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PORTICO

CRITICA E SAGGI

VOLUME S9.

INTRODUZIONE

A TEILHARD DE CHARDIN

INTRODUZIONE

A TEILHARD DE CHARDIN

N M Wt1diers

PORTICO
CRITICA E SAGGI

BOMPIANI
COMUNICARE CON DIO

Il

ATTRAVERSO IL MONDO"

L'opera di Tenhard de Chardin si presenta, a prima


vista, molto varia, tanto da dare quasi l'impressione di
essere caotica. Basta uno sguardò alla bibliografia per
rendersi conto di quanto sia stato vasto il campo del
suo interesse spirituale. Egli fu un autentico specialista
in fatto di geologia e di paleontologia e scrisse su questi
argomenti numerosi studi che fanno testo. Basandosi
poi sulle intuizioni e sui risultati della scienza contem­
poranea, costrui una specie di sintesi o di fenomeno­
logia dell'universo. Scrisse inoltre una lunga serie di
saggi e dissertazioni in riferimento a molteplici que­
stioni di ordine filosofico, teologico e storico-culturale.
A un esame pili attento risulta però evidente che
questa attività eclettica e apparentemente caotica pre­
senta una organicità e una grande unità interna, cOSI da
poter essere tutta quanta ricondotta ad alcune idee ba­
silari, o, se si vuole, a un solo problema centrale. Se la
sua opera, considerata dall'esterno, sembra talvolta con­
fusa e disordinata, internamente è dominata da una sola
fondamentale preoccupazione e da un solo problema
personalmente vissuto. Il fulcro della sua vita spirituale
risiede in questi due concetti: Dio e l'Universo, che co­
stituÌscono il do io asse del suo pensiero e di cui e li
o
8 N. M. WILDIERS

anima, I and my Creator, cosi lo sguardo interiore del


Padre Teilhard de Chardin è tutto volto verso il pro- .f

blema dei rapporti tra Dio e il mondo.


Egli ha sottolineato spessissimo nei suoi scritti l'an­
tinomia e l'interna tensione suscitata in lui da queste
due idee. Per temperamento naturale, e per vocazione
di studioso egli era "un figlio della terra": attratto e
come affascinato dallo spettacolo del cosmo cui si sen­
tiva legato e che cercava di penetrare scientificam~nte
nelle sue leggi e strutture profonde. Ma per educazione
e formazione intellettuale si sentiva" figlio del Cielo",
nutrito e sorretto dalle forze piti profonde del Cristia­
nesimo. Di questi due mondi conosceva, per esperienza
diretta, la dottrina, la lingua e i sentimenti!. "Nella con­
fluenza per vie complementari del Cielo e del Mondo,"
egli scrive, "si sono manifestati in maniera sempre piu
chiara e piti forte, col passare degli anni, i progressi ­
e,• bisogna
,,2
pur dirlo, i conflitti - della mia vita inte­
nore .
Il mondo della scienza e quello della fede non han­
no per molti niente in comune. Costituiscono due sfere
totalmente diverse, separate da un muro impenetrabile.
Da principio fu cOSI anche per Tenhard de Chardin,
ma egli non riusciva ad ammettere questa interna di­
scordia, questa schizofrenia' spirituale. La sua mente
aveva bisogno di unità; era stimolata da un "bisogno
insaziabile di organicità cosmica'''. Questa tendenza al­
l'unità, alla coerenza e alla sintesi, costituisce una delle
piti tipiche caratteristiche della sua mente. Che vuole
abbracciare la totalità e non soltanto una parte o un

1 Comment;e crois, 1934, pp. 1·2.


• Le Coeur de la Matière, 1950, p. 24.

3 Ce que le monde attend en ce moment de l'Eglise de;"[)ieu,

1952, p. 1.
4 Le Coeur de la Matière, 1950, p. 22.
INTRODUZIONE 9

aspetto di essa. La sua esperienza è pertanto intera­


mente dominata dalla tensione dialettica tra quelli che
egli chiama il Senso cosmico e il Senso cristico. Per
Senso cosmico egli intende "l'affinità piu o meno co­
smica che ci lega psicologicamente al Tutto che ci cir­
conda 1/1. Senso eristico significa per lui l'inclinazione del
cristiano a vedere nel Cristo il centro e il fine di tutte
le cose.
Egli dice che in origine si era acceso, nel fondo
1/

della mia anima, un dissidio dovuto alla coesistenza de­


finitiva e all'invincibile incontro, nel mio cuore, tra il
Senso cosmico e il Senso eristico 112, dei quali infine ot­
terrà la sintesi: Senso cosmico e Senso eristico: due
Il

assi che erano, in me, apparentemente indipendenti


l'uno dall'altro in origine; e di cui solo dopo molti
sforzi e dopo molto tempo ho finito per cogliere, attra­
verso e al di là dell'Umano, il punto di contatto, la
convergenza e, infine, l'identità di fond03 • 1/ Si realizza
cOSI in lui una meravigliosa unione, non piu semplice­
1/

mente e confusamente, tra Cristo e la Materia, ma tra


un Cristo chiaramente considerato come evolutore e
una sede cosmica positivamente riconosciuta all'Evo­
luzione'H.
Il problema dei rapporti tra Dio e il mondo è antico
quanto l'uomo. Per trovare una soluzione all'antinomia
suscitata da queste idee, ci si può muovere in tre dire­
zioni diverse. Oppure si può escludere uno dei due ter­
mini. L'ateo radierà il primo termine del dilemma:
egli nega l'esistenza di Dio per poter si dedicare in modo
piu completo al mondo e al suo compito terreno. Con­
sidera l'idea di Dio come un ostacolo che alienerà l'es­
l Bsquisse d'un Univers personnel, 1936, p. 40.

3 -Le Coeur de la Matière, 1950, p. 24.

3 Ibid., p. 20.

• Ibid., pp. 26-27.


10 N. M. WILDIERS

senza propria dell'uomo e le sue possibilità di azione in


questo mondo.
La seconda soluzione è quella di eliminare il con­
cetto di "mondo". Alcuni mistici (nell'Induismo e nel­
l'Islam) concepiscono il mondo quasi come inesistente.
Il loro sguardo è talmente assorto in Dio che il mondo,
per cOSI dire, si dissolve nel nulla. Il mondo non è
che apparenza e illusione, un passaggio inutile che
non merita la nostra attenzione. Secondo loro il mondo
non è che un ostacolo che impedisce all'uomo di dedi­
carsi interamente al divino. "Tutto ciò che non è Dio
è nulla e deve esser disprezzato come cosa inesistente. "
(Imitazione di Cristo).
La terza risposta considera i due termini nella loro
interezza e ne cerca l'armonica conciliazione. Secondo
Teilhard de Chardin la vera soluzione si potrà trovare
soltanto in questo senso. Egli lascia che i due termini
si sviluppino interamente, e per lui essi conservano la
loro piena realtà. In un certo periodo della sua vita il
panteismo esercitò qualche attrattiva sul suo pensiero,
ma tale periodo dovette essere di breve durata e cedere
presto il passo al riconoscimento incondizionato di un
Dio personale. COS1 il vero problema della sua vita è
quello dei rapporti tra il Dio personale del cristiane­
simo e l'universo, di cui la scienza moderna comincia
a rivelarci la natura profonda.
Ma dò non manifesta ancora abbastanza il suo con­
flitto interiore. Il problema dei rapporti tra Dio e il
mondo è innanzitutto un problema metafisico e, per il
cristiano, anche una questione teologica. Per Teilhard
de Chardin gli aspetti specificamente metafisico-teolo­
gici sono considerati come in gran parte risolti. Stretta­
mente parlando il suo problema non è di natura meta­
fiska. Il suo vero problema si trova piuttosto sul piano
della vita e della religione vissuta, o meglio: sul piano
INTRODUZIONE 11

dell'azione. Quello che lo preoccupa è come conciliare


e unire l'amore di Dio e l'amore del Mondo. Egli in­
tende scoprire "se ... vi sia un modo di conciliare, e
quindi alimentare l'uno per mezzo dell'altro, l'amore di
Dio e il sano amore del Mondo, lo sforzo di un distacco
e quello di progredire'''. Colpisce vedere quante volte
egli abbia scritto queste parole. Fin dall'inizio della sua
carriera scientifica, egli esprime la convinzione che Il è
possibile conciliare l'amore cosmico del Mondo e l'a­
more celeste di Dio... il culto del Progresso e la pas­
sione dell'amore di Dio.'" La sua vera preoccupazione
e la sostanza piu intima del suo pensiero si esprimono
in queste parole. A rigore, il suo problema non era di
ordine metafisico, ma pratico. Per lui si trattava di rea­
lizzare l'unità nell'azione, nelle aspirazioni e negli sfor­
zi; di trovare, nell'attività, un orientamento simultaneo
verso Dio e verso il mondo. "Ci deve pur essere un
punto di vista dal quale il Cristo e la Terra appaiano
situati in tal modo, l'Uno in rapporto all'altra, che io
non potrei possedere l'Uno se non abbracciando l'altra,
comunicare con l'Uno se non fondendomi con l'altra,
essere assolutamente cristiano se non essendo dispera­
tamente umano.3 " Queste parol e possono essere vera-
mente considerate come il grande leitmotiv che do­
minerà il suo pensiero dall'inizio alla fine. Solo consi­
derando questa preoccupazione fondamentale si potrà
capire bene la sua opera. Qui si trova la chiave per sco­
prire il segreto della sua avventura spirituale. Tutte le
sue aspirazioni si esprimono in queste parole: "EspIi­
citare i vincoli che legano geneticamente il Regno di
Dio e lo Sforzo umano'." Il pili grande trionfo, la pili
l Le Milieu divin (Oeuvres, t. IV), p. 36.

2 La vie cosmique, 1916, p. 29.

) Ibid., p. 29.

• Recherche, travail et adoration, 1955, p. 4.


12 N. M. WILDIERS

preziosa conquista della sua vita risiede nella scoperta .


della stupenda e liberatrice armonia tra una religione'
Il

di tipo eristico e una Evoluzione di tipo convergente "1.


"Il grande avvenimento della mia vita sarà la progres­
siva identificazione, nel cielo della mia anima, di due
soli: l'uno è il sommo vertice cosmico postulato da una
evoluzione generalizzata, di tipo convergente, e l'altro
è il Gesti risorto della fede cristiana'."

Il problema dei rapporti tra Dio e l'Universo è


effettivamente il problema centrale della vita spirituale
di Teilhard de Chardin. Solo da questo punto di vista
si possono cogliere l'unità e la coerenza della sua opera
cosI vasta. Questo problema iniziale è il punto di par­
tenza di tutti i grandi temi trattati nei suoi scritti.
Ma vi è di piti. Il problema dei rapporti tra Dio
e il mondo non era per lui soltanto un problema pura­
mente astratto e teorico da poter tranquillamente di­
scutere in riunioni accademiche o in aridi trattati. La
questione del rapporto tra storia e trascendenza era
per lui, come per Hegel, un problema veramente esi­
stenziale in cui era impegnato con tutto il proprio es­
sere, come fosse stata in gioco la sua esistenza di uomo
e di cristiano. Le soluzioni proposte sono del resto piti
il risultato di una esperienza personale e soggettiva,
che di una investigazione meramente scientifica.
È anzitutto una avventura personale, ma i cui risul­
tati potevano presentare anche una certa utilità per gli
altri. È notevole il fatto che egli abbia sottolineato in­
finite volte il carattere personale e soggettivo della sua
esperienza spirituale. Si potrebbe quasi dire che, a que­
sto riguardo, egli voleva essere meno un professore che

l Le Christique, 1955, p. 8.

2 L'Etalfe de l'Univers, 195.3, p. 5.

INTRODUZIONE 13

un testimone. Nel suo ultimo saggio, Le Christique


(1955) volendo esporre ancora una volta la sua con­
cezione cristo-cosmica del mondo, parla espressamente
di una testimonianza basata ... su una certa esperienza
/I

personale" e, nella sua autobiografia, Le Coeur de la


Matière (1950) intende riferire una esperienza psi­
/I

cologica diretta - solo sufficientemente riflessa per di­


venire intelligibile e comunicabile senza perdere il va­
lore oggettivo e indiscutibile di documento vissuto".
E piu avanti dice: "Cristificare la Materia ... Tutta l'av­
ventura della mia esistenza intima ... Una grande e
splendida avventura." Egli usa di continuo espressioni
siffatte quando tratta del problema centrale della sua
vita.
Questa· esperienza personale spiega non solo il suc­
cedersi piuttosto disordinato dei suoi scritti ove spesso
riprende gli stessi problemi e in cui compaiono nume­
rose ripetizioni, ma anche la forma personalissima e
non di rado poetica con cui comunica le sue esperienze.
Ciò si manifesta soprattutto nella terminologia, che si
allontana parecchio dal linguaggio tecnico delle disser­
tazioni teologiche e filosofiche. È un fatto che il pen­
siero e la lingua di ogni uomo sono condizionati dal
clima spirituale in cui ciascuno vive; non diversamente
per Teilhard de Chardin l'orientamento del pensiero e
la lingua che egli usa per esprimere le proprie idee ri­
sentono l'influenza del suo clima spirituale: che è quel­
lo delle scienze naturali, della geologia e della paleon­
tologia. In tale clima vissuto in maniera COS1 intensa e
appassionata, egli cominciò a meditare le grandi que:
stioni che lo tormentavano. Le categorie, le nozioni e i
termini usati nel corso di questa meditazione portano
il segno dell'ambiente scientifico che gli era familiare.
Non pochi sono stati coloro che glielo hanno rim­
proverato. Quando si trattano problemi di ordine teo­
14 N. M. WILDIBRS

logico, dicono, bisogna porsi da un punto di vista pu­


ramente teologico, seguire il metodo proprio di tale'
disciplina, e rispettare anche i termini e le categorie
stabiliti da una tradizione secolare e adatti alla delica­
tezza della materia. Il rimprovero sarebbe senza dubbio
giustificato se Teilhard de Chardin avesse voluto pre­
sentarsi come un teologo specializzato. È chiaro che
nella maggior parte dei suoi scritti non si riscontrano
né il metodo teologico né la terminologia tipicamente
teologica. Ma egli non ha mai preteso di farsi riconosce­
re quale teologo. Decine di volte ha espressamente di­
chiarato che non si arrogava nessuna speciale compe­
tenza teologica. Se è sorto a questo proposito qualche
malinteso non si può imputargliene la responsabilità.
Egli volle essere uomo di scienza, cioè un uomo che
era profondamente credente e proprio per questo non
disgiungeva la fede dalla scienza, ma, per interna neces­
sità, cercava di realizzare una sintesi tra i due diversi
campi. Egli volle dar testimonianza della propria espe­
rienza interiore, tanto delle difficoltà provate, come
dei risultati ottenuti.
Non è necessario dire che tale testimonianza può es­
sere utile non solo per la psicologia religiosa, ma anche
per il pensiero teologico. Teilhard de Chardin era con­
sapevole del fatto che le circostanze in cui la vita lo
aveva posto gli avevano fatto sentire per intuizione,
piu che ad altri teologi, le difficoltà circa i rapporti tra
mondo moderno e cristianesimo. Mettendo in luce i
problemi che la mentalità moderna può suscitare al cri­
stianesimo egli ha indubbiamente compiuto un lavoro
utile. D'ora in poi i teologi non potranno piu ignorare
questi fatti: se terranno conto di queste esperienze e
sottoporranno ad un esame piu approfondito le solu­
zioni proposte, ciò non potrà che arricchire la teologia
e metterla in grado di compiere importanti progressi.
INTRODUZIONE 15

D'altra parte se Teilhard de Chardin presenta spes­


so le proprie riflessioni religiose con termini e concetti
presi dalle scienze, è cosa che da un lato comporta
pericoli, ma offre anche innegabili vantaggi. Illinguag­
gio teologico è divenuto difficile per l'uomo moderno,
talvolta anzi del tutto incomprensibile: la maggior par­
te delle sue formule e dei suoi termini si sono svilup­
pati sotto l'influsso di una filosofia con la quale pochis­
simi - se non nell'ambiente dei teologi cattolici ­
hanno ancora familiarità. Indubbiamente la conserva­
zione di tale terminologia offre molti vantaggi, ma com­
porta anche l'inconveniente di rendere estremamente
difficile per l'uomo moderno l'accesso al pensiero teo­
logico. È evidente che Teilhard de Chardin ha facili­
tato a molti l'accesso al cristianesimo trasponendo la
dottrina cattolica in termini derivati dalla scienza mo­
derna, e ha destato un nuovo interesse per molti valori
religiosi dimenticati.
La critica della terminologia di Teilhard de Chardin
deve dunque essere ricondotta alle sue giuste propor­
zioni. Se egli avesse voluto presentarsi come un teo­
logo vero e proprio, sarebbe facile trovare a ridire sui
suoi scritti. Ma tenendo conto che i suoi scritti religiosi
devono essere considerati anzitutto come testimonianza
di esperienza personale, la maggior parte delle obie­
zioni, a nostro parere, cadono. Se egli avesse usato un
altro metodo e un altro linguaggio, non solo sarebbe
stata in gran parte compromessa l'autenticità della sua
testimonianza, ma la testimonianza stessa sarebbe in­
comprensibile per la maggior parte dei nostri contem­
poranei.
A rigore, si potrebbe dire che il paradosso di Teil­
hard de Chardin consista nel fatto che egli è partito da
un mondo scientifico per risolvere un problema religio­
,so e teologico. E proprio qui sta la sua vera originalità
"
16 N. M. WILDIERS

e il suo vero merito. È stato bene che una persona della


sua levatura abbia tenuto fede a un tale impegno e ab- ;
bia comunicato al prossimo i risultati dei suoi studi.
Altri potranno a loro volta confrontare i risultati della
sua avventura spirituale con la propria esperienza, e
sottoporla, se fosse necessario, a un esame piu appro­
fondito.

Se Teilhard de Chardin ha voluto esporre la sua


esperienza spirituale con tanta larghezza e con tanta pre­
cisione, non occorre cercarne la ragione molto lontano.
Egli era profondamente convinto che il suo problema
fosse uno dei piu importanti dell'uomo contemporaneo
e che pertanto i risultati ottenuti avrebbero potuto es­
sere utili anche ad altri.
l problema da 1ui cosi intensamente vissuto ~on ~
come si è detto, i roblema dell'incontro del m:on:­
do moderno, com letamente dominato da a scienza
con 1 crIstianesimo. e questo in gran parte i proble­
'iiia di ogni cristiano che pensa. Consciamente o incon­
.sciamente sentiamo tutti la tensione tra i due mondi,
che sta alla base della cultura occidentale. Tale conflit­
to ha spesso la conseguenza che alcuni vivono assorbiti
dai valori naturali terreni, respingendo ogni religione
come una forma di alienazione, mentre altri si rinchiu­
dono in un cristianesimo estraneo al mondo e non pre­
stano nessuna attenzione ai valori terrestri. Perciò una
sintesi dei valori positivi propri della cultura contem­
poranea, e del contenuto imperituro della rivelazione
cristiana, costituisce una delle piu imperiose esigenze
del pensiero cristiano odierno. "Il mondo nuovo di og­
gi," ci dice Padre Chenu, "non è stato ancora integrato
dalla presenza cristiana ... Ho fiducia che un evangeli­
smo autentico costruirà nel suo seno un tipo razionale
di incontro con il mondo, una visione del mondo in cui
INTRODUZIONE 17

potranno esservi anche opzioni molto diverse nell'uni­


tà fondamentale del Vangelo. È un problema assai dif­
ficile: ma sarebbe doloroso se lo straordinario impulso
evangelico che scuote interi settori della Chiesa, ci
portasse a un certo rifiuto di pensiero razionale nei ri­
guardi dei problemi del mondo. Tale tentativo suppone
una sorta di digestione spirituale che è lungi dall'esser
compiuta Non si potrebbe esprimere la cosa in ter­
1/1.

mini piti chiari. Ma con altrettanta evidenza appare


quanto il tentativo di Teilhard de Chardin si trovi in
linea con le tendenze che si manifestano attualmente in
seno al cristianesimo. Il Padre Chenu lo riconosce espli­
citamente: "Mi è capitato spesso, egli dice, durante
alcune riunioni, anche in ambiente operaio, di sentir
parlare di Teilhard de Chardin nella maniera piti sem­
plice e piti naturale, come di un autore e di un animo
familiare. Tutto fa pensare che quello a cui Teilhard
de Chardin ha saputo dare fondamento scientifico, cor­
risponde a una mentalità e a una aspirazione assai dif­
fusa'. 1/

Il problema che Teilhard de Chardin ha incontrato


nel corso della sua vita è dunque un problema con cui
ogni cristiano che pensi dovrà prima o poi venire a
confronto. La sua esperienza non può essere considerata
un caso eccezionale. Bisogna anzi considerarla come un
esempio di ciò che è oggetto di ricerca da parte di mol­
tissimi cristiani. Perciò non bisogna meravigliarsi del
fatto che i suoi scritti abbiano trovato accoglienza COS1
favorevole nel mondo contemporaneo. Con il suo mes­
saggio di ordine umano e religioso, piti ancora che con
le sue concezioni puramente scientifiche, egli volge un
appello all'uomo moderno e giunge a toccarne lo spi­
l Informations catholiques internationales, n. 111, genn. 1960,
p. 21.
2 Ibid., p. 15.

2•• lntrodu~jone a Tei/hard de Chardin.


18 N. M. WILDIERS

rito. "Se tante anime sono state toccate dal Padre Teil·
hard de Chardin," scrive Jean Lacroix, "è dovuto so.'
prattutto al fatto che egli seppe rifare dell'universo un
• III
tempia .
Una spiritualità che non tenga conto dei valori
terreni non è piti accettata dall'uomo moderno. Molti
condividono l'opinione di Gabriel Marcel, il quale seri·
ve: uLa mia convinzione piti intima e piti radicata ­
e, se è eretica, tanto peggio per l'ortodossia - è che,
a dispetto di quanto possono aver detto tanti dottori e
maestri di spirito, Dio non voglia essere amato da noi
contro il creato, ma glorificato attraverso il creato e par·
tendo da esso. Ecco perché non tollero certi libri edifi·
canti. Un Dio che si erge contro il creato ed è per cosi
dire geloso delle sue opere, per me non è che un
idolo'. "
Alla luce di questa situazione spirituale, una espe·
rienza come quella di Teilhard de Chardin non costi­
tuisce affatto un' eccezione. Ma è altrettanto evidente
che la sua testimonianza merita da parte nostra un in­
teresse tutto particolare, e riveste una eccezionale im­
portanza per la vita spirituale del nostro tempo. Per
questo egli merita di essere stimato come studioso il­
lustre e cristiano autentico ma ancor piti come un ecce­
zionale testimone di ciò che oggi avviene nel piu pro­
fondo dell' anima umana.
È strano che Teilhard de Chardin presso alcuni ab­
bia suscitato ammirazione ed entusiasmo, presso altri
abbia incontrato invece una resistenza e un rifiuto non
meno decisi. Donde derivano tali reazioni contraddit­
torie? Gli uni sono forse meno critici e piti inclini alla
credulità e gli altri piti rigorosi nello stabilire i loro cri-
I Jean Lacroix, Le Sens de l'Athéisme moderne, p. 28. Tournai,
Paris, 1959.
, Gabriel Marcel, Etre et Avoir, pp. 196-197. Paris, Aubier, 1935.
INTRODUZIONE 19

teri scientifici, filosofici o teologici? Sarebbe difficile ac­


cettare tale ipotesi. Tanto fra gli ammiratori che tra gli
antagonisti vi sono persone che prendono molto sul se­
rio le esigenze della scienza e del pensiero filosofico e
teologico. A nostro avviso bisogna cercare altrove la
spiegazione del fenomeno. Ci pare che nella maggioran­
za dei casi le reazioni nei confronti dell'opera di Teil­
hard de Chardin siano ispirate per gran parte dalla per­
sonale esperienza di ognuno.
Chi ha sentito in sé la tensione tra' cultura moder­
na e cristianesimo (o, in genere, fede in Dio), tra l'am­
mirazione per le creazioni della scienza e della tecnica
e gli ideali del Vangelo, tra le speranze terrene e le spe­
ranze del Cielo tra il culto del progresso e la passione
li

dell'amore di Dio", si sentirà quasi istintivamente at­


tratto verso Teilhard de Chardin, riconoscerà in lui un
compagno di strada e incontrerà nei suoi scritti una ric­
chezza di concezioni che potrà essergli di grande utili­
tà per risolvere i propri conflitti interiori. Per molti, il
primo incontro con il mondo del suo pensiero costitul
una specie di liberazione spirituale, di cui gli saranno
riconoscenti per sempre.
Ma chi non ha mai provato questa tensione interio­
re, chi si sente spiritualmente sicuro nelle concezioni
tradizionali, lo considererà come una sorta di elemento
perturbatore e cercherà in ogni modo di mostrare le la­
cune del suo metodo o della sua filosofia, occupandosi
piti dei particolari secondari che della grande ispirazio­
ne d'insieme. CosI si manifesta intorno a lui una certa
divisione di giudizi che si fonda piuttosto su un'espe­
rienza interiore che su criteri esterni e oggettivi.
A ogni modo non è male che prosegua il dibattito
fra le due parti. Una cieca ammirazione potrebbe, in
netto contrasto con le stesse intenzioni di Teilhard de
Chardin, portarci a esser paghi dei risultati ottenuti;
i
20 N. M. WILDIERS

mentre, d'altra parte, una cnuca troppo unilaterale


potrebbe far dimenticare o passare inosservate le intui-'
zioni preziose contenute nei suoi scritti. L'essenziale è
che la sua esperienza spirituale possa essere utile ad al­
tri e continui a operare come un fermento nella vita spi­
rituale del cristianesimo e della umanità.
PARTE PRIMA

"UN'EVOLUZIONE DI TIPO CONVERGENTE"


PiQ,*"""

CAPITOLO PRIMO

VERSO UNA FENOMENOLOGIA SCIENTIFICA


DELL'UNIVERSO

Il primo grande tema delle meditazioni di Teilhard


de Chardin fu quello dell'Universo. Che cosa ci insegna
il mondo sulla sua struttura e la sua organizzazione in­
terna? Qual è il posto e il compito dell'uomo in questo
strano e meraviglioso mondo ? Tali questioni lo preoc­
cuparono intensamente per tutto il corso della sua vita.
Ed egli cercò una risposta per la via delle scienze e la
costruzione di una fenomenologia scienti:6ca.
Il mondo dell'uomo si può studiare muovendo da
punti di vista assai diversi. Si può, a esempio, cercare
di capirlo dal punto di vista meta:6sico e teologico e,
per quanto riguarda l'uomo, dal punto di vista etico.
Ognuno di questi aspetti costituisce una disciplina a sé.
Si può però studiare il mondo anche semplicemente co­
me fenomeno, senza considerazioni di ordine meta:6si­
co, logico o etico: "Soltanto il Fenomeno. Ma anche
tutto il Fenomenol . " COSI ci avviciniamo molto al me­
todo che è proprio delle scienze. Ma queste si limitano
di volta in volta all'uno o all'altro aspetto della realtà,
scindendosi cOSI in moltissime specialità, ciascuna delle
quali, nel proprio campo, cerca di pervenire, mediante
1'osservazione e l'esperienza, a una conoscenza sempre

I Le Phénomène Humain (Oeuvres, t. I), p. 21.


24 N. M. WILDIERS

P1Ù approfondita del fenomeno osservato. Ognuna di


queste scienze non ci dà che una comprensione parzia-'
le del mondo. Sarà di conseguenza necessario, nella si­
stemazione delle scienze, riservare un posto allo studio
del mondo come un tutto, senza peraltro abbandonare
il piano fenomenologico. In altri termini, qui si cerca
di comprendere l'universo quale si presenta allo spetta­
tore: come fenomeno e nulla piu. Teilhard de Chardin
qualifica tale impresa col nome di fenomenologia del
cosmo. Questa fenomenologia è pertanto una scienza
che cerca di descrivere l'Universo quale fenomeno per­
cepibile nella sua totalità e nella sua interna coerenza,
e di scoprire il senso recondito del tutto.
Non dimentichiamo che la totalità vale piu della
somma delle parti. Una pianta è qualcosa di piu della
somma degli elementi chimici che la compongono. COSI
il mondo è qualcosa di piti della somma degli esseri che
vi si incontrano, e di conseguenza non basta combinare
i risultati delle diverse scienze naturali per ottenere
una fedele immagine del mondo nella sua realtà.
Nel complesso delle scienze, o almeno in stretta
correlazione con queste, bisogna che vi sia una scienza
che si occupi della totalità del fenomeno cosmico e cer­
chi di trovarne la struttura e la dinamica interna, se­
condata, naturalmente, dai risultati ottenuti dalle sin­
gole scienze nei loro rispettivi campi, ma mirando an­
che a superarli e trascenderli in una visione specifica­
mente unitaria.
L'analisi del fenomeno cosmico in quanto tale si
estende assai piu dei risultati delle scienze subordinate
e dovrà in caso fare appello a estrapolazioni e a ipo­
tesi. D'altra parte non ha ancora a che vedere con la
filosofia o la metafisica che tentano di scoprire le ragio­
ni profonde e le cause ultime della realtà. "È necessa­
rio," scrive Paul Chauchard, che al di sopra delle
Il
VERSO UNA FENOMENOLOGIA SCIENTIFICA 25

scienze particolari, avvenga una sintesi che possa dirci


qualcosa e su noi stessi e sul nostro posto nel cosmo ...
Se bisogna dunque riconoscere che la sintesi fa parte
del lavoro scientifico e rientra nei quadri della scienza,
a maggior ragione bisogna sostenere che la filosofia con­
serva piti che mai il suo compito specifico di fronte a
tale sintesi, la quale non sostituisce affatto la filosofia,
ma anzi necessita di un approfondimento della ricerca
filosofica '". Ora, la costruzione di tale sintesi era esatta­
mente lo scopo di Teilhard de Chardin; il quale a piti
riprese ne ha difeso il diritto e ne ha indicato il metodo
e i limiti.
Una scienza siffatta cerca di descrivere il mondo
nella sua totalità e di scoprire il senso interno, nascosto
in seno al fenomeno che costituisce l'universo. Il pro­
posito di afferrare il mondo nella sua totalità come fe­
nomeno, presuppone che si tenga pienamente conto
delle concezioni della scienza moderna e che si elimini
accuratamente ogni apriorismo, accettando i fatti con­
statati. Quando si l2.ensa al mondo come totalità, non
si ha il diritto di limitare la propria visione alla cosid­
detta esperienza primordiale, o a parte dell'esperienza
scientifica, escludendo elementi che potrebbero essere
a noi meno graditi per motivi extrascientifici. Dobbia­
mo anzi aprirci alla totale esperienza scientifica e a tut­
ti i dati, con la sola esclusione di ogni a priori.
Ma lo studio del senso interno del fenomeno che
costituisce l'universo fa parte anch'esso di tale fenome­
nologia. Infatti, finché il significato di un fenomeno ci
sfugge non possiamo dire di averlo compreso. Ma ciò
potrà essere piti chiaro con un esempio: se prendiamo
un orologio, possiamo studiarlo sotto tutti gli aspetti,
dimensioni, peso, forma, composizione. Possiamo esa­

1 L'Etre humain selon Teilhard de Chardin, p. 43.


26 N. M. WILDIERS

minarne ogni particolare, ma non potremo mai aver la


pretesa di aver capito l'orologio in quanto tale, finché'
non avremo capito il significato dell'oggetto, e fintanto
che ignoreremo che questo nel suo complesso e con
tutti i suoi pezzi è destinato a qualche cosa, cioè a in­
dicare l'ora, a misurare il tempo. Si può dunque a buon
diritto affermare che non si superano i limiti del feno­
meno quando lo si include nella ricerca, e che una au­
tentica fenomenologia (nel senso indicato) non avrà as­
solto al suo compito finché non avrà rivelato il senso
del fenomeno. È pacifico che qui si tratta del senso og­
gettivo e reale dei fenomeni e non del significato o del­
la intenzione che si possono loro attribuire.

