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In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta, le te-
Dio disse: «Sia la luce!» e la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e se-
Dio disse: «Sia il firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle
acque». Dio fece il firmamento e separò le acque che sono sotto il firmamento
dalle acque che sono sopra il firmamento. E così avvenne. Dio chiamò il firma-
Dio disse: «Le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un solo luogo e appaia
l’asciutto». E così avvenne. Dio chiamò l’asciutto ‘terra’ e la massa delle acque
E Dio disse: «La terra produca germogli, erbe che danno seme e alberi da
frutto, che facciano sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la sua
specie.» E così avvenne: la terra produsse germogli, erbe che danno seme, cia-
scuna secondo la propria specie e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme,
secondo la propria specie. E Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mat-
Dio disse: «Ci siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere il giorno dalla
notte; servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni e servano da luci
nel firmamento del cielo per illuminare la terra.» E così avvenne: Dio fece le due
luci grandi, la luce maggiore per regolare il giorno e la luce minore per regolare la
notte, e le stelle. Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra e
per regolare giorno e notte e per separare la luce dalle tenebre. E Dio vide che
davanti al firmamento del cielo.» Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli es-
seri viventi che guizzano e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti
gli uccelli alati secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona.
Dio disse: «La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame,
rettili, bestie selvatiche secondo la loro specie.» E così avvenne: Dio fece le
tutti i rettili del suolo secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona.
ni sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali
selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra.» Dio creò l’uomo a sua
soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni es-
E Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la
terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo.
A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che
strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde.» E
così avvenne. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E
Dio ha creato i cieli e la terra: alto e perfetto è sopra di voi. Ha creato l’uomo
con una goccia di seme della vita, ma l’uomo gli si dichiara avversario.
Creò per voi le greggi, in modo che vi fornissero dei prodotti adatti alla vostra
scolo. E portano per voi i vostri pesi in paesi lontani che non avreste mai potu-
valli, muli e asini perché li cavalchiate e vi siano di ornamento, e crea anche al-
È Dio che mostra la via. È lui che fa scendere l’acqua dal cielo per voi, che vi
serve come bevanda e che fa crescere le piante presso cui portate il bestiame
anche questo è un segno per chi sa ragionare. Ed è lui che ha costretto il ma-
getti di ornamento con cui rivestirvi. Egli ha lanciato sulla terra montagne
salde, affinché essa non vi tremasse sotto i piedi, e fiumi e strade perché non
abbiate a smarrirvi.
All’inizio il mondo non esisteva. C’era solo un grande uovo e dentro l’uovo c’era
Pangu, il gigante creatore. Pangu diventò grande e ruppe l’uovo. La chiara di-
ventò il cielo e il tuorlo diventò la terra. Pangu rimase con i piedi piantati nella
i campi, dalle vene le strade, dalla barba e dai capelli le stelle e le comete.
Dai denti e dalle ossa si formarono i metalli, le pietre e le perle. Poi dai suoi
peli nacquero gli alberi, dalla sua voce si formò il vento e dal suo sangue i fiu-
mi. Dai pidocchi che aveva sul corpo nacquero gli uomini e gli animali.
4) IL MITO SIKH (PUNJAB)
Per milioni e milioni di infiniti anni l’oscurità si era diffusa, quando non esiste-
vano né terra né cielo, ma solo l’infinito Divino Ordine. Allora non esistevano
né giorno né notte, né sole né luna, poiché il Creatore era assorbito in una
quiete ininterrotta. Dunque allora non esisteva alcuna forma di creazione o di
parola; né vento né acqua, né creazione o dissolvenza o trasmigrazione. Non
c’erano continenti né regioni, né i sette mari, né i fiumi con l’acqua che scorre.
E non esistevano né il paradiso né il mondo mortale né il mondo degli inferi; né
inferno né paradiso né il tempo che distrugge. Inferno e Paradiso, nascita e
morte non esistevano, nessuno arrivava o partiva.
