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1.

COERENZA GEOMETRICA DEL TRACCIATO (PROGETTO STRADE SICURE)


Per coerenza geometrica si intende la coerenza tra le ipotesi progettuali e i comportamenti dell’utente. Dove
questa coerenza esiste abbiamo una corretta correlazione tra strada ed utente e quindi un adeguato livello
di sicurezza mentre nel caso contrario l’utente si espone in modo elevato ai rischi. Il fattore velocità è
sicuramente uno di quelli che più incidono nelle cause degli incidenti, a questo dato si associa quello più
“pesante” sulle cause che determinano incidenti mortali, in cui la velocità causa il 32.6% di morti mentre la
distrazione il 27%. Questo dato preoccupante viene spiegato fisicamente utilizzando la formula dell’energia
cinetica:
1
𝐸= 𝑀𝑣 2
2
E’ facile osservare come una velocità più sostenuta determini un valore di Energia Cinetica maggiore la cui
dissipazione pressoché istantanea in un incidente causerà un danno
maggiore a persone o cose. Esiste anche una relazione che lega
Probabilità di incidenti alla variazione di velocità. Questo modello è
detto anche Power Model ed è possibile osservare che una piccola
variazione di velocità comporta effetti molto gravosi in termini di
probabilità di morte. Studi più recenti però hanno attenuato questo
effetto con una relazione lineare piuttosto che esponenziale dovuto
all’aumento della sicurezza passiva presente all’interno dei veicoli
quali Airbag, la cintura di Sicurezza, Telaio a deformazione
progressiva…

Da questo nasce il concetto di Safe Speed: se fino a qualche tempo fa


il limite di velocità era correlato esclusivamente al livello di servizio
della strada, oggi si equiparano livello di servizio e sicurezza nella
determinazione del limite di velocità. Dobbiamo fare in modo che qualora l’incidente avvenga, le
conseguenze non siano fatali ed è ciò su cui si basa la Safe Speed.

Osservando il grafico della Safe Speed,


avremo 3 curve: Pedone coinvolto,
Incidente Laterale e Frontale. Se volessimo
limitare la probabilità di incidenti mortali al
10%, nel primo caso la velocità non deve
superare i 30km/h (concetto su cui si basa
la Zona 30 in aree urbane), questa velocità
consente al pedone di sopravvivere
all’eventuale incidente senza conseguenze
gravi.
Anche le caratteristiche geometriche del tracciato diventano importanti quando si tratta di incidentalità: in
ambito extraurbano incidenti come lo scontro frontale e la fuoriuscita del veicolo rappresentano il 42%
degli incidenti totali ed avvengono maggiormente in curva. Questo lo dimostra ad esempio il diagramma
che mette in relazione il
CMF relativo alle curve
con l’aumento progressivo
del raggio di curvatura.
Aumentando il raggio
planimetrico, si riduce la
frequenza di incidenti
attesi anche di 4 volte
rispetto ad una curva a
basso raggio.

Se andassimo a
rispolverare la formula
dell’equilibrio in curva:

E’ possibile osservare come l’unico termine da cui dipende il comportamento dell’utente sia proprio la
velocità: se questa relazione venisse rispettata dall’utente si manterrebbero
le condizioni di sicurezza, quando invece la velocità supera il limite di
equilibrio vengono meno le condizioni di sicurezza fino ad arrivare alla
perdita di controllo del veicolo. Questo è dovuto ad un eccesso di domanda
dell’aderenza da parte del veicolo che cresce con la velocità e dipende anche
dal raggio ed aderenza trasversale.

Ma perché la strada può essere pericolosa? Sostanzialmente vi sono 2 tipi di rischio: Rischio Soggettivo
dovuto al comportamento di ciascuno degli utenti e Rischio Oggettivo dovuto alle caratteristiche del
tracciato. In base a come questi 2 fattori si relazionano possiamo avere la condizione di Sicurezza o di
Pericolo:
- Rischio Soggettivo < Rischio Oggettivo: non si infonde all’utente una corretta percezione del tratto
stradale e ciò sicuramente lo porta ad adottare dei comportamenti di guida che potrebbero essere
pericolosi;
- Rischio Soggettivo > Rischio Oggettivo: tanto più induciamo all’utente una corretta percezione della
strada, tanto più questo adotterà un comportamento che lo porterà a percorrere la strada in sicurezza.

La strada quindi deve “comunicare” correttamente con chi la percorre. Questo concetto si rispecchia nella
definizione del termine Self Explaining Road che dice che la strada deve fornire all’utente tutte le
informazioni necessarie affinchè possa adottare un comportamento di guida coerente con i limiti di sicurezza
offerti dall’infrastruttura. Una strada deve essere anche Forgiving Road Side cioè la strada deve possedere
un insieme di caratteristiche che possano ridurre le conseguenze di eventuali incidenti. Questi 2 concetti
sono stati stabiliti dall’Unione Europea che si è posta come obiettivo la riduzione del 50% del numero di
incidenti dal 2010 al 2020 che di fatto non si è raggiunto ma che ha portato notevoli progressi.

Stesso concetto si può esprimere nella definizione di Design Consistency che viene implementato nelle
linee guida di Germania e Grecia in termini di verifica delle velocità operative di progetto, cosi come in
Canada ed in Sud Africa. La normativa Italiana introduce le verifiche alle D.C introducendo dei criteri di
verifica geometrica e in riferimento alla sola Vp e quindi non riferito al comportamento dell’utente.
Sostanzialmente il problema che pongono le verifiche alle D.C è che “la strada deve essere progettata in
modo tale che le sue caratteristiche non impongano sul conducente un carico di lavoro (workload)
superiore al suo livello di tolleranza.” Il problema nasce quindi dalla determinazione dei valori del workload
associato alle caratteristiche geometriche del tracciato. Le domande a cui devo rispondere sono 2:
- Come misurare le D.C? in riferimento agli elementi geometrici del tracciato su cui intervenire per migliorare
questa coerenza

- Come valutarne il livello di adeguatezza? Quindi quando il parametro che sto considerando mi permette di
ottenere un maggiore livello di sicurezza

Posso utilizzare 3 criteri:


-Faccio riferimento agli indici geometrici del tracciato (approccio tradizionale)
-Valuto le caratteristiche delle condizioni di guida (velocità, traiettoria, incidenti…)
-Valuto il workload, quindi lo stress nel conducente e la sua capacità di mantenere un comportamento
adeguato

Indici Geometrici

L’obiettivo principale è quello di porre in relazione i problemi delle D.C con:


- le variazioni dell’indice geometrico tra i tronchi stradali successivi,
- brusche variazioni all’interno dello stesso tronco;
- brusche differenze tra l’indice medio e l’indice riferito ai singoli elementi.
Distinguiamo 2 classi di indici geometrici: Planimetri e Altimetrici. Per gli indici Planimetrici abbiamo le
Curve e i Rettifili: in corrispondenza delle curve, i dati incidentali indicano un aumento della frequenza di
incidenti fino a 5 volte rispetto al rettifilo. Per i rettifili invece, se questi fossero molto lunghi aumenterebbe
la velocità di percorrenza e diminuirebbe l’attenzione dell’utente rendendo la guida non sicura.
Per quanto riguarda gli indici altimetrici invece consideriamo le Livellette poiché il loro sviluppo condiziona
la velocità dei veicoli e determina le visibilità per il sorpasso.

I parametri che andremo a misurare quindi sono:


-Raggio medio di curvatura del tronco;
-Rapporto tra Raggio min e Raggio max;
-Lunghezza media dei rettifili;
-Rapporto tra la lunghezza del rettifilo con la lunghezza media;

Gli indici geometrici possono essere utilizzati come misure aggiuntive rispetto alle valutazioni basate sulla
variazione della velocità. Il contesto diventa molto più ampio: un raggio di una curva di un determinato
valore non avrà una velocità uguale in tutto il mondo poiché utenti in paesi diversi utilizzeranno diverse
velocità.

Dobbiamo integrare gli indici geometrici a quelli comportamentali e quindi considerare anche la velocità che
ha ricadute molto importanti sull’aspetto economico, ambientale, sulla qualità della circolazione ma
soprattutto sulla Sicurezza. Strada progettata con velocità di progetto più alte tende ad essere più sicura
rispetto una strada progettata a velocità di progetto inferiori poiché gli utenti tendono a commettere errori
di interpretazione.

La Velocità Commerciale è data dal rapporto tra la lunghezza del tronco sulla media dei tempi di viaggio. La
si determina attraverso la misurazione diretta, che secondo quanto riferito dall’ Highway Capacity Manual
deve essere effettuata su almeno 100 veicoli. Si determina quindi la Free Flow Speed (Velocità media in
condizioni di flusso libero.
Per stimare la velocità in condizioni di flusso libero è necessario caratterizzare le condizioni operative in
termini di Velocità base in condizioni di flusso libero (BFFS) che può effettuarsi basandosi su dati locali di
velocità o sulle condizioni operative di strade con caratteristiche simili.

In ogni caso proprio perché la running speed è un parametro di prestazione della strada, questa deve
essere relazionata al volume di traffico che non è costante. Dobbiamo quindi valutare come l’ATS (Average
Traffic Speed) vari con l’aumentare del flusso di traffico

La cosa interessante, come si può osservare è che l’ATS dipende dalla FFS. Tanto più alta è la FFS tanto
maggiore si mantiene l’ATS. In ambito autostradale però questo andamento è meno accentuato: la
presenza della corsia di sorpasso infatti consente ai veicoli di liberarsi dai veicoli lenti senza troppi problemi
e senza causare rallentamenti di traffico. Sostanzialmente, all’aumentare della Vp migliorano tutti quei
parametri che hanno effetti positivi sulle velocità commerciali. Quindi vi è una corrispondenza diretta tra
Vp e velocità commerciale:
La linea rossa indica la condizione di eguaglianza (50-50, 60-60…). In virtù di ciò dal grafico si deduce come
la velocità media di percorrenza sia più bassa della Vp anche a bassi volumi di traffico.

