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IL DECRETO CONCILIARE
“PRESBYTERORUM ORDINIS” (I)
SALAMANCA
IL DECRETO CONCILIARE
“PRESBYTERORUM ORDINIS”
TERESIANUM
Roma 1989
I
Imprimi potest
389
pag.
8. Presbiteri e vescovi..................................................................... 237
I . Iter conciliare........................................................................ 239
IL Contenuto dottrinale.............................................................. 259
9. Unione fraterna e cooperazione fra i presbiteri...........................271
I. Iter conciliare......................................................................... 273
II. Contenuto dottrinale.............................................................. 291
10. Presbiteri e laici........................................................................... 301
I. Iter conciliare......................................................................... 302
II. Contenuto dottrinale...............................................................320
11. Distribuzione del clero................................................................ 331
I. Iter conciliare......................................................................... 333
II. Contenuto dottrinale............................................................... 351
12, Promozione delle vocazioni ........... 359
I. Iter conciliare......................................................................... 361
II. Contenuto dottrinale...............................................................373
Indice................................................................................................. 389
390
INTRODUZIONE
9
Sollecitato da diverse parti, dai Professori e dagli Alunni del
Teresianum, a raccogliere in un solo volume i vari articoli scritti e
a completare l'analisi e il commento di tutto il Decreto Presbytero-
rum Ordinis, ho finalmente ceduto alle insistenze. Esce perciò ora
questo volume che raccoglie oltre i commenti dei primi numeri di
PO già pubblicati, anche quelli fino al numero 11. Essi costituiscono
la metà di tutto il Decreto che è composto di nn. 22 e comprendono
il Proemio (n. 1), il capitolo primo (nn. 2-3) e il capitolo secondo
(nn. 4-11). In un tempo non lontano spero di pubblicare anche il
commento ai nn. 12-22 (capitolo III e conclusione). Questo volume
tratta della natura del presbiterato e del ministero dei presbiteri;
il secondo volume tratterà della vita dei presbiteri.
Lo schema seguito è molto semplice: di ogni numero viene pre
sentato l’iter conciliare e il contenuto dottrinale, spesso illustrato da
documenti del magistero postconciliare.
Spero di aver fatto cosa utile ai miei confratelli nel sacerdozio
che tanta luce e tanta direttiva hanno avuto nella loro vita dalla dot
trina del Decreto conciliare che maggiormente li riguarda: il Presby-
terorum Ordinis, di cui nel 1990 ricorre il XXV anniversario dell’appro
vazione conciliare e della promulgazione da parte di Paolo VI (1965 -
7 dicembre - 1990).
A modo di introduzione vengono presentati:
1. Le fonti.
2. Il Decreto Presbyterorum Ordinis.
3. Commenti al Decreto.
4. Abbreviazioni e Sigle.
5. Bibliografia.
6. Documenti del magistero.
Alla fine del volume: alcuni Indici.
10
1. Fonti
11
2. Il Decreto « Presbyterorum Ordinis »
Ecco lo schema:
n. 1: Proemio.
12
II: Peculiari esigenze spirituali nella vita dei presbiteri
n. 15: Umiltà e obbedienza.
n. 16: Abbracciare e desiderare il celibato come una grazia.
n. 17: Povertà volontaria e atteggiamento verso il mondo e i
beni terreni.
Ili: Sussidi per la vita dei presbiteri
n. 18: Mezzi per favorire la vita spirituale.
n. 19: Studio e scienza pastorale.
n. 20: Provvedere ad un giusto compenso.
n. 21: Fondo comune e previdenza sociale.
n. 22: Conclusione ed esortazione.
13
3. Commenti al Decreto « Presbyterorum Ordinis »
14
4. Abbreviazioni e Sigle
15
— Per alcune Riviste abbiamo scelto le seguenti abbreviazioni:
EphCarm = Ephemerides Carmeliticae.
EsVie = Esprit et Vie.
RivClIt = La Rivista del Clero Italiano.
MDieu = La Maison Dieu.
MonEcc — Monitor Ecclesiasticus.
NRTh = Nouvelle Revue Théologique.
OrPast = Orientamenti Pastorali.
PerMor = Periodica de re Morali, Canonica, Liturgica.
RTÌT" = Revue Thomiste.
Altre Riviste eventualmente citate sono riportate per intero.
Da notare però la precisazione per la Rivista Communio (Mi
lano), e Lumen (Vitoria - Spagna).
16
5. Bibliografia
17
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23
6. Documenti del aiagistero
1. Sommi Pontefici
— Innocenzo I, Lettera a Decenzio, vescovo di Gubbio, 19 marzo
416, in DS 215.
— S. Celestino I, Lettera ai vescovi delle Puglie e della Calabria, 21
luglio 429, in ML 56, 581-582.
— S. Pio X, Esortazione Apostolica Haerent animo, 4 agosto 1908, in
S. Pii X Acta, voi. IV, 1908, pp. 237-264.
— Benedetto XV, Lettera Apostolica Maximum illud, 30 novembre
1919, in A4S 11 (1919), pp. 65-83.
— Pio XI: Enciclica Rerum Ecclesiae, 28 febbraio 1926, in A4S 18
(1926), pp. 65-83.
Enciclica Ad Catholici sacerdotii, 20 dicembre 1935, ivi
28 (1936), pp. 5-53.
— Pio XII: Motu Proprio Cum Nobis, 4 novembre 1941, ivi 33 (1941),
pp. 479.
Enciclica Mediator Dei, 20 novembre 1947, ivi 39 (1947),
pp. 528-595.
Esortazione Apostolica Menti Nostrae, 23 settembre 1950,
ivi 42 (1950), pp. 657-702.
Costituzione Apostolica Sedes Sapientiae, 31 maggio 1956,
ivi 48 (1956), pp. 354-365.
— Giovanni XXIII, Enciclica Sacerdotii Nostri primordia, 1° agosto
1956, ivi 51 (1959), pp. 545-579.
— Paolo VI: Discorso ai partecipanti al XIII convegno di aggiorna
mento pastorale, 6 settembre 1963, ivi 55 (1963), pp. 750-
755.
Enciclica Ecclesiam Suam, 6 agosto 1964, ivi 56 (1964),
pp. 609-659.
Udienza generale, 6 maggio 1965, in Insegnamenti di
Paolo VI, 1965, pp. 927-929.
Enciclica Mysterium Fidei, 3 settembre 1965, in AAS 57
(1965), pp. 753-774.
Discorso al CELAM, 23 novembre 1965, in Insegnamenti
di Paolo VI, 1965, pp. 653-669.
Discorso ai Parroci e Quaresimalisti di Roma, 21 febbraio
1966, ivi 1966, pp. 87-92.
24
Motu Proprio Ecclesiae. Sanctae, 6 agosto 1966, in AAS
58 (1966), pp. 757-787.
Enciclica Populorum Progressio, ivi 59 (1967), pp. 257-299.
Enciclica Sacerdotalis Caelibatus, 24 giugno 1967, ivi,
pp. 657-697.
Discorso ai Parroci e Quaresimalisti di Roma, 17 febbraio
1969, ivi 61 (1969), pp. 187-194.
Esortazione Apostolica Quinque iam anni, 8 dicembre
1970, ivi 63 (1971), pp. 97-106.
Esortazione Apostolica Evangelica Testificalo, 29 giugno
1971, ivi pp. 497-526.
Ai partecipanti al Congresso internazionale della Cate
chesi, 21 settembre 1971, ivi pp. 758-764.
Esortazione Apostolica Evangelii Nuntiandi, 8 dicembre
1975, ivi 58 (1976), pp. 5-76.
— Giovanni Paolo II: Discorso al clero romano, 9 novembre 1978,
in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, 1978, pp. 112-118.
Lettera Apostolica Novo Incipiente, 8 aprile 1979, A4S 71
(1979), pp. 393-417.
Agli Istituti di educazione cattolica di Roma, 3 aprile
1979, 72 (1980) pp. 113-148.
Esortazione Apostolica Catechesi Tradendae, 16 ottobre
1979, ivi pp. 1277-1340.
Lettera Apostolica Dominicae Cenae, 24 febbraio 1980,
ivi 72 (1980), pp. 113-148.
Ai sacerdoti francesi, 30 maggio 1980, ivi pp. 695-702.
25
— Congregazione per l’evangelizzazione:
La fonction évangélisatrice, in EV, voi. 5, pp. 978-1006.
— Congregazione per il Clero:
Lettera Presbyteri sacra, 11 aprile 1970, AAS 62 (1970), pp. 459-
465. Directorium catechisticum generale, 11 aprile 1971, ivi 64
(1972), pp. 97-176.
Norme direttive Postquam Apostoli, 25 marzo 1980, ivi 72 (1980),
pp. 343-364.
— Congregazione per il Culto Divino:
Principi e norme per la Liturgia delle Ore, 11 aprile 1971, in
EV, voi. 4, pp. 92-209.
— Congregazione per i Seminari e le Università degli Studi:
Statuti e Norme per l’applicazione del Motu Proprio di Pio XII
sulla Pontificia Opera delle vocazioni, in AAS 35 (1943), pp.
369-373.
— Congregazione per l'educazione cattolica:
Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, 6 gennaio 1970,
ivi 62 (1970), pp. 321-384.
— Congregazione per i Religiosi:
Statuti generali annessi alla Costituzione Apostolica Sedes Sa-
pientiae di Pio XII, 7 luglio 1956, Roma 1956.
— Pontificio Istituto per i laici:
I sacerdoti nelle associazioni dei fedeli - Identità e missione,
in EV, voi. 7, pp. 1174-1251.
Vicende di un titolo
1 Esito delle votazioni finali: presenti e votanti 2.394; placet 2.390; non placet
4: ASSCOV, voi. IV, pars VII, p. 860.
27
preconciliare preparatoria, che doveva presentare la redazione di un
testo sui sacerdoti, era quella De disciplina cleri et populi christiani
presieduta dal Card. P. Ciriaci. Nella tappa preparatoria del Concilio
la suddetta Commissione aveva preparato nientemeno che 17 schemi:
non tutti interessavano il clero, ma — come il titolo della Commis
sione indicava — alcuni si riferivano ai fedeli, e altri alla disci
plina ecclesiastica in generale2. Tra questi schemi tre si riferivano
direttamente ai sacerdoti e cioè De clericorum vitae sanctitate (capi
tolo I); de distributione cleri (capitolo II); de officiis et beneficiis
ecclesiasticis minoribus saecularibus deque bonorum ecclesiasticorum
administratione (capitolo III); erano suddivisi in 47 numeri. Ven
nero raccolti poi nel volume edito in preparazione al Concilio3.
Ben presto però si dimostrò che il lavoro conciliare era immane
e che era necessaria una riduzione del materiale preparato.
E difatti il 3 dicembre 1962, pochi giorni prima della chiusura
della prima sessione del Concilio, la Commissione conciliare « De
disciplina cleri et populi christiani » si riunì per stabilire un calen
dario dei lavori e un piano di revisione dei numerosi documenti ri
guardanti la vita ecclesiastica. Venne così stabilito come principio
che il Decreto De fidelium associationibus venisse assegnato allo
schema De laicis e gli altri documenti strettamente sacerdotali fos
sero riuniti in un solo Decreto dal titolo De clericis4.
Dal 3 dicembre 1962 all'8 febbraio 1963 furono raccolte le osser
vazioni dei Padri conciliari le quali assommavano a ben 500.
In base a questi suggerimenti la Commissione dal 12 al 23 feb
braio preparò un nuovo testo dello schema De clericis. Lo schema
il 22 aprile 1963 venne approvato dal Papa Giovanni XXIII e per
ordine suo spedito ai Padri conciliari con preghiera di inviare ulte
2 Ecco i titoli dei diversi schemi approvati a suo tempo dalla Commissione
centrale preparatoria riguardanti il clero: 1. De distributione cleri; 2. De cleri
corum vita; 3. De habitu et tonsura clericali; 4. De paroeciarum provisione,
unione, divisione; 5. De obligationibus parochorum; 6. De officiis et beneficiis
ecclesiasticis deque bonorum ecclesiasticorum administratione; 7. De patrimonio
historico et artistico ecclesiastico; 8. De parochorum obligationibus quoad curam
animarum; 9. De catechetica populi christiani institutione; 10. De cura animarum
et communismo; 11. De missarum stipendiis, de missarum onerimi reductione,
de piis ultimis voluntatibus; 12. De promovendis ad ordines sacros iis qui
fuerunt pastores seu ministri acatholici: cf. Acta et documenta Concila Oecu-
menici Vaticani II apparando, Series II, voi. Ili, pp. 353-430. Gli altri schemi
riguardavano piuttosto i laici.
3 Nella edizione di preparazione per il Vaticano II i documenti riguardanti
il clero furono raccolti in Schemata Constitutionum et Decretorum ex quibus
argomenta in Concilio disceptanda seligentur, Series IV, Roma 1962, pp. 27-42.
4 Le notizie storiche sono state desunte da ASSCOV, voi. Ili, pars IV,
pp. 849-854.
28
riori suggerimenti tra i mesi di luglio e ottobre. Le osservazioni rag
giunsero il numero di 464 e furono inviate da 237 Padri.
Lo schema è composto di tre capitoli: De vitae sacerdotalis per
fezione (capitolo I); De studio et scientia pastorali (capitolo II);
De recto usu bonorum (capitolo III); più una esortazione finale De
distributione cleri: totale 43 numeri5.
Schema De sacerdotibus
Durante la seconda sessione del Concilio nel 1963 la Commis
sione plenaria si riunì nei giorni 7 e 8 ottobre; i suoi membri ricevet
tero un volume che raccoglieva tutte le osservazioni inviate dai Padri,
e venne stabilito l'ordine dei lavori.
Dal 15 ottobre al 10 novembre quattro sottocommissioni esami
narono le osservazioni ricevute e prepararono gli emendamenti da
introdursi nello schema. Ci fu una riunione plenaria verso la fine di
novembre (giorni 25-27 novembre) per studiare il nuovo testo, che
venne approvato, dopo aver ampliato e corretto i precedenti numeri.
Gli si diede il titolo De sacerdotibus, come era stato richiesto da
16 Padri: « infatti lo schema non tratta dei chierici in genere, ma
soltanto dei sacerdoti »6. Ma la sessione conciliare stava terminando,
perciò non c’era più tempo sufficiente per stampare e distribuire la
nuova stesura del testo nell’aula conciliare. Il testo verrà inserito
nel fascicolo dello schema delle proposizioni sui sacerdoti.
29
II 27 aprile 1964 Paolo VI approvava il nuovo documento e ordi
nava di inviarlo ai Padri conciliari in vista della discussione in aula
nella successiva sessione7.
Il testo constava di 10 brevi proposizioni e di una introduzio
ne dal titolo Sacrosancta haec Synodus. È stato scritto ohe esso
« ha un’aria di concisione e di freddezza come testo legale »8.
Le dieci proposizioni vanno lette e studiate alla luce del testo
originario De sacerdotibus al quale continuamente rimandano.
Già durante l'estate arrivarono le osservazioni scritte dei Padri,
le quali avrebbero poi dovuto essere attentamente studiate.
30
in altri documenti conciliari si parlava dei sacerdoti, in particolare
nello schema De Ecclesia n.
La discussione fu piuttosto negativa tanto che al termine lo sche
ma venne rifiutato: Padri presenti e votanti 2.135; placet 930; non
12.
placet 1.199; nulli 6 11
Lo schema venne quindi riportato in Commissione per un suo
rifacimento in base al dibattito conciliare.
11 ASSCOV, voi. Ili, pars IV, p. 241; tutto il testo è ivi, pp. 225-233.
’2 ASSCOV, voi. Ili, pars V, p. 71.
13 Tutto il fascicolo si trova in ASSCOV, voi. IV, pars VI, pp. 830-871.
>4 Cf. ASSCOV, voi. Ili, pars Vili, p. 551.
15 Tutto il fascicolo è in ASSCOV, voi. IV, pars IV, pp. 332-392. Venne
spedito ai Padri conciliari il 28 maggio 1965 per ordine di Paolo VI: cf. ivi, p. 332.
31
Il titolo rimaneva uguale. Il testo venne discusso nell'ottobre del
1965 e approvato a grande maggioranza16; tuttavia dovette ritornare
in Commissione per ulteriori perfezionamenti.
16 Era il 16 ottobre: presenti e votanti 1.521; placet 1.507; non placet 12;
placet iuxta modani 1; nullo 1. ASSCOV, voi. IV, pars V, p. 70.
n ASSCOV, voi. IV. pars VI. p. 341.
>s Tutto 11 Decreto è ivi, pp. 351-405
1» Cf. le votazioni in ASSCOV, voi. IV, pars VII, pp. 407-408; 419-420.
20 I modi sul titolo si trovano in ASSCOV, voi. IV, pars VII, pp. 114-115.
32
Ben 139 Padri chiedevano che il titolo del Decreto fosse De mini
sterio et vita presbyterorum speciatim dioecesanorum. Lo schema in
fatti non trattava del sacerdozio in quanto tale, ma dei sacerdoti
diocesani e solo analogice degli altri che cooperano al loro ministero.
Inoltre ciò che veniva detto sulla spiritualità dei presbiteri riguar
dava esclusivamente i sacerdoti diocesani, non i sacerdoti religiosi,
che hanno una propria spiritualità.
Ma anche qui la Commissione non accettava il modo. Quando
infatti si parlava del ministero e della vita richiesta dal ministero
stesso, le affermazioni del Concilio valevano per tutti i presbiteri che
partecipano al ministero. Il presbiterato è per il ministero e perciò
le sue affermazioni valgono per tutti i presbiteri che lo esercitano.
Infine, un Padre voleva che latinitatis causa si dicesse non De
ministerio et vita presbyterorum ma De presbyterorum ministerio et
vita.
Il modo veniva accettato e difatti tutto il documento è passato
come Decretum De presbyterorum ministerio et vita 2I.
Conclusione
I titoli del documento furono successivamente i seguenti:
1. Schema De clericis.
2. Schema De sacerdotibus (prima redazione).
3. Schema propositionum De sacerdotibus.
4. Relatio super schema emendatum propositionum De sacerdoti-
bus quod nunc inscribitur De vita et ministerio sacerdotali.
5. Schema Decreti De ministerio et vita presbyterorum (tale ti
tolo rimane invariato nei testi dei successivi emendamenti del
documento: che furono altri tre).
6. Decretum De presbyterorum ministerio et vita (l’ultima mo
difica prima dell'approvazione definitiva del 7 dicembre 1965).
