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DIPARTIMENTO DI E CONOMIA , I NGEGNERIA , S OCIETÀ E I MPRESA

C ORSO DI L AUREA IN S CIENZE P OLITICHE DELLE R ELAZIONI I NTERNAZIONALI

POUR VAINCRE, IL FAUT CONVAINCRE


Corsa all’Eliseo 2022: la comunicazione politica
durante le presidenziali francesi, uno sguardo socio-
politologico.

TESI SPERIMENTALE

Studentessa: Relatrice:
ALICE CARRAZZA PROF. SSA ROSALBA BELMONTE

ANNO ACCADEMICO 2021/2022


1
A me stessa,
alla mia costante ricerca di ἀρετή.
I NDICE

I NTRODUZIONE E S COPO DELLA TESI ..............................................................................5-8

C APITOLO 1 T ITOLO

C OMUNICAZIONE P OLITICA E C AMPAGNA E LETTORALE : UNO SGUARDO TEORICO ................. 9


Introduzione al capitolo
1.1 La comunicazione politica nella Storia 9
1.2 Definire la comunicazione politica 12
1.3 Momenti della comunicazione politica 16
1.4 Comunicazione politica nel mondo attuale: il marketing politico delle campagne elettorali 20

C APITOLO 2

L A R EALTÀ P OLITICA F RANCESE .................................................................................... 24


Introduzione al capitolo
2.1 Le Repubbliche francesi 24
2.2 Alle origini del semi-presidenzialismo 27
2.3 Come si governa una Repubblica semipresidenziale? 29
2.4 Potere al presidente o il “delicato bilanciamento”? 32

C APITOLO 3

L'U NIVERSO DEI CANDIDATI .......................................................................................... 39


Introduzione al capitolo
3.1 Tout d’abord, les bases: le campagne elettorali nell’era digitale 39
3.2 Le diverse personalità politiche al primo turno 43
3.3 Una campagna presidenziale dominata dal potere dei social 47
3.4 Rhétorique du combat 52

C APITOLO 4

S FIDA ALL ' ULTIMO VOTO : I DUE CANDIDATI AL BALLOTTAGGIO ....................................... 56


4.1 Scontro o moderazione? 56
4.2 Le Débat 58
4.3 L'opinione pubblica e le sue reazioni 61
4.4 Il discorso 66

3
C ONCLUSIONI ................................................................................................................ 69

B IBLIOGRAFIA ............................................................................................................... 72

S ITOGRAFIA .................................................................................................................. 74

I CONOGRAFIA ................................................................................................................ 77

R INGRAZIAMENTI .......................................................................................................... 80

4
I NTRODUZIONE

Nel campo scientifico-accademico, nel mondo editoriale e in quello professionale,


si pone sempre più attenzione alla comunicazione politica e al marketing politico-
elettorale.
La comunicazione è la principale e più semplice attività umana. Scientifica o culturale,
istituzionale o economica, o legata all’industria dell’intrattenimento, la comunicazione
raccoglie consenso, racconta e promuove, in nuce “vende”, giustificando, e talvolta
imponendo, il prezzo di ogni prodotto in ogni possibile scenario. La comunicazione
vincente descrive facendo sognare, compone miti che collocano e impongono, con
rapidità ed efficacia misurabile, persone e cose. In questo scenario non esiste un uomo
politico di qualche spessore che non possieda un “volto”, la cui fisionomia non sia nota
a un pubblico abbastanza vasto. I politici internazionali odierni sono riconoscibili e
riconosciuti: non solo la televisione, ma anche Internet pullula delle facce dei politici
di tutto il mondo(e chi di questi ultimi non ha il suo blog o web site in cui campeggiano
la sua storia, le sue fotografie e i suoi obiettivi?).
Ciò che oggi può apparire scontato è in realtà una conquista relativamente recente.
Solo nel 1920 il presidente della Repubblica francese Paul Deschanel cadde
accidentalmente durante la notte dal treno presidenziale che percorreva a bassa
velocità la campagna francese. Avviatosi allora alla ricerca di soccorsi bussò a una
casa e, presentatosi come il presidente, venne preso per pazzo, faticando non poco a
trovare poi qualcuno che lo riconoscesse.1 Un episodio che oggi sarebbe impensabile
se accadesse all’attuale presidente francese Emmanuel Macron.

1
L’episodio è riportato dalle cronache locali e citato da F. Goguel, Quelques remarques sur le problème
des institutions politiques de la France, in «Revue française de science politique», 14, n. 1, 1964, p.
7

5
La personalizzazione della politica è entrata nella dimensione del comune sentire della
gente. Non è più la carica a dominare la comunicazione pubblica, ma la personalità,
che viene, come si vedrà più in dettaglio, costruita addirittura su misura grazie alla
comunicazione politica e all’utilizzo dei media. Il pubblico non vuole semplicemente
sapere se il politico possiede o meno le qualità per ricoprire in maniera adeguata il
ruolo cui si è candidato o la carica che già si trova ad assolvere. Vuole piuttosto
conoscerlo, sentire che il politico è una persona coinvolta, almeno all’apparenza, con
le persone sul territorio. Semplicemente vederlo vicino alla comunità, in maniera tale
da identificarsi in lui.
Secondo Marco Cacciotto, il marketing può essere definito come «un processo
sistematico e permanente di analisi del mercato politico-elettorale per riscontrare al
meglio la domanda in genere o particolari segmenti di essa e quindi per distinguersi
dai concorrenti» .2
L’uso della comunicazione politica e del marketing ad essa abbinato cambia a seconda
del Paese, dell' ambiente culturale, della storia e delle tradizioni. È proprio durante
una campagna elettorale che questi si fanno più intensi.
In campo pubblicitario si utilizza il termine packaging per descrivere una confezione
che attiri l’attenzione su un determinato prodotto, rendendolo più affascinante agli
occhi del compratore. Nel caso del marketing politico, invece, il “prodotto” è il
candidato che viene effettivamente costruito e venduto nel corso di una campagna
elettorale. Secondo Newman la parte fondamentale del marketing politico è lo scambio
o “exchange”, che è attuato tra l’elettore e il candidato, il quale offre la sua leadership
come merce di scambio per ottenere il voto. 3 Questo processo di scambio tra candidato
ed elettore, non si basa su una logica di breve periodo, ma su una di lungo periodo,

2
MARCO CACCIOTTO, Marketing politico. Come vincere le elezioni e governare, il Mulino,
Bologna, 2011
3
ANGELO MELLONE, BRUCE I. NEWMAN, L’apparenza e l’appartenenza “Teorie del marketing
politico”, Rubbettino, Kosmos e Taxis, 2004

6
poiché non si limita solo al giorno della campagna elettorale, ma lavora sulla
costruzione di un rapporto di fidelizzazione con l’elettorato.
Tuttavia, è importante sottolineare che ogni paese predilige tecniche diverse di
marketing politico per rendere i candidati appetibili agli occhi degli elettori. L’oggetto
di studio di questo lavoro è proprio l’indagine delle strategie comunicative utilizzate
dai diversi politici francesi nel corso della campagna presidenziale del 2022.
Questo elaborato è suddiviso in quattro capitoli. I primi due sono prettamente teorici e
introduttivi al focus della tesi, mentre il secondo e il terzo sono il prodotto della ricerca
condotta dall’autrice.
Il primo capitolo traccia i confini dell’argomento e propone un excursus storico della
comunicazione politica e la definisce. Inoltre, verranno analizzate le fasi della
comunicazione politica ponendo l’accento sul momento più rilevante di tale processo,
vale a dire la campagna elettorale. Verrà sottolineata l’evoluzione delle campagne
elettorali in relazione alla nascita e all’evoluzione dei mass media e di internet.
Il secondo capitolo permette di immergersi nella realtà politica francese. Se è vero che
la comunicazione politica si sostanzia nella conquista del consenso elettorale mediante
l’uso professionale dei media tecnologici, è invece errato considerare tutto questo
come una novità assoluta degli ultimi anni e un fenomeno a sé stante, senza considerare
il teatro politico che lo circonda e che ne ha permesso lo sviluppo.
Il terzo capitolo apre il sipario sull’universo dei candidati, coloro i quali hanno lottato
con tutti gli strumenti comunicativi necessari al raggiungimento dell’obiettivo, ossia
la presidenza francese.
Il quarto capitolo entra nel vivo della sfida. Si tratterà del ballottaggio tra i due leader
che sono usciti vittoriosi alla prima tornata elettorale del 10 aprile 2022. Verranno
analizzate la retorica e i punti salienti che caratterizzano le strategie dei due politici in
gara.
Infine, verrà attuata un analisi comparativa tra il diverso utilizzo del merchandise
politico, quello della comunicazione politica e della retorica messa in campo nelle
precedenti elezioni del 2017 e quelle attuali del 2022.
Lo scopo della tesi è quello di far emergere le caratteristiche centrali, a livello di
comunicazione politica, della vittoria di Emmanuel Macron e della sconfitta degli altri

7
candidati, tenendo sempre presente come il requisito essenziale per una campagna
elettorale vincente sia predisporre una strategia comunicativa che risponda al meglio
alle aspettative dell’elettore.

8
CAPITOLO 1
L A COMUNICAZIONE POLITICA E CAMPAGNA ELETTORALE:
UNO SGUARDO TEORICO

Introduzione al capitolo

La trasformazione del professionismo politico, congiuntamente all’evoluzione delle


campagne elettorali, ha determinato un cambiamento delle strategie adottate nella
gestione delle campagne politiche, così come delle competenze dei nuovi
professionisti. Si procede in ordine, guardando prima all’elemento delle strategie, poi
agli attori. A tal fine, viene ripreso il processo storico che ha portato la comunicazione
politica ad emergere nella società per diventare elemento indispensabile della politica
odierna. Infine, la schematizzazione del ciclo del marketing politico, ci consentirà di
scomporre ulteriormente il processo al suo interno e di osservarne le fasi.

1.1 La comunicazione politica nella Storia

Da sempre la politica si pone come obiettivo prioritario, ancor prima che governare,
quello di convincere le persone attraverso strategie di persuasione 4. Questo accadeva
già nell’antichità. Troviamo, infatti, esempi calzanti nella democratica Atene del V-IV
secolo a.C. e nel mondo romano. Tuttavia, da duecento anni a questa parte, la
comunicazione politica ha assunto un’importanza smisurata dovuta alla nascita di due
elementi fondamentali della modernità: l’opinione pubblica e i mezzi di
comunicazione di massa.

4
LO SPECCHIO INFRANTO DELLE LEADERSHIP, Sofia Ventura, in «Civiltà delle macchine», 2021, pp. 30–
33.

9
L’opinione pubblica nacque nel corso del Settecento tra l’Inghilterra, la Francia e la
Germania, con la diffusione della stampa periodica e la comparsa di nuovi spazi di
socialità, quali i caffè, i gabinetti, le società di lettura e i club, per discutere di questioni
di importanza pubblica. Appare così, sempre più chiaro, il verificarsi di un fenomeno,
per descrivere il quale è necessaria l’invenzione di nuovi termini, quali pubblicità,
“public spirit”, “general opinion” e “opinion publique”, volti a indicare uno stile di
comunicazione che si afferma tra i privati cittadini borghesi, in polemica con lo stile
cortigiano5.

Il pubblico dell’epoca dei Lumi rivendicava la possibilità di un’opinione capace di


superare le visioni particolaristiche e giungere a una chiara percezione dell’interesse
generale. Si presentava come portatore di un’opinione che intendeva costituirsi a
momento di discussione, verifica e regolazione del potere politico ed economico. 6
Questa tendenza fu poi accentuata dalla comparsa dei mezzi di comunicazione di
massa (giornali e radio, in primis), i quali contribuirono fortemente ad abbattere le
barriere che separavano il pubblico dal privato. In questo modo, l’opinione pubblica
iniziò a trasformarsi sempre più in una massa estremamente ampia, eterogenea e priva
di organizzazione. Non si prediligeva più l’argomentazione razionale, ma la
suggestione, la demagogia. Si passò così, da opinione pubblica a opinione di massa.
«Il termine “massa” fu inizialmente associato ad alcunché di amorfo, magmatico,
imprevedibile, pericolosamente instabile; “massa” era essenzialmente la “massa
bruta”, soggetta alle più svariate sollecitazioni, pronta a seguire intriganti
demagoghi, a piegarsi istintivamente alle parole d’ordine abilmente diffuse da
questi».7
Si capisce, dunque, come il termine massa rimandasse chiaramente a qualcosa di
negativo, dove gli individui erano intesi come soggetti passivi nelle mani di potenti
manipolatori delle coscienze. È proprio questa concezione che sta alla base della

5
MICHAEL RUSH, Politica e società. Introduzione alla sociologia politica, Il Mulino, 2007, pp. 195-210
6
MICHAEL RUSH, Politica e società. Introduzione alla sociologia politica, Il Mulino, 2007, pp. 195-210
7
GIANNI STATERA, in, Teorie delle comunicazioni di massa, Sara Bentivegna, Laterza, 2003

10
psicologia delle folle di Gustave Le Bon8, secondo la quale l’individuo, quando entra
a far parte di un gruppo di grandi dimensioni, perde la sua razionalità diventando
facilmente influenzabile e controllabile da personaggi carismatici e agendo, spesso
guidato da istinti aggressivi e violenti sulla base della diffusione di responsabilità per
le conseguenze dei propri atti e comportamenti. In altre parole, si verificherebbe un
fenomeno di suggestione collettiva, per mezzo del quale il singolo individuo
manifesterebbe opinioni e comportamenti chiaramente diversi da quelli che lo
caratterizzano quando si trova da solo.
La teoria di Le Bon fu la prima risposta che i governanti ebbero in merito ai quesiti
legati alla nuova società di massa. In questo nuovo contesto, i potenti delle nazioni
dovevano infatti legittimare il proprio potere ottenendo consenso da parte delle masse
che governavano. Ciò gli fu possibile attraverso una nuova forma di persuasione: la
propaganda. Molti leader confessarono di aver preso spunto dalle teorie di Le Bon per
il loro operato, e tra questi anche Hitler e Mussolini, i quali incentrarono la loro azione
propagandistica attorno al concetto di folla per essere legittimati. È proprio questa
ricerca di legittimità che costituisce la causa prima della nascita della comunicazione
politica.
Negli anni successivi alla Seconda guerra mondiale cominciano poi a emergere nuovi
mezzi tecnologici per comunicare la politica, come i discorsi radiofonici o i
telegiornali.
Tuttavia, è con la diffusione del mezzo televisivo negli anni ’50 e ’60 che si imprime
una fortissima accelerazione allo sviluppo della comunicazione politica.
Nell’ultimo ventennio, inoltre, abbiamo assistito a una forte accelerazione nel
processo di avvicinamento tra comunicazione politica e comunicazione commerciale.
Così, è nata la politica marketing-oriented, la quale decide cosa dire e come dirlo a
seconda degli umori dei cittadini. È capace di smentire se stessa nel giro di pochissimo
tempo se un sondaggio rivela che una proposta o una decisione presa risultano
impopolari oppure sceglie il personale politico sulla base di caratteristiche quali
l’aspetto giovanile o la telegenicità. Fino alla diffusione delle nuove tecnologie che

8
GUSTAVE LE BON, Psicologia delle folle, TEA, 2004

11
hanno dato un’ulteriore spinta alla definizione di forme e modalità innovative di
comunicazione politica e che hanno permesso la formazione di un’opinione pubblica
mondiale.9

1.2 Definire la comunicazione politica

La comunicazione politica diventa motivo di interesse a partire dagli anni Cinquanta


negli Stati Uniti d’America, e la materia ha in seguito interessato numerosi studiosi
provenienti da varie nazioni. Non esiste una definizione univoca della comunicazione
politica, in quanto essa nasce dall’incontro di discipline differenti: le scienze della
comunicazione, la sociologia, la psicologia sociale, l’antropologia, la semiotica, la
massmediologia e le scienze politiche.
Pertanto, la comunicazione politica appare multi-determinata, tanto da logiche
economiche, ideologiche, culturali e politiche. All’interno di essa troviamo elementi
di retorica, marketing e pubblicità. In altre parole, essa costituisce un insieme di
tecniche volte a creare apparenza e consenso.
In una lettera che Quinto Tullio Cicerone invia al fratello Marco nel 64 a.C., in vista
della sua corsa per il consolato, possiamo leggere:
«Il candidato dovrà lusingare l’elettorato, promettere vantaggi ai potenziali elettori,
mostrarsi potente e ammirato, fare promesse precise ma non dispendiose, diffamare
gli avversari, farsi amici uomini potenti, visitare ogni singolo municipio adattandosi
all’elettorato locale, senza mai prendere una decisa posizione politica.» 10
Lo stesso Niccolò Machiavelli afferma nella sua opera maestra, Il Principe, che:
«Il più delle volte, coloro che desiderano entrare nelle grazie di un Principe son soliti
presentarsi con quelle cose che reputano le più care fra le loro e che vedono piacere di
più al Principe; per questo si vede molte volte che sono presentati cavalli, armi, drappi

9
MARCO CACCIOTTO, Marketing politico. Come vincere le elezioni e governare, Il Mulino, Bologna, 2011
10
COMMENTARIOLUM PETITIONIS (manualetto di campagna elettorale), conosciuto anche come De petitione
consulatus (sulla candidatura al consolato), è un saggio scritto in forma epistolare probabilmente da Quinto
Tullio Cicerone all’incirca nel 65-64 a.C. come guida per il fratello Marco Tullio per la campagna elettorale
del 64 dalla quale sarebbe uscito console della Repubblica romana nel 63 a.C..

12
d’oro, pietre preziose e simili ornamenti degni della grandezza dei principi.
Desiderando dunque io offrirmi alla vostra Magnificenza con qualche testimonianza
della mia servitù verso voi, non ho trovato fra i miei beni una cosa che mi è più cara o
che tanto io stimi quanto la conoscenza delle azioni dei grandi uomini da me imparata
con una lunga riflessione sugli avvenimenti moderni e una continua lezione da parte
di quelli antichi: e ora le mando a voi dopo averle con gran diligenza esaminate e
meditate e raccolte in un piccolo volume.»11
Più vicino a noi nel tempo, J. Gerstlé definisce la comunicazione politica come
«L’insieme delle tecniche e delle strategie utilizzate dagli attori politici…per sedurre,
gestire e circuire l’opinione pubblica.»12. Quest’ultimo pensa a questa nozione tenendo
conto del ruolo crescente dei media nella società: pubbliche relazioni, marketing
politico, indagini qualitative e quantitative, nonché tutti i mezzi di diffusione
dell’industria dei media (TV, stampa, rete, ecc.). Possiamo, quindi, affermare che
avvengono scambi tra il pubblico e i governanti, i quali implicano rapporti di potere
che devono essere intesi in termini di legittimità, linguaggi e rappresentazioni associate
a una diversità di situazioni uniche.

Per illustrare l’idea di potere negli scambi, possiamo far riferimento a D. Wolton
secondo il quale la comunicazione politica è uno spazio di scambio formato da tre
attori: «spazio dove si scambiano i discorsi contraddittori dei tre attori che hanno la
legittimità di esprimersi pubblicamente sulla politica e che sono gli uomini politici, i
giornalisti e l’opinione pubblica attraverso i sondaggi».13
Essa coglie infatti un aspetto vitale: quando si parla di comunicazione politica si parla
sempre di almeno tre attori diversi che si confrontano e scontrano tra di loro, con
dinamiche a volte inaspettate.
I tre elementi fondamentali, definiti attori della moderna comunicazione politica, sono
riconducibili ciascuno a una sfera distinta:

11
NICCOLÒ MACHIAVELLI, La lettera dedicatoria a Lorenzo de’ Medici, in “Il Principe”
12
GIANPIETRO MAZZOLENI, La comunicazione politica, Il Mulino, 2012, p.36
13
GIANPIETRO MAZZOLENI, La comunicazione politica, Il Mulino, 2012, p.35

13
• le istituzioni politiche che, attraverso propaganda e comunicazione pubblica,
costituiscono il cosiddetto sistema politico;
• il cittadino-elettore, intendendo con questa espressione il cittadino che con il
suo consenso legittima la classe politica;
• il sistema mediatico, elemento cardine, che include tutti i mezzi di
informazione.

