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Relazione.

Biologia applicata alla diagnostica e alla


conservazione dei beni culturali.

Flavia Boragina
Matricola: 3921403
Sistemi di biopulitura avanzata onsite per pitture murali di importanza
storica utilizzando il nuovo gel batterico all’agar e garza.

Premessa:
Questo studio è il risultato dell’applicazione di nuovi sistemi avanzati di biopulitura,
tramite l’utilizzo di batteri al fine di rimuovere patine di sporco accumulatesi nel
tempo su pitture murali.

Metodi e risultati:

Biogel all’agar e biogel all’agar e garza sono stati applicati su due opere: Cristo che
salva pietro dalle acque – La Navicella (1627-1628) affresco di Giovanni Lanfranco,
Musei Vaticani, Roma e Incarnato di Orazio e Girolamo Riminaldi, Cupola della
Cattedrale di Pisa. Una delle novità di questo studio è l’uso di cellule vive
appartenenti al ceppo A29 di Pseudomonas Stutzeri in un sistema avanzato di biogel
all’agar e garza applicate a contatto sul substrato per un tempo breve (dalle 3 alle 12
ore). Prima dell’applicazione sono state svolte analisi per determinarne lo stato
conservativo e identificare la natura dei materiali da rimuovere: i due affreschi
risultano alterati da lipidi e proteine residui di passati restauri come confermato
dalla Py-Gas cromatografia- spettrometria di massa e dalla FT-IR (Spettroscopia IR a
trasformata di Fourier).
Conclusioni: La breve bioapplicazione dell’avanzato biogel all’agar e garza attivata da
P. Stutzeri risulta essere una promettente alternativa ai metodi tradizionali di
pulitura attualmente in uso. Per la prima volta in questi studi gli operatori sono stati
in grado di applicare il biogel in aree dell’opera poste in verticale e nelle aree a volta,
fatto molto significativo per il futuro del restauro. Alla conclusione del restauro è
stata valutata l’efficacia dei metodi e le condizioni generali sono state discusse.

Introduzione:

Ad oggi le procedure di biopulitura sono state applicate con successo ad opere


lapidee come monumenti e costruzioni (Antonioli et al. 2005; De Belie et al. 2005;
De Graef et al. 2005; Ranalli et al. 2005; Cappitelli et al. 2006, 2007; May et al. 2008;
Polo et al. 2010; Alfano et al. 2011; Gioventù et al. 2011; Barbabietola et al. 2012;
Lustrato et al. 2012; Bosch-Roig et al. 2013a, 2013b; Troiano et al. 2013; Mazzoni et
al. 2014; Elhagrassy 2015; Barras 2018; Sanmartın and Bosch-Roig 2019). In questi
casi le alterazioni più comuni sono quelle dovute al nitrato, al solfato, alle croste
nere, alle effluorescenze di sali e ai depositi di polvere e sostanza organica come
conseguenza dell’inquinamento atmosferico. Recentemente si è riusciti a
caratterizzare il biodeterioramento di una pittura del XVII sec. così da prevenirlo
(Caselli et al. 2018). Un altro trattamento di biorestauro è stato applicato con
successo ad un affresco al Camposanto Monumentale di Pisa: in questo caso
l’affresco rimosso con la tecnica a strappo durante la Seconda Guerra Mondiale era
stato lasciato incollato al supporto usato per la rimozione, nel tempo la colla
utilizzata era diventata insolubile e impossibile da rimuovere con i metodi
tradizionali senza danneggiare l’opera. Al contrario pochi lavori di questo tipo sono
stati fatti su dipinti murali. Una della maggiori complicazioni incontrate è la presenza
di sostanze organiche applicate e non completamente rimosse in precedenti e/o
inappropriati restauri. Questi materiali possono alterarsi con il tempo e risultare di
conseguenza dannosi per le opere in quanto possibile nutrimento per batteri e
funghi. Per questo diventa fondamentale la totale rimozione dei residui, si è preso in
considerazione in alcuni casi l’uso di enzimi. Per poter rimuovere con successo
questi materiali devono necessariamente essere svolte delle analisi accurate
sull’opera in modo da distinguere i composti organici originari e quelli invece
derivanti dal restauro e invecchiati. I beni culturali sono ovviamente unici e di
conseguenza risultano caratterizzati da una bassa omogeneità e i loro composti
presentano bassa concentrazione. Per l’analisi è vivamente consigliato usare metodi
selettivi non invasivi e non distruttivi per l’opera come FT-IR e Gas cromatografia –
spettrometria di massa (Py/GC-MS). Le sostanze organiche non volute identificate
sui dipinti murali risultano di difficile rimozione tramite metodi tradizionali per
questo l’uso di sistemi biologici può rappresentare una valida alternativa. Lo scopo
primario della biopulitura innovativa con biogel all’agar e garza attivata da P.stutzeri
sui due affreschi selezionati è quello di eliminare i residui organici del passato
restauro che ne influenzano il substrato.
Materiali e Metodi:

