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Margaret Doody Aristotele detective Traduzione di Rosalia Coci Milano, La biblioteca di Repubblica, 2005 1 - Io, Stefanos Ascoltami, o musa

Clio, e aiutami nella stesura di questa storia. I fatti che riferisco sono veri. Io, Stefanos, figlio di Nichiarco, cittadino d'Atene, inte ndo esporre qui le strane e terribili avventure che mi capitarono nel primo anno della 112 Olimpiade. Si vedr cos come un uomo della mia casa fu calunniato, come f u riconosciuto innocente, e come un malvagio fu consegnato alla giustizia, per o pera degli dei onnipotenti. Inoltre, potr cos celebrare la sapienza del mio consig liere, Aristotele, che io proclamo, a dispetto di tutti i detrattori, uno degli uomini migliori ed uno dei pi grandi filosofi del nostro tempo. Fu nel mese di Boedromione, al calare della terza luna dopo il solstizio d'es tate, che si comp il terribile misfatto che doveva avere cos lunghe e complicate c onseguenze. Il giorno prima aveva avuto gi abbastanza grattacapi. Ma meglio tacer e una simile inezia, ch gli dei potrebbero udirla e riderne. Ero molto preoccupat o per la mia situazione. Mio padre Nichiarco era morto in primavera, ed io, giov ane di ventidue anni, ero rimasto a capo della famiglia, con una madre e un frat ello minore a cui provvedere, oltre alla schiera dei domestici e degli schiavi. Mia madre non aveva fratelli, e il fratello di mio padre era morto; cos l'andamen to di casa dipendeva interamente da me. Con il [7] cuore ancora dolente per la p erdita d'un genitore molto amato, dovevo seguire i discorsi dei fattori sulle pe core, il burro e le olive. Invece di studiare al Liceo e seguire la conversazion e dei filosofi, mi toccava verificare i conti in mezzo al chiacchierio delle don ne nel cortile. La mia casa manteneva ogni sorta di bisognosi: gracili vecchiett e avvolte in scialli. ricevevano in dono pappine d'avena, mentre i loro aitanti schiavi se ne andavano carichi di focacce e olive. Mia madre una donna di buon c uore e molto ospitale. Ma pi saggio non incoraggiare un eccessivo spreco di olive , vino, focacce e pappine d'avena in gente che non ricambia la generosit , come sc opr Telemaco a Itaca. Tuttavia io non desideravo mostrarmi duro verso i parenti i n cerca d'aiuto. Ero sempre disposto a ricevere la vedova del fratello di mio pa dre, la povera zia Eudossia. La chiamavano tutti cos , "la povera Eudossia", non p er la sua povert , ma perch era sempre sofferente e aveva una grave preoccupazione. Era ammalata in verit , bench non si lamentasse come fanno le donne, sempre pronte a lagnarsi di qualche organo che non funziona come dovrebbe; e tuttavia non si riusciva a convincerla a venire a stare con noi; insisteva a tornare nella sua c asetta alla periferia d'Atene. Mi era venuto in mente che forse temeva che potes si prenderle la sua propriet per mio uso, se avesse abbandonato la residenza. Un timore ingiustificato, visto che le leggi degli dei e degli uomini proibiscono u na simile perfidia, e io sapevo bene quanto lei che la propriet apparteneva al su o unico figlio, Filemone. E questo mi porta a ci che mia madre definiva "il gran cruccio della povera Eu dossia". Mia madre pronunciava di rado il nome del figlio d'Eudossia, essendo co nvinta che avesse attirato il disonore sulla famiglia. Io non riuscivo a pensarl a cos : in giovent avevo conosciuto bene Filemone, quasi come un fratello, e l'affe tto non poteva svanire, nemmeno dopo i guai che aveva provocato. All'et di dician nove anni era stato coinvolto in una rissa da taverna; non era la prima volta, p oich preferiva sempre il confronto fisico a quello intellettuale. Uno dei suoi pu gni aveva ucciso un uomo, e mio cugino, senza attendere di [8] prender congedo d a noi, era balzato sulla prima nave in partenza dal Pireo, scomparendo nel vasto

mondo. La faccenda fin davanti al tribunale, ma i magistrati furono clementi: Filemon e fu condannato all'esilio e diffidato dal ricomparire in Atene sotto pena di mo rte, ma la sua eredit non fu confiscata. Si poteva sempre sperare in un'amnistia che un giorno o l'altro lo riportasse a casa e gli rendesse i diritti civili. No n sapevamo dove fosse, ma ci erano giunte voci confuse che era andato verso sud con la nave e che, dopo aver errato nelle isole meridionali, era divenuto soldat o. Questo non sembrava improbabile: in verit in quel momento i militari erano ric ercati, poich Alessandro di Macedonia stava avanzando nell'Asia Minore. Si prospe ttavano delle accanite battaglie, e sapevo che a Filemone sarebbero piaciute. Er a una specie d'Achille, non di Ettore: gli piaceva la guerra per la guerra. Io s peravo che non finisse ammazzato. Pensai a lui molto sovente nell'estate dopo la morte di mio padre: me lo immaginavo in giro per il mondo, mentre a me toccava star fermo a casa. Avrei voluto averlo vicino per potergli parlare, e invece non c'era. Era meglio non dire queste cose alla presenza delle donne, perch la zia E udossia si metteva a singhiozzare e a gemere: "Oh, il mio povero ragazzo! Non lo rivedr mai pi ! Ahim , ahim !". Allora mia madre scoppiava in lacrime anche lei, e la domestica e la schiava gi a piangere per tener loro compagnia. Queste cose non erano le sole a pesarmi sul cuore. Mio padre era stato largo nelle spese, e adesso avevamo meno denaro di quanto immaginassi. Era stato conco rdato che io sposassi Carmia, la figlia di un concittadino eminente, Callimaco, ma dopo la morte di nostro padre l'eminente concittadino sembrava meno propenso a dar corso al progetto. Desiderava che la nostra famiglia destinasse a me ed a Carmia grossi regali al momento delle nozze, e nel corso dell'estate mi resi con to che avrei dovuto vendere una vigna per far fronte agli impegni. Era la pi picc ola e modesta delle vigne, non potevamo permetterci di intaccare maggiormente la propriet . Verso il principio del Boedromione [9] la vendita parve decisa, ma dop o averci pensato un po' il compratore prefer non farne nulla, con mio grave disap punto. Desideravo vivamente sposarmi, nonostante avessi gi tante donne per casa. Mia madre non sa condurre bene le faccende domestiche, si perde in chiacchiere e pia nge con facilit . Mio fratello era troppo giovane per poterci parlare. Inoltre, mi ero abituato all'idea di avere in moglie la figlia di Callimaco. Avevo sentito dire, e non solo da suo padre (il venditore che non vanta la sua merce un imbeci lle), che Carmia era una ragazza di buon senso e industriosa, e attraverso i sol iti pettegolezzi delle donne avevo sentito anche che era di bell'aspetto e con l 'aria di poter mettere al mondo dei bei bambini. Non sta bene che i giovani sian o troppo curiosi in faccende del genere, ma a nessuno piacerebbe sposare una gob ba bisbetica, e che Venere ci liberi da una donna sterile. Una moglie, dei figli uoli: questo che ci vuole perch un uomo si senta a posto, come in una propria cit tadella. Il mio desiderio di sposarmi era ben altro che la smania che si pu soddi sfare con una notte di bagordi insieme a una femmina compiacente in una casa chi usa. Nel rileggere le note che ho buttate gi , m'accorgo di essermi allontanato dall 'argomento principale, il che non si addice a un bravo studente di retorica, n ad una mente esercitata nella pratica legale. Come disse il giudice al contadino, lascia perdere le chiazze sulla madre della mucca e veniamo alla mucca in questi one. Forse, inconsciamente, allontano il momento che deve venire, perch sar costre tto a rivivere la mia prima esperienza di un atto malvagio, spaventoso ed empio. Per lo meno adesso voi potete capire come mai nella notte precedente quel memor abile terzo giorno della seconda settimana del mese io non riuscissi a dormire. Me ne stavo disteso, domandandomi se e come mi sarei sposato, e crucciandomi per quella maledetta vigna. Finalmente mi alzai, e senza perder tempo a svegliare u no schiavo, accesi una lampada e cercai di leggere. Ma la testa e il cuore erano troppo pesanti, e cos pensai di fare quattro passi. Mancava poco all'aurora: pre sto la citt si sarebbe ridestata. [10] 2 - Omicidio ad Atene

Mi avviai per le vie silenziose, lasciando che il ritmo dei miei passi agisse come calmante sui miei pensieri. Sentivo il vento freddo che soffia prima dell' aurora, ed ero lieto del mantello di lana che mi ero gettato sulle braccia nude e la tunica corta. Gli uccelli cominciavano a cantare, e mi parve di sentire il grido dei gabbiani. Pensai a Filemone rifugiato su una nave, e mentre passavo da vanti a un tempietto di Poseidone, dissi una preghiera per mio cugino e promisi un sacrificio. Non c'era modo di sapere dove fosse: magari sul mare. Molte volte avevo rivolto preghiere per lui a Zeus, protettore di tutti i forestieri e i vi andanti. La brezza spirava pi fresca, con un umido profumo di giardini: non pi l'odore d ell'estate e non ancora quello del pieno autunno. Poi l'oriente divenne grigio, e la forma del colle Licabetto divenne chiaramente visibile. Veniva l'aurora, un a lieve tinta di zafferano si spandeva nel cielo. Riuscivo a vedere la strada da vanti a me, ed anche il tempietto votivo al fondatore degli Eup tridi, eretto nel demo in cui abitano tanti cittadini nobili e ricchi. Le mura di cinta nude delle grandi dimore non erano pi buie, ma di un grigio pallido. Pensavo al sorger del sole e cercavo di ricordare i versi di Omero in proposito, quando un gran tumult o di voci e grida provenienti dalla casa alle mie spalle mi fecero trasalire. Prima che potessi giungere sul posto, le grida si erano alzate di tono. Due u omini lasciarono la casa di fronte e si affrettarono verso il luogo da dove prov eniva il baccano. Il portone del cortile era spalancato quando vi arrivai, e i d ue uomini lo stavano attraversando, diretti alla porta di casa. Nella corte, uno schiavo balzava ora su un piede, ora sull'altro, urlando: - Hanno ucciso il pad rone! Hanno ucciso il padrone! - Lo superai, e lui non si ferm per chiedere il mi o nome, ma continu stupidamente a fare ci che al momento evidentemente considerava il [11] suo compito pi importante, ostinandosi ad urlare. Io seguii gli altri du e uomini, un maestoso cittadino e il suo schiavo personale, verso la porta inter na; sentivo che altri stavano entrando dietro di me. Non so perch sentissi di dov er entrare: una irresponsabile curiosit mi spingeva avanti. Come riferisce Platon e, Socrate raccont la storia di un tale che sapeva di un mucchio di cadaveri deca pitati dietro un muro, uomini giustiziati di recente. Quest'uomo si sforzava di camminare rasentando il muro, senza cedere alla tentazione di correre dall'altra parte e scrutare l'orribile spettacolo, ma non pot resistere e guard , imprecando ai propri occhi: "Ecco! Saziatevi di questa vista deliziosa! ". Senza dubbio esi ste una sorta di volutt , non degli occhi, ma della parte pi ignobile della mente n el contemplare cose terribili, e cos dev'essere stato nel mio caso, bench , a diffe renza dall'uomo descritto da Socrate, non sapessi esattamente dove andassi, n cos a stessi per vedere. Ma lo seppi ben presto. Seguii gli altri due che, superata la porta interna d ella casa e poi un'altra porta, entrarono in una stanza. La mia prima impression e fu di un locale abbastanza spazioso e scarsamente illuminato, con dentro cinqu e persone oltre me: tre cittadini ateniesi e due schiavi. Ovvero, c'erano sei al tre persone nella stanza, cinque vive e una morta. L , in mezzo al pavimento, giac eva il padrone di casa, in una posa disadatta per ricevere ospiti: l'eminente ci ttadino Boutades, del clan degli Etioboutadi. Boutades, ex cor go, trierarca, ricc o patrizio, era disteso supino sul pavimento con il corpo contorto da un lato al l'altezza della vita, cosicch tutte e due le ginocchia erano rivolte lateralmente . Il trierarca Boutades era completamente vestito d'una tunica di lino bianco, o meglio, una tunica che era stata bianca, ma che adesso era inzuppata di sangue vermiglio e tutta striata, come da un'atroce tintura. I suoi occhi vitrei erano rivolti al soffitto. Aveva una freccia conficcata nella gola. Non so per quanto tempo rimasi a guardare come incantato. Sentivo una leggera nausea, ma non desideravo andarmene. Sarei rimasto inchiodato al mio posto, se altri, che affluivano [12] dalla porta, non mi avessero sospinto verso la parete . Mi spostai con cautela lungo la parete in direzione della finestra. Mi rendevo conto che c'era una tavola dietro di me, con sopra un'anfora, e automaticamente badai a non urtarla. I nuovi venuti si affollavano lungo la parete presso la po rta. Lo spazio era limitato, e ciascuno si teneva alla larga dal centro della st anza. Quando diedi la prima occhiata a Boutades mi parve che ci fosse intorno un gr

an silenzio; ma mi ero sicuramente sbagliato, perch appena cominciai a muovermi m i resi conto d'un continuo e acuto urlare di donne, proveniente dalla parte inte rna della casa; e le grida dello schiavo nel cortile non erano cessate. Mi accor si anche che una delle persone entrate per prime nella stanza, un uomo bruno, la rgo di spalle, ritto in piedi presso il cadavere, stava dicendo con foga: - Chi ha compiuto questo delitto? Chi ha ucciso il fratello di mio padre? Che la vende tta degli dei lo colga! Era ovviamente Polignoto, il nipote di Boutades, maggiore di me di quattro an ni, gi piuttosto noto in Atene. In giovent era stato un buon ginnasta e un ragazzo brillante negli studi. Era ricco di suo, avendo ereditato il patrimonio paterno , e negli ultimi tempi si diceva che aspirasse, con fondate speranze, alla carri era politica. Si era messo in vista ultimamente offrendosi di fungere da cor go pe r le prossime celebrazioni di Di niso. Se la messinscena ha successo, il promotore di una di queste elaborate festivit rimane famoso per tutta la vita, e dimostra anche di essere uno degli uomini pi facoltosi d'Atene, dato che il costo delle Gr andi Dionisiache si misura non in dracme ma in talenti. Da ragazzo avevo ammirat o molto Polignoto, per la sua bravura d'atleta e la sua eloquenza nelle discussi oni. Avrei dovuto riconoscerlo subito, ma la stanza era semibuia, e per un attim o Persefone mi aveva offuscato la vista. E il forte Polignoto, scapigliato, in u na tunica frettolosamente infilata e nemmeno fermata su una spalla, tanto da par er l'indumento d'uno schiavo, Polignoto, smorto nella luce dell'aurora e tremant e di dolore e di collera, non somigliava molto al giovane abbronzato che ramment avo. - Oh, Zeus - grid Polignoto, con voce mezza strozzata, tanto [13] che le parol e gli s'incepparono in gola - guarda questo delitto e fa' vendetta su quelli che tramano offese contro di me, la mia famiglia e la mia trib ! Maledizione all'assa ssino! - Sapete chi ha compiuto questo misfatto? - domand Euticleide, un uomo grande e grosso, che abitava nella casa di fronte. Mi rammentai che aveva una lontana p arentela tribale con Boutades. Le guance flaccide di Euticleide apparivano d'un pallore malaticcio nella debole luce, ma la voce era ferma. - Come posso saperlo? - esclam Polignoto. - Un delinquente, uno che trama nell e tenebre! - Calmati, Polignoto - disse il vecchio Telemone. - Faremo vendetta. - Telemo ne, in piedi a fianco di Polignoto, era evidentemente uno dei primi venuti. La s ua presenza era in carattere con lui, poich era uno che amava le novit . Lo chiamav ano tutti "il vecchio Telemone" bench fosse appena, su per gi , dell'et di Boutades, ma era un ometto fragile, dai capelli arruffati, con una generale aria di senil it . Zoppicava anche, e i bambini lo chiamavano "vecchio Gambacorta". Polignoto no n fece attenzione alle sue parole, e seguit a mormorare incoerenti maledizioni, s trappandosi i capelli con una mano. - S , Polignoto, sta' calmo - ripet Euticleide. - Non il momento per fare scenat e da donne. Ci sar tempo per le lacrime. Adesso devi dirci ci che accaduto, o per lo meno quel che ne sai, in modo che possiamo sottoporre il caso al Basileus e f ar informare l'arconte. - Io lo so - disse Telemone con impazienza. - Sono arrivato qui per primo, su bito dopo che il povero Boutades spirato. Ho sentito tutto dalle labbra di Polig noto, e ho visto... - Preferirei sentir tutto da Polignoto stesso - ribatt Euticleide. - Ragazzo! - aggiunse rivolto allo schiavo - va' in cucina e chiedi che preparino del pane e del vino per il tuo padrone. Appena lascer questo luogo d'orrore verr a prender del cibo. Io credo che Euticleide fosse stato sul punto di ordinare del vino per noi tu tti, un gesto del tutto naturale in circostanze normali, e anzi un pensiero soll ecito per un uomo sconvolto come [14] Polignoto, ma uno sguardo verso il pavimen to l'aveva fermato e indotto a mutare il suo discorso. Sarebbe stato irriverente mangiare o bere in presenza di una morte cos violenta. Euticleide stese un braccio e batt gentilmente sulla spalla di Polignoto. Le s ue parole riguardo al vino e ora questo gesto furono i primi atti umani normali in quella stanza di morte, ma Polignoto ritrasse la spalla, come un cavallo spav

entato che si ritragga da un nuovo padrone. Euticleide, respinto, lasci cadere il braccio. Lo schiavo usc rapidamente e, quando apri la porta, entr nella stanza un fascio di luce del sole, che sorgeva a oriente, insieme alle alte grida delle d onne. Poi la porta si richiuse, lasciandoci in un relativo silenzio e nel chiaro re pi fioco che si diffondeva a occidente. - Signori - disse Polignoto in un tono pi tranquillo - dovete sapere quel che accaduto, per quanto mi possibile riferirlo con la mente confusa e la lingua tre mante che mi ritrovo. Vi dir tutto quello che so, che non molto. Questa mattina p resto, proprio allo spuntare dell'alba, sono stato destato da un rumore. Non me ne sono preoccupato, perch spesso mio zio lavora, ahim , devo dire lavorava, fino a tarda notte o alla mattina presto in questa stanza. Mi sono tirato su e stavo p rendendo la tunica, quando mi giunto un rumore pi forte del primo: un crollo frag oroso. Allora sono balzato dal letto e sono corso per tutto il portico e gi per l e scale, vestendomi in fretta mentre scendevo. Sono entrato in questa stanza e, nella semioscurit , al chiarore della lampada che sta ancora gocciolando su quella tavola, ho visto quello che vedete. Boutades stava disteso esattamente in quest a posizione. - Per quanto angosciato dalla sua morte e dal modo innaturale in cui era avve nuta, ho visto subito che cosa doveva essere accaduto. Il mio povero zio stava l avorando a quella tavola, di fronte alla finestra, e nel buio qualcuno deve esse re strisciato verso la finestra e deve averlo colpito. Mio zio evidentemente era stato allarmato da qualcosa prima del colpo fatale: forse aveva udito un rumore , o visto una faccia. E' chiaro che dev'essersi alzato, e che il suono che mi sv egli era indubbiamente [15] un'esclamazione, unita al rumore dello sgabello spint o indietro. A quel punto, l'assassino deve averlo colpito all'istante, trapassan dogli la gola, e Boutades caduto dov' disteso ora. Il tonfo che ho sentito era la sua caduta. Guardammo di nuovo Boutades che giaceva sul pavimento, coi piedi vicini alla grande tavola, tra il suo corpo e la finestra. Cadavere, tavola e finestra erano su una linea retta, e la tavola non doveva aver rappresentato un ostacolo per u n assalitore deciso ad uccidere un uomo mentre sedeva l . Lo sgabello spinto indie tro era ancora dritto. Sulla tavola, una lampada ridotta agli sgoccioli dell'oli o dava gli ultimi bagliori, e tutto l'armamentario di tavolette e di stili non e ra stato toccato. - Che cos'hai fatto allora? - domand Euticleide. - Prima di tutto, naturalmente, sono corso presso mio zio per vedere se era a ncora in vita, ma era certamente spirato prima che io varcassi la porta. - Che peccato che non abbia avuto tempo di indicare il suo assassino, - disse uno dei cittadini accanto a me. - Non avrebbe potuto dir molto, con una ferita di quel genere - ribatt seccame nte Euticleide. - E poi, Polignoto? - Mentre guardavo il corpo di mio zio, stentando a credere ai miei occhi, mi parso di sentir qualcosa muoversi fuori dalla finestra. Sono corso l e sono riusc ito a distinguere una forma oscura fuori, nel piccolo cortile. E' stato allora c he mi son messo a gridare per dare l'allarme in casa, e stavo ancora gridando qu ando Telemone entrato con il portiere Sinopeo. Ho gridato che mio zio era stato ucciso e che l'assassino era l fuori. Siamo usciti tutti dalla stanza correndo at traverso il cortile verso il giardinetto interno. Proprio mentre passavamo il ca ncello, abbiamo visto l'assassino saltare al di l del muro. Ho mandato lo schiavo a rincorrerlo, e Telemone e io siamo ritornati da mio zio, in questa stanza, vo glio dire. La casa era in grande subbuglio, ma ho chiuso fuori le donne e sono r imasto qui a piangere, a imprecare e a domandarmi che cosa fare. E a questo punt o, tu, Euticleide, e gli altri siete entrati a vedere la scena. [16] - Proprio cos - disse Telemone. Era stato zitto per un tempo sorprendente, ma ora la sua voce eccitata si faceva riudire. - Stavo venendo a visitare Boutades, e lo schiavo mi aveva fatto entrare e mi stava accompagnando nel cortile. Quand o siamo giunti alla porta di casa, ho sentito il grido di Polignoto e sono entra to in fretta, vedendo quello che tutti vediamo ora; e Polignoto stava alla fines tra e gridava: "Fermatelo! Fermatelo! All'assassino! Boutades stato ucciso!". An ch'io sono corso alla finestra, stando attento a evitare il corpo di Boutades. H

o guardato fuori con Polignoto e ho visto una figura scura che si muoveva fra gl i alberi. - Avreste dovuto correre fuori a fermarlo, invece di perder tempo a guardare - osserv Euticleide. - Ed proprio questo che ho fatto - ribatt Telemone. - Siamo usciti tutti subit o, io, Polignoto e lo schiavo. Ero anzi il primo alla porta, ma Polignoto mi ha sorpassato al cancello. Lui corre pi svelto di me adesso; la mia gamba, sapete... Polignoto ancora giovane e si tiene allenato, bench io nella mia giovinezza... - S , s , lo sappiamo - disse seccamente Euticleide. Nessun uomo giovane avrebbe g iudicato cortese interrompere Telemone, che dopo tutto era un patrizio; ma Eutic leide era suo coetaneo. Io credo che gli altri la pensassero come me, che il vec chio sciancato avrebbe dovuto tirarsi da parte. Doveva avere impedito il passo a Polignoto nel suo puerile tentativo di arrivare primo nel giardino. E cosa avre bbe potuto fare contro un assassino robusto e pronto a tutto, se mai l'avesse ra ggiunto, lui, Telemone, con la sua gracile corporatura? Fra tutti i presenti, se mbrava il meno colpito dall'orrore della situazione e assolutamente normale. - Ma - aggiunse Telemone senza attendere altri incoraggiamenti - io l'assassi no l'ho visto, mentre saltava dal muro. Ci stava camminando sopra, come fanno a volte i gatti o i cani, e poi saltato gi e l'abbiamo sentito correre. - Com'era? - domandai. - Be'... era difficile distinguerlo con quella poca luce, signori, e i miei o cchi non sono pi quelli d'una volta. Una forma scura, un po' curva; un individuo non molto alto, direi, ma neanche [17] piccolo. Non grasso di certo, ma con ci no n voglio dire esile. Ben messo. Agile. Probabilmente coi capelli scuri. - Cosa indossava? - Un lungo mantello, credo. - Una tenuta poco adatta per arrampicarsi sui muri - dissi. - Be', potrebbe essere stato un mantello corto - ammise Telemone. - Forse con una sciarpa di lana per mascherarsi la faccia. Non era nudo - esit Telemone, e s i interruppe bruscamente. - Basta - disse Euticleide. - Abbiamo sentito tutto quel che possibile sapere , e dobbiamo tornare al presente -. Evitando di guardarci in faccia, tornammo a fissare gli occhi sul pavimento. Stranamente, mentre ascoltavamo Polignoto e Tel emone eravamo stati non distratti, ma in qualche modo sollevati. Il rivedere gli eventi attraverso la mente ci aveva allontanati soltanto per un momento dal ric ordo del cadavere, a cui ora ritornavamo. La luce era ormai molto chiara, e si scorgeva ogni dettaglio: il sangue che s i stava rapidamente disseccando sul pavimento, gli abiti e i capelli intrisi, il riflesso vitreo dell'occhio, simile ad acqua congelata. La freccia sporgeva dri tta dalla gola di Boutades e gettava un'ombra, come di una piuma, sulla porta in fondo alla stanza. L'ombra del corpo deforme, con la sua piuma solitaria, dava l'impressione che Boutades stesse cercando di trasformarsi in un mostruoso uccel lo. Come avrete intuito, era la freccia che rendeva tutta la scena cos terribile. Boutades era stato colpito da una freccia scoccata da un arco: questo era inneg abile, e tuttavia incredibile. Se fosse stato ucciso da un pugnale ci sarebbe st ato altrettanto sangue, Boutades sarebbe stato ugualmente morto, ma la cosa sare bbe apparsa pi normale, pi comprensibile. Qualsiasi cittadino ateniese pu avere una spada o un pugnale, ma non un arco! L'arco non un'arma comune per gli Ateniesi. Nelle mani d'Artemide e di Apollo appare, come ogni altra cosa che li riguardi, divino, misterioso e forse anche simbolico. Nelle mani dei barbari rozzo, grottesco, sporco e disgustoso. Le guar die scite portano l'arco, nella loro qualit di schiavi dello Stato con un lavoro [18] gravoso da fare. Ma a parte questo, l'arco non appartiene al mondo della vi ta comune. Un uomo colpito da una freccia ad Atene uno spettacolo raro quanto lo sarebbe la vista del Minotauro. Se ci fossero presentati tutti i delitti degli ultimi cent'anni, senza dubbio troveremmo una quantit d'assassini con le pi svaria te armi, ma difficilmente un omicidio compiuto con arco e frecce. Cos non c'era da meravigliarsi se Polignoto appariva smorto e tremava, se Euti cleide aveva la faccia color cenere, se io stesso sentivo il sudore scorrermi di etro le ginocchia. Anche l'uomo pi coraggioso pu essere sconvolto dalla vista d'un

a morte violenta: a maggior ragione da una morte strana come questa. Mentre segu itavo a guardare, lo stupore della scena diveniva pi impressionante che non il su o carattere cruento. Notai per la prima volta che la parete di fronte a me, diet ro Polignoto ed Euticleide, e al di l di un tavolino ornamentale, era affrescata. Il soggetto era innocentemente sensuale: un Apollo dall'aria languida che inseg uiva Dafne in un boschetto. Mi venne fatto di chiedermi se lo stesso dio, al pri mo brillare dei suoi raggi quella mattina, non avesse abbattuto Boutades con un divino strale, rimasto infisso in lui sotto la forma d'una freccia terrestre, pe r confondere gli uomini e gettare una misteriosa infamia sopra la citt . Allora ra bbrividii, perch se quella casa era sotto la maledizione d'un dio potente, sarebb e stato follia opporsi al suo giudizio, e temerit simpatizzare troppo. Mi aggrapp ai mentalmente al racconto di Polignoto e di Telemone sull'uomo nel giardino, un assassino in forma umana. Un dio non aveva bisogno di arrampicarsi sul muro com e un ladro. Euticleide si mostr pi forte di me, che mi perdevo in fantasticherie. - Vieni, Polignoto - disse. - Dobbiamo compiere alcuni doveri per il nostro parente, prim a che sia lavato e preparato. Sull'uccisore si far vendetta, e lo spirito offeso di Boutades potr riposare in pace. Prima lasciatemi fare quel che va fatto. Euticleide si inginocchi presso il cadavere, e con un gesto coraggioso strapp d ecisamente la freccia dalla carne in cui s'era conficcata, penetrando fin quasi in fondo al collo. La testa di [19] Boutades, con i capelli incrostati di sangue e simili a orribili spaghi coperti di pece, ciondol annuendo, in una parodia di saggezza. Vidi che Euticleide aveva il viso contratto mentre infliggeva una nuov a offesa a quella carne insensibile per toglierne l'osceno strumento di morte. P olignoto, vedendo l'orribile arnese tra le mani del suo amico, si mise a tremare . - Ahim ! Ahim ! La casa maledetta! - Suvvia, Polignoto - disse Eutideide. - Chiudiamogli gli occhi. Polignoto s'inginocchi rigidamente presso il cadavere e gli chiuse l'occhio de stro, mentre Euticleide chiudeva il sinistro. Sentivo Euticleide respirare pesan temente: la mano e il braccio di Polignoto si muovevano come pezzi di legno. Poi furono chiamati degli schiavi che portarono via il cadavere di Boutades. Uno de i due schiavi era quello che avevo visto nel cortile; adesso si era calmato, e s e ne stava muto come un uomo al culmine di una sbornia. Essi sollevarono il cada vere, e i loro piedi nudi tracciarono strane impronte e disegni nel sangue che c opriva il pavimento, come se camminassero sulla vernice. Colsi un vivido scorcio dei piedi di Boutades: mentre lo sollevavano erano quasi allo stesso livello de i miei occhi. Portava delle pianelle da casa, come fanno a volte i vecchi per pr oteggersi i piedi dal freddo dei pavimenti, e queste pianelle erano di un morbid issimo cuoio color sabbia; ma ora i piedi erano coperti di sangue, e il cuoio er a diventato di un color ruggine brillante, essendo inzuppato fino alla suola. Pe nsai oziosamente: "Peccato che siano andate sciupate delle cos belle pianelle", q uasi rammaricandomi che Boutades non avesse incontrato la morte in una tenuta pi economica. Gli schiavi si avviarono lentamente alla porta, portando il loro triste farde llo. Li guardai passare presso la grande anfora da vino che stava vicino alla po rta. Una di quelle enormi anfore ornamentali, con il collo lungo e la pancia gra nde, adorna di una stravagante scena di Baccanale, e pensai: "Povero Boutades, n iente pi vino". Sembrava una cosa patetica morire lasciando tanta ricchezza. Polignoto aveva l'aria stranita. Euticleide rimaneva pieno di [20] dignit . - S ignori - disse - voi tutti avete visto e sentito abbastanza per fare da testimon i, se sarete chiamati a farlo. Mi assicurer che l'arconte sia informato, e cos pur e i capi della trib , della fratr a e del demo. Ad ogni modo, prima di tutto devo as pettare il ritorno dello schiavo che stato mandato all'inseguimento. Sono certo, signori, di potermi rivolgere a voi per avere appoggio. Potete lasciare questa casa di dolore. Gettammo un ultimo sguardo alla stanza, ancora imbrattata dal sangue dell'orr ibile delitto di quella mattina. Adesso la luce del sole illuminava ogni cosa: i brillanti colori dell'affresco dietro il tavolino intagliato, la scrivania con le tavolette e gli stili, la tavola con il vaso dietro di me, la pomposa anfora accanto al portale scolpito. La stanza illuminata dal sole sembrava dire: "Gioit

e delle bellezze del presente", mentre la macchia scura sul pavimento replicava: "La vita breve". Uscimmo in silenzio nel cortile, ma appena fuori diventammo pi loquaci. Ci occ orreva dell'acqua per le abluzioni rituali, per purificarci del contatto con la morte. La maggior parte di noi era ancora a digiuno. Eppure sembrava non avessim o voglia di separarci. - Posso mostrarvi il giardino interno - disse Telemone - e il punto esatto do ve l'assassino salt gi dal muro. Ci fu un mormorio d'interesse e quasi tutti seguimmo Telemone. Il giardino no n era un granch : un giardino di citt , con alcuni alberi da frutto e delle piante i n vaso. Una parte era stata isolata con un muretto, perch le donne di casa e le s chiave ci facessero il bucato. - Ecco - disse Telemone. - Io ero laggi , e poi sono corso qui, e Polignoto era proprio accanto a me; e quello il punto del muro dove abbiamo visto l'assassino . Solo per un momento, quanto ci vuole perch l'orologio ad acqua lasci cadere una goccia. E qui - aggiunse, volgendosi dal muro verso la casa - il luogo dove l'a ssassino deve essersi appostato, appena un po' discosto dalla finestra. - Andamm o da quella parte ed esaminammo il terreno davanti alla finestra. Rimasi stupito che nessuno [21] di noi sapesse a quale distanza avesse dovuto mettersi l'assas sino per mandare a segno la freccia. Mi guardai intorno nella polvere in cerca d i impronte dell'assassino: solo se fosse stato un dio o un demonio non avrebbe l asciato orme. Ma la polvere secca e i ciuffi di erba ruvida erano ormai calpesta ti dal nostro gruppo, e cos non ebbi modo di accertarmi che l'assassino fosse un essere umano. Tuttavia, una cosa la vidi mentre scrutavo a terra. Era un piccolo oggetto, b runo ma lucido. Lo raccolsi. Era un pezzo di corno con una scheggia di legno inf issa nell'estremit pi grande. - Un corno di montone - disse Telemone senza molto interesse. - Come avr fatto un montone a perdere un corno qui? - Non lo toccate! - disse uno del gruppo, timorosamente. - Potrebbe essere l' amuleto pagano di uno schiavo forestiero e portarci sfortuna. Si sentirono dei passi pesanti nel cortile; poi un giovane schiavo entr nel gi ardinetto, un ragazzo snello, dai capelli rossi, sui quattordici anni. Si guard a ttorno, sperando evidentemente di trovare il suo nuovo padrone. Ansava come un m antice. - Ho corso - disse con il fiato corto a Telemone. - Ho corso quanto ho potuto , per un lungo tratto, ma non sono riuscito a prenderlo. - Gli tremava la voce, e il sudore gli scorreva sulla faccia smorta, lasciando solchi polverosi. Anche i capelli, tinti alla maniera dei barbari, erano madidi di sudore. - Oh, cielo - gemette Telemone - un'altra speranza perduta. - Disgraziato imbecille! - imprec uno dei presenti. - Ho tentato - balbett lo schiavo, seguitando a rivolgersi a Telemone. - Vi pr ego di dire... al mio nuovo padrone... che ho fatto del mio meglio. - Via di qui, cane pidocchioso, e va' a dirglielo tu stesso - replic uno dei c ittadini. - Non qui il tuo padrone. Torna in casa e renditi utile. - Vieni qua - mi intromisi mentre lo schiavo stava lentamente avviandosi. - D a' questo al tuo padrone e digli che l'abbiamo trovato sotto la finestra. [22] Prese l'oggetto senza guardarlo e se ne and a passi lenti, con le spalle curve . - Mi sembra spaventato - dissi all'uomo che aveva esaminato il frammento di c orno. - Non mi stupisce - replic lui. - Quel cane potr dirsi fortunato se se la cava con una buona frustata. Lasciar scappare l'assassino del suo padrone! Bella rico noscenza! - Proprio cos - approv un altro. - Sono tutti fannulloni. - Dubito che abbia seguitato a correre appena fuori di vista. - E' vero: tutta apparenza. Dagli un dito e ti prendono il braccio. - Le cons uete osservazioni sull'argomento si levavano da ogni parte. - Anche peggio - disse uno. - Pu avere fatto parte del complotto sin dall'iniz io, e cos l'inseguimento non stato che una finzione prestabilita.

Si udirono enfatici consensi. - Pu avere colpito lui stesso il suo padrone. E' uno sporco Sinopeo. Avete sen tito il suo accento. Barbaro! - Ma non pu essere stato lui a commettere l'omicidio - obiettai. - Era di guar dia alla porta principale quando arriv Telemone, proprio al momento del delitto. - Lo dici tu - replic l'uomo che per primo aveva formulato il sospetto lancian domi un'occhiata offesa. - Ma se uno che corre cos veloce... - Ben detto - rispose un altro. - Vedr che ne sia informata la fratr a: lo schia vo dovr essere sentito alla prima udienza. Questo dignitario lasci il giardino e gli altri lo seguirono, la maggioranza g i conquistata dall'idea della colpevolezza dello schiavo. Io mi trattenni, lascia ndoli partire senza di me, perch intuivo di essermi reso impopolare. Stavo ritrov ando i miei sensi, ivi incluso il senso sociale. Tornai a guardare per terra, do ve avevo trovato il frammento di corno, domandandomi se ve ne fosse un altro. No n c'era, ma vidi un debole luccich o: mi chinai e raccolsi una minuscola e stretta scheggia di ceramica. Un pezzettino di un vaso rotto, non molto interessante. N on vi erano [23] sopra dei frammenti di decorazione. Scalfito su un lato, tuttav ia, c'era un piccolo segno, che raggiungeva gli orli irregolari e spezzati della scheggia, una minuscola croce, forse il contrassegno d'un vasaio. Lasciai il gi ardino e mi incamminai fuori dal cortile dietro gli altri, seguitando a giochere llare distrattamente con il pezzetto di ceramica, come a volte si fa con dei chi cchi o dei sassolini. Era una mattina calda di sole. Ma io mi sentivo stanco com e se avessi gi vissuto e faticato per un giorno intero. 3 - Canti funebri e accuse Arrivato a casa mi purificai con l'acqua. Non dissi niente alla famiglia di q uanto avevo visto, e uscii come al solito. Era l'ora in cui il mercato pieno. Do po l'oscuro e violento inizio del giorno, era rassicurante trovare la solita res sa di venditori e compratori sotto i portici, vedere gl'immancabili articoli - c uoio, pesce, fichi - abbondanti come sempre, e sentire il vasaio al tornio e il fabbro fuligginoso al suo rimbombante lavoro. I suoni erano piacevoli al mio ore cchio, e cos i richiami: "Pentole, pentole da cucina, un'occasione!" e "Miele, pu ro miele dell'Imetto!". Il tutto misto al brus o di cento conversazioni e di varie animate dispute. "Due oboli per un paio di pantofole pidocchiose? Mi prendi per un imbecille, figlio di un fetido maiale?" grida uno schiavo di campagna, mentr e vicino a lui un ricco cittadino replica animatamente al suo compagno: "Cinquec ento dracme per una baracca e quel pezzo di terreno invaso dalle erbacce? Sii ra gionevole!". All'interno di un mercato, gli affari e il piacere di vivere pare n on perdano mai la loro importanza. E' inutile cercarvi saggi consigli, ma vi si pu trovare gente operosa, gran variet di merci e qualche attimo di svago dai nostr i crucci. Anche in quel luogo brulicante di vita, tuttavia, Boutades faceva sent ire la sua mortale presenza. Quando lasciai i portici e mi avviai sul selciato d ell'agor , trovai i cittadini nelle loro linde tuniche [24] bianche intenti come a l solito a passeggiare e chiacchierare, ma invece della consueta variet d'argomen ti, ogni gruppo a cui m'avvicinai non sembrava parlare d'altro che di Boutades. Sebbene fossi stato presente nella stanza dove era stato scoperto il delitto, pr ovavo una specie di riluttanza a parlarne. Telemone era molto in vista: seguitav a a ripetere la sua versione dei fatti fino a farsi venire la gola secca, e allo ra lo spingevano verso le bancarelle sotto i portici e gli rinfrescavano la ling ua col vino. C'era un senso di tensione nell'aria, come quando le corde d'una lira sono tr oppo tese, e pi d'uno sbirciava verso l'Acropoli, dove Atena troneggia sopra la c itt . Si vedevano sbuffi di vapore scuro, il fumo dei sacrifici, ma questa vista n on bastava a liberarci dal timore. I nostri cuori erano pieni di paura: paura d' un ignoto assassino che poteva aggirarsi per le nostre vie, pronto a colpire anc ora, e un'altra paura, pi grave anche se meno definita. Un omicidio contamina tut to: l'assassino, la sua famiglia, la trib , la fratr a, e da ultimo anche la citt , fi nch il delitto non viene vendicato. Pur celebrando i consueti sacrifici, preghier

e e libagioni, noi saremmo potuti restare impuri e le nostre orazioni non essere altro che oggetto di ludibrio. Atena stessa, la luminosa dea della saggezza e d elle arti, avrebbe potuto abbandonare per quest'offesa l'intera citt finch non ci fossimo purificati. No, le conversazioni del mattino non erano allegre come al solito. Mi imbatte i in un gruppo che sembrava stesse parlando di teatro, e mi fermai ad ascoltare, ma la conversazione torn presto all'inevitabile argomento. - Mi domando - disse uno - se Polignoto sar cor go, adesso... Con il suo povero zio appena morto? - Ci sono ancora sette mesi prima delle Dionisiache - ribatt un altro. - C' abb astanza tempo... sempre che l'assassino venga preso e giustiziato prima di allor a. - Era ovvio che sarebbe sembrato indecoroso da parte di Polignoto mettere in scena una rappresentazione mentre c'era in famiglia un delitto impunito. - Di sicuro nessun altro sar ansioso di reclamare quest'onore... [25] con tutt o il denaro che bisogna sborsare. Ci sar una bella parata di musi lunghi e tasche vuote, non credete? - E poi - disse un giovane imberbe dai capelli biondi - Polignoto ha gi scelto il poeta: Keramia. Il dramma quasi ultimato, e sperava di formare il coro quant o prima. I fabbricanti di maschere e di costumi teatrali si aspettano un gran da fare. Tutti pensano che Polignoto metter in scena qualcosa di grosso, con canti, danze e macchinari. - Qual il soggetto della rappresentazione? - domand uno degli anziani. - Ho sentito - disse un altro - che tratter dell'istruzione. - Uff ! - comment il suo interlocutore. - Una rappresentazione a sfondo morale . Spero ci sia qualche scena comica. A me piacciono le commedie all'antica, con delle belle battute crude, vasi da notte, venditori di salsicce e cori di pentol e e padelle. Ad ogni modo non ero curioso di conoscere il tema della rappresentazione: volevo sapere di cosa parla. - Io lo so - disse il biondino. - Conosco uno che conosce Keramia. Parla di E rcole e di Chirone. - Uh! E' di malaugurio. Ricordatevi la morte di Chirone. La conversazione si congel e il gruppo si sciolse. Io lasciai l'agor e tornai a i portici, ai gruppi che sghignazzavano intorno ai venditori di vino. Anche qui mi accorsi che la musa della poesia suggeriva come argomento Boutades. Mentre av anzavo lentamente tra la folla all'ombra dei portici, mi imbattei in un cantante girovago, uno di quei poveri mendicanti cenciosi che fanno qualche soldo celebr ando le notizie del giorno in umili versi zoppicanti, sull'aria che intonano le contadine portando i cavoli al mercato. Quest'uomo esercitava il suo mestiere co n voce roca ma robusta, cantando: Venite, o Ateniesi, e fate cerchio attorno a me. Orribili notizie vi porto, ma assai vere, perci non dubitate di me. Quest'oggi il glorioso ateniese Boutades fu ritrovato Ucciso da una freccia e in terra crollato. [26] Assassinato egli fu, ma non per via di spada o di coltello. E il perfido assassino fuggi oltre il muro del giardino con un saltello. Che gli dei lo maledicano e gli tolgano la vita E spediscano l'infame nello Stige a peggior vita! Boutades pat un'orribile morte, nella sua stanza, proprio l , E senza arrecare torto alcuno fu spedito all'aldil . E' morto assai stimato, cinquant'anni dopo essere nato, Proprio all'alba, crudelmente assassinato. Boutades fu trierarca, di un nobile demo ateniese, Con tutti noi fece il suo dovere, come fu sempre palese. Riposare in pace il suo spirito non pu , perch Vendetta rivendica la sua preda, Che l'assassino sia preso e torturato, e orribile morte infine veda. Erano misere rime messe insieme alla rinfusa, ma bench spesso mi fossi diverti to ad ascoltare questi venditori di rime zoppicanti, questa volta non ci trovai

nessun diletto. Venni via dall'agor

prima di mezzogiorno.

Alla data stabilita mi recai, come tutti, a rendere omaggio alla salma di Bou tades. Il cortile che avevo frettolosamente attraversato la mattina del delitto era adesso teatro d'una scena solenne; una dignitosa folla di cittadini vi era r adunata per rendere omaggio all'estinto. Dalla casa si udivano levarsi i lamenti delle donne, insieme al suono dei flauti funebri. C'era una numerosa banda musi cale, in eleganti tenute. Polignoto, vestito a lutto, appariva triste e con gli occhi gonfi, ma serbava un atteggiamento di mesta compostezza. Era circondato da uomini della famiglia e membri della fratr a. Fra loro c'era Euticleide. Polignot o non fece attenzione a me, bench fossi stato fra i primi sulla scena del delitto e l'avessi visto chiudere gli occhi a suo zio. Boutades non fece caso a nessuno di noi. Era disteso su un bel giaciglio inta gliato, con i piedi rivolti verso il cancello. Aveva un aspetto molto migliore d i quando l'avevo visto l'ultima volta. Le donne avevano eseguito bene il loro lu gubre compito di lavare [27] il cadavere, e Boutades, bench pallido, appariva com posto e sereno come se fosse morto nel suo letto. Il suo sudario bianco era imma colato (quanto diverso dalla tunica con cui ci aveva ricevuto l'ultima volta!) e le donne avevano diligentemente avvolto le pieghe di lana intorno alla gola, co sicch non si vedeva alcuna ferita. Questa fasciatura insolitamente estesa gli ave va spinto in alto il mento, dandogli una posa arrogante. Disteso l , con l'obolo d i Caronte fra le labbra, sembrava quasi compiaciuto. Le donne gli avevano adorna to la fronte con le tradizionali foglie di vite, che aggiungevano un tocco festa iolo stranamente in contrasto con il resto della sua tenuta. Povero Boutades! Mi rammentai la grande anfora che non gli avrebbe pi offerto da bere. Mentre mi chi navo su di lui per l'ultimo addio, mi giungeva l'odore d'origano e di miele cald o della focaccia dolce che teneva in mano e gi si scioglieva al sole. C'era anche il sottile ma inequivocabile sentore della morte. Alcune mosche ronzavano intor no alle sue dita bianche e appiccicose di miele, che non si sarebbero mai pi leva te a scacciarle. Le prefiche intonarono un bel canto funebre. Cantavano di gusto, probabilment e rincuorate da un abbondante rinfresco in cucina e da vistose mance. Nessuno av rebbe potuto dire che Polignoto avesse organizzato per suo zio un funerale da qu attro soldi. Ogni cosa era fatta come si deve. Lo schiavo mezzo idiota che avevo visto, ora apparentemente rientrato in s , stava di servizio all'entrata con aria di grande dignit , porgendo l'acqua per le abluzioni. Tutta la cerimonia fu cos normale e cos ben condotta che mi sentii in qualche m odo sollevato dopo aver dato l'estremo addio, come se la vita potesse ora tornar e al suo ritmo ordinario. Una sensazione proprio da sciocchi. Non so se sia stato peggiore il giorno del delitto o quello del funerale. Ben ch non me ne rendessi conto al momento, il giorno dell'omaggio alla salma di Bout ades costitu per me solo una breve pausa fra due catastrofi. [28] Quella sepoltura me la rammenter finch vivo. Come tutti gli altri, mi alzai di mattina presto per assistervi. La giornata, o meglio la notte, era fredda. Bench le stelle brillassero ancora nel cielo, c'era un presagio di pioggia nell'aria, come se le nuvole stessero addensandosi sul mare. Il corpo di Boutades nella sua bara era trasportato da un carro. Probabilment e gli amici non se l'erano sentita di portare sulle spalle il cadavere d'un assa ssinato, il cui spirito irato sarebbe stato sospeso sulle loro teste. Ad ogni mo do, i membri della famiglia e della fratr a vennero tutti, con Polignoto in testa che impugnava una lancia. Tutti noi sapevamo che l'avrebbe portata, ma nel veder la un ulteriore fremito di eccitazione, quasi di ilarit , si diffuse tra la folla. Polignoto aveva un'aria molto cupa, come se fosse in partenza per la guerra. Il corteo si mosse per le vie d'Atene. Nella bara, Boutades era chiaramente v isibile nella luce delle torce portate dagli schiavi; poi veniva il gruppo scuro delle donne della famiglia, velate di nero, che seguivano la bara per fermare l 'anima di Boutades, qualora andasse alla deriva lungi dal corpo. Il cupo silenzi o delle strade notturne era lacerato dal chiarore delle torce e dalle voci lamen tose. Il corteo funebre, con tutti noi al seguito, si diresse attraverso Atene v

erso il Kerameikos, e si ferm in una sezione del cimitero gi occupata dai sepolcri dei nobili e dei ricchi. Il riverbero delle torce balenava su alti monumenti, i mponenti stele funebri e marmi scolpiti, mentre il corpo di Boutades veniva depo sto nella fossa scavata di fresco. Fra gemiti e lamentazioni, la parentela e gli amici gettarono i soliti oggetti nella tomba: vasi e figurine di terracotta, e persino un anello d'oro brill nel fugace bagliore delle torce, quando esse cadder o come un pesante scroscio di pioggia. Il becchino diede mano alla pala, e si ud il tonfo sordo della terra che cadeva. Non c'era luna, e le stelle erano impalli dite. Le tenebre ingaggiavano battaglia con l'alba che avanzava, e sembravano in fittirsi invece di disperdersi. Quando la fossa fu riempita, cominci a cadere una pioggerella sottile. Polignoto avanz a lato della tomba. Gli schiavi alzarono le [29] torce in modo che la sua figura fosse l'unica chiaramente illuminata. Con la lancia in pugno, profilandosi enorme e tremolante nel riverbero diffuso dalle fiaccole sfrigolan ti sullo sfondo dell'oscurit , Polignoto aveva l'aria d'un dio o d'un eroe da palc oscenico. Un brivido di tensione e di freddo, a motivo della pioggia, attravers l a folla. Questo era il momento che avrebbe reso quel funerale diverso dalle sepo lture ordinarie. Polignoto avrebbe fatto ora una dichiarazione solenne contro gl i ignoti autori del delitto, con una sfida e una minaccia all'anonimo assassino, ammonendo lui o loro a tenersi alla larga da tutte le cose sacre e legali. Ques ta diffida, diretta all'incognito omicida, che fosse o no fra di noi, era una fo rmula sacra pronunciata in unione con l'ombra dell'assassinato. Era l'inizio d'u na vendetta davanti agli dei e agli uomini, e l'uccisore senza volto, dovunque f osse, si sarebbe sentito toccare da un dito invisibile. Ci aspettavamo che la sf ida di Polignoto fosse diretta contro l'anonimo e inafferrabile "autore del deli tto". Ma Polignoto ci sorprese tutti. Egli alz la sua lancia e cominci a parlare. La sua voce chiara, profonda e ben modulata risuon decisa. - Sulla tomba di mio zio Boutades, figlio di Boutades degli Etioboutadi, e in presenza dell'ombra di Boutades, perfidamente assassinato, io, Polignoto, procl amo davanti a voi che tu, Filemone, figlio di Likias di Atene, sei l'assassino, e ti impongo di star lontano da tutte le cose sacre e legali, dall'acqua consacr ata, dal vino e dalle libagioni, dall'agor , dai tribunali, dai templi e da tutti i luoghi sacri! Per poco non caddi sullo schiavo che reggeva la mia torcia. Stentavo a creder e d'aver udito bene. Mio cugino Filemone! "Ma impossibile" mormorai tra me. Quan do riuscii a riprendere il controllo e mi torn la piena coscienza, e con essa la collera, per poco non mi misi a gridare "Tu menti! " e per poco non corsi da Pol ignoto: volevo strappargli la lancia dalle mani e imporgli di ritirare quelle pa role false. Ma ebbi abbastanza buon senso da rendermi conto che sarebbe stato un gesto delirante: l'avrebbero giudicato una profanazione, o addirittura un'empie t . Il corteo [30] funebre cominci ad allontanarsi, e la folla a disperdersi, mentr e io ancora restavo l , fra gli uomini che cercavano di coprirsi il capo coi mante lli contro la pioggia insistente. Udivo intorno a me esclamazioni eccitate. Ness uno venne a mostrarmi compassione oppure, cosa che mi sarebbe stata pi gradita, a condividere la mia collera. Quelli intorno a me che sapevano chi ero, il parent e pi prossimo d'un uomo accusato del pi odioso crimine che Atene potesse rammentar e, si allontanarono in fretta da me. Eppure non potevo fare a meno di pensare che si trattasse di un errore, di un a confusione da incubo. Ma questa sensazione fu dissipata da un fatto significat ivo. Polignoto con Euticleide e altri della parentela pass poco lontano da me, e mentre s'incamminavano, Euticleide, con uno sguardo eloquente nella mia direzion e, disse a un cittadino che l'interrogava: - Andiamo a presentare una formale accusa al Basileus, e prima che sia finita la giornata potrete udire nell'agor la proclamazione contro Filemone. 4 - In casa di Aristotele Mi avviai a casa vacillando, fradicio di pioggia e pieno di brividi. Alle don

ne non dissi niente dell'accaduto. Durante il resto della mattinata ebbi modo di ripensare agli eventi di quell'inquietante funerale, e mi rincuorai un po' con la speranza che il Basileus avrebbe respinto quest'assurda accusa. Ma questa spe ranza svan ben presto. Il Basileus comparve nell'agor con Polignoto e i suoi paren ti, e la denuncia contro Filemone fu fatta prima di mezzogiorno. Tutti lo sapevano adesso, e l'accusa legale significava che Filemone sarebbe stato posto sicuramente sotto processo. Era inutile cercare di nascondere la fac cenda alle donne. Le notizie si diffondono presto attraverso le porte di servizi o, e le donne appresero la denuncia pubblica quasi contemporaneamente a [31] me. Ora bisognava affrontare la zia Eudossia. Venne da me tremante, in lacrime, get tandosi ai miei piedi come una supplice. - Oh, Stefanos, devi salvarlo! Adesso sei tu il capo della famiglia, tu puoi fare qualcosa per ristabilire la giustizia. L'aiutai a rialzarsi e a sedersi su uno sgabello, cercando di non farle male al fianco malato che le doleva. Ma lei avrebbe anche potuto non farci caso, per via del grande dolore che invadeva il suo corpo e la sua mente. - S , s - dissi in tono rassicurante accarezzandole una mano. - E' un tremendo errore che sar presto chiarito. E' una cosa assurda! Filemone in esilio da due anni. Non ragionevole sospettare un uomo che non si trova nemm eno qui! Questo lo capiranno tutti. Noi sappiamo che non sarebbe ragionevole sos pettarlo in nessun caso. Lui non lo farebbe mai, e noi sappiamo che non l'ha fat to, e possiamo dimostrare che gli sarebbe stato impossibile farlo, anche se dobb iamo aspettare la prima udienza; il Basileus allora annuller l'accusa. Non si arr iver neanche al processo. Parlavo a me stesso non meno che a lei, e le mie parole sembravano rinfrancar ci entrambi. Eudossia si asciug il viso e si ricompose per parlare. Si aggrapp ava avidamente alle mie parole. - "Non ragionevole sospettare un uomo che non qui". Devi dirglielo, Stefanos. Devi mostrare al Basileus che sciocchezza questa, di sospettare un povero esili ato, cos lontano. Oh povero il mio ragazzo, quando ti rivedr ? - Riprese di nuovo a piangere. - Come hanno potuto macchiare il suo dolce nome di un cos odioso delit to? - Abbass la voce e si chin su di me. - So tutto del delitto, sai, e anche tua madre al corrente, bench tu abbia cercato di nascondercelo. Gli schiavi non parla vano d'altro fin da quella mattina. Non ne abbiamo parlato davanti a te perch abb iamo visto che eri sconvolto. Sapevamo che eri stato in quella casa, e avremmo v oluto domandarti notizie, ma ci parso che non volessi parlarne davanti al sacro focolare di Zeus. Ma ora devo chiedertelo: tu c'eri, non cos ? - S - risposi, meravigliandomi dell'abilit delle donne nel nascondermi ogni cos a. [32] - E allora si parlato di Filemone? Per questo eri cos abbattuto? Fin da allora dicevano, o insinuavano, che fosse stato lui? - No, zia Eudossia, niente di simile, te lo giuro sugli dei. Io non ero pi pre occupato degli altri, per avevo visto Boutades, e non era uno spettacolo piacevol e. Esitai, ma lei mi guardava come in attesa che seguitassi. E cos le parlai di q uella mattina e di ci che era stato detto. Ascolt attentamente, senza piangere. In verit la sua replica mi sorprese. Sbuff forte col naso, come una contadina, e poi se lo soffi . - E' tutto qui? Se cos , non hanno niente: come se avessero estratto il suo nome da un'urna, a caso. Sono sicura che i familiari di Boutades provano vergogna di una morte cos orrenda in casa loro, e pensano che se riescono a dar l a colpa del delitto al primo che capita, allora la vendetta sar fatta e la citt ti rer il fiato e potr dimenticare. Hanno scelto il nome del mio povero Filemone a ca usa della vecchia accusa di omicidio colposo; ma quello fu in una rissa, Stefano s, e qui non c' stato niente di simile, niente. - Gli occhi le si riempirono nuov amente di lacrime. - Siamo tutti affidati a te, Stefanos, povero ragazzo, cos gio vane. Fa' che intendano la ragione. Noi ci faremo giustizia anche se quella gran de famiglia contro di noi. Pensano di poter fare quello che vogliono col nostro nome perch sono rimasti pochi uomini nella nostra casa, e il mio povero Filemone stato cacciato via. Ma tu sei un uomo, Stefanos, e sei buono: gli dei ti ascolte ranno e puniranno gli Etioboutadi per la loro falsa testimonianza.

Si alz , si asciug gli occhi e s'avvi massiccia e dolorante verso la porta. Prima di lasciarmi si volse e mi disse in tono quasi trionfante: - Sono stupidi, Stef anos, non vero? Come pu un uomo che non nemmeno qui commettere un delitto? Forse ero riuscito a confortarla. Quanto a me, non mi sentivo troppo sicuro, bench seguitassi a ripetermi quello che ci eravamo detti: "Come pu un uomo che non qui commettere un delitto?". Eudossia aveva ragione a dire che c'erano pochi uo mini in famiglia. Mio padre e mio zio erano morti, non avevo fratelli adulti n cu gini, eccetto il povero Filemone. C'era naturalmente [33] la mia fratr a, ma nessu no degli uomini importanti che vi appartenevano era mio stretto parente. Tutto d ipendeva da me solo, e io non sapevo cosa fare. Dopo una notte insonne, mi alzai e cercai di osservare le abitudini di una gi ornata normale. Andai alle terme, e gli amici mi salutarono freddamente. Andai a lla palestra, e vi trovai tutti troppo occupati per unirsi a me in qualsiasi gar a. Andai all'agor e i cittadini, al mio avvicinarsi, apparvero improvvisamente as sorti in conversazione. Al mercato udii delle esclamazioni da parte della folla dei plebei e vidi persino un paio di gesti che non erano destinati ai miei occhi . Erano gli scongiuri in uso tra la gente di campagna e gli schiavi per stornare il malocchio al passaggio di una persona di fama sinistra. Tornai a casa e cerc ai di leggere, ma nessun libro riusciva a fermare la mia attenzione. La mia test a era tutta un dolore, simile al bruciore provocato da un profondo taglio nella carne viva. Alla sera non ce la facevo pi a resistere. Sarei andato a parlare all'uomo che ammiravo maggiormente nella mia citt : l'uomo che, a dispetto del suo prestigio, non mi avrebbe allontanato con fredda cortesia. Avevo bisogno di schiarirmi la m ente, avevo bisogno di una conversazione intelligente e di consigli. Sarei andat o a parlare ad Aristotele. Aristotele abitava in quell'epoca in una casetta vicina al Liceo. La casa non era sua. Aristotele era straniero in Atene, un met co, e nonostante il decreto uf ficiale che tre anni prima gli aveva conferito la cittadinanza onoraria, alcuni non lo vedevano di buon occhio a motivo delle sue relazioni con i Macedoni. Egli non poteva possedere alcuna propriet . Di conseguenza, Platone non avrebbe potuto lasciare a lui la vecchia Accademia. Inoltre, prima della morte del suo maestro , Aristotele aveva dovuto lasciare Atene di gran corsa, perch il conflitto con i Macedoni significava un'ostilit ancora maggiore nei confronti dell'uomo di Stagir a, la cui famiglia era protetta da Filippo il Macedone. Aristotele era rimasto l ontano per tredici anni. Era quindi impossibile [34] che Platone avesse lasciato a lui l'Accademia. Sottolineo questo per contraddire delle voci maligne che cir colano di questi tempi, e secondo le quali Platone e Aristotele erano nemici, un a volgare calunnia nei confronti di due grandi uomini. Ho un ricordo assai vago di Platone: l'uomo canuto mi fu additato in teneriss ima et . Io avevo frequentato l'Accademia negli ultimi giorni del tedioso governo di Speusippo. Quando Aristotele era tornato ad Atene e aveva aperto la sua scuol a, mi ero iscritto, e per un breve periodo avevo goduto un immenso piacere intel lettuale. Entrare in quella scuola dopo aver frequentato l'Accademia di Platone era come vedere il cielo passare dal plumbeo al sereno. Avevo conservato gli app unti presi durante le lezioni, e anche dopo il mio forzato ritiro dal Liceo alla morte di mio padre tornavo a rileggerli di tanto in tanto, quando volevo manten er viva la mia mente. S , senza dubbio ammiravo molto Aristotele. Ma lui si sarebbe interessato a me? Non ero stato uno studente di particolare talento. Probabilmente non si sarebbe nemmeno rammentato chi ero. Mentre mi avvicinavo alla casa, mi sono sentito spa ventato della mia temerit . Il domestico mi ricevette cortesemente e and subito ad annunciarmi; poi torn a dire che il suo padrone era a tavola, ma che mi avrebbe ricevuto subito dopo pra nzo, e intanto mi condusse nella sala sul davanti ad aspettare. Le voci provenienti dalla stanza accanto rivelavano che Aristotele stava pran zando con sua moglie. Alcuni consideravano strano che Aristotele, allontanatosi per tanto tempo dall'Accademia e sottrattosi alle conversazioni per dedicarsi al le sue letture solitarie, traendo piacere apparentemente solo dal mondo dei libr

i e delle dissertazioni filosofiche, fosse tornato in Atene ammogliato, dopo lun ghi anni d'assenza e di misteriose missioni diplomatiche in terra straniera. E n on solo, ma con una donna assolutamente diversa dal tipo di moglie che ci s'imma gina accanto ad un filosofo. Si era sposato all'estero con Pitia, una donna stra niera figlia di Hermias d'Atarneo. Della gente malevola [35] raccontava che Piti a fosse stata concubina di Hermias, e non sua figlia, ma io non prester mai fede a tali voci. I soliti pettegolezzi delle donne riferivano che era carina, di pel le piuttosto bruna, pettinata alla moda forestiera, e che era una brava massaia e di carattere riservato. Aveva dato a suo marito una sola figlia. Mentre aspettavo nella piccola stanza confortevole, con la sua straordinaria quantit di libri (Aristotele aveva libri di sua propriet , e non due o tre soltanto , ma una grande quantit , e li teneva in casa) cominciai a sentirmi nuovamente dep resso. Lo schiavo era stato piuttosto rispettoso. Doveva avermi preso per uno de i giovani del Liceo venuto a riprendere qualche intricata discussione lasciata i nterrotta a scuola; un promettente allievo di Aristotele, che senza difficolt sar ebbe stato ricevuto a casa. Mi torn in mente che Aristotele era stato subito rico nosciuto da Platone come il suo migliore allievo. Si diceva che Platone chiamass e Aristotele "la Mente", e che rifiutasse di cominciare una lezione prima del su o arrivo, dicendo "la Mente non ancora tra noi". Noi studenti lo consideravamo c omico, e talvolta ci riferivamo ad Aristotele (ovviamente a sua insaputa) come a "la Mente". Certamente nessuno avrebbe usato tale epiteto per riferirsi a me, s e non per mettermi apertamente in ridicolo. Ed ecco, invece di essere un giovane gentiluomo colto venuto a conversare su elevati argomenti, ero un visitatore no n invitato, neanche pi uno studente, ma un giovanotto in uno stato tutt'altro che filosofico e anzi disastroso, che sperava di riversare i suoi sordidi problemi personali sulle spalle del maestro. La porta si apr e Aristotele entr . Il suo sorriso nel salutarmi non aveva nulla dell'altezzoso rimprovero che mi ero indotto a temere. Mi sedetti dietro suo in vito mentre lui accomodava la sua persona ossuta, dopo essersi accuratamente sis temato un cuscino dietro la schiena. - Spero, signore - dissi esitante - che per grazia degli dei siate in buona s alute. - Ottima - rispose allegramente. - A parte la sciatica. Un malanno comune qui nell'Attica. Ma tu, Stefanos - aveva appuntato [36] su di me gli occhi azzurri un po' infossati e mi scrutava attentamente in faccia - hai l'aria di uno che no n ha dormito. Sembri pieno di malanni attici. Credo di sapere perch sei venuto da me. - Ah! - risposi tristemente - non so bene neanch'io il perch , so solo che devo parlare con qualcuno che abbia la mente lucida e possa mettere ordine nei miei pensieri. Ma non si tratta di una questione filosofica. Forse neanche voi vorres te parlare con me... - So molto bene ci che accaduto - ribatt Aristotele con calma. - Non sono poi c os confinato nei boschetti dell'Accademia e nelle aule di lezione da non sentire quel che avviene ad Atene. So che Boutades stato assassinato e che tuo cugino so tto accusa. Ovviamente tu ti assumerai il compito di difenderlo. Non dunque natu rale che tu sia venuto da me, tuo vecchio maestro di retorica e di altre branche della filosofia? Una mossa molto sensata. Ed io - concluse ridendo - non sono a un tale vertice di rispettabilit ad Atene da provare imbarazzo nel parlare con t e, se questo che volevi dire. Scosse il capo; la larga zona calva luccicava nel riverbero della lampada, ch e accendeva riflessi anche nella frangia rossastra dei capelli superstiti. Aveva un po' l'aspetto di uno spirito del fuoco, e certo non appariva particolarmente rispettabile. Pensai tra me: "Questo probabilmente il mio migliore amico in tut ta Atene". - Capisco - seguit Aristotele in tono pi profondo - il dolore che questa situaz ione ti causa. Ma hai torto a pensare che il tuo non sia un problema da filosofi . Il timore, il dolore, la collera sono emozioni naturali per le bestie, per gli uomini e persino, a quanto ci dicono, per gli dei. Ma l'animale umano si sforza di superarle mediante il ragionamento, che il migliore e pi efficace rimedio con tro il male che sia stato dato ai mortali. Adopera dunque la tua mente. Ma prima

ci vuole un po' di vino, per confortarti il cuore. Berremo mentre discorriamo. - Ora - disse, dopo che fu portato il vino e si fecero le libagioni - parlami , e racconta con ordine tutto quello che sai. Esponi la questione come se si tra ttasse di un problema di geometria. Gli raccontai quanto era accaduto, come l'avevo riferito a Eudossia, [37] ma con maggiore chiarezza. Gli dissi della mia presenza in casa di Boutades e della vista del cadavere; gli riferii il pi fedelmente possibile quello che avevano de tto Telemone e Polignoto, la nostra uscita nel cortile e il rinvenimento del pez zetto di corno. Ascolt attentamente, e insistette perch gli descrivessi questo ogg etto. - Ah! - disse poi. - So che cos' . E' l'estremit di un arco cretese. Sono piutto sto rozzi come arnesi, ma abbastanza funzionali, a quanto pare. Filemone stato a Creta? - S - risposi tristemente. - Quando lasci Atene per la prima volta, era a bordo di una nave da trasporto carica di grano e diretta a Creta. Lo sanno tutti. - Davvero? - disse Aristotele. - Allora questo un punto che ovviamente sar usa to dall'accusa. Non prendere quell'aria depressa, Stefanos, dobbiamo considerare tutti i fatti, ed un r tore da poco quello che va a discutere un caso davanti all a legge senza prevedere cosa diranno gli oppositori. Dobbiamo conoscere i fatti fin dove possibile. E' una cattiva politica restare esposti alle sorprese. La re alt quello che . Ti assicuro, Stefanos, che non ti tradir , n ho intenzione di parlar e con altri di quello che mi dici, ma devo chiedertelo: ritornato Filemone? Si t rovava qui in Atene? Perdonami, ma solo la verit pu aiutarci in questo momento. - No - risposi sdegnato. - Io so che non venuto ad Atene neanche una volta ne gli ultimi due anni. Se fosse stato qui, me l'avrebbe fatto sapere. O almeno, se non a me, certamente a zia Eudossia. Sarebbe andato a trovarla: sua madre ed am malata. E io so che non lo ha fatto. Riferii poi ad Aristotele la conversazione con mia zia. - Zia Eudossia pensa - conclusi - che la famiglia di Boutades desideri solo v endicarsi il pi presto possibile, e abbia tirato fuori a caso il nome di Filemone solo perch mio cugino di famiglia modesta, non ricco, e ha quella vecchia accusa di omicidio colposo appiccicata addosso. - E' una donna saggia - rispose Aristotele. - Ho un grande rispetto per tua z ia Eudossia. [38] - E soprattutto - continuai - zia Eudossia ed io conosciamo bene Filemone. No i sappiamo che non farebbe una cosa cos odiosa, nemmeno per impadronirsi del gove rno, e forse neppure per salvarsi dalla morte. Aristotele scosse il capo. - Questo non serve granch , in un tribunale, salvo f orse nell'Ade, ma l si presume che la verit non necessiti di alcuna dimostrazione e che la retorica sia inutile. Non ti ho posto questa domanda per scoraggiarti, ma perch in questo momento stiamo cercando di pensare come r tori e uomini di legge . Per quel che riguarda tuo cugino, tu hai la modesta consolazione di sapere che Filemone in esilio e tuttora assente da Atene; perci , qualunque sia l'esito del processo, non possono infliggergli la pena capitale. La sua vita al sicuro finch sta lontano da Atene. Come pensi d'avvertirlo? - Non ho modo di farlo. Vorrei tanto averne la possibilit . Se solo sapessi dov ' ! Forse gli capiter di sentire di questa calunnia dovunque si trovi, bench mi rinc resca pensare che una notizia cos amara gli giunga mentre cos solo e lontano. Aristotele sorseggiava il vino, fissando il fuoco. - Bene - disse energicamente - noi vogliamo partire dall'ipotesi che Filemone non sia colpevole. Questa la base della tua difesa. La discussione proceder lung o le linee suggerite dalla tua buona zia: Filemone non si trovava qui e perci non ha potuto commettere il fatto. Ma c' un corollario della tua prima ipotesi che c onduce a un argomento pi interessante. Dopo tutto, la prova addotta da Eudossia s olo un sostegno della tua ipotesi, non una dimostrazione. Finch tiene, ha valore assoluto; ma anche se questo punto d'appoggio dovesse essere rovesciato, la tua ipotesi potrebbe ancora essere vera. Se la prendiamo per vera, il corollario pot rebbe essere dimostrato. Se Filemone non ha commesso il delitto, stato qualcuno che non Filemone a commetterlo. Qualcuno ha effettivamente ucciso Boutades. Cons iderato obiettivamente, questo il punto pi interessante. Trova chi ha ucciso Bout

ades e prova che questa persona lo ha fatto, e il tuo teorema dimostrato. Dipend e da te, prima del [39] processo, individuare chi ha ucciso Boutades, come pure trovare dei testimoni che dimostrino l'assenza di Filemone. - Da me? - balbettai mentre il vino m'andava di traverso. - Ma una fatica da Ercole. Trovare un assassino vagante, che si muove come il vento nella notte? Ch iunque l'abbia fatto pu essersene andato dovunque nel mondo, e il suo delitto not o soltanto a lui e agli dei. Che probabilit di trovarlo posso avere in questi poc hi giorni? - Non ho detto che si possa fare con certezza - replic Aristotele. - Ma potreb be essere fatto. E un po' di tempo ce l'hai, Stefanos. Perci ... guarda. - Alz quat tro dita. - Alla prima prodicas a - disse toccandosi il mignolo - incontrerai il B asileus e gli accusatori per la prima udienza, che avverr fra poche settimane, ci o tra poco, alla fine di questo mese. Ma poi - e si tocc l'anulare - c' un mese fra questa e la seconda prodicas a. Un altro mese - ed era arrivato al medio - prima della terza prodicas a. E poi ancora un mese prima del processo. - Agit l'indice ne lla mia direzione. - Ci sono quattro mesi, Stefanos. Il sole adesso ancora arden te, e le giornate sono calde. Ma quando di terr il processo saremo a met inverno. Si possono fare molte cose nello spazio di quattro mesi, e anche di tre. - Cosa dovrei cercare di sapere? Cosa dovrei fare? - domandai. Mi sentivo un idiota, come uno studente che sta sempre a chiedere "Cosa devo leggere? Su cosa devo riflettere? Come comincio? Come vado avanti?". Aristotele si limit a farmi un sorriso incoraggiante e a versarmi dell'altro v ino. - Anzitutto bisogna smettere di allontanarsi dal punto principale. Dobbiamo tornare al fatto pi importante, cio al delitto. La tua descrizione di quella matt ina molto interessante, Stefanos, e ben detta, anche. E' un vantaggio per la dif esa che noi sappiamo non ci che realmente accaduto, ma sempre di pi che se tu non ti fossi trovato sul posto. C' anche uno svantaggio nel fatto di esserci stato, e devo fartelo rilevare. Se Polignoto e la sua trib lo vogliono, possono asserire che tu eri d'accordo con Filemone e squalificarti come suo difensore. [40] Non c redo che lo faranno. Qualcuno deve pure assumersi la difesa, e sarebbe di maggio r credito per loro, dal loro punto di vista, sconfiggere un parente dell'accusat o, un autentico difensore. In ogni caso, presumo che gli eventi di quella mattin a dal momento del tuo arrivo non saranno messi in discussione. Il nome di Filemo ne in quei momenti non stato menzionato: penso che tu possa trovare dei testimon i su questo punto. Aristotele riflett un momento; poi scosse il capo con aria contrariata. I suoi capelli rossi e la barba striata d'argento splendevano come punteggiati di scin tille. - Santo cielo - disse. - Avrei voluto trovarmici anch'io in quella stanza . - Dubitate delle mie parole? - domandai, piuttosto offeso. - No, no. Ma ciascuno nota cose diverse, e molte parole confondono la vista. Quando ti riferiscono un avvenimento, ricordati sempre che tu non eri l a vedere. Alcuni di quelli entrati nella stanza con te in questo momento staranno andando sene in giro a dire delle sciocchezze come: "Io ero presente quando Boutades fu assassinato", il che un'espressione imprecisa e gratuita. Nessuno di voi, eccett o Polignoto, era presente alla prima scoperta del cadavere. Anche degli uomini r iflessivi possono dire che erano "praticamente l ", ma non sanno altro se non quel lo che ricordano d'aver sentito da qualcuno. Tu che cos'hai visto realmente? Des crivi la stanza e gli oggetti che vi si trovavano. Obbedii. - In che posizione giaceva Boutades quando l'hai visto? Com'era entrata la fr eccia? Spiegai anche questo, additando il punto nella mia gola, non senza un lieve b rivido. - Ah! La grossa vena della gola, la giugulare - disse Aristotele allegramente . - Un bel colpo, davvero. E molto sangue, mi hai detto? Povero Boutades, con i suoi conti non terminati, sparsi l sulla tavola, e coperti di sangue... - No - protestai. - Non c'era sangue sulla tavola, di questo sono sicuro. Ma ce n'era molto sul pavimento, una gran quantit . [41] Aveva persino inzuppato le p ianelle di Boutades. E i capelli avevano cambiato colore tanto erano intrisi.

