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ISRAELE

&
PALESTINA
Sono pazzi questi Abramiti
28 dicembre 2022, si parte per un nuovo viaggio,
ancora con AnM, la meta è Israele, un paese
grande come il Piemonte e la val D’Aosta
assieme. Un paese con una storia intricata, fatta di
guerre, distruzioni, suicidi di massa ma anche
culla della nostra civiltà (primato condiviso con
qualche altro luogo). Qui nasce la religione
ebraica con Abramo patriarca dell’ebraismo, del
cristianesimo e dell’islam. Luogo di predicazione
di Gesù, in particolare la zona a nord del lago
Tiberiade è un susseguirsi di chiese e basiliche
dove si ritiene Gesù abbia fatto qualche miracolo
o qualche particolare predicazione; difficile
dimostrare la storicità di questi luoghi ma poco
importa se a Tibgha Gesù moltiplicò i pani e i
pesci, alla gente per credere ha bisogno simboli e
qui certo non mancano. Cosa dire poi di
Gerusalemme, città sacra per tutte e tre le
religioni citate, la cupola della roccia rappresenta
ben due simboli: qui Abramo stava per sacrificare
suo figlio Isacco ma sempre qui Maometto salì in
cielo. A lato la cartina del viaggio, in rosso i
luoghi dove abbiamo dormito e in blu quelli che
abbiamo visitato. Per girare avevamo un pulmino
con autista palestinese non particolarmente
simpatico ma il pezzo forte era la sua
preparazione: nulla.
Il gruppo degli intrepidi, da sinistra

• Claudia, la mascotte, la più giovane del gruppo sempre l’ultima ad arrivare perché deve
fotografare, lavora a Tunisi ma non ho ben capito cosa faccia, la immagino in un sontuoso
ufficio che studia carteggi in inglese e decide se cassare o meno qualche importante progetto
• Alessia, la selezionatrice, avete presente quegli studenti defilati che non si mettono ne al
primo ne all’ultimo posto? Quelli che arrivi a fine quadrimestre e ti accorgi che ti sei
dimenticato di interrogarli? Questa è l’immagine della selezionatrice.
• Monica, la decana, diversamente giovane, 48 viaggi con AnM alle spalle, un mito, chissà
quanti di noi riusciranno ad invecchiare con il suo spirito
• Alessandro, il saggio, di formazione perito elettronico, tutto il viaggio mezzo influenzato,
quando gli animi si scaldano lui ha sempre una frase risolutiva.
• Lorella, dottoressa (ne abbiamo ben quattro in questo viaggio), moglie del coordinatore.
• Enrico, il coordinatore, completamente all’oscuro delle vicende bibliche affronta questo
viaggio in modo inconsapevole
• Fabio, l’ingegnere, romano, con accento romano ed un modo di fare che sembra romano
• Vanni, il medico, pugliese, anche lui fotografo, la sua principale caratteristica è la
resilienza, sempre tranquillo in ogni situazione.
• Mirco, il prezzemolone, marito della milanese, avete presente quei momenti che dopo aver
tanto atteso che si liberasse un posto per fare una bella foto e poter dire a casa che eravate da
soli? In quel momento sbuca lui, nell’esatto istante in cui premi il pulsante, c’è qualcosa di
diabolico
• Laura1, l’avvocato, siciliana, nonostante le sue origini sempre tranquilla e accomodante
• Beppe, il cassiere, detto anche braccino corto, ma essendo anche l’autore di questo scritto ci
fermiamo qui.
• Daniela, dottoressa, stagista, fotografa e iscritta ai numerosi figli adottivi di braccino corto e
consorte
• Giorgio, il datario, snocciola date come fossero noccioline, le malelingue dicono che è una
tecnica per abbordare le ragazze: butta lì due date a caso e queste poi son pronte a tutto!
• Laura2, la milanese, una delle più attive, sempre con la lonely in mano
• Anna, insegnante di sostegno delle elementari, moglie di braccino corto, lo segue oramai da
trent’anni, soprannominata Santa Patata.
• Roberta, la gattara, bastian contrario quando si tratta di cenare ma quando incontra un gatto
va in visibilio.
Giorno 1 → 28 dicembre
Il gran giorno è arrivato, sono sul treno Bolzano-Roma, ci aspettano due giorni di trasferimenti, ne
approfitto per leggere un po’ di storia, per scrivere il diario e per riflessioni varie. Per la maggior
parte delle persone i nostri viaggi non sono vacanze ma solo stress. Per metà hanno ragione, non
sono vacanze nel senso etimologico del termine: ‘vacanza proviene dal latino "vacantia”, da
vacans, participio presente di "vacare" che significa essere vacuo, sgombro, libero, senza
occupazioni’. Puntuali arriviamo a Roma Termini, prendiamo il treno per Fiumicino, poi il bus per
l’Airport Hotel.

Giorno 2 → 29 dicembre
Alle 7.30, puntuali siamo in aeroporto e ci incontriamo con il gruppo dei romani: la Decana,
l’Ingegnere, il Medico di famiglia, la Dottoressa/stagista/fotografa e la Mascotte. Manca solo
l’Avvocato che scopriremo essere arrivata direttamente in aereo dalla Sicilia, quindi, è già al gate.
Sembrano simpatici, speriamo bene!
10:35 Roma→13:35 Atene
Arriviamo un’ora prima dei milanesi, ad Atene bisogna uscire e rifare i controlli ma tanto abbiamo
tempo. Poco prima dell’imbarco ci incontriamo con i milanesi e vengo eletto cassiere. Me la sono
cercata, volevo provare questa inebriante esperienza.
17:20 Atene→19:20 Tel Aviv
A Tel Aviv i controlli sono veloci (pensavo moolto peggio). Con il pullman andiamo
all’appartamento, non è facile trovarlo, arriviamo alla strada indicata da booking ma non c’è nulla,
il Coordinatore parte alla ricerca dell’agenzia, noi rimaniamo al pullman. Subito si vede il carattere
del gruppo, nonostante le difficoltà, nonostante ci troviamo in un quartiere periferico di Tel Aviv
noi siamo sereni e resilienti! La Dottoressa/Stagista trova pure un pretendente: un anziano signore,
non si capisce se israeliano o palestinese ma sicuramente con elevato tasso alcolico, dice frasi in
inglese con senso non proprio chiaro. Enrico torna, ha trovato l’agenzia, non gli ha accettato il
pagamento con la carta di credito e, tocca pagare in contanti. Siamo in un miniappartamento da 6, a
malapena dignitoso, esattamente nello stile degli hotel che prenoto io usualmente. Concludiamo la
serata da un kebabbaro a self-service e torniamo in stanze, ci rimane solo da decidere cosa fare
domani: vedremo Tel Aviv velocemente per iniziare subito il tour perché d’inverno i siti chiudono
un’ora prima rispetto all’estate e domani è venerdì e quindi si toglie un’altra ora. Dobbiamo essere
all’ultimo sito massimo alle 14!!!!
Giorno 3 → 30 dicembre
Dopo la lunga discussione di ieri sera si
decide per visitare Giaffa molto
velocemente per dirigerci subito a Cesarea,
si proseguirà per Beit She’arim, Mageddo
dove si combatterà l’ultima battaglia, Haifa
e i suoi favolosi giardini, concluderemo poi
con Akko dove pernotteremo. Non tutto
andrà per il verso giusto ma si sa un vero
viaggio è fatto di imprevisti e di programmi
traditi, l’importante non è la meta ma la
strada.
Viene a prenderci il pullman alle 7:30 e ci
spostiamo a Giaffa a fare colazione,
troviamo un buon panificio pasticceria dove
diamo sfogo alla voglia di qualcosa di buono
(Braccino Corto si lamenterà dei 5€ a testa
spesi di cassa comune) poi facciamo una
breve passeggiata per il centro storico.
Passiamo dalle parti della torre
dell’orologio, di epoca ottomana, il luogo
sembra bello peccato che il tempo è poco,
ancora speriamo di venirci l’ultimo giorno
ma alla fine rinunceremo.

Mentre Tel Aviv ha una storia recente, Giaffa (enclave a sud della metropoli) ha una
storia millenaria, sembra che esistesse già nel XVIII a.C., e viene citata dalla Bibbia,
come Joppa. Come tutta Israele fu conquistata da vari popoli (Assiri, Babilonesi,
Alessandro Magno, …) gli unici a cui non interessò furono i romani. All’inizio del XX
secolo a nord cominciarono ad insediarsi i primi ebrei fondando l’attuale Tel Aviv.

Tel Aviv→Cesarea (50’, 60km)


Prima tappa la spiaggia dell’acquedotto, il posto è scenografico con un pezzo dell’antico acquedotto
di epoca romana che alimentava Cesarea, portava acqua da sorgenti lontane 16km, banale dirlo ma
la solita incredibile opera ingegneristica dei romani. Peccato che arriviamo assieme ad altri due
pullman stracarichi di turisti così si perde in atmosfera (lo so sono delicato e anche un pelo
rompiballe ma in queste situazioni mi sento fuori posto)
Vicino all’acquedotto c’è l’ingresso di Cesarea marittima, conviene fare la Israel pass che poi si
utilizzerà in altre occasioni.
Sembra quasi di immaginarlo quando nel 10 o 9 a.C. il porto di Cesarea Marittima
venne inaugurato, era uno dei porti artificiali più sofisticati del suo tempo. La sua
costruzione fondeva metodi tradizionali con tecniche ingegneristiche innovative. Il
porto copriva una superficie di 2,43∙105m2, il molo era lungo 1,8km e i frangiflutti
proteggevano il bacino. Potevano essere ormeggiate centinaia di navi di dimensioni
diverse. La fondazione era ben più antica, sembra fosse un insediamento Fenicio
durante il periodo ellenistico. Da questo porto partiva una grande quantità di rotte,
in particolare il vetro grezzo era una delle esportazioni più importanti, molte
officine del vetro sorsero nella zona grazie alla grande disponibilità della materia
prima.

