studenti aveva
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l’aria stordita. Scioccarli non era nelle sue intenzioni, eppure sapeva bene che il film avrebbe
finito per farlo. La maggior parte di loro era cresciuta nella piccola comunità di provincia che si
allungava pigramente attorno alla Gordon High. Molti erano il prodotto di famiglie solide, della
classe media, e nonostante i mezzi di comunicazione saturi di violenza che permeavano la
società, erano sorprendentemente ingenui e lontani da ogni pericolo. Persino adesso alcuni di
loro avevano già ricominciato a scherzare. La miseria e l’orrore del film dovevano essere
sembrati loro soltanto un altro programma televisivo. Robert Billings, seduto vicino alle finestre,
dormiva con la testa sepolta tra le braccia appoggiate sul banco. Vicino alla cattedra, però, Amy
Smith si asciugò il viso dalle lacrime. Anche Laurie Saunders aveva l’aria turbata.
«So che molti di voi sono sconvolti» disse Ben alla classe. «Ma oggi non ho proiettato questo
film solo per provocarvi una reazione emotiva. Voglio che ripensiate a ciò che avete visto e a
quello che vi ho detto. Ci sono domande?»
Amy Smith alzò subito la mano.
«Sì, Amy?»
«I tedeschi erano tutti nazisti?» chiese.
Ben scosse la testa. «No, in realtà gli iscritti al partito nazista erano meno del dieci percento
della popolazione tedesca.»
«E allora perché nessuno ha cercato di fermarli?» chiese Amy.
«Non lo so con certezza» rispose Ross. «Posso solo supporre che fossero spaventati. I nazisti
erano una minoranza, ma una minoranza molto ben organizzata, armata, e pericolosa. Non devi
dimenticarti che il resto della popolazione tedesca era disorganizzata, disarmata e spaventata. E
aveva anche vissuto un terribile periodo di inflazione, che in pratica aveva lasciato il Paese a
pezzi. Forse alcuni di loro speravano che i nazisti fossero in grado di risollevare la società. E
comunque, dopo la guerra, la maggior parte dei tedeschi sostenne di non sapere nulla di queste
atrocità.»
Nelle prime file della classe un giovane di colore di nome Eric alzò con insistenza la mano.
«È impossibile» disse. «Come si possono massacrare dieci milioni di persone senza che qualcuno
se ne accorga?»
«Già» disse Brad, il ragazzo che aveva punzecchiato Robert Billings prima dell’inizio della
lezione. «Non può essere andata così.»
A Ben fu chiaro che il film aveva appassionato gran parte della classe, e ne fu contento. Era
bello che si lasciassero coinvolgere. «Be’» disse a Eric e Brad. «Posso solo dirvi che dopo la
guerra i tedeschi hanno dichiarato di non sapere nulla dei campi di sterminio e delle uccisioni.»
Laurie Saunders alzò la mano. «Però Eric ha ragione» disse. «Come hanno fatto i tedeschi a
restare a guardare mentre i nazisti massacravano la gente e poi sostenere di non saperne niente?
Come hanno potuto fare e persino dire una cosa del genere?»
«Tutto ciò che posso dirvi io» disse Ben «è che i nazisti erano molto ben organizzati, e temuti.
Il comportamento del resto della popolazione tedesca è un mistero: perché non hanno cercato di
fermarli, come hanno potuto sostenere di non saperne niente. Noi non sappiamo le risposte, tutto
qui.»
La mano di Eric si alzò di nuovo. «Tutto ciò che posso dire io è che non permetterei mai a un
numero così piccolo di persone di imporsi sulla maggioranza.»
Altre mani si alzarono per fare altre domande, ma prima che Ben potesse lasciare la parola a
qualcuno, la campanella suonò e la classe si riversò in corridoio.
David Collins si alzò. Lo stomaco gli brontolava da morire. Quella mattina si era alzato tardi e
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per riuscire ad arrivare a scuola in tempo aveva dovuto saltare la solita ricca colazione. Anche se
il film proiettato dal professor Ross lo aveva turbato, non riusciva a non pensare che l’ora dopo
sarebbe stata quella del pranzo.
Guardò Laurie Saunders, la sua ragazza, ancora seduta al suo posto. «Forza, Laurie» le disse,
pressante. «Dobbiamo andare subito in mensa. Sai quanto s’allunga la coda.»
Laurie però lo salutò facendogli capire di andare senza di lei. «Ci vediamo più tardi.»
David aggrottò le sopracciglia. Era combattuto: aspettare la sua fidanzata o riempire lo
stomaco brontolante? Lo stomaco ebbe la meglio, e si allontanò lungo il corridoio.
Dopo che David se ne fu andato, Laurie si alzò e guardò il signor Ross. Nell’aula erano
rimasti soltanto un paio di altri ragazzi. Quelli più scossi dal film, fatta eccezione per Robert
Billings, che si stava svegliando dal suo pisolino. «Non posso credere che tutti i nazisti fossero
così crudeli» disse Laurie al suo insegnante. «Non riesco a credere che qualcuno possa diventare
così crudele.»
Ben annuì. «Dopo la guerra, molti nazisti hanno cercato di giustificare il proprio
comportamento sostenendo di aver solo eseguito degli ordini; se non l’avessero fatto sarebbero
stati uccisi.»
Laurie scosse la testa. «No, non ci sono scuse. Avrebbero potuto comunque scappare.
Avrebbero potuto opporsi e combattere. Vedere con i propri occhi. Pensare con la propria testa.
Nessuno seguirebbe un ordine del genere così, senza fare una piega.»
«Però è quello che hanno detto loro» disse Ben.
Laurie scosse ancora la testa. «È orribile» disse, con una nota di disgusto. «È davvero
orribile.»
Ben si limitò ad annuire. Era d’accordo.

Robert Billings cercò di passare furtivamente accanto alla cattedra.


«Robert» disse Ben. «Aspetta un minuto.»
Il ragazzo si bloccò, senza però riuscire a guardare il suo insegnante.
«A casa dormi abbastanza?» chiese Ben.
Robert annuì in silenzio.
Ben sospirò. Aveva cercato di scuotere quel ragazzo per tutto il semestre. Non riusciva a
sopportare di vederlo punzecchiato dagli altri, e lo avviliva il fatto che Robert non cercasse
neppure di partecipare alle lezioni. «Robert» disse Ben in tono severo, «se non ci metti un po’
più di impegno dovrò bocciarti. Di questo passo non riuscirai mai a diplomarti.»
Robert lo guardò negli occhi e poi distolse di nuovo lo sguardo.
«Non hai niente da dire?» chiese Ben.
Robert fece spallucce. «Non mi importa» disse.
«Cosa vuol dire che non ti importa?» chiese Ben.
Robert fece qualche altro passo verso la porta. Ben capì che le domande lo mettevano a
disagio. «Robert?»
Il ragazzo si fermò, ma continuò a evitare lo sguardo del suo insegnante. «Non riuscirei
comunque a fare qualcosa di buono» mormorò.
Ben si chiese che cosa avrebbe potuto dirgli. Robert era un caso difficile: si trascinava
nell’ombra del fratello maggiore, che invece era stato il tipico studente modello, il beniamino del
campus. Durante gli anni della scuola superiore, Jeff Billings era stato un lanciatore eccezionale.
Ora giocava nel vivaio dei Baltimore Orioles, e nelle pause del campionato di baseball studiava
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medicina. Al liceo aveva sempre avuto la media della A e si era distinto in qualunque cosa
avesse fatto. Il genere di ragazzo disprezzato persino da Ben, ai suoi tempi.
E Robert, una volta capito che non avrebbe mai potuto competere coi risultati del fratello,
sembrava aver deciso che fosse meglio non tentare nemmeno.
«Ascoltami, Robert» disse Ben. «Nessuno si aspetta che tu sia un altro Jeff Billings.»
Robert diede un rapido sguardo a Ben e poi prese a mordicchiarsi nervoso l’unghia del
pollice.
«Tutto ciò che ti chiediamo è di provarci» disse Ben.
«Devo andare» disse Robert fissando il pavimento.
«Anche a me non interessa lo sport, Robert» disse Ben. Ma il ragazzo si stava già avviando
verso la porta.

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Capitolo 3

David Collins sedeva nel cortile davanti alla mensa. Quando Laurie arrivò, David aveva già
divorato metà del pranzo e cominciava a sentirsi di nuovo un essere umano. Guardò Laurie
posare il vassoio vicino al suo e poi si accorse che anche Robert Billings stava arrivando in
cortile.
«Ehi, guarda un po’» sussurrò David mentre Laurie si sedeva. Rimasero a guardare Robert
che usciva dalla mensa reggendo il vassoio, in cerca di un posto dove sedersi. Come da copione,
aveva già iniziato a mangiare e indugiava sulla porta con mezzo hot-dog che gli spuntava dalla
bocca.
Al tavolo scelto da Robert c’erano altre due ragazze che seguivano il corso di storia del signor
Ross. Quando Robert posò il vassoio, tutte e due si alzarono e si spostarono a un altro tavolo.
Robert fece finta di non accorgersene.
David scosse la testa. «La Gordon High ha i suoi Intoccabili» mugugnò.
«Pensi che abbia davvero qualcosa che non va?» chiese Laurie.
David scrollò le spalle. «Non lo so. Da quello che mi ricordo io, è sempre stato piuttosto
strano. Però se mi trattassero così probabilmente sarei strano anch’io. È assurdo che lui e suo
fratello vengano dalla stessa famiglia.»
«Ti ho mai detto che mia madre conosce sua madre?» chiese Laurie.
«E sua madre ha mai parlato di lui?»
«No. A parte una volta, credo abbia detto che gli avevano fatto fare un test, e che ha un
quoziente intellettivo nella norma. Non è davvero ritardato.»
«È soltanto strano» disse David, e tornò a gustarsi il pranzo. Laurie piluccò il suo. Aveva
l’aria preoccupata.
«Che cos’hai?» le chiese David.
«Quel film, David» rispose Laurie. «Mi ha sconvolto parecchio. A te no?»
David ci pensò un momento, poi disse: «Sì, ma mi ha sconvolto come una cosa orribile
accaduta in passato. È stato molto tempo fa, Laurie. La vedo come una pagina di storia. Non si
può cambiare quello che è successo.»
«Ma non si può nemmeno dimenticare» disse Laurie. Assaggiò un boccone del suo
hamburger, fece una smorfia e lo rimise giù.
«Be’, mica puoi lasciare che continui a deprimerti per il resto della vita» disse David. Diede
un’occhiata all’hamburger appena cominciato di Laurie. «Non lo mangi?»
Laurie scosse la testa. Il film le aveva tolto l’appetito. «Serviti pure.»
David non solo si servì del suo hamburger, ma finì pure le sue patatine, l’insalata, e anche il
gelato. Laurie guardava nella sua direzione, ma aveva lo sguardo distante.
«Mmm.» David si ripulì le labbra con un tovagliolino.
«Vuoi qualcos’altro?» chiese Laurie.
«Be’, a dir la verità…»
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«Ehi, questo posto è occupato?» chiese qualcuno alle loro spalle.
«C’ero prima io!» disse un’altra voce.
David e Laurie alzarono lo sguardo su Amy Smith e Brian Ammon, il quarterback; puntavano
tutti e due al loro tavolo, ma venivano da direzioni opposte.
«Che cosa vuol dire che c’eri prima tu?» chiese Brian.
«Be’, volevo dire che avrei voluto arrivare qui prima di te» rispose Amy.
«Voler arrivare prima non conta» disse Brian. «E poi devo parlare con Dave di football.»
«E io devo parlare con Laurie» disse Amy.
«E di cosa?» chiese Brian.
«Be’, di come tenerle compagnia mentre voi due parlate di quella noia del football.»
«Piantatela» disse Laurie. «C’è posto per tutti e due.»
«Ma loro valgono per tre» disse Amy accennando a Brian e David.
«Ah ah ah» grugnì Brian.
David e Laurie fecero posto a Amy e Brian, che si strinsero accomodandosi al tavolo. Amy
aveva ragione sullo spazio: Brian aveva due vassoi stracolmi di cibo.
«Ehi, ma che te ne fai di tutta questa roba?» chiese David, dandogli una pacca sulla schiena.
Malgrado fosse il quarterback della squadra, Brian non era ben piazzato. David era più alto di lui
di tutta una testa.
«Devo prendere un po’ di peso» disse Brian, iniziando a divorare il suo pranzo. «Sabato
contro quei tizi di Clarkstown avrò bisogno di ogni etto che riuscirò a mettere su. Sono grossi.
Cioè, enormi. Ho sentito dire che hanno un linebacker alto uno e novantacinque che pesa cento
chili.»
«Non capisco di cosa ti preoccupi» disse Amy. «Uno così pesante non può correre veloce.»
Brian fece roteare gli occhi. «Non avrà bisogno di correre, Amy. Tutto quello che dovrà fare è
spiaccicare il quarterback.»
«Avete qualche chance, sabato?» chiese Laurie. Stava pensando all’articolo per il Grapevine.
David alzò le spalle. «Non lo so. La squadra è messa piuttosto male. Siamo indietro con gli
schemi e tutto il resto. Metà dei ragazzi non si fa vedere agli allenamenti.»
«Già» concordò Brian. «Il coach Schiller ha detto che caccerà dalla squadra chiunque non si
presenti agli allenamenti. Però se lo fa davvero non rimarranno abbastanza ragazzi per giocare.»
Nessuno aveva altro da aggiungere, così Brian addentò il secondo hamburger.
I pensieri di David si spostarono verso altre questioni pressanti. «Ehi, qualcuno di voi se la
cava con gli integrali?»
«Perché stai seguendo il corso di analisi?» chiese Amy.
«Serve per ingegneria» disse David.
«E allora perché non aspetti il college?» chiese Brian.
«Ho sentito dire che è così difficile che bisogna seguire il corso due volte per riuscire a capirci
qualcosa» spiegò David. «Quindi ho pensato che lo farò una volta adesso, e una dopo.»
Amy diede una leggera gomitata a Laurie. «Il tuo ragazzo è un po’ strano.»
«A proposito di tipi strani» sussurrò Brian, facendo un cenno con la testa verso Robert
Billings.
Lo guardarono tutti. Robert sedeva al tavolo da solo, assorto in un fumetto di Spider-Man.
Leggeva muovendo le labbra, e aveva una scia rossa di ketchup sul mento.
«L’avete visto? Ha dormito per tutto il film» chiese Brian.
«Non ricordarlo a Laurie» gli disse David. «L’ha sconvolta.»
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«Cosa, il film?» chiese Brian.
Laurie lanciò un’occhiataccia a David. «Devi proprio dirlo a tutti?»
«Be’, non è vero?» chiese lui.
«Oh, lasciami in pace» rispose Laurie.
«So come ti senti» le disse Amy. «Anch’io l’ho trovato orribile.»
«Ecco, vedi? Non sono l’unica a cui ha fatto impressione» disse Laurie rivolta a David.
«Ehi» disse David, sulla difensiva. «Non ho detto che non ha fatto impressione anche me. Ho
solo detto che adesso è finita. Dimenticalo. È successo una volta, e il mondo ha imparato la
lezione. Non accadrà mai più.»
«Spero di no» disse Laurie, prendendo il suo vassoio.
«Dove vai?» le chiese David.
«Devo lavorare al Grapevine» disse Laurie.
«Aspetta» disse Amy. «Vengo con te.»
David e Brian guardarono le due ragazze allontanarsi.
«Accidenti, il film l’ha davvero scombussolata, eh?» disse Brian.
«Già» annuì David. «Sai com’è, prende sempre le cose troppo sul serio.»

Amy Smith e Laurie Saunders erano sedute a parlare nella redazione del Grapevine. Amy non
faceva parte dello staff del giornale, ma capitava spesso che si attardasse lì con Laurie. Di solito
chiudevano a chiave la porta, Amy si sedeva vicino a una finestra aperta e teneva la sigaretta
fuori, soffiando il fumo all’esterno. Se fosse entrato un insegnante, Amy avrebbe lasciato cadere
la sigaretta a terra; difficilmente l’odore di fumo sarebbe rimasto nella stanza.
«Il film è stato orribile» disse Amy.
Laurie annuì in silenzio.
«Tu e David avete litigato?» le chiese l’amica.
«No, non proprio.» Laurie non poté fare a meno di abbozzare un sorriso. «Vorrei soltanto che
prendesse sul serio qualcos’altro, oltre al football. Sai, a volte è proprio… insomma, è il classico
atleta.»
«Però prende buoni voti» disse Amy. «Almeno non è il genere di atleta ottuso alla Brian.»
Le due amiche ridacchiarono per un momento. Poi Amy chiese: «Perché vuole diventare un
ingegnere? Sembra così noioso.»
«Vuole diventare un ingegnere informatico» disse Laurie. «Hai mai visto il computer che ha a
casa? L’ha assemblato lui.»
«Non so come, ma devo essermelo perso» disse Amy in tono scherzoso. «Comunque tu hai
deciso cosa farai l’anno prossimo?»
Laurie scosse la testa. «Magari andremo da qualche parte insieme. Dipende tutto da dove ci
accettano.»
«Ai tuoi genitori verrebbe un colpo» disse Amy.
«Non penso che gliene importi tanto» disse Laurie.
«Perché non vi sposate?»
Laurie fece una smorfia. «Dai, Amy. Insomma, sono convinta di amare David, ma davvero
c’è ancora qualcuno che vuole sposarsi?»
Amy sorrise. «Oh, non lo so, però se David lo chiedesse a me, io un pensierino ce lo farei»
disse scherzando.
Laurie rise. «Vuoi che gli accenni la cosa?»
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«Piantala, Laurie» disse Amy. «Lo sai quanto gli piaci. Le altre ragazze non le guarda
nemmeno.»
«È meglio per lui se non lo fa» disse Laurie. Si era accorta che nella voce di Amy c’era una
nota di amarezza. Da quando Laurie aveva cominciato a uscire con David, anche Amy aveva
deciso di vedersi con un giocatore di football. Qualche volta a Laurie dava fastidio che dietro la
loro amicizia ci fosse una competizione costante per i ragazzi, per i voti, per la popolarità, e per
qualunque altra cosa per cui si potesse competere. Erano molto amiche, ma quella continua
tensione impediva loro di essere davvero vicine.
Tutt’a un tratto ci furono dei colpi decisi alla porta e qualcuno cercò di ruotare la maniglia. Le
ragazze trasalirono. «Chi è?» chiese Laurie.
«Il preside Owens» rispose una voce profonda. «Perché la porta è chiusa a chiave?»
Gli occhi di Amy si sgranarono dalla paura. Lasciò cadere subito la sigaretta e iniziò a frugare
nella borsa in cerca di una gomma da masticare o di una mentina.
«Ah, non ce ne siamo accorte» rispose nervosa Laurie, avvicinandosi alla porta.
«Aprite subito!»
Amy era terrorizzata.
Laurie le lanciò uno sguardo impotente e aprì la porta.
Nel corridoio c’erano Carl Block, il reporter del Grapevine, e Alex Cooper, il critico
musicale. Ridacchiavano tutti e due.
«Ah, siete voi due!» disse Laurie, furiosa. Alle sue spalle, Amy sembrava sul punto di
svenire. Intanto i due più grandi burloni della scuola entrarono in redazione.
Carl era un ragazzo alto e secco, con i capelli biondi. Alex, robusto e bruno, aveva alle
orecchie due cuffie collegate a un piccolo mangiacassette.
«Mi avete fatto buttare via una sigaretta ancora intera» si lamentò Amy.
«Gne gne» disse Alex, guardandola contrariato.
«Allora, come sta venendo il giornale?» chiese Carl.
«Ma che cosa stai dicendo?» disse Laurie, esasperata. «Nessuno di voi ha ancora consegnato i
pezzi che vi erano stati assegnati per il nuovo numero.»
«Oh oh.» Alex guardò l’orologio e indietreggiò verso la porta. «Mi sono appena ricordato che
devo prendere un volo per l’Argentina.»
«Ti do un passaggio fino all’aeroporto» disse Carl, seguendolo fuori dalla porta.
Laurie guardò Amy e scosse la testa con aria stanca. «Quei due» mormorò, agitando un
pugno.

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Capitolo 4

Ben Ross era turbato da qualcosa. Non riusciva bene a capire da cosa, ma le domande che gli
avevano fatto i ragazzi del corso di storia quel giorno, dopo il film, lo intrigavano. Qualcosa gli
dava da pensare. Perché non era riuscito a dare ai suoi studenti delle risposte adeguate? Davvero
era così inspiegabile il comportamento della maggior parte dei tedeschi durante il regime
nazista?
Nel pomeriggio, prima di uscire da scuola, Ross si era fermato in biblioteca e aveva portato
via un carico di libri. Quella sera sua moglie Christy avrebbe giocato a tennis con delle amiche, e
Ben sapeva di avere un po’ di tempo per poter inseguire i suoi pensieri senza interruzioni.
Adesso, diverse ore più tardi, dopo aver letto da cima a fondo un buon numero di volumi, Ben si
ritrovava col sospetto che la vera risposta non fosse scritta da nessuna parte e si interrogava. Era
qualcosa che nessuna delle parole usate dagli storici sapeva spiegare? Era un qualcosa che si
poteva capire solo vivendolo? Oppure, se fosse stato possibile, ricreando una situazione simile?
L’idea lo affascinava. Supponiamo, pensò, supponiamo soltanto di usare il tempo di una
lezione, forse due, per fare un esperimento. Per cercare di dare agli studenti una dimostrazione,
un assaggio di come doveva essere la vita nella Germania nazista. Era sicuro che avrebbe avuto
sugli studenti un effetto di gran lunga superiore a qualsiasi spiegazione contenuta in un libro. Se
soltanto avesse capito come farlo, come condurre l’esperimento. Ma valeva la pena provarci.

Quella sera Christy Ross tornò a casa dopo le undici. Aveva giocato a tennis e poi cenato con
un’amica. Trovò il marito seduto al tavolo della cucina, accerchiato da libri.
«Fai i compiti?»
«In un certo senso sì» rispose Ben Ross senza alzare lo sguardo da quello che stava leggendo.
Su uno dei volumi, Christy notò un bicchiere vuoto e un piatto con le briciole di quello che
doveva essere stato un sandwich.
«Be’, almeno ti sei ricordato di mangiare» disse, prendendo il piatto e spostandolo nel lavello.
Ben non rispose. Aveva ancora il naso incollato al libro.
«Scommetto che muori dalla voglia di sapere che stasera ho fatto a pezzi Betty Lewis» disse,
prendendolo in giro.
Ben alzò lo sguardo. «Cosa?»
«Ho detto che ho battuto Betty Lewis stasera» raccontò Christy.
Suo marito aveva lo sguardo vacuo.
Christy rise. «Betty Lewis. Sai, la stessa Betty Lewis con cui non ho mai vinto più di due
game in un set. Stasera l’ho battuta. In due set. Sei-quattro, sette-cinque.»
«Ah, sì, bravissima» disse Ben, distratto. Riabbassò lo sguardo sul libro e tornò a leggere.
Qualcun altro si sarebbe offeso per quella sua apparente noncuranza. Christy no. Sapeva che
Ben era il tipo che si faceva prendere dalle cose. E non solo prendere, assorbire fino in fondo, fin
quasi a dimenticare il resto del mondo. Christy non avrebbe mai scordato quella volta in cui,
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durante la specializzazione, si era appassionato agli indiani d’America. Per mesi gli indiani
l’avevano tanto assorbito da fargli dimenticare ogni altra cosa. Nei weekend visitava le riserve o
passava ore alla ricerca di vecchi libri in biblioteche polverose. Aveva persino iniziato a invitare
indiani a cena. E a indossare mocassini di pelle di daino. Certe mattine Christy si era svegliata
chiedendosi se si sarebbe anche dipinto il viso con i colori di guerra.
Ma Ben era così. Un’estate gli aveva insegnato a giocare a bridge, e nel giro di un mese non
solo era diventato un giocatore migliore di lei, ma l’aveva fatta impazzire, insistendo perché
giocassero a bridge ogni minuto del giorno. Si era dato una calmata solo dopo aver vinto un
torneo locale e aver fatto piazza pulita dei rivali alla sua altezza. Faceva quasi paura il modo in
cui si perdeva dietro ogni nuova avventura.
Christy guardò i libri sparsi sul tavolo della cucina e sospirò. «Di che cosa si tratta questa
volta?» chiese. «Di nuovo gli indiani? Astronomia? Le caratteristiche comportamentali delle
orche assassine?»
Visto che il marito non le rispondeva, afferrò qualcuno dei libri. «Storia del Terzo Reich? Il
giovane Hitler?» Aggrottò le sopracciglia. «Che cosa succede, ti stai preparando per una laurea
in dittatura?»
«Non fa ridere» mormorò Ben senza alzare lo sguardo.
«Hai ragione» ammise Christy.
Ben Ross si abbandonò contro lo schienale della sedia e guardò sua moglie. «Oggi una mia
allieva mi ha fatto una domanda a cui non ho saputo rispondere.»
«E allora, qual è la novità?» chiese Christy.
«È che non credo di aver mai letto la risposta da nessuna parte» disse Ben. «Forse è una
risposta che devono imparare da soli.»
Christy Ross annuì. «Be’, ho capito che notte ci aspetta» disse. «Ricordati soltanto che
domani dovrai essere abbastanza sveglio per sostenere una giornata intera di lezioni.»
Suo marito annuì. «Lo so, lo so.»
Christy Ross si chinò e gli diede un bacio in fronte. «Cerca di non svegliarmi. Se stanotte
vieni a dormire.»