La fenomenologia 'di Teilhard de Chardin può es­


sere dunque caratterizzata come il tentativo di espri­
mere il mondo, per quanto è possibile, nella sua totali­
tà e nel suo orientamento interno, mediante l'esperienza
scientifica. Ed è parimenti chiaro che tale concezione
non può essere considerata come un sistema chiuso e
definitivo. L'autore è convinto che lo schema da lui
tracciato risponda all'attuale condizione delle scienze,
ma che evidentemente resterà sempre perfettibile e su­
scettibile di essere ulteriormente completato. Come
ogni scienziato, Teilhard de Chardin ha una spiccata av­
versione per il sistema immobile e chiuso. Egli cerca
piuttosto le grandi linee che rendono possibile penetra­
re sempre maggiormente nella conoscenza del mondo e
scoprirne l'intima struttura: "Nonostante le apparenze
la Weltanschauung che io propongo non rappresenta
affatto un sistema fisso o chiuso. Non si tratta qui (poi­
ché sarebbe ridicolo) di una deduzione del mondo alla
maniera di Hegel, di una verità definitiva, ma solo di
un gruppo di assi di progressione quali si trovano e si
scoprono a poco a poco in ogni sistema in evoluzione.
VERSO UNA FENOMENOLOGIA SCIENTIFICA 27

Non la pretesa di aver esaurito la Verità, ma linee di


penetrazione che schiudono ai nostri occhi un'immen­
sità di Reale ancora inesploratol . "
Lasciamo allora al filosofo e al teologo il compito di
continuare l'esame del mondo dal loro punto di vista.
Non appena si tocca il terreno della filosofia o della teo­
logia, cessano il compito e la competenza dello scien­
ziato. Ciò non implica che all'uomo di scienza sia proibi­
to di impegnarsi nel campo delle considerazioni filo­
sofiche o teologiche, ma suppone che egli debba esser
cosciente dei limiti di ogni disciplina e si renda conto
che ogni ramo della scienza ha il proprio metodo e le
proprie leggi interne. Come abbiamo precedentemente
dimostrato, la fenomenologia (o iperfisica", o Welt­
Il

anschauung) di Teilhard de Chardin non è che una de­


scrizione il piti possibile esatta dell'universo, che pre­
scinde da ogni problema metafisico o gnoseologico, e
che si ricollega al massimo grado ai dati scientifici.
Il fine che ci proponiamo è dunque quello di com­
Il

prendere l'universo nella sua totalità, nella sua coeren­


za interna, nel suo senso immanente". Ma il mondo to­
tale non è soltanto il mondo attuale. Non riusciremmo
mai a capire il mondo se limitassimo il nostro orizzon­
te al mondo presente. Come non ci è possibile capire
un uomo, se non considerando l'intero corso della sua
vita, cosi una conoscenza totale del mondo presuppor­
rebbe che noi potessimo vedere, nel suo insieme, la
storia della evoluzione dell'universo, dal principio alla
fine. Per capire un movimento non è sufficiente isolare
un solo momento della curva e studiarlo in se stess()-.
Nessun essere che si muove e vive è conoscibile se la
sua dimensione storica non è debitamente considerata:

I Comment;e voir, 1948, p. 1.


28 N. M. WILDIERS

tinessuna cosa è comprensibile, se non attraverso la sua


• 111
stona .
Tutto ciò si applica parimenti alla nostra intelligen­
za del mondo. Come specificheremo piti oltre, la luce
della scienza contemporanea ci vieta di dubitare un solo
istante che l'universo in cui viviamo possieda un carat­
tere eminentemente dinamico. Ne deriva che chi si po­
ne il problema del senso del mondo, si pone in defini­
tiva quello del senso di una Storia. Voler capire il mon­
do è voler capire una Storia. Come un uomo statica­
mente concepito non ci rivela l'intera realtà del fatto
umano, un mondo concepito come immobile non ci sve­
la la sua piti profonda realtà.
Ma la storia del mondo si divide per noi in due par­
ti: il passato e l'avvenire, separati dalla barriera inaffer­
rabile e sempre mobile del presente. Una conoscenza
totale del mondo dovrebbe quindi inglobare il passato
e l'avvenire. Di conseguenza una fenomenologia del­
l'universo dovrà includere non solo lo studio del pas­
sato, ma, nella misura del possibile, anche il problema
dell'avvenire.

L'esplorazione dell'universo si è per molto tempo,


fino a quasi cent'anni fa, compiuta nello spazio. Cono­
scere il mondo voleva dire considerarne le dimensioni
spaziali: la circonferenza terrestre, la dimensione e la
localizzazione dei vari pianeti, delle stelle e delle nebu­
lose a spirale. Ma poi si è finito per capire che l'im­
magine che ci eravamo formata dell'universo aveva
soltanto carattere provvisorio e non rappresentava che
un momento effimero, una classificazione di situazioni
instabili. La piti grande scoperta della scienza contem­
poranea, come si è ripetutamente osservato, è stata

l L'A venir de l'homme (Oeuvre8, t. V), p. 25.


VERSO UNA FENOMENOLOGIA SCIENTIFICA 29

quella del tempo come dimensione delle cose. Noi ci


differenziamo dagli uomini di una volta non tanto per
l'estensione delle nostre conoscenze, quanto per aver
imparato a vedere le cose in una prospettiva nuova.
Sarebbe troppo lungo esaminare qui le diverse con- •
cezioni che gli uomini hanno avuto dell'universo lungo
il corso dei tempi, a cominciare da quando l'uomo con­
siderava la Terra come un grande disco galleggiante sul­
le acque, sormontato da una cupola cui le stelle stava­
no attaccate come piccole lanterne che si accendevano
la sera e si spegnevano al mattino. Solo gradatamente
l'umanità è arrivata a formarsi una concezione pili pre­
cisa del mondo in cui viviamo, e per arrivarci sono oc­
corsi molti studi e lunghe ricerche.
Le concezioni antiche, per quanto diverse fossero
l'una dall'altra, erano però tutte caratterizzate da li­
miti alquanto ristretti, da una struttura meccanicistica
e da una considerazione statica.
Ancora al tempo della concezione tolemaica del
mondo, che per oltre un millennio, fino al Rinascimen­
to, fu universalmente accettata, il mondo era considera­
to come una sfera circondata da un globo cristallino cui
erano attaccate le stelle fisse. Nello spazio intermedio
si trovavano la luna, il sole e i pianeti. Solo nei nostri
tempi l'uomo ha cominciato a rendersi conto delle di­
mensioni e della meravigliosa struttura dell'universo.
L'antica concezione del mondo era ispirata, abbia­
mo detto, al meccanicismo. Il mondo veniva considera­
to cioè come un composto di elementi eterogenei, messi
insieme dall'esterno. Come una macchina è formata di
pezzi diversi costruiti antecedentemente, cOSI il mondo
era concepito in guisa di gigantesco meccanismo, in cui
tutti gli esseri, già precostituiti e indipendenti gli uni
dagli altri, fossero stati poi radunati. La terra, la volta
~eleste, le piante, gli animali, l'uomo, erano tanti esseri
30 N. M. WILDIBRS

diversi che esistevano indipendentemente gli uni dagli


altri e costituivano un tutto solo per un intervento'
estrinseco. Nella concezione moderna del mondo la pro­
spettiva è interamente cambiata. Metodicamente la
.. scienza ha messo in luce le interne relazioni tra gli esse­
ri, cosicché il mondo può essere considerato una grande
unità organica, in cui tutti gli elementi sono legati fra
loro. Il mondo in cui viviamo ci si presenta non come
una macchina costruita artificialmente, ma come un or­
ganismo che si è costituito mediante un principio in­
terno, e nel quale. gli esseri sono comparsi progressiva­
mente, come in un processo di crescita.
Nella concezione antica del mondo l'universo era
concepito come un insieme fondamentalmente invaria­
bile e statico. Non che si ignorassero i cambiamenti e
le evoluzioni che avvenivano nel mondo, ma, secondo
gli osservatori di allora, i cambiamenti si producevano
solo in superficie e ncn alteravano l'essenza delle cose.
Fin dalla loro origine, esse possedevano una forma de­
finitiva e invariabile che conservavano senza modifica­
zioni. La macchina funzionava, era in movimento, ma
restava identica a se stessa. Con la concezione mecca­
nicistica del mondo è poi scomparso anche il suo carat­
tere di staticità, tanto che ora l'universo ci appare un
immenso processo storico, un processo evolutivo che
continua da migliaia di anni e si prolunga in un futuro
incommensurabile. "Nella concezione di questa unità
dinamica fondamentale consiste essenzialmente la mo­
derna conquista della idea di evoluzionel . " Da statica,
la concezione moderna del mondo è divenuta dinamica.
Ecco dunque le tre caratteristiche principali della
attuale concezione del mondo: noi viviamo in un uni­
verso di proporzioni immense che si costruisce organi-

I Du Cosmos à la Cosmogénèse, 1951, p. 3.


VERSO UNA FENOMENOLOGIA SCIENTIFICA 31

camente come un tutto coerente e va completandosi


mediante la forza di una dinamica interna. L'antica con­
cezione è stata ormai definitivamente superata. Il mon­
do ci si rivela oggi sotto un aspetto interamente nuovo,
e incominciamo a renderci veramente conto della rivo­
luzione che si è compiuta nella coscienza dell'umanità.

La nuova concezione del mondo naturalmente non


è nata da un giorno all'altro. Né si è costituita in seno
a una sola delle scienze. Gli aspetti nuovi della realtà
sono stati scoperti gradatamente, mediante intuizioni
che si sono combinate e raggruppate fra loro e in se­
guito si sono estese fino a costituire un grande insieme.
L'inizio di questo movimento si è avuto con Coper­
nico e Galileo. Ma è stato soprattutto Galileo a soste­
nere il metodo sperimentale diffidando delle concezio­
ni tradizionali e dando impulso a un movimento di stu­
di e di ricerche ininterrotte che ha aperto la via alla
scienza contemporanea. La cosa pili importante non fu
tanto l'aver scoperto che la Terra girava intorno al sole
e non il sole intorno alla Terra, ma il fatto che l'antica
concezione del mondo avesse perso il suo carattere di
verità incontestabile, e che cominciasse a insinuarsi nel
pensiero dell'uomo un senso di dubbio nei riguardi del­
la concezione tradizionale. Alla pacifica accettazione del
sistema tolemaico succedevano ora una incertezza e una
inquietudine che spingevano a ulteriori ricerche.
Ma pili che l'astronomia hanno contribuito alla con­
cezione del mondo contemporaneo la biologia e le scien­
ze a essa connesse. L'idea di un'evoluzione, di un
processo di sviluppo progressivo, si è costituita attra­
verso lo studio delle forme biologiche, e di qui si è poi
estesa gradatamente anche alle altre scienze per infor­
mare finalmente tutta la nostra concezione del mondo.
p grande pioniere dell'evoluzione fu Darwin la cui im­
32 N. M. WILDIERS

portanza trascende quella delle sue teorie scientifiche.


Con lui l'idea di evoluzione è definitivamente entrata'
nel campo delle scienze e da allora ha continuato a es­
sere feconda. La pubblicazione dell'Origine della specie,
che avvenne nel 1859, resterà uno degli avvenimenti
piti importanti nella storia del pensiero occidentale.
Dopo la biologia, altre scienze hanno adottato la
concezione evoluzionistica: sia nel campo della fisica
come nelle scienze psicologiche e sociali si è finalmente
giunti a riconoscere che non si può capire realmente
nessun fenomeno se non studiandone il divenire. Oggi
sappiamo che anche gli atomi hanno un loro processo,
che le stelle nascono, crescono e muoiono, che le lingue
si sono formate per gradi, che le culture nascono e
scompaiono. In ogni campo, la dimensione storica ci
appare di un'importanza fino ad ora sconosciuta, cosic­
ché tutte le categorie della storia si applicano ora allo
studio dell'universo.
Da quanto abbiamo detto, risulta evidente che il
termine evoluzione può avere due accezioni diverse.
Per evoluzione si possono intendere le modificazioni
che si sono prodotte attraverso i tempi nelle forme bio­
logiche (evoluzionismo biologico), oppure si vuoI dire
che !'intero cosmo è sottoposto alla legge di evoluzione
e che tutte le cose quindi si costituiscono attraverso un
processo evolutivo (evoluzionismo cosmico). Potrem­
mo dire allora che l'evoluzionismo biologico ha aperto
la via a un evoluzionismo generale o cosmico. Da que­
sto punto di vista l'evoluzionismo biologico non è che
un aspetto particolare di un fenomeno piti vasto.
Ma fermiamoci ancora un momento all'evoluzioni­
smo biologico, che sta alla base dell' evoluzionismo co­
smico difeso da Teilhard de Chardin. Nel XIX secolo
l'evoluzione biologica fu oggetto di molte discussioni.
Come ogni altra idea nuova, questa teoria dovette su­
VERSO UNA FENOMENOLOGIA SCIENTIFICA .3.3

perare in origine non poche resistenze. La ragione di


ciò deve essere ricercata non solo nella tendenza con­
servatrice propria di molti, ma anche nel fatto che le
prove fornite erano assai discutibili e la teoria stessa
era spesso formulata in termini assai imprecisi. Anche
la teoria evoluzionistica ha subito una evoluzione', pri­
ma di potersi presentare con chiarezza e nella sua forma
autentica. Non solo, ma i dati su cui si fondava dove­
vano essere ancora completati.
Con il passar degli anni la teoria dell'evoluzione è
stata purificata dagli elementi extra scientifici che con­
teneva. Sono state fatte poi ulteriori scoperte soprat­
tutto nel campo della paleontologia, tanto che ora di­
sponiamo di vastissimo materiale e siamo in grado di
ricostruire la storia biologica nelle sue grandi linee.
Allo stato attuale delle scienze però molti interro­
gativi restano ancora senza risposta soprattutto per
quanto concerne il meccanismo dell'evoluzione nel re­
gno vegetale e animale. Siamo, ad esempio, ancora nel
campo delle congetture per quanto riguarda i fattori
che hanno contribuito all'evoluzione delle forme bio­
logiche e le interpretazioni proposte, sebbene preziose,
non sono ancora del tutto soddisfacenti. Ciò non esclude
che il fatto storico dell'evoluzione possa essere conside­
rato un'acquisizione definitiva della scienza. Nei riguar­
di dell'evoluzione avviene in sostanza quello che succede
per tanti fenomeni naturali, di cui si può constatare
l'esistenza senza poterne spiegare l'interna struttura.
Abbiamo detto che l'evoluzione biologica è un fatto
storico assodato. Questo termine richiede una breve
spiegazione. Nel campo scientifico il termine fatto si
usa soltanto in riferimento ad un fenomeno sperimen­
talmente percepibile e controllabile. Per ragioni meto-

I La Vision du Passé, (Oeuvres, t. III), pp. 345-350.

3.. lntrodu~ion~ " T d/hard tl~ Ch.,4in.


34 N. M. WILDIERS

dologiche certi autori preferiscono non considerare la


evoluzione come un fatto, poiché l'evoluzione non è sù­
scettibile di osservazione diretta e non può essere ri­
prodotta sperimentalmente. Per l'evoluzione si usa pre­
feribilmente il termine di teoria o ipotesi. Ciò non deve
però trarci in inganno sulle intenzioni degli autori che
li usano, quasi volessero esprimere il minimo dubbio
circa la realtà della evoluzione. Solo in base a conside­
razioni di ordine metodologico essi non parlano del­
l'evoluzione come di un fatto, desiderando limitare il
termine ai fenomeni percepibili e reiterabili.
Nell'uso corrente il termine fatto ha però un senso
molto piti ampio e comprende anche gli avvenimenti
che ebbero luogo attraverso i tempi. CosI parliamo
di fatti storici, quali la battaglia di Waterloo o l'ucci­
sione di Giulio Cesare. In questo senso piti largo l'evo­
luzione è un fatto che nessuno scienziato serio mette
piti in dubbio. .
Non tutti gli autori però fanno tale distinzione, e
allora chiamano l'evoluzione semplicemente un fatto.
Cosi, il professor P .-P. Grassé dichiara: "Respingere il
concetto di evoluzione è come rinunciare implicitamen­
te a capire sia il presente che il passato del mondo vi­
vente, è come rinunciare a interpretare scientificamente
l'ordine della natura, a capire l'origine e il posto del­
l'uomo nel mondo vivente. L'evoluzione è un fatto e
non una ipotesi dichiara la grande maggioranza, per
non dire la totalità dei biologi di ogni tendenza filo­
sofica. In questa affermazione si compendia il bilancio
di un ottantennio di studi compiuti dopo la pubblica­
zione dell'Origine della specie, da parte di naturalisti
di tutto il mondd."

I Pierre-P. Grassé, Les Mécanismes de l'évolution, in: Somme de


médecine contemporaine, t. I, p. 21. Paris, La Diane Française, 1951.
VERSO UNA PENOMENOLOGIA SCIENTIPICA 35

Il professor Lucien Cuénot, eminente biologo, di­


chiara anch'egli espressamente: "Il trasformismo, sino­
nimo esatto di evoluzione biologica, non è un'ipotesi,
una teoria o una fede, come sostengono ancora incom­
petenti poligrafi: i filosofi e i teologi devono ricono­
scerlo come un fatto solidamente fondato. L'evolu­
zione biologica non è del resto che un caso particolare
dell'evoluzione universale ...111 Si potrebbe dunque even­
tualmente discutere sul termine da usare. Ma per la
questione di fondo non può sussistere alcun dubbio se­
rio. Agli occhi dell'immensa maggioranza, per non dire
della totalità dei biologi, l'evoluzionismo è un fatto sta­
bilito. Bisogna inoltre considerare che nessuno è stato
in grado di formulare un'altra ipotesi per dare una
spiegazione intorno ai dati della paleontologia e del­
l'anatomia comparata: nessun uomo serio pensa di ri­
tornare alla teoria di Cuvier concernente le creazioni
successive.
Nel costruire una sua concezione del mondo, Teil­
hard de Chardin poteva basarsi a buon diritto sul fatto
storico dell'evoluzione: non vi era altra possibilità. Chi
gliene volgesse rimprovero dimostrerebbe di non essere
aggiornato sullo stato attuale della scienza. Questo vale
non solo per l'evoluzionismo strettamente biologico,
ma anche per l'evoluzione generalizzata; la cui struttu­
ra scientifica è non meno solida e intangibile cosI da
escludere ogni critica.
Con ragione dunque T eilhard de Chardin poteva
scrivere che Il mondo si presenta a noi non solo come
/I

un sistema in movimento (questo avviene anche nella


macchina), ma come un sistema in divenire e in svi­
luppo, il che è cosa ben diversa1. "
I L. Cuénot, L'Evolution biologique, p. VI. Paris, Masson et
Cie, 1951.
2 L~ Cbristique, 1955, p. 3.
36 N. M. WILDIBRS

Dobbiamo anche imparare a collocare l'uomo in


questo processo evolutivo universale, al fine di scoprire
il posto che egli occupa ne) cosmo e valutare nel loro
senso esatto, sia la sua solidarietà con l'ambiente, sia
il suo carattere unico ed eccezionale. L'uomo infatti è
legato con innumerevoli fili al mondo ambientale, an­
che se trascende ciò che lo circonda. Per servirci di un
paragone di Julien Huxley: "La Terra non è un sem­
plice piedistallo su cui l'uomo sia stato posto come una
statua, ma piuttosto un gigantesco stelo di cui l'uomo
costituisce il fiore."
L'Uomo e la Terra non possono dunque essere con­
siderati separatamente. Fenomenologicamente parlando,
noi siamo una parte, un aspetto del mondo e l'espres­
sione pili perfetta delle forze che agiscono in questo
mondo. È strano che anche nelle scienze si sia persa dì
vista per tanto tempo questa correlazione tra il mondo
e l'uomo. "È stata costruita una scienza dell'Universo
senza l'Uomo. L'Uomo è stato studiato come in margi­
ne all'Universo. Ma non vi è ancora una scienza dell'U­
niverso estesa all'Uomo in quanto tale'." Una vera fe­
nomenologia del cosmo dovrà dunque includere anche
l'uomo nelle sue considerazioni; o meglio concentrare
la propria attenzione su di lui. Cercare di comprendere
il mondo prescindendo dall'Uomo porta inevitabilmen­
te a una deformazione della realtà e ci mette nella im­
possibilità di comprendere il mondo nella sua totalità.
Nella concezione di Teilhard de Chardin il fenome­
no umano ha un'importanza capitale e centrale per giun­
gere a una comprensione esatta del mondo. Tutta l'evo­
luzione si è indirizzata de facto verso l~uomo, che ne
rappresenta il vertice e il coronamento. Solo da questo
punto di vista sarà possibile comprendere il mondo

l La Vìsion du Passé, (Oeuvres, t. III), p. 228.


VERSO UNA FENOMENOLOGIA SCIENTIFICA 37

nella sua essenza piu profonda, e per questo noi ci limi~


tiamo a una fenomenologia. L'osservatore obiettivo non
potrà comprendere integralmente il fenomeno mondo
se non includendo nella sua analisi il fenomeno urna·
no, e dandogli il primo posto e la posizione chiave.
La base della concezione del mondo di T ei1hard de
Chardin è dunque chiara: l'universo si presenta all'os­
servatore come un fenomeno continuo a quattro di­
mensioni, che si estende nello spazio e nel tempo come
un tutto organico e coerente in evoluzione, e che si ri­
vela piu perfettamente nell'uomo.
Tale universo, come si presenta agli occhi dell'os­
servatore desideroso di coglierne il senso e la struttura
intima?
CAPITOLO SECONDO

Il IMMENSITÀ DELLO PSICHISMO"

Per la nostra comprensione dell'universo ci dovre­


mo limitare soprattutto allo studio della Terra. Possia­
mo considerare infatti il nostro pianeta come un fram­
mento caratteristico dell'universo. Sappiamo ancora as­
sai poco sui fenomeni che si sono verificati nel corso dei
tempi sugli altri pianeti. Allo stato attuale delle nostre
conoscenze non pare da escludere la possibilità di ge­
neralizzare almeno fino ad un certo punto alcune carat­
teristiche della Terra ed estenderle per analogia ad altri
pianeti. Ma preferiamo lasciar da parte tale questione
per attenerci alla realtà conoscibile.
La storia del nostro pianeta ci si presenta come un
fluire ininterrotto di avvenimenti e situazioni che cam­
biano in continuazione. L'unità e la coesione di tale
processo evolutivo porta come conseguenza che ogni
suddivisione in ere e fasi è sempre piti o meno artifi­
ciosa. Si può giustificare soltanto per il suo carattere di
praticità, poiché mette in luce gli avvenimenti piti rile­
vanti e consente di capire meglio la natura dell'evolu­
zione storica. Ripercorrendo la storia della Terra, po­
tremmo distinguere tre periodi chiaramente differenzia­
ti. Il primo è quello in cui la crosta terrestre si è solidi­
ficata, dopo un processo di raffreddamento. Non com­
pare ancora alcuna traccia di vita. Questa prima fase
~ caratterizzata dalla presenza esclusiva della materia
40 N. M. WILDIERS

inorganica. Il secondo periodo comincia con la compar~


sa della vita e con lo svilupparsi progressivo delle for~
me dell'essere vivente. Non è ancora possibile dire con
certezza quando è comparsa la vita sulla Terra. Come
limite minimo bisogna risalire a due miliardi di anni,
secondo alcuni addirittura a tre miliardi o forse ancor
piti (H. e G. Termier). In base all'esame di certi fossi­
li si può risalire fino a circa settecento milioni di anni,
ma la geochimica ci consente di andare parecchio oltre.
Generalmente si parla degli schizofiti (batteri, al­
ghe blu) come della forma piti antica di vita, tanto che
talvolta il periodo precambriano è chiamato anche pe­
riodo degli schizofiti. La differenziazione tra il regno
vegetale e il regno animale dovette avvenire molto pre­
sto e fin dal periodo cambriano si erano già costituiti
i principali phyla" o fasci evolutivi. Il regno animale
1/

a sua volta si scinde in due rami. Nel corso dell'era pa­


leozoica predominano i trilobiti e i pisciformi. L'era
mesozoica vede il predominio dei rettili che hanno rag­
giunto la terra con l'intermediario degli anfibi e dei te­
romorfi. Alla fine di questa era compaiono gli uccelli e
i mammiferi che si svilupperanno ampiamente nell'era
neozoica. La paleontologia ha documentato questa evo­
luzione con grande abbondanza di dati.
Il secondo periodo è caratterizzato dunque dal me­
raviglioso fiorire della vita, che diede alla Terra un nuo­
vo aspetto, l'ornamento di uno splendido manto di ve­
getazione e l'infinita varietà di forme vitali che costi­
tuiscono la biosfera, il rivestimento vivente della no­
stra terra. Ma circa cinque o seicentomila anni fa, ap­
parve sulla Terra un fenomeno nuovo, talmente singola­
re che darà ben presto al pianeta un aspetto diverso e
gli aggiungerà una nuova dimensione: la dimensione
dello spirito. Emergendo dalla biosfera l'uomo fa in­
gresso nel mondo. Questo avvenimento è veramente
IMMENSITÀ DELLO PSICHISMO 41

centrale e ha un significato cOSI universale da poter es­


sere considerato come l'inizio di una nuova fase nella
storia del mondo. La terra è dotata di un secondo ri­
vestimento, quello dell'intelligenza: la noosfera.
Le ricerche dei paleontologi hanno già messo in lu­
ce parecchi importanti elementi della genesi dell'uomo,
sebbene molti problemi al riguardo non siano ancora
stati risolti. La maggior parte degli scienziati non mette
pili in dubbio il fatto che l'uomo, dal punto di vista
biologico, sia derivato dal mondo animale superiore.
Quasi ogni anno tale ipotesi è convalidata da nuove sco­
perte che completano la nostra visione del processo
evolutivo.
Parrebbe quindi giustificata la divisione della sto­
ria nei suddetti tre grandi periodi. La comparsa della
vita e poi quella dell'uomo sono stati veramente avve­
nimenti di importanza capitale e hanno costituito ognu­
no un enorme progresso nel corso dell'evoluzione;
tanto che in confronto ad essi le altre trasformazioni di
natura geologica, biologica o umana rivestono un'im­
portanza secondaria. Le tre grandi tappe dell'evolu­
zione del mondo si possono dunque caratterizzare con
i tre termini seguenti: materia, vita, spirito. Essi rive­
lano anche le tre sfere" che percepiamo intorno a noi
Il

e che sembrano esprimere la totalità del cosmo.

Ogni modificazione avvenuta nel corso dei tempi in


campo geologico, biologico o culturale, costituisce per
la scienza un problema complicato. Poiché essa non
dovrà soltanto constatare tali modificazioni, ma cercare
anche di riconoscere le prime manifestazioni e coglierne
il significato nell'insieme della storia evolutiva. Tra i
numerosi cambiamenti che hanno avuto luogo nel cor­
so dei tempi sulla Terra, ve ne sono due che attirano in
,modo particolare la nostra attenzione e hanno un signi­
42 N. M. WILDIERS

ficato essenziale: il primo è la comparsa della vita, il


secondo lo sboccio dello spirito, la nascita dell'uomo. '
Questi due avvenimenti costituiscono veramente i due
cardini della storia cosmica quale noi oggi la vediamo.
E sono i punti di aggancio fra le tre fasi di cui abbiamo
parlato.
Vi è una differenza essenziale fra la materia e la vi­
ta, fra la vita animale e l'uomo. Nonostante questa di­
versità esiste però una coerenza intima, un rapporto
profondo tra le tre sfere. È già singolare che la vita ve­
getale e animale siano tributarie ad ogni sorta di ele­
menti chimici e che l'uomo stesso sia legato strettamen­
te al mondo che lo circonda. Il nostro stesso corpo è
formato di atomi e di molecole e ha continuamente bi­
sogno di nutrimento, che trae dal regno vegetale e ani­
male.
Ma sapere se tra le sfere vi sia anche un rapporto
genetico, come se la biosfera fosse derivazione della
geosfera e la noosfera della biosfera, è cosa assai piti
difficile e complicata. Ed è tanto piti difficile risolvere la
questione, in quanto essa comporta non solo problemi
scientifici ma, soprattutto per quanto riguarda l'uomo,
anche problemi filosofici e teologici. Non dimentichia­
mo d'altronde che Teilhard de Chardin desidera restare
sul terreno scientifico e di proposito riserva i problemi
filosofici e teologici ad altri piti competenti'. Suo scopo
era infatti di abbozzare una fenomenologia dello svolgi­
mento cosmico e non di costruire una metafisica o una
teologia. Consideriamo perciò la coesione delle tre sfere
unicamente nel modo in cui si presenta all' osservatore.
Secondo la scienza moderna, una graduale transi­
zione dalla geosfera alla biosfera, cioè dalla materia
"lo non sono né un filosofo né un teologo, ma uno studioso
del 'fenomeno', un 'fisico' nel senso dei greci." (Dichiarazione fatta nel
corso di una intervista. Vedere Nouvelles Littéraires, 11 genn. 1951).
IMMENSITA DELLO PSICHISMO 43

inorganica alla materia organica è, se non del tutto cer­


ta, almeno assai probabile. Non è ancora possibile pro­
vare scientificamente che la vita è derivata dalla ma­
teria mediante un processo di natura chimica, come non
si può d'altra parte dimostrare scientificamente l'impos­
sibilità di tale transizione. Lo stato attuale della ricerca
scientifica in questo campo si potrebbe riassumere COSI:
non si è ancora interamente provata la transizione dal­
la materia inorganica alla materia organica, ma gli scien­
ziati la ammettono come ipotesi di lavoro. Infatti tale
transizione è la spiegazione piu razionale e piu verosimi­
le dell'origine della vita. Si continuano tuttora ricerche
in questo senso e già si dispone di dati assai importanti
quali, a esempio, la sintesi della clorofilla. Non è illecito
dunque sperare che presto o tardi il problema troverà
soluzione.
Come sarà allora possibile rimproverare a Teilhard
de Chardin di aver postulato la transizione dalla materia
inanimata alla materia animata, la transizione dalle me­
ga-molecole ai microrganismi? Ci pare anzi che una de­
scrizione fenomenologica dell'universo non possa pre­
scindere da tali ipotesi. Se si osserva la storia del mondo
sul piano puramente fenomenologico, astraendo da ogni
considerazione di ordine teologico e filosofico, la com­
parsa della vita appare come un fenomeno compiutosi in
seno alla materia, che deve trovare spiegazione sul piano
delle cause naturali. Nella sua opera: Le Phénomène
humain TeiThard de Chardin ha cercato se non di dimo­
strare questa transizione, almeno di renderla plausibile.
A suo giudizio la nascita della vita deve essere conside­
rata quale risultato di una sorta di processo di matura­
zione della materia: Il In ogni campo, quando una gran­
dezza ha raggiunto un certo grado, cambia improvvisa­
mente aspetto, condizione o natura. La curva si raddriz­
~a, la superficie si riduce a un punto, il solido si annuI­
44 N. M. WILDIERS

la, il liquido bolle, l'uovo si segmenta; sui fatti constata-o


ti fiorisce l'intuizione ... Punti critici, cambiamenti di"
condizione, balze pianeggianti che interrompono il pen­
dio, 'salti' di tutte le specie in corso di evoluzione: ecco
l'unica maniera ormai, ma anche la vera maniera per la
Scienza, di concepire e di cogliere il primo istante'. 11

La nascita della vita ci si presenta come un momen­


to critico, come un cambiamento di stato nella storia
della Terra, paragonabile soltanto (nella direzione del
passato) alla nascita degli atomi dagli elementi sub-ato­
mici o pre-atomici. "Una sola volta sulla Terra si è for­
mato il protoplasma, come una sola volta si sono costi­
tuiti nel Cosmo nuclei ed elettroni'. 11

Ma piu tardi, dopo che la vita si è sviluppata in


forme molteplici e ha raggiunto un alto grado di com­
plessità, si produce ancora, nel processo evolutivo,
una analoga modificazione critica; dopo la vitalizzazio­
ne della materia, la vita si umanizza. In seno alla vita,
cioè, si verifica un fenomeno del tutto singolare: la
comparsa della coscienza riflessa.
Ci troviamo cosi davanti a un problema interamen­
te nuovo e tra i pili complessi. Nonostante le sue qua­
lità originali e irriducibili non si può concepire l'uomo
come un essere assolutamente eterogeneo, entrato nel
mondo dall'esterno, senza alcun rapporto con gli esseri
che lo circondano. Ci appare anzi strettamente legato
al mondo animale superiore. Logicamente perciò uno
studio fenomenologico della prima apparizione dell'uo­
mo dovrà porre l'accento sui legami che uniscono l'uo­
mo al resto dell'universo, senza peraltro misconoscerne
le caratteristiche originali. L'uomo si differenzia radi­
calmente dal mondo che lo circonda per la sua coscien­

1 Le Phénomène humain (Oeuvres, t. I), p. 78.

Ibid., p. 106.

