Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
- ad acqua fluente
- di pompaggio
Cosa vuol dire dal punto di vista energetico sfruttare questo tipo di risorsa?
Supponiamo di avere il nostro corso d’acqua dalla sezione 1 alla sezione 2 e andiamo ad applicare l’equazione di
conservazione dell’energia in forma meccanica.
Non abbiamo variazione di energia cinetica (velocità), non abbiamo superfici mobili o variazioni di pressione
notevoli, perciò posso eseguire tutte le relative semplificazioni (fai semplificazioni). Rimane allora un’equazione che
esprime che tutta l’energia potenziale del fluido viene dissipata sotto forma di attrito.
Per progettare un impianto in grado di canalizzare il fluido ed estrapolare energia da esso è necessario che il fluido
incontri meno perdite e non dissipi tutta l’energia potenziale sotto forma di attrito.
Il fluido deve incontrare meno perdite di quelle che avrebbe incontrato scendendo il letto del fiume normalmente,
per fare in modo di sfruttare la sua energia. Per questo ci saranno tubazioni in acciaio, che avranno delle perdite ma
sicuramente meno rilevanti di un percorso naturale e accidentato.
IMPIANTO AD ACCUMULO
Il concetto espresso prima è evidente negli impianti ad acqua fluente, l’acqua percorre lo stesso identico tragitto ma
con meno perdite rispetto al letto del fiume. Si sfrutta il corso del fiume che viene incanalato in appositi condotti
mantenendo una quota costante, per poi essere portato attraverso un dislivello e utilizzato per produrre energia per
poi essere reimmesso nel suo corso naturale.
Se invece abbiamo un IMPIANTO A BACINO, le considerazioni da fare sono un po’ diverse, perché l’obiettivo ultimo
di una diga è quello di fare lavorare la turbina a portata costante in condizione di massimo rendimento.
Sempre dal diagramma della frequenza giorno per giorno, posso definire la curva dei deflussi naturali, curva che ha
in ordinata il volume, ovvero l’integrale della portata giorno per giorno. Quello che leggo in corrispondenza della
lettera R è il volume di fluido che il corso mi ha messo a disposizione in un anno.
L’impianto dovrebbe essere progettato per elaborare una portata
costante e quindi massimo rendimento, nel grafico a fianco del
volume la portata sarebbe la sua derivata e sarebbe una retta
orizzontale (volume crescente in modo costante). Questa curva è
detta curva dei deflussi regolati ed è quello che voglio ottenere
grazie al mio bacino. Anche questa retta termine in R dove ho il
volume messo a disposizione dal fiume in un anno. Sul grafico
troviamo rappresentata anche la curva dei deflussi naturali, ovvero
la derivata della portata variabile del fiume nel caso reale (la portata
non è più costante).
Si cerca quindi l’escursione del volume del bacino tra pieno e vuoto al fine di determinare la sua dimensione.
V = V’’+ V’ per cui si ottiene l’escursione di volume di acqua che si verificherà nel bacino.
IMPIANTI DI POMPAGGIO
Questi sistemi idraulici di accumulazione mi permettono di immagazzinare grandi quantità di energia: è presente una
pompa che preleva l’acqua dal bacino di valle per rimandarla al bacino di monte, immagazzinando grandi quantità di
energia potenziale.
Questo mi permette di sfruttare l’energia potenziale quando serve o di accumularla quando la rete (nucleare,
termoelettrica, etc…) ne produce di più di quanta ne serve, immagazzinandola per poi essere utilizzata quando
richiesto.
Naturalmente i rendimenti determinano uno spreco energetico in questa operazione e potrebbe sembrare uno
spreco sconvenite. La pratica in questione è giustificata dal fatto che il prezzo dell’energia elettrica oscilla a seconda
della domanda, quindi tradotto in soldi alla fine è conveniente. I gruppi di pompaggio si distinguono in binario e
ternario.
Si ottiene quindi un rendimento che permette di tenere conto delle perdite per attrito; questo viene comodamente
espresso come il rapporto tra la quota disponibile e quella ideale, ovvero la perdita viene vista come una riduzione
della quota geodetica. Ottengo quindi la potenza disponibile.
