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Volume : 2 Numero: 37 Data: Agosto 2011 Sede: Gruppo Alternativa Liguria Di: Asta Paolo, Martini Claudio

Alternativa news
In collaborazione con: Megachip

IN QUESTO NUMERO
1 Le idee forti di Massimo Bontempelli Di: Giulietto Chiesa [ pag. 1 ] 2 Massimo Bontempelli, una vita semplice, una mente scintillante Di: Fabio Bentivoglio [ pag. 2 ] 3 Pranzo di lusso. Sette euro Di: Emiliano Fittipaldi [ pag. 2 ] 4 Per una filosofia e prassi di liberazione Di: Massimo Bontempelli [ pag. 3/4/5/6 ] 5 Elaborare il lutto europeista e azzerare la UE Di: Marino Badiale e Fabrizio Tringali [ pag. 6/7 ] 6 Una idea della storia dura a morire Di: Aldo Giannuli [ pag. 7/8 ] 7 Eccolo, il pensiero unico Di: Marino Badiale [ pag. 8 ]

Le idee forti di Massimo Bontempelli (1946-2011)


di Giulietto Chiesa. morto il nostro amico, compagno, di viaggio, di idee e di passione, Massimo Bontempelli, uno degli intellettuali italiani tra i pi lucidi del nostro tempo. Porgiamo le nostre condoglianze alla famiglia, e a Marino Badiale, il segretario di Alternativa, che con lui ha condiviso anni di studio, di pensiero, di lavoro nella scrittura di libri e saggi; che gli stato vicino umanamente e intellettualmente, consentendogli di esplicitare il suo valore di ricercatore profondo e severo. Per quanto mi riguarda voglio dire che stato anche grazie a Marino Badiale che ho conosciuto di persona Massimo Bontempelli, qualche anno fa, quando ancora non eravamo impegnati nello stesso progetto e anzi eravamo ancora assai distanti. Ci eravamo letti, reciprocamente, sui siti del web, sui libri che scrivevamo. Ci siamo marcati reciprocamente, per un p da lontano, poi sempre pi vicino. Avevamo visto molte convergenze, ma vedevamo anche le divergenze. Sapevamo che ci sarebbe stata molta strada da fare. E labbiamo percorsa. Se Alternativa esiste anche perch, a un dato momento, capii che avrei potuto contare sul loro apporto. Massimo non lho pi incontrato di persona, da allora. Ma, come tutti noi, ho potuto seguire il suo percorso intellettuale ed etico, attraverso gli scritti che co-firmava con Marino. Scritti che spesso ci hanno illuminato il percorso. Ci aspettavamo molto da lui e sappiamo che molto ancora ci verr, perch non tutto stato pubblicato. Ma siamo consapevoli di avere perduto una grande forza, proprio nel momento in cui Alternativa non solo sta decollando, ma sta sviluppando il massimo sforzo per costruire una visione dinsieme della transizione inevitabile che ci attende. Non ci resta che studiarlo, Massimo Bontempelli. Per questo siamo profondamente tristi, sebbene noi sappiamo che i messaggi che ci ha dato restano preziosi a fecondare il terreno. Senza di lui saremmo pi poveri di idee e di coraggio.

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Massimo Bontempelli, una vita semplice, una mente scintillante - di Fabio Bentivoglio. Scrivere, oggi, una nota in ricordo di Massimo Bontempelli mi
possibile soltanto perch sono ancora in quella sorta di limbo emotivo che da un lato consente di registrare mentalmente lincredibile notizia della sua scomparsa, dallaltro non consente ancora, per quanto mi riguarda, di cogliere per intero la smisurata voragine che mi si aperta dentro. Parlare con distacco della sua vita mi impossibile, perch la sua vita stata anche la mia. Trentanni fa, quando in questo Paese si facevano ancora i concorsi pubblici per accedere alla professione insegnante, era necessario studiare e approfondire i contenuti di esame. Conobbi Massimo in occasione di una serie di lezioni da lui tenute a questo scopo. Mi riconosco un merito: dopo poche lezioni compresi subito di trovarmi di fronte a un personaggio eccezionale di cui intuivo una profondit di pensiero che corrispondeva a quello che con passione cercavo nella filosofia. Da quel momento nacque un sodalizio culturale che avrebbe costituito uno degli assi portanti della mia esistenza, non solo professionale. Le sue analisi storiche, filosofiche, sociali, anche nelle loro punte di massima astrazione, finiscono sempre per dare fondamento teorico a un impegno politico teso ad affermare il valore irrinunciabile della giustizia. Massimo ha scritto pagine e opere memorabili su questo e su tanti altri temi, e fatico a contenere la mia indignazione nel vedere come i suoi scritti siano stati colpevolmente ignorati dai circuiti ufficiali della cultura. Ma quegli scritti sono l e devono essere raccolti, ordinati, letti e discussi per rendersi conto del posto che Massimo deve occupare nel panorama della cultura italiana, e per rendersi conto di come in un mondo di intellettuali di cartapesta esistano ancora potenti testimonianze di rigore culturale, di onest e amore della verit. E forse proprio questo che rendeva Massimo un intellettuale scomodo, ma scomodo davvero, temuto dagli apparati: perch ci si trovava di fronte ad unintelligenza straordinaria non disponibile ad essere piegata ad alcun interesse particolare, perch Massimo quellintelligenza lha messa al servizio dellessenza della filosofia, cio dellamore per la verit e quindi dellamore per la giustizia, al di fuori di qualsiasi convenienza, al di fuori di qualsiasi appartenenza politico-identitaria. In trentanni mai una volta che abbia ceduto di un millimetro quando in gioco cera il valore della coerenza intellettuale. In trentanni mai una volta che lo abbia visto cedere anche lontanamente alla malattia del narcisismo; mai una volta che abbia privilegiato la convenienza, spesso anche strameritata, allamicizia e al valore dei rapporti umani. E poi, soprattutto, ha commesso un reato oggi insopportabile: nessuno scarto tra le sue idee scritte e la sua vita pratica. Un intellettuale con le sue doti avrebbe potuto anche senza grandi compromessi occupare posti di privilegio e cattedre importanti. Massimo Bontempelli ha dato tanto, tantissimo, a chiunque gli si avvicinasse con desiderio di conoscenza, in una misura che difficile poter anche immaginare. Ci ha insegnato con la semplicit della sua vita, con la sua incredibile disponibilit, con la sua umanit che davvero un altro mondo possibile. Ciascuno di noi, in coscienza, se vuole ricordare Massimo, rifletta sul valore di questo suo insegnamento.