21 Per una breve storia del Decreto PO cf. R. Spiazzi, Il Decreto sul mini
stero e la vita sacerdotale..., pp. 29-46; G. Giaouinta, Storia del testo, in AA.VV..
Alle sorgenti..., pp. 147-165; J. Frisoue, Le Décret PO. Histoire et commentaire:
I. Introduction historique, in AA.VV., Les prétres..., pp. 123-134; A. Favale, Storia
del Decreto « Presbyterorum Ordinis », in AA.VV., I sacerdoti nello spirito...,
pp. 44-122; T. I. JlMÉNEZ Urresti, Prete per sempre..., pp. 29-94.
33
FINE E DESTINATARI DEL DECRETO
n. 1
Testo:
35
perché danno luce a tutto il documento. I Padri conciliari vi hanno
lavorato come su qualunque altro numero dell'intero Decreto.
I. Iter conciliare
36
Textus prior Textus emendatus
[Prooemium]. Sacrosancta haec Sy [Prooemium]. Sacrosancta haec Sy
nodus, quae in Constitutione « De nodus, quae in Constitutione « De Ec
Ecclesia » naturam theologicam presby clesia » et in Decreto « De pastorali
teratus eiusque missionem declaravit, Episcoporum munere » naturam theo
ad vitam spiritualem sacerdotum robo- logicam episcopatus et presbyteratus
randam eorumque ministerium pasto eorumque missionem pastoralem decla
rale in hodiernis locorum ac tempo- ravit, necnon de peculiari presbytero-
rum adiunctis fovendum, haec quae rum vocatione ad sanctitatem egit (A),
sequuntur statuit. modo quasdem normas ad vitam et mi-
nisterium sacerdotum (B) spectantes
decernit 2.
2 Ivi, p. 225.
3 L’esito delle votazioni fu il seguente: presenti e votanti 2.135; placet 930;
non placet 1.199; placet juxta modum 2; voti nulli 4. Cf. ASSCOV, voi. Ili,
pars V, p. 71.
37
tare della presenza attiva dei laici nella Chiesa, è forse giusto trat
tare quasi secondariamente dei nostri cooperatori? »4.
Mons. F. Gomes dos Santos, arcivescovo di Goiània (Brasile), esi
geva un metodo di esposizione meno paternalistico e più teologico
da cui si deducesse la vera immagine della vita sacerdotale conformata
a Cristo sacerdote e aggiungeva: « In questo schema si dichiari chiara
mente che si tratta dei sacerdoti che lavorano nella vigna del Signore,
tenuto conto soltanto del loro sacerdozio e senza nessuna considera
zione delle diverse condizioni umane, se siano cioè sacerdoti religiosi
o secolari »5.
Mons. L. Proano Villalba, vescovo di Riobamba (Ecuador), rife
rendosi al titolo del documento De vita... si chiedeva in forma al
quanto polemica:
« Bisogna innanzitutto esporre in che cosa consista la vita spiri
tuale dei sacerdoti. Non si tratta forse nello schema della vita e del
ministero sacerdotale? Ma di quale vita?... Di quella materiale?... Di
quella sociale?... 0 di quella culturale?... Anche. Ma prima di tutto
della vita spirituale, da cui deve scaturire la vita ministeriale e a cui
dev'essere ordinata la vita materiale, sociale e culturale »6.
Da parte sua il Card. B.J. Alfrink, arcivescovo di Utrecht (Olan
da), faceva rilevare che « diverse sono le questioni che al giorno d’og
gi interpellano molti sacerdoti, e che anzi suscitano incertezza e an
sietà. Nel nostro schema esse non vengono trattate o — se lo sono —
vengono considerate soltanto superficialmente »7.
Lo schema, rispedito alla Commissione, venne interamente rivisto
alla luce delle osservazioni fatte. Ultimato il 12 novembre, fu distri
buito ai Padri il 20 novembre successivo.
Schema Decreti De ministerio et vita presbyterorum - Textus emen-
datus et Relationes
Tutto il Decreto venne profondamente rinnovato e notevolmente
aumentato. I numeri passarono da 12 a 20. Anche il Proemio fu rifatto
totalmente e allungato, come appare dal confronto dei due testi:
38
Textus prior Textus emendatus
[Prooemium], Sacrosancta haec Sy (Novus textus). [Prooemium], Quam-
nodus, quae in Constitutione « De vis in Constitutione « De Ecclesia », in
Ecclesia » et in Decreto « De pastorali Decretis « De pastorali Episcoporum
Episcoporum munere » naturam theo- munere in Ecclesia » et « De institutio-
logicam episcopatus et presbyteratus ne sacerdotali », necnon in Constitu
eorumque missionem pastoralem decla- tione « De Sacra Liturgia », Sacrosancta
ravit, necnon de peculiari presbytero- haec Synodus iam pluries de Ordine
ruro vocazione ad sanctitatem egit, presbyteratus egerit, cum tamen, ex in
modo quasdam normas ad vitam et dole sua, huic Ordini in Ecclesiae Chri-
ministerium sacerdotum spectantes de- sti renovatione partes maximae et qui-
cernit. dem in dies difficiliores assignentur, ne-
cessarium visum est fusius et profun-
dius de presbyteratu tractare, ut huius
Ordinis inaestimabilis excellentia, tam
pastoralis quam spiritualis, in memo-
riam omnium revocaretur. Presbyteri
enim, sacra ordinatione atque missione
quas ab Episcopis recipiunt, promo-
ventur ad inserviendum Christo Magi-
stro, Sacerdoti et Regi cuius partici-
pani ministerium, quo Ecclesia in po
polimi Dei, Corpus Christi et templum
spirituale, hic in terris indesinenter ae-
dificatur. Quapropter haec Sacrosancta
Synodus, ad presbyteratus Ordinem in
meliorem lucem ponendum necnon ad
ministerium Presbyterorum in his ho-
diernis adiunctis efflcacius sustinen-
dum, atque ad curam melius gerendam
de eorum vita, quae sequuntur statuiis.
39
inabile eccellenza sia pastorale che spirituale di questo Ordine. Le
parole che seguono costituiscono la parte centrale del numero sotto
l’aspetto dottrinale e caratterizzano molto bene l’origine e lo scopo
del ministero del presbitero: « / presbiteri infatti con la sacra ordi
nazione e missione ricevuta dai vescovi, vengono promossi al servizio
di Cristo Maestro, Sacerdote e Re, del cui ministero partecipano, in
forza del quale la Chiesa viene continuamente edificata sulla terra
in popolo di Dio, Corpo di Cristo e tempio spirituale ». Esse verranno
sostanzialmente conservate anche nell'ultima redazione del testo e
saranno commentate più a lungo nella parte dottrinale.
Ben 116 Padri avevano inoltre chiesto che nel testo e in tutto
lo schema apparisse chiaro che si trattava del ministero e della vita
dei presbiteri in generale, prescindendo dalla loro condizione di vita
e dal loro incarico. Tutti i presbiteri, infatti, sono consacrati per il
ministero del popolo di Dio, e tutti, in forma diretta o indiretta, ordi
naria o straordinaria, impegnano la propria vita a questo ministero.
Il Decreto non tratta, perciò, dei parroci o di altri presbiteri che
hanno una missione specifica perché di essi si parla nello schema
« De pastorali Episcoporum munere in Ecclesia », nn. 29-329.
I Padri conciliari, partendo da Roma dopo la chiusura della terza
sessione (21 novembre 1964), portarono la nuova stesura del testo
sul ministero dei presbiteri, sul quale avrebbero dovuto fare le pro
prie osservazioni entro il gennaio del 1965 10*12
.
Lavoro intersessionale
Le osservazioni, che giunsero alla Commissione competente, ri
guardavano anche il Proemio. Eccone alcune.
Il Card. J. Dòpfner, arcivescovo di Monaco e Frisinga (Germania),
si limitava ad alcune osservazioni di redazione. Invece delle parole
inaestimabilis excellentia huius Ordinis preferiva maxima gravitas.
La ragione: « in questo luogo non si deve sottolineare tanto la stima
del presbiterato tra i fedeli, quanto la sua importanza oggettiva » ".
Voleva poi che verso la fine del Proemio si cancellassero le parole:
« per porre in maggior luce l’ordine del presbiterato ». Ragione: « di
fatto l'ordine del presbiterato viene già messo in luce migliore nello
schema, ma non pare opportuno dichiararlo esplicitamente » ’2.
40
Il Card. P. M. A. Richaud, arcivescovo di Bordeaux (Francia), scri
veva:
« Mi pare molto necessario che fin dall'inizio brilli il valore tra
scendentale del presbiterato in una spiegazione abbastanza ampia e
approfondita... Non sono pochi i laici che non vedono la vera gran
dezza deH’ufficio sacerdotale in confronto all'apostolato dei laici, ora
giustamente raccomandato; ci sono inoltre molti sacerdoti che dubi-
• tano in diverse forme dell’efficacia del loro ministero »13.
Di particolare importanza fu l'intervento di Mons. A. M. Charue,
vescovo di Namur (Belgio), il quale auspicava non un Decreto ma
una Costituzione conciliare sui sacerdoti:
« Come appare dai numerosi interventi e dai diversi commenti
fuori dell’aula, si tratta di un problema che tocca intimamente i no
stri sacerdoti. Si deve porre una certa solennità nel proporre la dot
trina del ministero e della vita dei presbiteri. Del resto, nel nuovo
testo, non si tratta solo della disciplina del clero, ma in senso stretto
della dottrina e della spiritualità del clero » 14.
L’osservazione verrà ripresa anche nei modi finali prima della
promulgazione del documento conciliare.
Nel mese di aprile del 1965 la Commissione si riunì per l’esame
delle osservazioni fatte al Decreto. Evidentemente non poteva trala
sciare quelle riguardanti il Proemio.
Schema Decreti De ministerio et vita presbyterorum - Textus reco-
gnitus et Relationes
Il nuovo testo, appena preparato, fu spedito per ordine di Paolo
VI, il 28 maggio 1965, ai Padri conciliari. Il Proemio venne toccato
in pochi punti, come si può vedere dal confronto tra i due testi:
13 Ivi, p. 896.
14 Ivi, p. 906. Mons. J. M. Cirarda Lachiondo, vescovo ausiliare di Siviglia
(Spagna), faceva notare ripetizioni di concetti e per avere una costruzione più
logica di idee offriva il seguente testo:
« Quamvis in constitutione de Ecclesia, in decretis (...) Sacrosancta haec
Synodus iam pluries de Ordine presbyteratus egerit, quoniam presbyteri sacra
ordinatione atque missione per episcopos receptas, promoventur ad inservien-
dum Christo Magistro, Sacerdoti et Regi, cuius participant ministerium ad
indesinentem Corporis mystici acdificationem, atque ideo ipsis presbyteris in
Ecclesiae Christi renovatione partes maximae et quidem in dies diffioiliores
assignentur, necessarium visura est huic sacrae Synodo fusius et profundius de
presbyteratu tractare, ut huius ordinis presbyteratus inaestimabilis excellentia,
tam pastoralis quam spiritualis, in memoriam omnium revocetur et in meliorem
lucem ponatur. Eadem igitur sancta Synodus quae scquuntur statuere decrevit
ad ministerium presbyterorum in his hodiernis adiunctis efficacius sustinendum,
atque ad curam melius gerendam de eorum vita ». Cf. ivi, p. 909.
Textus emendatus Textus recognitus
[Prooemiuml. Quamvis in Constilu- [Prooentium]. Presbyteratus Ordinis
Lione « De Ecclesia », in Decretis « De in Ecclesia excellentiam tam pastora-
pastorali Episcoporum inuncre in Ec lem quam spirituale!» (A) iam pluries
clesia » et « De institutione sacerdota haec Sacrosancta Synodus in memo
li », necnon in Constitutione « De Sacra riam omnium revocavi! (B). Presbyteri
Liturgia », Sacrosancta haec Synodus enim, sacra Ordinatione atque mis
iam pluries de Ordine presbyteratus sione. quam ab Episcopis recipiunl,
cgerit, cuoi tamen, ex indole sua huic promoventur ad inserviendum Christo
Ordini in Ecclcsiae Christi renovatione Magistro, Sacerdoti et Regi, cuius par
partes maximae et quidem in dics ditlì- ticipant ministerium, quo Ecclesia in
ciliores assignentur. necessarium visum populum Dei, Corpus Christi et tem-
est fusius et profundius de presbyte- plum spirituale, hic in terris, indesi
ratu baciare ut huius Ordinis inaesti- nenter aedificatur. Cum tamen, ex in
mabilis excellentia, tam pastoralis dole sua, huic Ordini in Ecclesiae Chri
quatti spiritualis, in memoriam om sti renovatione partes maximi momen
nium revocaretur. Prcsbyteri enim, ti (C) et in dies quidem difflciliores as
sacra ordinatione atque missione quas signentur, perniile (D) visum est fu
ab Episcopis recipiunl promoventur ad sius et profundius de presbyteratu
inserviendum Christo Magistro, Sacer traci are. Quapropter, ut prcsbyterorum
doti et Regi cuius participant mini ministerium efficacius sustinealur ut-
sterium, quo Eccesia in populum Dei, que eorundem vita aptius ordinetur,
Corpus Christi et tcmpluni spirituale, Sacrosancta haec Synodus quae se
hic in terris indesinenter aedilìcatur. quuntur statuii 15.
Quapropter haec Sacrosancta Synodus,
ad presbyteratus Ordinem in meliorem
lucem ponendum necnon ad ministe
rium Prcsbyterorum in bis hodiernis
adiunclis efficacius sustinendum, atque
ad curam melius gerendam de eorum
vita, quae sequuntur statuii.
15 Ivi, p. 836.
16 Ivi, p. 376.
U Ivi.
42
pastorale del presbitero, e mostrare come questa missione illumina
e conduce all’unità sia il ministero che la vita del presbitero » is *18.
Verso la fine della Relatio, riprendendo i concetti espressi nella Reta
tici generalis che aveva accompagnato il Decreto, osservava: « Lavo
rando nella vigna del Signore in questo nostro tempo, di grande im
portanza per la vita della Chiesa, i presbiteri attendono da noi un
vero cibo sostanzioso. Facciamo in modo di non deluderli nella loro
• legittima attesa. La loro missione è difficile e da tutti richiede una
grande fedeltà: per il presbitero l'abnegazione dev’essere totale, la
carità perfetta, e la gioia costante »19*
.
Il dibattito conciliare del mese di ottobre fu abbastanza vivace.
Parecchi Padri intervennero per precisare meglio alcune affermazioni
del Prooemium. Ecco alcune espressioni più significative.
Il Card. A. Rossi, arcivescovo di S. Paolo (Brasile), criticava il
Decreto che, secondo lui, non teneva abbastanza conto delle « situa
zioni concrete di moltissimi sacerdoti che di fronte ai cambiamenti
del nostro tempo e all'aggiornamento della Chiesa, sono colpiti da
una grave crisi di fede, di speranza e di carità ». Suggeriva perciò che
a tutto lo schema venisse premessa una breve analisi della situazione
del presbitero nel mondo moderno e nel rinnovamento della Chiesa x.
Mons. R. J. De Roo, vescovo di Victoria nell'isola Vancouver,
auspicava che il Concilio ponesse dei principi da determinare ulte
riormente dalle Conferenze episcopali e da aggiornare opportuna
mente alle mutate condizioni dei tempi21.
Mons. M. Gonzàlez Ibarra, vescovo di Autlàn (Messico), propo
neva che nel Proemio, all'inizio dello schema, venisse offerta l'imma
gine di Cristo sacerdote nella sua mirabile missione avuta dal Padre
per evangelizzare gli uomini al fine di renderli partecipi della sua
divinità e portarli così alla città santa di Dio22.
Mons. J. Hervàs y Benet, prelato nullius di Ciudad Reai (Spagna),
voleva che nel Proemio si togliesse la parola missione perché la parte
cipazione al sacerdozio di Cristo viene data per l’ordinazione; ma
l’esercizio di tale partecipazione avviene mediante la missione. Non
si capisce quindi se la missione si riferisce a quella divina (ciò che è
ripetitivo), o a quella canonica (ciò che sarebbe inesatto)23.
is Ivi, p. 390.
19 Ivi, pp. 391-392.
20 ASSCOV, voi. IV, pars V, p. 31.
21 Ivi, p. 165, in nota.
22 Ivi, p. 346.
23 Ivi, p. 354.
43
Mons. S. Làszló, vescovo di Eisenstadt (Austria), auspicava chia
rezza dei destinatari che sono lutti i sacerdoti secolari e religiosi
quelli almeno che lavorano in cura d'anime in qualche diocesi24.
Tre vescovi, poi, e cioè Mons. M. Baudoux, vescovo di S. Bonifa
cio (Canadà)2S, Mons. E. Corripio Ahumada, vescovo di Tampico (Mes
sico)26 e Mons. J. W. Gran, vescovo di Oslo (Norvegia)27 suggerivano
che il Proemio venisse catalogato col numero 1.
Da notare il lungo intervento scritto di Mons. J. B. Przyklenk,
vescovo di Juanuària (Brasile). Di tutto il Decreto, compreso il Proe
mio, faceva una meticolosa analisi critica testuale. In particolare, il
Proemio appariva confuso e contraddittorio: confusio detegi videtur.
Proponeva perciò ben dodici (!) ragioni per illustrare, motivare un
nuovo testo da lui proposto2829 , cambiando parole, omettendo espres
sioni, suggerendo testi grammaticali più attinenti.
Mons. P. L. Seitz, vescovo di Kontum (Vietnam), notava una con
traddizione nell’uso della parola presbyteri, che include « tous les
prétres de l’Eglise, y compris les religieux et les missionnaires ». Or
bene, la maggioranza dei testi viene redatta in funzione del clero seco
lare diocesano e « les prètres religieux et les prètres missionnaires
ne peuvent pas s’y sentir très à l'aise » w.
Schema Decreti De ministerio et vita presbyterorum - Textus emen-
datus et Relationes.
Il testo, approvato dal Concilio a larga maggioranza il 16 ottobre
1965 30, ritornò alla Commissione per una stesura secondo i suggeri
menti dei Padri. Il 9 novembre veniva distribuito in Aula emendatasi
24 Ivi, p. 369.
25 Ivi, p. 240.
26 Ivi, p. 270.
27 Ivi, p. 347.
28 Ivi, pp. 455-456. Ecco il testo proposto: « Presbyleratus Ordinis in Eccle
sia sublimitatcm et momentini) iam pluries haec SS. Synodus, data occasione,
extulit. Presbyteri sane sacra ordinationc promoventur ad inserviendum Christo
Magistro, Sacerdoti et Regi, eius ministeri! participes cffecti, quo Ecclesia in
populum Dei, corpus Christi et templum spirituale, hic in terris, indesinenter
efformatur. Ouod cum prae oculis habeatur cumque liuic Ordini, spoetata eius
indole, in Ecclesiae Christi renovatione partes maximi momenti et in dies qui-
dem difficiliorcs assignentur, Concilium Vaticanum II ducit suum esse fusius
et profundius de presbyteratu tractare. Quapropter, ut presbyterorum ministe-
riutn, congrua doctrinae luce sparsa, efficacius sustineatur atque corundem vita
aptius ordinctur, SS. hacc Synodus quae sequuntur, statuii » (ivi, p. 455).
