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scritto da K.
revisionato da PDW
Introduzione
Questo manualino tripartito è un’introduzione ad alcune tecniche di sopravvivenza molto
basilari. Andando a esclusione, contiene molti spunti utili di tecnologie primitive che non
c’entrano con l’allevamento e itticoltura, ortoricoltura da terra o da balcone e coltivazioni
idroponiche e acquaponiche, algacoltura, funghicoltura, patologie di animali e piante,
primo soccorso, manuali dell’esercito/marines/alpini, ricette molto semplici, trappole per
animali e manualini elementari del piccolo chimico. Per questi topic, si rimanda a delle
pubblicazioni cartacee ad hoc. Se queste risorse sono trovate online e sono già buone, tale
per cui non serve prendere appunti, basta stamparle possibilmente in duplice copia e
conservarle in un posto sicuro. Qualora serva inserire delle aggiunte, queste ultime si
possono mette inframezzando il libro con dei fogli contenenti le aggiunte scritte in grafia
leggibile. Le tecnologie e spunti in questo manualino sono pensate per essere attuate in
contesti anche piuttosto estremi, per esempio se per una pandemia informatica saltano
tutte e tre le utenze (acqua, luce e dunque anche internet e le app di home banking, gas)
e bisogna o razionare l’energia accumulata con gli eventuali pannelli solari e/o la benzina
dell’automobile, tale per cui non ci potrà spostare liberamente in giro (ammesso che i
militari nelle strade principali e zone metropolitane lascino spostare la gente liberamente
sia di giorno che di notte).
In simili situazioni, sarà necessario anche impostare delle comunità autosufficienti e in cui
circolino le informazioni necessarie a svolgere attività, scambiarsi oggetti barattati o
chiedere assistenza. Bisognerà anche resistere all’eventuale impatto di orde di zombi
(gente impreparata e dall’aspetto scavato, lacero, sporco e ferito che vaga gemendo e
chiedendo aiuto) che, in massa, scapperanno dalle città nelle campagne e paesetti in cerca
di aiuto. Per simili problemi legati perlopiù alla gestione comunitaria, si rimanda alla
sezione ad hoc, messa dopo le tecnologie primitive ma non secondaria per importanza.
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Il manuale in questa prima versione contiene 170 capitoletti/tecniche e spunti.
Picchiare la superficie con una pietra fino a creare un incavo abbastanza largo
da infilarci le dita per prendere e togliere oggetti
Prendere un palo dal diametro largo quanto l’incavo, legarci intorno delle pietre
per creare peso, buttare sabbia e/o sassolini nell’incavo, metterci il palo e
girarlo in modo da trivellare la pietra
Una strategia più semplice per mortai piccoli è quella di battere una pietra di
modeste dimensioni con un’altra pietra: https://www.youtube.com/watch?
v=3MV3uL69w5s
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Bagnare la pietra da levigare e la superficie liscia e iniziare a strofinarla con
entrambe le mani sulla pietra liscia per levigarla e smussarla fino a ricavarci
una punta. Ci si può aiutare mettendo sassolini e sabbia sulla superficie liscia,
così aumenta l’attrito e lo smussamento, che può prendere almeno un’ora.
Se non ci sono le utenze e salta la logistica e dunque non si può accendere un fuoco in
modo automatico con un fornello elettrico o a gas, ci sono tanti modi di accendere un
fuoco:
con un fuoco già acceso: i fuochi già accesi non si sprecano mai
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affilata di alcune lame di coltelli sono di acciaio al carbonio. Se non si ha
nessuno striker, le due pietre focaie si colpiscono tra loro sul panno
carbonizzato. Una tra le pietre migliori è la pirite.
Con un bastoncino non troppo sottile sfregato con forza su un altro bastoncino
secco e con un foro. Il bastoncino di base è secco, è sottile (o si assottiglia con
un coltello se è legno arrendevole) e ha un buco inciso con una lama o simili,
ex. una pietra appuntita in cima. Nel buco, deve entrare il secondo bastoncino
per l’accensione; il bastoncino base deve essere secco e tenuto fermo con un
piede o con il ginocchio (si accende stando inginocchiati o seduti) e non deve
essere di legno grasso/resinoso: niente conifere (hanno le foglie modellate
come degli aghi), cicuta, pino, abete rosso, abete bianco, ginepro e larice, bensì
legno non resinoso e modellabile, al punto tale che se ci premi contro l’unghia
resta il segno. Tra i legni utilizzabili ci sono per esempio il tiglio, il pioppo
tulipano e il cedro. Il bastoncino per l’accensione (perno/spindle) deve essere
secco, scortecciato e limato se ha dei nodi: devi passarci sopra i palmi delle
mani e deve roteare liberamente. Il perno dunque si sfrega con forza con tutta
la mano (dal palmo alle dita) e pressando più volte, fino anche a una dozzina di
volte. Pressando, le mani scivoleranno verso il basso: è normale. Sotto al buco
si predispone una foglia secca, un pezzo piatto di corteccia secca o simili. Si
creeranno dei trucioli infiammati che si depositano sulla foglia secca. Essi si
buttano in un bandolo di esche secche per accendere il fuoco (“tinder”):
muschio secco, trucioli di legno, polvere di segatura, erba secca, paglia, pelo
del tronco di palma, aghi di pino secchi, corteccia secca, rametti sottilissimi
secchi, fibre secche di corda di iuta, la parte superiore e morbida di funghi
secchi che crescono sulla corteccia delle betulle (sono pure sbriciolabili),
pezzettini sottili di cartone non umido, alcol o vino, cera, resina e legno
resinoso, cotone imbevuto di alcol e simili, benzina o petrolio… Le esche umide
e magari anche marcite sono inservibili. Quando l’esca a base di legno secco
prende fuoco, si copre tutt’intorno con le mani e ci si soffia sopra. Questo
metodo si chiama “trapano a mano” (hand drill), termine che si può confondere
con l’omonimo attrezzo.
Con la sega a fuoco (fire saw): si sega una canna di bambù abbastanza grossa,
si gratta via la sua pelle e si apre in due verticalmente (per capire come si
maneggia il bambù, vedere il paragrafo apposito sul bambù). Una delle due
metà si perfora all’interno (ma la punta del coltello non deve andare oltre la
corteccia) e si incide con un taglio orizzontale all’esterno proprio in
corrispondenza del buco. In questa metà incisa si mettono dei trucioli e simili
esche per il fuoco. Le due metà si incastrano tra loro grazie all’incisione
all’esterno come se fossero due bastoni che formano una croce e quella con
l’esca dentro si sfrega spostandola su e giù, come se si stesse lavando un
panno o segando un oggetto. La frizione crea calore che poi si trasferisce
all’esca, che inizierà a fumare e prendere fuoco. Per avere più chiara
l’immagine, guardare il video.
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Come accennato in precedenza, il legno resinoso è quello che al suo interno
contiene resina, se si taglia si notano le chiazze di resina e il profumo
caratteristico ed è adatto ad essere bruciato e non per costruire. Degli esempi
base sono il legno delle conifere (hanno le foglie modellate come degli aghi e
sono “portatrici di coni” e pigne in un primo momento chiuse) come il pino, la
sequoia, il ginepro e il peccio, poi la cicuta, abete rosso, abete bianco e larice,
bensì legno non resinoso e modellabile, al punto tale che se ci premi contro
l’unghia resta il segno. Tra i legni utilizzabili ci sono per esempio il tiglio, il
pioppo tulipano e il cedro.
Con una pietra affilata, si possono scavare delle tacche in un lato per renderlo
leggermente seghettato.
Metti la resina fusa nell’apertura, inserisci poi la lama di osso e lega il tutto in
modo stretto con delle fibre.
Prendere un pezzo singolo di conchiglia (si pensi a quelle che, quando si aprono,
contengono la perla) e prendere una pietra liscia che viene bagnata. Posizionarci sopra
la conchiglia con la parte concava verso il basso (è come vedere una cupola) e
sfregarla avanti e indietro per rendere il bordo affilato e tagliente. Dopodiché girarla e
continuare ad affilare il bordo. Con il bordo, si possono tagliare oggetti. La lama è più
tagliente se si cosparge di olio o simili materiali.
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Prendere un grosso mortaio dall’apertura piuttosto larga, metterci dentro una quantità
non eccessiva di grano sgusciato, prendere un bastone cilindrico e pestare con forza
finché il grano diventa polvere.
L’acqua piovana si rende potabile innanzitutto proteggendola dagli insetti come detto
in precedenza. Se c’è sporco all’interno, si lascia depositare in fondo. L’acqua limpida
dunque si sversa senza che si versi anche lo sporco. L’acqua limpida si può
successivamente filtrare attraverso un panno pulito. Dopodiché si bolle. Bollendo, i sali
minerali restano comunque. Se si bevesse sempre e solo acqua distillata, ci si
priverebbe di essi e rischierebbero dei cali pericolosi per la salute, se non la morte
dopo anni di privazioni. Per capire come integrarli, vedere il capitolo sulle ricette
(contiene delle dritte sull’alimentazione e anche sul sonno minimo e idratazione
minima standard).
La sabbia ha vari usi (si può usare nel produrre il cemento, in siderurgia, in
agricoltura, per togliere la ruggine grazie al suo attrito/frizione o per produrre una
cella frigorifera rudimentale con un doppio vaso) e si può sia raccogliere che produrre.
La sabbia della spiaggia si usa anche per produrre il vetro. La sabbia si può ottenere
macinando i sassolini con un enorme macina-pietre apposito o con un macina-pietre
più piccolo. Come terza alternativa, la sabbia a mano se si mettono i sassolini in un
contenitore simile a un enorme barattolo di ferro e si pestano con un martello con un
lungo manico e la punta cilindrica e spessa; si muove su e giù, come se si stesse
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pulendo un camino dalla fuliggine o se si stesse sturando un gabinetto con la ventosa.
Le pietre più friabili sono quelle che si rompono prima.
La farina si può anche produrre con una macina primitiva ottenibile dalla pietra
scalpellata oppure da due forme ottenute modellando il cemento attraverso delle
formelle. La prima in basso ha la superficie liscia e un perno in mezzo, mentre la parte
superiore ha la base liscia e un foro, tale per cui si incastra con il perno in basso. In
più, in cima, c’è una manovella inserita in un buco, così la parte superiore si gira a
mano in senso circolare. Così facendo, con il suo peso e movimento, macina i chicchi
messi tra i due componenti. La farina esce fuori da dove è stata inserita e si deposita
tutt’intorno alla macina, ragion per cui si mettono per esempio delle foglie verdi pulite
o delle tovaglie sotto alla macina. Le foglie sono visibili in
https://www.youtube.com/watch?v=otbI0qN377M . Oppure si mette un tavolo con
una parte segata per raccogliere a mano la farina e farla cadere in un contenitore:
https://www.youtube.com/watch?v=5WbYu9XHQPw .Si può usare per macinare
grano, riso e soia in modo da ottenere questi due tipi di farina. Se si modifica
mettendoci tutt’intorno un canale che raccoglie liquido che termina con un beccuccio
incurvato verso il basso o con un buco (si immagini uno spremiagrumi), si può usare
proprio per raccogliere liquido che si accumula nel canale tutt’intorno alla parte
inferiore e che converge nel beccuccio/buco per poi riversarsi in un secchio messo
sotto. In tal modo, si possono spremere le olive lavate e snocciolate e ottenere l’olio
d’oliva. Se questo canale è pendente verso il basso, il liquido vi scorre meglio. Altre
macine apposite sono https://www.youtube.com/watch?v=SJsx1o1EFGM .
Lasciare sgocciolare al sole. Nella tovaglia resterà solo l’argilla, che si impasta
con acqua per creare un impasto denso (non liquido e fangoso) che si usa per
creare scodelle e vasi, forni, superfici bucherellate, rinforzi per giunture di
canne di bambù nei sistemi di irrigazione, tappi per le canne di bambù quando
non serve raccogliere acqua ecc.
In tutti gli altri casi, l’argilla pura è direttamente pronta all’uso; casomai, se è
piena di impurità come sassolini o rametti secchi, si setaccia e filtra prima
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dell’uso. L’argilla pura si riconosce vedendola in foto, per esempio, e può essere
disponibile anche in polvere se il clima la rende secca e friabile.
https://www.youtube.com/watch?v=3Mhtd8mFwNM
Prendere dell’argilla, bagnarla poco (l’impasto deve essere denso, non liquido o
fangoso) e, in base a quello che si vuole creare, modellare dei dischi molto
spessi o dei cilindri molto spessi messi in piedi.
Viene anche costruito un forno rudimentali con tre sporgenze su cui poggiare le
pentole di argilla e un buco in basso per la brace in
https://www.youtube.com/watch?v=_YDuLCIzbN4
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Per fare siderurgia serve un forno per fondere i metalli, un cilindro vuoto in
ferro per raccogliere il metallo da fondere, carbonella da ardere e del metallo
come materia prima in pezzettini o pallini (o anche pezzi di ferro vecchio e
ripulito dalla ruggine o monete come gli euro di rame o ottone e le lire di
nichel); il ferro si può fare a pezzi prendendolo a martellate se è un pezzo
sottile e vecchio, per esempio. I pezzi sono messi in un contenitore rotondo
preso con le pinze e messi in mezzo alla carbonella accesa. Per fondere i
metalli, servono alte temperature (da metallo a metallo, possono cambiare: per
esempio, lo zinco si fonde a una bassa temperatura). Quanto alla forma
dell’oggetto, si riempie un contenitore di sabbia bagnata o oliata e si compatta
il più possibile. Dopodiché si prepara la formella/matrice con un qualunque
oggetto che ha la stessa sagoma di quello che si vuole ottenere (sennò si
produce in legno o argilla poi asciugata o si scava con il dito, per esempio) e si
imprime nella sabbia. Nella parte scavata dalla formella nella sabbia, si versa il
metallo fuso. Dopo alcuni minuti di attesa, quando si solidifica, il pezzo di
metallo si estrae dalla sabbia con un paio di pinze e si versa nell’acqua fredda.
Se ha sbavature esterne solidificate, si staccano a martellate con martelli o
pietre. Se il pezzo di metallo è ruvido e si vuole lisciare, si può limare
sfregandolo su una superficie liscia, per esempio una pietra liscia. Se è una
lama, si può affilare. Se si vuole fare un buco parziale in mezzo all’oggetto, in
modo tale che per esempio si può fissare a un manico, mentre si cola il metallo
si inserisce un bastone in mezzo.
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ossidrica o simili nel punto di attaccatura); se serve, si martella nel punto della
saldatura.
Quanto infine al contenitore spesso per raccogliere il metallo fuso e che si infila
in mezzo alla carbonella ardente, si ottiene ricavando la sagoma per esempio
dal cemento (è resistente alle alte temperature) e riempiendola direttamente di
pezzettini di ferro che, fondendo, si modelleranno a forma di cilindro vuoto. Il
principio è l’inverso della forma scavata nella sabbia: nella sabbia, si scava la
figura, mentre in questo modo si modella il cemento lasciando libero lo spazio
per la figura. Con quest’altro metodo si può creare anche altro.
La formella per mattoni e con due piccoli manici in cima si può anche produrre
in argilla: una volta seccata, non si sfalda se si usa per produrci mattoni in
argilla o cemento dalla forma ben fatta (https://www.youtube.com/watch?
v=FwRFH7MH5N0 ). I mattoni si asciugano al sole e/o impilandoli intorno a un
fuoco acceso; se piove, si mettono sotto a un riparo.
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vetro di un’automobile si può usare per affilare un coltello, basta abbassare il vetro.
Anche il fondo di una tazza di ceramica offre una superficie per affilare il coltello.
https://www.youtube.com/watch?v=I9KHul8PdMY (idem)
Produrre un pozzo
https://www.youtube.com/watch?v=-9-6259glPE
Nel video, da metà circa, viene anche prodotto un depuratore d’acqua dopo il pozzo.
Quanto al pozzo, si trova una location adatta e si scava per terra un buco profondo
poco più di una persona, in modo tale da poter essere sollevato da un compagno per
uscire; altrimenti, si scava un pozzo stretto in modo tale da poter uscire mettendo
mani e piedi sulla parete e arrampicandosi; come terza alternativa, si usa una corda
legata a qualcosa di solido o tenuta in mano da un compagno per risalire. Prima di
scavare, bisogna avere pronti dei mattoni di cemento e la sabbia con calcina per
fabbricare il cemento tramite il mescolamento con acqua (ma, se è troppa, esce solo
della fanghiglia inutile). Una volta che si scava fino alla profondità desiderata o finché
non si incontra l’acqua (il fango eventuale si toglie con un secchiello), le pareti si
foderano di mattoni messi in cerchio (niente cemento). Dopo che si fodera tutta la
parete esterna, si costruisce il muretto esterno circolare del pozzo e stavolta i mattoni
sono saldati con cemento. Questo muretto serve in primis per motivi di sicurezza
siccome qualcuno potrebbe cadere nel pozzo. Il pozzo si usa insieme a un secchio
calato tramite una corda. Al pozzo si può aggiungere un argano (anche solo un pezzo
di ferro piegato tre volte che funge da manovella) messo su due sostegni di stessa
altezza piantati nel suolo e a cui è collegata la corda. Si può aggiungere anche un
blocco sottile di argilla o cemento o legno come copertura quando non si vuole
riempire o per evitare che gli insetti ci entrino dentro o che qualcuno si arrampichi e ci
caschi accidentalmente. Nel video, il secchio è ottenuto da un tronco segato e scavato
con il carbone ardente messo in cima e circondato da una ciambella di argilla, come se
fosse un mortaio in legno.
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Produrre un forno con la parte superiore rettangolare
https://www.youtube.com/watch?v=tHMQ_QQJtbY
I mattoni si possono semplicemente impilare o saldare con cemento. Nel primo caso, il
forno è smontabile, trasportabile e rimontabile altrove, ma non è durevole e può
essere rubato. Di base, servono mattoni, cemento e una superficie che non si incolla
al cemento, per esempio un telo di plastica. Bisogna avere un metro o qualcosa di
simile (ex. un bastone) come punto di riferimento per non sbagliare le misure. Ad ogni
modo, si trova una superficie piatta e stabile e, su di essa, si pone una fila di mattoni
a forma di quadrato o rettangolo senza un lato (bisogna inserirci la legna da ardere).
Su questi mattoni si mette uno strato di cemento e si impilano altri mattoni senza
andare fuori bolla (sennò il muro esce storto). Sopra di esso, bisogna poggiare una
lastra di cemento (si deve lasciare un piccolo spazio libero dietro per fare fluire l’aria
calda, che aiuta la cottura). La lastra di cemento si ottiene nel seguente modo: si
stende su una superficie piatta e stabile un telo di plastica o simili e, con il cemento, si
crea una forma che possa poggiarsi sopra il muretto. Una volta asciugata, si stacca
dal telo e si poggia sopra ai mattoni (viene fissata con il cemento, se si usa). Sopra ai
mattoni, si costruisce di nuovo il muretto di base (in questo spazio, si inseriscono
pane, pizza, focacce e simili con la paletta usata dai pizzaioli). In cima, si mette di
nuovo una lastra in cemento fissata in cemento, a meno che si vuole rendere
smontabile. Dopo ogni utilizzo, il forno nella parte superiore deve essere ripulito. Il
forno ha un’altezza modesta se la legna poggia direttamente sul terreno e si usa
stando inginocchiati. Infine, un consiglio generico: quando si erigono dei muretti alti,
bisogna costruirli progressivamente siccome bisogna lasciare il tempo al cemento di
asciugarsi. Se è bagnato e si accumulano mattoni su mattoni e dunque peso, il peso
rischia di comprimere parte del muretto.
Servono mattoni, cemento e la grata metallica del barbecue. Si trova una base piatta
e stabile, si dispone uno strato di cemento a forma di rettangolo senza lato (il
rettangolo, come dimensioni, deve formare il perimetro della grata messa a terra) e si
dispongono i mattoni, così si erge un muretto. La grata deve infilarsi e sfilarsi dentro
al barbecue, di base (in altri progetti, la grata è fissa, ma il ferro potrebbe
arrugginirsi. Per non rovinare il barbecue, il ferro andrebbe pulito e, quando si
arrugginisce, scrostato per esempio con bicarbonato, limone, bicarbonato di sodio,
aceto bianco, spazzola con setole di ferro ecc.). I mattoni si fissano in cemento, a
meno che si vuole rendere la struttura smontabile. Nel punto in cui si vuole mettere e
togliere la grata, si dispongono tre mattoni girati al contrario siccome devono sporgere
per sostenere la grata poggiata sopra. Se non si vogliono creare più ripiani l’uno
leggermente distanziato dall’altro, il barbecue è finito. La (prima) sporgenza per il
ripiano non deve essere troppo vicina al fuoco, altrimenti la carne o simili si bruciano.
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Guardare il video.
Per costruire questo fornello rudimentale serve una scatoletta di metallo non rivestita
da vernici tossiche (quindi non deve essere di pomodoro), del cartone e un
combustibile. La scatoletta vuota si riempie interamente di un pezzo di cartone
arrotolato alto tanto quanto la scatoletta. Dopodiché, si ricopre di combustibile o
simili, per esempio si ricopre di cera fusa in un pentolino sul fuoco. Infine, al centro
della spirale di cartone, si mette un pezzettino di cartone che funge da stoppino.
Quando lo stoppino si accende, tutta la scatoletta si trasformerà in un fornello
rudimentale.
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Se mancano le forchette e non si può/vuole mangiare con le mani o con una punta di
coltello per sostituire la forchetta, si possono usare due bacchette cinesi, due
bacchette che si possono produrre a partire dal legno facilmente modellabile e
arrendevole (i cinesi le fanno, per esempio, in bambù ma possono anche essere in
ferro). Le bacchette vanno assottigliandosi in punta. Si tengono in mano nel seguente
modo: la prima bacchetta, che sta ferma e ben salda in mano, è messa
nell’interstizio/spazio tra il pollice e l’indice. La seconda, che è l’unica che ci muove (si
immagini molto alla lontana al becco di un uccello che si apre e chiude), è messa tra
l’indice e il medio e il pollice la aiuta a muoversi. La prima bacchetta fa da base, la
seconda si apre per raccogliere cibo solido (non liquido o, per esempio, condito con
abbondante salsa di soia) e stringerlo aiutandosi con la prima.
La fibra della pianta rampicante (come il glicine/”wisteria”) è ottima per produrre delle
corde. Essa si tira dal fusto della pianta prendendola a sassate sopra una superficie: la
fibra esterna, detta “floema” (phloem), si separerà lasciando scoperto solo l’interno, il
“midollo” (pith). La fibra, quando si stacca, si divide per lungo in 2 parti parti. Per
capire come ritorcere e intrecciare queste una sola di queste due fibre su sé stessa
fino a ottenere una corda resistente, guardare il video. Di base, si parte afferrando
una sola lunga fibra a metà e torcendo verso sinistra in senso orario e verso destra in
senso antiorario (o viceversa, basta che le direzioni siano opposte). Questo modo di
piegare viene detto “piegamento inverso” (reverse wrap) e deve essere un
piegamento ben stretto e compatto: la fibra già inizierà ad assottigliarsi in una corda
e, pochi istanti dopo, la corda si attorciglierà su se stessa automaticamente come una
treccina. Da questo momento in poi si attorciglia la fibra ben stretta con il piegamento
inverso e a treccina fino alla fine. Il midollo invece si può usare come legaccio se si fa
seccare.
Se non si ha uno steamer di bambù, si può cuocere a vapore del seguente modo: si
prende una pentola o padella grossa, si riempie il fondo d’acqua, si mettono quattro
palline di alluminio della stessa grandezza sul fondo (oppure quattro sassi di altezza
simile) e sopra di esso si poggia un secondo contenitore con il cibo da cuocere al
vapore. Quando si accende il fuoco, si chiude la pentola o coperchio e il vapore
cuocerà il cibo. Invece, lo steamer si poggia direttamente sopra l’acqua, che non deve
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essere in enorme quantità: lo steamer è sufficientemente alto da non permettere
all’acqua di toccare il cibo, che altrimenti finirebbe bollito. Più steamer si possono
accatastare in modo perfetto l’uno sopra l’altro come una torretta. Lo steamer si può
anche riprodurre artigianalmente con due listelli alti di bambù incurvati con il calore
(quindi, per essere alti, la canna spaccata e aperta a metà deve essere grossa in
partenza), all’interno possiede un reticolo di listelli di bambù in orizzontale e verticale
rilegati con filo di acciaio inossidabile e in cima possiede un coperchio.
Il forno solare sembra uno zainetto con tutte le pareti trasparenti tranne una. In esso,
si inserisce per esempio una pentola di ferro con dell’acqua e cibo e si aspetta che il
sole venga concentrato su di essa per riscaldare il cibo. Questi forni si possono
riprodurre usando la carta stagnola: un esempio di forno solare rudimentale è proprio
la Kyoto Box. La Kyoto Box si costruisce dunque con una scatola di cartone con
l’apertura (una, due o quattro pezzi, dipende dal tipo di scatola) attaccate al corpo,
della carta stagnola, della pellicola trasparente (o una durevole lastra di plexiglas),
della colla e del colore nero. Innanzitutto, sopra la parte interna di ogni apertura si
incolla della carta stagnola come fodero interno. Poi l’interno della scatola si dipinge di
nero. Poi si mette dentro per esempio una pentola con acqua e si copre la scatola con
il plexiglas. L’apertura del pacco con la carta stagnola come fodero deve stare in piedi,
il fodero deve quasi puntare al cibo. Se si espone il tutto al sole, l’acqua inizierà a
bollire.
La lente di Fresnel invece è un pezzo di vetro (uno specchio parabolico) che si può
anche installare su un telaio/base che concentra tutta la luce e calore del sole in un
solo punto. Esso è talmente forte che può fondere il metallo, scavare la legna e
distruggere i pannelli solari. La temperatura può anche arrivare a 200°. La lente di
Fresnel o i forni basati su di essa sono un po’ più costosi del comune forno solare.
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Dall’acqua salata, si può ottenere l’acqua dolce: l’azione base è riuscire a bollirla per
fare evaporare l’acqua e separarla dal sale e riuscire a conservare il vapore per farlo
condensare in acqua dolce. A parte il raccoglimento dell’acqua piovana in modo sicuro,
esiste un modo primitivo e un modo meno primitivo per ottenerla. Si prende
dell’acqua salata e si versa in una pentola o in pentole costruite in argilla e anche
enormi. In mezzo alla pentola si mette un ulteriore contenitore vuoto e pesante, così
non galleggia (sennò lo fermi con delle pietre pulite poggiate sul fondo). Accendi il
fuoco sotto alla pentola e coprila con un coperchio concavo invece che rotondeggiante
e convesso (oppure prendi il coperchio e poggiato capovolto sottosopra). Il vapore
tenderà a raccogliersi nel contenitore, che si estrae senza ustionarsi.
Ma stabilirsi lungo i fiumi in zone sicure (possono esondare), come hanno fatto le
primissime civiltà, è una buona abitudine vecchia di molti millenni: tutte le prime
civiltà erano fluviali (Nilo, Eufrate e Tigri, Tevere…). L’acqua comunque va bollita e
filtrata.
Il bambù si usa pure per ricavare listelli, cioè rettangoli piatti, stretti e lunghi di
bambù che si possono anche curvare riscaldandoli. Essi si ottengono nel seguente
modo: la canna di bambù si sega alla base a metà per poi segare l’altra metà
rimanente a partire dal lato opposto (sennò si spezza e alla base si rovina). Se ci sono
dei rami e foglie sul bambù, si tolgono (un ottimo attrezzo per fare questo tipo di
lavoro è il machete o simili oppure un seghetto). I pali si possono usare verdi o si
possono fare seccare lasciandoli da uno a tre mesi in una zona all’ombra; seccando,
diventeranno marrone chiaro. Ma, se si vogliono usare i listelli per creare semplici
cestini di bambù non artistici o non usati per coltivarci fiori, il bambù verde va bene
ma dura di meno. Dopo il taglio e ripulitura del bambù, si tolgono gli oli dal bambù per
renderlo resistente agli insetti: basta bollire il palo per 8/10 minuti e strofinarlo con un
panno quando si estrae per eliminare gli oli. In alternativa, il bambù si riscalda con
una fiamma. In tal modo, il bambù rilascia gli oli che poi si asciugano con un panno. Il
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fuoco, se serve, permette anche ai pali di bambù di incurvarsi. Dopodiché, i pali si
fanno asciugare per un mese. Il palo di bambù, con un palo lungo inserito dentro e
usato come un ariete, si può privare dei tappi interni in corrispondenza dei nodi, cioè
dei rigonfiamenti circolari sulla superficie simili ad attaccature. Se il palo di bambù si
vuole tagliare in due verticalmente, si taglia dall’alto in basso con un coltello dalla
lama (deve essere lunga e spessa nella parte alta e di contro sottile e affilata nella
parte bassa) poggiato sopra; per affondare il coltello nel legno, il palo di bambù si
sbatte sul pavimento/terreno sollevandolo dal coltello. Il bambù si taglia a causa dello
spessore della parte alta del coltello: la lama taglia, lo spessore spezza con facilità. Il
bambù tagliato verticalmente si può usare come tubo per l’acqua ma è scoperto. Il
bambù si può tagliare direttamente in listelli se si taglia con una formella a forma di
cerchio con dei raggi dentro presa a martellate: dai pali corti si possono ottenere
massimo 8 listelli, dai pali lunghi 4. Una volta preso a martellate, la formella (bamboo
splitter) si affonda nel legno sollevando il palo dalla formella incastrata a martellate in
cima e sbattendolo per terra. Questi 4 o 8 listelli si possono a loro volta tagliare in
listelli ancora più sottili: nel punto desiderato in cima a un listello grosso tenuto in
piedi, si incide una tacca con il coltello (ci si aiuta sbattendo il palo a terra) e si
affonda nel legno colpendolo in cima con la mano (il coltello non è sottile in cima, ma
è spesso). I listelli più sottili infine si possono assottigliare (e dunque rendere meno
spessi) dividendoli in due. A questo punto si possono intrecciare, piegare ecc. per
creare artefatti,
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verticale che si incastra tramite un buco scavato su quella verticale (è come avere un
gigantesco flauto dolce davanti ai propri occhi). La canna verticale deve essere ben
salda sul terreno. Se a una canna si praticano più fori in cui si incastra una piccola
canna in ognuno, si creano più rubinetti rudimentali. Nel punto in cui l’acqua sgorga
fuori dalla canna, si può scavare un canale in modo tale da ottenere un piccolo
ruscello.
In alternativa, si curva segando via dei piccoli pezzi (chiaramente non si taglia in due
il palo). Se si usa per trasportare acqua, questa parte va tappata con argilla densa
sennò è fonte di perdite d’acqua.
https://www.youtube.com/watch?v=Pa50Ag_bv6w (idem)
https://www.youtube.com/watch?v=mpF9Wu8IuZc (idem)
Ci sono molti materiali con cui realizzarli e, se il legno è secco, durano di più. Se si
usano i listelli di bambù, esso dovrebbe essere fatto seccare in una zona ombrosa per
almeno un mese (sennò durano di meno) e si dovrebbe ancora prima passare sul
fuoco per asciugare gli oli. Gli steli di erba secca, un po’ di tempo prima di essere
intrecciati, si ripuliscono dalle lunghe foglie ancora attaccate, dalla parte avente i semi
e si bagnano con acqua e tengono coperti con un panno in modo da ammorbidirsi:
saranno più maneggevoli e, per fare il corpo del cestino (tutto ciò che non è la base),
sono facili da piegare senza spezzarli. Se si usano legnetti scortecciati, non devono
essere eccessivamente storti e corti. I legnetti di salice vanno messi a bagno per un
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giorno per renderli più maneggevoli e pieghevoli. Se si riutilizza del legno messo a
bagno dell’acqua, si rimette di nuovo a bagno, ma è meno pregiato rispetto alla prima
volta in cui si utilizza. Se non si realizzano con le foglie di palma, bisogna avere un
legaccio per formare la base (un legaccio potrebbe essere, per esempio, il midollo di
una pianta rampicante: a sassate, l’interno della pianta, ovvero il midollo, si separa
dalla corteccia e si lascia seccare). Un cestino al suo interno si può foderare con una
pezza o tovaglia se si devono trasportare oggetti allo stato di polvere; per il liquidi, i
barattoli sono indispensabili, altrimenti si opta per il secchiello (o due secchielli messi
su un palo di albero comune o bambù poggiato su una o entrambe le spalle).
Guardare il video e ricordarsi della faretra che, eventualmente, può essere camuffata
con colori naturali.
https://www.youtube.com/watch?v=5BPZcR8zdGM
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Produzione di una torcia con bastone, pigna e resina fusa
https://www.youtube.com/watch?v=FrHotss7w34
Procurarsi un bastone abbastanza spesso (si taglia con accette, coltelli, seghetti ecc.)
e fare un’incisione a croce sulla punta segata per aprirlo. Procurarsi una pigna (quelle
dalla forma snella e allungata sono le migliori) e della resina staccata dalla corteccia
degli alberi a mano o con coltellini (essa è una colla naturale, un isolante naturale
dall’acqua ed è anche altamente infiammabile). Fondere la resina in un pentolino sul
fuoco e immergerci la pigna. Dopodiché infilarla in cima al ramo aperto (spingere bene
in fondo senza spaccarlo) e darle fuoco. Attenzione alla resina calda che cola e
attenzione se cola sulle foglie secche, siccome potrebbero prendere fuoco. Questa
torcia è molto resistente al vento e alla pioggia. Il fuoco non solo serve a cucinare,
fare luce e bruciare, ma anche a tenere lontane le bestie selvatiche come ad esempio
gli orsi e i lupi laddove presenti.
