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Obiettivo, motivazione:
L’idea di sviluppare un generatore di Van der Graaff è nata nel 2006 all’interno di un gruppo di lavoro di fi‐
sica pomeridiano. Il percorso di lavoro si è orientato da subito verso la parte sperimentale giacchè avendo
compiuto ricerche in rete e in biblioteca, non si trovavano dati a sufficienza ma schemi approssimativi con
cenni riguardo la parte teorica e fenomeni fisici implicati.
carico positivamente. 2
6
5
(rullo già facente parte della struttura di
una vecchia stampante) 2
3
3) Rullo di plexiglas o legno riscoperto di scorch
polietilene (isolante carico negativamente)
(un cilindro di legno fissato a 2 cuscinetti a
sfera)
4) Cinghia di gomma isolante
(nastro di gomma elastico usato per esercizi 2
4
fisici )
5) Punte metalliche all’interno della sfera
(costruito con filo elettrico )
6) Superficie esterna della sfera carica
(la sfera è stata recuperata saldando due
insalatiere di metallo comprate all’IKEA)
Il procedimento svolto per sviluppare l’apparato sperimentale e renderlo operativo ha preso spunto da un
approccio empirico all’argomento scelto aiutati dalle conoscenze di fisica apprese nelle ore di scuola (la
parte dell’elettrostatica). Per certi versi quindi si è trattato di applicare il vero e proprio metodo scientifico
con:
Il progetto è partito dalla curiosità e dalla disponibilità di rovistare tra gli avanzi e i rottami del laboratorio
di fisica del Liceo Scientifico. Stavano per essere buttate nella spazzatura delle parti di una vecchia stam‐
pante, con motore e rullo di gomma, proprio quello che serviva! Usando vari attrezzi come mola a disco,
pinze ecc abbiamo sagomato e ripulito la struttuta da tutte le inutili sporgenze e punte metalliche che po‐
tevano compromettere l’esperimento (ricordiamo che la densità di carica è maggiore nelle punte accumi‐
nate o sporgenze).
In un primo momento si era scelto un rudimentale secchiello di metallo con dei chiodi fissati grossolana‐
mente con del nastro isolante alla superficie interna. Successivamente la ricerca si è spostata verso una so‐
luzione più consona : una sfera di circa 35 cm di diametro costruita con rete e filo di ferro e successivamen‐
te ricoperta da carta stagnola. Quest’ultima si è rivelata migliore della prima ma con ancora diversi proble‐
mi perché piena di protuberanze, punte
metalliche che avrebbero potuto
disperdere la carica. Abbiamo tuttavia
tentato lo stesso con questa, usando
come nastro isolante una cinghia di
plastica trasparente non elastica.
Da questo punto di vista per prima cosa abbiamo notato che la superficie del nastro era carica, senza tut‐
tavia porre un pettine all’estremità inferiore per indurre cariche da terra (che teoricamente si dovrebbero
depositare sulla superficie esterna del nastro e venire poi trasportate sulla sommità dove un altro pettine
le avrebbe raccolte e trasferite sulla superficie esterna della sfera). Ci siamo chiesti allora da dove potesse‐
ro arrivare queste cariche che assumevamo distrubuite all’interno e all’esterno del nastro. Inoltre non di‐
sponevamo di strumenti adeguati ma
eravamo forniti solamente di un
elettroscopio a foglie divergenti( anzichè
un voltmetro elettrostatico per misurare
70 se ci fosse stata differenza di potenziale
tra terra e l’estremità del filo all’interno
della sfera). Si è allora ipotizzato che il
nastro si caricasse col movimento dei rulli
(non avevamo mai osservato nelle
esperienze in laboratorio con i docenti
processi di caricamento per contatto di‐
retto tra due superfici, in questo caso
rullo‐cinghia). Tuttavia la sfera, anche se
erano presenti delle cariche sulla cinghia
di plastica, non si caricava. Il problema
non erano quindi ne i rulli, ne il nastro ma
a questo punto si doveva passare alla
verifica dell’efficacia delle punte
all’interno della sfera.