Non c’erano Brahma, Vishnu o Shiva: nessuno tranne l’Unico Signore era visibi-
le. Non esistevano maschio o femmina, casta o nascita. Nessuno soffriva né
gioiva. L’Inconoscibile Stesso, era Lui la sorgente di tutto quanto; Egli stesso
l’Inconoscibile, ancora non manifesto. Quando più Gli piacque, Egli creò il mon-
do; senza un potere che lo supportasse, Egli sostenne l’espansione.
Egli creò Brahma, Vishnu e Shiva, e il mondo cominciò a formarsi.
Egli stesso rese operativo il Suo Ordine e lo sorvegliò con cura: creando conti-
nenti, sfere e il mondo infero, Egli rese manifesto tutto ciò che era nascosto.
Creando da Sé Stesso l’universo, Egli rimase svincolato.
Il Signore Compassionevole fece poi anche il sacro centro del mondo, l’essere
umano. Combinando aria, acqua e fuoco Egli creò la fortezza del corpo.
Poi il Creatore plasmò i Nove Templi delle sensazioni: nel Quinto - la mente
supercosciente – è alloggiato il Signore, infinito e inconoscibile.
L’infinito Signore nel Suo indefinito stato di vuoto assunse potenza: Egli,
L’infinito, rimase svincolato; dispiegando il suo potere, Egli stesso dal vuoto creò
le cose inanimate. Dal vuoto indefinito furono create aria e acqua. E man mano
che aumenta la creazione, Egli regna come un monarca nella fortezza del corpo.
Oh Signore! Nel fuoco e nell’acqua – del corpo – esiste la Tua luce; nel Tuo origi-
nale stato di vuoto era alloggiata – non manifesta – la potenza della creazione.
5) IL MITO BABILONESE.
Una volta c’erano gli dei, Marduk e Tiamat erano i loro capi e litigavano sempre
tra loro per avere il potere. Fecero una lotta terribile, con i loro eserciti, e
Poi Marduk prese il corpo della sua nemica abbattuta, Tiamat, la divise in due
ste. Quindi misurò con i suoi passi, in lunghezza e in larghezza, le acque che si
stendevano sotto il firmamento, e con l’altra metà del corpo di Tiamat fece al-
terra. Quindi pose Anu nel regno sopra il firmamento, ed Enlil nel regno tra il
Poi Marduk assegnò a tutti gli altri dei i loro posti e creò lumi che splendesse-
ro nel cielo: il sole, la luna e le stelle. Regolò il tempo e le stagioni dei loro mo-
ti, fissò il corso degli astri e aprì a oriente una porta da dove il sole potesse
le nostre incombenze, hai dato un compito a ognuno di noi. Ma non hai dato a
to. Chi, dunque, accudirà alla nostra casa, chi penserà a prepararci il cibo?»
d’improvviso, il suo volto si illuminò: «Ora so – disse tra sé – ciò che debbo fare.
Prenderò sangue e ossa e ne formerò un piccolo fantoccio. Il suo nome sarà Uo-
mo. Uomo servirà gli dei, accudirà ai loro bisogni mentre essi eseguiranno i loro
compiti!»
Ma quando raccontò il suo piano ad Ea, quel dio astuto e saggio seppe immedia-
tamente trovare un’idea migliore: «Perché nuovo sangue e nuove ossa? Prendile
Così Marduk diede ordine che i ribelli incatenati fossero condotti davanti a lui
e li interrogò e comandò di dire il vero, chi tra loro fosse il maggior colpevole,
«Il maggior colpevole – risposero i soldati ribelli – è stato Kingu, il nostro co-
E dunque Kingu venne tratto fuori di prigione e consegnato ad Ea. Questi gli
tagliò la testa, gli aperse le vene, con il suo sangue e le sue ossa formò un fan-
toccio al quale venne dato il nome di Uomo, per servire gli dei e accudirli.
6) IL MITO GRECO.
All’inizio Eurinome, Dea di tutte le cose, emerse dal Caos e non trovò nulla di
solido su cui posare i piedi: allora divise il mare dal cielo e intrecciò sola una
Sempre danzando si diresse verso sud, e il vento che turbinava alle sue spalle
le parve qualcosa di nuovo e distinto; pensò dunque di iniziare con lui l’opera
tra le mani: ed ecco apparve il grande serpente Ofione che subito si innamorò
Subito allora, volando sul mare, Eurinome prese la forma di una colomba e, a
tempo debito, depose l’Uovo Universale. Per ordine della dea, Ofione si arro-
tolò sette volte intorno all’uovo, finché questo si schiuse e ne uscirono tutte le
con i suoi monti, con i suoi fiumi, con i suoi alberi e con le erbe e le creature
viventi.
