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Il paese degli alti valichi

Introduzione
Un viaggio inizia quando si inizia a sognarlo, questo poi ha avuto un valore aggiunto essendomi
venuta dietro mia figlia sedicenne. Monica non è stata subito convinta, prima si, poi forse, poi “ma
potremmo fare qualcos’altro”, “ci penso”, alla fine, dopo l’ultimo giorno di scuola la risposta
definitiva: si. Grande felicità e inizio dei preparativi, se fossi andato senza Monica probabilmente
sarei andato da solo ma essendoci la figliuola ci siamo iscritti ad un viaggio di AnM e anche questa
volta il gruppo si è rilevato simpatico. Se avrete la pazienza di leggere tutto il diario scoprirete che
non proprio tutto è andato bene, anzi ci sono stati dei momenti “drammatici”, degli inconvenienti
spiacevoli, ma il tutto fa parte del Viaggio. Un turista vuole che tutto vada per il verso giusto, che si
rispetti il programma preventivato, un viaggiatore vuole scoprire, l’imprevisto diventa parte
importante dell’esperienza. Un vero viaggio ti cambia dentro è prima di tutto un viaggio dell’anima!
10/08

Viaggiare è essere infedeli. Siatelo senza rimorsi. Dimenticate i vostri amici per degli
sconosciuti.
Partiamo alle 8:30 per fare una camminata, con la
macchina andiamo a Shilla e saliamo in circa 1,5 ore per
una valle a tratti stretta fino ad arrivare a Shillapu, un
piccolo villaggio di 38 abitanti, entriamo in una delle
case e ci offrono the, biscotti, orzo in polvere, yogurt
acido e chapati. Facciamo una chiacchierata con la guida
che ci ha accompagnato fino a lì, d’inverno a Shillapu le
temperature possono raggiungere tranquillamente i -
30°C così la gente se ne sta chiusa in casa tutto il tempo,
sostanzialmente vanno in letargo, poi spesso la neve è troppa così scendere a valle sarebbe
pericoloso per le possibili slavine, la stanza in cui ci troviamo non ha buoni isolamenti e soprattutto
non ha un sistema di riscaldamento e quando fa freddo la chiudono via e non ci entrano. Decidiamo
di fermarci lì a mangiare così, mentre preparano il pranzo, andiamo a farci due passi. Vado verso la
cima sovrastante (che per me è una sorta di calamita, Monica mi segue e subito sotto c’è anche
Giuseppe e Arianna. Questi ultimi ad un certo punto desistono e tornano indietro così anche Monica
si scoraggia e non vuole proseguire, mi dispiace lasciare mia figlia da sola così torno indietro con
lei. Il pranzo è buono, riso con verdure e yogurt acido. Finito di mangiare scendiamo verso valle,
belli i paesaggi con qualche cima innevata, certo non sono i paesaggi delle montagne nepalesi

comunque hanno il loro fascino. Torniamo in hotel e, dopo esserci fatti la doccia io e Monica
proviamo ad andare all’altra farmacia dove il farmacista la incide con l’ago di una siringa e spreme
fuori tutto il sangue e pus. Dopo averla bendata gli dice di tenere il bendaggio per tre giorni,
speriamo bene!
11/08

Chi viaggia ha scelto come mestiere quello del vento.