Di solito, una persona esperta e ben allenata può farlo, ma se serve, anche una
persona inesperta deve sapersi proteggere. Di base, i lupi sono elusivi e, di fronte a
un essere umano, possono scappare o limitarsi a seguirlo finché si allontanano dalla
loro zona. Trovando impronte fresche sul terreno, si può intuire o meno il passaggio di
un lupo. Se si notano dei lupi e il vento soffia non in loro direzione, il proprio odore (o
quello di pezzi di carne eventualmente trasportati) non dovrebbe allertarli. Se i lupi si
avvicinano mostrando in modo palese cattive intenzioni (se ruggiscono, mostrano i
denti e hanno una faccia rabbiosa e una posa sull’attenti), la prima strategia è quella
di atteggiarsi in modo sottomissivo inchinandosi leggermente e senza guardarli negli
occhi. In alternativa, ci si dimostra aggressivi mettendosi a urlare e applaudire con le
braccia stese verso l’alto e senza inchinarsi. Come terza strategia, si butta del cibo
come esca. Infine, si tengono lontani o aggrediscono con il fuoco o delle armi bianche
o da fuoco. Si può anche raggiungere un albero da scalare, ma i lupi si
apposterebbero sotto. Scappare direttamente è una pessima scelta siccome i lupi sono
molto veloci. Di solito, i lupi attaccano al collo le proprie prede, quindi bisogna
proteggere il collo; in alternativa, attaccano gli arti; in più, se sono presenti membri
deboli come anziani e bambini, sono attaccati per primi. Se i lupi sono amichevoli, si
avvicinano e provano a leccarvi la faccia, lasciateli fare; state inginocchiati per non
sembrare minacciosi. Non bisogna mai avvicinarsi alla tana del lupo e/o ai suoi cuccioli
siccome si viene percepiti come una minaccia.
Poggiare per terra del legname secondo una forma conica (i rami devono stare in piedi
accatastati l’uno sull’altro e ben vicini) e ricoprirli completamente di uno strato largo di
argilla densa, fino a formare un tumulo; in basso bisogna lasciare alcune parti
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scoperte per fare passare aria, idem in alto per fare fluire fumo e ossigeno. Si accende
in corrispondenza del buco in alto. Quando la brace ardente si vede nei buchi in basso,
essi si tappano, infine si tappa pure la parte in alto. Dopo che tutta la legna brucia, si
toglie l’argilla e si raccoglie il carbone e la cenere (entrambe sono utili); se serve, si
setaccia il carbone. Se tutta la struttura non si distrugge, è riciclabile. Se qualche
legno non si è bruciato o è parzialmente carbonizzato, si conserva per la prossima
volta. La carbonella non si deve conservare in luoghi scoperti, siccome per esempio si
bagnerebbe se piove: va conservata in un luogo coperto. Se la struttura di argilla si
riutilizza, si devono ricreare i buchi in basso e la legna si mette secondo uno strato
verticale, l’altro orizzontale, l’altro sopra verticale ecc. Stavolta la carbonella sarà più
piccola e di qualità inferiore per come la legna è stata impilata.
https://www.youtube.com/watch?v=h0MKwXttzq4
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Produzione di una vasca per itticoltura in cemento
https://www.youtube.com/watch?v=T3LpUi_xg_M
(nel video si parte da una vasca già pronta, smontata e a partire da 12:30 rimontata)
Bisogna scavare una sorta di piscina dal fondo piatto e non eccessivamente profondo
su un terreno, dopodiché i bordi si foderano in mattoni (anche messi in verticale)
fissati con il cemento. Lungo i bordi si forma una specie di muretto protettivo in sassi
(oppure mattoni messi in verticale) e cemento. Il fondo della piscina si può non
foderare di cemento, ma lasciare così come è, ma se non si fodera l’acqua rischia di
diventare torbida e fangosa. La piscina si riempie di acqua a secchiate (deve essere
acqua salata o comunque acqua vivibile per i pesci) e viene infine riempita di pesci in
primis (si possono inserire dentro anche le tartarughe, per esempio), pesci che poi
vanno nutriti (si pensi per esempio al pane e ai vermiciattoli). I pesci si ottengono
andando a pesca o usando trappole per pesci; dal tragitto dal luogo di cattura alla
piscina devono essere tenuti al sicuro nell’acqua. L’acqua della piscina, quando si
prosciuga, va aggiunta.
La canna da zucchero (assomiglia molto alla canna di bambù) si taglia, si priva della
buccia esterna e il corpo interno (la canna grezza/”raw sugarcane”, che non è vuota
come nel bambù) si schiaccia passandoci sopra un bastone come se fosse un
mattarello o una pressa. Da esso esce il liquido che, se messo in una pentola a bollire,
diventa caramello siccome si rapprende. Più si cuoce, più diventa scuro. Quando si
spegne il fuoco e la pentola si fa sbollentare immergendola nell’acqua fredda, il
caramello si può estrarre e lavorare a mano. Si può mangiare o fare essiccare anche
suddividendolo in pezzettini simili alle caramelle. Ma il succo si può bere direttamente
e l’interno della canna da zucchero (canna grezza) si può mangiare direttamente: si
mastica per estrarre il succo e la polpa si sputa.
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https://www.youtube.com/watch?v=Y-CrVa3ZKjU Edificio costruito con canne di
bambù intrecciate e base circolare in cemento, mattoni e terra pressata
In Africa i granai hanno il corpo non per forza in paglia rilegata con corde ma in
rami verticali e ben diritti che sono intrecciati con altri rami molto lunghi messi
in orizzontale: è come se fossero dei giganteschi cestini di rametti. Un edificio
simile si chiama “sidama”: ha una base circolare simile a un pozzo in cemento e
sassi/mattoni, in mezzo è riempito di terra poi pressata (sennò si riempie di una
colata in cemento poi levigato e/o piastrelle sottili e rudimentali per esempio in
cemento). Le pareti si costruiscono intrecciando canne di bambù sottili intorno a
dei pali piantati a terra (se appuntiti, si conficcano meglio) e canne di bambù
grosse piantate a terra (per renderle più resistenti, si ricorda di estrarre gli oli
con il fuoco). Anche in questo caso l’edificio sembra un enorme cesto fatto di
legno intrecciato. Il tetto si costruisce a terra e si solleva con delle canne di
bambù che poi si tolgono quando si fissa. Le finestre e porte si ricavano
segando parte del bambù intrecciato.
Come detto prima, un granaio può anche essere un edificio vero e proprio.
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Se la trebbiatura (separazione del grano non ancora sgusciato dallo
stelo/spiga/paglia) avviene con attrezzi, si può pestare con un bastone comune
o con la punta leggermente biforcuta, a Y. Ne esiste poi uno in particolare detto
“correggiato”, cioè un manico legato a un battente, entrambi con un buco e con
una striscia di cuoio che li unisce: https://www.youtube.com/watch?
v=n8sI5nZ5G6g ; per la tecnica descritta precisamente,
https://www.youtube.com/watch?v=aeqVS82PKlc .
Il legno secco (che non vuol dire “decrepito”) è più longevo e, nel caso del
bambù, si possono togliere gli oli se si riscalda e asciuga con un panno dopo
che viene segato. Il legno delle lance, se riscaldato, non solo si asciuga, ma ha
una fibra più resistente.
Il legno secco si può proteggere, in alternativa alla vernice, con l’olio di semi di
lino (lineseeds oil) o con l’olio di noce (walnut oil). Il terzo, l’olio di tung, è
costoso e si usa solo per proteggere piccoli artefatti artistici o molto importanti.
Il legno marcio, tale per cui sta diventando terriccio, il legno tarlato e il legno
malato sono da scartare o usare per altro, non per costruire, idem le parti
nodose di legno.
https://www.youtube.com/watch?v=thD0V85Rs70 (parte 2)
https://www.youtube.com/watch?v=G8suyLb-ZTg (parte 3)
Si prende un largo e lungo tronco ben dritto, senza nodi (sembrano dei buchi larghi e
solitamente rigonfi ai margini) e dal diametro di oltre 60/70 cm e si sega o colpisce
con un’ascia finché non cade (attenzione a non trovarsi sotto). Dopodiché si segano
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via i rami, si rompe la corteccia a colpetti di ascia e si scorteccia e tira via il primo
strato superficiale di legno con una sorta di lima che si tiene con entrambe le mani (ci
si può sedere sul tronco come se fosse un cavallo), dopodiché la sezione anteriore si
assottiglia ai lati per dare l’aspetto di una punta, ovvero la prua (la poppa si può non
modellare). La parte interna per sedersi si ottiene da una divisione del tronco in due a
metà per lungo/in verticale. Il tronco dunque si divide in uno o due semi-cilindri in
base al metodo usato (lungo i nodi è veramente difficile tagliare, in più può filtrare
acqua dai nodi, ragion per cui i tronchi nodosi si scartano). Si divide o segandolo
(attenzione a non segarlo storto) o facendolo rotolare e prendendolo a colpi d’accetta
fino a rimuoverne pezzettino dopo pezzettino metà, ma in tal caso si ottiene un solo
semi-cilindro. Oppure, si incide a metà e ci si infila un paletto dalla punta assottigliata
che si prende a martellate (è un po’ come quando una pietra si divide in due a colpi di
scalpello: si crepa e, nella crepa, inserisci uno scalpello preso a martellate).
Dopodiché, esistono tre modi per scavare la parte in cui sedersi: nel primo, si batte il
legno con un attrezzo simile a una zappa dalla lama ricurva per scavare il legno, si
riempie di colpi di accetta tenuta in modo inclinato oppure si scava un piccolo solco
verticale con l’accetta e si riempie di legna sottile e secca poi accesa (dunque carboni
ardenti) su cui si soffia con le canne vuote e fa aria: il carbone ardente scava il legno;
man mano che il legno brucia e si secca (sarà umido all’interno), magari aiutato da
trucioli e foglie secche, se ne aggiunge altro numerose volte di fila. Ci si può aiutare
ad assottigliare le pareti interne con uno scalpello dalla punta piatta preso a
martellate. L’interno deve essere scavato in modo tale da riuscire a sedersi e stare
comodi o addirittura remare in piedi: deve esserci un largo e profondo buco, quindi il
tronco deve essere grosso e largo in partenza. Se si vuole bruciare oltre ma si ha
paura di distruggere il fondo della canoa, si può cospargere di sabbia (o magari argilla
densa) come isolante ma, se usi la sabbia, poi non puoi scavare con gli attrezzi perché
la sabbia li rovinerà. Nel buco, non devono esserci spuntoni di legno per non pungersi
o graffiarsi: se viene lisciato, è meglio. La canoa, come bordi, deve essere sottile.
L’esterno e interno si cosparge di resina poi fatta asciugare per rendere il legno più
durevole alle intemperie e termiti. Il colore è nerastro, quindi la barca, se usata di
notte, sarà poco visibile. Il remo si produce prendendo un legno molto lungo e
segando direttamente il remo intero e interamente piatto (ma si può anche ottenere
producendo l’impugnatura, il remo e unendoli con colla e fibre annodate se il remo
non si stacca per la corrente eccessiva). Se si ha paura di perdere un remo, si può
trasportare un remo extra nella canoa. In caso di falle e infiltrazioni, si può portare un
secchiello. Se si scava un foro in cima alla canoa, si può usare per farci passare della
corda e legare la canoa su un palo ben piantato in una riva o ad un masso molto
pesante, altrimenti, siccome è molto leggera, si trascina fuori dall’acqua e si mette in
un posto sicuro. Una canoa può essere lunga fino a 12-18 metri in base in primis alla
lunghezza del tronco e dunque possono ospitare moltissime persone che remano. Se
la canoa è troppo pesante se messa in acqua, si può scavare ancora al suo interno.
L’attrezzo usato per scavare il legno si chiama “ascia” (adze) e, nella parlata comune,
viene confusa quasi universalmente con l’accetta (axe) di grosse dimensioni: è
semplicemente un’accetta di grosse dimensioni, non un’”ascia”. Se si scava il legno, è
meglio imparare questa differenza terminologica importante. L’ascia può anche
scavare via la corteccia secca da un legno.
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Costruire un trogolo per animali
https://www.youtube.com/watch?v=ueFiy-uxI4Y (nel video, un bambino scava un
piccolo legno con una specie di zappa per scavare la legna malleabile. Un fotogramma
del legno scavato è a 1:47)
Di base, si può scavare il legno per ottenere un punto di raccolta acqua o cibo per
animali grossi (si pensi per esempio a un gruppo di mucche e cavalli in fila) in modo
analogo alla canoa. Oppure il trogolo si può costruire in mattoni/sassi e cemento,
l’importante è che arrivi grossomodo all’altezza della bocca dell’animale adulto o
cucciolo (per i cuccioli, si può costruire un trogolo più piccolo). Sennò, semplicemente,
si usa un piccolo secchiello o una tanica di latta tagliata a metà verticalmente e tenuta
ferma con il peso dell’acqua/cibo all’interno e qualche grosso sasso o se si interra
parzialmente.
Si toglie la corteccia non secca di un albero (non serve tagliarlo) e, da essa, si toglie la
fibra interna, appena sotto la corteccia in superficie. Questa fibra si mette in una
pentola d’acqua e, quando è ben inzuppata e macerata (diventa di colore scuro), si
svuota d’acqua, si riempie di nuova acqua mista a cenere e si mette sul fuoco a
bollire. Poi la fibra si sciacqua e, con sassi, bastoni e pestelli, si riduce in poltiglia.
Questa poltiglia si inzuppa di acqua (ma non deve diventare fanghiglia) e calcina, si
mette a bollire sul fuoco. La poltiglia densa si stende dunque su una superficie liscia
fino a formare un foglio che poi si fa asciugare sul fuoco per fare prima. Come
mattarello si può usare una canna di bambù. Il foglio si può arrotolare o tagliare in più
pezzi, se serve.
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Si raccolgono gli steli duri di canapa, si bollono in una pentola d’acqua sul fuoco e, con
un coltello, si separa la fibra dallo stelo. La fibra si tratta in modo analogo ai due tipi
di carta illustrati sopra: si riducono in poltiglia da cui si ottiene la carta con un telaio o
stendendo la poltiglia densa con un mattarello o canna di bambù che infine si fa
asciugare.
https://www.youtube.com/watch?v=OCmkg4pLmaU
https://www.youtube.com/watch?v=dqAuICMldy8
Bisogna cercare gusci di lumaca vuoti e conchiglie vuote (si possono trovare nelle
spiagge e coste) e metterli in mezzo a una fornace accesa: si buttano in mezzo ai
carboni accesi e si aggiunge legna sopra di essi (la legna aggiunta in alto crea un
fuoco che porta a una temperatura molto più alta, anche oltre i 1000°). I pezzi di
guscio cuociono, diventano incandescenti e, quando il fuoco si spegne e si
raffreddano, si raccolgono (saranno diventati bianchi). Essi, volendo, si pestano e/o
polverizzano con mortaio e pestello e gli si aggiunge l’acqua sopra (non troppa). Dopo
alcuni istanti, per un processo di idratazione, inizieranno a spezzettarsi, sciogliersi,
scoppiettare, sfrigolare, emettere vapore e molto calore (è una reazione esotermica
siccome l’ossido di calcio viene a contatto con l’acqua). Attenzione perché il processo
di idratazione è in parte corrosivo e può danneggiare gli occhi, per esempio. Si ottiene
dunque la calcina o “calce idrata” (sleaked lime), che apparirà come una pasta densa
e bianca. La pietra o gusci diventati bianchi dopo la cottura sono frammenti detti
“quick lime”, calce viva, da non confondere con la calcina (è idratata). Si può fare
seccare e fare riposare (più settimane o mesi riposa, più è durevole) e polverizzare
con pestello e mortaio, in modo tale da ottenere una polvere bianca che si può anche
accumulare. La calcina si usa per conservare le uova, come colorante bianco e come
ingrediente per creare il cemento (sabbia e calcina o, in alternativa, argilla in polvere
e calcina: per una quantità di calcina, se ne usano 2-2,5 di argilla, cioè un po’ più del
doppio; idem per la sabbia). La calcina si ottiene anche dalla pietra calcarea riscaldata
in un forno a circa 1000°, come se cuocesse. Una volta estratta e divenuta ossido di
calcio, se bagnata si idrata come i gusci. La pietra calcarea, vista da fuori, di solito ha
delle chiazze marroni simili a degli aloni e macchie di ruggine.
https://www.youtube.com/watch?v=CcWmpe-Jpao
Per produrre il cemento, si usa sabbia e calcina (per una dose di calcina, si usano 2,5
dosi di sabbia); in alternativa alla sabbia comune, si usa la cenere vulcanica. Come
collante, si possono aggiungere dei sassolini comuni o di roccia vulcanica o di tufo
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vulcanico (cenere vulcanica +detriti pressati insieme) o di pietra pomice (una pietra
leggera e piena di buchi formata da lava ricca di gas che si solidifica velocemente), ma
non sono strettamente necessari. Più la calcina ha riposato (per esempio per svariate
settimane), più sarà resistente. In alternativa, un cemento rudimentale si ottiene
mescolando la calcina con l’argilla in polvere seguendo le stesse dosi. Il cemento si
usa sia come collante tra sassi e mattoni o altri oggetti che come isolante (si pensi a
una fornace per fondere metalli ottenuta da una latta di metallo) che come materia
prima per produrre mattoni (basta una formella). Il cemento, quando è parzialmente
solidificato (ex. 2 ore dopo che si usa), è modellabile e friabile nonostante stia ancora
in piedi (si pensi a un castello di cemento costruito con un secchio come formella: una
volta estratto sta in piedi e si può perforare o bucare). Il mattone di cemento, se
immerso nell’acqua, emette bollicine siccome l’acqua vi filtra e si lega con i minerali
già presenti. Un mattone ben asciutto (1/2 giorni) e immerso nell’acqua è un buon
mattone.
https://www.youtube.com/watch?v=Lg7kZpTVoms
Bisogna avere la calcina bagnata e la sabbia di mare di tipo fine e presa da sotto il
livello del mare ovviamente non profondo e evitando la fanghiglia al di sotto. Se si
setaccia, si tolgono le impurità eventuali, dopodiché si appiattisce e lascia ad
asciugare completamente. Si accende un fuoco, si mescola della sabbia asciutta con
una modesta quantità di calcina in polvere e si mette tutto a fondere in un contenitore
in mezzo alla carbonella (si può versare nel contenitore aiutandosi con una canna di
bambù aperta in due, come se fosse uno scivolo). Il tutto si fonderà in un impasto
denso e incandescente, che è vetro. La calcina è facoltativa ma abbassa parecchio il
punto di fusione della sabbia per ottenere il vetro; anche la cenere ha questo effetto
ma è più blando (la cenere migliore per il vetro e anche sapone è quella della pianta di
salicornia, “saltwort/glasswort”, una pianta molto diffusa che cresce lungo le zone
fangose e salate costiere: è cenere piena di alcalini. Le ceneri della pianta non si
confondono con le comuni ceneri se si mette in un contenitore messo sul fuoco: le
ceneri restano nel contenitore). La terza alternativa è quella di usare non la cenere ma
il carbonato di sodio (soda ash): la cenere si mescola con acqua e si mette a bollire
sul fuoco e filtra con un pezzo di stoffa. Il liquido nerastro filtrato si lascia asciugare e
resterà una polvere bianca simile alla calcina: essa è il carbonato di sodio di salicornia.
Quindi, o usi sabbia di mare +calcina in polvere/cenere possibilmente di
salicornia/carbonato di sodio in polvere possibilmente di salicornia. Il terzo ingrediente
facoltativo ma consigliato per abbassare il punto di fusione è il borace in polvere,
ottenibile da un minerale reperibile in natura. Il vetro, quando diventa completamente
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liquido, viene colato fuori dal contenitore e si può mettere in stampini per creare
oggetti o, se ci si soffia dentro, si ottengono oggetti cavi. L’ideale per fondere la
sabbia è un forno in mattoni che accentra bene il calore.
Per capire come si soffia il vetro e producono lastre secondo i 2 metodi base, guardare
i video. Per soffiare il vetro, in estrema sintesi, serve un tubo sottile di ferro cavo in
cui si soffia dentro e un oggetto lungo e sottile che si infila dentro: con una sua punta,
si raccoglie del vetro fuso e incandescente, con l’oggetto lungo e sottile si punzecchia
il vetro fuso così si buca e dunque, si soffia. In tal modo si possono creare vasetti e
bocce. A essi, se si attaccano pezzettini di vetro incandescenti e modellabili proprio
perché incandescenti, si può aggiungere una o un paio di maniglie. L’artefatto si
stacca ancora caldo con una grossa forbice, con cui si taglia anche il vetro
incandescente a pezzettini. Il vetro si modella, se si usa un utensile, con un paio di
pinzette molto lunghe e sottili, come quelle che si usano per le ciglia ma più lunghe e
grosse. Con un qualche tipo di pressa e formella, si possono ottenere forme
particolari. Per la lastra di vetro, il metodo più semplice è gonfiare del vetro fino a
formare una forma gonfia e lunga simile a un fagiolo di cui si riscalda l’estremità; se si
torna a soffiare, questo punto si buca. Si ottiene una specie di cilindro di vetro su cui
si pratica un’incisione. Se si riscalda, si apre da solo e stende. Dopodiché si tira dal
forno e si lascia asciugare. Per capire come si taglia il vetro (non è difficile), vedere il
capitolo apposito. Le lastre di vetro si usano non solo per le finestre, ma anche per
creare serre con i muri non di telo di plastica e telaio in legno a forma di casetta col
tetto appuntito (come colla, si potrebbe usare la resina fusa, altrimenti bisogna bucare
il vetro). Se si deve bucare il vetro tramite un qualcosa (una formella affilata, martello
e scalpello o un trapano a mano, qualunque cosa si usi), è meglio farlo mentre è
ancora molto caldo per evitare crepe e rotture.
https://www.youtube.com/watch?v=gAINCvodSC8
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Tecnica di aratura di un campo con due buoi legati
all’aratro e produzione di un aratro da una bici
https://www.youtube.com/watch?v=Mdgn2KyDCYE
Nel secondo, si vede come produrne uno da una grossa bici, il che è una strada
rapida: si prende la bicicletta e si taglia a metà: per la precisione, la parte posteriore,
cioè quella con il sellino e la ruota posteriore, non serve più, idem la catena. La parte
anteriore, avente la ruota anteriore e i manubri, si ribalta e le si attacca una punta in
metallo per arare. Il video è complicato da spiegare nei dettagli.
Nel terzo video, si mostra come si fabbrica il pezzo in metallo dell’aratro a partire da
una lastra sottile di ferro quadrata che viene riscaldata nella fornace fino a renderla
incandescente e viene incurvata a martellate fino a farle ottenere un aspetto
vagamente semi-cilindrico. Dopodiché si mostra come venga attaccata a un altro
pezzo tramite un chiodo e una guarnizione rudimentali. Il buco viene creato sulla
lastra e sul pezzo mettendoci uno scalpello sopra e prendendolo a martellate (se la
superficie metallica è sottile, si può creare in questo modo anche senza bisogno di
rendere incandescente il ferro o senza bisogno di creare il pezzo di ferro già con un
buco durante la colata). I due pezzi vengono uniti facendo passare il chiodo (è un
pezzo di ferro vagamente cilindrico) in mezzo ai due buchi a martellate, mettendoci la
guarnizione e prendendo i suoi bordi a martellate. Questo pezzo di ferro, che ara la
terra creando ampi solchi (un semplice cilindro di ferro dalla punta smussata o
appuntita creerebbe un solco più piccolo), si attacca al telaio in legno dell’aratro, di cui
esistono due modelli base: trainato a mano, come se fosse una bicicletta, e trainato
da uno o più buoi o cavalli. In quest’ultimo caso, si aggiunge un terzo componente, il
giogo.
Nel quarto e quinto, si mostra come creare i due pezzi di legno del giogo. Di base, è
un pezzo di legno diviso in due parti (superiore e inferiore) attraverso il quale passa il
collo dell’animale senza strozzarlo (prendere le misure aiuta). Ai lati ci sono altri 2
buchi ai quali, tramite corda, si lega l’aratro con telaio.
https://www.youtube.com/watch?v=8qrL2ZBaU1U
Per innaffiare, di base si usa un contenitore pieno d’acqua che si versa direttamente
sulle piante. Ma, qualora non si abbia un innaffiatoio o serva innaffiare piante molto
piccole, bisogna regolare il flusso d’acqua. Pertanto, si può costruire un innaffiatoio
rudimentale: prendere delle bottiglie di plastica con tappo (possono anche essere
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enormi, per esempio quelle di olio o di detersivo) e perforare o il tappo o la bottiglia
nella zona vicina al tappo con un oggetto appuntito. La bottiglia si riempie d’acqua al
di sotto dei buchi (se sono sulla superficie della bottiglia), si tappa per bene e si
inclina (ed eventualmente stringe) per innaffiare; se ha un manico, è ancora più
comoda. Se si creano buchi grossi, ci sarà un getto grosso ma controllato. Se sono
piccoli, il getto sarà molto fine e, in base a quanti se ne fanno, sarà più o meno
ampio.
https://www.youtube.com/watch?v=ZvzMMcKHVR4
L’autore è un po’ imbranato con ago e filo, meglio guardare il video in silenzio.
Prendere della soia secca (assomiglia a dei ceci di colore giallo-marroncino, se alcuni
sono marroni si scartano) e metterla a bagno nell’acqua fresca per un giorno per
ammorbidire la buccia e la soia stessa. Se compare della schiuma sull’acqua, è
normale, idem se la soia si gonfia per l’idratazione fino ad assomigliare a dei piccoli
fagioli. Dopo un giorno, impastare la soia per tirare le bucce; se si impasta nell’acqua,
le bucce tendono a galleggiare, quindi si tolgono via facilmente e si possono usare
come compost. La soia dopodiché si può bollire in una pentola sul fuoco per 10/15
minuti per tirare via il retrogusto amaro e di pianta. La soia infine si tritura (altrimenti
si pesta con pestello e mortaio) e si mescola con acqua fresca. I due si impastano
finché l’acqua non diventa bianca come il latte: è il latte di soia interamente vegetale.
La soia, con un colino o coperta pulita o setaccio si estrae e si strizza. Ciò che ne
rimane, una poltiglia bianca molto addensata, in giapponese si chiama “okàra”.
L’okara si può mangiare siccome è ricco di proteine, fibre e calcio e si conserva in frigo
per 3 giorni; si usa pure nell’impasto del pane. Se il latte ha ancora uno sgradevole
retrogusto di pianta, si può bollire per alcuni minuti mescolandolo in continuazione per
non fare creare panna e per non fare attaccare il latte ai lati dell’attrezzo. Il latte di
soia si può anche condensare o usare per produrre un formaggio detto “tofu”. Il latte
si conserva in un luogo fresco per 2 mesi.
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e si mescola. Quando il latte inizia a formare grumi, si lascia riposare per 10 minuti.
Dopodiché, si vedranno solo piccoli grumi in acqua quasi trasparente (se è ancora
color latte, si aggiunge altra acqua e limone). I grumi si raccolgono in un panno che si
pressa: uscirà poco liquido e i grumi, pressati e lasciati sotto qualcosa di pesante o
ammonticchiato che agisce da pressa, diventeranno una forma di formaggio (il tofu di
solito è rettangolare e, in delle ricette, si taglia a cubetti/quadratini) che si può
rinforzare se si infila nell’acqua fredda. Il formaggio si conserva per 2 settimane in
frigo o simili o nell’acqua fredda.
Si può usare un qualunque tipo di riso; di base si usa quello bianco. Il riso si bolle
parecchio in una pentola sul fuoco fino a farlo diventare molto morbido. Serve molta
acqua perché evaporerà. Il riso poi si scola e si mescola con acqua e impasta finché
l’acqua non diventa torbida. Il tutto si strizza in un panno pulito per ottenere il latte di
riso. Si conserva in frigo o simili e dura da 2 a 5 giorni.
Il semplice riso molto cotto si può impastare con un cucchiaio e/o con le mani e/o
pestare dolcemente con un pestello e può diventare una pasta densa, la mucillagine di
riso, facile da mangiare. In Cina, si dava da mangiare ai bambini molto piccoli.
Il latte di soia e di riso hanno un metodo analogo per produrre il latte di molti
vegetali, come ad esempio la mandorla, l’avena e l’anacardio (le mandorle non devono
essere tostate o simili, sennò il latte ha un retrogusto di tostato. La buccia si può non
togliere. La polpa strizzata di mandorla e contenente ancora la buccia è grassa e
proteica e si può mangiare, tostare o spalmare. L’avena ha un aspetto piatto se è in
fiocchi tradizionali ed è meglio se è senza glutine; si tratta con acqua fresca, sennò si
cuoce, e se si frulla con un frullatore si frulla per poco tempo perché le lame che
girano producono calore a meno che si raffreddano tenendole al fresco. Anche la polpa
di avena è commestibile).
Dei dolcificanti naturali per il latte vegetale sono l’estratto di vaniglia mescolato con
un pizzico di sale, il miele, lo zucchero, la stevia lo sciroppo d’acero. Per capire quanta
acqua usare per l’estratto, bisogna calcolare che l’estratto deve stare dentro alla
bottiglia prescelta. Questo tipo di latte non si può usare per ricavare il formaggio
caseino, ma il latte di soia come già spiegato si usa per creare il formaggio vegetale, il
tofu. A volte il latte di mandorla viene additato come pericoloso o inutile, ma dipende
dagli sprechi durante la produzione e dalle sostanze nocive aggiunte a quello
industriale (lo stesso che può avvenire con qualunque prodotto). “Mandorla, avena,
ancardio” in inglese sono “almond, oat, cashew”.
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Costruzione di una zattera di canne di bambù e corda con
tettuccio e remo di bambù
https://www.youtube.com/watch?v=nt2eMWlLxsw
Guardare il video.
Serve acqua filtrata/distillata (non deve contenere cloro) a temperatura ambiente (se
bollente, uccide i microrganismi) e del cibo che contiene già lievito naturale come l’uva
passa, i datteri o una mela affettata in modo sottile non trattata con lo zolfo (per la
farina, vedi avanti) e dello zucchero bianco. Il contenitore con coperchio deve essere
sterilizzato con l’acqua bollente e, se si vuole, con una pulizia tramite bicarbonato di
sodio. Ebbene, si mette il frutto nel contenitore, si mette sopra un cucchiaio di
zucchero e l’acqua (basta anche solo metà contenitore). Il barattolo si chiude e si apre
una volta al giorno. Non deve essere chiuso in modo ermetico siccome deve passare
dell’aria: il lievito ha bisogno di ossigeno e di fare uscire la CO 2. Si conserva in un
luogo buio. Dopo pochi giorni l’acqua diventerà torbida e schiumosa: l’acqua contiene
lievito e si usa per fare lievitare pane, focacce, pasta per la pizza e dolciumi vari. Si
usa quando la schiuma diminuisce (deve almeno passare una settimana) e odora di
fermentato. Il frutto si può dunque tirare. Per ogni 4 bicchieri di farina si usa mezzo
bicchiere di acqua al lievito.
Il lievito madre sembra della pasta cruda ed è sempre rinnovabile, tant’è che si
chiama in inglese anche “sourdough starter”. Per ogni due cucchiai di acqua (meglio
se filtrata o distillata per evitare il cloro), si usano 3 cucchiai di farina (anche
comprata). Ebbene, si mescola l’acqua alla farina, si tappa il barattolo non troppo
forte e si mette al buio non in frigo ma a temperatura ambiente. Oppure la prima
volta, per aiutare il lievito, invece dell’acqua si usa il succo d’ananas (abbassa
l’acidità/pH). Il primo giorno si apre e rimescola 3 volte. Aggiungi acqua e farina ogni
giorno e mescola 3 volte al giorno per pochi giorni. Dopo pochi giorni, il lievito
assomiglierà a una pasta piena di buchi con aria e che farà odore di fermentato: il
lievito si è formato. Man mano che si usa, per esempio una volta a settimana, si
aggiungono farina e acqua (si “nutre” il lievito madre, come dice la parola “feed” in
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inglese) e sicuramente si apre il barattolo per fargli prendere aria. Se il lievito va a
male, sviluppa la muffa o puzza. Se sviluppa del liquido alcolico in cima detto “hooch”,
è normale ed è un prodotto della fermentazione e/o eccesso di acqua: si toglie e, per
nutrire il lievito, per una volta si usa meno acqua.
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Produzione di un pennino per inchiostro interamente in
bambù
https://www.youtube.com/watch?v=fkPm6NGx0Hs
Guardare il video.
Il gel di aloe vera è già di suo una crema solare naturale. Secondo una prima ricetta, il
gel di aloe vera si mescola con una quantità dimezzata di l’olio di oliva. Per rendere
simili creme impermeabili si può usare la cera d’api fusa e lasciata poi a rapprendere
se non danneggia gli altri ingredienti. L’olio di agrumi va sempre evitato perché
fotosensibile, per il resto si possono aggiungere oli essenziali benefici per la pelle o
per profumare la lozione. Un ingrediente extra che si può aggiungere intanto che gli
ingredienti sono leggermente riscaldati in una pentola sul fuoco è un elemento chimico
che scherma la pelle dai raggi ultravioletti, l’ossido di zinco in polvere.
In generale, per proteggersi dal sole senza la crema, si può ripiegare sugli ombrelli,
cappelli con visiera (anche inzuppati di acqua, cosa si può fare anche con il cappello
conico asiatico), occhiali da sole e vestiti con colori chiari (rimbalzano molti raggi
solari; il migliore è il colore bianco, che li respinge tutti, mentre il peggiore è il nero,
che li attira tutti). Il solo gel di aloe o il solo olio di cocco spalmati sulla pelle bloccano
il 20% dei raggi ultravioletti, ma la protezione minima dovrebbe essere del 97% dei
raggi uv, ragion per cui si dovrebbero mescolare oppure optare per l’olio di semi di
carota, che da solo arriva oltre il 97%. Un altro olio molto utile che arriva quasi al
97% di protezione è l’olio di lampone rosso (gli oli possono pure mescolarsi tra loro).
Abbronzarsi con esposizioni via via più lunghe al sole (si può partire con massimo
15/20 minuti) evitando momenti della giornata come mezzogiorno, nel quale i raggi
solari sono perpendicolari al terreno e il sole è nel punto più alto del cielo (zenith),
aiuta la pelle ad abituarsi al sole, a proteggersi con la melanina e a non ustionarsi.