7) IL MITO DI PLATONE
Una volta gli uomini erano doppi: ciascuno di quegli antichi esseri era un blocco
di un pezzo solo, con dorso e fianchi disposti in tondo; aveva quattro mani e
del tutto identiche, ma una testa sola a cornice di questi due volti, opposti uno
come ora, nella direzione che volevano; oppure, quando andavano di fretta fa-
cevano la ruota come gli acrobati, rotolando facendo perno su braccia e gambe
che allora erano otto. I generi erano tre: infatti c’erano i maschi, figli del so-
le, le femmine, figlie della terra, e un terzo genere metà maschio e metà
femmina, che era figlio della luna perché la luna è simile sia al sole che alla
forza uguale a quella di due uomini di oggi in un corpo solo. Per la loro forza e
Zeus e gli altri dei dunque si consultavano sul da farsi ed erano in difficoltà;
non volevano né annientare gli uomini fulminandoli, perché ciò avrebbe signifi-
cato perdere gli onori e i sacrifici che gli uomini facevano per loro, né lasciar
correre tanta malvagità. «Credo proprio – disse Zeus, dopo aver molto riflet-
tuto – di avere l’idea che ci permetterà di far continuare a vivere gli uomini e
mettere un freno alla loro cattiveria, una volta divenuti più deboli. Ora infatti
taglierò in due ognuno di loro e così, mentre saranno più deboli, nello stesso
farli camminare su una gamba sola a saltelli.» Detto ciò, tagliò gli uomini in
due, come quelli che dividono le sogliole o le uova con un filo sottile. A mano a
mano che tagliava un uomo, ordinava a suo figlio Apollo di fargli girare il volto
e la metà del collo dal lato del taglio, affinché l’uomo, vedendo il taglio, si spa-
fortemente verso il centro lasciando una sola apertura, che noi oggi chiamiamo
ombelico.
8) IL MITO FINLANDESE
Ilma, dea dell’aria, aveva una figlia di nome Luonnotar. Ella abitava da sola tra
Mentre veniva sballottata qua e là, il soffio del vento la accarezzò e la poten-
za del mare la avvolse. Ma galleggiò sulla superficie delle acque per settecento
Alla fine, incontrò un maschio di anatra che volava sul mare, cercando un luogo
costruì il suo nido, nel quale depose le uova. Quando le ebbe covate per tre
giorni diventarono fertili e calde, e allora la figlia di Ilma sentì un gran calore
sulla pelle, così che piegò il ginocchio violentemente e le uova caddero in acqua.
Esse però non si persero nel fondo fangoso del mare, ma si trasformarono in
cose belle e importanti: dalla loro parte inferiore prese forma la Terra, madre
di tutte le creature viventi, mentre dalla parte superiore sorse il Cielo subli-
me. Il tuorlo dell’uovo divenne il giallo Sole raggiante e l’albume la luna scintil-
lante, i frammenti chiazzati dei gusci divennero stelle e quelli scuri divennero
nuvole.
Poi la figlia di Ilma iniziò a dare forma al creato: dalle acque emersero le isole,
In principio Jubmel creò due fratelli, i quali vivevano insieme in un paese dove
c’erano paludi e montagne, ma dove l’inverno non era così crudo come quando,
per la prima volta, arrivò una tempesta di neve che minacciò di seppellire i due
uomini.
Uno di loro prese una decisione improvvisa: trovata una caverna nel fianco di
citore.
Da quest’ultimo discesero i Lapponi, che hanno scelto come loro paese uno dei
luoghi più freddi della terra; mentre da colui che si era nascosto provengono
Due dei, Quetzalcoatl e Tezcatlipoca, portarono giù dal cielo la dea della ter-
ra. Essa aveva tutti gli arti sparsi di occhi e bocche, con cui mordeva come una
bestia feroce.
