Sei sulla pagina 1di 55

Fiumi di colori e note

di

Rachel Valois
“La vita imita l'arte più di quanto l'arte non imiti la vita”. Oscar Wilde

“Ogni bambino è un'artista. Il problema è poi come rimanere un'artista quando si cresce”.
Pablo Picasso

“Chi lavora con le sue mani è un lavoratore. Chi lavora con le sue mani e la sua testa è un
artigiano. Chi lavora con le sue mani e la sua testa ed il suo cuore è un artista”. San
Francesco D’Assisi

“L'arte non consiste nel rappresentare cose nuove, bensì nel rappresentare con novità”.
Ugo Foscolo

“Si usa uno specchio di vetro per guardare il viso e si usano le opere d'arte per guardare la
propria anima”. George Bernard Shaw

“L'arte non insegna nulla, tranne il senso della vita”. Henry Miller

“Tutte le arti contribuiscono all'arte più grande di tutte: quella di vivere”. Bertolt Brecht
PREFAZIONE

Dalla Loira al Tevere, con in mano bacchette e pennelli.


Questa è una storia semplice, un racconto di un’esistenza.
Quella di Michel, un artista, dall’adolescenza ai suoi 35 anni.
Le sue passioni: quella per la pittura e quella per la musica. La sua famiglia, suoi
amori, la sua bisessualità. Le persone che incontra lungo il suo cammino.
I fatti narrati sono quelli che capitano nella vita reale. Non è un romanzo basato su
grandi tragedie o improbabili colpi di scena.
Michel è reale e reale è ciò che gli accade.
È un libro sentimentale, erotico, a volte un po’ crudo, altre un po’ tenero.

Chi avesse letto il mio romanzo precedente, “La strana famiglia di Davide”, ritroverà
l’ambientazione di sottofondo, quella delle cover band romane, ed alcuni
personaggi che, in questo caso cambiano nome. In particolare non si può non
riconoscere Luca, che qui diventa Giulio.
Le illustrazioni sono curate dal protagonista.

In copertina, un autoritratto.

Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente


casuale.

Alcune immagini contenute in questo libro sono riservate ad un pubblico


esclusivamente adulto.
INTRODUZIONE

Sulle note di I will survive di Gloria Gaynor i quattro amici si scambiano un’occhiata: “Che
la serata abbia inizio!”. Nessuno dei quattro è più un ragazzino, ma hanno mantenuto
quell’entusiasmo di divertirsi con poco, di sapersela spassare, con la consapevolezza,
vissuta sulla loro pelle, che la vita non è facile. Ti mette davanti a problemi, complicazioni,
stress e persino traumi, ogni giorno, e la loro risposta a tutto questo è non dargliela vinta.
Senza doversi necessariamente sballare, come fin troppo spesso capita alle generazioni
sotto la loro, aiutandosi magari con una birra, un bicchiere di vino o, d’estate, di sangria e,
al massimo, uno spinello in quattro, riescono comunque a scatenarsi. Sono un gruppetto
che sembra messo insieme da un destino con molto senso dell’umorismo.

Michel è il più giovane, si è sempre ritrovato ad essere il cucciolo del gruppo, visto che ha
sempre frequentato compagnie di persone più grandi di lui. Nato in Francia, varie
vicissitudini lo hanno portato a vivere a Roma da moltissimi anni ed avere ormai la doppia
nazionalità. Sorride ai suoi amici, mentre si lascia trasportare dalla musica.

Max e Diego, nati e cresciuti a Roma. Non perdono occasione per sottolineare quanto
sono fieri delle loro origini e della fede calcistica giallorossa. Barbara da un primo sguardo
sembra non c’entrare nulla con gli altri. La maggiore del gruppo, donna, raggiunge la
Capitale solo durante i week end e le festività per stare insieme a Giulio, il suo compagno.
Ed è stato proprio Giulio l’anello di congiunzione fra i quattro elementi di quella strana,
pittoresca, pazza, catena alla quale Michel è particolarmente legato.
“La vita è ciò che ti accade quando sei tutto intento a fare altri piani”.
John Lennon

CAPITOLO 1

L’INFANZIA E L’ADOLESCENZA

Il ricordo più vivido che Michel ha della sua infanzia è la Loira. Era un bambino molto
affettuoso, legatissimo alla madre. Quando cominciavano le interminabili discussioni fra
questa e il padre, lui usciva in silenzio dalla porta di casa, scendeva le scale, attraversava
la strada, e si sedeva sul muretto del fiume che passava proprio davanti alla sua
abitazione. Negli anni, cominciò a riempire le ore trascorse sulla Loira disegnando prima,
dipingendo poi. Non è che i suoi genitori non si amassero, anzi. Entrambi con un
temperamento molto focoso e passionale, vivevano il loro rapporto in modo totale. Se il
sentimento e il sesso non mancavano di sicuro, è altrettanto vero che le discussioni
sfociavano sempre in liti tanto appassionate quanto impetuose. Nessuno dei due voleva
mai cedere l’ultima parola all’altro e, anche se non sono mai state usate le mani, le parole,
a lungo andare, hanno provocato ferite ancora più profonde della violenza fisica.
Gerard era un uomo affascinante, rigido, ma cortese, passionale e con una profonda
cultura. Il suo impiego come Vice Console francese all’estero lo portava spesso lontano da
casa e, nonostante le mille occasioni che gli si presentavano, era sempre stato fedele alla
moglie, per il semplice fatto che amava profondamente quella donna e riteneva di non
poterne trovare un’altra come lei.
Isabelle, da parte sua, ricambiava quel sentimento con altrettanto ardore. Insegnante di
letteratura francese all’Università, era una vera e propria appassionata di ogni forma
d’arte: pittura, scultura, musica classica, danza, teatro. Come madre e docente, sapeva
combinare bene disciplina e determinazione con dolcezza e senso dell’umorismo.
Quando Michel aveva otto anni, Gerard ebbe un incarico in Sudafrica che richiese la sua
costante presenza a causa della malattia del Console. Contemporaneamente Isabelle
scoprì di essere di nuovo incinta. Fu una dura prova per entrambi e l’aborto spontaneo di
quella bimba comunque già tanto attesa, spezzò il cuore alla donna e lasciò Gerard con i
sensi di colpa. Al suo rientro in Francia cominciarono le liti e le discussioni.
Michel sfogò il suo dispiacere per quelle dispute prendendo il suo block notes e andando
sulla Loira a disegnare. Crescendo si appassionò alla musica e quale strumento poteva
essere più adatto a coprire le urla se non la batteria? Nonostante le continue proteste dei
vicini di casa, non si sa se per le grida dei due innamorati che litigavano o per le bacchette
di Michel, il piccolo coltivò la sua passione con entusiasmo. Lo aiutava a sfogare i
malumori che viveva fra le mura domestiche molto più di pennelli, matite e gessetti, anche
se non abbandonò la pittura.
Gli anni scivolarono via così fra musica, disegni e battibecchi familiari.

Arrivato all’adolescenza, nella vita di Michel entrò Chloè. Ereditata la dimestichezza per le
lingue dal padre, si era iscritto al liceo linguistico e, con alcuni compagni di scuola, aveva
fondato una band musicale. Si propose come cantante solista una biondina molto vivace,
spiritosa e con una voce bellissima. Thierry, il chitarrista del gruppo, si prese
immediatamente una cotta con i fiocchi per lei e, sulle prime, Chloè, ricambiò. Michel,
come si addice ad un batterista, rimase nelle retrovie, ma, prova dopo prova, concerto
dopo concerto, sentiva crescere dentro di sé un sentimento per la ragazza. Rispettò il
rapporto già esistente fino al giorno in cui scoprì che Thierry aveva anche un altro flirt.
Affrontò l’amico che non ci mise molto a capire perché prendesse tanto a cuore la cosa e,
per tutta risposta, quello gli disse: “La vuoi? Prenditela!”. La lasciò la sera stessa per
continuare la storia con l’altra.
Ma Michel non aveva fatto i conti con Chloè. Ferita dal tradimento di Thierry, si fece
consolare di buon grado, per poi aggiungere: “Grazie, sei davvero un amico prezioso!”.
Amico? Sì, e lo restò per quasi un anno quando, dopo un lungo corteggiamento,
finalmente, la ragazza gli cedette.
La bionda cantante fu la prima con cui Michel fece l’amore e scoppiò la passione per
entrambi.
Ma come in ogni buona tragedia che si rispetti, arrivò una grossa nube a turbare la
serenità della fresca storia d’amore dei due giovani.
Gerard salì di grado, fu nominato Console. E se questa per la famiglia fu una buona
notizia, il rovescio della medaglia fu che avrebbe dovuto trasferirsi nel paese che gli
sarebbe stato assegnato. In questo caso era l’Italia: Roma.
Per Michel e Chloè lasciarsi fu straziante. Continuarono il rapporto a distanza per quasi un
anno, scrivendosi e cercando di vedersi appena possibile. Ma la relazione non resistette
alla lontananza.
Non ci mise molto, il giovane, ad innamorarsi di nuovo.

Uno dei primi dipinti di Michel


“Non dire mai che i sogni sono inutili perché inutile è la vita di chi non sa sognare”.
Jim Morrison

CAPITOLO 2

L’ARRIVO A ROMA

Tutta la famiglia dovette reinventarsi. Gerard nel suo nuovo, impegnativo, ruolo. Isabelle
trovò un impiego all’Istituto francese, come insegnante madrelingua. Michel, aiutato dal
fatto di aver studiato molto bene l’italiano, non ebbe problemi ad integrarsi nella nuova
scuola e continuò gli studi al liceo linguistico. Continuò a coltivare i suoi interessi: la pittura
e, soprattutto, la musica. Ebbe la fortuna di studiare lo strumento con un bravissimo e
famoso batterista e, grazie a lui, ebbe modo anche di esibirsi anche in un paio di serate.
Passava spesso a trovare la madre al lavoro e fu lì che conobbe Cristina. Se,
nell’adolescenza, sembravano tanti i due anni in più che Chloè aveva rispetto a lui, ora
che era un ragazzo, era andato oltre. Lui aveva 17 anni e lei 29. Cominciarono a
chiacchierare di arte, lei si interessò ai suoi disegni e iniziarono a trascorrere molto tempo
insieme, visto che avevano molte cose in comune. Probabilmente lei non avvertì molto la
differenza di età, dato che Michel era molto più maturo dei suoi coetanei e lui era
affascinato da quella donna più grande. L’amicizia sembrava dover restare tale, ma una
sera, mentre si salutavano dopo essere stati insieme a teatro, qualcosa scattò e si
baciarono. Ciò che avevano cercato di ignorare li prese alla sprovvista e da quel bacio ad
iniziare una travolgente storia d’amore il passo fu brevissimo.
Inizialmente Michel nascose quel rapporto alla madre, dato che Cristina era una collega e
che sicuramente Isabelle non avrebbe approvato. Ma le madri, si sa, si accorgono di tutto.
Iniziò a notare quella luce particolare negli occhi del figlio e collegò ben presto che si
accendeva alla presenza dell’amica. Effettivamente, sulle prime, non si mostrò d’accordo.
Cristina le piaceva molto e capiva anche perché un ragazzo come Michel si fosse
interessato a lei, ma fondamentalmente temeva che, essendo lei una donna, si potesse
stancare di avere a che fare con un ragazzino e che lui avesse a soffrirne. Ma, da persona
molto pragmatica, ad un certo punto, si disse che le pene d’amore fanno parte della vita
ed aiutano a crescere. Se al momento lui era felice in quel rapporto, che si godesse quella
passione fino a che sarebbe durata.
E, in effetti, durò a lungo. A dispetto di tutte le previsioni, Michel e Cristina restarono
insieme tre anni e fu in quel periodo che il giovane realizzò un sogno che coccolava da
tempo. Desiderava molto entrare a far parte di una band, ma fino a quel momento o non
era capitata l’occasione o era entrato in contatto con gruppi troppo inferiori rispetto al
livello che lui aveva raggiunto e, non senza un certo snobismo, aveva rifiutato.
Quell’anno, al rientro dalle ferie, dopo aver conseguito la maturità ed essersi iscritto
all’Università di lingue, rispose ad un annuncio di una band che si stava formando e alla
quale mancava soltanto il batterista. Seguiva l’elenco degli artisti di cui curavano le cover
e le premesse erano delle migliori. Si presentò con l’idea che la scelta sarebbe spettata a
lui. Fino a quel momento aveva sostenuto delle audizioni che si erano concluse con la
proposta di entrare nel gruppo e, fino a quel momento, aveva rifiutato. Ma questa volta i
tre ragazzi che si trovò davanti si mostrarono scettici. Erano tutti più grandi di lui di una
decina d’anni e lo squadrarono come a voler dire: “Cosa vuole questo ragazzino?”. Gli
proposero di accompagnarli in un paio di brani e li scelsero appositamente particolarmente
difficili. Consapevole della propria preparazione, non si scompose e le sue performances
furono perfette. Tuttavia i tre gli comunicarono che gli avrebbero fatto sapere a giorni la
loro decisione. Quello che ha saputo solo in seguito, quando ormai faceva già parte della
formazione, fu la reazione dei ragazzi, appena se ne fu andato. Erano tre giorni che
ascoltavano dei massacratori di batterie ed erano rimasti entusiasti dalla classe di quel
giovanotto! Furono letteralmente conquistati dal suo modo di suonare. Un mese dopo
fecero la loro prima serata insieme e Cristina lo accompagnò.
Giulio, il frontman del gruppo, Gianluca, che suonava basso e chitarra, e Fulvio, il
tastierista, diventarono presto come una seconda famiglia per il ragazzo e furono quindi
loro a consolare quello che consideravano la mascotte del gruppo quando la sua relazione
con Cristina terminò e lei si fidanzò con quello che sarebbe a breve diventato suo marito.

