Andretto Daniela
Obiettivi
- Cura delle deformità congenite ed acquisite
- Cura delle patologie traumatiche e post- traumatiche dell’apparato locomotore.
La riduzione della mobilità è influenzata dalla malattia, dolore, timore di muoversi, riduzione della forza e/o
della massa muscolare, prescrizione dell’immobilità.
Assistenza infermieristica
- Applicare le conoscenze di base riguardo alle limitazioni fisiche, rispettando l’ordine di qualità, sicurezza
ed evidenza scientifica
- Sapere quando e perché limitare i movimenti è nell’interesse del paziente
- Avere piena padronanza dei metodi attraverso quali le limitazioni possono essere realizzate
- Comprendere gli effetti sull’individuo delle limitazioni del movimento
- Comprendere perché la limitazione del movimento ha conseguenze per il paziente
- Aiutare attraverso educazione sanitaria e supporto a minimizzare gli effetti della limitazione dei
movimenti.
…ripasso anatomia
Le ossa sono costituite da diversi tessuti: osseo, fibroso e cartilagineo. In base alla forma si distinguono:
brevi (vertebre, ossa del capo), piatte (scapola, sterno), lunghe (omero, femore).Le epifisi sono rivestite di
cartilagine e concorrono alla costituzione delle articolazioni. La diafisi costituita da un involucro di osso
compatto al cui interno vi il canale midollare, dove troviamo il midollo osseo.
Le articolazioni sono strutture che permettono a due o più elementi scheletrici vicini di unirsi fra loro.
- Sinartrosi (immobili, prive di cavità articolare)
- Anfiartrosi o sinfisi (semimobili in cui l’unione tra due segmenti ossei data dalla presenza di una fibro-
cartilagine rinforzata da legamenti periferici)
- Diartrosi (ampia motilit e presenza di una cavit articolare. In esse si possono distinguere, le superfici
articolari ed i loro annessi, i mezzi fibrosi di unione (capsula e legamenti) e la membrana sinoviale).
I muscoli scheletrici sono muscoli striati, formati da fibre riunite in fasci. Sono muscoli lunghi, larghi, brevi.
Semeiotica ortopedica
• Anamnesi familiare accurata: alta frequenza di malformazioni ereditarie dell’apparato scheletrico.
• Esame clinico (riferito al contro laterale)
- prono
- supino
- in stazione eretta e seduta
- analisi della marcia.
• Ispezione (alterazioni della forma dei singoli distretti scheletrici e del trofismo articolare).
• Palpazione (presenza di masse patologiche o di punti dolorosi).
• Esame della motilita’ attiva e passiva delle varie articolazioni (ricercare la presenza d’eventuale motilit
abnorme).
Importante verificare le modificazioni che subisce un arto quando viene sottoposto a carico.
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Esami diagnostici
Radiografie:per valutare la densit , la struttura e le alterazioni ossee (degenerazioni delle articolazioni e
fratture ossee).
TAC: per individuare alterazioni dei tessuti molli o lesioni di tendini, legamenti, oppure per identificare
fratture in zone difficilmente valutabili (fratture acetabolari).
RM: per identificare anomalie dei tessuti molli, muscoli, tendini, cartilagini.
Densiometria: valuta densit ossea, per valutare il grado di osteoporosi.
Scintigrafia ossea, PET: per identificare metastasi ossee, infezioni, necrosi.
EMG: per differenziare problemi muscolari e problemi nervosi.
Arteriografia: per identificare lesioni vascolari.
Terapia incruenta
• Apparecchi gessati
• Apparecchi ortopedici
• Protesi di arto
• Trazioni
APPARECCHI GESSATI
- Evitare punti di eccessiva pressione e linee trasversali di pressione (stringhe)
- Assicurare l'aderenza nei cosiddetti "punti di presa", cio nelle zone in cui il movimento tra gesso e piano
osseo minore
- Coprire i segmenti interessati in maniera sufficiente a immobilizzarli, senza applicare un apparecchio
troppo ingombrante
- Identificare e prevenire i potenziali problemi legati al confezionamento di un apparecchio gessato
- Saper agire rapidamente e appropriatamente, riconoscendo segni e sintomi di eventuali complicanze
- Coinvolgere il paziente, nei limiti delle sue potenzialit e abituarlo alla convivenza con il gesso.
Esistono in commercio molti tipi di bende gessate; le pi utilizzate sono le bende di garza di cotone
impregnate a caldo di gesso, cio solfato di calcio; esistono anche materiali sintetici dove le piccole molecole
di resina, aderenti a una benda di supporto, polimerizzano dopo l'immersione della benda in acqua.
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Materiale occorrente:
- maglia tubolare di diverse misure - necessaria per proteggere la cute dal contatto con il cotone di
Germania e il gesso,
- cotone di Germania - ossia cotone compatto preparato in strisce di misure variabili, da avvolgere attorno
al segmento da immobilizzare,
- bende gessate di misura adatta al tipo di apparecchio gessato da confezionare,
- bende di cotone da applicare al termine per favorire l'impastamento del gesso stesso e la modellatura,
- forbici bottonute (senza punta) da gesso, con lame corte e robuste e leve lunghe,
- sega da gessi per rifinire il gesso, se necessario,
- catino con acqua a temperatura ambiente o comunque secondo le indicazioni fornite dalla scheda tecnica
del materiale da utilizzare e le abitudini dell’ortopedico,
- guanti monouso,
- per intervenire in caso di malori o crisi ipotensive: sfigmomanometro, fonendoscopio, farmaci idonei.
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APPARECCHI ORTOPEDICI
Crioterapia: particolare tipo di terapia che fa uso del ghiaccio; il trasferimento tra quest'ultimo e il corpo
avviene per mezzo di un meccanismo di conduzione che porta a un abbassamento generale della temperatura
corporea. Gli effetti principali, sull'area trattata, sono una vasocostrizione iniziale a cui segue una successiva
vasodilatazione riflessa seguente a i primi 20-30 minuti di applicazione.
PROTESI DI ARTO
Apparecchio che sostituisce un arto o un segmento mancante per difetto congenito od amputazione. Arto
superiore (lavorative, estetiche). Arto inferiore (provvisorie, definitive).
Terapia chirurgica
• Chirurgia artroscopia
• Chirurgia protesica
• Fissazione esterna
• Stabilizzazione chirurgica delle fratture
CHIRURGIA ARTROSCOPICA
Fonda la sua efficacia sull’evoluzione tecnica delle fibre ottiche e sull’utilizzo di apparecchiature correlate
(software elettronici, video camere). Con adeguati strumenti, si ha la possibilit di penetrare in articolazione
attraverso piccolissime incisioni e porre rimedio alle pi diverse e disparte patologie articolari.
CHIRURGIA PROTESICA
Si propone la sostituzione di un’articolazione malata, attraverso l’impianto di elementi metallici che ne
riproducono la forma e la funzione.
FISSAZIONE ESTERNA
Il fissatore esterno un mezzo di sintesi che stabilizza i due monconi di frattura senza posizionare mezzi
metallici a livello del focolaio, creando un ponte esternamente all’arto. Il fissatore viene solidarizzato ai due
monconi di frattura con viti (dette fiches) o fili di k inseriti per via percutanea e raccordati al corpo del
fissatore. Il fissatore risulta insostituibile nelle fratture esposte con sofferenza della cute e dei tessuti molli,
dove il posizionamento di mezzi metallici aumenta il rischio di infezione.
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DOLORE
- Dolore sordo continuo, intenso che peggiora di notte, senza relazione col movimento e peggiorato dal
carico, suggerisce un’origine ossea.