Ancor prima che i due portassero la dea giù dal cielo l’acqua già esisteva, an-
uno dei due afferrò la dea per la mano destra e il piede sinistro, l’altro per la
mano sinistra e il piede destro e tirarono tanto, che la dea si spaccò a metà.
Gli altri dei montarono in collera per quanto era stato fatto e, per risarcire la
dea del danno che le era stato fatto, tutti scesero dal cielo a consolarla e de-
cisero che da lei dovessero nascere tutti gli alimenti necessari al sostenta-
la sua pelle in piante e fiorellini delicatissimi, i suoi occhi in piccoli pozzi, sor-
genti e piccole caverne, la sua bocca in fiumi e grandi caverne, le narici in valli,
le spalle in monti.
Di tanto in tanto, nella notte, la dea della terra gridava e chiedeva cuori uma-
ni; non si chetava se non glieli si offriva e non voleva dare più frutti se non ve-
Prima ancora che il mondo fosse creato, esisteva un uomo chiamato Uiracocha.
Questi creò prima il mondo tenebroso, cioè senza sole, senza luna, senza stel-
Dopo aver creato il mondo, abbozzò e plasmò una stirpe di giganti dalle enormi
proporzioni, per vedere se era bene creare degli esseri umani di tale grandez-
za. Ma poiché le loro stature gli apparivano eccessive rispetto alla propria,
disse: «Non è bene che gli uomini siano tanto grandi; è meglio che abbiano la
mia statura.» Per questo fece gli uomini a sua immagine e somiglianza, e così
In principio tutte le cose erano nella mente del Wakonda. Tutte le creature,
compreso l’uomo, erano spiriti. Andavano in giro per lo spazio, fra la terra e le
rea. Salirono fino al sole, ma il sole non era una dimora adatta a loro. Prosegui-
rono fino alla luna, e scoprirono che neppure questa sarebbe stata una buona
casa. Allora scesero sulla terra e videro che era coperta d’acqua. Fluttuarono
nell’aria a nord, a est, a sud e a ovest, e non trovarono terre asciutte. Il loro
ro carne e sangue, si cibarono dei semi delle erbe e dei frutti degli alberi, e la
terra vibrò delle loro espressioni di gioia e di gratitudine per Wakonda, crea-
Una bella mattina Manitù, che è il dio dei pellerossa, si svegliò di buon umore e
pensò di fabbricare l’uomo.
Prese un po’ di argilla e fece un bel pupazzo, con la testa, il busto, le braccia,
le gambe: una meraviglia! Poi, accese un gran forno e lo mise a cuocere.
Ma quel giorno faceva molto caldo e Manitù aveva un po’ sonno. Si addormentò
e si dimenticò di svegliarsi in tempo.
Quando finalmente si svegliò, sentì un forte odore di bruciato. Ahimè il pu-
pazzo era stracotto e, quando Manitù lo tirò fuori dal forno, vide che era nero
come il carbone!
«Sarà l’uomo dalla pelle nera!» esclamò Manitù.
Il giorno dopo, Manitù pensò di fare un altro pupazzo e di cuocerlo con mag-
giore attenzione. Ma, per paura di bruciarlo, mise poca legna nel forno e tolse
il pupazzo troppo presto. Altro disastro: il pupazzo era mal cotto e appariva
pallido pallido.
«Sarà l’uomo dalla pelle bianca!» disse. E così fu.
Manitù non si diede per vinto e il giorno dopo fece un altro pupazzo. «Perché
non bruci – pensò tra sé e sé – lo ungerò tutto di olio. Così cuocerà a puntino.»
Ma anche questo sistema andò male: Manitù era un cuoco ancora inesperto,
mise troppo olio e, quando tirò fuori il pupazzo, questo era giallo come il limo-
ne.
«Sarà l’uomo dalla pelle gialla!» disse.
Ormai Manitù aveva esperienza: fatto un quarto pupazzo, sapeva come cuocer-
lo. Mise legna in quantità sufficiente, non usò troppo olio, stette attento, ali-
mentò bene il fuoco, diede ogni tanto qualche sbirciatina all’interno del forno
e tirò fuori un pupazzo cotto alla perfezione, di un bel color rame.