Nel quadro sopra delineatosi, si inserisce la definizione di comunicazione politica


fornita da Mazzoleni, secondo il quale essa si identifica nel prodotto dell’interazione
tra i tre principali attori prima descritti. Diverse sono le modalità attraverso le quali
essi possono interagire, in quanto ciascuno presenta differenti caratteristiche e, di
conseguenza, modalità proprie di occupazione dello spazio pubblico. Sorice, poi,
riconduce a unità la complessità e le numerose sfaccettature del fenomeno di
comunicazione politica, definendola come: «a) tutte le forme di comunicazione messe
in atto dagli attori politici allo scopo di raggiungere obiettivi specifici; b) tutte le forme
di comunicazione rivolte agli attori politici dagli attori non politici; c) tutte le forme di
comunicazione sugli attori politici e le loro attività».14
Si ritiene, quindi, necessario chiarire il concetto di spazio pubblico, nozione
complessa, più volte ripresa da vari studiosi nel corso dei decenni. Identifichiamo lo
spazio pubblico nello spazio in cui l’opinione pubblica si forma. L’opinione pubblica,
invece, è tradizionalmente intesa come “un prodotto collettivo”, nato in seguito al
confronto e al dibattito su temi di interesse pubblico. Il predetto concetto è oggi da
rivedere e attualizzare in seguito all’evolversi delle nuove tecnologie. Il XX secolo ha
fatto da cornice alla nascita e al boom dei mezzi di comunicazione di massa e il loro
sviluppo ha gradualmente cambiato la società. È evidente come questi abbiano
profondamente cambiato il concetto e la percezione di spazio pubblico, a tal punto da
definirlo come mediatizzato, portando a importanti conseguenze sotto diversi punti di
vista.

14
MICHELE SORICE, La comunicazione politica, Roma, Carocci, 2013, pp. 8-9

14
Alla luce di quanto scritto sopra, si può facilmente comprendere la centralità del ruolo
ricoperto oggi dai media, considerati il principale luogo di dibattito pubblico e ben
lontani dalla loro tradizionale e mera funzione di informazione.
Comprendere il ruolo svolto dai media aiuta a comprendere le conseguenze della loro
interposizione nel rapporto tra sistema politico e cittadino-elettore. Le funzioni dei
media in una società democratica sono diverse e su queste si articolano i due differenti
modelli di comunicazione politica elaborati da Mazzoleni (2004): dialogico e
mediatico. Il primo modello intende i media come elemento evolutivo dal quale la
comunicazione politica non dipende direttamente; in questo specifico caso i media
non costituirebbero spazio pubblico bensì contribuiscono a crearlo. Il ruolo svolto dai
mezzi di comunicazione nel modello mediatico è preponderante rispetto al precedente,
in quanto essi costituiscono la cornice che racchiude i meccanismi del processo
comunicativo stesso, nonché lo spazio principale in cui si verifica il confronto tra
sistema politico e cittadino-elettore. Secondo questa tesi i media svolgono ormai una
funzione decisiva nel formulare l’agenda politica; inoltre attraverso essi
l’informazione politica si diffonde in modo omogeneo e capillare. In ogni caso, il
modello verticale15 continua a essere il modello comunicativo prevalente nei regimi
totalitari mentre, il modello multidimensionale 16 è quello attualmente prevalente
nelle società occidentali e democratiche. Tutto ciò avviene grazie al contributo della
TV e del Web.
Il messaggio politico è, dunque, un messaggio multidimensionale. Democrazia e
libertà di espressione, elementi basilari della moderna concezione di comunicazione
politica, si contrappongono a propaganda e manipolazione, solide basi di numerosi
regimi totalitari esistiti non solo nel secolo scorso. Nel saggio La comunicazione
politica17 Sorice afferma che «la propaganda rappresenta probabilmente una delle
forme di informazione politica più diffuse nel passato. […] Essa si configura di fatto

15
La comunicazione verticale (in inglese Vertical Communication), è quando la comunicazione scorre
sistematicamente tra supervisori e subordinati. La comunicazione verticale rende più facile per la
direzione mantenere il controllo dell’organizzazione e migliorare una migliore coesione. In sostanza,
consente alla direzione di controllare le informazioni in tutta l’organizzazione.
16
La comunicazione multidimensionale è la trasmissione di informazioni tra persone, divisioni,
dipartimenti o unità all’interno dello stesso livello di una struttura organizzativa.
17
MICHELE SORICE, La comunicazione politica, Carocci, 2011

15
come una forma di controllo sociale, e non a caso è fortemente connessa a dittature e
regimi totalitari». La comunicazione politica, intesa qui come relazione cittadino-
elettore, è dunque un concetto relativamente recente nato in seguito allo sviluppo dei
sistemi democratici rappresentativi dei primi del Novecento.
Tornando ai cambiamenti successivi allo sviluppo del Web, è evidente che, ai
nostri giorni, tutta la realtà politica è totalmente inglobata all’interno del sistema
mediatico. L’incremento dell’uso dei media ha tra le sue dirette conseguenze quella
che oggi viene definita mediatizzazione politica, che Sorice identifica nel processo di
influenza strutturale esercitato dai media sul sistema politico. In generale, possiamo
riferirci alla mediatizzazione come un fenomeno non soltanto riconducibile alla sfera
politica ma che in generale investe tutte le attività della sfera umana. La
mediatizzazione della società produce quelli che Mazzoleni18 definisce effetti
strutturali che si dividono in effetti mediatici, ovvero la spettacolarizzazione e la
professionalizzazione della comunicazione politica, ed effetti politici quali per
esempio la personalizzazione e la leaderizzazione.
Considerata la complessa natura e l’eterogeneità degli elementi fin qui considerati, si
può facilmente comprendere la difficoltà di sociologi e studiosi vari nell’individuare
una definizione unica del concetto di comunicazione politica.

1.3 Momenti della comunicazione politica

La comunicazione politica è un processo senza soluzione di continuità. Tuttavia, in


quanto processo, essa vive di fasi che si possono isolare e analizzare separatamente.
Per questo, a seconda del momento in cui viene attuata, essa può essere classificata
in:
• pre-elettorale;
• elettorale;
• post-elettorale.19

18
MAZZOLENI G., La comunicazione politica, Il Mulino, 2012
19
RUSH M., Politica e società. Introduzione alla sociologia politica, Il Mulino, 2007

16
I concorrenti utilizzano una varietà di tecniche per raggiungere gli elettori e trasmettere
i loro messaggi, anche attraverso i media tradizionali e nuovi, eventi pubblici,
materiale scritto o altri mezzi. In alcuni Paesi, i media pubblici e/o lo spazio sono
assegnati ai concorrenti per questi scopi (considerati finanziamenti pubblici indiretti
delle campagne). Le date di un periodo ufficiale di campagna elettorale, di solito un
periodo di un mese o diversi mesi che precedono il giorno delle elezioni, sono spesso
definite legalmente. In molti Paesi, la finestra legale per la campagna elettorale
terminerà un giorno o due prima del giorno delle elezioni, fornendo un cosiddetto
“periodo di black-out” immediatamente prima dell’inizio delle votazioni.
Obiettivo di ciascuna fase è quello di creare, consolidare e accrescere il consenso da
parte dei cittadini.
Le elezioni danno un contributo fondamentale alla governance democratica. Perché la
democrazia diretta, una forma di governo in cui le decisioni politiche sono prese
direttamente dall’intero corpo di cittadini, non è pratica comune di tutte le società
moderne, in molti casi infatti, il governo democratico sarà espresso dai rappresentanti
eletti.
In generale, le elezioni consentono agli elettori di selezionare i leader e di ritenerli
responsabili delle loro prestazioni, una volta in carica. La responsabilità può essere
minata quando i leader eletti non si preoccupano di essere rieletti o quando, per ragioni
storiche o di altro tipo, un partito o una coalizione è così dominante che di fatto non
c’è scelta per gli elettori tra candidati, partiti o politiche alternative. Tuttavia, la
possibilità di controllare i dirigenti, imponendo loro di sottoporsi a elezioni regolari e
periodiche, aiuta a risolvere il problema della successione ai vertici e contribuisce così
alla continuazione della democrazia. Inoltre, laddove il processo elettorale è
competitivo, i candidati o i partiti sono vincolati a esporre i propri risultati e le
intenzioni future al controllo popolare.
Per cui, le elezioni fungono da forum per la discussione di questioni pubbliche e
facilitano l’espressione dell’opinione pubblica. Peraltro, forniscono educazione
politica ai cittadini e assicurano la reattività dei governi democratici alla volontà del
popolo. Servono anche a legittimare gli atti di coloro che detengono il potere e
rafforzano anche la stabilità e la legittimità della comunità politica. Come le feste

17
nazionali, che commemorano esperienze comuni, le elezioni collegano i cittadini tra
loro e confermano così la fattibilità della politica. Di conseguenza, contribuiscono a
facilitare l’integrazione sociale e politica.
Infine, le elezioni servono a uno scopo di autorealizzazione, confermando il valore e
la dignità dei singoli cittadini come esseri umani. Qualunque siano le altre esigenze
degli elettori, la partecipazione a un’elezione serve a rafforzare la loro autostima e il
rispetto di sé. Difatti, il voto offre alle persone l’opportunità di dire la loro e,
esprimendo partigianeria, di soddisfare il loro bisogno di provare un senso di
appartenenza. Anche il “non voto” soddisfa il bisogno di alcune persone di esprimere
la propria alienazione dalla comunità politica. Proprio per queste ragioni, la lunga
battaglia per il diritto di voto e la richiesta di uguaglianza nella partecipazione
elettorale possono essere viste come la manifestazione di un profondo desiderio umano
di realizzazione personale.
Che si tengano sotto regimi autoritari o democratici, le elezioni assumono sempre un
aspetto ritualistico.
Le elezioni e le campagne che le precedono sono eventi catartici, accompagnati da
manifestazioni, striscioni, manifesti, articoli di giornale e copertura televisiva, che
richiamano l’attenzione sull’importanza della partecipazione all’evento. Candidati,
partiti politici e gruppi di interesse che rappresentano obiettivi diversi invocano i
simboli del nazionalismo o del patriottismo, della riforma o della rivoluzione, della
gloria passata o della promessa futura. Nonostante le peculiari variazioni nazionali,
regionali o locali, le elezioni sono eventi che, suscitando emozioni e incanalandole
verso simboli collettivi, rompono la monotonia della vita quotidiana e focalizzano
l’attenzione sul destino comune.
Sebbene il momento elettorale sia quello più stimolante da osservare, non sono meno
interessanti le fasi in cui gli eletti cercano – o almeno dovrebbero cercare– di
fidelizzare i propri elettori. Pur essendo entusiasmante seguire strategie e tattiche
durante il periodo elettorale, non bisogna dimenticare che, per essere credibili e
autorevoli, occorre che i soggetti politici mantengano lo stesso atteggiamento nel
tempo, ossia anche nella fase post-elettorale.

18
Si può affermare infatti che il momento elettorale non coincide unicamente con la
cosiddetta campagna elettorale, così come disciplinato dalla legge.
Era il 1980 quando il giornalista e consulente politico statunitense Sidney Blumenthal
pubblicò The permanent campaign 20, il cui Leitmotiv è che la comunicazione elettorale
non inizia e non finisce mai, bensì viviamo in una campagna elettorale permanente.
La ricerca del consenso, quindi, non si esaurisce nella fase precedente alle urne.
Continua anche oltre, con il costante e continuo tentativo, da parte del candidato,
vincente o meno che sia, di rimanere sulla cresta dell’onda, di mantenere la popolarità.
Un fenomeno che oggi, nell’epoca del web, dei social network, dei like e delle
condivisioni, è ovviamente evidente a tutti e ribadirlo può apparire banale.

A tutti i livelli dell’azione politica, dal nazionale al comunale, i protagonisti della


politica odierna sono alla continua ricerca del consenso sia attraverso l’uso della
propria immagine, sia attraverso uno sfruttamento dei nuovi mezzi a disposizione che
garantisca il più ampio apprezzamento possibile per i propri contenuti,
opportunatamente ricercati in base alle tendenze del pubblico. Un’ossessione verso la
comunicazione politica a cui ci siamo ormai abituati.
Blumenthal descrisse il fenomeno della campagna elettorale permanente, definendolo
come “ideologia del nostro tempo”. Notando inoltre, che la campagna elettorale non
era più un momento temporale limitato alla conquista dei voti, ma continuava anche
oltre e coinvolgeva sempre più l’attività di governo, dopo l’elezione del candidato. E
notò che, conclusa la fase elettorale, sorgeva già la necessità di prepararsi per la
successiva e per la rielezione, conquistando sempre più un consenso pescato da un
elettorato fluido e non più cristallizzato. Una ricerca del consenso che rendeva
necessaria una costante presenza sui mezzi di comunicazione di massa, con i messaggi
giusti, con la giusta immagine da promuovere, per offrire agli elettori quel che
vogliono. Quasi fosse un prodotto da pubblicizzare e vendere. 21

20SIDNEY BLUMENTHAL, The Permanent Campaign, Simon & Schuster Books, 1982
21
SIDNEY BLUMENTHAL, The Permanent Campaign, Simon & Schuster Books, 1982

19
1.4 Comunicazione politica nel mondo attuale: il marketing politico delle
campagne elettorali

Il marketing politico è una delle forme di comunicazione politica che mira a


promuovere un progetto, un candidato, un leader, una causa politica, attraverso
tecniche di marketing commerciale, facendo appello in particolare all’uso di campagne
“pubblicitarie” nei media e sui social network, alla distribuzione di volantini,
all’utilizzo della propaganda, in contrapposizione a forme storiche di comunicazione
politica come dibattiti o incontri pubblici. In questo senso, la natura del marketing
politico fa parte di una strategia di comunicazione politica.
Database e metriche sono oggi divenuti elementi fondamentali per una campagna
elettorale di successo, e questo ha portato alla necessità di nuove professionalità e di
un nuovo approccio alla professione del consulente politico.
Quest’ultimo è infatti in grado di organizzare il consenso intorno a candidati, partiti e
governi, trasformando il marketing in paradigma dominante delle campagne
permanenti, utilizzandolo in tutte le fasi dell’attività politica. L’imperativo del
marketing nel mercato politico è far sì che un cittadino si interessi alla campagna di un
candidato: l’interesse dell’elettore dovrà essere convertito in voto. Ma ciò non basta,
in quanto bisogna anche fidelizzare il pubblico nei confronti del politico, come nei
confronti di un brand.22

L’approccio strategico delle campagne elettorali e di comunicazione continuative, si


basa su tre fasi fondamentali:
1. Capire;
2. Decidere;
3. Agire.
La prima ha il compito di individuare gli attori in campo, gli obiettivi, le regole e il
terreno di gioco. La seconda è mirata alla definizione della strategia, dei messaggi
adatti e del pubblico di riferimento. L’ultima fase prevede una campagna operativa,

22
MARCO CACCIOTTO, Marketing politico. Come vincere le elezioni e governare, Il Mulino, Bologna, 2011

20
l’attuazione di una comunicazione creativa, mirata ed efficace; con conseguente
monitoraggio e verifica dei risultati. Bisogna però intendere questo processo trifasico,
non come lineare, bensì come circolare. L’attività di analisi non termina mai, serve ad
impostare una campagna, a monitorarne l’andamento, a raccogliere informazioni utili
per migliorare la campagna successiva. Si entra così nell’ottica della campagna
elettorale permanente, citata in precedenza23.
Il branding è una delle peculiarità della fast politics: il nuovo marketing politico è
capace di trasformare i candidati e partiti in brand protagonisti di uno storytelling,
rendendoli appetibili per l’elettore. «Nel contatto con gli elettori, che passa attraverso
la capacità di ottenere visibilità e attenzione, è l’elemento emotivo a prevalere: sono
l’immagine del candidato e la sua personalità, la prima impressione, a costituire
l’aggancio nei confronti degli elettori potenziali.» (Marco Cacciotto) 24
Ciò non significa che i contenuti e le idee non siano importanti. Sono, invece,
fondamentali, ma vanno comunicati sotto forma di messaggio e l’uomo politico è parte
integrante di tale messaggio. Per tale motivo un politico, così come un partito, può
essere trattato alla stregua di un brand, un marchio in grado di trasmettere esperienza,
professionalità, uno stile e una propria visione del mondo.
Tuttavia, se si prendono in considerazione i nuovi medium, possiamo notare come
questi ultimi siano diventati il messaggio stesso. Per tale motivo, è importante tenere
conto del canale attraverso cui il messaggio viene trasmesso. Ogni medium, infatti, ha
una propria audience di riferimento e ciò influenza il modo in cui le persone
interpretano il messaggio, proprio perché, fanno riferimento a background, stili di vita
e visioni del mondo differenti. I social media vengono infatti spesso identificati come
un’unica categoria. In realtà ogni social ha un pubblico diverso con il quale bisogna
interagire e che bisogna comprendere affinché il messaggio sia efficace. È necessario,
perciò, capire prima il medium e poi codificare il messaggio in base alle persone che
troveremo su quella determinata piattaforma. Comprendere il medium è di vitale
importanza.

23
MARCO CACCIOTTO, Marketing politico. Come vincere le elezioni e governare, Il Mulino, Bologna, 2011
24
MARCO CACCIOTTO, Marketing politico. Come vincere le elezioni e governare, Il Mulino, Bologna, 2011

21
Già a metà degli anni ’60 il pensiero di McLuhan anticipava il dibattito sulla
comunicazione ai tempi di internet e dei social network ponendo l’accento
sull’importanza del mezzo di comunicazione più del messaggio. A differenza del più
recente e tradizionale slogan “Content is the king”, il pensiero di McLuhan pone i
media al centro dei suoi studi come attore protagonista quando si comunica la
politica25. A riguardo, possiamo riassumere la sua concezione dietro la frase “The
Medium is the message”, ovvero il mezzo stesso di comunicazione è in sé la
comunicazione, assumendo così maggiore importanza del messaggio che si vuole
trasmettere.
All’epoca, McLuhan parlò prevalentemente di televisione, stampa e radio – i mezzi di
comunicazione più diffusi di allora – ma il suo pensiero è perfettamente adattabile alla
società iperconnessa in cui viviamo. L’uomo è spinto a comunicare perché ha i mezzi
per farlo, per questo motivo è il mezzo che assume più importanza del messaggio.
Basti pensare ai social network come Facebook che si riempiono quotidianamente di
messaggi vuoti, ma che vengono formulati perché l’essenza stessa del canale è la
condivisione. Attualmente, aggiornando o forse riformulando il concetto di McLuhan,
il mezzo di comunicazione è fondamentale perché permette la connessione sorvolando
quindi – se usato in modo superficiale – il messaggio che si vuole trasmettere.
L’idea che il mezzo di comunicazione – oltre ad essere più importante del messaggio
in quanto mezzo di aggregazione e condivisione sociale – effettivamente gioca un
ruolo tutt’altro che neutrale nella società. Infatti, McLuhan teorizza che, non avendo
un ruolo neutrale, i media agiscono da stimolanti per l’attenzione del pubblico. Come
sosteneva lui stesso è in questo scenario che il compito dell’uomo diventa appunto
quello di imparare e sapere come sfruttare la tecnologia.
La nostra vita quotidiana si plasma sull’uso dei mezzi di comunicazione. È, pertanto,
impossibile parlare di comunicazione politica elettorale trascurando i mezzi attraverso
i quali questa viene diffusa. I medium sono diventati la strategia stessa per comunicare
la politica nell’universo tecnologico e innovativo che abbiamo au bout des doigts ogni
giorno e, in maniera ancora più significativa, durante le sfide politiche internazionali.

