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Patrick Ness

da un soggetto di Siobhan Dowd

Sette minuti
dopo la mezzanotte
Traduzione di Giuseppe Iacobaci

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Il traduttore ringrazia V. Barbagallo, A.V. Pace, A.M. Giuffrida, D. Cosentino e


G.Criscione, allievi del corso di traduzione Gri di Catania, per la traduzione
del primo racconto.

ISBN 978-88-04-62539-1
Per la citazione tratta da An Experiment in Love di Hillary Mantel:
1995 Hillary Mantel. Riprodotta per accordo con A.M. Heath & Co Ltd
Un ringraziamento a Kate Wheeler

Text 2011 Patrick Ness


From an original idea by Siobhan Dowd
Published by arrangement with Walker Books Limited,
London SE11 5HJ.
All rights reserved.
No part of this book may be reproduced, transmitted, broadcast or
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recording, without prior written permission from the publisher.
For the Italian edition
2012 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano
I edizione Ragazzi marzo 2012
2013 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano
Titolo dellopera originale
A Monster Calls
I edizione Libellule gennaio 2013

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Nota dellautore

Non ho mai avuto la possibilit di conoscere Siobhan

Dowd. La conosco soltanto, come la maggior parte di voi,


attraverso i suoi splendidi libri: quattro avvincenti romanzi per ragazzi, due pubblicati in vita e due dopo la sua prematura scomparsa. Qualora non li aveste ancora letti, vi
esorto a colmare subito la lacuna.
Questo doveva essere il suo quinto romanzo. Aveva gi
abbozzato i personaggi, lidea centrale e un inizio. Quello
che le mancato, purtroppo, stato il tempo.
Quando mi stato chiesto se me la sentivo di portare a
compimento il suo lavoro e farne un romanzo compiuto,
ho esitato. Quello che non volevo fare e che non avrei potuto fare era scrivere un libro imitando la sua voce. Avrei
reso un pessimo servigio alla scrittrice, al lettore e, cosa pi
grave di tutte, alla narrazione. Non credo che la letteratura
di qualit possa mai funzionare a quel modo.
Ma il bello delle buone idee che sanno dar vita ad al5

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tre idee. Quasi pi rapidi di quanto non potessi gestirli, gli


spunti di Siobhan mi suggerivano nuovi stimoli, e ho cominciato a provare quella smania che ogni scrittore aspetta come una manna dal cielo: la smania di buttar gi le parole, di raccontare una storia.
Mi sentivo e mi sento ancora come se mi fosse stato
passato un testimone. Una scrittrice di grande talento mi
donava la sua storia e mi diceva: Va. Corri, portala con
te. Sconvolgi tutto. Ed questo che ho cercato di fare. In
questo percorso ho seguito una sola regola: quella di scrivere un libro che, nelle mie speranze, sarebbe piaciuto a
Siobhan. Nientaltro contava davvero.
E adesso tempo che il testimone passi nelle vostre mani.
Quale che sia linizio della corsa, le storie non si concludono mai con gli scrittori. Ecco quel che io e Siobhan abbiamo prodotto. Adesso andate. Correte, portatelo con voi.
Sconvolgete tutto.
Patrick Ness
Londra, febbraio 2011

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Sette minuti
dopo la mezzanotte

Mante

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A Siobhan

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Si giovani una volta sola, dicono, ma non


dura tantissimo? Pi anni di quanti non se
ne riescano a sopportare.
Hilary Mantel, An Experiment in Love

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Il mostro si present poco dopo la mezzanotte. cos che

fanno.

Conor era sveglio quando arriv.

Aveva avuto un incubo. Be, non un incubo: lincubo.


Quello ricorrente che da qualche tempo lossessionava.
Quello con il buio e il vento e le urla. Quello con le mani
che gli scivolavano dalla presa, per quanto cercasse di trattenerle. Quello che ogni volta si concludeva con
Va via sussurr il ragazzo alloscurit della sua camera, cercando di respingere lincubo, di impedirgli di seguirlo nel mondo della veglia. Va via adesso.
Diede uno sguardo allorologio che sua madre aveva
messo sul comodino. 12.07. Sette minuti dopo la mezzanotte. Tardi, con la scuola il giorno dopo, di certo tardi per
una domenica. Si mise a sedere sul letto.
Non aveva mai detto a nessuno dellincubo. Non a sua
madre, ovvio, ma neanche ad altri, neppure al padre durante le telefonate che gli faceva (pi o meno) ogni due
settimane, decisamente non alla nonna, n ai compagni di
scuola. Assolutamente no.
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Quello che accadeva nellincubo era qualcosa che nessun altro avrebbe mai dovuto sapere.
Conor batt le palpebre, frastornato, rivolse unocchiata
alla stanza, e si accigli. Mancava qualcosa. Si mise a sedere, ora un po pi sveglio. Lincubo stava ormai dissolvendosi, ma cera qualcosa che non sapeva identificare, qualcosa di diverso, qualcosa che
Rest in ascolto, proteso verso il silenzio, ma non cera
nullaltro che la casa silenziosa, tuttintorno a lui, qualche
sporadico scricchiolio dal piano di sotto, dove non cera
anima viva, o un frusciare di lenzuola dalla camera accanto, quella di sua madre.
Nulla.
Poi, dun tratto, qualcosa. Qualcosa che, comprese, era
ci che laveva svegliato.
Qualcuno stava chiamando il suo nome.
Conor.