«Oh, finalmente! Ecco l’uomo dalla pelle rossa!» esclamò Manitù, soddisfatto.
14) IL MITO APACHE.
Al principio Usen, colui che dà la vita, creò l’Universo. Nessuno sa come, però
Quando giunse il momento di fare la terra, disse ai Quattro Spiriti del Potere
di farlo per lui. Gli spiriti erano: Acqua Nera, Metallo Nero, Vento Nero e
Tuono Nero.
Insieme essi modellarono la terra, ma quando ebbero finito essa era spoglia e
soffriva per il freddo. Allora Tuono Nero le diede i capelli sotto forma di erba
e di alberi. Poi Acqua Nera le diede il sangue in forma di torrenti e fiumi; Me-
tallo Nero le diede lo scheletro sotto forma di rocce e montagne e infine Ven-
to Nero le diede il respiro sotto forma di brezza: ora la terra era viva.
I primi esseri umani vivevano nelle tenebre, nel profondo della Madre Terra,
ed emersero dal mondo sotterraneo per trovare la luce. Però la vita era diffi-
cile per la presenza di molti esseri malvagi che divoravano gli uomini e rapivano
le donne.
Allora Donna Dipinta di Bianco andò tra gli uomini e si lasciò bagnare dall’acqua
che sgorgava da una roccia, così ebbe un bambino. Ella chiamò il suo piccolo Fi-
glio dell’Acqua e lo protesse dai sospettosi giganti per mezzo di vari strata-
gemmi. Quando il figlio ebbe compiuto quattro anni decise che avrebbe sfida-
to e ucciso i mostri, e infatti li uccise uno dopo l’altro. Così gli uomini poterono
Tere viveva da solo sulla terra, che era un enorme deserto senza niente. Un
giorno Ivoro, l’essere supremo, con un tranello lo attirò nella sua casa nel cielo
e lo trattenne con sé per un po’ di tempo. Ma dopo qualche tempo Tere mani-
festò il desiderio di fare ritorno sulla terra. Così Ivoro gli disse: «Vuoi dunque
tornare al tuo inospitale deserto? Ebbene, prendi con te un po’ di quello che
Allora Tere fu rifornito di ogni sorta di semi, di piante, di animali e gli furono
dati anche un uomo e una donna per servirlo. Tutto venne messo in un enorme
tamburo e poi Ivoro disse: «Ora ti calerò sulla terra, entra nel tuo tamburo
colmo delle tue ricchezze. Quando un colpo di tamburo mi darà il segnale che
Tere si mise dunque in viaggio. Già da un bel po’ la corda si svolgeva ed egli non
udiva più la voce di Ivoro, ma la terra era ancora assai lontana. D’un tratto un
animaletto, che stava aggrappato sulla corda, scivolò e cadde sul tamburo e
l’urto produsse un rumore che si propagò al di là delle nubi. Ivoro pensò che
quello fosse il segnale di Tere e perciò tagliò la corda; così il tamburo precipi-
rono in balia del vento e gli animali si diedero alla fuga. Invano Tere cercava di
trattenerli: il tamburo arrivò a terra quasi vuoto. Le piante e gli animali che si
dispersero nella caduta sono quelli che ora popolano la boscaglia; quelli tratte-
nuti da Tere sono quelli che ancora oggi si vedono nei villaggi, cioè gli animali
Al principio la terra era uno squallido deserto sul quale dimorava un drago di
nome Nemaunir. Dio scese dal cielo, combatté contro il drago e lo vinse. Il li-
quido che fluì dal cadavere del drago, cioè l’acqua, fecondò la petraia selvaggia
e lì dove era stato ucciso il mostro sorse il paradiso, un giardino ricco di lussu-
reggiante vegetazione.
Ora la terra era sicura, perciò Dio, con la sua parola, creò il sole, la luna, le
stelle, le piante e gli animali, e infine fece nascere la prima coppia umana.
allora il grande Essere, che dispiegò questo universo dandogli la forma dei
Lo Spirito Supremo, desiderando creare esseri di ogni specie dal suo proprio
corpo, emanò dalla sua mente le acque e collocò in esse un uovo d’oro splenden-
In questo uovo d’oro splendente egli rimase per un anno e poi, con la sola forza
del pensiero, divise l’uovo in due parti, da cui uscirono il cielo e la terra, con
l’acqua a separarli, e gli otto punti cardinali e l’eterna dimora delle acque. In-
fine uscì dall’uovo lui stesso, come un dio, e prese il nome di Brama.
