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CHI SONO I CURDI?

I Curdi ( ‫ )کورد‬sono un gruppo etnico iranico originario dell'Asia occidentale. Geograficamente,


questa zona prevalentemente montuosa, nota come Kurdistan, comprende gran parte della
Turchia sud-orientale, l'Iran nord-occidentale, l'Iraq settentrionale e la Siria settentrionale.
Comunità sparse di etnia curda vivono anche in Anatolia centrale e nel Khorasan. Inoltre, nel corso
degli ultimi decenni, un vasto numero di curdi si è stabilito nelle principali città della Turchia
occidentale (in particolare ad Istanbul), nonché in Europa occidentale, principalmente in Germania
e in Scandinavia. Numericamente, si stima che i curdi siano compresi tra 30 e i 45 milioni di
individui e che quindi costituiscano il più grande gruppo etnico privo di unità nazionale.

Parlano principalmente le lingue curde e zazaki. Per quanto riguarda la religione, la maggior parte
dei curdi pratica il ramo sciafeita dell'Islam sunnita. In Anatolia centrale, parte della comunità zaza
pratica l'alevismo, mentre in Iraq e in Iran vivono numerose comunità praticanti lo yarsanesimo e
lo yazidismo.

Con la fine della Prima Guerra Mondiale i curdi ebbero la reale possibilità di creare un proprio
stato nazionale a seguito della dissoluzione dell’Impero Ottomano e grazie all’influenza che ebbero
i 14 punti di Wilson tra i quali si parlava della libertà di tutti i popoli fino ad allora sotto il dominio
della Sublime Porta. Si avrà il trattato di Sèvres, unico documento giuridico-politico internazionale
che prevedesse la creazione di uno stato curdo indipendente ma questo trattato non fu ratificato
dai paesi partecipanti a parte l’Italia poiché i contrasti tra Gran Bretagna e gli altri alleati non erano
ancora appianati. La lotta dei singoli stati per la salvaguardia degli interessi nazionali rese quindi
nullo il trattato di Sèvres, mentre nel 1923 venne firmato il trattato di Losanna che sostituì quello
di Sèvres e che non faceva menzione alcuna al Kurdistan come entità nazionale autonoma. Questo
fatto ha portato a numerose rivendicazioni nazionaliste sfociate in numerose ribellioni e guerriglie
e in seguito anche a sistematici genocidi.

Quando si pensa al Medio Oriente da occidentali spesso si tende a trascurare il fattore curdo e vale
a dire la presenza in territori storicamente scossi da guerre e spartizioni di potere di un popolo che
attualmente non ha uno stato. La questione curda è però cruciale per la stabilità di questa zona nel
mondo, inoltre la situazione dei curdi e del Kurdistan offre diversi esempi di situazioni analizzate
nel corso delle nostre lezioni.

La questione curda è tornata alla ribalta negli ultimi anni in quanto le milizie curde, composte da
abili combattenti, sono state decisive per contrastare l’avanzata dello stato islamico in Siria e Iraq.
I curdi sono diventati alleati perfetti delle nazioni occidentali in questa lotta ormai di dimensione
globale, perché vicini ai valori laici, con strutture di autogoverno o formazioni militari che
contemplano un ruolo attivo delle donne. Tuttavia sono risultati spesso sacrificabili sull’altare delle
alleanze geopolitiche successivamente al loro contributo militare. La missione dell’esercito turco
nell’enclave curda di Afrin (su suolo siriano) nel gennaio 2018, senza opposizione da parte di
Russia e Stati Uniti ne è un esempio. Dopo due mesi di assedio l’esercito turco, appoggiato
dall’Esercito Siriano Libero, ha conquistato la principale città della provincia curda del Nord della
Siria, nota come la montagna dei curdi (Kurd dagh). Afrin assieme alle provincie di Kobane e Jazira
formava il Rojava, la parte del Kurdistan della Siria del Nord. Le forze curde hanno pagato il prezzo
della loro lunga lotta contro Daesh a Raqqa, Manbij e Kobane.
Per cui quando si parla di curdi un ruolo fondamentale viene svolto dalla volontà di negazione
della loro esistenza asservita ai disegni dei potenti di turno. I curdi spesso sono stati e sono tuttora
ignorati dalle entità statali in cui si trovano successivamente al Trattato di Losanna, e spesso non
viene loro riconosciuto neppure lo status ufficiale di minoranza: ricevono un’istruzione scolastica
basata su un idioma da loro sconosciuto in quanto non parlato nella comunità d’appartenenza, ne
deriva una classificazione delle lingue curde come dialetti. In alcuni casi addirittura la lingua curda
viene vietata dallo stato centrale.