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Capitolo 5

Il giorno dopo, gli studenti si trascinarono in aula lentamente come al solito. Alcuni presero
posto, altri rimasero in piedi a chiacchierare. Robert Billings era vicino alle finestre e annodava
le corde della persiana. Il suo instancabile tormentatore, Brad, gli passò accanto e gli diede una
pacca sulla schiena appiccicandogli sulla maglietta un biglietto con su scritto “prendimi a calci”.
Sembrava un giorno come un altro, la solita lezione di storia, finché i ragazzi non si accorsero
che il loro insegnante aveva scritto a grandi lettere sulla lavagna: LA FORZA È DISCIPLINA.
«E cosa vorrebbe dire?» chiese qualcuno.
«Ve lo spiegherò quando vi sarete seduti tutti» rispose Ben Ross. Dopo che i ragazzi furono
tutti ai loro posti, iniziò la lezione. «Oggi vi parlerò di disciplina.»
Dagli studenti seduti si levò un lamento collettivo. Si sapeva che i corsi di alcuni insegnanti
erano di una noia mortale, ma gli studenti si aspettavano che il corso di storia di Ross fosse
piuttosto interessante, quindi niente stupide lezioni su cose come la disciplina.
«Aspettate» disse Ben. «Aspettate di sentire cos’ho da dirvi, prima di giudicare. Magari
troverete l’argomento entusiasmante.»
«Come no» disse qualcuno.
«Un “come no” mi andrà bene per iniziare» disse Ben ai suoi studenti. «Ora, quando parlo di
disciplina, io parlo di potere» disse, stringendo un pugno per enfatizzare il concetto. «E parlo di
successo. Il successo è disciplina. Qui dentro c’è qualcuno che non sia interessato al potere e al
successo?»
«Probabilmente Robert» disse Brad. Un gruppetto di ragazzi ridacchiò.
«Aspettate un momento» disse Ben. «David, Brian, Eric. Voi giocate a football, no? Lo sapete
già che per vincere serve disciplina.»
«Dev’essere per questo che non vinciamo una partita da due anni» disse Eric, e tutta la classe
rise.
All’insegnante servì qualche momento per riportare i ragazzi alla calma. «Ascoltate» disse,
gesticolando verso una studentessa carina, con i capelli rossi, che anche da seduta sembrava più
alta di quelli attorno a lei. «Andrea, tu sei una ballerina. Ai ballerini non servono lunghe ore di
duro lavoro per sviluppare le proprie abilità?»
La ragazza annuì, e Ross si voltò verso il resto della classe. «E vale lo stesso per ogni arte.
Pittura, scrittura, musica: per poterle padroneggiare, ci vogliono anni di duro lavoro e disciplina.
Duro lavoro, disciplina, e controllo.»
«E allora?» chiese uno studente afflosciato sulla sedia.
«E allora?» gli fece eco Ben. «Ve lo proverò. Supponiamo che io possa dimostrarvi che grazie
alla disciplina è possibile ottenere potere. Supponiamo di poterlo fare qui, in quest’aula. Voi che
ne direste?»
Ross si aspettava un’altra battuta, e rimase sorpreso quando non la sentì arrivare. Al contrario,
gli studenti si fecero interessati e curiosi. Ben andò alla cattedra e vi spinse davanti la sua sedia
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di legno, in modo che tutti gli studenti la vedessero.
«Bene» disse. «La disciplina inizia dalla postura. Amy, vieni qui un minuto.»
Mentre Amy si alzava, Brian mormorò: «La cocca del professore.» Normalmente sarebbe
bastato per far scoppiare a ridere la classe intera, ma solo qualche studente ridacchiò. Gli altri lo
ignorarono. Si chiedevano tutti che cos’avesse in mente l’insegnante.
Quando Amy si fu sistemata sulla sedia davanti alla cattedra, Ben la istruì su come stare
seduta. «Appoggia i palmi delle mani sui reni e imponi alla colonna vertebrale di stare diritta.
Non respiri più facilmente, adesso?»
Qua e là, molti studenti imitarono la postura di Amy. Ma nonostante stessero seduti più diritti,
alcuni non poterono fare a meno di trovare quella storia divertente. Poi fu David a cercare di fare
una battuta: «È il corso di storia o sono finito per sbaglio a educazione fisica?» chiese. Qualcuno
dei ragazzi sghignazzò, continuando però a cercare di migliorare la propria postura.
«Forza, David» disse Ben. «Provaci. Per oggi ne abbiamo avute abbastanza di osservazioni da
sapientoni.» Con riluttanza, David si mise a sedere diritto. Intanto l’insegnante camminava tra le
file di banchi, controllando la postura di ogni studente. Era sbalorditivo, pensò Ross. In qualche
modo li aveva presi all’amo. Persino Robert…
«Classe» annunciò Ben, «voglio che guardiate tutti come sono parallele le gambe di Robert.
Le caviglie sono unite, le ginocchia a novanta gradi. Guardate com’è diritta la sua spina dorsale.
Mento centrato e testa alta. Molto bene, Robert.»
Robert, lo sfigato della classe, alzò lo sguardo verso l’insegnante e accennò un sorriso, poi
tornò a irrigidirsi nella sua posizione. Gli altri studenti cercarono di imitarlo.
Ben riprese il suo posto davanti alla classe. «Bene. Ora voglio che vi alziate tutti quanti e che
camminiate. Al mio comando, voglio che torniate ai vostri posti più in fretta possibile, e che
assumiate la giusta postura da seduti. Forza, tutti in piedi. Su, su.»
Gli studenti si alzarono e iniziarono a camminare per la stanza. Ben sapeva di non doverli far
aspettare troppo, altrimenti avrebbero perso la concentrazione, così disse, in tutta fretta: «A
posto!»
I ragazzi si precipitarono ai loro posti. Alcuni si scontrarono tra loro, vi furono tonfi e
brontolii, e nell’aula qualcuno rise. Il rumore predominante rimase però il fragoroso stridere delle
sedie che i ragazzi tornarono a occupare.
Di fronte alla sua classe, Ben scrollò la testa. «Il pasticcio più disorganizzato che abbia mai
visto. Non stiamo giocando al gioco della sedia. Stiamo facendo un esperimento su moto e
postura. Quindi, forza, proviamo ancora. E questa volta senza chiacchiere. Quanta più rapidità e
controllo su voi stessi avrete, tanto più in fretta riuscirete a tornare ai vostri posti e a sedervi nel
modo appropriato. Okay? Adesso, tutti in piedi!»

Nei venti minuti successivi la classe continuò a esercitarsi; i ragazzi si alzavano dai loro posti,
vagavano in un disordine apparente e poi, al comando dell’insegnante, tornavano veloci a sedersi
nella postura corretta. Ben gridava gli ordini più come un sergente che come un insegnante.
Quando ebbero imparato a sedersi con rapidità e nel modo appropriato, Ben propose una
variazione. I ragazzi avrebbero dovuto ancora lasciare i propri posti per tornarvi poco dopo.
Questa volta, però, sarebbero usciti in corridoio, e Ross li avrebbe cronometrati.
Al primo tentativo impiegarono quarantotto secondi. La seconda volta riuscirono a farcela in
mezzo minuto. Prima dell’ultima prova, David ebbe un’idea.
«Sentite» disse ai suoi compagni di classe mentre aspettavano il segnale del signor Ross in
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corridoio. «Mettiamoci in fila, a partire da chi deve arrivare in fondo all’aula per tornare al
proprio banco. Così non ci scontreremo.»
Furono tutti d’accordo con lui. Quando si furono disposti nel modo corretto, i ragazzi non
poterono fare a meno di notare che Robert era in testa alla fila. «Il nuovo capoclasse» sussurrò
qualcuno, mentre tutti aspettavano nervosamente che l’insegnante desse il segnale. Ben schioccò
le dita e la colonna di studenti si mosse veloce e silenziosa dentro l’aula. Quando l’ultimo
studente ebbe raggiunto il suo banco, Ben fermò il cronografo. Sorrideva. «Sedici secondi.»
La classe applaudì.
«Va bene, va bene, datevi una calmata» disse l’insegnante tornando alla cattedra. Con sua
grande sorpresa, gli studenti si calmarono subito. Il silenzio calato tutt’a un tratto nell’aula era
quasi prodigioso. Di solito l’unico momento in cui l’aula era così silenziosa, si disse Ross, era
quando era deserta.
«Allora, ci sono altre tre regole a cui dovrete obbedire» disse agli studenti. «Primo: tutti
devono avere carta e penna per gli appunti. Secondo: quando fate una domanda o rispondete a
una domanda dovete mettervi di fianco alla vostra sedia. Terzo: le prime parole che dovete dire
rispondendo o facendo una domanda sono “Signor Ross”. D’accordo?»
Nell’aula le teste annuirono.
«Bene» disse il signor Ross. «Brad, chi è stato il Primo Ministro britannico prima di
Churchill?»
Brad rimase seduto a mordicchiarsi nervosamente un’unghia. «Oh, non era…»
Prima che potesse aggiungere altro, però, il signor Ross lo interruppe. «Sbagliato, Brad, hai
già dimenticato le regole che vi ho appena detto.» Guardò dall’altro lato dell’aula, verso Robert.
«Robert, mostra a Brad la procedura corretta per rispondere a una domanda.»
Robert si mise subito sull’attenti di fianco al banco. «Signor Ross.»
«Corretto» disse il signor Ross. «Grazie, Robert.»
«Ah, ma è una stupidaggine» mormorò Brad.
«Soltanto perché non l’hai saputo fare» disse qualcuno.
«Brad» disse il signor Ross, «chi è stato il Primo Ministro britannico prima di Churchill?»
Questa volta Brad si alzò e si mise di fianco al banco. «Signor Ross, era, ehm, il Primo
Ministro, ehm…»
«Sei ancora troppo lento, Brad» disse il signor Ross. «D’ora in poi le vostre risposte dovranno
essere quanto più brevi possibile, e sparatele fuori subito. Adesso prova di nuovo, Brad.»
Questa volta Brad scattò in piedi accanto al banco. «Signor Ross, Chamberlain.»
Ben approvò annuendo. «È così che si risponde a una domanda. In modo puntuale, preciso, e
con convinzione. Andrea, quale Paese è stato invaso da Hitler nel settembre del 1939?»
Andrea, la ballerina, si mise rigida di fianco al banco. «Signor Ross, non lo so.»
Il signor Ross sorrise. «Va bene comunque, perché hai usato la formula appropriata. Amy, tu
conosci la risposta?»
Amy schizzò in piedi accanto al banco. «Signor Ross, la Polonia.»
«Eccellente» disse il signor Ross. «Brian, come si chiamava il partito politico di Hitler?»
Brian si alzò in fretta dalla sedia. «Signor Ross, il partito nazista.»
Il signor Ross annuì. «Va bene, Brian. Molto veloce. Ora, qualcuno conosce il vero nome del
partito? Laurie?»
Laurie Saunders si mise in piedi di fianco al proprio banco. «Il Partito Nazional…»
«No!» Il signor Ross colpì la cattedra con un righello e ci fu un colpo secco. «Riprova, nel
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modo corretto.»
Laurie si mise a sedere, con un’espressione confusa sul viso. Che cosa aveva fatto di
sbagliato? David si chinò verso di lei e le sussurrò qualcosa all’orecchio. Già, giusto. Si alzò di
nuovo. «Signor Ross, il Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori.»
«Corretto» replicò il signor Ross.
Fece altre domande, e qua e là nell’aula gli studenti schizzavano in piedi sull’attenti,
desiderosi di dimostrare di conoscere sia le risposte, sia la loro corretta formulazione.
L’atmosfera era molto diversa da quella informale delle solite lezioni, eppure né Ben né i suoi
studenti ci fecero molta attenzione. Erano troppo presi dal nuovo gioco. La rapidità e l’esattezza
di ogni domanda e di ogni risposta davano euforia. Presto Ben si ritrovò sudato: gridava una
domanda e lo studente di turno scattava in piedi accanto al proprio banco per urlare una risposta
concisa.
«Peter, chi fu a proporre il Lend-Lease Act?»
«Signor Ross, Roosevelt.»
«Esatto. Eric, chi morì nei campi di sterminio?»
«Signor Ross, gli ebrei.»
«Qualcun altro, Brad?»
«Signor Ross, zingari, omosessuali e ritardati mentali.»
«Bene. Amy, perché venivano uccisi?»
«Signor Ross, perché non facevano parte della razza superiore.»
«Corretto. David, chi amministrava i campi di sterminio?»
«Signor Ross, le SS.»
«Eccellente!»
Nel corridoio la campanella stava suonando, eppure nessuno nell’aula si mosse dai banchi.
Ancora elettrizzato per la velocità dei progressi fatti dalla classe durante la lezione, Ben rimase
davanti alla cattedra e pronunciò l’ultimo ordine della giornata. «Stasera finite di leggere il
capitolo sette e leggete la prima metà del capitolo otto. Questo è tutto, potete andare.» Davanti a
lui la classe si alzò in quello che gli parve un unico movimento e uscì in fretta in corridoio.

«Wow, ragazzi, è stato strano. Come farsi una bella corsa» disse Brian, affannato e con un
insolito entusiasmo. Lui e altri studenti del corso di storia del signor Ross formavano un
capannello in corridoio e sembravano ancora animati dall’energia che si era creata in aula.
«Non ho mai provato niente del genere» disse Eric accanto a lui.
«Be’, di sicuro è meglio che prendere appunti» osservò Amy.
«Puoi dirlo forte» disse Brian. Iniziò a sghignazzare insieme a una coppia di altri studenti.
«Non cominciate, io non ci trovo niente da ridere» disse David. «È stato stranissimo. Era
come se non fossimo più soltanto una classe. Eravamo un gruppo. Ricordate cos’ha detto il
signor Ross a proposito del potere? Penso che abbia ragione. Non è sembrato così anche a voi?»
«Amico, la stai prendendo troppo sul serio» disse Brad, alle sue spalle.
«Ah sì?» disse David. «E allora come lo spieghi?»
Brad fece spallucce. «Cosa c’è da spiegare? Ross faceva le domande, noi rispondevamo. È
stato come ogni altra lezione, solo che dovevamo stare seduti diritti e alzarci vicino al banco. Per
me la stai facendo più lunga del dovuto.»
«Non lo so, Brad» disse David. Poi si voltò e si allontanò.
«Dove stai andando?» chiese Brian.
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«In bagno» rispose David. «Ci vediamo in mensa.»
«Okay» disse Brian.
«Ehi, ricordati di stare seduto diritto» disse Brad, e gli altri risero.
David spalancò la porta del bagno dei maschi. Non sapeva dire se Brad avesse ragione oppure
no. Forse la stava facendo davvero troppo lunga, ma d’altro canto aveva avuto quella sensazione,
quella specie di spirito di gruppo. Forse in aula non avrebbe fatto tutta questa differenza, perché
in fondo si trattava soltanto di rispondere a qualche domanda. Però se si prendevano lo stesso
spirito di gruppo e la stessa sensazione intensa e si riusciva a infonderli nella squadra di football?
C’erano buoni atleti nella squadra, e a David il pensiero che avessero un primato così negativo
dava sui nervi. Erano soltanto demotivati e disorganizzati. Se fosse riuscito a caricare la squadra
solo la metà di quanto il signor Ross aveva fatto con la classe di storia quel giorno, lui e i suoi
compagni avrebbero di certo stracciato i loro avversari del campionato.
Dal bagno David sentì suonare la seconda campanella, che avvisava gli studenti che l’ora
successiva stava per cominciare. Uscì da un cubicolo e fece per raggiungere i lavandini, ma vide
qualcuno e si fermò di colpo. Il bagno si era svuotato ed era rimasta soltanto una persona:
Robert. Era davanti a uno specchio, s’infilava la maglietta nei pantaloni, ignaro di non essere
solo. David rimase a guardarlo. Il perdente della classe si lisciò qualche ciuffo di capelli sulla
testa e contemplò il proprio riflesso nello specchio. Poi scattò sull’attenti e mosse le labbra in
silenzio, come se fosse ancora a lezione dal signor Ross e stesse rispondendo alle domande.
David rimase immobile. Nel frattempo, Robert continuava a esercitarsi. Ancora e ancora.

Più tardi, quella sera, Christy Ross sedeva dal suo lato del letto, avvolta in una camicia da notte
rossa, e si spazzolava i lunghi capelli ramati. Accanto a lei, Ben sfilava un pigiama da un
cassetto. «Sai» disse, «mi aspettavo che detestassero tutto quanto: ricevere ordini, essere costretti
a stare seduti diritti e rispondere in quel modo. Invece l’hanno presa come se aspettassero
qualcosa del genere da tutta una vita. È stato strano.»
«Non credi che per loro sia stato soltanto un gioco?» chiese Christy. «Che fossero solo in
competizione per vedere chi era il più veloce e chi stava più diritto?»
«Sono certo che era anche questo» disse Ben alla moglie. «Ma un gioco è comunque qualcosa
a cui decidi di prendere o non prendere parte. Non erano costretti a partecipare, ma hanno voluto
farlo. La cosa più strana è stata che dopo aver iniziato, ho sentito che ne volevano ancora.
Chiedevano disciplina. E ogni volta che arrivavano a padroneggiare una regola, ne chiedevano
un’altra. Quando è suonata la campanella alla fine della lezione e li ho visti rimanere ai propri
posti, mi sono accorto che non lo avevano preso solo come un gioco.»
Christy smise di spazzolarsi i capelli. «Vuoi dire che sono rimasti in classe dopo la
campanella?» chiese.
Ben annuì. «È quello che sto dicendo.»
Sua moglie lo guardò scettica, ma poi sorrise. «Ben, credo che tu abbia creato un mostro.»
«Quasi» rispose Ben, soffocando una risatina.
Christy posò la spazzola e si spalmò un po’ di crema sul viso. Dal suo lato del letto, Ben si
stava infilando la giacca del pigiama. Christy aspettò che suo marito si protendesse per il bacio
rituale della buonanotte. Ma quella sera il bacio sembrava ancora lontano. Ben era preso dai suoi
pensieri.
«Ben?» disse Christy.
«Sì?»
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«Pensi che domani continuerai?»
«Non credo» rispose suo marito. «Dobbiamo passare alla Campagna del Giappone.»
Christy chiuse il barattolo di crema e si sistemò comoda sotto le coperte. In piedi dal suo lato
del letto, Ben invece non si mosse. Aveva raccontato a sua moglie dell’entusiasmo sorprendente
dei suoi studenti, ma non le aveva detto che quel pomeriggio anche lui si era sentito travolto.
Sarebbe stato imbarazzante ammettere che si era fatto prendere da un gioco così banale. Ma
ripensandoci, si rendeva conto che era stato proprio così. Lo scambio serrato di domande e
risposte, gli sforzi per una perfetta disciplina: era stato contagioso e, in un certo senso, ipnotico.
Aveva provato piacere per i risultati dei suoi studenti. Interessante, pensò mentre si metteva a
letto.

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Capitolo 6

Per Ben ciò che accadde il giorno dopo fu molto insolito. Non furono i suoi studenti ad arrivare
pochi per volta dopo il suono della campanella, ma fu lui ad arrivare in ritardo. Quella mattina
aveva dimenticato in macchina gli appunti per la lezione e il libro sul Giappone, e così era
dovuto correre al parcheggio prima dell’inizio dell’ora per recuperarli. Affrettandosi nel tornare
in aula, si aspettava di trovare un manicomio, e invece si ritrovò davanti a una sorpresa.
Nell’aula c’erano cinque file ordinate di banchi, sette banchi per fila. A ciascun banco sedeva
un solo studente, irrigidito nella postura che Ben aveva indicato loro il giorno prima. C’era
silenzio, e Ross contemplò la classe con una sensazione di disagio. Era uno scherzo? Qua e là si
scorgeva qualche faccia che tratteneva a malapena il sorriso, ma era una netta minoranza rispetto
ai visi induriti che guardavano avanti, concentrati. Alcuni studenti lo fissavano con occhi
dubbiosi, nell’attesa di capire se avrebbe continuato con quella faccenda della disciplina.
Doveva? Era un’esperienza così insolita, ed era così diversa dalla normalità, che ebbe la
tentazione di farlo. Che cosa avrebbero potuto imparare? E lui? Stuzzicato dall’ignoto, Ben
decise che valeva la pena di scoprirlo.
«Molto bene, allora» disse mettendo via gli appunti. «Che cosa succede qui?»
I suoi alunni rivolsero gli occhi nella sua direzione, incerti.
Ben diresse lo sguardo in fondo all’aula. «Robert?»
«Signor Ross, disciplina.»
«Sì, disciplina» assentì il signor Ross. «Ma è solo un elemento. C’è dell’altro.» Allora si volse
verso la lavagna, e sotto il motto “LA FORZA È DISCIPLINA” del giorno prima, aggiunse
“COMUNITÀ”.
Tornò a guardare la classe. «Per comunità si intende il legame che si instaura tra persone che
lavorano e faticano insieme per un bene comune. È come costruire un fienile con i propri vicini.»
Alcuni studenti della classe ridacchiarono. David però aveva capito che cosa intendeva dire il
signor Ross. Era quello che lui stesso aveva pensato dopo la lezione del giorno prima. Era quel
genere di spirito di gruppo di cui ha bisogno anche una squadra di football.
«È la sensazione di far parte di qualcosa di più importante di ognuno di voi» stava dicendo il
signor Ross. «Voi siete un movimento, una squadra, una causa comune. Dovete impegnarvi per
qualcosa…»
«Dovremmo impegnarci, sì» mormorò qualcuno, ma i vicini lo zittirono.
«Così come per la disciplina» continuò il signor Ross, «per capire il concetto di comunità nel
modo appropriato dovete farne esperienza e prendervi parte. D’ora in poi, i nostri due motti
saranno “La Forza è Disciplina” e “La Forza è Comunità”. Ripetete i nostri motti, tutti insieme.»
Gli studenti si alzarono dai banchi e recitarono gli slogan: «La Forza è Disciplina, la Forza è
Comunità.»
Alcuni, compresi Laurie e Brad, non si unirono agli altri, e rimasero seduti, a disagio, mentre
il signor Ross faceva ripetere i motti. Alla fine anche Laurie si alzò, seguita poi da Brad. Tutta la
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classe era in piedi, ciascuno accanto al proprio banco.
«Quello di cui abbiamo bisogno adesso è un simbolo per la nostra nuova comunità» disse il
signor Ross. Si girò di nuovo verso la lavagna, vi disegnò un cerchio, e all’interno tracciò il
profilo di un’onda. «Questo sarà il nostro simbolo. Un’onda è un esempio di qualcosa che
cambia. Possiede movimento, direzione, forza d’urto. D’ora in poi la nostra comunità, il nostro
movimento sarà conosciuto come l’Onda.» Fece una pausa e guardò la classe irrigidita
sull’attenti; accettavano qualsiasi cosa lui dicesse. «E questo sarà il nostro saluto» disse,
formando una coppa con la mano destra, a mo’ di onda, e battendola contro la spalla sinistra per
poi rialzarla. «Classe, saluto» ordinò.
La classe fece il saluto. Alcuni si colpirono la spalla destra invece della sinistra. Altri
dimenticarono del tutto di battersi sulla spalla. «Ancora» ordinò Ross, eseguendo lui stesso il
saluto. Ripeté l’esercizio finché tutti non l’ebbero eseguito nel modo giusto.
«Molto bene» disse a quel punto. Ancora una volta tutti in classe avvertirono quell’energia e
quello spirito di gruppo che li avevano travolti il giorno prima. «Questo è il nostro saluto,
soltanto nostro» disse loro. «Quando vedrete un altro membro dell’Onda, gli farete il saluto.
Robert, fa’ il saluto e ripeti i nostri motti.»
In piedi, rigido accanto al suo banco, Robert eseguì il saluto e recitò: «Signor Ross, la Forza è
Disciplina, la Forza è Comunità.»
«Molto bene» disse Ben. «Peter, Amy ed Eric, salutate e ripetete il nostro motto con Robert.»
I quattro studenti obbedirono facendo il saluto e scandendo ad alta voce: «La Forza è
Disciplina, la Forza è Comunità.»
«Brian, Andrea e Laurie» ordinò il signor Ross. «Unitevi a loro e ripetete.»
Sette studenti ripeterono i motti scandendo le parole, poi furono in quattordici, e poi in venti,
finché l’intera classe non fece il saluto e scandì all’unisono: «La Forza è Disciplina, la Forza è
Comunità.» Come un reggimento, pensò Ben, proprio come un reggimento.