- Che buona memoria. Sei un osservatore, io mi ero immaginato che ci fosse de l sangue sulla tavola. Devo prenderne nota. E ne prese nota effettivamente, scarabocchiando qualcosa con il suo stilo su una tavoletta incerata. Not anche il mio sguardo interrogativo. - Non metter per iscritto nulla che possa mettere chiunque sull'avviso - mi di sse, in tono rassicurante. - Ma annoto sempre tutto. Dev'essere un fatto nervoso , ma sempre meglio che rosicchiarsi le unghie, e conferisce un'aria saggia. E' u n vero piacere esser considerati saggi, e garantisce un certo potere sugli altri senza troppo sforzo. Ma continua la tua esposizione dei fatti. Dov'erano pi macc hiate le pianelle di Boutades? - Dappertutto, ma specialmente i tacchi. - "Non giunse coi piedi asciutti sulle rive dello Stige" - recit Aristotele ci tando un'elegia. - Hai davvero l'occhio fino. E dimmi, il cadavere sanguinava an cora quando l'hai visto? O il sangue era rappreso, color ruggine? - Sanguinava ancora quando entrai - dissi rammentando la scena. - Vidi una go ccia che gli scendeva gi per la gola. Ma quando lasciammo la stanza il sangue si era fermato e cominciava a disseccarsi, e anche la pozza sul pavimento. Questo genere di discorsi mi dava fastidio allo stomaco, ma Aristotele sembra va trovarci un interesse vivido e impersonale, come se stessimo discorrendo dell e proporzioni d'un triangolo invece che del cadavere d'un uomo. Mi rammentai che suo padre era un medico, e che il filosofo stesso, discendente d'Esculapio, era pratico di medicina. Immagino che i medici abbiano sempre questo atteggiamento distaccato riguardo al corpo e alle sue funzioni, un atteggiamento che la maggio ranza degli altri non condivide. - Vorrei aver visto il cadavere - osserv Aristotele pensosamente. - S , la morte di Boutades molto interessante. Perch morto? L'uomo colpisce il suo simile per q uattro motivi fondamentali: per caso, per impulso, per abitudine, o per intenzio ne. [42] Non pu esser stato un caso, a meno che l'assassino intendesse uccidere q ualcun altro e abbia commesso un errore. Possibile ma improbabile. Abitudine cer tamente no. L'abitudine di ammazzare gente all'alba con arco e frecce sarebbe tr oppo vistosa come eccentricit . Impulso s , l'assassino pu essere stato spinto a comm ettere il delitto dal suo vero ideatore. Il che mi porta al quarto motivo, perch chiunque abbia ideato questo delitto, sia stata sua o no la mano che ha colpito, voleva che Boutades morisse. - Pu essersi trattato d'un pazzo - obiettai. - S , un desiderio irrazionale della morte d'un uomo anch'esso possibile. I mov enti irrazionali sono pi difficili da enucleare, sebbene spesso finiscano col sem brare razionali una volta che siano sviscerati. L'uomo irrazionale, che recita u na parte davanti alla propria mente, vede nella sua vittima un nemico dello Stat o, o l'assassino di suo padre, o qualcuno che congiura contro lui stesso. Di sol ito lo squilibrato si tradisce con discorsi incoerenti. Per quel che ne sappiamo , l'accusa pu sostenere che Filemone ha ucciso Boutades in un accesso di follia. - Allora, tutto quel che potremmo fare - replicai - sarebbe presentare delle prove che dimostrino che mio cugino sano di mente. Ma non ce n' bisogno, dal mome nto che abbiamo solo da dimostrare che Filemone non era qui. - La prova della zia Eudossia. S . - Aristotele aggrott la fronte. - Dimostrare una negazione, sempre una negazione! Filemone non era qui, Filemone non pazzo, F ilemone non aveva un motivo razionale... E' sempre difficile dimostrare le negaz ioni. Torniamo a Boutades e al perch morto. E' pi probabile che il desiderio della sua morte sia stato razionale. Approssimativamente ci possono essere tre tipi d i desiderio razionale in un caso simile. Desiderio di vendetta, di difesa o di g uadagno, e cio collera, paura o avidit . Tre passioni potenti. Boutades interessant e ora che cadavere, ma era altrettanto interessante da vivo? Dev'esserlo stato, perch con molta probabilit qualcuno lo ha odiato abbastanza da ucciderlo. Credo si possa ben dire che il preferire le ricchezze di un uomo alla sua vita possa def inirsi [43] odio. Boutades era un personaggio in vista. Tu ed io abbiamo cominci ato a discorrere stasera come se il protagonista della nostra conversazione foss e Filemone; ma se tu hai detto il vero, non affatto lui il personaggio centrale. E' molto meglio considerare Boutades come nostro personaggio centrale. Come tal e, merita attenzione. Ricordi a scuola quelle esercitazioni di retorica in cui t

i si chiedeva di pronunciare un'orazione sulle qualit , le azioni e il carattere d i un personaggio letterario? Per come la vedo io, in questo momento tu saresti p erfettamente in grado di pronunciare un'orazione piena di osservazioni acute sul saggio Ulisse, o sul lascivo e brutale Egisto. Tuttavia, in questo momento Bout ades conta molto di pi di costoro, quindi cosa sapresti dirmi del suo carattere, delle sue azioni e delle sue qualit ? Mi ritrovai a rispondere: Boutades fu trierarca, di un nobile demo ateniese, con tutti noi fece il suo dovere, come fu sempre palese. - Che vai dicendo? Come un idiota ripetei ad Aristotele tutta l'assurda ballata che avevo sentit o nell'agor . Senza che lo volessi, mi era rimasta impressa nella mente. Aristotel e ne parve assai divertito. - Molto graziosa. Concisa e inesatta come lo sono di solito la poesia e la st oria. Ma vero che un assassino stato visto fuggire al di l del muro? "E' morto as sai stimato", ma davvero lo stimavano tutti? Ha fatto davvero il suo dovere con tutti noi? Cosa ha fatto? E cosa non ha fatto? Potremmo procedere ipotizzando ch e qualche aspetto della sua vita ne abbia causato la morte. - Non so come ottenere informazioni su di lui - obiettai. - Non sarebbe certo possibile per me interrogare i familiari. - E' vero. Ma la casa di una persona somiglia pi ad un setaccio che ad un vaso tappato. La vita di chi vi abita viene filtrata, e ogni tanto qualche grano sfu gge da una parte o dall'altra. Un grosso personaggio come Boutades non vive senz a lasciare tracce. La cosa migliore che tu tenga occhi e orecchie aperti. [44] V edi cosa riesci a scoprire di lui: dell'uomo vero per , non del personaggio della ballata. - Ma io voglio cominciare da un punto preciso - protestai. - Prendi un aspetto della sua vita e comincia ad investigare su quello. - Come il fatto di essere un trierarca? - Ottimo. - Questo potrebbe essere possibile - dissi pensando ad alta voce. - E certame nte, se quel che si sente dire vero, c' stato un certo disordine nella trierarchi a, finch ... - Bravo Stefanos. Stavi riflettendo per conto tuo. Prima che il tuo solito ta tto intervenisse, stavi per aggiungere, "finch il vostro grande nemico Demostene, non ha sistemato tutto grazie a delle disposizioni mirabilmente eque sul commer cio marittimo". lo non mi sognerei mai di negare le capacit di Demostene e certam ente elogio l'equit delle sue riforme. Ma questo accaduto durante la guerra. Ades so Demostene, non ha pi il suo potere; la citt calma, i cittadini hanno ottime pos sibilit di prosperare. I vecchi disordini hanno avuto occasione di tornare a serp eggiare. E' difficile scoraggiare i sostenitori dell'oligarchia: hanno delle abi tudini molto radicate. Potrebbe esserci qualcosa che valga la pena di scoprire n elle relazioni di Boutades con la trierarchia. Indagare ti consentirebbe una vis uale pi ampia. - Cercher di appurare quello che posso - mormorai. Sentivo, se non altro, di e ssere agli inizi di un compito ben preciso. "Boutades - trierarchia". Era come a vere un tema per la prima dissertazione a scuola. - Ma soprattutto, Stefanos, discrezione. Un'eccessiva curiosit irrita la gente , come le mosche. La famiglia di Boutades non vorr sentirne il ronzio. Va' tranqu illo e bada ai tuoi soliti affari. Alla prima prodicas a mostrati modesto e riservato, come si addice ad un giovane. Questo ti attirer il favore del Basileus e non dar motivo di risentimento agli opp ositori. Un contegno decoroso gi di per s un atteggiamento efficace quando si eser cita la retorica. Cosa pensi di sostenere alla prima udienza? [45] - La difesa della zia Eudossia. Che Filemone non era ad Atene. - Si. Non c' male per cominciare. La seconda parte del tuo compito, ma la prim a per importanza se credi, sar di cercare testimoni che possano provare che Filem one era altrove. - Sospir . - Provare delle negazioni: un aspetto tedioso della lo

gica. L'odore della selvaggina sul sentiero delle affermazioni molto pi forte ed elettrizzante, anche se il sentiero pu rivelarsi pi lungo. Ma si andr per le lunghe in ogni caso, temo. Non essere depresso se non trovi testimoni in favore di Fil emone per la prima prodicas a. Dopo tutto non che una formalit . Una condotta modest a e la dichiarazione che Filemone non c'era. Questo dovrebbe bastare per il mome nto. Contemporaneamente, comincia la tua indagine segreta della vita di Boutades . Fammi sapere quello che trovi, anche cose da poco che non sembrano collegate a l delitto. - Posso tornare, dunque? - Quando vuoi - rispose Aristotele allegramente. - Sono impaziente d'aumentar e le mie note. Diedi un'occhiata alla tavoletta incerata. C'erano sopra poche parole, cos dis poste: Creta tavola sangue sulle pianelle Collera Paura Avidit . - Non molto - dissi, deluso. - Ho tenuto intere conferenze con note altrettanto scarne. Il filo d'Arianna . Dopo tutto, un r tore un vero figlio del fondatore d'Atene. Si muove in un labir into, indicandoci la strada finch non giungiamo faccia a faccia con la verit . Ci alzammo e gettammo i rimasugli del vino nel fuoco. I pochi attimi di pregh iera furono molto rasserenanti. - Vorrei - riprese Aristotele interrompendo i miei pensieri - essere uscito c ome te quel mattino. Vorrei aver visto quella stanza. Ma forse meglio cos . Potrei essere accusato anch'io di [46] complicit nel delitto! Che buona occasione per l iberarsi dell'amico della Macedonia! Mi affrettai a contraddire quest'idea assurda che sulle sue labbra suonava co me uno sfoggio di sciocca vanit . - Macch - dissi. - Anzi, la famiglia di Boutades sostiene decisamente la Macedonia. Ad ogni occasione parlano bene di Alessandro. - Hai ragione, Stefanos. Tu la sai pi lunga di me in fatto di vita pubblica. E forse ne sai di pi di quanto tu stesso pensi. Questa serata mi ha dato un'ottima impressione di te. Sei leale e lucido di mente. Non lasciare che una qualit sia d'impedimento all'altra. Addio, vai a dormire. Le sue lodi e il suo interesse mi rincuorarono. Quella notte dormii, e il mat tino dopo mi sentii meglio di quanto non accadesse da diversi giorni, sebbene, r ipensando alla nostra conversazione, mi resi conto di non aver combinato granch . Aristotele non mi avrebbe aiutato direttamente, non si era offerto di assistermi nelle mie indagini. Ma almeno avevo la mente pi lucida, e qualche idea su cosa a vrei dovuto fare nel prossimo futuro. Aristotele mi aveva dato la rassicurante i mpressione che la mia capacit di giudizio non fosse poi cos disprezzabile. Tuttavi a, mi sentivo infastidito dalla sua insistenza sull'odore della selvaggina, la s tanza e il desiderio di essere entrato l anche lui. Cosa avrebbe potuto vedere ch e io non avevo visto? Certamente nulla. 5 - Notizie e voci Nei giorni successivi, mi abituai alle occhiate gelide e alle facce offese, e mi aggirai per Atene con aria tranquilla e controllata. Il mio sforzo di manten ere la calma non fu senza effetto nel dissipare l'ostilit altrui nei miei confron ti; la freddezza divenne un po' meno gelida e le facce offese meno palesi. Ma de ntro di me continuavo ad essere in ansia. La calma cominci a pesare sul mio viso come la maschera di un attore. In realt non avevo ancora [47] fatto nulla per la causa di Filemone, ma il fatto di continuare ad essere accettato in pubblico mi avrebbe facilitato il compito come suo difensore. E intanto il tempo passava. Poi, una settimana dopo il mio incontro con Aristotele, qualcosa accadde. Non molto, ma qualcosa. Raccolsi un primo granello d'informazione. Stavo bighellona ndo al mercato, dopo essermi sforzato di fare la mia quotidiana apparizione nell 'agor , e mi fermai alla bancarella d'un venditore d'articoli di cuoio. Mentre asp

iravo quell'odore piacevole, pensando oziosamente di comperarmi dei sandali nuov i, udii delle voci di donne che chiacchieravano. Il retro della bancarella era i solato da una pelle appesa ad una corda, e al di l di questo divisorio alcune don ne stavano pettegolando, forse delle schiave o delle contadine. Pensai che stess ero aspettando che il garzone del venditore venisse a tagliare dei sandali per l oro. Le donne parlavano con l'accento della citt , non della campagna e pensai che dovessero essere delle schiave appartenenti a buone famiglie, se potevano perme ttersi quelle calzature. Questo il tipo di deduzione logica che si fa tutti i gi orni senza far troppi sillogismi, e la conclusione non era di nessunissimo inter esse. Stavo per allontanarmi, quando udii un nome che mi trattenne. Una donna, a bbassando la voce, chiedeva all'altra: - Come vanno le cose per voi adesso in casa di Boutades? - Oh, Zeus! - rispose l'altra con enfasi. - Si potrebbe ben dire che viviamo tra il porcile e il salotto. Il giovane padrone tiene tutto in ordine, e non nep pure avaro, ma a chi piace vivere in una casa dove corso del sangue? Mi auguro d i non aver mai pi da ripulire una stanza come quella. E poi siamo tutti spaventat i al pensiero del processo. Qualcuno dice che tutti gli schiavi saranno chiamati a testimoniare; altri dicono che chiameranno soltanto quel povero ragazzo, e qu esto per uno schiavo significa la tortura. E' la legge. Ringrazio Atena di esser mi trovata in campagna al momento del delitto, cos non dovr essere interrogata. Ma quel povero ragazzo smagrisce di giorno in giorno. - E' una cosa ingiusta, la legge - osserv l'amica con indignata simpatia. [48] Ci fu una breve pausa; poi una terza voce femminile, pi secca e pi anziana, dom and : - E la moglie di Boutades come sopporta la perdita? Con coraggio? - Potete ben dirlo! - La schiava della famiglia di Boutades parve ben content a di diffondersi sull'argomento. - Oh, senz'altro dimostra una gran forza d'anim o. Pensate, il terzo giorno dopo il funerale mi ha chiesto di nascosto di portar le un porcellino da latte arrostito; il padrone non glielo lasciava mangiare. Si abboffata del maialino cotto nel miele, riempiendosi la faccia di unto, un bell 'esempio di signora in lutto. Ma io sono stata zitta, e in realt non gliene facci o un rimprovero. Il padrone ci teneva a corto sul mangiare. Perch dovrebbe rimpia ngerlo? La trattava come nessuna donna sopporterebbe, la chiamava cagna sterile e la picchiava. Stava peggio degli schiavi, poveretta. Mai un paio di sandali nu ovi o un abito nuovo: Boutades era avaro in un modo incredibile negli ultimi tem pi. La moglie non gli aveva dato un erede, ed questo che l'ha squalificata ai su oi occhi. - Eh, s - disse la seconda donna. - Molti uomini la pensano cos , e specialmente uno con tante ricchezze da lasciare come Boutades, e senza nemmeno una figlia a cui passare il gruzzolo. Ma il tuo padrone e sua moglie non erano pi dei giovinc elli, e dovevano essersi abituati alla situazione ormai. - Non parlereste cos se aveste sentito quello che ho sentito io. Non erano pi g iovani, questo vero, lui con quella pancia e i suoi disturbi intestinali, e lei sempre con le coliche (le costato caro anche quel pasto con il porcellino). Ma l itigavano come se avessero appena cominciato. Questi ultimi mesi sono stati i pe ggiori. Lei sapeva rimbeccarlo bene, bisogna riconoscerlo. Ci fu una grande scen ata fra loro quest'estate. Io l'ho sentita saltargli addosso in piena regola. "A h, tu (e qui la schiava alz la voce in falsetto, imitando quella della signora), tu che fai la figura del cretino alla tua et ! Vuoi disonorare te stesso con tutta la famiglia? Proprio l'epoca giusta per pensare a un bambino, e neanche tuo. In vece di mettere a rischio tutto il tuo patrimonio, faresti meglio a spendere qua lche soldo con una brava sgualdrina, [49] che sarebbe felice di prenderti del de naro per quello che non puoi fare!" Be', io mi misi a ridere a sentire il padron e punzecchiato cos , ma lui le grid di rimando: "Far quello che mi pare!", e aggiuns e delle parolacce che non voglio ripetere. Poi le diede un paio di botte che dov ettero farle male davvero, e allora io smisi di ridere. Una donna paga caro se l ascia andare il freno alla lingua. Lui, in casa, era sempre burbero. Dice bene i l nostro proverbio: "Non s'imparano le buone maniere dai padroni". - Poveretta - comment l'amica. - Tirer il fiato, adesso. Ci sono tanti aspetti piacevoli nella vedovanza. - Io penso che sia vergognoso - interloqu la terza. - Una moglie dovrebbe comp

ortarsi come si deve. Dai vostri racconti quella donna mi sembra una scostumata. - No - replic la schiava di Boutades prudentemente. - Non direi proprio, e io sono la sua serva. La mia padrona facile da accontentare, quasi sempre, e sa ess ere molto generosa. Ma adesso come una che si trova in un turbine di vento, spin ta di qua e di l , un momento piange, un momento ride. Un attimo prima sprofondata nel dolore, e subito dopo allegra come un passero. E quando ride stranamente ri gida, come se fosse fatta di lino nuovo. Sapete che ha riso quando le hanno dett o che Boutades era morto, e come era morto? Ha riso. Gli schiavi hanno dovuto co minciare a piangere e a lamentarsi per coprire la sua risata. Io penso che non s ia del tutto sana di mente. Ha persino litigato con Polignoto, e dire che lui ha un cos buon carattere. Era abbattuto per la morte dello zio, ma ha fatto del suo meglio per parlarle sempre con garbo. E che bel funerale ha organizzato, date l e circostanze. Una cosa che dovrebbe consolare il cuore di una donna. - Per cosa hanno litigato? - Non l'ho capito bene. Qualcosa a proposito di Polignoto che non aveva dirit to di disporre a suo modo del mobilio, ecco com' cominciato. Sciocchezze, natural mente, e proprio il giorno dopo il funerale, e lui l'aveva rifornita di abiti nu ovi e tutto. Ma lei si messa a sgridarlo, e l'ho sentita dire: "Perch non dai qua lcosa al bambino, secondo il desiderio di tuo zio? Zeus il padre degli orfani. [ 50] Nessuno in questa casa pu permettersi di andare contro il volere degli dei. I o so del bambino, ricordatelo". E ha seguitato cos , sempre nominando Giove e un b ambino. L'amica fece una risatina furba. - Magari si tratta d'una storia d'amore di P olignoto. - Pu essere. Ci sar in giro qualche bastardo di Polignoto, e lei ne avr sentito parlare. Se Boutades avesse avuto un figlio, l'avrebbe adottato subito, questo s icuro, ma aveva perduto da un pezzo la capacit di averne. Ad ogni modo, Polignoto era seccato, e le ha detto di smetterla. Ma vedete com' stupida quella donna, a litigare con suo nipote che le d il pane che mangia? - Begli affari davvero - disse la schiava pi anziana. - La vita non pi come un tempo ad Atene, nemmeno nelle vecchie famiglie. Sono contenta di vivere quasi se mpre in campagna ormai. Il cibo meno caro. Avete visto a che prezzi sono andati i cavoli sul mercato? E la conversazione si spost su generi alimentari e prezzi. Tutte le donne non hanno che cinque argomenti di conversazione: il cibo, i vestiti, il sesso, i fig liuoli e gli scandali. Comunque ero grato a quei pettegolezzi. Mentre m'allontan avo lentamente, sperando di non avere indugiato in modo troppo vistoso accanto a lla bancarella del cuoio, ripensai a quanto avevo udito. Aristotele aveva ragion e: la casa di una persona come un setaccio. Avevo colto un nuovo aspetto di Bout ades, il cittadino esemplare, che a quanto pareva era incline a sordidi litigi e ad un comportamento brutale, e la cui impotenza era nota in casa e costituiva u na vergogna domestica. Ripensai alle parole di sua moglie: "Vuoi disonorarti? P roprio il momento giusto per pensare a un bambino". Aveva forse cercato di gener are figli con la moglie di un vicino? Questo certamente sarebbe stato un motivo di vendetta. L'atteggiamento della moglie di Boutades era non solo repulsivo, ma anche strano, sebbene io, celibe, dovessi ammettere che sapevo ben poco di quan to ci si possa aspettare dalla vita matrimoniale. Questa donna aveva riso alla m orte del marito e imbandiva segretamente festini di carne arrostita. Sarebbe [51 ] stata capace di tirare d'arco, una donna? Improvvisamente mi parve di vederla, la donna velata di nero che m'era apparsa al funerale, in atto di piegare l'arc o con la freccia incoccata, e di scoccarla dritta nella gola di Boutades. La ven detta pu essere dolce, e a volte le donne sono capaci di azioni terribili. Basti pensare a Medea. Avevo qualcosa su cui riflettere. La conversazione che avevo udito per caso ebbe un certo effetto sulla mia vit a privata. Diventai pi prudente nella mia condotta di fronte agli schiavi. Nessun o avrebbe dovuto dire di me: "Non s'imparano, le buone maniere dai padroni". Ma a parte questo, il colloquio che avevo ascoltato non mi fu d'immediata uti lit . Ad ogni modo me ne sentii rincuorato. Boutades non sembrava pi cos inattaccabi lmente rispettabile e potente, e questo, stranamente, rendeva pi facile il riflet tere con freddezza sul suo assassinio e sul furore dei parenti. Mi riusciva pi fa

cile anche mantenere la calma, e ascoltavo gli altri con maggiore interesse. Due giorni dopo, nell'agor , quando udii gridare "Notizie!" mi accostai al gruppo che s'era formato intorno al messaggero senza quasi temere occhiate ostili. In real t , nessuno fece molto caso a me. Erano tutti troppo interessati alle notizie dell a guerra. Il cittadino che aveva dato l'annuncio con tanta enfasi era Cleoforo, un tipo gioviale, con occhi chiari piuttosto infossati e il doppio mento. Era noto come una persona ricca e ospitale, con vasti interessi nel commercio. Era arrivato a precipizio nell'agor e il suo volto era raggiante di piacere, perch aveva l'oppor tunit di comunicare qualcosa. - Di cosa credete che si tratti? - (Cleoforo il tip o d'uomo che chiede "Indovina cosa c' per cena?" prima di servirti da mangiare e "Di cosa credete che si tratti?" prima di darvi un'informazione). - Notizie, not izie da Tiro! Una mia nave appena arrivata da Rodi, e il capitano ha con s un tal e di Rodi che ha preso parte alla battaglia. L'assedio finito il mese scorso. Al essandro ha vinto ancora! - Ma davvero! - disse l'austero cittadino Teosoforo in tono alquanto sarcasti co. - A quanto sembra, Alessandro destinato [52] a vincere. Il destino fortunato del condottiero non certo da considerarsi una novit . Chi viene ricordato negli a nnali se non colui su cui il sole fa splendere un'eterna estate? Altri uditori furono, per , pi inclini a sentire le novit e ad esserne colpiti. - Cos' accaduto? Com' andata la battaglia? - E' un genio quel giovane Macedone - prosegu Cleoforo, che si era infervorato ed era evidentemente intenzionato a rendere giustizia al suo argomento adoperan do la sua personale retorica. - Un genio con le navi e con gli uomini, sia a ter ra che in mare. Ormeggia le navi lungo le mura della citt . I Tiriani allora manda no gi dei tuffatori a tagliare gli ormeggi. Lui le fa ancorare di nuovo, e le cor de vengono di nuovo tagliate. Cosa fa lui allora? Per gli dei, signori, usa dell e catene invece di gomene, e i tuffatori non riescono a tagliarle. Le navi resta no dove sono, proprio sotto le mura della citt , e le macchine da guerra vengono m esse in azione direttamente dalla tolda delle navi. Bum! Bang! - Cleoforo gestic ola coi pugni, convinto che l'occasione richieda la sua abilit di mimo per imitar e l'azione degli arieti e delle catapulte. - Le navi sono ferme di fianco alla b reccia nelle mura. Le passerelle vengono lanciate in mezzo, posate sulle pietre crollate, alcune di queste ridotte in minuscoli frammenti, tutto ci che resta di quella parte delle mura. Le truppe vi si accalcano sopra a centinaia. Admeto gui da l'attacco, gridando "Dietro a me, uomini!". Poi abbattuto da un colpo di lanc ia. Whumph! - (E qui Cleoforo si colp il petto.) - La seconda ondata di attaccant i guidata da Alessandro in persona. I Tiriani abbandonano le mura e si rifugiano nel tempio, ma cadono come il grano sotto la falce. Ah! Swish! Uh! Argh! - Cleo foro brand e conficc lance e spade immaginarie, imitando ora gli attaccanti, ora i gemiti dei moribondi. Sembrava l'immagine stessa della guerra. - Nessuno sa qua nti ne sono morti - continu asciugandosi la fronte. - Alcuni dicono cinquemila, a ltri diecimila. Dell'armata di Alessandro, solo quattrocento sono caduti in azio ne. Alessandro ha celebrato un sacrificio a Eracle nel tempio di Tiro. [53] - Cos adesso re di Tiro - disse Teosoforo. - Se gli avessero permesso di sacri ficare in quel tempio sin dall'inizio, si sarebbero risparmiati un assedio di se tte mesi e avrebbero accresciuto le loro possibilit di morire liberi e nel propri o letto. - E' dunque meglio cedere? O combattere e morire per la libert ? - chiese il gi ovane Micone, uno dei miei vecchi compagni di scuola. - Il loro dio era contro di loro - disse Archimeno, un nobile, noto sostenito re della Macedonia. Il brizzolato Archimeno aveva un aspetto molto distinto, la fronte ampia e il naso elegante, il tipo d'uomo che durante una missione diploma tica presso un'ambasciata straniera farebbe una buona impressione. La fronte era segnata da piccole rughe, a parte due profondi solchi verticali sopra il naso, formatisi probabilmente per la sua abitudine di aggrottare leggermente le soprac ciglia prima di parlare. - Bisogna anche ricordare che Alessandro ha dato alle c itt dell'Eolia e della Ionia un'autentica democrazia, restaurando le loro leggi. Non giusto combattere contro la tirannia persiana, che altrimenti potrebbe minac

ciarci tutti di rovina, come nei tempi antichi? Atene ha inviato ad Alessandro u na corona d'oro, in riconoscimento non solo delle sue vittorie, ma anche delle s ue virt . - Che gli dei ci guardino dal prestar fede alle corone d'oro degli Ateniesi disse Teosoforo. - Non ho la memoria cos corta da non ricordare che a Demostene fu concesso quest'onore da un popolo colmo di gratitudine, che ora vuol metterlo sotto processo. Un cerchietto d'oro una ben misera protezione. Un uomo saggio f arebbe molto meglio a pregare di ricevere un cappello per ripararsi dalla pioggi a. - Bene - concluse Cleoforo, che evidentemente sentiva di essere stato troppo a lungo fuori dalla conversazione. - Tiro soggiogata, e migliaia di uomini marci ano ora verso l'Egitto. Tenete d'occhio Alessandro! Molto presto lo vedremo sali re su quelle vecchie piramidi. Le citt della costa si stanno gi arrendendo, bench c orra voce che Gaza voglia resistere e combattere. [54] Sicuramente presto Alessa ndro avr bisogno di altre navi. Forse la nostra flotta potr essere chiamata all'az ione. - Mio padre dice di s - afferm Micone. - Lui sostiene che Alessandro non pu lasc iare in ozio in eterno la flotta che rimand indietro l'altr'anno. Adesso che Aten e ha dimostrato la sua lealt non avrebbe senso lasciare la flotta in porto. Mio p adre pensa che sar chiamata alle armi in primavera. - Sono anch'io di questo parere - disse Cleoforo - e i marinai delle navi da combattimento pensano che l'anno prossimo saranno impegnati in battaglia. Ma qui c' qualcuno pi pratico di noi in questioni navali. Che ne pensi, Archimeno? - E' impossibile saperlo con certezza - replic Archimeno col suo tono preciso. - Alessandro non rivela i suoi piani. Ma, naturalmente, si fanno molte supposiz ioni. Visto che siamo tra di noi, posso permettermi di affermare che si discusso di alcune possibilit . Si dice che ci potr essere chiesto di allestire delle navi del nuovo tipo, con il banco da rematori a cinque posti, come ne hanno gi fatte a Siracusa. Pu darsi che per il momento Alessandro lasci da parte la flotta perch d esidera riorganizzarla su nuovi modelli. Cleoforo annu saggiamente. - Senza dubbio, il Pireo sarebbe un ottimo posto pe r costruire una nuova flotta. Mi piacerebbe vedere una delle nuove navi. Viviamo in un'epoca eccitante, piena di novit . - Non dobbiamo saltare alle conclusioni - disse Archimeno. Da una parte potrebbe essere cos , ma potrebbe anche non esserlo. - Se cos - disse Teosoforo - questa sarebbe una bella occasione per la trierar chia per mostrare ci che in grado di fare. La nostra organizzazione patriottica p otrebbe fornire subito il legname nuovo e tutto quello che occorre per la naviga zione. Quale onore per Atene che sia non solo un dovere, ma un privilegio per i ricchi e per i nobili allestire una nave da guerra. "Come la balia per un bambin o, cos il trierarca per una nave", dice bene il proverbio. E' davvero un'epoca ec citante, come dice il [55] mio amico Cleoforo. Ma potrebbe esserci un'attesa mol to noiosa prima che Alessandro richieda una flotta ad Atene. Lui sa essere fasti diosamente cauto quando si tratta di noi Ateniesi. - Perch ? - chiese Micone. - Ah, come vola il tempo! Ormai rammentiamo a malapena che pochissimi anni fa in questa citt vi furono dei disordini a causa di Alessandro. E di recente vi st ata quella piccola questione del re Agide di Sparta che cercava di procurarsi na vi e denaro per combattere contro i Macedoni. Essendo un uomo di buon senso, Ale ssandro potrebbe temere che una flotta ateniese possa essere una trovata di Agid e. - Sparta! - disse il giovane Micone. - Il vecchio nemico adesso sta dalla par te dei Persiani, quindi facciamo bene a sostenere la Macedonia. Il nostro vecchi o nemico ora alleato contro di noi! Dobbiamo forse aspettarci offese pi grandi? A gide non nostro amico. E' sbarcato a Creta con Agesilao, conquistando le citt e f acendo giurare loro fedelt ai Persiani. Ma noi non siamo pirati cretesi, n combatt eremo a bordo di navi cretesi. - Avete visto una delle nuove navi? - domandai ad Archimeno, in verit tanto pe r dire qualcosa. Sentir nominare Creta mi aveva fatto sentire a disagio, ed ero stupidamente ansioso di distogliere la conversazione da tale argomento. Alcuni d

el gruppo mi guardarono, come se avessero appena notato la mia presenza e non la gradissero. Ma Archimeno rispose cortesemente, dicendo che aveva sentito nomina re la quinquereme solo a un tale che aveva visto questa grande nave. Pensai che anche Archimeno non fosse entusiasta della piega politica che aveva preso la con versazione. Il gruppo cominciava a disperdersi, ma io rimasi con Archimeno. L e osservazioni di Cleoforo m'avevano rammentato che quest'uomo era un trierarca. Questa mi parve l'occasione buona per incominciare le mie indagini sui rapporti di Boutades con la trierarchia. Archimeno rispose civilmente alle mie deferenti domande sull'importanza di Tiro e gli effetti sul commercio. Con apparente entu siasmo dissi che mi sarebbe piaciuto partecipare alla battaglia. Mentivo come un ladro nel dire [56] questo, perch non facevo che pensare a Filemone tutto il tem po. Forse, per quel che ne sapevo io, poteva essersi battuto nell'assedio. (Era stato ferito, ucciso? Seguitavo a vedere corpi mutilati che precipitavano gi dall e mura). Seguitando a mentire, dissi che speravo di andare volontario se la flot ta veniva precettata, perch capii che al mio uomo non dispiaceva questo tipo di d iscorsi appassionati. Poi passai ad ammirare l'operosit dei trierarchi, lodando l 'illuminata nobilt che aveva reso grande Atene, e infine, dopo aver nuotato verso la mia meta in questo pantano di insulsaggini come un cane che se ne vada trott erellando all'inseguimento di un bastoncino, dissi che la perdita di Boutades co me trierarca doveva essere stata dolorosa. - S , certo - mi rispose Archimeno. - Molto sconcertante. E Boutades era un uom o stimabile, veramente stimabile. Questo non sembrava molto incoraggiante dal mio punto di vista. Ci riprovai. - Avevo sentito - dissi vagamente - di certe difficolt nella trierarchia, qual cosa che implicava Boutades, come se non avesse fornito quanto doveva, o roba de l genere. Archimeno mi diede un'occhiata severa. - Non dovete dar retta a voci meschine . Il compianto Boutades, sia pace al suo spirito, era un uomo ligio ai suoi dove ri. Nessun trierarca avrebbe lasciato maggior vuoto. Pagava sempre quanto doveva , dava quanto poteva e si dedicava al bene della citt . Questo discorsetto era decisamente in contrasto con il linguaggio della schia va: come se parlassero di due uomini diversi. Archimeno parlava come se stesse i ncidendo una lapide alla memoria dell'estinto. Mentre parlava le sue sopraccigli a si aggrottavano ripetutamente, facendo apparire pi profondi i due solchi vertic ali sopra il suo naso. La mia impertinenza sembrava aver suscitato la sua disapp rovazione. Mi sentii colpevole e in pericolo. Non potevo parlare con naturalezza di Boutades. Chiunque avrebbe potuto guardarmi con biasimo, sentendomi parlare a discredito della presunta vittima di mio cugino. Aggiunsi frettolosamente che lo zelo civico di Boutades era ben noto, che i poveri avrebbero [57] rimpianto l e sue liberali elargizioni di cibo, e terminai con garbo (cos almeno speravo) con un complimento alla munificenza dello stesso Archimeno. Tuttavia lo lasciai con la fronte ancora spasmodicamente aggrottata, mentre sotto la pelle del suo viso si potevano scorgere continui fremiti d'inquietudine. Mi sentivo di nuovo scoraggiato. Non avevo combinato nulla, salvo forse mette rmi in vista come un nemico di Boutades, e questo non era certo un vantaggio. Tu tto quanto avevo appreso era gi scontato. Boutades era un cittadino coscienzioso, ed era stato un pilastro della trierarchia. Aristotele sembrava avere torto. No n poteva esserci niente d'interessante da appurare nella vita e nelle opere di B outades. Quanto all'idea di trovare qualcosa di poco chiaro nelle sue relazioni con la trierarchia, era nata dai miei propri desideri. E avevo buoni motivi di sentirmi il cuore pesante. La prima prodicas a stava qu asi per arrivare, e io non avevo nulla da esibire, a parte la difesa della zia E udossia. 6 - Dal Pritaneo al Pireo E venne il giorno della prima prodicas a. Vestito della mia tunica migliore, mi diressi al Pritaneo per le viuzze strette della parte nord dell'Acropoli, passa ndo tra frotte di cittadini poveri e di schiavi affaccendati. Mi sembrava che le

occhiate mi trapassassero le spalle. Fu con un senso di estrema solitudine che giunsi al Pritaneo, quella fredda aula ufficiale. Di solito i parenti maschi ven gono in massa, a sostenere il loro portavoce ufficiale e ad aggiungere le propri e dichiarazioni. (Mio fratello minore non poteva essermi d'aiuto. Non si conduce un bambino di sette anni a simili funzioni.) Polignoto era l con un buon numero di amici e parenti, vestiti con gli abiti migliori e tutti con aria prosperosa. Io ero solo. Il Basileus si mostr formalmente cortese con noi tutti. Dopo [58] le libagioni preliminari, colloc i rappresentanti dell'accusa alla sua destra, e me alla sua sinistra, e il dibattito ebbe inizio. Il Basileus elenc le circostanze del caso, per chiarire quali fatti potevano ritenersi accettati da entrambe le parti. Furo no ricapitolati i punti principali dell'assassinio di Boutades. Polignoto e i su oi parenti resero le loro dichiarazioni, e io concordai, stando bene attento che non si lasciassero sfuggire qualcosa d'inatteso o di falso, ma per un certo tem po tutto and liscio. Questo esame dei fatti ag su di me come una medicina: il mio cuore prese un battito pi regolare, le mani sudaticce si asciugarono. Ma ben pres to le cose presero un diverso avvio. Dopo che ci trovammo d'accordo che Boutades era stato ucciso in un certo giorno e in una certa maniera, da un assassino che era fuggito scavalcando il muro, il Basileus domand : - Chi accusate di questo delitto? E perch ? Polignoto rispose: - Io accuso Filemone, figlio di Likias di Atene, un fuoril egge di questa citt gi condannato per omicidio. - E tu, parente di Filemone, sei d'accordo o neghi? - Nego - risposi decisamente. - Perch accusate Filemone, e in che modo sapete che la colpa sua? Fu Euticleide a rispondere. - E' un omicida gi noto, un forsennato. Si sa che si imbarcato per Creta due anni fa. Questo insolito delitto stato perpetrato con una freccia, evidentemente scoccata da un arco cretese. Un uomo simile, ridotto in povert e insensibile al sangue, aveva bisogno di denaro. Boutades teneva in c asa molto denaro e dei gioielli. Pu darsi che Filemone avesse intenzione di sacch eggiare la casa dopo il delitto e sia stato interrotto. O pu darsi che odiasse il nostro egregio concittadino. Ma (ed Euticleide mi lanci una torva occhiata di tr ionfo) stato visto mentre si dava alla fuga. - E chi l'ha visto? - Telemone, cittadino d'Atene. Telemone si fece avanti con aria compiaciuta, vestito elegantemente e tirato a lucido per l'occasione. [59] - Io, Telemone, udii le grida di Polignoto, proprio mentre stavo entrando in casa. Mi volsi alla finestra e vidi una figura scura tra gli alberi. Corremmo fu ori, perch nonostante io sia zoppo, signore, al bisogno so essere svelto, e vidi il malvivente che balzava al di l del muro. Aveva un panno avvolto sulla testa e intorno al viso, ma proprio mentre stava per saltare, questo cappuccio gli scivo l via e vidi che era Filemone. Fu appena lo spazio di un attimo, ma lo vidi, e su questo non c' dubbio. - E invece ne dubito - replicai. - Non era forse ancora buio, specie in quell a parte del giardino? Come poteva Telemone vederci cos bene? - Non era chiaro senz'altro, certo non la luce di mezzogiorno, ah, ah! - riba tt Telemone con insolente allegria. - Ma era l'aurora, signori; e dunque, guardan do bene, c'era abbastanza luce da riuscire a vedere una brutta faccia dentro una pozza d'acqua, come dice il proverbio. - Obiezione - dissi. - Telemone un rispettabile anziano. La sua vista non del le migliori. - Mi venne improvvisamente un'idea. - Di grazia, Basileus, fate ven ire un qualsiasi noto cittadino della nostra classe, e servitevi di lui per veri ficare l'asserzione di Telemone. Il Pritaneo non molto luminoso all'interno. Fat e chiudere le finestre e poi fate introdurre questa persona nell'angolo di quest a sala presso la porta, nell'ombra. E allora vedrete se Telemone pu riconoscerla, qui, a cos poca distanza. Telemone aveva l'aria assai offesa. - Non si fanno di queste cose a una prodi cas a, ragazzo mio. - No - conferm il Basileus - esperimenti del genere convengono meglio al proce

sso. Ma voi tutti della famiglia di Boutades siete ora informati che si costitui ta una difesa. - Non importa - replic Euticleide - perch produrremo altre prove. E' stato File mone. Mi rivolsi direttamente a Polignoto. - Tu, che sei accorso con Telemone, l'ha i visto anche tu? Polignoto sospir , e mi guard con gentilezza. - Ahim , cosa posso dire? Non mi sen to di giurarlo. In verit , mentre correvamo [60] fuori, mi sentivo il cuore pesant e e la testa confusa. Ho visto il malvivente arrampicarsi sul muro e saltar gi . D evo aver visto quel che ha visto Telemone, ma la faccia e la figura non signific avano nulla per me allora. Ma quando Telemone mi ha detto che era Filemone, mi s ono ricordato e ho compreso che doveva aver ragione. Ma non giurer di averlo rico nosciuto perch non l'ho ravvisato subito, sul momento. - Questo giusto, anzi magnanimo - sentenzi il Basileus. Non potei far altro ch e inchinarmi a Polignoto e tornare a rivolgermi a Telemone. Mi sentivo molto per plesso a questo punto. - Ma c'ero anche io al rinvenimento del cadavere. Arrivai quasi contemporanea mente a Euticleide. E udii Telemone e Polignoto descrivere ci che avevano visto. Nessuno fece il nome dell'assassino; non si parl neppure della possibilit d'identi ficarlo. Anzi, mi ricordo bene che Telemone disse che non era riuscito a vederlo . Una forma oscura, n alta, n piccola, non grassa, n molto sottile, e vestita. Ero l e lo sentii. Non vero? - conclusi, rivolto a Euticleide. Lui annu . - E' vero. - E allora perch Telemone non disse d'averlo riconosciuto? - Be' - disse Telemone, strascicando il piede. Mi guardava aggrottando la fro nte, con un cipiglio un po' malevolo. Capii che era ancora irritato perch avevo m esso in dubbio l'acume della sua vista. - Il perch lo avete detto voi stesso, sig nore. - Esatto - afferm Euticleide. - Tu eri l . Ci fu un breve silenzio. - Non strano - prosegu Euticleide - che l'unico parente dell'assassino dovesse trovarsi sulla scena del delitto? E quasi subito dopo? Mi trovavo paurosamente vicino al pericolo di cui mi aveva avvertito Aristote le. Mi sentii inaridire la bocca. Quando mi rivolsi al Basileus, mi tremavano li evemente le ginocchia. - Signore, davanti agli altissimi dei, a voi ed a questi gentiluomini io prot esto la mia ignoranza di questo odioso delitto, e dichiaro di non avere alcun ra pporto con tutto ci , se non per [61] quanto riguarda la difesa di mio cugino. Son o giovane, ignorante di leggi e privo di talento nel parlare. Mi affido alla vos tra saggezza e autorit , poich non capisco quanto si dice qui. Forse qualcuno mi st a accusando? - Stefanos - rispose il Basileus - nessuno ti contesta i tuoi diritti come at eniese, e, come tu stesso riconosci, ci sono delle teste pi sagge della tua per g uidarti in materia legale. - Poi si volse alla parte opposta. - Signori, molto i rregolare accusare il portavoce della difesa di complicit dopo che la procedura i niziata, a meno che ci siano inattaccabili ragioni per farlo. Qualcuno dunque ac cusa il difensore? - No - rispose Polignoto, con dignit . - Accettiamo la sua parola che non compl ice del delitto, e non abbiamo mai detto il contrario. In verit , in quel fatale m attino mezza Atene si precipit nella nostra sventurata casa; non troviamo quindi nulla di strano nella sua presenza. Diciamo solo che, visto che un parente dell' assassino si trovava in mezzo a noi, Telemone pens prudentemente che in quel mome nto fosse meglio non dire nulla di quanto aveva visto in sua presenza. - Poligno to si volse verso di me, parlando in tono naturale e senza cerimonia. - Non capi sci, Stefanos, che sarebbe stato spiacevole anche per te? - Poi torn a rivolgersi al Basileus. - Pu darsi che abbiamo sbagliato nel non rivelare allora quest'orri bile segreto, ma ricordatevi che eravamo sconvolti. Ci siamo riservati di pronun ciare l'accusa, una questione cos seria, non in quel momento di confusione, ma ne ll'occasione pi adatta. - Comprendiamo - rispose il Basileus. - Hai sentito, Stefanos?

- Ho sentito, e rispondo che la parola di uomini onesti dev'essere accettata. Forse hanno visto qualcuno che effettivamente somigliava a Filemone: la mezza l uce pu indurre a strani errori. Ma non pu essere stato Filemone. Non era qui. Dove te sapere che al bando della citt sotto pena di morte. Sono due anni che non pi ad Atene. Nessuno di noi l'ha pi rivisto, nemmeno sua madre che inferma. Non aveva motivo di odiare Boutades, e non si sarebbe mai indotto al furto. In ogni [62] c aso, questo non sembra un furto, poich non stato preso niente. Ma non pu essere st ato Filemone. Non era qui. Questo l'unico motivo per cui siamo contenti del suo esilio. - Intendi dimostrare e provare che questo Filemone era assente e non poteva q uindi essere il colpevole? - Porter prove di questo fatto. - Avete sentito la difesa, signori della famiglia di Boutades. L'accusato era assente. - Abbiamo sentito, e rispondiamo che porteremo le prove che Filemone era pres ente al momento del misfatto. Le porteremo al momento del processo, se non prima . - Le parti hanno qualcosa da aggiungere su questo punto? No? Le parti si pres enteranno allora davanti a me il mese prossimo per la seconda prodicas a, quando s i udranno nuovamente le deposizioni e si presenteranno ulteriori prove. La prodi cas a chiusa. Nessuno scolaretto fu mai pi sollevato di me nel sentire il segnale della fine delle lezioni. Mi avviai gi per la collina con animo molto depresso. Ogni passo mi avvicinava al momento in cui avrei dovuto riferire il dibattito alla zia Eudo ssia. Tre giorni dopo questa prima prodicas a, la citt ebbe una nuova e melanconica no tizia di cui parlare. La moglie di Boutades si era uccisa. La sua schiava pi fida ta l'aveva trovata morta al mattino (cos si diceva), composta sul suo letto, comp letamente vestita, con accanto una tazza contenente dei rimasugli di veleno: cic uta, secondo i pi . L'evento dimostrava quanto il dolore continuasse a tormentare la casa degli Etioboutadi. Sebbene non fosse altrettanto doloroso, il fatto che sua moglie non avesse potuto sopravvivergli era un riconoscimento delle qualit di Boutades, e molti approvavano il gesto, dicendo che dimostrava come nelle migli ori famiglie le donne avessero ancora della sensibilit . Polignoto dichiar che, dal la morte del marito in poi, sua zia era stata sempre in lacrime e come fuori di s . Le fece un dignitoso funerale, nei limiti prescritti per le donne. Il suicidio era stato di stampo tipicamente femminile, la codardia [63] del veleno invece d ell'ardimento, del pugnale, ma nella natura delle donne ricercare il piacere ed evitare la sofferenza. Tale evento aliment voci meno maligne; era abbastanza sconcertante da suscitar e interesse, ma non possedeva quell'alone di ripugnanza che aveva avvelenato il tono di ogni conversazione che avesse come oggetto la morte che lo aveva precedu to. Meditai cupamente sul suicidio. Mi sembrava che persino la morte di questa d onna, che non conoscevo e non avrei mai conosciuto, avesse spezzato un altro fil o che avrebbe potuto condurmi al vero Boutades. - Mi sento sorpreso da questo suicidio, e non lo sarei se non avessi udito le schiave dietro la bancarella degli articoli di cuoio - spiegai ad Aristotele. E ro ritornato a trovarlo, per riferirgli l'esito deprimente dell'udienza davanti al Basileus, e finii con l'esporgli tutti i miei sconnessi pensieri sulle settim ane precedenti. - La donna vestita di nero, che gett un anello nella fossa di suo marito... s , era un'immagine di dolore che giustifica un suicidio. Ma come la me ttiamo con la moglie che litigava con Boutades e gli rinfacciava la sua impotenz a? La donna che rideva e ordinava un porcellino da latte in una casa immersa nel pianto? Perch la vedova, col viso, per cos dire, ancora impiastrato del grasso de l suo banchetto, avrebbe dovuto brindare alla morte di Boutades e poi andare a c ercarlo agli Inferi? - Come, davvero? - replic Aristotele. - Ma la natura umana non semplice da cap ire, difficile giudicare i rapporti di due coniugi dall'esterno. La donna pu aver trovato la vita intollerabilmente monotona senza pi il suo compagno di litigi. L e abitudini sono pi forti di quanto non si pensi. E pu anche darsi che amasse vera

mente suo marito; qualche lite domestica non significa niente. Tu sei giovane, S tefanos, e non hai pratica di uomini e di donne, mentre io sono vecchio e sposat o, e quindi pieno di sagge nozioni sull'argomento. Ridacchi nel dire cos , perch infatti, anche se vecchio, s'era sposato di recente . - Ma il porcellino - protestai. - Come banchettare in allegria? [64] - Questo non basta a dimostrare che fosse allegra. Isterica, magari. Una sort a di reazione infantile alla cessazione dell'autorit . Potrebbe essersi detta un'i nfinit di volte: "Mangerei un porcellino da latte se mio marito non me lo proibis se dicendo che mi fa male alla digestione". E cos , quando il marito non pu pi proib irglielo, si sente obbligata a provare questo piacere. Ma tu, evidentemente, ti sei fatto le tue idee sull'argomento. Diedi un'occhiata alla porta chiusa e abbassai la voce, bench la moglie di Ari stotele e i servi fossero in un'altra parte della casa. - S - risposi - ho pensato una cosa terribile; mi era venuta in mente gi prima, e questo fatto sembra... collimare, come il lato mancante d'un triangolo. Per q uali altre ragioni la gente si uccide? Per un dolore nato dalla colpa, o per mor tale paura. Io avevo pensato che lei, la moglie, potesse essere l'assassina, ed ora vedo che possibile. Se ne rallegrata sulle prime, ma poi sopraggiunto il rim orso, e si uccisa senza confessare la propria colpa. Forse temeva di tradirsi se guitando a vivere. - E' possibile - comment Aristotele, non cos turbato come mi sarei aspettato. Ogni azione umana possibile. Ma in verit , Stefanos, una moglie ha tante buone oc casioni per uccidere il proprio marito: un piatto di funghi velenosi, dell'aconi to nella minestra, un panno per soffocarlo mentre a letto. Perch dovrebbe ricorre re a un grande spargimento di sangue, a un clamoroso assassinio? In ogni caso la maggior parte delle donne odiano le ferite e la vista del sangue. - Clitennestra no. - No. Ma Clitennestra aveva Egisto a far la parte del macellaio per lei. Qui non mi sembra che sia entrato in scena un Egisto. E quale donna potrebbe essere una cos esperta tiratrice d'arco? Si potrebbero invitare tutte le donne d'Atene a scagliar frecce ai loro mariti, e non credo che ci sarebbero vittime. - Eppure avrebbe potuto farlo - insistetti cupamente. - Non era una gran dist anza. Forse c'entrava una vendetta di sangue, un giuramento che lui doveva morir e nel sangue. E poi ha scelto di morire anche lei perch era troppo terribile. [65 ] - "Forse lui doveva morire nel sangue" - ripet Aristotele. - E' una buona idea , Stefanos. Ma suvvia, noi non vogliamo che la moglie di Boutades sia colpevole. In quel caso, le nostre probabilit di scagionare Filemone si ridurrebbero a ness una. Ci sono troppi "forse" in quello che dici. Io continuo a pensare che questo tipo di delitto opera d'un uomo. Se non altro, nella prodicas a c' stato questo di buono: la questione della tua complicit stata sollevata e poi messa da parte. - Ma tutto peggio di prima - obiettai. - Euticleide mi sembra decisamente ost ile. E adesso sostengono di aver visto Filemone. E' mostruoso. Telemone non pu av erlo riconosciuto a quell'ora e a quella distanza. - Questo lo credo senz'altro anch'io, e al processo si potr fare qualcosa per infirmare questa testimonianza. La tua proposta di un controllo della vista era buona. E' un peccato che tu l'abbia lanciata troppo presto. Restano ancora due t racce da seguire: a) l'assenza di Filemone al momento del fatto; b) la ricerca d i informazioni su Boutades. Se c' stata una vendetta di sangue, e a Boutades che dobbiamo rivolgerci per scoprire perch . - Non so da che parte incominciare per chiarire queste cose - sospirai. Aristotele mi vers del vino e disse: - Mi venuto in mente un posto dove si potrebbe venire a sapere la verit . Il Pi reo. Ci sono dei marinai di ritorno a casa che conoscono altri viaggiatori. Qual cuno potrebbe aver visto Filemone o averne udito notizie. Ci sono le navi e gli uomini che ci lavorano, e in mezzo a loro si possono avere informazioni su Bouta des e la trierarchia. Ho idea che questa gente di mare potrebbe aiutarci, per lo meno nel mettere in piedi una difesa per Filemone. - Si - dissi, dubbiosamente. - Posso andarci e fare qualche domanda...

- Se vai in giro a fare domande, Stefanos, non otterrai nulla. Un uomo di buo na famiglia e istruito che dichiara la propria identit e pone domande. No. Prende rebbero il tuo denaro, ti tratterebbero cortesemente e ti risponderebbero quello che pu [66] piacere a un orecchio ufficiale. Alcuni di loro ti riconoscerebbero subito come il difensore in questo processo. Con la mente piena di sospetti, di timori e d'immagini di tortura, starebbero molto attenti a non dare nessuna info rmazione utile. Devi discorrere con la gente in occasioni normali, per lo meno s ulle prime. Non essere te stesso, cerca di essere qualcun altro. Vacci travestit o, come Ulisse da guardiano di porci. - Travestito? Come un attore? Aristotele, queste cose accadono in storie famo se, ma nella vita reale... - Accadono anche nella vita reale. Come credi che faccia Alessandro a introdu rre le sue spie in territorio nemico? Questo mi fa venire in mente... Un giorno o l'altro devo raccontarti dei miei viaggi in Asia. Non ti sto domandando di ope rare una prodigiosa trasformazione. Va' al Pireo in tenuta da campagnolo, con un po' di terra sotto le unghie. Cerca di apparire ordinario, parla alla buona, e soprattutto non parlare troppo. Sei uno della campagna intorno ad Atene, venuto gi al Pireo per vedere un lontano parente. Entra in una taverna, bevi tranquillam ente, prendi l'aria d'un bifolco affaticato che si riposa i piedi. Temo che non potrai farlo pi di due o tre volte, se non vuoi attirare l'attenzione. Se poi - a ggiunse Aristotele, che cominciava a prender gusto all'argomento - tu volessi ma ntenere il travestimento, potresti andarci regolarmente come venditore di verdur a... - Aristotele, io non ho intenzione di vendere verdura al Pireo. - Come vuoi. In ogni caso, non sapresti farlo molto bene. Il guaio con te, St efanos, che sei troppo rispettabile. Io, invece - prosegu con compiacenza, guarda ndosi attorno nel suo elegante studio - sono un uomo colto, di buona famiglia, a nche ricco in un certo senso, ma non sono un ateniese, e quindi non del tutto ri spettabile. Potrei fare benissimo la parte d'un venditore di verdura, se dovessi . Ricordati che il tuo sacro onore, come ateniese, come parente, come uomo, ti i mpone di difendere Filemone. Niente che non sia di per s malvagio pu nuocere al su o vero onore. Ulisse divent forse un uomo senza onore per i suoi travestimenti? V a' al Pireo. Non parlarne a nessuno. E' meglio [67] che il tuo accusatore non ne sappia nulla. Perci , non parlarne ai tuoi parenti, n in casa tua. Ma provaci una o due volte. Ci alzammo, ed io mi apprestai a congedarmi. - Le cose che vedrai e sentirai, tienile in reparti separati della mente: com e un medico che raccoglie in vari cestini le erbe medicamentose. Non aver fretta di mescolarle. E sorridi qualche volta. In fondo un gioco. Io aspetter con impaz ienza di udire quello che avrai da dirmi. Borbottai qualcosa sul fatto che mi dispiaceva abusare del suo tempo. Non era solo per cortesia; in realt mi sentivo offeso. Ero andato a trovare il maestro s olo per farmi mandar via con istruzioni di diventare un bifolco o un venditore d i verdura. - Oh, io ho sempre tempo di dare retta alle persone - replic Aristotele mellif luamente. Un giovanotto di campagna con una ruvida tunica tessuta in casa e calzoni sca lcagnati arrancava verso il Pireo subito prima dell'aurora. Ero io. C'era voluta quasi una settimana perch mi decidessi a fare come mi aveva suggerito Aristotele . Poi avevo dovuto procurarmi il travestimento, e per farlo segretamente, senza confidarmi con nessuno, nemmeno con gli schiavi, ci avevo messo diversi giorni. E ora eccomi l come un cretino, un bifolco qualsiasi in una commedia rustica. I v ecchi calzari, inadatti ai miei piedi, mi facevano male, e perci dovevo camminare piano. Avevo lasciato la mia casa molto presto per non essere notato ma non vol evo arrivare al Pireo finch la gente non si fosse destata e non avessi potuto pas sare per le strade affollate inosservato. Dopo avere lasciato Atene e aver raggiunto dei terreni incolti, andai sul lat o della strada e mi misi a scavare, strappando erbacce e macchiandomi le mani co n le radici. Mi spezzai un'unghia o due e annaspai nel terriccio, strofinandomel

o poi sulla faccia. Era piovuto di fresco, la terra era umida e mi dava una sens azione disgustosa sotto le unghie. Al primo chiarore mi sporsi su una pozzangher a per controllare i risultati. Nella luce dell'aurora riflessa in quel sudicio s pecchio apparivo abbastanza [68] sporco. Mi diedi sul viso qualche artistico rit occo, per accertarmi d'essere ben chiazzato di terriccio, e ripresi la via pensa ndo che niente mi sarebbe stato pi gradito di un bagno. Giunto al Pireo odoroso di pesce, mi misi a vagabondare sui moli. Era il prin cipio della stagione invernale, il tempo in cui le navi cercano riparo dalle gra ndi bufere e sostano nei porti per essere riparate e messe in disarmo, in attesa di far vela di nuovo con la primavera. Sulla riva c'erano dovunque battelli tir ati in secco, barche da pesca e vascelli mercantili, molti rigirati con la chigl ia in su oppure adagiati su un fianco. I capannoni per ospitare le navi pi grandi e di maggiori valore stavano all'estremit pi lontana, e alcune delle imbarcazioni minori dondolavano su e gi di fianco al molo. C'erano molti marinai in giro, e d ovunque si udiva rumore di seghe e di martelli. Io gironzolavo con la bocca aperta e gli occhi sgranati, da vero bifolco. In verit provavo una certa curiosit , non essendo mai stato prima d'allora al Grande P orto. Infine giunsi ad uno spazio vuoto e mi sedetti al sole, appoggiando la sch iena a un muro come a teatro, da bravo campagnolo in vacanza. Il sole non era tr oppo forte. Col passare del tempo la giornata si faceva nuvolosa, e sul mare era sospesa una lieve foschia. I colori dell'alba avevano lasciato la superficie de ll'acqua, ed essa appariva come una piatta distesa grigia. In mezzo alla foschia riuscii a distinguere un paio di pescherecci presso la riva. Alla mia sinistra, in lontananza, riuscivo a vedere la vetta rocciosa del Sunion, col grande tempi o su in cima simile a un'enorme chiazza bianca. Dal posto che mi ero scelto pote vo osservare i lavori di riparazione di un vascello mercantile e ascoltare gli u omini che vi lavoravano. L'odore del mare era misto all'odore del legno e della pece che gorgogliava sul fuoco in alcuni piccoli recipienti. I calafati erano due uomini e un ragazzo; mi salutarono con un cenno al mio a rrivo, ma poi non fecero pi caso a me. La loro conversazione, sulle prime, non fu molto interessante: istruzioni da parte del pi anziano, scherzi, insulti, allusi oni ad altri marinai su altre navi. Poi l'uomo pi giovane disse: - Pensate [69] c he questa bella barchetta sar al seguito di Alessandro la primavera prossima? - Perch no? - rispose l'altro. - Va veloce. Sua Maest del Nord avr bisogno di na vi veloci per le sue guerre, e quelle di Atene sono di gran lunga le migliori. E h, s - aggiunse, dando una manata contro il fianco della nave - sentirai presto i l rumore della battaglia, bella mia. E tu, imbecille - ordin al ragazzo - portami dell'altra pece, fannullone, e muoviti, o ti ci faccio bollire dentro e ti vend o come salsiccia! - E' passato tanto tempo da quando sono stato in battaglia - disse il secondo - che ho dimenticato com' . Quest'anno, sono stato sui convogli del grano. Avanti e indietro da Creta. E quel commercio destinato ad aumentare, perch i magazzini d'Atene sono quasi vuoti. Nella marina mercantile si sta al sicuro, e non si cor re pericolo di beccarsi un buco nella testa da parte di quegli schifosi stranier i. - Puah! - L'anziano sput sulla riva. - E' un lavoro da sguatteri. A me non dis piacerebbe venire alle mani coi Persiani. Molti Ateniesi abili alle armi si mett ono al servizio d'Alessandro. Non cos , bifolco? - aggiunse rivolgendosi a me e ge ttando una scheggia di legno per attirare la mia attenzione. - Ti piacerebbe las ciare i tuoi solchi polverosi, eh, amico? E magari saltare su una barca e vedere un po' di mondo? Lo guardai fisso, aprendo la bocca senza rispondere, come uno che rifletta le ntamente su una nuova idea. - Un ragazzo in gamba come te, mio bel vaso di terracotta, con delle buone br accia muscolose per remare e dei buoni garretti per correre in battaglia... O pe r fuggirne lontano. Hai mai pensato al servizio militare? Vedresti il mondo, mag ari la riva di Troia, dove Alessandro correva sulla spiaggia come un tempo Achil le. - Hai sentito parlare di Troia, amico mio? - fece l'altro, con aria condiscen dente. - Ci fu una quantit di battaglie da quelle parti una volta, per una sguald

rina e per un cavallo. - E poi - seguit il compagno - avanti verso le citt della costa, [70] verso l'E gitto, coperti dagli scudi e in marcia come tante tartarughe fino alla Persia, a saccheggiare le citt d'oro. - Ah - disse il suo compagno, intonando una canzoncina oscena: Dario frigner e i riccioli si strapper , Quando i Greci l'oro di Persia saccheggeranno E le fanciulle trafiggeranno... - Proprio cos - approvai con sbalordita animazione. - E' una vita da uomini, e cco quello che . Ma a me basta Atene. E - aggiunsi dopo una pausa, - non sono mic a molti gli Ateniesi che vanno con Alessandro. Non una guerra che ci riguardi, d opo tutto. E' roba per i Macedoni credo. - Lo dici tu - replic il pi anziano. Lui e il suo compagno, fischiettando, stav ano sostituendo una vecchia asse con una nuova. Il ragazzo rimescolava la pentol a della pece. - Ce n' parecchi che ci vanno. Certi combattono i Persiani per la g loria e con la speranza del bottino; certi altri per cambiare un po'... e sempre per il bottino. Metti che un ragazzo in gamba abbia avuto dei guai al suo paese , magari per aver rubato qualcosetta, o fatto a pugni, o portato via delle pecor e... Taglia la corda, va all'estero e finisce con l'arruolarsi. - Mica tanti di Atene - ripetei ostinatamente. - lo non ne conosco nessuno. - Magari non ce ne saranno ancora fra i tuoi baldi vicini, ma degli altri ce n' . L'estate scorsa l'Asia era piena. Appena approdato a Efeso ne ho incontrati c inque o sei. Mi ricordo un tizio con un occhio solo che si chiamava Democle. Ven iva da una fattoria appena fuori d'Atene, ci aveva lasciato la moglie e quattro figlioli. - Batt il martello, enfaticamente. - E un ragazzo tutto ossa venuto da una conceria che aveva rubato il malloppo del suo padrone e aveva furia d'entrar e nell'esercito. E un tale di alta statura di nome Filemone. Parlava bene, molto disinvolto. Era venuto dalla citt . Mi offr da bere in una delle taverne del [71] porto. Aveva preso parte alla grande battaglia e pensava di seguire di nuovo l'e sercito. Voleva sentire le novit di Atene. Sembrava troppo bello per essere vero. Il cuore mi diede un balzo, ma mantenn i un viso impassibile. - E lui, che pasticcio aveva combinato? - domandai. - Una rissa in una taverna, cos mi disse. Aveva mandato un uomo all'altro mond o, accidentalmente si potrebbe dire, a sangue caldo. Una disgrazia che potrebbe capitare a chiunque, ma lui dovette scappare. Proprio il genere di giovanotto ad atto per fare il soldato: robusto, muscoloso. Non una corporatura da marinaio, m a ad ogni buon conto si era pagato il passaggio da Creta facendo il rematore. - A me piace vivere tranquillo - dissi. - Non sono un ladro, n uno che si lasc ia tirare nelle risse. Bel genere di gente se li incontri in una strada buia, il tuo amico conciapelli che ti ruberebbe la borsa e quell'altro mangiafuoco, quel Filemone, che ti darebbe una botta in testa. - Be' - disse il secondo uomo, sarcasticamente - se vuoi startene a sedere so tto un albero ad aspettare che le olive ti caschino in bocca, la vita da soldato non fa per te. - Questo Filemone era un tipo come si deve - insistette l'altro. - Ora, riman ga tra noi, io credo che sia proprio lui quel tale di cui si parla tanto laggi . Accenn in direzione di Atene. - Non capisco, per , come possa essere rientrato, pe rch l'ho visto neanche due mesi fa, diretto a oriente. Bevendo insieme mi disse d i avere ad Atene la vecchia madre, che non avrebbe pi rivista, ma non avrebbe cer to arrischiato la sua pelle di fuorilegge per quella vecchia. E poi perch dovrebb e andare ad ammazzare uomini maturi qui in patria quando ci sono delle guerre a cui partecipare? Sicuro, se ne and a oriente dove si combatteva, e non da queste parti. E allora? E' un mistero, ma dopo tutto non affar mio. - Giusto - approv l'altro. - Alla larga dalla legge e dagli affari dei ricchi dentro le mura. Non roba per noi. Il mio cuore esultava. Non dissi nulla di Filemone, ma rimasi [72] sul posto, incollato come se mi fossi seduto sulla pece. Mi tenni accanto ai due marinai,

ascoltando i loro racconti, ammirando il battello. Diventato pi loquace, spiegai d'essere venuto a vedere un amico che non era a casa, e che lavorava nel piccolo podere di mio padre a nord di Atene. Infine li persuasi a lasciarsi offrire da bere nella pi vicina taverna del Pireo. Il vino era orribile e anche annacquato, e mi and quasi per traverso combinato con il fetore di sudore e del pesce posto a d essiccare in una stanza vicina. Ma appresi i loro nomi senza domandarli, e sco prii anche dove ciascuno dei due aveva navigato durante l'estate, e con quale ca pitano, in modo da poterli identificare con certezza pi tardi. Era il pi anziano, naturalmente, che non volevo perdere di vista, quello che aveva incontrato Filem one. Pelieo il marinaio, figlio d'un marinaio. Aveva servito su una nave che por tava carichi d'armi e di provviste alle citt appena conquistate sulla costa duran te l'estate. Dopo essermi allontanato da loro, mi trovai in imbarazzo su come passare il r esto della giornata. Non volevo ritornare ad Atene prima del crepuscolo. Me ne a ndai a zonzo per il Pireo, discutendo occasionalmente sul prezzo del pesce e cer cando di non farmi notare; poi sonnecchiai su un tratto solitario della riva sas sosa. Pensai anche di andare in una delle case di piacere di cui il Pireo ben fo rnito, ma mi figuravo che fosse difficile trovare una ragazza che non puzzasse d i pesce fritto. Infine lasciai il Pireo nella precoce sera d'autunno, fischietta ndo e arrancando verso casa sui miei piedi indolenziti, con due pesci penzoloni dal bastone, come un bifolco che stato al mercato. Il giorno dopo, ripensando alla mia gita, non mi sentivo molto euforico. Senz a dubbio avevo appreso qualcosa. Avevo persino un potenziale testimone, e si pot eva sperare che quel marinaio non lasciasse i nostri lidi per tutto l'inverno. M a nel migliore dei casi, questo testimone, per giunta riluttante, poteva solo af fermare che Filemone era stato sulla costa asiatica non molto tempo prima del de litto. Gli accusatori avrebbero ribattuto che Filemone avrebbe avuto tempo a suf ficienza per ritornare [73] ad Atene, se cos avesse voluto. Quanto a me, ero conv into che Filemone se ne era andato a oriente, come aveva detto al marinaio. No, il marinaio costituiva una buona occasione di mettere in dubbio l'accusa, poich l a sua testimonianza avrebbe rafforzato l'asserzione che Filemone era assente da Atene nel momento fatale, ma non era sufficiente a sostenere la mia difesa. Quan to ad aspettarmi di trovare per caso altre informazioni su dove si trovasse File mone, sarebbe stato sperare troppo. Tuttavia non mi sentivo sfiduciato neppure s otto questo aspetto, poich per la prima volta gli dei sembravano favorirmi. 7 - Taverne e vasi rotti Nei giorni che seguirono queste nuove speranze si misero a vacillare come un' immagine nell'acqua. Mi resi conto che gli accusatori erano tuttora in grado di dare una sinistra interpretazione ad ogni cosa. Se tutto ci che si sapeva era che Filemone si trovava in Asia, potevano dire non solo che avrebbe potuto tornare, a casa in tempo per il delitto, ma anche che si trovava in Asia come volontario nelle forze persiane, per sostenere le inquiete citt della costa nella loro rivo lta contro Alessandro. Non avevamo prove che fosse un soldato, e ancor meno che combattesse con Alessandro, e alludere a questo avrebbe potuto indurre gli altri a sostenere il contrario. A questo punto, era meglio che non menzionassi la fac cenda. Esibire le mie vacillanti certezze alla seconda prodicas a sarebbe stato co me andare a cercar guai. Nonostante la mia prima avversione nei confronti dei suggerimenti di Aristote le, ora desideravo riprendere la mascherata. Mi occorreva sapere di pi , e mi sent ivo trascinato verso il Pireo. Una settimana dopo, ero di nuovo presso la Lunga Murata. Questa volta evitai di proposito il luogo dov'ero stato nella prima visi ta; mi sembrava imprudente rivedere troppo presto il mio marinaio. Vagabondai pe r le viuzze sudicie, in una zona diversa del [74] porto. Provai ad entrare in un 'altra taverna, ma non appresi nulla, salvo alcune vivaci imprecazioni che non a vevo mai sentite. Eppure ci tornai ancora pochi giorni dopo. Ero come uno che si lamenta del gu sto aspro del vino nuovo e non pu fare a meno di berlo. Questa volta girellai pre

sso il Cantaro, sbirciando le grandi navi della flotta. Notai che alcune erano i n condizioni pietose. Una di queste, una grande trireme da guerra, giaceva sul f ianco come una mucca ammalata. Il legname della chiglia cominciava a guastarsi e a marcire, e la poppa era tutta ammaccata. Pensai che un giorno o l'altro sareb be arrivato qualcuno con nuove assi e barattoli di pece a rimetterla in ordine. A mezzogiorno sedevo in una taverna buia, bevendo un modesto vinello e cercan do di mangiare dei gamberetti cotti in olio rancido. Era una taverna di marinai e mi sentivo fuori posto, ma cercai d'apparire assente e indifferente. Il modo m igliore per ottenere quest'effetto essere assenti e indifferenti dentro. Liberai la mente da ogni pensiero e guardai distrattamente i trucioli, la paglia e gli sputi sparsi sul pavimento di terracotta, cercando di ricostruire con essi stran i disegni, come in un mosaico. Immerso in una sorta di sogno mi accorsi che vici no a me un gruppo di marinai era impegnato in una specie di celebrazione. Li udi i, non perch parlassero ad alta voce, ch anzi parlavano piano, assorti in una seri a conversazione, ma perch uno di loro, a met della frase, aveva pronunciato un nom e che aveva il potere di calamitare la mia attenzione. - ... Boutades. Che la sua anima sia dannata. Le assi erano di legno scadente , pino non stagionato. Dopo due viaggi sono bell'e marce, contorte come anguille . Non c' pece che tenga insieme un simile fascio di legna da ardere. Il capitano sa cosa intendo dire. E' come cercare di incollare le mascelle a un cane con res ina d'abete. - E cosa avete fatto allora? - L'abbiamo rattoppata in qualche modo e via. Che Nettuno sia lodato! Sono sb arcato al Sunion e gli ho fatto un'offerta votiva speciale. Ma se fossimo andati a fondo tutti quanti, non sarebbe [75] stata colpa del mare. Mai vista una nave che imbarcasse tant'acqua. - E' davvero una brutta faccenda - disse un uomo abbronzato di mezza et e dai modi autoritari che ritenni fosse il capitano. - Non bene parlare contro uno dei nobili, perci tenete a freno la lingua, ragazzi, e non cominciate a fare nomi. I morti vanno rispettati, d'accordo, ma mettere in mare una nave che spalanca le ganasce come un vecchio davanti al fuoco appena ha toccato un'onda o due! Non un a cosa che si possa accettare. E vi posso anche dire, visto che siamo fra amici - e qui si pieg verso gli altri, abbassando la voce ad un enfatico bisbiglio - so no stato da lui in persona. Su in citt . Sono andato a dirgli quello che ne pensav o. Gli altri parvero divertiti e ammirati. - Scommetto che ti ha invitato a pranzo. - O l'hai invitato tu a un viaggio gratis sulla bella nave Il Colabrodo? - Oh, lui stato tutto moine. Grasso come una foca e calvo. "Temo che ci sia u n equivoco" mi ha detto, parlando difficile come tutti quei ricconi che si pulis cono le gengive col burro. "E' al cittadino Archimeno che dovreste rivolgervi pe r questa faccenduola. L'Afrodite, al momento, sotto la sua responsabilit . Sono si curo che vi rimetter a posto la nave". - Sei andato da Archimeno, allora? - Per un bel pezzo ho temuto di non riuscire a farmi ricevere. Sono rimasto s eduto nel suo cortile, per una mezza giornata e anche pi , con gli schiavi che ven ivano fuori a portarmi da mangiare, a cercare d'ubriacarmi o mandarmi via, o tut te e due le cose. "Che peccato! Il trierarca appena uscito!". "Lo aspetter " dico io "finch non torna". "Ma il padrone molto occupato adesso!". "Non ho fretta" ris pondo io "visto che in mare adesso non ci posso andare, rester qui nel vostro cor tile a raccogliere un po' delle vostre pulci, grazie." Infine quand' rinfrescato, sono riuscito a vederlo. Lui era in vantaggio su di me, seduto l nella sua bella stanza (ma non bella quanto quella di Boutades), mentre io ero in piedi e tutto coperto di polvere. [76] - "Bene, brav'uomo, sono molto occupato, di che si tratta?". "Si tratta di qu esto" rispondo, e avanti con la mia lista di cose che mancano e di cose che non funzionano, cominciando dal poco per finire col molto. "Mancano venti braccia di corda sull'Afrodite" dico, "e quella che c' logora come il mio mantello". Lui so rride a bocca storta. "Mi rincresce, mi rincresce, ma non poi una faccenda grave . Si tratta, temo, caro capitano, d'un altro caso di furto da parte d'uno schiav

o. Il de-te-rio-ra-men-to della loro condotta deplorevole; ma non preoccupiamoci di simili inezie." "Non mica tanto un'inezia" dico io; "e poi c' il resto." E av anti col resto. Quando sono arrivato ai ceppi mancanti e ai remi pieni di crepe, Archimeno ha cominciato a spalancare gli occhi. E si fatto smorto quando ho par lato della vela vecchia che doveva essere nuova. E quando sono arrivato alle ass i deteriorate della chiglia e tutto il resto, diventato giallo come un limone. E d ecco che si alza in piedi, tremando e strillando come una donna: "Che gli dei mi aiutino perch sto impazzendo! Mi vogliono rovinare! Sono stato imbrogliato da quel furfante e non so come rifarmi, che Atena mi salvi!". Si strappava i capell i, quei pochi che aveva, con la faccia aggrinzita, come un bambino che piange. L a scena somigliava quasi a una tragedia e lui a un attore, ma senza la maschera. Ma prima di scoppiare in lacrime s' ricordato di buttarmi fuori. "Andatevene! Vi a! Che mi venite a raccontare di legname, di pece e di tela da vele?" e io: "Dev o dedurre che sono licenziato dal servizio sull'Afrodite e che devo cercare impi ego altrove?". "S ! Andate via! Andate via!", grida. Cos me ne sono andato, e quest a la fine della povera Afrodite. - Ma cos'era successo? - chiese il pi giovane. - Credevo che fosse Boutades il trierarca a cui spettavano le spese dell'Afrodite. - Be', non sapremo mai esattamente come stanno le cose; ma... sembra che il t rierarca Archimeno si sia assunto in parte o totalmente l'allestimento dell'Afro dite al posto del trierarca Boutades in cambio d'un debito. Un accordo privato, tra amici, molto civile. Ma quello che Archimeno non sapeva era che la nave dell 'amico era in uno stato schifoso. Pu succedere anche, diciamo, [77] che un uomo c he vuol realizzare un profitto d'una certa consistenza in un affare del genere f accia allestire la nave in tutta fretta, mettendoci del materiale scadente invec e di quello nuovo. - Sarebbe davvero un bel profitto. Gli armatori lo fanno, a volte, se non li teniamo d'occhio - disse uno degli uomini, ridendo - ma per un trierarca la cosa pi facile. Uno scherzo. - Non mi pare uno scherzo - replic il giovane, arrabbiato. - Ci sono delle vit e in gioco: un delitto... - Ma ugualmente uno scherzo - insistette l'amico, ridacchiando ancora. - Un t rierarca che vende a se stesso della corda scadente. - Ma non si pu fare qualcosa? Una querela ad Antipatro? - Non fare il cretino. E non andare a riferire in giro quello che ho detto. R icordati, meglio non far nomi. Parla del cittadino Uno, del cittadino Due, se pr oprio devi, ma meglio star zitti, salvo quando si tra noi. C' un po' di disordine in citt , e chi vuole andare in giro a denigrare il nome d'un uomo che ha fatto u na morte orribile? Quanto al resto, non sappiamo da che parte tirer il vento. Il re Agide e gli altri stanno ai remi, e ognuno rema in una direzione diversa, per cos dire. Lascia stare la politica e trovati un lavoro per l'inverno. - In primavera - disse il giovane con convinzione - la flotta uscir sicurament e. - Sembra probabile - ammise il capitano. - Io lo spero. Ma non prenotare una cuccetta su una nave di Archimeno - aggiunse ammiccando. Poi uno degli uomini grid : - Su, Paulos, dobbiamo bere ancora alla salute del tuo bambino - e le coppe furono riempite. Il resto non fu che una tediosa conver sazione tra amici chiassosi. All'inizio della settimana seguente tornai da Aristotele raccontargli le mie visite al Pireo vestito da poveraccio. Ero pieno di pensieri, soprattutto a prop osito di Archimeno. Di recente questi aveva lodato Boutades in mia presenza come "molto stimabile... un vero patriota... molto generoso"; eppure, l'uomo [78] ch e parlava del suo amico in toni da epitaffio, precedentemente in quella stessa e state si era lamentato di esserne stato rovinato. Forse non ero stato il solo ad adottare un travestimento. Aristotele era di umore allegro quella sera, mentre mi mostrava una grande co ppa a due manici che aveva ricevuta in dono da uno dei suoi studenti. Sembrava p oco propenso a interrogarmi su quel che avevo fatto. Mi sentii un po' deluso. L' ultima volta che ci eravamo visti era tutto preso dall'idea di mandarmi a vender

e verdura al Pireo, e adesso, a quanto pareva, non voleva parlare che di ceramic a. - Viene fin da Poseidonia, questo che curioso - disse. - Non capita spesso di vedere merci venute dalle colonie. La decorazione un po' ingenua, ma vivace. Mi mostr da vicino la larga coppa. Aveva uno strano disegno ricorrente di palme p iatte, simili a dita d'una mano. Da un lato c'era un'elegante immagine di Di niso; dall'altro, una scena in stile comico di un baccanale. All'estremit del gruppo c 'era la tozza figura d'un vecchio, con occhi accesi e tratti assurdamente pesant i, in atto di danzare una giga con una ciotola sulla testa. - Una scena comica, no? - disse Aristotele. - Un po' volgare, ma divertente. Il vecchio balla: tutto va bene. Penso che davanti a questa figura Eubolo abbia pensato a me, non credi? C' una certa somiglianza nel naso e nella fronte, e un p o' anche nella corporatura. Almeno non un dono d'amore. Ai vecchi tempi avevo de gli allievi dagli occhi bovini che mi regalavano coppe con le figure di Zeus e G animede. Ecco - aggiunse. - Credo che la metter qui. - La pose su una tavola; al riflesso del fuoco l'immagine del vecchio parve ammiccare e danzare. - Qui, vici no a questa fiaschetta piatta che sembra un'anatra. Anche questa viene d'Oltrema re: da Volterra. Alla gente di laggi piace molto produrre oggetti che somigliano ad anatre e galline, chiss perch . Piuttosto bruttina, no? La coppa fatta molto meg lio. Sai che l'argilla diversa dalla nostra? Un colore pi chiaro, sul bruno, come le ceramiche etrusche. Hai mai visto roba [79] etrusca? Sapevi che le figure so no dipinte con della vernice rossa e non sono mai di vera argilla rossa? - No - dissi seccamente. Poi, ricordandomi le buone maniere, osservai: - Avet e dei pezzi molto belli. - E' vero. Quel vaso, ecco, una bellezza. - Accenn al vaso, dove si vedeva un giovane che conduceva un cavallo bianco in mezzo a una folla di uomini e di dei. Un po' troppo ornato, ma squisito. E' molto vecchio, apparteneva a mio padre: r oba attica. E ho un cratere da vino di pura argilla rossa, piuttosto antiquato, ma l'unico buon recipiente da vino che abbia in casa. Quell'altro l - accenn a un piccolo cratere - con quella scena di caccia piuttosto scadente. Sembra attico, ma corinzio. Sapevi che l'argilla di Corinto gialla, non rossa come la nostra? Q uindi i vasai di Corinto non possono ricavare le figure rosse come nei nostri va si. Dopo che gli si data una buona mano di vernice sembrano uguali ai nostri, ma non lo sono. - No - ripetei. - Non lo sapevo. Non mi sono mai occupato molto di ceramica, a dire il vero. E non abbiamo niente di speciale a casa. - Oh, ma dovresti osservare le cose, Stefanos. I vasi sono molto interessanti , che tu li possieda o no. Alcune scene sono istruttive, altre sono divertenti. E tutto quanto, compresa la lavorazione stessa, di qualche interesse... D qualche spunto di riflessione. Ad esempio, cos' che rende l'argilla attica tanto superio re per quanto riguarda la lavorazione? Beviamo il nostro, vino dall'anfora migli ore: il gusto ci guadagner . - Boutades aveva una bellissima anfora - dissi, riandando ai miei ricordi. L'ho vista in casa sua. - Be', Boutades avr avuto senz'altro delle cose preziose, no? Quello che c' di meglio. E avr ereditato alcuni pezzi importanti, vasi commemorativi in onore di u n cor go, doni di familiari, e omaggi dai clienti. A noi macedoni ne sono rimasti pochi di questi cimeli di famiglia. Ma ormai Alessandro potrebbe riempirci una c asa con tutti i bei vasi che gli hanno donato i suoi ammiratori ateniesi negli u ltimi anni, e anche Antipatro. [80] - Tutti con scene di battaglia di Achille ed Ercole, - suggerii io, un po' sc aldato dal vino. - A dire il vero moltissimi. Senza dubbio Polignoto si conquister molte simpat ie facendo da promotore al dramma su Ercole in veste di cor go. Mi giunta voce che le prove procedono molto bene. Il poeta ha inserito dei nuovi versi in onore de lle vittorie pi recenti di Alessandro. Pensai ai commenti che avevo udito una volta su Ercole e il destino di Chiron e, ma non ne feci parola. - Incidentalmente - aggiunse Aristotele con maggior gravit - penso di doverti dire che alcuni hanno suggerito ad Antipatro che l'omicidio potrebbe essere un c

