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it 19 maggio 2020

ARTEMISIA: DONNA E PITTRICE

“L'unica donna in Italia che abbia mai


saputo che cosa sia pittura, e colore, e
impasto, e simili essenzialità.”

-ROBERTO LONGHI

Artemisia Gentileschi sviluppò la sua passione per la pittura sin da piccola, grazie al
padre Orazio Gentileschi che da sempre l’aveva indirizzata nel campo artistico.
Infatti Artemisia sapeva sin da bambina come preparare i colori, le varie tecniche
utilizzate dal padre, ma soprattutto conosceva già i grandi pittori della storia italiana,
partendo da Michelangelo e Raffaello fino a Carracci e Caravaggio. Il padre, che in
varie occasioni incontrò Caravaggio, era stato influenzato dal suo modo di
dipingere e questo si riflesse anche nelle tecniche pittoriche della figlia, anche se
Artemisia le lavora in modo diverso. Infatti nelle sue opere la luce è molto più
morbida anche se il naturalismo dell’espressività dei volti e dei corpi è la stessa.

I primi contatti pratici che Artemisia ebbe con la pittura furono delle collaborazioni
con il padre negli stessi quadri, il quale poi li firmava in quanto Artemisia come
pittrice donna non poteva farlo. Infatti inizialmente la sua passione e il suo talento
venivano nascosti. All’epoca le donne avevano i compito di sposarsi, essere buoni
mogli e procreare, quindi il talento di Artemisia non sempre fu visto come qualcosa
di positivo, anzi certi pittori la disdegnavano o la sminuivano.

Dopo la morte della madre, Artemisia sviluppò sempre di più le sue capacità
artistiche perché il padre la obbligava a passare la maggior parte delle sue giornate

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rinchiusa a casa. In questo periodo dipinse il suo


primo dipinto vero e proprio: Susanna e i vecchioni.
Essendo un’opera molto complessa e straordinaria
per la giovane età di Artemisia, che aveva solo 17
anni, è possibile che ci siano stati degli interventi da
parte del padre nel completamento del dipinto.

In questo quadro l’attenzione è concentrata sulle


figure rappresentate che caratterizzano un episodio
biblico nel quale una donna di nome Susanna venne
trovata nuda mentre si faceva il bagno da due
“vecchioni” i quali erano stati rifiutati dalla donna. Per vendicarsi gli uomini
avevano poi fatto condannare a morte la povera innocente. In questa scena Artemisia
si rispecchia a pieno, descrivendo dai gesti di difesa e dall’espressione disgustata di
Susanna la sofferenza e la ribellione provata
“MOSTRERÒ ALLA VOSTRA dalla pittrice stessa. Le due figuri maschili
ILLUSTRE SIGNORIA CIÒ CHE UNA
DONNA PUÒ FARE. […] LE OPERE rappresentano due colleghi e amici del padre,
PARLERANNO DA SOLE.”
tra cui Agostino Tassi il quale la perseguitava e
- MARY GARRARD
cercava di conquistarla in vano.

Successivamente la giovane pittrice venne violentata da Tassi e solo dopo un’anno


Orazio si informò dell’accaduto denunciando il collega. Dopo il processo, nel quale
venne messa anche sotto tortura, per mantenere il suo onore e per continuare a
dipingere, Artemisia si sposò con un fiorentino.

Questo avvenimento si riflesse nei due dipinti che fece il primo nel 1612 e il
secondo nel 1620 di Giuditta e Oloferne. In entrambi i quadri viene rappresentata
Giuditta che, dopo aver sedotto il generale degli Assiri, Oloferne, riuscì a
decapitarlo anche grazie all’assistenza della sua ancella. Questa scena era stata già
riprodotta da Caravaggio, con meno dinamicità e il personaggio di Giuditta era
molto meno coinvolto nell’accaduto.

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A SINISTRA LA
VERSIONE DEL
1612; A
DESTRA
QUELLA DEL
1620

Infatti Artemisia si personifica in Giuditta, vendicandosi dell’aggressione subita da


parte del pittore Agostino Tassi, mostrando la sua sicurezza, l’odio, la rabbia e la
decisione nel tagliare la testa al generale. In tutte e due le versioni spicca un
particolare contrasto tra l’eleganza degli abiti e dei gioielli di Giuditta e l’atto
violento e brutale che sta commettendo.

In seguito Artemisia divenne ufficialmente una pittrice della corte de’ Medici ed in
questo periodo aumentò di un gran numero la sua produzione. I soggetti erano
perlopiù donne ed eroine rappresentate in momenti di vendetta, di peccato, d’amore
e di ricerca di libertà come la conversione della Maddalena e la Giuditta con la sua
ancella

Entrò a far parte dell’Accademia del Disegno di Firenze, la prima donna alla storia a
far parte di un’accademia artistica e ad essere invitata a cene, eventi e spettacoli non
solo come accompagnatrice, ma venivano rispettati il suo talento e la sua posizione
alla quale era arrivata.

Nel 1638 circa Artemisia dipinse un suo autoritratto


intitolandolo Autoritratto come l’allegoria della pittura.
Infatti si riprese mentre stava dipingendo, con un volto
concentrato diretto verso la tela, mentre in mano tiene
fermamente un pennello e la tavolozza.

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Artemisia quindi fu la prima pittrice donna a far parte della storia, grazie alla sua
forza e determinazione riuscì a trovarsi un posto in una società dominata dal genere
maschile. Si può considerare una donna coraggiosa e ribelle, simbolo del
femminismo. Le sue opere tuttavia vanno apprezzate indipendentemente dal sesso e
dalla storia personale dell’artista, che ne ha fatto una sorta di icona, come un
contributo di notevole portate nel filone del caravaggismo sviluppatosi nel corso del
Seicento.

“ QUESTA FEMINA, COME E’ PIACIUTO A DIO, HAVENDOLA DRIZZATA


NELLE PROFESSIONE DELLA PITTURA IN TRE ANNI SI E’ TALMENTE
APPRATICATA CHE POSSO ADIR DE DIRE CHE HOGGI NON CI SIA PARE A
LEI, HAVENDO PER SIN ADESSO FATTE OPERE CHE FORSE I PRENCIPALI
MAESTRI DI QUESTA PROFESSIONE NON ARRIVANO AL SUO SAPERE.”

- ORAZIO GENTILESCHI

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