Scaldarsi con la legna fa parte di una cultura secolare e ci richiama alla fantasia le
atmosfere più suggestive. I tempi però sono cambiati e la legislazione si fa sempre più
restrittiva. Da diversi anni, infatti, la legna viene indicata come uno tra i combustibili più
inquinanti, soprattutto a livello di produzione di polveri sottili.
Ecco che dal 1° ottobre 2018 è entrato in vigore un decreto per il miglioramento della
qualità dell’aria nel bacino padano1, che limita fortemente la possibilità di scaldarsi con
la legna. La Pianura Padana, è risaputo, a causa della sua scarsa circolazione d’aria, è
uno dei luoghi più inquinati d’Europa e del mondo. E il discorso riguarda gran parte della
nostra penisola.
Anche se forse i caminetti non sono il primo problema a cui imputare l’inquinamento
atmosferico, è vero che se si utilizzano, ad esempio, stufe metalliche poco efficienti con
legna umida, gli scarti della combustione sono insidiosi per l’ambiente. Non bisogna
però buttare via il bimbo con l’acqua sporca: esistono stufe che bruciano legna in maniera
molto efficiente e possono emettere quantitativi di particolato fino a trenta volte inferiori
rispetto alle stufe metalliche o ai comuni caminetti.
Tra queste ci sono le stufe in muratura costruite sul posto, che non a caso non sono
state toccate da questo divieto di accensione invernale.
Ma andiamo con ordine.
Un po’ di storia
Dal 1550 al 1850 c’è stata una fase di raffreddamento che i climatologi hanno chiamato
«piccola glaciazione», con inverni più lunghi e freddi ed estati più corte; la scarsità di
legname e la necessità di scaldare per periodi più lunghi stimolò l’innovazione.
Da un’evoluzione dei forni a legna, nel 1550, nell’arco alpino e in centro Europa nacquero
le stufe con giro-fumi a canali, dette grundofen o kachelofen.
In Scandinavia, nel 1700, ci fu addirittura un Re, Gustavo III di Svezia, che indisse un
concorso grazie al quale furono inventate le grandi stufe svedesi e poi quelle finlandesi a
canali verticali.
In Russia, a partire dalla fine dell’800, furono costruite stufe ad accumulo a libera
circolazione di gas dove il fumo caldo della combustione viene mandato in speciali
camere di mattoni, scambia il calore con le pareti ed esce quando è quasi freddo.
Queste sono grosso modo le tre famiglie di origine delle stufe in muratura, che si sono
poi diffuse in tutte le parti del mondo dove l’inverno gioca un ruolo rilevante.
Tutte sono accomunate da una camera di mattoni refrattari dove si fa una carica di legna
una o due volte al giorno, e dove quest’ultima brucia nell’arco di un’ora circa in maniera
efficiente trasformando tutta l’energia contenuta nella legna in calore.
Questi gas caldi, invece di uscire subito in canna fumaria, passano per i giri-fumo, percorsi
in muratura dove i fumi entrano a 800° C ed escono a 200-120° C. Il calore
immagazzinato nella muratura viene rilasciato dolcemente e lentamente per 10, 12, 18 o
24 ore, a seconda dello spessore delle pareti e del peso della stufa.
Tutto questo significa limitarsi a fare un fuoco la mattina prima di colazione con 10-20 kg di
legna, chiudere lo sportello a fine combustione e lasciare la stufa calda per tutto
il giorno. Solo nei mesi più freddi, questo genere di stufe richiederà un altro fuoco la sera.
Il calore omogeneo
Anche la qualità del calore è la più compatibile con la salute umana. Tutta la superficie
della stufa emette raggi infrarossi che scaldano direttamente i corpi che incontrano.
Questo consente di avere una piacevole sensazione di caldo omogeneo anche se la
temperatura dell’aria è relativamente bassa; in un certo senso è la stessa cosa che
accade in montagna quando, con il sole in faccia, si sta in maglietta anche se l’aria è a 5°
C.
La stufa produce infatti l’80% circa di calore con l’irraggiamento e un 20% di aria calda a
bassa temperatura. Inoltre, se si appoggia la schiena sulla superficie radiante o ci si
stende sulla panca si gode di un piacevole calore per contatto. Infatti le superfici arrivano a
40-80° C, ma essendo in muratura non scottano.
Dove posizionarla
La legna e il bosco
Nelle stufe ad accumulo si brucia solo legna secca, tagliata, spaccata e stoccata al riparo
dalla pioggia per due anni. In questo modo avrà un’umidità al di sotto del 18% e brucerà
efficacemente rendendo circa 4 kW al kg, con poco fumo e poca fuliggine. La legna secca
andrebbe usata sempre in tutti i dispositivi, dal caminetto alle stufe. La legna di un anno, o
peggio ancora quella tagliata in primavera e bruciata nell’autunno dello stesso anno,
contiene circa il 35% di acqua e ogni kilogrammo rende circa la metà, attorno ai 2 kW/kg
Molta energia in effetti viene sprecata nel far evaporare l’acqua durante la combustione. Il
fumo nero poi è pieno di inquinanti e la quantità di fuliggine prodotta potrebbe rendere
necessario pulire la canna fumaria più di una volta l’anno.
In Italia pochi prestano attenzione a questo aspetto e la legna viene venduta a peso. Per
avere legna veramente secca si può comprare quella fornita ai forni delle pizzerie che
spesso è ben essiccata, oppure bisogna comprare la legna vecchia di un anno e lasciarla
in legnaia per un altro anno, spaccata in pezzi che non superino gli 8 cm di diametro. Se
con una stufa in metallo consumo 50 quintali l’anno, con una stufa in muratura se ne
possono consumare 20.
Questo cambia anche la gestione del bosco: invece di rasare a zero i boschi e le
ceppaie, si possono semplicemente tagliare le piante secche o sfoltire leggermente le
altre. Questo aiuta anche a prevenire gli incendi e misurare con il lavoro in prima
persona l’impatto ecologico del proprio stile di vita, cosa che è più difficile da fare
quando c’è semplicemente il tubo del gas e una bolletta.
Per uno Stato, le stufe efficienti a legna sono uno dei modi più economici per ottenere una
certa percentuale di autonomia energetica, accorciare le filiere di approvvigionamento
dei combustibili, creare lavoro localmente e contrastare il cambiamento climatico.
Infatti, per ogni litro di petrolio o metro cubo di metano bruciato si emettono in atmosfera
dai 2 ai 3,2 kg di anidride carbonica, che prima se ne stava buona buona sotto terra. Ogni
ciocco di legna libera CO2, sia che marcisca nel bosco, sia che finisca nella stufa.
Quella stessa CO2 viene catturata di nuovo dagli alberi, specialmente da quelli in fase di
accrescimento in un ciclo naturale.
Visto che in Italia, mediamente, il 53% dell’energia della casa viene impiegata per il
riscaldamento, agire su di esso in questo senso è l’azione più concreta per alleggerire la
nostra impronta ecologica e diminuire l’inquinamento.