omplotto dei Persiani per diffondere l'allarme in Atene, e per liberarsi di qual cuno dei pi influenti cittadini fra quelli che sostengono la Macedonia. - Oh - dissi cupamente. - Non ci mancava che questa. Cos Filemone diventa un t raditore e un agente dei Persiani. Aristotele mi aveva sbalordito, perch recentemente anche a me s'era affacciato il timore che la parte avversaria cercasse di sostenere che Filemone si era bat tuto per i Persiani. Mi dissi che dovevo essere guardingo con Aristotele. Con l' animo sempre triste mi chiesi se fosse saggio fidarsi di lui come amico, quest'u omo amico di Antipatro, quest'ometto pignolo, che riceveva costosi doni dagli st udenti e dagli ammiratori e che poteva prendersela comoda, fra i suoi vini, i su oi libri e i suoi vasi... Era lontano da me mille miglia: mi domandai perch mi tr ovassi l . - Smettila di fare il broncio, Stefanos, io non sono Alessandro e non ho l'ab itudine di correre da Antipatro a riferire le conversazioni che sento. - Sembrav a aver letto i miei pensieri, e mi guardava acutamente e con un po' di malumore, come un maestro pu squadrare un alunno irrequieto. - Mi dispiace - dissi guardandomi i piedi con imbarazzo, come il contadino ch e avevo finto di essere. Vi fu una pausa. - Mi sento davvero un idiota - dissi pieno di sciocca irritazione scuotendo l a mia coppa di vino. - Dev'essere stato recitare la parte dello zoticone a re ndermi cos villano. Questo dimostra [81] che Platone aveva ragione riguardo all'a rte del recitare. Se in un dramma, o ancora di pi nella vita vera, si recita la p arte di una persona stupida o malvagia, questa corrompe l'anima e si diventa ugu ale a lei, a lui, insomma, sapete cosa intendo. - Ah, cos sei stato a caccia di notizie - replic Aristotele, vivacemente intere ssato. - Raccontami come hai recitato la parte del bifolco. La tua anima per non mi sembra affatto corrotta. Sono sicuro che non hai fatto niente di sbagliato. - Forse non mi ha corrotto l'anima, - risposi, - ma senza dubbio mi ha sporca to i vestiti e la pelle. Sono stato al Pireo tre volte e ogni volta sono rientra to puzzando come una bottega di pesce. Ne ho persino comperato, del pesce, e l'h o portato a casa. Adesso il solo pensiero dei gamberetti, specialmente se fritti in olio rancido, basta a farmi sentir male. - Ottimo! - rise Aristotele. - Se non puoi vendere verdure, compra del pesce. Un buon travestimento: il vero campagnolo che torna dal mercato coi frutti del mare appesi a un bastone. - Non mi venuto in mente niente di meglio per andarmene senza destare sospett i, - protestai. - Come disse Arione parlando del delfino, - fin Aristotele. Fu molto divertito da questa sua battuta. - Ma dove sei andato esattamente? Hai scoperto qualcosa? Raccontami tutto. Obbedii, sebbene pochi minuti prima avessi deciso di non raccontargli mai pi n iente di importante. Aristotele riusciva a cavarmi le informazioni con dolcezza, come una donna che allunghi la lana fino a ricavarne un filo. Nonostante la sua aria ingenua, a volte ero sicuro di sapere in che modo in passato avesse fatto da ambasciatore e da spia in Asia. Gli narrai le mie tre visite, e gli ripetei tutta la conversazione il pi fedel mente possibile. - Ecco - conclusi. - Sono tre le cose che ho appreso. Magari no n tanto rilevanti, ma nemmeno del tutto inutili. Il punto principale che adesso ho qualche notizia di Filemone. - Hm. S . E cos ora sei stato tre volte al Pireo. Meglio non [82] tornarci, Stef anos. Tanto va la secchia al pozzo ... con quel che segue. Ma dopo tutto, la ver it sta dentro il pozzo, vedi? - Ora - aggiunsi - so qualcosa di pi a proposito di Boutades, ma non vedo come possa servire. E come posso essere certo che il capitano della nave diceva il v ero? No, l'informazione non mi utile, e non vedo come potrebbe esserlo, ma mi la scia perplesso. Avete notato, Aristotele, che qualsiasi cosa io abbia udita per caso a proposito di Boutades stata sfavorevole? Eppure aveva una cos buona reputa zione. Mi domando se non fosse un uomo tanto odioso, che tanta gente desiderava vederlo morto. - Senz'altro - disse Aristotele. - Questo l'avevamo gi stabilito prima, bench a

llora tu fossi entusiasticamente pronto a vedere sua moglie come l'assassina. E qual la terza cosa che hai appreso? - La terza? Archimeno, naturalmente. Quello un uomo che deve realmente aver o diato Boutades, bench ne parlasse cos bene dopo la morte. Cosa succedeva su quelle navi? - Io penso che il tuo schietto amico, il capitano, debba aver avuto ragione n elle sue deduzioni. Gli aristocratici sono come anitre che galleggiano in uno st agno: serene e imperturbabili di sopra, ma intente ad annaspare furiosamente di sotto, e a provocare invisibili correnti sotto la superficie. - Aristotele fece una pausa e poi aggiunse: - Una cosa che mi colpisce che c' coinvolta una gran qu antit di denaro. E abbiamo udito alcune cose strane a proposito di denaro. La mog lie di Boutades che non aveva scarpe nuove. L'uomo era spilorcio nelle spese di casa. Non era dunque cos ricco come tutti supponevamo? Si trovava improvvisamente a corto di denaro? O lo era gi da tempo, cos da dovere tirare sul soldo e magari imbrogliare per mantenere la sua posizione? - Ma - obiettai - Polignoto, il suo erede, non povero. Ha sostenuto le spese di due ricchi funerali, e ora paga per la messinscena dello spettacolo teatrale. E non ha venduto nessuna delle terre di Boutades, n delle sue. - E' vero. Naturalmente, Polignoto ha ereditato molto da suo padre. Ma, come tu dici, tutto ci strano. Forse Boutades era [83] spinto da un risentimento perso nale contro Archimeno? E perch ? Oppure aveva un tal bisogno di quattrini da indur si a fare un tiro vergognoso a una vecchia conoscenza? - E' un'azione criminale, oltre tutto - insistetti. - Pensate ai poveri marin ai. - Dubito che l'immaginazione di Boutades abbia potuto figurarsi uomini in car ne e ossa alle prese col mare su una nave che fa acqua, e nemmeno la sorte di qu esta cattiva nave in una battaglia navale. Il suo senso morale, comunque, presum ibilmente gli avr fatto capire che imbrogliare fino a quel punto un altro trierar ca non era una bella cosa. - E anche a questo proposito - dissi sporgendomi in avanti come il capitano n ella taverna - pensate come deve essersi sentito Archimeno! Anzi, come si sentit o! "Sono stato imbrogliato da quest'uomo e non so come rifarmi". Se dobbiamo cre dere al racconto del capitano, era fuori di s per il dolore e la rabbia, fino al punto di dimenticare che un forestiero di umile estrazione, era nella stanza con lui. Tuttavia, per quanto ne sappiamo, non ha fatto parola agli uomini della su a classe del torto subito, forse perch lo avrebbe fatto apparire stupido. La sua famiglia, per quanto nobile, in questo momento non ha molti alleati. Ricorderete certo che suo padre e suo zio furono sospettati di essere ostili ai Macedoni. Q uindi, non ha potuto rifarsi su Boutades. Ed anche un uomo retto e rigoroso. Se prendesse il sopravvento, il suo risentimento sarebbe enorme, soprattutto perch r epresso. Non pensate, Aristotele, che Archimeno potrebbe... Nella mia eccitazione, mentre mi chinavo in avanti, urtai col ginocchio contr o la base della mia coppa; essa mi sfugg dalle dita e s'infranse sul pavimento, s pargendo attorno chiazze di vino e frammenti d'argilla. Arrossii violentemente. - Oh, Aristotele! Mi rincresce tanto! - balbettai cercando di raccogliere gl' inutili cocci. - Lasciate che ve ne compri un'altra ... - Niente, niente - disse Aristotele, sorridendo. - Era una coppa senza valore , bench non sia molto cortese dire che servo i miei ospiti con coppe scadenti. Mi rincresce che non si trattasse [84] di una coppa migliore, perch avrebbe prodott o un rumore pi gradevole. Non preoccuparti d'una simile inezia. Pitia ed io ne ro mpiamo anche noi. Quando cominciamo a sentirci annoiati ce le tiriamo addosso pe r tenerci alto lo spirito. - Il pavimento... - mormorai mortificato. - Non pensarci, ti dico. Ad ogni modo, domani la schiava di casa dovr pulirlo. Le macchie di vino mi rammentarono quelle altre macchie sul pavimento di Bout ades. Anche l ogni cosa era stata ripulita da efficienti schiavi. - Guarda - disse Aristotele, prendendomi di mano uno dei frammenti e avvicina ndolo alla luce del focolare. - Ti ricordi ci che ti ho detto sulle argille? Bene , ecco qua: totalmente rossa. Un pezzo grossolano, eseguito senza grande perizia e di decorazione comune; ma m

ostra la sua origine attica. Dai tipi pi modesti ai pi eleganti, la materia essenz iale la stessa. Dovrebbe esserci una morale in questo. Se fosse stata una coppa etrusca sarebbe stata marrone chiaro e pi ruvida. - E gett il frammento nel fuoco. Gli piacevano i dettagli di questo genere. Strana cosa per un filosofo che, c ome pensano i pi , preferisce meditare su grandi argomenti come la Bellezza o la G iustizia. Per quanto mi riguardava, un pezzo di terracotta ne valeva un altro. P ure, mi rendevo conto che chiacchierava per consolarmi della mia goffaggine e co prire il mio imbarazzo. Mentre guardavo i cocci che tenevo in mano, mi torn in me nte un particolare. - Ho trovato un frammento di ceramica - dissi. - Una cosa strana. L'avevo dim enticata. Fu quel giorno, nella casa di Boutades. O meglio di fuori, vicino alla finestra, per terra. Una piccola scheggia, venuta via da qualche oggetto di cas a. Allora pensai che uno schiavo avesse rotto un vaso recentemente e ne avesse p ortato fuori i pezzi lasciandone cadere uno. Tutto qui. - Recentemente? Pensi che si fosse rotto recentemente? E perch ? - Be' non lo so. Un'impressione. Penso perch il bordo era [85] ancora piuttost o tagliente, e perch non era schiacciato dentro la terra o insudiciato. - L'hai mostrato a qualcuno? - No. Gli altri se ne stavano andando. Non era che una scheggia. L'ho raccolt o e ci ho giocherellato tanto per far qualcosa. - E poi l'hai ributtato via? - Credo... No, non l'ho buttato. Devo averlo portato via con me. Che sciocche zza. Mi ricordo d'essere rimasto ad almanaccare su cosa potesse essere il marchi o o la lettera. - Quale marchio? Quale lettera? - Un segno, come una piccola croce. Cos . - Lo tracciai sul pavimento. - Il mar chio d'un vasaio, probabilmente. - Era vicino al bordo della rottura? - S , terminava nel bordo, in cima e di lato. Il frammento ha tutti gli orli sp ezzati. - Potrebbe, essere parte di un'iscrizione, se si tratta di una buona ceramica . Il rottame era spesso o sottile? - Sottile, pi sottile di questi - dissi arrossendo di nuovo. - Sai, se potessi ritrovare questo frammento mi piacerebbe darci un'occhiata. Mi piacciono gli enigmi. Sarebbe interessante ricostruire un'iscrizione basando si su due soli tratti. Potrebbe essere quasi altrettanto interessante che guarda re un intero vaso di Poseidonia. - Di certo sar stato gettato via da un pezzo - dissi dubbiosamente. - Ma guard er . E mi accomiatai, lieto di allontanarmi dalla scena del mio imbarazzo. Inoltre , non mi dispiaceva allontanarmi dalle macchie di vino sul pavimento. Nel chiaro re del fuoco, erano troppo simili a qualcos'altro. Provavo anche un senso di pau ra. La rottura della coppa e lo spandersi del vino erano capitati in un momento assai inopportuno, e proprio a me, che di solito non rompevo mai nulla. Tutto qu anto appariva come un presagio. Era come se nel momento in cui avevo accennato i l nome di Archimeno, gli dei o un'altra forza oscura degli Inferi avessero appro vato. E Aristotele non aveva mai risposto alla mia domanda [86] incompiuta, come se un potere misterioso gli avesse serrato le labbra. Invece di esserne incorag giato, mi sentivo terrorizzato. Se anche gli dei mi avessero detto chi fosse l'a ssassino, io continuavo a non sapere cosa fare. Questa non era una prova che pot essi produrre al processo. Se avessi dovuto dimostrare la mia conclusione, conti nuavo a non sapere come trovare le prove. 8 - Sangue e insulti Non avendo di meglio da fare, cominciai fin dal giorno dopo la ricerca del pe zzo di ceramica rinvenuto fuori dalla casa di Boutades. All'inizio cercai distra ttamente, essendo convinto che il frammento doveva essere stato buttato via gi da un pezzo. Ma, man mano che procedevo nella mia ricerca, essa si faceva pi intere

ssante. Chiunque cerchi qualcosa spera vivamente di trovarla. Frugai tra i miei abiti nella cassapanca, scrutai sotto i mobili e dentro i vasi, negli angoli vuo ti e spazzati per bene, coi metodi futili di chi cerca un oggetto perduto. Infin e, entrai alla chetichella nelle stanze delle donne. In camera di mia madre pass ai in rivista le vesti nella sua cassapanca, e poi mi misi ad esaminare le scato le e le ciotole sulla tavola. Aprii il cofanetto nuovo di legno intarsiato che m io padre le aveva donato poco prima di morire, e guardai i gioielli e gli orname nti che conteneva. Naturalmente, non vi era traccia di ceramiche rotte. Ma poi n otai il vecchio cofanetto che stava dietro, un oggetto rotondo piuttosto malconc io, e l'aprii. C'era un mucchietto di oggetti di vario genere, di quelli che le donne hanno l'abitudine di conservare: una fibbia rotta, il dente da latte d'un bambino, un ricciolo di capelli, e proprio in mezzo a queste cianfrusaglie, ecco il frammento perduto! L'avevo appena raccolto e infilato nella manica quando mia madre apparve sull a soglia. - Santo cielo, Stefanos, cosa fai qui? Perch stai guardando nel mio portagioie lli? [87] Pensai ad una scusa, e sorrisi timidamente, come un bimbo colto con la mano s ui dolci. - A dire il vero, mamma, mi stavo chiedendo che regalo ti potesse serv ire per la tua festa. Arross e prese un'aria compiaciuta, ma replic : - Stefanos, figlio mio, non spen dere denaro per me. Non ho bisogno di nulla! - Mi mise una mano sulla fronte e m i guard con ansia: - Stai proprio bene, ragazzo mio? Lo zio della moglie di tuo z io, da parte materna, si ritrov con la mente sconvolta dalle preoccupazioni. Non ricordo bene se fu quando perse tutto il suo denaro o se fu perch i reumatismi no n gli davano tregua, ma all'inizio era molto calmo, poi cominci a comportarsi in modo veramente strano: buttava all'aria le cose in tutta la casa e cantava a squ arciagola, a volte quasi tutto il giorno e a voce altissima, e nessuno riusciva a farlo smettere. - Sto benissimo - la rassicurai. - La mia mente funziona perfettamente, e di sicuro non mi metter a cantare. - Allora, mio caro - riprese apparentemente tranquillizzata - non gironzolare nei quartieri delle donne. Se le domestiche se ne accorgessero, farebbe una bru tta impressione. Spero che alla tua et tu non stia diventando un pignolo, come ce rti uomini che s'impicciano di tutte le faccende di casa. Si diventa come Boutad es se non si sta attenti. - Boutades? - Oh, s - rispose mia madre sedendosi comodamente sul letto. - Non mi piace as coltare i pettegolezzi degli schiavi, naturalmente, ma sai, Stefanos, che negli ultimi tempi Boutades era diventato proprio strano sotto questo aspetto? S'era m esso a contare le cose. - Contare? Che genere di cose? - Be', andava a spiare dentro le scatole e le casse di sua moglie, contando i gioielli e gli ornamenti. E faceva liste di tutti gli arredi. Un giorno insiste tte che tirassero fuori tutti i vasi e i piatti di casa, e anche di questi fece un elenco. Naturalmente, molti uomini vogliono vedere dove va a finire il loro d enaro e quanta roba possiedono, ma questo era strano, no? Poi and [88] fuori e co mper altri oggetti, come due piccole anfore e dieci coppe della migliore qualit , e aggiunse anche queste alla lista. Le donne erano proprio stufe del suo ficcare il naso dappertutto, vecchio scemo che non era altro. - Magari voleva semplicemente qualcosa da fare - dissi. - E' cos anche per te, Stefanos? Vuoi qualcosa da fare? Vai ai bagni o nell'ag or , ma non diventarmi un "massaio", non sta bene. - Credo che non ce ne sia pericolo - replicai. Mia madre mi lisci i capelli con la mano. - Su, Stefanos, mi sembri cos stanco. Oh, povera me, non avrei dovuto ricordarti quell'uomo odioso. - Era chiaro che, poich Boutades aveva avuto il cattivo gusto di coinvolgerci nel suo assassinio, mia madre lo considerava un nemico personale della famiglia. Le diedi un bacio. - In ogni caso - aggiunse lei - non credo che sarai mai spilorcio come Boutad es. La primavera scorsa, quando regal a sua moglie alcuni bei gioielli, le disse

di non pensare di portarseli nella tomba come offerta votiva; erano troppo prezi osi per questo. Figuriamoci! lo preferirei ricevere una ghirlanda di fiori dal m io caro figliolo che non i pi ricchi ornamenti con cos poco garbo. La guardai preoccupato, e mi resi conto che nelle ultime settimane l'avevo tr ascurata. Questo era un brutto momento per lei che aveva perso il marito di rece nte, e probabilmente lei e la zia erano tenute alla larga dalle altre donne ades so che su di noi pesava un tale disonore. Lei si accorse del mio sguardo, bench n e conoscesse la causa, e mi diede una pacca sulla mano. - Non preoccuparti, Stefanos, e va' a divertirti. Ti preparer una tisana di la ttuga da prendere stasera prima di andare a letto. E penso che far anche quei pas ticcini al miele che piacciono tanto a Eudossia. Si affrett ad uscire, avendo cura per che io la precedessi e lasciassi in buon ordine le stanze delle donne. Io mi portai in camera il piccolo frammento e lo m isi in un posto sicuro. Era una cosa di nessun valore, tuttavia l'avevo cercata e trovata. Suppongo di dover attribuire la buona o cattiva sorte di quel ritrova mento [89] al fatto che mia madre una di quelle persone che non sono capaci di b uttar via nulla. Doveva aver trovato il frammento per terra e poi averlo messo d istrattamente nel suo cofanetto di cianfrusaglie. Non mi sono mai preoccupato, n e prima, n dopo, di andare a fondo nella questione; indagare avrebbe creato solo confusione, e sono certo che mia madre non si sarebbe mai ricordata di come avev a trovato il frammento. Mi diressi all'agor in uno stato d'animo abbastanza allegro. A mezzogiorno vag abondai verso le bancarelle in cerca di qualcosa da mangiare. La giornata era fr edda e mi sentivo affamato; mi fermai vicino ad un banco dove si vendeva della c arne cotta. Mentre mi domandavo che cosa comprare, si avvicinarono due uomini. E rano Teosoforo, con il suo mento lungo e la solita aria da criticone, e il rispe ttabile Archimeno, pi magro e forse pi calvo del solito, con le due rughe austere sulla fronte simili a dei solchi su una pietra. Pensai che forse non mi avevano riconosciuto vedendomi solo di spalle. Dalla prima prodicas a in poi ero stato ten uto ancora pi alla larga di prima. Li salutai con spensierata affabilit . Archimeno si limit a un cenno, ma Teosofo ro disse: - Ah, Stefanos, il giovane avvocato. Che peccato che tuo padre sia man cato cos presto, che peccato - ripet , scuotendo la testa. - Siamo tutti cos dolenti per la tua povera famiglia senza pi un capo. Mi meraviglio che tua madre non abb ia miglior cura di te e ti lasci uscire in una giornata cos fredda e ventosa. - S - approv severamente Archimeno - i medici parlano molto di raffreddori e di febbri in questo periodo dell'anno, e anche del malefico influsso delle stelle. Cos come non so cosa avesse spinto mia madre a conservare qualcosa che era sta to buttato via, non so cosa spinse me in quel momento a dire cose che sarebbe st ato meglio non dire. Ovviamente avevo rimuginato molto su Archimeno, e adesso ch e l'avevo a portata di mano, non volevo lasciarlo andare. I loro insulti, ossia le implicazioni che non ero un uomo, n padrone in casa mia, erano del genere che provoca all'azione. Presi un'aria [90] gioviale, e gettando una moneta al padron e del banco, afferrai una salsiccia e mi misi a mangiare con apparente appetito. - E' una giornata fredda come dite, signori - affermai cordialmente. - Alcun i filosofi pensano per che i venti portino via gli umori malefici. Tutte le cose hanno un lato buono e uno cattivo. Un vento simile buono per il mare e cattivo per i marinai, come dicono. - Guarda i fisso Archimeno e seguitai: - S , penso che se fossi un marinaio resterei a terr a, e ci resterei in qualsiasi altra stagione, a meno di esser sicuro del mio bat tello. Ma naturalmente, delle buone vele e un fasciame robusto possono sopportar e le peggiori bufere. Non cos , trierarca? Mi parve di vedere Archimeno spalancare gli occhi. Mi lanci un'occhiata torva da sopra il naso. - Non consigliabile mettersi in mare - spiegai - se gli schiavi si sono perme ssi di rubare le corde e sostituire legname cattivo a quello buono. Suppongo che la zattera di Ulisse fosse costruita con assi solide, ma pu anche darsi di no. I n effetti affond , ricordate? E lui dovette nuotare per raggiungerla. Ma non si pu certo accusare Calipso di avergli fornito materiale scadente. - Non so come mai mi fosse tornata in mente l'Odissea; forse gli insulti rivoltimi prima mi avevan

o ricordato il trattamento riservato a Telemaco dai pretendenti di sua madre. Ad ogni modo, potrei giurare che Archimeno fosse impallidito alle mie osserva zioni insolenti, mentre Teosoforo, a cui quanto stavo dicendo sembrava un vano c hiacchier o, disse seccamente: - Che sciocchezze vai raccontando, Stefanos? E' chiaro che i marinai non escono in mare tra le bufere dell'autunno. - Ma io stavo pensando ad Ulisse - dissi cercando di apparire sincero - si sa r trovato certamente in mezzo alle bufere autunnali, ed per questo che naufragava , o almeno rischiava di naufragare cos spesso. In questi tempi sto rileggendo il poema. - Mi rivolsi al venditore di carne. - Vorrei un altro po' di quella salsi ccia brav'uomo. Se non vi dispiace, preferirei tagliarla da me. Il venditore mi pass il coltello; e allora, spinto da chi sa quale demone dentro di me, feci una cosa molto strana. Mentre tagliavo [91] la salsiccia tenendola m aldestramente, mi ferii deliberatamente con il coltello. Fu solo un piccolo tagl io, ma ne usc una gran quantit di sangue, come a volte avviene con tali piccole fe rite. Il sangue schizz sul banco, e il pezzo di salsiccia, chiazzato di sangue an ch'esso, cadde gi e rotol sulle pietre. - Oh, cielo, guardate un po' cosa ho fatto - dissi in tono preoccupato succhi andomi il pollice. - "E il buon cibo si sparse in terra" - aggiunsi, citando que l passo dell'Odissea in cui l'eroe incomincia ad abbattere i Proci nella sala de l banchetto. Ormai non c'era dubbio: Archimeno stava diventando molto pallido. - Non c' bisogno di buttare per terra del buon cibo - ribatt il venditore. - E guardate come avete ridotto il mio banco. Tenete il vostro sangue per voi. - "Il pavimento si era fatto scivoloso per via del sangue" - citai, e poi agg iunsi: Cominciate, tu e le donne, a portar via i cadaveri. Poi lavate i deschi e le eleganti sedie con spugne porose. - Avete una spugna porosa, spero? - dissi al venditore. - Anche se non avete deschi e sedie eleganti. Ripulite il vostro banco, dal sangue. Ecco, questo vi a iuter ! - Gli gettai una dracma con aria principesca, e quello si calm subito. Mi voltai giusto in tempo per vedere Archimeno vacillare, aveva la faccia ver dastra, come per il mal di mare. Si afferr a un lato del banco per mantenersi in equilibrio. - Odio la vista del sangue - borbott con voce rauca. - Niente, niente! Non mi sono mica fatto male - dissi allegramente. - E' solo un graffio. Se ci fosse qui una bella ragazza, le farei un inchino e direi: "Un piccolo sacrificio ad Afrodite!" - , sottolineai con intenzione l'ultima parola , agitando la mano sanguinante in aria. A quel punto Archimeno svenne davvero, o quasi, scivolando a terra. Mi mossi verso di lui, ma Teosoforo, sostenendo il suo amico, mi grid arrabbiato: - Vatten e via! Torna a casa e [92] fatti passare la sbornia. Il tuo precettore non ti ha insegnato un po' di creanza? - Come volete - risposi allegramente. - Vi suggerisco di mettergli la testa f ra le ginocchia. - Questo era in effetti ci che Teosoforo si apprestava a fare. Arrivederci - aggiunsi. - Chi avrebbe mai pensato che un uomo sarebbe svenuto c ome una ragazza... una ragazza molto giovane, voglio dire, perch nemmeno una donn a lo farebbe per un simile nonnulla. - Dissi tutto ci a voce alta, nella speranza che Archimeno potesse udirmi. Se solo non avessi detto quelle parole sciocche e non avessi agito da stupido pavoneggiandomi come un ragazzino! Se mi fossi comportato in modo dignitoso e r ispettoso avrei potuto risparmiare a me stesso molti fastidi e pericoli. Al cont rario, mentre lasciavo il mercato non provavo altro che piacere, poich avevo segn ato un punto per Filemone. Continuavo a non avere alcuna dimostrazione logica, m a mi convinsi che la mia idea riguardo al presagio fosse stata confermata. L'aff are delle navi malandate evidentemente irritava Archimeno. Quello che al suo ami co era parso il farneticare di un ubriaco, per il trierarca aveva avuto un senso preciso. La sua perdita e la preoccupazione per l'Afrodite chiaramente lo tocca vano da vicino. Ma c'era di pi : la vista del sangue, la mia citazione dall'Odisse a, non l'avevano forse sconvolto perch gli richiamavano la sua vendetta sull'uomo che l'aveva ingannato? Altrimenti, perch svenire? In effetti, gli uomini non si

sentono male alla vista d'un graffio. Ma sentir rammentare una sanguinosa vendet ta compiuta con arco e frecce e aggiungervi la vista di vero sangue poteva esser e stato troppo per l'assassino. S , Archimeno doveva essere pieno di paura. Che sciocchezza da parte mia quel giorno pensare ai timori d'Archimeno e trascur are i miei! Il giorno della seconda prodicas a mi trov pi saggio. La parte avversaria era l : tutt i vestiti di abiti invernali nuovi di fine lana follata che li facevano apparire ancor pi maestosi. Nei suoi paludamenti invernali, il grave Euticleide appariva pi [93] che mai un pilastro della moralit pubblica. Persino Telemone sembrava ben messo, serio, e neanche troppo stupido. Polignoto, un po' pi magro, era sempre di bell'aspetto, ma pi con l'aria d'un uomo d'affari di mezza et : adesso sembrava mo lto pi anziano di me. Notai che lo schiavo al suo seguito era il Sinopeo dai cape lli tinti di rosso, quello che avevo visto subito dopo il delitto, quand'era rit ornato con il fiato corto dall'inseguimento dell'assassino. Mi ricordai dei comm enti fatti allora su di lui. Di certo nessuno pareva disposto ad attribuire l'om icidio a uno o pi schiavi. E appariva improbabile che lo schiavo fosse stato frus tato per essersi lasciato scappare l'assassino. Portava una tunica nuova e appar iva robusto e compiaciuto mentre stava in attesa allegramente fuori dalla porta. Non potei impedirmi di sospirare. Quanto sarebbe stato meglio per me e per i mi ei se il delitto fosse stato opera degli schiavi. Sulle prime, l'udienza si svolse proprio come me l'aspettavo, ricapitolando q uanto era gi stato detto. Io ripetei la mia difesa, asserendo che Filemone non po teva essere ad Atene all'epoca del fatto. Mi stavo ancora domandando se fosse il caso di dichiarare, una volta iniziata la nuova fase, che speravo di portare in aula un marinaio in grado di confermare che Filemone si trovava altrove, ma fui preceduto. Infatti, quando il Basileus si volse al gruppo avversario per chiede re se avessero del nuovo materiale da produrre, Euticleide disse con voce rimbom bante: - A dire il vero, s , signore. - Io mi feci tutto orecchi. - Abbiamo - riprese Eutideide schiarendosi la gola - nuove testimonianze sull e attivit dell'accusato; e delle prove che contraddicono le asserzioni fatte dall a difesa. - E mi diede un'occhiata severa. - Abbiamo, signore, un soldato delle truppe di Alessandro, ritornato da poco ferito dalla guerra. E' un pover'uomo, m a appartiene alla nostra fratr a. Ci ha detto che l'accusato, Filemone, ha parteci pato anche lui alla grande battaglia presso la citt di Isso. Ma, signori, Filemon e si batteva dalla parte dei Persiani! Fece una pausa per permettere alle parole di penetrare a fondo. Per poco non mi cedettero le ginocchia. Questa era una delle [94] cose pi orribili che si pote ssero dire di un uomo. "Amico dei Persiani" un'ingiuria orribile; in passato le famiglie venivano condannate all'esilio per il loro sostegno ai Persiani. Combat tere per i Persiani equivaleva ad alto tradimento. Alessandro aveva mostrato que llo che ne pensava dopo la battaglia del Granico, quando aveva ordinato che tutt i i Greci che avevano combattuto per Dario fossero immediatamente passati per le armi. Filemone ed il suo patrimonio non potevano attendere grazia dai pubblici poteri, se veniva provata una simile accusa contro di lui, e forse anche se dive ntava semplicemente opinione corrente. Visto che quelli che erano contro Alessan dro dovevano tenere nascoste le loro idee politiche, i vecchi sentimenti popolar i di odio verso i Persiani potevano sfogarsi incontrollatamente. Tutti, i nobili come i poveri, avrebbero potuto esecrare Filemone a loro piacimento. Mi sentivo come se mi avessero cucito in un sacco e non potessi pi n muovermi n respirare. - Dopo la disfatta dei Persiani - prosegu Euticleide - quando gli sciagurati m ercenari si staccarono da Dario per la sua vilt , quest'uomo, come alcuni altri ri nnegati, prese la direzione dell'Occidente attraverso le citt ribelli. Euticleide dovette intuire che stavo freneticamente cercando di ricordare dat e e calcolare tempi, poich aggiunse: - La battaglia presso Isso ebbe luogo pi di un anno fa: egli ha avuto dunque v ari mesi di tempo per ritornare. Questo soldato ne ha avuto notizie a Sidone: Fi lemone era gi tornato in Grecia per via mare. Aveva una cicatrice sopra un occhio , per una ferita ricevuta in battaglia, e cos la gente lo ricordava facilmente.

Ci fu un breve silenzio, ed io ritrovai la voce: - Dov' questo testimone, questo soldato? Fatelo venire! - Signore - disse Euticleide - abbiamo pensato fosse pi saggio non presentare l'uomo in questa udienza. E' ferito e ammalato, il freddo gli nuoce alla salute. Sar portato davanti a voi pi avanti. Intanto abbiamo preso nota della sua deposiz ione, che vi sar presentata per iscritto se la vorrete accettare. - Il suo nome? - domand il Basileus. [95] - Perdonatemi, signore - Euticleide mi lanci un'occhiata - so bene che irregol are nascondere un nome, ma davvero... ci sono tanti pericoli. Si tratta di un uo mo debole, ferito, che non in grado di difendersi. Non ha bisogno di farsi dei n emici. - E qui Euticleide mi rivolse uno sguardo eloquente, come se fossi un for zuto manigoldo che non ci avrebbe pensato due volte ad abbattere un uomo con una mazzata in testa. - Il suo nome sar rivelato al momento opportuno, quando porter emo qui l'uomo a deporre direttamente. - S - disse Polignoto di rincalzo. - Se volete, prendetela come una semplice d ichiarazione d'intenti. Ma non ci pareva giusto tenere segreta questa prova, e c i riserviamo di produrla in futuro, tenendo conto dello scopo della prodicas a. - Molto bene - approv il Basileus. - Che cosa avete da dire, Stefanos? - Questa un'accusa mostruosa - replicai con quanta forza potevo. - E da parte di un anonimo, oltre tutto! Signore, chi potrebbe confutare un'ombra? E se ques t'uomo si pu trovare, chi in grado di provare che Filemone quello che ha visto? I n un momento come questo, se vogliamo diffamare il nome di un qualsiasi uomo ass ente dalla citt , possiamo dire che andato a combattere per i Persiani. Tutto ci ch e si sa di Filemone che andato lontano ed rimasto lontano, ma non era il tipo da battersi contro i Greci. - Ci fu una risatina sommessa da parte di qualcuno, Te lemone, probabilmente. Nella mia ultima frase avevo usato un'espressione infelic e. Non era stato forse battendosi con un Greco che Filemone era stato condannato la prima volta? Io seguitai in fretta: - Non posso ammettere che questa sia una prova, mancando sia il testimone, sia un documento firmato da lui. Pu essere accettata unicamente come dichiarazione d'intenti se il Basileus lo concede. Io certo non sono in gr ado di difendere mio cugino contro un uomo che non esiste ancora davanti a quest a Corte. Non potei trovare altro da aggiungere. Sarebbe stato il colmo della stupidit p recisare che anche se Filemone avesse combattuto [96] per Dario, questo non prov ava che fosse l'assassino di Boutades. A norma di logica la cosa era vera, ma un simile argomento sarebbe equivalso ad ammettere in anticipo che Filemone era un traditore, e questo doveva essere smentito ad ogni costo. A questo punto sarebb e stato rischioso riferire il mio brandello di supposta prova, e cio che un marin aio aveva visto Filemone in terre lontane non molto prima del delitto. Tutto ci p oteva essere facilmente falsato in modo da collimare con la loro storia. Dovevo riflettere prima di decidere se dovevo servirmi in futuro della testimonianza de l marinaio. Al momento la mia mente era paralizzata. Una volta accettata, l'idea che Filemone potesse aver combattuto per i Persiani era sufficiente anche senza la responsabilit dell'omicidio a spogliarlo di ogni propriet e a tenerlo per semp re in un miserevole esilio, magari anche con una taglia promessa a qualsiasi Gre co o Macedone che riuscisse a ucciderlo. Il Basileus domand se avevamo qualcosa da aggiungere, ma non fu detto altro, e presto ci fu permesso di andarcene. Sfilammo via decorosamente, attraverso la p iccola folla di sfaccendati che si raduna sempre in qualsiasi luogo dove accada qualcosa d'importante. Polignoto se ne and seguito dal mellifluo ragazzo di Sinop e, e Euticleide si avvi con aria d'importanza gi per il colle, in compagnia di alc uni clienti che l'avevano aspettato. Io mi lanciai verso un comodo gruppetto d'alberi, dove potei liberarmi in pac e la vescica e le budella che erano sul punto di scoppiare. Quando ripresi a sce ndere gi per il sentiero, inciampai quasi in Telemone, che se ne andava in giro z oppicando come al solito. - Non hai un bell'aspetto, - comment questi. - E' molto doloroso per te, eh s , molto doloroso. Imprecai mentalmente e digrignai i denti. Quant' ripugnante la piet di coloro p

er cui proviamo antipatia o sfiducia. - Sto benissimo, vi ringrazio, - risposi, e mi misi a camminare pi in fretta c he potei. Ma il vecchio scemo zoppo sembrava deciso a far strada insieme a me, e seguit a chiacchierare allegramente al mio fianco, come se stessimo tornando da una festa. [97] - C' Euticleide davanti a noi. E' un uomo molto impegnato Euticleide. Ed anche uno che sa come condurre gli affari, non credi? E' grazie a lui che siamo uscit i dalla prodicas a cos in fretta. Un altro l'avrebbe menata per le lunghe. Ma anche Polignoto in gamba. Ha veramente un gran cervello, pur essendo cos giovane. Sai che sta piantando degli olivi nuovi? Quella propriet gli frutter senza dubbio dei grossi guadagni. E cos gli ho detto: "Perch non ingrandisci la casa, Polignoto? Il materiale da costruzione non rincarer in questo periodo". E lui ha detto che esa ttamente quanto ha intenzione di fare non appena si sar liberato dei suoi impegni come cor go. - Spero che lo spettacolo proceda bene, - dissi freddamente. - S , benissimo. E che costumi! Non si badato a spese. Alessandro ne sar compiac iuto. Suppongo che non sar presente, ma certamente apprezzer l'omaggio contenuto n ella storia di Eracle. Sai, credo che Polignoto sia proprio il tipo di uomo, di giovane nobile ateniese, che piace ad Alessandro. Senza dubbio Alessandro deside ra che Atene poggi su una base solida. Antipatro ha invitato Polignoto a casa su a. E lui ci andr al suo ritorno da Corinto. - Quindi partir per Corinto? - S , per affari. Per riscuotere un debito dovuto a suo zio. Partir oggi. E' cos coscienzioso. E ha un tale rispetto per la memoria di suo zio, se mi perdoni l'i ndelicatezza di nominarlo. Polignoto ha fatto preparare una magnifica lapide col miglior marmo di Caria ed un elegante lavoro di intaglio. Non lo sai? Le figure di Boutades e sua moglie in rilievo (le sue mani le disegnarono nell'aria) e un epitaffio. In questo momento ci lavora Tecnofilo, il migliore incisore su pietr a, nella sua bottega. E' quasi finita. La gente ci va solo per guardare. Dovrest i andarci anche tu. E' una vera e propria opera d'arte. Gli ci voluto un bel po' per trovare il marmo. Concordai che si preannunciava una gran bella lapide. - Bene, come stavo dicendo, l'invito di Antipatro sta a significare che Polig noto un personaggio assai stimato nelle questioni politiche, no? Ha una tale com petenza. Io gli ho detto: [98] "Polignoto, pare che il fato ti sorrida in questo momento". Anche se questo odioso delitto avvenuto in casa sua, la sorte sembra favorevole. Antipatro ha bisogno di circondarsi di uomini intelligenti e saggi, come il maestro Aristotele di cui tanto amico. lo credo che Polignoto starebbe b enissimo al fianco di Aristotele; sarebbero un po' come il Protettore della citt e il Filosofo. Polignoto lo ha conosciuto al Liceo, ovviamente, come te d'altron de, non vero? Ma, purtroppo, dimenticavo che tu non hai avuto molto tempo da ded icare agli studi. Che peccato. Mi faceva male la testa. Non riuscivo a capire dove esattamente questo garrul o Telemone volesse andare a parare, ma non riuscivo a indurmi a credere che la n ostra conversazione, o meglio, la sua, fosse casuale. Forse era stato Euticleide a dirgli di parlarmi, o magari l'aveva fatto di testa sua. Telemone avrebbe pot uto avere una mente molto pi brillante e malevola di quanto gli avessi fatto cred ito, oppure queste potevano essere solo chiacchiere senza malizia. Non aveva imp ortanza. Mi figurai il quadro che gli altri Ateniesi dovevano avere della situaz ione: da una parte il povero Stefanos, circondato solo da donne e con un cugino lestofante; dall'altra il brillante Polignoto, con tutto il suo clan ad assister lo e a godere del suo successo. Io avevo insinuato che il loro testimone non esi stesse, ma sapevo che esisteva quanto bastava. All'interno della fratr a c'era un vecchio soldato. All'interno della fratr a c'era sempre qualcuno pronto a fornire quanto era richiesto. Non mi sarebbe servito a nulla affermare che il testimone fosse corrotto; probabilmente non era stato nemmeno necessario corromperlo, se d esiderava accattivarsi le simpatie della fratr a. Magari era tutto vero... Che orr ibile pensiero! In cuor mio non potevo dire di essere sicuro che Filemone non av esse mai combattuto per i Persiani; magari prendeva parte a qualsiasi combattime nto gli capitasse. Ero in dubbio, e la vita mi sembrava pi amara.

- Sei molto silenzioso, Stefanos, - disse Telemone in tono premuroso. - S , - ammisi io. - Pensavo a quanto stavate dicendo. [99] Questo era verissimo. Tutto quanto diceva Telemone era carico di significati. Lasciaci in pace, non affannarti a cercare di difendere il tuo parente. E' un'i mpresa disperata. L'avevano gi detto per mezzo della loro sconcertante "prova", e adesso Telemone lo ribadiva, parlandomi della grandezza della loro trib . Noi sia mo forti, voi siete deboli. E lo erano davvero forti, e sicuri di godere del fav ore di ogni autorit terrena. Le autorit , terrene e quelle celesti non sono sempre d'accordo riguardo a queste cose, ma le storie che ce lo narrano non sono molto confortanti in proposito. Pensai a Edipo nella sua tomba a Colono che lasciava C reonte, i suoi figli e i Tebani a distruggere ogni cosa a loro piacimento. Persino la mia amicizia con Aristotele sembrava ambigua e illusoria. Forse Te lemone intendeva ricordarmi quanto fosse, fragile la mia intesa con questo Maced one. Era ben poco probabile che l'amico di Alessandro intendesse prendersi a cuo re le vicende di un soldato di Dario! Niente di quanto era stato mio sembrava pi mio in quel triste momento. In seguito sarei stato pi ansioso, pi spaventato, addi rittura terrorizzato, ma non sarebbe accaduto nulla di tanto orribile quanto que l momento in cui il mio mondo sembrava sfuggire alla mia debole presa mentre res tavo a guardare impotente, come un'ombra. Chi avrebbe mai pensato che uno sciocc o come Telemone potesse uccidere un uomo con le sue parole? Vidi due uomini ai piedi della collina, e li riconobbi. Erano Teosoforo e Arc himeno. Parlavano con gli altri usciti dal tribunale. Si interruppero e ci rivol sero un'occhiata gelida. Mentre ci avvicinavamo, l'austero Archimeno mi sbalord g ridando: - Adulatore dei Persiani! Ruffiano dei Persiani! Leccaculo di Dario! Queste parole ebbero almeno il merito di scuotermi dalla mia apatia, e per qu esto lo ringraziai. Non solo quegli insulti furono uno choc, ma ci si pu aspettar e un linguaggio cos osceno da balordi di strada, non da un austero cittadino. Non poteva certo essere tacciato di usare un velato sarcasmo. Teosoforo, invece, aveva il suo solito aspetto. Quando mi avvicinai, [100] di sse semplicemente: - Perch non ci fai vedere le tue stoffe e i tuoi tappeti persi ani, cugino di Filemone? Li hai tenuti, nascosti troppo a lungo. Telemone fece spallucce, mi lasci e se ne and per la sua strada. Io risposi: Questi insulti non sono degni di voi, Teosoforo. Sapete bene che non ho stoffe p ersiane come non ne avete voi, e che non ho pi motivo di voi per averne! Archimeno si fece avanti e mi fece una smorfia, mostrando tutti i denti. Avev a l'aspetto di un teschio sghignazzante, con due solchi verticali tracciati sull a fronte col carbone. - Ah, - disse ingrossando la voce. - Guardate il rampollo impudente di una trib di adulatori dei Persiani. Ruffiano di Dario! - (La parola che us questa volta non fu altrettanto cortese di "ruffiano".) - Cittadino Archimeno, queste offese non vi si add... - E allora? Cosa vuoi farmi? Va' a raccontarlo ad Alessandro! Tesoruccio di D ario! - Fece un gesto osceno con le dita. - Perch non vai a combattere per gli Eg izi? Loro combattono in posizione orizzontale. "Oh, soldato che vai in guerra, c on una piccola lancia appuntita tutta tremante!". - (Questo era un frammento di una canzoncina da monelli di strada.) - Ah, ah! Beccati una spada nella pancia, beccati una spada nella pancia! Saltellava su e gi tutto eccitato, e si era fatto tutto rosso in viso. Mi allo ntanai da entrambi, borbottando: - E' da stupidi cercare di parlare in modo ragi onevole con voi... - Ah! Te ne dar Euticleide di ragioni quest'autunno, vedrai pi ragioni che grap poli d'uva! Teosoforo cerc di frenarlo, ma il suo crudele piacere continu a sfogarsi in brevi scrosci di risa. Era questa l'emozione che avevo davanti agli occhi, non tanto o dio, quanto piacere. Gioia. Probabilmente sollievo. Non avrei saputo dirlo. - Beccati una spada nella pancia, - continu a ripetere mentre proseguivo lungo la strada. Teosoforo lo trascin via nella direzione opposta, ma Archimeno non ri usciva ancora a trattenersi dallo sghignazzare tra uno strillo e l'altro: - Becc ati una spada nella pancia! [101] Improvvisamente mi resi conto che era matto. Be', ogni tanto almeno i matti si divertivano. Io, invece, ero sano di mente

(probabilmente), e per me ogni gioia sembrava svanita. Mi trascinai a casa e me ne andai a letto. L , dove nessuno poteva vedermi o sentirmi, piansi in silenzio e a lungo. 9 - Questioni familiari Non so cosa mi spinse a ritornare al Pireo qualche giorno dopo. Non avevo pro getti definiti n speranze. Forse lo consideravo un luogo di buon augurio per me. Se cos , dovevo restare amaramente deluso. L'inverno si avvicinava rapidamente. Dal mare soffiava un vento freddo, bench fra le nuvole filtrasse qualche raggio di sole. Avvolto in un logoro mantello di lana grezza, mi mescolai con la gente pi umile del porto e gironzolai per il mer cato. Non che ci fosse molto da vedere: un luogo squallido, dove si affonda nel fango, nel letame e nelle lische di pesce, e le bancarelle hanno ben poco da off rire, salvo il cibo scadente e il rozzo vasellame che i poveri possono permetter si di comprare. Mi ricordo che stavo in piedi presso un mucchio d'ortaggi di seconda scelta c he puzzavano di marcio. Un raggio di sole che illuminava le foglie verdi e giall e dovette gettare il suo riverbero anche sul mio viso. D'un tratto, mi sentii ti rare per la manica. - Signore! Signore! - Rigirandomi, vidi al mio fianco una vecchia sdentata, c on la faccia coperta di rughe simile alla pece del ciabattino. La sua mano nodos a e coperta dalle macchie della vecchiaia mi stringeva il braccio. Non era una m ano molto pulita, e nemmeno bella da vedere. - Donna, vattene... - Signore! La mia padrona vi prega di venire da lei. - Poi, abbassando la voc e, sussurr : - La vostra parente ha bisogno di voi! - Ma io non so di parenti... [102] - Ssst! - implor , portandosi un dito grinzoso alle labbra. - Vi ho gi visto al Pireo, e ho aspettato che ci ritornaste. Conosco il vostro nome e vi dir tutto, m a non qui. Venite. Sentii una vaga apprensione. Mi si affacci alla mente il sospetto, dopo la sce nata di Archimeno, che questo potesse essere un tranello, e che seguendo quella strega avrei potuto essere trascinato alla rovina. D'altro canto, in quella posa sembrava una delle Parche, le dee del Fato, e tutti gli uomini obbediscono al F ato. Non ero venuto al Pireo in cerca dell'ignoto? Certo non avevo immaginato ni ente del genere, e desiderai ardentemente che non mi alitasse in faccia quelle z affate d'aglio e di denti marci. Scossi via la sua mano ma risposi: - Verr . - Seguitemi, allora. Senza farvi vedere. Siate discreto. Sgattaiol via attraverso la folla, ed io le tenni dietro a distanza. Un compit o non facile, perch vista di spalle rassomigliava a qualsiasi altra povera vecchi a, un fagotto informe di stracci scuri. Dopo che lasciammo la piazza affollata , s'incammin , velocemente per la sua et , per vie e viuzze rumorose, poi per luoghi deserti e poveri tuguri, ed io la seguii, come Teseo nel Labirinto. Nemmeno una volta si volt a guardarsi alle spalle. Fosse stata Orfeo, Euridice sa rebbe stata salva, ma io sentii che mi stava conducendo dentro gli Inferi, e non fuori. Finalmente si ferm presso una piccola casa (bench questo sia un termine tr oppo ottimistico per quella misera abitazione). Le pareti non erano imbiancate e mostravano delle crepe profonde. Fuori, lungo il sentiero che conduceva alla po rta, stavano mucchietti di rifiuti. - Entrate - disse la mia misera sibilla, ed entrai. Mi trovai in una piccola stanza dalle pareti affumicate. In un braciere bruciavano dei noccioli d'oliva. Il penetrante odore di una latrina non lontana si faceva sentire. Alcune cose, p er , indicavano ordine e pulizia. Sulla tavola alcuni piatti, scrupolosamente puli ti, erano accomodati in ordine. C'erano due sgabelli di legno ed una sedia rives tita di cuoio che aveva visto giorni migliori: una gamba era lievemente lesionat a, ma il legno era stato lucidato di fresco. Il passaggio nella stanza attigua e ra coperto da una tenda di discreta [103] fattura, che raffigurava Penelope al t elaio; era logorata dall'uso, ma era stata abilmente rammendata in vari punti. U

na piccola finestra in alto, in parte aperta e in parte sbarrata con assi, lasci ava entrare un po' d'aria e la luce grigiastra del giorno. Non era una bella cas a, ma non sembrava nemmeno tanto sinistra. Non avevo pi paura che fosse una trapp ola, ma ero perplesso. - Sedetevi - disse la mia guida indicandomi la sedia ricoperta di cuoio. - Il signore non vuole accettare qualcosa da mangiare o da bere? - No, grazie - mi affrettai a rispondere. - Ma Stefanos, il figlio di Nichiarco, deve gradire qualcosa in casa nostra. Scalder un po' d'acqua, e cos berrete la nostra camomilla prima di andarvene. Pose un recipiente con dell'acqua sul braciere e poi si volt a guardarmi. - Il figlio di Nichiarco si sta domandando perch qui. Vi ho sentito descrivere . Poi vi ho visto al Pireo qualche tempo fa, e ho riconosciuto il nobiluomo sott o quei vecchi panni. Ho pensato: "Star cercando di aiutare Filemone in qualche mo do. Quindi perch non cercare d'avvicinarlo quando ritorna?". Voi siete affezionat o al vostro parente, e volete aiutare Filemone figlio di Likias, ora che nei gua i. Non cos ? - S , cos - risposi. - Noi pensiamo che non ci sia nulla di onesto che non fareste, per aiutare lui e i suoi. Non vero? - Nulla - dissi calorosamente - nulla di quanto permettono gli dei che io non fa rei per Filemone, mio cugino. - Mi era balenata l'idea che lei, o qualche person a a lei nota, potesse avere delle prove in grado di sostenere la mia causa e il cuore mi ballava in gola per l'eccitazione. - Il legame di parentela sacro, signore. Parlo in nome di vostri congiunti. I o, la vecchia serva Nusia, vengo a voi in nome loro come supplice. - D'un tratto , si gett drammaticamente in ginocchio e cerc di abbracciare le mie gambe mentre s tavo seduto l , su quella sedia sgangherata. Mi sentii imbarazzato [104] piuttosto che importante. - Va bene, va bene - dissi, aiutandola a rialzarsi - ma come po sso capire di cosa mi stai parlando? La sua parte le piaceva. Capivo che doveva aver provato questa scena pi d'una volta nella sua mente. - Prima di tutto, signore, giurate che anche se non conse ntirete a fare quanto vi chiedo anche a nome di un'altra donna senza difesa, non ci farete del male. Riflettei. Non avevo intenzione di fare del male a delle donne anziane, e mi sembrava improbabile che la cosa fosse di qualche utilit , quindi giudicai abbasta nza sicuro prometterglielo. Mi parve di veder muoversi la tenda con l'immagine di Penelope. - Lo giuro risposi. - Lode a Zeus! E adesso, ascoltatemi. - Sedetevi - dissi, in tono bonario. Mi dava fastidio averla cos vicina, mentr e gesticolava, s'agitava e i cernecchi le sfuggivano dall'acconciatura del capo. Lei sedette a suo agio, un fagotto di stracci, uguale a qualsiasi altra vecchia pettegola accanto al fuoco. - E' cos , signore. Voi conoscete vostro cugino Filemone, o forse dovrei dire l o conoscevate? -S , naturalmente. - Be', era un giovanotto scatenato, ma di buon cuore, e forse non sapete tutt o su di lui. Anzi, non lo sapete di sicuro. Ho una sorpresa per voi. Cosa mi dir este se vi dicessi che vostro cugino Filemone era sposato? - Filemone? Sposato? Ma non ... Si mise a ridacchiare di gusto, abbandonando la posa drammatica e il linguagg io formale di poco prima. - Ah, ah. E invece lo era. Un po' un galletto con le donne il vostro Filemone , si pu ben dire. Ma questa non stata una delle solite avventure. Era un vero gen tiluomo, e sapeva come si trattano le ragazze di buona famiglia. Si sposato con tutte le dovute formalit prima di lasciare Atene. E con una giovane donna assolut amente rispettabile di discendenza ateniese, e tutto come si deve. - Non riesco a crederci. Ma via, un matrimonio una faccenda [105] in cui entr a tutta la famiglia. Non pu essere fatto di nascosto. Non legale! Lei si accigli . - E' legale, non vi preoccupate. E non mettetevi, a fare delle

insinuazioni sulla mia giovane padrona, che ho curato fin da quando era bambina , come gi sua madre prima di lei. Melissa, figlia di Archia, ecco chi . E' andata al matrimonio pura e vergine, come qualsiasi nobile sposa di Atene. Possiamo mos trarvi il lenzuolo nuziale macchiato, se volete vedere. La sua parentela ne era al corrente; c' stato prima un fidanzamento in piena regola, ci sono dei testimon i. Ma c'erano motivi per cui Filemone non poteva informare la sua famiglia. Non una cosa tanto bella, lo ammetto, ma i motivi erano giusti. E non il caso di cre are dissapori tra le famiglie, ora che la cosa fatta, e ben fatta, non vi pare? Se la stava godendo, come tutte le vecchie ogni volta che si presenta l'occas ione di spettegolare su un matrimonio, e su cose da donne. Raccolse distrattamen te un'oliva tutta rattrappita da un piatto e se la cacci in bocca, per rinfrescar sela dopo tutto quel parlare. - Ci potevano essere dei disaccordi sulla dote. Melissa ha una buona dote, ve dete, ma per ora non possiamo venirne in possesso. Filemone pensava che tutto sa rebbe finito bene; e quanto al fatto di sposarsi giovane, be', con suo padre mor to era suo dovere sposarsi e generare un erede. Ma poche settimane dopo le nozze , lui fu coinvolto in quel brutto affare e dovette tagliare la corda. Ci fece tr asferire qui, sotto falso nome. E qui siamo rimaste. E - aggiunse guardandomi co n occhi brillanti e giocherellando col nocciolo dell'oliva - adesso c' un bambino da questo matrimonio. Vostro nipote. Un bel maschietto robusto. - Ma dov' questa persona? - domandai. Mi girava la testa. - L dentro. - La vecchia accenn alla tenda che scivol rapidamente indietro, al s uo posto. - E' una rispettabile donna sposata. Naturalmente non potete vederla, se prima non la riconoscete come vostra parente. Non sarebbe affatto conveniente . Ero in un bel pasticcio. Non potevo dare un'occhiata a questa [106] Melissa, n tanto meno giudicare da me se fosse una sgualdrina, un'amante o una vera moglie , senza prima riconoscerla in qualit di sposa legittima. Le donne hanno una vera abilit nel manipolare le convenienze a loro vantaggio. Quell'incontro, dopo tutto , mi aveva effettivamente portato in una trappola. - Voi siete un uomo buono e giusto, signore - riprese la vecchia in tono suad ente. - Non potreste lasciare dei parenti alle prese con la fame. Abbiamo sentit o dire che avete fatto del vostro meglio per Filemone nell'udienza in tribunale, ma le cose stanno peggiorando adesso, e che cosa sar di noi? Che cosa sar del pov ero caro bambino? Vorrei saperlo. - D'un tratto la vecchia cominci a lamentarsi, dondolando avanti e indietro sul suo sgabello e piagnucolando: - Oh, oh, morirem o di fame o saremo perseguitate e costrette a lasciare la casa. Senza amici e se nza casa! Oh, povera me! Una vecchia e una giovane a morire sopra a delle fredde pietre! Oh, che Atena ci aiuti! Oh, povera me! - Mi fece venire il mal di testa . - Va bene - dissi. - La vedr . - Vedrete chi? - chiese vivacemente la vecchia, interrompendo i suoi lamenti. - La moglie di Filemone - risposi rassegnato. Riflettendoci sopra, mi resi co nto che la promessa mi vincolava solo a non farle del male, e comunque non desid eravo fare niente del genere, chiunque esse fossero. Quanto a dire che accettavo di vederla come parente, non c'erano testimoni maschi sul posto, e neppure gent ildonne. Avrei sempre potuto smentire in seguito. La vecchia interruppe di botto il suo lamento, come se l'avesse tagliato di n etto con un coltello, e si diresse al passaggio, chiamando con voce dolce: - Mia signora, mia Melissa! Il vostro parente desidera vedervi, moglie di Filemone. La tenda si scost lentamente. Una donna apparve. - Buongiorno a te, moglie di Filemone - dissi. Le parole mi restarono in gola . Era giovane, snella e bellissima. I suoi capelli erano biondo-oro, come potev o vedere dai pochi riccioli che sfuggivano dalla [107] sua acconciatura. Vidi co n delusione che non sembrava affatto una cortigiana: era vestita con modestia, c ome la moglie d'un qualsiasi cittadino, e senza traccia di lusso. Costei non era sicuramente una cortigiana. Si ferm sulla soglia, guardandomi con occhi d'un azz urro intenso, con molta seriet ; poi attravers con grazia la stanza e venne a ingin occhiarsi ai miei piedi, toccandomi le ginocchia.

- Vengo come parente e come supplice, Stefanos, figlio di Nichiarco, cugino di m io marito Filemone - disse a voce bassa. L'aiutai a rialzarsi e risposi: - Benvenuta la vista della sposa di mio cugin o. - In realt , poche viste potevano giungermi meno gradite, nonostante la sua bel lezza. Le accennai di sedersi, e lei s'accomod compostamente su uno sgabello, con alle spalle la vecchia che sorrideva e annuiva. La stanza aveva un'aria pesan te, e mi pareva ancora meno accogliente di prima. La ragazza aveva l'aria d'un g iglio cresciuto sopra un mucchio di rifiuti. Mio malgrado, mi sentii preso da co mpassione. Anche se non fosse stata altro che l'amante di Filemone, avrei provve duto a farle avere un po' di denaro. - Dimmi, moglie di mio cugino, da dove vieni? E, devo aggiungere, come mai vi siete sposati senza che nessuno ne sapesse niente? Mi guard con aria di rimprovero. - Qualcuno lo sapeva. Il nostro stato un vero matrimonio. Ma il destino ci avverso. Lascia che ti spieghi. - Trasse un respir o ansimante e cominci il suo racconto. - Il nome di mio padre era Archia. Era un cittadino di Atene. Bench fossimo at eniesi, ci trovavamo a Tebe al tempo dei... disordini di qualche anno fa. Fu un momento terribile, con i soldati che uccidevano e saccheggiavano. Io non so nien te di politica (pensai che forse non voleva manifestare dei sentimenti anti-Mace doni) ma so che dovemmo fuggire per salvarci la vita. La nostra casa fu distrutt a e mia madre uccisa prima che lasciassimo Tebe. Come molti altri, ritornammo ad Atene, la nostra vera patria. Mio padre ed io incontrammo Filemone quando giung emmo [109] ad Atene con altri che cercavano rifugio qui. Ero una bambina e lui e ra un bambino. Ma ci diede dell'acqua da bere, lo abbiamo sempre ricordato. Mio padre non stava molto bene. Trovammo asilo in casa d'un cugino, una piccola fatt oria lungo la strada per il Sunion. Incontrammo Filemone di nuovo, tre anni dopo . Un ladro aveva assalito mio padre e me sulla strada fra Atene e il Sunion, e c i aveva portato via i nostri fagotti. Filemone era vicino, riusc a prenderlo e ci ridiede le nostre cose. Dopo di questo, venne di tanto in tanto a visitare mio padre. Era tutto corretto. Io stavo nelle stanze delle donne, con la moglie di m io cugino e Nusia, e imparavo a filare. - Non aveva figli maschi tuo padre? - Vedi, questo uno dei nostri guai. Avevo un fratello, ma non so dove sia. A Sparta, da qualche parte, temo - aggiunse in tono sommesso. - E il nostro denaro e i nostri beni erano tutti a Tebe. Mio padre mi ha sempre promesso una buona d ote, e ci deve essere un mucchio di denaro da qualche parte. Mio padre ne ha dat o una parte ad un amico, un tebano in buoni rapporti con i Macedoni a quanto mi hanno detto, subito prima che si scatenasse la tempesta. Cos , tutto quel che dobb iamo fare tornare laggi e riprenderlo, quando la situazione si sar normalizzata. C 'erano delle belle anfore e degli oggetti d'argento, mi ricordo, e delle belle s toffe oltre al denaro. - Ehm - dissi. - Ci sono dei documenti? - Penso che ce ne siano, da qualche parte. Io non so nulla di affari. Ne parl avano mio padre e Filemone; penso che lui ne sia al corrente. In ogni modo, ques to tebano un galantuomo, altrimenti mio padre non gli avrebbe affidato il suo de naro e la roba. - Mmm - ripetei. Dicesse il vero o no, mi sembrava che Filemone avesse tante probabilit di riscuotere una dote quante di trovare del miele in un nido di vespe . - Il mio povero padre era molto preoccupato quando seppe di essere vicino all a morte. Vedi bene che situazione disgraziata. Con mio fratello forse al servizi o del re spartano Agide, che sarebbe stato di me e del nostro denaro? Cos mio pad re [109] mi offr in matrimonio a Filemone, e nel testamento lo nomin suo erede, ne l caso suo figlio morisse. Filemone fu molto contento all'idea di sposarmi, dopo aver considerato la questione - aggiunse in tono affettato. Povero Filemone! Tutti sanno che nessun uomo di buon senso sposa una donna pe r la bellezza. Anzi, in una famiglia come si deve, dove faccende del genere sono sistemate secondo le buone regole, la sposa e lo sposo non si vedono prima del matrimonio. Ma Filemone non era uomo di buon senso. Lo splendore di due occhi az zurri e una storia patetica dovevano essere stati determinanti per lui.

- Non stata una cosa avventata - riprese Melissa, con un leggero tono di sfid a, come se avesse letto i miei pensieri. - So che queste nozze possono sembrare non proprio come si deve, sai. Mi dispiacque tanto avere una cerimonia cos modest a. E so che i parenti di Filemone avrebbero dovuto essere presenti. Ma lui e mio padre sapevano che la sua parentela avrebbe potuto fare delle difficolt per la d ote, per mio fratello e per le altre nostre disgrazie. Se mio padre fosse rimast o in vita sarebbe stato tutto diverso, naturalmente. - Come fu organizzato il matrimonio quindi? - Ci fu la cerimonia del fidanzamento, secondo le regole, mio padre consegn a Filemone la dote, cio la promessa della dote. I testimoni furono mio cugino e uno dei suoi amici. Poi ci sposammo e andammo ad abitare in casa di mio cugino. - Avresti dovuto abitare in casa di Filemone! E' questo che fa un matrimonio - dissi severamente. - Ma Filemone non voleva disturbare sua madre con queste cose. E' vecchia, mi diceva, e ammalata. Ma glielo ha detto pi tardi, credo. Ad ogni modo, diceva che gliene avrebbe parlato. Sarebbe stato tanto pi semplice arrangiare l'aspetto pub blico della faccenda una volta che avesse avuto la dote. Non volevamo che la gen te dicesse che si era sposato al di sotto della sua condizione. - Quando avevate intenzione di fare qualcosa in proposito? - Appena la situazione si fosse normalizzata. Un po' di denaro [110] e dei pr eziosi di famiglia, oro e oggetti che non rischiano di marcire o di spezzarsi so no stati sepolti nel giardino della nostra vecchia casa a Tebe. Filemone diceva che sarebbe stato divertente andare in seguito a riesumarli. S , questo era proprio tipico di mio cugino. - Ho avuto dei regali di nozze. Adesso ne ho dovuti vendere alcuni, naturalme nte. Nusia si occupa di queste cose per me; io cerco di non muovermi di casa. Ma guarda questa tazza e questa ciotola: sono di Filemone. Le guardai. Erano effettivamente di Filemone, appartenenti alla sua casa. Le avevo viste in altri tempi. - Da queste non mi separer - disse Melissa. - Ma tutto si messo contro di noi. Mio cugino morto, e sua moglie ritornata da suo fratello. E il povero Filemone rimasto coinvolto in quel guaio. Subito prima di andarsene, mi port qui, in quest a casetta. Viviamo qui sotto un altro nome, naturalmente. Io passo per la moglie di Eforo. Quando Filemone part ancora non sapevo di essere incinta. Il bambino h a quasi un anno e mezzo ora. Ovviamente, essendo una donna sola e soprattutto so tto un falso nome, non potevo presentarlo alla fratr a e ai membri del demo. E' un bel bambino. Aspetta, te lo faccio vedere. Si alz e and nella stanza accanto, ritornando subito con un piccino in braccio. Sembrava mezzo addormentato, ma si mise subito obbedientemente a trotterellare sulle gambe grassocce. - Ecco tuo nipote - disse orgogliosamente Melissa, mentre la vecchia faceva u dire dei suoni affettuosi. Spinse il bimbo verso di me, ma lui si aggrappava all e sue vesti, guardandomi con avversione e dicendo "mamma!". Altro dilemma. Se toccavo il bambino, sarebbe stato come riconoscerlo come me mbro legittimo della famiglia. Melissa risolse il problema, piuttosto slealmente , cacciandomelo in braccio. Lo guardai bene in viso: il bambino era ben tenuto, sano e sorprendentemente pulito. Prometteva di diventare bello come sua madre, m a pi robusto. Le donne e i vecchi sono bravissimi a scorgere delle somiglianze di famiglia nelle facce dei bambini. [111] Io non ci capisco nulla. Il bambino ave va capelli folti e ricciuti e gli occhi castani. Non c'era nulla che indicasse c he non era di Filemone. Anzi, quando mi colp con il suo robusto piccolo pugno, mi dissi che doveva essere proprio un suo rampollo. Ma nessun bambino porta segni di legittimit o d'illegittimit sul viso o nei modi. Goffamente, lo ridiedi alla ma dre. - Si chiama Likias - disse lei orgogliosa. Inghiottii una risposta aspra. Che sfacciataggine, chiamare un bambino illegi ttimo come il suo nonno paterno! E anche s era legittimo, a rigor di norma non av eva diritto a un nome. Non era stato presentato a nessuna autorit , n ricevuto nell a trib o nel demo. La mia fiducia vacillava. In ogni modo, pensai con amarezza, s arebbe toccato a me pagare perch il bambino, legittimo o no, non morisse di fame.

- Pa-p - disse il piccolo, appoggiandosi con una mano sul mio ginocchio. - Dov e pa-p ? - Non potevo supporre che il bambino fosse stato addestrato, ma la scena fu di grande effetto. La vecchia era raggiante. - Ecco, gli rammentate suo padre; vedete, ha notato la somiglianza. - Molto commovente davvero - replicai seccamente - dato che non ha mai visto suo padre. - Vi fu una breve pausa. - Pa-p ! - ripet il bimbo, fiduciosamente. - E invece l'ha visto - disse la padrona di casa in tono di sfida. - Molte volte. Come pensi che abbiamo tirato avanti, tutto questo tempo? Di c osa credi che abbiamo vissuto? - Intendi dire che Filemone stato qui di nuovo? Qui al Pireo? Ad Atene? - Sst! S , tornato. Sono di nuovo incinta, non vedi? (Ahim , la mia inesperienza! Lo vedevo, adesso che me l'aveva detto.) - E' il suo secondo figlio. Ma Filemon e non pi tornato da molto tempo, e non deve tornare ora, la situazione troppo per icolosa. La gente dice che lui combatteva per i Persiani. Dobbiamo stare ancora pi nascosti. D'un tratto Melissa si mise a piangere. Lacrime di cristallo da quei suoi gra ndi occhi azzurri. - Non ho di che vivere! - gemette. [112] - Dobbiamo avere qua lcosa. Come potr nutrire i miei bambini? La vecchia strega si mise a piagnucolare anche lei, per compagnia. Mi alzai. Dovevo andarmene da quella stanza soffocante e da quelle donne in l acrime. - Oh - disse Nusia. - Non vi ho dato la camomilla. - Lascia andare - risposi. Poi mi volsi alla giovane donna. - Non piangere. S enti, sarai al sicuro. Qui c' un po' di denaro per adesso - e rovesciai sulla tav ola le monete che avevo con me. - Fra pochi giorni te ne porter dell'altro, e for se... anche altre cose - aggiunsi guardandomi attorno. - Oh, grazie, grazie - dissero tutte e due le donne insieme; e la pi anziana a ggiunse in tono pratico: - Quando? Troviamoci sulla piazza del mercato subito dopo l'aurora fra tre giorni - dis si, ormai totalmente coinvolto. - Ma prima che me ne vada, dimmi ancora una cosa - pregai, rivolto alla giovane donna dai capelli d'oro. - Dimmi, devo saperlo. Quando stato qui Filemone per l'ultima volta? Melissa smise di piangere e mi guard dolorosamente. Poi disse lentamente: - Non l 'ho pi visto da circa due mesi. L'ultima volta stata nel mese di Boedromione. Uscii incespicando, e mi affrettai ad allontanarmi attraverso i vicoli pi sper duti del Pireo. Quelle ultime parole mi martellavano nel cervello. Il mese di Bo edromione, cio l'epoca in cui Boutades era stato ucciso. Tutto l'edificio della m ia difesa, di cui mi ero sentito cos sicuro, adesso cadeva in rovina. Avevo credu to di sapere che la prova della zia Eudossia era sicura, anche se terribilmente difficile da dimostrare. Filemone non era ad Atene. Ma ora, o quello che le donn e mi avevano detto era un fiume di bugie messo insieme da chiss quale diabolico n emico per chiss quale scopo, oppure era tutto vero, con la possibile eccezione ri guardo alla realt del matrimonio. Se Filemone era stato ad Atene al tempo del del itto, allora non c'era pi [113] difesa, salvo la ferma fiducia nel mio spirito ch e lui non avesse niente a che fare con l'omicidio. Ma il bisogno di sapere mi torturava. C'era una sola persona che poteva confe rmare o negare la verit di quanto avevo appena udito. Giunsi a casa in fretta, co me se avessi avuto le ali ai piedi, e piombai su mia madre e la zia Eudossia, ch e stavano mangiando placidamente dei pasticcini al miele. Presi la mia sbalordit a zia per un braccio e la tirai sgarbatamente nella stanza migliore, quella dove in tempi pi felici ero solito ricevere gli ospiti. E chiusi la porta. Credo che dovetti sembrarle pazzo. Non ero mai stato sgarbato con la zia Eudo ssia. Vidi che era spaventata, smorta e tremante, e che l'avevo urtata proprio n el fianco che le doleva, ma in quel momento non riuscivo a provare piet . Le lasci ai andare il braccio e mi piantai davanti a lei, tempestandola di domande, in un frenetico bisbiglio. - Zia Eudossia, so tutto. Filemone ritornato ad Atene, non cos ? Non cos ? E' sta

to qui nel mese di Boedromione, s o no? Rispondimi! E risparmiami le bugie e le s cappatoie. Per Zeus, voglio la verit ! Speravo che avrebbe negato tutto indignata e sconcerta Ma il suo volto croll c ome un muro crepato, rivelando dietro la consueta espressione dolente e paziente l'ansia di una consapevolezza colpevole e nascosta da tempo dentro di s , che ora si sforzava di affiorare. - S - balbett lei. - Non so come tu lo sappia, Stefanos, ma ... s , tornato ad At ene. In segreto, parecchie volte. Per rivedere la sua vecchia madre. Io pensavo di aver mantenuto cos bene il segreto. Ma adesso... Oh, cielo! E credevo che nean che la tortura me l'avrebbe fatto dire! Piangeva, e si lasci cadere su una sedia. Ero sollevato che non s'inginocchias se davanti a me. Avevo avuto abbastanza genuflessioni per un giorno. - Non importa - dissi. - Che tu me l'abbia detto o no, io sono venuto a saper lo. So che Filemone era qui al momento del... in [114] quel momento. Ho parlato con qualcuno che aveva buoni motivi di saperlo. - E chi sarebbe? - La moglie di Filemone - risposi. La zia Eudossia svenne. 10 - L'enigma dell'iscrizione Quando Aristotele con mia sorpresa mi mand a chiamare, andai senza troppo entu siasmo. Aveva sentito, naturalmente, della seconda prodicas a, e mi disse che de siderava assicurarmi che "non tutti" credevano che Filemone avesse combattuto pe r i Persiani. Ritenni che questo significasse che le pi alte autorit cittadine si riservavano il giudizio. - E inoltre - aggiunse allegramente - questa testimonianza tardiva ed incompl eta. Tutto sommato, sembra pi un'ipotesi che una prova. - Ah, - dissi amaramente - questa storia vecchia. Come dice il poeta, Ci che prima ci minacciava e sembrava cos triste, bench dovesse ancora accadere, sembra un vago ricordo, ora che questa nuvola nera scaglia tuoni e fulmini sulle nostre teste. - Versi espressivi, - comment Aristotele, - ma non granch come poesia, non cred i? Che cos' questa nuvola nera? E' saltato fuori qualcosa di nuovo? - S - risposi gravemente. - Ma una cosa privata... di famiglia... e non dovrei parlarvene. Siete stato buono con me, e siete saggio ma questa una faccenda per sonale e molto strana, e potrebbe avere le pi serie conseguenze. - Stai diventando un vero oratore, Stefanos. Hai ridestato tutta la mia atten zione; sto gi cercando d'indovinare. E con quanta [115] abilit mi lusinghi. I sagg i hanno sempre l'ambizione di voler essere considerati saggi. Quanto alla bont , b e', siamo sempre ben disposti verso chiunque ci lodi per delle buone qualit che n on siamo sicuri di possedere. Insomma mi hai conquistato, e penso che dovresti d irmi questa cosa strana e seria. Ti prometto il silenzio, anche nel caso che non possa esserti d'aiuto. Mi sentivo colpevole nel tradire cos un segreto di famiglia, anzi una vergogna ; ma non potei fare a meno di riferirgli tutta la storia delle due donne al Pire o. - Non so cosa pensare - conclusi. - A volte penso che sia tutto vero, a volte che lo sia solo in parte, e cio che si tratti dell'amante di Filemone, non di su a moglie. E chiss chi il padre del bambino che aspetta? Ma che importa, se riusci amo a liberare Filemone da un sordido legame? La cosa importante che lei sostien e che lui era qui nel Boedromione. Potrebbe anche essere qualche losco complotto per estorcerci denaro; ho pensato anche a questo. - Potrebbe darsi, - concord lui. - Ma sarebbe un rischio per loro associarsi c on una famiglia cos compromessa. Perdonami, ma vi trovate tutti in un certo senso sotto una nuvola nera (ahim , di nuovo poesia), e non siete ricchi. Una ragazza c os bella se la caverebbe meglio con qualche ricco protettore. Ma, ovviamente, pot

rebbe anche trattarsi di una prostituta, incinta e in difficolt , che cerca disper atamente un sostegno mentre non pu esercitare il suo solito mestiere. Potrebbe es sere disposta a dire qualsiasi cosa dietro pagamento. Ma la testimonianza di una prostituta pu essere respinta. Le giurie ateniesi non sono molto favorevoli alle prostitute... in pubblico. Aristotele ridacchi , come un uomo che conosce il mondo. Lo trovai molto irritante in quel momento. - Oh, che Atena ci aiuti! - dissi disperatamente. Aveva di nuovo capito tutto . - Ha importanza per me. Non avete visto... la difesa della zia Eudossia non ma i stata altro che una bugia! Adesso ha ammesso che sapeva che Filemone era qui. E'andato a vederla parecchie volte, anche all'epoca del delitto. Cos sotto [116] questo aspetto, cio il peggiore di tutti, il racconto della ragazza risponde al v ero. E se anche nessun altro lo sapesse, io lo so. L'unico fatto su cui contavo non esiste pi . Per un minuto circa vi fu un mortale silenzio. - Adesso lo vedete - dissi desolatamente. - Ormai crederete anche voi che sia colpevole. Tutto quello che vi posso chiedere di non dire nulla... di non inter ferire. - Dunque adesso tu credi che Filemone sia colpevole? - mi domand Aristotele gu ardandomi fisso. - No - risposi. - Lo so che vi sembrer una pazzia. Ma ci credo meno di prima, se mai fosse possibile. - Perch ? - Perch troppe cose mi hanno ricordato Filemone. Il vero Filemone, scavezzacol lo, impulsivo e buono di cuore. Tutta questa faccenda con la donna... un pasticc io, ma sembra naturale, e stranamente normale. E il bambino sembra proprio suo. Oh, cos difficile spiegare. Ma non sono emersi altri motivi per cui Filemone avre bbe dovuto far fuori Boutades. Nella mia testa ho seguitato a rimuginare e rimug inare; ma nel mio cuore io penso, io sento, che Melissa si ritiene sposata a Fil emone. Non riesco a pensare a lei come a una nemica; piuttosto come a un altro f ardello. - Oltre alla sua catastrofica ammissione, che cos'ha da dire la zia Eudossia? - Be'... dice che Filemone una volta aveva cominciato a dirle qualcosa di una ragazza, ma che lei gli tronc il discorso, dicendo che non voleva sentire niente dei suoi affari di donne. Quando le ho parlato, sulle prime mi ha dichiarato ch e non dovevamo riconoscere questa femmina. Anche se c'era stata una sorta di cer imonia, non si trattava di un vero matrimonio, la ragazza era probabilmente una sgualdrinella ambiziosa, e in ogni caso una forestiera. Ma poi, pensando al bamb ino, ha cominciato a raddolcirsi. Dice che vorrebbe vedere un nipotino prima di morire. Questa ragazza non dovrebbe far altro che mostrare il bambino alla zia E udossia e mettersi a piangere, e sarebbe accettata in famiglia nello spazio d'un pomeriggio.[117] - No - disse Aristotele in tono deciso - non permettere che questo avvenga. T ieni lontana la ragazza da casa vostra e tieni i tuoi lontani da lei, specialmen te la zia Eudossia. Non ci devono essere legami visibili. Non adesso. Bada che l e tue donne tengano la lingua a freno. - Cosa posso fare? Non posso certo andare in giro in cerca dei parenti di Mel issa al Sunion, per verificare se c' stato un matrimonio, o andare a scavare teso ri nascosti a Tebe. Per fare tutto ci ci vorrebbero dei mesi, a dir poco. In ques to momento impossibile accertare se il matrimonio legittimo. - Uhm. - Aristotele congiunse le punte delle dita meditativamente. - Tu pensi che Melissa sia, o ritenga di essere, la moglie di Filemone. A questo punto, du nque, sar bene che tu ti comporti come se trattassi con la moglie di Filemone e c on suo figlio. Se, Melissa un'impostora che cerca solamente di estorcere denaro per il suo mantenimento, potr cos essere soddisfatta. Se la moglie di Filemone, o anche una concubina illusa che pensa di essere la moglie, la tua famiglia in obb ligo di un sostegno a lei e ai suoi figli. E' un rischio, naturalmente. Potrebbe recitare una parte sotto la direzione di qualcun altro. Potrebbe essere stata c omperata dalla parte avversa. E' un rischio che devi correre. Non mettere niente per iscritto, e non prendere testimoni per le tue transazioni. Se le cose vanno

