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“Qui le opere inanimate della natura – rocce, ghiaccio, neve, vento e acqua –
sebbene si combattessero tra loro, erano tutte contrarie all’uomo, ed erano le
sole che regnavano con assoluta sovranità” Charles Darwin
Grande tre volte l’Italia con una popolazione di 2,7 Mab, non è un luogo geografico ben
definito, una terra di frontiera senza confini, gran parte è in Argentina e una striscia sottile
in Cile. È la parte meridionale del sud America, la parte Argentina viene posta
convenzionalmente a sud del fiume Colorado, mentre la parte cilena a sud di Puerto
Montt.
Terra estrema, a cominciare dal clima “patagonico”, il nome affibbiato in tempi recenti ma
di etimo incerto:
Quando Magellano passò per queste terre vedendo un indiano Tehuelche che
ballava nudo su una spiaggia esclamò «Ah!Patagon!», cosa volesse dire
nessuno lo può sapere perché non tornò vivo per raccontare la sua versione ma
Pigafetta, cronista di Magellano, interpretò questa esclamazione con il
significato di grandi piedi e contribuì alla leggenda della Patagonia abitata da
giganti. In realtà il riferimento era forse al personaggio mostruoso di un
romanzo cavalleresco dell’epoca.
L’organizzazione inizia a settembre, appena riesco ad ottenere i giorni di congedo
necessari prenoto i campeggi alle torri del Paine, poi il volo su Santiago, poi i voli interni.
Una sola cosa mi è chiara, non voglio fare il turista ma solo montagna, solo natura. Poco
andrà per il verso giusto: il meteo inclemente, qualche scelta infelice, qualche incertezza
ma i viaggi sono questo, uscire dalla confort-zone significa accettare il fallimento, anche
la delusione ma sono un’occasione per capire il mondo e perché no, anche se stessi.
Le previsioni mettevano pioggia dalle 3 di mattina ma alle 5.30 mi sveglio e non piove così
tatticamente smonto veloce la tenda e mi trasferisco al tendone cucina. Giusto in tempo,
faccio colazione che sta piovigginando. Parto con una certa calma alle 7.20, oggi mi
aspettano due tappe, so che non devo correre e mi devo prendere tutto il tempo. Il meteo è
esattamente quello che ci si aspetta dalla Patagonia: pioggia e vento forte con sprazzi di
sereno, arcobaleni. Si deve tornare verso il centro visitatori per prendere uno sterrato verso
sinistra che in breve si abbandona per un sentiero che si stacca verso destra. C’è abbondanza
di indicazioni, la mappa è inutile, impossibile perdersi. Piove e c’è vento ma c’è anche il
sole, dietro di me si formano continuamente arcobaleni, l’ambiente in questo tratto è brullo:
prati e bassi arbusti spinosi. Si sale dolcemente, ad un certo punto il sentiero si allarga, quasi
uno sterrato, il tempo peggiora, vento sempre più forte, freddo e pioggia insistente, niente
sprazzi di sereno, niente arcobaleni. Adesso il sentiero è pianeggiante e diluvia, arrivo al
Seron infreddolito e con i pantaloni fradici. Mi piazzo sotto una tettoia a tirare il fiato,
asciugarmi un attimo e mangiare qualcosa. Ho camminato tre ore sotto la pioggia e con
vento a tratti così forte da farmi perdere l’equilibrio, un tizio del rifugio sta facendo le
pulizie, ne approfitto per fare due
chiacchiere e chiedere se sa qualcosa del
meteo, il tutto mescolando spagnolo,
dialetto trentino e inglese. La risposta è
sconfortante, mi dice che in questo settore
del Paine è così, sarà così tutto il giorno,
anzi tutta la settimana, questa è la
Patagonia. Mi metto addosso tutto il
possibile: berretto di lana, pantavento,
guanti e giacca pesante, mi armo di
pazienza e parto, non sono ancora a metà
della giornata di oggi, anzi mi aspetta
adesso il dislivello maggiore, poi ho il passo del Viento da superare. Arrivo a fare sì e no
10 minuti di cammino e il tempo cambia radicalmente, smette di piovere, prima qualche
sprazzo di sereno poi poche nubi, poco vento e soprattutto caldo. Oggi ho imparato che la