- L’attacco improvviso o graduale del dolore a livello di un’articolazione, aumentatodal movimento e
alleviato dal riposo, suggerisce un origine articolare.
- Il dolore prolungato, insolito, legato ad un sforzo eccessivo e che permane anche a riposo, suggerisce un
origine muscolare.
- Irradiato causato da una compromissione nervosa.
- La maggior parte dei dolori muscolo-scheletrici, sono alleviati dal riposo.
Scale di valutazione del dolore= NRS, VRS, VAS.
Piano di assistenza
Ispezione e palpazione
- Tumefazione: segno importantissimo, quando localizzata all’articolazione, pu indicare
un’infiammazione della membrana sinoviale con un aumento del volume del liquido sinoviale.
- Rossore - si manifesta in presenza di un’infiammazione acuta o articolare.
- Presenza di ferite lacero contuse o ematomi, ecchimosi
Rossore, tumefazione e dolore articolare indicano una malattia infettiva acuta (artrite settica) o gotta.
- Rigidit articolare. Presente nelle artropatie, in particolare nell’artrite reumatoide.
- Deformit e immobilit di un distrettocorporeo (lussazioni, fratture).
- Valutazione dello stato neuro- vascolare, fondamentale per evitare ed individuare tempestivamente i segni
e sintomi della sindrome compartimentale.
Nei pazienti vittime di traumi, al momento dell’accoglienza, importante tener presente che un trauma un’esperienza
inattesa, anche se intenzionale (aggressione, tentato suicidio) o accidentale (incidente, infortunio), che causa
un’alterazione dell’equilibrio fisico, emotivo e psicologico sia della vittima che della famiglia.
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Ansia correlata alla patologia, alle possibili procedure • Accogliere il paziente presentandosi, accompagnarlo
invasive a cui sarà sottoposto, all'imprevedibilità nella sua stanza, fornire informazioni adeguate
dell'esito e al cambiamento ambientale. (abitudini del reparto, logistica, figure di riferimento
ecc.)
• Eseguire la raccolta dati attraverso l'intervista e
compilare la valutazione multidimensionale
infermieristica
• Verificare il livello di informazione recepita dal
paziente in merito a tipo e natura del trauma,
determinando quindi il grado di comprensione e
rinforzando, se necessario, le informazioni fornite dal
medico
• Fornire informazioni generali sulla routine immediata
legata alla patologia
• Spiegare adeguatamente ogni procedura, insistendo
sulla motivazione e sull'importanza dell'intervento
invasivo
Rischio di stipsi correlato a diminuzione della peristalsi, • Valutare l'ultima evacuazione intestinale
all'immobilità e ai farmaci antidolorifici • Eseguire la pulizia intestinale
Rischio di nutrizione inferiore al fabbisogno, correlato a • Informare il paziente in merito alla necessità di
diminuito apporto secondario alle restrizioni dietetiche eseguire una specifica preparazione all'intervento
imposte dalla chirurgia • Somministrare cibi adeguati, in accordo con il servizio
dietetico e con la prescrizione medica, in relazione al
digiuno da osservare
Disturbo del sonno correlato allo stato ansioso indotto • Garantire un ambiente confortevole e tranquillo
dall'attesa dell'intervento chirurgico • Rassicurare il paziente incoraggiandolo a esprimere le
proprie paure
• Se necessario, richiedere l'intervento del medico per la
prescrizione di una terapia ansiolitica e,
successivamente, somministrarla
Rischio di infezione postoperatoria correlato a una sede di • Procedere a un'accurata igiene del paziente, che
possibile invasione di microrganismi secondaria a consiste dapprima nella detersione con acqua e sapone,
intervento chirurgico poi nella disinfezione della cute della zona interessata,
con apposita soluzione antisettica (clorexidina 2%)
• Aiutare il paziente a indossare indumenti idonei
(camice e cuffia)
• Invitare il paziente a togliere tutti gli oggetti metallici,
smalto per unghie, eventuale trucco, protesi
• Somministrare la terapia antibiotica se prescritta
Rischio di incontinenza urinaria correlato a riduzione del • Invitare il paziente a urinare prima del trasferimento in
tono muscolare secondaria ad anestesia sala operatoria
• Eventuale verifica ristagno vescicale con bladder scan
•
BLADDER SCAN è un dispositivo ad ultrasuoni che misura il volume vescicale rapidamente, in modo non
invasivo e senza alcun disagio per il paziente. La misurazione del volume vescicale trova indicazione di uso
clinico principalmente per:
- determinare la Ritenzione Urinaria Acuta (RUA)
- verificare il residuo post-minzionale
- verificare lo svuotamento vescicale post-minzionale dopo la rimozione del catetere vescicale.
In sala operatoria…
• Il paziente viene trasferito su un apposito tavolo traumatologico oppure su un letto operatorio standard, in
posizione supina.
• Il trasferimento del paziente sul letto operatorio, se possibile, dovrebbe essere eseguito a paziente sveglio
(soggetto più collaborante) facendo attenzione, successivamente, a proteggere le sporgenze ossee e i punti
di pressione più esposti al fine di salvaguardarli da potenziali rischi lesivi e avendo cura che nessuna
attrezzatura gravi su di essi.
• È importante ricordare che anche in sala operatoria bisogna tutelare la privacy e la dignità del paziente.
• Viene somministrata un'anestesia generale o spinale e, per alcuni interventi che possono comportare una
considerevole perdita di sangue, viene prevista una tecnica di recupero e reinfusione del sangue perso.
• L’attrezzatura e la strumentazione necessarie per l'intervento vengono preparate prima dell'arrivo del
paziente in sala operatoria. Va ricordato che, come in qualsiasi intervento chirurgico, l'osservanza delle
norme di asepsi deve essere rigorosa.
• L’infermiere di sala operatoria conosce e controlla il corretto funzionamento di tutta l'attrezzatura della sala
(bisturi elettrico, defibrillatore, monitor, ventilatore, tubi, supporti ecc.). Una corretta assistenza al paziente
ortopedico in sala operatoria richiede una buona preparazione anatomo-fisiologica e precise conoscenze
tecniche: l'infermiere deve quindi possedere dimestichezza con termini quali "flessione", "estensione",
"abduzione“, “adduzione" e saperli tradurre in pratica al momento del posizionamento del paziente sul
letto operatorio oltre che avere padronanza delle conoscenze in merito al tavolo ortopedico e ai ferri
chirurgici da utilizzare.
• La strumentazione ortopedica è estremamente varia sia per dimensioni sia per caratteristiche: nel comporre
i set chirurgici è importante tenere conto delle molteplici necessità operatorie in relazione alle
caratteristiche dell'intervento e alla tecnica abitualmente utilizzata dal chirurgo ortopedico.
Verificare e mantenere
- La corretta ventilazione polmonare e gittata cardiaca
- La normale temperatura corporea
- Il controllo della sintomatologia dolorosa
- Un adeguato orientamento spazio temporale
- Cercare, nel limite del possibile, di creare un ambiente in grado di influire positivamente sullo stato
emotivo del paziente.