Aggiungiamo anche un rendimento idraulico, ovvero il rapporto tra potenza raccolta alla turbina e quella
disponibile per la turbina calcolata nel passaggio precedente.
Aggiungiamo anche il rendimento meccanico, definito come il rapporto tra la potenza effettivamente generata dalla
turbina e quella raccolta da essa.
Questo rendimento fornisce la potenza disponibile all’albero. Per la produzione dell’energia si usa anche un
rendimento elettrico dato dalla conversione dell’energia:
Facciamo ora una conversione con un valore di rendimento globale all’interno dell’intervallo (0.73), scelto
appositamente per ottenere una cifra intera con cui poter avere un’indicazione della potenza ottenibile in funzione
del salto geodetico disponibile: ogni 500 m di altezza possiamo ottenere 1 kWh per ogni m^3 di acqua che scende a
valle.
La macchina lavora a pressione costante, ovvero la differenza tra ingresso e uscita è nulla; di
conseguenza il GRADO DI REAZIONE, definito come il salto di pressione rapportato con
l’energia disponibile caratterizzata da un salto disponibile (Hd), può anche essere nullo nella
turbina Pelton.
Questa è una macchina a grado di reazione = 0 (P1 = P2), detta cioè turbina ad azione perché tutto avviene alla
pressione atmosferica. Tutta l’energia del fluido viene convertita in energia cinetica nella parte statorica e la
deviazione della
velocità determina
una spinta, quindi
una coppia.
Vediamo ora i
triangoli di velocità:
In questo caso si parla di macchine motrici, quindi il fluido diminuisce il proprio contenuto energetico per cui si
esprime l’equazione di Eulero come entrante – uscente:
Parzializzando l’uscita dell’ugello si riduce la portata, quindi automaticamente si riducono le perdite (che variano
con il quadrato della portata) quindi la pressione che si ottiene appena prima dello sbocco sarà più alta di quella che
si aveva prima della parzializzazione, quindi aumenta il contenuto energetico che viene convertito in energia
cinetica e il fluido esce più forte. Si interviene sulla portata, non sulla velocità, che è una conseguenza della
pressione a monte e a valle.
Il coltello (separazione dei cucchiai) è rastremato (curvo) in modo tale che durante la rotazione della girante
rimanga sempre perpendicolare al getto di fluido.
Notiamo un intaglio nella sezione inferiore della paletta, la prima interazione con il fluido vede le particelle
percorrere il tratto f-F, successivamente la pala ruota e si abbassa, il fluido viene raccolto nel punto D e percorre il
tragitto fino D-E per poi percorrere un tragitto conclusivo B-C nel momento in cui comincia a rialzarsi durante la
rotazione.
Questo definisce di
conseguenza il numero minimo
di pale nella girante.
Il punto di partenza nel ragionamento è questo: bisogna dare il tempo alla particella di fluido che incontra la pala,
di lavorare sulla pala. Per tradurre in numeri questa affermazione, suppongo che tutto il fenomeno avvenga lungo il
piano perpendicolare alla girante (foglio) e passante per la generatrice inferiore del getto (tutte le lettere Y-C-B-E)
stanno sulla retta generatrice inferiore del getto. Vuol dire che ad un certo punto la particella raggiunge la pala e
disegna una traiettoria (l) dovuta al fatto che la pala sta ruotando.
Immaginiamo che in B la particella di fluido e la pala si incontrino, poi la pala si alza durante la sua rotazione perché
siamo nella metà di destra, e la particella rimanendo nel piano perpendicolare al disegno e passante per la
generatrice inferiore, abbandonerà la pala nel punto E (il punto E delle due figure sono lo stesso).
