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MARIO CAPRIOLI

IL DECRETO CONCILIARE
“PRESBYTERORUM ORDINIS” (I)

Storia - analisi - dottrina

SALAMANCA

TERESIANUM • ROMA 1989


MARIO CAPRIOLI /
dea

IL DECRETO CONCILIARE
“PRESBYTERORUM ORDINIS”

storia - analisi - dottrina

TERESIANUM
Roma 1989
I

Imprimi potest

P. Philippus Sainz de Baranda


Praepositus Generalis OCD

Romae, 26 martii 1989


In Pascha Resurrectionis

Tipografia Artig. « DOMGGRAF » di V. Montanari


G.ne Tuscolana, 38 - 00174 ROMA ■ tei. 71.00.644
Presentazione ... ......................................................

Introduzione: Fonti - Commenti al Decreto - Abbriviazioni e sigle -


Bibliografia................................................................................. 9

1. De Presbyterorum ministerio et vita: Vicende di un titolo ... 27


2. Fine e destinatari del Decreto ...................................................... 35
I. Iter conciliare........................................................................... 36
II. Contenuto dottrinale................................................................ 48
3. Natura del presbiterato................................................................. 53
I . Iter conciliare.......................................................................... 55
IL Contenuto dottrinale................................................................ 79
4. Condizione dei presbiteri nel mondo..........................................
I. Iter conciliare..................................................................... 97
II. Contenuto dottrinale.......................................................... 108
5. I presbiteri ministri della parola di Dio ....... 127
I . Iter conciliare................................................................... 129
IL Contenuto dottrinale.......................................................... 149
6. I presbiteri ministri dell'eucaristia e dei sacramenti , . . . 175
I. Iter conciliare..................................................................... 177
II. Contenuto dottrinale.......................................................... 193
7. I presbiteri educatori del popolo cristiano ....... 205
I. Iter conciliare..................................................................... 208
IL Contenuto dottrinale............................................................ 225

389
pag.
8. Presbiteri e vescovi..................................................................... 237
I . Iter conciliare........................................................................ 239
IL Contenuto dottrinale.............................................................. 259
9. Unione fraterna e cooperazione fra i presbiteri...........................271
I. Iter conciliare......................................................................... 273
II. Contenuto dottrinale.............................................................. 291
10. Presbiteri e laici........................................................................... 301
I. Iter conciliare......................................................................... 302
II. Contenuto dottrinale...............................................................320
11. Distribuzione del clero................................................................ 331
I. Iter conciliare......................................................................... 333
II. Contenuto dottrinale............................................................... 351
12, Promozione delle vocazioni ........... 359
I. Iter conciliare......................................................................... 361
II. Contenuto dottrinale...............................................................373

Conclusione ............................................................................................ 381


Indice dei nomi............... 383

Indice dei documenti delmagistero....................................................... 387

Indice................................................................................................. 389

390
INTRODUZIONE

Da parecchi anni, e precisamente dal 1976, venivo pubblicando


sulla rivista della Pontificia Facoltà del Teresianum Ephemerides car-
meliticae - Teresianum articoli riguardanti l’iter conciliare e il com­
mento dottrinale di diversi numeri del Decreto conciliare Presbytero-
rum Ordinis sul ministero e la vita sacerdotale.
I numeri esaminati, in ordine cronologico, sono i seguenti:
1. Studio e scienza pastorale. Genesi, commento, fonti e applica­
zioni postconciliari del n. 19 del PO, ivi 27 (1976), pp. 321-381.
2. Unità e armonia della vita spirituale. In margine al n. 14 del
PO, ivi 32 (1981), pp. 91-124.
3. I presbiteri ministri della parola di Dio. Traiettoria conciliare
e contenuto dottrinale del n. 4 del PO, ivi 34 (1983), pp. 121-
145; 307-334.
4. Titolo e Proemio del PO (n. 1), ivi 36 (1985), pp. 121-128.
5. Natura del presbiterato - In margine al n. 2 del PO, ivi 37
(1986), pp. 129-169.
6. La condizione dei presbiteri nel mondo - Genesi conciliare e
contenuto del n. 3 del PO, ivi 38 (1986), pp. 77-107.
7. I presbiteri ministri dei sacramenti e dell’eucaristia - Traiet­
toria conciliare e dottrina del n. 5 del PO, ivi 38 (1987),
pp. 271-303.
8. I presbiteri educatori del popolo di Dio. Traiettoria conciliare
e dottrina del n. 6 del PO, ivi 39 (1988), pp. 305-338.

9
Sollecitato da diverse parti, dai Professori e dagli Alunni del
Teresianum, a raccogliere in un solo volume i vari articoli scritti e
a completare l'analisi e il commento di tutto il Decreto Presbytero-
rum Ordinis, ho finalmente ceduto alle insistenze. Esce perciò ora
questo volume che raccoglie oltre i commenti dei primi numeri di
PO già pubblicati, anche quelli fino al numero 11. Essi costituiscono
la metà di tutto il Decreto che è composto di nn. 22 e comprendono
il Proemio (n. 1), il capitolo primo (nn. 2-3) e il capitolo secondo
(nn. 4-11). In un tempo non lontano spero di pubblicare anche il
commento ai nn. 12-22 (capitolo III e conclusione). Questo volume
tratta della natura del presbiterato e del ministero dei presbiteri;
il secondo volume tratterà della vita dei presbiteri.
Lo schema seguito è molto semplice: di ogni numero viene pre­
sentato l’iter conciliare e il contenuto dottrinale, spesso illustrato da
documenti del magistero postconciliare.
Spero di aver fatto cosa utile ai miei confratelli nel sacerdozio
che tanta luce e tanta direttiva hanno avuto nella loro vita dalla dot­
trina del Decreto conciliare che maggiormente li riguarda: il Presby-
terorum Ordinis, di cui nel 1990 ricorre il XXV anniversario dell’appro­
vazione conciliare e della promulgazione da parte di Paolo VI (1965 -
7 dicembre - 1990).
A modo di introduzione vengono presentati:
1. Le fonti.
2. Il Decreto Presbyterorum Ordinis.
3. Commenti al Decreto.
4. Abbreviazioni e Sigle.
5. Bibliografia.
6. Documenti del magistero.
Alla fine del volume: alcuni Indici.

10
1. Fonti

Le fonti principali e quasi uniche del presente studio sono costi­


tuite dai documenti del Concilio Vaticano II, annunziato dal Papa
Giovanni XXIII il 25 gennaio 1959 e celebrato sia dal Papa Giovanni
che da Paolo VI tra 1’11 ottobre 1962 e 1'8 dicembre 1965.
Tutti gli atti relativi al grande avvenimento ecclesiale sono con­
tenuti in una serie di pubblicazioni:
A) I documenti circa la preparazione del Concilio sono raccolti in:
I. Acta et Documenta Concilio Oecumenico Vaticano II apparando
Series I: quattro volumi distribuiti in sedici parti o tomi: pe­
riodo antipreparatorio.
Series II: tre volumi distribuiti in sette parti o tomi: periodo
preparatorio.
IL Scremata Constitutionum et Decretorum ex quibus argumenta
in Concilio disceptanda seligentur
In quattro « series » a paginazione distinta sono raccolti i docu­
menti che sarebbero stati discussi nel Concilio.
Da questi volumi prendiamo quello che riguarda la preparazione
di ciò che sarebbe maturato nel Concilio come il Decreto Presbytero-
rum Ordinis.
B) Gli atti della celebrazione delle quattro sessioni del Concilio Vati­
cano II sono contenuti in:
Acta Synodalia Sacrosancti Concilii Oecumenici Vaticani II:
suddivisi secondo i quattro periodi delle sessioni del Concilio gli acta
vengono raccolti in quattro volumi:
— Volume I (atti del 1962) suddiviso in 4 parti o tomi,
— Volume II (atti del 1963) suddiviso in 6 parti o tomi,
— Volume III (atti del 1964) suddiviso in 8 parti o tomi,
— Volume IV (atti del 1965) suddiviso in 7 parti o tomi.
Ad essi bisogna aggiungere un volume di Appendice e un volume
di indici.
Totale tomi riguardanti la celebrazione del Concilio Vaticano II:
27. Ad essi bisogna aggiungere quelli riguardanti il periodo antiprepa­
ratorio e preparatorio.
Il nostro studio esamina quasi sempre e solo gli Acta Synodalia
nelle successive redazioni e negli interventi che riguardavano il nostro
argomento.

11
2. Il Decreto « Presbyterorum Ordinis »

Il testo finale del Decreto Presbyterorum Ordinis approvato dal


Concilio il 7 dicembre 1965 si trova nel volume IV, parte VII, pagine
704-732 degli Acta Synodalia Sacrosancti Concilii Oecumenici Vati­
cani II.

Ecco lo schema:
n. 1: Proemio.

Capitolo I: Il presbiterato nella missione della Chiesa


n. 2: Natura del presbiterato.
n. 3: Condizione dei presbiteri nel mondo.

Capitolo II: Il ministero dei presbiteri


I: Funzione dei presbiteri
n. 4: I presbiteri ministri della parola di Dio.
n. 5: I presbiteri ministri dei sacramenti e dell’eucaristia.
n. 6: I presbiteri educatori del popolo di Dio.
II: Rapporti dei presbiteri con gli altri
n. 7: Relazioni tra il vescovo e i presbiteri.
n. 8: Unione e cooperazione fraterna dei presbiteri fra loro.
n. 9: Rapporti dei presbiteri con i laici.
Ili: Distribuzione dei presbiteri e vocazioni sacerdotali
n. 10: Sollecitudine per tutta la Chiesa.
n. 11: Cura per le vocazioni sacerdotali.

Capitolo III: Vita dei presbiteri


I: Chiamata dei presbiteri alla santità
n. 12: L’obbligo di tendere alla santità.
n. 13: L’esercizio della triplice funzione sacerdotale esige e favo­
risce la santità.
n. 14: Unità e armonia della vita dei presbiteri.

12
II: Peculiari esigenze spirituali nella vita dei presbiteri
n. 15: Umiltà e obbedienza.
n. 16: Abbracciare e desiderare il celibato come una grazia.
n. 17: Povertà volontaria e atteggiamento verso il mondo e i
beni terreni.
Ili: Sussidi per la vita dei presbiteri
n. 18: Mezzi per favorire la vita spirituale.
n. 19: Studio e scienza pastorale.
n. 20: Provvedere ad un giusto compenso.
n. 21: Fondo comune e previdenza sociale.
n. 22: Conclusione ed esortazione.

13
3. Commenti al Decreto « Presbyterorum Ordinis »

Di particolare aiuto nel nostro studio sono stati i commenti al


Decreto usciti nei primi anni dopo il Concilio. Essi sono stati come
una prima introduzione alla comprensione del documento conciliare,
quando non erano ancora usciti gli Acta Synodalia. Ecco i principali
commenti in ordine cronologico:
AA.VV., I sacerdoti nel pensiero del Vaticano li, a cura della Com­
missione episcopale francese del Clero e dei seminari - Tradotto
a cura deH'Unione Apostolica del clero, Roma 1966 (citato I sacer­
doti nel pensiero...).
AA.VV., Alle sorgenti della spiritualità sacerdotale - Commento al De­
creto « Presbyterorum Ordinis » sul ministero e la vita sacerdo­
tale, a cura di Mons. Guglielmo Giaquinta, Roma 1966 (citato
Alle sorgenti...).
AA.VV., Les prètres - Décrets « Presbyterorum Ordinis » et « Optatam
Totius » - Textes latins et traductions francjaises, sous la direction
de J. Frisque et Y. Congar (Coll. Unam Sanctam 68), Paris 1968
(citato Les prètres...).
AA.VV., I sacerdoti nello spirito del Vaticano II, a cura di A. Favaie,
Torino-Leumann 1968 (citato I sacerdoti nello spirito...).
AA.VV., Los presbiteros a los diez anos de « Presbyterorum Ordinis ».
(Collana Teologia del sacerdocio 7), Burgos 1975 (citato Los presbi­
teros...).

— Altri studi in materia particolarmente usati:


AA.VV., Aspetti della teologia del sacerdozio dopo il Concilio, Roma
1974 (citato Aspetti...).
AA.VV., Il prete per gli uomini d’oggi, a cura di G. Concetti, Roma
1975 (citato II prete...).
AA.VV., Espiritualidad del presbitero diocesano secular - Simposio -
A cura della Comisión Episcopal del Clero, Madrid 1987 (citato
Espiritualidad...).
— Caprioli, M., Sacerdozio e santità - Temi di spiritualità sacerdotale
(Collana « Sussidi » 2 - Teresianum), Roma 1983 (citato M. Caprioli,
Sacerdozio...).

14
4. Abbreviazioni e Sigle

AAS: Acta Apostolicae Sedis.


ASSCOV: Acta Synodalia Sacrosanti Concilii Oecumenici Vaticani II,
volumen..., pars...
CIC: Codex luris Canonici.
DS (Denz.): Enchiridion Symbolorum, a cura di H. Denzinger e A.
Schomnetzer.
ECEI-. Enchiridion della Conferenza Episcopale Italiana.
EV: Enchiridion Vaticanum - Documenti ufficiali della Santa Sede
(Volumi 9), Bologna: da cui abbiamo presi i documenti che non
sono stati pubblicati in AAS.

— Sigle dei documenti del Concilio Vaticano II:


AA = Apostolicam actuositatem - Decreto sull’apostolato dei laici.
AG = Ad Gentes - Decreto sull'attività missionaria della Chiesa.
CD — Christus Dominus - Decreto sull’ufficio pastorale dei vescovi
nella Chiesa.
DV = Dei Verbum - Costituzione dogmatica sulla divina Rivelazione.
DH = Dignitatis humanae - Dichiarazione sulla libertà religiosa.
GE = Gravissimttm educationis - Dichiarazione sull’educazione cri­
stiana.
GS = Gaudium et spes - Costituzione pastorale sulla Chiesa nel
mondo contemporaneo.
IM = Inter mirifica - Decreto sui mezzi della comunicazione sociale.
LG — Lumen gentium - Costituzione dogmatica sulla Chiesa.
NA — Nostra aetate - Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa cat­
tolica con le religioni non cristiane.
OT — Optatam totius - Decreto sulla formazione sacerdotale.
OE — Orientalium Ecclesiarum - Decreto sulle Chiese orientali cat­
toliche.
PC = Perfectae caritatis - Decreto sul rinnovamento della vita reli­
giosa.
PO = Presbyterorum Ordinis - Decreto sul ministero e la vita dei
presbiteri.
SC = Sacrosanctum Concilium - Costituzione sulla Sacra Liturgia.
UR = Unitatis redintegratio - Decreto Sull'Ecumenismo.

15
— Per alcune Riviste abbiamo scelto le seguenti abbreviazioni:
EphCarm = Ephemerides Carmeliticae.
EsVie = Esprit et Vie.
RivClIt = La Rivista del Clero Italiano.
MDieu = La Maison Dieu.
MonEcc — Monitor Ecclesiasticus.
NRTh = Nouvelle Revue Théologique.
OrPast = Orientamenti Pastorali.
PerMor = Periodica de re Morali, Canonica, Liturgica.
RTÌT" = Revue Thomiste.
Altre Riviste eventualmente citate sono riportate per intero.
Da notare però la precisazione per la Rivista Communio (Mi­
lano), e Lumen (Vitoria - Spagna).

16
5. Bibliografia

Alszeghy, Z., La dignità della persona umana, in AA.VV., La Costitu­


zione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. (Collana
Magistero Conciliare 11), 2a ediz. Torino-Leumann 1966, pp. 419-452.
Anastasio del SS. Rosario, Riflessioni per una spiritualità sacerdotale,
in RivCUt 52 (1971), pp. 66-75.
Ancel, A., Mons., I sacerdoti e il mondo contemporaneo secondo la
Costituzione pastorale su « la Chiesa e il mondo contemporaneo »,
in AA.VV., I sacerdoti nel pensiero..., pp. 256-277.
Andrés MartIn, M., Distribución de presbiteros y vocaciones sacerdo-
tales, in AA.VV., Los presbiteros..., pp. 297-337. Così distribuiti:
I. Distribución de los presbiteros, pp. 303-324; IL La atención a
las vocaciones sacerdotales, pp. 324-337.
AA.VV., L’annuncio del Vangelo, oggi - Commento all'Esortazione
« Evangelii Nuntiandi » di Paolo VI, Roma 1977.
AA.VV., Lo stato giuridico dei ministri sacri nel nuovo CIC, in Mon
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Biffi, G., Card., Eucaristia, Chiesa e disegno pastorale, in AA.VV.,
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Espiritualidad..., pp. 283-331.
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del sacerdote secondo il magistero, in AA.VV., Teologia del sacer-
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« Presbyterorum Ordinis », ivi 32 (1981), pp. 91-123.
Carli, L., Mons., Esposizione e commento del Decreto « Christus Do-
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tali Cattoliche (Collana Magistero Conciliare 12), Torino-Leumann
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pp. 575-594.

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RivClIt 68 (1987), pp. 406-422.
Colin, P., Le prètre, un homme « mis à part », mais non « separé »,
in AA.VV., Les prètres..., pp. 261-264.
Coppens, J., Il problema dei presbiteri secolarizzati, in AA.VV., Il
prete..., pp. 799-820.
Cuva, A., La riforma della sacra Liturgia, in AA.VV., La Costituzione
sulla Sacra Liturgia (Collana Magistero Conciliare 14), Torino-
Leumann 1967, pp. 385-561.
David, B., Le presbyterium diocésain, in EsVie n. 14, 7 avril 1988,
pp. 195-198; n. 15, 14 avril 1988, pp. 218-221; n. 16, 21 avril,
pp. 230-239.
De Bovis, A., Le presbytérat, sa nature et sa mission d’après le Con­
cile du Vatican II, in NRTh 89 (1967), pp. 1009-1042.
Delicado Baeza, J., Mons., La relación del presbitero con el obispo,
in AA.VV., Espiritualidad..., pp. 247-264.
Del Monte, A., Mons., Il prete in mezzo ai laici, in AA.VV., I sacerdoti
nello spirito..., pp. 663-718.
Del Portillo, A., Le associazioni sacerdotali, in AA.VV., Il prete...,
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in AA.VV., Los presbiteros..., pp. 241-265.
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dad..., pp. 597-607.
Fagiolo, V., Mons., Il « consilium presbyterale », in AA.VV., I sacer­
doti nello spirito..., pp. 602-640.
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Favale, A. - Gozzelino, G., Il ministero presbiterale - Fenomenologia
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Favale, A., Spiritualità del ministero presbiterale - Fondamenti ed
esigenze di vita (Collana Studi di spiritualità 6), Roma 1985.
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tica LG e del Decreto PO, in AA.VV., I sacerdoti nello spirito...,
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renciación del ministerio eclesidstico, in Burgense 18 (1977), pp.
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Frisque, J., Le décret « Presbyterorum Ordinis ». Histoire et commen-
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Id., Umiltà e ubbidienza, in AA.VV., I sacerdoti nello spirito..., pp. 888-
919.

22
Id., Natura e missione del presbiterato nel Decreto PO, in Gregoria-
num 50 (1969), pp. 239-262.
Id., « Alter Christus », « In persona Christi », « Personam Christi ge-
rere ». Note sull'uso di tali e simili espressioni nel magistero da
Pio XI al Vaticano II e il loro riferimento al carattere, in AA.VV.,
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tres..., pp. 327-344.
Wiener, C., « Ceux qui assurent le Service sacré de l'Evangile » (Rm 15,
16), ivi pp. 257-260.

23
6. Documenti del aiagistero

1. Sommi Pontefici
— Innocenzo I, Lettera a Decenzio, vescovo di Gubbio, 19 marzo
416, in DS 215.
— S. Celestino I, Lettera ai vescovi delle Puglie e della Calabria, 21
luglio 429, in ML 56, 581-582.
— S. Pio X, Esortazione Apostolica Haerent animo, 4 agosto 1908, in
S. Pii X Acta, voi. IV, 1908, pp. 237-264.
— Benedetto XV, Lettera Apostolica Maximum illud, 30 novembre
1919, in A4S 11 (1919), pp. 65-83.
— Pio XI: Enciclica Rerum Ecclesiae, 28 febbraio 1926, in A4S 18
(1926), pp. 65-83.
Enciclica Ad Catholici sacerdotii, 20 dicembre 1935, ivi
28 (1936), pp. 5-53.
— Pio XII: Motu Proprio Cum Nobis, 4 novembre 1941, ivi 33 (1941),
pp. 479.
Enciclica Mediator Dei, 20 novembre 1947, ivi 39 (1947),
pp. 528-595.
Esortazione Apostolica Menti Nostrae, 23 settembre 1950,
ivi 42 (1950), pp. 657-702.
Costituzione Apostolica Sedes Sapientiae, 31 maggio 1956,
ivi 48 (1956), pp. 354-365.
— Giovanni XXIII, Enciclica Sacerdotii Nostri primordia, 1° agosto
1956, ivi 51 (1959), pp. 545-579.
— Paolo VI: Discorso ai partecipanti al XIII convegno di aggiorna­
mento pastorale, 6 settembre 1963, ivi 55 (1963), pp. 750-
755.
Enciclica Ecclesiam Suam, 6 agosto 1964, ivi 56 (1964),
pp. 609-659.
Udienza generale, 6 maggio 1965, in Insegnamenti di
Paolo VI, 1965, pp. 927-929.
Enciclica Mysterium Fidei, 3 settembre 1965, in AAS 57
(1965), pp. 753-774.
Discorso al CELAM, 23 novembre 1965, in Insegnamenti
di Paolo VI, 1965, pp. 653-669.
Discorso ai Parroci e Quaresimalisti di Roma, 21 febbraio
1966, ivi 1966, pp. 87-92.

24
Motu Proprio Ecclesiae. Sanctae, 6 agosto 1966, in AAS
58 (1966), pp. 757-787.
Enciclica Populorum Progressio, ivi 59 (1967), pp. 257-299.
Enciclica Sacerdotalis Caelibatus, 24 giugno 1967, ivi,
pp. 657-697.
Discorso ai Parroci e Quaresimalisti di Roma, 17 febbraio
1969, ivi 61 (1969), pp. 187-194.
Esortazione Apostolica Quinque iam anni, 8 dicembre
1970, ivi 63 (1971), pp. 97-106.
Esortazione Apostolica Evangelica Testificalo, 29 giugno
1971, ivi pp. 497-526.
Ai partecipanti al Congresso internazionale della Cate­
chesi, 21 settembre 1971, ivi pp. 758-764.
Esortazione Apostolica Evangelii Nuntiandi, 8 dicembre
1975, ivi 58 (1976), pp. 5-76.
— Giovanni Paolo II: Discorso al clero romano, 9 novembre 1978,
in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, 1978, pp. 112-118.
Lettera Apostolica Novo Incipiente, 8 aprile 1979, A4S 71
(1979), pp. 393-417.
Agli Istituti di educazione cattolica di Roma, 3 aprile
1979, 72 (1980) pp. 113-148.
Esortazione Apostolica Catechesi Tradendae, 16 ottobre
1979, ivi pp. 1277-1340.
Lettera Apostolica Dominicae Cenae, 24 febbraio 1980,
ivi 72 (1980), pp. 113-148.
Ai sacerdoti francesi, 30 maggio 1980, ivi pp. 695-702.

2. Sinodo dei Vescovi


Sul sacerdozio ministeriale Ultimis temporibus, 30- no­
vembre 1971, in AAS 63 (1971), pp. 898-922.
Catechesi del nostro tempo - Messaggio al popolo di Dio,
in EV, voi. 6, pp. 294-321.

3. Sacre Congregazioni della Curia Romana


— Congregazione per la Dottrina della Fede:
Dichiarazione Mysterium Ecclesiae, 24 giugno 1973, in AAS 65
(1973), pp. 396-408.
Lettera ai vescovi Sacerdotium ministeriale, 6 agosto 1983, ivi
75 (1983), pp. 1001-1009.

25
— Congregazione per l’evangelizzazione:
La fonction évangélisatrice, in EV, voi. 5, pp. 978-1006.
— Congregazione per il Clero:
Lettera Presbyteri sacra, 11 aprile 1970, AAS 62 (1970), pp. 459-
465. Directorium catechisticum generale, 11 aprile 1971, ivi 64
(1972), pp. 97-176.
Norme direttive Postquam Apostoli, 25 marzo 1980, ivi 72 (1980),
pp. 343-364.
— Congregazione per il Culto Divino:
Principi e norme per la Liturgia delle Ore, 11 aprile 1971, in
EV, voi. 4, pp. 92-209.
— Congregazione per i Seminari e le Università degli Studi:
Statuti e Norme per l’applicazione del Motu Proprio di Pio XII
sulla Pontificia Opera delle vocazioni, in AAS 35 (1943), pp.
369-373.
— Congregazione per l'educazione cattolica:
Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, 6 gennaio 1970,
ivi 62 (1970), pp. 321-384.
— Congregazione per i Religiosi:
Statuti generali annessi alla Costituzione Apostolica Sedes Sa-
pientiae di Pio XII, 7 luglio 1956, Roma 1956.
— Pontificio Istituto per i laici:
I sacerdoti nelle associazioni dei fedeli - Identità e missione,
in EV, voi. 7, pp. 1174-1251.

4. Conferenza Episcopale Italiana


Comunicato sul Sacerdozio ministeriale, 13 aprile 1970, in ECEI,
voi. 1, pp. 923-934.
Evangelizzazione e sacramenti, 12 luglio 1973, ivi, voi. 2, pp. 168-
188.
Evangelizzazione e sacramenti della penitenza e dell'unzione
degli infermi, 12 luglio 1974, ivi, pp. 461-512.
Evangelizzazione e sacramento del matrimonio, 20 giugno 1975,
ivi, pp. 726-772.
Comunione e comunità missionaria, Bologna 1986.
Messale Romano riformato a norma dei Decreti del Concilio
Ecumenico Vaticano II e promulgato da Papa Paolo VI, Roma,
2a edizione 1983.
26
DE PRESBYTERORUM MINISTERIO ET VITA

Vicende di un titolo

Quando il 7 dicembre 1965 il Decreto conciliare sul ministero e


la vita dei presbiteri veniva definitivamente approvato dal Concilio
e solennemente promulgato da Paolo VI, erano ormai passati alla
storia le vicende, i dibattiti e i confronti che ne avevano accompa­
gnato il lungo iter accidentato e difficoltoso *. Nel travaglio interiore
di ricerca della verità e della presentazione più oggettiva, più serena
e più chiara della dottrina della Chiesa, anche il titolo del Decreto
ebbe la sua parte non insignificante. Difatti la formulazione defini­
tiva del titolo del Decreto era stata formulata solo negli ultimi gior­
ni del Sinodo ecclesiale, quando si stavano ritoccando gli ultimi De­
creti che dovevano essere promulgati e cioè quello sull'attività mis­
sionaria AG, sulla libertà religiosa DH, e sul ministero e la vita dei
presbiteri PO e la Costituzione pastorale della Chiesa nel mondo con­
temporaneo GS.
Ripercorriamo brevemente il cammino del titolo del nostro De­
creto.

