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Ma se Dio è il creatore, chi lo ha creato?


Alcuni potrebbero obiettare che ogni cosa è avvenuta grazie all’evoluzione e al caso.
Poiché in questo momento non vogliamo addentrarci in maggiori dettagli sul dibattito
evoluzione/creazione, è sufficiente dire che molte persone che credono nell’evoluzione
continuano a pensare che Dio abbia guidato anche questo processo. Nonostante ciò,
considerano la possibilità che la vita si generi spontaneamente. Gli scienziati hanno a
questo proposito formulato alcune affascinanti ipotesi. Secondo un calcolo effettuato da
Francis Crick, che ha contribuito alla scoperta del DNA, la probabilità che 200 aminoacidi
si generino spontaneamente è pari a 1 su 10 elevato alla 260esima potenza. Si tratta di
un numero maggiore di quello degli atomi stimati nel nostro intero sistema solare! Il
grande astrofisico Sir Fredrick Hoyle ha calcolato la probabilità che la vita si possa
sviluppare da sola: essa è paragonabile alla probabilità che 10 51 di persone non vedenti
risolvano il cubo di Rubik esattamente nello stesso momento! Hoyle prosegue
affermando che la generazione spontanea della vita è meno probabile dell’eventualità
che un aereo militare Tornado passi attraverso un centro di demolizioni e si trasformi in
un Boeing 747! Roger Penrose, che ha contribuito a sviluppare le teorie sui buchi neri, ha
stimato essere pari a 1 su 10123 la probabilità che il “Big Bang” formi un universo
ordinato. Ciò sarebbe simile alla esigua possibilità di colpire un bersaglio millimetrico
che si trovi dall’altra parte dell’universo o alla possibilità che un saltatore d’asta,
eseguendo un salto, rimanga in equilibrio sulla cima della sua asta per secoli!

I puri naturalisti, che credono che l’evoluzione spieghi le nostre origini senza nessun
coinvolgimento da parte di Dio, hanno un paio di altre domande difficili a cui rispondere.
Per esempio, come ha fatto del materiale inorganico a diventare vivente? Abbiamo
qualche prova evidente che ciò sia mai successo? Mentre osserviamo la natura, noi
comprendiamo che le cose tendono a deteriorarsi nel tempo (Entropia). Se il mondo si
fosse formato da sé, senza nessun intervento, come mai tutte le cose si sarebbero cosi
ben organizzate da sole? Caos + tempo = ordine? Ci sono anche molte altre questioni ma
queste due si focalizzano sulla realtà che la vita nel nostro universo è estremamente
complessa e ben ordinata, molto più complessa di quanto potesse avvenire senza il
controllo di un essere intelligente. Quell’essere intelligente e conosciuto come “Dio”.
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IL CAMMINO CHE CI ATTENDE... 
Quando due persone si vogliono bene, si fi dano l’uno dell’altra e nei momenti  
di diffi coltà si dicono: “Coraggio, anche se tutti  ti  abbandonassero, ricordati  che io credo 
in te, mi fi do di te, ti  voglio bene!” 
È così che Dio fa con gli uomini, fi n dall’origine del mondo. Dio ha creato il 
mondo per amore, ha creato gli uomini e li ama. E, nonostante le tante infe-
deltà e i tanti  tradimenti  che gli uomini hanno commesso verso Dio, Lui conti nua a dire al
l’uomo: “Credo in te, mi fi do di te!”.  
Dio ha amato gli uomini a tal punto che ha mandato a noi il suo Figlio Gesù, 
che ci insegna come amare il Padre e come vivere in pace con tutti .  
In questi  anni di catechismo hai imparato a conoscere Gesù, hai ricevuto il 
dono  del  suo  perdono  nel  sacramento  della  Confessione  e  il  dono  del  suo 
Corpo nel sacramento dell’Eucaresti a. Ora tocca a te donare la tua risposta 
a Gesù: “Gesù, credo in te, credo in Dio Padre che ama tutti  gli uomini, e mi 
impegno a essere tuo discepolo nella   famiglia   dei   Figli   di   Dio:   la   Chiesa ”.  

Ci aiuteranno in questo cammino le parole del CREDO o SIMBOLO.  

Tutti  noi abbiamo una tessera di riconoscimento, in cui sono descritti  non 


solo i nostri dati  personali, ma anche quelli del gruppo a cui apparteniamo. 
Volenti  o non volenti , siamo parte di gruppi più o meno numerosi... in base 
alla professione, al sesso, alla nazionalità, ecc. Alcuni di noi, poi, hanno tes-
sere parti colari di appartenenza a gruppi sporti vi, politi ci, ricreati vi... e ne 
vanno molto fi eri. 

Anche il cristi ano ha un disti nti vo di riconoscimento segnato dai «simboli» o «formule di 


fede» ma, a diff erenza delle comuni tessere, non si presenta come un documento scritt o 
e visibile.  

Il Simbolo
dei Concili di Nicea (325) e di Costanti nopoli (381) è la professione  di  fede  dei  cristi ani
,  che  ogni  domenica  viene  rinnovata  durante  la messa. Eccone il testo:  
 

Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra,  
di tutt e le cose visibili e invisibili.  
Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio,  
nato dal Padre prima di tutti  i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce,  
Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre;  
per mezzo di lui tutt e le cose sono state create.  
Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo,  
e per opera dello Spirito Santo  
si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatt o uomo.  
Fu crocifi sso per noi sott o Ponzio Pilato, morì e fu sepolto.  
Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritt ure,  
è salito al cielo, siede alla destra del Padre. 
E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti ,  
e il suo regno non avrà fi ne.   
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Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita,  
e procede dal Padre e dal Figlio.  
Con il Padre e il Figlio è adorato e glorifi cato,  
e ha parlato per mezzo dei profeti .  
Credo la Chiesa, una santa catt olica e apostolica.  
Professo un solo batt esimo per il perdono dei peccati .  
Aspett o la resurrezione dei morti   e la vita del mondo che verrà. Amen.  
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IN PRINCIPIO
All'inizio, quando non c'era proprio niente e tutto era scuro e vuoto, Dio disse: ”Sia la luce!”. E la
luce fu. Così Dio iniziò a fare il mondo. Primo giorno
Dio poi disse: “Facciamo la terra, il mare e il cielo”. E ci fu la terra, con le sue montagne, le valli, i
deserti e le vaste e fresche pianure. Secondo giorno
Tutta la terra era vuota così Dio disse: “Ci siano le piante!”. Così gli alberi cominciarono a crescere.
C'erano alberi grandi e alberi piccoli, fiori e frutti. E Dio era molto contento di tutto ciò che aveva
fatto. Piante, grandi e alte coprirono la terra e moltissimi piccoli, timidi semi sbucarono dalle loro
bacche e rivestirono le pianure, le colline e le montagne con foglie ed erba che ondeggiava al vento.
Dio fece crescere le piante in diversi luoghi, persino nei deserti nascose dei semi che sarebbero
cresciuti con le prime piogge. Profumatissimi fiori di ogni colore sorridevano sulle colline e nei
campi. C'erano piante utilissime piene di dolcissimi frutti mentre il grano biondeggiava nelle
pianure. Presto tutte queste piante crebbero ovunque e Dio era molto felice per quello che aveva
fatto. Terzo giorno.
In alto, sopra la terra, l'oscurità dello spazio si estendeva ovunque. E Dio disse:”Brillino le stelle
sopra la terra”. All'improvviso, milioni di luci brillavano in alto nel cielo. Poi Dio creò il possente
sole a illuminare e riscaldare la terra durante il giorno. Dio creò poi l'argentea luna che di notte
risplendeva nel cielo accanto alle tremolanti stelle. Ancor più lontano dalla terra pose i pianeti che
ruotavano liberi nello spazio. E Dio si rallegrò di ciò che aveva fatto. Quarto giorno.
Dio fece poi il mare che ricoprì gran parte della terra. L'acqua pareva essere ovunque, dalle
profondità degli oceani fino ai laghetti di montagna. E Dio disse: “Il mare sia pieno di esseri
viventi”. In breve tutti i mari furono pieni di ogni specie di splendide creature, dai giocosi granchi ai
delfini danzanti fino alle imponenti e dolcissime balene. Pesci dai colori brillanti e vivaci nuotavano
a ogni profondità; alcuni si lanciavano in lunghissime traversate, altri si nascondevano sotto le
rocce. Dio fu felice di quello che aveva fatto.
In principio nessuno abitava il blu del cielo sopra la terra. Allora, Dio disse: “Gli uccelli e tutte le
creature alate volino nel cielo!”. Il cielo si riempì di tutte le specie di uccelli, di farfalle e di insetti.
Gli uccelli aprivano le loro ali e volavano alti nel cielo, alcuni poi si gettavano giù in picchiata sulle
acque dei laghi e dei mari, mentre il cinguettio accompagnava il loro volo. In basso, verso la terra,
gli insetti volanti con il loro brusio interrompevano il maestoso silenzio delle foreste. Dio vide che
tutto ciò era bello e buono. Quinto giorno.
Ma Dio non aveva ancora finito di fare il mondo. Così disse: “La terra si riempia di altri animali!”.
Le colline, le valli e le pianure si riempirono di ogni specie di animali. Piccoli e grandi, feroci e
domestici, lenti e veloci, rumorosi e taciturni. Alcuni animali vivevano sulla terra mentre altri si
arrampicavano sugli alberi o si nascondevano sotto le rocce. Alcuni si muovevano rapidamente, altri
invece strisciavano lentamente, altri saltavano. Dio fu molto contento di quello che aveva fatto.

“Ma manca ancora qualcosa...”, pensò Dio. “Ma certo! L'uomo!”. Così Dio creò il primo uomo e la
prima donna, Adamo ed Eva. Sarebbero stati suoi amici e lui avrebbe allegramente parlato con loro.
Li avrebbe incontrati in uno splendido giardino che aveva preparato per loro in Eden. “Voglio che
siate felici in questo giardino. Qui troverete ogni cosa di cui avete bisogno”, disse loro. “Voglio che
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abbiate bambini e voglio che siano felici. Ho fatto tutto questo per loro. Prendetevi cura del mio
mondo e di tutti gli animali”. Dio guardò ancora una volta tutto quello che aveva fatto e vide che era
cosa molto buona. Sesto giorno.
Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. Allora Dio il settimo
giorno cessò da ogni suo lavoro.

E’ IL BUON DIO CHE HA CREATO TUTTE LE COSE SENZA USARE NULLA. IL PRIMO

GIORNO CREO’ LA LUCE. IL SECONDO GIORNO DIVISE IL CIELO DAL RESTO. IL TERZO

GIORNO RADUNO’ LE ACQUE E LA TERRA. IL QUARTO GIORNO LE LUCI NEL CIELO:

SOLE, LUNA, STELLE. IL QUINTO GIORNO CREO’ GLI ANIMALI D’ACQUA, DÌ TERRA, DÌ

CIELO E LE PIANTE. IL SESTO GIORNO DIO CREO’ L’UOMO E LO CHIAMO’ ADAMO. IL

SETTIMO GIORNO DIO SI RIPOSO’. DIO MISE ADAMO NELL’EDEN, IL SUO GIARDINO,

MA ADAMO SI SENTIVA TRISTE E SOLO. DIO FECE ADDORMENTARE ADAMO E SENZA

CHE LUI SENTISSE MALE GLI TOLSE UN OSSO DELLA COSTOLA E LO TRASFORMO’ IN

UNA DONNA CHE CHIAMO’ EVA.

LA SACRA BIBBIA ILLUSTRATA E RACCONTATA A BAMBINI E RAGAZZI

Tanto, tanto tempo fa il cielo, la terra e tutti gli abitanti non c'erano. Non c'era nulla

di quello che noi vediamo: c'era però Dio, e tutto quello che vediamo l’ha fatto lui.
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Le cose andarono così.

Dapprima Dio disse: «Ci sia la luce!» E la luce cominciò a sfolgorare. Dio vide che

la luce era cosa buona; allora separò la luce dalle tenebre, e chiamò la luce giorno e

le tenebre notte. E fu sera e poi mattina: e questo fu il primo giorno.

Poi Dio fece il firmamento sopra le acque, e fu come una grande volta trasparente e

tersa. Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e poi mattina: secondo giorno.

Dio disse ancora: «Le acque che sono sotto il cielo si raccolgano tutte insieme, e ap-

paia l'asciutto». Così avvenne; Dio chiamò l'asciutto terra, e le acque mare, e vide

che era cosa buona.

Aggiunse: «La terra produca germogli, erbe, fiori e alberi che diano frutto, ciascuno

secondo la sua specie». E così avvenne: sulla terra spuntarono germogli e crebbero

erbe e fiori e alberi da frutto, ciascuno secondo la sua specie. Dio vide che tutto que-

sto era cosa buona. E fu sera e poi mattina: terzo giorno.

Dio disse: «Ci siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere il giorno dalla

notte; servano a segnare il passare dei giorni, delle stagioni e degli anni, e servano

anche a illuminare la terra». Così avvenne: Dio fece due luci più grandi, la maggiore

per illuminare il giorno e la minore per rischiarare la terra, insieme con tante luci

piccole; cioè creò il sole, la luna e le stelle, e li pose nel firmamento del cielo per il-

luminare la terra, regolare il giorno e la notte e separare la luce dalle tenebre. Dio

vide che tutto questo era cosa buona. E fu sera e poi mattina: quarto giorno.

Dio disse: «Le acque del mare si popolino di esseri viventi, e al disopra della terra,

nel cielo, volino tante specie di uccelli». E così avvenne: Dio creò tutti gli abitanti

dei mari, dalle grandi balene ai più minuscoli pesciolini, i coralli, le meduse e ogni

altra creatura che vive nelle acque. Con esse creò anche tutte le creature con le ali,
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ciascuna secondo la sua specie, e le mise a popolare il cielo. Dio vide che tutto que-

sto era cosa buona. E fu sera e poi mattina: quinto giorno.

Mancavano ancora gli abitanti della terra. Dio disse: «La terra si popoli di esseri vi-

venti delle diverse specie: animali buoni da mangiare, bestie selvatiche, rettili e ogni

altra specie che si muova sopra il suolo». Così avvenne: Dio creò le diverse specie

di animali che vivono nelle foreste e nei campi, nei deserti e tra i ghiacci: vide che

era cosa buona.

A questo punto Dio aggiunse: «Facciamo l'uomo!» Ma non come le altre creature;

infatti aggiunse: «Facciamolo a nostra immagine, a nostra somiglianza, ed egli do-

mini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sulle bestie che si muovono sulla

terra». E Dio creò l'uomo a sua immagine e somiglianza, e lo creò distinto in ma-

schio e femmina.

Dopo avere fatto ciò, li benedisse dicendo: «Date vita ad altri uomini e popolate la

terra; sottomettete a voi la terra e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del
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cielo e su ogni essere vivente che popola la terra».

Dio aggiunse: «Ecco, vi do anche tutte le piante che crescono sulla terra e ogni albe-

ro da frutto, perché vi servano da cibo. A tutti gli animali della terra e agli uccelli del

cielo, io do come cibo ogni erba verde». Così avvenne: dopo aver creato l'uomo simile a sé e averlo reso

padrone di tutta la terra, Dio vide quello che aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e poi
mattina: sesto giorno.

Così furono completati il cielo e la terra con tutti i loro abitanti. Allora Dio nel setti-

mo giorno cessò da ogni lavoro, lo benedisse e lo rese sacro. Per questo il settimo

giorno, che noi chiamiamo domenica, gli uomini cessano da ogni lavoro, a somi-

glianza di quello che ha fatto Dio. Dio, dunque, creò il mondo e i suoi abitanti e po-

se l'uomo come re della sua creazione.

Ci fu un re d’Israele, che si chiamava Davide, che compose questa poesia per ringra-

ziare il Signore di avere creato con l'uomo il suo capolavoro: «O Signore, nostro Di-

o, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra: sopra i cieli si innalza la tua magnifi-

cenza. Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, e la luna e le stelle da te create,

che cosa è mai l'uomo perché te ne ricordi e te ne prendi cura? Eppure l’hai fatto

poco meno degli angeli, di gloria e di onore l’hai coronato; gli hai dato potere sulle

opere delle tue mani, tutto gli hai posto sotto i suoi piedi: tutti i greggi e gli armenti,

tutte le bestie della campagna, gli uccelli del cielo e i pesci che percorrono le vie del

mare. O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra!»

Genesi 1-2; Salmo8

UN NOME PER OGNI ANIMALE.

Genesi 2
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Quando il Signore creò l'uomo, fece così: prese polvere dalla terra, la plasmò per darle la

forma di un uomo, soffiò nelle sue narici un alito di vita, e l'uomo divenne un essere vi-

vente. Dio lo chiamò Adamo. Poi il Signore piantò in Eden un meraviglioso giardino, ricco

di alberi belli da vedere che producevano frutti buoni da mangiare. Un grande fiume irrigava

tutto il giardino: poi di lì si divideva e formava quattro bracci che scorrevano per tutta la

terra. E là, nel giardino di Eden, il Signore pose l'uomo che aveva creato perché lo coltivas-

se e lo custodisse.

