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L’amore umano, un nome, un volto

padre Giovanni Marini

anno 1999
Indice

1 Introduzione 1
1.1 Il percorso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
1.2 Dai vecchioni di Susanna a Giuseppe . . . . . . . . . . . . . . 1
1.3 Il corteggiamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
1.4 Il rapporto sponsale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.5 I nuclei di morte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
1.6 La magna charta dell’amore cristiano . . . . . . . . . . . . . . 10
1.7 I tratti dell’amore maturo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.8 Consacrazione e matrimonio alternativo . . . . . . . . . . . . . 11
1.9 Lo scopo del corso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

2 Avvicinare un’altra libertà 13


2.1 “Le avventure di un uomo vivo” . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
2.2 Cinque icone bibliche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
2.3 Genesi 24 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
2.4 Giovanni 4, 1-31 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
2.5 Matteo 15, 21-28 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
2.6 Il piccolo principe e la volpe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

3 Leggi fondamentali dell’amore 35


3.1 Domande previe e principi di fondo . . . . . . . . . . . . . . . 35
3.2 Una lettera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40
3.3 L’uomo abbandonerà il padre e la madre . . . . . . . . . . . . 42
3.4 La tenerezza e la responsabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . 45

4 Le realtà del sesso e dell’amore 51


4.1 Il sesso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
4.2 L’amore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60

i
ii INDICE

5 La magna charta dell’amore cristiano 69


5.1 La storia di Tobia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69
5.2 L’inconscio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79
5.3 Asmodeo, demone della concupiscenza . . . . . . . . . . . . . 89
5.4 Vincere la morte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94
5.5 Guarire la memoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 104
5.6 Peccato, senso del peccato e perdono di Dio . . . . . . . . . . 108

6 Nuclei di morte nella coppia 117


6.1 Pericolosità dei nuclei di morte . . . . . . . . . . . . . . . . . 117
6.2 Il rapporto non paritario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117
6.3 Il rapporto simbiotico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119
6.4 Non avvenuta desatellizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . 119
6.5 Egoismo di coppia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121
6.6 Rapporti sessuali prematrimoniali . . . . . . . . . . . . . . . . 121
6.7 Doppio legame . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 122
6.8 Amore paterno-materno e amore sponsale . . . . . . . . . . . 123
6.9 Il non amore per sé, la non conoscenza di sé . . . . . . . . . . 124
6.10 Non elaborazione del fantasma dell’altro . . . . . . . . . . . . 127
6.11 Fissazione a tappe precedenti di maturazione della libido . . . 127
6.12 Complesso di onnipotenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 128
6.13 Complesso dello “stato abbandonico” . . . . . . . . . . . . . . 129
6.14 Il troppo lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 129
6.15 Il complesso da consacrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 130

7 Amore adulto 131


7.1 L’arte di amare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131
7.2 Test di maturità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 135
7.3 L’amore crocifisso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 138

8 L’altra via 147


8.1 Generare Cristo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 147
8.2 Autocandidatura o vocazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 150

9 Il matrimonio francescano 155


9.1 Sposarsi secondo Francesco d’Assisi . . . . . . . . . . . . . . . 155
9.2 Fuori dagli schemi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 157
Capitolo 1

Introduzione

1.1 Il percorso
L’argomento trattato è l’amore umano, una realtà che coinvolge profonda-
mente tutti, che esplode nella giovinezza e che diventa un po’ l’asse portan-
te della vita di ciascuno, perché riuscire nella vita significa essenzialmente
riuscire nell’amore.
Avremo probabilmente avuto modo di sperimentare che quando un ragaz-
zo o una ragazza si misura con l’amore, nonostante magari parta con la più
grande buona volontà, con le aspettative e le speranze più alte e più sublimi,
spesso accade che si faccia del male e faccia del male a un’altra persona.
Soprattutto, capita che non agganci l‘amore sponsale.
In questo percorso avrà importanza fondamentale partire dall’ascolto del-
la parola di Dio, per comprendere quale sia il suo pensiero sui diversi aspetti
dell’amore che si intendono considerare. A questo scopo faremo spesso uso
dei quadri biblici, o icone bibliche.

1.2 Dai vecchioni di Susanna a Giuseppe


Una prima icona biblica la troviamo nel libro di Daniele, in Daniele 13. Suc-
cessivamente esamineremo un’altra icona, che si trova in Genesi 39. Esami-
nando questi due quadri biblici, apprenderemo come fare un viaggio, per par-
tire, uscire, da una situazione ed arrivare ad un’altra situazione, considerando
quali siano gli elementi che ci interessano per fare questo cammino.

1
2 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE

Leggiamo, allora, la storia della casta Susanna, nobilissima donna, e dei


vecchioni che volevano approfittare di lei. Dal libro del Profeta Daniele.

In quei giorni abitava in Babilonia un uomo chiamato Ioa-


kim, il quale aveva sposato una donna chiamata Susanna, figlia
di Chelkia, di rara bellezza e timorata di Dio.
[. . . ] In quell’anno erano stati eletti giudici del popolo due
anziani. Questi frequentavano la casa di Ioakim e tutti quelli che
avevano qualche lite da risolvere si recavano da loro. Verso il
mezzogiorno Susanna era solita recarsi a passeggiare nel giardino
del marito. I due anziani, che ogni giorno la vedevano andare a
passeggiare, furono presi da un’ardente passione per lei.
Persero il lume della ragione, distolsero gli occhi per non ve-
dere il cielo e non ricordare i giusti giudizi. Mentre aspettavano
l’occasione favorevole, Susanna entrò, come al solito, con sole due
ancelle, nel giardino per fare il bagno poiché faceva caldo. Ap-
pena partite le ancelle i due anziani uscirono dal nascondiglio,
corsero da lei e le dissero: “ecco, le porte del giardino sono chiu-
se, nessuno ci vede e noi bruciamo di passione per te. Acconsenti
e datti a noi. In caso contrario ti accuseremo: diremo che un
giovane era con te e perciò hai fatto uscire le ancelle.”
Susanna, piangendo, esclamò: “sono alle strette da ogni parte:
se cedo è la morte per me, se rifiuto non potrò scampare dalle
vostre mani. Meglio, però, per me cadere innocente nelle vostre
mani che peccare davanti al Signore”.
Susanna gridò a gran voce. Anche i due anziani gridarono
contro di lei e uno di loro corse alle porte del giardino e le aprı̀.
I servi di casa, all’udire tale rumore in giardino, si precipitarono
dalla porta laterale per vedere che cosa stava accadendo. Quando
gli anziani ebbero fatto il loro racconto, i servi si sentirono molto
confusi perché mai era stata detta una simile cosa di Susanna.
Il giorno dopo tutto il popolo si adunò nella casa di Ioakim,
suo marito, e andarono là anche i due anziani per condannare a
morte Susanna. Rivolti al popolo dissero: “si faccia venire Susan-
na, moglie di Ioakim”. Tutti i suoi familiari e amici piangevano.
I due anziani si alzarono in mezzo al popolo e posero le mani
sulla sua testa. Essa piangendo alzò gli occhi al cielo, con il cuore
pieno di fiducia nel Signore.
1.2. DAI VECCHIONI DI SUSANNA A GIUSEPPE 3

Gli anziani dissero: “mentre noi stavamo passeggiando soli nel


giardino, è venuta con due ancelle, ha chiuso le porte del giardino
e poi ha licenziato le ancelle. Quindi è entrato da lei un giovane,
che era nascosto, e si è unito a lei. Noi che eravamo in un angolo
del giardino, vedendo una tale nefandezza, ci siamo precipitati
su di loro e li abbiamo sorpresi insieme. Non abbiamo potuto
prendere il giovane perché, più forte di noi, ha aperto la porta
ed è fuggito. Abbiamo preso lei e le abbiamo domandato chi era
quel giovane, ma lei non ce l’ha voluto dire. Di questo noi siamo
testimoni.”
La moltitudine prestò loro fede, poiché erano anziani e giudici
del popolo, e la condannò a morte. Allora Susanna ad alta voce
esclamò: “Dio eterno che conosci i segreti, che conosci le cose
prima che accadano, Tu lo sai che hanno deposto il falso contro
di me. Io muoio innocente di quanto essi iniquamente hanno
tramato contro di me.” E il Signore ascoltò la sua voce. Mentre
Susanna era condotta a morte, il Signore suscitò il Santo Spirito
di un giovinetto chiamato Daniele, il quale si mise a gridare: “Io
sono innocente del sangue di lei.” Tutti si voltarono verso di
lui dicendo: “che vuoi dire con le tue parole”. Allora Daniele,
stando in mezzo a loro, disse: “Siete cosı̀ stolti israeliti! Avete
condannato a morte una figlia di Israele senza indagare la verità.
Tornate al tribunale perché costoro hanno deposto il falso contro
di lei.”
Il popolo tornò subito indietro e gli anziani dissero a Daniele:
“vieni, siedi in mezzo a noi e facci da maestro poiché Dio ti ha
dato il dono dell’anzianità.” Daniele esclamò: “separateli bene
l’uno dall’altro e io li giudicherò.”
Separati che furono Daniele disse al primo: “O invecchiato
nel male. Ecco, i tuoi peccati commessi in passato vengono alla
luce. Quando davi sentenze ingiuste opprimendo gli innocenti e
assolvendo i malvagi mentre il Signore ha detto: “non ucciderai
il giusto e l’innocente”. Ora, dunque, se tu hai visto costei, dı̀
sotto quale albero tu li hai visti stare insieme?” Rispose: “Sotto
un lentisco.” Disse Daniele: “In verità la tua menzogna ricadrà
sulla tua testa. Già l’angelo di Dio ha ricevuto da Dio la sentenza
e ti spaccherà in due.”
Allontanato questo, fece venire l’altro e gli disse: “Razza di
4 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE

Canaan e non di Giuda, la bellezza ti ha sedotto, la perversione


ti ha pervertito il cuore. Cosı̀ facevate con le donne di Israele ed
esse per paura si univano a voi. Ma una figlia di Giuda non ha
potuto sopportare la vostra iniquità. Dimmi, dunque, sotto quale
albero li hai trovati insieme.” Rispose: “Sotto un leccio”. Disse
Daniele: “In verità anche la tua menzogna ti ricadrà sulla testa.
Ecco l’angelo di Dio ti aspetta con la spada in mano per spaccarti
in due e cosı̀ farti morire.” Allora tutta l’assemblea diede in
grida di gioia e benedisse Dio che salva coloro che sperano in
Lui. Poi, insorgendo contro i due anziani, ai quali Daniele aveva
fatto confessare con la loro bocca di aver deposto il falso, fece
loro subire la medesima pena alla quale volevano assoggettare il
prossimo, e applicando la legge di Mosè, li fece morire. In quel
giorno fu salvato il sangue innocente.”

La passione ti ha sedotto il cuore. L’asse portante della vita di ogni


persona è l’amore, è questa forza che ci guida, che ci trascina e che irradia in
tutta la nostra vita. Questi due vecchi sono persone nobili, sono persone che
hanno responsabilità, sono giudici; eppure di fronte alla passione si arriva
alla menzogna, al sotterfugio, si arriva alla morte.
E questa è la realtà nella quale, in qualche modo, noi viviamo. Questo è
il risultato di molti sforzi umani proiettati verso direzioni sbagliate. In certi
ambienti, magari anche conclamati tanto dai mezzi di comunicazione sociale,
si trovano persone che sotto molti aspetti sono innalzate, chi perché è un
attore, chi perché fa un lavoro nobile, chi perché ha un titolo onorifico, per
mille motivi. Se però si va a scavare, in fondo al mondo dell’affettività, ecco
che arrivano a galla tanti scheletri, tante meschinità. C’è una dimensione
nella persona umana che si irradia, appunto, dall’affettività. L’affettività
dopo permea e colora tutti gli altri aspetti della vita.
Vedremo come nella icona biblica che seguirà, con Giuseppe che viene
circuito dalla moglie del Faraone, le cose siano esattamente al contrario. Qui
troviamo un’altra situazione. Giuseppe, da quando entra nella famiglia di
Potifar, l’uomo che lo comprò in Egitto, è una vera benedizione per tutta la
sua famiglia, come sarà successivamente una benedizione per la famiglia del
Faraone. E sarà una benedizione anche nel carcere dove viene gettato a causa
delle accuse della moglie del faraone. E vedremo che sarà una benedizione
per tutto il popolo d’Egitto, e poi ancora proprio per quei fratelli che l’hanno
venduto.
1.2. DAI VECCHIONI DI SUSANNA A GIUSEPPE 5

Dal libro della Genesi.