Quando la pelle si abitua, ci si può abbronzare pure con oggetti che riflettono il sole o
immergendosi prima nell’acqua salata (si pensi al bagno in mare): il sale sul proprio
colpo riflette i raggi solari. Alcuni cibi come l’avocado e il pomodoro aiutano
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l’abbronzatura. Il pericolo maggiore non è tanto l’ustione, quanto l’interazione tra DNA
delle cellule e i raggi ultravioletti: se il DNA impazzisce, potrebbe svilupparsi un
tumore della pelle.
Serve una rete da pesca abbastanza fitta e un telaio costituito da un manico e una
forma rotonda.
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Secondo una tecnica inglese, la pelle si immerge nell’acqua piena di tannini estratti
dai trucioli di quercia per ottenere il cuoio conciato (tanned leather).
Per una lancia interamente in legno, si taglia con un’accetta, seghetto, coltello o
coltello colpito con un bastone un ramo dritto e sottile (deve essere più alto della
propria testa perché, se si poggia sulla spalla e si toglie oppure se si inciampa mentre
si tiene la lancia in mano, si rischia di farsi male al collo o alla testa) e si scorteccia
siccome la corteccia deperisce. Con una lama, si assottiglia un’estremità fino a fargli
una punta non troppo sottile (si spezza) e non smussata (non crea danno). La punta
poi, con un sasso levigato si leviga. La lancia è più resistente e dura di più se si mette
sul fuoco a togliere umidità dalle fibre (già la stessa levigatura crea calore e rinforza le
fibre). La punta è poi più scivolosa e capace di fare danni se si cosparge di sostanze
come il proprio sebo, olio, crema per le mani, burro cacao (chapstick) o grasso
animale. La lancia con la punta in pietra levigata e rilegata è più potente, ma la più
potente in assoluto è quella con la punta in metallo affilato (se necessario, si avvelena
con veleni anche naturali estratti da bacche, piante, animali come il serpente o si
avvelena intingendo la lama nelle proprie feci, che possono causare per esempio
un’infezione batterica).
Servono un bastone (ci si può ispirare al capitoletto sopra, cioè alla lancia interamente
in legno) e una pietra dalla forma snella e allungata. Questa pietra si bagna e strofina
su un’altra pietra abbastanza levigata e si leviga su questa superficie (o sfregandoci
un’altra pietra sopra) fino a renderla più piatta, liscia e affusolata e farle ottenere una
punta. La sabbia aumenta l’attrito e aiuta a levigare la pietra. La punta si incastra in
cima a un bastone (il migliore è una lunga canna vuota, secca e resistente) e si legano
insieme legno e pietra con della fibra/cordicella annodata ben stretta. Si ricorda che,
in più, la resina fusa è un buon collante naturale.
https://www.youtube.com/watch?v=_RwR_nQ6SS4 (utilizzo)
Per produrre una tavola cerata (wax tablet), è sufficiente la cornice di una foto,
altrimenti si crea una cornice analoga interamente in legno o materiali simili. La
cornice si riempie di cera d’api fusa in un pentolino sul fuoco e si lascia rapprendere.
Questa tavola, conservata in un luogo buio, si incide con un oggetto appuntito con cui
si prendono appunti.
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Produzione di colori naturali per colorare e camuffare corpo
e edifici
https://www.youtube.com/watch?v=qZvEHTQ90yA (dalla terra, con farina come
addensante)
https://www.youtube.com/watch?v=nnxAzqvVvkg
https://www.youtube.com/watch?v=Q0dhvWA5iq4
Il verde naturale si ottiene dalle foglie (per esempio di spinaci) che vengono
bollite in una pentola con poca sul fuoco per alcuni minuti (mescolare ogni
tanto), strizzate in parte e rese poltiglia con pestello e mortaio. Il tutto si filtra
con un colino per togliere via liquido e addensarlo. Si otterrà della pasta verde
densa e del liquido verde entrambi utilizzabili (la pasta densa, se ben asciutta,
può seccare al sole e diventare polvere)
Il giallo scuro, quasi arancione molto smorzato si ottiene dalla buccia dei
mandarini e arance. Dalla polvere di arancia non trattata si ottiene anche il
dentifricio secondo una ricetta svedese.
Il viola scuro si ottiene dal cavolo rosso, che si affetta e si mette a bollire in una
pentola d’acqua sul fuoco per 10 minuti a fiamma media. Si ottiene dunque un
liquido bluastro che, con l’aggiunta di poco bicarbonato di sodio, diventa
bluastro.
Il grigio si ottiene dall’argilla grigia o mescolando bianco e nero (in base alla
quantità dei due colori, si dosa la tonalità chiara o scura di grigio)
https://www.youtube.com/watch?v=6oRfrYB1StQ
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Il grasso si ottiene dalla carne di animale ripulita, tipicamente sono zone bianche
invece che rosso scuro. Esse si tagliano via e separano totalmente dalla parte magra
della carne, si spezzettano/tagliuzzano e si mettono direttamente in una pentola sul
fuoco o nel forno preriscaldato a 100-120°C. Riscaldandosi, questo grasso solido
diventa liquido e simile all’olio (nel forno, ci impiegherà circa 4-5 ore; ogni tanto
mescola il contenuto); l’importante è che non si bruci. Se il grasso rilascia acqua, deve
evaporare. Il grasso liquido dunque si versa in un barattolo conservato al fresco; se
restano dei pezzettini cotti, si separano tramite un colino e si possono mangiare.
Rapprendendosi, il grasso diventa una specie di crema bianca. Il grasso animale
rappreso si usa per fabbricare sapone e candele oppure come ingrediente per le
creme, lubrificante o antiruggine naturale. Sennò si usa per friggere (ha un alto punto
di fumo) o come addensante per colori. Si conserva al fresco per 6 mesi, sennò
irrancidisce.
Il grasso del rene e lombi (kidney, loins) di bue è tra i più pregiati (si chiama “suet”,
in italiano “sugna”) e ha un trattamento tutto suo. La sugna si affetta e il tessuto
connettivo si toglie (se si fa restare, ha comunque un suo uso) insieme agli eventuali
vasi sanguigni. Dopo che i pezzi affettati sono ripuliti, si tagliuzzano in pezzi
piccolissimi. I pezzi si mettono in una pentola sul fuoco e si fanno sciogliere, ma la
pentola deve essere molto vicina o sospesa sopra il fuoco siccome la sugna non deve
cuocere ma deve sciogliersi nell’arco di alcune ore. Sennò si usa un fornello a fiamma
lenta. Ogni tanto si mescola. Dopo che si fonde, si filtra come al solito con un colino,
setaccio o un panno pulito. Se restano dei pezzi di tessuto connettivo, si possono
utilizzare come esca per pesci (fish bait). La sugna, dopo che si fa rapprendere, si può
impacchettare nella carta, come se fosse un panetto di burro.
https://www.youtube.com/watch?v=XVUt1MYC_lk
Il grasso animale fuso, per esempio grasso di mucca, capra, maiale, cervo e alce (la
tecnica è indicata in un paragrafo apposito), a cui si possono aggiungere dei profumi
come l’essenza di lavanda (si rende profumato, ma non si può usare per altri scopi), si
versa direttamente in dei barattoli di vetro o alluminio vuoti (non devono essere
dipinti dentro con vernici nocive, possibilmente) insieme allo stoppino e si lascia
rapprendere. Si otterrà una candela di grasso animale e stoppino pronta per essere
bruciata. Più il contenitore è grande e grosso, più la candela dura ma serve più grasso
e uno stoppino più lungo in partenza. Lo stoppino, per rimanere dritto, si può ancorare
o incastrare in un qualcosa (uno o due oggetti) messo in cima al barattolo. Di solito, le
candele di grasso solidificato non puzzano ed erano più economiche di quelle di cera.
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Esistono vari modi per produrre le candele, oltre alla cera d’api fusa e colata in un
barattolo intorno a uno stoppino e alla candela interamente fatta di grasso animale. Il
terzo modo è quello di usare un pezzo di burro (se si vuole modellare, non deve
essere freddissimo): esso si buca con un oggetto molto sottile, per esempio un
bastoncino o uno stuzzicadenti, e dentro si inserisce lo stoppino, che può anche essere
un pezzo di carta da cucina passato sopra il burro e arrotolato in modo molto stretto
(ci si può aiutare a spingerlo nel burro proprio con lo stuzzicadenti). Ma la fiamma è
molto flebile. La carta, per rinforzare la fiamma e lo stoppino, si può arrotolare intorno
allo stuzzicadenti, che di fatto è in legno. In alternativa al burro, si può usare lo
strutto o il grasso vegetale (per esempio di palma) incluso il burro vegetale (ex. burro
di karitè): sono tutti e tre grassi alimentari.
Il quarto modo è quello di riempire un barattolino o simili di sale fine e olio vegetale
puro. Il tutto si mescola per esempio con una forchetta. Si crea un impasto denso di
sale e olio nel quale si inserisce lo stoppino. Se resta fermo, l’impasto è ben fatto. Uno
stoppino ottimo per questa candela è fatto di cotone bagnato nell’olio e arrotolato ben
stretto intorno, sennò si usa il classico stoppino spinto con uno stuzzicadenti. Sennò si
usa un pezzo di tovaglia tagliato e arrotolato e intinto nell’olio (la fiamma è molto
grossa).
Esiste un modo per allungare la durata di una comune candela alta e sottile di cera: si
infila in mezzo a un barattolo molto alto e pieno di burro vegetale cremoso (solo lo
stoppino resta scoperto) e le si dà fuoco. Simili candele possono anche durare un
giorno siccome si bruciano lentissimamente. Se questa candela si vuole tirare via dal
barattolo, si deve mettere sopra un contenitore di vetro come portacandela.
Per produrre uno stoppino che resti perfettamente diritto, si prende del comune filo di
cotone, si scioglie in un pentolino sul fuoco della cera d’api anche spezzettata e si
immerge nella cera calda e liquida il filo di cotone, che sfrigolerà per alcuni istanti. Il
filo si gira per bene per inzupparlo di cera, dopodiché si spegne il fuoco, si estrae il
filo, si tende per metterlo perfettamente diritto e si lascia asciugare. Il filo, se servono
stoppini corti, si può tagliuzzare. La cera, siccome è un’esca per il fuoco usata anche
nel buddy burner, rende lo stoppino facilmente infiammabile. Siccome le candele si
possono fare con sapone, grasso animale, burro chiarificato oppure sale e olio, la cera
d’api è conveniente da usare solo per produrre stoppini o buddy burner.
Volendo, il filo di cotone si può prima immergere per un giorno nel borace con acqua a
temperatura ambiente e un pochino di sale fine (ogni 3 cucchiai di borace, se ne
mette 1 di sale). Poi si lascia ad asciugare e si immerge soltanto dopo nella cera d’api
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fusa. Il borace, come spiegato in una sezione apposita, si crea mescolando il detersivo
per piatti in polvere con il sale fine, qualora non si trovi in natura.
Guardare il video. Bisogna avere un fuso (spindle) per ottenere il filato di cotone
(cotton yard).
Guardare il video.
https://www.youtube.com/watch?v=Zw4f301ueKc (parte 2)
Guardare il video.
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https://www.youtube.com/c/Thannal/videos L’intero canale in questione
Guardare il video. Nel video, si mostra anche come si fanno tegole ricurve di forma
vagamente semi-cilindrica: le tegole ancora non cotte si mettono sopra un ceppo di
legno rotondo e si piegano fino a fargli ottenere la forma desiderata. Se i muri non si
costruiscono in cemento e mattoni o sassi, si possono costruire interamente in argilla
densa ammonticchiata un po’ alla volta (si possono usare ancora sassi o mattoni,
ragion per cui si sostituisce il cemento con l’argilla anche mescolata con crusca o
paglia). Ma simili muri sono fangosi, meno durevoli e un acquazzone o terremoto li
distrugge facilmente. La cima di una porta si realizza mettendo l’argilla sopra un’asse
di legno (sennò ovviamente colerebbe per terra), come al solito. Se la casa è di fango,
si può sopraelevare con una base in sassi sennò in caso di acquazzone si può sfaldare
alla base. In più, serve un gradino davanti alla porta per bloccare l’ingresso
dell’acqua. I muri possono essere dipinti con colori particolari per mimetizzare la casa
anche con l’aiuto di piante. Oppure, per rendere i muri più resistenti, si possono
verniciare di calcina come si fa con alcune case rurali in India.
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si affiancano l’una all’altra e si intrecciano con altre strisce in orizzontale. Il tutto si
cosparge di resina fusa in un pentolino per rendere il tutto a prova di insetto e di
acqua. Con delle fibre, il tetto si fissa ai pali. In alternativa, si costruisce un tetto
verticale, tale per cui sul tetto si mette una specie di graticola o telaio costruito in
legno che viene poi ricoperto di cemento. Dentro la casa si possono creare o
precalcolare degli arredamenti: sedie, tavolino, una superficie sopraelevata per il
letto, angolo cottura, angolo per il focolare ecc. ma si prendono spazio. Se si mettono
delle assi di legno scortecciato, secco e coperto di resina per proteggerlo mentre si
ergono i muri con cemento e sassi, si fissano e creano degli scaffali rudimentali. Simili
casette si possono costruire per poi ricoprire sul tetto e tutt’intorno eccetto per
l’ingresso di terra e vegetazione per fungere da ghiacciaie naturali sul modello delle
burraie e antiche ghiacciaie. Oppure si costruiscono come capanno degli attrezzi, armi
e simili.
https://www.youtube.com/watch?v=xGfgFnm7x7Y
L’olio d’oliva si può produrre (anche) senza particolari attrezzi o macine manuali o
macine enormi trascinate da uomini o bestie da soma: semplicemente, le olive
raccolte e ben selezionate si lavano, denocciolano (anche con lo snocciola-olive, sennò
si tagliano o pestano per renderle più arrendevoli e tirare il nòcciolo) e si riducono in
poltiglia marrone per esempio con pestello e mortaio. La poltiglia di olive si versa in
una pentola sul fuoco con un poco d’acqua e si fa riscaldare per 10 minuti mescolando
in continuazione. Infine, si cola in un panno pulito che poi si strizza: il succo nerastro
che esce è l’olio extra-vergine d’oliva (si specifica bene per non confonderlo con l’olio
di semi, di sesamo, di cocco… e con l’olio vergine d’oliva). L’olio si può depositare, per
cominciare, in un barattolo, caraffa, recipiente di vetro (si può vedere attraverso). Può
contenere polpa che si può togliere filtrando l’olio di nuovo con il panno o simili e
strizzando la polpa separata, ma un po’ di polpa non crea danni. L’olio, se esposto a
temperature fredde, può raggrumarsi esattamente come il miele, che a volte si
cristallizza e solidifica: è normale. La poltiglia di olive si può spremere più volte,
ottenendo l’olio vergine d’oliva, di qualità inferiore (ma della buona polpa di olive non
si spreca). La polpa di olive spremuta, detta “pasta di olive” (olive dough), si può
mangiare o spalmare. Se alle prime spremiture l’olio è marrone, deriva dai piccoli
pezzi di polpa che poi si depositeranno sul fondo, scoprendo l’olio giallo intenso in
cima. L’olio giallo si può separare con un cucchiaio dalla polpa finissima che si
deposita lentamente sul fondo del barattolo o caraffa o simili. Le olive usate possono
essere verdi, marrone e nere.
L’olio di avocado, nel metodo più semplice, è largamente analogo come procedimento:
si sbucciano degli avocado, si toglie l’enorme nocciolo e si pestano con pestello e
mortaio o simili (ma l’avocado è talmente tenero che si può anche strizzare con le
mani, esattamente come il burro a temperatura ambiente, le banane ecc.). La pasta di
avocado si stende su una superficie piatta metallica come una teglia e si lascia tre ore
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al sole a seccare siccome non deve contenere acqua; sennò ci si aiuta con altre fonti
di calore. Dopo 3 ore si sarà essiccata e sarà diventata verde scuro. Essa si gratta via
dalla superficie con un coltello, si mette in un panno pulito e si strizza con tutta la
propria forza sopra un contenitore: usciranno alcune gocce di liquido verde, che è
l’olio di avocado. L’olio si può estrarre più facilmente se l’avocado secco si mette in un
contenitore a mollo in una pentola d’acqua bollente: si riscalda senza entrare a
contatto con l’acqua.
Altrimenti la poltiglia di avocado non si secca ma si mette a friggere in una padella sul
fuoco fino a squagliarla; si frigge con olio di avocado che si mescola in continuazione.
Quando la poltiglia si scioglie e l’olio diventa verde scuro si scola su una coperta che
poi si strizza.
A volte, per produrre sostanze come l’alcol fatto in casa e simili, per non innescare
instabilità chimiche che danneggiano il prodotto finale bisogna distillare l’acqua con un
procedimento analogo a quello di desalinizzazione per ottenere l’acqua dolce/potabile
(per esempio, si distilla per toglierle sostanze disinfettanti come il cloro in riferimento
all’acqua di rubinetto). Il metodo base è prendere una pentola d’acqua, immergerci un
contenitore (può pure galleggiare), chiudere la pentola e metterla sul fuoco. L’acqua
distillata si accumulerà per condensa del vapore nel contenitore.
https://www.youtube.com/watch?v=tPD148aV1Js
https://www.youtube.com/watch?v=53h7LmFJBso
Si prende dell’acqua e si distilla, dopodiché si affetta una mela pulita in fette sottili o
in cubetti/pezzettini (la buccia può restare) e si unisce all’acqua distillata in un
barattolo pulito (meglio se sterilizzato, così nulla interferisce con la fermentazione).
All’acqua e mele si aggiunge dello zucchero bianco e si mescola per innescare la
fermentazione (che parte prima se si aggiunge infine dell’aceto di mele già pronto,
aceto che peraltro impedisce la formazione di muffa) con un attrezzo lungo e sottile
per eliminare ogni tasca d’aria. L’acqua dovrebbe coprire tutti quanti i pezzettini di
mela. Il barattolo si lascia in una zona fresca e all’ombra. Ogni giorno il barattolo si
apre e si mescola il contenuto. Se si sviluppa della schiuma in cima è normale, è un
prodotto della fermentazione degli zuccheri in alcol: è normale, come anche il profumo
di alcol e l’intorbidimento dell’acqua. Quando la schiuma copre completamente la
superficie, formerà una specie di pellicola solida di cellulosa formata dai batteri detta
“aceto madre”. A questo punto l’aceto è quasi pronto e non serve più mescolare.
Quando il sapore è quello desiderato (bisogna aspettare da una settimana a un mese),
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si toglie la madre e si utilizza, se si usa come condimento (è anche antiruggine
siccome è una sostanza acida, può sbiancare i denti e si usa anche per conservare i
sottaceti, cioè dei vegetali affettati o interi: cetriolini, capperi, peperoni, cipolline,
verze, funghi, melanzane, zucchine, carote e cavolfiori). Le mele lasciate a macerare e
fermentare si possono conservare, idem l’aceto madre. L’aceto madre si può
riutilizzare per accelerare la formazione dell’aceto nuovo in alternativa all’aceto già
pronto. Se l’aceto non si è ancora formato (si capisce dall’odore blando di aceto e dal
liquido troppo torbido e non trasparente) e/o si conserva chiuso anche per dei mesi o
anni per esempio nelle botti: esso stagiona e invecchia. Se si vuole utilizzare subito,
anche solo 1 o 2 mesi bastano. Il colore diventa sempre più scuro man mano che
invecchia, ma di base è giallastro essendo aceto di mele; si formerà poi di nuovo la
madre dell’aceto. Dall’aceto si ottiene anche un balsamo utile per produrre cosmetici,
profumi e medicinali (da questa caratteristica deriva il termine “aceto balsamico”).
L’aceto si conserva in un posto buio, per esempio dentro all’anta di un mobile, e dura
anni.
Quanto al succo di mela fermentato, che però non è aceto, si ottiene riciclando i pezzi
di mela usati per produrre l’aceto di mela. Infatti essi si possono togliere, mettere in
un altro barattolo pulito e sterilizzato e ricoprire di succo di mela fresco. Si chiude e,
dopo 3 giorni di fermentazione, si filtra il tutto: si otterrà del succo di mela
fermentato. E’ nutriente, saporito, pieno di batteri salutari e ha una quantità minima
di alcol. Le donne incinte e i bambini molto piccoli devono astenersi dall’alcol in
qualunque forma.
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fermentare numerosi alcolici, per esempio il vino di riso (sakè) e la birra: l’airlock,
come il nome stesso indica, non lascia entrare ossigeno ma fa traspirare la CO 2. Nel
tempo, si vedranno delle bolle nella camera d’aria derivate dalla fermentazione: è un
normale gorgoglìo da fermentazione. L’airlock si trova comunemente in giro a prezzo
molto basso anche in set di più pezzi in plastica: il prezzo supera di poco i 10€, come
per il ferrocerio/acciarino. La bottiglia si conserva in una zona fresca e buia, siccome il
calore del sole potrebbe interferire. Dopo alcune settimane, l’acqua apparirà torbida. A
quel punto, l’alcol etilico è quasi pronto: si distilla il liquido ottenuto per separarlo
dall’acqua e renderlo più puro (al massimo si raggiunge una purezza intorno al 95°).
L’etanolo bolle a 78°, l’acqua a 100°.
Per la crema pesante (heavy cream), che a sua volta è l’ingrediente base per
ottenere la panna montata e successivamente il burro con siero e il burro
chiarificato, serve il latte crudo o intero (entrambi contengono la parte grassa
del latte siccome non è né parzialmente né completamente scremato, ma quello
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intero ha già subito un primissimo trattamento). Se il latte è omogeneizzato,
non si formerà la crema pesante. Il latte si mette a bollire sul fuoco
mescolandolo ogni tanto e, da quando bolle e si forma la schiuma, si tiene per
15 minuti, dopodiché si tira e si fa raffreddare (se si sceglie un posto molto
fresco, si raffredda prima) per 3 o 4 ore. Dopodiché, quando è completamente
raffreddato, si formerà una piccola patina: essa si raccoglie ed è la crema
pesante. In fondo, resta il latte che si può bollire di nuovo. La crema pesante si
conserva in un luogo fresco, a meno che si vuole inacidire apposta per creare la
panna acida.
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burro: in Tibet, per esempio, le candele votive tradizionali sono dei calici
riempiti di burro di latte di yak chiarificato. Vi si può pure bagnare lo stoppino
se è di cotone (per farlo stare in piedi nel burro chiarificato, la base è rotonda e
gonfia). Il burro chiarificato (ghee) si produce sciogliendo il comune burro
(meglio se non salato) in una pentola sul fuoco tenue e possibilmente non
mescolando. Si creerà della leggera schiuma in cima derivante dalle proteine
del poco siero in esso contenuto. Se si tolgono con un colino o cucchiaio e si
lascia depositare una parte solida in fondo detta “latte solido” (milk solid), il
liquido giallo-arancione in cima si cola in un altro contenitore e si separa
dunque dalla componente solida. Il liquido in questione è il burro chiarificato,
che sembra olio ma che si rapprende al fresco (assomiglia vagamente al miele
leggermente cristallizzato). In alternativa, si cola il burro chiarificato attraverso
un panno pulito e si strizza se eventualmente ci finisce un poco di latte solido
dentro. Il latte solido rimasto si può usare come crema spalmabile o come
condimento del purè di patate. Anche la schiuma tolta si può spalmare per
esempio sopra il riso caldo, avena, pancakes…
Siccome la crema di formaggio, come per la crema pesante, panna montata e burro si
basa sulla parte grassa del formaggio, si usa il latte crudo o intero. Il latte intero si
mette a bollire in una pentola su fuoco mescolandolo in continuazione finché non inizia
a bollire. Impostare dunque una fiamma media. Come addensante, si uniscono 3
cucchiai di aceto ogni litro di latte o, in alternativa, si usa il succo di limone.
Continuare a mescolare. Il latte inizierà a raggrumare, separandosi in grumi detti
“cagliata” (curds) e in siero di latte. Togliere dal fuoco la pentola, coprirla e lasciarla
riposare per un quarto d’ora. La cagliata si separa dal siero tramite un colino e/o
tramite un panno pulito, tipicamente il panno di garza da cucina. La cagliata dunque si
strizza e compatta. Il siero di latte si può conservare e usare, ma non è esattamente
latte di burro siccome è ottenuto direttamente dal latte e non dal burro strizzato,
entrambi di fatto sono siero. Il formaggio si può condire con grani di pepe o
peperoncino tritato e aromi se si inseriscono nella cagliata prima di compattarla. Si
conserva al fresco per una settimana oppure si taglia a dadini e si conserva nell’olio di
oliva con a mollo, se si desidera, del pepe, sale, spicchi d’aglio crudo, peperoncino e
rosmarino. Se alla cagliata si aggiunge il sale fine, non diventa più una semplice
crema di formaggio ma si ottiene la ricotta salata.
Esiste un terzo addensante per ottenere la crema di formaggio o ricotta salata: si usa
la scorza grattata di un formaggio (deve essere scorza tenera che si gratta via con
facilità estrema e non coperta di muffa). Essa infatti contiene un ingrediente chiave
del classico formaggio duro, cioè il caglio (rennet), che si ottiene dal latte digerito
nello stomaco di un agnellino non ancora svezzato (contiene particolari enzimi che
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formano la cagliata per il formaggio duro). La scorza quindi si usa al posto del limone
o aceto. Dal siero, che contiene ancora del caglio derivato dalla scorza, si può ottenere
altra crema di formaggio o ricotta salata: si può pensare come un siero madre. La
ricotta salata si può tenere al fresco e si può stagionare anche per un mese.
Stagionando, ingiallisce leggermente e si riempie leggermente di muffa in superficie.
Mettere il latte in una padella riscaldata sul fuoco a fiamma alta e mescolare in
continuazione. Se si mette subito dello zucchero abbondante come dolcificante, esso
in più lo renderà più cremoso. Quando il latte bolle e si riduce di metà circa,
continuare a mescolare e, se si vuole, aggiungere un pizzico di bicarbonato di sodio
(aiuta a renderlo cremoso), che in un primo momento creerà una schiuma che poi
andrà via da sola. Dopo 5 minuti, si può spegnere (ma si deve continuare a mescolare
il latte che si raffredda). Quando la crema ha la consistenza desiderata (il colore è
giallo pallido), si mette in un contenitore messo al fresco.
https://www.youtube.com/watch?v=pkFrqVxUWvk
https://www.youtube.com/watch?v=jb9KxD2HQEw
Si parte dal latte condensato o dal suo ottenimento: quando la consistenza diventa
cremosa, si continua a riscaldare ancora in una padella sul fuoco: da crema, diventerà
una pasta densa simile alla pasta cruda. Quindi, si spalma anche aiutandosi con un
mattarello o oggetto cilindrico qualunque (ex. una canna di bambù o un barattolo)
sulla carta da forno messa su una teglia (o sul fondo di una pentola o su simili
superfici metalliche pulite o su un contenitore dal fondo piatto e foderato di alluminio)
e si lascia ad essiccare anche al sole (sennò si usano altre fonti di calore). Volendo,
invece di spalmarlo, si può tagliuzzare in quadretti (basta incidere linee orizzontali e
poi verticali o viceversa). Si otterrà dopo alcune ore una crosta totalmente essiccata
anche all’interno che si gratta via e che si polverizza prima con le mani e poi con
pestello e mortaio. Se si scrostano i grumi più grossi e si nota che all’interno sono
ancora umidi, lasciare essiccare ancora. Se si lascia il tutto a essiccare all’aperto,
coprire con un panno ancorato a dei sassi o avvolgere il tutto con una rete
antizanzare.
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burro tibetano (il burro si mette e mescola mentre il tè bolle, sennò galleggia quasi
tutto in superficie), che si può anche salare e usare per bagnare il pane, come se
fosse una zuppa.
Anche il siero di latte si può condensare e ridurre in polvere ma, se si scioglie con
l’acqua calda, non si può usare come siero madre per formaggi e simili ma si può solo
dare da bere a persone e gatti.
https://www.culturesforhealth.com/learn/cheese/make-thistle-rennet-cheesemaking/
(articolo su caglio di cardo)
Il caglio è l’ultima sostanza con cui si addensa il latte e si forma la cagliata che,
strizzata, diventa formaggio duro o crema di formaggio, che eventualmente può
diventare ricotta salata. Il caglio animale, tale per cui ogni volta si deve squartare un
vitellino per aprirgli lo stomaco, si può sostituire con due tipi di caglio vegetale: il
caglio di fico e il caglio di ortica. Il caglio di fico, semplicemente, è la linfa del fico (“fig
sap”) se non è secco: ha un colore bianchissimo ed è detta anche “latte di fico”. Si
estrae staccando una foglia verde di fico includendo il gambo della foglia (leaf stem) e
spremendo il gambo (non confondere il gambo della foglia con il picciolo del frutto).
Oppure, si fa lo stesso con un frutto di fico staccato includendo il picciolo (petiole). La
linfa di fico si può usare in modo diretto e quindi liquida oppure si può depositare su
un pezzo di garza sterile e li lascia essiccare. La garza si passa anche sul ramo
siccome cola anche dal punto in cui è stato tirato il picciolo. Il formaggio avrà un
gusto leggermente più amaro a quello formato con il caglio animale. La foglia di fico
verde, se aggiunta a una zuppa, le dà un retrogusto di fico.
L’alternativa al caglio di fico è il caglio di ortica, che è anche una pianta medicinale.
Esistono 2 modi di farlo e, a monte, servono solo le foglie di ortica, che si possono
strappare o tagliare dal gambo maneggiato con i guanti o preso in mano tenendo
qualcosa di isolante tra le dita, per esempio un pezzo di carta, una foglia spessa ecc.
Il primo modo è quello di pestare e triturare le foglie con pestello e mortaio e di
estrarre il succo di ortica, un liquido verde scuro. Il secondo modo è di produrre il tè di
ortica, tale per cui sulle foglie spezzettate in un bicchierino si versa l’acqua calda. Le
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foglie, appena si ammorbidiscono, si pressano e riducono in poltiglia. L’acqua dunque
si colorerà di marrone. Il migliore dei due è il succo puro di ortica.
Le foglie di ortica, oltre a essere usate come ingrediente, medicina e caglio, si usa
anche come fodero del formaggio: le foglie grandi ben lavate si passano nell’acqua e
si spennellano sopra il formaggio e dunque si fissano in modo molto aderente su di
esso. Tutta la superficie del formaggio deve essere ricoperta. Nel tempo, si copriranno
di una leggera muffa ma il formaggio verrà preservato e avrà un retrogusto di ortica.
Il caglio di cardo (un’erba selvatica infestante che produce un fiore viola), utilizzabile
solo con il latte di capra, si ottiene raccogliendo gli stami, ovvero la parte viola,
facendola essiccare e pestandola con pestello e mortaio fino a ridurla in polvere. La
polvere si mescola con l’acqua tiepida (non calda, sennò uccide gli enzimi) e, dopo 10
minuti, si riempie di enzimi siccome diventa marrone e torbida. Il liquido si cola e filtra
dalla polvere di cardo ed è caglio di cardo. Si conserva chiuso in un barattolo in frigo.
Se non si usa subito, è meglio conservare gli stami secchi in un barattolo chiuso
ermeticamente e messo in frigo.
L’ultimo tipo di caglio è quello microbico, producibile per esempio dalla purificazione
industriale e fermentazione di un fungo detto (rhizo)mucor miehei. Il mucor è una
famiglia di muffe e il mucor miehei si trova sulla muffa sulla superficie esterna del
formaggio. Il mucor cresce tra 24 e 55°.
Se si vuole produrre il formaggio duro, bisogna usare il caglio non vegetale, uno
starter/coltura messo prima del caglio (si può usare il latte di burro o del siero di
formaggio prodotto con caglio animale, sennò si usa la coltura di fungo mesofilo non
patogeno) e bisogna pressarlo per comprimerlo bene e togliere molto bene tutto il
siero. Come pressa si può usare un macchinario o, se per esempio il formaggio viene
messo in un contenitore rotondo, un oggetto rotondo pulito e riempito di sassi o pezzi
di metallo come peso poggiato sopra il formaggio. Volendo, si può mettere un peso
non cavo sul quale ci si siede.
Attenzione a non confondere il limone con il lime (“làim”): il primo è giallo, il secondo
è più piccolo e verde.
https://www.youtube.com/watch?v=F898rbUvzV4 (tè)
Prendere una tazza o grosso bicchiere, mettere un panno pulito in cima, riempirlo di
caffè in polvere, fissarlo con qualcosa ai lati del bicchiere o tenerlo fermo con una
mano. Bollire dell’acqua in un pentolino o teiera sul fuoco (possibilmente poco più
dell’acqua che la tazza riesce a contenere) e versarla sul panno contenente il caffè. Il
panno fungerà da filtro rudimentale. Il panno infine si toglie e si strizza. I fondi di
caffè si usano per formare il compost. Il secondo modo è prendere una tazzina con
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acqua calda, buttarci dentro direttamente il caffè e mescolare per poi svuotare tutto in
un’altra tazzina con un colino in cima. Se si ha la caffettiera, comunque si può fare del
caffè senza fare affidamento totale all’energia elettrica. Lo zucchero sia bianco che di
canna addolcisce il caffè ma, se interessa solo la caffeina come stimolante, non è
strettamente necessario.
Il metodo appena esposto per il caffè tramite il panno pulito si può usare per bere il
tè: è sufficiente avere il tè già secco e sbriciolato o in polvere fine, come spesso si
trova nelle bustine. Se il tè è in forma di un bandolo di foglie completamente essiccate
e annerite, basta metterle direttamente in una tazza vuota (deve avere un coperchio o
simili) e versarci sopra l’acqua calda; la tazza si copre con un coperchio, si guarda
ogni tanto se l’acqua si colora e, quando è pronta, si sversa il contenuto in un’altra
tazza (il coperchio trattiene le foglie idratate). Al posto della tazza vuota, si può usare
una teiera con coperchio e becco stretto: anch’essa trattiene le foglie idratate. Se il tè
è di colore nero, serve l’acqua bollente, sennò basta qualche grado in meno.
https://www.youtube.com/watch?v=ECeRl_Bmdbk
L’olio di noci è sia un genere alimentare che un olio che si spalma sul legno secco
versandolo su un panno e strofinandolo sopra in modo da proteggerlo (ci sono varie
soluzioni e, a loro volta, più tipi di olio: olio di semi di lino, olio di noci e olio di tung).