Sveglia poco prima delle sei per essere pronti in strada alle
7, la guida però è in ritardo così io e Monica abbiamo il
tempo per andare a berci un pessimo caffè. Nel frattempo
la guida è arrivata, curioso che è anche lei con il dito
fasciato, come Monica. A breve arriviamo al monastero di
Stongday, qui vive una comunità di circa quaranta monaci,
venne costruito nell’11° secolo. È in ristrutturazione ma
fortunatamente si può visitare quasi tutto, solo la
biblioteca è chiusa, belle le pitture murali, curiosamente
disegnate con la tecnica detta gSerbri, linee gialle
tracciate su di uno sfondo nero.
Finita la visita si prosegue per Zangla dove visitiamo il
monastero femminile, nulla di ché, ma vale la pena visto
che è lungo la strada. Proseguiamo con la macchina sulla
destra orografica dello Zanskar fino ad un ponte da dove
parte il trekking. Si inizia superando un ponte di metallo un
po’ traballante, poi si attraversano campi di grano e orzo
sempre seguendo il corso del fiume, in alcuni tratti salendo
molto con tratti esposti (il nostro pensiero va alla mamma rimasta a casa che mai avrebbe fatto
questi pezzi). Bello il paesaggio circondati da alte montagne e piramidi di terra. Incontriamo un
signore con alcuni cavalli, racconta alla guida che gli è caduto
un cavallo nel fiume e chiede se lo vediamo di avvisare al
villaggio, sfortunatamente il cavallo lo vedremo ma oramai
morto. A breve siamo ad Hanumil, minuscolo villaggio,
poche case, un lodge e una the house presso cui ci fermiamo e
quando arriveranno i cavalli pianteremo la tenda. Mangiamo
qualcosa alla the house e dopo circa due ore arrivano i cavalli
e in poco tempo piantano le nostre tre tende, la tenda cucina e
quella che useremo per cenare. Il pomeriggio passa con i soliti
ritmi del trekking: veloce lavata degli indumenti e del corpo al
fiume, due chiacchiere, qualche lettura. La guida viene a dirci
che il percorso preventivato (passando da Kanji La) non è
fattibile, c’è troppa acqua, i guadi sono pericolosi, non ci
fidiamo, andiamo a chiedere ai due gruppi di turisti che
campeggiano con noi ed effettivamente nessuno ha fatto quel
percorso, quest’anno sembra stia piovendo troppo. La cena è
ottima e abbondante, a sorpresa c’è anche la verdura cruda, ci
garantiscono lavata con l’acqua bollita e in effetti nessuno di
noi starà male!
12/08

Le radici sono importanti, nella vita di un uomo, ma noi uomini abbiamo le gambe,
non le radici, e le gambe sono fatte per andare altrove.
Sia io che Monica abbiamo dormito bene, sono sveglio ben
prima delle 6 e sto in attesa del the, quando però arrivano da
Giuseppe li manda via dicendo che non serve, poi ci
lamenteremo con Giuseppe per averci tolto questa emozione
mattutina. Per colazione c’è di tutto, compreso porridge (che
però non apprezziamo) e nutella. Alle 7:15 partiamo per la
prima giornata seria di trekking. Dapprima si costeggia lo
Zanskar, teoricamente stiamo lentamente scendendo in realtà
ci sono parecchi saliscendi ed il sentiero spesso è esposto, in
alcuni punti molto in alto altre volte quasi tocchiamo il fiume.
Incontriamo tre diversi gruppi di cavalli, scopriremo poi di tre
coppie che stanno facendo il nostro stesso sentiero in senso
inverso. Ad un certo punto si comincia a salire in modo
deciso cominciando ad allontanarsi dallo Zanskar, io e
Monica teniamo il passo, oramai la guida è dietro con
Giuseppe così non ci può
obbligare a continue
soste. Arriviamo al primo
passo, il Pensi La (3950m), bella la sensazione di essere così alti
ma non avere problemi di quota. Dopo una breve sosta
cominciamo la veloce ma lunga discesa fino al Zingchen
Tokpo, un torrente impetuoso sovrastato da imponenti pareti.
Superato il torrente ci fermiamo a mangiare il nostro sacchetto
per il pranzo, fa molto caldo e l’acqua sta per finire. Sono le 14
quando vediamo i cavalli arrivare e la nostra guida ci dà
l’ordine perentorio di partire. La salita è faticosa ma regolare, io
e Monica ci mettiamo davanti e teniamo il passo così riusciamo
a raggiungere il secondo passo (lo Snertse La a circa 3800m)
abbastanza velocemente, da lì ci vogliono 10 minuti per arrivare
a destinazione: Neche dove c’è pure una baracca con un signore
che vende bibite fresche, ci prendiamo subito due coche fresche,
sembra di essere in paradiso!
13/08