Schema Decreti De clericis


Quando Giovanni XXIII aprì il Concilio 1'11 ottobre 1962, i Padri
si trovarono dinanzi una mole immensa di lavoro. La Commissione

1 Esito delle votazioni finali: presenti e votanti 2.394; placet 2.390; non placet
4: ASSCOV, voi. IV, pars VII, p. 860.

27
preconciliare preparatoria, che doveva presentare la redazione di un
testo sui sacerdoti, era quella De disciplina cleri et populi christiani
presieduta dal Card. P. Ciriaci. Nella tappa preparatoria del Concilio
la suddetta Commissione aveva preparato nientemeno che 17 schemi:
non tutti interessavano il clero, ma — come il titolo della Commis­
sione indicava — alcuni si riferivano ai fedeli, e altri alla disci­
plina ecclesiastica in generale2. Tra questi schemi tre si riferivano
direttamente ai sacerdoti e cioè De clericorum vitae sanctitate (capi­
tolo I); de distributione cleri (capitolo II); de officiis et beneficiis
ecclesiasticis minoribus saecularibus deque bonorum ecclesiasticorum
administratione (capitolo III); erano suddivisi in 47 numeri. Ven­
nero raccolti poi nel volume edito in preparazione al Concilio3.
Ben presto però si dimostrò che il lavoro conciliare era immane
e che era necessaria una riduzione del materiale preparato.
E difatti il 3 dicembre 1962, pochi giorni prima della chiusura
della prima sessione del Concilio, la Commissione conciliare « De
disciplina cleri et populi christiani » si riunì per stabilire un calen­
dario dei lavori e un piano di revisione dei numerosi documenti ri­
guardanti la vita ecclesiastica. Venne così stabilito come principio
che il Decreto De fidelium associationibus venisse assegnato allo
schema De laicis e gli altri documenti strettamente sacerdotali fos­
sero riuniti in un solo Decreto dal titolo De clericis4.
Dal 3 dicembre 1962 all'8 febbraio 1963 furono raccolte le osser­
vazioni dei Padri conciliari le quali assommavano a ben 500.
In base a questi suggerimenti la Commissione dal 12 al 23 feb­
braio preparò un nuovo testo dello schema De clericis. Lo schema
il 22 aprile 1963 venne approvato dal Papa Giovanni XXIII e per
ordine suo spedito ai Padri conciliari con preghiera di inviare ulte­

2 Ecco i titoli dei diversi schemi approvati a suo tempo dalla Commissione
centrale preparatoria riguardanti il clero: 1. De distributione cleri; 2. De cleri­
corum vita; 3. De habitu et tonsura clericali; 4. De paroeciarum provisione,
unione, divisione; 5. De obligationibus parochorum; 6. De officiis et beneficiis
ecclesiasticis deque bonorum ecclesiasticorum administratione; 7. De patrimonio
historico et artistico ecclesiastico; 8. De parochorum obligationibus quoad curam
animarum; 9. De catechetica populi christiani institutione; 10. De cura animarum
et communismo; 11. De missarum stipendiis, de missarum onerimi reductione,
de piis ultimis voluntatibus; 12. De promovendis ad ordines sacros iis qui
fuerunt pastores seu ministri acatholici: cf. Acta et documenta Concila Oecu-
menici Vaticani II apparando, Series II, voi. Ili, pp. 353-430. Gli altri schemi
riguardavano piuttosto i laici.
3 Nella edizione di preparazione per il Vaticano II i documenti riguardanti
il clero furono raccolti in Schemata Constitutionum et Decretorum ex quibus
argomenta in Concilio disceptanda seligentur, Series IV, Roma 1962, pp. 27-42.
4 Le notizie storiche sono state desunte da ASSCOV, voi. Ili, pars IV,
pp. 849-854.

28
riori suggerimenti tra i mesi di luglio e ottobre. Le osservazioni rag­
giunsero il numero di 464 e furono inviate da 237 Padri.
Lo schema è composto di tre capitoli: De vitae sacerdotalis per­
fezione (capitolo I); De studio et scientia pastorali (capitolo II);
De recto usu bonorum (capitolo III); più una esortazione finale De
distributione cleri: totale 43 numeri5.

Schema De sacerdotibus
Durante la seconda sessione del Concilio nel 1963 la Commis­
sione plenaria si riunì nei giorni 7 e 8 ottobre; i suoi membri ricevet­
tero un volume che raccoglieva tutte le osservazioni inviate dai Padri,
e venne stabilito l'ordine dei lavori.
Dal 15 ottobre al 10 novembre quattro sottocommissioni esami­
narono le osservazioni ricevute e prepararono gli emendamenti da
introdursi nello schema. Ci fu una riunione plenaria verso la fine di
novembre (giorni 25-27 novembre) per studiare il nuovo testo, che
venne approvato, dopo aver ampliato e corretto i precedenti numeri.
Gli si diede il titolo De sacerdotibus, come era stato richiesto da
16 Padri: « infatti lo schema non tratta dei chierici in genere, ma
soltanto dei sacerdoti »6. Ma la sessione conciliare stava terminando,
perciò non c’era più tempo sufficiente per stampare e distribuire la
nuova stesura del testo nell’aula conciliare. Il testo verrà inserito
nel fascicolo dello schema delle proposizioni sui sacerdoti.

Schema propositionum De sacerdotibus


Dopo la seconda sessione del Concilio, la Commissione coordina­
trice dei lavori del Concilio decise di ridurre ancora una volta gli
schemi del Concilio. Fu così che la Commissione della disciplina del
clero e del popolo cristiano venne invitata a ridurre ad capita essen-
tialia il primigenus textus dello schema De sacerdotibus che appariva
troppo lungo. Nei giorni 28-30 gennaio del 1964 una sottocommissione
si mise all'opera e stese una nuova redazione dello schema sotto
forma di proposizioni, estratte con la massima cura dal testo origi­
nario De sacerdotibus. I giorni 3 e 4 marzo successivi la Commis­
sione esaminò il lavoro fatto: questo venne approvato dalla Com­
missione plenaria il 16 marzo e il 17 da quella coordinatrice.

5 Cf. ivi schema De clericis, pp. 825-845


6 Ivi, p. 854.

29
II 27 aprile 1964 Paolo VI approvava il nuovo documento e ordi­
nava di inviarlo ai Padri conciliari in vista della discussione in aula
nella successiva sessione7.
Il testo constava di 10 brevi proposizioni e di una introduzio­
ne dal titolo Sacrosancta haec Synodus. È stato scritto ohe esso
« ha un’aria di concisione e di freddezza come testo legale »8.
Le dieci proposizioni vanno lette e studiate alla luce del testo
originario De sacerdotibus al quale continuamente rimandano.
Già durante l'estate arrivarono le osservazioni scritte dei Padri,
le quali avrebbero poi dovuto essere attentamente studiate.

Relatio super schema emendatum propositionum De sacerdotibus


quod nunc inscribitur De vita et ministerio sacerdotali
Il 25 settembre 1964 i Cardinali moderatori del Concilio ricorda­
rono ai Padri che gli schemi ridotti a proposizioni — tra i quali il
nostro sui presbiteri — non sarebbero stati sottoposti a vera e pro­
pria discussione, ma immediatamente votati. Ci sarebbe stato un
brevissimo dibattito per proporre ai Padri una visione più chiara
dei punti trattati in vista della votazione e della presentazione degli
emendamenti iuxta modum. I Padri avrebbero potuto presentare
emendamenti e la Commissione li avrebbe presi in considerazione,
anche se le proposizioni fossero state approvate dalla maggioranza
assoluta9.
In questo clima venne distribuito ai Padri il nuovo testo com­
posto secondo le osservazioni arrivate durante l'estate precedente.
Era il 7 ottobre 1964 10.
Nella presentazione del nuovo documento che aveva un testo
più esteso e aumentato (due numeri erano nuovi: 1'1 e il 7), venne
cambiato anche il titolo. Ora non era più lo « schema propositionum
De sacerdotibus » ma « schema De vita et ministerio sacerdotali ».
Infatti Mons. F. Marty, relatore ufficiale della Commissione, osser­
vava che il titolo De sacerdotibus corrispondeva alla materia esposta
nella prima redazione dello schema. Ora, dato che si era dovuto ab­
breviare la materia, il titolo appariva troppo ampio. Del resto anche

7 Ivi, p. 846. A questo schema è stato allegato lo schema primigenus: De


sacerdotibus: cf. ivi, pp. 854-881.
8 T. I. Jiménez Urbesti, Prete per sempre - Teologia del presbiterato, Mi­
lano 1969, p. 54.
’ Cf. ASSCOV, voi. Ili, pars II, pp. 513-514.
io Cf. ASSCOV, voi. Ili, pars IV, p. 9.

30
in altri documenti conciliari si parlava dei sacerdoti, in particolare
nello schema De Ecclesia n.
La discussione fu piuttosto negativa tanto che al termine lo sche­
ma venne rifiutato: Padri presenti e votanti 2.135; placet 930; non
12.
placet 1.199; nulli 6 11
Lo schema venne quindi riportato in Commissione per un suo
rifacimento in base al dibattito conciliare.

Schema Decreti De ministerio et vita presbyterorum - Textus emen-


datus et Relationes
La Commissione si mise di nuovo al lavoro, cercando di stendere
un testo più lungo in base alle 455 osservazioni dei Padri conciliari.
Difatti il 12 novembre il testo era pronto e il 20 novembre, vigilia
della chiusura della terza sessione del Concilio, venne distribuito ai
Padri. Il testo era sensibilmente aumentato: infatti passava da 12
a 20 numeri: i numeri nuovi erano 8 e tutti molto importanti13*.
Anche il titolo venne cambiato. Non era più lo schema De vita
et ministerio sacerdotali, ma più precisamente De ministerio et vita
presbyterorum. Il titolo appariva così più conforme alla dottrina
esposta nel nuovo testo che non parlava del sacerdozio in genere ma
di quella particolare forma di ministero e di vita sacerdotale che si
incarnano nei presbiteri nel loro posto specifico nella Chiesa, in rap­
porto a Cristo, ai vescovi e a tutto il popolo di Dio.
Per la fine di gennaio del 1965, i Padri avrebbero potuto inviare
le loro osservazioni sul nuovo testo H.

Schema Decreti De ministerio et vita presbyterorum - Textus recogni-


tus et Relationes
Le osservazioni furono 523, inviate da oltre 200 Padri di 30 nazio­
nalità. Il testo precedente venne nuovamente studiato e, come dice
bene il sottotitolo, recognitus e aumentato pure di qualche paragrafo
nuovo (non numeri)15.

11 ASSCOV, voi. Ili, pars IV, p. 241; tutto il testo è ivi, pp. 225-233.
’2 ASSCOV, voi. Ili, pars V, p. 71.
13 Tutto il fascicolo si trova in ASSCOV, voi. IV, pars VI, pp. 830-871.
>4 Cf. ASSCOV, voi. Ili, pars Vili, p. 551.
15 Tutto il fascicolo è in ASSCOV, voi. IV, pars IV, pp. 332-392. Venne
spedito ai Padri conciliari il 28 maggio 1965 per ordine di Paolo VI: cf. ivi, p. 332.

31
Il titolo rimaneva uguale. Il testo venne discusso nell'ottobre del
1965 e approvato a grande maggioranza16; tuttavia dovette ritornare
in Commissione per ulteriori perfezionamenti.

Schema Decreti De ministerio et vita presbyterorum - Textus emen-


datus et Relationes
Il testo revisionato e perfezionato in base alle osservazioni dei
Padri, fu distribuito in aula il 9 novembre con lo stesso titolo17. Da
notare che tutta la materia era esposta in 22 numeri: si cominciava
la numerazione dal Proemio e il numero 2 era stato diviso in due
numeri (2 e 3) che trattavano rispettivamente della natura del presbi­
terato (n. 2) e della condizione dei presbiteri nel mondo (n. 3) *8.
La votazione del nuovo testo avvenne nei giorni 12 e 13 novem­
bre con il risultato di 2.198 suggerimenti o modi al testo per gli ulti­
mi ritocchi19.

Schema Decreti De presbyterorum ministerio et vita - Textus reco-


gnitus et Modi
Tra i vari modi inoltrati ce ne furono anche alcuni che riguar­
dano l’indole del documento conciliare e quindi il titolo da darsi20.
Quarantasette Padri chiedevano che il titolo del documento fosse
Costituzione e non Decreto, perché l’indole dottrinale e l'importanza
dello schema sarebbero stati così messi meglio in luce.
La Commissione rispose negativamente: remaneat appellatio De­
cretimi. Se era vero, infatti, che esisteva un’esposizione dottrinale
quando si parlava della natura del presbiterato, tuttavia il documento
riguardava principalmente l'esercizio pastorale del ministero sacer­
dotale e la ragione della vita del sacerdote. Esisteva la Costituzione
dogmatica De Ecclesia che trattava della dottrina del presbiterato.
Del resto anche il documento De pastorali episcoporum munere in
Ecclesia veniva chiamato Decreto: non esisteva quindi motivo per
cambiare il titolo del documento dei presbiteri.

16 Era il 16 ottobre: presenti e votanti 1.521; placet 1.507; non placet 12;
placet iuxta modani 1; nullo 1. ASSCOV, voi. IV, pars V, p. 70.
n ASSCOV, voi. IV. pars VI. p. 341.
>s Tutto 11 Decreto è ivi, pp. 351-405
1» Cf. le votazioni in ASSCOV, voi. IV, pars VII, pp. 407-408; 419-420.
20 I modi sul titolo si trovano in ASSCOV, voi. IV, pars VII, pp. 114-115.

32
Ben 139 Padri chiedevano che il titolo del Decreto fosse De mini­
sterio et vita presbyterorum speciatim dioecesanorum. Lo schema in­
fatti non trattava del sacerdozio in quanto tale, ma dei sacerdoti
diocesani e solo analogice degli altri che cooperano al loro ministero.
Inoltre ciò che veniva detto sulla spiritualità dei presbiteri riguar­
dava esclusivamente i sacerdoti diocesani, non i sacerdoti religiosi,
che hanno una propria spiritualità.
Ma anche qui la Commissione non accettava il modo. Quando
infatti si parlava del ministero e della vita richiesta dal ministero
stesso, le affermazioni del Concilio valevano per tutti i presbiteri che
partecipano al ministero. Il presbiterato è per il ministero e perciò
le sue affermazioni valgono per tutti i presbiteri che lo esercitano.
Infine, un Padre voleva che latinitatis causa si dicesse non De
ministerio et vita presbyterorum ma De presbyterorum ministerio et
vita.
Il modo veniva accettato e difatti tutto il documento è passato
come Decretum De presbyterorum ministerio et vita 2I.

Conclusione
I titoli del documento furono successivamente i seguenti:
1. Schema De clericis.
2. Schema De sacerdotibus (prima redazione).
3. Schema propositionum De sacerdotibus.
4. Relatio super schema emendatum propositionum De sacerdoti-
bus quod nunc inscribitur De vita et ministerio sacerdotali.
5. Schema Decreti De ministerio et vita presbyterorum (tale ti­
tolo rimane invariato nei testi dei successivi emendamenti del
documento: che furono altri tre).
6. Decretum De presbyterorum ministerio et vita (l’ultima mo­
difica prima dell'approvazione definitiva del 7 dicembre 1965).

21 Per una breve storia del Decreto PO cf. R. Spiazzi, Il Decreto sul mini­
stero e la vita sacerdotale..., pp. 29-46; G. Giaouinta, Storia del testo, in AA.VV..
Alle sorgenti..., pp. 147-165; J. Frisoue, Le Décret PO. Histoire et commentaire:
I. Introduction historique, in AA.VV., Les prétres..., pp. 123-134; A. Favale, Storia
del Decreto « Presbyterorum Ordinis », in AA.VV., I sacerdoti nello spirito...,
pp. 44-122; T. I. JlMÉNEZ Urresti, Prete per sempre..., pp. 29-94.

33
FINE E DESTINATARI DEL DECRETO

n. 1

Testo:

Presbyteroruni Ordiniti in Ecclesia cxcellentiam iam pluries haec Sacro-


sancla Synodus in memoriam omnium revocavi!, Cum tainen buie Ordini in
Ecclssiae Còristi renovatione partes maximi momenti et in dies quidem clini
ciliorcs assignentur, perutile visum est fusius et profundius de Presbyteris
tractaré; ea quae Ine dicuntur omnibus Prebyteris applicantur, speciatim iis
qui curae animarmi! inscrviunt, congrua congruis referendo ad reltgiosos
Presbyteros quod attinet. Presbyteri enim, sacra Ordinatone atque missione,
quam ab Episcopis recipiunt, promoventur ad inserviendum Christo Magistro,
Sacerdoti et Regi, cuius participant ministerium, quo Ecclesia in Populum Dei,
Corpus Còristi et Templum Spiritus Sancti, hic in tetris, indesinentcr aediii-
catur. Ouapropter, ut in adiunctis pastoralibus et humanis persaepe tam fun-
ditus rnulatis eorum ministerium efficacius sustinealur atque eorundem vitali
melius provideatur. Sacrosancta haec Synodus quae sequuntur declarat ac
decernit *.
* * *

Il primo numero del Decreto PO ha avuto un lungo e travagliato


iter conciliare che manifesta l'amore e la preoccupazione dei Padri
del Concilio perché fin dall’inizio fossero ben chiari il fine, i desti­
natari e la natura del documento che essi rivolgevano ai sacerdoti.
Il Proemio, come comunemente viene chiamato il n. I, ha la sua im­
portanza e alcune sue affermazioni non devono essere dimenticate

* ASSCOV, voi. IV, pars VII, pp. 704-705.

35
perché danno luce a tutto il documento. I Padri conciliari vi hanno
lavorato come su qualunque altro numero dell'intero Decreto.

I. Iter conciliare

Schema propositionum De Sacerdotibus


Il primo documento che inizia con una piccola introduzione, che
si tramuterà poi nel Proemio o numero 1 del Decreto finale, è quello
intitolato De Sacerdotibus, steso nel marzo del 1964 e inviato ai Padri
conciliari per ordine di Paolo VI il 27 aprile 1964
Ecco il testo introduttivo allo schema:
Sacrosancta haec Synodus, quae in Constitutione « De Ecclesia » naturam
theologicam presbyteratus eiusque missionem declaravit, ad vitam spiritualem
sacerdotum roborandam eorumque ministeriutn pastorale in hodiernis locoruin
ac temporum adiunctis fovendum, haec quae sequuntur statuita

Si notino le parole iniziali del Proemio Sacrosancta haec Synodus.


Nelle successive redazioni del testo anch’esse verranno cambiate.
Il testo è molto semplice e ricorda di voler richiamare la natura
teologica e la missione del presbiterato già espresse nella Costitu­
zione conciliare « De Ecclesia ». Lo scopo del Concilio, ora, è di pro­
porre alcuni punti per fortificare la vita spirituale dei sacerdoti e
sostenere il loro ministero pastorale nelle attuali circostanze. Ven­
gono quindi presi in considerazione gli aspetti spirituali e pastorali,
mentre quelli dottrinali sono presupposti.
Tutto lo schema De Sacerdotibus diede occasione ai Padri di fare
le loro osservazioni in modo tale che la competente Commissione
preparasse per la terza sessione del Concilio un altro testo da discu­
tere in Aula.
Relatio super schema emendatum propositionum De Sacerdotibus
quod nunc inscribitur De vita et ministerio sacerdotali
Il testo, più elaborato, venne distribuito in Aula il 7 ottobre. Il
confronto fra il textus prior e il textus emendatus fa subito risaltare
i cambiamenti introdotti:

1 ASSCOV, voi. Ili, pars IV, p. 846.

36
Textus prior Textus emendatus
[Prooemium]. Sacrosancta haec Sy­ [Prooemium]. Sacrosancta haec Sy­
nodus, quae in Constitutione « De nodus, quae in Constitutione « De Ec­
Ecclesia » naturam theologicam presby­ clesia » et in Decreto « De pastorali
teratus eiusque missionem declaravit, Episcoporum munere » naturam theo­
ad vitam spiritualem sacerdotum robo- logicam episcopatus et presbyteratus
randam eorumque ministerium pasto­ eorumque missionem pastoralem decla­
rale in hodiernis locorum ac tempo- ravit, necnon de peculiari presbytero-
rum adiunctis fovendum, haec quae rum vocatione ad sanctitatem egit (A),
sequuntur statuit. modo quasdem normas ad vitam et mi-
nisterium sacerdotum (B) spectantes
decernit 2.

Il nuovo documento fa riferimento esplicito non solo alla Costitu­


zione « De Ecclesia », ma anche al Decreto « De pastorali episcoporum
munere ». La Commissione, secondo il desiderio di moltissimi Padri
(desiderium perplurium Patrum), aveva creduto opportuno inserire
nel Proemio tutti questi cambiamenti, non solo per una redazione
più chiara del testo, ma anche perché fosse più manifesto che le nor­
me o esigenze fondamentali .delle quali parlano le Propositiones, si
riferivano a tutti coloro che sono arricchiti del carattere sacerdotale,
sia vescovi che presbiteri.
Diceva inoltre di esporre norme riguardanti « vitam et ministe­
rium sacerdotum ». La parola sacerdotum era stata scelta espressa-
mente in luogo di cleri dioecesani: non era apparso, infatti, né oppor­
tuno né necessario limitare le Propositiones ai soli sacerdoti dioce­
sani. Senza dubbio tutte le Propositiones direttamente e immediata­
mente riguardavano il clero diocesano, ma molte di esse si riferivano
pure ai sacerdoti non diocesani, specialmente a quelli in cura d’anime.
Tutti i sacerdoti, infatti, benché in condizioni diverse di vita, ven­
gono consacrati per il ministero tra il popolo cristiano.
Lo schema, discusso i giorni 13, 14 e 15 ottobre, venne respinto
dal Concilio3.
Alcuni interventi dei Padri, in genere molto negativi, riguarda­
vano pure il Proemio, che avrebbe dovuto dare il tono a tutto il
Decreto.
Mons. S. Baldassarri, arcivescovo di Ravenna (Italia), si chiedeva:
« Se è giusto completare il Vaticano I circa l’episcopato e trat-

2 Ivi, p. 225.
3 L’esito delle votazioni fu il seguente: presenti e votanti 2.135; placet 930;
non placet 1.199; placet juxta modum 2; voti nulli 4. Cf. ASSCOV, voi. Ili,
pars V, p. 71.

37
tare della presenza attiva dei laici nella Chiesa, è forse giusto trat­
tare quasi secondariamente dei nostri cooperatori? »4.
Mons. F. Gomes dos Santos, arcivescovo di Goiània (Brasile), esi­
geva un metodo di esposizione meno paternalistico e più teologico
da cui si deducesse la vera immagine della vita sacerdotale conformata
a Cristo sacerdote e aggiungeva: « In questo schema si dichiari chiara­
mente che si tratta dei sacerdoti che lavorano nella vigna del Signore,
tenuto conto soltanto del loro sacerdozio e senza nessuna considera­
zione delle diverse condizioni umane, se siano cioè sacerdoti religiosi
o secolari »5.
Mons. L. Proano Villalba, vescovo di Riobamba (Ecuador), rife­
rendosi al titolo del documento De vita... si chiedeva in forma al­
quanto polemica:
« Bisogna innanzitutto esporre in che cosa consista la vita spiri­
tuale dei sacerdoti. Non si tratta forse nello schema della vita e del
ministero sacerdotale? Ma di quale vita?... Di quella materiale?... Di
quella sociale?... 0 di quella culturale?... Anche. Ma prima di tutto
della vita spirituale, da cui deve scaturire la vita ministeriale e a cui
dev'essere ordinata la vita materiale, sociale e culturale »6.
Da parte sua il Card. B.J. Alfrink, arcivescovo di Utrecht (Olan­
da), faceva rilevare che « diverse sono le questioni che al giorno d’og­
gi interpellano molti sacerdoti, e che anzi suscitano incertezza e an­
sietà. Nel nostro schema esse non vengono trattate o — se lo sono —
vengono considerate soltanto superficialmente »7.
Lo schema, rispedito alla Commissione, venne interamente rivisto
alla luce delle osservazioni fatte. Ultimato il 12 novembre, fu distri­
buito ai Padri il 20 novembre successivo.
Schema Decreti De ministerio et vita presbyterorum - Textus emen-
datus et Relationes
Tutto il Decreto venne profondamente rinnovato e notevolmente
aumentato. I numeri passarono da 12 a 20. Anche il Proemio fu rifatto
totalmente e allungato, come appare dal confronto dei due testi:

4 ASSCOV, voi. Ili, pars IV, p. 411.


5 Ivi, p. 421.
<' Ivi, p. 443.
7 Ivi, pp. 454455. Da parte sua Mons. L. Sancite/. Moreno Lira, vescovo ausi­
liare di Kichow, precisava: « Inter signa tcmporis recensenda est existentia
peculiarium adiunctorum tum socialium tuin idcologicorum, quae plus vel minus
volontarie tcndunt ad extrucndum verum mutuiti separationis inter Ecclesiali!
et civitatem hominum; et, magis in concreto, tendoni ad scparationem inter
minislcriuin sacerdotale... et humanas communitates » (ivi, pp. 415416).

38
Textus prior Textus emendatus
[Prooemium], Sacrosancta haec Sy­ (Novus textus). [Prooemium], Quam-
nodus, quae in Constitutione « De vis in Constitutione « De Ecclesia », in
Ecclesia » et in Decreto « De pastorali Decretis « De pastorali Episcoporum
Episcoporum munere » naturam theo- munere in Ecclesia » et « De institutio-
logicam episcopatus et presbyteratus ne sacerdotali », necnon in Constitu­
eorumque missionem pastoralem decla- tione « De Sacra Liturgia », Sacrosancta
ravit, necnon de peculiari presbytero- haec Synodus iam pluries de Ordine
ruro vocazione ad sanctitatem egit, presbyteratus egerit, cum tamen, ex in­
modo quasdam normas ad vitam et dole sua, huic Ordini in Ecclesiae Chri-
ministerium sacerdotum spectantes de- sti renovatione partes maximae et qui-
cernit. dem in dies difficiliores assignentur, ne-
cessarium visum est fusius et profun-
dius de presbyteratu tractare, ut huius
Ordinis inaestimabilis excellentia, tam
pastoralis quam spiritualis, in memo-
riam omnium revocaretur. Presbyteri
enim, sacra ordinatione atque missione
quas ab Episcopis recipiunt, promo-
ventur ad inserviendum Christo Magi-
stro, Sacerdoti et Regi cuius partici-
pani ministerium, quo Ecclesia in po­
polimi Dei, Corpus Christi et templum
spirituale, hic in terris indesinenter ae-
dificatur. Quapropter haec Sacrosancta
Synodus, ad presbyteratus Ordinem in
meliorem lucem ponendum necnon ad
ministerium Presbyterorum in his ho-
diernis adiunctis efflcacius sustinen-
dum, atque ad curam melius gerendam
de eorum vita, quae sequuntur statuiis.

