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I motti di spirito

Il motto di spirito si può definire come un detto spiritoso pronunciato dal protagonista
al momento opportuno. Attraverso il motto di spirito, Boccaccio celebra l’intelligenza
dell’uomo, la prontezza di spirito e la capacità dell’uomo di reagire prontamente nelle
situazioni difficili. Nello stesso momento il motto appartiene alla vasta gamma dei
mezzi narrativi e stilistici quali Boccaccio usa per rendere il libro comico. Boccaccio,
in particolare ha concentrato i vari casi del motto arguto soprattutto nelle dieci
novelle della sesta giornata. Generalmente si può notare che, le novelle della sesta
giornata, ad esclusione della decima novella su frate Cipolla, sono brevi. Lo scrittore
all’inizio del racconto presenta i protagonisti, dopo descrive brevemente la situazione
in cui i personaggi si trovano e alla fine della novella fa pronunciare al protagonista il
motto ironico. Oltre alla sesta giornata il motto di spirito lo si può individuare anche
nelle novelle della prima giornata. La gamma delle situazioni e dei personaggi è
varia. Attraverso le novelle della prima e sesta giornata lo scrittore mostra la diversità
delle situazioni in cui il motto di spirito viene usato, ed anche la varietà dei
personaggi che lo pronunciano.
Ser Ciappelletto da Prato
Tra le novelle della prima giornata in cui è sicuramente rilevante il motto di spirito, è
Ser Ciappelletto da Prato. Analizzando il testo, Cepparello viene presentato come il
peggior uomo mai esistito a causa del fatto che nella sua vita, ha commesso molti
peccati: omicidi, bestemmiare Dio e i Santi, frequentava taverne ed era un gran
bevitore. Nello svolgimento del testo, dopo che Ser Ciappelletto si ammala, chiede ai
due fratelli usurai di farsi confessare da un frate, anche se non è mai andato in chiesa.
Nel momento in cui elenca i suoi peccati, grazie al suo ingegno e potere di parola,
riesce a convincere il frate, che basandosi su quanto raccontato, lo elogia e lo assolve
da tutti i suoi peccati. Così il peggior uomo mai esistito si trasforma in una figura
santa, apprezzata da tutti, solamente grazie alla capacità di parola, che permette di
risolvere situazioni complesse. Altri esempi della presenza di motti di spirito che
senza dubbio vanno citati son le novelle di Chichibio e una gru e Frate Cipolla.
Chichibio e una gru
Nella novella di Chichibio Boccaccio inserisce il motto di spirito alla fine del dialogo
centrale fra il padrone e il suo servitore. Lo stesso dialogo rappresenta uno scontro di
battute e delle intelligenze dei due protagonisti. Anche se, il ruolo importante
nell’episodio lo svolge la fortuna. Se loro due non fossero arrivati al fiume così
presto, non avrebbero trovato le gru dormire. Chichibio, per primo approfitta della
fortuna e prontamente usa il fatto che le gru stanno a dormire per affermare la sua
bugia. Currado reagendo immediatamente, con il grido le fa svegliare e così si
mettono su tutti e due i piedi. Chichibio per un attimo si trova in difficoltà ma dopo si
svela nuovamente la sua intelligenza e il cuoco conclude il discorso con uno spiritoso
ragionamento logico. La sua risposta è spontanea e Boccaccio non apprezza solo
l’intelligenza del cuoco, che alla fine viene stimata anche dal suo padrone, ma anche
il suo coraggio e la capacità di reagire velocemente.

Frate Cipolla
Nella novella di Frate Cipolla il momento centrale della storia è il suo discorso sulla
penna dell’angelo e sui carboni di San Lorenzo. Grazie al motto arguto pronunciato
nel momento opportuno, il frate Cipolla è riuscito a salvarsi dalla trappola dei suoi
amici. Nel suo monologo brillante si può apprezzare la prontezza dello spirito, la sua
fantasia, la capacità di reagire e soprattutto la sua intelligenza. Nello stesso momento
Boccaccio ride sopra la ingenuità della gente e , a differenza di altre novelle della
sesta giornata il protagonista si cava d’impaccio con una semplice battuta, in questo
caso, il frate Cipolla adopera un lungo monologo, una lunga predica. Nel suo
discorso descrive prima il suo viaggio, descrive dove e come ha conquistato le
reliquie e solo dopo arriva alla conclusione ponendo il discorso dei carboni di San
Lorenzo. La predica sembra destinata ai certaldesi ma nello stesso tempo è destinata
anche ai due giovani che hanno ordito la beffa. In realtà il frate Cipolla non si rivolge
solamente ai protagonisti della novella, ma soprattutto ai lettori ai quali
implicitamente pensa Boccaccio. Si tratta di un duplice pubblico.

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