Ebbene, si prendono delle noci e si spaccano con lo schiaccianoci, sassi, mattoni o
martelli per estrarre il frutto (la buccia si può usare come combustibile o esca per il
fuoco, “tinder”). Il frutto (da ora in poi si indicherà come “noce”) con pestello e
mortaio si riduce in polvere fine. Essa si può tostare mettendolo in una padella sul
fuoco e mescolandolo in continuazione per mezz’ora per dargli una forte aroma se si
usa come genere alimentare, altrimenti non si tosta. Dopodiché, la polvere di noce si
mette una padella sul fuoco mescolata con un cucchiaio di sale fine e si mescola ogni
tanto. La polvere, riscaldandosi, diventerà un impasto denso che, quando non è
bollente e quando inizia a emettere liquido se strizzato, si estrae e si spreme tramite
un panno (per esempio, la garza da cucina) sopra un contenitore. Si otterrà un liquido
giallo e oleoso: è l’olio di noce. La pasta di noce si può conservare per dare un
retrogusto di noce agli impasti, sennò si usa come mangime per bestiame. L’olio di
noci non va esposto in zone luminose perché è sensibile alla luce. Sennò si inscatola in
una lattina o simili.
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Come proteggere la frutta dalla muffa
https://www.coltivazionebiologica.it/muffa-agrumi/#:~:text=Come%20prevenire
%20la%20muffa%20degli%20agrumi&text=La%20conservazione%20deve
%20avvenire%20in,o%20lo%20stipo%20della%20dispensa.
Le quattro più grandi accortezze sono: evitare i posti umidi e in cui l’aria non circola,
siccome questo ambiente è ottimo per permette alla frutta di riprodursi, in più
appurarsi che la frutta non sia bagnata (per esempio, se si raccoglie dopo un giorno di
pioggia, sarà bagnata): bisogna dunque asciugarla con un panno. Il quarto
accorgimento è quello di tenere la frutta in un posto fresco, siccome sotto al sole
battente si altererebbe. Se non si seguono le prime accortezze, si formerà la muffa,
che appare come una zona bianca o grigiastra con eventualmente della peluria (il
tutto si dice “feltro fungino”) dopo un cambio di colore nella zona infettata, che appare
più scura e molliccia. L’infezione passa da un frutto all’altro tramite contatto. Se un
posto è sporco di muffa o simili, va lavato e disinfettato prima di depositarci della
frutta, sennò la muffa residua la attaccherà. Se un frutto inizia a sviluppare muffa,
bisogna allontanarlo subito dagli altri.
https://www.youtube.com/watch?v=fJtvbicVEMk
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Conservazione della frutta con bollitura nello zucchero
https://www.youtube.com/watch?v=cWM0FxDihg4
https://www.youtube.com/watch?v=VkbqDqUtzVE
Bisogna prendere una padella, riempirla d’acqua e mescolarla con zucchero bianco: il
peso dello zucchero deve essere pari a quello della frutta fresca, tagliata, sbucciata e
denocciolata. L’acqua con zucchero disciolto si mette sul fuoco a bollire e si mescola
(se si mettesse direttamente lo zucchero sul fuoco, si otterrebbe il caramello) fino a
ottenere uno sciroppo di zucchero denso, dopodiché mentre bolle appena si immerge
la frutta, avendo cura di coprirla di sciroppo e rigirarla. La frutta si tiene poco tempo
siccome deve bollire a stento (altrimenti si sfalderebbe e diventerebbe marmellata).
Essa poi si mette dentro a un barattolo di vetro sterilizzato con l’acqua calda che poi si
riempie direttamente dalla padella di sciroppo, che nel mentre si sarà raffreddato e
colorato (la frutta non deve continuare a cucinare: non è marmellata). Lo sciroppo
deve coprire tutta la frutta. Volendo, sopra lo sciroppo si può mettere uno strato di
grasso rappreso come sigillo (gli antichi greci come sigillo usavano il gesso fatto poi
essiccare e, come contenitore, usavano le anfore). Il barattolo si chiude e si conserva
in un luogo fresco.
https://www.youtube.com/watch?v=GjuN63EI96M
https://www.sciencedirect.com/topics/agricultural-and-biological-sciences/potassium-bitartrate
La marmellata è sia una confettura che una conserva e si ottiene bollendo la frutta
fino a sfaldarla. Per la precisione, si prende la frutta, si sbuccia e snocciola, si taglia a
pezzettini veramente piccoli e fini, si mette da parte lo zucchero bianco o di canna
(per ogni mezzo chilo di frutta, serve ¼-1/3 di bicchiere di zucchero circa) e i
pezzettini si mescolano con lo zucchero per poi essere lasciati da alcune ore a una
notte intera al fresco. Il tutto si mette dunque a bollire in una pentola sul fuoco con
del succo di mezzo limone di piccole dimensioni o aceto bianco come addensante
(cambia anche un po’ il sapore). Se si crea schiuma in cima, toglierla con un
cucchiaio. La pentola non va coperta, sennò l’acqua non evapora. La marmellata,
quando è pronta (ha il gusto e consistenza giusti) si versa in barattoli di vetro
sterilizzati con l’acqua calda, si lascia raffreddare a temperatura ambiente e si
conserva in un luogo fresco per 2 mesi al massimo. Se si fa addensare troppo oltre il
massimo possibile e si continua a cuocere, brucerà.
Per accelerare i tempi e/o quando si producono più conserve, si può fare ricorso alla
pectina, una sostanza addensante presente già in natura nella frutta che si aggiunge
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allo zucchero e limone. Tipicamente, si estrae nel seguente modo: si prendono delle
mele ancora un po’ acerbe e non bacate o marce (quelle molto piccole e gialle ne
contengono molta), si lavano per togliere lo sporco, si affettano senza bisogno di
sbucciarle o di togliere il torsolo (si toglie solo il picciolo) e si mettono a bollire in una
pentola di acqua distillata sul fuoco. In alternativa, bastano i torsoli e bucce pulite di
mela, ragion per cui non necessariamente si usano come compost umido ma si usano
per estrarre la pectina di frutta. Si può comunque ottenere pure da albicocche senza il
nocciolo, ciliegie, prugne, frutti di bosco, carote e l’albèdo, cioè la parte bianca della
buccia e interno di agrumi come l’arancia, il mandarino, il limone, il pompelmo, il
cedro, il mandarancio, il bergamino e il chinotto (si trova in superficie ma non in
mezzo agli spicchi: è la “colonna centrale”, non è l’albedo). La buccia è dunque
composta da flavedo (strato esterno) e albedo (strato bianco) sopra la polpa
(endocarpo). Le mele piccole e l’albedo sono le due fonti per eccellenza della pectina.
Ebbene, nel caso delle mele, esse si bollono affettate nell’acqua distillata (il suo livello
deve coprire tutti i pezzetti di frutto) a fiamma bassa per parecchie ore, finché le mele
non diventano una poltiglia, quasi una salsa di mela. Dopodiché il contenuto della
pentola si filtra su un panno pulito. Il liquido che cola sarà dell’acqua torbida con
pectina che si bollirà finché non si ridurrà a meno di metà e si colorerà: a questo
punto si otterrà la pectina, che si può conservare in un barattolo al fresco è la pectina.
I resti di frutta, se non si vogliono mangiare, si possono dare in pasto agli animali o
usare come compost. Anche dagli agrumi si estrae l’olio essenziale.
Per estrarre la pectina dall’albedo, si sbucciano gli agrumi e, sempre con il coltello, si
gratta l’albedo dalla superficie del frutto e si separa il flavedo dall’albedo della buccia.
L’albedo poi si tagliuzza in pezzetini piccoli e si mette a bollire nell’acqua distillata con
dell’acido tartarico o idrocloridico finché non esce un liquido colorato grossomodo di
arancione o biancastro e che è addensato al punto tale da sembrare un gel blando.
L’acido tartarico è un acido ottenibile dalla natura a partire dalla crema di tartaro. La
pectina si estrae filtrando il tutto per separare l’albedo cotto.
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https://www.youtube.com/watch?v=WlSAir4GFs4 (parte 2)
https://www.youtube.com/watch?v=OQq_tq2nIfU (parte 3)
Per l’essicazione solare fatta al meglio, serve l’essiccatore solare (solar dryer) e anche
una rete antizanzare che lo avvolge completamente. Se al sole, si affetta la frutta in
fette molto sottili e uniformi finché resta solo il torsolo e si lascia al sole a essiccare.
Dopo 1 giorno già avrà un aspetto secco e rattrappito. Se non si consuma subito, si
mette in un barattolo sterilizzato. La frutta acerba o troppo matura o marcia non si
essicca mai. Le mele e pere cambiano colore se secche a meno che si immergono nel
succo di limone. Per l’uva, ciliegie e mirtilli e in generale per la frutta che ha una
copertura cerosa, i frutti vanno immersi nell’acqua bollente 30 secondi per togliere la
copertura, altrimenti non seccano.
Semplicemente, la chiusura ermetica (tale per cui si toglie tutto l’ossigeno dentro a
una bottiglia e il tappo ha una tenuta migliore) si effettua tappando i contenitori (per
esempio i barattoli) e mettendoli direttamente in una pentola a bollire sul fuoco per
alcuni minuti.
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Conservazione carne con il sale
https://www.youtube.com/watch?v=ozG06MFsGb4
https://www.youtube.com/watch?v=ZdmPIpQZPRg
Per conservare la carne sotto sale, si prende ancora cruda, si taglia a fettine e si
mette in un barattolo di vetro sterilizzato mescolata con sale senza lasciare tasche
d’aria (la base deve essere cosparsa di sale in quanto è la base). A barattolo riempito,
si mette in cima una miscela di acqua calda e sale (ogni 4 tazze di acqua se ne mette
1 di sale ben mescolato: se ci si mette un uovo non per forza sgusciato, non andrà a
fondo della tazza ma galleggerà). Il sale per fare conserve non deve essere iodato
(deve contenere solo sodio). L’acqua con sale si aggiunge fino all’orlo per eliminare
ogni tasca d’aria. Con un oggetto lungo e sottile, la carne si muove un po’ sempre per
eliminare ogni tasca d’aria. Se si usa la tecnica di preservazione a base di solo sale o
di sola acqua salata, la carne potrebbe durare di meno a causa delle tasche d’aria.
Quando la carne sotto sale si vuole consumare, si deve immergere nell’acqua per
almeno due ore per togliere un po’ di sale. Il barattolo o botte si conserva in un luogo
fresco per alcune settimane.
Il pesce si conserva sotto sale ridotto a fette sottili, quindi non si conservano pesci
interi ma si ripuliscono dalle viscere e dalla spina dorsale. Anche in tal caso la base del
recipiente deve essere completamente coperta di sale. Quando si mette il sale sopra le
fette di pesce, il pesce può essere ancora visibile: non deve sparire sotto a un chilo di
sale. Il sale deve asciugare l’acqua del pesce e impedire ai batteri di attaccarlo. Il
contenitore si copre e si lascia che il sale essicchi la carne, che cambierà colore e
diventerà secca e dura. Il caldo del sole può aiutare la carne salata a seccarsi. Se si
nota del liquido emesso dai pesci e non assorbito dal sale, si sversa. Il pesce secco
può infine essere messo in barattoli chiusi ermeticamente tramite bollitura nell’acqua
per la massima sicurezza.
https://www.youtube.com/watch?v=1mfE1QqzvME
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Di base, bisogna creare con i rami, canne di bambù o legno un telaio in cui appendere
oggetti, in questo caso i pezzi di carne, per esempio il costato o le fettine non troppo
sottili e non troppo corte se possibile. La carne si macella, si sciacqua con acqua pulita
e si buca per appenderla con legacci o ganci (si possono anche ottenere da cilindri di
ferro dalla punta levigata fino a renderla appuntita e incurvati dopo che si rendono
incandescenti, oppure si imprime la forma direttamente sulla sabbia e vi si cola il
metallo fuso). Sotto si accende un fuoco che comunque non deve toccare
direttamente la carne: il calore e fumo asciugheranno, essiccheranno e
affumicheranno la carne. Se si desidera solo il fumo e non il calore, la legna verde è
ottima per alimentare il fuoco. Se ci sono zanzare, il tutto si fa in un ambiente chiuso
(basta tenere una camera d’aria per fare uscire il fumo, una camera che si può
foderare con una rete anzizanzare) o si prova a circondare il tutto con una rete
antizanzare sorretta da una struttura conica fatta di rami, come se fosse una tenda da
indiani. Se al posto della rete antizanzare si usa un panno, il fumo si concentra intorno
alla carne (attenzione a non toccare il fuoco con il panno). Se si fa all’aperto, oltre alle
zanzare attirate dall’odore della carne e sangue, il secondo rischio è quello della
pioggia, evitabile se si va al chiuso o se si usa un tettuccio. Quando la carne è secca,
dura e annerita in superficie, è pronta.
La carne deve essere fresca: preservare carne non fresca o addirittura avariata con
qualunque metodo è inutile e potenzialmente dannoso. L’affumicatura può prendere
alcune ore. La carne affumicata dura parecchie settimane. La carne avrà un sapore
fortemente affumicato e sarà dura da mangiare a meno che si immerge in una pentola
d’acqua calda sul fuoco: si ammorbidisce, reidrata ed espande.
Per creare i sottaceti, si prendono anche interi (non serve tagliuzzarli o sbucciarli) e si
mescolano in un contenitore bucherellato messo sopra un altro contenitore con del
sale fine e si lasciano a macerare al fresco per tre ore (per esempio, con i cetrioli si fa
così). Ebbene, butteranno dell’acqua, tale per cui si disidratano in parte. Poi si
sciacquano e si mettono in barattoli sterilizzati con l’acqua bollente. Ai sottaceti, si
aggiunge l’aceto bianco (o aceto di riso) e, eventualmente, dello zucchero bianco o di
canna (per ogni tre coppe di aceto bianco, se ne usa poco più di una di zucchero ben
mescolato) messi in una pentola d’acciaio sul fuoco finché non bollono. I sottaceti
devono essere completamente ricoperti dall’aceto e zucchero caldi versati fino quasi
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all’orlo del contenitore, sennò non sono completamente protetti. Con un attrezzo
lungo e sottile, si smuovono per togliere eventuali tasche d’aria. Il contenitore va poi
chiuso e conservato al fresco messo sottosopra.
I sottaceti possono essere cetrioli, fagiolini, pomodori e funghi. I funghi devono in più
essere puliti, tagliuzzati e bolliti con un miscuglio di acqua, olio e aceto prima di
essere conservati.
Il cibo che si vuole conservare sott’olio va pulito e bollito e i relativi contenitori vanno
sterilizzati. Il cibo si infila in questi contenitori e si riempie di una miscela avente 2/3
di olio (uno tra i migliori è l’olio extra-vergine di oliva) e 1/3 di aceto bianco più sale.
Il tutto va mescolato bene e non si bolle. Quando il cibo si ricopre di questa miscela a
base di olio, esso va interamente ricoperto altrimenti non sarà interamente protetto.
Se, per esempio, si sviluppa della muffa in cima al cibo, si rischia un avvelenamento
da botulino. Con un oggetto lungo e sottile, come al solito si tolgono le eventuali
tasche d’aria prima di chiudere il barattolo. I pomodori, se si vogliono conservare
sott’olio, vanno messi in forno a 200° per 10 minuti o vanno arrostiti in un modo
simile con un poco di sale cosparso sopra. Lo stesso va fatto a 230° per 45 con la
barbabietola rossa ricoperta di carta stagnola, altrimenti anche in questo caso si fa
cuocere in modo simile. I funghi vanno puliti, tagliuzzati e bolliti (2/3 di pentola pieno
d’acqua e 1/3 di aceto bianco con sale mescolati) prima della conservazione; i funghi
si buttano quando bolle e, quando sono cotti, è normale che diventino scuri e più
piccoli siccome buttano acqua.
In generale, si possono aggiungere aromi e spezie di ogni tipo: oltre che piante
officinali, sono anche ottimi conservanti, a prescindere dal sapore speziato o dal fatto
che le piante sono usate (e sottovalutate) perché usate come mera decorazione. Le
spezie, se sono seccate, conservano meglio il cibo perché non sono più umide:
rischierebbero di favorire lo sviluppo di funghi e muffe. Lo stesso vale con la
conservazione sott’aceto e con il mescolamento di spezie e carne quando si fabbrica la
salsiccia e altri insaccati.
Il budello naturale (esiste anche quello sintetico) è l’intestino tenue (e talvolta crasso)
di un animale (bovini, ovini, suini, caprini e cavalli). Esso si estrae dall’animale senza
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danneggiarlo, si ripulisce dal grasso in superficie (si tira pian piano con le mani),
pulisce all’esterno con l’acqua e all’interno sempre con l’acqua: per la precisione, si
riempie d’acqua come se fosse un palloncino e quest’acqua, spremendo il budello, si fa
uscire siccome deve espellere le mucose intestinali. In alternativa, si rigira su se
stesso come un calzino e si strofina senza troppa forza sotto un getto d’acqua non
troppo forte. Una volta che è interamente pulito, si sciacqua in mezzo litro d’acqua
con 1 cucchiaio di aceto bianco e si conserva in una boccetta sotto sale (la base deve
essere ricoperta di sale; per le conserve, è indicato quello senza iodio) tenuta lontano
dal sole, in un luogo fresco. Se conservi più budelli nello stesso barattolino, alterni
sale (base) e budello, formando dunque strati continui; l’ultimo strato superficiale,
esattamente come la base, deve essere completamente ricoperto di sale. Se si crea
una salamoia di sale sciolto, non succede niente. Quando si vuole usare (entro 6
mesi), si estrae e si lava per togliersi il sale.
Il video mostra come si usa la macchina per creare le salsicce: avendo la carne
macinata e marinata pronta e il budello pronto, si mette interamente sul beccuccio sul
beccuccio e, girando una manovella, esso si riempie un po’ alla volta di carne. In
alcuni punti, si stringe e si lega con lo spago per creare dei salsicciotti (tutta quanta la
tecnica va bene pure per creare i salamini). Non si deve stringere troppo sennò il
budello, se ha delle microlesioni, può rompersi. Quando tutto il budello è pieno,
almeno la fine si rilega con lo spago. Il budello infine va bucherellato con degli aghi
per fare filtrare l’ossigeno.
Le uova fresche si conservano al fresco e, senza frigo, in sei modi (il guscio dell’uovo
in calcio è poroso, quindi possono passarvi attraverso dei batteri patogeni). I primi
quattro, con cui fino a poco oltre metà delle uova possono marcire dopo 8 mesi, dal
peggiore al migliore solo: uova completamente ricoperte dal sale, dalla crusca di
frumento, dalla cenere, dalla gommalacca o vernice insieme poi a della carta,
cucinarle nel burro o meglio ancora nella sugna rappresa (il grasso intorno ai reni e
lombi dell’animale). Gli ultimi due, tali per cui si conservano dopo 8 mesi
rispettivamente l’80% e 100% delle uova, sono la cenere di legno comune e la calcina
in polvere sciolta nell’acqua (si riempie un contenitore come un vaso o barile di uova e
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si versa dentro l’acqua con la calcina che non scoppietta più: un quarto di acqua e tre
quarti di calcina. Il contenitore poi si chiude sennò la soluzione evapora subito,
altrimenti metti uno strato di olio d’oliva sulla superficie). Le uova nella calcina diluita
pare che durino fino a 2 anni. Le uova con delle crepe non possono essere conservate,
idem quelle sporche siccome si sciacquano: le uova da preservare nel lungo tempo
devono già essere pulite perché non devono essere sciacquate.
https://www.youtube.com/watch?v=FQK9cjbie7g
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Per estrarre l’amido dal mais giallo o bianco (il secondo è quello più antico), come
prima cosa si ammorbidisce mettendolo a bagno nell’acqua per una notte. Dopodiché
con pestello e mortaio rendi il mais in poltiglia bianca. La poltiglia viene poi messa su
un colino e mescolata. Il contenuto che si riversa, che è amido misto a acqua e
impurità, viene filtrato di nuovo. Il contenuto finale si lascia riposare, in modo tale che
l’amido (è insolubile) si depositi sul fondo del recipiente e si separi dall’acqua. L’acqua
dunque si versa inclinando il recipiente e aiutandosi poi con un cucchiaio. Si ottiene
dunque l’amido in forma di pastina bianca che si fa dunque asciugare, così si
trasforma in polvere. Il mais in poltiglia e strizzato si può conservare, fare essiccare e
usare in qualche modo.
Se non si hanno pentole, si può usare come pentola un sasso scavato messo sul
fuoco, ma è rudimentale.
Il sale appena ottenuto si deve poi raffinare: si aggrega e si mescola con dell’acqua
distillata e pulita. Il sale deve infatti sciogliersi di nuovo. L’acqua si lascia decantare e,
dopo alcune ore, si vedrà che sul fondo si depositeranno altre scorie, tipicamente la
sabbia. Un modo per farla depositare subito e bene è utilizzare la pietra d’allume.
L’allume è una sostanza utilizzabile in cucina e cosmesi facilmente reperibile e che si
può cristallizzare in un unico grosso cristallo detto “pietra d’allume”. La pietra si
intinge nell’acqua con molti movimenti circolari e ampi. Quando le scorie della
raffinazione si depositano sul fondo, l’acqua si versa di nuovo attraverso un filtro e
bolle di nuovo. Si otterrà dunque un sale filtrato, tipicamente senza iodio e pronto per
essere usato come condimento, come conserva, come integratore naturale di cloro e
sodio (il sale da cucina è il cloruro di sodio) e come ingrediente del dentifricio
(tipicamente è metà rispetto al bicarbonato di sodio).
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Costruzione di una rudimentale canna da pesca
https://www.youtube.com/watch?v=wdrlKNFPexY
Di base, si può usare una canna di bambù verde (se si riscalda e tolgono gli oli, è più
durevole) o un ramo piuttosto resistente e non troppo contorto. A esso, si lega ben
stretta una cordicella molto resistente e un amo con l’esca. L’amo si può ottenere da
un pezzettino lungo e molto sottile di metallo contorto (basta renderlo incandescente)
e limato in una punta per renderlo appuntito, oppure con il metallo colato si crea
direttamente un piccolo amo. Come esche si possono usare i vermi o dei pesciolini
molto piccoli. Se si usa la rete, i pesci si prendono vivi e interi e si possono usare per
fare itticoltura in una piscina protetta.
La liscivia (lye) si usa per fabbricare il sapone per abiti e corpo insieme all’olio d’oliva
o al grasso animale. Per ottenere la liscivia, bisogna prendere la cenere di legno duro
e non resinoso (ex. evitare il legno di pino) e filtrarla da impurità e pezzi di carbone.
Essa dunque si mette in un contenitore (magari non di metallo, siccome potrebbe
contaminare la liscivia se leggermente corroso) riempito di acqua e si mescola con
forza (il tutto deve essere non troppo denso siccome si deve estrarre un liquido e non
si sta fabbricando del cemento o simili). Attenzione a toccare l’acqua siccome la
liscivia è leggermente corrosiva: usare dei guanti resistenti e proteggersi. La cenere si
può lasciare a macerare nell’acqua per pochi giorni se si vuole estrarre anche tutto il
potassio possibile; nel mentre, la cenere tenderà a depositarsi sul fondo. Dopo che la
cenere è mescolata e ben amalgamata con l’acqua, si prende un secchio con una
vecchia maglietta o panno pulito fissata in cima e si versa la cenere mescolata. Del
liquido nerastro si depositerà nel contenitore, mentre la cenere resterà sopra il panno.
Il liquido, che può essere rifiltrato, è la liscivia. Il panno può essere chiuso intorno alla
cenere e strizzato se si svuota il contenitore e se si spinge un palo o un simile
oggetto/peso sopra. Se la cenere è ben setacciata, ripulita e finissima, è facile da
mescolare e filtrare. La liscivia si può condensare e ridurre in comodi cristalli: il liquido
nerastro si porta a ebollizione e mescola in continuazione in una pentola sul fuoco (ora
è lecito usarla) fino quasi a ottenere dei cristalli e schiuma senza più acqua. Dopo che
si spegne il fuoco, questi resti se raccolti insieme devono formare una pasta nera
molto densa che, seccando, si riduce in cristalli piccoli. Se la liscivia si lascia liquida
ma si bolle comunque, si concentra.
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Bisogna prendere il lardo rappreso di animale e metterlo a sciogliere in una pentola
sul fuoco a fiamma lenta. Dopodiché si aggiunge la liscivia liquida. Per ogni coppa di
lardo si usa poco meno di metà coppa di liscivia. Il tutto si mescola e si aggiunge un
cucchiaino di sale per addensare il tutto. Si mescola in continuazione per alcuni minuti
per amalgamare gli ingredienti e addensare il tutto (il composto non deve bollire). Per
evitare di rovinare le posate o di fare interagire la liscivia con il metallo, usare un
oggetto in legno per mescolare. Si otterrò un composto bianco e addensato. Il punto
giusto di addensamento si nota se, tracciandoci delle croci sopra con l’oggetto per
mescolare, per alcuni istanti rimane il segno. Il contenuto della pentola, che è
praticamente sapone fuso (in teoria il grasso e liscivia si possono profumare con
l’aggiunta di profumi e essenze naturali), si versa in degli stampini e si lascia ad
asciugare e raffreddare. Sennò si usano altri oggetti che fanno da formella, per
esempio barattoli. Si otterranno delle saponette bianche. Se si usa l’olio d’oliva e
l’acqua distillata (per non creare interferenze chimiche con la liscivia), usciranno di
colore giallo accesso. Le dosi sono: una dose di olio, ¼ di dose di acqua distillata e
1/8 di liscivia in cristalli. La liscivia tornata liquida si mescola con l’olio d’oliva, che
prenderà un po’ di tempo per amalgamarsi. Non si mette nulla sul fuoco e si mescola
fin quando non si ottiene anche in questo caso la traccia. Quindi il tutto si versa negli
stampini. Intanto che il sapone si solidifica (già in 24 ore inizia a solidificarsi), si
possono effettuare incisioni e impressioni in cima o gli si possono applicare petali
come decorazioni.
https://www.youtube.com/watch?v=sUZdsRpzD2A
Il video mostra come si possa attaccare un utile carretto in legno a due ruote a una
bicicletta per trasportare per esempio cibo e medicine. Si può aggiungere a esso un
coperchio chiudibile e apribile e magari assicurabile con un laccio e, all’interno, si
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possono mettere dei vestiti per ammortizzare gli smottamenti del carico se è fragile o
instabile. Il carretto si può togliere e rimettere alla bici e si può magari unire a
catarifrangenti per migliorarne la visibilità, a meno che si dipinge di nero o con una
tinta mimetica per camuffarlo meglio. Con della resina o simili, si può rendere
impermeabile e più duraturo, però la resina è facilmente infiammabile.
https://www.youtube.com/watch?v=dlGDhgYw65A
Creare i vasi e pentole in metallo è possibile è possibile con una tecnica che, anche se
all’inizio non è così intuitiva, è facile da comprendere. Per partire, bisogna avere il
vaso o pentola già pronta o una formella in metallo e simili che replica la forma
esterna. L’artefatto già pronto o la formella in metallo e simili va riempita di argilla
densa e posizionata su una superficie piatta (o su una base piatta creata anche solo in
argilla e cosparsa di cenere per non fare attaccare gli oggetti o, se deve essere
durevole, in cemento) ribaltata sottosopra (per esempio, il vaso o pentola avrà
l’apertura/bocca per terra): è come se si stesse creando un castello di sabbia con un
secchiello, ma il contenitore per ora non si deve togliere. Tutto l’artefatto o formella si
cosparge ancora di cenere e poi di argilla, che viene preventivamente tagliuzzata in
due verticalmente prima che secchi completamente: essa è uno stampo. In cima a
essa, con un bastone o oggetto cilindrico o canna di bambù si scava un buco. Quando
si solidifica l’argilla nella formella o artefatto e quella esterna, le due metà dello
stampo esterno si staccano, come se uno stampo si aprisse. La formella/artefatto si
alza come se fosse un secchiello mentre si costruisce un castello di sabbia e dunque si
otterranno due stampi duri e ricomponibili in cui si può colare il metallo e la forma
dura dell’artefatto messo a testa in giù. Ebbene, una volta tolto l’artefatto/formella,
intorno alla forma si ricompongono i due pezzi dello stampo esterno (non devono
essere totalmente attaccati alla forma: in mezzo deve esserci spazio siccome si cola il
metallo attraverso il buco in cima). Come appena accennato, appena lo stampo è
ricomposto, si versa il metallo fuso attraverso il buco, si versa acqua nel punto in cui
si è versato il metallo e si grattano via le sbavature (sennò delle sbavature di metallo
che si formano sempre durante la colata si solidificano subito) e si lascia raffreddare il
tutto. Quando è abbastanza raffreddato, gli stampi si tolgono (non serve conservarli e
riutilizzarli, si possono distruggere) e spunterà fuori l’oggetto desiderato in metallo
che si può afferrare con pinze o due bastoni e innaffiare d’acqua se si crede che è
ancora caldo pure se non è incandescente. Una volta sollevato, resterà la forma
originaria in terracotta, che si può distruggere. I vasi, se hanno imperfezioni, si
limano.
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https://www.youtube.com/watch?v=CDFXVwIugcU (con rete metallica di filo
intrecciato)
Di base, si possono unire con chiodi e martello dei pali verticali con la base appuntita
(penetra meglio nel terreno) orizzontali e verticali secchi e resi più durevoli con la
resina, oppure si bucano dei grossi pali verticali con un carbone ardente o con uno
scalpello appuntito (in ferro o pietra) battuto con martelli o bastoni grossi e si
incastrano pali orizzontali, oppure si usa la fibra o corda per legare i pali. Come quarta
soluzione, si usa una rete metallica incastrata possibilmente con i chiodi o con fibre
ben strette.
https://www.youtube.com/watch?v=_0-7a6grJfU
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Una scala rudimentale si costruisce prendendo due rami o tavole di legno molto
lunghe e di altezza uguale e perforandole con un trapano a mano (si gira e preme
tenendolo afferrato dai due manubri/manovelle come se fosse un enorme cavatappi, a
cui assomiglia alla lontana) o con i carboni ardenti. In mezzo ai buchi si infilano dei
cilindri di legno (anche dei rami cilindrici scortecciati, resistenti e sufficientemente
grandi per passare nel buco). Questa scala non è pieghevole.
https://previews.123rf.com/images/naiyanab/naiyanab1703/naiyanab170300064/745
35110-thai-basket-bamboo-for-carry-a-yoke-on-a-shoulder-pole.jpg (foto)
https://waterbuckpump.com/wp-content/uploads/2013/09/pole-carrier.jpg (foto 2)
Chi ha visto simili pali che si poggiano su entrambe le spalle o lungo una spalla, può
ispirarsi per utilizzarli (i migliori sono i pali di bambù). Su di essi si possono appendere
o legare dei secchi e cestini contenenti liquidi (ex. acqua o olio), polveri (ex. argilla o
sabbia su un panno messo come fondo se sono secchi fatti di rametti intrecciati) e
oggetti solidi (ex. frutta o sassolini). Se si tiene su una sola spalla, attenzione al
secchio di dietro (qualcuno potrebbe metterci le mani se non è sorvegliato). Un palo
può anche essere portato sulla singola spalla di due persone l’una davanti all’altra e di
altezza simile o uguale se il carico è pesante e/o la canna di bambù o palo è lungo e
enorme (del resto, per oggetti pesanti serve un palo con queste caratteristiche).
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https://www.youtube.com/watch?v=e2V85Pf4Guo (dentifricio di melanzana, video
non in inglese)
Il secondo dentifricio è un misto di olio di cocco o sesamo (il secondo è forse più
reperibile), bicarbonato di sodio (se usato in eccesso, consuma i denti, idem il
limone e aceto in quanto corrosivi), curcuma in polvere e estratto di menta
(non solo per il gusto).
https://www.youtube.com/watch?v=7draT_6MlGY
Si raccolgono le foglie di menta prima che essa fiorisca e quelle con imperfezioni,
come punti anneriti o buchi, si scartano o ripuliscono. Si sciacquano con acqua fresca
e si fanno asciugare. Dopodiché, si affettano con una lama e si pestano con pestello e
mortaio finché non rilasciano liquido. Il tutto si sversa in un barattolo in cui si
aggiunge dell’olio (i migliori sono l’olio di mandorla, olio di germe di grano, olio di
semi d’uva e olio di cocco siccome non sovrastano il sapore della menta, ma se non
interessa il sapore della menta ma i soli benefici dell’essenza, si può usare del comune
olio di oliva e simili). Il barattolo si chiude e scuote e si conserva lontano dal sole per
un giorno. Il giorno dopo, l’olio nerastro si versa sopra un panno pulito su un
contenitore. Il panno poi si strizza. Nell’olio accumulato, si mettono a bagno un pugno
foglie fresche di menta lavate (non devono galleggiare). Dopo 24 ore si tolgono. In tal
modo si raccoglie l’olio essenziale di menta. Più si desidera forte, più si ripete
l’inserimento delle foglie di menta per 24 ore. Consuma quindi molta menta, ma è un
ingrediente molto utile per i dentifrici naturali.
Si possono produrre altri oli essenziali senza distillatore, altrimenti se ne acquista uno.