Come reazione alla fine di quel rapporto Michel collezionò una sfilza di flirt, e, forte
dell’esperienza che si era fatto con la ex, trovò molto appaganti una serie di avventure.
Oltre ad un savoir-faire tipicamente francese ed una carismatica erre moscia, nelle sue
conquiste era molto aiutato dall’aspetto fisico. Sin da giovanissimo i suoi lineamenti
particolari gli conferirono un aspetto molto esotico che poteva anche non piacere, ma, di
sicuro, non lasciava indifferenti: grandissimi occhi neri, labbra carnose e, quello che
considerava il suo punto di forza, lunghi capelli neri, soffici come la seta.
Per alcuni anni ebbe solo storie brevi se non brevissime, tranne una relazione di alcuni
mesi con Antonella, una ricercatrice trentenne dell’Università che frequentava.
Nel frattempo continuando a suonare con la band, si affezionò particolarmente a Giulio e
cominciò a nutrire per lui una sorta di venerazione. Giulio non solo era bello, ma aveva un
carattere accattivante, sempre disponibile, e Michel era anche attratto dalla sua vena
artistica. L’amico recitava in teatro e, oltre ad essere un ottimo attore ed avere una
splendida voce, ballava anche in modo meraviglioso e questo fece molta presa su un
soggetto così portato per le arti come Michel. Inoltre era francese da parte di madre ed era
nato, come lui, oltralpe. Fra i due si instaurò un rapporto molto profondo, fatto di
confidenza ed affetto.
Il giovane aveva saputo, sin dal principio, che l’amico aveva una predilezione per le
persone del suo stesso sesso ed, ovviamente, per lui non era mai stato un problema.
Giulio stava vivendo un grande amore con uno sceneggiatore, Nicola. Vedendoli insieme –
l’amico era un tipo molto espansivo e non si peritava certo a mostrare anche in pubblico la
sua passionalità – Michel cominciò ad avvertire una sorta di gelosia. Scacciava quella
sensazione e si disse più volte che era solo invidioso del tempo che quel rapporto rubava
alla loro amicizia. Poi successe qualcosa che lo obbligò a mettersi davanti allo specchio
per ammettere la verità.
Improvvisamente, proprio mentre la band stava decollando ed avevano in programma
diversi concerti e concorsi musicali, Giulio sparì. Non si presentò alle prove e, visto che
era professionale in modo quasi maniacale, non era da lui. Michel e gli altri lo cercarono,
ma non rispondeva al telefono, né al campanello. Si era lasciato da pochissimo con Nicola
e tutti motivarono il suo comportamento con la grossa delusione derivata dall’essere stato
tradito e abbandonato da quello che considerava il suo grande amore. Ma non era
comunque da lui, si diceva Michel. Passarono diversi mesi. Poi, un giorno, Gianluca
comunicò a lui e a Fulvio che Giulio si era fatto vivo ed aveva bisogno di incontrarsi con
loro.
Si riunirono in quella che solitamente era la loro sala prove. Verbalmente Giulio si scusò
con gli amici per il comportamento tenuto in quei mesi, ma l’espressione degli occhi
tradiva molto di più. Vi si leggeva tristezza, dolore, sofferenza. I tre capirono il perché
quando iniziò a parlare e raccontò di aver subito una violenza carnale ad opera di uno
pseudo produttore conosciuto ad un’audizione per un ruolo in teatro. L’esperienza lo
aveva lasciato talmente provato da isolarsi dal mondo ed accarezzare persino l’idea del
suicidio. La guarigione era ancora in corso, ma solo da pochissimo aveva, se non altro,
trovato la forza di reagire. E parte della cura la ricercava nella musica. Chiese agli amici di
aiutarlo in questa impresa. Gianluca e Fulvio restarono colpiti ed amareggiati da ciò che
era successo, ma Michel ne fu addirittura sconvolto. Tenne Giulio fra le braccia, mentre
parlava, e non riuscì a controllare le lacrime. Quando fu a casa e Isabelle gli chiese il
motivo di quella sua espressione turbata, scoppiò in un pianto a dirotto. Disse alla madre
ciò che era accaduto e terminò il racconto ammettendo, per la prima volta anche a se
stesso, di essere innamorato di Giulio.
Fino ad allora il suo interesse e il suo cuore si erano rivolti alle donne e provò una strana
sensazione di fronte a questa rivelazione. Pur avendo a che fare spesso con molti amici
gay ed avendo comunque la massima apertura mentale aveva sempre pensato di essere
un eterosessuale convinto, semplicemente perché era attratto dalle donne.
Questa nuova situazione lo confondeva. Capì che l’affetto che provava per l’amico era
senza dubbio qualcosa di più e cominciò a farsi le tipiche domande introspettive: se
provasse per lui anche il desiderio di baciarlo, farci l’amore, insomma tutto ciò che, fino a
quel momento, aveva fatto solo con le persone del sesso opposto. E restò turbato quando
si rese conto che le risposte erano tutte affermative. Anzi, si ritrovò a pensare che lo
desiderava ardentemente. Reputò che non fosse il caso, per il momento, di rendere
partecipe Giulio di questa sua scoperta. Era ancora troppo provato da quello che gli era
accaduto e sicuramente aveva problemi ben più grossi da gestire. Tra l’altro, prima di
parlare con qualcuno che non fosse sua madre, voleva essere sicuro di avere le idee
chiare. Invece aveva una grandissima confusione in testa. Cosa avrebbe fatto da ora in
poi?

Chi non accettò di buon grado questa novità fu Gerard. Nonostante avesse sempre
viaggiato e si fosse sempre confrontato con realtà di ogni tipo, restava il fatto che avesse
un’estrazione militare e, su certi argomenti, era molto rigido. Questo portò ad un fortissimo
scontro con Isabelle che, al contrario, era una liberalsocialista convinta e non aveva
battuto ciglio alla confessione del figlio. Le bastava che fosse felice, che vivesse
liberamente la sua sessualità e seguisse il suo cuore. Purtroppo questo scontro fra i due
coniugi capitò proprio nel momento in cui Gerard aveva cominciato a lavorare con Nadine,
la sua nuova segretaria. Fra i due l’alchimia fu immediata e per l’uomo restare fedele alla
moglie risultò ogni giorno più difficile. Questo fino a quando una violenta lite fece emergere
rancori non perdonati da tempo, da entrambe le parti. La nuova realtà di Michel fu solo la
goccia che fece traboccare il vaso. I due decisero di separarsi e il ragazzo non se lo
perdonò mai. Per anni è rimasto convinto di essere stato la causa del divorzio e solo in età
più matura ha cercato di vedere la cosa da un’altra prospettiva. Ma in quel periodo era
molto amareggiato, sia da questo fatto che dal suo amore non corrisposto.
Roma vista da Michel
“Per me la musica è il colore. Non il dipinto. La mia musica mi permette di dipingere me
stesso”.
David Bowie

CAPITOLO 3

LA BAND

Ovviamente, dato che Michel se ne restò nell’ombra e Giulio era impegnato a cercare di
andare avanti con la sua vita, dopo il trauma che lo aveva colpito, il secondo non si
accorse di nulla. E così, come terapia per tornare a fare sesso, Giulio decise di fare
l’amore con il suo migliore amico, dopodiché tornò piano piano ad avere flirt e avventure di
vario tipo. Michel partecipò da lontano a questo percorso e ne soffrì. Più di una volta fu
tentato di dichiararsi per avere una chance di stare con lui.

Poi accadde qualcosa di imprevisto. La band decise di sperimentare nuovi stili musicali e
Fulvio propose di inserire nel gruppo un bravissimo sassofonista che aveva conosciuto:
Rick. Il fascinoso musicista catturò immediatamente l’attenzione di Giulio. Sulle prime
questi era intimidito dalla sua scanzonata spavalderia e impiegò diverso tempo a lasciarsi
conquistare. Per Michel fu davvero una dura prova quando i due allacciarono una
relazione. Fu costretto ad assistere continuamente alle loro effusioni e fu proprio in quel
periodo che decise che se era scritto che Giulio non sarebbe mai stato suo, allora tanto
valeva cominciare a guardarsi intorno e farsi delle esperienze in quel nuovo mondo che
non conosceva. Il suo pensiero più intimo era di non farsi trovare impreparato il giorno che
l’oggetto del suo desiderio avesse deciso di guardare verso di lui.
Lasciato per un momento in disparte il gentil sesso, decise di inoltrarsi in quel mondo fino
ad allora sconosciuto. Sia nell’ambiente musicale, che in quello artistico, che in quello
universitario, bastò dare un’occhiata in giro e farsi trovare disponibile che le occasioni
fioccarono. Ma la cosa era molto più semplice sulla carta che nella realtà. Alla vigilia del
suo primo appuntamento con un uomo era tesissimo. Con le donne ormai sapeva come
muoversi, cosa fare, ma in quella situazione era praticamente vergine! Ricopiando quello
che era sempre stato il suo cliché, il partner prescelto aveva una decina di anni più di lui
ed anche questo aspetto lo intimoriva. Lorenzo era il proprietario di una galleria d’arte. Si
interessò prima ai suoi disegni poi, intuita la disponibilità da parte sua, anche alla sua
persona. Si diedero un appuntamento per cenare insieme al ristorante indiano, ma che le
intenzioni su come finire la serata fossero altre fu chiaro dal principio. Fortunatamente la
conversazione fu molto interessante e Michel trovò la compagnia di Lorenzo
gradevolissima. Scattò una certa attrazione perciò, quando questi gli chiese se volesse
accompagnarlo a casa, il ragazzo accettò. Non cercò di mascherare l’imbarazzo, ma fu
invece sincero e confessò all’uomo di essere alla sua prima esperienza omosessuale. Fu
un incontro piacevole, che non si spinse fino al rapporto completo.
Continuarono a frequentarsi e Michel cominciò ad uscire anche con altri uomini. Ma con
nessuno ebbe il coraggio di andare fino in fondo. Forse, nel profondo, si illudeva che la
sua prima volta sarebbe stata con Giulio. Conosceva uomini affascinanti, attraenti, ma
nessuno reggeva il confronto con lui.

Nel frattempo le cose fra Giulio e Rick non andavano molto bene. Gli altri della band ne
parlarono fra loro più di una volta. C’era qualcosa di strano nel rapporto fra i due.
Sembravano invaghiti l’uno dell’altro, ma il loro frontman era spesso nervoso e triste, come
se quella storia gli desse più problemi e dispiaceri che gioie. Gianluca notò anche che la
venerazione che Michel aveva sempre mostrato nei confronti del cantante sembrava aver
preso una piega differente. Lo avevano sempre visto in compagnia di belle donne e così
pensò di non essere nel giusto, ma era anche vero che, ultimamente, Michel era diventato
un po’ misterioso. Non sapevano chi stesse frequentando ed aveva sempre quello
sguardo particolare quando guardava Giulio ed un atteggiamento che sembrava tradire un
interesse nei suoi confronti.
Le impressioni della band sull’unione Rick – Giulio non erano errate. Il secondo era
soggiogato dal primo che lo aveva completamente plagiato. Erano passati soltanto due
anni dallo stupro e Giulio non si era ancora ripreso del tutto a livello psicologico. Nel lento
processo di guarigione doveva ancora superare lo scoglio del me lo sono meritato e
quindi, con una sorta di autolesionismo, si sottomise al compagno che lo trattava con
pochissimo rispetto. Rick aveva trovato la chiave per fargli fare tutto ciò che voleva e la
usava abilmente per manovrarlo a suo piacimento ed umiliarlo. Giulio non aveva la forza di
ribellarsi fino a che, una sera, le maniere rudi che Rick usava nel sesso, risvegliarono in lui
il ricordo della violenza subita e gli provocarono un attacco di panico. Sotto shock lasciò di
corsa l’appartamento del compagno e chiamò Gianluca in preda ad una crisi isterica.
Il giorno seguente gli amici vennero ragguagliati su quanto accaduto e fu deciso che non
lo avrebbero più voluto a suonare con loro. Rick ebbe la sfacciataggine di presentarsi lo
stesso alle prove e Gianluca gli andò incontro per cacciarlo in malo modo. Vista la
veemenza con cui il bassista stava per affrontarlo, Fulvio pensò bene di trattenerlo.
Nessuno aveva fatto i conti con Michel che si scagliò contro Rick e lo spinse verso la porta
urlandogli di andarsene e non farsi vedere mai più. La sua reazione lasciò tutti perplessi.
Michel era sempre stato un ragazzo tranquillo, quelle esternazioni non erano da lui.
Chi restò più colpito di tutti fu proprio Giulio. Quando uscirono dalla sala prove si
fermarono parlare. Lo ringraziò, commosso, per come lo aveva difeso e l’altro riuscì solo a
rispondere timidamente che, negli anni, aveva imparato a volergli molto bene. Giulio,
d’istinto, lo abbracciò e Michel si sottrasse a quell’abbraccio. Ci fu quell’attimo di
incertezza in cui decise di non confessargli la verità. Gli disse solo: “Non stringere troppo,
gli uomini non mi sono indifferenti”, lasciando l’altro senza parole. “E da quando?”.
Sarebbe stato il momento perfetto per dirgli che lo aveva capito nel momento esatto in cui
aveva realizzato di essere innamorato di lui, ma per quanto cercasse il coraggio, non
arrivava. Si limitò a raccontargli delle esperienze avute fino a quel momento e,
nell’ammettere che non era ancora andato fino in fondo, si buttò: “Vorrei che il primo fosse
qualcuno di cui mi fido, non è che potresti essere tu?”. Giulio abbozzò un debole sorriso.
Aveva sempre ritenuto che l'amico avesse un fascino magnetico, provava per lui un affetto
sconfinato e lo aveva intenerito il modo in cui gli aveva posto quella domanda. Ma la
pessima esperienza con Rick aveva risvegliato vecchi fantasmi e provava verso il sesso
una specie di avversione e disgusto. Inoltre, si disse, non era proprio il caso. Michel
faceva parte di quella famiglia musicale alla quale teneva moltissimo e avere un'avventura
sarebbe stata una pessima idea. Fu questo che gli spiegò. L'altro capì il suo punto di vista,
ma non poté evitare di restare deluso. In seguito a quella conversazione si impegnò, di
nuovo, a togliersi Giulio dalla testa, ma non fu affatto facile. A complicare le cose ci furono
un paio di offerte che gli furono rivolte. Due rock band lanciatissime nell'universo musicale,
una italiana ed una straniera, erano in cerca di un batterista e gli fecero entrambe
un'offerta. Non era la prima volta che succedeva e già in passato aveva declinato l'invito.
Questa volta, però, rifletté seriamente su da farsi. Lasciare il gruppo avrebbe significato
allontanarsi da Giulio. E se, da una parte, soltanto l'idea lo faceva stare male, dall'altra
sarebbe servito a pensare meno a lui e magari, col tempo, quell'infatuazione sarebbe
passata. Rifiutò la proposta della band italiana, ma accettò di incontrare il manager di
quella straniera che gli aveva fissato un appuntamento in occasione di un suo viaggio a
Roma, direttamente dalla California, Stati Uniti. Il suo nome gli era stato sottoposto, quasi
per scherzo, in occasione di un festival da quello che era stato il suo mentore ed
insegnante. Il chitarrista di un gruppo famosissimo da oltre dieci anni, non solo per la sua
musica alternativa, ma soprattutto grazie al proprio frontman, che esternava un look
eccessivo quanto il suo stile di vita ed i suoi testi, stava formando una nuova band, che
suonava ecletic rock sperimentale. Aveva già con sé un paio di elementi e stava cercando
il batterista. Come da tradizione molti di questi, divenuti celebri negli anni, sono di origine
italiana, così la ricerca si concentrò lì. Entrati in possesso di alcuni promo che
contenevano sue esibizioni, restarono colpiti dal modo di suonare di Michel e, a sua
insaputa, vennero a sentirlo suonare. Essendo all'oscuro di tutto, il ragazzo si stupì
quando venne contattato, ma l'opportunità era troppo grossa per non andare quanto meno
a sentire di cosa si trattasse. Non si preparò con particolare cura per quell'incontro. Non
erano stati prodighi di dettagli, così si aspettava che fosse una specie di audizione. Quasi
subito capì che il manager del gruppo era lì per lui, solo per lui. Ad evitare fraintendimenti
lo aiutò molto la sua dimestichezza con la lingua inglese e fu in imbarazzo soltanto quando
gli venne chiesto perché non fosse accompagnato dal suo agente. Agente? Lui non aveva
un agente, ma persino questo fatto sembrò non rappresentare un ostacolo. Avrebbero
trattato direttamente con lui. Il contratto era già pronto ed era pieno di clausole. Ma ciò che
era chiaro era che gli si chiedeva di entrare a far parte della band da subito, il tempo di
organizzare il suo trasferimento negli States. E l'altro aspetto che saltava agli occhi era la
cifra con diversi zero. Michel ci mise qualche istante a riprendere il controllo. Non poteva
decidere così su due piedi del suo futuro. Inoltre, per quanto conoscesse bene l'inglese
quel contratto era pieno di termini legali. Prese tempo dicendo che avrebbe voluto farlo
leggere al suo avvocato e che avrebbe dovuto riflettere bene se accettare o meno. Uscì
dall'hotel sotto shock e si precipitò dall'unica persona che lo aveva sempre ascoltato ed
appoggiato: sua madre. Solo con lei poteva valutare tutta la situazione e lo avrebbe
aiutato a prendere una decisione.
Passarono la sera a leggere e rileggere il contratto in ogni suo punto, ma alla fine, Isabelle
guardò il figlio negli occhi e gli disse: "Non si tratta di ciò che c'è scritto qui sopra, è un
cambiamento grosso. Io voglio solo il tuo bene e se è questo che vuoi, vai. Certo, mi
mancherai, ma sono felice di questa occasione che ti è capitata, sei bravo, te lo meriti. Ma
tu cosa vuoi?". “Io?” rispose scuotendo la testa: “Io non lo so”. Cominciò a valutare i pro e i
contro, la prospettiva lo allettava, ma, insieme, lo spaventava. A turbare l’obiettività con la
quale prendere una decisione ci si mise il fatto che la band in quel periodo si esibì spesso:
serate, concerti, manifestazioni di beneficienza e concorsi. Fu proprio durante uno di
questi ultimi che Michel ebbe la risposta alle sue domande. Parteciparono ad una gara
particolarmente difficile. Si impegnarono duramente nelle prove. Tutti credevano molto in
quello che facevano, ma Giulio era addirittura un perfezionista e non lasciava nulla al
caso. Arrivarono alla serata finale carichi all’inverosimile. Passarono una dopo l’altra le
eliminazioni e, al momento di decretare i vincitori, l’emozione si poteva avvertire a pelle.
Fu lì, sul palco, mentre li premiavano, con i sorrisi che si allargavano sui loro volti, e un
accenno di lacrime palesava la loro commozione, che Michel capì cosa davvero la musica
rappresentasse per lui. Non cercava la fama, non cercava il denaro, non suonava per
diventare qualcuno. Lui era già qualcuno. Si metteva dietro a piatti e tamburi per amore
della musica, suonava perché adorava farlo e faceva inevitabilmente parte di quel gruppo
di amici. Aveva pensato di parlare con loro di quello che gli era successo, era sicuro che
sarebbero stati felici per lui e lo avrebbero incoraggiato ad andare. Avrebbe potuto dirlo a
Fulvio che era il più razionale, a Gianluca che era il collante, quello che andava d’accordo
con tutti, o a Giulio. Giulio era il più sensibile. Avrebbe sofferto per il distacco, ma avrebbe
sicuramente pensato prima all’amico che a se stesso e lo avrebbe spinto ad accettare.
Alla fine, mentre li stavano premiando, li guardò. Non avrebbe detto nulla a nessuno dei
tre. Non c’era nulla da dire. Sarebbe rimasto.
Giulio in un dipinto di Michel
“Il bello della musica è che quando ti colpisce non provi dolore."
Bob Marley