29 Ivi, p. 448.
30 La votazione diede i seguenti risultati: presenti e votanti 1.521; placet
1.507; non placet 12; placet iuxta moilum 1; voto nullo 1: ASSCOV, voi. IV,
pars V, p. 70.
44
Textus prior Textus emendatus
[Prooemium], Presbyteratus Ordinis 1. [Prooemium] (A). Presbyterorum
in Ecclesia excellentiam tam pastora- Ordinis in Ecclesia excellentiam iam
lem quam spiritualem iam pluries haec pluries haec Sacrosancta Synodus in
Sacrosancta Synodus in memoriam om memoriam omnium revocavit (B). Cum
nium revocavit. Presbyteri enim, sacra tamen huic Ordini in Ecclesiae Christi
Ordinatione atque missione, quam ab renovatione partes maximi momenti et
Episcopis recipiunt, promoventur ad in dies quidem difficiliores assignentur,
inserviendum Christo Magistro, Sacer perutile visum est fusius et profundius
doti et Regi, cuius participant mini- de Presbyteris, speciatim dioecesanis,
sterium, quo Ecclesia in populum Dei, tractare; quae autem dicuntur, congrua
Corpus Christi et templum spirituale, congruis referendo, applicantur Presby
hic in terris indesinenter aedificatur. teris religiosis quoque, qui curae ani-
Cum tamen, ex indole sua, huic Or marni inserviunt (C). Presbyteri enim,
dini in Ecclesiae Christi renovatione sacra Ordinatione atque missione,
partes maximi momenti ;et in dies quam ab Episcopis recipiunt, promo
quidem diftìciliores assignentur, peru- ventur ad inserviendum Christo Magi
tile visum est fusius et profundius de stro, Sacerdoti et Regi, cuius partici
presbyteratu tractare. Quapropter ut pant ministerium, quo Ecclesia in Po
Presbyterorum ministerium efficacius pulum Dei, Corpus Christi et templum
sustineatur utque eorundem vita spirituale, hic in terris, indesinenter
aptius ordinetur, Sacrosancta haec Sy aedificatur (D). Quapropter, ut in
nodus quae sequuntur statuii. adiunctis pastoralibus et humanis per-
saepe tam funditus mutatis eorum mi
nisterium efficacius sustineatur atque
eorundem vitae melius provideatur (E),
Sacrosancta haec Synodus quae se
quuntur declarat ac decernit (F) 31.
45
zione al servizio di Cristo, sotto il triplice titolo di profeta, sacerdote
e re (lettera D). Infatti proprio sotto questa visuale si doveva trat
tare della vita e del ministero dei presbiteriM.
Le parole aggiunte sotto la lettera E mettevano maggiormente in
luce l'idea del rinnovamento e adattamento alle necessità pastorali
del nostro tempo, quae quidam est idea centralis totius Concilii Oecu-
menici35. Non veniva invece accettato il suggerimento di dire esplici
tamente nel Proemio che le norme più concrete e più determinate
sul ministero e la vita dei presbiteri venissero demandate alle Con
ferenze episcopali. Infatti la dottrina teologica esposta nello schema
era abbastanza determinata e valida per la Chiesa universale e per
tutte le sue parti. Ulteriori norme di carattere giuridico, disciplinare
e pastorale, e le loro determinazioni e applicazioni concrete, secondo
i diversi casi, appartenevano o alla Santa Sede, o alla Commissione
di revisione del diritto canonico, o ai Direttori generali, di cui nel
Decreto CD 4, o ai diversi Riti, o alle Conferenze episcopali, o anche
ai singoli Ordinari.
Infine il verbo statuii era sostituito perché troppo giuridico con
declarat et decernit (lettera F)36.
Il capitolo I del Decreto, insieme al Proemio, il 12 novembre ve
niva approvato a larghissima maggioranza. La votazione ammetteva
pure il placet juxta modum.
Schema Decreti De presbyterorum ministerio et vita - Textus reco-
gnitus et Modi
La Commissione esaminò attentamente tutti i modi presentati sia
da un Padre solo che da diversi Padri. La prassi seguita nella valuta
zione dei modi fu presentata dal relatore Mons. F. Marty il 30 novem
bre 1965. « Non potemmo — disse l’arcivescovo — non fare che ve
nisse fedelmente conservato quoad substantiam il testo dello schema
del Decreto, che era già stato approvato dai Padri. Le mutazioni ac
colte nel testo, se lasciano intatta la sostanza delle affermazioni, lo
rendono però più perfetto, a quanto pare, e certamente rendono la
sua forma molto più chiara »31.
Per il Proemio furono presentati 7 modi: 5 furono respinti e due
accettati38.
« Ivi.
35 Ivi.
36 Ivi, p. 390.
37 ASSCOV, voi. IV, pars VII, p. 106.
38 Ivi, pp. 114-115.
46
Vennero respinte le richieste di ben 64 Padri di trasferire nel
Proemio due paragrafi della conclusione del Decreto, ove si parlava
delle difficoltà dei presbiteri del mondo d’oggi. Ragione: sarebbe sta
to un cambiamento troppo forte che allungherebbe enormemente il
Proemio.
Un Padre desiderava che si includesse che i presbiteri non solo
sono deputati al servizio delle anime, ma « immo et Episcopis » che
• sono « conseniores » (cf. 1 Pt 5, 1). La proposta non veniva accettata
perché i vescovi hanno già il loro speculum nel Decreto De pastorali
Episcoporum munere. Del resto, quando si parla di sacerdotes il ter
mine va applicato sia ai vescovi che ai presbiteri. — In questo senso
era pure respinto un altro modo che desiderava meglio espresso il
rapporto del presbitero col vescovo: il Decreto infatti sembrava con
siderare il ministero dei presbiteri staccato da quello dei vescovi.
Un Padre voleva che si reintroducesse il verbo statuit al posto
di declarat et decernit perché sono due verbi giuridici. Evidente
mente il modo non veniva accettato perché era già stato accettato il
modo contrario.
Venivano accettati invece' due modi molto importanti.
Settantotto Padri criticavano il Decreto perché non conservava
bene l’unità del sacerdozio, ma dava l'impressione che esistesse un
duplice sacramento dell’ordine, uno per i presbiteri diocesani e uno
per i religiosi sacerdoti non in cura d'anime. Il modo era accettato
con la precisazione che nel testo è in corsivo: « ciò che quivi si dice
viene applicato a tutti i presbiteri, specialmente a coloro che sono
in cura d’anime, facendo gli opportuni riferimenti a quello che ri
guarda i religiosi presbiteri ».
Un Padre poi suggeriva che il termine templum spirituale venisse
cambiato in Templum Spiritus Sancti perché più conforme alle affer
mazioni della Costituzione LG e al Decreto De activitate missionali
Ecclesiae. Il modo veniva accettato.
Un Padre non accettava l'espressione che Ecclesia in Populum
Dei... aedificatur. Preferiva Ecclesia est Populus Dei... Ma il modo non
era accettato e se ne davano le referenze bibliche: Mt 16, 18; Ef 2,
21-2; 4, 12.16.
Il 4 dicembre i Padri accettarono con votazione pressoché una
nime la perpensio modorum 39. Anche il Proemio era quindi accettato
e il 7 dicembre veniva solennemente approvato con tutto il Decreto
e Paolo VI lo promulgava ufficialmente.
39 Ivi, p. 615. L’esito della votazione sul complesso dei modi fu il seguente:
presenti e votanti 2.257; placet 2243; non placet 11; voti nulli 3.
47
IL Contenuto dottrinale
t
48
È nota, infatti, la preoccupazione dei Padri conciliari fin dalla
prima sessione del Concilio Vaticano II del 1962 per la quasi totale
mancanza di trattazione dei sacerdoti nel mistero della Chiesa. È
stato analizzato l’iter conciliare del n. 28 della LG42. Venne affermato
molto opportunamente: « Conviene constatare che la questione del
sacerdozio presbiterale non ha quasi mai richiamato l'attenzione del
Concilio: tutto fa credere che le si sia voluto consacrare inizialmente
• qualche riga, solo per una questione di principio. Il problema con
creto sembrò essere piuttosto quello delle condizioni della vita sacer
dotale e anche su questo punto la maggior parte degli interventi si
mantenne su un terreno estremamente tradizionale. Ma, tuttavia, ven
ne lentamente in luce da questi dibattiti un dato di grandissima im
portanza: la coscienza più vasta di tutto quanto unisce il vescovo
e i suoi sacerdoti »43. La trattazione dottrinale del sacerdozio venne
maturando lentamente sia nella Costituzione LG che nel Decreto PO,
rispettivamente nei numeri 28 (LG) e 2-3 (PO).
Da sottolineare le parole iniziali del Decreto PO: esse meritano
una particolare attenzione, perché, in linea ordinaria, enunciano il
tema centrale svolto nel documento, oppure indicano il punto focale
in cui un determinato argomento viene studiato. L'espressione « l’or
dine dei presbiteri » indica la prospettiva comunitaria in cui il Con
cilio si è voluto collocare per chiarire e risolvere i numerosi problemi
che interessavano il clero44. Si sa che l’espressione è stata introdotta
nel Decreto distribuito in aula il 9 novembre 1965, e che prima ini
ziava con Presbyteratus Ordinem. « Il Decreto — osserva Mons. F.
Marty — parla quasi sempre dei sacerdoti al plurale: e questo in
generale è stato voluto. Il sacerdote non può mai essere considerato
isolatamente; né lo si può legare esclusivamente ad un vescovo parti
colare, perché è fondamentalmente membro di un corpo sacerdotale
inteso nel suo insieme, e partecipa, benché a un grado subordinato,
a tutte le prerogative di detto corpo »45. Anche sotto questo aspetto
il presbiterato acquista luce e comunione ecclesiale.
49
Un’altra preoccupazione dell’episcopato viene accolta nel Proemio
del nostro Decreto e cioè l'importanza che i presbiteri hanno nel rin
novamento della Chiesa che il Concilio si propone: « a questo Or
dine vengono affidate parti importantissime e ogni giorno più diffì
cili per il rinnovamento della Chiesa »; è l’istanza fortemente sot
tolineata che lo svolgimento del ministero nel mondo d'oggi è par
ticolarmente difficile. Per ben due volte il Proemio vi ritorna, all'ini
zio e alla fine. Vi ritornerà il Decreto in vari punti della sua
trattazione: cf. PO 4, 6, 9, 14, 19, 22. Non è qui il caso di esaminare
la natura di queste difficoltà, che appaiono già negli interventi dei
Padri conciliari e che sfoceranno nella crisi sacerdotale postconci
liare sulla quale esiste un abbondante materiale bibliografico
* 1:
crisi che non è ancora completamente superata e che ha coinvolto
l’esse e Yoperari dei sacerdoti. I vescovi l’avevano intuita e, in qual
che modo, volevano curarla, non prevedendo l’ampiezza e la com
plessità che tale crisi avrebbe poi comportato per la Chiesa intera.
Ma il punto centrale del Proemio è quello che in poche righe
descrive la natura teologica del presbiterato: 1 presbiteri, in virtù
della sacra ordinazione e della missione che ricevono dai vescovi,
sono promossi al servizio di Cristo Maestro, Sacerdote e Re; essi par
tecipano al suo ministero, per il quale la Chiesa qui in terra è inces
santemente edificata in popolo di Dio, corpo di Cristo e tempio dello
Spirito Santo Il tema, che sarà ampiamente esaminato nel numero
seguente, mette in giusta luce il presbiterato nel suo rapporto sacra
mentale di consacrazione e missione, in relazione all’episcopato, del
quale i presbiteri sono collaboratori e del cui ministero sono parte
cipi, e nel significato profondo di servizio unico che episcopato e pre
sbiterato hanno per la costruzione terrena della Chiesa come Popolo
di Dio, Corpo di Cristo e Tempio dello Spirito.
Il presbiterato viene ad assumere mediante l’ordinazione uno
strettissimo rapporto col mistero della Chiesa, la cui costruzione
è demandala anche all’esercizio del loro ministero; colTepiscopato
che conserva la guida preminente e più responsabile di tutto il sacro
ministero; col mistero di Cristo sotto l’aspetto di profeta, sacerdote
50
e re. La Chiesa è Corpo di Cristo, ove Cristo è il Capo e ha quindi
il compito di preminenza, di guida e di influsso su tutte le membra.
Il servizio presbiterale è partecipazione del servizio di Cristo alla
umanità; è sua atlualizzazione e sua continuazione nel mondo per
mezzo di un ministero visibile, la cui efficacia è legata indissolubil
mente all'unione del presbitero a Cristo Capo, cuius personali! gerii,
come dirà ripetutamente il PO48. L'espressione «Tempio dello Spi-
. rito Santo » richiama l'azione invisibile dello Spirito Santo, che è
l'anima della Chiesa, il vero ed unico artefice della sua vitalità,
di tutto il suo Corpo e di tutta la sua attività, che è soprattutto
e prima di tutto diretta alla santificazione delle anime.
Da notare, infine, i destinatari del Decreto: sono « tutti i pre
sbiteri, specialmente quelli che si dedicano alla cura delle anime,
fatti i dovuti adattamenti per i presbiteri religiosi ». La precisazione
era stata più volte richiesta dai Padri conciliari e negli ultimi modi vi
erano ritornati per averne una giustificazione. Nessun presbitero, per
ciò, si deve ritenere estraneo o avulso dalla considerazione concilia
re. Così aveva pure fatto la Costituzione LG (n. 28) e così continuerà
a considerare il Decreto attuale in vari numeri della sua trattazione49.
Tutti i presbiteri, infatti, pur con mansioni differenti, hanno lo scopo
di concorrere all'esercizio del ministero che consiste nella evange
lizzazione del mondo e nella costruzione della Chiesa, proprio come
Popolo di Dio, Corpo di Cristo e Tempio dello Spirito. La sua forma
zione è compito di tutti i presbiteri, come in maniera diversa è com
pito di tutti i battezzati.
Lo scopo del Decreto PO viene quindi gradatamente illuminato
fin dal Proemio. Il Concilio vuole essere vicino ai presbiteri in un
momento di radicale cambiamento nell’esercizio del ministero sacer
dotale (in adiunctis pastoralibus et humanis persaepe tam jimditus
mutatisi, in cui la loro vita ha bisogno di particolare ed efficace assi
stenza (ministerium efficaciter sustineatur atque eorundem vitae me-
lius provideatur).
Anche il Proemio del Decreto, che ha avuto il suo faticoso iter
conciliare, offre richiami che non è lecito sottovalutare, anche se essi
verranno ripresi e maggiormente sviluppati nel corso del documen
to stesso.
48 Cf. PO 2, 12.
49 Cf. PO 7, 8.
51
NATURA DEL PRESBITERATO
n. 2
Testo-.
Dominus lesus, « quem Pater sanctifìcavit et misit in mundum » (Io 10, 36),
unctionis Spiritus qua unctus est totum Corpus suum mysticum particeps
redditi in eo enim omnes fideles sanctum et regale sacerdotium efficiuntur,
spirituales offerunt hostias Deo per lesum Christum, et virtutes annuntiant
Eius, qui de tenebria eos vocavit in admirabile lumen suum. Nullum ergo
datur membruti! quod in missione totius Corporis partem non habeat, sed
unumquodque sanctificare debet lesum in corde suo, et spiritu prophetiae
testimonium de lesu reddere.
Idem vero Dominus, inter fideles, ut in unum coalescerent corpus, in quo
« omnia membra non eundem actum habent » (Rm 12, 4), quosdam instituit
ministros, qui, in societate fidelium, sacra Ordinis potestate pollerent Sacri-
ficium offerendi et peccata remittendi, atque sacerdotali officio pubblice prò
hominibus nomine Christi fungerentur. Itaque, missis Apostolis sicut Ipse
missus erat a Patre, Christus, per ipsos Apostolos, consecrationis missionisque
suae participes effecit eorum successores, Episcopos, quorum munus ministerii,
subordinato gradu, Presbyteris traditum est, ut in Ordine presbyteratus con-
stituti, ad rite explendam missionem apostolicam a Christo concreditam, Ordi
nis episcopalis essent cooperatores.
Officium Presbyterorum, utpote Ordini episcopali coniunctum, participat
auctoritatem qua Christus Ipse Corpus suum extruit, sanctificat et regit. Quare
sacerdotium Presbyterorum initiationis christianae Sacramenta quidem suppo
ni!, peculiari tamen ilio Sacramento confertur, quo Presbyteri, unctione Spi
ritus Sancti, speciali charactere signantur et sic Christo Sacerdoti configuran-
tur, ita ut in persona Christi Capitis agere valeant.
Munus Apostolorum cum prò sua parte participent, Presbyteris gratia da
tur a Deo ut sint ministri Christi lesu in gentibus, sacro Evangelii munere
fungentes, ut fiat oblatio gentium accepta, sanctificata in Spiritu Sancto. Per
Evangelii enim apostolicum nuntium convocatur et congregatur Populus Dei,
ita ut omnes ad hunc Populum pertinentes, sanctificati cum sint Spiritu Sancto,
seipsos offerant « hostiam viventem, sanctam, Deo placentem » (Rm 12, 1). Per
Presbyterorum autem ministerium sacrificium spirituale fidelium consummatur
in unione cum sacrificio Christi, unici Mediatoris, quod per manus eorum,
53
nomine totius Ecclesiae, in Eucharistia incruente et sacramentali ter offertili-,
doncc Ipse Dominus vcniat. Ad hoc tendil atque in hoc consummatur Presby-
terorum ministerium. Eorurn enim minlstratio, quae ab evangelico nuntio in
cipit, c Sacrificio Christi suatn vim et virtutem hauril, atque co tendit ut
« tota ipsa rcdempla civitas, hoc est congregati societasque sanctorum, uni
versale sacrificium ofTeratur Deo per Sacerdotem Magnum, qui etiam se ipsum
obtulit in Passione prò nobis, ut tanti Capitis corpus essemus ».