In palestra, dopo la scuola, David ed Eric erano seduti sul pavimento nelle loro maglie da
football. In anticipo per gli allenamenti, erano impegnati in una discussione accesa.
«Per me è stupido» disse Eric allacciandosi le scarpe. «È un gioco che facciamo al corso di
storia. E basta.»
«Ma non vuol dire che non possa funzionare» insisté David. «Altrimenti perché avremmo
dovuto impararlo? Per tenerlo segreto? È come dico io, Eric, è proprio quello di cui ha bisogno la
nostra squadra.»
«Be’, dovrai convincere il coach Schiller» disse Eric. «E non sarò io a dirglielo.»
«Di cosa hai paura?» chiese David. «Pensi che il signor Ross mi punirà per aver parlato
dell’Onda con un paio d’altre persone?»
Eric fece spallucce. «No, amico. Penso che si faranno una bella risata.»
Brian uscì dagli spogliatoi e si unì a loro sul pavimento.
«Ehi» disse David. «Cosa ne dici se proviamo a far entrare il resto della squadra nell’Onda?»
Brian diede qualche strattone alle protezioni per le spalle e ci pensò. «Tu credi che l’Onda
potrebbe fermare quel linebacker da cento chili della squadra di Clarkstown?» chiese. «Ti giuro,
ormai penso solo a questo. Continuo a immaginarmi la scena: io che chiamo lo schema per la
corsa e tutt’a un tratto questa creatura mi appare davanti, questa immensa creatura con la divisa
della Clarkstown. Passeggia sopra il mio centrale difensivo, travolge le mie guardie. È così
grosso che non posso andare a sinistra, o a destra, e non posso scavalcarlo…» Brian si rotolò sul
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pavimento, si mise di schiena e fece finta che qualcuno lo schiacciasse. «Continua ad avvicinarsi,
si avvicina. Ahhhhhhhhhh!»
Eric e David risero, e Brian si rimise seduto. «Farei di tutto» disse. «Mangerei i Wheaties, mi
unirei all’Onda, farei i compiti. Qualunque cosa pur di fermare quel tizio.»
Intanto altri giocatori si erano raccolti attorno a loro, compreso uno del terzo anno chiamato
Deutsch, il quarterback di riserva. Nella squadra tutti sapevano che Deutsch non desiderava altro
che prendere il posto di Brian. Il risultato era che i due non andavano per niente d’accordo.
«Ho sentito dire che hai paura di quelli della Clarkstown» disse Deutsch a Brian. «Potrei
giocare al posto tuo, amico, basta che lo dici.»
«Se ti lasciassero giocare non avremmo nessuna speranza» gli disse Brian.
Deutsch sogghignò. «L’unica ragione per cui sei titolare è che sei più vecchio» disse.
Sempre seduto sul pavimento della palestra, Brian puntò lo sguardo verso il ragazzo di terza.
«Amico, sei il pallone gonfiato più incapace che io abbia mai visto.»
«Ah, sì, senti chi parla» replicò Deutsch ringhiando.
David si ritrovò con Brian che era saltato in piedi, e che agitava i pugni. David si frappose tra
i due quarterback. «È proprio quello di cui stavo parlando!» gridò mentre li separava.
«Dovremmo essere una squadra. Dovremmo sostenerci. Il motivo per cui siamo andati così male
finora è che non facciamo altro che darci addosso a vicenda.»
In palestra erano arrivati altri giocatori. «Di cosa sta parlando?» chiese uno di loro.
David si voltò. «Parlo di comunità. Parlo di disciplina. Dobbiamo cominciare a comportarci
come una squadra. Come se avessimo un obiettivo comune. Il vostro compito in questa squadra
non è rubare il posto agli altri. Il vostro compito è aiutare questa squadra a vincere.»
«Io potrei dare una mano a far vincere questa squadra» disse Deutsch. «L’unica cosa che deve
fare coach Schiller è mettermi titolare.»
«No, amico!» gli urlò contro David. «Una manica di individui egoisti non fa una squadra. Sai
perché siamo andati così male quest’anno? Perché siamo venticinque squadre da un giocatore
solo, tutte con la stessa uniforme della Gordon High. Vuoi essere il quarterback titolare di una
squadra che non vince? Oppure il quarterback di riserva in una squadra che vince?»
Deutsch fece spallucce.
«Mi sono stancato di perdere» disse un altro giocatore.
«Già» disse un altro. «È una vera rottura. Questa scuola neppure ci prende più sul serio.»
«Io cederei il mio posto in squadra e farei pure il ragazzo che porta l’acqua se questo volesse
dire vincere una partita» disse un terzo.
«Be’, noi possiamo vincere» disse David. «Non sto dicendo che sabato andremo in campo e
spazzeremo via la Clarkstown, ma se cerchiamo di essere una squadra, scommetto che
quest’anno qualche partita riusciremo a vincerla.»
«D’accordo» disse uno dei giocatori. «Cosa facciamo?»
David esitò per un momento. Potevano provare a essere l’Onda. Ma chi era lui per dirlo? In
fondo l’aveva imparato soltanto il giorno prima. Tutt’a un tratto sentì qualcuno dargli una
leggera gomitata nel fianco.
«Diglielo» sussurrò Eric. «Digli dell’Onda.»
Che diavolo, pensò David. «Okay. Tutto quello che so è che si inizia imparando dei motti. E
questo è il saluto…»

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Capitolo 7

Quella sera Laurie Saunders raccontò ai suoi genitori delle lezioni di storia degli ultimi due
giorni. La famiglia Saunders era seduta attorno al tavolo della sala da pranzo e stava finendo di
mangiare. Per quasi tutta la cena, il padre di Laurie aveva descritto – colpo dopo colpo – il 78
totalizzato sul campo da golf quel pomeriggio. Il signor Saunders dirigeva una divisione di una
grande compagnia di semiconduttori; la madre di Laurie diceva che quella passione per il golf
non la infastidiva, perché in campo suo marito riusciva a liberarsi da tutte le tensioni e dalle
frustrazioni del suo lavoro. La donna ripeteva che non sapeva spiegarsi com’era possibile, ma
che finché suo marito fosse tornato a casa di buonumore, lei non aveva niente da obiettare.
E neppure Laurie, anche se ascoltare suo padre che raccontava di come aveva giocato certe
volte la annoiava a morte. Era un bene che fosse una persona positiva invece che un tipo
apprensivo come sua madre, che con ogni probabilità era la donna più brillante e perspicace che
Laurie avesse mai conosciuto. In pratica dirigeva da sola l’Associazione delle elettrici dalla
contea ed era dotata di una tale astuzia politica che gli aspiranti politici in cerca di incarichi locali
si rivolgevano sempre a lei per un consiglio.
Per Laurie, quando le cose andavano bene, sua madre era uno spasso. Era un vulcano di idee,
e con lei si poteva parlare per ore. Ma in altri momenti, se Laurie era turbata da qualcosa o aveva
un problema, sua madre era uno strazio: non c’era modo di nasconderle niente. E quando Laurie
confessava che cosa c’era che non andava, sua madre non le dava più pace.
Quando a cena Laurie cominciò a raccontare dell’Onda, lo fece soprattutto perché non
sarebbe riuscita a sopportare un minuto di più i racconti sportivi di suo padre. Si era accorta che
anche sua madre non ne poteva più. Nell’ultimo quarto d’ora la signora Saunders non aveva fatto
altro che grattare via con l’unghia del dito una macchia di cera dalla tovaglia.
«È stato incredibile» stava dicendo Laurie. «Tutti facevano il saluto e ripetevano il motto. Era
impossibile non lasciarsi coinvolgere. Insomma, volere davvero che una cosa funzioni. Sentire
attorno a sé tutta quell’energia.»
La signora Saunders smise di grattare la tovaglia e guardò sua figlia. «Non credo che mi
piacerebbe, Laurie. Mi pare un po’ troppo militaresco.»
«Oh, mamma» disse Laurie. «Prendi sempre le cose nel modo sbagliato. Non è niente del
genere. Davvero, avresti dovuto essere in classe e sentire quell’energia positiva per capire di cosa
si tratta.»
Il signor Saunders si disse d’accordo. «A dire il vero, sono a favore di qualsiasi cosa riesca a
guadagnarsi l’attenzione dei ragazzi di oggi.»
«Ed è proprio quello che riesce a fare, mamma» disse Laurie. «Persino i peggiori si sono fatti
prendere. Hai presente Robert Billings, quel tipo del mio anno che dà i brividi? Anche lui si
sente parte del gruppo. Nessuno gli ha dato fastidio per due giorni interi. Dimmi se non è una
cosa positiva.»
«Ma voi dovreste limitarvi a studiare la storia» obiettò la signora Saunders. «Non vi si chiede
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di essere parte di un gruppo.»
«Be’, la sai una cosa?» disse suo marito. «Questo Paese è stato fondato da persone che erano
parte di un gruppo: i pellegrini, i Padri Fondatori. Non penso che sia sbagliato che Laurie impari
come collaborare con gli altri. Se ci fosse un po’ più di collaborazione, giù all’impianto, invece
delle continue malignità e delle ripicche e di tutti quelli che cercano di pararsi il voi-sapete-cosa,
di sicuro non ci ritroveremmo indietro con la produzione di quest’anno.»
«Non ho detto che collaborare sia sbagliato» ribadì la signora Saunders. «Ma le persone
devono fare le cose a modo loro. Quando parli della grandezza di questo Paese, parli di persone
che non avevano paura di agire da individui.»
«Mamma, penso davvero che tu la stia prendendo in un modo sbagliato» disse Laurie. «Il
signor Ross ha soltanto trovato un modo per coinvolgere tutti. Non è che ci siamo dimenticati
della storia.»
Sua madre non era ancora pronta a mollare. «Va tutto benissimo, però a me non sembra la
cosa migliore per te, Laurie. Piccola, noi ti abbiamo cresciuto come un individuo.»
Il padre di Laurie si rivolse a sua moglie. «Midge, non pensi di prenderla un po’ troppo sul
serio? Un po’ di spirito comunitario è una gran cosa per questi ragazzi.»
«Esatto, mamma» disse Laurie sorridendo. «Non dici sempre che sono un po’ troppo
indipendente?»
La signora Saunders non lo trovò spiritoso. «Tesoro, ricorda soltanto che la cosa più condivisa
non è sempre la più giusta.»
«Oh, mamma» disse Laurie, seccata dal fatto che la madre non volesse capire il suo punto di
vista sull’argomento.
«Midge, dico sul serio» disse il signor Saunders. «Sono sicuro che l’insegnante di storia di
Laurie sa esattamente quello che fa. Non vedo perché tu debba trasformare la questione in un
affare di Stato.»
«Tu non trovi che sia pericoloso permettere a un insegnante di manipolare gli studenti in quel
modo?»
«Il signor Ross non ci sta manipolando» disse Laurie. «È uno dei miei insegnanti migliori. Sa
quello che fa, e per quello che mi riguarda lo fa per il bene della classe. Vorrei che anche gli altri
insegnanti riuscissero a essere così interessanti.»
La madre di Laurie pareva pronta a continuare la discussione, ma suo marito cambiò
argomento. «Dov’è David stasera?» chiese. «Non si fa vedere?» Dopo cena David passava
spesso a casa dei Saunders con la scusa di studiare con Laurie. Però finiva inevitabilmente
risucchiato nella tana del signor Saunders, che gli parlava di sport o di ingegneria. E visto che
David sperava di poter studiare ingegneria proprio come aveva fatto il signor Saunders, i due
avevano molto da dirsi. Durante i suoi anni alle superiori, per di più, il signor Saunders aveva
anche giocato a football. Una volta la signora Saunders aveva detto a Laurie che non c’era
dubbio che si trattava di una coincidenza voluta dal cielo.
Laurie scrollò la testa. «È a casa a studiare i capitoli di storia che il signor Ross ci ha dato per
domani.»
Il signor Saunders fu sorpreso. «David che studia? Adesso sì che c’è qualcosa di cui
preoccuparsi.»

Visto che insegnavano a tempo pieno, Ben e Christy Ross si erano abituati a dividersi molte delle
incombenze quotidiane: cucinare, pulire, fare la spesa. Quel pomeriggio Christy doveva portare
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la macchina all’officina per far cambiare la marmitta, e così Ben aveva accettato di cucinare.
Dopo la lezione di storia, però, si sentiva troppo in subbuglio per occuparsi della cena. Così si
era fermato al take-away cinese sulla strada di casa e aveva preso degli involtini primavera e
qualche frittata di gamberi.
Quando Christy rincasò verso l’ora di cena trovò il tavolo ancora ingombro di libri. Alla vista
delle buste di carta marroni del take-away sul piano della cucina, esclamò: «E questa la chiami
cena?»
Ben sollevò lo sguardo dal tavolo. «Mi spiace, Chris. Sono stato preso da questa lezione. Ho
ancora molto da fare per prepararla, e non volevo perdere tempo a cucinare.»
Christy annuì. Non era sempre così. Oggi poteva perdonarlo. Cominciò a tirare fuori il cibo
dai sacchetti. «Allora, dottor Frankenstein, come va il tuo esperimento? Le tue creature ti si sono
già rivoltate contro?»
«Al contrario» ribatté suo marito. «Si stanno trasformando in esseri umani!»
«Ma non mi dire» disse Christy.
«Ho scoperto che sono in pari con il programma» disse Ben. «E alcuni di loro si spingono
persino più avanti. È come se tutt’a un tratto gli piacesse arrivare preparati a lezione.»
«O che, tutt’a un tratto, avessero paura di arrivare impreparati» gli fece notare sua moglie.
Ben non diede peso a quell’osservazione. «No, penso che siano davvero migliorati. Di sicuro
si comportano meglio.»
Christy scosse la testa. «Non possono essere gli stessi ragazzi a cui insegno musica.»
«È proprio quello che ti sto dicendo» disse Ben. «È sorprendente quanto possano apprezzarti
se prendi le decisioni al posto loro.»
«Ma certo, perché ciò significa meno lavoro per loro. Non devono pensare con la propria
testa» disse Christy. «Adesso però smettila di leggere e metti via un po’ di libri, così almeno
ceniamo.»
Mentre Ben faceva spazio sul tavolo della cucina, Christy tolse il cibo dalle confezioni.
Quando Ben si alzò, Christy pensò che fosse per darle una mano; invece suo marito si mise a
camminare per la cucina, assorto nei suoi pensieri. Christy continuò a preparare la tavola, ma
anche lei ormai pensava all’Onda. C’era qualcosa che la disturbava, qualcosa nel tono della voce
di suo marito quando parlava della sua classe, come se quegli studenti fossero diventati migliori
degli altri della scuola. Mentre si sedeva a tavola disse: «Fino a dove credi di poter arrivare,
Ben?»
«Non lo so» rispose Ross. «Però penso che scoprirlo possa essere affascinante.»
Christy rimase a guardare suo marito che camminava per la cucina, perso nei propri pensieri.
«Perché non ti siedi?» disse. «La tua frittata di gamberi si raffredderà.»
«Lo so» disse Ben mentre raggiungeva il tavolo e si sedeva. «La cosa buffa è che sento che
questa cosa sta prendendo anche me. È contagiosa.»
Christy annuì. Era lampante. «Stai diventando come uno dei topi da laboratorio del tuo
esperimento» disse. L’aveva detto in modo scherzoso, ma sperò che Ben avesse colto il suo
avvertimento.

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Capitolo 8

David e Laurie vivevano tutti e due abbastanza vicino alla Gordon High da poterci andare a
piedi. Il tragitto che David avrebbe dovuto seguire non passava necessariamente per casa di
Laurie, ma dal secondo anno in poi gli era sempre piaciuto fare una deviazione. Era stato allora,
quando l’aveva notata per la prima volta, che aveva cominciato a percorrere la strada che faceva
Laurie nella speranza di capitare davanti a casa sua proprio mentre lei usciva per andare a scuola.
All’inizio riusciva a incrociarla una volta alla settimana, più o meno. Poi, col passare delle
settimane, quando ormai cominciavano a conoscersi meglio, aveva preso a incontrarla più
spesso, finché, in primavera, non si erano ritrovati a fare la strada insieme quasi ogni giorno.
David pensò a lungo che si fosse trattato soltanto di fortuna e tempismo. Non gli era mai venuto
in mente che forse, fin dall’inizio, Laurie aspettasse alla finestra in attesa di vederlo arrivare.
All’inizio, insomma, lei aveva fatto finta di imbattersi in lui soltanto una volta la settimana. Con
il passare del tempo, ci si era imbattuta più spesso.
Quando il mattino dopo David arrivò da Laurie per andare a scuola insieme, il cervello gli
ribolliva di idee. «Te lo dico io, Laurie» disse mentre camminavano sul marciapiede verso la
scuola. «È proprio quello di cui avrebbe bisogno la squadra di football.»
«Quello di cui avrebbe bisogno la squadra di football» gli disse Laurie «è un quarterback che
sappia lanciare, un running back che sappia ricevere un passaggio, un paio di linebacker che non
abbiano paura di placcare, un mediano di campo che…»
«Finiscila» disse David, irritato. «Dico sul serio. Ieri ho coinvolto la squadra. Mi hanno
aiutato Brian ed Eric. I ragazzi hanno risposto davvero bene. Insomma, non che la squadra sia
migliorata in un solo allenamento, ma sono riuscito ad avvertire qualcosa. Sono riuscito a sentire
uno spirito di squadra. Anche il coach Schiller ne è rimasto sorpreso. Ha detto che gli siamo
sembrati una squadra nuova.»
«Mia madre dice che ha tutta l’aria di un lavaggio del cervello» disse Laurie.
«Cosa?»
«Dice che il signor Ross ci sta manipolando.»
«È pazza» disse David. «Come fa a saperlo? E comunque che t’importa di cosa dice tua
madre? Sai che si preoccupa per tutto.»
«Non ho detto che sono d’accordo con lei» disse Laurie.
«Be’, non hai nemmeno detto che non sei d’accordo» disse David.
«Ti stavo solo riferendo quello che ha detto lei» ribatté Laurie.
David non voleva lasciar cadere la discussione. «Comunque, come fa a dirlo? Non potrà mai
capire cos’è l’Onda, a meno che non venga in classe a vedere come funziona. I genitori pensano
sempre di sapere tutto!»
All’improvviso Laurie sentì l’impulso di dargli torto, ma lasciò perdere. Non voleva litigare
con David per una cosa così insignificante. Odiava quando discutevano. E poi, per quanto ne
sapeva lei, l’Onda avrebbe anche potuto essere quello di cui la squadra di football aveva bisogno.
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Perché di sicuro aveva bisogno di qualcosa. Decise di cambiare argomento. «Hai trovato
qualcuno che ti dia una mano per il corso di analisi?»
David scrollò le spalle. «No, gli unici che ci capiscono qualcosa sono quelli del mio corso.»
«E allora perché non lo chiedi a uno di loro?»
«Non esiste» disse David. «Non voglio che sappiano che ho qualche problema.»
«Perché?» chiese Laurie. «Sono sicura che qualcuno ti aiuterebbe.»
«Certo che lo farebbero» disse David. «Ma io non voglio il loro aiuto.»
Laurie sospirò. Che ci fossero parecchi ragazzi in continua competizione per i voti e la
reputazione era risaputo, però in pochi la facevano lunga quanto David. «Bene» disse. «So che a
pranzo non ha detto niente, però se non riesci a trovare nessun altro, credo che Amy possa darti
una mano.»
«Amy?»
«È bravissima in matematica» spiegò Laurie. «Scommetto che potresti darle i tuoi problemi e
lei li risolverebbe in dieci minuti.»
«Ma se gliel’ho chiesto a pranzo» disse David.
«Faceva la timida» disse Laurie. «Credo che le piaccia Brian, e non vuole spaventarlo facendo
la figura della cervellona.»
David rise. «Non credo che debba preoccuparsi, Laurie. Lo intimidirebbe solo se pesasse
cento chili di più e indossasse una divisa della Clarkstown.»

Quando gli studenti arrivarono a scuola, quel giorno, trovarono in fondo all’aula un grosso
manifesto con il simbolo blu di un’onda. Il signor Ross era vestito in modo diverso dal solito. In
genere si presentava in abiti informali, e invece oggi indossava completo blu, camicia bianca e
cravatta. Gli studenti si affrettarono a sedersi ai propri posti mentre il professore camminava su e
giù lungo le file di banchi distribuendo piccole schede gialle.
Brad diede una gomitata a Laurie. «Non è periodo di pagelle» sussurrò.
Laurie fissò la scheda che aveva ricevuto. «È una tessera per i membri dell’Onda» gli rispose
sussurrando.
«Che cosa?» sibilò Brad.
«Bene.» Il signor Ross batté rumorosamente le mani. «Fate silenzio.»
Brad si rimise seduto diritto al suo posto. Laurie comprendeva la sua sorpresa. Una tessera?
Doveva essere uno scherzo. Intanto, finito di distribuire le tessere, il signor Ross aveva preso
posto di fronte alla classe.
«Adesso avete la tessera dei membri» annunciò il signor Ross. «Voltatela e scoprirete che
alcune sono contrassegnate con una X rossa. Se avete una X rossa siete i controllori, e siete
tenuti a fare rapporto direttamente a me nel caso in cui un membro dell’Onda non obbedisse alle
nostre regole.»
Nell’aula gli studenti esaminarono a fondo le tessere, girandole per scoprire la presenza o
meno di una X rossa. Chi l’aveva, come Robert e Brian, sorrise; quelli che non l’avevano, come
Laurie, parvero meno contenti.
Laurie alzò la mano.
«Sì, Laurie» disse Ben.
«Ehm, a che cosa serve?» chiese Laurie.
Nell’aula scese il silenzio, e Ben non le rispose subito. Poi disse: «Non stai dimenticando
qualcosa?»
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«Oh, giusto.» Laurie si alzò e si mise accanto al banco. «Signor Ross, a che cosa servono
queste tessere?»
Ben si aspettava che qualcuno gli facesse delle domande a proposito. La necessità di
possedere una tessera non sarebbe stata subito evidente agli studenti. Per il momento si limitò a
dire: «È solo un esempio di come un gruppo dovrebbe controllarsi.»
Laurie non aveva altre domande, così Ben andò alla lavagna e aggiunse un’altra parola
accanto a “La Forza è Disciplina, la Forza è Comunità”. La parola del giorno era “Azione”.
«Adesso, dopo aver capito cosa sono la Disciplina e la Comunità» disse alla classe,
«dobbiamo parlare dell’Azione. In definitiva, disciplina e comunità perdono di significato senza
l’azione. A darvi il diritto all’azione è la disciplina. Un gruppo disciplinato e animato da uno
scopo può passare all’azione per conquistare il suo obiettivo. Deve passare all’azione se lo vuole
conquistare. Classe, credete nell’Onda?»
Ci fu un’esitazione che durò una frazione di secondo, poi la classe si alzò all’unisono e
rispose con quella che sembrò un’unica voce: «Signor Ross, sì!»
Il signor Ross annuì. «E allora dovete passare all’azione! Non si deve mai aver paura di agire
per quello in cui si crede. Siete l’Onda, e quindi dovrete agire insieme, come un meccanismo ben
oliato. Attraverso il lavoro duro e la fiducia reciproca imparerete più in fretta e riuscirete a
raggiungere molti più obiettivi, ma potrete farlo solo sostenendovi a vicenda. E solo lavorando
insieme e obbedendo alle regole potrete assicurare il successo all’Onda.»
Il signor Ross parlava, e intanto i singoli studenti della classe restavano sull’attenti di fianco
ai propri banchi. Laurie Saunders era in piedi insieme agli altri, eppure non riusciva ad avvertire
l’ondata di energia e lo spirito di gruppo che aveva percepito nei giorni precedenti. Oggi la classe
aveva qualcosa, qualcosa che aveva a che fare con la lealtà e l’assoluta obbedienza al signor Ross
e che a Laurie fece quasi venire i brividi.
«Seduti» ordinò il signor Ross, e la classe si sedette all’istante. L’insegnante continuò la
lezione. «Quando pochi giorni fa abbiamo dato vita all’Onda ho avuto l’impressione che alcuni
di voi fossero in competizione con gli altri per dare più risposte esatte ed essere membri migliori.
D’ora in poi esigo che tutto questo finisca. Voi non siete in competizione tra di voi, ma lavorate
insieme per una causa comune. Dovete immaginarvi come una squadra, una squadra di cui tutti
fate parte. Ricordate, nell’Onda siete tutti uguali. Nessuno è più importante o più popolare
dell’altro, e nessuno deve rimanere escluso dal gruppo. Comunità significa uguaglianza
all’interno del gruppo.
«Ora, la vostra prima azione di squadra sarà reclutare attivamente nuovi membri. Per
diventare membro dell’Onda, ogni nuovo studente dovrà dimostrare di conoscere le nostre regole
e promettere di rispettarle rigorosamente.»
Quando Eric si voltò verso di lui e gli strizzò l’occhio, David sorrise. Era quello che aveva
bisogno di sentire. Non c’era niente di sbagliato nel far entrare altri ragazzi nell’Onda. Era per il
bene di tutti. Soprattutto per la squadra di football.
Il signor Ross aveva concluso il suo discorso sull’Onda e aveva intenzione di trascorrere il
resto della lezione a rivedere i capitoli che aveva assegnato il giorno prima alla classe, ma tutt’a
un tratto uno studente di nome George Snyder alzò la mano.
«Sì, George.»
George balzò sull’attenti accanto al suo banco. «Signor Ross, per la prima volta sento di far
parte di qualcosa» annunciò. «Qualcosa di grande.»
Qua e là nell’aula c’erano studenti che guardavano George increduli. Sentendosi addosso gli
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occhi della classe, George fece per sedersi di nuovo. All’improvviso però anche Robert si alzò.
«Signor Ross» disse con orgoglio, «io so come si sente George. È come essere rinato.»
Non ebbe neppure il tempo di sedersi che anche Amy si alzò. «George ha ragione, signor
Ross. Provo la stessa sensazione.»
David era contento. George aveva fatto qualcosa di patetico, ma poi anche Robert ed Amy lo
avevano imitato, e solo perché non si sentisse ridicolo e solo. Era questo ciò che di buono aveva
l’Onda. Ci si sosteneva a vicenda. David si alzò e disse: «Signor Ross, sono orgoglioso
dell’Onda.»
Quelle dichiarazioni spontanee e improvvise colsero Ben alla sprovvista. Aveva deciso di
passare alla revisione dei capitoli, ma tutt’a un tratto sentì che doveva andare oltre. Avvertì
quanto volessero essere guidati da lui, e sentì che era una cosa che non poteva negare ai suoi
studenti.
«Il saluto!» ordinò. Nell’aula i ragazzi schizzarono in piedi, sull’attenti di fianco ai loro
banchi. Fecero il saluto dell’Onda, poi recitarono i motti: «La Forza è Disciplina, la Forza è
Comunità, la Forza è Azione!»
Il signor Ross stava raccogliendo gli appunti per la lezione quando gli studenti proruppero in
un nuovo slancio. Questa volta fecero il saluto e scandirono i motti dell’Onda senza il suo
incoraggiamento. Poi nella stanza calò il silenzio. Il signor Ross fissò gli studenti con meraviglia.
L’Onda non era più soltanto un concetto o un gioco. Era un movimento vivo che attraversava i
suoi studenti. Ormai erano l’Onda, e Ben si rese conto che, se avessero voluto, avrebbero potuto
agire da soli, senza di lui. Quel pensiero avrebbe anche potuto intimorirlo, ma Ben sentiva di
avere il controllo nel suo ruolo di leader. L’esperimento si stava facendo solo più interessante.

