“Con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.
In questa domenica celebriamo la festa della Ascensione di Gesù al cielo. Una
tappa fondamentale nella vita di Gesù e nell’esperienza della Chiesa. Questa che celebriamo oggi è una festa ben strana, che neppure la fantasia più illuminata poteva mai inventare. L’autore del libro degli Atti degli Apostoli, la prima lettura, ci descrive con metodo, il momento nel quale Gesù sale al cielo: per non lasciare nulla al caso e per testimoniare al mondo che gli Apostoli non si sono inventati tutto su Gesù, ma che egli è davvero risorto ed è realmente salito al cielo. In questo contesto, Luca sembra aiutarci a riflettere che quello di Gesù non è un colpo di teatro, quasi avesse inventato una macchina capace di lanciarlo verso il cielo. Quella di oggi è una festa nella quale vi troviamo mescolati insieme tanti sentimenti: tristezza, gioia, distacco e presenza, inizio e fine. Questo ci fa comprendere che la luce della Pasqua doveva ancora compiersi e manifestarsi in tutta la sua forza. Oggi siamo al quarantesimo giorno e colui che ha vinto la morte splende in tutta la sua gloria. Il finale del racconto degli Atti ci sembra mostrare degli uomini presi umanamente dal panico, dalla paura per un amico che è partito e che li ha lasciati soli. Vi è comunque altrettanta gioia per uno che promette un grande ritorno per poi non andare più via. Scopriamo nella profondità della nostra fede che la tappa che oggi stiamo vivendo è una tappa importante, necessaria, come le fondamenta sulle quali si inizia a costruire qualcosa di più saldo e forte. L’evangelista Matteo vede questa tappa fondamentale, anzi necessaria come occasione per lanciare il tempo della Chiesa, il dopo, il tempo dei testimoni, l’inizio di un mondo nuovo che, cominciato con gli Apostoli, giunge e continua con noi. “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli”. Quell’andare, quel camminare di villaggio in villaggio, di città in città ha avuto inizio dalla familiarità con Gesù, da quel “vieni e vedi”, “vieni e seguimi”. Gli Apostoli comprendono che tutto il loro passato, non significava più nulla; contava solo il momento nel quale Gesù li aveva ridestati, li aveva richiamati alla vita. Con questa coscienza iniziano il loro personale cammino e con coraggio predicano per il mondo, portando l’annuncio del Regno, lieti e sicuri che non sarebbero mai più stati soli. Con il significativo momento dell’Ascensione, Gesù ha inviato i suoi “fino agli estremi confini della terra”, perché il tempo della comunità cristiana e la gioia dell’amicizia con Gesù vivo, fosse il tempo degli uomini, perché Egli non fosse più estraneo nella vita e nei gesti quotidiani di ciascuno. La solennità odierna ci aiuta a comprendere che il Signore si è legato agli uomini attraverso i suoi: a noi, egli continua a ripeterci, anche oggi, che non ci lascerà mai soli, che nonostante le nostre lontananze, le nostre fragilità e i nostri tradimenti egli è ancora qui e si rivela. È presente nella Chiesa, nella comunità cristiana: lo possiamo vedere, di lui e con lui possiamo ancora vivere e gioire. Questo compagno di viaggio è sempre più oggi da desiderare; lo possiamo incontrare e invitare ogni domenica e ogni giorno alla mensa eucaristica perché “senza di Lui non possiamo vivere”. Questo nostro compagno di viaggio si è fatto vedere e continua ad abitare anche oggi nella Sua Chiesa, in chi la guida, in coloro che solo i pastori umili e fedeli, in noi che vogliamo essergli fedeli, mentre continua a ripeterci: “Andate in tutto il mondo e annunciate il Vangelo”.