Giuseppe era stato condotto in Egitto e Potifar, consigliere


del Faraone lo acquistò. Il Signore fu con Giuseppe: a lui tutto
riusciva bene. Il suo padrone si accorse che il Signore era con lui
e che quanto egli intraprendeva, il Signore faceva riuscire nelle
sue mani. Cosı̀ Giuseppe trovò grazia agli occhi di lui e divenne
suo servitore personale, anzi, quegli lo nominò suo maggiordomo
e gli diede in mano tutti i suoi averi. Da quando egli lo aveva
fatto suo maggiordomo, il Signore benedisse la casa dell’egiziano
per causa di Giuseppe.
Ora Giuseppe era bello di forma e avvenente di aspetto e la
moglie del padrone gettò gli occhi su Giuseppe e gli disse: “Uni-
sciti a me”. Ma egli rifiutò e disse alla moglie del suo padrone:
“Vedi, il mio signore non mi domanda conto di quanto è nella
sua casa e mi ha dato in mano tutti i suoi averi, lui stesso non
conta più di me in questa casa. Non mi ha proibito nulla se non
te, perché sei sua moglie. E come potrei fare questo grande male
e peccare contro Dio?”. E benché ogni giorno essa ne parlasse a
Giuseppe, egli non acconsentı̀ a darsi a lei.
Un giorno egli entrò in casa per fare il suo lavoro, mentre non
c’era nessuno dei domestici. Essa lo afferrò per la veste dicendo:
“Unisciti a me”. Ma egli le lasciò tra le mani la veste e fuggı̀.
Ed essa pose accanto a sé la veste di lui finché il padrone venne
a casa. Allora gli disse: “Quel servo ebreo che tu ci hai condotto
in casa mi si è accostato per approfittare di me, ma appena io ho
gridato e ho chiamato, ha abbandonato la veste presso di me ed
è fuggito fuori.“ Quando il padrone udı̀ le parole di sua moglie si
accese d’ira, lo prese e lo mise nella prigione dove erano detenuti
i carcerati del Re. Ma il Signore fu con Giuseppe. Gli conciliò
benevolenza e gli fece trovare grazia agli occhi del comandante
della prigione.

Anche da questo passo risulta chiaro quanto l’affettività e la sessualità


siano determinanti nelle relazioni interpersonali. La casa del Faraone restò
beneficata dalla presenza di Giuseppe, tanto che Potifar gli aveva dato tutto.
Poi, soltanto al momento della prova si vede l’uomo, ed è la prova dell’affet-
tività quella che veramente conta. Prima della prova tu non sai se sei casto
6 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE

e fedele, anche se ne fossi convintissimo, battessi i piedi e facessi la parte che


faceva Pietro con Gesù: “non ti rinnegherò mai. Se anche tutti gli altri ti
abbandoneranno, io no. Io morirò per te”. Dopo cinque ore, nella notte, lo
disconoscerà.
Questa è la situazione umana. Prima della prova noi non sappiamo chi
siamo, perché solo nella prova si vede chi è una persona. Nell’icona che
abbiamo preso in considerazione, nella prova si trova un giovane, di cui sı̀ la
donna può prendere il vestito, ma non il corpo e l’anima.
Il matrimonio poggia proprio sulla fedeltà, esattamente il contrario di
quanto si sente dire. La cultura e la mentalità che ci circondano, infatti,
pone tutte le premesse perché si ripeta la corruzione della prima icona. Nei
giornali, nella pubblicità, nei film, in televisione, ci sono tutte le premesse, e
sono anche approvate. Quando c’è la corruzione della mente, allora tutte le
altre corruzioni sono possibili.
Le coppie di un certo taglio culturale si dicono “beh, finché lo sento
starò con te, dopo vedremo. Se i sentimenti mi accompagneranno, staremo
insieme”. Ma i sentimenti sono una realtà che va e viene, come l’onda del
mare: oggi sono in un certo modo, domani sono l’esatto contrario, perché la
loro natura è cosı̀. E se il matrimonio è poggiato soltanto sul sentimento, che
è una caratteristica adolescenziale, manca il fondamento. Bisogna prestare
molta attenzione a dove si appoggia la casa che si sta costruendo. La scelta
è qui. Lo scopo di questo corso è far capire dove si vogliono poggiare le
fondamenta della casa, se sulle sabbie mobili della corruzione dei vecchioni o
se sulla roccia solida di Giuseppe, che diventa un uomo sapiente, che diventa
un uomo di fronte al quale tutti si inchinano. Il suo prestigio in Egitto valica
ogni confine, perché è un uomo integro, è un uomo serio, è un uomo che
ovunque arriva benefica.
Questo corso vuol essere una riflessione su questo elemento, l’amore, e
vuol anche essere un cammino che ciascuno è chiamato a percorrere, partendo
dalla prima situazione considerata, che è la più naturale di questo mondo,
come le nostre esperienze attestano, per giungere alla seconda situazione,
profondamente diversa.

1.3 Il corteggiamento
Due persone che si amano formano una coppia felice, all’apparenza la coppia
più bella del mondo. I due hanno ogni cosa per poter essere contenti e per
1.4. IL RAPPORTO SPONSALE 7

stare insieme, ma ad un certo momento lei tradisce, lui tradisce. Di fronte


a queste situazioni ci si sente schiacciare. No! Questo corso dirà come è
possibile costruire veramente sulla roccia.
Per prima cosa esamineremo come avvicinare un’altra libertà, ovvero co-
me corteggiare un ragazzo o una ragazza. In questo ambito ci si deve muovere
da persone mature. Vedremo che non è possibile vincolare un’altra libertà se
non creando in sé stessi un grande fascino, un fascino che si ottiene soltanto
appropriandosi dei tratti di Gesù Cristo.
A noi cristiani non ci sono state date delle leggi, dei criteri o dei consigli, a
noi Dio ha dato un uomo. E noi abbiamo Lui come modello. Anche in questo
caso tramite icone bibliche, noi impareremo in che modo ricreare quell’incanto
per cui un ragazzo, o una ragazza, viene come risucchiato. Quando si ha il
fascino di Gesù, allora tutto diventa facile. Nessuno può sfuggire, è solo per
un grande fascino che l’uomo si muove.
Quindi vedremo in che modo, a partire dai primi passi del cammino, sia
possibile evitare lo sbaglio di fare del male ad una persona o a sé stessi. Ma
soprattutto diremo come sia possibile agganciare il rapporto sponsale, che
non è il rapporto madre e figlio, né il rapporto fratello e sorella. Esso si
distingue da tutti gli altri rapporti umani, è il più bello, è il più alto, il più
sublime che esista. Dio per trattare ed esprimere all’uomo il grande amore
che ha per noi, usa la categoria sponsale. Ed allora dedicheremo del tempo
al corteggiamento.

1.4 Il rapporto sponsale


Poi andremo a vedere, una volta che è stata cambiata l’identità, quando cioè
due persone sono ormai fidanzate e si impegnano per verificare la possibilità
di stare insieme nella vita, quali siano le leggi fondamentali che regolano
questo stare insieme.
Andando in giro per l’Italia e per il mondo, ho trovato che molte persone
sono lievitate dal punto di vista biblico ed evangelico, credono in Dio e in
Gesù Cristo, credono nella Chiesa, fanno dei servizi ecclesiali, magari fanno
catechismo, magari cantano, ma quando si va a toccare l’ambito dell’amore,
si scopre che lı̀ il Vangelo non è lievitato per niente. Per cui un ragazzo
o una ragazza di parrocchia si comporta esattamente come un ragazzo non
credente. Questo corso ha lo scopo di far arrivare il Vangelo in questa sfera.
E quando l’amore è lievitato dal Vangelo, allora attinge direttamente dalla
8 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE

sorgente dell’amore, che è lo Spirito Santo. Vedremo, cosı̀, se esiste l’amore,


dove lo si debba ricercare, da dove nasce, quali siano le sue leggi essenziali.
Quando un ragazzo e una ragazza si mettono insieme, è bene che non si tuffino
immediatamente sulla bella torta dell’amore e del sentimento. È subito un
impegno. Vedremo che ci vuole la responsabilità, ci vuole la tenerezza. Cosı̀
sarete equipaggiati.
Non dovrete essere più persone che vanno a mendicare da qualche parte
consigli su come si possa gestire un rapporto sponsale, ma lo dovrete sape-
re voi, perché voi dovrete essere protagonisti del vostro futuro, finalmente.
Questa è la gloria di Dio, cioè l’uomo vivente, un uomo consapevole di avere
in mano i criteri per operare le giuste scelte, e che si muove e gestisce la vita
con responsabilità, da protagonista.
Dove nasce l’amore? Scopriremo la terza entità invisibile, ossia lo Spiri-
to Santo, perché amare è un copiare Dio, in qualche modo, il quale è Padre,
Figlio e Spirito Santo. Vedremo che la terza entità invisibile è la sorgente del-
l’amore che irradia e costituisce l’amore tra i due, che costituisce tanto amore
anche per i figli, e poi per altre persone ancora Splendide quelle famiglie aper-
te dove possono veramente respirare amore tante e tante altre persone. In
questo nostro mondo c’è grande bisogno della testimonianza sponsale dell’a-
more. Un ragazzo mi diceva: “Giovanni, io non credo più nell’amore. I miei
genitori si sono divisi, mi sono fidanzato con una ragazza e improvvisamente
mi ha lasciato. Adesso sono fidanzato con un’altra ragazza, ma un bel giorno
ha iniziato ad avere dubbi ed io mi sono impaurito. Una mia cugina si è
sposata e dopo due mesi si sono separati, ognuno per la sua strada. Un altro
mio parente è sposato con due bambini che sono indesiderati da entrambi;
ma dov’è l’amore?”. Aveva intorno a sé una costellazione di situazioni che lo
portavano ad essere impaurito e a chiedersi dov’era l’amore, non sapeva che
prospettive avrebbe potuto avere, quale futuro avrebbe potuto esserci. Era
un ragazzo molto intelligente, che rifletteva molto sulle situazioni che vedeva
intorno.

1.5 I nuclei di morte


Successivamente vedremo un insieme di nuclei di morte dentro la dinamica
sponsale. Mentre un ragazzo e una ragazza si relazionano, procedono nel
loro fidanzamento, ad un certo momento possono imboccare delle vie senza
uscita. Noi le chiamiamo nuclei di morte. Ne esamineremo una ventina.
1.5. I NUCLEI DI MORTE 9

Il nucleo di morte è come il cancro. Il male attacca la persona, ma lı̀ per


lı̀ va avanti, ritiene che sia cosa di poco conto, però è certo che prima o poi
l’uccide. Allo stesso modo, non conoscere i nuclei di morte, significa entrare
nella relazione e viverla in maniera sprovveduta, e presto o tardi ci si trova
di fronte ad un amore finito.
L’amore, di per sé, non può finire perché ha i caratteri dell’eternità. Anche
nelle difficoltà, molte volte l’amore esiste tra due persone. Se è morto, è
perché sono state calpestate alcune leggi fondamentali, essenziali, che bisogna
conoscere.
I nuclei di morte si possono paragonare ai controlli che sono sul cruscotto
della macchina. Quando si accende la spia rossa dell’olio, si può fare ancora
un po’ di strada, ma proseguendo più a lungo il motore fonde. Se si accende
la spia dei freni, ci si trova in una situazione di estremo pericolo.
Conoscere questa ventina di nuclei di morte significa avere una tale li-
bertà, una tale gioia di avere sotto controllo tutta la situazione, da non
correre pericoli di fronte ai quali ci si trova con le spalle al muro. Questo
spesso accade, invece, proprio perché, permettetemelo, c’è un analfabetismo
totale sull’argomento.
Qui ad Assisi è venuto un signore che diceva che si stava separando dalla
moglie. Però, c’era un problema. Avevano una bambina di 11 anni, la quale,
di fronte al fatto che i genitori si stessero separando, batteva la testa contro
il muro e si faceva uscire sangue. Io gli ho detto di far venire la sua signora,
perché volevo vedere come i due si relazionavano. Questa signora inizialmente
era molto riluttante, ma io non potevo pronunciarmi se non vedevo come si
relazionavano. E dopo tanto questa signora è venuta. Era una professoressa
a Perugia. In due ore si sono detti tante cose cattive l’un l’altro, che non
potete immaginare. Alla fine, mentre loro parlavano, io facevo i miei conti
e ho cominciato a dire: “sapete perché è morto il vostro amore?”. “No,
perché?”. “Perché ho trovato ben otto nuclei di morte. Per far morire l’amore
ne basta uno! E ho iniziato a enumerarli. Questa signora, professoressa, è
rimasta allibita: “mai sentito dire!”. Certo, chi te lo dice! L’analfabetismo
è totale, sotto certi aspetti. Dopo, per non avere aspettative troppo grandi,
ho detto: “prima di intraprendere un’altra storia con un altro uomo, con
un’altra donna, almeno cercate di esaminare perché è morta questa prima
esperienza, altrimenti siete condannati alla fatalità di ripetere gli stessi errori
con il prossimo partner che avrete”. Ho invitato lui ad alcuni ascolti della
Parola di Dio, e dopo cinque o sei mesi si sono rimessi insieme. Adesso la
famiglia funziona, la bambina non batte più la testa contro il muro. Ovvio!
10 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE

E poi loro dicevano di amare la loro figlia, ma per amarla dovevano prima
amarsi tra di loro! Ho poi detto alla signora che se fosse venuta sei, otto, dieci
anni fa, non c’era bisogno di un profeta, glielo avrei assicurato io che se la
loro dinamica era quella nel giro di alcuni anni si sarebbero cavati gli occhi.
Non ci vuole chissà che cosa per arrivarci, ma è fondamentale conoscere i
nuclei di morte.
A Perugia c’è un uomo, Nunzio, che fa la guardia di finanza. Lui è
venuto qui a fare il corso e si è segnato diverse cose. Quando è tornato a
casa, è entrato in molte famiglie dei suoi fratelli e delle sue sorelle, in cui
c’erano svariati problemi e ha incominciato a dire: “ma certo che le cose non
funzionano. Voi trasgredite queste leggi essenziali”.
Sono cose semplicissime, ve ne dovete appropriare, per entrare con la luce
di Dio dentro alla dinamica sponsale e allora vedrete che si affoga veramente
nell’amore. Allora vedrete come si smentisce quella stupida frase che ogni
tanto si sente dire: “il matrimonio è la tomba dell’amore”. No! Il matrimonio
è la fucina dell’amore, basta che ci si attenga a determinati criteri. Quindi
noi esamineremo una ventina di nuclei di morte.