25
MARSHALL MCLUHAN, Il medium è il massaggio, Corraini, 2011

22
Ora, l’interesse specifico nell’analisi di sfide elettorali oltreconfine, come le
presidenziali francesi, trova il suo scopo nel sostenere lo sviluppo del pensiero critico
e dell’impegno civico. È chiaro che non sarà la conoscenza della comunicazione
politica di per sé a migliorare l’approccio dell’individuo alla politica e alla democrazia;
essa è solo uno strumento. Ed è uno strumento dalle enormi potenzialità, il cui uso può
portare con sé nuove opportunità per ogni individuo (singolo o in gruppo) nella
politica, ma anche per il dibattito critico relativo ad essa. A patto che ciascuno compia
scelte responsabili e non smetta di chiedersi: Perché è stato scelto questo modo di
comunicare politicamente? Perché è stato utilizzato questo mezzo per convincermi?
Perché questa strategia comunicativa ha funzionato oppure no? Perché ho sceglierei
lui/lei come presidente e non qualcun altro/a? Semplicemente perché?.

23
CAPITOLO 2
LA REALTÀ POLITICA FRANCESE

Introduzione al capitolo
Nel corso del presente capitolo ricostruiremo i momenti più significativi che hanno
caratterizzato l’evoluzione della forma di governo della Repubblica francese, dalla sua
nascita fino all’ultima elezione alla carica presidenziale di Emmanuel Macron.
L’obiettivo è di provare a fornire una chiave di lettura del sistema politico-istituzionale
d’Oltralpe, che consenta di decifrare correttamente i complessi rapporti instauratisi nel
corso del tempo tra testo costituzionale e prassi, così da cogliere le numerose
sfaccettature che caratterizzano il semi-presidenzialismo e, in particolare, della
necessaria correlazione tra esercizio del potere e responsabilità.

2.1 La storia delle Repubbliche francesi

Tipicamente francese è l’abitudine di «numerare» le esperienze costituzionali che si


sono succedute nel corso della storia. Si parla quindi oggi della Quinta Repubblica,
per distinguerla dalle precedenti esperienze repubblicane che hanno caratterizzato i
periodi storici precedenti.
La storia istituzionale della Francia ha subito, infatti, molteplici “bouleversements”
dopo la Rivoluzione francese del 1789 e la proclamazione della Repubblica francese
del 21 settembre 1792. Il regime francese di allora, che era la Monarchia di diritto
divino, finì per lasciare il posto alla Repubblica.
La parola “repubblica” deriva dal latino «RES PUBLICA» che significa la cosa
pubblica, governare la città è dunque la preoccupazione di tutti i cittadini. Identifica
per cui non solo un regime politico, un quadro istituzionale, ma anche un ideale di
società. Questo concetto non è esclusivamente francese, la repubblica ha scandito la

24
storia di ogni tempo, erigendosi a regime ideale per l’emancipazione dell’uomo. Ma
prima di questo, ha attraversato diversi periodi che vanno dalla repubblica platonica
del IV secolo a. C., passando per la repubblica romana (509-44 a.C).
La Francia ha conosciuto dalla Rivoluzione francese del 1789 non meno di tre
monarchie, due imperi, cinque repubbliche e “lo Stato francese” di Vichy. Si può
facilmente pensare che la Francia sia un vero “consumatore” di regimi politici. Il fatto
è che la sua storia è complessa e, dopo il 1789, la Francia si è trovata a dover
riesaminare i propri capisaldi storici e a scegliere quale regime potesse essere salvifico.
Tuttavia, il regime che si imporrà per cinque volte è il regime repubblicano.

Difatti si contano cinque repubbliche francesi:


• La prima repubblica (1792-1804) che seguì la rivoluzione del 1789. Proclamata
il 21 settembre 1792 dopo l’abolizione da parte dei deputati reali, passa
attraverso tre forme: la convenzione nazionale, il Direttorio e poi il Consolato.
Si concluse con il colpo di stato di Napoleone I, il 18 maggio 1804, che istituì
il primo impero. Inoltre, l’esperienza della prima repubblica non è stata così
semplice da accettare, questo perché il popolo francese usciva da diversi secoli
di regalità, non la desiderava pienamente.

• La seconda repubblica (febbraio 1848-dicembre 1852) arriverà dopo la


rivoluzione del febbraio 1848. Considerata una repubblica sociale con
l’istituzione di un governo provvisorio fortemente segnato dai repubblicani,
permetterà l’applicazione di numerose riforme, come il suffragio universale (2
marzo 1848) o ancora l'abolizione della schiavitù (27 febbraio 1848). Dopo gli
eventi del giugno 1848, la seconda repubblica entrò in un periodo di ordine
segnato dall'ascesa dei conservatori il cui leader fu Luigi Napoleone Bonaparte,
anche chiamato Napoleone III. Quest’ultimo, una volta divenuto presidente
della repubblica francese il 10 dicembre 1848, a seguito di un colpo di stato il
2 dicembre 1851, ristabilì però l'impero l'anno successivo.
• La terza repubblica (4 settembre 1870-1940) nascerà dopo la sconfitta di
Napoleone III nella battaglia di Sedan il 2 settembre 1870. Questa sarà inoltre

25
scossa da molteplici crisi: la Comune, la crisi bulangiste, l'affare Dreyfus, e da
due guerre mondiali. L'instaurazione di una repubblica rappresentativa da parte
degli “opportunistes”, contribuisce a una riconciliazione di ordine nazionale
fino ai nuovi scontri con la Germania. Terminata il 10 luglio 1940 con la delega
dei pieni poteri al maresciallo Pétain e l'instaurazione dello «Stato francese» di
Vichy, la terza repubblica si iscrive come il regime con la maggiore longevità.

• La quarta repubblica (1946-1958) vedrà confrontarsi due progetti: il primo,


difeso dai comunisti e dalla SFIO26, ossia quello di un'assemblea unica; il
secondo, difeso da De Gaulle, prevedrà un regime bicamerale con un
presidente della Repubblica al di sopra dei partiti politici. Il progetto dei
comunisti e dei socialisti fu respinto dalla Costituente. Alla fine, un progetto
simile a quello di De Gaulle sarà adottato dalla seconda costituente, ma con un
presidente meno potente. L’assemblea nazionale può così competere con il
capo dello stato. La quarta repubblica avrà inoltre l’arduo compito di ricostruire
la Francia, distrutta dalla Seconda guerra mondiale. In un contesto tripartito
(SFIO/PCF/MRP) la stabilità ministeriale sarà però difficile da trovare, e con
il conflitto algerino sempre più crescente, la quarta Repubblica sarà sempre più
impotente. Tanto che, P. Pflimlin si dimise e De Gaulle lo sostituì il 1º giugno
1958.

• La quinta repubblica (dal 1958 ad oggi) si manifesterà dopo la modifica


costituzionale del 28 settembre 1958. Questa appare come una stagione segnata
dalla personificazione del potere. Così si è evoluta la costituzione di questa
quinta repubblica, il potere esecutivo non dipende più dal Parlamento e il ruolo
dell’assemblea nazionale diminuisce. Il presidente non è più eletto dal
parlamento, ma a suffragio universale diretto (1962). Ad oggi, ci sono stati otto
presidenti nella quinta repubblica: C. De Gaulle, G.Pompidou, V. Giscard
D’Estaing, F. Mitterrand, J. Chirac, N. Sarkozy, François Hollande e

26
Sezione Francese dell'Internazionale Operaia

26
Emmanuel Macron. Sullo scacchiere politico, è la destra che è stata più al
potere, ma a partire dal 1981 e dall’elezione di F.Mitterrand, la sinistra con il
PS resterà al potere fino al 1995, poi ritornerà in cohabitation con L. Jospin.27

2.2 Alle origini del semi-presidenzialismo

Durante il “regno gollista”, la fase storica che va dal 1958 al 1969, il teso scenario
della guerra d’Algeria porta alla consacrazione la preminenza del Capo dello Stato
nelle nuove istituzioni. Quest’ultimo, Charles De Gaulle, nel 1962, volle sancire in
diritto la preponderanza presidenziale, rivedendo la Costituzione, al fine di inserire il
principio dell’elezione del Presidente della Repubblica a suffragio universale diretto.

Nei quattro anni successivi De Gaulle, eletto ormai presidente della Repubblica, si
dedicò alla soluzione del problema algerino. Dopo aver illuso i cosiddetti pieds-noirs,
i francesi d’Algeria, e i militari, che si sarebbe eretto a paladino della loro battaglia,
accompagnò invece la Francia verso l’inevitabile soluzione dell’indipendenza
algerina. Difatti, promosse l’apertura dei negoziati con il locale FLN (Fronte di
Liberazione Nazionale). Così, nel gennaio 1961, il referendum
sull’autodeterminazione algerina mise in luce la chiara vittoria del sì (15.200.000 voti
contro 4.900.000). Successivamente, il 21 aprile 1961, alcuni generali, facenti parte
all’organizzazione di estrema destra OAS (Organisation Armée Secrète), i quali, per il
presunto “tradimento” di De Gaulle erano ben decisi a battersi per l’Algeria francese.
Questi ultimi, tentarono allora un nuovo putsch. In risposta a ciò, De Gaulle assunse
misure drastiche applicando l’art. 16 della nuova Costituzione, il quale assegnava al
presidente francese poteri straordinari per la sopravvivenza delle istituzioni pubbliche,
nel caso in cui vi fosse un pericolo grave ed imminente. Il presidente estese in tal modo
i poteri di polizia, attraverso la modificazione dell’ordinamento giudiziario e creando
giurisdizioni militari speciali. In breve tempo la crisi fu eclissata. Conseguentemente,

27
ENRICO GROSSO, Francia (Si governano così Vol. 4), Il Mulino, 2013

27
nel marzo 1962, si procedette alla firma degli accordi di Evian, che riconoscevano
l’indipendenza dell’Algeria. 28

Si può così constatare, come la Costituzione della Quinta Repubblica avesse l’esplicito
intento di costruire intorno alla figura del generale De Gaulle un sistema di regole
costituzionali che ne esaltassero la vocazione al comando e centralizzassero il potere.
Si cercava infatti di mettere fine alla centralità del parlamento, sottraendogli quanta
più influenza possibile relativamente alla gestione dell’indirizzo politico.
«Il nemico dichiarato era la politica, quel vituperato “regime dei partiti” che, nell’ottica
del generale e dei suoi consiglieri, divide, inasprisce le passioni, opprime le minoranze,
getta il paese nella discordia. Era un’idea semplice, forse semplicistica, che però, in
quegli anni di traumi politici fece presa ed ebbe successo»29.
Ogni fase del regno gollista fu segnata dal progressivo esautoramento dell’istituto
parlamentare, senza che però gli stessi rappresentanti dei partiti nazionali avessero la
forza politica per opporvisi. Ciò non è dettato dal caso, bensì dalla sapiente abilità di
appellarsi al popolo, con sempre più cinico ricorso agli argomenti dell’antipolitica, il
“Generale” fu capace di neutralizzare con facilità ogni opposizione proveniente dalle
forze politiche, protagoniste della precedente Repubblica. Dapprima, l’obiettivo fu
appropriarsi del potere di revocare i ministri da lui nominati; un potere che non era
previsto dalla Costituzione. Nel 1960, De Gaulle si rifiutò di convocare in sessione
l’assemblea nazionale, nonostante la maggioranza di questa lo avesse chiesto. Dipoi,
sentendo crescere l’ostilità della classe politica che presidiava il parlamento, nel 1962
De Gaulle propose una modifica costituzionale, un gesto estremo che aveva lo scopo
di introdurre l’elezione del presidente a suffragio universale diretto, e di attribuirgli
così una maggiore di legittimazione proveniente direttamente dal popolo. Una vera e
propria sfida al parlamento, con l’obiettivo di resistergli, attraverso la costruzione di
un asse politico alternativo. Forzando apertamente la legalità costituzionale, il

28
ENRICO GROSSO, Francia (Si governano così Vol. 4), Il Mulino, 2013
29
ENRICO GROSSO, Francia (Si governano così Vol. 4), Il Mulino, 2013, Capitolo 2, paragrafo 8

28
presidente diede il potere di decidere al popolo grazie all’istituto referendario, senza
passare attraverso il prescritto voto del Parlamento. Al suo atto di sfida tutte le forze
politiche (salvo il gruppo dei gollisti dell’UNR, Union pour la Nouvelle République)
controbatterono impegnandosi a promuovere il no al referendum. Il prestigio e il
carisma gollista, tuttavia, era in quel momento tale da travolgere qualsiasi resistenza.
Il 28 ottobre 1962 il progetto fu approvato con il 62,25% dei voti. Con il risultato
definitivo la sovranità popolare si era palesata agli occhi della classe dirigente
francese, facendo sprofondare nell’ombra l’illegalità costituzionale della misura presa,
ritenendola, a questo punto, automaticamente sanata. Il comportamento di De Gaulle
finì per avere la meglio, ciò fu confermato anche dalle elezioni politiche del novembre
successivo, che non solo furono palcoscenico della sconfitta di tutte le forze politiche
che si erano opposte alla revisione, ma dichiararono definitivamente la nascita del
presidenzialismo francese. 30

2.3 Come si governa una Repubblica semipresidenziale?

La Quinta Repubblica, nella sua assoluta peculiarità, rappresenta un prototipo, sul


quale è stata costruita una nuova categoria nella classificazione delle forme di governo:
il semipresidenzialismo. Si tratta di una categoria idealizzata da Maurice Duverger
negli anni Settanta.
I caratteri essenziali della forma di governo semipresidenziale sono i seguenti:
a. un Capo dello Stato eletto, per un periodo di tempo prefissato, per effetto di un
voto popolare (direttamente o indirettamente, ma in ogni caso non eletto dal
parlamento) e dotato di alcuni significativi poteri di decisione politica;
b. un governo, guidato da un primo ministro, politicamente responsabile di fronte
al parlamento, cioè legato a quest’ultimo da un rapporto di fiducia che può
essere revocata da un voto parlamentare;
c. un sistema di distribuzione del potere esecutivo che impone o almeno consente
una «condivisione» di funzioni politiche tra il Capo dello Stato e il governo (o

30
ENRICO GROSSO, Francia (Si governano così Vol. 4), Il Mulino, 2013

29
il solo primo ministro) e che non esclude, dunque, un possibile conflitto politico
tra questi due soggetti in merito alla distribuzione e all’esercizio di tale potere.
31

Secondo l’immagine di Duverger, possiamo comprendere meglio il potere esecutivo


nella forma di governo semipresidenziale attraverso la raffigurazione di un’aquila a
due teste32, ossia pensarlo al pari di una struttura di tipo diarchico caratterizzata da un
«dualismo» reale o potenziale nell’esercizio delle funzioni di governo. Proprio il suo
carattere, intrinsecamente dualistico, rende però tale forma di governo un sistema
dall’equilibrio costantemente instabile. Due sono i soggetti che si contendono, di volta
in volta, le funzioni esecutive e traggono entrambi la propria legittimazione
dall’elezione popolare: direttamente il Capo dello Stato; mentre in maniera indiretta –
attraverso la fiducia della maggioranza parlamentare democraticamente eletta – il
primo ministro. In questo scenario, il contesto politico è fondamentale, è infatti questo
a far pendere l’ago della bilancia dalla parte dell’uno o dell’altro attore, variando
assetti ed equilibri nel funzionamento del sistema.
Pertanto, a palesarsi di fronte ai nostri occhi è un Capo di Stato eletto per effetto di un
voto popolare e legittimato ad intervenire su questioni significative, in quanto dotato
di poteri decisionali; dall’altro lato abbiamo invece un governo guidato da un primo
ministro responsabile di fronte al parlamento che può essere revocato tramite voto
parlamentare; infine a fare da contrappeso vi è un sistema di distribuzione del potere
esecutivo che permette una condivisione di alcune funzioni politiche tra il Capo dello
Stato e il governo.
Sotto De Gaulle, l’equilibrio precario tra le due figure dell’esecutivo venne risolto
privando del potere il primo ministro, il quale era l’unico in grado di eclissare il
Presidente, dopo che la Costituzione aveva ormai eliminato dalla scena istituzionale il
contrappeso allo strapotere degli esecutivi, quello rappresentato dal parlamento. È
chiaro, dunque, come dal 1962 per fàcta concludèntia, il presidente della Repubblica
è eletto a suffragio universale diretto, con elezione a doppio turno.

31
ENRICO GROSSO, Francia (Si governano così Vol. 4), Il Mulino, 2013, Capitolo 3, paragrafo 1
32
ENRICO GROSSO, Francia (Si governano così Vol. 4), Il Mulino, 2013, Capitolo 3, paragrafo 1

30
La legge organica che disciplina l’elezione stabilisce che: 33
a. ogni candidatura deve essere sottoscritta da almeno 500 tra parlamentari,
membri di Consigli regionali o di dipartimento o delle assemblee delle
collettività d’Oltremare, membri del Conseil Supérieur des Français à
l’étranger, sindaci;
b. il candidato deve essere in possesso dei diritti politici e avere compiuto i 23
anni;
c. è eletto il candidato che riuscirà ad ottenere la maggioranza assoluta, cioè il
50% più uno dei voti validi;
d. se ciò non si verifica, si proseguirà con un secondo turno di ballottaggio, a
distanza di 15 giorni, tra i due candidati che hanno ricevuto il maggior numero
di consensi al primo turno.

Con questo meccanismo si assicura sempre la maggioranza assoluta al presidente


eletto.
Il voto per il presidente e per il Parlamento è separato. Risulta possibile, quindi, una
“cohabitation” tra un presidente di un partito e una maggioranza opposta, anche se a
seguito della riforma del 2000, che ha armonizzato le durate del mandato presidenziale
e della legislatura, portando entrambe a 5 anni, l’eventualità appare molto più rara.
L’ultima coabitazione della V Repubblica è avvenuta tra il 1997 e 2002, tra il
presidente neogollista Jacques Chirac e il primo ministro socialista Lionel Jospin, ma
solo gli sviluppi successivi alle elezioni legislative di giugno 2022 potranno dichiararlo
ancora come tale.
Le Rassemblement National prevede difatti un sistema di voto maggioritario a doppio
turno.
Vi sono 577 seggi in palio in altrettanti collegi uninominali. Per essere eletti è
necessario ottenere la maggioranza assoluta dei voti nel collegio e un quarto dei voti
degli aventi diritto. In caso contrario, andranno al ballottaggio i candidati che abbiano

33
La legge n. 62-1292 del 6 novembre 1962, che disciplina l’elezione del Presidente della Repubblica,
rende applicabili all’elezione alcune disposizioni del codice elettorale.

31
conseguito, al primo turno, almeno il 12,5% del totale degli iscritti al collegio.
Tipicamente, al secondo turno vi sarà lo scontro tra i candidati dei due principali partiti,
ma osservando gli sviluppi attuali, è chiaro come l’elettorato francese appaia tripolare.