Dolore acuto relativo all'incisione chirurgica, al gonfiore • Stabilire il tipo e la sede del dolore, attraverso l'uso di
e all'immobilizzazione apposite scale di rilevazione (nelle prime 8 ore tale
valutazione dovrebbe essere eseguita almeno ogni ora)
• Somministrare la terapia analgesica prescritta
• Valutare l'efficacia del trattamento al fine di evidenziare
la remissione della sintomatologia dolorosa. Nel caso il
dolore non regredisse, avvisare il medico, il quale
eventualmente provvederà a modificare il regime
terapeutico
• Insegnare al paziente i possibili di cambi di posizione
per controllare la sintomatologia dolorosa
Rischio di disfunzione neurovascolare periferica correlato • Monitorare ogni ora (nelle prime 24 ore) lo stato
all'intervento neurovascolare confrontando l'arto operato con quello
contro laterale: rilevare polsi periferici, colorito e
temperatura cutanea (colore e calore), sensibilità
• Incoraggiare il paziente a riferire sintomi insoliti o
sensazioni nuove (diminuita capacità di muovere le
estremità, insensibilità ecc.), dolore che aumenta con il
sollevamento dell'arto
• Segnalare tempestivamente al medico modificazione
della sensibilità, della capacità di movimento, del
colore cutaneo (se marezzato o cianotico), del polso
diminuito o assente
Rischio di deficit del volume di liquidi correlato a perdite • Impostare e controllare la terapia infusionale prescritta
intra-operatorie • Monitorare le entrate e le uscite considerando le
ulteriori perdite associate a vomito, febbre, drenaggi e
medicazione
Rischio di infezione postoperatoria correlato alla • Controllare lo stato della medicazione (che viene
possibile proliferazione di microrganismi in sede di ferita sostituita prima delle 48 ore successive all'intervento
chirurgica solo se strettamente necessario)
• Controllare il punto di inserzione del drenaggio
• Misurare la temperatura corporea per rilevare la
presenza o meno di iperpiressia
Disturbo del sonno correlato a dolore secondario • Ridurre il rumore e garantire un ambiente tranquillo
all'intervento chirurgico • Favorire, nel limite dell'immobilità obbligata, la
mobilizzazione nel letto affinché il paziente possa
assumere la posizione antalgica
Deficit nella cura di sé correlato a dolore postoperatorio e • Somministrare la terapia antalgica prescritta circa
prescritta limitazione di attività mezz'ora prima dell'inizio delle cure igieniche
• Prestare al paziente le cure igieniche, assicurando la
privacy e un adeguato microclima
• Valutare la capacità del paziente di partecipare alle
attività legate alla cura di sé rendendolo sempre più
autonomo
Rischio di infezione correlato alla possibile proliferazione • Monitorare i parametri vitali (temperatura, polso e
di microrganismi in sede di ferita chirurgica ritmo respiratorio aumentano in risposta a un infezione)
• Eseguire, con tecnica asettica, la medicazione della
ferita chirurgica, valutando attentamente l'aspetto
dell'incisione e delle secrezioni, se presenti
• Se il paziente lamenta dolore in sede di intervento,
avvisare il medico strare la terapia antibiotica
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Rischio di disturbo della percezione sensoriale correlato • Valutare l'orientamento del paziente
a età avanzata, dolore e immobilità • Valutare eventuali carenze visive e/o uditive
• Aiutare il paziente a orientarsi dal punto di vista spazio
temporale e a riconoscere le persone
• Offrire spiegazioni semplici in merito alle procedure e
al piano di cura coinvolgendo il paziente nelle attività
(per esempio lavarsi il viso)
• Coinvolgere i familiari, se presenti
Disturbo del sonno correlato a dolore secondario • Ridurre il rumore e garantire un ambiente tranquillo
all'intervento chirurgico • Dopo aver accertato il tipo e la sede di dolore,
somministrare terapia antalgica se prescritta
Dimissione
Nel programmare la dimissione sarà necessario valutare l'ambiente domestico del paziente (barriere
architettoniche) in quanto potrebbe limitare la capacità di deambulazione e cura. Si dovrà anche raccogliere
informazioni sul tipo di assistenza di cui il paziente potrà godere al domicilio. Per i pazienti anziani, alla
dimissione dal reparto di ortopedia segue spesso un periodo di rieducazione presso un reparto di
riabilitazione.
• Eseguire la medicazione della ferita chirurgica
• Istruire il paziente o i familiari in merito al regime terapeutico da seguire, assicurandosi che abbiano
compreso le indicazioni fornite: limiti di attività, uso dei mezzi per la deambulazione, farmaci se prescritti,
istruzioni relative agli esercizi, cura della ferita
• Indicare modalità e tempistica per le visite di controllo
• Se necessario, mettere a disposizione il supporto dell'assistente sanitaria (Dimissione Protetta).
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FRATTURA, soluzione di continuo, parziale o totale , di un osso, prodotta da un’energia traumatica, capace
di superare i limiti di resistenza dell’osso.
Meccanismo di produzione
• Trauma diretto: lesione e punto di applicazione della forza traumatica coincidono
• Trauma indiretto: l’interruzione scheletrica avviene a distanza del punto di applicazione della forza
traumatica.
Classificazione…
…In base all’eziologia
• Fratture traumatiche: se la lesione è determinata da una causa violenta esterna che ha agito su un osso sano.
• Fratture patologiche: se l’interruzione scheletrica si verifica, anche per traumi lievi, in corrispondenza di
una lesine ossea preesistente.
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Segni clinici
sintomatologia locale
- Dolore
- Limitazione Funzionale di vario grado fino all’impotenza
- Deformità della parte
- Motilità preternaturale del segmento osseo fratturato
- Crepitio osseo
- Tumefazione
- Ecchimosi
sintomatologia generale
È legata alla concomitanza d’eventuali lesioni traumatiche in altri distretti e al grado di compromissione
delle condizioni generali. Secondo i casi si può avere:
- Stato commotivo o compressivo per coinvolgimento cerebrale
- Paresi o paralisi degli arti superiori o inferiori per lesioni del midollo spinale o dei nervi periferici
- Shock traumatico ipovolemico per lesione vascolare associata per lesione di organi toracici e addominali.
Diagnosi
• RADIOGRAFIE: sempre nelle due proiezioni ortogonali, in antero-posteriore e in latero-laterale
• T.A.C: nelle fratture complesse (es. F. del bacino) e in tutte le fratture articolari
• R.M.: per identificare anomalie dei tessuti molli, muscoli, tendini, cartilagini
• SCINTIGRAFIA OSSEA – P.E.T: per identificare metastasi ossee, infezioni, necrosi
• E.M.G: per differenziare problemi muscolari da problemi nervosi
• ARTERIGRAFIA: per identificare lesioni vascolari.
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L’insieme dei fattori, che influenzano negativamente il processo di riparazione di una frattura, possono
condurre ad un ritardo di consolidazione o alla mancata consolidazione. Produce pretermotilità (movimento non
fisiologico) tra i monconi, che simula la presenza di un’articolazione tra i due monconi la PSEUDOARTROSI.
In questo momento non si ritiene che sostanze particolari o farmaci possono influenzare positivamente la
guarigione di una frattura. Pare invece che particolari condizioni bio-elettriche del microambiente
fratturattivo, siano determinanti per abbreviare i tempi di guarigione. A tale scopo si applicano direttamente o
indirettamente campi magnetici pulsanti a bassa frequenza, correnti elettriche con caratteristiche particolari
(interferenziali).
Trattamento
1. PROVVISORIO
2. SPECIFICO:
- Riduzione incruenta estemporanea e stabilizzazione esterna
- Riduzione incruenta graduale (trazione)
- Riduzione e stabilizzazione cruenta con mezzi di fissazione interna
- Riduzione e stabilizzazione cruenta con mezzi di fissazione esterna
3. RIABILITATIVO
Trazioni transcheletriche
• La trazione è lo sforzo meccanico cui può essere sottoposta una parte anatomica.
• La trazione viene chiamata transcheletrica in quanto viene applicata direttamente sullo scheletro per mezzo
di un filo di acciaio (filo di Kirschner) infisso trasversalmente nell’osso e ancorato ai morsetti di una staffa,
a sua volta collegata ad un sistema di trazione mediante carrucola e pesi.