1.6 La magna charta dell’amore cristiano


Dopo analizzeremo la magna charta del matrimonio cristiano, il libro di To-
bia. Nessuno che non abbia ben penetrato i contenuti di questo libro deve
valicare il sacramento del matrimonio. Noi andremo a vedere cosa c’è oltre
al linguaggio biblico di un demone che uccide i mariti la notte delle nozze,
che significato ha quel pesce che, mentre stai nella quotidianità della vita
(Tobia era andato a lavarsi i piedi dopo un giorno di viaggio), balza e ti
vuol divorare. No! Divora tu il pesce! Anzi, estrai utili medicamenti: cuore,
fegato, fiele. Questo è un linguaggio mitico e noi cercheremo di capire che
cosa significa per noi oggi.
Dal momento poi che nella vita ci si misura con la realtà dell’amore, chi di
noi non porta qualche ferita, non porta un passato che pesa, il quale diventa
il filtro che colora la relazione che ciascuno ha con il partner, o magari con
tante altre persone. Pertanto, è necessario dedicare un buon lasso di tempo
alla guarigione della memoria, in quanto si deve tornare ad essere persone
limpide, psichicamente vergini, avere quella disponibilità, quella freschezza,
quella capacità di apertura all’amore che in genere si ha alle prime esperienze.
Questo è possibile perché siamo cristiani e Gesù Cristo ci rende possibile
1.7. I TRATTI DELL’AMORE MATURO 11

questo recupero. È un bene che dobbiamo farci, diamoci del tempo. Il


passato non deve pesarci più. Lo dobbiamo portare sulle spalle, ma anche
se fosse pesantissimo, lo si mette da una parte e non deve incidere più sul
presente.

1.7 I tratti dell’amore maturo


Poi ci dobbiamo misurare con alcuni tratti di amore veramente maturo: come
fare a riconoscere se la persona che sta davanti a me ha aspettative adolescen-
ziali, che non devo soddisfare, oppure se ha aspettative da persona veramente
adulta, matura?

1.8 Consacrazione e matrimonio alternativo


Un altro tema che brevissimamente tratteremo è quello della consacrazione.
È indispensabile gettare uno sguardo anche all’altra via, perché è importante
capire che c’è una complementarietà tra le persone che si sposano e quelle
che si consacrano.
Poi penseremo ad una cerimonia sponsale alternativa a quella che co-
munemente viene presentata, per giungere a una vita familiare veramente
alternativa.

1.9 Lo scopo del corso


Scopo di questo corso, dunque, è di far uscire ciascuno dalla casa di suo pa-
dre, dal parentado, cioè dalla cultura dove vive, che respira e che non gli fa
nascere neanche il dubbio che ci possa essere un’alternativa; una situazione
non molto florida, individuata nei compromessi e nella corruzione dei vec-
chioni di Susanna, per farlo approdare a un matrimonio in cui i due non sono
una benedizione soltanto per se stessi, ma anche per tutti gli altri.
Con esso, vogliamo aiutarvi a non aver bisogno più di nessuno, vi vor-
remmo portare alla meta che Don Lorenzo Milani esprimeva in una battuta,
che sembra un po’ forte e violenta ma che è bellissima: “servo di Gesù Cristo
e di nessun altro!”. Significa che i criteri di giudizio e di comportamento si
desumono essenzialmente da Dio, perché qui è la vera libertà, servire Dio
e regnare, smettendo quindi di desumere i criteri dalle idee dominanti della
12 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE

cultura. La grande spaccatura che accadrà necessariamente tra un credente,


una persona che è equipaggiata in un determinato modo, e un non credente,
è inevitabile. Un esempio sono i rapporti prematrimoniali. Questo diventa
subito un criterio immediato. Se tu desumi i criteri dalla cultura che ti sta
attorno, è logico andare a letto dopo un po’ di tempo, perché altrimenti cosa
si sta ad aspettare! Se li desumi dall’alto, è tutto un altro discorso. Allora
se i criteri sono tali che potrai essere circuito, come la moglie del Faraone
circuiva Giuseppe, potranno ti si potrà sottrarre il tuo esterno, il tuo abito,
ma mai il tuo cuore e la tua anima. Allora le cose cambiano notevolmente.
E spesso accade che una persona credente, che i criteri li desume dall’alto,
diventa lievito, sale, luce e salvezza anche per il partner, il quale magari, non
sappiamo per quali motivi, non è riuscito ad assurgere ai criteri della fede.
Capitolo 2

Avvicinare un’altra libertà

2.1 “Le avventure di un uomo vivo”


Voi conoscete Chestertone? In uno dei suoi libri, “Le avventure di un uomo
vivo”, ad un certo punto c’è un dialogo tra un ragazzo e una ragazza. “E
vedendo tutto questo”, chiese Rosamunda con la più grande espressione di
sincerità nel viso tondo, “insistete sul serio a volervi sposare?”. “Amore mio,
che altro posso fare!” replicò l’irlandese. “Quale altra occupazione valida un
uomo valido può avere su questa terra fuorché sposarsi. Che alternativa c’è
al matrimonio, eccettuato il sonno? Non certo la libertà, perché libero è solo
chi fa una scelta. A meno che non sposiate Dio, come le nostre monache in
Irlanda, bisogna sposiate un uomo, cioè a dire me. La terza e ultima ipotesi
sarebbe che sposaste voi stessa, viveste con voi, voi, voi sola, cioè a dire in
quella compagnia che mai è soddisfatta e non soddisfa mai”.
Sono solo poche righe, ma dicono cose essenziali. Cosa fa un uomo valido
su questa terra? Si sposa. E che altro vuoi fare! Non c’è un’altra alter-
nativa. Ogni persona è una capacità sponsale ed è una capacità materna
per una ragazza e paterna per un ragazzo. Questi sono i talenti di fondo,
quei talenti che il Signore ci ha dato e che siamo chiamati a far fruttificare.
La tua capacità d’amare è la tua capacità di generare, perché questo ti dà
gli attributi di Dio, ti dà le stesse caratteristiche di Dio. Per cui un uomo
valido quale altra occupazione può avere su questa terra fuorché sposarsi?
Che alternativa c’è al matrimonio? Il sonno: la persona sta in parcheggio,
in rottamazione, si direbbe oggi. Questo va detto, perché attualmente c’è
una calma, una tranquillità. Un po’ di mesi fa in televisione hanno detto

13
14 CAPITOLO 2. AVVICINARE UN’ALTRA LIBERTÀ

che una percentuale pari al 70% dei giovani se ne stanno belli e tranquilli
nella loro famiglia, coccolati, con buona pace dei genitori che dicono che il
lavoro non si trova, che negli studi va un po’ a lungo. Questo perché spesso
lo studio ti parcheggia. Arrivano a 30 anni e stanno ancora nella famiglia.
Sono soddisfatti i genitori perché il figlio sta ancora in casa, è soddisfatto
pure il figlio perché è caldo caldo, nel nido.
In realtà, è semplicemente drammatico che la persona rimanga nel nido.
Il sonno, l’alternativa è il sonno, dormire. Non certo la libertà, perché libero
è solo chi fa una scelta. Arrivato ad un bivio, se io rimango prima di questo
bivio non sono libero, non assaporo la libertà. Se io mi trovassi ancora a
pensare: “mi farò frate o mi sposerò?”, io non sarei stato libero! La libertà
l’ho assaporata quando ho fatto la scelta.
Esiste una vera e propria patologia, la sindrome da scelta. Ci sono delle
persone che quando arrivano davanti ad un bivio si bloccano. È oggetto di
studio da parte degli psicologi. È un male. Una persona fragile va in tilt,
sta lı̀ ferma, non fa mai la scelta. Ma questa non è libertà. Libero è solo chi
opera una scelta. A meno che non sposiate Dio, come le nostre monache in
Irlanda. L’alternativa c’è e sarebbe quella di sposare Dio, ma sposare Dio non
è meno facile e meno implicante che sposare un uomo o una donna. “Bisogna
sposiate un uomo, cioè a dire me”. “La terza ed ultima ipotesi”, ritorna sul
concetto, “sarebbe che sposaste voi stessa, viveste con voi, voi sola, cioè a
dire in quella compagnia che mai è soddisfatta e non soddisfa mai”. L’acidità
dello zitellaggio è una realtà nota a tutti, perché viene frustrato un bisogno
fondamentale, quello di esprimersi, quello di fiorire, quello di far sı̀ che la vita
non me la tenga io ma che sia sempre donata.
Gesù lo afferma molto chiaramente: se tu in qualche modo non perdi la
vita allora ti perdi, se tu invece dai la vita la ritrovi, perché è una vita che
si rinnova e si trasforma e cresce.
Questa pagina di Chestertone ci mette in mano gli elementi più essenziali.
Dobbiamo arrivare a far sı̀ che ognuno di noi diventi un uomo vivo, un uomo
lucido, una persona che non si arrende, una persona che non si parcheggia e
non si siede, una persona che esprima vita. Non è semplice, lo vedremo in se-
guito, soprattutto quando una persona non si ama, non è viva, è scoraggiata,
è sfiduciata in se stessa.
Perché questo? Perché per affascinare un’altra persona bisogna essere
vivi.
2.2. CINQUE ICONE BIBLICHE 15

2.2 Cinque icone bibliche per un io forte, sa-


piente, capace di affascinare un’altra li-
bertà
Come faccio ad essere vivo? Davanti a una donna, davanti a un uomo, come
faccio? Naturalmente, è fondamentale avere accesso alla vita e la vita è Gesù
Cristo. Infatti, per trattare questo argomento, andremo ad esaminare alcune
icone bibliche.
Troviamo una prima icona in Genesi 24, dove è riportato un episodio pa-
radigmatico, da cui trarremo criteri, leggi, regole e linee di pensiero che sono
le linee di pensiero di Dio. Nella Bibbia, tutti gli episodi colgono le costanti
del modo di agire di Dio e possiamo trovare gli elementi che illuminano la
storia di tutti gli uomini, di tutte le culture, in ogni tempo. Quando noi
leggiamo un brano e chiudiamo con “parola di Dio”, diamo a questo un si-
gnificato particolare. Se la si avvicina con la preghiera e con cuore aperto,
infatti, la parola di Dio è una ricchezza infinita.
Un’altra icona la troviamo in Giovanni 4, il racconto della samaritana.
Qui troviamo un uomo, Gesù Cristo, che conquista una donna molto difficile.
Ricaveremo tante linee di comportamento, di giudizio, di valutazione.
Un’altra icona ancora è quella di Matteo 15, episodio in cui una donna,
una caananea, conquista, in qualche modo, Gesù.
Poi l’icona di Luca 7, in cui una donna approccia, avvicina Gesù. Qui
risulta evidente che l’amore non basta averlo dentro al cervello, non basta
averlo nel cuore, l’amore bisogna averlo sulle mani, deve essere tangibile,
toccabile.
Altra icona, l’icona per eccellenza, è il Cantico dei cantici, in cui troviamo
il dinamismo vivo della relazione tra uomo e donna. L’indicazione questa
volta non è di amare Dio, ma una persona concreta, un ragazzo, una ragazza.
E il tutto è descritto in una maniera unica, splendida.
Una volta era venuta a trovarmi una ragazza a cui avevo dato compito
la lettura di questo libro. Ero veramente contento perché lo aveva studiato
molto e lo conosceva benissimo. E le ho detto: “Ora lo sai bene, ma l’hai
messo in pratica con un ragazzo?” Lei disse di no. “E allora cosa ci fai?”. È
come aver imparato una lezione, ma non averla ancora tradotta in pratica.
La persona deve essere tutta coinvolta, nel cervello, nel cuore, nei sentimenti,
nell’agire.
Lo stesso Cantico dei Cantici, è la piattaforma della dinamica d’amore
16 CAPITOLO 2. AVVICINARE UN’ALTRA LIBERTÀ

con Dio. Tu come puoi amare Dio che non vedi, se non ami un uomo o
una donna che vedi? Nell’approccio, nel corteggiamento, nell’amore tra un
uomo e una donna si fa esperienza dell’autentico rapporto con Dio. Tutti i
grandi mistici hanno trovato diverse espressioni per manifestare l’amore nei
confronti di Dio, ma quella ne è la piattaforma.
Diamo ora la parola a Dio, perché possa illuminarci, facendo lievitare le
nostre vite. Il metodo che si seguirà sarà di dare innanzitutto la parola a
Lui, poi ci si interrogherà su di essa penetrandola a fondo, tenendo presente
che la Parola è sempre valida specificatamente per chi la legge, nel momento
in cui la legge.