Patagonia è soprattutto cambiamento, anche nella giornata peggiore bisogna spettarsi il sole
e anche nella giornata migliore un po’ d’acqua non manca mai. Mi tocca fermarmi per
spogliarmi, sembra di rinascere. A destra il rio Paine scorre placido, lo dovrò seguire per
tutto il giorno. Ad un certo punto il sentiero svolta verso ovest e si deve salire in modo
deciso. Incontro due trekker, sono le
prime persone della giornata (a parte il
signore al rifugio). La salita con lo
zaino da 18kg sulle spalle è faticosa ma
regala fantastiche vedute sui sottostanti
laghetti, in cima si arriva al passo del
Viento. Inutile dire che qui il vento è
particolarmente forte, a tratti mi devo
impuntare con i bastoncini per stare in
piedi e pur essendo sereno vengo
colpito da goccioline d’acqua. Il
coprizaino rischia di essere strappato
via dal vento così lo tolgo, sotto di me
il rio Paine si allarga trasformandosi in
un lungo lago di un bel colore turchese. I dislivelli sono teoricamente finiti ma il sentiero
non è propriamente in piano, ci sono continui saliscendi, il panorama però che si gode lungo
la valle ripaga di tutte le fatiche, in lontananza ghiacciai e montagne innevate, sopra un cielo
variabile che regala momenti di luce intensa che lascia senza fiato, essere solo in un luogo
così affascinante è un valore aggiunto non da poco. Raggiungo la guarderia Coiron, qui si
deve firmare il registro e controllano il passaporto, hanno la lista delle persone prenotate al
rifugio Dickson e se non si è nella lista si deve tornare indietro. Adesso mi aspettano 8km
quasi pianeggianti, sulla sinistra fantastiche pareti di granito (Cerro Paine Chico). Si
raggiunge una zona umida con una lunga passerella in legno, adesso sono stanco, soprattutto
le spalle, continuo a fermarmi. Verso la fine del sentiero si raggiunge un promontorio,
ultima salita della giornata e sotto il lago Dickson con il refugio. Rimango un po’ spaesato,
dopo tutto il giorno da solo mi trovo in un posto alquanto chiassoso, sono stanco ma felice,
decido di festeggiare con una birra (mi costa ben 10€ ma oggi mi merito un’eccezione). Il
GPS segna 33km e 1360m di dislivello.
Giorno 6 Mercoledì 22/02
Chi desidera l’arcobaleno deve imparare ad amare la pioggia
La notte ha piovigginato, non avendo
tanta strada da fare vorrei partire con
tranquillità ma verso le 6 la pioggia
cala così smonto la tenda veloce e
vado a fare colazione. Parto con tutta
calma alle 8, pioviggina e c’è vento
forte, oramai ci sono abituato.
Inizialmente il sentiero è in piano e si
entra in un bellissimo bosco,
l’ambiente è intatto viene da
definirlo primordiale. Ad un certo
punto si inizia a salire ma senza
eccessive pendenze fino al mirador Perros da dove si prosegue con vari saliscendi. In
lontananza si vede la valle che dovrò salire, il meteo resta brutto ma qualche sprazzo di
sereno regala un bel arcobaleno. Si devono attraversare vari ponti di cui uno
particolarmente traballante. A 2km dal rifugio si ricomincia a salire fino a raggiungere una
enorme morena, la pioggia aumenta e il freddo si fa pungente, mi illudo di essere arrivato
ma ci vorrà ancora un po’ (o forse è la pioggia insistente che dilata il tempo). Arrivo al
posto di controllo CONAF dove si devono lasciare i propri dati, sono fradicio fino alle
mutande. Il rifugio è oramai a due passi, Los Perros è il rifugio più essenziale del Paine,
molto rustico, l’unico mezzo di trasporto è la jeep a pelo. Mi sistemo nella cucina, mi faccio
un risotto e mi cambio le braghe, sono le 11.30 e il check-in lo fanno alle 13 ma tanto ho
tempo da perdere. Alle 13 provo a
corrompere il rifugista, chiedo se
questa notte posso dormire in cucina,
ma niente da fare, così aspetto un
momento di pausa per cercare un posto
asciutto dove piantare la tenda
(sarebbe da dire meno bagnato degli
altri), fortuna che la tenda è piccola così
riesco ad imbucarmi sotto un albero.