storte, quella donna potr essere smentita e non avr prove di essere stata riconos ciuta da te come una della famiglia. Potresti sempre dire che ti ha semplicement e detto di avere avuto figlio illegittimo da Filemone, e che tu le hai dato un m odesto soccorso per piet , prima di venire a sapere della sua cattiva fama. Appiop pare dei figliuoli spurii a dei cittadini non cosa ben vista; e cos la giuria sar ebbe probabilmente dalla tua parte se gli accusatori volessero servirsi di un'ar ma cos infangata. - Capisco - risposi. - Ma sento che quella storia fondatamente vera. Perci avr ei torto a non aiutarli. Per lo meno, questa una cosa che posso fare per Filemon e. - Giusto. Ma segretamente, segretamente, Stefanos. Non ritornare in quella ca sa. Trovati con la vecchia serva, e fatti raccontare [118] quanto puoi da lei. S ta' attento a qualsiasi incongruenza che possa dimostrare che la loro storia fal sa. Ma ricordati questo. - Si chin in avanti con aria grave. - Se si tratta della moglie e del figlio di Filemone, sono in pericolo. Perci tu sei obbligato in cos cienza, verso di loro e verso Filemone, a prendere tutte le precauzioni. - In pericolo? - ripetei, sbalordito. - S , s , certamente. Mi pare che il modo migliore di assisterli sia di trasferir li in qualche localit remota il pi presto possibile. Questo potr anche servirti com e prova, perch pi la storia di Melissa vera, pi lei sar ansiosa di andarsene. Se inv ece il suo scopo attirarti in una trappola con una storia falsa, lei far del suo meglio per non partire. In questo, credo di poterti aiutare. Melissa pu andare in Macedonia, finch non sia consigliabile tornare. Posso dire una parola alle perso ne giuste e provvedere un carro e alcune guide. Se tu puoi pagare il noleggio de l carro e fornire il denaro per le provviste, il resto semplice. Lascia fare a m e. Facciamo il quinto giorno della prossima decade? Cio la met del mese. Penso che questo spazio di tempo sia necessario, ma indugiare di pi sarebbe metterli in pe ricolo. - La sua mente sembrava funzionare alla velocit dell'acqua di una cascata . Non riuscivo a tenergli dietro. - In pericolo? - ripetei ancora. - Come, in pericolo? - Io sono stato in parte conquistato dalla tua fiducia in quella donna. O rap presenta un pericolo per te, come abbiamo detto, e col mandarla via ce ne liberi amo, oppure, come tu nel tuo cuore sei convinto che sia, la moglie di Filemone, e in tal caso in pericolo. Qualcuno odia Filemone. Lo odia. E odia chiunque gli appartiene. Anche te. Mi domando perch . - Odiarci! Ma questo ridicolo. Filemone ha ucciso un uomo durante una rissa, vero, ma la famiglia fu risarcita adeguatamente. Sono gente modesta, e non hanno mai parlato di vendetta. E quanto a me... Non ho fatto del male a nessuno, e ne ppure mio padre ne ha fatto. Qualcuno potrebbe essere in collera con me per qual che parola avventata, suppongo, ma... - No, non in collera. Io qui avverto la presenza dell'odio, una [119] cosa pi mortale della collera, e pi sicura. Il tempo guarisce dalla collera, ma non dall' odio. Non ti sei accorto della differenza? Chi in preda alla collera mira a proc urare dolore alla sua vittima, vuole farla soffrire. Chi odia sicuro di s , distac cato, non gli interessa se la sua vittima provi dolore o no, purch possa annienta rla. Un uomo in collera alla fine prova piet per chi ha offeso; un uomo che odia non prover mai piet . Il vero odio contagioso. Dopo i terremoti, i fulmini e quant' altro, la cosa pi letale al mondo. Io temo che il tuo antagonista, tuo e di Filem one, sia un uomo capace di odiare, e non solo un uomo in collera. - Ma chi - dissi piuttosto abbattuto - chi potrebbe odiarci? Odiare me? - Non te, magari. Non come individuo. Ma per qualcosa che rappresenti. Come l a gente pu odiare quelli che sostengono una causa politica che aborriscono. - Oh, s - dissi lentamente. Cominciavo a vedere un po' di luce nelle tenebre. - Stavo dimenticando. Mi sono fatto odiare da qualcuno l'altro giorno. - Gli rac contai degli insulti di Archimeno e anche di Teosoforo, e del sarcasmo e, soprat tutto, delle oscenit di Archimeno. Quando Aristotele mi sollecit a raccontargli altre cose, gli riferii tutto l'incidente alla bancarella della carne cotta. Aristotele sospir . - Cosa dobbiamo fare di te? I giovani sono molto impulsivi. E' stata una cosa molto imprudente. Ti prego, non farti dei nemici, o se te ne sei gi fatti, cerca

di non aizzarli ancora di pi . - Mi spaventate ora - dissi seriamente - con i vostri discorsi sull'odio. - Un po' di paura un'ottima medicina; troppa, invece, ci toglie il discernime nto. Quanto ai miei discorsi sull'odio, ho usato uno stile da oratore, vero? Qua lche volta devo pur farlo, se non l'ho gi fatto. In questo caso potrei sbagliarmi , ma credo di no. L'odio esiste, ne sono sicuro, ma perch ? Strano come vanno le c ose, - continu in tono pi gioviale, guardandomi benevolmente. - Volevo parlarti di nuovo dei vasi, e invece ho fatto un'orazione sull'odio. Come si potrebbero com binare le due cose? [120] Una scena di odio su un vaso? O solo un vaso pieno d'o dio? A proposito, suppongo che non ti sarai ricordato di portarmi quel frammento di vaso? Me ne ero ricordato invece, e l'avevo con me, avvolto in un ritaglio di stoff a, bench quasi mi fosse uscito di mente. Sembrava una cosa del tutto trascurabile ormai, ma glielo porsi obbedientemente. Aristotele si mostr compiaciuto come se gli avessi dato un intero vaso dall'intricata decorazione. Lo rigir da ogni parte fra le sue lunghe dita; se lo mise sotto gli occhi, poi lo allontan . - Senti qui gli orli - disse. - Questo stato rotto poco prima di quando l'hai ritrovato. Buona ceramica ateniese. Guarda l'argilla rossa e la bella vernice. Ai miei occhi non c'era proprio niente di speciale in quel pezzetto di vaso r otto. - Se vi piace questo genere di roba - dissi in tono lievemente sarcastico (ev identemente dovevo sentirmi meglio) - c' un bel mucchio di rifiuti dietro casa no stra dove si possono trovare i cocci di tutto il vasellame che abbiamo rotto in dieci anni. Vi far dono dell'intera collezione. - Andiamo, Stefanos, non prendere in giro il tuo vecchio maestro. Non credo aggiunse pi seriamente - che questo sia il marchio d'un vasaio. Mi sembra faccia parte di una vera e propria iscrizione. Credo che questo segno sia una porzione di lettera. Non ti sembra, Stefanos? Guardai sopra la sua spalla oziosamente. Sulle prime non vidi nulla che non a vessi visto prima. E poi vidi una lettera in quel segno, che aveva l'aria di far parte di una parola scritta, con le sue linee nitide e sicure; non un semplice marchio messo l isolatamente. E la lettera era ovviamente la "fi" che sovente vie ne tracciata in forma di croce, cos + o cos +. E' l'iniziale di Filemone. - Sembrerebbe una... - cominciai, obbedendo all'abitudine di rispondere alle domande d'un maestro. Poi mi interruppi. - Non ne sono sicuro - terminai goffame nte. - Questo frammento lo tengo io, se non ti dispiace - disse Aristotele. Mi dis piaceva, e avrei voluto riprendermelo, ma ovviamente [121] non dissi nulla. Megl io considerarla una questione senza importanza. Per la prima volta mi si affacci l'idea che la punta d'arco cretese fosse stata messa l per incriminare mio cugino . Forse quel frammento era un'altra falsa prova, collocata deliberatamente. Cerc avo confusamente delle spiegazioni, ma tenni la bocca chiusa. - Quand' che un vaso non un vaso? - chiese Aristotele in tono allegro. - Quand o rotto. A proposito di vasi e di anfore da vino, - disse allegramente Aristotel e - mi viene in mente che presto dovr andare a pranzo dal ricco Cleoforo. Un uomo rispettabile, gran parlantina e nessun ingombro di idee. Devo andare pi spesso n ella buona societ , serve a raffinare le maniere. E ci sono dei lati positivi nei pranzi dei ricchi: il loro vino ottimo. Non dimenticarti della partenza per la p rossima settimana. Porta il danaro per il noleggio del carro, al resto penso io. Ritrovai la vecchia al Pireo, nel luogo che aveva indicato vicino alla piazza del mercato. Il suo aspetto non era migliorato in questa seconda occasione, e i l pensiero di chiedere una conversazione in privato non mi piaceva affatto, ma e lla mi anticip dicendo - Credo, signore, che voi ed io dovremmo poter parlare un momento tranquillamente, lontano dai curiosi. Seguitemi sulla spiaggia. - Io le tenni dietro. Stava diventando un'abitudine. Di nuovo passammo attraverso sentie ri remoti e quartieri miserabili, ma questa volta per sbucare su un tratto solit ario della spiaggia, lontano dai cantieri navali e dai pescatori. Non era una bella giornata per passeggiare in riva al mare. L'aria era fredda , e l'acqua stessa appariva grigia e desolata, come se fosse anch'essa oppressa

dalla povert . La sabbia ruvida e la ghiaia ci scricchiolavano aspramente sotto i piedi. - Prendi - le dissi, contento di disfarmi del fardello che sino allora avevo cercato di nascondere. - Qui c' del vestiario per il bambino e una coperta, un po' di fichi, del formaggio e un vaso di miele. E qui c' un po' di denaro - ag giunsi, facendolo cadere nella sua mano adunca. La vecchia lo esamin e controll le monete, [122] senza il minimo imbarazzo. - Non molto, ma dovrebbe bastare alla tua padrona e al bambino per un certo tempo. - Non le avevo potuto dare molto, n aturalmente, perch una certa somma si sarebbe dovuta spendere per il noleggio del carro, e il pensiero di come trovarla mi aveva gi procurato una notte insonne. Con mio sollievo, la vecchia ridacchi di piacere alla vista delle monete; l'of ferta le pareva generosa. - Molte grazie, signore. Oh, che benedizione non doversi preoccupare di come comprare il pranzo di domani. E poi la mia padrona ha bisogno di tante attenzion i adesso che incinta, e l'inverno alle porte. Ovviamente, mio signore, non affat to decoroso che voi veniate in casa della mia padrona mentre il padrone assente. I vicini potrebbero sparlare e fraintendere, non essendo al corrente dei fatti. Il buon nome di una donna una cosa molto fragile, specie in un posto sordido co me il Pireo, dove in realt la mia signora non dovrebbe vivere. - Senti, - mi affrettai a dire. - La tua padrona, il bambino e tu stessa dove te allontanarvi da qui, dal Pireo e da Atene, verso un luogo sicuro. Come dite v oi, questo non un posto adatto per Melissa. Aspettare Filemone non serve. Non pu certo venire adesso. Presto ci sar il processo, e la moglie di un uomo accusato d i omicidio si trova in una posizione difficile. Volete fidarvi di me? Ho un pian o. Non sono tanto affezionata al Pireo, - rispose lei tirando su energicamente e rumorosamente col naso, - non mi si spezzerebbe il cuore se dovessi andarmene, e nemmeno alla mia padrona, non in questo momento. E capisco il vostro intento m eglio di lei: volete che nessuno sappia che Filemone stato qui, ed pi facile port are avanti questa tesi con noi lontano. Giustissimo. Ma sentite, non starete mic a pensando a qualcosa di losco, vero? Far sparire la moglie scomoda e indesidera ta dalla famiglia, e strangolarne il figlio e la serva per poi gettare i loro ca daveri in un fosso? Ne ho gi sentite di storie come questa. - Grande Zeus, no! - protestai indignato. - Giuro su Zeus, protettore dei sup plici, dei forestieri, delle vedove e degli orfani, [123] che una simile idea mi ripugna, e che non lo farei per nessun interesse al mondo. Prometto alla tua pa drona che pu contare sul mio onore. - Meglio che sia cos , - comment la vecchia enigmaticamente, e borbott un fiume d i imprecazioni. Arguii che se avessi fatto del male a Melissa una vendetta indeg na e dolorosa si sarebbe abbattuta su di me per mano di vari dei. Poi ella s'ill umin . - Io mi fido di voi, caro... mio signore, voglio dire. Lo si vede in faccia, quando ci si pu fidare. Sono d'accordo con voi che meglio andarcene di qua, in un momento cos difficile. Perch un momento difficile vero? - I suoi occhi, infossati fra le rughe, mi scrutarono in viso. - Voi pensate che le cose vadano male per il padrone, non cos ? - S . - Non c'era motivo di nascondere la verit . - Be', allora ho sempre pensato che voi aveste il diritto di sapere tutto. L' ho pensato fin da quando abbiamo deciso di rivolgerci a voi. Ho un peso sul cuor e. - Di che si tratta? - domandai pazientemente, preoccupato all'idea di nuove r ivelazioni. Poteva essere qualcosa di subdolo e piagnucoloso, ma futile, come ad esempio il numero dei buchi negli abitini del bambino, oppure poteva essere un nuovo colpo. Santo cielo... magari altri bambini? - Io voglio dirvelo. Melissa non vuole; quindi, in un certo senso, sto infran gendo una promessa, anche se io non mi sono mai impegnata con un giuramento sole nne, e lei ha dato la cosa pi o meno per scontata. Ma ora ci troviamo in un gross o pasticcio, e niente ha molto senso, per quanto io non possa fare a meno di chi edermi se in realt non esista un senso da qualche parte. Melissa non riflette sul le cose, ma io s ., A volte si mette un mucchietto di lana sul fuso, lo si pettina

e lo si tira, ma non si riesce a cavarne un filo che sia un filo; poi, all'impr ovviso, ecco che si forma, e tutto fila liscio. E anche la vita cos . - Giustissimo, - commentai seccamente. - Ammiro la filosofia. - (Ma non si do vrebbe mai usare l'ironia contro le donne o chi ci inferiore.) - Che cosa vuoi d ire? [124] - Se ve lo dico, signore, non direte alla mia padrona che ve l'ho detto, vero ? - No, - risposi con decisione. - Ormai sono abituato a mantenere i segreti. Pronunciai queste parole in tono molto virile, ma poi arrossii. Non avevo forse spiattellato tutti i miei segreti ad Aristotele? - E' vero, - disse la vecchia allegramente. - Un gentiluomo sa come vanno tra ttate queste cose. Ma, signore, adesso dovete ascoltarmi e lasciarmi raccontare tutto a modo mio. - Certamente, - dissi. Il vento sembrava pi freddo, e l'acqua pi grigia. Alcuni gabbiani facevano dei versi derisori. Non avevo voglia di stare a sentire una l unga storia. Se Omero, resuscitando dalla morte, fosse spuntato davanti a me su quella spiaggia desolata e avesse detto con entusiasmo: "Ho scritto un nuovo poe ma epico!", io avrei detto: "Non potremmo andare a sentirlo dentro casa?" e poi avrei aggiunto: "Potremmo rimandare a domani?". Ma dovevo restare l , a camminare su e gi per la spiaggia e ascoltare questo fagotto gracchiante, che interrompeva il suo discorso per schiarirsi la gola e sputare. Tuttavia c'erano delle buone r agioni per restare ad ascoltarla l all'aperto. La vecchia si soffi il naso e cominci . - Voi non sapete, e voglia il cielo che non lo sappiate mai, cosa stato l'ass edio di Tebe. Io mi meraviglio di essere ancora viva. Fu otto anni fa, ma io lo ricordo come se fosse accaduto da una settimana. Vorrei tanto che non fosse cos . Mi ricordo, - ella aggiunse, - che fu preceduto da vari presagi, che ci lasciaro no tutti pieni di terrore, come persone che vivono dentro un sogno. Nel tempio d i Demetra comparve una ragnatela, una cosa enorme, delle dimensioni di un mantel lo, splendente come un arcobaleno, bella e innaturale. Tutti quanti andarono a v ederla, e gli uguri dissero che era un segno che gli dei avevano abbandonato la c itt . E a Dirke, sulla superficie dell'acqua, continuava a formarsi una strana inc respatura, un'onda del colore del sangue. Dissero che questo annunciava un massa cro. Be', il massacro arriv ben presto, subito dopo che gli uomini di Alessandro sfondarono le [125] mura. Dappertutto c'erano grida e confusione, e a volte i no stri, per errore, si uccidevano fra loro. Scappammo dalla citt pi presto che potem mo, e seguitammo a fuggire, i genitori di Melissa, la bambina ed io. Che fuga! C orrevamo alla cieca, inciampando, con le bocche piene del sapore della paura. E che spettacoli! Mucchi di cadaveri agli angoli delle strade e nelle vie che usci vano dalla citt . Dopo un po', la madre di Melissa rimase indietro e fu catturata. La vidi uccidere, signore. Tenevo coperta la testa della bambina. Melissa non s eppe mai come fu uccisa sua madre, n che io la vidi. Questo un segreto che ho man tenuto. Ma credo che la mia signora abbia sempre sentito che la morte della sua povera madre dovette essere veramente orribile. Oh dei, che disgrazia nascere do nna e non poter avere la propria vendetta! - Si schiar la voce e sput nella sabbia . - Melissa vide abbastanza spettacoli in quella fuga da rimanere sconvolta per sempre. Siano ringraziati gli dei che ne venne fuori viva e libera. Altri bambin i pi piccoli di lei furono uccisi o venduti come schiavi, mentre ancora piangevan o per tornare dalla loro madre o per succhiarne il latte. Allora Melissa non ave va ancora dodici anni. Ebbe salva la vita, la libert , la salute e la verginit (Oh, davvero, che benedizione!). Ma anche cos non pi stata la stessa di prima. Il moti vo per cui vi dico queste cose che tutto questo la rese molto paurosa. Continu ad avere incubi fin quasi all'epoca del matrimonio. E' Ateniese di diritto, ma non uguale a una bella e giovane donna ateniese che non abbia vissuto quest'esperie nza. Si spaventa pi facilmente di una ragazza normale. Suo marito la fa sentire p i sicura, ed a suo agio quando le sono vicina. Melissa ha bisogno di me. Non poss iamo separarci, per lo meno finch non potr vivere insieme a suo marito tranquillam ente e decorosamente, e io prego di poter restare con lei fino alla mia morte. P regate, signore, di non dover mai vedere la caduta di una citt abbandonata dagli dei!

- Cos mi auguro, - risposi, non senza simpatia. - Melissa, come ho detto, aveva circa dodici anni allora, ed era bella quasi come adesso. E' cresciuta presto. Del suo primo [126] incontro con Filemone sape te gi ; ma ci fu un'altra persona che incontr durante quella fuga. Il suo nome, - e la vecchia mi guard fisso, - era Boutades. - Come? - S . Boutades era uno dei cittadini che dovevano esaminare la posizione dei pr ofughi di Tebe che cercavano rifugio ad Atene. Vide Melissa senza velo, con i ca pelli sciolti, al suo primo entrare in citt . Me lo ricordo bene io, con quella fa ccia grassa, cos ben nutrita. Pensai: "Non hai mai visto il pericolo tu, evidente !". Fu molto colpito da lei, povera bambina, e le domand di diventare la sua aman te in termini piuttosto rozzi. Cose simili possono accadere anche alle pi virtuos e in tempo di guerra, quando le donne perbene vengono cacciate dalle loro case. La poverina si abbass il velo e si mise a piangere; suo padre era l e gli disse su bito di no. Fu anche abbastanza furbo da ingannare Boutades sul posto dove aveva no intenzione di stabilirsi, in modo che non potesse ritrovarla. Poi and a stare con i cugini, e tutto si svolse come vi abbiamo gi detto. Ma quest'uomo, questo B outades, e questo realmente straordinario, non dimentic mai Melissa, o almeno cos disse quando la ritrov . Perch infatti la ritrov vari anni pi tardi, dopo il matrimon io, quando Filemone era gi in esilio e il bambino era nato da poco. Sembrava rinc retinito per lei. Il buffo che era ricco abbastanza da poter comprarsi l'amore i n qualsiasi casa di piacere, o da mantenere mezza dozzina di donne, se ne avesse avuto voglia. A volte mi domandavo se fosse del tutto a posto con la testa. Ad ogni modo, gli uomini di una certa et a volte diventano come bambini, che si osti nano a volere un solo giocattolo e nient'altro gli sta bene. La cosa pi strana ch e si attacc al bambino quasi quanto a Melissa, bench normalmente gli uomini non im pazziscano per i bambini. E se si vuole accalappiare un uomo meglio tenere i neo nati in fasce ben nascosti. Boutades torn ad offrirle quella posizione che le ave va gi prospettato, e disse che avrebbe adottato il bambino legalmente e come si d eve. Stava accanto al bambino come una vecchia nonna o un nuovo Padre. E addirit tura, [127] quando Melissa lo respinse e spieg che era sposata, lui disse che avr ebbe adottato anche Filemone, e che avrebbe assegnato al bambino e a suo padre u n lascito nel suo testamento. Tutto questo lo disse in segreto, mi capite? Dovev amo incontrarci in una capannuccia abbandonata, e quando parlava d'affari mi man dava fuori, ma io ascoltavo attraverso la porta. Non accadeva niente di sconveni ente: lui era vecchio e grasso, e Melissa avrebbe potuto scappar via facilmente, se qualcosa non andava. Non accaduto niente di male, ve lo assicuro - ripet la v ecchia scrutando la mia faccia aggrondata. - Le ha solo ripetuto l'offerta, come vi ho detto. Due volte, per essere precisi. - Davvero? E Melissa era lusingata? - Non prendetela cos , signore. Naturalmente rispose di no. Ma la seconda volta lo disse con pi esitazione. Era a met dell'estate scorsa, e Melissa era molto a c orto di mezzi e depressa di spirito. Filemone non era tornato da un pezzo, e que l che peggio sentimmo dire che era morto. Non siate severo con lei in cuor vostr o. Ricordate che solo una donna, ed suo dovere e suo desiderio allevare il bamb ino in buona salute e in buona posizione. - Sono lieto di sentire che Melissa sia una buona madre - dissi con ironia. - Considerate, signore - replic la vecchia in tono di rimprovero - il suo abba ttimento, la sua miseria. Una giovane sposa, forse una giovane vedova, con un ba mbino e nessuno a cui rivolgersi. Non poteva presentarsi alla vostra famiglia, n on essendo stata riconosciuta come moglie, e se anche voi aveste pensato che Fil emone era morto avreste potuto mandarla via facilmente. La mia povera signora! H a ricominciato a piangere e ad avere quegli orribili incubi da molte notti. Rico rdatevi che vi ho detto che pi paurosa della maggioranza delle donne. Fuggita da Tebe, la madre uccisa, il padre morto, il marito bandito dalla citt e ora quasi c ome se fosse morto. Loro due, Melissa. e Boutades intendo dire, s'incontrarono a ncora, per la terza volta, e questa volta lui fece un accordo scritto, su delle tavolette che consegn a lei. Prometteva che l'avrebbe sposata, [128] in caso di m orte di sua moglie e se Melissa risultava vedova. Disse persino che non avrebbe dormito con lei, a patto che non si concedesse a nessun altro, eccetto il marito

, se ritornava. E avrebbe potuto adottare il marito insieme al bambino e provved ere a lei. Non molti uomini sarebbero altrettanto generosi. Probabilmente Meliss a avrebbe acconsentito, ma poi arriv vostro cugino, suo marito, che non era affat to morto, grazie agli dei. E cos Melissa non ebbe bisogno di accettare l'offerta. Il resto lo sapete: Boutades fu ucciso, e ormai la mia padrona non potrebbe acc ontentarlo neanche se lo volesse. - Grande Atena! - dissi sbalordito. - Ha parlato con qualcuno di questo... qu esto piano? - Naturalmente no. Era un'idea molto segreta. Boutades disse che nessuno dove va saperlo finch tutto non fosse legalmente sistemato. Nessuno. Naturalmente, la mia padrona non ne fece parola ad anima viva. E mi raccomand particolarmente di n on parlarne a voi, perch avreste potuto allontanarci del tutto. - Dove sono quelle tavolette? - dissi concitatamente. - E cosa c' scritto sopr a di preciso? I suoi occhi si fecero vitrei, come quelli d'una lucertola. - Oh, quanto a questo, signore, chi potrebbe dirlo? Di sicuro Melissa le avr d istrutte ormai. Non le ho pi viste dall'estate. E quanto a quello che c'era sopra , io so solo ci che vi ho detto. Dovreste capirlo, signore, che non so leggere. - Perch mi hai detto tutto questo? - Perch ho pensato che doveste saperlo, signore. E inoltre... Voi siete un cit tadino... Ero sicura che avreste saputo se... Non stato lasciato nulla da Boutad es per la mia padrona e per il bambino? Quando lui mor ... nel testamento? - No. Certamente no. - Non riuscivo a capire se quella vecchia fosse un esser e astuto o un'imbecille. - Be', ma dopo tutto Boutades intendeva adottare il bambino. Forse era questo che gli premeva particolarmente. Non potrebbe avere qualche diritto questo bamb ino? O Filemone? Non sarebbe giusto che Melissa reclamasse qualcosa per il picco lo [129] Likias, pur essendo la moglie d'un altro uomo? Non potremmo sollevare l a questione negli anni a venire? - Ne dubito molto - risposi arrabbiato. Questa donna era proprio assurda. - B outades non ha lasciato disposizioni del genere. E anche se le vostre tavolette potessero essere esibite, la Corte le respingerebbe, e la famiglia di Melissa ne sarebbe infamata. Agli Ateniesi non piacciono giochetti del genere con la propr iet di un cittadino. Se il bambino fosse stato legalmente adottato, avrebbe dei d iritti. Queste trattative fatte alla chetichella non gli danno diritto a niente. Qualsiasi uomo di buon senso vi direbbe altrettanto. Tieni segreta questa stori a e cerca di dimenticarla. - Voi ne sapete pi di me signore - disse, in tono di dubbio, - Vi prometto di non farne parola a nessun altro, se questo che vi preoccupa. Ora dovrei tornare a casa. Vi ho trattenuto a lungo. La mia padrona sar in pensiero. Mille grazie pe r i vostri doni. Quando volete prendere accordi per la partenza? Combinai in fretta di incontrarmi di nuovo con lei per comunicarle il progett o definitivo. Assent pacatamente a tutto. Poi lasciai che si avviasse lungo la sp iaggia e le tenni dietro lentamente. Mentre svoltavo nel Pireo, cos assorto nei m iei pensieri da stentare a rendermi conto di ci che mi circondava, fui bruscament e ridestato da una vista spiacevole. Di fronte a me c'era uno schiavo ateniese c he conoscevo, un giovanotto brutto e dinoccolato, con una faccia simile al muso d'un torello. Era uno degli schiavi di Archimeno, l'avevo visto spesso. Quest'uo mo stava seguendo con lo sguardo la vecchia. Mi parve che mi vedesse e, vedendom i, scantonasse. Ci aveva visti insieme? Forse si trovava al Pireo per un'incombe nza ordinaria, mi dissi, e forse le mie spiacevoli sensazioni nascevano dal fatt o che qualsiasi richiamo all'esistenza di Archimeno mi dava sui nervi. Non avevo spazio per altri pensieri molesti. Ne avevo gi troppi. Quella vecchi a mi aveva detto la verit ? Oppure lei e Melissa avevano escogitato insieme una en orme bugia per i loro propri fini? In ogni caso, la vecchia non era per niente s tupida. Doveva essersi resa conto di avermi detto una cosa terribile. Avevo [130 ] sempre saputo che Filemone non poteva avere un movente per uccidere Boutades o , per lo meno, avevo creduto di saperlo. E adesso, ecco qua. Quella donna, Nusia , mi aveva indicato un movente per Filemone. Uno dei pi vecchi moventi del mondo. Omicidio per gelosia. Vendetta per la seduzione di sua moglie.

Presi subito una decisione. Questo motivo doveva a tutti i costi restare segr eto. La parentela di Boutades non doveva saperlo: avrebbe assicurato il trionfo della loro accusa. Avrei seguitato a combattere tenendo nascosta a tutti quella storia. Se le donne si proponevano di sfruttarmi, va bene, le avrei pagate. Le a vrei portate via, mi giurai, se fosse stato possibile. E avrei dovuto tener cela to tutto questo ad Aristotele, pur accettando senza rimorsi l'appoggio che era d isposto a darmi. Non potevo raccontargli questa faccenda. C'era poi quel maledetto frammento di vaso con sopra una lettera incriminante . Forse proveniva da qualche oggetto appartenente a mio cugino. Forse era la pro va effettiva di una verit terribile. Come potevo sperare che Aristotele non ne fa cesse uso contro di noi? Quanto a illudermi che i suoi occhi acuti non avessero identificato la lettera come l'avevano identificata i miei, non era davvero il c aso. Ma forse lui pensava ancora ragionevolmente che non c'era necessariamente u n rapporto fra vaso con sopra la prima lettera del nome di Filemone e il delitto . Non potevo dargli le ultime notizie. Quando avesse saputo che Filemone aveva u n cos forte movente per uccidere, avrebbe potuto mettersi contro di noi e consegn are le prove agli avversari. Non potevo lasciare che questo accadesse. Non perme ttere che mi togliesse il suo appoggio proprio quando avevo bisogno di lui per f ar fuggire le donne in Macedonia e trovar loro rifugio l . Sarei stato un bugiardo . Avrei ingannato il mio migliore amico. A cosa era servito tutto quel parlare d i virt e giustizia all'Accademia e al Liceo? Erano solo chiacchiere. Avevo un sol o dovere chiaro nella mente, ed era verso mio cugino. Se nel fare il mio dovere fossi diventato un uomo malvagio, pazienza. [131] 11 - Fuoco e tenebre Con una nuova spregiudicatezza che si induriva sopra di me come una corazza d 'argilla, andai a trovare Aristotele e, inghiottendo un senso di colpa, insistet ti perch le donne e il bambino venissero spediti in Macedonia pi presto di quanto avevamo progettato. Aristotele disse che la cosa, forse, era possibile. Gli invi ati militari in partenza da Atene per Pella che avevano consentito a fare da sco rta alla famiglia potevano essere in grado di mettersi in viaggio il terzo giorn o invece del quinto. Aristotele mi assicur che due fidati servi macedoni che dove vano ritornare a Stagira si sarebbero presi cura delle due donne e del bambino. Aveva detto a tutte le persone coinvolte nella faccenda che i viaggiatori erano parenti del marito di sua sorella, obbligati a rientrare in patria. Il marito de lla donna era morto in guerra. I viaggiatori sarebbero stati ben provvisti e il viaggio non sarebbe stato troppo pericoloso. I suoi euforici progetti aggravaron o il mio senso di colpa. Il gruppo doveva incamminarsi il terzo giorno all'alba partendo da casa di Ar istotele. Io dovevo incontrarmi con Melissa e Nusia al Pireo in un punto stabili to, ad esempio una capanna abbandonata non troppo lontana dalla loro abitazione. Arrossii ricordando quanto avevo sentito raccontare di incontri segreti in capa nne abbandonate. Se ci fossimo incontrati l dopo mezzanotte e le avessi condotte a casa di Aristotele, loro sarebbero potute partire tranquillamente mentre io sa rei tornato a riposare nel mio letto. Aristotele era soddisfatto di come aveva organizzato le cose. - Io sostengo sempre - dichiar con compiacenza - che noi filosofi non siamo i meno pratici fra gli uomini, ma anzi i pi pratici. - Era anche molto loquace a pr oposito del banchetto in casa di Cleoforo. Voleva raccontarmi chi c'era, cosa av evano bevuto, di cosa si era parlato. [132] - Dicono che la lapide della tomba di Boutades sia quasi ultimata - disse. Pare che sia molto bella e imponente. Bisogner che le dia un'occhiata, parlano mo lto anche del lavoro teatrale che andr in scena per le Dionisiache. Un grande spe ttacolo. I fabbricanti di maschere sono gi all'opera. Anche l'accompagnamento mus icale sembra sia di prim'ordine. Speriamo che non ci assordi i timpani. Ma l'att ore Timostene ha un forte raffreddore, e non fa altro che ingoiare miele e camom illa e crogiolarsi nel terrore di perdere la voce e non ritrovarla mai pi . - Mancano dei mesi allo spettacolo, - dissi distrattamente pensando ai fatti

miei, - mentre al processo mancano solo poche settimane. - Mi chiesi come avrei potuto continuare in questo modo, con l'animo colmo d'ansia e di ipocrisia. - Il poeta ha gi ricevuto un dono da parte di Polignoto, e alcuni citano gi qua lche verso del dramma. Ieri sera, ad esempio, me ne hanno declamato alcune parti : O Chirone, meno di un uomo e pi di un uomo. La tua saggezza rinfranca lo spirito prostrato. Come uno scroscio di pioggia, il gioioso apprendere Fa piovere ricchezza sull'animo inaridito e oppresso, E lo rende fertile e prolifico come la feconda primavera. Non ho una grande opinione di questi versi. Un centauro non uno scroscio di p ioggia, e la primavera non feconda. Tu che ne dici? - A dire il vero, non sono un buon giudice, - risposi con aria modesta e pale semente annoiata. - Sciocchezze. Ma dovresti leggere pi poesia, Stefanos. Ho l'impressione che i l tuo spirito sia molto prostrato e abbia bisogno di una feconda primavera. - Sto benissimo, - risposi garbatamente. - Ovviamente mi sentir pi sollevato qu ando le persone che sappiamo saranno al sicuro e lontano da qui. - Giustissimo. Ma non puoi fare nulla per accelerare le cose. [133] La vita c ontinua. Sai che si fanno molte supposizioni riguardo alla commemorazione di que sto grande spettacolo? Ci si chiede se Polignoto far forgiare un vaso speciale de corato con scene del dramma, e chi potrebbe essere l'autore di un simile capolav oro in questo momento. Cleoforo mi ha fatto tornare in mente il bellissimo crate re che il padre di Boutades, il Boutades pi importante, l'uomo che fu persino pi i nfluente di suo figlio, aveva fatto forgiare per commemorare le proprie imprese come cor go. L'hai mai visto? - No, - risposi brevemente. Volevo andarmene, ma lui continuava a blaterare d i drammi e di vasi, associandoli indelicatamente a un nome che odiavo sentir pro nunciare. - E' davvero un bell'oggetto, decorato, come saprai, con scene di un dramma c he tratta di Eracle e Laomedonte. Vi sono ritratti il poeta Demetrio, il suonato re di lira Carino e, al centro, il flautista Pronomo. Attorno a loro vi sono att ori vestiti da satiri e il grande satiro, coperto da una pelle di leopardo. Si d ice che tutte le figure siano bellissime, Eracle con la testa di leone, Laomedon te ed Esione. Devo vedere questo cratere, questo pensiero mi mette l'acquolina i n bocca. Credo proprio che Polignoto dovr accontentarsi di qualcosa di molto pi se mplice. Vorrei essere stato tanto in confidenza con Boutades da andare a fargli qualche visita. Mi stai ascoltando, Stefanos? Hai mai visto questo vaso? - No, - dissi io. - Non ero tanto in confidenza con Boutades da andare a farg li visita, ed improbabile che questo accada con Polignoto, - aggiunsi in tono am aro. - Sei sicuro di non averlo mai visto? - insistette. - Te ne ricorderesti? - S , ne sono sicuro, - risposi spazientito. - Certo che mi ricorderei di una d ecorazione simile. Una volta ho visto qualcosa di simile da Teosoforo - o perlom eno, c'erano dei satiri dalle code pelose che danzavano in un boschetto. - Ma non affatto simile, - protest Aristotele vivacemente - Volevo solo sentir e un'altra opinione in proposito, se possibile. Cleoforo incapace di fare distin zioni quando loda qualcosa. [134] Per non si pu negare che il suo gusto stia migli orando. Ci siamo trovati tutti d'accordo sul fatto che la nuova arte sia di molt o inferiore a quella antica. E' confortante sapere che la propria opinione in ma teria d'arte confermata da un'autorit come il cittadino Cleoforo, vero? Ad ogni m odo, lui non nutre alcun pregiudizio nei confronti degli arredi moderni; la sua casa ne piena. Anche troppo. Mi fa venire il mal di schiena. Com' vero che facile irritarsi con le persone a cui si fatto torto. E' diffici le chiacchierare spensieratamente con un uomo che stiamo ingannando senza ombra di rimorso, specie se si nuovi nell'arte dell'inganno. Mi ritirai appena fu poss ibile. Il giorno dopo incontrai Nusia e le diedi le istruzioni, lasciando a lei il compito di sistemare i particolari del loro trasloco. Dovevamo incontrarci in

una certa capanna deserta, forse una stalla da capre che la stessa Nusia mi ind ic . Mi chiesi se fosse l che Melissa e Boutades si erano incontrati. Dopodich , non restava che aspettare. E venne la fatidica notte. Avevo progettato di dormire un po' prima della par tenza, ma non riuscii a prender sonno, e mi misi in cammino pi presto di quanto i ntendessi. Non dovevamo incontrarci se non dopo il tramonto della luna, ma mi di ssi che era meglio incamminarmi. Quando giunsi al Pireo, la luna era ancora visibile. Faceva molto freddo. Alc une foglie morte cadevano nell'oscurit sfiorandomi il viso. Tutte le case in quel le vie secondarie apparivano chiuse e tranquille. I miei passi risuonavano forte . Solo un gruppetto di festaioli ubriachi rompeva il silenzio della notte. Girai alla larga da loro e tutto ridivenne tranquillo. Dovevo andare alla capanna e aspettare l , come si era progettato. Ma l'inquiet udine che mi aveva assalito come una febbre rendeva molto penosa l'idea dell'att esa. D'un tratto, decisi che sarei andato alla casetta e avrei sollecitato le do nne a far presto. Avevo l'impressione che il tempo occupato in altre faccende ch e non fossero frenetici preparativi fosse tempo sprecato. Avevamo convenuto c he sarebbe stato meglio non arrischiare di farci vedere insieme al Pireo, ma una simile cautela ora [135] appariva ridicola. Chi poteva vederci in quella borgat a scura e silenziosa? Nella mia frenesia decisi di trovare la casa. Sia ringrazi ato il cielo per questo, e per l'avventatezza che talvolta non folle frenesia, m a un disegno divino che si realizza per nostro tramite. Proprio mentre arrivavo alla casupola, contento di avere trovato la strada gi usta, udii un rumore. Un suono di passi che non erano i miei. Mi fermai e poi ba lzai in avanti. Nello stesso tempo vidi delle sfere di luce ondeggiare confusame nte intorno alla casa che cercavo, illuminandola d'improvviso, come se tre o qua ttro piccoli soli rossi vi si fossero levati intorno. Persino le crepe dell'into naco erano visibili, come nella piena luce del giorno. Le strane luci danzanti s i mossero di nuovo. Poi ci fu un bagliore come di una stella cadente e un crepit o. Una fiamma balz su dal tetto, come dal becco di una lampada a olio. Dall'interno della casa venn ero delle grida. Balzai e andai a urtare contro una massa voluminosa che, mi ci volle un momento per capirlo, era un uomo. Lui si mise a lottare con violenza. P rima d'avviarmi nel mio cammino solitario mi ero segretamente armato di un picco lo pugnale; ora lo tirai fuori, rapidamente anche se maldestramente, e lacerai i l braccio mio avversario. Lo sconosciuto fugg nel buio. Io corsi dentro la casa. Era piena di fumo, e sul pavimento crepitava una del le palle di fuoco che avevo viste. Avvicinandomi, scoprii che era una torcia di pino e di stoppia. Afferrai quanto rimaneva del manico e la scaraventai in strad a. - Oh, signore! - Era la voce di Nusia, aggrappata alla tavola e in preda alla tosse per il gran fumo. C'era anche Melissa, pallida come la luna, con il suo b ambino stretto fra le braccia. - Venite! - dissi. Nusia, ritornata in s dopo che avevo gettato fuori la minacciosa torcia, stava rapidamente radunando il bagagli o: ceste e fagotti. Melissa si diede a imitarla, pi debolmente. Sbattevamo l'uno contro l'altro nel fumo. Non era molto buio, anzi, si stava facendo pi chiaro sop ra di noi, dove la prima torcia bruciava attraverso le stoppie del tetto. Anche le rappezzature [136] della finestra avevano preso fuoco, e sembrava ne filtrass e uno strano riflesso solare. - Il mio bambino! - esclam Melissa, spingendo fra le mie braccia il piccolo ch e si agitava. Non aveva visto il pugnale che tenevo ancora in mano. - Andiamo! dissi con una sorta di grido soffocato. Il tetto era fatto di alghe marine diss eccate e di paglia. Una cascata di scintille cominciava a piovere su di noi. Un' altra torcia entr dalla finestra. Melissa, con mia sorpresa, si mostr pi pronta di quanto avessi pensato. Imitando quanto avevo fatto prima, la scagli fuori, ma ebb e meno fortuna di me: il suo abito prese fuoco, e Nusia, tossendo e tremando, si mise a batterci sopra con un panno. - Ora! - gridai. Non riuscivamo pi a respirare, nonostante la porta aperta e l a finestra, attraverso cui uno sconosciuto ci bersagliava di torce incendiarie. Ci precipitammo tutti insieme alla porta. La veste di Melissa fumava ancora,

e Nusia seguitava a batterci sopra mentre correva, vibrando il suo braccio ossut o come una trebbia. Mi sentii sollevato quando sbucammo sulla strada, dove almen o c'era aria da respirare e il tetto non ci sarebbe caduto sulla testa. Ma Melis sa d'un tratto si volse e torn di corsa dentro la casa. Ero certo che fosse impaz zita, e mi ricordai la storia, raccontatami una volta da mia madre, di un uomo c he durante l'incendio della sua casa insistette per tornare nell'edificio in fia mme e nascondersi sotto il letto, dove mor carbonizzato. Passai il bambino a Nusi a, come Melissa aveva fatto con me, e le corsi dietro, in tempo per vederla arra ncare verso di me trionfalmente con la tenda di Penelope fra le braccia. Doveva averla strappata dagli anelli in un batter d'occhio. - Non devo dimenticarmi di questa - disse stupidamente. La spinsi fuori dalla porta. Ed eccoci di nuovo in strada, a scavalcare le torce incendiarie e a correre. Melissa riprese in collo il suo bambino mentre Nusia si affaccendava con i bagag li. Ansimavamo e incespicavamo, con i polmoni sconvolti dal fumo e le gambe moll i. Nusia si era ripresa presto, e procedeva con vigore. Io tolsi nuovamente [137 ] il bambino a sua madre per alleviarla, e cos mi trovai costretto ad andare pian o. Guardai Melissa con ansia: respirava faticosamente e temetti che si sentisse male. Continuammo ad arrancare verso la nostra destinazione per le vie buie con ridicola lentezza, come un sogno al contempo orribile e comico. La luna non era ancora sparita del tutto. D'un tratto, ci fu una risata di scherno accanto a me, e una torcia ondeggi , g ettando riverberi rossastri e nascondendo, il pallido chiarore della luna. Ridie di il bambino a Melissa. - Correte! - gridai alle donne. Poi mi girai per affron tare il mio assalitore. Ero quasi abbagliato dalla luce, e la sua faccia restava nell'oscurit delle ombre vacillanti. Forse si era anche annerito il viso con la fuliggine per rendersi invisibile. Quanto a me, mi sentivo orribilmente in vista . - Oh, Stefanos! - bisbigli una voce. - Chi ? - gridai, ma nessuno rispose. Da qualche parte l vicino un cane cominci a ululare. Un'altra forma oscura con una torcia si deline alla mia sinistra. Mi parve che questo nuovo nemico fosse quello che avevo gi ferito. Infuriato dalla rabbia, gl i saltai addosso di nuovo, lanciando fendenti con il pugnale al disotto della to rcia in cerca braccio che la reggeva, ed ebbi fortuna. La torcia cadde, bruciacc hiandomi un po' i capelli. Scavalcai d'un balzo il fuoco e attaccai di nuovo, e sentii che il mio pugnale affondava nella carne. L'assalitore alla mia destra no n si avvicin , e questo mi diede coraggio. Se rifiutava di aiutare il suo compagno , non doveva essere molto audace. Mi volsi e corsi verso quest'altra torcia, sco prendo i denti e lanciando irosi mugolii; non parole, mugolii, come fanno i cani . La torcia spar ondeggiando. Accellerai la corsa, e presto il rumore di passi ra pidi e pesanti mi disse che il nemico stava scappando. Mi buttai all'inseguiment o con il pugnale in mano. L'uomo con la torcia che avevo ferito due volte cominc i a rincorrermi, ma presto sentii i suoi passi incespicare e poi cessare. Una p arte della mia mente prese nota di un particolare. L'uomo ferito correva a piedi nudi, mentre [139] quello davanti a me portava dei sandali. Entrambi dovevano i ndossare vesti molto scure. Continuai ostinatamente l'inseguimento dell'uomo coi sandali, l'inseguitore che adesso era l'inseguito. L'uomo gett la torcia, e segu itammo a correre attraverso i vicoli oscuri senza pi il beneficio della luce. La luna era tramontata, e il Pireo era scuro come la cappa d'un camino. Una volta il nemico cerc d'intrappolarmi nascondendosi fra due case e aspettan domi al varco per saltarmi addosso. Fortunatamente, gli orecchi mi avvertirono d ella manovra senza che dovessi pensarci. Strisciai intorno all'angolo e gli piom bai addosso cos bruscamente che per poco non lo catturai. Certo fu colto di sorpr esa: udii la sua esclamazione soffocata quando gli fui sopra; evidentemente il s uo udito non era acuto come il mio. Poi mi sfugg di nuovo, e io ripresi l'inseguimento. Il Pireo il luogo meno ada tto per una gara di corsa, specialmente di notte. Una volta scivolai su un mucch io di letame. Seguitavo ad andare a sbattere contro imprecisati ostacoli. Ma cos accadeva anche a lui. Dovevamo sembrare due ragazzi impegnati in una gara.

Imprecai tra me e me per non essere riuscito a catturarlo. Avevo una gran voglia di mandare a segno il mio pugnale, ma mi sentivo alquan to sfinito per via del fumo che avevo respirato. Mi rendevo anche conto che dove vo tornare indietro e garantire la salvezza delle donne e del bambino. Quando co mpresi che il nemico era ormai innocuo e cercava solo di scappare, desistetti da ll'inseguimento, sperando che per qualche tempo ancora non si rendesse conto che non gli stavo pi alle calcagna. Mi piaceva l'idea di quest'uomo che seguitava a correre inseguito solo dalla vuota aria della notte. Comunque, cessata l'eccitazione della caccia, il mio stato non era molto invi diabile. Respiravo a fatica e sentivo le gambe molli e stanche. Avevo anche perd uto l'orientamento. Dovetti sciupare pi di mezz'ora errando, incespicando e addentrandomi sempre pi ne i vicoli tortuosi e invasi dalle tenebre e sovente senza uscita, prima di giunge re alla capanna. Bisbigliai cautamente: - Nusia! - ma non mi rispose altro suo no [139] che la voce del vento. Chiamai ancora ed entrai nella capanna. Sembrava completamente vuota, e nessuno mi rispondeva. Mi venne in mente d'un tratto che forse la moglie e il bambino di Filemone, ed anche la vecchia naturalmente, fos sero stati fermati e uccisi mentre si trovavano sotto la mia tutela. Ma dove era no i loro cadaveri? Avrebbero potuto essere dovunque. D'un tratto, una voce maschile disse: - Signore! - in tono basso. Qualcuno er a venuto fuori da dietro la capanna. - Oh, Zeus, di nuovo! - borbottai, afferrando debolmente il pugnale. - Signore? Siete l'amico di Aristotele? Siete Stefanos, il figlio di Nichiarc o? - S . Chi siete? - Oh, signore, temevo non arrivaste pi . Sono lo schiavo di Aristotele. Vi sto aspettando da pi di un'ora. Il mio padrone ci ha mandati in due ad aiutarvi, in c aso di difficolt . - Be', le difficolt non mancano - risposi. - Sono sfinito, ho combattuto contr o due uomini. Per Zeus, sapete niente delle due donne? Mi aspettavo che replicasse "Quali donne? Dove?" o qualcosa di altrettanto co nfortante. Rimasi stupito quando rispose con calma: - Oh, s , sono a posto. L'altr o... il mio compagno, Autilo, andato avanti con loro. - Ma dove? - ribattei in tono quasi arrabbiato. Mi sentivo petulante come un bambino, seccato che non mi avessero atteso. - Ma, signore, ve l'ho detto. A casa nostra. Il padrone ha detto di portarle a casa. - Oh, grande Atena! - balbettai distrattamente, riconoscente e costernato all o stesso tempo. Ecco che Aristotele, a cui avevo nascosto un cos grave segreto , mi stava aiutando in questa impresa al di l di ogni aspettativa, come certo non avrebbe fatto se avesse saputo. - Be' - rispose lo schiavo sorpreso - sono sue parenti, no? O di sua moglie. E per impazienti che siano di mettersi in viaggio stanotte non partiranno, o meg lio stamattina. Dovreste vedere [140] la ragazza! Non si regge pi . C' stato una sp ecie d'incendio. Venite a casa con me ora, e vedrete come stanno le cose. Lo schiavo mi prese sollecitamente sotto braccio, e riprendemmo la via per At ene mentre io incespicavo e mi appoggiavo a lui. Avevo avuto il buon senso di na scondere il pugnale. Chiunque ci avesse visti nelle ultime due miglia avrebbe pe nsato che ero un ubriaco riaccompagnato a casa dopo una bisboccia. Quando giunge mmo alla dimora del filosofo, c'era una promessa d'aurora nel pallore dell'Orien te. - Devo vedere Aristotele - dissi come se fossi venuto in visita. - Il padrone non s ancora alzato. Venite a lavarvi! - rispose lo schiavo in to no piuttosto sgarbato. Speravo che non avesse notato le macchie di sangue. Ma qu ando mi fece entrare in casa e mi lav , non vidi sulle mie mani niente di pi allarm ante d'un po' di sudiciume. Mi strofinai vigorosamente i capelli per liberarmi d el puzzo di bruciato. Via via che l'acqua mi rinfrescava la testa, il mio cervel lo riprendeva a funzionare. Quando mi condussero da Aristotele ero ridiventato a bbastanza presentabile. Lo schiavo mi aveva persino prestato una delle tuniche p ulite del suo padrone. La vittima della mia perfidia mi invit a far colazione con

lui. Davanti a un boccale di vino corroborante e a delle fette di pane, ci mett emmo a discorrere. Aristotele non sembrava affatto sconcertato dallo sconvolgime nto dei suoi piani. Gli raccontai del fuoco, della lotta con i due uomini invisibili e dell'inseguim ento nel buio, mentre lui mi ascoltava attentamente. Mi disse di non stare in pensiero per la giovane donna. Pitia gli aveva descr itto le sue condizioni, e lui aveva ordinato cure appropriate. A quanto sembrava , Melissa era pi esausta che sofferente. Il bambino sta benone - continu . - L'ho visto. E' un magnifico maschietto. La mia bambina lo far divertire con i suoi giochi. E la vecchia sta sorprendentement e bene anche lei, e cerca di darsi da fare per il piccino e per la sua padrona, ma le stato ordinato di dormire. In ogni modo non sono in condizioni di viaggiar e oggi. Ma per una straordinaria fortuna, la partenza degl'inviati di Antipatro stata rimandata. Cos , se piace agli [141] dei, il gruppetto si metter in viaggio f ra due giorni. Ho fatto uscire il carro dal cortile per non attirare l'attenzion e. Tutto a posto qui. E adesso, per amore di noi tutti, Stefanos, torna a casa a dormire. - Mi guard pensosamente e aggiunse: - Il tuo coraggio della scorsa nott e merita una lode. Ma non tentare il destino. Non venire da me finch le donne e i l bambino sono ancora qui. Evita di uscire dopo il crepuscolo e sta' alla larga da vicoli oscuri e terreni abbandonati. Preferirei saperti al sicuro. Mi accomiatai. Prima di raggiungere la mia casa, la momentanea energia che av evo ritrovato all'aurora era scomparsa, e le ginocchia mi vacillavano per la sta nchezza. Mi diressi quasi a tastoni al mio letto, e caddi in un sonno profondo c ome il Lete. 12 - Spade e pietre Aristotele mi aveva avvertito di stare lontano da casa sua, finch "le sue par enti" erano l . La cosa mi irritava moltissimo bench non avessi alcuna voglia di ve dere le donne; inoltre, non sarebbe stato affatto decoroso per me andare a trova re quelle che agli occhi di tutti apparivano come la parente di un altro uomo co l suo bambino e la sua schiava, ospitate nelle stanze delle donne in casa sua. M a continuavo a domandarmi cosa stesse accadendo. Tremavo all'idea che la zia Eud ossia potesse leggermi nella mente. Se mai avesse avuto sentore della faccenda, la vedevo gi correre da Melissa, reclamarla come sua nuora e portare a casa il ni potino, ratificando cos quel dubbio matrimonio attirando ogni sorta di pericoli s ulle nostre teste. Finalmente, il terzo giorno, in risposta a un suo oscuro messaggio, mi incont rai con Aristotele di giorno, in un boschetto presso il Liceo, dopo l'uscita deg li studenti. Mi parl a bassa voce, passeggiando su e gi come gli piaceva fare. - Sono partite - disse. - Se ne sono andate all'aurora, nel modo stabilito.[1 42] - Sono dolente - risposi in tutta sincerit - che questi miei guai abbiano inva so casa vostra. - Nessun guaio - ribatt lui - Il bambino piaciuto tanto a tutti. Mi chiamava p ersino "pap "... il che dimostra che non ancora molto bravo nel distinguere le pe rsone. Mia moglie e la mia bambina erano felici di giocare con lui. - Sospir . - E ' un peccato che non abbiamo figli maschi. Ho ricevuto dagli dei ogni sorta di d oni, tranne questo. - Aveva lo sguardo perduto in lontananza. Mi parve un argomento pericoloso. Avrei potuto dirgli: "Perch non ne adottate uno?", ma temevo che avrei potuto aggiungere stupidamente: "So di un caso che vi sorprender ... ". Aristotele si riscosse. - Da quanto Pitia mi ha detto della ragazza, mi sembr ato che potesse viaggiare senza pericolo. Non c'erano segni di febbre, n rischi d i aborto. Pitia le ha parlato, e ne ha avuto una buona impressione. Dice che una giovane beneducata e modesta. Vale sempre la pena di sentire l'opinione d'una d onna a proposito di un'altra donna. Mia moglie dice anche che la vecchia Nusia v eglia sulla sua padrona meglio di cinquanta madri. - Ridacchi . - Mi sembrato che Nusia non fosse molto amata dalle altre schiave. Sulle prime la compativano come

una poveretta, ma lei ha messo subito le cose a posto. Brontolava a tutto spian o, e trattava la modesta eleganza della nostra casa e dei suoi arredi con la con discendenza di chi abituato alle dimore della pi alta nobilt ! - Ci credo, - risposi con convinzione. - E' una tremenda vecchia arpia. - Sai, credo che Nusia sia piaciuta molto a Pitia. E' stato molto colpita dal la fedelt di quella donna verso la sua padrona. E non dimenticare quanta efficien za ha dimostrato in quell'orribile notte. Evidentemente al momento giusto sa sme ttere di blaterare. - Senza dubbio, - concordai. I miei valorosi sforzi in quell'occasione erano sembrati giorno per giorno meno efficaci. Al contrario di Eracle, io non avevo u cciso il mio nemico, ma avevo sprecato il mio tempo a correre per le strade buie . [143] Senza far caso al mio malumore, Aristotele continu - Pitia dice che sono entra mbe molto fiere. Le abbiamo vestite alla macedone. Melissa ha accettato in prest ito gli abiti e una coperta di pelliccia solo col pretesto che erano necessari p er la loro sicurezza e per il benessere del bambino. Ma non hanno voluto accetta re roba nuova. Pitia dice che si risentivano facilmente se si osservava che il v estiario non era in perfetto stato. Quest'atteggiamento testimonia in loro favor e: non condotta da accattoni. Quindi penso che non stessero consapevolmente cerc ando di estorcerti qualcosa. Ad ogni modo, Pitia dice che, mentre Melissa dormiv a e Nusia vegliava sulla sua padrona, ha colto l'occasione di esaminare i loro e ffetti personali e di aggiungere alcune cose che saranno utili per il viaggo. Mi a moglie si messa anche a cucire e a rammendare per loro, un'occupazione che le piace molto. Cuce e fila da quella principessa che . Una vera Penelope! A proposi to, tu avevi menzionato una tenda con un'immagine di Penelope ricamata sopra. An che Pitia me ne ha parlato. Era stata malamente bruciacchiata in due punti, e gl i orli erano logori. Lei l'ha riputlita e rammendata di nascosto, in modo da non urtare la sensibilit delle due donne. Era un lavoro pregevole, dice, il che dimo stra che un tempo devono aver abitato in una casa di una certa dignit . - Rise - S i potrebbe ben dire che avevamo tre Penelopi in casa: quella della tenda, la don na bionda col suo bimbo in attesa del marito assente, e la mia bella Pitia bruna che cuce e tesse. Io, per , sono un bel misero Ulisse, anche se ai miei tempi ho viaggiato tanto. Tuo cugino sembra il pi adatto a questo ruolo, ma lui farebbe me glio a non tornare. Mi affrettai a precisare: - Al contrario di me con voi, Ulisse non aveva debi ti di gratitudine con nessuno, eccetto ovviamente con Mentore, e in questo ricon osco che vi una somiglianza. Ma vi ripagher per le cose che avete dato alla mogli e di mio cugino, visto che devo chiamarla cos . Filemone mi risarcir , naturalmente, e cos sar tutto a posto. Aristotele parve dispiaciuto. - Accidenti alla mia lingua! Si tratta di poche cose modeste che non ci occorrono e che siamo [144] stati felici di dare. Volev o solo richiamare la tua attenzione sul fatto che la condotta di quelle donne no n da accattone. Non si sono profuse in moine, ringraziamenti o allusioni, e non hanno accettato nemmeno la met di quanto stato loro offerto. Per quanto ho presta to non posso accettare denaro; quanto alle cose donate, mi vergogno a dirlo, me erano vecchie e senza valore. Ma se credi, dammi cinque dracme quando ti fa pi co modo, e non parliamone pi . Sai che andr a cena da Polignoto tra due sere? A questo cambiamento di argomento dissi: - Oh? -, ma senza sorpresa. Ci che av eva detto Telemone era vero. Polignoto stava diventando un uomo importante ad At ene, e naturalmente desiderava essere in buoni rapporti con il filosofo macedone amico di Antipatro. - Gi , e ne sono onorato. Vedi, in questo periodo mi diverto a frequentare la b uona societ . Ippomene e Laio mi hanno parlato molto bene di Polignoto. Sospirai. Ippomene e Laio erano amici e agenti di Antipatro, strenui sostenit ori di Alessandro. Senza dubbio Polignoto era ben visto dai cittadini pi influent i. - Mi hanno detto - aggiunse Aristotele, - di avere incontrato per caso Polign oto appena fuori Corinto due mesi fa, e di aver fatto il viaggio di ritorno insi eme a lui. Hanno giudicato molto valide le sue idee in fatto di commercio, e son o stati molto colpiti dalle sue imprese come cor go. Ci saranno anche loro a quest

a cena. Sar davvero una riunione importante. - Spero che trascorriate una bella serata, - dissi garbatamente. - Vi mander i l denaro per il vestiario delle due donne e vi sar molto obbligato se mi farete avere notizie del loro viaggio. Quel giorno non dissi nulla ad Aristotele sul processo di Filemone. Come pote vo chiedere ancora assistenza e consiglio dopo aver ricevuto tanto da lui, a pie ne mani e senza scrupoli? Avevo un bel parlare altezzosamente di ripagarlo per a lcuni indumenti; ma come avrei potuto ricambiare la stupefacente ospitalit offert a a delle forestiere di dubbia origine? Se le donne non erano disoneste, io cert amente lo ero. [145] Pensavo anche, a disagio, che la terza prodicas a si avvicinava di giorno in gi orno e io non avevo preparato nulla nella mia mente. Non avevo idea di cosa avre i detto, e neppure di ci che la parte avversa avrebbe potuto sostenere contro di noi. Il fumo che avevo respirato nella casa al Pireo sembrava essermi andato al cervello, tanto lo sentivo inerte e confuso. Tre giorni dopo la partenza di Melissa e del bambino ero nell'agor , e mi sforz avo di apparire fiducioso e senza preoccupazioni. Non era un esercizio piacevole ; erano pochi ormai quelli che si degnavano di salutarmi. Trovare qualcosa da ve dere o da ascoltare mi dava un certo sollievo, perci mi fermai a sentire un r tore che teneva uno sproloquio sul commercio del grano, e poi mi fermai davanti al ba nco d'un fabbro che stava battendo del bronzo. Quando entr nell'agor il banditore per fare gli annunci quotidiani, rivolsi a lui tutta la mia attenzione. Sentii s olite banalit : descrizioni di animali smarriti, il resoconto del furto di due orc i di vino. Cominciavo a distrarmi, quando rimasi stupito udendo il seguente annu ncio: - Ascoltate tutti! Ateniesi, ascoltate! In virt dell'autorit di Antipatro e con il consenso del Basileus, Aristotele il filosofo rende noto che desidera comper are o prendere a prestito esemplari di armi. Equipaggiamento da guerra e armatur e vecchie e nuove, ateniesi o forestiere, allo scopo di studiare gli strumenti b ellici e aiutare cos i nostri eserciti in Oriente. Armi ed armature devono essere consegnate alla casa di Aristotele. A quelli che desiderano venderle sar offerta una somma in denaro, da stabilirsi in base al valore dell'oggetto. Udite! Pensai di aver solo immaginato questo proclama, ma il banditore lo rilesse. U n brus o di commenti si lev dagli ascoltatori, tanto nobili che popolani. Riuscii a cogliere qualche commento qua e l : - Una spada una spada. Che cosa c' da studiarc i su? - Be', immagino che questi filosofi vogliano dimostrare di essere buoni a qualcosa. - Aristotele adesso far la [146] guerra nel suo studio. - Per un po' di denaro, gli porto mia moglie: come arma offensiva la migliore. Mentre uscivo dall'agor sobbalzai, nel vedere lo schiavo di Archimeno, quel ta nghero dinoccolato, in piedi accanto al banco di un venditore di castagne, all'a ngolo opposto. Non credo che mi stesse osservando. Aveva il torso e le braccia q uasi interamente nascosti dalla tunica bruna tessuta in casa, ma un gesto cattur la mia attenzione. Era la mano sinistra che si tendeva a ricevere le castagne. P oi vidi che la mano destra e il polso erano avvolti da una fasciatura tenuta fer ma da una cinghia di cuoio. L'uomo teneva il braccio rigidamente. Pensai al mio pugnale. Ma non fu quel piccolo pugnale di bronzo che portai alla casa di Aristotele q uel pomeriggio. Non mi piaceva l'idea di uscire dalla citt senza averlo addosso, ormai ripulito e nascosto sotto gli abiti, sebbene un Ateniese non dovrebbe anda re in giro armato. Ad ogni modo, avevo deciso di portare un'arma qualsiasi alla dimora del filosofo, perch questo mi avrebbe consentito di fargli visita senza pr ovocare commenti. Ero anche pieno di curiosit per questa sua nuova e strana trova ta. Cos presi una vecchia spada che era appartenuta a mio nonno, niente di specia le, visto che aveva la lama tutta rovinata. Quando giunsi a casa di Aristotele, trovai il cortile affollato di gente che andava e veniva. C'erano alcuni cittadini di buona famiglia, ma la massa era di persone comuni. Lo schiavo al cancello aveva appena cacciato fuori un tipo volga re, un attaccabrighe. Questo tizio si scagliava contro il muro e vi batteva i pu gni gridando: - Ridammi la mia picca! Che tu possa marcire negli Inferi! Ridamme

la! - Non finch non vi calmerete, signore, - disse lo schiavo in tono persuasivo s pingendomi dentro. Poi si asciug la fronte con la mano. - E' la seconda lite oggi pomeriggio, - osserv stancamente. - E' una cosa veramente sconveniente invitare in casa tutta questa gente volgare, e per giunta armata. Perch non sono tutti qua nti nell'esercito? Io mi sentii offeso dai suoi commenti. Era uno schiavo macedone, [147] ed era evidente che considerava gli Ateniesi pi umili come esseri inferiori. Entrai con aria altezzosa, col cinturone della spada allacciato alla vita, e mi unii alla folla in attesa. Sembravamo un esercito di mentecatti, radunato da un re ridotto in miseria. N on c'erano due persone che fossero vestite o armate alla stessa maniera. Qui c'e ra un uomo con un grande scudo antico di cuoio e niente spada per accompagnarlo; l ce n'era un altro con una vecchia spada piegata e senza scudo n armatura. Un ti po corpulento, giovane e biondiccio, ostentava un'elegante daga, mentre un naner ottolo dalla barba grigia portava una vecchia spada persiana di dimensioni enorm i. Un ometto magro, dalla testa minuscola aveva un vecchio elmo, sagomato come u n vaso di metallo, che gli scivolava gi coprendogli la faccia. Sulle armi e sulla loro storia si facevano discussioni animate, che somigliav ano piuttosto a parodie di alcuni passi dell'Iliade. Credo che alcuni si profond essero in narrazioni fantastiche, vantandosi delle grandi battaglie in cui essi o i loro antenati erano stati impegnati, e si spacciassero per membri di famigli e molto importanti. Alcuni ben noti scapestrati, rifiuti del quartiere peggiore della citt o del Pireo (uomini le cui stesse madri avrebbero strillato come upupe se mai avessero reclamato un padre, figuriamoci un'intera famiglia) si vantavan o della grandezza dei propri nonni, o spiegavano con dettagli inverosimili che q ualcuno troppo eminente per essere nominato aveva donato loro il premio che reca vano, come ricompensa per il loro valore. Altri mal vestiti e palesemente male a ssortiti con l'arma che portavano, spiegavano riluttanti che "l'avevano trovata per caso". Ad un tratto la porta si apr , e comparve Aristotele in compagnia di Euticleide . Il filosofo stava parlando con tutta seriet l'alto personaggio. - Onoratissimo, Euticleide. E' un vero privilegio. - Il suo sguardo si pos su di noi, come da una grande distanza. - Questo buon cittadino - aggiunse rivolgen dosi a tutti - mi ha offerto, perch io le esamini, le armi e l'armatura che il su o trisavolo portava nella battaglia di Platea. Quali oggetti di venerazione! [14 8] E' una causa altamente patriottica quella a cui voi, Euticleide, contribuite. S , signore, comprendo che si tratta d'un prestito. Chi si separerebbe da cimeli cos preziosi? Molti ringraziamenti a voi e alla vostra famiglia. Il vostro spirit o di esempio alla citt e sar lodato da Alessandro. La piccola folla ascoltava pazientemente, come d'obbligo quando i filosofi pa rlano a cittadini eminenti. Questo era un vero e proprio discorso di ringraziame nto pubblico. Anche ai miei orecchi suonava pomposo. Euticleide era evidentement e compiaciuto. Aveva l'aria di sguazzare nei pubblici elogi. Se ne and quasi ragg iante, in compagnia d'un ometto magro e dall'aria campagnola che zoppicava, e al quale offr il braccio con condiscendente affabilit . Sembrava un Euticleide mol to pi simpatico di quello che avevo conosciuto alle prodicas e; riuscivo persino a comprendere perch a qualcuno potesse piacere. Era forte, era ricco, e si poteva f acilmente trattare con lui usando i modi formali che semplificano le complessit d elle relazioni sociali. Sapeva essere generoso con quanti gli portavano rispetto , come l'ometto che in questo momento teneva a braccetto. Osservandolo, mi venne improvvisamente in mente che alcune menti, come alcuni corpi, hanno bisogno di un nutrimento speciale per prosperare. Euticleide era una di quelle persone che prosperavano grazie al successo e alle lodi. Tutti gli uomini amano queste cose, ma alcuni tirano fuori il meglio di s solo quando vengono nutriti costantemente di queste cose. Ammirai Euticleide pi di prima, e pensai che non mi sarebbe piaci uto affatto vederlo in un momento in cui gli veniva offerto come cibo un fallime nto. Senza dar segno di avermi notato, Aristotele domand a me e a un altro cittadin o insieme se non ci dispiaceva aspettare un po'. Faceva passare per primi alcuni

fra i pi poveri, trattando con ciascuno di essi da solo a solo nell'interno dell a casa per un minuto o due. Pensai che forse faceva questo per evitare loro di a rrossire quando gli veniva offerto il denaro, ma una simile delicatezza sembrava superflua. Di fuori, fra quelli che stavano ad aspettare in cortile, le convers azioni e le battute di spirito continuavano. [149] - Perch non parti per la guerra, nonno? - disse qualcuno a un minuscolo vecchi etto dai capelli grigi. - Hai proprio l'et giusta! - Ehi, Simonide, butta via quella spadina storta! Comprati una lancia bella l unga, e poi vedi se la tua ragazza ti riprende! - Be', che se ne far questo Macedone di tutta questa roba? Un uomo nervoso e malvestito, probabilmente un liberto disse: - Alcuni dicono che uccider uno schiavo al giorno con ognuna di queste armi, finch non le avr prov ate tutte e sapr quale uccide meglio. - Per le uova bruciate di Leda! No! A tutti quelli che gli portano un'arma le tale, come quel vecchio giavellotto che porti tu, far uccidere un uomo, e con la sua stessa arma. E se non sa farlo abbastanza in fretta, il filosofo sapr come in coraggiarlo. E' quello che si chiama radunare un esercito. Il gracile liberto impallid . Vidi che lo schiavo a guardia del cancello ridacc hiava da dietro le mani. Finalmente il gruppo si dirad . Il mio compagno pass prima di me; poi fu la mia volta, ed io entrai con la spada avita. La stanza dove si trovava Aristotele era un vero spettacolo. Aveva l'aria di un'armeria tenuta da un custode ubriaco. Mucchi di lance, di picche e di giavell otti erano sparsi sul pavimento come rami tagliati. C'erano spade e pugnali da t utte le parti. Un vecchio elmetto stava rovesciato su una tavola, come una sorta di strana ciotola. Per poco non andai a sedermi su una spada di ferro tutta arr ugginita, mentre urtavo col piede una corazza di bronzo. Aristotele stesso sedet te sulla punta d'un giavellotto e schizz in piedi immediatamente. - Devo far port ar via queste sedie - borbott . Camminava irrequieto fra i suoi tesori, toccandone ora uno, ora un altro. - Non meraviglioso? - esclam . - Guarda un po' tutta sta roba! Mi sembra che po trei far guerra contro tutta una citt io da solo. Questo un giavellotto della Tra cia. Questo scudo moderno, macedone, un po' ammaccato, come quello che portano l e "Compagnie a piedi". Ha perduto la cinghia. Quest'altro uno scudo greco, all'a ntica. Vedi la differenza? [150] Quello macedone corto e rotondo e si porta allacciato al corpo, per cui i soldat i possono combattere con tutt'e due le mani. Gli diedi la mia offerta. Ah - disse, esaminandola - una spada greca. Di circa cinquant'anni fa. Non do vresti mai lasciare che un fodero di cuoio si dissecchi cos . La lama si smussata. Eppure, anche questa servir . - Potete averla in prestito, se vi utile - risposi. Non aspiravo certo a risc uotere un obolo o due come la maggioranza dei miei compagni nel cortile. - Chi avrebbe mai pensato che ci fossero tante armi ad Atene? - seguit Aristot ele in tono entusiastico. - E' meglio di quanto si potesse sperare. Vedi, non so lo la gente ha le armi dei suoi avi, relitti delle antiche guerre, ma ora quelli che ritornano dalle campagne di Alessandro hanno armi e trofei, magari ormai in servibili. Ecco una sarissa che ha visto giorni migliori. - Additava una picca m olto lunga e sottile, con una lama di ferro all'estremit . La lama era lunga almen o un piede e sembrava pericolosa. L'asta sottile era scheggiata nel mezzo e vidi che dei rami vuoti all'interno erano stati uniti uno all'altro sopra un tubo di bronzo per fabbricare questa fragile alabarda. Anche l'impugnatura era scheggia ta, e sembrava rosicchiata. Dovrebbe avere un'estremit a punta da infilare in terra, ma non ce n' pi traccia. L e sarisse possono essere fissate al suolo, e funzionano come una palizzata contr o una carica, sebbene il loro uso principale sia proprio nella carica. Un'arma i ntelligente, difensiva e offensiva insieme. Roba macedone. Per , all'inizio, diffi cile da maneggiare, vista la lunghezza. Be', non andare a inciampare nella lama. - Era eccitato, come un bambino davanti a dei nuovi balocchi. Capivo che sarebb e stato gioiosamente impegnato in questa occupazione per settimane o per mesi. E

avrebbe potuto seguire ancora la mia azione legale? - L'uomo che mi ha offerto questa sarissa l'aveva portata a casa dalla guerra - seguit . - Quel tale con Euticleide. Mi pare che debba testimoniare contro di t e. E' quello che giurer sulla presenza [151] di Filemone dalla... dalla parte sba gliata, capisci? Non stupirti se lo rivedi presto. Che sia stato in guerra, ques to certo. - Oh - dissi cupamente. Quel pomeriggio, l nel cortile, ave vo dimenticato la terza prodicas a e la sua prossima scadenza. Aristotele raccolse una picca e poi la lasci cadere. - Le mie mani e le mie braccia non sono pi forti come dovrebbero. Ho mangiato e bevuto troppo ieri sera, temo. Una cosa non troppo filosofica, ma il cibo era molto buono, e che vino! Ti avevo detto che dovevo cenare da Polignoto? - S . - Una compagnia molto scelta. C'era anche Euticleide. E cos finalmente ho vist o coi miei occhi la famosa stanza. Per fortuna, la cena non stata servita l , ma c i siamo entrati dopo. E'tutta pulita ora, e ci tengono sacrifici espiatori regol armente. Ippomene ha detto che aveva lo stesso aspetto dei tempi di Boutades, e Polignoto ha risposto che cercava di mantenerla cos in onore della memoria di suo zio. Il nostro ospite ha detto di aver voluto lasciare le cose com'erano sempre state. Poi ha fatto un sorriso triste e ha citato Omero, o meglio lo ha parafra sato: Addio, Boutades, ti riverisco persino nell'Ade, Perch sto realizzando quanto ti ho promesso in passato. - E' stato un momento molto triste, ma poi tutti hanno ricominciato a lodare la stanza e i suoi arredi. Alcune cose erano state tenute sotto chiave nel momen to critico del funerale e poco dopo, ma adesso tutto tornato al suo posto. Eppur e, sono stato contento di uscire da quella stanza. Non si pu certo dire che la citazione di Omero mi avesse rallegrato, perch si t rattava, guarda caso, di alcuni versi dell' Iliade, che minacciavano una vendett a promessa da Achille fantasma offeso. Aristotele si prov distrattamente un elmet to tracio, e si ferm a riflettere in mezzo alla stanza. Aveva un aspetto molto st rano con gli occhi luccicanti che uscivano dalle [152] strette fessure nel bronz o dell'elmo, e il naso metallico lo faceva somigliare a un uccello dal becco agu zzo. - Non riesco a ricordare, - disse all'improvviso con voce preoccupata, - dove si trovino in questo momento gli oggetti di questa stanza. Intendo dire se guar do da un'altra parte. Si ricordano meglio le cose che ci sono, o quelle che non ci sono? - Si copr per qualche secondo con le mani i buchi degli occhi nell'elmo. Aveva un'aria decisamente grottesca. Poi tolse le mani e spalanc gli occhi. - Ec co! Sapevo di aver dimenticato qualcosa. Avevo contato ventitr oggetti portati qu esto pomeriggio - inclusa la tua spada. E adesso ne ricordo ventidue, oltre al m io arredamento. Ma avevo dimenticato una cosa: l'elmo che ho sulla testa. Per non male. Prova tu, Stefanos. Dai una buona occhiata intorno, poi chiuditi gli occh i e dimmi ad alta voce cosa c' nella stanza, e possibilmente dove. Sembrava non rimanesse altro da fare che assecondarlo nel suo gioco. Chiusi g li occhi e descrissi gli oggetti dentro la stanza. Confusi le picche con le lanc e e dimenticai la corazza sotto la mia sedia, ma non me la cavai male. - Bene! - disse Aristotele. Mi mise un elmo a forma di ciotola sulla testa. E ra troppo grande e mi scivolava sul naso. La memoria la madre delle Muse. Questa stanza un vero caos. A me non piace il disordine. Devo mettere tutto quanto in ordine e fare una sorta di lista, inserendo le cose simili in categorie ben defi nite. Sorrisi. La passione di Aristotele per le liste e le categorie era una fonte di divertimento per i suoi allievi. Una volta, mentre ci faceva lezione nel bosc hetto e noi gli trottavamo dietro, un cane bastardo si era unito al corteo, e no i lo avevamo interrotto alla fine di una frase per chiedergli scherzosamente: Aristotele, a quale categoria appartiene questo? - Il maestro aveva risposto arg utamente: - Alla categoria degli studenti. Abitudini della madre deplorevoli, an

tenati sconosciuti, modi accattivanti, parla quando non il suo turno e frequenta le lezioni senza capirci nulla. - Non mi piace il disordine, - ripet Aristotele. - Ma spesso la vita disordina ta. E' un errore aspettarsi troppo ordine. Ora, [153] tu che hai buona memoria, dimmi cosa hai visto nella stanza di Boutades quando ci sei entrato. - Ma ve l'ho gi detto una volta, - protestai. - Molto tempo fa. Adesso ridimmelo. Mi sentivo ridicolo, ma il tentativo di ricordare le cose non fu una prova pe nosa quanto mi aspettavo, visto che stavamo facendo un gioco stupido e avevamo p er giunta la testa dentro un elmo. Ricordai tutto molto chiaramente, bench si tra ttasse di tanto tempo prima. Ma come avrei potuto dimenticare? Aristotele spalanc di nuovo gli occhi quando ebbi finito, e scosse la testa un a volta, lentamente... Si tolse l'elmo e vi guard , dentro come se cercasse delle api. D'un tratto qualcuno buss forte alla porta, che venne aperta prima ancora che cessasse il rumore dei colpi. Entr un uomo basso e tozzo con indosso una tunica d a operaio, da cui uscivano delle gambe muscolose e sudicie con larghe ginocchia nodose e delle lunghe braccia robuste. Le membra che si dipartivano dal busto to zzo sembravano rami di quercia spuntati dall'esile tronco di un cespuglio. - Scusate, maestro, ma non potreste ricevermi? Vostra Eccellenza, sto aspetta ndo da molto tempo, e devo andarmene. Perci ho cercato di non farmi vedere da que l vostro schiavo. Una fucina non pu mandare avanti il lavoro da sola, vi prego, V ostra Eccellenza. - Capisco, - disse Aristotele, aggiustandosi i capelli arruffati, quei pochi che gli erano rimasti. - Hai qualcosa da vendere? - Proprio cos , signore. Ho detto al vostro schiavo: "Il tuo padrone non vorr pe rdersele. Se verr a sapere che le ha perse andr su tutte le furie, e magari ti cac cer via a calci per la delusione. Non sono in molti a portare roba del genere". C os gli ho detto. "Non con una storia come questa", fresca fresca, per cos dire, de l campo di battaglia. - Oh? E' un'arma di gran valore? - Di gran valore dite? Il fabbro, o qualunque cosa fosse, mi ha lanciato un'o cchiata curiosa mentre ero seduto con la faccia [154] nascosta dall'elmo, o alme no cos speravo. Probabilmente avr pensato che ero qualcuno, magari uno schiavo, ch e prendeva parte a qualche misterioso esperimento con le armi del filosofo, perc h ha detto tutto contento: "Gi al lavoro, vedo", ed tornato da Aristotele. Di gran valore? Potete ben dirlo. Signore, l'arma pi letale di questo mondo o di qualsia si altro, se usata nel modo giusto. E' mortale come un fulmine, ma fa molto meno rumore. Ve ne ho portate addirittura due. - Dove sono? - chiese Aristotele, perch l'uomo non aveva con s n lance dalla pun ta in ferro, n arnesi di bronzo luccicante. - Ssst! - disse in tono misterioso. - Sono nascoste. - Indic una grossa borsa di cuoio che aveva lasciato cadere ai suoi piedi. - Sono troppo di valore. Le ha nno usate a Tiro. Proprio queste qui. Volete comprarle, signore? Per Alessandro, che gli dei lo proteggano. Mi piacerebbe darvele per niente, ma questo non gius to (voi filosofi dite "giusto") nei confronti della mia famiglia. Ho una brava m oglie e cinque figli da sfamare. Quindi, temo proprio che dovr vendervele. Per qu anto, non mi sembra giusto neanche questo. Non forse per colpa di una di queste armi che ci ho rimesso un dente davanti e quasi tutta la testa? Quindi chieder so lo sei oboli, che fa tre oboli ciascuna. Mi accorsi che Aristotele era molto curioso. E anch'io. Cosa teneva quel tizi o in quella borsa di cuoio? Mi chiesi inquieto se non stesse portando dei serpen ti, e cercai di ricordare se avessi mai sentito dire che le truppe di Alessandro usavano dei serpenti velenosi contro il nemico. Ma credevo di no. Un pensiero s imile dovette venire in mente anche ad Aristotele, perch chiese all'uomo: - Di ch e si tratta? Sono vivi? Devo prima vederli. - No, non sono vive. Non si pu dire che siano vive in questo momento, - rispos e l'uomo cautamente. Non mi va granch di mostrarle, se non le vendo. Forse non do vrei separarmene. - Sollev la sua borsa. - Permettetemi di raccontare la stori a dell'assedio di Tiro, Vostra Eccellenza.