Il Signore voleva che l'uomo che aveva creato fosse felice. Davanti ad Adamo il Signore fece sfilare tutte le
bestie della terra e tutti gli uccelli del cielo, per vedere quale nome l'uomo intendeva dare a ciascuno di essi:
in qualunque modo l'uomo avesse chiamato gli esseri viventi, quello sarebbe stato il loro nome. Così Adamo
diede il nome a ogni specie di bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche: e quello
rimase il nome usato anche da tutti gli uomini che vennero dopo Adamo.

DIO CREA LA DONNA. Genesi 2

Dio aveva collocato Adamo nel meraviglioso giardino di Eden. Ma questo non bastava, perché Dio voleva
che l’uomo fosse felice. Per questo disse: «Non è bene che l’uomo sia solo; gli voglio fare un aiuto che sia
simile a lui». Allora fece scendere il sonno sull’uomo, poi gli tolse una costola, e con essa plasmò la donna.
Condusse poi la donna all’uomo, il quale l’accolse con gioia dicendo: «Questa è carne della mia carne, e osso
delle mie ossa; è proprio simile a me».

E la chiamò Eva.

Adamo ed Eva furono i primi figli del Padre Celeste a vivere sulla terra. Vivevano nel bellissimo Giardino di
Eden, circondati da ogni genere di piante e alberi. Dio, il nostro Padre Celeste, e il Signore Gesù Cristo
facevano loro visita e parlavano loro.

Genesi 2:8–9;  3:8;  Mosè 3:8–9;  Abrahamo 5:8, 14–19


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Dio permise loro di mangiare il frutto di ogni albero, tranne uno. Se avessero mangiato il frutto dell’albero
della conoscenza del bene e del male, avrebbero dovuto lasciare il giardino e alla fine sarebbero morti.
Satana mentì ad Adamo ed Eva. Satana disse che se avessero mangiato il frutto avrebbero conosciuto il
bene e il male, ma non sarebbero morti.

Genesi 2:16–17;  3:1–5;  Mosè 3:9;  4:6–11;  Abrahamo 5:9,  12–13

Eva scelse di mangiare il frutto.

Genesi 3:5–6;  Mosè 4:12

Eva diede il frutto ad Adamo, che scelse anche lui di mangiarne.

Genesi 3:6–7;  Mosè 4:12

Dio e il Signore fecero loro visita, ma Adamo ed Eva avevano paura e si nascosero. Dio chiese se avevano
mangiato il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male.

Genesi 3:8–13;  Mosè 4:13–14

Adamo ed Eva dissero a Dio che avevano scelto di mangiare il frutto. A causa della loro scelta, dovettero
lasciare il Giardino di Eden. Furono separati da Dio, ma Lui aveva un piano per loro. Ora essi
distinguevano il bene dal male e potevano avere figli.

Genesi 3:16–24;  Mosè 4:15–31


Adamo ed Eva promisero di obbedire a tutti i comandamenti di Dio. Fu insegnato loro che dovevano
compiere sacrifici animali. Obbedendo, essi impararono di più sul Figlio di Dio, Gesù Cristo. Entrambi
provarono grande gioia perché Lui avrebbe aiutato la loro famiglia a ritornare da Dio.

Genesi 3:23;  Mosè 5:1–12

Eva, Adamo, l’albero e Dio


Fin dall’inizio c’è un patto fra Dio, l’uomo e la donna. Adamo ed Eva tradiscono il patto nell’illusione di
essere come Dio, e invece si attirano addosso la rovina. Ma il Signore promette loro un Salvatore.
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Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. E diede questo
comando all’uomo: “Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del
bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti”.
Ma l’uomo e la donna si lasciarono convincere dalla voce del nemico di Dio e dell’uomo (raffigurato dal
serpente), e mangiarono ambedue dell’unico frutto proibito.
Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza dei giorno e l’uomo con sua moglie si
nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse:
“Dove sei?”. Rispose: “Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono
nascosto”. Riprese: “Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo
comandato di non mangiare?”.
Allora il Signore Dio disse al serpente: “Poiché tu hai fatto questo, io porrò inimicizia tra te e la donna, tra
la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno”.
Il Signore Dio scacciò l’uomo dal giardino, perché lavorasse il suolo da dove era stato tratto.
(Leggi  Genesi 2-3)
Vi sono domande difficili che i bambini ci pongono e che non possiamo eludere o mettere a
tacere raccontando tavole. Perché ci sono uomini cattivi? Perché si muore? Anche i padri e le
madri d’Israele cercavano una risposta, nel ricordo delle promesse fatte ad Abramo e delle
parole di Mosè.
Lo spirito di Dio misteriosamente illuminava le menti dei sapienti e dei profeti e guidava il
popolo verso la verità che Gesù ci svelerà pienamente. Seguendo la voce del maligno, nemico
dell’uomo (raffigurato nel serpente), Adamo ed Eva non si fidano di Dio: vorrebbero essere
padroni, indipendenti anche da lui. Per questo disobbediscono al suo comando, non badando
alla sua amicizia e non prendendo sul serio l’avvertimento delle conseguenze mortali.
Questo è il peccato originale, cioè il peccato che è all’origine della storia, per il quale
ogni bambino nasce privo dello stato di grazia. Per questo primo peccato l’uomo e la
donna, pur amandosi, si accorgono di essere deboli e indifesi di fronte al male: sono nudi.
Anche questa pagina biblica va raccontata ai bambini tenendo presente la bontà di ogni cosa
creata e l’opera di salvezza attuata da Gesù, che nel Battesimo ha restituito all’uomo l’amicizia
con Dio, pur lasciandolo vivere fuori dal giardino.
PREGHIAMO
PERDONACI SIGNORE,
CONTRO DI TE ABBIAMO PECCATO!
QUELLO CHE È MALE AI TUOI OCCHI, IO L’HO FATTO!
SIGNORE, DONAMI UN CUORE NUOVO!

III. Il peccato originale


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CdA 389-400

III. Il peccato originale


La prova della libertà
  396 Dio ha creato l’uomo a sua immagine e l’ha costituito nella sua amicizia. Creatura
spirituale, l’uomo non può vivere questa amicizia che come libera sottomissione a Dio .
Questo è il significato del divieto fatto all’uomo di mangiare dell’albero della conoscenza
del bene e del male, « perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti » (). «
CdA 390-394
L’albero della conoscenza del bene e del male » () evoca simbolicamente il limite
CONFRONTAVAI
invalicabile che l’uomo, in quanto creatura, deve liberamente riconoscere e con fiducia Gen 2,17Gen 2,17
rispettare. L’uomo dipende dal Creatore, è sottomesso alle leggi della creazione e alle
norme morali che regolano l’uso della libertà.
Il primo peccato dell’uomo
CCC 1730 ,CCC 311 ,CCC 301
  397  L’uomo, tentato dal diavolo , ha lasciato spegnere nel suo cuore la fiducia nei
confronti del suo Creatore  

 e, abusando della propria libertà , ha disobbedito al comandamento di Dio. In ciò è CdA 390-394
consistito il primo peccato dell’uomo.   CONFRONTAVAI
Gen 3,1-11Rm 5,19
 In seguito, ogni peccato sarà una disobbedienza a Dio e una mancanza di fiducia nella
sua bontà.
CCC 1707 ,CCC 2541 ,CCC 1850 ,CCC 215
  398 Con questo peccato, l’uomo ha preferito se stesso a Dio, e, perciò, ha disprezzato
Dio: ha fatto la scelta di se stesso contro Dio, contro le esigenze della propria
condizione di creatura e conseguentemente contro il suo proprio bene. Costituito in uno
stato di santità, l’uomo era destinato ad essere pienamente « divinizzato » da Dio nella
gloria. Sedotto dal diavolo , ha voluto diventare « come Dio » (), ma « senza Dio e
anteponendosi a Dio, non secondo Dio ».   CdA 390-394
CONFRONTAVAI
  399 La Scrittura mostra le conseguenze drammatiche di questa prima disobbedienza. Gen 3,5CdA 390-394
Adamo ed Eva perdono immediatamente la grazia della santità originale.   CONFRONTAVAI
Rm 3,23Gen 3,9-10Gen 3,5
 Hanno paura di quel Dio  
 di cui si sono fatti una falsa immagine, quella cioè di un Dio geloso delle proprie
prerogative.  

CCC 2084 ,CCC 2113


  400 L’armonia nella quale essi erano posti, grazie alla giustizia originale, è distrutta; la
padronanza delle facoltà spirituali dell’anima sul corpo è infranta;  

 l’unione dell’uomo e della donna è sottoposta a tensioni;  

 i loro rapporti saranno segnati dalla concupiscenza e dalla tendenza all’asservimento.  

 L’armonia con la creazione è spezzata: la creazione visibile è diventata aliena e CdA 390-394
ostile all’uomo.   CONFRONTAVAI
CdA 1116-1117
 A causa dell’uomo, la creazione è soggetta alla schiavitù della corruzione.   CONFRONTAVAI
Gen 3,7Gen 3,11-13Gen 3,16
3,1719Rm 8,20Gen 2,17Gen
 Infine, la conseguenza esplicitamente annunziata nell’ipotesi della disobbedienza   5,12
 si realizzerà : l’uomo tornerà in polvere, quella polvere dalla quale è stato tratto . 

La morte entra nella storia dell’umanità. 


CCC 1607 ,CCC 2514 ,CCC 602 ,CCC 1008

  401 Dopo questo primo peccato, il mondo è inondato da una vera « CdA 390-394
CONFRONTAVAI
invasione » del peccato: il fratricidio commesso da Caino contro Abele;   Gen 4,3-15Gen 6,512Rm 1,18
1-6Ap 2-3
 la corruzione universale quale conseguenza del peccato;  

 nella storia d’Israele, il peccato si manifesta frequentemente soprattutto come infedeltà


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al Dio dell’Alleanza e come trasgressione della Legge di Mosè; anche dopo la


redenzione di Cristo, fra i cristiani, il peccato si manifesta in svariati modi.  

 La Scrittura e la Tradizione della Chiesa richiamano continuamente la presenza e


l’universalità del peccato nella storia dell’uomo:
« Quel che ci viene manifestato dalla rivelazione divina concorda con la stessa
esperienza. Infatti, se l’uomo guarda dentro al suo cuore, si scopre anche inclinato al
male e immerso in tante miserie che non possono certo derivare dal Creatore che è
buono. Spesso, rifiutando di riconoscere Dio quale suo principio, l’uomo ha infranto il
debito ordine in rapporto al suo ultimo fine, e al tempo stesso tutto il suo orientamento
sia verso se stesso, sia verso gli altri uomini e verso tutte le cose create ».  

Conseguenze del peccato di Adamo per l’umanità


CCC 1865 ,CCC 2259 ,CCC 1739
  402 Tutti gli uomini sono coinvolti nel peccato di Adamo . San Paolo lo afferma: «
Per la disobbedienza di uno solo, tutti sono stati costituiti peccatori » (); « Come a causa
di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la
morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato... » (). All’universalità del CdA 395-399
peccato e della morte l’Apostolo contrappone l’universalità della salvezza in Cristo: « CONFRONTAVAI
Come dunque per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così Rm 5,19Rm 5,12Rm 5,18
anche per l’opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione
che dà vita » ().
CCC 430 ,CCC 605
  403 Sulle orme di san Paolo la Chiesa ha sempre insegnato che l’immensa miseria che
opprime gli uomini, la loro inclinazione al male e l’ineluttabilità della morte non si
possono comprendere senza il loro legame con la colpa di Adamo e prescindendo dal
fatto che egli ci ha trasmesso un peccato dal quale tutti nasciamo contaminati e che è «
morte dell’anima ».   CdA 395-399
CONFRONTAVAI
Per questa certezza di fede, la Chiesa amministra il Battesimo per la
remissione dei peccati anche ai bambini che non hanno commesso peccati
personali. 

CCC 2606 ,CCC 1250


  404 In che modo il peccato di Adamo è diventato il peccato di tutti i suoi discendenti?
Tutto il genere umano è in Adamo « sicut unum corpus unius hominis – come un unico
corpo di un unico uomo ».  

 Per questa « unità del genere umano » tutti gli uomini sono coinvolti nel peccato di
Adamo, così come tutti sono coinvolti nella giustizia di Cristo. Tuttavia, la trasmissione
del peccato originale è un mistero che non possiamo comprendere appieno. Sappiamo
però dalla Rivelazione che Adamo aveva ricevuto la santità e la giustizia originali non CdA 395-399
soltanto per sé, ma per tutto il genere umano: cedendo al tentatore, Adamo ed Eva CONFRONTAVAI
commettono un peccato personale, ma questo peccato intacca la natura umana, che essi
trasmettono in una condizione decaduta.  

 Si tratta di un peccato che sarà trasmesso per propagazione a tutta l’umanità, cioè con
la trasmissione di una natura umana privata della santità e della giustizia originali. Per
questo il peccato originale è chiamato « peccato » in modo analogico: è un peccato «
contratto » e non « commesso », uno stato e non un atto.
CCC 360 ,CCC 50
  405 Il peccato originale, sebbene proprio a ciascuno,   CdA 395-399
 in nessun discendente di Adamo ha un carattere di colpa personale. Consiste nella CONFRONTAVAI
CdA 395-399
privazione della santità e della giustizia originali, ma la natura umana non è interamente CONFRONTAVAI
corrotta: è ferita nelle sue proprie forze naturali, sottoposta all’ignoranza, alla sofferenza
e al potere della morte, e inclinata al peccato (questa inclinazione al male è
chiamata « concupiscenza ») .

Il Battesimo, donando la vita della grazia di Cristo, cancella il peccato originale e


volge di nuovo l’uomo verso Dio; le conseguenze di tale peccato sulla natura
indebolita e incline al male rimangono nell’uomo e lo provocano al combattimento
spirituale.
  406 La dottrina della Chiesa sulla trasmissione del peccato originale è andata
precisandosi soprattutto nel V secolo, in particolare sotto la spinta della riflessione di
sant’Agostino contro il pelagianesimo, e nel XVI secolo, in opposizione alla Riforma
protestante. Pelagio riteneva che l’uomo, con la forza naturale della sua libera volontà,
16

senza l’aiuto necessario della grazia di Dio, potesse condurre una vita moralmente
buona; in tal modo riduceva l’influenza della colpa di Adamo a quella di un cattivo
esempio. Al contrario, i primi riformatori protestanti insegnavano che l’uomo era
radicalmente pervertito e la sua libertà annullata dal peccato delle origini; identificavano
il peccato ereditato da ogni uomo con l’inclinazione al male (« concupiscentia ») ,
che sarebbe invincibile. La Chiesa si è pronunciata sul senso del dato rivelato
concernente il peccato originale soprattutto nel II Concilio di Orange nel 529  
 e nel Concilio di Trento nel 1546.  

Un duro combattimento...
CCC 2515 ,CCC 1264
  407 La dottrina sul peccato originale – connessa strettamente con quella della
redenzione operata da Cristo – offre uno sguardo di lucido discernimento sulla
situazione dell’uomo e del suo agire nel mondo. In conseguenza del peccato dei
progenitori, il diavolo ha acquisito un certo dominio sull’uomo, benché questi
rimanga libero. Il peccato originale comporta « la schiavitù sotto il dominio di colui che CdA 395-399
della morte ha il potere, cioè il diavolo ».   CONFRONTAVAI
Eb 2,14
 Ignorare che l’uomo ha una natura ferita, incline al male, è causa di gravi errori nel
campo dell’educazione, della politica, dell’azione sociale  
 e dei costumi.
CCC 2015 ,CCC 2852 ,CCC 1888
  408 Le conseguenze del peccato originale e di tutti i peccati personali degli uomini
conferiscono al mondo nel suo insieme una condizione peccaminosa, che può essere CdA 395-399
definita con l’espressione di san Giovanni: « il peccato del mondo » (). Con questa CONFRONTAVAI
espressione viene anche significata l’influenza negativa esercitata sulle persone dalle CdA 1087
situazioni comunitarie e dalle strutture sociali che sono frutto dei peccati degli uomini.   CONFRONTAVAI
Gv 1,29
CCC 1865
  409 La drammatica condizione del mondo che « giace » tutto « sotto il potere del
maligno » ()  fa della vita dell’uomo una lotta:
« Tutta intera la storia umana è infatti pervasa da una lotta tremenda contro le potenze
delle tenebre; lotta incominciata fin dall’origine del mondo, che durerà, come dice il
Signore, fino all’ultimo giorno. Inserito in questa battaglia, l’uomo deve combattere
senza soste per poter restare unito al bene, né può conseguire la sua interiore unità se
non a prezzo di grandi fatiche, con l’aiuto della grazia di Dio ».  

CCC 2516

Risponde la Santa Madre Chiesa:


1. L’affermazione centrale è la seguente: “Il fatto che Adamo ed Eva abbiano peccato comporta che tutti
noi abbiamo peccato. Quindi noi nasciamo già peccatori”.

Chi legge queste parole potrebbe obiettare: perché comporta che tutti abbiamo peccato?
San Paolo scrive: “Per la disobbedienza di uno solo, tutti sono stati costituiti peccatori” (Rm 5,19) e
“Come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la
morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato” (Rm 5,12).