Descrizione degli affreschi selezionati:

 Cristo che salva Pietro dalle acque – La


Navicella presso i Musei Vaticani a
Roma (Figura 1- (a)): dipinto tra il 1627 e
1628 da Giovanni Lanfranco usando un
misto di tecniche. L’affresco
originariamente si trovava in San Pietro
e nel 1721 venne staccato e trasferito
nell’Aula delle Benedizioni nei Musei
Vaticani dove si è svolta la pulizia. Il
dipinto presenta una copertura
irregolare di sostanze residue che ne
alterano la superficie pittorica, in alcuni
punti visibile anche a occhio nudo.
 Incarnato, Cupola della Cattedrale di
Pisa, dipinto da Orazio Riminaldi (1593-
1630) e suo fratello Girolamo (Figura 1-
(b)). Fino al XVII sec questo dipinto è
rimasto uno dei più complessi esempi e
riferimenti allo stile del ‘turbinoso e
radioso movimento circolare’. Questo
dipindo mostra uno strato di sostanze
indesiderate che alterano l’originale
strato nobile.
Figura 1: (a) Cristo che salva Pietro dalle acque – La
Navicella, Musei Vaticani, Roma.(b) Incarnato, Cupola della
Cattedrale di Pisa.

Caratterizzazione chimica con Py/GC-MS e FT-IR.

Sono stati presi piccoli campioni con un microscalpello dalle aree più
rappresentative e omogenee da entrambi gli affreschi prima (La Navicella: LN1a-
LN2a e Incarnato: IN1a-IN4a) e dopo (La Navicella: LN1b-LN2b e Incarnato: IN1b-
IN4b) il trattamento. Un Pyroliser PY3030 proveniente dal laboratorio di Frontier Ltd
(Fukushima, Japan) è stato usato insieme alla Cromatografia Gas 6890N con uno
Spettrometro di massa 5973 (PY/GC-MS da Agilent Technologies, Palo Alto) per
l’analisi dei lipidi e dei proteinacei presenti nei campioni. Alcuni microgrammi dei
campioni sono stati mischiati con 2 µl di esametil-disilazano (HMDS) e inseriti in un
tubo al quarzo. I dettagli di questa parte della ricerca sono stati pubblicati altrove
(Andreotti et al. 2009; Lluveras et al. 2010; Rampazzi et al. 2012; Orsini et al. 2017).
Le analisi FT-IR e Py/GC-MS sono state fatte rispettivamente per identificare la
composizione dei campioni e per confermare l’aumento o la diminuzione della
quantità dei composti in base all’intensità delle bande e dei picchi. Lo spettro FT-IR è
stato registrato dal KBr pellets (Sigma-Aldrich FT-IR Grade) in trasmissione con lo
spettrometro BioRad Excalibur Series FTS 3000 (detector DTGS) nel range di 4000-
400 cm-1 con una risoluzione di 4 cm-1. Il pellet è stato preparato mescolando i
campioni e KBr in malta di agata, la miscela è stata posta in una pressa e quindi è
stata applicata una pressione di 6 t cm2 per 1 minuto. Inoltre sono stati presi con
micro-bisturi dei microframmenti degli strati esterni, delle polveri sulle superfici e
dalle sezioni trasversali per essere analizzati a microscopio ottico (Corti et al. 2016).
E’ stato usato un database cartaceo per identificare le specie in ciascuno spettro FT-
IR confrontando i picchi con schemi di riferimento (Derrick et al. 1999).

Condizioni di crescita del ceppo A29 Pseudomonas Stutzeri.

Il ceppo in questione è stato scelto sulla base delle prestazioni in studi precedenti.
Inoltre le condizioni di crescita dello stesso sono state testate prima
dell’applicazione in laboratorio. Il ceppo è stato inoculato ad una temperatura di
28°C dalle 24 alle 36h in un brodo di Tryptone Soya contenente una digestione
pancreatica di caseina 17x0 g 1-1 (CM0129, Oxoid Ltd., Basingstoke, UK). La crescita
batterica è stata monitorata da OD560, e inserita in un medium TS all’agar.

Cellule batteriche e nuovo sistema biogel per biopulitura onsite.

