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Donne che hanno cambiato la storia dello sport

ALICE COACHMAN
Alice Marie Coachman nasce ad Albany, una cittadina prevalentemente afroamericana nel sud-
ovest della Georgia, il 9 novembre del 1923. Alice è la quinta di dieci figli e fin da piccola si rivela
molto attiva e amante del movimento. Definita “maschiaccio” viene inizialmente scoraggiata a fare
sport, soprattutto dal padre, che teme per la sua sicurezza in quanto donna e afroamericana, in
una società ancora nel pieno della segregazione razziale.

Alice non smette però di correre e di muoversi anche se, a causa della mancanza di strutture di
allenamento aperte agli afroamericani, deve farlo sulle strade sterrate di Albany, su e giù dalle colline
a piedi nudi.

Grazie ad una borsa di studio, riesce ad accedere alla Tuskegee Institute in Alabama, dove può
inseguire il su desiderio di fare sport. Riesce a laureearsi in sartoria, nel 1946, e nel 1949, ha
conseguito una laurea in economia domestica presso l'Albany State College. Non è facile per Alice
allenarsi, non le è permesso accedere ai campi di atletica con i bianchi e deve trovare altri modi per
farlo, all’esterno delle strutture.

Nonostante queste difficoltà Alice vince nella sua carriera 25 campionati nazionali tra cui 10
titoli consecutivi nel salto in alto tra il 1939 e il 1948. Durante i primi anni della sua carriera sportiva
le Olimpiadi sono sospese a causa della Seconda Guerra Mondiale, ma nel 1948 ha la sua grande
occasione. È la 14esima Olimpiade moderna a Londra ed Alice, nonostante soffra di problemi alla
schiena e abbia da poco superato i 25 anni di età, vince la medaglia d’oro e stabilisce il record
olimpico nel salto in alto davanti a 83000 persone, con 1.68 m, record imbattuto per 8 anni. È
la prima atleta afroamericana a vincere una medaglia alle Olimpiadi.

Al ritorno negli Stati Uniti viene accolta, con molti altri atleti afroamericani, alla Casa Bianca,
dall’allora presidente Hatty Truman. Una volta tornata nel suo paese d’origine, nonostante i
festeggiamenti della sua città in un lungo corteo, partecipa ad una celebrazione presso l’Auditorium
di Albany e si ritrova in un luogo suddiviso per razze, da un lato i bianchi e dall’altro i neri. Il
sindaco della città rifiuta di stringerle la mano ed è costretta a passare da un’uscita laterale. Convinta
che nonostante tutti i suoi sforzi attraverso lo sport nulla sia cambiato, si ritira dalle competizioni.

Dopo il ritiro dalle gare Alice diventa un’insegnante. Nel 1994 crea l’Alice Coachman Track and
Field Foundation peraiutare giovani atleti ed ex sportivi in difficoltà finanziarie. Alice Coachman è
entrata a far parte del National Track & Field Hall of Fame degli Stati Uniti nel 1975, museo che
commemora i protagonisti della storia dell’atletica leggera statunitense, e nel 2004 nella Olympic
Hall of Fame. Morì nel luglio del 2014, all’età di 90 anni

ALICE MILLIAT
Alice Joséphine Marie Milliat (cognome da nubile Million) definita “La suffragetta dello
sport”, “La Pasionaria”, “La Militante”, nasce a Nantes, il 5 maggio del 1884, dai genitori
Hyppolite e Joséphine Million. Il 10 maggio 1904 Alice sposa l'impiegato Joseph Milliat e rimane
vedova dopo soli 4 anni. Non avendo figli Alice si dedica allo studio e allo sport, si appassiona al
canottaggio ed è la prima donna a vincere premi in questo sport.

Alice nasce in un periodo storico in cui i diritti delle donne sono limitati in qualsiasi ambito e lo
sport non è certo escluso. Nei primi anni del Novecento la maternità, vista come la funzione più
naturale e moralmente adeguata per le donne, non è compatibile con le attività sportive.

Le donne sono viste come fisicamente fragili e non adatte alle competizioni, inoltre
l'abbigliamento, estremamente costrittivo e coprente, non permette i movimenti necessari per lo
sport. Con la diffusione della bicicletta a partire dalla fine dell'Ottocento, le donne trovano
un'occasione per legittimare abiti meno formali, meno decorativi e più funzionali al movimento e
questo grande cambiamento porta all'avvicinamento allo sport al femminile.