18) IL MITO GIAPPONESE.
Una volta cielo e terra non erano ancora separati l’uno dall’altro. Essi forma-
vano un caos su per giù simile a un uovo, e nella loro massa caotica era conte-
nuto un seme.
Poi la parte pura e chiara si allargò e divenne il cielo, mentre la parte più gros-
leggera fu più facile, invece quello della parte pesante e torbido si compì con
difficoltà; perciò, si formò prima il cielo, e soltanto dopo la terra prese forma.
Successivamente tra l’uno e l’altra apparvero degli esseri divini. Perciò si dice
che al principio della creazione del mondo il galleggiare della terra nel cielo
Il Cielo che è sopra di noi e la Terra che si estende sotto i nostri piedi furono
i primi genitori degli uomini e l’origine di ogni cosa, poiché un tempo i cieli gia-
cevano sulla terra e tutto era oscuro. Non erano mai stati separati.
I figli del Cielo e della Terra cercarono di scoprire la differenza tra luce e te-
nebra, perché sebbene gli uomini fossero diventati molto numerosi, l’oscurità
continuava a regnare. Così i figli del Cielo e della Terra si consultarono e dissero:
«No, separiamoli soltanto: che uno vada verso l’alto e ci diventi estraneo; che
l’altra resti in basso e sia per noi una madre.» I figli del Cielo e della Terra deci-
mentre fino ad allora erano rimasti nascosti fra le cavità del petto dei loro
genitori.
20) IL MITO DELLE FILIPPINE
Una volta la Terra era vuota e senza abitanti. Il dio Magbabaya, il Creatore,
Appena arrivato, prende la creta e costruisce tante figure umane. Poi mette le
figure umane al sole per asciugare la creta e torna in Cielo per andare a cac-
cia. Quando torna dalla caccia, si ricorda delle sue statue di creta. Corre a ve-
dere, ma hanno preso troppo sole e ormai la creta è nera come il carbone. Il
giorno dopo costruisce altre statue, mette queste statue all’ombra di un albe-
Allora fa un’ultima prova: costruisce con la creta altre statue e mette queste
figure a seccare al sole. Questa volta, però, resta a guardare e, quando il sole
diventa troppo forte, copre le statue con grandi foglie fresche. Verso sera le
statue sono di un bel colore bruno, uguale a quello della pelle del dio.
Poi prende le statue che aveva preparato in quei tre giorni e con un soffio dà
loro la vita. Infine le sistema in tutti i luoghi della Terra ed è per questo che
Tangaloa viveva nell’immensità; non c’era cielo, né terra, né mare. Egli era solo
Egli disse alla roccia: «Spaccati!» E così furono generate sette rocce, una do-
po l’altra. Tangaloa parlò alla roccia e la colpì con la mano destra, e quella si
mare. Poi il mare coprì una delle sette rocce e le altre le dissero: «Bea-
ta te, che sei bagnata dal mare!» Ma quella rispose: «Il mare raggiungerà pre-
sto anche voi.» Poi apparve l’Acqua Dolce, dopo di che Tangaloa si rivolse
E Tangaloa di nuovo parlò alla roccia e vennero fuori Due Nuvole e Due Acque
Dolci, che egli destinò alla razza che sta al di là del firmamento. Poi tornò a
parlare e nacquero Aoa-lala e Mare Desolato; quindi, venne l’Uomo; poi lo Spi-
rito, poi il Cuore; poi la Volontà; quindi il Pensiero. Questa fu la fine delle
creazioni di Tangaloa, nate dalla roccia; ma esse non facevano che galleggiare
sul mare, senza stabilità. Allora Tangaloa impartì alla roccia precisi ordini.
nel cielo. Due Nuvole e Due Acque Dolci ricevettero l’ordine di popolare la regione
dell’acqua dolce. Aoa-lala e Mare Desolato ebbero l’ordine di popolare il mare. Fatu
ed Ele-ele ricevettero l’ordine di popolare il lato sinistro, l’opposto del cielo. Per
All'inizio c'era solo un'oscurità senza limiti, un nero profondo e intenso. Per
farsi anche solo una pallida idea di cosa fosse quell’oscurità bisognerebbe
stringere le pupille molto forte e avvolgere il viso in una benda tanto spessa
da non lasciar passare né un raggio di luce, né un rumore. Allora, e solo allora,
vedremmo quello che vedevano Kumulipo e Po’ele, i cui nomi significano “es-
senza dell’oscurità” e “oscurità in sé”.