CAPITOLO 4

INQUIETUDINE GIOVANILE

Passò la primavera, passò l’estate e Michel, nel tentativo di dedicare il suo cuore a
qualcun altro, si dette abbastanza da fare. Donne e uomini, indiscriminatamente. Tra l’altro
Giulio si innamorò di Luisa, una costumista conosciuta in occasione del nuovo spettacolo
in cui stava lavorando e nel giro di pochissimo tempo andarono a convivere. Questo
spezzò il cuore a Michel, ma gli aprì anche gli occhi. E fu in quel periodo che capitò chi lo
convinse ad avere la sua prima esperienza omosessuale completa.

In autunno sostenne la tesi e si laureò in lingue. Per festeggiare andò a Rimini con i
compagni di Università ad assistere ad un Buskers Festival. L’atmosfera era allegra, artisti
di strada si esibivano ovunque, si respirava un gran senso di libertà. L’orecchio di Michel
fu attratto da una chitarra e da una voce profondissima che stava intonando Still loving you
degli Scorpions. Si staccò dal gruppo di amici per avvicinarsi alla direzione da cui
proveniva. Girato l’angolo restò ipnotizzato non solo dalla melodia ma anche dall’ aspetto
del ragazzo che stava cantando. Un volto delicatissimo, un ciuffo biondo che ricadeva su
due splendidi occhi verdi, un fisico longilineo e due mani con dita affusolate che
accarezzavano la chitarra.
Gli amici lo cercarono per chiedergli se volesse andare con loro a mangiare qualcosa, ma
Michel rispose che li avrebbe raggiunti più tardi. Voleva restare ancora lì a sentire cantare
quell’ angelo. Ovviamente il giovane artista, che poi scoprì chiamarsi Jan ed essere di
Praga, si accorse dell’interesse nei suoi confronti. Continuò ad interpretare un brano
dietro l’altro e rivolse a Michel più di un sorriso.
Al termine della propria esibizione, mentre riponeva il suo strumento piantò i suoi occhi
verdi come un bosco in estate in quelli neri dell’altro, come un invito a cui è impossibile
sottrarsi.
Michel gli si avvicinò e mezz’ora dopo si ritrovarono in spiaggia, con una bottiglia di birra in
mano ed uno spinello che si fumarono insieme, a chiacchierare come se si conoscessero
da anni. L’inglese di Jan era meno fluido di quello del francese, ma si capirono
ugualmente benissimo. C’era una grandissima alchimia fra i due, che ben presto si
trasformò in una forte attrazione. Fu Michel a farsi avanti per primo, circondando le spalle
del ceco con un braccio. L’altro si voltò e lo baciò. La passione li travolse e, con crescente
bramosia, si tolsero a vicenda i vestiti. Nessun rapporto avuto fino a quel momento aveva
provocato in Michel sensazioni come quella che stava provando in quel momento e così si
ritrovò a penetrare l’altro come se fosse una cosa che aveva già fatto mille volte.
Dopo restarono, sfiniti, provati ed appagati dall’amplesso, sdraiati sulla spiaggia. Benché
fosse autunno il clima era mite e, comunque, non avrebbero sentito freddo neanche se la
temperatura esterna fosse stata sotto lo zero!
Si scambiarono carezze, baci, effusioni. Chiacchierarono a lungo, tenendosi abbracciati e
poi ricominciarono a fare l’amore.
Jan gli chiese se, questa volta, se la sentiva di essere passivo e, lì per lì, Michel ebbe un
po’ di timore. Ma tale era l’eccitazione che il ragazzo provocava in lui che decise di
lasciarsi andare ed acconsentì.
L’esperienza non fu spiacevole, ma quella sera stabilì che, in quel nuovo universo che
erano i rapporti omosessuali, avrebbe sempre preferito il ruolo dell’attivo, pur senza
privarsi del resto.
I due ragazzi videro nascere il giorno che erano ancora abbracciati. Scordatosi
completamente dei suoi amici, che capirono la situazione, Michel trascorse tutto il giorno
con Jan. Pranzarono e cenarono insieme e si appartavano ovunque capitasse per
scambiarsi tenerezze. Poi, rimediata una chitarra da un amico del ceco, lo accompagnò
nella sua esibizione per strada.
Il problema era che sarebbe dovuto rientrare a Roma quella sera stessa, ma aveva
talmente perso la testa per quel biondino che solo l’idea lo faceva impazzire.
“Vieni a Roma con me”. Le parole gli uscirono dalla bocca senza che se ne rendesse
conto. Ma la cosa veramente assurda fu che l’altro gli rispose: “Ok”.

Jan non aveva nulla che lo tenesse legato da nessuna parte. Aveva lasciato la sua
famiglia quando era ancora molto giovane. Voleva suonare per la strada e non voleva
nascondere la propria omosessualità ed erano due cose che i suoi non gli permettevano.
Presto scoprì che vivere per la strada, alla giornata, a Praga era molto pericoloso, così
aveva cominciato a girare l’Europa. Era uno spirito libero e, come tale, affrontava ogni
situazione che gli si presentava con l’unica discriminante: che avesse o meno voglia di
viverla.
Così seguì Michel a Roma e, con il benestare di Isabelle, che vedeva il figlio felice come
mai prima di allora, fu ospite a casa sua.
Mentre il francese, fresco di laurea, cominciò a cercare lavoro, lui suonava quasi tutte le
sere fra piazza di Spagna e Piazza Navona e, con quei pochi soldi che metteva insieme,
pretese di contribuire alle spese di casa. Cosa che colpì favorevolmente Isabelle.

Per quasi due mesi i due ragazzi vissero intensamente la loro storia. Poi, poco prima di
Natale, Jan cominciò a scalpitare. Non era abituato a stare a lungo nello stesso posto, né
con la stessa persona. Michel non gliene fece una colpa, sapeva sin dal principio che era
fatto così. Non glielo aveva nascosto ed era stato sempre onesto e sincero. Né lui, né
Roma, né una casa comoda erano più una novità. Si sentiva soffocare. Doveva spiccare il
volo. “Non si può tenere un canarino in gabbia, è abituato a volare libero”, si disse Michel,
mentre, salutando Jan, in partenza per la Spagna, non riusciva comunque a trattenere le
lacrime.
Quel pensiero che aveva espresso lo mise su carta. Ne uscì un bellissimo disegno.
A consolarlo dalla delusione arrivò la bella notizia di aver trovato un lavoro. All’Istituto
francese, in cui lavorava Isabelle si era liberato un posto all’accoglienza studenti.
Rifiutando qualunque raccomandazione dalla madre, aveva sostenuto regolarmente il
concorso e si era accaparrato l’impiego. Sicuramente aveva aiutato la sua dimestichezza
con le lingue, oltre al fatto di essere nato in Francia.
Il ruolo che gli fu affidato gli piacque moltissimo da subito. Si trattava di inserire i nuovi
arrivi, registrarli, accompagnarli nella scelta del corso da seguire, in base alla loro
preparazione, aiutarli a trovare un alloggio e il suo savoir-faire si dimostrò prezioso.
Entrò in contatto con ragazzi provenienti da tutto il mondo e, naturalmente, questo gli fornì
anche tante opportunità di incontri.
Uscito con il cuore spezzato dalla storia con Jan e accantonata l’idea di poter conquistare
Giulio, si buttò a capofitto in un flirt dietro l’altro, indistintamente con uomini e donne.
Questo gli permise di espandere moltissimo le sue esperienze sessuali e divenne un vero
e proprio esperto dell’arte amatoria, un Don Giovanni bisex.
Benché fare l’amore gli piacesse moltissimo, sentiva comunque che gli mancava
qualcosa. Aveva voglia di innamorarsi o, almeno, vivere una storia.

Nei primi giorni di quel nuovo anno aveva compiuto 25 anni e si sentiva inquieto. Sfogò
questo suo impeto suonando e dipingendo, ma era in cerca di qualcosa e non si sarebbe
placato finché non l’avesse trovata.
Giulio era sempre coinvolto nella sua relazione con Luisa, ma sia a lui che agli altri ragazzi
della Band quella proprio non piaceva. Giulio era spesso in turnè teatrale e, quando era a
Roma, lei lo pretendeva in esclusiva. Lui, innamorato cotto, la assecondava e così dovette
rinunciare a molti concerti e concorsi col gruppo.
Michel trovò lo stesso alcune occasioni per suonare, non poteva non farlo, era uno dei
pochi anestetici per la sua anima inquieta.

Poi accadde che qualcuno si interessò ai suo disegni e ai suoi dipinti. Assistendo ad una
mostra in una galleria, gli capitò di conoscerne la proprietaria, Emma. Si misero a
chiacchierare e quando il giovane confessò di dilettarsi con pennelli, matite e gessetti, gli
chiese di poter vedere qualcosa.
Fino a quel giorno non aveva mai pensato di poter esporre. Lui utilizzava quell’arte come
valvola di sfogo, ma, fino a quel momento non si era mai posto neppure la domanda di
quanto potesse essere bravo.
Emma visionò i lavori che gli portò una sera alla galleria. Li studiò attentamente,
commentò che erano davvero belli e gli propose di organizzare una mostra entro breve
tempo.
Dopodiché gli si avvicinò e lo sedusse. Lui, inizialmente colto alla sprovvista, si lasciò
trasportare in quell’amplesso.
Dal giorno seguente cominciarono a lavorare insieme in ogni ritaglio di tempo che Michel
aveva e diventarono intimi.
Tanto per cambiare, Emma era più grande di lui di diversi anni.
Nei due mesi successivi fu allestita la mostra e, mentre la preparavano, i due
chiacchierarono molto, fecero spesso l’amore e Michel si invaghì di lei.
Parlavano per ore, confessandosi i loro pensieri più intimi. Era una relazione molto
mentale oltre che passionale.
Peccato che Emma, gli avesse confidato i suoi sogni, i suoi desideri, le sue emozioni, ma
avesse dimenticato di rivelare un piccolo particolare della propria vita: un marito.
Michel lo scoprì nel momento peggiore. La sera dell’inaugurazione della sua mostra, che,
per altro, andò benissimo.
Sandro, nel tentativo di fare una sorpresa alla moglie, che ultimamente sentiva distante,
decise di assecondare una richiesta che lei aveva ripetutamente rivolto al coniuge:
partecipare ad uno dei vernissages della sua galleria.
Con una mancanza di tempismo da romanzo, si presentò alla mostra di Michel. Emma,
che stava mostrando agli invitati le opere della sua scoperta, si staccò immediatamente
dal fianco di Michel e raggiunse il marito. A Michel fu tutto chiaro quando lei fu costretta a
fare le presentazioni. Per il ragazzo fu una doccia fredda. Mascherò alla meglio la
sorpresa e la delusione. Delusione dovuta soprattutto al fatto che Emma, della quale si
stava innamorando, avesse potuto mentirgli fino a quel punto.
Continuare a sorridere agli ospiti fu difficilissimo e faticò parecchio per arrivare a fine
serata. Quando tutti se ne furono andati, Sandro compreso, i due amanti restarono soli.
Michel non trovò parole da dire. Non ce n’erano di adeguate alla situazione. Lei disse solo:
“Mi dispiace, avrei dovuto dirtelo”. Fece per avvicinarsi ma il ragazzo si scansò, voltò le
spalle e andò via.
La mostra sarebbe rimasta in galleria per un mese, così, dal giorno successivo, i due
sarebbero dovuti restare in contatto e questo complicava le cose.
Michel si impegnò per gestire la situazione nel migliore dei modi ed Emma si comportò in
modo professionale. Stava cercando di recuperare il rapporto col marito e catalogò la
storia con il giovane come un errore. Fu questo che gli spiegò quando lo chiamò per
comunicargli che aveva venduto la sua prima opera.
Un errore. Prese atto della cosa ed andò avanti. Se non altro aveva avuto modo di
scoprire che i suoi lavori erano apprezzati e di essere molto portato per la pittura e il
disegno. Non era più solo un hobby, un modo per evadere, aveva ricevuto moltissimi
apprezzamenti e venduto diverse opere.