PRANZO DI LUSSO: SETTE EURO


di Emiliano Fittipaldi informare per resistere

Risotto con rombo: 3,34 euro. Carpaccio di filetto: 2,76. Dolce: 1,74.
Il tutto di servito da camerieri in livrea. E il ristorante del Senato. Terza puntata delle confessioni allEspresso del parlamentare Carlo Monai: dove non ci parla solo di cibo ma anche di mutui superagevolati, di terme e di massaggi shiatsu a spese del contribuente Carlo Monai, il deputato dellIdv che ha deciso di raccontare tutti i privilegi della Casta, continua a stupirci. Racconta che a Montecitorio e Palazzo Madama arrivano ogni giorno inviti per mostre, happening vari, sfilate di moda. Il cibo si paga? Dipende. Il bar della bouvette in linea con i prezzi di mercato. Il ristorante, invece, no. Ci costa in media 15 euro, ma la tavola apparecchiata come un tre stelle Michelin, i camerieri sono in livrea, lo chef bravo e prepara piatti di grande qualit. Io cerco di non appesantirmi, e ci vado raramente. Lunico appunto, chiosa sorridendo, riguarda la cantina: ci sono ottimi vini, ma nessuna bottiglia friulana. Al Senato si pu mangiare uno spaghetto alle alici a 1,60 euro, un carpaccio di filetto a 2,76 euro, un pescespada alla griglia a 3,55 euro. Prezzi ridicoli. Anche in consiglio regionale cera un buon self service. Primo, secondo, caff e frutta a 10 euro. Pure uno shampoo costa poco: la nostra guida un frequentatore della mitica barberia della Camera, dove un taglio costa 18 euro (al Senato, invece, gratis). In questo caso, credo che sia un servizio da conservare: consente al parlamentare di avere sempre un aspetto dignitoso, anche quando arriva il marted con i capelli spettinati. Ma i servizi dedicati ai politici non finiscono qui. Dentro Montecitorio c uno sportello del Banco di Napoli, diventato famoso perch il consigliere Marco Milanese ha movimentato, su un conto dellagenzia Montecitorio, qualcosa come 1,8 milioni di euro in pochi anni. Non il solo ad aver aperto un conto l, visto che gli onorevoli possono approfittare di tassi agevolati per mutui e prestiti. Precisa Monai: Molti usano la diaria non per affittare la casa a Roma, ma per comprarla. Limportante essere rieletti. Per un mutuo di 150 mila euro a cinque anni il tasso fisso appena del 2,99 per cento, uno o due punti sotto quello di mercato. Idem per un prestito: possiamo avere un tasso agevolato al 2-3 per cento. Anche le prestazioni sanitarie sono rimborsate: Monai dopo un incidente in cui ha distrutto una Mercedes ha ottenuto il rimborso di 580 euro di massaggi, e ammette che il Parlamento gli paga cinque giorni di cure termali lanno. I radicali hanno scoperto altri benefit: occhiali gratis, psicoterapia pagata, massaggi shiatsu, balneoterapia. Tutti servizi destinati a oltre 5.500 persone, tra deputati e familiari. Alla Camera, poi, non si chiama mai il 118: ci sono anche alcuni infermieri nascosti tra gli scranni dellAula adibiti a rianimare il deputato nel caso si sentisse male. Costano al contribuente 650 mila euro lanno. Dopo una vita da nababbo, lex parlamentare o il consigliere non viene abbandonato dalla casta. Lassegno di fine mandato non si nega a nessuno, e il vitalizio scatta per tutti. Per prendere una pensione bastano cinque anni di mandato alla Camera o al Senato, (in media 6 mila euro a testa al mese), per una spesa che nel 2013 toccher i 143,2 milioni di euro lanno. Tra le Regioni solo lEmilia-Romagna ha abolito il vitalizio, tutte le altre non ci pensano nemmeno: cos nel Lazio pu accadere che gli ex e i trombati si prendano 4 mila euro al mese ad appena 55 anni. Non male, in tempo di crisi.

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Per una filosofia e prassi di liberazione


Massimo Bontempelli (1946-2011) ha scritto articoli e saggi preziosi e interessanti per molti siti e riviste, qualche volta con un raggio di diffusione limitato rispetto al notevole potenziale delle riflessioni contenute. Vi riproponiamo qui un estratto di un suo saggio filosofico pubblicato dalla rivista Indipendenza, n. 19-20 (febbraio/maggio 2006), segnalatoci da Marino Badiale e finora inedito sul web. Sulla scorta di quali princpi costruire una opposizione al sempre pi pervasivo sistema capitalistico? In questo scritto Massimo Bontempelli ce ne illustra qualcuno, criticando al contempo alcune prospettive illusorie. I paragrafi dello scritto: 1) La realt filosofica trascendentale come orizzonte possibile di superamento del capitalismo: luomo dotato di una natura umana non specifica, non univoca come quella degli altri animali, che non lha reso e non lo rende integralmente riducibile ai modi di produzione via via succedutisi storicamente, e che pu considerarsi come una fonte di significati valoriali trascendentali da cui attingere per lelaborazione di progetti di resistenza e liberazione; 2) La contraddizione tra capitalismo e natura trascendentale umana; 3) Non crollo, ma disfunzionalit sociale del capitalismo; 4) I nessi tra consumismo, vuoto antropologico e sviluppo capitalistico; 5) Critica ad una geopolitica senzanima; 6) Resistenza consapevole alla pervasivit capitalistica; 7) Per una subordinazione della sfera economica a scopi civili e sociali; 8) Conclusioni. di Massimo Bontempelli. [] Il nodo cruciale ed ineludibile per chiunque intenda contrapporsi in modo minimamente serio al devastante sistema socioeconomico in cui viviamo la presa datto di una inedita situazione storica, caratterizzata dalla scomparsa di ogni scarto e di ogni autonomia delle concrete formazioni sociali rispetto al puro schema logico del modo di produzione capitalistico. La legge capitalistica del plusvalore, scientificamente chiarita da Marx come dinamica autoreferenziale dellincremento continuo, senza un fine e senza una fine, della ricchezza astratta quantitativamente espressa, cio storicamente giunta a guidare lo sviluppo di tutte le sfere dellesistenza umana, abolendovi ogni loro specifica finalit indipendente, e sottomettendone gli stessi presupposti psichici e biologici. Non si pu affrontare consapevolmente una simile situazione al di fuori di una sua comprensione di tipo filosofico. Con una logica semplicemente empirica appare contraddittoria la stessa possibilit di