C’è un po’ di sole e ne approfitto per
andare a vedere il vicino ghiacciaio,
l’alternanza pioggia-sereno rende
l’atmosfera magica, si sale su una morena da cui si vede un laghetto che termina con il
ghiacciaio Los Perros. Il sereno dura poco e comincia pure a nevicare, sono le 15.30 e sono
nuovamente al refugio dove dalla cucina guardo una rabbiosa neve che non cade ma
percorre orizzontalmente l’aria, un po’ preoccupato per la notte passo il pomeriggio tra
qualche breve passeggiata e a leggere. Conosco un ragazzo di Puerto Natales, per lavoro
fa il portatore, percorre questi sentieri con 35kg sulle spalle per circa 80€ al giorno. Ci sono
molti modi per affrontare questo trekking, dal più comodo con portatore, rifugio e cena
pronta al più scomodo come il mio con nulla più della propria tendina, sempre dura
quando nevica e c’è vento forte ma questa sera me ne starei volentieri a dormire nel
rifugio. La sera mi preparo alla notte in tenda: mutandone termico e bottiglia riempita di
acqua bollente nel sacco a pelo, non posso dire di aver dormito come a casa ma non è
andata poi male.
Rispetto al primo giorno qui c’è gente che sembra più preparata alla montagna, d’altronde
è il circuit, non è per tutti. Mi chiedo il perché di questa sofferenza, chi ce lo fa fare, non
ho una risposta certa, forse trovarsi in un luogo esclusivo che solo chi è disposto a
sobbarcarsi la fatica e i disagi che richiedono questi luoghi può godersi. Non so e non
capisco ma adesso che sono nel calduccio della mia casa a Bolzano vorrei essere a Los
Perros ad affrontare una nottata fredda con vento e neve.
Giorno 7 23/02
Ci sono luoghi che se non cammini non vedresti mai.
Questa notte ha piovuto quasi
ininterrottamente (nel senso che un’oretta ha
smesso per nevicare), non ho dormito
benissimo perché il vento era forte ed ero
preoccupato per la tenda. Alle 4 comincia già
ad esserci movimento, io cerco di stare in
tenda, nonostante tutto non si sta male nel
sacco a pelo. Alle 5 preparo rapido lo zaino
e lo porto al coperto poi smonto la tenda, il
sopra è fradicio ma oramai ho la mia tecnica
e nulla mi spaventa. Faccio colazione e sono
pronto alle 6, molta gente è partita e molta sta partendo io non ho voglia di camminare al
buio così aspetto. Alle 6.45 parto, il primo tratto sale per un sentiero esageratamente
fangoso, bisogna stare attenti a non uscirne con i piedi fradici di melma. Supero quasi subito
una ragazza che sembra stremata, mi chiedo come arriverà in cime al passo, bisogna
raggiungere il John Garden a 1180m, si deve fare 600m di dislivello, c’è neve, credo sia
venuta soprattutto questa notte. Raggiungo un gruppo di israeliani con guida, scambio due
chiacchiere e poi supero anche loro. Non vado veloce, non mi interessa correre, voglio
godermi questi posti meravigliosi, ma tengo un passo regolare così supero un sacco di gente.
Uscito dalla vegetazione il sentiero diventa una pietraia ricoperta di neve, anche qui
indicazioni ovunque, impossibile perdersi. Il tempo è bello e dopo un po’ cala pure il vento,
sulla destra un bel ghiacciaio che scenda dal cerro Amistad e cerro Condor, si attraverso più
volte un torrente a tratti ghiacciato. Dietro, in lontananza, il lago Dickson, mi da sempre
una grande emozione vedere la strada fatta. In alto si deve fare attenzione ad alcuni tratti
ghiacciati e in alcuni punti bisogna battere traccia nella neve. Arrivo al passo quasi assieme
ai primi quattro, la vista è di quelle che non si dimentica, davanti a me il Grey
È una lingua glaciale dello Hielo sur, largo 6km, lungo 28km e alto 30m, scorre
a sud fino a immettersi nel lago omonimo. Si stima che si muova ad una velocità
di 450m all’anno e nel corso del secolo scorso ha perso una superficie di 17km2
Non smetterei più di far foto, il posto è
da incorniciare. Il sentiero scende in
modo deciso, si passa sotto la linea
della vegetazione, il ghiacciaio è
sempre sotto. Supero anche i quattro
che avevo davanti, adesso sono solo, la
vegetazione è rigogliosa e permette a
malapena di intravedere il ghiacciaio.