Sospensioni contenenti batteri a crescita esponenziale sono state ottenute con una
concentrazione di 108 CFU per ml inoculando 10 ml di coltura di brodo overnight in
1000 ml di brodo fresco in un contenitore con capienza 3000ml. Questo
successivamente è stato inserito in uno shaker (200 rev min -1) per 24h a 28°C.
Le cellule sono poi state centrifugate a 7,000g per 10 minuti a 28°C, lavate due volte
con una soluzione salina tamponata con fosfato e risospesa in ambiente sterile in
acqua distillata.

Caratteristiche finali della soluzione:

 Concentrazione: 108 cellule


per ml
 pH intorno al 7.0
 conduttività soluzione:
947x1 µs cm-1.

La soluzione è stata trasportata


dal laboratorio in situ ad una
temperatura costante di 4°C.

Per l’applicazione invece sono


state usate due preparazioni:
biogel all’agar per le aree poste
in verticale e biogel all’agar e garza per la
volta. Per la preparazione del secondo, in
camera sterile, è stata posta una garza
sterile sul fondo di un recipiente di plastica
nel quale è stato colato il brodo di agar
caldo (sopra gli 80°C) che raggiunta una
temperatura al di sotto dei 45°C solidifica
inglobando la garza sterile e formando dei
fogli 24x40 cm-1 e 1000 cm2 protetti con un
doppio strato di PET film (rimosso prima
dell’applicazione) il tutto tenuto ad una
temperatura di 4°C.
La bioapplicazione è stata fatta interessando aree rappresentative degli affreschi che
vanno da 60 cm2 a 4000 cm2
variando i tempi di contatto dai 10
minuti ai 150 per La Navicella (Fig. 2
Figura 2: Immagine del test onsite della pulitura, La Navicella, Musei
Vaticani, Roma. a) biogel all’agar tradizionale b) biogel all’agar e garza.

a-b e Fig. 3 a-b) e fino alle 12h per la


Cupola .

Test:

1. Applicazione di carta
giapponese (9x0 g m-2 )all’area
verticale e alla volta.
2. Applicazione sospensione delle cellule di P.Stutzeri A29 alla concentrazione
batterica di 2-5 x 106 cellule vive per cm2.
3. Applicazione di Biogel agar e
garza attivato da cellule
batteriche vitali per
promuovere la biopulitura.
4. Sia il biogel all’agar che quello
all’agar e garza con l’aggiunta
di acqua sterile al posto delle
cellule batteriche sono stati
usati come controllo negativo.

Monitoraggio dell’efficacia dei


processi di biorestauro:
Figura 3: Immagine dei test di pulitura onsite di La Navicella, Musei Vaticani Le aree trattate alla fine della
Roma.
biopulitura sono state lavate con
acqua distillata (3 applicazioni con spugna) e lasciate seccare alla temperatura della
stanza sulla base dei precedenti studi effettuati dallo stesso team di ricerca. Fatto
questo, per valutare la possibile presenza di residui del trattamento, vengono
effettuate analisi ATP sia per i test di controllo che per i test di pulizia. Inoltre anche
la temperatura è stata costantemente monitorata in entrambi i siti.

Risultati:

Analisi chimiche e fisiche sono state effettuate prima della biopulitura tramite
Py/GC-MS e FT-IR su entrambi gli affreschi.

1. La Navicella: le analisi con Py/GC-MS tramite la prolisi hanno confermato la


presenza di numerosi materiali come materiale proteinaceo contenente
tracce di Hexadecanenitrile e octadecanenitrile, che attestano la presenza di
uovo, e colesterolo e acidi grassi che rivelano la presenza di componenti
lipidiche. Oltre ai lipidi dell’uovo sono state trovate lunghe catene di acidi
grassi e isomeri (C15; C17; C19) caratteristici di materiale grasso animale
(Tabella 1). Per quanto riguarda invece le analisi FT-IR dei campioni LN1a e

Tabella 1: Risultati della biopulitura onsite sulle parti verticali dell’ opera Cristo che salva Pietro dalle acque dei Musei Vaticani e
della volta dell’Incarnato di Pisa.