Se la particella e la pala si incontrassero più avanti, tra B ed E, la particella ha percorso un tratto che prima veniva
indicato con l, molto più breve. Quindi non posso andare più a destra di B, perché altrimenti non sfrutto tutto il
percorso massimo sulla pala in modo che venga perfettamente deviata l’acqua. Andrebbe benissimo se invece
particella e pala si incontrassero dove c’è H più o meno, perché la particella abbandonerebbe la pala ancora prima
che essa abbandoni il piano, il percorso massimo della particella è garantito. Ci posizioniamo nel punto limite B solo
perché ci interessa il PASSO PALARE MASSIMO, ovvero il numero minimo di pale, quindi ci interessa una
condizione limite: voglio che la particella d’acqua e la pala si incontrino e che abbiano giusto il tempo, prima che la
pala abbandoni il piano, di far sì che la particella percorra la palettatura.
La particella appena a destra al punto Y lavora sulla pala precedente, la particella appena a sinistra del punto Y
lavora proprio su questa pala. La particella che lavora appenda dopo il punto Y incontra la pala che sta in C, perché
sta in C e non B? perché entrambe si muovono. La pala è in C, la particella è in Y, che va più veloce della pala (circa il
doppio), e le due si incontrano in B. Da B ad E la particella lavora sulla pala.
Tutte queste considerazioni le devo tradurre in numeri e definire “a”, detto passo angolare massimo palare, da cui si
definisce il numero minimo di pale.
Che cos’è X’? in X’ c’è la particella di acqua che non è stata intercettata dalla pala disegnata. Quando la pala arriva in
X comincia ad intercettare il getto, la particella appena a destra di X, non intercettata dalla pala disegnata prosegue
verso destra, si muove più velocemente della pala e quindi va molto più avanti. Quando vado a terminare
l’intercettazione nel punto Y, se potessi fare una foto del getto che si muove verso destra, vedrei che è tagliato a
becco di flauto secondo la linea Y-X’.
Capito questo, capiamo anche perché studiamo la generatrice inferiore, perché la particella appena dopo Y è più
indietro della particella in X’, quindi quando la particella appena dopo Y incontra la pala nel punto B, la particella X’
sarà arrivata già da prima contro la stessa, quindi avrà più tempo a disposizione per lavorare sulla pala (avendola
incontrata prima). La condizione più gravosa da prendere da riferimento per calcolare il numero di pale massimo è
quella sulla generatrice inferiore del getto.
TURBINA KAPLAN
NUMERO DI GIRI CARATTERISTICO
Le Pelton sono da una parte e le turbine
ad elica sono dall’altro, se ci si pensa
infatti, la Pelton si prestano ad alti salti
geodetici con velocità elevate, lavorando
molto bene sulla girante ma con poca
portata, le turbine ad elica invece sono
adatte ad essere attraversate da portate
elevate ma non sono adatti a salti
geodetici molto elevati.
Posso quindi ricavare le perdite totali “Ytot”, tenendo conto della velocità del fluido nella sezione “U”, delle perdite
che troviamo nella macchina che consideriamo come nulle dato che non ci concentriamo sulla macchina,
considerando la pressione sia al serbatoio di monte che di valle pari a
quella atmosferica.
Definiamo allora come salto motore “g*Hm” l’energia disponibile per la turbina:
Il salto motore = salto geodetico - energia per portare l’acqua alla turbina che è esattamente quello che avevamo
detto nei rendimenti degli impianti idraulici, dove avevamo introdotto le perdite per adduzione.
Per la precisione, ci sono diverse definizioni di salto motore, in base alle normative.
Se abbiamo una turbina Pelton, già c’è una situazione un filo diversa. L’ugello che dirige il getto d’acqua contro la
girante non è alla quota V (valle), per ovvi motivi costruttivi è qualche metro sopra. Allora per esempio per la
Pelton il salto motore potrebbe essere definito come:
In questa formula si è tenuto conto dell’altezza di installazione dell’ugello, per indicare che non tutto il salto
geodetico tra monte e valle può essere sfruttato in molti casi.
Diffusore del canale di scarico delle macchine a reazione (turbina Francis o ad elica)
Rappresentiamo la sezione 2 di uscita turbina, notiamo che il
condotto divergente è immerso fino al di sotto della quota di
valle quindi nella realtà la U sarà sotto la V. Vediamo sotto
l’energia meccanica calcolata nella due sezioni:
Ovvero nella sezione di uscita U ritrovo una componente cinetica che comporta le differenza di energia tra le due
sezioni, che altrimenti sarebbero uguali.