- No, grazie, amico - disse Aristotele. - Ti dar quattro oboli, [155] se riesc i a convincermi che queste armi sono vere e che sono state usate nell'assedio di Tiro. - Convincervi dite? Ve ne convincerete quando le vedrete. Per il sacro focola re di Zeus, non l'ho giurato che sono state usate nell'assedio di Tiro? - Guard t utto contento i quattro oboli che Aristotele gli porgeva e se li mise in bocca. - Ora, fatemi vedere questa roba - disse Aristotele. Il venditore d'armi pos la borsa sul pavimento con aria diffidente, ne allarg l 'imboccatura, vi mise dentro le mani e ne tir fuori... due pietre. Aristotele cominci a sorridere. - S , - disse seccamente. - Delle pietre. Sono a rmi veramente letali. - Giusto, - disse il fabbro. - E' proprio cos , signore. - Egli porse riverente mente le pietre al filosofo. Erano rotonde, e grandi pi o meno come due pugni str etti uno contro l'altro. Avevano tutta l'aria di essere normali pietre, grigie e insignificanti. - Queste pietre qui sono due di quelle lanciate con le catapulte a Tiro. Le h o raccolte dopo, dagli squarci aperti nelle mura. Queste non sono che le pi picco le, ma ce n'erano alcune grandi come la vostra testa, o anche pi grandi. Avreste dovuto sentire i fischi in aria, e poi i tonfi e il fracasso quando andavano a s egno. Sono tra le armi pi letali al mondo. Le lance si possono spezzare e le spad e si possono piegare, scheggiare o arrugginire, e a volte un buono scudo pu blocc arle entrambe. Ma non esiste quasi niente che possa fermare una pietra che vola in aria, una volta lanciata, e una pietra fa un bel danno dove si ferma, anche c on un elmo in mezzo. E poi si spezzano difficilmente e non arrugginiscono mai. S ono molto obbligato a Vostra Eccellenza e vi auguro ogni bene. - L'uomo si inchi n e fece per uscire, ma giunto alla porta si volt per dire in tono adulatorio: - P otrei... - Ascolta, fabbro, - disse Aristotele. - Gioca a rimbalzello,se vuoi, ma non fare altri giochi con le pietre. Sono oggetti pericolosi, come dici tu. Non nece ssario mettere a rischio la tua sicurezza portandone altre pi grandi. Mi hai capi to? [156] - S , signore, - disse l'uomo ammiccando impercettibilmente, e chiuse la porta. Aristotele scoppi a ridere. - Ecco uno degli uomini pi intelligenti di Atene! D ovrebbero offrirgli una carica pubblica, mandarlo in missione diplomatica! Non a vrei mai pensato che un giorno qualcuno mi avrebbe fatto sborsare del denaro per comprare delle pietre, e non marmo, o porfido, ma due pietre che avrei potuto r accogliere dal ciglio della strada quando volevo. Ho infranto la prima regola de l commercio: guardare sempre cosa si compra prima di sborsare il denaro. Guardai i due oggetti con curiosit . - Saranno state usate veramente nell'assed io di Tiro? - E' impossibile dirlo, Stefanos. Una di queste ha cozzato violentemente cont ro qualcosa, ma potrebbe essere stata lanciata contro qualsiasi muro di Atene st amattina, e poi presa a calci lungo la strada. Non improbabile che siano state u sate a Tiro. Ma ugualmente, anzi no, molto pi probabile, che non siano mai state cos lontano. Una lezione utile, Stefanos. Anzi, due. La prima : non comprare armi nascoste dentro una borsa; la seconda : qualsiasi oggetto comune pu essere usato c ome arma, se le circostanze sono favorevoli. Ci che ha detto l'uomo assolutamente vero. Senza dubbio le pietre avranno compiuto una vera devastazione a Tiro, e p rima ancora nelle altre citt . E' giusto ricordare che esistono molti tipi di armi . Forse, dopo tutto, i miei quattro oboli sono stati spesi bene. Dopo aver tolto dalla sua sedia il giavellotto, si sedette e guard gli oggetti rotondi e grigi che aveva in mano come se fosse assorto in una grave riflession e. Dovetti chiedergli due volte se sapesse qualcosa del viaggio delle due donne. - Cosa? Ah, s . Ho avuto notizie oggi. Viaggiano lentamente, ma senza soste. Me lissa sopporta bene il viaggio, e anche il bambino. Dovrebbero essere vicini all a Beozia, ormai. Non arriveranno a Pella se non in primavera. Pos le pietre, guard il giavellotto e fece il gesto di infilzarci qualcuno, spa ventandomi un poco. [157] - Con questo qui la forza deve venire dal braccio e dal corpo. Gli archi o le catapulte aumentano la potenza di un colpo, come pure le lance. Ma da lontano l

a precisione non garantita. Qual l'arma migliore, Stefanos? - Suppongo, - risposi, - che dipenda dalle condizioni in cui si combatte. A v olte necessario uno scontro ravvicinato, a volte; come negli assedi, occorre col pire da lontano. - Mm. S . proprio cos . Giusto. - Raccolse dal mucchio di giavellotti e picche ch e era in terra un oggetto di media grandezza dalla punta smussata e lo pos sulla tavola. - E' una freccia scita, Stefanos. Mi chiedo... - La prese e cerc di infil zare l'aria con questa. - Si potrebbe usare come lancia corta? Mi sentii a disagio davanti a lui, che sedeva l intento in pose minacciose e s enza scopo. Non avevo voglia di sentir parlare di frecce pi di quanto fosse neces sario. Aristotele aveva un'aria alquanto pericolosa in quella stanza ingombra di oggetti letali. Uno schiavo entr per dire al suo padrone che alla porta c'era al tra gente con armi da vendere, e io mi alzai per accomiatarmi. - La terza prodicas a sar tra pochi giorni, - dissi malinconicamente. Ma lui non sembrava molto propenso a profondersi in consigli. - Ah, gi . Dovrai dire ai tuoi avversari che non possono provare che Filemone e ra sul luogo del delitto. Se quel loro soldato, viene a deporre contro di te, ac cenna con discrezione al fatto che l'infermit pu avergli indebolito la memoria. Ma cerca di mostrarti molto rispettoso del suo onorevole servizio. Pensa a tutti i giovani che conosci e che somigliano a Filemone. Tempestali di domande sul rico noscimento. E' tutto quello che puoi fare in questo momento. Lo lasciai ancora intento a scrutare la freccia accigliato e ad agitarla dava nti a s in aria. Ad ogni modo, pur essendo impegnato in questi sinistri movimenti , mi disse scherzosamente: - Arrivederci, Stefanos, e a proposito, non dire nulla di questo mio ultimo acqu isto, o ti giocher qualche brutto tiro. Pensa alle battute pesanti che ne nascere bbero! Ad ogni buon conto, se [158] mai ti sembrer borioso e stupidamente orgogli oso della mia intelligenza, potrai sempre sussurrarmi: "Quella borsa di cuoio co nteneva delle pietre". 13 - L'ultima prodicas a Il giorno precedente la terza prodicas a stavo percorrendo la grande via che co steggia il lato meridionale dell'Acropoli, quella che ospita tutti i monumenti c elebrativi, quando mi giunse un brus o di voci. - Non enorme? - Che magnifiche incisioni! La gente faceva a spintoni per vedere qualcosa che stava scendendo gi per la v ia, e anche io mi accodai. Veniva verso di noi un carretto, trainato da due muli e spinto da schiavi. Sul carretto c'era qualcosa di bianco che nel pallido sole invernale brillava come un mucchio di neve. Aveva tutto attorno un solido imbal laggio di fagotti di paglia, ed era tenuto ritto da altri schiavi. Quando il car ro si avvicin , riuscii a vedere di cosa si trattava. Era un monumento. Una pietra tombale. Capii di chi era prima ancora di vederla da vicino. Affascinato, mi sp insi verso il carro, e mi fermai sul margine della strada a osservarla mentre pa ssava. La pietra era uno splendido blocco di marmo, elegantemente tagliato e scolpit o. Su di esso erano incise, in altorilievo, le figure sedute di Boutades e di su a moglie. Boutades mi passava lentamente davanti. Fu una specie di scossa per me rivedere il suo viso, ormai cos familiare nei miei sogni ad occhi aperti. I pesa nti lineamenti e la figura tozza erano stati piuttosto abbelliti dal senso estet ico dello scultore; l'arroganza che sembrava ancora trasparire da quegli occhi s enza vista aveva acquisito maggior dignit di quanta ne avesse in vita, e non tutt e le rughe del volto erano state riprodotte. Eppure, la somiglianza era [159] vi va ed eloquente, inequivocabile persino nell'attaccatura dei capelli. Naturalmen te, non vi era nulla che accennasse all'orribile fine dell'uomo, o rammentasse l a smorfia che gli avevo visto sulla faccia subito dopo la morte quella fatale ma ttina. La moglie, una donnina magra, sedeva con aria sottomessa a fianco del mar ito. Ogni linea del suo corpo, nel fluido panneggio della veste, indicava una ge

ntile obbedienza. Sembravano una coppia di mezza et , prosperosa e felice. Cominciai a leggere l'iscrizione sotto le figure, che descriveva il rango, i ser vizi e le molte virt di Boutades, e alludeva al dolore dei parenti superstiti, sp ecialmente del nipote Polignoto, committente del monumento. Non una parola sul m odo in cui i due coniugi erano venuti a morte. Avvertivo il brus o d'approvazione che saliva dalla piccola folla intorno a me. Non so dire quando cominciassi a se ntirmi a disagio, udendo i brusii diventare mormorii di disapprovazione e persin o di orrore. Alzai lo sguardo, e vidi una delle persone che mi stavano accanto d are una gomitata al suo vicino e indietreggiare; dopodich mi guardarono entrambi con un'espressione di rabbioso terrore. - Sta profanando il monumento, - disse uno. Mi resi conto che il sole proiettava la mia ombra sulla pietra scintillante, oscurando il viso di Boutades. Poi, uno degli schiavi che spingevano il carretto (probabilmente uno schiavo che un tempo aveva servito Boutades quand'era in vit a) mi riconobbe, e accigliandosi fece una serie di scongiuri per scacciare gli i nflussi maligni. Provai dolore e vergogna. Era vero, la mia presenza l rappresent ava una sorta di profanazione. Avrei dovuto avere il buon senso di andarmene da un'altra parte, una volta compreso cosa stesse accadendo in strada. "Oh, Boutades," pensai. "Io non esercito influssi negativi su di te. Piuttost o, la tua ombra, la tua immagine raffigurata su una pietra tombale, ad avere il potere di recarmi danno." Mi allontanai rapidamente, e feci un lungo giro prima di presentarmi nell'agor . Continuavo ad avere in mente quel monumento. Lo immagin avo mentre passava, con le figure sedute di Boutades [160] e di sua moglie, attr averso la Porta del Dipylon e procedeva verso la tomba sul colle Kerameikos. Que lle due forme bianche mi erano sempre davanti con aria di scherno. Il giorno della prodicas a mi svegliai con la sensazione di aver preso un raffr eddore. Si stava manifestando nella solita, spiacevole maniera dei raffreddori, con solletico nel naso e bruciore in gola. La mia voce suonava strana, con il to no rauco d'una corda di cetra spezzata. Parlare sarebbe stato uno sforzo. Mi avv olsi nei miei indumenti pi caldi. Tutti i miei oppositori avevano l'aria di stare benone. Euticleide appariva p i maestoso che mai, con la faccia ben pasciuta e splendente. Polignoto era come a l solito, occhi limpidi, guance rosee. Io sapevo di avere la faccia gialla e gli occhi acquosi. Noi due avremmo potuto stare fianco a fianco come i simboli dell a Salute e della Malattia. Persino lo schiavo di Polignoto, il Sinopeo che come al solito accompagnava il suo padrone, sembrava pi grassoccio di prima, e aveva l 'aria raggiante di chi prevede un ottimo pasto a mezzogiorno. Attorno a loro Telemone si dava da fare con un'alacrit che sarebbe bastata per due persone. In un primo tempo, le formalit furono esattamente come nelle occasioni precede nti. Le seguii macchinalmente. Sentivo la testa pesante e intontita, ma non solo per via dell'infreddatura. Mi rendevo conto che avrei dovuto mentire, e questo mi spaventava. Senza saperlo, il Basileus mi facilit le cose dicendo: - Possiamo prendere per scontato che la tua difesa la stessa di sempre, Stefanos, e cio che tuo cugino era assente? - S - risposi. Questo, in un certo senso, era vero, pensai. Loro potevano pres umere questo senz'altro. Cos non stavo esattamente infrangendo il giuramento fatt o davanti agli dei. Pure, mi domandavo se gli dei offesi mi avrebbero punito, sa pendo che intendevo mentire, e in loro nome. Gli dei non si lasciano ingannare. I discorsi continuarono e io mi sentivo inebetito. Poi, ad un tratto, mi resi conto che Euticleide stava dicendo: - Ecco il nostro [161] testimone, preannunc iato nell'ultima prodicas a - e spingeva avanti l'ometto che aveva portato la sari ssa ad Aristotele. Questo ex soldato fu presentato come Sosibio, cittadino ateniese di uno dei d emi di campagna. Sentimmo la storia del suo servizio sotto Alessandro; poi, risp ondendo alle benevole domande di Euticleide, l'uomo descrisse com'era stato feri to. Nel complesso, tutto molto commendevole. Quando il Basileus gli rivolse altr e domande, il veterano rispose prontamente. Questo Sosibio aveva una voce sottil e e spiacevole, e le sue parole venivano fuori a spizzichi e bocconi. Sembrava u n po' impressionato dall'ambiente. Di tanto in tanto, mentre parlava, un muscolo

presso la bocca gli si contraeva, come se avesse un tic. Bench si comportasse in appuntabilmente, lo trovavo tutt'altro che simpatico. In un'altra occasione e da un altro uomo, la descrizione che ci diede della b attaglia presso la citt di Isso e della disfatta dei Persiani sarebbe stata per m e di grande interesse. Disse che lui e i suoi compagni della fanteria stavano ce rcando di seguire la cavalleria attraverso il fiume Paia, si erano trovati grave mente impediti tanto dalla rapida corrente quanto dall'azione nemica. Mentre le file si sbandavano, dei soldati provenienti dalla parte avversa si gettavano nel fiume e su per le sponde, e lottavano con gli uomini d'Alessandro con feroce os tinazione. - E la cosa pi terribile, signori - aggiunse - era che i soldati di fronte a n oi sull'altra riva, che scendevano nel fiume e falciavano i nostri, non erano Pe rsiani, bens Greci. Ci gridavano in greco degli insulti orribili. Fu allora che v idi Filemone di Atene: prima al di l del fiume, di fronte a noi, poi dalla nostra parte del guado. Combatteva e gridava. - Lo conoscevate? - domand Polignoto, forse con un'ombra di dubbio nella voce. - Come potevate riconoscerlo? - Lo conoscevo, l'avevo visto prima. Ad Atene, un tempo. - Lo vedeste di nuovo quel giorno? Nella battaglia? - domand il Basileus. - S . Noi passammo sull'altra sponda. All'inseguimento. La cavalleria tagli fuor i i Greci venduti ai Persiani. Cominciarono [162] a correre. Al crepuscolo, Ales sandro li aveva ridotti tutti alla fuga. - Ridacchi . - Dario fugg via come un ucce llo sul suo carro, non toccava neanche terra. Sicuro che lo rividi, quel Filemon e. Se la dava a gambe davanti a noi. Ferito su un lato della faccia. Ma non fu p reso. - L'avete rivisto pi tardi o ne avete sentito parlare? - No, non l'ho rivisto. Ma ne ho sentito parlare pi tardi, a Sidone. Era passa to di l andando a casa ad Atene. La gente se ne ricordava. Io rimasi con l'eserci to finch fui ferito, a Tiro. - Vedete dunque - interloqu Euticleide riassumendo la situazione. - Filemone f u riconosciuto fra quelli che combattevano per i Persiani. Era ferito. Non era c onsigliabile per lui restare in Asia durante l'avanzata di Alessandro. Sappiamo quali vendette ha fatto Alessandro sui traditori passati ai Persiani! Cos , questo vigliacco decise di tornare a casa. Ed ebbe tutto il tempo di rientrare ad Aten e prima del momento in questione. Il momento del delitto. Toccava a me esaminare il testimone. Non sapevo cosa dire. - Come sapevate che era Filemone? Vi diede il suo nome? L'uomo esit , guardando Euticleide. - S - disse poi. - Penso di s . Lo diede certa mente a Sidone, ad alcuni di l . - Voi pensate, ma non ne siete sicuro. Non lo ricordate con certezza. Non for se vero che aveste semplicemente l'impressione che quell'uomo nella battaglia fo sse Filemone? Voi vedeste uno che in qualche modo gli somigliava. - No. Lo riconobbi. -Andiamo - dissi. Il cervello mi si stava schiarendo un poco. - Descrivete qu est'uomo meglio che potete. - Be', era alto ... - Alto come? Molto, molto alto? - No, non eccessivamente. Ma alto, non piccolo. Robusto e muscoloso. Agile. - Di che colore aveva i capelli? - Castani. - Castani come? - Castani e basta. Non castano scuri. Piuttosto ricci. [163] - Aveva un elmo? - domandai, ricordandomi l'ultimo colloquio con Aristotele i n mezzo alle armi. - Ehm... no. Non credo. O forse uno piccolo. Potevo vedergli, i capelli, dunq ue non doveva coprirgli la testa del tutto. - Di che colore aveva gli occhi? - Bruni. - Descrivete la sua voce. - L'uomo apparve sbalordito. Le voci non gli sembra vano cose da potersi descrivere.

- Be'... una voce. Una voce giovane... chiara. - Sbirci di nuovo Euticleide. Con un accento ateniese - aggiunse trionfalmente. - Dei segni particolari, dei n i, delle macchie? - Nossignore. Salvo la cicatrice che avr adesso della ferita ricevuta quel gio rno. - Ah! La cicatrice della ferita che secondo voi ricevette in battaglia. Che g enere di ferita? Uno sfregio? Uno strappo? Un buco nella faccia? Era presso l'or ecchio? O vicino l'occhio? O sul mento? - Su uno zigomo, all'ingi . - Su quale lato della faccia? Esitante, Sosibio si tocc il viso da entrambi i lati. - Non vi state specchiando in una vasca - dissi piuttosto malignamente. - Da che parte? Esit ancora. - A destra, credo. Ma potrebbe essere stato a sinistra. No, era a destra. - Euticleide diede un'occhiata infastidita al suo testimone. - Signore - dissi freddamente al veterano - vediamo di esercitare la vostra m emoria e le vostre capacit di descrizione. Descrivetemi Glauco, figlio di Glauco, ed Eufrastione figlio di Decagone, che sicuramente avrete visti. Costoro erano due giovanotti di Atene di buona famiglia, entrambi famosi per le loro prodezze atletiche; chiunque poteva conoscerli. Erano circa dell'et di Fi lemone. Il testimone sembr riluttante, ma il Basileus intervenne a sostegno della mia richiesta. Quindi Sosibio, con molte interruzioni, descrisse i due giovanot ti. - Ecco - ripresi, quando ebbe finito. - Glauco alto, ma non [164] troppo alto , robusto, con capelli e occhi castani. Lo stesso dicasi di Eufrastione. Ecco a che cosa si riduce la vostra descrizione. E aggiungete che entrambi sono muscolo si e che nessuno dei due ha dei segni particolari. Potevate anche dire che natur almente tutti e due parlano con accento ateniese! Chi potrebbe riconoscere chiar amente l'uno o l'altro da una simile descrizione? Chi potrebbe designare un indi viduo e dire "Questo, resoconto si applica a lui e a nessun altro"? Inoltre, in un dettaglio avete sbagliato: Eufrastione ha gli occhi grigi. Con quanta facilon eria l'avete fatto rassomigliare a Glauco. Tutti gli uomini di una certa et e in buona salute sembrano uguali a questo testimone. - Mi voltai verso l'intera Cort e. - La sua descrizione dell'uomo che chiama Filemone, che ha visto nella furia della battaglia, potrebbe adattarsi almeno a mezza dozzina di giovani ateniesi, e probabilmente a molti di pi . - Mi sentivo euforico ora, e con la testa pi sgombr a. Tornai a rivolgermi al testimone per insistere con le domande. - Quando incominci la battaglia? In quale stagione dell'anno era? E in quale m omento del giorno? - Questa stagione dell'anno, pi o meno; un pochino prima. E la battaglia comin ci ... oh, a met pomeriggio. - S - dissi. - Insolitamente tardi per l'inizio d'una battaglia, ma Alessandro mise molta cura nel disporre le truppe, e gli ci volle del tempo. Com'era il fi ume? - chiesi. - Freddo - rispose lui con enfasi. - Dev'essere stato molto duro per voi - dissi in tono comprensivo - dover com battere e attraversare un fiume nello stesso tempo. Non pu esser stato facile, po ich dite che avete dovuto aspettare che prima passasse la cavalleria. - Sicuro - annu lui fieramente. - Non fu facile. Nemmeno per la cavalleria, fi gurarsi per noi. Persino i cavalli restarono impantanati nel fango, signori; cos vi potete immaginare che cosa fu per noi quel passaggio. - C'era molto fango? - domandai innocentemente. - Molto? C'era pi fango di quanto abbiate mai visto ad Atene, anche se fosse p iovuto per un mese. Avreste dovuto vedere [165] i cavalli che cercavano di venir ne fuori, gli ultimi cavalli, dopo che i primi erano andati. Tutta una gran conf usione, e pi scivoloso del ghiaccio. - Dunque, tutte e due le sponde del guado erano in gran confusione. Ci sarann o stati degli spruzzi sollevati dai cavalli e dagli uomini nel fiume, e anche sc hizzi di fango. Siete stato schizzato anche voi? - Certo che lo sono stato. Tutti eravamo schizzati. Combattere non come andar

e a una festa, con gli abiti tutti in ordine. Non si poteva avvicinarsi al fiume senza... - e fece una pausa, cercando di riflettere. - Senza coprirsi di fango - terminai per lui. - E questo valeva anche per i n emici, no? I reparti di fanteria che si scagliavano contro di voi dopo che la vo stra cavalleria era passata. Dovevano essere sdrucciolati gi da una sponda fangos a e su per un'altra, inzuppandosi nel frattempo in un fiume d'acqua sporca. Sosibio annu , con aria infelice. - Qui dunque, signore - dissi rivolto al Basileus - abbiamo un testimone le c ui reminiscenze e capacit di descrizione non sono, nel migliore dei casi, molto a ccurate. Questo testimone pretende di aver visto e riconosciuto un uomo in parti colare. Non una sua conoscenza, ma semplicemente un uomo che aveva visto in giro per Atene. Lo descrive molto genericamente, nonostante la pretesa di fornire de i dettagli. Il testimone poi dice che ha visto quest'uomo in un momento di grand e agitazione e confusione, pieno di pericoli e di tensione, in cui il testimone stesso doveva concentrare tutte le sue facolt nel salvarsi la vita. Inoltre, pret ende di aver visto questo particolare individuo in quella che dev'essere stata l a fine del pomeriggio di un giorno alla fine dell'autunno. Pretende anche di ave rlo visto di nuovo, qualche tempo dopo, a distanza, da dietro e nell'oscurit , o n el migliore dei casi al crepuscolo. Quando Sosibio lo vide a una certa vicinanza , quest'uomo doveva essere ricoperto di sudiciume, essendosi schizzato di fango, poi infradiciato in un fiume sporco, di nuovo infangato. Questa persona non dov eva essere facilmente [166] distinguibile dagli altri soldati greci nemici! Che ci fossero dei Greci a combattere dalla parte dei Persiani, ahim , nessuno lo nega . E la maggioranza di questi Greci nemici dovevano essere dei giovani alti e rob usti, adatti al servizio attivo; e tutti in quel momento gridavano, con le facce distorte e schizzate di fango, con i capelli fangosi e grondanti. Il testimone Sosibio pu senz'altro aver visto un giovane Greco di alta statura in queste condi zioni. Ci non costituisce un'identificazione. Tutto il resto non che un seguito d i supposizioni prive di fondamento. - Dice che era Filemone - s'interpose Euticleide. - Questo stato confermato a l suo passaggio da Sidone. - Gi , ma sappiamo se questa misteriosa persona che pass per Sidone fosse lo ste sso uomo che si trovava in battaglia? Certamente no. Questo testimone ha dei ric ordi molto imprecisi. Un uomo a Sidone pu avergli detto che era Filemone di Orint o, e lui pu avere frainteso. Oppure ci pu essere stato un altro Filemone; probabil mente ce ne sono a centinaia in Grecia, con o senza una cicatrice. O l'uomo che vide in battaglia pu avergli rammentato vagamente mio cugino. Come abbiamo visto, nella sua memoria gli uomini sono pi o meno uguali, e l'unica persona a Sidone c he abbia menzionato un nome pu essere stato il testimone stesso. Con la spensiera tezza con cui gli uomini parlano quando hanno davanti una coppa di vino, all'udi re di un tale con una cicatrice pu aver detto: "Ah, s , Filemone", intendendo dire "l'uomo somigliante a Filemone che ho veduto in battaglia". Poi pu essersi persua so che l'uomo passato per Sidone, l'uomo visto in battaglia e mio cugino Filemon e fossero una sola e unica persona. Pu darsi che abbiamo seguitato a parlare di t re persone diverse. Sosibio non afferma di avere incontrato l'uomo con la cicatr ice a Sidone. Insisto che qui non c' una identificazione che valga la pena di ess ere presa in seria considerazione a lume di logica e di ragione. E' tutto - e qu i cercai di sorridere serenamente - confuso e fangoso. Gli avversari scossero il capo, ma non dissero granch . Euticleide appariva fur ioso e ostinato, e annunci che tutto si sarebbe [167] chiarito al processo. Per q uell'epoca, disse, speravano di avere un testimone in grado di deporre non solo che Filemone poteva trovarsi ad Atene, ma che vi si era trovato effettivamente. - Nel qual caso - aggiunse in tono canzonatorio - le obiezioni grossolanamente s ollevate dal difensore contro le dichiarazioni del nostro testimone sono destina te a cadere. E questo fu tutto. Starnutii tre volte, violentemente, e tutti si ritrassero. Il Basileus dichiar chiusa la seduta. La testa mi si era schiarita notevolmente durante la mia escussione del testimone, ma ora mi doleva. Mi sentivo piuttosto fiero dei miei sforzi, ma mi rendevo anche conto che al processo non avrei potut o fare di pi di quanto avevo fatto ora per smentire le dichiarazioni del veterano

. E al processo, il testimone sarebbe giunto preparato da quest'episodio prelimi nare. Quindi, quel giorno tutto quanto sarebbe potuto andare diversamente. Ma an che se fosse andato come stamattina, mi chiesi come avrebbe reagito la cittadina nza riunita all'Areopago. Forse si sarebbe schierata emotivamente con il soldato e sarebbe stata pronta ad accettare la sua testimonianza contro Filemone, a pre scindere da quanto fosse superficiale o illogica. Getta molto fango e vedrai che un po' si attaccher . Be', oggi anch'io ne avevo gettato un po'. Tuttavia, se Eut icleide avesse messo in atto la sua minaccia di produrre un testimone che aveva visto Filemone ad Atene, eravamo perduti. Un mese prima avrei preso quella minac cia alla leggera. Ora sapevo che probabilmente ad Atene, o almeno al Pireo, c'er ano delle persone che avevano visto Filemone. Mi stupivo che i miei avversari no n avessero fiutato la pista che conduceva al porto. Forse tenevano in serbo qual cosa? Starnutii di nuovo e uscii. Mi sentivo la gola infiammata. Mi torn in mente l'attore che aveva un brutto raffreddore ed era terrorizzato di perdere la voce , e provai simpatia. E se avessi perso la voce per sempre prima del processo e a vessi dovuto sussurrare di fronte all'intera cittadinanza di Atene? Al margine del sentiero, con i radi capelli grigi arruffati dal vento, stava una vecchia e odiosa conoscenza: Archimeno. Mi perseguitava, come certe immagini nel sonno che ricorrono [168] una notte dopo l'altra. Mi sentii stanco, perch av evo gi subito tutto questo in precedenza. Ancor prima che parlasse, capii che avr emmo interpretato la stessa scena, e con lo stesso pubblico: Teosoforo. Ebbene, se avessi potuto, l'avrei cambiata questa noiosa commedia. Avrei ampliato il nos tro pubblico. Decisi di restare vicino ai miei avversari per non essere isolato, quindi ci allontanammo alla spicciolata procedendo lungo il sentiero. Davanti a me vedevo le larghe spalle e il collo robusto di Euticleide e Polignoto, col su o devoto schiavo che gli trotterellava accanto. Ero a circa tre passi da loro qu ando Archimeno mi parl . Continuavo a sperare che la vergogna di comportarsi com e un pazzo in presenza di cittadini tanto rispettabili avrebbe soffocato la sua oscena volgarit . Per conto mio, io non desideravo affatto incontrarmi con lui, e sapevo che non avrei dovuto dar voce ai rabbiosi sospetti che mi ribollivano nel cervello. Non qui, non adesso. Archimeno parl in un tono basso e sibilante, pieno di veleno, come il dente di una serpe. - O Stefanos! Venduto ai Persiani! Cugino di uno che si venduto ai P ersiani! Porta il tuo piccolo pestello in battaglia e vai a pestare spezie per i Persiani! Non risposi nulla, ma ero furioso. L'uomo mi trotterellava accanto sul sentie ro con passi leggeri, quasi danzando. - Lascia in pace le ragazze, e provati a dar l'assalto a delle mura! Tu, amic o dei Persiani! Tu, lurida fogna. Rovinare femmine, ecco che cosa sai fare. Ti p iace startene dentro un nido caldo, eh, ruffiano dei Persiani? E allora va' a ba ciare i piedi ai Persiani e domandagli di essere castrato e messo a guardia dell e loro donne! Ma sta' attento che gli uomini di Alessandro non vengano ad infilz arti con una spada grande e grossa! Mi sentivo imbarazzato e furibondo. Vedevo che quelli davanti a me sul sentie ro riuscivano a sentirlo, e probabilmente, pensai con amarezza, si godevano la s cena. - Ah! Ah! Beccati una spada nella pancia! - grid Archimeno allegramente. Eppur e, a dispetto della vergogna e della collera, le sue parole richiamarono alla mi a mente una cosa che poteva [169] essere un'idea. La mia rabbia era turbolenta, e mi ricordai dello schiavo con la mano fasciata. - Quel che faccio di me non ti riguarda, vecchio rinsecchito senza cervello risposi. Amministrai la mia voce nel migliore dei modi, pur gracchiando un po'; non volevo abbassarmi a sussurrare come un vigliacco. Continuai, guardando torvo il mio antagonista e notando come le rughe verticali sul viso rosso di Arc himeno si facessero pi profonde. - Quanto a scappare dal pericolo, ne conosco di gente che svelta a tagliare la c orda. Quelli che aggrediscono i cittadini farebbero meglio a esser cauti. Ricord ati, idiota: chi se ne va in giro di notte ad aggredire la gente, di giorno vien e riconosciuto. Lascia sempre delle tracce dietro di s . Lo schiavo che regge la t orcia pu bruciacchiarsi anche lui. E se conti su uno schiavo ricordati che la sua

discrezione non vale due soldi. Azioni vergognose, di notte, contro gli inermi. Bell'orgoglio! Bell'onore! C' ancora una legge ad Atene. Pensaci. E ora va' a ca sa tua, imbecille vigliacco, e bada a come ti comporti, oppure le guardie ti chi uderanno dentro una stanza a rinfrescarti quel tuo cervello cotto. - Beccati una spada nella pancia - sussurr Archimeno. Ma non sembrava pi cos all egro. Teosoforo s'interpose. - Che maniere sono queste? Con un cittadino rispettato, vecchio abbastanza da es sere tuo nonno? Suppongo che questi siano i nuovi modi raffinati degli amici dei Persiani e che dobbiamo farci l'abitudine. - Ruffiano dei Persiani! - rincar Archimeno tutto accigliato. - Lurido cane! - S - disse Teosoforo. - Ci vorr del tempo prima che ci abituiamo ai modi squisiti dei barbari. Sono veramente irresistibili. Venite via, amico. Guid Archimeno gi per il sentiero, non perch avesse bisogno del suo appoggio (pe rch il vecchio aveva un'andatura decisa), ma per impedire che tornasse indietro a d aggredirmi. La scena non mi aveva lasciato del tutto soddisfatto, ma almeno av evo cambiato qualche battuta. In un dramma, pensai distrattamente, [170] io ed Archimeno saremmo stati i protagonisti, e Teosoforo il direttore del coro, ma l 'intera truppa, Euticleide, il soldato Sosibio, Polignoto, Telemone e tutti gli altri avrebbero dovuto trovarsi nel coro, e non darci le spalle. Il battibecco n on era stato di mio gradimento, gli insulti mi avevano avvilito. Ma se non altro avevo fatto capire ad Archimeno che sapevo che era stato lui a dar fuoco alla c asa di Melissa, e speravo di averlo spaventato. Se pure era stato lui. Come pote vo esserne del tutto sicuro? Era stato effettivamente presente? Era a lui che av evo dato la caccia attraverso i vicoli oscuri del Pireo? Adesso ne ero convinto pi che mai. Ma perch ? Mi diressi a casa per cercare di riflettere, ma al momento del mio arrivo tut to quello che desideravo era di buttarmi sul letto. Passai il resto della giorna ta chino su catinelle fumanti di erbe in infusione, cercando di farmi passare il mal di testa. Mi svegliai tardi la mattina dopo, sentendomi un pochino meglio, ma non molto. Mia madre mi port la colazione e sedette accanto a me. Nello sforzo d'intrattenermi, mi diede ragguagli di faccende di casa che non m'interessavano affatto. Poi aggiunse magnanimamente: - C' anche una novit in citt che potrebbe in teressarti, Stefanos. Quanto a me, qualsiasi disgrazia che succeda in quella cas a mi gradita. Ora che hai finito di mangiare, te lo dico. - Mi dici cosa? - Uno degli schiavi che un tempo appartenevano a Boutades morto. E' caduto gi da una rupe del Parnete, dicono. Polignoto l'aveva mandato a fare una commission e ieri a mezzogiorno. Non tornato, e stamattina il suo corpo stato ritrovato da alcuni pastori. I nostri schiavi hanno sentito la notizia. - S - disse la zia Eudossia, che era entrata nella mia camera per godersi la c onversazione. - Alcuni dicono che l'hanno assalito dei predoni. E questo esattam ente quanto mi auguro, perch chiunque sottraesse loro delle ricchezze avrebbe tut ta la mia gratitudine. Aveva alcune monete con s , e sono sparite, ma sai, potrebb ero averle prese i pastori. Le tavolette che portava erano intatte. E non c'eran o segni di lotta, niente graffi. I pastori [171] hanno riportato il corpo in cit t , e alcuni ad Atene l'hanno visto. Nessun segno di lotta, solo una leggera contu sione sulla testa. Si rotto l'osso del collo. - Certo - disse mia madre - avr messo il piede in fallo al crepuscolo e sar cad uto. Probabilmente avr bevuto quando non doveva. Sono cos negligenti questi schiav i. Un povero Sinopeo balordo, senza nemmeno quel tanto di cervello che basta a t enersi sul sentiero. - L'hanno trovato sotto la rupe tutto storto - disse mia zia. - Non c'era san gue, e cos per un momento hanno creduto che potesse essere vivo, ma quando l'hann o toccato, hanno capito che era morto da parecchio tempo. - Polignoto molto triste - aggiunse mia madre spensieratamente. - Anzi, molto depresso. Era il suo schiavo favorito, andava con lui dappertutto; molto devoto , dicono. Sembra che Polignoto non riuscisse a crederci, sulle prime. Ma non poi un gran guaio per lui, - sospir . - Se ne procurer un altro. Gli auguro di peggio, e gli dei lo sanno. Vorrei che tutta la famiglia precipitasse da una rupe, e an

che Euticleide! - Mamma! - protestai. - Sta' attenta che gli dei non odano questo cattivo aug urio e ti puniscano. - Lo meritano - replic mia madre ostinatamente. - Ci hanno resi infelici! Vorr ei almeno che Polignoto udisse cattive notizie ogni mattina quando si alza, e co s tutta la famiglia. Come ho gi detto, mia madre prendeva tutta la faccenda dell'accusa come un gra ve insulto personale. - Ah! - disse zia Eudossia, mettendosi solennemente la mano sul cuore il gi udizio degli dei, ecco quello che . Io speravo molto che non lo fosse. Mi si era affacciato il sospetto, all'udir e la notizia, che lo schiavo potesse essere l'assassino di Boutades. Me lo ramme ntai come l'avevo visto il giorno del delitto, sudato dalla corsa, pallido e tre mante, e mi ricordai di aver pensato: "Quello schiavo ha paura". Se adesso era m orto per giudizio degli dei, che cosa avrei potuto fare al processo? A cosa serv iva la legge, se gli dei punivano prima il colpevole, non lasciando [172] all'in nocente modo di discolparsi? Se ci avessi pensato prima, avrei potuto chiamare l o schiavo a testimoniare, farlo mettere alla tortura, estorcergli una confession e. Ora mi era sfuggito di mano. Mi sentivo non meno afflitto di Polignoto per qu ella perdita. Che fare? Avevo avuto una buona idea, ma era giunta troppo tardi. 14 - Un giorno alla fattoria La mattina dopo mi svegliai pi in forma. Avevo gi precedentemente fissato di an dare quel giorno alla nostra fattoria, e sapevo che il fattore e sua moglie mi s tavano aspettando. La nostra casa di Atene aveva bisogno d'olio e di formaggio. Cos mi misi in viaggio con uno dei nostri schiavi, che portava due sacchi di leta me e di rifiuti di cucina da spargere sui terreni della fattoria per fertilizzar li; al ritorno si sarebbe reso utile badando al carro dei muli con il carico del formaggio e dell'olio. Lo schiavo non profumava esattamente come un vaso d'ungu ento, e cos lo tenni a distanza. La cosa, comunque, non lo dissuase dal chiacchie rare. Insistette per raccontarmi dell'incidente occorso allo schiavo Sinopeo e d ell'aspetto del suo cadavere, tutto bianco e con un lato della testa vicino alla tempia completamente fracassato, "come una crosta di pane con un buco al centro ". Quindi fui costretto a risentire la storia daccapo. Arrivammo sul mezzogiorno. Il sole era pallido nel cielo invernale. Stavamo o rmai avvicinandoci al giorno pi corto dell'anno. La fattoria, bench non fosse che una costruzione piccola e rustica, appariva accogliente. Fui ben lieto di sottra rmi al freddo, sedermi davanti a un fuoco di rami d'olivo e sorseggiare un po' d i vino con Dametas e sua moglie Tamia, che conoscevo fin dall'infanzia. Tamia no n doveva essere stata cos vecchia allora, poich mi aveva allattato durante una mal attia di mia madre, ma ora sembrava veramente decrepita, con il viso pieno di ru ghe e il sorriso che mostrava una bocca quasi interamente sdentata [173] Ques ta coppia aveva lavorato alla fattoria per molti ani. Ora Dametas era vecchio e stava diventando cieco, e notai che le sue mani, deformate dal lavoro e con le u nghie spezzate, avevano un tremito persistente. Pensai con apprensione che avrei dovuto trovare presto un nuovo fattore. Dametas era anziano, poteva diventare i nfermo ed essere costretto a letto, poteva anche morire. Era un pensiero sconvol gente, come quello che cadessero le colonne d'Ercole. Anche Tamia, mentre mi con duceva in giro orgogliosamente a ispezionare la tessitura, la dispensa e tutti i lavori delle donne, sembrava muoversi a fatica. Nell'osservare il panno appena tessuto, lo portava molto vicino agli occhi. Mi accorsi presto che anche l'udito la tradiva. Nel cercare di rispondere alle mie osservazioni, teneva il suo sgua rdo opaco ansiosamente fisso sul mio viso, cercando di indovinare ci che dicevo, e tentando di nascondere la sua infermit . Discorrere con lei era perci irritante e deprimente insieme, per quanto mi fosse cara. Per quanto tempo ancora avrebbe p otuto seguitare a lavorare come doveva? E dietro le sue spalle, le schiave potev ano permettersi ogni sorta d'insolenze: lei non le avrebbe sentite. Avevo sperato di risollevarmi un po' lo spirito visitando la fattoria che ave

vo sempre amata, ma ero un uomo ormai, con tutte le preoccupazioni d'un uomo. Is pezionai il porcile e guardai i campi. Lo schiavo che avevo portato con me fu ma ndato a spargere il concime e poi a tagliare della legna. Dametas ed io discorre vamo animatamente degli affari della fattoria, e Tamia cucinava delle focacce, o ffrendomele poi con del miele "per la gola". Quando Dametas ed io ispezionammo i l locale dov'era conservato l'olio, mi sentii abbastanza sollevato alla vista de lle file di orci. L'olio che assaggiai era eccellente. - Abbiamo tenuto da parte un po' delle ultime olive perch tu le vedessi - mi d isse Dametas. - Quelle delle piante sul lato della collina, che fruttificano pi t ardi. Vieni. So che ti piace veder spremere le olive. Questo spettacolo era stato il mio divertimento favorito quando ero bambino. Pensai melanconicamente che per Dametas [174] e sua moglie ero sempre un bambino . E quella vista mi piacque ancora. Il mulo camminava descrivendo lenti circoli, la macina del frantoio si muoveva piano, oscillando, e si udiva un rumore rasch iante; poi i frutti schiacciati schizzavano nel recipiente. Queste olive compres se, ora senza i noccioli, vennero raccolte con tutto il succo e messe dentro del le ceste. Io le seguii nel capanno dove dovevano essere spremute, e vidi mettere sulla cesta il pesante coperchio. Tamia sollev l'estremit di un bastone che preme va forte contro le olive schiacciate. L'olio filtrava gi attraverso l'intrico di vimini e gocciolava nella conca di terracotta sottostante. Lento dapprima, e poi lievemente pi rapido, un filo sottile di materia grassa, color del miele, goccio lava gi in piccoli globi, pi compatti e viscosi di gocce d'acqua. Tamia sorrideva e si illuminava mentre spremeva i frutti, e io stavo a guardare, sentendo le mie preoccupazioni attenuarsi mentre l'olio fluiva e colava cos abbondantemente, ora da un buco nel cesto di vimini, ora da un altro. Un'ombra cadde sul torchio. Io mi volsi verso l'entrata. L'ombra era proiettata dal corpo massiccio di Euticleide. - Stefanos, figlio di Nichiarco? - chiese con cortesia. - S , Euticleide - risposi, e mi affrettai a uscire come per salutarlo. In real t non volevo che il pacifico capannone dell'olio fosse insozzato dalla sua presen za. Euticleide non sembrava aver fretta di muoversi. - Un buon raccolto d'olio qu est'anno - disse - ma tardi per torchiare. - Il suo tono, bench sempre cortese, i mplicava che ero un amministratore negligente. Tamia continu la spremitura, ma ch in il capo in direzione dello straniero con uno sdentato sorriso di benvenuto. Euticleide ed io uscimmo all'aperto. Era passato mezzogiorno ormai, e le ombr e azzurre si allungavano. - Ho visitato un mio affittuario da queste parti - spieg Euticleide - e appena saputo che eri qui ho deciso di vederti subito, perch si tratta d'una faccenda u rgente. Riguarda quel debito [175] di tuo padre verso di me. Temo di doverti chi edere di pagarmelo, e presto. - Mio padre? - chiesi sbalordito. - Ma non aveva debiti con voi. - Direttamente con me no, questo vero. Ma aveva un debito verso il mio amico e ospite Agesandro. Te lo ricordi, questo? Frugai nella mia mente e mi rammentai che nel mese di Boedromione, subito pri ma che il delitto e l'accusa sgombrassero ogni altro pensiero dalla mia testa, a vevo passato in rassegna tutti i conti. A quel tempo mi preoccupavo di raccoglie re abbastanza denaro per sposare la figlia di Callimaco; come sembrava lontana a nche quella speranza. Mi ricordavo d'aver pensato che prima di tutto avrei siste mato i debiti, fra i quali quello con Agesandro. Non mi era stato possibile vend ere la vigna, Agesandro non mi aveva fatto pressioni per essere pagato, e nell'a nsiet per la vicenda di Filemone avevo dimenticato tutto. E'disonorevole dimentic are un debito, s , ma un giovanotto costretto a rinunciare al proprio matrimonio p robabilmente incline a credere che chiunque altro possa rinviare i propri piacer i a un altro momento. Arrosii, e vidi che Euticleide era compiaciuto di trovarsi in vantaggio. - E' vero - risposi. - Devo del denaro ad Agesandro. - Duecento dracme - precis Euticleide con viva soddisfazione. - Non cos tanto - ribattei. - Agesandro prest a mio padre centoventi dracme ... - Gi , ma c' l'interesse, Stefanos, l'interesse. Un prestito a breve scadenza di

ventato un prestito a lungo termine. Perci adesso tu devi anche un bel po' d'inte ressi. - Ma era un accordo fra amici... concittadini. - Era una questione d'affari, mio caro ragazzo. E' ovvio. - Ma perch Agesandro non venuto di persona? E' con lui che avrei dovuto discut erne. - Mio caro Stefanos. - Euticleide aveva preso un tono quasi da congiunto. Inf il il braccio sotto il mio e seguitammo a passeggiare. Io mi sentivo umiliato nel la sua robusta presa, come se mi [176] conducesse in prigione. - Certo - seguit , era ad Agesandro che tuo padre doveva il denaro. Ma Agesandro un mio parente, ol tre che un amico e un ospite. Capirai! Ha avuto delle perdite, e cos , per assiste rlo, mi sono accollato i debiti che la gente aveva contratto con lui. Ragion per cui adesso sono io il tuo creditore. - Voi! - esclamai, risentito. - Non fare lo sciocco, caro ragazzo. Ho proprio paura che tu ti stia comporta ndo scioccamente a forza di ostinazione e di capricci. Ma d'altronde, sei giovan e, bisogna tenerne conto. Eppure, guarda questa fattoria aggiunse sprezzantement e, agitando la mano libera in direzione dei miei poderi. - Cade a pezzi. Quel ve cchio rimbambito che mi ha fatto entrare carico d'anni e incompetente. Una perso na nella tua situazione dovrebbe vivere quietamente in campagna, lavorando con l e proprie mani per mantenere la famiglia. - Mio padre era di buon nome e di condizione elevata come voi - ribattei in t ono risentito. - La mia un'ottima famiglia. - Molte ottime famiglie cadono in disgrazia nel mondo. Devi guardare le cose come sono. Chiss , anche la mia famiglia in secoli venturi potrebbe essere ridotta come la tua adesso. Ma hai un carattere troppo impulsivo. Vedo che non vuoi asc oltare i buoni consigli. Mi fissava con i suoi occhi freddi color ardesia e duri come pietre. La forza del suo braccio sembrava immensa per un uomo della sua et . - Adopera il buon senso, o sar peggio per te. E' ovvio che voglio il denaro. E ' ovvio che mi devi pagare. Furioso con me stesso per dovermi abbassare cos , cominciai nondimeno a pregare : - Ma pensate che momento difficile questo per me... e mio padre morto da cos po co tempo. Non potreste aspettare finch ... non potreste aspettare? - Mi hai preso per una donna, che si lascia commuovere da preghiere o lacrime ? La gente come te, a sentirla, sempre in un momento di difficolt . Detesto i piag nucoloni che somigliano a certi cani. Non pensare di sfuggirmi, o sar peggio per te. [177] - Sareste pronto a qualunque cosa pur di far denaro? - domandai con impertine nza. Il risentimento e la disperazione mi rendevano audace. - Pensavo che i veri Ateniesi, quelli i cui antenati combatterono a Maratona, disprezzassero l'usura ! Il suo braccio era come il torchio che spremeva le povere olive. - Le tue sci ocche parole non mi danno fastidio. Non sono qui per discutere con te sui sentim enti. Ho pagato a Agesandro il debito e l'interesse. Ora, naturalmente, voglio r iavere quanto mi spetta. Non sei pi sulle ginocchia della balia ormai, e non stai trattando con un uomo di paglia. Va' a casa da tua madre a lamentarti, o resta qui a pavoneggiarti sul tuo campo di cavoli, come un bambino che gioca alla fatt oria, se preferisci, ma ricordati che devi pagare. Inghiottii la rabbia e cercai di ricondurre la conversazione a un livelli pi r agionevole. - Sentite - dissi quanto pi quietamente potevo. - Posso e voglio pagarvi il de bito. Venite, vi far vedere. - Lo condussi al magazzino dell'olio e additai le fi le di grandi orci. - Ecco - dissi. - Ho tutto questo da vendere. Posso ricavare molto gi cos . Il resto seguir presto, quando avr venduto... alcune altre cose. Quell'olio prezioso! Venderlo subito e immediatamente consegnare il ricavato a un creditore! Cos sarebbe sfumato l'olio da cucina per la nostra casa e per la fattoria, e anche il denaro per pagare quanto occorreva per affrontare l'inverno . Mi accorsi che Euticleide si rendeva conto di quello che ci significava per me, poich sorrise torvamente.- Molto bene. Ma il primo acconto dovr essere versato pr

esto. - Per la fine di questa settimana - promisi. - E quanto al resto non contare su un gran rinvio ... - seguit . Fummo interrotti nel nostro colloquio da grida selvagge provenienti da poco d istante. - Ahi! Ahi! - Corsi in direzione di quelle urla trascinando Euticleide con me, e lui allent la presa. Presso la catasta della legna dietro la casa era a ccovacciato il mio schiavo in condizioni pietose. Si dimenava avanti e indietro, reggendosi una mano che grondava sangue. La teneva vicina alle labbra, ma non p oteva succhiarla perch preferiva usare la bocca per gridare, e ogni volta che gua rdava la mano le sue urla spaventate si levavano pi forti. Nello spaccare la legn a si era evidentemente mozzato la punta di un dito. Era uno spettacolo orribile, ma Euticleide non parve trovarlo tale. Si avvicin e sorrise, come se la vista de l sangue gli desse piacere, e rimase a guardare per alcuni istanti. Poi corrug la fronte con disprezzo. - Smettila di far baccano! - disse brutalmente allo schiavo, e accostandoglis i lo scosse con violenza. Il poveraccio, sbalordito, soffoc le grida e guard con n uovo timore l'importante sconosciuto dall'aria severa. - Ecco! E' cos che bisogna trattarli - proclam Euticleide. - Vanno soggetti all 'isterismo come le donne e bisogna richiamarli alla ragione, per poca che ne abb iano. Un imbecille imprudente - concluse guardandomi, e capii che stava pensando : "Che povera casa malgovernata mai questa, dove persino gli schiavi sono cos stu pidi da tagliarsi le dita? Tale padrone, tale servo". Si era ormai radunata una piccola folla. Tutti gli schiavi si stringevano int orno, e Tamia schioccava la lingua e cercava di calmare lo schiavo ferito. Eutic leide si diresse verso il cancello. Io lo seguii di malavoglia. - Che posto movimentato! - disse sarcasticamente. Mai un momento di riposo. Non mi ero reso conto prima che Euticleide sapesse essere ironico. Non mi era m ai parso spiritoso. - Ricordati quel debito, Stefanos. Spero di non dovertelo rammentare di nuovo . Lo guardai incamminarsi gi per la strada, massiccio, minaccioso. Sembrava stra no che pochissimo tempo prima mi era parso di comprendere perch la gente lo stima sse. Euticleide! Probabilmente Agesandro lo stimava in quanto generoso amico e o spite che offriva aiuto e protezione. Ma Euticleide non era solo un uomo imponen te e rispettabile come avevo creduto sino ad allora. C'era in lui una volont molt o forte, e forse un certo compiacimento nella crudelt . Queste cose stavano alla r adice di quell'energia che suscitava la gratitudine di quanti erano [179] protet ti da lui. C'era in quell'uomo, pensai, molta pi vitalit di quanto non avessi cred uto, bench di un genere repellente. Altri uomini avrebbero potuto assecondare il suo volere, e persino con zelo, e non solo per rispetto nei confronti di un citt adino austero e di nobile nascita, ma perch soggetti a una vera e propria costriz ione. Non avevo mai odiato tanto Euticleide, e non l'avevo mai visto cos chiarame nte come un condottiero d'uomini. Ma perch ce l'aveva tanto con me? Mi sentivo co me se tutta la nostra famiglia venisse battuta e torchiata come le olive sotto l a pesante macina, che si muoveva lentamente, inesorabilmente, riducendole a una poltiglia gocciolante. Ma la macina non capace di crudelt : esegue solo il suo com pito. Mi appoggiai pesantemente la cancello, sforzandomi di riflettere. Supponiamo, pensai ad un tratto, supponiamo che Euticleide abbai assassinato Boutades per q ualche motivo. Per denaro, magari. O supponiamo che ci fosse qualche causa segre ta. Forse Euticleide aveva sentito il bisogno di vendicarsi di Boutades. Mi rico rdai che Euticleide era arrivato in casa di Boutades contemporaneamente a me dop o il delitto. Quindi poteva avere avuto il tempo di uccidere Boutades, di andars ene e di ritornare. Per non mi era sembrato ansimante. Ma perch avrebbe dovuto per forza essere ansimante? Il contatto fisico con lui mi aveva insegnato quanto fo sse forte. Certo la vista del sangue, come nel caso del mio schiavo, non lo dist urbava affatto. E disprezzava le emozioni, per cui lo spettacolo di un vecchio a mico e conoscente sgozzato a quel modo non doveva averlo sconvolto troppo. E poi , ecco che si scagliava contro di me, il debole difensore, per accertarsi che il delitto fosse attribuito ad un capro espiatorio adatto e senza appoggi. Chi con

duceva, in realt , l'azione degli accusatori? Euticleide. Chi faceva le domande, s uggeriva le risposte, portava un testimone? Sempre Euticleide. Nel rimuginare il passato, mi rendevo conto che aveva occupato un posto di primo piano in tutte e tre le prodicas e. Stando cos le cose, per Euticleide io ero solo un fragile ostacolo sul suo cam mino. E anche se fosse stato lui l'autore del delitto, [180] cosa avrei potuto f are? Non volevo pensare che l'assassino fosse lui. Avrebbe reso le cose troppo d ifficili, come se mi avessero chiesto di abbattere una torre servendomi solo del le mani. Ma non riuscivo ad allontanare tale sospetto. Era una tentazione molest a nella mia mente, come un dente dolorante che si sente il bisogno di premere co n gli altri denti. Starnutii varie volte. Il raffreddore mi stava tornando. Lasciai il cancello e rientrai per scaldarmi un po' al focolare. Il dito dello schiavo era stato fas ciato con affettuosa cura da Tamia, che ora stava servendo al poveretto del brod o caldo. Egli alz lo sguardo terrorizzato quando mi vide comparire, ma quando si accorse che ero solo, la sua espressione si fece pi rilassata e torn a bere il suo brodo. Cosa dovevo fare adesso con lui? Certo non era in grado di guidare il ca rro con il carico di olio e di formaggi sulla via del ritorno; avrei dovuto farl o io stesso pi tardi. Dopo essermi riscaldato, mi sentii troppo inquieto per restare in casa. Mi ag girai tra i capannoni e attraverso i campi, cercando di pensare. Dissi a Dametas , che trotterellava con precauzione in mezzo alle mucche, che quella sera avrei portato via non solo le provviste necessarie per la casa, ma anche quelle da ven dere. Annu placidamente, senza rendersi conto che intendevo vendere quasi ogni cosa, lasciando noi tutti, padrone, famiglia, fattore, schiavi, se non alla fame cert o molto alle strette per il resto dell'inverno. Strinsi i denti. Duecento dracme non erano una grossa somma, ma per me s , tanto pi che dovevo versarle tutte subit o! Maledetto l'inventore dell'usura! Soffermandomi a riflettere, mi resi conto c he avrei potuto contestare l'entit del debito, ma ormai mi ero impegnato a pagarl o accettando la somma menzionata da Euticleide; quindi, a questo punto, non sare bbe stato legale sporgere reclamo. E poi, il mio creditore non avrebbe accettato passivamente un reclamo, su questo non c'erano dubbi. L'ultima cosa di cui avev o bisogno era un'altra lite o un'altra causa. Seguitai cupamente a camminare per la fattoria mentre le ombre si allungavano . Nel lento crepuscolo azzurrino mi trovai nel boschetto degli ulivi a guardare i grossi alberi simbolo della vita [181] quasi senza vederli. In fondo al bosche tto c'erano due alberi sacri dedicati ad Atena, un po' discosti dagli altri. Fac eva buio sotto le piante, e soprattutto dove troneggiavano gli ulivi della dea. L'unico rumore era il frusc o delle foglie. Poi mi giunse un altro rumore attraver so quel mormor o, come se qualcuno avesse strisciato leggermente contro il tronco di uno degli alberi sacri. Mi diressi subito da quella parte. Poi mi fermai. Tut to taceva. Mi mossi di nuovo, e udii di nuovo il rumore, come se qualcuno si fos se mosso cautamente e rapidamente tra gli alberi. Mi pareva addirittura di senti re uno sguardo su di me, qualcuno che mi fissasse alle spalle. Mi girai senza fa re rumore, cercando di muovermi silenziosamente e guardando gli alberi da cui pr ovenivano il rumore e dove al buio, dietro i tronchi contorti, qualcuno mi stava osservando. Mi voltai senza far rumore, ma il mio naso rovin la mossa. Starnutii due volte, molto forte, svegliando gli echi del boschetto. Una voce bisbigli : - Stefanos? - Questa parola cos familiare, udita cos di recente in un'occasione vi olenta, mi fece drizzare i capelli in testa. Che pazzo ero stato a venire in un luogo tenebroso da solo. Avrei dovuto rammentare l'avvertimento di Aristotele. N on ero al sicuro nemmeno sulla mia terra. Euticleide, ad esempio, non aveva trov ato difficolt a raggiungermi. - Stefanos - ripet la voce, giovane, canzonatoria. Rimasi fermo, per affrontar e il nemico nascosto nell'ombra. Ci fu un movimento dietro il tronco contorto di un grande albero. Aguzzai gli occhi nelle tenebre. Dapprima vidi la macchia bia nca d'una faccia, poi l'intera forma di un uomo che veniva furtivo verso di me p er il viottolo oscuro in mezzo agli alberi. La figura si fece pi chiara. E allora , per poco non perdetti i sensi. Perch davanti a me nel boschetto buio stava mio

cugino Filemone. Lo riconobbi senza ombra di dubbio, nonostante quel che avevo d etto a Sosibio sulla difficolt di riconoscere qualcuno nella semioscurit . Mio cugi no Filemone. Proprio lui. - Ciao, Stefanos. Come stai, a parte il raffreddore? Corsi verso il mio caro cugino, che non rivedevo da due anni, e l'abbracciai, e nel farlo emisi un acuto gemito di dolore. - Che [182] cosa fai qui? - gli ch iesi in una sorta di disperato bisbiglio. - Per Zeus, re degli dei e degli uomin i, per Atena, dea di questo boschetto, non dovresti essere qui. Non sai che la t ua vita in pericolo? Filemone mi scost da se e sorrise in modo rassicurante. - E' una lunga storia. Sono felice che sia tu, Stefo. Sulle prime non distinguevo chi stava avvicinand osi. Io sto bene. Sono stato soldato, so badare a me stesso. - Ma perch sei qui? Sei stato bandito dalla citt , e adesso sei accusato di omic idio... - S , s . lo so. Ma ... be' ... tu non ci crederai, e temo che non ne sarai conte nto, ma il fatto che ho preso moglie... - S - risposi spazientito - so tutto di questo. Rimase sbalordito. - Cosa? Lo sai? Non una sorpresa? Io credevo di farti rest are a bocca aperta. Bene, e cos , naturalmente, sono venuto a vedere se mia moglie e il bambino stavano bene. E anche a portarli fuori di Atene. Le cose potrebber o mettersi male per loro, a quanto sento. - Eccome - concordai decisamente. - Ma Melissa e il suo bambino sono al sicur o. Li ho spediti sani e salvi fuori citt . - Davvero? E cos non c'era bisogno che venissi, dopo tutto. Come sei stato bra vo, Stefanos! - La sua ammirazione era sincera. - Come hai fatto a sapere tutto? Ma tu sei cos intelligente, e anche Melissa, per essere una donna. Immagino che avete organizzato ogni cosa fra voi. Mi hai t olto davvero un gran peso dal cuore, Stefanos. E io che mi preoccupavo... Dove s i trovano, adesso? - In cammino per la Macedonia, se gli dei li aiutano. - Ma come... - Sta' zitto, per piacere - replicai con i nervi tesi. Non il momento di chia cchierare. E' alla tua salvezza che bisogna pensare. Tu sei al bando, accusato d i omicidio, denunciato come rinnegato e soldato dei Persiani, e sa il Cielo cos 'altro ancora qui ad Atene. Qualcuno vuole portarti via i tuoi beni, forse anche la vita, e tu arrivi qui come se venissi a passeggiare! Suppongo che tra poco v orrai andare in una delle botteghe di barbiere sul [183] mercato per una bella c hiacchierata! Idiota che sei, dobbiamo portarti via il pi presto possibile! - Non parlare cos di furia, Stefanos, non riesco a seguirti - protest bonariame nte. - S , lo so che un momento pericoloso. Siamo scivolati sul fango. Non ci rest a che tirare le redini e portare il carro all'asciutto. Questo era mio cugino, ricordai, quello che parlava sempre nel gergo delle co rse o delle gare sportive. - Ma non abbiamo tempo. Tu devi andartene. E' stata una pazzia venire. Una ve ra pazzia. Perch invece non mi hai mandato un messaggio? - Ci ho pensato, ma non sapevo bene cosa dire, n come metterla nel caso che il messaggio finisse nelle mani sbagliate. E volevo rivedere Melissa e il bambino. E anche mia madre. Quando ho pensato che Melissa e il piccolo Likias potevano e ssere in pericolo, per forza dovevo venire, era mio dovere. Sono gi stato qui pri ma, sai, e me la sono cavata sempre! Mi venne in mente qualcos'altro che avevo dimenticato a proposito del cugino Filemone. Era uno sciocco. Audace, s , ma piuttosto sciocco. - Puoi rinunciare all'idea di rivedere zia Eudossia questa volta - dissi seve ramente. - Sta bene, ed arzilla. Ma non ti voglio in giro per le vie di Atene. S aresti catturato davanti ai miei occhi e giustiziato prima della fine del mese. Incatenato pubblicamente alla gogna, poi strangolato o bastonato a morte: questa l'esecuzione per gli omicidi, lo sai. E sarebbe questa la tua sorte, sempre che non arrivasse prima una folla patriottica furiosa contro i Persiani a prenderti in consegna. Gli enumerai tutte le cose pi spaventevoli che mi venivano in mente, sperando

di riuscire a intimorirlo. Era sempre molto difficile mettere paura a Filemone. Sembrava perplesso piuttosto che spaventato, come se stesse giocando a guardie e ladri e lo avessero scoperto. - E che ne sarebbe di me? - continuai insistendo su quell'argomento. - Rischi o la vita se si diffonde la notizia o anche solo [184] il sospetto che ti ho off erto asilo. Non devi andartene in giro a pavoneggiarti rendendoti ridicolo. Se t u vuoi morire, fa' pure, ma io non voglio. Ho dovuto parlare in tuo favore alle prodicas e e dovr difenderti al processo. Dobbiamo restare vivi entrambi, se vuoi c he la zia Eudossia conservi il suo patrimonio e tua moglie e tuo figlio la loro vita e il loro buon nome! - Oh - disse senza capire. - Pensavo che sarebbe stato magnifico rivederti, S tefanos. E adesso sei arrabbiato con me. Non arrabbiarti. Me la sono cavata magn ificamente e far tutto quello che mi dici. - Bene. Lasciami pensare. Dove sei stato oggi? - Ho gironzolato per la fattoria. Sono stato in quella piccola foresta lass e sono venuto qui solo all'imbrunire. Pensavo che magari avrei potuto dormire in u n capannone. Mi sempre piaciuta la fattoria, e sapevo dove mi trovavo, sai, non mi sono perso per strada. Vedi, sono arrivato al Pireo stanotte in cerca di Meli ssa, ma lei non c'era pi e la casa era bruciata. E' stato un colpo per me, posso ben dirlo! Poi sono venuto qui, prima dell'aurora, tenendomi fuori delle mura. P ensavo di stare nascosto per un po' e poi magari venire a cercarti una notte. - Nessuno ti ha visto? - Che io sappia, no. - Speriamolo. Ma dovremo correre il rischio. Che facciamo adesso? - Puoi darmi un posto dove dormire qui alla fattoria? Poi, domani... - Ma quale domani! Dobbiamo andarcene subito. Stanotte. - Ma... - Sta' zitto e fammi pensare! Mentre io starnutivo, mi stringevo la testa e pensavo, aspett pazientemente, p roprio come quando, da bambino, aspettava che inventassi un nuovo gioco. - Hai del denaro? - gli domandai. - S , un po'. Non molto, circa dieci dracme. [185] - Non basta. Suppongo che te la sentirai di cavalcare per un lungo tratto. - S che me la sento! - rispose fieramente. - Lo facevo gi da bambino, ti ricord i, e mi sono impratichito nell'esercito. Ho badato ai cavalli per un po'. - Bene. - Se riusciva a restare a cavallo per due stadi, potevo contare sul s uo talento naturale e la sua resistenza e farlo cavalcare per un centinaio di pa rasanghe, sempre che non facesse spezzare le zampe al cavallo per imprudenza. - Bene! - dissi. - Per il momento, ti nasconder nel fienile. Poi salirai di na scosto su un carro e andremo via. Dovrai stare assolutamente zitto, non aprire n eanche bocca finch non ti dico che puoi farlo. Va bene? - S . Tu farai abbastanza rumore per due, fra gli starnuti e il respiro da vecc hio brocco. Era vero. L'infreddatura mi si era concentrata in gola. Tossii a pi riprese, p oi, facendogli ripetuti cenni di silenzio, lo condussi per il boschetto e attrav erso un campo, fino ad una stalla che alloggiava mucche e capre da latte, e lo n ascosi fra la paglia. Poi tornai da Dametas e gli dissi bruscamente: - Ho bisogno di portare via con me quanti pi prodotti da vendere sia possibile . L'uomo che era qui oggi mi fa pressioni per un debito che deve essere pagato s ubito. - Oh, tesoro mio - disse Tamia. - Quell'omaccione! Non mi piaciuto per niente . Ignorai la sua simpatia. - Ci ho pensato su e ho deciso. Prender il carro pi gr ande e due muli. Voglio che ci siano messi sopra prima di tutto gli orci dell'ol io, imballati bene con paglia pulita. I formaggi e i rotoli di tessuto possono e ssere messi intorno agli orci. Porta il carro vicino alla stalla. Io prender i mu li e poi penser all'olio. Dametas osserv che era cos tardi che avrei fatto bene a dormire alla fattoria e ripartire il giorno dopo. - No - dissi fermamente. - Devo andarmene stanotte. Penso [186] di poter vend

ere a buon prezzo la roba a un tale che conosco dalle parti di Megara. Mander ad avvertire a casa. Mi rivolsi allo schiavo che si era tagliato un dito, dicendogli di andare a c asa e informare mia madre che giudicavo necessario effettuare una grossa vendita nel pi breve tempo possibile, e che andavo a Megara col carro della fattoria. Po tevo restare lontano quattro o cinque giorni, ma non doveva impensierirsi se rit ardavo. Lo schiavo rimase colpito da questo messaggio, e lo ripet con grande atte nzione. - Se viene qualcuno a reclamare per il debito - aggiunsi - mia madre deve dir gli che sistemer tutto il pi presto possibile. - Gli diedi qualche obolo, per cons olarlo della sua ferita. Fui grato che stesse abbastanza bene da mandarlo a rif erire un messaggio, ma non tanto da sperare di accompagnarmi nel mio viaggio. Po i, rapidamente e freddamente, scelsi le giare d'olio, quasi tutte quelle che ave vo, i rotoli di panno e i formaggi. Gli schiavi andavano e venivano, collocando ogni cosa con attenzione sul carro. Venne buio del tutto e terminammo il lavoro alla luce delle torce. Continuavo a starnutire di tanto in tanto. Se fossi stato io invece di Filemone a nascondermi in mezzo alla paglia, senza alcun dubbio sa rei stato scoperto persino da Tamia. Risistemai con cura il carico a mio piacime nto, assicurandomi che rimanesse spazio sufficiente per un uomo disteso. Finito il lavoro, consumai un rapido pasto e accettai l'offerta di Dametas di un vecchio mantello di lana che portava per lavorare in campagna. Era un indume nto pesante, di lana sudicia e non troppo profumato (odorava di Dametas e letame ), ma molto caldo. Ora veniva la parte pi difficile. Dametas e Tamia mi accompagnarono al carro, come sapevo che avrebbero fatto. Rimandai indietro Tamia col pretesto di un vaso di miele, e chiesi a Dametas di aprirmi il cancello. Appena ebbero girato la sc hiena, feci un debole fischio e Filemone salt fuori. Lo spinsi sul carro, lo copr ii con la paglia e ci misi sopra del panno e dei formaggi. Era quasi tutto coper to quando Tamia ritorn . Presi il barattolo di miele e [187] lo cacciai con troppa foga dietro un ginocchio di Filemone. Vi fu un beve grido, ma Tamia non lo ud , e mi diede delle provviste per il viaggio. Proprio mentre Dametas stava tornando, notai che un piede di Filemone sporgeva fuori. Lo ricoprii in fretta, come pote vo, con un pezzo di stoffa. Lentamente ci mettemmo in marcia, con Dametas che re ggeva una torcia per farmi lume. Era molto scuro, ma nel riverbero della torcia scorgevo ancora l'alluce di Filemone. Il fattore mi fece addii e buoni auguri pr esso il cancello, ed io m'incamminai in testa al convoglio, guidando i muli e so llecitandoli. Mi augurai che fossero molto resistenti. Fuori, sulla strada, la l uce della luna consentiva una certa visibilit , e riuscii persino a scorgere la fo rma del piede di Filemone che sporgeva fuori da sotto il pezzo di stoffa. Grazie al Cielo il mio fattore era quasi cieco, e sua moglie quasi cieca e anche sorda . 15 - Viaggio in Eubea Avanzavamo lentamente sul sentiero, io con i muli e Filemone dentro il carro. Avevo detto al fattore e fatto riferire a mia madre che andavo in direzione del l'Oriente, oltre l'Imetto, verso Megara, e speravo che i curiosi ci avrebbero cr eduto. Io sarei andato nella direzione opposta. Ma quando pensavo ad Euticleide, sentivo un peso sul cuore. Avrebbe chiesto di me? E cosa sarei stato in grado d i pagargli alla fine di questo viaggio? Era veramente un'impresa disperata. Ne dipendeva la vita di Filemone, e forse anche la mia. Il meglio che potessi sperare, se il mio piano riusciva, era la m ia completa rovina finanziaria o qualcosa di molto simile, e tutto perch il mio s pericolato cugino si era intestardito a voler tornare nella rete. Dopo aver percorso circa otto stadi mi fermai, in modo che Filemone prendesse una boccata d'aria e si stirasse le membra, e io potessi ricoprirlo meglio di p aglia. - Sono tutto un crampo - si lament lui. [188] - Non farci caso - ribattei io. - Potresti stare peggio. Stavolta ti nasconde

r completamente. Lui non fece obiezioni, ma chiese sommessamente: - Dove andiamo Stefo? - Non te lo dir finch non ci avr riflettuto bene. Ci sto pensando, se sai cosa v oglio dire. - Pi che altro starnutisci - ribatt lui. Io mi limitai ad aggiungere: - Devo portarti lontano da Atene. - Lontano? Andando cos piano? Argh! - Risal sul carro e disse: - Stefanos, supp ongo che avr bisogno di urinare durante il viaggio. - Non azzardarti ad urinare su quei formaggi - dissi arrabbiato. Poi mi calma i e aggiunsi: - Se vuoi farmi un segnale perch mi fermi, sposta quel vasetto di miele avanti e indietro per tre volte. Ma sta' attento, avvisami in anticipo. Sei un uomo e un soldato, e dovresti essere in grado di tenere a freno la tua vescica. Filemone ridacchi e si distese sotto la paglia, i formaggi e i rotoli di stoff a. Io continuai a trascinarmi stancamente per tutta la notte, starnutendo o toss endo quando ne avevo necessit . La notte era serena, ma fredda. Eravamo nel mese d i Poseidone inoltrato, eppure in quell'aria limpida mi sentivo la testa pi sgombr a e riuscivo a concentrarmi. In un primo tempo avevo pensato di trasportarlo attraverso la Beozia finch non avessimo raggiunto Melissa e il suo gruppo. Ma sarei rimasto lontano da Atene t roppo a lungo. Melissa e la sua scorta ci precedevano di troppo, e noi eravamo c ostretti ad andar piano. La cosa migliore da fare sarebbe stata accorciare le di stanze, mandando Filemone da solo attraverso strade per le quali sarebbe potuto passare pi facilmente inosservato. Prima del mattino avevo riesaminato il mio pia no diverse volte senza trovarci difetti, salvo quello di essere difficile e peri coloso. Ma qualsiasi alternativa era altrettanto difficile e pericolosa. Ci fermammo in mezzo alla nebbia dell'aurora. Feci nascondere Filemone dietro una macchia di cespugli, e divisi con lui il pane e il vino. Poco dopo passaron o un paio di campagnoli, che mi guardarono [189] senza curiosit . Mi resi conto ch e seduto l , con addosso il vecchio mantello sporco di Dametas e gli occhi rossi e lacrimosi, sembravo anch'io un lavoratore dei campi, e probabilmente pi vecchio di quanto fossi. Questo mi sugger un'idea. Seduto l , masticando il mio pane, mi r ivolsi ai cespugli tra cui era nascosto Filemone. - Andiamo in Eubea - dissi. - Melissa e gli altri sono in cammino verso la Ma cedonia, con una scorta di uomini di Antipatro. Dovrebbero arrivare a Pella all' inizio della primavera. Ti comprer un cavallo a Calcide, e tu dovrai continuare i l viaggio da solo attraverso la Tessaglia in direzione della Macedonia. Il tuo n ome Leandro, sei un soldato ferito che torna dalla guerra, in cerca della moglie che lo crede morto. Adesso ripeti tutto. Il cespuglio obbed , sussurrando docilmente. Aveva imparato tutto alla perfezio ne. - Ma come ha fatto Melissa... - Ssst! Te lo spiegher poi, se c' tempo. Scrutai attentamente in tutte le direzioni, e poi feci salire in fretta Filem one sul carro. Ma mentre lo ricoprivo, vidi nella luce dell'aurora qualcosa che mi arrest un momento. Sulla sua faccia, a sinistra, dove la guancia incontra l'at taccatura dei capelli, c'era una cicatrice, non recente, ma senz'altro una cicat rice, lunga quasi quanto il mio pollice. Seguitai il cammino riflettendo tristem ente. Bisognava percorrere molte salite e allungare di molto il cammino, passando p er i sentieri serpeggianti tra le colline. Avevo paura di far scendere Filemone dal carro per alleggerire il carico. Pi o meno a met strada verso Dekelia, trovai la capanna vuota di un taglialegna e le ceneri di un fuoco. Raccolsi quelle pi ch iare e me le strofinai tra i capelli, per somigliare a un uomo con la testa briz zolata; poi, specchiandomi in una pozza, mi sentii soddisfatto del risultato. St rofinai anche la faccia di Filemone con ceneri miste ad olio, in modo che appari sse olivastro e sudicio, con una carnagione da contadino che non vedeva un po' d 'acqua da parecchio tempo. Adesso, se ci fossimo seduti sul ciglio della strada, anche lui avrebbe avuto l'aspetto giusto. Questo trucco aiutava anche a nascond ere la sua cicatrice, di cui [190] non feci parola. Mi sarebbe piaciuto avere un

altro mantello come quello di Dametas, e il mio desiderio fu esaudito. Forse la mia fortuna durava perch continuavo a offrire libagioni alle divinit di ogni bosc hetto o ruscello presso il quale passavamo. Era meglio non correre rischi. Ad og ni buon conto, fuori da Dekelia trovai un vecchio contadino, che mi vendette il suo logoro mantello per tre oboli e una piccola forma di cacio. Distesi sul carr o il mantello che portavo, e mi misi quello "nuovo". Non aveva un buon odore, ma dichiarai che era molto pi caldo, e il vecchio ed io ci separammo con reciproca soddisfazione. Ero veramente contento, anche se ben presto dovetti cominciare a grattarmi Ev identemente le pulci dovevano aver goduto per qualche tempo del tepore del mante llo. Anche Filemone fu contento, quando gli diedi il mantello di Dametas e gli p ermisi di scendere dal carro per fare quattro passi. Disse che Dametas gli stava simpatico e che il suo odore non lo infastidiva. Trov il travestimento addirittura divertente. Era sempre pronto a godersi qualsia si novit gli si presentasse. Proseguimmo il cammino quanto era possibile, fermandoci a riposare solo al tr amontare della luna. Dormimmo sulla paglia del carro sparsa per terra, avvolti n ei nostri mantelli da contadini. Io mi ridestai molto presto e scrutai il cielo sopra di noi, dove la costellazione di Orione stava sparendo all'approssimarsi d ell'aurora. Rammentai che da bambini durante le placide notti d'estate, Filemone e io dor mivamo all'aperto o restavamo svegli a chiacchierare delle bravate compiute o an cora da compiere. Sembrava che le nostre vite si fossero allontanate, e invece, eccomi qui insieme a Filemone. - Sei sveglio, Stefo? - Filemone - dissi d'un tratto. - Come ti sei fatto quella cicatrice? - Questa? Oh, un colpo di spada. Niente di serio. Ti ho detto che sono stato soldato. - In quale battaglia? [191] - Nella battaglia di Isso, presso il fiume Paia. Devi averne sentito parlare . - La battaglia di Isso? Oh, Filemone, come hai potuto? - Cosa intendi dire con come ho potuto? E' stato facile. Molti Greci si sono arruolati. Io l'ho fatto appena giunto in Asia, e ho seguito la marcia con i mig liori. E' stata una grande battaglia. Stefo, non sarei mancato per nulla al mond o. - Migliore delle risse nelle taverne, suppongo. - Ah, non farmi la predica. Sei solo geloso. Avresti dovuto vedere quei Persi ani come scappavano! E Dario per primo, via come una lepre. Brutta figura per un re, no? - Allora... tu non combattevi dalla parte dei Persiani? - Cosa vuoi dire? - La sua voce si lev bellicosamente dalle tenebre. - No di s icuro! Hai creduto una cosa simile? - Non sapevo cosa pensare. - Gli riferii i dettagli dell'accusa nell'ultima p rodicas a. - E poi - aggiunsi: - visto che avevi effettivamente una cicatrice... H o cominciato a temere... - Sciocchezze. Quasi tutti riportano delle ferite in battaglia. Sosibio non m e lo ricordo, ma io non ero proprio in prima linea. Feci un bel po' di caccia ai Persiani, per . Dopo la battaglia, Alessandro conged una buona parte delle truppe greche. Peccato, proprio quando cominciavo a divertirmi. Troppi Macedoni in giro . Mi piacerebbe arruolarmi in un'armata tutta di Greci, ma il capo sa quello che fa. Visto che ero ferito, sono stato tra i primi ad essere congedato. E pi tardi sono passato per Sidone, questo vero. Lo interrogai sulla conversazione avuta a Sidone. Gli pareva di ricordarsi qu alcosa del genere, ma aggiunse di aver parlato a troppi soldati e marinai per po terseli rammentare. Mi diede il nome del suo capitano macedone, ed io me lo impr essi nella memoria. Ora che stavamo discorrendo, volevo sapere tutto. Dovevo conoscere la verit . I n un certo senso, la verit non avrebbe potuto fare alcuna differenza: avrei dato tutto, persino il mio sangue se necessario, per salvare Filemone, anche se di om