La Velocità limite legale viene definita nella normativa Italiana dal Nuovo Codice della Strada in funzione
del tipo di strada e della categoria del veicolo. Sempre secondo il codice della strada si dispone che gli enti
proprietari della strada possano stabilire i propri limiti di velocità sempre nel rispetto della normativa.

La Velocità Istantanea è per definizione data dal rapporto tra lo spazio infinitesimo ds (m) e il tempo dt (s)
impiegato dal veicolo per percorrerlo. Nella pratica, poiché non è possibile eseguire misure su elementi
infinitesimi si ricorre all’approssimazione

Dobbiamo essere in grado di misurare il tempo di percorrenza di un determinato tratto. Per fare questo si
utilizzano vari sistemi:
-Metodo Manuale, un operatore posiziona dei punti di riferimento per considerare il tratto e misura il
tempo che il veicolo impiega per percorrerlo. Il grado di errore è molto elevato perché il tutto dipende dai
tempi di reazione dell’operatore a cui si aggiunge l’errore di parallasse che dipende molto dalla posizione
dell’operatore stesso;
-Sistemi pneumatici Consistono nello stendere trasversalmente dei tubi in gomma collegati ad un sensore.
Quando il veicolo passa sul tubo crea una sovrapressione che viene registrata. Posizionando più tubi a
distanza definita si può calcolare il tempo e quindi la velocità;
-Sistemi a spire induttive utilizzando annegando dei conduttori che vengono disposti formando un anello
nel manto stradale. Si forma un campo magnetico che viene perturbato dal passaggio del veicolo.
Disponendone 2 in successione a distanza nota, si determina il tempo di attraversamento e quindi la
velocità. L’ANAS utilizza questo sistema di rilevamento;
-Sistemi Radar- Ultrasuoni-Laser come l’Autovelox in cui 2 fasci laser vengono sparati verso il tratto
stradale. Il sistema analizza il tempo che impiega il veicolo per attraversare entrambi i fasci. Altri sistemi
sono i pannelli regolatori di velocità che rilevano la velocità del veicolo e la mostrano al conducente sul
display;
-GPS, senza dubbio i più precisi e affidabili. Forniscono l’andamento del traffico in tempo reale
Una volta effettuate le misure si realizza l’Istogramma delle velocità in cui in ascisse compaiono le velocità
mentre in ordinata la frequenza relativa ossia il rapporto tra il numero di veicoli con velocità compresa in
un dato intervallo e il numero totale di veicoli esaminati per l’intervallo stesso.

Se ho un 1-2 veicoli in un dato intervallo, questa frequenza sarà poco significativa. Bisogna trovare quindi
una situazione di equilibrio in cui in ogni classe posso andare a mettere un numero di rilevi adeguato.
L’associazione della distribuzione campionaria ad una gaussiana è estremamente utile perché consente di
determinare una serie di parametri caratteristici che se normali hanno una migliore stima di valutazione.

La funzione di distribuzione delle probabilità dipende dal


valore medio di distribuzione (µ) mentre l’ampiezza della
curva a campana viene data dal valore della deviazione
standard (σ). In figura vengono riportate 2 campane
corrispondenti a 2 diversi valori di σ ma hanno lo stesso
valore di velocità media (80km/h). Si nota come
all’aumentare della σ, aumenta la dispersione dei valori di
velocità rispetto la media con un conseguente
appiattimento della curva a campana. Integrando la
funzione di distribuzione delle probabilità, si ottiene la
funzione Densità di Probabilità che non ammette velocità
negative:

Se cerchiamo il valore di X per cui l’integrale è uguale a 0.85 ritroviamo la velocità affrontata dall’85% della
popolazione. Il Percentile quindi si ricava dalla formula:
𝑋𝛼 = 𝜇 + 𝐾𝛼 𝜎 → 𝑉85 = 𝜇 + 1.036𝜎
Gli stimatori

Come possiamo ora trasferire il dato campionario ad un dato generalizzato su tutta la popolazione?
Dobbiamo “pulire” il campione ed estrarre gli elementi attraverso i quali dobbiamo definire la distribuzione
di velocità (tutti gli utenti oppure un certo numero) ed avremo alla fine un campione di n dati utili (es
vetture che viaggiano in condizione diurna senza pioggia). Possiamo determinare quindi gli stimatori “T” del
parametro della popolazione, ossia ogni funzione delle osservazioni campionarie utilizzate per stimare un
certo parametro. Tra le proprietà che posseggono gli stimatori, abbiamo:
-Correttezza ossia uno stimatore è corretto se il valore medio di quello stimatore corrisponde col valore
medio della popolazione (se ripeto la misura su più campioni e ne faccio la media, questa approssima bene
la media della popolazione);
-Sufficienza cioè uno stimatore è sufficiente se raccoglie ed esaurisce tutte le informazioni riguardanti un
parametro nel campione casuale.

Distribuzione di campionamento della media

Considero un campione estratto da una popolazione normale con media µ e deviazione standard σ. La
media campionaria si approssima alla distribuzione normale all’aumentare della dimensione del campione.

Inoltre se la deviazione è incognita, si utilizza la deviazione standard campionaria

Ottengo cosi la Distribuzione di campionamento della media detta T di Student con n-1 gradi di libertà

Assomiglia ma non corrisponde alla distribuzione normale (linea


Blu), e varia al variare del campione approssimandosi alla
Normale all’aumentare del campione. La dimensione del
campione è quindi fondamentale per contenere l’errore che si
genera trasferendo il dato campionario alla popolazione. Nel
caso della distribuzione T di Student, la media sarà pari a:

In cui Sx è l’errore standard campionario, τα,ν è la variabile t-


student (α percentile (caso di prima 85%), ν gradi di liberta della
deviazione standard). Di questa relazione dobbiamo determinare l’errore che si commette nella stima della
media campionaria rispetto la popolazione:

Mettendo in evidenza n ottengo la dimensione minima del campione.

La Velocità Operativa

La Velocità Operativa è la “Velocità mantenuta dagli utenti in condizioni di flusso libero senza altri
condizionamenti se non quelli derivanti dalle caratteristiche geometriche della strada”. L’85 percentile della
distribuzione di velocità V85, può essere considerato come valore di riferimento delle velocità operative
(AASHTO). Le componenti che condizionano la velocità operativa:
-Condizioni di Traffico: all’aumentare del volume di traffico diminuisce il livello di servizio. Diminuisce
infatti la velocità di percorrenza dei singoli veicoli perché vengono influenzati dagli altri veicoli presenti e
non possono scegliere le velocità che più desiderano;
-Pavement conditions: le condizioni del manto stradale influenzano la velocità operativa soprattutto nelle
curve per cui la condizione di pavimentazione bagnata riduce il coeff. di aderenza trasversale. Questo però
viene scarsamente percepito dall’utente che modifica leggermente la propria velocità;
-I Limiti di velocità: gli utenti sono condizionati ad adattarsi alle limitazioni di velocità. Ma vi è una forte
dipendenza dall’accettabilità del limite di velocità. Tanto più il limite è giustificato per un certo tratto
stradale, tanto più è correttamente posizionato e tanto più l’utente tende a rispettarlo;
-Componente Veicolo: in presenza di livellette i veicoli pesanti subiscono dei rallentamenti a differenza
delle autovetture per esempio.

Il concetto di D.C. può essere esteso, in ambito di progettazione, anche ai fattori legati alla geometria della
strada. Tra le componenti dell’asse stradale che aiutano a determinare la V85 abbiamo:
-Caratteristiche geometriche quali la larghezza e numero delle corsie, tipologia della sezione (carreggiata);
-Caratteristiche superficiali la rugosità, la regolarità della pavimentazione, l’aderenza;
-Elementi marginali quali l presenza di barriere, la distanza degli ostacoli laterali.

Per quanto riguarda la Curvatura le prime ricerche di D.C hanno utilizzato il CCR (Curvature Change Rate)
poiché un arco di circonferenza può essere compreso tra elementi a curvatura variabile. Se consideriamo
come elemento curvilineo l’insieme Clotoide+Circonferenza ognuno di questi elementi ha il suo parametro
caratterizzante: Raggio per le curve ed A per le clotoidi

Esistono diversi modelli che hanno studiato la corrispondenza tra V85- Raggio curvilineo - Larghezza
carreggiata:
Si nota come l’effetto della curvatura
è più accentuato per valori bassi del
Raggio (100-300m) per poi diventare
asintotica con l’aumentare del raggio.
La differenza di comportamento per
bassi valori del raggio la si nota anche
nella corrispondenza tra velocità
operative e velocità di progetto: come
è possibile osservare le variazioni
maggiori si verificano per bassi valori
del raggio. Inoltre le velocità
operative sono nettamente superiori
rispetto le velocità di progetto se si considerano raggi minori.

Inoltre la curvatura varia con il tipo di ambiente (pianeggiante o collinare) a seconda della tortuosità del
tracciato. In ambiente collinare ci dobbiamo aspettare strade con curvature più alte rispetto a quelle che si
possono trovare in ambiente pianeggiante.
Altro parametro di valutazione è la
curvatura complessiva del tracciato.
Questa viene analizzata ad esempio nella
normativa tedesca per valutare il grado di
tortuosità di un tracciato. Si realizza un
grafico in cui si riporta la cumulata della
curvatura del tracciato: se ci fosse un
rettifilo questo avrebbe andamento
costante mentre le curve fanno variare
l’andamento del grafico. La V85 di
conseguenza in funzione della tortuosità
complessiva del tracciato, si ottiene con una formula che tiene cono della larghezza della piattaforma, e
della velocità ambientale.

Se volessi avere invece un’indicazione complessiva delle velocità, si assume che la V85 si mantenga
costante nell’elemento curvilineo e vari nei rettifili ad accelerazione e decelerazione costante. Poiché la
verifica viene condotta confrontando le V85 tra elementi successivi, bisogna chiarire quali siano questi
elementi. Introduciamo il concetto di rettifilo dipendente e rettifilo indipendente:
“Un rettifilo è considerato indipendente se passando da una curva a rettifilo e quindi a curva successiva,
all’interno di questo rettifilo intermedio la velocità
operativa supera il valore della velocità della curva
successiva”.