... contrapporsi ad un sistema descritto come colonizzatore integrale di ogni sfera di vita: se tutta la realt stata sussunta alla legge sistemica, non pu nascerne alcuna iniziativa contro il sistema. La realt filosofica trascendentale come orizzonte possibile di superamento del capitalismo La filosofia insegna, per, sin dalle sue origini, che la realt tale a livelli diversi. Luomo empirico, plasmato dalle dinamiche storiche, ed oggi, quindi, integralmente dalla dinamica delleconomia capitalistica, non esaurisce la realt umana, costituita anche da quellessere uomo di ogni uomo a cui appartengono tutte le soggettivit umane, e in cui si esprime una forza creatrice mai del tutto riducibile alle forze generatesi al livello empirico-storico. In altre parole, luomo dotato di una natura umana non specifica, non univoca come quella degli altri animali) che non lha reso e non lo rende integralmente riducibile ai modi di produzione via via succedutisi storicamente, e che pu considerarsi come una fonte di significati valoriali trascendentali da cui attingere per lelaborazione di progetti di resistenza e liberazione. Proviamo a spiegare il concetto partendo da un semplice esempio. Immaginiamo un sistema storico ancora pi potente del capitalismo attuale, un sistema in linea di principio storicamente onnipotente. Potrebbe un simile sistema riplasmare gli individui umani fino a farne monadi arelazionali, foggiate al di fuori di ogni loro reciproca dipendenza? Certamente no. Nessuna onnipotenza storica potrebbe produrre un simile risultato. Perch? Perch lessere uomo delluomo costituito, tra laltro, da un riferimento del proprio essere a se stesso, denominato autocoscienza, secondo unimmagine che ciascun individuo ha di s, e che, nata dallimmagine che altri ha avuto di lui, pu evolversi nel soggetto, come espressione della sua libert, soltanto nella misura in cui limmagine nuova di s sia riconosciuta da un altro soggetto come immagine di lui. La soggettivit umana dunque nel suo stesso concetto, cio in maniera mai eliminabile dalla storia, dipendenza intersoggettiva. Ci che non mai eliminabile della storia si dice universale, e luniversalit necessaria del costituirsi delluomo come uomo si dice trascendentalit (da non confondersi assolutamente con la trascendenza, che una realt al di l dellesistenza umana). La soggettivit trascendentale immanente ai soggetti empirici rappresenta la vera natura propria delluomo, ed la sua realt che tiene aperti altri orizzonti storici dal capitalismo anche se il capitalismo ha sussunto integralmente a s la storia presente.

La nozione di trascendentalit filosoficamente strategica. Si pu addirittura affermare che si dentro o fuori la filosofia a seconda se la si davvero compresa o meno. Il modo usuale in cui una mentalit non filosofica la fraintende quando le viene mostrata quello di pensarla alla maniera di un che cosa anzich di un come dellumanit delluomo, confondendone luniversalit reale con la generalit ottenuta da un processo astraente, scambiando quindi la realt universale delluomo con un concetto astratto. Scambiata per un che cosa, diventa un nucleo umano originario e permanente sotto la mutevole scorza delle vicende storiche, che nessuna forza empirica pu distruggere o alterare, e che svolge quindi il ruolo di una sorta di polizza di assicurazione contro i danni della storia, accettabile o rifiutabile come tale secondo i gusti, a seconda cio che la si consideri reale o illusoria. Il trascendentale, invece, filosoficamente considerato, non pu venire bens in linea di principio compromesso da alcuna forza empirica, ma in quanto trascendentale, cio al livello di realt che gli proprio, mentre pu essere compromesso e persino distrutto dallempirico nella sfera dellempirico. Rispetto allempirico, il trascendentale la sua immanente condizione di ordine, di libert e di significato, per cui quanto pi lempirico si distacca nel suo sviluppo dal trascendentale, tanto pi si manifesta come sfaldamento sociale, inconsistenza collettiva, nichilismo diffuso. Al limite, unorganizzazione dellempirico basata sul disconoscimento di ogni significato trascendentale, tende in quanto tale alla sua stessa autodistruzione. Si tratta appunto della situazione in cui siamo storicamente immersi, in cui il capitalismo, giunto allapice del suo successo storico, ha cominciato a consumare le condizioni stesse di ogni ordine sociale, e quindi anche del proprio ordine. La contraddizione tra capitalismo e natura trascendentale umana Il capitalismo attuale simultaneamente potenza assoluta e sistema in disfacimento proprio perch diventato potenza assoluta. Cosa significa in questo contesto potenza assoluta? Significa che tutte le forze sociali sono diventate manifestazioni della potenza del capitale, ovvero della sua capacit di sottomettere ogni elemento concreto al suo comando impersonale. Questo approdo del capitalismo reso pienamente comprensibile dalla trattazione scientifica di Marx, nella quale il plusvalore capitalistico non ha limiti fisici e sociali. vero che Marx afferma anche che la

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borghesia, nel suo sviluppo, da lui identificato con lo sviluppo del capitale, produce con i proletari i suoi becchini, per cui pi potente del capitale la contraddizione con esso del lavoro. Ma questo scenario sociostorico, in cui egli ha creduto, ed in funzione del quale ha promosso lorganizzazione internazionale del proletariato, non discende affatto dalla sua scienza dialettica delleconomia, nella quale il capitale non n danaro, n strumentazione tecnica, n potere borghese, ma rapporto sociale, dotato di una dinamica autoriproduttiva socialmente sempre pi inclusiva. Una volta che si instaurato il capitale, inteso come rapporto sociale dialetticamente autoriproduttivo, il lavoro non gli si contrappone come unaltra realt, ma si svolge come sua propria articolazione, e parimenti diventano sue articolazioni tutte le altre forze produttive. Scientificamente considerato, quindi, lo sviluppo del capitale altro non che lo sviluppo della sua potenza sociale, il cui esito storico, permanendo il capitalismo, non pu essere che la sussunzione ad esso dellintero mondo empirico-storico, ovvero la sua potenza assoluta. Se la potenza assoluta del capitalismo, vale a dire un capitalismo coestensivo della formazione sociale, un capitalismo assoluto, intellegibile nella sua genesi sul piano scientifico, il disfacimento del capitalismo inscritto nella sua potenza assoluta si mostra sul piano filosofico. Occorre capire, infatti, che ogni sistema sociale stabilmente strutturato, per quanto oppressivo, in quanto stabilmente strutturato esprime sul piano empirico qualche sia pur empiricamente deformato significato trascendentale. Il capitalismo invece lunico sistema il cui funzionamento in contraddizione con la natura trascendentale umana. Se tale, per, come ha fatto a nascere ed a svilupparsi? nato perch stato strumento indiretto dellemersione storica di due significati trascendentali, il valore dellindividualit e quello dellappartenenza nazionale, di cui sono state levatrici storiche le classi borghesi proprio attraverso la forza tratta dalla nuova economia del plusvalore di cui erano attrici e profittatrici. Si sviluppato perch ha utilizzato per il suo funzionamento risorse non sue: le risorse politiche e spiritualmente coesive delle nazionalit, le risorse psichiche e comportamentalmente disciplinatrici della famiglia e della scuola borghesi, le risorse produttive delletica religiosa e corporativa del lavoro, le risorse socialmente regolatrici dei codici donore aristocratici. Ma lutilizzazione di queste risorse presupponeva lautonomia funzionale delle sfere in cui si formavano, e la parzialit