icidi ne avesse commessi sette, ma volevo sapere. [192] - Filemone - dissi, - sapevi che Boutades conosceva Melissa di vista? - S , ma volevo domandarti, Stefanos, com' che anche tu conosci Melissa? Narrai brevemente i miei incontri con Nusia e la sua padrona, senza accennare ai miei dubbi circa la legalit del matrimonio. - Tutto questo tipico di Nusia. Sa come cavarsela nelle difficolt . - Filemone era molto compiaciuto. - E la cosa ha avuto un lieto fine. S , sapevo che Boutades conosceva Melissa, un po' pi che di vista anzi per la verit , ma senza niente di m ale. Voleva adottare Likias. Figurati! - Cosa pensasti... - Oh, mi parve buffo quando Melissa me lo rifer . Capivo benissimo come uno pot esse perdere la testa per Melissa a prima vista; ma Boutades sembrava impazzito anche per il bambino. E quando lei gli spieg di essere gi sposata, voleva adottare me. Te lo immagini? Io vestito con grande eleganza a fare il fannullone nella s ontuosa casa di Boutades? Cosa avrebbe pensato mia madre, poveretta? Ovviamente, Boutades fu molto gentile e generoso in tutta questa storia, ma non mi piaceva granch . Pensavo che doveva avere qualche rotella fuori posto. E cos , con i dovuti modi, gli dissi di no. - Cosa? Vuoi dire... che lo incontrasti? - S . Ci incontrammo una volta a Egina, all'inizio dell'estate scorsa, molto ci vilmente. Le donne non ne sapevano nulla. Pensavo che potesse essere un imbrogli o. Cos non ci incontrammo sull'isola; io rimasi su una barca. Ma non era un imbro glio. Boutades parl in tono molto lusinghiero di tutti i suoi beni e del denaro c he aveva. - Ti parl di questo? - S , in dettaglio. Aveva persino una lista con s . Sembrava molto fiero di tutto ci . Seguitava a dire che era un uomo facoltoso. Rimasi veramente stupito di quan to fosse ricco. Mi elenc persino una lista di crediti che aveva. - Filemone ridac chi , un po' a disagio. - Sai, mi raccont una storia molto strana. Pare [193] che a vesse un amico, e che circa due anni e mezzo fa questo amico si fosse messo nei guai. Aggred una povera schiava di una fattoria lungo la strada per Megara. La pi cchi a tal punto da lasciarla quasi in fin di vita, e quella rimase completamente sciancata. Quella schiava era la preferita della famiglia, e loro insistettero per essere risarciti. Questo amico aveva investito tutto il suo denaro in navi d a carico o roba del genere, quindi Boutades gli prest il denaro per pagare, e dov ette pagare tanto, perch voleva che tutto passasse sotto silenzio e restasse fuor i dal tribunale. Parte di questo prestito doveva ancora essergli restituito, una grossa somma. Boutades mi raccont questa storia come se fosse stata un buon inve stimento. Che ne pensi? - Non mi piace. - Nemmeno a me. Una storia veramente scabrosa, eh gi . Eppure, lui aveva molte ricchezze ed era un cittadino molto potente. Parl di ottenere un'amnistia per me entro poco tempo. Quella s che era una tentazione, te lo dico io! - Ma perch voleva proprio te? - Non ne ho idea. Non so perch ci tenesse tanto a me. Forse perch , cio era, cos ttaccato all'idea di una discendenza. Polignoto non si mai sposato, vero? Questo stupido da parte sua. Io, invece, ho fatto il mio dovere da buon cittadino. Pen saci anche tu. Stefanos. In un certo senso, sono maggiore di te ora, essendo mar ito e padre. - Filemone, voglio farti una domanda, e tu devi dirmi la verit giurando solenn emente sugli dei. Io, a mia volta, giurer di spendere le mie sostanze e anche il mio sangue per metterti in salvo e riabilitare il tuo nome, qualunque sia la ris posta. - Sei cos maledettamente serio, Stefanos! Saresti bravo come avvocato. Hai la voce giusta per fare il r tore, solenne, enfatica e piena di parole. - Giura! - lo sollecitai. Giurammo entrambi nella forma pi solenne mentre spun tava l'aurora. [194] - Ecco la domanda - dissi con un respiro profondo. - Hai ucciso tu Boutades? - No! - esplose Filemone con voce tonante. Nella pallida luce vedevo il suo v iso sporco che mi guardava con occhi indignati. - Per il padre Zeus e per tutti

gli dei, no! E cos , il mio stesso cugino pensa che me ne vado in guerra vendendom i ai Persiani, e poi ritorno per uccidere un vecchio nella sua camera! E perch po i? Perch questo vecchio voleva adottarmi e io sono allergico ai padri adottivi ri cchi, suppongo. Bel cugino che sei, a pensare queste cose orribili di me. Per Di n iso, mi piacerebbe prenderti a pugni! Mi stava sopra, infiammato di rabbia. Mi alzai, ma appena fui in piedi mi die de una botta nello stomaco e crollai in terra. - Avanti - disse agitando i pugni e trotterellando di qua e di l come un pugile. Mi attaccai alle sue ginocchia come un supplice. - Pace! Per favore, Filemone ! Sono veramente dispiaciuto, ma non ti sar molto utile se mi metti fuori combatt imento! Mi guard infuriato e poi si mise a ridere. Mi aiut a rimettermi in piedi, ma or mai ridevamo entrambi cos di cuore che ricademmo seduti a ridere insieme. Non ero cos felice da mesi. La cosa peggiore di tutte era stata il crescente terrore seg reto che mio cugino fosse l'assassino di Boutades. - Ora, fra amici e senza giuramenti - dissi quando ebbi ripreso fiato, - dov' eri la notte del delitto? Ad Atene? Qualcuno ha potuto vederti? - Fra amici, e ancora sotto giuramento - rispose, - qualcuno potrebbe avermi visto ad Atene un paio di giorni prima, quando andai a trovare mia madre, o al P ireo la vigilia dell'assassinio. Sai, curioso: avevo pensato di tornare a rivede re ancora mia madre, ma d'un tratto mi tornata la prudenza, e cos dopo il crepusc olo mi sono avviato verso Idra. - Prudente ... tu? - S . E' un effetto della paternit - mi spieg . - Ho la fortuna di avere alcuni am ici fra i battellieri. Be', non sono proprio amici magari, e come battellieri so no piuttosto strani. Non sono in [195] buoni rapporti con la legge, credo. Sono un po' schivi, come lucertole che corrono a nascondersi nelle fessure. Un attimo prima li vedi, l'attimo dopo non li vedi pi . Ho il sospetto che alcuni di loro s iano Spartani, e per di pi fuorilegge. Se non fai domande a loro, loro non ne fan no a te. - Ma potrebbero fornire delle prove. Chi sono? Come si chiamano? - Non verrebbero mai in un tribunale, caro Stefanos. Sono troppo timidi per q uesto. Comunque, due di loro sono noti con i nomi di Fidia e Fidippide quando so no in citt . Non mi arrischierei a dire che questi bei nomi siano i loro nomi veri . Se vuoi metterti in contatto con loro, va' da Simonide il vasaio, sulla piazza del mercato. Di' solo "I vasi rossi non devono essere infornati durante la fase sbagliata della luna", e incidi l'immagine di un albero su un frammento di vaso o una tavoletta. Lui lo interpreter come un ordine, e chieder dove dovranno esser e consegnati i vasi, e qualcuno si presenter da te. E' tutto quello che so, ma ba da bene, io non ho mai incontrato Simonide. La zona del mercato troppo pericolos a. Avrei voluto seguitare a discorrere con questo cugino e amico ritrovato, ma l a luce dell'aurora era ormai chiara, e dovevamo rimetterci in cammino. Quel giorno camminai con molta allegria, cantando spensieratamente. La difesa della zia Eudossia era giusta! Ma lei non lo sapeva. Filemone non era ad Atene. Non era lui il colpevole. Ero immensamente grato che la visione di un insolito Filemone che commetteva un orrendo crimine fosse svanita per sempre dalla mia me nte. Sarebbe troppo lungo esporre le nostre avventure lungo la strada. Fu un viagg io tedioso e disagevole, soprattutto per Filemone. Via via che ci allontanavamo da Atene, lo lasciavo venir fuori pi spesso, il che ci facilitava le cose sulle s alite. Tuttavia, fare piccole soste, ad esempio per comprare delle provviste, mi sembrava pericoloso. Passammo altre due notti nella stessa maniera della prima. Una notte piovve, e mi torn il raffreddore. [196] Nel buio avevamo modo di parlare, e Filemone mi narr tutti i suoi vagabondaggi e le sue varie imprese. Io gli raccontai ci che era accaduto ad Atene con riferi mento a lui, e sottolineai l'aiuto ricevuto da Aristotele nel far fuggire Meliss a. Filemone non conosceva il filosofo, e non parve molto colpito dal mio raccont o. - Mi sembra un buffo vecchietto - disse con sufficienza, - ma lo ripagher , puo i starne certo. Si comportato molto bene con noi. Dev'essere un gran parlatore,

no? Quei vecchi filosofi stanno sempre seduti a sentenziare. - Aristotele non sta seduto, lui un peripatetico. - Be'. allora a passeggiare e a sentenziare. Cercano di apparire importanti c oi sillogismi e i giri di parole. Perch non chiamiamo uno specchio di bronzo spec chio di bronzo e un pezzo di sterco pezzo di sterco, e cos via, e la facciamo fin ita? Bisogna stare attenti a questi sofisti. Ti dimostrano che il bianco nero e te lo fanno anche credere, se gli dai retta. Proseguimmo attraverso l'Attica e oltre i confini della Beozia verso lo stret to dell'Epiro, e Filemone continu a viaggiare ingloriosamente nascosto. Quando er avamo troppo vicini alle case perch potessi parlargli, a volte mi mettevo a canta re per tenerlo allegro e informarlo di cosa c'era intorno. Cantavo agli orci pie ni d'olio: Siamo in Beozia adesso, mm e alcuni di questi Beoti vivono presso l'oceano e altri sulle colline, mm, oh! Quando attraversammo Orinto, cantai quasi sussurrando, per avvertirlo di rest are nascosto. Il vasetto di miele cominci a spostarsi e a ballonzolare avanti e i ndietro: il segnale convenuto. Continuai a cantare e a borbottare con la voce ar rochita dal freddo: Piacerebbe anche a me fare un bel bisogno, ma non posso ancora, no... no.... mm. [197] E' veramente da maleducati urinare in un mercato, s , veramente da maleducati e anche piuttosto pericoloso. Non voglio offendere nessuno. Uomo avvisato mezzo salvato... mm. Ma non posso restare qui a lungo. Ero irritato con Filemone, perch il suo segnale significava che dovevamo passa re rapidamente attraverso Orinto, e io avevo programmato di comprare del pane e del vino in questa citt . Ma quando fermai il carro, lui rise sommessamente, e dis se che l'aveva fatto per vedere cosa avrei fatto o cantato. Scendemmo verso Delio e seguimmo il sentiero sulla costa avvicinandoci allo s tretto dell'Epiro, dove l'oceano si comporta in modo strano, salendo e scendendo di livello parecchie volte al giorno a intervalli irregolari. Ed ecco davanti a noi il grande ponte dell'Eubea. Ne avevo sentito parlare spesso. La sua costruz ione era stata giudicata una grande impresa quand'era avvenuta ottant'anni prima . Questo ponte aveva dato ai Beoti, e non agli Ateniesi, il dominio dell'Eubea. Ad ogni modo, per un uomo considerato un criminale dagli Ateniesi l'isola era pe ricolosa, sebbene non quanto l'Attica. Gli Ateniesi avevano rapporti commerciali con l'Eubea, e ovviamente anch'essa ormai aveva aderito all'alleanza con i Mace doni. Se si fosse venuto a sapere che un criminale Ateniese accusato di omicidio era passato attraverso l'Eubea e gli era stato offerto un qualsiasi tipo di ass istenza, Atene avrebbe potuto riunire tutti i Beoti presenti entro le sue mura e minacciare di condannarli al pagamento di una sanzione; nessuna citt vicina sare bbe stata ansiosa di lasciare che un cittadino considerato criminale in Atene se ne andasse in giro libero e impunito. Tuttavia la Beozia era sempre pi sicura dell'Attica, se non altro perch nessuno avrebbe sospettato che Filemone si trovasse l . Ma dovevamo essere prudenti. Subito dopo l'aurora attraversammo il grande ponte. Mi diede una curiosa sens azione guardare in gi e vedere l'acqua del [198] mare muoversi sotto di me da ent rambi i lati. Non avevo mai visto niente di simile prima d'ora. Mentre ci avvicinavamo, Calcide, il capoluogo dell'Eubea, la citt della lavora zione dei metalli, appariva imponente nella luce del primo mattino. Di fronte a Calcide, sulla sponda beota dello stretto, vidi un'altra citt innalzarsi bianca s ulla cima di un colle. Doveva essere Aulide, la famosa Aulide, dove era stata sa crificata Ifigen a. Immaginai lo stretto ingombro delle navi di Agamennone in atte

sa del vento. Come avevano fatto le donne di Calcide ad andare ad Aulide, sull'a ltra riva, a chiedere misericordia per la vittima e a piangere insieme a lei? Al lora il ponte non esisteva. Mi tornarono in mente alcuni versi della tragedia di Euripide: Ifigen a che diceva appassionatamente: "In verit , il piacere pi dolce del l'uomo guardare il sole", e il fosco ammonimento di Achille: "Ricordate, la Mort e una cosa spaventosa". Attraversammo Calcide il pi furtivamente possibile, una citt prosperosa con le case decorate a stucco nuove e scintillanti. Mentre passavamo davanti alla botte ga di un macellaio, raccolsi da terra un pezzo di interiora di maiale, un framme nto sanguinolento di budella. Il mio appetito crebbe; non avevo niente da mangia re per quel giorno, ma tenni il minuscolo pezzetto di carne nel palmo della mia mano. Dopo un'ora di cammino da Calcide, in un tratto di campagna dove si vedevano delle fattorie in lontananza, trovai un posto riparato tra gli alberi e feci usc ire Filemone dalla sua prigione di paglia pungente. - Un po' d'aria fresca finalmente! Per Di niso, sono tutto accartocciato come u na foglia di prezzemolo! Dove siamo? Glielo dissi, senza perdere tempo a citargli Euripide. Normalmente Filemone n on si interessava mai alle discussioni di argomento letterario. Ma prov un certo interesse per il ponte. - Avrei voluto vederlo, e avrei visto volentieri anche Calcide. - Be', non puoi. E devi restare qui. Promettimi che te ne starai seduto qui t ranquillo all'ombra di questi alberi avvolto nel tuo mantello, e non muoverti fi nch non torno. [199] - All'ombra dici? Stefo, non siamo in estate, caso mai non l'avessi notato. F a un freddo da gelare. Perch dovrei starmene seduto all'ombra? - Non voglio che qualcuno ti veda - spiegai pazientemente. - Avvolgiti nel ma ntello. Puoi prendere la borraccia del vino. Siediti e cerca di non farti notare . Voglio che tu abbia l'aria di un contadino che ha bevuto a colazione e sta fac endo un sonnellino. - Oh, per me va bene, se posso avere il vino. - Adesso - annunciai, - cambier aspetto anch'io. - Disegnai una linea sul mio braccio destro con un pezzetto di carbone, e poi, col sangue di maiale del picco lo frammento di interiora, dipinsi lungo di essa una lunga ferita sottile. Il sa ngue si asciug rapidamente nell'aria gelida, dando cos l'impressione che avessi un a ferita che aveva appena cominciato a guarire, quel tipo di ferita che lascia u na cicatrice permanente. Mangiai un po' di pane e lasciai il resto a Filemone. P oi, dopo avergli dato le ultime istruzioni perch stesse l seduto ad aspettarmi, gi rai il carro con le mule e tornai a Calcide con il mio carico. Uno dei primi pos ti che vidi sulla via del mercato fu una bottega di barbiere. Provai una gran te ntazione di farmi tagliare la barba e i capelli e di darmi una lavata. Mi sentiv o sudicio e a disagio, e le pulci del mantello del contadino si erano completame nte abituate a me. Entrai dentro il negozio, ma all'interno mi vidi riflesso per un istante in uno specchio di bronzo. La mia immagine era cos irsuta, cos spavent osa, che mi bloccai. Per un secondo non capii nemmeno di stare guardando me stes so. La mia esperienza fu completamente diversa da quella di Narciso. Lasciai frettolosamente il negozio. Se io stesso stentavo a riconoscermi in queste miser e condizioni, per chiunque altro sarebbe stato molto pi difficile, e chiunque ave sse descritto questa persona a Calcide non avrebbe fornito una descrizione propr iamente accurata di Stefanos di Atene. Le mie escursioni al Pireo mi avevano ind urito lo spirito. Non m'importava pi di apparire una persona di bassa estrazione. Anche la "cicatrice" mi sarebbe stata utile. Ricordandomi di Sosibio, mi era ve nuto [200] in mente che gli uomini ricordano pi facilmente segni caratteristici s trani piuttosto che tratti veri ma ordinari. Dal momento che quanto avevo da fare a Calcide doveva svolgersi in pubblico, era meglio che mi ricordassero come un campagnolo sudicio e irsuto, con una feri ta sul braccio impossibile da collegare al lindo Stefanos, le cui braccia erano assolutamente integre. Guidai il mio carro verso la piazza del mercato, e mi die di da fare ad annunciare la mia merce. - Olio! Buon olio fresco dall'Attica!

Gli affari andarono bene; ben presto mi ritrovai a porgere orci, a ritirar denar o e a dare il resto. Il mio braccio mostrava costantemente ai miei clienti il su o solco macchiato di sangue. - Come te la sei procurata? - volle sapere uno di loro. - E' stato un amico con un coltello - risposi seccamente. - Bell'amico! Ecco, questa l'amicizia attica! - Non sprecai il mio tempo a di fendere la mia citt davanti a quei forestieri. Mi sentivo strano a trovarmi in un a citt straniera; i suoi bei monumenti sembravano diversi dai nostri, e persino a lcune delle lettere delle iscrizioni erano scritte diversamente. Non avevo viagg iato molto prima di allora, e desiderai avere un po' di tempo libero per andarme ne in giro ad esplorare la zona. Fui persino tentato, quando alcuni dei migliori barattatori cercarono di offrirmi degli oggetti in bronzo di Calcide di elegant e fattura, ma il denaro, denaro contante, era quello che mi serviva. La qualit dell'olio dell'Attica assai rinomata, e il nostro era cos buono che f inii la vendita pi presto di quanto mi aspettassi. I formaggi e i rotoli di panno furono pi difficili da vendere: alcune forme erano rimaste schiacciate nel viaggio, e la stoffa aveva un aspetto meno invitante cos coperta di polvere. Ad ogni modo, dopo un po' mi disfeci anch e di queste e potei quindi uscire dalla citt . Una volta tanto, mi concessi il lus so di viaggiare seduto sul carro vuoto, e mangiai un pezzo di una delle forme di formaggio schiacciate che non ero riuscito a vendere. Era ancora presto nel pomeriggio quando giunsi al boschetto [201] da Filemone . Ed eccolo ancora seduto l , con la borraccia di cuoio ormai vuota al suo fianco. - Ci hai messo un bel po'- disse. - Non quanto temevo - risposi. - Ho venduto le merci e ho fatto un po' di den aro. Adesso viene la parte veramente difficile. Dovremo comprare un cavallo, e c i vorr del tempo, temo. L'Eubea non Argo. - Forse non ci vorr tanto tempo - replic lui. - Mi sono guardato attorno mentre eri via. Vedi quel campo laggi , in quella fattoria con il frutteto? - Mi addit un a valletta a circa dieci tiri d'arco di distanza. Ci sono dei cavalli in quel re cinto, Stefo. E uno di loro potrebbe andar bene. Legai i muli e ci avviammo alla fattoria. Da vicino, scorgevo i cavalli di cu i aveva parlato Filemone pi chiaramente. Non avevo la sua vista perfetta. - E' quello nero - mi spieg . - E' un castrato. Deve avere quattro anni. Ha l'a ria di essere molto robusto e anche veloce. - Mi sembra un po' malandato - dissi dubbiosamente. L'animale in questione av eva un mantello a chiazze piuttosto irsuto e la coda ingarbugliata. - Lascia andare il mantello - replic Filemone. - Guarda come si muove. Te lo d ico io, Stefo, che ho badato ai cavalli quand'ero nell'esercito. Fidati del mio giudizio. Io me ne intendo! Decisi che mi sarei fidato del suo giudizio, anche perch sapevo ben poco di ca valli. Cavalcare andava bene per i ricchi in partenza per un lungo viaggio, oppu re per gli anziani, gli invalidi e i soldati. Avvertii Filemone di stare zitto, ma mi attenni al suo consiglio sul prezzo da offrire al fattore quando ci avvici nammo a lui. L'uomo parve stupito di trovarsi davanti dei compratori di cavalli cos all'imp rovviso in un giorno d'inverno. Spiegai che non potevamo permetterci una cavalca tura di prima qualit , e che avevamo adocchiato l'animale che ci sembrava pi a buon mercato nel recinto. Ci occorreva perch il nostro era morto, e mio fratello, che era un po' zoppo, doveva andare a trovare uno zio in Tessaglia. (Filemone si er a messo a zoppicare vistosamente. Mi augurai [202] che non esagerasse.) Il fatto re ci fece esaminare il cavallo. Mio cugino gli guard in bocca e sal in groppa per fare il giro del campo. - Potrebbe andare - disse infine laconicamente. - Bene, Fidia - conclusi rivolto al finto zoppo. - Dipende da te. Possiamo ce rcare altrove, se vuoi. Il fattore, che si era fatto pi interessato, s'interpose elencando i molti mer iti del cavallo. Dopo un'animata contrattazione, la vendita fu conclusa a trenta dracme, meno della somma che mi aspettavo di dover pagare. Filemone era felice quando lasciammo la fattoria. Tornammo ai muli e al carro vuoto, e io mi avviai

per la strada, mentre mio cugino cavalcava il suo nuovo destriero. Il fattore ci aveva dato in omaggio una briglia di scarsa qualit . - E' stato magnifico da parte tua comprarmi questo cavallo, Stefo. Se trovo u n tratto di strada piana, provo a farlo trottare. E' un peccato che non faccia u na gran figura, ma ci penser io con un po' di brusca e di striglia. - Guardati bene dal farlo - lo ammonii severamente. - Nutrilo bene e trattalo con cura, ma quanto all'aspetto, molto meglio che rimanga cos irsuto e ispido. S i addice di pi al tuo aspetto. - Si addice di pi al mio aspetto? Be', di tutte le... - S - dissi spazientito. - Non capisci? Sei un contadino zoppo e povero. Ed ec coti qui, un po' sporco, con addosso un mantello pesante rustico e logoro. Il ca vallo com' ora si adatta perfettamente all'uomo che si suppone tu sia. Ma se tu f ai diventare quel cavallo bello come un destriero dell'esercito di Alessandro, a pparir in contrasto col tuo aspetto, e sarai sospettato almeno di furto di cavall i! E non farlo galoppare troppo, abbi cura dei suoi zoccoli e delle sue zampe. T utta la nostra salvezza dipende dal fatto che tu possa cavalcare a lungo passand o inosservato. Filemone parve poco convinto. - Mi sembra un peccato... - Sar un peccato maggiore se ti prendono e ti imprigionano, o se ti scoprono e ti rimandano ad Atene incatenato per l'esecuzione. Tutto deve filare liscio. Or a, alla prossima svolta della [203] strada ci diremo addio. Io devo tornare a ca sa e tu devi proseguire da solo. Rimase in silenzio e pensieroso. Proseguimmo lentamente fino alla curva, e l s montammo. La strada era deserta, a parte noi. - Ecco - dissi tracciando una mappa nella polvere della strada.- Questa la di rezione che devi prendere per arrivare allo stretto di Artemisio. Attraversalo i n tutta sicurezza, non rischiare quando c' un temporale. Quando sarai arrivato da ll'altra parte, sarai in Tessaglia. Prosegui verso nord e il nord ti porter a Lar issa. L dovrai scoprire qual il modo migliore per attraversare le montagne dell'O limpo. Probabilmente meglio se cerchi di tenerti lungo la costa. Molto pi avanti c' la foce di un fiume, dove il Lidia si congiunge con l'Assio. Attraversa il Lid ia, e tra i due fiumi troverai la citt di Pella. L forse troverai Melissa, ma devi essere prudente nel chiedere di lei. Io cercher di mandarti del denaro a Pella, ma non sar facile. Probabilmente non avrai notizie da me fino alla primavera. Sii prudente in Macedonia. Ricordati che l sei Leandro, un soldato in cerca di sua m oglie che ti crede morto ed andata a stare con i suoi parenti. Eccoti del denaro . E' tutto quello che posso darti. Filemone ripet quanto avevo detto e impar la mappa. La cancellai col piede e al lungai le braccia per abbracciarlo. - Stefanos... stavo pensando. Tu hai venduto tutto il tuo olio per comprarmi il cavallo e darmi questo denaro, non cos ? E hai rischiato la vita per portarmi f in qui. Oh, Stefo, io e i figli dei miei figli ci ricorderemo di te. E' cos diffi cile trovare le parole... - Lascia stare le parole - ribattei in fretta. - Non sei forse mio cugino? Il modo migliore di ripagarmi che tu badi alla tua sicurezza. Ci abbracciammo di nuovo dolorosamente, entrambi con le lacrime agli occhi. - Addio - dissi. - Prego per te Zeus, padre degli uomini e degli dei, amico d el viandante. Va', adesso! Va, svelto! E prego che in futuro avremo tempo per pa rlare di questa avventura. Con un elegante movimento, Filemone balz in groppa al cavallo [204] e si avvi . Il cavallo inizi un leggero trotto, e presto egli fu lontano da me e sul punto di svanire lungo quella strada. Cavalcava bene il mio cugino centauro. Guard indiet ro ancora una volta, e mi salut agitando il braccio. Lo salutai anch'io e rimasi a guardarlo, finch il cavaliere avvolto nel suo mantello sul suo cavallo nero fu solo un puntino scuro in lontananza che si allontanava sempre di pi . Solo gli dei potevano sapere quando lo avrei rivisto. 16 - Ritorno ad Atene

Rendendomi conto che potevo viaggiare pi rapidamente a piedi che non con il ca rro e i muli, specialmente d'inverno e in un paese collinoso, vendetti con rilut tanza l'intero equipaggio al proprietario di una casa nella parte di Calcide ric adente nel territorio dell'Epiro, e tornai verso Atene. Il tempo era meno piacev ole di quando avevo viaggiato insieme a Filemone: c'erano nubi pesanti, venti di tempesta e pioggia. Tra le colline fui sorpreso due volte da brevi tempeste di neve. Una volta giunto alle alture del Parnete, le attraversai il pi velocemente possibile, non avendo molta simpatia per quella regione. La distanza fino a casa mi sembr lunga e faticosa, nonostante al ritorno il tempo necessario per il viag gio si fosse dimezzato. In una bottega di barbiere a Dekelia mi feci radere e la vare. Avevo lavato via la mia "cicatrice" subito dopo aver attraversato il ponte , lasciandomi cos alle spalle il contadino scarmigliato con la cicatrice sul brac cio che vendeva olio sulla piazza del mercato di Calcide. Ma, nonostante ci , mia madre rimase colpita dal mio aspetto, e disse che le sembravo stanco e mal ridot to dal viaggio. Mi interrog , naturalmente, sulla vendita dell'olio. Deglutii, e d issi che avevo cattive notizie. Il carro si era rovesciato, trascinando nella ca duta le giare dell'olio e i formaggi; e cos gli sperati guadagni erano svaniti qu asi interamente. Mia madre [205] vide come ero addolorato e non mi rimprover per la mia (supposta) negligenza. Mi tocc il cuore vederla raccogliere le sue cose pi preziose per venderle, come mi disse. - Sistemeremo il debito con quell'odioso E uticleide, naturalmente. Ha sempre avuto antipatia per tuo padre, fin da quando Nichiarco lo batt in una gara di corsa quando erano giovani. Mia madre mi subiss anche di suggerimenti, alcuni sensati, altri ridicoli, sul le cose a cui avremmo potuto rinunciare. Io temevo che le nostre economie ci avr ebbero portato al punto che lei e la zia Eudossia si sarebbero nutrite di finocc hio e sarebbero andate in giro vestite di stracci. Era orribile pensare che Euti cleide potesse ridurci cos ! Tuttavia, la prima cosa importante da fare era cominc iare a liberarsi di questo creditore. All'indomani del mio ritorno, andai alla casa di Euticleide e rimasi ad atten dere in cortile, alla maniera di un umile merciaio ambulante, o di un supplice i n cerca di favori. - Sei in ritardo di un giorno - disse freddamente Euticleide quando si degn di ricevermi. Gli diedi quanto mi pareva di potere ragionevolmente dargli in quel momento: settanta dracme. Era l'ammontare di quanto mi ero trattenuto dal dare a Filemone , pi la somma realizzata con la vendita dei muli e del carro. - Non molto - osserv Euticleide, in tono scoraggiante. - Oggi, o meglio ieri, mi aspettavo di riscuotere almeno la met della somma che mi dovuta. Mi sentii cadere il cuore. Avevo sperato che si raddolcisse. - E' tutto quello che ho al momento. - Cosa? Dopo aver venduto l'olio? - Alcune delle giare mi si sono rotte mentre andavo a Megara. Un sorriso sott ile, come la lama di un coltello, gli si form sulle labbra. Godeva della mia scon fitta. - Un bel maldestro. Io non intendo fare sconti per la stupidit , figlio di Nich iarco. - Cose peggiori di queste sono capitate sulla strada per Megara [206] - rispo si con la sconsideratezza dettata dal risentimento. Gli occhi di Euticleide si r iempirono di rabbia. - Non essere sciocco e insolente. Senza dubbio accadono cose peggiori, ma que sta non da meno per te. Che tu venda l'olio o preferisca rovesciarlo per la stra da, devo sempre essere pagato. Inghiottii l'orgoglio e chinai la testa umilmente. - Devi portarmi - continu - almeno trenta dracme per completare la prima met de l debito. E presto. Vediamo. Portale dopodomani sera. Ti concedo tutto questo te mpo, per quanto non dovrei essere cos generoso. Devi avere altre cose che puoi ve ndere. Non poi cos difficile. Borbottai fra i denti alcune false e servili parole di ringraziamento e me ne andai, detestandolo. Guardando di nuovo il suo volto odioso pensai che avrei po

tuto avere davanti l'assassino di Boutades. Ed era lui l'uomo sulla strada per M egara? Senza dubbio era evidente che non provava alcuna simpatia per me o per la mia famiglia. Probabilmente mia madre aveva ragione. Non era il tipo d'uomo che accettasse di perdere una corsa, n che perdonasse chi aveva trionfato su di lui. Nonostante la mia ansiet per il denaro e il fiero risentimento verso Euticleid e, avevo in me una sorta di gioia perenne. E mio cuore esultava ogni volta che p ensavo a due cose. Filemone in salvo! Filemone innocente! Non potei pi resistere alla tentazione di far visita ad Aristotele, nonostante il suo ammonimento a non andare troppo spesso da lui. Dissi a mia madre che volevo consultare un medico per la mia salute, e lei, che si crucciava del mio persistente raffreddore, trov la cosa ragionevole. A volte Aristotele si prestava a esercitare la medicina, e la gente cercava spesso di consultarlo, sebbene lui preferisse le malattie rare e curiose. Gli dissi che questa era stata la mia scusa, e Aristotele insistette nel fare la sua parte. Mi esamin la gola e prescrisse i soliti rimedi. Poi mi guard acutam ente e disse: - Ti sei anche stancato molto in questi ultimi giorni, Stefanos. N on ti pare [207] imprudente fare delle lunghe marce a piedi in inverno, con quel raffreddore, e oltre tutto con un carico? - Come potete saperlo? - E' semplice per un medico. Sei pi magro, sei abbronzato dal sole e dal vento . Le tue braccia sono pi muscolose di prima, e la tua mano destra un po' incallit a. - Ah, bene - replicai. - Avrete udito che ho portato a vendere il nostro olio dalle parti di Megara. - Pu darsi che l'abbia sentito dire - ammise. - Ma, sai, penso che tu sia anda to pi lontano di Megara. Non solo, ma penso anche che in quel viaggio non volessi essere riconosciuto. Spero che i tuoi rozzi indumenti non ti abbiano messo trop po a disagio. - E questo come lo sapete? - Ero veramente sbalordito. - Dal fatto che non ti sei rasato per alcuni giorni in quel viaggio. Hai il v iso bruno e la pelle indurita, ma la barba deve essere cresciuta liberamente. Ti sei rasato alla fine del viaggio, e cos una parte del tuo viso pi chiara. Se foss i andato a vendere l'olio senza essere in incognito, avresti mantenuto il tuo so lito aspetto. Ci sono botteghe di barbiere lungo la strada per Megara, come dapp ertutto del resto. Ne deduco che ti sei lasciato crescere la barba perch volevi m utare aspetto, e forse anche perch non ti andava di entrare in una bottega. Una c osa poco piacevole. E poi, una barba lunga e sporca offre un riparo alle pulci. Anche gli abiti che hai indossato di recente ti hanno messo a stretto contatto c on questi animaletti. Vedo i segni dei loro morsi. Sei andato distante da qui e travestito. Dunque non a Megara, come racconti agli altri. - Oh - dissi. - Sembra cos semplice! - Gi . Non c' niente di straordinario, una volta spiegate le ragioni. Osservazio ne e logica. Ma, sai, la curiosit mi tenterebbe a spingermi anche pi in l . Perch mai Stefanos avrebbe dovuto intraprendere un viaggio cos arduo in questa stagione, e per di pi non in perfetta salute? Perch dovuto partire all'improvviso e travestit o. Ti assicuro che le mie deduzioni sono piacevoli. [208] Avevo dibattuto fra me se raccontare ad Aristotele di Filemone e della sua fu ga: questo mi decise. In ogni modo, la sua implacabile logica l'avrebbe condotto molto vicino alla verit . Inoltre desideravo raccontargli ogni cosa. Eppure esita i. - Aristotele - dissi con molta seriet .- Vi voglio dire una cosa strana: una no tizia lieta, ma pericolosa. Dovete giurarmi di non parlarne a nessuno e di finge re persino con voi stesso di non averla sentita, perch in questa faccenda io e i miei siamo esposti ai rigori della legge, sebbene davanti agli dei io non potess i fare altrimenti e sia quindi libero da rimorsi. Ma l'esserne a conoscenza potr ebbe mettere in urto con la legge anche voi. Ho gi detto troppo. Aristotele fece un paio di volte il giro della stanza, ancora ingombra di arm i da guerra, ormai meticolosamente ordinate. Corrug la fronte per qualche istante e tocc una lancia, un elmo, una ciotola; poi si volse a me sorridendo. - Va bene . Ti do la mia parola. Se anche non posso aiutarti, giuro di non ostacolarti. Fa r il giuramento pi solenne. Ti basta?

Dopo che ebbe giurato e fatto le libagioni, si appollai su una sedia e disse c on impazienza: - Avanti! - come un ragazzino ansioso di sentire una nuova storia . Mi chiesi se la sua curiosit fosse pi forte del suo senso di giustizia. In un ce rto senso, la sua volont di trasgredire la legge mi sconcert , sebbene il suo giura mento fosse per me un grande sollievo. - Ho visto Filemone - annunciai drammaticamente. Aristotele si limit ad annuire.- L'avevo indovinato ancor prima di giurare. No n mi capita spesso di comprare pietre nascoste dentro borse di cuoio. In verit , S tefanos, sei troppo trasparente. Ma cos'hai fatto con lui? Raccontai tutto ad Aristotele, be' quasi tutto. Badavo ancora a selezionare i fatti nell'esporglieli. Ma gli narrai fedelmente l'incontro con Filemone, i det tagli della fuga e del viaggio in Eubea, l'acquisto del cavallo e l'addio. - Veramente magnifico - disse con soddisfazione. - Ti sei mostrato perseveran te e pieno di risorse. Mi congratulo con te. Mi sentii arrossire d'orgoglio. [209] - Cos adesso il tuo caro cugino che, devo dire, mi sembra piuttosto spericolat o e imprudente, lontano da Atene e sta viaggiando per raggiungere sua moglie e i l bambino. L'unico inconveniente mi sembra il fatto che ci hai rimesso un mucchi o di soldi, e poi c' quell'altra piccolezza di esserti esposto a farti arrestare per avere ospitato e assistito un uomo al bando della citt , rientrato illegalment e e sotto accusa d'omicidio. Spero per amor tuo che nessuno ti abbia visto. Mi a uguro che nessun altro noti l'anomalia del tuo viso abbronzato rispetto alla pel le pi chiara sotto la barba. Fa' attenzione ai dettagli, sono importanti. Ma, d'a ltra parte, la maggior parte della gente non molto brava a notare i dettagli. L' idea della cicatrice era buona. - Cos mi era sembrata - ammisi. - La cosa pi strana di te, Stefanos, che nonostante la borsa vuota, nuove ansi et per la legge, e la salute un po' scossa, mi sembri felice, addirittura esultan te. Come lo spieghi? - S ! S , proprio felice! - risposi spensieratamente. E aggiunsi d'un fiato: - Fi lemone innocente! Adesso lo so! Senza dubbio non lui il colpevole. - Ma, mio caro Stefanos! - Per la prima volta, Aristotele appariva sorpreso. Si alz e riprese a passeggiare per la stanza. - Pensavo che questa fosse la nostr a ipotesi fondamentale, no? Come mai quest'esultanza per qualcosa che dovevamo r itenere scontato? La cosa veramente interessante. Avanti. su, quando e perch hai cominciato a sospettare che Filemone fosse colpevole? - Mi fiss con i suoi occhi attenti e penetranti. Mi sentii d'un tratto profondamente abbattuto. Mi ero scavato da solo un trab occhetto. Avevo avuto l'astuta pensata di non raccontare ad Aristotele tutta la storia, ma in realt avevo un immenso desiderio di alleggerirmi la coscienza e ora avrei dovuto confessare tutto. Ma cosa avrebbe pensato lui della mia duplicit ? - Oh, Aristotele - mormorai. - Vi ho fatto un gran torto. Questa consapevolez za mi ha tormentato per tutto questo tempo, ma vi scongiuro di ascoltarmi come u n supplice... - Feci l'atto di inginocchiarmi. [210] - Lascia perdere le formalit e veniamo al fatto - mi interruppe il filosofo. In che modo pensi d'aver mancato verso il tuo povero vecchio maestro? - Accettando il vostro aiuto nel far fuggire la donna e il bambino mentre pen savo che Filemone fosse colpevole - risposi decisamente. - Ah! Mi hai ingannato! Mi meraviglio di te, Stefanos... be', non troppo. Com e sei giunto a questa importante conclusione? Quando? L'avevi sempre creduto col pevole? E' cos ? - No, no davvero. Ma poi ho scoperto che Filemone non solo era stato qui nel mese di Boedromione, ma anche che aveva un movente per uccidere. - E che genere di movente? Non il generico piacere di far fuori dei vecchi... o un'abitudine presa in guerra, immagino. - No. Qualcosa che non avreste mai pensato. - Gli spiegai di Boutades e dei v aghi progetti di adozione di cui aveva parlato Nusia; progetti o propositi rigua rdo a Melissa che ero convinto che ella avesse cercato di nascondere al marito. - E cos - conclusi - sapevo, o credevo di sapere allora, che Filemone avesse un m ovente. La gelosia. Aveva scoperto, cos pensavo, che un altro uomo cercava di sot

trargli sua moglie e il bambino. E allora era venuto ad Atene a uccidere il sedu ttore nella sua stessa casa. - Boutades non sembra aver avuto molto successo come seduttore. Se ci fosse r iuscito, Melissa non si sarebbe trovata a vivere cos poveramente. Ma le tavolette che Nusia menzionava... - Aristotele balz in piedi all'improvviso. - Stefanos, t esta di legno! Che disdetta! A causa delle tue paure e delle tue sciocche deduzi oni hai lasciato che quella donna se ne andasse con la prova pi importante. La co sa migliore che potessimo avere, se l'avessimo avuta veramente! Grande Atena, ma nda la saggezza al tuo popolo! E pensare che quelle tavolette probabilmente sono rimaste in casa mia per due giorni. C' di che sudare dalla rabbia. Mi domando se possibile recuperarle... ma rimane cos poco tempo prima del processo. Solo due d ecadi e due giorni. No, non credo che si possa sperare di mandarle a prendere. [ 211] - Non vi darei nulla che possa incriminare Filemone - protestai. - Vi ho gi da to troppo: quel frammento che stupidamente vi ho portato, dopo averlo raccolto s ul luogo del delitto... e con sopra il nome di Filemone. - Il nome di Filemone? - Aristotele sembrava realmente sbalordito. - Be'... con una "fi"... - Cosa? Sciocco che sei, non una "fi". Hai la testa troppo piena di Filemone. Non vedi che ... ma lasciamo andare. Quello che ci occorre sono gli scritti in p ossesso di Melissa. E ora dimmi il resto. Dopo avere concluso che Filemone era c olpevole d'omicidio per gelosia, e dopo avermi indotto a usare la mia influenza per far sparire la moglie di un omicida (a quanto supponevi) cos' che ti ha fatto cambiare idea? Gli dissi dell'indignazione di Filemone alla mia domanda se avesse commesso i l delitto, e della sua risposta all'accusa di avere combattuto dalla parte dei P ersiani. Quando seppe del comportamento di mio cugino, il filosofo rise. L'idea che fossi stato messo fuori combattimento sembrava divertirlo. Poi, per , aggiunse in tono grave - Quindi, in virt della parola di uno spaccone che ti mette fuori combattimento sei pronto a credere che sia tutto cos limpido e cristallino? Certo , logico. - Vi sbagliate, - protestai. - Voi non conoscete Filemone, e lui ha fatto un giuramento solenne. Sapeva che lo avrei aiutato fino a spendere l'ultima moneta, addirittura l'ultima goccia di sangue, sia che fosse innocente o che fosse colp evole. Potr non essere un filosofo, - conclusi - ma un ragazzo onesto. Dopo aver parlato con lui, non ho avuto bisogno di altre prove. Ma ce ne sono, se volete a scoltarmi ancora. Gli narrai l'incontro di Filemone con Boutades, e come si era svolto. - Cos , vedete - conclusi - Filemone non aveva desideri di vendetta. E se fosse stato in cerca di denaro (il che non era) avrebbe fatto meglio a lasciare che B outades lo adottasse. Se fosse stato adottato, la gente avrebbe potuto dire che era tornato per [212] ucciderlo ed ereditare una fortuna. Ma noi sappiamo che no n fu adottato: dunque non era l'erede e non aveva voluto esserlo. - Questo quanto dici tu - rispose. - Una bella storia, ma senza testimoni. - Be', forse dei testimoni ci sarebbero, di un certo tipo - risposi pensieros amente. - Filemone ha menzionato degli amici che erano marinai, di un genere un po' equivoco, temo. Come le lucertole, ha detto. Ad ogni modo, era con loro sul battello diretto ad Egina in quella famosa notte. E cos , la difesa della zia Eudo ssia dopo tutto era giusta, anche se lei non lo sapeva. - Aggiunsi tutti i detta gli, comprese le misteriose istruzioni di Filemone sul come si poteva far giunge re un messaggio a quegli strani marinai. Aristotele scosse la testa. - Ti piacerebbe presentare la tua difesa al tribunale con dei testimoni che s ono praticamente dei pirati? Con ogni probabilit , le lucertole sparirebbero nella prima fessura libera sul muro e si renderebbero invisibili. Se davvero esistono . - Sono sicuro che esistono. Perch state cercando di accusare Filemone, proprio ora che so che innocente? Per scuotere la mia fiducia in lui? Nessuno riuscir pi a scuotere la mia fiducia nella sua innocenza, qualsiasi cosa si dir contro di lu i. - Un buon r tore prevede tutte le obiezioni del caso - rispose Aristotele con d

olcezza. - Coraggio. Ti sei comportato molto bene con tuo cugino. Non far pi la pa rte dell'accusatore. Ma non credi di meritare un piccolo castigo per avermi inga nnato cos sfacciatamente? Oh, quegli scritti! Se solo potessimo metter mano sulle tavolette! Perch non le abbiamo qui? Perch non le hai prese tu, almeno? Dov'erano ? No, zitto. Voglio riflettere. Restammo in silenzio per alcuni minuti. Aristotele giocherellava con la parte anteriore d'una corazza di metallo di squisita fattura, con delle scene omerich e incise sopra. Tutt'a un tratto disse: - Io so dove sono nascoste le tavolette. Anche tu lo sai, se ci pensi un momento. - No, - dissi, - non lo so. - Che cosa ti ricorda questa? - tenne la corazza davanti a me. [213] - Una battaglia. - S , ma la figura? La scena? - Achille. La guerra di Troia. - S , e poi? - Be', l'Iliade, suppongo. - E cosa ti ricorda l'Iliade? - Omero. L'Odissea. - Esatto. E' un esercizio stupido, ma questa figura mi ha aiutato a rifletter e. Adesso probabilmente sai dove sono state nascoste le tavolette. - Temo proprio di no - risposi. Mi pareva di essere nuovamente a scuola. - Ma s che lo sai. Qual'era l'oggetto cos prezioso per Melissa che si precipit i ndietro nella casa in fiamme per portarlo in salvo? - Oh! La tenda di Penelope! - Gi . Proprio lei. E quello stesso ricamo con la figura di Penelope, usato com e schermo per una porta, avr avuto dei pesi nel fondo, per impedirgli di fluttuar e troppo per la corrente. Le tende usate in questa maniera vengono spesso appesa ntite con ciottoli o frammenti di argilla cuciti nell'orlo. Ma nel caso nostro, o grande Atena, dea dei telai, perch hai lasciato che quel tessuto ci sfuggisse d i mano? Aspetta un momento, per . Mia moglie ha rammendato la tenda mentre Melissa dormiva. Le domander se ha notato qualcosa. Usc in fretta e rimasi solo per un certo tempo, chiedendomi se Aristotele foss e convinto della colpevolezza di Filemone proprio adesso che io ero cos sicuro, a nzi sapevo con certezza, che era innocente. Sembrava un'ironia del destino. D'un tratto, udii qualcuno che si avvicinava correndo allo studio. Alzai gli occhi s tupefatto, ma era il padrone di casa in persona che entrava precipitosamente. So rrideva, raggiava addirittura. Aveva le mani occupate. - Gli dei ci aiutano, fin almente! - esclam . - Sia ringraziata la benefica Atena, che ha guidato mia moglie . Guarda! [214] Stese le mani verso di me. Reggeva quattro tavolette, una intera e tre spezzate. Tavolette d'argilla, con delle frasi scritte sopra. - Abbiamo in mano i documenti - dichiar in tono di trionfo. - Nel rammendare i l ricamo, mia moglie ha notato che l'orlo era logoro e insudiciato. Allora ha ri tessuto il fondo della tenda e lo ha ricucito, dimenticando per di rimetterci que ste. Non pensava che avessero maggior valore dei soliti pesi, ma quando si resa conto di averle lasciate fuori le ha conservate, nel caso fossero delle lettere. A quest'ora Melissa potr aver notato che mancano. - Aristotele depose gli oggett i su un tavolino basso e ne mise insieme i pezzi con attenzione. - Ora - annunci - possiamo leggerli. Li esaminammo per alcuni minuti; ma i miei occhi ansiosi correvano avanti, e sulle prime non riuscivo a capire quanto leggevo. - Ah! - disse Aristotele. - Mi sembra una bozza, non un documento con valore legale. Filemone doveva sapere che un'adozione non valida senza una apposita cerimonia e dichiarazioni di consenso firmate da entrambe le parti. Melissa pu no n essere al corrente di queste sottigliezze legali. Vedi, questa la dichiarazion e del proposito di Boutades di adottare Filemone figlio di Likias e farne il pro prio erede, e di considerare Likias, figlio di Filemone, come suo nipote, oltre alla concessione di un appannaggio per il mantenimento della moglie. Non sono si curo che sia tutto qui, ma probabile che sia completo. E c' la firma di Boutades in fondo. - La sua espressione si fece solenne. - Capisci cosa significa? - Be' - risposi - sembra confermare quanto ha detto Filemone.

- Proprio cos . E' una tesi sostenibile in qualsiasi tribunale che un uomo abbi a poco da guadagnare uccidendo un generoso padre adottivo prima che l'adozione a bbia luogo. Ovviamente - aggiunse con la sua orribile propensione a vedere difet ti dappertutto, - queste tavolette potrebbero essere un falso. Supponiamo per es empio che Melissa volesse proteggere Filemone. Ma perch prendersi tanta pena? Se esistevano delle tavolette [215] originali in grado di comprometterlo, perch non distruggere solo quelle? E' facile distruggere delle tavolette, non credi? - mi chiese, rivolgendomi un'occhiata penetrante. - Che sistema useresti tu? - Le brucerei - risposi prontamente, - o le ridurrei in polvere. Oppure, il s istema pi rapido, le butterei in un fiume o in mare. - S . Non difficile distruggere delle tavolette. O delle pergamene, o dei papir i, come usano in Egitto. Gli unici scritti che possano durare sono quelli incisi sul marmo o sul bronzo, per quanto Ares e Kronos riuscirebbero a distruggere an che quelli. Le parole scritte sono cos fragili. Ma noi le conserveremo con cura q ueste tavolette. M'incarico io di custodirle; pi sicuro, non ti pare? Da quanto m i dice Pitia sullo stato dell'orlo della tenda, questi oggetti vi erano rimasti dentro un bel po', avevano cominciato a logorare il tessuto e l'orlo non era sta to mai ricucito. Anche questo mi assicura che si tratta degli scritti originali, eseguiti non pi tardi della scorsa estate. Melissa aveva trovato un ottimo posto per nasconderli, ma non un posto sicuro: le tavolette si sono rotte. - S , tenetele voi - dissi. - E' pi sicuro, sebbene solo gli dei sappiano se e c ome potr usarle a nostro vantaggio nel processo. Ma la mia casa molto presto non avr pi un posto dove nascondere nulla; saremo poveri come lo era Melissa, se Eutic leide riesce nel suo intento - aggiunsi. Non intendevo piagnucolare sullo stato delle mie finanze, ma l'eccitazione mi aveva sciolto la lingua. - Che cosa ha fatto Euticleide? Gli raccontai la storia del pesante debito e il comportamento di Euticleide; dissi anche ad Aristotele il sospetto che mi era balenato sul conto di lui quel giorno alla fattoria. - E non appena ho cominciato ad odiare quell'uomo e a considerarlo crudele, F ilemone mi ha raccontato una strana storia confidatagli da Boutades. La storia d i un uomo ricco che aveva quasi ammazzato di botte una schiava, appartenente ad una buona famiglia che abitava nei pressi di Megara. Quest'uomo aveva dovuto ris arcire la famiglia, e Boutades gli aveva prestato del denaro che non gli era sta to restituito. [216] - E tu credi che quest'uomo fosse Euticleide? - Mi sembra abbastanza crudele da esserne capace - e raccontai ad Aristotele del comportamento crudele di Euticleide nei confronti del mio povero schiavo. - Interessante - comment . - Supponendo per adesso che tanto la storia di Filem one quanto quella di Boutades siano vere, quello che mi hai detto vale tanto per Boutades quanto per l'altro uomo. - In che senso? - Perch Boutades ha usato tanta cura nel proteggere il suo amico? Al punto di non menzionare il debito nemmeno nel suo testamento? Io me lo ricordo abbastanza bene, e non c'era nulla che vi facesse riferimento nemmeno nell'elenco delle su e propriet . Non c'era nessuna frase del tipo "Assicuratevi che A o B paghi il res tante numero di dracme per un debito che sa lui". Non rimane che da pensare che Boutades stesso fosse presente all'aggressione, se la sua storia vera. Quindi av rebbe usato tutta quella cura perch non se ne sapesse nulla e la cosa non avesse conseguenze su di lui. - Sospir . - No, a essere sincero, non ce lo vedo Boutades a fare il violento; ma avrebbe potuto essere ubriaco e in compagnia dell'altro u omo, anche lui ubriaco. O magari avrebbe potuto incoraggiare qualcun altro a com portarsi brutalmente. A quanto pare era ben informato sulla faccenda. Prestare d enaro al colpevole gli avrebbe consentito di averlo in pugno, di chiunque si tra ttasse. Il potere una cosa piacevole. E anche il denaro, e noi sappiamo che Bout ades lo considerava molto piacevole, soprattutto man mano che invecchiava. Suppo niamo che l'altro uomo dovesse pagare Boutades regolarmente, e per un ammontare superiore al suo debito. Pagare Boutades per il suo potere, il suo potere di par lare o di mantenere il silenzio. - Be', se fosse andata veramente cos - osservai, - l'uomo di Megara non avrebb

e potuto essere Euticleide. Lui e Boutades erano ottimi amici. - Oh, quanto sei ingenuo - mi derise Aristotele. - La sanguisuga vuole bene a l suo ospite. Dopo tutto, un uomo pu comportarsi [217] male coi propri nemici per ch gli piace, ma allo stesso modo pu comportarsi male con gli amici perch gli riesc e facile. Normalmente una cosa terribile essere alla merc di un'altra persona; e se abbiamo commesso qualcosa di orribile, chi messo a parte del segreto ci terro rizza minacciandoci di tradirci. Se Boutades ha raccontato questa storia a Filem one, probabile che fosse compiaciuto del proprio potere e volesse spiattellare t utto a qualcuno, anche se magari non fino in fondo. - Non credete - insistetti, - che possa essere stato Euticleide a compiere qu ella cosa orribile? Ammazzare di botte, o quasi, la schiava? - Quasi tutti gli uomini sono dei potenziali assassini. Tuttavia, ognuno lo s econdo la sua natura. Alcuni sostenevano che tuo cugino Filemone fosse un assass ino prima di essere condannato all'esilio. - Ma quello fu omicidio colposo, durante un combattimento leale. - Giusto. Tuo cugino il tipo di campione coraggioso che sfida sempre gli altr i a usare i pugni. Un modo di pensare da giovanotto, un delitto da giovanotto. M i auguro che viva abbastanza da diventare vecchio e cambiare modo di pensare. Qu est'altro delitto a Megara sembra pi il crimine di un uomo giovane che quello di uno avanti negli anni. Un colpo di testa, un delitto passionale, un genere di pa ssione particolare, pu darsi. - Quindi non credete che Euticleide... - Non dico questo. Non dico che debba essere stato per forza un giovane, ma p otrebbe essere stato un uomo con un carattere troppo giovanile per la sua et . Nor malmente gli uomini si comportano male con gli altri ogniqualvolta ne abbiano la possibilit , per rabbia o per avidit . Ma queste cose variano da uomo a uomo. Bouta des non dev'essere stato un tipo facile a menare le mani. Le risse da taverna no n gli si addicevano. Gli piaceva far pesare il proprio potere, ma solo se consid erava la cosa senza rischi. - Ed EuticIeide? - Euticleide ama far sentire la sua forza, come tu hai motivo di [218] sapere . A proposito, non preoccuparti troppo per il denaro. Penso che possiamo trovare un compratore per la tua piccola vigna. - Aristotele agit una mano per tagliar c orto ai miei imbarazzati ringraziamenti e prosegu . - Euticleide un uomo molto pi s anguigno di Boutades. E' rigidamente controllato, eccetto quando considera pi sag gio non esserlo, ma nutre delle forti passioni, ad esempio, la smania di far sen tire la propria autorit . Guardati da lui, Stefanos. Non mettertelo contro. Euticl eide si ritiene un uomo fortunato. E sentirsi fortunati incoraggia una sola virt : la gratitudine agli dei. Il fortunato, o colui che si ritiene tale, intraprende le imprese pi rischiose, buone o cattive, con la sicurezza del successo. D'altra parte, esistono anche falliti recidivi che si autoconvincono di aver avuto succ esso, una volta tanto, in un'impresa sconsiderata grazie a ci che per propria con venienza interpretano come fortuna. Ma essendo disperato, lo sfortunato pu anche aver usato pi audacia del solito. In generale, invece, il fortunato che ha agito razionalmente attribuisce la propria fortuna alla razionalit . Nell'intraprendere un'impresa audace, la pianifica in ogni dettaglio, persino con temerariet , mentre con ogni probabilit lo sfortunato (mi riferisco sempre alla visione soggettiva d ella fortuna) non si fida della ragione e agisce in base a un impulso improvviso . Gli appetiti possono anche essere gli stessi (brama di potere, denaro, sesso, vendetta), ma il modo di agire diverso. L'et dell'uomo, la sua posizione, le sue convinzioni sulla propria fortuna determinano le sue azioni. Vedi, Stefanos, se consideriamo un delitto abbastanza a lungo e con la necessaria attenzione, finia mo col vederne trasparire la personalit del criminale. - Suppongo che sia cos - risposi educatamente. Non potevo fare a meno di pensa re che Aristotele, con tutte le sue digressioni, stava eludendo un punto di capi tale importanza. In questo momento rifiutava di affrontare direttamente la possi bilit che Euticleide fosse l'assassino, pur essendosi spinto al punto di ipotizza re che Euticleide potesse essere stato prosciugato del suo denaro da Boutades. N eppure io volevo pensare ad Euticleide, ma l'idea non mi dava pace. Rabbrividii. [219]

Lui mi guard con aria benevola. - Va' a casa, e bevi tutte le tisane che le br ave donne di casa tua ti prepareranno. Quanto a me, sai cosa intendo fare domani ? Nel pomeriggio devo tenere una conferenza, ma alla mattina... penso che far una visita a qualcuno che non sar in casa. O per lo meno, mi assicurer che non sia in casa all'ora in cui ci andr . E' strano, non ti pare? Ci capisci qualcosa? - No - risposi con tutta sincerit , e tossii. - Ti sei affaticato mentre avevi la febbre. E' uno stato ben noto in medicina per i suoi effetti sul cervello. La mente diventa ottusa e istupidita, o al con trario stimolata e iperattiva? Ho dimenticato quale sia la risposta giusta. E mi rivolse un sorriso furbescamente innocente. 17 - Aristotele organizza un viaggio La mattina dopo, con il pensiero del debito incombente su di me, mi misi in a zione per vendere alcune delle nostre cose pi preziose. Mi fece male al cuore pre ndere il piccolo assortimento di gioielli di mia madre, i suoi bei vasi da ungue nti e il migliore dei suoi vassoi dipinti. Ero contento che mio padre non fosse l a vedere suo figlio depredare l'amata madre. Con questo spiacevole compito r aggiunsi, se non altro, il mio scopo di raccogliere un po' del denaro reclamato da Euticleide. Sia ringraziato Ermete, che negli ultimi tempi avevo pregato con la stessa devozione di un mercante o di un ladro. Nel pomeriggio, andai ad una delle speciali conferenze tenute da Aristotele, a cui il pubblico poteva accedere pagando una certa quota. Lo feci, in parte, ne lla speranza di poterlo vedere da solo pi tardi, e sentire la spiegazione delle s ue misteriose parole della sera prima. A chi era andato a far visita? Perch era a ndato a cercare uno che non si trovava in casa? Inoltre, assistere alla conferen za nei miei abiti migliori e pagare la mia quota [220] mi pareva un modo di riaf fermarmi come uomo di cultura, dopo l'umiliante esperienza del mattino. La socie t ateniese non doveva sapere della mia povert , delle mie preoccupazioni. Al proces so nell'Areopago intendevo presentarmi come un cittadino di buona reputazione, c apace di imporre rispetto. Ma, nonostante la mia aria di pensosa concentrazione, non ero in grado di god ermi molto la conferenza. Aristotele sembrava molto distante: l'uomo pubblico e il filosofo interamente assorbito dal suo discorso. Tenne la conferenza come al solito, parlando rapidamente, con gli occhi accesi dall'interesse, e facendo nel frattempo agili gesti che solo chi prestava attenzione era in grado di seguire. L'argomento era la Commedia. Sono sicuro che le sue osservazioni fossero intere ssanti e originali, e che la variet degli esempi addotti fosse veramente eccezion ale, ma continuavo a perdere il filo del discorso. Cercai di prendere appunti, m a vi rinunciai ben presto. (Per fortuna questa conferenza faceva parte di un cic lo successivamente trascritto e conservato per i posteri). La Commedia non era i l soggetto pi adatto per me quel giorno. Alla fine, mi unii al piccolo gruppo che circondava il maestro. Lui parlava a ncora, rispondendo alle obiezioni fatte dagli ascoltatori pi attenti, paragonando la Commedia moderna con l'antica, discutendo i rispettivi meriti d'Assionico e d'Antifane, a paragone con Aristofane. Solo quando il gruppetto cominci a diradar si si degn di accorgersi di me. - A proposito di quella spada, Stefanos, figlio d i Nichiarco, desidero farti un paio di domande. Se vuoi essere cos gentile. La mi a storia delle armi, sapete - spieg agli studiosi rimasti. - Rimani anche tu, Eub olo, per quelle notizie sull'armatura del tuo bisnonno usata nelle guerre contro Sparta. Ci condusse entrambi in casa sua, ed ebbe prima un lungo colloquio con Eubolo , senza fare molta attenzione a me. Solo dopo che Eubolo se ne and , lusingato dal l'attenzione dimostrata per la sua famiglia e le sue armi, ebbi modo di parlare al maestro. - Ti ho visto fra il pubblico - mi disse. - Cosa te ne parso? - Della conferenza? Oh ... molto bella - risposi educatamente. [221] - Povero Stefanos. Non hai tempo per le commedie. Senza dubbio ti interessa d i pi la mia visita di questa mattina. Ho qualcosa da mostrarti...

- Scusate, signore - disse uno schiavo affacciandosi sulla porta - c' un'altra persona che vuole vedervi. Ha delle armi da vendere. Dice che non pu aspettare. - Fallo passare, allora - rispose Aristotele guardandomi con un'espressione d i scusa. Entr un uomo che riconobbi. Era uno dei marinai che avevo sentito discorrere n ella taverna del Pireo vari mesi prima. Era il capitano. I suoi occhi mi sfiorar ono senza riconoscermi. Poi si volse ad Aristotele. - Chiedo scusa, signore, per avervi interrotto. Ma ho questo arnese da vender e, e ho sentito che state raccogliendo armi per farci sopra un libro e aiutare l 'esercito. Al contrario dell'odioso fabbro, quest'uomo non aveva oggetti nascosti dentro una borsa. L'oggetto che intendeva vendere era sotto i nostri occhi. - Ah! - disse Aristotele. - Un arco. L'uomo lo depose sulla tavola. Io ne detestavo la vista, ma Aristotele no. - E in buone condizioni anche - seguit il mio maestro. - Ha ancora la sua cord a, e non allentata. Come ne siete venuto in possesso? - L'ho avuto da un amico, eccellenza, marinaio come me, che l'aveva avuto da un reduce. Un oggetto non comune, vero? E' vostro per cinque dracme. - Suppongo - disse Aristotele seccamente - che vogliate venderlo perch vostra moglie e i vostri figli sono in difficolt , altrimenti non vorreste separarvi da u n oggetto cosi antico e prezioso. - Non direi, signore. Non mi trovo in difficolt . Mia moglie morta, che sia ben edetta, e i miei figli sono adulti e capaci di provvedere a loro stessi, a parte la femmina. Pensavo che poteste avere bisogno di una cosa del genere e, be', co sa me ne faccio io di un arco? Sto solo chiedendo quello che giusto. [222] - Avete ragione, amico - disse Aristotele. - Sembrate un uomo onesto. Mi disp iace di aver parlato in modo cos scortese. Dover mercanteggiare mi ha reso antipa tico. Vi pagher quanto chiedete. Suppongo che non ne abbiate altri. - No, signore. - L'uomo possedeva una certa dignit , e aveva accettato benevolm ente le scuse di Aristotele. - A che mi servirebbe collezionare armi? Specie se vero che la nostra flotta non combatter per chiss quanto tempo. E se mai mi trovas si in combattimento, il che potrebbe anche accadere prima della fine dei miei gi orni, mi augurerei di essere armato di tutto punto come un Ateniese, e non di ba ttermi con uno di quegli arnesi persiani. - Giustissimo - comment Aristotele. - S , avete ragione. Questo un arco persiano . Non ho molti archi nella mia collezione. Ma visto che sono usati da entrambi g li eserciti mi piacerebbe poterne esaminare degli altri. - Potrei trovarne degli altri, forse - disse il marinaio, dubbiosamente. - Al cuni ne hanno presi dagli arcieri macedoni, vecchi archi e frecce, come ricordi; ma roba malandata e di poca utilit . Perch non ve ne fate mandare di nuovi dalla M acedonia? Suppongo che gli archi cretesi, non vi interessino. Sono piuttosto sca denti, fabbricati rozzamente. Per sono stati usati in battaglia. - Certo - approv Aristotele. - Non avete degli archi cretesi da vendermi, per caso? - Nossignore. Potreste provare tra gli equipaggi delle navi granarie. Ma imma gino che avrete gi esaminato l'arco cretese che appartiene al cittadino Archimeno , l'arconte. - Oh! Archimeno ha un arco cretese? - Certo, signore. O per lo meno l'aveva. Gliel'ha portato la primavera scorsa un marinaio di ritorno da Creta. Vedete, non aveva altro dono da offrire. E si sa che a lui piacciono questi ricordi di guerra. Lo teneva nello stanzone, dove fa i conti e bada ai suoi affari. Io ho avuto, ehm... occasione di fargli visita una volta, e ho visto quell'arco. - Bene, bene, - disse Aristotele - domander al cittadino Archimeno se posso av erlo in prestito. Mi piacerebbe dargli [223] un'occhiata. Probabilmente non desi derava venderlo. Grazie per il vostro aiuto. Tornate ancora se avete qualcos'alt ro che possa essermi utile. Eccovi il denaro. Aristotele accompagn il marinaio alla porta molto cerimoniosamente. Quando fum mo di nuovo soli, si rivolse a me con occhi brillanti di entusiasmo. - Dobbiamo andare a fondo a questa faccenda, Stefanos. E subito! Non avr pace

finch non l'avr visto. Un arco cretese! - Sono parole malaugurate per me - dissi, facendo con la mano un gesto di sco ngiuro contro il malocchio. - Versiamoci da bere e usciamo subito - insistette il mio maestro. Ben presto fu mmo sulla grande strada che porta in citt . Camminavamo molto in fretta. - Io non voglio far visita ad Archimeno. Non voglio neanche vederlo - protest ai. - No. E' giusto. Non devi entrare con me. Quando saremo vicini a casa sua, tu prosegui e va' ad aspettarmi fra i tempietti sotto l'Acropoli. Verr a cercarti a ppena ho finito con lui. Spero che Archimeno sia in casa! Arrivammo abbastanza presto alla residenza di Archimeno. Abitava presso l'Acr opoli, in un bell'edificio, bench non cos ricco, n cos imponente come le case di Bou tades e di Euticleide, nel demo aristocratico sotto il Colle delle Muse. Fui con tento di proseguire, non desiderando affatto di sentirmi insultare di nuovo da q uell'uomo. Mentre aspettavo, feci delle offerte in parecchi santuari. Quando Aristotele riapparve, mi sorpasso con un cenno quasi impercettibile. C apii che dovevo tenergli dietro senza che ci facessimo vedere a parlare insieme in quella parte cos frequentata della citt . Si incammin di buon passo ed io lo segu ii verso il tempio incompiuto di Zeus, una reliquia dell'odiata tirannide di Pis istrato. Non eravamo lontani da casa mia. Le erbacce avevano invaso le rovine de l tempio rimasto inutilizzato. Nelle vicinanze si trovava un boschetto, che circ ondava il pi modesto tempio di Zeus dove venivano celebrati i sacrifici. Qui Deuc alione [224] e Pirra, gli ultimi sopravvissuti dell'umanit , si erano fermati a gu ardare la piena delle acque che defluiva attraverso un'apertura delle rocce, e q ui avevano lanciato le pietre, tramutantatesi in uomini e donne, per ripopolare la nostra meravigliosa terra. Il luogo aveva un'atmosfera pacifica e sacra. Fu i n questo tranquillo boschetto che Aristotele si ferm , ed io lo raggiunsi. Non c'era nessuno attorno. - Avete l'arco? - domandai - No. Nemmeno per idea. Stefanos, quell'uomo molto strano. Figurati, mi ha in sultato! Mi ha detto in faccia che sono un forestiero! - Tutto qui? - domandai imperturbabilmente. - E' capace di dire ben altro, cr edetemi. - Avevo incontrato Archimeno di rado prima di oggi, - mi spieg Aristotele, - e ci eravamo scambiati le cortesi frasi di circostanza che puoi immaginare. Allor a mi era sembrato serio, dignitoso, austero, ed stato cos all'inizio, ma poi! Cre do proprio che quest'uomo sia in preda a una profonda angoscia. - Cos' accaduto? - Mi ha fatto entrare nella stanza di cui ci aveva parlato il marinaio, quell o stanzone. Dopo i soliti convenevoli, ho accennato al mio lavoro, sottolineando il valore patriottico dell'iniziativa, ovviamente. E Archimeno era tutto sorris i e offerte di aiuto. Poi gli ho detto che speravo che, essendo di ricca e disti nta stirpe, potesse avere qualche arma di famiglia da prestarmi, e lui mi ha par lato con grande boria di suo nonno. A proposito, credo che la sua nobile famigli a abbia commesso un errore politico durante il governo dei Trenta, e i discenden ti sono ansiosi di cancellarlo. Ci nondimeno, la nostra conversazione stata estre mamente banale. Poi, per , ho detto di aver sentito che conservava come curiosit un 'arma che mi interessava, un arco cretese. Credimi, Stefanos, Archimeno diventat o pallido come un cencio proprio davanti ai miei occhi. - E allora? - Per un momento non ha detto niente. Poi mi ha risposto che [225] non gli pa reva di avere niente del genere. Ho ribattuto che ne avevo sentito parlare. Fors e avr esagerato, Stefanos, dandogli l'impressione che me ne avessero accennato in parecchi. E allora lui: "E' vero, gli archi di scarsa qualit diventano presto in servibili se non sono tenuti bene. Mi sembra di ricordare che questo fosse tipic amente cretese, con la punta di corno". E Archimeno ha cominciato a borbottare f ra s , cambiando colore. E poi ecco che salta fuori a dire: "Voialtri immigrati! N on so perch vi permettano di entrare! Non siete capaci di stare al vostro posto!" .Io mi sono trattenuto dal ribattere, e gli ho semplicemente rammendato il mio d overe verso Alessandro e i servizi che gli ho reso. Allora ha cambiato registro,

e con un sorriso tutto ossequioso mi ha detto che avrebbe voluto essermi utile, ma che l'arco era sparito. Gli ho chiesto se l'avesse dato via. E lui, in frett a: "No, stato rubato qualche tempo fa". Gli ho detto che mi dispiaceva, e lui ha ripetuto che doveva averlo preso uno schiavo, e comunque era un oggetto senza v alore. Allora ho detto con aria sbalordita: "Avreste dovuto rimediare. Uno schia vo con un'arma pericoloso. E' contro la legge lasciar passare un simile furto". Messo cos alle strette, mi ha detto: "Non so chi l'ha preso; a un certo punto l'estate scorsa sparito e non ci ho fatto caso". Ed io: "No, infatti, non credo che nella vita di tutti i giorni qui ad Atene vi possa servire un arnese simile" . Lui si rabbuiato e ha borbottato che gli dispiaceva di non poter essermi di ma ggiore aiuto. Io me ne sono venuto via, ma nell'uscire l'ho udito parlare da sol o in un modo molto strano. Con molte imprecazioni. Ma una delle frasi che ho col to nei suoi vaniloqui era: "Quel maledetto arco! Vorrei non averlo mai visto!". Ed ecco tutto - concluse Aristotele. - Ti ho dato un resoconto completo. Adess o giudica tu. Cosa te ne pare? - Mi sembra ovvio, adesso - risposi. - I miei sospetti, i miei primi sospetti , dopo tutto erano fondati. Dev'essere stato Archimeno a uccidere Boutades. Avev a un movente, essendo stato truffato a proposito della nave. Aveva l'arma e poi l'ha distrutta. Ma la punta si spezzata ed rimasta sotto la finestra di Boutades . [226] - Che abbia avuto l'arma lo credo anch'io. O almeno l'ha avuta. Credo che il mio piccolo gioco d'azzardo abbia avuto successo. Giocando d'azzardo si pu anche vincere. Bisogna pur giocare, se si vuol vincere. - Ma voi non siete un giocatore - dissi, sorpreso. - Non con i dadi o con le pietre, e per denaro. Ma in questo genere di partit e al bersaglio ogni tanto faccio centro e vinco il premio. Anzi, uno di questi p remi ce l'ho nella manica adesso. E' di questo che intendevo parlarti prima che fossimo interrotti da quel bravo marinaio. Guarda! Cosa ti pare di questo? Stese la mano e mi mostr un frammento di ceramica: una scheggia sottile non pi lunga dell'unghia del mio mignolo. - Dimmi un po' che cos' . Guardai obbedientemente l'oggetto. - E' una scheggia, - dissi - un piccolo fr ammento di un vaso, suppongo. - S . Va bene. E che altro? Cosa ti dice? - I frammenti di ceramica non dicono niente - ribattei con pesante sarcasmo. - Non sono come i retori. Sanno qual il loro posto, e cio tra i rifiuti. Non serv e a niente. E' troppo piccolo per scriverci sopra una lettera. E' semplicemente una piccola scheggia di un vaso, probabilmente un vaso grande, dipinto di rosso e verniciato. - Andiamo. Non noti nient'altro? Di che colore la terracotta? - Gialla. Piuttosto opaca. Non ha un bel colore, a dire il vero. Ma la vernic e rossa ha fatto presa in profondit . - Dunque l'argilla era gialla? - S . Credo di s . Sulle prime credevo che fosse rossa, come di solito. Ma, Arist otele, perch parlare di ceramiche adesso? che non abbiamo in mano nemmeno un reci piente o un bricco? - Non ne parler pi per il momento. - Sospir .- Forse hai ragione. Se sapessi dove sono stato in visita senza essere invitato e mentre il padrone di casa era fuor i ... e dove mi sono fermato alcuni minuti per scrivere un messaggio! Ma, mio ca ro, adesso sei stanco, e la tua maggior preoccupazione dev'essere la tua sicurez za. [227] - Diciamo piuttosto il processo - gli rammentai con amarezza. - E' questo che non riesco a togliermi dalla mente in questo momento. - Anche al processo pensavo - ribatt . - Non lasciare che i sospetti di oggi co ndizionino la tua condotta e ti occupino troppo la mente. Mantieni il segreto fi nch non sar di ritorno. - Di ritorno? Partite? - S , non te l'ho detto? Devo assentarmi inaspettatamente per affari. Parto dom attina all'alba. Le mie ricerche sulle armi non mi lasciano respiro. Me ne lamen to con tutti. S , devo partire. Probabilmente dovr fare parte del viaggio in battel

lo. Oltre tutto con questo tempo! Vado a sud, gi per l'istmo di Corinto, se non p i lontano. Accidenti a chi ha inventato per primo i viaggi in inverno! Sacrifica per me a Poseidone mentre sono via. - Lo far senz'altro - risposi educatamente. - E spero che farete un buon viagg io e avrete successo nei vostri affari. - Dentro di me, avrei voluto rimproverar lo perch mi abbandonava, il che era sciocco, poich non era responsabile per me, e in ogni caso cos'avrebbe potuto fare? - Sar di ritorno prima del processo, naturalmente - disse Aristotele. - Se la cosa ti pu confortare, Stefanos, ti aiuter a preparare le tue arringhe. - Cosa dovrei fare, ora? Come devo comportarmi con Archimeno? - Non fare nulla, Stefanos. Lo dico sul serio. Sta' alla larga da Archimeno. Ti prego di essere prudente. Non accettare doni. E non uscire da solo se puoi fa rne a meno, specialmente di notte. Evita i luoghi solitari. Ricordati la sorte d ello schiavo Sinopeo. - Quello che scivol in un dirupo tra le colline del Parnete? - Quello la cui testa si scontr con un oggetto duro sulle colline del Parnete vorrai dire. Ricordati l'importantissima lezione del nostro allegro mercante di pietre. Tenersi a distanza non basta a garantire una totale sicurezza. In realt s arai al sicuro solo dopo il processo. [228] - Allora - dissi cupamente - dovr starmene in casa come una donna a far niente ? E il mio povero cugino? - Be' - disse Aristotele con cautela - potresti seguire il suo suggerimento e cercare di far giungere un messaggio ai suoi pirateschi compagni, anche se io a spetterei un po'. Se uno di loro fosse disposto a giurare che Filemone era diret to a Egina al momento del delitto, potrebbe esserci utile... nel caso in cui la faccenda si mettesse proprio male. Ma io spero in un esito migliore. Come vedi, Stefanos, stiamo avvicinandoci al successo finalmente! Rivolgiamo le nostre preg hiere al padre Zeus in questo tempio. Pregammo in quel piccolo tempio e ci separammo. Le statue rimaste senza verni ce e le colonne crollate del tempio abbandonato splendettero candide e desolate quando vi passammo accanto. Quell'edificio senza tetto, cos imponente nelle ambiz ioni di chi lo aveva concepito e ormai cos diroccato e mutilato, mi parve il simb olo pi adatto a rappresentare la tesi della mia difesa in questo processo. 18 - Pericolo e rischio di morte Aristotele se ne andava, anzi, doveva essersene gi andato. Questo fu il pensie ro con cui mi svegliai la mattina dopo. Avrei dovuto occuparmi da solo dei prepa rativi per il processo. Decisi di mettermi in cerca del misterioso Simonide, il vasaio di cui Filemone mi aveva parlato, e tentare di far giungere un messaggio per suo tramite a uno dei loschi ma utili naviganti. Se fossi riuscito a persuad ere uno di quei marinai a fare da testimone al processo giurando sull'assenza di Filemone al momento fatale, questo sarebbe stato pur sempre qualcosa. Da quanto mi aveva detto Filemone, sapevo che la bottega di Simonide era lont ano dal mercato, sulla strada che conduce alla Porta Acarnania, in una zona pien a di piccoli e modesti opifici. Trovai infatti senza difficolt la bottega. Fu fac ile riconoscerla, [229] perch sul bancone di legno pieno di crepe qualche analfab eta aveva scarabocchiato col carbone una figura oscena e anatomicamente ambigua, aggiungendo a mo' di didascalia: "a Simonide gli piace fottere". L'aspetto del padrone della bottega era in stridente contrasto con quest'oscena descrizione: e ra un uomo esile, dal viso bruno e dall'espressione stizzosa, tutto sudato in me zzo ai suoi vasi. Questa non era certo una grossa fabbrica di ceramica, e aveva un aspetto assai poco attraente. Si vedevano solo un paio di garzoni ad assister e il padrone. Il pavimento era cosparso di vecchi frammenti d'argilla; evidentem ente il padrone non era ansioso di aumentare le sue fatiche adoperandosi in gran di pulizie. Il vasellame in vista era abbastanza scadente. C'erano alcuni calici neri di discreta fattura, ma nessuna traccia di bei vasi dipinti. L'intera prod uzione sembrava consistere di rozze giare da acqua, del tipo robusto usato dalle schiave per andare a prendere acqua dal pozzo, o di larghi recipienti grezzi, d

el tipo usato dagli uomini per vomitare dopo un banchetto. - Simonide il vasaio? - domandai, pur sapendo che doveva essere proprio lui. - Sissignore - rispose con un misto di rispetto e d'impazienza. Inghiottii la saliva e dissi: - I vasi rossi non erano molto ben riusciti. Poi aggiunsi, come mi aveva insegnato Filemone: - Bisogna cuocerli nella fase gi usta della luna. - Ah, mi dispiace di sapere che non siete soddisfatto. Volete darmi un'altra ordinazione? - S - risposi. - Fornitemi di questi, per favore. E gli diedi il messaggio, scarabocchiato su un frammento di brocca rotta, un coccio del tipo usato ordinariamente per scriverci sopra brevi note. Un lato era gi stato usato tempo prima per una lista di compere. Sul rovescio avevo scribacc hiato il disegno (che speravo somigliasse a ci che sarebbe dovuto essere) di un a lbero dai rami piatti, e sotto di esso avevo scritto "Fidippide o Fidia", quest' ultimo abbreviato per mancanza di spazio. Avevo preferito abbreviare Fidia perch il nome Fidippide mi faceva pensare a una persona veloce. [230] Simonide, invece, non mi sembrava affatto una persona veloce. Diede un'occhia ta casuale allo scritto e disse: - Una grossa ordinazione e un po' problematica per noi in questo momento. Pot rebbero esserci dei ritardi. Non posso promettere nulla. Magari fra una settiman a o due, ma non sicuro. - Fate quel che potete - risposi, piuttosto abbattuto dalle sue allusioni. Se mbrava che Simonide avesse dei dubbi sulla possibilit che i due loschi marinai si facessero vedere. - Un giorno delle prossime due settimane - aggiunsi con fermezza. - E' meglio presto che tardi. Si tratta di... una riunione, capite? E avremo bisogno di una grossa provvista. Se non potete servirmi, dovr rivolgermi altrove. - Io credo che nessun negozio da nessuna parte riuscirebbe a fornirvi un'ordi nazione cos grossa con cos poco preavviso, - rispose Simonide in tono un po' insol ente - ma far quello che posso... - E seguit in un tono lamentoso, tipicamente da bottegaio: - Non dipende da me, capite? Come posso prevedere... non sono un indo vino. Far del mio meglio, ma una cos grossa consegna viene a costare, signore. Sospirai e posi sul banco il mio denaro, dieci dracme. - Prendete queste - co me caparra e per l'acquisto del materiale, ma non ci saranno altri versamenti fi nch non mi avrete consegnato qualcosa, o almeno fatto sapere che l'ordinazione ve rr eseguita. - Molto bene. Il vostro nome e indirizzo, signore? Cos vi possiamo mandare a d ire qualcosa. - Borbottai il recapito con riluttanza. Ma se lui o i suoi soci dovevano veni re da me privatamente, dovevano per forza conoscere il mio indirizzo. - Benissimo. Penso che ci faremo sentire la prossima settimana. Capisco la ne cessit di far presto, ma non un momento molto buono, signore. Ad ogni modo... se proprio vi occorre la merce... Mi scrutava acutamente, tanto da mettermi a disagio. Forse sapeva tutto di me , e magari anche dell'ultima avventura di Filemone. Un personaggio cos bizzarro p oteva avere delle fonti segrete [231] d'informazione, oscuri ruscelli sotterrane i che sgorgavano fuori all'interno della sua sudicia bottega. Simonide gett con n egligenza il mio messaggio tra un mucchio di altre note scarabocchiate su cocci simili, ordinazioni di un'idra o di due anfore e cos via, in mezzo alle quali, ma gari, si trovavano dei messaggi strani come il mio. Annu con aria altezzosa, quas i a volermi congedare. Ma la sua altezzosit fu comicamente contraddetta dal gesto che comp subito dopo: appoggi l'indice a un lato del naso, con grande concentrazi one, e poi disse: - Benissimo, signore - strizzando gli occhi e accennando un va go sorriso, il primo che gli avessi visto fare, mentre dava due o tre colpetti s ul naso, come se stesse convincendolo con dolcezza a fidarsi di lui. La mia visita a Euticleide, in serata, offusc il resto del giorno. Ci sono cos e peggiori dei crucci per il denaro, come gi sapevo, e come avrei avuto modo di s apere ancor meglio prima che il giorno finisse. Ma i crucci economici, anche se spregevoli, sono assillanti; averne come stare seduti su un formicaio o camminar e tra le vespe.