Finis igitur quem ministeri atque vita persequuntur Presbyteri est gloria
Dei Patris in Christo procuranda. Quae gloria in eo est quod homines opus
Dei in Christo perfectum conscie, libere atque grate accipiunt, illudque in tota
vita sua manifestane Presbyteri itaque. sive orationi et adorationi vacent, sive
verbum praedicent, sive Eucharisticum Sacrificium offerant et cetera Sacra
menta administrcnt, sive alia prò hominibus exerceanl ministeria, confcrunt
cura ad gloriam Dei augcndam tuia ad homines in vita divina provehcndos.
Quae omnia, dum ex Paschate Christi manant, in glorioso Eiusdem Domini
advenlu consummabuntur, cum Ipse tradiderit Regnum Deo et Patri *.
•k k -k
54
anni. Per quanto riguarda la natura del presbiterato, la problematica
viene riassunta nelle seguenti domande: « Esiste o non esiste un ele
mento specifico nel ministero sacerdotale? E necessario questo mi
nistero? È vero che il sacerdozio, di per sé, non può andare per
duto? Che cosa significa, oggi, essere presbitero? Non potrebbe essere
sufficiente disporre, per il servizio delle comunità cristiane, di presi
denti designati per garantire il bene comune, pur senza avere l’ordi-
' nazione sacramentale, e che esercitano il loro ufficio a tempo inde
terminato? »3.
La radicalità degli interrogativi prende il sacerdozio alla sua stes
sa origine, nel suo diritto o meno di esistere nella vita della Chiesa.
Il Vaticano II non poteva evidentemente dare delle risposte a
domande che non si era esplicitamente fatte. Il n. 1 e la conclusione
(n. 22) del PO parlano esplicitamente di « attuali circostanze pasto
rali e umane, spesso radicalmente nuove » (n. 1 ), « di crudo isola
mento in cui i presbiteri vengono a trovarsi » (n. 22), raccomandando
perciò l'attenzione alla voce dello Spirito che « suggerisce e fomenta
gli opportuni aggiornamenti e adattamenti del ministero sacerdotale »
(ivi). Ma la lettura attenta degli interventi dei Padri conciliari, che
hanno suggerito queste espressioni, manifesta più una preoccupazio
ne pastorale che dogmatica. I Padri, cioè, non avevano presenti diffi
coltà o contestazioni sulla natura del sacerdozio, ma solo il suo im
patto nella vita sociale odierna. La dottrina del Concilio di Trento
era stata più volte riaffermata e presupposta e nessuno l’ha messa in
dubbio. Essa conservava il suo valore nella formazione e nella impo
stazione della vita sacerdotale.
Nella costituzione LG, il Concilio aveva parlato bene del presbi
terato. Il 28 era un numero ricco di contenuto e di dottrina, ma
appariva quasi un’appendice del capitolo che trattava quasi esclusi
vamente dell'episcopato. Da qui l’urgenza di rivolgersi ai sacerdoti
con un documento ad hoc, che approfondisse tutto l’insieme della
vita sacerdotale nel suo aspetto dogmatico, pastorale e spirituale.
I. Iter conciliare
55
stesura del Decreto distribuito in Aula conciliare il 20 novembre 1964.
È noto, infatti, come la bocciatura del primo schema sui presbiteri
discusso in Aula a metà ottobre avesse obbligato la competente
Commissione conciliare a rifondere tutto il Decreto, tenendo presenti
le osservazioni dei Padri. Veniva così introdotto, dopo il proemio,
il n. 1, col titolo esplicito de natura presbyteratus:
1. (Novus numcrus). [De natura presbyteratus]. Ecclesia, quae, innuente
Sacra Scriptura (cf. 1 Petr 3, 18-21), a Patribus arca salutis nuncupatur, di
fenda est mini a Christo sicut Christus mittilur a Patrc (cf. lo 20, 21), atque
a Spiritu divino ducitur et regitur, quem Christus in eam infundit (cf. Io 20,
22; Act 2, 1-4); cuius omnes fideles sanctum et regale sacerdotium efliciuntur,
ut offerant spiriluales hostias acceptabiles Deo per tesum Christum, et ut
virtutes Eius, qui de tenebris eos vocavit in admirabile lumen suum, an-
nuntient (cf. 1 Petr 2, 5 et 9). Nullum ergo datur in ea membruti! quod in
missione totius Corporis partem non habeat, sed unumquodque sanctificare
debet lesum in corde suo (cf. 1 Petr 3, 15), et spiritu prophetiae testimonium
de lesu reddere (cf. Apoc. 19, 10). In hac tamen missione adimplenda, fideles
nullam potestatem proprie dictam ipsius Christi Capitis in Corpus suum quod
est Ecclesia (cf. Col 1, 24) exercere vaierai, eaque tantum consccralione si-
gnantur qua in initiationis christianac sacramenlis « regio el sacerdotali pro-
pheticoque honore perfusi » sunt.
Christus itaque inauguravi! in semetipso, id est in « tempio corporis sui »
(lo 2, 2), sacerdotium novum novumque cultura verorum adoratorum qui
adoranl Patroni in spiritu et veritate (cf. lo 4, 23). Cum autem per ascensio-
nem susceptus sit ab oculis nostris (cf. Act 1, 9), voluit tamen Pontifex noster,
invisibiliter sedens ad dextcram Patris, suum perpetuimi sacerdotium in Ec
clesia terrestri visibiliter excrcere, suamque propriam actionem inanifestam
reddere. Et ideo quosdam inler fideles, quos quidem ex hominibus assumit
(cf. Hebr 5, 1), unctione Spiritus speciali modo sibi consccral sacerdotes, ut
ipsi, in Corpore suo, ipsius Capitis sacerdotium ministerio episcopatus et
prcsbyteratus repraesentent et in Eius persona agant. In Ecclesia ergo cultus
christianus exereelur, non tantum in co quod unusquisque singulariter offerat
se hostiam viventem (cf. Rm 12, 1), sed in eo quod Ecclesia per sacerdotes
suos, ipsum visibile Sacrificium offert quo, incruente et sacramentaliter, cruen-
tum illud semel in crucc peractum Sacrificium ipsius Christi praesens red-
ditur eiusque memoria in finem usque saeculi permanct.
Oflìcium ergo, non tantum Episcopatus, veruna etiam Presbyterii in ordine
suo, participat auctoritatem qua Christus ipsc Corpus suum extruit, sanctilìcat
et regit, atque ad sacerdotium spirituale fidelium, quantumvis sublime, reduci
non potest. Itaque peculiari initiatione sacramentali sacerdotium Presbyterii
indiget. Quae initiatio ut quaedam incorporatio missioni episcopali, ope spe-
cialis participationis sacerdoti! Christi, describi potest. Sicut enim, vi conse-
crationis suae, Episcopi personae Christi sacramentaliter configurantur, eodetn
quamvis subordinato modo, Presbyteri, inquantum providi coopcratores Ordinis
episcopalis, cidem Chrislo Capiti consecrantur. Quaproptcr, sicut in Episcopis
plenitudo sacerdotali missioni Apostolorum continuandae referri debet, ita in
4 L'esito delle votazioni era stato il seguente: presenti e votanti 2.135; placet
930; non placet 1.199 placet iuxta modum 2; voti nulli 4. Cf. ASSCOV, voi. Ili,
pars V, p. 71.
56
Presbyteris sacerdotium a missione apostolica Episcoporum rite explenda non
est seiungendum.
Huiusmodi ministerium Presbyterorum, sicut tota actio salvifica qua mis-
sic universalis Ecclesiae hic in terris perficitur, a Sacrificio Christi, quod in
Eucharistia per manus eorum celebratur, quasi ab inexhausto fonte suam vim
et virtutem iugiter haurit, atque in eo tendit ut in Novi et Aeterni Testa
menti sacrificii sollemniis « tota redempta civitas societasque sanctorum uni
versale sacrificium offeratur Deo per Sacerdotem Magnum qui etiam se ipsum
. obtulit in passione prò nobis, ut tanti capitis corpus essemus » 5.
Ben 124 Padri avevano chiesto che venisse esposta la natura del
presbiterato « nell’ambito della missione che Cristo ha affidato alla
sua Chiesa »s6*. Altri Padri desideravano che venisse chiarita la di
stinzione tra il sacerdozio comune di tutti i fedéli e il sacerdozio
ministeriale dei presbiteri perché apparisse bene la posizione del
presbitero nella Chiesa gerarchica e la sua incorporazione alla mis
sione episcopale ope participationis in unico Sacerdotio Christi1.
Mons. F. Marty, nella Relatio Generalis di piesentazione del nuo
vo schema del Decreto, notava come venisse esposta innanzitutto la
natura del presbiterato e la nobile missione che nella Chiesa viene
affidata ai presbiteri, saggi cooperatori dell’ordine episcopale, e come
fosse stata apertamente sottolineata la distinzione del sacerdozio co
mune dal sacerdozio ministeriale, che viene conferito mediante il
sacramento deH’Ordine8. « Si vuole dunque considerare il presbite
rato situandolo ecclesiologicamente e indicando qual’è il suo posto
di fronte ai vescovi e ai fedeli, e quale è la specificità del suo apo
stolato »9.
Il nuovo numero sulla natura del presbiterato viene suddiviso in
quattro paragrafi o capoversi, dei quali diamo le linee dottrinali fon
damentali.
Il primo capoverso inizia ricordando la missione della Chiesa,
inviata da Gesù Cristo, come questi a sua volta era stato mandato
dal Padre, e continuamente guidata e retta dallo Spirito Santo. Nella
Chiesa tutti i fedeli vengono costituiti (efficiuntur) in sacerdozio rega
le che li abilita all'offerta di sacrifici spirituali. Tutti i membri della
Chiesa hanno parte alla missione del corpo di Cristo, possono santi
ficare Cristo nel proprio cuore e godono dello spirito di profezia.
Tuttavia essi non godono di una potestà propriamente detta (nullam
57
I
potestatem proprie diciatti ipsius Christi Capitis in Corpus suum exer-
cere valent), bensì hanno solo la consacrazione dell'iniziazione cristia
na che li decora dell’onore regale, sacerdotale e profetico ,0.
Il secondo capoverso si indugia sulla missione e consacrazione
di Cristo. Questi inaugurò in se stesso il nuovo sacerdozio e il nuovo
culto degli adoratori del Padre in spirito e verità. Salito al cielo e
seduto alla destra del Padre in modo invisibile, volle che il suo eterno
sacerdozio venisse visibilmente perpetuato nella Chiesa terrestre. Per
ciò tra i suoi fedeli consacrò alcuni con una speciale unzione dello
Spirito perché « nel suo Corpo rappresentassero il sacerdozio del
Capo col ministero deH’episcopato e del presbiterato e agissero in
sua persona ». L'esercizio del culto cristiano non comporta solo
l'offerta di ostie e sacrifici spirituali, ma anche la partecipazione
all’offerta di quel visibile sacrificio « con cui in modo incruento e
sacramentale è reso presente lo stesso sacrificio di Cristo compiuto
cruentemente sulla croce e ne perpetua la memoria nei secoli ».
Il terzo capoverso approfondisce la natura del presbiterato e la
sua distinzione dal sacerdozio spirituale dei fedeli. L’uflicio del pre
sbiterato, come quello dell’episcopato, partecipa dell’autorità con cui
Cristo stesso costruisce, santifica e regge il suo Corpo e non può
essere ridotto al sacerdozio spirituale dei fedeli, quantumvis sublime.
Esso ha bisogno di una nuova iniziazione sacramentale, che può esse
re descritta come una certa incorporazione alla missione episcopale,
per mezzo di una speciale partecipazione al sacerdozio di Cristo.
Da qui due affermazioni di grande importanza dogmatica: «) come
mediante la consacrazione i vescovi vengono sacramentalmente con
figurati alla persona di Cristo Capo (personae Christi Capitis sacra-
mentaliter configurati tur), allo stesso modo, in grado subordinato,
i presbiteri, che sono i provvidi cooperatori dell’ordine episcopale,
sono consacrati e configurati a Cristo Capo; b) come nei vescovi c'è
la pienezza della continuazione alla missione sacerdotale degli apo
stoli, così nei presbiteri il loro sacerdozio non può essere disgiunto
dalla missione apostolica dei vescovi. È chiaro che questo paragrafo
sta al centro della descrizione della natura del presbiterato in se
stesso, nella visione ecclesiologica e nel rapporto col vescovo ".
Il quarto capoverso fa esplicito riferimento al sacrificio eucari
stico. Tutta l’azione salvifica deriva dal sacrificio di Cristo, celebralo
58
nella Chiesa per mezzo dei sacerdoti. Esso ha lo scopo che nella
solennità del sacrificio del Nuovo ed Eterno Testamento « tutta la
città redenta e la società dei santi venga offerta a Dio per mezzo
del Grande Sacerdote che offrì se stesso nella passione perché diven
tassimo membra di sì eccelso Capo »12.
Il testo è denso di dottrina.
. Parla di un rapporto indissolubile tra la missione della Chiesa e
quella di Cristo, che ha sulla sua Chiesa una « potestas ». I fedeli tutti
hanno parte alla missione della Chiesa, ma non tutti godono di una
vera potestà.
Cristo salito al cielo ha voluto esercitare visibilmente il suo sacer
dozio e rendere manifesta la sua azione: ha istituito perciò i sacer
doti, scelti tra i fedeli e consacrati a lui mediante una particolare
consacrazione sacramentale. I sacerdoti lo rappresentano e agiscono
in sua persona. La consacrazione sacerdotale si realizza compieta-
mente nella consacrazione episcopale, ma anche nei presbiteri costi
tuisce una certa incorporazione sacramentale nella missione episco
pale. In questo senso sacerdotes sono sia i vescovi che i presbiteri.
Esiste nella Chiesa il culto spirituale e il culto eucaristico.
Non solo i vescovi ma anche i presbiteri partecipano sacramen
talmente all’autorità di Cristo che edifica, santifica e regge il suo
corpo.
Il sacerdozio ministeriale non si può ridurre a quello spirituale
dei fedeli, ma ha bisogno di una nuova consacrazione B.
Partendo da Roma, i vescovi portarono la nuova stesura dello
schema del Decreto sui presbiteri. Entro il 31 gennaio 1965 avreb
bero dovuto presentare le proprie osservazioni scritte l4.
Lavoro intersessionale
Le risposte giunsero abbondanti dalle varie parti del mondo.
Furono 523, inviate da ben 200 Padri appartenenti a 30 nazioni. Per
vennero pure suggerimenti da periti conciliari e da parroci15.
porto del presbiterato con l'episcopato viene assunto per spiegare la partecipa
zione al sacerdozio di Cristo data dalla sacra ordinazione. La consacrazione
episcopale, importando una certa incorporazione alla missione episcopale, può
venir descritta per mezzo di una speciale partecipazione al sacerdozio di Cristo »
(ivi, p. 246).
12 S. Agostino, De Civitate Dei, 10, 6, in PL 41, 284.
13 Per uno sviluppo più ampio di questi concetti cf. G. Rambaldi, a. c.,
pp. 247-248.
14 Cf. AS.SCO1/, voi. Ili, pars Vili, p. 551.
15 ASSCOV, voi. IV, pars IV, p. 333.
59
I
Alcune osservazioni erano più importanti, altre riguardavano solo
redazioni testuali; alcune erano semplicemente laudative, altre — po
che — negative. Tutte, però, manifestavano la volontà comune di
rendere il testo più aderente alle esigenze della dottrina cattolica sul
sacerdozio. Riferiamo le principali.
Il Card. J. Dòpfner, arcivescovo di Monaco e Frisinga (Germa
nia), suggeriva l'eliminazione di alcune frasi che non appartenevano
al contesto: per esempio, chiamare la chiesa arca salutis l6*, oppure
la citazione di Gv 20, 21, che non tratta dell'effusione dello Spirito
Santo sulla Chiesa in quanto tale n. Due osservazioni in particolare
vanno notate. Si lodava lo sforzo di rendere il testo più appropriato
(concinnior textus) perché potesse essere messa più in luce l'idea
centrale (diluciditts percipi possi! idea centratisi e cioè la differenza
specifica del sacerdozio ministeriale. Si dovevano evitare perciò le
lunghe esposizioni sulla missione della Chiesa in genere, perché già
trattata nella costituzione LG; ma quello che si riferiva alla natura
del presbiterato doveva essere espresso brevitts et praecisius. Non
appariva opportuno esprimere in modo negativo la condizione dei
laici nella Chiesa, né si poteva sostenere che i laici non vi abbiano
nessun potere. Se è vero che non hanno potestà di ordine, possono
però esercitare una certa potestà di giurisdizione in forza della mis
sione canonica, per es. i catechisti laici18*
.
20
Quest'ultimo aspetto era richiamato pure dal Card. E. Florit,
arcivescovo di Firenze (Italia), secondo il quale i laici hanno un certo
qual potere, per es. di offrire il sacrificio eucaristico col sacerdote,
di educare cristianamente i propri figli, di esercitare determinati mi
nisteri nelle celebrazioni liturgiche Due cose erano piuttosto da
sottolineare: a) la distinzione di diritto divino fra gerarchia e laicato;
b) la irriducibilità del sacerdozio gerarchico a quello comune.
Da notare la precisazione sull'espressione praesens redditur. Po
teva essere interpretata nel senso giusto, voluto dal Concilio di Tren
to (Denz. 938, 1740), ma poteva dare adito all'interpretazione della
teoria di O. Case!, teoria comunemente respinta dai teologiM. Era
meglio perciò usare il verbo repraesentatur. Si doveva riportare inol
tre più esattamente la frase di sant'Agostino21.
16 Ivi, p. 873.
>’ Ivi, p. 874.
18 Ivi.
15 Ivi, p. 889.
20 Ivi, p. 890.
21 Ivi.
60
Il Card. L. Jàger, arcivescovo di Paderborn (Germania), deside
rava un’esposizione più pastorale
Il Card. M. Feltin, arcivescovo di Parigi (Francia), notava la fedel
tà del testo alla descrizione della natura del presbiterato e la distin
zione fra sacerdozio comune e sacerdozio ministeriale. Vi trovava però
due difficoltà. A) Nella Costituzione De Ecclesia il rapporto dei pre
sbiteri con i vescovi e con la missione di Cristo e degli apostoli era
' inteso come una premessa, dalla quale si deducevano la consacrazio
ne e la missione del presbitero; al contrario, nel presente Decreto
essa appariva come una conclusione. La prospettiva non era identica,
anzi appariva quasi come un emendamento: nella Costituzione De
Ecclesia era fondamentale perché dogmatica e quindi doveva essere
conservata anche nel presente Decreto per evitare fluttuazioni e in
certezze dottrinali. B) L’esposizione del sacerdozio comune dei fedeli
prima di quello ministeriale distoglieva l'attenzione dallo scopo pre
cipuo del Decreto, che è quello del sacerdozio ministeriale22 23.