Materiale e procedura
- pulire con acqua e sapone la zona interessata
- eseguire tricotomia se necessaria
- Piano rigido (esempio asse di legno parte inferiore del letto per garantire stabilità dello Zuppingher )
- Zuppingher
- Sbarra di acciaio, carrucole, staffa, corda nylon per trazioni
- Porta pesi e pesi
- Traversa per Zuppingher
- Fili di K sterili di varie misure
- Trapano elettrico e guida fili sterile
- Chiave inglese per stringere i morsetti della staffa
- Tronchese
- Tappi in gomma
- Maglia tubolare, ovatta, garze
- Informare il paziente sulla necessità della manovra terapeutica
- Durante la fase di posizionamento della trazione,l’infermiere
collabora con l’ortopedico.
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Trazioni cutanee
• Trazione a cerotto: viene esercitata un a trazione graduale sull’arto fratturato. Viene applicato un cerotto ai
lati della gamba, distalmente c’è una spugna da dove passa la corda a cui viene applicato il peso di
trazione.
• Trazione a zampale: viene posizionato uno zampale alla caviglia dell’arto fratturato, a cui distalmente
viene legata la corda dove verrà applicato il peso di trazione.
Prima di procedere all’applicazione di una trazione cutanea, occorre ispezionare lo stato della cute: se ci sono
segni di abrasione, lesioni, eritemi. (In particolare per la trazione a cerotto, in quanto il cerotto potrebbe
causare lesioni importanti all’epidermide). L’estremità dell’arto fratturato deve essere accuratamente lavata e
asciugata, eventualmente procedere alla tricotomia.
Trazione a cerotto
1.Applicare il nastro di trazione ai lati della gamba, lasciando la spugna all’estremità del piede.
2.Fasciare l’arto con la benda, lasciando libera l’estremità
3.Far passare la corda sulla carrucola del montante; regolandola all’asse dell’arto trazionato.
4.Annodare la corda all’estremità formando un’asola, dove verranno applicati i pesi molto lentamente. (I pesi
non devono mai eccedere la tolleranza della cute, che è di 2-3kg)
5.Fermare i nodi dell’asola con cerotto di tela
6.I pesi non devono mai toccare il pavimento, ma devono restare sospesi
7.Posizionare due cuscinetti in silicone ai lati del piede per mantenerlo in posizione corretta
8.Posizionare l’archetto (per far si che le coperte non cadano sulla corda di trazione)
9.Coprire il paziente
10.Riordinare il materiale
11.Controllare spesso i parametri locali per prevenire eventuali complicanze(es LDD)
12.Evitare di rimuovere i pesi anche durante le pratiche di nursing.
Trazione a zampale
1.Fasciare abbondantemente la caviglia con il cotone di germania
2.Applicare lo zampale, che non deve essere né troppo largo né troppo
stretto.
Dalla fase 3 in poi, come per trazione a cerotto
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Fissazione esterna
Il fissatore esterno è un mezzo di sintesi che stabilizza i due monconi di frattura senza posizionare mezzi
metallici a livello del focolaio, creando un ponte esternamente all’arto. Il fissatore viene solidarizzato ai due
monconi di frattura con viti (dette fiches) o fili di k inseriti per via percutanea e raccordati al corpo del
fissatore. Il fissatore risulta insostituibile nelle fratture esposte con sofferenza della cute e dei tessuti molli,
dove il posizionamento di mezzi metallici aumenta il rischio di infezione.
Prima dell’intervento
- Coinvolgere il paziente fornendogli informazioni sullo strumento che gli verrà applicato: questo approccio
è di estrema importanza in quanto l'aspetto di un fissatore esterno può alterare l'idea della propria
immagine corporea e suscitare nelle altre persone un certo timore di avvicinarsi al paziente.
- Rassicurare il paziente spiegandogli che l'applicazione di tale strumento gli consentirà di anticipare la
mobilizzazione.
Contusione= si intende la lesione dei tessuti investiti da una forza meccanica applicata a essi direttamente,
per un urto contro un ostacolo, per percosse con o senza corpo contundente, per azioni di fluidi ad alta
pressione, senza che vi sia un lesione di continuità dei tegumenti. I tessuti colpiti sono quelli superficiali,
come cute e sottocute, anche se è frequente l’interessamento muscolare o tendineo, mentre le strutture
articolari, le ossa e i tronchi nervosi sono interessati solo in quelle parti del corpo dove sono più superficiali.
Ferita= essere definita come la soluzione di continuo dell’apparato tegumentario conseguente a un’azione
meccanica. A seconda del tipo di agente lesivo si parlerà di ferita da punta (chiodo, spada sottile), da taglio
(coltello, vetro), lacerocontusa (corpo smusso), da arma da fuoco (proiettile), da scoppio. Altro aspetto
importante da valutare in caso di ferite è la loro profondità e l’eventuale interessamento di formazioni
anatomiche sottostanti. Nelle ferite agli arti molto spesso vi è l’interessamento delle fasce, dei muscoli e dei
tendini, o delle strutture vascolari e nervose: in questo caso si può parlare di ferita complicata.
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Lesioni dei muscoli e dei tendini= possono subire lesioni con meccanismo sia diretto, come conseguenza di
una ferita o di una contusione violenta, sia indiretto, imputabile a eccessiva trazione sulla loro struttura a
seguito di allungamenti eccessivi o, più spesso, per distensione passiva di un muscolo divenuto meno elastico
per affaticamento o contrattura. La lesione muscolare consiste nell’interruzione delle fibre. Se questa si
limita al livello cellulare viene generalmente definita stiramento o contrattura muscolare. Se alla rottura delle
fibre si associa quella della ricca rete vascolare che le accompagna, si ha l’effusione di sangue nel contesto
del muscolo, che tende a raccogliersi formando un ematoma muscolare. Se la lacerazione delle fibre è
importante si parla di strappo muscolare; se il muscolo è interessato per metà o più del suo spessore si parla
di rottura muscolare parziale o totale.
Lesioni complesse, trauma da schiacciamento amputazione= nel caso la parte traumatizzata rimanga
compressa tra il corpo contundente e un altro corpo rigido si parla di trauma da schiacciamento. Questa
evenienza causa: ferite lacero contuse con notevole sofferenza o necrosi dei tessuti molli, sofferenza dei
tessuti muscolari con edema, ematomi e lacerazioni, danneggiamento delle strutture vascolari e nervose,
fratture comminute. Danni simili si hanno in caso di lesioni da scoppio, dove i tessuti sono violentemente
colpiti dallo spostamento dell’aria causato dall’esplosione. Qualora una porzione di arto venga sottoposta a
forze molto intense di taglio o di trazione si può avere come conseguenza l’interruzione completa a tutto
spessore dei tessuti che la compongono, dalla cute all’osso, cioè un’amputazione o detroncazione. Se la
lesione interessa gran parte del segmento ma non è completa si parla di sub amputazione.
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SINDROME COMPARTIMENTALE: può portare a danni permanenti e ha spesso un esordio subdolo con scarse
possibilità terapeutiche se non si è tempestivi. A innescare la cascata di eventi possono essere lo stesso danno
tissutale all’interno del compartimento e una stasi del ritorno venoso o in caso di apparecchi gessati con
compressione eccessiva.
Alcune ore • Stati venosa a monte Aumento della pressione Aumento della pressione
• Edema da lesione tissutale intracompartimentale intracompartimentale
• Emorragia intracompartimentale
Riduzione della perfusione tisutale Ipossia cellulare (più sensibili Dolore intenso, parestesie,
normalmente di 35-40mmHg le cellule muscolari dei nervi) difficoltà nei movimenti.