Maggio‐Giugno 2006
L’impresa si dimostrava più ardua del previsto. Prima di tutto, non avendo trovato foto a sufficienza sulle
possibili strutture alternative a quella costruita in precedenza, si è fatto affidamento all’inventiva e alla cre‐
atività per la realizzazzione di una nuova struttura in legno come sostegno del rullo superiore e della sfera.
La particolarità: occorreva che la distanza tra i rulli potesse essere regolata a nostro piacimento, il movi‐
mento fosse abbastanza scorrevole senza attriti per qualunque tipo di fascia di gomma elastica fossimo
riusciti a reperire. Aiutati per le parti più delicate da un genitore (ad esempio taglio con la sega circolare dei
vari pezzi di legno) ma poi totalmente indipendenti dai loro consigli, abbiamo dato vità ad una nuova strut‐
tura riportata in alto a destra.
Arrivati a buon punto per quanto riguarda struttura e parti del progetto ,l’attenzione si è focalizzata sulla
scelta dei materiali più consoni.Il nastro è una parte fondamentale nell’esperimento, esso infatti è il “vetto‐
re della carica”, dal pettine inferiore a quello superiore interno alla sfera. Il nastro inizialmente di plastica
trasparente (che compare nelle foto) è stato reperito da buste di plastica adibite a contenere federe e co‐
pricuscini. Non funzionava più se a contatto con esso giravano i rulli ricoperti dei due differenti materiali di
cui abbiamo parlato prima. Reperire una fascia di materiale elastico o gomma non è stata cosa facile. Come
seconda soluzione al problema si è pensato alle camere d’aria delle ruote delle biciclette, queste però
hanno forma tubolare e non sono adatte a scorrere su rulli. Successivamente con una piccola spesa si sono
potuti ricavare dei nastri di gomma dalle fasce elastiche per esercizi fisici reperibili nei grandi centri che
vendono materiale e attrezzature sportive. Quest’ultimo nastro si è rivelato funzionante. La carica si depo‐
sitava sulla sperficie.
Ottobre 2007
Dopo circa due anni di lavoro e ricerca il generatore di Van der Graaff si presentava come nella foto.
Più sicuri del possibile funzionamento dell’apparato sperimentale arrivò verso novembre il momento di te‐
stare la sua operatività. Ma anche questa volta il test diede risultati negativi: questa benedetta carica non si
accumulava sulla sfera!
Dopo un mese di ricerche in siti univeritari e vari colloqui con amici che frequentano il dipartimento di fisi‐
ca e ingegneria dell’Università di Padova si è arrivari a delle importanti modifiche bisognava:
• Verniciare la struttura poichè il legno (ancora più se umido) può essere un conduttore in presenza di e‐
levati voltaggi come nel caso del gene‐
ratore di Van der Graaff. In alternativa
modificare i sostegni costruendoli di
materiale isolante.
I pettini metallici
• Sostituire la sfera con una più piccola (benedetto IKEA!) per vede‐
re se il mancato funzionamento dipendesse dal fatto che la sfera
grande impiega troppo tempo per accumulare la carica necessaria
a generare il “campo elettrico di scarica”.
• Realizzare un più sicuro collegamento a terra tramite presa di corrente (la fase non è collegata e quindi
non c’è il rischio di far circolare la corrente elettrica della rete enel attraverso l’apparato sperimentale).
3,5 cm
Versione definitiva del genreratore di Van der Graaff Particolare del genreratore di Van der Graaff:
parte superiore interna alla sfera
Legenda:
Funzionamento teorico
1) pettine metallico collegato a terra
5
7) sfera più piccola con carica positiva
2
2
3 7
1
Il generatore funziona come una sorta di pompa elettrostatica:
2. Il rullo attrae carica opposta sulle punte del pettine perché, essendo di metallo, esso contiene cari‐
che libere di muoversi, gli elettroni di conduzione, che possono spostarsi (nel nostro esempio si ac‐
cumulano sulle punte affacciate al rullo)
4. L’aria e così sede di un flusso di carica il cui effetto netto è quello di “spostare” delle cariche dalle
punte al nastro. (Nota: i generatori di VDG hanno bisogno dell’aria per funzionare. Quindi non
funzionerebbero nel vuoto!)