Entrando il primo ambiente che si incontra è il teatro, il restauro è eccessivo, non è particolarmente
attraente, andando verso il mare si incontrano varie strutture:
• Il pozzo romano dove furono trovati
una sessantina di frammenti di
piombo del IV dC, si presume
tavolette di condanna e incantesimi
gettati intenzionalmente come
pratica magica. Nonostante oramai il
cristianesimo fosse religione
ufficiale le vecchie abitudini
faticavano ad essere abbandonate.
• Palazzo con piscina, un raffinato
palazzo con piscina, grazie alla
sabbia l’ala est è stata ben preservata
e comprende un triclinium Bagni del governatore (epoca bizantina)
fiancheggiato da due stanze più
piccole riccamente decorate e provviste di bagno. Le scale NE conducevano al palazzo
superiore, nei pressi è stato trovato un mikveh (bagno rituale ebreo)
• Ippodromo di Erode, costruito nel 10/9 a.C. per
l’inaugurazione della città, vi si tenevano corse di cavalli,
carri, gare di atletica, combattimenti fra gladiatori e gare di
caccia. Le fonti storiche certificano che venne usato per
mandare a combattere prima gli ebrei e in seguito i
cristiani, sia contro gladiatori che contro bestie feroci.
• Processo a san Paolo. Nel 58 d.C. Saulo di Tarso,
accusato di aver provocato una sommossa, venne ascoltato
nei pressi dell’ippodromo ed, essendo cittadino romano,
venne mandato a Roma perché venisse processato, salperà
da Cesarea.
• Il mitreo: All’epoca di Erode andava molto tra i
legionari il culto di Mitra, se Costantino avesse fatto scelte
diverse saremmo tutti mitraici e il 25 dicembre avremmo
festeggiato Mitra sol invictus

Centro commerciale romano

Cesarea→Haifa (33’, 43km)


Mal consigliati dall’autista invece che andare a Bet She’arim ci dirigiamo direttamente ad Haifa per
vedere i giardini Baha’i. Nel mio immaginario questa era per me una tappa imperdibile, non tanto
per la bellezza del luogo in sé, quanto per il significato

Il Bahaismo: ho sempre pensato che se esiste Dio o tutte le religioni hanno torto o tutte
hanno ragione (io propenderei per la prima
ipotesi ma anche la seconda ha il suo perché).
Ali Muhammad nella prima metà del XIX secolo
pensò di unificare un po’ di religioni,
considerando Abramo, Mosè, Buddha, Krishna,
Zoroastro, Gesù e Maometto come i suoi profeti.
Dichiarò di essere il Bàb (la porta) e profetizzò
l’arrivo di un’ulteriore profeta ‘colui che Dio
avrebbe reso manifesto’. Peccato che queste
cose le disse in Persia (l’odierno Iran) e ai
mussulmani non piacque per niente così dopo un
periodo di prigionia lo fucilarono. Nel 1866 un
babi di nome Mirza Hussein Ali, finito in
carcere, ebbe l’illuminazione e disse di essere
lui il profeta. A Mirza andò meglio, fu esiliato,
così poté continuare a predicare e fondare
questa nuova religione il cui nome deriva dal
termine arabo baha (gloria). Interessante che
per questa religione non si può nascere Baha’i
ma che a 15 anni si è in grado di scegliere.
Arrivati ad Haifa scopriamo di poter vedere i giardini solo da fuori perché per accedere bisogna
prenotare una visita guidata. Questo luogo diventa un’ottima occasione per discutere del
pastafariesimo; religione a cui mi convertirò se mai deciderò di voler credere in qualcosa.

Haifa→Necropoli di Beit Shearim (25’, 25km)


Partiamo per l’ultimo sito di oggi, siamo di fretta, visto che è venerdì chiude alle 15 ma l’ultima
entrata è alle 14, siamo proprio tirati, l’autista sbaglia strada, si perde. Arriviamo giusto 15 minuti
prima della chiusura ed entriamo di tutta fretta.

La necropoli di Bet She’arim (casa delle due porte) è considerato una delle più
affascinanti d’Israele. Qui furono sepolte persone provenienti da tutto il paese e oltre. La
vasta necropoli della città è scolpita nel morbido calcare e contiene più di 30 sistemi di
grotte funerarie. Sebbene solo una parte della necropoli sia stata scavata, è stata
paragonata a un libro inciso nella pietra. Le sue catacombe, i mausolei e i sarcofagi sono
decorati con simboli e figure elaborati, nonché un'impressionante quantità di iscrizioni
incise e dipinte in ebraico, aramaico, palmireno e greco, che documentano due secoli di
conquiste storiche e culturali.

Ci mettiamo un po’ ad orientarci ma alla


fine riusciamo a visitare velocemente il
primo gruppo di tombe, particolarmente
bella la Cave of the coffin, una imponente
catacomba di notevoli dimensioni
(75mx75m), l’ingresso è a tre arcate,
dentro si trovano 135 bare, 20 delle quali
finemente decorate con simboli dal mondo
animale, in fondo si trova anche la così
detta ‘madre di tutte le menorahs’. Il
tempo stringe, decidiamo di andare anche
al gruppo di tombe più distante, io e Santa
Patata partiamo veloci e fortunatamente non ci accorgiamo del cartello di divieto, gli altri lo vedono
e tornano indietro. Le tombe ‘proibite’ sono meno belle delle altre ma visto il luogo più selvaggio ci
si sente dei novelli Indiana Jones ad esplorare questa zona. Torniamo un po’ preoccupati perché non
capivamo come mai gli altri non ci hanno seguito.

Beit Shearim→Akko (30’, 40km)


Arriviamo in tempo per andare a goderci il panorama sulle mura di questa favolosa città crociata,
domani ci occuperemo della visita dei principali siti questa sera rilassante giro per il suq e cena ad
un buon ristorante vicino alla porta di mare.
Giorno 4→31 dicembre

Io e Santa Patata ci svegliamo alle 6 per andare a vederci l’alba dalle mura, la luce è bella ma l’alba
non riusciamo a vederla perché c’è un po’ di foschia. La città è veramente scenografica, chiamata
città crociata, in realtà gran parte di quello che si vede non è stato costruito dai crociati.

Verso il 1100 la città era in mano ai crociati, fu un porto di una certa importanza, anzi il
più importante porto in terra santa dell’epoca. Arrivò Saladino e cacciò i crociati (era il
1187), poi però ritornarono i crociati e se la ripresero. Nel 1291 arrivarono i mamelucchi
che assediarono la città e in due mesi la conquistarono e siccome si erano rotti dei
crociati che tornavano a riprendersela la rasero al suolo così era meno appetibile. Dopo
quasi 500 anni fu Al Jazzar (‘il Macellaio’), di origini bosniache, governatore di Akko che
fece costruire le mura attuali, nel 1750 eresse delle mura sopra le vecchie mura crociate,
in questo modo fu in grado di respingere Napoleone (ma fu aiutato dai britannici) e in
seguito (verso il 1800) edificò ulteriori possenti mura.

Dopo un piacevole giro per i vicoli della città che si


sta risvegliando ci incontriamo con il resto della
ciurma, si fa colazione e poi si va al centro
visitatori a fare il biglietto cumulativo per i siti
della città. Per accedere al centro visitatori si passa
per il bel ‘giardino incantato’, costruito seguendo le
informazioni storiche del giardino di epoca
crociata. Prima di iniziare la visita si vede un breve
filmato in italiano con stile un po’ bambinesco ma
simpatico, poi iniziamo con la visita della
cittadella.
È una fortificazione ottomana che serviva per rafforzare le difese del muro settentrionale, la parte
più emozionante della visita sono i sotterranei con le sale dei cavalieri, ambienti costruiti dagli
ospitalieri in epoca crociata.
Usciamo dalla cittadella e ci dirigiamo alla Moschea di Al
Jazzar: sono molto belli sia gli esterni, ricchi di marmi, sia gli
interni, piacevolmente decorati.
Proseguiamo per l’Hammam Al Pasha, un bel hammam
trasformato in museo, pieno di statue di metallo che
rappresentano come dovevano essere utilizzati i vari ambienti,
peccato per il filmato che ci obbligano a vedere, alquanto
pacchiano e inutilmente lungo.
Ultima tappa del giro il tunnel dei templari, un passaggio
sotterraneo lungo 350 m che veniva utilizzato appunto dai
cavalieri templari per collegare la loro fortezza al porto.
Giriamo il resto della mattinata senza una vera e propria meta
(volevamo vedere la sinagoga ma era chiusa, la chiesa
ortodossa di san Giorgio ma c’era una funzione) ci ritroviamo
per caso per una zona con diversi lavori di artisti locali molto
bella e piacevole da girare. Alle 11.50 concludiamo il giro e
partiamo con il pullman

Akko→Zippori (32’, 35km)

Il nome attuale deriva da Tzippori, che dovrebbe significare ‘uccello’ perché grazie alla
sua posizione si poteva controllare il territorio dall’alto. Antipa, governatore del regno di
Giuda di dinastia asmodea ne fa la capitale del suo regno e costruisce il teatro. In
seguito, con la conquista romana passerà sotto il controllo di Erode ma a seguito della
sua morte ci fu una rivolta di Ebrei e i romani secondo lo stile che li contraddistingue
raderanno al suolo la città. Il figlio di Erode la ricostruì e, stranamente, non partecipò
alla prima guerra giudaica, così la città fu risparmiata. Grazie a questa felice scelta
divenne nel secondo secolo dopo Cristo un centro religioso della Galilea. Peccato che poi
nel IV d.C. invece partecipò ad una rivolta sedata nel sangue dai romani.

Arriviamo con vento freddo, appena entrati si vedono


le due principali strade: il cardo e il decumano ancora
perfettamente conservate. Proseguendo si incontrano
i resti della casa del Nilo (così chiamata per un bel
mosaico in cui è rappresentato il Nilo in piena
circondato da scene di caccia). Il pezzo forte però è
una abitazione con mosaici (casa di Dionisio), tra i
quali spicca quello nominato come la Monnalisa di
Zippori, obiettivamente molto bello e raffinato.
Vicino si può salire sulla fortezza costruita dai
crociati, sulla terrazza si può godere di una vista eccezionale. Proseguendo si possono poi incontrare
i resti di abitazioni, presumibilmente di ebrei visto la presenza di piccole sale per il bagno rituale.
Infine, si incontra il teatro ma è di scarso interesse visto che è stato pesantemente restaurato.
Tzipori→Nazareth (20’, 15km)
Se c’è una tappa del viaggio che salterei tranquillamente senza rimorsi questa è proprio Nazareth:
caotica città, le chiese sono moderne e non particolarmente affascinanti, il suq è turistico, colpisce
che nemmeno si sentono i tipici odori dei classici mercati arabi.

Nazareth è famosa universalmente come la città di origine di Gesù, che secondo i Vangeli,
pur essendo nato a Betlemme, vi abitò durante la sua infanzia e giovinezza. A Nazareth,
inoltre, sempre secondo i Vangeli, avvenne l'Annunciazione, cioè l'annuncio della sua
prossima nascita, che venne fatto a sua madre Maria dall'arcangelo Gabriele.