sociale, per quanto determinatrice in ultima istanza degli indirizzi generali, del modo di produzione capitalistico. Una volta, perci, che il modo di produzione capitalistico diventato totalitario, sottomettendo direttamente alla sua logica di funzionamento tutte le sfere sociali, questa sua potenza storicamente assoluta avvelena le stesse risorse antropologiche di cui avrebbe bisogno. Allaltezza del nostro tempo storico si rivela cos come la vera contraddizione distruttiva da cui il capitalismo segnato non sia una di quelle tematizzate dalla tradizione marxista (tra capitale e lavoro, tra borghesia e proletariato, tra forze produttive e rapporti di produzione), ma quella tra esso e la natura umana. La potenza che distrugger il capitalismo sar dunque la potenza stessa del capitalismo, dato che in futuro i suoi effetti universalmente destrutturanti non saranno pi contenuti da forme organizzative precapitalistiche. La fine del capitalismo sicuramente prossima, questione non di secoli, neanche di un secolo, ma di decenni. Non crollo, ma disfunzionalit sociale del capitalismo Questa non per affatto una buona notizia. La sua fine non sar infatti certamente lora x sognata dal vecchio massimalismo socialista, cio un crollo simultaneo e repentino di tutti i suoi elementi tale da determinare una nuova alba storica, n tanto meno una presa del palazzo dInverno, cio una rivoluzione promossa da forze antagoniste, e tanto meno ancora la costruzione secondo un progetto di una nuova societ. Sar invece una crescente disfunzionalit, accelerata dagli squilibri economici cumulativi derivati, prodotta dal venir meno di ogni regolazione certa dei conflitti, di ogni progettualit oltre tempi sempre pi brevi, di ogni intelligenza sociale nelle scelte imprenditoriali, della capacit stessa di mantenere un realismo pragmatico da parte di personalit sempre pi psichicamente malate. Si tratta degli effetti inevitabili di una societ rimasta, sotto la potenza assoluta del capitalismo, senza nazione, senza etica, senza istituzioni di formazione del pensiero e della personalit, in una maniera, cio, in cui la natura umana non consente il mantenimento di alcuna stabilit sistemica, compresa quella del capitalismo. La verit di questo quadro si manifesta ad una comprensione filosofica, perch essa consente di sopportarne mentalmente il peso. Una mentalit non filosofica, infatti, non vede niente oltre la storia, alla quale pu o non pu sovrapporre un presupposto trascendente. Se perci non trova ragioni e significati nella storia, si ritrova con un dio o con il niente. Non pu quindi pensare la contraddizione del capitalismo con la

natura umana se non correlando questa natura ad una trascendenza divina o rendendola in se stessa, come sostanza originaria, una trascendenza, e facendone quindi un mito, che nel caso di una mentalit irreligiosa, non pu che rifiutare. Senza poter attingere significati alla trascendentalit, a cui una mentalit non filosofica cieca, un anticapitalismo non supportato da forze storiche appare vacuo e deserto di significati. I nessi tra consumismo, vuoto antropologico e sviluppo capitalistico Nascono di qui gli erramenti della mentalit non filosofica, che, costretta a cercare una giustificazione storica dellanticapitalismo, cade nei miti della classe intrinsecamente antagonista, anche se il suo antagonismo temporaneamente latente, e dei movimenti volti al superamento del capitalismo pur attraverso la parzialit dei loro obiettivi (questultimo mito usato anche per giustificare ingiustificabili cedimenti politici, tanto poi la spinta dei movimenti sposter gli equilibri politici). Si elude un fatto storicamente evidente e decisivo: le masse popolari, qualunque siano i loro comportamenti elettorali, ed anche l dove aderiscano a fondamentalismi religiosi cristiani, ebraici, islamici o induisti, testimoniano soprattutto il loro consenso attivo e quotidiano al capitalismo. []. Si pu fare un esperimento mentale. Immaginiamo unabitudine di massa, anche se non maggioritaria, al differimento delladozione di nuovi prodotti e nuove tecniche, fino a quando la loro larga diffusione sociale abbia reso realmente difficoltoso rinunciarvi, come ad esempio non munirsi di telefono cellulare finch non comincia a servire davvero per il lavoro, non sostituire il computer con uno di pi recente produzione finch non stato reso inadeguato alla sua funzione, non abbonarsi alle pay-TV finch si possono vedere nuovi film al cinema, e cos via. Ebbene, basterebbe la diffusione di un simile atteggiamento niente affatto francescano, ma saggiamente e sobriamente orientato al benessere, per bloccare la realizzazione del plusvalore, e quindi laccumulazione capitalistica. Se ci non accade non per edonismo, come normalmente si crede perch il vero edonismo, insegna il suo maestro pi famoso, Epicuro, richiede non la smodatezza, ma il limite e la qualit, bens per la coazione al consumo e alla novit generata da un vuoto interiore scavando il quale il capitalismo ha sussunto a s i comportamenti di massa. Critica ad una geopolitica senzanima Chi non cerca miti consolatori, e non elude lintegrazione delle masse nel capitalismo, ma costretto allappiattimento mentale alla dimensione empirico-storica dallincapacit di attingere significati dalla

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trascendentalit, non pu che trarre indicazioni dalla geopolitica, valide sotto certi aspetti, ma fuorvianti sotto altri. giusto, ad esempio, che limperativo politico e morale dei nostri tempi sia quello di contrastare sempre e comunque lespansionismo statunitense. Se si rimane, per, sul solo piano della geopolitica, questa giusta indicazione trapassa facilmente nel principio che il nemico geopolitico del mio nemico il mio amico, cio in un principio sbagliato, frutto di una nascosta disperazione coperta dalla volont di schierarsi comunque dentro qualche forza protagonista della storia. La Cina, ad esempio, nella prospettiva futura il nemico pi temibile per limperialismo americano. Saremo allora amici della Cina? Se lo facessimo, perderemmo ogni bussola. La Cina condivide con il suo potenziale futuro nemico, gli Stati Uniti che gi cercano di accerchiarla e di sottrarle ogni influenza sulla strategica area centroasiatica, molti primati dellincivilt capitalistica: ha, insieme agli Stati Uniti, la pi alta percentuale della popolazione carceraria sulla popolazione complessiva, il pi alto numero di condanne a morte legalmente inflitte, la pi sviluppata precarizzazione del lavoro. Nel distretto di Shanghai, una delle zone del mondo di pi accelerata accumulazione di capitale, gli addetti ai lavori pi umili e pericolosi sono assunti senza neppure un contratto, sono impiegati per dodici ore al giorno per una retribuzione di centoventi dollari mensili, che devono accettare per non morire di fame, dato che la privatizzazione dei terreni agricoli ha creato disoccupati privi di ogni protezione sociale. Tra loro molte donne giovani che fanno di Shanghai una delle citt con pi prostitute al mondo. La citt per considerata un modello esemplare di sviluppo economico, perch vi in continua crescita il numero delle aziende, lentit, il volume degli investimenti, la costruzione di grattacieli. Le sue strade sono piene di cantieri a cielo aperto che creano un terribile inquinamento atmosferico e acustico. Comunismo significa, in Cina, soltanto dittatura politica, repressione immediata di ogni protesta, negazione dei diritti civili e sindacali, in funzione di uno sfruttamento brutale della manodopera, costretta, soprattutto nei distretti minerari, a lavorare in condizioni di mortale pericolosit ed a vivere in ambienti molto inquinati. Simpatizzeremo, quindi, per Hu Jintao contro Bush? Via, non scherziamo. Lenin, che odiava limperialismo inglese, non per questo simpatizz con il cancelliere imperiale tedesco Bethmann Hollweg (19091917) che lo combatteva. Se seguiamo questo criterio dovremmo allora puntare pi direttamente sullemersione di un