Da qui l’importanza del Battesimo dono del Cristo: ” Per mezzo del battesimo siamo dunque stati
sepolti insieme a Lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del
Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (Rm.6,4).
2. Ora l’obiezione si riduce a questo: come posso aver peccato se ancora non esistevo?
17

A questo risponde in maniera molto precisa il Catechismo della Chiesa Cattolica, il quale parte da
un’affermazione di San Tommaso d’Aquino: tutti  siamo “come un unico corpo di un unico
uomo” (Quaestiones disputatae de malo, 4, 1).
E conclude: “il peccato originale è chiamato «peccato» in modo analogico: è un peccato «contratto» e
non «commesso», uno stato e non un atto” (CCC 404).
Dice infatti il Salmo: ” Ecco, nella colpa sono stato generato, nel peccato mi ha concepito mia madre”
(50,7).

3. Pertanto è stato commesso da tutti non perché l’abbiano commesso tutti, ma perché ha
intaccato tutti.
Ha intaccato tutti perché “Adamo aveva ricevuto la santità e la giustizia originali non soltanto per sé, ma
per tutta la natura umana” (CCC 404). Per questo, Adamo ed Eva peccando non hanno privato della
santità e della giustizia originale solo se stessi, ma anche i loro discendenti.

Il peccato originale ha intaccato la loro natura.

E di conseguenza ha intaccato la natura umana, che essi trasmettono in una condizione


decaduta (Concilio di Trento, DS 1511-1512).
Tanto è che San Paolo spiega come anche la natura geme davanti all’attesa della resa dei conti, quando
Cristo Signore tornerà definitivamente e vincitore: “Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e
soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie
dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.
Poiché nella speranza noi siamo stati salvati…” (Rom. 8,19-25)

4. Il peccato originale è una macchia dell’anima e nello stesso tempo è privazione della santità
originaria. E come una ferita aperta nella carne è suscettibile alla corruzione dei germi e quindi ad
essere infettata, così è questo peccato originale nell’anima: una ferita aperta che comporta l’infezione,
ossia l’inclinazione al male.
Tuttavia col peccato originale non scompare l’inclinazione al bene.

Anzi, questa inclinazione rimane e possiamo dire che rimane più forte dell’inclinazione al male, perché
è la tendenza della natura, è una tendenza insopprimibile.
Come infatti una ferita nella carne guarisce se trattata debitamente con cure ed attenzioni, così anche
l’anima nutrita debitamente con la medicina (i Sacramenti) che Dio mette a nostra disposizione,
guarisce, si fortifica e si santifica.

5. San Tommaso a proposito della libertà dice che “non è portata al bene e al male alla stessa
maniera: perché la tendenza al bene è assoluta e naturale; quella invece al male è un difetto, e
contro l’ordine della natura” (Somma teologica, III, 34, 3, ad 1).
Questo è mostrato dal fatto che in genere le azioni compiute dagli uomini sono azioni buone: lavorano,
mangiano, studiano, parlano col prossimo, organizzano la propria vita… partendo dal fatto che, come
spiega San Paolo: ” tutto ciò che è stato creato da Dio è buono e nulla è da scartarsi, quando lo si
18

prende con rendimento di grazie..” (1Tim.4,4), e che per questo può dire: ” Sia dunque che mangiate
sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio.” (1Cor.10,31) e qui ci
vengono incontro, in aiuto i Dieci Comandamenti vissuti ordinariamente, e non come qualcosa di
straordinario, nella nostra vita di ogni giorno.
In tutto ciò c’è la realtà che esistono anche le azioni cattive e cioè i peccati.

6. Il Catechismo della Chiesa Cattolica, riportando le affermazioni del Concilio di Trento, ricorda
questo quando dice: “Il peccato originale, sebbene proprio a ciascuno, in nessun discendente di
Adamo ha un carattere di colpa personale.
Consiste nella privazione della santità e della giustizia originali, ma la natura umana non è
interamente corrotta: è ferita nelle sue proprie forze naturali, sottoposta all’ignoranza, alla
sofferenza e al potere della morte, e inclinata al peccato (questa inclinazione al male è chiamata
«concupiscenza»).
Il Battesimo, donando la vita della grazia di Cristo, cancella il peccato originale e volge di nuovo
l’uomo verso Dio; le conseguenze di tale peccato sulla natura indebolita e incline al male
rimangono nell’uomo e lo provocano al combattimento spirituale” (CCC 405).
7. Venendo ad un ultimo quesito: ma  l’inclinazione al male non è una colpa nostra, perché l’abbiamo
ereditata.

Sì, è vero, ma non di rado questa inclinazione viene rafforzata dai peccati personali, ossia dalle scelte
personali che si fanno lontano da Dio, dalla Sua Legge, dai Suoi Comandamenti.

Dopo il peccato originale la libertà umana è indebolita. Ma a rimedio di questa debolezza Gesù
Cristo ci dona la grazia (mediante il Battesimo e con gli altri Sacramenti specialmente la Confessione e
l’Eucaristia presa in stato di grazia), di cui anche il minimo grado è sufficiente per superare ogni
tentazione al male.

Solo In Cristo, per Cristo e con Cristo la vera libertà è restituita all’uomo nella sua integrità, solo con
Lui siamo vincitori anche perché lo ha detto Lui almeno in due occasioni esplicite:

1. “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non
potete far nulla ” (Gv.15,5);
2. “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Gv.14,6).

RICAPITOLANDO

Il Signore, leggiamo infatti nella Sacra Scrittura, creò l’uomo per la incorruzione e lo fece a sua
immagine, ma per l’invidia del Demonio entrò nel mondo la morte (cfr Sap.2,23).
” Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla donna: “È
vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?”. Rispose la donna al
serpente: “Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in
19

mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”.
Ma il serpente disse alla donna: “Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si
aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male”. Allora la donna vide
che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del
suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò”. (Gn.3,1-6)

Così si consumò il primo peccato che fu mancanza di fede e di fiducia in Dio, fu di superbia , ma
non fu semplice atto di disobbedienza, ma una vera e aperta ribellione contro il Divino e Supremo
Creatore perché:
a) l’intelletto umano disconobbe la veracità del Signore e la Sua infinita bontà, negò fede alle Sue
raccomandazioni e credette piuttosto all’inganno del Demonio;
b) la volontà umana decise liberamente di ricusare la richiesta di Dio e rendersi indipendente da Lui,
scegliendo il consiglio del Demonio.
L’uomo così si collocò da se stesso in questa primordiale violazione ponendo la propria felicità non nel
Progetto di Dio ma nella propria esaltazione di se stesso, bramando di diventare come Lui ma senza
di Lui.
La prima conseguenza di tal peccato che la sacra Dottrina chiama “Originale”, ossia, dall’origine,  non
copiato, non imitato, nuovo, avente un suo proprio carattere, è stata la cacciata di Adamo ed Eva
dall’Eden, la seconda conseguenza è stata la contaminazione a tutto il genere umano, ed alla natura
stessa dalla quale l’uomo fu tratto, e questo a causa della morte che rese corruttibile la materia ed ogni
cosa vivente nel tempo; tutto ciò che ha un tempo ha anche una fine, tutto ciò che Dio creando voleva
fosse incorruttibile, divenne corruttibile a causa del peccato originale.

Le conseguenze del primo peccato


La Sacra Scrittura ci dimostra come Adamo ed Eva, perdute a cagione del peccato le prerogative
soprannaturali, si riducessero tanto riguardo all’anima che riguardo al corpo, ad una ben misera
condizione:

– in quanto all’anima: commesso che ebbero il peccato, e avendo udita la voce di Dio, si nascosero alla
vista del Signore. Avrebbero dovuto aprirsi i loro occhi, secondo la promessa dell’ingannatore, invece
perdettero la vera conoscenza, si privarono essi stessi della scienza infusa, avevano così perduto non
solo l’innocenza, ma la idea stessa dell’Onnipotenza Divina, per questo all’udire la Sua Voce “si
20

nascosero”, i Padri della Chiesa ben sapientemente indicano in questo passo il nascondimento
dell’anima stessa di fronte alla scelta del corpo, una scelta materialista che aveva così ottenebrato la
conoscenza dell’anima stessa;
– in quanto all’intelletto: esso fu ottenebrato dall’ignoranza ” Allora si aprirono gli occhi di tutti e due
e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture. ” (v.7), si aprirono gli
occhi non già della Sapienza Divina ma del male, si aprirono alla malizia che offuscò la
conoscenza di Dio in cui vivevano a tal punto da dire: “Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto
paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto“(v.10).

Così facendo la carne si ribellava allo spirito sviluppando la “concupiscenza“, la ricerca del
piacere lontano da Dio, nascosti da Dio, senza Dio, contro Dio, per cui la loro volontà era da quel
momento combattuta dalle esigenze della loro inferiore natura, la carne, a discapito della loro natura
superiore ed immortale, l’anima. Sarai “come Dio” gli disse l’ingannatore, ma senza Dio!
Imperciocchè, nel versetto 10 appena letto, in Adamo si desta immediatamente il sentimento della sua
dignità perduta, ne ha subito la percezione appena ne avvede la corruzione “ho udito; ho avuto paura
perché sono nudo; mi sono nascosto”, si desta l’amaro sentimento della loro indegnità, si avverte di aver
perduto la interna beatitudine: subentra l’infelicità!
Non può esserci felicità senza Colui che è vera felicità e con la quale aveva creato l’Uomo a Sua
immagine.
– In quanto al corpo, Dio rispetta la scelta di Adamo ed Eva e li priva di ciò che hanno rigettato:
del dono dell’essere impassibili (non sapevano di essere nudi, erano innocenti) ed immortali, la
condanna di Dio non viene da Dio quale Sua scelta, piuttosto tal condanna non è altro che la scelta di
Adamo ed Eva alla sofferenza e alla morte attraverso quella ribellione al Progetto Divino.
“Alla donna disse: “Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso
tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà”. All’uomo disse: “Poiché hai ascoltato la voce di tua
moglie e hai mangiato dell’albero, di cui ti avevo comandato: Non ne devi mangiare, maledetto sia il
suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà
per te e mangerai l’erba campestre.  Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finchè tornerai alla
terra, perchè da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!”. L’uomo chiamò la moglie
Eva, perché essa fu la madre di tutti i viventi.” (Gn.3,16-20).

Ma la più funesta di tutte le conseguenze fu la perdita della grazia divina, la separazione da Dio, la
morte dell’anima, la tristezza, l’infelicità, l’inquietudine!

A questa sciagura Gesù venne a portare il rimedio con la Confessione e la remissione dei peccati
personali, dopo averci introdotto nella salvezza mediante il Battesimo.
21

– Due righe sul  dogma del Peccato Originale (1)


E’ dogma di fede, che il genere umano eredita da Adamo ed Eva non solo la perdita dei doni
soprannaturali, ma anche la privazione della divina grazia e la separazione da Dio. I primi nostri padri
non potevano trasmettere ai discendenti che la loro stessa natura, e perciò era da aspettarsi, che il primo
peccato, questo allontanamento da Dio, dovesse avere per tutto il genere umano delle reali e tristi
conseguenze; e per quanto poco o tanto che potremmo esaminare la nostra condizione, potremmo forse
negare che anche noi siamo privi delle prerogative soprannaturali concesse ad Adamo quando era
innocente, e ridotti così anche noi alle prerogative naturali e proprie dell’uomo?
Non soffre forse ancora oggi, la donna, per i dolori del parto e l’uomo per il lavoro dei campi?

Non soffre forse ancora oggi l’uomo a causa delle malattie e delle intemperie?

E non soffre forse ancora oggi quando, ascoltando la voce della propria anima, si accorge di essere nudo
e si nasconde da Dio provando infelicità e inquietudine “fino a quando non lo trova e riposa in Lui”,
come diceva Sant’Agostino?

In questo senso, il primo peccato è peccato di tutta la umana natura e si trasfonde insieme con essa in
ogni individuo, lo insegna la Scrittura e la Tradizione, e la Chiesa lo conferma.

Dice San Paolo: “Propterea, sicut per unum hominem peccatum in hunc mundum intravit, et per
peccatum mors, et ita in omnes homines mors pertransiit, eo quod omnes peccaverunt. / Quindi, come a
causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha
raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato”. (Rm.5,12),

i Santi Padri s’accordarono tutti nell’insegnare la medesima dottrina, del quale accordo parlando
St.Agostino dice: ” essi conservarono ciò che avevano trovato, insegnarono ciò che avevano appreso,
tramandarono ai figli ciò che avevano ricevuto dai padri…” (Lib.1 de pecc.orig. co. Julian), e il Concilio
di Trento definì: che tutti, ed anche i bambini i quali nascono da genitori cristiani, contraggono per la
propagazione di Adamo il Peccato Originale, che non consiste nel solo deterioramento dell’anima e del
corpo, ma è un peccato veramente tale, ed importa la morte dell’anima (S. Conc. Trid. Sess. V de
pecc.orig. can.1-5).

Fra tutte le creature umane di ogni tempo passato, presente e futuro, solo la Beatissima Vergine
Maria, Madre di Dio fu “preservata immune“, ma questo lo spiegheremo in un altro capitolo.
22

Il Peccato Originale può essere lavato solamente con il Sacramento del Battesimo.

Le obbiezioni contro il dogma del Peccato Originale


1) Qualcuno dice che l’umana ragione non può ammettere che Dio, infinitamente buono e giusto, imputi
il peccato commesso da Adamo alla di lui discendenza, la quale allora non esisteva, e non vi prese parte!

Risposta:

– l’obbiezione è posta in modo distorto e deriva da una falsa concezione del dogma Cattolico.

La Chiesa non ha mai insegnato che “il peccato di Adamo” viene imputato ai suoi posteri come “colpa
personale”, quasi ch’essi fossero concorsi a commetterlo, anzi, fu il Papa Alessandro VIII che il 7
dicembre 1690 condannò la proposizione che “l’uomo per tutto il tempo della vita deve fare penitenza a
causa del peccato originale”.

La Dottrina Cattolica insegna, invece, che pel peccato commesso da Adamo, padre di tutti gli
uomini, gli uomini perdettero la santità e la giustizia, divennero loro stessi ostili a Dio e contrassero la
morte dell’anima, cioè la separazione da Lui.
E questo non è affatto contrario all’umana ragione, imperciocchè Dio si compiaceva degli uomini
perché la giustizia originale assoggettava la umana volontà alla volontà divina, e poiché il peccato di
Adamo rese insubordinata a Dio non solamente la sua volontà ma pur anche (non potendo egli
trasmettere ai discendenti doti che non aveva più e che aveva rigettato con la sua disobbedienza) la
volontà di tutti che da lui discendevano, è chiaro che in Adamo tutta la natura umana contrasse ciò che
la Chiesa definisce “macchia“, una macchia che rende tale umanità spiacevole a Dio il quale, in
essa, non ravvede l’opera Sua e che quindi, non potendosi in Dio ammettere uno stato di indifferenza o
di abbandono della Sua Creatura, tutti gli uomini nascono con questa “macchia” affinché Dio stesso in
qualche modo la potesse debellare, cancellare, non potendo l’uomo stesso togliersela da sé stesso
avendo egli rinunciato alla grazia soprannaturale. E’ per questo che i grandi teologi della Chiesa
chiamano questo Peccato labes naturae, ossia, macchia della natura umana (St. Tomm. d’Aquin. I.II.
quest.82 art.3).

2) Un’altra obbiezione che si porta è che il difetto d’una prerogativa soprannaturale, non può costituire
ancora oggi una causa sufficiente d’imputazione morale ad ogni uomo.

Risposta:

– lasciamo parlare a St. Anselmo: “Se un marito ed una moglie, innalzati senza alcun merito e per sola
grazia a qualche possessione e dignità, commettono insieme in modo inescusabile un grave delitto e per
causa di esso vengono degradati e ridotti a schiavitù, chi dirà che i figliuoli ch’essi generano dopo la
condanna non debbono alla stessa sorte essere soggetti, ma che piuttosto si devono ristabilire nei beni
che i loro genitori giustamente perdettero, e in qualche modo avere la possibilità di riscattarsi? Tali sono
i primi padri; ed i figli loro ch’essi generarono nel medesimo esilio, condannati dalla beatitudine alla
miseria” (Cant. Tractat. de conceptu vir. et orig. pecc. cap.28).

Occorre anche dire che il Peccato Originale resta sempre un mistero che può essere compreso solamente
attraverso il Figlio Divino, Gesù Cristo, le stesse parole di San Paolo “in cui tutti peccarono”, devono
23

essere intese nel verso giusto, ossia: in cui tutti perdettero la grazia e caddero in disgrazia,
allontanandosi da Dio, e queste parole nulla hanno che possano contraddire alla nostra ragione.

La Divina Misericordia e la compassione di Dio


Il peccato di Adamo rendeva così impossibile, al genere umano, di conseguire la sua destinazione,
quella eternità divina per la quale era stato creato, ma la Misericordia di Dio riorganizza la vita
dell’uomo e gli rende possibile non solamente riacquistare le soprannaturali perdute prerogative, ma
persino d’innalzarsi ad una condizione più felice della stessa condizione originale di Adamo.