Viaggiare deve comportare il sacrificio di un programma ordinario a favore del


caso, la rinuncia del quotidiano per lo straordinario
Questa notte Monica non ha dormito bene, quando iniziamo a
camminare accusa stanchezza e giramenti di testa. Si sale
senza eccessiva pendenza lungo il greto del torrente, si deve
continuamente guadarlo. Arrivati a circa 4200m la valle
diventa sostanzialmente pianeggiante, in realtà in leggera
salita si continua per almeno un’ora fra paesaggi morbidi e
rossastri. Ad un certo punto il torrente scende da sinistra e
noi saliamo a destra. Adesso si sale anche se sempre senza
eccessive pendenze. Monica è in crisi, non sta per niente
bene, mi metto davanti e cerco di dargli un ritmo lento ma
regolare, improvvisamente sento uno strano rantolo: un
attacco d’asma, veloce prendo il ventolin e si dà un primo
spruzzo, dopo cinque minuti un secondo. Pian piano Monica
si riprende però abbiamo preso un gran spavento, siamo a
circa 4600m e ci vogliono almeno altri 200m per arrivare al
passo. Ripartiamo con calma, Monica sente ancora il respiro
non regolare così si dà una terza spruzzata di ventolin.
Nonostante tutto cammina discretamente e in breve tempo
siamo al Humana La (4877m), il posto è spettacolare, dall’altra parte si vede la meta di domani:
Lingshed. La faccio sdraiare su di un sasso con i piedi in alto dopo un po’ ci raggiungono e ci
superano i cavalli con il resto della truppa,
pranziamo, le foto di rito poi io e Monica
cominciamo a scendere così possiamo scendere
con calma. In condizioni normali saremmo scesi
correndo ma alla povera Monica tremano le gambe
ed è spossata, scendiamo così con molta calma e
arrivati su di un prato gli stendo un poncio e la
faccio sdraiare. Ora si deve scendere verso sinistra
per sfasciumi, il tempo sembra peggiorare e si
sentono dei tuoni, Monica sta meglio e riusciamo
ad accelerare, pioviggina, smette, ricomincia,
indossiamo poncio/giacca a vento. Ci mettiamo
poco ad arrivare nei pressi del greto del sottostante torrente a 3800m dove le nostre tende sono già
montate. Rimaniamo in tenda a riposare, prima leggiamo poi giochiamo un po’ a carte. Ad un certo
punto si alza un forte vento, la tenda di Giuseppe e Arianna si stacca da terra come anche la
tenda/sala da pranzo, corro a raccogliere sassi da mettere sulla nostra tenda poi do una mano per le
altre tende.
14/08

Il mondo mi entra in testa attraverso i piedi


La notte passa discretamente, ha piovuto tutta la
notte e quando, verso le 8:30, cominciamo a
camminare il cielo è tutto coperto. Si sale
velocemente la prima erta poi si prosegue in minor
pendenza. Lingshed è lontana, il percorso è tutto un
saliscendi, ad un certo punto si deve guadare un
torrente. Comincia a piovere così ci copriamo, i
panorami sarebbero stupendi ma con la pioggia non
rendono. Il paese è distribuito su di un’area molto
vasta così arrivati all’inizio del paese, segnalato da
un chorten ci vorrà ancora parecchio per raggiungere il monastero. Arriviamo al gompa alle 11:30,
ci sono due gruppi di turisti molto numerosi (15 spagnoli e 12 francesi) così non ce lo godiamo,
troppo casino. Finita la visita andiamo
ad una the house dove possiamo
ordinare un the e sederci a mangiare. Si
riparte, da qui c’è una strada sterrata di
recente costruzione anche se il sentiero
rimane nettamente a sinistra. Da sotto
sembra breve ma invece dobbiamo fare
un bel tratto lungo per arrivare al
Netuksi La, un passo a 4250m, ora si
segue sostanzialmente lo sterrato
pianeggiante fin dove il terreno scende
in modo deciso verso un paesello
(Chumpado Gompa) dove ci
accamperemo poco prima per la notte. La sera arriva uno svizzero, Philip che sta facendo un anno
in giro per il mondo, adesso sta facendo un trekking da solo con materiale super tecnico, incredibile
sia la tenda sia il sacco a pelo!
15/08

Sembra esserci nell’uomo, come negli uccelli, un bisogno di migrazione, una vitale
necessità di sentirsi altrove.
Partiamo alle 8 e tutta la giornata siamo nei
pressi di una strada sterrata, inizialmente si
sale lungo un sentiero che taglia vari
tornanti fino al Kuba La, un passo a
4400m, da lì si rimane sullo sterrato, sono
6km con bei paesaggi ma un po’ noiosi, ad
un certo punto si vede in lontananza il
passo che dovremo salire. Il sentiero
comincia a salire tagliando i tornanti,
Monica si lamenta dice di non farcela, ma
pian piano arriva in cima al passo, il Singe
La (5060m). Fa freddo è coperto e a tratti
grandina. Ci fermiamo a mangiare un po’ infreddoliti poi cominciamo la discesa sull’altro versante.
All’inizio il sentiero è in moderata pendenza poi però si fa pianeggiante, bella la fioritura che
incontriamo appena scesi. Fino all’ultimo non si vede il campo, il posto è bello, attorno pascolano
degli yak, peccato non ci sia molta privacy per chi deve andare in bagno.
16/08