2.3 Genesi 24
Genesi 24, 1-67. Rapidissimo excursus su questo brano.
“Abramo era vecchio. Il Signore lo aveva benedetto in ogni cosa”. Abra-
mo è un uomo che sa di essere al centro di un grande amore da parte di
Dio. Lo sappiamo anche noi, perché anche noi siamo benedetti con ogni be-
nedizione spirituale nei cieli in Cristo, cioè noi siamo al centro di un grande
amore. Quando una persona si sente al centro di un grande amore, sa che
la provvidenza lo accompagna, che non è solo nel viaggio della vita, che c’è
qualcuno che vigila. Il testo direbbe: “Dio manda un angelo davanti a te”.
Una volta ho chiesto a dei giovani: “Ma in questa vostra storia d’amore,
Dio c’entra? Interessa a Dio questa vostra storia d’amore?”. La risposta è
stata agghiacciante: molti hanno risposto di no, molti hanno detto che sa-
rebbe meglio che non ci entrasse. Questo perché sono convinti che quando
il maschietto allunga un po’ la mano, quello di sopra si arrabbia. Invece se
c’è per il Signore una realtà che gli sta particolarmente a cuore, è proprio
la storia d’amore di una persona, perché la riuscita della vita di un uomo o
di una donna coincide esattamente con la sua storia d’amore. Al cospetto
dell’amore, allora, è giusto avere uno sguardo speranzoso, aperto, fiducioso,
ci si sta avviando verso l’avventura più grande della vita, per la quale si è
venuti al mondo.
“Andrai al mio paese, nella mia patria a scegliere una moglie per il mio
figlio Isacco”. Abramo era uscito dalla sua terra, che era una terra di po-
liteisti, una terra idolatrica, e aveva fatto l’esperienza del Dio vivo e vero.
Ed è tenuto a conservare questa esperienza, che non è di poco conto. “Non
prenderai una figlia tra le figlie dei cananei” Anche loro, infatti, erano terri-
2.3. GENESI 24 17

bilmente politeisti. “Se la donna non vorrà seguirmi, dovrò forse ricondurre
tuo figlio al paese da cui sei uscito?”. “Guardati dal ricondurre là mio figlio”,
non facciamo che lui possa andare e stabilirsi là. No, lui fa parte di un piano
di Dio, c’è un progetto globale. Abramo lo sa e sa come devono andare le
cose. “Il Signore manderà un angelo davanti a te perché tu possa di là trarre
una moglie per mio figlio”. Abramo è un uomo di fede; Abramo sa che Dio
gli è sempre stato vicino, che maggiormente lo sarà in questo momento.
“Manderà un angelo”. Nella Bibbia con il termine “angelo” si indica
o la presenza di un messaggero di Dio benevolo nei confronti degli uomini
o la presenza tangibile e visibile di Dio, che troviamo poi profondamente
incarnata in Gesù Cristo. In questo caso ci suggerisce che Dio si coinvolge
nella storia d’amore di ciascuno, che a Lui interessa moltissimo. Questo è lo
spazio della fede affinché Dio possa operare ed è indispensabile saperlo.
“Il servo giurò, prese ogni sorta di cose preziose e si mise in viaggio”.
Qui c’è prima di tutto una decisione. Questo sbaraglia, spazza via, quello
che comunemente si pensa e si dice. “Beh, se capita... quando Dio vuole...”.
Questo non fa parte della Bibbia, ma fa parte della melensaggine umana.
Qui c’è un atto dell’intelligenza, una decisione ferma.
“E si mise in viaggio”. La persona deve essere in viaggio, deve essere
pellegrino. Questo lo sa meglio chi fa un cammino di ricerca vocazionale.
Generalmente le persone sono parcheggiate, fanno una prima sfarfallata, si
bruciano le ali e poi si fermano. Per rimettere in moto le persone, per ridargli
la spinta, ci vuole tanto tempo ed è molto difficile, soprattutto perché la cul-
tura intorno ti addormenta e ti dà quelle eterne pasticche che sono autentici
sonniferi.
“Presso il pozzo, nell’ora quando le donne escono ad attingere”. Il pozzo,
questa diventerà una parola che entrerà nel nostro linguaggio tecnico. Nella
Bibbia tutte le volte in cui si parla del nostro argomento, tu trovi che ci sono
situazioni pozzo, cioè le situazioni in cui c’è possibilità di incontro ragazzo-
ragazza. Lo vedremo anche in Gesù, che sta al pozzo dove le donne vanno
ad attingere. Là è la possibilità di incontro. Quando Mosè dovette fuggire,
perché il Faraone lo perseguitava, andò nel deserto, ma dove? Presso un
pozzo. Presso un pozzo i pastori venivano ad abbeverare i greggi, le figlie di
Ietro hanno portato il loro gregge, però arrivano i pastori, sono prepotenti,
le scacciano. Per far bere il loro gregge, allora, Mosè si erge a difenderle e
presso un pozzo conosce Zippora, che successivamente sposa.
Le situazioni pozzo. “Hai trovato un ragazzo, hai trovato una ragazza?”
“No!” “Ma con le situazioni pozzo, come siamo?”. Vale a dire: “Ma tu ti
18 CAPITOLO 2. AVVICINARE UN’ALTRA LIBERTÀ

rimbocchi le maniche?” Vai, partecipi a quei momenti quali una festa, un


ballo, e cosı̀ via, dove si incontrano ragazzi e ragazze? Non ti dico di andare
in discoteca, dove, da quello che mi raccontano, ci sono delle cose allucinanti.
Mi sono fatto l’idea che certe volte è il tempio dei disperati, dove si viene
uccisi tra luci e suoni. Mi riferisco, invece, a quelle situazioni dove ci si possa
incontrare. Bisogna rimboccarsi le maniche, mica si può stare lı̀ a grattarsi
la pancia, bisogna muoversi e darsi da fare.
Tu stesso, di fronte a Dio, quando alla mattina reciti le preghiere, quando
vai a messa, quando ringrazi Dio, ti devi chiedere chi sei, sei mica un rim-
bambito?! Ci pensi alle situazioni pozzo? C’erano tante possibilità, ma ti sei
dato da fare? Qui si esce fuori da ogni forma di fatalismo. Il cristianesimo è
l’antidoto ad ogni forma di fatalismo. Non ci sono fatalità, il fato lasciatelo
al fato. Ma sapete chi è il fato? E’ il dio degli imbecilli. È solo l’imbecille
che ti dice che tutto ciò che gli accade è stato un caso e si rifugia in questa
forma di alienazione. Non esiste fato. Tu da Dio sei stato consegnato alla tua
intelligenza, alla tua iniziativa, alla tua sensibilità, alla tua capacità di uomo
o di donna. “Signore, concedimi oggi un felice incontro, usami benevolenza”,
questa è una preghiera che tu devi imparare a memoria. È semplicissima.
Una volta è venuta una ragazza con il suo fidanzato e mi ha detto: “Giovan-
ni, il giorno prima avevo pregato con tanto cuore questa preghiera e il giorno
dopo, ecco l’ho incontrato”.
“La ragazza che abbasserà l’anfora e dirà: “Bevi tu e i tuoi cammelli”,
quella sarà e io riconoscerò la tua benevolenza”. Attenzione alla frase “la
ragazza che abbasserà l’anfora e dirà: “Bevi tu e i tuoi cammelli””. Cosa
c’è dietro a queste parole? Quest’uomo ha le idee chiare dentro al cervello,
egli avvicinerà soltanto una ragazza che abbia i tratti della maturità. Questo
bisogna metterselo bene in mente, non si può andare dietro a un ragazzo
disastrato e immaturo, non si può andare dietro a una ragazzetta vanesia.
“La ragazza che abbasserà l’anfora e dirà: “Bevi tu e i tuoi cammelli””.
Questo non so come lo recepiate. Immaginate che ci siano dieci cammelli, e il
cammello è proverbiale quanto beve. Il riferimento all’anfora, poi, indica che
si deve faticare per attingere. Bisogna tenere presente che chi sta compiendo
questo viaggio non è un ragazzo, ma una persona di una certa età. Dando da
bere a lui e ai suoi cammelli, la ragazza darebbe prova di grande maturità.
Qual è il centro della maturità? E’ il gesto gratuito. Questo è il centro, il
nucleo dell’amore, l’agire nella gratuità. Questo vale anche in senso generale.
Quando l’amore è maturo? Quando si è capaci di un gesto gratuito. È allora
che l’amore mi ritorna, se invece l’amore lo esigo, mi rifuggirà.
2.3. GENESI 24 19

Allora, tu, ragazza, non sei chiamata a fare la mamma di nessuno, tu non
sei chiamata a fare la salvatrice di nessuno, il Salvatore è uno solo ed è Gesù
Cristo. Tu non sei chiamata a fare il terapeuta di situazioni disperate, tu
non sei chiamata a fare la catechista. Quello che deve stare al centro, nel
periodo tra i venti e i trentacinque anni di età, è il bisogno di amore e di
amore sponsale. Non è semplice, perché un ragazzo ha inclinazione sponsale
e paterna insieme. Pertanto, c’è il pericolo che si metta a fare il padre ad una
ragazzetta sbandata. E c’è il pericolo, ancora più grande, che una ragazza
si metta a fare la mamma. Questo lo vedremo come nucleo di morte nella
dinamica sponsale.
Dalla Sicilia è venuta una ragazza e mi ha raccontato che a diciannove anni
si è innamorata di un ragazzo, di poco più grande di lei, il quale però era uno
sbandato, un pazzoide. Per dieci anni ha fatto la mamma a questo ragazzo,
fino a quando l’ha portata sull’Etna, su una strada tipica di montagna, e
nella sua follia ha cominciato a correre con la macchina in discesa, perché
avrebbero dovuto morire insieme. Questa ragazza era terrorizzata. Quando
la macchina è uscita di strada, andando a sbattere sul versante opposto al
precipizio, ha avuto la possibilità di aprire lo sportello ed uscire. Aveva
salvato la vita. Per ben dieci anni, non c’è stato un cane, la mamma o il
papà di questa ragazza, non c’è stato un prete, un frate o una suora, non
c’è stato un professore, non c’è stato uno che abbia aperto gli occhi a questa
ragazza dicendole: “Ma tu stai facendo la mamma! Ma chi ti chiama a fare
la mamma a questo ragazzo?! Ma dove sta scritto! Stai totalmente fuori
strada”. Gli anni migliori della sua vita li ha passati dietro a un pazzoide.
Ma chi te lo chiede! Ma dove sta scritto! Eppure casi di questo genere quanti
ce ne sono! “La ragazza che abbasserà l’anfora e dirà: “Bevi tu e i tuoi
cammelli”, quella sarà e riconoscerò la tua benevolenza”.
“La giovinetta era molto bella di aspetto, era vergine, nessun uomo le si
era avvicinato”, perché la verginità è in ordine all’amore. Le persone, poi,
sono tutte belle, lo vedremo, non esistono le persone brutte, è la stupidità
del mondo in cui viviamo che ti dice questo. “Era molto bella”, che cos’è che
fa bella una persona? L’integrità dell’essere, la ricchezza e la qualità delle re-
lazioni, ed essenzialmente la relazione con Dio. La relazione con Dio fa belli.
Mosè era stato con Dio quaranta giorni e quaranta notti, era sceso dal monte
e irradiava fino ad abbagliare gli altri. Per Chiara lo stesso. Nel processo
di canonizzazione, quando le sorelle, sollecitate dagli esperti, dovevano dire
quale esperienza avessero fatto di questa donna, dissero che quando tornava
dalla preghiera i suoi occhi erano fasci di luce. Generalmente portiamo i ra-
20 CAPITOLO 2. AVVICINARE UN’ALTRA LIBERTÀ