Per Mons. J. Attipetty, arcivescovo di Verapoly (India), il testo
avrebbe dovuto riportare chiaramente e dogmaticamente il diritto
divino sul sacramento del presbiterato. Le parole che parlavano del
l’unzione dello Spirito erano chiare per i sacerdoti del rito latino,
i quali hanno l'unzione durante il rito dell'ordinazione; sono più
oscure invece per gli orientali che non hanno il rito dell’unzione e
interpretano le parole bibliche in senso simbolico2425 .
Mons. J. M. Cirarda Lachiondo, vescovo ausiliare di Siviglia (Spa
gna), riconosceva il testo teologicamente completo, ma avrebbe desi
derato un testo « con mas simplicidad y precisión de lenguaje y de
concepto ». Non gradiva inoltre l’aggettivo spirituale attribuito al
sacerdozio dei fedeli perché anche il sacerdozio ministeriale è spi
rituale
Mons. J. Darmajuwana, arcivescovo di Semarang (Indonesia), tro
vava nel testo una teologia del presbiterato molto povera (valde man
ca), mentre quella dell’episcopato era riconosciuta solo a parole
(cf. invece De Ecclesia). Vi traspariva un timore quasi spastico quan-
22 Ivi, p. 891.
23 Ivi, p. 888. La relazione del Card. M. Feltin venne sottoscritta pure dal
l’arcivescovo coadiutore P. Veuillot e dall’ausiliare di Parigi, Mons. J. Lecordier.
Dello stesso parere era Mons. A. G. Bannwarth, vescovo di Soissons (Francia)
(ivi, p. 903), e i vescovi dell’ovest della Francia (ivi, pp. 958-959).
24 Ivi, p. 898.
25 Ivi, p. 909. Anche Mons. S. Moro Briz, vescovo di Avila (Spagna), espo
neva lo stesso pensiero: « Omne sacerdotium, etiam ministeriale, pariter spiri
tuale dicendum » (ivi, p. 940.
61
do si parla della differenza tra sacerdozio ministeriale e sacerdozio
comune: c'è quasi paura che i laici usurpino i diritti dei presbiteri.
Il sacerdozio ministeriale va descritto in modo positivo, per quello
che è in se stesso: ciò che i laici possono o non possono fare, appare
secondario. Si univa alle voci dei Cardinali J. Dòpfner ed E. Florit
nel riconoscere ai laici un vero potere nella Chiesa rispetto ad alcuni
compiti: anch’essi infatti partecipano del sacerdozio di Cristo26.
Mons. P. Philippe, arcivescovo titolare di Eracleopoli Maggiore,
lodava prima di tutto lo schema, che presentava un’ottima sintesi e
poteva giovare molto alla vita e al ministero dei presbiteri. Offriva,
poi, alcuni suggerimenti per una migliore stesura del testo. Quando
si parlava del nuovo sacerdozio di Cristo, sarebbe doveroso fare espli
cita menzione della sua morte in croce, citando le parole del Conci
lio di Trento (Denz. 1740). Non era giusto affermare che tutti i bat
tezzati devono rendere testimonianza a Cristo con lo spirito di profe
zia: cf. San Paolo, 1 Cor 12, 19. Era inesatto, infine, affermare che
mediante la consacrazione sacerdotale il presbitero incorporatur mis
sioni episcopali: non si viene infatti incorporati a una missione, ma
vi si partecipa. Il testo andava perciò corretto in questo senso27.
Quando la competente Commissione conciliare si riunì nel mese
di aprile per studiare i suggerimenti pervenuti, trovò dinnanzi a sé
un'ingente mole di lavoro da vagliare per proseguire nella ricerca
di un testo definitivo.
Schema Decreti De minisierio et vita preshyterorum - Textus reco-
gnitus et Relationes
Il nuovo schema del testo venne spedito per ordine di Paolo VI
ai Padri conciliari il 28 maggio 1965. Il numero 1 era stato notevol
mente accresciuto, come si può notare dal confronto tra le due reda
zioni: vi trova posto un lungo capoverso sulla condizione dei presbi
teri nel mondo, capoverso che poi formerà un numero a se:
26 Ivi, p. 915.
27 Ivi, p. 948.
62
et regitur, qucm Christus in eam in- priamque stiam actionem salvificam
fudit (cf. lo 20, 22; Act 2, 1-4); cuius manifestam reddendo, fratribus suis
omnes lìdeles sanctum et regale sacer- inservirent. Missis ergo Apostolis sicut
dotium efiiciuntur, ut offerant spiritua- Ipse ntissus crai a Patre (cf. Io 20, 21),
les hostias acceptabiles Deo per lesum per ipsos Apostolos, eorum successore!,
Christum, et ut virtutes Eius, qui de videlicet Episcopo.!, consecrationis mis-
tenebris cos vocavit in admirabile lu sionisque suae participes e/fecit. Rur-
men suum, annutient (cf. 1 Petr 2, 5 et sus Episcopi munus ministerii sui, su
9). Nullum ergo datur in ea membrum bordinato tamen gradii, Presbyteris le-
quod in missione totius Corporis par- gitime tradiderunt. ut sint, ad rite ex-
lem non habeat, sed unumquodque plendam missionem apostolicam sibi
sanctificarc debet lesum in corde suo a Christo concreditam, providi coope
(cf. 1 Petr 3, 15), et spiritu prophetiae ratore.! Ordinis episcopalis. Presbyteri
testimonium de lesu reddere (cf. Apoc ergo, « quamvis pontifica tus apicem
19, 10). In hac tamen missione adim- non habeant, et in exercenda sua mis
plcnda, fidcles nullam potestatem pro sione ab Episcopis pendeant, cum eis
prie dictam ipsius Christi Capitis in tamen sacerdotali honore contundi
Corpus suum quod est Ecclesia (cf. sunt, et, vi Sacramenti Ordinis, ad ima-
Col. I, 24) exercere valcnt, eaquc tan ginem Christi, summi atque aeterni Sa
tum consecrationc signantur qua in ini- cerdoti! (cf. Hebr 5. 1-10; 7, 24; 9, 11-28),
tiationis christianae sacramentis « re ad Evangeliunt praedicandum fidale-
gio et sacerdotali propheticoque bo sque pascendo.! et ad divinimi cultum
llore perfusi » sunt. celebrandttm consecrantur, ut veri sa
Christus itaque inauguravi! in seme- cerdote! Novi Testamenti ».
tipso, id est in « tempio corporis sui »
(lo 2, 21), sacerdotium novum novum- Oflicium ergo non tanium episcopa-
que cultum verorum adoratorum qui tus verum etiam presbyteratus in Or
adorant Palrem in spiritu et ventate dine suo, participal (A) auctoritatem
(cf. lo 4, 23). Cum autem per ascen- qua Christus Ipse Corpus suum ex-
sionem susceptus sit ab oculis nostris struit, sanctificat et regii, ideoque ad
(cf. Act 1, 9), voluit tamen Pontifex sacerdotium communi (B) fidelium or-
noster, invisibiliter sedens ad dexte- dinatur, quo omnes sacrificium fitte-
ram Patria, suum perpetuum sacerdo grae suae vitae, cum sacrificio unici
tium in Ecclesia terrestri visibiliter Mediatori.! coniunctum, Deo spirituali-
exercere, suamque propriam actioncm ter offerunt, sed ad illud, quantumvis
manifestam reddere. Et ideo ex homi- sublime, reduci non potcst. Sacerdo
nibus assumit (cf. Hebr 5, 1), quosdam tium enim Presbyteri non tantum in
inter fideles, quos quidem unctione initiationis christianae sacramenti! fun-
Spirilus speciali modo sibi consecrat sa- datur, sed etiam peculiari initiatione
cerdotes, ut ipsi, in Corpore suo, ipsius sacramentali indiget, qua Presbyter
Capitis sacerdotum ministerio episco- speciali modo Christo sacerdoti confi
patus et presbyteratus repraesentcnt gurami-, ita ut, missionis episcopalis
et in Eius persona agant. In Ecclesia particeps factus (C), in persona Christi
ergo cultus christianus exercetur, non Capitis, Magistri, Pontifici! et Rectoris,
tantum in eo quod unusquisque singu- agere valeat. Huiusmodi ministerium
lariter offerat se hostiam viventem (cf. Presbyterorum, sicut tota actio salvifi
Rom 12, 1), sed in eo quod Ecclesia ca qua missio univcrsalis Ecclesiae hic
per sacerdotes suos, ipsum visibile Sa- in terris perlìcitur, a Sacrificio Christi,
crilicium offerì quo, incruente cl sacra- quod in Eucharistia per manus eorum
mentalilcr, cruentum illud semel in celebratur, quasi ab inexhausto fonte,
cruce peraclum Sacrificium ipsius Chri suam vim et virtutem iugiter haurit,
sti pracsens redditur eiusque memoria atque eo tendi! ut, in Novi et Aeterni
in finem usque saeculi permane!. Testamenti sacrifìcii sollcmniis « tota
Ollicium ergo, non tanium Episcopa- redempta civitas, hoc est congregalo
63
lus, veruni etiam Presbyterii in ordine societasque sanctorum universale sacri
suo, participat auctoritatem qua Chri- ficium offeratur Deo per Sacerdotem
stus ipse Corpus suum extruit, sancti- Magnum qui etiam se ipsum obtulit
ficat, et regit, atque ad sacerdotium in passione prò nobis, ut tanti capitis
spirituale fidelium, quantumvis subli corpus essemus » (D).
me, reduci non potcst. Itaque peculiari Presbyteri vero, ex hontinibus assum-
initiatione sacramentali sacerdotium pti et prò hontinibus constituti in iis
Presbyterii indiget. Quae initiatio ut quae sunt ad Deunt (cf. Hebr 5, I),
quaedam incorporatio missioni episco cimi ceteris hontinibus in terris con-
pali, ope specialis participationis sacer versantur. Itniteniur oportet Dominimi
doti! Christi, describi potest. Sicut lesum, quem Pater sanctificavit et mi
enim, vi consecrationis suae, Episcopi sti in mundurn (cf. Io 10, 36): Verbum
pcrsonae Christi Capitis sacramentali- enim Dei, caro factum, habitavit in no
ter configurantur, eodem quamvis su bis, sicut « Emmanuel » celebratur, id
bordinato modo, Presbyteri, inquantum est nobiscum Deus (cf. Io 1, 23) voluti-
providi cooperatores Ordinis episeopa- que per omnia fratribus similari, abs-
lis, cidem Christo Capiti consecrantur. que tamen peccato (cf. Hebr 2, 17; 4,
Quapropter, sicut in Episcopis pleni- 15). Ipsum idm imitati sunt Apostoli, et
tudo sacerdotali missioni Apostolorum testatur Paulus, Doctor gentium, omnia
continuandae referri debet, ita in Pre- omnibus se factum esse ut omnes ta
sbyteris sacerdotium a missione apo cerei salvos (cf. I Cor 9, 19-23 Vg). Hoc
stolica Episcoporum rite explenda non exemplum sequentes, etiam Presbyteri
est seiungendum. debent cum hominibus conversari, in
Huiusmodi ministerium Presbytero quorum utilitatem et servitium missi
rum, sicut tota actio salvifica qua mis- sunt. Vocatione quidem sua quodam-
sio universalis Ecclesìae hic in terris modo in sinu populi Dei segregantur,
perficitur, a Sacrificio Christi, quod in non ut separentur ab eo nec etiam a
Eucharistia per manus eorum cclcbra- quovis homine, sed ut totaliter conse-
tur, quasi ab incxhausto fonte suam crentur operi ad quod assumpti sunt
vim et virtuteni iugiter haurit, atque (cf. Act 13, 2): ita et Apostoli relique-
in eo tendit ut in Novi et Aetcrni Te runt omnia ut sequi possent Christum
stamenti sacrifici! sollemniis « tota re- (cf. Mi 19, 27; Le 5, 11) piscatoresque
dempta civitas societasque sanctorum fieri hominum (cf. Me 1, 17). Ministri
universale sacrificium offeratur Deo enim Christi esse non possent itisi
per Sacerdotem Magnimi qui etiam se alias vilae quam terrenae testes esserti
ipsum obtulit in passione prò nobis, et dispensatores, sed ncque hontinibus
ut tanti capitis corpus essemus ». inservire valerent si eorum vitae con-
dicionique extranei remanerent. Quare
tenentur Presbyteri, sicut omnes Chri
sti discipuli, titillo tamen peculiari, ne
se conforment huic saeculo (cf. Rom
12, 2): nani, si sai evanuerit, ad nihi-
lum valet ultra (cf. Mt 5, 13); sed simul
tenentur, sicut boni pastores, oves sitas
cognoscere, persentientes mentem ho
minum eorumqtie vitam non solimi in-
dividualem et familiarem, sed etiam
oeconomicam, culturalem et socialem.
Ita enim solummodo possunt apto
modo eis loqui eosque adiuvare ut
Evangelio totani suam imbuant vitam
(E) 28.
2» ASSCOV, voi. IV, pars IV, pp. 337-339.
64
Nella Relatio Generalis della presentazione del nuovo schema,
Mons. F. Marty, relatore ufficiale, osservava che nel nuovo schema
era stata esposta innanzitutto la natura del presbiterato e la pre
stantissima missione dei presbiteri nella Chiesa; che sempre veniva
tenuta presente la Costituzione De Ecclesia-, e che si era proceduto
inoltre in modo più adatto (concinnius) e più positivo nella distin
zione fra sacerdozio comune dei fedeli e sacerdozio ministeriale29.
Nelle Relationes de singulis numeris veniva data spiegazione dei
mutamenti introdotti.
Il nuovo e ampio capoverso, completamente rifatto, si richiamava
alla dottrina della Costituzione De Ecclesia riguardo alla missione dei
vescovi, dei quali i presbiteri sono cooperatori. Era stata spesso evi
denziata una maggiore unità in tutto il numero e diminuito invece
il suo carattere culturale. Il secondo capoverso assumeva un'esposi
zione più chiara e più stringata. Il terzo paragrafo esponeva la con
dizione dei presbiteri nel mondo, cioè nella comunità degli uomini,
in mezzo ai quali sono stati scelti e per i quali esercitano il loro
impegno30.
Un vescovo aveva capito che i presbiteri partecipano dell’ufficio
dei vescovi: la commissione precisa (lettera A) che i presbiteri par
tecipano dell’autorità di Cristo. Con la lettera B si era sostituito
l'aggettivo spirituale con comune, applicato al sacerdozio dei fedeli:
ciò è più conforme alla Costituzione De Ecclesia n. 10.
L'espressione incorporalo missioni episcopali veniva sostituita
da missionis episcopalis particeps factus perché la missione si iden
tifica con l'ufficio, e perciò meno rettamente si può parlare di incor
porazione all’ufficio (lettera C). Con la lettera D era stata corretta
la citazione di sant’Agostino.
Tutto il terzo paragrafo parlava della condizione del presbitero
nel mondo31.
Non ancora soddisfatto delle osservazioni inviate per scritto,
Mons. F. Marty, arcivescovo di Reims, la mattina del 13 ottobre 1965,
prima dell’inizio delle discussioni in Aula, precisava alcuni punti
tenuti presenti dalla Commissione nella stesura del testo in discus
sione. La dottrina dello schema — osservava l'arcivescovo — era stata
presa nelle sue linee essenziali dalla Costituzione De Ecclesia, che
29 Ivi, p. 333.
» Ivi, pp. 376-377.
31 Ivi, p. 377. Poiché nella relazione definitiva questo paragrafo viene ad
essere un numero a se stante, tutte le osservazioni che lo riguardano verranno
riprese nell’esame deH’tter parlamentare di quel numero.
65
costituisce un solido fondamento della dottrina elaborata nello sche
ma. La Commissione pensava di aver messo maggiormente in luce
le sue ricchezze. La missione pastorale del presbitero dice relazione
essenziale alla missione apostolica ricevuta da Cristo. In forza della
sacra ordinazione, il presbitero viene configurato in modo speciale a
Cristo sacerdote così che, reso partecipe della missione episcopale,
può agire in persona Christi Capitis, Maestro, Sacerdote e Condot
tiero, per l'edificazione del suo corpo che è la Chiesa32.
Nei giorni successivi venne discusso lo schema del Decreto, che
— come al solito — venne lodato, criticato e attentamente vagliato
in vista di ulteriore perfezionamento. Ecco i principali interventi orali
o scritti:
Il Card. E. Ruffini, arcivescovo di Palermo (Italia), notava la
discordanza con la storia quando si dice che gli apostoli hanno costi
tuito i vescovi e non i presbiteri. Cf. invece At 14, 23 33.
Il Card. G. Colombo, arcivescovo di Milano (Italia), osservava
che il testo sarebbe stato molto più ricco se il ministero sacerdotale
fosse stato riallacciato più strettamente al mistero della Chiesa e,
mediante questa, al sacerdozio di Cristo. Il ministero pastorale non
ha solo origine dalla missione canonica, ma è legato alla pienezza
sacramentale dello stesso sacerdozio dei vescovi, dal quale promana
e col quale rimane unito nel suo esercizio. Grande conforto sarebbe
per i sacerdoti, durante i periodi di solitudine, sapersi uniti a Cristo,
al vescovo e a tutto il presbiterio34.
Mons. L. J. Guyot, vescovo di Coutances (Francia), si domandava
come mai fosse stata tolta l’espressione che i presbiteri sono consa
crati da una speciale unzione dello Spirito Santo. Era molto impor
tante, infatti, per la santità sacerdotale, affermare chiaramente fin
dall’inizio il posto dello Spirito Santo nella consacrazione dei mini
stri, anche perché, secondo la Sacra Scrittura, l’esercizio sacerdotale
della Nuova Legge viene presentato tamquam ministratio Spiritus
Sancti35.
Mons. L. E. Henriquez Jiménez, vescovo ausiliare di Caracas (Ve
nezuela), trovava molto povero teologicamente il n. 1, che doveva
invece essere la base della dottrina sulla natura e sul ministero del
presbiterato. Bisognava richiamare e sottolineare fortemente che il
sacerdozio consiste nell’ontologicti configurazione a Cristo Sacerdote
32 Ivi, p. 390.
33 Ivi, p. 687.
3* Ivi, p. 734.