Se seguiamo con attenzione il capitolo terzo di Genesi che stiamo approfondendo, Dio stesso prima
ancora di annunciare ai trasgressori il meritato castigo, annunzia la Redenzione

dicendo al Serpente: “…Inimicitias ponam inter te et mulierem et semen tuum et semen illius; ipsum
conteret caput tuum, et tu conteres calcaneum eius”. / “… Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua
stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno”. (Gn.3,15), ma prima che
il Restauratore della umana natura comparisse sulla terra, dovevano passare molti secoli perché, come
scrive St. Ireneo: ” come una madre può dare al bambino del cibo solido, ma quegli non può ancora
ricevere una solida vivanda, così poteva Dio fin da principio donare all’uomo la perfezione, ma l’uomo
era incapace di riceverla, essendo ancora bambino” (Irenaeus, co: haeres lib. IV).

Tutti i Padri concordano con la Misericordia di Dio la quale attese quella “plenitudo temporis” lungo il
quale, e precedendo la venuta del Divino Redentore, il genere umano avrebbe potuto così sviluppare il
suo intelletto, acquistare forza di volontà, nobilitare le sue sensazioni, accrescere nella fede e rendersi
atto a comprendere le dottrine, a praticare la vera morale ed a provare le spirituali dolcezze, che a lui
sarebbero state comunicate dall’Unigenito Suo Figliuolo:” at ubi venit plenitudo temporis, misit Deus
Filium suum, factum ex muliere, factum sub lege, ut eos, qui sub lege erant, redimeret, ut adoptionem
filiorum reciperemus. Quoniam autem estis filii, misit Deus Spiritum Filii sui in corda nostra
clamantem: “ Abba, Pater! ”. Itaque iam non es servus sed filius; quod si filius, et heres per Deum. / Ma
quando venne la pienezza del tempo, Dio  mandò  il suo Figlio, nato  da donna, nato  sotto la legge, per
riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli. E che voi siete figli ne è
prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!
Quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio” (Gal.4,4-7).

Il “secondo” Adamo: Gesù Signore e Salvatore


Prima di affrontare i Sette Sacramenti che analizzeremo in un altro articolo, chiariamo anche la nota
espressione di Gesù “nuovo Adamo” secondo l’insegnamento stesso di San Paolo spiegato dai Santi
Padri.
24

Gesù Cristo è Dio, è Uomo, Uomo-Dio in una Persona con due nature distinte, non separate: Dio da
Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato della stessa sostanza del Padre, come
recitiamo nel Credo, la nostra Professione di Fede.

Come Dio, essendo Egli il Verbo per cui furono fatte tutte le cose, rappresenta così anche tutto il genere
umano, imperciocché scrive S. Cirillo di Gerusalemme: ” Se il primo degli uomini formato dalla terra,
apportò una morte universale; quello che dalla terrà lo formò, essendo Egli stesso la vita, non apporterà
la eterna vita? ” (S.Cyrill. hier. Catech.XIII n.2).

Come Uomo, essendo Egli il giusto per eccellenza, potea meritare, e fare partecipi dé suoi meriti i suoi
rappresentati. Dice infatti St. Agostino: “Tutti, nessuno eccettuato, sono morti per i peccati, tanto
originale che commessi volontariamente o coll’ignoranza, o coll’opera, o coll’omissione: e per tutti
i morti, è morto il Solo ch’era vivo, cioè che non aveva assolutamente alcun peccato” (St. Aug. de
Civ. Dei lib. XX c.6). Come Uomo-Dio poteva dare alla Divina Giustizia una soddisfazione non dovuta
ed infinita, ed operare così la Redenzione della umanità, e perciò canta la Chiesa, ch’Egli “pagò per noi
al Padre eterno il debito di Adamo, e col pietoso Suo Sangue cassò l’impegno di soddisfare all’antico
reato” (Praecon. Sabb. Sanct.).
Così diventa Gesù Cristo il “secondo Adamo” e la natura umana, come spiega St.Agostino, viene
sollevata ad un’altezza sì grande, che più in alto non la si potrebbe innalzare. Imperciocché Adamo
rappresenta tutta la umanità in quanto che da lui deriva il principio generatore della vita animale,
nell’essenza dei suoi istinti, e non ha altro rapporto coi suoi discendenti; Cristo nostro Signore la
rappresenta non solo perché da Lui deriva il principio della vita spirituale e soprannaturale d’ogni
grazia, ma pur anche perché il Suo spirito compenetra e vivifica la Chiesa della quale Egli è il Capo e
gli uomini (battezzati)  sono le membra, dice infatti San Paolo: “Factus est primus homo Adam in
animam viventem ; novissimus Adam in Spiritum vivificantem. / il primo uomo, Adamo, divenne un
essere vivente, ma l’ultimo Adamo divenne spirito datore di vita” (1Cor.15,45).

Dal primo progenitore abbiamo la natura umana degenerata a causa del Peccato Originale, funestata
dalle di lui conseguenze; in Gesù Cristo Signore abbiamo questa stessa natura rigenerata e
risollevata, ancora più grandemente, alla dignità della figliuolanza adottiva di Dio, in Dio stesso, come
spiega San Paolo: “Non enim accepistis spiritum servitutis iterum in timorem, sed accepistis Spiritum
adoptionis filiorum, in quo clamamus: “ Abba, Pater! ”. Ipse Spiritus testimonium reddit una cum spiritu
nostro, quod sumus filii Dei. Si autem filii, et heredes: heredes quidem Dei, coheredes autem Christi, si
tamen compatimur, ut et conglorificemur.  / E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere
nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: “Abbà,
Padre!”. Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche
eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare
anche alla sua gloria” (Rom.8,15-17).

Dal primo Adamo abbiamo ricevuto la morte e la dissoluzione, da Gesù Cristo, nuovo Adamo,
abbiamo la risurrezione e la vita eterna, la vita di grazia: “Nunc autem Christus resurrexit a mortuis,
primitiae dormientium. Quoniam enim per hominem mors, et per hominem resurrectio mortuorum: 
sicut enim in Adam omnes moriuntur, ita et in Christo omnes vivificabuntur.   / Ora, invece, Cristo è
risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a
causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti
riceveranno la vita in Cristo” (1Cor.15,20-22).
25

E’ in questo contesto, in questo ordine dei fatti che conosciamo quella gratuità attraverso la quale Dio
viene incontro a noi, manda il Suo Figlio “nato da donna”, come spiega San Paolo, e nella pienezza del
tempo. Qui e non per altra ragione la gratuità di Dio verso di noi è uno dei punti fondamentali di ogni
dottrina insegnata dalla Chiesa. Noi non avevamo affatto alcun diritto, è la compassione del Figlio
diletto che ci ha fornito dei diritti, è la Sua gratuità che ci ha guadagnati Lui stesso quale Avvocato
davanti a Satana, il nostro accusatore.
 

L’obbiezione sulla salvezza


Alcuni vanno dicendo che sarebbe stoltezza della Chiesa presumere che fuori di Essa non vi è salvezza,
e che non sarebbero necessari i Sacramenti, neppure il Battesimo.

Rispondiamo:

Quando la Chiesa insegna questa Salvezza non intese mai dire che tutti gli altri che non appartengono
alla Chiesa siano come eternamente dannati o perduti… ma solamente dice che la sola Chiesa di Gesù
Cristo ha la potenza di condurre gli uomini alla certezza della salvezza.

I mezzi per conseguire l’eterna salute sono quelli ordinari, ma anche quelli straordinari: i mezzi ordinari
sono nelle mani della Chiesa e sono i suoi Divini Sacramenti, quelli straordinari sono nelle mani di Dio  
e sono quelli che la Chiesa definisce “strade misteriose che conducono a Dio”, tuttavia anche i
mezzi straordinari si muovono in modo ordinato che ha nella Divina Eucaristia, la Santa Messa, il suo
principio motore, e poi le Preghiere della Chiesa e dei fedeli, specialmente il santo Rosario.

Il Divino Redentore, avendo assunto la natura umana, rappresenta tutto il genere umano e perciò, anche
quelli che attualmente non sono nella Chiesa, vi appartengono “in potenza” perché Egli ha il potere e la
virtù di poter salvare tutti, e tutti hanno il libero arbitrio di poter accogliere o rifiutare la salvezza che
vien loro offerta, come spiega lo stesso S. Tommaso d’Aquino nella Quest. 8 art.3.
Ma come per appartenere al genere umano, in via ordinaria, è necessario discendere per generazione dal
primo Adamo, così per appartenere attualmente alla Famiglia del secondo Adamo, sempre in via
ordinaria, è necessaria la rigenerazione dall’acqua e dallo Spirito Santo, che per appunto, scrive San
Paolo, Gesù è il solo ed unico Salvatore di tutti gli uomini, specialmente dei rigenerati: “in hoc enim
laboramus et certamus, quia sperantes sumus in Deum vivum, qui est salvator omnium hominum,
maxime fidelium.  / Noi infatti ci affatichiamo e combattiamo perché abbiamo posto la nostra speranza
nel Dio vivente, che è il salvatore di tutti gli uomini, ma soprattutto di quelli che credono” (1Tim.4,10).

Gesù Signore non smetterà di essere il Salvatore anche di coloro che non credono , solo che
attenderà ch’essi lo accolgano, come Lui stesso ha affermato: “Dicit ei Iesus: “ Ego sum via et veritas et
vita; nemo venit ad Patrem nisi per me. Si cognovistis me, et Patrem meum utique cognoscetis; et
amodo cognoscitis eum et vidistis eum ”.  / Gli disse Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno
viene al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo
conoscete e lo avete veduto” (Gv.14,6-7).

Concludendo
Ricordiamo le parole di Gesù:
26

“Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto
per condannare il mondo, ma per salvare il mondo…” (Gv.12,44-50)
Gesù non è venuto a condannarci perchè di fatto qualcosa ci aveva già introdotti nella condanna, il
peccato originale, e faremo bene a chiederci:

“ma è venuto a salvarci da che cosa? e da chi? Perchè se non lo ascoltiamo “non” ci condanna?”, non
ci condanna perchè lo siamo già nel momento del concepimento come spiega il Salmo: ” Ecco, nella
colpa sono stato generato, nel peccato mi ha concepito mia madre” (50,7).
In sostanza tutta questa storia ci porta a queste domande : ma perchè Dio si è fatto Uomo? che
cosa è venuto a dirci? Perchè ci parla di salvezza e di condanna?

Gesù, nuovo Adamo, è venuto a ripristinare quella Creazione che fu corrotta dal peccato, Egli ci toglie
l’onta ma non gli effetti i quali dovranno essere gestiti dal nostro libero arbitrio, dalla volontà di
ascoltare il Cristo o dalla volontà di rifiutarlo pagandone le conseguenze.

Gesù è venuto per salvarci e nella Sua morte di Croce con la Sua Risurrezione (senza la quale vana è la
nostra fede come spiega San Paolo) è la prova che Egli non è un Dio sadico che si compiace del peccato
degli uomini, e questa Croce prova anche che Egli non è neppure un Dio bonista o perdonista che
perdona senza la nostra conversione e penitenza dal peccato… la scena dei due Ladroni posti ai suoi
fianchi ce lo rammenta: o con Cristo o contro Cristo, non esiste la via di mezzo per accedere al vero
Paradiso eterno.

Gesù è venuto per ricomporre la frattura, la divisione che il peccato ha prodotto tra anima e corpo, tra
noi e Dio.

– dall’Omelia del 25.3.2007, così avvertì Benedetto XVI:

“E’ venuto Gesù per dirci che ci vuole tutti in Paradiso e che l’inferno, del quale poco si parla in
questo nostro tempo, esiste ed è eterno per quanti chiudono il cuore al suo amore. 

Anche in questo episodio, dunque, comprendiamo che il vero nostro nemico è l’attaccamento al peccato,
che può condurci al fallimento della nostra esistenza. Gesù congeda la donna adultera con questa
consegna: “Va e d’ora in poi non peccare più”. Le concede il perdono affinché “d’ora in poi” non pecchi
più”.
 Sia lodato Gesù Cristo + sempre sia lodato.

Catechesi: "La caduta"; Adamo ed Eva; Il peccato


originale; gli angeli decaduti
Il Signore ha fatto germogliare alberi graditi alla vista e buoni da mangiare. In mezzo al
giardino dell’Eden ha posto l’albero della vita e l’albero della conoscenza del bene e del
male.
27

[Genesi 2,9
9 Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da
mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e
del male.]

Il Signore prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo costudisse.
Il Signore ha imposto all'uomo di non mangiare il frutto dell’albero della conoscenza del
bene e del male che stava in mezzo al giardino, perché, certamente morirebbe.

[Genesi 2,15-17
15Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo
custodisse.
16Il Signore Dio diede questo comando all'uomo: "Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del
giardino, 17ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare,
perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire".]

Dio crea la donna da una costola dell’uomo e la conduce all’uomo:


Il Signore dunque creò l’uomo, vide che non era bene che l’uomo fosse solo. Mentre egli
dormiva, il Signore prese una sua costola e da essa creò la donna.

[Genesi 2,18-25
18E il Signore Dio disse: "Non è bene che l'uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli
corrisponda". 19Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti
gli uccelli del cielo e li condusse all'uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in
qualunque modo l'uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva
essere il suo nome. 20Così l'uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del
cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l'uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse.
21Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse
una delle costole e richiuse la carne al suo posto. 22Il Signore Dio formò con la costola,
che aveva tolta all'uomo, una donna e la condusse all'uomo. 23Allora l'uomo disse:
"Questa volta è osso dalle mie ossa,carne dalla mia carne.
La si chiamerà donna, perché dall'uomo è stata tolta".

24Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due
saranno un'unica carne.
25Ora tutti e due erano nudi, l'uomo e sua moglie, e non provavano vergogna.

Quindi, Dio ha creato i nostri progenitori / Adamo ed Eva poi loro commettono il
peccato originale:
Il Signore dunque ha creato i nostri progenitori (Adamo ed Eva).
Successivamente, Eva tentata dal serpente (il demonio), prende il frutto dall'albero della
conoscenza del bene e del male e lo mangia e lo offre anche ad Adamo. Dunque, essi
28

(abusando della loro libertà) sono caduti nella tentazione per via del diavolo e hanno
mangiato il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, commettendo
dunque il peccato originale.

LA CADUTA - Genesi 3,1-24 (i versetti 14-15 fanno riferimento al Protovangelo o


Protoevangelo (Maria, e la "sua stirpe", cioè la sua discendenza, è suo figlio Gesù,
trionfatore, nel Mistero Pasquale della sua morte e risurrezione,
sul potere di satana.))

1 Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse
alla donna: «È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del
giardino?». 2 Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi
possiamo mangiare, 3 ma del frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto:
Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete». 4 Ma il serpente
disse alla donna: «Non morirete affatto! 5 Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si
aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male». 6 Allora
la donna vide che l'albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per
acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che
era con lei, e anch'egli ne mangiò. 7 Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero
di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.
8 Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l'uomo
con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. 9 Ma il
Signore Dio chiamò l'uomo e gli disse: «Dove sei?». 10 Rispose: «Ho udito il tuo passo nel
giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto».
11 Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell'albero di cui ti
avevo comandato di non mangiare?».
12 Rispose l'uomo: «La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell'albero e io ne ho
mangiato». 13 Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il
serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».

Protovangelo (14-15):
[14 Allora il Signore Dio disse al serpente:
«Poiché tu hai fatto questo,sii tu maledetto più di tutto il bestiame
e più di tutte le bestie selvatiche; sul tuo ventre camminerai
e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita.
15 Io porrò inimicizia tra te e la donna,
tra la tua stirpe e la sua stirpe:
questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno».]
29

16 Alla donna disse:


«Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze,
con dolore partorirai figli.
Verso tuo marito sarà il tuo istinto,ma egli ti dominerà».

17 All'uomo disse: «Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell'albero,
di cui ti avevo comandato: Non ne devi mangiare,
maledetto sia il suolo per causa tua!
Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita.
18 Spine e cardi produrrà per te e mangerai l'erba campestre.
19 Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra,
perchè da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!».
20 L'uomo chiamò la moglie Eva, perché essa fu la madre di tutti i viventi.
21 Il Signore Dio fece all'uomo e alla donna tuniche di pelli e le vestì.
22 Il Signore Dio disse allora: «Ecco l'uomo è diventato come uno di noi, per la
conoscenza del bene e del male. Ora, egli non stenda più la mano e non prenda anche
dell'albero della vita, ne mangi e viva sempre!». 23 Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di
Eden, perché lavorasse il suolo da dove era stato tratto. 24 Scacciò l'uomo e pose ad
oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la
via all'albero della vita.]

[(Catechesi di Giovanni Paolo II, mercoledì 17 dicembre 1986, n. 7)


«nelle parole di Gen 3,15, "Io porrò inimicizia", in un certo senso sia collocata al primo posto
la donna: "Io porrò inimicizia tra te e la donna". Non: tra te e l'uomo, ma proprio: tra te e la
donna. I commentatori sin dai tempi antichissimi sottolineano che qui viene operato un
parallelismo significativo. Il tentatore - "il serpente antico" - si è rivolto, secondo Gen 3,4,
prima alla donna e mediante essa ha riportato la sua vittoria. A sua volta il Signore Dio,
annunciando il Redentore, costituisce la Donna prima "nemica" del principe delle tenebre.
Essa deve essere, in un certo senso, la prima destinataria della definitiva alleanza, nella
quale le forze del male verranno vinte dal Messia, suo Figlio ("la sua stirpe").»]