2.4 Potere al presidente o il “delicato bilanciamento”?

L’ Esecutivo della nuova Repubblica ha, dopo il suo capo scelto dal popolo francese e
consacrato a un compito essenziale e permanente, un primo ministro che si occupa
delle questioni contingenti, il quale ricopre un ruolo tanto importante, durante una data
fase dell’azione dei pubblici poteri, quanto logorante, a seguito di una “mise de côté”
ad opera del primo.
Con questa premessa iniziale, possiamo ora procedere a un’analisi più nel dettaglio
delle funzioni e dei rapporti di forza, propri di queste due figure.
Il Presidente detiene un vero potere di indirizzo politico, specialmente nel campo della
politica estera, ed è a capo della diplomazia e delle forze armate, oltre a presiedere il
Consiglio Superiore della Difesa e il Consiglio Superiore della Magistratura. Inoltre,
elencando i poteri esclusivi del Presidente troviamo: la possibilità di ricorrere al
referendum su proposta del governo o delle camere; il diritto di sciogliere l’Assemblea;
il potere di nomina di tre membri e del presidente del Consiglio costituzionale; e ancora
il controllo di legittimità costituzionale preventivo, tale per cui il Presidente in carica
può chiedere al Consiglio costituzionale un ulteriore controllo di una detta legge, prima
della promulgazione. Bisogna comprendere però, come il potere fondamentale di ogni
Chef de l’État français sia quello di nominare il primo ministro, nomina a sua volta
condizionata dal risultato legislativo

«Il Presidente della Repubblica sarebbe la testa pensante e il primo ministro la testa
operante del potere». (Charles de Gaulle)

Questa citazione di Charles de Gaulle lascia intravedere una subordinazione del primo
ministro rispetto al presidente della Repubblica. Il Presidente della Repubblica incarna

32
la figura del capo di Stato, mentre il primo ministro incarna la figura del politico
designato, che coordina e conduce la politica del governo, secondo le direttive del
Presidente in carica. Questa diarchia dell’esecutivo fa nascere dei rapporti di potere,
mai cristallizzati o definibili in termini assoluti, ma capaci, piuttosto, di mutare
costantemente a seconda delle contingenze e del contesto storico.
«La mia legittimità è il Presidente della Repubblica»34 annunciava Jean-Pierre
Raffarin all’inizio degli anni duemila, parlando della sua funzione di primo ministro
sotto la presidenza di Jacques Chirac. È, infatti, nel corso del tempo, che lo status di
Capo del Governo ha assunto la forma di secondo del Presidente. Inizialmente, e come
previsto dalla Costituzione della V Repubblica, elaborata principalmente da Michel
Debré, il potere esecutivo è incarnato da due figure preponderanti, che sono il primo
ministro, vero Capo del Governo sulla base dell'articolo 21 35; e il Presidente della
Repubblica, arbitro nazionale ai sensi dell'articolo 5 36 della Costituzione francese.
Facendo un passo indietro nella storia, notiamo poi, come siano le idee di Charles De
Gaulle a riassumere nella pratica la supremazia presidenziale e a spianare la strada con
la consuetudine ai Presidenti successivi. Questi ultimi impareranno astutamente come
utilizzare una lettura presidenzialistica della Costituzione a loro vantaggio, ponendo
in secondo piano la figura del primo, durante i periodi con una maggioranza
favorevole. È in questo genere di circostanze che il Presidente della Repubblica si dota
di ogni potere. Riportando una citazione di Nicolas Sarkozy, presidente dal 2007 al
2012, possiamo illustrare chiaramente i ruoli rispettivi, che in realtà rivestono i due
capi pensanti dell'Exécutif français: «Le premier ministre est un collaborateur, le
patron, c’est moi» 37.
È evidente che si è molto lontani dal semplice ruolo di arbitro del Capo dello Stato.

34
Vie-publique.fr
35 Constitution française, ARTICOLO 21. Il
Primo ministro dirige l’azione del Governo. È responsabile della difesa
nazionale. Assicura l’esecuzione delle leggi. Fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 13, esercita il potere
regolamentare e attribuisce le cariche civili e militari. Può delegare alcuni poteri ai ministri. Sostituisce, se del caso,
il Presidente della Repubblica nella presidenza dei consigli e dei comitati previsti all’articolo 15.Può, a titolo
eccezionale, sostituirlo nella presidenza di un Consiglio dei ministri dietro delega espressa e per un ordine del
giorno determinato.
36 Constitution française, ARTICOLO 5. Il Presidente della Repubblica garantisce il rispetto della Costituzione.

Mediante il suo arbitrato, assicura il regolare funzionamento dei poteri pubblici e la continuità dello Stato. È
garante dell’indipendenza nazionale, dell’integrità del territorio e del rispetto dei trattati.
37
LE FIGARO, Pour le chef de l'État, Fillon est un 'collaborateur' , Publié le 23/08/2007

33
Appare dunque raro e si verifica solo in periodo di coabitazione (più precisamente
quando il Presidente condivide i suoi poteri con un Primo Ministro che proviene da
una maggioranza parlamentare opposta al suo colore presidenziale). Ricordiamo
dunque che, per diarchia (dal greco dìs doppio, arché comando) si intende uno stato il
cui sistema governativo prevede che la carica di capo di stato sia investita da due
persone allo stesso tempo. Le quali, in vari casi, esercitano un potere di base uguale
tra di loro, sebbene uno dei due individui possa ottenere un potere maggiore a causa
della sua personalità, influenza e risorse.38 Questo è il caso, in cui il Presidente viene
limitato nell’esercizio delle sue funzioni dal Primo Ministro, che detiene invece un
ruolo preponderante.
La Francia ha conosciuto solo tre periodi di coabitazione sotto la V Repubblica. Le
prime due, definite brevi, sono durate due anni (1986-1988/1993-1995) e hanno visto
come protagonisti François Mitterrand, Presidente; e Jacques Chirac prima e Édouard
Balladur poi, designati alla carica di Primo ministro. La terza, definita lunga, durò
cinque anni (1997-2002), vedeva in gioco Jacques Chirac come Presidente, e il politico
Lionel Jospin come Primo ministro. Tuttavia, con l'adozione all’inizio del duemila, del
passaggio dal settennato al quinquennio, i francesi hanno reso più difficile la
convivenza. Il passaggio al quinquennio ha consentito di ravvicinare notevolmente le
elezioni presidenziali alle elezioni legislative che si svolgono a qualche settimana di
distanza ogni cinque anni. In quattro elezioni dall’instaurazione del quinquennio, il
neoeletto Presidente della Repubblica ha sempre potuto contare su una maggioranza
di sostegno all'Assemblea nazionale grazie a una sorta di effetto “palla di neve”39.

Spesso troppo nascosto dietro la luce del Presidente, c’è infatti una spiacevole
tendenza a dimenticare l’importanza della carica di Primo Ministro. Sembra
interessante riflettere sul suo posto nel governo, ma soprattutto sulla sua responsabilità
di fronte al Presidente. Come si caratterizzano e come si concretizzano i poteri propri
e condivisi del Presidente della Repubblica e del Primo Ministro sotto la V

38 https://it.m.wikipedia.org/wiki/Diarchia
39
http://www.dirittoconsenso.it/2022/02/24/la-coabitazione-del-sistema-politico-francese/

34
Repubblica? In che modo, la collaborazione obbligatoria tra questi ultimi può talvolta
essere definita variabile e persino conflittuale?
Per rispondere a queste domande, appare necessario analizzare in primo luogo
l’organizzazione dei poteri tra i due capi dell’esecutivo, attraverso la lettura della
Costituzione ed esaminare poi l’importanza del ruolo della maggioranza parlamentare
in relazione alle prerogative governative.
La Costituzione del 4 ottobre 1958, istituisce un capo dello Stato arbitro e un capo del
Governo responsabile. Inoltre, essa stessa conferisce al Presidente poteri che
richiedono l’accordo del Governo, in termini istituzionali, un contrordine ministeriale
obbligatorio. Essa gli conferisce tuttavia poteri propri che non sono soggetti
all’obbligo di collaborazione con il primo ministro. Lo stesso vale per l’altra parte in
questione. Presidente e Primo Ministro dispongono, dunque, di poteri propri e di poteri
condivisi.
Come elencati inizialmente, i poteri propri del Presidente, enumerati dall’articolo 5
della Costituzione del 1958, erigono questo a garante della Costituzione stessa e
dell’indipendenza nazionale, dell’integrità del territorio e del rispetto dei trattati.
Tuttavia, ci sono funzioni che le Chef d’État non può esercitare da solo. È importante
chiarire, che il suo Primo Ministro è responsabile delle conseguenze delle sue azioni,
in quanto il Presidente è politicamente irresponsabile. Oltre a ciò, la Costituzione
attribuisce al Capo del Governo ampi poteri, ossia: «Il Primo ministro dirige l’azione
del Governo. È responsabile della difesa nazionale. Assicura l’esecuzione delle leggi.

35
Fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 13 40, esercita il potere regolamentare e
attribuisce le cariche civili e militari»41.
Per cui, le prerogative del Capo del Governo possono, in questo senso, essere
considerate come un contrappeso ai poteri presidenziali. Infine, il fatto che il Capo
dello Stato sia sottoposto alla contromisura del suo ministro e sia costretto a
condividere un certo numero di poteri con quest’ultimo, pone, in qualche modo, dei
limiti necessari alla pratica presidenziale. Le cosiddette “compétences partagées”
limitano di conseguenza la pratica presidenziale.
Durante un periodo di concordance majoritaire42, il Capo dello Stato «governa» e il
Capo del Governo esegue. Tuttavia, la complementarità tra il presidente e il primo
ministro non si manifesta soltanto per il ruolo di preponderanza del presidente sul
primo ministro, ma anche per l’esistenza di poteri di collaborazione tra di loro. Tra i
principali poteri condivisi, si ritrovano:

40
Constitution française, ARTICOLO 13. Il Presidente della repubblica firma le ordinanze ed i decreti deliberati
in Consiglio dei ministri. Attribuisce le cariche civili e militari dello Stato. I consiglieri di Stato, il Gran
Cancelliere della Legion d’onore, gli ambasciatori ed inviati straordinari, i consiglieri della Corte dei conti, i
prefetti, i rappresentanti dello Stato nelle collettività d’oltremare disciplinate dall’articolo 74 ed in Nuova
Caledonia, gli ufficiali generali, i rettori delle accademie, i direttori delle amministrazioni centrali sono
nominati con delibera del Consiglio dei ministri. Una legge organica determina le altre cariche alle quali si
provvede con delibera del Consiglio dei ministri e le condizioni alle quali il potere di nomina del Presidente
della Repubblica può essere dallo stesso delegato ed esercitato in suo nome.Una legge organica determina gli
incarichi o funzioni, diversi da quelli di cui al terzo comma, per i quali, in ragione della loro importanza per la
garanzia dei diritti e delle libertà o della vita economica e sociale della Nazione, il potere di nomina del
Presidente della Repubblica si esercita previo parere espresso della commissione permanente competente di
ciascuna assemblea. Il Presidente della Repubblica non può procedere ad una nomina qualora la somma dei
voti negativi espressi in ciascuna commissione rappresenti almeno i tre quinti dei suffragi espressi in seno alle
due commissioni. La legge stabilisce le commissioni permanenti competenti a seconda degli incarichi o
funzioni interessati.
41 Constitution française, ARTICOLO 21. Il Primo ministro dirige l’azione del Governo. È responsabile della difesa

nazionale. Assicura l’esecuzione delle leggi. Fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 13, esercita il potere
regolamentare e attribuisce le cariche civili e militari. Può delegare alcuni poteri ai ministri. Sostituisce, se del
caso, il Presidente della Repubblica nella presidenza dei consigli e dei comitati previsti all’articolo 15.Può, a
titolo eccezionale, sostituirlo nella presidenza di un Consiglio dei ministri dietro delega espressa e per un ordine
del giorno determinato.
42 In Francia, sotto il regime della V Repubblica, si chiama concordanza maggioritaria (o concordanza delle

maggioranze) un periodo durante il quale la maggioranza dei seggi dell’Assemblea nazionale è detenuta da
deputati del partito che sostiene il Presidente della Repubblica. Il caso opposto è quello della convivenza. In
periodo di concordanza maggioritaria, il Presidente della Repubblica è interamente libero di scegliere il primo
ministro, a causa dei suoi poteri propri (articolo 8 della Costituzione), mentre in periodo di coabitazione, anche
se giuridicamente libero di scegliere, deve tuttavia tener conto della maggioranza nell’Assemblea nazionale.
La concordanza maggioritaria conferisce quindi al capo dello Stato un ruolo eminente nelle istituzioni e nel
funzionamento della Repubblica. Verso di esso convergono sia il potere esecutivo che il potere legislativo.
Sebbene non sia previsto dalla Costituzione, il presidente della Repubblica, investito della legittimità
democratica e del potere di revoca, può imporre le sue opinioni al governo. Di fatto, in pratica, egli è il vero
capo dell’esecutivo e il primo ministro svolge un ruolo di scudo per il capo dello Stato. Attraverso il programma
su cui si è fatto eleggere o le direzioni che dà alla sua politica, orienta il lavoro legislativo.

36
- Nomina/revoca di ministri su proposta del primo ministro;
- Promulgazione di leggi deliberate dal Consiglio dei ministri;
- Negoziazione e ratifica di trattati internazionali.
Un ultimo potere, estremamente importante, è che in caso di emergenza nazionale il
Presidente assume pieni poteri e può legiferare per decreto.
Il “bicefalismo diarchico” si può riassumere con una collaborazione tra il Presidente
della Repubblica e il Primo Ministro. Occorre, tuttavia, distinguere una gerarchia tra
queste due teste dell’esecutivo, che è determinata dalla maggioranza parlamentare.
Grazie all’elezione a suffragio universale diretto, il Capo dello Stato conquista una
vera e propria legittimità popolare. D’altra parte, il potere del Capo del Governo
dipende dal tipo di maggioranza parlamentare eletta. Di conseguenza, in “régime de
cohabitation”, sarà chiaramente il Capo del Governo a comandare.
Il periodo di coabitazione appare come un presidenzialismo neutralizzato, una
preservazione della diarchia e un reale confronto tra le due teste dell’esecutivo. In
periodo di coabitazione, il Governo è autonomo e quindi si distingue dal Presidente.
Quest’ultimo non è peraltro il capo, bensì è costretto ad esercitare il suo potere
lavorando con un Parlamento di tendenza politica contraria e non può quindi imporre
la sua volontà e dotarsi del potere. La funzione presidenziale diventa, così, strettamente
circoscritta nell'ambito dell'arbitrato. D'altra parte, un'altra difficoltà che spesso si
incontra durante la cohabitation riguarda il contrordine ministeriale. Nel periodo
normale, questo si ottiene facilmente poiché il Presidente della Repubblica ha il
sostegno dell'Assemblea nazionale. Al contrario, in coabitazione e soprattutto quando
vi è disaccordo, i negoziati si fanno duri, soprattutto per quanto riguarda i decreti
deliberati in seno al Consiglio dei ministri, poiché il Capo dello Stato deve piegarsi
alle decisioni parlamentari. Tuttavia, vi è la possibilità per il Presidente di utilizzare il
diritto di veto.
In conclusione, la convivenza designa la coesistenza istituzionale tra un capo di Stato
e un capo di governo politicamente antagonisti, diminuendo drasticamente i poteri del
primo; al contrario in presenza di una concordanza maggioritaria il secondo sarà
costantemente all’ombra del primo. Questo è ciò che rende peculiare e mutevole il

37
sistema politico-istituzionale francese, ma che al contempo garantisce il volere
popolare.

38
CAPITOLO 3
L’ UNIVERSO DEI CANDIDATI

Introduzione al capitolo
Nel precedente capitolo abbiamo visto come si articola la complessa realtà politica
francese. Ora è arrivato il momento di trattare in vivo come la comunicazione politica
viene utilizzata all’interno di essa. In particolare, volgeremo lo sguardo alla campagna
presidenziale 2022, di conseguenza analizzeremo nel dettaglio gli strumenti e le
strategie, adottati dai diversi candidati per la corsa all’Eliseo. Indagheremo i diversi
stili di comunicazione, scelti per conquistare o legittimare il consenso sociale da parte
degli attori in gioco. Dunque, la comunicazione politica intesa come relazione
cittadino-elettore sarà il Leitmotiv dell’intero capitolo.

3.1 Tout d’abord, les bases: le campagne elettorali nell’era digitale

Una celebre affermazione di Castells, ci ricorda «La radio ha impiegato trent’anni per
raggiungere sessanta milioni di persone, la televisione ha raggiunto questo livello di
diffusione in quindici anni; internet lo ha fatto in soli tre anni dalla nascita del world
wide web».43 Oggi, la comunicazione politica è imperniata sui Social Media e sul
potenziale di questi ultimi di raggiungere ampie fasce della popolazione, che sino ad
ora era impensabile toccare grazie ad un solo click. Se è vero, però, che la rete offre
inedite possibilità di comunicazione, è anche vero che il risultato prodotto dai nuovi
media dipende dal modo in cui questi si utilizzano. Difatti, l’utilizzo di questi non deve
essere sottovalutato, in quanto ogni social deve essere prima compreso. Affermare ciò
non deve apparire scontato in quanto, come si esponeva anche nel primo capitolo, ogni
social network ha un proprio pubblico di riferimento e il comportamento di questo

43
CASTELLS, M., The Rise of Network Society. Hoboken: Wiley-Blackwell, 1996, trad.it. p. 328

39
varia da piattaforma a piattaforma. Se infatti analizziamo i principali giganti del web,
possiamo notare l’esistenza di vere e proprie “caste”, intese come categorie di persone
che si considerano separate dagli altri, in questo caso per altri intendiamo gli utenti
delle piattaforme concorrenti. Pertanto, dire che ognuno è il suo mercato di riferimento
non è un eufemismo. Ad esempio, il target market di Facebook, Instagram e Twitter
appare facilmente distinguibile: sulla prima piattaforma, la maggioranza degli utenti
ha meno di 35 anni, ciononostante viene utilizzata regolarmente da utenti fra i 30 ed i
49 anni; cosa ben diversa avviene per il pubblico di Instagram, dove è prevalentemente
più giovane, e la fascia più attiva è quella degli users dai 18 ai 25 anni. Infine,
l’audience di Twitter è particolarmente alta nella fascia d'età tra i 25 e i 49 anni 44.
Queste finestre sul web, inoltre, non si differenziano solo per l’età degli utenti che ne
fanno uso giornaliero, ma anche per il loro livello di istruzione. Notiamo, infatti, su
Facebook la percentuale più alta rispetto agli altri social. Circa il 61% di persone
detiene un diploma di scuola superiore o livello di istruzione inferiore (33% su
Instagram, 13% su Twitter); su Instagram invece il bacino maggiore di utenti ha
un’istruzione universitaria e post laurea, è possibile osservare una situazione analoga
anche su Twitter.45 Per giunta, non bisogna dimenticare TikTok, nel quale, secondo le
stime fornite da TikTok stesso, il 66% degli utenti ha meno di 30 anni e la maggior
parte delle persone è compresa nella fascia tra i 16 e i 24 anni, offrendo così un canale
di comunicazione per entrare in contatto con un pubblico di adolescenti o under 30. 46
Il candidato elettorale moderno dovrà, per cui, prendere atto del potere dei nuovi
media, concentrandosi su una delle piattaforme più popolate dal suo pubblico di
riferimento. Questo sarà possibile solo attraverso l’analisi di statistiche come quelle
elencate poc’anzi. Una volta trovata la propria nicchia, non basta essere presenti, ma è
necessario studiare strategie per informare gli elettori. Ma prima, in un contesto così
variegato come si informano gli elettori?