L’altro capo delle punte metalliche è connesso tramite un filo a “terra”. Mentre le cariche negative passano
dal pettine alla cinghia, attratte dal rullo positivo, altre sono attirate attraverso la messa a terra. Il rullo
mantiene sempre la sua carica positiva, che provoca l’uscita della carica negativa dalle punte, perché è “iso‐
lato” dalla cinghia che intercette il flusso di carica. Complessivamente, il sistema agisce come una pompa di
carica in miniatura forzando la carica ad uscire dalla terra e a depositarsi
sulla superficie della cinghia.
Il processo si ripete;
Osservazioni e Test
Molte difficoltà sono sorte nel conciliare la teoria alla pratica, e vari fattori hanno influenzato l’esito delle
varie prove e test fatti.
Si è verificata la diversa efficienza delle due sfere. Se l’umidità dell’aria è ridotta, avvicinando la mano a 10‐
15 cm dalla superficie della sfera più piccola (ø = 30 cm) si avverte la sensazione elettrostatica tipica corri‐
spondente al fatto che “il pelo si alza”. Mentre avvicinando la mano alla sfera più grande (ø = 37 cm di dia‐
metro) la stessa sensazione si avverte in maniera apprezzabile già da 50 cm. Alla fine, pur osservando che la
sfera più grande era più efficiente si è scelto per motivi di sicurezza di utilizzare la sfera più piccola.
Di fondamentale importanza per il funzionameno è stato tirare il più possibile il nastro di gomma (quasi il
doppio della sua lunghezza a riposo). Questo infatti, come si è capito studiando la triboelettricità aumenta i
punti di contatto fra nastro e rullo aumentando la carica del rullo.
L’umidità
¾ Sono state effettuate alcune prove in un ambiente relativamente umido e in uno deumidificato e si è
riscontrao il netto miglioramento delle performance dell’apparato.
¾ L’umidità inoltre ha influito sul comportamento dei materiali usati per la struttura del generatore. In‐
fatti la prima struttura in legno non verniciata è risultata molto meno efficace di quella in PVC, favoren‐
do (ai voltaggi raggiunti dal generatore di Van der Graaff) la scarica a terra della carica accumulata sulla
sfera.
Per questo motivo è consigliabile progettare la struttura in plexiglas (come sostegno si può usare un tubo
abbastanza lungo ad esempio quelli della raccolta pile scariche).
Lo sporco e l’olio
¾ Se la più piccola goccia d’olio cade tra i rulli e il nastro, le loro facce non faranno attrito (l’olio non
provocando attrito tra superfci non permette ai materiali di caricarsi per strofinio‐contatto). Se occorre
lubrificare le parti meccaniche del motore, bisogna fare molta attenzione e non usare olio spray. Se si
pensa che l’olio possa aver ricoperto le superfici, bisogna pulirle molto accuratamente. Accaduto,
purtroppo!!
Anche lo sporco il pulviscolo magari prodotto durante la costruzione della struttura e depositatosi sui rulli
non ne permette il migliore contatto tra essi e il nastro di gomma.
Conclusioni
Costruendo questo generatore di Van der Graaff ho imparato molte cose che prima ritenevo marginali per
quanto rigurarda la fisica.
Ho imparato come si elabora un progetto e le diverse alternative che possono esserci per realizzarlo. Sotto
questo punto di vista il percorso seguito è stato prettamente sperimentale ma ha portato ad un apparato
sperimentale totalmente diverso da quelli in commercio, un apparecchio unico nel suo genere dalle carat‐
teristiche vicine a quelle del primo generatore sviluppato dallo stesso Van der Graaff (che sviluppava, per la
cronaca, 80000 volt di differenza di potenziale).
Oltre a ciò ho sperimentato il difficile rapporto tra la parte teorica e le centinaia di variabili tecniche che
abbracciano tantissimi aspetti della vita di tutti giorni: l’umidità, l’attrito, le proprietà dei materiali in certe
condizioni ambientali sono tutte cose di cui non ci si rende conto se non sviluppando modelli sperimentali.