Si attraversa un torrente su due
traballanti assi e si raggiunge il
campamento Paso dove c’è un punto di
controllo CONAF mi registro e
scambio due parole con il guardia
parco. Adesso il sentiero cambia aspetto, con notevoli dislivelli si fiancheggia prima il
ghiacciaio poi il lago stando però sempre molto alti. Vicino a el Paso c’è un bel punto
panoramico, si supera un tratto esposto per poi salire ad un ponte sospeso. Un bivio a destra
porta ad uno stupendo punto panoramico, il luogo regala viste stupende sul ghiacciaio, ogni
tanto si sente un boato: è un pezzo di ghiaccio che cade nel lago. Riparto e dopo altri due
ponti sospesi si arriva al refugio Grey. In quest’ultimo tratto si comincia ad incontrare gente
perché fa parte del più turistico percorso W. La zona tende è piuttosto lontana dal rifugio (e
dalle docce), pianto la tenda, oggi è bagnata ma si asciugherà ben presto grazie al vento
costante della Patagonia.
Ha piovuto tutta la notte, mi sveglio alle 6.30 e smonto la tenda in un momento di tregua,
vado alla cucina a farmi la colazione. Le previsioni meteo non sono buone: danno brutto
tempo per tutta la settimana, secondo la ragazza della reception un meteo tipico di aprile.
Decido di anticipare il bus per Los Antiguos a domani (mi costa 2480 ARS) e di salire
comunque per il sentiero. Vado verso il campamento De Agostini, all’inizio il sentiero sale
in modo deciso e si vede un bel panorama
sulla cittadina, poi si incontra una bella
cascata, si entra in un fitto bosco fino al
mirador Torre, se non fosse brutto tempo si
potrebbe vedere il CerroTorre! Oggi non si
intuisce nemmeno che ci sono delle
montagne. Si prosegue abbassandosi al
sottostante rio, ora la vegetazione è
composta di bassi cespugli ed erba. Su
consiglio di un ragazzo appena incontrato,
al bivio giro a destra, non vado al De
Agostini (troppo vento) ma percorro il
sentiero Madre e Hijo. Si devono
costeggiare due laghetti, il primo più
piccolo chiamato Hijo (figlio) il secondo più
grande Madre. Poco dopo i laghetti, in
mezz’ora, si arriva al Poinceton, un
campamento nel bosco dove si può
campeggiare. Pianto veloce la tenda e
proseguo per la laguna del los Tres. Il
sentiero attraversa un torrente su un bel ponte di legno poi comincia a salire. Si passa per
alcune costruzioni di legno, luogo di un vecchio accampamento ora chiuso, poi si continua
a salire. Usciti dal bosco si passa per una zona di bassi arbusti e poi una pietraia fino alla
laguna. Il posto ricorda vagamente il mirador Torres: un lago in primo piano e sul fondo
una serie di pinnacoli, tra cui nella nebbia il Fitz Roy.
Il nome attuale gli è stato dato dall’esploratore Perito Moreno in onore di un
famoso esploratore, il nome originario sarebbe Cerro Chalten che in lingua
aoniken significa montagna che fuma (a causa delle frequenti nuvole che
stazionano sulla sua cima). Lionel Terray, grande alpinista francese fu il primo
a salire sulla vetta assieme a Guido Magnone. Alto solo 3450m ma ciò che rende
difficile la sua ascesa è il granito particolarmente compatto ma soprattutto le
condizioni atmosferiche di questa zona. Basti pensare che già arrivare alla base
è un’impresa in sé, Poincenot, anch’esso alpinista della spedizione di Terray
annegherà nel tentativo di attraversare un fiume. L’impresa durerà tre settimane,
allestiranno vari campi, affronteranno condizioni al limite dell’umano ma alla
fine il primo febbraio 1952 raggiungono la vetta.