Per quanto riguarda gli angeli decaduti (i demoni):

San Michele Arcangelo sconfigge Satana

Per capire bene il racconto della caduta bisogna quindi capire chi sono gli angeli
decaduti (che sono stati cacciati da Dio dal Suo Regno per ribellione) e che la morte è
entrato nel mondo per invidia del Diavolo:
Alcuni angeli si ribellarono a Dio e al suo disegno di benevolenza, volendosi mettere al di
sopra di Dio.
Il Diavolo o satana e gli altri demoni sono angeli, cioè puri spiriti, creati da Dio e decaduti
30

per avere liberamente rifiutato di servire Dio e il suo disegno.

[(Isaia 14,12-15)
"Come mai sei caduto dal cielo, Lucifero, figlio dell’aurora? Come mai sei stato steso a terra,
signore di popoli? Eppure tu pensavi: Salirò in cielo, sulle stelle di Dio innalzerò il trono,
dimorerò sul monte dell’assemblea, nelle parti più remote del settentrione. Salirò sulle
regioni superiori delle nubi, mi farò uguale all'Altissimo. E invece sei stato precipitato negli
inferi nelle profondità dell’abisso".]

[(2 Pt 2,4)
«Dio infatti non risparmiò gli angeli che avevano peccato, ma li precipitò negli abissi
tenebrosi dell'inferno, serbandoli per il giudizio».]

La loro scelta contro Dio è definitiva, la loro condanna è eterna.

San Tommaso d'Aquino spiega che l'Angelo, conoscendo come per intuito, aderisce
immutabilmente, dopo la libera scelta, o al bene o al male: perciò gli Angeli caduti non
avranno modo di pentirsi, come invece è concesso agli uomini che conoscono
ragionando progressivamente.

Essi odiano l'uomo e tentano di associarlo alla loro ribellione contro Dio. Questi spiriti,
nella consapevolezza di non poter mai raggiungere la superiorità di Dio, si trovano in uno
stato di perenne sofferenza. Nella loro invidia e superbia, sono orgogliosi d'aver ripudiato
l'onnipotenza Divina.

Siate sobri, vegliate; il vostro avversario, il diavolo, va attorno come


un leone ruggente cercando chi possa divorare.  (1Pietro 5,8)

Il Concilio Vaticano II parla chiaramente: «Tutta intera la storia umana è infatti pervasa da
una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta cominciata fin dall'origine del
mondo, che durerà, come dice il Signore, fino all'ultimo giorno. Inserito in questa battaglia,
l’uomo deve combattere senza soste per poter restare unito al bene.» (Gaudium et Spes)

Nello specifico:
Secondo la dottrina cattolica il diavolo è noto anche con il nome di Satana e talvolta
come Lucifero.
Secondo alcune lezioni della teologia cattolica, il Diavolo era il più bello tra gli angeli e per
un atto di orgoglio si è ribellato a Dio. La teologia cattolica lo descrive come un essere
che odia la creazione e tutta l'umanità operando con menzogne e false promesse
affinché l'essere umano rinunci alla sua figliolanza divina, al suo legame con Dio.
31

Nel cattolicesimo il diavolo viene identificato con il serpente nel Giardino dell'Eden, con il
dragone nell'Apocalisse di Giovanni, e con il tentatore dei Vangeli. È menzionato più
frequentemente nei Vangeli, specialmente in riferimento alla forza trainante dietro la
crocifissione di Cristo.
Sulla personalità e azione del diavolo è interessante quanto il dott. Gabriele Amorth,
esorcista ufficiale della Chiesa cattolica (che ora non è più in vita), ricava dalle sue
esperienze dirette: da esse, e da analoghe presentazioni di altri autori, emerge il pensiero
cattolico circa il diavolo: essere personale che influisce nella vita di ogni uomo.
Il diavolo è uno spirito che tiene incatenati agli inferi le persone che sono in stato di
peccato mortale infatti Gesù dice "chi non è con me è contro di me e chi non raccoglie con
me disperde" 12, 30. Le persone che perseverano in questo stato fino alla morte sono
condannate al supplizio eterno (parte 3, articolo 8, sezione 4 versetto 1861) e vengono
punite per sempre dal diavolo e dai suoi seguaci all'inferno (San Tommaso D'Aquino,
Summa Teologica, supp. III, argomento 97).
Al diavolo è stato dato un potere enorme in questo mondo principalmente sulla morte
(Concilio di Trento, Sess. 5a, Decretum de peccato originali, canone 1: DS 1511) 2,14,
secondo le parole di San Giovanni: "Tutto il mondo giace sotto il potere del maligno" 5,19.
Il Signore infatti si è incarnato proprio per distruggere le opere del Maligno 3,8.
Il demonio preferisce agire nell'ombra senza farsi scovare perché appena viene scovato e
individuato il suo potere può essere facilmente indebolito o annullato.
Per fare ciò il suo modo di operare preferito è la tentazione, la quale si presenta agli occhi
dell'uomo sempre come una cosa attraente e "desiderabile per acquistare saggezza" 3,6.
Infatti essendo uno spirito può manifestarsi in parole, pensieri o atti contrari alla
legge di Dio e all'insegnamento di Gesù (San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae,
I-II, q. 71, a. 6: Ed. Leon. 7, 8-9).

Nella maggior parte dei casi preferisce lasciare le sue vittime libere di operare nel
mondo per spargere la zizzania mentre perseguita e tenta particolarmente quelli che
si sono decisi per Dio e per i suoi comandamenti come spiega San Giovanni nelle sue
lettere.

[(Gesu a Suor Josefa Menendez)


“«- Figlia mia voglio darti un insegnamento di grande importanza. Il demonio è come un
cane furioso, ma ha la catena, cioè una libertà limitata. Non può dunque afferrare e divorare
la preda, se non quando questa si avvicina a lui e, per attirarla, la sua tattica abituale è di
trasformarsi in agnello. L'anima inesperta gli si avvicina a poco a poco, e comprende la
sua malizia solo quando egli sta per afferrarla. Allorché ti sembra lontano, tu, figlia mia,
vigila, poiché i suoi passi sono taciti e dissimulati, per riuscire inosservati». «Mi benedisse e
sparì”]

Chi dice che il Diavolo non esiste, allo stesso modo non crede nella Bibbia!
Il Diavolo sa nascondersi molto bene e molte sono le sue tattiche per attaccare
l’uomo e soprattutto nel non far credere nella sua esistenza.
32

Tutta l'umanità è soggetta alle tentazioni sataniche, con le quali viene indotta al
peccato:
Tuttavia vi sono anime soggette anche alle possessioni e principalmente sono quelle che,
volontariamente o meno, si avvicinano ai riti satanici e all'occultismo in genere o ricercano
il potere, il benessere e la ricchezza ripudiando Dio e adorando il demonio (Mt 4,8-10).

Queste anime, spinte dall'odio e dall'invidia, possono, con l'aiuto del demonio, indurre le
possessioni e i malefici in coloro che sono estranei a queste pratiche occulte.
Non sono però escluse le vessazioni e le tentazioni inferte ai santi come, ad esempio,
Padre Pio che subiva delle vere e proprie percosse o Madre Teresa di Calcutta che nella sua
vita dedicata ai poveri e agli ammalati soffriva per le vessazioni spirituali.
Una delle più astute tentazioni di Satana trova concretezza nel far credere agli
uomini che l'inferno sia vuoto o inesistente. Questa menzogna è smentita molto
palesemente nella Bibbia e soprattutto nei Vangeli. La Chiesa insegna che affermare
l'inesistenza del diavolo è come non credere nelle Sacre Scritture.
È necessario in modo particolare dedicare la nostra riflessione alle cosiddette azioni
straordinarie del Diavolo che, in alcuni casi, Dio ovviamente lascia accadere.

1. Sofferenze fisiche causate da Satana


Numerose biografie (San Giovanni della Croce, San Giovanni Vianney, Padre Pio da
Pietrelcina ecc.) rivelano che durante le loro vite terrene, i santi erano tormentati dal
Demonio. Erano flagellati e bastonati dal Maligno. È importantissimo sottolineare che qui il
Diavolo non influisce internamente sulla persona per cui gli individui non necessitano le
preghiere di esorcismo. Sembra che il Signore permettesse questi assalti straordinari per
renderli ancora più forti in Lui.

2. Possessione diabolica
Si tratta della forma più complessa dell'azione del Diavolo che si impossessa del corpo
della vittima ma non dell'anima. L'uomo parla e agisce come vuole il Demonio. In questa
situazione la persona non è in grado di sottrarsi al Maligno e non è responsabile delle
proprie parole e delle proprie azioni. Questo stato è accompagnato da alcuni fenomeni: la
vittima si esprime in una lingua sconosciuta, dimostra forza fisica straordinaria, riesce a
spezzare le catene di ferro, scoprire le cose nascoste, leggere i pensieri di qualcun altro... La
Bibbia riporta il caso dell'indemoniato di Gerasa che abbiamo ricordato in uno dei capitoli
precedenti.
In pratica è possibile incontrare diversi casi di possessione che possiamo dividere per
complessità, intensità e sintomatologia. Uno solo non basta per poter capire gli altri. I casi
del genere sono per fortuna rari, ma esistenti. Una delle caratteristiche è che l'indemoniato
energicamente rifiuta qualsiasi cosa di santo (benedetto), spesso bestemmiando. Bisogna
essere cauti perché l'Immondo tenta di ingannarci trattenendo la nostra attenzione su
particolari di minore importanza.
Frequentemente, qui si aggiungono suicidi e omicidi.
33

3. Vessazione diabolica
Per vessazione si intende una serie di problemi d'origine maligna come diversi disturbi e
malattie, semplici o complessi, che a lungo andare possono tramutarsi in possessione.
L'individuo a volte perde la coscienza, si comporta o parla in maniera anormale.
Menzionerò solamente alcuni eventi biblici per aiutare l'apprendimento di questo tipo
d'azione. Nell'Antico Testamento abbiamo il giusto Giobbe che non era posseduto da
Satana, ma esso, dopo avergli tolto i figli e tutto quello che aveva, continuava a
tormentarlo con la malattia. Il Nuovo Testamento racconta la storia della donna ricurva e il
caso del sordomuto, entrambi liberati dai mali che provocavano loro forti disturbi fisici. San
Paolo non era plagiato da Satana, ma come egli stesso scrive, il Maligno lo torturava
continuamente: "Perché non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni, mi è
stata messa una spina nella carne, un inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché
io non vada in superbia" (2 Cor 12, 7).
Abbiamo già detto che la possessione diabolica rappresenta un fenomeno raro. I sacerdoti,
invece, incrociano gli individui che Satana tormenta attaccandone la salute,
creando problemi economici, bloccando qualsiasi occupazione e facendo
confusione nei sentimenti.
Queste manifestazioni fanno parte dell'attività pastorale di un ministro di Dio, che
quotidianamente deve affrontare situazioni del genere cercando di comprenderne la causa.
In altre parole, deve capire se il disturbo ha origine malefica o no, e come affrontarlo.
Per poterlo valutare bene, il sacerdote deve tenere presente il fatto che ogni vittima è un
caso singolo, che esiste un'enorme diversità tra i sintomi e un vastissimo spettro delle
gravità dei disturbi. Le forme sono tantissime: attacco alla salute, problemi sul lavoro,
disfunzione nella sfera sentimentale, difficoltà nelle relazioni interpersonali, ira
immotivata, tendenza ad isolarsi, manie suicide...

4. Ossessione satanica
La persona afflitta da un male di questo tipo ha insensati pensieri d'ossessione, ma non
riesce a liberarsene. Ha l'anima combattuta. La sua volontà è libera ma oppressa in gran
parte da pensieri costringenti e ossessionanti. Si tratta di una serie d'inaspettati assalti che
si ripetono in un lungo intervallo del tempo. L'individuo vive continuamente uno stato
d'esaurimento, di disperazione, di depressione e di permanenti tentazioni di suicidio.
Questi fatti ne condizionano regolarmente i sogni.
Solitamente la gente ritiene che questi fenomeni appartengono al settore della psichiatria.
Assolutamente comprensibile! Dobbiamo dire, però, che in alcuni casi né l'adoperarsi di
uno psichiatra e né l'aiuto di un medico possono fare qualcosa, il che deve far pensare ad
un'azione del Diavolo e alla sua presenza. La scienza qui è impotente. Intendere e
distinguere adeguatamente lo può solamente, con la misericordia di Dio, un sacerdote che
nella sua attività collabori e preghi intensivamente.
34

5. Infestazioni diaboliche
Si intendono disturbi che si manifestano in alcuni posti, ad esempio case, uffici, negozi,
coltivazioni..., su diversi oggetti letto, cuscini, bambole, automobili ..., e sugli animali. Nei
propri scritti, Origene dice che in questi casi all'inizio del Cristianesimo si facevano
esorcismi.

6. Sottomissione diabolica
Esprime l'atto di alleanza con Satana effettuato di propria volontà. è noto il rito
dell'alleanza di sangue con il Demonio, che si realizza nel corso di una messa nera,
accompagnato da tante oscenità. Questi rituali si sviluppano ancora segretamente nelle
nostre città.

Per quanto riguarda la preghiera di liberazione:

Con il termine preghiera di liberazione si intende solitamente la preghiera che il fedele


rivolge a Dio perché gli conceda la pace e la liberazione dal male fisico, psichico, morale e
demoniaco.
L'esempio più semplice e frequente è nella preghiera del Padre Nostro si chiede a Dio la
liberazione del male (libera nos a malo).
La preghiera di liberazione si distingue dall'esorcismo, il quale può essere eseguito
soltanto da un sacerdote autorizzato dall’ordinario del luogo (il vescovo) ed è regolato in
modo chiaro da un Rituale particolare, al quale deve attenersi scrupolosamente.
La preghiera di liberazione, invece, può essere recitata personalmente senza alcuna
autorizzazione, come ogni genere di preghiera. In essa inoltre non ci si rivolge
direttamente al Maligno, ma si invoca Dio e il suo intervento. Nell’esorcismo, al
35

contrario, il sacerdote, con la forza del nome di Gesù e la mediazione della Chiesa, si
rivolge a satana intimandogli di lasciare il tormentato.
L’esorcismo è dunque una preghiera che coinvolge l’autorità della Chiesa, è una preghiera
pubblica, mentre le preghiere di liberazione sono preghiere private; tuttavia, a volte la
preghiera di liberazione viene recitata in gruppi comunitari di preghiera.
Di seguito si propongono un paio di preghiere di liberazione, ma ce ne sono tante altre:

[PREGHIERA DI LIBERAZIONE di padre Gabriele Amorth


Signore, Dio Onnipotente e misericordioso, Padre, Figlio e Spirito Santo, espelli da me, dai
miei amici e famigliari, da coloro che possono aiutarmi economicamente e spiritualmente, e
dal mondo intero, ogni influsso diabolico di qualsiasi spirito maligno e da ogni anima
dannata dell'intero inferno che ha su di me e su di loro per il preziosissimo Sangue di Tuo
Figlio Gesù.
Fa che il Sangue Immacolato e Redentore, rompa ogni legame sul mio corpo, sulla mia
mente, sul mio lavoro, su quanti potrebbero offrire un lavoro e su tutte le cose mie ed
altrui e le difficoltà dell'intera vita mia ed altrui.
O Santissima Vergine Maria Immacolata, o nove Cori angelici, o San Michele Arcangelo,
Santi tutti dei Paradiso, mi consacro e consacro loro e vi chiedo l'intercessione di tutte le
anime dei Purgatorio, intercedete per noi tutti e venite presto in nostro aiuto e spezzate da
subito le "ultime zampate" di lucifero contro i figli della benedetta Madre Maria
Santissima e della Santissima Trinità, ordino in questo preciso istante, che ogni demonio
36

ed anima dannata non possa avere nessuna influenza su di me, sulle categorie di persone
che ho menzionato e sul mondo intero affinché tutta l'umanità sia liberata in questo
medesimo istante.
Per la flagellazione, la corona di spine, la croce, il Sangue e la risurrezione di Gesù Cristo, per
il Dio vero, per il Dio santo, per il Dio che tutto può, ordino ad ogni demonio ed anima
dannata che non possano avere influenza alcuna su me e su il mondo intero e che si possa
spezzare una volta per tutte e per sempre tutte le catene create che si sono verificate fino ad
ora su di me e sul mondo intero.
Benedite e liberate i vostri servi e serve (nomi) e benedite questa Immagine (fare benedire
un'Immagine sacra ed elevarla verso il Cielo) che vi presento e fate sì che questa
Immagine benedetta protegga me ed il mondo intero, ci protegga dai satanisti, dai
massoni, dai mafiosi, dai politici corrotti e da ogni altra infame categoria esistente sulla
terra, ed il mondo intero, e fate sì che nella mia casa e nelle mie cose e da ogni altra
categoria e nelle cose del mondo intero il demonio non possa mai e poi mai avere più
alcuna influenza anche infinitesimale nel Nome di Gesù Cristo Padrone della storia,
nostro Signore e Salvatore. (Se recitata TUTTI i giorni con Fede, farà Miracoli!...)]