In tibetano la definizione di “essere umano” è a-Go ba, “Viandante”, “Chi fa


migrazioni”.
Questa notte a Monica ha fatto male il dito è in
crisi e preoccupata. Verso le 8 partiamo, il
sentiero è in leggera discesa, si devono guadare
due torrenti togliendosi le scarpe, niente di
difficile, anzi la cosa risulta divertente. Il sentiero
passa vicino allo sterrato e lo attraversa in
qualche punto, in linea d’aria non facciamo tanta
strada ma è tagliato da tante profonde valli. Ad
un certo punto con un’ultima salita raggiungiamo
il Boumitse La, un passo a 4450m, in lontananza
si vede il nostro punto di arrivo: Photoksar, un
piccolo e caratteristico villaggio. Ci vorrà ancora un po’ per arrivare a destinazione, si deve seguire
la carrozzabile in leggera discesa. Il campo è distante dal
paese subito sotto la scuola. Dopo aver pranzato e aver
preso il the come da rito andiamo tutti assieme a cercare un
medico che la guida sostiene esserci. La situazione è
surreale: all’ingresso del paese c’è un lodge con spaccio
(chiuso) dove la guida chiede informazioni. Arriva fuori una
signora apparentemente giovane con un bambino sulle
spalle è il medico e ci invita a seguirlo. In cima al pendio
c’è una costruzione bianca esternamente non messa
particolarmente bene. Giunti alla casetta la signora ci fa
entrare, dentro è messa peggio: qualche attrezzo medico, un
po’ di pastiglie, ambiente sporco e muri scrostati. La signora
propone di incidere il dito, mi oppongo, magari guarisce
l’infezione e si prende chissà che malattia. Allora il medico
disinfetta il dito e lo fascia. La sera scendono dai pascoli in
quota capre e pecore, scopriamo che sono gestite in modo
comunitario: a turno un abitante le porta al pascolo poi la
sera quando tornano a valle ogni famiglia si prende le sue,
bello, sembra una gran festa.
17/08

Viaggiare è una brutalità. Obbliga ad avere fiducia negli stranieri e a perdere di


vista il comfort familiare della casa e degli amici. Ci si sente costantemente fuori
equilibrio. Nulla è vostro, tranne le cose essenziali – l’aria, il sonno, i sogni, il mare,
il cielo – tutte le cose tendono verso l’eterno o ciò che possiamo immaginare di esso.
Questa notte Monica è andata in crisi per il dito, spurgava
sangue e pus dall’unghia e gli faceva molto male tanto che
ho dovuto dargli un moment, pulirglielo e rifasciarlo. La
mattina prendiamo la decisione di interrompere il
trekking. Su indicazione della guida rimango a scrutare la
strada per vedere se passano macchine, intanto il resto del
gruppo parte; è freddo e piove, quando smontano la tenda
per la cena rimaniamo sotto l’acqua ad aspettare, la guida
prova ad andare in paese per vedere se qualcuno va a Leh
ma niente da fare. Verso le 8:30 come un miraggio vedo
una macchina, non penso più a nulla se non a correre, così
mi dimentico pure che sono ad oltre 4000m e non posso
correre in salita come fossi a casa mia a Bolzano, riesco a
fermare la macchina ma i polmoni mi scoppiano, non
riesco a parlare. Botta di culo, l’autista sta andando a Leh
ed è un signore che saltuariamente fa la guida così sa
l’inglese e contatterà pure il corrispondente che potrà
aiutarci a sbrigare la pratiche all’ospedale. La strada sale
parecchio, fino ad un passo a circa 4800m, poi scende ed
entra in una stretta gola molto scenografica. Passiamo per
vari paesini e l’autista sembra conoscere un po’ tutti, saluta, si ferma a fare due chiacchiere, da un
passaggio ad un signore ed una signora che stanno trasportando mercanzia varia. Ci vuole parecchio
prima di arrivare ad incrociare la strada principale lungo il corso dell’Indo, a quel punto sono circa
100km di bella strada asfaltata, il viaggio è stato lungo ma per niente noioso. Arrivati a Leh ci porta
direttamente in ospedale dove a breve arriva Turgit, il corrispondente, facciamo una sorta di
impegnativa poi andiamo agli ambulatori dove ci dicono di tornare il pomeriggio verso le 4, forse le
3 (è da poco passato mezzogiorno) così ci facciamo portare in hotel a scaricare i bagagli,
mangiucchiare qualcosa e poi ci riporta in ospedale. Alle 16 entriamo, il medico sembra sia un
chirurgo che ha appena terminato di operare, le cose funzionano così: ti chiamano, ti invitano a farti
avanti e, mentre la persona precedente cerca ancora di comunicare qualcosa il medico comincia a
guardarti, ci prescrive antibiotici e antiinfiammatori, mentre stiamo ancora parlando con il medico
per chiedere chiarimenti il paziente successivo è già entrato e comincia ad essere visitato. Usciamo
e dobbiamo passare per un paio di farmacie per acquistare i farmaci che, ovviamente, ci danno
sciolti senza scatola e senza bugiardino. Ci facciamo scaricare in centro così andiamo a mangiarci
dei momo e torniamo in hotel facendo qualche spesa qua e là.
18/08