35 Ivi, p. 745.
66
e nella reale partecipazione del suo unico ed eterno sacerdozio. Da
Cristo, essentialiter sacerdos, centro e fine dell’universo, nasce il sa
cerdozio ministeriale. Se la natura del sacerdozio dei presbiteri ve
nisse sviluppata nella configurazione a Cristo Sacerdote, anche sotto
l’aspetto esistenziale si potrebbe dare una risposta ai molti interro
gativi che oggi agitano i sacerdoti36.
Il Card. J. Dòpfner, arcivescovo di Monaco e Frisinga (Germa-
• nia), suggeriva che l'attuale n. 1 venisse suddiviso in due numeri di
stinti: il primo trattasse della natura del presbiterato e il secondo
della condizione dei presbiteri nel mondo37* .
Il Card. L. J. Suenens, arcivescovo di Malines-Bruxelles (Belgio),
nelle situazioni moderne faceva appello a un rinnovamento della fede
nei sacerdoti3S.
Mons. L. J. Tomé, vescovo di Mercedes (Argentina), lodava lo
schema per l’accurata distinzione tra sacerdozio dei fedeli e sacer
dozio ministeriale. Giustamente e opportunamente perché oggi era ne
cessario. Si dilungava, quindi, nel citare frasi ed espressioni molto
ambigue su questo punto, le quali parlano del sacerdozio laicale equi
parandolo a quello ministeriale39.
Il Card. L. Rugambwa, vescovo di Bukoba (Tanzania), chiedeva
che fosse esposto con maggior chiarezza l’elemento specifico del sa
cerdozio ministeriale, nonché la sua relazione al sacerdozio di Cristo
trasmesso per mezzo del vescovo. Andava pure sottolineata la dimen
sione missionaria di ogni sacerdote perché ogni presbitero viene inse
rito nella missione universale di tutta la Chiesa40.
Il Card. L. J. Shenan, arcivescovo di Baltimora (USA), desiderava
che venisse sottolineato di più l’aspetto teocentrico della vita sacer
dotale. La configurazione a Cristo mediante il sacramento dell’ordine
è unione con Cristo sul piano reale e ontologico, e rende il sacerdote
sacer, Deo consecratus ad laudem et gloriam Dei. Il testo accentuava
troppo — nimis aestimat — il servizio del popolo di Dio quasi a sca
pito del servizio di Dio stesso. Non andava dimenticata l’eresia del
l'azione condannata da Pio XII4l.
Per Mons. S. Soares de Resende, vescovo di Beira (Mozambico),
la dottrina teologica del presbiterato non era ancora matura e quindi
non poteva essere esposta in modo definitivo ed esauriente. Il presbi-
67
terato dice rapporto a Cristo, che è causa di ogni santità ontologica
delie creature; partecipa del sacerdozio di Cristo, ma non nella stessa
misura del vescovo. Mediante il carattere sacerdotale il presbitero
è l’uomo che dopo il vescovo e nella linea sacramentale ha la mag
giore unità ontologica con Cristo, c quindi, dopo il vescovo, è il mag
giore e reale rappresentante di Cristo nella Chiesa42.
Mons. A. Ndongmo, vescovo di Nkongsamba (Cameroun), deside
rava addirittura un capitolo previo a tutto lo schema, nel quale cla-
rius et analitice venisse approfondita la natura del sacerdozio mini
steriale nella sua consistenza (relatio in) in rapporto a Cristo Pro
feta, Liturgo e Re. Questa è la base di tutti gli altri rapporti verso
il vescovo e i laici e a Cristo stesso come inviato dal Padre, sacer
dote e capo (relatio ad) 43.
Anche Mons. R.J. De Roo, vescovo di Victoria in Vancouver (Ca-
nadà), ritornava sullo stesso concetto. Sottolineava fortemente il lega
me della Chiesa gerarchica a) mistero di Cristo. Compito essenziale
della gerarchia è di essere a capo di una chiesa missionaria, che si
avvicina al Padre come sacramento di Cristo pastore e capo. Il sacer
dote-ministro appare veramente come un apóstolos (missus): cioè
come colui in cui Cristo stesso prosegue la sua vocazione di pastore
in modo sacramentale44.
Don T. Falls, parroco dell'arcidiocesi di Filadelfia (USA), affer
mava che il sacerdote con l’ordinazione viene configurato all’unico e
Sommo Sacerdote Cristo ita ut alter Christus apte vocari possiti
Mons. J. Manrique Hurtado, vescovo di Oruro (Bolivia), voleva
che venisse accuratamente distinta la natura teologica del presbite
rato dalla natura canonica. Dalla natura teologica il presbitero ha
una missione divina universale e diviene cooperatore dell’ordine epi
scopale. Dalla natura canonica il presbitero riceve la circoscrizione
del campo in cui può esercitare la missione universale, diventa in
concreto il cooperatore di un determinato vescovo e forma sotto di
lui un determinato presbiterio46.
Sullo stesso motivo ritornava Mons. C. Morcillo Gonzàlez, arci
vescovo di Madrid-Alealà (Spagna). Punti dottrinali richiamati: i pre
sbiteri sono di immediata istituzione ecclesiastica, sia degli apostoli
o sia dei loro successori; il sacerdozio dei presbiteri configura al
« Ivi, p. 65.
43 Ivi, pp. 67-68.
44 Ivi, p. 164.
45 Ivi, p. 548.
46 Ivi, p. 392.
68
sacerdozio di Cristo, come vi si configura il sacerdozio dei vescovi
e il sacerdozio spirituale dei fedeli; il sacerdozio presbiterale è parte
cipazione al sacerdozio di Cristo e perciò partecipazione dell'ufficio
redentivo proprio di Cristo. Ai presbiteri vengono imposte le mani
ut sint cooperatores ordinis episcoporum. Il loro sacerdozio per sua
natura è quindi subordinato a quello dei vescovi, comporta una co
munione con quello, perché tutti e due partecipano al medesimo sacer
dozio di Cristo, alla medesima missione e successione apostolica, ben
ché in grado subordinato e diverso. In questo senso i presbiteri si
possono dire col Concilio di Trento successores Apostolorum in sacer-
dotio (Denz. 1764). Con l'imposizione delle mani il presbitero riceve
e la comunione gerarchica e gli uffici o ministeri propriamente detti
sacerdotali, che devono essere esercitati solo nella comunione col
collegio episcopale e col suo capo, e concretamente nella comunione
col proprio vescovo, preposto alla Chiesa locale 47.
Da notare che l’affermazione di Mons. C. Morcillo sull’origine
ecclesiastica dei presbiteri trovava molti dissenzienti: Mons. J. M.
Ariz Huarte, vicario apostolico di Puerto Maldonado (Perù)48; Mons.
V. Cecchi, vescovo di Fossombrone (Italia)49; Mons. J. Hervàs y Benet,
prelato nullius di Ciudad Reai (Spagna)50.
Molti interventi, soprattutto scritti, si dilungavano in osservazio
ni redazionali51.
Da notare infine l'intervento di due vescovi.
Mons. J. E. L. Ménager, vescovo di Meaux (Francia), il quale sot
tolineava l'importanza dell'avverbio perpetuo consecrantur i presbi
teri contro l’affermazione dei « prétres pour quelques années »52.
Mons. L. Lebrun, vescovo di Autun (Francia), si lamentava della
omissione dell'unzione dello Spirito Santo nel nuovo testo. Con una
lunga analisi dei limiti redazionali per tale omissione e una lunga
esposizione positiva biblica circa l’unzione dello Spirito Santo, il
vescovo insisteva su tre punti: « a) cette omission est regrettable en
« Ivi, p. 412-413.
48 Ivi, p. 228.
« Ivi, p. 244.
50 Ivi, p. 354.
51 Gli interventi scritti si trovano ivi, pp. 209-541. Osservazioni redazionali
sono state fatte dal Card. G. Colombo (ASSCOV, voi. IV, pars IV, pp. 874-878),
Mons. S. Moro Briz (ivi, pp. 938-941), Mons. P. Philippe (ivi, pp. 948-950), Mons.
I. B. Da Mota e Albuquerque, vescovo di Vitória (Brasile) (ASSCOV, voi. V,
pars V, pp. 275-294), Mons. J. B. Przyklenk, vescovo di Januària (Brasile) (ivi,
pp. 454-460), Mons. J. R. Pulido Méndez, coadiutore di Mérida (Venezuela) (ivi,
pp. 463-471), Mons. P. L. Seitz, vescovo di Kontum (Vietnam) (ivi, pp. 487-498).
52 Ivi, p. 401.
69
elle-méme; b) est regrettable par ses consequances sur la suite du
schèma; c) raison d’opportunité à mettre en valeur le ròle du Saint-
Esprit »S354.
L'ampio dibattito conciliare offrì materia sufficiente per un ulte
riore perfezionamento del testo dello schema prima della redazione
definitiva.
70
peratores Ordinis episcopalis. Presby- Idem vero Dominus, inter fideles, ut
teri ergo, « quamvis pontificatus api- in unum coalescerent corpus, in quo
cem non habeant, et in exercenda sua « non omnia membra eundem actum
missione ab Episcopis pendeant, cum habent » (Rom 12, 4), quosdam instituit
eis tamen sacerdotali honore coniuncti ministros, qui, in societate fidelium,
sunt, et vi Sacramenti Ordinis, ad ima- sacra potestate pollentes, sacerdotali
ginem Christi, summi atque aeterni Sa- officio publice prò hominibus fungeren-
cerdotis (cf. Hebr 5, 1-10; 7, 24; 9, 11-28), tur (C). Itaque, missis Apostolis sicut
. ad Evangelium praedicandum fidele- Ipse missus erat a Patre (cf. Io 20, 21),
sque pascendos et ad divinum cultum Christus, per ipsos Apostolos, conse-
celebrandum consecrantur, ut veri sa- crationis missionique suae participes
cerdotes Novi Testamenti ». effecit eorum successores, Episcopos;
Officium ergo non tantum episcopa- qui Episcopi munus ministerii sui, su
tus, veruni etiam presbyteratus in Or bordinato quidem gradu, Presbyteris
dine suo, participat auctoritatem qua legitime tradiderunt, ut in Ordine pre
Christus Ipse Corpus suum extruit, sbyteratus constituti, ad rite explendam
sanclilicat et regit, ideoque ad sacerdo missionem apostolicam sibi a Christo
tium commune fidelium ordinatur, quo concreditam, Ordinis episcopalis essent
omnes sacrifìcium integrae suae vitae, coopera tores.
cum sacrifìcio unici Mediatoris coniun- Etiam officiuni presbyteratus in Ordi
ctum, Deo spiritualiter olferunt, sed ad ne suo participat auctoritatem qua
illud, quantumvis sublime, reduci non Christus Ipse Corpus suum extruit,
potest. Sacerdotium enim Presbyteri sanctificat et regit. Quare sacerdotium
non tantum in initiationis christianae Presbyterorum in initiationis christia
sacramentis fundatur, sed etiam pecu nae Sacramentis quidem fundatum, pe
liari initiatione sacramentali indiget, culiari tamen ilio Sacramento Spiritus
qua Presbyter speciali modo Christo Sancti (D), speciali charactere donan-
sacerdoti configuratur, ita ut, missionis tur et sic Christo Sacerdoti configuran-
episcopalis particeps factus, in persona tur, ita ut in persona Christi Capitis
Christi Capitis, Magistri, Pontificis et agere valeant.
Rectoris, agere valeat. Huiusmodi mi- Munus quidem Apostolorum cum
nisterium Presbyterorum, sicut tota prò sua parte participent, Presbyteris
actio salvifica qua missio universalis gratia datur a Deo ut sint ministri
Ecclesiae hic in terris perficitur, a Sa Christi lesu in gentibus, sacerdotio
crificio Christi, quod in Eucharistia per Evangelii fungentes, ut fiat oblatio gen-
manus eorum celebratur, quasi ab inex- tium accepta, sanctificata in Spiritu
hausto fonte, suam vim et virtutem Sancto (cf. Rom 15, 16 gr). Per Evan
iugiter haurit, atque eo tendit ut, in geli enim apostolicum nuntium con-
Novi et Aeterni Testamenti sacrificii vocatur et congregatur Populus Dei, ita
sollemhiis « tota redempta civitas, hoc ut omnes ad hunc Populum pertinentes
est congregatio societasque sanctorum sanctificati cum sint Spiritu Sancto,
universale sacrifìcium offeratur Deo per seipsos offerre possint « hostiam viven-
Sacerdotem Magnum qui etiam se tem, sanctam, Deo placentem » (Rom
ipsum obtulit in passione prò nobis, ut 12, I). Presbyteri quidem sacrifìcium
tanti capitis corpus essemus ». spirituale fidelium coniungere valent
cum sacrificio Christi, unici Mediatoris,
quod per manus suas in Eucharistia
incruente et sacramentaliter celebra
tur donec Ipse Dominus veniat (cf. 1
Cor 11, 26) (E). Ministratio igitur
eorum, quae ab evangelico nuntio in
cipit, e Sacrificio Christi suam vim et
virtutem haurit, atque eo tendit ut
71
« tota redempta civitas, hoc est con
gregano societasque sanctorum, uni
versale sacrificium offeratur Deo per
Sacerdoteni Magnum, qui edam se ip-
sutn obtulit in Passione prò nobis, ut
tanti Capilis corpus essemus ».
Finis igitur qttem ministerio atque
vita persequuntur Presbyteri est gloria
Dei Patri
* in Christo procurando. Quae
gloria in eo est quod homines conscie
et libere atque grato animo Dei opus
in Christo perfectum recipiunt. Pre
sbyteri itaque, sive oralioni et adora-
rioni vacent, sive verbum praédicent,
sive Sacramenta administrent, sive alia
prò homiitibtis exerceant nùnisteria, ad
Dei gloriarti augendam simili oc ad ho-
minum vitam promovendam, confermi!
(F) 55.
72
Lettera B: era ripreso come introduzione ciò che dal testo del
mese di novembre del 1964 veniva affermato circa la missione della
Chiesa e il sacerdozio comune dei fedeli. « Il testo è più conciso —
osserva il Padre G. Rambaldi — di quello di novembre ma viene
ripreso alla lettera il periodo in cui si diceva che non c'è alcun mem
bro della Chiesa che non abbia parte nella missione di tutto il corpo
e che tutti debbono glorificare Gesù nella propria persona e rendere
■testimonianza a Gesù in spirito di profezia »58.
Lettera C: l’espressione indicava il passaggio dal sacerdozio co
mune dei fedeli al sacerdozio gerarchico o ministeriale.
Lettera D: era ripreso il testo dell’unzione dello Spirito Santo
per dire chiaramente quale posto avesse lo Spirito Santo nella consa
crazione e nella missione dei presbiteri.
Lettera E', il lungo testo descriveva il muntis sacerdotale dei pre
sbiteri, partendo dalla missione apostolica conferita da Cristo, eterno
ed unico sacerdote della Nuova Legge. Molti Padri avevano espresso
il desiderio che venisse illustrato il valore propriamente sacerdotale
di tutto il ministero dei presbiteri. Molti anzi, considerando il pro
gresso dell'apostolato dei laici, avevano chiesto quale fosse lo specifi-
cum dell'apostolato dei presbiteri.
Lettera F: l'ultimo capoverso era stato introdotto perché appa
risse più chiaramente che la vera missione sacerdotale verso gli
uomini e la vera adorazione del Padre sono tra loro strettamente
e indissolubilmente unite e concorrono simultaneamente all'aumento
della gloria di Dio e alla promozione della vita degli uomini59.
L’ulteriore perfezionamento del testo indica quanto stesse a cuore
ai Padri il Decreto PO. Secondo il regolamento del Concilio, il nuovo
testo non veniva più discusso in Aula, ammetteva però delle precisa
zioni mediante la presentazione dei cosidetti modi. Quando il 9 novem
bre il testo del Decreto era distribuito in Aula, venivano pure chiesti
nuovi suggerimenti o modi in vista della redazione definitiva.
73
nello spoglio vennero raggruppati in 52: 4 modi generali; 7 per il proe
mio o n. 1, 31 per il numero 2 e 10 per il numero 3. I Padri che pro
posero dei modi per il numero 2 furono circa 400.
Evidentemente non tutti i modi vennero accettati; tutti invece
vennero attentamente valutati ed esaminati. Mons. F. Marty dava
una breve spiegazione del criterio seguito nella valutazione dei modi.
Alcuni di essi non avevano potuto essere accettati per diverse ragio
ni. Quattro Padri avevano chiesto, per esempio, che all'inizio del nu
mero 2 venisse aggiunto un paragrafo che descrivesse brevemente il
sacerdozio di Cristo. Ma tale aggiunta — venne risposto — avrebbe
oltrepassato di molto la caratteristica di un modo; e non sarebbe
stata neppure necessaria perché del sacerdozio di Cristo si parla in
diverse parti dello stesso Decreto, e soprattutto nella Costituzione
De Ecclesia, che è la base dottrinale di tutte le affermazioni del De
creto61. Così pure — sempre nella Relatio di Mons. F. Marty — non
venne accettato il « modo di coloro che volevano inclusa nel testo la
definizione scolastica del potere di consacrare l’Eucaristia. La Com
missione — soggiunge la Relatio — non aveva creduto opportuno
accettare questo suggerimento perché nel Decreto il sacerdozio pre
sbiterale veniva illustrato col sacerdozio dei vescovi culmen et pleni-
tudo sacerdotii; era perciò necessario considerare il presbiterato non
alla luce di un solo munus, ma di tutti e tre, e quindi maggiormente
collegato agli Apostoli e alla loro missione62.
Dall'esame della perpensio modorum appariva però chiaro che si
era tenuto ampiamente conto di questo desiderio, sottolineando l’im
portanza dell’eucaristia nel ministero dei presbiteri, inserendo nel
testo due espressioni significative. Del resto, il numero 5 del Decreto
era chiaro nel riaffermare la centralità dell’eucaristia, come appariva
dalla risposta al modo 19 63.
A chi si lamentava che il numero parlava prima del sacerdozio
« metaforico » dei fedeli ma non proponeva nessun modo, la Commis
sione rispondeva che anche la Lumen Gentium (cf. nn. 10 e 34) si era
espressamente astenuta dall'usare questo aggettivo riguardo al sacer
dozio dei fedeli. Bisognava cominciare, però, dal potere sacerdotale di
tutto il popolo di Dio perché il sacerdozio gerarchico è anche ministe
riale, cioè un servizio reso al popolo sacerdotaleM.
74
L’espressione unctio Spiritus riferita a Cristo era accettata prò
parte e con l’aggiunta in nota delle riferenze bibliche Mt 3, 16; Le 4,
18; At 4, 27 e 10, 38 65.