imperialismo europeo, che, se si sviluppasse, entrerebbe certamente in urto con quello USA e forse potrebbe prendere il suo posto. Ma che senso avrebbe un imperialismo di sostituzione? Davvero non scherziamo. Resistenza consapevole alla pervasivit capitalistica Una vera mobilitazione antagonistica potr avvenire soltanto mirando a subordinare la sfera economica alla tutela di diritti civili e sociali di attribuzione universale, e quindi togliendole sia il dominio totalitario sulle altre sfere dellattivit umana, sia lautoreferenzialit dei suoi obiettivi di sviluppo, mediante la sua sottoposizione a limiti politici ed etici. [] Senza una considerazione filosofica della storia, per, lidea di una mobilitazione antagonistica di tal genere fraintendibile in modo da apparire contraddittoria con le sue stesse premesse. Come pu affermarsi un modello di societ basato sul primato della politica eticamente intesa entro una dinamica storica descritta come integralmente sussunta ad una economia autoreferenziale ed integralmente prodotta da essa? Quale forza storica potrebbe imporre limiti sociali ad un capitalismo che ha gi incorporato lambiente stesso di vita nelle sue tecniche produttrici di plusvalore, ed ha reso luso di tali tecniche mezzo esclusivo di efficacia sociale? Il punto essenziale della questione che i valori di civilt che esigono la reimposizione di limiti ontologici allattivit della sfera economica, e la finalizzazione di essa a scopi civili e sociali, non vanno affatto pensati come un modello di societ futura, e neppure come una prefigurazione di suoi elementi costitutivi, ma come fondamenti di criteri di giudizio e di azione tali da dare espressione allimpulso di sopravvivenza della natura umana, mobilitandola contro le sbarre dellattuale prigione socioeconomica e facendole aprire un varco storico ancora indeterminato nellitinerario successivo e nellesito finale. Ma si pu cominciare a percorrere una nuova strada senza il disegno preliminare del percorso che sar seguito e del traguardo che si progetta di raggiungere? Certo che si pu. Immaginiamo che alcuni schiavi di una crudele istituzione totale come un lager nazista abbiano individuato, sotto la spinta dellistinto di autoconservazione, determinati mezzi per forzarne le barriere e sopraffarne le guardie, e andare poi a raccogliersi fuori per una resistenza armata. Diremo che non possono farlo perch non hanno, magari, la minima idea di quale costituzione politica subentrer alla dittatura nazista, e neppure sanno come potranno organizzarsi fuori, e se saranno davvero in grado di difendersi? Sarebbe in

in tutta evidenza assurdo, perch per loro, in quel momento, lunica cosa importante e possibile trovare, con le risorse dellistinto di sopravvivenza, una via duscita dal lager, e vedranno poi come ulteriormente procedere. Cos, per noi che viviamo soggetti al capitalismo assoluto, lunica cosa importante e possibile trovare, con le risorse della nostra natura trascendentale umana minacciata, i mezzi per aprirci un varco storico oltre esso, e tali mezzi sono appunto quei valori di civilt di cui si detto. Altro non possiamo sapere, perch lorizzonte del capitalismo assoluto entro cui stiamo onnicomprensivo e chiude totalmente la visuale di qualsiasi altro spazio storico, per cui non possiamo prefigurarci alcun futuro, non possiamo prevedere quale nuova civilt umana subentrer al prossimo sfacelo del capitalismo, e neppure se limbarbarimento ulteriore prodotto dallo sfacelo del capitalismo si prolungher per anni, per decenni, o magari persino per qualche secolo. La comprensione filosofica necessaria appunto per capire come, dalla situazione storica in cui si collocati, non possiamo intravedere alcun altro orizzonte storico, come possiamo sopportare il peso di questo oscuramento storico, mantenendo un certo equilibrio ed un certo significato alla nostra esistenza orientata anticapitalisticamente sotto il tallone del totalitarismo capitalistico (solo per affrontare questo argomento ci vorrebbe un saggio a parte), e come, infine, quel che ci occorre ora un criterio di giudizio per una forzatura delle sbarre del capitalismo. Per una subordinazione della sfera economica a scopi civili e sociali Il criterio unico e totalitario di scelta del sistema unico in cui viviamo quello della dilatazione quantitativa del mondo delle merci attraverso il profitto aziendale e come mezzo per accrescerlo, per cui si deve fare ogni cosa che faccia crescere merci e profitti, e si deve considerare inutile gravame economico tutto ci che non in grado di passare per limbuto di una convenienza aziendale. A questo criterio occorre sempre pi decisamente opporre un altro criterio, discendente dal valore superiore degli scopi civili e sociali e dei limiti politici ed etici dellattivit economica, secondo cui non si deve fare nulla di ci che, a fronte di un profitto aziendale, abbia una dannosit o ecologica, o antropologica, o sanitaria, o etica, e si deve fare, invece, ci che possa significativamente promuovere il risanamento ambientale, il benessere biologico, la realizzazione psichica, la formazione del pensiero critico e la dignit personale di tutti, e, come condizione di fattibilit di questo orientamento,