Vengono innanzitutto citati tutti i documenti conciliari nei quali


si parla del presbiterato. Le parole iniziali del Proemio cambiano:
Quamvis in Constitutione.
Su richiesta di 27 Padri, nel nuovo testo si tratta dell'eccellenza
e della dignità dell'ordine del presbiterato e dell’importanza fonda-
mentale che il ministero dei presbiteri riveste perché la Chiesa possa
raggiungere il desiderato rinnovamento: « poiché, per sua natura, nel
rinnovamento generale della Chiesa all’Ordine sacro vengono affidate
parti importantissime e ogni giorno più difficili, parve necessario trat­
tare più lungamente e più profondamente del presbiterato ».
Un Padre desiderava che nel Proemio venisse indicata la ratio
finalis di tutto il Decreto: perché venisse richiamata a tutti l’inesti-

8 Cf. 4SSC0V, voi. IV, pars IV, p. 833.

39
inabile eccellenza sia pastorale che spirituale di questo Ordine. Le
parole che seguono costituiscono la parte centrale del numero sotto
l’aspetto dottrinale e caratterizzano molto bene l’origine e lo scopo
del ministero del presbitero: « / presbiteri infatti con la sacra ordi­
nazione e missione ricevuta dai vescovi, vengono promossi al servizio
di Cristo Maestro, Sacerdote e Re, del cui ministero partecipano, in
forza del quale la Chiesa viene continuamente edificata sulla terra
in popolo di Dio, Corpo di Cristo e tempio spirituale ». Esse verranno
sostanzialmente conservate anche nell'ultima redazione del testo e
saranno commentate più a lungo nella parte dottrinale.
Ben 116 Padri avevano inoltre chiesto che nel testo e in tutto
lo schema apparisse chiaro che si trattava del ministero e della vita
dei presbiteri in generale, prescindendo dalla loro condizione di vita
e dal loro incarico. Tutti i presbiteri, infatti, sono consacrati per il
ministero del popolo di Dio, e tutti, in forma diretta o indiretta, ordi­
naria o straordinaria, impegnano la propria vita a questo ministero.
Il Decreto non tratta, perciò, dei parroci o di altri presbiteri che
hanno una missione specifica perché di essi si parla nello schema
« De pastorali Episcoporum munere in Ecclesia », nn. 29-329.
I Padri conciliari, partendo da Roma dopo la chiusura della terza
sessione (21 novembre 1964), portarono la nuova stesura del testo
sul ministero dei presbiteri, sul quale avrebbero dovuto fare le pro­
prie osservazioni entro il gennaio del 1965 10*12
.

Lavoro intersessionale
Le osservazioni, che giunsero alla Commissione competente, ri­
guardavano anche il Proemio. Eccone alcune.
Il Card. J. Dòpfner, arcivescovo di Monaco e Frisinga (Germania),
si limitava ad alcune osservazioni di redazione. Invece delle parole
inaestimabilis excellentia huius Ordinis preferiva maxima gravitas.
La ragione: « in questo luogo non si deve sottolineare tanto la stima
del presbiterato tra i fedeli, quanto la sua importanza oggettiva » ".
Voleva poi che verso la fine del Proemio si cancellassero le parole:
« per porre in maggior luce l’ordine del presbiterato ». Ragione: « di
fatto l'ordine del presbiterato viene già messo in luce migliore nello
schema, ma non pare opportuno dichiararlo esplicitamente » ’2.

9 Le Relationes dei Padri sul Proemio si trovano ivi a p. 863.


■o ASSCOV, voi. Ili, pars Vili, p. 551.
>1 ASSCOV, voi IV, pars IV, p. 873.
12 Ivi.

40
Il Card. P. M. A. Richaud, arcivescovo di Bordeaux (Francia), scri­
veva:
« Mi pare molto necessario che fin dall'inizio brilli il valore tra­
scendentale del presbiterato in una spiegazione abbastanza ampia e
approfondita... Non sono pochi i laici che non vedono la vera gran­
dezza deH’ufficio sacerdotale in confronto all'apostolato dei laici, ora
giustamente raccomandato; ci sono inoltre molti sacerdoti che dubi-
• tano in diverse forme dell’efficacia del loro ministero »13.
Di particolare importanza fu l'intervento di Mons. A. M. Charue,
vescovo di Namur (Belgio), il quale auspicava non un Decreto ma
una Costituzione conciliare sui sacerdoti:
« Come appare dai numerosi interventi e dai diversi commenti
fuori dell’aula, si tratta di un problema che tocca intimamente i no­
stri sacerdoti. Si deve porre una certa solennità nel proporre la dot­
trina del ministero e della vita dei presbiteri. Del resto, nel nuovo
testo, non si tratta solo della disciplina del clero, ma in senso stretto
della dottrina e della spiritualità del clero » 14.
L’osservazione verrà ripresa anche nei modi finali prima della
promulgazione del documento conciliare.
Nel mese di aprile del 1965 la Commissione si riunì per l’esame
delle osservazioni fatte al Decreto. Evidentemente non poteva trala­
sciare quelle riguardanti il Proemio.
Schema Decreti De ministerio et vita presbyterorum - Textus reco-
gnitus et Relationes
Il nuovo testo, appena preparato, fu spedito per ordine di Paolo
VI, il 28 maggio 1965, ai Padri conciliari. Il Proemio venne toccato
in pochi punti, come si può vedere dal confronto tra i due testi:

13 Ivi, p. 896.
14 Ivi, p. 906. Mons. J. M. Cirarda Lachiondo, vescovo ausiliare di Siviglia
(Spagna), faceva notare ripetizioni di concetti e per avere una costruzione più
logica di idee offriva il seguente testo:
« Quamvis in constitutione de Ecclesia, in decretis (...) Sacrosancta haec
Synodus iam pluries de Ordine presbyteratus egerit, quoniam presbyteri sacra
ordinatione atque missione per episcopos receptas, promoventur ad inservien-
dum Christo Magistro, Sacerdoti et Regi, cuius participant ministerium ad
indesinentem Corporis mystici acdificationem, atque ideo ipsis presbyteris in
Ecclesiae Christi renovatione partes maximae et quidem in dies diffioiliores
assignentur, necessarium visura est huic sacrae Synodo fusius et profundius de
presbyteratu tractare, ut huius ordinis presbyteratus inaestimabilis excellentia,
tam pastoralis quam spiritualis, in memoriam omnium revocetur et in meliorem
lucem ponatur. Eadem igitur sancta Synodus quae scquuntur statuere decrevit
ad ministerium presbyterorum in his hodiernis adiunctis efficacius sustinendum,
atque ad curam melius gerendam de eorum vita ». Cf. ivi, p. 909.
Textus emendatus Textus recognitus
[Prooemiuml. Quamvis in Constilu- [Prooentium]. Presbyteratus Ordinis
Lione « De Ecclesia », in Decretis « De in Ecclesia excellentiam tam pastora-
pastorali Episcoporum inuncre in Ec­ lem quam spirituale!» (A) iam pluries
clesia » et « De institutione sacerdota­ haec Sacrosancta Synodus in memo­
li », necnon in Constitutione « De Sacra riam omnium revocavi! (B). Presbyteri
Liturgia », Sacrosancta haec Synodus enim, sacra Ordinatione atque mis­
iam pluries de Ordine presbyteratus sione. quam ab Episcopis recipiunl,
cgerit, cuoi tamen, ex indole sua huic promoventur ad inserviendum Christo
Ordini in Ecclcsiae Christi renovatione Magistro, Sacerdoti et Regi, cuius par­
partes maximae et quidem in dics ditlì- ticipant ministerium, quo Ecclesia in
ciliores assignentur. necessarium visum populum Dei, Corpus Christi et tem-
est fusius et profundius de presbyte- plum spirituale, hic in terris, indesi­
ratu baciare ut huius Ordinis inaesti- nenter aedificatur. Cum tamen, ex in­
mabilis excellentia, tam pastoralis dole sua, huic Ordini in Ecclesiae Chri­
quatti spiritualis, in memoriam om­ sti renovatione partes maximi momen­
nium revocaretur. Prcsbyteri enim, ti (C) et in dies quidem difflciliores as­
sacra ordinatione atque missione quas signentur, perniile (D) visum est fu­
ab Episcopis recipiunl promoventur ad sius et profundius de presbyteratu
inserviendum Christo Magistro, Sacer­ traci are. Quapropter, ut prcsbyterorum
doti et Regi cuius participant mini­ ministerium efficacius sustinealur ut-
sterium, quo Eccesia in populum Dei, que eorundem vita aptius ordinetur,
Corpus Christi et tcmpluni spirituale, Sacrosancta haec Synodus quae se­
hic in terris indesinenter aedilìcatur. quuntur statuii 15.
Quapropter haec Sacrosancta Synodus,
ad presbyteratus Ordinem in meliorem
lucem ponendum necnon ad ministe­
rium Prcsbyterorum in bis hodiernis
adiunclis efficacius sustinendum, atque
ad curam melius gerendam de eorum
vita, quae sequuntur statuii.

L’ordine — dicono le Relationes de singulis numeris — era stato


alquanto cambiato; il testo veniva redatto in forma più consona ad
vitandas repetitiones inutiles per assecondare il votimi di due Padri lfi.
Erano cambiate le prime parole del Decreto in Presbyteratus Or­
dinis perché potesse iniziare in forma più solenne; mentre i docu­
menti conciliari già promulgati venivano citati nella nota. Altri minori
cambiamenti: si mutava l’avverbio necessarium in perniile e le parole
partes necessariae sostituite da maximi momenti15 17.
16
Nella Relatio, letta da Mons. F. Marty all’inizio del dibattito con­
ciliare il 13 ottobre 1965, si leggeva fra l’altro: « Per ciò che riguarda
il fine del nostro schema, vi abbiamo voluto presentare la missione

15 Ivi, p. 836.
16 Ivi, p. 376.
U Ivi.

42
pastorale del presbitero, e mostrare come questa missione illumina
e conduce all’unità sia il ministero che la vita del presbitero » is *18.
Verso la fine della Relatio, riprendendo i concetti espressi nella Reta­
tici generalis che aveva accompagnato il Decreto, osservava: « Lavo­
rando nella vigna del Signore in questo nostro tempo, di grande im­
portanza per la vita della Chiesa, i presbiteri attendono da noi un
vero cibo sostanzioso. Facciamo in modo di non deluderli nella loro
• legittima attesa. La loro missione è difficile e da tutti richiede una
grande fedeltà: per il presbitero l'abnegazione dev’essere totale, la
carità perfetta, e la gioia costante »19*
.
Il dibattito conciliare del mese di ottobre fu abbastanza vivace.
Parecchi Padri intervennero per precisare meglio alcune affermazioni
del Prooemium. Ecco alcune espressioni più significative.
Il Card. A. Rossi, arcivescovo di S. Paolo (Brasile), criticava il
Decreto che, secondo lui, non teneva abbastanza conto delle « situa­
zioni concrete di moltissimi sacerdoti che di fronte ai cambiamenti
del nostro tempo e all'aggiornamento della Chiesa, sono colpiti da
una grave crisi di fede, di speranza e di carità ». Suggeriva perciò che
a tutto lo schema venisse premessa una breve analisi della situazione
del presbitero nel mondo moderno e nel rinnovamento della Chiesa x.
Mons. R. J. De Roo, vescovo di Victoria nell'isola Vancouver,
auspicava che il Concilio ponesse dei principi da determinare ulte­
riormente dalle Conferenze episcopali e da aggiornare opportuna­
mente alle mutate condizioni dei tempi21.
Mons. M. Gonzàlez Ibarra, vescovo di Autlàn (Messico), propo­
neva che nel Proemio, all'inizio dello schema, venisse offerta l'imma­
gine di Cristo sacerdote nella sua mirabile missione avuta dal Padre
per evangelizzare gli uomini al fine di renderli partecipi della sua
divinità e portarli così alla città santa di Dio22.
Mons. J. Hervàs y Benet, prelato nullius di Ciudad Reai (Spagna),
voleva che nel Proemio si togliesse la parola missione perché la parte­
cipazione al sacerdozio di Cristo viene data per l’ordinazione; ma
l’esercizio di tale partecipazione avviene mediante la missione. Non
si capisce quindi se la missione si riferisce a quella divina (ciò che è
ripetitivo), o a quella canonica (ciò che sarebbe inesatto)23.

is Ivi, p. 390.
19 Ivi, pp. 391-392.
20 ASSCOV, voi. IV, pars V, p. 31.
21 Ivi, p. 165, in nota.
22 Ivi, p. 346.
23 Ivi, p. 354.

43
Mons. S. Làszló, vescovo di Eisenstadt (Austria), auspicava chia­
rezza dei destinatari che sono lutti i sacerdoti secolari e religiosi
quelli almeno che lavorano in cura d'anime in qualche diocesi24.
Tre vescovi, poi, e cioè Mons. M. Baudoux, vescovo di S. Bonifa­
cio (Canadà)2S, Mons. E. Corripio Ahumada, vescovo di Tampico (Mes­
sico)26 e Mons. J. W. Gran, vescovo di Oslo (Norvegia)27 suggerivano
che il Proemio venisse catalogato col numero 1.
Da notare il lungo intervento scritto di Mons. J. B. Przyklenk,
vescovo di Juanuària (Brasile). Di tutto il Decreto, compreso il Proe­
mio, faceva una meticolosa analisi critica testuale. In particolare, il
Proemio appariva confuso e contraddittorio: confusio detegi videtur.
Proponeva perciò ben dodici (!) ragioni per illustrare, motivare un
nuovo testo da lui proposto2829 , cambiando parole, omettendo espres­
sioni, suggerendo testi grammaticali più attinenti.
Mons. P. L. Seitz, vescovo di Kontum (Vietnam), notava una con­
traddizione nell’uso della parola presbyteri, che include « tous les
prétres de l’Eglise, y compris les religieux et les missionnaires ». Or­
bene, la maggioranza dei testi viene redatta in funzione del clero seco­
lare diocesano e « les prètres religieux et les prètres missionnaires
ne peuvent pas s’y sentir très à l'aise » w.
Schema Decreti De ministerio et vita presbyterorum - Textus emen-
datus et Relationes.
Il testo, approvato dal Concilio a larga maggioranza il 16 ottobre
1965 30, ritornò alla Commissione per una stesura secondo i suggeri­
menti dei Padri. Il 9 novembre veniva distribuito in Aula emendatasi

24 Ivi, p. 369.
25 Ivi, p. 240.
26 Ivi, p. 270.
27 Ivi, p. 347.
28 Ivi, pp. 455-456. Ecco il testo proposto: « Presbyleratus Ordinis in Eccle­
sia sublimitatcm et momentini) iam pluries haec SS. Synodus, data occasione,
extulit. Presbyteri sane sacra ordinationc promoventur ad inserviendum Christo
Magistro, Sacerdoti et Regi, eius ministeri! participes cffecti, quo Ecclesia in
populum Dei, corpus Christi et templum spirituale, hic in terris, indesinenter
efformatur. Ouod cum prae oculis habeatur cumque liuic Ordini, spoetata eius
indole, in Ecclesiae Christi renovatione partes maximi momenti et in dies qui-
dem difficiliorcs assignentur, Concilium Vaticanum II ducit suum esse fusius
et profundius de presbyteratu tractare. Quapropter, ut presbyterorum ministe-
riutn, congrua doctrinae luce sparsa, efficacius sustineatur atque corundem vita
aptius ordinctur, SS. hacc Synodus quae sequuntur, statuii » (ivi, p. 455).
29 Ivi, p. 448.
30 La votazione diede i seguenti risultati: presenti e votanti 1.521; placet
1.507; non placet 12; placet iuxta moilum 1; voto nullo 1: ASSCOV, voi. IV,
pars V, p. 70.

44
Textus prior Textus emendatus
[Prooemium], Presbyteratus Ordinis 1. [Prooemium] (A). Presbyterorum
in Ecclesia excellentiam tam pastora- Ordinis in Ecclesia excellentiam iam
lem quam spiritualem iam pluries haec pluries haec Sacrosancta Synodus in
Sacrosancta Synodus in memoriam om­ memoriam omnium revocavit (B). Cum
nium revocavit. Presbyteri enim, sacra tamen huic Ordini in Ecclesiae Christi
Ordinatione atque missione, quam ab renovatione partes maximi momenti et
Episcopis recipiunt, promoventur ad in dies quidem difficiliores assignentur,
inserviendum Christo Magistro, Sacer­ perutile visum est fusius et profundius
doti et Regi, cuius participant mini- de Presbyteris, speciatim dioecesanis,
sterium, quo Ecclesia in populum Dei, tractare; quae autem dicuntur, congrua
Corpus Christi et templum spirituale, congruis referendo, applicantur Presby­
hic in terris indesinenter aedificatur. teris religiosis quoque, qui curae ani-
Cum tamen, ex indole sua, huic Or­ marni inserviunt (C). Presbyteri enim,
dini in Ecclesiae Christi renovatione sacra Ordinatione atque missione,
partes maximi momenti ;et in dies quam ab Episcopis recipiunt, promo­
quidem diftìciliores assignentur, peru- ventur ad inserviendum Christo Magi­
tile visum est fusius et profundius de stro, Sacerdoti et Regi, cuius partici­
presbyteratu tractare. Quapropter ut pant ministerium, quo Ecclesia in Po­
Presbyterorum ministerium efficacius pulum Dei, Corpus Christi et templum
sustineatur utque eorundem vita spirituale, hic in terris, indesinenter
aptius ordinetur, Sacrosancta haec Sy­ aedificatur (D). Quapropter, ut in
nodus quae sequuntur statuii. adiunctis pastoralibus et humanis per-
saepe tam funditus mutatis eorum mi­
nisterium efficacius sustineatur atque
eorundem vitae melius provideatur (E),
Sacrosancta haec Synodus quae se­
quuntur declarat ac decernit (F) 31.

Il Proemio diventava il numero 1 (lettera A) e aveva espressioni


significative tolte dagli interventi dei Padri. Le parole iniziali del
Proemio erano leggermente modificate: da Presbyteratus Ordinis in
Presbyterorum Ordinis. Queste parole iniziali saranno conservate fino
alla fine.
La lettera B ricordava che in nota venivano aggiunti, oltre le
Costituzioni LG e SC, anche i Decreti CD e OT32.
La frase in corsivo richiamata dalla lettera C era stata aggiunta
per indicare espressamente che il Decreto, benché si rivolgesse prin­
cipalmente e tutto ai presbiteri secolari, poteva venir applicato, con­
grua congruis referendo, anche ai presbiteri religiosi in cura d’anime33.
Contro il parere di alcuni Padri venivano conservati i richiami
alla consacrazione e alla missione dei presbiteri e alla loro promo-

31 ASSCOV, voi. IV, pars VI, p. 345.


32 Ivi, p. 389.
33 Ivi.

45
zione al servizio di Cristo, sotto il triplice titolo di profeta, sacerdote
e re (lettera D). Infatti proprio sotto questa visuale si doveva trat­
tare della vita e del ministero dei presbiteriM.
Le parole aggiunte sotto la lettera E mettevano maggiormente in
luce l'idea del rinnovamento e adattamento alle necessità pastorali
del nostro tempo, quae quidam est idea centralis totius Concilii Oecu-
menici35. Non veniva invece accettato il suggerimento di dire esplici­
tamente nel Proemio che le norme più concrete e più determinate
sul ministero e la vita dei presbiteri venissero demandate alle Con­
ferenze episcopali. Infatti la dottrina teologica esposta nello schema
era abbastanza determinata e valida per la Chiesa universale e per
tutte le sue parti. Ulteriori norme di carattere giuridico, disciplinare
e pastorale, e le loro determinazioni e applicazioni concrete, secondo
i diversi casi, appartenevano o alla Santa Sede, o alla Commissione
di revisione del diritto canonico, o ai Direttori generali, di cui nel
Decreto CD 4, o ai diversi Riti, o alle Conferenze episcopali, o anche
ai singoli Ordinari.
Infine il verbo statuii era sostituito perché troppo giuridico con
declarat et decernit (lettera F)36.
Il capitolo I del Decreto, insieme al Proemio, il 12 novembre ve­
niva approvato a larghissima maggioranza. La votazione ammetteva
pure il placet juxta modum.
Schema Decreti De presbyterorum ministerio et vita - Textus reco-
gnitus et Modi
La Commissione esaminò attentamente tutti i modi presentati sia
da un Padre solo che da diversi Padri. La prassi seguita nella valuta­
zione dei modi fu presentata dal relatore Mons. F. Marty il 30 novem­
bre 1965. « Non potemmo — disse l’arcivescovo — non fare che ve­
nisse fedelmente conservato quoad substantiam il testo dello schema
del Decreto, che era già stato approvato dai Padri. Le mutazioni ac­
colte nel testo, se lasciano intatta la sostanza delle affermazioni, lo
rendono però più perfetto, a quanto pare, e certamente rendono la
sua forma molto più chiara »31.
Per il Proemio furono presentati 7 modi: 5 furono respinti e due
accettati38.

« Ivi.
35 Ivi.
36 Ivi, p. 390.
37 ASSCOV, voi. IV, pars VII, p. 106.
38 Ivi, pp. 114-115.

46
Vennero respinte le richieste di ben 64 Padri di trasferire nel
Proemio due paragrafi della conclusione del Decreto, ove si parlava
delle difficoltà dei presbiteri del mondo d’oggi. Ragione: sarebbe sta­
to un cambiamento troppo forte che allungherebbe enormemente il
Proemio.
Un Padre desiderava che si includesse che i presbiteri non solo
sono deputati al servizio delle anime, ma « immo et Episcopis » che
• sono « conseniores » (cf. 1 Pt 5, 1). La proposta non veniva accettata
perché i vescovi hanno già il loro speculum nel Decreto De pastorali
Episcoporum munere. Del resto, quando si parla di sacerdotes il ter­
mine va applicato sia ai vescovi che ai presbiteri. — In questo senso
era pure respinto un altro modo che desiderava meglio espresso il
rapporto del presbitero col vescovo: il Decreto infatti sembrava con­
siderare il ministero dei presbiteri staccato da quello dei vescovi.
Un Padre voleva che si reintroducesse il verbo statuit al posto
di declarat et decernit perché sono due verbi giuridici. Evidente­
mente il modo non veniva accettato perché era già stato accettato il
modo contrario.
Venivano accettati invece' due modi molto importanti.
Settantotto Padri criticavano il Decreto perché non conservava
bene l’unità del sacerdozio, ma dava l'impressione che esistesse un
duplice sacramento dell’ordine, uno per i presbiteri diocesani e uno
per i religiosi sacerdoti non in cura d'anime. Il modo era accettato
con la precisazione che nel testo è in corsivo: « ciò che quivi si dice
viene applicato a tutti i presbiteri, specialmente a coloro che sono
in cura d’anime, facendo gli opportuni riferimenti a quello che ri­
guarda i religiosi presbiteri ».
Un Padre poi suggeriva che il termine templum spirituale venisse
cambiato in Templum Spiritus Sancti perché più conforme alle affer­
mazioni della Costituzione LG e al Decreto De activitate missionali
Ecclesiae. Il modo veniva accettato.
Un Padre non accettava l'espressione che Ecclesia in Populum
Dei... aedificatur. Preferiva Ecclesia est Populus Dei... Ma il modo non
era accettato e se ne davano le referenze bibliche: Mt 16, 18; Ef 2,
21-2; 4, 12.16.
Il 4 dicembre i Padri accettarono con votazione pressoché una­
nime la perpensio modorum 39. Anche il Proemio era quindi accettato
e il 7 dicembre veniva solennemente approvato con tutto il Decreto
e Paolo VI lo promulgava ufficialmente.

39 Ivi, p. 615. L’esito della votazione sul complesso dei modi fu il seguente:
presenti e votanti 2.257; placet 2243; non placet 11; voti nulli 3.

47
IL Contenuto dottrinale
t

Pur nella necessaria sobrietà dovuta a un Proemio, che ha sempre


un carattere di introduzione, il nostro presenta degli aspetti dottri­
nali che non è lecito sottovalutare o trascurare. Essi vanno compresi
alla luce di tutto il percorso conciliare e sotto la visuale di quello
che tutto il documento esporrà.
Ogni documento conciliare ha, infatti, un dinamismo interiore
che viene rivelato dalla storia del Decreto e dalle fonti alle quali si
ispira. I Padri conciliari hanno sempre espresso le loro più forti preoc­
cupazioni perché il documento, riservato ai presbiteri, non fosse un
documento povero, inattuale o statico. Volevano offrire ai loro prin­
cipali collaboratori non solo esortazioni a carattere spirituale, ma
solidi principi dottrinali incarnati nel momento storico particolar­
mente difficile del ministero sacerdotale nel mondo contemporaneo.
Il rigetto conciliare del primo documento ha la sua base in questo
atteggiamento di fondo’’0.
I pochi rilievi che presentiamo vanno interpretati alla luce di
queste premesse e soprattutto della dottrina sul sacerdozio espressa
in tutti i documenti conciliari e sintetizzata nel presente Decreto. Se
è vero, infatti, che l’importanza del sacerdozio non va misurata dal
numero delle righe che ne parlano esplicitamente, è anche vero
che, pur senza contare il numero 28 della LG (testo di ricchissimo
contenuto teologico per il sacerdozio), e il presente Decreto (tutto
dedicato al ministero e alla vita sacerdotale), il Concilio parla espres­
samente dei sacerdoti e dei presbiteri almeno in 126 occasioni41 per
cui i riferimenti diretti o indiretti al tema sono numerosissimi.
Il Proemio inizia con un riferimento ai principali documenti con­
ciliari che hanno sviluppato il tema del sacerdozio: sono la Costitu­
zione SC sulla Liturgia, del 4 dicembre 1963; la Costituzione dogma­
tica LG sulla Chiesa, del 21 novembre 1964; il Decreto CD sull’ufficio
pastorale dei vescovi nella Chiesa, del 28 ottobre 1965; e il Decreto
OT, sulla formazione sacerdotale, pure del 28 ottobre 1965.
Se si vuole avere, quindi, una visuale completa della dottrina
del sacerdozio sotto l'aspetto ecclesiale, liturgico, pastorale e forma­
tivo, essa dev'essere analizzata e completata alla luce di tutti questi
documenti. Evidentemente il Decreto PO non sviluppa tutti questi
temi, ma semplicemente li presuppone o ad essi esplicitamente ri­
manda.

■w J. Frisque, Introduction historique, in AA.VV., Les prétres..., pp. 123-132.


41 Cf. X. Ochoa, Index verborum cum documentis Concini Vaticani II, Roma
1967, sotto le voci sacerdos, presbyter.

48
È nota, infatti, la preoccupazione dei Padri conciliari fin dalla
prima sessione del Concilio Vaticano II del 1962 per la quasi totale
mancanza di trattazione dei sacerdoti nel mistero della Chiesa. È
stato analizzato l’iter conciliare del n. 28 della LG42. Venne affermato
molto opportunamente: « Conviene constatare che la questione del
sacerdozio presbiterale non ha quasi mai richiamato l'attenzione del
Concilio: tutto fa credere che le si sia voluto consacrare inizialmente
• qualche riga, solo per una questione di principio. Il problema con­
creto sembrò essere piuttosto quello delle condizioni della vita sacer­
dotale e anche su questo punto la maggior parte degli interventi si
mantenne su un terreno estremamente tradizionale. Ma, tuttavia, ven­
ne lentamente in luce da questi dibattiti un dato di grandissima im­
portanza: la coscienza più vasta di tutto quanto unisce il vescovo
e i suoi sacerdoti »43. La trattazione dottrinale del sacerdozio venne
maturando lentamente sia nella Costituzione LG che nel Decreto PO,
rispettivamente nei numeri 28 (LG) e 2-3 (PO).
Da sottolineare le parole iniziali del Decreto PO: esse meritano
una particolare attenzione, perché, in linea ordinaria, enunciano il
tema centrale svolto nel documento, oppure indicano il punto focale
in cui un determinato argomento viene studiato. L'espressione « l’or­
dine dei presbiteri » indica la prospettiva comunitaria in cui il Con­
cilio si è voluto collocare per chiarire e risolvere i numerosi problemi
che interessavano il clero44. Si sa che l’espressione è stata introdotta
nel Decreto distribuito in aula il 9 novembre 1965, e che prima ini­
ziava con Presbyteratus Ordinem. « Il Decreto — osserva Mons. F.
Marty — parla quasi sempre dei sacerdoti al plurale: e questo in
generale è stato voluto. Il sacerdote non può mai essere considerato
isolatamente; né lo si può legare esclusivamente ad un vescovo parti­
colare, perché è fondamentalmente membro di un corpo sacerdotale
inteso nel suo insieme, e partecipa, benché a un grado subordinato,
a tutte le prerogative di detto corpo »45. Anche sotto questo aspetto
il presbiterato acquista luce e comunione ecclesiale.