Appena scesi dal bus ci fiondiamo alla basilica


dell’annunciazione, il nome già ci fa
immaginare cosa rappresenti, la facciata è
carina anche se nulla di entusiasmante, dentro
vari quadri della madonna con bambino, dono
di comunità di svariati paesi del mondo e
signori incazzosi che chiedono di fare silenzio.
Una volta entrati scendendo una breve scalinata
si può vedere la Grotta dell’annunciazione,
luogo che, secondo la tradizione, si trovava la
casa di Maria. Di fronte alla chiesa una statua in
bronzo di san Giuseppe con il ginocchio ben
lustrato ma non conosco quale curiosa tradizione rappresenti (Giuseppe protettore delle protesi al
ginocchio?). Proseguiamo entrando nell’austera chiesa di san Giuseppe, costruita nel luogo dove
aveva la bottega di falegname. Stanchi di tutta questa spiritualità saliamo per il suq, ma come già
detto nulla di entusiasmante. Facciamo una piccola sosta alla Moschea Bianca e infine tentiamo di
entrare nella chiesa greco-ortodossa dell’Annunciazione ma ci chiudono la porta in faccia: dentro
c’è una funzione. Ritorniamo sconsolati al bus per prepararci al Capodanno.

Nazareth→Tiberias (50’,40km)
Arriviamo al Club Hotel Tiberias, lusso sfrenato, almeno per i nostri standard, dove festeggeremo
il Capodanno.
Giorno 5→01 gennaio
Ieri sera la discussione è stata serrata, il
gruppo si divide in due partiti: PPP (Partito
della Partenza Presto) e PPC (Partito della
Partenza con Comodo), la serata rischia di
sfociare in rissa, ci sono tentativi di
corruzione, chi, come braccino corto
vorrebbe partire alle 8 e chi vorrebbe partire
alle 9. Visto il luogo in cui ci troviamo
optiamo per una decisione salomonica:
partiremo alle 8.30 e non visiteremo
Tiberiade.
In realtà partiremo un po’ dopo l’ora
prestabilita e questo Braccino Corto se l’è
legato al dito, ma il PPC a grande
maggioranza ha stabilito dove può mettersi
il dito.
Comunque oggi abbiamo un po’ di strada
che ci aspetta, si fiancheggia il lago fino al
suo estremo nord per poi inoltrarsi nelle
alture del Golam. Qua e là si incontra
qualche sparuto villaggio, sarebbe bello
capire qualcosa in più di questa terra
martoriata, fermarsi in qualche villaggio,
cercare di capire lo stato d’animo delle
persone ma qui siamo turisti, non
viaggiatori!

Era il mattino del 5 giugno 1967 quando Israele fece partire l’operazione Focus, un
attacco a sorpresa contro l’aviazione egiziana, annientandola quasi completamente. La
situazione sembrava disperata (per Israele): Egitto, Siria e Giordania erano pronti ad
attaccare e avevano pure l’appoggio dell’Iraq. Ma alla fine la situazione si ribaltò e l’11
giugno si concluse il conflitto con una netta vittoria israeliana e l’annessione di vari
territori, tra cui le alture del Golan.

Nimrod→Bental (1h, 60km)


Arriviamo in cima a questo cono vulcanico,
subito si incontrano delle inquietanti sculture
in ferro dell’artista olandese Joop de Jong, c’è
un vento gelido, poco oltre un bar, superato
quest’ultimo… ci troviamo davanti resti di
carri armati, trincee, in lontananza si vede il
confine con la Siria, allora mi rendo conto
che qui si è combattuta la guerra dello Yom
Kippur
A differenza della guerra dei sei giorni, questa volta gli israeliani non se l’aspettavano, il
6 ottobre 1973, in occasione dello Yom Kippur, festa ebraica in cui tutto il paese si ferma
per 25 ore, siriani ed egiziani attaccarono. Gli israeliani erano stati mal informati dai
loro servizi segreti (o forse gli egiziani sono stati abbastanza bravi a sviarli) e ritenevano
improbabile un attacco in tempi brevi, così sono stati colti di sorpresa. Nonostante lo
svantaggio israeliano, sia in termini di mezzi sia di uomini, alla fine riuscirono a resistere
e a mantenere le posizioni.

Bental→Banias (35’, 30km)


Arriviamo velocemente alla riserva naturale di Banias, ci sono due parcheggi, noi ci facciamo
lasciare a quello nei pressi del palazzo di Erode Agrippa e l’autista verrà a prenderci all’altro
parcheggio nei pressi della cascata.

Questo è cosa doveva apparire ad un visitatore del I dC, erano templi fatti costruire da Erode Agrippa nipote di Erode il Grande.

Le conquiste di Alessandro Magno portarono i greci a Banya. I Greci furono così colpiti
dalla bellezza naturale del sito che decisero di santificare la grotta dedicandola a Pan,
dio della foresta, prese il nome di Panyas (in seguito divenne Banyas nella pronuncia
araba). Durante il periodo romano apparvero altri templi, con statue dedicati ad altre
divinità. Con l’avvento del cristianesimo lentamente questo luogo fu abbandonato.

Adesso si vede gran poco, qualche misero resto, delle nicchie scavate nella roccia e una profonda
grotta, nonostante ciò, ha un suo fascino, esiste un sentiero che porta a piedi alla fortezza di
Nimrod, sarebbe carino farlo ma non c’è tempo, peccato.
Dopo aver fatto il breve percorso che porta vicino ai resti dei templi
andiamo a piedi all’altro parcheggio (sono circa 2km) per vedere le
famose cascate e il sentiero sospeso. Il percorso è carino e rilassante, la
vegetazione è lussureggiante e si fiancheggia il torrente Banias, lungo il
sentiero si incontra un vecchio mulino a movimento orizzontale. Il posto
non è male ma quando leggi che è uno dei siti naturalistici più belli di
Israele si hanno delle aspettative piuttosto alte, la conclusione ovvia
(almeno per me) è che non si viene a visitare Israele per i siti
naturalistici. Comunque, la cascata è carina e il sentiero sospeso merita
di essere percorso. Lungo il percorso alcuni fiori interessanti: il
ciclamino persiano, simile al nostro e degli anemoni coronaria. Sosta
caffè e poi si riparte per la vicina fortezza.

Banias→Nimrod (10’,10km)
Arrivare alla fortezza di Nimrod è un breve percorso (e come accennato avendo tempo ci si arriva
anche a piedi, sul posto indicano 2 ore di cammino ma in genere qui sono molto larghi con i tempi).
Usciamo dal bus con un vento patagonico, si parte in salita per degli scalini, il posto è suggestivo,
non c’è un vero e proprio percorso obbligato e c’è parecchio da visitare

La fortezza di Nimrod è la più grande e imponente fortezza mussulmana medievale


sopravvissuta in Israele. Serviva a controllare la strada da Tiro in Libano verso
Damasco. La parte orientale fu costruita nel 1228 dal governatore ayyubide Al-Aziz
Uthman come avamposto contro i crociati, nel 1230 viene ampliata e prende le
dimensioni attuali. Costruita per contrastare i crociati deve invece contrastare l’avanzata
dei mongoli (comunque alleati anche dei crociati), nel 1260 la fortezza viene conquistata
dai mongoli che, dopo aver smantellato alcune difese, la lasciano al loro alleato, il figlio
di Al-Aziz (i mongoli hanno come obiettivo i mameluchi). In seguito, i mongoli vengono
sconfitti dai mamelucchi e il castello perde di interesse. Lo stato attuale è dovuto al
disastroso terremoto del 1759.

Uno dei posti più scenografici del


viaggio, il complesso si estende
approssimativamente lungo la direttiva
est-ovest per una lunghezza di 815 m,
lo si può immaginare diviso in due
sezioni: la parte ovest con le sue torri,
collegata ad una sorta di cittadella a est
con un possente muro rinforzato da torri
difensive. La costruzione segue
sapientemente la topografia del luogo
ed è costruito con grossi massi calcarei
intagliati con grande precisione. Il suo
stato lo rende ancora più affascinante, ci
si sente dei novelli esploratori in cerca di inesplorati anfratti. Starei delle ore a girare un posto del
genere, ma il tempo è tiranno tocca ripartire per l’ultima tappa della giornata.
Banias→Safed (1h,60km)
Ritorniamo verso sud per sostare a Tsfat e pernotteremo a EretZefat,
a circa 2km dal centro città. Dopo esserci sistemati partiamo
velocemente per il centro città, l’autista per una volta decide di
essere gentile e si offre di accompagnarci a cena in centro. Come nel
suo stile, non conosce nulla dei posti che visita così parcheggia ben
lontano dal centro, poi scopriamo che vorrebbe finire la cena entro le
19 per riaccompagnarci indietro e lui se ne andrebbe, proposta
irricevibile così proseguiamo da soli e ritorneremo a piedi. Per il
poco che rimane con noi l’autista è interessante notare come gli
ebrei non lo considerino minimamente, se prova a chiedere
informazioni tirano dritti senza rispondere. D’altronde questo luogo
ha una storia travagliata.

Nel 1929 c’è un tumulto antisionista e 18 ebrei furono uccisi, non era un posto proprio
tranquillo quindi molti ebrei fuggono dalla città. Ma qualcuno rimase organizzandosi in
unità di autodifesa e fortificando il quartiere ebraico. Quando, nel 1948, gli inglesi se ne
andarono questi cedettero i punti strategici ai palestinesi. Ci fu una feroce battaglia ma
questa volta furono gli ebrei a prevalere e cacciarono i mussulmani dalla città.