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lindipendenza politica nazionale e lappartenenza solidale alla nazione. Quando questo criterio, sotto la spinta di esigenze naturali umane calpestate in maniere sempre pi visibili ed esasperanti, otterr i suoi primi successi, occorre gi sapere che questi successi non genereranno affatto un processo lineare di costruzione di una nuova societ, ma, al contrario, produrranno squilibranti difficolt economiche, perch la plurisecolare accumulazione capitalistica oggi condensata in unarmatura rigidissima di interdipendenze globali, che colpisce violentemente, come il rilascio di un elastico tesissimo, qualsiasi scelta indipendente. Come agire, allora? La rottura in qualsiasi settore della logica sistemica di incremento illimitato della ricchezza astratta mette in moto una serie cumulativa di squilibri. La chiusura, ad esempio, di produzioni ecologicamente e socialmente nocive, allarga la disoccupazione, riduce le entrate statali, accresce le spese assistenziali. Il riconoscimento di veri diritti del lavoro delocalizza gli investimenti e aumenta i deficit commerciali. Si determina perci la necessit di interventi riparativi. Se essi avvenissero secondo la logica sistemica, ad esempio sostenendo la competitivit, restituirebbero al sistema la sua distruttivit ecologica, antropologica e sociale, oltre a risultare sotto alcuni aspetti inattuabili e sotto altri inefficaci (qui per occorrerebbe un lungo chiarimento). Gli interventi riparativi dovrebbero dunque essere compiuti secondo lo stesso criterio di civilizzazione umana che ha prodotto gli squilibri. In questo modo diversi squilibri verrebbero sanati, ad esempio annullando laumento della disoccupazione con un reimpiego dei lavoratori in attivit di risanamento ambientale e sociale allestite dai pubblici poteri, o sostituendo le maggiori importazioni con qualche mutamento pubblicamente imposto della distribuzione dei consumi. La stessa vantaggiosa soluzione dei problemi aperti in precedenza creerebbe per nuovi squilibri, come ad esempio conflitti economicamente dannosi con istituzioni sovranazionali e sviluppi inflazionistici. A questi nuovi squilibri bisognerebbe rispondere con nuovi provvedimenti riparativi secondo lo stesso criterio, che di nuovo sarebbero risolutori da un lato e generatori di nuovi squilibri dallaltro, e cos via. Alla fine emergerebbero i vantaggi, anche economici, di uneconomia sempre pi sociale e sempre meno autoreferenziale, della prolungata applicazione del criterio non capitalistico, e comincerebbe a delinearsi, sia pure attraverso aspri conflitti, qualche esito storico oggi imprevedibile,

perch dipendente da variabili internazionali, interne, tecniche e sociali di un lungo percorso. Conclusioni Per percorrere questo itinerario storico, e persino per aprirlo, non basteranno per n le sempre pi terribili e visibili devastazioni dellattuale sistema, n le risorse autoconservative della natura umana trascendentale, ma occorrer che si determini da qualche parte la capacit di suscitare la mobilitazione di tali risorse, rendendo percepibili in maniera pi interiorizzata e significativa le devastazioni della prassi attuale. Ci non sar possibilie senza imparare fin da ora a vedere lintero spettro del comando delleconomia autoreferenziale e totalitaria sul genere umano, e non soltanto le sue zone pi esteriormente manifeste, perch nessuno si muove realmente contro il sistema, anche se crede di farlo, quando ancora molte parti della sua umanit operano a sua insaputa secondo la logica sistemica. Non difficile, se si ha un minimo di onest intellettuale, vedere limpronta del comando capitalistico nellimperialismo statualmilitare americano, primo nemico del genere umano, nello smantellamento dei diritti del lavoro, nella canalizzazione di tutte le risorse pubbliche nelleconomia del plusvalore. Gi pi difficile vederla nelle forme specifiche di svalorizzazione dellindipendenza e dellidentit nazionali, e in quelle altre che questa si porta dietro, come la dissoluzione del sistema nazionale dellistruzione pubblica, labbandono della lingua e delle tradizioni nazionali, lamericanizzazione degli spettacoli e dei divertimenti, linvadenza senza limiti della pubblicit commerciale. Quasi del tutto oscura, anche se di decisiva importanza, infine la sussunzione al capitale di altre zone dello spettro antropologico. [] La grande area antropologica dellaffettivit interpersonale, della relazionalit sessuale e della vita emozionale appare depoliticizzata e desocializzata, tra le false alternative del moralismo repressivo e del consumismo del piacere. Sarebbe lora di illuminarla ontologicamente e capire il nesso tra le sue deformazioni e lo sviluppo di uneconomia autoreferenziale e totalitaria.

Elaborare il lutto europeista e azzerare la UE - di Marino Badiale e


Fabrizio Tringali Megachip. una recente intervista rilasciata a Megachip, lo storico Franco Cardini tocca uno degli argomenti pi importanti e spinosi che l'attualit ci impone: il rapporto con l'Unione Europea. Cardini un europeista convinto e determinato. Dalle sue risposte si evince la convinzione che gli Stati europei possano conquistare una piena autonomia politica, economica e militare dalle potenze esterne solo tramite qualche forma di unione. Noi condividiamo questo auspicio e questa convinzione, per questo abbiamo voluto scrivere queste righe di commento agli spunti di riflessione offerti dallo storico fiorentino. Abbiamo gi indicato le ragioni per le quali riteniamo che l'unica strada per costruire sul serio una alleanza con le caratteristiche di autonomia indicate da Cardini, cio libera dalla NATO e dalle multinazionali, sia passare per l'uscita dall'Euro e la formulazione di una nuova proposta di alleanza rivolta a tutti i Paesi potenzialmente interessati, centrata su basi opposte a quelle dell'attuale UE: democrazia, partecipazione, pace e decrescita, in luogo di tecnocrati, banche e multinazionali, imperialismo e crescita del PIL [vedi: Badiale-Tringali "Liberiamoci dall'Euro, per un'altra Europa" ]. Condividiamo con Cardini l'idea che per costruire una Europa effettivamente libera, indipendente e unita, occorra un sogno coraggioso, al limite della follia. Dunque riteniamo che non si spaventer se sosteniamo che sia necessario azzerare l'attuale Unione Europea, perch essa non pu essere trasformata nell' Europa dei popoli che desideriamo. Tra le molte ragioni che impediscono di credere nella possibilit di riformare l'attuale UE, abbiamo indicato l'assenza del soggetto sociale in grado di farsi promotore di questo cambiamento. Manca cio un vero e proprio popolo europeo che abbia coscienza di s e pretenda di avere voce in capitolo nelle questioni che riguardano l'unit superstatale. E non esistono soggetti sociali che abbiano legami e rapporti tali da poter far pensare alla nascita di un solido movimento europeo, in grado non solo di opporsi alle scelte terribili che la UE sta imponendo, ma anche capace di indicare in modo chiaro e condiviso le fondamenta di un'Europa alternativa. Anche a Cardini non sfugge questo elemento determinante, infatti egli giustamente indica che occorre ripartire da zero con un obiettivo: la creazione di un autentico patriottismo europeo. Il fatto che questo patriottismo oggi non esista, e vada creato, prova evidente che allo stato attuale non esiste un popolo europeo. Ora, il problema sta nel fatto che creare un patriottismo europeo implica che i popoli