Chi viaggia senza incontrare l’altro, non viaggia, si sposta.


Oggi giornata relax, sveglia con calma, tanto fuori piove, alle 8 facciamo colazione, il signore che ci
serve è un po’ troppo invadente: ci versa l’acqua calda per il the/caffè, ci mette lo zucchero, ce lo
mescola, poi continua a guardarci, chiederci se desideriamo qualcos’altro, un vero stress. Monica
resta in camera mentre io faccio per uscire ma arrivato sotto internet funziona bene così ne
approfitto per comunicare con casa e tranquillizzare la moglie. Quando ho finito si fanno le 10 così
io e Monica usciamo assieme e visto che abbiamo un paio di giorni da fare andare decidiamo di
andare ad una agenzia e prenotare un tour alla Numbra valley e al Pangog Tso, un lago a 4200m. Il
resto della giornata la passiamo a fare spese e a giracchiare piacevolmente.
19/08

Strana questa cosa dei viaggi, una volta che cominci, è difficile fermarsi. È come
essere alcolizzati.
Facciamo colazione presto (7:30) così alle 8:30
siamo puntuali davanti all’agenzia. I nostri
compagni di viaggio sono tre indiani. Monica si
lamenta di un po’ di mal di pancia ma io non gli
do troppo peso (grave errore con Monica,
quando un qualsiasi acciacco viene
sottovalutato si trasforma in qualcosa di
enorme). Giornata nuvolosa e ventosa, la strada
sale a serpentine a nord di Leh, ad un certo
punto c’è il controllo passaporti e permessi,
circa da lì la strada diventa sterrata ma
comunque messa bene. Verso le 11 siamo al Khardong La, un passo a 5602m, sembra sia il passo
più alto del mondo aperto al traffico tutto l’anno. Dopo le foto di rito si riparte scendendo sull’altro
versante, Monica peggiora e ad un certo punto non trova di meglio da fare che vomitare nel mio
berretto di lana. Ripartiamo, anche il
dito è peggiorato, spurga sangue e pus,
da lì non è possibile tornare indietro!
Arrivati al fondovalle chiedo di
passare ad un ospedale, andiamo a
quello di Dysky, l’ambiente è poco
invitante ma devo dire che abbiamo
trovato un buon medico che ci ha
trattato molto bene e un’infermiera ha
inciso il dito e spurgato il tutto.
Monica però continua a star male, ci
fermiamo a visitare un buddone e il
monastero ma Monica se ne rimane
sostanzialmente in macchina. Gli altri
si fermano a mangiare mentre io provo
a fermare macchine per trovare un
passaggio per Leh, ma niente da fare.
Si prosegue per Hunder, dove
prendiamo la prima stanza che
troviamo e così Monica può sdraiarsi e
riposare. Mi faccio un giro nei dintorni
ma senza muoversi un po’ non c’è
nulla da vedere. A sera ci facciamo
portare del riso in bianco, Monica
vomita ancora un apio di volte, la
notte arriva a 39,3°C di febbre,
disastro!
20/08

Viaggiare è una scuola di umiltà, fa toccare con mano i limiti della propria
comprensione, la precarietà degli schemi e degli strumenti con cui una persona o
una cultura presumono di capire o giudicano un’altra.