42 Cf. J. GiBurr, / presbiteri collaboratori dell'ordine episcopale, in AA.VV.,


La Chiesa del Vaticano IL.., pp. 872-895; A. Favale, Genesi storico-dottrinale
de! paragrafo 28 della Costituzione dogmatica «LG» e del Decreto «PO», in
AA.VV., I sacerdoti nello spirito..., pp. 7-123; T. I. Jiménez Urresh, Prete per
sempre..., pp. 31-52.
43 J. Giblet, a. c., p. 874.
44 M. Midali, Crisi del sacerdozio e risposta del Concilio, in AA.VV., I sa­
cerdoti nello spirito..., p. 342.
45 F. Marty, « Introduction [au Décret sur le ministère et la vie des prétres
"Presbyterorum Ordinis"]», in Concile Oectimenique Vatican II; voi. 4: La
Révelation, L'aclivité missioni-taire, Ministère et vie des prétres, édit. du Cen-
•urion, Paris 1966, p. 172.

49
Un’altra preoccupazione dell’episcopato viene accolta nel Proemio
del nostro Decreto e cioè l'importanza che i presbiteri hanno nel rin­
novamento della Chiesa che il Concilio si propone: « a questo Or­
dine vengono affidate parti importantissime e ogni giorno più diffì­
cili per il rinnovamento della Chiesa »; è l’istanza fortemente sot­
tolineata che lo svolgimento del ministero nel mondo d'oggi è par­
ticolarmente difficile. Per ben due volte il Proemio vi ritorna, all'ini­
zio e alla fine. Vi ritornerà il Decreto in vari punti della sua
trattazione: cf. PO 4, 6, 9, 14, 19, 22. Non è qui il caso di esaminare
la natura di queste difficoltà, che appaiono già negli interventi dei
Padri conciliari e che sfoceranno nella crisi sacerdotale postconci­
liare sulla quale esiste un abbondante materiale bibliografico
* 1:
crisi che non è ancora completamente superata e che ha coinvolto
l’esse e Yoperari dei sacerdoti. I vescovi l’avevano intuita e, in qual­
che modo, volevano curarla, non prevedendo l’ampiezza e la com­
plessità che tale crisi avrebbe poi comportato per la Chiesa intera.
Ma il punto centrale del Proemio è quello che in poche righe
descrive la natura teologica del presbiterato: 1 presbiteri, in virtù
della sacra ordinazione e della missione che ricevono dai vescovi,
sono promossi al servizio di Cristo Maestro, Sacerdote e Re; essi par­
tecipano al suo ministero, per il quale la Chiesa qui in terra è inces­
santemente edificata in popolo di Dio, corpo di Cristo e tempio dello
Spirito Santo Il tema, che sarà ampiamente esaminato nel numero
seguente, mette in giusta luce il presbiterato nel suo rapporto sacra­
mentale di consacrazione e missione, in relazione all’episcopato, del
quale i presbiteri sono collaboratori e del cui ministero sono parte­
cipi, e nel significato profondo di servizio unico che episcopato e pre­
sbiterato hanno per la costruzione terrena della Chiesa come Popolo
di Dio, Corpo di Cristo e Tempio dello Spirito.
Il presbiterato viene ad assumere mediante l’ordinazione uno
strettissimo rapporto col mistero della Chiesa, la cui costruzione
è demandala anche all’esercizio del loro ministero; colTepiscopato
che conserva la guida preminente e più responsabile di tutto il sacro
ministero; col mistero di Cristo sotto l’aspetto di profeta, sacerdote

46 Cf. M. Caprioli, Sacerdozio..., pp. 33-34, noia 99; 51-52, nota 1 e 2.


47 1 tre « munera » di Cristo vanno interpretati evidentemente in modo com­
plementare l'uno dell’altro. Giovanni Paolo II osserva: « Analizzando con atten­
zione i testi conciliari, è chiaro che bisogna parlare di una triplice dimensione
del servizio e della missione di Cristo, piuttosto che di tre funzioni diverse.
Difatti, queste sono tra loro intimamente connesse, si spiegano reciprocamente,
si condizionano reciprocamente e reciprocamente si illuminano » (Leti. Novo
Incipiente. 8 aprile 1979: A/1.S 71 [1979], p. 397).

50
e re. La Chiesa è Corpo di Cristo, ove Cristo è il Capo e ha quindi
il compito di preminenza, di guida e di influsso su tutte le membra.
Il servizio presbiterale è partecipazione del servizio di Cristo alla
umanità; è sua atlualizzazione e sua continuazione nel mondo per
mezzo di un ministero visibile, la cui efficacia è legata indissolubil­
mente all'unione del presbitero a Cristo Capo, cuius personali! gerii,
come dirà ripetutamente il PO48. L'espressione «Tempio dello Spi-
. rito Santo » richiama l'azione invisibile dello Spirito Santo, che è
l'anima della Chiesa, il vero ed unico artefice della sua vitalità,
di tutto il suo Corpo e di tutta la sua attività, che è soprattutto
e prima di tutto diretta alla santificazione delle anime.
Da notare, infine, i destinatari del Decreto: sono « tutti i pre­
sbiteri, specialmente quelli che si dedicano alla cura delle anime,
fatti i dovuti adattamenti per i presbiteri religiosi ». La precisazione
era stata più volte richiesta dai Padri conciliari e negli ultimi modi vi
erano ritornati per averne una giustificazione. Nessun presbitero, per­
ciò, si deve ritenere estraneo o avulso dalla considerazione concilia­
re. Così aveva pure fatto la Costituzione LG (n. 28) e così continuerà
a considerare il Decreto attuale in vari numeri della sua trattazione49.
Tutti i presbiteri, infatti, pur con mansioni differenti, hanno lo scopo
di concorrere all'esercizio del ministero che consiste nella evange­
lizzazione del mondo e nella costruzione della Chiesa, proprio come
Popolo di Dio, Corpo di Cristo e Tempio dello Spirito. La sua forma­
zione è compito di tutti i presbiteri, come in maniera diversa è com­
pito di tutti i battezzati.
Lo scopo del Decreto PO viene quindi gradatamente illuminato
fin dal Proemio. Il Concilio vuole essere vicino ai presbiteri in un
momento di radicale cambiamento nell’esercizio del ministero sacer­
dotale (in adiunctis pastoralibus et humanis persaepe tam jimditus
mutatisi, in cui la loro vita ha bisogno di particolare ed efficace assi­
stenza (ministerium efficaciter sustineatur atque eorundem vitae me-
lius provideatur).
Anche il Proemio del Decreto, che ha avuto il suo faticoso iter
conciliare, offre richiami che non è lecito sottovalutare, anche se essi
verranno ripresi e maggiormente sviluppati nel corso del documen­
to stesso.

48 Cf. PO 2, 12.
49 Cf. PO 7, 8.

51
NATURA DEL PRESBITERATO
n. 2

Testo-.
Dominus lesus, « quem Pater sanctifìcavit et misit in mundum » (Io 10, 36),
unctionis Spiritus qua unctus est totum Corpus suum mysticum particeps
redditi in eo enim omnes fideles sanctum et regale sacerdotium efficiuntur,
spirituales offerunt hostias Deo per lesum Christum, et virtutes annuntiant
Eius, qui de tenebria eos vocavit in admirabile lumen suum. Nullum ergo
datur membruti! quod in missione totius Corporis partem non habeat, sed
unumquodque sanctificare debet lesum in corde suo, et spiritu prophetiae
testimonium de lesu reddere.
Idem vero Dominus, inter fideles, ut in unum coalescerent corpus, in quo
« omnia membra non eundem actum habent » (Rm 12, 4), quosdam instituit
ministros, qui, in societate fidelium, sacra Ordinis potestate pollerent Sacri-
ficium offerendi et peccata remittendi, atque sacerdotali officio pubblice prò
hominibus nomine Christi fungerentur. Itaque, missis Apostolis sicut Ipse
missus erat a Patre, Christus, per ipsos Apostolos, consecrationis missionisque
suae participes effecit eorum successores, Episcopos, quorum munus ministerii,
subordinato gradu, Presbyteris traditum est, ut in Ordine presbyteratus con-
stituti, ad rite explendam missionem apostolicam a Christo concreditam, Ordi­
nis episcopalis essent cooperatores.
Officium Presbyterorum, utpote Ordini episcopali coniunctum, participat
auctoritatem qua Christus Ipse Corpus suum extruit, sanctificat et regit. Quare
sacerdotium Presbyterorum initiationis christianae Sacramenta quidem suppo­
ni!, peculiari tamen ilio Sacramento confertur, quo Presbyteri, unctione Spi­
ritus Sancti, speciali charactere signantur et sic Christo Sacerdoti configuran-
tur, ita ut in persona Christi Capitis agere valeant.
Munus Apostolorum cum prò sua parte participent, Presbyteris gratia da­
tur a Deo ut sint ministri Christi lesu in gentibus, sacro Evangelii munere
fungentes, ut fiat oblatio gentium accepta, sanctificata in Spiritu Sancto. Per
Evangelii enim apostolicum nuntium convocatur et congregatur Populus Dei,
ita ut omnes ad hunc Populum pertinentes, sanctificati cum sint Spiritu Sancto,
seipsos offerant « hostiam viventem, sanctam, Deo placentem » (Rm 12, 1). Per
Presbyterorum autem ministerium sacrificium spirituale fidelium consummatur
in unione cum sacrificio Christi, unici Mediatoris, quod per manus eorum,

53
nomine totius Ecclesiae, in Eucharistia incruente et sacramentali ter offertili-,
doncc Ipse Dominus vcniat. Ad hoc tendil atque in hoc consummatur Presby-
terorum ministerium. Eorurn enim minlstratio, quae ab evangelico nuntio in­
cipit, c Sacrificio Christi suatn vim et virtutem hauril, atque co tendit ut
« tota ipsa rcdempla civitas, hoc est congregati societasque sanctorum, uni­
versale sacrificium ofTeratur Deo per Sacerdotem Magnum, qui etiam se ipsum
obtulit in Passione prò nobis, ut tanti Capitis corpus essemus ».
Finis igitur quem ministeri atque vita persequuntur Presbyteri est gloria
Dei Patris in Christo procuranda. Quae gloria in eo est quod homines opus
Dei in Christo perfectum conscie, libere atque grate accipiunt, illudque in tota
vita sua manifestane Presbyteri itaque. sive orationi et adorationi vacent, sive
verbum praedicent, sive Eucharisticum Sacrificium offerant et cetera Sacra­
menta administrcnt, sive alia prò hominibus exerceanl ministeria, confcrunt
cura ad gloriam Dei augcndam tuia ad homines in vita divina provehcndos.
Quae omnia, dum ex Paschate Christi manant, in glorioso Eiusdem Domini
advenlu consummabuntur, cum Ipse tradiderit Regnum Deo et Patri *.

•k k -k

Nell'immediato periodo postconciliare, uno dei punti della teo­


logia del sacerdozio maggiormente contestati e posti in crisi, fu l’aspet­
to dogmatico del presbiterato. La bibliografìa sull'argomento, spesso
radicale e demolitrice, è stata abbondante in tutte le lingue *. Mai
forse nella sua storia bimillenaria la Chiesa ha dovuto affrontare una
ricerca di così larga portata. Paolo VI durante i quindici anni del suo
tormentato pontificato vi è ritornato con accenti spesso addolorati e
angosciati, mai però demoralizzati2. Il Papa non solo intervenne con
l'autorità del suo magistero, ma promosse una celebrazione straordi­
naria del Sinodo dei Vescovi nel 1971 perché esaminasse più a fondo
le questioni dottrinali e pastorali che agitavano i sacerdoti.
Il documento che ne uscì II sacerdozio ministeriale, subito ap­
provato e promulgato da Paolo VI, nella lunga introduzione che lo
apre, traccia un’approfondita descrizione della situazione di quegli

* ASSCOV. voi. IV, pars VII, pp. 705-706.


1 M. Caprioli, Sacerdozio..., p. 51, nota 1.
2 Cf. M. Caprioli, Il sacerdozio nel magistero di Paolo VI, in EphCarm 30
(1979), pp. 319-383; J. Guitton, La concezione del sacerdozio secondo Paolo VI,
in AA.VV., Sacerdozio e celibato, a cura di J. Coppens (trad. il.), Milano 1975,
pp. 306-321; G. M. Garrone, Card., La spiritualilé sacerdotale dans la pensée de
Paul VI, in Seminarium 19 (1977), pp. 1056-1065; G. Fhrraro, Il sacerdozio mini­
steriale nel magistero di Paolo VI, in « ...E lasciate le reti, lo seguirono » (Qua­
derno Cenac. 3), Roma 1979, pp. 165-201; G. Rambaldi, Il sacerdozio nella cate­
chesi di Paolo VI, in AA.VV., El sacerdocio y et Posconcilio (Collana Teologia
del sacerdocio 12), Burgos 1980, pp. 67-106.

54
anni. Per quanto riguarda la natura del presbiterato, la problematica
viene riassunta nelle seguenti domande: « Esiste o non esiste un ele­
mento specifico nel ministero sacerdotale? E necessario questo mi­
nistero? È vero che il sacerdozio, di per sé, non può andare per­
duto? Che cosa significa, oggi, essere presbitero? Non potrebbe essere
sufficiente disporre, per il servizio delle comunità cristiane, di presi­
denti designati per garantire il bene comune, pur senza avere l’ordi-
' nazione sacramentale, e che esercitano il loro ufficio a tempo inde­
terminato? »3.
La radicalità degli interrogativi prende il sacerdozio alla sua stes­
sa origine, nel suo diritto o meno di esistere nella vita della Chiesa.
Il Vaticano II non poteva evidentemente dare delle risposte a
domande che non si era esplicitamente fatte. Il n. 1 e la conclusione
(n. 22) del PO parlano esplicitamente di « attuali circostanze pasto­
rali e umane, spesso radicalmente nuove » (n. 1 ), « di crudo isola­
mento in cui i presbiteri vengono a trovarsi » (n. 22), raccomandando
perciò l'attenzione alla voce dello Spirito che « suggerisce e fomenta
gli opportuni aggiornamenti e adattamenti del ministero sacerdotale »
(ivi). Ma la lettura attenta degli interventi dei Padri conciliari, che
hanno suggerito queste espressioni, manifesta più una preoccupazio­
ne pastorale che dogmatica. I Padri, cioè, non avevano presenti diffi­
coltà o contestazioni sulla natura del sacerdozio, ma solo il suo im­
patto nella vita sociale odierna. La dottrina del Concilio di Trento
era stata più volte riaffermata e presupposta e nessuno l’ha messa in
dubbio. Essa conservava il suo valore nella formazione e nella impo­
stazione della vita sacerdotale.
Nella costituzione LG, il Concilio aveva parlato bene del presbi­
terato. Il 28 era un numero ricco di contenuto e di dottrina, ma
appariva quasi un’appendice del capitolo che trattava quasi esclusi­
vamente dell'episcopato. Da qui l’urgenza di rivolgersi ai sacerdoti
con un documento ad hoc, che approfondisse tutto l’insieme della
vita sacerdotale nel suo aspetto dogmatico, pastorale e spirituale.

I. Iter conciliare

Schema Decreti De ministerio et vita presbyterorum - Textus emen-


datus et Relationes
Nell’evoluzione del nostro Decreto, il numero sulla natura del
presbiterato compare abbastanza tardi. La prima volta si ha nella

3 A4S 63 (1971), p. 901.

55
stesura del Decreto distribuito in Aula conciliare il 20 novembre 1964.
È noto, infatti, come la bocciatura del primo schema sui presbiteri
discusso in Aula a metà ottobre avesse obbligato la competente
Commissione conciliare a rifondere tutto il Decreto, tenendo presenti
le osservazioni dei Padri. Veniva così introdotto, dopo il proemio,
il n. 1, col titolo esplicito de natura presbyteratus:
1. (Novus numcrus). [De natura presbyteratus]. Ecclesia, quae, innuente
Sacra Scriptura (cf. 1 Petr 3, 18-21), a Patribus arca salutis nuncupatur, di­
fenda est mini a Christo sicut Christus mittilur a Patrc (cf. lo 20, 21), atque
a Spiritu divino ducitur et regitur, quem Christus in eam infundit (cf. Io 20,
22; Act 2, 1-4); cuius omnes fideles sanctum et regale sacerdotium efliciuntur,
ut offerant spiriluales hostias acceptabiles Deo per tesum Christum, et ut
virtutes Eius, qui de tenebris eos vocavit in admirabile lumen suum, an-
nuntient (cf. 1 Petr 2, 5 et 9). Nullum ergo datur in ea membruti! quod in
missione totius Corporis partem non habeat, sed unumquodque sanctificare
debet lesum in corde suo (cf. 1 Petr 3, 15), et spiritu prophetiae testimonium
de lesu reddere (cf. Apoc. 19, 10). In hac tamen missione adimplenda, fideles
nullam potestatem proprie dictam ipsius Christi Capitis in Corpus suum quod
est Ecclesia (cf. Col 1, 24) exercere vaierai, eaque tantum consccralione si-
gnantur qua in initiationis christianac sacramenlis « regio el sacerdotali pro-
pheticoque honore perfusi » sunt.
Christus itaque inauguravi! in semetipso, id est in « tempio corporis sui »
(lo 2, 2), sacerdotium novum novumque cultura verorum adoratorum qui
adoranl Patroni in spiritu et veritate (cf. lo 4, 23). Cum autem per ascensio-
nem susceptus sit ab oculis nostris (cf. Act 1, 9), voluit tamen Pontifex noster,
invisibiliter sedens ad dextcram Patris, suum perpetuimi sacerdotium in Ec­
clesia terrestri visibiliter excrcere, suamque propriam actionem inanifestam
reddere. Et ideo quosdam inler fideles, quos quidem ex hominibus assumit
(cf. Hebr 5, 1), unctione Spiritus speciali modo sibi consccral sacerdotes, ut
ipsi, in Corpore suo, ipsius Capitis sacerdotium ministerio episcopatus et
prcsbyteratus repraesentent et in Eius persona agant. In Ecclesia ergo cultus
christianus exereelur, non tantum in co quod unusquisque singulariter offerat
se hostiam viventem (cf. Rm 12, 1), sed in eo quod Ecclesia per sacerdotes
suos, ipsum visibile Sacrificium offert quo, incruente et sacramentaliter, cruen-
tum illud semel in crucc peractum Sacrificium ipsius Christi praesens red-
ditur eiusque memoria in finem usque saeculi permanct.
Oflìcium ergo, non tantum Episcopatus, veruna etiam Presbyterii in ordine
suo, participat auctoritatem qua Christus ipsc Corpus suum extruit, sanctilìcat
et regit, atque ad sacerdotium spirituale fidelium, quantumvis sublime, reduci
non potest. Itaque peculiari initiatione sacramentali sacerdotium Presbyterii
indiget. Quae initiatio ut quaedam incorporatio missioni episcopali, ope spe-
cialis participationis sacerdoti! Christi, describi potest. Sicut enim, vi conse-
crationis suae, Episcopi personae Christi sacramentaliter configurantur, eodetn
quamvis subordinato modo, Presbyteri, inquantum providi coopcratores Ordinis
episcopalis, cidem Chrislo Capiti consecrantur. Quaproptcr, sicut in Episcopis
plenitudo sacerdotali missioni Apostolorum continuandae referri debet, ita in

4 L'esito delle votazioni era stato il seguente: presenti e votanti 2.135; placet
930; non placet 1.199 placet iuxta modum 2; voti nulli 4. Cf. ASSCOV, voi. Ili,
pars V, p. 71.

56
Presbyteris sacerdotium a missione apostolica Episcoporum rite explenda non
est seiungendum.
Huiusmodi ministerium Presbyterorum, sicut tota actio salvifica qua mis-
sic universalis Ecclesiae hic in terris perficitur, a Sacrificio Christi, quod in
Eucharistia per manus eorum celebratur, quasi ab inexhausto fonte suam vim
et virtutem iugiter haurit, atque in eo tendit ut in Novi et Aeterni Testa­
menti sacrificii sollemniis « tota redempta civitas societasque sanctorum uni­
versale sacrificium offeratur Deo per Sacerdotem Magnum qui etiam se ipsum
. obtulit in passione prò nobis, ut tanti capitis corpus essemus » 5.

Ben 124 Padri avevano chiesto che venisse esposta la natura del
presbiterato « nell’ambito della missione che Cristo ha affidato alla
sua Chiesa »s6*. Altri Padri desideravano che venisse chiarita la di­
stinzione tra il sacerdozio comune di tutti i fedéli e il sacerdozio
ministeriale dei presbiteri perché apparisse bene la posizione del
presbitero nella Chiesa gerarchica e la sua incorporazione alla mis­
sione episcopale ope participationis in unico Sacerdotio Christi1.
Mons. F. Marty, nella Relatio Generalis di piesentazione del nuo­
vo schema del Decreto, notava come venisse esposta innanzitutto la
natura del presbiterato e la nobile missione che nella Chiesa viene
affidata ai presbiteri, saggi cooperatori dell’ordine episcopale, e come
fosse stata apertamente sottolineata la distinzione del sacerdozio co­
mune dal sacerdozio ministeriale, che viene conferito mediante il
sacramento deH’Ordine8. « Si vuole dunque considerare il presbite­
rato situandolo ecclesiologicamente e indicando qual’è il suo posto
di fronte ai vescovi e ai fedeli, e quale è la specificità del suo apo­
stolato »9.
Il nuovo numero sulla natura del presbiterato viene suddiviso in
quattro paragrafi o capoversi, dei quali diamo le linee dottrinali fon­
damentali.
Il primo capoverso inizia ricordando la missione della Chiesa,
inviata da Gesù Cristo, come questi a sua volta era stato mandato
dal Padre, e continuamente guidata e retta dallo Spirito Santo. Nella
Chiesa tutti i fedeli vengono costituiti (efficiuntur) in sacerdozio rega­
le che li abilita all'offerta di sacrifici spirituali. Tutti i membri della
Chiesa hanno parte alla missione del corpo di Cristo, possono santi­
ficare Cristo nel proprio cuore e godono dello spirito di profezia.
Tuttavia essi non godono di una potestà propriamente detta (nullam

s ASSCOV, voi. IV, pars IV, p. 834-835.


* Ivi, p. 863.
1 Ivi, p. 864.
8 Ivi, p. 831.
9 G. Rambaldi, Natura e missione del presbiterato nel Decreto « Presbyte­
rorum Ordinisi, in Gregorianum 50 (1969), p. 241.

57

I
potestatem proprie diciatti ipsius Christi Capitis in Corpus suum exer-
cere valent), bensì hanno solo la consacrazione dell'iniziazione cristia­
na che li decora dell’onore regale, sacerdotale e profetico ,0.
Il secondo capoverso si indugia sulla missione e consacrazione
di Cristo. Questi inaugurò in se stesso il nuovo sacerdozio e il nuovo
culto degli adoratori del Padre in spirito e verità. Salito al cielo e
seduto alla destra del Padre in modo invisibile, volle che il suo eterno
sacerdozio venisse visibilmente perpetuato nella Chiesa terrestre. Per­
ciò tra i suoi fedeli consacrò alcuni con una speciale unzione dello
Spirito perché « nel suo Corpo rappresentassero il sacerdozio del
Capo col ministero deH’episcopato e del presbiterato e agissero in
sua persona ». L'esercizio del culto cristiano non comporta solo
l'offerta di ostie e sacrifici spirituali, ma anche la partecipazione
all’offerta di quel visibile sacrificio « con cui in modo incruento e
sacramentale è reso presente lo stesso sacrificio di Cristo compiuto
cruentemente sulla croce e ne perpetua la memoria nei secoli ».
Il terzo capoverso approfondisce la natura del presbiterato e la
sua distinzione dal sacerdozio spirituale dei fedeli. L’uflicio del pre­
sbiterato, come quello dell’episcopato, partecipa dell’autorità con cui
Cristo stesso costruisce, santifica e regge il suo Corpo e non può
essere ridotto al sacerdozio spirituale dei fedeli, quantumvis sublime.
Esso ha bisogno di una nuova iniziazione sacramentale, che può esse­
re descritta come una certa incorporazione alla missione episcopale,
per mezzo di una speciale partecipazione al sacerdozio di Cristo.
Da qui due affermazioni di grande importanza dogmatica: «) come
mediante la consacrazione i vescovi vengono sacramentalmente con­
figurati alla persona di Cristo Capo (personae Christi Capitis sacra-
mentaliter configurati tur), allo stesso modo, in grado subordinato,
i presbiteri, che sono i provvidi cooperatori dell’ordine episcopale,
sono consacrati e configurati a Cristo Capo; b) come nei vescovi c'è
la pienezza della continuazione alla missione sacerdotale degli apo­
stoli, così nei presbiteri il loro sacerdozio non può essere disgiunto
dalla missione apostolica dei vescovi. È chiaro che questo paragrafo
sta al centro della descrizione della natura del presbiterato in se
stesso, nella visione ecclesiologica e nel rapporto col vescovo ".
Il quarto capoverso fa esplicito riferimento al sacrificio eucari­
stico. Tutta l’azione salvifica deriva dal sacrificio di Cristo, celebralo

10 Cf. ivi, pp. 243-244 le citazioni ed allusioni ad altri documenti conciliari,


quali la SC 7, e la LG 21, 28, 31, 33, 34 e 35.
11 Osserva G. Rambaldi: « La Commissione incaricata di preparare il testo
delta Cost. LG. non volle precisare la differenza sacramentale fra presbiterato
ed episcopato. Ovviamente questo compito non se lo propose neppure la Com­
missione che preparò il PO, ma non si può non rilevare il modo con cui il rap-

58
nella Chiesa per mezzo dei sacerdoti. Esso ha lo scopo che nella
solennità del sacrificio del Nuovo ed Eterno Testamento « tutta la
città redenta e la società dei santi venga offerta a Dio per mezzo
del Grande Sacerdote che offrì se stesso nella passione perché diven­
tassimo membra di sì eccelso Capo »12.
Il testo è denso di dottrina.
. Parla di un rapporto indissolubile tra la missione della Chiesa e
quella di Cristo, che ha sulla sua Chiesa una « potestas ». I fedeli tutti
hanno parte alla missione della Chiesa, ma non tutti godono di una
vera potestà.
Cristo salito al cielo ha voluto esercitare visibilmente il suo sacer­
dozio e rendere manifesta la sua azione: ha istituito perciò i sacer­
doti, scelti tra i fedeli e consacrati a lui mediante una particolare
consacrazione sacramentale. I sacerdoti lo rappresentano e agiscono
in sua persona. La consacrazione sacerdotale si realizza compieta-
mente nella consacrazione episcopale, ma anche nei presbiteri costi­
tuisce una certa incorporazione sacramentale nella missione episco­
pale. In questo senso sacerdotes sono sia i vescovi che i presbiteri.
Esiste nella Chiesa il culto spirituale e il culto eucaristico.
Non solo i vescovi ma anche i presbiteri partecipano sacramen­
talmente all’autorità di Cristo che edifica, santifica e regge il suo
corpo.
Il sacerdozio ministeriale non si può ridurre a quello spirituale
dei fedeli, ma ha bisogno di una nuova consacrazione B.
Partendo da Roma, i vescovi portarono la nuova stesura dello
schema del Decreto sui presbiteri. Entro il 31 gennaio 1965 avreb­
bero dovuto presentare le proprie osservazioni scritte l4.