La negazione dell’identità curda si è verificata attraverso la propaganda di stato dei governi che di
volta in volta amministravano le aree con all’interno minoranze curde, per sfociare infine in vere e
proprie campagne militari, anche attraverso l’uso di armi chimiche (Saddam Hussein, 1991) e
deportazioni.

Tuttavia dopo anni di lotte sociali e rivendicazioni, dopo il tempo della negazione e della tentata
assimilazione, ad oggi, almeno in alcune parti del Kurdistan, i curdi sono riconosciuti in quanto
etnia, come ad esempio in Iraq settentrionale, dove hanno anche un’entità amministrativa
regionale.

Un ruolo essenziale nel processo di formazione di un’identità nazionale curda è stato giocato anche dalla
libertà di manifestazione ed espressione sperimentata nei paesi della diaspora, e ovviamente anche dai
social network che hanno rafforzato l’idea di identità curda e quindi il diritto di questa etnia a esistere, a
essere un popolo con una specifica cultura che non è né turca, né araba, né persiana.

IDENTITA’ CONTRO CONFINI

Il Kurdistan inteso come paese dei curdi non esiste, non è uno stato bensì una vasta regione montagnosa
che può essere definita un territorio di frontiera e che comprende un confine ai margini di quattro mondi
culturali, vale a dire arabo, persiano, turco e russo. Nella quotidianità dei curdi che abitano la regione ci
sono nuclei familiari divisi da frontiere, persone che per i loro commerci o affari o semplicemente per
visitare parenti devono attraversare un confine. Le frontiere sono state inoltre ripetutamente attraversate
dall’esodo dei curdi in fuga dalle guerre: i curdi si sono spostati da Iraq a Iran dopo il fallimento della loro
ribellione nel 1975 e dopo l’intifada del 1991. Vent’anni dopo è il turno della frontiera irachena che accoglie
i civili in fuga dalla guerra in Siria. Sulle frontiere si sono svolte negli ultimi quarant’anni anche parti
consistenti del conflitto tra Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan) e lo stato turco.

Il confine ha una forte valenza simbolica per questo popolo, spesso è stato utile per scampare alla morte,
ha dato speranza al movimento nazionalista ma ha anche portato allo scoperto le rivalità tra le formazioni
politiche endogene. Difatti i curdi non sono un monolite, al loro interno ci sono molte divisioni spesso
dettate dall’appartenenza a clan e famiglie rivali. Considerare i curdi e le zone in cui sono divisi come
un’entità unica è un errore in quanto spesso nella storia ci sono state lotte sanguinose che hanno visto
contrapporsi curdi contro altri curdi. Questo perché la dispersione tribale e l’azione omologante dell’Islam
impedirono per secoli la presa di coscienza nazionalista e la formazione dello stato curdo.

Allora ancora ad oggi la formazione curda è tribale, nonostante la crescente presenza di istanze
nazionalistiche. L’immagine che si ha di solito di un sistema tribale è quello di una società basata su stretti
rapporti parentali. Ma l’importanza numerica e l’organizzazione della tribù possono variare nel tempo in
quanto c’è comunque una forte componente politica siccome il gruppo tribale si identifica con il suo leader,
che può attirare molti affiliati ed è responsabile anche delle relazioni economiche al di fuori della tribù
stessa che rendono più o meno influente un gruppo rispetto ad un altro. Inoltre il legame parentale è più
forte nelle aree periferiche in quanto ivi lo stato non è in grado di rispondere ai vari bisogni come diritto alla
salute o al lavoro. Per cercare di erodere questo sistema tribale, gli stati hanno messo in gioco diversi
sistemi, tra cui uno molto ingegnoso in voga nella Turchia degli anni Ottanta, basato su un disfacimento
dall’interno, vale a dire quello dei guardiani o protettori di villaggio, pagati da Ankara e impiegati nella lotta
al Pkk. Questo sistema verrà utilizzato anche da Baghdad successivamente.

Sebbene la popolazione curda sia stata separata politicamente, socialmente e linguisticamente nel corso
della storia si è tenuta in un certo qual modo connessa (anche emotivamente) attraverso dei comuni
denominatori. Così è stato possibile immaginare una sorta di pancurdismo. Parlare di Kurdistan, la terra dei
curdi, è un modo per tenersi legati ad un’idea comune, e costruire un discorso attorno ad essa.