Per ottenere questa equazione sono partito dalla differenza di energia tra
monte e valle (Tm – Tv) considerando la velocità in entrambi i serbatoi come nulla, scomponendo poi i termini
energetici in pressione e quota. Infine sono state aggiunte le perdite di carico.
Posso applicare la stessa equazione del lavoro tra monte M e uscita U, dove questa volta non ho una velocità nulla
facendo comparire il contributo cinetico aggiuntivo già visto prima:
Siccome vale comunque l’equazione di Torricelli, allora posso sostituire con le condizioni a valle lasciando il termine
cinetico aggiuntivo. Le perdite in questo caso vengono calcolate tra la sezione di monte M e la sezione di uscita U,
invece che quella di valle.
Noto allora che per aumentare il lavoro devo necessariamente ridurre il contributo cinetico c 2u/2 oltre che alle
perdite di carico, ovviamente.
Nella sezione 2 in ingresso troviamo la stessa energia della sezione di uscita U al meno delle perdite di carico tra le
due sezioni, calcolate nella configurazione diffusore (pedice D):
Tralasciando il fatto che la formula nel passaggio intermedio è sbagliata, possiamo ottenere tramite la conservazione
dell’energia in forma meccanica la pressione nella sezione 2 che risulta inferiore rispetto a quella della sezione di
uscita U, come accade nei diffusori dove la velocità diminuisce e la pressione aumenta. Dall’espressione posso
ricavare che:
- Se diminuisce la velocità all’uscita Cu allora la pressione P2 si riduce (mentre il lavoro aumenta, come ci sto
prima);
- Se aumenta la variazione di quota tra le due sezioni (z2 – zu) la pressione P2 si riduce.
Le due considerazioni riguardano la forma del condotto divergente, quanto è divergente e quanto è alto. Se il
condotto è troppo divergente per diminuire al massimo la velocità a favore del lavoro, o se il salto geodetico è
troppo elevato, P2 diminuisce al punto da andare incontro al rischio di cavitazione, che andrebbe ad interessare i
bordi di uscita della turbina, provocando danni rilevanti.
Per valutare se il sistema presenta il problema della cavitazione allora riprendiamo le funzioni energetiche NPSH:
Come abbiamo già visto, l’NPSH disponibile deve essere sempre maggiore dell’NPSH
richiesto, in modo da evitare il fenomeno della cavitazione.
L’NPSH richiesto viene fornito dal costruttore in seguito a prove di laboratorio, la sua formula è:
Nota bene: nel fenomeno della cavitazione si può distinguere quella gassosa (pressione di saturazione) e quella
vaporosa (pressione di vapore), nella prima i gas disciolti cominciano “fuoriuscire” dal liquido a causa
dell’abbassamento di pressione, mentre nella seconda il liquido cambia fase passando a quella gassosa. Noi
possiamo fare riferimento anche solo alla cavitazione vaporosa, anche se nella formula viene inserita la condizione
più cautelativa dove viene considerato anche il margine di pressione per arrivare al valore che determina la
cavitazione gassosa (sicuramente maggiore, dato che la pressione a cui si liberano i gas disciolti è ovviamente più alta
della pressione a cui il fluido cambia fase).
L’NPSH disponibile viene invece calcolato tramite la differenza della pressione totale alla sezione di uscita (espressa
come energia, ovvero carico) e la soglia energetica che rappresenta la cavitazione. Anche in questo caso,
rappresenta quindi il margine energetico disponibile prima che subentri il fenomeno della cavitazione.
Dai calcoli precedenti posso ricavare:
Quindi avere un condotto molto divergente (basse velocità di uscite) e molto alto (alta variazione di quota tra le
due sezioni) comporta il rischio di ingresso nel fenomeno della cavitazione, che si verifica all’uscita dello scarico
invece che all’ingresso come nelle pompe centrifughe.
