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CASTEL S. ANGELO

Il castello che vedete qui, imponente e massiccio come una fortezza ha avuto molte vite, prima di arrivare a
noi e a differenza di tanti altri monumenti dell'antica Roma, non è mai stato abbandonato o distrutto
completamente.

Inizialmente è nato come monumento funebre e sepolcro dell'imperatore Adriano e della sua famiglia, più
tardi, Lungo la nostra passeggiata ve ne parlerò meglio di questo imperatore.

Per il momento sappiate che se non fosse stato per lui qui forse ci sarebbe stato un parcheggio :) :)

La famiglia dell'imperatore ADRIANO che si chiamava Elia, lo fece costruire intorno al 123 d.C. e rimase
monumento funebre per moltissimo tempo, fino al 217 d.C. Qui vennero sepolti tutti gli imperatori da
Adriano a Caracalla. E già di certo questo un buon motivo per dare inizio alla nostra
fantasmagorica...passeggiata proprio da questo monumento.

Il mausoleo aveva delle dimensioni notevoli e era costituito da 2 forme geometriche alla base un quadrato
di 89 metri alto 15, che sorreggeva un'altra costruzione a forma di cilindro di 20 metri.

Qui potete vedere una ricostruzione

Come si sà tutte le cose hanno un inizio e un fine e fu così anche per l'impero romano, verso il 400 già i
primi BARBARI - Ai quali io devo molto, il mio nome ad esempio - ahaha- iniziarono a invadere Roma e
proprio in questo periodo il monumento, data la sua vicinanza al Fiume e la sua imponenza diventa una
perfetta mole difensiva. Non a caso il castello viene anche detto MOLE ADRIANA -

Più precisamente nel 403 d.C. l'ultimo imperatore romano ONORIO, fa del monumento un bastione a
protezione del ponte, per impedire ai nemici di entrare in città. Addirittura, nel 546 durante le guerre
bizantino-gotiche si formò intorno alla MOLE ADRIANA una vera e propria cittadella fortificata, dove però si
accamparono i Barbari di TOTILA, germanici, che diedero il nome a quello che oggi è Borgo Pio e Borgo
Vittorio. Un corridoio sopraelevato e fortificato, collega strategicamente Castel Sant'Angelo a San Pietro, il
cosiddetto " Passetto di Borgo"...
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Dunque la storia di questa ormai fortezza si avvia ad essere strettamente legata alla difesa di una Roma
MEDIEVALE, dove le più importanti famiglie dell'epoca, ma come pure i Papi se ne contendono il controllo e
la proprietà.

Infatti, se la vicinanza con la Basilica di San Pietro, sorta sulla tomba dell'apostolo nel 319, sembrava
predestinarla al ruolo di roccaforte della Cristianità, la sua collocazione strategica ne fece un
avamposto indispensabile per chiunque aspirasse a dirigere le sorti della città. Il processo che
doveva portare Castel Sant'Angelo per lungo tempo sotto il dominio pontificio ha inizio con la
leggendaria apparizione dell'arcangelo Michele, tradizionalmente datata all’epoca del papato di Gregorio
I Magno, (590-604) e legata alla pestilenza che chiuse tragicamente il VI secolo a Roma.

Fu proprio l'evento miracoloso a dare il nome alla monumento che vediamo qui oggi: L'arcangelo Michele
nel 590, appare al Papa Gregorio Magno ( quello dei canti gregoriani), mentre sta per rinfoderare la spada,
segno della fine della pestilenza... e noi oggigiorno ne sappiamo qualcosa di cosa sia un'epidemia....

in ricordo del miracolo, il castello CAMBIò IL SUO NOME in CASGTEL SANT'ANGELO e in cima fù costruita
una cappella, rimpiazzata poi nei secoli da una prima statua di San Michele, poi sostituita nel tempo da
varie altre, FINO AD ARRIVARE a questa che vediamo qui OGGI, opera dello scultore fiammingo Peter
Anton Verschaffelt, che vinse il concorso indetto da papa Benedetto XIV Lambertini in occasione del
Giubileo del 1750.

MA NOI OGGI QUI SIAMO VENUTI A CERCARE ANGELI O FANTASMI?

Ebbene, la storia del castello che porta il nome dell'Arcangelo Michele in realtà cambia completamente
direzione nel 928, quando una certa MAROZIA ne inaugura la FUNZIONE CARCERARIA, facendovi
imprigionare e STRANGOLARE addirittura un papa Giovanni X.

Nel corso dei secoli che corrono tra l'anno 1000 e il 1750, la fortezza è sempre sata detenuta da famiglie
nobili come gli Orsini o da papi importanti come Alessandro VI Borgia (1492-1503) - quello della scoperta
dell'america mica uno qualunque -- Se guardate bene potrete vedere ancora lo stemma e l'iscrizione affissa
la sopra...