Alice dedica la sua vita all'attività sportiva e nel 1911 entra a far parte di Femina Sport, una società
sportiva francese che promuove lo sport femminile, combinando danza e sport, diventandone
presidente dopo 4 anni.

Femina Sport promuove anche sport considerati tutt'oggi prettamente maschili, come rugby,
calcio e ciclismo, creando scandalo e scalpore nell'opinione pubblica.

Nel giugno del 1918 diviene segretario generale della Société Feminine du Sport, e nel marzo 1919
viene eletta presidente a unanimità di voti. Prima di allora i leader dei club sportivi in Francia erano
tutti uomini. Sotto la sua direzione l’associazione organizza campionati di atletica leggera e di hockey,
football e basketball.

Il barone Pierre de Coubertin, fondatore dei giochi olimpici moderni, non solo non aveva previsto
che le donne potessero partecipare alle competizioni, ma era fortemente contrario. Aveva
indubbiamente in mente una competizione fra soli uomini, dove essi potessero dar prova di forza e
coraggio.

Chiaramente in disaccordo e convinta che lo sport femminile abbia tutto il diritto di svilupparsi e
avere delle competizioni ufficiali, Alice Milliat fonda nel 1921 la F.S.F.I. Federation
Sportive Fèminine Internationale e le iscrizioni alla federazione aumentano esponenzialmente.

Sfidando apertamente de Coubertin organizza nel 1922 a Parigi, le prima Olimpiadi delle


donne, Jeux Olympiques Féminins, tre giorni di sport al femminile con la partecipazione di
sportive provenienti da Francia, Cecoslovacchia, Inghilterra, Italia e Stati Uniti. Questo causa il
disappunto di de Coubertin, e non solo. Le medaglie vinte dalle atlete non vengono mai riconosciute
ufficialmente, ma questa prima grande competizione è solo l'inizio. Alcuni anni dopo, lo
svedese Sigfrid Edström, primo presidente della Federazione Internazionale di Atletica Leggera
(IAAF), proibisce ad Alice Milliat di usare il termine "Olimpico" in riferimento ai suoi giochi
femminili. Nel 1926 Alice, con l'appoggio della Svezia, organizza a Goteborg la seconda edizione dei
giochi femminili chiamata "Women's World Games". I giochi vengono riproposti per la terza
volta a Praga nel 1930 e a Londra nel 1934, tutti con una cadenza quadriennale, con un chiaro
rimando alle Olimpiadi.

La provocazione verso le Olimpiadi maschili è ormai più che evidente e anche de Coubertin è
costretto ad ammorbidire le sue opinioni sullo sport femminile. Nel 1929, ad Amsterdam, per le
prime volta alle atlete è permesso di gareggiare in 5 prove di atletica leggera alle Olimpiadi, lo sport
femminile riceve finalmente un riconoscimento, dopo la grande lotta di Alice, che sfida l'opinione
pubblica, la tradizione e la politica maschilista dell'epoca.

Alice Milliat muore a Parigi il 19 maggio del 1957, nel totale anonimato, è sepolta nel
cimitero Saint-Jacques de Nantes, in una concessione della famiglia Brevet, quella di sua madre. Il
suo nome non appare nemmeno sulla sua tomba.

ALFONSINA STRADA
Alfonsina Morini nasce a Riolo di Castelfranco Emilia il 16 marzo 1891, da una numerosa famiglia
di braccianti. All'età di 10 anni ha il suo primo incontro con una vecchia bicicletta, che il
padre porta a casa per muoversi nei campi, ed è subito amore. Sempre in sella a quella logora
bicicletta, crea scalpore nella campagna emiliana, perché non è certo una cosa da donne e da quel
momento non smette più di correre sulle due ruote.
Ad Alfonsina interessa solo pedalare e nonostante non abbia l'appoggio della famiglia, che vorrebbe
vederla sposata per addolcire il suo carattere forte e ribelle, inizia ad allenarsi. All'età di 16 anni si
trasferisce a Torino, una grande città in cui il ciclismo è molto radicato e in cui donne in bicicletta
fanno ormai parte della quotidianità, non creando più alcuno scandalo. Lì può allenarsi
quotidianamente e gareggia con altre donne diventando presto la miglior ciclista italiana.