Lavoro intersessionale
Le risposte giunsero abbondanti dalle varie parti del mondo.
Furono 523, inviate da ben 200 Padri appartenenti a 30 nazioni. Per­
vennero pure suggerimenti da periti conciliari e da parroci15.

porto del presbiterato con l'episcopato viene assunto per spiegare la partecipa­
zione al sacerdozio di Cristo data dalla sacra ordinazione. La consacrazione
episcopale, importando una certa incorporazione alla missione episcopale, può
venir descritta per mezzo di una speciale partecipazione al sacerdozio di Cristo »
(ivi, p. 246).
12 S. Agostino, De Civitate Dei, 10, 6, in PL 41, 284.
13 Per uno sviluppo più ampio di questi concetti cf. G. Rambaldi, a. c.,
pp. 247-248.
14 Cf. AS.SCO1/, voi. Ili, pars Vili, p. 551.
15 ASSCOV, voi. IV, pars IV, p. 333.

59
I
Alcune osservazioni erano più importanti, altre riguardavano solo
redazioni testuali; alcune erano semplicemente laudative, altre — po­
che — negative. Tutte, però, manifestavano la volontà comune di
rendere il testo più aderente alle esigenze della dottrina cattolica sul
sacerdozio. Riferiamo le principali.
Il Card. J. Dòpfner, arcivescovo di Monaco e Frisinga (Germa­
nia), suggeriva l'eliminazione di alcune frasi che non appartenevano
al contesto: per esempio, chiamare la chiesa arca salutis l6*, oppure
la citazione di Gv 20, 21, che non tratta dell'effusione dello Spirito
Santo sulla Chiesa in quanto tale n. Due osservazioni in particolare
vanno notate. Si lodava lo sforzo di rendere il testo più appropriato
(concinnior textus) perché potesse essere messa più in luce l'idea
centrale (diluciditts percipi possi! idea centratisi e cioè la differenza
specifica del sacerdozio ministeriale. Si dovevano evitare perciò le
lunghe esposizioni sulla missione della Chiesa in genere, perché già
trattata nella costituzione LG; ma quello che si riferiva alla natura
del presbiterato doveva essere espresso brevitts et praecisius. Non
appariva opportuno esprimere in modo negativo la condizione dei
laici nella Chiesa, né si poteva sostenere che i laici non vi abbiano
nessun potere. Se è vero che non hanno potestà di ordine, possono
però esercitare una certa potestà di giurisdizione in forza della mis­
sione canonica, per es. i catechisti laici18*
.
20
Quest'ultimo aspetto era richiamato pure dal Card. E. Florit,
arcivescovo di Firenze (Italia), secondo il quale i laici hanno un certo
qual potere, per es. di offrire il sacrificio eucaristico col sacerdote,
di educare cristianamente i propri figli, di esercitare determinati mi­
nisteri nelle celebrazioni liturgiche Due cose erano piuttosto da
sottolineare: a) la distinzione di diritto divino fra gerarchia e laicato;
b) la irriducibilità del sacerdozio gerarchico a quello comune.
Da notare la precisazione sull'espressione praesens redditur. Po­
teva essere interpretata nel senso giusto, voluto dal Concilio di Tren­
to (Denz. 938, 1740), ma poteva dare adito all'interpretazione della
teoria di O. Case!, teoria comunemente respinta dai teologiM. Era
meglio perciò usare il verbo repraesentatur. Si doveva riportare inol­
tre più esattamente la frase di sant'Agostino21.

16 Ivi, p. 873.
>’ Ivi, p. 874.
18 Ivi.
15 Ivi, p. 889.
20 Ivi, p. 890.
21 Ivi.

60
Il Card. L. Jàger, arcivescovo di Paderborn (Germania), deside­
rava un’esposizione più pastorale
Il Card. M. Feltin, arcivescovo di Parigi (Francia), notava la fedel­
tà del testo alla descrizione della natura del presbiterato e la distin­
zione fra sacerdozio comune e sacerdozio ministeriale. Vi trovava però
due difficoltà. A) Nella Costituzione De Ecclesia il rapporto dei pre­
sbiteri con i vescovi e con la missione di Cristo e degli apostoli era
' inteso come una premessa, dalla quale si deducevano la consacrazio­
ne e la missione del presbitero; al contrario, nel presente Decreto
essa appariva come una conclusione. La prospettiva non era identica,
anzi appariva quasi come un emendamento: nella Costituzione De
Ecclesia era fondamentale perché dogmatica e quindi doveva essere
conservata anche nel presente Decreto per evitare fluttuazioni e in­
certezze dottrinali. B) L’esposizione del sacerdozio comune dei fedeli
prima di quello ministeriale distoglieva l'attenzione dallo scopo pre­
cipuo del Decreto, che è quello del sacerdozio ministeriale22 23.
Per Mons. J. Attipetty, arcivescovo di Verapoly (India), il testo
avrebbe dovuto riportare chiaramente e dogmaticamente il diritto
divino sul sacramento del presbiterato. Le parole che parlavano del­
l’unzione dello Spirito erano chiare per i sacerdoti del rito latino,
i quali hanno l'unzione durante il rito dell'ordinazione; sono più
oscure invece per gli orientali che non hanno il rito dell’unzione e
interpretano le parole bibliche in senso simbolico2425 .
Mons. J. M. Cirarda Lachiondo, vescovo ausiliare di Siviglia (Spa­
gna), riconosceva il testo teologicamente completo, ma avrebbe desi­
derato un testo « con mas simplicidad y precisión de lenguaje y de
concepto ». Non gradiva inoltre l’aggettivo spirituale attribuito al
sacerdozio dei fedeli perché anche il sacerdozio ministeriale è spi­
rituale
Mons. J. Darmajuwana, arcivescovo di Semarang (Indonesia), tro­
vava nel testo una teologia del presbiterato molto povera (valde man­
ca), mentre quella dell’episcopato era riconosciuta solo a parole
(cf. invece De Ecclesia). Vi traspariva un timore quasi spastico quan-

22 Ivi, p. 891.
23 Ivi, p. 888. La relazione del Card. M. Feltin venne sottoscritta pure dal­
l’arcivescovo coadiutore P. Veuillot e dall’ausiliare di Parigi, Mons. J. Lecordier.
Dello stesso parere era Mons. A. G. Bannwarth, vescovo di Soissons (Francia)
(ivi, p. 903), e i vescovi dell’ovest della Francia (ivi, pp. 958-959).
24 Ivi, p. 898.
25 Ivi, p. 909. Anche Mons. S. Moro Briz, vescovo di Avila (Spagna), espo­
neva lo stesso pensiero: « Omne sacerdotium, etiam ministeriale, pariter spiri­
tuale dicendum » (ivi, p. 940.

61
do si parla della differenza tra sacerdozio ministeriale e sacerdozio
comune: c'è quasi paura che i laici usurpino i diritti dei presbiteri.
Il sacerdozio ministeriale va descritto in modo positivo, per quello
che è in se stesso: ciò che i laici possono o non possono fare, appare
secondario. Si univa alle voci dei Cardinali J. Dòpfner ed E. Florit
nel riconoscere ai laici un vero potere nella Chiesa rispetto ad alcuni
compiti: anch’essi infatti partecipano del sacerdozio di Cristo26.
Mons. P. Philippe, arcivescovo titolare di Eracleopoli Maggiore,
lodava prima di tutto lo schema, che presentava un’ottima sintesi e
poteva giovare molto alla vita e al ministero dei presbiteri. Offriva,
poi, alcuni suggerimenti per una migliore stesura del testo. Quando
si parlava del nuovo sacerdozio di Cristo, sarebbe doveroso fare espli­
cita menzione della sua morte in croce, citando le parole del Conci­
lio di Trento (Denz. 1740). Non era giusto affermare che tutti i bat­
tezzati devono rendere testimonianza a Cristo con lo spirito di profe­
zia: cf. San Paolo, 1 Cor 12, 19. Era inesatto, infine, affermare che
mediante la consacrazione sacerdotale il presbitero incorporatur mis­
sioni episcopali: non si viene infatti incorporati a una missione, ma
vi si partecipa. Il testo andava perciò corretto in questo senso27.
Quando la competente Commissione conciliare si riunì nel mese
di aprile per studiare i suggerimenti pervenuti, trovò dinnanzi a sé
un'ingente mole di lavoro da vagliare per proseguire nella ricerca
di un testo definitivo.
Schema Decreti De minisierio et vita preshyterorum - Textus reco-
gnitus et Relationes
Il nuovo schema del testo venne spedito per ordine di Paolo VI
ai Padri conciliari il 28 maggio 1965. Il numero 1 era stato notevol­
mente accresciuto, come si può notare dal confronto tra le due reda­
zioni: vi trova posto un lungo capoverso sulla condizione dei presbi­
teri nel mondo, capoverso che poi formerà un numero a se:

Textus emendatus Textus recognitus


I. [De natura presbyteratus]. Eccle­ t.[De natura et condicione presbyte­
sia, quae, influente Sacra scriptum (cf. ratus]. Christus Dominus, ad populunt
1 Petr 3, 18-21), a Patribus arca salutis Dei pascendum semperque augendum,
nuncupatur, dicenda est mitti a Christo in Ecclesia sua ministros instituit sacra
sicut Christus mittitur a Patrc (cf. Io potestate pollentes, qui, virtuteni pe-
20-21), atque a Spirita divino ducitur rennis sui sacerdotii esercendo prò-

26 Ivi, p. 915.
27 Ivi, p. 948.

62
et regitur, qucm Christus in eam in- priamque stiam actionem salvificam
fudit (cf. lo 20, 22; Act 2, 1-4); cuius manifestam reddendo, fratribus suis
omnes lìdeles sanctum et regale sacer- inservirent. Missis ergo Apostolis sicut
dotium efiiciuntur, ut offerant spiritua- Ipse ntissus crai a Patre (cf. Io 20, 21),
les hostias acceptabiles Deo per lesum per ipsos Apostolos, eorum successore!,
Christum, et ut virtutes Eius, qui de videlicet Episcopo.!, consecrationis mis-
tenebris cos vocavit in admirabile lu­ sionisque suae participes e/fecit. Rur-
men suum, annutient (cf. 1 Petr 2, 5 et sus Episcopi munus ministerii sui, su­
9). Nullum ergo datur in ea membrum bordinato tamen gradii, Presbyteris le-
quod in missione totius Corporis par- gitime tradiderunt. ut sint, ad rite ex-
lem non habeat, sed unumquodque plendam missionem apostolicam sibi
sanctificarc debet lesum in corde suo a Christo concreditam, providi coope­
(cf. 1 Petr 3, 15), et spiritu prophetiae ratore.! Ordinis episcopalis. Presbyteri
testimonium de lesu reddere (cf. Apoc ergo, « quamvis pontifica tus apicem
19, 10). In hac tamen missione adim- non habeant, et in exercenda sua mis­
plcnda, fidcles nullam potestatem pro­ sione ab Episcopis pendeant, cum eis
prie dictam ipsius Christi Capitis in tamen sacerdotali honore contundi
Corpus suum quod est Ecclesia (cf. sunt, et, vi Sacramenti Ordinis, ad ima-
Col. I, 24) exercere valcnt, eaquc tan­ ginem Christi, summi atque aeterni Sa­
tum consecrationc signantur qua in ini- cerdoti! (cf. Hebr 5. 1-10; 7, 24; 9, 11-28),
tiationis christianae sacramentis « re­ ad Evangeliunt praedicandum fidale-
gio et sacerdotali propheticoque bo­ sque pascendo.! et ad divinimi cultum
llore perfusi » sunt. celebrandttm consecrantur, ut veri sa­
Christus itaque inauguravi! in seme- cerdote! Novi Testamenti ».
tipso, id est in « tempio corporis sui »
(lo 2, 21), sacerdotium novum novum- Oflicium ergo non tanium episcopa-
que cultum verorum adoratorum qui tus verum etiam presbyteratus in Or­
adorant Palrem in spiritu et ventate dine suo, participal (A) auctoritatem
(cf. lo 4, 23). Cum autem per ascen- qua Christus Ipse Corpus suum ex-
sionem susceptus sit ab oculis nostris struit, sanctificat et regii, ideoque ad
(cf. Act 1, 9), voluit tamen Pontifex sacerdotium communi (B) fidelium or-
noster, invisibiliter sedens ad dexte- dinatur, quo omnes sacrificium fitte-
ram Patria, suum perpetuum sacerdo­ grae suae vitae, cum sacrificio unici
tium in Ecclesia terrestri visibiliter Mediatori.! coniunctum, Deo spirituali-
exercere, suamque propriam actioncm ter offerunt, sed ad illud, quantumvis
manifestam reddere. Et ideo ex homi- sublime, reduci non potcst. Sacerdo­
nibus assumit (cf. Hebr 5, 1), quosdam tium enim Presbyteri non tantum in
inter fideles, quos quidem unctione initiationis christianae sacramenti! fun-
Spirilus speciali modo sibi consecrat sa- datur, sed etiam peculiari initiatione
cerdotes, ut ipsi, in Corpore suo, ipsius sacramentali indiget, qua Presbyter
Capitis sacerdotum ministerio episco- speciali modo Christo sacerdoti confi­
patus et presbyteratus repraesentcnt gurami-, ita ut, missionis episcopalis
et in Eius persona agant. In Ecclesia particeps factus (C), in persona Christi
ergo cultus christianus exercetur, non Capitis, Magistri, Pontifici! et Rectoris,
tantum in eo quod unusquisque singu- agere valeat. Huiusmodi ministerium
lariter offerat se hostiam viventem (cf. Presbyterorum, sicut tota actio salvifi­
Rom 12, 1), sed in eo quod Ecclesia ca qua missio univcrsalis Ecclesiae hic
per sacerdotes suos, ipsum visibile Sa- in terris perlìcitur, a Sacrificio Christi,
crilicium offerì quo, incruente cl sacra- quod in Eucharistia per manus eorum
mentalilcr, cruentum illud semel in celebratur, quasi ab inexhausto fonte,
cruce peraclum Sacrificium ipsius Chri­ suam vim et virtutem iugiter haurit,
sti pracsens redditur eiusque memoria atque eo tendi! ut, in Novi et Aeterni
in finem usque saeculi permane!. Testamenti sacrifìcii sollcmniis « tota
Ollicium ergo, non tanium Episcopa- redempta civitas, hoc est congregalo

63
lus, veruni etiam Presbyterii in ordine societasque sanctorum universale sacri­
suo, participat auctoritatem qua Chri- ficium offeratur Deo per Sacerdotem
stus ipse Corpus suum extruit, sancti- Magnum qui etiam se ipsum obtulit
ficat, et regit, atque ad sacerdotium in passione prò nobis, ut tanti capitis
spirituale fidelium, quantumvis subli­ corpus essemus » (D).
me, reduci non potcst. Itaque peculiari Presbyteri vero, ex hontinibus assum-
initiatione sacramentali sacerdotium pti et prò hontinibus constituti in iis
Presbyterii indiget. Quae initiatio ut quae sunt ad Deunt (cf. Hebr 5, I),
quaedam incorporatio missioni episco­ cimi ceteris hontinibus in terris con-
pali, ope specialis participationis sacer­ versantur. Itniteniur oportet Dominimi
doti! Christi, describi potest. Sicut lesum, quem Pater sanctificavit et mi­
enim, vi consecrationis suae, Episcopi sti in mundurn (cf. Io 10, 36): Verbum
pcrsonae Christi Capitis sacramentali- enim Dei, caro factum, habitavit in no­
ter configurantur, eodem quamvis su­ bis, sicut « Emmanuel » celebratur, id
bordinato modo, Presbyteri, inquantum est nobiscum Deus (cf. Io 1, 23) voluti-
providi cooperatores Ordinis episeopa- que per omnia fratribus similari, abs-
lis, cidem Christo Capiti consecrantur. que tamen peccato (cf. Hebr 2, 17; 4,
Quapropter, sicut in Episcopis pleni- 15). Ipsum idm imitati sunt Apostoli, et
tudo sacerdotali missioni Apostolorum testatur Paulus, Doctor gentium, omnia
continuandae referri debet, ita in Pre- omnibus se factum esse ut omnes ta­
sbyteris sacerdotium a missione apo­ cerei salvos (cf. I Cor 9, 19-23 Vg). Hoc
stolica Episcoporum rite explenda non exemplum sequentes, etiam Presbyteri
est seiungendum. debent cum hominibus conversari, in
Huiusmodi ministerium Presbytero­ quorum utilitatem et servitium missi
rum, sicut tota actio salvifica qua mis- sunt. Vocatione quidem sua quodam-
sio universalis Ecclesìae hic in terris modo in sinu populi Dei segregantur,
perficitur, a Sacrificio Christi, quod in non ut separentur ab eo nec etiam a
Eucharistia per manus eorum cclcbra- quovis homine, sed ut totaliter conse-
tur, quasi ab incxhausto fonte suam crentur operi ad quod assumpti sunt
vim et virtuteni iugiter haurit, atque (cf. Act 13, 2): ita et Apostoli relique-
in eo tendit ut in Novi et Aetcrni Te­ runt omnia ut sequi possent Christum
stamenti sacrifici! sollemniis « tota re- (cf. Mi 19, 27; Le 5, 11) piscatoresque
dempta civitas societasque sanctorum fieri hominum (cf. Me 1, 17). Ministri
universale sacrificium offeratur Deo enim Christi esse non possent itisi
per Sacerdotem Magnimi qui etiam se alias vilae quam terrenae testes esserti
ipsum obtulit in passione prò nobis, et dispensatores, sed ncque hontinibus
ut tanti capitis corpus essemus ». inservire valerent si eorum vitae con-
dicionique extranei remanerent. Quare
tenentur Presbyteri, sicut omnes Chri­
sti discipuli, titillo tamen peculiari, ne
se conforment huic saeculo (cf. Rom
12, 2): nani, si sai evanuerit, ad nihi-
lum valet ultra (cf. Mt 5, 13); sed simul
tenentur, sicut boni pastores, oves sitas
cognoscere, persentientes mentem ho­
minum eorumqtie vitam non solimi in-
dividualem et familiarem, sed etiam
oeconomicam, culturalem et socialem.
Ita enim solummodo possunt apto
modo eis loqui eosque adiuvare ut
Evangelio totani suam imbuant vitam
(E) 28.
2» ASSCOV, voi. IV, pars IV, pp. 337-339.

64
Nella Relatio Generalis della presentazione del nuovo schema,
Mons. F. Marty, relatore ufficiale, osservava che nel nuovo schema
era stata esposta innanzitutto la natura del presbiterato e la pre­
stantissima missione dei presbiteri nella Chiesa; che sempre veniva
tenuta presente la Costituzione De Ecclesia-, e che si era proceduto
inoltre in modo più adatto (concinnius) e più positivo nella distin­
zione fra sacerdozio comune dei fedeli e sacerdozio ministeriale29.
Nelle Relationes de singulis numeris veniva data spiegazione dei
mutamenti introdotti.
Il nuovo e ampio capoverso, completamente rifatto, si richiamava
alla dottrina della Costituzione De Ecclesia riguardo alla missione dei
vescovi, dei quali i presbiteri sono cooperatori. Era stata spesso evi­
denziata una maggiore unità in tutto il numero e diminuito invece
il suo carattere culturale. Il secondo capoverso assumeva un'esposi­
zione più chiara e più stringata. Il terzo paragrafo esponeva la con­
dizione dei presbiteri nel mondo, cioè nella comunità degli uomini,
in mezzo ai quali sono stati scelti e per i quali esercitano il loro
impegno30.
Un vescovo aveva capito che i presbiteri partecipano dell’ufficio
dei vescovi: la commissione precisa (lettera A) che i presbiteri par­
tecipano dell’autorità di Cristo. Con la lettera B si era sostituito
l'aggettivo spirituale con comune, applicato al sacerdozio dei fedeli:
ciò è più conforme alla Costituzione De Ecclesia n. 10.
L'espressione incorporalo missioni episcopali veniva sostituita
da missionis episcopalis particeps factus perché la missione si iden­
tifica con l'ufficio, e perciò meno rettamente si può parlare di incor­
porazione all’ufficio (lettera C). Con la lettera D era stata corretta
la citazione di sant’Agostino.
Tutto il terzo paragrafo parlava della condizione del presbitero
nel mondo31.
Non ancora soddisfatto delle osservazioni inviate per scritto,
Mons. F. Marty, arcivescovo di Reims, la mattina del 13 ottobre 1965,
prima dell’inizio delle discussioni in Aula, precisava alcuni punti
tenuti presenti dalla Commissione nella stesura del testo in discus­
sione. La dottrina dello schema — osservava l'arcivescovo — era stata
presa nelle sue linee essenziali dalla Costituzione De Ecclesia, che

29 Ivi, p. 333.
» Ivi, pp. 376-377.
31 Ivi, p. 377. Poiché nella relazione definitiva questo paragrafo viene ad
essere un numero a se stante, tutte le osservazioni che lo riguardano verranno
riprese nell’esame deH’tter parlamentare di quel numero.

65
costituisce un solido fondamento della dottrina elaborata nello sche­
ma. La Commissione pensava di aver messo maggiormente in luce
le sue ricchezze. La missione pastorale del presbitero dice relazione
essenziale alla missione apostolica ricevuta da Cristo. In forza della
sacra ordinazione, il presbitero viene configurato in modo speciale a
Cristo sacerdote così che, reso partecipe della missione episcopale,
può agire in persona Christi Capitis, Maestro, Sacerdote e Condot­
tiero, per l'edificazione del suo corpo che è la Chiesa32.
Nei giorni successivi venne discusso lo schema del Decreto, che
— come al solito — venne lodato, criticato e attentamente vagliato
in vista di ulteriore perfezionamento. Ecco i principali interventi orali
o scritti:
Il Card. E. Ruffini, arcivescovo di Palermo (Italia), notava la
discordanza con la storia quando si dice che gli apostoli hanno costi­
tuito i vescovi e non i presbiteri. Cf. invece At 14, 23 33.
Il Card. G. Colombo, arcivescovo di Milano (Italia), osservava
che il testo sarebbe stato molto più ricco se il ministero sacerdotale
fosse stato riallacciato più strettamente al mistero della Chiesa e,
mediante questa, al sacerdozio di Cristo. Il ministero pastorale non
ha solo origine dalla missione canonica, ma è legato alla pienezza
sacramentale dello stesso sacerdozio dei vescovi, dal quale promana
e col quale rimane unito nel suo esercizio. Grande conforto sarebbe
per i sacerdoti, durante i periodi di solitudine, sapersi uniti a Cristo,
al vescovo e a tutto il presbiterio34.
Mons. L. J. Guyot, vescovo di Coutances (Francia), si domandava
come mai fosse stata tolta l’espressione che i presbiteri sono consa­
crati da una speciale unzione dello Spirito Santo. Era molto impor­
tante, infatti, per la santità sacerdotale, affermare chiaramente fin
dall’inizio il posto dello Spirito Santo nella consacrazione dei mini­
stri, anche perché, secondo la Sacra Scrittura, l’esercizio sacerdotale
della Nuova Legge viene presentato tamquam ministratio Spiritus
Sancti35.
Mons. L. E. Henriquez Jiménez, vescovo ausiliare di Caracas (Ve­
nezuela), trovava molto povero teologicamente il n. 1, che doveva
invece essere la base della dottrina sulla natura e sul ministero del
presbiterato. Bisognava richiamare e sottolineare fortemente che il
sacerdozio consiste nell’ontologicti configurazione a Cristo Sacerdote

32 Ivi, p. 390.
33 Ivi, p. 687.
3* Ivi, p. 734.
35 Ivi, p. 745.

66
e nella reale partecipazione del suo unico ed eterno sacerdozio. Da
Cristo, essentialiter sacerdos, centro e fine dell’universo, nasce il sa­
cerdozio ministeriale. Se la natura del sacerdozio dei presbiteri ve­
nisse sviluppata nella configurazione a Cristo Sacerdote, anche sotto
l’aspetto esistenziale si potrebbe dare una risposta ai molti interro­
gativi che oggi agitano i sacerdoti36.
Il Card. J. Dòpfner, arcivescovo di Monaco e Frisinga (Germa-
• nia), suggeriva che l'attuale n. 1 venisse suddiviso in due numeri di­
stinti: il primo trattasse della natura del presbiterato e il secondo
della condizione dei presbiteri nel mondo37* .
Il Card. L. J. Suenens, arcivescovo di Malines-Bruxelles (Belgio),
nelle situazioni moderne faceva appello a un rinnovamento della fede
nei sacerdoti3S.
Mons. L. J. Tomé, vescovo di Mercedes (Argentina), lodava lo
schema per l’accurata distinzione tra sacerdozio dei fedeli e sacer­
dozio ministeriale. Giustamente e opportunamente perché oggi era ne­
cessario. Si dilungava, quindi, nel citare frasi ed espressioni molto
ambigue su questo punto, le quali parlano del sacerdozio laicale equi­
parandolo a quello ministeriale39.
Il Card. L. Rugambwa, vescovo di Bukoba (Tanzania), chiedeva
che fosse esposto con maggior chiarezza l’elemento specifico del sa­
cerdozio ministeriale, nonché la sua relazione al sacerdozio di Cristo
trasmesso per mezzo del vescovo. Andava pure sottolineata la dimen­
sione missionaria di ogni sacerdote perché ogni presbitero viene inse­
rito nella missione universale di tutta la Chiesa40.
Il Card. L. J. Shenan, arcivescovo di Baltimora (USA), desiderava
che venisse sottolineato di più l’aspetto teocentrico della vita sacer­
dotale. La configurazione a Cristo mediante il sacramento dell’ordine
è unione con Cristo sul piano reale e ontologico, e rende il sacerdote
sacer, Deo consecratus ad laudem et gloriam Dei. Il testo accentuava
troppo — nimis aestimat — il servizio del popolo di Dio quasi a sca­
pito del servizio di Dio stesso. Non andava dimenticata l’eresia del­
l'azione condannata da Pio XII4l.
Per Mons. S. Soares de Resende, vescovo di Beira (Mozambico),
la dottrina teologica del presbiterato non era ancora matura e quindi
non poteva essere esposta in modo definitivo ed esauriente. Il presbi-

36 Ivi, pp. 747-748.


37 Ivi, p. 768.
33 Ivi, p. 789.
» Ivi, p. 817.
40 ASSCOV, voi. IV, pars V, p. 15.
41 Ivi, p. 26.

67
terato dice rapporto a Cristo, che è causa di ogni santità ontologica
delie creature; partecipa del sacerdozio di Cristo, ma non nella stessa
misura del vescovo. Mediante il carattere sacerdotale il presbitero
è l’uomo che dopo il vescovo e nella linea sacramentale ha la mag­
giore unità ontologica con Cristo, c quindi, dopo il vescovo, è il mag­
giore e reale rappresentante di Cristo nella Chiesa42.
Mons. A. Ndongmo, vescovo di Nkongsamba (Cameroun), deside­
rava addirittura un capitolo previo a tutto lo schema, nel quale cla-
rius et analitice venisse approfondita la natura del sacerdozio mini­
steriale nella sua consistenza (relatio in) in rapporto a Cristo Pro­
feta, Liturgo e Re. Questa è la base di tutti gli altri rapporti verso
il vescovo e i laici e a Cristo stesso come inviato dal Padre, sacer­
dote e capo (relatio ad) 43.
Anche Mons. R.J. De Roo, vescovo di Victoria in Vancouver (Ca-
nadà), ritornava sullo stesso concetto. Sottolineava fortemente il lega­
me della Chiesa gerarchica a) mistero di Cristo. Compito essenziale
della gerarchia è di essere a capo di una chiesa missionaria, che si
avvicina al Padre come sacramento di Cristo pastore e capo. Il sacer­
dote-ministro appare veramente come un apóstolos (missus): cioè
come colui in cui Cristo stesso prosegue la sua vocazione di pastore
in modo sacramentale44.
Don T. Falls, parroco dell'arcidiocesi di Filadelfia (USA), affer­
mava che il sacerdote con l’ordinazione viene configurato all’unico e
Sommo Sacerdote Cristo ita ut alter Christus apte vocari possiti
Mons. J. Manrique Hurtado, vescovo di Oruro (Bolivia), voleva
che venisse accuratamente distinta la natura teologica del presbite­
rato dalla natura canonica. Dalla natura teologica il presbitero ha
una missione divina universale e diviene cooperatore dell’ordine epi­
scopale. Dalla natura canonica il presbitero riceve la circoscrizione
del campo in cui può esercitare la missione universale, diventa in
concreto il cooperatore di un determinato vescovo e forma sotto di
lui un determinato presbiterio46.
Sullo stesso motivo ritornava Mons. C. Morcillo Gonzàlez, arci­
vescovo di Madrid-Alealà (Spagna). Punti dottrinali richiamati: i pre­
sbiteri sono di immediata istituzione ecclesiastica, sia degli apostoli
o sia dei loro successori; il sacerdozio dei presbiteri configura al

« Ivi, p. 65.
43 Ivi, pp. 67-68.
44 Ivi, p. 164.
45 Ivi, p. 548.
46 Ivi, p. 392.