Possiamo capire che non scorre buon sangue tra mussulmani ed ebrei! Riusciamo ad arrivare alla
via principale e, grazie al navigatore, raggiungere il centro storico della città dove ci sono alcune
sinagoghe visitabili. In realtà non sono questo luogo imperdibile, gli ebrei qui sembrano piuttosto
freddi, ci permettono di entrare, fare foto, ma non si riesce più di tanto ad avere un dialogo con loro,
oltretutto pochi sanno l’inglese. Quando oramai è quasi buio e tutto sta chiudendo passiamo per una
bella via piena di negozietti di artisti locali. Probabilmente durante il giorno avrebbe un certo
fascino. È arrivata l’ora di preoccuparsi della cena così Braccino Corto e consorte si fanno un giro
alla ricerca di qualche luogo adatto allo scopo. A loro insaputa anche il coordinatore è andato,
Braccino Corto torna e dichiara soddisfatto di aver trovato ben due posti adatti, uno soprannominato
Il Lurido dal gruppo (in realtà un semplice kebabbaro) e un altro modesto ma discreto a cui avrebbe
anche strappato uno sconto. Bisogna aspettare il coordinatore che ha trovato un posto chic
abbastanza vicino. Ci dirigiamo al ristorante modesto, ma risulta essere stato prenotato da un altro
gruppo e quindi dobbiamo trasferirci al Lurido. Qui però una minoranza decide di ritornare al
ristorante modesto, mentre il grosso rimarrà al kebabbaro per poi festeggiare il compleanno
dell’Avvocato. Si ritorna a piedi tutti assieme per il meritato riposo.
Giorno 6→02 gennaio
Oggi giornata sulle orme di Gesù almeno per la
prima parte. Siamo sul lago Tiberiade, quello che i
testi sacri chiamano anche mar di Galilea, secondo
la tradizione evangelica in questa zona ci furono i
principali atti e le principali predicazioni di Gesù.
Immagino che per un credente questi luoghi siano
motivo di estasi e commozione, per un ateo
miscredente come me sono una tappa alla fine non
irrinunciabile del viaggio. Questa parte però ci farà
riflettere sui meccanismi che guidano i credenti
(ma in fondo gli umani): sul bisogno di credere in
qualcosa, e sui simboli. Gesù ha veramente
camminato sulle acque? Se scoprissimo che
l’episodio è falso la gente inizierebbe a non essere
più credente? Sono molto diverso da un credente
io che credo nella scienza? (e qui mi diverto con
una provocazione perché in realtà si, credo di
essere diverso, io non credo nella scienza, ma
oggettivamente osservo che il metodo scientifico
funziona). Immagino che un cristiano recandosi al
Monte delle Beatitudini provi le stesse emozioni
che proverei io se mi recassi al CERN, io vedo
solo una chiesa non entusiasmante.

Tsfat→Mt. Beatitudes (25’, 20km)


Oggi giornata fredda e ventosa, uscito dal pullman l’autista ci offre caffè e biscotti, forse vuole farsi
scusare del comportamento non sempre ottimale dei giorni scorsi. Per arrivare alla chiesa, costruita
nel 1936, grazie ai finanziamenti di Mussolini, si
passa per un bel viale alberato, qua e là qualche
monumento che ricorda il discorso della
montagna; citato solo in Matteo. I principali
studiosi ritengono che sia un costrutto letterario di
frasi dette in occasioni diverse da Gesù. Nel
discorso della montagna Gesù insegna il Padre
Nostro, dove è presente una curiosa frase: non ci
indurre in tentazioni. Ma come Dio ci induce in
tentazioni? Cioè fatemi capire, ci punisce se
sbagliamo ma prova a farci sbagliare?
Recentemente l’attuale Papa si è accorto della contraddizione e ha cambiato la frase con non
abbandonarci alla tentazione, adducendo difficoltà nella traduzione dal greco. E qui si sente lo
sfrigolio delle unghie sugli specchi e comunque il credente ha ripetuto come un pecorone questa
frase fino al primo maggio 2019: complimenti per la grande autonomia di pensiero!
Mt. Beatitudes→Tabgha (5’,4km)
La chiesa che qui si incontra è anch’essa
moderna (1982) ma i mosaici sono del VI
secolo, la roccia che si trova all’interno si
ritiene sia il luogo della moltiplicazione dei
pani e dei pesci. Il miracolo qui simboleggiato è interessante e merita più di una riflessione: per
cominciare è l’unico miracolo presente in tutti e quattro i vangeli, la seconda considerazione è che
nel racconto evangelico in realtà non si parla mai di moltiplicazione. Forse il miracolo non c’è
stato? Ognuno ha le sue opinioni e non mi interessa convincere nessuno, poi banalmente i miracoli
sono sempre, almeno in parte, una questione di fede. Quello che però mi piacerebbe sottolineare è
il messaggio che trasmette: è importante la condivisione, se imparassimo tutti a condividere
staremmo meglio e ci sarebbe da sfamare tutti nel mondo.

Tabgha→Capernaum (5’,3km)
Forse il luogo più importante della
mattinata, qui Gesù fece la predica nella
sinagoga (i cui resti sono ancora presenti),
ha guarito diversi malati, raccolto i primi
discepoli (normale amministrazione per un
semidio!). A parte il racconto biblico è un
bel sito archeologico con resti di epoca
romana, c’è una sinagoga, costruita
probabilmente sopra un precedente tempio
pagano, altri resti si ritiene fossero la casa di
Pietro, dove lo stesso Gesù abitò per del tempo. È piacevole girare per scoprire questo luogo ma
sarebbe forse valsa la pena prendere una guida per capire meglio, la sinagoga deve avere una
qualche importanza per gli ebrei visto che nelle fessure ci lasciano bigliettini.

Capernaum→Chiesa del primato di Pietro (3’, 2km)


Concludiamo il giro mistico con questa piccola chiesa gestita dai
francescani, la lastra presso l’altare viene chiamata Mensa Christi (in
pratica qui Gesù mangiò con gli apostoli)

Chiesa del primato di Pietro→Tiberias (15’, 14km)


Su consiglio dell’autista ci fermiamo a Tiberiade per visitare la chiesa
di san Pietro, per entrare (e anche per uscire) si deve suonare il
campanello e aspettare che vengano ad aprire. Si passa per un bel
cortile alberato. All’interno la chiesa ha un soffitto a forma di nave e
qualche bel dipinto sui muri.
Tiberias→Yardenit (16’, 12km)
Qua il discorso sui simboli raggiunge l’apice,
secondo l’autista e secondo i cartelli che si trovano
sul posto questo è il sito dove battezzarono Gesù, ma
domani ne vedremo un altro, quindi? Quante volte si
è fatto battezzare Gesù? Non si è nemmeno sicuri
che lo sia stato veramente, pretendere di sapere dove
è un po’ troppo. La tradizione cristiana però vuole
che Gesù si sia fatto battezzare dove andremo
domani, ma risulta in pieno territorio palestinese, conquistato da Israele dopo la guerra dei sei giorni
e per questo motivo è stato chiuso (perché non sicuro) fino al 2011. Allora hanno pensato bene di
aprirne un altro che è questo, nonostante sia ufficialmente un falso luogo del battesimo di Gesù c’è
gente che arriva qui scende nelle acque e va in estasi. Beati loro che riescono ancora a credere a
Babbo Natale!
L’autista ci propone di andare ad un bel ristorante locale economico, con entusiasmo approviamo,
peccato che poi ci porta ad un KFC, io e Santa Patata preferiamo un giro nel vicino supermercato.

Yardenit→Beit Shean (30’, 30km)


Sito romano di grande bellezza, appena entrati si può
notare sul fondo una ‘montagnola’ è il Tel Bet She’an qui
sono depositati circa 20 strati di insediamenti, ci si trova
resti egizi, cananei, una fortezza dell’epoca del regno di
Salomone. Nel II a.C la città cade sotto il dominio
asmodeo, i gentili sono esiliati e la maggioranza degli
abitanti sono ebrei. I romani la conquistano nel 63 a.C. e
divenne una delle più importanti città del nord. Per il
resto la storia si ripetere similmente ad altre città di
Israele: rivolta di ebrei, sterminio ebrei, arrivano i cristiani, poi gli arabi e infine nel 749 un potente
terremoto la distrugge. Il primo luogo che si incontra è il teatro, ben restaurato risulta molto bello,
poi si prende la strada Palladio lasciandola subito sulla destra per ammirare i bagni pubblici,
stupendi, si può vedere molto bene il sistema di riscaldamento ad aria che veniva utilizzato. Di
seguito un piazzale semicircolare circondato da piccole stanze con mosaici, particolarmente bello il
mosaico con Tyche, divinità protettrice della città con una corona della città e una cornucopia in
mano. Poi sulla destra una vasta area con un’agorà di epoca bizantina, ritornando sulla strada
principale dei tempietti e una fontana (ovviamente sono solo resti) dal fondo si sale sul Tel sia per
ammirare dall’alto il sito sia per vedere quel che resta degli insediamenti più antichi. Scendendo si
ritorna per il lato ovest del sito dove tra i vari ambienti si possono ammirare i bagni di epoca
romana. Ritornati al pullman ci aspetta un lungo viaggio.

Beit Shean→Jericho (1h 20’, 100km)


Secondo il coordinatore dovevamo essere in centro città invece siamo al Lazurde Resort, molto
fuori dal centro cittadino. Il resort è anche carino, c’è pure una piccola piscina riscaldata e una
vasca con idromassaggio (che non funziona). L’ambiente sembra la casa dei Flinkstone, molto
pacchiana. Dopo una penosa discussione con il corrispondente locale ci facciamo accompagnare in
centro con il pullman dove andremo a farci spellare da un kebabbaro.
Giorno 7→03 Gennaio
Alle volte farsi troppe aspettative può
rovinare la giornata. C’erano due
luoghi di questo viaggio che mi ero
fatto un mio film e dai quali mi
aspettavo molto. Uno era Jericho,
considerata la città fortificata più
antica del mondo, alla fine ne sono
uscito senza averci capito granché,
l’altro sito che mi interessava era
Qumram, dove sono stati trovati i
cosiddetti Rotoli del mar Morto, anche
qui poche informazioni e forse visita
frettolosa. Andiamo con ordine.
Appuntamento prima delle 8 per
partire e scopriamo che avevamo la
colazione e, visto quello che abbiamo
pagato per stare nel villaggio dei
Flinkstone, non possiamo certo
saltarla. Colazione a buffet semplice
ma dignitosa. Partiamo in leggero
ritardo, ci sono tre modi per salire sul
monte delle Tentazioni: con la funivia
(la più costosa ma forse la più
scenografica), in taxi ma andrebbe
prenotato ed infine a piedi.
Ovviamente fosse per me salirei a
piedi ma da dove ci lascia il pulmann è
troppo lunga, così mi rassegno a salire
con il resto del gruppo. La funivia è
caretta ma con il fatto che siamo un
gruppo riusciamo ad avere uno sconto
consistente.

A 350m di altitudine si trova il monastero greco-ortodosso delle Tentazioni, conosciuto


anche come monte della Quarantena. Il monastero risale al quarto secolo durante il
regno della regina Elena, madre di Costantino e sorge sull’antica grotta dove Gesù è
stato per 40 giorni. Luogo di pellegrinaggio per i Cristiani ortodossi i quali vengono a
meditare, pregare e chiedere grazie. Secondo la tradizione in questo luogo Gesù respinse
la tentazione del diavolo dicendo: sta scritto non di solo pane vive l’uomo, il Signore Dio
tuo adorerai, a lui solo renderai culto, non metterai alla prova il signore Dio tuo.