In

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possano legarsi, anche sentimentalmente, oltre che per ragioni materiali, alle Istituzioni Europee. Il che appare quantomeno improbabile nella fase attuale, soprattutto per i popoli di quei paesi che si trovano maggiormente in difficolt economiche, come la Grecia (ma anche il Portogallo, la Spagna e l'Italia), e che si vedono progressivamente spogliati della sovranit nazionale proprio dalle Istituzioni della UE, che impongono scelte durissime in termini di tagli alle politiche sociali e privatizzazioni. Come costruire il patriottismo europeo mentre l'Europa si rende odiosa? Se vogliamo davvero che i popoli europei aprano un percorso di integrazione, essi devono essere liberati dal giogo dalle attuali istituzioni europee. necessario che gli europeisti convinti elaborino il lutto: l'Europa non quella che hanno sperato. Quella che si realizzata l'opposto di un'unione dei popoli, libera ed indipendente. E se resta in piedi non si riformer. Dunque ribadiamo con forza la nostra tesi: per costruire un'Europa dei popoli, libera dai condizionamenti della finanza mondiale e delle potenze straniere, il primo fondamentale obiettivo dichiarare il fallimento dell'attuale UE, ed uscire dall'euro. Senza questo passaggio fondamentale, l'Europa del popoli non realizzabile.

Una idea della Storia dura a morire - di Aldo


Giannuli.

C una idea dura a morire


e che riecheggia in molti interventi variamente modulata- per la quale la Storia una specie di ancella della politica cui spetta essenzialmente un ruolo di fiancheggiamento propagandistico finalizzato a tenere serrate le fila e, possibilmente, a reclutare consensi nel campo altrui. Naturalmente, non ci ignoto che la storia ha un ruolo importante nel definire identit collettive, giustificare aspettative, fissare confini ecc., ma questo si colloca ad un livello pi alto della propaganda e soprattutto della propaganda spicciola per cui facciamo lelenco dei rispettivi crimini ed orrori. Per inciso: se la mettiamo sul piano di chi ha fatto pi massacri ed affini, nessuno se la passa tanto bene: i nazisti hanno ottime probabilit di arrivare primi, ma cristiani, comunisti, liberali, legittimisti ecc. non che si collochino tanto pi in basso e neppure socialisti ed anarchici (che presumibilmente occuperebbero i gradini bassi della scala) andrebbero del tutto esenti da qualche ricordo sgradevole. Daltro canto, se pure stabilissimo con sufficiente precisione questa hit parade dellorrore, a che ci servirebbe? Non affatto detto che il metro per giudicare un pensiero politico sia quello di quanto sia lunga la scia di sangue che si lasciata dietro. Questo ostinato confronto sui rispettivi scheletri nellarmadio discende direttamente dallidea che il fine della storia sia quello di stabilire il giudizio morale. Con..

relative oziose discussioni sul se, in quel contesto storico fosse pi o meno condannabile una certa azione: dare in pasto alle belve i cristiani era gi unazione esecrabile ai tempi di Diocleziano o lo era meno di quanto non sarebbe oggi dare in pasto agli squali il Trota?. Sai che tema appassionante! Poi questo succedaneo della Storia produce a sua volta lulteriore succedaneo del celebrativismo e relative liturgie. Uno dei campi di esercitazione preferiti la toponomastica: ho letto ultimamente della campagna di alcuni cittadini (fra cui stimati intellettuali) di Udine e Genova, che, non avendo nullaltro di pi utile da fare, reclamano la revoca di strade e piazze dedicate a Cadorna, responsabile dei massacri delle battaglie sullIsonzo. Ma se per questo, che facciamo di Oberdan che, ad essere onesti, andrebbe classificato come un terrorista per aver cercato di attentare alla vita del suo sovrano? E Cavour che mand a morire i bersaglieri in Crimea? Per non parlare di Teodorico che, insomma, non che scherzasse. E di Diocleziano non c bisogno di dire ancora. E dei santi, come San Carlo, che mandavano eretici e streghe al rogo che mi dite? Facciamo una cosa: le strade chiamiamole Petunia, Mammola, Azalea, Promontorio, Ape regina e cos via. Cos non sbagliamo. Siamo seri e lasciamo perdere queste cazzate. Anche perch questo riflette una idea abbastanza naif della politica che assegna un ruolo centrale alla propaganda. Convincetevi: la gente crede a quello che vuol credere, per cui potete portare tutte le prove di questo mondo a sostegno di una tesi e scoprirete che a

crederci saranno solo quelli che gi ci credevano e pochi altri. In politica la migliore propaganda resta lazione e la capacit di costruire alleanze e rapporti di forza: indire un referendum, fare uno sciopero, inventare una nuova forma di lotta, far approvare una legge, concludere un accordo vantaggioso, fondare una cooperativa, promuovere una class action ed, al limite, fare le barricate sono tutte cose che, se ben fatte ed al momento opportuno, spostano i consensi molto pi di qualsiasi volantino o, peggio ancora, saggio di storia o comizio elettorale. Certo: per promuovere un referendum o far riuscire uno sciopero necessario un certo supporto propagandistico, questo nessuno lo mette in dubbio; ma la propaganda solo uno degli ingredienti della minestra e neppure il pi importante. E, per di pi, luso della storia nella propaganda uno degli espedienti meno efficaci che si possono immaginare: la gente misura con parametri diversi ed il passato visto sempre con un po di diffidenza, soprattutto quando si tratta di qualcosa di precedente al mese scorso. Certo, giusto che la storia contribuisca a formare il senso comune di un paese ed il senso di identit collettiva dei vari gruppi che lo compongono, ma questo deve avvenire in forme non cos direttamente correlate alla politica come spesso si dice, ma in forme pi mediate culturalmente e scientificamente. E, tutto sommato, non neppure questa la funzione principale della storia in rapporto alla politica. Ma allora che uso si pu fare

della storia in sede politica? Lo stesso delleconomia, della sociologia, della politologia, della fisica nucleare o della matematica: contribuire alla analisi necessaria a formare una linea politica. Non si capisce perch alcuni pensano che economisti, fisici, matematici ecc servono a fare analisi, invece gli storici devono fare gli avvocati dei rispettivi schieramenti politici, quando non i predicatori. Invece gli storici sono scienziati come gli altri e non sono di per s pi condizionati dallideologia di qualsiasi altro scienziato. Per essere pi raffinati io direi che ci sono due fasi del lavoro dello storico che vanno distinte. Una prima fase quella relativa al reperimento e trattamento delle fonti, alla ricostruzione dei fatti, alla spiegazione delle cause de fenomeno ed alle sue conseguenze. In questa fase lo storico ha il dovere di scordarsi la sue eventuale afferenza ideologica. Anzi, se appartiene ad uno schieramento politico, ha il dovere di essere ancora pi scupoloso nella sua avalutativit, proprio perch diversamente verrebbe meno ai suoi obblighi di lealt verso il committente, esattamente come un medico che faccia una diagnosi volutamente sbagliata, un avvocato che faccia patrocinio infedele o un consulente finanziario che racconti balle su un certo tipo di investimento. Una analisi sbagliata sarebbe il peggior tradimento perch indirizzerebbe verso scelte sbagliate. Poi c una seconda fase un po pi complessa: quella relativa alla formazione ed alluso delle categorie, alla periodizzazione, alla denominazione dei fenomeni ecc. Dire rivolta dei..