Alcuni Padri criticavano le parole riguardo allo spirito di pro
fezia e alla citazione dell'Apocalisse 19, 10 e ne chiedevano l'espul
sione perché il carisma è concesso, secondo Paolo (1 Cor 12, 19), solo
ad alcuni. Ma la Commissione non accettava questo modo perché nel
’ testo non si alludeva ad un carisma peculiare, ma alla partecipazione
di tutti i battezzati allo spirito profetico di Cristo, secondo il senso
dato dalla LG 35 60.
Per le prime cinque righe del secondo capoverso che parlavano
del potere sacrificale dei presbiteri venivano suggeriti quattro modi
diversi. La Commissione accettava solo il primo e in qualche modo
il secondo, mentre scartava il terzo e il quarto come insufficienti67.
75
La frase dell’ultima parte del secondo capoverso che parlava dei
vescovi come istitutori del presbiterato (episcopi... legitime tradide-
runt...') veniva criticata da 81 Padri perché portava alla conclu
sione che il presbiterato era stato istituito non dagli Apostoli, ma
dalla Chiesa stessa. Tra i diversi modi suggeriti per ovviare le diffi
coltà storiche della istituzione del presbiterato, la Commissione pro
poneva un testo, che, senza dirimere la questione storica, non offriva
nessun danno alla verità dogmatica68.
Particolare attenzione veniva data alle espressioni che parlavano
del carattere e della configurazione del sacerdote a Cristo: si chie
deva di togliere la parola character, che è troppo scolastica c non ha
nessun rapporto alla grazia, e di sostituirla con peculiari modo. La
Commissione respingeva la proposta perché la parola carattere è tra
dizionale e in nessun modo ha sapore scolastico; il peculiaris modus
di configurazione a Cristo che viene suggerito, è troppo impreciso e
non designa chiaramente grazia e carattere. Era pure respinto il modo
che proponeva che i presbiteri partecipano dell’ufficio apostolico prò
sua parte in episcopo. Ragione: l’espressione avrebbe canonizzato una
concezione, forse probabile, ma certamente discutibile69.
76
Era invece accettato un modo proposto da 74 padri e che riguar
dava il rapporto vescovo-presbitero: Officium presbyterorum, utpote
Ordini episcopali coniunctum, participat... Nel testo precedente si
dava l’impressione che i presbiteri dicessero ordine immediato a
Cristo, mentre natura sua sono cooperatori dell’ordine episcopale70.
Veniva invece respinto il modo suggerito da un vescovo, il quale
desiderava che si dicesse che l’ufficio dei presbiteri viene ordinato
al sacerdozio dei fedeli, ma non viene ristretto a quello. In tutto lo
schema infatti si parlava di tale rapporto (cf. LG 10) che trova pa
recchie difficoltà71..
Veniva accettato il cambiamento del verbo fundatur, quando si
dice che il sacerdozio dei presbiteri si fonda sui sacramenti dell'ini
ziazione cristiana, con supponit sacramenta initiationis christianae:
si evitava così una pericolosa ambiguità72.
Qualche Padre avrebbe voluto l'elenco completo del triplice mu-
nus del presbitero a conclusione del terzo capoverso. Ma il suggeri
mento non era accettato perché la frase sarebbe stata troppo lunga.
Inoltre quando si parla dei presbiteri sempre si dice che partecipano
agli uffici dei vescovi73.
77
Altri 74 Padri avrebbero desiderato che si specificasse che il po
polo di Dio viene adunato mediante l’annuncio della parola (inizio
quarto capoverso) ad celebrandum sacrificium Christi... Ma la Com
missione non accettava perché il popolo di Dio non viene adunato
solo per la celebrazione eucaristica; in caso contrario si suggerireb
be l'idea di un duplice grado di offerta: quella del sacrifìcio spiri
tuale dei fedeli a se stante, e quello in cui i presbiteri fanno in mo
do che il sacrifìcio spirituale dei fedeli possa unirsi sacramental
mente al sacrifìcio di Cristo.
Veniva tuttavia accettato un modo analogo che vedeva la consu
mazione del sacrifìcio dei fedeli in unione al sacrifìcio di Cristo of
ferto dai presbiteri a nome di tutta la Chiesa. Motivazioni addotte:
già prima della celebrazione dell’eucaristia il sacrifìcio dei fedeli è
unito al sacrifìcio di Cristo; tale unione nel sacrificio eucaristico rag
giunge la sua consummatio o perfezionamento. Opportunamente era
aggiunta la frase in nomine Ecclesiae, perché tale è la dottrina del
Concilio di Trento e ne dava la motivazione nel fatto che i sacrifìci
dei fedeli devono essere uniti all’eucaristia74.
78
Altri modi vennero scartati perché proponevano mutamenti
troppo sostanziali del testo75; altri poi suggerivano redazioni stili
stiche e in parte furono accettati76.
Alcuni suggerimenti danno l'impressione di essere ricercatezze
stilistiche di dettagli insignificanti; denotano invece l’amore e la pre
occupazione nei Padri per la formulazione esatta della dottrina sul
la natura del presbiterato, che stava alla base di tutto il Decreto.
Il 30 novembre 1965 veniva presentato ai Padri il nuovo testo
con i modi esaminati e accettati o respinti. Il fascicolo era di ben
126 pagine. Il 4 dicembre successivo veniva accettata con votazione
pressoché unanime la « perpensio modorum »77.
Il 7 dicembre tutto il Decreto veniva approvato dal Concilio78
e promulgato da Paolo VI. Anche il numero 2 sulla natura del pre
sbiterato concludeva il suo travagliato iter conciliare.
79
Il titolo stesso del capitolo è altamente significativo: il presbi
terato nella missione della Chiesa. Per comprendere bene, perciò,
la ragione d'essere del presbiterato, questo va posto alla luce della
natura della Chiesa e della sua missione nel mondo. Il presbiterato
non può essere considerato una realtà chiusa in se stessa, « collo
cato sopra e tanto meno in opposizione al popolo di Dio, ma piut
tosto incluso in esso in una posizione di servizio qualificato del ser
vizio del popolo di Dio »81. Va quindi inserito nella prospettiva tri
nitaria, cristologica, sacramentale e collegiale, di presenza e di cari
sma di santità propria del ministero stesso della Chiesa nella consi
derazione del Vaticano II.
Il numero 2 del nostro Decreto è stato ampiamente studiato sia
alla luce della Costituzione LG sia in se stesso 82. È strutturato in
cinque capoversi che cercheremo di esporre premettendo il titolo
o i titoli che ci sembrano più significativi del capoverso stesso.
80
mondo. Sono da rilevare i testi biblici citati in nota (Mt 3, 16; Le 4,
18; At 4, 28 e 10, 38): essi ripetutamente usano i termini consacra
zione, santificazione, unzione dello Spirito, missione particolare nel
mondo. Le parole esprimono e descrivono il modo di esistere di
Cristo che è stato consacrato o santificato con l'unzione dello Spirito
da parte del Padre edfl è ,s|qto inviato o mandato nel mondo a com
piere una missione affidatagli dal Padre. Dato il loro frequente uso
■ in tutto il nostro Decreto come nella LG M, precisiamone brevemente
il significato85.
« Consacrazione » significa rendere sacro un oggetto, un luogo
o una persona sottraendoli all’uso profano e riservandoli all’uso sa
cro o religioso. Comunemente viene usato piuttosto nel significato
biblico di santificazione che esprime un particolare rapporto di co
munione di un uomo con Dio in vista di un servizio verso Dio stesso
o verso il popolo. Vengono così consacrati i profeti, i re, i sacer
doti nel Vecchio Testamento.
« Missione » o invio (in greco apostello, apostole) denota l'intera
attività di una persona o di una comunità inviate da Dio per com
piere uno specifico compito di ordine salvifico86.
Nel Vaticano II i termini sono usati frequentemente e vengono
applicati a Cristo, alla Chiesa, ai singoli membri della Chiesa e, in
modo specifico e significativo, ai membri della gerarchia.
La consacrazione e la missione di Cristo sono uniche e unitarie
(LG 3; 3-4). Uniche e unitarie sono la consacrazione e la missione
della Chiesa intera (A4 2).
La missione viene attuata nell’esercizio stesso delle funzioni di
Cristo, funzioni di magistero, di santificazione e di governo. In modi
diversi e differenziati analoghe funzioni vengono compiute dall’in
tero popolo di Dio: testimonianza, culto e servizio del popolo cri
stiano in forza del carattere battesimale. Esistono poi nella Chiesa
funzioni specifiche, qualificate e qualificanti della gerarchia in forza
della consacrazione e della missione proprie dell’ordine sacro.
La consacrazione o santificazione viene compiuta mediante la
unzione dello Spirito Santo. Così fu per Gesù nel battesimo al fiume
Giordano. Così è in modo diverso per i membri della Chiesa che
vengono santificati e consacrati mediante una particolare unzione
81
dello Spirito sia nel battesimo (tutti i cristiani), sia nell’ordine (i
membri della gerarchia): LG 10; PO 2, 12.
L’iter conciliare del numero 2 ha dimostrato l’insistenza di mol
ti Padri perché venisse evidenziata l'importanza dell’unzione dello
Spirito Santo nella vita dei presbiteri sia in questo che in altri nu
meri del Decreto87.
Il Concilio si è deliberatamente trattenuto dall'illustrare più
diffusamente in questo luogo la natura e l’esercizio del sacerdozio
di Cristo sia per non riportare concetti espressi in luoghi paralleli
della LG e dell'A/1, sia per non ripetere esplicitamente la dottrina
del Concilio di Trento. Che non sia stata questa mancanza esplicita
della dottrina sulla natura del sacerdozio di Cristo una delle occa
sioni, fra tante altre, che fomentarono la crisi sull’identità sacer
dotale nel postconcilio? Non osiamo negarlo. Sta di fatto che il Terzo
Sinodo dei vescovi del 1971 inizia i punti dottrinali sul sacerdozio
ministeriale « precisamente con una vigorosa exposición del sacer-
docio de Cristo »88.
Il sacerdozio comune della Chiesa. Lo studio teologico del sacra
mento dell'ordine fino al Concilio Vaticano II, prendeva come base
di riflessione e punto di partenza, il sacerdozio dei presbiteri, consi
derandolo come tipo essenziale e completo del sacerdozio cattolico.
Ne usciva un impoverimento dogmatico sia dell'episcopato che del
sacerdozio comune dei fedeli, riducendo il primo a non essere un
sacramento e il secondo « a una replica affievolita, uno schizzo, una
immagine assai imperfetta di quello dei presbiteri »85. Il Vaticano II
cambia prospettiva. Dopo il richiamo a Cristo, passa alla Chiesa.
Solo nel mistero della Chiesa va inserito e considerato il sacerdozio
ministeriale o gerarchico. La LG considera la gerarchia all’interno
del popolo di Dio, come un servizio specializzato della Chiesa sotto
il primato di Cristo sovrano, al cui servizio, prima di tutto, il sacer
dozio ministeriale è ordinato. Il PO apre il discorso sul sacerdozio
ministeriale con un periodo dedicato al sacerdozio regale e profe
tico di tutti i cristiani. Le diverse redazioni dei testi, dopo la boc
ciatura dello schema delle proposizioni nell'ottobre 1964, e le rispo
ste della Commissione conciliare ai vari modi accettati o respinti,
hanno sempre difeso questa linea dottrinale impostala dalla LG e
seguita ora dal PO.
82
Le poche righe, che il PO dedica a questo punto, sono da com
pletarsi e da intendersi alla luce delle affermazioni della LG, spe
cialmente n. 35. Chiaramente viene affermato che tutto il corpo mi
stico di Cristo partecipa della unzione spirituale del Capo; che tutti
i fedeli formano un sacerdozio santo e regale; che tutti possono of
frire a Dio sacrifici spirituali per mezzo di Cristo e tutti possono an
nunciare le grandezze di Colui che li ha chiamati per trarli dalle
• tenebre ed accoglierli nella sua luce meravigliosa. I testi biblici ri
chiamati in nota (I Pt 2, 5.9; 3, 15; Ap 19, 10) sottolineano in modo
ammirevole la grandezza del popolo di Dio quale gente santa e stirpe
sacerdotale, popolo di testimoni di Gesù in mezzo al mondo.
In tale visione sacerdotale universale va inserita, con le oppor
tune precisazioni, la specificità del sacerdozio ministeriale del pre
sbitero.
« Ivi, p. 377.
83
sbitero senza attraversare il popolo di Dio, unto da Cristo come suo
popolo sacerdotale.
Più volte il PO ha richiamato che il sacerdozio ministeriale è a
servizio di Cristo e della Chiesa91. E in diversi modi lo riafferma
anche nel presente numero.
I principi dottrinali richiamati dal secondo capoverso sono fon
damentali per il sacerdozio cattolico ministeriale.
È lo stesso Signore che fra tutte le sue membra promosse solo
alcuni in qualità di ministri. Non è quindi un carisma concesso a
tutti indistintamente, ma soltanto ad alcuni esplicitamente scelti. Il
sacerdozio è perciò un dono che viene dall’alto, e non dal basso o
dalla comunità92.
Il sacerdozio ministeriale dev’essere principio di unità nel po
polo di Dio, al cui servizio è destinato: ut in unum coalescerent cor
pus viene detto esplicitamente. Il pluralismo delle membra, di cui
parla il testo citando le parole di san Paolo (Rin 12, 4), non va inteso
come contrapposizione, ostilità e divisione, bensì come mutuo com
plemento e integrazione per il bene dell'unico e indivisibile corpo
nella professione dell'unica fede in Dio e in Cristo.
Tra i poteri conferiti da Cristo viene esplicitamente ricordato
che i presbiteri hanno « la sacra potestà dell'ordine per offrire il
sacrifìcio e perdonare i peccati » e che essi « in nome di Cristo svol
gono per gli uomini in forma ufficiale (testo latino publicé) la fun
zione sacerdotale ». « È stato osservato che l’espressione è l'unico
riferimento essenziale del Concilio di Trento fatto nel Decreto PO.
Venne inserito all’ultimo momento ed indica la continuità tra il Va
ticano II e il Concilio di Trento. Però il Vaticano II integra la defi
nizione tridentina del sacerdote nella prospettiva della Chiesa e per
questo viene leggermente modificato e completato »93.
Proprio nell'espressione in esame durante il Concilio alcuni Pa
dri guardavano con sospetto l’avverbio publice, perché poteva insi
nuare che tutto il sacro potere dei presbiteri promanasse dal fatto
84
di esercitare pubblicamente il loro ministero in favore degli uomini.
Così nel modo 19 94. « Il pericolo era reale — osserva Nicolàs Lopez
Martinez — e il testo lo eluse introducendo la frase relativa al po
tere cultuale, molto adatta a distinguere il sacerdozio dei ministri dal
sacerdozio comune, che viene esercitato privatamente »95. L'espres
sione, poi, in nome di Cristo, cara alla tradizione ecclesiastica teo
logica, se da una parte esclude positivamente il pericolo di conside
rare il sacerdote un delegato che agisce a nome della comunità, dal
l'altra parte vincola strettamente il sacerdote a Cristo nella cui auto
rità compie i suoi doveri sacerdotali. Pio XI lo chiamava strumento
di Cristo96. Pio XII affermava che « il sacerdote in tanto fa le veci
del popolo, in quanto personam lesti Christi gerit, il quale è Capo
di tutte le membra e offre se stesso per loro. Perciò il sacerdote va
all'altare come ministro di Cristo, inferiore a Cristo, ma superiore
al popolo »97.
Il numero 2, in questa stessa seconda pericope, passa ad elen
care il modo della trasmissione del ministero sacerdotale. Le linee
di questa trasmissione sono così sintetizzate: Cristo manda gli Apo
stoli come Lui era stato mandato dal Padre — Cristo per mezzo de
gli Apostoli rende partecipi della sua consacrazione e missione i loro
successori, cioè i vescovi — la funzione ministeriale dei vescovi ven
ne trasmessa in grado subordinato ai presbiteri perché, collabora
tori dell’ordine episcopale, esercitassero essi pure la missione apo
stolica conferita da Cristo.
Il Vaticano II cambia la visuale della natura del sacerdozio cara
alla tradizione cattolica, ispirata a san Tommaso98 e riaffermata dal
Concilio di Trento e comunemente insegnata, cioè come trasmissio-
85
ne di poteri sul corpo fisico e sul corpo mistico di Cristo, e la sua
posizione di mediatore tra l'umano e il divino. 11 Vaticano II guarda
a Cristo nella pienezza dei suoi poteri, che vengono comunicati sia
a tutta la Chiesa sia, in modo particolare ed essenzialmente diffe
rente, alla gerarchia. Cristo non ha, quindi, istituito in primo luogo
i sacerdoti « per donare poi ad alcuni di essi i poteri episcopali, ma
ha istituito il sacerdozio ministeriale affidando al Collegio apostolico
la sua missione con la pienezza dei suoi poteri sacerdotali, e ha sta
bilito inoltre la legge della successione, in base alla quale gli Apo
stoli dovevano avere dei successori nelle loro funzioni trasmissibili »".
Nelle dispute conciliari erano apparse due tendenze circa la na
tura del presbiterato. Alcuni Padri (ed erano la minoranza) insiste
vano sulla consacrazione del sacerdote operata dal sacramento del
l'ordine e quindi preferivano la definizione scolastica del presbite
rato in rapporto al potere eucaristico. Altri invece (ed erano la mag
gioranza) sottolineavano l’inserzione del presbitero nel collegio epi
scopale e quindi premevano perché il presbiterato venisse descritto
nel contesto immediato dell’episcopato. Così i modi 13-1410°.
La Commissione dovette tenere conto delle due correnti, tutta
via preferì la seconda considerando il sacerdozio dei vescovi come
il tipo più immediato ed adeguato del sacerdozio cristiano, in quanto
continuatore del ministero apostolico: così nello schema del Decreto
del mese di novembre 1964 e nei successivi.
Per comprendere bene quindi la natura del presbiterato dobbia
mo analizzare il sacerdozio di Cristo in tutta la sua pienezza e ric
chezza e la missione apostolica. Il Decreto opportunamente non vuo
le entrare nella questione storica dell’origine del presbiterato: da
qui le due redazioni differenti della LG 28 e PO 2. Gli Apostoli eleg
gono loro successori immediati Tito e Timoteo, che appaiono rive
stiti dell'intero ministero apostolico. Alcuni presbiteri vengono costi
tuiti nel loro ministero mediante l’imposizione delle mani (/il 14,
23). Inoltre altri presbiteri impongono le mani durante l’azione litur
gica del conferimento del carisma dello Spirito (1 Tm 4, 14). Sulla
natura e la funzione di tali presbiteri è sempre esistita una profon
da divergenza di interpretazione 101 e il Concilio non ha voluto diri-
merla ma l’ha lasciata alla libera discussione degli studiosi.