Per un attimo, fu colto da unondata di panico, sent le

budella che si contorcevano. Laveva seguito? Era uscito


dallincubo e?
Non essere sciocco si disse. Sei troppo grande per
credere ai mostri.
Lo era davvero. Aveva compiuto tredici anni il mese prima. I mostri erano roba da bambini. Roba da piscialletto.
Roba da
Conor.
Eccolo ancora. Il ragazzo deglut. Era stato un ottobre
eccezionalmente caldo, e aveva ancora la finestra aperta.
Forse il fruscio delle tende che sbatacchiavano per la brezza poteva aver dato limpressione di
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Conor.
Daccordo, non era il vento. Era decisamente una voce,
ma non una voce che riconosceva. Non quella di sua madre, poco ma sicuro. Non era di certo femminile, e per un
attimo il ragazzo si domand persino se non fosse spuntato a sorpresa suo padre dagli Stati Uniti, magari era arrivato troppo tardi per telefonare e
Conor.
No. Non era suo padre. Quella voce aveva qualcosa di
insolito, qualcosa di mostruoso, di selvatico e indocile.
Poi ud un pesante cigolio di legno, come se qualcosa di
enorme camminasse sulle assi del pavimento.
Non voleva andare a controllare. E, al tempo stesso, cera
una parte di lui che non desiderava altro.
Ormai del tutto sveglio, scalci via le lenzuola, scese
dal letto e and alla finestra. Alla pallida luce incerta della
luna si stagliava netto il campanile, in cima alla collinetta
dietro casa sua, accanto alla quale curvavano i binari della
ferrovia, due strisce di duro acciaio che scintillavano nella
notte. E la luna risplendeva sul camposanto di fianco alla
chiesa, pieno di lapidi ormai quasi illeggibili.
Conor vedeva anche il grande tasso che si ergeva al centro del camposanto, un albero cos antico che pareva esser
fatto della stessa pietra della chiesa. Sapeva che era un tasso solo perch laveva sentito dire a sua madre, una prima volta da bambino, quando lei gli aveva spiegato che
non doveva mangiarne le bacche, che erano velenose, e di
nuovo quellultimo anno, quando le era presa labitudine
di guardare dalla finestra della cucina con una faccia strana dicendogli: Quello l un tasso, sai?.
Ed ecco che risent il suo nome.
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Conor.
Come se qualcuno glielo sussurrasse nelle orecchie.
Cos? disse, il cuore che gli martellava in petto, dun
tratto impaziente di scoprire cosa stesse per accadere.
Una nuvola si spost davanti alla luna, ammantando di
oscurit lintero paesaggio. Una raffica di vento ssssssssh
sfrecci gi dalla collina dentro la sua stanza, gonfiando
le tende. Il ragazzo sent di nuovo il crocchiare e scricchiolare del legno, come il gemito di una creatura vivente, come lo stomaco affamato del mondo che ringhia in
cerca di un pasto.
E allora la nuvola si scost, e la luna riprese a splendere.
Sopra il tasso.
Che ora spiccava massiccio in mezzo al giardino sul retro.
E fu allora che il mostro parl.
Conor OMalley, disse, mentre un poderoso alito caldo
odoroso di terriccio entrava dalla finestra e gli soffiava indietro i capelli. La voce tuonava potente, gutturale, cos
forte che Conor la sent vibrare nel petto.
Sono venuto a prenderti, Conor OMalley, disse il mostro,
spingendosi contro la casa, mentre i quadri sul muro tremavano, libri e giochini elettronici cadevano e un vecchio
rinoceronte di peluche ruzzol per terra.
Un mostro, pens il ragazzo. Un mostro vero in tutto e per
tutto. Vivo e reale. Non in un sogno, ma l, alla sua finestra.
Ed era venuto a prenderlo.
Ma Conor non scapp via.
In realt, si rese conto di non essere neppure spaventato.
La sola cosa che riusciva a provare, la sola cosa che aveva davvero provato sin dal momento in cui il mostro sera
rivelato era una crescente delusione.
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Perch quello non era il mostro che si sarebbe aspettato.


E allora vieni a prendermi disse.

Si fece uno strano silenzio.

Che hai detto? chiese il mostro.


Conor incroci le braccia. Ho detto: allora vieni a
prendermi.
Il mostro tacque un istante, poi con un ruggito batt due
pugni sulla casa. Il soffitto si curv sotto i colpi, ed enormi
crepe apparvero sui muri. Il vento invase la stanza, laria
rimbomb di muggiti furenti.
Sbraita quanto ti pare fece Conor, stringendosi nelle
spalle e alzando appena un po la voce. Ho visto di peggio.
Il mostro rugg ancora pi forte e spacc con un braccio
la finestra, fracassando vetro, legno e mattoni. Una mano
di rami mastodontica, serpeggiante e contorta, gherm il ragazzo per la vita e lo alz da terra. Lo strapp fuori dalla
sua stanza, nella notte, in alto sopra il giardino, stagliandolo contro il cerchio della luna, le dita cos serrate alle costole che il ragazzo quasi non respirava. Conor vide le zanne
irregolari, di legno duro e nodoso, e sent lalito caldo che
gli soffiava addosso.
Poi il mostro si ferm di nuovo.
Proprio non hai paura, vero?
No. Non di te, comunque.
Il mostro strinse gli occhi.
Ne avrai, disse. Prima della fine.
E lultima cosa che Conor vide fu la bocca che si spalancava con un boato per divorarselo vivo.

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