La TLmin è il valore al di sotto del quale il profilo delle


velocità si mantiene inferiore alla V85 della curva
successiva. Se la lunghezza è maggiore della TLmin la
velocità operativa in rettifilo aumenterà
raggiungendo la V85max per poi ridursi.
La TLmax invece è la lunghezza del rettifilo che
consente all’utente di raggiungere la max Vp.
2. VERIFICHE DI DESIGN CONSISTENCY
Sono stati definiti dal Prof. Ruediger Lamm, i tre criteri di sicurezza per l’analisi delle strade extraurbane a
due corsie:
- I Criterio – Coerenza nella geometria orizzontale: Verifica l’esistenza di una corretta relazione tra velocità
di progetto e velocità operativa degli utenti;
-II Criterio – Coerenza nelle velocità operative: Verifica che vi sia una limitata variazione della velocità
operativa nel passaggio tra differenti elementi dell’asse;
-III Criterio – Coerenza nella dinamica di percorrenza: Verifica che vi sia una adeguata corrispondenza tra
aderenza trasversale di progetto e quella effettivamente richiesta
Tali criteri vengono riconosciuti a livello internazionale e sono direttamente applicati in alcune normative.

L’idea delle D.C nasce in seguito al fatto che ci si è resi conto che le curve planimetriche siano dei punti
critici nella progettazione del tracciato stradale. Il tasso di incidentalità nelle curve infatti cresce in modo
rapido al ridursi del raggio della curva. Lamm quindi ha definito 3 classi secondo cui è possibile definire le
curve:
-Good Design in cui l’andamento planimetrico presenta un CCR < 180 gon/km e presenta un tasso di
incidentalità bassa;
-Fair Design in cui 180 < CCR < 360 ed il tasso di incidentalità è circa 3 volte più alto delle Good Design;
-Poor Design in cui CCR > 360 ed il tasso di incidentalità è circa 5 volte dei tratti Good Design.

Il problema legato alle classi di curvatura è stato poi messo in relazione con la variazione delle velocità
operative che comportava il transitare da elementi a diversi CCR. Lamm individuò quindi 3 valori soglia
ritenuti rappresentativi di una problematica di coerenza del tracciato:
- Se la Variazione di velocità è inferiore a 10 km/h GOOD DESIGN
- Se fosse compresa tra 10-20 km/h FAIR DESIGN
- Se fosse superiore a 20 km/h POOR DESIGN

I CRITERIO DI SICUREZZA

Confronto la velocità di progetto con la velocità operativa. Se la differenza è inferiore a 10 km/h sono in
GOOD DESIGN, se è compresa tra 10 -20 sono in FAIR altrimenti sarà POOR

II CRITERIO

Si considera la variazione tra 2 elementi successivi, e si confrontano i valori delle V85 tra i 2 elementi.

III CRITERIO

Controlla la differenza tra aderenza trasversale di progetto (fRA) e aderenza trasversale richiesta (fRD) in
curva:
- Se fRA - fRD > 0.01 GOOD DESIGN;
- Se -0.04 < fRA - fRD < 0.01 FAIR DESIGN;
- Se -0.04 > fRA - fRD POORD DESIGN

Devo ottenere quindi i valori di fRA ed fRD. Il valore di aderenza richiesta lo so


già dall’equazione dell’equilibrio in curva. Devo calcolare l’aderenza di
progetto.
Da un punto di vista pratico il valore di fRA è un dato tabellare previsto dalla normativa.

Può capitare che i tre criteri per lo stesso tratto abbiano valori diversi (anzi è il caso generale). Analizzo ogni
tratto e determino la classe di funzionalità. Per ognuno attribuisco un punteggio:
- Se GOOD attribuisco +1
- Se FAIR attribuisco 0
- Se POOR attribuisco -1
Fatto ciò sommo i valori attribuiti per i 3 criteri al singolo tratto:

Devo quindi ora individuare una corretta strategia di correzione per quei tratti risultanti POOR o al più FAIR.
Un approccio possibile è l’utilizzo della segnaletica orizzontale e verticale per correggere gli errori
progettuali. Esistono 3 livelli di segnaletica:
- Nessun Segnale;
- Alcuni elementi di determinazione di curve e pendenze;
- Segnalazione più dettagliata dell’andamento della curva.
Se siamo in fase di progetto, la modifica più sensata da fare è quindi la modifica della geometria del
tracciato in modo da far variare la V85 e migliorare i criteri. In fase di adeguamento il problema potrebbe
essere più complesso poiché un intervento sul tracciato potrebbe non essere sempre immediato per
molteplici fattori. In questo caso posso valutare anche soluzioni intermedie. Sicuramente una condizione di
POOR design resta pericolosa anche introducendo la segnaletica ma posso arrivare alla condizione di FAIR
che può essere migliorato con la segnaletica.

Quali sono quindi i sistemi che si possono adottare per mitigare una condizione problematica. La fonte
Austroroads per esempio è facilmente accessibile e raccoglie quante più pubblicazioni a livello mondiale.
Tra le “Good Pratices” consigliate in particolare figurano:
-Segnali avanzati di curve pericolose che riducono la velocità di percorrenza e gli incidenti del 25%
(soprattutto la fuoriuscita e il frontale). Importante è la distanza dalla curva a cui deve essere posizionato il
cartello e ovviamente la visibilità dello stesso. Questi segnali hanno una “vita” di circa 5-10 anni;
-Delineazione della curva che riducono gli incidenti del 30%. Non hanno particolarmente impatto sullo
spostamento della V85.
-Segnali di limitazione di velocità in particolare usati con il segnale di curva pericolosa per accentuare il
fatto che una determinata curva si debba affrontare ad una certa velocità per restare in condizioni di
sicurezza. Il limite ovviamente deve essere credibile e coerente col tracciato per evitare errori di errata
percezione da parte degli utenti;
-Delimitazione del margine stradale soprattutto nelle ore notturne aiuta a percepire la curva. Si potrebbe
però ottenere l’effetto contrario da parte dell’utente che percepisce in modo ottimale il tracciato e quindi
aumenta la velocità piuttosto che ridurla;
Una sintesi di tutte queste problematiche porta alla Route-based Curve Treatments in cui scelgo il sistema
di segnalamento da utilizzare in funzione della classe di pericolosità che si determina dal rapporto tra V85
(rettifilo) rispetto la velocità di progetto in curva. Man mano che aumenta il rapporto si passa da A ad E
(poco rischio – molto rischio):

DOMANDE:
-Def. Di velocità e velocità operativa;
-Modelli per il calcolo della velocità operativa e di profilo delle V85;
-Criteri di verifica della D.C
3. PRESTAZIONI DI SICUREZZA
3.1
E’ necessario introdurre 2 tipi di approccio alla valutazione della sicurezza della strada:
-Pragmatico che si basa sulla presunzione di ottenere benefici e su esperienze personali empiriche;
-Razionale che si fonda sulla comprensione delle conseguenze attese di azioni basate sulla reale esperienza.

E’ importante fare questa distinzione poiché la sicurezza rappresenta uno dei fattori sui quali si deve
fondare la progettazione stradale, il più importante. Altri fattori sono i Costi, la Capacità, aspetti
Ambientali… Possiamo rappresentare questa condizione attraverso una bilancia: da una parte la Sicurezza
dall’altra parte Tutti gli altri fattori. Ora se intervengo per migliorare la sicurezza aumentandone il peso,
questo può aggravare anche altri componenti quali il costo o l’impatto ambientale.

Lo strumento che oggi si può utilizzare per quantificare gli effetti sulla sicurezza degli elementi geometrici
della strada, è l’Highway Safety Manual che consolida tutto un insieme di studi che si erano sviluppati in
un unico manuale a disposizione dei progettisti.

Quando si parla di sicurezza,


l’interesse che accomuna tutti gli
enti legislatori è senza dubbio
l’intervento sulle strade di
competenza per ridurre il numero
di incidenti e di vittime che possono
verificarsi. In particolare la
Comunità Europea ha varato un
programma per la sicurezza
stradale che mirava a dimezzare il
numero delle vittime della strada
nell’arco di tempo 2010-2020.
Come è possibile osservare però,
questo obiettivo non è stato raggiunto anche se un miglioramento c’è stato confrontando i dati attuali con
quelli del 2010.

La politica europea sulla sicurezza stradale si fonda su 3 pilastri e di come questi si relazionino tra loro:
-Strada;
-Utenti;
-Veicoli.
Ognuno di questi elementi può avere una strategia di soluzioni. Si può intervenire sul fattore utenti per
esempio tramite l’Educazione alle corrette manovre su una strada, il
Controllo, l’Assistenza. Per quanto riguarda il fattore veicolo, grazie
alla tecnologia sono stati fatti passi da gigante in termini di sicurezza
propria del veicolo.
Nessuno dei 3 elementi sopracitati è esclusivo nei confronti degli
altri: ogni componente è importante con lo stesso peso, se viene
meno uno dei 3 l’intero sistema collassa.

Analizzando le cause degli incidenti se è vero che le cause umane


rappresentano la stragrande maggioranza dei casi, ciò non esclude
che la causa sia univoca. Osservando il grafico a SX si nota come
anche i fattori Strada e Veicoli influiscano negli incidenti causati
dall’errore umano. Si può quindi attribuire quindi si la maggioranza degli incidenti al solo errore umano, ma
ciò sarà in percentuale molto inferiore rispetto alla totalità dei casi. Discorso analogo si può fare anche per i
fattori Strada (3%) e Veicoli (2%) contro i totali 34% e 13%

Negli ultimi anni le normative europee complici anche i passi da gigante in campo tecnologico, hanno
introdotto delle normative che i singoli veicoli devono rispettare. Devono per esempio essere disposti di
sensori per il controllo di eventuali ostacoli, sensori di mantenimento corsia, limitatori di velocità…Si tratta
di veicoli totalmente automatici che sono in grado di identificare gli ostacoli o prevenire eventuali pericoli.
Ciò costituisce un enorme vantaggio in termini di sicurezza se consideriamo che i tempi di percezione e
reazione da parte di un utente medio siano circa 2.5 secondi mentre il sistema di intelligenza artificiale ne
impiega circa 0.5 secondi che all’aumentare della velocità si tramuta in notevole spazio di manovra
risparmiato.