Per quanto riguarda i metodi per debellare la forza satanica:


La Chiesa, in relazione con le Sacre Scritture, nelle quali Gesù spesso libera le anime dal
demonio, ci insegna come debellare questa forza satanica:

1. Con il Battesimo, con il quale l'uomo è inizializzato al cristianesimo e liberato dalle


forze del male a discapito del peccato originale. Con ciò non è possibile evitare il peccato
durante la vita terrena, infatti in virtù del libero arbitrio donato da Dio, l'umanità è libera di
scegliere come condurre la propria vita (CCC 1237 - 1731).

2. Con le virtù, in particolare la fortezza che assicura la fermezza e la costanza nella ricerca
del bene. Essa rafforza la decisione di resistere alle tentazioni e di superare gli ostacoli
37

nella vita morale. La virtù della fortezza rende capaci di vincere la paura, perfino della
morte, e di affrontare la prova e le persecuzioni.

3. Con la preghiera, vera e propria arma contro l'influsso maligno.

4. Con la partecipazione liturgica e l'accostamento continuo ai Sacramenti come


l'Eucaristia e la Confessione. Quest'ultima, in particolare, è la più temuta dal demonio in
quanto vanifica e neutralizza tutto il suo lavoro di tentazione al peccato.

5. Con il digiuno. Una vita sobria e non inquinata dai vizi, rende l'uomo meno vulnerabile
all'influsso di satana.

6. Con l'Esorcismo. Contro le possessioni, i malefici e le tentazioni sataniche, la Chiesa


offre questo magistero tramandatoci da Gesù in particolare nel Mt 10,8: "Guarite gli
infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demoni. Gratuitamente avete
ricevuto, gratuitamente date."

In conclusione:
Dunque, rimaner saldi nella Fede e negli insegnamenti della Chiesa Cattolica di Cristo, per
non essere tentati da Satana.

Nessuno quand’è tentato, dica di essere tentato da Dio:


[Lettera di Giacomo 1:13-15
13 Nessuno, quando è tentato, dica: «Sono tentato da Dio»; perché Dio non può essere
tentato dal male e non tenta nessuno al male. 14 Ciascuno piuttosto è tentato dalla
propria concupiscenza che lo attrae e lo seduce; 15 poi la concupiscenza concepisce e
genera il peccato, e il peccato, quand'è consumato, produce la morte.]
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- CCC (da N.385 a N.421):


LA CADUTA
Dio è infinitamente buono e tutte le sue opere sono buone. Tuttavia nessuno sfugge
all'esperienza della sofferenza, dei mali presenti nella natura - che appaiono legati ai limiti
propri delle creature - e soprattutto al problema del male morale. Da dove viene il male?
“Quaerebam unde malum et non erat exitus - Mi chiedevo donde il male, e non sapevo
darmi risposta”, dice sant'Agostino, [Sant'Agostino, Confessiones, 7, 7, 11] e la sua sofferta
ricerca non troverà sbocco che nella conversione al Dio vivente. Infatti “il mistero
dell'iniquità” (⇒ 2Ts 2,7) si illumina soltanto alla luce del “Mistero della pietà” (⇒ 1Tm 3,16).
La rivelazione dell'amore divino in Cristo ha manifestato ad un tempo l'estensione del male
e la sovrabbondanza della grazia [Cf ⇒ Rm 5,20]. Dobbiamo, dunque, affrontare la
questione dell'origine del male, tenendo fisso lo sguardo della nostra fede su colui che,
solo, ne è il vincitore [Cf ⇒ Lc 11,21-22; ⇒ Gv 16,11; ⇒ 1Gv 3,8]. (CCC N.385)

I. “Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia”


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La realtà del peccato


Nella storia dell'uomo è presente il peccato: sarebbe vano cercare di ignorarlo o di dare
altri nomi a questa oscura realtà. Per tentare di comprendere che cosa sia il peccato, si
deve innanzi tutto riconoscere il profondo legame dell'uomo con Dio, perché, al di fuori di
questo rapporto, il male del peccato non può venire smascherato nella sua vera identità di
rifiuto e di opposizione a Dio, mentre continua a gravare sulla vita dell'uomo e sulla
storia. (CCC N.386)

La realtà del peccato, e più particolarmente del peccato delle origini, si chiarisce soltanto
alla luce della Rivelazione divina. Senza la conoscenza di Dio che essa ci dà, non si può
riconoscere chiaramente il peccato, e si è tentati di spiegarlo semplicemente come un
difetto di crescita, come una debolezza psicologica, un errore, come l'inevitabile
conseguenza di una struttura sociale inadeguata, ecc. Soltanto conoscendo il disegno di
Dio sull'uomo, si capisce che il peccato è un abuso di quella libertà che Dio dona alle
persone create perché possano amare lui e amarsi reciprocamente. (CCC N.387)

Il peccato originale - una verità essenziale della fede


Col progresso della Rivelazione viene chiarita anche la realtà del peccato. Sebbene il
Popolo di Dio dell'Antico Testamento abbia in qualche modo conosciuto la condizione
umana alla luce della storia della caduta narrata dalla Genesi, non era però in grado di
comprendere il significato ultimo di tale storia, significato che si manifesta appieno
soltanto alla luce della morte e della Risurrezione di Gesù Cristo [Cf ⇒ Rm 5,12-21].
Bisogna conoscere Cristo come sorgente della grazia per conoscere Adamo come sorgente
del peccato. È lo Spirito Paraclito, mandato da Cristo risorto, che è venuto a convincere “il
mondo quanto al peccato” (⇒ Gv 16,8), rivelando colui che del peccato è il
Redentore. (CCC N.388)

La dottrina del peccato originale è, per così dire, “il rovescio” della Buona Novella che Gesù
è il Salvatore di tutti gli uomini, che tutti hanno bisogno della salvezza e che la salvezza è
offerta a tutti grazie a Cristo. La Chiesa, che ha il senso di Cristo, [Cf ⇒ 1Cor 2.16] ben sa
che non si può intaccare la rivelazione del peccato originale senza attentare al Mistero di
Cristo. (CCC N.389)

Per leggere il racconto della caduta


Il racconto della caduta (⇒ Gen 3) utilizza un linguaggio di immagini, ma espone un
avvenimento primordiale, un fatto che è accaduto all'inizio della storia dell'uomo [Cf Conc.
Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 13]. La Rivelazione ci dà la certezza di fede che tutta la
storia umana è segnata dalla colpa originale liberamente commessa dai nostri progenitori
[Cf Concilio di Trento: Denz.-Schönm., 1513; Pio XII, Lett.enc. Humani generis: Denz.-
Schönm., 3897; Paolo VI, discorso dell'11 luglio 1966]. (CCC N.390)

II. La caduta degli angeli


Dietro la scelta disobbediente dei nostri progenitori c'è una voce seduttrice, che si oppone
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a Dio, [Cf ⇒ Gen 3,1-5] la quale, per invidia, li fa cadere nella morte [Cf ⇒ Sap 2,24]. La
Scrittura e la Tradizione della Chiesa vedono in questo essere un angelo caduto, chiamato
Satana o diavolo [Cf ⇒ Gv 8,44; 391 ⇒ Ap 12,9]. La Chiesa insegna che all'inizio era un
angelo buono, creato da Dio. “Diabolus enim et alii dÍmones a Deo quidem natura creati
sunt boni, sed ipsi per se facti sunt mali - Il diavolo infatti e gli altri demoni sono stati creati
da Dio naturalmente buoni, ma da se stessi si sono trasformati in malvagi” [Concilio
Lateranense IV (1215): Denz. -Schönm., 800]. (CCC N.391)

La Scrittura parla di un peccato di questi angeli [Cf ⇒ 2Pt 2,4]. Tale “caduta” consiste
nell'avere, questi spiriti creati, con libera scelta, radicalmente ed irrevocabilmente rifiutato
Dio e il suo Regno. Troviamo un riflesso di questa ribellione nelle parole rivolte dal
tentatore ai nostri progenitori: “Diventerete come Dio” (⇒ Gen 3,5). “Il diavolo è peccatore
fin dal principio” (⇒ 1Gv 3,8), “padre della menzogna” (⇒ Gv 8,44). (CCC N.392)

A far sì che il peccato degli angeli non possa essere perdonato è il carattere irrevocabile
della loro scelta, e non un difetto dell'infinita misericordia divina. “Non c'è possibilità di
pentimento per loro dopo la caduta come non c'è possibilità di pentimento per gli uomini
dopo la morte” [San Giovanni Damasceno, De fide orthodoxa, 2, 4: PG 94, 877C]. (CCC
N.393)

La Scrittura attesta la nefasta influenza di colui che Gesù chiama “omicida fin dal principio”
(⇒ Gv 8,44), e che ha perfino tentato di distogliere Gesù dalla missione affidatagli dal
Padre [Cf ⇒ Mt 4,1-11]. “Il Figlio di Dio è apparso per distruggere le opere del
diavolo” (⇒ 1Gv 3,8). Di queste opere, la più grave nelle sue conseguenze è
stata la seduzione menzognera che ha indotto l'uomo a disobbedire a
Dio. (CCC N.394)

La potenza di Satana però non è infinita . Egli non è che una creatura,
potente per il fatto di essere puro spirito, ma pur sempre una creatura: non può impedire
l'edificazione del Regno di Dio. Sebbene Satana agisca nel mondo per odio contro Dio e il
suo Regno in Cristo Gesù, e sebbene la sua azione causi gravi danni - di natura spirituale e
indirettamente anche di natura fisica - per ogni uomo e per la società, questa azione è
permessa dalla divina Provvidenza, la quale guida la storia dell'uomo e del mondo con
forza e dolcezza. La permissione divina dell'attività diabolica è un grande mistero, ma
“noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (⇒ Rm 8,28). (CCC
N.395)

III. Il peccato originale


La prova della libertà
Dio ha creato l'uomo a sua immagine e l'ha costituito nella sua amicizia. Creatura
spirituale, l'uomo non può vivere questa amicizia che come libera sottomissione a Dio.
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Questo è il significato del divieto fatto all'uomo di mangiare dell'albero della conoscenza
del bene e del male, “perché quando tu ne mangiassi, certamente moriresti” (⇒ Gen 2,17).
“L'albero della conoscenza del bene e del male” (⇒ Gen 2,17) evoca simbolicamente il
limite invalicabile che l'uomo, in quanto creatura, deve liberamente riconoscere e con
fiducia rispettare. L'uomo dipende dal Creatore, è sottomesso alle leggi della creazione e
alle norme morali che regolano l'uso della libertà. (CCC N.396)

Il primo peccato dell'uomo


L'uomo, tentato dal diavolo, ha lasciato spegnere nel suo cuore la fiducia nei confronti del
suo Creatore [Cf ⇒ Gen 3,1-11] e, abusando della propria libertà, ha disobbedito al
comandamento di Dio. In ciò è consistito il primo peccato dell'uomo [Cf ⇒ Rm 5,19]. In
seguito, ogni peccato sarà una disobbedienza a Dio e una mancanza di fiducia nella sua
bontà. (CCC N.397)

Con questo peccato, l'uomo ha preferito sé stesso a Dio, e, perciò, ha disprezzato Dio: ha
fatto la scelta di sé stesso contro Dio, contro le esigenze della propria condizione di
creatura e conseguentemente contro il suo proprio bene. Costituito in uno stato di santità,
l'uomo era destinato ad essere pienamente “divinizzato” da Dio nella gloria. Sedotto dal
diavolo, ha voluto diventare “come Dio”, [Cf ⇒ Gen 3,5] ma “senza Dio e anteponendosi a
Dio, non secondo Dio” [San Massimo il Confessore, Ambiguorum liber: PG 91,
1156C]. (CCC N.398)

La Scrittura mostra le conseguenze drammatiche di questa prima disobbedienza. Adamo


ed Eva perdono immediatamente la grazia della santità originale [Cf ⇒ Rm 3,23]. Hanno
paura di quel Dio [Cf ⇒ Gen 3,9-10] di cui si son fatti una falsa immagine, quella cioè di un
Dio geloso delle proprie prerogative [Cf ⇒ Gen 3,5]. (CCC N.399)

L'armonia nella quale essi erano posti, grazie alla giustizia originale, è distrutta; la
padronanza delle facoltà spirituali dell'anima sul corpo è infranta; [Cf ⇒ Gen 3,7] l'unione
dell'uomo e della donna è sottoposta a tensioni; [Cf ⇒ Gen 3,11-13] i loro rapporti saranno
segnati dalla concupiscenza e dalla tendenza all'asservimento [Cf ⇒ Gen 3,16]. L'armonia
con la creazione è spezzata: la creazione visibile è diventata aliena e ostile all'uomo [Cf ⇒
Gen 3,17; ⇒ Gen 3,19]. A causa dell'uomo, la creazione è “sottomessa alla caducità” (⇒ Rm
8,20). Infine, la conseguenza esplicitamente annunziata nell'ipotesi della disobbedienza [Cf
⇒ Gen 2,17] si realizzerà: l'uomo tornerà in polvere, quella polvere dalla quale è stato
tratto [Cf ⇒ Gen 3,19]. La morte entra nella storia dell'umanità [Cf ⇒ Rm 5,12]. (CCC
N.400)

Dopo questo primo peccato, il mondo è inondato da una vera “invasione” del peccato: il
fratricidio commesso da Caino contro Abele; [Cf ⇒ Gen 4,3-15 ] la corruzione universale
quale conseguenza del peccato; [Cf ⇒ Gen 6,5; ⇒ Gen 6,12; ⇒ Rm 1,18-32 ] nella storia
d'Israele, il peccato si manifesta frequentemente soprattutto come infedeltà al Dio
dell'Alleanza e come trasgressione della Legge di Mosè; anche dopo la Redenzione di
42

Cristo, fra i cristiani, il peccato si manifesta in svariati modi [Cf ⇒ 1Cor 1-6; ⇒ Ap 2-3 ]. La
Scrittura e la Tradizione della Chiesa richiamano continuamente la presenza e l'universalità
del peccato nella storia dell'uomo:
Quel che ci viene manifestato dalla Rivelazione divina concorda con la stessa esperienza.
Infatti, se l'uomo guarda dentro al suo cuore, si scopre anche inclinato al male e immerso
in tante miserie che non possono certo derivare dal Creatore che è buono. Spesso,
rifiutando di riconoscere Dio quale suo principio, l'uomo ha infranto il debito ordine in
rapporto al suo ultimo fine, e al tempo stesso tutto il suo orientamento sia verso sé stesso,
sia verso gli altri uomini e verso tutte le cose create [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes,
13]. (CCC N.401)

Conseguenze del peccato di Adamo per l'umanità


Tutti gli uomini sono coinvolti nel peccato di Adamo. San Paolo lo afferma: “Per la
disobbedienza di uno solo, tutti sono stati costituiti peccatori” (⇒ Rm 5,19); “Come a causa
di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la
morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato. . .” (⇒ Rm 5,12).
All'universalità del peccato e della morte l'Apostolo contrappone l'universalità della
salvezza in Cristo: “Come dunque per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la
condanna, così anche per l'opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la
giustificazione che dà vita” (⇒ Rm 5,18). (CCC N.402)

Sulle orme di san Paolo la Chiesa ha sempre insegnato che l'immensa miseria che opprime
gli uomini e la loro inclinazione al male e alla morte non si possono comprendere senza il
loro legame con la colpa di Adamo e prescindendo dal fatto che egli ci ha trasmesso un
peccato dal quale tutti nasciamo contaminati e che è “morte dell'anima” [Cf Concilio di
Trento: Denz. -Schönm., 1512]. Per questa certezza di fede, la Chiesa amministra il
Battesimo per la remissione dei peccati anche ai bambini che non hanno commesso
peccati personali [Cf ibid., 1514]. (CCC N.403)

In che modo il peccato di Adamo è diventato il peccato di tutti i suoi discendenti? Tutto il
genere umano è in Adamo “sicut unum corpus unius hominis - come un unico corpo di un
unico uomo” [San Tommaso d'Aquino, Quaestiones disputatae de malo, 4, 1]. Per questa
“unità del genere umano” tutti gli uomini sono coinvolti nel peccato di Adamo, così come
tutti sono coinvolti nella giustizia di Cristo. Tuttavia, la trasmissione del peccato originale è
un mistero che non possiamo comprendere appieno. Sappiamo però dalla Rivelazione che
Adamo aveva ricevuto la santità e la giustizia originali non soltanto per sé, ma per tutta la
natura umana: cedendo al tentatore, Adamo ed Eva commettono un peccato personale,
ma questo peccato intacca la natura umana, che essi trasmettono in una condizione
decaduta [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1511-1512]. Si tratta di un peccato che
sarà trasmesso per propagazione a tutta l'umanità, cioè con la trasmissione di una natura
umana privata della santità e della giustizia originali. Per questo il peccato originale è
chiamato “peccato” in modo analogico: è un peccato “contratto” e non “commesso”, uno
stato e non un atto. (CCC N.404)
43