II Decreto ha però precisato alcuni punti: Cristo ha reso parte
cipi della sua consacrazione e missione i successori degli Apostoli,
86
mediante il ministero degli Apostoli. Il munus episcopale è quindi
di istituzione divina (cf. pure LG 28); la funzione episcopale venne
trasmessa in grado subordinato ai presbiteri: non viene detto né
come né quando (cf. LG 28 e PO 2); i presbiteri sono quindi i coope
ratori dell'ordine episcopale: nella LG si dice che vengono conso
ciati al corpo episcopale (LG 28). La nota 9 del Decreto cita non solo
il Pontificale Romano in uso al tempo del Concilio (Praefatio in ordi
natione presbyteri), ma anche i più antichi sacramentali della Chiesa
latina antica.
87
en modo alguno corno parte de la potestad episcopal, sino corno una
función recibida mediante el sacramento del Orden para ser ejercida
en forma subordinada a la función de los obispos » 103.
Il ministero sacerdotale ha un’origine sacramentale: il sacramen
to dell’ordine. Vengono presupposti i sacramenti dell'iniziazione cri
stiana (battesimo e cresima). Il Concilio paria di « un particolare
sacramento per il quale i presbiteri, in virtù dell’unzione dello Spi
rito Santo, sono marcati da uno speciale carattere che li configura
a Cristo Sacerdote, in modo da poter agire in nome di Cristo Capo ».
In queste parole il Concilio non dice che il sacramento è quello del
l'ordine (cf. invece PO 12) e non parla della grazia (ne parlerà in
seguito): direttamente parla dell’unzione dello Spirito, e dello spe
ciale carattere potestativo, ricevuti da un « particolare sacramento ».
L'unzione dello Spirito abbraccia l’intera persona, analogamente a
quanto accadde per il Cristo, il quale è il Verbo incarnato sia nella
sua vita pubblica che in quella privata. L'unzione sacra è qualche
cosa di permanente, anche quando l'unto non si comporta in modo
coerente con le esigenze dell'unzione ricevuta e non compie degna
mente la missione per la quale era stato unto. In forza di tale dono
il consacrato conserva sempre la sua ontologia sacrale oggettiva:
il carattere non viene meno.
Sono ben note le dispute postconciliari sulla natura del carat
tere sacerdotale104. La Chiesa ne ha sempre affermato 1’esistenza105
ma non ha mai voluto entrare nella discussione sulla sua natura,
lasciando questa all’indagine del teologo. II pensiero teologico non
può mai dare del carattere una spiegazione tale che ne vanifichi len
tamente sia l’esistenza sia la perennità. In alcuni interventi della
Chiesa degli ultimi tempi si nota proprio questa preoccupazione. Non
dev’essere dimenticato che l’esistenza del carattere si ha dalla fede
e si presenta sempre come qualcosa di oscuro. Ciò vale sia per
il carattere del sacramento del battesimo e della cresima che per
quello dell'ordine sacro. Nell'anima esso imprime una reale (ma
misteriosa e quindi percepibile solo agli occhi della fede) configura
lo3 A. c„ p. 52.
I(M Cf. A. Marranzimi, Problematica del carattere sacerdotale dopo il Con
cilio Vaticano II, in AA.VV., Aspetti..., pp. 25-64; Io., Il carattere sacramentale
del sacerdozio ministeriale, in AA.W., Il prete..., pp. 343-386 (con abbondante
bibliografia).
105 Cf. DS 1313, 1609, 1767 1774; PO 2, 12; LG 21; Sinodo dei vescovi, Il sa
cerdozio ministeriale, in AAS 63 (1971), p. 907; Sacra Congregazione per la dottri
na della fede, Dichiarazione Mysterium Ecclesiae del 24 giugno 1973, in AAS
65 (1973), pp. 406-407; In., Alcune questioni riguardanti il ministro dell’eucaristia,
Lett. Sacerdotium ministeriale, del 6 agosto 1983, in AAS 75 (1983), p. 1006.
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zione a Cristo sacerdote. Il carattere dà all’uomo il diritto di rappre
sentare il Sacerdote unico, di parlare in suo nome, di occupare il
suo posto, di essere strumento responsabile e vivo di un sacerdozio
eterno. Per questo il Concilio dice che il carattere abilita il sacer
dote ad agire in nome di Cristo Capo. Il presbitero ha un'autorità
vicaria, esercitata in nome di Cristo, e personifica il Cristo invisibile
in una società visibile.
Mons. G. Giaquinta pensa di vedere nelle espressioni del PO ora
esaminate alcune tracce direttive per una descrizione della natura
teologica del presbiterato in rapporto al vescovo, a Cristo e alla Chie
sa 106. Il presbiterato dice un rapporto di collaborazione e di coope
razione all’ordine episcopale. Alle richieste di qualche vescovo (modo
24) che faceva una domanda in tal senso, la Commissione conciliare
— si è visto — ha precisato trattarsi di cooperazione all'ordine epi
scopale in genere e non ha voluto usare altre espressioni che sareb
bero risultate ambigue 107.
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tutte le creature, battezzandole... » (Mt 28, 19). Il servizio e l'annun
cio del Vangelo diventano uffici sacri. I termini paolini hanno un
sapore liturgico incontestabile, ed esprimono l’intimo nesso che in
tercorre tra evangelizzazione e culto nel Nuovo Testamento: il ser
vizio del Vangelo presso i non cristiani è per se stesso un atto cul
tuale, come è cultuale lo scopo prefisso, fare cioè una umanità re
denta e santificata, capace di offrire se stessa a Dio. Tutto il mini
stero presbiterale ordinato all’evangelizzazione prende la sua forza
e trova il suo compimento nella celebrazione eucaristica. I pagani
convertiti a Dio dalla parola della fede e riuniti in popolo sacerdo
tale, santificati dallo Spirito, diventano essi stessi offerta viva, santa
e gradita a Dio. È ancora Paolo (Rm 12, 1) che offre lo spunto a
queste importantissime affermazioni. « Il culto spirituale dell’intero
Corpo mistico, cui è ordinato il ministero di evangelizzazione dei
presbiteri, ha evidentemente un rapporto con il sacrificio eucaristico
che Cristo ha istituito per la sua Chiesa » 109. Vengono perciò desi
gnati i due assi portanti del ministero presbiterale. Essi assicurano
l’èquilibrio interno dei due compiti: l’annuncio evangelico ai non
credenti e la celebrazione del sacrificio eucaristico. Così veniva sug
gerito nel modo 31. Il tema è più volte richiamato dal Concilio Vati
cano II uo.
Si noti la grave affermazione del testo del Decreto PO: « Attra
verso il ministero dei presbiteri il sacrificio spirituale dei fedeli vie
ne reso perfetto perché viene unito al sacrificio di Cristo, unico Me
diatore ». E ancora: « A questo tende e in ciò trova la sua perfetta
realizzazione il ministero dei presbiteri (consummatur: 2 volte in
poche righe). Effettivamente il loro servizio, che comincia con l'an
nuncio del Vangelo, deriva la propria forza e la propria efficacia dal
sacrificio eucaristico... che viene offerto, per mano dei presbiteri e
in nome di tutta la Chiesa, nell’eucaristia in modo incruento e sacra
mentale, fino al giorno della venuta del Signore ».
In che consiste propriamente la perfezione che il sacrificio euca
ristico apporta al sacrificio spirituale dei fedeli? ni.
Il sacrificio spirituale dei fedeli ha un costante e necessario rife
rimento al sacrificio di Cristo: qui è nata la Chiesa e per esso la
Chiesa sussiste. Il sacrificio spirituale dei fedeli è sempre unito al
sacrificio di Cristo anche fuori della celebrazione eucaristica: e viene
offerto a Dio dagli stessi fedeli ipsis fidelibus operantibus (così il
modo 31). I fedeli quindi sono in situazione di perenne offerta a Dio.
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Nella celebrazione eucaristica Cristo Capo attualizza in forma
incruenta e sacramentale il suo sacrificio per mezzo sacerdoti, che
agiscono in persona Christi Capitis, cioè « sacramenti viventi dei po
teri sacerdotali di Cristo »ll2. Tuttavia in questo sacrificio, Cristo,
proprio, perché Capo, unisce sacramentalmente e pienamente a Sé
il sacrificio spirituale di tutto il corpo. E lo compie per mezzo del
ministero sacerdotale. I sacerdoti agiscono perciò nella celebrazione
• della Messa non solo in persona di Cristo Capo, ma pure in nome
di tutta la Chiesa, che per mezzo loro offre ed è offerta con Cristo
al Padre. I fedeli concorrono all'offerta dell'eucaristia, non in per
sona di Cristo o in nome della Chiesa, bensì come membri del Corpo
mistico, e non come suoi rappresentanti. In questo senso si esprime
il costante insegnamento della Chiesa1U.
M. Midali conclude le sue osservazioni con queste parole: « Se
condo il parere unanime dei commentatori del Decreto, con questa
dottrina attinta alle sorgenti stesse del Nuovo Testamento, il PO su
pera la definizione scolastica del sacerdozio ministeriale, pur salva
guardando la centralità dell'eucaristia nel ministero dell’evangelizza
zione. Rivalorizza il legame fra vita e culto. Fa risorgere il movi
mento pastorale fondamentale che deve formare innanzitutto la fede
attraverso la predicazione, per condurre all’eucaristia e ai sacramen
ti. Mette in evidenza l’unità vitale tra fede e sacramento; assicura
un giusto equilibrio tra missione e culto, fra parola e cullo » ,H.
H2 /Vi.
in Cf. sopra note 96 e 97. Cf. pure DG 11, 26, 28; VR 15; PO 15.
*111/1. c., pp. 418-419. Scrive a questo proposito il Sinodo dei vescovi 1971:
« L’unità tra evangelizzazione c la vita sacramentale è sempre propria del sa
cerdozio ministeriale, e deve essere tenuta attentamente presente da ogni pre
sbitero», in 44S 63 (1971), p. 910. Il PO cita la frase di sant’Agostino, tratta
da « De Civitale Dei », 10, 6, in PL 41, 284. La versione italiana traduce l’espres
sione tota ipsa redempta civitas... universale sacrificiuin offeratur Deo per
Sacerdote»! Magnutn... « tutta la città redenta ...offra a Dio un sacrificio uni
versale per mezzo del Gran Sacerdote... ». La forma attiva verbale della tradu
zione italiana non corrisponde al senso esatto dell’espressione latina. Sono
molto più fedeli a questo riguardo le versioni spagnola e francese che tradu
cono in senso passivo: toda la oiudad misma rcdimida... sea ofrecida corno
sacrificio universa!... (spagnolo); ...la citò rachetée tout entière... soit offerte à
Dieu cornine un sacrifico universel... (francese).
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perché apparisse più chiaramente che la vera missione sacerdotale
verso gli uomini e la vera adorazione del Padre sono tra loro stretta-
mente e indissolubilmente unite così che questi due aspetti del mini
stero e della vita dei presbiteri non si possono vicendevolmente se
parare "5. Il fine del ministero e della vita dei presbiteri è la gloria
di Dio Padre in Cristo. La frase, nuova nei documenti conciliari sul
sacerdozio, è « essenzialmente biblica e paolina e potrebbe insinuare
una visione cosmica della funzione sacerdotale » ’16.
Il PO considera la gloria di Dio nel quadro della storia della sal
vezza. Nella LG il tema della gloria di Dio ritorna con insistenza "7.
Uno dei testi più significativi è il seguente: « La Chiesa prega insie
me e lavora, affinché l'intera pienezza del cosmo si trasformi in po
polo di Dio, corpo di Cristo e tempio dello Spirito Santo, e in Cristo,
centro di tutte le cose, sia reso ogni onore e gloria al Creatore e
Padre deU’universo » (LG 17). Dinanzi al nostro sguardo si apre una
prospettiva trinitaria, cristologica ed antropologica: tutti gli uomini
(la pienezza degli uomini) sono chiamati ad inserirsi nel mistero tri
nitario come popolo di Dio Padre, corpo di Cristo e tempio dello
Spirito. In tal modo l'uomo trova la propria salvezza: « Ecco qui
indicato sul piano dei fini il doppio aspetto del ministero sacerdo
tale: quello teocentrico: la gloria di Dio, c quello antropocentrico:
la salvezza dell’umanità » ’18.
Il PO precisa a questo punto: « tale gloria si manifesta quando
gli uomini accolgono con consapevolezza, con libertà e con gratitu
dine (conscie, libere atque grate) l'opera realizzata in Cristo e la ma
nifestano in tutta la loro vita ». La Chiesa si è autodefinita sacra
mento universale di salvezza per tutti gli uomini (LG 48). Questa è
in sintesi l’opera di Cristo che richiede però la corrispondenza del
l’uomo conscie, libere atque grate. I tre avverbi suggeriscono un at
teggiamento interiore che corrisponde alla natura dell’uomo e al pia
no di Dio, estremamente rispettoso della libertà dell'uomo. La sal
vezza, operata da Cristo, viene offerta come dono all'uomo: il dono
può essere accolto ma può essere anche respinto. Se è accettato e
portato alle sue estreme conseguenze, l'uomo si salva; se viene re
spinto, l'uomo si autocondanna.
Il ministero sacerdotale è multiformemente articolato. Il Con
cilio enumera: preghiera e adorazione, predicazione e vita sacramen-
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taria (celebrazione dell'eucaristia), altri ministeri in favore degli uo
mini (attività extrasacramentale, caritativa, didattica, organizzativa).
In tutti i diversi aspetti di questa multiforme attività, i presbiteri
devono insieme unire la gloria di Dio (aspetto teocentrico) e l'arric-
chimento della vita spirituale degli uomini (aspetto antropocentrico).
Gli ultimi modi presentati dai Padri al numero 2 PO precisano
proprio l'aspetto dossologico e missionario del ministero sacerdo
tale. « La dichiarazione conciliare secondo cui tutto il ministero e
la vita sacerdotale dev'essere teocentrica, riveste una grande impor
tanza per la vita dei presbiteri. Anche quando le circostanze fanno
sì che i compiti sacramentali o cultuali siano da un punto di vista
nettamente diminuiti, non si cessa di essere sacerdoti e pienamente
sacerdoti » 119.
Le ultime parole del numero in questione hanno un esplicito
richiamo al mistero pasquale di Cristo: « Tutte queste (realtà) — le
quali scaturiscono dalla Pasqua di Cristo — troveranno pieno com
pimento (consummabuntiir) nella venuta gloriosa dello stesso Signo
re, allorché Egli consegnerà il regno a Colui che è Dio e Padre ». Non
poteva non essere così. Tutta la Chiesa, infatti, nasce dal mistero
pasquale di Cristo e in questo mistero tutte le realtà ecclesiali tro
vano la loro ragione di essere.
Proprio perché inserita nel mistero pasquale, la Chiesa è essen
zialmente escatologica: l’ultima parola di salvezza offerta da Dio agli
uomini. Essa possiede veri beni, ma ancora allo stato iniziale. La
loro pienezza si avrà alla fine dei tempi (LG 48).
Anche il ministero sacerdotale va inserito nel contesto pasquale
ed escatologico. « I presbiteri — dicevano i modi 38 e 41 — fra la
prima e la seconda venuta del Signore, sono essenzialmente mandati
da Cristo Signore e consacrati dall’unzione dello Spirito Santo, per
ché annuncino, realizzino e significhino il mistero pasquale e così
preparino la definitiva ricapitolazione di tutti in Cristo, da ottenersi
alla fine dei tempi, quando Cristo apparirà di nuovo per dare il suo
regno a Dio Padre » 12°.
I suggerimenti non vennero accolti alla lettera ma solo nel loro
contenuto. Essi riassumono in poche parole il carattere temporaneo
ed escatologico nel ministero sacerdotale, realizzatore e anticipatore
di beni che troveranno il loro compimento soltanto alla seconda ve
nuta del Redentore. Tutta la Chiesa allora « troverà la sua definitiva
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perfezione » e « tutto il mondo sarà perfettamente restaurato in Cri
sto » (LG 48).
Il presbitero lavora con lo sguardo proteso al futuro, dando il
meglio di sé per l’avvento di un mondo nuovo alla luce del mistero
pasquale di Cristo. La visuale del ministero sacerdotale sotto questa
luce appare in tutta la sua grandezza e importanza nel piano della
salvezza attuata da Cristo.
* * *
94
i
CONDIZIONE DEI PRESBITERI NEL MONDO
n. 3
Testo:
Presbyteri, ex hominibus assurnpti et pio hominibus constituti in iis quae
sunt ad Dcum ul offerant dona et sacrificia prò peccatis, curri ceteris homi-
nibus tamquam eum fratribus conversantur. Sic et Dominus lesus, Filius Dei,
homo ad homines a Patre rnissus, habitavit in nobis et voluit per omnia
fratribus assimilar!, absque tamen peccato. Ipsum iam imitati sunt sancti
Apostoli, et testatili- beatus Paulus, Doctor gcntium, « scgregatus in Evan-
gelium Dei » (Rm 1, 1), omnia omnibus se factum esse ut omnes faceret
salvos. Presbyteri Novi Testamenti, vocatione quidem et ordinatione sua, quo-
dam modo in sinu Populi Dei segrcgantur, non tamen ut separentur, sive
ab eo, sive a quovis homine, sed ut totaliter consecrentur operi ad quod Do
minus eos assumit, Ministri Christi esse non possent pisi alias vitae quam
terrenae testes essent et dispensatores, sed ncque hominibus inservire valercnt
si ab eorum vita condicionibusque alieni remanerent. Ipsum eorum ministe
rium speciali titolo exigit ne huic saeculo sese conformanti simul tamen re-
quivi t ul in hoc saeculo inter homines vivant, et sìcut boni pastores oves
suas cognoscant, easquc etiam quae non sunt ex hoc ovili adducete quaerant,
ut et ipsae vocem Christi audiant et fiat unum ovile et unus Pastor. Ouod
ul consequi valeant multum conferunt virtutes quae in fiumano consortio
merito aestimantur, ut sunt cordis bonitas, sinceritas, robur animi et con-
slantia, assidua iustitiae cura, urbanitas aliaeque, quas Apostolus Paulus com
mendai, dicens: « Quaecumque sunt vera, quaccumque pudica, quaecumque
iusta, quaecumque sancta, quaecumque amabilia, quaecumque bonae famae,
*.
si qua virtus, si qua laus discipHnae, hacc cogitate» (Pliil 4, 8)
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