Arrivati alla stazione a monte si incontrano baracchini con bar e souvenir, qualcuno cerca di
fermarci dicendoci che è ancora chiuso, superato un cancelletto si scende brevemente per poi
cominciare la salita. Entrati ci aspetta una sorta di lungo corridoio, sulla sinistra le stanze dei
monaci. In fondo una chiesa dove c’è il divieto assoluto di fare foto e un monaco con fare severo
rimane a controllare il rispetto delle regole. Un paio di volte ci riprende per il nostro fare chiassoso
(non stiamo facendo chissà che rumore ma anche i nostri bisbigli risultano fastidiosi all’austero
frate). Prima della chiesa una grotta dove si ritiene Gesù abbia trascorso i quaranta giorni di
digiuno.
Ripresa la funivia ci dirigiamo al sito Tell es-Sultan, posto proprio di fronte, basta attraversare la
strada.

In questa località viene studiato il passaggio dal paleolitico al neolitico, si parla per
Gerico di protoneolitico. La fase più antica consiste in un villaggio di due ettari, con case
rotonde semi-interrate con mattoni in terra cruda tenuti da malta, il pavimento è
lastricato, compaiono una serie di edifici ritenuti collettivi in pietra grezza tra i quali una
costruzione rotonda di 10 metri di diametro e 8,5 m di altezza, variamente interpretata,
sia come sorta di costruzione difensiva, facente parte di un più vasto circuito murario che
racchiudeva tutto o parzialmente il villaggio. L’estensione totale dell’insediamento
permette di stimare la popolazione in circa 2000 persone, un numero alto per l’epoca e
segno di una tendenza ad una forte concentrazione umana in siti meno numerosi. Per il
sostentamento è da notare che a Gerico sono state rinvenute forme di cereali sia selvatici
sia ad un primo stadio di semiaddomesticazione, segno di uno sforzo da parte di questa
comunità di incominciare ad intervenire nel ciclo naturale delle piante per una loro
completo addomesticamento, inoltre nel sito non sono stati ritrovati resti di animali
domestici, ma solo di animali selvatici cacciati, tra i quali predomina la gazzella.

Non ci si deve aspettare di trovare chissà quali


mirabolanti strutture, in sé sono i soliti ‘quattro
sassi’ ma di un valore storico inestimabile. Nel
bene o nel male il neolitico è la porta di
ingresso nella modernità, l’uomo comincia a
modificare l’ambiente in modo consapevole,
abbiamo le prime importanti comunità,
l’esplosione demografica, miglioramenti
tecnologici che ci faranno diventare padroni (e
forse pure distruttori) dell’ambiente. Gerico,
assieme ad una manciata di altri luoghi (come
Catal Huyuk e Gobleky Tepe giusto per dirne due) può essere forse considerato il luogo dove tutto
ebbe inizio!
Se non si hanno troppe aspettative non si viene delusi, in effetti non mi ero scritto altre cose da
vedere a Jericho invece facciamo una tappa al vicino Palazzo di Hisham, tappa imperdibile.

Spettacolare palazzo, probabilmente costruito dal califfo omayyade Hisham ibn’Abd al-
Malik nel VIII secolo. Questo era un palazzo invernale per il tempo libero e la caccia, il
complesso comprende un palazzo, una sala per le udienze, una zona terme, un padiglione
e una moschea. A nord c’era probabilmente una tenuta agricola. Entrando al palazzo si
incrocia una finestra, probabilmente crollata a causa del terremoto del 747, ricostruita e
sorretta da un muretto. Sembra che questa finestra ispirò la forma dei rosoni che ornano
le cattedrali gotiche.
Il pezzo forte di questo complesso sono i mosaici, in gran
parte di stile astratto che ricoprono i pavimenti. Sono una
eccellente esposizione della primitiva arte islamica, dove
non si espongono oggetti con anima ma solo motivi floreali
ed astratti, solo in una sala (locale probabilmente riservato
al principe) c’è un elaborato mosaico con, a destra un leone
che attacca un cervo e a sinistra due cervi che pascolano
tranquillamente. L’interpretazione che va per la maggiore è
che il leone rappresenti il principe e i cervi il suo arem.
Sembra siano stati trovati affreschi con figure umane che si
trovano ora al museo Rockfeller e siano un’indicazione
della scarsa aderenza alla fede del regno omayyade.

Jericho→Qasr El Yehud (33’, 24km)


Proseguiamo per il sito dove si ritiene Gesù sia stato battezzato (quello vero se questo termine ha un
significato qui). Il giordano segna il
confine con la Giordania e ci sono
delle ridicole guardie armate, al di là
del fiume una bella chiesa al di qua
qualche esaltato che si battezza
andando in estasi. Da aggiungere che
al luogo vengono dati anche altri
significati: qui gli israeliti
attraversarono il Giordano dopo 40
anni di allegro vagabondare, qui Elia
ascese al cielo con un carro infuocato,
sempre qui il capitano di un esercito
siriano guarì dalla lebbra
immergendosi 7 volte nel fiume.
A questo punto parte la discussione riguardo la cena, questa sera saremo in un campeggio,
sembrano esserci due opzioni: potremmo ordinare la cena oppure potremmo farci da mangiare.
Inutile dire che Braccino Corto non ha nessun dubbio, a parte le questioni monetarie, non è chiaro
dove potremmo ordinare quindi si opta per la cena fai da te. Ora il problema è trovare un
supermercato, sperare nell’aiuto dell’autista è una utopia (infatti ci porta in un posto dove tra le
poche cose commestibili si trovano delle patatine) così ci viene in aiuto google map: c’è un
supermarket al kibbuz Kalia, entriamo
nel supermarket e diamo sfogo a tutte
le nostre voglie represse: pasta,
verdura, vino e birra a volontà, tanto
c’è Braccino Corto che paga! Il
kibbuz è vicino al sito dei rotoli del
mar Morto ma si opta per il bagno
prima che venga troppo freddo così
andiamo al Kalia Beach. È una sorta
di spiaggia a pagamento all’ingresso ci sono gli spogliatoi con docce calde, si scende per le scale
fino ad arrivare sulla spiaggia, l’acqua non è particolarmente calda ma sopportabile.
Ci troviamo nel luogo più basso della terra,
la strada costiera è la più bassa della terra,
in spiaggia il bar più basso e via
discorrendo, ma come si è formato e quale
sarà il suo futuro? Circa 4Ma fa la zona era
collegata con il mar Adriatico il quale era
origine di continue inondazioni, al posto del
mar Morto (e del lago Tiberiade) c’era una
laguna. In seguito a movimenti tettonici si
formò una catena montuosa ad ovest (quella
dove si trova anche Gerusalemme) così la
laguna venne definitivamente isolata dal
resto del mare e si formò il mar Morto e il
lago Tiberiade. Il clima desertico successivo
ha fatto il resto, ci sono due immissari, il
Giordano e il Mujib ma nessun emissario,
da 70ka il sistema è in equilibrio grazie alla
bassa piovosità e al gran caldo che provoca
una continua evaporazione, così i sali si
depositano ed aumentano la salinità (e con
essa la densità, così possiamo divertirci a
galleggiare in modo esagerato). A causa
dell’uso dell’acqua per motivi agricoli (sia
da parte israeliana sia giordana) l’equilibrio
ora è spezzato e il lago in un tempo non
troppo lontano potrebbe scomparire.

Kalia beach→Qumran (10’, 8km)


Ci stanchiamo velocemente di galleggiamenti (anche perché non c’è proprio un clima da spiaggia)
così dopo una doverosa doccia ci trasferiamo a Qumran, il luogo ha un certo fascino: ci troviamo
circondati da un ambiente brullo e roccioso, dopo essere entrati nel sito si possono visitare i vari
ambienti della comunità Essena che scrisse questi famosi testi.
Era il 1947 quando un pastore locale alla ricerca di una capra dispersa trovò in una
gotta degli antichi rotoli, li vendette a Betlemme ad un collezionista che poi li portò in
America. In seguito, tra una guerra e una sommossa, Israele aveva altro di cui
preoccuparsi ma nel 1955 per la modica cifra di 250000$ Israele li acquistò in blocco. I
reperti sono di grande importanza visto che una parte coincide con il testo mesoretico
(una versione della bibbia risalente al X secolo d.C.), si possono quindi considerare le più
antiche versioni della bibbia. Alcuni manoscritti non biblici contengono principi etici che
si trovano nelle lettere di Paolo o nei vangeli. Il metodo del carbonio-14 data i
manoscritti del Mar Morto prima della stesura del Nuovo Testamento. Questo fa supporre
che il Nuovo Testamento sia una codifica di idee già presenti nella cultura ebraica. Il
Nuovo Testamento ed i manoscritti del Mar Morto sarebbero quindi due diversi sviluppi
di questo modo di pensare.

Durante la visita comincia inaspettatamente a piovere così ritorniamo al bus velocemente.


La prossima tappa sarebbe stata la riserva di Ein Gedi ma è chiusa, siamo in inverno e tutto chiude
presto, così a malincuore tocca andare al campo tendato TRANQUILLO – Dead sea Glamping.
Un campeggio di lusso in un luogo deprimente, il proprietario ha accettato la nostra prenotazione
pur non avendo abbastanza posti così in alcune tende siamo dentro in 5, un furto ma oramai non
abbiamo alternative, come si usa dire bisogna fare buon viso a cattivo gioco. A parte tutto, il gruppo
ha dimostrata tutta la sua tenacia e resilienza: abbiamo sistemato una zona per mangiare, un paio
hanno preparato dell’ottima pasta aglio olio e peperoncino, abbiamo acceso un fuoco e abbiamo
pure ballato, alla fine è risultata la serata migliore delle vacanze!
Giorno 8→04 gennaio
Ieri solita discussione sul da farsi, prima
tappa Masada e su questo non si discute, ma
il grande dubbio che attanaglia il gruppo è
se visitare o meno Ein Gedi, una riserva
naturale che ieri avevamo saltato. Alla fine
si decide di no farla per due motivi: forse
così riusciremo a dedicare un tempo
adeguato a Betlemme, poi varrebbe la pena
dedicarci del tempo alla riserva, entrarci in
tutta fretta per dirigerci alla destinazione
successiva forse non ne vale la pena. Solito
dilemma dei viaggi, meglio vedere tanto ma
in fretta o vedere meno ma con una certa
calma? La risposta sembra ovvia poi quando
si è in viaggio non si vuole perdere nulla o
forse risulta difficile scegliere quale
attrazione è maggiormente meritevole!

camping→Masada (30’, 30km)