gazzi dalle Clarisse. L’immaginario collettivo le considera persone frustrate


che, poverine, sono andate a rinchiudersi in un Monastero. Quando, invece,
ritornano da quell’incontro, hanno preso coscienza di una realtà molto diver-
sa. La maggior parte di loro mai avevano visto tanta luce e tanta bellezza.
“Era molto bella di aspetto”. Se ti vuoi bene, conservati nella tua integrità.
Questo è un intuito e lo sanno tutte le donne. Molte volte, le ragazze che mi
raccontano la prima esperienza sessuale fuori dal contesto del matrimonio,
quando percepiscono che qualche cosa è stato sciupato, sempre mi dicono
che scendono le lacrime. E anche qui la superficialità affiora: “Come, ma ti
ho voluto bene!”, dice il maschietto. Forse, ma hai messo quella persona in
una condizione di tale conflitto che non sa come fare. Mi diceva una ragazza:
“Sono rientrata in casa e non ho avuto il coraggio di guardare in faccia i
miei genitori, avevo tradito la loro fiducia, mi sono andata a nascondere nel
bagno”.
“Fammi bere un po’ d’acqua dalla tua anfora”. “Bevi mio signore, anche
per i tuoi cammelli ne attingerò”. Allora, prima viene il pensiero, ciò che
quest’uomo porta nella mente. Per nessun motivo si può andare sprovve-
duti. Nessuno valichi la porta dell’amore che non sia un iniziato, perché si
sciuperebbero delle realtà bellissime.
L’iniziato deve avere qualche conoscenza, anche trasmessa da altre perso-
ne. Ma certe volte, già la famiglia non dice niente a riguardo. Anzi, proprio
la realtà dell’amore ad un certo momento comincia a separare i figli dai ge-
nitori. La scuola non so cosa possa insegnare. Dei mezzi di comunicazione
sociale cosa si può dire? Una volta, mi sono incuriosito perché alla televisione
facevano un grande dibattito su questa tematica. Ho iniziato a sentire che
uno era divorziato, quell’altra era zitella, quell’altro..., e voi che cosa avete
da dire su queste cose! Chi vi autorizza ad aprire bocca! Beh, ascoltando
le loro considerazioni mi sono venuti i capelli bianchi. Questo per dire che,
prima di passare all’azione, si devono avere delle conoscenze precise, che poi
dovranno essere verificate.
“Fammi bere un po’ d’acqua dalla tua anfora”. “Bevi mio signore, anche
per i tuoi cammelli ne attingerò”. Questa donna ha dato prova di amare,
anzi, ha dato la prova, in quanto ha deciso di dare da bere sia a lui sia ai
suoi cammelli.
“Intanto quell’uomo la contemplava in silenzio, in attesa di sapere se il
Signore avesse o no concesso buon esito al suo viaggio”. Qui siamo di fronte
a una persona che non ha la testa vuota, bensı̀ conosce alcuni criteri e li
passa alla verifica. Ma passa alla verifica non soltanto quello che accade lı̀
2.3. GENESI 24 21

davanti a lui, ossia la ragazza che dà da bere, ma anche la benevolenza di


Dio. Quest’uomo non ha i paraocchi, ma legge a vari livelli; legge l’intervento
di Dio nella sua storia, perché è un uomo di fede, e legge gli avvenimenti,
verificandoli in base a precisi criteri.
“Pendenti e braccialetti al naso e alla bocca”. Noi abbiamo due modalità
di comunicazione, una simbolica o analogica, costituita dal linguaggio del
corpo, e una numerica, costituita dalla parola. Se un bambino piange utilizza
un linguaggio simbolico o analogico, è poi compito della mamma capire se
piange perché ha fame, se piange perché è malato o se piange perché ha
paura.
Una volta, una donna mi ha detto che nel suo bambino aveva identifi-
cato dodici differenti significati del suo pianto. Alcuni di questi me li sono
dimenticati, ma quanto mi è rimasto impressa la capacità di questa donna di
diversificare, di capire! Soltanto un genio femminile lo può fare.
Per il linguaggio numerico, caratterizzato dalla precisione, il bambino
piange perché ha fame. È importante capire bene la differenza, perché que-
sto è un concetto importante, su cui dovremo tornare parecchie volte. Noi
comunichiamo a due livelli, il livello analogico-simbolico e il livello numerico.
Vedremo che quando un livello viene contraddetto dall’altro, ci troviamo di
fronte a un nucleo di morte che spacca il mondo psichico.
Qui viene messo in atto il linguaggio analogico, “i pendenti” sono simbolo
di un linguaggio che comunica benevolenza e attenzione, un linguaggio che
conferma le parole, è un linguaggio che deve essere usato ancora prima delle
parole.
“Di chi sei figlia? C’è posto per noi in casa di tuo padre?” “C’è paglia e
foraggio in quantità. Io sono figlia di Betuel”. Quando si avvicina un ragazzo
o una ragazza, si deve sapere che la persona non cala dal cielo né nasce come
un fungo dalla terra, è sempre collocata in un contesto familiare. Il contesto
familiare, per quanto si possa essere sprovveduto, dà molte informazioni su
una persona. L’amore si nutre di conoscenza e conoscendo il nucleo familiare
della persona che amo, posso anche comprenderla meglio.
Un ragazzo che mi dice che nella sua famiglia la mamma ha in mano
il potere ed è colei che fa da madre e da padre, io capisco che la sua è
una situazione familiare in cui la figura del padre è periferica. Dunque, è
probabile che la strutturazione psichica di questo ragazzo sia conseguenza
di questa realtà. Allora, se è mancata la presenza maschile, che dà energia,
che dà il senso della disciplina, il senso dell’ordine e della forza, esistono
buone probabilità che il ragazzo sia debole e manchi di carattere. Se quindi
22 CAPITOLO 2. AVVICINARE UN’ALTRA LIBERTÀ

andasse all’università e lo trovassi tutto fragile e impaurito, capirei da che


cosa dipende questo suo modo di essere!
Allora, di chi sei figlia? Se una ragazza è cosı̀ bella, matura, aperta,
pronta, di fatto trovi il riscontro di una famiglia aperta e accogliente. “Sono
la figlia di Betuel”.
“Quell’uomo si inginocchiò, si prostrò al Signore e disse: “Benedetto il Si-
gnore che ha usato benevolenza, mi ha guidato sulla via”. Emergono sempre
i due livelli. Si ha un rapporto con una persona, ma contemporaneamente
anche con Dio. Il servo sa che in questa storia il Signore vi è implicato e
che è Lui che guida i suoi passi. Questo è rassicurante per l’uomo, questo
lo tira fuori da ogni forma di ansia, da ogni forma di depressione, da ogni
forma di paura. Toglie fuori l’uomo da quella realtà esistenziale per cui si
sente solo nel cammino della vita, come se fosse un atomo sperduto. Anche
se gli altri mi snobbassero, mi disprezzassero, comunque c’è sempre Uno che
ha in mano il destino della mia vita. E di questo ringrazio. Il ringraziamento
significa creare lo spazio in cui Dio depone i suoi doni. Ringraziare è dare
l’opportunità a Dio, che già mi ha dato tanti doni, di continuare a darmi
doni. E una persona che non avesse accettato il dono di se stessa, come può
pensare che Dio possa dare il dono di una ragazza o di un ragazzo. È proprio
un assurdo!
“Si inginocchiò, si prostrò al Signore e disse: “Benedetto il Signore che
mi ha usato benevolenza e mi ha guidato sulla via”. Il Padre ha donato
l’intelligenza ad Abramo e a questo uomo, che essi hanno messo a frutto,
perché Dio non premia i pigri o le persone sciatte, Dio premia colui che
è equipaggiato e che sfrutta il suo equipaggiamento. Una donna che non
veste bene, una donna che non esprime femminilità, mai farà sı̀ che un uomo
rimanga incantato, anche per l’antropologia biblica. Adamo, infatti, era solo,
ma quando Dio gli portò la donna egli disse: “questa sı̀!”, con voce soddisfatta
e con occhi sgranati. Se una ragazza passa vicino a un ragazzo e non gli dice
niente, quella non assolve al compito di donna. Qualunque uomo che veda
una ragazza deve poter dire: “che bella ragazza!”, pure un frate.
Rebecca al fratello Labano: “Vieni benedetto dal Signore”. Siamo in un
contesto familiare in cui il dinamismo dell’amore e dell’accoglienza, del calore
umano è tangibile, è palpabile.
“Non mangerò finché non avrò detto quello che devo dire”. Poi, racconta
tutto e chiede per Isacco la mano di Rebecca. Quest’uomo sa bene che è
lı̀ per uno scopo ben preciso, che è trovare una moglie per il figlio del suo
padrone e che non deve quindi perdersi dietro a tutti gli ammennicoli e le
2.3. GENESI 24 23

cerimonie. Desidero conquistare questa ragazza, questo ragazzo, e allora non


devo mai perdere di vista il fine cui voglio giungere.
“Labano e Betuel risposero: “La cosa procede dal Signore, prendila e
va””. I genitori hanno un compito, il compito di vedere se la cosa viene dal
Signore. Se in una famiglia arriva un drogato che chiede la mano della figlia,
i genitori hanno la responsabilità della figlia, che può essere ancora giovane
e un po’ sprovveduta. E se la figlia non è in grado di reggere la propria vita,
come può reggere la vita di quest’altra persona? Per cui i genitori hanno il
compito di verificare se la cosa viene dal Signore. Se anche una persona non
crede in Dio, bisogna comunque vedere se ci sono le condizioni di maturità
umana. Una volta verificato questo, prendila e va’.
“Il servo di Abramo si prostrò davanti al Signore”, vedete, tappa dopo
tappa, lui non dimentica mai che chi conduce, alla fin fine, è sempre il suo
Signore ed è Lui che appiana i cammini. È Lui che va oltre la babele umana
della confusione, ti fa arrivare e non ti fa sperdere dentro a tanti stereoti-
pi culturali e a tante stupidità, è il Signore che dalla babele ti porta alla
Pentecoste, quindi ringrazia.
“Offrı̀ oggetti d’oro a Rebecca e ai familiari tutti”; continua il linguaggio
analogico in cui viene coinvolta tutta la famiglia. “Mangiarono, passarono
la notte. Al mattino, “lasciatemi andare dal mio padrone””. Quest’uomo
non perde di vista lo scopo e non perde tempo, è un uomo sollecito. Di fron-
te a questa sollecitudine i parenti insistettero affinché la giovinetta potesse
rimanere ancora una decina di giorni. E lui: “Non trattenetemi, lasciate-
mi partire”. Di fronte a questa indecisione, chiamarono la giovinetta, per
domandare direttamente a lei cosa volesse fare ed ella decise di andare. La-
sciarono quindi partire Rebecca. In queste poche righe è presentata tutta
una problematica, ed è la problematica della desatellizzazione. Quando si è
piccoli, ciascuno desume i principi di comportamento da quello che dicono
mamma e papà e questo serve per crescere. Arrivati a vent’anni, però, il
processo di desatellizzazione deve essere un fatto compiuto. Come si vede,
nell’attrazione affettiva, il figlio è legato ai genitori e viceversa. Per la deci-
sione di questa ragazza di partire, i genitori la lasciarono andare. Sempre in
questo contesto biblico, invece, quando il figlio di Isacco, Giacobbe, farà la
stessa cosa e andrà a prendere una moglie in questa medesima zona, scoprirà
che Labano, il fratello di Rebecca, avendo sposato due donne, sarà poligamo.
I danni nascono quando il processo di desatellizzazione non si compie.
E la dinamica è difficile, in quanto se c’è un vitellino che vuol bere, c’è
sempre una mucca che vuol dare il latte. La cosa fondamentale è staccarsi,
24 CAPITOLO 2. AVVICINARE UN’ALTRA LIBERTÀ

ma se il giovane conosce il problema si ha la desatellizzazione, altrimenti


questo processo spesso non avviene e questo distrugge le famiglie. Si può
anche entrare nel matrimonio, ma la non avvenuta desatellizzazione sarà
sempre un veleno che lo minaccia. Quante volte un uomo sposato, con figli
grandi, prende e ritorna dalla mamma, o la moglie, perché ha delle difficoltà,
ritorna dalla mamma. Ma qui le cose sono molto chiare, questa è una donna
veramente desatellizzata: “andrò!”. “Ed essi lasciarono partire Rebecca”.
“Benedissero Rebecca”. “Diventa migliaia di miriadi”, questo è un modo
biblico tipico di augurare che Dio porti a compimento la grandiosa opera del
matrimonio. Esso è quanto più ci rende simili a Dio, perché nel matrimonio
si vede la Trinità.
“E seguirono quell’uomo. Isacco alzò gli occhi e vide Rebecca, anche
Rebecca alzò gli occhi e vide Isacco. Scese subito dal cammello, prese il velo
e si coprı̀”. Quando si avvicina un uomo o una donna si vede soltanto l’aspetto
esterno di questa persona, ma non la si può sposare per questo. La si potrà
sposare soltanto quando si avrà colto il mistero di quest’uomo, di questa
donna, allora dirò: “questa corporeità, questi occhi, questo volto, questi
capelli, sono soltanto la punta di iceberg, il più è ancora tutto sommerso,
tutto da scoprire.
“Il servo raccontò tutto. Isacco si prese in moglie Rebecca e l’amò”. Nella
storia di ciascun uomo e di ciascuna donna, Dio è totalmente coinvolto e la
loro relazione è il luogo in cui dona il suo amore. Egli è amore e fa fluire il
suo amore nella coppia. Dio non può desiderare altro che essi ripetano questa
dinamica che accade dentro alla Trinità.