Nulla sarebbe stato possibile però senza la determinazione e la voglia di scoprire nel vero senso della parola
i segreti di questo esperimento in ogni suo minimo dettaglio. Capire che sperimentare è un momento in cui
mettersi alla prova con le proprie conoscenze e con il mondo che ci circonda.
Dal un punto di vista teorico il fenomeno che mi ha più incuriosito è stato la triboelettricità.
Triboelettricità.
L’elettrificazione di un materiale non richiede necessariamente lo strofinio delle due superfici ma il sempli‐
ce contatto; un esempio di questo effetto si può notare quando si srotola un nastro adesivo. Le due super‐
fici del nastro sono strettamente a contatto tra loro prima della loro separazione; con la veloce separazione
delle due superfici (adesiva e liscia) si sviluppa una differenza di potenziale di alcuni kVolt.
Mettere a contatto due superfici determina un fenomeno detto di SERIE TRIBOELETTRICA
adesione: si formano dei legami chimici nei punti di contatto. Per Forte carica positiva
punti di contatto si intendono i punti in cui la distanza tra atomi
+ pelle umana
dei due diversi materiali è dell'ordine di qualche Å. Si tratta, in ge‐
nere, di piccole percentuali delle superfici vicine. In questi punti di Pelliccia
interazione tra i due materiali gli elettroni sono legati ai rispettivi Vetro
atomi con energie diverse e possono passare dagli atomi di un ma‐
Quazo
teriale in cui l'energia del legame è inferiore a quello in cui è mag‐
giore. I materiali che acquistano elettroni (carica elementare nega‐ Mica
tiva) si caricano negativamente, mentre quelli che cedono elettroni Capelli umani
si caricano positivamente. Se i materiali sono conduttori si avrà
Nylon
una redistribuzione uniforme degli elettroni in un tempo caratteri‐
stico (detto tempo di rilassamento); altrimenti la carica elettrica Lana
rimarrà localizzata nei punti in cui è avvenuto lo scambio, con ef‐ Piombo
fetto triboelettrico più accentuato. Lo strofinio non fa altro che Seta
aumentare, nel tempo, i punti di contatto tra le superfici e quindi
Alluminio
moltiplicare il fenomeno. Va notato che nel contatto si può mani‐
festare anche uno scambio di ioni o frammenti di intere molecole e Carta (debole carica positiva)
che a livello microscopico vi sono aspetti del fenomeno simili al‐ Cotone (No carica)
l'attrito. Al momento del distacco, a causa del forte campo elettri‐
Ferro (No carica)
co presente, si manifestano fenomeni di scarica elettrica che por‐
tano a riscaldamento (fenomeni piroelettrici) e ritorno parziale de‐ Legno (debole carica negativa)
gli elettroni scambiati al materiale originario (in inglese: Charge Ambra
backflow). I materiali si possono quindi classificare in base alla loro
Acrilico
tendenza ad “accettare” elettroni, costruendo così un elenco ordi‐
nato di materiali chiamato SERIE TRIBOLELETRICA. In base a questo Polystyrene
elenco è possibile progettare macchine elettrostatiche e su questo Gomma dei palloncini
elenco sono stati scelti i materiali per i rulli.
Nickel, Oro bianco , Platino Acetato,
(In rosso i materiali usati in blu le linee di demarcazione della serie) Gomma sintetica,
Polyestere, Polyurethane ,
Polyethylene (come lo Scotch)
Polypropylene,PVC,
Silicone,Teflon, Gomma al silicone
http://amasci.com/emotor/vdg1.html#links
http://en.wikipedia.org/wiki/Van_de_Graaff_generator
http://ireswww.in2p3.fr/ires/recherche/vivitron/uk/page5.htm
Fondamentale per la riuscita dell’esperimento è stato l’aiuto della professoressa Federica Berto e del
professore Roberto Schiavon.
Un ringraziamento speciale inoltre va al professor Massimo Nigro, Giancarlo Bettella, Paolo Parisotto del
dipartimento di fisica Università degli studi di Padova che mi hanno informato sulle problematiche che può
avere un generatore di Van der Graaff.