Gli oli si producono anche a partire dai fiori bolliti in un olio quasi inodore. Per
esempio, in tale modo si ottiene l’olio essenziale di fiori di lillà.
https://www.youtube.com/watch?v=h95fAV-SdDQ
Chi vive in una zona che possiede le noci di cocco e le palme da cocco/nucifere può
usare il loro legno e il loro frutto per mangiare e anche per estrarre l’olio di cocco. Si
prende una noce di cocco, si apre (il guscio ha 2 strati, quello esterno peloso e quello
interno più liscio), si estrae il latte (si beve a meno che è rancido e emana un pessimo
odore) e si gratta via la polpa, che stavolta non si mangia. La polpa si tagliuzza,
pesta, tritura in poltiglia con pestello e mortaio e si impasta con un po’ d’acqua; poi si
trasferisce su un panno pulito, per esempio il classico panno di garza da cucina. Il
panno si strizza sopra un contenitore per estrarre del liquido. Il liquido si mette al
fresco, così in cima si formerà uno strato denso bianco e sotto resterà del liquido. Lo
strato denso e bianco è il latte di cocco rappreso. La polpa strizzata e il liquido in
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fondo si possono mangiare. Il latte di cocco si riduce in una sostanza giallina e simile
all’olio se si fa bollire in un pentolino sul fuoco mescolando ogni tanto: la polpa
diventerà marroncina, il livello di liquido si abbasserà e la polpa, se spremuta, rilascia
olio. L’olio si separa dalla polpa cucinata usando un colino e strizzandola.
https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?
q=tbn:ANd9GcQEP9npc4LYFQtGGxaf0W0g_m4UfZiZhc9TWdneQGQTxEh_QUTaVCIRkb26gPidIf6kN8M&usq
p=CAU Burraia Boccadirio
https://citynews-firenzetoday.stgy.ovh/~media/original-
hi/40039805208975/itinerario-delle-burraie-nuovo-percorso-nel-comune-di-vaglia.jpg
Burraia di Vaglia
https://image.jimcdn.com/app/cms/image/transf/dimension=652x10000:format=jpg/
path/s7be9f2baee33c7ee/image/i9d79873c58f77fe5/version/1516267383/image.jpg
Burraia di Madonna del Sasso
https://it.wikipedia.org/wiki/Ghiacciaia#/media/File:Ghiacciaia2.JPG Ghiacciaia di
Cascina Favaglie
La root cellar è una cella frigorifera costruita come un edificio interrato o seminterrato
di cui esistono vari modelli a cui ispirarsi per costruirne una. Un’alternativa più
semplice è di creare un piccolo luogo fresco molto simile in una zona ombrosa e
avente un tumulo di terra scavabile, ovvero la burraia (o “casone” o “casa degli
gnomi”); alcune ghiacciaie sono costruite in modo analogo, cioè in una zona scavata
in un tumulo di terra o collinetta. Se sulle rocce crescono muschio e simili, la burraia
si integra molto bene con l’ambiente naturale ed è più difficilmente riconoscibile. La
terra si risistema ai lati (a meno che si è scavato via solo quello che basta per
costruire il pavimento e muri della burraia) e si ricopre di foglie o di semi di erba ecc.
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ma sul tetto non si piantano piante che poi diventano enormi sennò danneggiano il
tetto. Se all’interno fa molto fresco e si entra per cercare ombra e fresco, attenzione
agli sbalzi termici in giornate molto soleggiate. Siccome la burraia può essere
derubata o vi possono entrare anche animali selvatici, non solo servirebbe qualcosa
che fa da porta, ma anche un paio di guardie armate minimo. Se sulla porta si mette
una specie di gradino, si impedisce all’acqua di entrare durante degli acquazzoni (il
rischio di inciampare si sopporta). Una terza soluzione è creare una root cellar
rudimentale ma piccola con un bidone in metallo della spazzatura tradizionale (quelli
cilindrici, senza buchi e con coperchio piatto dall’aspetto quasi stereotipato e old-
fashioned) che viene interrato. Siccome gli strati più bassi di terra mantengono una
temperatura costante a priori, il cibo non sarà mai sottoposto a sbalzi termici. Poco
sotto la superficie terrestre si trova il coperchio piatto del bidone, coperchio che viene
ricoperto da uno strato di terra. Se in più si cosparge di erba e simili, il tutto è
leggermente camuffato. In teoria, se non sono particolarmente fragili, lì si possono
anche nascondere piccoli oggetti di valore.
Un freezer molto rudimentale ma molto piccolo si costruisce con due vasi di grandezza
disuguale: l’uno deve stare nell’altro, ma non devono incastrarsi perfettamente: deve
esserci spazio tra la parete di un vaso e l’altra. Questo freezer antichissimo si chiama
“zeer” (pronuncia: “ziir”). Serve a ridurre la temperatura ambiente di circa 10 gradi.
Per costruirla, si prende il vaso grosso, si riempie di sabbia fine e sopra di essa si
mette il secondo vaso con un buco sul fondo. Le bocche dei due vasi devono essere
alla stessa altezza. Dopodiché, nello spazio vuoto tra i due vasi, metti la sabbia fino
all’orlo. La sabbia poi, un pochino alla volta, si bagna e inzuppa completamente fino
alla saturazione. Infine, il vaso in mezzo si riempie di cibo e si copre con il coperchio
di una pentola. Infine, tutto il vaso si copre con un panno bagnato. Il vaso zeer si
conserva in un luogo secco e caldo: l’evaporazione lenta dell’acqua tiene al fresco il
cibo, ragion per cui funziona come il sudore umano.
Per costruire una panca, si possono unire tre pezzi di legno (due ceppi larghi, di
altezza uguale, segati in modo non storto e non troppo alti come base più una tavola
lunga come superficie per sedersi) con chiodi o con un incastro di falegnameria
utilizzabile per molti artefatti detto “incastro a tenone e mortasa”: due pezzi di legno
si uniscono se uno ha una sezione sporgente e quello poggiato in cima ha una cavità
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perfetta per la sezione sporgente. Il terzo modo è quello di usare il cemento come
collante tra i pezzi.
Se non si ha una bussola e si conosce la rosa dei venti e un minimo la mappa della
zona in cui si vive con la rosa dei venti annessa, ci si può orientare bene o meglio con
una bussola rudimentale: serve una graffetta per fogli o un ago, una calamita
(contiene magnetite) e un tappo di sughero o foglia secca. L’ago si magnetizza
sfregandolo per un po’ sopra la calamita. Dopodiché si poggia sopra il tappo o foglia a
galla sull’acqua. L’ago punterà verso il nord; da esso, si ricava il resto della rosa dei
venti, la direzione in cui si sta andando o la direzione giusta da seguire.
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due siccome la patata contiene l’acido ossalico (idem le foglie di rabarbaro e
l’acetosella); sulla superficie di sfregamento della patata si mette del sale o
bicarbonato di sodio per aumentare lo sfregamento. Infine, lasci le patate per un po’
di tempo direttamente a contatto con l’oggetto. In teoria, anche un giorno di
immersione nella Coca-Cola dovrebbe tirare via la ruggine (ma l’effetto sarebbe più
forte se fosse non trattata).
https://www.youtube.com/watch?v=ys89XU44_X0 (enfleurage)
https://www.youtube.com/watch?v=HY2Pitnx2EY (enfleurage)
Riguardo all’estrazione dei profumi dalle foglie delle piante odorose (ex. la menta), gli
oli essenziali sono già stati illustrati.
Se invece si estraggono dai petali dei fiori, un modo rudimentale è quello di usare
l’olio di cocco rappreso (è inodore, quindi il suo odore non copre quelli che assorbe)
come carrier (“trasportatore”): si spalma su una teglia (è come se si imburrasse, ma è
uno strato più spesso) e su di esso si mettono i petali dei fiori che poi si pressano.
Sopra la teglia se ne mette un’altra pressata e di uguali dimensioni. Dopo due giorni di
riposo, l’olio di cocco si profumerà. I fiori si tolgono e, se si vuole concentrare il
profumo, se ne mettono altri freschi colti al mattino.
In alternativa (ma non con i petali delle viole), si immergono i fiori nell’alcol puro al
95% messo in un contenitore di vetro: esso assorbirà gli oli essenziali nei petali. I
petali devono essere ricoperti dall’alcol. Il barattolo, che si tiene lontano dalla luce,
stavolta si chiude. Dopo uno o due giorni si apre e si tirano i petali. L’alcol sarà
diventato profumato e si possono aggiungere delle gocce di olio essenziale già pronto
per arricchirlo (ex. essenza di petali di rose e menta; in base a come si dosa l’olio
essenziale, si sente di più un profumo piuttosto che un altro).
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Quanto all’ultima dritta sul camuffamento, non solo non si devono indossare o si
devono nascondere o imbrattare gli oggetti scintillanti come gli orologi e
catarifrangenti, ma quando si spia da dietro un sasso o albero bisogna sporgersi da
una zona più in basso possibile, lentamente e magari con un mazzo di arbusti secchi o
simili tenuti davanti al viso. Se non si creano riflessi scintillanti (che comunque sono
utili se si mandano segnali con lo specchio in codice Morse), si può spiare da dietro un
albero, sasso o muro se si ha uno specchietto, un pezzo di vetro riflettente o uno
specchietto da dentista. Simili specchi, se messi in casa tale per cui si spia fuori da
una stanza (per esempio, un corridoio), sono un rudimentale sistema di sorveglianza.
Si possono vedere le impronte sul terreno per capire se qualche minaccia è passata
per il sentiero che si percorre e per capire dove si è diretta. Le proprie impronte si
possono cancellare o annullare camminando non sul fango o erba alta ma, per
esempio, in mezzo all’erba bassa (o addirittura camminando all’indietro: si inverte per
finta la direzione del proprio cammino, ma camminare così per tutto il tempo è
scomodo, pure se si guarda cosa succede dietro di sé). Se si cammina lateralmente,
secondo una tecnica del ninjutsu detta “yoko bashiri”, si ha una visione più ampia: se
si paragona alla camminata secondo l’orientamento classico (si vede solo davanti a
sé), si vede con facilità davanti a sé, di lato e dietro di sé. Questa camminata è la
migliore possibile se si cammina stando rasente a un muro.
https://www.youtube.com/watch?v=qbfE4mcqi7k
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Di base, i ragni sono poco interessati a mordere. Il morso, ammesso che le tenaglie
riescano a penetrare la carne, è pericoloso solo se il ragno è velenoso: per esempio, il
comune ragnetto domestico è largamente innocuo, morde raramente, a stento
penetra la carne e di solito tende a scappare. Nel momento in cui un ragno enorme
come la tarantola si erge in piedi con le zampe in aria per sembrare più grosso e inizia
a emettere gocce di veleno dalle tenaglie/fauci, si sente minacciato. Prima di questo
momento, non è troppo pericoloso. Se è vicino, indossare gli occhiali è una buona
forma di protezione siccome alcuni ragni dotati di pelo possono rilasciare nell’aria dei
peli urticanti che creano irritazioni e accecamento. Infine, indossare abiti spessi,
scarpe spesse e guanti in pelle spessi e duri aiuta. Se all’aperto, semplicemente ci si
allontana dal ragno o si evitano posti come i tronchi caduti e simili, in cui può
nascondersi, idem la sua tana scavata nel terreno e circondata di ragnatele (se tese
perché pestate, il ragno intuisce la presenza di una preda). Se si incontra in casa,
basta metterci sopra un barattolo di vetro o un simile oggetto sopra con molta calma,
sotto ci si fa passare un pezzo di cartone o cartoncino o simili; il ragno infine si rilascia
in un posto lontano all’aperto. Se il ragno morde, intrappolarlo aiuta a riconoscerlo: se
è velenoso, ogni ragno ha il suo veleno e effetti e ogni veleno ha il suo antidoto, come
ogni effetto avverso ha la sua cura tempestiva. Il primo medicamento rudimentale è il
ghiaccio applicato sulla ferita, che sarà diventata gonfia e irritata. Evitare di succhiare
il sangue dalla ferita e non aumentare il ritmo del respiro e del battito cardiaco
siccome pompa il veleno più velocemente nel resto del corpo (quindi, stare calmi pure
se si sente nausea e crampi muscolari)
In partenza, gli incendi si prevengono con accortezze come maneggiare la resina con
cura (è infiammabile), tenere oggetti infiammabili lontano dal fuoco, allontanare le
foglie secche dal fuoco o falò se si accende (potrebbero incendiarsi, idem se il fuoco
scoppiettante le colpisce) e gettare mozziconi di sigaretta ancora accesi tra le foglie
secche. Se avvengono, possono avvenire al chiuso o all’aperto. Se al chiuso, strisciare
per terra (c’è ancora visibilità, siccome il fumo avrà invaso il locale) e respirare con la
bocca o mettersi un panno bagnato davanti al naso in modo tale da non essere
intossicato dal fumo (se intenso, farà lacrimare gli occhi, rendendo la vista
difficoltosa). Se l’elettricità funziona e l’edificio è dotato di ascensori, non usarli perché
potrebbe partire un cortocircuito. Dirigersi mantenendo la calma verso la prima uscita
sicura stando attenti ai detriti infiammati che cadono dall’alto o pavimenti che di colpo
cedono. Evitare di fermarsi a recuperare oggetti superflui. Se ci sono estintori, si
possono usare seguendo le istruzioni.
Per il fuoco all’aperto (tipicamente gli incendi boschivi), come detto in precedenza
attenzione a tenere lontane le foglie secche dai fuochi da campo, a spegnere bene il
fuoco prima di andarsene e a non gettare sigarette accese sulle foglie secche. Se si
gira con una torcia accesa fatta con una pigna ricoperta di resina, attenzione alla
resina che cade: non solo è caldissima, ma può scatenare un incendio. Gli incendi
boschivi possono anche essere causati da piromani, da fulmini o dalla temperatura
altissima. Allontanarsi dai fuochi nei boschi stando attento a alberi che possono cadere
77
e spegnerli con acqua (in caso di fuochi piccoli, oltre agli estintori e ai panni bagnati,
la quarta soluzione è il bicarbonato di sodio). Se si è quasi circondati dal fuoco a 360°,
si può bruciare preventivamente quello che si ha intorno un poco alla volta o si
taglia/sradica e si butta nel fuoco più avanti: così, quando il fuoco raggiunge la zona
in cui ci si trova, non ha nulla da bruciare. In tal modo, con questa mossa
controintuitiva si sopravvive.
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Cosa fare in caso di valanga e neve abbondante
http://www.protezionecivile.gov.it/attivita-rischi/meteo-idro/sei-preparato/cosa-fare-
in-caso-di-caduta-di-una-valanga
https://www.youtube.com/watch?v=RnCCqHOiX5Q
http://www.protezionecivile.gov.it/attivita-rischi/meteo-idro/sei-preparato/cosa-fare-
in-caso-di-neve-e-gelo
La valanga può unirsi a abbondanti tormente di neve che possono sfondare edifici con
un tetto avente una bassa portata, bloccare le porte nel momento in cui si devono
aprire, costringere a spalare la neve per uscire di casa e guidare lentamente e con le
catene o simili.
79
fango e, se è troppo denso, si può usare il bastone per creare spazio e fare entrare
aria intorno al punto che è immerso nel fango. Se c’è un partner con della corda, può
soccorrere il malcapitato. Se le gambe sprofondano in una palude sabbiosa, bisogna
scuotere una gamba e estrarla completamente dalla sabbia, dopodiché essa si
inginocchia e, da inginocchiato, si estrae anche l’altra nello stesso modo. Se si hanno
pesi come uno zaino, sfilarli momentaneamente. Poi si recuperano e ci si allontana il
più possibile dal posto sempre aiutandosi con un bastone.
http://www.protezionecivile.gov.it/attivita-rischi/meteo-idro/sei-preparato/cosa-fare-
in-caso-di-alluvione
Sapere il rischio alluvionale di una zona è d’aiuto. Se ne capita una, le zone interrate
come la cantina sono le più pericolose (nei terremoti è il contrario). Siccome anche il
piano terra può allagarsi, se possibile bisogna andare al primo piano, nei piani
superiori o addirittura in soffitta. Se l’alluvione colpisce zone franose, allontanarsi da
esse siccome potrebbero cadere fango e detriti. Tenersi lontano da zone dissestate e
da fiumi, ponti, dighe e porti siccome potrebbero esserci esondazioni. Tenersi anche
lontano dai sottopassi, che possono allargarsi insieme alle cunette (che però sono più
piccole). Se si guida, attenzione a non eccedere con la velocità e alle frenate brusche:
si rischia di fare volare l’automobile sopra l’acqua e perderne il controllo. I tombini
intasati o saturi potrebbero saltare. Si può usare qualcosa per assorbire l’acqua e
cercare di arrestarla, per esempio sacchi di sabbia. Se l’acqua sommerge all’esterno
quasi tutta una porta come ad esempio la porta d’ingresso, sarà impossibile aprirla
dall’interno se si apre spingendola. Anche in questo caso, bisogna evitare l’uso
dell’ascensore siccome potrebbe bloccarsi per black-out e/o allagarsi. Attenzione a
cavi elettrici che possono rendere l’acqua elettrificata. Se l’acqua dell’alluvione è
entrata a contatto con agenti contaminanti, evitare di mangiare cibo venuto a contatto
con quell’acqua. Le grondaie sono molto efficienti se vengono tenute pulite da detriti
al loro interno. Con degli abiti impermeabili, si evita di essere inzuppati e ammalarsi.
Ad alluvione finita, aspettare che non ne arrivi un’altra subito dopo e controllare
l’acqua del rubinetto se disponibile. L’acqua si può tirare via dai piani interrati con
secchi o con la pompa a immersione (se manca la corrente, può funzionare a
batterie).
In caso di vento forte, delle bandiere segnavento e simili possono aiutare a capire la
direzione del vento. Se ci si trova in una spiaggia o in una zona polverosa, attenzione
alla sabbia o polvere sollevata perché potrebbe accecare: in tal caso, usare gli occhiali
o camminare non controvento e allontanarsi siccome le strade su lungomare, spiagge,
coste, porti e moli sono a rischio mareggiate. Evitare di spostarsi con imbarcazioni in
questi casi e anche in casi di rischio tsunami. Se ci si trova vicino a alberi secchi e
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pericolanti, ad alberelli nelle strade alberate, a rami facilmente abbattibili, a oggetti
sospesi o oggetti piccoli e esposti come i vasi, allontanarsi subito. Non guidare ad alta
velocità in questi contesti. Se si guida un camion o simili, evitare perché il vento
colpisce una superficie maggiore e può ribaltarli. Usare una superficie sicura per
ripararsi dal vento, per esempio un muro.
Se si dovesse cascare in una cascata d’acqua enorme, ci sono alcune dritte da seguire
per aumentare le possibilità di sopravvivenza: quando si cade, bisogna cadere in
verticale e immergendo i piedi per primi. Le gambe devono essere tenute unite per
strette. Prima di cadere, bisogna inspirare profondamente con le labbra a “o” e
mettersi un braccio sopra il naso e faccia per proteggerla e per non tenere il braccio
libero (potrebbe farsi male quando colpisce l’acqua). L’altro braccio va tenuto sopra la
testa e gli occhi vanno tenuti chiusi molto forte. Appena si cade nell’acqua, bisogna
subito salire in superficie e nuotare verso la riva evitando eventualmente i sassi. Se
alla base della cascata ci sono dei sassi, conviene tuffarsi dalla cascata per cercare di
evitarli.
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Come resistere a uno sciame d’api e come catturarne uno
+uso dello smoker (per apicoltori attrezzati)
https://www.youtube.com/watch?v=LKnnlAVCXok
https://www.youtube.com/watch?v=t-QJigKPJx4
https://www.youtube.com/watch?v=xBI_wCC1JxU
Se si viene attaccati da uno sciame, bisogna scappare seguendo una linea retta,
coprirsi la faccia con le mani o un vestito (attaccano per prima la faccia) e rifugiarsi in
un ambiente chiuso, per esempio una casa (chiudere porte e finestre), per poi
spegnere le luci (le zanzare saranno attratte solo dalla luce naturale). Dopo che si
spengono le luci, si possono aprire le finestre se sono entrate delle api. Gli abiti
imbottiti i guanti e i cappelli aiutano a non essere attaccati, idem se i colori indossati
non sono scuri (siccome i predatori come gli orsi hanno un colore scuro, le api lo
identificano come un pericolo) e se non si indossano profumi (ma, in ambienti senza
troppe api e mosche, i profumi aiutano a mimetizzarsi e a non fare sentire i propri
odori umani alle prede o ai nemici; il problema è se sono api). Se ci si tuffa nell’acqua,
le api potrebbero aspettare che tu esca dall’acqua. Se si vuole affrontare lo sciame, si
può brandire contro di esse una enorme maglietta scura per simulare un predatore. Il
fumo notoriamente rende calme le api, ma si usa in apicoltura.
Gli apicoltori ben attrezzati (per esempio, hanno tute ad hoc di colore bianco e mai
scuro) seguono grossomodo la seguente tecnica per adescare le api e crescerle in
apicoltura o semplicemente per intrappolarle e tirare via l’alveare: mettono di solito su
un arbusto del miele e aspettano che le api si ammassino su di esso (sembrerà di
vedere una montagnetta nera). Dopodiché, spruzzarle abbondantemente dalla media
distanza con uno spray di soluzione sciroppata (acqua e zucchero o acqua e miele): le
api saranno intente a mangiare le esche e, anche a causa del peso del liquido,
saranno largamente inoffensive e quasi immobilizzate. Esse si rinchiudono insieme
all’ape regina in una rete o in una scatola con dei buchi per fare circolare l’ossigeno.
Se lo sciame è per terra, l’esca si mette direttamente in una scatola di cartone con dei
fori tenuta vicino alle api (un’ottima esca è l’olio di citronella ben concentrato). Infine,
si mettono nelle casette bianche apposite degli apicoltori come surrogato di casa o per
fargli produrre gli alveari con miele che gli apicoltori estraggono indossando gli abiti
ad hoc e stordendo le api con il fumo. Queste casette di primo tipo grossomodo sono
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delle cassette di legno ben ripulite con un buco per fare entrare e uscire le api e
l’ossigeno e diventa grossomodo la loro nuova casa. Quelle per fargli produrre il miele
e gli alveari (in alcune capsule, depositano le larve, che diventeranno le nuove api)
hanno in più delle cornici/frame di legno che si mettono l’una leggermente distanziato
dall’altra e che si estraggono e tolgono, ma questi sono compiti di pertinenza degli
apicoltori e produttori di miele e c’era d’api. In mezzo alla cornice, quasi come se
fosse un perimetro, le api costruiscono un alveare rettangolare. Dalle api, si ottiene
anche la cera d’api. Senza l’ape regina, non nidificheranno (durante la cattura dello
sciame, essa si riconosce perché le api operaie la circondano siccome sono attirate dal
suo feromone; sembra che si comportino da bodyguard perché sembra che la scortino
fuori dalla scatola e essa ha un addome caratteristico). Il feromone delle api profuma
di banana e si emette per esempio se le api avvertono un pericolo e danno l’allarme
alle compagne. Il fumo serve proprio a neutralizzare il feromone (non stordisce le api:
semplicemente, sembrano calme perché non riescono a comunicarsi tra loro
l’allarme). In più, siccome le api sono ingannate siccome gli sembra di percepire un
incendio, sembrano calme perché stanno mangiando parte del miele che hanno
prodotto: è la loro reazione istintiva perché si stanno preparando a scappare e cercare
un altro posto in cui nidificare e, senza nutrimento, non resisterebbero molto a lungo.
Ma devono fermarsi alcuni istanti a mangiare del miele. Il miele infine le riempie così
tanto che fanno fatica a muoversi. Questi tre comportamenti insieme le fa apparire
inoffensive quando si raccoglie il miele, mentre l’odore e la mangiata dell’esca le
accorpa e le tiene occupate quando si catturano. Il diffusore di fumo, cioè lo smoker,
assomiglia a un barattolo con beccuccio e un soffietto che funge anche da manico che
diffonde il fumo creato da brace ardente nella lattina (la brace è creata dando fuoco
all’esca per fuoco, mettendola nello smoker e aggiungendoci alcuni pugni di trucioli
sottili di legno mentre si preme più folte il soffietto siccome crea aria che in questo
frangente alimenta il fuoco). Dopo un po’ di istanti, il fumo sarà ben concentrato.
Intorno allo smoker è presente una rete metallica con cui si regge con l’altra mano,
altrimenti ci si scotta. Per interrompere il fuoco nello smoker, si tappa per esempio
con un ciuffo d’erba ritorto: nello smoker non entrerà più ossigeno. Attenzione a non
innescare incendi. Se si mette una nuova regina, le api potrebbero non assoggettarsi
e pungerla e morderla a morte.
Le formiche possono dare fastidio siccome vanno a caccia di cibo e/o portano via i
semi appena seminati, pertanto quando serve bisogna trovare i formicai (come esca,
basta abbandonare qualche frammento di cibo, per esempio delle briciole di pane e
seguire le colonnine di formiche che si formano) e distruggerli insieme alle formiche e
alla formica regina, che di solito è sempre dentro al formicaio. Il primo modo, una
volta che si individuano i vari formicai (possono essere sul terreno, nei tronchi, sotto
ai sassi, sotto alle piastrelle e mattoni…), è di versarci una pentola di acqua molto
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bollente sopra e intorno. Il secondo modo è quello di mescolare del borace con
qualcosa di dolce come miele e zucchero (50% borace, 50% dolcificante) e lasciarlo lì
nei paraggi: le formiche sono attirate dall’odore dolce, ma il borace è altamente
tossico per loro. Siccome il borace è dannoso per le radici delle piante, non conviene
sparpagliarlo nell’orto insieme a pesticidi o al sale, che rende il terreno sterile.
https://www.youtube.com/watch?v=Y-xtlrlT_uU
Per eliminare le lumache con e senza guscio, si può usare una trappola di questo tipo
o una sua variante: si prende un vassoio o contenitore (eventualmente si mette un
tettuccio in cima per creare ombra e non fare entrare pioggia) e si riempie di birra: la
birra attirerà grazie al suo odore le lumache, che di notte entreranno o si
arrampicheranno lungo il contenitore per poi cadere dentro alla birra e morire
annegate o asfissiate. La birra può essere resa più letale se vi si mescola del sale. I
bordi possono essere resi scivolosi se si ungono di olio. In generale, le lumache sono
attirate in particolare dall’odore del lievito e fermentazione (no, non sono alcoliste),
quindi la birra si può sostituire con acqua distillata, lievito e zucchero (bianco o di
canna). Il contenitore può essere pure totalmente o parzialmente interrato. La birra si
ricambia anche dopo una o due settimane.
Per le sole lumache senza guscio, siccome non hanno guscio, hanno bisogno di stare
nascoste in zone umide o ombreggiate per non disidratarsi: tipicamente, esse sono
vasi rovesciati, sassi, foglie larghe e verdi e assi di legno. Se il giardino o orto si
riempie in delle zone strategiche di tali oggetti, periodicamente si controllano per
togliere le lumache.
In generale, alcuni veleni per lumache possono danneggiare le piante. Il sale non
andrebbe buttato sul terreno: aumenterà la sua salinità, portando le piante alla morte.
Se si innaffiano le piante al mattino, di sera, quando c’è meno sole e calore, il terreno
sarà meno umido e attirerà di meno le lumache.
Infine, per i vari animali che infestano il giardino, è utile creare in una zona appartata
e possibilmente ombreggiata una pozza d’acqua foderata in sassi e con una sorta di
scivolo: gli animali saranno calamitati verso questa pozza e non verso le piante. Se gli
animali vi cadono dentro, tramite lo scivolo foderato anch’esso di ciottoli possono
uscire.
84
Trappola per topolini e ratti con l’olio e una bacinella
https://www.youtube.com/watch?v=BxxFNkNf6q8
Per catturare i topi, prendere una bacinella molto alta e possibilmente ampia, mettere
dei sassi o mattoni o un cumulo di terra davanti (fa da scalino) e riempirla di olio e
ungere anche le pareti interne centimetro per centimetro. Infine, mettere in essa
un’esca, per esempio formaggio o un ortaggio affettato o dei semi di sesamo e simili o
delle bucce. Volendo, un poco di esca può essere messa anche sui mattoni. I topolini,
attirati dall’odore dell’esca (se l’olio è poco odoroso, saranno attirate di più dall’odore
dell’esca), entreranno tramite la scaletta nella bacinella, ma si inzupperanno d’olio e
non potranno più uscire. Quando si estraggono per la coda o il corpo, attenzione ai
morsi: i guanti in cuoio possono aiutare. Questa trappola può anche catturare per
errore gli scoiattoli e le talpe.
Ovviamente, una trappola vivente per topi alternativa è il gatto. Sennò si attorniano
oggetti sensibili come le provviste con rovi, gambi spinosi, cactus e foglie spinose
come quelle del pungitopo. I topi, camminandoci sopra, si spineranno.
https://www.youtube.com/watch?v=MYi1fG6eTA8
https://www.youtube.com/watch?v=fRRrLtAZ_yg
https://www.youtube.com/watch?v=yDyaj14Hfm4
Prendere una bottiglia di due litri in plastica o un enorme barattolo di vetro, fare un
buco sul tappo del barattolo oppure, se è una bottiglia, tagliare via la parte superiore
con il tappo tolto e incastrarla come se fosse un imbuto in cima alla bottiglia. Riempire
il contenitore di acqua distillata, lievito e zucchero (bianco o di canna) mescolati per
innescare una fermentazione oppure riempirli di birra (e, opzionale, con della
candeggina e dell’olio lungo le pareti interne) e metterli all’aperto. Le zanzare saranno
attirate dall’odore e dalla luce e vi entreranno dentro. Una volta dentro, avranno
difficoltà a uscire, quindi moriranno. Se si aggiunge la candeggina, essa elimina la
tensione superficiale dell’acqua, quindi le zanzare non possono galleggiarci sopra.
L’olio impedirà alle zanzare di arrampicarsi sulle pareti interne del contenitore. Infine,
sempre opzionale ma molto efficace, si può mettere a mollo nella birra qualcosa di
solido o semi-solido che attira le mosche, per esempio un pezzo di pesce o carne
lasciato a marcire o del miele. Oppure l’esca si mette vicino alla trappola o sopra se è
un barattolo tappato. La trappola può anche stare fuori per oltre una settimana.
Le mosche e simili si devono tenere lontane in particolare dalla cucina e dal cibo. Se si
vuole, si tengono lontane anche dagli animali da allevamento.
https://www.youtube.com/watch?v=n3Y8mVyNzAA (estrazione n. 2)
La resina si stacca dalla corteccia dei pini o alberi di gomma con la punta di un
coltellino e non si tiene nelle tasche perché con il calore del corpo o durante una
giornata calda può sciogliersi ed è difficile da staccare. Si può mettere in un cestello.
Se si prende la resina in superficie, essa è già ben visibile o presente grossomodo in
zone con delle cunette nella corteccia, siccome la superficie del tronco di pino non
sempre è interamente liscia: di solito sono zone danneggiate. Dopo i danneggiamenti,
tali per cui l’albero perderebbe la linfa, il pino produce resina nella zona danneggiata.
Se la resina non è ben visibile a causa del suo colore, basta odorare per sentire il
profumo.
La resina dura si fonde in un pentolino o simili sul fuoco. Quando si scioglie, sfrigola,
come se si friggesse qualcosa. Se prende fuoco, si mette sopra un oggetto per
bloccare il fuoco (basta togliere ossigeno). Il calore, come al solito, si concentra anche
mettendo il coperchio al contenitore. Se si mescola, si può usare un bastoncino. La
resina fusa sarà molto scura, bollente e piuttosto liquida, quindi meno viscosa (lo
stesso accade con il miele). Se si filtra con un colino, si libera da impurità come gli
aghi di pino in primis. Si conserva in barattoli metallici.
Si può usare per isolare il legno siccome è impermeabile e forma uno strato protettivo
(ma è infiammabile), per creare torce, per creare il mattoncino di inchiostro e infine
come colla. Per avere della colla pronta da applicare sul legno, si può mettere della
resina parzialmente rappresa sulla punta di un bastoncino scortecciato e appuntito in
cima, come se si creasse un fiammifero gigante. Il bastoncino si immerge, si gira
circolarmente e si gira su se stesso, come se si raccogliesse lo zucchero filato. La
punta nera del bastoncino si scalda su una fiammella e si scioglie, dopodiché si
strofina nel punto che si vuole riempire di colla. Si possono anche usare bastoni molto
grossi se si deve spalmare molta colla su un’ampia superficie.
I resti filtrati, siccome sono impregnati di resina, se seccano si possono modellare fino
a formare una pallina anche divisibile in più parti e altamente infiammabile, oppure si
sbriciolano e mescolano ad altri trucioli come esca per il fuoco. Quando bruciano,
sfrigolano leggermente.
Il filtro usato per filtrare la resina si deve pulire subito, sennò i resti sopra di esso si
solidificano. Se si solidificano, bisogna dare fuoco al filtro (ex. un colino) per pulirlo. In
compenso, si può usare come accendifuoco, anche se un po’ anomalo. Ma dopo la
bruciatura, brucerà anch’esso o si annerirà e andrà sciacquato, quindi va usato un
filtro a cui non si tiene parecchio.
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Dalla resina filtrata/raffinata, si può produrre la trementina (turpentine) e la colofonia
(rosin): basta bollirla in un distillatore. Il liquido torbido che esce si lascia depositare:
lo strato superiore è la trementina, lo strato inferiore è acqua che si separa e butta,
mentre la resina ormai distillata, raffreddata, dura e nera è la colofonia.
La resina raffinata, se colata ancora calda in dei tronchi di legno verde con una
sezione cilindrica scavata al loro interno per esempio con uno scalpello, si può
accendere direttamente: si è creata una candela di resina.
Infine, la resina si può estrarre quasi a forza: se non è già disponibile, con un’accetta
si toglie la corteccia dal tronco del pino e grattando parte del legno appena
sottostante. La corteccia si può usare come concime o come esca per il fuoco (se
secca, si può anche spezzettare). La resina si raccoglie regolarmente da quel punto,
così ne esce altra ancora. Si raccoglie dalla primavera all’autunno, finendo a
novembre: durante l’inverno, non se ne raccoglie. Se si scava un buco su un tronco e
si applica sopra della paglia accesa come fuoco, la produzione quasi immediata di
resina è stimolata: dal buco, due ore dopo, uscirà già molta resina liquida dal colore
grigio per le bruciature.