68
sacerdozio di Cristo, come vi si configura il sacerdozio dei vescovi
e il sacerdozio spirituale dei fedeli; il sacerdozio presbiterale è parte­
cipazione al sacerdozio di Cristo e perciò partecipazione dell'ufficio
redentivo proprio di Cristo. Ai presbiteri vengono imposte le mani
ut sint cooperatores ordinis episcoporum. Il loro sacerdozio per sua
natura è quindi subordinato a quello dei vescovi, comporta una co­
munione con quello, perché tutti e due partecipano al medesimo sacer­
dozio di Cristo, alla medesima missione e successione apostolica, ben­
ché in grado subordinato e diverso. In questo senso i presbiteri si
possono dire col Concilio di Trento successores Apostolorum in sacer-
dotio (Denz. 1764). Con l'imposizione delle mani il presbitero riceve
e la comunione gerarchica e gli uffici o ministeri propriamente detti
sacerdotali, che devono essere esercitati solo nella comunione col
collegio episcopale e col suo capo, e concretamente nella comunione
col proprio vescovo, preposto alla Chiesa locale 47.
Da notare che l’affermazione di Mons. C. Morcillo sull’origine
ecclesiastica dei presbiteri trovava molti dissenzienti: Mons. J. M.
Ariz Huarte, vicario apostolico di Puerto Maldonado (Perù)48; Mons.
V. Cecchi, vescovo di Fossombrone (Italia)49; Mons. J. Hervàs y Benet,
prelato nullius di Ciudad Reai (Spagna)50.
Molti interventi, soprattutto scritti, si dilungavano in osservazio­
ni redazionali51.
Da notare infine l'intervento di due vescovi.
Mons. J. E. L. Ménager, vescovo di Meaux (Francia), il quale sot­
tolineava l'importanza dell'avverbio perpetuo consecrantur i presbi­
teri contro l’affermazione dei « prétres pour quelques années »52.
Mons. L. Lebrun, vescovo di Autun (Francia), si lamentava della
omissione dell'unzione dello Spirito Santo nel nuovo testo. Con una
lunga analisi dei limiti redazionali per tale omissione e una lunga
esposizione positiva biblica circa l’unzione dello Spirito Santo, il
vescovo insisteva su tre punti: « a) cette omission est regrettable en

« Ivi, p. 412-413.
48 Ivi, p. 228.
« Ivi, p. 244.
50 Ivi, p. 354.
51 Gli interventi scritti si trovano ivi, pp. 209-541. Osservazioni redazionali
sono state fatte dal Card. G. Colombo (ASSCOV, voi. IV, pars IV, pp. 874-878),
Mons. S. Moro Briz (ivi, pp. 938-941), Mons. P. Philippe (ivi, pp. 948-950), Mons.
I. B. Da Mota e Albuquerque, vescovo di Vitória (Brasile) (ASSCOV, voi. V,
pars V, pp. 275-294), Mons. J. B. Przyklenk, vescovo di Januària (Brasile) (ivi,
pp. 454-460), Mons. J. R. Pulido Méndez, coadiutore di Mérida (Venezuela) (ivi,
pp. 463-471), Mons. P. L. Seitz, vescovo di Kontum (Vietnam) (ivi, pp. 487-498).
52 Ivi, p. 401.

69
elle-méme; b) est regrettable par ses consequances sur la suite du
schèma; c) raison d’opportunité à mettre en valeur le ròle du Saint-
Esprit »S354.
L'ampio dibattito conciliare offrì materia sufficiente per un ulte­
riore perfezionamento del testo dello schema prima della redazione
definitiva.

Schema Decreti De ministerio et vita presbyterorum - Textus emen-


datus et Relationes
Benché approvato a grande maggioranza il 16 ottobre 1965 lo
schema del Decreto ritornò alla competente Commissione. I sugge­
rimenti orali e scritti dei Padri conciliari offrirono ampi spunti per
una nuova e più precisa redazione del testo, che ormai si avvicinava
al traguardo. Anche il numero 1 veniva corretto, e secondo il desi­
derio di alcuni vescovi smembrato. Avendo dato al proemio del De­
creto il numero 1, il numero 2 parla della natura del presbiterato e
il numero 3 tratta della condizione dei presbiteri nel mondo.
Il confronto fra i due testi mette subito in risalto i cambiamenti
introdotti, che non furono solo redazionali, ma anche di forma.
Ecco i due testi:

Textus prior Textus emendatus


1. [De natura et condizione presby- 2. (Olim pars n. 1). [Natura presby-
teratus], Christus Dominus, ad popu- teratus], (A) Dominus lesus, « quarti
lum Dei pascendum semperque augen- Pater sanctificavit et misit in man­
dum, in Ecclesia sua ininislros insti­ dimi » fio 10, 36), unctionis qua unclns
tuit sacra potestate pollentes qui, vir- est totum Corpus suum mysticum par-
tutem percnnis sui sacerdoti! esercen­ ticeps redditi in eo enim omnes fideles
do propriamque suam actionem salvifi- sancì uni et regale sacerdotium affi-
eam manifestarvi reddendo, fratribus ciuntur, spirituales offerunt hostias Deo
suis inservirent. Missis ergo Apostoiis per lesum Christum, et virtutem an-
sicut Ipse missus erat a Patre (cf. Io nuntiant Eius, qui de tenebris eos va­
20, 21), per ipsos Apostolos, eorum suc- cavi! in admirabile lumen suum (cf.
cessores, videlicet Episcopos consecra- 1 Petr 2, 5 et 9). Nullum ergo datar
tionis missionisque suae participes effe- membrute quod in missione totius Cor-
cit. Rursus Episcopi munus ministeri! poris partem non habeat, sed unum-
sui, subordinato tamen grada, Presby­ quodque sanciificare debet lesum in
teris legitime tradiderunt, ut sint, ad corde suo (cf. 1 Petr 3, 15), et spirita
rite explendam missionem apostolicam prophetiae testimoniutn de lesu redde-
sibi a Christo concreditam, providi coo- re (cf. Apoc 19, 10) (B).

53 Ivi, pp. 371-374.


54 Presenti e votanti 1.521; placet 1.507; non placet 12; placet iuxla modum 1;
voti nulli 1: ivi, p. 70.

70
peratores Ordinis episcopalis. Presby- Idem vero Dominus, inter fideles, ut
teri ergo, « quamvis pontificatus api- in unum coalescerent corpus, in quo
cem non habeant, et in exercenda sua « non omnia membra eundem actum
missione ab Episcopis pendeant, cum habent » (Rom 12, 4), quosdam instituit
eis tamen sacerdotali honore coniuncti ministros, qui, in societate fidelium,
sunt, et vi Sacramenti Ordinis, ad ima- sacra potestate pollentes, sacerdotali
ginem Christi, summi atque aeterni Sa- officio publice prò hominibus fungeren-
cerdotis (cf. Hebr 5, 1-10; 7, 24; 9, 11-28), tur (C). Itaque, missis Apostolis sicut
. ad Evangelium praedicandum fidele- Ipse missus erat a Patre (cf. Io 20, 21),
sque pascendos et ad divinum cultum Christus, per ipsos Apostolos, conse-
celebrandum consecrantur, ut veri sa- crationis missionique suae participes
cerdotes Novi Testamenti ». effecit eorum successores, Episcopos;
Officium ergo non tantum episcopa- qui Episcopi munus ministerii sui, su­
tus, veruni etiam presbyteratus in Or­ bordinato quidem gradu, Presbyteris
dine suo, participat auctoritatem qua legitime tradiderunt, ut in Ordine pre­
Christus Ipse Corpus suum extruit, sbyteratus constituti, ad rite explendam
sanclilicat et regit, ideoque ad sacerdo­ missionem apostolicam sibi a Christo
tium commune fidelium ordinatur, quo concreditam, Ordinis episcopalis essent
omnes sacrifìcium integrae suae vitae, coopera tores.
cum sacrifìcio unici Mediatoris coniun- Etiam officiuni presbyteratus in Ordi­
ctum, Deo spiritualiter olferunt, sed ad ne suo participat auctoritatem qua
illud, quantumvis sublime, reduci non Christus Ipse Corpus suum extruit,
potest. Sacerdotium enim Presbyteri sanctificat et regit. Quare sacerdotium
non tantum in initiationis christianae Presbyterorum in initiationis christia­
sacramentis fundatur, sed etiam pecu­ nae Sacramentis quidem fundatum, pe­
liari initiatione sacramentali indiget, culiari tamen ilio Sacramento Spiritus
qua Presbyter speciali modo Christo Sancti (D), speciali charactere donan-
sacerdoti configuratur, ita ut, missionis tur et sic Christo Sacerdoti configuran-
episcopalis particeps factus, in persona tur, ita ut in persona Christi Capitis
Christi Capitis, Magistri, Pontificis et agere valeant.
Rectoris, agere valeat. Huiusmodi mi- Munus quidem Apostolorum cum
nisterium Presbyterorum, sicut tota prò sua parte participent, Presbyteris
actio salvifica qua missio universalis gratia datur a Deo ut sint ministri
Ecclesiae hic in terris perficitur, a Sa­ Christi lesu in gentibus, sacerdotio
crificio Christi, quod in Eucharistia per Evangelii fungentes, ut fiat oblatio gen-
manus eorum celebratur, quasi ab inex- tium accepta, sanctificata in Spiritu
hausto fonte, suam vim et virtutem Sancto (cf. Rom 15, 16 gr). Per Evan­
iugiter haurit, atque eo tendit ut, in geli enim apostolicum nuntium con-
Novi et Aeterni Testamenti sacrificii vocatur et congregatur Populus Dei, ita
sollemhiis « tota redempta civitas, hoc ut omnes ad hunc Populum pertinentes
est congregatio societasque sanctorum sanctificati cum sint Spiritu Sancto,
universale sacrifìcium offeratur Deo per seipsos offerre possint « hostiam viven-
Sacerdotem Magnum qui etiam se tem, sanctam, Deo placentem » (Rom
ipsum obtulit in passione prò nobis, ut 12, I). Presbyteri quidem sacrifìcium
tanti capitis corpus essemus ». spirituale fidelium coniungere valent
cum sacrificio Christi, unici Mediatoris,
quod per manus suas in Eucharistia
incruente et sacramentaliter celebra­
tur donec Ipse Dominus veniat (cf. 1
Cor 11, 26) (E). Ministratio igitur
eorum, quae ab evangelico nuntio in­
cipit, e Sacrificio Christi suam vim et
virtutem haurit, atque eo tendit ut

71
« tota redempta civitas, hoc est con­
gregano societasque sanctorum, uni­
versale sacrificium offeratur Deo per
Sacerdoteni Magnum, qui edam se ip-
sutn obtulit in Passione prò nobis, ut
tanti Capilis corpus essemus ».
Finis igitur qttem ministerio atque
vita persequuntur Presbyteri est gloria
Dei Patri
* in Christo procurando. Quae
gloria in eo est quod homines conscie
et libere atque grato animo Dei opus
in Christo perfectum recipiunt. Pre­
sbyteri itaque, sive oralioni et adora-
rioni vacent, sive verbum praédicent,
sive Sacramenta administrent, sive alia
prò homiitibtis exerceant nùnisteria, ad
Dei gloriarti augendam simili oc ad ho-
minum vitam promovendam, confermi!
(F) 55.

Nella Relalio Generalis introduttiva al Decreto. Mons. F. Marty


richiamava i criteri seguiti nella nuova stesura del documento con­
ciliare. L’idea principale era che i presbiteri, consacrati dall’unzione
dello Spirito Santo e configurati a Cristo Sacerdote, sono ministri di
Cristo Capo e deputati al servizio de! popolo di Dio. Nel ministero,
perciò, essi personam Christi agunt: per loro mezzo Egli realizza con­
tinuamente la sua missione ricevuta dal Padre55 56.
Tutto il Decreto veniva diviso in tre capitoli. 11 primo, costituito
dai nn. 2 e 3, ha il titolo espressivo Presbyteratus in missione Eccle­
siae ed espone i principi teologici generali comuni al ministero e alla
vita dei presbiteri. Il ministero dei presbiteri viene esaminato nei
suoi elementi principali e cioè: i presbiteri sono cooperatori dell’or­
dine episcopale nel servizio apostolico per l’edificazione del corpo di
Cristo nello Spirito di Cristo (n. 2); questo ministero viene esercitato
nel mondo, poiché i presbiteri vivono per vocazione in mezzo agli
uomini (n, 3)57.
Nelle Relationes de singulis numeris veniva data la motivazione
dei cambiamenti introdotti (testo corsivo della redazione).
Lettera A: il testo risultava diviso in due numeri, secondo il desi­
derio di parecchi Padri: il primo (ora n. 2), riteneva la prima parte
del precedente; il secondo (ora n. 3) aveva la seconda parte.

55 ASSCOV, voi. IV,pars VI, pp. 346-347.


56 Ivi, p. 342.
57 Ivi, p. 343.

72
Lettera B: era ripreso come introduzione ciò che dal testo del
mese di novembre del 1964 veniva affermato circa la missione della
Chiesa e il sacerdozio comune dei fedeli. « Il testo è più conciso —
osserva il Padre G. Rambaldi — di quello di novembre ma viene
ripreso alla lettera il periodo in cui si diceva che non c'è alcun mem­
bro della Chiesa che non abbia parte nella missione di tutto il corpo
e che tutti debbono glorificare Gesù nella propria persona e rendere
■testimonianza a Gesù in spirito di profezia »58.
Lettera C: l’espressione indicava il passaggio dal sacerdozio co­
mune dei fedeli al sacerdozio gerarchico o ministeriale.
Lettera D: era ripreso il testo dell’unzione dello Spirito Santo
per dire chiaramente quale posto avesse lo Spirito Santo nella consa­
crazione e nella missione dei presbiteri.
Lettera E', il lungo testo descriveva il muntis sacerdotale dei pre­
sbiteri, partendo dalla missione apostolica conferita da Cristo, eterno
ed unico sacerdote della Nuova Legge. Molti Padri avevano espresso
il desiderio che venisse illustrato il valore propriamente sacerdotale
di tutto il ministero dei presbiteri. Molti anzi, considerando il pro­
gresso dell'apostolato dei laici, avevano chiesto quale fosse lo specifi-
cum dell'apostolato dei presbiteri.
Lettera F: l'ultimo capoverso era stato introdotto perché appa­
risse più chiaramente che la vera missione sacerdotale verso gli
uomini e la vera adorazione del Padre sono tra loro strettamente
e indissolubilmente unite e concorrono simultaneamente all'aumento
della gloria di Dio e alla promozione della vita degli uomini59.
L’ulteriore perfezionamento del testo indica quanto stesse a cuore
ai Padri il Decreto PO. Secondo il regolamento del Concilio, il nuovo
testo non veniva più discusso in Aula, ammetteva però delle precisa­
zioni mediante la presentazione dei cosidetti modi. Quando il 9 novem­
bre il testo del Decreto era distribuito in Aula, venivano pure chiesti
nuovi suggerimenti o modi in vista della redazione definitiva.

Schema Decreti De presbyterorum ministerio et vita - Textus reco-


gnitus et Modi
Il 12 novembre 1965 l’intero capitolo I col proemio veniva sotto­
posto alla votazione dei Padri. La maggioranza fu altamente positi­
va60; ci furono per il proemio e il primo capitolo ben 361 modi che

58 G. Rambaldi, a. c., p. 251.


59 Tutte le Relationes de singulis numeris si trovano ivi, p. 390.
60 Presenti e votanti 2.154; placet 1.772; non placet, 16; placet iuxta modum
361; voti nulli 5: cf. ivi, voi. IV, pars VII, p. 114.

73
nello spoglio vennero raggruppati in 52: 4 modi generali; 7 per il proe­
mio o n. 1, 31 per il numero 2 e 10 per il numero 3. I Padri che pro­
posero dei modi per il numero 2 furono circa 400.
Evidentemente non tutti i modi vennero accettati; tutti invece
vennero attentamente valutati ed esaminati. Mons. F. Marty dava
una breve spiegazione del criterio seguito nella valutazione dei modi.
Alcuni di essi non avevano potuto essere accettati per diverse ragio­
ni. Quattro Padri avevano chiesto, per esempio, che all'inizio del nu­
mero 2 venisse aggiunto un paragrafo che descrivesse brevemente il
sacerdozio di Cristo. Ma tale aggiunta — venne risposto — avrebbe
oltrepassato di molto la caratteristica di un modo; e non sarebbe
stata neppure necessaria perché del sacerdozio di Cristo si parla in
diverse parti dello stesso Decreto, e soprattutto nella Costituzione
De Ecclesia, che è la base dottrinale di tutte le affermazioni del De­
creto61. Così pure — sempre nella Relatio di Mons. F. Marty — non
venne accettato il « modo di coloro che volevano inclusa nel testo la
definizione scolastica del potere di consacrare l’Eucaristia. La Com­
missione — soggiunge la Relatio — non aveva creduto opportuno
accettare questo suggerimento perché nel Decreto il sacerdozio pre­
sbiterale veniva illustrato col sacerdozio dei vescovi culmen et pleni-
tudo sacerdotii; era perciò necessario considerare il presbiterato non
alla luce di un solo munus, ma di tutti e tre, e quindi maggiormente
collegato agli Apostoli e alla loro missione62.
Dall'esame della perpensio modorum appariva però chiaro che si
era tenuto ampiamente conto di questo desiderio, sottolineando l’im­
portanza dell’eucaristia nel ministero dei presbiteri, inserendo nel
testo due espressioni significative. Del resto, il numero 5 del Decreto
era chiaro nel riaffermare la centralità dell’eucaristia, come appariva
dalla risposta al modo 19 63.
A chi si lamentava che il numero parlava prima del sacerdozio
« metaforico » dei fedeli ma non proponeva nessun modo, la Commis­
sione rispondeva che anche la Lumen Gentium (cf. nn. 10 e 34) si era
espressamente astenuta dall'usare questo aggettivo riguardo al sacer­
dozio dei fedeli. Bisognava cominciare, però, dal potere sacerdotale di
tutto il popolo di Dio perché il sacerdozio gerarchico è anche ministe­
riale, cioè un servizio reso al popolo sacerdotaleM.

6> ASSCOV, voi. IV, pars VII, p. 107.


62 Ivi.
63 Ivi, p. 119. Cf. infra, nota 67.
64 Cf. modo 15, ivi, p. 118.

74
L’espressione unctio Spiritus riferita a Cristo era accettata prò
parte e con l’aggiunta in nota delle riferenze bibliche Mt 3, 16; Le 4,
18; At 4, 27 e 10, 38 65.
Alcuni Padri criticavano le parole riguardo allo spirito di pro­
fezia e alla citazione dell'Apocalisse 19, 10 e ne chiedevano l'espul­
sione perché il carisma è concesso, secondo Paolo (1 Cor 12, 19), solo
ad alcuni. Ma la Commissione non accettava questo modo perché nel
’ testo non si alludeva ad un carisma peculiare, ma alla partecipazione
di tutti i battezzati allo spirito profetico di Cristo, secondo il senso
dato dalla LG 35 60.
Per le prime cinque righe del secondo capoverso che parlavano
del potere sacrificale dei presbiteri venivano suggeriti quattro modi
diversi. La Commissione accettava solo il primo e in qualche modo
il secondo, mentre scartava il terzo e il quarto come insufficienti67.

65 Cf. modo 16, ivi.


66 Cf. modo 18, ivi.
67 Ecco il modo 19 e le risposte della commissione: ivi, pp. 118-119.
19 — Pag. Il, linn. 19-21. Mutationes petunt 57 Patres, et quidem:
a) Ne intellegi possit Presbyterorum sacram potcstatem ex eo unice
profittare quod sacerdotali officio publice prò hominibus ipsi funguntur
(4 Patres). Inde unus Pater proponit ut dicatur: « sacra Ordinis potestate
pollentes »; alius: « ... pollentes, prò hominibus nomine ipsius Christi,
sacerdotali officio fungerentur ».
b) Ex eisdem Patribus, unus proponit ut dicatur: « ... in societate fide-
lium, hierarchica dignitate pollentes, sacerdotali et pastorali officio prò
hominibus fungerentur »; ita ut dare et piene affirmetur quod sit et quid
sit hierarchia.
c) Alius Pater proponit ut scribatur: « ... pollentes, Sacerdotium Christi
sacramentaliter hic in terris perpetuarent ».
d) Dicatur: « ... instituit ministros, qui, in communitate fidelium, ho­
norum spiritualium ex vohmtate divina gaudentium haec bona spiritualia
hominibus tradant » (52 Patres).
R. — a) Admittitur et, prae oculis quoque habita mente Patrum de quibus in
modo 13, scribatur: « sacra Ordinis potestate pollerent Sacrificium of-
ierendi et peccata remitendi, atque sacerdotali officio publice prò homi­
nibus nomine Christi fungerentur ». Attamen non deletur vox « publice »,
quia est expressio formalis et apta ut distinguatur sacerdotium perso­
nale et privatum omnium christifidelium a sacerdotio ministrorum. Sic
aliquo modo satisfit animadversioni b).
c) Formula proposita sufficiens non videtur, quia hoc etiam faciunt,
suo modo, omnes baptizati. Intentioni autem modi satisfit mutatione
acceptata.
d) Sic insufficienter dicerentur quae dicenda sunt. Talis enim definitio
etiam simplicibus charismaticis applicati posset. Insuper indoles hierar­
chica ministrorum fortius exprimi debet.

75
La frase dell’ultima parte del secondo capoverso che parlava dei
vescovi come istitutori del presbiterato (episcopi... legitime tradide-
runt...') veniva criticata da 81 Padri perché portava alla conclu­
sione che il presbiterato era stato istituito non dagli Apostoli, ma
dalla Chiesa stessa. Tra i diversi modi suggeriti per ovviare le diffi­
coltà storiche della istituzione del presbiterato, la Commissione pro­
poneva un testo, che, senza dirimere la questione storica, non offriva
nessun danno alla verità dogmatica68.
Particolare attenzione veniva data alle espressioni che parlavano
del carattere e della configurazione del sacerdote a Cristo: si chie­
deva di togliere la parola character, che è troppo scolastica c non ha
nessun rapporto alla grazia, e di sostituirla con peculiari modo. La
Commissione respingeva la proposta perché la parola carattere è tra­
dizionale e in nessun modo ha sapore scolastico; il peculiaris modus
di configurazione a Cristo che viene suggerito, è troppo impreciso e
non designa chiaramente grazia e carattere. Era pure respinto il modo
che proponeva che i presbiteri partecipano dell’ufficio apostolico prò
sua parte in episcopo. Ragione: l’espressione avrebbe canonizzato una
concezione, forse probabile, ma certamente discutibile69.

68 La risposta della commissione al modo 20 così suona: « Intentioni mo-


dorum horum satisfit dicendo: « “Episcopos, quorum munus ministeri!, su­
bordinato gradu, Prcsbyteris traditimi est, ut in Ordine...". Sic factum expri-
mitur, quin difficilis quaestio distocica dirimatur ac dogmati detrimcntum vel
minimum afferatur » (ivi, p. 119).
69 Ecco il testo del lungo modo 24 e la risposta della commissione: ivi,
pp. 120-121.
24—1) Pag. 12, limi. 4-6. Loco «speciali charactere donantur, et sic ... vu­
lcani », dicatur: « speciali dono ac particulari modo Christo sacerdoti
configurantur, ita ut missionis episcopalis participes facti, in persona
Christi... ». Quia: a) Vox « character » scholastice sonat et gratiam non
significati b) De parlicipatione missionis episcopalis mcntio fiebat in
textu antiquo et reassumi debet, quia ad fundamenta doctrinalia pertinel,
sicut patet ex Const. Lumen gentitim et ex ipso intento totius Schcmatis
(1 Pater).
II) In lin. 5, ubi dicitur «Christo Sacerdoti configurantur», addatur
vox « specialiter », quia iam baptismo omnes fideles Christo Sacerdoti
configurantur (1 Pater).
Ili) Loco « donantur », scribatur « signantur » (1 Pater).
IV) Deleatur vox « sic » in lin. 5. Ratio est quia aliter significare vidc-
retur configurationem cum Christo in solo charactere consistere (1 Pater).
V) In lin. 6 restituantur verba prioris textus, et dicatur: « ita ut mis­
sionis episcopalis particeps factus »; sed in lin. 8, insuper scribatur

76
Era invece accettato un modo proposto da 74 padri e che riguar­
dava il rapporto vescovo-presbitero: Officium presbyterorum, utpote
Ordini episcopali coniunctum, participat... Nel testo precedente si
dava l’impressione che i presbiteri dicessero ordine immediato a
Cristo, mentre natura sua sono cooperatori dell’ordine episcopale70.
Veniva invece respinto il modo suggerito da un vescovo, il quale
desiderava che si dicesse che l’ufficio dei presbiteri viene ordinato
al sacerdozio dei fedeli, ma non viene ristretto a quello. In tutto lo
schema infatti si parlava di tale rapporto (cf. LG 10) che trova pa­
recchie difficoltà71..
Veniva accettato il cambiamento del verbo fundatur, quando si
dice che il sacerdozio dei presbiteri si fonda sui sacramenti dell'ini­
ziazione cristiana, con supponit sacramenta initiationis christianae:
si evitava così una pericolosa ambiguità72.
Qualche Padre avrebbe voluto l'elenco completo del triplice mu-
nus del presbitero a conclusione del terzo capoverso. Ma il suggeri­
mento non era accettato perché la frase sarebbe stata troppo lunga.
Inoltre quando si parla dei presbiteri sempre si dice che partecipano
agli uffici dei vescovi73.