Oggi l’identità curda transazionale che sta emergendo è essenzialmente quella della diaspora che sta dando
vita ad una nuova kurdishness. Si è soprattutto curdi al di fuori del Kurdistan geografico perché si ha la
possibilità di parlare liberamente della propria appartenenza curda. I curdi della diaspora raccontano il cibo,
il folklore, gli usi, i proverbi che descrivono le bellezze naturali del territorio o del villaggio di origine.
Rebwar Rashed, copresidente del Knk (Congresso nazionale del Kurdistan), nato nel 1999 a Bruxelles come
tentativo di dare una piattaforma comune a vari gruppi e partiti politici dell’area curda, sostiene che per il
consolidamento dell’identità curda non solo agli occhi degli stessi ma anche del mondo circostante,
popolato da preziosi potenziali alleati, si ha bisogno non solo di politici curdi, ma anche di musicisti,
scrittori, intellettuali che osino parlare di riconciliazione e coesistenza.

Al momento il Kurdistan è il caso per antonomasia di comunità immaginata che gioca un ruolo
indispensabile di solidarietà tra i curdi delle varie parti. Inoltre questa ha contribuito largamente a
internazionalizzare la causa curda.

CONTROLLO DELLE RISORSE PER IL CONTROLLO DELLE POPOLAZIONI

L’acqua, che nella cultura mediorientale e araba ha sempre avuto per forza di cose un ruolo salvifico, viene
utilizzata come arma dagli stati per indebolire i curdi, benché la situazione nelle principali città curde sia
comunque segnata da un deficit di infrastrutture adeguate, anche a causa della posizione periferica
all’interno delle nazioni dei territori curdi.

Fin dall’inizio dell’operazione Sorgente di Pace, uno degli obiettivi principali di Erdogan è stato quello di
minare le risorse idriche dell’amministrazione autonoma, piegando in questo modo la popolazione del
Rojava e costringendo le famiglie a lasciare i territori di confine. Per fare ciò, l’esercito di Ankara ha più
volte attaccato la diga di Alouk. Il 9 ottobre 2019 si ebbe un feroce attacco di Ankara all’acquedotto di Alouk
a Serekaniye, una città che si trovava nella cosiddetta safe zone. La struttura, che fornisce acqua a circa 400
mila persone, è stata colpita dall’artiglieria turca durante l’avanzata verso Ras al Ain. L’attacco ha lasciato
senz’acqua circa mezzo milione di persone in tutta la regione, tra cui le centinaia di persone sfollate nei
campi profughi dell’area, ma il sistema ritorna in funzione 10 giorni dopo. Si ebbe però un nuovo attacco e
la diga tornò fuori uso, questa volta raggiungere il sito e far ripartire l’acqua non è stato possibile. La diga si
trovava sotto il controllo di milizie di jihadiste filo turche che non permettevano a nessuno di avvicinarsi alla
struttura, con il chiaro intento di bloccare qualsiasi intervento di riparazione. La Croce Rossa internazionale
e la Mezzaluna rossa araba hanno dovuto far affidamento sulla diga di al Hamma da poco ritornata in
funzione, e su cisterne private. Si tratta però di una situazione di emergenza. Gli attacchi turchi non si sono
fermati e regolarmente si nega l’accesso all’acqua ad un gran numero di persone per ore o giorni interi,
anche durante l’emergenza Covid.
La Turchia, nelle diverse operazioni condotte dall’inizio della guerra, sembra perseguire una strategia ben
precisa: attaccare le risorse idriche e impossessarsi delle dighe per piegare i nemici. Anche durante
l’offensiva di Afrin nel 2018 le truppe turche avevano attaccato e messo fuori uso tre stazioni di pompaggio
dell’acqua. Anche in quel caso il venir meno delle normali risorse idriche aveva dato non pochi problemi ai
soldati curdi e alla popolazione locale assediata nella città.

A livello interno, il governo turco sta portando avanti un piano che assicuri alla Turchia il pieno controllo sul
flusso di Tigri e Eufrate attraverso la costruzione di dighe nei rispettivi bacini. Entro i prossimi anni Trenta il
bacino dell’Eufrate sarà prosciugato ben prima di creare i 150 chilometri dello Shatt al ‘Arab mescolandosi
al Tigri, che contrarrà a sua volta il proprio conferimento alla foce. Le barriere che ridurranno la quantità di
metri cubi indispensabili alle irrigazioni delle pianure irachene, previste in particolare in Turchia ma anche
in Siria. Questa prospettiva di inaridimento di una foce non è un unico caso in terre abitate da curdi, infatti
il corso del fiume Atrak che segna il confine tra Iran e Turkmenistan è impedito da numerosi sbarramenti
perlopiù nel Khorasan. Nel Kurdistan iracheno oltre alla diga di Musul è in costruzione dal 1979 la diga di
Bekhme.

PERCHE’ NON SI RICONOSCONO IL KURDISTAN E I CURDI?

