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Introduzione
Un viaggio inizia quando si inizia a sognarlo, questo poi ha avuto un valore aggiunto essendomi
venuta dietro mia figlia sedicenne. Monica non è stata subito convinta, prima si, poi forse, poi “ma
potremmo fare qualcos’altro”, “ci penso”, alla fine, dopo l’ultimo giorno di scuola la risposta
definitiva: si. Grande felicità e inizio dei preparativi, se fossi andato senza Monica probabilmente
sarei andato da solo ma essendoci la figliuola ci siamo iscritti ad un viaggio di AnM e anche questa
volta il gruppo si è rilevato simpatico. Se avrete la pazienza di leggere tutto il diario scoprirete che
non proprio tutto è andato bene, anzi ci sono stati dei momenti “drammatici”, degli inconvenienti
spiacevoli, ma il tutto fa parte del Viaggio. Un turista vuole che tutto vada per il verso giusto, che si
rispetti il programma preventivato, un viaggiatore vuole scoprire, l’imprevisto diventa parte
importante dell’esperienza. Un vero viaggio ti cambia dentro è prima di tutto un viaggio dell’anima!
10/08
Viaggiare è essere infedeli. Siatelo senza rimorsi. Dimenticate i vostri amici per degli
sconosciuti.
Partiamo alle 8:30 per fare una camminata, con la
macchina andiamo a Shilla e saliamo in circa 1,5 ore per
una valle a tratti stretta fino ad arrivare a Shillapu, un
piccolo villaggio di 38 abitanti, entriamo in una delle
case e ci offrono the, biscotti, orzo in polvere, yogurt
acido e chapati. Facciamo una chiacchierata con la guida
che ci ha accompagnato fino a lì, d’inverno a Shillapu le
temperature possono raggiungere tranquillamente i -
30°C così la gente se ne sta chiusa in casa tutto il tempo,
sostanzialmente vanno in letargo, poi spesso la neve è troppa così scendere a valle sarebbe
pericoloso per le possibili slavine, la stanza in cui ci troviamo non ha buoni isolamenti e soprattutto
non ha un sistema di riscaldamento e quando fa freddo la chiudono via e non ci entrano. Decidiamo
di fermarci lì a mangiare così, mentre preparano il pranzo, andiamo a farci due passi. Vado verso la
cima sovrastante (che per me è una sorta di calamita, Monica mi segue e subito sotto c’è anche
Giuseppe e Arianna. Questi ultimi ad un certo punto desistono e tornano indietro così anche Monica
si scoraggia e non vuole proseguire, mi dispiace lasciare mia figlia da sola così torno indietro con
lei. Il pranzo è buono, riso con verdure e yogurt acido. Finito di mangiare scendiamo verso valle,
belli i paesaggi con qualche cima innevata, certo non sono i paesaggi delle montagne nepalesi
comunque hanno il loro fascino. Torniamo in hotel e, dopo esserci fatti la doccia io e Monica
proviamo ad andare all’altra farmacia dove il farmacista la incide con l’ago di una siringa e spreme
fuori tutto il sangue e pus. Dopo averla bendata gli dice di tenere il bendaggio per tre giorni,
speriamo bene!
11/08
Le radici sono importanti, nella vita di un uomo, ma noi uomini abbiamo le gambe,
non le radici, e le gambe sono fatte per andare altrove.
Sia io che Monica abbiamo dormito bene, sono sveglio ben
prima delle 6 e sto in attesa del the, quando però arrivano da
Giuseppe li manda via dicendo che non serve, poi ci
lamenteremo con Giuseppe per averci tolto questa emozione
mattutina. Per colazione c’è di tutto, compreso porridge (che
però non apprezziamo) e nutella. Alle 7:15 partiamo per la
prima giornata seria di trekking. Dapprima si costeggia lo
Zanskar, teoricamente stiamo lentamente scendendo in realtà
ci sono parecchi saliscendi ed il sentiero spesso è esposto, in
alcuni punti molto in alto altre volte quasi tocchiamo il fiume.
Incontriamo tre diversi gruppi di cavalli, scopriremo poi di tre
coppie che stanno facendo il nostro stesso sentiero in senso
inverso. Ad un certo punto si comincia a salire in modo
deciso cominciando ad allontanarsi dallo Zanskar, io e
Monica teniamo il passo, oramai la guida è dietro con
Giuseppe così non ci può
obbligare a continue
soste. Arriviamo al primo
passo, il Pensi La (3950m), bella la sensazione di essere così alti
ma non avere problemi di quota. Dopo una breve sosta
cominciamo la veloce ma lunga discesa fino al Zingchen
Tokpo, un torrente impetuoso sovrastato da imponenti pareti.
Superato il torrente ci fermiamo a mangiare il nostro sacchetto
per il pranzo, fa molto caldo e l’acqua sta per finire. Sono le 14
quando vediamo i cavalli arrivare e la nostra guida ci dà
l’ordine perentorio di partire. La salita è faticosa ma regolare, io
e Monica ci mettiamo davanti e teniamo il passo così riusciamo
a raggiungere il secondo passo (lo Snertse La a circa 3800m)
abbastanza velocemente, da lì ci vogliono 10 minuti per arrivare
a destinazione: Neche dove c’è pure una baracca con un signore
che vende bibite fresche, ci prendiamo subito due coche fresche,
sembra di essere in paradiso!
13/08
Sembra esserci nell’uomo, come negli uccelli, un bisogno di migrazione, una vitale
necessità di sentirsi altrove.