IMMENSIT A DELLO PSICHISMO 45

za riflessa, che è suo esclusivo privilegio. Ma ciò non


toglie che l'uomo sia legato con mille vincoli al mondo
animale superiore. L'anatomia comparata ci dimostra
che il nostro organismo è costruito secondo il medesi­
mo schema dell'organismo delle specie animali superio­
ri e che il nostro corpo porta sempre le tracce della
evoluzione subita. La paleontologia è già riuscita a sco­
prire alcuni anelli importanti nella catena del processo
evolutivo umano e continuamente si fanno nuove sco­
perte che contribuiscono a illuminarci sempre piti cir­
ca la nostra origine. Tutto questo ci rende ormai impos­
sibile ogni dubbio riguardo alla nostra affinità con altri
esseri viventi. Ci troviamo dunque ancora una volta in
presenza di un momento assai importante della storia'
della Terra, un momento di significato eccezionale,
quello in cui il cosmo è stato dotato di una nuova
dimensione: la dimensione dello spirito.

Teilhard de Chardin sottolinea chiaramente la di­


stinzione tra l'uomo e l'animale: "L'animale sa, non vi
è dubbio. Ma certamente non sa di sapere: se no avreb­
be già da tempo moltiplicato invenzioni e sviluppato
un sistema di costruzioni interne che non potrebbero
sfuggire alla nostra osservazione... Dall' animale ci se­
para un vallo - o una soglia - che è per lui invali­
cabile. Nei suoi confronti, per la nostra coscienza ri­
flessa, non siamo soltanto diversi, ma altri. Non
si ha un semplice cambiamento di grado - ma un
cambiamento di natura - derivante da un cambiamen­
to di stato'." Con l'uomo infatti la vita è entrata in una
nuova fase, la fase della coscienza riflessa. Ciò non po­
ne fine però alla discussione. Se vogliamo restare fedeli
allo spirito del metodo fenomenologico, dobbiamo cer­
, Ibid., p. 182.
46 N. M. WILDIERS

care di capire il fenomeno della coscienza riflessa nel7


l'insieme dell'evoluzione cosmica.
La vita è sorta in seno alla materia e si è svolta in
forme sempre piu complicate, aprendosi a guisa di ven­
taglio. Né sono le sole apparenze esteriori a rivestire
importanza, ma ancor piu la differenziazione che si
manifesta nello psichismo (almeno nel mondo animale).
Ci inganneremmo parecchio se volessimo concepire lo
psichismo quale fenomeno uniforme e non differenzia­
to. L'istinto deve essere considerato come una grandez­
za variabile: 1< ... non vi è un istinto della Natura, ma
una molteplicità di forme di istinti, a ognuno dei quali
corrisponde una particolare soluzione del problema del­
. la Vita. Lo psichismo di un Insetto non è (e non può es­
sere) quello di un Vertebrato - né l'istinto di uno Sco­
iattolo quello di un Gatto o di un Elefante: e ciò in
virtu della loro stessa posizione sull' Albero della Vita ...
Lo psichismo di un Cane è positivamente superiore a
quello di una Talpa o di un Pesce'. 11
Una volta che sia stata riconosciuta la diversità, la
gradazione dello psichismo animale, è evidente che lo
stesso regno animale costituisce in campo psichico un
sistema ascendente, "una specie di ventaglio in cui le
estremità superiori hanno un raggio piu largo di scelta
innervato in un centro piu definito di coordinamento e
di coscienza"'. Tra la coscienza dell'animale superiore e
la coscienza riflessa dell'uomo, si è operato uno sfasa­
mento attraverso il quale la vita ha raggiunto uno sta­
dio pili elevato e ha assunto un aspetto nuovo.
Come per la comparsa della vita, si potrebbe par­
lare, per l'apparizione dell'uomo, di una discontinuità
nella continuità. La corrente vitale percorre il suo catn-
I Ibid., pp. 1834.

, Ibid., p. 192.

IMMENSITÀ DELLO PSICHISMO 47

mino senza scosse e, in apparenza, pochi sono i cam­


biamenti avvenuti: la riproduzione, la moltiplicazione,
la ramificazione, l'alimentazione, la morte si manife­
stano nell'uomo come in ogni altro animale. Ma in pro­
fondità è avvenuta una modificazione: il corso della
vita non è piu quale era prima, dopo che la vita ha su­
perato la soglia della riflessione. D'ora in poi si produr­
ranno creazioni del tutto nuove, che un tempo sarebbe­
ro state impensabili. "L'essere riflesso, in virtu della
sua stessa autocoscienza, diviene suscettibile di ulterio­
ri sviluppi in una sfera nuova. Nasce veramente un al­
tro mondo, astrazione, logica, scelte ragionate e inven­
zioni, matematica, arte, calcolo nella percezione spa­
ziale e temporale, ansie e sogni d'amore... Tutte que­
ste attività della vita interiore altro non sono che l'e­
splosione del nuovo centro che si è ora costituito e che
si sviluppa su se stesso'."
Lo psichismo si è manifestato in maniera sempre
piu esplicita nel mondo animale. Non ci è possibile di­
re con esattezza dove incominci. Man mano che si scen­
de verso forme piu primitive diventa piu incerto e dif­
ficilmente percepibile. Se invece seguiamo il cammino
opposto, la strada cioè che ha seguito la storia, lo ve­
diamo emergere sempre pili chiaramente e sotto aspet­
ti sempre pili differenziati per raggiungere quasi, negli
animali superiori, la soglia dell'intelligenza. Allorché
questa concentrazione psichica ha raggiunto il massimo
di intensità, si è prodotto il cambiamento di fase che
ha dato nascita all'uomo.
Forse non sapremo mai come concretamente si sia
svolto il processo, allo stesso modo che non si può capi­
re interamente come avvenga il destarsi dell'intelligenza
in ogni bambin0 2

I Ibid., pp. 181-2.


2 Ibid., pp. 187-9.
48 N. M. WILDIERS

L'universo si presenta a noi come una storia nella


quale abbiamo scoperto tre avvenimenti salienti: il co:
stituirsi della materia, il vitalizzarsi della materia e l'u­
manizzarsi della vita. A questi tre momenti fanno riscon­
tro le tre sfere o fasi che abbiamo descritto. Tale suddi­
visione è, evidentemente, almeno in parte, artificiosa,
poiché il cosmo costituisce un tutto unico e ci si ma­
nifesta come continuità.
Ora la storia del cosmo sembra presentare, nel suo
complesso, un orientamento interno che è realmente di
importanza universale per la comprensione della evolu­
zione. Essa infatti non ci si presenta come uno svolgersi
disordinato, un succedersi di alti e bassi o un oscillare
tra poli opposti, ma anzi come una progressiva ascesa
in una direzione ben determinata e irreversibile.
Se consideriamo l'evoluzione nel suo insieme, ap­
pare evidente che tutta la storia del mondo si è orien­
tata verso una complessità sempre maggiore, come pas­
saggio da forme piu semplici a forme piu complicate:
dai primi elementi all'atomo, dall'atomo alla molecola,
dalla molecola alla cellula, dalla cellula agli organismi
pluricellulari fino a organismi sempre piu complessi per
giungere poi all' essere piu complesso che si trova nel
mondo: l'uomo, nel quale si ritrovano tutte le forme
di complessità, e nel quale queste stesse forme sono
superate. Pare manifestarsi qui un terzo infinito: ac­
canto all'infinitamente grande e all'infinitamente pic­
colo, un infinito nella dimensione della complessità.
Tutta l'evoluzione cosmica sembra tendere a costi­
tuire situazioni sempre piu complicate. Quando parlia­
mo di complessità crescente non intendiamo però sol­
tanto che gli esseri che si succedono nel corso dei tempi
dispongono di meccanismi sempre piu complicati, ma
che essi presentano una organizzazione interna sempre
piu ricca, manifestando nella loro struttura una unità
IMMENSITÀ DELLO PSICHISMO 49

e un accentramento sempre maggiori. Questa crescente


complessità, non dobbiamo dimenticarlo, è frutto di
una constatazione oggettiva, non di una teoria filosofica
o di un principio a priori. È ormai certo che tutta l'evo­
luzione mondiale di cui osserviamo le tracce intorno a
noi è orientata nel senso di una complessità crescente.
Ma con tale constatazione non abbiamo preso in
esame se non un solo aspetto della realtà: parallela­
mente alla crescente complessità possiamo constatare
una seconda proprietà nell'evoluzione, e cioè l'orien­
tamento verso un grado sempre piti alto di coscienza.
A tutto il corso del processo evolutivo fa riscontro lo
svilupparsi graduale del fenomeno psichico, sostenuto
da un sistema nervoso sempre piti perfetto. Se si per­
corre tutta la storia dell'evoluzione animale si vede
chiaramente che essa è caratterizzata da un graduale af­
finarsi del sistema nervoso e da uno sviluppo sempre
maggiore del cervello. Il fenomeno della cerebralizza­
zione ci fornisce la chiave del mistero dell'evoluzione
biologica. Col moltiplicarsi delle forme vediamo che
compare un graduale aumento dello psichismo, che co­
stituisce uno degli elementi fondamentali per la com­
prensione esatta dell'evoluzione.
Abbiamo qui dunque due elementi: crescente com­
plessità e crescente psichismo. Entrambi i fenomeni so­
no osservati direttamente e oggettivamente dal natu­
ralista. Ma a questo punto ci si potrebbe porre il pro­
blema dei rapporti interni tra i due fenomeni, come se
il secondo derivasse dal primo. Occorre molta prudenza
per risolvere la questione. Non dimentichiamo intanto
l'obiezione formulata dal P. Bergounioux: "Pare ap­
pello al fenomeno complessificazione-coscienza significa
ricorrere a una spiegazione filosofica; se noi constatia­
mo che i due stati sono legati tra loro, cioè la comples­
sità morfologica con l'aumento della coscienza, non ci
~ .. [.troduoio", • Teilha,d de Chllrdin.
50 N. M. WILDIERS

è però consentito da una sana logica dichiarare che sono


tra loro in rapporto di causalitàl . " Nessuno metterà in
dubbio che un parallelismo non permette di argomen­
tare un rapporto causale. Si commetterebbe quell' erro­
re di pensiero, assai comune del resto, che si esprimerà:
cum hoc, ergo propter hoc. Dal mero punto di vista
scientifico noi possiamo solamente constatare il simul­
taneo manifestarsi dei due fenomeni. Il fatto che ap­
paiano insieme, soprattutto nel sistema nervoso, una
crescente complessità e uno psichismo, o una coscienza,
non costituisce la minima prova che il secondo sia de­
rivazione della prima. Si potrebbe dire tutt'al piu che
esistono forti ragioni in favore di questa teoria, dato
il costante parallelismo dei due fenomeni.
Se è vero che il rapporto tra complessità morfolo­
gica e psichismo non può essere semplicemente afferma­
to, non si può nemmeno negare che la relazione tra i
due fenomeni deve essere esaminata sul piano pura­
mente scientifico, prescindendo da ogni ragionamento
filosofico. La neurofisiologia ci insegna molto a questo
proposito. Le espressioni piu elevate della vita spiritua­
le hanno un aspetto organico, una infrastruttura fisio­
logica. Anche se non si ha il diritto di ridurre la vita
dello spirito a questa infrastruttura, sarebbe tuttavia
un errore negarne l'importanza per la nostra attività
spirituale.
Quando Teilhard de Chardin sottolinea il rapporto
tra complessità organica e psichismo, resta interamente
sulla linea tracciata dalla scienza moderna'. Per questo
noi pensiamo che il ragionamento di P. Bergounioux si
fondi su un malinteso. È evidente che Teilhard de Char-
I R. P. Bergounioux, La Préhistoire et ses problèmes, p. 367, Paris,
Fayard, 1958.
2 Si veda a questo proposito: Dr. Paul Chauchard, L'Etre humain
selon Teilhard de Chardin, capitolo II, Paris, GabaIda, 1959.
IMMENSITÀ DELLO PSICHISMO 51

din non intende affatto sostenere che lo psichismo di­


penda puramente e semplicemente dal grado di com­
plessità organica, come se bastasse aumentare la com­
plessità di una macchina per darle automaticamente
una coscienza analoga a quella dell'uomo. Egli non ha
mai espresso tale opinione. Quando pone come prin­
cipio il rapporto tra complessità organica e coscienza,
intende dire che ogni grado di coscienza postula un gra­
do corrispondente di complessità organica, di unità in­
terna e di accentramento. "Coscienza, effetto di com­
plessità. Sperimentalmente i due termini sono insepa­
rabili. Come una coppia di grandezze, essi variano si­
multaneamente'." La vita psichica è impossibile senza
la complessità organica, e pili elevato è il grado di in­
telligenza, maggiori devono essere l'unità integrata e la
complessità dell'organismo ... I meccanismi di integra­
zione dell' essere unificato hanno una funzione indispen­
sabile. Tutto questo però ci lascia nel campo della neu­
re-psicologia moderna, la quale ha chiaramente fatto
vedere come il grado di psichismo o di coscienza sia
sempre condizionato dal grado di unità integrata del­
l'organismo.
Constatato dunque che ogni essere vivente mostra
un rapporto manifesto tra complessità organica e psichi­
smo, è logico che si voglia studiare questo stesso feno­
meno nel suo aspetto storico. Come paleontologo Teil­
hard de Chardin era portato a spiegare in una maniera
particolarmente netta tale aspetto degli esseri viventi:
la storia della vita presenta al paleontologo un accresci­
mento costante di complessità e di psichismo e il lega­
me tra i due fenomeni non sembra accidentale, ma or­
ganico. Dato che la biologia moderna ha messo in luce
il rapporto indispensabile tra i due fenomeni, era in suo

1 L'Avenir de l'Homme (Oeuvres, t. V), p. 221.


52 N. M. WILDIERS

diritto proiettare" questo stesso rapporto nel proces­


/I

so storico della evoluzione, senza peraltro abbandonare


il terreno scientifico. La legge che ha formulato ha ca­
rattere puramente scientifico, e per nulla affatto filoso­
fico. È inutile dire poi che la parola coscienza è sem­
pre presa nella sua piu larga accezione "per designare
ogni specie di psichismo, dalle forme piu rudimentali
di percezione fino al fenomeno di coscienza riflessa pro­
pna. de11'uomo 111 .

Dal mero punto di vista fenomenologico, constatia­


mo dunque che alla forma piu sviluppata di coscienza
/I

corrisponderà una costruzione organica piu ricca e piu


complessa"'. Questa concomitanza di coscienza e com­
plessità organica ha, per Teilhard de Chardin, il signifi­
cato di un parametro che ci permette di seguire il pro­
gresso dell' evoluzione e "di congiungere non solo in
posizione (punto per punto) ma anche in movimento,
la faccia interna e quella esterna del Mondo 1/3. Donde la
conclusione: "Perfezione spirituale (o centrità coscien­
te) e sintesi materiale (o complessità) non sono che due
aspetti o parti collegate dello stesso fenomeno'."

Tale conclusione è della massima importanza nella


concezione teilhardiana del mondo. Ci troviamo vera­
mente nel cuore del suo sistema. La legge del rapporto
complessità organica-coscienza è importante non solo
perché, come vedremo in seguito, ci permette di scru­
tare l'avvenire, almeno fino a un certo punto, ma so­
prattutto perché mette bene in luce l'importanza che
Teilhard de Chardin dà all'Interno delle cose e allo psi­

l Le Phénomène humain (Oeuvres, t. I), p. 53, nota l.

2 Ibid., p. 56.

3 Ibid., p. 57.

• Ibid., p. 57.
IMMENSITA DELLO PSICHISMO

chismo nella struttura del mondo. Non si stancherà di


ripetere infatti che la stoffa dell'Universo ha due facce e
va intesa in due maniere. Il lato interno delle cose, lo
psichismo e la coscienza, sono fenomeni cosmici che bi­
sogna incorporare in una fenomenologia dell'universo
dando loro il posto conveniente. Finora tale aspetto era
stato trascurato poiché si limitava il fenomeno coscien­
za alle forme piti elevate di vita e lo si considerava quasi
un parafenomeno di importanza limitata'. " ... la coscien­
za, per essere integrata in un sistema del Mondo obbliga
a tener conto di un nuovo aspetto o una dimensione
nuova nell'Universo m •
Teilhard de Chardin distingue in ogni cosa due
aspetti: uno esterno che si riferisce unicamente ai rap­
porti e alle dimensioni percepibili delle cose materiali
e l'altro interno, che coesiste con quello esterno, e che
entro certi limiti è presente ovunque. Ci è facile consta­
tare chiaramente questo lato interno in noi stessi, poiché
l'interiorità è per eccellenza privilegio dell'uomo, ma
si trova anche indiscutibilmente presente, sebbene in
altra maniera, nelle specie animali superiori. Indubbia­
mente, man mano che si scende nella scala del regno
animale e vegetale verso forme di vita piti primitive e
rudimentali, l'aspetto interiore diviene piti difficilmen­
te percepibile, sebbene non se ne possa negare l'esi­
stenza. Una cellula vivente reagisce all'ambiente in ma­
niera diversa da una molecola. Infine l'aspetto interno
delle cose si perde nella misteriosa profondità della
materia.
Vi sono dunque gradi di coscienza, gradi nella inte­
grazione organica delle cose e, via via che aurpenta la
complessità interna, vediamo comparire qualità sempre

, Ibid., pp. '1·'2.


l Ibid., p. 52.
54 N. M. WILDIERS

superiori e totalmente nuove. Non si dica dunque ch~


Teilhard de Chardin è partigiano del panpsichismo,
quasi vedesse un'unica coscienza presente in tutte le
cose, nell'atomo, nell'ameba, nella pianta, nell'animale
e nell'uomo. Ciò significherebbe travisare del tutto la
sua concezione. Egli vuoI dire semplicemente che in
tutti gli esseri bisogna riconoscere in maniera analoga,
e in gradi diversi, una certa interiorità, un aspetto inte­
riore, se nell' ambito di una fenomenologia scientifica
si vuole giungere a una descrizione coerente dell'uni­
verso. "È impossibile, a mio giudizio, essere veramente
e pienamente evoluzionista senza scorgere e ammettere
un raccogliersi psicogenico del mondo su se stesso·."
È innegabile dunque l'importanza che la legge del
rapporto complessità organica-psichismo ha nel siste­
ma di Teilhard de Chardin. Essa infatti ci fornisce la
chiave per una giusta comprensione dell'evoluzione bio­
logica, fenomeno di massima importanza, senza il qua­
le l'Universo resterebbe incomprensibile.

A chi guardi il mondo unicamente come fenomeno,


l'universo appare come un tutto coerente che si è svi­
luppato in un determinato senso. L'universo considera­
to come processo storico esprime, dunque "un cammi­
no verso lo Spirito'." Questa spiegazione ci permette
di capire meglio il posto dell'uomo nell'universo in evo­
luzione.
Un tempo l'uomo era considerato separato dalla
natura circostante, che egli, dall'alto, osservava come
spettatore. La sua posizione sulla Terra, che veniva rite­
nuta il centro del cosmo, era quella di un re e padrone
cui tutto è sottomesso. Tutte le creature erano fatte

• Le Christique, 1955, p. 4.
2 L'Avenir de l'Homme (Oeuvres, t. V), p. 70.
IMMENSITA DELLO PSICHISMO 55

per lui, ed egli poteva servirsene a piacimento. Egli si


sentiva nel mondo come un signore nel suo feudo.
Dopo Galileo, e soprattutto dopo Darwin, si è do­
vuto abbandonare questa opinione. Perdeva non solo
l'uomo la sua posizione centrale nell'universo, ma an­
che la sua indipendenza dalla natura circostante. I pri­
mi darwiniani e i loro discepoli erano soliti considerare
l'uomo come una ramificazione fortuita del regno ani­
male appartenente al gruppo dei primati dal quale si di­
stinguerebbe solo per una semplice gradazione. CosI
l'uomo si trovava completamente immerso nella na­
tura e perdeva il suo carattere originale.
Ma questa concezione ha ormai fatto il suo tempo.
I biologi moderni si sono formati un'opinione diversa
circa i rapporti dell'uomo con la natura circostante'.
Oggi non si considera piu l'uomo come una ramificazio­
ne senza importanza del regno animale, qualunque sia­
no i vincoli che a esso lo riallacciano. Dal punto di vista
anatomico l'uomo presenta indubbiamente una grande
affinità con le specie animali superiori. Storicamente è
l'ultimo arrivato nel regno degli esseri viventi e la sua
origine si perde in un passato animale. Eppure egli ap­
pare nel mondo come un fenomeno interamente nuovo
e irriducibile, che conferisce al mondo un nuovo aspet­
to: la coscienza riflessa e la libertà.
Come abbiamo già detto, con la comparsa dell'uomo
ha inizio una nuova fase nella storia del mondo, poiché
soltanto con l'uomo il mondo ha preso coscienza di sé.
CosI è stata riconfermata la posizione eccezionale
dell'uomo nel cosmo. Difatti, egli si trova in un punto
centrale, non nella staticità, ma nel movimento, poiché
l'evoluzione è un'ascesa verso la coscienza e la libertà.
Per le sue prerogative l'uomo si trova veramente a capo
I P. es., Sir Julien Huxley, Thc Uniqueness 01 Man, LQndon, 1941.
56 N. M. WILDIERS

della natura che lo circonda e che egli è in grado di do-,


minare, esplorare e sottomettere alla propria volontà.
L'asse dell'evoluzione, in cui occupa il punto piu avan­
zato, passa ormai attraverso di lui.
Alla luce di questa dinamica visione del mondo,
non è piTI possibile ormai considerare l'uomo come un
epifenomeno nella pluralità degli avvenimenti, né co­
me un prodotto casuale delle forze cieche della natura.
La sua posizione nel processo evolutivo che si manifesta
nel mondo, e di cui abbiamo scoperto il funzionamento
interno, è effettivamente centrale. Ed è cOSI che la scien­
za moderna, che prima aveva tolto all'uomo la sua po­
sizione chiave, gliel'ha restituita, su di un piano assai
piu alto. L'uomo si trova al culmine della evoluzione
e, fenomenologica mente parlando, proprio per questo
ha una dignità superiore rispetto alla natura che lo cir­
conda.
L'opinione secondo cui esisterebbero nell'universo
altri pianeti in cui si sia sviluppata la vita, nulla toglie
a tale concezione. Anche supponendo che su quei pia­
neti esistano esseri forniti di coscienza riflessa e di libe­
ra volontà, non è meno vero che l'asse della evoluzione
universale passi appunto attraverso gli esseri che godo­
no di questi privilegi. Ma allo stato attuale della scienza
nulla si può dire di certo sul valore di questa ipotesi,
sicché è per lo meno prematuro inserirla in una feno­
menologia del cosmo.
Dobbiamo quindi considerare l'uomo come il termi­
ne della evoluzione sulla Terra; egli costituisce il coro­
namento e la fine provvisoria di una lunga storia: per
milioni di anni la natura ha modellato la sua forma.
Questa storia non è però ancora conclusa. Non abbia­
mo il minimo motivo di credere che la formazione del­
l'universo abbia raggiunto la conclusione e che ormai
tutto debba restare allo stato attuale sino alla fine dei
IMMENSITÀ DELLO PSICHISMO

tempi. L'evoluzione continua e, per quanto ci è dato


vedere, tende verso una meta lontana. Perché mai le
leggi che per il passato erano determinanti, avrebbero
perduto il loro valore e non sarebbero applicabili al­
l'avvenire?
Ma se la storia del mondo proseguirà nella direzio­
ne in cui si è svolta, ne segue che l'uomo è il portatore
dell'avvenire e che il mondo, per suo mezzo, va incon­
tro a un ulteriore progresso. Tra tutti gli esseri che
conosciamo l'uomo è il solo che sia interamente volto
verso l'avvenire. Nella materia si riscontrano una de­
gradazione (entropia) e una disintegrazione progressi­
ve. Nei regni vegetale e animale sembra essere avvenu­
to un ristagno: molte specie si sono già estinte o sono
sul punto di estinguersi; non vediamo piti comparire
nuove specie.
L'uomo invece prosegue la sua ascesa. Come specie
non rivela il minimo segno di stanchezza vitale. Nume­
ricamente non fa che crescere, la sua attività spirituale e
la sua tendenza a espandersi sono sempre piti intense.
Nel mondo egli è la pili grande forza dinamica, che sot­
tomette tutte le altre forze e le pone al servizio della
sua sete di progresso.
"Nonostante tutto quello che la scienza può nota­
re di accidentale nella nostra posizione nel gruppo dei
viventi, noi uomini rappresentiamo la parte del Mon­
do meglio riuscita, quella verso cui rifluiscono, attra­
verso l'apertura praticata, tutta la linfa e tutte le cure
della Evoluzione che conosciamo. Siamo noi, senza al­
cun dubbio, a costituire la parte attiva dell'Universo, la
gemma in cui si concentra e lavora la vita, il boccio in
cui si nasconde il fiore di tutte le speranze l . "
Tale dinamismo del gruppo umano collima perfet­
l La Vie cosmif/ue, 19.56, p. 1'.
58 N. M. WILDIERS

tamente con la concezione generale del mondo che ci.


siamo fatta: solo attraverso l'uomo in quanto fenomeno
superiore e centrale nella evoluzione del mondo, l'evo­
luzione ascendente deve proseguire il cammino. Come
essere cosciente e libero l'uomo si trova al culmine del­
la evoluzione del mondo: punto di arrivo, ma anche
nuovo punto di partenza. Con la sua attività creatrice
egli parteciperà al completamento dell'evoluzione. Nel
quadro delle grandi leggi della natura egli è l'architetto
del mondo di domani.
CAPITOLO TERZO

"UNA SFERA CHE INVOCA UN CENTRO"

Nel capitolo precedente abbiamo cercato di abboz­


zare a grandi linee l'immagine dell'universo quale si
offre all'occhio di chi ne studia il passato. Nel suo es­
sere piu profondo il mondo rappresenta ... un sistema
Il

organo-dinamico in via di interiorizzazione psichica 111,


come una ascesa della materia verso la vita e della vita
verso lo spirito. Tutta l'evoluzione è paragonabile a una
linea ascendente in direzione di una complessità sempre
maggiore e di un grado di coscienza sempre piu eleva­
to; il suo orientamento interno è volto insomma verso
lo spirito.
Questa conclusione è frutto di uno studio sul pas­
sato, ma con ciò non abbiamo considerato se non una
parte dell'evoluzione cosmica e cioè quella che già è de­
finitivamente avvenuta. Se desideriamo invece capire
il mondo nella sua totalità, dobbiamo considerare an­
che l'altro aspetto del quadro e indagare sull' avvenire.
L'evoluzione infatti non rimane statica. Il processo evo­
lutivo nel quale siamo implicati e nel quale occupiamo
ora una posizione centrale continua ad avanzare verso
il suo completamento ultimo. Ammesso il principio
evoluzionistico, ci troviamo inevitabilmente di fronte al

I Le Coeur de la Matière, 1950, p. 12.


60 N. M. WILDIERS

problema dell'avvenire. Il dinamismo interno dell'evo-,


luzionismo ci impegna ora a esaminare la questione.
È naturale dunque che Teilhard de Chardin abbia
dovuto affrontare questo problema. Esso appare già
nei suoi primissimi saggi del 1916 e col passare degli
anni occupa un posto sempre piu importante nei suoi
scritti fino a trovarsi in primo piano nelle sue ultime
opere.
È presumibile che egli desse particolare importan­
za a questa parte della sua opera e la considerasse come
la piu originale del suo lavoro. La grande scoperta del­
la sua vita era per lui proprio aver rivolto lo sguardo
verso l'avvenire. Chi pensasse di espungere dalle sue
opere le considerazioni riguardanti il futuro o le esclu­
desse come cosa di minor valore, mutilerebbe di ele­
menti essenziali la sua concezione del mondo.
Dopo Hegel e Marx il problema del senso o del­
l'orientamento della storia è sempre stato all'ordine del
giorno. Furono fatte in merito considerazioni assai in­
teressanti, ma talvolta anche piuttosto superficiali e
soggettive. Nonostante le illusioni e gli errori però, si
è continuato lo studio del tema dell'avvenire per cer­
carvi una regola e un incoraggiamento all'azione, ma
soprattutto perché l'uomo moderno ha preso coscien­
za della propria storicità, cioè della propria responsa­
bilità nei riguardi dell'umanità del domani. L'uomo è
giunto a un momento della storia in cui deve prendere
in mano il proprio destino e non può piu lasciare a un
cieco gioco di forze naturali l'iniziativa di garantire la
sua futura esistenza. La coscienza della nostra respon­
sabilità dell' avvenire è divenuta una delle caratteristi­
che del nostro tempo.
Quando Tei1hard de Chardin parla dell'avvenire
dell'uomo pensa all'avvenire dell'umanità come gruppo
biologico, di cui ha studiato col massimo scrupolo i
UNA SFERA CHE INVOCA UN CENTRO 61

piu lontani precedenti storici e il graduale progredire:


Il Come ogni altro essere vivente, l'Uomo è nato non
solo come individuo, ma come specie. Bisogna dunque
riconoscere e studiare in lui, oltre al ciclo dell'indivi­
duo, il ciclo della specie l . "
È necessario quindi giudicare le considerazioni tei­
lhardiane circa l'avvenire dal punto di vista della spe­
cie. Come biologo, storico e piu ancora come fenome­
nologo deI cosmo egli si chiede in che modo la specie
umana, che rappresenta il culmine dell'evoluzione, pro­
segua ora il suo sviluppo. Il problema non sarà allora
di capire in che senso continuerà a svolgersi il processo
evolutivo?
Allo stato attuale della storia, una certa conoscenza
dell'avvenire è diventata pressante necessità, almeno
per quanto riguarda il suo orientamento generale. Di
conseguenza la scienza si incentra sempre piu su tale
problema: Il diciannovesimo e il ventesimo secolo
Il

(all'inizio) avevano cercato soprattutto di far luce sul


passato dell'uomo - poiché scopo delle loro investi­
gazioni era dimostrare che la comparsa del Pensiero
sulla Terra corrispondeva, biologicamente, a una omi­
nizzazione della vita. Ecco ora invece che il fascio di
luce delle ricerche scientifiche, proiettato in avanti sul
prolungamento del fenomeno umano, farà apparire in
questa direzione, una prospettiva ancor piu sorpren­
dente: quella di una umanizzazione progressiva del­
l)umanità 1>2.

Per sapere in quale direzione continuerà a svol­


gersi l'evoluzione è dunque necessario interrogare il
I Le Christ évoluteur, 1942, p. 2.