Kumulipo e Po’ele crearono tutti gli esseri che abitano l'oscurità: i molluschi
che incontriamo nelle profondità degli oceani, le piante che crescono nelle
notti senza luna, i vermi che scavano le loro gallerie nella terra soffice.
Con quelle nuove creature, l'Universo appariva meno scuro e l'oscurità meno
profonda. Kumulipo e Po'ele crearono Pouliuli e Powehiwehi, i cui nomi signifi-
cano “oscurità profonda” e “oscurità attraverso la quale si scorge una piccola
luce”. A loro volta Pouliuli e Powehiwehi crearono altre creature, quelle che
vivono nella semioscurità, laddove filtra almeno un po' di luce.
Crearono così i pesci che si muovono nelle acque fredde dei mari, dove la luce
penetra a fatica, e tutte le specie di animali e di insetti che si accalcano sot-
to le ombre e penetrano nelle tane. Tutte queste bestie si moltiplicavano, e a
ogni nuova generazione l'Universo, così buio fino ad allora, sembrava illumi-
narsi. Era una luce quasi inavvertibile, una luce bianca e fredda, ma tuttavia
era pur sempre una luce.
Quindi Pouliuli e Powehiwehi crearono Po’el’ele, il cui nome significa “la notte”,
e Pohaha, che vuol dire “l'arrivo dell'alba”. Furono loro a creare gli esseri che
popolano la Terra prima della comparsa della luce del giorno. Crearono le fa-
lene, le farfalle che portano il polline per i fiori aperti solo di notte, crearono
le cavallette e i bruchi, e infine fecero un uovo. L'uovo si aprì e ne uscirono
centinaia di specie di uccelli, quelli che si odono cantare prima dell'alba. Gli
uccelli, i pesci e gli insetti si riproducevano, e ogni nuova nascita aggiungeva
luce e aiutava a scacciare la notte.
Il mondo si stava avvicinando all’alba. Una palla di fuoco si alzava all'orizzon-
te; il suo rossore vibrava, teso come le corde di un violino. Stava per arrivare
il giorno: ormai non avrebbe tardato.
Popanopano e Polalowwhehi nacquero in quest’epoca, che esitava ancora tra il
giorno e la notte. Crearono le tartarughe di mare, i crostacei che popolano le
acque poco profonde e, nei mari, nuotano non lontano dalle coste, là dove la
luce è più forte e dove, in pieno giorno, è sufficiente alzare appena il collo
per tenere la testa fuori dall’acqua.
Le due creature che seguirono si chiamavano Po’hiolo e Po’ne’a’aku; i loro nomi
significano, pressappoco, “fine della notte»”.
Esse crearono il topo e il maiale, due bestie che vivono e cacciano sia di gior-
no che di notte. Il mondo ora era pronto a conoscere la sua prima alba.
Po’hiolo e Po’ne’a’aku fecero spuntare il Sole, e apparve allora una luce poten-
te. Il giorno stava per arrivare: il Sole eruppe ancor più forte e la luce inondò
la Terra, dalla più piccola pietra alla montagna più alta.
Il primo uomo, Ki’i, e la prima donna, La’ila’a, avevano la pelle scura e gli occhi
neri. Erano nati assieme all'alba. Ebbero numerosi figli, e gli occhi e la pelle
di questi si schiarivano a mano a mano che il giorno avanzava. A mezzogiorno
sembravano gli abitanti delle isole del Pacifico, così come li conosciamo oggi:
avevano gli occhi chiari e la loro pelle era dorata come se l'avessero strofi-
nata contro il Sole.