Come vi dicevo il secondo millennio segna questo posto con la sua funzione CARCERARIA, E nelle sue
segrete celle furono rinchiuse diverse illustri personalità: da Alessandro Farnese (diventato poi Papa col
nome di Paolo III) a Giordano Bruno, al Conte di Cagliostro e a Benvenuto Cellini (il quale fu protagonista di
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una celebre fuga e rinchiuso poi nei terribili sotterranei), fino ai patrioti che durante il Risorgimento si
batterono per detronizzare il Papa dal suo potere temporale.

Ma certamente il caso più famoso di reclusione e di esecuzione capitale a Castel Sant’Angelo fu quello che
riguardò Beatrice Cenci che a ventidue anni fu giustiziata l’11 settembre del 1599 insieme al fratello
Giacomo (per squartamento) e alla matrigna Lucrezia Pietroni.

Come tramandano le cronache dell’epoca, quello fu un vero e proprio caso giudiziario, tra i più scandalosi e
dibattuti della intera storia della Capitale: del processo infatti parlò tutta Roma, e ancora per i secoli a
venire la fama della sinistra vicenda influenzò grandi scrittori come Stendhal, Percy B. Shelley e Alexandre
Dumas.

E c’era tutta Roma quel giorno ad assistere, nella Piazza di Castel Sant’Angelo, alla esecuzione della bella
Beatrice – accusata di parricidio – e dei suoi complici. Una folla enorme nel caldo afoso d’agosto: in tanti
svennero per la calca, altri addirittura finirono spintonati nel fiume.

Nella piazza, tra la gente, c’erano turisti e curiosi, frati confessori e tutti i rampolli delle famiglie nobili
dell’epoca; c’erano soldati e artisti, perfino Michelangelo Merisi da Caravaggio e Artemisia Gentileschi, i più
grandi dell’epoca.

La storia di Beatrice Cenci ricorda un po’ quella dell’artista tardo rinascimentale Artemisia Gentileschi,
anche lei romana di Roma. Entrambe le donne infatti furono oggetto di violenze da parte di un uomo, ma
alla protagonista di questa storia dell’orrore non si prospettò poi un futuro di riscatto, da grande pittrice di
corte europea, purtroppo. Beatrice Cenci, nata nel 1577, infatti era oggetto di violenze da parte del padre;
dopo anni di soprusi la donna riuscì a denunciare il suo genitore, ma nonostante la cattiva nomea di cui
godeva Francesco Cenci, la richiesta d’aiuto della donna non sortì alcun effetto. Lei e i suoi familiari allora,
esasperati dalle violenze del padre decisero di farsi giustizia da soli. Dopo aver stordito l’uomo violento,
Beatrice, i suoi fratelli Giacomo e Bernardo, la sua seconda moglie Lucrezia, il maniscalco Marzio da Fioran
e il castellano Olimpio Calvetti, lo uccisero in maniera molto cruenta, spezzandogli le gambe e
conficcandogli un chiodo in gola e nella testa, gettando infine il corpo da una rocca, di cui vi parlerò a breve.

Il padre di Beatrice (Francesco Cenci) non era esattamente una brava persona, era un tizio rissoso e
piantagrane, con un sacco di debiti ovunque e diverse denunce per violenze e abusi sessuali. Dava così
fastidio che quando Sisto V era Papa, fu costretto ad andarsene da Roma, giacché non si riusciva in alcun
modo a conciliare la durezza del pontefice con la sregolatezza di questo nobile. Comunque sia, morto Sisto
V torna a Roma rapidamente, vedendo morire così altri tre papi: Urbano VII, Gregorio XIV e Innocenzo IX,
fino al 1592 quando allo Stato Pontificio arriva Clemente VIII. Ecco, Clemente non stravedeva per il Signor
Cenci, chiamato e tutta l’allegra famigliola, quindi questo spiega tutta la storia che ne segue.
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La famiglia Cenci intanto ha seppellito la prima moglie di Francesco Cenci, il quale si risposa poco dopo con
Lucrezia Petroni, sempre nel 1592. Cronaca, pura e semplice (nonché noiosissima) cronaca, quindi diamo
un’accelerata e arriviamo al nodo della questione. I Cenci non sono visti benissimo, anche perché il padre
non mantiene bene i propri figli, i quali per andare a matrimonio si fanno sistemare direttamente dal Papa.
Il padre non è interessato, non elargisce nemmeno il denaro minimo per campare. Beatrice però intanto
cresce, diventa bella e comincia ad attirare le attenzioni di qualche nobile che si propone di prenderla in
sposa. Il padre, sicuramente animato da un interesse molto poco nobile, decide di tenere la figlia tutta per
sé, segregandola nella Rocca di Petrella Salto, territorio del Regno di Napoli. Là, praticamente nel nulla, le
violenze sulla moglie e gli stupri incessanti sulla figlia non hanno limiti (e nemmeno troppi testimoni) fino a
quando qualcosa non accade.

Francesco Cenci viene ucciso e l’omicidio passa – in un primo momento – come un incidente. In realtà il
corpo sembra sia stato seppellito prima che qualcuno potesse verificare come in realtà sia stato martoriato
il cranio a colpi di probabilissime mazze chiodate.