Quel giorno a pranzo tutti i membri dell’Onda presenti in mensa si sedettero a un solo, lungo
tavolo. C’erano Brian, Brad, Amy, Laurie e David. Robert Billings sembrava indeciso se unirsi
al gruppo o meno, ma vedendolo arrivare David aveva insistito che si sedesse con loro,
ricordando che adesso facevano tutti parte dell’Onda.
Quasi tutti parlavano di ciò che stava succedendo alle lezioni del signor Ross, e Laurie pensò
che non era proprio il caso che si mettesse a discutere con loro. Eppure continuava ad avere una
sensazione strana: tutto quel salutare e ripetere i motti… Alla fine, inserendosi in una pausa della
conversazione, disse: «Ma a nessuno sembra un po’ stramba, tutta questa faccenda?»
David si voltò verso di lei. «Che vuoi dire?»
«Non lo so» disse Laurie. «Però non vi sembra un po’ assurdo?»
«È soltanto molto diverso» disse Amy. «Per questo sembra assurdo.»
«Già» disse Brad. «È come se non ci fossero più gruppetti. Cavoli, la cosa che mi irrita di più
della scuola sono proprio tutte quelle piccole bande. Sono stanco di dovermi sentire ogni giorno
come se fossi in un grande concorso di popolarità. Ecco cosa c’è di grandioso nell’Onda. Non ci
si deve preoccupare di quanto si è popolari. Nell’Onda siamo tutti uguali. Siamo tutti parte della
stessa comunità.»
«Pensate che piaccia a tutti?» chiese Laurie.
«Conosci qualcuno a cui non piace?» chiese David.
Laurie si sentì arrossire. «Be’, io non sono così sicura che mi piaccia.»
All’improvviso Brian tirò fuori qualcosa dalla tasca e l’allungò a Laurie. «Ehi, non te lo
dimenticare» disse. Reggeva la sua tessera di membro dell’Onda con la X rossa sul retro.
«Dimenticare cosa?» chiese Laurie.
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«Sai» disse Brian, «quello che ha detto il signor Ross sul fare rapporto su chi infrange le
regole.»
Laurie aveva l’aria spaventata. Non diceva sul serio, vero? Ma ora Brian sorrideva e lei si
rilassò.
«Per di più» disse David, «Laurie non stava infrangendo nessuna regola.»
«Lo farebbe, se fosse contro l’Onda» disse Robert.
Il resto del tavolo ammutolì, colto di sorpresa dal fatto che Robert avesse detto qualcosa.
Alcuni non erano neppure abituati a sentire la sua voce, tanto poco parlava.
«Quello che voglio dire» disse nervosamente Robert «è che tutta l’idea alla base dell’Onda è
che la gente che ne fa parte deve dare il suo appoggio. Se siamo davvero una comunità,
dobbiamo essere tutti d’accordo.»
Laurie fu sul punto di dire qualcosa, ma si fermò. Era stata l’Onda a dare a Robert il coraggio
di sedersi al tavolo con loro e di prendere parte alla conversazione. Dire adesso qualcosa contro
l’Onda avrebbe potuto lasciar intendere che Robert doveva tornare a sedersi da solo e non essere
più parte della comunità.
Brad diede una pacca sulla schiena a Robert. «Ehi, sono contento che ti sia unito a noi» gli
disse.
Robert arrossì e si voltò verso David. «Mi ha attaccato qualcosa sulla schiena?» chiese. Tutti
al tavolo scoppiarono a ridere.

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Capitolo 9

Ben Ross non sapeva bene che cosa fare riguardo all’Onda. Ciò che era iniziato come un
semplice esperimento di storia si era trasformato in una moda che si diffondeva al di fuori della
sua aula. E il risultato era che succedevano cose impreviste. Tanto per cominciare, il numero di
studenti che frequentavano il suo corso iniziava ad aumentare: studenti con ore buche, o in pausa
pranzo, o che venivano dall’aula studio si univano a loro per prendere parte all’Onda. Il
reclutamento di altri studenti sembrava aver riscosso più successo di quanto Ben si fosse mai
aspettato. Un tale successo che Ben cominciava a sospettare che alcuni studenti saltassero le altre
lezioni per seguire il suo corso.
Però era sorprendente che gli alunni non restassero indietro col programma, nonostante la
classe fosse più numerosa e tutti insistessero ogni giorno per esercitarsi con il saluto e con i
motti. Semmai studiavano i capitoli assegnati più in fretta del solito. Utilizzando il metodo di
domande e risposte secche ispirato dall’Onda, erano riusciti a trattare con rapidità l’ingresso del
Giappone nella Seconda guerra mondiale. Ben notò un netto miglioramento nella loro
preparazione e nella partecipazione durante le lezioni, ma notò anche che dietro a quella
preparazione c’erano meno ragionamenti. Gli studenti snocciolavano le risposte come se le
conoscessero a memoria, ma mancava del tutto l’analisi, non si ponevano nessuna domanda. In
un certo senso non poteva dare la colpa a loro; era stato lui a insegnare alla classe i metodi
dell’Onda. Era solo l’ennesimo sviluppo imprevisto dell’esperimento.
Ben era arrivato alla conclusione che gli studenti erano migliorati perché si erano resi conto
che trascurare gli studi avrebbe finito per danneggiare l’Onda. L’unico modo per avere del tempo
da dedicare all’Onda era farsi trovare così preparati da aver bisogno soltanto di metà dell’ora per
trattare i capitoli previsti dal programma. Però non era certo che si trattasse di qualcosa di cui
essere soddisfatto. I compiti a casa erano migliorati, ma al posto di lunghe risposte meditate, ora
gli studenti ne scrivevano di brevi. In un test a risposta multipla sarebbero andati tutti molto
bene, ma Ben non era sicuro di come se la sarebbero cavata con i temi.
In aggiunta agli interessanti sviluppi del suo esperimento, poi, Ben aveva sentito dire che
David Collins e i suoi amici Eric e Brian avevano esteso con successo l’Onda alla squadra di
football. Norm Schiller, l’insegnante di biologia che allenava la squadra della scuola, nel corso
degli anni si era talmente indurito a causa delle battute sulle ripetute sconfitte della sua squadra
che durante la stagione di football in pratica passava mesi senza scambiare una parola con un
altro insegnante. Quella mattina in sala professori, però, Norm lo aveva ringraziato per aver
iniziato i suoi studenti all’Onda. Le sorprese sarebbero mai finite?
Da parte sua, Ben aveva cercato di capire perché gli studenti ne fossero così attratti. Alcuni di
quelli a cui lo aveva chiesto gli avevano risposto che era qualcosa di nuovo e di diverso, come
ogni altra moda. Ad altri invece piaceva il fatto che fosse una cosa democratica, che adesso
fossero tutti uguali. Ross era contento di sentire questa risposta: gli piaceva pensare di aver
contribuito a levare di mezzo le bande e le meschine gare di popolarità che troppo spesso
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assorbivano i pensieri e le energie dei suoi studenti. Qualcuno aveva perfino detto che una
maggiore disciplina gli faceva bene. Questo aveva sorpreso Ben. Nel corso degli anni, la
disciplina era diventata sempre più una questione di responsabilità personale. Gli studenti
avrebbero dovuto occuparsene da soli, perché gli insegnanti erano sempre meno inclini a
intervenire. Forse sbagliavano, pensò Ben. Forse uno dei frutti di questo esperimento sarebbe
stato una diffusa rinascita della disciplina nella scuola. Aveva addirittura fantasticato di scrivere
un articolo per la sezione dedicata all’educazione del Time: La disciplina torna sui banchi di
scuola: la sorprendente scoperta di un insegnante.

Laurie Saunders era seduta a una delle scrivanie della redazione del giornale della scuola e
mordicchiava l’estremità di una penna. Diversi membri dello staff del Gordon Grapevine
sedevano alle scrivanie attorno a lei, intenti a mangiarsi le unghie o a masticare gomme. Alex
Cooper aveva con sé la sua radio Sony e teneva il tempo della musica che sentiva nelle cuffie.
Un’altra reporter portava pattini a rotelle ai piedi. Quella del Grapevine era la brutta copia di una
riunione settimanale di redazione.
«Okay» disse Laurie. «Abbiamo il solito problema. Il giornale dovrebbe uscire la settimana
prossima ma non ci sono abbastanza articoli.» Laurie guardò la ragazza coi pattini. «Jeanie, tu
dovevi scrivere un pezzo sulla moda contemporanea. Dov’è?»
«Oh, nessuno mette niente di interessante quest’anno» rispose Jeanie. «Sempre la stessa
storia: jeans, scarpe da ginnastica, T-shirt.»
«Bene, allora scrivi di come quest’anno non si vedano nuovi stili» disse Laurie. Poi si rivolse
al reporter che teneva il ritmo. «Alex?»
Alex continuò a dimenarsi. Non la sentiva.
«Alex!» disse Laurie a voce più alta.
Alla fine qualcuno gli diede una gomitata. Lui alzò lo sguardo, allarmato. «Ah, sì?»
Laurie roteò gli occhi. «Alex, questa dovrebbe essere una riunione di redazione.»
«Davvero?» ribatté Alex.
«Okay, allora dov’è la seconda recensione per questo numero?» chiese Laurie.
«Oh, ah, già, la recensione, giusto, ah, già» disse Alex. «Be’, mmm, vedi, è una lunga storia.
Eh, tipo che stavo per farla ma, eh, ricordi il viaggio in Argentina di cui ti avevo parlato?»
Laurie roteò di nuovo gli occhi.
«Bene, è saltato» disse Alex. «Però sono dovuto andare a Hong Kong.»
Laurie si rivolse all’amico di Alex, Carl. «Immagino che tu sia dovuto andare a Hong Kong
con lui» disse sarcastica.
Carl scosse la testa. «No» rispose con aria seria. «Io sono andato in Argentina come da
programma.»
«Capisco» disse Laurie. Guardò gli altri redattori del Grapevine. «Immagino che anche il
resto di voi sia stato troppo impegnato ad andarsene in giro per il mondo per scrivere qualcosa.»
«Io sono andata al cinema» disse Jeanie.
«Hai scritto una recensione?» chiese Laurie.
«No, il film era troppo bello» rispose.
«Troppo bello?»
«Non è divertente scrivere recensioni di film belli» disse.
«Già» disse Alex, il critico musicale giramondo. «Non è divertente scrivere la recensione di
un bel film perché non si può dire niente di cattivo. Recensire è bello solo se la cosa di cui parli
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fa schifo. Così puoi farla a pezzi, eh, eh, eh.» Alex iniziò a stropicciarsi le mani mentre faceva il
suo numero da scienziato pazzo, il miglior scienziato pazzo della scuola. Faceva anche una
grandiosa imitazione di un windsurfer nel bel mezzo di un uragano.
«Ci servono storie per il giornale» disse Laurie, risoluta. «Nessuno ha qualche idea?»
«C’è uno scuolabus nuovo» disse qualcuno.
«Evvai!»
«Ho sentito dire che il signor Gabondi l’anno prossimo si prenderà un anno sabbatico.»
«Magari non torna proprio.»
«Ieri un tipo di seconda ha dato un pugno a una finestra. Voleva dimostrare che si può
rompere un vetro senza tagliarsi.»
«C’è riuscito?»
«No, gli hanno messo dodici punti.»
«Ehi, aspettate» disse Carl. «E questa storia dell’Onda? Tutti vogliono sapere di cosa si
tratta.»
«Tu non segui il corso di storia di Ross, Laurie?» chiese un altro redattore.
«Probabilmente in questo momento è la faccenda più grossa della scuola» disse un terzo.
Laurie annuì. Sapeva che l’Onda era una storia valida, forse c’era addirittura materiale per un
gran pezzo. Qualche giorno prima era venuto in mente anche a lei che con ogni probabilità
l’Onda era perfetta per una redazione svogliata e disorganizzata come quella del Grapevine. Ma
aveva accantonato l’idea. Non riusciva a darsi una spiegazione razionale. Dipendeva soltanto da
quella sensazione che aveva iniziato a provare e che le dava i brividi: la sensazione che fosse
meglio non scherzare con l’Onda. Finora era stata utile al corso del signor Ross, e David pensava
che potesse servire alla squadra di football. Ma Laurie ci andava cauta.
«Be’, cosa ne pensi, Laurie?» chiese qualcuno.
«Dell’Onda?» disse Laurie.
«Com’è che non ci hai assegnato un pezzo su questa faccenda?» chiese Alex. «Oppure stai
tenendo le storie migliori per te?»
«Non sono sicura che ne sappiamo abbastanza per scriverci qualcosa» disse Laurie.
«Che vuoi dire? Tu fai parte dell’Onda, no?» chiese Alex.
«Be’, sì» rispose Laurie. «Ma comunque… comunque non so.»
Un paio di redattori aggrottarono le sopracciglia. «Be’, io penso che in questo numero ci
debba essere un pezzo che come minimo parli della sua nascita» disse Carl. «Cioè, c’è un sacco
di gente che si sta chiedendo di cosa si tratta.»
Laurie annuì. «Okay, hai ragione. Proverò a spiegare cos’è. Ma nel frattempo voglio che
anche voi facciate qualcosa. Visto che abbiamo ancora qualche giorno prima dell’uscita del
giornale, cercate di scoprire tutto ciò che potete su quello che i ragazzi pensano dell’Onda.»

Fin dalla cena in cui aveva discusso per la prima volta dell’Onda con sua madre e suo padre, a
casa Laurie aveva evitato l’argomento di proposito. Non le sembrava che valesse la pena di
suscitare altre preoccupazioni, soprattutto in sua madre, che riusciva a trovare qualcosa per cui
stare in pensiero in tutto ciò che faceva Laurie: se stava fuori fino a tardi con David, se
mordicchiava le penne, se faceva parte dell’Onda. Laurie sperava solo che se ne dimenticasse.
Ma quella sera, mentre studiava in camera sua, la mamma bussò alla porta. «Piccola, posso
entrare?»
«Certo, mamma.»
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La porta si aprì, e la signora Saunders entrò. Era in pantofole, avvolta in un accappatoio
giallo. La pelle attorno agli occhi sembrava unta: crema antirughe.
«Come vanno le zampe di gallina, mamma?» chiese Laurie, di buonumore.
La signora Saunders le rivolse un sorriso sghembo. «Un giorno» disse, agitando un dito, «un
giorno non lo troverai così divertente.» Andò alla scrivania, sbirciò sopra la spalla di sua figlia e
vide il libro che stava leggendo. «Shakespeare?»
«Cosa ti aspettavi?» chiese Laurie.
«Be’, niente, a parte l’Onda» disse la signora Saunders, sedendosi sul letto della figlia.
Laurie si voltò a guardarla. «Che cosa vuoi dire, mamma?»
«Che oggi al supermercato ho incontrato Elaine Billings, e mi ha raccontato che Robert è una
persona nuova.»
«Era preoccupata?» chiese Laurie.
«No, lei no, ma io sì» disse la signora Saunders. «Sai, con lui hanno avuto problemi per anni.
Elaine me ne ha parlato spesso. È stata molto in pensiero.»
Laurie annuì.
«È molto su di giri per questo cambiamento improvviso. Comunque io non mi fido. Un
cambiamento di personalità così drastico. Sembra quasi che sia entrato in una setta.»
«Che cosa intendi dire?»
«Laurie, se studi le tipologie di persone che aderiscono alle sette, si tratta quasi sempre di
gente insoddisfatta di sé e della propria vita. Guardano alla setta come a un’occasione per
cambiare o per ricominciare da capo, o per rinascere, letteralmente. Come altro spiegheresti il
cambiamento di Robert?»
«Ma cosa c’è di male, mamma?»
«Il problema è che non è una cosa vera, Laurie. Robert sarà al sicuro solo finché rimarrà
all’interno dell’Onda. Ma cosa pensi che succederà quando ne varcherà i confini? Il mondo là
fuori non conosce l’Onda e non le dà importanza. Se prima dell’Onda Robert aveva problemi a
scuola, ritornerà ad averli fuori dalla scuola, dove l’Onda non esiste.»
Laurie aveva afferrato il concetto. «Be’, non devi preoccuparti per me, mamma. Non credo
che l’Onda mi piaccia più come mi piaceva un paio di giorni fa.»
La signora Saunders annuì. «Sì, sapevo che non ti sarebbe piaciuta se ci avessi pensato un po’
su.»
«E allora qual è il problema?» chiese Laurie.
«Il problema sono tutti quelli che a scuola la prendono ancora sul serio» disse sua madre.
«Oh, mamma, sei tu quella che la prende troppo sul serio. Vuoi sapere come la penso io?
Penso che sia soltanto una moda. Come il punk rock, o qualcosa del genere. Tra due mesi
nessuno si ricorderà più cos’era, l’Onda.»
«La signora Billings mi ha detto che stanno organizzando un raduno per venerdì pomeriggio»
disse la signora Saunders.
«È solo una manifestazione sportiva prima della partita di football di sabato» spiegò Laurie.
«L’unica differenza è che loro la chiamano raduno dell’Onda invece che manifestazione
sportiva.»
«E durante questa manifestazione verranno ufficialmente indottrinati duecento nuovi
membri?» chiese scettica la signora Saunders.
Laurie sospirò. «Mamma, ascoltami. Questa cosa ti sta facendo diventare paranoica. Nessuno
sta indottrinando nessuno. Durante il raduno daranno il benvenuto ai nuovi membri dell’Onda.
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Questi ragazzi sarebbero comunque venuti alla manifestazione. Davvero, mamma. L’Onda è
soltanto un gioco. È come quando i bambini giocano a fare i soldati. Vorrei che incontrassi il
signor Ross, almeno potresti vedere che non c’è niente di cui preoccuparsi. È davvero un buon
insegnante. Non si farebbe mai coinvolgere in qualcosa di simile a una setta.»
«E tutta la faccenda non ti turba neanche un po’?» chiese la signora Saunders.
«Mamma, l’unica cosa che mi turba è che troppi ragazzi del mio anno si lascino attrarre da
una cosa così infantile. Credo di capire perché David è così preso. È convinto che l’Onda possa
far vincere la squadra di football. È Amy che non riesco a capire. Insomma, sai, la conosci. È una
tipa brillante, eppure mi accorgo che la sta prendendo troppo sul serio.»
«Allora sei preoccupata.»
Laurie scosse la testa. «No, mamma. Questa è l’unica cosa che mi preoccupa, e non è un
granché. Te l’assicuro, stai facendo di un topolino un elefante, mamma. Davvero, fidati.»
La signora Saunders si alzò lentamente. «Be’, va bene, Laurie. Almeno so che non ti lasci
coinvolgere in questa cosa. Immagino di poter stare tranquilla. Però, per favore piccola, sta’
attenta.» Si chinò, baciò la figlia sulla fronte e uscì dalla stanza.
Per qualche minuto Laurie rimase alla scrivania, ma non si rimise sui compiti. Mordicchiò
una penna Bic e pensò a quello che aveva detto sua madre. Stava gonfiando troppo la cosa, vero?
Era davvero soltanto una moda, o no?