Nel 1909 partecipa al Grand Prix di Pietroburgo vincendo una medaglia e due anni dopo
stabilisce il record mondiale di velocità femminile con oltre 37 chilometri orari, che rimane però
ufficioso (i primati femminili diventano ufficiali solo a partire dal 1955).

Nel 1911 si trasferisce a Milano, dove conosce Luigi Strada, un cesellatore ed intagliatore di Azzate.
I due si innamorano e con grande appoggio della famiglia di lei, che ancora spera che finalmente
con il matrimonio Alfonsina divenga una donna tradizionale, dedita alla famiglia e ai figli, si
sposano nel 1915.

Luigi però è un uomo molto moderno e non solo non ostacola la passione di Alfonsina, ma decide
di regalarle una nuova bicicletta come regalo di nozze.

In questo periodo storico, l'Italia entra in guerra e nel pieno della Prima Guerra Mondiale gran parte
delle competizioni ciclistiche vengono cancellate, ma non il Giro di Lombardia. Alfonsina decide di
iscriversi nonostante la competizione sia composta da soli uomini. Non esiste nel regolamento
nessuna clausola che vieti ad una donna l'iscrizione alla gara e Alfonsina può gareggiare, con il
numero 74, per 204 chilometri. Arriva ultima, con 1 ora e mezzo di distacco dal vincitore,
confrontandosi con sportivi del calibro di Girardengo.
Ma è nel 1924 che accade qualcosa di straordinario: al Giro d'Italia scarseggiano gli iscritti perché i
grandi nomi del ciclismo, appoggiati dalle loro squadre, boicottano la manifestazione in segno di
protesta contro gli organizzatori, per motivi probabilmente economici. Questa edizione del Giro
d'Italia rimane nella storia per due principali motivi: la prima apertura della competizione ai
corridori senza squadra e la prima partecipazione di una donna: Alfonsina Strada.
Quell'anno il giro è un vero e proprio tour de force, 3.613 km, suddivisi in 12 tappe, dal 10
maggio all'1 giugno, con soli 11 giorni di pausa per recuperare le energie e 90 partecipanti. Tutti i
tratti in salita sono portati a termine solamente con la forza delle gambe e Alfonsina, correndo senza
squadra, deve fare tutto da sola, senza mezzi di appoggio al seguito.

Durante la prima tappa Alfonsina passa quasi inosservata, ma dalla seconda la curiosità dei
giornalisti e della folla che segue il Giro comincia a farsi sentire e ad ogni tappa il pubblico che la
sostiene diventa sempre più numeroso. Alfonsina, appoggiata da molti, decide di portare a
termine la competizione, grazie a una deroga della giuria che la fa correre fuori classifica.
Solo 30 dei 90 iscritti arrivano fino alla fine del Giro d'Italia del 1924 e tra questi, seppur fuori
classifica, c'è Alfonsina Strada, che viene accolta da una grande pubblico al termine dell'ultima
prova. Alfonsina dimostra a tutti, anche a quelli che non la volevano vedere in una competizione
maschile, che può competere con gli uomini e batterne molti.
Questo è l'unico Giro d'Italia a cui Alfonsina ha potuto partecipare. Ci riprova ogni anno, ma la
risposta è sempre la stessa: non idonea. Il regime non approva le sfide aperte alla
supremazia maschile e limita la partecipazione di questa grande atleta.
La sua carriera però non finisce qui, partecipa ad altre 36 competizioni con i colleghi maschi e negli
anni trova il supporto, l'ammirazione e l'amicizia di Gino Bartali, Fausto Coppi, Fiorenzo Magni e
Girardengo.
Rimasta vedova, il 9 dicembre 1950 si risposa con l’amico Carlo Messori, con cui apre un
negozio di biciclette con un’annessa officina di riparazione. Nel 1956, corre e vince la sua ultima gara,
un circuito per veterani a Nova Milanese. L'anno dopo, di nuovo vedova, decide di appendere
definitivamente la bicicletta al chiodo
Muore a Milano il 13 settembre del 1959. Alfonsina dedica la sua intera vita alla bicicletta, in un
periodo storico certamente sfavorevole; con tenacia e determinazione fa qualcosa che nessuno si
sarebbe mai aspettato: è la prima e unica donna ad aver partecipato al Giro d'Italia
maschile.