A livello di automazione propria del veicolo sono stati definiti degli standard secondo i quali è possibile
classificare questo aspetto in particolare in 5 livelli:

Livello Nome Descrizione DDT Fullback ODD


0 No Driving Nessuna Automazione Utente n/a
Automation
1 Driver Riconoscono un problema e lo Utente limitato
Assistance comunicano all’utente
2 Partial D.A Possono intervenire attuando Utente limitato
manovre correttive (ad esempio
frenatura)
3 Conditional Il veicolo può mantenere in Il sistema deve applicare limitato
D.A maniera autonoma la guida, delle manovre autonome
4 High D.A Sistema limitato
5 Full D.A I veicoli guidano in maniera Sistema illimitato
autonoma ed in caso di errori si
mette in sicurezza da solo senza
incidenti

Il Dinamic Driving Task Fullback (DDT)sostanzialmente determina chi, in seguito all’incapacità del sensore di
svolgere il proprio compito, deve assolvere ad un determinato compito. L’Operational Design Demanded
(ODD) decide se esistono delle condizioni per le quali il veicolo non è abilitato all’utilizzo dei sistemi di
automazione in determinate infrastrutture. I livelli 1-4 nella categoria ODD presentano delle limitazioni
dovute al fatto che ci sono condizioni in cui una insufficienza dell’infrastruttura fisica o una non adeguata
infrastruttura digitale, rendono non operativo il sistema di guida autonoma. Solo al livello 5 in qualsiasi
condizione il veicolo è in grado di operare (ma è una condizione ben lontana dal raggiungimento).

In virtù di ciò, nel prossimo futuro sempre più autoveicoli avranno maggiori livelli di automazione (oggi si
arriva al 3 in alcuni casi tipo Tesla). In seguito ad uno studio USA è emerso che grazie all’introduzione dei
sistemi di guida autonoma, si avrà una riduzione del circa 60% dei morti sulla strada entro il 2050. Solo
quando arriveremo al livello 5 la componente umana sarà irrisoria. La componente infrastrutturale
sostanzialmente resterà invariata nel tempo.

Il quadro normativo Europeo e Italiano


Fondamentalmente lo schema Europeo si muove su 2 livelli:
-Nuove Costruzioni per le quali sono previsti il Road Safety Audit ossia il collaudo del progetto da parte di
un team esterno alla progettazione ed il Road Safety Impact Assessment ossia la valutazione di impatto
Sicurezza stradale
-Esercizio per cui le procedure di analisi sono Networl Safety Assessment ossia l’insieme di analisi atte a
misurare l’incidentalità della strada, Safety Inspection effettuate da degli operatori che tramite sopralluogo
permettono di individuare delle problematiche migliorabili.

Nel 2018 la Commissione Europea ha introdotto un aggiornamento alle linee guida del 2008. Si introducono
novità riguardo:
- Valutazione della sicurezza a livello di rete che porta ad una mappatura del livello di rischio;
- Si richiede agli stati membri la trasparenza nel rendere disponibili le informazioni sulle procedure adottate
- Attenzione particolare ai soggetti fragili (ciclisti, motociclisti) che rappresentano il 46% dei morti;
- La progressiva introduzione di veicoli automatici richiede l’implementazione delle infrastrutture smart

Il verificarsi dell’incidente è dato da una successione di eventi temporali e spaziali: immaginiamo un utente
alla guida da 6-8 ore, logicamente la sua attenzione sarà nettamente inferiore a quella che avrebbe nelle
prime ore di guida a causa della stanchezza. Seguendo questo ragionamento, un incidente si può assimilare
ad una serie di fette di formaggio svizzero che se messe in serie possono essere attraversate da una sola
retta. Il tutto si comporta come una catena, se dovesse venir meno un anello di questa catena (ad esempio
una pavimentazione ottimale aumenta la stabilità) si riduce la possibilità che quell’incidente si verifichi.

Definizione di sicurezza stradale: “La sicurezza stradale è il numero degli incidenti o delle conseguenze di
essi, per tipologia e severità che ci si aspetta durante un periodo specifico.”

Il MIT nel 2012 ha emanato delle linee guida a livello europeo per la gestione della sicurezza delle
infrastrutture stradali. Tra queste linee guida figura la Classificazione dei tratti ad elevata incidentalità.
Questa è rappresentata dall’elenco dei tratti stradali omogenei classificati in base all’incidentalità rilevata
nei tratti della rete aperti da oltre 3 anni in cui si è verificato un numero considerevole di incidenti
rapportati al flusso di traffico. Gli indicatori di incidentalità dovranno essere individuati quindi con
procedure che tengano conto della variabilità statistica del fenomeno.

Ciò significa che se abbiamo i 3 siti in figura in cui abbiamo fatto un’osservazione iniziale di 1 anno, questa
non sarà in grado di fornirci un dato affidabile sull’incidentalità media di quel tratto stradale.

Fermandoci al primo anno infatti risulta


che il Sito 2 che presenta il maggior
numero di incidenti. Valutando però al 3°
anno, si osserva come il sito a maggiore
incidentalità sia il sito 1 che ha fatto
registrare più incidenti nell’arco dei 3 anni.

Andando avanti con la misurazione, nel


medio periodo a 5 anni la differenza di
media osservata nel breve periodo non
viene più rispettata. Si ha una certa
uniformità dei 3 siti. Estendendo
l’osservazione a 9 anni il numero medio di
incidenti è praticamente uguale nei 3 siti. Questa variabilità negli anni prende il nome di Regressione alla
media ossia le distorsioni nel dato di incidentalità sono notevolmente inferiori se si considera un tempo di
osservazione molto maggiore, il dato si adatta al valore medio che caratterizza il sito.

Questi periodi di osservazione però non possono superare un certo limite massimo al di sopra del quale la
variabilità del dato potrebbe non essere veritiera della reale condizione del sito. Complici gli enti legislatori
che emanano continuamente nuove leggi in materia di sicurezza stradale e l’uso della tecnologia sui veicoli
che ha comportato notevoli benefici sulla sicurezza, i tempi di osservazione in genere non superano i 5-6
anni.

Consideriamo la variabilità incidentale di questo tratto: guardando i primi 6 anni di osservazione, noteremo
un certo livello di incidentalità. Continuando l’osservazione l’incidentalità aumenta negli anni 9-11 motivo
per cui l’ente decide quindi di effettuare un intervento all’anno 11 che migliori la sicurezza. Se si fosse
deciso di intervenire prima del 9° anno probabilmente l’intervento sarebbe stato diverso.

Facendo sempre riferimento al


MIT, gli indici da utilizzare per
valutare la sicurezza e quindi la
priorità degli interventi sono di
diversa tipologia. Si fa riferimento
sia alla frequenza di incidenti e ai
tassi di incidentalità. Gli indicatori
appartenenti alla priorità 1 danno
informazioni riguardo alla
classificazione dell’incidentalità
della rete stradale, quelli con
priorità 2 invece forniscono
informazione sui dati di incidentalità rapportati alla sola estensione chilometrica

Per capirci meglio, osserviamo la figura in basso:

Se considerassimo la sola
incidentalità, il sito A sarebbe
quello che presenta la pericolosità
maggiore. Estendendo però la
ricerca alla lunghezza del tratto, al
TGM e al tipo di strada ci si rende
conto che il Sito A presenta si un
numero di incidenti più elevato
degli altri ma ha anche una
quantità di traffico nettamente
maggiore trattandosi di un sito
Autostradale. In virtù di ciò, il sito
D che inizialmente presentava solo 2 incidenti, valutando tutte gli altri parametri è risultato il tratto con un
maggiore tasso di incidentalità.

La variabilità della frequenza del numero di incidenti rispetto al


traffico inizialmente è immaginata lineare: maggiore sarà la
pendenza, più il tratto sarà pericoloso. In virtù di ciò, osservando il
grafico in figura sotto tra i 3 tratti presenti il sito che sarebbe più
pericoloso
sarebbe il tratto
B se la funzione
fosse lineare. Questo però non è così poiché
all’aumentare del traffico l’andamento degli incidenti non
ha funzione lineare ma curva. Il tratto B e il tratto C se
avessero lo stesso numero di incidenti e di traffico
starebbero sulla stessa curva. Il sito A si trova su una
curva più alta e risulta più pericoloso poiché se avesse lo
stesso traffico di C e B avrebbe numero più alto di
incidenti.

La funzione prestazione di sicurezza può essere usata sia come


modello predittivo [E(Y)] in fase progettuale per valutare come
variando alcuni parametri di progetto si modifica l’incidentalità
media prevista (e quindi la curva Safety Performance Facture),
sia come modello di osservazione [O]. Mi permette di
correggere il dato osservato per adeguarlo rispetto al valore
medio che siti analoghi produrrebbero ma allo stesso tempo di
tenere conto che il sito abbia delle peculiarità che lo rendono
simile agli altri ma non uguale [NEB].

Le funzioni di prestazioni della sicurezza

I dati di incidentalità rappresentano senza dubbio un indicatore importante della performance di una strada
in fatto di sicurezza, ma al tempo stesso sono parecchio variabili (come abbiamo visto). Visto che non
possiamo estendere temporalmente la fase di acquisizione, possiamo farlo spazialmente aumentando il
numero di siti da inserire nel campione in modo da avere più campioni da osservare in meno tempo.

Questo però comporta che dato il maggior numero di campioni, si potrebbe avere una maggiore
dispersione dei dati a causa della variabilità propria del sito. Si deve ricorrere ai modelli di regressione
statistica, ossia una funzione che possa legare una variabile dipendente (numero di incidenti) ad una
variabile indipendente (variabili che possano modificare il valore della dipendente). La relazione sarà del
tipo:

Y = f(X) + ε in cui ε = errore del modello statistico

Un problema che si pone è che il modello viene costruito su un campione della popolazione: ad esempio se
il modello viene costruito per le strade di tipo F, i campioni esaminati non saranno tutte le strade di tipo F
ed inoltre il periodo di osservazione sarà limitato. Quanto più il campione si avvicina alla totalità della
popolazione, minore sarà l’errore.