2.4 Giovanni 4, 1-31


Un’altra icona importantissima la si trova in Giovanni 4, 1-31, in cui Gesù
incontra al pozzo una donna samaritana. Con uno splendido dialogo, Gesù
conquista una donna molto difficile. Egli diventa il criterio di quello che
ognuno di noi è chiamato ad essere. Il battesimo ci chiede di diventare Gesù
Cristo, semplicemente questo. Il nostro destino di persone umane è assumere
i tratti incarnati di Dio, in Gesù, appunto. Il Padre non ci ha dato teorie, non
ci ha dato chiacchiere, ci ha dato una carne nella quale noi ci identifichiamo,
nella quale ci trasformiamo. Questo opera lo Spirito Santo in noi. Per cui
Gesù è il modello da studiare e da ricopiare. La suprema aspirazione è
essere come Lui, appropriarsi del suo essere e del suo agire, avere i tratti di
2.4. GIOVANNI 4, 1-31 25

cortesia che Lo caratterizzano, avere il suo stile di approccio, la sua carica


di umanità, amare come Lui ama. Nell’avvicinare un’altra persona, un’altra
libertà, dobbiamo rivestirci proprio del tatto, della finezza, della cortesia e
del fascino di Gesù Cristo.
“Doveva attraversare la Samaria”. Per andare dalla Giudea verso la Ga-
lilea c’erano due strade, una passava lungo il Giordano, risalendolo, e l’altra
passava per la Samaria. Quella per la Samaria era più breve, mentre l’altra,
che costeggiava il Giordano, a detta dei patriarchi era più lunga.
“Doveva passare”, sta accadendo un evento molto importante. L’amore
ha sempre una specie di via obbligata. E spesso segue le vie più ardue e
più folli. Si pensi all’incontro con Zaccheo, anche lı̀ Gesù “deve” fermarsi da
lui, è una necessità. Doveva passare per un paese dove non passa nessuno.
I samaritani, infatti, sono nemici, ma il cuore dell’amore non ha nemici.
L’amore, come Gesù, imbocca sempre la via dei samaritani. Ogni uomo, in
qualche modo, deve imboccare un giorno la via difficile e rischiosa dell’amore,
perché la vita deve essere donata, giocata, rischiata. La prima laurea che la
persona deve avere è la laurea in amore.
Gli ebrei hanno subito varie deportazioni, nel 700 erano stati in esilio per
una settantina di anni, poi un imperatore si dimostra particolarmente bene-
volo con i giudei e questi possono ritornare in patria. Quando essi ritornano,
il paese è devastato, Gerusalemme è distrutta, il tempio è a terra. La prima
cosa di cui si preoccupano è la ricostruzione del tempio. Era accaduto, però,
che gli assiri e i babilonesi, che erano stati in esilio, avevano mandato nella
Palestina, nella regione della Samaria, dei coloni, perché facessero dei figli
con quelle donne e nascesse cosı̀ una razza speciale. Per cui i samaritani
erano diventati nel tempo una razza spuria. Quando dovevano ricostruire il
tempio, tutti gli ebrei accorrevano per apportare il proprio contributo, perché
per loro il tempio era importante. Quando si fecero avanti i samaritani, però,
gli ebrei che si ritenevano di razza pura, quelli che si erano sempre sposati
tra loro pur vivendo in esilio, li cacciarono via. Cosı̀ avvenne una scissione,
per cui i giudei ebbero il loro tempio, mentre gli altri costruirono un altro
tempio, su un monte, il Carizim. Essi non accolsero i profeti e le ulteriori ri-
velazioni di Dio, ma conservarono i primi cinque libri della Bibbia, quello che
noi chiamiamo Pentateuco. I samaritani, quindi, erano molto malvisti, tanto
è vero che Gesù, una volta che era intenzionato ad andare dalla Galilea verso
Gerusalemme, mandò davanti a sé dei discepoli per preparare la sua venuta.
Quando i samaritani seppero che questi erano diretti a Gerusalemme, non li
fecero parlare. Arrivato Gesù e saputo l’accaduto, Giacomo e Giovanni, che
26 CAPITOLO 2. AVVICINARE UN’ALTRA LIBERTÀ

erano i figli del tuono, dissero: “Vuoi che preghiamo e scenda dal cielo un
fuoco che li bruci tutti quanti?”. Questo per dire che c’era allora un forte
attrito.
“Stanco del viaggio”, quando la vita non viene innervata dall’amore, l’uo-
mo è stanco, è frustrato, è sfiduciato, le energie vengono meno. A volte osser-
vo le persone e quando le vedo sprizzanti di gioia so che si sono innamorate.
Nelle donne te ne accorgi subito, ma anche negli uomini. Ti accorgi immedia-
tamente che la vita è piena, che si è in cammino. Le persone che falliscono in
amore sono stanche, demotivate, acidule, soffrono la più terribile frustrazione
esistenziale. Questo perché il mondo psichico deve nutrirsi di amore, amore
a vari livelli, quello della famiglia, degli amici, di un uomo e di una donna.
L’amore sponsale è il più forte, quello che risintetizza tutte le altre forme
d’amore, è il più alto amore che esiste in natura.
“Sedeva presso il pozzo”, il pozzo di Giacobbe, un luogo di appuntamento
per l’amore. Nella Bibbia le storie nascono intorno a un pozzo. Noi dobbia-
mo creare situazioni pozzo, cioè trovare luoghi e circostanze di incontro tra
giovani, gettare ponti di amicizia. “Gesù sedeva”, perché all’amore bisogna
dedicare tempo, non si può essere frettolosi, non si può mettere davanti qual-
cosa di più importante. Il meglio delle proprie energie deve essere convogliato
nell’amore. Nulla anteporre all’amore.
Qui possiamo aprire una parentesi e affermare che la cultura, la società
che ti sta intorno, ti frega letteralmente. Infatti, a partire dalla famiglia,
ti fa credere che nella vita è importante la laurea, è importante studiare, è
importante il lavoro, è importante la specializzazione, è importante la casa,
è importante la macchina, è importante avere la casa in città, ma anche al
mare e in montagna. Insomma ti frega in maniera colossale, ti fa mettere altre
cose prima dell’amore. Questo è un calcio, uno schiaffo, uno sputo in faccia
a Dio, il quale ti dice di non anteporre nulla all’amore. A questo proposito, è
splendida e importantissima la conclusione del Cantico dei Cantici: “Mettimi
come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio, perché forte come la
morte è l’amore, tenace come gli inferi è la gelosia, le sue vampe sono vampe
di fuoco, una fiamma del Signore. Le grandi acque non possono spegnere
l’amore, né i fiumi travolgerlo. Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa
in cambio dell’amore, non avrebbe che dispregio.”
Se una persona prima dell’amore ci mette qualche altra cosa, o fa inve-
stimenti in qualcosa che non ha al centro l’amore, questo è un uomo oggetto
di dispregio. Per cui, prima dell’amore, si mette niente. Però si vive in una
cultura, in un contesto culturale, che dice esattamente il contrario e anche
2.4. GIOVANNI 4, 1-31 27

come fosse la cosa più scontata di questo mondo. Ma le conseguenze sono


sotto gli occhi di tutti e ci si accorge che nelle storie d’amore c’è una fase di
crescita iniziale, che può durare qualche anno, ma poi tende a declinare, è
una parabola.
“Era verso mezzogiorno”. C’è sempre nella vita di ogni uomo un’ora x,
un cairos, un tempo opportuno privilegiato, una buona occasione regalata da
Dio. Spesso le persone non sanno riconoscere i doni di Dio, né sanno cogliere
la qualità e la preziosità del tempo. Giovanni, nel suo vangelo, al capitolo
1, puntualizza l’ora x della sua vita, erano le 4 del pomeriggio. È questo il
momento del suo incontro con Gesù. Dio viene nel quotidiano più quotidiano
e spesso l’uomo non riconosce le opportunità che gli offre. L’ora sesta è l’ora
della incommensurabile e infinita misericordia di Dio, nella quale Dio viene
incontro e si china su tutti i suoi figli. Bisogna, allora, saper distinguere
il cronos dal cairos. Il cronos è il tempo che scorre, il cairos è il tempo
opportuno, è l’occasione, l’occasione da non mancare.
Se, per esempio, vado alla stazione e ho solo due minuti di tempo per
poter prendere il treno, questi due minuti hanno un valore diverso da tutti
gli altri. Essi costituiscono il cairos, il tempo opportuno.
“Era verso mezzogiorno. Arrivò una donna di Samaria. “Dammi da
bere””. Entra in scena una donna e Gesù le chiede da bere. La novità
assoluta e il vero mistero sta proprio nel gesto di Gesù di chiedere dell’acqua.
È il paradosso di un Dio che si fa bisognoso e mendicante, uomo, per avere
il pretesto di incontrare l’uomo e dare l’acqua che disseta in eterno, che è se
stesso.
Chiedere per dare è una legge fondamentale dell’amore che non viene
dall’uomo. Gesù vuole donare se stesso, e chiede per dare. Questo è il primo
passo.
C’era una ragazza che frequentava l’università e mi aveva confidato che
c’era un ragazzo che le interessava moltissimo, però con lui aveva parlato
pochissimo. Bisognava trovare altre possibilità di incontro, di dialogo, per
poter conoscere meglio questo ragazzo, perché da quello che sarebbe emerso
avrebbe avuto indicazioni per un ulteriore passo da compiere. Cercavo di
aiutare questa ragazza chiedendole se non avrebbe potuto incontrarsi con
lui, studiare un po’ con lui, ma la ragazza non trovava nessuna possibilità di
questo genere. Poi mi disse che questo ragazzo era di un anno avanti negli
studi e che aveva già sostenuto gli esami che lei doveva ancora sostenere. E
io le dissi: “tu vai da lui e mettilo in condizione di farti del bene, perché
questa è la suprema forma d’amore. Vai da lui e digli: “Non mi presteresti
28 CAPITOLO 2. AVVICINARE UN’ALTRA LIBERTÀ

gli appunti che potrebbero servirmi?””. E lei, tutta titubante, mi apportava


un mare di scuse. “Ma tu sei fatta per lo zitellaggio, bella mia. Ti lasci
sfuggire le occasioni!”
Un’altra ragazza, una volta, mi ha detto che era stata da don Gasparino,
a Cuneo, dove c’era un grande incontro di circa trecento giovani. Lı̀ era
arrivato un ragazzo di Genova che incantava, suonava la chitarra, era un
leader, e ne era rimasta affascinata. Questa ragazza gli aveva scritto una
lettera, ma lui le aveva risposto che in mezzo a tante ragazze non riusciva
a collegare il nome con il suo volto. Questo, però, aveva dato origine a una
possibilità di amicizia. “Adesso come si potrebbe fare? Io vivo a Cuneo,
lui vive a Genova!”. Allora, studiando e studiando, a un certo momento mi
si è accesa una lampadina, e le dissi: “tu andrai a Genova e farai per me
una accurata ricerca per i conventi, per le pinacoteche e per le biblioteche
sulle immagini in cui viene rappresentato Cristoforo Colombo nell’ambito
del suo essere francescano, perché lui era francescano. Questa è una cosa
difficilissima in quanto a Genova non ci sei mai stata, ma telefoni al tuo
amico! “ma guarda che mi capita! questo strano frate che compito mi dà!”.
Lei telefona all’amico: “me la faresti la cortesia di accompagnarmi per un
pomeriggio?”. E lui: “ma anche due pomeriggi!”. Il ragazzo si è preparato e
si è messo al servizio della ragazza. Il Signore, vista questa ragazza sveglia
e intelligente, che si è rimboccata le maniche, ha fatto il suo. Non c’è stato
bisogno che lei insistesse altre volte, perché è stato lui stesso che è salito a
Cuneo.
Farsi bisognoso per dare è un principio che trovi soltanto nel vangelo,
perché nei libri di psicologia non l’ho mai trovato. Ti ci devi attenere. Questo
è il rispetto, è il modo di avvicinare con delicatezza e cortesia una libertà. E
a questa legge, è implicata anche un’altra: mettere una persona in condizioni
di farmi del bene è la suprema forma di carità, la suprema forma d’amore.
Mettere l’altro in condizioni di farmi del bene consente alla sua strutturazione
psichica di riceverne un bene grandissimo. “Dammi da bere”. Gesù parla
per primo, rompe il silenzio della confusione.
“I discepoli erano andati in città”. Sia che il cammino di una persona
vada verso la consacrazione, sia che vada verso il matrimonio, gli occhi, le
implicanze, il pensiero, gli interventi delle altre persone disturbano.
“Tu giudeo chiedi a me, una donna samaritana”. La samaritana si rivela
donna di pochi buoni costumi, alquanto volgare, come spesso accade quando
si è perduta ogni traccia di pudore. La perdita della verginità del cuore la
rende incapace a cogliere certe sfumature, certe finezze dello spirito. C’è in lei
2.4. GIOVANNI 4, 1-31 29