Il peccato originale, sebbene proprio a ciascuno, [Cf ibid., 1513] in nessun discendente di
Adamo ha un carattere di colpa personale. Consiste nella privazione della santità e della
giustizia originali, ma la natura umana non è interamente corrotta: è ferita nelle sue proprie
forze naturali, sottoposta all'ignoranza, alla sofferenza e al potere della morte, e inclinata al
peccato (questa inclinazione al male è chiamata “concupiscenza”). Il Battesimo, donando la
vita della grazia di Cristo, cancella il peccato originale e volge di nuovo l'uomo verso Dio; le
conseguenze di tale peccato sulla natura indebolita e incline al male rimangono nell'uomo
e lo provocano al combattimento spirituale. (CCC N.405)

La dottrina della Chiesa sulla trasmissione del peccato originale è andata precisandosi
soprattutto nel V secolo, in particolare sotto la spinta della riflessione di sant'Agostino
contro il pelagianesimo, e nel XVI secolo, in opposizione alla Riforma protestante. Pelagio
riteneva che l'uomo, con la forza naturale della sua libera volontà, senza l'aiuto necessario
della grazia di Dio, potesse condurre una vita moralmente buona; in tal modo riduceva
l'influenza della colpa di Adamo a quella di un cattivo esempio. Al contrario, i primi
riformatori protestanti insegnavano che l'uomo era radicalmente pervertito e la sua libertà
annullata dal peccato delle origini; identificavano il peccato ereditato da ogni uomo con
l'inclinazione al male (“concupiscentia”), che sarebbe invincibile. La Chiesa si è pronunciata
sul senso del dato rivelato concernente il peccato originale soprattutto nel II Concilio di
Orange nel 529 [Cf Concilio di Orange II: Denz.-Schönm., 371-372] e nel Concilio di Trento
nel 1546 [Cf Concilio di Trento: Denz.-Schönm., 1510-1516]. (CCC N.406)

Un duro combattimento
La dottrina sul peccato originale - connessa strettamente con quella della Redenzione
operata da Cristo - offre uno sguardo di lucido discernimento sulla situazione dell'uomo e
del suo agire nel mondo. In conseguenza del peccato dei progenitori, il diavolo ha
acquisito un certo dominio sull'uomo, benché questi rimanga libero. Il peccato originale
comporta “la schiavitù sotto il dominio di colui che della morte ha il potere, cioè il
diavolo” [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1510-1516].
Ignorare che l'uomo ha una natura ferita, incline al male, è causa di gravi errori nel campo
dell'educazione, della politica, dell'azione sociale [Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Centesimus annus, 25] e dei costumi. (CCC N.407)

Le conseguenze del peccato originale e di tutti i peccati personali degli uomini


conferiscono al mondo nel suo insieme una condizione peccaminosa, che può essere
definita con l'espressione di san Giovanni: “il peccato del mondo” (⇒ Gv 1,29). Con questa
espressione viene anche significata l'influenza negativa esercitata sulle persone dalle
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situazioni comunitarie e dalle strutture sociali che sono frutto dei peccati degli uomini [Cf
Giovanni Paolo II, Esort. ap. Reconciliatio et paenitentia, 16]. (CCC N.408)

La drammatica condizione del mondo che “giace” tutto “sotto il potere del maligno” (⇒
1Gv 5,19), [Cf ⇒ 1Pt 5,8] fa della vita dell'uomo una lotta:
Tutta intera la storia umana è infatti pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle
tenebre; lotta incominciata fin dall'origine del mondo, che durerà, come dice il Signore,
fino all'ultimo giorno. Inserito in questa battaglia, l'uomo deve combattere senza soste per
poter restare unito al bene, nè può conseguire la sua interiore unità se non a prezzo di
grandi fatiche, con l'aiuto della grazia di Dio [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes,
37]. (CCC N.409)

IV. “Tu non l'hai abbandonato in potere della morte”


Dopo la caduta, l'uomo non è stato abbandonato da Dio. Al contrario, Dio lo chiama, [Cf ⇒
Gen 3,9] e gli predice in modo misterioso che il male sarà vinto e che l'uomo sarà sollevato
dalla caduta [Cf ⇒ Gen 3,15]. Questo passo della Genesi è stato chiamato “Protovangelo”,
poiché è il primo annunzio del Messia redentore, di una lotta tra il serpente e la Donna e
della vittoria finale di un discendente di lei. (CCC N.410)

La Tradizione cristiana vede in questo passo un annunzio del “nuovo Adamo”, [Cf ⇒ 1Cor
15,21-22; 411 ⇒ 1Cor 15,45] che, con la sua obbedienza “fino alla morte di croce” (⇒ Fil
2,8) ripara sovrabbondantemente la disobbedienza di Adamo [Cf ⇒ Rm 5,19-20]. Inoltre,
numerosi Padri e dottori della Chiesa vedono nella Donna annunziata nel “protovangelo” la
Madre di Cristo, Maria, come “nuova Eva”. Ella è stata colei che, per prima e in una maniera
unica, ha beneficiato della vittoria sul peccato riportata da Cristo: è stata preservata da
ogni macchia del peccato originale [Cf Pio IX, Bolla Ineffabilis Deus: Denz. -Schönm., 2803]
e, durante tutta la sua vita terrena, per una speciale grazia di Dio, non ha commesso alcun
peccato [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1573]. (CCC N.411)

Ma perché Dio non ha impedito al primo uomo di peccare? San Leone Magno risponde:
“L'ineffabile grazia di Cristo ci ha dato beni migliori di quelli di cui l'invidia del
demonio ci aveva privati” [San Leone Magno, Sermones, 73, 4: PL 54, 396]. E san
Tommaso d'Aquino: “Nulla si oppone al fatto che la natura umana sia stata destinata ad un
fine più alto dopo il peccato. Dio permette, infatti, che ci siano i mali per trarre da essi un
bene più grande. Da qui il detto di san Paolo: "Laddove è abbondato il peccato, ha
sovrabbondato la grazia" (⇒ Rm 5,20). E il canto dell'Exultet: "O felice colpa, che ha
meritato un tale e così grande Redentore!"” [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae,
III, 1, 3, ad 3]. (CCC N.412)

IN SINTESI – CCC (IO CREDO IN DIO PADRE – IO CREDO IN DIO PADRE


ONNIPOTENTE CREATORE DEL CIELO E DELLA TERRA – LA CADUTA)
«Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi [...]. La morte è entrata nel
mondo per invidia del diavolo» (Sap 1,13; 2,24). (CCC N.413)
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Satana o il diavolo e gli altri demoni sono angeli decaduti per avere liberamente rifiutato di
servire Dio e il suo disegno. La loro scelta contro Dio è definitiva. Essi tentano di associare
l'uomo alla loro ribellione contro Dio. (CCC N.414)

«Costituito da Dio in uno stato di giustizia, l'uomo però, tentato dal maligno, fin dagli inizi
della storia abusò della sua libertà, erigendosi contro Dio e bramando di conseguire il suo
fine al di fuori di Dio». (CCC N.415)

Per il suo peccato, Adamo, in quanto primo uomo, ha perso la santità e la giustizia originali
che aveva ricevuto da Dio non soltanto per sé, ma per tutti gli esseri umani. (CCC N.416)

Adamo ed Eva hanno trasmesso alla loro discendenza la natura umana ferita dal loro
primo peccato, privata, quindi, della santità e della giustizia originali. Questa privazione è
chiamata «peccato originale». (CCC N.417)

In conseguenza del peccato originale, la natura umana è indebolita nelle sue forze,
sottoposta all'ignoranza, alla sofferenza, al potere della morte, e inclinata al peccato
(inclinazione che è chiamata «concupiscenza»). (CCC N.418)

«Noi dunque riteniamo, con il Concilio di Trento, che il peccato originale viene trasmesso
insieme con la natura umana, "non per imitazione ma per propagazione", e che perciò è
"proprio a ciascuno”». (CCC N.419)

La vittoria sul peccato riportata da Cristo ci ha donato beni migliori di quelli che il peccato
ci aveva tolto: «Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia» (Rm
5,20). (CCC N.420)

Secondo la fede dei cristiani, questo mondo è stato «creato» ed è «conservato


nell'esistenza dall'amore del Creatore»; questo mondo è «certamente posto sotto la
schiavitù del peccato, ma liberato da Cristo crocifisso e risorto, con la sconfitta del
maligno...». (CCC N.421)
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La caduta degli angeli


Scritto da Stefani BIAVASCHI   

Forse la caduta degli angeli è un argomento di cui la teologia parla poco perché in
realtà ne sappiamo assai poco. Ma c’è anche chi ne parla poco per non introdurre la
questione dei demoni (angeli decaduti) e dunque dell’inferno, tema assai scomodo per
alcuni “teologi” che preferiscono pensarlo vuoto. Eppure, essendo anche gli angeli
creature di Dio, non si può negare loro il possesso del libero arbitrio. E se c’è il libero
arbitrio, non è inconcepibile che un angelo possa anche dire di no a Dio, smettendo di
conseguenza di riceverne e trasmetterne la luce, come del resto vediamo accadere
tutti i giorni agli uomini.
Nella seconda Lettera di Pietro si legge:  «Dio infatti non risparmiò gli angeli che
47

avevano peccato, ma li precipitò negli abissi tenebrosi dell’inferno» (2 Pt


2,4). La Sacra Scrittura dunque attesta la caduta degli angeli, che anzi influenzò la
caduta degli uomini. Spiega il Catechismo: «Dietro la scelta disobbediente dei nostri
progenitori c’è una voce seduttrice che si oppone a Dio, la quale, per invidia, li fa
cadere nella morte» (CCC 391). Questa voce seduttrice, che si manifesta per la prima
volta nel racconto di Gn 3,1-5, è quella che introduce il male e la sofferenza nella
storia, sebbene attraverso il consenso dato dall’uomo. Come riporta il libro della
Sapienza, «la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo; e ne fanno
esperienza coloro che gli appartengono» (Sap 2,24).

L’immagine del serpente ben si presta a configurare una creatura dalla


che si contrappone nella Bibbia
lingua doppia, cioè menzognera,
all’immagine di Cristo, dalla cui bocca esce invece «una spada
affilata» (Ap 1,16), che simboleggia la Verità.
Chi è questo serpente? Per la tradizione rabbinica si tratta di Satana, che anche Gesù
definisce «omicida fin dal principio» perché «non vi è verità in lui» (Gv 8,44). Dio
però è amore, e non ha creato Satana come creatura malvagia. Il Catechismo spiega
che «la Scrittura e la Tradizione della Chiesa vedono in questo essere un angelo
caduto, chiamato Satana o diavolo», e aggiunge: «La Chiesa insegna che all’inizio era
un angelo buono, creato da Dio» (CCC 391).

Tale insegnamento poggia su una lunga Tradizione consolidata e unanimemente


espressa dai Padri della Chiesa e dai Concili apostolici. Il Concilio Lateranense IV
aveva anch’esso dichiarato: «Il diavolo infatti e gli altri demoni sono stati creati da
Dio naturalmente buoni, ma da se stessi si sono trasformati in malvagi»  (Denz-
Schönm. 800). Tale caduta fu vista anche dall’apostolo Giovanni, che scrive
nell’Apocalisse: «Vidi un astro caduto dal cielo sulla terra; gli fu data la chiave del
pozzo dell’Abisso» (Ap 9,1). Questo richiama alla nostra mente quanto aveva già
scritto il profeta Isaia: «Come mai sei caduto dal cielo, Lucifero, figlio
dell’aurora? Come mai sei stato steso a terra, signore di popoli? Eppure tu pensavi:
Salirò in cielo, sulle stelle di Dio innalzerò il trono, dimorerò sul monte dell’assem- La
caduta degli angeli blea, nelle parti più remote del settentrione. Salirò sulle regioni
superiori delle nubi, mi farò uguale all’Altissimo. E invece sei stato precipitato negli
inferi, nelle profondità dell’abisso» (Is 14,12-15).

Una caduta per l’eternità, e non manca chi presuppone una scadenza dell’inferno
anche per gli uomini, trasformandolo così in una specie di purgatorio più prolungato.
In caso contrario si dovrebbe concludere, secondo tale opinione, che Dio ha fallito, o
che la sua misericordia è manchevole. A questo avevano però già risposto i padri
della Chiesa, e in particolare San Giovanni Damasceno che riguardo agli angeli
decaduti scriveva: «Non c’è possibilità di pentimento per loro dopo la caduta,
come non c’è possibilità di pentimento per gli uomini dopo la morte» (De Fide
Orthodoxa, 2,4).
E perché? Lo spiega il Catechismo: «A far sì che il peccato degli angeli non possa
essere perdonato è il carattere irrevocabile della loro scelta, e non un difetto
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dell’infinita misericordia divina» (CCC 393). E la Chiesa sottolinea questo aspetto


irrevocabile della scelta, dovuto anche al fatto che gli angeli, come attesta la
Scrittura, vedevano Dio faccia a faccia, e quindi erano perfettamente consapevoli di
ciò che rifiutavano. «Tale caduta consiste nell’avere, questi spiriti creati, con libera
scelta, radicalmente ed irrevocabilmente rifiutato Dio e il suo Regno» (CCC 392).

Gesù Cristo, Dio e Uomo vero


Gesù Cristo ha assunto la natura umana continuando ad essere Dio: è vero
Dio e vero uomo.


1. L’incarnazione del Verbo
«Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna» ( Gal 4, 4).
Si compie così la promessa di un Salvatore che Dio fece ad Adamo ed Eva quando furono
espulsi dal Paradiso: «Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe:
questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» ( Gn 3, 15). Questo versetto della
Genesi è conosciuto con il nome di protovangelo, perché costituisce il primo annuncio
della buona novella della salvezza. Tradizionalmente la donna di cui si parla è stata
interpretata sia come Eva, in senso diretto, che come Maria, in senso pieno; e la stirpe della
donna è stata riferita sia all’umanità che a Cristo.
49

Da allora fino al momento in cui «il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi»
( Gv 1, 14), Dio andò preparando l’umanità ad essere in grado di accogliere con frutto il suo
Figlio Unigenito. Dio scelse per sé il popolo israelita, stabilì con esso un’Alleanza e lo formò
progressivamente, intervenendo nella sua storia, manifestandogli i suoi disegni attraverso i
patriarchi e i profeti e santificandolo per sé. «Tutto questo però avvenne in preparazione e
in figura di quella nuova e perfetta Alleanza che doveva concludersi in Cristo, e di quella
più piena rivelazione che doveva essere trasmessa dal Verbo stesso di Dio fattosi
uomo» [1] . Anche se Dio preparò la venuta del Salvatore soprattutto mediante la scelta del
popolo di Israele, questo non significa che abbandonasse gli altri popoli, “i gentili”, poiché
non ha mai cessato di dare testimonianza di sé (cfr. At 14, 16-17). La divina Provvidenza ha
fatto in modo che i gentili avessero una coscienza più o meno esplicita della necessità della
salvezza, e fin negli angoli più remoti della terra si è conservata l’aspettativa di una
redenzione.
L’Incarnazione ha origine nell’amore di Dio per gli uomini: «In questo si è manifestato
l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo perché noi
avessimo la vita per Lui» ( 1 Gv 4, 9). L’Incarnazione è la dimostrazione per eccellenza
dell’Amore di Dio verso gli uomini, poiché in essa è Dio stesso che si dona agli uomini
facendosi partecipe della natura umana nella unità di persona.
Dopo la caduta di Adamo ed Eva nel Paradiso terrestre, l’Incarnazione ha una finalità
salvifica e redentrice, come professiamo nel Credo: «per noi uomini e per la nostra
salvezza, Egli discese dal cielo, si è incarnato per opera dello Spirito Santo da Maria
Vergine e divenne uomo» [2] . Cristo ha affermato di se stesso che «il Figlio dell’uomo è
venuto a cercare e salvare ciò che era perduto» ( Lc 19, 10; cfr. Mt 18, 11) e che «Dio non ha
mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo
di Lui» ( Gv 3, 17).
L’Incarnazione non solo manifesta l’infinito amore di Dio verso gli uomini, la sua infinita
misericordia, la sua giustizia, il suo potere, ma anche la coerenza del piano divino di
salvezza, la profonda sapienza divina, che dimostrano in che modo Dio ha deciso di salvare
l’uomo, e cioè nel modo più conveniente alla sua natura, che è proprio mediante
l’Incarnazione del Verbo.