Abbiamo detto quindi che la funzione non ha un andamento lineare, poiché la forma della funzione deve
essere predefinita occorre sceglierne una che si ritiene adatta. Si utilizza la formula riportata in figura:
In cui le X sono le variabili esplicative mentre le b sono i coeff. di regressione delle variaibli.

Se la prima variabile X0 viene posta pari a 1, la combinazione lineare considerata contiene un termine
costante C= eb0, detto intercetta. Ciò fa variare la formula sopra in:

Z1 e Z2 invece rappresentano il TGM e la Lunghezza del tratto (danno delle informazioni fondamentali
all’analisi del progetto). Se uno dei 2 fosse 0, la stima sarebbe 0, quindi la curva deve passare comunque
per l’origine degli Assi e ciò rappresenta la congruenza del modello con il fenomeno.

Tornando al modello di regressione statistica, e quindi alla formula Y = f(X) + ε, se considerassi il valore
medio dell’errore E(ε) = 0 (pari a zero poiché si tratta di uno scarto), il valore medio di Y sarà pari a:

I modelli di regressione hanno un limite perché qualunque previsione diano questa non corrisponde al
valore univoco che potrò ottenere, ma rappresentano una stima del valore medio. Per questo motivo posso
utilizzare i modelli di regressione per stimare correttamente il valore medio di incidenti che si
verificheranno in determinate condizioni al variare della soluzione progettuale.

Le regressioni lineari ordinarie

Conoscere i presupposti statistici permette di riconoscere l’attendibilità di un modello che potrebbe


capitare di trovare durante la professione. Un modello di tipo gaussiano può essere utile, ha delle
caratteristiche che lo rendono agevole nella risoluzione dei modelli di regressione ma non è utile nel caso di
incidenti. Questo perché la distribuzione normale è una curva continua a differenza degli incidenti che sono
un numero discreto.

Secondo Poisson, “assumendo che la probabilità di successo sia costante per ogni sperimentazione, è
possibile provare che la distribuzione di probabilità della somma di tutti i successi tenda ad una
distribuzione statistica, detta di Poisson”

La distribuzione della variabile “numero di incidenti” tenderà ad essere una Poissoniana, con media pari
al valore atteso del numero di incidenti nel periodo di osservazione. In sostanza la probabilità che avvenga
un incidente percorrendo un tratto di strada è pari
a quella che esca 1 in un lancio di un dado: c’è una
certa probabilità che accada ma questo non
riguarda tutti gli utenti (tutti i lanci).

La funzione Densità discreta di Poisson può


assimilarsi a quello che vediamo nel grafico: la
probabilità che si verifichino y incidenti nel
periodo di riferimento in un sito che presenta una
media di incidenti pari a λ segue la legge:
Poiché i siti seppur simili non sono esattamente tutti uguali, varierà la media λ di Poisson. Devo quindi fare
in modo che nella scelta dei siti, questi presentino delle medie di Poisson che siano molto vicine tra di loro.
Combinando ogni singola distribuzione di poisson per siti diversi si ha il Modello Negativo Binomiale che
rappresenta la base con la quale si realizzano le funzioni delle prestazioni di sicurezza. Il modello negativo
binomiale permette di ottenere la distribuzione Negativa Binomiale del conteggio degli incidenti (y)
sommando la Distribuzione Gamma della media degli incidenti tra differenti siti E(λi) e la distribuzione di
Poisson del conteggio degli incidenti (yi) intorno alle medie.

La Varianza del numero di incidenti può essere rappresentata con l’espressione:

k=0 significa che tutti i siti sono uguali tra di loro; al crescere di k vi è una maggiore dispersione tra i siti.

Il modello base, che si utilizzerà è il modello SPF (Safety Performance Function):

In questo modello di particolare interesse è la stima dei parametri b e k che può essere effettuata tramite la
massimizzazione della funzione likelihood L(bj ; k) processo noto come la Massima Verosimiglianza. Questo
metodo si basa sulla considerazione che la legge di probabilità della variabile in studio deve verosimilmente
essere quella che presenta la massima probabilità sui valori osservati nel campione di cui si dispone e sui
quali viene calibrata la regressione. Poiché ogni sito inserito avrà valori determinati di Z1, Z2 ed Xi si
osservano un tot di incidenti, Provando a cambiare i coeff si ottiene la massima verosimiglianza ossia “la
massima distribuzione di incidenti è più simile a quella prevista.”

DOMANDE:

-Indici per la misurazione dell’incidentalità;

-Spiegazione del fenomeno della regressione media;

-Descrizione concettuale della Forma e distribuzione dell’errore delle regressioni statistiche per definire le
funzioni di Prestazione della sicurezza SPF
3.2 HIGHWAY SAFETY MANUAL
Forma del modello HSM (SPF base, CMF, Cr)
L’HSM è stato redatto nel 2010 per fornire uno strumento che permettesse di misurare le prestazioni di una
strada in funzione della sicurezza. Si dà quindi un indirizzo ai progettisti di tutto il mondo nel ricercare un
certo livello di servizio in materia della sicurezza.

Se prima dell’avvento dell’HSM il


fattore sicurezza veniva posto in
secondo piano rispetto a fattori
quali gli Impatti Ambientali, I
costi, Condizioni di Traffico in fase
di progettazione, con l’HSM la
sicurezza viene posta allo stesso
livello degli altri parametri.

La Parte C dell’HSM definisce il concetto di Safety Performance Functions (SPF) come: “Un modello
matematico di regressione per tronchi e intersezioni, sviluppato da dati provenienti da vari siti, utilizzato
per prevenire la frequenza degli incidenti o per il controllo del traffico”.

Poiché è complesso definire un unico modello di SPF, questi vanno definiti sia per tipologie di strada sia per
tronchi e intersezioni. E’ impossibile utilizzare sia i modelli per tronchi che per le intersezioni perché danno
delle previsioni di incidente per quella specifica tipologia. Sommando però le previsioni dei 2 modelli si
ottiene il numero TOTALE di incidenti per tutto il tratto stradale:

I modelli dell’HSM si riferiscono al totale degli incidenti: gravi (mortali + feriti) e meno gravi (solo danno alle
cose). Il numero di incidenti attesi Npredicted dipenderà dal numero di incidenti in condizioni base Nspfx
(osservati) moltiplicati per dei fattori di correzione degli incidenti dipendenti dal sito CMF e per il fattore di
calibrazione delle condizioni locali Cx

Il fattore C che serve a calibrare un modello concepito attraverso dei dati ricavati da uno stato e poterlo
utilizzare in un altro stato con caratteristiche differenti. Il valore di C viene determinato considerando un
valore minimo di 50 siti che presentano almeno 100 incidenti l’anno. Sperimentalmente si è ricavato che
per una strada Siciliana di circa 70km C = 0,32
Passiamo al valore degli incidenti previsti in condizioni base Nspfx. Condizioni base, vuol dire che un
elemento stradale presenta caratteristiche predefinite:
-Corsie da 3.65m (Lane width)
-Banchine da 1.80m (Shoulder)
-Banchina Pavimentata (Shoulder Type)
-Fattore di pericolo ai margini (Road Side Hazard) pari a 3
-Densità degli accessi (Driveway Density) pari a 3.1 acc/km
-Curvatura Orizzontale nulla (Horizontal Alignment)
-Curvatura Verticale nulla (Vertical Alignment)
-Pendenza Verticale (Vertical Gradient) 0%
-Bande Rumorose sulla striscia centrale nulle
-Nessuna corsia di Sorpasso
-Nessuna Illuminazione
-Nessun controllo automatico della velocità

Se il tronco presenta queste caratteristiche, il valore di Nspfx sarà pari a:

Significato dei CMF


L’Adattamento della previsione degli incidenti rispetto alla condizione base viene quindi effettuato tramite i
CMF (Crash Modification Factors) che modificano il valore degli incidenti attesi in condizione base
adattandolo a quello della strada oggetto di studio. Per definizione quindi il CMF è il rapporto tra la
frequenza media di incidenti stimata in un sito in 2 differenti condizioni

Da questo si può affermare che se:


-CMF = 1 -> Condizione Invariata
-CMF > 1 -> Aumentano gli incidenti
-CMF < 1 -> Diminuiscono gli incidenti

I CMF però non sono dei numeri che vengono tirati fuori a caso, l’HSM propone dei valori dei CMF per le
condizioni base determinati da studi condotti. Quando utilizziamo un parametro, la sua qualità può essere
misurata attraverso 2 caratteristiche: Precisione e Accuratezza. Possiamo semplificare questo concetto
prendendo ad esempio un tiro a bersaglio:
-Se i colpi ricadranno tutti al centro si avrà Alta precisione e Alta accuratezza;
-Se i colpi saranno sparsi per tutto il bersaglio si avrà Bassa precisione e Bassa Accuratezza;
-Se i colpi saranno concentrati nell’immediata vicinanza del centro si avrà Alta Accurazetta e Bassa
Precisione
-Se i colpi saranno concentrati tutti verso l’esterno del bersaglio si avrà Bassa Accuratezza e Alta Precisione

Riconducendo questo ragionamento ai CMF posso ricavare che se ho un ottimo CMF ma questo è stato
calibrato in condizioni diverse da quelle per cui lo vado ad applicare, il risultato sarà poco accurato. Per
assicurare che il CMF sia preso correttamente ricorro alla determinazione dell’Intervallo di confidenza:
In cui:
CI(X) = range di valori all’interno del quale la probabilità che ricada il reale valore è X%;
SE = errore standard del CMF;
MSE = multiplo dell’errore standard.

Aumentando il livello di confidenza


aumenta la precisione del CMF. Come è
possibile osservare in figura,
all’aumentare dell’aria sottesa dalla
gaussiana aumenta il valore
dell’intervallo di confidenza e quindi
aumenta la precisione del CMF.