una certa civetteria di cattivo gusto che la porta a fraintendere di proposito


le parole di Gesù. Occorre saper andare oltre la corteccia ruvida delle appa-
renze e dei pregiudizi. Le convenzioni culturali devono essere infrante. Nelle
iniziative di Gesù c’è la rottura di ogni barriera, quella del sesso, in quanto
un rabbı̀ non parlerebbe mai con una donna fuori di casa, quella della razza,
quella della nazionalità e della religione, quella della corazza di durezza di
cui le vicende della vita hanno rivestito questa donna dai cinque mariti.
“Tu giudeo”, la prima parola di questa donna è di ostile pregiudizio.
Quando l’amore prende l’iniziativa, l’uomo escogita mille scuse per sottrarsi
al dono. Questo lo facciamo con Dio, ma lo facciamo anche nei confronti
degli altri.
Al pozzo di Giacobbe, il più delle volte, non c’è un uomo o una donna,
ma un giudeo, una samaritana, cioè stereotipi culturali e religiosi. La donna
non vede un uomo che ha sete, ma un giudeo, cioè un nemico. Il nemico
nasce in noi quando qualcuno ci è sconosciuto e viene inquadrato nell’ottica
del pregiudizio. Catalogare e giudicare sono un’esigenza di esemplificazione
del nostro mondo psichico. Nascono cosı̀ le frontiere di inimicizia. Mai gio-
vane troverà di dover conquistare partner più difficile. Per riuscire, bisogna
muoversi come Gesù Cristo.
“Se tu conoscessi il dono di Dio e colui che ti dice: “dammi da bere””.
L’amore deve essere donato nella speranza.
“Ti avrebbe donato l’acqua viva”. L’acqua viva di cui parla Gesù è la
progressiva rivelazione del proprio mistero. Il mistero di ogni essere umano
esige una progressione, perché è una realtà amplissima, profonda, sconosciuta
spesse volte a se stessi, che deve, in qualche modo, incominciare ad aprirsi,
a sfogliarsi come un libro. Il linguaggio di Gesù ora è velato, lascia intuire
qualcosa di grande e di nuovo, ma, come spesso accade, la donna lo interpreta
in forma molto concreta, bassa, terra terra: “ma se non hai neppure un
secchio per attingere!”. La perenne tentazione è sempre quella di chiudersi
al dono grande dell’amore, entro le piccole attese, le piccole prospettive.
Gesù sta usando un linguaggio simbolico, che si presta a svariate inter-
pretazioni, a fraintendimenti. Questa è però la strada per non intaccare la
libertà dell’altro. Cosı̀ ci si rende presenti all’altro senza essere invadenti.
Questa è la strada per tessere un rapporto d’amicizia e solo su un tessuto di
amicizia si può deporre un eventuale dono di amore. Non si può prendere un
fiore e piantarlo, senza aver prima preparato un terreno.
“Chiunque beve di quest’acqua avrà ancora sete, quella che io darò in
lui diventerà sorgente per la vita eterna.” Una vita eterna significa una vita
30 CAPITOLO 2. AVVICINARE UN’ALTRA LIBERTÀ

in espansione. Abbiamo visto all’inizio che il primo comandamento è essere


vivi, e si diventa vivi nella misura in cui si assume il pensiero di Cristo,
gli atteggiamenti di Cristo. Dietro agli atteggiamenti e il pensiero di Cristo
viene lo Spirito Santo che è l’amore e la vita.
“Dammi di quest’acqua”. Ecco che la persona si apre al dono.
“Va’ a chiamare tuo marito”. Questo è molto importante. Gesù introduce
la donna alla sorgente del suo mistero di donna infelice, alla radice della sua
verità di donna peccatrice, ha messo il dito sulla piaga, sulla miseria di
questa donna, sulla sua miseria morale. Ma Gesù non esaspera, non umilia,
fa semplicemente verità in lei. Per ritornare alla sincerità occorre fare crollare
la maschera del personaggio che ciascuno recita. Va a chiamare tuo marito
significa “fa verità in te”. Significa che quando si ha di fronte una persona, il
parlare sia “sı̀, sı̀, no, no”, perché il di più viene dal maligno. Questa donna
che sembrava tanto arrogante e ben salda nelle sue sicurezze, ben difesa da
un partito e dalla sua religione, diventa ora una povera donna, cioè la verità
di quello che ognuno di noi è.
“Non ho marito”, ancora un fremito, una specie di reazione. “Hai detto
bene”, ha detto qualcosa che è sulla strada della verità e proprio verso la
verità Gesù la riconduce. Non la umilia, non le dice: “bugiarda”, ma “hai
detto bene”. Aiuta a creare una piattaforma di verità e di sincerità, punto
giusto per ogni ripresa. Il coraggio della verità è un dovere per la dignità
dell’uomo. Ormai questa donna è completamente nuda davanti alla verità,
non ha più difese, non ha più maschere, ha buttato via la maschera della
strafottenza e non si difende più dietro a un’etichetta. Finalmente è nella
verità, ossia è umile. Va’ a chiamare tuo marito, fammi vedere il tuo vero
volto, quello che il Signore vede nel segreto. È inutile che io faccia la persona
per bene davanti a Lui, davanti a tutti, devo sempre chiamare mio marito,
cioè entrare nella verità, essere onesto. Ogni coppia deve mettere questo
fondamento nel rapporto: l’amore si fa carico del passato disastrato dell’altro
e dell’altra senza giudicare. Questo significa che ognuno di noi può portare
una ferita, ma l’amore se ne fa carico. Questo bisogna tenerlo presente,
altrimenti, dopo poco, non ci potrà più essere amore, ma calcolo.
“Vedo che sei un profeta”, vedo che sei un ragazzo o una ragazza speciale.
È arrivato, perché ha creato fascino. Bisogna arrivare a questo punto, ma
non si può pretendere che avvenga immediatamente, è il frutto di un lavorio.
“Vedo che sei un profeta”, vedo che il tuo parlare di ragazzo non è come
quello degli altri. Normalmente le ragazze mi dicono: “ma sai, i ragazzi ti si
avvicinano e pensano sempre a quella cosa là, hanno soltanto l’obiettivo di
2.4. GIOVANNI 4, 1-31 31

venire a letto con te”, ma si può vivere cosı̀! Allora la ragazza deve intuire che
tu sei un ragazzo speciale e quanto è bello quando me lo raccontano! Oppure
con una ragazza che parla come parlano tutte le ragazze, che si comporta
come tutte le ragazze, tu cosa ci fai? Dentro il mondo psichico maschile
spaccato, l’uomo contemporaneamente vuole la donna usa e getta e la donna
che vedrebbe come donna della sua vita e mamma dei suoi figli, per cui tasta
sempre il terreno per vedere dove collocare una donna.
Per un uomo, una donna vale tanto quanto impiega a conquistarla. Una
volta conquistata, finisce quella tensione che era nata e subito comincia a
provare a conquistare un’altra donna, perché ormai questa è conquistata.
Per cui una donna intelligente sa che deve affascinare l’uomo, ma non si deve
mai far conquistare, perché l’amore vive e si alimenta in questa tensione. È
un’arte, è l’arte suprema di vivere.
“Vedo che sei un profeta”. Quando si esce con una ragazza, ci si deve
domandare se si sta nell’amore o nell’amicizia. È come se ci fosse una linea
divisoria tra l’amore e l’amicizia. E quando si capisce quando dall’amicizia
ci si è addentrati nell’amore? Un primo criterio è quando si scopre l’unicità
dell’altro. Su questo ci ritorneremo su, perché prima occorre scoprire che si
è unici e irripetibili, bellissimi. Un altro criterio è quando la persona vive
dentro di te, quando cioè ti si piazza al centro del cuore, quando ti sprigiona
energie. Allora si è nell’ambito dell’amore.
Si pensi al Cantico dei Cantici, “una voce, il mio diletto, eccolo viene.
Ora parla il mio diletto e mi dice ”alzati amica mia, mia bella vieni, l’inverno
è passato, i fiori sono apparsi nei campi”. Il mio diletto è per me ed io
per lui”. Quando sboccia l’amore nel cuore di una persona, il mondo si
trasforma, le distanze si accorciano, le difficoltà si attenuano, le cose pesanti
acquistano leggerezza, tutta la vita si riveste dei colori della primavera, il
lavoro è allegria, le difficoltà non si sentono, non si cammina più perché è
spontaneo correre, non si parla perché le parole non bastano più.
“Lascia la brocca.” Lasciare la brocca significa che finiscono le prospettive
di prima. Questa donna era andata per attingere un secchio d’acqua, ma che
cos’è adesso un secchio d’acqua di fronte a questo fatto grandissimo che
rivoluziona la vita, che la sconvolge. L’avventura dell’amore è proprio cosı̀.
È un terremoto, sconvolge, ridefinisce tutte le cose. Tutto parte da un punto
di vista nuovo.
“In quel momento giunsero i suoi discepoli”. “La donna andò in città”,
“venite a vedere”, “rabbı̀ mangia”, “un cibo che non conoscete”. Arrivano
gli apostoli, che erano andati in città a comprare del cibo, ma Gesù non
32 CAPITOLO 2. AVVICINARE UN’ALTRA LIBERTÀ

mangia. E il mangiare è un bisogno primario. Io, per esempio, ho due bisogni


fondamentali, che sono quelli del mangiare e del dormire, ma tra questi per
me è prioritario dormire, perché se non dormo vado in tilt. Eppure di fronte
a questo bisogno primario del cibo, c’è ancora un bisogno più alto, quello
dell’amore.

2.5 Matteo 15, 21-28


Consideriamo ora brevemente l’episodio in cui una donna pagana conquista
Gesù, l’icona biblica della cananea. Questa donna aveva una figlia malata, si
presenta a Gesù e gli dice: “Aiutami per mia figlia.” E Gesù non le rivolge
neanche la parola. Ha nei confronti di lei un comportamento davvero brutto,
antipatico. Questa donna gli corre dietro e strilla, gli apostoli non possono
più sentirla e dicono: “Ma Gesù, ascoltala!”. E Lui le manda a dire: “guarda
che io sono stato mandato alle pecore perdute della casa di Israele, io devo
pensare ad altro”. Questa donna non si arrende mica! Allora, si presenta a
Gesù, e Gesù la offende. È il terzo grado di maleducazione. Le dice: “non
è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini”. Ancora oggi gli
ebrei ci chiamano i cani, i pagani, ma in quel contesto culturale era proprio
una offesa gravissima. Le offese sono una più grande dell’altra. Prima non
le rivolge neanche la parola, poi le manda a dire: “non ti voglio sentire”,
infine la offende. E questa donna, in risposta: “però anche i cagnolini si
cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni”. Allora Gesù è
conquistato e si scioglie: “grande è la tua fede, avvenga quello che desideri”.
Nella strategia del corteggiamento, alcune volte, bisogna usare anche que-
sto metodo. Se c’è una ragazza che è libera, che sta lı̀ a parcheggiare, non
è per il fatto che lei non mi rivolge neanche la parola che io sia costretto a
desistere. Non è per il fatto che lei mi dica che ha un altro ideale di uomo e
magari mi offenda che io sia obbligato ad arrendermi. Molte storie d’amore,
contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, nascono proprio in questa linea.
Molte volte io stesso l’ho verificato.
Una volta, è venuta una ragazza di S. Donato Milanese e mi ha detto
che amava Gianluca. “Calma, calma. Ancora questo non è pronto!”. E ha
messo in atto tutta una sua strategia. Un giorno arriva da me dicendo: “è
lui che mi ha fatto la dichiarazione d’amore!”. Lei aveva preparato per bene
il terreno. Lui, però, prima pensava ad un’altra, c’era il fantasma dell’altra.
Molte storie d’amore sono nate cosı̀. “Io ho sposato quest’uomo”, mi diceva
2.6. IL PICCOLO PRINCIPE E LA VOLPE 33

una donna, “e all’inizio mi dava una vibrazione di repulsione incredibile, oggi


guai a chi me lo tocca”.