« Munus quidem Apostolorum, curo prò sua parte in Episcopo (vel: in


coniunctione cum Episcopo; vel: in Episcopi mysterio; vel: in Episcopi
ministerio) participent » (1 Pater).
R. — Ad I), a) Vox «character» traditionalis est, nec insane sapit scholam;
non sufficit verbis indistinctis uti quibus exprimerentur insimul character
et gratia.
Ad I), b) Non admittitur, quia haec idea passim in Schemate exprimitur.
Ad II) lam provisum, cum dicatur: « speciali charactere .... el sic,
Christo ... ».
Ad III) Accipitur.
Ad IV) Non admittitur: « sic » necessanium est ad exprimendum qua
catione Christo Sacerdoti specialiter configurantur. Nullo modo insinua­
rne solo charactere Presbyteros Christo configurar!.
Ad V) Non accipitur expressio « in Episcopo », vel alia similis, quia
sic canonizaretur aliqua conceptio, forsan probabilis, certe tamen dispu-
tabilis.
Scribatur ergo: « quo Presbyteri, unctione Spiritus Sancti speciali cha­
ractere signantur, et sic Christo Sacerdoti configurantur, ita ut in per­
sona Christi Capitis agere valeant ».
70 Cf. modo 22b, ivi, p. 120.
71 Cf. modo 22c, ivi.
72 Cf. modo 23, ivi. Il modo non specifica la natura di tale ambiguità né
espone le varie formule proposte.
73 Cf. modo 25, ivi, p. 121.

77
Altri 74 Padri avrebbero desiderato che si specificasse che il po­
polo di Dio viene adunato mediante l’annuncio della parola (inizio
quarto capoverso) ad celebrandum sacrificium Christi... Ma la Com­
missione non accettava perché il popolo di Dio non viene adunato
solo per la celebrazione eucaristica; in caso contrario si suggerireb­
be l'idea di un duplice grado di offerta: quella del sacrifìcio spiri­
tuale dei fedeli a se stante, e quello in cui i presbiteri fanno in mo­
do che il sacrifìcio spirituale dei fedeli possa unirsi sacramental­
mente al sacrifìcio di Cristo.
Veniva tuttavia accettato un modo analogo che vedeva la consu­
mazione del sacrifìcio dei fedeli in unione al sacrifìcio di Cristo of­
ferto dai presbiteri a nome di tutta la Chiesa. Motivazioni addotte:
già prima della celebrazione dell’eucaristia il sacrifìcio dei fedeli è
unito al sacrifìcio di Cristo; tale unione nel sacrificio eucaristico rag­
giunge la sua consummatio o perfezionamento. Opportunamente era
aggiunta la frase in nomine Ecclesiae, perché tale è la dottrina del
Concilio di Trento e ne dava la motivazione nel fatto che i sacrifìci
dei fedeli devono essere uniti all’eucaristia74.

74 Ecco i testi dei due modi 30 e 31 con le risposte della Commissione:


ivi, pp. 122-123.
30 — Pag. 12, lin. 15 et ss. Dicatur: « ... congregatur Populus Dei ad celebran­
dum sacrificium Christi, Unici Mediatoris, quod per manus Presbytero-
rum in Eucharistia incruente et sacramentaliter celebratur donec veniat
(cf. 1 Cor 11, 26). Quo fit ut omnes ad hunc Populum pertinentes, sancti-
ficati cum sint Spiritu Sancto, seipsos offerre possint « hostiam viventem,
sanctam, Deo placentem » (Rm 12, 1) ». Sic melius apparet Eucharistiam
metam esse congregationis Populi Dei et fontem a quo emanat virtus
sacrificii spiritualis (74 Patres).
R. — Modus sicut formulatur non accipitur. Quia: a) Populus Dei, non ad
hoc tantum congregatur; b) sic non congrue distinguerentur duo gradus:
primus, in quo fideles ipsi esse Deo offerunt hostiam viventem, etc. (Rm
12, 1; 15, 16), alter in quo Presbyteri agunt ita ut sacrificium spirituale
fidelium coniungi possit sacramentaliter pleneque Sacrificio Christi. Ra­
tioni tamen allatae et intentioni modi satisfieri videtur acceptando mo-
dum sequentem.
31 — Pag. 12, linn. 18-22. Dicatur: « ... Rm 12, 1). Per Presbyterorum autem
ministerium sacrificium spirituale fidelium consummatur in unione cum
sacrificio Christi, unici Mediatoris, quod per manus eorum, nomine to-
tius Ecclesiae, in Eucharistia incruente et sacramentaliter offertur, do­
nec ... ». Textus emendatus denuo emendati debet. Etenim: a) spiritua­
le sacrificium fidelium iam ante celebrationes Missarum coniungitur cum
sacrificio Christi, scilicet mentaliter et ipsis fidelibus operantibus; haec
coniunctio vero consummatur in celebratione SS. Eucharistiae a Presby-
teris facta una cum fidelibus; b) utile videtur hic adiungere Presbyteros
nomine Ecclesiae offerre, quia hoc a Concilio Tridentino dicitur, et ra-

78
Altri modi vennero scartati perché proponevano mutamenti
troppo sostanziali del testo75; altri poi suggerivano redazioni stili­
stiche e in parte furono accettati76.
Alcuni suggerimenti danno l'impressione di essere ricercatezze
stilistiche di dettagli insignificanti; denotano invece l’amore e la pre­
occupazione nei Padri per la formulazione esatta della dottrina sul­
la natura del presbiterato, che stava alla base di tutto il Decreto.
Il 30 novembre 1965 veniva presentato ai Padri il nuovo testo
con i modi esaminati e accettati o respinti. Il fascicolo era di ben
126 pagine. Il 4 dicembre successivo veniva accettata con votazione
pressoché unanime la « perpensio modorum »77.
Il 7 dicembre tutto il Decreto veniva approvato dal Concilio78
e promulgato da Paolo VI. Anche il numero 2 sulla natura del pre­
sbiterato concludeva il suo travagliato iter conciliare.

II. Contenuto dottrinale

Il contenuto dottrinale del n. 2 del PO è di fondamentale im­


portanza. Il numero fa parte del capitolo I « chiave di lettura del­
l’intero documento »79. J. Frisque osserva: « Le numéro 2 du Décret
est sans aucun doute le plus important de tous, car il nous offre
une vision doctrinal du presbytérat qui éclaire le document conci­
liarne tout entier et en dévoile l’unité profonde. Sa redaction fut
très laborieuse, et il est facile de déceler dans le texte promulgué
les remaniements successifs qui ont été opérés. Un texte plus char-
penté et plus rigoureux dans le développement aurait peut-ètre satis­
fai! davantage à la lecture, mais il n’aurait pas été de la méme ma­
nière porteur de sa propre histoire »80.

tionem praebet propter quam sacrificia spiritualia fidelium cum Eucha­


ristia coniungi possint ac debeant (1 Pater).
R. — Modus accipitur, ad mentem.
75 Così il modo 12: ivi, p. 117 e il modo 34: ivi, p. 123.
76 Così il modo 17: ivi, p. 118, modo 26: ivi, p. 122, modo 37: ivi, p. 124.
77 Presenti e votanti 2.257: placet 2.243; non placet 11; voti nulli 3. Cf. ivi,
p. 615.
78 Presenti e votanti 2.394; placet 2.390; non placet 4. Cf. ivi, p. 860.
77 M. Midali, Teologia del presbiterato, in AA.VV., / sacerdoti nello spirito...,
p. 345.
80 J. Frisque, Le Décret Presbyterorum Ordinis. Histoire et commentaire,
in AA.VV., Les prètres..., p. 137.

79
Il titolo stesso del capitolo è altamente significativo: il presbi­
terato nella missione della Chiesa. Per comprendere bene, perciò,
la ragione d'essere del presbiterato, questo va posto alla luce della
natura della Chiesa e della sua missione nel mondo. Il presbiterato
non può essere considerato una realtà chiusa in se stessa, « collo­
cato sopra e tanto meno in opposizione al popolo di Dio, ma piut­
tosto incluso in esso in una posizione di servizio qualificato del ser­
vizio del popolo di Dio »81. Va quindi inserito nella prospettiva tri­
nitaria, cristologica, sacramentale e collegiale, di presenza e di cari­
sma di santità propria del ministero stesso della Chiesa nella consi­
derazione del Vaticano II.
Il numero 2 del nostro Decreto è stato ampiamente studiato sia
alla luce della Costituzione LG sia in se stesso 82. È strutturato in
cinque capoversi che cercheremo di esporre premettendo il titolo
o i titoli che ci sembrano più significativi del capoverso stesso.

Il sacerdozio di Cristo e il sacerdozio della Chiesa


Il primo capoverso tratta del sacerdozio di Cristo e del sacer­
dozio della Chiesa: più brevemente del primo, e più diffusamente
del secondo.
Il sacerdozio di Cristo. L’espressione con cui il numero 2 inizia
Il Signore Gesù, « che il Padre ha santificato e mandato nel mondo »
(Gv 10, 36), più che una descrizione del sacerdozio di Cristo, è sol­
tanto un richiamo alla realtà del sacerdozio stesso di Cristo, idea
centrale nella religione cristiana. Nel testo corretto dopo la boccia­
tura in Aula conciliare nell’ottobre 1964 e presentato ai Padri con­
ciliari nel novembre successivo, si parlava più a lungo del sacerdo­
zio di Cristo83. Nelle redazioni successive il passo decadde e non
venne più ripreso.
Il numero 2 PO inizia con le stesse parole del numero 28 LG,
le quali si richiamano a Cristo santificato dal Padre e inviato nel

si M. Midali, a. c., p. 357.


82 Cf. J. Galot, Le sacerdoce après Vatican II, in NRTh 88 (1966), 1044-1066;
G. Rambaldi, Note sul sacerdozio e sul sacramento dell'Ordine nella costitu­
zione LG, in Gregorianum 47 (1966), pp. 517-541; Io., Natura e missione del pre­
sbiterato nel Decreto PO, ivi, 50 (1969), pp. 239-262; A. De Bovis, Le presbytérat,
sa nature et sa mission d’après le Concile du Vatican II, in NRTh 89 (1967),
pp. 1009-1042; M. J. Nicolas, Le concepì intégral de sacerdoce ministériel, in
RTh 86 (1986), pp. 5-30; S. Gamarra Mayor, La identidad del presbitero en la
perspectiva del Vaticano II, in Lumen 35 (1986), pp. 229-266.
83 Cf. supra, nota 5.

80
mondo. Sono da rilevare i testi biblici citati in nota (Mt 3, 16; Le 4,
18; At 4, 28 e 10, 38): essi ripetutamente usano i termini consacra­
zione, santificazione, unzione dello Spirito, missione particolare nel
mondo. Le parole esprimono e descrivono il modo di esistere di
Cristo che è stato consacrato o santificato con l'unzione dello Spirito
da parte del Padre edfl è ,s|qto inviato o mandato nel mondo a com­
piere una missione affidatagli dal Padre. Dato il loro frequente uso
■ in tutto il nostro Decreto come nella LG M, precisiamone brevemente
il significato85.
« Consacrazione » significa rendere sacro un oggetto, un luogo
o una persona sottraendoli all’uso profano e riservandoli all’uso sa­
cro o religioso. Comunemente viene usato piuttosto nel significato
biblico di santificazione che esprime un particolare rapporto di co­
munione di un uomo con Dio in vista di un servizio verso Dio stesso
o verso il popolo. Vengono così consacrati i profeti, i re, i sacer­
doti nel Vecchio Testamento.
« Missione » o invio (in greco apostello, apostole) denota l'intera
attività di una persona o di una comunità inviate da Dio per com­
piere uno specifico compito di ordine salvifico86.
Nel Vaticano II i termini sono usati frequentemente e vengono
applicati a Cristo, alla Chiesa, ai singoli membri della Chiesa e, in
modo specifico e significativo, ai membri della gerarchia.
La consacrazione e la missione di Cristo sono uniche e unitarie
(LG 3; 3-4). Uniche e unitarie sono la consacrazione e la missione
della Chiesa intera (A4 2).
La missione viene attuata nell’esercizio stesso delle funzioni di
Cristo, funzioni di magistero, di santificazione e di governo. In modi
diversi e differenziati analoghe funzioni vengono compiute dall’in­
tero popolo di Dio: testimonianza, culto e servizio del popolo cri­
stiano in forza del carattere battesimale. Esistono poi nella Chiesa
funzioni specifiche, qualificate e qualificanti della gerarchia in forza
della consacrazione e della missione proprie dell’ordine sacro.
La consacrazione o santificazione viene compiuta mediante la
unzione dello Spirito Santo. Così fu per Gesù nel battesimo al fiume
Giordano. Così è in modo diverso per i membri della Chiesa che
vengono santificati e consacrati mediante una particolare unzione

Cf. LG 21, 28, 29, 33; PO 2, 12.


85 Cf. M. Midau, a. c., p. 362-371.
86 Per uno studio più approfondito dei termini sotto l’aspetto biblico cf.
O Procksch « aghiazo », in Grande Lessico del N.T., voi. I, col. 233-309; e K. H.
Rengstorf, « apostello », ivi, col. 1063-1196.

81
dello Spirito sia nel battesimo (tutti i cristiani), sia nell’ordine (i
membri della gerarchia): LG 10; PO 2, 12.
L’iter conciliare del numero 2 ha dimostrato l’insistenza di mol­
ti Padri perché venisse evidenziata l'importanza dell’unzione dello
Spirito Santo nella vita dei presbiteri sia in questo che in altri nu­
meri del Decreto87.
Il Concilio si è deliberatamente trattenuto dall'illustrare più
diffusamente in questo luogo la natura e l’esercizio del sacerdozio
di Cristo sia per non riportare concetti espressi in luoghi paralleli
della LG e dell'A/1, sia per non ripetere esplicitamente la dottrina
del Concilio di Trento. Che non sia stata questa mancanza esplicita
della dottrina sulla natura del sacerdozio di Cristo una delle occa­
sioni, fra tante altre, che fomentarono la crisi sull’identità sacer­
dotale nel postconcilio? Non osiamo negarlo. Sta di fatto che il Terzo
Sinodo dei vescovi del 1971 inizia i punti dottrinali sul sacerdozio
ministeriale « precisamente con una vigorosa exposición del sacer-
docio de Cristo »88.
Il sacerdozio comune della Chiesa. Lo studio teologico del sacra­
mento dell'ordine fino al Concilio Vaticano II, prendeva come base
di riflessione e punto di partenza, il sacerdozio dei presbiteri, consi­
derandolo come tipo essenziale e completo del sacerdozio cattolico.
Ne usciva un impoverimento dogmatico sia dell'episcopato che del
sacerdozio comune dei fedeli, riducendo il primo a non essere un
sacramento e il secondo « a una replica affievolita, uno schizzo, una
immagine assai imperfetta di quello dei presbiteri »85. Il Vaticano II
cambia prospettiva. Dopo il richiamo a Cristo, passa alla Chiesa.
Solo nel mistero della Chiesa va inserito e considerato il sacerdozio
ministeriale o gerarchico. La LG considera la gerarchia all’interno
del popolo di Dio, come un servizio specializzato della Chiesa sotto
il primato di Cristo sovrano, al cui servizio, prima di tutto, il sacer­
dozio ministeriale è ordinato. Il PO apre il discorso sul sacerdozio
ministeriale con un periodo dedicato al sacerdozio regale e profe­
tico di tutti i cristiani. Le diverse redazioni dei testi, dopo la boc­
ciatura dello schema delle proposizioni nell'ottobre 1964, e le rispo­
ste della Commissione conciliare ai vari modi accettati o respinti,
hanno sempre difeso questa linea dottrinale impostala dalla LG e
seguita ora dal PO.

«7 Cf. modo 16 in ASSCOV, voi. IV. pars VII, p. 118.


88 N. López Martìnez, El presbiterado en la misión de la Iglesia, in AA.VV.,
Los presblteros..., p. 38. Il documento del Sinodo dei Vescovi del 1971 si trova
in A4S 63 (1971), pp. 898-922.
89 M. Midali, a. c., p. 371.

82
Le poche righe, che il PO dedica a questo punto, sono da com­
pletarsi e da intendersi alla luce delle affermazioni della LG, spe­
cialmente n. 35. Chiaramente viene affermato che tutto il corpo mi­
stico di Cristo partecipa della unzione spirituale del Capo; che tutti
i fedeli formano un sacerdozio santo e regale; che tutti possono of­
frire a Dio sacrifici spirituali per mezzo di Cristo e tutti possono an­
nunciare le grandezze di Colui che li ha chiamati per trarli dalle
• tenebre ed accoglierli nella sua luce meravigliosa. I testi biblici ri­
chiamati in nota (I Pt 2, 5.9; 3, 15; Ap 19, 10) sottolineano in modo
ammirevole la grandezza del popolo di Dio quale gente santa e stirpe
sacerdotale, popolo di testimoni di Gesù in mezzo al mondo.
In tale visione sacerdotale universale va inserita, con le oppor­
tune precisazioni, la specificità del sacerdozio ministeriale del pre­
sbitero.

Istituzione e trasmissione del sacerdozio ministeriale


Il richiamo al sacerdozio comune dei fedeli non deve trarre in
inganno né far pensare ad una preminenza o equiparazione del sacer­
dozio comune con quello ministeriale o gerarchico. La LG 10 aveva
parlato di un mutuo rapporto tra i due sacerdozi (uno ordinato al­
l'altro), ma aveva richiamato la loro essenziale distinzione, ripetendo
le parole di Pio XII, e aveva pure descritto, in poche righe, l'eser­
cizio specifico deH'iino e dell’altro sacerdozio, anche se tutti e due
partecipano dell'unico sacerdozio di Cristo: « Il sacerdozio ministe­
riale, con la potestà sacra di cui è rivestito, forma e regge il popolo
sacerdotale, compie il sacrificio eucaristico in persona di Cristo e
lo offre a Dio a nome di tutto il popolo; i fedeli, in virtù del regale
loro sacerdozio, concorrono all’oblazione dell'eucaristia, e lo eserci­
tano col ricevere i sacramenti, con la preghiera e il ringraziamento,
con la testimonianza di una vita santa, coll'abnegazione e l’operosa
carità» (LG 10). Il sacerdozio comune non è a servizio della gerar­
chia, anche se possiede « una grandezza primaria e originaria »
Nello sviluppo dottrinale del testo si è visto come più di qualche
Padre avesse avuto dei dubbi e dei forti timori al riguardo, a causa
di un certo discredito pratico gettato sul sacerdozio ministeriale a
vantaggio del sacerdozio comune. Bisogna comunque evitare sempre
il pericolo e la tentazione di passare direttamente da Cristo al pre-

« Ivi, p. 377.

83
sbitero senza attraversare il popolo di Dio, unto da Cristo come suo
popolo sacerdotale.
Più volte il PO ha richiamato che il sacerdozio ministeriale è a
servizio di Cristo e della Chiesa91. E in diversi modi lo riafferma
anche nel presente numero.
I principi dottrinali richiamati dal secondo capoverso sono fon­
damentali per il sacerdozio cattolico ministeriale.
È lo stesso Signore che fra tutte le sue membra promosse solo
alcuni in qualità di ministri. Non è quindi un carisma concesso a
tutti indistintamente, ma soltanto ad alcuni esplicitamente scelti. Il
sacerdozio è perciò un dono che viene dall’alto, e non dal basso o
dalla comunità92.
Il sacerdozio ministeriale dev’essere principio di unità nel po­
polo di Dio, al cui servizio è destinato: ut in unum coalescerent cor­
pus viene detto esplicitamente. Il pluralismo delle membra, di cui
parla il testo citando le parole di san Paolo (Rin 12, 4), non va inteso
come contrapposizione, ostilità e divisione, bensì come mutuo com­
plemento e integrazione per il bene dell'unico e indivisibile corpo
nella professione dell'unica fede in Dio e in Cristo.
Tra i poteri conferiti da Cristo viene esplicitamente ricordato
che i presbiteri hanno « la sacra potestà dell'ordine per offrire il
sacrifìcio e perdonare i peccati » e che essi « in nome di Cristo svol­
gono per gli uomini in forma ufficiale (testo latino publicé) la fun­
zione sacerdotale ». « È stato osservato che l’espressione è l'unico
riferimento essenziale del Concilio di Trento fatto nel Decreto PO.
Venne inserito all’ultimo momento ed indica la continuità tra il Va­
ticano II e il Concilio di Trento. Però il Vaticano II integra la defi­
nizione tridentina del sacerdote nella prospettiva della Chiesa e per
questo viene leggermente modificato e completato »93.
Proprio nell'espressione in esame durante il Concilio alcuni Pa­
dri guardavano con sospetto l’avverbio publice, perché poteva insi­
nuare che tutto il sacro potere dei presbiteri promanasse dal fatto

’i Cf. PO 1, 2, 3-5, 7, 9, 12-13, 15.


92 Scrive Giovanni Paolo II nella Lettera ai sacerdoti Novo Incipiente dell’8
aprile 1979: « Il nostro sacerdozio sacramentale, quindi, è sacerdozio "gerar­
chico” ed insieme "ministeriale". Costituisce un particolare ministero, cioè è
"servizio” nei riguardi della comunità dei credenti. Non trac, però, origine da
questa comunità, come se fosse essa a "chiamare” o a "delegare”. Esso è,
invece, dono per questa comunità e proviene da Cristo stesso, dalla pienezza
del suo sacerdozio», in AAS 71 (1979), p. 399.
w H. Denis, La théologie dii presbytérat de Trente à Vatican II, in AA.VV.,
Les pritres,.., pp. 193-210. Cf. ivi, pp. 201-205 il confronto tra i testi dei due
concili.

84
di esercitare pubblicamente il loro ministero in favore degli uomini.
Così nel modo 19 94. « Il pericolo era reale — osserva Nicolàs Lopez
Martinez — e il testo lo eluse introducendo la frase relativa al po­
tere cultuale, molto adatta a distinguere il sacerdozio dei ministri dal
sacerdozio comune, che viene esercitato privatamente »95. L'espres­
sione, poi, in nome di Cristo, cara alla tradizione ecclesiastica teo­
logica, se da una parte esclude positivamente il pericolo di conside­
rare il sacerdote un delegato che agisce a nome della comunità, dal­
l'altra parte vincola strettamente il sacerdote a Cristo nella cui auto­
rità compie i suoi doveri sacerdotali. Pio XI lo chiamava strumento
di Cristo96. Pio XII affermava che « il sacerdote in tanto fa le veci
del popolo, in quanto personam lesti Christi gerit, il quale è Capo
di tutte le membra e offre se stesso per loro. Perciò il sacerdote va
all'altare come ministro di Cristo, inferiore a Cristo, ma superiore
al popolo »97.
Il numero 2, in questa stessa seconda pericope, passa ad elen­
care il modo della trasmissione del ministero sacerdotale. Le linee
di questa trasmissione sono così sintetizzate: Cristo manda gli Apo­
stoli come Lui era stato mandato dal Padre — Cristo per mezzo de­
gli Apostoli rende partecipi della sua consacrazione e missione i loro
successori, cioè i vescovi — la funzione ministeriale dei vescovi ven­
ne trasmessa in grado subordinato ai presbiteri perché, collabora­
tori dell’ordine episcopale, esercitassero essi pure la missione apo­
stolica conferita da Cristo.
Il Vaticano II cambia la visuale della natura del sacerdozio cara
alla tradizione cattolica, ispirata a san Tommaso98 e riaffermata dal
Concilio di Trento e comunemente insegnata, cioè come trasmissio-

94 Cf. supra, nota 68.


95 N. Lopez MartInez, a. c., p. 44. L'autore prosegue: « El episodio es sinto­
màtico: indica una mentalidad marcadamente funcionalista en los redactores
del texto, preocupados por describir el sacerdocio de los presbiteros casi
exclusivamente en términos de servicio ».
96 Enciclica Ad Catholici Sacerdoti!, 20 dicembre 1935, in AAS 28 (1936), p. 10.
97 Enciclica Mediator Dei, 20 novembre 1947, in AAS 39 (1947), p. 553. Sull'uso
di queste altre simili espressioni frequenti nel magistero c nella teologia cf.
M. S. Sauras, Sacerdos alter Christus, in Confer, 14 (1969) pp. 649-662; G. Rambaldi,
Alter Christus, In persona Christi Personam Christi gerere. Note sull'uso di tali
e simili espressioni nel magistero da Pio XI al Vaticano II e il loro riferimento
al carattere, in AA.VV., El carisma permanente del sacerdozio ministerial (Col­
lana Teologia del sacerdocio 5), Burgos 1973, pp. 211-264; B. D. Marlianceas, Clès
pour line théologie du ministère. In persona Christi - In persona Ecclesiae,
Paris 1978; R. Ghrardi, Alter Christus: la Chiesa, il cristiano, il sacerdote, in
Lateramtm 47 (1981), pp. 111-123.
98 Cf. Somma Teologica, III, 63, 6; 82, 1; Sappi., 40, 4-5.