LN2a si sono riscontrate bande di assorbimento a circa 1435,874 e 731 cm -1


(C=O allungamento asimmetrico) e a 1623 e 1315 cm-1 (allungamento
vibrazioni CO) rispettivamente rivelano la presenza di calcite e calcio ossalato
sotto forma di whewellite (CaC2O4 x H2O). Un allungamento asimmetrico S-O
segnalato a 1145,1116 e la bending mode a 669 cm-1 rivelano anche piccole
quantità di gesso mentre l’assorbimento a circa 1385 cm-1 suggerisce la
presenza di nitrato alcalino. Per quanto riguarda la presenza di calcite
probabilmente è dovuta al campionamento involontario del substrato
carbonatico mentre il calcio ossalato, il gesso e il nitrato alcalino sono
composti di neo-formazione derivanti da fenomeni di decadimento del
materiale lapideo. Sono state osservate anche bande deboli a 2915 e 2850 cm -
1
(allungamento CH) probabilmente tracce di composti organici non
identificabili. Nello spettro del campione LN1a sono presenti segnali di Silicati
causati probabilmente anche in questo caso da campionamento involontario
del substrato mentre nel LN2a è possibile riconoscere il pigmento azzurite.
2. Incarnato: Anche in questo caso la Py/GC-MS conferma la presenza di acidi
grassi e proteine residue. Per quanto riguarda invece le analisi FT-IR sono stati
osservati segnali specifici di calcite (1433 cm-1 banda asimmetrica C-O) a 874
cm-1 sono state riscontrate vibrazioni di flessioni fuori piano mentre a 713
cm-1 vibrazioni flettenti in-piano. Anche in questo caso sono stati riscontrati
segnali di silicati (1000-1100 cm-1) derivanti da un campionamento
involontario del substrato. Lo spettro mostra caratteristiche alifatiche e il
modello delle bande conferma la presenza di sostanze organiche come
composti proteinacei. A 2923 e 2852 cm-1 troviamo idrogeno di carbonio
(gruppi metile e metilene) mentre 1700 e 1246 cm -1 vediamo un
assorbimento della banda dovuto ad uno stiramento carbonilico e una
deformazione N-H.

Trattamento di biopulitura:

La rimozione di sostanze organiche dipende dallo spessore dello strato, dalla durata
e dal tipo di trattamento. Alla fine della biopulitura in analisi alcune aree sono
risultate completamente pulite mentre altre hanno mostrato ancora presenza di
residui. L’applicazione di biogel all’agar e garza per l’opera custodita ai Musei
Vaticani è durata dai 60 ai 150 min mentre quella alla Cupola di Pisa 12h. I vantaggi
dell’uso del nuovo biogel sono stati: una buona adesione a diverse superfici, un
basso rischio di disidratazione e di conseguenza di distacco e una facile applicazione
e rimozione. Rari casi di colature sono stati osservati durante l’applicazione alla volta
(parete interna obliqua) della cupola. Sulla Navicella sono state testate due aree:
una piccola area a sinistra (mantello rosso) trattata con P. Stutzeri per 150m, circa
25cm2 di gel all’agar sono stati applicati su uno strato protettivo di carta giapponese
sia con batteri che con sola acqua distillata (test). In base alla verifica del risultato
del test è poi stato applicato questo metodo ad un area più ampia (1000 cm 2)
usando il nuovo Biogel all’agar e garza per una migliore adesione alle superfici
verticali. Ulteriori trattamenti da 60 minuti sono stati testati in parallelo.
Fondamentale durante la pulizia il monitoraggio della temperatura per fornire le
condizioni ambientali ottimali all’attività metabolica dei batteri. Ai Musei Vaticani è
stata mantenuta una temperatura intorno ai 20-21°C mentre a Pisa essendo un
ambiente meno facilmente controllabile la temperatura ha oscillato tra i 17 e i 24°C
con variazioni giono/notte. Il monitoraggio microbiologico invece è stato svolto
subito dopo il trattamento per quanto riguarda Roma mentre a Pisa è avvenuto due
mesi dopo. In entrambi i casi si è riscontrata un’assenza o una presenza bassissima
di cellule vitali (da 0 a 8 CFU/100 cm2). A Pisa sono state inoltre trovate colonie
batteriche non attribuibili alla biopulitura ma probabilmente causate dall’ambiente
esterno. Post trattamento è stata svolta anche la conta batterica (ATP) sia delle aree
non trattate che di quelle trattate per poterle confrontare e provare che la
biopulitura non avesse influito in alcun modo su di essa.