Compartimento molto teso
1-2 giorni Evoluzione fino alla necrosi Danno esteso delle strutture Incapacità di compiere
massiva muscolari movimenti
Tardive
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ANCA
- Nell’adulto la regione dell’anca è sede di frequenti
patologie di origine traumatica e non, come le fratture
dell’estremo prossimale di femore o l’artrosi
dell’articolazione coxofemorale(coxartrosi), o, meno
frequentemente, di artrite o di localizzazione tumorali
secondarie.
- Nel bambino è sede di patologie importanti, come la
dispalsia congenita dell’anca o l’epifisiolisi
Accertamenti
• Raccolta dell’anamnesi con particolare attenzione al meccanismo traumatico.
• Valutazione dei polsi periferici, della sensibilità e della mobilità nella porzione distale dell’arto
• Esami strumentali: Rx bacino e TC bacino
• Se si prevede un intervento chirurgico: ECG – Emocromo, Biochimica di base, PT-PTT – RX Torace –
Valutazione anestesiologica.
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- Esami ematochimici= informare il paziente. Eseguire gli esami richiesti rispettando l’asepsi.
- Elettrocardiogramma= informare il paziente. Eseguire secondo prescrizione medica.
Trattamento conservativo
• Per lesioni lievi: riposo o scarico dell’arto, crioterapia, terapia antiflogistica per via generale (valutazione
ecografica successiva in caso di borsiti, tendiniti o ematomi).
• Per la lussazione dell’anca: in urgenza, riduzione incruenta in narcosi.
Anamnesi accurata con particolare attenzione alle patologie che possono aumentare il rischio di complicanze
(es. trombosi). Il sintomo che il paziente lamenta più frequentemente è il dolore nel cammino, soprattutto nei
primi passi dopo essersi alzato o dopo un certo tratto di strada, sempre più breve col passare degli anni.
Vi è poi la difficoltà a compiere alcuni gesti della vita quotidiana (es. infilarsi le calze o sedersi in auto).
Esami strumentali (realizzabili in regime di pre-ricovero)
• Radiografia bacino e anca
• Radiografia del torace
• Ecg
• Esami ematici di routine preoperatoria
• Altri accertamati, come visita cardiologica o eco-doppler (se pz con comorbilità rilevanti). TC o RMN in
presenza di displasie gravi
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Decorso post-operatorio
Concluso l’intervento chirurgico il paziente vene trasferito nella sala risveglio. Monitorare: stato di
coscienza, pervietà vie aeree, frequenza respiratoria, frequenza cardiaca, pressione arteriosa, temperatura
corporea, dolore. Controllare: eventuali drenaggi, ferita chirurgica, accurato controllo del movimento della
sensibilità e del circolo, accessi vascolari.
Rieducazione
• A seconda del tipo di intervento e in caso di osteosintesi, della sua stabilità, e della situazione generale del
paziente, iniziata la mobilizzazione, dapprima con movimenti passivi e con esercizi di rinforzo muscolare
isometrico dell’arto operato, poi con esercizi per recuperare postura seduta a letto, poi in poltrona.
• In caso di osteosintesi il carico sull’arto operato viene concesso solo parzialmente dopo 30-45 giorni e
aumentato gradualmente (dopo valutazione dei processi riparativi con radiografia); con l’ausilio del
deambulatore o di stampelle nel paziente più giovane.
• Una completa consolidazione della frattura si ha generalmente tra i 60 e i 90 giorni.
• Per i pazienti sottoposti a intervento di protesizzazione il recupero del carico è molto rapido e
generalmente è concesso già dopo 4 ore dopo la fine dell’intervento chirurgico.
Esiti a distanza
• Dolore in sede di frattura, per ritardo o mancata consolidazione (pseudoartrosi).
• Dismetria degli arti inferiori, dovuta all’accorciamento del collo femorale
• Nei pazienti sottoposti ad intervento di artroprotesi dell’anca; un dolore continuo che si accentua al carico
deve far pensare a una mobilizzazione della protesi (in caso di infezione mobilizzazione settica).
• Lussazione dell’artroprotesi
• Più raramente si ha la frattura dell’osso periprotesico, legata a nuovi traumatismi o a grave osteoporosi.
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COSCIA E GAMBA
Nei segmenti diafisari degli arti inferiori si riscontrano molte
lesioni traumatiche e relative complicanze, in pazienti di
qualunque età. Affezioni non traumatiche che colpiscono questi
segmenti sono i tumori, metastatici negli adulti e primari nei
soggetti in accrescimento e le infezioni dell’osso (osteomieliti).
Accertamenti
• Raccolta dell’anamnesi e visita medica: valutazione dei polsi periferici, della sensibilità e della mobilità
nella porzione distale dell’arto
• Esami strumentali: Rx mirato sul segmento leso. Nella rara eventualità che si sospetti una lesione vascolare
occorre richiedere un Eco-Doppler o un’arteriografia.
• Se si prevede un intervento chirurgico: ECG – Emocromo, Biochimica di base, PT-PTT – RX Torace –
Valutazione Anestesiologica
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Trattamento chirurgico
Osteosintesi con chiodo endomidollare bloccato (più utilizzato)
Osteosintesi con placca e viti
Osteosintesi con fissatore esterno
Decorso e complicanze
I pazienti sottoposti a interventi al femore devono essere monitorati nelle prime 24-48 ore per quanto
riguarda le perdite ematiche, mentre anemizzazioni importanti sono rare nel caso di interventi alla tibia.
Nella gamba occorre invece controllare la tensione dei compartimenti muscolari, il dolore e la situazione di
innervazione distale. Si dovranno controllare le medicazioni e segnalare abnormi tumefazioni. Un rialzo
febbrile è frequente, ma deve recedere dopo 24-48 ore. Dopo gli interventi di inchiodamento, si deve
monitorare lo stato di coscienza e, se il paziente appare obnubilato, la saturazione di ossigeno del sangue
periferico (embolia adiposa). È opportuna un’adeguata terapia per il controllo del dolore in quanto si tratta di
chirurgia importante.
Complicanze Segni da considerare
Complicanze degli interventi al femore e alla
Anemizzazione Tachicardia e ipotensione
gamba e loro segni clinici e strumentali
Sudorazione e agitazione
Colorito pallido
Rieducazione
- La ripresa dei movimenti e del carico dell’arto è condizionata dalla qualità della stabilizzazione in caso di
frattura o dall’associazione di altre lesioni traumatiche. Mobilizzare pz seduto e iniziare la mobilizzazione
continua passiva con esercizi attivi per il recupero muscolare e passivi per quello articolare.
- La rieducazione al passo avviene già a breve distanza dall’intervento, dosando opportunamente il carico in
base alla tipologia di intervento.
Esiti a distanza
• Si possono osservare ritardi di consolidazione, o anche pseudoartrosi; l’osteomielite per infezione del
focolaio è più frequente nelle fratture esposta del terzo distale della tibia.
• Possono verificarsi intolleranza ai mezzi di sintesi, in particolare in corrispondenza dell’apice dei chiodi
endomidollari.
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GINOCCHIO
Il ginocchio è sede di frequenti lesioni traumatiche, come fratture, distorsioni e
lussazioni. Le fratture del ginocchio comprendono quelle dell’epifisi distale di femore,
quelle del piatto tibiale e quelle della rotula. Esistono anche patologie degenerative a
carico del ginocchio: condropatia e gonartrosi.
Accertamenti
- Buona anamnesi con particolare attenzione al meccanismo di lesione, alle caratteristiche della
sintomatologia (cronica, acuta??).