44https://business.trustedshops.it/blog/gruppi-utenti-social-

media#:~:text=Qual%20%C3%A8%20l’et%C3%A0%20media%20degli%20utenti%20su%20Twitter%3F,uo
mini%20e%20il%2030%25%20donne.
45https://www.google.com/amp/s/sproutsocial.com/insights/new-social-media-demographics-it_it/%3famp
46
https://www.oberlo.it/blog/statistiche-tiktok

40
Giornali, social network, televisione e giornali online sono media molto diversi:
comprendere la “dieta mediatica” degli elettori aiuta a capire a cosa si interessano e
quindi a cosa deve interessarsi il candidato in corsa. Se porgiamo uno sguardo più
attento ai social, noteremo come di fondamentale importanza sono le tendenze:
hashtag, Google Trend, gruppi Facebook o Twitter. Queste dovranno essere
monitorate costantemente come risorsa del dibattito pubblico e di ciò che interessa ai
cittadini, difatti quei temi saranno poi centrali nella campagna del candidato.
Pertanto, nello scenario di uno spazio pubblico più ampio – grazie all’ascesa dei
social media – caratterizzati da una cultura del dialogo, da un maggiore impegno
politico, in particolare tra i giovani, tutto ciò che viene condiviso dal politico, di
conseguenza, verrà immediatamente ripreso dai cosiddetti mainstream media
(televisione e stampa). Nell’era digitale, la comunicazione politica, durante le
campagne elettorali per lo più, non segue più un processo top down 47, bensì bottom
up48. È possibile affermare ciò in quanto, grazie alle tendenze emergenti sui vari social
sono gli stessi elettori a portare all’attenzione del candidato le proprie idee, interessi e
bisogni sensibili. Ne consegue che un candidato virtuoso li farà propri nel suo
programma, che verrà infine presentato dalle televisioni e dai giornali nazionali. Detto
ciò, la stampa e la televisione non sono più gli unici mezzi utili a raccogliere consensi;
oggi un politico espone le sue idee durante le dirette social e al contempo ascolta anche
le idee dell’elettore che lo sta seguendo, vi è un rapporto di scambio reciproco e questo
crea un legame diretto tra cittadino-elettore e candidato. Si attivano perciò forme di
interazione personale. Tale interpretazione trova i suoi elementi di forza
nell’esaltazione dei seguenti elementi propri della comunicazione nei social media:
personalizzazione, disintermediazione, semplificazione e velocizzazione. Si tratta, a
ben vedere, di elementi da tempo presenti nell’ambito della comunicazione politica e

47
Quando si parla di approccio top down, soprattutto per quanto riguarda la comunicazione, si intende un modo
formale e organizzato di gestire l’informazione dall’alto verso il basso.
48
Quando si parla di approccio bottom up della comunicazione, si vuol intendere quella in grado di far sì che la
base, più concreta e vicina ai problemi quotidiani, faccia risalire le questioni fino al vertice, per cui sarà una
comunicazione dal basso verso l’alto.

41
della sua trasformazione ma che, in tempi recenti, hanno assunto una centralità inedita
e dirompente.49

Nonostante la personalizzazione sia stata già da tempo favorita dal mezzo televisivo,
questa viene esaltata grazie ai diversi profili social dei politici. Vi è una presa di parola
da parte del soggetto priva di mediazioni esterne ed evocativa di una vicinanza e
intimità un tempo impensabili, perché impedite dal filtro mediale. La pubblicazione di
un post può essere tradotta con l’espressione “metterci la faccia”, ovvero una delle
tante interpretazioni del mettersi in gioco in un rapporto “personale e paritario” con i
cittadini.
In questo rapporto “diretto” scompare – o, in ogni caso, appare fortemente
ridimensionata – la dimensione dell’intermediazione: il personaggio politico parla
direttamente con i propri elettori, subissando la tradizionale mediazione giornalistica.
Al riguardo, se ponessimo lo sguardo alle conferenze stampa del Presidente Macron,
noteremmo come queste vengono riassunte poi in tweet o lanciate live in diretta social.
È chiara per cui, la semplificazione del linguaggio utilizzato dai politici per
raggiungere il cittadino-elettore.
La personalizzazione e la disintermediazione della comunicazione si saldano, poi,
grazie anche alla semplificazione. Questa, è non solo il prodotto delle leggi sintattiche
delle diverse piattaforme (i 140 caratteri di Twitter, per esempio), ma anche del
tentativo di svuotare la politica della complessità di un pensiero astratto, poco
assimilabile dai cittadini-elettori, che deve essere necessariamente tradotto nel
linguaggio della quotidianità50.
Infine, la velocizzazione della comunicazione resa possibile dai social media può avere
vantaggi e svantaggi. Grazie, infatti, all’opportunità di presa di parola garantita dai
profili personali, le reazioni dei cittadini o dei soggetti politici a dichiarazioni o eventi
emergono liberamente e in modo fulmineo, contribuendo a tratteggiare posizioni di
sostegno o rifiuto sulla semplice base dei like o delle condivisioni. Un tempo le

49
SARA BENTIVEGNA, La comunicazione politica nell’era dei social media, in sezione Magazine Online.

42
risposte a una proposta o a un attacco erano affidate ai giornali e alla televisione. Ora,
invece, sono immediate. Inevitabilmente, assistiamo al verificarsi di una
velocizzazione della discussione pubblica e al conseguente ramificarsi del dibattito,
spesso di difficile individuazione. In ultima analisi, si produce una sorta di fast politics,
ovvero un accumulo di pensieri e dichiarazioni, proposte e reazioni che perdono la loro
rilevanza e peculiarità in un arco di tempo estremamente breve.
Gli elementi che caratterizzano la comunicazione politica nell’era dei social media
descritti sin qui si possono ben rintracciare nella campagna per la corsa all’Eliseo e
verranno trattati in modo più approfondito nel corso di questo capitolo.

3.2 Le diverse personalità politiche al primo turno

All’indomani del primo turno, sono emerse diverse personalità politiche. Tuttavia,
dichiarare la propria candidatura è un atto squisitamente politico che non assicura a
priori un posto sulla linea di partenza. Difatti, nel corso della campagna alcuni hanno
deciso di ritirarsi, tra questi Arnaud Montebourg, Florian Philippot e Christiane
Taubira. Altri, in particolare tutti i “petits candidats”, sono stati costretti a rinunciare,
perché non in grado di raccogliere le 500 parrainages51 dei funzionari elettivi,
necessarie per qualsiasi candidatura presidenziale.

51 Parrainage électoral - Patrocinio elettorale o sponsorizzazione elettorale – Lo scopo principale della


sponsorizzazione per le elezioni presidenziali è limitare il numero di candidati. Questa disposizione è stata
introdotta nella legge del 1962 che ha istituito il suffragio universale diretto. Il numero dei firmatari richiesti,
che era di 100, è salito a 500 durante una riforma della legge del 1976. In tale occasione si è deciso di rendere
pubblica l’identità dei firmatari eletti. Dal 1981, per ogni candidato, sono stati pubblicati dal Consiglio
Costituzionale. Dal momento che la Legge Organica n. 2016-506 del 25 aprile 2016 di modernizzazione delle
regole applicabili alle elezioni presidenziali, il Consiglio Costituzionale rende pubbliche tutte le
sponsorizzazioni, man mano che vengono ricevute, almeno due volte alla settimana. Inoltre, a partire da
quest’ultima legge, è il firmatario eletto che invia il modulo di sponsorizzazione al Consiglio costituzionale e
non più il candidato.
Gli eletti abilitati a “sponsorizzare” un candidato sono circa 45.000 e sono:
a. deputati e senatori,
b. consiglieri regionali e membri dell’Assemblea della Corsica,
c. consulenti di reparto,
d. i membri del consiglio della metropoli di Lione, dell’Assemblea della Guyana, dell’Assemblea della
Martinica, dei consigli territoriali di Saint-Barthélemy, di Saint-Martin e di Saint-Pierre-et-Miquelon,
del Consiglio di Parigi, l’assemblea della Polinesia francese, le assemblee provinciali della Nuova
Caledonia, l’assemblea territoriale delle isole Wallis e Futuna,
e. sindaci, sindaci delegati dei comuni delegati e dei comuni associati, sindaci degli arrondissements di
Parigi, Lione e Marsiglia o consiglieri dell’Assemblea dei cittadini francesi residenti all’estero,
f. i presidenti degli organi deliberativi delle metropoli, delle comunità urbane, delle comunità urbane,

43
Il Consiglio costituzionale ha convalidato, il 7 marzo 2022, dodici candidature per il
primo turno delle elezioni presidenziali di aprile. Tra i candidati in corsa troviamo
diverse personalità: Emmanuel Macron, Marine Le Pen, Éric Zemmour, Jean-Luc
Mélenchon, Anne Hidalgo, Valérie Pécresse, Yannick Jadot, Fabien Roussel, Philippe
Poutou, Nicolas Dupont-Aignan, Nathalie Arthaud e Jean Lassalle.
L’elezione di quest’anno si caratterizza per alcune analogie con la precedente tornata
elettorale presidenziale. Si può affermare ciò, non solo a seguito del risultato, ma anche
analizzando le proposte sottoposte agli elettori al primo turno. Si possono notare
infatti, numerosi aspetti di continuità con l’elezione del 2017. Inoltre, alcune tendenze
emerse cinque anni fa sembrano persino essersi rafforzate. Incluso tra queste,
possiamo ben notare il tracollo dei partiti di destra e sinistra mainstream. Les
Républicains, il partito di destra centrista che si rifà alla tradizione di Charles de
Gaulle, è passato dal 2017 ad oggi dal 20% a meno del 6%. Il Partito socialista, partito
storico di François Mitterrand e François Hollande, è praticamente scomparso,
passando da poco più del 6% a meno del 2%, segnando così il peggior epilogo di
sempre nella storia delle elezioni presidenziali per i socialisti francesi. Il riferimento
più forte per gli elettori di sinistra è invece oggi rappresentato da La France Insoumise
e dal suo leader, Jean-Luc Mélenchon, un politico caratterizzato da visione populista
e scettica, sia riguardo l’Europa sia riguardo all’Alleanza Atlantica e alla
globalizzazione più in generale, ma che da un punto di vista di politiche economico-
sociali porta avanti un progetto progressista, improntato al mantenimento della
sicurezza sociale. Mélenchon ha migliorato il suo risultato, passando dal 19,6% del
2017 al 21,95 %, affermandosi significativamente nel panorama politico-elettorale
francese, tenendo anche conto del fatto che l’elettorato di La France Insoumise è più
giovane rispetto al resto delle forze politiche del Paese, ma in ogni caso non sufficiente

g. i presidenti delle comunità dei comuni,


h. il Presidente della Polinesia francese e il Presidente del governo della Nuova Caledonia,
i. i cittadini francesi che sono membri del Parlamento europeo, chiaramente eletti in Francia.

Un rappresentante eletto può sponsorizzare un solo candidato e fornire a quest’ultimo una sola
sponsorizzazione, anche se ricopre più mandati.
La sponsorizzazione di un candidato deve provenire da almeno trenta diversi dipartimenti o collettività
d’oltremare. Inoltre, non più di un decimo di essi dovrebbe provenire dallo stesso dipartimento o dalla stessa
comunità d’oltremare.

44
per permettere a Mélenchon di accedere al secondo turno. Un altro fenomeno che ha
contraddistinto le presidenziali di quest’anno è l’ascesa di Éric Zemmour, un
giornalista dedicato ora alla politica, con il suo movimento Reconquête!. Al contrario
degli altri candidati, titubanti spesso fino all’ultimo nell’annunciare la propria
candidatura, Éric Zemmour manifestó già mesi prima delle elezioni il suo desiderio di
candidarsi. Conducendo di fatto una campagna elettorale con largo anticipo, sfruttando
anche la promozione del suo libro in giro per la Francia come palcoscenico, si è
posizionato ancora più a destra di Marine Le Pen. Nostalgico della “grandeur
française”, ha puntato fortemente sul contrasto all’immigrazione, abbracciando anche
temi xenofobi, islamofobi e omofobi, ottenendo il 7,07% dei voti.
Bisogna inoltre ricordare che dopo una svolta iniziale, anche lui, come la stessa Marine
Le Pen, a seguito dell’invasione dell’Ucraina, è rimasto penalizzato da alcune sue
dichiarazioni ritenute filorusse e dalle sue posizioni piuttosto dure sui rifugiati ucraini.
È interessante notare che lo stile e il programma di Zemmour in qualche modo
ricordano le origini del partito di Marine Le Pen, il Front National, creato da Jean-
Marie Le Pen. Invero, un elemento singolare e di distacco rispetto alle elezioni
presidenziali del 2017 è proprio la scelta di moderatismo operata dalla donna a guida
del partito. Rinunciando alla cosiddetta “Frexit”, ovvero dell’uscita della Francia
dall’Euro o dall’Europa stessa, Marine Le Pen ha saputo smussare gli angoli ideologici
più duri del suo partito, senza però mai negare la sua inclinazione verso la “preferenza
nazionale” e la lotta contro l’“immigrazione di massa”. Tuttavia, scegliendo questa
strada, si è trovata a dover affrontare la concorrenza di una nuova estrema destra,
quella del rivale Éric Zemmour che esponevamo poc’anzi, la quale è riuscita ad attirare
l’attenzione di diversi dirigenti del Rassemblement National. La stessa Marion
Maréchal, nipote di Marine Le Pen, ha scelto di schierarsi con il partito avversario
Reconquête!, scatenando una vera e propria querelle familiale. Nonostante ciò,
l’ascesa nei sondaggi è continuata e le ha consentito di ottenere 23,15 % dei voti,
assicurandole il ballottaggio.
Sul fronte opposto, Emmanuel Macron ha annunciato il 3 marzo, tramite “une lettre
aux Français” via social, che si sarebbe candidato per un secondo mandato.
Confidando così, di diventare il primo presidente della Quinta Repubblica rieletto a

45
suffragio senza aver sperimentato una cohabitation. Enarque52, portentoso banchiere
di investimento, ex ministro dell’Economia di François Hollande, Macron è diventato
nel 2017 il più giovane Presidente della Repubblica, a soli 39 anni.
Conquistando l’Eliseo, destreggiandosi argutamente tra la linea che divide la destra
dalla sinistra con la promessa di riforme in profondità e della modernizzazione della
Francia, ha visto però la sua ambizione ostacolata da una serie di crisi: le proteste dei
“gilets jaunes”, la pandemia di Covid-19, che in particolare lo ha costretto a rinunciare
alla sua riforma delle pensioni, e infine lo scoppio della guerra in Ucraina.
Il suo entourage di campagna ha cercato di focalizzarsi sul bilancio economico (sul
forte calo della disoccupazione, sulla crescita record in Europa, sull’avvio di una
“reindustrializzazione” francese, sul calo della pressione fiscale sulle imprese e le
famiglie), tralasciando invece le “macchie nere” del debito pubblico aggravatosi dallo
scenario pandemico e dal ridursi del potere di acquisto a causa dell’inflazione, in
particolare relativamente ai prezzi dell’energia, evidenziando però la “leadership
europea” francese durante la presidenza di turno a capo del Consiglio europeo.
Nonostante ciò, un’altra crisi, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, ha
sconvolto questa agenda.
Dopo una campagna limitata, dovuta alle poche trasferte, Emmanuel Macron si è
avvicinato al campo elettorale in una posizione meno comoda del previsto. La guerra
in Ucraina gli ha sicuramente permesso di rimanere alto nei sondaggi, ma è stata anche
un impedimento in vista della campagna elettorale. Il suo programma difficilmente si
è fatto sentire nell’opinione pubblica e non sono state trattate con la giusta accortezza
misure più “dolorose”, come il pensionamento a 65 anni.
L’obiettivo “macroniano”, durante il primo turno, era quello di arrivare
anticipatamente in vetta con il consenso più ampio possibile per creare quella dinamica
che invece è mancata, facendogli ottenere così solo il 27,85 % dei voti dei francesi.
Tra gli altri aspiranti presidenti che hanno lottato, pur senza raggiungere il risultato
sperato, ossia il raggiungimento della soglia del 5% – che innesca in modo cruciale il

52
Per Enarque si intende un ex studente o studente dell’École nationale d’administration o ENA. Il termine è
apparso dopo la pubblicazione nel 1967 del libro di Jean-Pierre Chevènement, “L’Énarchie ou les Mandarins
de la société bourgeoise”.

46
rimborso delle tasse elettorali – troviamo poi, la presidentessa della regione Ile-de-
France, Valérie Pécresse per Les Républicains, la quale ha ottenuto il 4,78 %;
l’eurodeputato dei Verdi Yannick Jadot (Europe-Ecologie-Les Verts) che si è fermato
al 4,63 %; Jean Lassalle per il partito Résistons! che ha raggiunto il 3,13 %; il
comunista Fabien Roussel (Parti communiste français) con il 2,28 %; il candidato
nazionalista Nicolas Dupont-Aignan (Debout la France) 2,06 %; la sindaca socialista
di Parigi Anne Hidalgo (Parti socialiste) che ha dovuto fare fronte a un’aspra realtà
raggiungendo solo l’1,75%; e infine, Philippe Poutou (Nouveau Parti anticapitaliste)
e Nathalie Arthaud (Lutte ouvrière), che rappresentano entrambi partiti anticapitalisti,
rispettivamente con lo 0,77 % e lo 0,56 % dei voti. 53

3.3 Una campagna presidenziale dominata dal potere dei social

Sebbene la sfida per la corsa all’Eliseo sia stata oscurata dallo scoppio della guerra in
Ucraina, le elezioni presidenziali hanno continuato a interessare gli utenti dei social:
secondo Visibrain, il picco di attività più alto di tutta la campagna elettorale emerge
durante il primo turno con 3,1 milioni di post pubblicati, ovvero l'8% in più rispetto al
2017.54
I tre candidati di cui si è parlato di più sui social sono stati Emmanuel Macron, Marine
Le Pen e Jean-Luc Mélenchon e questo dato rispecchia difatti anche il risultato delle
urne.
Un punto nevralgico di queste elezioni presidenziali resta però l’astensionismo.
Quest’ultimo si è fatto sentire anche sui social network, poiché il tradizionale hashtag
#JeVote ha generato quasi due volte meno post rispetto al 2017, mentre d’altra parte
#JeNeVotePas è stato, al contrario, 8 volte più presente quest’anno. Se si pensa che
candidati e attivisti si sono scontrati più che mai sulle diverse reti social, lasciando
dietro di loro oltre 121 milioni di messaggi, abbiamo di fronte un impatto veramente
storico che ci fa comprendere sempre di più l’attenzione da porgere a queste
piattaforme, diventate ormai anche spazi della politica.