Come accennato in precedenza, il legno resinoso è quello che al suo interno contiene
resina, se si taglia si notano le chiazze di resina e il profumo caratteristico ed è adatto
ad essere bruciato e non per costruire. Degli esempi base sono il legno delle conifere
(hanno le foglie modellate come degli aghi e sono “portatrici di coni” e pigne in un
primo momento chiuse) come il pino, la sequoia, il ginepro e il peccio, poi la cicuta,
abete rosso, abete bianco e larice, bensì legno non resinoso e modellabile. Tra i legni
non resinosi e arrendevoli ci sono per esempio il tiglio, il pioppo tulipano e il cedro.
https://www.youtube.com/watch?v=GiAh2J1lIOs
https://www.youtube.com/watch?v=Q_bPW6Ig8iM
https://www.youtube.com/watch?v=tvWMdF0QkKA (parte 1)
https://www.youtube.com/watch?v=Dz8QkJOeptg (parte 2)
Per raccogliere lo sciroppo d’acero, che fondamentalmente è la sua linfa (allo stato
grezzo, dal colore e consistenza sembra acqua), bisogna trapanare il tronco (bastano
pochi centimetri) dell’albero sano senza bisogno di togliere la corteccia e metterci
dentro un pezzo di ferro cilindrico e vuoto dentro incastrandolo a martellate e simili.
Da esso, sgorgherà goccia dopo goccia una gran quantità di liquido simile all’acqua: è
la linfa, cioè lo sciroppo d’acero grezzo, che scorre facilmente se non fa un freddo
eccessivo. Esso si raccoglie in un secchio messo al sicuro da insetti e detriti per
esempio con una rete antizanzare. In alternativa, al filtro in metallo si collega un tubo
che va a finire nel secchio avente un coperchio bucato per farci entrare il tubo. Come
terza alternativa, si fa finire il tubo dentro a una bottiglia abbastanza grossa (può
uscire molta linfa). Si possono fare due buchi e collegarvi due tubi che finiscono nello
stesso secchio, ma devono essere abbastanza distanti. Il periodo migliore per questa
operazione è il tardo inverno. Lo sciroppo d’acero grezzo si filtra subito con un panno
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pulito per togliere impurità e parti ghiacciate da scartare e, attraverso esso, si versa in
una pentola sul fuoco a bollire finché non diminuisce a 1/4 del volume, non diventa
color ambra e non ottiene una consistenza minimamente densa (per capire se è tale,
bisogna sollevare con un mestolino lo sciroppo e versarlo di nuovo nella pentola: se
cade gocciolando, non è ancora denso ed è sostanzialmente ancora linfa. Se cade non
gocciolando, ha la consistenza giusta). Se nel mentre compare della schiuma,
esattamente come si fa con la salsa di pomodoro e la marmellata, si toglie per
esempio con un mestolo siccome deriva anche dalle impurità nel liquido che, durante
la bollitura, arrivano in superficie (rovinano il gusto). Tutta l’operazione andrebbe
svolta all’aperto siccome le pareti si impregneranno di vapore di linfa e diventeranno
appiccicose. Si versa dunque dentro a un barattolo con un panno sopra (ex. la garza
da cucina) per filtrarlo. Se il barattolo con lo sciroppo caldo si tappa e si capovolge, si
crea il vuoto. Si conserva a temperatura ambiente e, se si apre, al fresco.
Se si vuole trapanare di nuovo lo stesso albero l’anno successivo, il buco deve essere
a circa 15 centimetri di distanza dal buco vecchio. Se si scava un buco enorme, va
tappato con un cilindro di legno, altrimenti le termini, formiche e malattie entreranno
nell’albero. Se il tronco è molto largo, comunque bisogna fare non più di tre buchi
sullo stesso albero. Se sottile, se ne fa solo uno. Il buco andrebbe creato quasi ad
altezza d’uomo. La linfa grezza va usata entro una settimana se conservata al fresco.
La neve può aiutare il secchio o bottiglia a stare ferma e fresca.
Per proteggere una candela dal vento, si può prendere un contenitore di vetro (a priori
semitrasparente o trasparente) con un foro in alto, per esempio una bottiglia di vetro
con il fondo spaccato o tagliato. Questo contenitore si mette intorno alla candela, che
può essere poggiata a terra o su un piattino come portacandela. In tal modo, non
soffrirà il vento naturale o causato dai propri spostamenti. In teoria, dovrebbe anche
proteggere la fiamma da piccoli spruzzi di acqua. Se il contenitore di vetro o simili è
chiuso, la fiamma si spegnerà.
Il vetro si taglia incidendolo con un oggetto affilato e con un gesto rapido ed energico
e spezzandolo tenendolo su una superficie piatta, mettendo il taglio proprio dove
finisce la superficie (il taglio deve essere sempre verticale, possibilmente) e
immaginando di spezzare il vetro in due come un biscotto. Solo il vetro temperato non
si può tagliare incidendolo: si frantumerà. Il vetro temperato si frantuma finemente
per motivi di sicurezza invece che spezzarsi in pezzi larghi e, per esempio, forma i
finestrini delle auto. Sono oggetti che, se si frantumerebbero, sarebbero pericolosi.
Nel caso delle bottiglie, si dovrebbe incidere la base e colpirla dal buco sul collo della
bottiglia con un oggetto lungo e sottile, se si riesce a mettere in pratica questa
tecnica. Sennò si spacca in modo diretto o controllato, per esempio pestando il fondo
della bottiglia con un oggetto lungo e sottile. La tecnica dovrebbe funzionare pure con
il fondo di un barattolo abbastanza grosso.
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Come creare una griglia girevole con un pollo arrostito
Nel caso si voglia cuocere sul fuoco un pezzo di carne che non va rivoltato da una
parte all’altra ma che va girato in senso orario (si pensi ai polli a giro arrosto), si
prendono due rami a Y con la parte che si conficca nel terreno resa appuntita (si
conficca meglio), si mettono l’uno davanti all’altro, con un ramo scortecciato molto
sottile e appuntito (sembra un paletto) si infilza la preda da cuocere (non deve avere
peli o piume e può anche restare intera, ma se si tagliuzza e/o ripulisce da alcune
viscere è meglio) e il bastoncino che funge da paletto si adagia sopra i 2 rami a Y. In
mezzo ai 2 rami a Y si accende un fuoco. Quando prende, la preda si cuoce e si gira
come un pollo a giro arrosto. Il ramo-paletto si può rendere più scivoloso e capace di
infilzare le prede se specialmente in punta si cosparge di olio o grasso come
lubrificante naturale e non nocivo al corpo.
https://www.youtube.com/watch?v=N7UxEB3OW6o (fango)
https://www.youtube.com/watch?v=wRUtXUojEeY (neve)
https://www.youtube.com/watch?v=0Dvq-1aioKo (neve)
https://www.youtube.com/watch?v=V0-ClezPRLU (sabbia)
https://www.youtube.com/watch?v=_9mmajFmVcc (sabbia)
Se è neve, si può scavare via dalle ruote e da davanti alla marmitta anche a mano se
non è troppo alta (ma il freddo potrebbe dare fastidio alle mani). Si potrebbe anche
provare a sciogliere con acqua calda o del sale. Oppure si mette un’asse di legno (o
simili) o il tappetino dell’auto o della sabbia davanti alle ruote. Una persona può
aiiutare a spingere. Il ghiaccio sui vetri si tira con un raschietto o con l’acqua calda
buttata sul vetro poco alla volta, sennò il vetro per lo sbalzo termico si crepa.
Nel caso della sabbia, si scava davanti alle ruote e lì si posiziona il tappetino dell’auto.
Anche in tal caso una persona può aiutare a spingere.
https://www.youtube.com/watch?v=4IyoyDlV1ik
89
https://www.youtube.com/watch?v=Gvvc3zCjLPk (mangiare un cactus)
In alternativa, si prende dal cactus barile (barrel cactus) o dal fico d’India (prickly
pear), una pianta che per eccellenza è ricca d’acqua. Il cactus si sradica dal terreno o
taglia via, si taglia la parte superiore (e, se si sradica, quella inferiore) e si sbuccia
come se fosse un ananas. La parte interna, specialmente fino ad alcuni giorni dopo
una grande pioggia, è molto idratata. Tutta la polpa del cactus si può mangiare e,
come appena detto, è idratante e sa alla lontana di melone. Si può anche friggere,
mettere nelle zuppe e spremere. L’importante è maneggiare il cactus con i guanti. Le
spine si tolgono grattandole via con un coltello o mettendo il cactus sul fuoco: le spine
bruciano e si consumano. Insieme alla polpa del fico d’India, si può mangiare il suo
stesso frutto, che è ricco d’acqua (come altri cibi, per esempio i pomodori), ma
attenzione alle spine sulla buccia. Attenzione agli altri tipi di cactus: possono
contenere sostanze che inducono vomito, diarrea e danni ai reni, per esempio gli
alcaloidi.
90
Guardare il video. I nodi sono: Chain Sinnet (Daisy Chain/Monkey Chain), Farrimond
Friction Hitch, Trucker's Hitch, Constrictor Knot, Cow Hitch, Half hitch, Fisherman's
Bend e Water Knot.
Per produrre un integratore naturale di calcio con gusci d’uovo, bisogna conservare i
gusci d’uovo (membrana interna bianca e proteica inclusa) dopo che si rompono
invece di frantumarli e buttarli nella terra come compost. Infatti essi, specialmente se
le uova non sono trattate e i gusci non hanno un cattivo aspetto, si lavano all’interno,
si sterilizzano in una pentola d’acqua calda sul fuoco per 10 minuti (devono essere
interamente immerse o cadute nel fondo della pentola) e poi si essiccano nel forno a
poco più di 90° (o su altre fonti di calore) tenendo la parte interna del guscio rivolta
verso l’alto per 10-15 minuti (sennò si bruciano). In alternativa, per non distruggere
troppo calcio, si sciacquano e mettono direttamente nel forno senza bollirle.
Dopodiché si spezzettano e si pestano con pestello e mortaio. La polvere poi si
setaccia e si ottiene dunque una polvere finissima ricca di calcio. Essa si mescola
nell’impasto del pane o si ingoia mescolata con acqua. Dà la sensazione di ingoiare
della sabbiolina ed è un integratore di calcio con una piccola parte proteica. Se si
prende con l’acqua, se ne prende un cucchiaino al giorno.
91
https://www.youtube.com/watch?v=Yhs-ToCNt2Y (frittura)
Si prendono delle sardine di buona qualità (per esempio, devono essere fresche) e si
desquamano grattandole con un coltello e sciacquandole nell’acqua fredda. Dopodiché
gli si estraggono le viscere, si toglie la testa e la coda (la pelle resta), si mettono a
bollire per 5-15 minuti in una pentola a pressione e il liquido in cui sono state bollite le
sardine si versa in un barattolo. Si lascia raffreddare e rapprendere: in cima si
depositerà una sostanza gialla e in fondo resterà l’acqua leggermente torbida. Il
liquido giallo in cima è l’olio di pesce, che si separa in un contenitore a sé con un
cucchiaio. E’ ricco di acidi grassi, cioè omega-3, insieme a numerose altre sostanze.
In alternativa, si ottiene friggendo la pelle grassa del pesce. Non deve friggere a
temperature alte sennò l’olio si danneggia e/o rischia di diventare cancerogeno. La
pelle viene fritta direttamente in una pentola vuota sul fuoco. Riscaldandosi, rilascia
l’olio e diventa bruna. Quando diventa bruna e ha rilasciato l’olio, si interrompe la
cottura. L’olio non deve iniziare a diventare marrone e si può diluire mescolandolo con
olio di altro tipo.
I tre pesci base per l’olio di pesce sono le sardine, le acciughe/alici, il tonno e il
salmone. Il merluzzo si usa per il suo fegato (vedi avanti).
il fegato del merluzzo al 60% è fatto d’olio, è enorme e la carne del merluzzo non ha
linee bianche di grasso. In altri pesci, come il salmone, l’olio si concentra nella carne,
il fegato è più piccolo e la carne è piena di strati di grasso. Il fegato del merluzzo è
rosa molto chiaro se ripulito dal sangue. Il fegato di merluzzo viene estratto, pulito,
bollito in una pentola a pressione sul fuoco (oppure si affetta totalmente il fegato e si
cuoce a fuoco lento) e dal liquido si estrae l’olio, che ha un forte sapore di pesce. Se si
purifica, si toglie il sapore di pesce (che non è così terrificante) e le impurità, ma si
dimezzano le vitamine. L’olio ha gli acidi grassi omega-3 (20%) come un qualunque
olio di pesce, ma in più contiene parecchia vitamina A (“retinolo”) e vitamina D. I
bambini lo possono bere per prevenire il rachitismo. Se si eccede con la dose, viene
una vitaminosi (si pensi per esempio al mangiare troppe carote: si diventa arancioni
per un po’ di tempo).
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Un modo alternativo di produrlo è quello di lasciare a marcire il fegato nei barili. Dopo
un po’ di tempo, l’olio si accumula e raccoglie, ma il sapore di quest’olio dal colore
marrone sa parecchio di pesce marcio ed è un’impresa ingoiarlo a meno che si
addolcisce. L’olio pallido è migliore dell’olio marrone siccome quest’ultimo può
incasinare l’intestino, sapore a parte.
Un’altra strategia è quella di assorbire calcio anche con le uova polverizzate e di stare
al sole. Sennò l’alternativa è proprio l’ingerimento di olio di fegato di merluzzo anche
impuro.
L’olio di noce e l’olio di semi in generale, oltre a essere oli per ottenere oli essenziali
senza danneggiarne il profumo (l’olio di noce in più isola il legno), sono a livello
alimentare e medicinale degli integratori naturali di acidi grassi omega-3, in
particolare di quello alfa-linoleico (ALA).
Gli estratti di alga marina grossomodo contengono gli stessi acidi grassi dell’olio di
pesce. Le alghe marine si possono coltivare in algacoltura. L’estratto di alga
comunque è largamente noto in ortoricoltura e giardinaggio perché è un ottimo
nutrimento per piante: le alghe anche leggermente decomposte da tre settimane si
sciacquano nell’acqua per togliere lo sporco e parte del sale (se si crede che
contengano batteri nocivi per le piante, si bollono per sterilizzarle), si tagliuzzano in
pezzi molto piccoli, si mescolano con lo zucchero (di canna o bianco) e con l’acqua
distillata e si lasciano fermentare per 30 giorni in un contenitore coperto con un panno
pulito. Contiene ormoni della crescita e nitrogeno e sembra un’acqua marrone scuro
che si versa sulle piante. Si usa sempre mescolato in piccole quantità con l’acqua e si
versa al mattino presto o sera tardi.
https://www.youtube.com/watch?v=JEEBjxvxzIE (salvia)
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https://www.youtube.com/watch?v=3cBvNuwqBt8 (basilico)
https://www.youtube.com/watch?v=Y0fYMNPp3pg (menta)
https://www.youtube.com/watch?v=PCwcs3bL23o (aglio)
https://www.youtube.com/watch?v=JFMbnA_G--0 (cipolla)
https://www.youtube.com/watch?v=oobDpsA16Wg (peperoncino)
Riguardo al rosmarino, non si tagliano i rametti che hanno i fiori o i rametti già secchi,
ingialliti, malati e/o andati a male. Il rosmarino si appende al sole oppure gli aghi si
separano dal rametto e si mettono su una superficie piatta esposta al sole (o alla luce
solare che passa attraverso una finestra) a seccare. Dopo l’essicazione, le foglie si
separano dal rametto. Se la superficie è sporca o contaminata, si rischia lo sviluppo di
muffa.
I rametti di salvia sciacquati si lasciano anche solo a essiccare su una superficie piatta
per 2-3 settimane.
L’aglio invece si spella, sciacqua e si tagliuzza in pezzettini per poi farlo essiccare in un
forno. Quando essicca, si può ridurre in polvere. In alternativa, si raccoglie senza
bisogno di togliere le foglie, si ripulisce dalla terra e si appende a mazzi per farlo
essiccare in un ambiente secco (non umido), come si farebbe con i peperoncini: i
peperoncini si lasciano al sole, l’aglio all’ombra. Sennò si toglie tutto dalla pianta e si
stende su un panno tenuto al sole o in una zona ombrosa ma secca. La capsula/anima
verde dell’aglio contiene il grosso delle sue sostanze nutritive e la sua sostanza
principale, l’allicina, che si perde se si rimuove l’anima dell’aglio o se si bolle.
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Come ottenere l’uva passa per fare l’acqua di lievito
https://www.youtube.com/watch?v=7e8DepWX4_4
https://www.youtube.com/watch?v=QO0xws60qyw
L’uva passa o “uvetta”, come in parte suggeriscono il nome e l’aspetto, è una varietà
di uva molto dolce con acini piccoli e senza semi che, quando è matura, viene raccolta
tramite un taglio del grappolo senza separare nessun acino: semplicemente, si taglia
tutto il grappolo e si appende al sole a essiccare per 6-8 settimane. L’uva seccherà
insieme alle foglie. In alternativa, si separano gli acini con parte del picciolo dal resto
del grappolo e si stendono su un panno srotolato e esposto al sole per tre settimane
(attenzione agli attacchi di insetti e animaletti). L’uva passa, pure se l’uva di partenza
è verde chiaro, è di colore viola scuro tranne in dei casi in cui diventa color oro (deriva
dall’uso di diossido di zolfo sugli acini, una sostanza a cui però qualcuno potrebbe
essere allergico, e dall’uso subito dopo di un essiccatore che fa risparmiare molto
tempo). Gli acini di uva passa infine si staccano e si sciacquano nell’acqua distillata. Si
conservano in barattoli sterilizzati e messi in un posto fresco e asciutto fino a un anno
e sono pronti da unire allo zucchero (bianco o di canna) per produrre l’acqua di lievito
(in alternativa, si usano i datteri o una fetta di mela).
I corn flakes e bran flakes sono una buona alternativa ai biscotti e pane con confettura
per la colazione. Di base, per i bran flakes servono 3 ingredienti: la farina integrale di
mais (è meno setacciata di quella raffinata e si setaccia con setacci a maglia larga,
ragion per cui conserva parte della crusca/”buccia” dei chicchi e appare color marrone
pallido) e la stessa crusca secca e ben sminuzzata, due elementi che dunque si
riuniscono, e dal lino macinato come legante. I tre ingredienti si mescolano bene (è
come mischiare tre polveri grossolane) insieme all’acqua, all’olio (se non si vuole
coprire il sapore dei bran falkes, si usa un olio tendenzialmente insapore e inodore
come quello di semi o di cocco) e a un cucchiaino di sale che non è tassativo ma che
arricchisce il sapore. Se si vuole addolcire, si possono usare miele, zucchero di canna,
sciroppo d’acero o essenza di vaniglia, ma gli ingredienti davvero indispensabili sono
farina, crusca, lino più il sale. Si deve ottenere una pasta densa e marrone che si
modella come una palla compatta e si stende su una superficie metallica piatta unta di
olio (sennò si attacca ed è meno lavorabile). Si stende il più sottile possibile con un
mattarello o simili oggetti cilindrici, per esempio una canna di bambù pulita; per non
farla attaccare al mattarello, si usa la farina. Quando si essicca (se si usa il forno, si
essica 50 minuti a 150°), diventa una specie di suola molto dura che si lascia
raffreddare, si separa dalla teglia, si spezzetta e si conserva al fresco in un barattolo
chiuso (non per forza un pacchetto chiuso con mollette, pinze, graffette, elastici,
cordicelle…) per tre settimane. I bran flakes e corn flakes tipicamente si uniscono al
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latte e yoghurt (che però in tempi difficili è più un integratore di flora batterica che un
comune latticino) e si possono accompagnare con frutta secca (ma in particolare l’uva
passa è utile per produrre l’acqua di lievito e la frutta secca si può mutare in olio,
ognuno con i suoi utilizzi). I bran flakes, essendo pieni di carboidrati complessi,
saziano molto fino all’ora di pranzo.
Per fare i corn flakes, che come ingredienti sono più spartani, si mescola della farina di
mais con dell’acqua, zucchero (ed eventualmente sale) fino a formare un impasto non
troppo liquido e ben amalgamato che si stende in modo uniforme e il più piatto
possibile su una teglia unta e infornata. L’impasto essiccato si lascia raffreddare, si
stacca e si spezzetta.
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intrecciando paglia e rametti secchi in modo analogo ai cestini (si parte dal centro
della base per esempio intrecciando tra loro pagliuzze verticali e orizzontali). Per il
cibo, non si predispone nulla: sono gli insetti. Per l’acqua, si può legare con una corda
al palo o un barattolo che si riempie di acqua periodicamente fino all’orlo, a meno che
si appende a un chiodo sporgente anche con del fil di ferro come se fosse un
minuscolo secchiello (ma il vento rischia di farlo dondolare se risulta leggero pure con
l’acqua dentro). Sennò ci si sbriga prima con un secchio tenuto a terra accanto al
palo. Anche i pipistrelli possono avere la stessa valenza degli uccelli insettivori.
https://www.youtube.com/watch?v=Z-tXUzgLFjk
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Se gli stranieri non parlano l’inglese ma sono parlanti di una lingua neo-romanza, si
può parlare una specie di interlingua modellata su un latino volgare maccheronico
allungato con spagnolo, portoghese, francese, rumeno, anglicismi e grecismi e condito
con onomatopee, esclamazioni, gesti, espressioni facciali, semplificazioni verbali come
“ora io esco i soldi”, neologismi e magari un’imitazione della cadenza della lingua
straniera del parlante. Più interlingue secondarie oltre l’inglese si conoscono anche
solo a livello intermedio, meglio è. Esse sono: francese, spagnolo, portoghese, cinese
moderno standard con i sinogrammi più diffusi (sono usati pure in Giappone e,
sporadicamente, in Corea e Vietnam).
-tutte le vocali finali come -o, -a in quasi tutti i nomi e participi passati > in
alternativa, farle saltare via [francese, catalano] e, nei participi, usare sempre
l’ausiliare avere [spagnolo, catalano portoghese, francese] (la soldatessa > la
soldatess; io sono arrivato > yo/eo ho arrivat’, eu ho arrivadu)
-te > -ci (il presidente > u presidenci; velocemente > velosemenci)
-ti > -ci [portoghesizzante], -zii [rumeno] (i presidenti > li presidenci, li presidenzii)
que, qui > ke, ki [buonino per tutti] (questo qui > kesto kì)
ce, ci, zz, cce, cci > se, si, s, kse, ksi (cicala > sicala; il prezzo > el preso;
l’accelerazione > l’akselerasiòn)
consonanti doppie > consonanti singole o cluster latineggianti (il patto > el/lo
pacto, u pactu; latte > late)
-ità > -itè [francese], -idàd [spagnolo, catalanizzante], -idagi [portoghese] (velocità
> velositè, velosidàd, velosidagi)
Avere > tenere (io ho un vaso > yo tengo un vaso); nei verbi, usare sempre i
pronomi personali soggetto invece di toglierli (ragionare come in inglese o cinese)
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-are, -ere, -ire > -ar, -èr, -ir [spagnolo, portoghesizzante] oppure -a, -e, -i
[francese, catalano, rumeno] (mangiare, avvolgere, dormire > mangia(r), avvolgè(r),
dormi(r))
Saper disegnare alcuni sinogrammi base aiuta a farsi comprendere per iscritto dagli
asiatici che conoscono un minimo di scrittura cinese. Quelli più semplici e facili da
ricordare sono un pugno di decine e derivano da pittogrammi antichissimi, cioè da
illustrazioni per esempio di animali, flora, oggetti astronomici e artefatti.
Come spunto, si possono prendere il ritmo bellunese, i placiti cassinesi, il Cantico delle
Creature, il giuramento di Strasburgo in antico francese, l’introduzione delle Cantigas
de Santa Maria (portoghese medievale), il Cantar del mio Cid (antico spagnolo) e le
poesie di Ausias March (catalano medievale):
«De Castel d'Ard avì li nostri bona part. I lo getà tutto intro lo flumo d'Ard.
«Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti
Benedicti.»
«Sao cco kelle terre, per kelle fini que tebe monstrai, Pergoaldi foro, que ki contene,
et trenta anni le possette.»
«Kella terra, per kelle fini que bobe mostrai, sancte Marie è, et trenta anni la posset
parte sancte Marie.»
«Sao cco kelle terre, per kelle fini que tebe mostrai, trenta anni le possette parte
sancte Marie.
“Pro Deo amur et pro christian poblo et nostro commun saluament, d'ist di in auant, in
quant Deus sauir et podir me dunat, si saluarai eo cist meon fradre Karlo, et in
adiudha et in cadhuna cosa si cum om per dreit son fradra saluar dist, in o quid il mi
altresi fazet. Et ab Ludher nul plaid nunquam prindrai qui meon uol cist meon fradre
Karle in damno sit”.
«Altissimu, onnipotente, bon Signore, tue so' le laude, la gloria e l'honore et onne
benedictione.
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Ad te solo, Altissimu, se konfàno et nullu homo ène dignu te mentovare.
Laudato sie, mi' Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole,
lo qual è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore,
de te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si', mi' Signore, per sora luna e le stelle, in celu l'ài formate clarite et pretiose
et belle.
Laudato si', mi' Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne
tempo, per lo quale a le tue creature dài sustentamento.
Laudato si', mi' Signore, per sor'aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et
casta.
Laudato si', mi' Signore, per frate focu, per lo quale ennallumini la nocte, et ello è
bello et iocundo et robustoso et forte.
Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.
Laudato si', mi' Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore, et sostengo
infirmitate et tribulatione.
Beati quelli che 'l sosterrano in pace, ca da te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si' mi' Signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo
vivente pò scappare: guai a quelli che morrano ne le peccata mortali;
beati quelli che trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no 'l farrà
male.
100
en que ele muito fia. Poren dos miragres seus
101
En ti crouo al ora, por end es saluo de mal.
Altri ancora sono i Trattati Morali (Andrea da Grosseto, che li ha tradotti in volgare nel
1268); la Sequenza di Sant’Eulalia (antico francese), il Cancioneiro da Ajuda e il
Cancioneiro da Vaticana (portoghese medievale) e Les quatre grans Cròniques
(catalano medievale). Tutti gli altri testi sono invece semplici testi di giornali moderni
da leggere e ascoltare per avere un assaggio della lingua a palmo, ma il rendimento è
diverso dai testi antichi, sicuramente più latineggianti.
102
[Una possibile lista (quasi) minima della spesa e/o di cose
da avere, ricercare o sapere dove sono secondo una
mentalità prepper]:
Taniche
Accendini
Bidoni per raccogliere acqua piovana o un pozzo con coperchio e un secchio con
corda
Binocolo
Colori in polvere
Sabbia e/o ciottoli (dai ciottoli sbriciolati si può ottenere della sabbia)
Pietra calcarea e/o gusci e conchiglie (oppure calcina già pronta in polvere)
Armi anche autoprodotte (lance con punta in pietra o in legno, archi e frecce,
balestre, veleno…)
Argilla
Latte intero (si possono ottenere panna, burro, siero, formaggio o yogurt)
Cenere
Carbonella
103
Canne di bambù o canne comuni
Grano
Una macina a mano per la farina e riso (se modificata, si può usare anche per le
olive)
Abiti o accessori per coprirsi in caso di pioggia, neve, freddo o sole intenso
Bicarbonato di sodio
Mappe con rosa dei venti annessa (o magnetite e sughero oppure una bussola)
Mollette
104
Zaini da spalla spaziosi (per oggetti e spazio vuoto di riserva)
Zeolite e allume
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[Una possibile lista (quasi) minima della spesa e/o di cose
da avere, ricercare o sapere dove sono secondo una
mentalità prepper: VERSIONE CON COMMENTI E
DELUCIDAZIONI AMPIE MA NON ESAUSTIVE e che non
tengono conto anche del possibile riciclo degli oggetti e
usi creativi; prezzi raccolti su Amazon]
Binocolo [per osservare posti, fauna, flora e potenziali nemici dalla lunga
distanza anche da zone sopraelevate e da mimetizzati]
106
Magnetite, aghi e sughero oppure una/due bussole [per orientarsi con
attrezzi professionali o improvvisati ma efficaci; gli aghi servono poi per cucire
insieme ai ferri/spilloni per tessuti grossi come la lana]
Olio oppure olive da spremere [servono per produrre l’olio d’oliva e la pasta
di olive a parte]
Sabbia marina o rocciosa e/o ciottoli [la sabbia marina si usa nella
produzione del vetro mentre la sabbia in generale si usa in ortoricoltura per
coltivare determinate piante. La sabbia si usa anche per togliere la ruggine o
per migliorare la levigatura di pietre e mortai o si mette sul fondo dei tronchi
semicilindrici scavati con il fuoco per isolare il fondo se rischia di bucarsi. La
sabbia è uno dei possibili ingredienti per formare il cemento. I ciottoli si
mescolano se si vuole al cemento o si pestano con un pestello pesante in ferro
per ottenere la sabbia]
Pietra calcarea e/o gusci e conchiglie (oppure calce viva o calcina già
pronta in polvere) [se si riscaldano e frantumano, diventano calce viva; se si
mescolano con acqua, dopo la reazione di idratazione diventano calcina/sleaked
lime. La calcina si usa per preservare le uova in modo ottimale, per abbassare il
punto di fusione della sabbia marina per produrre il vetro e per produrre
cemento. Se la calce viva e la calcina si confondono, prova a versarci
dell’acqua: se non succede nulla, è calcina. La calcina si può anche usare come
colorante bianco. I gusci di conchiglia in alternativa si possono affilare in punta
per ottenere una lama di conchiglia]
Cemento [si usa come collante tra mattoni o sassi e come collante in generale;
si usa anche per produrre mattoni in cemento]
107
per costruire formelle da imprimere nella sabbia in cui si cola il metallo fuso o il
cemento, per isolare il legno che non si vuole carbonizzare quando si scava con
il carbone e per arginare le perdite di acqua nel bambù usato come tubatura]
108
possono scalare se si usano come punti di vedetta o di salvataggio dalle belve.