- Valutazione dei polsi periferici, della sensibilità e della mobilità nella porzione distale dell’arto
- Esami strumentali: Rx ginocchio (in varie proiezioni) e/o TC ginocchio – RM (se sospetto per lesioni
legamenti, tendini o fibrocartilagini meniscali)
- Se si prevede un intervento chirurgico: ECG – Emocromo, Biochimica di base, PT-PTT – RX Torace –
Valutazione Anestesiologica
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Plastiche legamentose
Gli obiettivi di una ricostruzione chirurgica di un legamento sono ripristinare la stabilità articolare, prevenire
un danno secondario delle altre strutture del ginocchio e mantenere un arco completo di movimento
articolare.
Condropatia e Gonartrosi
• Trattamento conservativo: infiltrazione intra-articolare di cortisone e/o acido ialuronico. Possono essere
praticate 2/3 all’anno, in condizioni di rigorosa asepsi, in quanto il rischio di infezione è sempre presente.
• Trattamento chirurgico: pulizia dell’articolazione in artroscopia per le condropatie; mentre per le gonartrosi
impianto di protesi di ginocchio (sostituzione sia della componente femorale sia di quella tibiale).
Decorso
- Nel paziente traumatizzato si raccomanda di tenere l’arto leso in scarico, nei primi giorni dopo
l’intervento; questa posizione va alternata con la posizione seduta e, se possibile con la stazione eretta.
Sarà utile controllare lo stato della ferita chirurgica e della cute ogni qualvolta il paziente viene medicato
- La terapia antibiotica che andrà proseguita per circa 4/5 giorni avrà lo scopo di ridurre l’incidenza delle
infezioni della ferita e dell’osso(osteomielite). Anche la terapia antitrombotica andrà continuata fino a
quando sarà consentito il carico completo sul arto operato. Sarà utile anche l’utilizzo di calze elastiche.
- Il paziente sottoposto a chirurgia protesica necessiterà di calze elastiche, bastoni canadesi, terapia
antibiotica e antitrombotica. La terapia antidolorifica post-operatoria viene effettuata in infusione continua
con pompa per i primi 2 giorni. È necessaria la crioterapia. Il carico sarà concesso dal giorno
dell’intervento con bastoni canadesi.
- Nel paziente sottoposto a plastica legamentosa o ad artroscopia semplice di ginocchio sarà concesso dalla
prima giornata post-operatoria, con l’ausilio di bastoni canadesi. La terapia antibiotica sarà effettuata solo
nelle 24 ore successive all’intervento. La terapia antitrombotica proseguirà per circa 15 giorni.
Rieducazione
• Nel paziente traumatizzato la rieducazione dipende dal tipo di frattura e dal tipo di sintesi. La concessione
del carico avviene sulla base della della valutazione radiografica della guarigione.
• Nel paziente sottoposto a chirurgia protesica la deambulazione viene ripresa in genere in prima giornata
post-operatoria con l’ausilio di due bastoni canadesi (anche dopo 4 ore dall’intervento chirurgico); già
nell’immediato post-operatorio il soggetto inizia gli esercizi attivi e passivi per il recupero dell’articolarità
partendo gradualmente dal raggiungimento di una minima flessione di 30/40° per finire gradualmente in
maniera progressiva nei giorni successivi all’ottenimento della totale flessione.
• Nel paziente sottoposto a chirurgia artroscopica la rieducazione inizia fin dalla prima giornata post-
operatoria con esercizi di ginnastica isometrica per il muscolo quadricipite femorale e con la
mobilizzazione attiva e passiva del ginocchio per il recupero articolare. Il paziente proseguirà il
programma riabilitativo dopo la dimissione.
Esiti a distanza
• Nelle fatture del ginocchio le complicanze tardive maggiori risiedono nella pseudoartrosi con dolore, nella
viziosa consolidazione della frattura con deviazioni assiali dell’articolazione (ginocchio varo o valgo) e
nella deformità locale dovuta a un callo osseo esuberante.
• Nelle protesi di ginocchio gli esiti a distanza consistono in una rigidità articolare, in una persistenza della
sintomatologia dolorosa e nella possibilità di una mobilizzazione delle componenti protesiche. In
quest’ultima eventualità il paziente dovrà probabilmente sottoporsi a un intervento di revisione della
protesi con sostituzione di una o di entrambe le componenti protesiche.
• Pz dopo plastica legamentosa potrà avere esito rigidità dell’articolazione o una residua lassità legamentosa.
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CAVIGLIA E PIEDE
La caviglia è un’articolazione complessa, nella quale sia le strutture ossee sia quelle legamentose svolgono
un ruolo importante per la stabilità. È formata dalle articolazioni tibiotarsica, sotto-atragalica e medio-tarsica
e dai relativi mezzi di fisicità: capsula articolare e legamenti di rinforzo. La distorsione rappresenta il più
frequente momento lesivo di tali strutture legamentose ed è l’infortunio più comune nelle attività sportive
che prevedono corsa e salti. Il piede è una struttura complessa, costituita da più ossa. Per comodità si
suddivide in avampiede, mesopiede e retropiede, ognuno dei quali presenta quadri patologici a suo carico. Il
retropiede è costituito dalle ossa del tarso, il mesopiede dalle ossa metatarsali e l’avampiede dalle falangi.
Anche a carico del piede si possono verificare eventi traumatici (fratture e lussazioni) o patologie
degenerative, congenite o acquisite (alluce valgo, dito a martello, dito en griffe, neuroma di Morton ecc.).
Triage e accertamenti
- Nel paziente con patologia traumatica della caviglia e/o del piede, si devono prima di tutto accertare le
condizioni cliniche generali, quindi le funzioni vitali di base.
- In seguito è necessario procedere all’analisi delle condizioni cliniche locali del paziente: valutare la
presenza di polsi periferici e lo stato della cute, stabilire se la frattura è esposta o chiusa, se ci sono zone di
alterata sensibilità o deficit motori.
- Raccogliere le informazioni anamnestiche del caso: età, sesso, modalità del trauma ( ad alta o bassa
velocità), patologie concomitanti.
- Esame obiettivo
- Esami di routine: esami ematochimici, ECG con eventuale valutazione cardiologica, Rx torace e
radiografie mirate sul segmento con sospetta frattura.
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- Il trattamento della rottura è chirurgico e consiste nella sutura termino terminale del tendine, associata a
una plastica di rinforzo utilizzando la fascia lata.
- Sarà, poi, confezionata una stecca gessata in equino e mantenuta per almeno 30 giorni. Tale fase dovrà poi
essere seguita da un’accurata rieducazione funzionale comprendente esercizi di mobilizzazione articolare
e potenziamento della muscolatura posteriore della coscia, nonché di ricondizionamento propriocettivo
della tibiotarsica.
Decorso e complicanze
Nel post-operatorio sarà sempre necessario effettuare la crioterapia e mantenere l’arto sollevato, onde evitare
la massiva formazione di edemi. Il paziente osserverà il riposo a letto per le prime 24 ore successive alla
procedura chirurgica e continuerà la terapia antitrombotica e antibiotica (quest’ultima solo per 4/5 giorni). La
terapia analgesica viene assicurata dall’uso di FANS in infusione continua per le prime 48 ore, cui viene
associata l’adeguata gastro-protezione per via endovenosa.
Le principali complicanze immediate possono essere tromboembolia, embolia polmonare, trombosi venosa
profonda, febbre, dolore ed edema post-operatorio.
Esiti a distanza
Le più frequenti complicanze, connesse agli interventi per alluce valgo e per la correzione del dito a martello,
sono la correzione incompleta e la recidiva per deformità. Nel paziente traumatizzato le principali
complicanze tardive sono una mancata consolidazione della frattura con pseudoartrosi e dolore, una necrosi
avascolare del segmento trattato e/o una viziosa consolidazione (deformità del tratto leso).