In figura si vede la parte anteriore con l’ogiva che convoglia l’aria nella zona anulare, un turbofan per variazione di
quantità di moto conferisce energia al flusso determinando una spinta in avanti. Il flusso principale passa prima in un
compressore assiale a bassa pressione e poi in un compressore assiale ad alta pressione (compressore centrifugo).
Poi si vede la camera di combustione posta dietro la turbina. Anche la turbina è una successione di pale statoriche e
rotoriche dove il flusso viene deviato, in questo caso la variazione del momento angolare vede il fluido cedere
energia per mettere in rotazione la palettatura. I modi per generare energia elettrica o propulsione sono svariati, a
seconda della configurazione e combinazione degli elementi del gruppo.
CAMERA DI COMBUSTIONE
Il bilancio del flusso entalpia della camera di combustione dice che l’entalpia del flusso entrante “a” (aria), più
l’entalpia conferita dal combustibile è uguale al flusso di entalpia uscente del gas (il bilancio di flusso entalpia
contiene anche il bilancio di massa).
1. Entalpia termodinamica legata al fatto che il flusso può essere più o meno caldo (meno rilevante);
2. Contributo legato all’energia termica identificata dal potere calorifico inferiore, sempre ipotizzando che qualche
molecola non bruci si tiene conto di un rendimento di combustione dell’ordine dello 0.90-0.99).
Tramite le semplificazioni sopra citate è allora possibile determinare il rapporto tra la portata di aria e quella di
combustibile:
Dato che il rendimento della camera di combustione, il potere calorifico inferiore, l’entalpia in ingresso (h2) possono
essere tutte considerate come costanti allora si evince che la relazione riguardi unicamente i termini α, ovvero il
rapporto tra le portate, e h3 che rappresenta l’entalpia in uscita dalla camera di combustione.
La turbina risulta stressata sia termicamente dalla temperatura dei fumi in uscita che meccanicamente dal momento
angolare dell’efflusso dei fumi e dalla forza centrifuga, perciò per evitare di incorrere in problemi legati alla
resistenza del materiale della turbina si pone un limite alla temperatura in uscita dalla camera di combustione e
quindi anche al valore di h3.
Dalla correlazione vista sopra possiamo quindi ricavare anche un valore limite del rapporto tra le portate “α”,
definendo rapporti elevati al fine di proteggere la turbina da temperature eccessive.
Per valori molto alti di α però si rischia di uscire dai limiti di infiammabilità, quindi bisognerà progettare la camera
di combustione in modo tale da tenere conto del forte eccesso d’aria. Il principio di funzionamento si basa sul fatto
di fare una combustione in più passaggi: inizialmente si lavora con rapporti poco al di sopra dello stechiometrico
(circa 15), con cui si raggiungono temperature elevate, e poi si aggiunge in un secondo momento altra aria in modo
da ridurre la temperatura in ingresso alla turbina.
Si vede l’aria primaria che si miscela subito con il combustibile e in seguito all’azione dell’accenditore si svilupperà la
fiamma, dopo di che c’è un ingresso di aria secondaria volta a garantire la totale e completa combustione del
combustibile in modo da esprimere tutto il proprio potenziale (alza al massimo il rendimento della camera di
combustione).
Successivamente si arriva alla zona di diluizione in cui l’aria di diluizione ha il compito di abbattere la temperatura
per non danneggiare la turbina. A titolo di esempio diamo qualche numero, si entra con un rapporto stechiometrico
di 20 con l’aria primaria, si raggiunge i 30 con l’apporto di aria secondaria e magari si raggiungono magari gli 80 con
l’aria di diluizione. Per innalzare il più possibile il rendimento del gruppo turbogas, è di interesse fare in modo che la
temperatura sia la più alta possibile. Quindi il compromesso è cercare di avere una temperatura più alta possibile
senza danneggiare la paletta: tutta la ricerca di queste macchine riguarda la resistenza della turbina durante le
condizioni di lavoro (es: palettature ceramiche).