Il legno marcio diventa compost]
Zucchero bianco e di canna [lo zucchero bianco o di canna si usa non solo
come dolcificante (ce ne sono vari, inclusi l’estratto di vaniglia con un pizzico di
sale o il miele d’api o la polpa/succo di canna da zucchero, lo sciroppo d’acero
se si vive in Nordamerica e le foglie secche della stevia) o per produrre
caramello, ma serve anche come ingrediente per produrre l’alcol etilico, l’aceto
di mele e il lievito. Per l’acqua di lievito, serve una mela o uva passa o datteri]
Lievito madre o lievito prodotto ex-novo con farina, mela, uva passa o
datteri [il lievito si usa sia per indurre il cibo a fermentare e produrre per
esempio alcolici, sia per produrre l’alcol etilico, sia per fare lievitare la pasta
cruda]
Una macina a mano per la farina e riso (se modificata, si può usare
anche per le olive) [serve a macinare il grano e, se è abbastanza pesante e
efficiente, anche il riso e simili alimentari. Se si inserisce sotto un canale con
pendenza verso il basso che culmina in un buco o in un beccuccio orientato
verso il basso, si può riciclare per spremere le olive denocciolate e produrre
olio]
Mortaio e pestello (in pietra, legno o ferro) [Servono a pestare riso, piante
officinali, ingredienti per i colori naturali e generi alimentari per renderli polvere
o poltiglia. Se il mortaio è in ferro, come se fosse un’enorme lattina, e si usa un
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pestello di ferro, si usa per produrre la sabbia dai ciottoli, ma non è sabbia di
mare]
Bottiglie di plastica [sono utili per creare trappole per lumache, mosche e
api]
Bicicletta con carretto attaccabile [la bici può coprire brevi e medie
distanze, mentre il carretto permette di trasportare oggetti]
Grasso della carne [il grasso si scioglie e rapprende e si usa per produrre
sapone in alternativa all’olio d’oliva, per ungere la punta delle lance, come
antiruggine naturale e per friggere, infine si può mangiare o usare come
lubrificante]
110
Garza da cucina [usata per produrre la crema di formaggio non troppo
morbida e la ricotta salata, il burro, il latte vegetale, il formaggio di latte
vegetale, l’olio di cocco e simili estratti in cucina]
Stoffa per produrre vestiti e il panno carbonizzato [la prima serve per
vestiti, rattoppi e, se sono panni puliti, per proteggere e filtrare l’acqua piovana,
la cenere per separare la liscivia, la terra argillosa per separare l’argilla e si usa
nella produzione di colori. Per filtrare la resina invece servirebbe un vecchio
colino che poi si pulisce dandogli fuoco. Il panno carbonizzato è un’esca per
fuoco se si usa una pietra focaia sottile qualunque e uno striker di ferro]
Detersivo per piatti in polvere [se mescolato con il sale fine, crea il borace,
che si può usare per abbassare il punto di fusione della sabbia per fabbricare il
vetro in combinazione o con il carbonato di sodio o con la calcina]
Mappe con rosa dei venti annessa (o magnetite e sughero oppure una
bussola) [Servono a orientarsi insieme a punti chiave, per esempio rocce con
una strana forma]
Livella [serve a costruire artefatti senza andare fuori bolla e renderli storti]
Vestiti pesanti per coprirsi e cappelli con visiera [sul primo non c’è molto
da dire: vestiti pesanti, cappotti, berretti, sciarpe, guanti per scaldarsi (gli altri
sono da lavoro e protettivi; i migliori sono in cuoio e proteggono anche dalle
spine dei rovi, per esempio) ecc. I cappelli con visiera servono a tenere lontano
il sole e si possono inzuppare per tenere la testa al fresco, ma i cappelli si
possono intrecciare pure con la paglia e simili se si pensa per esempio al
cappello conico cinese. Per la pioggia, bastano gli ombrelli o i semplici cappucci]
111
man mano che decompongono si può ottenere biogas che si usa tramite
fornelli. I rifiuti umidi in alternativa si usano per formare il compost, come
mangime per animali o, se sono torsoli di mela leggermente acerba tagliati via
e bucce, si usano per produrre la pectina. Se si tratta di crusca, può anche
essere mangiata dall’uomo, essere impastata nei biscotti e pane o essere usata
per fare l’impasto dei corn flakes]
Zeolite e allume [la prima può servire per esempio a depurare l’acqua se se
ne fa una grande scorta, mentre la seconda fornisce aiuto nella raffinazione del
sale marino appena raccolto dall’acqua marina bollita, basta farlo cristallizzare
in un cristallo detto “pietra di allume”]
Chi ha già mappato un territorio e le sue risorse, sa già dove muoversi per
recuperare risorse e persone. Trova tutti i luoghi non eccessivamente lontani
112
dalla zona in cui vivi (se mancano tutte le utenze e l’energia elettrica va
razionata, immagina che siano luoghi raggiungibili con una bicicletta a cui leghi
un carretto con coperchio e due ruote), specialmente quelli naturali. Anche
facendo ricorso a informazioni di seconda mano (persone non insospettite o già
in quasi-complicità con te che conoscono il posto o siti internet che li
descrivono) ma senza snobbare l’osservazione diretta, osserva se ci sono:
- case abitate nelle vicinanze (ci sono aiutanti potenziali come forza-lavoro,
know-how e risorse come attrezzi e piante solo per cominciare; se ci sono
cascine o aziende agricole, ci sono persone con cui si può entrare in contatto
per ricorrerne nel momento in cui si imposta una comunità e/o delle risorse
collettive come un campo da coltivare con grano e del know-how più
avanzato su come gestirlo; se non si ha nulla da barattare e non accetta di
donare risorse, promettigli per esempio il 10% del raccolto finale)
- sentieri (non ti perdi) e zone in cui puoi creare sentieri (di base, togli l’erba
e i sassi e elimini dossi e cunette; senza sassi, ciottoli e/o cemento, sono
terreni che diventeranno fangosi se piove)
- punti interessanti (anche in base a questi ti orienti, ex. una roccia a forma di
marmotta che confeziona la cioccolata),
- se ci sono alberi, di che stazza e altezza sono, di che tipo sono (il nome o
una generica categoria “albero resinoso” VS “albero non-resinoso”), se
hanno nodi e se hanno rami diritti (e magari a Y),
- quali sono gli odori prevalenti del posto e/o da dove provengono (per
camuffarsi olfattivamente, se serve)
113
- se ci sono depositi fluviali (laghi, fiumi incluse piccole cascate...) e se sono
bassi e/o navigabili, se l'acqua è potabile o torbida/salmastra/avvelenata o
salata (si può estrarre il sale),
- tutti i possibili pericoli come buche, paludi fangose e sabbiose, tronchi marci
o pericolanti, rovi, rocce appuntite o pericolanti, edifici diroccati, sentieri
interrotti, zone franose, zone ingannevoli (ex. una roccia che assomiglia
vagamente a una marmotta che confeziona la cioccolata ma è un falso
amico), precipizi e animali pericolosi (per completezza, anche foglie secche,
se si vuole accendere un fuoco, sono dei potenziali pericoli siccome si rischia
un incendio, idem se si striscia per terra o cammina sopra perché
scricchiolano),
- aree spaziose o liberabili dagli alberi per costruirci qualcosa (ex. una zona
recintata),
- dei tumuli di terra che si possono scavare per costruire burraie e antiche
ghiacciaie a meno che sono già pronte (posti ombrosi e semi-interrati per
mantenere la temperatura costante e fresca come alternativa alla root
cellar/cella frigorifera seminterrata)
114
apocalittica dà avvisaglie di durare a lungo, esse nel medio e lungo termine
sono insignificanti, il senso di fare scorte non è quello puro e semplice di
sopravvivere finché durano. PERTANTO, esse sono funzionali a sopravvivere
mentre si imposta il DOPO, sia a livello comunitario che nel proprio piccolo. Se
si hanno scorte per 2 mesi, significa per esempio che si hanno poco meno di 2
mesi di tempo per iniziare a coltivare un campo comune, il proprio orto con
prodotti che spuntano entro quel lasso di tempo (dimenticatevi i prodotti fuori
stagione) e crearsi attrezzi e artefatti come il sapone e le candele a partire dalla
raccolta e/o produzione della stessa materia prima. Per esempio, per fare il
sapone, un elemento chiave è la liscivia, che si ottiene dalla cenere impastata
non a mani nude con l’acqua. Questo è il senso di accumulare scorte.
115
[SPUNTO PER UN RICETTARIO PRIMITIVO, sonno minimo,
idratazione minima e reintegrazione dei sali minerali]
Per nutrirsi nel peggiore degli scenari, lo scenario B, si può prendere spunto da
questo ricettario di pietanze poco elaborate o cibo mangiato direttamente:
Pane (si può condire se si taglia in due o si affetta: sale, olio, pomodori secchi,
pesce secco, insalata, marmellata, miele, burro, salsa di pomodoro, maionese)
Focaccia
Polenta
Biscotti
Frittelle
Pasta fatta in casa (si può condire in vari modi, a partire da olio e formaggio)
Cereali e pannocchie
Corn flakes
116
Legumi
Brodini
Minestrine
Frutta secca
Marmellata
Sottaceti
Insalata di alghe
Carne e insaccati
Pesce
Uova
Siero/latte di burro
Crema di formaggio
Ricotta salata
Formaggio duro
Cibo impacchettato industriale (ex. patatine fritte e biscotti; non sono eterni e
per giunta saziano poco, creano dipendenza e non fanno molto bene
all’organismo, ragion per cui sono assolutamente sacrificabili)
117
Pasta di olive (residuo della produzione dell’olio)
Miele
Sciroppo d’acero
Olio di pesce (tonno, sardine e alici) come integratore di acidi grassi omega-3
Insetti come le cavallette fritte fatte prima spurgare (no, va beh, non si è
obbligati, meglio la pizza. Comunque le rane e le lumache già si mangiano. E
poi, tra i cadaveri e gli insetti, sono sempre meglio i secondi. No?)
Alcune spezie, più che essere considerate tali o essere piante decorative,
possono essere meglio usate e pensate come conservanti e piante officinali.
Alcuni alimenti hanno più utilizzi, per esempio il limone: si può bere il succo o
usare per produrre la maionese e insaporire il tè, ma è anche un ottimo anti-
ruggine e disinfettante.
https://image.freepik.com/free-vector/nutrition-pyramid_23-2148488917.jpg
https://qph.fs.quoracdn.net/main-qimg-
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118
vomito e febbre, di più. Ci si può aiutare a tracciare quanta acqua si beve con le
bottiglie personali). La frutta e vegetali di ogni tipo è il 35/50% aggiuntivo, tale
per cui mangiando farinacei integrali e frutta con verdura si arriva già al 75%
se non oltre. Il tutto viene chiuso con carne, pesci, crostacei, molluschi, uova,
latte vegetale e derivati, latte animale e derivati (ex. insaccati e latticini). I
grassi sani, zuccheri e integratori sono infatti una componente infima e/o
dannosa, tranne se si deve sopravvivere all’inverno, in cui il cibo scarseggia e
bisogna avere energie per poter lavorare e resistere al freddo e eventuali
malattie. In tal caso, il grasso viene in soccorso insieme alle conserve di ogni
tipo (una delle migliori sotto ogni punto di vista è il pemmican). Lo zucchero
serve insieme alle proteine se si svolge attività fisica intensa. In tutti gli altri
contesti di normalità, la punta della piramide contiene cibo trascurabile e
dannoso se se ne abusa. Se si hanno a disposizione ingredienti per impasti,
meglio fare più pane, pasta, cereali e focacce che dolci, anche se possono
essere usati come spuntino. Si mangia almeno 2 volte al giorno e, se si deve
lavorare in modo pesante fin dal mattino, è bene non saltare la colazione.
La piramide della nutrizione dà un’idea su quali cibi siano più importanti di altri,
tale per cui devono essere consumati in maggiore quantità e/o più spesso. Ma
un secondo modo di organizzare la nutrizione dà l’idea precisa della cadenza
con cui ci si nutre: la dieta mediterranea
(https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/alimentazione/dieta-
mediterranea-una-piramide-di-salute ). In breve:
Pranzo e cena devono avere quotidianamente frutta secca/a guscio e latte con
derivati (se il latte è scremato, è meno grasso: il fatto che sia nutriente o meno
dipende dal contesto. In soggetti denutriti, sicuramente il latte intero o crudo è
più nutriente), poco sale (si può sostituire con le spezie, che a loro volta sono
conservanti o aventi usi medicinali).
L’alimentazione bilanciata predilige per circa metà i glucidi, seguiti dai grassi e
lipidi e infine dalle proteine. La dieta mediterranea non affama e, se associata a
una buona idratazione, attività fisica, un buon sonno e socialità, diminuisce il
rischio di malattie cardiovascolari.
I vegetariani e vegani devono sostituire le proteine della carne con quelle dei
legumi e devono sostituire i latticini con latte vegetale con il rischio che, in
situazioni molto difficili, restano denutriti. I crudisti devono tenere in
considerazione i rischi di nutrirsi di carne cruda e di mangiare cibi meno
digeribili e nutrienti se si assumono sempre crudi. Le persone con disturbi
alimentari hanno bisogno di molta attenzione, siccome alcuni per esempio
mangiano compulsivamente. I celiaci devono sostituire i farinacei contenente
glutine con quelli senza glutine. Gli allergici a determinati cibi semplicemente li
119
evitano o sostituiscono. Un consumo moderato di alcolici, per esempio il
classico bicchiere di vino al giorno o un consumo saltuario, non crea nessun
effetto negativo sull’organismo.
https://www.supradyn.it/vitamine-e-minerali/sali-minerali/
Bere sempre e solo acqua distillata può creare dei problemi di salute perché ci
si priva di sali minerali, diversamente dalla semplice sterilizzazione di acqua
dolce dalla sua bollitura. Nel caso peggiore, nel corso degli anni, innesca
malattie o porta alla morte. I sali minerali vanno dunque reintegrati con una
dieta ad hoc o con integratori naturali.
Il corpo umano ha bisogno dei seguenti sali minerali base: calcio, fosforo,
sodio, cloro, fluoro, potassio, magnesio, iodio, rame, selenio, zinco, ferro,
manganese, molibdeno, zolfo e cromo. La dieta mediterranea è d’aiuto, ma è
bene sapere quale cibo contiene ognuno di questi sali in caso si notino delle
carenze e se esistono integratori naturali.
120
polvere oppure l’uovo pestato in pezzi fini e al quale viene aggiunto il succo di
limone o l’aceto. Altri cibi che hanno una buona concentrazione di calcio sono il
latte o olio vegetali a base di alcuni cibi appena elencati, ex. il latte di mandorle
vegetale e l’olio di noci.
Il fosforo si assume mangiando cibi che sono anche proteici: legumi, uova,
carne, latte, ma anche cereali e verdure. Non ci sono integratori naturali.
Lo zinco: carne, pesce, uova, latte e derivati, crusca di grano, legumi e frutta
secca
Il ferro eme e il ferro non eme: il primo tipo, che è il più facile da assorbire, si
trova nella carne, pesce, fegato e frattaglie. Il secondo tipo, più difficile da
assorbire, si trova nei vegetali. Quanto all’assorbimento del ferro, dettaglio non
secondario, alcune sostanze (come le fibre) possono limitarlo, mentre altre
(come la vitamina C) e il consumo contemporaneo di carne e pesce possono
aumentarlo. Quanto all’acido ascorbico (vitamina C), si trova in cibi consumati
crudi, poco cotti e consumati entro 3 o 4 giorni dalla loro raccolta: fegato,
arance, le fragole, i mandarini, i kiwi, i limoni, gli spinaci, i broccoli, i pomodori
e i peperoni. Pertanto, se si vuole massimizzare l’assorbimento del ferro
bisogna impostare meglio il pasto: bisogna unire il consumo di carne e pesce
(che si possono tenere separati) al limone come condimento o alla frutta come
arance e mandarini a fine pasto. Oppure, in un pasto con carne e pesce (il loro
consumo dovrebbe essere di 2 volte a settimana), non si consuma come prima
portata un farinaceo a base di farina integrale, ricca di fibre, ma si consuma in
121
un altro momento. Lo stesso vale per i cereali integrali: vanno evitati. Questi
sono solo degli spunti e, in caso di carenze di ferro, si può impostare in questo
modo un pasto o aumentare il quantitativo di cibo pieno di ferro ingerito.
122
VADEMECUM PER LA GESTIONE DI COMUNITA’ O
GRUPPI DI PERSONE IN SITUAZIONI CRITICHE
Introduzione
Ovviamente siamo consci del fatto che, come già accennato poc'anzi, possono
verificarsi infinite combinazioni di questi scenari, come ad esempio il fatto che
nello scenario B, ad esempio, possono saltare solo talune utenze e non altre,
oppure che siano solo razionate nel tempo o nell'erogazione, o quant'altro.
Ma dovevamo pur iniziare da qualche parte, e quindi andremo per schemi; poi
ognuno di voi deve essere sufficientemente sveglio ad adattarsi alla realtà e
sfruttare le opportunità che si presentano, se si presentano.
123
della comunità nonché il rapporto tra le varie comunità e le regole utili ad
uniformarle.
Ogni gruppo di persone che intende avviare una comunità per superare i
momenti difficili deve studiare il territorio e capire se è il caso di rimanere in
zona o se spostarsi al fine di trovare situazioni ambientali più favorevoli (come
territori con molto “verde”, fonti d'acqua dolce, eccetera) che magari nella
località originaria non sono presenti.
124
anche durante le emergenze, è inutile!
Se compri alimentari e attrezzi ma non sai come usarli e/o non ti sei
addestrato ad usarli prima, farlo durante le emergenze è inutile...
Se non fai nulla pensando che il governo nazionale o locale ti darà tutto l’aiuto
che vuoi al volo e/o che sarai fortunato, è inutile.
Impelagarsi in faide e lotte continue con altre comunità alla Rambo, o cercare
attivamente gente a cui sparare o rubare cose è inutile.
Se pensi di improvvisare tutto come con il piano jazz senza sapere prima gli
accordi e la tecnica pianistica… è inutile.
125
Scenario A
Crisi economica o sociale ma che non coinvolge le utenze
Ciò che occorre fare in questi casi è organizzare dei gruppi virtuali sfruttando i
social. Ovvio che se ci si organizza prima dell'evento è sicuramente meglio, ma
se l'evento ci “esplode” in faccia occorre muoversi tempestivamente e alla
vecchia maniera. Mi spiego meglio.
Come dicevo prima, che queste crisi molto spesso si sentono arrivare con mesi
di anticipo. Se è questo il caso consiglio di muoversi alle prime grosse
avvisaglie e iniziare a formare il gruppo.
Loro faranno lo stesso con i loro conoscenti e, al più, per fare prima si può
andare a bussare porta per porta e dire che si è creato il gruppo e che è
importante che tutti si iscrivano, in modo tale da potersi coordinare molto
velocemente per affrontare i problemi, che sicuramente, presto o tardi si
presenteranno.
Gli utenti devono registrarsi con il loro vero nome e cognome, possibilmente
anche la foto del volto ben visibile e riconoscibile. Siccome sono tutti i membri
di un quartiere, è impossibile non ricordarsi nessun nome.
Inoltre, ogni membro dovrebbe indicare anche il numero di telefono,
professione/conoscenze, possesso di un orto o cose particolarmente funzionali,
info generiche, eccetera.
127
Rappresentante/Ambasciatore e un Vice-rappresentante che parla a nome della
comunità, per esempio per lanciare messaggi a un'altra in nome e per conto
dell'intera comunità.
Egli può anche recarsi fisicamente in un altro quartiere e vestirsi con un capo
di abbigliamento caratteristico, ad esempio annodarsi un fazzoletto rosso su un
braccio per essere subito riconoscibile (tipo la fascia tricolore del Sindaco),
fermo restando che qualcuno potrebbe avere la pessima idea di imitarlo.
Nel caso non c’è alcuna possibilità di accordo o pacificazione, e altre comunità
128
cercano di imporsi con la forza occorre interviene attivamente impostando delle
ronde armate in punti importanti o strategici.
Consenso e decisioni
Se qualche anziano non ha il cellulare o non sa usarlo, si mette in simbiosi con
il vicino di casa che sa usarlo. Allora una singola persona comunica per due.
Così si risolvono i problemi di digital divide, come anche i problemi con le
persone particolarmente dure di comprendonio (a volte purtroppo sono anche
giovani).
Scambi commerciali
Per effettuare gli scambi all'interno della comunità si usa il baratto, in
riferimento a artefatti e alimentari (inclusi i pagamenti in natura, dunque), ma
perfino l’erogazione di servizi e lo svolgimento di lavoro.
Si può anche promettere di pagare in natura in modo posticipato, anche se può
esserci il rischio di non essere ricompensati. Per esempio, si ottiene una busta
di semi, ma siccome non si possiede nulla da dare in cambio al momento, si
promette di dare il 10% del futuro raccolto. In genere si viene ricompensati in
quanto nessuno vuole essere legato alla voce di non pagare i propri debiti
all'interno di una comunità...
129
di usarlo da parte dei membri e dal valore che gli diamo: se a una persona non
interessano i bitcoin e/o non sa e non ha un wallet virtuale per i bitcoin, a che
pro offrirgli i bitcoin? In più, i bitcoin valgono più di una buona cassa di
alimentari o legname in tempo di dura crisi? Tra l'altro il loro valore è
notoriamente fortemente oscillante...
Nella comunità esiste anche la pratica del dono, che a maggior ragione rinsalda
la coesione tra i membri e alla fine viene ricambiato in qualche modo. Esso,
inoltre, dimostra apertura e pacifismo verso il prossimo, in contesti peraltro
difficili. Se rituale, addirittura incarna la comunità, come avviene per esempio
nelle popolazioni delle isole del Pacifico.
Ruoli e specializzazioni
Infine, i ruoli dei membri della comunità si possono specializzare in base alle
proprie risorse e/o abilità, oppure, se necessario, per causa di forza maggiore:
ad esempio, c'è gente che ha un orto e gente con un giardinetto senza terra
coltivabile. Ai primi si dà il compito di coltivare, ai secondi si dà altro, come per
esempio costruire barbecue in mattoni in cambio di N inviti a pranzo e cena, in
cui si usa proprio il barbecue appena costruito (parallelismo con l’esempio dei
semi). D'altronde, è logico.
Se poi uno conosce bene le principali piante medicinali, coltiva di più queste e
diventa un piccolo para-medico che è anche capace di maneggiarle o di
consegnare ricette precise. Gli altri si occupano di rape e verze, per esempio.
Se ci sono falegnami e operai dotati di attrezzature vale lo stesso principio, e
così via…
Lo scopo è completarsi a vicenda! Questo è il principio base di una comunità!
Sciogliere la comunità
La comunità si scioglie tramite un messaggio del Rappresentante nel gruppo.
130
Se la decisione è controversa, si vota chiedendo una super-maggioranza per
esempio del 75% e non del 51%. La decisione va comunque rigirata dal
Segretario alle altre comunità, che magari sono ancora attive. In ogni caso,
nulla vieta ai membri di tenersi in rapporto anche dopo lo scioglimento, ma
tramite altri tipi di legame o altri gruppi organizzati in modo diverso.
131
Scenario B
Saltano tutte le utenze e la logistica va in crisi
Nello scenario A abbiamo visto cosa fare nel caso la crisi che si verifica
riguarda solo gli aspetti economici, come fu per il famoso ‘29. Si scatenerebbe
una fortissima ondata di disoccupati, gente che rimane senza soldi, disperati di
vario tipo, ma in realtà le strutture nazionali reggono e quindi occorre aiutarsi
solo ed esclusivamente a livello basilare per superare al meglio le fasi più
critiche.
Più durerà la crisi, più il sistema deraglierà in modo irreparabile fino al punto di
diventare impossibile ripristinarlo. Un po' come un organo che deve essere
trapiantato e può essere fatto solo entro un certo numero di ore del decesso
del donatore (ad esempio 4 ore o 6 ore) e, superati i quali l'organo è
irrecuperabile e non più utilizzabile nel trapianto!
Occorre dire che è difficile che salti tutto istantaneamente, tranne che non sia
un atto veramente ben studiato e pianificato, magari con l'avallo dello stesso
governo e di istituzioni internazionali.
In genere questo tipo di crisi partono da un’utenza in particolare e poi le altre
seguono come effetto a catena nel tempo... Oppure si è in presenza di una
vera e propria guerra.
132
Quello che accadrebbe è che non arriverebbero più materie prime, la maggior
parte degli alimentari che consumiamo e, soprattutto, non arriverebbero più
gran parte delle fonti energetiche fossili!
La corsa al carrello innesca quasi immediatamente un rialzo dei prezzi, per non
parlare di quello sui carburanti, sulla corrente elettrica ecc. Dopo circa 10/14
giorni, in base alle zone più o meno urbanizzate, inizieranno a finire le scorte
energetiche e non si troverà più carburante alle pompe di benzina (forse già
dopo solo 7 giorni) e poi inizierà un razionamento della corrente elettrica.
Dopo altri 7/14 giorni, cioè a un mese dall'inizio della crisi, la corrente è già
bella che andata in quanto le rinnovabili hanno bisogno di un po' di energia per
funzionare e, in ogni caso, senza quella fossile non può essere stabilizzata e
brucerebbe le apparecchiature elettriche che abbiamo a casa (visto che sono
pochi quelli che hanno pannelli solari e un totale distacco dalla rete elettrica
mediante uso di accumulatori ma quasi tutti utilizzano l'allaccio alla rete
nazionale come appoggio).
Alla fine, entro massimo un mese saremmo sia in black-out che a piedi, con
tutte le attività produttive ferme e ovviamente senza rete internet (che va a
corrente), nonché senza telefoni.
Possiamo cambiare l'ordine dei fattori, tale per cui tipo prima si va in black-out
e poi saltano le altre cose, ma in ogni caso, chi più velocemente chi più
lentamente, ogni scenario porta al fermo totale di tutto!
Inizialmente, nei primi giorni in cui inizia la crisi, la gente attenderà speranzosa
il ripristino delle utenze e un intervento tempestivo, capillare e commisurato
del governo ma, mano a mano che saltano le altre e che gli aiuti si rivelano
tardivi e/o insufficienti, inizierà a capire che è meglio muoversi per procurarsi
quello che serve per sopravvivere.
Questo è il momento più probabile di inizio della fase di panico generale nella
popolazione! Si piomba improvvisamente a prima della Prima Rivoluzione
Industriale o giù di lì...
133
Iniziano i tempi duri!
Teoricamente la gente, tranne forse le persone più deboli come gli anziani o chi
in quel momento era indisposto (magari ricoverato in un ospedale), si sarà
fatta le scorte di alimentari per reggere anche 2 o 3 mesi. Qualcuno più lesto o
efficiente a recuperare roba avrà fatto scorte anche per 6 mesi, ma non
importa...
Già qualche giorno dopo l'inizio della vera crisi (cioè quando tutto è già
saltato), i primi individui poco raccomandabili inizieranno a pensare che forse è
il caso di darsi al saccheggio qualora le cose dovessero andare male per più
tempo del previsto.
Inoltre, le persone delinquenziali penseranno che si può sfruttare l'occasione
per rubare a chi sembra indifeso per poi vendere le cose di contrabbando!
Col passare di altri giorni, diciamo che siamo già ad un mese dall'inizio della
fase di panico e circa 2 dall'inizio degli eventi, se ancora non è stato ristabilito
tutto, inizierà il vero e proprio inferno!
Infatti, tutti saranno agli sgoccioli con le scorte, oppure le avranno già perse
con le razzie iniziali di delinquenti ed ex-Forze dell'Ordine, e quindi tutti si
riverseranno in strada per rubare o cercare roba per vivere a loro volta...
Questo tipo di persone, in genere armate male e senza esperienza operativa,
134
ma che si spostano come orde barbariche verso obiettivi di qualsiasi tipo si
chiamano, in gergo, zombie. Nell’immaginario prepper, gli zombi sono persone
con gli abiti laceri e sporchi, dal volto scavato, con ferite non curate per
mancanza di medicinali e che gemono con le braccia alzate per chiedere aiuto
o cibo per nutrirsi.
In realtà, una prima carica di zombie si formerà già all'inizio della crisi e sono
tutti quelli che cercheranno di raggiungere i parenti anziani in campagna, se li
hanno. Si formeranno vere e proprie colonne di auto per recarsi nelle zone
rurali e intaseranno tutte le strade.
Questa seconda carica, invece, si sposterà a piedi perché le strade saranno
tutte bloccate da ostacoli improvvisati posti lungo il percorso al fine di fare i
fermi e derubare gli eventuali passanti...
Questa seconda ondata sarà provata dalla fame, dalla mancanza di acqua e
quindi anche di igiene personale, si sposterà insieme a bambini e anziani con
molte difficoltà e assomiglieranno molto agli zombi della serie The Walking
Dead, in un certo senso.
Questi zombie attaccheranno tutto ciò che è alla loro portata, ma soprattutto
quelli che sanno essere gente ben organizzata e che si ricordano che gli
avevano parlato per primi di fare scorte, nonché quelli che sanno essere pronti
a reggere a situazioni critiche. I cosiddetti prepper o quelli con un mindset
largamente analogo, praticamente.
I prepper sono le persone vittime per eccellenza: hanno più risorse fisiche e
intangibili, come le scorte e know-how (ad esempio, sanno costruire oggetti
improvvisati come utensili e armi primitive, sanno dove si trovano elementi
naturali utili alla sopravvivenza, sanno cacciare selvaggina mediante trappole
improvvisate, eccetera), e sono preparate psicologicamente e fisicamente se
hanno fatto sport o hanno abituato l’organismo al freddo, digiuni e veglie.
Prima le hanno prese per il culo deridendole dandogli dello psicopatico o
complottista e magari untore no-vax, poi quando tutto precipita si ricorderanno
guarda caso di loro...
135
mediante false flag in modo da crearsi l'alibi perfetto!
La resistenza passiva, la calma e la preparazione a monte possono esorcizzare
il rischio, ma temo che gli zombi e gli anarchici saranno la maggioranza.
Senza sconfinare troppo oltre il quartiere, andrei casa per casa a chiedere di
formare una comunità coesa. Ma ognuno deve sapere chi possiede cosa, chi sa
fare cosa ecc.
Se un padre ha la figlia con il mal di gola e non ha un orto con piante
medicinali, da chi va? Una soluzione è la seguente e ha un pro e un contro:
ognuno espone fuori da casa propria un foglio plastificato/protetto dalle
intemperie in cui spiega con grafia leggibile cosa può offrire come beni e servizi
in caso di necessità. Il pro rende la ricerca meno difficoltosa. Il contro è che, in
caso di ladri e anarchia, tutti sanno chi ha qualcosa di prezioso da sottrarre...
In realtà, tolti i primi momenti, per formare una comunità in una fase
successiva occorrerà aspettare che gli eventi maturino e che gli zombi si
dileguino.
Cioè, che le cose si stabilizzino verso la nuova “normalità”, cosa che potrebbe
richiedere anche molti mesi.
Gli spostamenti
Gli spostamenti devono avvenire in modo rapido, silenzioso, camuffato (ex.
136
vestiti neri, cappello nero, niente catarifrangenti e trucco facciale nero) e
nascosto. Quindi preferibilmente al buio, usando stradine secondarie e coni
d’ombra, mai a campo aperto e in gruppi ristretti (tipo 3 persone) in modo da
potersi guardare contemporaneamente davanti, di lato e dietro, nonché
abbozzare una difesa efficace se serve.
Le scelte comunitarie
Le scelte comunitarie, dove tutta la comunità di quartiere decide di
intraprendere un progetto utile alla maggioranza, magari lavorandoci tutti
insieme, sono un importante tassello in questo scenario. In teoria anche nello
scenario A, ma lì servono poco. Nello scenario B, infatti, mancano le utenze.
Un esempio di scelta comunitaria potrebbe essere la seguente: la popolazione
del quartiere ha del cibo ma i freezer non funzionano. Quindi va fatta una
scelta comunitaria, per esempio usare almeno una root cellar comune o
costruirla o riconvertire un edificio interrato in una root cellar.
Come prenderle, se manca internet per inoltrare messaggi, mail e votare ecc.?
Una proposta è la seguente: due volte a settimana, in un generico momento
della giornata, tutti gli abitanti del quartiere si incontrano per riunirsi in un
luogo preciso e spazioso ma ben difendibile e controllabile.
137
Le decisioni inter-comunitarie, invece, possono essere discusse e approvate o
bocciate in tutti i vari consigli, per poi essere approvate o respinte
definitivamente da un consiglio dei Rappresentanti/Ambasciatori. Ognuno di
essi porta la decisione finale della singola comunità che rappresenta.
Per evitare complicazioni, si va a maggioranza. Se il numero di Rappresentanti
è pari, il voto del Rappresentante della comunità che ha partorito per primo
l’idea vale due.
Pericolo anarchia
Un'altra cosa da tenere in considerazione è il pericolo anarchia. Magari non
siamo sui livelli tipici che si manifestano negli USA, ma non si devono
sottovalutare.
In un contesto come quello sin qui illustrato, gli attacchi saranno fatti per
sottrarre risorse e/o per vandalizzare le cose altrui, con qualche eventuale caso
di stupro e pulizia etnica scaturita dall’odio verso chi non è del luogo e viene
considerato un intruso che sottrae risorse agli altri (e per chi non è del luogo
non si intende solo stranieri ma anche chi non è del comune o del quartiere in
questione...).
Una persona, in caso di scontri, dovrebbe stare appostata in una zona sicura
138
(anche mimetizzandosi) e sorvegliare sempre l’ambiente. Si può comunicare
gridando anche con linguaggio in codice condiviso, oppure con segnali con le
mani, occhi, viso o con colpetti dati sul proprio corpo per ridurre la
comprensione al nemico e/o il rumore (che in altri casi è utile perché per
esempio può distrarre i nemici).
I soldati si possono chiamare con nomi in codice, idem i luoghi strategici e i
nomi delle operazioni sempre per ridurre la comprensione ai membri al di fuori
della cerchia o se si riesce a comunicare con mezzi intercettabili come le radio.
Non ne cito altre, ma sono tutte accortezze di buon senso, che in contesti critici
possono fare la differenza tra sopravvivere o morire...
Lo sciacallaggio
Il semplice sciacallaggio, specie nello scenario B, è molto plausibile.
Commerci
Anche nello scenario B si commercia con il baratto in quanto difficilmente i
soldi avranno ancora corso legale.
139
che si sta parlando di soldi metallici! Quelli di carta si potranno utilizzare solo
come carta, e quelli digitali in banca... puoi immaginare.
Anche qui, ognuno usa quello che ha e che sa fare al meglio per l'utile della
comunità.
Ho già spiegato nello scenario A come si può barattare e quindi vi rimando alla
lettura del paragrafo dedicato al baratto. Inutile ripetere i concetti.
Consigli importanti
Per tutto il resto, siccome mancano acqua, luce e gas occorre utilizzare le cose
che riusciamo a procurarci da noi nell'ambiente. A tal fine si consiglia di
studiare e conservare i vari manuali e video Youtube con le tecniche di
sopravvivenza che insegnano ad accendere fuochi, utilizzare oggetti comuni
modificati per ricavare attrezzi, tecniche primitive di produzione oggetti
eccetera. Come detto in precedenza, anche i manuali dell’esercito, marines e
alpini forniscono molte conoscenze utili per sopravvivere e combattere.
Per i progetti più grandi occorre parlarne con gli altri in una riunione apposita
in cui fare brainstorming. Tali conoscenze possono essere diffuse tra i membri
della comunità, con cui si può lavorare insieme o fare "guarda e impara".
Anche nel peggiore degli scenari, si può sopravvivere. Sappiamo come usare le
canne vuote per raccogliere acqua, coltivare e allevare, conservare cibo, usare
le erbette mediche, costruire artefatti semplici e complessi con cemento e
argilla, produrre sostanze semplici, mimetizzarsi, fare consigli comunitari ecc.
Sciogliere la comunità
La comunità di quartiere, dotata anche in questo caso di un confine abbastanza
preciso e di un nome preso da location o peculiarità difficilmente confondibili, si
può sciogliere in un consiglio tramite super-maggioranza (questa cosa si fa
presente fin dall’inizio per evitare fraintendimenti successivi).
Un sentore può essere il ripristino totale delle tre utenze e internet, ma non
andrebbe sciolta subito perché potrebbe essere un false flag (dopo 24/48 ore
potrebbero collassare di nuovo).
In ogni caso, dal momento che ritornano attive le utenze passeranno molti
mesi prima che tutto si stabilizzi e ritorni l'ordine nelle strade, in quanto
occorre anche una forza di polizia e tutto il resto...
140
Scenario C
Segregazioni tra vaccinati e non in un contesto di non crisi
Benché non si sia molto da dire, anche questa situazione forma uno scenario a
sé!
Per superare una segregazione occorre, nei limiti del possibile, riuscire a
contattare e mantenere dei legami con tutti gli altri cittadini che stanno nelle
nostre vicinanze e che hanno il medesimo problema. Si cercherà di risolvere
molti dei problemi contattando loro.
Se il loro aiuto non basta, oppure non siamo a conoscenza di altre persone che
vivono lo stesso problema nei dintorni, occorre vedere se possiamo accedere ai
servizi mediante l'aiuto di un vaccinato che si procura le cose, magari
pagandogli una commissione.
Quasi sicuramente molti di loro si faranno vivi da soli, in quanto dove vi è una
domanda c'è sempre qualcuno che offre una soluzione per guadagnarci sopra.
Tuttavia occorre vedere la pressione del Governo sui vaccinati. In casi estremi
potrebbe arrivare anche a chiudere i conti correnti, bloccare le carte di credito
o di debito, se dovessero esserci già i soldi digitali potrebbero disattivarli.
In questi casi, qual ora notiamo che le cose stanno prendendo una brutta
piega, la ratio finale è lo scenario D...