Partiamo alle 8 e tutta la giornata siamo nei
pressi di una strada sterrata, inizialmente si
sale lungo un sentiero che taglia vari
tornanti fino al Kuba La, un passo a
4400m, da lì si rimane sullo sterrato, sono
6km con bei paesaggi ma un po’ noiosi, ad
un certo punto si vede in lontananza il
passo che dovremo salire. Il sentiero
comincia a salire tagliando i tornanti,
Monica si lamenta dice di non farcela, ma
pian piano arriva in cima al passo, il Singe
La (5060m). Fa freddo è coperto e a tratti
grandina. Ci fermiamo a mangiare un po’ infreddoliti poi cominciamo la discesa sull’altro versante.
All’inizio il sentiero è in moderata pendenza poi però si fa pianeggiante, bella la fioritura che
incontriamo appena scesi. Fino all’ultimo non si vede il campo, il posto è bello, attorno pascolano
degli yak, peccato non ci sia molta privacy per chi deve andare in bagno.
16/08
Strana questa cosa dei viaggi, una volta che cominci, è difficile fermarsi. È come
essere alcolizzati.
Facciamo colazione presto (7:30) così alle 8:30
siamo puntuali davanti all’agenzia. I nostri
compagni di viaggio sono tre indiani. Monica si
lamenta di un po’ di mal di pancia ma io non gli
do troppo peso (grave errore con Monica,
quando un qualsiasi acciacco viene
sottovalutato si trasforma in qualcosa di
enorme). Giornata nuvolosa e ventosa, la strada
sale a serpentine a nord di Leh, ad un certo
punto c’è il controllo passaporti e permessi,
circa da lì la strada diventa sterrata ma
comunque messa bene. Verso le 11 siamo al Khardong La, un passo a 5602m, sembra sia il passo
più alto del mondo aperto al traffico tutto l’anno. Dopo le foto di rito si riparte scendendo sull’altro
versante, Monica peggiora e ad un certo punto non trova di meglio da fare che vomitare nel mio
berretto di lana. Ripartiamo, anche il
dito è peggiorato, spurga sangue e pus,
da lì non è possibile tornare indietro!
Arrivati al fondovalle chiedo di
passare ad un ospedale, andiamo a
quello di Dysky, l’ambiente è poco
invitante ma devo dire che abbiamo
trovato un buon medico che ci ha
trattato molto bene e un’infermiera ha
inciso il dito e spurgato il tutto.
Monica però continua a star male, ci
fermiamo a visitare un buddone e il
monastero ma Monica se ne rimane
sostanzialmente in macchina. Gli altri
si fermano a mangiare mentre io provo
a fermare macchine per trovare un
passaggio per Leh, ma niente da fare.
Si prosegue per Hunder, dove
prendiamo la prima stanza che
troviamo e così Monica può sdraiarsi e
riposare. Mi faccio un giro nei dintorni
ma senza muoversi un po’ non c’è
nulla da vedere. A sera ci facciamo
portare del riso in bianco, Monica
vomita ancora un apio di volte, la
notte arriva a 39,3°C di febbre,
disastro!
20/08
Viaggiare è una scuola di umiltà, fa toccare con mano i limiti della propria
comprensione, la precarietà degli schemi e degli strumenti con cui una persona o
una cultura presumono di capire o giudicano un’altra.
Dopo la nottataccia passata a mettere bende bagnate in fronte e sui polsi cerco di essere tattico: alle
5:30 mi sveglio e cerco di preparare tutto, vesto Monica mezza moribonda lasciandola a letto. Alle
5:45 esco, c’è già l’autista pronto, gli chiedo di accendere la macchina così da mettere il
riscaldamento al massimo (cosa che servirà a poco visto che funziona da schifo). Alle 6 porto fuori
Monica piazzandola davanti, a breve partiamo anche se tutta questa fretta servirà a poco, andiamo
ad un parcheggio dove una macchina fa da taxi ma deve aspettare che si riempia. Una persona c’è
già, un militare di religione mussulmana che deve andare a casa a Kargil, poi ci siamo io e Monica,
mancano altre quattro persone. Decidi di dare i soldi degli altri quattro così partiamo subito. Il
militare, all’inizio sembra simpatico poi dopo un po’ si dimostra alquanto appiccicoso, sembra
quasi ci stia provano con Monica! Il percorso risulta molto duro per Monica che ha ancora 38 di
febbre, oltretutto si vuole fermare al passo per andare al bagno, ha addosso praticamente tutto
quello che avevamo così io rimango in maglietta e pantaloncini corti. Alle 11 siamo a Leh, l’autista
ci lascia ai margini del paese, insisto perché ci porti in hotel ma non c’è niente da fare così
dobbiamo prendere un taxi perché Monica è esausta e non ce la fa a camminare. Il resto della
giornata Monica la passa a riposare anche perché ha ancora febbre (38,6°C). Nel frattempo il resto
della truppa arriva e ci raccontano la loro avventura, ma questa è un’altra storia.
21/08
Un viaggio non comincia nel momento in cui partiamo né finisce nel momento in cui
raggiungiamo la meta. In realtà comincia molto prima e non finisce mai, dato che il
nastro dei ricordi continua a scorrerci dentro anche dopo che ci siamo fermati. È il
virus del viaggio, malattia sostanzialmente incurabile.
Lunga giornata di trasferimento, mattinata passata a riposare, alle 11:30 taxi poi volo alle 14:15 c’è
e arriviamo a Milano alle 19:20. Non ci spostiamo nemmeno dall’aeroporto, tempo 1,5 ore e
prendiamo il flexibus che ci porta a Bolzano per le 2 di mattina del 23 agosto e un’altra vacanza è
terminata, resta i ricordi di un viaggio a tratti difficile ma che ci ha insegnato e ci ha cambiato.