La prima opera di Michel venduta in mostra


Altri quadri venduti da Michel
“Si può essere tutto ciò che si vuole, basta trasformarsi in tutto ciò che si pensa di poter
essere”.
Freddie Mercury

CAPITOLO 5

LA CONSAPEVOLEZZA

Le varie esperienze vissute erano state, per Michel, un’ottima scuola. Se da una parte ne
era uscito, come si suol dire, con le ossa rotte, è altrettanto vero che lo avevano maturato
e reso più forte e sicuro di sé.

Nel frattempo Giulio aveva concluso la sua tormentata storia con Luisa e questo fece
riaccendere una speranza nel cuore del ragazzo. Ma l’amico, come reazione alla
delusione amorosa, cominciò a passare da una storia all’altra e sembrava non accorgersi
neppure di lui!

E così, Michel decise di imitarlo. Si buttò in una serie di flirt, questa volta, prevalentemente
con uomini.
Fra questi, ci fu Max.

Lo conosceva da diversi anni. Era il cantante e chitarrista di una delle band con le quali
suonavano spesso ai concerti ed ai concorsi.
Era decisamente un tipo che si faceva notare: simpatico ma strafottente, cinico,
egocentrico e anche un po’ arrogante, ma aveva sempre un sacco di amici intorno e
amanti al suo fianco perché emanava un forte carisma e ci sapeva decisamente fare!
Sapeva di piacergli perché gli aveva rivolto diverse occhiatine e battutine ed aveva la fama
di quello che non ti avrebbe fatto pentire se avessi deciso di passarci una notte.

Una sera, alla fine di un concerto, Giulio rimorchiò il batterista di un’altra band e il fatto lo
ferì anche nell’amor proprio. Così si decise a dar seguito a quell’idea che accarezzava da
tempo. Bastò un sorriso ed un’occhiatina a Max che quello si diresse immediatamente
verso di lui. Da lì a lasciare la sala concerti insieme, il passo fu breve.
Entrambi concordi che si trattasse solo ed esclusivamente di una notte di sesso, si
buttarono con entusiasmo nell’avventura e nessuno dei due restò deluso.
Michel poté constatare che le voci che gli erano arrivate erano tutte vere, anzi fu anche
meglio di come lo aveva immaginato.
Max possedeva quelle che, in un gergo che era proprio dei gay del loro giro, venivano
chiamate le chiavi del Paradiso.
Michel era versatile, ma con una forte predilezione per il ruolo di attivo. Ma sin dal primo
approccio, Max gli fece capire che quel ruolo sarebbe spettato a lui. Ci sapeva fare
talmente tanto, che lo assecondò. Dopo un prolungarsi di preliminari, che lo portarono al
massimo dell’ebbrezza, lo penetrò in un modo a lui completamente nuovo, che gli provocò
l’orgasmo, per la prima volta nel ruolo di passivo. “Ecco”, si disse: “Sono queste le famose
chiavi del Paradiso”. Restò così entusiasta della cosa che chiese a Max quale fosse il
trucco e lo volle imparare. Poi si dette di sfigato quando il suo pensiero successivo fu: “Si
sa mai che un giorno non riesca a fare l’amore con Giulio!”. Trovò la cosa molto patetica,
ma intanto lasciò che Max gli svelasse quel segreto.
Se con il gentil sesso gli erano stati utili gli insegnamenti di compagne più mature di lui,
l’esperienza fondamentale per imparare come far star bene un uomo a letto, fu quella con
Max.
Max visto dalla matita di Michel

Dopo quell’incontro i due restarono amici e si scambiarono spesso confidenze sui loro
rispettivi flirt.

E per Michel furono molti. Con partner di entrambi i sessi. Ma, per quanto si sforzasse di
non pensare a lui, il suo cuore e la sua mente, andavano sempre a Giulio.
Per diversi mesi, fu di aiuto il fatto che l’amico stesse lontano a causa di una lunga turnè
teatrale. Poi, rientrato a Roma, restò impegnato con uno spettacolo ed alcuni provini. Per
questo la band non fece serate per un bel po’ e quel distacco permise a Michel di
concedersi distrazioni.

L’estate stava per volgere al termine e lui si avvicinava ai trent’anni (a gennaio ne aveva
compiuti 28). Si stava facendo sempre più affascinante e le esperienze avute gli donavano
molta sicurezza in se stesso, soprattutto fra le lenzuola.
Il lavoro procedeva bene, era piacevole ed appagante, ed era entrato nel giro delle gallerie
d’arte, in cui esponeva spesso. Per quanto riguardava la musica, fu felice quando ricevette
la telefonata di Gianluca che gli chiedeva se avesse voglia di partecipare ad un concorso
di beneficienza a fine mese. Giulio stava aspettando l’esito di un ingaggio per uno
spettacolo ed aveva molto tempo libero, così i ragazzi decisero di ritrovarsi per le prove e
di aderire a quella bella iniziativa.

Ricominciando a frequentarsi assiduamente riaffiorarono in Michel tutti i sentimenti messi


a tacere nei confronti di Giulio. Più trascorreva le ore con lui, suonando, chiacchierando e
ridendo, e più provava per lui affetto ed attrazione. Già, perché cercava di non usare la
parola amore.
Una sera, dopo aver provato per un paio d’ore, Fulvio e Gianluca se ne andarono perché
avevano degli impegni. Giulio gli chiese se aveva voglia di restare a strimpellare qualcosa
insieme e Michel decise che se non avesse fatto una mossa quella sera, non l’avrebbe
fatta mai più. Dalla musica, passarono alle chiacchiere e, all’improvviso, Michel trovò il
coraggio di avvicinare la sua bocca a quella di Giulio. Ne seguì un bacio dolce,
appassionato e profondo, al quale il secondo non riuscì a sottrarsi.
Michel era pienamente consapevole, poiché sia uomini che donne glielo avevano fatto
notare, di essere un ottimo baciatore. Quindi puntò su quello per rompere il ghiaccio e far
sì che Giulio non potesse non cedere alle sue avances. Dopodiché sfoderò tutte le sue
armi di seduzione. Eccitò Giulio con mani, labbra, lingua e persino con i suoi lunghi capelli,
che usò per solleticargli i genitali. L’altro non poté far altro che arrendersi al piacere
provato e quando lo implorò di prenderlo, Michel strizzò mentalmente l’occhiolino a Max:
era giunto il momento di giocare quella carta. Sentire quello che, per anni, era stato
l’oggetto del suo desiderio, gemere di piacere, scatenò il lui ebbrezza e passione. E
quando raggiunsero insieme l’orgasmo il suo corpo fu pervaso da un'incontenibile gioia.
Giulio, dal canto suo, restò sconvolto dall’eccitazione provata e, benché fossero entrambi
esausti e provati, passò al contrattacco. Lo stuzzicò con ardore per cercare di procurargli il
massimo del godimento e, come per magia, Michel scoprì che anche Giulio possedeva le
chiavi del Paradiso.
Se vivere quell’esperienza con Max era stato esaltante, poterla avere con Giulio, del quale
era da sempre innamorato, fu quanto meno l’apice dell’estasi. Fu per lui l’orgasmo più
potente ed appagante avuto fino a quel momento e, mentre lo accoglieva quasi urlando di
piacere, avrebbe voluto gridare: “Ti amo”, al compagno.
Riuscì a non pronunciare quella frase sull’onda dell’emozione, ma poco dopo decise di
aver aspettato anche troppo a lungo per essere sincero e che se, voleva giocarsi una
chance per stare insieme, il momento era giunto.
Mentre si stavano rivestendo in silenzio, ancora sconvolti ed esausti per quello che era
appena accaduto, si avvicinò a Giulio e lo abbracciò. Lo guardò, e nel suo sguardo c’era
tutta la profondità e la dolcezza del sentimento che sentiva. “C’è una cosa importante che
devo dirti”, esordì. Poi prese fiato e cercò tutto il coraggio che serviva per proseguire: “Io
sono innamorato di te”. Poi aggiunse che la cosa andava avanti da moltissimo tempo,
senza precisare che erano ormai sei anni che, nel suo cuore, il posto principale era
occupato da lui. Si vergognò, gli sembrava patetico, a quasi trent’anni, rincorrere un amore
impossibile. Ma era davvero impossibile? Dopo quello che era appena successo, c’era la
speranza, in lui, che Giulio potesse ricambiare.
Ma venne immediatamente delusa.
“Mi dispiace, petit (era così che lo aveva sempre chiamato), non potrebbe funzionare,
perché io non provo lo stesso per te”.
Se da una parte, apprezzò la sua onestà e che non avesse usato quelle classiche frasi di
circostanza, tipo: “Sei una persona meravigliosa” o “troverai qualcuno che ti merita”,
dall’altra fu un duro colpo. Il suo sogno era appena stato infranto. Era stato meraviglioso
quello che era appena accaduto, ma segnava il punto di non ritorno. Fino a quel momento,
non essendo certo di come stavano le cose, poteva coltivare quell’illusione. Ora la realtà lo
aveva schiaffeggiato in pieno volto. Giulio non sarebbe mai stato suo.
Nonostante la sofferenza che provava, si accorse che anche Giulio stava molto male per
quella situazione, glielo leggeva negli occhi.
Tentò un’ultima carta. Fare l’amore era stato fantastico per entrambi ed avrebbe voluto
ripetere la cosa. E poi, hai visto mai che continuando a fare sesso con lui, Giulio non
avrebbe cambiato idea?
Lo provocò: “Ma prima è stato bello, no?”. Certamente non dovette mentire per rispondere:
“Molto”. A quel punto, accantonò completamente l’orgoglio, ed aggiunse: “Mi accontenterei
che lo ripetessimo, ogni tanto”.
“No”, lo interruppe Giulio: “Non è giusto, se uno dei due prova dei sentimenti”. Benché
fosse uno che si dava molto da fare, aveva sempre avuto un suo codice morale: “Mai con
quelli impegnati in una relazione seria e mai con quelli innamorati di me. Se dev’essere
un’avventura, una storia di una notte, un flirt, entrambi dobbiamo volere la stessa cosa”.
Poi, c’erano casi come questo, in cui le cose sfuggivano al suo controllo.
Michel stava perdendo ogni speranza e non esitò ad umiliarsi per arrivare allo scopo.
Esagerò nel confessargli che tutta l’esperienza che si era fatto con gli uomini, era stata
finalizzata a conquistarlo. Non aveva più chiaro quale fosse l’obiettivo. Se Giulio avesse
ceduto lo avrebbe fatto per affetto, per non farlo soffrire. O, forse, la cocente delusione lo
portava a volergli fare del male, provocandogli sensi di colpa che, conoscendolo, sapeva
avrebbe avuto.
Se in quel momento avesse potuto leggere nella mente e nel cuore di colui che amava, in
effetti, ci avrebbe letto un profondo dolore. Si rimproverò per aver ceduto all’istinto, per
non aver pensato alle conseguenze pur di concedersi una bellissima scopata, per non
essere stato onesto con se stesso, perché in fondo aveva sempre sospettato che Michel
provasse qualcosa per lui. A parte il fatto che Gianluca lo aveva sempre sostenuto. Era
dilaniato dai sensi di colpa e lo fu a lungo.
Si salutarono, dandosi appuntamento alla sera seguente, per le prove. Due giorni dopo li
aspettava il concorso.
Mentre rientrava a casa, Michel ripensò a tutto quello che era successo in quelle ultime
ore: dall’ estasi del rapporto sessuale alla rassegnazione che Giulio non sarebbe mai stato
il suo compagno. Entrambe le cose bruciavano dentro di lui come un fuoco che non
riusciva a domare. Dovette accostare la macchina. Scendere e respirare un po’ d’ aria
che, a Roma, a fine estate, è irrespirabile. Scoppiò a piangere, senza riuscire a
controllarsi, e capì che non poteva più stare accanto a Giulio dopo quella sera. Non
sarebbe riuscito a parlare, suonare, scherzare con lui, come era stato fino a quel
momento. Le cose erano irrimediabilmente cambiate.
E, benché quella soluzione lo facesse soffrire, era l’unica strada da percorrere: avrebbe
lasciato la band e non avrebbe più rivisto Giulio.
Giulio
“Il rock non eliminerà i tuoi problemi. Ma ti permetterà di ballarci sopra”.
Pete Townshend

CAPITOLO 6

SI VOLTA PAGINA

Quello che era successo fra Giulio e Michel ebbe, inevitabilmente, molte ripercussioni.

Il mattino seguente, Michel, senza indugiare, telefonò a Gianluca. Ormai aveva preso
quella decisione e, anche per correttezza, voleva informare la band prima possibile.
“Mi dispiace moltissimo, ma io devo lasciare il gruppo”. Prima che l’altro potesse
rispondere, aggiunse: “Ti prego di non farmi domande. E, comunque, non vi lascio nella
merda. Sabato partecipo con voi al concorso, mancano solo due giorni e non sapreste
come fare. Ma quella sarà la mia ultima esibizione con la band”. Avendogli fatto quella
premessa, Gianluca non se la sentì di chiedere nulla, ma il tono di voce dell’amico gli
suggeriva che era successo qualcosa di grave.
Andò subito a casa di Giulio per dargli la notizia. Appena aprì la porta, lo gelò: “Mi ha
chiamato Michel, lascia la band”. L’altro non ci mise molto a capirne il motivo. Si fece da
parte per lasciarlo entrare. Siccome la sera precedente, lui e Fulvio li avevano lasciati da
soli in sala prove, gli chiese se, per caso, gli avesse confidato di avere qualche problema.
Giulio si mise a preparare il caffè, sospirando, e cercò le parole più adatte per arrivare
subito al dunque. “È solo che uno stronzo gli ha spezzato il cuore”. Sollevato dal fatto che
non fosse a causa di un problema di salute o qualcos’altro di molto grave, Gianluca
scherzò: “Strano, pensavo fosse innamorato di te!”. Giulio si voltò verso di lui, con la moka
in mano, e la sua espressione fu più esaustiva di mille parole: “Appunto”. L’altro sgranò gli
occhi: “Ma che cazzo hai combinato?”. Gli raccontò tutto, senza evitare di auto flagellarsi
come credeva di meritare. Fu molto più comprensivo Gianluca di quanto lo fosse lui, con
se stesso. Decisero di parlare a Fulvio della situazione solo dopo il concorso.

Quella volta, si esibirono con la tristezza nel cuore ed anche la vittoria non li consolò. Al
termine Giulio si offrì di essere lui ad informare Fulvio, era giusto così, visto il guaio che
riteneva di aver combinato. La prese molto peggio di Gianluca. Si incazzò e gli disse, con
tono aggressivo: “Non sei proprio capace di tenere l’uccello nei pantaloni?”. Ci restò
malissimo. Sapeva che era arrabbiato sia per il fatto che restavano senza batterista, che
per il bene che voleva a Michel. Giulio non sapeva cosa rispondere, abbassò lo sguardo:
“Ho sbagliato”, disse, “mi dispiace, se potessi tornare indietro lo farei, ma non posso”.
Fulvio accompagnò Michel a casa, voleva dargli una spalla su cui piangere, Gianluca
provò a consolare Giulio, ma era lui che non si perdonava!