Comunque sia si deve partire in tempo per
arrivare alle 8 a Masada alla fine ci
dilunghiamo e arriviamo alle 8.15, arrivati
alla biglietteria scopriamo che si doveva
fare la prenotazione ma risolviamo subito
facendo una prenotazione al volo.
Finalmente, in leggero ritardo rispetto alla tabella di marcia, acquistiamo i biglietti per sito più
funivia. Ci sono tre modi per salire al monte: l’ingresso est lungo il sentiero del serpente, l’ingresso
occidentale lungo la rampa di assedio dei romani oppure con la funivia. Il top secondo me sarebbe
salire a piedi da ovest per scendere da est
ma ci vorrebbe tempo così prendiamo la
funivia (ma un gruppetto scenderà a piedi).
Vicino alla biglietteria si può vedere un
filmato in inglese sottotitolato in italiano. Il
documentario è fatto bene solo stona il
voler leggere un fatto storico di quasi 2000
anni fa per applicarlo all’attualità, viene
enfatizzato l’eroismo degli esseni che si
sono suicidati in massa collegandolo
all’eroismo degli israeliani che difendono la
loro ‘terra promessa’. Il luogo è notevole e
Palazzo Nord, dove Erode soggiornava merita una visita approfondita, incredibile
come ancora si veda la rampa costruita dai romani. Ai piedi della funivia c’è pure un museo ma non
è particolarmente significativo.
Masada così come la vediamo è stata costruita da Erode il Grande, consapevole dei
numerosi nemici che si era fatto la elesse a suo rifugio, il luogo appariva inespugnabile.
Era stato costruito un ottimo sistema di approvvigionamento idrico, grandi magazzini per
stipare provviste, venivano allevati piccioni, sia come cibo sia come produttori di
fertilizzante. Non voleva rinunciare alle comodità, per questo sviluppò molti ambienti di
gran classe tra cui pure una piscina. Quando ci fu la rivolta dei giudei contro i romani
(Erode era morto da mo’) un gruppo di rivoltosi conquistarono Masada e li si
asserragliarono. I romani cominciarono un lungo assedio e si sa era gente caparbia,
costruirono una enorme rampa che si vede ancora oggi, bruciarono un portone in legno
difensivo e poi, visto che era sera, tornarono all’accampamento rimandando al giorno
successivo la oramai facile conquista del monte. I rivoltosi all’interno però decisero di
suicidarsi in massa: estrassero 10 persone a sorte che uccisero tutti, uomini donne e
bambini, poi estrassero uno dei dieci che uccise gli altri 9 e infine si suicidò. Rimasero in
vita 2 donne e cinque bambini che si erano nascosti, unici testimoni del tragico evento

Masada→Monastero di St George (1h, 80km)


Finita la visita (impiegheremo circa due ore) partiamo veloci per il monastero di San Giorgio,
vicino a Jericho. Sembra sia aperto fino alle 13 così abbiamo poco tempo, giusto per non smentirsi
l’autista non lo trova, interveniamo con google map. Arriviamo alle 12.45, partiamo correndo, il
sentiero è quasi tutto in discesa, solo alla fine, attraversato il wadi, c’è un po’ di salita; già all’inizio
dei locals cercano di avvisarci che è chiuso ma viste precedenti esperienze non ci fidiamo. Arrivati
all’ingresso un cartello ci conferma che oggi il monastero è chiuso! Comunque il luogo è bello,
sarebbe stato interessante poter entrare ma anche così, visto da fuori ha un certo fascino: incastonato
nella roccia, sembra un tutt’uno con la montagna. Ritorniamo al bus amareggiati e partiamo per
l’ultima tappa. Suggerimento per i futuri viaggiatori: se si ha poco tempo un’idea potrebbe essere
salire al vicino punto di osservazione per vedere il monastero da lontano, se invece si ha tempo
un’idea potrebbe essere quella di farsi un giro a piedi per il sentiero lungo il wadi.
St George→Betlemme (47’, 40km)
Per arrivare a Betlemme si deve passare per
Gerusalemme, c’è traffico, qualche strada non è
percorribile, qua e là qualche posto di blocco. Oltre
al centro vorremmo vedere alcuni famosi murales
di Banksy, l’autista non capisce, sti turisti che
vogliono andarsi a vedere un muro con dei brutti
disegni! Per strada ne vediamo uno: il manifestante
con passamontagna che lancia un mazzo di fiori.
Euforia generale, obblighiamo l’autista a fermarsi,
va oltre, torna indietro, di nuovo va oltre poi
finalmente si ferma. Emozionati scendiamo per le
foto di rito, il disegno si trova sul muro di una
pompa di benzina. Ripartiamo per il centro,
andiamo a parcheggiare a pagamento abbastanza
vicino alla piazza principale. L’autista ci stressa
perché vorrebbe arrivare presto a Gerusalemme (o
cambia lavoro o impara a lavorare con i turisti), ci
fiondiamo e corriamo alla basilica della natività.
Per entrare bisogna passare per la porta
dell’Umiltà, così chiamata per la posizione che si
deve tenere ad entrare, in origine era ben più
grande ma venne rimpicciolita per evitare che
entrassero a cavallo. Dentro la luce è fioca, gli
ambienti sono illuminati da lanterne. Al centro si possono vedere attraverso alcune botole dei
mosaici risalenti a Costantino, ai lati delle colonne in marmo, probabilmente unici resti della chiesa
originale.

Era il 330 dC, su ordine di Costantino e di sua madre Elena viene costruita una chiesa nel
luogo dove la tradizione indicava come grotta dove Gesù nacque, in seguito fu distrutta
(rivolta samaritani) e Giustiniano I la ricostruì e la ampliò. Fortunosamente ne uscì
intatta dalle varie invasioni arabe, forse anche grazie al ruolo di Gesù nell’Islam.
Attualmente la chiesa è gestita dai Cattolici, Armeni e Greci-ortodossi.

Dentro una lunga coda per entrare alla grotta della natività, con grande pazienza sopporto
stoicamente, per fortuna essendo un gruppo riusciamo a fare i turni: mentre un gruppetto sta
pazientemente in coda gli altri girano e fanno foto. Si entra per uno stretto passaggio, arrivati nella
vicinanza qualsiasi rimasuglio di carità e altruismi va a farsi friggere: si spintona, si approfitta di
qualsiasi distrazione per passare avanti, non c’è nessuna solidarietà, conta solo entrare. Dentro, in
una nicchia una stella a 14 punte che rappresenta il punto esatto dove nacque Gesù

“la somma di tutte le generazioni, da Abramo a Davide è così di 14”, così è scritto nel
vangelo di Matteo, le 14 punte stanno ad indicare il cammino della genealogia terrena di
Gesù. L’attuale stella risale al 1717, all’epoca i Francescani vollero sostituire la
precedente stella oramai troppo deteriorata. Nel 1847 fu rimossa dai Greci per motivi di
rivendicazione di diritti sui luoghi santi, l’azione rischiò di sfociare in una sorta di guerra
civile tra cristiani, dovette intervenire il Sultano nel 1853 obbligandoli a rimetterla al suo
posto.
Dentro il luogo della mangiatoia, dove un bambinello è messo in una teca trasparente, l’ambiente è
piccolo e scarsamente illuminato, si prosegue uscendo dall’altra porta. Usciamo e passando dal
chiostro francescano ed entriamo nella chiesa di Santa Caterina, qui è dove viene celebrata la chiesa
alla Vigilia di Natale, a parte ciò non ha nulla di particolare. Ritornati alla piazza entriamo nella
vicina moschea (Mosque of Omar) fuori carina ma dentro non ha nulla di rilevante. Il tempo è poco,
così velocemente andiamo alla Cappella della Grotta del Latte, narra la leggenda che qui Maria si
fermò ad allattare, immagino che per un credente il luogo possa emozionare per un ateo materialista
come me non ha trasmesso nulla di particolare. Lungo la strada due chiese che mi sarebbe piaciuto
visitare: una chiesa Armena e una Copta, sfortunatamente entrambe chiuse così andiamo alla Star
strasse, qui la leggenda vuole che siano passati re Magi seguendo la stella cometa, luogo di un
effervescente suq dove avremmo volentieri perso un po’ di tempo. L’autista vuole partire, ha fretta,
ci eravamo dati appuntamento alle 17 in piazza, il Coordinatore preme per andare: se partiamo alle
17 non è detto che vedremo i graffiti, decidiamo così di dare la priorità al muro di separazione che
divide Betlemme da Gerusalemme dove si possono ammirare le opere di Banksy. Vediamo due
diverse zone con tanti murales, solo alcuni originali ma l’insieme rende l’ambiente scenografico.

Betlemme→Gerusalemme (20’, 9km)


La strada per Gerusalemme non è lunga ma molto trafficata, arriviamo all’Ibis Styles un hotel che
da fuori sembra mal ridotto ma dentro è dignitoso. L’hotel si trova in una zona pedonale abbastanza
vicino alla città vecchia, con accanto dei buoni ristoranti e kebabbari.
Giorno 9→05 Gennaio
Finalmente Gerusalemme, grande emozione, eletta capitale eterna da Israele, tre fedi la definiscono
concordi Città Santa, ma per il resto proprio concordi non sono, come può essere che tre religioni
che si professano di amore possano odiarsi in questo modo? Se c’è un posto dove provare a capire è
questo ma non ho troppe illusioni, le vicende spinte dagli umani sentimenti sono complesse, foriere
di interpretazioni e punti di vista, fosse tutto come la matematica!
Ci troviamo alle 8 precise per dirigerci verso la città vecchia
Circondata da imponenti mura e con una superficie di circa 0,86km2 (l’intera
Gerusalemme misura circa 125km2, la città vecchia è meno dello 0,7%!), è divisa in
quattro quartieri: mussulmano, ebreo, cristiano e armeno in cui si incunea il monte del
tempio. Sono presenti 8 porte di ingresso ma una è chiusa
1. Giaffa: la prima che incontreremo, costruita ne XVI secolo e ampliata in seguito per
far passare il Keiser. Chiamata così perché porta a Giaffa.
2. Porta di Sion, presso le mura sud, è l’accesso al monte Sion
3. Porta del Letame, sempre mura sud ma parte orientale
4. Porta d’oro, è chiusa, da qui passerà il messia secondo la tradizione ebraica
5. Porta dei leoni (in realtà sono leopardi), da qui si accede alla via dolorosa
6. Porta di Erode nella parte orienta delle mura nord
7. Porta di Damasco (direzione Damasco)
8. Porta nuova, la più recente, costruita nel 1887
Entriamo per la porta di Giaffa e ci dirigiamo verso la spianata delle
moschee la raggiungiamo passando per il quartiere ebraico. Ci sono due
code, una lunga e una corta, sentendoci più furbi degli altri prendiamo
quella corta, si passa per dei controlli, ma sono abbastanza veloci, sotto il
portico pure un distributore automatico di torah. Passiamo oltre e siamo al
muro del pianto. L’atmosfera è tranquilla, direi quasi rilassata, la zona è
divisa in due settori: a sinistra gli uomini e a destra le donne, alcuni
leggono (la torah suppongo) con movimenti ondulatori del capo, altri sono
al muro con la testa appoggiata, avvicinandosi si possono notare tutti i
bigliettini inseriti nelle fessure. Sono preghiere/desideri inviati a Dio,
domani anche noi ne metteremo uno perché le tradizioni vanno rispettate.