Questa notte ha piovuto fino verso le 4 ma poi ha smesso, mi sveglio con una certa calma,
sistemo lo zaino, lo porto in cucina ma non smonto la tenda così ha il tempo di asciugarsi.
Verso le 8 smonto pure la tenda e parlo con il ragazzo che si occupa della reception, il tour
si fa, devo trovarmi alle 9.30 al porto. Qua non sembra esistere la concorrenza, tutte le
compagnie propongono il tour a 25000ARS (circa
35$) avendolo prenotato tramite il campeggio
risparmio la bellezza di 1,5$ ma questo è il
massimo dello sconto. Si devono aspettare altre
persone così partiamo che sono quasi le 10, ci
danno un poncho (indispensabile per tutti gli
spruzzi che si prendono) e un giubbotto di
salvataggio. Si va a piedi al vicino porticciolo (ci
vogliono cinque minuti) e montiamo sulla barca.
Siamo sul lago General Carrera il più grande del
Cile e il secondo del sud America dopo il Titicaca.
Come prima tappa andiamo a vedere delle vecchie
navi naufragate in questa zona, se ho ben capito
dalla spiegazione in spagnolo quella più grande era
adibita al trasporto minerali perché lungo la costa
del lago c’erano delle miniere. Si prosegue stando
abbastanza vicino alla costa. La roccia che si vede
è marmo formatosi 400Ma fa, le attuali forme sono
dovute alla dinamica dei ghiacciai soprattutto
degli ultimi 10000 anni. Notevoli sono alcune
grotte così grandi da riuscire ad entrare con la
barca, grazie all’erosione del ghiacciaio si sono
create molte curiose forme, con un po’ di fantasia
ci si può vedere un elefante, un condor e altro ancora. Il pezzo forte sono due isolotti
chiamati la Cattedrale (quello più grande) e la Cappella di Marmo (quello più piccolo e più
fotogenico). Arrivati a questi due isolotti si torna veloci al
punto di partenza, vado veloce al terminal del bus per chiedere dell’orario del bus per Cerro
Castillo (illudendomi della regolarità dei trasporti in Patagonia) ma niente da fare, oggi il
bus era la mattina e oramai è passato, il prossimo è domani mattina alle 8.30. Vado al
campeggio a prendere lo zaino e provo a fare autostop. Resto a provarci dalle 14 alle 15.30
in compagnia di due israeliani che in modo non proprio educato si aggregano. Ne approfitto
per fare due chiacchiere, nonostante il comportamento non proprio corretto sono simpatici,
sono in giro da un po’, si muovono in autostop, resteranno in viaggio per tre mesi. Mi
arrendo alle avversità e vado in campeggio, un altro, sempre allo stesso prezzo ma avevo
voglia di cambiare.
Questa sera a cena siamo un bel gruppetto, alcuni cileni e uno spagnolo che parla bene
l’italiano e che è in giro da nove mesi.
Info pratiche
Per le torri del Paine ho prenotato usando il sito www.bookingpatagonia.travel, se
si vuole fare l’O bisogna obbligatoriamente andare in senso antiorario.
Per i voli ho usato skyscanner, comodo e fa risparmiare un po’ di soldini
Sul posto non ho avuto problemi di prenotazione bus, basta all’arrivo prenotare la
tratta successiva
La spesa complessiva, comprensiva di assicurazione e spostamenti in Italia è stata
2500€
Principali spese:
Volo Roma-Santiago-Firenze 960,21 €
Volo Santiago-Puerto Natales 203,35 €
Prenotazione Torri del Paine 220 €
Camping Guino x 2 18,00 €
Calafate Hostel 21,00 €
Volo Balmaceda-Santiago 64,94 €
Bus P. Natales El Calafate 40 €
Perito Moreno 40 €
Bus Calafate - Chalten 15 €
Bus notturno per Los Antiguos 100 €
Capillar de Marmo 35 €