53
https://www.lemonde.fr/resultats-presidentielle-2022/
54
www.visibrain.com

47
I momenti salienti delle elezioni presidenziali del 2022 sui social network. Fonte:
Visibrain

Tuttavia, se da un lato il potere dei social media per raccogliere consensi è ormai
fondamentale, dall’altro destreggiarsi sulle tante piattaforme, dove non esistono regole
per l’assegnazione del tempo di parola come invece avviene in televisione o alla radio,
è diventato per i candidati politici tanto cruciale quanto arduo. Ammesso che in passato
possedere un sito internet, un profilo Facebook o Twitter era visto come un gesto
innovativo e audace, oggi invece è un obbligo finalizzato a raggiungere buona parte
dell’elettorato attivo. Non è più un elemento di distinzione.
Ma cosa ricordare delle elezioni presidenziali del 2022 analizzate dal punto di vista
dei social?
Le elezioni registrano un record di attività con 121.753.954 messaggi pubblicati dal
Primo gennaio 2022. Siamo a 3,1 milioni di post nei giorni precedenti il primo turno.
Con 4 milioni di messaggi, il tema della sicurezza appare il più commentato sui social
network.
Inoltre, tra i dodici candidati, Emmanuel Macron è la personalità più discussa sui social
durante l’intera campagna (51,7 milioni di post), seguito poi da Éric Zemmour (27
milioni di messaggi) che declassa Marine Le Pen (15 milioni di messaggi).
Da un punto di vista delle tematiche, la guerra in Ucraina, l’affare McKinsey e i
programmi dei candidati sono i 3 argomenti più commentati online.

48
In questo scenario, proseguiamo ad analizzare come i vari candidati hanno utilizzato
questi mezzi tecnologici per guadagnare consensi.
Già a inizio dicembre Éric Zemmour aveva conquistato il primato di candidato più
citato sui social, restando accorti però del fatto che essere al centro delle discussioni
non si traduce necessariamente in un gran numero di sostenitori, ma può piuttosto
dimostrare la divisione che esiste attorno a questo candidato. Di conseguenza, le
“dérapages” di questo controverso personaggio – come il suo dito medio immortalato
da France Presse durante una visita a Marsiglia 55, le violenze scaturite durante il primo
meeting56 o la pistola puntata contro i giornalisti 57 – e la sua “mancanza di
compostezza” hanno fatto reagire gli utenti di Internet nel mese di dicembre. Anche
Valérie Pécresse nei primi mesi di campagna ha guadagnato un numero elevato di
followers e pubblicazioni, soprattutto a seguito della sua vittoria il 4 dicembre al
Congresso dei Repubblicani o del reiterato paragone a Macron da parte dell’elettorato.
«Pour les internautes, les politiques des deux candidats sont semblables, nous
retrouvons ainsi des messages comme 'voter Pécresse, c’est voter Macron' ou encore
'Pécresse, c’est Macron en pire», riporta Visibrain.58

Jean-Luc Mélenchon, che ha deciso di mettersi in gioco sulle varie piattaforme molto
presto, detiene il record di iscritti al suo canale YouTube tra i contendenti per la carica
presidenziale: quasi 800.000. Quindi, il candidato in questione non si è presentato ai
suoi “followers-elettori” solo una volta cominciata la sfida, ma ha ben sviluppato il
concetto di “campagna permanente”, di cui parlavamo nel primo capitolo di questo
lavoro. Su un altro fronte, anche Emmanuel Macron registra centinaia di migliaia di
opinioni con la sua serie web della campagna sulla piattaforma YouTube, avvalendosi
inoltre di una vera e propria équipe dedicata esclusivamente ai social network nella

55
https://www.radiofrance.fr/franceinter/fin-de-visite-agitee-a-marseille-eric-zemmour-adresse-un-doigt-d-
honneur-a-une-passante-2074831
56https://www.radiofrance.fr/franceinter/fin-de-visite-agitee-a-marseille-eric-zemmour-adresse-un-doigt-d-

honneur-a-une-passante-2074831
57https://www.francetvinfo.fr/elections/presidentielle/c-est-horrifiant-s-indigne-la-ministre-marlene-schiappa-

apres-qu-eric-zemmour-s-amuse-a-cibler-des-journalistes-avec-un-fusil_4814695.html
58https://www.radiofrance.fr/franceinter/barometre-presidentielle-2022-quel-candidat-a-fait-le-plus-de-bruit-en-

decembre-sur-les-reseaux-sociaux-8620700

49
sua squadra per la rielezione. Allo stesso modo anche Éric Zemmour, già in pre-
campagna per le presidenziali e dopo essere stato estromesso da CNews59, ha lanciato
il suo canale Youtube. In questo caso specifico, appare chiaro come il palcoscenico
offerto dai social network possa porre rimedio alla censura televisiva. Ad oggi, infatti,
il canale del candidato di estrema destra conta ben 454.000 iscritti e 169 video caricati.
Al contrario, Marine Le Pen, presente da ben più tempo sulla piattaforma, conta
soltanto 71.400 iscritti anche se con 309 video condivisi. Ciò ci fa riflettere sul fatto
che, nonostante la presenza in questi contesti digitali sia fondamentale, può però
diventare poco efficace se non addirittura inutile, se non si comprendono le dinamiche
del social stesso o non si sfrutta con costanza la ribalta guadagnata nel tempo.
Come affermato inizialmente in questo scritto, occorre sottolineare quindi che
imparare a comunicare è ben differente dal parlare per dire qualcosa, ma significa
soprattutto conoscere e sapere utilizzare il mezzo di comunicazione. È il mezzo di
comunicazione che se sfruttato bene diviene più importante del messaggio stesso, ma
un messaggio ben costruito e trasmesso con il mezzo idoneo diviene il fulcro della
nostra attenzione e può quindi ‘massaggiare’, come scriveva McLuhan 60, i nostri sensi
e stimoli.

Potrebbe apparire utopico, ma in realtà si potrebbe capire di quale politico stiamo


parlando anche solo basandoci sul social che quest’ultimo si opera ad utilizzare. Come
a dire: «Dimmi qual è il tuo social e ti dirò chi sei!» Notiamo, per l’appunto, come per
i politici in corsa all’Eliseo le affiliazioni politiche si riflettano ampiamente nell’uso e
nella scelta delle reti. La République en Marche, partito liberalista e corporativo, ama
LinkedIn, mentre l’estrema sinistra, che odia i grandi capitali, è molto riluttante a usare
i giganti della Silicon Valley, come Facebook e Instagram. Anche il Front National è
restio all’utilizzo di LinkedIn, scelta che può essere dettata dalla vicinanza storica alle
classi lavoratrici, poco presenti su questa piattaforma, ma è ben accorta all’utilizzo di
Instagram e Facebook, dove Marine Le Pen conta rispettivamente 290 mila followers
e 1,7 milioni di seguaci, tuttavia ancora lontana dai 3 milioni di followers e 4,4 milioni

59 https://www.marianne.net/politique/droite/eric-zemmour-ecarte-de-paris-premiere-et-bientot-evince-de-cnews
60
MARSHALL MCLUHAN, Il medium è il massaggio, Corraini, 2011

50
di seguaci del suo sfidante, Emmanuel Macron. Vi è, poi, la storica piattaforma molto
amata dai politici di tutto il mondo, la quale pullula dei pensieri istantanei di questi
ultimi e dei loro commenti a caldo, ma anche di scelte istituzionali, condivise come se
fossero soltanto uno dei tanti post giornalieri, stiamo parlando di Twitter. Su questo
social, Macron spicca in vetta per numero di followers e anche per la sua attività
costante, seguito da Marine Le Pen e Jean-Luc Melanchon, entrambi assidui
frequentatori, senza dimenticare Valérie Pécresse, anche lei molto attiva e seguita su
questa piattaforma.
In ultimo, ma non meno importante, anzi potremmo dire fondamentale per raggiungere
la fascia più giovane dell’elettorato, vi è TikTok. Questo social si distingue dagli altri
per la peculiarità di essere una piattaforma dominata dall’audiovisivo. Se infatti un
tempo per guardare un discorso politico, pensiamo a quelli di De Gaulle, ad esempio,
si faceva riferimento all' INA, Istitut National de l’audiovisuel, oggi basta girovagare
tra i trend di TikTok per imbattersi nei discorsi dei candidati oppure anche divertirsi
insieme a loro. Ebbene sì, mi permetto di utilizzare in questa sede il termine divertirsi,
perché questa piattaforma si dedica soprattutto all’intrattenimento creativo e in grado
di produrre divertissement, e soprattutto a portata di tutti, in quanto non servono mezzi
di ultima generazione in grado di produrre video di alta qualità o con montaggi
complessi, bensì viene premiata la creatività, la semplicità e l’originalità, capaci di
rendere virali anche contenuti ritenuti poco d’effetto sulle altre piattaforme. Qui la
scena è dominata da Mélenchon, il quale ha saputo ben comprendere le dinamiche del
social e sfruttarle a suo favore. Si può infatti ipotizzare che il raggiungimento dei
giovani elettori sia stato anche una conseguenza del mirato utilizzo di questa
piattaforma. «Oggi i giovani parlano ai genitori dei TikTok di Mélenchon», come
citato nel titolo di un articolo di L’Obs, primo magazine di attualità francese. In
quest’ultimo si parlava proprio di quanto fosse difficile per i candidati fare a meno dei
social network per rivolgersi ai giovani elettori e di come, tuttavia, alcuni abbiano
imparato a utilizzare questi strumenti meglio di altri. Gli stessi giovani filmavano i
propri genitori esitanti sul voto e racchiudevano in pochi secondi le titubanze di molti
francesi che si rispecchiavano in quei video, oppure ancora si erigevano a porta
bandiera di Macron, associandosi a Young People with Macron (JAM), il movimento

51
giovanile di LREM, e distillando quotidianamente il programma del presidente-
candidato con video umoristici e politici. 61
In definitiva, possiamo notare come nel 2022 la campagna si sia giocata anche sui
social network e, in particolare, su quelli apprezzati dai più giovani, come TikTok,
Twitch o Snapchat. Inoltre, Ipsos, società leader nell’analisi dei sondaggi, anticipava
oltre il 40% di astensioni tra gli under 35 (poi rivelatosi fallace a seguito dei risultati
che hanno dichiarato una percentuale inferiore). Questa previsione ha spinto molti
candidati a mettersi in gioco, con più o meno coinvolgimento e successo, per attirare
l’attenzione dei più giovani, a volte anche facendo prevalere la forma sul contenuto.

3.4 Rhétorique du combat

Appare interessante, arrivati a questo punto del presente lavoro, analizzare la retorica
dello scontro tra i candidati che hanno riscosso maggiore successo elettorale, vale a
dire Emmanuel Macron, Marine Le Pen, Jean-Luc Mélanchon e Éric Zemmour. Questi
ultimi, infatti, hanno utilizzato diverse strategie di comunicazione e di retorica, non
solo sulle piattaforme social, ma anche durante i dibattiti televisivi, le conferenze
stampa, gli interventi sui vari media e durante i comizi elettorali.
Abbiamo chiuso l’ultimo paragrafo indagando come il candidato del partito La France
Insoumise abbia dominato la scena su TikTok, ma come si è approcciato quest’ultimo
sul social, in termini di retorica? Quale strategia di comunicazione ha adottato per
“gagner le soutien” dei giovani elettori? Mélanchon è sempre stato molto incline ad
inventare, produrre, quelli che oggi chiameremo punchlines, ossia battute finali ad
effetto in grado di concludere inaspettatamente qualsiasi performance, situazione o
narrazione; con lo scopo di stupire e far ridere la gente. La parola in generale serve per
spiegare ai passanti, agli utenti dei social o anche agli spettatori di fronte ad uno
schermo, cosa sta succedendo davanti ai loro occhi, bisogna prima però catturare la
loro attenzione. È proprio in questo che Jean-Luc Mélanchon riesce alla perfezione.

61
https://www.nouvelobs.com/election-presidentielle-2022/20220406.OBS56703/aujourd-hui-les-jeunes-parlent-
a-leurs-parents-des-tiktok-de-melenchon-sur-les-reseaux-sociaux-la-quete-effrenee-du-vote-jeune.html

52
Analizzando i suoi speech, difatti, possiamo notare come la retorica utilizzata sia
rafforzata dall’uso di metafore, che hanno lo scopo di trasmettere energia e spesso
anche in maniera umoristica. D’altra parte, le frasi ad effetto riescono a enfatizzare il
discorso e la sua opposizione forte su determinati temi lo aiuta a sottolineare la sua
visione del mondo, permettendo così a un pubblico ampio di comprenderla. Anche
l’arte corporale nel caso dei dibattiti è molto importante, potremmo prendere ad
esempio lo scontro tra Zemmour e Mélanchon sulla rete televisiva BFMTV 62, durante
il quale Mélanchon non si priva di manifestare il suo dissenso nei confronti delle parole
dell’avversario attraverso gesti, espressioni del viso o postura del corpo. Lo stesso
atteggiamento che lo caratterizza nel corso di tutta la sua campagna, che sia questa
dietro a uno schermo o di fronte ad una platea, Jean-Luc Mélanchon fa quindi della
retorica la sua arma vincente.
Al contrario, Éric Zemmour non sfrutta solo la retorica nei suoi discorsi, ma anche il
fattore storico, che possiamo ben comprendere ponendo lo sguardo al suo discorso al
Trocadéro di Parigi63, luogo storico parigino, che ospita la statua in onore del
maresciallo Foch – visto come colui che ha portato alla vittoria la Francia nella guerra
del 1914/1918. In questo comizio, il candidato di estrema destra rivendica l’idea di
nostalgia del “grandeur française”, tipico della Francia di un tempo. La centralità
della retorica di questo candidato consiste in alcuni concetti mobilitatori, che sono: lo
sviluppo, la speranza e il rinnovamento. È attraverso questi che Zemmour gioca sulla
paura, la paura come elemento che accomuna lui ai suoi elettori, ma che solo in veste
di Président de la République potrà combattere. Appella quindi il popolo “à lui donner
la parole” per cambiare il destino del paese. Infondo, cosa sono le elezioni
presidenziali francesi, se non il confidare nelle mani di un solo uomo? Ragion per cui,
il candidato fa del comizio, lo stesso palcoscenico delle sue esperienze, parlando molto
di sé: «Je n’ai pas passé ma vie à trahir mes promesses. Je n’ai pas passé ma vie à
intriguer. Je n’ai pas passé ma vie à vivre d’argent public. Ma vie, je l’ai passé à vous
défendre. J’ai passé ma vie à dire la vérité et en payer le prix», per citare le sue parole.
Inoltre, le ripetizioni caratterizzano questo inserto di discorso, ma anche la sua retorica

62 https://youtu.be/131CcyG4b5U
63
https://youtu.be/WPLvCoIleXE

53
più in generale. Tuttavia, è necessario soffermarsi altresì sulla strategia della falsa
dicotomia, ossia la strategia che punta a porre l’elettore di fronte a due scelte come se
fossero le uniche possibili, quando in realtà ce ne sono altre. Questa trova largo uso
nelle orazioni politiche o nelle invettive e appare utile per forzare una scelta a proprio
favore utilizzando domande retoriche, per esempio “moi ou le chaos?”, “moi ou le
déluge?”, “moi ou le naufrage?”, “moi ou la fin de la France?”. Dunque, Zemmour
si pone come il solo possibile salvatore della Francia. Tutta la sua retorica è una
retorica catastrofista, fondamentale per valorizzare, ovviamente per contrasto, sé
stesso e il suo programma. Infine, l’ex giornalista polemista porta nei suoi dibattiti fatti
concreti, che sensibilizzano il pubblico e danno credibilità allo storytelling.
Allo stesso modo, anche Marine Le Pen utilizza strategie simili. Di fatto, però, i due
candidati destristi portano visioni differenti all’attenzione del pubblico e l’indifferenza
della donna a capo del RN nei confronti di Éric Zemmour è mirata a ridurre
l’importanza stessa della scesa in campo del giornalista. Quest’ultima strategia
conduce alla bipolarizzazione del campo politico, ridotto a “macronistes” e
“marinistes”. L’imposizione di una scelta binaria tra Macron e Le Pen, permette a
quest’ultima di risaltare la sua candidatura, poiché appare l’unica in grado di tenere
testa al Presidente uscente. Questo continuo rifiuto durante i suoi discorsi di mettersi
in competizione con gli altri candidati, considerando solo lo sfidante Macron come già
detto, restringe l’arena politica e mette in ombra non solo il candidato di estrema
destra, ma anche tutti gli altri. In generale, poi, Madame Le Pen, presenta all’elettorato
un’immagine forte di sé e del suo partito, questa viene comprovata dall’abile
padronanza del linguaggio del corpo e dal controllo attento della voce in tutti i discorsi
pubblici. La postura dritta e autorevole esternano rigore e solidità, che valorizzano le
sue parole, queste ultime sempre calibrate e coordinate al tono di voce, che si fa più
forte e contenuto nell’esposizione del programma, mentre diventa più dolce ed intimo
nei momenti in cui la candidata parla di sé per instaurare un rapporto col pubblico e
suscitare emozioni.
In ultima analisi, anche Emmanuel Macron è un accorto conoscitore della retorica e
dell’impostazione del tono di voce, come si può notare guardando uno qualsiasi dei
suoi discorsi o delle sue dirette social. Tuttavia, la musicalità caratterizza la sua

54
retorica, si potrebbe addirittura parlare di prosodia, vale a dire l’utilizzo accurato
dell’intonazione, del ritmo, della durata e dell’accento del linguaggio parlato. Questo
elemento lo fa distinguere dagli altri candidati e lo aiuta ad attirare l’attenzione del
pubblico, quasi incantandolo. Difatti, nonostante il contenuto sia importante, la forma
e il modo di esporlo sono essenziali nella comunicazione, soprattutto quando si cerca
di trasformare il consenso in voto.

55
CAPITOLO 4
S FIDA ALL ’ ULTIMO VOTO

Introduzione al capitolo
In questo quarto e ultimo capitolo del seguente lavoro, tratteremo nel dettaglio lo
scontro tra i due leader arrivati al ballottaggio, Marine Le Pen ed Emmanuel Macron.
Procederemo nel seguente ordine: in primo luogo, si vuol ragionare sulle differenze di
questo tête-à-tête rispetto all’equipollente del 2017, focalizzandoci poi sul dibattito
televisivo avvenuto tra i due candidati e sulla reazione da parte dell’opinione pubblica
a seguito di quest’ultimo, terminando infine con l’analisi del discorso del candidato
vittorioso e degli sconfitti.