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Capitolo 10

Ben Ross stava prendendo un caffè in sala professori quando qualcuno entrò e gli disse che il
preside Owens voleva vederlo. Ross sentì un fremito d’agitazione. Qualcosa era andato storto?
Se Owens voleva vederlo, doveva trattarsi dell’Onda.
Ross uscì in corridoio e si avviò verso la presidenza. Lungo il tragitto più di una decina di
studenti si fermarono per rivolgergli il saluto dell’Onda. Lui ricambiava e proseguiva in fretta,
cercando di immaginare ciò che gli avrebbe detto Owens. Se Owens gli avesse riferito che
c’erano state delle lamentele e che doveva sospendere l’esperimento, in un certo senso la cosa gli
avrebbe dato un po’ di sollievo. In tutta onestà, proprio non si aspettava che l’Onda potesse
propagarsi così. La notizia che studenti di altri corsi, perfino ragazzi di altri anni, aderivano
all’Onda continuava a sbalordirlo. Nelle sue intenzioni non avrebbe dovuto essere niente del
genere.
Ma c’era da considerare anche qualcos’altro: i cosiddetti perdenti. Robert Billings, per
esempio. Per la prima volta in vita sua Robert era uguale agli altri, un membro, parte di un
gruppo. Nessuno si prendeva più gioco di lui, nessuno lo perseguitava. E il cambiamento in
Robert era altrettanto rilevante. Non era migliorato soltanto nell’aspetto, ma cominciava a darsi
da fare. E non soltanto nel corso di storia. Christy aveva detto che lo aveva notato anche durante
le lezioni di musica. Robert sembrava una persona nuova. Porre fine all’Onda avrebbe forse
voluto dire far tornare Robert al ruolo di sfigato della classe e sottrargli l’unica chance che aveva.
E porre fine all’esperimento adesso avrebbe significato togliere qualcosa anche agli altri
studenti che ne facevano parte, no? si domandò Ben. Non avrebbero avuto la possibilità di
vedere fino a dove l’Onda li avrebbe portati. E lui avrebbe perso l’opportunità di guidarli fino a
quel punto.
Ben si bloccò di colpo. Ehi, un momento. Da quando li stava guidando da qualche parte? Era
un esperimento, o l’aveva dimenticato? Un’opportunità per gli studenti, un assaggio di come
avrebbe potuto essere la vita nella Germania nazista. Ross sorrise fra sé. Non lasciarti trasportare
dalle emozioni, pensò, e proseguì lungo il corridoio.
La porta della presidenza era aperta, e quando Owens vide Ben Ross varcare la soglia
dell’anticamera gli fece cenno di entrare.
Ben rimase un po’ disorientato. Mentre si avvicinava alla presidenza si era in qualche modo
convinto che il preside Owens lo avrebbe mangiato vivo, ma il vecchio sembrava di buonumore.
Il preside Owens era un uomo molto alto: superava il metro e novanta. Aveva la testa quasi
del tutto calva tranne che per i pochi ciuffi di capelli sopra ciascun orecchio. L’unica sua altra
caratteristica degna di nota era la pipa che gli penzolava dalle labbra. Aveva una voce profonda,
e se si fosse arrabbiato sarebbe stato in grado di infondere una religiosità istantanea anche nel più
arido degli atei. Quel giorno però sembrava che Ben non avesse nulla da temere.
Il preside Owens era seduto alla sua scrivania, con i piedi incrociati, appoggiati sul tavolo.
Diede un’occhiata a Ben. «Devo ammetterlo, Ben, è un bel completo» disse. Il preside Owens,
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da parte sua, non era mai stato visto aggirarsi per la Gordon High con indosso qualcosa di meno
elegante di un completo a tre pezzi, persino alla partita di football del sabato.
«Grazie, signore» replicò Ben, nervoso.
Il preside Owens sorrise. «Non mi pare di ricordare d’averti mai visto vestito così prima
d’ora.»
«Ah, sì, è che c’è qualcosa di nuovo» ammise Ben.
Il preside inarcò un sopracciglio. «C’entra per caso con questa storia dell’Onda?»
Ben dovette schiarirsi la gola. «Be’, in effetti sì.»
Il preside Owens si sporse in avanti. «Adesso, Ben, spiegami che cos’è questa storia
dell’Onda» disse. «Hai messo tutta la scuola in agitazione.»
«Be’, spero si tratti di un’agitazione positiva» ribatté Ben Ross.
Il preside Owens si strofinò il mento. «Da quello che mi risulta, sì. Tu hai sentito qualcosa di
diverso?»
Ben sapeva di doverlo rassicurare. Si affrettò a scrollare la testa. «No, signore, non ho sentito
niente.»
Il preside annuì. «Sono tutt’orecchi, Ben.»
Ben trasse un respiro profondo e cominciò: «È iniziata qualche giorno fa al corso per gli
studenti dell’ultimo anno. Stavamo guardando un film sui nazisti e…»
Quando ebbe finito di spiegare l’Onda, Ben si rese conto che il preside Owens era meno
allegro di prima. Però non sembrava contrariato quanto Ben aveva temuto. Il preside allontanò la
pipa dalle labbra e la picchiettò contro un posacenere. «Devo dire che è qualcosa di insolito, Ben.
Sei sicuro che gli studenti non stiano rimanendo indietro?»
«Se devo proprio dirlo, sono avanti col programma» replicò Ben.
«Però adesso la cosa coinvolge anche studenti di altri corsi» osservò il preside.
«Ma non ci sono state lamentele» disse Ben. «Anzi, Christy dice di aver notato un
miglioramento nei suoi corsi proprio grazie all’Onda.» Questa era una piccola esagerazione, Ben
lo sapeva, però sentiva che era necessaria, perché Owens si stava allarmando troppo.
«Eppure, Ben, quei motti e quei saluti mi preoccupano» disse il preside.
«Non dovrebbero» ribatté Ben. «Fanno soltanto parte del gioco. E poi Norm Schiller…»
«Sì, sì, lo so» disse Owens, interrompendolo. «Ieri era qui a farneticare su questa cosa. Dice
che ha letteralmente cambiato la testa alla squadra di football. Dal modo in cui ne parlava, Ben,
si direbbe che abbia appena ingaggiato sei futuri vincitori dell’Heisman Trophy. Per dirla tutta,
vorrei soltanto che riuscissero a battere la Clarkstown, sabato.» Il preside fece una pausa e poi
disse: «Ma non è questo che mi preoccupa, Ben. Sono in pensiero per gli studenti. Questa
faccenda dell’Onda è un po’ troppo indefinita, per i miei gusti. So che non hai infranto nessun
regolamento, ma ci sono dei limiti.»
«Me ne rendo perfettamente conto» insisté Ben. «Però deve tener presente che questo
esperimento non potrà spingersi più lontano di quanto io lo permetta. Alla base dell’Onda c’è
l’idea di un gruppo che segue il suo leader. Finché ci sarò io, le assicuro che non potrà sfuggirmi
di mano.»
Il preside Owens ricaricò la pipa con il tabacco fresco e l’accese, scomparendo per un
momento dietro la piccola nube di fumo. Nel frattempo soppesò le parole di Ben. «D’accordo»
disse. «Per dirla senza giri di parole, questa faccenda è così diversa da qualunque altra cosa sia
successa qui dentro che non so bene cosa pensare. Dico soltanto di tenerla d’occhio, Ben. E tieni
aperte anche le orecchie. Ricordati che questo esperimento, se così lo vuoi definire, coinvolge
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ragazzi giovani, influenzabili. A volte ci dimentichiamo che sono giovanissimi e che non hanno
ancora sviluppato quella capacità, mmm, di giudizio che speriamo abbiano un giorno. A volte
possono passare il segno, se non li si tiene a bada. Ci siamo capiti?»
«Assolutamente sì.»
«Allora mi assicuri che non dovrò affrontare una processione di genitori venuti per gridarmi
contro che gli stiamo indottrinando i ragazzi?»
«Glielo assicuro.»
Il preside Owens annuì appena. «Bene, non posso dire che la cosa mi entusiasmi, ma non mi
hai mai dato motivo di dubitare di te.»
«E non lo farò adesso» disse Ben.

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Capitolo 11

Il giorno dopo, quando Laurie Saunders entrò in redazione, trovò sul pavimento una busta
bianca. Qualcuno doveva averla fatta scivolare sotto la porta quella mattina, di buon’ora, oppure
nel tardo pomeriggio del giorno prima. Laurie la raccolse e si chiuse la porta alle spalle. Dentro
la busta c’era un articolo scritto a mano, con allegato un biglietto. Laurie lesse il biglietto:

“Caro caporedattore del Grapevine,


questo è un pezzo che ho scritto per il giornale. Non disturbarti a cercare il mio nome in
fondo, perché non lo troverai. Non voglio che i miei amici o altri ragazzi sappiano che sono io ad
averlo scritto.”

Accigliata, Laurie si concentrò sull’articolo. In testa alla pagina l’anonimo autore aveva scritto il
titolo:

Benvenuti nell’Onda. Altrimenti…


Sono uno studente di terza della Gordon High. Tre o quattro giorni fa io e alcuni miei amici
abbiamo sentito parlare di una cosa chiamata l’Onda che coinvolge tutti gli alunni dell’ultimo
anno. Ci siamo incuriositi. Si sa che gli alunni più piccoli vogliono sempre assomigliare a quelli
delle classi più grandi.
Un gruppo di noi si è presentato al corso del signor Ross per capire di che cosa si trattava.
Ad alcuni miei amici quello che abbiamo sentito è piaciuto, mentre altri non sapevano cosa
pensarne. A me è sembrato soltanto un gioco stupido.
Quando è finita la lezione abbiamo fatto per andarcene, ma un alunno dell’ultimo anno ci ha
fermato in corridoio. Non lo conoscevamo, ma ci ha detto che segue il corso del signor Ross. Ci
ha chiesto se volevamo aderire all’Onda. Due dei miei amici gli hanno risposto di sì, altri due
hanno detto che non lo sapevano; io ho spiegato che la cosa non mi interessava.
Questo tizio dell’ultimo ha iniziato a raccontarci che l’Onda è grandiosa, e ha detto che più
ragazzi ne facevano parte, meglio sarebbe stato. Ha detto che quasi tutti quelli dell’ultimo anno
avevano aderito all’Onda, e anche quelli del terzo.
Dopo un po’ i miei due amici che all’inizio avevano qualche dubbio hanno cambiato idea, e
hanno dichiarato di voler far parte dell’Onda. Allora il ragazzo dell’ultimo anno si è rivolto a
me. «E tu non vuoi rimanere loro amico?» mi ha chiesto.
Io gli ho risposto che loro rimanevano miei amici anche se non aderivo all’Onda. Continuava
a chiedermi perché non volevo unirmi a loro, e così gli ho risposto soltanto che non me la
sentivo.
Allora ha dato di matto. Di botto mi ha detto che i membri dell’Onda non volevano avere per
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amici delle persone che non ne facevano parte. Ha anche aggiunto che avrei perso tutti i miei
amici se non mi univo a loro. Credo che stesse cercando di spaventarmi.
Però la cosa gli si è rivoltata contro, perché uno dei miei amici ha cominciato a chiedere
perché uno che non aveva voglia di entrare nell’Onda doveva farlo per forza. Anche gli altri
erano d’accordo, e così ce ne siamo andati.
Oggi ho scoperto che tre miei amici si sono uniti all’Onda dopo aver parlato con altri ragazzi
dell’ultimo anno. Ho rivisto quel tizio del corso del signor Ross nel corridoio e mi ha chiesto di
nuovo se volevo unirmi a loro. Gli ho detto che non ne avevo nessuna intenzione. Mi ha detto che
è meglio se mi sbrigo, perché poi sarà troppo tardi.
Tutto quello che vorrei sapere è: troppo tardi per che cosa?
Laurie ripiegò il foglio e lo rimise nella busta. I suoi pensieri sull’Onda cominciavano a
prendere forma.

Mentre usciva dall’ufficio del preside Owens, Ben vide alcuni ragazzi appendere un lungo
striscione dell’Onda in corridoio. Era il giorno della manifestazione sportiva, il raduno
dell’Onda. In corridoio il numero degli studenti era aumentato, e Ben dovette continuare a fare il
saluto senza un attimo di sosta. Ancora un po’ e si sarebbe ritrovato col braccio indolenzito.
Più avanti, Eric e Brad erano a un tavolino a distribuire opuscoli. Gridavano: «La Forza è
Disciplina, la Forza è Comunità, la Forza è Azione.»
«Imparate tutto ciò che c’è da sapere sull’Onda» diceva Brad agli studenti di passaggio.
«Ecco un opuscolo.»
«E non dimenticate il raduno dell’Onda di oggi pomeriggio» ricordava Eric. «Lavorate
insieme e raggiungete i vostri obiettivi.»
Ben sorrise con aria stanca. Tutta l’energia sprigionata da questi ragazzi lo sfiniva. C’erano
manifesti dell’Onda affissi in tutta la scuola, adesso. Ogni singolo membro dell’Onda sembrava
occupato in una qualche attività: reclutare nuovi adepti, diffondere informazioni, preparare la
palestra per il raduno di quel pomeriggio. Ben lo trovava quasi opprimente.
Un po’ più in là, lungo il corridoio, Ben avvertì una strana sensazione e si fermò. Era come se
lo stessero seguendo. In piedi, a un paio di passi dietro di lui, c’era Robert. Sorrideva. Ben
ricambiò il sorriso e proseguì, ma qualche secondo più tardi si fermò di nuovo. Robert era ancora
alle sue spalle.
«Robert, cosa fai?» chiese il signor Ross.
«Signor Ross, io sono la sua guardia del corpo» annunciò Robert.
«La mia che?»
Robert ebbe una lieve esitazione. «Vorrei essere la sua guardia del corpo» disse. «Cioè, lei è il
leader, signor Ross, non posso permettere che le succeda qualcosa.»
«E cosa potrebbe succedermi?» chiese Ben, allarmato.
Robert ignorò la domanda. «So che ha bisogno di una guardia del corpo» insisté. «Potrei farlo
io, signor Ross. Per la prima volta nella mia vita mi sento… nessuno mi prende più in giro. Sento
di far parte di qualcosa di speciale.»
Ben annuì.
«Allora posso?» chiese Robert. «So che le serve una guardia del corpo. Potrei essere io,
signor Ross.»
Ben studiò il viso di Robert. Là dove una volta c’era un ragazzo introverso e insicuro, adesso,
ritto sulle sue gambe, c’era un serio membro dell’Onda che si preoccupava per il suo leader. Una
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guardia del corpo? Ben ebbe un momento di esitazione. Non voleva dire spingersi un po’ troppo
in là? Ormai aveva cominciato a rendersi conto del ruolo di rilievo a cui gli studenti, senza
volerlo, lo stavano costringendo: era il leader supremo dell’Onda. In più di un’occasione, negli
ultimi giorni, Ben aveva sentito alcuni membri dell’Onda discutere “ordini” impartiti da lui:
appendere manifesti nei corridoi, organizzare il movimento dell’Onda tra gli alunni più giovani,
persino trasformare la manifestazione sportiva in un raduno dell’Onda.
La cosa assurda, tuttavia, era che lui quegli ordini non li aveva mai dati. In qualche modo si
erano sviluppati nelle fantasie degli studenti, e a quel punto loro li avevano automaticamente
attribuiti a lui. Era come se l’Onda ormai vivesse di vita propria, e professore e studenti la
cavalcassero. Ben Ross guardò Robert Billings. Da qualche parte sapeva che permettere a Robert
di essere la sua guardia del corpo voleva dire accettare di diventare qualcuno che ha bisogno di
una guardia del corpo. Ma non faceva parte anche questo dell’esperimento? «D’accordo, Robert»
disse. «Puoi essere la mia guardia del corpo.»
Il viso di Robert si aprì in un grande sorriso. Ben gli fece l’occhiolino e proseguì lungo il
corridoio. Forse avere una guardia del corpo sarebbe stato vantaggioso. Per l’esperimento era
essenziale che lui assecondasse la propria immagine di leader dell’Onda. E avere una guardia del
corpo non poteva far altro che rafforzare quell’immagine.

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Capitolo 12

Il raduno si sarebbe tenuto in palestra. Laurie Saunders era davanti al suo armadietto, indecisa se
andarci oppure no. Non sapeva ancora come esprimere a parole, e nel modo appropriato, ciò che
la turbava a proposito dell’Onda. Però se lo sentiva crescere dentro. C’era qualcosa di sbagliato.
La lettera anonima di quella mattina era un sintomo. Non si trattava soltanto di uno dell’ultimo
anno che si comportava da bullo per costringere qualcuno di più piccolo a unirsi all’Onda. Era
qualcosa di più: il fatto che il ragazzo non avesse messo il nome sull’articolo, il fatto che avesse
avuto paura di farlo… Era qualcosa che Laurie aveva cercato di negare a se stessa per giorni, ma
non sarebbe svanito così facilmente. L’Onda faceva paura. Oh, se eri un membro che non si
faceva troppe domande, era davvero grandiosa; ma se non lo eri…
I suoi pensieri furono interrotti da un’improvvisa serie di grida che venivano dal cortile
interno. Laurie si avvicinò alla finestra e vide due ragazzi che facevano a botte mentre una folla
di studenti rimaneva a guardare e gridava. Uno dei litiganti era Brian Ammon! Laurie rimase a
guardare mentre i due si prendevano a pugni e poi lottavano furiosamente a terra, avviluppati in
un corpo a corpo. Ma che cosa stava succedendo?
Un insegnante uscì di corsa e li separò. Dopo averli afferrati con forza, iniziò a spingerli
dentro, senza dubbio verso l’ufficio del signor Owens. Mentre si allontanava, Brian gridò: «La
Forza è Disciplina. La Forza è Comunità. La Forza è Azione.»
L’altro ragazzo gli rispose gridando: «Ma vaffanculo!»
«Hai visto?»
Il suono improvviso di una voce così vicina fece trasalire Laurie, che scattò e si trovò David
accanto.
«Spero che il preside Owens permetta lo stesso a Brian di partecipare al raduno dell’Onda»
disse David.
«Stavano litigando per l’Onda?» chiese Laurie.
David scrollò le spalle. «C’è molto di più. Il ragazzo con cui si stava picchiando è quel tipo di
terza, quel Deutsch, che per tutto l’anno ha cercato di soffiargli il posto in squadra. La cosa
andava avanti da settimane. Spero solo che abbia avuto quello che si meritava.»
«Però Brian stava gridando il motto dell’Onda» disse Laurie.
«Be’, certo. C’è dentro. Ci siamo dentro tutti.»
«Anche il ragazzo con cui faceva a pugni?»
David scosse la testa. «No, Deutsch è un cretino, Laurie. Se facesse parte dell’Onda non
avrebbe cercato di soffiare il posto a Brian. Quel ragazzo è davvero un danno per la squadra.
Spero che Schiller lo cacci.»
«Solo perché non fa parte dell’Onda?» chiese Laurie.
«Sì» ribatté David. «Se avesse davvero voluto il meglio per la squadra, si sarebbe unito a noi,
invece di rendere la vita difficile a Brian. È uno che fa squadra a sé, Laurie. Pensa soltanto a se
stesso e non è di alcun aiuto.» David guardò l’orologio in fondo al corridoio. «Forza, dobbiamo
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andare al raduno. Inizierà tra un secondo.»
Laurie prese un’improvvisa decisione. «Io non vengo» disse.
«Cosa?» David la guardò sconvolto. «Perché no?»
«Perché non voglio venire.»
«Laurie, questo raduno è straordinariamente importante» disse David. «Ci saranno tutti i
nuovi membri dell’Onda.»
«David, credo che tu e tutti gli altri stiate prendendo questa faccenda dell’Onda un po’ troppo
sul serio.»
David scosse la testa. «No, non è vero. Sei tu che non la prendi abbastanza sul serio. Laurie,
ascolta, sei sempre stata un modello. Gli altri ragazzi ti hanno sempre tenuta in considerazione.
Devi esserci, al raduno.»
«E invece è proprio quello che non farò» cercò di spiegargli Laurie. «Lasciamo che si
facciano una loro idea sull’Onda. Sono persone. Non hanno bisogno del mio aiuto.»
«Non ti capisco» disse David.
«David, non riesco a credere che siate tutti impazziti. L’Onda sta prendendo il sopravvento su
ogni cosa.»
«Ma certo» disse David. «Perché l’Onda ha un senso, Laurie. Funziona. Tutti nella stessa
squadra. Tutti uguali, per una volta.»
«Oh, ma è favoloso» disse Laurie, sarcastica. «Abbiamo appena segnato un touchdown tutti
insieme?»
David fece un passo indietro e studiò la sua ragazza.
Non si aspettava una cosa del genere. Non da Laurie.
«Capisci?» disse Laurie, scambiando l’esitazione di David per un barlume di dubbio. «Sei
così idealista, David. Sei così impegnato a dar vita a una specie di utopica società dell’Onda, di
persone tutte uguali e di grandi squadre di football, che non riesci a vedere il disegno generale.
Non è possibile, David. Ci saranno sempre persone che non vorranno farne parte. Hanno il diritto
di farlo.»
David guardò la sua ragazza di traverso. «Sai» disse, «tu sei contro questa cosa perché non ti
senti più speciale. Perché adesso non sei più la studentessa migliore, la più popolare della
classe.»
«Non è vero, e tu lo sai!» disse a fatica Laurie.
«Invece credo proprio che sia così!» insisté David. «Adesso sai quello che prova il resto di noi
quando ti sente dare sempre la risposta giusta. A vederti sempre come la migliore. Cosa si prova
a non essere più la migliore?»
«Non essere stupido, David!» gli gridò Laurie.
David annuì. «Va bene, se sono così stupido allora perché non ti trovi un ragazzo più
intelligente?» Si voltò e se ne andò, diretto in palestra.
Laurie rimase immobile a guardarlo. È assurdo, pensò, sta andando tutto a rotoli.
Da ciò che riusciva a sentire, la manifestazione dell’Onda stava riscuotendo un grande
successo. Lei rimase nella redazione in fondo al corridoio. Era l’unico posto in cui le sembrava
di potersi sentire al sicuro dagli sguardi inquisitori dei ragazzi che si chiedevano perché non
fosse al raduno. Laurie non voleva ammettere che si stava nascondendo, ma era così. L’intera
faccenda era diventata assurda, così assurda che ci si doveva nascondere, se non se ne faceva
parte.
Tirò fuori una penna e prese a mordicchiarla nervosa. Doveva fare qualcosa. Il Grapevine
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doveva fare qualcosa.
Qualche minuto più tardi il rumore della maniglia che veniva scossa la risvegliò dai suoi
pensieri. Laurie trattenne il fiato. Qualcuno era venuto a prenderla?
La porta si aprì e Alex entrò facendo qualche passo di danza al ritmo della musica che gli
rimbombava nelle cuffie.
Laurie si abbandonò nella sedia e tirò un lungo sospiro.
Quando Alex si accorse della sua presenza, le sorrise e si tolse le cuffie dalla testa. «Ehi,
com’è che non sei là fuori con le truppe?»
Laurie scosse la testa. «Alex, non siamo ridotti così male.»
Ma lui sogghignò. «Ah, no? Prima o poi cambieranno il nome di questa scuola in Caserma
Gordon High.»
«Non lo trovo divertente» disse Laurie.
Alex si strinse nelle spalle e fece una smorfia. «Laurie, dovresti imparare che non c’è niente
su cui non si possa scherzare.»
«Be’, se credi che siano dei soldati, allora dovresti aver paura che arruolino anche te, no?»
chiese Laurie.
Alex sogghignò ancora. «Chi, me?» Tagliò l’aria con qualche spietata mossa di karate. «Se
qualcuno mi dà fastidio lo kung-fuerò, lo ridurrò a pezzetti.»
La porta della redazione si aprì di nuovo e questa volta fu Carl a scivolare dentro. Alla vista di
Laurie e Alex sorrise. «Mi sembra di essere capitato nel solaio di Anna Frank.»
«L’ultimo dei duri» disse Alex.
Carl annuì. «Lo credo bene. Arrivo adesso dal raduno.»
«Ti hanno lasciato uscire?»
«Dovevo andare in bagno» rispose Carl.
«Ehi, amico» disse Alex. «Sei nel posto sbagliato.»
Carl fece una smorfia. «Ci sono andato prima di venire qui. Andrei ovunque, pur di non
tornare al raduno.»
«Benvenuto nel club» disse Laurie.
«Forse dovremmo darci un nome» disse Alex. «Se loro sono l’Onda, noi potremmo essere la
Cresta.»
«Cosa ne pensi?» chiese Carl.
«Di chiamarci la Cresta?» chiese Laurie.
«No, dell’Onda.»
«Penso che sarebbe meglio chiudere il numero del Grapevine» disse Laurie.
«Chiedo scusa per la mia abitudine di elargire opinioni non sempre serissime» disse Alex,
«ma penso che dovremmo chiuderlo in fretta, prima che il resto della redazione venga travolto e
portato via dall’Onda Lunga.»
«Passate parola tra gli altri della redazione» disse Laurie. «Domenica alle due ci troveremo a
casa mia per una riunione d’emergenza. E assicuratevi che ci siano soltanto redattori non-Onda.»

Quella sera Laurie rimase sola nella sua stanza. Per tutto il pomeriggio si era preoccupata troppo
dell’Onda per poter pensare ai propri sentimenti per David. E poi avevano litigato altre volte. Ma
il fatto era che qualche giorno prima David le aveva dato un appuntamento per portarla fuori
quella sera. Ormai erano le dieci e mezza. Era ovvio che non si sarebbe fatto vivo, e Laurie quasi
non riusciva a crederci. Stavano insieme dal secondo anno delle superiori e tutt’a un tratto una
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cosa così futile come l’Onda li aveva separati. Solo che l’Onda non era più una cosa futile.
Più volte quella sera la signora Saunders era salita in camera sua per chiederle se voleva
parlarne, ma Laurie le aveva detto di no. Sua madre era un tipo troppo apprensivo, e stavolta
c’era davvero qualcosa di cui preoccuparsi. Laurie era rimasta seduta alla scrivania nel tentativo
di buttare giù qualcosa per il Grapevine, ma fino a quel momento il foglio davanti a lei era
rimasto bianco, a parte qualche macchia lasciata dalle poche lacrime che le erano scese.
Qualcuno bussò alla porta, e Laurie si asciugò in fretta gli occhi con i palmi delle mani. Non
le sarebbe servito a niente; se sua madre fosse entrata avrebbe capito che aveva pianto. «Non ho
voglia di parlarne, mamma» disse Laurie.
La porta si aprì comunque. «Non sono la mamma, tesoro.»
«Papà?» Laurie fu sorpresa di vedere suo padre. Non che non avesse confidenza con lui, ma a
differenza di sua madre, suo padre in genere non si faceva coinvolgere nei suoi problemi. A
meno che non avessero a che fare con il golf.
«Posso entrare?» le chiese.
«Be’, papà» Laurie sorrise appena, «considerando il fatto che tecnicamente sei già dentro…»
Il signor Saunders annuì. «Tesoro, mi dispiace di intromettermi così, ma io e tua madre siamo
preoccupati.»
«Ti ha detto che David mi ha mollato?» chiese Laurie.
«Mmm, sì» disse il signor Saunders. «E mi dispiace molto, tesoro, davvero. Pensavo che fosse
un bravo ragazzo.»
«Lo era» disse Laurie. Fino a quando non è arrivata l’Onda, pensò.
«Però, ecco, c’è qualcos’altro che mi preoccupa, Laurie. Qualcosa di cui ho sentito parlare
oggi pomeriggio sul campo da golf.» Il venerdì il signor Saunders usciva sempre prima dal
lavoro per andare a giocarsi nove buche in un campionato pomeridiano, prima che il sole
tramontasse.
«Di che si tratta, papà?»
«Oggi dopo la scuola un ragazzo è stato picchiato» disse suo padre. «Ho sentito la storia di
seconda mano, quindi non so quanto sia attendibile. Ma da quel che mi è sembrato di capire c’è
stata una specie di manifestazione, e lui non si è voluto unire a questo gioco dell’Onda, o forse
ha avuto qualcosa da ridire.»
Laurie era senza parole.
«I genitori del ragazzo sono i vicini di casa del tizio con cui gioco a golf. Si sono trasferiti qui
quest’anno. Quindi il ragazzo dev’essere nuovo, a scuola.»
«Allora era un candidato perfetto per unirsi all’Onda» disse Laurie.
«Può darsi» disse il signor Saunders. «Però, Laurie, il ragazzo è ebreo. Forse questo c’entra
qualcosa con quello che è successo?»
Laurie rimase a bocca spalancata. «Papà, non lo so… non puoi credere davvero che stia
accadendo una cosa del genere. Cioè, a me l’Onda non piace, però non è niente di simile, papà,
giuro.»
«Sei sicura?» chiese il signor Saunders.
«Be’, io, mmm, conosco chi ne ha fatto parte all’inizio. C’ero quando l’Onda è cominciata.
L’idea era di farci rendere conto di come, in Germania, fosse potuta accadere una cosa come il
nazismo. È… è…»
«Ormai la cosa sembra fuori controllo, Laurie» disse suo padre. «Non è vero?»
Laurie si limitò ad annuire. Era troppo sconvolta per riuscire a dire qualcosa.
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«Alcuni genitori stanno pensando di andare a scuola lunedì e parlarne col preside» disse il
signor Saunders. «Solo per stare tranquilli, sai.»
Laurie annuì. «Stiamo per far uscire un numero speciale del Grapevine. Parleremo
accuratamente di tutta la faccenda.»
Suo padre tacque per qualche istante. «Mi sembra una buona idea, tesoro. Però stai attenta,
d’accordo?»
«Lo farò, papà» disse Laurie. «Te lo prometto.»