Il muro del pianto è quanto rimane del secondo tempio, edificato nel 515aC e ampliato da
Erode nel 19 a.C.. In seguito ad una sommossa i romani si incazzarono al punto che nel
70dC lo distrussero e iniziò la diaspora degli ebrei. Dopo quasi 2000 anni ancora viene
ricordato questo evento spartiacque nella storia ebraica (e qua si può capire che se si
affronta la vita con questo spirito è tutto un gran casino!). Fino al 1967 gli ebrei non
avevano accesso a questo luogo, dopo la guerra dei sei giorni prendono possesso della
parte est di Gerusalemme e con essa il muro del pianto così è diventato anche un simbolo
della resistenza di Israele.

Chiediamo informazioni, alla fine capiamo che non siamo stati così furbi prima, la coda di sinistra
portava al muro del pianto ed era corta perché questo non è un momento particolare e la fila di
destra portava alla spianata delle moschee ed era lunga perché alle 10 chiude per i non mussulmani,
adesso la coda è pure aumentata. Ci rassegniamo a fare la fila lunga, alla fine è abbastanza veloce,
passiamo per i controlli di sicurezza e poi, poco oltre, si passa per un ponte di legno (ponte
Marocco) da cui si accede alla spianata. Arrivare di fronte alla cupola della roccia è stata
un’emozione unica, il luogo trasmette pace, direi che si percepisce quasi qualcosa di mistico, chi ha
progettato questo luogo sapeva come toccare l’animo umano. D’altronde ci vuole una certa scienza
per riuscire a far crede ad una moltitudine di persone che esiste un Dio che sta lì a vedere se bevi, se
ti copri o meno il capo, se preghi un numero sufficiente di volte pronto a castigarti o a premiarti; lo
ammetto sono stati dei geni. Comunque sia il luogo mi piace, mi faccio prendere e comincio a
girarlo in lungo e in largo cercando la prospettiva più fotogenica e rubando qualche informazione
alle guide locali.
La spianata delle moschee ha tre principali edifici: la moschea al-Aqsa, il terzo luogo più
importante del mondo per i mussulmani, qui c’è stato il sacrificio di Isacco da parte del
padre Abramo e qui Maometto sarebbe arrivato dopo essere stato svegliato da un angelo
e trasportato nel corso d'una sola notte "dal Tempio Santo al Tempio Ultimo", identificati
poi nella Kaʿba della Mecca e nella Spianata del Tempio di Gerusalemme (dove, in effetti,
fu poi costruita la moschea detta al-Aqṣā, cioè "Ultima"). Questo sarebbe stato possibile
grazie a una fantastica cavalcatura volante, Burāq, dal volto umano femminile, dal corpo
a metà strada fra il mulo e l'asino. La cupola della roccia, l’edificio più emblematico di
Gerusalemme non è una moschea bensì un santuario, questo luogo è sacro anche per gli
ebrei, che lo chiamano monte del tempio, qui si trova la pietra della fondazione quella a
partire dalla quale Dio ha creato il mondo. Infine, la cupola della catena, una piccola
costruzione esagonale dove Davide e Salomone amministravano la giustizia.

Sono le 10 quando il gruppo si ricompatta e possiamo uscire, obiettivo sinagoga dei 4 sefarditi. La
città vecchia è piccola ma un vero labirinto, non è facile orientarsi per dei turistelli come noi, ma
alla fine arriviamo. Stanno celebrando un Bar Mitzwah

Per l’ebraismo fino ai 13 anni per i maschi e fino ai 12 per le femmine (si sa loro
maturano prima) sono senza peccato, non sono in grado di distinguere il bene dal male, la
responsabilità dell’educazione religiosa ricade sui genitori. Arrivati all’età della ragione
eseguono una sorta di rito di passaggio (Bat Mitzwa per le femmine).

Ci chiedono di ripassare più tardi, andiamo


alla vicina sinagoga Hurva, anche qui stanno
festeggiando un Bar Mitzwah ma stanno
finendo così aspettiamo, l’interno non ha
nulla di speciale ma delle scale portano al
primo piano e poi al terrazzo, da li si può
ammirare un bellissimo panorama.
Dopo aver mangiato al volo dei falafel in piazza, ritorniamo dai Sefarditi ma stanno ancora
festeggiando così proseguiamo per il vicino quartiere armeno. Troviamo velocemente la cattedrale
di San Giacomo, qui si può entrare solo durante la funzione e, botta di culo, la stanno terminando
proprio mentre stiamo entrando!
L’interno è scarsamente illuminato, l’aria è intrisa di incenso e l’ambiente con tutti i candelabri
appesi mi ricorda un albero di natale eccessivamente riempinto di ciondoli. Parte degli officianti
portano un berretto a punta che simboleggia l’Ararat, luogo dove si ritiene sia approdato Noè.

Gli Armeni sono stati il primo popolo a convertirsi al cristianesimo, per la precisione nel
300 il re dell’allora regno decide di abbracciare la nuova fede (all’epoca la religione era
una questione di stato). Questo porta a quello che secondo me è uno dei paradossi della
storia, il cristianesimo dell’epoca non era ancora formato, si dovevano ancora stabilire i
dogmi intanto però gli Armeni si fanno i propri. In seguito vengono fatti vari concili per
stabilire il Vero e chi non aderisce al Vero è fuori. Al concilio di Calcedonia (451) si
discute animatamente sulla natura di Cristo: divino, umano, solo divino, solo umano, più
divino che umano. Ci si perde dietro a questi dibattiti, fatto sta che si stabilisce che in
Cristo convivono le due nature divina e umana (duofisismo), ma un gruppo di eretici si
oppone e affermano che la natura divina assorbe quella umana e non c’è più (monofisiti)
e gli Armeni? Considerano la natura di Cristo unica derivante dall’unione dell’umano
con il divino (mafisismo). Così pur se arrivati per primi da allora sono eretici!

Usciamo dalla città vecchia per dirigerci al monte di Sion, che in realtà di monte ha gran poco,
comunque sia ci sono alcuni luoghi di culto di una certa importanza: il cenacolo (dove si ritiene
Gesù abbia svolto l’ultima cena) e la tomba di David (gli storici sono concordi nel ritenerla un falso
ma come gia detto nella religione i simboli
sono tutto!) Un gruppo di ebrei sta
pregando con la testa sulla tomba, a
sinistra le donne e a destra gli uomini.
Rientriamo per la porta di Zion
(interessante notare come è tutta crivellata
di colpi, presumibilmente risalenti ala
guerra dei 6 giorni) per dirigerci alla
cappella di San Marco, piccolo luogo di
culto della comunità ortodossa siriana,
dentro una pergamena di Maria con
bambino è considerata opera di San Luca.
Finalmente riusciamo a visitare le sinagoghe dei 4 Sefarditi ma non meritavano tutto questo tempo
ad aspettare, ci sono nomi che ti fregano, 4 Sefarditi, ci si aspetta spettacolari ambienti (almeno io e
chissà perché mi ero fatto questa idea) invece non sono nulla di entusiasmante.
Sono le 14.00 e ritorniamo al muro del pianto, ci aspetta la visita al tunnel sotto le mura prenotato
ieri sera, un gruppo di noi è andato al museo dell’olocausto e ci ricompatteremo lì. Il secondo
gruppo è un pelo in ritardo ma alla fine ci siamo tutti, entriamo in una sala e ci fanno mettere degli
occhiali per la realtà aumentata e ci vediamo la storia del tempio con immagini 3D dell’epoca di
Erode. Finita l’esperienza ci aspettiamo finalmente di iniziare il tour, invece… ieri sera abbiamo
fatto la prenotazione sbagliata, questo abbiamo prenotato (e pagato) e questo ci becchiamo e il
tunnel ce lo scordiamo!
Ci dividiamo nuovamente e con un gruppetto prendiamo il tram che ci porterà al mercato Mahane
Yehuda, il mercato non è per niente turistico e si gira volentieri, molti localini dove ci si può
fermare a mangiare qualcosa e a bere una birra.
Alle 18.30 riprendiamo il tram per
ritornare alla Giaffa Gate e
ricongiungerci con gli altri, per andare a
vedere lo spettacolo di luci e suoni “The
night spectacular at the tower of David”,
prenotato per le 19. Devo ammettere che
da buona capra di montagna sono sempre
restio a partecipare a questi eventi, li vivo
come un trappolone per turisti, alla fine
forse lo è pure stato, ma devo dire molto
ma molto bello. In questo spettacolo di
musiche, ma soprattutto luci, proiettate
sui muri della fortezza, viene narrata la
storia di Gerusalemme, dal periodo Cananita 3300 a.C al 1948. Unica pecca, e non da poco, alla
fine proiettano il candelabro degli ebrei e si dimenticano la mezzaluna islamica, giusto un pelo
ebreocentrico.
Giorno 10→06 gennaio
Oggi è prevista visita con guida, l’appuntamento è alle 9 alla porta di Giaffa, arriviamo con un po’
di anticipo. Alle 9 puntuale arriva la guida, Benedetta, ebrea, nata e cresciuta a Roma, si è trasferita
a Gerusalemme all’età di 18 anni e si è sposata con un francese ebreo e attualmente ha 3 figli.
Sembra simpatica, molto attiva e preparata. Andiamo veloci attraverso il quartiere ebraico fino al
muro del pianto. Parlare con Benedetta è un’occasione per conoscere meglio le tradizioni di questa
terra, scopriamo ad esempio che non esiste il matrimonio civile ma solo religioso così ci si può
sposare tra ebrei o tra cristiani ma un ebreo non può sposare un cristiano. Se i matrimoni vengono
contratti al di fuori di Israele essi vengono riconosciuto anche civilmente e le coppie gay sono
riconosciute.
Usciamo dalla porta del Letame e percorriamo un
pezzo della strada che fiancheggia il muro, sulla
sinistra una interessante zona archeologica che
sfortunatamente non abbiamo il tempo di visitare,
sulla destra la valle di Giosafat sovrastata dal
monte degli Ulivi con le tombe ebraiche. Le
persone che qui sono sepolte nel giorno del
giudizio universale saranno le prime a risorgere.
Giriamo a destra per entrare nell’orto dei
Getsemani, qui Gesù fu arrestato dopo una notte
passata a pregare, il termine Gestsemani deriva
dall’aramaico e significa frantoio, secondo la guida alcuni ulivi potrebbero avere 2000 anni, è
presente anche l’ulivo che Papa Francesco ha piantato quando nel …. è venuto in visita. Annesso
all’orto c’è la Basilica delle Nazioni, costruita negli anni ’30 su una precedente chiesa, all’interno la
roccia su cui Gesù pregò.
Proseguiamo ora ritornando verso le mura, passiamo per la Tomba della Vergine Maria, di rito
greco-ortodosso e armeno, oggi è il Natale ortodosso così non si può entrare perché stanno facendo
una funzione. Il 15 agosto da qui inizia la processione per l’assunzione.
Rientriamo per la porta dei Leoni ed entriamo nella zona mussulmana per percorrere la Via
Dolorosa