141
Scenario D
Vivere in off grid
Logico che farlo da soli è difficile, quindi è sempre meglio crearla insieme ad
altri in modo da avere conoscenze complementari, ma in ogni caso ci vuole una
volontà di ferro.
Il miglior modo per fare una comunità off-grid sarebbe quella di comprare le
case dei comuni disabitati o quasi. Ce ne sono diversi in Italia andando negli
entroterra, alcune case costano anche 1€ e spesso sono interi borghi che in
passato venivano utilizzati dai minatori (poi abbandonate perché le miniere si
esaurivano), oppure da ex costruttori delle ferrovie, oppure ancora vecchi paesi
di campagna svuotatesi nel tempo per via dell'emigrazione.
Basta dare una risistemata agli edifici e il grosso è fatto. Poi attorno si può
coltivare, scavare canali, creare sistemi di irrigazione e fornitura d’acqua dolce,
ripristinare la corrente elettrica attraverso pannelli solari, eccetera.
Altrimenti, si costruiscono case da zero nelle montagne e nei boschi, un po’ alla
volta, partendo da un cantuccio dove dormire e allargandosi a poco a poco.
Tuttavia occorre vedere se non ci sono dei vincoli ambientali che non
permettono di costruire, e nel caso si possa edificare, quali rapporti volumetrici
occorre rispettare.
Se poi esiste già una comunità off-grid a cui ci si unisce, si può sfruttare il
know-how dei membri già esistenti, il che non è poco. Se chiedono qualcosa in
cambio, si può barattare il know-how in cambio di qualcos'altro.
In quanto comunità, vivete non distanti tra voi, vi conoscete e sapete come
raggiungervi. Non ci sono enormi distanze e la logistica dell'informazione è
veramente limitata. Prendere poi decisioni comunitarie è uno scherzo. La
comunità può assumere un nome proprio e, se si forma in un entroterra e non
142
in montagna, semplicemente è il nome stesso della frazione/location o di una
location vicina o di un elemento caratteristico (Ad esempio una montagna,
fiume, il nome di una pianta molto diffusa ecc.).
Parto dal presupposto che non ci sono altre comunità/gruppetti di case nei
paraggi se si forma in montagna. Ma se il fenomeno prende piede, la comunità
in esame si allarga e si arricchisce di nuovi membri ben accetti e con un
mindset calzante. Sennò se ne tornano indietro, vanno altrove o restano
emarginati e scoperti.
143
come ad esempio mantenere l'ordine pubblico, anzi, lasciali andare in
montagna così abbiamo meno rotture"…
145
piante officinali, riconoscimento degli animali, tecniche di primo soccorso,
sopravvivenza a calamità naturali… Il manualino che si sta leggendo offre
molti spunti e conoscenze base in tema survivalismo pur non trattando
gli altri campi, per cui basta anche solo selezionare qualche buon libro.
Se non si usa l’elettricità, bisogna avere una duplice copia di ogni opera
in forma di libro, carta stampata o appunti presi a mano in grafia
leggibile. Tali opere vanno imparate a memoria, con l’applicazione e
vanno conservate in un luogo sicuro. Si possono arricchire nel tempo.
Le tre utenze (acqua, luce e gas) si chiudono il giorno della partenza e si
aprono dove si trova la nuova casa per fare funzionare internet con
router e wi-fi, l’angolo cottura e l’acqua, a meno che si vuole fare tutto in
modo primitivo (sennò come terza opzione si usano entrambi i metodi).
Su di essa o accanto a essa, si fanno installare dei pannelli solari con
accumulatore di energia elettrica.
La propria vecchia casa, se non serve o non si vuole tenere, si mette in
vendita con l’aiuto di un’agenzia immobiliare. Se in buono stato e in una
buona posizione, si vende facilmente.
Gli animali domestici si possono tenere se si considerano funzionali, per
esempio il cane come protezione o guardia o per andare a caccia e il
gatto per tenere lontani i topi.
I mobili e ciò che si conserva si sposta nella nuova casa anche tramite
furgoni di agenzie di trasloco e ci si trasferisce fisicamente nella nuova
casa, che si pulisce e arreda anche con l’aiuto dei facchini. Tutte le
utenze si testano e gli eventuali oggetti elettrici si installano e testano,
per esempio il router con wi-fi collegato all’energia solare.
146
alberi) o il cemento ecc. e si può anche usare per assicurarsi la casa
contro le calamità tipiche del posto (ex. terremoti, alluvioni, eruzioni
vulcaniche, tornadi, incendi, furti…), sennò si usa per pagare pure le
riparazioni e spese impreviste.
147
Alcuni link pronti di opere scaricabili
https://www.pdfdrive.com/guida-allimpiego-corretto-delle-piante-medicinali-
no-ocr-e192730945.html
https://www.pdfdrive.com/erbe-e-piante-medicinali-trattato-pratico-di-
erboristeria-d194933943.html
https://www.pdfdrive.com/36-healing-herbs-the-worlds-best-medicinal-plants-
e15559238.html
https://www.pdfdrive.com/riconoscere-gli-alberi-d167752803.html
https://www.pdfdrive.com/fine-gardening-grow-healthier-easier-gardens-
d157845542.html
https://www.pdfdrive.com/the-complete-home-guide-to-herbs-natural-healing-
and-nutrition-e33429680.html
https://www.pdfdrive.com/rosemary-gladstars-medicinal-herbs-a-beginners-
guide-33-healing-herbs-to-know-grow-and-use-d175318578.html
https://www.pdfdrive.com/healing-herbs-a-beginners-guide-to-identifying-
foraging-and-using-medicinal-plants-more-than-100-remedies-from-20-of-the-
most-healing-plants-e180278029.html
https://www.pdfdrive.com/integrated-livestock-fish-farming-systems-
integrated-livestock-fish-farming-systems-e52503746.html
https://www.pdfdrive.com/aquaculture-and-fish-farming-d52729810.html
https://www.pdfdrive.com/subsistence-fish-farming-in-africa-a-technical-
manual-d17403895.html
https://www.pdfdrive.com/the-backyard-homestead-guide-to-raising-farm-
animals-choose-the-best-breeds-for-small-space-farming-produce-your-own-
grass-fed-meat-gather-fresh-rabbits-goats-sheep-pigs-cattle-bees-
d158207169.html
https://www.pdfdrive.com/backyard-chickens-book-package-the-backyard-
chickens-handbook-and-the-backyard-chickens-breed-guide-d196731109.html
https://www.pdfdrive.com/breeds-of-rabbits-d21303634.html
https://www.pdfdrive.com/the-complete-beginners-guide-to-raising-small-
animals-everything-you-need-to-know-about-raising-cows-sheep-chickens-
ducks-rabbits-and-more-d183585592.html
148
https://www.pdfdrive.com/the-permaculture-handbook-garden-farming-for-
town-and-country-e178224551.html
https://www.pdfdrive.com/the-resilient-farm-and-homestead-an-innovative-
permaculture-and-whole-systems-design-approach-e163954932.html
https://www.pdfdrive.com/permaculture-design-e60790416.html
https://www.pdfdrive.com/hydroponic-food-production-a-definitive-guidebook-
for-the-advanced-home-gardener-and-the-commercial-hydroponic-grower-
e163255625.html [la coltivazione idroponica si può anche fare senza mezzi
elettrici se si usa la subirrigazione passiva/idroponica passiva
https://www.youtube.com/watch?v=SFsyzJQuHBU e
https://www.youtube.com/watch?v=qHOnCyhJjUM e
https://www.youtube.com/watch?v=qHOnCyhJjUM , ma il punto debole è
riuscire a ottenere i nutrimenti chimici da sciogliere nell’acqua. I nutrimenti non
organici rendono di più e in tempo minore di quelli organici. Questi ultimi sono
basati perlopiù su letame, estratti di alghe, crusca e ossa]
https://www.pdfdrive.com/diy-hydroponic-gardens-how-to-design-and-build-
an-inexpensive-system-for-growing-plants-in-water-e158560746.html
https://www.pdfdrive.com/complete-guide-for-growing-plants-hydroponically-
e170156624.html
https://www.pdfdrive.com/howto-hydroponics-ver-41pdf-e24945527.html
https://www.pdfdrive.com/the-aquaponic-farmer-a-complete-guide-to-building-
and-operating-a-commercial-aquaponic-system-e199792734.html
https://www.pdfdrive.com/aquaponic-gardening-a-step-by-step-guide-to-
raising-vegetables-and-fish-together-e174497408.html
https://www.pdfdrive.com/the-complete-idiots-guide-to-aquaponic-gardening-
e60036555.html
https://www.pdfdrive.com/primo-soccorso-cosa-fare-e-non-fare-nei-casi-di-
emergenza-e196401913.html
https://www.pdfdrive.com/manuale-illustrato-di-primo-soccorso-
d47682176.html
https://www.pdfdrive.com/first-aid-survival-and-cpr-home-and-field-pocket-
guide-e24188665.html
https://www.pdfdrive.com/the-natural-first-aid-handbook-e195241509.html
https://www.pdfdrive.com/us-army-first-aid-manual-e194436614.html
https://www.pdfdrive.com/illustrated-first-aid-guide-e191495732.html
https://www.pdfdrive.com/comprehensive-first-aid-manual-e53462936.html
https://www.pdfdrive.com/wilderness-and-remote-first-aid-emergency-
reference-guide-2014-e187639040.html
https://www.pdfdrive.com/first-aid-e198943025.html
149
https://www.pdfdrive.com/farming-seaweed-in-kiribati-e47580070.html
https://www.pdfdrive.com/ocean-greens-explore-the-world-of-edible-seaweed-
and-sea-vegetables-d158092166.html
https://www.pdfdrive.com/seaweeds-edible-available-and-sustainable-
d176076041.html
https://www.pdfdrive.com/the-essential-guide-to-cultivating-mushrooms-
simple-and-advanced-techniques-for-growing-shiitake-oyster-lions-mane-and-
maitake-mushrooms-at-home-e157908829.html
https://www.pdfdrive.com/mushroom-cultivator-a-practical-guide-to-growing-
mushrooms-at-home-e158710567.html
https://www.pdfdrive.com/mushroom-cultivator-a-practical-guide-to-growing-
mushrooms-at-home-e158710567.html
https://www.pdfdrive.com/mushrooms-cultivation-nutritional-value-medicinal-
effect-and-environmental-impact-e33450136.html
https://www.pdfdrive.com/the-mushroom-guide-and-identifier-the-ultimate-
guide-to-identifying-picking-and-using-mushrooms-d158542385.html
https://www.pdfdrive.com/mushrooms-and-mushroom-culture-d20184411.html
https://www.pdfdrive.com/the-pocket-guide-to-wild-mushrooms-helpful-tips-
for-mushrooming-in-the-field-d196437025.html
https://www.pdfdrive.com/worm-farming-creating-compost-at-home-with-
vermiculture-d175851369.html
https://www.pdfdrive.com/snail-farming-manual-e18958898.html
https://www.pdfdrive.com/vermiculture-technology-earthworms-organic-
wastes-and-environmental-management-e157028964.html
https://www.pdfdrive.com/vermiculture-e47035341.html
https://www.pdfdrive.com/best-practice-guideline-to-managing-on-site-
vermiculture-technologies-e34552302.html
https://www.pdfdrive.com/metal-casting-a-sand-casting-manual-for-the-small-
foundry-vol-1-d157059841.html
https://www.pdfdrive.com/metal-casting-a-sand-casting-manual-for-the-small-
foundry-volume-2-d161597129.html
https://www.pdfdrive.com/metal-casting-appropriate-technology-in-the-small-
foundry-e159041618.html
150
https://www.pdfdrive.com/foundry-technology-second-edition-
d190110040.html
https://www.pdfdrive.com/castings-practice-the-ten-rules-of-castings-
d160983775.html
https://www.pdfdrive.com/toilets-that-make-compost-low-cost-sanitary-toilets-
that-produce-valuable-compost-for-crops-in-an-african-context-
e156755796.html
https://www.pdfdrive.com/composting-for-dummies-e159238486.html
https://www.pdfdrive.com/the-organic-composting-handbook-techniques-for-a-
healthy-abundant-garden-e157785160.html
https://www.pdfdrive.com/how-to-make-and-use-compost-the-ultimate-guide-
e176049630.html
https://www.pdfdrive.com/how-to-build-maintain-and-use-a-compost-system-
secrets-and-techniques-you-need-to-know-to-grow-the-best-vegetables-
e194438889.html
https://www.pdfdrive.com/the-complete-idiots-guide-to-composting-
e166946004.html
https://www.pdfdrive.com/the-complete-guide-to-home-carpentry-carpentry-
skills-projects-for-homeowners-black-decker-home-improvement-library-
d157265172.html
https://www.pdfdrive.com/the-complete-guide-to-carpentry-for-homeowners-
basic-carpentry-skills-everyday-home-repairs-d178083459.html
https://www.pdfdrive.com/carpentry-and-joinery-d157209354.html
https://www.pdfdrive.com/the-us-army-marine-corps-counterinsurgency-field-
manual-us-army-field-manual-no-3-24-e161402928.html
https://www.pdfdrive.com/the-ultimate-guide-to-us-army-survival-skills-
tactics-and-techniques-e161805386.html
https://www.pdfdrive.com/the-official-us-army-combat-skills-handbook-
e185916459.html (molto lungo)
https://www.pdfdrive.com/us-army-map-reading-and-land-navigation-
handbook-e156795290.html
https://www.pdfdrive.com/the-official-us-army-illustrated-guide-to-edible-wild-
plants-e196890807.html
https://www.pdfdrive.com/us-army-special-operations-target-interdiction-
course-sniper-training-and-employment-d165098970.html
https://www.pdfdrive.com/us-army-special-forces-medical-handbook-
d196385001.html
https://www.pdfdrive.com/us-army-special-forces-guide-to-unconventional-
warfare-d195488665.html
151
https://www.pdfdrive.com/us-army-survival-evasion-and-recovery-
e196385015.html
https://www.pdfdrive.com/us-army-counterinsurgency-handbook-
e165032981.html
https://www.pdfdrive.com/us-army-guide-to-military-mountaineering-
e200353980.html
https://www.pdfdrive.com/us-army-survival-manual-e196385022.html
https://www.pdfdrive.com/the-complete-us-army-survival-guide-to-shelter-
skills-tactics-and-techniques-e196755294.html
https://www.pdfdrive.com/the-knot-bible-the-complete-guide-to-knots-and-
their-uses-e165471545.html
https://www.pdfdrive.com/the-little-book-of-incredibly-useful-knots-200-
practical-knots-for-sailors-climbers-campers-other-adventurers-
e196515467.html
https://www.pdfdrive.com/sewing-in-a-straight-line-quick-and-crafty-projects-
you-can-make-by-simply-sewing-straight-e164836505.html
https://www.pdfdrive.com/super-stitches-sewing-a-complete-guide-to-
machine-sewing-and-hand-stitching-techniques-d166665409.html
152
VOCABOLARIETTO ITALIANO-INGLESE SURVIVAL
Per comunicare con gli stranieri, l’interlingua più diffusa e snella dal punto di
vista grammaticale è l’inglese standard. Bisogna conoscere i vocaboli
fondamentali in inglese con la pronuncia standard (una delle più semplici è
quella statunitense) e la grafia corretta. Se gli stranieri non sanno il vocabolo, si
insegna a loro. Se non si conosce, bisogna parlare attraverso dei giri di parole
molto fastidiosi o attraverso gesti e termini troppo generici. Nelle etichette, si
può indicare il nome in inglese dell’oggetto per permettere a tutti di capirlo a
prescindere dalla nazionalità e capacità linguistiche o di apprendere come si
chiama l’oggetto. Si possono usare anche due lingue, ex. italiano e inglese. Se
si conosce già bene l’inglese, soffermarsi sui vocaboli rari.
CIBO - FOOD
ACQUA - WATER
ALLEVAMENTO - BREEDING
FORMAGGIO – CHEESE
PANNA – CREAM
BURRO – BUTTER
FARINA – FLOUR
PANE – BREAD
153
ALBERO – TREE
RAMO – BRANCH
CORTECCIA – BARK
FIBRA – BARK
MACINA – GRINDER
SABBIA – SAND
CONCHIGLIA – SEASHELL
ACQUA – WATER
COMBUSTIBILE - FUEL
CORDA – ROPE
CAMUFFAMENTO – CAMOUFLAGE
CANDELA – CANDLE
154
STOPPINO – WICK
CATARIFRANGENTE - REFLECTOR
BARILE – BARREL
CISTERNA - TANK
ARGILLA – CLAY
CEMENTO – CEMENT
MATTONE – BRICK
CESTINO – BASKET
ASCIA – AXE
PICCONE – PICKAXE
PALA – SHOVEL
RASTRELLO – RAKE
ZAPPA - HOE
VASETTO/VASO – JAR
VASO/CONTENITORE – VESSEL
VASELLAME - POTTERY
PIETRA – STONE
COLTELLO – KNIFE
LAMA – BLADE
FUOCO – FIRE
FALO’ – BONFIRE
TORCIA – TORCH
155
TORCIA ELETTRICA – ELECTRIC TORCH
BASTONE – STICK
SCIARPA – SCARF
STIVALI – BOOTS
GUANTI – GLOVES
MEDICINA – MEDICINE
VELENO – POISON
ANTIDOTO - ANTIDOTE
VIRUS – VIRUS
BATTERIO – BACTERIA
INFIAMMAZIONE – INFLAMMATION
INCENDIO - FIRE
MANUALE – HANDBOOK
GENERATORE – GENERATOR
BENZINA – FUEL
ACCENDINO – LIGHTER
SEMI – SEEDS
SERRA – GREENHOUSE
POZZO – WELL
ARGANO – WINCH
SECCHIO – BUCKET
STUFA – STOVE
FORNO – OVEN
156
MACINA – GRINDER
MORTAIO – MORTAR
PESTELLO - PESTEL
ARMA – WEAPON
PISTOLA – GUN
FUCILE – RIFLE
BANDOLIERA - BANDOLIER
MOLOTOV – MOLOTOV
GRANATA – GRENADE
FARETRA – QUIVER
ZAINO – BAG
SACCO – SACK
BINOCOLO - BINOCULARS
BANDANA – BANDANA
PASSAMONTAGNA – BALACLAVA
TRAPPOLA – TRAP
RESINA – RESIN
157
COLLA – GLUE
SUGHERO - CORK
INCHIOSTRO – INK
CARTA – PAPER
BARBECUE – BARBECUE
CARBONE – CHARCOAL
FULIGGINE – SOOT
CENERI – ASHES
LISCIVIA – LYE
TAPPO – PLUG
TRAPANO - DRILL
HUMUS – HUMUS
COMPOSTIERA – COMPOSTER
FIUME – RIVER
TORRENTE – WATERFALL
LAGO – LAKE
PORTO – PORT/HARBOR
LEGNO – WOOD
158
SALE MARINO – SEA SALT
TENDA – TENT
PIGNA – PINECONE
LATTINA – CAN
VETRO – GLASS
PENTOLA – POT
ITTICOLTURA – FISHCULTURE
TETTO - ROOF
ZUCCHERO – SUGAR
CARAMELLO – CARAMEL
ARATURA – PLOWING
SEMINA(TURA) – SEEDING/SOWING
MIETITURA – HARVEST
TREBBIATURA – THRESHING
SGRANATURA – SHELLING
GRANAIO – GRANARY
POLENTA - POLENTA
POLLAIO – HEN-HOUSE
SENTIERO – PATH
159
AMO DA PESCA – FISHING HOOK
SLITTA - SLEDGE
CANOA – CANOE
BARCA - BOAT
REMO – OAR
LIEVITO – YEAST
LANCIA – SPEAR
FERITOIA – LOOPHOLE
PENNELLO – (PAINT)BRUSH
FILATO – YARN
FUSO - SPINDLE
FILO – THREAD
SOTTACETI - PICKLES
AFFUMICATURA – SMOKING
CARROZZA – CARRIAGE
RUNNER/CORRIDORE – RUNNER
RAPPRESENTANTE – REPRESENTATIVE
SEGRETARIO – SECRETARY
160
STAZIONE DI POLIZIA – POLICE STATION
SOLDATO – SOLDIER
CECCHINO - SNIPER
TRINCEA - TRENCH
GUARDIA - GUARD
PAVIMENTO – FLOOR
MARCIAPIEDE – PAVEMENT
MURO – WALL
PANCA – BENCH
SEGGIOLINO – (FOOT)STOOL
LETTO – BED
BUSSOLA – COMPASS
COMPASSO – COMPASSES
RUST – RUGGINE
MOULD – MUFFA
POLVERE – DUST
PARASSITI – PARASITES
161
POLVERE DA SPARO – GUNPOWDER
PROIETTILE – BULLET
MANETTE – HANDCUFFS
CERCAPERSONE – WALKIE-TALKIE
FARO - LIGHTHOUSE
ANCORA – ANCHOR
FIAMMIFERI – MATCHES
LIMA – FILE
SEGA – SAW
RASPA – RASP
PINZA – PLIER
TENAGLIA – PINCER
CANCELLO - GATE
COMUNITA’ – COMMUNITY
ALLONTANAMENTO – REMOVAL
QUARTIERE – NEIGHBORHOOD
DISTRETTO - DISTRICT
PERIFERIA -SUBURBS
162
CENTRO CITTA’ – TOWN CENTER
FAZZOLETTO – HANDKERCHIEF
DECOTTO – DECOCTION
DISTILLATO - DISTILLATE
PILLOLA – PILL
VAPORE – STEAM
PIPA – PIPE
RIFUGIO – SHELTER
FUGA – ESCAPE
SICCITA’ – DROUGHT
CARESTIA - FAMINE
ANARCHICO – ANARCHIST
VANDALO – VANDAL
LADRO – THIEF
STUPRATORE - RAPIST
RAPITORE – KIDNAPPER
SPIA – SPY
163
Piante officinali (italiano-inglese standard)
Achillea millefoglie (yarrow)
Aglio (garlic)
Calendola (calendula)
Lavanda (lavender)
Camomilla (chamomile)
Menta (mint)
Basilico (basil)
Platano (plantain)
Rosa (rose)
Salvia (sage)
Sambuco (elder)
Cerastio (chickweed)
Timo (thyme)
Zenzero (ginger)
Aloe (aloe)
Mirtillo (bilberry)
Calendula (calendula)
Camomilla (chamomile)
Cioccolato (chocolate)
Cinnamomo/cannella (cinnamon)
164
Dong quai (dong quai)
Echinacea (echinacea)
Aglio (garlic)
Zenzero (ginger)
Ginkgo (ginkgo)
Uva (grapes)
Hops (hops)
Liquirizia (licorice)
Prezzemolo (parsley)
Melograno (pomegranate)
Psillio (psyllium)
Rosmarino (rosemary)
Salvia (sage)
Soia (soy)
Stevia (stevia)
Tè (tea)
Timo (thyme)
Curcuma (turmeric)
Valeriana (valerian)
165
VOCABOLARIETTO DI SINOGRAMMI ESSENZIALI e alcune
dritte su come imparare i sinogrammi (demistifichiamo
un po’ la loro difficoltà) più la loro utilità
木材: legname
林, 森: foresta
果&子: frutta & semi
土: terra
尼: suora buddista (intuitivo per indicare i religiosi)
王: sovrano, re
主人: il padrone, il proprietario; il principale
秘书: il segretario
副秘书: il vice-segretario
代表: il rappresentante
副代表: il vice-rappresentante
动物: animale
竹: canne di bambù
箕: setaccio/crivello
166
戈: arma simile a un’alabarda
弓: arco
井: pozzo
尸: cadavere
屎: sterco
尿: urina
豕: maiale
犬: cane
田: campo coltivato, risaia
女: femmine
男: maschi
水: acqua
雨: pioggia
雪: neve
雹: grandine
鞋: calzature, scarpe
川: fiume
河: fiume
江: fiume enorme
湖: lago
石: roccia
火: fuoco
药: medicine
麺: farina
法: legge
京: capitale
167
工具: attrezzi
上: sopra, salire
下: sotto, scendere
地下: sottoterra
中: centro
别去那里!别走进!: non andate lì! Non entrate!
别吃!别喝!: non mangiate! Non bevete!
病: malattia
毒: veleno
霉: muffa
丝: filo, seta
和平: pace
别打我,别杀我,别偷东西! : non picchiatemi, non uccidetemi,
non rubate le cose!
小心狗: attenti al cane
吃: mangiare
食品: prodotti alimentari
睡: dormire
警: polizia
舟: barca, canoa
革: pelle animale
里: villaggio
鬲: calderone/marmitta
锅: pentola
衣: vestiti
肉: carne
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鱼: pesce
汉: etnia cinese
欢迎, 好来: benvenuti, welcome!
再见, 拜拜: arrivederci, bye bye!
鸟: uccello
鸡: gallo, pollo
骨: ossa
虫: insetti
谷: valle
屮: germoglio
艸: erba (arcaismo ben comprensibile)
苗: virgulti, germogli
車,车: carro; macchina
停止!: fermarsi!
出口: uscita
进口: entrata
拉门: tirare la porta
推门: spingere la porta
开着: aperto
关着: chiuso
学校: scuola
穴: caverna, grotto, spelonca
皿: vaso
区, 區 : quartiere
囚: carcere
墨: inchiostro
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有危险!E’ pericoloso!
风: vento
酉: anfora
缶: giara
酒. Alcol, vino
安: sicurezza
庇: rifugio
山: montagna
丘: collina
雾: nebbia
公: maschio di animale
母: femmina di animale
牛: bue, mucca
171
dolce) , 日 sole , 月 falce di luna , 夕 variante della falce di luna , 目
occhio,自 naso/se stessi (cinesi, coreani e giapponesi indicano se stessi
mettendosi l’indice sulla punta del naso) , 子 il bambino in fasce , 水
acqua,川 fiume,工 squadra da carpentiere/il lavoro, 舟 la barca,王 il
sovrano/la giada (simbolo dell’Imperatore) , 鸟 l’uccello , 女 la donna
inginocchiata , 肉 la carne , 竹 i bambù , 厂 il dirupo , 心 il cuore/la
mente,皿 il vaso,血 il sangue (in un vaso sacrificale),穴 la caverna (la
parte in alto, da sola, è il tetto, come nel carattere 字, il bambino sotto al
tetto per indicare anticamente il concetto di preservare e, oggi, la
scrittura, gli hànzì, che preservano i pensieri, la storia ecc.) , 田 la
risaia/il campo coltivato, 匕 il cucchiaio/il mestolo , 鬯 il vino di miglio
sacrificale (in cima si vedono gli aromi a mollo) ,門 e 门 la porta (nella
versione tradizionale, si vedono bene i due battenti in stile saloon) ,牛 il
bue/la mucca,羊 la capra (con corna e due orecchie) ,豕 il maiale,火
fuoco (se si raddoppia in 炎 indica l’infiammazione), 示 l’altare sacrificale
(inizialmente era una forma a T, poi modificata), 尸 il cadavere (era una
persona ritratta di lato in posizione seduta) , 手 la mano , 貝 e 贝 la
conchiglia (anticamente usata come moneta) ,見 e 见 la percezione (un
occhio sopra due gambe),彐 il muso di maiale (ma nel 99% dei caratteri
è una mano che afferra un oggetto) , 聿 il pennello (una mano con un
pennello per scrivere o disegnare) , 雨 la pioggia (in cima si vede una
nuvola) , 云 la nuvola , 鱼 il pesce , 毛 il pelo , 羽 le piume , 山 la
montagna,臼 il mortaio, 韭 l’erba cipollina cinese (sembra quasi aglio),
鬲 il calderone,龜 la tartaruga, 弓 l’arco ecc…
Altri caratteri ancora sono pittogrammi ma non sono radicali e nel tempo
hanno modificato il significato in quanto prestiti fonetici o per contiguità
di significato, per esempio 其 il setaccio/”questo”, 象 l’elefante, 丝 i fili di
seta, 亥 la variante del maiale, 酉 l’anfora per il vino, 缶 la giara,
172
falso amico ) , 學 e 学 studiare (due mani che manipolano 4 listelli di
abaco in bambù e sotto un bambino in fasce) ecc.
Gli altri sono composti logici o fonetici o entrambi, in quasi ogni caso.
https://it.wikipedia.org/wiki/Radicali_(cinese)
https://it.wikipedia.org/wiki/Ricostruzione_filologica_dei_sinogrammi_HS
K1
https://it.wikipedia.org/wiki/Ricostruzione_filologica_dei_sinogrammi_HS
K2
https://it.wikipedia.org/wiki/Ricostruzione_filologica_dei_sinogrammi_HS
K3
https://it.wikipedia.org/wiki/Ricostruzione_filologica_dei_sinogrammi_HS
K4
https://it.wikipedia.org/wiki/Ricostruzione_filologica_dei_sinogrammi_pi
%C3%B9_diffusi
174
Epilogo: due canzoni, qualche tema musicale e spunti dalle
civiltà antiche
https://www.youtube.com/watch?v=w0AOGeqOnFY
Per passare il tempo, per esempio quando si lavora, si può cantare qualcosa che piace
(il testo di una canzone o di una poesia). Un’interessante canzone, da cui si può
ricavare un mindset prepper, è la seguente: “The Coconut Song” di Ryan Cayabyab. Il
testo è:
If you eat too much, you'll get very fat [proprietà nutritive della noce di cocco]
From the coco palm family (ya yayayaya) [dove si trova, tassonomia dell’arbusto]
If you save some of it, you can build the door [utilizzo del legno]
175
Make good cannonballs up against the eaves
Olé!
Una seconda canzone da cui si può ricavare una certa mentalità da autosufficienza e
contatto con la natura è “The Old Man of the Mountain” dei Mills Brothers:
https://www.youtube.com/watch?v=E0ngRaUyXvE
176
He wears long hair but his feet are bare
A queste canzoni si possono affiancare dei motivetti folk africani (alcuni tra i migliori
esempi di comunità da cui imitare si trovano in Africa ma non solo):
https://www.youtube.com/watch?v=9b81mWYIyTo .
Per entrare nel clima dello scenario B, siccome senza le utenze (o dovendo in gran
parte razionarle) e con mezzi perlopiù elettrici si torna a prima della Prima rivoluzione
industriale, si entra nel clima con un po’ di musica tardo-rinascimentale o degli esordi
del Barocco, in cui la gente se la sapeva pure cavare bene:
https://www.youtube.com/watch?v=XOXOpaXCq9M
Se in uno scenario B senza le utenze si vuole ascoltare musica, bisogna tornare agli
strumenti non elettrici e suonare invece che ripiegare su Youtube o sul lettore MP3; in
assenza di essi, gli strumenti si possono imitare a voce, come fanno i Mills Brothers, o
si canta con un coro a cappella (senza strumenti). I film si sostituiscono con le recite
teatrali, se si pensa per esempio agli antichi greci e romani che andavano a teatro (si
pensi a Plauto, Terenzio, Aristofane, Eschilo, Sofocle e Euripide; oppure si può
inscenare un’opera epica letta ad alta voce da un narratore, come l’Iliade di Omero e
l’Eneide di Virgilio).
Chi è credente può pregare tenendosi con sé una copia della Bibbia, come già
facevano i coloni statunitensi e i missionari che giravano i paesi colonizzati nel mondo
177
in pieno periodo coloniale (Cinquecento/Seicento in poi). Con la Bibbia, si può fare una
piccola messa anche senza pastori e reverendi, alla maniera dei protestanti, e
accompagnata da un po’ di musica corale senza bisogno di strumenti e di
contrappunto (si possono imitare i canti gregoriani) e da cantillazioni dei testi (basta
imitare una cantillazione) o da melologi (il melòlogo è una lettura ad alta voce
accompagnata da musica di sottofondo). Anche semplici canzoni religiose possono
aiutare a sopportare la fatica e ritrovare la serenità anche mentre si lavora.
Un’anonima canzone popolare tedesca in latino e con melodia svedese semplice e
insolitamente allegra è “Dies est laetitiae” (https://www.youtube.com/watch?
v=MRdIQFBoaPs , minuto 12:30)
in humanitate,
in divinitate.
Dell’ispirazione ulteriore può venire dai siti prepper. Se ne possono trovare 100 tra i
migliori in https://blog.feedspot.com/survival_blogs/ .
Un sito in cui si possono scaricare libri interi senza iscrizione e senza violare il
copyright è Pdf Drive: https://www.pdfdrive.com/ .
Anche dallo studio delle civiltà antiche possono venire spunti interessanti (ex. Roma,
Grecia, Egitto, Sumeri, i Germani, Cina Imperiale, Giappone Imperiale, Corea
Imperiale, Incas, Maya, Aztechi, Impero Islamico, Impero Indiano, i vari imperi in
Africa):
Anche dalle stampe giapponesi e dalle illustrazioni cinesi antiche si possono ricavare
degli spunti.
178
Il resto deriva dai topic elencati nell’introduzione (bastano libri buoni già pronti da
stampare, leggere e meditare, basta solo assicurarsi che siano buoni a un primo
sguardo all’indice e impostazione; se importanti, serve la duplice copia).
Con questa frase ci si congeda: come già accennato, se uno è un pianista e conosce
già gli accordi, sa improvvisare. Tutti i trattati del mondo messi insieme non saranno
mai esaustivi e chi li scrive e ricerca non è né onnisciente né una baby sitter, quindi si
può e si deve improvvisare e fare i creativi. Basta conoscere gli accordi base. Nel
mondo del survivalismo, basta avere la forma mentis e il know-how base per formare
soluzioni creative ancora assenti da soli, con un esperto del campo o in gruppo tramite
brainstorming (bisogna anche sapere dialogare: è inutile dimostrare di avere ragione
insultando l’avversario, minacciandolo, zittendolo, urlandogli sopra, distorcendo la
tesi, partendo da premesse false o indimostrabili, usando pochi esempi empirici per
ricavare leggi universali, ripetendo la propria fino alla nausea, usando tautologie come
“la vita è la vita; la rabbia è parlare in modo rabbioso” o dicendo che “lo vuole il
Padreterno”. Gli ascoltatori peraltro se ne accorgerebbero, peggio di peggio se hanno
letto un manuale di fallacie logiche).
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