2 Ibid., p. 2.

62 N. M. WILDIERS

passato. Lo studio del passato ci ha insegnato a distin-;


guere tre grandi sfere nella struttura del cosmo: la sfe­
ra della materia (geosfera) la sfera della vita (biosfera)
e la sfera dello spirito (noosfera), che, storicamente, si
sono manifestate in tre fasi successive. L'ultima, in or­
dine di tempo, è la noosfera entro la quale, come ab­
biamo visto sopra, si svolgerà il resto della evoluzione.
Se vogliamo dunque scoprire in qualche modo la strut­
tura dell'avvenire, dovremo in primo luogo riflettere
sui fenomeni che si manifestano nel campo umano con­
siderandoli alla luce delle leggi generali dell' evoluzione.
Ammesso che l'evoluzione continua, e ha il suo
centro di gravità nell'uomo, non abbiamo alcun diritto
di concepire la noosfera come un tutto statico e immu­
tabile. Non meno della geosfera e della biosfera, la
noosfera è soggetta a una crescita e a uno svolgimento
interno. Bisogna abbandonare una volta per sempre
1'errore che l'evoluzione sia avvenuta soltanto in pas­
sato e che ora sia invece giunta a uno stato definitivo
e immutabile. Una concezione del genere non potrebbe
del resto fondarsi su argomenti solidi. La conclusione
cui ci ha condotto la scienza moderna è che il cosmo
sia storia e debba essere concepito come processo evo­
lutivo che si prolunga verso un lontano futuro. Anche
l'uomo si trova inserito in questo processo. E proprio
perché ci troviamo al centro della evoluzione e, in
quanto esseri coscienti e liberi, dobbiamo cooperare al
suo compimento, è necessario che pensiamo al futuro
ed esaminiamo l'orientamento generale in base a cui
dirigere la nostra attività. Potremmo usare qui una
espressione marxista e dire che l'uomo deve porsi nel
senso della storia e che il primo dovere è dunque ri­
cercare questo senso. Se arriveremo a capirlo bene,
tutto l'evolversi dell'universo, e, a fortiori, la noosfera,
UNA SFERA CHE INVOCA UN CENTRO 63

ci si presenteranno come una noogenesi) come un pro­


cesso di crescita spirituale.
L'uomo è un essere in perpetua ricerca, un essere
ambizioso e inquieto. Il passato non ci si presenta co­
me un panorama statico e immutabile in cui ogni cosa
abbia avuto il proprio posto fisso, ma anzi come una
visione di lotte, con alti e bassi, con violente battaglie
ed efEmere pause, per un ideale di maggior perfezione
umana. Questa immagine del passato basta per farci
sentire come l'umanità sia mossa da una irresistibile
forza propulsiva. Abbiamo coscienza di non aver anco­
ra raggiunto il nostro scopo ultimo. Ciò che ci caratte­
rizza è l'inquietudine. E, come abbiamo fatto per il
passato, non possiamo immaginare l'avvenire se non
come una ulteriore ascesa verso la verità e la scienza,
verso una maggiore giustizia sociale e una maggiore
armonia, verso l'arte e la bellezza. Purtroppo non si
può con questo escludere la possibilità di una caduta
catastrofica. Poiché, piti un essere si eleva, piti diventa
vulnerabile ed esposto a ogni sorta di pericoli. Eppure
non possiamo considerare l'avvenire come l'arrestarsi
allivello raggiunto, come l'accettazione supina del pre­
sente. Tutto ci dice che dobbiamo guardare l'avvenire
come il prolungarsi di un movimento o di una curva
di cui abbiamo già osservato nel passato il ritmo e la
parabola.
La legge fondamentale che abbiamo dedotto dallo
studio del passato era quella della complessità e della
coscienza crescenti. Se, fondandoci sulla stabilità delle
leggi naturali, proiettiamo questa legge nel futuro, dob­
biamo aspettarci un aumento di complessità e di co­
scienza in seno all'umanità. Il processo cosmico gene­
rale di psicogenesi manifestatosi in passato, continuerà
nell'avvenire.
Ma non contentiamoci di questa tesi generale, per
64 N. M. WILDIERS

quanto plausibile possa sembrarci a priori. Consideria­


mo l'umanità presente nella sua situazione concreta e
vediamo se non è possibile scorgere segni che possano
corroborare la nostra deduzione generale. Ci è facile
constatare come nell'umanità moderna si manifesti una
tendenza progressiva verso l'unificazione e come la vita
dello spirito sembri intensificarsi sempre pili, soprat­
tutto nel campo della scienza. Ma esaminiamo questi
segni piu da vicino.
In primo luogo la tendenza verso una progressi­
va unificazione. Riportiamoci un momento ancora al
regno vegetale e animale. Ciò che ci colpisce immedia­
tamente è il processo ininterrotto di sempre nuove ra­
mificazioni. Le diverse specie di piante e di animali si
separano e si diversificano sempre pili l'una dall' altra,
cosicché da alcuni tipi originali, derivano numerosissi­
me varietà di esseri viventi. Ci si sarebbe potuti aspet­
tare che anche in seno alla umanità fosse avvenuto un
analogo fenomeno di ramificazione. Vediamo infatti
l'umanità primitiva suddivider si in vari gruppi e razze
che si disperdono sulla Terra e che per decine di mi­
gliaia di anni non hanno piu alcun contatto tra di loro.
Ora, invece, nella umanità attuale, constatiamo esat­
tamente un movimento inverso. In luogo dei segni che
denotano, biologicamente, il frantumarsi della specie
umana, osserviamo al contrario un moto di riavvici­
namento e di unificazione. Per influsso della tecnica e
dei mezzi moderni di comunicazione, sotto lo stimolo
del commercio mondiale, tutta l'umanità si evolve sem­
pre pili verso una unità sconosciuta in passato. Con
l'uomo la corrente evolutiva sembra aver cambiato rot­
ta: anziché sboccare in una ulteriore differenziazione,
pare anzi fluire nel senso di una maggiore unità e di
una maggiore concentrazione. Non senza sorpresa, ve­
diamo tutta la specie umana effettuare una curva che
UNA SFERA CHE INVOCA UN CENTRO 65

ritorna su se stessa, e tendere alla propria unificazione


interna.
Per la prima volta nella storia sembra disegnarsi
una vera unificazione dell'umanità su scala planetaria.
Soltanto adesso incomincia una vera storia dell'umani­
tà, poiché soltanto ora essa comincia a sentirsi solidale
su tutta la Terra; tutti i popoli si trovano di fronte agli
stessi problemi e tutti, senza eccezione, sono implicati
negli stessi avvenimenti, in una unica grande avventu­
ra. Il progresso della tecnica ha avuto parte preponde­
rante in questo fatto. Senza dubbio la larga diffusione
dei mezzi di trasporto e di comunicazione come pure
lo sviluppo industriale e commerciale portano a un con­
tatto sempre piu intenso degli uomini fra loro e a una
crescente collaborazione; contatto e collaborazione ai
quali è possibile opporsi forse per un certo periodo,
ma che poi bisogna accettare senza resistenza. Il fatto
della unificazione dell'umanità si è ormai imposto a
tutti; è difficile però vederne l'aspetto biologico e com­
prenderlo veramente. La creazione della tecnica affon­
da le sue radici nella biologia e influisce sulla evoluzio­
ne biologica. Nel nostro caso il progresso della tecnica
impedisce il frazionarsi biologico della umanità, anzi
ne consolida e accentua l'unità'.
Accanto al riavvicinarsi di tutti i popoli della Terra,
si manifesta in pari tempo la tendenza a edificare una
organizzazione interna. È evidente che l'umanità con­
temporanea cerca di creare un ordine organizzato su
scala planetaria. Siamo ancora molto lontani dalla me­
ta, tuttavia è vero che si cerca di lavorare in questo
senso e si realizza, sia pur lentamente, qualche pro­
gresso.
Ogni progresso naturalmente è accompagnato da
I L'Avenir de l'Homme (Oeuvres, t. V), pp. 214 e 219.

5.• Inlro"uoio", _ Tti/hard d, Ch.rdin.


66 N. M. WILDIERS

tensioni, da conflitti e da difficoltà, ma chi guarda al


di là della superficie degli avvenimenti, non potrà non
osservare come l'umanità contemporanea si sforzi di
realizzare in ogni modo un vero piano di organizzazio­
ne e di socializzazione.
Dal lato esteriore osserviamo il fenomeno di riav­
vicinamento e di unificazione. Ma non si produce forse
un analogo processo nel profondo della coscienza uma­
na? Non avviene anche una fermentazione nel pensie­
ro e nei sentimenti della umanità, rivelando anche qui
la tendenza a una maggiore unificazione? Tramite i
contatti esterni si verifica una vera osmosi nel campo
dello spirito, che determina la maturazione e l'appro­
fondimento della coscienza comune. Né sono soltanto
le culture a fecondarsi reciprocamente; al di là delle
frontiere degli stati, le barriere delle razze e delle lin­
gue, si sviluppa un lavoro comune nel campo della
scienza, del pensiero, dell'arte, dell'etica e della reli­
gione. In tutti questi campi si assiste a una collabora­
zione, a una concentrazione di tutte le forze, quali mai
si erano verificate in passato. Tale fenomeno si mani­
festa però assai meglio nel campo della esplorazione
della natura. In questo campo si sono sviluppati nel
mondo un pensiero e una ricerca collettiva che consen­
tono di risolvere piil facilmente i problemi. L'esplora­
zione della natura è divenuta per eccellenza uno sforzo
comune di tutta l'umanità, tanto nelle imprese come
nelle conseguenze. Ma la stessa tendenza va facendosi
strada anche in altri campi. Ogni pensiero e ogni ricer­
ca ha preso forma di dialogo, e, grazie allo scambio di
idee e di opinioni, si estendono le nostre conoscenze e
si allarga il nostro orizzonte mentale. Anche il nostro
senso di responsabilità, infine, si è approfondito. Si
afferma sempre piil la convinzione che tutti i popoli
della T erra abbiano un dovere di solidarietà, che impo­
UNA SFERA CHE INVOCA UN CENTRO 67

ne al piti provveduto di aiutare e sostenere chi lo è me­


no. In ogni campo insomma si riscontrano segni piti o
meno palesi di progresso nella coscienza dell'umanità.
Non vi è dubbio che questi segni si trovino sulla li­
nea della legge, già piti volte citata, di complessità e
coscienza crescenti: essi corrispondono perfettamente
al movimento cosmico generale, in cui possiamo vedere
l'essenza stessa della evoluzione biologica. L'analisi de­
gli avvenimenti dell' ora attuale ci convince sempre piu
che tutta l'umanità si orienta verso una progressiva so­
cializzazione e che la pluralità darà origine all'unità.
"Non bisogna orientarsi in direzione di individui ana­
tomicamente super-cerebralizzati, ma in quella di grup­
pi super-socializzati se si vuole intravedere il volto
della Super-Umanità'."
La tendenza a raggrupparsi e a stabilire relazioni
organiche è antica quanto il mondo. La scopriamo ne­
gli atomi, che si costituiscono in strutture sempre piti
complesse. La scopriamo negli esseri viventi che, a mo­
do loro, tendono a una certa socializzazione, ognuno
nel proprio campo. Nell'uomo continua la legge gene­
rale e universale del cosmo. "Nel sociale proseguono in
linea continua la Chimica e la Biologia'," Nell'uomo si
effettua veramente la superorganizzazione della materia,
che continua il suo cammino in avanti, con il suo effet­
to abituale, specifico, di una liberazione di coscienza'.
Non dimentichiamo che, per quanto impersonale e in­
comunicabile nel suo centro e nel suo germe, la rifles­
sione si sviluppa nella comunità e costituisce essenzial­
mente un fenomeno sociale'.
L'avvenire della umanità come specie umana sem­

, Super-Humanité, Super-Christ, Super-Charité, 1943, p. 6.


2 L'Avenir de l'Homme (Oeuvres, t. V) p. 167.
, Ibid. p. 168.
• Ibid., p. 169.
68 N. M. WlLDIBRS

bra dunque trovarsi nel corso di una progressiva socia~


lizzazione. Ma tale sviluppo non comporta una minac­
cia fatale per la persona umana? Tutta l'avventura uma­
na dovrà forse sfociare in un processo di agglomera­
mento in cui l'individuo si trovi come in un alveare o
in un formicaio? Questo è il timore che assale parecchi
di coloro che osservano l'evoluzione attuale della uma­
nità. Eppure una simile apprensione non pare fondata.
Non dimentichiamo che, se il conglomeramento condu­
ce a una spersonalizzazione, la comunità ha un diverso
effetto, fecondante, sullo sviluppo della personalità.
Una vera comunità non produce livellamento, ma, al
contrario, diversità. Quanto è piu grande e complessa,
tanto piu numerose sono le funzioni e i compiti da as­
solvere, e tanto piu ognuno riceve occasione allo svi­
luppo dei propri doni, e all' espressione della propria
personalità.
In teoria, l'unificazione dell'umanità può realizzar­
si in due modi: con la costrizione e la violenza, o me­
diante un libero e consenziente avvicinamento. La co­
strizione e la violenza possono creare una associazione
estrinseca, ma non creeranno mai l'interna armonia né
una vera unità. Essa non è possibile se non per un av­
vicinamento liberamente voluto, se non per mezzo del­
la simpatia e dell'amore. Sono queste le vere forze crea­
trici del mondo dell'uomo, come già lo erano a un li­
vello pili basso e in forma pili debole, dell'universo
intero. Gli atomi sono stati spinti l'uno verso l'altro da
una affinità interna e cOSI si formarono le molecole; le
cellule si sono raggruppate e hanno dato origine a or­
ganismi diversi; con l'unione di esseri viventi nascono
le varie forme di comunità (la foresta, la mandria, il for­
micaio); il raggruppamento di persone crea la famiglia,
il popolo e la comunità dei popoli. In ognuno di questi
UNA SFERA CHE INVOCA UN CENTRO 69

casi l'accostamento e l'unione provocano una maggior~


differenziazione e una piu grande diversità.
È chiaro che termini quali inclinazione e affetto
(amore) vengono usati per analogia. Già in San Tom­
maso d'Aquino troviamo queste espressioni. Egli di­
stingue tre significati della parola amore: 1) l'amore
nella accezione piti larga può indicare una inclinazione
tra due o piu esseri, inclinatio rei ad aliquid, cosicché si
può dire che il fiore ama il sole e che certe sostanze so­
no attratte l'una verso l'altra; 2) l'amore può, in senso
piu ristretto, indicare un certo compiacersi di ciò che
è buono, complacentia boni, che non sempre dipende
dalla nostra volontà: la simpatia non soffre costrizioni;
3) nella accezione piu ristretta e piti perfetta, l'amore
indica poi una azione umana libera per la quale deside­
riamo far del bene agli altri; e diviene allora la dilectio
o charitas.
Non ci è lecito dunque negare a Teilhard de Char­
din il diritto di usare il termine amore nelle sue diverse
accezioni e di ravvisarvi la piti grande forza dell'univer­
so, la forza che, come dice Dante, "muove il sole e l'al­
tre stelle". Nel mondo della materia e degli animali non
possiamo parlare se non di una inclinazione involonta­
ria, ma nel mondo dell'uomo, l'amore cosciente ha una
parte insostituibile e creatrice. E la comunità creata e
animata da questo amore è per eccellenza l'ambiente in
cui la persona umana può svilupparsi nel modo piu per­
fetto. Lungi dall'annichilare la personalità, le fornirà
i migliori mezzi per svilupparsf. A buon diritto dunque
possiamo dire che, anziché segnare il tramonto dell'era
della personalità, la socializzazione ne inaugurerà piut­
tosto l'avvento'. Collettivizzazione, super-socializzazio-
Il

I Ibid., pp. 75, 98, 152.

1 Ibid., p. 75.

70 N. M. WILDIBRS

ne, nel caso dell'uomo non significano altro che super­


personalizzazione!. /I ;

Vediamo cOSI come l'evoluzione prosegue il suo


cammino con l'uomo, e, arrivata al momento attuale
del suo sviluppo, adotta un metodo analogo a quello
incontrato a piu riprese nel passato: l'edificazione di
una forma di vita nuova e piu complessa, portatrice di
una vita spirituale piu alta e piu ricca.

Un esame attento della situazione attuale dell'uma­


nità, sullo sfondo della evoluzione totale, ci ha fatto
vedere come noi si amo giunti al momento di un pro­
gressivo riavvicinamento e di una graduale unificazione.
I limiti del globo terrestre, l'aumento della popolazio­
ne, i contatti sempre piu frequenti che si stabiliscono
per merito della scienza, della tecnica e della economia,
la compenetrazione delle culture e dei popoli, tutto sem­
bra indicare che il processo di organizzazione cosmica
si prolunga nella umanità di oggi. L'umanità è entrata
nello stadio della pianetizzazione. Siamo giunti a un
momento della storia in cui questo fenomeno si mani­
festa chiaramente. Sembra assolutamente da escludere
un rovesciamento della situazione che equivarrebbe a
una catastrofe.
Ci si pone pertanto automaticamente la questione
di sapere quale sia il misterioso termine cui porta tale
sviluppo. Ma non possiamo rispondere se non in modo
vago e generico. "Le forme dell'avvenire sono per na­
tura imprevedibili ... ci poniamo soltanto il problema
di sapere in quale direzione e su quali assi si effettua la
metamorfosi umana Come infatti potremmo descri­
2
./I

vere le fasi dell'ulteriore sviluppo della umanità? Come

l Super-Humanité, Super-Christ, Super-Charité, 1943, p. 6.


2 Réflexions sur la crise présente, 1937, p. 11.
--
UNA SFERA CHE INVOCA UN CENTRO 71

potremmo rappresentarci la vita psichica dell'uomo che


vivrà tra un migliaio o un milione di anni? Una cosa è
certa: non ci è possibile vedere il futuro che come pro­
lungamento del passato, come la continuazione, su di
un piano piti elevato, della legge che governa tutto il
cosmo. In conseguenza della progressiva unificazione e
della organizzazione, l'umanità avrà probabilmente for­
me piu complesse, cui sarà congiunta una proporzionale
coscienza, una alta tensione psichica di potenza oggi
sconosciuta. Se la legge complessità-coscienza si man­
terrà in avvenire come in passato (e non vediamo per­
ché non dovrebbe accadere cosI) arriverà prima o dopo
il momento in cui l'umanità avrà raggiunto il massimo
di complessità e di coscienza.
Per quanto ci è dato vedere, sembra che la pianetiz­
zazione della umanità continuerà sempre nel senso di
una maggior armonia, cOSI che possiamo considerare il
mondo in cui viviamo come un mondo di struttura con­
vergente. È inevitabile che tali linee convergenti arri­
vino a un punto determinato, "a un polo superiore che
si pensa essere quello della co-riflessione umana''', a un
centro che potremmo chiamare il punto Omega, il ter­
mine dell'evoluzione biologica, di tutto il movimento
cosmico, termine in cui la legge dell'amore universale
avrà la sua apoteosi.
Secondo Teilhard de Chardin l'avvenire dell'uomo
si colloca sul piano sociale. Il grande organismo della
umanità è simile al composto di numerose cellule che,
attualmente, sono indipendenti l'una dall'altra e hanno
una esistenza propria. Come il cervello umano è com­
posto di milioni di neuroni, costituiti in unità per mez­
zo di innumerevoli connessioni, che danno all'uomo una
coscienza unica, cOSI gli uomini finiranno per intercon­
1 L'Apparition de l'Homme (Oeuvres, t. II) p. 371.
72 N. M. WILDIERS

nettersi in una sorta di super-organismo nel quale si


manifesterà una coscienza comune, una unità sopra:
personale; con la differenza che mentre le cellule del
nostro cervello non hanno piti esistenza individuale,
l'uomo in ragione della sua coscienza riflessa, manterrà
la propria libertà e la propria indipendenza, anche in
seno alla grande organizzazione. " ... nel lontano avve­
nire si delinea uno stato finale in cui, organicamente
associati gli uni agli altri (piti ancora delle cellule di
un cervello) noi formeremo un unico sistema, ultra-
complesso, e, d1· conseguenza, u ltra-accentrato >II .
Quello che Teilhard de Chardin attende dall'avve­
nire differisce fondamentalmente dalla anticipazione
nietzscheiana. Mentre Nietzsche, con la sua teoria del
superuomo (concepita sia biologicamente che eticamen­
te) poneva l'accento soltanto sull'individuo e non aveva
che disprezzo per l'idea comunitaria, vediamo invece
che Teilhard de Chardin, senza sottovalutare la perso­
nalità individuale, pone il vero compimento della uma­
nità sul piano comunitario, sul piano dell' armonia e
dell'unificazione sociale. Anche Nietzsche era partito da
una certa teoria evoluzionistica, che era però assai piti
ristretta e superficiale di quella cui ci ha condotto la
scienza contemporanea. Mentre Nietzsche proclamava
l'avvento del superuomo, Teilhard de Chardin prean­
nuncia piuttosto quello di una superumanità. Se il pri­
mo esalta l'orgoglio e l'egoismo come supreme virtU, il
secondo predica la solidarietà e l'amore universale.
Il termine dell' evoluzione si troverebbe dunque a
suo avviso nel risveglio di una super-coscienza emanan­
te dalla fusione e dalla unione morale di tutti gli uomi­
ni: "È piti facile che la Terra smetta di girare che l'uma­
nità, presa nel suo insieme, di organizzarsi e di

l L'Avenirde l'Homme (Oeuvres t. V), p. 118.


UNA SFERA CHE INVOCA UN CENTRO 73

unificarsi l . " Questa speranza può sembrarci temeraria e


fin troppo bella, ma non dimentichiamo che il termine
che dobbiamo aspettarci non può essere meno grandioso
e straordinario della evoluzione di cui dovrà costituire
il coronamento e il compimento ultimo. Se tutta l'evo­
luzione cosmica rivela una linea ascendente, ci è lecito
sperare che il punto di arrivo di questo movimento su­
peri in grandezza e in valore quanto lo ha preceduto.
A prima vista verrebbe fatto di pensare che la conce­
zione della futura umanità secondo T eilhard de Char­
din abbia qualche analogia con quella marxista; poiché
anche il marxismo pensa a una comunità ideale che non
conoscerà piu i contrasti e le ingiustizie di oggi. Vi è
però una differenza fondamentale tra le due concezioni.
Infatti Teilhard de Chardin su questo punto va parec­
chio oltre il marxismo. Per il marxismo il punto di ar­
rivo sarà una comunità in cui tutti i membri avranno
raggiunto uno stato di uguaglianza, e in cui ogni indi­
viduo otterrà il proprio completamento e la propria
elevazione intellettuale e affettiva nella misura in cui
sarà stato integrato nel tutto. Per Teilhard de Chardin
invece il completamento e la perfezione ultima dell'uo­
mo e di tutta la comunità umana risiedono nella unione
con un centro sopra-individuale e sopra-personale. Senza
l'esistenza di un tal centro verso cui convergono tutte
le forze egli ritiene impossibile la coerenza della uma­
nità totalizzata e inevitabile il ritorno all'egoismo.
Ma l'uomo riuscirà a raggiungere il suo fine? Questo
dipende in gran parte dall'uomo stesso, dalla sua coo­
perazione e dalla sua scelta. Fino alla comparsa dell'uo­
mo, l'evoluzione era avvenuta mediante un giuoco di
determinismi, secondo le leggi della natura. Ma quando
l'uomo è apparso nel mondo si è verificato un nuovo

I Ibid., pp. 194-5.


74 N. M. WILDIERS

fenomeno: il fenomeno della libertà. È chiaro allora


che noi dobbiamo cooperare alla continuazione del pro- ;
cesso evolutivo proprio in qualità di esseri liberi. Da
questo momento in poi, noi non subiremo piti l'evolu­
zione; tocca a noi anzi dominarla e condurla al suo
ultimo compimento. Compimento che è ora offerto al­
l'uomo e si trova alla sua portata, ma non gli è imposto
violentemente. La possibilità di raggiungere il compi­
mento ultimo dipende dunque dalla nostra collabora­
zione.
Ma allora si pone la questione di sapere se l'uomo
avrà la forza necessaria per seguire fino in fondo il
cammino del suo perfezionamento e per raggiungere la
meta. Due sono le condizioni indispensabili a tale sco­
po. Innanzitutto l'uomo dovrà guardarsi da ogni pessi­
mismo e da ogni scoraggiamento che possano farlo
esitare o indietreggiare davanti agli ostacoli. Ecco per­
ché tutti i sistemi filosofici o tutti i dogmi che predicano
l'abbandono del mondo o la rinuncia alla vita o ci
immergono in una indifferenza di tipo buddistico, sono
una tentazione da cui bisogna premunirci. La vera sag­
gezza non risiede nell'isolamento, nel pessimismo, o nel
fatalismo; cose che possono condurre soltanto al falli­
mento e allo scacco finale.
La seconda condizione, viceversa, è che noi amia­
mo il compimento ultimo della evoluzione e cerchiamo
di raggiungerlo con tutte le forze. Perciò è necessario
credere al mondo, all'uomo e al suo destino finale. Bi­
ti

sogna che l'Uomo creda nella Umanità piti che in se


stesso, per evitare il rischio della disperazione'." Ecco
perché dovremmo amare il nostro compimento. Ma è
possibile un tale amore che attiva e sublima? Siamo
capaci di avere amore per un centro futuro che sembra

l L'Esprit de la Terre, 1931, p. 19.


UNA SFERA CHE INVOCA UN CENTRO 75

quasi una astrazione o una cosa? Ogni vero amore non


si concentra forse soltanto su una persona, su qual­
cuno? Certo, se noi pensassimo al punto Omega come
a una cosa o a un concetto, il nostro amore sarebbe in­
sufficiente e non tarderebbe a venir meno di fronte alle
difficoltà da superare. Se cerchiamo invece di conce­
pirlo come qualcuno, allora l'amore può farci superare
tutti gli scogli e farci trovare la forza necessaria per
condurre l'evoluzione al suo compimento.
Il grande compito dell'uomo in quanto essere libero
e intelligente consiste nel condurre a termine la gran­
diosa opera del cosmo. In questa opera siamo incorag­
giati non solo dalla potenza della evoluzione che, come
insegnava Bergson, sospinge a guisa di vis a tergo, ma,
piti ancora, dalla forza di attrazione, ab ante, che ema­
na dal punto finale, che attrae a sé tutto il cosmo. In­
tanto dobbiamo mantenerci coscienti del nostro dovere
e della nostra suprema responsabilità. Siamo nati e vi­
viamo in funzione di un movimento cosmico. La nostra
esistenza individuale è subordinata a un destino univer­
sale in cui ciascuno di noi deve avere il posto che gli è
proprio.

Rifacciamo ancora una volta il cammino percorso.


Secondo la concezione di T eilhard de Chardin il cosmo
è una unità spazio-tempo la cui struttura interna e il
cui senso si rivelano solo nella analisi della evoluzione
e del meccanismo nascosto che l'ha determinata. Il
mondo, nella sua essenza piti profonda, è uno psichismo
immenso, "une affaire psychique immense"\ un'ascesa
verso una forma di coscienza sempre piti perfetta, in
virtti di strutture sempre piti complesse. "Tutto il mo-

l Ibid., p. 7.
76 N. M. WILDIERS

vimento cosmico verso il grado piti alto di coscienza "I,


si esprime nell' evoluzione biologica, la quale però ne
costituisce soltanto una parte, ma la piti importante e
la piti rivelatrice. L'evoluzione biologica è sfociata nel­
l'uomo, di guisa che possiamo affermare a giusta ragio­
ne che la natura piti profonda del mondo si rivela nel­
l'uomo. "La storia della vita non è ... che un movimento
di coscienza velata di morfologia2 • II Teilhard de Char­
din non è stato certo il primo studioso ad aver
sottolineato in tal guisa l'elemento psichico nella strut­
tura dell'universo. Una concezione analoga si ritrova
in molti pensatori, da Spinoza a Heymans. Per la mag­
gior parte di essi tuttavia, tale concezione era il risul­
tato di speculazioni filosofiche, legate a una certa gno­
seologia e a una certa metafisica. Il punto di partenza
di Teilhard de Chardin, invece, è talmente diverso e la
natura del suo procedimento intellettuale è prettamente
biologica, sebbene le conclusioni a cui giunge superino
i fatti puramente sperimentali. La struttura piti pro­
fonda dell'universo è dunque di natura psichica. Il
processo di noogenesi in cui si manifesta l'essenza della
storia cosmica è di natura convergente: indirizzato
verso il punto in cui tutte le forze spirituali del mondo
si raccoglieranno in un centro personale, il Super-ego,
che coroni il tutto. Il punto Omega è "una unità com­
plessa, in cui la somma organizzata degli elementi ri­
flessi del Mondo diviene irreversibile solo in un Super-
ego trascendente .
113

L'immagine del mondo cOSI tracciata da Teilhard


de Chardin eccelle incontestabilmente per la sua stretta

I L'Avenir de l'Homme (Oeuvres, t. V) p. 91.


2 Le Phénomène humain (Oeuvres, t. I) p. 184...... la genesi dello
spirito è un fenomeno cosmico; e il cosmo consiste in questa stessa ge­
nesi." (L'Esprit de la Terre, 1931, p. 20).
3 Le Coeur de la Matière, 1950, p. 20.
UNA SPERA CHE INVOCA' UN CENTRO 77

coerenza interna. Sembra emanare interamente da una


unica intuizione iniziale presentatasi assai presto alla
sua mente e approfondita col passare degli anni e l'ac­
crescersi della sua esperienza di scienziato. Egli ha
scoperto nel cosmo una organicità sorprendente, una
unità organizzatrice in cui tutto è collegato, in cui ogni
essere assume il suo significato dal posto che occupa
nel vasto insieme.
Tuttavia si traviserebbe la visione teilhardiana del
mondo se la si considerasse soltanto come stabilita su
basi scientifiche, armonica nella sua coerenza e anco­
rata alla storia. La portata di questa visione è in realtà
molto piu ampia, poiché vuole orientare l'attività del­
l'uomo a contribuire alla realizzazione del grande fine
da raggiungere, volge i nostri sguardi verso l'avvenire
e colma i nostri cuori di fiducia e di speranza. Il mon­
do in cui viviamo è un mondo in cui abbiamo un com­
pito da assolvere, un mondo che dobbiamo portare al
suo compimento. Esso è quindi piu che una dimora
occasionale ed effimera: è come un edificio da comple­
tare e costituisce per cosi dire parte di noi stessi.
L'uomo nel mondo non è un epifenomeno accidentale
e inesplicabile, uno straniero e un ospite. Infatti in lui
si trova espresso tutto il valore del cosmo, che solo in
lui trova il suo significato e solo attraverso di lui è
condotto al suo fine. "Nello spirito umano, come in un
frutto unico e insostituibile si trova raccolta tutta la
vita sublimata, cioè tutto il valore cosmico, della
Terra'. "
.L'umanità di oggi è ancora agli inizi del suo cam­
mino. Alcune migliaia di secoli, sul metro dell'evolu­
zione, non sono che un breve periodo di tempo. Secon­
do tutte le previsioni logiche, essa ha ancora migliaia

, L'Esprit de la Terre, 1931, p. 15.


78 N. M. WILDIERS

e forse milioni di anni davanti a sé. L'imperfezione deL


presente non deve generare scoraggiamento o dispera­
zione. Dobbiamo aver sempre presente dinanzi a noi il
termine ultimo che è di entusiasmante grandezza, e
metterci al lavoro per affrettarne l'arrivo. Il progresso
della scienza, della tecnica, del commercio e dell'indu­
stria, il fiorire dell'arte e della speculazione filosofica,
l'ordine sociale e internazionale sono parte di questa
impresa grandiosa, e acquistano proprio per questo un
significato piti profondo e un valore piti alto. Nel mon­
do dovremo prima di tutto promuovere l'unione degli
spiriti e l'amore: che sono le grandi forze costruttive
dell' avvenire. L'amore di cui saremo capaci deciderà la
sorte dell'umanità e quindi di tutta quanta l'evoluzione.

La visione teilhardiana del mondo è impregnata di


profondo ottimismo. E proprio per questo è in netto
contrasto con le idee tetre e pessimiste diffuse da certi
scrittori e filosofi del nostro tempo. Il messaggio di
Teilhard de Chardin è fondato sulla fiducia e la speran­
za. Non ci trasmette l'angoscia e la nausea, ma l'amore
della vita e del mondo, non ci insegna l'isolamento, ma
l'armonica convivenza. Nel suo studio su Jean Paul
Sartre, R. M. Albérès dimostra come la responsabilità
dell'uomo di fronte al suo destino costituisca il proble­
ma centrale del filosofo. Ma egli aggiunge che: "in
Sartre non si trova alcun senso cosmico, nessuna eco
della avventura umana, né, tanto meno, fede alcuna.
l/uomo è imprigionato nella coscienza umana, senza
nessuna fraternità con la Terra, la natura, il cosmo'."
L'osservazione è esatta. Non possiamo non sentire
l'abisso che separa Sartre da Teilhard de Chardin. Se­

, R. M. Albérès, Jean-Paul Sartre, pp. 13-14. Paris; Editions Uni­


versitaires, 1957.
UNA SFERA CHB INVOCA UN CENTRO 79

condo Sartre l'uomo è completamente isolato dal mondo


circostante e si trova chiuso in se stesso, mentre secon­
do Teilhard l'uomo si sente solidale con l'intera evo­
luzione cosmica e si sente chiamato a elevarsi al di
sopra di se stesso nel compimento di una grandiosa
Impresa.