BILLIE MOFFIT
Billie Jane Moffit nasce a Long Beach, il 22 novembre del 1943.

Impara a giocare a tennis nei campi pubblici di Long Beach e a soli 17 anni, al suo esordio, vince il
titolo del doppio femminile a Wimbledon, in coppia con Keren Susman. Un anno dopo, sempre a
Wimbledon, sconfigge il numero uno al mondo Margaret Court.

La sua carriera sportiva si compone di 12 vittorie nel Grande Slam singolo, 6 vittorie a
Winbledon, 4 a New York, 1 vittoria all'Australian Open e 1 al Rolland Garros. Durante la
sua carriera vince in totale 67 titoli da professionista, 37 da amatore e dal suo contributo nelle 7
vittore alla Fed Cup degli Stati Uniti. È tutt'ora considerata una delle più grandi giocatrici di tennis
della storia, dotata di una grande velocità e un carattere molto competitivo.

Ma Billie Jane non è solo una grande atleta, è soprattutto una grande donna. Si sposa con Lawrence
King nel 1965. Dal 1971 ha una relazione con la sua segretaria Marilyn Barnett, che renderà pubblica
dieci anni dopo, divenendo la prima atleta statunitense a riconoscere di avere avuto una relazione
omosessuale.

La sua lotta per la parità dei diritti nel tennis tra uomo e donna inizia nel 1967, quando in una serie
di conferenze stampa critica la United States Tennis Association, parlando del vergognoso
compenso che viene riservato alle giocatrici, rispetto ai colleghi uomini, che non permette
neanche l'iscrizione ai tornei.
Pochi anni dopo lancia una campagna per comparare le vincite in denaro nei tornei maschili e
femminili. Grazie alla sua visibilità la situazione migliora, ma le diseguaglianze sono ancora visibili e
nel 1972, quando vince gli U.S. Open ricevendo 15.000 dollari in meno del campione maschile,
dichiara che non avrebbe più partecipato al torneo se la vincita non fosse stata identica quella
maschile.
Nel 1973 gli U.S. Open sono il primo grande torneo di tennis a equiparare le vincite economiche tra
uomini e donne.
Il momento in cui Billie Jean acquista maggiore popolarità è un altro, "La battaglia dei sessi",
infatti Bobby Riggs, miglior giocatore al mondo di tennis negli anni '40, dichiara che il gioco
femminile è talmente inferiore a quello maschile che anche un uomo di 55 anni come lui potrebbe
battere la miglior giocatrice al mondo. Inizialmente Billie Jane rifiuta la sfida, ma il 20 Settembre
nel 1973 cede e accetta lo scontro. Gioca questa partita dimostrativa giocando subito in attacco e,
davanti a più di 30.000 spettatori, vince la partita per 6-4, 6-3, 6-3.
Nonostante il carattere dimostrativo del match, questo evento è tutt'ora molto significativo per il
rispetto e il riconoscimento del tennis e dei diritti di tutto lo sport femminile, tanto che nel 2017 esce
il film "La battaglia dei sessi" di Jonathan Dayton e Valerie Faris, che ottiene 2 candidature ai Golden
Globes e 2 al Critics Choise Award.

Nel 2001 ha ricevuto un riconoscimento dal Gay and Lesbian Alliance Against Defamation,
un'organizzazione che lotta contro le discriminazioni per orientamento sessuale, per aver partecipato
alla produzione e distribuzione di filmati educativi per la lotta contro l'AIDS.

Nel 2013 viene scelta come rappresentante statunitense della delegazione in missione ai Giochi
olimpici di Sochi 2014, assieme ad altri atleti omosessuali. L'inclusione di atleti dichiaratamente
omosessuali nella delegazione statunitense e la rinuncia a partecipare del presidente Barack Obama
sono stati interpretati come messaggio politico alla Russia, che ha leggi molto restrittive nei confronti
delle persone omosessuali

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