È un territorio strategicamente rilevante per la ricchezza di petrolio e le risorse idriche, ma si trova in una
situazione di sottosviluppo a causa dell'assenza di un'unità politico-amministrativa. Il 75% del petrolio
iracheno proviene dal Kurdistan, gli unici giacimenti della Turchia ed i più importanti della Siria si trovano in
Kurdistan, anche nella zona di Kermanshah, territorio iraniano ma abitato da curdi, si produce petrolio.
È il passaggio obbligato di alcune importanti vie di comunicazione, ad esempio tra le repubbliche
centroasiatiche, l'Iran e la Turchia.
Il fatto che i curdi siano stati trasformati in 4 diverse minoranze rende inevitabilmente complessa una
trattazione univoca della questione e per riuscire a dare un quadro quanto più esaustivo possibile diviene
quasi forzato presentare i diversi indipendentismi curdi a seconda dello stato sovrano contro il quale
combattono per la propria autonomia; quasi palesandone la disgregazione.

Il grande Kurdistan non c’è mai stato se non nella retorica del nazionalismo. Nella Turchia di Erdogan, dove
la minoranza curda è più cospicua, la repressione è tornata a colpi di stato di emergenza, come nei periodi
più bui postgolpe. In Siria, Mosca, nella sua rinnovata amicizia con Ankara, ha dato luce verde
all’operazione Ramoscello di ulivo ad Afrin e al ridimensionamento se non alla totale cancellazione
dell’entità del Rojava. Molto dipenderà da come si esaurirà la guerra civile. Per ora Trump non abbandona i
curdi perché desidera sconfiggere Daesh, ma dal punto di vista politico? Non è difficile immaginare che se la
soluzione alla barbarie siriana non sarà di alto profilo nuovi e vecchi problemi si intercetteranno. La
costruzione del Medio Oriente degli ultimi anni è una responsabilità americana d’altronde. A est
dell’Eufrate il presidente turco ha gli stessi obiettivi della rivale Siria, vale a dire ripulire la zona dal controllo
curdo. Probabilmente fino al prossimo spin off di al Qaeda o del Califfato i curdi torneranno nel
dimenticatoio per le cancellerie occidentali. Anche per i curdi di Iran al momento non c’è possibilità che
esistano se non nella specifica cornice multietnica e multiculturale dello stato persiano.

Così il Kurdistan è un’anomalia geopolitica mantenuta in vita dalle circostanze e dalla Realpolitik e
probabilmente lo sarà per molto tempo ancora.
L’ARTE COME STRUMENTO DI DIFFUSIONE: I POETI DELLA DIASPORA (MUSA, DOGAN AKCALI) E
ZEROCALCARE

Dogus (Rinascita)
I veleni degli occupanti
non giungono a lordare
la caverna della libertà.
Il mio cuore è un sacrario
illuminato dal sole.
Nel mio cuore c’è spazio
per tutto il sole
per tutto il mare
per il mio popolo.
È libertà il monte Cudi
e gli Zagros
sono libere le vette
del Herekol e del Munzur.
Un altare sacro
a tutte le dee
a tutti gl’iddii
è la libertà nel mio cuore.
Le montagne hanno aperto la strada
nelle prigioni
globi di fuoco
dentro di me la vendetta è tempesta
ed oggi
sento la vigilia di un’esplosione improvvisa.
Non vi spaventi il mio grido.
Dentro di me
Sto nascendo di nuovo.
Musa

La luce santa
Mi sento come le città assediate da tutti i lati

Mi sento disperato

I sogni vengono bombardati

Le speranze vengono circondate dai fili spinati

I sentimenti vengono sparati senza scrupoli

Le gioie vengono saccheggiate

Spengono le luci negli occhi dei bambini

Fanno aumentare le grida delle madri


Mi sento come il mio paese diviso in quattro parti

Voglio credere in una luce divina

Abbraccio la mia luce

Come abbracciare la terra

….

Il mare non è più limpido

I pesci hanno pianto i bambini

E il mare ha raccolto le onde

Le onde si sono arrabbiate

I corpi senza vita sulla spiaggia

Il mare non è stagnante

Che tante vite ha rubato!

Quante lacrime hanno versato!

E quanto aspettare impotente!

Il mare è l’inizio di una storia triste.

Ed il tempo si è vergognato di sé.

Ma l’umanità non si è vergognata

E l’assassino ha cominciato a prendere ogni giorno un corpo.

L’assassino è abituato ad uccidere

E ora a chi tocca?

Curdi 1: vita quotidiana nel bazar di erbil, iraq settentrionale

Curdi 2: gli uomini giocano nel bazar di erbil

Curdi 3 e 4
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