Nella sua opera Cosi parlò Zaratustra, Nietzsche fa


dire al suo profeta: 44Vi scongiuro, o fratelli, di restar
fedeli alla Terra." Teilhard de Chardin ci parla an­
ch'egli di fedeltà alla TerraI. Ma come diverso è il suo
linguaggio. La fedeltà che insegna è fedeltà all'evolu­
zione che si compie nel profondo del cosmo: ascesa
verso lo spirito, verso l'amore e l'armonia universale,
sviluppo collettivo verso il centro sopra-personale, cui
mira tutta l'evoluzione.

I " ... restare fedeli all'invito cosmico ... " (La Vie cosmique, 1916,
p. 15) " ... i fedeli della Terra ... " (L'Avenir de l'homme, Oeuvres, t. V,
, 1957, p. 65).
PARTE SECONDA

"UNA RELIGIONE DI TIPO CRISTICO"

6.. IntrodutiofJe ti Tei/ha,.d de Chardin.


---

CAPITOLO PRIMO

RELIGIONE DELLA TERRA

E RELIGIONE DEL CIELO

Come abbiamo detto all'inizio del nostro studio,


il problema centrale su cui Teilhard de Chardin ha me­
ditato per tutta la vita, è quello del rapporto tra Dio
e l'universo.
La soluzione di tale problema supponeva anzitutto
uno studio profondo del fenomeno cosmico. Abbiamo
cercato di sintetizzare i risultati di questo studio nelle
pagine precedenti. E abbiamo detto che bisogna impa­
rare a vedere il cosmo come un tutto evolventesi orga­
nicamente, internamente orientato verso la comparsa e
la ascesa della intelligenza, cOSI che la cosmogenesi deve
essere considerata come noogenesi. In seno alla nooge­
nesi si forma un movimento convergente che perviene
infine a un centro spirituale di ordine personale. Tutta
l'umanità deve aspirare a realizzare tale fine.
Ma ciò non costituisce che un primo passo verso
la soluzione del problema posto. Se molti hanno l'im­
pressione che l'opera di Teilhard de Chardin possa es­
sere ridotta alla sua fenomenologia scientifica, ciò è
dovuto al fatto che gran parte dei suoi scritti, e in par­
ticolare quelli che hanno attinenza col problema reli­
gioso, non sono stati ancora pubblicati I problemi re­
l

I Se si eccettua Le Milieu divin (Oeuvres t. IV).


84 N. M. WILDIBRS

lÌgiosi sono invero ampiamente trattati negli scritti ine- .


diti, poiché piti ancora delle questioni scientifiche, Teil-'
hard de Chardin si è occupato di questioni religiose. La
separazione dei due mondi costituiva per lui una im­
possibilità psicologica. Occuparsi unicamente della
scienza ed escludere i problemi filosofici e teologici era,
secondo lui, "un atteggiamento psicologicamente im­
praticabile". Ogni opera scientifica, in ultima analisi,
deve essere sostenuta e stimolata da una certa "fede 1/'.
Per questo egli confrontò, per tutta la vita, le sue
considerazioni scientifiche con la sua fede e il confron­
to mirava non solo a eliminare ogni contraddizione, ma
a realizzare una sintesi vivente tra di esse.
Egli doveva in primo luogo soddisfare un'esigenza
personale del suo spirito e una esperienza interiore di
cui ha voluto dare testimonianza. Era anche profonda­
mente convinto di non costituire una eccezione nel pro­
prio campo e che molti oggi, sia nel cristianesimo che
al di fuori di esso, si dibattessero con un problema
analogo. Ecco perché stimò suo dovere comunicare i
risultati delle sue ricerche personali anche agli altri,
sperando di contribuire in qualche modo a risolvere i
loro problemi personali. "Ho coscienza di essere, in
ogni mio studio, un semplice amplifìcatore di ciò che
la gente intorno a me pensa. Non sono, né posso, né
voglio essere un maestro. Prendete in me quello che
trovate di buono e costruite il vostro edifici0 Egli 2
."

considera le sue speculazioni teologiche come" suggeri­


menti e non come affermazioni o insegnamento/1J. Con­
sideriamo dunque le sue idee come egli stesso le ha
intese.

l Recherche, travail et adaratian, 1955, p. 1.


2 Lettera del l° gennaio 1954; vedi Cuénat, Teilhard de Chardin.
Les grandes étapes de san évalutian, p. 482, Paris, PIan, 1958.
3 Christianisme et évolution, 1945, p. 1.
RELIGIONE DELLA TERRA E DEL CIELO 85

La vita intellettuale dell'uomo di oggi è dominata


in grandissima parte dal problema della scienza e dalla
visione del mondo che ne consegue. Da tale concezione
sono derivate due scoperte essenziali da cui è sorta
1/

e di cui resta impregnata la mentalità moderna: a) sco­


perta della immensità continua dello Spazio, che inseri·
sce, nella nostra abituale considerazione delle cose, una
nota di Universalismo; b) scoperta della immensità con­
tinua (e progressiva) della Durata che a sua volta intro­
duce nelle nostre prospettive abituali la nota del Pro·
gresso possibile illimitato (Futurismo) ... Universalismo
e Futurismo che si combinano nella percezione di un
cosmo globalmente in crescita (Evoluzione). Questi due
caratteri costituiscono in sé un grande avvenimento
psicologico poiché equivalgono all' acquisto di due nuo­
ve dimensioni della nostra esperienza. Ma vi è di piu.
Per natura essi definiscono una religione, poiché il
religioso appare (per definizione) allorché il Mondo è
guardato nella sua totalità e nel suo futuro compimento
(feder. "
Tale constatazione è assai importante. È innegabile
che la concezione che abbiamo dell'universo influenza
la vita interiore e il sentimento religioso. Infatti, per
citare le parole di José Ortega y Gasset, viviamo sem­
pre secondo una determinata interpretazione del mon­
do. Ora noi abbiamo preso coscienza delle dimensioni
colossali e della organicità dell'universo. Da questa in­
tuizione del cosmo si è sviluppata una nuova forma di
religiosità naturale, volta interamente alla terra e al
suo compimento attraverso la storia. Il mondo è dive·
nuto per noi Il come un oggetto di valore e di dignità
superiori, cui ci si deve sottomettere e consacrare: fa

I Quelques réflexions sur la conversion du Mònde, 1936, pp. 2-3.


86 N. M. WILDIBRS

risuonare in noi, con l'innegabile attrazione di una im­


mensità prossima e tangibile, le corde della adorazione,
sempre pronte a vibrare ... L'Umanità, nel corso di poche
generazioni, si è quasi convertita, spontaneamente, a
una specie di Religione del Mondo, confusa nei suoi
dogmi, ma perfettamente chiara nell'orientamento mo­
rale costituito: dal predominio riconosciuto del Tutto
sull'individuo; da una fede appassionata nel valore e
nella possibilità dello sforzo umano; dalla percezione
vivissima del carattere sacro della ricerca, sotto ogni
aspetto. Dopo la scoperta scientifica dell'unità naturale
e della enormità del Mondo, l'Uomo moderno non può
piu riconoscere Dio se non come sul prolungamento (si
potrebbe dire: sotto le specie?) di qualche progresso o
maturazione universalel . "
Agli occhi dell'uomo moderno questa fede nei va­
lori terrestri e nel progresso si giustifica con le nuove
prospettive acquisite, mediante la scienza, circa la strut­
tura dell'universo e la storicità dell'esistenza umana.
Essa si sente appoggiata al progresso tecnico e alla fi­
ducia nell'avvenire ispiratale dalla storia. L'uomo ha
preso coscienza del suo compito nel mondo e della sua
responsabilità nei riguardi dell'avvenire: la sua vita è
ormai sostenuta e ispirata "dalla fede e dalla speranza
in una salvezza congiunta al compimento della Terra"'.
Non si può dire pertanto che l'uomo contempora­
neo sia areligioso. Ci si avvicina di piu alla realtà se si
dice che il sentimento religioso, presente in ogni uomo,
ha preso ora un'altra forma, un nuovo orientamento:
"Checché se ne dica, il nostro secolo è religioso, forse
piu religioso di tutti gli altri ... Solo che non ha ancora
trovato il Dio da poter adorare'." " ... Si può dire che
I L'Incroyance moderne, 1933, pp. 1·2.

2 Christianisme et tvolution, 1945, p. 2.

3 Lettera del lO dicembre 1952. Cfr. C. Cuénot, op. dI., p. 448.

• tesT -.,--~- . ""-'~J


RELIGIONE DELLA TERRA E DEL CIELO 87

stia per germogliare, nel cuore dell'Uomo moderno, nel


solco tracciato dalla Idea di Evoluzione, una forma sco­
nosciuta di religione, una religione che nessuno avrebbe
potuto fino a ora immaginare né descrivere, se non nel­
l'ambito di un Universo abbastanza grande e organico
per contener1aI . "
Dopo il Rinascimento questa forma di religiosità
naturale, questa forma di fede e di adorazione ha preso
gradatamente possesso dell'anima umana. Col passare
dei secoli si è ulteriormente estesa e approfondita;
mentre la ricerca scientifica mostrava sempre meglio la
grandezza e la natura dell'universo, e le possibilità
umane nella ulteriore edificazione del mondo. Il senso
moderno della vita è totalmente fondato sul nostro
senso di responsabilità verso il mondo.
Il sentimento religioso dell'uomo moderno è cOSI
divenuto una religione della Terra e della responsabi­
lità terrena. E si trova alla base dell'ateismo moderno.
La distanza tra questo ateismo e la religione della Ter­
ra è minima. Lo ha dimostrato chiaramente Jean La­
croix: L'uomo moderno ha spesso l'impressione di
1/

poter sovrapporsi alla natura, per mezzo della tecnica


e della scienza unite insieme, cioè di poter collaborare
in certo modo alla sua evoluzione e alla sua genesi, e
trasformare, se cosi si può dire, la storia naturale e, la
storia umana. Egli compiange coloro che hanno paura e
rifiutano di prendere in mano il destino del mondo e
il destino dell'uomo. Da questo punto di vista l'ateismo
scientifico cessa di essere soltanto metodico, per dive­
nire umanistico. L'ateo è allora colui che si sforza di
assumere la propria responsabilità nei confronti del
mondo e della umanità e che per questo si serve dei
soli mezzi efficaci. L'ateismo appare allora come la

I L'E/alfe de lVnivers, 1953, pp. 6-7.


88 N. M. WILDIER~

volontà di assumere la pienezza delle responsabilità,


umane '". L'attrattiva dell'ateismo si trova per molti
uomini e tra i piu valenti proprio in questa accentua­
zione delle responsabilità umane nei riguardi del mon­
do e dell'umanità. "L'ateismo ... non si cura di provare
la non esistenza di Dio, ma di dare all'uomo il senso
della propria esistenza '''. Dal culto della T erra e dalla
missione terrena è nato un nuovo umanesimo, il cui
centro di gravità si trova nella storicità umana. Siamo
noi a creare e a portare la storia: dobbiamo orientare
le nostre forze verso la costruzione di un mondo mi­
gliore e piu equo, in cui l'uomo possa fiorire pienamen­
te. "Il senso della storicità si rivela essere il motore
di una umanità giunta a una svolta; per questo confe­
risce all'umanesimo di oggi non solo un colore parti­
colare, ma una vitalità singolarmente vigorosa'."
Teilhard de Chardin ha sentito vivamente l'orien­
tamento del senso moderno della vita, e la sua diagnosi
collima con quella dei migliori osservatori della vita
spirituale moderna. A suo giudizio, la presa di co­
scienza della nostra libertà e responsabilità nei riguardi
dell'avvenire, nonostante gli errori e gli inganni cui può
condurre, è conquista preziosa e definitiva del pensiero
attuale. L'avversione lucida al fatalismo, alla sottomis­
sione passiva, costituisce forse uno degli avvenimenti
piu importanti della vita spirituale della umanità con­
temporanea; un avvenimento di cui dovranno tenere
ormai conto anche la filosofia e la religione. La volontà

Jean Lacroix, Le Sens de l'athéisme moderne, pp. 24-25, Paris­


Tournai. Casterman, 1959_
.2 Francis ]eanson, Athéisme et liberté, in Lumière et vie, n. XIII,
1954, p. 92. ti ... a chi sia stato' colpito una volta dalla miseria degli uo­
mini, il cristianesimo appare, sodoIogicamente, come una mostruosa
mistificazione." (Ibid., p. 93).
3 A. Dondeyne, Foi chrétienne et pensée contemporaine, p. 11,
Louvain-Paris, 1952.
RELIGIONE DELLA TERRA E DEL CIELO 89

di migliorare il mondo mediante la scienza e la tecnica,


mediante una migliore cultura, rappresenta la piu pro­
fonda forza motrice vitale della umanità contem­
poranea.
Pure Teilhard de Chardin ha sottolineato, piu di
ogni altro, 1'accordo tra la mentalità moderna e le in­
tuizioni cosmologiche della scienza contemporanea. Ac­
cordo che corrisponde, in certa misura, al momento at­
tuale della noogenesi. Infatti, in questo momento, l'uo­
mo si è reso conto della sua missione di condurre co­
scientemente l'evoluzione al suo compimento. "Dopo
l'era dell' evoluzione subita, l'era dell' auto-evoluzione".
Proprio perché noi viviamo in un mondo evolutivo di
natura convergente, dobbiamo tendere a una nuova for­
ma di vita sociale in cui si realizzeranno la giustizia,
l'armonia e la vita superiore dello spirito.
Non a caso infatti il pensiero moderno, nella filoso­
fia e nella religione, si è concentrato sui temi della li­
bertà e delle responsabilità umane.

Tra la religione della terra e il cristianesimo esiste


una viva opposizione che sembra, a prima vista, insor­
montabile. Entrambe le forme di religiosità sono carat­
terizzate dall'universalismo e il futurismo, ma questi
termini non possono dirsi adeguati. "Per origine, l'uni­
versalismo e iI futurismo del Mondo moderno sono a
tendenza panteista, immanente, organicista, evolutiva ... ,
mentre quelli del cristianesimo sono soprattutto espres­
si in termini di personalità, trascendenza, relazioni giu­
ridiche e fissismo /Il •

Secondo Teilhard de Chardin, si trova qui il vero


nodo del conflitto che separa le due diverse concezioni
della vita. "Intorno a noi la vera lotta non è tra creden-
l Quelques réflexions sur la conversion du Monde, 1936, p. 3.
90 N. M. WILDIERS

ti e increduli, ma tra due diversi tipi di credenti. Due,


ideali, due concezioni del divino si trovano l'una davan­
ti all'altra. I migliori (e quindi i piti pericolosi anti-cri­
stiani) non si allontanano dal cristianesimo perché è
troppo difficile, ma perché non sembra loro abbastanza
bello. Se non accettano il Cristo è perché non riconosco­
no in lui ciò che essi adorano e aspettano. Va costituen­
dosi ora una religione della Terra che si contrappone
alla religione del Cielo. Ecco la situazione di fondo,
nella sua gravità, ma anche nelle sue speranze m.
Quale impressione ha del cristianesimo l'uomo mo­
derno, cioè l'uomo che ha preso coscienza delle dimen­
sioni spaziali e storiche dell'universo e della funzione
creatrice umana nel mondo? Non gli sembrerà che i
cristiani siano rimasti estranei e incapaci di compren­
dere la rivoluzione psicologica dell'umanità? Molti di
essi rifiutano ancora di accettare le nuove prospettive
di cui nessuno scienziato, al di fuori degli ambienti cri­
stiani, dubita piti; e se essi talvolta aderiscono a queste
prospettive non lo fanno con la stessa lealtà né con lo
stesso entusiasmo degli altri. Anziché rallegrarsi delle
nuove conquiste umane sembrano provare una gioia
segreta nel sottolineare le insufficienze e le imperfezio­
ni di tali conquiste e nel minimizzare le speranze uma­
ne. Quale dedizione e quale arricchimento delle aspi­
razioni umane possiamo aspettarci da essi? Con titu­
banza e quasi controvoglia essi partecipano agli sforzi
per il progresso compiuti oggi dai migliori. Per quanto
falsa e unilaterale possa essere, è questa l'impressione
di molti non cristiani che osservano l'atteggiamento dei
cristiani'. Come è possibile che nove volte su dieci un
1/

fedele cristiano sia umanamente scettico? ... Ecco il gran-

I Ibid., pp. 3-4.

, L'Incroyance moderne, 1933, p. 2.

RELIGIONE DELLA TERRA E DEL CIELO 91

de scandalo dei Gentili,lI. T eilhard de Chardin ha mes­


so bene in rilievo l'errore dell'atteggiamento che, a suo
giudizio, si trova alla base dell'attuale crisi del cristia­
nesimo. Il cristiano e l'umano sembrano non coincide­
/I

re pili. Questo è il grande scisma che minaccia la Chie­


samo Donde l'opposizione fra fede in Dio e fede nel
mondo.
Ciò non costituisce però l'unica critica che gli av­
versari rivolgono al cristianesimo a proposito di reli­
gione. Teilhard non ebbe mai intenzione di scrivere
un'apologetica propriamente detta o di fare una com­
pleta diagnosi dell'evoluzione religiosa nel mondo. Ma
dati i suoi molteplici contatti con ambienti non cristia­
ni (egli passò la maggior parte della sua vita in tali
ambienti) si rese conto che l'atteggiamento di molti cri­
stiani nei riguardi della concezione scientifica del mon­
do e l'aspirazione al progresso e alle conquiste sociolo­
gico-culturali costituiva una delle cause principali del­
!'incredulità moderna. In attesa di dare un nome al
/I

Dio ignoto che essi presentiscono, i Gentili ci osserva­


no. Poi si allontanano da un Vangelo che non sembra
rispondere né alla loro visione del mondo, né ai loro
problemi, né alle loro attese. La resistenza che la Chie­
sa incontra nella sua diffusione non è dovuta, come
talvolta si dice, ai suoi dogmi troppo ardui e alla mo­
rale troppo difficile. È dovuta al fatto che gli Uomini
non riconoscono piil in noi il loro ideale religioso e
morale, e si allontanano in attesa di qualcosa di mi-
. 3/'
gl lOre .

I Lettera del lO gennaio 1953. Cfr. C. Cuénot, op. cit., p. 442.


l Note pour servir à l'Evangélisation des temps nouveaux,
1920, p. 2.
3 L'Incroyance moderne, 1933, p. 2. Vedi anche: Les Sens humain,
1929 p. 9: "La verità è che, se il cristianesimo oggi non piace piu, non è
perché sia troppo difficile o troppo sublime (come i suoi difensori fin­
gono di credere) ma perché il suo ideale non sembra abbastanza puro,
92 N. M. WILDIERS

Ma 1'opposizione tra "questa nuova religione e il 7/

cristianesimo non si fa sentire soltanto nel mondo dei


non cristiani. Tra gli stessi cristiani si avverte non di
rado una lacerazione interiore, una sorta di "schizofre­
nia religiosa Essi sentono che una concezione del
7/1.

mondo totalmente nuova è penetrata gradatamente e


irresistibilmente nella nostra civiltà moderna.
L'umanesimo dei secoli precedenti, l'umanesimo di
un mondo ben ordinato e dell'uomo in armonia con es­
so, e, stato superato. "I n sua vece sorge un po ' dapper­
tutto, per forza irresistibile di co-riflessione, un nuovo
Umanesimo, non pili di equilibrio, ma di movimento,
in seno al quale non sussiste pili alcun valore, anche e
soprattutto in materia religiosa, se non a condizione di
aprirsi all' esistenza e di piegarsi alle esigenze di un
avvenire cosmico ultra-umano l12 • Ma d'altra parte, que­
sto sentimento nuovo della vita non è stato ancora in­
tegrato nella visione cristiana del mondo. La dottrina
del Cristianesimo continua a esprimersi in formule pro­
venienti da concezioni di un'epoca trascorsa, o da esse
influenzate. Nella vita religiosa di molti cristiani si ri­
vela cosi un disaccordo e un senso di disagio, che de­
vono essere superati se si vuole che la vita religiosa
stessa conservi il suo pieno vigore e la sua intensità.
Dunque, anche dal punto di vista puramente cristia­
no, si impone un confronto tra i valori.secolari del Cri­
stianesimo e il clima spirituale dell'uomo moderno.

Teilhard de Chardin non ha cessato di attirare l'at­


tenzione dei teologi su questo confronto tra Cristiane-
né abbastanza elevato. La religione crIstiana, nella sua presentazione
corrente attuale, sembra ristretta al nostro spirito e il nostro cuore si
sente in essa soffocare."
Ce que le Monde attend en ce moment de L'Eglise de Dieu,
1952, p. L
l Ibid., p . .3.
RELIGIONE DELLA TERRA E DEL CIELO 93

simo e sentimento religioso moderno. I numerosi sag­


gi che egli dedicò a tale argomento avevano questo pre­
ciso scopo. Egli cercava, per sé e per coloro che lo con­
sultavano, di trovare una soluzione al problema, senza
volersi peraltro addossare il compito di teologo profes­
sionale.
Il rinnovamento e l'approfondimento necessari con­
cernevano soprattutto tre punti. La prima esigenza che
si imponeva, secondo Teilhard, al pensiero teologico
contemporaneo, verteva sulle nuove prospettive della
scienza. A suo giudizio i teologi non tenevano sufficien­
temente conto dei risultati della scienza contemporanea
e della nuova concezione del mondo che ne conseguiva'.
È un fatto incontestabile che la teologia cattolica si è
costituita in un periodo in cui si avevano ancora conce­
zioni estremamente limitate e imperfette dell'universo.
Tanto per i Padri della Chiesa che per i grandi pensa­
tori del Medio Evo, il sistema tolemaico faceva da sfon­
do alla loro vita intellettuale e spirituale. Questa visio­
ne limitata e statica ha avuto indubbiamente influenza
sulle interpretazioni date a certe dottrine del Cristiane­
simo e alla loro formulazione. D'altra parte alcune pro­
spettive contenute nella dottrina rivelata non erano an­
cora accessibili alla mente umana poiché l'infrastruttu­
ra mentale che poteva renderle concepibili faceva an­
cora difetto. Quando nel Rinascimento l'antica conce-

I Durante una cerimonia religiosa celebrata per il cinquecentesimo


anniversario della morte di Enrico il Navigatore, il Card. Cushing, ar­
civescovo di Boston, dichiarò: I teologi "giocano con i mulini a vento,
ma non si sono sufficientemente applicati allo studio dei difficili pro­
blemi che dividono la scienza dalla fede. Se la scienza ha talvolta mi­
nimizzato l'importanza della Religione nella vita dell'uomo, la teologia
troppo spesso ha ignorato i successi della scienza ed è stata estranea
ai pericoli della ricerca scientifica. Troppi teologi scrivono e predicano
su argomenti ormai sorpassati o che non hanno se non una vaga rela­
zione con i problemi della vita moderna." (Informations catholiques
•internationales, n. 132, 15 nov. 1960, p. 14).
94 N. M. 'lVILDIERS

zione del mondo incominciò a cedere e apparvero a po­


co a poco nuove idee sulla struttura dell'universo, sì
sottovalutò assai l'importanza di questo fatto per la
teologia; lo stesso accadde quando, nel diciannovesimo
secolo, si ebbero le nuove teorie dell'evoluzione biolo­
gica. In molti casi, nonostante la insufficiente conoscen­
za dei dati scientifici, alcuni teologi si sentirono addi­
rittura in dovere di prendere posizione contro certe
teorie scientifiche in nome di tesi ormai superate di
filosofia e teologia medievale.
Ciò si verificò soprattutto nel campo del trasformi­
smo biologico. Benché alcuni grandi uomini, come il
Cardinal Newman, avessero immediatamente colto l'e­
sattezza del principio evoluzionista, la maggioranza dei
teologi si oppose per lungo tempo alle conseguenze di
tale teoria, mentre altri, che cercavano di conciliare evo­
luzionismo e cristianesimo, sono incorsi, per questo, in
sanzioni ecclesiastiche. Ma quei tempi sono ormai tra­
scorsi ed è proprio uno dei piu grandi meriti di Tei1hard
de Chardin l'aver contribuito grandemente a una piu
chiara comprensione del problema. Attualmente anche
negli ambienti cattolici il principio evoluzionista è ge­
neralmente ammesso, benché alcuni teologi non si ren­
dano ancora del tutto conto delle sue implicazioni. Se­
condo Teilhard de Chardin le esitazioni in proposito
non fanno che nuocere alla causa religiosa, mentre la
apprensione di fronte a certe dottrine è priva di ogni
fondamento.
Ciò non significa che la Chiesa debba legare la sua
dottrina a una teoria scientifica determinata. Non deve
farsi garante per l'una o l'altra concezione dell'univer­
so. T eilhard non auspica che i teologi si pronuncino per
un determinato sistema del mondo, sarebbe cosa insen­
sata, egli auspica semplicemente che la teologia, restan­
do fedele a una secolare tradizione, formuli la dottrina
RBUGIONB DELLA TERRA E DEL CIELO 95

cristiana in un linguaggio accessibile all'uomo moderno.


S. Agostino predicava la divina rivelazione in un lin­
guaggio che era del suo secolo e aveva per sfondo il
Platonismo allora predominante. San Tommaso formulò
i dogmi cristiani nel quadro della scienza e della filo­
sofia aristotelica allora rifiorenti. In ogni secolo la teo­
logia ha saputo parlare il linguaggio adatto per il suo
messaggio. Oggi ha il compito di trovare una formu­
lazione e una presentazione intelligibili agli uomini del
nostro tempo. Jean Guitton scrive nel suo Journal:
"È stato un errore il voler legare l'Incarnazione del Fi­
glio di Dio alla immobilità della terra. Sarebbe però
un errore anche cercare il legame tra la religione cri­
stiana e l'Evoluzione vagamente definita Opinione
l
."

esatta, senza dubbio. Noi vorremmo però aggiungere


questo: nei secoli precedenti i teologi non potevano
concepire e presentare l'Incarnazione di Dio se non nel
quadro di una concezione statica del mondo. In un
mondo che si evolve organicamente, come è ormai di­
mostrato, l'Incarnazione non può essere interpretata
dai teologi se non nel quadro di questa nuova con­
cezione.
CosI interpretato, Teilhard de Chardin ha perfet­
tamente ragione, e segue in pieno la linea della tradi­
zione teologica quando chiede ai teologi di oggi di
tener conto di questo fatto nuovo, e quando chiede,
inoltre, che i dogmi cattolici, la cui inalterabilità è
riconosciuta da tutti i fedeli, vengano confrontati con
l'immagine del mondo della scienza contemporanea, e
con la religiosità moderna che ne deriva. Non basta
affermare che non vi è opposizione e incompatibilità
tra i dogmi del Cristianesimo e le prospettive della scien-
I Jean Guitton, Journal, études et rencontres, p. 231, Paris,
Plon, 1959.
96 N. M. WILDIERS

za attuale. Si tratta piuttosto di dimostrare come i due


termini possano essere concretamente e armonicamente
associati.
La sua intenzione è dunque chiara. In nessun mo­
mento egli ha pensato di diminuire in qualche modo il
dogma cattolico; egli ha soltanto auspicato che i dogmi,
fino a ora presentati nel quadro di una concezione sta­
tica del mondo, siano ormai espressi entro la cornice
di una visione dinamica del mondo. Si impone qui una
certa trasposizione, "una trasposizione, nelle dimensio­
ni di Cosmogenesi, della visione espressa tradizional­
mente in termini di Cosmo: creazione, Spirito, Male,
Dio (e piu specificamente Peccato originale, Croce, Re­
surrezione, Parusfa, Carità ... ), tutte queste nozioni, tra­
sposte nella dimensione di una genesi, si illuminano e
divengono coerenti, in modo sorprendente. ti!
Teilhard de Chardin è convinto che" il cristianesi­
mo piu tradizionale ... sia suscettibile di una traduzione
in cui si trasferisca il meglio delle aspirazioni proprie
del nostro tempo. m "Conciliare praticamente il natura­
le e il soprannaturale in un unico e armonico orienta­
mento dell'attività umana è un problema mille volte
piu acuto di tutte le difficoltà teoriche che si possono
accumulare sulla essenza della Grazia. '"
Il problema centrale di tale confronto è senza dub­
bio quello dei rapporti tra Dio e il Mondo. Perciò Teil­
hard chiede che venga esaminato attentamente. "Tra
tutti i rami della scienza sacra, è tempo di scrutare, con
lo studio e la preghiera, la regione in cui Dio e il Co­
smo si toccano.I/' Soprattutto ora che il mondo è con-
I Lettera del 1 gennaio 1951. Cfr. C. Cuénot, op. cit., p. 330,
nota 3.
2 Le Milieu divin (Oeuvres, t. IV), p. 18.
3 Note pour servir à l'Evangélisation des Temps nouveaux,
1920, p. 8.
• Ibid., p. 6. Vedi anche: Note sur le Christ universel, 1920, p. 3.
RELIGIONE DELLA TERRA B DEL CIELO 97

siderato sotto nuove prospettive e l'uomo ha preso co­


scienza del suo compito e della sua missione, uno stu­
dio attento del problema è di importanza capitale per
la vita religiosa dell'umanità. Per il cristiano tuttavia,
questo punto di contatto si trova nella persona del­
l'Uomo-Dio. Donde consegue la necessità di pensare
piu profondamente la cristologia ed esaminare, soprat­
tutto nelle fonti della rivelazione, il posto che Cristo
occupa nei disegni divini del mondo. Non sembra stra­
no, si chiede Teilhard, che la Cristologia, contrariamen­
te alla Mariologia, non abbia fatto quasi alcun progres­
so durante questi ultimi secoli? Ci si è fermati alle
definizioni dei primi secoli della Chiesa come se tutto
fosse stato detto riguardo alla imperscrutabile ric­
/I

chezza del Cristo'Il.


Il rapporto tra Cristo e il mondo diverrà precisa­
mente il tema principale delle speculazioni teologiche
di Teilhard, il quale si riallaccia COSI, come vedremo in
seguito, ad una delle piu antiche e delle pili ricche
tendenze del pensiero teologico.
La terza richiesta che T eilhard volge alla teologia
contemporanea si riferisce all'etica o, se si vuole, al rin­
novamento della spiritualità cristiana. Il problema dei
rapporti tra l'uomo e Dio, come dicevamo sopra, è per
eccellenza un problema pratico. Le sue speculazioni teo­
riche hanno lo scopo precipuo di dare un orientamento
alla azione umana, un orientamento in cui si incontrino
scienza e fede e in cui trovino la loro unità le aspirazio­
ni naturali e soprannaturali. Nulla è piu importante
che dare all'attività umana il suo vero orientamento e
stimolarlo allo sforzo supremo.
In termini concreti, ciò si riduce alla richiesta di
prestare maggior attenzione a una riflessione teologica

I Efesini, III, 8.

7. - lntrodu2ion. n T.Uhard de Chardin.