Composta da 14 stazioni sembra sia stata un’idea di Francesco d’Assisi, originariamente


si doveva venire a Gerusalemme a percorrerla ma il viaggio era molto pericoloso così
nasce l’idea di ideare una serie di stazioni convenzionali da riprodurre in ogni parte del
mondo

Prima di inoltrarci nella via Dolorosa visitiamo la chiesa di sant’Anna, nei pressi uno scavo
archeologico probabile luogo del miracolo della guarigione del paralitico. La chiesa è stata costruita
in epoca crociata nel luogo dove si ritiene sia nata Maria. Un’iscrizione in arabo ricorda la
trasformazione della chiesa in scuola coranica da parte di Saladino.
Entriamo poi nella cappella della flagellazione, costruita nel luogo dove si ritiene Gesù sia stato
flagellato prima di essere caricato della croce, sono presenti delle belle vetrate.
Nell’angolo tra la seconda e terza stazione c’è
l’ospizio austriaco, un palazzo di gran lusso in stile
viennese, costruito durante il periodo ottomano
(XIX secolo) quando tutte le nazioni europee
facevano a gara per prendersi un pezzo di Terra
Santa. L’Österreichische Hospiz zur Heiligen
Familie ha una lunga storia fatta di trasformazioni e
confische, solo nel 1985 fu restituito all’Austria.
Adesso per pochi NIS si può accedere e godersi il
panorama dal tetto dell’edificio.
Alla VII stazione si incrocia il cardo (a causa della conformazione di Gerusalemme all’epoca
romana aveva solo il cardo e niente decumano). A questo punto entriamo nella chiesa del Santo
Sepolcro ma passando per la cappella Copta.

La Tomba di Maria, la chiesa della Natività di Betlemme e la chiesa del santo sepolcro
sono gestite con il sistema dello Status Quo, accordo firmato dopo la guerra di Crimea
nel 1852. Immaginate un condominio i cui condomini sono: Cattolici, Greco-Ortodossi,
Armeni, Etiopi, Copti e Siriani, ognuno gestisce una parte della chiesa e parte degli
oggetti, qualsiasi modifica dello Status Quo necessità dell’unanimità e così tutto rimane in
una situazione di stallo. Secondo la guida la scala posta sopra l’ingresso della chiesa non
è rientrata nell’accordo quindi è stata lasciata li fin dalla guerra di Crimea. Ma chi ha la
responsabilità di chiudere la chiesa? Sono due famiglie mussulmane, una ha la
responsabilità della chiave l’altra della porta.

Ci sarebbe molto da dire su questa che è la


chiesa più santa per i cristiani ma la
visitiamo troppo di fretta, dentro c’è troppa
gente e non me la godo granché. Così
diciamo solo che questo è il luogo dove
Gesù è stato crocefisso e poi sepolto, venne
costruita nel 350 dC per volere di Elena
madre di Costantino, si trova in uno stato
non eccelso anche a causa del sistema dello
status Quo che non permette facilmente di
fare modifiche (comprese eventuali
ristrutturazioni). Entriamo nella cappella
siriana, secondo la guida il posto più
probabile dove Gesù potrebbe essere stato sepolcro ma sfortunatamente in uno stato assolutamente
vergognoso.
Usciamo dalla città vecchia per recarci a quello che è considerato il secondo quartiere costruito
fuori le mura, in stile arabeggiante, con maioliche alle pareti. All’epoca non piaceva l’idea di vivere
fuori le mura perché non ci si sentiva protetti, ma le prime epidemie fecero cambiare idea.
Ritornati dentro la città vecchia andiamo alla
chiesa armena di San Giorgio dove assistiamo
alla messa, si può assistere e si può
tranquillamente fotografare, l’unica cosa che non
si può fare è accavallare le gambe (ogni religione
ha le sue fisse!). La guida ci saluta qui, finita la
messa andiamo al muro del pianto perché adesso
è pieno di gente, molti uomini vestiti di nero con
il testa il classico shtreimel (cappello di pelo
indossato da molti ebrei haredi coniugati).
Concludiamo la serata con un giro per il mercato
e la solita cena sul tardi.

Giorno 11→07 gennaio


Oggi ce la prendiamo con comodo, anche perché dobbiamo sistemare
i bagagli, così l’appuntamento è alle 9.30 colazionati. È sabato ed è
tutto chiuso, perfino autobus e treni sono fermi, facciamo colazione
con i pochi biscotti rimasti e partiamo, destinazione museo di Israele.
Grazie al GPS non è difficile da trovare ed in mezz’ora ci siamo.
All’ingresso c’è un deposito bagagli e ci sono le audioguide in inglese
e spagnolo ma ci si può arrangiare anche scaricando l’app. Iniziamo
dall’esposizione archeologica, c’è veramente tanta roba, il tutto diviso
in sezioni peccato che ci si perda perché il tutto disposto in modo
caotico. Museo veramente ricco di reperti ma senza una guida è
difficile da apprezzare. Ci siamo dati appuntamento all’uscita alle
12.30 così dobbiamo sbrigarci, vorremmo vedere i rotoli del mar
Morto, scopriamo che sono in un altro edificio così usciamo, c’è
anche Daniela con noi, nuovamente ci perdiamo, incontriamo Enrico e
Laura, anche loro alla disperata ricerca dei rotoli. Troviamo invece la riproduzione in scala del
tempio di Erode e della città vecchia, molto bella. Alla fine, ce la facciamo, i rotoli del mar Morto si
trovano in una palazzina circolare disposta su due piani, sopra i rotoli del mar Morto (in realtà in
gran parte fedeli ricostruzioni) sotto una sala dedicata ai
manoscritti del codice di Aleppo (i più antichi manoscritti della
bibbia ebraica).
Arrivati all’uscita partiamo veloci verso la città vecchia, qualcuno
protesta perché vorrebbe fermarsi a mangiare ma, come già detto,
il tempo è tiranno, si deve correre prima che chiuda tutto!
Arriviamo al Giaffa Gate e acquistiamo i biglietti per la
passeggiata sopra le mura.
Le mura non sono così antiche come si potrebbe credere ma
risalgono a Solimano il Magnifico (1530). Si sale da Giaffa e si
prosegue fino quasi alla porta dei Leoni, l’esperienza è bella e
merita: a destra la città vecchia con i suoi mercati brulicanti di vita,
a sinistra un altro mondo, la città nuova con le sue strade trafficate.
Quasi subito si vede un bel palazzo: è un boutique hotel chiamato
Notre Dame, siamo vicini alla porta Nuova. Proseguendo si
incontra la porta di Damasco, la porta di Erode,
bella la struttura del Rockefeller museum, girato
l’ultimo angolo si comincia ad intravedere i vari
cimiteri. Il Saggio protesta e vorrebbe scendere,
noi non lo ascoltiamo e proseguiamo anzi
peccato che il giro si interrompe vicino alla porta
dei Leoni. Ci sarebbe volendo un altro pezzo ma
oramai è tardi e non c’è tempo così ci inoltriamo
nella città vecchia. Riproviamo ad andare alla
chiesa del santo Sepolcro per vedere appunto il
Santo Sepolcro, partiamo sicuri delle nostre
qualità di viaggiatori ma ben presto ci perdiamo per i vicoli labirintici del quartiere arabo. Passiamo
per la frenetica porta di Damasco e poi arriviamo alla chiesa. Dentro stanno facendo messa,
proviamo a metterci in coda ma è un delirio, non ci si muove, rinunciamo, andiamo a berci un the
alla menta e shopping libero!

A sera ci incasiniamo con la cena, un gruppo prenota ad un posto semplice (dove siamo stati a
pranzo ieri con la guida), qualcuno protesta (non c’è la birra!), si prova al ristorante armeno ma non
c’è posto, vicino c’è un altro ristorante (che braccino corto considera troppo sciccoso) Enrico lo
prenota, stiamo quasi per entrare quando ci si rende conto che non c’è nessuno e un motivo ci sarà!
Alla fine, andiamo nel primo ristorante proposto, quello senza birra.
Finita la cena si torna al ristorante, con un gruppetto di indomiti andiamo al quartiere Mea Shearim,
luogo di ultra-ortodossi (in realtà non amano essere definiti così ma preferiscono il termine
Charedi), la guida ieri ci spiegava che non si deve fare foto e non si deve usare nessun mezzo
tecnologico, quindi niente telefonino. Il luogo sembra alquanto trasandato e sporco gli uomini sono
vestiti di nero con grandi cappelli e lunga giacca, le donne gonne lunghe e molto coperte.
Si ritorna all’hotel, la vacanza è finita, aspettiamo la mezzanotte e con essa il bus che dovrà portarci
in aeroporto.
Giorno 12→08 gennaio
A mezzanotte siamo nell’attesa del bus che non arriva, Enrico lo sente per telefono, c’è qualche
incomprensione, siamo tutti in ansiosa attesa, alla fine con 45’ di ritardo partiamo.
All’aeroporto si deve essere intervistati da una addetta alla sicurezza, prendono Enrico ed un’altra
persona a caso. Vengono poste varie domande, dove siamo stati, se abbiamo ricevuto regali, se
siamo stati avvicinati da qualcuno. Poi ci fanno andare avanti una alla volta e ci fanno qualche
ulteriore, breve domanda. Pensavo peggio, ce la sbrighiamo abbastanza in fretta e a breve siamo al
Gate.
5:20 Tel Aviv→7:30 Atene
Qui il gruppo si divide, noi “romani” ci avviamo verso la seconda tratta.
8:35 Atene→9:40 Roma
Per noi la giornata sarà ancora lunga, tra un ritardo e l’altro arriviamo alle 23 a Bolzano.
Come ogni diario concludo con “e un altro viaggio è terminato, ci rimangono i ricordi, gli odori e
gli incontri”.
Speriamo di rivederci in giro per il mondo!

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