4.1 Scontro o moderazione?

Come sappiamo, i due candidati arrivati al ballottaggio sono stati di nuovo Emmanuel
Macron e Marine Le Pen, i quali hanno entrambi migliorato il loro risultato rispetto al
primo turno delle elezioni del 2017. Al ballottaggio Macron ha vinto di nuovo, con più
del 58,55% dei consensi; tuttavia, è interessante notare come Marine Le Pen abbia
migliorato il proprio risultato rispetto a quello della tornata presidenziale precedente,
superando per la prima volta la soglia del 40% dei consensi, totalizzando infatti il
41,45% equivalente a 13 288 686 voti. Nel 2017 la vittoria di Macron era stata più
netta, aveva fatto breccia nel cuore dei francesi, conquistando il 66.1% contro 33.9%,
ottenuto dalla sfidante. È importante notare che, nelle presidenziali del 2002, quando
lo scontro al ballottaggio fu inaspettatamente tra Jean-Marie Le Pen e Jacques Chirac,
quest’ultimo vinse comunque con l’82.2% dei voti. Dopo aver preso le redini del
Rassemblement National nel 2011, Marine Le Pen è dunque riuscita a migliorare
decisamente i risultati del partito fondato dal padre. Questo successo si spiega in parte

56
con la progressiva svolta “moderata” che ha portato il suo partito verso posizioni meno
estreme per quanto riguarda ad esempio la partecipazione della Francia
all’integrazione europea, e, in parte, con un sostanziale cambiamento della parte
economica del programma, che si è concentrata sempre di più sul potere d’acquisto dei
francesi e sul mantenimento della sicurezza sociale. Nonostante lo sforzo di
“dédiabolisation”, favorito in parte anche dal fenomeno Zemmour, Le Pen non è
tuttavia riuscita sufficientemente a uscire dai confini del voto dell’“estrema destra”.
La candidata del Rassemblement National ha anche pagato il prezzo del suo storico
sostegno al regime di Vladimir Putin e del legame del suo partito con la Russia.
Inoltre, come ci spiega Riccardo Brizzi, storico esperto di comunicazione politica
presso l'Università di Bologna, appare stimolante notare come la visione dell’Europa
sia cambiata in queste elezioni presidenziali. Tuttavia, bisogna ricordare che l’Unione
Europea, intesa come tematica, ormai da decenni caratterizza sempre di più le
campagne elettorali francesi. Difatti, nella campagna elettorale del 2022, Emmanuel
Macron ha fatto dell’europeismo il Leitmotiv della sua campagna, celebrando con il
suo trionfo anche quello sul sovranismo. Ciononostante, secondo le analisi di R. Brizzi,
questa vittoria di un candidato europeista su una candidata sovranista non pare
rappresentare un segnale di un diffuso europeismo in Francia . 64
Per euroscetticismo si intende un atteggiamento critico nei confronti delle politiche
dell’Unione Europea 65, vale a dire una posizione morale che considera l’Unione come
luogo di tecnocrati poco utile e che costituisce un ostacolo alla sovranità nazionale. Di
questa posizione, si avvalgono principalmente i partiti populisti odierni di tutta Europa.
L’aumento dei voti a favore di questi negli ultimi anni ha fornito un terreno fertile alla
crescita delle idee euroscettiche.
L’attuale presidente Macron aveva celebrato la vittoria del 2017 ascoltando le note
dell’inno europeo, manifestando così il suo entusiasmo per l’UE, che si è rafforzato
nella sua ultima corsa all’Eliseo. Al contrario, porgendo lo sguardo al di là dei confini

64
Estratto dell’intervento del Prof. Riccardo Brizzi, Università di Bologna, L’Europa e il Mediterraneo nella
campagna presidenziale francese del 2022, in occasione della Summer School in EUROPEAN AND
INTERNATIONAL STUDIES – Italia, Francia e spazio euromediterraneo dal lungo Ottocento all’Unione
Europea, tenutasi a Sutri dall’11 al 15 Luglio 2022.
65 ENCICLOPEDIA ONLINE TRECCANI, https://www.treccani.it/enciclopedia/euroscetticismo_%28Lessico-
del-XXI-Secolo%29/

57
nazionali, Marine Le Pen rimarcava giudizi molto forti e critici. Ciò, tuttavia, sembra
essersi attenuato durante le elezioni presidenziali correnti. In effetti, la candidata in
corsa ha ben compreso la necessità di raggiungere un’altra fascia dell’elettorato, la
quale non è del tutto soddisfatta dell’operato dell’organismo sovranazionale, ancora
troppo lontano dal loro sentire, ma comunque consapevole del potenziale di
quest’ultimo. Come fa notare anche Jean-Pierre Darnis, nonostante sembri paradossale
si potrebbe individuare il 2022 come fine dell’euroscetticismo francese. Si afferma ciò,
perché nel momento in cui esiste la consapevolezza di un’integrazione tanto
comunitaria quanto economica con l’Unione, da parte di tutti i partiti – che per
differenziarsi fanno proprie posizioni differenti al riguardo – si crea al contempo un
dibattito vivo sull’Europa. In tal modo, si prende l’Europa come orizzonte
fondamentale, non più da rigettare.66

4.2 Le Débat

I due candidati all’Eliseo si sono affrontati mercoledì 20 aprile in diretta televisiva, sui
canali TF1 e France267, per quasi tre ore, durante un dibattito che ha portato alla luce
non solo i programmi e le idee, ma anche le strategie di queste due forti personalità. A
pochi giorni dal secondo turno delle elezioni presidenziali, il 24 aprile, i due aspiranti
presidenti si sono confrontati su tematiche come: la crisi ucraina, l’economia, i prezzi
dell’energia, l’Europa, il surriscaldamento globale, la scuola, gli immigrati.
I passaggi chiave del dibattito televisivo fra Emmanuel Macron e Marine Le Pen
rivelano questa volta non un K.O., ma pur sempre un presidente-candidato più a suo
agio nell’esercizio del dibattito e una candidata pronta al confronto anche se talvolta
sulla difensiva.

66
Estratto dell’intervento del Prof. Jean-Pierre Darnis, Consigliere scientifico dello IAI, Professore associato
all’Université Côte d’Azur (Nizza), e ricercatore associato alla Fondation pour la Recherche Stratégique (FRS,
Parigi) L’Europa e il Mediterraneo nella campagna presidenziale francese del 2022, in occasione della Summer
School in EUROPEAN AND INTERNATIONAL STUDIES – Italia, Francia e spazio euromediterraneo dal
lungo Ottocento all’Unione Europea, tenutasi a Sutri dall’11 al 15 Luglio 2022.
67 https://www.google.com/amp/s/www.tf1info.fr/amp/politique/direct-video-debat-macron-le-pen-tf1-suivez-ce-
temps-fort-de-la-campagne-presidentielle-2022-avec-le-fact-checking-de-nos-verificateurs-2217236.html

58
Da un altro punto di vista, a differenza del loro primo tête-à-tête televisivo nel 2017,
questa volta Macron trova il suo quinquennio sotto giudizio avversario, un giudizio
pronto a sottolineare i punti nevralgici dell’esercizio del potere, che non attende, e che
infatti compare sin dall’introduzione di Madame Le Pen, la quale afferma: «Je suis
obligée d’être témoin que depuis cinq ans je l’ai vu soffrir, je l’ai vu s’inquiéter d'un
déclassement, d’une sorte de précarité qu'il ressent généralisée et puis je l’ai vu
s’inquiéter de l’avenir douteux»68, riferendosi al popolo francese, colpito dalle riforme
macroniane.
Sul fronte opposto, Monsieur Macron ha ribattuto che, nonostante, le ripetute crisi
«Nous pouvons rendre notre pays plus indépendant et plus fort par son économie, par
le travail, par la recherche, par l’innovation, par sa culture»69, tutto ciò se il potere
resterà nelle sue mani.
I due contendenti si sono poi focalizzati sulle rispettive proposte di incentivi per
aumentare stipendi e bonus, accusandosi a vicenda di far credere che gli aumenti
saranno “automatici”.
«Vous n’allez pas administrer les salaires, Mme Le Pen», «Tout comme vous n’allez
pas administrer les primes, M. Macron»70, cited entrambi.
Successivamente, hanno presentato a turno le loro proposte sul potere d’acquisto.
Emmanuel Macron ha cercato per cinque anni di difendere l’azione del governo in
questo campo contro Marine Le Pen che lo accusava di non curarsi delle classi operaie.
La stessa, è stata a sua volta accusata di “dipendere dalla potenza russa” e “da Mr.
Putin”, a causa di un sospetto prestito da una banca russa verso il RN. «Vous parlez à
votre banquier quand vous parlez de la Russie, c’est ça le problème madame Le Pen»,
ha dichiarato il presidente-candidato, la guida del RN ha sostenuto invece di essere
«une femme absolument et totalement libre».

68
Marine Le Pen afferma ciò riferendosi al popolo francese: «Sono costretta ad essere testimone del fatto che da
cinque anni l'ho visto soffrire, l'ho visto preoccuparsi di un declassamento, di una sorta di precarietà
generalizzata e poi l'ho visto preoccuparsi del futuro incerto»
69 «Possiamo rendere il nostro paese più indipendente e più forte attraverso la sua economia, il lavoro, la ricerca,

l'innovazione, la sua cultura»


70 «Lei non amministrerà gli stipendi, signora Le Pen», «proprio come lei non amministrerà i contributi, sig.

Macron»

59
Venendo poi allo scontro sull’Europa, scontro sul quale, i due aspiranti presidenti
hanno visioni contrastanti. Se, infatti, da un lato si vuole un’Europa «più forte e più
integrata», che può essere cambiata dall’interno; dall’altro si cerca maggior rispetto da
parte dell’Europa per il popolo francese. Bisogna far notare inoltre come Le Pen abbia
saputo ben difendersi dalla provocazione di Macron di etichettarla ancora come colei
che voleva fare uscire la Francia dall’Unione, «Ne tombez pas dans le complotisme»71,
ha detto.
Vi sono state poi profonde divergenze sulle pensioni, punto debole del presidente
uscente, il quale non è riuscito a portare a termine la sua riforma sull’età di
pensionamento.
In aggiunta, Marine Le Pen ha attaccato la “cattiva” e “ingiusta” situazione economica
del Paese addossando la colpa al Presidente, definendolo anche «Mozart della
finanza». Quest’ultimo ha però messo in risalto la rimozione della tassa sulla casa, da
lui promossa, che è stata la riduzione fiscale più importante. Si sono poi fatte sentire
le divergenze sull’ecologia, la prima accusando il secondo di essere un«ipocrita
climatico» e di sostenere «il peggio dell’ecologia punitiva», mentre lei è stata definita
«climatosceptique». La candidata di RN si è dichiarata però a favore della transizione
ecologica, ma affermando che dovrà essere molto più lenta. Ma per Emmanuel Macron
«il n'y a pas de stratégie de sortie des énergies fossiles qui passe par le tout nucléaire»
72
ed è quindi necessario investire nelle rinnovabili. Per di più si è discusso sui modi
per aumentare la sicurezza nel Paese, in particolare a causa dell’«immigrazione
anarchica e massiccia», secondo Marine Le Pen. Invece, Emmanuel Macron ha difeso
la sicurezza «avec des moyens» e non «avec des postures»73. Infine, vi è stata una forte
battaglia sul tema del velo e della laicità. «Je suis pour l’interdiction du voile dans
l’espace publique» perché «le voile est un’uniforme imposé par les islamistes»74 e
«une grande partie des jeunes femmes qui le mettent ne peuvent pas faire autrement»75,
ha affermato la candidata. Macron ha ribattuto sostenendo che ciò che Marine Le Pen

71
«Non cadete nel complottismo»
72
«Non esiste una strategia di uscita dai combustibili fossili che passi solo attraverso il nucleare»
73 «con mezzi» e non «con posizioni forti»
74 «Sono a favore del divieto del velo nello spazio pubblico» perché «il velo è un'uniforme imposta dagli islamisti»
75
«Gran parte delle giovani donne che lo indossano non possono fare altrimenti»

60
propone è un «tradimento dello spirito francese e della Repubblica», ha detto,
accusandola di «creare una guerra civile» con questo provvedimento.
In termini di retorica, se da un lato Macron tenta di togliere credibilità alla voce della
candidata di destra, dall’altro quest’ultima sembra essere riuscita nell’intento di fare
apparire il presidente uscente arrogante nell’esposizione dei suoi punti e troppo sicuro
di sé. È stato possibile ciò perché, a differenza del 2017, anno in cui Le Pen ha adottato
una strategia più aggressiva e di attacco nei confronti dell’avversario, questa volta si è
focalizzata invece più sul suo programma, lasciando Macron libero di esporsi. Ciò che
è stato sorprendente è il fatto che, mentre Marine Le Pen, quando dava risposte, era
concentrata sul suo programma, per contro Macron iniziava sistematicamente i suoi
interventi con un attacco. È proprio quest’ultimo che introduce nel dibattito la
contraddizione. Macron appare offensivo, mentre Le Pen risulta piuttosto inoffensiva.
Nonostante ciò, il presidente non manca di sottolineare la sua esperienza di potere,
cercando così di mostrare l’avversaria come inesperta a ricoprire la carica
presidenziale. In definitiva, dopo un’accurata visione, sembra che Macron sia molto
più intransigente questa volta e l’obiettivo di Le Pen sia stato proprio quello di risaltare
questa determinata attitudine, sembrando al contrario “vittima” della sua arroganza e
costruendo in tal modo un’immagine di portavoce degli interessi dei francesi messi in
difficoltà dalle riforme di Macron. Tuttavia, il Presidente ha saputo esporre in maniera
chiara e determinata le sue posizioni, anche imponendosi, ma accostando a queste
sempre fatti concreti. In generale, si può affermare che, rispetto al precedente, lo
scontro è stato più moderato e che le tecniche utilizzate dai candidati per conquistare
il pubblico siano state attente e strategicamente studiate.

4.3 L’opinione pubblica e le sue reazioni


Aver diretto il Consiglio dell'Unione Europea, in un momento così difficile come
quello determinato dalla guerra in Ucraina, sembrano aver giovato a Macron.
Concedendo così al presidente in carica un vantaggio, in termini di maggiore visibilità
e autorevolezza. Emmanuel Macron partiva inoltre avvantaggiato nei sondaggi e, a
pochi giorni dal ballottaggio, è stato in grado di dimostrare le sue capacità, da abile
conoscitore della dialettica, con una buona performance durante lo scontro televisivo.

61
Si può segnalare come anche Mélenchon, alla fine, abbia invitato i suoi elettori a votare
per Macron al secondo turno, anche se un numero significativo di sostenitori di La
France Insoumise ha preferito votare scheda bianca o astenersi dall’andare alle urne,
mentre molti hanno persino votato Le Pen. Ciò ci mostra di fatto la difficoltà del
presidente uscente nel raccogliere voti da sinistra. Si tratta di una difficoltà che può
essere spiegata facendo riferimento al fatto che negli ultimi cinque anni quest’ultimo
è stato largamente percepito come “il presidente dei ricchi”, definito così anche da
diverse testate giornalistiche, una fama che può essere ricondotta a politiche che hanno
effettivamente favorito una redistribuzione della ricchezza verso l’alto e ad altre che
hanno colpito più duramente i cittadini meno abbienti.
Sebbene sia Emmanuel Macron che Marine Le Pen siano percepiti in qualche modo
come “outsider” rispetto alla destra e alla sinistra tradizionali, definiti così da diverse
testate giornalistiche, e abbiano entrambi tentato di uscire dagli schemi nel voto delle
presidenziali francesi di quest’anno (ma anche in quelle del 2017) , si può notare per
di più una componente classista. Quest’ultima paradossalmente potrebbe apparire
persino più pronunciata in riferimento alla destra e alla sinistra tradizionali. Questo
quadro appare più chiaro se si dà uno sguardo al profilo degli elettori dei diversi
candidati. Invero, coloro che hanno scelto di votare convintamente Macron tendono
ad avere un reddito maggiore e un titolo di studio più alto rispetto alla media. Da questo
punto di vista appare utile citare l’analisi di Bruno Amable e Stefano Palombarini 76,
secondo i quali il cuore dell’elettorato di Macron e del movimento nato attorno a lui,
ossia La République En Marche!, è rappresentato da un “blocco borghese”.
Precisamente il candidato ha ricevuto il 15% dei voti dei lavoratori contro il 35% di
quelli dei dirigenti e delle professioni intellettuali superiori. Se infatti le sue principali
riforme hanno contribuito all’aumento delle disuguaglianze economiche, hanno però
uniti i suoi sostenitori sotto un’ala “europeista” e “neoliberista”. Al contrario, coloro i
quali guadagnano meno di 1.250 euro mensili hanno votato decisi per Marine Le Pen.77
La leader del Rassemblement National è dunque apparsa credibile agli occhi delle

76
https://www.dygest.co/bruno-amable-et-stefano-palombarini/l'illusion-du-bloc-bourgeois
77https://www.ipsos.com/fr-fr/presidentielle-2022/second-tour-profil-des-abstentionnistes-et-sociologie-des-

electorats

62
classi popolari e dei colletti blu, preoccupati sempre più per la difesa della sicurezza
sociale rispetto all’integrazione europea o all’integrazione nell’economia globale.
La geografia del voto francese, inoltre, tanto al primo turno78 quanto al ballottaggio79,
rivela un elettorato diviso. Difatti, il candidato ha avuto maggiore successo nelle
metropoli, mentre sul fronte opposto, la candidata ha conquistato le aree rurali e i centri
urbani minori. Questa frattura tra grandi città e centri minori non è nuova in Francia,
ma anche se volgessimo lo sguardo all’Italia o all’America troveremmo delle analogie,
è ciò che secondo gli esperti può essere definita una conseguenza della
globalizzazione. I grandi agglomerati urbani, anche se caratterizzati da maggiori
disuguaglianze (notiamo ad esempio che nelle metropoli francesi vi è una vera e
propria differenza fra le aree benestanti e le banlieues), sono diventati sempre più parte
di un sistema globale, ragion per cui privilegiano proposte politiche più favorevoli alla
globalizzazione, come quella di Macron. Al contrario, esiste la Francia periferica,
caratterizzata da una maggiore uniformità in termini di tenore di vita e identità, si sente
sempre più marginalizzata dallo sviluppo globale, e si rispecchia in molti elementi che
caratterizzano la visione ed i programmi delle destre, come quella di Marine Le Pen.
In ultimo, ma non di minore importanza, vediamo come quest’ultima abbia prevalso
anche nei territori d’Oltremare francesi, sì intendono quindi Guadalupe, Martinica,
Guyana, Réunion e Mayotte. Tutti territori in cui il Rassemblement National ha
condotto delle campagne elettorali mirate, che visti i risultati, sembrano essere state
parzialmente utili anche per ridurre la percezione del partito come forza di estrema
destra.
Un altro dato importante da considerare è l’astensione, che è aumentata anche al
secondo turno. Invero, circa il 28% dei francesi ha preferito non andare a votare,
mentre nel 2017 la percentuale si aggirava attorno al 25,4%. Si tratta, rispettivamente,
del tasso più alto di astensionismo registrato al secondo turno dal 1969 (il 31%
all'epoca, da collegare all’indicazione del Partito Comunista di non scegliere tra due
candidati di destra).