85
ne di poteri sul corpo fisico e sul corpo mistico di Cristo, e la sua
posizione di mediatore tra l'umano e il divino. 11 Vaticano II guarda
a Cristo nella pienezza dei suoi poteri, che vengono comunicati sia
a tutta la Chiesa sia, in modo particolare ed essenzialmente diffe­
rente, alla gerarchia. Cristo non ha, quindi, istituito in primo luogo
i sacerdoti « per donare poi ad alcuni di essi i poteri episcopali, ma
ha istituito il sacerdozio ministeriale affidando al Collegio apostolico
la sua missione con la pienezza dei suoi poteri sacerdotali, e ha sta­
bilito inoltre la legge della successione, in base alla quale gli Apo­
stoli dovevano avere dei successori nelle loro funzioni trasmissibili »".
Nelle dispute conciliari erano apparse due tendenze circa la na­
tura del presbiterato. Alcuni Padri (ed erano la minoranza) insiste­
vano sulla consacrazione del sacerdote operata dal sacramento del­
l'ordine e quindi preferivano la definizione scolastica del presbite­
rato in rapporto al potere eucaristico. Altri invece (ed erano la mag­
gioranza) sottolineavano l’inserzione del presbitero nel collegio epi­
scopale e quindi premevano perché il presbiterato venisse descritto
nel contesto immediato dell’episcopato. Così i modi 13-1410°.
La Commissione dovette tenere conto delle due correnti, tutta­
via preferì la seconda considerando il sacerdozio dei vescovi come
il tipo più immediato ed adeguato del sacerdozio cristiano, in quanto
continuatore del ministero apostolico: così nello schema del Decreto
del mese di novembre 1964 e nei successivi.
Per comprendere bene quindi la natura del presbiterato dobbia­
mo analizzare il sacerdozio di Cristo in tutta la sua pienezza e ric­
chezza e la missione apostolica. Il Decreto opportunamente non vuo­
le entrare nella questione storica dell’origine del presbiterato: da
qui le due redazioni differenti della LG 28 e PO 2. Gli Apostoli eleg­
gono loro successori immediati Tito e Timoteo, che appaiono rive­
stiti dell'intero ministero apostolico. Alcuni presbiteri vengono costi­
tuiti nel loro ministero mediante l’imposizione delle mani (/il 14,
23). Inoltre altri presbiteri impongono le mani durante l’azione litur­
gica del conferimento del carisma dello Spirito (1 Tm 4, 14). Sulla
natura e la funzione di tali presbiteri è sempre esistita una profon­
da divergenza di interpretazione 101 e il Concilio non ha voluto diri-
merla ma l’ha lasciata alla libera discussione degli studiosi.
II Decreto ha però precisato alcuni punti: Cristo ha reso parte­
cipi della sua consacrazione e missione i successori degli Apostoli,

w M. Miuali, a. c., p. 383.


io» Cf. ASSCOV, voi. IV, pars VII, pp. 117-118.
>oi Cf. A. Lemaire, I presbiteri alle origini della Chiesa, in AA.VV., Il prete...,
pp. 79-97; E. Testa, I presbiteri nella Chiesa di Gerusalemme, ivi, pp. 99-117.

86
mediante il ministero degli Apostoli. Il munus episcopale è quindi
di istituzione divina (cf. pure LG 28); la funzione episcopale venne
trasmessa in grado subordinato ai presbiteri: non viene detto né
come né quando (cf. LG 28 e PO 2); i presbiteri sono quindi i coope­
ratori dell'ordine episcopale: nella LG si dice che vengono conso­
ciati al corpo episcopale (LG 28). La nota 9 del Decreto cita non solo
il Pontificale Romano in uso al tempo del Concilio (Praefatio in ordi­
natione presbyteri), ma anche i più antichi sacramentali della Chiesa
latina antica.

Sacramentalità del presbiterato


Il terzo capoverso riafferma la sacramentalità del presbiterato:
essa non era in discussione, tuttavia la nuova considerazione richie­
deva una precisazione in questo senso. Il Concilio non si addentra
però nella sua natura teologica.
Il capoverso si apre con la frase che « la funzione dei presbiteri
è strettamente vincolata all'ordine episcopale »: espressione intro­
dotta in seguito alla richiesta del modo 22. Il sacerdozio dei presbi­
teri dice ordine immediato non a Cristo, ma ai vescovi: natura sua
et ordine suo immediate sunt ordinis episcopalis cooperatores. Pro­
prio per questo intimo legame all’autorità apostolica, anche il pre­
sbitero partecipa « dell'autorità con la quale Cristo stesso fa cre­
scere, santifica e governa la sua Chiesa ». Egli partecipa quindi al
triplice potere di Cristo e non solo al potere sacrificale, come era
evidenziato dalla teologia preconciliare. Cristo infatti fa crescere la
sua Chiesa con la parola, con il sacrificio e con il governo (cf. LG
24-26; PO 4-6). L'origine del triplice potere è sacramentale anche per
i presbiteri. La comunione gerarchica determina in seguito più det­
tagliatamente l’esercizio di questa funzione (LG 24, 27 e 28). Il Si-
nodo dei vescovi del 1971 riafferma tale dipendenza e tale autorità
del presbitero l02. Strettamente vincolata all'ordine episcopale, e quin­
di vitalmente a lui subordinata, la funzione presbiterale comporta
però vera autorità anche se partecipata. Da notare l’affermazione di
Nicolas Lopez Martinez: « Esa participación no ha de entenderse

102 Scrive il Sinodo: « Effettivamente, i vescovi e, in grado subordinato,


i presbiteri, in forza del sacramento dell’ordine, che conferisce loro l’unzione
dello Spirito Santo (cf. PO 2) e li configura a Cristo, diventano partecipi delle
funzioni di santificare, di insegnare e di governare, il cui esercizio viene più
precisamente determinato dalla comunione gerarchica (cf. LG 24, 27 c 28) », in
/MS 63 (1971), p. 906.

87
en modo alguno corno parte de la potestad episcopal, sino corno una
función recibida mediante el sacramento del Orden para ser ejercida
en forma subordinada a la función de los obispos » 103.
Il ministero sacerdotale ha un’origine sacramentale: il sacramen­
to dell’ordine. Vengono presupposti i sacramenti dell'iniziazione cri­
stiana (battesimo e cresima). Il Concilio paria di « un particolare
sacramento per il quale i presbiteri, in virtù dell’unzione dello Spi­
rito Santo, sono marcati da uno speciale carattere che li configura
a Cristo Sacerdote, in modo da poter agire in nome di Cristo Capo ».
In queste parole il Concilio non dice che il sacramento è quello del­
l'ordine (cf. invece PO 12) e non parla della grazia (ne parlerà in
seguito): direttamente parla dell’unzione dello Spirito, e dello spe­
ciale carattere potestativo, ricevuti da un « particolare sacramento ».
L'unzione dello Spirito abbraccia l’intera persona, analogamente a
quanto accadde per il Cristo, il quale è il Verbo incarnato sia nella
sua vita pubblica che in quella privata. L'unzione sacra è qualche
cosa di permanente, anche quando l'unto non si comporta in modo
coerente con le esigenze dell'unzione ricevuta e non compie degna­
mente la missione per la quale era stato unto. In forza di tale dono
il consacrato conserva sempre la sua ontologia sacrale oggettiva:
il carattere non viene meno.
Sono ben note le dispute postconciliari sulla natura del carat­
tere sacerdotale104. La Chiesa ne ha sempre affermato 1’esistenza105
ma non ha mai voluto entrare nella discussione sulla sua natura,
lasciando questa all’indagine del teologo. II pensiero teologico non
può mai dare del carattere una spiegazione tale che ne vanifichi len­
tamente sia l’esistenza sia la perennità. In alcuni interventi della
Chiesa degli ultimi tempi si nota proprio questa preoccupazione. Non
dev’essere dimenticato che l’esistenza del carattere si ha dalla fede
e si presenta sempre come qualcosa di oscuro. Ciò vale sia per
il carattere del sacramento del battesimo e della cresima che per
quello dell'ordine sacro. Nell'anima esso imprime una reale (ma
misteriosa e quindi percepibile solo agli occhi della fede) configura­

lo3 A. c„ p. 52.
I(M Cf. A. Marranzimi, Problematica del carattere sacerdotale dopo il Con­
cilio Vaticano II, in AA.VV., Aspetti..., pp. 25-64; Io., Il carattere sacramentale
del sacerdozio ministeriale, in AA.W., Il prete..., pp. 343-386 (con abbondante
bibliografia).
105 Cf. DS 1313, 1609, 1767 1774; PO 2, 12; LG 21; Sinodo dei vescovi, Il sa­
cerdozio ministeriale, in AAS 63 (1971), p. 907; Sacra Congregazione per la dottri­
na della fede, Dichiarazione Mysterium Ecclesiae del 24 giugno 1973, in AAS
65 (1973), pp. 406-407; In., Alcune questioni riguardanti il ministro dell’eucaristia,
Lett. Sacerdotium ministeriale, del 6 agosto 1983, in AAS 75 (1983), p. 1006.

88
zione a Cristo sacerdote. Il carattere dà all’uomo il diritto di rappre­
sentare il Sacerdote unico, di parlare in suo nome, di occupare il
suo posto, di essere strumento responsabile e vivo di un sacerdozio
eterno. Per questo il Concilio dice che il carattere abilita il sacer­
dote ad agire in nome di Cristo Capo. Il presbitero ha un'autorità
vicaria, esercitata in nome di Cristo, e personifica il Cristo invisibile
in una società visibile.
Mons. G. Giaquinta pensa di vedere nelle espressioni del PO ora
esaminate alcune tracce direttive per una descrizione della natura
teologica del presbiterato in rapporto al vescovo, a Cristo e alla Chie­
sa 106. Il presbiterato dice un rapporto di collaborazione e di coope­
razione all’ordine episcopale. Alle richieste di qualche vescovo (modo
24) che faceva una domanda in tal senso, la Commissione conciliare
— si è visto — ha precisato trattarsi di cooperazione all'ordine epi­
scopale in genere e non ha voluto usare altre espressioni che sareb­
bero risultate ambigue 107.

La funzione presbiterale in una Chiesa tutta sacerdotale


Il quarto capoverso è di una densità dottrinale difficilmente ri­
ducibile a poche espressioni perché descrive in breve le funzioni del
presbitero in una Chiesa tutta sacerdotale.
Dopo aver richiamato il principio fondamentale della partecipa­
zione dei presbiteri alle funzioni degli apostoli, e quindi al loro po­
tere e alla loro missione, il Decreto passa ad esporre la sua dottrina
che ha come sfondo la disputa del rapporto tra evangelizzazione
e culto. I presbiteri hanno ricevuto la grazia di essere ministri (testo
greco: leiturgoi) di Gesù Cristo fra le genti, cioè nelle nazioni. La
frase paolina citata, secondo il suggerimento di un Padre, conforme
all’originale greco è « esercitando il sacro ministero (ufficio sacro)
del Vangelo di Dio, perché l’offerta delle genti (secondo la Bibbia
di Gerusalemme: i pagani) diventi un’oblazione gradita, santificata
dallo Spirito » (Rm 15, 16). Il testo della Volgata sanctificans evange-
lium Dei appare senza dubbio molto più debole. J. Frisque nota che
« finora questo testo non veniva citato nelle teologie sacerdotali » l08.
Il punto di partenza è missionario e denota l’adempimento del mes­
saggio di Dio: « Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo a

106 In AA.VV., Alle sorgenti..., p. 181, nota (d).


107 Cf. supra, nota 67.
los A. c., p. 140.

89
tutte le creature, battezzandole... » (Mt 28, 19). Il servizio e l'annun­
cio del Vangelo diventano uffici sacri. I termini paolini hanno un
sapore liturgico incontestabile, ed esprimono l’intimo nesso che in­
tercorre tra evangelizzazione e culto nel Nuovo Testamento: il ser­
vizio del Vangelo presso i non cristiani è per se stesso un atto cul­
tuale, come è cultuale lo scopo prefisso, fare cioè una umanità re­
denta e santificata, capace di offrire se stessa a Dio. Tutto il mini­
stero presbiterale ordinato all’evangelizzazione prende la sua forza
e trova il suo compimento nella celebrazione eucaristica. I pagani
convertiti a Dio dalla parola della fede e riuniti in popolo sacerdo­
tale, santificati dallo Spirito, diventano essi stessi offerta viva, santa
e gradita a Dio. È ancora Paolo (Rm 12, 1) che offre lo spunto a
queste importantissime affermazioni. « Il culto spirituale dell’intero
Corpo mistico, cui è ordinato il ministero di evangelizzazione dei
presbiteri, ha evidentemente un rapporto con il sacrificio eucaristico
che Cristo ha istituito per la sua Chiesa » 109. Vengono perciò desi­
gnati i due assi portanti del ministero presbiterale. Essi assicurano
l’èquilibrio interno dei due compiti: l’annuncio evangelico ai non
credenti e la celebrazione del sacrificio eucaristico. Così veniva sug­
gerito nel modo 31. Il tema è più volte richiamato dal Concilio Vati­
cano II uo.
Si noti la grave affermazione del testo del Decreto PO: « Attra­
verso il ministero dei presbiteri il sacrificio spirituale dei fedeli vie­
ne reso perfetto perché viene unito al sacrificio di Cristo, unico Me­
diatore ». E ancora: « A questo tende e in ciò trova la sua perfetta
realizzazione il ministero dei presbiteri (consummatur: 2 volte in
poche righe). Effettivamente il loro servizio, che comincia con l'an­
nuncio del Vangelo, deriva la propria forza e la propria efficacia dal
sacrificio eucaristico... che viene offerto, per mano dei presbiteri e
in nome di tutta la Chiesa, nell’eucaristia in modo incruento e sacra­
mentale, fino al giorno della venuta del Signore ».
In che consiste propriamente la perfezione che il sacrificio euca­
ristico apporta al sacrificio spirituale dei fedeli? ni.
Il sacrificio spirituale dei fedeli ha un costante e necessario rife­
rimento al sacrificio di Cristo: qui è nata la Chiesa e per esso la
Chiesa sussiste. Il sacrificio spirituale dei fedeli è sempre unito al
sacrificio di Cristo anche fuori della celebrazione eucaristica: e viene
offerto a Dio dagli stessi fedeli ipsis fidelibus operantibus (così il
modo 31). I fedeli quindi sono in situazione di perenne offerta a Dio.

>05 M. Midali, a. c., p. 411.


no Cf. PO 4-6; LG 10, 11; 34-35; SC 48.
m Cf. M. Midali, a. c., p. 414.

90
Nella celebrazione eucaristica Cristo Capo attualizza in forma
incruenta e sacramentale il suo sacrificio per mezzo sacerdoti, che
agiscono in persona Christi Capitis, cioè « sacramenti viventi dei po­
teri sacerdotali di Cristo »ll2. Tuttavia in questo sacrificio, Cristo,
proprio, perché Capo, unisce sacramentalmente e pienamente a Sé
il sacrificio spirituale di tutto il corpo. E lo compie per mezzo del
ministero sacerdotale. I sacerdoti agiscono perciò nella celebrazione
• della Messa non solo in persona di Cristo Capo, ma pure in nome
di tutta la Chiesa, che per mezzo loro offre ed è offerta con Cristo
al Padre. I fedeli concorrono all'offerta dell'eucaristia, non in per­
sona di Cristo o in nome della Chiesa, bensì come membri del Corpo
mistico, e non come suoi rappresentanti. In questo senso si esprime
il costante insegnamento della Chiesa1U.
M. Midali conclude le sue osservazioni con queste parole: « Se­
condo il parere unanime dei commentatori del Decreto, con questa
dottrina attinta alle sorgenti stesse del Nuovo Testamento, il PO su­
pera la definizione scolastica del sacerdozio ministeriale, pur salva­
guardando la centralità dell'eucaristia nel ministero dell’evangelizza­
zione. Rivalorizza il legame fra vita e culto. Fa risorgere il movi­
mento pastorale fondamentale che deve formare innanzitutto la fede
attraverso la predicazione, per condurre all’eucaristia e ai sacramen­
ti. Mette in evidenza l’unità vitale tra fede e sacramento; assicura
un giusto equilibrio tra missione e culto, fra parola e cullo » ,H.

Finalità del ministero e della vita dei presbiteri


L'ultimo capoverso costituisce la naturale conclusione di un nu­
mero particolarmente ricco. Venne introdotto all'ultimo momento

H2 /Vi.
in Cf. sopra note 96 e 97. Cf. pure DG 11, 26, 28; VR 15; PO 15.
*111/1. c., pp. 418-419. Scrive a questo proposito il Sinodo dei vescovi 1971:
« L’unità tra evangelizzazione c la vita sacramentale è sempre propria del sa­
cerdozio ministeriale, e deve essere tenuta attentamente presente da ogni pre­
sbitero», in 44S 63 (1971), p. 910. Il PO cita la frase di sant’Agostino, tratta
da « De Civitale Dei », 10, 6, in PL 41, 284. La versione italiana traduce l’espres­
sione tota ipsa redempta civitas... universale sacrificiuin offeratur Deo per
Sacerdote»! Magnutn... « tutta la città redenta ...offra a Dio un sacrificio uni­
versale per mezzo del Gran Sacerdote... ». La forma attiva verbale della tradu­
zione italiana non corrisponde al senso esatto dell’espressione latina. Sono
molto più fedeli a questo riguardo le versioni spagnola e francese che tradu­
cono in senso passivo: toda la oiudad misma rcdimida... sea ofrecida corno
sacrificio universa!... (spagnolo); ...la citò rachetée tout entière... soit offerte à
Dieu cornine un sacrifico universel... (francese).

91
perché apparisse più chiaramente che la vera missione sacerdotale
verso gli uomini e la vera adorazione del Padre sono tra loro stretta-
mente e indissolubilmente unite così che questi due aspetti del mini­
stero e della vita dei presbiteri non si possono vicendevolmente se­
parare "5. Il fine del ministero e della vita dei presbiteri è la gloria
di Dio Padre in Cristo. La frase, nuova nei documenti conciliari sul
sacerdozio, è « essenzialmente biblica e paolina e potrebbe insinuare
una visione cosmica della funzione sacerdotale » ’16.
Il PO considera la gloria di Dio nel quadro della storia della sal­
vezza. Nella LG il tema della gloria di Dio ritorna con insistenza "7.
Uno dei testi più significativi è il seguente: « La Chiesa prega insie­
me e lavora, affinché l'intera pienezza del cosmo si trasformi in po­
polo di Dio, corpo di Cristo e tempio dello Spirito Santo, e in Cristo,
centro di tutte le cose, sia reso ogni onore e gloria al Creatore e
Padre deU’universo » (LG 17). Dinanzi al nostro sguardo si apre una
prospettiva trinitaria, cristologica ed antropologica: tutti gli uomini
(la pienezza degli uomini) sono chiamati ad inserirsi nel mistero tri­
nitario come popolo di Dio Padre, corpo di Cristo e tempio dello
Spirito. In tal modo l'uomo trova la propria salvezza: « Ecco qui
indicato sul piano dei fini il doppio aspetto del ministero sacerdo­
tale: quello teocentrico: la gloria di Dio, c quello antropocentrico:
la salvezza dell’umanità » ’18.
Il PO precisa a questo punto: « tale gloria si manifesta quando
gli uomini accolgono con consapevolezza, con libertà e con gratitu­
dine (conscie, libere atque grate) l'opera realizzata in Cristo e la ma­
nifestano in tutta la loro vita ». La Chiesa si è autodefinita sacra­
mento universale di salvezza per tutti gli uomini (LG 48). Questa è
in sintesi l’opera di Cristo che richiede però la corrispondenza del­
l’uomo conscie, libere atque grate. I tre avverbi suggeriscono un at­
teggiamento interiore che corrisponde alla natura dell’uomo e al pia­
no di Dio, estremamente rispettoso della libertà dell'uomo. La sal­
vezza, operata da Cristo, viene offerta come dono all'uomo: il dono
può essere accolto ma può essere anche respinto. Se è accettato e
portato alle sue estreme conseguenze, l'uomo si salva; se viene re­
spinto, l'uomo si autocondanna.
Il ministero sacerdotale è multiformemente articolato. Il Con­
cilio enumera: preghiera e adorazione, predicazione e vita sacramen-

>15 ASSCOV, voi. IV, pars VI, p. 390.


116 G. Giaquinta, in AA.VV., Alle sorgenti..., p. 185.
117 Cf. LG 1, 4, 6, 8, 34, 39. 40, 51. - Per una sintesi biblica sulla gloria di
Dio cf. M. Midali, a. c., pp. 420424.
M. Midali, a. c., p. 419.

92
taria (celebrazione dell'eucaristia), altri ministeri in favore degli uo­
mini (attività extrasacramentale, caritativa, didattica, organizzativa).
In tutti i diversi aspetti di questa multiforme attività, i presbiteri
devono insieme unire la gloria di Dio (aspetto teocentrico) e l'arric-
chimento della vita spirituale degli uomini (aspetto antropocentrico).
Gli ultimi modi presentati dai Padri al numero 2 PO precisano
proprio l'aspetto dossologico e missionario del ministero sacerdo­
tale. « La dichiarazione conciliare secondo cui tutto il ministero e
la vita sacerdotale dev'essere teocentrica, riveste una grande impor­
tanza per la vita dei presbiteri. Anche quando le circostanze fanno
sì che i compiti sacramentali o cultuali siano da un punto di vista
nettamente diminuiti, non si cessa di essere sacerdoti e pienamente
sacerdoti » 119.
Le ultime parole del numero in questione hanno un esplicito
richiamo al mistero pasquale di Cristo: « Tutte queste (realtà) — le
quali scaturiscono dalla Pasqua di Cristo — troveranno pieno com­
pimento (consummabuntiir) nella venuta gloriosa dello stesso Signo­
re, allorché Egli consegnerà il regno a Colui che è Dio e Padre ». Non
poteva non essere così. Tutta la Chiesa, infatti, nasce dal mistero
pasquale di Cristo e in questo mistero tutte le realtà ecclesiali tro­
vano la loro ragione di essere.
Proprio perché inserita nel mistero pasquale, la Chiesa è essen­
zialmente escatologica: l’ultima parola di salvezza offerta da Dio agli
uomini. Essa possiede veri beni, ma ancora allo stato iniziale. La
loro pienezza si avrà alla fine dei tempi (LG 48).
Anche il ministero sacerdotale va inserito nel contesto pasquale
ed escatologico. « I presbiteri — dicevano i modi 38 e 41 — fra la
prima e la seconda venuta del Signore, sono essenzialmente mandati
da Cristo Signore e consacrati dall’unzione dello Spirito Santo, per­
ché annuncino, realizzino e significhino il mistero pasquale e così
preparino la definitiva ricapitolazione di tutti in Cristo, da ottenersi
alla fine dei tempi, quando Cristo apparirà di nuovo per dare il suo
regno a Dio Padre » 12°.
I suggerimenti non vennero accolti alla lettera ma solo nel loro
contenuto. Essi riassumono in poche parole il carattere temporaneo
ed escatologico nel ministero sacerdotale, realizzatore e anticipatore
di beni che troveranno il loro compimento soltanto alla seconda ve­
nuta del Redentore. Tutta la Chiesa allora « troverà la sua definitiva

*19 H. Denis, a.c., pp. 219-220.


no /1SSCOV, voi. IV, pars VII, pp. 124-125.

93
perfezione » e « tutto il mondo sarà perfettamente restaurato in Cri­
sto » (LG 48).
Il presbitero lavora con lo sguardo proteso al futuro, dando il
meglio di sé per l’avvento di un mondo nuovo alla luce del mistero
pasquale di Cristo. La visuale del ministero sacerdotale sotto questa
luce appare in tutta la sua grandezza e importanza nel piano della
salvezza attuata da Cristo.
* * *

Il periodo postconciliare riserverà alla natura del sacerdozio mi­


nisteriale una delle più gravi crisi di identità della sua storia bi­
millenaria. Nel 1971 il Sinodo dei Vescovi « ha ripreso lo studio di
questi problemi, esaminate a fondo le obiezioni e i nuovi elementi
delle diverse questioni, e ne ha dato significative conferme, con op­
portune messe a punto »1JI. Ma i principi dottrinali sui quali il Magi­
stero e la teologia postconciliare si fonderanno, saranno sempre quel­
li che il Vaticano II ha brevemente esposti nel n. 2 PO con i testi
paralleli della LG. Il sacerdozio ministeriale va studiato approfon-
dendo il sacerdozio di Cristo, fonte di ogni sacerdozio, e il sacerdo-
zio della Chiesa intera. Per divina istituzione il sacerdozio ministe­
riale partecipa del sacerdozio di Cristo in modo essenzialmente di­
verso dalla partecipazione di quello battesimale, che viene presup­
posto. « La Chiesa — ha scritto il Sinodo dei vescovi del 1971 —,
dotata di una compagine organica per mezzo dei dono dello Spirito,
partecipa in modi diversi agli uffici di Cristo redentore, profeta e
re, per adempiere, in suo nome e per sua virtù, come popolo sacerdo­
tale (cf. LG 10), la missione di salvezza»132. E Giovanni Paolo II ag­
giunge: « Come cristiani, membri del popolo di Dio e, successiva­
mente, come sacerdoti, partecipi dell’ordine gerarchico, prendiamo
origine dall'insieme della missione e dell'ufficio del nostro maestro
che è profeta sacerdote e re, per rendergli una particolare testimo­
nianza nella Chiesa e dinanzi al mondo » ’23.li
*

li Così Giovanni Paolo II « Agli istituti di educazione cattolica di Roma »,


il 4 aprile 1979 in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, 1979/1, p. 792.
122 Sinodo dei Vescovi, Il sacerdozio ministeriale, in ÀAS 63 (1971), p. 905.
122 Lett. Novo Incipiente dell’8 aprile 1979, in AAS 71 (1979), p. 397.

94

i
CONDIZIONE DEI PRESBITERI NEL MONDO

n. 3

Testo:
Presbyteri, ex hominibus assurnpti et pio hominibus constituti in iis quae
sunt ad Dcum ul offerant dona et sacrificia prò peccatis, curri ceteris homi-
nibus tamquam eum fratribus conversantur. Sic et Dominus lesus, Filius Dei,
homo ad homines a Patre rnissus, habitavit in nobis et voluit per omnia
fratribus assimilar!, absque tamen peccato. Ipsum iam imitati sunt sancti
Apostoli, et testatili- beatus Paulus, Doctor gcntium, « scgregatus in Evan-
gelium Dei » (Rm 1, 1), omnia omnibus se factum esse ut omnes faceret
salvos. Presbyteri Novi Testamenti, vocatione quidem et ordinatione sua, quo-
dam modo in sinu Populi Dei segrcgantur, non tamen ut separentur, sive
ab eo, sive a quovis homine, sed ut totaliter consecrentur operi ad quod Do­
minus eos assumit, Ministri Christi esse non possent pisi alias vitae quam
terrenae testes essent et dispensatores, sed ncque hominibus inservire valercnt
si ab eorum vita condicionibusque alieni remanerent. Ipsum eorum ministe­
rium speciali titolo exigit ne huic saeculo sese conformanti simul tamen re-
quivi t ul in hoc saeculo inter homines vivant, et sìcut boni pastores oves
suas cognoscant, easquc etiam quae non sunt ex hoc ovili adducete quaerant,
ut et ipsae vocem Christi audiant et fiat unum ovile et unus Pastor. Ouod
ul consequi valeant multum conferunt virtutes quae in fiumano consortio
merito aestimantur, ut sunt cordis bonitas, sinceritas, robur animi et con-
slantia, assidua iustitiae cura, urbanitas aliaeque, quas Apostolus Paulus com­
mendai, dicens: « Quaecumque sunt vera, quaccumque pudica, quaecumque
iusta, quaecumque sancta, quaecumque amabilia, quaecumque bonae famae,
*.
si qua virtus, si qua laus discipHnae, hacc cogitate» (Pliil 4, 8)

La Chiesa ha sempre vissuto e profondamente sentito la difficoltà


del rapporto che intercorre fra lei e il mondo. Mandata da Cristo

* ASSCOV, voi. IV, pars VII, pp. 706-707.

95

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