Mi vestii con cura per quella visita, non volendo apparire n troppo ricco n tro ppo povero, e mi incamminai attraverso la citt verso il ricco demo presso il Coll e delle Muse. La maestosa dimora di Euticleide era proprio di fronte alla casa c he ancora consideravo come la residenza di Boutades. Sbirciai quel malaugurato e dificio, rammentandomi la mattina in cui erano cominciati tutti i nostri guai. D ecisi che non mi piaceva granch quel demo, nonostante le case imponenti e l'aria pura delle colline. Fui introdotto nella casa di Euticleide abbastanza sollecitamente, ma il padr one non sembrava aver fretta di vedermi, nonostante la sua insistenza sulla punt ualit . Fui lasciato solo in una da anticamera piena di spifferi per quasi due ore . Questa esperienza non serv certo a migliorare il mio umore, ma ovviamente dovet ti astenermi dal manifestare il mio risentimento. Quando Euticleide si degn fi nalmente di ricevermi, capii che si rendeva perfettamente conto di entrambe ques te cose, e che ne era compiaciuto. Non mi rivolse nessuna scusa, ma disse soltan to: [232] - Bene, Stefanos, spero che avrai portato il denaro questa volta. - S - risposi. - Eccolo. - Non potei trattenermi dall'aggiungere: - Se avessi saputo che sareste stato impegnato cos a lungo, sarei venuto pi tardi. - Ma allora avresti dovuto fare la strada al buio. Io sono spesso occupato pe r affari urgenti, come certamente capirai. Il mio tempo molto prezioso. Mi ricordai di Simonide. Anche lui aveva parlato di problemi di tempo: - Pare che siano tutti molto impegnati di questi tempi - dissi seccamente. Non che mi sia importato di aspettare - precisai, con un'alterigia che non senti vo. - Posso pensare alla filosofia dovunque mi trovi, e questo mi fa passare il tempo. - Giusto. Dovresti riflettere sulla natura delle virt , Stefanos, soprattutto d ella prudenza. La raccomando alla tua attenzione. Anche questo fa parte della fi losofia, credo. Tu mi hai consegnato trenta dracme. Soltanto trenta, da aggiunge re alle precedenti settanta. Met del debito. Io sono un uomo occupato e puntiglio so in questioni d'affari, e mi aspetto lo stesso dagli altri. Spero che mi farai avere le restanti cento dracme quanto prima. Diciamo fra tre giorni? - Non posso prometterlo - replicai seccamente. - Dovr vendere un pezzetto di t erra e ci vuole del tempo. - Oh? Siamo al punto di vendere della terra? Spero che tu non stia cercando d i vendere dei possedimenti che appartenevano ai tuoi avi, Stefanos. Ricorda che ci sono leggi che lo proibiscono. Sentii la rabbia prendermi alla gola. Conoscevo la legge quanto lui. - Certo - risposi. - Non si tratta di poderi di famiglia. E' una vigna isolata, un acqui sto di mio padre. - Nichiarco era spesso incauto nelle sue compere. E chi vorr acquistare una vi gna in inverno? Comunque, Stefanos, io non posso aspettare in eterno che tu conc luda questa tua transazione immaginaria. Non mi riguarda. Mi devi versare il den aro, qualunque cosa tu decida di fare con i tuoi magri poderi di terra acida. Ad ogni modo, sar ancora generoso, bench sia contro [233] il mio interesse. Dovrai p agarmi la somma restante pi gli interessi. Ti dar altri venti giorni. Arrossii di collera, mio malgrado. Questo significava che avrei dovuto pagarl o il giorno prima del processo! Doveva sapere che avevo abbastanza pensieri per la testa anche senza questo. Lo guardai e compresi che lo sapeva molto bene. Per ci ringhiottii le parole di protesta e mi limitai a rispondere, con la maggior ca lma possibile: - S . Vi pagher allora. Molte cose possono succedere in venti giorni . O in ventuno. - Giusto. Siamo d'accordo, dunque. Non ti trattengo pi . Ci rivedremo quando mi porterai l'ultima rata. La sua sgarberia era incredibile. Non si era nemmeno sentito in dovere di off rirmi una coppa di vino. Come se fossi stato uno schiavo venuto per una commissi one; anzi, nelle case della gente perbene gli schiavi venivano accolti meglio. M e ne andai schiumando di rabbia. Poteva darsi che non riuscissi a vendere la vig na, quello era vero. E allora? Nell'imminenza del processo, giornate importanti sarebbero state sciupate in sforzi frenetici per cercare di radunare cento dracm e, e sarei andato in tribunale svantaggiato dal peso di umilianti preoccupazioni

e abbattuto da pesanti sacrifici. L'intera famiglia avrebbe dovuto vivere in gr andi ristrettezze almeno per il resto dell'inverno. Quando uscii da casa di Euticleide, uno strano istinto mi fece andare nella d irezione opposta a quella da cui ero venuto. Suppongo che fosse perch non volevo passare di nuovo davanti alla casa di Boutades, ma non mi resi conto della direz ione che avevo preso fin quando non mi ritrovai vicino al sentiero che corre su fino alla cima del Colle delle Muse. La cosa non m'infastid , sebbene fosse ormai buio fitto. Conoscevo benissimo il sentiero. Una volta in cima, dopo aver oltrep assato il tempio, avrei trovato il sentiero per scendere sul versante opposto de l colle, e ci sarebbero state di nuovo strade e case. Avevo con me una torcia, a ccesa al lume del custode di Euticleide, e non vi era nulla di spiacevole nel fa re una breve passeggiata su per la piccola altura prima di tornare a casa. Anzi, approfittai dell'occasione [234] per mormorare imprecazioni contro me stesso in mezzo al boschetto e per liberarmi della collera con un'energica passeggiata. Q uindi salii in cima al Colle delle Muse. Ma in quell'occasione, per me esso sare bbe stato ben altro che la dimora delle Muse. O dolce Talia, bella Erato, leggia dra Tersicore, come avrete giudicato la profanazione di quella notte? A questo p unto, per , faccio dolorosamente appello a Mnemosine perch mi aiuti a ricordare. Camminavo svelto nel furore della collera, accorgendomi appena di quanto mi c ircondava. A un tratto, mentre ero immerso nelle mie turbolente fantasticherie, mi accorsi che qualcuno camminava alle mie spalle. Mi fermai. Tutto era immobile ; si udiva solo il mormorio del vento invernale fra gli alberi. Proseguii, e sub ito mi sembr di udire di nuovo dei passi. Non riuscivo a distinguere nulla al di l del cerchio tremolante di luce proiettato dalla mia torcia. Ma d'un tratto mi t ornarono in mente delle impressioni gi immagazzinate che sul momento il mio cerve llo non aveva avuto tempo di analizzare, ed esse mi davano la spiacevole notizia che qualcuno mi stava seguendo su per il sentiero, e probabilmente mi aveva seg uito appena fuori dal cancello di Euticleide. Troppo tardi mi ricordai l'avvertimento di Aristotele di stare lontano dai lu oghi deserti. Perch non avevo portato qualcuno con me? Uno schiavo, magari? Ma la collera e la vergogna per la visita ad Euticleide mi avevano fatto sembrare nat urale l'andarci senza accompagnatori. Cos'era accaduto allo schiavo Sinopeo? Com 'era morto? Sembrava importante e interessante saperlo. Affrettai il passo quant o potevo, quasi mettendomi a correre, e mi sentii sicuro di essere inseguito. In cima al colle, presso la spianata del tempietto, mi fermai e mi guardai attorno . E allora potei scorgere un'altra torcia. Troppo vicina. La mia torcia indicava all'inseguitore o agli inseguitori dove ero. E se mi avessero scagliato contro qualcosa, magari delle pietre? Ero troppo visibile. D'impulso, scaraventai a ter ra la mia torcia e la spensi. Adesso ci vedevo molto poco, ma i miei inseguit ori ancora meno. Proseguii rapidamente, inconsapevole di dove andassi (verso le [235] rovine del tempio in verit ), ma il cammino era difficile, e le radici degli alberi mi ostacolavano. Pensai ironicamente che la cosa che mi riusciva meglio era correre, di certo non la cosa pi eroica. Fuggire, correre, scappare: nella mi a vita pareva non ci fosse altro che questo. No, dovevo battermi da uomo. Non avrei dovuto preoccuparmi di questo. Che lo volessi o no, stavo per batte rmi con qualcuno. Perch l'uomo con la torcia stava guadagnando terreno su di me, e mentre si avvicinava capii che non era solo. Dietro di lui si udivano altri pa ssi, di corsa. Mi volsi disperato, addossandomi al tempietto. D'un tratto sentii un gran colpo alla spalla. Distinsi la figura di un uomo c he reggeva la torcia, con una brutta faccia bitorzoluta nell'alone di luce, una faccia che non avevo mai visto. Il fatto che non mi conoscesse evidentemente non diminuiva la sua ostilit . Picchiarmi gli sarebbe riuscito ancora pi facile. Ra mmentando la lotta che avevo affrontato qualche tempo prima, ignorai la minaccia del suo braccio destro e feci un balzo verso il sinistro che impugnava la torci a. Lo colpii con tutte e due le mani, gli strappai la torcia e la calpestai. L'uomo mi colp con un piede mentre ero impegnato in questo, ma io riuscii a colpi rlo allo stomaco col mio pugno destro. Adesso eravamo al buio. Qualcosa fischi ne ll'aria. Mi scansai a sinistra e sentii il tonfo pesante di un oggetto che andav a a sbattere contro il santuario. Un bastone! Ecco cosa doveva essere! Balzai, n ell'oscurit , in direzione dell'aggressore, e con mia sorpresa gli afferrai un bra

ccio. Lo piegai all'indietro e sentii un grugnito di dolore e rabbia. Afferrai l 'arma, che non riuscivo a vedere ma solo a immaginare, e torsi il polso dell'uom o, facendogli mollare la presa sul randello. Continu a tentare di colpirmi a calc i, ma io ormai avevo capito a cosa mirava, e continuavo a spostare i piedi e le gambe fuori portata. Credo di essere stato pi veloce di quanto si aspettasse. Tri onfante, riuscii a impadronirmi del bastone. Ma proprio mentre l'impugnavo, qual cuno sopravvenne dall'altro lato e mi assest un terribile colpo nelle reni. Vacillai con un urlo di dolore, ma non tralasciai di colpire a [236] casaccio con una botta violenta il mio primo assalitore, che mi auguravo fosse ormai dis armato. Lo colsi nel basso ventre, e dovette sentire un male feroce, anche se il mio colpo non fu forte quanto lo sarebbe stato qualche secondo prima che fossi colpito. Poi l'aggressore dietro di me mi afferr una spalla. Risposi con un calci o, senza colpirlo, ma riuscendo tuttavia a sbilanciarlo per qualche istante. Mi piegai e scrollai la spalla, allentando la sua presa; poi, rigirandomi quanto po tevo, diedi al secondo assalitore una bastonata nelle gambe. Lui mi lasci andare subito, ma scoprii presto che era solo per avere entrambe le braccia libere e so llevare il suo randello sopra la testa per abbatterlo su di me. Io balzai rapida mente di lato mentre il suo randello discendeva, e lo martellai sul fianco mentr e il suo bastone non trovava che il vuoto. Menai ancora due colpi, di cui almeno uno dovette andare violentemente a segno sul collo o sulla testa di questo seco ndo uomo, perch udii un gemito; poi lo sconosciuto si accasci a terra e rimase imm obile. Tutto ci si era svolto molto in fretta. Fino a quel punto me l'ero cavata abba stanza bene. Avevo disarmato un assalitore e ferito seriamente (o cos speravo) l'altro. L'inizio della lotta era durato solo pochi secondi, ma ancora non cono scevo il numero dei miei nemici. Perch in quel momento un altro uomo, col solito randello (avrebbero potuto provare tutti e tre a impersonare Eracle), balz verso di me e abbatt con forza il suo bastone di legno sul mio avambraccio destro, prod ucendo un sibilo nell'aria. Se mi avesse colpito il gomito, cosa che non avvenne per un pelo, credo che non sarei mai riuscito a scrivere questa storia. Sul mom ento mi parve che il braccio mi si fosse spezzato. Con un grido di dolore lascia i cadere il mio bastone, ma ebbi abbastanza presenza di spirito da spingerlo al buio con un calcio, proprio mentre il primo uomo, a cui l'avevo preso, mi afferr ava alle caviglie, facendomi piombare a terra. Il suo compagno, l'ultimo arrivat o che mi aveva appena disarmato, mi colp due volte nel ventre con il suo corto ra ndello. Sapevo che per fare questo aveva dovuto piegarsi, per capire dove si tro vava [237] approssimativamente il mio corpo. Cos , non appena quello che mi aveva afferrato mi lasci andare per colpirmi a sua volta, inarcai il corpo, scalciando con tutte le mie forze verso l'addome di chi mi stava sopra. L'uomo indietreggi b arcollando, e io balzai in piedi e mi misi a correre, o meglio a zoppicare, lont ano dal tempietto, dirigendomi alla cieca verso il pendio. Ma dopo questa lotta il mio respiro affannoso avrebbe indicato a chiunque dov'ero, se non fossero bas tati i miei passi a tradirmi. Presto mi furono addosso di nuovo, e di nuovo fui colpito alla schiena. Caddi in ginocchio. Ma mentre uno degli assalitori si port ava davanti a me per colpirmi in faccia, gli afferrai una gamba, e piegando la t esta come un uccello o un serpente, la morsi selvaggiamente quasi fossi stato un cane. La sua sorpresa fu grande, e cos pure la sua rabbia. Grid al suo compagno: - Maledetto, mi ha morso! - Questi emise versi furiosi e cominci a colpirmi sul c ollo con i pugni nudi, a tutta forza. Ci sono dei punti nel collo che fanno un male terribile quando ci si batte so pra. Mi vennero le vertigini. L'uomo riprese a picchiare. Fui colto dalla nausea . Mi rialzai, e quello che avevo morso mi colp allo stomaco. All'improvviso, e co n mia grande sorpresa, vomitai. Suppongo che l'uomo si trovasse proprio in quell a direzione. Sentii delle imprecazioni, e poi quello che mi aveva colpito sul co llo ricominci da capo. Fui percosso anche sul viso, ripetutamente: sentivo il san gue colarmi dal naso. Poi il randello fischi in aria e mi piomb su una guancia. Fu allora che perdetti due grossi denti laterali. I pugni mi grandinavano sul tora ce, sulla schiena e nella pancia. Tirai dei pugni deboli cercando di tenermi dri tto. In un certo senso era strano che non usassero pi il randello e rimanessimo a lottare tutti insieme in un groviglio scuro; ma suppongo che quello col randell

o avesse paura di ferire il suo compagno. Cercai debolmente di estrarre il mio p ugnale. E' dono del cielo che non l'abbia trovato, perch se l'avessi fatto, avreb bero potuto facilmente togliermelo e usarlo per finirmi quando ne avessero avuto voglia. Continuarono a picchiarmi energicamente. Erano evidentemente [238] uomini rob usti e in perfette condizioni fisiche. Sapevo che stavamo lottando pesantemente e che questo non era affatto uno scherzo. Quest'esercizio coi pugni era solo il preludio. Man mano che mi indebolivo, l'uomo col bastone cominci a colpirmi senza troppa cautela. Mentre il randello mi percuoteva sulla schiena e sulle spalle, mi resi conto che era irto di chiodi. Sentivo la pelle e la carne lacerarsi. Molto chiaramente, tra la morsa del dolore e la nebbia che mi velava la vista , pensai: "Mi picchiano per buttarmi a terra di nuovo. E allora mi uccideranno. Una volta caduto, non ci sar pi bisogno di essere prudenti col randello. Sar facile sfondarmi il cranio". Questo pensiero rese lucida una parte del mio cervello to rmentato, che ancora si sforzava di fare il suo dovere, e allora mi chiesi mesta mente: "Perch me ne sto qui a farmi ammazzare?". Quest'ingenua domanda mi riscosse. Scattai (credo abbastanza lentamente) in m ezzo ai due, e cominciai a correre. Credo che fossero colti di sorpresa, perch av evano smesso di aspettarsi una qualche reazione da parte mia. Ovviamente m'inseg uirono. Dopo pochi secondi, un colpo di bastone chiodato mi lacer le natiche e mi azzopp quasi per sempre (per quanto, se il colpo mi avesse impedito di correre, "per sempre" sarebbe durato circa un minuto in pi di vita). Un altro colpo mi col se alla spalla, la stessa che era stata cos ferocemente martoriata poco prima. Se guitai a correre, mentre negli occhi mi balenavano lampi e stelle, e mi parve ch e al di l di queste strane luci vi fosse il buio eterno. Sentivo nella testa un r ombo come quello del mare. Grandi onde, tra le quali entro pochi minuti sarei an negato. Rendendomi conto a fatica di quanto accadeva, piombai in mezzo a dei ces pugli, e proprio in quel momento ricevetti un nuovo casuale colpo sulla testa. S eguitai a cadere, a cadere, a cadere, rotolando e rimbalzando su cespugli e piet re, e sentendo a ogni sobbalzo uno strazio che mi lacerava i sensi. Poi cessai d el tutto di sentire, e le tenebre mi chiusero gli occhi. [239] 19 - Pensieri di morte Mi risvegliai all'aurora. Dico "mi risvegliai", ma in realt non fu niente di s imile ad un normale risveglio. Piuttosto, fu come il ritorno in superficie di un uomo quasi affogato. Vedevo poco e male, come se guardassi il mondo attraverso delle fessure. Vedevo pietre taglienti e qualche filo d'erba, e tutto mi appariv a mostruosamente grande. Mi sentivo in testa un fragore che m'impediva di vederc i chiaramente, e il cranio mi doleva come se stesse per spaccarsi. Richiusi gli occhi e li riaprii poco dopo, cercando di muovermi. Lo sforzo fu cos doloroso che desistetti, ripiombando nel torpore. Non so per quanto tempo rimasi cos , dormendo e vegliando a brevi intervalli. L e cose si facevano un po' pi chiare ogni volta che riaprivo gli occhi. Sentivo qu alcuno che gemeva, e mi resi conto che ero io. Poi riacquistai un po' di lucidit , e feci un enorme sforzo per accertarmi di non avere ossa rotte. All'inizio mi p arve di non riuscire a muovere la gamba sinistra, e fui preso da un'enorme paura ; poi scoprii che riuscivo a muoverla, ma mi faceva male. Mentre il chiarore del l'alba aumentava, riuscii ad intravedere rivoli di sangue sulle mie mani e sulla tunica sporca e ridotta a brandelli. Mi tornarono in mente spezzoni di ricordi. Sapevo di essere Stefanos, e non solo un animale ferito e mugolante che emergev a dall'oscurit . Ricordai qualcosa della notte appena trascorsa. Infine, riuscii a raccogliere la forza necessaria per tirarmi su fin quasi a sedere e guardarmi i ntorno con gli occhi gonfi e velati. Ero vicino al fondo del pendio, in mezzo a una macchia di cespugli sotto una sporgenza di roccia. Piegai la testa con un se nso di nausea e riuscii a distinguere sopra di me il crinale del colle. Le tracc e della mia caduta erano tuttora visibili nella terra sconvolta e nella vegetazi one schiacciata. C'erano anche alcune orme umane a qualche distanza, ma non into rno a me. Pensai confusamente che i miei [240] assalitori dovevano avermi colpit

o proprio mentre precipitavo gi da una sporgenza del colle; poi, scendendo a cerc armi per una strada pi sicura, dovevano aver scorto la mia sagoma immobile e pens ato che fossi morto. Dovevo essere rimasto un bel pezzo senza muovermi, n esalare un grido. Fui preso di nuovo da una grande debolezza e ricaddi nell'oblio. Ma poco dopo rinvenni di nuovo, con la sensazione di dover vomitare (avevo in bocca un sapor e terribile di sangue incrostato e bile), ma capii che era impossibile; i conati scossero la mia carcassa ferita e mi sentii trapassare le ossa da lame d'acciai o bollenti. Guardando le macchie di sangue mi resi conto che il randello mi avev a lacerato le carni. Il freddo dell'aria notturna doveva aver asciugato rapidame nte le mie ferite, il che era un bene, perch cos doveva essermi rimasto un po' di sangue. Quasi ogni parte visibile (e molto era visibile, perch la mia tunica era ridotta a brandelli) era coperta di lividi ed escoriazioni. Durante la notte era piovuto un po', e intorno a me tutto era umido e fangoso. Capii che non era sal utare restarmene seduto l a riflettere sulle mie ferite. Avevo bisogno di calore, di coperte, di medicine, di ogni genere di soccorso, e dovevo cercare di tornar e a casa. Decisi di compiere uno sforzo per farlo. Quella decisione era molto pi coraggiosa della mia determinazione a portare Fi lemone in salvo in Eubea, e comportava molta pi fatica. Chi lo consideri facile d ovrebbe provare a strisciare gi per il pendio di una collina con il corpo interam ente coperto di ferite e la testa confusa, con gli occhi gonfi, pesti e quasi in servibili e le dita intorpidite che rifiutano di far presa. Per la maggior parte del tragitto strisciai sul ventre come un serpente, ma molto pi lentamente. Ogni ciottolo che incontravo sul mio cammino mi faceva altrettanto male di un pugno. Quando giunsi in fondo al pendio, mi alzai sulle mani e le ginocchia e arranc ai come un bambino. Di tanto in tanto gemevo, lo so, ma non piangevo. Tutte le l acrime che avessi mai potuto versare non avrebbero mai reso giustizia al dolore che provavo. Ogni tanto la sofferenza, il rombo nelle orecchie e la cecit mi [241 ] sopraffacevano, e mi appiattivo a terra ripiombando nel torpore. Ma ogni volta che riaprivo gli occhi, riprendevo a strisciare un po' pi in l ... e ancora un po' pi in l . Infine raggiunsi una strada. Non riuscivo a capire esattamente dove mi trovas si, ma vidi che ero su una strada, e pi in basso c'erano delle case. Provai un nu ovo terrore: la gente sarebbe potuta uscire dalle case e avrebbe potuto accorger si di questo essere abbietto e sanguinante che insozzava la sua bella strada, qu esta creatura animalesca ridotta a brandelli che strisciava su quattro zampe com e un rospo. Dietro di me avvertii un rumore di zoccoli. Non riuscivo a girare il capo per guardare, ma lo scalpitio si avvicinava, e torreggianti sopra di me vidi le gam be di un uomo, il suo corpo vestito di lana bruna, le zampe d'un mulo e la sua p ancia. Le cose appaiono molto strane viste dal livello stradale, ve lo assicuro. Dominai la mia vergogna e gridai: - Aiuto! - Per lo meno, intendevo gridare; ma la voce fu cos debole che l'uomo non mi ud . Gemetti, e provai di nuovo. Questa vo lta si ferm e abbass lo sguardo. - Che Atena ci salvi! - Non gli piacevo affatto, era chiaro, e il suo primo i mpulso fu di proseguire. - Aiuto - ripetei pi chiaramente. - Sono un buon cittadino di Atene... sorpres o dai ladri... quasi ucciso. L'uomo si gratt la testa. - Oh - disse piano. E poi: - Come faccio a sapere ch e non siete voi stesso un ladro? Ho sentito che alcuni attirano nei tranelli i p overi passanti. Io non ho un soldo in tasca, sono lo schiavo d'un uomo povero, c he Atena mi aiuti! - Non sono un ladro - balbettai. - Buon cittadino. Portatemi a casa. Ricompen sa. Nel nome di Zeus! - L'oscurit torn a inghiottirmi, ma quando riaprii gli occhi l'uomo era ancora l . - Mi sembrate un po' malridotto infatti - ammise. Pensai che non sarebbe mai diventato famoso come medico: questa sua diagnosi mi sembrava assolutamente inad eguata. - Quanto sar la ricompensa? - Cinque dracme. [242] Sembrava ancora dubbioso. - Dieci! - dissi. Che import ava se fossi poi in grado di pagare il debito, o no?

- Bene. Che nome? Dov' la casa? Glielo spiegai, e lui esclam : - A cavallo, signore! - L'uomo mi afferr con le sue mani rozze e mi butt sul do rso del mulo con la stessa delicatezza che avrebbe usato per un sacco di orzo. L a mia emicrania non fu certo alleviata dal trovarmi con la testa in gi , ciondolon i sul fianco del mulo. Ci mettemmo in marcia. L'essere sballottato a testa in gi mi provoc un violento senso di nausea prima ancora che il mulo avesse fatto quatt ro passi, ma ormai non avevo pi nulla da vomitare. Il movimento della bestia sott o di me era come una tortura. Il dolore sembrava un elemento, come il mare, e io vi ero immerso. Chiusi gli occhi, e la natura misericordiosa mi fece perdere co noscenza. Quando rinvenni, mi trovai disteso su un giaciglio pi morbido che non il dorso d'un mulo, e vi era un volto ansioso, bagnato di lacrime, chino su di me: mia m adre. - Oh, vivo! - grid . - Parlami, figlio mio! Oh, Stefanos... l'uomo che ti ha po rtato a casa ha detto che doveva consegnare un morto che abitava qui, e anch'io ti ho creduto morto, figlio mio! Sia ringraziato Zeus! Io chiusi gli occhi; poi li riaprii. - Sto morendo - dissi seccamente e con c onvinzione, e poi ripiombai nel torpore. Le ore che seguirono, una giornata o due, furono un alternarsi di dolore e so nnolenza, tuttavia qualche parte della mia mente tentava ancora di funzionare. M entre giacevo cos , a volte cosciente pur senza aprire gli occhi, compresi con chi arezza che qualcuno, uno sconosciuto, aveva tentato di eliminarmi. Pensai amaram ente e sacrilegamente che avrei desiderato morire. Poi, mentre la ragione ancora lottava, riflettei: "Se sono ancora vivo sono in pericolo", e mi colp l'idea che l'unica via di salvezza, a parte il morire sul serio, consisteva nel fingermi m orto; o se questo non era possibile, nel fingermi moribondo. Chiunque avesse cer cato di uccidermi sarebbe rimasto molto deluso apprendendo [243] che respiravo a ncora; ma si poteva indurlo ad attendere facendogli credere che il successo foss e semplicemente rimandato di poco. S , dovevo fingermi moribondo. Nei primi due o tre giorni ci riuscii benissimo, naturalmente, e senza doverm i imporre di recitare una parte. I giorni che seguirono non furono neanch'essi m olto difficili, per quanto riguardava la mia finzione. Trascorrere una notte fer ito, all'aperto, sul fianco di una collina e sotto la pioggia non molto salutare , e il raffreddore che pensavo mi fosse passato torn a manifestarsi in modo terri bile, rendendomi la respirazione tanto difficoltosa che temetti di aver contratt o una di quelle affezioni maligne dei polmoni che conducono in breve tempo alla tomba. Probabilmente fui affetto da qualcosa del genere, ma in una forma assai m eno grave; appresi in seguito di aver avuto una gran febbre e di aver trascorso una notte in delirio. Dal canto mio, posso dire di essere stato tormentato per u n certo tempo da orribili incubi, nei quali un borioso Boutades veniva verso di me armato di un randello, che si tramutava poi in un vasetto di una cosa che lui continuava a versarmi in gola finch non ne venivo quasi soffocato. S , in quei primi giorni diedi esattamente l'impressione di uno che stia per mo rire. Anzi, all'inizio ero stato cos convincente che in Atene si sparse la voce c he ero morto. Il mio nemico cos pot godersi una quarantina d'ore di tranquillo com piacimento, prima che si diffondesse la notizia che ero solo gravemente ferito, in seguito a un attacco di predoni, e che si pensava che non sarei sopravvissuto . Dopo sei o sette giorni, la mia parte si fece pi difficile: grazie alle devote cure di mia madre, i miei polmoni si stavano sgombrando e il mio corpo si ristab iliva; persino quelle tremende lacerazioni prodotte dai chiodi si andavano cicat rizzando, dopo che mia madre le aveva ricoperte di unguenti per eliminarne i vel eni. In un certo senso, man, mano che le mie condizioni miglioravano, io mi sent ivo peggio, poich ero quasi sempre cosciente: infatti, invece di arrendermi docil mente al dolore sentivo l'impulso di lamentarmi. Con grande sforzo di volont , [24 4] mi imposi di non aprire bocca, di non muovermi e di seguitare a respingere il cibo, che fino a poco prima non desideravo affatto e che adesso cominciavo ad a gognare. Ebbi un visitatore in quei primi giorni, un uomo che insistette per vedermi d icendo che era un amico di Aristotele e aveva faccende importanti da discutere.

Era un cittadino di nome Diocle, che vedendomi mi disse di essere venuto per com prare la vigna che, a quanto aveva udito, desideravo vendere. Aveva portato con s i documenti necessari, e completammo la transazione l per l , con me ancora distes o sul mio letto. L'uomo mi lasci duecentocinquanta dracme in una borsa di cuoio, e per un certo tempo io tenni la somma gelosamente per me, non osando neppure pa rlarne a mia madre per tema che quella meravigliosa ricchezza svanisse. Non so s e una simile vendita sarebbe risultata valida in sede legale, qualora qualcuno a vesse voluto contestarla, perch forse non ero ancora del tutto in me all'epoca de ll'affare. Il compratore mi appariva mescolato ai fantasmi dei miei sogni febbri li, e in seguito vi furono dei momenti in cui dubitai della sua esistenza. Tutta la faccenda, comunque, fortunatamente apparteneva alla realt . Le mie condizioni intanto miglioravano, e questo causava delle difficolt rigua rdo al mio preteso stato di moribondo. Dovetti confidarmi con mia madre. Con mia sorpresa, mi cap subito quando spiegai che pensavo di essere stato vittima di un attacco ordito dai miei nemici e che sarei stato tuttora in pericolo, se non fo sse stata confermata la voce che stavo per morire. Mia madre escogit addirittura vari modi per protrarre l'inganno. La schiava che mi portava il cibo ritrovava l e porzioni quasi intatte; mia madre mi dava poi da mangiare segretamente. Si agg irava nelle stanze della servit pallida e piangente (le lacrime, in parte, erano di sollievo) e trascorreva il suo tempo in sospiri e lamentele. Gli altri membri della casa e persino mia zia Eudossia mi vedevano solo come una pallida figura avvolta in bende e con gli occhi chiusi che respirava a fatica. Come appresi in seguito, le notizie che circolavano per Atene riguardo alle mie condizioni di [2 45] furono assai convincenti. La schiava che portava i pasti disse a tutte le su e conoscenze al pozzo che il padrone "soffiava come un mantice ed era bianco com e la neve". Queste e simili descrizioni si diffusero in tutte le migliori famigl ie, e cos , tanto nell'agor come nelle cucine, i rimpianti per la mia morte prematu ra si mescolavano ai commenti sui terribili eccessi compiuti dai rapinatori. (Se bbene, naturalmente, ci fossero anche dei tipi intransigenti per i quali la mia morte era da interpretarsi come un castigo degli dei contro la nostra famiglia.) Frattanto, sul mio giaciglio solitario nella stanza oscurata, avevo modo di r iflettere. A mia madre avevo detto che l'attacco era stato tramato contro di me dai miei nemici, e questo era quanto pensavo. Ma chi erano? Ripassai nella mente la mia visita a Euticleide quella sera. Mi aveva forse fatto aspettare di propo sito, in modo da assicurarsi che me ne andassi a un momento prestabilito e nell' oscurit ? Perch , tra tutti i luoghi malaugurati che potevo scegliere, avevo dichiar ato di essere andato a vendere il mio olio proprio a Megara? Che regalo avevo st upidamente fatto ai miei antagonisti quella sera prendendo la strada solitaria d el colle! Non pensavo di poter riconoscere gli assalitori, neppure l'uomo dal vi so bitorzoluto che avevo intravisto per un momento. Non vi erano notizie di un c orpo trovato in cima al colle, perci l'uomo che avevo scaraventato a terra non do veva aver sofferto troppi danni. Ormai dovevano essere tutti ben lontani o ben n ascosti. Mi domandai se fossero gi stati pagati o se dovessero aspettare il mio f unerale. In questo difficile periodo della convalescenza, circa undici giorni dopo l'a ttacco, ebbi un altro visitatore, uno che certamente non aspettavo. Entr di forza nella mia camera tra le proteste dei familiari, dicendo che aveva un messaggio da trasmettermi a ogni costo, se respiravo ancora. Lo guardai lievemente sorpres o. Era un uomo robusto dalla carnagione bruna, indurita dalle intemperie; aveva membra muscolose, ma il suo stomaco sporgeva a botticella, come succede alla gen te che indulge a bere, e i suoi occhi piccoli somigliavano a delle uova [246] co tte, circondati com'erano da grosse borse. Entr con aria d'importanza e si ferm ac canto al mio letto, con l'aria di uno che aspetta di sentirsi dare il benvenuto. - Ebbene? - domandai. - Da parte di Simonide - disse, con una significativa mossa del capo in direz ione dello schiavo di casa. Congedai il domestico e il mio visitatore chiuse la porta. - Chi siete? Che v olete? - sussurrai. - Eh, ragazzo mio - attacc a bassa voce. - Pensavo che sareste stato felice di vedermi. Non andata come mi aspettavo, o meglio, come vi aspettavate. Mi chiamo

Fidippide. - Strizz .

gli occhi piccoli e si gratt il petto con un gesto disinvolto

- Oh. S , desideravo molto vedervi. Potete... - Piano. Un momento. Fatemi controllare il carico. Con mia grande preoccupazione, afferr il mio polso nella sua zampa pelosa come se fosse stato un medico; poi mi tocc la fronte. - Non c' male - borbott . - Ben ca lafatato - aggiunse dando un'occhiata alle fasciature. - Adatto a navigare: megl io di quanto pensassi. - Si accomod familiarmente sull'orlo del letto, e sput un p o' delle foglie d'alloro che stava masticando. - Bene, figliuolo, ci troviamo ne i pasticci, eh? Non bene lasciare che la pentola sia rimessa al fuoco. No, no. L asciate fare a me. - Aspettate - dissi. - Forse non avete capito bene. Io non vi ho chiesto di b adare alla mia salute... - Ah, - fece lui con aria saggia - non c' niente come l'aria di mare per rimet tersi in salute. Aria pura e distanza curano molti mali. - Ma per cosa credete che vi abbia fatto cercare? - domandai alquanto perples so. Ammicc furbescamente. - Be', volete spedire della merce, no? Il pi presto possi bile. Si pu fare stanotte. Basta fissare il prezzo. - Della merce? - Certo. Un bel sacco di grano da spedire oltre mare, o un carico di pelli da infilare nella stiva. Roba da portare al sicuro, da traslocare in quattro e qua ttr'otto. [247] - Da traslocare in... - E' tutto chiaro come il vostro naso, anche se era pi bello prima che ve lo s chiacciassero, vero? Avete chiesto di me quando sapevate di correre un grave per icolo. Mi dispiace non avervi potuto aiutare prima che il ferro fosse caldo, ma ora non vorrete mica aspettare che torni il fabbro, vero? Voi volete tagliare la corda, e io posso organizzare tutto, farvi prendere il largo. E' pi salutare sta r fuori che dentro casa, come dice chi se ne intende. - Oh - esclamai, comprendendo finalmente. - No, grazie. Non voglio prendere i l largo. - (Devo ammettere che per un attimo l'idea mi parve attraente). - Vogli o - sussurrai d'un fiato - che mi promettiate di comparire come testimone e giur are che mio cugino Filemone era in viaggio con voi verso Egina in una certa nott e... se questa la verit . Si alz in fretta. - E' la verit , senz'altro, ragazzo mio, ma non da dire ad alt a voce. Non per affari del genere che sono venuto qui da amico e vi ho offerto i l mio aiuto. Niente tribunali per me. Mi fanno male alla salute. - Io posso... ehm... ricompensarvi bene per il disturbo - insistetti. Scosse il capo, con aria dolente. - No. Non voglio presentarmi a una giuria. No, per nessun prezzo. Per quel che riguarda la legge e roba simile, sono una ba rca che fa acqua. Non si possono dipingere delle assi marce e farle sembrare una trireme, questo certo. - Per piacere, pensateci - bisbigliai disperatamente. - Non dite subito di no . Potrei ricompensarvi bene. Se vi promettessi l'impunit e una buona reputazione. .. potrei richiamarvi? - Non posso dire con certezza dove sar . Non serve cercare d'impressionarmi per poi farmi testimoniare sotto tortura. Me ne vado e non mi troverete pi , se non v orr farmi trovare. - Non voglio farvi del male - ansimai rauco. - Ma pensateci su, vi prego. Non ci perdereste. Voglio dire che sareste risarcito per il tempo perso, mi capite? Strizz l'occhio, ma la faccia torn ad aggrondarsi. - Potrei [248] anche pensarc i, ma pi probabile di no. - S avvi alla porta. - Attenzione a non dire niente. - Po i annunci a voce molto alta: - Presto ci dedicheremo ai vostri vasi, signore - ed usc . Questa visita mi port scarso sollievo. Sembrava avessi fatto poco o niente per Filemone. I giorni che seguirono furono malinconici. Una guarigione lenta non u na cosa piacevole. Provavo per me stesso una compassione cos profonda che a volte non riuscivo a pensare ad altro, nemmeno a mio cugino. Tuttavia, stavo riprendendomi. E il processo si avvicinava. Il diciassettesim

o giorno fui in grado di passeggiare per la stanza per un certo tempo, naturalme nte in segreto. E alla sera me ne stavo seduto sulla mia sedia, quando sentii de i passi rapidi dirigersi verso la camera. Mi aspettavo che lo schiavo respingess e gli eventuali visitatori, ma per maggior sicurezza mi ero appena alzato per to rnare sul letto a fare la parte del moribondo quando la porta si apr . E chi vidi entrare, se non Aristotele in persona? - Vengo come tuo medico - annunci allegramente. - Ho detto di non lasciar entr are nessuno mentre ti visito. - Il suo aspetto vivace sembrava portare un po' di animazione nella mia monotona prigione. Chiuse la porta. - Vediamo un po'. Uhm, s , mi sembri un po' gi . - Rise sommessamente e aggiunse con dolcezza: - Ma non co s gi come certa gente vorrebbe, credo. Oh, Stefanos, che pazzo sei stato! Non ti a vevo messo in guardia contro i luoghi solitari? Cos' accaduto, realmente? Bisbigliando per amore di segretezza, gli dissi tutto sul mio piano di "fare il moribondo". - La miglior cosa che potessi pensare - disse - date le circostanze. Lascia c he veda le tue ferite. - Quando ebbe finito di esaminarmi, dichiar che le piaghe si stavano cicatrizzando bene. - A parte il fatto che d'ora in poi sarai uno sfr egiato - aggiunse. - Sono rimasto molto male quando sono tornato ad Atene e ho a ppreso che eri stato assalito da briganti e aspettavi di essere traghettato attr averso lo Stige. E' stato rimandato il processo? - No - risposi. - Benissimo! Stefanos, sono sicuro di avere trovato il modo di [249] vincere la nostra causa. Sempre che riusciamo a tenerti in vita per i prossimi quattro g iorni. Grazie ad Atena sei quasi ristabilito! Vedi, parte del mio piano dipende dal tuo aiuto. Ho bisogno di te per darmi una mano in una faccenda difficile e p ericolosa. E' cos intimamente connessa con la tua causa che esiterei a chiedere l 'appoggio di un altro. E non posso fare tutto da solo, visto che non sono Eracle . - Lo far , qualunque cosa sia - risposi con entusiasmo. - Aspetta. Ti senti abbastanza bene da uscire di notte e aiutarmi a spostare un oggetto pesante? Ci vorr un notevole sforzo. - Io mi sento abbastanza bene per fare qualunque cosa ci aiuti a vincere la c ausa - ribattei. La speranza e la forza mi si erano accresciute per effetto de lla sua presenza, come se fosse stato Ermete, un messaggero divino venuto ad aiu tarmi nel momento del bisogno. - Suppongo sia un rischio - borbott Aristotele appollaiandosi su una sedia. Ma sar bene affrontarlo. Con il tuo permesso, aspetter qui facendo finta di curart i. Manda tutti i domestici a letto. A mezzanotte, una lettiga verr a prendermi. H o un valido amico fra le guardie, che mi lascer uscire dalla porta della citt col pretesto di fare un lungo giro per tornare a casa. Ma invece di me sarai tu che partirai in segreto sulla lettiga, mentre io verr dietro umilmente a piedi. Nel c uore della notte cominceremo il nostro lavoro clandestino. Poi, penso che sarebb e meglio se tu venissi tranquillamente a casa con me. A tua madre bisogner dirlo della tua visita a casa mia, ma cerchiamo di nasconderlo a tutti gli altri. Se v engono a scoprirlo... be', sto semplicemente cercando di curarti con dei rimedi usati in Macedonia, e con le medicine orientali preparate da mia moglie. Ma megl io se tutti seguitano a pensare che stai morendo pacificamente a casa tua. - Ma... - obiettai. - Cos' questo strano lavoro che dobbiamo fare? Dove andiam o? - Credo che per adesso non te lo dir . Non precisamente piacevole. Non cosa da ruminarci sopra in anticipo. Rimasi insoddisfatto, ma non c'era altro da fare che fidarsi [250] del maestr o. Feci chiamare mia madre, mentre Aristotele attendeva in anticamera come si co nviene. Le dissi della progettata visita e della necessit del segreto, ma non il resto del nostro piano. Lei assent a malincuore, e disse che avrebbe spiegato ai familiari che le medicine lasciate da Aristotele andavano somministrate unicamen te da lei nei prossimi giorni. Le diedi da custodire il denaro ricavato dalla ve ndita della vigna, e le diedi istruzioni di far recapitare a Euticleide la somma che gli era dovuta da parte mia tramite uno schiavo fidato nel giorno stabilito . Poi furono portati i cordiali e le spezie che erano stati ordinati. Aristotele

mi fece respirare del balsamo e prendere un po' di vino caldo. Le ore scorrevano lentamente. - Com' andato il vostro viaggio? - domandai tant o per far conversazione. Molto bene, grazie - mi rispose. - E' proprio per questo che penso che abbiam o buone probabilit di vincere la tua causa. - Ma allora volete dire... che siete partito per causa mia? - S . Principalmente. E ho trovato ci che cercavo. Sapevo che c'era, ma non ero sicuro di trovarlo. - Non sono un bambino - ribattei, contrariato. - Avanti, raccontatemi. E dite mi anche dove andiamo e cosa dovremo fare. - Le due cose si riducono ad una sola - rispose. - Quindi, per prima cosa ris ponder alla seconda domanda. Quello che ti chiedo di fare, Stefanos, una cosa ant ipatica da proporre anche a un uomo in buona salute e col morale alto. E ha i su oi rischi. La legge potrebbe non essere d'accordo. - Rise. - Ma tu non sei tropp o scrupoloso nell'osservanza della legge quando si tratta di una buona causa, ve ro? Ora posso ripagarti per lo scherzetto che mi hai fatto qualche tempo fa. - Ditemelo subito - insistetti. - Dove andiamo? Allora me lo disse. Quando appresi dove ci stavamo dirigendo, rabbrividii. Qu ando mi spieg quello che dovevamo fare, mi si rizzarono i capelli. E quando mi di sse quello che si aspettava di trovare, e perch proprio l , non trovai nulla da rep licare. Mi alzai subito e lo seguii nella notte. [251] 20 - Al crocevia di Ecate Erano passati molti giorni dalla mia ultima uscita, e l'aria aperta mi parve strana. Ma non ebbi tempo di lagnarmi del freddo della notte, perch Aristotele mi spinse sulla lettiga, che era stretta e scomoda e odorava fortemente di cuoio u mido e di vecchia paglia. Non vedevo niente, ma sentivo ogni movimento degli sch iavi che mi portavano, e pensavo che avrei dovuto insistere per andare a piedi. Oltre tutto mi sembrava disonorevole viaggiare cos , come una nonna vecchia e gras sa. Mi sentii sollevato quando Aristotele ordin al veicolo di fermarsi. - Dovrai camminare ora - disse. - Te la senti, no? Mi guard mentre sgusciavo f uori dalla lettiga. Tutti quei giorni di degenza sembravano avermi infiacchito l e gambe. Ma lui disse: Ottimo! - e mi diede da portare una torcia. Ci allontanammo a passo che mi parve svelto, poi, girato un angolo, ci lasciammo dietro gli schiavi e la lettiga. Pr esso un boschetto, svoltammo di nuovo. - Ho creduto bene non far conoscere neppu re ai miei schiavi la nostra destinazione precisa - spieg Aristotele. Presto capii chiaramente dove eravamo: sulla grande strada per Eleusi, nel pu nto in cui attraversa il Kerameikos. Proseguimmo da quella parte, mentre Aristot ele di tanto in tanto si voltava a guardare se arrivavano altri viandanti. E' un a strada molto frequentata normalmente; ma in quella fredda notte d'inverno non si vedeva nessuno. Stavamo arrivando al crocicchio delle tre strade: il crocevia di Ecate, Artem ide la terribile, dea della morte e dell'oscurit . Sopra di noi brillava il suo pi aneta, Febe, la luna nuda e fredda, pallida sorella del caldo sole. Ci avvicinam mo al santuario di Ecate, il cui altare buio era illuminato dai raggi lunari. L , presso quell'incrocio stregato dalla luna e circondato dai morti, era quello il luogo pi giusto per rivolgere una preghiera ad Artemide. Pregai fervidamente, e i l mio cuore ebbe un sussulto quando [252] pensai che la dea avrebbe potuto non a pprovare la nostra missione. Questo era il suo mondo, e la notte l'ora a lei sac ra. Non avrebbe potuto forse scoccare i suoi divini strali contro di noi tra que lle tenebre fruscianti? Anche il mio compagno stava ancora mormorando le sue ora zioni quando ci avviammo per uno dei sentieri che serpeggiano in mezzo alle tomb e. Raffiche intermittenti di vento mi facevano rabbrividire, nonostante il tepor e del mio caldo mantello. Sopra di noi, in alto, piccole nuvole trascinate dal v ento passavano sopra la luna, come navi guidate da un potente faro su una spiagg ia. La pancia delle nuvole si faceva d'argento passando sopra la luna e, allo st esso modo, le sagome scure delle stele funerarie mandavano un improvviso baglior

e al passaggio delle nostre torce. A poco a poco, ora un monumento, ora un al tro si svelavano al nostro sguardo. Intere scene incise nel marmo balenavano con un'apparenza di vita. Qui una testa virile che ci guardava fissi, l un bambino r idente abbracciato dai suoi mesti genitori. Questo giardino di polvere e d'ossa sembrava pieno d'occhi che ci spiavano: mi sentivo attorniato da centinaia di pr esenze. Se ci che molti considerano vero lo realmente e lo spirito intelligente, separato per sempre dal corpo, scende nell'Ade dopo la morte, oh, che orrore dev 'essere quella prima visione di tante ombre simili a lui presso le rive dello St ige! Senza dubbio, ogni spirito memore della propria carne e della vita gioiosa rifugge atterrito da tutte le ombre, pur essendo esso stesso diventato tale. La mia mente si perse in queste cupe divagazioni, e cos per un po' mi scordai il mot ivo per cui ci trovavamo l . Ma il mio compagno sembrava sereno, come se fosse sta to nel suo studio a casa sua, e camminava senza sforzo apparente, sebbene l'aria gelida della notte non dovesse essere piacevole per i suoi reumatismi. A un tra tto si ferm , agitando la sua torcia verso un blocco di pietra, che si illumin di u n vivido bagliore. Boutades. La sua faccia mi guardava con aria sprezzante. S , er ano Boutades e sua moglie, come li avevo visti gi una volta, quel giorno in cui l a lapide era stata trasportata per le vie. - Qui - disse Aristotele a bassa voce. Infil la sua torcia ben [253] dritta ne lla terra, e mi accenn di fare altrettanto. Il vento agitava leggermente le fiamm e, quel tanto che bastava a far ondeggiare e tremolare la luce sopra le figure i ncise, cosicch Boutades sembrava sorridere imbronciato e fare piccole smorfie, co me un uomo tormentato da un'indigestione. Fui quasi tentato di ridere. - Al lavoro - disse Aristotele. Butt indietro il mantello, scoprendo due lungh e sbarre di metallo. Le aveva portate fin l come uno pu portare una spada: fissate alla vita con un pezzo di corda. La mia ammirazione per la sua energia aument . C amminare cos ingombro non doveva essere stato facile. - Per sollevare pesi - bisbigli . - E qui c' qualcosa per scavare. - Mi porse un grosso badile. - Scava! - comand . Obbedientemente, cominciai a scalzare la ter ra intorno alla base della lapide. - La terra gi abbastanza smossa - dissi con sorpresa. - Da' qua - ordin Aristotele, e afferrato il badile cominci anche lui a scavare , delicatamente, tastando la base della lapide con le mani. - S , senz'altro piutt osto smossa nel mezzo. No, non c' bisogno di far leva qui. Proveremo invece sui l ati. - Seguit a scavare per un po', spostando la terra con precauzione e deposita ndola in piccoli mucchi - Ora - disse. - Prova a far forza con la leva l a sinist ra, ed io far lo stesso a destra. - Poi, quando le sbarre di metallo furono in po sizione, comand : - Forza! Su! Facemmo leva tutti e due insieme. La lapide rimase immobile. Provammo di nuov o a scalzarla. Si mosse lievemente, appena appena. Sentivo il sudore imperlarmi la fronte. - Uff! - esclam Aristotele guardandosi attorno. L vicino c'era una piccola stel e in forma di colonna, un po' trascurata, che s'era rovesciata su un lato. - Ecc o - disse lui. - Portiamola qui. Mettila di fronte alla lapide, a poca distanza. La colonnina venne via facilmente dal terreno, ma risalt un carico tutt'altro che da poco: circa il peso di un ragazzo sui quattordici anni direi. Normalmente non ci avrei fatto caso, ma quella notte mi venne il fiato corto. - Siediti - disse Aristotele dopo avermi dato un'occhiata. - E adesso guarda. - Spinse la leva sotto il monumento di Boutades, [254] come prima, ma appoggian do una parte della sbarra di metallo sulla colonna. - Questo dovrebbe rendere le cose pi facili. Prova. Ne dubitavo, ma obbedii. Aveva ragione, e quando ci riprovammo tutti e due in sieme, la pietra cominci a cedere, a una pressione molto minore di quella esercit ata nei primi sforzi. Boutades e sua moglie avevano l'aria sbalordita mentre incominciavano a dondolar e all'indietro; poi svanirono alla nostra vista. La lapide si abbatt lentamente s ul terreno con un tonfo sordo. Di fronte a noi ora c'era solo un nero riquadro d i terra cimiteriale. Aristotele vi si accovacci accanto e cominci a lavorare di ba dile. - Ecco - disse - dove prima hai trovato la terra smossa, segui quella linea e

... ah! Frug nella terra e ne estrasse qualcosa. - Non usare il badile, scava con le m ani. Cominciai a scavare, e fra il terriccio che mi si appiccicava alle dita senti i qualcosa di duro, e raccolsi un frammento sudicio di un vaso rotto. Sistemammo i cocci in un mucchietto ordinato e seguitammo a scavare, come bambini che gioc ano nella sabbia. I frammenti erano uno vicino all'altro, e dopo un po' ne forma mmo un cumulo. A un certo punto non ne trovai pi , e Aristotele aveva gi cominciato a ripulire con un cencio i nostri reperti. - Guarda - disse, porgendomi un grosso coccio con le dita macchiate di terra. Alla luce della torcia, vidi che era un frammento di ceramica dipinta con parte di una figura, e la figura era di un uomo con un manto di pelli. - Di niso - spieg Aristotele da conoscitore. Stava accostando i vari pezzi rapid amente, con la fronte corrugata e l'espressione molto concentrata, e sotto le su e mani si ricomponeva come per magia la scena d'una festa, con il dio Di niso, un suonatore di flauto e un coro di satiri. - Ancora un pezzo - disse Aristotele, tornando in fretta al riquadro di terra , e scavando furiosamente. - Eccolo! - Aggiunse il frammento mancante e la scena fu completa: la parte centrale [255] d'un vaso, ricomposta dai cocci del vaso s tesso accomodati in forma di circolo. Al chiarore delle torce, i frammenti di argilla rossa dipinti e verniciati sembravano quasi eseguire una danza gioiosa n ei colori del rosso, del nero e del bianco, e nonostante qualche traccia di terr a ancora attaccata qua e l , le eleganti figure erano chiaramente visibili. La sce na dipinta era l'opera di un grande artista, e creava un vivace contrasto con il tetro mondo che ci circondava. - E' magnifico - dissi. Aristotele prese il complimento interamente per s . - Te l'avevo detto che ci s arebbe stato. Ho potuto arrangiare i pezzi cos in fretta perch avevo avuto occasio ne di studiare questa scena. E anche l'iscrizione alla base come me l'aspettavo. Distolsi gli occhi dalla brillante decorazione e guardai i cocci opachi che f ormavano la base. C'era tutta un'iscrizione. Le lettere si distinguevano debolme nte alla luce delle torce, ma riuscii a leggere: "Appartengo a Boutades". Un pez zettino risultava ancora mancante, e quando ce lo avessi aggiunto, la parte infe riore della "B" nel nome del possessore sarebbe stata completa. Avevo portato vi a con me non una "fi" ma parte di una "beta". - S - disse Aristotele. - Possiamo unirci l'ultimo frammento. Tutti questi coc ci insieme formano un intero; temo, per , che una parte di questo bel lavoro sia s vanita per sempre in atomi di polvere. Comunque sia, ne abbiamo a sufficienza. P render questi, per il momento. Raccolse i frammenti con cura e li avvolse in lana grezza; poi infil l'involto in una borsa di cuoio che portava appesa al collo. - Ora capisco - dissi tristemente. Non provavo alcun senso di trionfo, perch m i rendevo conto vagamente di ci che tutto questo significava: avrei dovuto affron tare un terribile compito. E il senso dell'omicidio denunciato dai frammenti del vaso era orrendo. Non riuscivo a comprenderlo nemmeno adesso. - Almeno adesso p otremo tornare a casa - dissi. - No, non ancora. Prima dobbiamo rimettere tutto in ordine. - Accenn alla lapi de rovesciata e cominci a sistemare i [256] mucchietti di terra dov'erano prima s ervendosi della pala. Rimettere la pietra al suo posto fu un lavoro duro come lo era stato il rimuoverla; pi duro, anzi, perch dovevamo stare bene attenti a ricol locarla esattamente nella posizione originale. Dopo avere risistemato il monumen to funebre di Boutades, dovemmo riportare a posto anche la colonnina. Stavolta p esava come un uomo di mezza et dalla corporatura robusta. Poi Aristotele estrasse una spazzola e si diede a ripulire la lapide di Boutades dove aveva toccato la terra. Infine spazz il terreno intorno alla tomba. - Temo che i segni della nostra presenza resteranno visibili - concluse. - Il te rreno molto duro. Ci vorrebbe un po' di pioggia. La neve sarebbe meglio, ma temo che non sia il caso d'aspettarsela. - Gi che ci siete, potreste ordinare una tempesta o un terremoto - dissi con p esante sarcasmo.

- Povero Stefanos. Non ti senti molto bene, vero? Mia moglie avr del cibo pron to per noi e medicine e vino caldo per te. Sta' attento a come parli, per . Non bi sogna provocare gli dei. Ci incamminammo di nuovo. Aristotele ricus gentilmente le mie deboli offerte d i aiutarlo a portare gli arnesi. Le torce si erano quasi consumate, e si spenser o prima che giungessimo al luogo dove la strada di Eleusi lascia il Kerameikos. Proseguimmo piano nell'oscurit . Bench non fossimo restati pi di un'ora nel cimitero , mi sentivo pi stanco di quanto fossi stato dopo tutto il viaggio con Filemone. Inoltre detestavo quell'oscurit ; mi ricordava quell'altra notte buia sul Colle de lle Muse, e continuavo a immaginare dei passi che mi inseguivano. Quando ritrovammo gli schiavi, fui persino lieto di rientrare nella lettiga. Mi addormentai quasi immediatamente, ma non fu un sonno tranquillo. Il mio dormi veglia era colorato di rosso, di bianco e di nero in immagini frammentate: la sc ena infranta della festa che avevamo dissotterrato vicino al crocevia di Ecate. [257] 21 - Aristotele maestro di retorica L'indomani stavo male di nuovo, e la pratica medica di Aristotele si rivel uti le, come lui non manc di far notare. Avrei potuto ribattere che la colpa della mi a ricaduta era in parte sua. Non la cura migliore per gli infermi andarsene in g iro nelle notti invernali a spostare lapidi e a depredare cimiteri. Ad ogni modo , non ero dell'umore adatto a discutere. Tutto sembrava remoto e desolato. Vidi che Aristotele era in pensiero per me, e cos pure Pitia, o almeno cos mi parve, pe rch continuava a mandarmi delle medicine da prendere. Fra l'altro, delle pozioni orientali che non avevo mai assaggiato prima. Prima di sera mi sentii sollevato e persino in vena di scherzare, e la mattina dopo stavo molto meglio, salvo un l eggero dolore in mezzo alla fronte. Fu allora, a tre giorni di distanza dal processo, che Aristotele cominci a lav orare con me all'esame delle prove. Ci chiudemmo nel suo studio, che ancora pres entava tracce della sua collezione d'armi, e ripassammo tutto il materiale insie me. La mia meraviglia cresceva man mano che comprendevo quanto prima non avevo s aputo interpretare. Aristotele passeggiava per la stanza dissertando. Io l'inter rompevo di tanto in tanto per porgli delle domande o discutere. Era come seguire la prima lezione di geometria correndo a rotta di collo. I concetti sembravano tutti nuovi, la logica irresistibile. Ripassai da solo tutta la difesa diverse v olte, finch mi sentii sicuro che l'avevamo preparata nell'ordine migliore e in ma niera completa. Discutemmo anche diversi modi di presentarla, a seconda di quell o che gli accusatori avrebbero potuto dire. Poi, appena fu stabilito con certezz a quali persone dovessero parlare, inviai dei messaggi ai miei testimoni, uno de i quali era gi stato convocato da Aristotele. Aristotele stesso sped dei messaggi a due dei miei testimoni, ma io ignoravo di chi si trattasse. Ero convinto che n on avrebbe tentato nulla (ad esempio una trappola) che potesse mettere a rischio [258] la nostra causa all'Areopago. Dal canto mio, mi sentivo soddisfatto, perc h sapevo che tutto ci di cui avevo bisogno era che i testimoni dicessero la verit , nient'altro. Quel giorno di studio accanito ebbe un effetto enormemente tranquillizzante s ul mio spirito. Ripetere i fatti e considerarli qualcosa di simile a delle propo sizioni matematiche rendeva il mio lavoro simile a un esercizio intellettuale, c omprensibile e addirittura piacevole. Ricomponevo insieme i fatti nella mia ment e ricavandone un disegno preciso, come Aristotele aveva rimesso insieme i framme nti del vaso. Ora comprendo come alcuni possano prendere gusto a un simile lavor o e farne persino una specie di professione, come alcuni filosofi e studiosi di retorica che passano il tempo a preparare arringhe legali per conto di terzi. Aristotele, naturalmente, non era di quelli che vendono la propria abilit ad a ccusatori e accusati. Pure, in quest'occasione, mostr del tutto gratuitamente con quanta bravura era in grado di preparare una difesa, e come era superiore a tut ti quei professionisti della retorica i cui famosi sproloqui sono tenuti in tant a ammirazione. Quella sera attaccammo a lavorare sull'aspetto puramente retorico

dell'arringa. Aristotele si guard bene dal fare ci che sarebbe stato cos facile pe r lui, cio scrivere tutto un bel discorso e consegnarmelo. No. Era essenzialmente un insegnante, e si applic a un compito pi difficile: estrarre da me stesso la fo rmulazione pi appropriata per l'arringa, esattamente come faceva con gli studenti dell'Accademia durante le discussioni. Questo il compito del vero maestro: dare , per cos dire, la parola ai muti. A suo parere, i discorsi scritti da un altro e poi mandati a memoria suonano sempre falsi quando vengono recitati. E cosa pu es serci di pi disarmonico del sentir parlare un uomo rozzo e goffo con frasi elegan ti e ornate, o di udire un pavido oratore usare frasi audaci come un Agamennone che pungoli le sue truppe? Aristotele si sedette di fronte a me ad ascoltare, senza risparmiarmi delle a michevoli critiche. - Hum! - diceva - non mi piace quella frase roboante. - Oppu re: - Questa constatazione [259] zoppicante: hai perso di vista il punto princip ale. - O addirittura si metteva a ridere, dicendo: - Questo stile a tuoni e fulm ini in quel punto suona male; troppo burrascoso. E' pi adatto alla giuria d'un tr ibunale qualunque, che magari si commuoverebbe fino alle lacrime. Ma ricordati c he la tua giuria interamente composta di ex arconti, gli uomini pi imperturbabili di Atene. Abbi sempre presente di che tipo il tuo uditorio. Questa la prima leg ge della retorica. In un'occasione comment : - Questo giro di frasi suona troppo presuntuoso ed as tuto. La giuria ha gi assistito ad altri processi, e ha gi sentito altre volte que sto genere di cose. Questa causa troppo seria; i giurati non avranno voglia di s orridere dei tuoi motti di spirito, e potrebbero pensare che tu stia cercando di celare un punto debole. Usa pure l'arguzia, ma con parsimonia. Schiettezza e mo derata passione, ecco cosa serve. Tutto quanto stoni con l'effetto generale megl io lasciarlo da parte. Ma era anche pronto ad applaudire una frase efficace, un'osservazione acuta o un tono espressivo. Mi insegn come tenere le mani in modo disinvolto quando non facevo dei gesti. Finch non si provato a parlare in pubblico, non si sa come le m ani possano essere d'imbarazzo. Aveva un occhio critico per ogni tipo di gesto, che fosse adatto o no. Una volta m'interruppe ridacchiando e disse: - Se fai cos , hai l'aria di uno che sta abbattendo un albero con un'accetta. - Ebbene - dissi, lasciandomi andare a sedere - mostratemi voi come va fatto. lo sono stanco. - Allora Aristotele si alz e cominci a improvvisare un discorso i n un tribunale immaginario (una rustica arringa per la restituzione di un catino di bronzo) con una cos burbanzosa seriet , un tale sfoggio di belle frasi malament e cucite insieme, e un tale spreco di gesti convulsi che fui ridotto con le lacr ime agli occhi per le risate. Poi Aristotele cambi totalmente di stile, adottando i modi di un pomposo cittadino le cui labbra gorgogliavano di saliva, un uomo i ncline ad altezzose scrollate di spalle e a bruschi cambiamenti da una posa all' altra. Alla fine del discorso ridevamo tutti [260] e due. L'ilarit mi fece venir la tosse, e sentivo la gola indolenzita. - Mi ritrover a parlare sotto voce - mi lamentai. - Oppure sar ridotto a balbet tare e a impappinarmi, come Demostene quand'era giovane. - Eccolo qui Demostene - replic Aristotele, iniziando una terza parodia che ri cordo bene, un discorso sulla conservazione delle antiche usanze ateniesi su com e lavare i panni. La ricordo ma non la ripeter , per riguardo a entrambi questi uo mini illustri. Penso che Aristotele avesse dell'antipatia verso Demostene, perch questi, grande filosofo ma totalmente sprovvisto d'umorismo, era pronto a creder e che solo lui e quelli come lui fossero veri patrioti, e che chiunque dissentis se da lui anche su un solo punto fosse in cuor suo una canaglia. S , devo omettere la parodia di Aristotele, anche se non posso fare a meno di osservare che la co sa che trovai pi divertente in quel momento, tornando allo stato mentale di uno s colaretto, non fu l'ironia pungente, ma il semplice umorismo di una battuta che Aristotele intercalava di tanto in tanto: - Ehm, perdonatemi se metto in bocca u n sassolino. - Alla fine del "discorso di Demostene" sembrava che avesse un'inte ra spiaggia sotto la lingua. Questa sorta di recita mi risollev lo spirito, oltre ad ammaestrarmi nel modo pi piacevole, perch Aristotele aveva trovato modo di inserire in tutte e tre le ar ringhe alcune delle mie peggiori affettazioni.

Il giorno dopo, cio quello precedente il processo, potei prendermela pi comoda, per riguardo alla mia voce. Quel giorno Aristotele si addoss la parte dell'accus a, parlando in nome di Polignoto e dei suoi testimoni e invitandomi a considerar e ci che avrei detto, o come avrei modificato il mio discorso in vista di questa o quest'altra obiezione. Entrambi eravamo preoccupati della possibilit che l'espo sizione della mia difesa fosse interrotta come non pertinente a met del mio primo discorso o all'inizio del secondo. Vige la regola che tanto l'accusatore quanto l'accusato si attengano rigidamente al punto in questione in tutti [261] e quat tro i discorsi. In un processo per omicidio, questa regola esercita una forte pr essione sull'accusatore ed giusta e imparziale nell'impedire che l'accusato veng a infangato di accuse generiche, ma nel mio caso ci poteva rivelarsi inopportuno, per non dire fatale. Le prove che avevo da addurre erano senz'altro di grande r ilievo, ma la linea che avrei dovuto seguire era insolita, e la maggior parte di quanto avrei detto non era stato preannunciato in nessuna delle prodicas e. Se l' araldo suonava il corno e mi interrompeva, ero perduto. Avrei dovuto ripiegare s u materiale vecchio e trito. La mia difesa era unica nel suo genere poich consist eva nel provare chi era stato il vero assassino; ma se non mi si consentiva di f arlo, l'accusatore si sarebbe trovato in vantaggio, e Filemone avrebbe potuto es ser giudicato colpevole. In quel caso, inoltre, non sarebbe mai stata fatta gius tizia, perch Polignoto non avrebbe pi cercato di trovare gli assassini di Boutades , e a me, che non ero parente della vittima, non sarebbe mai stato consentito di portare alla luce ci che sapevo. Discutemmo della spiacevole possibilit che mi fosse impedito di esporre la mia difesa. In quel caso avrei dovuto essere estremamente abile nell'introduzione d egli elementi (apparentemente) estranei, intrecciandoli con la difesa ovvia e di retta di Filemone. - Io vedo una strada per impedire l'interruzione - disse Aristotele - o per p revenirla, se preferisci. Anzitutto, siccome nel complesso l'Areopago un tribuna le composto di uomini giusti, la giuria, bench simpatizzi con Boutades e con Poli gnoto, sentir di doverti risparmiare ogni inutile censura nei riguardi di Filemon e. Se Polignoto chiama il soldato a testimoniare, come hai ragione di credere, l a sua deposizione potrebbe sembrare diffamatoria, oppure, anche se risponde al v ero, estranea al caso. Un acuto senso di giustizia potrebbe indurre la giuria a interrompere la sua deposizione. Ora, se le cose si mettono in modo da far pensa re che il soldato sia messo a tacere, tu devi pregare la Corte che gli permetta di continuare. - Continuare? - dissi, sbalordito. - Ma io sarei felice di levarmelo dai pied i. [262] - S , d'accordo, ma dopo il brutto viene il bello. Quel che ha detto il soldato non una prova. Si tratta d'un testimone debole; se sei capace di farlo crollare , puoi gettare il dubbio su tutta la tesi dell'accusa, e nessuna delle identific azioni sembrer pi molto sicura. Inoltre, se domandi alla Corte di lasciarlo contin uare, e non saltando su aggressivamente ma limitandoti a chiederlo con umilt , all ora farai buona impressione. Apparirai come un uomo che desidera arrivare alla v erit . Dopo, potrai legittimamente scalzare la cattiva testimonianza e farla croll are, e usarla come pretesto per introdurre nuovi elementi. (Dobbiamo sperare che Polignoto presenti come testimone il soldato durante il corso del suo primo dis corso.) Visto che ti sarai attirato delle simpatie mostrando una mentalit aperta, la Corte sar meno propensa a interromperti mentre sviluppi la tua tesi. Se possi bile, fai in modo che non vedano dove vai a parare fino alla fine della tua arri nga. Continua a dargli corda, e non annodarla finch non sar troppo tardi per prote stare. La faccenda si presentava difficile. Avrei dovuto essere tanto abile da pensa re a tutte quelle cose mentre ero in piedi a parlare, io cos poco pratico come or atore che avrei gi trovato difficile pronunciarmi nel caso di un furto di pagnott e! - La giuria di sicuro non sar disposta ad accogliere favorevolmente il mio arg omento principale. Io stesso non riuscivo a crederci finch non me l'avete dimostr ato al di l d'ogni dubbio. I giudici saranno prevenuti. E inoltre sono molto prop ensi a dichiarare Filemone colpevole e a farla finita, ne sono sicuro. Dopo tutt

o, sono della stessa classe ed et di Boutades. - S , Stefanos, ma sono anche desiderosi che si faccia giustizia contro il suo assassino. Se tu fai in modo che gli entri in testa un dubbio sulla colpevolezza di Filemone, staranno bene attenti. E non dimenticare che i vecchi dalla barba grigia sono curiosi non meno dei giovani, sebbene richiedano che si dimostri un minimo di ragionevolezza e di riflessione. Tu puoi ridestare il loro interesse. E il sistema migliore un approccio dignitoso, razionale e naturale per indurli, piano piano, ad [263] accettare un nuovo punto di vista. Ormai, Stefanos, hai im parato queste regole alla perfezione: niente goffaggine, niente false solennit , n espressioni stereotipate. - Come pu venirmi tutto naturale se non ho fatto altro che provare e riprovare discorsi e fingermi uno stile? - Ah! Questo uno dei grandi dilemmi dell'arte retorica. Quello che ci vuole u n'artificiosa mancanza di artificiosit . Niente in pubblico suona pi falso degli sf orzi naturali per cercare di impressionare gli altri. Un tribunale e una giuria non sono un boschetto e un ruscello mormorante; l bisogna usare una certa intelli genza per scoprire qual il proprio stile naturale. Prendiamo ad esempio te che n on sei addestrato nell'arte della retorica: i tuoi primi impulsi ti porterebbero a un uso eccessivo sia di frasi pompose, sia di balbettii esagitati. Ma tu non sei n pomposo, n balbuziente. No, il miglior modo per apparire naturali si scopre grazie all'artificio. La mattina del processo dovetti farmi svegliare prima dell'alba per essere ri portato segretamente a casa mia. Mia madre mi disse che aveva fatto la sua parte , e che pensava che nessuno sapesse dove avevo passato gli ultimi giorni. Aveva anche fatto recapitare il denaro ad Euticleide, secondo le mie istruzioni. Mi ve stii dei miei panni migliori, che lei aveva preparati, ma prima insistette per l egarmi intorno al torace delle fasce di lana impregnate di grasso per tener lont ano il freddo. Accettai anche delle palline di miele, bollite e lasciate indurir e per la mia povera gola. La zia Eudossia era pallida e tremante. Mi pose la man o sul braccio. - Farai del tuo meglio per il mio povero figliuolo, lo so - disse. - Oh, Stef anos, salvalo, salvalo! Devi salvarlo. - Mi implorava come se fossi uno stranier o che poteva essere o no disposto ad esaudirla. Questo mi fer . Gli dei sapevano c he stavo dedicando a quell'intento corpo, anima e beni. Mi incamminai, seguito dalle loro preghiere. Andavo pi svelto che potevo, racc ogliendo i miei testimoni in vari punti lungo la via. Erano in verit un gruppo et erogeneo. Uno andava avanti in lettiga; gli altri trottavano dietro di me con ma ntelli [264] e cappucci di semplice lana bruna. Era ormai il tetro mese di Gamel ione, il pi freddo dell'anno. Il sole splendeva a intermittenza, interrotto da nu vole grigie, ma dava poco calore. Arrivammo all'Areopago. Lo spazio aperto per il processo si trovava l , sulla p arte occidentale del colle, e gi andava colmandosi di spettatori. Vidi Polignoto farsi avanti col suo seguito di testimoni. Euticleide era uno di loro. Cos , dunqu e, non avrebbe potuto far parte della giuria. Almeno ero contento di non dover p i considerare questo testimone dell'accusa come un creditore, anche se Euticleide non sembrava granch contento di vedermi. Lo vidi lanciarmi un'occhiata minaccios a ma non priva di allegria, l'occhiata di un uomo che guardi un noioso insetto i nfastidito di trovarselo davanti, ma contento di poterlo schiacciare. Polignoto non mi guard . C'era qualcosa d'irreale, nella scena. Mi sentivo come se stessi per assister e a uno spettacolo teatrale. Pass molto tempo senza che accadesse nulla. La folla riempiva tutto lo spazio. Poi arrivarono i giurati. Il rito sacrificale incomin ci . Presto tutto fu pronto per i giuramenti. 22 - Comincia il processo Polignoto avanz per primo verso l'altare. Stese la mano sopra le offerte, rapp resentate dalle membra sanguinolente di un cinghiale, un ariete e un toro, macel lati secondo le norme particolari imposte dal rituale in caso di omicidio. Appar

iva dignitoso e grave, pur nella sua giovent e bellezza. Pronunci il giuramento co n voce chiara: - Io, Polignoto, figlio d'Eusebio, vengo qui davanti a questa Corte e al cosp etto degli dei e accuso Filemone, figlio di Likias di Atene, dell'omicidio di Bo utades, pure di Atene. Affermo di essere il nipote dell'assassinato e il parente adulto pi prossimo. - Giuro per tutti gli dei, celesti, terrestri e sotterranei, per Atena, [265] protettrice di Atene, per il fuoco e per le acque dello Stige e per queste cose sacre che sono sull'altare che la mia accusa veritiera, e che Filemone di Atene l'assassino volontario di Boutades. Vengo a dimostrare a tutti i presenti e a q uesta giuria che le cose stanno cos , e tutto ci che mi propongo di dire riguarda q uesto caso soltanto, senza aggiunte che non siano pertinenti. - Se quest'accusa non veritiera, insieme a tutte le mie dichiarazioni ad essa pertinenti, possa una maledizione discendere sulla mia casa, e la distruzione p iombi sulla mia famiglia, mia moglie, la stirpe di mia moglie e i miei figli, e il totale annientamento su di me. Un terribile giuramento, in verit . Poi l'Orcote mi fece un cenno. Era il mio t urno di giurare. Temevo che la mano mi tremasse mentre la stendevo sopra l'altar e, e che il mio nervosismo fosse attribuito all'intenzione di spergiurare. Comin ciai a dire - Io, Stefanos... - e sentii d'avere preso un tono troppo alto. Il m io giuramento era la controparte di quello di Polignoto. Dichiarai che ero il parente pi prossimo di Filemone, e il pi qualificato a difenderlo, che lui era in nocente dell'accusa e lo avrei provato; e infine invocai la distruzione su di me e su quanti mi erano cari, come pure su Filemone e la sua famiglia, se le mie a ffermazioni erano false. Sulle prime riuscivo soltanto a vedere la carne rossa sopra l'altare, simbolo sanguinante di un omicidio. Poi, sollevando gli occhi, vidi tutta la moltitudin e, che si era zittita. Allora mi sentii calmo, perch sapevo che la mia causa era giusta e che potevo giurare con tutta tranquillit sull'innocenza di Filemone. Poi mi sedetti ad ascoltare il primo discorso di Polignoto. Il processo per omicidio si divide in quattro parti. La prima arringa da part e dell'accusatore seguita da quella del difensore; poi l'accusatore ha nuovament e la parola, e infine l'accusato (o chi lo rappresenta, come nel mio caso) parla per ultimo. Questo sistema d tutti i giusti vantaggi all'imputato; in verit , la l egge di Atene molto equa. Se l'imputato colpevole, o se gli pare che per lui il processo si metta male, ha l'opportunit di rinunciare [266] a tenere il suo secon do discorso, e pu approfittare di quest'ultima occasione per tentare la fuga da A tene, prima di trovarsi soggetto alle penalit stabilite dalla legge. Nel mio caso , non avrei avuto bisogno di ritirarmi personalmente, perch se la legge si pronun ciava contro di noi, sarebbe stato Filemone e non io ad essere condannato... Ma. .. e se mi fossi espresso in maniera disastrosa? Se ogni cosa fosse andata a rov escio, avrei dovuto ritirarmi prima dell'ultima arringa? Una volta pronunciata a nche una sola frase di questa, essa sarebbe stata valida, e io non avrei potuto ritardare in alcun modo l'emissione del verdetto di questo processo. Bench avessi esaminato la mia difesa insieme ad Aristotele, continuavo a chied ermi cosa dire nella mia prima arringa, se fosse pi saggio parlare di questa o qu ell'altra cosa all'inizio o alla fine. Ma con uno sforzo distolsi la mia mente d al problema di ci che avrei dovuto dire, e mi costrinsi ad ascoltare Polignoto. E gli guardava il suo uditorio con composto dolore, stando elegantemente eretto ne lla posa caratteristica dell'uomo di nobile famiglia. Appariva imponente come un a statua di bronzo, e la sua voce era chiara e incisiva (non aveva bisogno di pi llole al miele). Quasi ogni volto tra la folla esprimeva ammirazione e simpatia, mentre l'uditorio si sporgeva in avanti per udire il suo primo discorso di accu sa in questo famoso processo di omicidio. - Onorevoli giurati di Atene e nobile pubblico, io Polignoto, vengo davanti a voi nel mio dolore per raccontarvi di un crimine nefando, compiuto da Filemone nella bassezza del suo cuore; quel Filemone che ha privato mio zio della vita vo lontariamente e nel modo pi obbrobrioso. Il modo in cui avvenuta l'uccisione rend e il crimine ancora pi grave. Essa stata segreta come il lavorio di un veleno, ma