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Capitolo 13

Negli ultimi tre anni, durante la stagione di football, Laurie aveva preso l’abitudine di andare con
Amy a vedere le partite del sabato. David era in squadra, naturalmente, e i ragazzi con cui usciva
Amy – che non aveva un ragazzo fisso – erano quasi sempre giocatori di football. Quel sabato
pomeriggio Laurie non vedeva l’ora di incontrare Amy. Doveva raccontarle quello che aveva
saputo. Era sorpresa che Amy fosse rimasta così a lungo nell’Onda, ma era certa che, non appena
avesse saputo del ragazzo picchiato, sarebbe tornata subito in sé. E poi lei aveva un gran bisogno
di parlarle di David. Non riusciva ancora a capacitarsi di come una cosa stupida come l’Onda
avesse potuto spingerlo a lasciarla. Forse Amy sapeva qualcosa che Laurie non sapeva. Forse
avrebbe potuto addirittura dire qualcosa a David da parte sua.
Laurie arrivò quando la partita stava per cominciare. L’affluenza era di gran lunga la più alta
dell’anno, e Laurie ci mise un po’ per individuare la testa di riccioli biondi di Amy sugli spalti
gremiti. Era in alto, nell’ultima fila. Laurie si affrettò verso la gradinata. Stava per iniziare a
salire quando qualcuno gridò: «Ferma!»
Laurie si bloccò e vide Brad venire verso di lei. «Oh, ciao Laurie. Non ti avevo riconosciuta
da dietro» disse. Poi fece il saluto dell’Onda.
Laurie non si mosse.
Brad si accigliò. «Forza, Laurie, fammi il saluto e poi potrai salire.»
«Di che cosa stai parlando, Brad?»
«Lo sai, il saluto dell’Onda.»
«Vuoi dire che non posso andare a sedermi se non faccio il saluto dell’Onda?» chiese Laurie.
Brad si guardò attorno imbarazzato. «Be’, hanno deciso così, Laurie.»
«Hanno deciso? Chi?» chiese Laurie.
«L’Onda, Laurie, lo sai.»
«Brad, pensavo che tu fossi l’Onda. Tu segui il corso del signor Ross» disse Laurie.
Brad scrollò le spalle. «Lo so. Senti, non facciamola lunga. Fa’ il saluto e ti faccio salire.»
Laurie guardò gli spalti affollati. «Vuoi dire che tutti quelli seduti lì ti hanno fatto il saluto?»
«Be’, sì. In questa parte degli spalti, sì.»
«Ma io voglio salire e non voglio fare il saluto dell’Onda» disse Laurie, stizzita.
«Ma non puoi» ribatté Brad.
«Chi lo dice che non posso?» chiese Laurie alzando la voce. Alcuni studenti lì vicino
guardarono verso di loro.
Brad arrossì. «Senti, Laurie» disse a voce bassa. «Fai quello stupido saluto e basta.»
Laurie era ferma. «No, è ridicolo. Lo sai anche tu che è ridicolo.»
Brad era a disagio. Si guardò di nuovo attorno e disse: «Okay, non fare il saluto, vai, credo
che non stia guardando nessuno.»
Ma tutt’a un tratto Laurie non voleva più raggiungere i suoi compagni sugli spalti. Non aveva
nessuna intenzione di intrufolarsi di nascosto solo per unirsi all’Onda. Tutta la faccenda non
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aveva più alcun senso. Perfino qualche membro dell’Onda sapeva che ormai non aveva più
senso. «Brad» disse. «Se pensi che sia stupido, perché lo fai? Perché continui a farne parte?»
«Senti, Laurie, non posso parlarne adesso» disse Brad. «La partita sta iniziando, e io ho il
compito di far sedere la gente sugli spalti. Ho troppo da fare.»
«Hai paura?» chiese Laurie. «Hai paura di quello che possono farti gli altri membri dell’Onda
se non stai dalla loro parte?»
La bocca di Brad si aprì, ma per qualche secondo non ne uscì alcun suono. «Non ho paura di
nessuno, Laurie» disse alla fine. «E tu faresti meglio a tenere la bocca chiusa. Sai, un sacco di
gente si è accorta che non eri al raduno dell’Onda.»
«E allora? Allora?» chiese Laurie.
«E allora niente, te lo sto solo dicendo» disse Brad.
Laurie era scossa. Voleva sapere che cosa stava cercando di dirle Brad, ma in campo si
giocava una partita importante. Brad si allontanò, e le sue parole si persero tra le urla della folla.

Domenica pomeriggio, Laurie e alcuni redattori del Grapevine trasformarono il salotto di casa
Saunders in una redazione per mettere insieme un’edizione speciale del giornale dedicata quasi
interamente all’Onda. Diversi membri dello staff non c’erano, e quando Laurie ne chiese il
motivo, i presenti sembrarono restii a risponderle. Poi Carl disse: «Ho la sensazione che alcuni
dei nostri compagni preferiscano non attirarsi addosso le ire dell’Onda.»
Laurie guardò gli altri redattori in salotto. Annuivano, d’accordo con Carl.
«Amebe frignone e smidollate» gridò Alex, saltando in piedi e sollevando il pugno. «Giuro di
combattere l’Onda fino alla resa dei conti. Libertà o acne!»
Guardò le facce perplesse attorno a sé. «Be’» spiegò, «ho pensato che l’acne è peggio della
morte.»
«Siediti, Alex» disse qualcuno.
Alex si sedette e il gruppo tornò a lavorare al giornale. Laurie però sentiva che tutti
continuavano a pensare ai redattori assenti.
L’edizione speciale sull’Onda avrebbe incluso l’articolo dell’anonimo del terzo anno, e un
servizio di Carl sullo studente di seconda che era stato picchiato.
Era venuto fuori che il ragazzo non si era fatto molto male, che era stato soltanto strapazzato
da un paio di teppistelli. Non era chiaro se avevano davvero litigato per l’Onda o se l’Onda fosse
stata solo la scusa usata dai bulli per iniziare a litigare. Comunque fosse, uno dei teppisti l’aveva
chiamato sporco ebreo. I genitori del ragazzo avevano detto a Carl che avrebbero tenuto il figlio
a casa da scuola e che avevano in programma di far visita di persona al preside Owens lunedì
mattina.
C’erano altre interviste a genitori preoccupati e a insegnanti in ansia. Ma l’articolo più
importante era l’editoriale che aveva impegnato Laurie per gran parte del sabato. Condannava
l’Onda in quanto movimento pericoloso e ottuso che reprimeva la libertà di parola e di pensiero e
si contrapponeva a tutto ciò su cui si fondava il Paese. L’articolo faceva notare che l’Onda aveva
già iniziato a fare più male che bene (malgrado l’Onda, i Gordon High Gladiator avevano perso
contro la squadra di Clarkstown 42 a 6) e metteva in guardia che se non fosse stata arginata
avrebbe portato a conseguenze ancora più gravi.
Carl e Alex si impegnarono a portare il materiale dal tipografo l’indomani, come prima cosa.
Il giornale sarebbe uscito entro l’ora di pranzo.

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Capitolo 14

C’era una cosa che Laurie doveva fare prima che uscisse il giornale. Lunedì mattina avrebbe
dovuto cercare Amy e parlarle del pezzo. Nutriva ancora la speranza che Amy, una volta letto
l’articolo, avrebbe visto l’Onda per quello che era e avrebbe cambiato idea. Laurie voleva
metterla in guardia per tempo, in modo che potesse abbandonare l’Onda nel caso ci fosse stato
qualche problema.
Trovò Amy nella biblioteca della scuola e le diede una copia dell’editoriale. Amy lo lesse, e la
sua bocca si spalancò sempre di più, riga dopo riga. Alla fine alzò lo sguardo su Laurie. «Che
vuoi farci con questo?»
«Lo pubblico sul giornale» disse Laurie.
«Non puoi parlare così dell’Onda» disse Amy.
«Perché no?» chiese Laurie. «Sono cose vere. Ormai sono tutti ossessionati dall’Onda, Amy.
Nessuno riesce più a pensare con la propria testa.»
«Oh, avanti, Laurie» disse Amy. «Sei solo sconvolta. Ti stai lasciando influenzare dalla tua
litigata con David.»
Laurie scosse la testa. «Amy, dico sul serio. L’Onda sta facendo del male alla gente. E tutti la
seguono come un gregge di pecore. Non riesco a credere che tu voglia ancora farne parte dopo
aver letto queste cose. Non riesci proprio a capire? Con l’Onda tutti si dimenticano chi sono. È
come La notte dei morti viventi. Perché vuoi farne parte?»
«Perché per una volta nessuno è migliore di un altro» disse Amy. «Perché da quando siamo
amiche non ho fatto altro che essere in competizione con te e cercare di essere alla tua altezza. E
invece adesso non sento di dover avere un ragazzo della squadra di football come te. E se non ne
ho voglia, non devo prendere i tuoi stessi voti, Laurie. Per la prima volta in tre anni sento di non
dover essere all’altezza di Laurie Saunders e che ciononostante continuerò a piacere alla gente.»
Laurie sentì dei brividi freddi correrle lungo le braccia. «Io, io, ah, l’ho sempre saputo che ti
sentivi così» balbettò. «Avrei sempre voluto parlartene.»
«Non lo sai che i genitori di metà degli studenti della scuola dicono ai loro figli “Perché non
sei come Laurie Saunders”?» chiese Amy. «Andiamo, Laurie, l’unica ragione per cui sei contro
l’Onda è che non ti permette più di essere una principessa.»
Laurie era stordita. Persino la sua migliore amica, una persona intelligente come Amy,
prendeva le parti dell’Onda e si schierava contro di lei. Era molto arrabbiata. «Be’, io lo
pubblico» disse.
Amy si limitò ad alzare lo sguardo e a dire: «Non farlo, Laurie.»
Ma Laurie scosse la testa. «L’ho già fatto» disse. «E so cosa devo fare.»
All’improvviso fu come se fossero estranee. Amy guardò l’orologio. «Devo andare» disse, e
si allontanò, lasciando Laurie da sola in biblioteca.

Le copie del Grapevine non erano mai sparite con tanta rapidità come quel giorno. La scuola era
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in fibrillazione per le notizie pubblicate. In pochi avevano sentito parlare della faccenda del
ragazzo di seconda che era stato picchiato, e naturalmente nessuno sapeva della storia
dell’anonimo di terza. Ma non appena erano comparse sul giornale, altre storie avevano
cominciato a circolare. Storie di minacce e abusi nei confronti di ragazzi che, per una ragione o
per l’altra, si erano opposti all’Onda.
E ne circolavano altre ancora: si diceva che per tutta la mattina genitori e insegnanti erano
andati a lamentarsi nell’ufficio del preside Owens, e che i consulenti scolastici avevano
cominciato una raffica di colloqui con gli studenti. Nei corridoi e nelle aule si avvertiva un clima
di tensione.
In sala professori, Ben Ross posò la sua copia del Grapevine e si massaggiò le tempie con le
dita. D’improvviso gli era venuto un tremendo mal di testa. Qualcosa era andato storto, e Ross
sospettava che fosse colpa sua. I maltrattamenti inflitti a quel ragazzo erano terribili,
inammissibili. Come poteva giustificare l’esperimento se aveva effetti del genere?
Fu anche sorpreso di scoprirsi infastidito dall’imbarazzante sconfitta subita dalla squadra di
football contro la Clarkstown. Niente gli importava meno dello sport scolastico, ma la sconfitta
gli bruciava moltissimo, e la cosa gli pareva sospetta. C’entrava con l’Onda? Nelle ultime
settimane aveva iniziato a credere che se la squadra di football avesse fatto bene, sarebbe stato un
argomento convincente a favore del successo del movimento.
Ma da quando voleva che l’Onda avesse successo? Il suo successo o il suo fallimento non
erano la parte importante dell’esperimento. Avrebbe dovuto preoccuparsi di ciò che i suoi
studenti imparavano dall’Onda, non dell’Onda in sé.
In sala professori c’era una cassetta di medicinali zeppa di farmaci per il mal di testa: aspirine
e qualsiasi altro rimedio diverso dall’aspirina che fosse mai stato inventato. Una volta un amico
gli aveva fatto notare che se la categoria dei medici soffriva della più alta incidenza di suicidi,
quella degli insegnanti doveva essere quella con la più alta incidenza di mal di testa. Ben prese
tre compresse da un flacone e si alzò per andarsi a prendere un po’ d’acqua.
Ma davanti alla porta si fermò. Fuori, in corridoio, risuonavano la voce di Norm Schiller e
quella di un uomo che non riconobbe. Qualcuno doveva aver bloccato Norm proprio
sull’ingresso della sala professori. Ben origliò dall’interno.
«No, non ne valeva assolutamente la pena» stava dicendo Schiller. «Di sicuro li ha caricati di
brutto, gli ha fatto credere di poter vincere. Ma in campo non avrebbero mai potuto farcela. Tutte
le onde del mondo non valgono niente in confronto a un buon passaggio del quarterback. Non ci
sono alternative, si deve imparare quel dannato gioco.»
«Se vuoi sapere come la penso, Ross ha fatto davvero il lavaggio del cervello a quei ragazzi»
disse l’uomo non identificato. «Non so cosa diavolo crede di fare, ma non mi piace. E non piace
nemmeno a tutti gli altri insegnanti con cui ho parlato. Chi gli ha dato il diritto?»
«Non chiederlo a me» disse Schiller.
La porta della sala professori si aprì e Ben arretrò frettolosamente, spingendo la porta che
dava nel piccolo bagno riservato al corpo docenti. Il cuore gli batteva all’impazzata e la testa gli
faceva ancora più male. Ingoiò le tre aspirine ed evitò di guardarsi allo specchio. Aveva paura di
ciò che avrebbe visto? Un insegnante di storia delle superiori scivolato per errore nel ruolo del
dittatore?

David Collins non riusciva ancora a capacitarsene. Per lui non aveva senso che tutti non si
fossero uniti all’Onda fin da subito. Se così fosse stato, si sarebbero evitate tutte quelle seccature.
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Avrebbero potuto comportarsi da pari, come compagni di squadra. La gente rideva di loro e
diceva che sabato l’Onda non era stata di grande aiuto alla squadra di football; ma cosa si erano
messi in testa? L’Onda non era una droga miracolosa. La squadra aveva saputo dell’Onda
esattamente cinque giorni prima della partita. Il cambiamento c’era stato, nello spirito e
nell’atteggiamento.
David era sul prato della scuola in compagnia di Robert Billings e di qualche altro ragazzo del
corso del signor Ross. Leggevano il Grapevine. Il pezzo di Laurie lo faceva stare un po’ male.
Lui non aveva sentito parlare di nessuno che avesse maltrattato o picchiato qualcuno; quindi, per
quello che lo riguardava, Laurie e la redazione si erano inventati tutto. Una lettera senza firma e
la storia di uno di seconda di cui non aveva mai sentito parlare. Che Laurie si fosse sfilata
dall’Onda non lo esaltava, d’accordo; ma perché lei e tutti quelli come lei non potevano lasciar
perdere e basta? Perché invece dovevano attaccarla così?
Al suo fianco, Robert era in grande agitazione per il pezzo di Laurie. «Sono bugie» disse
stizzito. «Non può permettersi di dire cose simili.»
«Non è così importante» gli disse David. «A nessuno importa davvero cosa scrive Laurie o
cosa ha da dire.»
«Stai scherzando?» disse Robert. «Chiunque lo legga si farà un’idea sbagliata dell’Onda.»
«Io le avevo detto di non pubblicarlo» disse Amy.
«Ehi, calma» disse David. «Non c’è nessuna legge che imponga alle persone di credere in
quello che stiamo cercando di fare. Però se riusciremo a far funzionare l’Onda, la vedranno.
Vedranno tutte le cose buone di cui è capace.»
«Già, ma se non stiamo attenti» disse Eric, «questa gente rovinerà tutto. Avete sentito cosa si
dice in giro? Pare che in presidenza, a lamentarsi da Owens, ci siano genitori e insegnanti. Vi
sembra possibile? Di questo passo nessuno potrà vedere di cosa è capace l’Onda.»
«Laurie Saunders è una minaccia» dichiarò secco Robert. «Dev’essere fermata.»
A David non piacque la nota sinistra nella voce di Robert. «Ehi, aspetta…» iniziò a protestare.
Ma Brian lo interruppe. «Non ti preoccupare, Robert, di Laurie ci occupiamo io e Dave. Vero,
Dave?»
«Uhm…» All’improvviso David sentì sulla spalla la mano di Brian; lo guidava lontano dal
resto del gruppo. Robert annuiva.
«Senti, amico» sussurrò Brian. «Se qualcuno può fermare Laurie, quello sei tu.»
«Già, ma non mi piace l’atteggiamento di Robert» sibilò David. «Sembra che dobbiamo
eliminare chiunque si opponga. È l’esatto opposto di come dovremmo affrontare la questione.»
«Dave, ascolta. A volte Robert si fa prendere la mano. Però devi ammettere che ha ragione.
Se Laurie continua a scrivere roba del genere, l’Onda sarà spacciata. Dille solo di darsi una
calmata, Dave. Ti darà ascolto.»
«Non lo so, Brian.»
«Senti, l’aspetteremo stasera dopo la scuola. E tu ci parlerai, okay?»
David annuì controvoglia. «Va bene.»

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Capitolo 15

Dopo le prove pomeridiane del coro, Christy Ross aveva fretta di arrivare a casa. Ben era
scomparso dalla scuola a metà giornata, e lei aveva la sensazione di sapere il perché. Quando
arrivò a casa trovò suo marito chino sopra un volume che parlava della gioventù nazista. «Che ti
è successo oggi?» chiese.
Senza alzare lo sguardo dal libro, Ben rispose in tono irritato: «Me ne sono andato prima. Io,
mmm, non mi sentivo bene. Però adesso ho bisogno di rimanere solo, Chris. Devo prepararmi
per domani.»
«Amore, ho bisogno di parlarti» lo implorò Christy.
«Non puoi aspettare?» sbottò Ben. «Devo finire la lezione per domani.»
«No» insisté Chris, «è proprio di questo che ti devo parlare. Di questa storia dell’Onda. Hai
una vaga idea di quello che sta succedendo a scuola, Ben? Voglio dire, lasciamo stare il fatto che
metà dei miei alunni non viene ai miei corsi per seguire i tuoi; ma ti rendi conto che questa tua
Onda sta bloccando l’intera scuola? Oggi almeno tre insegnanti mi hanno fermato in corridoio
per chiedermi cosa diavolo stai facendo. E si sono lamentati anche col preside.»
«Lo so, lo so. Ma soltanto perché non capiscono quello che cerco di fare» si difese Ben.
«Dici sul serio, Ben?» chiese sua moglie. «Lo sai che a scuola ci sono dei consulenti che
fanno domande agli studenti che seguono il tuo corso? Sei proprio sicuro di sapere quello che
stai facendo?»
«Pensi che non lo sappia?» ribatté Ben. «So cosa dicono di me. Che il potere mi ha dato alla
testa… che sono accecato dal mio ego.»
«E non hai pensato che forse potrebbero avere ragione?» chiese Christy. «Quello che voglio
dire è che dovresti pensare a quali erano i tuoi obiettivi iniziali. Sono ancora gli stessi?»
Ben si passò le mani tra i capelli. L’Onda gli aveva creato già abbastanza problemi. «Christy,
credevo che fossi dalla mia parte.» Dentro di sé sentiva che lei aveva ragione.
«Ma io sono dalla tua parte, Ben. Però in questi giorni ti sono stata a guardare, ed è come se
non ti riconoscessi più. Ti sei fatto prendere così tanto da questo gioco di ruolo che lo stai
facendo entrare anche in casa nostra. Ti ho già visto farti prendere la mano in questo modo, Ben.
È tempo di darci un taglio, amore.»
«Lo so. A quanto pare sembra che mi sia spinto troppo in là. Ma adesso non posso fermarmi.»
Scosse stancamente la testa. «Non ancora.»
«E quando, allora?» chiese Christy con rabbia. «Dopo che tu o qualcuno dei ragazzi avrete
fatto qualcosa di cui pentirvi?»
«Credi che non me ne renda conto?» ribatté Ben. «Credi che non spaventi anche me? Però io
ho iniziato l’esperimento, e loro mi hanno seguito. Se mollassi tutto adesso, li lascerei a metà
strada. E questo li disorienterebbe, e non ne trarrebbero alcun insegnamento.»
«Be’, lascia che restino disorientati.»
Ben balzò in piedi in un impeto di frustrazione. «No, non lo farò. Non posso farlo!» gridò.
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«Sono il loro insegnante. Sono responsabile del loro coinvolgimento. Ammetto di aver lasciato
che la faccenda si spingesse più in là del dovuto, forse. Ma loro non sono arrivati a questo punto
per lasciar perdere adesso. Devo farli andare avanti finché non avranno capito il nocciolo della
questione. Forse sto per insegnare a questi ragazzi la lezione più importante della loro vita!»
Christy non si lasciò impressionare. «Bene, spero solo che il preside Owens sia d’accordo con
te, Ben» gli disse. «Perché mi ha fermato prima che me ne andassi. Ti ha cercato per tutto il
giorno. Vuole assolutamente vederti domattina, non appena arrivi a scuola.»