1) raffreddamento convettivo: aria spillata dal compressore che viene convogliata dentro la turbina
2) raffreddamento a film: aria refrigerante prelevata dal compressore, immessa all’interno della paletta (che sarà
quindi cava), e dei buchi presenti sulla palettatura consentono la fuoriuscita di questo fluido andando a rivestire di
un sottilissimo strato di aria la pala, proteggendola.
Chiaramente la pressione nella turbina andrà via via decrescendo, per cui a seconda della zona in cui si trova la
paletta che dovrò raffreddare, spillerò aria dal compressore in zone diverse. Nei primi stadi della turbina, dove la
pressione è alta, per fare in modo che l’aria esca dai fori (si diriga quindi verso una zona a pressione minore), spillerò
l’aria negli ultimi stadi del compressore e le farò seguire un percorso privilegiato con meno perdite di carico rispetto
al percorso dei fumi, in questo modo si troverà ad una pressione nella paletta maggiore rispetto alla pressione dei
fumi e potrà uscire a rivestire la paletta. Viceversa negli ultimi stadi della turbina dove i fumi hanno ridotto
notevolmente la loro energia non avrebbe senso spillare aria dagli ultimi stadi del compressore, sarebbe solo uno
spreco di energia. Per questo motivo l’aria viene prelevata ai primi stadi del compressore, facendo in modo che
comunque giunga ad una pressione maggiore dei fumi per gli stessi motivi elencati.
La macchina vede un fluido in ingresso ad una certa velocità, in uscita avrà velocità più alta, il flusso è stato quindi
accelerato e di conseguenza è stata applicata una spinta alla macchina.
In ingresso 1 non coincide con la pressione atmosferica semplicemente perché nell’ingresso ci possono essere effetti
dinamici per cui una porzione di energia cinetica può essere convertita in elastica ma trascuriamo questi effetti.
La spinta viene inoltre generata da una forza derivata dalla differenza di pressione tra la pressione di uscita Pj = P4 e
la pressione dell’ambiente all’ingresso della macchina Pa che risulta minore, perciò la spinta propulsiva totale viene
data da:
UGELLO PROPULSIVO
MOTORI A COMBUSTIONE INTERNA
Definiamo il rapporto di compressione come il rapporto tra il volume massimo (cilindrata + volume minimo) che
viene lasciato al gas nel punto morto inferiore e quello minimo lasciato al fluido nel punto morto superiore.
Nel motore Diesel le fasi sono le medesimi ma l’accensione avviene in maniera spontanea grazie alla temperatura
raggiunta in seguito alla compressione della miscela.
PARAMETRI CARATTERISTICI
Vediamo il ciclo reale nel diagramma p -V sia per
il 4 tempi che per il 2 tempi. Vediamo prima
quello del 4 tempi.
Utilizzo un encoder
sull’albero per capire in ogni momento sapere dove
sta lo stantuffo.
La potenza effettiva si ricava tramite un rendimento meccanico/organico che tiene conto degli attriti e altre porzioni
di potenza utilizzate per pompa dell’olio, dell’acqua, generatore elettrico, detti ausiliari.
La grandezza di nostro interesse è il rapporto di miscela, ovvero la portata di aria divisa per quella di combustibile,
indice delle proporzione della miscela.
Abbiamo anche il consumo specifico di carburante, che indica la portata di combustibile necessaria per ricavare un
kilowatt di potenza, espresso come rapporto tra la portata di combustibile e la potenza effettiva.
Può essere espresso in maniera adimensionale utilizzando il potere calorifico inferiore “Hi”.
La variazione della densità di aspirazione porta a una variazione della potenza: essendo approssimabile come quella
dell’ambiente, a seconda delle condizioni dell’ambiente di funzionamento, allora varia la potenza del motore.
Il numero di giri varia la potenza.
La potenza effettiva ha un
particolare andamento, se
aumenta il regime di
funzionamento aumentano le
perdite di carico riducendo il
coefficiente di riempimento
perché il motore respira troppo
velocemente, motivo per cui
dopo un certo numero di giri
l’andamento è decrescente.