Dopo nove anni, la band che avevano creato, che aveva suonato insieme in così tanti
concerti, che era per tutti come una seconda famiglia, non c’era più, almeno con i quattro
componenti originali. Giulio si sentiva responsabile di quello che era accaduto. Michel
aveva il cuore a pezzi.

Il gruppo trovò un nuovo batterista: Diego. Lo conoscevano da tempo perché si


incontravano spesso ai concorsi. La sua band si era appena sciolta perché il loro cantante
si era trasferito per lavoro. I tre ragazzi apprezzavano molto il suo modo di suonare e lo
trovavano molto simpatico: un trasteverino D.O.C. Fu entusiasta all’idea di unirsi a loro.

Per quanto riguardava Michel, invece, girare pagina non fu semplice. Aveva il suo lavoro
che gli dava soddisfazioni e decise che per dare una svolta alla sua vita avrebbe dato
seguito ad un progetto che aveva da tempo. Andare a vivere da solo. Per quanto madre e
figlio si adorassero, sentiva l’esigenza di uno spazio tutto suo ed Isabelle, che non gli
aveva mai tarpato le ali, era felice all’idea che imparasse a cavarsela da solo.
Trovò un appartamento a Cinecittà. Era da rimodernare ma, pensò, lo avrebbe fatto col
tempo. La zona gli piaceva, la casa anche, ed era elettrizzato per quel nuovo inizio.
Mancandogli le occasioni per suonare, si buttò sulla ristrutturazione e ricominciò a
dipingere con assiduità: aveva in vista una mostra ed aveva bisogno di lavori nuovi, che
esprimessero il suo stato d’animo al momento.

Appena circolò la notizia che non suonava più con la band, gli arrivarono moltissime
richieste di gruppi, per unirsi a loro, anche a costo di far fuori l’attuale batterista. Per
rispetto ai colleghi, rifiutò molte offerte (ancora una volta, un paio di gruppi, di lì a poco,
sarebbero diventati famosi). Accettò quella di una piccola band di Ostia che si stava
formando e faceva lo stesso tipo di musica di quella che suonava con Giulio e gli altri. Gli
altri quattro componenti erano ragazzi simpatici e talentuosi e il progetto che gli
presentarono gli piacque molto. Due di loro erano gay. Matteo, il cantante, aveva un
compagno e, comunque, non era il suo tipo. Tommaso, il tastierista, al contrario, era un
ragazzo con un fascino particolare. Di comune accordo, passarono una notte di sesso
sfrenato e poi decisero di restare amici, per non avere complicazioni.

Lavoro e passioni, così, erano sistemati. Pensò che la situazione sentimentale si sarebbe
sistemata col tempo. Intanto si dedicò al restauro dell’appartamento. Seguendo il proprio
gusto, lo decorò in stile pop-art e benché non fosse grande, ne uscì un piccolo capolavoro.
Era composto da un ingresso/corridoio, dove aveva fatto abbattere il muro che portava al
soggiorno e costruire due graziose colonne ai lati, un minuscolo cucinotto, la camera da
letto e il bagno. Il vano che doveva essere adibito a guardaroba, diventò lo spazio per
ospitare tutti i suoi lavori su tela e il soggiorno rispettava la caratteristica che aveva messo
come priorità quando era alla ricerca dell’immobile: si riempiva di luce dalla mattina alla
sera. Ogni singolo pezzo di arredamento era stato scelto per armonizzarsi bene con gli
altri e curò con maniacale attenzione tutti i dettagli. Una volta terminati i lavori, fu
compiaciuto dell’esito e sentì di aver creato esattamente il posto dove avrebbe voluto
vivere.

La prima persona che ebbe il piacere di visitarlo fu anche la sua ultima conquista. Deposto
Giulio in un cassetto del proprio cuore, si impegnò a voltare pagina. In occasione di una
mostra in cui esponeva, conobbe Javier, un pittore cubano di una ventina di anni più
grande di lui. Fu attrazione fisica dal momento esatto in cui li presentarono e si strinsero
la mano.
L’uomo centroamericano lo riempì di complimenti, ma anche di osservazioni e critiche sui
suoi lavori. Michel gli chiese di aspettare la fine della serata ed accompagnarlo a casa per
approfondire il discorso. In realtà entrambi avevano ben chiaro in mente che direzione
avrebbe preso la nottata.
Ma la cosa non terminò lì. I due presero a frequentarsi assiduamente e siccome Javier
aveva moltissima esperienza in campo artistico, si offrì di fargli da mentore. Michel
dipingeva e disegnava molto bene, ma quello che l’altro gli contestava era la mancanza di
coraggio nelle sue opere. Affermava che avesse molta tecnica, ma che non si lasciasse
davvero andare, quando aveva i pennelli in mano. “Quello non sei tu”, gli disse, dopo
qualche mese che lo frequentava. “È come se tu ti sforzassi di mostrare il tuo lato di bravo
ragazzo, ma l’arte non è questo. Tira fuori la tua vena erotica y puta (sporcacciona)” e poi,
strizzandogli l’occhio, “Lo so che ce l’hai”.
Frequentare il cubano fu per Michel un’esperienza di vita. Maturò come uomo e come
artista e, al compimento del trent’anni, si ritrovò a fare un bilancio della propria vita e ne fu
soddisfatto. Javier era perdutamente innamorato di lui, ma, paradossalmente, averlo
aiutato a crescere gli si ritorse contro.

Aveva acquisito una spavalderia ed una sicurezza in se stesso che lo fecero diventare
anche un po’ più stronzo. E, dopo tanti amori deludenti e delusioni amorose, la
consapevolezza di avere accanto qualcuno che letteralmente baciava la terra su cui
camminava, lo spinse ad approfittarsi della situazione.
Inizialmente si limitò ad essere un po’ insofferente per le continue attenzioni che gli
rivolgeva, poi cominciò a sentirsi soffocare e, quasi a volergli fare del male per
allontanarlo, ed anche per nostalgia del periodo da single che si era lasciato alle spalle,
iniziò a tradirlo.

Non riuscì a tenere nascoste a lungo le sue scappatelle e quando Javier le scoprì, per lui
fu quasi una liberazione. Il cubano lo lasciò la sera stessa e Michel fu sollevato all’idea di
aver di nuovo il suo appartamento tutto per sé.
Solo il passare del tempo lo fece riflettere sul fatto che si era comportato come uno
stronzo e che, a quell’uomo, doveva tantissimo.

Uno dei dipinti di Michel dopo l’influenza di Javier


“C'è solo una legge certa nel rock'n'roll: i tuoi guadagni migliorano con la bravura del tuo
batterista”.
Joe Strummer

CAPITOLO 7

L’ECCELLENZA

Nonostante fosse di nuovo sentimentalmente solo, Michel, in quella fase della sua vita, si
sentiva bene. Era diventato un artista completo e molto apprezzato come pittore e il
gruppo al quale si era unito faceva della musica di grandissimo livello. Lui, da parte sua,
diventava ogni giorno più bravo e i complimenti, alla fine di ogni concerto, fioccavano.
Dopo la fine della storia con Javier aveva voglia e bisogno di libertà e ricominciò a
collezionare avventure mai troppo durature.
La più lunga fu quella con Laura, un’affascinante quarantenne. Si frequentarono per due
mesi che furono di puro sesso. Non c’erano fra loro complicazioni sentimentali di nessun
tipo ed entrambi erano molto gelosi dei propri spazi. Ma facevano faville a letto e Laura fu,
per Michel, in campo femminile, quello che Max era stato in campo maschile.
Imparò quello che c’era ancora da sapere sul corpo delle donne e la loro sessualità, che
non avesse già appreso nelle storie precedenti.
E se i partner successivi furono esclusivamente di sesso maschile (scoprì che la sua
indole propendeva in quella direzione, forse perché quello che era stato il grande amore
della sua vita era un uomo), la fortunata che ebbe modo di usufruire di quegli
insegnamenti fu Erica.

Contrariamente al cliché ricalcato fino a quel momento, la ragazza aveva qualche anno
meno di lui.
Cominciò come un flirt. Erica non era una femme fatale, come le donne che aveva
frequentato Michel fino ad allora. Era una ragazza davvero molto carina. Bionda, due
occhi verdi molto dolci ed un carattere introverso e misterioso. Michel rimase incuriosito da
lei, quando Matteo li presentò. Era la migliore amica di sua sorella ed era andata a sentirli
suonare, nel locale di Ostia, dove si esibivano tutti i venerdì sera.
Restò colpito dal suo modo di guardare e di sorridere e il suo primo pensiero fu che non
avrebbe disdegnato portarsela a letto, visto che, da diverso tempo, non faceva sesso con
una donna. Quindi mise in moto tutte le sue armi di seduzione e, a fine serata, si
ritrovarono a passeggiare in riva al mare.
L’estate stava terminando e c’era quell’atmosfera tipica delle notti di settembre. Forse
anche a causa della brezza marina lei provò un brivido quando Michel la baciò. Il ragazzo
cercò immediatamente di andare oltre, ma lei lo fermò. Non era il tipo di donna che si
concede al primo appuntamento. Lui ci restò male e dovette fingere per non mostrare la
delusione. Quella fanciulla era molto sensuale, una sensualità dovuta al fatto di non
sapere di esserlo. Non fu facile mettere a tacere la propria eccitazione e comportarsi da
gentiluomo. Le disse che comprendeva il suo punto di vista e si sorprese a chiederle se
potevano rivedersi.
Per placare la propria libidine, dopo averla accompagnata alla macchina, andò a
rimorchiare il barista che lo stava corteggiando da mesi. Se lo scopò contro una cabina
dello stabilimento balneare e il paradosso fu che, mentre lo penetrava, pensava ad Erica.
A fare l’amore con una donna!

Nel rientrare a casa, si vergognò di se stesso e dei propri istinti incontrollabili e si disse
che non c’era motivo di richiamare quella dolce ragazza. Non aveva voglia di perdere
tempo a corteggiarla quando poteva fare sesso con chi voleva e quando voleva.
La mattina dopo la chiamò. Non seppe neppure spiegarsi il perché, ma aveva voglia di
sentirla e, soprattutto, di rivederla.
Contrariamente a quanto si era prefissato (“una cena, se il dopocena non sarà quello
previsto, finisce qui”), al termine della serata, fu lui a non provarci. Era stato divinamente a
parlare con lei e, da molto tempo, non trovava così piacevole stare in compagnia di una
persona.
La volta successiva fu Erica a fare il primo passo: gli chiese di portarla a casa sua.
Appena varcata la porta, Michel si rese conto di essere al massimo grado di eccitazione,
ma seguì il proprio copione, voleva che fosse lei la prima a stare bene.
Baciandola con passione, la spinse verso la colonna e cominciò a spogliarla lentamente.
Passò le labbra sul suo lungo collo (una delle caratteristiche femminili che lo colpivano
particolarmente) e scese fino ai seni, che erano piccoli e sodi. Quando prese a passarle la
lingua alternativamente da un capezzolo all’altro, la sentì ansimare. Glieli mordicchiò
delicatamente e li sentì diventare rigidissimi, il che lo eccitò ulteriormente. Lei cominciò a
ricambiare e prese in mano il suo pene. Fu uno sforzo disumano quello di non venire di lì a
breve, ma non aveva ancora raggiunto lo scopo e quindi si controllò. Accelerò i tempi,
infilando le dita sotto le sue mutandine e lei prese a mugolare di piacere. La stimolò con la
mano esperta del batterista/pittore. Sapeva come muoversi e, mentre col pollice
continuava a solleticare il clitoride, con altre due dita la penetrò, provocandole l’orgasmo.
Come reazione lei si chinò e prese in bocca il suo membro che, a quel punto, era
esageratamente duro ed eretto. Venne molto velocemente, sospirando per sfogare il
piacere provato.
“Non ho ancora finito con te”, le disse poi, baciandola con dolcezza. La accompagnò in
camera da letto, la invitò a sdraiarsi e le tolse quei pochi vestiti che le erano rimasti.
“Rilassati”, le disse, perché la sentiva tesa e non sapeva se la tensione era dovuta al
nervosismo o all’ebbrezza. Le allargò le gambe e lei lo lasciò fare, abbandonandosi al
piacere che, immaginava, avrebbe provato. Con le labbra socchiuse, cominciò a
solleticarla partendo dall’interno coscia, per arrivare lentamente alla meta prefissata. Il
piercing che aveva sulla lingua rese il tutto ancora più eccitante e lei, ansimando, lo pregò
di continuare. I gemiti che emetteva contribuirono ad aumentare la sua intraprendenza.
Dopo aver leccato a lungo ogni singolo centimetro, mentre con le dita le stuzzicava i
capezzoli, la penetrò con la lingua e lei urlò estasiata.
Restarono, appagati ed esausti, per un po’ di tempo. In silenzio. Poi Michel accarezzò
dolcemente il viso e il corpo della ragazza. Intervallavano silenzi alle chiacchiere tipiche
delle coppie che iniziano a conoscersi. Poi le carezze si fecero sempre più audaci ed Erica
gli fece capire di essere più che d’accordo all’idea di ricominciare.
In quell’occasione ebbero un rapporto completo e, benché lui fosse eccitatissimo, riuscì ad
aspettarla per raggiungere insieme l’orgasmo.

Presero a frequentarsi assiduamente. Appurato che sessualmente andavano molto


d’accordo, trovarono una forte intesa anche caratterialmente e mentalmente. Michel si
scoprì invaghito di lei, anche se si rese conto da subito che Erica era molto più coinvolta:
era innamorata.
Questo fatto, all’inizio, non costituì un problema per il ragazzo, ma, in seguito, le cose si
complicarono. Era il genere di donna possessiva e gelosa e, nonostante lui la rassicurasse
che, in quel momento c’era solo lei, pretendeva che le facesse promesse che lui non si
sentiva di fare. Michel fu onesto, conosceva bene se stesso e non voleva impegnarsi per il
futuro, sapendo di non provare i medesimi sentimenti che provava lei. Continuava ad
offrirle un rapporto carpe diem: “Oggi stiamo bene, godiamoci questo!”. Ad un certo punto,
a lei non bastò più. Tra l’altro, lui era stato sincero riguardo alle proprie tendenze sessuali
ed Erica viveva malissimo la situazione. Ogni ragazzo gay con cui Michel parlava,
diventava per lei una minaccia.
Ovviamente il rapporto era destinato a finire. Accadde alla vigilia di Natale, all’ennesima
scenata di gelosia di lei. Chiese al compagno di lasciare il gruppo, poiché ogni concerto
era una potenziale occasione di incontri con altri uomini. Lo vide farsi serio, come mai era
capitato prima. “No, bambina, questo non puoi chiedermelo. Ho cercato di venirti incontro
su molte cose, ti ho rassicurato e ti sono sempre stato fedele, in questi mesi. Capisco la
tua insicurezza e sto cercando di darti la serenità che cerchi. Ma questo non puoi
chiedermelo”.
“Va bene”, ribatté lei. “Allora mettiamola così. Ti chiedo di fare una scelta: o me o la band”.
Si voltò verso di lei, la guardò negli occhi e, a costo di passare per uno stronzo, facendo
spallucce, rispose “La band”. Non si sprecò neppure a spiegarle che la band significava
continuare ad alimentare il sacro fuoco della musica, che divampava dentro di lui. Non
avrebbe potuto vivere senza. Impedirgli di suonare significava togliergli l’aria che gli
permetteva di respirare per restare in vita. Non aveva senso impegnarsi a spiegarle
questo. Se era arrivata a metterlo davanti ad un ultimatum del genere significava che nel
periodo che erano stati insieme non lo aveva conosciuto affatto. Pertanto non era la
persona che voleva accanto a sé. Punto.
La sera stessa, seduto dietro piatti e tamburi, fece l’amore con colei a cui aveva
totalmente dedicato il proprio cuore: la musica.
“A volte non basta una vita per cancellare un attimo, ma basta un attimo per cancellare
una vita”.
J. Morrison

CAPITOLO 8

INCONTRI

Le festività natalizie quell’anno, quello in cui compì i suoi trentadue, furono piuttosto ricche
di avvenimenti per Michel.
Oltre alla chiusura della storia con Erica, ci fu un evento che arrivò a turbare seriamente la
sua serenità.
Suo padre si trovava a Roma e chiese di incontrarlo. Erano passati molti anni dall’ultima
volta che Gerard si era recato in Italia. Isabelle e Michel avevano sue notizie tramite
sporadiche e mail o messaggi, più che altro per scambiarsi gli auguri. Si era trasferito in
Africa, era Console in Costa d’Avorio e si era fatto una nuova famiglia con Nadine. Lei
aveva un figlio dal precedente matrimonio, Fabien, e due nati dall’unione con Gerard:
Joséphine di otto anni e Stéphane di cinque. Era giunto il momento che si conoscessero
fra fratellastri.
Il padre dette appuntamento a Michel nell’hall dell’hotel che li ospitava a Roma, per andare
a pranzo. Lui non era entusiasta all’idea di quell’incontro, ma, d’altro canto, era curioso.
Inoltre, nonostante i problemi avuti da adulto, da bambino aveva adorato il proprio genitore
e quell’affetto era rimasto immutato.