In questo caso, per ottenere un’area e


quindi un intervallo di confidenza del 70%
devo avere un valore della media più 1
volta la deviazione standard. Per arrivare
al 99.9%, quindi a intervalli pressochè
sicuri, si deve aggiungere un valore pari a
3 volte la deviazione standard

Il tutto si riconduce alla determinazione del valore di SE, tanto più grande è il suo valore, tanto più sarà alto
il CMF. La qualità del CMF viene stimata:
-Buona se SE < 0.1
-Accettabile 0.1 < SE < 0.3
-Scadente se SE > 0.3

I CMF dell’HSM per le strade extraurbane secondarie


Nel caso di strade extraurbane a 2 corsie, l’HSM prevede la possibilità di correggere il modello base con ben
22 CMFs divisi in 7 macro-aree di possibili interventi:
-Roadway 3 (Sezione stradale)
-Roadside 5 (Banchina-margine laterale)
-Alignment 3 (Geometria orizzontale-verticale)
-Roadway Signs 2 (Segnaletica)
-Delineation 7 (Delineazione)
-Highway Lighting 1 (Illuminazione)
-Access Management 1 (accessi)

Nello specifico, quello di cui ci siamo occupati durante il corso sono i CMF che agiscono su:
-Larghezza di banchine e sezione stradale;
-Modifica del tipo di banchina;
-Riduzione del Road Side Hazard che raggruppa più fattori;
-Modifica della curvatura orizzontale (raggio e lunghezza, inserimento di clotoidi);
-Modifica della densità degli accessi

CMF Curves
Lc è la lunghezza della curva
comprese clotoidi, R è il raggio della
curva ed S è la presenza della
clotoide (1 se è presente, 0 se
assente). Questo CMF all’aumentare
del raggio tende a diminuire. Inoltre
si può osservare come tra curve con
clotoidi (linea tratteggiata) e curve
senza clotoidi (curva continua) vi sia
una leggera differenza di andamento
del CMF.

CMF Lanes
Se la dimensione della corsia è
inferiore rispetto a quella prevista
dal CMF base, si avrà un aumento
del suo valore e quindi un aumento
dell’incidentalità. Questo aumento
a sua volta dipende dal volume di
traffico come è possibile osservare nella tabella

CMF Shoulders
Analogamente al CMF
per le corsie, il CMF
riguardanti le banchine
si comporta allo stesso
modo aumentando al
ridursi della larghezza
della banchina di una quantità che dipende dalla variabile traffico

CMF Shoulder Type


Capita che le banchine non siano pavimentate come previsto dal DM Italiano e dalla condizione base
prevista dall’HSM.

Come è possibile osservare, la condizione base è rappresentata da una banchina pavimentata. Via via che
diminuisce la consistenza della banchina, aumenta il CMF di una quantità che dipende dalla larghezza della
stessa.
Piccolo appunto: allargare la banchina ha sempre un effetto positivo sulla sicurezza, anche nel caso in cui
questa non sia pavimentata. In questo caso la riduzione del CMF ci sarà ugualmente ma non sarà la stessa
che si avrebbe nel caso in cui la banchina sia pavimentata.
Qualunque sia il dato di riferimento, abbiamo dei CMF che variano il dato incidentale solo per alcune
categorie di incidenti, ma se il modello fa riferimento a tutte le categorie il CMF deve essere aggiustato per
poterlo rapportare al totale degli incidenti.

CMFra è il CMF calcolato alle sole categorie di incidente considerate


pra è la somma delle percentuali di tutte le categorie considerate nel calcolo del CMF rispetto al totale

Roadside Hazard Rating (RHR)


Un margine poco sicuro è un fattore che modifica in modo netto la gravità degli incidenti.
Sicuramente una scarpata di altezza e pendenza elevata costituisce un pericolo, un’auto potrebbe finirci
dentro e ciò potrebbe causare anche la morte dell’utente.
I fossi di guardia rappresentano una condizione molto simile alla scarpata con la differenza che questi ultimi
rappresentano un pericolo più elevato per la loro forma che deve
consentire un corretto deflusso dell’acqua ma che non tiene conto
della possibilità di fuoriuscita da parte di un’auto.

Il Roadside Hazard è la combinazione di più fattori che dipendono


dalle condizioni del margine laterale della strada: La presenza di una
scarpata con una certa pendenza (dolce o acclive), la presenza di
ostacoli fissi (alberi, muretti), la presenza di barriere che
rappresentano anch’esse degli ostacoli… Il Roadside Hazard si misura
in una quantità che va da 1 a 7

A questo concetto si aggiungere anche quello di clear zone, ossia un margine totalmente pulito da ostacoli
esterni e che presenta scarpate di pendenza tale da consentire un arresto sicuro da parte del veicolo.

La determinazione
quindi del valore del
RHR mette insieme la
dimensione della Clear
Zone con la presenza
della Barriera. Come già
detto, le condizioni
base prevedono che il
valore dell’RHR sia pari
a 3, il che comporta una
clear zone di lunghezza
di circa 3m, una
scarpata con pendenza
compresa tra 1:3 e 1:4 e una barriera laterale non necessaria.

Determinato l’RHR del tratto stradale si può quindi determinare il CMF corrispondente attraverso la
formula:
CMF Access Point Density
Aumentare il numero degli accessi aumenta il CMF. Come è possibile osservare ad un numero elevato di
accessi corrispondono
alti valori del CMF
anche nel caso in cui il
valore del traffico sia
basso. Correlare
correttamente numero
di accessi e AADT
consente di ottenere
bassi valori del CMF e
quindi pochi incidenti.

Analisi Costi/Benefici
Può succedere che un determinato intervento atto a migliorare la condizione di un tratto stradale, riduca si
un CMF ma avrebbe un costo tale che rapportato al beneficio in termini di sicurezza sarebbe troppo
elevato. Bisogna quindi effettuare un’analisi Costi/Benefici prima di poter procedere con la scelta
progettuale.

I Costi degli incidenti stradali si dividono in:


-Diretti legati ai danni materiali e alle spese sanitarie e amministrative;
-Indiretti legati alla mancanza di produttività delle persone coinvolte in incidenti stradali

Gli elementi di costo sono quindi:


- i danni materiali relativi a veicoli, infrastrutture, immobili, beni personali, merci, ambiente.
- costi tipo amministrativo, spese per il rilievo degli incidenti stradali, spese per le forze di polizia, spese
giudiziarie e assicurative;
- trattamenti medici
- oneri provvidenziali come la mancanza di produttività delle persone coinvolte in un incidente

Se quelli sopracitati sono di diretta determinazione, più difficili da stimare saranno i costi umani. L’ISTAT
stima che l’evento morte abbia un costo sociale pari a circa 1.3 milioni di euro considerando tutti i costi
sanitari, mancanza di produzione e il risarcimento morale per il decesso. Nel caso in cui vi sia un ferimento
il costo medio è di circa 25k euro ma questo dato è molto variabile poiché dipende dal tipo di lesione
riportata e dall’elevata percentuale di feriti lievi che abbassa il costo. Secondo il Piano Nazionale per la
Sicurezza Stradale il costo morte è circa 1.4 milioni di euro, mentre per i feriti si parla di circa 70k euro.
Al fine di disporre di valori da utilizzare
nelle valutazioni di messa in sicurezza, è
possibile assegnare un valore agli
incidenti in relazione all’ambito: urbano,
extraurbano, autostradale.

Se siamo in grado di quantificare il costo


di costruzione di una strada, se siamo in
grado di quantificare il costo che un
intervento ha sulla sicurezza e quindi il beneficio che la riduzione del costo dell’incidentalità ha sulla
soluzione progettuale possiamo confrontare più soluzioni progettuali e determinare tra le 2 la più adatta.
Si prende in considerazione la generica alternativa progettuale. Il primo passo per quantificare la riduzione
degli incidenti è cercare i Benefici che la soluzione progettuale apporta confrontandola con lo stato di fatto
e valutarne gli aspetti economici effettuando quindi una analisi Costi / Benefici. Si valuta quindi in termini
monetari il valore della riduzione degli incidenti rispetto al costo per arrivarci.

Come definire le priorità di intervento? Si utilizzano 3 approcci:


-Tasso di ritorno del primo anno FYRR che consiste nel rapportare il valore della riduzione dell’incidentalità
annua con il costo dell’intervento. Il confronto al primo anno è però poco utile poiché non tiene conto dei
benefici conseguiti dopo il primo anno dall’intervento e soprattutto dei costi di gestione che avrà;
-Valore netto attuale quando un costo si distribuisce in più anni occorre attualizzarlo, ossia confrontare il
valore di costo / beneficio che si avrà tra 5-10 anni con quello che si avrebbe oggi.

Definito i anno di riferimento.


-Indice Benefici/Costi viene calcolato come rapporto tra Benefici annui e Costi Annui

DOMANDE:
-Forma del modello HSM (SPF base, CMF, Cr)
-Significato dei CMF (CMF, Standard Error, Intervalli di confidenza)
-I CMF per strade extraurbane secondarie
-Il costo degli incidenti e le analisi C/B
4. Livelli di Servizio HCM
Per la progettazione o l’ammodernamento di una strada si devono definire le condizioni di esercizio in
relazione al traffico. Si possono confrontare cosi i costi di costruzione e di miglioramento per poter
scegliere la soluzione compatibile con gli obiettivi fissati

Il Livello di servizio di una strada è una misura della qualità della circolazione di una strada e della sua
percezione da parte degli utenti per un certo flusso assegnato. La qualità della circolazione dipende da:
-Costi di viaggio;
-Tempi di percorrenza;
-Comfort;
-Sicurezza.

Nel caso delle Strade extraurbane secondarie i parametri che permettono di misurare il livello di servizio
sono:
-Percentuale del tempo in coda: costituisce la percentuale del tempo di viaggio in cui i veicoli viaggiano
accodati dietro altri veicoli più lenti. Una misura sostitutiva può essere rappresentata dalla percentuale di
veicoli che viaggiano con distanziamento
temporale inferiore a 3secondi in una
determinata sezione;
-Velocità media di viaggio [km/h]: il rapporto tra
la lunghezza del tronco e il tempo medio di
viaggio.