di gran lunga pi sanguinosa; sanguinosa come l'opera di una spada o di un pugnal e, ma assai pi subdola. Vorrei che la mia lingua non dovesse formulare l'orribile racconto di come Filemone venne di notte e trafisse mio zio, con una freccia, d a una finestra, mentre sedeva pacificamente [267] nel suo studio. Con la sua mal vagit , strazi a tal punto il cuore di Boutades da farne uscire tutta la linfa vita le. Fui io che lo trovai, disteso sul pavimento con una freccia nella gola, mort o o morente. Segu poi una relazione di come Polignoto fosse entrato nella stanza, svegliato da un rumore sul far dell'alba; come avesse rinvenuto il cadavere e poi visto q ualcuno al di l della finestra; come l'avesse rincorso nel giardino e poi avesse visto il fuggitivo saltare al di l del muro. - A questo punto chiam l'egregio Tele mone di Atene come testimone. Telemone si present . Il vecchio Gambacorta era tirato a lucido e appariva in g ran forma. Giur solennemente che l'accusato, Filemone, era colpevole. Poi ripet pi o meno quanto aveva detto prima alla prodicas a, affermando di aver visto e identi ficato l'assassino. - Proprio cos - disse Polignoto. - Io ritornai in casa e venne Euticleide, in compagnia di alcuni altri. Vi dir egli stesso quello che vide. Chiam l'egregio Eut icleide di Atene come testimone. Anche Euticleide giur che l'accusa era rispondente al vero e che Filemone era colpevole. Diede una completa e commossa descrizione di come gli era apparso il cadavere di Boutades. - Uno spettacolo pietoso, signori, il suo corpo giaceva l dove era stato abbat tuto. Si poteva tirare una linea retta dalla finestra al luogo dove si trovava p rima di cadere colpito a morte. Una cosa orribile a vedersi, signori. Sangue dap pertutto, i capelli raggrumati. Mi scocc un'occhiata ostile, come se accusasse me personalmente di aver abbatt uto il suo collega ex arconte. - Non mi fu detto nulla sul momento a proposito dell'assassino, perch in quell 'istante il parente pi prossimo di questi si trovava molto stranamente nella stan za. Ma subito dopo Polignoto mi disse che l'assassino era Filemone. Euticleide appariva molto imponente. Le facce dei giurati, sembravano dire: " E' uno di noi, uno di cui ci si pu fidare". - Finora, signori, - riprese Polignoto - si parlato solo di quello [268] che ho visto e di quello che altri hanno visto. Nessuno nega che Boutades sia stato ucciso da una freccia scoccata da un arco. Si tratta, come questo oggetto dimost ra - ed esib la punta di corno dell'arco - di una freccia scoccata da un arco cre tese. Questo fu trovato fuori dalla finestra. Ma mi si obietter con una certa fon datezza che la luce non era molto chiara, che ho visto l'assassino solo di sfugg ita come anche Telemone, e che non ci si pu fidare della nostra vista. Vi dar a llora maggiori prove che l'assassino, il malvagio che ha perpetrato quest'azione cruenta Filemone. Perdonatemi, signori, se mi lascio travolgere dall'emozione. Non una morte ordinaria quella di cui parliamo, e Boutades, ricordatevi, era per me come un padre. Oh ombra corrucciata! Guarda il tuo vendicatore! - Distese il braccio. La folla era col fiato sospeso. Poi Polignoto riprese il controllo e s eguit : - Porteremo ora delle prove pi consistenti che stato Filemone, un uomo gi a volta esiliato per omicidio e pieno di rancore e di furore, a compiere questo delitto. La difesa sosterr che non pu essere stato lui, dato che era in esilio. Sc iocca obiezione! Non mai capitato che degli esiliati rientrassero clandestinamen te? Dimostreremo che Filemone rientr in Atene contro la legge. Inoltre, vi rivele remo che razza di vita conduceva, che razza di uomo era e perch fosse inevitabile il suo ritorno per fare ci che fece. L'araldo non interruppe Polignoto. Nessuno mise in dubbio la pertinenza della testimonianza che stava per essere resa. Io ero il pi interessato di tutti, e no n vedevo l'ora di sentire cosa avrebbe detto il mio avversario. Avrebbe forse ri velato inaspettatamente la notizia del matrimonio di Filemone? O magari avrebbe fatto un resoconto distorto dei suoi rapporti con Boutades? - Chiamo Sosibio di Atene come testimone. Costui era il veterano, che si fece avanti tutto vispo e spavaldo. Mi sbirci p iuttosto nervosamente, ma rifece il suo racconto come l'aveva fatto alla prodica

un

s a. Quando arriv alla battaglia sulle rive del fiume, vidi i giurati guardarsi l'u n l'altro con aria dubbiosa e alcuni di essi rivolgere gli occhi all'araldo. Allora parlai a voce bassa all'Orcote: - Per favore, guardate [269] che non s ia interrotto. Questo potrebbe essere importante. Vi prego di lasciarlo continua re. - Il messaggio fu trasmesso al Basileus, e i giurati presero un'aria di appr ovazione; poi si accomodarono meglio per ascoltare. Naturalmente desideravano ud ire il resoconto della battaglia, e solo un delicato senso di giustizia li aveva indotti a pensare che forse avrebbero dovuto interrompere una digressione che p rometteva di essere diffamatoria. Io ascoltai tutto pazientemente. Il resto del racconto del soldato fu come la prima volta, solo con espressioni pi appropriate. - E cos - concluse Polignoto, dopo aver congedato con garbo l'interessante tes timone - vediamo che l'accusato, Filemone, effettivamente ritornato in Atene dal l'Asia Minore. Aveva dovuto lasciare il teatro della guerra perch aveva motivo di temere le truppe d'Alessandro, essendo un traditore. E perci venuto qui. E, sign ori, adesso chiamer un testimone a dimostrare che lui, Filemone, si trovava ad At ene in quel giorno fatale. Qui c'era qualcosa di nuovo! L'annuncio fece sensazione fra l'uditorio, e la gente si spingeva avanti per vedere. Io pure mi sporsi. Questo testimone non era comparso in nessuna delle tre prodicas e. Si trattava di un certo Cleofonte, del Pireo. Dopo il giuramento, dichiar d'av er visto Filemone in una delle strade presso la piazza del mercato al Pireo nel pomeriggio precedente il delitto. Questo Cleofonte era un pescivendolo, un omett o piccolo e nodoso, vestito rusticamente ma con dignit . Probabilmente era stato p agato per il suo disturbo, riflettei, sapendo come i popolani del Pireo sono con trari a farsi coinvolgere negli affari dei signori di Atene; l'ometto era visibi lmente impaurito. Ma non avevo motivo di giudicare falsa la sua deposizione. Era probabilmente il testimone pi onesto che avessimo visto sinora. Fra l'altro, cor reva un certo rischio di cacciarsi nei guai, perch infatti, se aveva visto un esi liato, avrebbe dovuto denunciarlo subito. Ci fu un gran mormorio nel tribunale dopo questa testimonianza. Capii che la giuria stava pensando che Polignoto aveva [270] segnato un punto decisivo. Se Fi lemone si era effettivamente trovato in citt , non era tutto chiaro, tutto evident e? - Cos , egregi signori, - continu Polignoto - sappiamo che quest'uomo violento, questo Filemone, esiliato, si trovava in Atene al momento del delitto. Aveva gi a vuto un'esperienza di omicidio, ricordatelo. Era stato a Creta, e conosceva bene le possibilit dell'arco cretese. Ma perch , perch avrebbe dovuto uccidere il mio po vero zio? Vi dir io perch , sebbene la ragione sia strana, quasi al punto da far pe nsare che l'uomo fosse pazzo. Vi devo dire, signori, che sebbene all'epoca della condanna all'esilio fosse gi un uomo di diciannove anni, Filemone sentiva molto la mancanza di un padre. - Il pubblico rise e anche Polignoto si lasci sfuggire u n pallido sorriso. - Non intendo scherzare, signori, l'argomento troppo grave. No, come tutti sa ppiamo, Filemone era il vero e legittimo figlio di Likias. Ma suo padre era mort o, e questo scavezzacollo si trovava in una posizione molto modesta. Si fiss nell 'idea che avrebbe dovuto avere i requisiti e le aspettative di un figlio di ricc hi. E il mio povero zio divenne l'oggetto della sua attenzione. Poich una volta B outades gli aveva parlato con bont , lui si lasci prendere dalla stravagante idea c he egli avrebbe dovuto adottarlo, a dispetto di ogni logica. Mio zio lo raccont a sua moglie e a me, e ci si rise sopra. Ma non ne parl fuori di casa, per rispett o alla memoria del povero Likias. Ecco, adesso possiamo immaginare senza diffico lt questo sciagurato giovane, la cui vita stata una sequela di guai provocati da lui stesso. Per prima cosa uccide un uomo in una rissa ed bandito dalla citt . Poi , in esilio, vagabonda sui mari senza meta, e infine, nella perfidia del suo cuo re, si arruola nell'esercito persiano. Ferito in una grande battaglia in cui sta va dalla parte del nemico e timoroso dei vincitori, fugge di nuovo verso la patr ia e rientra in Atene, bench la citt gli sia interdetta. Io penso che non avesse u n preciso piano d'assassinio finch non raggiunse la spiaggia, ma chi pu dirlo? Una volta in Atene, solo e sprovveduto, decide nella sua mente disperata di far ven detta sull'umanit per le conseguenze dei [271] propri errori, e anzi di rivolgere

questa vendetta sul mio sfortunato zio. Filemone intendeva uccidere Boutades e prendersi le ricchezze che pensava dovessero essere sue, che sarebbero state sue se fosse stato, come avrebbe voluto, figlio d'un ricco. Fu senza dubbio in ques ta sorta di frenesia che usc nella notte, per togliere la vita a mio zio nel modo pi vile e meno rischioso per lui. Prov soddisfazione nel vedere la sua vittima mo rta e coperta di sangue? Certo, l'udire me che mi muovevo imped a Filemone di com piere la rapina che progettava. Arrivai troppo presto, disgraziatamente. Pochi m inuti pi tardi lo avrei sorpreso in casa nell'atto di rubare. Fu un'impresa folle , ma la follia non una scusa perch l'omicidio fu compiuto deliberatamente e con l a piena consapevolezza di causare la morte di un uomo. Ah, povero zio, privato i n questo modo infame della sua vita! La follia di Filemone dimostra che gli stes si dei lo hanno maledetto. E anch'io lo maledico e lo esecro, Filemone, l'assass ino. E possa io stesso essere colpito da maledizione se non ho detto la verit nel la mia accusa davanti agli dei e a queste cose sacre. 23 - L'Areopago in tumulto Mi sentivo come se la terra mi stesse sprofondando sotto i piedi. Polignoto n on aveva menzionato nessun movente alle prodicas e. Non era difficile accorgersi c he la giuria era convinta. Uno dei punti salienti della mia difesa sarebbe stato forse seriamente indebolito. Contavo di causare sorpresa riferendomi al desider io di Boutades di adottare Filemone. Ma ora sarebbe stato molto pi facile per l'a ccusa screditare tutto ci come un prodotto della fantasia di Filemone e contraddi re i documenti dichiarandoli falsi. L'unico e lieve vantaggio di questa nuova si tuazione era che mi offriva l'opportunit di continuare sull'argomento e introdurr e questioni che non erano state menzionate alle prodicas e. [272] Mi alzai per parlare. L'uditorio, mi appariva come una macchia indistinta. Il cielo sopra di noi era grigio e minaccioso. Avevo l'impressione di rivolgermi a un mondo tutto di ferro. - Onorevoli giurati di Atene! Io, Stefanos, mi presento a voi per difendere i l mio infelice cugino Filemone, e per dirvi che innocente di questo terribile de litto. Mi prover a confutare la tesi dell'accusa punto per punto. Nessuno nega ch e Boutades sia stato trafitto da una freccia, n che il suo corpo sia stato visto da molti esattamente come l'accusatore e due testimoni l'hanno descritto. Ma vi pu essere un errore circa l'identit dell'assassino, specialmente in un caso in cui nessuno arrivato sulla scena se non dopo che il delitto era stato commesso. Qua nto al fatto che l'assassino sia stato visto, la luce era veramente fioca: quel tipo di chiarore che precede l'aurora e in cui difficile distinguere il bianco d al nero. Ripetei scrupolosamente tutti i punti che avevo specificati alla prodicas a, so ttolineando soprattutto la miopia di Telemone. La giuria ascoltava come di dover e, ma senza molto interesse. Passai quindi alla deposizione del soldato. Qui mi sentivo pi forte. Interrogai il testimone come avevo gi fatto, ma questa volta fu pi guardingo. Tuttavia era sempre un testimone da poco: ostinato e ansioso di com piacere quelli della sua parte, cosicch una domanda inattesa era sufficiente a co nfonderlo. Questa volta riuscii a sbilanciarlo con un paio di questioni tecniche sulle armi e le armature degli alleati e dei Persiani. Fu colto nell'atto d'imp lorare con lo sguardo un suggerimento da parte dei suoi per rispondere a una sem plice domanda sugli elmi macedoni. Questa sciocchezza gli fece perdere un po' di credito presso la giuria, ed io fui in grado di puntualizzare che la sua "ident ificazione" di Filemone era dubbia. - In realt - dissi - questo testimone non ha del tutto torto. Filemone era pre sente in quella battaglia, certo. Combatteva dalla parte dei Greci e dei Macedon i nella grande vittoria presso la citt di Isso, e l fu anche ferito mentre si batt eva onorevolmente. [273] Ho qui il nome del suo capitano, un Macedone. - Feci pa ssare il nome alla giuria, perch tutti lo vedessero. - Mandate a chiamare quest'u omo, che capitano nell'esercito di Alessandro, e lui vi potr parlare della condot ta di Filemone in battaglia. E' lontano da raggiungere, e ho appreso questo fatt

o solo recentemente. Ma vi prego, aiutatemi nel mandare a chiedere quest'informa zione prima di bollare Filemone nelle vostre menti come traditore. Vi domanderet e come sappia tutto ci , e come mai, sapendolo, non abbia agito prima. Come avrete compreso, io ho comunicato con Filemone dopo l'inizio del procedimento giudizia rio. Se questo un delitto, domando il vostro perdono, ma sicuramente non un crim ine per un cittadino rispondere a una lettera inviatagli dal suo parente pi pross imo in grandi angustie, n sollecitare a sua volta una risposta. - Stavo affrontan do un tema pericoloso, e non ero contento di aver giurato che avrei detto il ver o, anche se mi premurai di non dire una vera e propria bugia. - La legge di Atene giusta, e tiene conto dei vincoli di sangue. Ma stato sol o dopo la diffusione di tale calunnia che ho avuto notizie dall'accusato e ho po tuto chiedergli della guerra; e cos sono venuto a sapere il nome del suo capitano . Filemone, bench in esilio, sempre un patriota, e si battuto per i Greci. Non av eva motivo di fuggire dall'Asia, e inoltre, essendo uno degli eroi di una glorio sa vittoria, non poteva trovarsi nello stato d'animo che l'accusa ha indicato. La giuria fu abbastanza colpita da questo: non del tutto, ma la mia fiducia e il nome di Alessandro avevano sortito il loro effetto. Vedevo i primi segni di dubbio riguardo alla colpevolezza di Filemone. Adesso, almeno, i giurati erano m eno propensi a considerarlo irrevocabilmente un traditore e, di conseguenza, com e uno sconsiderato assetato di vendetta. Anche il fatto che avessi insistito perch al veterano fosse permesso di parlar e aveva influenzato i giudici in mio favore. Colsi questo piccolo vantaggio e an dai avanti. [274] La parte successiva della mia difesa non sarebbe stata cos piacevole. - S , signori, ho un'ammissione da fare. Ma perch aver paura? Chi avrebbe paura di ammettere la verit davanti a una Corte di giustizia ateniese? Io non chiedo pi et . Chiedo giustizia, un giudizio equo. Adesso so una cosa che prima non sapevo, che gli dei mi aiutino: e cio che Filemone stato veramente ad Atene. Non lo sapev o quando giurai fiduciosamente davanti al Basileus che l'imputato non era qui e non avrebbe potuto esserci. Ma ora in verit , parlando in suo nome, devo ammettere che fu colpevole di aver violato le leggi riguardanti l'esilio. Voi potreste di re giustamente: "Per questo egli merita la morte secondo la legge". Ma, signori, vi prego di considerare che, sebbene colpevole sotto questo aspetto, pu essere i nnocente in tutto il resto. Mi appello ai vostri cuori perch consideriate i suoi sentimenti e la condizione in cui si trovava tornando nella citt natale come un c landestino, dopo aver combattuto per il proprio paese. Perch si macchi di quest'az ione illegale? Ah, signori, perch voleva rivedere la sua vecchia madre, che sta m orendo di un male incurabile. Lei sapeva della sua venuta. Nessun altro della fa miglia ne fu al corrente fino a poco tempo fa, quando la sventurata donna, non p otendo resistere, me lo ha confessato. E' giusto che ora ve ne parli. Punite anc he me personalmente, se volete, per l'infrazione commessa da Filemone; ma fatelo dopo il processo. Io sono disposto a farmi rinchiudere in prigione. Ma questa u n'altra faccenda. Chi di noi non ha commesso un torto, non un crimine, ma un tor to, e tuttavia non terrorizzato alla sola idea di commetterne un altro? Le infra zioni non sono tutte uguali. Noi stiamo discutendo questa causa, e di questo cri mine Filemone innocente. Mi asciugai la fronte. La giuria aveva preso un'aria molto solenne. L'accusat ore e i testimoni avevano l'aria compiaciuta di cinque cornacchie nere su un alb ero. Polignoto, bench fiero, sembrava dispiaciuto per me; Euticleide, invece, ave va una smorfia compiaciuta sul viso. - Considerate, signori, che anche se Filemone merita la morte [275] secondo l a vostra legge, e tuttavia quella stessa legge non viene applicata sempre in mod o rigoroso, egli non merita che l'orrenda calunnia di quell'infame delitto penda sul suo nome per sempre. Tra un'azione, il ritorno dall'esilio, e l'altra, il c rimine pi ripugnante, vi un enorme abisso. Alcuni di noi possono immaginare che a bbia commesso la prima. Nessun uomo a cui sia rimasto un briciolo di onore e di umanit pu immaginare che abbia commesso la seconda. Compresi che la giuria per la maggior parte concordava con me sulla differenz a fra i due reati, ma i pi , tuttavia, pensavano che con l'ammettere la presenza d

i Filemone avevo rinunciato al punto principale della difesa. C'era qualche simp atia per me (anche se riluttante), ma nessuna per Filemone. Dovevo spingermi pi a fondo. - Ma non tutto qui quel che ho da dire a proposito del suo ritorno. Vi raccon ter una storia che sar per voi di grande interesse, la storia complicata di una fa miglia. Filemone rientrato per rivedere la vecchia madre, vero. Ma anche per riv edere un'altra donna: sua moglie Melissa, che aveva sposato segretamente prima d ell'esilio. E' venuto dunque a rivedere lei e il loro bambino. Ora giungiamo all a parte pi strana della vicenda. Questa donna fa parte di una famiglia ateniese c he viveva a Tebe. Durante la fuga da questa citt all'epoca del saccheggio, in com pagnia di suo padre e dei domestici, fu vista e ammirata da Boutades, che pi tard i la ritrov , dopo il matrimonio e dopo la nascita del figlio di Filemone. Boutade s allora avrebbe voluto adottare il bambino come suo. Ci furono delle grida fra il pubblico. - Questa donna e il bambino, dove sono ? - In Macedonia - risposi tranquillamente. - Se mandate i messaggeri di Antipa tro l , li troverete nella capitale. Questa donna, dunque, spieg che si era sposata , e fu allora che Boutades decise che gli sarebbe piaciuto adottare anche Filemo ne: avrebbe avuto cos un figlio e un nipote. Osservate che la faccenda corrispond e, pi o meno, a quanto sostenuto dall'accusa, [276] solo che i termini sono inver titi. E, incidentalmente, perch l'accusatore non ha menzionato questa storia dell 'adozione in nessuna delle tre prodicas e? Polignoto prese un'aria di rimprovero come per dire "Ma io avevo visto il col legamento solo di recente". Ero certo, comunque, che avrebbe saputo trovare una spiegazione nella sua prossima arringa. Euticleide giocherellava con la frangia della veste, sporgendo le labbra. - Ecco! - dissi teatralmente, presentando le tavolette che Aristotele e io av evamo rinvenuto nel loro nascondiglio. - Qui c' una prima bozza dell'accordo, ese guita dal compianto Boutades. Questa copia era in possesso della donna che ora s i trova in Macedonia. Questo documento, non vistato da testimoni, cos com' non ha valore legale, trattandosi ovviamente di una minuta. Tuttavia le tavolette sono scritte di pugno di Boutades e contrassegnate dal suo sigillo. Notate anche che queste tavolette sono vecchie: non sono state redatte nelle scorse settimane. Qu elli che conoscono la scrittura di Boutades possono esaminarle da vicino. Porsi le tavolette all'Orcote, che le pass dapprima al Basileus e poi alla giu ria. Si era destato un grande interesse. - Sono sicuro che l'accusa grider : E' un falso!". Tuttavia, chi potrebbe esser e il falsario? E' in grado, una donna, di scrivere cos ? E anche se lo fosse, trov erebbe i termini corretti? Oppure mio cugino, che non certo un uomo colto, potre bbe avere scritto come una persona versata nelle leggi e negli affari? E come im itare il sigillo di Boutades o la sua scrittura? Inoltre, se chiunque, uomo o do nna, fosse tanto audace o tanto abile da tentare un falso, pensate che si limite rebbe a imitare una minuta, e non invece un documento che risulti valido in un t ribunale? Queste tavolette non possono essere esibite per reclamare una parentel a adottiva o un diritto di eredit . Sono inutili. Dimostrano soltanto che Boutades pensava effettivamente di adottare Filemone. Vi domanderete anche come mai non si trov copia di questa bozza di accordo fra i documenti di Boutades. Una domanda molto pertinente, sulla quale ritorner , perch io stesso me la sono posta. [277] P er trovare una spiegazione dobbiamo approfondire il caso. Mi rendo conto che all a maggioranza di voi, che non conoscete Filemone, il ritratto di lui tracciato d all'accusa pu sembrare plausibile. Ma mio cugino non quell'uomo ossessionato e fu rente che ci stato descritto. E' un essere allegro e bonario. Aveva sperimentato la gioia di una battaglia vittoriosa. Aveva una bella moglie e un magnifico bam bino. Pensava, e con ragione, che il suo valore in battaglia avrebbe potuto port are a una commutazione della sentenza di bando, e l'eredit di sua moglie gli cons entiva anche qualche speranza di prosperit . Io vi chiedo d'immaginare per lo spaz io di due minuti che "possa" essere possibile che Filemone non abbia commesso il fatto. E' vero che era stato a Creta, e tutti giurano che Boutades stato ucciso con un arco cretese. Ma nessun altro poteva avere accesso a un arco cretese? Ch iamo come testimone il cittadino Archimeno.

Archimeno non sembrava entusiasta di testimoniare. Era venuto in lettiga con la scusa di non sentirsi bene. Infatti non sembrava molto in forma, ma parl con c hiarezza, senza mai abbandonare il cipiglio, con le due rughe sulla fronte cos pr ofonde da dare l'impressione che fossero incise nel suo cranio. Archimeno giur che Filemone era innocente e che la sua dichiarazione era vera. Poi testimoni di aver posseduto un arco cretese, che durante l'estate era scompa rso. Descrisse il luogo dov'era tenuto e gli uomini che erano stati nella stanza e dovevano averlo visto. Io lo interruppi dicendo: - Ricordatevi, questo importante. Non tutti sapevano che Archimeno aveva ques t'arco, non tutti sapevano che era un arco cretese. Ma alcuni s , e fra questi lo stesso Boutades, Polignoto, e altri uomini di una certa posizione, e cos pure alc uni schiavi e dei marinai. - Poi tornai a rivolgermi al testimone: - Perch non av ete denunciato la scomparsa dell'arco? - Non sapevo chi l'avesse preso - replic a bassa voce. - Ma perch non ne avete parlato, comunque? Pensavate di sapere chi l'avesse pr eso? - S . Credevo che fosse stato lo stesso Boutades. [278] - Un po' pi forte, per favore. Pensavate che l'avesse preso Boutades. Perch ? - Per una specie di... scherzo. - Una beffa tra amici? Eravate amici? L'uomo mi sbalord . Rivolto a me e all'intera assemblea esclam : - Io odiavo Bout ades! Mi aveva imbrogliato, aveva fatto della mia vita un inferno. Mi fece accet tare una nave in cambio di un credito che avevo, una nave cos male attrezzata che mi sarei rovinato a cercare di ripararla. Era disonesto nell'animo. Non indietr eggiava davanti a niente, a niente! Non gli importava nulla n di Atene n della tri erarchia. Si curava solo di se stesso, della sua reputazione e del denaro. Sopra ttutto il denaro. Signori - e si volse alla giuria - guardate un po' a voi stess i e alle vostre navi, ed esaminate da vicino i conti fatti con Boutades. Sono si curo che anche fra voi c' qualcuno che lui ha imbrogliato, e lo sa. Ma nessuno st ato ingannato come me. Nessuno! Avevo pensato persino di uccidermi, per causa su a. Non sono il suo assassino, ma sono felice della sua morte. Se avessi pregato per cent'anni non avrei potuto chiedere niente di meglio! Che gli dei lo maledic ano anche nell'oltretomba e Radamanto lo condanni! Alla fine di questo incredibile sfogo, Archimeno scoppi in lacrime, e non bagn andosi leggermente gli occhi arrossati, ma versando una cascata di lacrimoni com e quelli di un bambino, che gli scorrevano sulle rughe tra il naso e il mento e formavano dei rivoletti sulla sua tunica. Appariva molto vecchio, molto pietoso e molto strano. Penso che tutti avvertimmo la presenza di un tocco di follia, e magari qualco sa di pi che un tocco; eppure gli credemmo. La giuria era in subbuglio: certament e le parole di Archimeno sugli uomini che come lui erano stati imbrogliati dal d efunto erano andate a segno, e tutti si sentivano sdegnati a quella denuncia del la disonest di Boutades. La reputazione dei trierarchi in generale soggetta a tal i ingiurie, e la piet per Boutades che prima era stata cos forte d'un tratto scem . Ormai egli non era pi quel ritratto di uomo retto che finora si era voluto diping ere. [279] Il delitto rimaneva grave come prima, pure, d'un tratto, l'atmosfera per me si era fatta pi respirabile. I giurati non erano pi implacabilmente convint i dall'accusa: adesso erano pi disposti ad ascoltarmi. - Quello che Archimeno dice risulta vero - asserii. - Boutades era avaro. Ma negli ultimi tempi la sua avarizia crebbe. Era ossessionato dall'idea di adottar e un figlio ed un nipote e lasciare una grossa eredit . La propriet divenne il suo unico obiettivo. Ma torniamo all'arco. L'assassino tir contro di lui con un arco cretese. S . Ma vi chieder di nuovo di fare il vostro penoso dovere e di immaginare l'orribile vista. Chiedo al cittadino Euticleide, testimone per l'accusa, di ri petere la sua descrizione di come appariva il cadavere e dello stato della stanz a. Euticleide parl di nuovo, con esagerata pazienza. Fece una relazione molto per tinente, ma quando gli chiesi di descrivere quello che si trovava sulle varie ta vole esit , e non fu in grado di fornire una risposta completa. - Ma il cadavere - insistetti. - Avete visto chiaramente il cadavere?

- S , certo. Giaceva nel modo che ho detto. - C'era molto sangue? - S . - Anche nei capelli? - S . Quando abbiamo sollevato quel povero corpo, i capelli sulla nuca erano in grumati di sangue. Io li ho visti. - E i piedi? - Anche. Le sue pantofole, perfino le suole, erano piene di sangue. Ma non ve do a cosa serva tutto ci - aggiunse sdegnosamente. - Quel poveretto era morto, qu esto certo. Protesto perch il difensore fa delle domande inutili per guadagnare t empo. Lo lasciai ritirare. Nessun altro fece obiezione alle mie domande. - Raffiguratevi il cadavere con l'occhio della mente, signori. L'accusatore h a detto che Boutades era seduto a lavorare alla sua tavola, di fronte alla fines tra. Stava quindi lavorando pacificamente [280] alla tavola in fondo alla stanza , rivolto a ovest. L'assassino che tirava su di lui dall'esterno, a ovest, non p ot tirare da molto vicino alla finestra, perch una freccia dev'essere scoccata da un po' di distanza per guadagnare forza. Ma... dov'era Boutades? Il cadavere era rivolto nella giusta direzione, giusta, intendo, per un uomo colpito dalla part e della finestra. Ma il corpo era quasi in mezzo alla stanza. Se Boutades fosse stato colpito mentre lavorava alla sua scrivania, dove forse l'assassino pot vede rlo chiaramente dal di fuori perch la vittima, che non sospettava nulla, aveva un a piccola lampada sulla tavola, allora sarebbe caduto accanto o sopra la scrivan ia. Per lo meno, il suo sangue avrebbe spruzzato la scrivania. Forse, direte voi , si alz , e cos ricevette il colpo mortale in piedi e cadde repentinamente all'ind ietro. Ma allora, non sarebbe dovuto cadere sulla sua sedia, o accanto ad essa? Invece il cadavere si trovava nel posto sbagliato, al centro della stanza. Se Bo utades avesse visto l'assassino attraverso la finestra e si fosse alzato in fret ta correndo verso il centro dello studio... be', allora sarebbe stato colpito al la nuca, e non alla gola. Perch , dunque, era al centro della stanza o l vicino qua ndo la freccia lo colp nel collo? E ci sono anche degli altri fatti curiosi. Tutt i testimoniano che c'era una gran quantit di sangue. Sangue sul pavimento, sulla tunica della vittima, sulle sue pantofole e nei suoi capelli. Ora, la grande ven a del collo una parte vitale, e contiene molto sangue. Ma qualsiasi soldato vi p otrebbe dire che un uomo colpito da una freccia generalmente non sanguina molto, perch spesso la stessa freccia funziona da tampone alla ferita. Comunque, in que sto caso naturalmente, il sangue potrebbe essere sgorgato dalla bocca mentre il corpo cadeva all'indietro, per l'impatto del colpo. Ma un uomo molto forte, muov endosi rapidamente innanzi, pu essere in grado di fare diciamo un passo o due pri ma della caduta, specialmente se la freccia, bench mortale, non stata scoccata da una grande distanza. Perch le suole delle pantofole erano coperte di sangue? Io direi perch l'assassinato stava camminando in avanti, verso la porta situata ad e st, quando [281] fu colpito. E fece un passo o un passo e mezzo nel suo proprio sangue prima di cadere sul pavimento. Sulla scrivania non vi era traccia di sang ue. Non strano? O ci stava lavorando, nel qual caso la scrivania avrebbe dovuto esserne coperta, o se ne stava allontanando, in tal caso doveva avere la schiena rivolta alla freccia. Cio , se l'assassino si trovava all'esterno della casa. E' questo il problema, come un problema di geometria. Feci una pausa per lasciare che le mie parole andassero a segno, e diedi temp o alla giuria di riflettervi sopra. Erano tutti curiosi. Avevo incatenato la lor o attenzione al problema. - Vi faccio notare che c' una netta possibilit che l'assassino si trovasse dent ro la casa, non fuori. Anche se, ovviamente, voi direte che l'assassino potrebbe essere scappato dalla finestra, e su questo torneremo dopo. Ma se possibile, an zi se addirittura probabile dalla posizione del corpo che l'assassino fosse in c asa in quel momento, allora molto strano che nessuno l'abbia visto. L'omicida no n sarebbe dovuto fuggire rapidamente tra il momento in cui colp Boutades e quello in cui Polignoto entr e vide suo zio che spirava? Non poteva certo uscire per la porta che d nell'atrio. Poteva l'assassino trovarsi in fondo alla stanza, di fro nte alla finestra, con Boutades trafitto nella gola fra lui e la finestra stessa

? S . Poteva allora aver preso la fuga attraverso la finestra? No, certamente no, perch avrebbe lasciato tracce sul pavimento insanguinato, o macchie di sangue tra la scrivania e il davanzale. Ma io ho ulteriori prove, e non semplici illazioni , che l'assassino si trovava in casa. Come sapete, in casa di Boutades custodito un famoso vaso, un bellissimo vaso commemorativo. Alcuni di voi l'hanno visto r ecentemente, altri nel passato. Stava sul tavolino appoggiato alla parete affres cata, a circa sei spanne di distanza dalla parete dov' la finestra, e a sinistra della medesima. Nei giorni in cui Boutades viveva e lavorava in quella stanza, n essun passante poteva vedere il vaso dalla finestra. Se l'assassino avesse scocc ato la freccia dal di fuori, non avrebbe potuto colpire il vaso, da qualunque pa rte prendesse la mira, da presso la finestra o da pi lontano. E nessuno avrebbe [ 282] potuto raggiungere il vaso per toccarlo o per prenderlo da fuori la finestr a. Eppure, qualcosa accadde a questo vaso nel momento in cui Boutades fu ucciso. Non si tratt di un'arma. Il cadavere non era vicino al vaso, e l'assassino dall' esterno non avrebbe potuto raggiungerlo. Eppure esso un testimone. Domando che i l famoso vaso delle feste dionisiache sia mandato a prendere per essere esaminat o; dopo chiarir il punto. Avevo paura che la Corte potesse negare il consenso, ma dopo alcune perplesse consultazioni fra l'Orcote, il Basileus e gli arconti, fu mandato un uomo a pre ndere il vaso. Polignoto obiett vivacemente contro questa procedura, che violav a la sua propriet e la sua casa, ma gli fu assicurato che il vaso sarebbe stato g uardato soltanto dal tribunale, che io non l'avrei toccato e che sarebbe stato i mmediatamente restituito. Telemone parl a Polignoto in tono conciliante. Euticlei de era pi seccato, e continuava a rivolgere obiezioni a tutti gli arconti e alla giuria, finch il Basileus tagli corto: - Ho parlato: basta cos . - Gli altri testimo ni avevano l'aria perplessa, e udii distintamente l'uomo del Pireo dire: - Uff! Che cos' un vecchio vaso, dopo tutto? - Questa battuta consolatoria non fu accolt a con molto favore dagli altri. - Signori - proseguii - abbiate pazienza. Vi assicuro che questa faccenda ha molto a che fare con il caso di Filemone. Io so che vi state domandando: "Che l' assassino fosse dentro o fuori della stanza, che importa, se l'assassino Filemon e?". Ma non cos . Ho ammesso che si trovava in Atene, come esule rientrato clandes tinamente; e per quel che ne so, il degno pescivendolo del Pireo ha ragione quan do dice di averlo visto il giorno prima del delitto. Ma Filemone non era pi ad At ene quando il delitto fu commesso. Chiamo Filandro di Atene come testimone. Filandro di Atene era la mia vecchia conoscenza, Fidippide, l'allegro mascalz one che mi aveva offerto l'opportunit di prendere il largo alla chetichella. Il l avoro d'un buon barbiere e il dono d'una tunica di seconda mano l'avevano reso m eno losco, ma chiaramente, nonostante la sua sfacciataggine, non si trovava a su o agio nel tribunale, ed io temevo che il suo sguardo [283] sfuggente quando sbi rciava la giuria fosse interpretato a nostro sfavore. Pronunci il giuramento con voce sonora, ma parve non trovare di suo gusto le m ie delicate e necessarie domande sulla sua occupazione. - Uomo onesto. Aiutante d'un vasaio - fu tutto quello che gli si cav sulle pri me. - Si, ma avete avuto anche qualche esperienza di mare, non cos ? Mi pare che vo stro padre fosse un pescatore. - S . Un onesto pescatore. Non che sia mai stato quello che si dice fortunato n ella pesca. - E sapete manovrare una barca, no? - S . A volte lo faccio. Quando gli affari vanno a rilento, mi guadagno qualche soldo in pi trasportando la gente a vela o coi remi. Mettiamo che una vecchia si gnora vuole andare a Idra. Io ce la porto. Sempre coi dovuti modi. Filandro bene ducato. A prezzi ragionevoli. - E - aggiunsi in tono persuasivo a questo cugino di Caronte - cosa nota che voi fornite un passaggio sul vostro battello a chiunque ne abbia bisogno a prezz o modico. Perci , chiunque conosca il Pireo pu rivolgersi a voi offrendo di pagare per il trasporto? - S , certo. Sono conosciuto al porto. Chiunque si pu rivolgere a me. Per , princi palmente, sono un aiutante vasaio - ripet con ostinazione. - Noto come una person

a onesta, prezzi ragionevoli - aggiunse di nuovo con enfasi. - Filandro non appr ofitta del cliente. Qualche soldo onestamente guadagnato quello che chiedo, quan to basta per il prossimo pasto. Non voglio altro. Ci volle del bello e del buono, ma finalmente indussi il mio riluttante testi mone, cos dissimile dal precedente, ad ammettere con molta prudenza di avere trag hettato nella sua barca Filemone su una delle isole la notte prima del delitto. - Mica sapevo che era Filemone il proscritto - disse ansiosamente. - Non vole vo fare niente di proibito, vedete. Ho saputo che era lui solo quando siamo stat i in alto mare, molto fuori dal [284] porto, e visto che era un tipo cos robusto e capace di far fuori una persona come niente, ovviamente sono stato zitto. Io s ono un povero diavolo. E poi, proprio perch sono un povero diavolo, ho avuto paur a di denunciarlo al ritorno, sebbene normalmente l'avrei fatto. Ma temevo che qu elli della legge avrebbero potuto dirmi: "Come! L'avete lasciato scappar via, e adesso pagherete la penalit ". Ma non volevo assolutamente mettermi contro la legg e, prego che ne teniate conto, signori. E adesso mi sembra tardi per rimproverar melo, perch a cosa serve piangere sul latte versato? E in ogni modo non una cosa importante come questo delitto tremendo che dovete giudicare. "Non devo pi preocc uparmi del mal di denti ormai", come disse l'uomo quando lo portarono all'esecuz ione. Spero solo che questo, non sia un argomento troppo delicato da affrontare qui. Mi liberai del mio prudente testimone dopo aver stabilito chiaramente il fatt o che Filemone non era ad Atene al momento del delitto. Temevo il giudizio degli dei su quest'uomo, questo Filandro alias Fidippide, ma la giuria aveva l'aria d i pensare che sull'argomento principale egli diceva la verit , come infatti l'avev a detta, e i giurati apparivano chi divertito, chi colpito, chi perplesso. - Cos dunque, signori, non Filemone l'assassino che quella notte ag nell'intern o della casa. E l'assassino era dentro la casa, come vi prover definitivamente mo strandovi il vaso e spiegando come and in pezzi. Mostrate pazienza per il mio par adosso, ma fra un momento, quando lo vedremo, sar tutto chiaro. Il vaso si ruppe inopportunamente, e proprio al momento del delitto. Non che precipitasse a terra in conseguenza della pressione della folla intorno al corpo di Boutades quella mattina. No. In quel momento non c'era pi . lo domando a tutti i presenti non coin volti per il caso giudiziario e che hanno visto la stanza quella mattina di torn are indietro con la mente per ricordare se ci fosse o no il vaso commemorativo d elle Dionisiache. Non c'era. In quel momento i frammenti del vaso infranto erano gi stati ben nascosti. [285] Delle voci provenienti dalla giuria e dal pubblico gridarono: - Ma il vaso se mpre l ! Non mai stato rotto! - E invece s , signori. Ci furono due colpi quella notte. Il primo fece precipi tare il vaso, il secondo abbatt Boutades, che si era gi alzato, si era voltato e c amminava in avanti quando il secondo colpo lo raggiunse. L'assassino aveva proba bilmente progettato che lui dovesse morire alla sua scrivania, ma il rumore del primo colpo che mandava un oggetto in frantumi mise in allarme la vittima e le d iede tempo di muoversi. L'assassino all'interno della casa voleva che la sua vit tima gli fosse di fronte al momento in cui l'avrebbe uccisa, ma non che avanzass e fino al centro della stanza. Cos , dopo, spost il corpo perch si trovasse nel post o giusto. Cos facendo, probabile che abbia spostato inavvertitamente la freccia, causando la fuoriuscita d'una anormale quantit di sangue. Non poteva riportare il corpo vicino alla scrivania, perch avrebbe destato sospetti trovandosi troppo lo ntano dalla pozza di sangue. Ma quando il cadavere fu spostato e rigirato, i capelli della vittima si inzupparono e si ingrumarono di sangue, e le suole dell e sue pantofole furono parimenti macchiate. Solo l'assassino, innervosito, era c onsapevole del significato del vaso rotto. I frammenti furono frettolosamente ra ccolti e nascosti in un grosso recipiente nella stanza. Un'anfora da vino a coll o lungo e molto panciuta. Quanto al vaso delle Dionisiache che si trova ora in c asa di Boutades, dichiaro che si tratta di un'abile riproduzione. Il vaso origin ale era di buona ceramica ateniese e, come comprende chiunque abbia pratica in m ateria, l'argilla ateniese rossa. Io vi predico, invece, che il vaso mandato a p rendere ora da casa di Boutades risulter fatto di argilla gialla. Ed eccolo qui! L'inviato stava entrando in tribunale, e depose il vaso davanti all'Orcote e

al Basileus. Ci fu un mormorio di ammirazione. Un burlone grid : - Adesso giudichi amo il vaso! - e si udirono delle risate. - No - ribattei - non si sta giudicando il vaso. Non responsabile della morte di Boutades. E' un testimone, come ho gi detto. Ammiratelo quanto volete, ma asc oltatemi. Il vaso originale [286] era di argilla rossa. I suoi frammenti furono nascosti dopo che ne fu eseguita una copia. Nascosti in un luogo da cui si preve deva che non sarebbero mai pi ricomparsi fino alla fine del mondo. Ma, vi domande rete, chi questo assassino all'interno della casa? Chi ebbe tempo di far sparire i frammenti? L'uomo che li lev di torno e ne fece fare un'ottima riproduzione er a certamente la stessa persona che sapeva del nesso tra la distruzione del vaso e il delitto e che voleva che il delitto apparisse compiuto in ben diverse circo stanze. Nessun assassino che tirasse dall'esterno poteva aver colpito il vaso co n una freccia, e neanche averlo toccato. Se chiunque altro, all'infuori dell'ass assino, avesse distrutto il vaso, lo avrebbe detto apertamente. E se la copia fo sse stata ordinata da una persona innocente, sarebbe stata eseguita in Atene. Ac cettate il mio ragionamento? E siete d'accordo quando affermo che se questo vaso una copia, e se si pu scoprire il nome dell'uomo che la fece eseguire segretamen te, quest'uomo l'assassino? Poich infatti lui e lui solo aveva la conoscenza, la volont e l'opportunit di fare tutto questo. Alcuni dei giurati annuirono; altri restarono in silenzio, cercando evidentem ente ancora di seguire il filo del mio ragionamento. - Ecco il vaso - dissi. - Non sotto processo, ma lo metteremo sotto interroga torio come un testimone. Domando che un piccolo frammento sia tolto dalla sua ba se, per vedere se l'argilla sia rossa o no. Chiedo che sia l'Orcote a provvedere a questo. Ci furono delle proteste particolarmente vivaci da parte di Polignoto. - Ma u n vaso di valore - obiett l'Orcote preoccupato. - Pu essere che lo sia, e pu essere che non sia poi cos prezioso - ribattei. - E la vita di un uomo e il suo buon nome sono forse meno importanti d'un vaso? Io non domando che sia distrutto, n danneggiato gravemente. Prendetene una scheggia, quanto basta a vedere il colore dell'argilla. Con riluttanza l'Orcote port il vaso al Basileus, che sedeva in mezzo agli arc onti. Con visibile disgusto, il Basileus gratt delicatamente la base del vaso con un coltello. [287] - Guardate! - gridai. - Cosa vedete? Argilla rossa di Atene? O argilla gialla di Corinto? Si ud un'esclamazione strozzata da parte del Basileus. - E' gialla! - Si era a lzato e sollevava il vaso in direzione della giuria e del pubblico. - E' di argi lla gialla, una copia! - La parola pass di bocca in bocca, sebbene non molti rius cissero a vedere abbastanza da vicino. Il Basileus esib il vaso alla prima fila d i giurati. - Chiamo - dissi io - Onesimo di Corinto a testimoniare. Onesimo di Corinto, un ometto tranquillo, era di professione vasaio. Non l'av evo mai incontrato prima di quella mattina. - Vedete quel vaso? - gli domandai, e l'oggetto fu portato pi vicino. - L'avet e visto prima? - S . L'ho fatto io. Copiando dei frammenti di un altro vaso pi vecchio. E' una riproduzione. E molto buona anche - aggiunse. - Quando stata fatta? - Nella mia bottega a Corinto sulla fine dell'autunno. - E chi l'uomo che vi ha dato l'incarico di farla? - Mi disse che il suo nome era Periandro di Megara. Aveva l'aria d'un ricco, bench viaggiasse semplicemente, accompagnato da uno schiavo con i capelli rossi. - L'avete rivisto poi? - S . Oggi. - Potete indicarlo? E Onesimo lev il dito. Ci furono esclamazioni soffocate e un grande tumulto. T olsi una borsa di cuoio dalla mia cintura e l'aprii in fretta, con dita tremanti . - Si! - gridai al di sopra del baccano. - E qui c' il vaso originale. Questi f

rammenti sono stati recuperati da me dove l'assassino li aveva nascosti! - Li pr otesi in alto, bene in vista sul palmo della mano, con le tracce di decorazione ben visibili sull'argilla rossa. - Erano nascosti, lo giuro, in un luogo molto s trano: sotto la pietra tombale della vittima! Feci una pausa, e per farmi udire al di sopra del chiasso, gridai: - Ed ecco l'assassino! Il suo nome ci ben noto. Chi l'uomo che ha urgente bis ogno di denaro per lo spettacolo che dovr [288] mettere presto in scena? Chi l'uo mo che aveva maggiormente da perdere se Boutades decideva di adottare un figlio per amore di prole? Chi aveva maggiori motivi di desiderare Filemone ridotto in polvere con tutte le persone a lui care? Chi ha potuto compiere il delitto dall' interno della casa scegliendo il momento opportuno e il complice pi adatto? Chi h a avuto modo di assassinare Boutades con tutto suo agio, facendolo a corpo nudo per non avere addosso macchie di sangue, e con uno schiavo a tenergli i vestiti e un lume nel frattempo? Chi ha la forza di scoccare una freccia mortale e di mu overe un corpo pesante? Chi ha avuto modo di raccogliere i frammenti di un vaso infranto, e poi il tempo e l'opportunit di rimpiazzarlo? Io dichiaro che Filemone innocente, per tutti gli dei, poich il nome del vero assassino Polignoto! Preso dalla mia passione, avevo rivelato tutto in anticipo, e avevo riunito l e mie prove e tutto il resto nel mio primo discorso. Normalmente nella tattica l egale questo un errore, e consiglio a ogni altro difensore di non provarsi a far lo. Avevo perso la testa e avevo continuato ad accumulare accuse su accuse sin d al primo momento in cui mi ero reso conto di aver destato l'interesse dei giurat i. E nessuno mi aveva interrotto. Dal momento in cui era stato mostrato il vaso, nessuno, nemmeno il Basileus, aveva pensato di mettere in dubbio la pertinenza di quanto dicevo. I giurati erano troppo curiosi e sorpresi. Polignoto era pallido e sconvolto. Si era sbiancato in volto quando era stato detto all'inviato di andare a cercare il vaso. Credo, comunque, che non si rico rdasse l'aspetto del vasaio di Corinto, e non si fosse reso conto di chi era fin ch l'uomo aveva fatto la sua deposizione. Polignoto non era avvezzo a fare att enzione alla gente umile, a meno che non fosse bella. Persino allora aveva spera to di superare quel momento difficile con la sfacciataggine. Avrebbe potuto racc ontare varie bugie (anche se il fatto di aver dato al vasaio un nome falso era s tato pi compromettente che dare quello vero). Ma credo che fosse stata la resurre zione dei frammenti a sconvolgerlo di pi . Ora, nella [289] folla sovreccitata, si ud una sorta di fischio, e si not che la gente si ritraeva da lui. I suoi stessi testimoni si allontanavano dalla sua persona come se avesse potuto contaminarli. E allora, diventato impopolare per la prima volta in vita sua, Polignoto pers e la testa. Pu darsi che si fosse reso conto confusamente di trovarsi a un proces so di cui era l'imputato, che avesse intuito che sarebbe stato condannato e gius tiziato se avesse pronunciato il suo secondo discorso. Lo si vide vacillare per alcuni secondi. Poi, con un grido selvaggio, fugg dal tribunale e gi per il Colle dell'Areopago. - Inseguitelo! - grid qualcuno, non un'autorit , ma uno dell'uditorio, e la foll a cominci a muoversi, urtandosi e spingendosi. Il Basileus rimase seduto con gli arconti e la giuria, cercando di decidere cosa fare. Mi sedetti anch'io, e qualc uno mi porse del vino leggero da bere. Non ero in condizioni di inseguire Polignoto, n volevo unirmi alla caccia selv aggia. Quello che segu , lo so solo per sentito dire. Polignoto si precipit gi per i l colle verso la citt . Aveva alcuni minuti di vantaggio sugli inseguitori, ed era un magnifico corridore. Da qualche parte in citt , presso la strada per il Pireo, trov un cavallo, lo prese, e part al galoppo per quella stessa strada che io cono scevo cos bene, inseguito dalla folla che procedeva pi lentamente circa tre stadi dietro di lui. Lungo la strada, molti degli inseguitori desistettero. Si dice che Polignoto giunse al Pireo e si spinse fino alla riva del mare, do ve trov due schiavi al lavoro intorno a una barca per met fuori dall'acqua. Con mi nacce e imprecazioni chiese di essere portato fuori in mare seguendo la costa. I due, spaventati, obbedirono, pur seguitando a obiettare che la barca non era ad atta a navigare e che si preparava una tempesta. Polignoto non ne tenne conto : sembrava, disse pi tardi uno dei due schiavi, "un dio uscito dal mare a cui nie nte poteva far danno". Cos , contro il loro volere, gli schiavi si misero in mare,

certi di finire travolti dalla furia degli elementi. Gli inseguitori giunsero s ulla spiaggia in tempo per scorgere Polignoto, appena [290] visibile sulla sua i mbarcazione, che si allontanava da loro sulle grigie acque agitate. Poi sul mare avanz una burrasca di vento e di pioggia, e Polignoto fu nascosto da una cortina di pioggia e foschia, come se un dio l'avesse rapito alla vista. Quelli che era no rimasti a guardare dalla spiaggia si trovarono presto fradici e cercarono rip aro. Cos Polignoto scomparve, e lo stupore per la sua uscita di scena dur tutta la n otte. Quella notte in cui io dormii esausto nel mio letto, con le lacrimose espr essioni di gratitudine di mia madre e della zia Eudossia ancora ronzanti negli o recchi, Filemone era stato formalmente dichiarato innocente dal Basileus. Il giorno dopo, nuove meraviglie. I due schiavi marinai erano riapparsi nella notte, sbattuti sulla spiaggia di Salamina come due tronchi d'albero, eccetto p er il fatto che erano animati. Stando al loro racconto, la barca, che faceva acq ua, era stata sommersa circa due ore dopo che avevano preso Polignoto a bordo. G li schiavi si erano visti perduti, ma erano riusciti a strappare delle assi dal battello e ad aggrapparvisi, e grazie a queste erano giunti a riva. Naturalme nte, il loro unico desiderio era di approdare alla spiaggia pi vicina. Ma Poligno to, dissero, aveva voltato le spalle ad Atene e se n'era andato a nuoto in una d irezione del tutto diversa. - Inutile parlargli e anche gridare - disse uno. - E ra come un uomo di marmo, salvo che nuotava bene. Si allontanato come un delfino . Cos Polignoto, col suo viso duro ma sereno come quello d'un nume (riuscivo a i mmaginarmelo benissimo), s'era diretto ad altre sponde nel colmo della tempesta, come un Ulisse che, per , non nuotava verso Itaca e non incontrava coste ospitali , n principesse. Tuttavia, quando udimmo questa storia dagli schiavi, tutti qua nti pensammo che in qualche modo ce l'avrebbe fatta. Polignoto sarebbe approdato da qualche parte e avrebbe seguitato a vivere in qualche altro luogo di questo mondo. Dovette nuotare a lungo e con forza, allontanandosi dalle correnti che l'avre bbero portato a Salamina o al Pireo, e riuscendo a raggiungere un punto dove la corrente lo spingeva [291] verso est. Questo apparve evidente quando fu ritrovat o. Poich infatti fu ritrovato, e in uno stato tutt'altro che degno d'un nume. Una settimana dopo la sua scomparsa, si apprese che il suo corpo era stato ritrovat o sulle scogliere intorno a Egina. Era gonfio e violaceo, orribilmente mutilato per essere stato a lungo sbattuto fra gli scogli. Ma era rimasta una parte delle sue vesti sufficiente a dimostrare che era lui, e aveva ancora il suo anello al dito. Della sua persona, solo i capelli ricciuti erano riconoscibili. Gli Ateniesi non vollero che il cadavere fosse riportato in citt . Alcuni perso naggi ufficiali che conoscevano Polignoto andarono, con riluttanza, a identifica rlo, ma nessuno volle contaminare il suolo della citt ospitando il cadavere di un assassino cos abbietto, un uomo che era in realt un parricida, recando cos offesa agli dei. Gli dei avevano mostrato la loro disapprovazione infliggendo essi stes si la punizione al momento opportuno: su questo erano tutti d'accordo. Il fatto che i due schiavi si fossero salvati da quello strano naufragio dimostrava che g li dei volevano rendere chiaro al di l di ogni dubbio che la loro vendetta era di retta solo contro Polignoto. Vi furono delle tensioni con i cittadini di Egina; essi dichiararono sdegnati di non voler contaminare neppure loro la propria citt . Furono portati dei doni e si fecero dei discorsi per placare gli animi. Venne f atto osservare che, se gli dei avevano mandato Polignoto l , evidentemente desider avano che lui vi rimanesse, e non potevano avere risentimenti nei confronti dei cittadini di Egina, visto che Polignoto non era uno di loro. Il cadavere fu sepp ellito sotto un mucchio di pietre in una remota spiaggia dell'isola. Cos l'uomo c he in vita sua era stato ricercato, corteggiato e invitato a cena nelle migliori case, da morto non ebbe nemmeno una sepoltura decente, n una vera e propria tomb a. Forse avrebbe fatto una fine pi dignitosa se fosse stato giustiziato. A volte, ma non spesso e solo ultimamente, mi sembra di avvertire in cuore una sorta di vaga piet per Polignoto, le cui fiere speranze gli avevano promesso tanto. [292]

24 - Dopo il processo Il processo era terminato in maniera molto irregolare, ma il Basileus e la gi uria avevano proclamato l'innocenza di Filemone pronunciando un formale giudizio in questo senso davanti a un tribunale quasi vuoto. Molto pi tardi fu pubblicame nte rivolta contro Polignoto una denuncia per omicidio. Non si present nessun dif ensore. La citt fu sottoposta alle purificazioni rituali. Si offrirono dei sacrif ici, e molte delle propriet personali di Polignoto furono gettate fuori dalle mur a. A tempo debito, un secondo cugino di Polignoto prese quietamente possesso del la propriet , badando bene ad offrire copiosi sacrifici su tutti gli altari e a fa re sostanziose donazioni ai poveri e ai vari fondi cittadini. Quelli che erano stati testimoni d'accusa al processo di Filemone furono trat tati con clemenza. Telemone, piagnucolando, ripeteva a chiunque volesse ascoltar lo che Polignoto gli aveva detto di aver visto Filemone quella notte, e che lui a sua volta era sicuro di avere visto qualcosa. Non trov altro che disprezzo. Eut icleide disse che si sentiva inorridito a pensare quale serpe avesse serbato in seno, e si sottopose a un'elaborata purificazione rituale per la colpa d'involon tario spergiuro nell'aver confermato la responsabilit di Filemone; quanto al rest o fu molto puntiglioso nel sottolineare che non aveva detto nulla che non fosse vero, e puntualizz il fatto che una parte della sua deposizione era servita a dis colpare l'innocente. Anche lui fece larghe donazioni in beneficenza. Nessuno fece domande riguardo allo strano Fidippide e alla sua complicit con u n esule rientrato clandestinamente; dal canto suo, egli fu molto contento della sua giornata al tribunale, e specialmente del fatto di essere stato tra coloro c he erano arrivati fino al Pireo e avevano visto Polignoto fuggire a bordo della sua barca. A quanto pare, Fidippide era una specie di fuggiasco. Gli pagai del d enaro, per essersi disturbato a comparire [293] come testimone al processo. Sper o solo che si sia purificato dinanzi agli dei per la sua complicata testimonianz a riguardo alla propria totale innocenza. Quanto a me, nessuno mi fece delle domande sulla portata del mio aiuto nei ri guardi di un confinato rientrato clandestinamente, ed anzi, la precisa indole de lla mia assistenza non venne mai alla luce. Io stesso mi sentivo un po' a disagi o riguardo a certe mie dichiarazioni pronunciate sotto giuramento, poich , se prop rio non avevo detto il falso, certo avevo presentato le mie comunicazioni con l' imputato in modo non rispondente al vero. Perci feci speciali preghiere e sacrifi ci e poi comunicai la faccenda al Basileus, ma non prima di aver saputo dell'asc esa di Filemone nel favore popolare. La cosa pi importante che la posizione giudi ziaria di Filemone non fu per nulla aggravata dal fatto di essere rientrato clan destinamente. L'opinione generale era che si trattava di un uomo ingiustamente c olpito, e che gli dei avevano protetto nonostante tutto. Prima della fine dell'e state, la sua sentenza di bando fu commutata, e gli fu concesso di ritornare con sua moglie e i bambini (ormai il piccolo Likias aveva un fratello minore). Cos l a zia Eudossia pot vedere i suoi nipotini prima di morire; sopravvisse ancora un poco, e si spense esattamente a un anno di distanza dall'epoca in cui Filemone e ra stato accusato d'assassinio. Fin dall'indomani del processo, fu chiaro che l'opinione pubblica era in mio favore, e cominciai a guardarmi attorno con qualche speranza. Euticleide insiste tte nel restituirmi l'interesse sul denaro che era stato prestato a mio padre e ripagato da me con tanta difficolt . Non volli rifiutarlo per un senso di responsabilit verso la mia povera famiglia, sebbene non mi piacesse l'idea di ricevere qualcosa da Euticleide. In ogni modo, sono certo che il suo calcolo degli interessi era stato orribilmente esoso. Il giorno dopo il processo ero del tutto senza voce, e non c'era da stupirsen e. Quando mi ripresi, ebbi un periodo molto affaccendato sia per gli interessi d i casa, sia nell'intrattenere i [294] molti che accorrevano a vedermi e a congra tularsi. Gli stessi che si erano tenuti alla larga da noi dopo l'accusa. Fu solo una settimana dopo il ritrovamento del corpo di Polignoto che ebbi l' opportunit d'una conversazione con Aristotele. Gli portai un piccolo dono, come u mile testimonianza d'una grande gratitudine, e ci ritrovammo a discutere di nuov o dell'affare. Alcuni aspetti mi lasciavano ancora perplesso.

- Che l'assassino fosse Polignoto - gli rammentai - me l'avete detto la notte in cui andammo al Kerameikos, e quando mi trovavo a casa vostra intento a ripas sare l'arringa di difesa, mi avete indicato le prove che lo denunciavano come ta le. Ma io vorrei sapere quando avete cominciato a pensare che l'assassino fosse Polignoto. E perch non me l'avete detto subito quando l'avete saputo? - Oh, l'ho saputo fin dall'inizio - rispose il filosofo con disinvoltura. Poi sorrise: - No, non proprio dall'inizio. Non lo sapevo, allora. Ma lo pensavo. P ensai anche che potesse essere stato Filemone. Ma quello che mi dicesti sulla po sizione del corpo mi fece riflettere. E poi, che motivi aveva Filemone? Che ragi oni di trovarsi in casa? Forse Polignoto l'aveva costretto o persuaso a commette re il delitto? Una quantit di pensieri come questi mi passavano per la mente, ma non mi convincevano. Pensavo che dovesse essere stato Filemone o Polignoto. Poi, quando la moglie di Boutades mor ... mi parve una circostanza molto sospetta. I p ettegolezzi delle schiave al mercato mi fecero capire che motivo impellente avev a Polignoto per disfarsi di suo zio. - Ma perch non me l'avete detto? - protestai calorosamente. - M'avete mandato in giro in spedizioni pazzesche... Al Pireo mascherato... e sapevate gi chi era l'assassino! - Sapere e provare sono due cose diverse. A rigor di termini, non lo sapevo, lo pensavo soltanto, e non riuscivo a vedere una strada per trovare il genere di prova che sarebbe stata richiesta in un caso cos difficile. Speravo che tu t'imb attessi in qualcosa che io potessi interpretare, o che le prove si presentassero da s . Stefanos, io avevo paura che tu potessi sospettare la verit . Ho [295] ringr aziato il Cielo che tu non l'abbia fatto, perch tu non sai fingere, ragazzo mio. Avresti buttato fuori i tuoi pensieri l per l , ma senza nessun sostegno di prove s arebbero passati per farneticazioni, mentre tu ti saresti trovato in grave peric olo. Finch rimanevi inconsapevole e senza sospetti, tutto occupato a perseguire l 'idea che Filemone non si trovava ad Atene in quel momento, risultavi innocuo, a nzi utile per l'accusatore, che voleva un autentico processo per omicidio da cui Filemone uscisse condannato. Era sicuro che infine avrebbe potuto provare che F ilemone era stato ad Atene. - Non me l'avete detto - ripetei in tono di rimprovero. - Mi avete lasciato a ndare avanti senza dirmi niente, e si trattava di mio cugino. - A cosa sarebbe servito? - replic pacatamente Aristotele. - Preferivo che tu rimanessi in vita. Se l'assassino aveva potuto uccidere anche la moglie di Bouta des senza pensarci due volte, ovviamente non aveva troppi scrupoli. E pensavo ch e la tua tesi, alla fine, potesse pure fondarsi sulla difesa della zia Eudossia. - E cos stato in fondo - risposi con un certo sollievo. - Ma... alcune cose no n quadrano. Mentre preparavamo l'arringa e le prove, vi ho chiesto se era stato Polignoto a incendiare la casa di Melissa e ad assalirmi, e mi avete risposto: " No, lascia perdere questo". Ma ora voglio sapere. E' stato Polignoto? - E' stato qualcuno che ti odiava, Stefanos. Qualcuno che ti odiava in modo d el tutto particolare. Archimeno era rimasto inorridito all'udire che il delitto era stato commesso con un arco cretese. Era balzato alla conclusione che si trat tava dell'arco che lui aveva perduto (il che poi risult esatto) e tremava all'ide a che l'omicidio fosse imputato a lui. Infatti aveva chiari motivi per uccidere Boutades. Penso anche che in qualche modo si sentisse colpevole per avergli augu rato cos spesso di morire. Perci si sent sollevato che l'accusa colpisse Filemone, e fin col desiderare che il tuo nome e quello della tua famiglia fossero totalmen te disonorati. In quest'odio trovava sollievo alla vergogna, alla paura e al sen so di colpa. S . Tu, Stefanos, eri diventato [296] nella sua mente un oggetto di o dio furibondo. Archimeno ti venne dietro, vide quello che credeva il tuo nido d' amore, e diede fuoco alla casa. - E' ammalato adesso - rammentai. - Non stato pi lo stesso dopo quella sfuriat a il giorno del processo. Devo ammettere che rimasi molto sorpreso quando mi dic este che doveva essere uno dei miei testimoni. E tuttavia sostenete che fu Polig noto ad organizzare l'attacco contro di me sul Colle delle Muse? - S , ne sono convinto, bench ora, probabilmente, non sia pi possibile provarlo. L'assassino cominci a sentirsi a disagio man mano che il giorno del processo si a vvicinava. Tu parli delle tue sofferenze durante quei mesi, Stefanos, con le pro

dicas e da affrontare e tutte le cose che ti si mettevano contro. Ma hai mai pensa to cosa dovette sopportare l'accusatore? Dover sempre sorridere e mostrarsi sere no mentre mentiva, cospirava e stava in guardia. Una vita totalmente innaturale. Persino ad un criminale condannato concesso di parlare di quanto gli sta a cuor e. S , Polignoto dev'essere stato infelice e pieno di paura. Era terrorizzato che il suo schiavo avesse rivelato qualcosa. Abbiamo gi parlato della probabile messi nscena del delitto, con l'assassino nudo in modo da non sporcarsi di sangue, e l o schiavo a reggergli le vesti e un lume, quello schiavo Sinopeo cos pallido e sp aurito la mattina del delitto e cos allegro e coccolato dal suo padrone in seguit o. Suppongo che Polignoto avesse deciso di assassinarlo sin dall'inizio, una vol ta celati nel loro nascondiglio finale i cocci del vaso che probabilmente lo sch iavo portava sempre con s . Pu darsi anche che sia stato riluttante ad uccidere l'u nica creatura di cui poteva fidarsi e che gli era devota. Credo che inavvertitam ente tu abbia detto qualcosa, magari un'osservazione rivolta ad un'altra persona , che ha fatto temere a Polignoto che potessi sapere o intuire qualcosa che non avresti dovuto sospettare. Ad ogni modo, accadde qualcosa che gli fece capire ch e doveva liberarsi subito dello schiavo. Tornai indietro con la memoria, e ricordai un'osservazione [297] stupida e in opportuna che in effetti il vero assassino poteva aver frainteso. - Cos , - continu Aristotele - come gi sappiamo, Polignoto uccise lo schiavo. Que sto non deve aver giovato alla sua tranquillit di spirito. E sospettando che tu p otessi sapere troppo, pens che fosse meglio toglierti di mezzo, processo o non pr ocesso. Chi pu sapere cosa avesse in mente? Forse a quell'epoca ti odiava princip almente perch ai suoi occhi eri la causa della morte del suo schiavo preferito. P robabilmente, tra tutti quelli che ha ucciso, lo schiavo era l'unico a cui voles se bene. - Non gli sarebbe certo dispiaciuto uccidere me - replicai. - Detestava gi Fil emone, che vedeva come un usurpatore, e fece del suo meglio per schiacciarlo ins ieme a tutta la sua famiglia. E' un miracolo che io non sia morto, come sarebbe accaduto se avesse usato lo stesso sistema a cui ricorse per eliminare lo schiav o. - S , - concord Aristotele - ma nel tuo caso sarebbe stato troppo ovvio, e ne sa rebbe risultato un delitto di troppo. Perci decise di rivolgersi a dei sicari. Ab biamo gi parlato di come Polignoto abbia colto di sorpresa lo schiavo sulle monta gne del Parnete e lo abbia fatto precipitare gi con una pietra lanciata da una ca tapulta. Non si pu fare a meno di ammirare l'intelligenza e la flessibilit mentale di cui era dotato. Si era reso conto del pericolo insito nel ripetersi delle si tuazioni. Commise tre delitti diversi con tre armi diverse. Ogni volta gli parve importante adattarsi alle circostanze. Aveva anche buon gusto nella scelta dell e armi. Quel giovanotto aveva un ingegno piuttosto macabro. - Intendete dire - dissi esitante - che uccise Boutades nel suo studio, il lu ogo dove suo zio amministrava il suo denaro e doveva aveva abbozzato i documenti dell'adozione... - Esatto, e poi sostenne che Filemone, l'estraneo, aveva compiuto il delitto dall'esterno della casa. Provvide per suo zio una fine leggendaria, macabra e me morabile ad un tempo. A sua zia riserv una fine tipicamente femminile. La spacci c on il veleno, forse con una segreta allusione al fatto che la riteneva velenosa. Alla vita dello schiavo pose fine con una rozza pietra. Era capace [298] di var iazioni. Quanto a te, decise di rivolgersi a dei sicari per eliminarti. Anche qu esto era appropriato oltre che necessario, perch ti considerava con disprezzo e n on voleva sporcarsi le mani con te come con una persona di famiglia. Ad ogni mod o, mi piacerebbe tanto conoscere quei particolari di cui non possiamo essere sic uri - continu Aristotele. - Ad esempio, dov'era l'arma del delitto, l'arco, insie me alla sua compagna indesiderata, la seconda freccia, subito dopo l'omicidio? M i sono chiesto spesso se l'arco e la freccia si trovassero addosso a Polignoto q uando lo vedesti quella mattina, diciamo tra il corpo e la tunica. Tu hai detto che si muoveva come se fosse fatto di legno. Se non si trovavano addosso a Polig noto, saranno stati nascosti da qualche parte all'interno della stanza, magari d entro l'anfora. Senza dubbio non si poteva sperare di ritrovare l'arma. Arco e f reccia potevano essere bruciati senza difficolt .

- Ma la punta di corno sar stata spezzata prima che l'arco fosse nascosto - gl i ricordai. - Polignoto avr voluto che fosse ritrovata fuori dalla finestra. Dove va servire a collegare la freccia con l'arciere immaginario all'esterno e a iden tificarlo come Filemone. - Vero. Ma il frammento del vaso rotto cadde accidentalmente, e probabilmente nello stesso momento. - Aristotele rise. - Guarda un po' cosa ha combinato quel frammento. Te l'ho detto che vale la pena di osservare bene i vasi. Quella sche ggia di ceramica doveva essere rimasta impigliata nella tunica di Polignoto, o n ei suoi sandali. E visto che lui non sapeva che fosse stata smarrita e ritrovata , nemmeno la sua mente flessibile poteva essere preparata all'eventualit che veni sse usata contro di lui. Ci nondimeno, sono sicuro che il vaso rotto sia stata la pi grave contrariet per lui. E' stata l'unica cosa che andata storta nei suoi pia ni. Una volta visto il frammento, ne dedussi che un vaso, un importante vaso attico, doveva essersi rotto nella casa di Boutades all'epoca del delitto. E qua ndo mi resi conto che il vaso delle Dionisiache non era presente nella stanza su bito dopo l'assassinio, ho intravisto in questo l'unico tipo [299] di prova che avrebbe sostenuto la nostra tesi. Ma quando io ed altri notabili fummo invitati in quella casa a cena, il vaso delle Dionisiache era nuovamente in evidenza. Cos a era accaduto nel frattempo? Niente di straordinario; ma Polignoto era stato a Corinto. Ti ricordi di quando ti dissi che una volta andai a visitarlo senza ess ere invitato e mi fermai a scrivere un messaggio? - S - risposi. - E quando faceste la visita sapendo che Polignoto era assente, vi fermaste nel vecchio studio di Boutades con la scusa del messaggio, e questo vi diede l'opportunit di esaminare il vaso e grattarne l'orlo. E vi sono molto g rato per essere andato fino a Corinto a verificare chi aveva eseguito la copia. Vorrei che me lo aveste detto; avrei almeno potuto pagare. E lo far ... - Lasciamo perdere la gratitudine! - replic Aristotele ammiccando. - E' l'enig ma che conta. Ne ero affascinato. Niente sarebbe bastato a tenermi lontano. E' u n'ottima cosa risalire alle fonti, esaminare i fatti. E non volevo darti troppe speranze. Inoltre, avresti potuto lasciar trapelare qualcosa. Troppo pericoloso per te - concluse frettolosamente. - Ma - replicai - continuo a non capire come potevate sapere che bisognava ce rcare i frammenti sotto la pietra tombale. Quella notte, quando veniste a casa m ia, mi diceste che il vaso era stato riprodotto e che i frammenti originali sare bbero stati dove li trovammo. Ma come sapevate che sarebbero stati l ? Aristotele parve leggermente a disagio. - Nella mia mente mi sentivo sicuro c he quello era il posto pi logico dove cercarli, bench non ne avessi avuto una prov a oculare. Forse erroneamente ti ho rivelato la cosa come se fosse un fatto cert o. - Non che siete stato voi a mettere i frammenti l , vero? - Diamine, Stefanos, hai un'opinione esagerata della mia forza e della mia ma lvagit ! No davvero. Ho usato il metodo deduttivo. Ormai avevo un'idea precisa di come funzionava la mente dell'assassino. Mi ero reso conto che in tutta questa c arneficina mostrava di intuire con molta chiarezza cosa fosse pi appropriato in o gni situazione. Era pieno di risorse e adattabile, e in ogni circostanza, compre se le prodicas e, ispirava le azioni all'occasione. [300] Rispettava le convenzion i. Ora, era chiaro che sarebbe stato necessario conservare i frammenti del vaso finch non fosse stata eseguita la copia. E lo schiavo avrebbe potuto essere uccis o solo dopo aver eliminato i frammenti e aver messo il nuovo vaso al suo posto. Polignoto avrebbe potuto gettare i frammenti nel golfo di Corinto, o disfarsene in altro modo mentre era fuori citt . Ma un uomo prudente avrebbe conservato i fra mmenti dell'originale finch il nuovo vaso non fosse stato portato a casa sano e s alvo. E lui era prudente, oltre che audace. Io pensai che avrebbe fatto quello c he sarebbe stato normale fare. Attendere che la copia fosse felicemente arrivata , prima di disfarsi dell'unico modello esistente. E cos supposi che si fosse libe rato dei cocci nel periodo fra il suo ritorno da Corinto e la morte dello schiav o. Cos'era avvenuto nel frattempo? Una sola cosa degna di nota. La collocazione della pietra tombale di Boutades. - S - dissi. - Mi ricordo quel giorno. - E mi torn alla mente la bianca faccia marmorea di Boutades mentre passava per le vie.

- Ebbene - seguit Aristotele prendendo gusto alla sua dissertazione - come ho detto, l'assassino aveva dimostrato un forte senso di ci che appropriato. E anche un forte senso della famiglia. Sotto certi aspetti era molto simile a suo zio, avido e possessivo, con poca considerazione per la gente e molta per le cose. E' strano, ma io penso che Boutades impar qualcosa di nuovo prima di morire, quando si affezion al piccolo Likias; ma questo avvenne perch aveva bisogno di qualcuno a cui trasmettere i suoi averi. Aveva bisogno di sapere che aveva un figlio. Pol ignoto non impar mai a valutare le persone, ma apprese dall'esempio di avarizia d i suo zio che a volte vale la pena di spendere. Aveva rispetto per i beni di fam iglia. Una volta, in mia presenza, disse che gli piaceva vedere le cose nel l uogo a cui appartenevano. Io credo che questo fosse vero, anche se Polignoto lo intendeva in senso ironico. Quando alla cena cit quei versi dell'Iliade, guard il vaso delle Dionisiache, la copia ovviamente. Quelle parole di Achille, come rico rderai, erano tratte dal funerale di Patroclo, quando l'eroe guarda la [301] pir a su cui vengono sacrificati ogni sorta di beni e persino vite umane. Le parole di Omero si riferiscono ai riti e alle offerte funebri. Credo che di recente Pol ignoto si fosse ricordato di quei versi. Anche lui, come l'eroe, stava sacrifica ndo degli esseri viventi, e anche lui stava accertandosi che ogni cosa venisse f atta secondo la tradizione. In pratica, aveva gi stabilito dove dovesse finire l' originale. Le eredit non devono uscire dalla cerchia della famiglia. Ma quando mu ore un ricco, a volte gli oggetti di valore e persino i preziosi tramandati dagl i avi vengono seppelliti con lui. Al mio ritorno da Corinto, mi rammentai quella frase dell'Iliade, ne compresi il senso e mi sentii certo. Il luogo pi appropria to per i frammenti di quel bellissimo vaso era la tomba di Boutades. Con quel pe sante e imponente monumento sopra, i cocci sarebbero stati al sicuro per sempre, nascosti a tutti e ironicamente restituiti al legittimo proprietario. - Credete dunque che abbia sepolto i frammenti nella fossa subito prima che c i fosse collocata sopra la lapide? - Non ne sono sicuro. Penso che questo avrebbe comportato dei rischi superflu i. Gli operai avrebbero potuto scavare nel terreno. E i cocci, te lo ricorderai, non erano molto in profondit . No, io credo che Polignoto e il suo fidato schiavo abbiano fatto una visita segreta al Kerameikos proprio come noi, ma per nascond ere i frammenti, non per trovarli. Due uomini possono spostare la lapide, come s appiamo. E la loro spedizione non era cos rischiosa come la nostra. Polignoto ave va un'ottima giustificazione nei confronti di qualsiasi passante, perch dopo tutt o si trattava della lapide di suo zio pagata col suo denaro. Poteva dire che era venuto a rendere omaggio alla tomba, o che aveva udito che la pietra si era inc rinata o era caduta, o addirittura che era, venuto a seppellire un'offerta dimen ticata. - E cos Polignoto si sottoposto a tutta quella spesa e quel disturbo. Avete ra gione sul fatto che Polignoto fosse pronto a spendere quando l'occasione lo rich iedeva. Guardate ai funerali, alla lapide di Boutades e alla copia del vaso. E p enso che fosse impaziente di finanziare le feste dionisiache. [302] - S . E invece il dramma su Chirone non si far . Sono certo che la storia di Chir one abbia offerto al nostro assassino un divertimento tutto personale. Probabilm ente fu dopo aver deciso quale dovesse essere l'argomento del dramma che Poligno to decise come uccidere Boutades. La freccia scoccata da Eracle, l'eroe forte ch e uccideva il suo maestro. Be', gli attori sono molto tristi e resteranno senza soldi. - Soldi - ripetei. - Polignoto ne aveva e ne voleva di pi . Sono il furore, il timore e l'avarizia, come avete detto una volta, a causare i delitti. E l'avariz ia sembra pi potente di quanto pensassi. - Ma Polignoto amava il potere pi di qualsiasi altra cosa. Il denaro era per l ui soltanto un mezzo per raggiungere un fine o diversi fini. Faceva dei costosi investimenti. Ingaggiare dei sicari, come inscenare produzioni teatrali, si addi ce soltanto ai ricchi. E in entrambi i casi la riuscita pu essere diversa da quel lo che il promotore desidera. Al contrario, Archimeno non poteva permettersi di assoldare dei sicari per assassinarti. - E allora chi fu l'uomo che aggred e storpi la schiava sulla strada per Megara ? Fu Polignoto o Euticleide?

- Oh, Stefanos, non l'hai indovinato? Fu Archimeno. Ecco perch Boutades aveva tanto potere su di lui. L'ira, la paura e anche il senso di colpa, che era alla base di tutt'e due, furono questi sentimenti a radicarsi nell'animo di Archimeno e a fargli nutrire tanto odio nei confronti di Boutades. S , se Archimeno fosse s tato abbastanza coraggioso, avrebbe potuto assassinare lui stesso Boutades. Ma l ui il tipo d'uomo che sfoga il suo odio solo sui pi deboli. Era sempre crudele co n le donne. Ma tu non eri un debole. Archimeno fece un errore a mettersi contro di te, no? Mi sentii lusingato. - Suppongo - dissi - che voi non abbiate corrotto Archim eno perch testimoniasse, ma che lo abbiate in qualche modo minacciato. Gli avete mandato un messaggio il giorno prima del processo, vero? - Non ho fatto alcuna minaccia, Stefanos. Gli ho semplicemente ricordato che quella era l'occasione adatta per vendicarsi dell'uso perverso fatto da Boutades di un certo incidente. Bada [303] bene, non sono sicuro che Archimeno non merit i un castigo legale per il crimine commesso in passato, ma gli dei stanno gi face ndoglielo pagare. - E cos ... Euticleide non colpevole di nulla - conclusi in tono piuttosto delu so. - Be'... Euticleide pu avere sospettato che Polignoto fosse l'assassino. Quest a un'altra delle cose che non sapremo mai. Io sono dell'idea che Euticleide indo vin la verit quasi subito, la indovin e non vi diede molto peso, ma vide nella futu ra scalata al potere di Polignoto una grande opportunit per se stesso. Non vecchi o, ed ancora ambizioso. La sua famiglia ha commesso errori politici e perduto in fluenza, ma per lui si presentava l'occasione di rioccupare la sua antica posizi one. Poteva rendersi indispensabile a Polignoto. Senza dubbio Euticleide desider ava di vedere te e la tua famiglia ridotti in polvere per compiacere Polignoto e per garantire che il processo filasse liscio. Dopo tutto, saresti stato troppo povero per poter ingaggiare uno che ti scrivesse l'arringa. - Sorrise con autoco mpiacimento. Poi ridivenne serio e continu : - E' questo il guaio con gli oligarch i. Hanno delle gran brutte abitudini. Polignoto aveva l'anima dell'oligarca. E c os Euticleide. Ma Polignoto era un tipo insolito, giovane, brillante, spericolato . Si fidava molto della sua fortuna. Pensava superstiziosamente che lo avrebbe s ostenuto fintanto che faceva omaggio alle convenzioni e rispettava quel particol are spirito conservatore che evidente nel decoro esterno delle sue azioni. S , Pol ignoto si sentiva un beniamino della fortuna. Uno di quelli a cui gli eventi obb ediscono. - Sembrava ... cos buono - dissi ricordandolo. - Sembrava degno di ammirazione . Sapete, in un certo senso, anch'io avevo simpatia per Polignoto; o per lo meno lo stimavo. - Gi - sospir Aristotele. - Polignoto era il tipo da ispirare il miglior genere di retorica. [304] Indice 7 11 24 31 47 58 74 87 102 115 132 142 159 173 188 205

1 Io, Stefanos Omicidio ad Atene Canti funebri e accuse In casa di Aristotele Notizie e voci Dal Pritaneo al Pireo Taverne e vasi rotti Sangue e insulti 9 Questioni familiari 10 L'enigma dell'iscrizione 11 Fuoco e tenebre 12 Spade e pietre 13 L'ultima prodicas a 14 Un giorno alla fattoria 15 Viaggio in Eubea 16 Ritorno ad Atene 2 3 4 5 6 7 8

220 229 240 252 258 265 272 293

17 18 19 20 21 22 23 24

Aristotele organizza un viaggio Pericolo e rischio di morte Pensieri di morte Al crocevia di Ecate Aristotele maestro di retorica Comincia il processo L'Areopago in tumulto Dopo il processo

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