78 https://www.google.com/amp/s/www.lesechos.fr/amp/1399887
79
https://www.google.com/amp/s/www.lesechos.fr/amp/1402792

63
Che il fenomeno dell’astensionismo in Francia sia cresciuto significativamente negli
anni è un dato di fatto. Tuttavia, ciò manifesta una problematica sociale a cui prestare
attenzione, in quanto rispecchia una disaffezione politica da parte dell’elettorato. In
particolare, anche al primo turno più del 26% degli aventi diritto ha deciso di non
votare80 e l’astensionismo ha quindi rappresentato la maggioranza relativa degli
elettori, superando in termini assoluti lo stesso voto per Macron, il candidato più
votato. Molti elettori francesi non si sentono insomma rappresentati da nessun partito
o dalle offerte politiche loro proposte.
D’altronde, questa frustrazione di fondo è stata ben visibile nei giorni precedenti al
ballottaggio nelle manifestazioni di protesta degli studenti universitari parigini. Molti
dei quali, secondo un sondaggio di Ipsos-Sopra Steria, precisamente il 41% dei giovani
tra i 18 ei 24 anni non ha votato al primo turno delle elezioni presidenziali. 81 Tra i
giovani, i voti sono andati al 31% per il candidato di La France Insoumise, Jean-Luc
Mélenchon.
«Ni Le Pen ni Macron», «La révolution est un devoir»82, sono stati gli slogan appesi
di fronte alla Sorbona. Da mercoledì 13 aprile, infatti, gli studenti hanno intensificato
la loro mobilitazione. Hanno fatto lo stesso gli studenti di Sciences Po di Parigi, il
giorno successivo, bloccando l’accesso all’istituto per far sentire la propria voce tra i
due turni delle elezioni presidenziali e per allertare su questioni ambientali o sociali.
All’inizio della giornata si leggeva sugli striscioni appesi alle porte «Pas de quartier
pour les fachos, pas de fachos dans nos quartiers», «Non à l'extrême droite»,
«Féministes antifascistes». «Assez de cette société, qui craint les femmes voilées,
écoute Zemmour à la télé», «On est là, même si Macron ne veut pas, nous on est là» o
ancora «La jeunesse emmerde le Front national»83. Gli stessi slogan sono stati poi
ripresi al megafono dagli studenti presenti davanti all’istituto universitario. Vi erano
attivisti di Solidaires, Unef, SOS Racisme, ma anche studenti non facenti parte di alcun

80
https://www.ipsos.com/fr-fr/presidentielle-2022/second-tour-profil-des-abstentionnistes-et-sociologie-des-
electorats
82
«Né Le Pen né Macron», «La rivoluzione è un dovere»
83
«Nessun quartiere per i fascisti, nessun fascista nei nostri quartieri», «No all'estrema destra», «Femministe
antifasciste». «Basta con questa società, che teme le donne velate e ascolta Zemmour in TV», «Siamo qui,
anche se Macron non vuole, noi siamo qui» o ancora «La gioventù rompe il Front National»

64
sindacato studentesco.84 Organizzati anche attraverso i social, grazie alla diffusione di
hashtag come #contrelepen #électionsprésidentielles2022 #2ndtour #nimacronnilepen
#antifasciste, questi giovani sono riusciti a conquistare le pagine dei giornali, creando
scalpore e suscitando anche le reazioni dei due candidati in corsa. Questi ultimi, hanno
reagito al microfono di BFM TV e RMC. «Ils ont séché le cours démocratie ou quoi?
Ils ont séché? Ils faisaient quoi? Ils sont partis en week-end?»85, ha detto Marine Le
Pen, considerando «inquiétant» che anche gli studenti di Sciences Po siano coinvolti
in questi blocchi, «parce que ce sont ceux qui étudient notre système démocratique,
nos institutions».86 Macron ha invece dichiarato: «Ils devraient plutôt faire des
campagnes pour inciter les jeunes à aller voter»87. Lo stesso, ha inoltre deplorato
questi blocchi. «Je pense que la démocratie est faite de règles. Si on se met à contester
toutes les règles, ça devient l’anarchie»88, ha affermato durante l’intervista rilasciata
a France Info.89

In aggiunta, anche molti influencer di spicco in Francia hanno espresso liberamente il


proprio parere tra i due turni elettorali, 90forse non rendendosi conto del loro potere di
rendere virale anche una semplice opinione, capace oltretutto di influenzare le masse
di followers, o forse invece proprio con quell’obiettivo. In generale, notiamo come la
rete sia capace di influenzare, mobilitare o addirittura convincere non solo quando
usata dai politici, ma anche quando usata contro di loro.

84https://www.francetvinfo.fr/elections/presidentielle/presidentielle-2022-apres-la-sorbonne-des-etudiants-

manifestent-devant-sciences-po-paris-pour-denoncer-le-choix-entre-macron-et-le-pen_5081884.html
85 «Hanno saltato il corso della democrazia o cosa? Hanno saltato? Cosa fanno? Sono andati via nel fine settimana?»
86 «perché sono coloro che studiano il nostro sistema democratico, le nostre istituzioni».
87 «Dovrebbero piuttosto fare campagne per incoraggiare i giovani ad andare a votare».
88 «Penso che la democrazia sia fatta di regole. Se ci si mette a sfidare tutte le regole, diventa anarchia».
89
https://etudiant.lefigaro.fr/article/ni-macron-ni-le-pen-des-etudiants-occupent-la-sorbonne-sciences-po-et-l-
ens_29f9c148-bbc4-11ec-bca2-a94dd9d9e37e/
90 https://www.strategies.fr/actualites/medias/LQ315289C/que-pensent-les-influenceurs-des-candidats-lelection-

presidentielle-2022.html?uid=MzQxMjYy
https://www.lexpress.fr/actualite/politique/presidentielle-2022-quelle-influence-les-celebrites-ont-elles-sur-le-
vote-des-francais_2171880.html

65
4.4 Il discorso

Se i risultati elettorali rivelano vincitori e vinti, i discorsi che li susseguono segnano


l’inizio di un nuovo periodo politico e anticipano i comportamenti dei diversi attori
dominanti. Per cui, osservare la vittoria quanto la sconfitta politica attraverso i discorsi
permette di comprendere le intenzioni che determineranno gli equilibri o squilibri
politici del prossimo quinquennio francese.
Con il 58,55% dei voti espressi, Emmanuel Macron ha guadagnato le luci della ribalta
di queste presidenziali francesi. Al contrario, Marine Le Pen ha accettato la sconfitta,
ma non ha perso l’occasione di pronunciare un discorso combattivo. Evidenziando il
risultato più alto mai raggiunto dal suo partito politico, ha infatti annunciato di voler
continuare il suo impegno politico, soprattutto durante le elezioni legislative, tenutesi
domenica 19 giugno 2022. Il suo discorso di sconfitta si è rapidamente trasformato in
un discorso di lancio della campagna, con l’obiettivo dichiarato di fare della «courant
national la véritable opposition».91 Se, infatti, la politica trova il suo movimento solo
nel dialogo con l’evento, nel suo confronto con il contesto di propagazione, è allorché
vero che le parole scelte accuratamente per il discorso finale sono quelle attraverso cui
si può intravedere un’anticipazione delle prossime mosse e si può avere l’opportunità
di rilanciare il dibattito.
Prima di Marine Le Pen, aveva attirato l’attenzione anche il discorso di Jean-Luc
Mélenchon92 alla fine del primo turno. Fu con emozione che il candidato di La France
Insoumise pronunciò il suo discorso di sconfitta. Un discorso che si era fatto notare
per la sua qualità e che è poi riuscito a riscuotere successo tra i francesi, visti i risultati
delle legislative. Per Mélenchon, questa sconfitta ha avuto quasi il sapore di una
vittoria politica. In situ dopo aver espresso riconoscenza verso il suo elettorato, in
particolare evocando i territori d’Oltremare e il mito di Sisifo che fa rotolare il suo
macigno, come per dire di non scoraggiarsi, come se «la lotta stessa verso le vette
fosse sufficiente per riempire il cuore di un uomo »93; ha utilizzato la tecnica

91
https://youtu.be/nJItvKrMtyk
92 https://youtu.be/izCL2pR8UCE
93
ALBERT CAMUS, Il mito di Sisifo, traduzione di Attilio Borrelli, Bompiani, 2020, Explicit

66
comunicativa della ripetizione. Quest’ultima, cito testualmente: «Il ne faut pas donner
une seule voix à madame Le Pen!»94, non spinge i suoi elettori a votare per Macron,
ma piuttosto li incita a non cedere alcun voto a Marine Le Pen, cercando di mobilitarli,
«C’est à vous!»95, e renderli pronti per le prossime elezioni, concludendo con «Faites
mieux! Merci».96
Anche il candidato dell’estrema destra, Éric Zemmour, ha fatto sentire la sua voce a
termine del primo turno, utilizzando però un registro diverso, quello di un uomo che
si è confrontato per la prima volta con la sconfitta politica. Consapevole di ciò, non ha
avuto timore di ammetterlo, «Le fait que vous ayez été deux millions à soutenir un
homme parti de rien, qui n’était pas un politicien, montre que mon message a été
entendu»97, confermando al contempo la sua voglia di proseguire visto il sostegno in
ogni caso ottenuto, «Je continuerai de défendre la France et nos idées»98, ha detto.
Alla fine, è stato il responsabile esecutivo di questo risultato. La delusione si riflette
dunque nel suo tono di voce. Non c’è incitazione, non ci sono toni forti, ma
ammissione di colpe e confronto con la realtà, «Peut-être aussi simplement par ma
faute. J’en porte l’entière responsabilité».99100

Se dunque l’“échec électoral” è un interessante fenomeno da esaminare, perché mette


in luce le emozioni del candidato di fronte a un vero calvario, la vittoria per converso
sembra essere più una prassi di rito. Infatti, guardando e ascoltando il discorso di
Emmanuel Macron101, questo appare come un “autoplagio” del suo discorso di
elezione del 2017102. Gli stessi termini che caratterizzavano il discorso precedente
ritornano oggi anche se in posizioni differenti. Nelle frasi questi non cambiano, il
significato non cambia. Il discorso macroniano per cui non sorprende, le somiglianze
sono evidenti. Tuttavia, l’emozione regalata dal contesto degli Champs de Mars, rende

94
«Non bisogna dare una sola voce alla signora Le Pen!»
95
«Tocca a voi!»
96 «Fate meglio! Grazie»
97 «Il fatto che siate stati due milioni a sostenere un uomo partito dal nulla, che non era un politico, dimostra che il

mio messaggio è stato ascoltato»


98 «Continuerò a difendere la Francia e le nostre idee»
99 «Forse anche semplicemente per colpa mia. Me ne assumo la piena responsabilità».
100 https://youtu.be/mk72c89DM3M
101 https://youtu.be/2f-44hyGwlE
102
https://youtu.be/2cJh_v5mmuc

67
l’atmosfera carica di patriottismo e raffigura lo spirito francese del presidenzialismo,
scenico ed emozionante, carico di significato, come l’intera campagna politica del
resto, non solo del neoeletto presidente, ma anche quella di tutti gli altri candidati.
Infondo, chi dei politici odierni osa più parlare di politica? Ad oggi si cerca di suscitare
emozioni e prevalere nella spettacolarità.

68
C ONCLUSIONI

Questo studio ha cercato di rispondere alla domanda: «In che modo e attraverso
quali mezzi la politica francese ha comunicato durante la corsa all'Eliseo?». A tal fine,
è stata condotta un’indagine mirata a portare alla luce le strategie comunicative in
grado di raccogliere i consensi nell’era dei social. Un’era in cui la personalizzazione
della politica permea l’arena elettorale e lo fa, non più solo attraverso l'utilizzo dei
mezzi tradizionali come la televisione e la stampa, ma anche attraverso “les réseaux
sociaux”, piattaforme in grado di far entrare i candidati a contatto con l’individuo, di
creare empatia con lo stesso e penetrare nella sua sfera individuale in qualsiasi
momento.

Con gli occhi del mondo e dei mercati puntati, la Francia ha scelto il suo ventiseiesimo
presidente della Repubblica, Emmanuel Macron. Dopo il suo primo mandato la
rielezione non era scontata, si sono infatti costituiti nuovi equilibri politici,
polarizzando molto l’elettorato francese. Se da un lato, infatti, la destra di Marine Le
Pen è riuscita a ottenere il risultato migliore di tutta la storia del partito, dall’altro anche
gli estremismi di destra e sinistra hanno conquistato terreno. Ciò è stato ancora più
evidente all’alba delle elezioni parlamentari, lasciando per la prima volta Emmanuel
Macron senza parole. Invero, il giovane presidente è rimasto in silenzio per giorni e i
riverberi della sua perdita hanno echeggiato in tutto il sistema politico francese. I
ministri nominati subito dopo la vittoria alle presidenziali hanno dovuto presentare le
dimissioni, persone influenti del partito sono state private del loro potere e le
vicissitudini politiche hanno iniziato a prendere spazio tra i corridoi dell'Eliseo. Tutto
a seguito del fallimento di Macron nell'ottenere la maggioranza assoluta all'Assemblea
Nazionale. Duecentoquarantacinque sono i seggi ottenuti dalla sua coalizione.

69
Tuttavia, ciò non è sufficiente per avere la maggioranza al potere, un evento raro nella
storia della Quinta Repubblica francese. Macron si trova inoltre a dover affrontare due
forze in opposizione: l’alleanza di estrema sinistra NUPES con 131 seggi e l’estrema
destra con 89 seggi. Il parlamento francese sembra destinato a rimanere paralizzato
per i prossimi cinque anni.

Dunque, se la proposta “macroniana” è stata respinta alle urne, perdendo 103 seggi in
cinque anni, al contrario gli estremi politici sono sempre più agguerriti, con l’estrema
destra che ha registrato guadagni storici in termine di consensi e l'estrema sinistra che
incalza e fa breccia al cuore dei giovani francesi. Nel 2017 il “macronismo” appariva
come un’alternativa nuova e offriva un rinnovamento politico al di là dei limiti della
destra e della sinistra. Ad oggi non è più così. La visione del neoeletto presidente si è
scontrata con il mondo reale, la pandemia, la guerra in Ucraina e tutte le conseguenze
che ne sono scaturite.

L’elemento che però accomuna tutti gli attori politici, risultati determinanti prima,
durante e dopo le presidenziali in Francia, è il modo di approcciarsi all’elettorato
tramite nuovi mezzi e strategie di comunicazione politica. L’utilizzo dei social in
particolare, durante questa campagna, è divenuto il mezzo prediletto dei politici per
convincere l’elettorato, definendo nuovi sistemi e modalità di diffusione dei messaggi.
Se, quindi, chi fa politica non può permettersi di escludere Internet per raccogliere
consensi, anche lo stesso cittadino non può più farne a meno per informarsi.
La ricerca continua del consenso sul web permette un continuo flusso d’informazioni
per quel che concerne l’obiettivo del candidato. Grazie a ciò, quest’ultimo ha la
possibilità di controllare e ricevere i risultati della campagna e monitorarne
l’andamento. La tempestività diventa quindi l’elemento caratterizzante, non solo della
rete, ma anche della comunicazione politica. Una comunicazione politica che,
dev’essere in grado di ottenere l’attenzione dell’elettore in pochi secondi e che utilizza,
di conseguenza, sempre più slogan e frasi semplici, facilmente comprensibili da tutti.
Stupire l’elettorato è la regola. Nessuno ricorda i toni prudenti, una frase a effetto

70
invece sì. Pertanto, se nello “spettacolo elettorale” convincere è il fine; emozionare e
stupire ne sono la ratio; l’intreccio di entrambe il traguardo.

Posto che, la maggior parte delle campagne politiche occidentali sono emozionali, in
cui i leader convincono attraverso l'uso strumentale della spettacolarità dei contenuti,
come si può scegliere in modo consapevole senza essere influenzati dalle emozioni del
momento? L’elettore, trattato alla stregua di qualsivoglia consumatore, è cosciente di
ciò o lo ignora? È in grado di scegliere sulla base dei propri interessi e delle sue idee
oppure si lascia trasportare dalle impressioni, dall’eccitazione o addirittura
dall’appartenenza a un gruppo? I suoi interessi e idee sono davvero cristallizzati nella
bolla dei social? Sarà mai possibile romperla e aprirsi al dibattito?
Questo lavoro è stato scritto con lo scopo di far sorgere domande e alzare il velo su ciò
che si cela dietro la comunicazione politica, in modo da arrivare al voto consciamente
sapendo guardare oltre le apparenze.

71
B IBLIOGRAFIA

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2003
2. BENTIVEGNA S., La comunicazione politica nell’era dei social
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3. Estratto dell’intervento del Prof. RICCARDO BRIZZI, Università di
Bologna, L’Europa e il Mediterraneo nella campagna presidenziale francese
del 2022, in occasione della Summer School in EUROPEAN AND
INTERNATIONAL STUDIES – Italia, Francia e spazio euromediterraneo
dal lungo Ottocento all’Unione Europea, tenutasi a Sutri dall’11 al 15 Luglio
2022.
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governare, Il Mulino, Bologna, 2011
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7. CONSTITUTION DE LA RÉPUBLIQUE FRANÇAISE, Constitution
du 4 octobre 1958 (Version mise à jour en janvier 2015)
8. ENCICLOPEDIA TRECCANI
9. Estratto dell’intervento del Prof. JEAN-PIERRE DARNIS,
Consigliere scientifico dello IAI, Professore associato all’Université Côte
d’Azur (Nizza), e ricercatore associato alla Fondation pour la Recherche
Stratégique (FRS, Parigi) L’Europa e il Mediterraneo nella campagna
presidenziale francese del 2022, in occasione della Summer School in
EUROPEAN AND INTERNATIONAL STUDIES – Italia, Francia e spazio

72
euromediterraneo dal lungo Ottocento all’Unione Europea, tenutasi a Sutri
dall’11 al 15 Luglio 2022.
10. GROSSO E., Francia (Si governano così Vol. 4), Il Mulino, 2013
11. L’episodio è riportato dalle cronache locali e citato da F. GOGUEL,
Quelques remarques sur le problème des institutions politiques de la France,
in «Revue française de science politique», 14, n. 1, 1964, p. 7
12. LE BON G. , Psicologia delle folle, TEA, 2004
13. LE FIGARO, Pour le chef de l’État, Fillon est un ‘collaborateur’,
Publié le 23/08/2007
14. MAZZOLENI G., La comunicazione politica, Il Mulino, 2012
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20. https://www.google.com/amp/s/www.lesechos.fr/amp/1399887
21. https://www.google.com/amp/s/www.lesechos.fr/amp/1402792
22. https://www.ipsos.com/fr-fr/presidentielle-2022/second-tour-profil-des-
abstentionnistes-et-sociologie-des-electorats
23. https://www.francetvinfo.fr/elections/presidentielle/presidentielle-2022-
apres-la-sorbonne-des-etudiants-manifestent-devant-sciences-po-paris-
pour-denoncer-le-choix-entre-macron-et-le-pen_5081884.html
24. https://etudiant.lefigaro.fr/article/ni-macron-ni-le-pen-des-etudiants-
occupent-la-sorbonne-sciences-po-et-l-ens_29f9c148-bbc4-11ec-bca2-
a94dd9d9e37e/
25. https://www.strategies.fr/actualites/medias/LQ315289C/que-pensent-les-
influenceurs-des-candidats-lelection-presidentielle-
2022.html?uid=MzQxMjYy

75
26. https://www.lexpress.fr/actualite/politique/presidentielle-2022-quelle-
influence-les-celebrites-ont-elles-sur-le-vote-des-francais_2171880.html
27. https://youtu.be/nJItvKrMty
28. https://youtu.be/izCL2pR8UCE
29. https://youtu.be/mk72c89DM3M
30. https://youtu.be/2f-44hyGwlE
31. https://youtu.be/2cJh_v5mmuc

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I CONOGRAFIA

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Paul Deschanel, 11° Presidente della Repubblica francese (1855-1922), cade dal
treno presidenziale durante la notte. Prima pagina del giornale “Le Petit Journal”.
Fonte:Le Petit Journal 25 mai 1920, Wikipedia

Manifesti elettorali del candidati al primo turno dell’elezione presidenziale francese


del 2022.
Fonte: Wikimedia Commons.

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R INGRAZIAMENTI

Desidero ringraziare innanzitutto la Professoressa Rosalba Belmonte, relatrice di


questa tesi e fonte inesauribile di conoscenza. Oltre ad avermi guidato nella stesura
di questo lavoro, ha mostrato attenzione, gentilezza ed entusiasmo, necessari
affinché la tesi prendesse forma giorno dopo giorno.

Un ringraziamento speciale alla mia famiglia, in particolare a mia madre, mio padre
e mio fratello: è grazie al loro sostegno e incoraggiamento se oggi sono riuscita a
raggiungere questo traguardo.

Una dedica in particolare va anche ai miei amici, e a tutte le persone in grado di


ispirarmi, anche solo per un’ora. A loro va il mio grazie, per tutte le riflessioni che
abbiamo condiviso insieme.

Ringrazio in ultimo tutti i Professori ed esperti che ho avuto modo di conoscere in


questi anni, è grazie al confronto con loro se ho trovato la vocazione verso la
disciplina e lo stimolo di coltivarla.

Grazie a tutti voi, questo lavoro è scritto non solo con dedizione, ma con passione.

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