Secondo l’HCM quindi il livello di servizio sono la


velocità media di viaggio ed il rapporto
flusso/capacità. Riportando questi 2 fattori in un
diagramma si ottiene l’andamento del livello di
servizio.

Si ottengono vari livelli di servizio a seconda delle


coppie individuate.

- Livello A che indica una condizione di circolazione in cui gli utenti viaggiano alla velocità media
desiderata. Il tempo speso in coda non supera il 30% e gli utenti non subiscono interferenze alla
propria marcia. Notevole Comfort.
- Livello B la domanda di sorpasso diventa importante e eguaglia la capacità di sorpasso. Il tempo
speso in coda è del 45%. I conducenti subiscono lievi condizionamenti della libertà di manovra e
della velocità desiderata. Discreto Comfort.
- Livello C La percentuale di tempo speso in coda è del 60%. Le libertà di marcia dei singoli veicoli
vengono influenzate dalle interferenze che limitano la scelta delle velocità e le manovre all’interno
della corrente. Buon Comfort.
- Livello D presenta difficoltà nei sorpassi. Il tempo speso in coda è del 75% ed è caratterizzato da
alte densità e velocità fortemente condizionate dal traffico. Sufficiente Comfort.
- Livello E tempo in coda superiore al 75%, il moto è instabile poiché una piccola perturbazione non
può essere facilmente assorbito da un decremento della velocità e si innesca la congestione.
Comfort molto basso
- Livello F fenomeno dello Stop and Go. Si innesca la condizione di Flusso Forzato in cui la domanda
di traffico supera la capacità di smaltimento della sezione stradale. Si hanno code di lunghezza
crescente, bassissime velocità di deflusso, frequenti arresti del moto per cui non esiste comfort.
Nel caso particolare di
strade Extraurbane
secondarie (Tipo C) si
hanno i seguenti valori,
come capacità di traffico
bidirezionale si assumono
3200 veic/h.

Per una tipo C, la normativa italiana dispone che sia rispettato un livello di servizio minimo pari a C.

E’ necessario pertanto dare alcune definizioni utili:


-Capacità: abilità di una strada a consentire il moto di una corrente di veicoli. Rappresenta la misura
dell’offerta fornita;
-Volume: numero totale di veicoli che attraversa un punto o una sezione stradale durante un prefissato
intervallo di tempo T (anni, giorni, ore). Rappresenta il numero di veicoli realmente transitati nell’unità
temporale di rif;
-Tasso di flusso: Rappresenta il numero di veicoli che transiterebbe in un ora se il volume che transita nel
tempo inferiore all’ora si mantenesse costante;
-Fattore dell’ora di punta PHF: rapporto tra il volume orario e il massimo tasso di flusso all’interno dell’ora.
Se l’ora fosse divisa in periodi di 15 minuti ciascuno: PHF = V / (4*V15) in cui V è il volume orario (veic/h) e
V15 è il volume del quarto d’ora piu caricato (veic/15min). I valori del PHF sono tabellati (0.88 per
extraurbane).

Dal punto di vista della funzionalità bisognerebbe far riferimento al volume di traffico orario massimo
registrato durante l’anno ma ciò sovrastimerebbe il flusso rispetto la domanda. Si deve quindi adottare una
scelta che tenga conto dei valori di traffico compresi tra la 30° e la 100° ora ossia tra il 30% e il 10% del
TGM. La variazione di domanda avviene oltre che all’interno dell’ora anche a differenti ore del giorno. Si
assume quindi come volume di riferimento, il volume della trentesima ora: V30 = k * TGM in cui k è un
valore tabellare che per le extraurbane vale 0.10 < k < 0.15 e decresce all’aumentare della densità abitativa
poiché in aree più dense, nell’ora di punta c’è più traffico rispetto le altre ore.

L’Highway Capacity Manual definisce i valori dei parametri della circolazione corrispondenti a ciascun
livello di servizio. Le condizioni ideali dell’HCM per strade a 1 carreggiata con 2 corsie prevedono:
-Larghezza Corsie > 3.60m;
-Larghezza Banchine > 1.80m;
-Nessuna limitazione al sorpasso;
-Terreno Pianeggiante;
-Traffico composto da sole autovetture;
-Flusso ininterrotto;
-Distribuzione nelle due direzioni 50/50

Come classificare il terreno? Esistono 3 categorie: Pianeggiante P, Ondulato O, Montuoso M.


Il Terreno Pianeggiante consente ai veicoli pesanti di mantenere la stessa velocità delle autovetture;
Il Terreno Ondulato invece determina una riduzione della velocità dei veicoli pesanti significativa ma non
tale da procedere
lentamente per lunghi
periodi;
Il Terreno Montuoso
costringe i veicoli pesanti a
procedere lentamente per
un periodo di tempo significativo.
Per la determinazione del tipo di terreno si deve valutare la pendenza della livelletta e la sua lunghezza

La velocità media di viaggio è il primo parametro da determinare. decresce con l’aumentare del flusso a
causa dei maggiori condizionamenti tra veicoli. La riduzione segue la relazione:

ATS = FFS – 0.0125v-fnp

In cui ATS è la velocità media di viaggio, FFS è la velocità a flusso libero e v è il tasso di flusso nelle due
direzioni (autovetture/h)

La velocità in condizioni di flusso libero FFS deve essere calcolata considerando dei rilievi su una sezione
rappresentativa del tronco stradale oggetto di studio su almeno 100 veicoli: è necessario caratterizzare le
condizioni operative in termini di velocità base di flusso libero BFFS. Si può stimare basandosi sui dati locali
di velocità o sulle condizioni operative di strade con caratteristiche simili.

I coeff fLS ed fA sono tabellati .

Il volume dell’ora di punta deve essere corretto per determinare il tasso di flusso di autovetture equivalenti
utilizzato per valutare il livello di servizio:
Rimane da calcolare la percentuale di tempo speso in coda PTSF.

Si può determinare quindi il livello di servizio che per le strade extraurbane secondarie dipende dalla
velocità media di viaggio e dalla percentuale di tempo speso in coda (ATS ed PTSF).

Quindi la procedura prevede:


-Calcolo della FFS;
-Calcolo del tasso di flusso per la determinazione della velocità media di viaggio;
-Calcolo della velocità media di viaggio;
-Calcolo del tasso di flusso per la determinazione della % di tempo speso in coda;
-Calcolo del livello di servizio
5. Dispositivi di ritenuta
I dispositivi di ritenuta, secondo la normativa, sono gli elementi atti ad evitare la fuoriuscita dei veicoli dalla
piattaforma o ridurne le conseguenze dannose.

il DM 2001 non dà delle indicazioni precise sul posizionamento delle barriere ma si correda di una serie di
normative a supporto relative alla posa in opera (DM 2004). Il DM 2001 dice però che in corrispondenza dei
viadotti deve essere disposto un dispositivo di ritenuta di altezza superiore a 1.00 m. Qualora si tratti di
strade urbane di tipo D occorre posizionare sui lati un marciapiede di larghezza > 1.5 m delimitato verso la
banchina da un ciglio sagomato e da un dispositivo di ritenuta. Nelle strade di tipo E F invece il ciglio non
sarà sormontabile e presenterà altezza non superiore a 15 cm.

Nelle gallerie è necessario inserire un profilo in calcestruzzo che permette il reindirizzamento del veicolo
nella propria traiettoria; inoltre se le gallerie presentano il marciapiede pedonale, si dispone un dispositivo
di ritenuta a protezione del pedone ma solo se non si tratti di strade di tipo urbano in cui si andrà ad
inserire un semplice marciapiede in rilevato.

Il DM 2004 però modifica quanto accennato dal DM 2001 e non prescrive specifiche protezioni per le
sezioni in galleria poichè il profilo redirettivo richiesto dal DM2001 rappresenta una configurazione
geometrica dell’elemento marginale mentre la sezione in ingresso galleria se non opportunatamente
sagomata dovrà essere protetta secondo la normativa.

Quali sono quindi i parametri da analizzare negli incidenti per fuoriuscita? Sicuramente dobbiamo
considerare la velocità e l’angolo di uscita. Questi dipendono dall’aderenza strada-pneumatico, dalla
velocità di percorrenza, dalla posizione laterale del veicolo nella carreggiata e dalle caratteristiche
geometriche della strada. L’angolo di uscita quindi sarà pari a:

In cui sono presenti: coefficiente di aderenza f, la velocità di percorrenza v, l’accelerazione di gravità g e la


distanza d (posizione laterale del veicolo quindi distanza tra veicolo e margine di uscita).

Se andiamo a considerare la curva, l’angolo di uscita NY non dipende più dalla velocità di percorrenza ma
dalla distanza d e dal raggio R della curva.
Alberi

Barriere

Finalità delle barriere di sicurezza


Le barriere sono dei dispositivi di sicurezza passiva che devono assorbire parte dell’energia di cui è dotato
un veicolo in movimento limitando l’effetto dell’urto sui passeggeri. Devono quindi far si che:
-L’utente trasportato subisca il minimo danno;
-Gli altri utenti non vengano intralciati;
-L’ambiente subisca il minimo danno;
-Il veicolo urtante subisca il minimo danno.