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SPALLA
La regione della spalla è di frequente interessata da lesioni traumatiche, come frattura e lussazione, che
coinvolge clavicola, scapola e omero e le articolazioni interposte, ma anche da patologie dei tendini che
avvolgono l’articolazioni scapolo-omerale come un manicotto, la cosiddetta cuffia dei rotatori. A queste si
aggiungono le alterazioni dovute all’artrosi delle due articolazioni alle estremità della clavicola, sterno-
claveare e acromion-claveare e della scapolo-omerale. La regione della spalla può, inoltre, essere coinvolta
da patologie a livello cervicale o della regione sovra-claveare che comportano lesioni nervose delle radici o
del plesso brachiale.
Accertamenti
- Raccolta dell’anamnesi con particolare attenzione al meccanismo traumatico e alle patologie preesistenti.
- Esame obiettivo: molto agevole risulta porre il sospetto di una frattura di clavicola per il riscontro di
tumefazione, dolore e irregolarità del profilo osseo, facilmente palpabile sotto la cute. Mentre segni e
sintomi della sublussazione acromion-claveare sono tumefazione e dolore, la clavicola risulta sollevata per
l’azione dei muscoli elevatori sporgendo con tipico aspetto definito “a tasto di pianoforte”.
- Esami strumentali: Rx spalla e/o TC spalla
- Se si prevede un intervento chirurgico o la riduzione in narcosi della lussazione: ECG – Emocromo,
Biochimica di base, PT-PTT – RX Torace.
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Trattamento conservativo
Per le lesioni lievi, per quelle muscolotendinee e per le fratture composte, viene consigliato di mantenere il
braccio al collo con una semplice benda o con tutori appositamente studiati o bendaggi specifici.
Bendaggio Desault
1. Eliminare dall’arto traumatizzato anelli, braccialetti e orologio
2. Posizionare il braccio intraruotato con gomito flesso a 90°.
3. Inserire sotto’ascella un’imbottitura di cotone di Germania rivestita da una benda di garza, per impedire
che il sudore rimanga a contatto con la cute causando la macerazione.
4. Mettere una maglia tubolare di cotone attorno al torace e all’arto leso.
5. Far girare delle bende di garza in modo che sostengano l’arto lesionato e lo accostino al torace; eseguire
un anello che contorni il gomito e spalla e continuare verso il torace obliquamente.
6. Fissare con della benda adesiva elastica eseguendo sempre lo stesso tipo di giro.
7. Al termine ribaltare le estremità della maglia fissandola ancora con la benda adesiva
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Infiltrazione periarticolare
1. Liberare il paziente dagli indumenti e farlo sedere sul bordo del lettino
2. Aspirare il medicamento in un siringa
3. Disinfettare la cute della regione sotto-acromiale lateralmente e anteriormente
4. Tamponare il foro dell’ago e coprire con un cerottino medicato
…Trattamento chirurgico
Il medico per perfezionare la diagnosi potrà richiedere oltre alla radiografia, un’ecografia, che consente
un’ottima visualizzazione delle strutture tendinee periarticolari e/o una RMN + routine preoperatoria.
L’intervento più utilizzato è quello della acromion-plastica, che consiste nel ridurre lo spessore del tetto
acromiale asportandone la parte inferiore, allargando così lo spazio a disposizione del tendine sovraspinato e
della cuffia dei rotatori. L’intervento viene disolito eseguito in artroscopia: viene insufflata della fisiologica
nello spazio sotto-acromiale per dilatarlo, per consentire la visione con l’artroscopio. Dopo l’intervento sarà
permesso una cauta mobilizzazione per due settimane circa; cui segue un’intensa riabilitazione. Qualora si
sia verificata la rottura del sovraspinato o di altri tendini della cuffia dei rotatori, si ricorre alla riparazione
dei tendini durante l’artroscopia. L’immobilizzazione deve essere proseguita per 4 settimane.
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Rischio di infezione correlato a Monitorare i parametri vitali (temperatura, frequenza cardiaca e respiratoria
una sede di possibile invasione aumentano in risposta a un'infezione)
di microrganismi secondaria Rilevare le eventuali manifestazioni cliniche di infezione (febbre)
all'intervento chirurgico Istruire il paziente e/o i familiari in merito alle cause e ai rischi di infezione
Nell'eseguire la medicazione, mantenere una corretta co dizione di asepsi avendo
sempre cura di eseguire un met coloso lavaggio delle mani prima di procedere e
valutando attentamente lo stato della cute in sede di incisione
Somministrare il corretto dosaggio antibiotico prescritto
Rischio di compromissione Istruire il paziente a eseguire la ginnastica respiratoria e a tossire in modo efficace
della funzionalità respiratoria Mobilizzare il paziente appena possibile; sostenere la posizione semiseduta
correlato all'immobilità avvalendosi anche di cuscini quando è a letto
postoperatoria e dolore Monitorare l’eventuale comparsa di dispnea e rumori respiratori patologici
Somministrare l’ossigeno terapia, se prescritta
Deficit nella cura di sé correlato Garantire una corretta igiene e incoraggiare il paziente a partecipare attivamente alla
a dolore post-intervento cura di sé, nei limiti delle sue capacità
chirurgico e prescritta Promuovere l'indipendenza nel vestirsi scegliendo insieme al paziente indumenti
limitazione di attività funzionali e garantendogli tempo sufficiente affinché possa espletare tale funzione
Rischio di inefficace gestione Informare il paziente in merito alle necessità imposte dal regime di trattamento
del regime terapeutico correlato (immobilizzazione dell'arto, esercizi, farmaci, dieta), evidenziando le figure di
a insufficiente conoscenza delle riferimento in ambiente sia ospedaliero sia domiciliare a cui indirizzarsi per eventuali
limitazioni di attività, della cura necessità
dell'incisione dei segni e Educare il paziente a saper riconoscere eventuali segni e sintomi di complicanze
(febbre elevata, dolore acuto all'arto, edema all'arto, ipoestesie all'arto ecc.)
sintomi delle complicanze
Rieducazione
Una corretta rieducazione dopo le lesioni traumatiche e la chirurgia della spalla è fondamentale per il
raggiungimento di un risultato ottimale. Vengono fatte trattamenti passivi e attivi di fisiochinesiterapia ed
esercizi per il rinforzo muscolare.
Esiti a distanza
La conseguenza a distanza più frequente nella patologia della spalla è la rigidità articolare. L’ipotrofia della
muscolatura della spalla è pressochè costante e richiede il proseguimento della riabilitazione per lungo
tempo. A lunga distanza le alterazioni della cuffia e gli esiti di fratture portano spesso all’artrosi della
scapolo-omerale.
31
i
a
n
GOMITO
Il gomito è sede frequente di lesioni articolari, distorsione e lussazione, ma anche di fratture di tutte e tre le
ossa coinvolte. Non rara è la compressine del nervo ulnare nel suo decorso nel canale osteofibroso attorno
all’epitroclea. Nei soggetti di età compresa tra i 4 e i 9 anni è tipica la frattura sovracondiloidea dell’omero,
che avviene nel punto in cui l’omero si assottiglia nella cosiddetta “paletta”, che in questa età è anche il
punto in più rapido accrescimento e quindi presenta una mineralizzazione non completa.
Paziente traumatizzato
• Le contusioni: sono molto frequenti, visto lo scarso spessore del tessuto sottocutaneo, in particolare
sull’apice dell’olecrano.
• La distorsione
• La lussazione posteriore: favorite da cadute sulla mano con iperestensione del gomito.