Gesù Cristo, il Verbo incarnato, «non è né un mito né una qualsivoglia idea astratta. Egli è
un uomo che ha vissuto in un contesto storico, che è morto dopo aver condotto la propria
esistenza nell’evoluzione della storia. Una ricerca storica su di lui è, quindi, un’esigenza
della stessa fede cristiana» [3] .
Che Cristo sia esistito fa parte della dottrina della fede, e lo stesso che sia morto realmente
per noi e che sia risuscitato il terzo giorno (cfr. 1 Cor 15, 3-11). L’esistenza di Gesù è un
fatto provato dalla scienza storica, soprattutto mediante l’analisi del Nuovo Testamento, la
cui validità storica è fuori dubbio. Vi sono altre testimonianze antiche non cristiane,
pagane ed ebraiche, sull’esistenza di Gesù. Proprio per questo non sono accettabili le
posizioni di chi contrappone un Gesù storico al Cristo della fede e difende la supposizione
che quasi tutto ciò che il Nuovo Testamento dice intorno a Cristo sarebbe una
interpretazione di fede fatta dai discepoli di Gesù, ma non la sua autentica figura storica
che ci rimarrebbe nascosta. Queste posizioni, che spesso contengono un forte pregiudizio
contro il soprannaturale, non tengono conto che la ricerca storica contemporanea è
concorde nell’affermare che la presentazione che fanno i primi cristiani di Gesù si basa su
fatti realmente accaduti.
2. Gesù Cristo, Dio e uomo vero
L’Incarnazione è «il mistero dell’ammirabile unione della natura divina e della natura
umana nell’unica Persona del Verbo» ( Catechismo , 483). L’Incarnazione del Figlio di Dio
«non significa che Gesù Cristo sia in parte Dio e in parte uomo, né che sia il risultato di una
confusa mescolanza di divino e di umano. Egli si è fatto veramente uomo rimanendo
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veramente Dio. Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo» ( Catechismo , 464). La divinità di
Gesù Cristo, Verbo eterno di Dio, è stata già studiata nel trattare della Santissima Trinità;
qui ci soffermeremo su tutto ciò che si riferisce alla sua umanità.
La Chiesa ha difeso e chiarito questa verità di fede durante i primi secoli contro le eresie
che la falsavano. Già nel I secolo alcuni cristiani di origine giudea, gli ebioniti,
consideravano Cristo come un semplice uomo, sia pure molto santo. Nel II secolo sorge
l’adozionismo, che sosteneva che Gesù era figlio adottivo di Dio; Gesù sarebbe solo un
uomo in cui abita la forza di Dio; per costoro, Dio era una persona unica. Questa eresia fu
condannata nel 190 dal papa San Vittore I, dal Concilio di Antiochia del 268, dal Concilio
di Costantinopoli I e dal Sinodo Romano del 382 [4] . L’eresia ariana, negando la divinità
del Verbo, negava anche che Gesù Cristo fosse Dio. Ario fu condannato dal I Concilio di
Nicea del 325. Anche di recente la Chiesa è tornata a ricordare che Gesù Cristo è il Figlio di
Dio sussistente dall’eternità, che nell’Incarnazione ha assunto la natura umana nella sua
unica persona divina [5] .
La Chiesa ha affrontato anche altri errori che negavano la realtà della natura umana di
Cristo. Fra questi si contano le eresie che respingevano la realtà del corpo o dell’anima di
Cristo. Fra le prime s’incontra il docetismo, nelle sue diverse varianti, che ha un fondo
gnostico o manicheo. Alcuni suoi seguaci affermavano che Cristo ha avuto un corpo
celeste , o che il suo corpo era soltanto apparente, o che era apparso improvvisamente in
Giudea senza esser dovuto nascere e crescere. Già San Giovanni dovette combattere questo
tipo di errori: «molti sono i seduttori che sono apparsi nel mondo, i quali non riconoscono
Gesù venuto nella carne» ( 2 Gv 7; cfr. 1 Gv 4, 1-2).
Ario e Apollinare di Laodicea negarono che Cristo avesse avuto una vera anima umana. Il
secondo ha avuto una particolare importanza in questo campo e la sua influenza è stata
presente per parecchi secoli nelle dispute cristologiche successive. In un tentativo di
difendere l’unità di Cristo e la sua impeccabilità, Apollinare sosteneva che il Verbo
disimpegnava le funzioni dell’anima spirituale umana. Questa dottrina, tuttavia,
comportava la negazione della vera umanità di Cristo, composta, come in tutti gli uomini,
di corpo e di anima spirituale (cfr. Catechismo , 471). Fu condannato nel Concilio di
Costantinopoli I e nel Sinodo Romano del 382 [6] .
3. L’unione ipostatica
All’inizio del quinto secolo, dopo le controversie precedenti, appariva chiara la necessità di
sostenere fermamente l’integrità delle due nature, l’umana e la divina, nella Persona del
Verbo; sicché l’unità personale di Cristo viene posta al centro dell’attenzione della
cristologia e della soteriologia patristica. A questo nuovo approfondimento hanno
contribuito nuovi dibattiti.

La prima grande disputa ha avuto origine da alcune affermazioni di Nestorio, patriarca di


Costantinopoli, che adoperava un linguaggio con il quale dava a intendere che in Cristo vi
sono due soggetti: il soggetto divino e il soggetto umano, uniti tra loro da un vincolo
morale, ma non fisicamente. Da questo errore ontologico ha origine il rifiuto da parte sua
del titolo di Madre di Dio, Theotókos , applicato a Santa Maria. Maria sarebbe Madre di
Cristo, ma non Madre di Dio. Contro questa eresia San Cirillo d’Alessandria e il Concilio di
Efeso del 431 hanno ricordato che «l’umanità di Cristo non ha altro soggetto che la Persona
divina del Figlio di Dio, che l’ha assunta e fatta sua al momento del suo concepimento. Per
questo il Concilio di Efeso ha proclamato nel 431 che Maria in tutta verità è divenuta
Madre di Dio per il concepimento umano del Figlio di Dio nel suo seno» ( Catechismo ,
466; cfr. DS 250 e 251).
Alcuni anni più tardi sorse l’eresia monofisita. Questa eresia ha i suoi precedenti
nell’apollinarismo e in una cattiva interpretazione della dottrina e del linguaggio impiegato
da San Cirillo da parte di Eutiche, anziano archimandrita di un monastero di
Costantinopoli. Eutiche affermava, fra le altre cose, che Cristo è una Persona che sussiste
51

in una sola natura, perché la natura umana era stata assorbita in quella divina. Questo
errore fu condannato dal Papa San Leone Magno nel suo Tomus ad Flavianum [7] , un
autentico gioiello della teologia latina, e dal Concilio ecumenico di Calcedonia del 451,
punto di riferimento obbligato per la cristologia, che così insegna: «Noi insegniamo a
confessare un solo e medesimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua
divinità e perfetto nella sua umanità» [8] , e aggiunge che l’unione delle due nature è
«senza confusione, senza mutamento, senza divisione, senza separazione» [9] .
La dottrina del Concilio di Calcedonia fu confermata e chiarita dal Concilio di
Costantinopoli II del 553, che ne fornisce una interpretazione autentica. Dopo aver
sottolineato diverse volte l’unità di Cristo [10] , afferma che l’unione delle due nature
avviene secondo l’ipòstasi [11] , superando così l’equivocità della formula di san Cirillo che
parlava di unità secondo la “fisis”. Su questa linea il Concilio di Costantinopoli II indicò
anche il senso che si doveva dare alla formula «una sola natura incarnata del Verbo di
Dio» [12] , che San Cirillo attribuiva a Sant’Atanasio, e che in realtà era una falsificazione
apollinarista.
In queste definizioni conciliari, che avevano la finalità di chiarire determinati errori e non
di esporre il mistero di Cristo nella sua totalità, i Padri conciliari utilizzarono il linguaggio
del loro tempo. Come a Nicea fu impiegato il termine consustanziale, a Calcedonia furono
utilizzati termini come natura, persona, ipòstasi, ecc., in base al significato abituale che
avevano nel linguaggio comune e nella teologia dell’epoca. Questo, come hanno affermato
alcuni, non significa che il messaggio evangelico si ellenizzasse. In realtà, quelli che si
dimostrarono rigidamente ellenizzanti furono proprio coloro che proponevano le dottrine
eretiche, come Ario o Nestorio, che non seppero vedere le limitazioni che aveva il
linguaggio filosofico del loro tempo per ciò che riguarda il mistero di Dio e di Cristo.

4. La Santissima Umanità di Cristo


«Nella misteriosa unione dell’Incarnazione ‘la natura umana è stata assunta, senza per
questo venir annientata’ ( GS 22, 2)» ( Catechismo , 470). Perciò la Chiesa ha insegnato «la
piena realtà dell’anima umana, con le sue operazioni di intelligenza e di volontà, e del
corpo umano di Cristo. Ma nello stesso tempo ha dovuto ricordare sempre che la natura
umana di Cristo appartiene in proprio alla persona divina del Figlio di Dio che l’ha assunta.
Tutto ciò che egli è e fa in essa, è di “uno della Trinità”. Il Figlio di Dio, quindi, comunica
alla sua umanità il suo modo personale di essere nella Trinità. Pertanto, nella sua anima
come nel suo corpo, Cristo esprime umanamente i comportamenti divini della Trinità
(cfr. Gv 14, 9-10)» ( Catechismo , 470).
L’anima umana di Cristo è dotata di un’autentica conoscenza umana. La dottrina cattolica
ha insegnato tradizionalmente che Cristo in quanto uomo possedeva una conoscenza
acquisita, una scienza infusa e la scienza beata propria dei beati nel cielo. La scienza
acquisita di Cristo non poteva essere per se stessa illimitata: «per questo il Figlio di Dio,
facendosi uomo, ha potuto voler crescere “in sapienza, età e grazia” ( Lc 2, 52) e anche
doversi informare intorno a ciò che, nella condizione umana, non si può apprendere che
con l’esperienza (cfr. Mc 6, 38; 8, 27; Gv 11, 34)» ( Catechismo , 472). Cristo, in cui riposa
la pienezza dello Spirito Santo con i suoi doni (cfr. Is 11, 1-3), ha fruito anche della scienza
infusa, vale a dire, della conoscenza che non si acquista mediante il lavoro della ragione,
ma è infusa nell’intelletto umano direttamente da Dio. Infatti, «Il Figlio di Dio anche nella
sua conoscenza umana mostrava la penetrazione divina che egli aveva dei pensieri segreti
del cuore degli uomini (cfr. Mc 2, 8; Gv 2, 25; 6, 61)» ( Catechismo , 473).Cristo possedeva
anche la scienza propria dei beati: «La conoscenza umana di Cristo, per la sua unione alla
Sapienza divina nella Persona del Verbo incarnato, fruiva in pienezza della scienza dei
disegni eterni che egli era venuto a rivelare (cfr. Mc 8, 31; 9, 31; 10, 33-34; 14, 18-20.26-
30» ( Catechismo , 474). Per tutto ciò si deve affermare che Cristo, in quanto uomo, era
infallibile: ammettere l’errore in Lui significherebbe ammetterlo nel Verbo, unica persona
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esistente in Cristo. Per ciò che si riferisce a una eventuale ignoranza propriamente detta,
occorre tenere presente che «ciò che in questo campo dice di ignorare (cfr. Mc 13, 32),
dichiara altrove di non avere la missione di rivelarlo (cfr. At 1, 7)» ( Catechismo , 474). Si
capisce come Cristo fosse umanamente cosciente di essere il Verbo e della sua missione
salvifica [13] . D’altra parte, la teologia cattolica, pensando che Cristo possedeva anche
sulla terra la visione immediata di Dio, ha sempre negato l’esistenza in Cristo della virtù
della fede [14] .
Contro le eresie monoenergetica e monotelita che, in logica continuità con il monofisismo
precedente, affermavano che in Cristo c’è una sola operazione o una sola volontà, la Chiesa
ha dichiarato nel Concilio ecumenico di Costantinopoli III del 681 che «Cristo ha due
volontà e due operazioni naturali, divine e umane, non opposte, ma cooperanti, in modo
che il Verbo fatto carne ha umanamente voluto, in obbedienza al Padre, tutto ciò che ha
divinamente deciso con il Padre e con lo Spirito Santo per la nostra salvezza (cfr. DS 556-
559). La volontà umana di Cristo “segue, senza opposizione o riluttanza, o meglio, è
sottoposta alla sua volontà divina e onnipotente” (DS 556)» ( Catechismo , 475). Si tratta di
una questione fondamentale, perché è direttamente legata con l’essere di Cristo e con la
nostra salvezza. San Massimo il Confessore si distinse in questo impegno dottrinale di
chiarimento e si servì con grande efficacia del noto passo dell’orazione di Gesù nell’Orto,
nel quale appare l’accordo della volontà umana di Cristo con la volontà del Padre (cfr. Mt
26, 39).
Conseguenza della dualità di natura è anche la dualità di operazioni. In Cristo vi sono due
operazioni: le divine, che procedono dalla sua natura divina, e le umane, che procedono
dalla natura umana. Si parla anche di operazioni teandriche, in riferimento a quelle nelle
quali l’operazione umana agisce come strumento di quella divina: è il caso dei miracoli
compiuti da Cristo.

Il realismo dell’Incarnazione del Verbo si è manifestato anche nell’ultima grande disputa


cristologica dell’età patristica: la disputa intorno alle immagini. La consuetudine di
rappresentare Cristo in affreschi, icone, bassorilievi, ecc., è antichissima ed esistono
testimonianze che rimontano almeno al II secolo. La crisi iconoclasta scoppiò a
Costantinopoli all’inizio dell’VIII secolo e fu originata da una decisione dell’Imperatore.
Già prima alcuni teologi, nel corso dei secoli, si erano dichiarati a favore o contrari all’uso
delle immagini, ma le due tendenze erano coesistite pacificamente. Quelli che si
opponevano erano soliti dire che Dio non ha limiti e dunque non può essere costretto entro
poche linee, in pochi tratti, non è possibile circoscriverlo. Eppure, come ha indicato San
Giovanni Damasceno, è la stessa Incarnazione che ha circoscritto il Verbo incircoscrivibile.
«Poiché il Verbo si è fatto carne assumendo una vera umanità, il Corpo di Cristo era
delimitato. Perciò l’aspetto umano di Cristo può essere “rappresentato” ( Gal 3, 1)»
( Catechismo , 476). Nel Concilio ecumenico di Nicea II del 787 «la Chiesa ha riconosciuto
legittimo che venga raffigurato mediante “venerande e sante immagini”» (Catechismo,
476). Infatti, le particolarità individuali del corpo di Cristo esprimono la persona divina del
Figlio di Dio. Egli ha fatto suoi i lineamenti del proprio corpo umano fino al punto che,
dipinti in una immagine sacra, possono essere venerati perché «chi venera l’immagine,
venera la realtà di chi in essa è riprodotta» [15] .
Dato che l’anima di Cristo non era divina per essenza, ma umana, fu perfezionata, come le
anime degli altri uomini, mediante la grazia abituale, che è «un dono abituale, una
disposizione stabile e soprannaturale che perfeziona l’anima stessa per renderla capace di
vivere con Dio, di agire per amor suo» ( Catechismo , 2000). Cristo è santo, come annunciò
l’arcangelo Gabriele a Santa Maria nell’Annunciazione ( Lc 1, 35). L’umanità di Cristo è
radicalmente santa, sorgente e modello della santità di tutti gli uomini. Mediante
l’Incarnazione, la natura umana di Cristo è stata elevata alla più alta unione con la divinità
– con la Persona del Verbo – alla quale può essere elevata una creatura. Dal punto di vista
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dell’umanità del Signore, l’unione ipostatica è il dono più grande che mai sia stato possibile
ricevere e di solito è conosciuto col nome di grazia di unione . Mediante la grazia abituale
l’anima di Cristo fu divinizzata con quella trasformazione che eleva la natura e le
operazioni dell’anima fino al livello della vita intima di Dio, dando alle sue operazioni
soprannaturali una connaturalità che diversamente non avrebbe. La sua pienezza di grazia
comporta anche l’esistenza delle virtù infuse e dei doni dello Spirito Santo. Da questa
pienezza di grazia di Cristo «noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia» ( Gv 1, 16). La
grazia e i doni sono stati concessi a Cristo non solo in relazione alla sua dignità di Figlio,
ma anche in relazione alla sua missione di nuovo Adamo e Capo della Chiesa. Perciò si
parla di una grazia capitale in Cristo, che non è una grazia distinta dalla grazia personale
del Signore, ma è un aspetto di quella stessa grazia che sottolinea la sua azione santificante
sui membri della Chiesa. La Chiesa, infatti, «è il Corpo di Cristo» ( Catechismo , 805), un
Corpo «di cui Cristo è il Capo: essa vive in Lui, in Lui e per Lui; Egli vive con essa e in essa»
( Catechismo , 807).
Il Cuore del Verbo incarnato: «Gesù ci ha conosciuti e amati, tutti e ciascuno, durante la
sua vita, la sua agonia e la sua passione, e per ognuno di noi si è offerto: “Il Figlio di Dio mi
ha amato e ha dato se stesso per me”. Ci ha amati tutti con un cuore umano»
( Catechismo , 478). Per questo motivo il Sacro Cuore di Gesù è il simbolo per eccellenza
dell’amore con cui incessantemente Egli ama l’eterno Padre e tutti gli uomini (cfr. ibidem ).
José Antonio Riestra
Bibliografia di base
Catechismo della Chiesa Cattolica, 422-483.

Benedetto XVI-Joseph Ratzinger, Gesù di Nazaret , Rusconi ed., Milano 2007.


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