Quel giorno la redazione del Grapevine si trattenne fino a tardi dopo la scuola per celebrare la
sua vittoria. Il numero sull’Onda era stato un tale successo che era quasi impossibile trovare una
copia del giornale. Ma non si trattava solo di questo. Per tutto il giorno Laurie e gli altri erano
stati fermati da insegnanti e impiegati della segreteria e persino da qualche studente; tutti li
ringraziavano per aver svelato l’altra faccia dell’Onda. Circolavano già storie di qualcuno che
lasciava il gruppo.
La redazione si rendeva conto che un solo numero della rivista non sarebbe bastato ad
arrestare un movimento come l’Onda, vista la forza con cui si era propagato la settimana
precedente. Però almeno avevano messo a segno un buon colpo. Carl diceva di non avere dubbi:
non ci sarebbero stati altri incidenti per i non iscritti all’Onda, e neppure altri pestaggi.
Come sempre, Laurie fu l’ultima a lasciare la redazione. Se si poteva dire una cosa dei
redattori del Grapevine, era che di sicuro erano dei gran festaioli, ma al momento di riordinare
tutti se la davano a gambe. Per Laurie quell’anno era stato uno shock scoprire cosa voleva dire
avere l’incarico più prestigioso del giornale, quello di caporedattore: toccava a lei sbrigare ogni
stupida faccenda di cui gli altri non si volevano fare carico; e quella sera significava riordinare
dopo che il resto dello staff se n’era andato a casa.
Quando finì, Laurie si accorse che intanto fuori s’era fatto buio, e che era rimasta
praticamente sola nell’edificio. Non appena ebbe chiuso la porta della redazione del Grapevine e
spento le luci, l’agitazione che aveva provato per l’intera settimana tornò a farsi sentire. Senza
dubbio l’Onda si stava leccando le ferite che le aveva inflitto il Grapevine, ma alla Gordon High
era ancora molto forte, e Laurie sapeva bene che essendo a capo del giornale, lei… no, si disse,
sei soltanto sciocca e fissata. L’Onda non era niente di serio, era soltanto un esperimento del
corso di storia sfuggito leggermente di mano. Non c’era niente da temere.
I corridoi s’erano fatti più bui, e Laurie andò verso l’armadietto per lasciarci un libro che
quella sera non le sarebbe servito. Il silenzio della scuola deserta era sorprendente. Per la prima
volta riusciva ad avvertire rumori mai sentiti prima: il ronzio della corrente elettrica che passava
negli allarmi e nei segnalatori di fumo; un ribollire, un gorgoglio proveniente dal laboratorio di
scienze dove un esperimento era probabilmente rimasto a fermentare durante la notte; persino
l’eco insolita, vuota e vigorosa delle sue scarpe che ticchettavano sul pavimento duro dei
corridoi.
Laurie si immobilizzò a pochi passi dal suo armadietto. Sullo sportello campeggiava la parola
“nemico” scritta in rosso. D’un tratto il suono più forte in tutto il corridoio fu il battito veloce,
martellante del suo stesso cuore. Calmati, si disse. Qualcuno sta solo cercando di spaventarti.
Cercò di riprendere il controllo e iniziò a comporre la combinazione del lucchetto. Ma stava
ancora facendo girare la manopola quando si fermò. Aveva sentito qualcosa? Passi, forse?
Laurie si allontanò piano dall’armadietto, perdendo di passo in passo la battaglia che stava
combattendo per controllarsi. Si voltò e iniziò a camminare lungo il corridoio verso l’uscita. Il
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rumore dei passi si fece più intenso, e Laurie si affrettò. Il rumore crebbe ancora, e d’improvviso
la luce in fondo al corridoio svanì. Terrorizzata, Laurie si voltò e sbirciò il lungo corridoio scuro
alle sue spalle. C’era qualcuno? C’era qualcuno laggiù?
E poi seppe solo che stava correndo nel corridoio verso le porte d’uscita, in fondo. Le ci volle
un’eternità per raggiungerla, e quando finalmente fu davanti a una porta di metallo a due battenti
e colpì con l’anca il maniglione, scoprì che era chiusa.
In preda al panico, Laurie si precipitò alla porta successiva. Miracolosamente quella si aprì, e
lei si lanciò correndo nell’aria fredda.
Le parve di aver corso per un tempo lunghissimo e alla fine le si mozzò il fiato e dovette
rallentare, stringendo i libri al petto e respirando affannata. Adesso si sentiva più al sicuro.

David era seduto nel furgone di Brian. Avevano parcheggiato vicino ai campi da tennis aperti
tutta la notte perché David sapeva che Laurie, quando rincasava tardi dopo la scuola, passava
sempre di lì, dove i fari accesi dei campi la facevano sentire più tranquilla. Ormai stavano seduti
nel furgone da quasi un’ora. Brian era al posto di guida, teneva un occhio incollato a uno degli
specchietti retrovisori, in attesa di vedere comparire Laurie, e intanto fischiettava una canzone
che David non conosceva. David guardava i giocatori di tennis e ascoltava il monotono pum-
pam-pum della palla che veniva ribattuta da una parte all’altra.
«Brian, posso farti una domanda?» chiese David dopo un po’.
«Cosa?»
«Che cosa stai fischiettando?»
Brian sembrò sorpreso. «Take me out to the ball game» rispose. Poi fischiettò qualche altra
nota. La canzone, così come usciva dalle sue labbra, era pressoché irriconoscibile. «Adesso la
riconosci?»
David annuì. «Come no, Brian, come no.» Tornò a guardare i giocatori.
Un attimo più tardi, Brian si raddrizzò. «Ehi, sta arrivando.»
David si voltò e guardò in fondo all’isolato. Laurie si avvicinava sul marciapiede, a passo
sostenuto. David tese una mano verso la maniglia della portiera. «Lascia che me ne occupi io, da
solo» disse, tirando la maniglia.
«Sì, ma faglielo capire» disse Brian. «Non stiamo più giocando, adesso.»
«Certo, Brian» disse David, e uscì dal furgone. Ormai anche Brian si comportava come
Robert.
Dovette correre per raggiungerla, e finché non le fu vicino, non ebbe idea di cosa dire o cosa
fare. Tutto ciò che sapeva era che preferiva occuparsene di persona piuttosto che lasciarlo fare a
Brian. Ormai l’aveva raggiunta, ma Laurie non si fermò, e David dovette marciare di buon passo
per rimanerle accanto.
«Ehi, Laurie, non puoi fermarti un secondo?» chiese. «Devo parlarti. È molto importante.»
Laurie rallentò e gettò uno sguardo oltre le spalle di David.
«Va tutto bene, non c’è nessun altro» disse lui.
Laurie si fermò. David si rese conto che aveva l’affanno e che stringeva i libri al petto.
«Bene, David» disse. «Non sono più abituata a vederti da solo. Dove sono le truppe?»
David sapeva di dover ignorare i suoi commenti ostili. Cercò invece di farla ragionare.
«Laurie, potresti ascoltarmi soltanto per un minuto, per favore?»
Laurie non sembrava interessata. «David, ci siamo detti tutto quello che dovevamo dirci
l’altro giorno. Non voglio riparlarne, quindi lasciami stare.»
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Contro la sua volontà, David si lasciò assalire dalla rabbia. Lei non voleva nemmeno
ascoltarlo. «Laurie, devi smetterla di scrivere articoli contro l’Onda. Stai creando molti
problemi.»
«È l’Onda a creare problemi, David.»
«No» insisté David. «Ascolta Laurie, noi ti vogliamo con noi, non contro di noi.»
Laurie scosse la testa. «Bene, allora lasciatemi stare. Te l’ho detto, David, me ne tiro fuori.
Non è più un gioco. Alcune persone si sono fatte male.»
Cominciò ad allontanarsi, ma David la seguì. «È stato un incidente» insisté. «Hanno usato
l’Onda come scusa per picchiare quei ragazzi. Non lo capisci? L’Onda lavora ancora per il bene
di tutti. Come fai a non capirlo, Laurie? Potrebbe essere un sistema del tutto nuovo. Potremmo
riuscire a farlo funzionare.»
«Non con me. Non ci provare.»
David sapeva che se non l’avesse fermata sarebbe andata via. Non era giusto che una persona
potesse rovinare ciò che invece era così importante per tutti gli altri. Doveva convincerla.
Doveva farlo. Poi si rese conto di averla afferrata per il braccio.
«Lasciami andare!» Laurie si dibatté nel tentativo di liberarsi, ma David tenne salda la presa.
«Devi smetterla, Laurie» disse. Non era giusto.
«David, lasciami il braccio!»
«Laurie, smetti di scrivere quegli articoli! Tieni la bocca chiusa sull’Onda! Stai rovinando
tutto!»
Ma Laurie tenne duro. «Scriverò e dirò tutto ciò che voglio, e non potrete fermarmi!» gli urlò
contro.
Sopraffatto dalla rabbia, David le afferrò anche l’altro braccio. Perché doveva essere così
testarda? Perché non riusciva a vedere il potenziale dell’Onda? «Possiamo farti smettere, e lo
faremo!» le gridò.
Laurie si agitò ancora di più nel tentativo di liberarsi. «Ti odio!» disse, piangendo. «Odio
l’Onda! Vi odio tutti!»
Le parole colpirono David come un ceffone in pieno viso. Quasi fuori di sé, gridò: «Taci!» e
la scaraventò sull’erba. Mentre Laurie cadeva pesantemente a terra, i libri le volarono via di
mano.
In un istante David si rese conto con orrore di ciò che aveva fatto. Laurie giaceva a terra, e
mentre si lasciava cadere in ginocchio accanto a lei e la circondava con le braccia, David si sentì
invadere dalla paura. «Laurie, stai bene?»
Laurie annuì, ma non riuscì a parlare per i singhiozzi.
David la strinse forte. «Dio, mi dispiace» sussurrò. La sentiva tremare e si chiese come aveva
potuto fare qualcosa di così stupido. Che cos’aveva potuto spingerlo a fare del male a quella
ragazza, la ragazza che amava ancora? Laurie si mise seduta a fatica, singhiozzando, cercando di
riprendere fiato. David non riusciva a crederci. Era come se uscisse in quel momento da uno
stato di trance. Che cosa si era impossessato di lui, negli ultimi giorni, tanto da costringerlo a fare
una cosa così stupida? Aveva continuato a negare che l’Onda potesse nuocere a qualcuno, e in
nome dell’Onda aveva fatto del male a Laurie, la sua ragazza!
Era un’assurdità. David sapeva di essersi sbagliato. Qualunque cosa fosse in grado di
spingerlo ad agire in quel modo era sbagliata. Doveva esserlo.
Nel frattempo, avanzando lentamente sulla strada, il furgone di Brian passò loro accanto e
svanì nell’oscurità.
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Più tardi, quella sera, Christy Ross entrò nello studio dove suo marito era ancora al lavoro.
«Ben» disse con fermezza, «mi dispiace interromperti, ma ci ho pensato, e devo dirti una cosa
importante.»
Ben si abbandonò contro lo schienale della sedia e guardò sua moglie, sentendosi a disagio.
«Ben, domani devi farla finita con l’Onda» gli disse Christy. «So cosa significa per te e
quanto importante credi che sia per gli studenti. Però deve finire.»
«Perché dici così?» chiese Ben.
«Perché Ben, se non lo fai, sono convinta che a farlo sarà il preside Owens» gli disse. «E se
toccherà a lui farlo, ti assicuro che il tuo esperimento non si rivelerà altro che un fallimento. È
tutta la sera che penso a quello che speri di ottenere, Ben, e credo di cominciare a capire. Da
quando hai iniziato l’esperimento hai mai preso in considerazione l’ipotesi che potrebbe anche
non funzionare? Ti è mai passato per la testa che stai rischiando la tua reputazione di insegnante?
Se va male, pensi che i genitori permetteranno ai propri figli di frequentare ancora i tuoi corsi?»
«Non credi di esagerare?» chiese Ben.
«No» rispose Christy. «Ti è mai passato per la testa che non metteresti nei guai soltanto te, ma
anche me? Qualcuno pensa che io sia coinvolta in questa idiozia dell’Onda per il solo fatto di
essere tua moglie. Ti sembra giusto, Ben? Mi si spezza il cuore al pensiero che dopo due anni
alla Gordon High tu stia per rovinare il tuo lavoro. Devi farla finita domani, Ben. Andrai dal
preside Owens e gli dirai che è finita.»
«Christy, come fai a dirmi cosa devo fare?» chiese Ben. «Come faccio a risolvere tutto in un
solo giorno e rendere comunque giustizia agli studenti?»
«Devi farti venire in mente qualcosa, Ben» insisté Christy. «Devi farlo e basta.»
Ben si stropicciò la fronte e pensò all’incontro che avrebbe avuto col preside Owens
l’indomani. Owens era un brav’uomo, aperto alle idee nuove e agli esperimenti, ma ormai era
sottoposto alle immense pressioni dei genitori. Da una parte ci sarebbero stati insegnanti e
genitori in rivolta contro l’Onda, e la loro pressione sarebbe aumentata affinché il preside si
facesse avanti e ponesse fine alla faccenda; dall’altra sarebbe rimasto soltanto Ben Ross, che lo
avrebbe pregato di non intervenire, cercando di spiegargli che bloccare l’Onda in modo brusco
avrebbe potuto essere un disastro per gli studenti. L’importante non era quando doveva finire, ma
come. Gli studenti avrebbero dovuto porvi fine da soli, e avrebbero dovuto capirne la ragione.
Altrimenti il senso dell’esperimento, la fatica, tutto ciò che aveva suscitato, ogni cosa sarebbe
stata vana.
«Christy» disse Ben. «So che dovrei farla finire, ma non riesco a capire come.»
Sua moglie sospirò esasperata. «Mi stai dicendo che domani mattina andrai in presidenza da
Owens per dirgli questo? Che dovresti chiudere ma non sai come fare? Ben, tu dovresti essere il
leader dell’Onda. Tu sei quello che loro seguono ciecamente.»
A Ben la nota di sarcasmo nella voce di sua moglie non piacque, eppure sapeva che aveva
ragione ancora una volta. Gli studenti che avevano aderito all’Onda lo avevano trasformato in un
leader molto più di quanto lui avesse voluto. Era anche vero però che lui non aveva saputo
resistere. E doveva ammettere di essersi goduto quei momentanei istanti di potere, prima che
l’esperimento andasse storto: un’aula gremita di studenti che obbedivano ai suoi comandi, il
simbolo dell’Onda che lui aveva creato affisso ai muri dappertutto nella scuola, e persino una
guardia del corpo. Aveva letto che il potere può sedurre, e ormai lo aveva provato sulla sua pelle.
Ben si passò una mano tra i capelli. I membri dell’Onda non erano gli unici a dover imparare la
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lezione impartita dal potere. Anche il loro insegnante doveva farlo.
«Ben?» disse Christy.
«Sì, lo so, sto pensando» rispose lui. Più che altro si stava ponendo una domanda. Ammesso
che il giorno dopo si riuscisse a fare qualcosa, ammesso che si potesse fare qualcosa di
improvviso e definitivo, lo avrebbero seguito? D’un tratto Ben seppe che cosa doveva fare. «Va
bene, Christy, mi è venuta un’idea.»
Sua moglie lo guardò con aria dubbiosa. «Sicuro che si tratta di qualcosa che può
funzionare?»
Ben scosse la testa. «No, ma mi auguro di sì» disse.
Christy annuì e guardò l’orologio. Si era fatto tardi, ed era stanca. Si chinò su suo marito e lo
baciò sulla fronte. La pelle di Ben era umida di sudore. «Vieni a letto?»
«Tra poco» disse lui.
Dopo che Christy si ritirò in camera, Ben ripassò a mente il suo piano. Gli sembrava buono,
così si alzò, deciso a dormire un po’. Stava per spegnere le luci quando il campanello della porta
suonò. Stropicciandosi gli occhi stanchi, Ross si trascinò fino all’ingresso.
«Chi è?»
«David Collins e Laurie Saunders, signor Ross.»
Sorpreso, Ben spalancò la porta. «Che cosa ci fate qui?» disse. «È tardi.»
«Dobbiamo parlarle, signor Ross» disse David. «È importantissimo.»
«Bene, entrate» disse Ben.
Vedendoli entrare in salotto, Ben si accorse che avevano entrambi l’aria molto scossa. Era
successo qualcosa di ancora più terribile a causa dell’Onda? Dio, no! I due studenti si sedettero
sul divano. David si sporse in avanti.
«Signor Ross, deve aiutarci» disse, la voce rotta dall’agitazione.
«Di che cosa si tratta?» chiese Ben. «Che c’è che non va?»
«È l’Onda» disse David.
«Signor Ross» disse Laurie. «Sappiamo quanto sia importante per lei… ma la faccenda è
davvero andata troppo in là.»
Prima che Ross avesse il tempo di ribattere, David aggiunse: «Ha preso il sopravvento, signor
Ross. Non si può nemmeno parlarne male. La gente ha paura di farlo.»
«I ragazzi della scuola sono spaventati» disse Laurie. «Sono spaventati sul serio. Hanno paura
non solo di dire una qualunque cosa contro l’Onda, ma anche di ciò che potrebbe succedere se
non continuano a dare il loro appoggio.»
Ben annuì. In un certo senso ciò che gli stavano dicendo i due studenti lo liberò di parte delle
preoccupazioni che aveva sull’Onda. Se avesse fatto ciò che gli chiedeva Christy, cioè ripensare
agli obiettivi originali dell’esperimento, allora le paure di cui parlavano Laurie e David
confermavano che l’Onda era stato un successo. Dopotutto era stato un modo per dimostrare ai
ragazzi come poteva essere stata la vita nella Germania nazista. Quindi sembrava che
l’esperimento, in termini di paura e sottomissione forzata, avesse avuto un successo schiacciante,
persino eccessivo.
«Non si può nemmeno parlare con qualcuno senza chiedersi con chi stai avendo a che fare»
gli disse Laurie.
Ben non poté far altro che annuire ancora. Si ricordò degli studenti alle sue lezioni di storia,
che avevano condannato gli ebrei per non aver preso sul serio la minaccia nazista, per non essere
fuggiti dalle case e dai ghetti quando le voci sui campi di sterminio e sulle camere a gas erano
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arrivate fino a loro. Ma come poteva una persona ragionevole credere a una cosa del genere? E
chi mai avrebbe potuto credere che una manciata di studenti di una scuola superiore come la
Gordon High si potesse trasformare in un gruppo fascista chiamato l’Onda? Era una debolezza
dell’essere umano, rifiutarsi di credere al lato oscuro che si celava nell’essere che gli era
compagno?
David lo strappò dai suoi pensieri. «Stanotte ho quasi fatto del male a Laurie in nome
dell’Onda» disse. «Non so che cosa mi è preso. Però so che si tratta della stessa cosa da cui si
fanno prendere gli altri che aderiscono all’Onda.»
«Deve mettere fine a questa storia» lo incalzò Laurie.
«Lo so» disse Ben. «Lo farò.»
«Come, signor Ross?» chiese David.
Ben sapeva di non poter rivelare il suo piano a Laurie e David. Era essenziale che i membri
dell’Onda decidessero per se stessi, e affinché l’esperimento si rivelasse un successo Ben
avrebbe dovuto limitarsi a metterli davanti al fatto compiuto. Se il giorno dopo David e Laurie
fossero andati a scuola e avessero raccontato agli studenti che il signor Ross aveva intenzione di
porre fine all’Onda, gli studenti avrebbero avuto dei pregiudizi. E forse non si sarebbero mai resi
conto del perché fosse necessario porvi fine. O peggio ancora, avrebbero potuto combatterlo per
mantenere in vita l’Onda malgrado il suo logico destino.
«David, Laurie» disse, «voi due avete scoperto qualcosa che gli altri membri dell’Onda non
hanno ancora imparato. Vi prometto che domani li aiuterò a fare questa scoperta. Ma devo farlo a
modo mio, e posso chiedervi soltanto di fidarvi di me. Lo farete?»
David e Laurie continuarono ad annuire dubbiosi mentre Ben si alzava e li accompagnava alla
porta. «Forza, è tardi. Tornatevene a casa» disse loro. Mentre uscivano, però, a Ben venne
un’altra idea. «Sentite, non conoscete due studenti che non abbiamo mai avuto a che fare con
l’Onda? Due studenti che i membri dell’Onda non riconoscerebbero e di cui non si
accorgerebbero se mancassero?»
David ci pensò un momento. Per quanto sorprendente gli sembrasse, quasi tutti quelli che
conosceva a scuola avevano aderito all’Onda. Laurie invece trovò due persone estranee al
movimento. «Alex Cooper e Carl Block» disse. «Sono della redazione del Grapevine.»
«Okay» disse Ben. «Voglio che voi due veniate a lezione domani e che vi comportiate come
se tutto andasse bene. Voglio che facciate finta di non esservi mai parlati, stasera, e di non aver
parlato con me. D’accordo?»
David annuì. Laurie invece era turbata. «Non lo so, signor Ross.»
Ben la interruppe. «Laurie, è estremamente importante comportarsi così. Devi fidarti di me.
Va bene?»
Laurie accettò con riluttanza. Ben li salutò, e Laurie e David si avviarono nell’oscurità.

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Capitolo 16

Il mattino dopo, nell’ufficio del preside Owens, Ben dovette estrarre di tasca il fazzoletto e
asciugarsi il sudore dalla fronte. Dall’altro lato della scrivania, il preside aveva appena picchiato
con forza il pugno sul piano. «Dannazione, Ben! Non m’importa del tuo esperimento. Ricevo
lamentele dagli insegnanti, i genitori mi chiamano ogni cinque minuti per sapere cosa diavolo sta
succedendo, cosa diavolo stiamo facendo con i loro ragazzi. Credi che possa dir loro che si tratta
di un esperimento? Dio santo, amico, sai il ragazzo che è stato maltrattato la settimana scorsa?
Ieri è venuto il suo rabbino. Quell’uomo ha passato due anni ad Auschwitz. Pensi che gliene
freghi qualcosa del tuo esperimento?»
Ben si drizzò a sedere. «Preside Owens, so bene a quali pressioni è sottoposto. So che l’Onda
si è spinta oltre. Io…» Ben trasse un respiro profondo. «Capisco di aver sbagliato. Un corso di
storia non è un laboratorio di scienze. Non si possono fare esperimenti con gli esseri umani.
Soprattutto se si tratta di studenti delle superiori ignari di far parte di un esperimento. Però
proviamo a dimenticare per un momento che si è trattato di uno sbaglio, che è andato troppo in
là. Guardiamolo per quello che è ora. Ora ci sono duecento studenti che vedono nell’Onda
qualcosa di grandioso. Posso ancora trasmettere loro un insegnamento. Mi serve solo il resto
della giornata di oggi, e gli lascerò un insegnamento che non dimenticheranno mai.»
Il preside Owens lo guardò scettico. «E nel frattempo cosa ti aspetti che dica ai loro genitori e
agli altri insegnanti?»
Ben si asciugò di nuovo la fronte con il fazzoletto. Sapeva che stava per correre un rischio, ma
aveva forse altra scelta? Era stato lui a metterli in questa situazione, e lui doveva tirarli fuori.
«Gli dica che hanno la mia parola che entro stasera sarà tutto finito.»
Il preside Owens inarcò un sopracciglio. «Di preciso cosa intendi fare?»
Ben non impiegò molto per illustrare il suo piano. Dall’altra parte della scrivania il preside
Owens svuotò la pipa e ci ragionò su. Calò un lungo, sgradevole silenzio. Alla fine Owens disse:
«Ben, voglio essere del tutto onesto con te. Questa faccenda dell’Onda ha messo la Gordon High
in cattiva luce, e non ne sono per niente contento. Ti concedo ancora oggi. Ma ti avverto: se non
funziona, dovrò chiederti di dare le dimissioni.»
Ben annuì. «Capisco» disse.
Il preside Owens si alzò e gli porse la mano. «Spero che il tuo piano funzioni, Ben» disse in
tono solenne. «Sei un bravo insegnante, e mi dispiacerebbe molto doverti perdere.»
Una volta in corridoio, Ben non ebbe il tempo di riflettere sulle parole del preside Owens.
Doveva trovare Alex Cooper e Carl Block, e agire in fretta.
Durante la lezione di storia di quel giorno attese di avere l’attenzione degli studenti. Poi disse:
«Ho un annuncio speciale a proposito dell’Onda. Alle cinque di oggi ci raduneremo
nell’auditorium. Sarà un incontro riservato ai membri.»
David sorrise tra sé e sé e ammiccò a Laurie.
«La ragione del raduno è la seguente» continuò il signor Ross. «L’Onda non è solo un
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esperimento nato in questo corso. È molto, molto di più. A vostra insaputa, la scorsa settimana,
in tutto il Paese insegnanti come me hanno reclutato e addestrato un corpo di giovani per
dimostrare al resto del mondo come realizzare una società migliore.
«Come sapete, questo Paese ha appena attraversato un decennio in cui un’inflazione costante
ha pesantemente indebolito l’economia» proseguì il signor Ross. «La disoccupazione è
aumentata in modo cronico, e il tasso di criminalità è il peggiore che si ricordi. Mai prima d’ora
la condizione degli Stati Uniti aveva raggiunto un punto così basso. Un numero sempre maggiore
di persone, compresi i fondatori dell’Onda, crede che il nostro Paese sia spacciato, a meno di non
invertire questa tendenza.»
David aveva smesso di sorridere. Non era ciò che si aspettava di sentire. Il signor Ross non
pareva intenzionato a porre fine all’Onda. Semmai sembrava che si volesse spingere ancora più
in là.
«Dobbiamo dimostrare che è possibile invertire la tendenza di questo Paese grazie alla
disciplina, alla comunità e all’azione» disse Ross alla classe. «Guardate che cos’abbiamo
realizzato in questa scuola in così pochi giorni. Se siamo in grado di cambiare le cose qui, allora
possiamo fare in modo che cambino ovunque.»
Laurie lanciò uno sguardo preoccupato a David. Il signor Ross proseguì: «Nelle fabbriche,
negli ospedali, nelle università… in tutte le istituzioni…»
David saltò in piedi per protestare. «Signor Ross, signor Ross!»
«Siediti, David!» ordinò Ben.
«Ma signor Ross, aveva detto…»
Ben lo interruppe secco. «Ti ho detto di sederti, David. Non interrompermi.»
David tornò a sedersi, e non riuscì a credere alle proprie orecchie quando sentì il signor Ross
continuare: «Adesso fate bene attenzione. Durante il raduno di questo pomeriggio, il fondatore e
leader nazionale dell’Onda apparirà in televisione per annunciare la nascita del Movimento
nazionale della gioventù dell’Onda.»
Attorno a loro, gli studenti iniziarono ad applaudire. Era troppo per Laurie e David. Tutti e
due si alzarono per affrontare i loro compagni.
«Aspettate, aspettate» li implorarono. «Non dategli ascolto. Non lo ascoltate. Sta mentendo.»
«Non vedete che cosa sta facendo?» disse Laurie accalorandosi. «Nessuno di voi riesce più a
pensare con la sua testa.»
L’aula si fece più silenziosa e la classe rimase a guardarli, ma niente di più.
Ross sapeva di dover agire rapidamente, prima che Laurie e David rivelassero altro. Si rese
conto di aver commesso un errore. Aveva chiesto ai due ragazzi di fidarsi di lui, ma non si
aspettava che gli avrebbero disobbedito. Tutt’a un tratto, però, capì che non potevano che reagire
così. Schioccò le dita. «Robert, voglio che tu prenda il controllo della classe fino al mio ritorno;
devo scortare David e Laurie in presidenza.»
«Signor Ross, sì!»
Il signor Ross si avviò rapido alla porta dell’aula e la tenne aperta per Laurie e David.
Una volta in corridoio, i due ragazzi avanzarono lentamente in direzione della presidenza,
seguiti dal signor Ross. In sottofondo, dall’aula, si sentiva ripetere ad alta voce: «La Forza è
Disciplina! La Forza è Comunità! La Forza è Azione!»
«Ieri sera ci ha mentito, signor Ross» disse David, amareggiato.
«No, non l’ho fatto, David. Però vi avevo detto di fidarvi di me» ribatté.
«Perché mai dovremmo farlo?» chiese Laurie. «È stato lei a dar vita all’Onda.»
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Era una buona obiezione. Ben non riusciva a farsi venire in mente una ragione per convincerli
a fidarsi di lui. Sapeva solo che avrebbero dovuto farlo. Sperò che entro sera avrebbero capito.