• Le fratture del capitello radiale e dell’omero distale: causate da meccanismo indiretto
• Le fratture dell’olecrano: causate da una componente diretta di urto del gomito
Accertamenti
- Buona anamnesi
- Esami strumentali: Rx del gomito (in due proiezioni) e/o TC gomito – RM (se casi complessi)
- Se si prevede un intervento chirurgico: ECG – Emocromo, Biochimica di base, PT-PTT – RX Torace.
Trattamento conservativo: riduzione della lussazione, gomitiera gessata
Il trattamento conservativo, attuato nelle distorsioni e nelle fratture composte stabili, consiste
nell’immobilizzazione del gomito in un apparecchio gessato, esteso dal terzo prossimale del braccio fino alla
mano, detto brachiometacarpale (BAM). Spesso, invece di confezionare un gesso circolare, si preferisce
realizzare una valva brachiometacarpale, per evitare che un aumento del gonfiore a livello del gomito possa
rendere stretto il gesso a livello della piega del gomito. Ormai raramente utilizzato è il trattamento delle
fratture sovracondiloidee con la trazione trans-scheletrica applicata a livello dell’olecrano e appesa a un
telaio sopra il letto; a questa soluzione si ricorre solo quando non è possibile intervenire o in preparazione a
un intervento di osteosintesi differito nei giorni successivi alla frattura per favorire l’allineamento dei
frammenti e il deflusso venoso. In caso di lussazione prima dell’immobilizzazione in gesso si deve eseguire
la manovra di riduzione incruenta, meglio se in sedazione, considerati l’intenso dolore e la necessità di avere
un completo rilassamento muscolare.
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Rieducazione
Le immobilizzazioni vengono lasciate in sede il minor tempo possibile e dopo si inizia la mobilizzazione
articolare sia attiva che passiva. Molto utile a ridurre l’edema e a prevenire le aderenze cicatriziali risulta la
mobilizzazione continua passiva, che viene spesso impiegata precocemente dopo gli interventi di
osteosintesi, rimuovendo eventuali stecche temporanee.
Esiti a distanza
Per le lesioni traumatiche del gomito è frequente una riduzione dell’ampiezza del movimento articolare, o
rigidità, con impossibilità a flettere o estendere. L’artrosi post-traumatica è la regola per le fratture
intrarticolari. Epicondiliti e borsiti hanno un decorso molto lento e talvolta lasciano strascichi dolorosi anche
a distanza, recidivando facilmente.
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BRACCIO E AVAMBRACCIO
Nei segmenti diafisari dell’arto superiore si riscontrano soprattutto lesioni traumatiche in pazienti di
qualunque età. In questi segmenti sono poco frequenti i tumori e le infezioni dell’osso, quasi sempre
secondarie a lesioni traumatiche.
Il paziente traumatizzato
Le fratture della diafisi omerale avvengono sia per sollecitazioni indirette sia per meccanismo indiretto e
sono più frequenti nell’età avanzata. Le fratture diafisarie dell’avambraccio, spesso a carico di entrambe le
ossa, sono invece tipiche dei giovani e avvengono per trauma diretto o combinato. Nei soggetti in
accrescimento si possono osservare le cosiddette ”fratture a legno verde”.
Accertamenti
• Raccolta dell’anamnesi e visita medica: meccanismo traumatico. E’ buona norma cercare di posizionare
l’arto in modo da ridurre il dolore e per evitare compressioni e stiramenti dei tronchi vascolo/nervosi.
• Esami strumentali: Rx mirato sul segmento leso.
• Se si prevede un intervento chirurgico: ECG – Emocromo, Biochimica di base, PT-PTT – RX Torace.
Trattamento chirurgico
Le fratture scomposte vengono trattate chirurgicamente con interventi di riduzione e osteosintesi. Per la
diafisi omerale si possono utilizzare chiodi endomidollari o placche con viti. Per radio e ulna possono essere
utilizzati i fili di K, anche se molto spesso si ricorre all’osteosintesi con viti e placca.
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Fratture dell’avambraccio
L’avambraccio è costituito dal radio e dal ulna, e le fratture che lo coinvolgono possono interessare uno o
entrambi (fratture biossee). Queste fratture sono conseguenza di forze agenti direttamente (es. l’ulna si frattura
nel tentativo di proteggersi il volto) o per via indiretta (es. caduta sulle mani). Sono molto frequenti nei bambini e
negli adolescenti, dove però in molti casi è possibile ottenere una buona riduzione grazie alla presenza di uno
spesso periostio che mantiene la continuità tra i due monconi di frattura consentendo il successo di manovre
incruente. Le complicanze più gravi delle fratture diafisarie sono la sindrome compartimentale e lesione del
nervo interosseo (ramo del nervo radiale, che innerva tutti i muscoli della loggia estensoria)
Rieducazione
Se la sintesi è stabile la mobilizzazione dell’arto viene iniziata precocemente, con movimenti sia passivi,
ricorrendo anche ad apparecchiature di mobilizzazione continua, sia attivi, compatibilmente con il dolore.
Anche il rinforzo muscolare può essere precoce.
Esiti a distanza
Anche a distanza si può avere sofferenza del nervo radiale per il suo intrappolamento in un callo di frattura
ipertrofico; di conseguenza, non si deve sottovalutare la comparsa di parestesie o ipoestesie. Le limitazioni
dei movimenti del gomito e della prono-supinazione radio-ulnare sono frequenti, soprattutto a seguito di
trattamenti con immobilizzazioni prolungate. Le fratture della diafisi omerale vanno incontro non di rado a
pseudoartrosi, come nel terzo distale di ulna. Sono sempre possibili le osteomieliti per esposizione del
focolaio o per infezione di un accesso chirurgico.
Dolore correlato all'incisione chirurgica Rilevare i dati in merito a tipologia e sede della sintomatologia
dolorosa, spiegando al paziente le cause del dolore, se conosciute Se
possibile, impiegare tecniche non farmacologiche per modificare la
percezione dolorosa. Somministrare la terapia antalgica prescritta, ove
necessario, e valutarne l'efficacia
Rischio di infezione correlato a una sede di Monitorare i parametri vitali (temperatura, frequenza cardiaca e
possibile invasione di microrganismi respiratoria aumentano in risposta a un’infezione). Rilevare le
secondaria all'intervento chirurgico eventuali manifestazioni cliniche di infezione (febbre). Istruire il
paziente e/o i familiari in merito alle cause e ai rischi di infezione.
Nell’eseguire la medicazione, mantenere una corretta condizione di
asepsi avendo sempre cura di eseguire un meticoloso lavaggio delle
mani prima di procedere e valutando attentamente stato della cute in
sede di incisione. Somministrare il corretto dosaggio antibiotico
prescritto
Deficit nella cura di sé correlato a dolore Garantire una corretta igiene e incoraggiare il paziente a partecipare
post-intervento chirurgico e prescritta attivamente alla cura di sé, nei limiti delle sue capacità
limitazione di attività Promuovere l'indipendenza nel vestirsi scegliendo insieme al paziente
indumenti funzionali e garantendogli tempo sufficiente affinché possa
espletare tale funzione
Rischio di inefficace gestione del regime Informare il paziente in merito alle necessità imposte dal regime di
terapeutico correlato a insufficiente trattamento (immobilizzazione dell'arto, esercizi, farmaci, dieta),
conoscenza delle limitazioni di attività, evidenziando le figure di riferimento in ambiente sia ospedaliero sia 35
della cura dell'incisione dei segni e sintomi domiciliare a cui indirizzarsi per eventuali necessità. Educare il
paziente a saper riconoscere eventuali segni e sintomi di complicanze
delle complicanze (febbre elevata, dolore acuto all'arto, edema all'arto, ipoestesie all'arto ecc.)