Dopo la nottataccia passata a mettere bende bagnate in fronte e sui polsi cerco di essere tattico: alle
5:30 mi sveglio e cerco di preparare tutto, vesto Monica mezza moribonda lasciandola a letto. Alle
5:45 esco, c’è già l’autista pronto, gli chiedo di accendere la macchina così da mettere il
riscaldamento al massimo (cosa che servirà a poco visto che funziona da schifo). Alle 6 porto fuori
Monica piazzandola davanti, a breve partiamo anche se tutta questa fretta servirà a poco, andiamo
ad un parcheggio dove una macchina fa da taxi ma deve aspettare che si riempia. Una persona c’è
già, un militare di religione mussulmana che deve andare a casa a Kargil, poi ci siamo io e Monica,
mancano altre quattro persone. Decidi di dare i soldi degli altri quattro così partiamo subito. Il
militare, all’inizio sembra simpatico poi dopo un po’ si dimostra alquanto appiccicoso, sembra
quasi ci stia provano con Monica! Il percorso risulta molto duro per Monica che ha ancora 38 di
febbre, oltretutto si vuole fermare al passo per andare al bagno, ha addosso praticamente tutto
quello che avevamo così io rimango in maglietta e pantaloncini corti. Alle 11 siamo a Leh, l’autista
ci lascia ai margini del paese, insisto perché ci porti in hotel ma non c’è niente da fare così
dobbiamo prendere un taxi perché Monica è esausta e non ce la fa a camminare. Il resto della
giornata Monica la passa a riposare anche perché ha ancora febbre (38,6°C). Nel frattempo il resto
della truppa arriva e ci raccontano la loro avventura, ma questa è un’altra storia.
21/08

Perché ogni vero viaggio presuppone la disponibilità ad accettare l’imprevisto,


qualunque esso sia, anche quello di non sapere più di preciso chi si era prima di
partire.
Le vacanze volgono al
termine, comincia il lento
ritorni, sveglia alle 5:30 e
via veloci per l’aeroporto,
7:40 volo per Delhi
troviamo ad attenderci il taxi
che ci porterà all’hotel,
molto vicino a quello dove
siamo già stati. Prendiamo
posto in camera, Monica non
ha più febbre ma è stanca
così se ne rimane in camera
mentre io mi faccio un giro
con gli altri in centro. Prima
andiamo a mangiare poi
visitiamo il
Forte Rosso: La fortezza è testimonianza del momento di massimo splendore della dinastia
imperiale islamica moghul: fu costruito dal 1638 al 1648 infatti dal quinto imperatore
moghul Shah Jahan come fortezza della nuova capitale di Shahjahanabad lungo le rive del
fiume Yamuna, che scorre così nel suo fossato. A nord-est la costruzione è adiacente ad un
forte più antico, quello di Salimgarh, ad opera dell’imperatore Shah Suri nel 1546, con cui
appunto la fortezza forma il complesso noto con il nome di Forte Rosso.
Finita la visita corro da Monica, interessante come in questi luoghi è tutto facile, prima ancora di
arrivare in strada trovo il tuc tuc che mi porta alla metro e uscito dalla metro altro breve tragitto in
tuc tuc per l’hotel. Cerco
di convincere Monica ad
uscire, quasi la convinco
ma poi vomita ancora, così
ci facciamo portare la cena
in camera e tanti saluti a
Delhi.
22/08

Un viaggio non comincia nel momento in cui partiamo né finisce nel momento in cui
raggiungiamo la meta. In realtà comincia molto prima e non finisce mai, dato che il
nastro dei ricordi continua a scorrerci dentro anche dopo che ci siamo fermati. È il
virus del viaggio, malattia sostanzialmente incurabile.
Lunga giornata di trasferimento, mattinata passata a riposare, alle 11:30 taxi poi volo alle 14:15 c’è
e arriviamo a Milano alle 19:20. Non ci spostiamo nemmeno dall’aeroporto, tempo 1,5 ore e
prendiamo il flexibus che ci porta a Bolzano per le 2 di mattina del 23 agosto e un’altra vacanza è
terminata, resta i ricordi di un viaggio a tratti difficile ma che ci ha insegnato e ci ha cambiato.

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