98 N. M. WILDIERS

su quelle che sono state chiamate le realtà terrestr(


Quale importanza dà la rivelazione allo sforzo umano e
alla vita terrena dell'uomo? Per il cristiano la terra è
forse soltanto un luogo di passaggio, una sala di aspetto
dell' eternità o assume anche il significato di una mis­
sione e di una vocazione? Le varie forme di attività
umana nelle scienze, arti, tecnica, economia, politica,
ecc., hanno un intimo valore e un significato religioso?
È possibile conciliare la dottrina evangelica del distac­
co e dell'oblio di sé, con l'amore della realtà terrena e
lo sforzo per l'edificazione di un mondo migliore?
Questi e molti altri problemi sorgono per il cristia­
no che ha preso coscienza della sua situazione nel mon­
do, e cerca una guida per la propria vita interiore. In
fin dei conti è l'antico problema dell'umanesimo cri­
stiano che mira a incarnare il cristianesimo nella realtà
terrena e a integrare i valori terrestri nella visione cri­
stiana del mondo.
Ecco le tre richieste principali che Teilhard pone
alla teologia attuale: lealtà di fronte ai risultati e alle
prospettive delle scienze naturali contemporanee, con­
fronto dei dogmi del cristianesimo e delle nuove pro­
spettive della scienza, riflessione sul valore religioso
dello sforzo umano nel campo del temporale. Indub­
biamente con queste sue esigenze Teilhard non è un iso­
lato. Numerosi scritti teologici degli ultimi anni pro­
vano la presenza di questa triplice inquietudine nella
vita spirituale del cristianesimo d'oggi. Molti cattolici,
tanto ecclesiastici che laici, si pongono questioni analo­
ghe. Teilhard era cosciente di interpretare l'inquietudi­
ne di gran numero di persone e la sua esperienza lo
portava a insistere su un esame piu approfondito di tali
problemi. Prendendo in blocco questi tre prindpi, o
desiderata, non si può far loro alcuna seria obiezione.
Ormai è chiaro che il pensiero teologico odierno do­
RELIGIONE DELLA TERRA E DEL CIELO 99

vrebbe sottoporre ad un esame critico la sua posizione


di fronte alle prospettive della scienza. I piti compe­
tenti teologi contemporanei ne sono pienamente co­
scienti, sebbene non manchino ambienti in cui l'impor­
tanza di questi problemi non è capita. Per questo l'a­
zione di T eilhard rispondeva a una esigenza imperiosa
e reale. La sua grande competenza scientifica e la sua
profonda conoscenza della vita spirituale odierna gli
danno il diritto di parlare: e noi capiamo come egli si
sia fatto un dovere di coscienza di far sentire la sua
voce in questo campo'. Teilhard non mirò a fondare una
teologia completa, ma solo ad apportare qualche pietra
che, dopo di lui, si inserisse nella nuova costruzione e
senza cui non sarebbe d'altronde possibile una soddi­
sfacente teologia.

, Cfr. C. Cuénot, op. cit., p. 330.


CAPITOLO SECONDO

/lL'UNIVERSO CRISTIFICATO"

Sono pochi i problemi teologici trattati particola­


reggiatamente da Teilhard de Chardin. Abbiamo già
osservato come egli non intendesse svolgere una teolo­
gia completa. Parecchi temi essenziali della dottrina cri­
stiana sono appena sfiorati, alcuni sono trattati un po'
piti ampiamente, altri invece non sono neppure toccati.
Sarebbe tuttavia un errore voler attribuire un partico­
lare significato a questo silenzio o a qualche enunciato
puramente accidentale. La ragione di ciò sta nel fatto
che certi temi non avevano nessun rapporto con i pro­
blemi religiosi che preoccupavano l'autore.
Uno solo è il problema sul quale egli. concentrò tut­
ta la sua attenzione e di cui si occupò per tutta la vita,
il problema al quale dedicò parecchie considerazioni e
che ritorna di continuo nei suoi scritti religiosi. È il
problema del Cristo, della sua posizione, e della sua
funzione nell'insieme della storia cosmica. Questione
che, rigorosamente parlando, non è nuova, anzi è antica
quanto il Cristianesimo stesso. I Padri della Chiesa dei
primi secoli e i teologi dei periodi successivi cercarono
di formulare nella maniera piti esatta i rapporti tra
Cristo e il mondo e la sua unione con la storia dell'u­
manità passata e futura. Ma il mondo che essi conside­
ravano era un mondo statico, di cui non potevano
Fonoscere l'interna coerenza. Quindi il loro problema
102 N. M. WILDIERS

era la pOSIZIOne di Cristo nel loro mondo statico e


limitato. '
Per Teilhard de Chardin il problema doveva assu­
mere invece un altro aspetto, dopo la rivoluzione avve­
nuta nella nostra concezione del mondo. Noi viviamo
in un mondo evolutivo di struttura convergente. Perciò
il teologo non può non tener conto di questa visione
del mondo. Esiste un rapporto tra l'Uomo-Dio e il
mondo evolutivo, e, se esiste, bisogna considerarlo in
modo estrinseco, giuridico, o concepirlo in modo orga­
nico? L'originalità di Teilhard de Chardin sta appunto
nell'aver impostato in modo nuovo l'antico problema
della funzione del Cristo nei disegni di Dio.

Ma per capire bene le concezioni teilhardiane a que­


sto proposito bisogna ricordare un momento la solu­
zione precedentemente data al problema. A dire il vero
non era stata ancora trovata una soluzione chiara e am­
messa da tutti. Nei riguardi dell'Incarnazione erano
sorte nel Medio Evo due concezioni diverse, l'una
detta tomista e l'altra scotista, che differivano tra
loro su di un punto importante, sebbene ne avessero
molti altri in comune.
Secondo la concezione tomista bisognava distinguere
nettamente l'ordine della creazione e l'ordine della re­
denzione. Nel disegno iniziale del mondo (l'ordine del­
la creazione) l'Incarnazione del Verbo non era prevista.
Se il primo uomo non avesse peccato, l'Incarnazione
non sarebbe avvenuta. Il decreto dell'Incarnazione non
avvenne se non dopo il peccato originale dal quale
fu condizionato. Per poter ristabilire l'ordine iniziale
che era stato sconvolto dal peccato, il Figlio di Dio si
era fatto uomo per riportare l'umanità al suo ultimo
fine. Secondo tale concezione il rapporto tra Cristo e
il mondo è soltanto accidentale. Il cosmo era stato
L'UNIVERSO CRISTIFICATO 103

creato da Dio senza alcun rapporto con l'Uomo-Dio.


Con l'avvento di Cristo sulla terra, il mondo è stato
salvato e santificato attraverso l'Uomo. Da questo mo­
mento si è stabilito un rapporto morale e giuridico tra
Cristo e il mondo; in virtu della sua unione ipostatica
con il Verbo e del suo merito di Redentore, Cristo otte­
neva diritto di regalità su tutte le cose.
È caratteristico di questa concezione il fatto che il
Cristo sia stato come escluso nel disegno iniziale della
creazione e non abbia dunque una parte nell' ordine
concreto delle cose. Resta difficile perciò riconoscere la
posizione di Cristo nel mondo. Poiché Egli è solamente
in funzione di una umanità colpevole, come Redentore.
Donde il rapporto morale e giuridico con il mondo in­
tero. Non si poteva dunque parlare di una funzione
intesa in maniera organica nell'insieme dell'ordine
cosmico.
La concezione scotista o francescana è assai di­
versa. Secondo questa il Cristo è considerato fine e co­
ronamento non solo dell'ordine soprannaturale, ma
anche dell'ordine naturale. Fin dal principio, e cioè
avanti la caduta del peccato, tutto il cosmo era orien­
tato verso l'Uomo-Dio. Anche se l'uomo non avesse
peccato il Verbo si sarebbe incarnato. Poiché il Cristo
è la suprema rivelazione di Dio nel mondo e il capola­
voro della creazione di Dio. Bisogna supporre il pec­
cato dell'uomo per rendere possibile tale rivelazione?
Non sembra. Il disegno iniziale della creazione impli­
cava dunque l'Incarnazione. La caduta a causa del pec­
cato non vi apportava se non una modificazione acci­
dentale: l'Uomo-Dio, fine e coronamento di tutto l'or­
dine della creazione, ha in piu la funzione redentrice
dell'umanità intera, mediante la sua passione e morte.
Secondo questa concezione il Cristo ha una funzio­
ne centrale nel cosmo. Funzione che non deve perciò
104 N. M. WILDIER5

essere intesa in maniera puramente morale e giuridica.


Il mondo dipende da Cristo nella sua stessa esistenza;
fin dal principio era orientato verso di Lui; ci è lecito
dire pertanto che Egli è 1'Alfa e l'Omega, il principio e
la fine di tutte le cose. Il mondo, nella sua struttura
interna, nella sua esistenza stessa, è volto verso il Cri­
sto, cOSI che, come dice S. Paolo "Egli è il primo in
tutto 111.
Non è qui il caso di discutere le due concezioni in
maniera piti profonda. Entrambe hanno diritto di esi­
stere in seno alla teologia cattolica e sono interamente
compatibili con i dogmi fondamentali del Cristianesimo.
Nessuna delle due può esser qualificata come eretica.
Si tratta di una questione detta libera, e ogni cristiano
può pensare ciò che gli sembra essere piti in armonia
con i dati della Scrittura e della tradizione ecclesiastica.
Se abbiamo ricordato qui le concezioni della teologia
tradizionale, è per dimostrare che la questione circa
la posizione del Cristo nell'ordine della creazione non
era un problema nuovo suscitato da Teilhard; e anche
per indicare al tempo stesso che si tratta di questione
suscettibile di essere ulteriormente sviluppata.
Nei manuali di teologia il problema generalmente
ha un posto del tutto secondario. Spesso è stato trat­
tato come una sorta di reminiscenza storica, cui non si
attribuisce che una importanza accademica, anche se
nei secoli passati ha esercitato una certa influenza sulla
spiritualità delle due scuole. Tuttavia agli occhi di
Teilhard de Chardin si tratta di un problema importan­
tissimo e scottante, la cui soluzione potrebbe contri­
buire notevolmente alla edificazione di una spiritualità
rispondente ai bisogni superiori dell'uomo contempo­
raneo. Questo problema teologico si trova perciò al

1 Col. I, 18: "Ut sit in omnibus ipse primatum tenens".


L'UNIVERSO CRISTIFICATO l0'

centro della sua attenzione. Il compito principale della


teologia contemporanea è, secondo Teilhard, quello di
Ilanalizzare e precisare le relazioni di esistenza e di in­
fluenza che intercorrono tra Cristo e l'Universo ''';
Ilesplicitare la nozione cOSI cattolica del Cristo Alfa
e Omega ''', La chiave di volta è veramente nelle no­
Il

stre mani, Per operare la sintesi, attesa dalla nostra


generazione, tra fede in Dio e fede nel Mondo, non
vi è altro da fare che liberare dogmaticamente nella
persona del Cristo l'aspetto e la funzione cosmica, che
lo fanno organicamente principio e guida, anima della
Evoluzione ')3.

La concezione cristologica di T eilhard de Chardin


presenta una decisa affinità con quella francescana', La
creazione, anche secondo lui, è orientata verso il Cri­
sto, come suo coronamento naturale, in maniera che
l'ordine della creazione non è concepibile senza il Cri­
sto. Bisogna però anche sottolineare importanti diffe­
renze, la cui origine si trova nella diversa concezione
della struttura dell'universo, Secondo la quale, la posi­
zione e la funzione del Cristo divengono assai piil
intelligibili di quanto non fossero nella precedente con­
cezione del cosmo. È interessante osservare qui che i
testi della Scrittura su cui T eilhard si fonda per confer­
mare la sua opinione, sono esattamente gli stessi di
quelli citati dai seguaci della concezione scotista. Tut­
tavia il modo in cui la questione è affrontata differisce
totalmente da quello della teologia tradizionale.
Secondo T eilhard non era facile trovare la posizione
1 Christianisme et Evolution, 1945, p. 3.

2 Note sur le Christ universel, 1920, p. 1.

3 Christianisme et Evolution, 1945, p. 5.


4 Tei1hard de Chardin talvolta si riferisce esplicitamente alla tesi
scotista (vedi: Esquisse d'une dialectique de l'esprit, 1946, p. 10) che
,pure sembra conoscere in modo piuttosto vago.
.

106 N. M. WILDIERS

del Cristo in un mondo concepito staticamente. Era ine­


vitabile che ci si fosse limitati a concetti di ordine giu- '
ridico e morale. Il Cristo aveva sulla creazione un dirit­
to di regalità, conferitogli dal Padre, e aveva ottenuto
per esso un nuovo titolo con la sua morte redentrice.
Tutto era sottoposto al suo potere giuridico. Non era
possibile pensare un rapporto organico tra Cristo e il
mondo, poiché sarebbe stato difficile trovare una posi­
zione centrale del Cristo, corrispondente alla Sua di­
gnità, in un mondo concepito in modo meccanicistico
e statico.
Ma nella prospettiva della nuova concezione del
mondo, la situazione è completamente cambiata. Si può
infatti trovare un punto che domina tutta l'evoluzione
cosmica, ne costituisce il fine e il coronamento e da cui
emana una forza di attrazione che dà all'intero processo
evolutivo il dinamismo interno e l'orientamento. Que­
sto centro universale cosmico dell' evoluzione umana,
nel quale tutto deve trovare la sua unione definitiva e
il suo completamento, è designato nella fenomenologia
dell'universo come il punto Omega.
Non è questa la posizione che deve essere attribuita
a Cristo, secondo la dottrina cattolica? Gli attributi del
punto Omega non rispondono interamente alle esigen­
ze che abbiamo in proposito? La nostra comprensione
del mistero del Cristo non subisce cOSI un approfondi­
mento fecondo e prodigioso, in perfetta armonia con
la dottrina di S. Paolo? "Le prospettive scientifiche
della Umanizzazione, prolungate logicamente fino all'e­
stremo, determinano al vertice dell'antropogenesi l'e­
sistenza di un centro o sede ultima di Personalità
e di Coscienza, necessaria per guidare e sintetizzare
la genesi storica dello Spirito. Ora, questo punto
Omega (come io l'ho chiamato) non è forse il luogo
ideale da cui far irradiare il Cristo che adoriamo, un
L'UNIVERSO CRISTIFICATO 107

Cristo la cui dominazione soprannaturale ha come ri­


scontro anche il potere fisico sulle sfere naturali del
Mondo? In quo omnia constant. Straordinario incontro
davvero, tra i dati della fede e quelli della ragione!
Ciò che sembrava una minaccia diviene magnifica con­
ferma. Lungi dall'interferire con il dogma cristiano, la
grandezza smisurata che l'Uomo sta assumendo nella
Natura, avrebbe come risultato (se se ne traggono le
conseguenze) di conferire un aumento di vitalità e di
attualità alla Cristologia tradizionale 1/',
Per T eilhard de Chardin non vi è possibilità di
dubbio: Il Cristo hic et nunc ha per noi la posizione
Il

e la funzione del punto Omega"', Per rendercene conto


basta considerare i dati pili tradizionali del cristiane­
simo e le dichiarazioni pili autentiche della Sacra Scrit­
tura concernenti la dignità e la funzione del Cristo,
Tutto è in lui; tutto è unificato in lui; tutto trova in
lui il proprio compimento, non solo nell'ordine della
grazia, ma anche nell'ordine della natura'. Secondo la
concezione cristiana tutta la storia è orientata verso
l'edificazione e l'unificazione di tutta l'umanità in una
comunità soprannaturale di cui il Cristo è il capo e
noi siamo le membra. Il cristianesimo è essenzialmente
di struttura escatologica: orienta il nostro sguardo verso
l'avvenire, verso la realizzazione del Regno di Dio. La
visione escatologica del cristianesimo è quella di una

I Le Christ évoluteur, 1942, p. 4.

2 Super-Humanité, Super-Christ, Super-Charité, 1943, p. 9.

3 Vedi Mgr. L. Cerfaux, Le Christ dans la théologie de Saint Paul

libro III, cap. 3. Ed. du Cerf, Paris, 1951. "Nelle epistole della prigio­
nia, si nota una tendenza... ad estendere al cosmo il pieroma del Cri­
sto, cioè la sfera di dilatazione della sua potenza spirituale" (p. 322).
"Tutte le cose sono state create da lui; eq esse sono create per lui,
tendono verso di lui, per realizzare in lui il loro fine che è quello di
manifestare Dio" (p. 323). "Il Cristo resta colui nel quale tutto trova
la sua coesione, e dal quale tutte le cose dipendono di una dipendenza
, intrinseca; la creatura non può sottrarsi al suo dominio" (ibid.).
108 N. M. WILDIERS

unione soprannaturale e definitiva edificata e mante­


nuta da un centro personale, il Cristo storico, il cui
ritorno è atteso per la fine dei tempi. La dottrina del
IlCorpo mistico" enunciata da S. Paolo e da S. Gio­
vanni e illustrata con immagini e paragoni, appartiene
ai dati essenziali della tradizione cristiana. "L'essenza
del Cristianesimo non è né piu né meno che la credenza
nella unificazione del mondo in Dio per mezzo dell'In­
• 111
carnaZIQne .
Quando si considerino insieme le prospettive della
scienza e quelle della fede, non si può non aver l'im­
pressione che entrambe convergano verso un sol punto.
Quale altra possibilità vi sarebbe? Se no, si dovrebbe
concludere che il Cristo, in tutta l'accezione della pa­
rola, non è piti il coronamento e il compimento del
mondo, poiché dovrebbe esistere al di fuori di lui un
altro coronamento, un altro compimento. "È dunque
verso il Cristo, di fatto, che si volgono i nostri occhi
quando, non importa con quale grado di approssima­
zione, noi guardiamo in avanti verso un Polo supe­
riore di umanizzazione e di personalizzazione2. " Per
T eilhard de Chardin costituisce dunque il fine e il
coronamento tanto dell'ordine naturale che dell'ordine
soprannaturale. La tesi tradizionale della scuola fran­
cescana è del tutto compatibile con la piti stretta
ortodossia.
Certo vi è una differenza importante tra le due
prospettive. L'una si riferisce all'ordine della natura;
l'altra a quello del soprannaturale; l'una al piano della
creazione, l'altra a quello della grazia. Non dimenti­
chiamo che, se esiste una distinzione tra la natura e la
grazia, non vi è però opposizione: infatti esse si compe-

1 Esquisse d'un Univers personnel, 1936, p. 54 (conclusione).


2 Super-Humanité, Super-Christ, Super-Charité, 1943, p. 9.
L'UNIVERSO CRISTIFICATO 109

netrano, e nella distinzione che noi facciamo tra i di­


versi disegni dell'opera di Dio, si cela una buona dose
di antropomorfismo. L'opera di Dio è una. Secondo la
formula classica la grazia non distrugge la natura, ma
anzi la suppone e la eleva. Non si potrebbe dire allora
che l'unione soprannaturale dell'umanità suppone una
unione naturale, e che la eleva precisamente alla digni­
tà di supremo compimento (in un ordine superiore)?
La teologia infatti ha sempre insegnato che la natura è
orientata verso il soprannaturale, cosicché è pienamente
legittimo mettere in luce l'armonia reciproca dei due
piani.
Talvolta è stato detto che questa concezione del Cri­
sto ha pochissimi rapporti col Cristo storico del Van­
gelo. Ma tale asserzione è fondata su di un malinteso.
/IÈ stato obiettato che l'elevazione del Cristo storico ad
una funzione fisica universale, l'identificazione ultima
della Cosmogenesi con una Cristogenesi rischiano di
dissolvere l'umanità reale di Gesti nel sopra-umano e
nel cosmico. Il dubbio non mi pare minimamente fon­
dato. Infatti, piti si riflette sulle leggi profonde della
evoluzione, piti ci si persuade che il Cristo universale,
alla fine dei tempi, non potrebbe apparire al vertice del
Mondo se non vi si fosse introdotto prima lungo il cam­
mino, per via di nascita, sotto forma di un elemento. Se
veramente è il Cristo-Omega il movente di tutto l'uni­
verso, Egli ci si rivela (teoricamente e storicamente)
nel suo germe concreto, che è l'Uomo di Nazareth'."
In altri termini, senza il Cristo storico non vi sarebbe
il Corpo mistico di Cristo.
Da principio certe espressioni teilhardiane possono
sembrare strane a chi non conosca bene le formule tra­
dizionali della teologia. Quando però le sue idee si tra­

, Cbristianisme et Evolution, 1945, p. 6.


110 N. M. WILDIBRS

spongono in un linguaggio piu tradizionale, appare su-:,


bito chiaro che i principi fondamentali sono in gran
parte quelli di una delle piti antiche correnti della teo­
logia cattolica, pur comportando le novità derivanti da
una concezione del mondo diversa da quella dei secoli
precedenti. Potremmo riassumere la concezione di Teil­
hard de Chardin, con le parole di C. Cuénot: ilDa un
lato vi è il Cristo della Mistica cristiana, il Consuma­
tore di cui ci parla con tanto ardore S. Paolo. Dall'al­
tro lato vi è il polo cosmico postulato dalla Scienza
moderna e dalla nostra nuova conoscenza del mondo,
il polo cui deve far capo l'Evoluzione in divenire. Il
pensiero del padre Teilhard è che tra i due poli
vi sia corrispondenza, parità e identità di fondo. La
loro futura coincidenza, di cui l'umanità orenderà co­
scienza e che si consumerà al momento d~lla Parusla,
vedrà Scienza e Mistica andare insieme e permetterà ai
due poli di reagire l'uno sull'altro, di scambiare i loro
attributi: il Cristo diverrà cosmico e il Cosmo cristifi­
cato diverrà oggetto di amore III.

Teilhard de Chardin crede dunque che il rapporto


del Cristo con l'Universo coincida con quello indicato,
nella sua visione del mondo, come punto Omega. Che
cosa significa però tale identificazione? Che cosa im­
plica questa tesi?
In primo luogo implica, come abbiamo già detto,
che il Cristo è, per cOSI dire, strutturalmente e orga­
nicamente legato al cosmo e non in modo semplice­
mente morale e giuridico. Fin dall'inizio della creazione
il mondo intero è orientato verso di Lui: tutto è stato
creato per Lui: in ipso condita sunt universi.

1 C. Cuénot, op. cit., p. 450.

2 Col., I, 16.

L'UNWERSO CRISTIFICATO 111

In secondo luogo implica che il mondo trova la sua


definitiva unità e coerenza per mezzo del Cristo. Il pun­
to Omega è infatti l'elemento che dà a tutta l'evolu­
zione cosmica la sua unità definitiva: il punto in cui la
pluralità è ridotta all'unità, e verso cui convergono
tutte le fila della storia. Cristo è la pietra angolare nel
piano divino del mondo. Secondo S. Paolo tutto è unifi­
cato in Lui: Omnia in ipso constant'.
In terzo luogo implica che il Cristo costituisce vera­
mente il senso della storia. Il punto Omega dà all'evo­
luzione il suo orientamento: poiché essa de facto è
orientata verso questo punto finale, dal quale trae il
suo significato piu profondo. Possiamo ritrovare l'intero
ordine del mondo nelle celebri parole di S. Paolo:
Omnia vestra sunt, vos autem Christi, Christus autem
Dei'. Tutto il mondo inferiore è ordinato all'uomo, ma
l'uomo è ordinato al Cristo e il Cristo a Dio. Questo
stesso concetto, trasposto in termini teilhardiani, può
essere cOSI espresso: la cosmogenesi sfocia, per mezzo
della biogenesi, nella noogenesi: la noogenesi trova
tuttavia il suo compimento nella cristogenesi. "L'uni­
verso è una macchina che fabbrica dei" scriveva Renri
Bergson. In base alla concezione di Teilhard potremmo
dire che il mondo è: uno strumento destinato alla rea­
lizzazione del Cristo totale. "Il Cristo si trova ... in equi­
librio con l'abisso temporale in cui affondano le radici
dello spazio. Si sarebbe potuto pensare che la sua fra­
gile umanità vi si perdesse, trascinando con sé le nostre
credenze. Ma a che valgono in realtà le apparenze sto­
riche di una vita, in un Universo in cui l'esistenza della
piu piccola monade si rivela legata e sincronizzata con
l'evoluzione di tutte le cose? Il fatto che il Cristo sia

I Col., I, 17.

l I Cor., III, 23.

112 N. M. WILDIERS

emerso un istante nel campo della umana esperienza"


duemila anni fa, non impedisce che Egli sia l'asse e il
vertice di una maturazione universale "l.
Infine la dottrina teilhardiana implica che il Cristo
è la grande fonte di potenza e di energia, che attrae
tutto a sé. Da Lui emana un influsso cui nulla può
sfuggire: "Il Cristo infine, per quanto soprannaturale
sia il suo dominio, irradia la sua influenza nella massa
intera della natura. Poiché in concreto non vi è che
un solo processo di sintesi in direzione dall'alto verso
il basso, non può esistere alcun elemento, né alcun mo­
vimento, in nessun grado del Mondo, al di fuori della
azione informatrice del centro principale delle cose. Già
coestensivo allo spazio e alla durata, il Cristo si trova
ancora necessariamente, per la sua posizione nel punto
principale del mondo, coestensivo alla scala dei valori
che intercorrono tra le altezze dello Spirito e le pro­
fondità della Materia'."
Non è dunque difficile vedere come i diversi attri­
buti dati al Cristo dalla Sacra Scrittura, lungi dall'es­
sere diminuiti, trovino il loro significato piti completo
e piti concreto proprio nel quadro di questa nuova vi­
sione del mondo. Teilhard de Chardin ha riassunto la
nuova teoria in termini che a prima vista possono sem­
brare strani. Ci parla infatti di Cristo Universale, Cristo
Evolutore, di Super Cristo e di Cristico. Non lascia­
moci però turbare da questi termini inconsueti. I quali
esprimono invero una realtà che costituisce il conte­
nuto piti autentico della tradizione cristiana. Se Teil­
hard si fosse mosso esclusivamente sul piano della
teologia, avrebbe espresso altrimenti i suoi concetti.

l Christologie et Evolution, 19.3.3, p. 9.


2 Ibid.
L'UNIVERSO CRISTIFICATO 113

Ma come scienziato che si rivolge all'uomo moderno


doveva necessariamente usare un altro linguaggio.
La dottrina secondo cui il Cristo è, anche nell'or­
dine naturale, il fine e il Signore di tutta quanta la
creazione, è una dottrina eminentemente ricca, di cui
considereremo piu oltre le conseguenze. È difficile dun­
que negare che sia augurabile approfondire la teologia
a questo riguardo. Teilhard ha tutte le ragioni di rite­
nere che la sua concezione del Cristo sia perfettamente
conforme a quella della Sacra Scrittura; ha soprattutto
ragione quando dice che i cristiani in genere attribui­
scono poca importanza a una dottrina che è invece
essenziale nel cristianesimo, e cioè la dottrina della se­
conda venuta del Cristo alla fine dei tempi. "Nel cielo
del cristianesimo, la Parusia (o ritorno glorioso del
Cristo alla fine dei tempi) ha una posizione centrale,
sebbene, col succedersi dei secoli di attesa, venga a
essere facilmente dimenticata. In questo avvenimento
unico e supremo, in cui ciò che è storico (cosI ci dice
la fede) deve saldarsi con il Trascendente, culmina il
mistero della Incarnazione e si afferma con il realismo
di una spiegazione fisica dell'Universol . " In una pro­
spettiva cristiana è dunque concepibile che il momento
della Parusia cristiana coincida con il momento in cui
l'umanità avrà raggiunto il suo completamento naturale
nel punto Omega. Tale completamento naturale costi­
tuirebbe per cosi dire la condizione della seconda venu­
ta del Cristo alla fine dei tempi. "Perché il Cristo appa­
risse una prima volta sulla terra era evidentemente
necessario (nessuno lo mette in dubbio) che il tipo uma­
no si trovasse anatomicamente formato secondo il
processo generale della evoluzione, e si trovasse social­
mente a un certo grado di coscienza collettiva. Posto
I Trois choses que je vois, 1948, p. 7.

8. - Introduzione Q Tei/hard d~ Chardi•.


114 N. M. WILDIERS

questo, come non fare un passo avanti e non supporre


che il Cristo aspetti anche, per la sua seconda e ultima
venuta, che la collettività umana sia divenuta capace di
ricevere da Lui la sua consumazione soprannaturale,
proprio perché già compiuta pienamente nelle sue pos­
sibilità naturali? Se infatti vi sono regole fisiche precise
per lo sviluppo storico dello spirito, come non ne esi­
sterebbero altre a fortiori per il suo completamento e
il suo termine? III
Teologicamente parlando, il ragionamento è accet­
tabile. Ma il passo citato ha una ulteriore importanza,
poiché mette bene in rilievo, contrariamente a quello
che molti dicono, che Teilhard de Chardin distingue
nettamente l'ordine naturale da quello soprannaturale
e indica assai chiaramente che il compimento naturale
può tutt'al pili rappresentare una condizione e per nul­
la una causa del completamento soprannaturale dell'u­
manità. La gratuità completa della prima e della
seconda venuta del Cristo è dichiarata esplicitamente.
Tutta la storia deve dunque essere considerata co­
me una ascesa del mondo verso il suo compimento nel­
l'ordine naturale e soprannaturale, tra i quali non vi è
opposizione. "Quando il Cristo avrà assimilato a sé
ogni cosa allora si sottoporrà a Colui che gli ha sotto­
messo tutto, di modo che Dio sia tutto in tutte le cose 712.

Il mondo intero è orientato verso il Cristo, non


solo mediante la redenzione, ma anche nella creazione.
Anche l'ordine naturale deve trovare la sua perfezione
in colui nel quale, come dice S. Paolo, tutto consiste.
Cost il punto Omega della scienza deve coincidere, nella
coscienza cristiana, con il Cristo della fede'. Tutta la
l Ibid., pp. 8-9.
2 I Cor., 15, 28; Cfr. Introduction à la vie chrétienne, 1944, p. 1.
3 Le Dieu de l'évolution, 1943, p. 4.
L'UNIVERSO CRISTIFICATO 115

storia del mondo secondo Teilhard è " un vasto feno­


meno di cristificazione'". In ultima analisi, la Cosmo­
Il

genesi, dopo essersi rivelata, seguendo il suo asse prin­


cipale, Biogenesi e Noogenesi, culmina nella Cristoge­
nesi che ogni cristiano ammette l12 • Tutta l'evoluzione è
per Teilhard una ascesa verso il Cristo. Tutto ciò che
vi è di prezioso di vero e di buono nel mondo, ci porta
verso Cristo.
Ma nel mondo non incontriamo soltanto il vero e
il bene, troviamo anche la menzogna e il male. Nella
prospettiva cristiana, vi sono in piu il peccato e il pec­
cato originale. Eccoci cOSI di fronte a un nuovo pro­
blema: quello del male fisico e morale. Tocchiamo qui
uno dei punti piu delicati e piu contestati della teoria
di Teilhard de Chardin.
Limitiamoci all'aspetto del male considerato pura­
mente come fenomeno e asteniamoci dal porre il
problema dal punto di vista metafisico, che è stato del
resto trattato solo frammentariamente da TeilhardJ •
Qual è il posto del male nell'ordine concreto delle
cose? Noi viviamo in un universo in evoluzione, cioè in
un mondo che subisce non solo continue modificazioni,
ma anche un processo di crescita e tende gradatamente
a condizioni superiori di complessità. Il mondo si co­
struisce gradualmente. In altri termini, il mondo passa
da situazioni imperfette ad altre piu perfette. In un
mondo cosiffatto, il male è inevitabile. Ciò che ancora
non è compiuto è necessariamente imperfetto, difettoso,
incompleto. Il male appartiene dunque strutturalmente
a un mondo in evoluzione. Mondo evolutivo e mondo
perfetto sono concetti contraddittori. L'evoluzione è

I Le Coeur de la Matière, 1950, p. 29.