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boxer o Quarta guerra delloppio non la stessa cosa, anche se si sta parlando dello stesso avvenimento. E talvolta le cose sono anche pi scivolose: giusto definire la Resistenza una guerra civile? Fu solo questo o anche altro? Se poi uso come categoria privilegiata quella di classe per identificare un attore storico, non la stessa cosa se dico sindacato o partito ecc. Ovviamente si tratta di scelte che lo storico fa in piena libert (salvo il rispetto della verit di fatto) ma, anche in questo caso, sbagliato ridurre queste scelte solo alla conseguenza delladesione ad una ideologia politica piuttosto che unaltra (come se, poi, le scelte ideologiche fossero date a priori e non fossero anche la conseguenza del suo lavoro di storico). La questione va posta sul piano della appartenenza ad un particolare paradigma storiografico (o alla formulazione di un nuovo paradigma). Naturalmente, nella scelta di un paradigma piuttosto che unaltro non indifferente lautocollocazione politica ed ideologica di uno storico, soprattutto in relazione al suo particolare spettro valoriale. Ma, ancora una volta, la questione non pu essere risolta solo in questo modo. Se utilizzo uno schema sociale di tipo dicotomico o uno triadico o, ancora, uno funzionale, questo pu avere qualche nesso con le mie scelte politiche, ma non necessariamente ed uno stesso autore pu benissimo alternare una cosa allaltra: Marx usa uno schema dicotomico nel Manifesto ed in Lavoro Salariato e Capitale, ma uno triadico nel 18 brumaio o nelle parti del Capitale in cui oppone la rendita al profitto e entrambe al lavoro salariato. La scelta causata pi dalle necessit di svolgere un particolare filo esplicativo che non da esigenze di tipo politico. Elaborare una categoria interpretativa spesso non conseguenza di un giudizio politico, ma, al contrario, premessa di esso. Per

quanto mi riguarda ho spesso usato nei miei lavori sulla strategia della tensione la categoria di doppio Stato, ma questo non dipende dal mio giudizio politico sulla democrazia italiana. Al contrario, il mio giudizio politico sul modo di essere della democrazia nel nostro paese dipende dal fatto che io ritengo di leggere gli avvenimenti attraverso quella categoria interpretativa. Allo stesso modo, scegliere una data come periodizzante di unepoca piuttosto che unaltra operazione complessa nella quale confluiscono molti elementi di giudizio diversi fra loro e, talvolta, nessuno di carattere politico. Ma, a ben vedere, questi discorsi si fanno particolarmente accesi in riferimento alla storia contemporanea (in particolare a quella successiva alla I guerra mondiale) dove pi facile cedere alla tentazione di confondere il lavoro dello storico con quello dellattivista di partito (pessima cosa!). Ma la storia molto, molto pi lunga del Novecento. Uno dei disastri, che conseguono a questa impostazione ancillare della storia rispetto alla politica, che tutto quello che precede il Novecento ritenuto solo una noia mortale, di cui non sappiamo che farcene, una specie di lungo preambolo cinematografico in attesa che arrivino le scene di sesso. E il guaio che anche molti colleghi contemporaneisti hanno questo tipo di atteggiamento. Sarebbe bene che tornassimo (noi storici prima di tutti) a ricordarci che la storia non solo quella pi recente, ma spesso ha la spiegazione dei suoi nessi causali molto indietro nel tempo; la storia ha le ombre lunghe come al tramonto. Se voglio scrivere non pi storia europea ma storia mondiale, ho bisogno di ripensare completamente la categoria della modernit e questo non mi possibile senza scavare molti secoli indietro. Se voglio confrontarmi con uno storico cinese per capire le

caratteristiche della storia e della storiografia cinese e compararle con quella europea, non posso limitarmi al Novecento o, al pi, allOttocento e se voglio capirmi con uno storico di un paese islamico la categoria di antifascismo non mi serve a nulla. Che ne dite di riconsiderare tutta la materia con unottica pi ampia della solita, noiosa guerricciola in famiglia che ci facciamo da sempre su fascismo, antifascismo, Shoa, II guerra mondiale ecc?

Eccolo, il pensiero unico - di Marino


Badiale - Megachip.
Manifesto di oggi 3 agosto, un commentatore di cose economiche solitamente acuto, che si firma Galapagos, critica la recente manovra economica del governo Berlusconi, dicendo che fa schifo e spiegando che rinviare al 2014 il risanamento dei conti stato un errore fatale. Sul sito del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli, giornalista che certamente conosce bene i poteri reali che governano questo paese, spiega che per domare subito l'incendio occorrono misure drastiche: le solite privatizzazioni, interventi pi incisivi sul mercato del lavoro e sul sistema previdenziale ma in primo luogo l'anticipo del pareggio di bilancio. Tralasciamo altre chicche dell'articolo di De Bortoli, come il fatto che non c' pi tempo per vagheggiare governi tecnici e nuove maggioranze (tradotto: non possiamo ancora liberarci di Berlusconi), ma Berlusconi chiamato forse all'ultima drammatica prova da statista che la storia gli assegna (traduciamo: deve fare il lavoro sporco, poi potremo liberarcene). Veniamo al punto fondamentale. Cosa ci mostra il confronto di questi due articoli? Che il quotidiano comunista e la voce del padrone dicono le stesse cose. E

Sul

questo non n un caso n un complotto: la conseguenza logica necessaria dei presupposti condivisi dall'intero arco delle forze politiche e sociali che oggi hanno voce e rappresentanza. Questi presupposti, nella neolingua del pensiero unico, si chiamano globalizzazione (cio il dominio delle oligarchie finanziarie internazionali incentrate sugli USA), Europa (cio la creazione dello spazio giuridico e istituzionale pi adatto a quel dominio), crescita (cio l'asservimento di societ e natura alle esigenze di valorizzazione del capitale). Se essi non vengono drasticamente rifiutati non c' in sostanza nessun'altra scelta se non l'asservimento del paese agli ordini dei poteri forti internazionali, la spoliazione di ogni risorsa, l'immiserimento diffuso. Per questo l'unica speranza di salvezza del nostro paese la creazione di un fronte di opposizione sociale che metta al

centro della propria azione la critica dei quei dogmi.

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