Mentre si recava all’appuntamento si scoprì nervoso ed emozionato. Appena varcò la


soglia dell’albergo, vide il padre che gli veniva incontro. Aveva sperato in un abbraccio,
invece gli porse formalmente la mano. Dopo pochissimi convenevoli per informarsi di
come stessero lui ed Isabelle, gli disse: “Ho voluto vederti prima di farti conoscere i ragazzi
per parlarti di una cosa”. Si avvicinò ulteriormente al figlio ed abbassando il tono della
voce gli chiese: “Era solo un capriccio da giovane artista quello di andare a letto con gli
uomini o sei davvero malato? Perché, sai, ai ragazzi non ho detto nulla”.
Malato? Sul serio aveva usato quel termine?! Si vergognava di lui, al punto di non parlarne
con la sua attuale famiglia.
Il suo impulso fu quello di voltarsi ed andare via, ma sarebbe stata una resa. Decise che
voleva tenergli testa. Sorrise con rassegnazione. “Sono davvero malato”, rispose,
sottolineando la parola che lui aveva appena usato. “Ma stai tranquillo, non ti metterò in
imbarazzo con i tuoi cari”.
Seguirono le presentazioni, il trasferimento al ristorante e le chiacchiere di rito. A Michel
continuava a ronzare nella testa la conversazione avuta col padre e sentiva che la cosa lo
aveva ferito più di quanto avrebbe pensato. Soprattutto perché da bambino aveva una
grandissima stima di lui e lo riteneva molto intelligente. Ma adesso era deluso. Questo suo
modo di ragionare denotava tutt’altro.
Poi ci fu qualcosa che contribuì a migliorare il suo umore. Fabien.
Michel si era preparato con cura, per l’occasione. Indossava un completo di Armani con
pantaloni neri e giacca dello stesso colore, acquistato per la prima di una mostra, ed una
camicia bianca col colletto alla coreana. Aveva raccolto i lunghi capelli in una coda
scomposta e, in quel periodo, si era fatto crescere il pizzetto. Era decisamente
affascinante.
Durante il pranzo non poté evitare di notare con quanta insistenza Fabien lo guardasse,
cercando di non farsi notare. Rise, fra sé e sé. Gli bastò ricambiare il suo sguardo e fargli
un sorriso per avere la conferma che cercava. Trovò comica la situazione, considerati i
pregiudizi del padre. Sicuramente il fratellastro glielo aveva tenuto nascosto e, per spirito
di rivalsa e, perché no, anche di vendetta per averlo ferito, Michel aveva in mente un solo
obiettivo: sedurre Fabien. Ascoltando i discorsi, aveva capito che, mentre i più piccoli
dormivano in camera con i genitori, il ragazzo alloggiava in una singola.
Lasciato il ristorante, accompagnò tutta la comitiva in albergo. Restò nei paraggi e, poco
dopo, telefonò per farsi passare la camera. Appena sentì la voce dall’altra parte, non
perse tempo in preamboli: “In che stanza sei?”. L’altro restò un attimo interdetto, ma
rispose alla domanda. E lui chiuse la conversazione dicendo: “Lascia detto alla reception
che aspetti visite. Salgo fra dieci minuti”. E riagganciò, soddisfatto.
Quando Fabien aprì la porta se lo trovò davanti con l’espressione seducente, spavalda e
sicura di sé. Per paura che, qualcuno lo vedesse in corridoio, lo fece entrare subito. Michel
notò che era nervoso e preoccupato. “Stai tranquillo”, gli disse, avvicinandosi a lui, “non lo
saprà nessuno”. E lo baciò. Era consapevole che i suoi baci provocavano sempre certe
reazioni su chi li riceveva e, infatti, l’altro rispose con passione. Non aspettava altro che il
suo via libera. Lo spinse contro il muro e appoggiò il proprio corpo al suo, continuando a
baciarlo prima sulla bocca poi sul collo. Si tolse la camicia, sfilò il maglione all’altro e
cominciò a passargli la lingua sul petto. Quando arrivò ai capezzoli glieli succhiò
avidamente, mentre la mano si muoveva sopra ai jeans. Lo sentì ansimare e si eccitò. Tirò
fuori il proprio membro, già duro, e lo cominciò a strofinare contro quello del ragazzo che,
a quel punto, lo implorava di continuare quello che stava facendo. Non voleva che venisse
perché si stava già pregustando il dopo. Perciò si fermò, con disappunto dell’altro. “Non
avere fretta, vedrai ne sarà valsa la pena”, sorrise. Lo fece sdraiare sul letto, in posizione
prona e alternò lingua e dita nel suo ano. Lo fece voltare e, mentre lo penetrava, lo
guardava negli occhi, lo baciava e gli succhiava i capezzoli. Fabien, aveva paura di essere
udito e si dovette trattenere per non urlare tutto il piacere provato nel raggiungere
l’orgasmo. Michel lo aspettò, venendo subito dopo.
Poi, in parte per l’ebbrezza provata, in parte per l’ironia della situazione, scoppiò a ridere e
l’altro lo seguì. Restarono a parlare un po’. Per conoscersi meglio, ma, soprattutto per
ricaricarsi e fare nuovamente l’amore. Si dilungarono con il sesso orale e, più tardi lo
prese di nuovo. Questa volta, quando si accorse che il ragazzo stava per raggiungere
l’orgasmo, gli chiese di gridare la propria eccitazione, forse con la speranza che il padre
sentisse e scoprisse tutto. Visto che Fabien titubava, fu crudele e gli disse: “Se non ti
sento urlare esco” e, al contrario, cominciò a penetrarlo con foga, spingendo sempre più
giù, quasi a volerlo far strillare di dolore, se non di piacere. Il grido che emise,
probabilmente era un insieme delle due cose e venne con un fremito che gli fece tremare
tutto il corpo. Michel lo raggiunse subito dopo ed eiaculò, chiedendo all’altro di aprire la
bocca, per accogliere il risultato del suo orgasmo. Si rese conto di essersi rivolto a lui con
tono brutale e prepotente e gli dispiacque. In fondo non era con lui che ce l’aveva.
Pensava di vendicarsi del padre umiliando quel ragazzo, ma Fabien non aveva colpe,
anzi. Se Michel poteva viversi la sua vita come meglio credeva, lo stesso non si poteva
dire per il fratellastro.
Ma non poteva farci nulla. Gli lasciò il suo numero. “Se un giorno avrai bisogno, chiamami,
d’accordo?”, gli disse, prima di congedarlo con un bacio sulla bocca.
Il giorno seguente, andò a far visita alla madre. Lei notò subito un sorrisetto compiaciuto
sul volto del figlio. E lui le raccontò tutto, omettendo i dettagli. In realtà, nonostante Michel
si fosse soffermato soprattutto sul rapporto col fratellastro, Isabelle si accorse, e ne restò
amareggiata, di quanto la mentalità di Gerard avesse ferito il giovane.

Mentre era ancora frastornato per Erica, il padre e Fabien, capitò qualcosa che lo turbò
ulteriormente.

Con la band si iscrissero ad un concorso che aveva per tema le cover dei Queen. Erano
molto cresciuti musicalmente e Matteo aveva una bellissima voce, nel cantare i brani di
Freddie Mercury. Ma non era l’unico. Col gruppo precedente avevano eseguito migliaia di
volte le canzoni della formazione britannica e Giulio era un asso, nel genere.

Perciò non fu una sorpresa ritrovarseli come concorrenti. Nel pomeriggio giunsero nel
Palasport dove si sarebbe tenuta la gara alla sera, per le prove. Incontrò subito Gianluca e
Fulvio, che gli presentarono Diego, il nuovo batterista. Giulio, come spesso accadeva,
aveva lo spettacolo a teatro e li avrebbe raggiunti dopo. Con Barbara. Lo aggiornarono,
per evitargli di scoprirlo da solo. Giulio aveva una compagna da qualche mese e, stavolta,
sembrava davvero preso.
Erano trascorsi quattro anni e mezzo dall’ultima volta che si erano visti e Michel aveva
cercato di dimenticare Giulio e di mettersi l’anima in pace. Non sarebbe mai stato suo.
Quindi se era innamorato e questo lo faceva felice, a lui faceva piacere.
Tuttavia rivederlo gli provocò molta emozione. Non quanta all’altro. Lo vide teso, nervoso,
imbarazzato e capì che non sapeva quale fosse il modo migliore per salutarlo. Quindi fu lui
a rompere gli indugi. Gli andò incontro e lo abbracciò. Una delle prime cose che Giulio gli
disse era di avere forti sensi di colpa per com’erano andate le cose. “Lo capisco che tu
non abbia più voluto vedermi”. Michel restò interdetto. “Ma non è andata così. Io non
potevo più starti accanto perché era troppo difficile, sapendo che non provavamo gli stessi
sentimenti. Ma io non ce l’avevo con te. Non ce l’ho mai avuta con te”. Vide cambiare
espressione all’amico, era incredulo. “Ma io mi sono approfittato di te. Io dovevo capire
che tu mi amavi e non dovevo illuderti”. Michel sorrise. “Giulio! Non è andata così. Io ti ho
sedotto. Eravamo in due, ricordi? Ed io ero ben consapevole che non eri innamorato di
me. Ma morivo dalla voglia di fare l’amore con te, almeno una volta”. Pronunciate quelle
parole, vide gli occhi dell’altro riempirsi di lacrime. “In tutti questi anni ho avuto i rimorsi.
Non riuscivo a perdonarmi di averti ferito”.
Gli rivolse un sorriso triste: “Non è colpa tua se non provavi gli stessi sentimenti che
provavo io. Io non ti ho mai rimproverato nulla”. Lo abbracciò e lo sentì piangere.
Rivide sul suo volto la stessa sofferenza che aveva letto dopo la violenza carnale. “Che
succede, Giulio?”.
“In questi anni sono successe tante cose”, rispose, “alcune brutte, altre belle. Intanto ti
presento Barbara, una di quelle belle. Il resto te lo racconto dopo il concorso”.
Pensava che sarebbe stato invidioso di lei, che l’avrebbe detestata.
Invece Barbara gli piacque subito. E, in seguito, nacque uno splendido rapporto fra i due.
Il concorso fu vinto dalla band di Giulio e terminarono la serata tutti insieme.

Michel riprese a frequentare i suoi vecchi compagni.


Giulio coinvolse lui e il suo nuovo gruppo in una serie di iniziative benefiche. Aveva
fondato un’associazione a difesa delle categorie LGBT ed organizzavano molti eventi.
Legò molto con Diego, quello che definiva il suo sostituto, con Barbara, e bazzicò più
assiduamente Max, che era uno dei membri dell’associazione.

Ebbe modo di conoscere i problemi di Giulio. Vista la forte affinità che li aveva uniti in
passato, si ritrovarono spesso a parlare.
Una sera, che erano particolarmente in vena di confidenze, arrivò dritto al punto e gli
chiese cosa fosse quel dolore che gli leggeva negli occhi, nonostante lo vedesse felice ed
innamorato.
Così venne a sapere che l’amico era in analisi da tempo. Non aveva superato il trauma
dello stupro e, nonostante fossero passati dieci anni, soffriva ancora di attacchi di panico,
terrori notturni e bruxismo. Il suo nuovo terapista stava scavando a fondo nel suo
inconscio e stavano emergendo altri abusi subiti nell’infanzia.
Barbara era l’amore che aveva sempre cercato, ma era stata proprio lei ad accorgersi che
il partner aveva dei problemi interiori non risolti e lo aveva spinto a farsi aiutare. Una volta
arrivato alla soluzione sarebbe guarito, ma il cammino che stava facendo in quel momento
era dolorosissimo. Restò molto turbato, nel conoscere la verità. Provava affetto per Giulio,
in fondo, forse, era ancora un po’ innamorato di lui.
Poi si mise a riflettere su Barbara. Quella donna aveva davvero un gran coraggio. Era
pronta a soffrire e veder soffrire il suo compagno, pur di aiutarlo a risolvere i propri traumi.
E si leggeva negli occhi di entrambi quanto amore provassero l’uno per l’altra.
Voleva bene a Giulio ed era felice che avesse accanto una persona così. Era un ragazzo
speciale e meritava di amare ed essere amato.
E fu quello che disse a Barbara appena gli capitò di restare soli a parlare. Lei era a
conoscenza di tutto ciò che era successo in passato. “Tu lo fai felice. Sono contento che
abbia trovato una come te”. “Ma dai!”, rispose lei. “Lo so che sei geloso. Si vede da
lontano un miglio che hai ancora una cotta per lui!”. Tanta franchezza meritava altrettanta
onestà. “È vero, credo che non mi passerà mai. Ma sono sincero. Provo così tanto affetto
per lui che la cosa più importante, per me, è vederlo felice”.
Fu quella sera che fra i due si stabilì un legame molto forte.
Barbara ha posato per Michel
“Una canzone che non fa rabbrividire non è una buona canzone”.
Bono Vox U2

CAPITOLO 9

NUOVI E VECCHI AMICI

Rinnovare il legame con Giulio fu fonte di gioie e dolori. La gioia di avere di nuovo nella
sua vita una persona a cui voleva un gran bene ed il dolore di scoprire che nulla era
cambiato. Provava per lui quegli stessi sentimenti che la distanza aveva sopito, ma non
cancellato.
Ma stabilirono da subito un legame molto franco e, senza mentire gli confessò di essere
ancora innamorato di lui, ma, con la maturità, avrebbe cercato di gestire la cosa perché
non voleva perderlo di nuovo. Giulio, dal canto suo, gli ribadì, con estrema onestà che a
suo tempo non se la sentì di iniziare una storia con lui per il semplice fatto che non
provavano lo stesso sentimento: “C’era moltissimo affetto e, non lo nego, una grande
attrazione. Se tu non fossi stato innamorato, avremmo potuto avere un flirt, ma tu lo eri e
io non potevo rischiare di farti del male”, gli spiegò. Poi aggiunse: “Ma se allora era
difficile, adesso è impossibile. Ora sono innamorato come mai lo sono stato”.
Michel sorrise e lo ringraziò per la sincerità. “Lo avevo capito, non ti preoccupare. Ma non
voglio che ci perdiamo di nuovo. Io voglio averti vicino a me e Barbara mi piace, se ti fa
felice, va bene così”.
Sì, Barbara gli piaceva davvero. Soprattutto perché le leggeva negli occhi quello stesso
amore che provava lui per Giulio. E poi perché era così forte e coraggiosa da riuscire ad
aiutarlo, ma, al contempo, fragile e vulnerabile. Era già capitato che si scambiassero
confidenze e Michel aveva notato in lei quell’insicurezza che si sforzava di mascherare.
Inoltre, e questo lo trovò quasi comico, di sicuro paradossale: era attratto da lei!
Quando gliene parlò, lei rise: “Certo, perché vorresti essere al posto mio, nel letto di
Giulio!”.
Magari, in parte, era anche vero, ma c’era qualcosa in lei che prescindeva da quello che
provava per l’amico. La buttò anche lui sullo scherzo: “No, magari in mezzo, fra voi due!”.
Lei arrossì e lui, accarezzando quell’idea, si sentì eccitato.
Si stabilì un rapporto di complicità e confidenza, che, a volte, sfociava nel flirtare. Si
scambiavano effusioni, gesti di affetto, e, spesso si stuzzicavano a vicenda.