2 Le Christique, 1955, p. 9.
3 C. Tresmontant, Introduction à la pensée de Teilhard de Chardin,
pp. 116-121, Paris, Ed. du Seuil, 1956. .
11'6 N. M. WILDIERS

necessariamente accompagnata da catastrofi, dal dolore


e dalla morte. Il male nel mondo non è pertanto casua­
le, né accidentale; appartiene essenzialmente a un
processo di evoluzione, che deve cercare il suo cammi­
no a tentoni per mezzo di prove ed errori. Se Dio ha
voluto creare un mondo destinato a trovare il suo com­
pimento attraverso l'evoluzione, dovevano necessaria­
mente figurare in esso l'imperfezione e il male.
Tuttavia, accanto al male fisico, vi è anche il male
morale: il peccato. Una volta che l'evoluzione è giunta
alla fase dell'uomo, dotato di coscienza riflessa e di
libertà, fa ingresso nel mondo anche il male morale.
Poiché l'uomo è anch' esso un essere imperfetto e in­
completo. Fin tanto che non avrà realizzato il suo ulti­
mo destino, il peccato sussisterà. Pili si eleveranno la
sua coscienza e la sua libertà, pili aumenterà la sua
coscienza, tanto nel bene come nel male. Secondo Teil­
hard de Chardin il peccato è anch' esso inevitabile per
necessità statistica, in una umanità in evoluzione. Il
male, considerato dal punto di vista fenomenologico, è
un residuo della evoluzione. "Disarmonie o decompo­
sizioni fisiche nel Previvente, sofferenza nel Vivente,
peccato nel campo della libertà: non vi è ordine in for­
mazione, che, in ogni grado, non implichi un disor­
dine 111 .
Il male è dunque un fenomeno generale in un mon­
do in evoluzione, e riveste forme differenti nelle diver­
se categorie di esseri che si presentano. Fin tanto che
non sarà realizzato l'ordine definitivo, il disordine ap­
parterrà come possibilità permanente alla struttura del­
le cose. Si è pensato talvolta che Teilhard de Chardin
non prestasse attenzione al problema del male e che la
sua concezione del mondo fosse improntata a un esa-

I Comment;e vois, 1948, p. :n.


L'UNIVERSO CRISTIFICATO 117

gerato ottimismo. Tale asserzione sLfonda però su di


un malinteso. Teilhard riconosce l'esistenza del male,
non solo, ma il male, nella sua concezione, acquista una
dimensione cosmica, poiché costituisce un fenomeno
inevitabilmente coestensivo a tutta l'evoluzione, in un
mondo che deve trovare il suo oerfezionamento attra­
verso una lotta lenta e difficile. il suo ottimismo non è
il risultato di una sottovalutazione del male del mondo,
ma deriva dalla convinzione che alla fine il male sarà
vinto dal bene.
Proprio perché il male ha cOSI gran parte nel mon­
do, il mondo ha bisogno di redenzione. E proprio per­
ché il male ha una dimensione cosmica, la redenzione
per mezzo del Cristo deve anch'essa avere una dimen­
sione veramente cosmica. La croce trova qui un signi­
ficato nuovo e universale: "Proiettata su tale Universo
(cioè un universo in evoluzione) in cui la lotta contro
il Male è la conditio sine qua non dell'esistenza, la
Croce prende una gravità e una bellezza nuova, e pre­
cisamente quelle che possono sedurci di piti. Gesti
è sempre colui che porta i peccati del mondo; il
male morale è misteriosamente compensato dalla sof­
ferenza. Ma Egli è piti ancora Colui che supera strut­
turalmente in Se stesso e per tutti noi, le resistenze
alla ascesa spirituale, inerenti alla Materia. È colui che
porta il peso inevitabile di ogni specie di creazione.
Egli è il simbolo del Progresso. Il senso completo e
definitivo della Redenzione, non è piu soltanto espiare:
e, superare e vmcere
• 1 "
.
La teologia cattolica ha sempre fatto distinzione tra
due diversi aspetti nell'opera della Redenzione: un
aspetto negativo, espiazione ed eliminazione del pec­
cato; e un aspetto positivo, elevazione e santificazione

t Christologie et Evolution, 1933, p. 7.


118 N. M. WILDIERS

dell'uomo. Teilhard de Chardin mantiene integralment,e


entrambi gli aspetti, ma, nella sua visione del mondo,
essi acquistano un significato piti largo. Il male che
deve essere vinto è essenzialmente il male morale,
compiuto dall'uomo, ma che ingloba, per cosi dire, tut­
te le deficienze presenti nell'universo in ragione della
sua struttura evolutiva. L'uomo deve essere condotto
innanzi tutto al suo arricchimento e alla sua elevazione
soprannaturale mediante la grazia; ma anche nell'ordi­
ne naturale l'uomo e il mondo tutto quanto (proprio in
vista della loro santificazione soprannaturale) devono
essere condotti alla loro destinazione ultima. Non è
illecito pensare che anche questa ascesa naturale sia
determinata dal Cristo.
Certo non si sottolinea mai abbastanza che la sal­
vezza dell'uomo non potrà essere realizzata se non dal­
la grazia. Tuttavia, (e su questo punto Tei1hard apre
nuove prospettive destinate ad essere studiate in se­
guito dalla teologia anche l'ordine naturale può
l
)

essere utile e perfino in gran parte indispensabile al­


l'ordine soprannaturale. Possiamo riconoscere anche
nell'ordine naturale l'influenza salvatrice e redentrice
del Cristo, cosicché Egli può essere chiamato in tutta
l'accezione del termine, il Salvatore del Mondo. Cost
la croce non è soltanto simbolo della espiazione del
peccato, ma ancora" simbolo dinamico e completo di
un Universo in stato di Evoluzione personalizzante"',
evoluzione che a sua volta può contribuire (sebbene in
maniera indiretta) alla edificazione del Corpo mistico.
Di qui appare come, nelle sue considerazioni sulla
Incarnazione e la Redenzione, Teilhard fosse sollecita-

I Olivier A. Rabut, O. P., Dialogues avec reilhard de Chardin,


pp. 157-8. Paris, Ed. du Cerf, 1958.
Z Ce que le Monde attend en ce moment de l'Eglise de Dieu, 1952,
p.5.
L'UNIVERSO CRISTIFICATO 119

to da una sola esigenza: quella di vedere la funzione


universale del Cristo nell'insieme di un mondo di cui
aveva conosciuto la struttura evolutiva e convergente;
di guisa che il Cristo veramente fosse il centro di tutta
la storia universale, sia nell'ordine naturale che in quel.
lo soprannaturale. Uno dei maggiori pericoli per il cri­
stianesimo, secondo Teilhard, sta nel fatto che non
pochi cristiani si attaccano ancora a una cosmologia
medievale anziché accettare coscientemente e risoluta­
mente le nuove dimensioni temporali e spaziali che
la scienza ci propone e in cui per la prima volta acqui­
stano pieno significato il messaggio evangelico e la dot­
trina paolina della Incarnazione e della Redenzione.

T eilhard de Chardin ci diceva come la sua mente


fosse dominata dal bisogno irresistibile di unità e di
coerenza organica. Adesso è chiara la sintesi univer­
sale cui è giunto. Dopo che, sulla base delle ricer­
che e delle considerazioni scientifiche, egli concepf una
immagine coerente dell'universo come una grande uni­
tà spazio-temporale, di struttura dinamica e conver­
gente, cercò di stabilire a un livello piti elevato, una
sintesi tra la sua concezione del mondo -e il cristia­
nesimo.
In questo tentativo egli si appoggiò sulla dottrina
piti centrale e piti fondamentale del cristianesimo: la
dottrina della Incarnazione e della Redenzione. Che
cosa significa, in un mondo in evoluzione, che Dio
si sia incarnato e che abbia liberato questo mondo?
T eilhard ha cercato di dare una soluzione al problema
avvicinandosi il piti possibile alle concezioni tradizio­
nali della teologia cattolica e ricollocandole nel quadro
della nuova concezione del mondo.
La duplice riflessione sul mondo e il cristianesimo
,ha dato luogo alla sintesi tenhardiana. Tutto trova la
120 N. M. WILDIERS

sua unità nella persona del Cristo, principio e fine dj


tutte le cose. Tutta la storia del mondo può riassumersi
in questi termini: cosmogenesi, biogenesi, noogenesi,
cristogenesi. Anche l'ordine della creazione e della Re­
denzione, della natura e della grazia, per quanto dif­
ferenti siano l'uno dall'altro costituiscono una unità che
trascende tutto. Ora comprendiamo il significato delle
parole che avevamo già citato: "Il grande avvenimento
della mia vita è stata la progressiva identificazione, nel
cielo della mia anima, di due soli: l'uno dei quali era
il vertice cosmico postulato da una Evoluzione gene­
ralizzata, di tipo convergente, e l'altro è il Gesu della
fede cristiana!." Per questo il cristianesimo era, nel
pieno senso della parola, la religione della evoluzione.
"Il cattolicesimo in un primo tempo mi aveva deluso
per le sue rappresentazioni limitate del Mondo e per
la sua incomprensione del ruolo della Materia. Ora
riconosco che non posso essere salvato se non facendo
corpo con l'Universo, come il Dio incarnato che esso
mi rivela... Il Cristo totale non si realizza pienamente
e non è raggiungibile se non al termine della Evolu­
zione universale. In Lui ho trovato ciò che il mio es­
sere desiderava: un Universo personalizzato, il cui
dominio mi personalizza. Questa anima del Mondo io
la ritengo non solo come creazione fragile del mio pen­
siero individuale, ma come il prodotto di una lunga
rivelazione storica nella quale i meno credenti sono
costretti a riconoscere una delle principali linee diret­
tive del progresso umano'."
Il Cristo era cOSI il punto di incontro in cui i due
poli del pensiero teilhardiano, Dio e l'Universo, si ri­
congiungevano e in cui l'interna dialettica raggiungeva

1 L'EtofJe de l'Univers, 1953, p. 5.

2 Comment;e crois, 1934, p. 40-41.

L'UNIVERSO CRISTIFICATO 121

una sintesi superiore. A un tratto tutto il fenomeno


cosmico e la storia umana divenivano una realtà piena
di senso. Il mondo non è un assurdo, il mondo non è
cieco: ha un senso, un orientamento e un fine. Attra­
verso tutte le vicissitudini e le rivoluzioni, gli alti e i
bassi, attraverso momenti di progresso e temporanee
depressioni, si realizza la grande storia del mondo che
si avvicina al suo termine definitivo e ineluttabile:
la piena rivelazione del Cristo totale, adornato della
ricchezza di tutto l'universo, alla fine dei tempi, Il av­
venimento unico e supremo in cui ciò che è storico
deve saldarsi al Trascendente "I. Ecco perché il Cristo
costituisce per ogni cristiano e in tutta l'accezione del
termine il senso e il fine della storia.
Alla luce di questa teologia della storia ci si può
chiedere allora in qual misura l'atteggiamento giusto
verso la storia implichi anche un atteggiamento giusto
verso il regno di Dio. A tale proposito scrive il Padre
Rabut: "L'onestà nei confronti della storia non è neces­
sariamente onestà nei confronti del Regno di Dio'." Ci
sembra però che questa tesi pecchi di una certa ambi­
guità. Certamente, il perfezionamento naturale dell'uo­
mo e la sua salvezza soprannaturale sono cose diverse.
La perfezione spirituale della umanità non è conse­
guenza necessaria della evoluzione o della storia. La
vera salvezza dell'uomo non può, in ultima analisi,
essere operata che dalla grazia. Ma ciò non esclude che,
fino a un certo punto, il perfezionamento naturale del­
l'uomo (come condizione indispensabile ma insuffi­
ciente) possa essere richiesto per il suo perfeziona­
mento soprannaturale. In altre parole: il perfeziona­
mento naturale può esser messo a servizio del destino

I Trois choses que je vois, 1948, p. 7.

2 Olivier A. Rabut O. P. op. cit., p. 146.

122 N. M. WILDIERS

soprannaturale. Se, nel pieno significato della parola, il,


Cristo costituisce il senso della storia, non ne deriva
forse che un corretto atteggiamento nei confronti della
storia dovrebbe in qualche modo implicare un atteg­
giamen to corretto nei riguardi del Regno di Dio? Chi
abbia un atteggiamento errato nei confronti del Regno
di Dio, non deve necessariamente adottare un atteg­
giamento errato nei riguardi della storia, di modo che
ogni posizione che si allontani consapevolmente da
questo fine costituisca un tradimento del vero senso
della storia? Per il cristiano è inconcepibile una giusta
posizione nei confronti della storia, se non implica in­
nanzitutto un giusto atteggiamento verso il Regno di
Dio.
Se dunque il Cristo costituisce il senso della storia,
noi comprendiamo anche il posto della Chiesa nella sto­
ria della umanità. Agli occhi del cristiano essa non può
essere un fenomeno secondario, un casuale elemento
accessorio, dato che, per cosi dire, essa è lo strumento
grazie al quale si attua il compimento del Cristo, la sua
pleromizzazione. Vista dall'esterno essa si presenta a noi
come un phylum' che, radicato nel passato, cresce e si
sviluppa attraverso le vicissitudini politiche, sociali e
culturali della storia. Nel suo fondo, invece, è una forza
divina che raccoglie l'umanità dispersa e la eleva, in
Cristo, alla sua unità definitiva; nel cuore stesso del
Il

Fenomeno sociale si verifica una sorta di ultrasocia­


lizzazione: quella per cui la Chiesa si forma a poco a
poco vivificando con la sua influenza e raccogliendo sot­
to la forma pili sublime, tutte le energie spirituali del­
la Noosfera: la Chiesa porzione riflessivamente cristi­
ficata del mondo, la Chiesa sede principale di affinità
inter-umane mediante la super-carità, la Chiesa asse

, Le Phénomène humain (Oeuvres, t. I), p. 332.


L'UNIVERSO CRISTIFICATO 123

centrale di convergenza universale e preciso incontro


tra il punto Omega e l'Universo III.
Se noi impariamo a considerare il Cristo come fine
tanto dell'ordine naturale come dell'ordine soprannatu­
rale, il mondo intero acquisterà agli occhi del cristiano
una unità significativa e organica: "Per colui che ...
abbia finalmente compreso la natura di un Mondo in
cui la Cosmogenesi, imperniata sull'Antropogenesi, cul­
mina in una Cristogenesi, per questi, tutto, fino al­
l'ultimo evento o elemento dell'Universo, si illumina, si
riscalda, si anima e diventa adorabilmente amabile ... 112

1 Comment je vois, 1948, p. 28.


2 Ibid., p. 39.
CAPITOLO TERZO

VERSO UN NEOUMANESIMO CRISTIANO

Teilhard de Chardin si era chiesto se ... vi fosse


1/

modo di conciliare e quindi di alimentare, l'uno per


mezzo dell'altro, l'amore di Dio e il sano amore per il
Mondo, la ricerca del distacco e quella del progresso"!.
Incomincia ora· a delinearsi per noi una soluzione del
problema. Con il riavvicinarsi della prospettiva scienti­
fica e della prospettiva cristiana, viene a costituirsi
quasi spontaneamente un campo di azione in cui l'atti­
vità umana può fiorire completamente e raggiungere la
sua maggiore forza di espansione.
.. Nei secoli passati l'attività umana sembrava diretta
in due direzioni diverse: la vocazione terrena e quella
di Dio parevano escludersi reciprocamente.
Nella coscienza cristiana non vi era certamente al­
cuna opposizione tra le due vocazioni. La prima parola
che Dio rivolse all'uomo, ci dice la Bibbia, fu proprio
un invito a compiere un dovere terreno: "Popolate
la terra e dominatela'''. Tuttavia nella vita concreta del
cristiano sussisteva una certa tensione tra le occupa­
zioni terrene e profane che assorbono la maggior parte
della giornata e i momenti rari e sublimi in cui l'uomo
si volge in adorazione e con amore verso Dio. I maestri

! Le Milieu divin (Oeuvres, t. IV), p. 36.

, Gen. I, 28.

126 N. M. WILDIERS

di spirito ci insegnano che potremmo attenuare un po',


questa tensione compiendo il nostro lavoro profano per
amor di Dio e compiendo la Sua volontà, servendocene
come di un mezzo per dimenticarci di noi stessi e con­
sacrandolo con la retta intenzione. Tutto ciò è vero. E
pure vi era ancora qualcosa di oscuro e cioè la possi­
bilità di consacrare il lavoro interiormente, poiché la
consacrazione che prima gli veniva data era ancora
esteriore. Ogni aspirazione alla scienza, alla bellezza e
alla giustizia, alla edificazione e all' arricchimento della
vita terrena, apparteneva pur sempre all' ordine del pro­
fano, e questo termine aveva una sfumatura peggiora­
tiva.
La tensione però è definitivamente superata per chi
riconosce il Cristo come fine e coronamento non solo
dell'ordine soprannaturale, ma anche dell'ordine natu­
rale (tesi perfettamente sostenibile dal punto di vista
teologico) o, come dice Teilhard de Chardin, per chi
dà a tale concezione una espressione ancora piti concreta
attribuendo al Cristo la posizione indicata dal punto
Omega. Infatti da questo punto di vista il cristiano
può, ancor piti di prima, prestare attenzione e dedicare
i suoi sforzi alla sua missione terrena, tanto alle atti­
vità di carattere economico e sociale, come a quelle di
carattere scientifico e artistico, nella convinzione che
posseggano un orientamento interno verso il Cristo e
verso Dio e abbiano pertanto un valore di consacra­
zione nell'insieme dell'ordine cristiano del mondo.
COSI concepita, la vita del cristiano acquista una
unità grandiosa e straordinaria, in cui le cure terrene e
l'aspirazione soprannaturale trovano il loro posto pre­
ciso e la loro coerenza interna. Poiché agli occhi del
cristiano il vero punto di arrivo della storia consiste
nella realizzazione del Cristo integrale e poiché l'edi­
ficazione della comunità in una coscienza collettiva piti
VERSO UN NEOUMANESIMO CRISTIANO 127

elevata rappresenta a questo scopo una condizione indi­


spensabile (sebbene insufficiente), ne consegue che ogni
sforzo umano, che contribuisce in qualche modo all' av­
vicinarsi della umanità verso questo fine, è in pari
tempo ordinato all'avvento del Regno, al quale la
Scrittura ci fa tendere. L'aspirazione all'unione con Dio
e la fede nella nostra destinazione divina non ci stor­
nano piti dal nostro compito terreno, non ci allontanano
dall'opera che dobbiamo compiere nel mondo. Anzi,
l'amore di Cristo diviene la grande fonte di ispirazione
per la nostra attività, anche sul piano temporale, poi­
ché sappiamo che questo lavoro è necessario e orientato
interiormente verso il Cristo. "Cosi, artisti, operai,
scienziati, qualunque sia la nostra professione, se siamo
cristiani, possiamo precipitarci alI'oggetto del nostro
lavoro come a un esito aperto al supremo comple­
tamento del nostro essere >11. Lungi dal distoglierci dalla
nostra missione terrena o di favorire l'indifferenza nei
riguardi del lavoro degli uomini, il cristianesimo ben
compreso sarà anche un incoraggiamento senza pari ed
insuperabile per compiere convenientemente i nostri
doveri di quaggiu e darà a ogni sforzo umano la con­
sacrazione piti alta. Questa serie di idee contiene una
teologia completa e profonda del lavoro umano.
T eilhard ha coscienza di associarsi in questo alla
dottrina piti autentica della Chiesa: "lo non faccio altro
che trascrivere in termini di realtà fisica i termini giu­
ridici in cui la Chiesa ha espresso la sua fede 112. Talvolta
è sembrato che in questa presentazione delle cose non
fosse chiaramente espressa la distinzione tra l'ordine
naturale e l'ordine soprannaturale, come se la realizza­
zione dell'unità soprannaturale di tutti i cristiani nel

I Le Milieu divin (Oeuvres, t. IV), p. 40.

2 Comment je crois, 1934, p. 40.

128 N. M. WILDIBRS

Corpo mistico fosse conseguenza del perfezionamento


naturale della umanità in una unione superiore. Tale
tesi contraddirebbe completamente le osservazioni piu
esplicite di Teilhard de Chardin. "Alle diverse co­
struzioni naturali, egli scrive, non attribuisco alcun va­
lore definitivo e assoluto. lo non amo in esse la lo­
ro forma particolare, ma la loro funzione, che è quel­
la di costruire misteriosamente dapprima il divi­
nizzabile, e poi, con l'aiuto della grazia di Cristo che
viene in soccorso al nostro sforzo, il divino ... Il! Per lui
il naturale perfezionamento della umanità non ha che
un compito preparatorio, sebbene indispensabile; " ... Il
Cristo ha bisogno di trovare una vetta del Mondo per
la sua consumazione, come ebbe bisogno di trovare una
Donna per la sua concezione lll • La gratuità della sal­
vezza, come pure quella della Incarnazione, è perfetta­
mente mantenuta nel suo pensiero.
In questa prospettiva dunque, la vita del cristiano
trova una unità profonda e organica tanto nella dimen­
sione terrena che in quella celeste, e in tal modo
diventa possibile orientarsi interamente verso Dio e al
tempo stesso dedicarsi con tutte le forze al progresso
terreno. Da questo punto di vista è possibile amare la
terra senza tradire la vocazione celeste. "Un tempo
sembrava vi fossero per l'uomo soltanto due atteggia­
menti geometricamente possibili: amare il Cielo o la
Terra. Ma ecco che nel nuovo spazio si apre una terza
strada: andare al Cielo attraverso la Terra. Vi è una
comunione (vera) con Dio attraverso il Mondo"'. "Sen­
za deviare verso alcun naturalismo o pelagianesimo il
fedele scopre che può e deve, altrettanto e anche piu

l Lettera al P. A. Valensin, citata in Le Milieu divin, p. 101.

2 Comment;e crois, 1934, p. 39.

3 Christologie et Evolution, 1933, p. 12.

VERSO UN NEOUMANESIMO CRISTIANO 129

deI non credente, appassionarsi al progresso della T erra


richiesto per la consumazione del Regno di Dio 111.
Lungi dall'aliep.are l'uomo da se stesso, come pre­
tende il marxismo, la religione, COS1 considerata, diviene
la fonte suprema della energia spirituale, alla quale pos­
siamo attingere la forza per compiere la nostra missione
terrena nella maniera piu perfetta. Solo il cristiano (e
ti

solo nella misura in cui è compenetrato delle proprietà


umano-divine del Cristo Universale) si trova oggi in
grado di affrontare gli appelli complessi della Natura
e della Grazia mediante un atto completamente sinte­
tico in cui si uniscano, si completino e si esaltino a vi­
cenda: .lo spirito di distacco e lo spirito di conquista;
lo spirito di tradizione e lo spirito di avventurosa ricer­
ca; lo spirito della Terra e lo spirito di Dio.'''
CosI il cristiano è, meglio di chiunque, atto a sob­
barcarsi con entusiasmo e fiducia la sua missione nel
mondo. Piu di qualsiasi altro può obbedire con amore
all'appello della Terra che ci invita a compiere l'opera
iniziata. Per lui la minaccia del taedium vitae, dello
scoraggiamento e della disperazione è definitivamente
- superata. Lungi dal significare un indebolimento o una
limitazione del nostro sforzo, la fede in Cristo costi­
tuisce l'incoraggiamento piu grande a lavorare con fi­
ducia per la costruzione dell'avvenire. Col crescere in
lui dell'amore di Dio e di Cristo egli potrà anche avere
maggiori speranze terrene e donarsi con piu abnega­
zione e piu dedizione, convinto che cOSI contribuirà
all'avvento del Regno di Dio nel mondo. Per lui il
lavoro e la fatica sono divenuti mezzo per una comu­
nione con Dio attraverso il mondo: In un universo in
ti

seno al quale tutto concorre alla formazione graduale

l Note sur la notion de perfection chrétienne, 1942, p. 4.


, La Parole attendue, 1940, pp. 4-5.

9.. Introduzione a Tei/hard de Chardin.


130 N. M. WILDIERS

dello spirito, che Dio eleva verso l'unione finale, ogni


opera acquista, nella sua realtà tangibile, un valore di
santità e di comunione 1/1.

Dalle precedenti considerazioni è intuibile quale


santificazione e quale consacrazione si possano attribuire
al lavoro umano. Né questo si riferisce unicamente alle
nostre attività individuali. Certo, il lavoro piu semplice
e piu modesto che dobbiamo effettuare ogni giorno ha
anch'esso valore di contributo prezioso alla ascesa ulte­
riore della umanità. Vi è il lavoro dell'operaio, dell'in­
gegnere, e dell'impresario; vi è il lavoro della madre
di famiglia, dell'infermiera e dell'assistente sociale; il
lavoro del maestro, del dottore e del funzionario; tutto
è messo a servizio dello spirito e dell'avvenire. Ogni
missione ha il suo significato in tutto l'insieme ed è
orientata interiormente verso la elaborazione del Re­
gno di Dio.
Non vi sono però soltanto i compiti e le missioni
individuali. Vi sono anche le grandi imprese collettive
proprie della umanità contemporanea. Sembra che l'u­
manità di oggi sia presa da una passione, fino a ora
sconosciuta, per il lavoro creativo in tutti i campi, come
se improvvisamente avesse preso coscienza non solo
della propria forza e delle proprie possibilità, ma piu
ancora della sua responsabilità nei riguardi dell'avve­
nire e del cosmo. Le è stato presentato tutto a un
tratto un nuovo orizzonte di compiti e di missioni. So­
no subentrate una grande speranza e una passione sen­
za uguali per il lavoro, che animano la parte piu dina­
mica e piu nobile della umanità.
Sul piano scientifico e sociale, migliaia, decine di
migliaia tra gli uomini piu dotati compiono lavori e

I La Mystique de la science, 1939, p. 19.


VERSO UN NEOUMANESIMO CRISTIANO 131

ricerche con ardore e passione senza pari. Ardore e zelo


ispirati non tanto da istinto di conservazione e vantag­
gio personale, ma soprattutto da alta esigenza etica che
incita ad aspirare con tutte le forze a un grado mag­
giore di verità, di bellezza e di giustizia. Il fondamento
Il

morale cercato nella coscienza di far crescere il Mondo


facendo crescere l'Umanità, tende a divenire la molla
normale e abituale di ogni azione umana,,1. Come uo­
mini e cristiani non possiamo non concepire rispetto e
ammirazione per la grande aspirazione collettiva della
umanità attuale. Piu ancora: se avremo coscienza delle
esigenze che il cristianesimo ci impone, cercheremo di
partecipare pienamente a questa aspirazione e provere­
mo piu profondamente degli altri il vivo desiderio di
collaborare ai grandiosi compiti che si è prefissa l'uma­
nità di oggi. Come cristiani, infatti, dovremmo farci in­
terpreti delle aspirazioni piu nobili che si incontrano
oggi nella umanità.
L'opposizione tra il partito degli uomini e il partito
di Dio è artificiosa e, secondo Teilhard de Chardin, ad­
dirittura impensabile. Nessuno piu di lui ha provato
interiormente la passione del progresso della umanità
per mezzo della scienza e della azione sociale; e tale
passione in lui era stimolata e sublimata proprio dall'a­
more di Cristo. Non sempre questo è avvenuto nei cri­
stiani, certo Teilhard lo riconosce apertamente: "Siamo
sinceri: la Chiesa è stata lenta a capire, come oggi la
capiamo noi, la bella fierezza umana e la passione della
ricerca, i due elementi fondamentali del pensiero
moderno ",. Il suo messaggio pili grande ai fratelli di
fede è questo: che si dedichino con tutte le forze alla
missione terrena mirando alla loro salute eterna. Dob­

1 Le Sens humain, 1929, p. 6.


2 Ibid., p. 11.
132 N. M. WlLDIERS

biamo correggere una buona volta l'errore precedente, e


dimostrare con il nostro atteggiamento come la reli­
gione possa essere di stimolo per il vero progresso della
umanità. Non basta restare nella aspettativa; meno di
chiunque altro, il cristiano ha diritto di divenire vittima
del dèmone dell'immobilismo 111. Egli deve collaborare
/I

con entusiasmo e dedizione al progresso in ogni campo.


L'atteggiamento di Teilhard de Chardin davanti al­
la vita, presenta un carattere dinamico per eccellenza:
"Fare ogni esperimento e portare ogni cosa a termine
nella direzione della massima coscienza, tale è, in un
Universo riconosciuto in stato di trasformazione spiri.
tuale, la legge generale e suprema deJ1a moralità: limi­
tare la forza (a meno che non si voglia con questo otte­
nere una forza maggiore), ecco il peccato'''. In questa
direzione egli vede anche il fiorire delle virtti evangeli­
che, orientate verso una spiritualità sempre crescente.
"Amatevi gli uni gli altri. Questa disposizione essen­
zialmente cristiana si limita forse a lenire soltanto le
pene dei fratelli? O non chiede di svolgersi in simpatia
attiva per il grande Corpo umano, non solo per fasciarne
le piaghe, ma per partecipare alle sue ansie, alle sue
speranze, a tutti i progressi che la creazione attende
ancora da esso? '''. La carità cristiana è qualcosa di
piti di una goccia di balsamo sulle sofferenze del
prossimo. È la grande forza universale che ci asseconda
e ci sollecita a realizzare completamente la nostra esi­
stenza umana. È la vera fonte di energia di cui l'uomo
ha bisogno per compiere fino in fondo la propria mis­
sione.
In questa prospettiva etica si vede chiaramente co­
me Teilhard ricorra sempre allo stesso metodo, che è
l L'Avenir de l'homme (Oeuvrcs, t. V), p. 196.

2 Le Phénomène spirituel, 1937, p. 13.

3 La Parole attendue, 1940, p. 3.

VERSO UN NEOUMANESIMO CRISTIANO 133

quello di collocare ogni problema in un quadro pili


vasto, neI quadro di insieme. Egli cerca infatti di consi­
derare l'uomo e tutti gli aspetti della vita umana nelle
loro dimensioni cosmiche, nei loro rapporti e nella loro
coerenza con il grande processo storico del quale siamo
partecipi e di cui siamo divenuti collaboratori coscienti
e attivi, anzi addirittura responsabili.
CosI considerata l'etica rappresenta qualcosa di pili
di un numero di prescrizioni che regolano le relazioni
interumane. È prima di tutto una presa di coscienza
della posizione che abbiamo nel cosmo e della missione
che dobbiamo svolgere. Anche l'etica cristiana è suscet­
tibile di esser trasposta sul piano cosmico, senza per
questo perdere nulla della sua propria essenza. Ma vi è
di piti: nella visione cristo-cosmica presentata da Tei!­
hard de Chardin, l'etica ottiene un nuovo splendore e
una nuova bellezza. "Adorare, un tempo, era preferire
Dio alle cose, riferendo tutto a Lui e sacrificandogli
tutto. Adorare adesso significa votarsi anima e corpo
all'atto creativo associandosi a esso onde perfezionare
il Mondo mediante il lavoro e la ricerca.
"Amare il prossimo, un tempo, voleva dire non far­
gli torto e lcnirne i mali. La carità ormai, senza cessare
di essere compassionevole, si consumerà nel dono della
vita per il comune progresso.
"Essere puri significava, un tempo, astenersi, guar­
darsi da ogni macchia. La castità domani si chiamerà
soprattutto sublimazione delle potenze della carne e di
ogni passione.
"Distacco, un tempo, significava non interessarsi
delle cose e averne il meno possibile. Ora, esser distac­
cati significherà un progressivo superamento di ogni
verità e di ogni bellezza con la forza dell' amore che si
porta loro.
"Rassegnazione, un tempo, voleva dire accettazione
1.34 N. M. WILDIERS

passiva delle condizioni presenti dell'Universo. Ora la


rassegnazione non sarà piu permessa se non a colui cne
avrà lottato con l'Angelo 1/1 •
"Ciò che a tutti ci manca, in questo momento, è
una formulazione nuova della Santità 112.

N egli ultimi mesi della sua vita, T eilhard de Chardin


si propose di scrivere un saggio che avrebbe dovuto
avere come titolo Humanisme et Humanisme. L'idea
principale che intendeva svolgere la enunciò in una let­
tera del 3O Marzo 19553 • Secondo lui bisognava di­
stinguere due forme di umanesimo. Vi era l'antico uma­
nesimo di tipo greco che mirava a dare all'uomo la
maggiore espansione estetica possibile (Platone, il Ri­
nascimento). Di fronte a questo umanesimo antico, al
quale sono però attaccati ancora parecchi nostri contem­
poranei, si profila ora un nuovo umanesimo: "Un neo­
umanesimo ispirato alla convinzione che vi sia un
Ultra-umano". I Greci sognavano un uomo armonica­
mente sviluppato; noi pensiamo ora all'uomo piena­
mente evoluto, all'uomo che si eleva al di sopra di sé
per raggiungere il suo vero fine nell'essere sopraumano.
"Umanesimo del Cosmo, superato, non piu di moda,
che sta per essere sostituito da un Umanesimo della
Cosmogenesl.. .. 11
Teilhard de Chardin non ebbe piu possibilità di
scrivere il saggio che si era proposto, ma in certo senso
si potrebbe dire che tutta la sua opera altro non fu che
il tentativo di scrutare questo nuovo umanesimo sotto
tutti gli aspetti. Con l'aiuto della sua conoscenza ecce­
zionale delle scienze naturali contemporanee e della
sua ricca recettività e sensibilità per le tendenze spiri­
1 Christologie et Evolution, 1933, pp. 11-12.