In quella casa effettivamente c’era un po’ di gente che voleva Francesco sotto ad un cipresso: Beatrice
sicuramente non era molto propensa a farsi leggere le favole della buonanotte, la matrigna aveva sempre
cercato di proteggere la figliastra, i fratelli sicuramente non vedevano di buon occhio il fatto di morire di
fame a causa di un padre fuori di testa… ma non erano gli unici. Lì ci stava anche tal Marzio Catalano[*], un
brigante al quale Francesco Cenci non solo aveva rubato la donna, ma gli aveva ucciso – per ella – tutti gli
uomini al soldo. Insomma, qualche rancore del passato che magari era ora di lasciar andare.

Tutta la famiglia torna a Roma a Palazzo credendo sicuramente che la storia sarebbe rimasta nel Regno di
Napoli. E invece no. Le cose non tornano a qualcuno, così viene riesumato il corpo di Francesco e i referti
parlano di ferite troppo profonde e troppo gravi per essere giustificate con l’incidente descritto dalla
famiglia della vittima. Tra l’altro, s’ha da dire che Clemente VIII non vedeva l’ora di togliersi dai piedi la
scomodissima famiglia dei Cenci, quindi spinse molto le indagini in un’unica direzione. Da questo momento
inizia un po’ la caccia all’uomo, qualcuno canta della congiura alle guardie e in breve tempo vengono
arrestati: Beatrice, Lucrezia, Bernardo e Giacomo. Insomma, i tre fratelli e la matrigna sono gli accusati e
iniziano ad essere sottoposti a torture indicibili.

In realtà il processo fu una mezza farsa, tant’è che non fu permesso alla difesa di tenere un’arringa finale.
Tutti colpevoli di omicidio, con immensa gioia del Pontefice, quindi tutti condannati alla pena capitale, fatta
eccezione per Bernardo che all’epoca aveva solo 18 anni. Non che gli andò meglio, comunque, fu infatti
costretto ad assistere all’esecuzione dei famigliari rimanendo legato ad una sedia, successivamente fu
mandato su una nave dove dovette remare, remare, remare per diversi anni. Pare sia riuscito comunque ad
riavere la libertà su pagamento, ma dopo diversi lustri.

Ma torniamo a Beatrice, la quale non ha mai ammesso di essere stata stuprata dal padre, la quale non ha
ceduto fino alla fine ai dolori immensi della tortura, prende la via assieme a Lucrezia per Castel Sant’Angelo,
dove verrà decapitata per ultima. Le cronache narrano di una donna ferma e risoluta che scelse di togliersi
da sola la benda dagli occhi e s’accomodò sul tronco senza aiuti, esponendo con fierezza il collo al boia. Si
racconta che poco prima di morire invocò Maria Vergine e Gesù Cristo, ma solo dopo aver detto al
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giustiziere di fare tranquillamente il suo lavoro, poiché lei sarebbe stata presa in gloria dal Padre Eterno. Ci
sono anche aneddoti divertenti, un po’ di umorismo nero Seicentesco: pare infatti che la signora Lucrezia
avesse dei problemi ad esporre il collo a causa del seno prosperoso che faticava ad appoggiare sul tronco
dell’esecuzione.

Comunque sia così sono andate le cose, i beni della famiglia furono confiscati e in buona parte furono
assegnati ad un nipote del Papa Clemente VIII, il quale per altro si disse molto soddisfatto dell’epilogo della
vicenda, asserendo con convinzione che giustizia fosse stata fatta. Non erano dello stesso avviso i popolani
e diversi cardinali, molteplici infatti furono le richieste di clemenza, per altro i due boia che eseguirono le
condanne non ressero il peso della colpa e morirono suicidi molto poco tempo dopo.

Così termina la nostra storia, le spoglie di Beatrice sono tutt’ora sepolte nella chiesa di San Pietro in
Montorio, in un loculo davanti all’altare privo di nome secondo la regola per i condannati a morte. Se
invece volete andare a caccia di fantasmi, sappiate che possiamo tranquillamente darci appuntamento la
notte dell’11 Settembre, proprio davanti a Castel Sant’Angelo, dove pare che la ragazza si materializzi e
porti a spasso la sua testa su un vassoio d’argento. Il vassoio non è un caso, fu veramente sepolta con il
cranio appoggiato su questo oggetto prezioso, peccato che durante la Prima Repubblica Romana, i francesi
decisero di profanare la tomba e giocare a calcio con la testa della poverina.

Nel 1798 le truppe napoleoniche invasero Roma e nelle loro scorrerie arrivarono anche nella chiesa di San
Pietro in Montorio, dove devastando il cimitero, dispersero i resti mortali della donna; addirittura ci fu chi
affermò che i soldati francesi giocarono a palla con la sua testa. Da quel momento in poi il fantasma di
Beatrice Cenci cominciò a vagare per la città di Roma e a farsi vedere soprattutto nelle notti tra il 10 e l’11
settembre, che cammina sul ponte di Castel Sant’Angelo con la sua testa in mano.

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