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INTRODUZIONE

PREMESSA

Qualcuno potrebbe interrogarsi circa l'opportunità e


l'attualità della divulgazione del "vangelo di Barnaba", da
non confondere con l'omonimo vangelo apocrifo 1 , considerato
da alcuni musulmani come "il vangelo" ricuperato in seguito
alla falsificazione delle Scritture cristiane 2 .
Le ragioni della conoscenza e della divulgazione di tale
testo sono varie e di grande importanza. Anzitutto il mano-
scritto originale principale è scritto in lingua italiana 3 , quindi
appartiene, sia pure indirettamente, alla letteratura dei secc.
XVI-XVII. Non è giusto che attorno ad esso si accendano
l'interesse e l'attenzione di studiosi stranieri, curandone la
traduzione e l'apparato critico 4 , mentre in Italia esso venga
completamente ignorato. L'intenzione dei curatori che lo
propongono non è di immettersi nel filone degli studi
1 Il "vangelo di Barnaba" citato come apocrifo nel Decreto Gelasiano
(V-VI sec.) e nel Catalogo dei sessanta libri canonici (VI-VII sec.) si deve
considerare perduto (cfr. Dizionario Patristico e di Antichità cristiane, Casale
Monferrato 1983, vol. I, p. 479).
2 Cfr. J.M. Gaudeul, R. Caspar, T extes de la Tradition musulmane
concernant le "tahrif' (falsification) des Ecritures, in Islamochristiana 6
(1980), 61-104.
3 Il manoscritto è depositato nella Biblioteca Nazionale di Vienna. Le
caratteristiche paleografiche e la storia del manoscritto vengono studiate con
molta cura da L. Cirillo, Michel Frémaux, Evangile de Barnabé, Paris 1977,
39-75.
4 Cfr. L. Cirillo, M. Frémaux, Evangile, cit.; Jan Slomp (a cura di), The
Gospel in dispute, in ISCH 4 (1978), 67-125 (con indicazioni bibl.); Lonsdale,
L. Ragg (a cura di), The Gospel of Barnabas, Washington 1973; Mikel de
Epalza, Le milieu hispano-moresque de l' évangile islamisant de Barnabé
(XVI-XVII s.), in ISCH 8 (1982), 158-183.

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