Il gruppo di Michel cominciò a suonare spesso ai concerti organizzati dall’associazione di


Giulio e lui provava sempre una piccola fitta di gelosia nel vedere Diego seduto al posto
che, in passato era stato il suo. Tuttavia quel ragazzo, a pelle gli ispirava moltissima
empatia. Era un tipo molto gioviale, con un bellissimo sorriso che mostrava spesso. Era
spontaneo, spiritoso e gli piaceva anche il suo modo di suonare la batteria. Siccome la
simpatia era corrisposta, un giorno dopo l’altro, divennero amici.
Diego gli confessò che adorava il suo modo di suonare: “Io non sarò mai così bravo”,
disse, con estrema sincerità. In effetti anche i ragazzi della sua vecchia band pensavano
che, se Diego stava migliorando concerto dopo concerto e stava diventando davvero un
ottimo batterista, Michel era e restava, comunque, un fuoriclasse.
In occasione di una serata/evento con cover di Claudio Baglioni, organizzata per
festeggiare un giovanissimo amico dell’associazione a cui Giulio era molto legato, e che
era fan del cantante romano, tutti i ragazzi scelsero un brano da eseguire. Non si sa bene
come capitò che Diego e Michel fossero abbinati per cantare Porta Portese. Pur essendo
entrambi batteristi, conoscevano la musica e, di conseguenza, strimpellavano la chitarra.
Ne uscì una performance molto simpatica, la erre moscia di Michel e il romano verace di
Diego: uno spasso! Quella situazione contribuì a consolidare molto l’amicizia fra i due e il
primo ad esserne felice fu proprio Giulio.

Diego era, come detto, un ragazzo adorabile anche se, a volte, un po’ immaturo. La sua
impulsività lo portavano spesso a dire o fare la cosa sbagliata. Sentimentalmente era
legato a Marco, dopo molte avventure e due storie che lo avevano ferito. Forse proprio per
spirito di rivalsa verso chi lo aveva fatto soffrire, aveva preso inizialmente con superficialità
la relazione con Marco. La paura di essere nuovamente deluso cercava di non farsi troppo
coinvolgere, ma proprio questo suo atteggiamento metteva a dura prova la coppia. A
Diego sembrava che Marco fosse un po’ sfuggente e imputava questo comportamento
come mancanza di interesse nei suo confronti. L’altro lavorava nel mondo delle sfilate di
moda e lui era fermamente convinto che lo tradisse ad ogni occasione. Si sbagliava. Ma
questo lo portò ad essere lui a tradire, appena si presentò l’occasione. Dopo varie
vicissitudini, i due trovarono la quadratura del cerchio e quando Michel ebbe modo di
conoscerlo meglio, era perdutamente innamorato. Questa cosa facilitò il rapporto di
amicizia perché eliminò eventuali equivoci.

Tuttavia ad entrambi piaceva flirtare innocentemente. Un altro a cui piaceva era Max.
Infine anche Barbara non disdegnare di civettare un po’. Il gruppetto cominciò a
frequentare il Gay Village assiduamente e si scatenava in pista, senza farsi mancare un
po’ di sano divertimento nel provocarsi l’un l’altro. I quattro erano anche dei grandissimi
pettegoli, perciò si auto affibbiarono il nome di “Troiette malefiche”.
Diego dipinto da Michel

Entro brevissimo tempo quegli amici divennero parte fondamentale della vita di Michel e fu
con loro che si confidò quando lo chiamò Fabien e quando iniziò la sua nuova love-story.

Un giorno il fratellastro gli telefonò. Era spaventato ed esordì chiedendo: “Eri serio quando
mi hai detto se hai bisogno, chiamami?”. “Certo che ero serio, che succede?”, rispose
preoccupato.
Fabien gli spiegò di essere stato avventato. Aveva preso a frequentare, di nascosto, un
locale di Abidijan riservato agli omosessuali. Ma, ovviamente, era mal visto sia dagli
omofobi, che dagli islamici ed anche dai cristiani. “Tu non puoi immaginare com’è qui”, gli
disse impaurito.
Il locale era stato preso d’assalto e devastato e se la polizia aveva fermato gli aggressori,
era altrettanto vero che aveva schedato anche tutti i frequentatori con l’accusa di rissa.
“Capisci questo cosa significa?”, piagnucolò sull’orlo di una crisi di nervi. Certo che Michel
capiva. Gerard lo sarebbe venuto a sapere e si sarebbe comportato come aveva fatto con
lui.
“D’accordo, calmati”, lo rassicurò. Non tentò neppure di suggerire al fratellastro di
affrontare il padre. Anche se lo conosceva poco aveva capito che non era un ragazzo
coraggioso e, in fondo, con Gerard, non ce l’aveva fatta neppure lui. Andava trovata
un’altra soluzione. Tanto più che il ragazzo gli aveva confessato che non ne poteva più di
stare in Africa, che avrebbe voluto tornare in Europa ed aveva mandato dei curricula per
cercare lavoro in Francia. Una società di architettura di Nîmes lo aveva contattato per
offrirgli un contratto. Ma al patrigno non lo aveva ancora detto, aveva paura che non lo
avrebbe lasciato andare.
“Sei maggiorenne, non può impedirtelo”, gli disse.
“Anche mia madre non è d’accordo. Vuole che resti qui con loro. Non ce la faccio a
combattere con tutti e due. Io scappo di nascosto, una notte, mentre tutti dormono”.
Michel sorrise all’idea di quella scena da film. Lo trovò infantile ma gli fece anche
tenerezza.
“Non fare cazzate. Non sei solo, ok? Vengo a prenderti”. Aveva capito che, in fondo,
aveva solo bisogno di un alleato.
La mattina seguente parlò con sua madre, prese qualche giorno di permesso al lavoro e si
fece aiutare dagli amici per organizzare il viaggio. Non c’era tempo da perdere. Gerard, da
un momento all’altro, avrebbe scoperto la vera natura del fratellastro e lo avrebbe umiliato
come aveva tentato di fare con lui. Voleva evitarglielo.

Due giorni dopo atterrò all’aeroporto di Abidijan con in tasca due biglietti di ritorno per
Roma. Fabien andò a prenderlo e stabilirono un piano per perdere meno tempo possibile
in discussioni. Aveva già preparato quello che voleva portarsi in Europa e lo aveva
nascosto nell’armadio della sua camera, chiuso a chiave.
Arrivarono a casa mentre era presente soltanto Nadine, così avevano organizzato. Prima
di entrare Michel notò che Fabien tremava di paura. Gli strinse la mano “Andrà tutto bene,
capito? Stai tranquillo, ci sono io”.
Salutarono la donna, che si stupì non poco per quella visita inaspettata. “Sei venuto a
trovare tuo padre?”, chiese ingenuamente. “No”, rispose. “Sono venuto a prendere Fabien
per portarlo in Europa. Dovreste essere orgogliosi di lui, lo hanno cercato per offrirgli un
lavoro e invece sento dire che lo ostacolate. Sono venuto ad offrirgli il mio appoggio, visto
che qui nessuno glielo dà”. Si era preparato il discorso ed aveva prodotto l’effetto sperato.
Nadine restò di stucco. Mentre si riprendeva dallo shock, Michel invitò il fratellastro ad
andare a prendere le sue cose.
Il resto del programma prevedeva: rientro a casa dei fratellini e addio strappalacrime,
infine arrivo di Gerard – la parte più difficile.
Anche questi restò di stucco nel trovare a casa propria il figlio di primo letto. I ragazzi non
fecero a tempo a spiegare perché Nadine gli andò incontro sconvolta e lo aggiornò in
modo concitato.
Nessuno si soffermò a pensare a quando era nata la confidenza fra i due giovani tanto
erano impegnati ad incassare il colpo basso di quella situazione.
Gerard non si scompose. “Pensi davvero di sapertela cavare da solo? Allora vai”.
Era stato più facile del previsto.
“Ah, ricordati però: tu non hai più una famiglia. Non vedrai mai più i tuoi fratelli. Qualunque
cosa succeda, dimenticati di noi”, poi si voltò verso Michel: “E anche tu”. Con un moto di
orgoglio pronunciò una frase con non pensava davvero: “Cosa cambia? Non ci sei mai
stato”.
Aiutò Fabien a prendere le valige e lo vide titubare. Sapeva cosa lo turbava, l’idea di non
rivedere mai più i suoi fratellini. Si avvicinò a lui, gli appoggiò una mano sul braccio e,
accostando la bocca al suo orecchio, gli sussurrò: “Quando saranno più grandi gli
spiegherai. Coraggio, è la tua vita, non puoi mollare adesso”. Si voltò verso di lui, come a
cercare nel suo sguardo il coraggio che gli mancava e Michel gli sorrise. Prese le sue
valige e si avviarono alla porta. A Gerard non sfuggì quella scena e, improvvisamente,
rimise insieme i pezzi. Mentre uscivano lo richiamò: “Sei frocio anche tu?”. Aveva
volutamente usato quel termine, pronunciando quella parola con disprezzo. Michel gli
bisbigliò: “Non rispondere”.
Fabien si fece improvvisamente spavaldo e si voltò verso il patrigno con un’espressione di
sfida: “Sì. Ah, e, per la cronaca, ci siamo scopati come se non ci fosse un domani!”.
Michel, nonostante la drammaticità della situazione, stava per scoppiare a ridere e dovette
controllarsi.

Durante il volo verso Roma, Fabien era silenzioso. Michel gli tenne a lungo la mano e lo
invitò a sfogarsi. Quello che era appena accaduto sarebbe stato troppo per chiunque, a
maggior ragione per un giovane timido e timoroso come lui.

Lo tenne stretto mentre piangeva, lo consolò e rassicurò. Quel ragazzo gli ispirava
un’infinita tenerezza.
Sarebbe restato a casa sua per qualche giorno, mentre prendeva contatto con la società
di Nîmes. Dopo aver cenato erano entrambi esausti e si mise a preparagli il divano letto in
soggiorno. Fabien gli arrivò da dietro: “Facciamo l’amore?”. E cominciò a toccarlo. Michel
dovette far appello al tutto il suo self control per respingerlo. Non voleva approfittarsi della
sua vulnerabilità. Già una volta aveva fatto sesso con lui con i presupposti sbagliati, non
voleva ripetere l’errore, visto quanto era sensibile il fratellastro.
“Non è il caso, non complichiamo le cose”, cercò di essere saggio. L’altro non mollò ed
infilò la mano dentro ai suoi jeans facendolo sospirare. “Scopami come l’altra volta”.
Michel fece appello a tutta la sua forza di volontà. “Smettila, ti prego. Non sei in te, non
voglio approfittarmene”. “Approfitta, approfitta. Scopami e ti prometto che questa volta urlo
con tutto il fiato che ho in gola!”. Così dicendo, si piegò e prese in bocca il suo pene. A
Michel mancò il fiato e chiese: “Sei sicuro?”, ma sapeva già la risposta. Lasciò che gli
praticasse sesso orale, dopodiché gli fece quello che gli aveva chiesto e, come promesso,
l’orgasmo fu accompagnato da un grido liberatorio.

Nei giorni che precedettero la sua partenza per Nîmes gli fornì qualcosa di prezioso da
mettere in valigia: gli insegnò un bel po’ di cosette sul sesso e notò che era un allievo che
apprendeva velocemente.
Si divertì moltissimo a ritrarlo ed usarlo come modello per i suoi disegni, soprattutto fece
emergere il suo lato erotico e lo impresse su tela. La cosa eccitò entrambi che passavano
dall’arte al copulare con estrema facilità.

Lo accompagnò in Francia e si salutarono tenendosi abbracciati per un tempo


interminabile. Ormai il più giovane sapeva di poter contare sull’altro. Ma soprattutto si
sentiva così forte e sicuro di se stesso come mai era stato prima ed era consapevole di
potercela fare da solo.
Ovviamente si era preso una cotta coi fiocchi per il fratellastro, ma era l’inizio di una nuova
vita e tutto ciò che gli aveva dato, gli sarebbe servito per trovarsi presto qualcun altro a cui
rivolgere il proprio interesse.

Quando durante le vacanze estive si videro, Fabien gli presentò Luc e gli raccontò del
progetto di architettura urbanistica che gli aveva affidato il comune di Nîmes. Michel si
sentì felice, ma anche orgoglioso di ciò che aveva fatto per lui.

Fabien
“Quando sarò nella tomba, proverò una grande consolazione all'idea di essere stato
l'anello di una lunga catena e di aver aver suonato del buon rock'n'roll”.
Bruce Springsteen

CAPITOLO 10

TIRARE LE SOMME

Al compimento dei suoi 35 anni Michel fece un bilancio dei traguardi raggiunti.

Lavoro. Poteva dirsi soddisfatto. Ormai era diventato un punto di riferimento all’interno
dell’Istituto. Gli studenti si appoggiavano a lui per consigli, suggerimenti ed aiuto pratico.
Lo stipendio era discreto e gli permetteva di potersi togliere qualche sfizio, una volta
pagato il mutuo della casa.

E proprio il suo appartamento era la seconda voce in positivo. Era fiero di aver realizzato
un nido dal quale si sentiva rappresentato. Ogni tanto aggiungeva qualche pezzo di
arredamento per lo più trovato in qualche mercatino e restaurato con le proprie mani.

Arte. Era appagato dal successo avuto in varie mostre in cui aveva esposto. Riceveva
critiche positive, apprezzamenti per i suoi lavori e vendeva. Inoltre si sentiva molto
maturato come artista, più sicuro di sé e con una grossa esperienza alle spalle.