Il comportamento delle barriere di sicurezza ha il cosiddetto “effetto catenaria” cioè la barriera si deforma
sotto l’urto mantenendo sempre il controllo del veicolo all’interno della carreggiata. Nelle barriere di tipo
metallico è garantito dalla presenza dei paletti, mentre nelle barriere in cls è garantito dal profilo stesso che
presenta 3 superfici a pendenze differenti che in caso di urto consentono al veicolo di venire reindirizzata.
Gli elementi di transizione sono quegli elementi che permettono di mettere insieme barriere a
caratteristiche diverse (doppia con tripla onda).
Processo per la scelta della barriera (Austroads 2020)
Attraverso dei flow-chart si definiscono tutte le procedure in modo semplice che permettono di andare a
scegliere correttamente la barriera di sicurezza.
-Step 1: informazioni sul sito. Si devono verificare le dimensioni e la posizione dei pericoli che richiedono
protezione e i loro livelli di rischio, le informazioni topografiche del sito (se siamo in trincea o in rilevato), le
caratteristiche del sito che potrebbero porre difficoltà (come gli accessi, impianti di drenaggio, arredo
stradale), le limitazioni visive, informazioni sulle barriere esistenti, volumi di traffico e velocità di progetto
previste per la strada.
-Step 2: obiettivi della barriera. Il progettista dovrebbe determinare gli obiettivi della barriera
considerando chi o quale sito vulnerabile sia esposto al rischio. Nella maggioranza dei casi le persone a
rischio sono gli occupanti dei veicoli in movimento. Tradizionalmente le barriere vengono testate con le
tipiche autovetture che colpiscono il dispositivo ad angoli di impatto relativamente piccoli. Tuttavia però
queste barriere potrebbero avere prestazioni ridotte se aumentasse l’angolo di impatto o cambierebbe la
tipologia del veicolo impattante. Questo secondo step però differisce da quanto chiesto dal DM.
-Step 2: DM_2004: il DM dice che i margini di tutte le opere d’arte all’aperto (ponti, viadotti, sovrappassi,
muri di sostegno…) indipendentemente dalla loro estensione/altezza dovranno essere protetti oltre il loro
sviluppo longitudinale fino al punto per cui cessano le condizioni che richiedono la presenza delle barriere.
Inoltre dice che il margine laterale delle sezioni in rilevato che supera 1.00 m deve essere protetto per tutte
le scarpate che presentano pendenza superiore a 2/3. Ove questa non venga rispettata, si deve tenere
conto delle situazioni di potenziale pericolosità a valle della scarpata. Il DM prevede anche che vengano
protetti gli ostacoli fissi, in caso di fuoriuscita il veicolo potrebbe impattare contro questi ostacoli che quindi
rappresentano dei pericoli. La protezione però deve avverarsi quando non sia possibile spostare o
rimuovere questi ostacoli. Entra quindi in gioco lo step 3.

-Step 3: posizione laterale della barriera: se una barriera venisse posta troppo vicina alla corsia si avrebbe
un angolo di impatto più basso a causa di una minore distanza e quindi minore gravità dell’incidente.
Questa soluzione però fa si che la barriera venga danneggiata più spesso provocando maggiori costi di
manutenzione. Il bordo laterale della barriera non deve mai invadere la banchina. Lo spazio posto dietro
la barriera è chiamato Deflessione e permette che la barriera si deformi senza avere ostacoli alle spalle.

-Step 4: distanza tra barriera e ostacolo. E’ la distanza minima disponibile tra la faccia proposta della
barriera e la faccia del pericolo. Questo è stabilito tramite le misurazioni in sito e definisce lo spazio
disponibile per la progettazione. Come sappiamo, l’AASHTO 2011 definisce 3 tipologie di scarpate in
funzione delle quali devono essere definite le tipologie di barriere da inserire ove non sia presente la clear
zone. Attenzione alla clear zone in curva che deve essere corretta moltiplicando la lunghezza della clear
zone stessa per un coefficiente tabellare che dipende da Raggio e Velocità di progetto.

-Step 5: Livello di contenimento. Secondo il DM il livello di contenimento è l’energia cinetica posseduta dal
mezzo all’atto dell’impatto calcolata come la componente ortogonale della velocità di impatto alla barriera

In funzione di questo, le barriere si classificano come segue:


N1-N2 -> Contenimento Normale;
H1-H3 -> Contenimento elevato;
H4 -> Contenimento molto elevato

-Step 6: Tipo di barriera. Il tipo di barriere si sceglie in funzione del tipo di strada, di traffico e della
destinazione della barriera. Il traffico viene diviso in tre classi: Tipo I,II,III per cui varia il TGM e la % di veicoli
pesanti.

In funzione di ciò, la normativa predispone che a seconda del tipo di strada venga consigliata la barriera da
utilizzare:

Tipo di Strada Classe di traffico Laterali Bordo Ponte Terminali


Strada I H2 H2 90 < v < 130 km/h,
extraurbana di II H1 H2 Terminale classe
tipo C III H2 H3 P2

-Step 7: Deflessione dinamica. La deflessione dinamica Dn è lo spostamento della faccia della barriera in
seguito ad un impatto. La normativa non impone nessun valore a questo tipo di deflessione, la include nella
larghezza di lavoro.

-Step 8: intrusione del veicolo. L’intrusione del veicolo Vlm è la distanza tra la posizione iniziale del sistema
indeformato e la massima posizione dinamica del veicolo. In caso di urto del mezzo pesante, la parte
superiore del veicolo potrebbe superare il valore della deflessione dinamica e intaccare una parte della
zona di intrusione variabile tra 0.6 e 3.5m. La larghezza di intrusione va determinata a seconda della
distanza a cui si trovano gli ostacoli.

-Step 9-10: larghezza di lavoro. La distanza tra la posizione iniziale del frontale della barriera e la massima
posizione dinamica laterale di qualsiasi componente del sistema. Questa viene verificata rispetto alla
distanza tra barriera e pericolo.

-Step 9/10. La normativa italiana prevede che il progettista deve stabilire la distanza minima al di sotto del
quale non si devono trovare eventuali ostacoli rispetto al fronte della barriera affinchè la deformazione
della barriera fornisca condizioni di sicurezza accettabili in termini di contenimento del veicolo.

-Step 11: lunghezza della barriera necessaria. E’ la lunghezza della barriera richiesta per reindirizzare un
veicolo errante ed evitare il pericolo. Indicazioni sulla lunghezza della barriera ci vengono date dalla figura
in basso:
a è la proiezione dell’ostacolo sulla strada; b è la lunghezza necessaria per la protezione da fuoriuscita
prima dell’ostacolo; c è la lunghezza per proteggere il veicolo proveniente da direzione opposta, d è la
lunghezza del terminale necessaria per proteggere il veicolo dall’impatto con la barriera non protetta.

L’angolo di uscita viene posto generalmente pari a 5° poiché studi confermano che questo approssima al
meglio la maggior parte degli angoli di uscita degli incidenti. La normativa italiana però, considera come
valore ottimale dell’angolo di uscita il valore di 10°.

-Step 12: Lunghezza minima barriera. La lunghezza minima delle barriere dovrà essere considerata mai
inferiore a quella riportata nel certificato di omologazione. Nella lunghezza minima non vengono
considerati i terminali. Secondo la normativa, i 2/3 devono proteggere l’ostacolo. Ma ciò funziona solo in un
verso di marcia. Per questo motivo conviene utilizzare le tecniche proposte dall’AASHTO e rispettare il DM
per quanto riguarda la lunghezza minima. Sempre secondo il DM, dove non è possibile installare un
dispositivo di lunghezza minima pari a quella testata, si può installare una estensione del dispositivo di
classe inferiore ma con la stessa classe di contenimento iniziale

-Step 13: Distanza di visibilità. Le barriere sulle curve orizzontali possono impedire la distanza visiva di
arresto cosi come quelle situate vicino le intersezioni. Questo succede quando si utilizzano barriere di tipo
H3-H4 particolarmente alte che non consentono una corretta visibilità

-Step 14: terminali. Un terminale non correttamente progettato può essere pericoloso. Questo può
infilzare il veicolo creando problemi grossi. Per evitare questo, l’AASHTO consiglia di spostare la parte finale
del terminale rispetto la direzione di traffico in modo tale che la parte più pericolosa sia lontana dalla
direzione di marcia.

-Step 14. Secondo il DM, tra i terminali rientrano gli attenuatori d’urto utilizzati nelle cuspidi delle
intersezioni. Possono essere Redirettivi e Non Redirettivi.

-Step 15: transizione. Le transizioni sono progettate per fornire una transizione fluida e senza intoppi tra i
diversi tipi di barriere nel punto in cui si incontrano, ad esempio ai parapetti dei ponti. Interfacce
inadeguate, installate in modo errato o mancanti rappresentano un pericolo per i veicoli che colpiscono le
barriere in corrispondenza o in prossimità del punto di interfaccia.
-Ste 15. Il DM lascia al progettista la progettazione delle transizioni senza introdurre particolari novità.
Attenzione agli impatti sulle transizioni: la barriera deformabile si romperà ed il veicolo impatterà con la
barriera rigida.
Quadro Normativo
Nelle barriere ad elevata resistenza, le prove in sito implicano anche la presenza di un veicolo leggero. Una
barriera troppo rigida può creare dei problemi per i veicoli leggeri. Vengono quindi introdotti 3 indici:
-Indice ASI, severità delle accelerazioni;
-Indice THIV, velocità teorica della testa;
-Indice PHD, decelerazione della testa dopo l’impatto.
L’indice ASI tiene conto di tutte le accelerazioni subite lungo i 3 assi che vengono misurate attraverso un
accelerometro posto all’interno del veicolo. Le accelerazioni misurate dovranno poi essere normalizzate
rispetto ai valori limite di sopportazione del corpo umano. Se i valori limite venissero superati si può
arrivare al decesso. L’Indice ASI si calcola quindi attraverso la formula:

Indice THIV esprime la velocità teorica con la quale la testa del conducente potrebbe impattare con un
qualsiasi punto interno del mezzo in seguito ad un impatto contro un dispositivo di sicurezza
L’indice PHD invece tiene conto dell’accelerazione che potrebbe avere la testa durante l’impatto:

Dispositivi per i motociclisti


Con il DM 1/4/2019 è stato regolamentato l’inserimento di barriere di sicurezza anche per le categorie più
fragili (motociclisti e ciclisti). Questi vengono posti in opera per proteggere chi sta sul mezzo da impatti con
la barriera stradale una volta che perde il controllo del mezzo. Per questo motivo questo tipo di dispositivi
si realizza in modo continuo. Devono essere montati quindi sulle barriere discontinue lungo il ciclo esterno
della carreggiata di tutte le strade aperte alla circolazione di questi mezzi e nelle curve a R < 250m e nelle
intersezioni in cui negli ultimi 3 anni si siano verificati almeno 5 incidenti che abbiano coinvolto
motociclette. Nelle curve circolari infine, questi devono essere estesi per un tratto minimo pari a R/10 e
non inferiore a 10m

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