David e Laurie trascorsero la maggior parte del pomeriggio in presidenza, in attesa di parlare con
il signor Owens. Si sentivano tristi e depressi, certi che il signor Ross li avesse imbrogliati
inducendoli a collaborare per far sì che non interferissero in quelle che ormai apparivano come le
ore decisive prima che il movimento dell’Onda della Gordon High si fondesse nel movimento
dell’Onda nazionale, che intanto era cresciuto in tutte le scuole superiori del Paese.
Persino il preside Owens aveva l’aria indifferente quando alla fine si decise a riceverli. Sulla
sua scrivania c’era una breve nota del signor Ross, e malgrado nessuno dei due potesse leggerla,
era chiaro che diceva che David e Laurie avevano disturbato la lezione. Tutti e due pregarono il
preside di bloccare l’Onda e di impedire il raduno previsto per le cinque, ma il preside Owens
continuò a ripetere che sarebbe andato tutto bene.
Infine disse loro di tornare a lezione. David e Laurie erano increduli. Avevano cercato di
impedire che si realizzasse la cosa più tremenda mai successa in quella scuola e il preside Owens
pareva non rendersene conto.
In corridoio, David gettò i libri nell’armadietto e sbatté l’anta per chiuderlo. «Lasciamo
perdere» disse a Laurie, furioso. «Non rimarrò a scuola un altro minuto. Qui ho chiuso.»
«Aspetta solo che metta via i libri» gli disse Laurie. «Vengo con te.»
Qualche minuto più tardi, mentre si allontanavano dalla scuola, Laurie notò che David si era
incupito. «Non riesco a credere di essere stato così stupido, Laurie» continuava a dire. «Non
riesco a credere di esserci cascato in pieno.»
Laurie gli strinse la mano. «Non sei uno stupido, David. Eri un idealista, insomma, l’Onda
aveva anche qualcosa di buono. Non poteva essere del tutto sbagliata, altrimenti all’inizio le
persone non l’avrebbero accolta. È solo che non riescono a vedere quello che c’è di sbagliato.
Pensano che ci renda tutti uguali, ma non capiscono che ci priva del diritto di essere diversi.»
«Laurie, non può essere che ci sbagliamo, sull’Onda?» chiese David.
«No, David, abbiamo ragione» rispose Laurie.
«Allora perché nessun altro riesce a capirlo?» chiese lui.
«Non lo so. È come se tutti fossero in trance. Non vogliono più ascoltare, ecco cosa fanno.»
David annuì, sfiduciato.
Era ancora presto e decisero di incamminarsi verso un parco lì vicino. Nessuno dei due voleva
tornare a casa. David non sapeva cosa pensare dell’Onda e del signor Ross. Laurie credeva
ancora che si trattasse di una moda di cui alla fine i ragazzi si sarebbero stufati, per quanto
pervasiva essa fosse. Ciò che continuava a terrorizzarla, però, era quello che i ragazzi avrebbero
potuto fare in nome dell’Onda prima di distaccarsene.

«All’improvviso mi sento solo» disse David mentre camminavano tra gli alberi del parco. «È
come se tutti i miei amici facessero parte di un movimento assurdo e io fossi quello da
emarginare solo perché mi rifiuto di essere come loro.»
Laurie riusciva a capire benissimo come si sentiva David, perché lei provava la stessa
sensazione. Gli si avvicinò e lui la circondò con un braccio. Laurie si sentì vicina a David come
mai era successo prima. Non era bizzarro che vivere un’esperienza così brutta avesse finito per
renderli più uniti? Ripensò alla sera precedente, a come David si era dimenticato dell’Onda
nell’istante in cui si era reso conto di averle fatto del male. Lo abbracciò stretto.
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«Che c’è?» David era sorpreso.
«Oh, niente» disse lei.
«Mmm.» David guardò lontano.
Laurie sentì che la sua mente tornava all’Onda. Provò a immaginare l’auditorium della scuola,
quel pomeriggio, gremito di membri. E qualche leader lontano che parlava alla folla dalla
televisione. Che cosa avrebbe ordinato? Di bruciare i libri? Di costringere tutti quelli che non
avevano aderito all’Onda a indossare dei bracciali di riconoscimento? Sembrava assurdo che
potesse accadere qualcosa del genere. E poi… tutt’a un tratto Laurie si ricordò qualcosa.
«David» disse, «ti ricordi il giorno in cui è iniziato tutto?»
«Il giorno in cui il signor Ross ci ha insegnato il primo motto?» chiese David.
«No, David, il giorno prima. Il giorno in cui abbiamo visto quel film sui campi di
concentramento nazisti. Il giorno in cui ero di cattivo umore, ricordi? Nessuno di noi riusciva ad
accettare che gli altri tedeschi avessero ignorato quello che facevano i nazisti e avessero fatto
finta di non saperne niente.»
«E allora?» disse David.
Laurie alzò lo sguardo verso di lui. «David, ti ricordi cosa mi hai detto a pranzo, quel
pomeriggio?»
David cercò di ricordare, ma scosse la testa.
«Mi hai detto che non sarebbe più potuto succedere.»
David rimase a guardarla per un secondo. Si scoprì a sorridere, ironico. «Sai una cosa?» disse.
«Anche se tra poco ci sarà il raduno con il leader nazionale, anche se ne ho fatto parte, non riesco
ancora a credere che sia vero. È una follia.»
«Stavo pensando proprio la stessa cosa» disse Laurie. Poi un’idea le attraversò il cervello.
«David, torniamo a scuola.»
«Perché?»
«Voglio vederlo» disse. «Voglio vedere questo leader. Giuro, non ci crederò finché non l’avrò
visto con i miei occhi.»
«Ma il signor Ross ha detto che è riservato ai membri dell’Onda.»
«E che ti importa?» gli chiese Laurie.
David fece spallucce. «Non lo so, Laurie. Non so se mi va di tornare indietro. Mi sento
come… come se l’Onda mi avesse già travolto una volta. Se torno, potrebbe succedere di
nuovo.»
«Impossibile» disse Laurie, ridendo.

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Capitolo 17

Era incredibile, pensò Ben Ross avviandosi verso l’auditorium. Poco più avanti, due dei suoi
studenti erano seduti a un tavolino all’ingresso e controllavano le tessere gialle. I membri
dell’Onda si stavano riversando nell’auditorium, e molti di loro portavano con sé striscioni e
cartelli con il simbolo. Ross non poté fare a meno di pensare che prima dell’avvento dell’Onda ci
sarebbe voluta una settimana per mettere insieme un simile numero di studenti. Quel giorno
erano bastate solo poche ore. Sospirò. Era una conquista, se si guardava al lato positivo della
disciplina, della comunità, dell’azione. Si chiese se sarebbe riuscito a “deprogrammare” gli
studenti dall’Onda, e quanto ci sarebbe voluto prima di tornare a vedere i compiti a casa fatti con
negligenza. Sorrise. È questo il prezzo che paghiamo per la libertà?
Mentre Ben lo osservava, Robert, che indossava giacca e cravatta, emerse dall’auditorium e si
scambiò il saluto con Brad e Brian.
«L’auditorium è pieno» disse Robert. «Le guardie sono in posizione?»
«Sì» rispose Brad.
Robert parve soddisfatto. «Bene, allora controlliamo tutte le porte. Assicuratevi che siano
chiuse.»
Ben si stropicciò nervoso le mani. Era arrivato il momento di entrare. Camminò fino
all’ingresso che dava sul palco e si accorse che c’era Christy ad aspettarlo.
«Ciao.» Lo baciò rapidamente sulla guancia. «Penso di doverti augurare buona fortuna.»
«Grazie, ne avrò bisogno» disse Ben.
Christy gli sistemò la cravatta. «Qualcuno ti ha mai detto che in completo stai benissimo?»
chiese.
«A dire la verità Owens me l’ha detto l’altro giorno.» Ben sospirò. «Quando mi toccherà
cercarmi un nuovo lavoro, credo che dovrò vestirmi spesso così.»
«Non preoccuparti. Andrà tutto bene» gli disse Christy.
Ben si sforzò di abbozzare un sorriso. «Vorrei avere la fiducia che hai tu in me» disse.
Christy rise e lo fece voltare verso l’ingresso al palco. «Vai, tigre.»
Dopodiché Ben si ritrovò a lato del palco; fece correre lo sguardo nell’auditorium gremito dai
membri dell’Onda. Un momento più tardi arrivò anche Robert.
«Signor Ross» disse, facendo il saluto. «Tutte le porte sono in ordine e le guardie in
posizione.»
«Grazie, Robert» disse Ben.
Era il momento di cominciare. Mentre si avviava a grandi passi al centro del palco, Ben lanciò
rapidi sguardi verso le quinte alle sue spalle, e poi in alto, verso la cabina di proiezione in fondo
alla sala. Si fermò tra i due grandi schermi televisivi che quel giorno aveva richiesto al
dipartimento audiovisivi, mentre la folla esplodeva spontanea nei motti dell’Onda, alzandosi in
piedi ed eseguendo il saluto.
«La Forza è Disciplina.»
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«La Forza è Comunità.»
«La Forza è Azione.»
Ben rimase immobile davanti a loro. Quando ebbero finito di scandire le parole, alzò le
braccia per chiedere silenzio. Che obbedienza, pensò con tristezza. Fece correre lo sguardo sulla
folla, ben sapendo che con ogni probabilità era l’ultima volta che riusciva ad avere da loro una
tale attenzione. Poi parlò.
«Tra un momento il nostro leader nazionale si rivolgerà a noi.» E voltandosi disse: «Robert.»
«Signor Ross, sì.»
«Accendi i televisori.»
Robert accese tutti e due gli apparecchi e gli schermi si fecero grigio e blu, senza però
trasmettere ancora alcuna immagine. Nell’auditorium, centinaia di fieri membri dell’Onda si
sporsero in avanti per fissare gli schermi blu, in attesa.

All’esterno, David e Laurie tentarono di aprire una porta dell’auditorium, ma la trovarono chiusa.
Provarono rapidamente con un’altra, ma trovarono chiusa anche quella. C’erano altre porte, così
si misero a correre tutt’intorno all’auditorium per raggiungerle.

Gli schermi erano ancora vuoti. Non era apparso ancora alcun viso e nessun suono proveniva
dagli altoparlanti. Nell’auditorium gli studenti cominciavano a fremere e a mormorare. Perché
non succedeva niente? Dov’era il loro leader? Che cosa dovevano fare? Nella sala la tensione si
faceva sempre più palpabile, e la stessa domanda continuava a riproporsi nella mente degli
studenti: che cosa dovevano fare?
A lato del palco, Ben li osservava, e quella marea di volti ricambiava il suo sguardo. Era vero
che l’inclinazione naturale delle persone è quella di cercare un leader? A osservare i visi che
guardavano nella sua direzione doveva essere così. Era quella la terribile responsabilità di ogni
leader, sapere che un gruppo come quello lo avrebbe seguito. Finalmente Ben cominciò a
rendersi conto di quanto serio fosse il “piccolo esperimento” a cui aveva dato vita. Era
spaventoso con quanta facilità potessero riporre la loro fiducia nelle mani di qualcuno, e quanto
facilmente lasciassero che qualcuno decidesse per loro. Se il destino delle persone è quello di
essere guidate, pensò Ben, allora lui doveva assicurarsi che imparassero bene una cosa: non
smettere mai di farsi domande, non riporre mai ciecamente la propria fiducia nelle mani di
qualcuno. Altrimenti…
Tra il pubblico uno studente, deluso, schizzò in piedi all’improvviso e gridò al signor Ross:
«Non c’è nessun leader, non è vero?»
Gli altri, esterrefatti, distolsero lo sguardo mentre due guardie dell’Onda scortavano il
trasgressore fuori dall’auditorium. Nella confusione che ne seguì, Laurie e David riuscirono a
intrufolarsi dentro attraverso la porta lasciata aperta dalle due guardie.
Prima che gli studenti potessero avere il tempo di pensare a ciò che era appena successo, Ben
tornò a grandi passi al centro del palco. «Sì che avete un leader!» gridò. Quello era il segnale che
Carl Block stava aspettando, nascosto dietro le quinte. Alzò il sipario e lasciò che il pubblico
contemplasse l’enorme schermo cinematografico. Nello stesso istante, Alex Cooper, nella cabina
di proiezione, azionò un proiettore.
«Eccolo!» gridò Ben all’auditorium stipato di studenti. «Ecco il vostro leader!»
L’auditorium fu percorso da esclamazioni di sorpresa mentre la gigantesca immagine di Adolf
Hitler appariva sullo schermo.
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«Eccolo!» sussurrò Laurie con eccitazione a David. «È il film che ci ha fatto vedere quel
giorno!»
«Adesso fate bene attenzione!» gridò loro Ben. «Non c’è nessun Movimento della gioventù
dell’Onda. Non c’è nessun leader. Ma sei mai esistesse, sarebbe lui. Ora vi rendete conto di
quello che siete diventati? Riuscite a capire fino a dove vi siete lasciati guidare? Fino a che punto
vi siete spinti? Date uno sguardo al vostro futuro!»
Dopo le immagini di Adolf Hitler, il film si concentrava sui volti dei giovani nazisti che
avevano combattuto per lui durante la Seconda guerra mondiale. Alcuni di loro erano soltanto
degli adolescenti, altri erano anche più giovani degli studenti raccolti nell’auditorium.
«Credevate di essere così speciali!» disse loro Ben. «Vi sentivate migliori di chiunque altro
fuori da questa sala. Avete barattato la vostra libertà per quella che chiamavate uguaglianza. Ma
avete trasformato l’uguaglianza in superiorità verso chi non aderiva all’Onda. Avete accettato la
volontà del gruppo al di là delle vostre convinzioni, per quanto male potesse fare. Alcuni di voi
hanno anche pensato di unirsi al movimento soltanto per fare un giro di prova, sicuri di poterne
uscire quando avrebbero voluto. Ma ci siete riusciti? Qualcuno di voi ci ha provato?
«Sì, sareste stati degli ottimi nazisti» continuò Ben. «Avreste indossato l’uniforme, e avreste
permesso che i vostri amici e i vostri vicini venissero perseguitati e annientati. Dicevate che non
sarebbe più potuto accadere, ma guardate quanto ci siete andati vicini. Minacciare chi non voleva
unirsi a voi, impedire a chi non aderiva all’Onda di sedersi con voi alle partite di football. Il
fascismo non è una cosa che hanno fatto altre persone: è qui, tra di noi. Mi avete chiesto come
sia stato possibile che il popolo tedesco non abbia reagito mentre milioni di esseri umani
innocenti venivano sterminati. Come potessero sostenere di non essere coinvolti. Che cosa fa sì
che le persone arrivino a negare il proprio passato.»
Ben si fece più vicino al proscenio e disse, a voce più bassa: «Se è vero che la storia si ripete,
voi dovreste negare ciò che è successo con l’Onda. Però, se il nostro esperimento ha avuto
successo – e penso che vi rendiate conto che è stato così – allora dovreste aver imparato che
siamo tutti responsabili delle nostre azioni, e che dobbiamo sempre chiederci che cosa stiamo
facendo, invece di seguire ciecamente un leader. Per il resto della vostra vita non dovrete mai
permettere, per nessuna ragione, che una minoranza possa privarvi dei vostri diritti individuali.»
Ben fece una pausa. Fino a quel momento aveva addossato tutta la colpa a loro. Ma c’era
dell’altro. «Adesso vi prego di ascoltarmi» disse. «Vi devo delle scuse. So che per voi è
doloroso. Però in un certo senso si può dire che nessuno di voi sia responsabile più di quanto non
lo sia io, che vi ho condotto fino a questo punto. La mia intenzione era che l’Onda fosse per voi
una lezione eccezionale, e forse lo è stata. Di certo sono diventato più leader di quanto non
volessi, e spero che mi crediate se vi dico che è stata una lezione molto dolorosa anche per me.
Posso solo aggiungere che spero che sia una lezione di cui faremo tesoro per tutta la vita. Se
saremo attenti, non correremo il rischio di dimenticarla.»
L’effetto sui ragazzi fu sbalorditivo. Qua e là nell’auditorium gli studenti si alzavano con
lentezza dai propri posti. Alcuni erano in lacrime, altri cercavano di evitare lo sguardo dei
compagni. La lezione che avevano imparato sembrava averli storditi. Nell’uscire abbandonarono
manifesti e striscioni. Il pavimento presto si ricoprì di tessere gialle. Uscirono mesti
dall’auditorium, lasciando cadere qualunque atteggiamento militaresco.
Laurie e David percorsero il corridoio tra le file di posti, lasciandosi alle spalle gli studenti
che, scuri in volto, sfilavano uno dopo l’altro verso l’uscita. Amy si stava avvicinando a capo
chino. Quando alzò lo sguardo e vide Laurie, scoppiò in lacrime e corse ad abbracciare l’amica.
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Alle spalle della ragazza, David notò Eric e Brian. Entrambi avevano l’aria scossa. Quando si
accorsero di David si fermarono, e per qualche istante i tre compagni di squadra furono uniti da
un silenzio imbarazzato.
«Brutta storia» disse Eric, la voce poco più d’un mormorio.
David cercò di minimizzare. Gli dispiaceva per i suoi amici. «Be’, adesso è finita» disse.
«Dimentichiamo tutto… cioè, non dimentichiamo tutto, però allo stesso tempo
dimentichiamolo.»
Eric e Brian annuirono. Capivano ciò che voleva dire, anche se David non era riuscito a dare
un senso compiuto alle sue parole.
Brian fece una smorfia. «Avrei dovuto capirlo sabato scorso» disse, «quando il linebacker
della Clarkstown ha aperto la difesa e mi è arrivato addosso, e ci ha fatto perdere quindici iarde.
Avrei dovuto saperlo che non voleva dire niente di buono.»
I tre compagni di squadra fecero una risatina insieme, e poi Eric e Brian uscirono
dall’auditorium. David proseguì fino a raggiungere il palco, dove si trovava il signor Ross. Il
professore sembrava molto stanco.
«Mi dispiace di non essermi fidato di lei, signor Ross» disse David.
«No, è stato un bene che tu non l’abbia fatto» gli disse Ross. «Hai dimostrato una buona
capacità di giudizio. Sono io che devo farti le mie scuse, David. Avrei dovuto dirti qual era il
mio piano.»
Laurie li raggiunse. «Signor Ross, che cosa succederà adesso?» chiese.
Ben scrollò le spalle e scosse la testa. «Non sono sicuro di saperlo, Laurie. Dobbiamo ancora
finire la parte del programma di storia previsto per il semestre. Però forse ci prenderemo ancora
un po’ di tempo per discutere di quello che è successo oggi.»
«Penso che dovremmo farlo» disse David.
«Sa, signor Ross» disse Laurie, «in un certo senso sono contenta che sia successo. Cioè, mi
dispiace che siamo arrivati fino a questo punto, però sono contenta che abbia funzionato, e penso
che oggi abbiamo tutti imparato parecchio.»
Ben annuì. «Be’, è gentile da parte tua, Laurie. Però ho già deciso che il prossimo anno salterò
questa lezione.»
David e Laurie si guardarono e sorrisero. Salutarono il signor Ross e si voltarono per lasciare
l’auditorium.
Ben vide Laurie, David e gli ultimi membri originari dell’Onda abbandonare la sala. Quando
se ne furono andati e Ben rimase solo, sospirò e disse: «Grazie a Dio.» Era sollevato che fosse
tutto finito nel migliore dei modi, ed era grato di avere ancora il proprio lavoro alla Gordon
High. Restavano qualche genitore infuriato e un po’ di colleghi da blandire, ma sapeva che col
tempo ce l’avrebbe fatta.
Si voltò e fece per lasciare l’auditorium, ma sentì un singhiozzo e vide Robert accasciato
contro uno degli apparecchi televisivi. Le lacrime gli rigavano il volto.
Povero Robert, pensò Ben. Era l’unico che in tutta questa faccenda ci avrebbe rimesso.
Raggiunse il ragazzo scosso dai singhiozzi e gli passò un braccio attorno alle spalle. «Lo so,
Robert» disse cercando di risollevargli il morale, «in giacca e cravatta facevi un figurone.
Dovresti vestirti così più spesso.»
Tra le lacrime, Robert riuscì a sorridere. «Grazie, signor Ross.»
«Ti va di venire a mangiare un boccone?» disse Ben, guidandolo giù dal palco. «Ci sono certe
cose di cui dobbiamo parlare, credo.»
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Nota

L’Onda è basato su un episodio realmente accaduto nella classe di storia di una scuola superiore
di Palo Alto, in California, nel 1969. Per tre anni, a detta dell’insegnante Ron Jones, nessuno ne
parlò. «È stata» disse «una delle esperienze più spaventose che io abbia mai vissuto in classe.»
“L’Onda” ha sconvolto un’intera scuola. Il romanzo racconta quel fatto, mostrando come la
forza dirompente della pressione esercitata da un gruppo, che ha pervaso numerosi movimenti e
culti storici, può indurre le persone ad accodarsi e a rinunciare ai propri diritti individuali,
facendo talvolta anche del male agli altri. L’impatto sugli studenti di ciò che hanno vissuto e
imparato è dipinto in maniera realistica in questo libro.
L’episodio dell’Onda è stato trasformato in un film TV della ABC da Virginia L. Carter,
direttore esecutivo della Tandem Productions e T.A.T. Communications Company.
Harriet Harvey Coffin
Project Consultant
T.A.T. Communications Company

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Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito,
noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato
specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto
esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così
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e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive
modifiche.
Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o
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imposte anche al fruitore successivo.

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L’onda
di Todd Strasser
Proprietà letteraria riservata
© 1981 Random House, Inc. e T.A.T. Communications Company
© 2009 RCS Libri S.p.A., Milano
© 2018 Mondadori Libri S.p.A., Milano
Titolo originale: The Wave
Pubblicato per la prima volta negli Stati Uniti da Dell Laurel-Leaf, un marchio di Random House Children’s Books,
oggi una divisione di Penguin Random House LLC., New York
Traduzione di Mariella Martucci e Alessandro Mari
Questo romanzo è una trasposizione dello sceneggiato televisivo di Johnny Dawkins tratto da un racconto di Ron
Jones.
Per il simbolo dell’ONDA in copertina: © Rat Pack Filmproduktion/B.A./GFP I KG/Constantin Film; con il permesso
dei titolari del copyright (www.welle.film.de)
Pubblicato per BUR Rizzoli da Mondadori Libri S.p.A.
Ebook ISBN 9788858694046

COPERTINA || ART DIRECTOR: FRANCESCA LEONESCHI / THEWORLDOFDOT

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