Musica. Metteva anche questa voce fra le note positive del bilancio. Non aveva raggiunto
la fama solo ed esclusivamente per una sua scelta che, a distanza di anni, non
rimpiangeva.
Ma quando si sedeva dietro alla sua batteria si sentiva vivo e felice. Provava, nel suonare,
la stessa emozione e la stessa passione di quando aveva iniziato da ragazzino. Ed ogni
volta che si esibiva arrivavano complimenti e riconoscimenti.

Amicizie ed affetti. Era circondato da persone su cui sapeva di poter contare e che
avevano un ruolo fondamentale nella sua vita. Se col padre il rapporto poteva considerarsi
chiuso, era altrettanto vero che Isabelle non gli aveva mai negato il suo amore e il suo
supporto. Non gli aveva fatto solo da madre, ma anche da padre, da sorella, da
confidente.
Aveva un fratello, che in realtà fratello non era, con cui aveva stabilito un legame che
sarebbe durato in eterno.
E poi c’erano gli amici. Tutti quelli che gravitavano intono al mondo musicale: Matteo,
Gianluca, Fulvio, Max, Diego, Barbara. E Giulio.
Ma Giulio faceva anche parte delle note negative del suo resoconto.
La voce era quella dell’amore.
Non si considerava sfortunato, ma neppure il contrario. Preso atto che l’oggetto del suo
desiderio non sarebbe mai stato suo, era arrivato a domandarsi, con gli anni, se si
sarebbe mai più innamorato così.
Quasi senza rendersene conto si era rassegnato che la risposta a quella domanda era NO
e si era buttato in storie di complicità e sesso. Iniziava relazioni con partner, sia donne che
uomini, ma, negli ultimi anni, prevalentemente con i secondi, con cui condivideva interessi,
con cui c’erano affinità e con cui andava d’accordo a letto.
Paradossalmente l’unica donna per cui, ultimamente, si era preso una cotta era Barbara e
la situazione era drammaticamente comica.

Poi conobbe Maurizio.

Michel superò i suoi standard. Maurizio era più anziano di lui di oltre vent’anni ed era
quindi molto più vicino ai sessanta che ai cinquanta. Ma ci fu immediatamente una
magnetica attrazione fra i due.

Uno dei più grossi fan club dei Queen organizzò un concorso a cui partecipavano le
maggiori cover band del gruppo. Si dovevano superare diverse selezioni, in ambito
nazionale, e i vincitori sarebbero poi andati alla kermesse finale a Londra a rappresentare
l’Italia. Matteo, a causa di problemi lavorativi, non se la sentì di prendere l’impegno. Giulio
e gli altri, al contrario, non ebbero nessun dubbio. Sapendo che Michel era libero, Diego si
fece da parte. Era consapevole dell’altissimo valore dell’amico alle batterie e reputò che,
con lui, le chances di vittoria sarebbero state maggiori. Gli altri tre compagni non
condividevano la sua scelta, ma fu irremovibile. Così, dopo molto tempo, si ritornò alla
compagine originale.

In occasione della prima fase eliminatoria fu organizzata una grande serata e Maurizio ne
era il presentatore e presidente di giuria.

L’uomo aveva alle spalle una bella carriera da speaker radiofonico e televisivo, show-man
e conduttore di eventi musicali. Aveva una tale cultura in quel campo che veniva invitato a
tenere lezioni all’Università, e si era guadagnato il titolo di Professore. Era un esperto di
rock ed ovviamente si accorse immediatamente della classe di Michel alle batterie,
strumento per il quale, tra l’altro aveva un debole.
Il livello del concerto fu altissimo e decretare i vincitori fu un’impresa non facile. Tuttavia
Giulio e i suoi si aggiudicarono la vittoria ed il passaggio alla fase successiva.
A fine gara Maurizio avvicinò i ragazzi per congratularsi e poi si soffermò qualche minuto
in più a parlare con Michel.
E così scoprì che, oltre ad essere un ottimo batterista ed un bellissimo ragazzo dal fascino
esotico, era anche una persona molto interessante. Si ritrovarono a discutere d’arte.
Maurizio era appassionato di pittura preraffaellita e si dilettava a dipingere ad acquarelli.
Michel lo invitò alla mostra che avrebbe tenuto di lì a breve. Non persero tempo,
lasciarono insieme la sala concerti, diretti a casa del giovane.
Da subito, ci fu, fra loro, una fortissima attrazione.
Maurizio non era propriamente bello, ma emanava un fortissimo carisma e sex appeal.
Chiacchierarono per tutto il tragitto, scoprendo di avere molteplici interessi in comune e,
appena varcata la soglia dell’abitazione, si ritrovarono avvinghiati l’uno l’altro.
Nonostante Michel fosse il più giovane dei due, prese l’iniziativa. L’altro ammirò, colpito,
l’estroso appartamento del ragazzo e fu colto alla sprovvista quando questi lo baciò con
impeto.
In realtà l’alchimia reciproca era stata palese da subito ed era dunque inevitabile che dal
bacio sarebbero passati a quello che seguì e che fu appagante per entrambi.
Trascorsero la notte a fare sesso e chiacchierare poi Maurizio chiese di poter vedere le
opere di Michel e non poté non apprezzare la sua vena artistica.
Nei vari discorsi che avevano affrontato in quelle ore insieme si erano confessati di non
essere in cerca di un rapporto stabile e, soprattutto, monogamo. Volevano mantenere la
propria libertà, tuttavia decisero di rivedersi e provare a frequentarsi.

La sera seguente ebbero un vero e proprio appuntamento: cena al ristorante, teatro e fine
serata, questa volta, a casa di Maurizio.

Dopodiché, avevano scoperto talmente tanti posti e cose che appassionavano entrambi,
che cominciarono ad andare a visitare mostre, provare cucine di varie etnie, assistere a
spettacoli e concerti. Inoltre facevano del sesso favoloso.
Si fecero prendere la mano e non si accorsero neppure che si stavano comportando come
una vera e propria coppia e che erano fedeli l’uno all’altro.

Quando Michel raccontò a Barbara di questo nuovo flirt, lei osservò che gli brillavano gli
occhi: “Sei innamorato?”. Non si era posto quella domanda, ma ora che lei gliela rivolgeva,
si ritrovò a pensare alla risposta. Le strizzò l’occhiolino: “Forse”.

La band passò tutte le selezioni e si ritrovò a rappresentare l’Italia nella serata londinese in
onore dei Queen. Qualche giorno prima della partenza Michel chiese a Maurizio di
accompagnarlo: “Vorrei che venissi in veste di mio compagno”. L’altro accettò, ma
sottolineò che non era il caso di dare definizioni al loro rapporto. Per lui fu una delusione.
Si era spinto a tentare di avanzare di un passo in quella relazione ed era stato
bruscamente fermato.
Tuttavia la trasferta britannica fu esaltante. Il livello artistico delle cover band partecipanti
era altissimo e loro si classificarono al terzo posto, ricevendo moltissimi apprezzamenti.
Lui si portò a casa il premio come migliore esibizione alla batteria e fu un’avventura
divertente per tutti.
Barbara ebbe modo di parlare a lungo con Maurizio e la sensazione che ne ricavò è che
Michel gli piacesse moltissimo, sotto tutti i punti di vista. “Secondo me è innamorato”,
confidò in seguito all’amico “solo che non vuole ammetterlo perché vuole mantenere in
eterno il suo ruolo da Peter Pan”. Ma, a sorpresa, stupì tutti, proponendo al giovane una
convivenza sui generis. Tenevano troppo ai rispettivi appartamenti, così concordarono di
trascorrere parte del tempo in uno e parte nell’altro, ma, comunque, insieme.

Michel dovette ammettere a se stesso che si era fatto prendere da quel rapporto più di
quanto avrebbe pensato e lo infastidiva constare che, a volte, sembrava che Maurizio lo
sfoggiasse.
Spesso partecipavano insieme ad eventi e, mentre i suoi amici erano sempre pronti ad
accogliere i nuovi partner nel gruppo, quelli di Maurizio poteva capitare che fossero più
particolari. Lui, da parte sua, dava l’impressione di pavoneggiarsi ad avere accanto a sé
quel giovane affascinante e talentuoso.
Poi, una sera, capitò qualcosa che irritò particolarmente Michel. Nel suo vantarsi del
compagno Maurizio non si rese conto di aver incuriosito tutti. Ad una festa di discografici
ed altri personaggi dell’ambiente musicale, diverse persone si interessarono a lui. E se
qualcuno gli faceva proposte per dei provini o si interessò alla sua musica, altri gli rivolsero
avances, più o meno pesanti. Alla terza persona che azzardò una profferta sessuale
esplicita il ragazzo perse la pazienza. Si avvicinò a Maurizio e gli comunicò che avrebbe
abbandonato la serata per andarsene a casa. Non aspettò neppure la sua risposta ed uscì
dalla porta.
L’altro lo seguì e, raggiuntolo in strada, gli chiese spiegazioni. Sfogò tutta la sua
frustrazione per essere stato vittima di molestie e, inaspettatamente, Maurizio lo abbracciò
e, guardandolo molto seriamente, gli disse: “Mi dispiace. Hai ragione, ce ne andiamo. Io
vengo via con te, non mi importa di questi stronzi. Mi importa solo di te. Io ti amo”. E lo
baciò.

Da quella sera la loro relazione svoltò. Decisero di ritenersi impegnati e si promisero


fedeltà.
Per qualche tempo fu un rapporto bellissimo. Vivevano insieme, avevano moltissimi
interessi che li univano, ridevano, parlavano, facevano l’amore. Nessuno dei due sentiva
la necessità di cercare distrazioni al di fuori della coppia.

Ma se Michel era il tipo capace di prendere e tener fede ad un impegno, l’indole di


Maurizio non lo portava a mantenere a lungo la monogamia, si definiva un impenitente
infedele.

Maurizio, a dispetto della sua età, era un eterno ragazzo perciò viveva le sue scappatelle
in maniera smaliziata. Per Michel, quindi, non fu affatto difficile accorgersi di quanto stava
succedendo.

Gli perdonò la prima perché era nella sua natura concedere una seconda chance.
Alla seconda gli comunicò la sua decisione di tornare a vivere ognuno nel proprio
appartamento.
Tuttavia, alle continue pressioni dell’altro, acconsentì a continuare a frequentarsi. Quando
non si vedevano gli mancava e adorava trascorrere del tempo con lui. Per non parlare del
sesso. Ogni volta che erano insieme non riusciva a stargli lontano, sentiva prepotente il
desiderio di fare l’amore con lui.

Con l’andare del tempo, però, si rese conto di essere troppo coinvolto da quel rapporto
senza un reale futuro. Maurizio gli disse chiaro e tondo che non aveva intenzione di
rinunciare alla propria libertà e che quello era il massimo che poteva offrirgli.

In un primo momento Michel decise di chiudere la storia poi ci ripensò.


Perché privarsi di una compagnia che era piacevole e interessante? Di una persona con
cui era bello trascorrere il tempo a chiacchierare, scherzare, uscire e fare sesso? Era
riuscito a tenere sotto controllo i sentimenti provati per Giulio, poteva farsi passare la cotta
per Maurizio. Da quel momento in poi avrebbe dato ciò che avrebbe ricevuto. Tutto qui.
Ricominciò a frequentare anche altri uomini. E donne.
EPILOGO

“Se fai rock'n'roll, hai il dovere di vivere alla grande”.


Rod Stewart

La musica di Gloria Gaynor accompagna le danze scatenate di Michel e i suoi amici.


Si volta verso il tavolino dove è seduto Maurizio, che gli rivolge un sorriso. Lui gli strizza
l’occhiolino e, come provocazione, si stringe fra Max e Barbara in un ballo sensuale.

Paradossalmente, da quando ha cominciato ad adeguarsi al tipo di rapporto che Maurizio


desiderava, questi si è impegnato maggiormente nel portare avanti la loro relazione. Gli
riserva attenzioni, che fino a quel momento non aveva avuto, lo cerca sempre, e gli ha
chiesto di accompagnarlo, come partner ufficiale, ad una serata per lui particolarmente
importante.
Il ragazzo pensa, fra sé e sé, con soddisfazione, che è proprio vero che in amor vince chi
fugge.
Non aveva più aspettative da quell’unione. Ma adesso non esclude che possa avere
un’evoluzione in positivo.
È ancora giovane, ma già molto disilluso. Ha amato per molto tempo Giulio e non ha avuto
da lui che una notte di passione.
Ha subìto, come tutti, le sue delusioni: Jan, Emma.
È stato protagonista di belle storie: Cristina, Javier, Erica.
Ed aveva puntato, e, momentaneamente, perso, sul rapporto con Maurizio.
È giovane, sì, ma ha già la netta sensazione che a lui non spetterà vivere un grande
amore.

E allora si accontenta di eccellere in tutto il resto. Come batterista, a detta di tutti, è un


fuoriclasse, come artista si sta togliendo molte soddisfazioni e come amante non ha
certamente nulla da rimproverarsi. Riesce a trarre il massimo del piacere dal sesso e a far
godere, indistintamente, uomini e donne. Lavoro e affetti completano quel bel quadro.

Si volta nuovamente verso Maurizio, per accertarsi che lo sia guardando. E, con malizia,
continua a strofinarsi ora a Diego, ora a Barbara, ora a Max, in un ballo erotico.
Non sa se la reazione che vuole provocare è di eccitare Maurizio o farlo ingelosire, ma
visto ciò che accade, quando rientrano a casa, ottiene entrambi i risultati.
Dopo aver fatto sesso bollente e scatenato, l’uomo lo guarda seriamente e gli dice: “Ti
amo, vorrei che ci riprovassimo davvero”.
Michel non risponde, si abbandona fra le sue braccia, sorridendo. Si addormenta.

Quella notte sogna di essere il protagonista di un triangolo amoroso e fare l’amore con
Giulio e Barbara.
FINE
AGGIORNAMENTO

Sono trascorsi sette mesi dalla data della prima pubblicazione di questo libro.
Nel frattempo Michel ha conosciuto, tramite il suo lavoro all’Istituto Francese, un giovane
assistente di volo tedesco, Peter.
Fra i due è scoccata immediatamente la scintilla!
È molto gradevole vederli insieme: l’uno scuro di occhi e con una folta criniera bruna,
l’altro biondo, delicato e con due dolcissimi occhi azzurri.

Chissà se il “nostro” Michel avrà finalmente trovato l’amore?!

Ovviamente Peter è stato subito messo su tela…


SOMMARIO:

AFORISMI

PREFAZIONE

INTRODUZIONE

CAPITOLO 1 – L’infanzia e l’adolescenza

CAPITOLO 2 – L’arrivo a Roma

CAPITOLO 3 – La Band

CAPITOLO 4 – Inquietudine giovanile

CAPITOLO 5 – La consapevolezza

CAPITOLO 6 – Si volta pagina

CAPITOLO 7 – L’eccellenza

CAPITOLO 8 – Incontri

CAPITOLO 9 – Nuovi e vecchi amici

CAPITOLO 10 – Tirare le somme

EPILOGO

AGGIORNAMENTO

LE IMMAGINI DI COPERTINA

Potrebbero piacerti anche