Didone si svegliò di soprassalto, urlando il nome del suo amato.
Accanto a lei sedeva
un’ancella, che si alzò immediatamente per dirle di rimanere sdraiata. La regina farfugliò: “Dove sono? Dov’è Enea? Non è partito, vero?”. L’ancella allora le rispose: “Le sue navi stanno salpando proprio adesso…”. Fu rapidamente interrotta dall’ordine di Didone di allestire la flotta per cercare raggiungere il teucro. L’intera ed enorme flotta della città si volse all’inseguimento di Enea. Inizialmente, sembrava che ormai il troiano fosse troppo distante per sperare di raggiungerlo, ma, sotto l’incitamento della regina, la flotta cartaginese ebbe presto il sopravvento. Le imbarcazioni di Enea e dei suoi compagni furono così confiscate e tutti gli uomini furono imprigionati nelle segrete della rocca di Cartagine. Nelle ore successive, Didone rifletté a lungo sulle sorti dei troiani. Prima della partenza, era innamorata profondamente di Enea, ma dopo il suo tradimento e la sua infamia era estremamente irata e meditava di uccidersi per sfuggire al dolore. La sofferenza che provava, però, si mutò presto in un odio cieco e incontrollabile nei confronti della persona che aveva così tanto amato. Pensò quindi, invece di uccidere sé stessa, di assassinare la causa del suo dolore. Improvvisamente però, ideò un’idea ancora più malvagia: uccidere Iulo, il figlioletto di Enea, in modo tale che anche lui potesse provare la sua stessa sofferenza opprimente. Dopo aver meditato per l’intera notte seguente, ordinò che fosse condotta alla cella in cui erano prigionieri Enea e Iulo. Afferrato il bambino ed estratto quindi un coltello dalla cintura di cuoio che portava in vita, il troiano cercò di fermarla, intuendo ciò che voleva compiere. Didone però non si interruppe e squarciò la gola del piccolo Iulo. Ordinò poi che Enea fosse condotto insieme a lei sulle mura della città e gettò tra i flutti del mare il corpo esanime del bambino. Enea, pieno d’ira incontrollabile, era memore del medesimo gesto compiuto da Neottolemo nei confronti di Astianatte, il figlio di Ettore. Si liberò quindi dalla ferrea presa delle guardie e si gettò su Didone. Prima che però potesse raggiungerla, la regina si tagliò la gola e, nei suoi ultimi istanti di vita, si buttò in mare. Alla morte di Didone, seguirono i funerali solenni e la sorella Anna fu nominata nuova sovrana di Cartagine. Nonostante sapesse che la morte della sorella era stata causata seppur indirettamente da Enea, acconsentì alla ripartenza dei Troiani. In segreto, ordinò però ai sacerdoti cartaginesi di invocare maledizioni divine sulla stirpe discendente da Enea. Dopo un lungo viaggio, Enea giunse sulle coste del Lazio, dove, in seguito a una guerra, sposò la principessa Lavinia. Da lei ebbe un figlio, che chiamò Iulo, in memoria del primogenito ucciso. Il figlio non era, a differenza del padre, assolutamente devoto alla volontà degli Dei e del Fato. Nonostante infatti dovesse, secondo le Moire, fondare la città di Alba Longa, non adempì a questo dovere. Intraprese invece la professione di usuraio e di mercenario. Da lui discese quindi una gens di infami e vili, la gens Iulia.