Analisi Fisiche e Chimiche post trattamento:

In seguito al trattamento sono state svolte delle analisi per valutarne l’efficacia.
Sono stati presi
campioni dalle
aree trattate
(LN1b-LN2b e
IN1b-IN4b). Le
analisi in
questione hanno
confermato una
bassissima
presenza o
assenza di
materiale
organico. La
comparazione
del pirografo
(Figura 4) con
Py/GC-MS estratto dal materiale prima e dopo il trattamento attesta l’efficacia della
pulizia come rimozione del materiale proteico. In base invece alle analisi FT-IR
(limite di rilevazione ≅ 0.5% w/w) i segnali deboli di componente organica riscontrati
prima della pulitura sulla Navicella non sono più stati rilevati mentre sull’Incarnato i
risultati sono rimasti simili a quelli prima della pulizia (segnali specifici di calcite e
silicato), inoltre il modello di assorbimento indicava lo stesso composto proteinaceo
identificato prima dell’intervento ma a concentrazioni molto più basse.

Discussione:

I prodotti chimici e i metodi fisici risultano spesso non sufficientemente


soddisfacenti ed efficienti e/o troppo invasivi. In base ai risultati dell’intervento si
può dedurre che il metodo utilizzato di biopulitura appare come una tecnica
altamente promettente per rimuovere varie alterazioni da dipinti murali, in quanto i
batteri hanno una grande versatilità e un largo range di attività (sintesi) che ha inizio
solo in presenza del substrato. L’uso di microrganismi è più efficace dell’uso di
singoli enzimi che attaccano solo substrati specifici in quanto enzimi costitutivi e
indotti in cellule vitali come i batteri (versatili come P. Stutzeri) possono degradare
un ampio spettro di componenti organiche. Sono da valutare in laboratorio su
campioni artificiali prima dell’applicazione in situ in modo da poter ottimizzare le
condizioni che influenzano l’attività metabolica (temperatura, umidità relativa, pH,
risorse di carbonio ed energia e inibitori come gli ioni metallici). Il successo
dell’applicazione dipende dalla natura dell’alterazione, dai materiali del manufatto,
dalle sue condizioni, dalla posizione delle aree trattare, dall’attività metabolica della
microflora selezionata (aerobica e/o anaerobica) e infine dal tempo di applicazione.
Precedenti studi di Ranalli hanno dimostrato il danno prodotto da un trattamento
prolungato con batteri. Per quanto riguarda lo stato di conservazione dell’opera è
importante valutarlo attentamente in modo da minimizzare sia il volume di acqua
aggiunta al materiale sia il tempo di contatto con la superficie. A seguito della
biopulitura è necessaria una fase di pulizia selettiva per rimuovere con cura le cellule
batteriche dalla superficie in modo da prevenire rimanenze di cellule attive e vitali
che possono causare danni come perdita di materiale o sottoprodotti metabolici
dannosi. Fondamentali sono anche le analisi relative al monitoraggio come la
misurazione dell’attività microbica (ATP). Questi studi dimostrano quanto
appropriata e utile sia la biopulitura per rimuovere residui di proteine ed essendo
degradati per attività batterica (senza uso di sostanze chimiche) vengono poi
rilasciate sostanze naturali come CO2 e acqua e quindi non dannose per l’ambiente
(processo ecologico). I risultati di queste applicazioni mettono in evidenza le
capacità dei biocomposti di contrastare la crescita di microrganismi potenzialmente
pericolori per le opere. Inoltre confermano il vasto potenziale di trattamenti ‘soft’
ma mirati per recuperare opere alterate senza danneggiarle usando l’attività
metabolica naturale di microrganismi non patogeni. Un elenco sempre crescente di
biotecnologie risultano essere dei validi e promettenti metodi alternativi a quelli
tradizionali per la conservazione del nostro patrimonio storico artistico.

Riferimenti:

Questa relazione è basata sull’articolo “Onsite advanced biocleaning system for


historical wall paintings” pubblicato dal Journal of Applied Microbiology. Lo studio
portato avanti in questa ricerca vede la partecipazione di: G. Ranalli e G. Lustrato del
Dipartimento di Bioscienza e Territorio dell’Università del Molise, E. Zanardini, L.
Rampazzi e C. Corti del Dipartimento di Scienze e Alta Tecnologia dell’Università di
Insubria, A. Andreotti e M.P. Colombini del Dipartimento di Chimica e Chimica
industriale dell’Università di Pisa, P. Bosch-Roig del Dipartimento per la
conservazione e il restauro dei Beni Culturali dell’Università politecnica di Valencia
(Spagna), C. Giantomassi e D. Zari della Direzione Tecnica dell’Opera della Primaziale
Pisana di Pisa e P. Virilli della Tecnireco srl (Spoleto). Il lavoro svolto è stato
supportato parzialmente dall’Opera Primarziale Pisana (OPA) di Pisa e in parte da
VAL I + d APOSTD/2013/024 project da Generalitat Valenciana (Spagna).

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