2 Le Phénomène spirituel, 1937, p. 15.

3 C. Cuénot, op. cit., p. 457.

VERSO UN NEOUMANESIMO CRISTIANO 135

tuali del nostro tempo, egli cercò di delineare la fisio­


nomia spirituale del nuovo ideale della umanità, i cui
segni premonitori già si manifestano chiaramente in­
torno a noi. Questo nuovo ideale della umanità per
quanto fortemente radicato nella conoscenza del pas­
sato, è interamente orientato verso l'avvenire e verso
la conquista di una fase superiore nel grande processo
storico in cui siamo implicati: "Sta sorgendo un po'
dappertutto un nuovo umanesimo, per giuoco irre­
sistibile di co-riflessione: Umanesimo non piti di equi­
librio, ma di movimento, in seno al quale non sussiste
piti alcun valore, anche e soprattutto in materia reli­
giosa, se non a condizione di far posto all'esistenza e
di piegarsi alle esigenze di un avvenire cosmico ultra-
III
umano .
L'originalità di Teilhard de Chardin consiste pro­
prio nell'aver confrontato il nuovo umanesimo con la
concezione cristiana della vita. Sebbene agli occhi dei
profani egli fosse soprattutto uomo di scienza, preoc­
cupato del progresso della sua specialità, nel piti pro­
fondo del suo essere egli fu in primo luogo e innanzi
tutto un pensatore religioso irresistibilmente attratto
dai problemi che il nuovo umanesimo poneva alla cri­
stianità. Abbiamo visto in che modo avesse cercato di
integrare il nuovo umanesimo nel cristianesimo. Non
senza un fondo di verità Paul Chauchard ha potuto
scrivere: "Ciò che vi è di nuovo in Teilhard non si trova
nei fatti scientifici, o nelle concezioni religiose, ma nel
fatto che i due mondi della scienza e della fede che
appaiono alla maggioranza dei contemporanei, se non
ostili, certamente separati costituivano per lui una cosa

I Ce que le monde attend en ce moment de l'Eglise de Dieu,


1952, p. 3.
136 N. M. WILDIERS

sola, in una ammirabile armonia di pensiero e di vita"'.


Con tale aspirazione all'unione e alla sintesi di religione
e cultura, egli segue interamente la linea della tradi­
zione cattolica.
Dall'antichità al Rinascimento i migliori pensatori
e artisti cattolici hanno cercato di pervenire a una
sintesi armonica tra gli ideali della cultura greca e le
prospettive del Vangelo. Questa tendenza è palese nelle
piti grandi figure della patristica e nei principali rap­
presentanti del Medio-Evo cristiano ed ebbe un nuovo
impulso all'epoca del Rinascimento e nell'età barocca.
Nonostante le differenze esteriori, l'immagine dell'uo­
mo, durante questi secoli, rimase fondamentalmente
invariata, di modo che la rappresentazione dell'uni­
verso continuò ad appoggiarsi quasi senza modifiche su
quella greca. Queste concezioni dell'uomo e del mondo
ora invece hanno subito una fondamentale modifica,
sebbene non manchino ancor oggi uomini che, dal pun­
to di vista spirituale, appartengono al mondo di ieri.
Per influenza delle scienze moderne la nostra conce­
zione dell'uomo e del mondo ha assunto un aspetto
interamente nuovo. La teoria evoluzionista ha vinto
l'antica concezione statica e ha aperto la via a una
visione coerente e dinamica del mondo e dell'uomo. Il
cosmo ha assunto l'aspetto di una cosmogenesi e l'uomo
(anthropos) quello di un'antropogenesi. La dimensione
storica di ogni cosa ci si è rivelata con una intensità
notevolissima. Improvvisamente è nato un nuovo uma­
nesimo, che, sostenuto dalla nuova prospettiva, ha reso
l'uomo interamente cosciente del suo compito creativo
e della sua responsabilità nei confronti del mondo. Non
si può piti parlare di ritorno all'antico umanesimo di
I Paul Chauchard, Teilhard de Chardin, l'humaniste socialiste
de la réconciliation des Humanismes, in "Synthèses", n. 169-170, giugno­
luglio 1960, p. 331.
\
. \
\

VERSO UN NEOUMANESIMO GRISTIANO 137

equilibrio, cui si ispiravano i Greci e che ha costituito


per cosi lungo tempo il criterio della cultura occi­
dentale.
Il compito del pensatore cristiano di oggi deve con­
sistere nel verificare il nuovo umanesimo con il conte­
nuto del messaggio cristiano. A rigore, questa missione
è assai pili difficile di quella compiuta dai pensatori
antichi. Quando essi iniziarono la loro opera il messag­
gio cristiano non era ancora entrato in rapporto con
nessuna cultura. Adesso la situazione è del tutto cam­
biata. Il messaggio evangelico ci è trasmesso per tradi­
zione nelle categorie del pensiero greco-romano e nel
linguaggio della concezione culturale classica. Donde
risulta che il pensatore cattolico di oggi si trova davanti
a un compito pili difficile di quello dei secoli prece­
denti. Anzitutto egli dovrà cercare di cogliere il me~­
saggio evangelico nella sua purezza originale e sbaraz­
zarlo delle forme secondarie di cui è stato rivestito nel
corso dei secoli passati. Questo compito presuppone
che egli abbia profondamente e coscienziosamente ri­
flettuto sul contenuto della rivelazione. Una volta adem­
piuto a questo dovere di "ritorno alle fonti" (e la teolo­
gia contemporanea ha già effettuato un' opera magnifi­
ca in questo campo) si può intraprendere un tentativo
per confrontare la quintessenza indefettibile della ri­
velazione cristiana con il neo-umanesimo che, nei se­
coli futuri, ispirerà la vita spirituale dell'umanità.
Una impresa di tal fatta non può essere condotta a
termine da un solo uomo; Teilhard de Chardin si ren­
deva conto che questa missione dovrà essere compiuta
in seno alla Chiesa con la mutua collaborazione di
tutte le menti creative. Egli mirava soprattutto a ren­
dere coscienti i fratelli cristiani dei problemi posti al­
l'uomo moderno e al cristiano di oggi. Pili che un si­
stema chiuso e definitivo egli ha voluto abbozzare un
138 N. M. WILDIERS

programma per le ricerche ulteriori e apportare qual­


che piccola pietra per costruire l'edificio del nostrd
patrimonio spirituale.
Rigorosamente parlando, egli cercava di facilitare il
cammino al nuovo tipo di cristiano che egli sognava:
il cristiano per il quale l'amore della missione terrena
in un mondo in evoluzione coincida con l'amore di
Cristo che è il fine e il coronamento di questo mon­
. . . . do; un cristiano che fissi gli occhi sull' avvenire e la cui
fede sia adeguata alle nuove dimensioni del mondo;
un cristiano la cui recettività nei riguardi di tutti i
valori del mondo non contrasti con la sua resa totale
a Dio. Pili di chiunque altro Teilhard vedeva i peri­
coli nascosti nell' attaccamento a una concezione del
mondo superata. Egli cercò infatti con tutte le sue
forze di dare alla Chiesa un nuovo impulso e una
nuova vitalità.
Ma il suo messaggio non si indirizzava solo ai cri­
stiani. Si rivolge anche esplicitamente ai rappresentanti
della scienza moderna e in modo particolare a coloro
che pensano di trovare in questa scienza la giustifica­
zione per una vita areligiosa o improntata all'ateismo.
L'obiezione principale del marxismo ateo all'idea di
Dio e alla religione è che la religione alieni l'uomo da
se stesso e dai suoi doveri terreni. Esso non nega ogni
trascendenza, ma la limita all'uomo il quale, con il suo
lavoro creativo deve tendere a un continuo supera­
mento e a una perfezione sempre maggiore. Aspi­
rare al progresso puntando unicamente sulle proprie
forze è il vero compito dell'uomo e, di fronte a questa
missione, la religione è sempre una pericolosa aliena­
zione, un allontanarsi dell'uomo da sé e dal proprio
compito.
T eilhard de Chardin riconosce che questa critica
non era senza fondamento. Vi sono state infatti forme
VERSO UN NEOUMANESIMO CRISTIANO 139

di religiosità le quali o distoglievano del tutto la no­


stra attenzione dai doveri terreni, oppure suggerivano
un atteggiamento interamente passivo nei confronti del­
la Terra. Tali forme di religiosità costituivano un freno
al progresso umano. Esse non corrispondono piti al
sentimento religioso del nostro tempo, poiché discono­
scono il valore del lavoro e della ricerca, sul piano tem­
porale. Ma questa critica, per quanto sia fondata in
certi casi, non tocca l'essenza della religione. Nella
concezione del cristianesimo di Teilhard de Chardin,
perde addirittura ogni significato. Lungi dall'alienare
l'uomo da se stesso o dai suoi doveri terreni, la fede in
Dio può costituire anzi il supremo incitamento a ri­
spondere alla nostra vocazione terrena nel miglior
modo possibile. "Dio, scrive Jean Lacroix, non è una
soluzione già fatta, ma l'esigenza di trovarla e, al tem­
po stesso, la garanzia che non è assurdo cercare un
significato e realizzare un'opera: il lavoro è tanto piti
obbligatorio, in quanto è la necessaria mediazione per
una contemplazione che non è piti quella del mon­
do"'. Chi abbia riconosciuto che in fondo l'antropoge­
nesi è orientata verso una cristogenesi, non può far
altro che trovare proprio in questa prospettiva il su­
premo incitamento per inglobare la propria missione
nel processo storico e per divenire interamente co­
sciente della propria responsabilità.
In una specie di fenomenologia della attività uma­
na Teilhard de Chardin ha messo l'accento sulla ne­
cessità di un centro personale per soddisfare le aspira­
zioni umane all'unità. Ora, solo nella fede in una
vera trascendenza l'uomo può trovare la forza di supe­
rare gli ostacoli che lo minacciano nelle sue attività ter-

I ]ean Lacroix, Le Sens de l'athéisme moderne, Casterman,


1959, p. 65.
140 N. M. WILDIERS

rene. Infatti, abbandonato alle proprie forze, egli è,


esposto ai pericoli dello scoraggiamento e della dispera­
zione, alla minaccia del taedium vitae, alla tentazione
dell'indolenza e dell'egoismo. Non è strano che pro­
prio nei paesi in cui la prosperità è maggiore, i casi di
suicidio siano piti numerosi? L'ateismo non conosce la
vera natura dell'uomo. Implica anzi il rifiuto di ricono­
scerla. "Dobbiamo constatare che tutta una parte del­
la filosofia moderna, nella misura in cui è rifiuto di Dio,
è propriamente rifiuto della spiegazione metafisica e
con ciò limitazione della esperienza umana. A nostro
parere, non soltanto l'idea di Dio, ma la credenza in
Dio è implicata nel piti profondo e nel piti elementare
comportamento umano, che è fatto di fiducia e di umil­
tà. m L'ateismo, assai piti di certe forme di religiosità,
costituisce per l'uomo una alienazione pericolosa e crea
un clima spirituale in cui proprio lo sforzo umano è
esposto allo scacco, all'esaurimento e alla decadenza.

Un neoumanesimo CrIstIano: ecco l'aspirazione


e la speranza di Teilhard de Chardin; aspirazione e spe­
ranza che polarizzarono la sua vita.
Come giovane sacerdote egli si era già proposto di
dedicare la propria vita a questo compito e, nelle trin­
cee del fronte, durante la prima guerra mondiale, scris­
se queste parole: "O Signore, nella mia modesta parte
io vorrei essere l'apostolo e (oso appena dirlo) l'evan­
gelista del vostro Cristo nell'Universo. Vorrei, con le
mie meditazioni, con la mia parola, con la pratica di
tutta la mia vita, scoprire e predicare le relazioni di
continuità che fanno del Cosmo in cui noi ci agitiamo,
un ambiente divinizzato dalla Incarnazione, divinizzan-

1 Ibid., p. 61.
VERSO UN NEOUMANESIMO CRISTIANO 141

te per mezzo della comunione, e divinizzabile mediante


la nostra cooperazione ...
ti A coloro che sono abbagliati dalla nobiltà della
fatica umana, voglio dire, in nome di Cristo, che il
lavoro degli uomini è sacro, sacro nella volontà che
sottomette a Dio, e sacro nella grande opera che com­
pie, con i suoi infiniti tentativi, la liberazione naturale
e soprannaturale dello spirito.
ti A coloro che sono fiacchi, timidi, puerili, o ri­
stretti nella loro religione, voglio ricordare che il pro­
gresso umano è chiesto da Cristo, per il suo Corpo, e
che vi è, nei confronti del mondo e della verità, un
dovere assoluto di ricerca III.
Tutti sanno come egli restò fedele fino all'ultimo
giorno della sua vita al programma che si impose nella
sua giovinezza. Raramente si è vista una esistenza uma­
na cOSI improntata a tale idea madre e il modo in
cui questa missione venne compiuta rende l'opera e la
testimonianza di Teilhard de Chardin uno degli av­
venimenti spirituali pili notevoli del nostro tempo.

l Le Pretre, 1918, p. 9.
NOTIZIA BIOGRAFICA

Pierre Teilhard de Chardin nacque il 1D Maggio


1881 nella proprietà familiare di Sarcenat, presso Or­
cines (circa 7 km. ad Ovest di Clermont Ferrand,
Auvergne). Sua madre era una pronipote di Voltaire.
Egli era il quarto di undici figli, di cui alcuni destinati
a morte prematura. Terminati gli studi secondari nel
collegio di Notfe Dame a Mongré (Villefranche-sur­
Saone) entrò, all'età di diciotto anni, nella compagnia di
Gesu. Assai presto, durante gli anni di formazione allo
studentato di Jersey (Isole anglo-normanne) e durante
il breve periodo di insegnamento di fisica nel collegio
dei Gesuiti aI Cairo (1906-08) cominciò a interessarsi
particolarmente ai problemi di geologia e di paleonto­
logia. Materie in cui si perfezionerà ulteriormente alla
Sorbona, dove, dopo l'interruzione degli studi a caUS,l
della guerra, consegui il dottorato in scienze naturali
nel 1922. I corsi del professor Marcellin Boule eb­
bero particolare importanza per i suoi successivi lavori
poiché questi lo iniziò alla paleontologia umana e gli
restò per tutta la vita legato da amicizia.
Nel frattempo egli aveva avuto una cattedra di
geologia presso l'Institut Catholique di Parigi, dove
però non rimase a lungo. Nel 1923 fu inviato in Cina
con una missione scientifica e, per oltre vent'anni,
l'Asia continuerà a interessarlo e a sollecitare la sua
attività di studioso. Egli partecipò attivamente a nu­
, merose spedizioni scientifiche. Fu aggregato in qua­
144 N. M. WILDIERS

lità di esperto alla spedizione Roy Chapman AndreUJS


dell'American Museum of Natural History (1930) alla
spedizione Haardt-Citroen (1931-32) alla spedizione
Yale-Cambridge nell'India settentrionale e centrale
(1935) e alla spedizione Harvard-Carnegie in Birmania
(1937-38). Frattanto veniva nominato consigliere pres­
so il servizio geologico della Cina e compiva una mis­
sione nella Somalia francese e nell'Harrar (1928-29).
Tutti questi viaggi o ricerche" sul terreno furono par­
1/

ticolarmente fecondi in scoperte preziose, gli valsero la


fama di scienziato e gli procurarono grande autorità
nella cerchia dei colleghi.
Dòpo l'ultima guerra rientrò a Parigi, dove venne
nominato direttore di ricerca al Centre national de la
Recherche scientifique. Gli venne offerta anche una
cattedra al Collège de France; ma egli trascorse gli ul­
timi anni della sua vita a New York, dove, nel 1951
fu nominato collaboratore permanente alla Wenner­
Gren Foundation for Anthropological Research. Inca­
ricato di una missione, da parte di tale organismo, si
recò due volte nel Sud-Africa (1951 e 195.3) per coor­
dinare e incoraggiare la ricerca scientifica nel campo
della preistoria umana. Inoltre, in quanto honorary
fellow, fu membro del Royal Anthropological Institute
di Gran Bretagna e Irlanda, membro della Accademia
delle scienze (Institut de France), membro d'onore
della Accademia delle scienze a New York e membro
della società americana di geologia. Mori a New York
nel giorno di Pasqua, 10 Aprile 1955.
Questo arido elenco fa già sentire qual parte attiva
egli prese alla vita scientifica del suo tempo. Durante
gli scavi e i viaggi di esplorazione, e nel lavoro di la­
boratorio che ad essi seguiva, egli dimostrò infatti una
grande attività ed arrivò cOSI ad arricchire in maniera
notevole la nostra conoscenza del passato in campi
NOTIZIA BIOGRAFICA 145

diversi. Inoltre, il suo esempio e la sua personalità


amabile irradiavano una grande influenza, atta a stimo­
lare parecchi altri scienziati a ricerche ulteriori.
Sull'opera scientifica di padre Teilhard de Chardin
Jean Piveteau espresse questo giudizio: /lEssa ci ha
aperto prospettive grandiose; ha rinnovato la nostra vi­
sione del mondo; e segnerà una delle grand1 tappe
dello sviluppo della paleontologia".

lO.• l11troduZlone a Tei/hard de Ch.rdin.


BIBLIOGRAFIA

La bibliografia completa delle opere di Teilhard de Chardin


è stata compilata da Claude Cuénot nel suo fondamentale libro:
Pierre T eilhard de Chardin. Les grandes étapes de son évolu­
tion, Paris, Plon, 1958, e comprende circa 380 numeri
(p. I-XLI).

L OPERE DEL PADRE TEILHARD DE CHARDIN

a. OPERE EDITE IN VOLUME

1. Le Phénomène humain (CEuvres, t. I), Editions du Seuil,


1955.
2. L'apparition de l'Homme (CEuvres, t. II), ibid., 1956.
3. La Vision du passé (CEuvres, t. III), ibid., 1957.
4. Le Milieu divin (CEuvres, t. IV), ibid., 1957.
5. L'Avenir de l'homme (CEuvres, t. V), ibid., 1959.
6. Le Groupe zoologique humain (ColI. Les savants et le
Monde, diretta da André George), Editions Albin Mi­
che1, 1956.
7. Construire la Terre (Cahiers Pierre Tei1hard de Charrun,
1), Editions du Seuil, 1958.
8. Réflexions sur le bonheur (Cahiers Pierre Teilhard de
Chardin, II), Editions du Seuil, 1960.
9. Lettres de voyage (1923-39) recueillies et présentées par
Claude Aragonnès, Editions Bernard Grasset, 1956.
10. Nouvelles Lettres de voyage (1939-55) recueillies et pré­
sentées par Claude Aragonnès, Ibid., 1957.

b. SAGGI INEDITI

1. La Vie cosm/que, 1916.


2. Le Prétre, 1918.
148 BIBLIOGRAFIA

3. Note pour servir à l'Evangélisation des temps nouveaux,


I~Q •
4. Note sur le Christ universel, 1920.
5. La Messe sur le Monde, 1923.
6. Le Sens humain, 1929.
7. L'Esprit de la Terre, 1931.
8. La Route de l'Quest, 1932.
9. Christologie et Evolution, 1933.
lO. L'Incroyance moderne, 1933.
11. Comment je croi's, 1934.
12. L'Evolution de la chasteté, 1934.
13. Quelques réflexions sur la conversion du Monde, 1936.
14. Esquisse d'un Univers personnel, 1936.
15. Le Phénomène spirituel, 1937.
16. Réflexions sur la crise présente, 19.37.
17. L'Energie humaine, 1937.
18. La Mystique de la science, 19.39.
19. La Parole attendue, 1940.
20. La Montée de l'Autre, 1942.
21. Le Christ évoluteur, 1942.
22. Note sur la notion de perfection chrétienne, 1942.
23. Super-Humanité, Super-Christ, Super-Charité, 1943.
24. La Centrologie, 1944.
25. Introduction à la vie chrétienne, 1944.
26. Christianisme et Evolution, 1945.
27. Esquisse d'une dialectique de l'Esprit, 1946.
28. L'Apport spirituel de l'Extréme-Orient, 1947.
29. Réflexions sur le péché originel, 1947.
30. Comment;e vois, 1948.
31. Trois choses que je vois, 1948.
32. Le Cceur de la Matière, 1950.
33. Le Phénomène chrétien, 1950.
34. Du cosmos à la Cosmogénèse, 1951.
35. Ce que le Monde attend en ce moment de l'Eglise de
Dieu, 1952.
36. La Réflexion de l'énergie, 1952.
37. L'Etoffe de l'Univers, 1953.
38. Le Dieu de l'Evolution, 1953.
39. Recherche, travail et adoration, 1955.
40. Le Christique, 1955.
BIBLIOGRAFIA 149

c. PUBBLICAZIONI SCIENTIFICHE

Padre Teilhard de Chardin pubblicò moltissimi articoli,


memorie, comunicazioni, su argomenti geologici e paleonto­
logici. L'elenco di queste pubblicazioni destinate per il loro
carattere tecnico a lettori specializzati, si può trovare nell'o­
pera già citata di Claude Cuénot, oppure nel Bulletin de la
Société géologique de France, 4' serie, t. VII, 1957, pp. 798­
809.

II. OPERE CRITICHE

SU PIERRE TEILHARD DE CHARDIN

Louis Cognet, Le Père Teilhard de Chardin et la pensée con­


temporaine, Flammarion, 1952.
F.A. Viallet, L'Univers personnel de Teilhard de Chardin,
Amiot-Dumont, 1955.
Claude Tresmontant, I ntroduction à la pensée de Teilhard de
Chardin, Editions du Seui!, 1956.
Nicolas Corte, La Vie et l'ame de Teilhard de Chardin, Ar­
thème Fayard, 1957.
Pierre de Boisdeffre, Une histoire vivante de la littérature
d'aujourd'hui, Le Livre contemporain, 1958, (pp. 212­
215, édition 1960).
Claude Cuénot, Pierre Teilhard de Chardin. Les grandes éta­
pes de son évolution, Plon, 1958, (libro fondamentale).
Pierre Leroy, s.i., Pierre Teilhard de Chardin tel que je l'ai
connu, Plon, 1958.
Georges Magloire, Pierre T eilhard de Chardin tel que je l'ai
connu, Bruxelles, Ed. "Synthèses", (s.d.).
Olivier A. Rabut, o.p., Dialogue avec Teilhard de Chardin,
Editions du Cerf, 1958.
R. Te1dy Nalm, Faut-il bruler Teilhard de Chardin? Calmann­
Lévy, 1959.
Paul Chauchard, L'Etre humain selon Teilhard de Chardin,
Gabalda, 1959.
Paul-Bernard Grenet, Pierre T eilhard de Chardin ou le phi­
losophe malgré lui, Beauchesne, 1960.
N.M. Wildiers, Re! Wereldbeeld van Pierre Teilhard de Char­
din, Anvers-Amsterdam, 1960.
150 BIBLIOGRAFIA

Roger Garaudy, Perspectives de l'Homme. Existentialisme,


Pensée catholique, Marxisme, Presses universitaires de
France, 1959, (pp. 170-223).
Vercors, Guy Besse, Dr Paul Chauchard, Gilbert Mury, Claude
Cuénot, Roger Garaudy et Claude Tresmontant, Morale
chrétienne et morale marxiste, La Palatine, 1960, soprat­
tutto le pagine 37-69, 117-147, 189-223).

III. ARTICOLI RIGUARDANTI

TEILHARD DE CHARDIN

Alessandri Mgr M., Il pensiero di Pierre Teilhard de Chardin,


Divinitas, t. III, 1959, pp. 345-364.
d'Armagnac C. s.j., Philosophie de la nature et méthode chez
le Père Teilhard de Chardin, Archives de philosophie,
t. XX, 1957, pp. 5-41.
Id., De Blondel à T eilhard, Archives de philosophie, t. XXI,
1958, pp. 298-312.
de Boisdeffre P., Problèmes actuels et pensée teilhardienne,
Revue généraie beIge, janvier 1961.
Bosio G. s.j., Il fenomeno umano nell'ipotesi dell'evoluzione
integrale, La Civiltà cattolica, t. 106, 1955, pp. 622-631.
Bourgouin-Moudrova H., L'homme comme création de l'hom­
me selon Engels et selon Teilhard de Chardin, L'homme
et ses ceuvres, Actes du IXe congrès des sociétés de Philo­
sophie de langue française, 1957, pp. 467-470.
Bremi H., Les enquétes du géologue et du préhistorien. La
Tabie ronde, nO 90, juin 1955, pp. 19-24.
Chauchard Dr P., Teilhard de Chardin, l'humanisme socia­
liste et la réconciliation des Humanismes, Synthèses,
n° 169-170, juin-juillet 1960, pp. 331-355.
Créspy G., Le Christ du P. Teilhard de Chardin, Revue de
théoIogie et de philosophie (Lausanne), 3me série, t. IX,
1959, pp. 297-321.
Cuénot Cl., Teilhard de Chardin et les philosophes. La Table
ronde, n° 90, 1955, pp. 36-40.
Id., L'originalité philosophique de Pierre Teilhard de Char­
din, Présence (Genève), 6e année, n° 2, 1956, pp. 46-52.
Id., L'idée de progrès dans la pensée du Père Teilhard de
Chardin, Actualité et culture vétérinaires (Paris), 4e an­
née, nO 20, juillet-aout 1959, pp. 13-14.
BIBUOGRAPIA Ul

Id., La pansée teilhardienne est liée à la translormation du


monde, Synthèses (Bruxelles), 15e année, n° 172, sept.
1960, pp. 195-204.
Id., Le Père Teilhard de Chardin entre l'Orient et l'Occident,

Le Ruban rouge (Paris), n° 6, sept. 1960, pp. 8-14.

Delfgaauw B., Evolutie? Te Elfder Ure (Utrecht) t. III, 1956,

pp. 335-344.
Id., Teilhard en het vraagstuk van het kwaad, Bulletin de
la Société Tei1hard de Chardin du Benelux, n° 1-2, juin
1960, pp. 27-29.
Donnelly W., The Thought 01 Teilhard de Chardin, The
Clergy Review (Londres), voI. XLV, n 6, juin 1960,
Q

pp. 324-349.
Dubarle D., o.p., A propos du "Phénomène humain" du P.
Teilhard de Chardin, La Vie intellectuelle, t. 27, 1956,
nO 3, pp. 6-25.
Galot J. s.j., Le Phénomène humain". A propos d'un livre
Il

récent, Nouvelle Revue théologique, t. 78, 1956, pp. 177­


182.
Gex M., Où va l'Univers? L'évolutionnisme intégral du Père
Teilhard de Chardin, Cahiers protestants (Lausanne),
nov.-déc. 1953, pp. 338-353.
Id., Les Evolutionnismes contemporains de Gustave Mercier
et du Père Teilhard de Chardin, Dialectica (Neuchàtel),
t. VIII, 1954, pp. 322·346.
Id., L'Homme et l'Univers selon le Père Teilhard de Chardin,
Connaissance de l'Homme, n° 14, oct.-nov.-déc., 1955,
pp. 9-19.
Id., Vers un humanisme cosmologique. La synthèse de Teil­
hard de Chardin, Revue de théologie et de philosophie,
1957, pp. 186-205.
Id., Le Problème des rappor!s diI devenir et de l'intelligibilité
dans l'évolutionnisme de T eilhard de Chardin, Studia
philosophica, t. XIX, 1959, pp. 119-129.
Guérard cles Lauriers M.L., o.p., La démarche du P. T eilhard
de Chardin, Réflexions d'ordre épistémologique, Divini­
tas, t. III, 1959, pp. 221-268.
Huxley J., The human Phenomenon, Encounter, t. VI, 1956,
pp. 84-86.
Isaye G., Bergson et Teilhard de Chardin, Actes du Xe congrès
1'2 BIBLIOGRAFIA

des sociétés de philosophie de langue française, Bulletin.


de la Société française de philosophie, voI. 53, 1959,·
pp. 167-169.
Jacob Ch., Notice sur la vie et l'oeuvre scientifique du P. Teil­
hard de Chardin, Comptes rendus de l'Académie des
sciences, Séance du 25 avril 1955, t. 240, n° 17, pp.
1673-1677.
Journet Mgr Ch., La Vision teilhardienne du monde, Divini­
tas, t. III 1959, pp. 330-344.
Lafargue F., La Phénoménologie du P. T eilhard de Chardin,
Les Etudes philosophiques, t. X. 1955, pp. 582-591­
Madaule-Barthémely M., Introduction à la méthode chez Berg­
son et Teilhard de Chardin, Actes du Xe congrès des
sociétés de philosophie de langue française, Bulletin de
la Société française de Philosophie, val. 53, 1959,
pp. 211-216.
Id., Bergson et Teilhard de Chardin, Les Etudes bergsoniennes
(P.U.F.), voI. V,1960, pp. 65-81.
Malevez L., s.j., La Méthode du P. Teilhard de Chardin et la
phénoménologie, Nouvelle Revue théologique, t. 89, 1957,
pp. 579-599.
Id., Deux théologies catholiques de l'Histoire, Bijdragen (Roer­
mond-Maaseik), t. X, 1949, pp. 225-240.
Masi Mgr R., Il 'fenomeno umano' di Teilhard de Chardin. Il
metodo ed i principi cosmologici, Divinitas, t. III, 1959,
pp. 269-284.
Morel G., Karl Marx et le P. Teilhard de Chardin (A propos
du livre de M. Roger Garaudy, Perspectives de l'Hom­
me, P.U.F., 1959), Etudes, t. 304, 1960, pp. 80-87.
Philippe de la Trinité, o.c.d., Teilhard de Chardin. Synthèse ou
confusion? Divinitas, t. III, 1959, pp. 285-329.
Pivetau J., L'Histoire de la vie et l'origine des espèces, La Ta­
ble ronde, n° 90, juin 1955, pp. 31-35.
Id~- Pierre T eilhard de Chardin. Bulletin de la Société géolo­

gique de France, 4e série, t. VII, 1957, pp. 787-809.

Russo F., The Phenomenon of Man, America, voI. CIII, nO 5,

avril 1960, pp. 185-189.


Simpson G.G., On the remarkable testamen! of the ]esuit pa­
leontologist Pierre Teilhard de Chardin, Scientific Ameri­
can, voI. CCII, nO 4, pp. 201-207.
Smulders P., Evolutieleer en Toekomstverwachting bij Teil­
BIBLIOGRAFIA

hard de Chardin, Bijdragen (Nimègue-Bruges) t. 21, 1960,


pp. 233-280.
Solages Mgr B. de, La Pensée chrétienne face à ['évolution.
Bulletin de littérature ecclésiastique (Toulouse), oct.-déc.
1947, pp. 1-14.
Tresmontant Cl., Note sur l'r:euvre de Teilhard de Chardin,

Les Etudes philosophiques, t. X, 1955, pp. 592-605.

Id., Retour aux sources, Bulletin de la Société Tenhard de

Chardin du Benelux, nO 1-2, juin 1960, pp. 20-22.


Wildiers N.M., L'Expérience fondamentale du P. Teilhard de
Chardin, La Table ronde, nO 90, juin 1955, pp. 41-54.
INDICE

INTRODUZIONE

il COMUNICARE CON DIO


ATTRAVERSO IL MONDO" p. 7

PARTE PRIMA

"UN'EVOLUZIONE
DI TIPO CONVERGENTE" » 21
I - Verso una fenomenologia scientifica
dell'universo . » 23
II - Immensità dello psichismo » 39
III - "Una sfera che invoca un centro" . » 59

PARTE SECONDA

ilUNA RELIGIONE
DI TIPO CRISTICO" » 81
I - Religione della terra e religione del
cielo » 83
II - il L'universo cristificato" . » 101
III - Verso un neoumanesimo cristiano » 125
Notizia biografica » 143
Bibliografia » 147
Finito di stampare il 30 Novembre 1962 per conto della Casa Editrice
Valentino Bompiani presso "La Tipografica Varese" - Varese.

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