2.6 Il piccolo principe e la volpe


Per concludere, conoscete “Il piccolo principe”? Sia dal punto di vista cul-
turale, sia dal punto di vista letterario, non ho trovato una pagina più bella
di questa sul corteggiamento.
“In quel momento apparve la volpe. “Vieni a giocare con me”, le pro-
pose il piccolo principe, “sono cosı̀ triste”. “Non posso giocare con te”,
disse la volpe, “non sono addomesticata”. “Ah! Scusa”, fece il piccolo prin-
cipe. Ma dopo un momento di riflessione soggiunse: “che cosa vuol dire
“addomesticare”?”.
“È una cosa da molto dimenticata. Vuol dire “creare dei legami””. “Crea-
re dei legami?”. “Certo”, disse la volpe. “Tu, fino ad ora, per me, non sei
che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E
neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a cen-
tomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro.
Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo”.
(Vi ricordate le caratteristiche dell’amore? L’unicità dell’essere).
“Comincio a capire”, disse il piccolo principe. “C’è un fiore... credo che
mi abbia addomesticato”. Ma la volpe ritornò alla sua idea: “la mia vita
è monotona. Io do la caccia alle galline e gli uomini danno la caccia a me.
Tutte le galline si assomigliano e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi
annoio, perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata.
Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi
mi faranno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una
musica”. La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe: “per favore,
addomesticami”, disse. “Volentieri”, rispose il piccolo principe, “ma non ho
molto tempo, però. Ho da scoprire degli amici e da conoscere molte cose”.
“Non si conoscono che le cose che si addomesticano”, disse la volpe. “Gli
uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti
le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini
non hanno più amici. Se tu vuoi un amico, addomesticami!”. “Che bisogna
fare?”, domandò il piccolo principe. “Bisogna essere molto pazienti”, rispose
la volpe”. In principio, tu sederai un po’ lontano da me, cosı̀, nell’erba. Io
ti guarderò con la coda dello occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una
34 CAPITOLO 2. AVVICINARE UN’ALTRA LIBERTÀ

fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino”. (Le
parole sono una fonte di malintesi, si pensi alle differenze tra il linguaggio
simbolico e il linguaggio numerico).
Il piccolo principe ritornò l’indomani. “Sarebbe stato meglio ritornare
alla stessa ora”, disse la volpe. “Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi
alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell’ora, au-
menterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi
e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa
quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore. Ci vogliono i riti”.
(Vi ricordate i pendenti).
Cosı̀ il piccolo principe addomesticò la volpe. E quando l’ora della par-
tenza fu vicina: “ah!”, disse la volpe, “piangerò”. “La colpa è tua”, disse
il piccolo principe, “io non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti
addomesticassi”. Poi soggiunse: “va’ a rivedere le rose. Capirai che la tua
è unica al mondo. Quando ritornerai a dirmi addio, ti regalerò un segreto”.
Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose. “Voi non siete per niente
simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente”, disse. “Nessuno vi ha ad-
domesticato, e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la
mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto il
mio amico ed ora è per me unica al mondo. Voi siete belle, ma siete vuote”,
disse ancora. “Non si può morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante
crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante
di tutte voi, perché è lei che ho innaffiata. Perché è lei che ho messa sotto
la campana di vetro. Perché è lei che ho riparata col paravento”. E ritornò
dalla volpe.
“Addio”, disse la volpe. “Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si
vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”. “L’essenziale è
invisibile agli occhi”, ripeté il piccolo principe, per ricordarselo. “E’ il tempo
che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa cosı̀ importante”.
“E’ il tempo che ho perduto per la mia rosa”, sussurrò il piccolo principe
per ricordarselo. “Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non
la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai
addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa”. “Io sono responsabile
della mia rosa”, ripeté il piccolo principe per ricordarselo.
Capitolo 3

Leggi fondamentali dell’amore.


Responsabilità, tenerezza,
desatellizzazione

3.1 Domande previe e principi di fondo


Nel momento in cui si ha di fronte un ragazzo o una ragazza che si ritiene
interessante, è importante porsi una serie di domande.
Primo, è possibile?
Giovanni Paolo II ha scritto un libro bellissimo, “La bottega dell’orefice”,
in cui si narra di un orefice da cui vanno tanti ragazzi e ragazze per acquistare
l’anello di fidanzamento. Quest’uomo aveva un occhio molto abile a discer-
nere la qualità dei rapporti. La protagonista, Teresa, ad un certo punto dice:
“non mi sono mai permessa di coltivare un sentimento destinato a rimanere
senza risposta, non è stato semplice”. Vale a dire che se ti innamori di un
prete o di un uomo sposato, è inutile che tu alimenti i sentimenti.
Alcune volte, in questo, si vede la stupidità di una persona. Ma che cosa
vuoi fare, la ruota di scorta di questo uomo che ti ha detto chiaramente che
con te ci viene solo per i rapporti sessuali? Del resto non gli importa niente,
perché lui sta con la famiglia, con i figli. Ma che cosa stai a fare, ma cosa tenti
di muoverlo a pietà? “Non mi sono mai permessa di coltivare un sentimento
destinato a rimanere senza risposta, non è stato semplice”.
Secondo, è onesto?
Mai intromettersi in una storia d’amore, anche se i due fanno fatica ad

35
36 CAPITOLO 3. LEGGI FONDAMENTALI DELL’AMORE

andare avanti. Un principio biblico dice di non fare ad altri quello che vorresti
gli altri non facessero a te. E c’è una nemesi nella storia: tu ti sei inserita in
quel rapporto, hai cercato di rubare quel ragazzo, stai attenta che succederà
anche a te.
Terzo, chi più ama, prende l’iniziativa.
Vi sono pregiudizi culturali, molte stupidità che si dicono a riguardo,
quale per esempio: “Ma è l’uomo che deve corteggiare!”. “Dove sta scritto?
Chi lo dice?” “Lo dice la nonna”. “E tu vivi con i criteri della nonna?”. Chi
più ama prende l’iniziativa. Parte da te: se qualcosa ti si è mosso dentro,
rimboccati le maniche, rileggiti tutti gli appunti.
Quarto, rendersi presente, senza essere invadente.
Qui ci vuole arte. Vi sono due polarità e ci si deve collocare nel modo
giusto, e in questo ci vuole arte.
Quando sono stato a Milano, ho fatto il corso e una ragazza è venuta
da me e mi ha detto: “Giovanni, dopo aver fatto il corso ho capito: il mio
fidanzato è stato un artista. Proprio tutto quello che adesso mi hai spiegato,
lui l’ha messo in pratica. Io, inizialmente, non ci pensavo per niente, anzi, ma
è stato un artista e mi ha conquistata”. E si capisce, è un uomo intelligente!
Un’altra ragazza, che aveva fatto il corso, mi ha detto: “Io so già tutte le
mosse, perché l’ho fatto anch’io”. Ci vuole arte. Per muoversi fra questi due
poli ci vuole maestria: l’altro è una libertà, mai forzarla, ma intanto lavorare
per creare un tessuto di amicizia caldo e tenero. Sai cosa significa forzare la
libertà umana? Crea reazione. La libertà umana è come il gas: più lo premi,
più crea reazione.
Quinto, utilizzare prima il linguaggio simbolico, poi quello numerico.
Usi il linguaggio simbolico se, nel momento in cui un ragazzo ti interessa,
cominci a tessere un rapporto di amicizia. È in un’altra città, gli scrivi! Se c’è
un momento libero, lo incontri. Gli regali un libro, una penna, di modo che,
se deve scrivere, deve per forza anche usare la penna che gli ho regalato, ogni
volta che la vede, mi deve pensare. Tessere, tessere, tessere, fino al punto (e
lo devi individuare, perché questa è arte) in cui arriva il momento di passare,
quando le condizioni sono favorevoli, al linguaggio numerico: “Vogliamo fare
insieme un cammino per verificare la possibilità di una fedeltà?”. Quando
c’è un rapporto di amicizia questo viene facile, facendo attenzione a non
trasformare l’altro nell’amicone o nell’amicona!
Sesto, tenere presente che, superati i 20 anni, ci si innamora via via in
maniera diversa, secondo criteri nuovi rispetto alle prime esperienze adole-
scenziali, caratterizzate da incandescenti sentimenti.
3.1. DOMANDE PREVIE E PRINCIPI DI FONDO 37

Quando si è bambini, quando si è piccoli, si viaggia tra il sogno e la


fantasia, tra i 15 e i 20 anni si viaggia tra le emozioni e i sentimenti, a 20
anni si comincia a usare la ragione e via via si procede nella fede.
Quando una persona si trova tra i 15 e i 20 anni, nascono sentimenti
travolgenti e si arriva a dire: “tu mi piaci, mi fai impazzire, tu non mi
piaci”. In questa fase sono i sentimenti che predominano. Questo criterio,
generalmente, rimane fisso e la persona, anche se è arrivata a 20 anni o
addirittura a 30 anni, aspetta questo. Campa cavallo! Un uomo di 30 anni
ancora sta aspettando che le emozioni lo accompagnino. Non succederà più.
Ci vogliono altri criteri, la ragione e la fede. Io dico alle persone che si
devono innamorare come mi innamoro io. Quando guardo e sto davanti a una
ragazza, la fede mi dice che questa ragazza è un mistero, è l’immagine di Dio,
è una profondità, è una ricchezza alla quale io ancora non ho accesso, io non
so quanta ricchezza c’è, ma so che c’è n’è un’infinità. Poi ci parlo e, a mano
a mano che parliamo, lei mi nasce dentro, nella misura in cui mi affida il suo
mistero, mi affida il suo mondo, io curo la relazione e subito sereni mi nascono
i sentimenti. Allora, quando si è adolescenti, si parte con un sentimento
fortissimo, parlo con la persona e ringrazio Dio per quanto l’ha fatta bella.
Invece, quando si sono superati i 20 anni si invertono le cose, prima si guarda
alla persona con fede (tutte le persone sono bellissime, tutte le persone sono
una ricchezza, tutte le persone hanno qualità stupende. Per questo motivo, io
non devo avere pregiudizi di nessun genere, questa persona potrebbe essere
una splendida samaritana, per cui io non avrò pregiudizi neanche sul suo
passato. Questa è la prima forma d’amore, la prima forma di rispetto). Poi
dopo parlo, penetro il mistero profondo, nascono i sentimenti, si può sognare
l’amore. Pertanto, superati i 20 anni, i criteri di innamoramento devono
essere diversi.
Settimo, l’amore e’ un’arte, come tale va appresa.
La presunzione di sapere è un ostacolo invalicabile che produce amari
frutti di morte. “Io sono una persona umana, e per il fatto che sono una
persona umana io so che cosa è l’amore”. Non è vero! Guarda che sei una
persona umana, ma se vuoi leggere e scrivere lo devi apprendere col sudore,
se vuoi guidare una macchina lo devi apprendere, se vuoi essere medico lo
devi apprendere e devi studiare, e cosı̀ è nell’amore. Non puoi partire da
quell’equipaggiamento minimo che hai. E da qui il principio che dice “nessuno
valichi la soglia dell’amore che non sia un iniziato”. Ma adesso su di te cala il
peso di iniziare altre persone; perché pure tu diventi mamma, ma non solo; tu
starai in un gruppo, ma non solo; tu avrai amici, ma non solo; nei confronti
38 CAPITOLO 3. LEGGI FONDAMENTALI DELL’AMORE

di qualunque persona tu sei debitore e debitrice di amore.


Ottavo, dopo una prima esperienza amorosa fallimentare, non intrapren-
derne un’altra se prima non hai capito perché la precedente è finita, altrimenti
si è condannati a ripetere l’errore, o gli errori.
Tra i 15 e i 20 anni le cose vanno come vanno, non ha molta importanza.
Ma superati i 20 anni, è necessario porsi seriamente questa domanda: “se è
fallita questa storia d’amore, dove io ce l’ho messa tutta, dove pure all’inizio
c’era l’amore, perché i sentimenti mi accompagnavano, se è morta, perché
è morta?”. Mica muore per una fatalità, ma perché hai calpestato qualche
legge essenziale dell’amore. E allora bisogna scoprirlo, verificarlo, e dopo può
ancora essere possibile ricucire quella relazione, oppure può anche darsi che
tu decida di voltare pagina, ma non farai ulteriori sbagli.
In amore non ci si può bruciare tante volte, si rischia la paralisi e se ne
perde il sapore, si finisce per non sapere più che cosa sia e si equivoca.
Nono, tenere fermamente presente che l’uomo e la donna sono due mondi
simili e differenziati.
Perché nasca l’amore, ci vuole la maturità di abbandonare ognuno la
propria terra per approdare nel pianeta del partner, pianeta uomo, pianeta
donna. Non è facile! Se io mi misuro con Laura, per esempio, però i criteri di
giudizio e di valutazione partono da me, io le faccio una grande violenza. Mi
è indispensabile, allora, avere una certa maturità, che significa che io, prima
di tutto, devo aver fatto un viaggio dentro di me, poi devo conoscere il mondo
psichico femminile, le sue reazioni, le sue aspettative, la sua sensibilità, il suo
modo di vedere, il suo modo di sentire, ed è lı̀ che mi devo innestare, allora
la incanto, allora si sprigiona l’amore, altrimenti lei tende a chiudersi.
Decimo, dare giusto peso alla realtà corporea.
Essa, in gioventù, ha un’importanza notevole e spesso è determinante per
lo sbocciare di una storia d’amore. I sentimenti, invece, assumono valenza
diversa a seconda dell’età e della maturità delle persone. I sentimenti, co-
munque, tendono a farla da padroni e questo non va bene. Mi spiego. Noi
siamo strutturati in un modo ben preciso. Abbiamo un io corporeo, periferi-
co, un io psichico, che è il corpo, che vela e svela (io non conosco i sentimenti
di Laura, perché il mondo psichico è costituito dalla sua intelligenza e dai
suoi sentimenti, il corpo me li vela, ma quando lei parla me li svela, per cui
il corpo vela e svela). Poi abbiamo il mondo spirituale, in quanto dentro
ognuno di noi abita Dio, che io ci creda o non ci creda.
Molte persone tendono a dare molta importanza al mondo psichico e a
quello spirituale, trascurando l’io corporeo. Si dice che in giovane età queste
3.1. DOMANDE PREVIE E PRINCIPI DI FONDO 39

tre realtà siano equivalenti, più tardi il mondo psichico tende ad emergere e
a diventare importante, e poi ancora tende a diventare importante il mondo
spirituale, mentre il corpo va in declino. Nella realtà dell’amore, il corpo ha
un valore notevole, perché è da lı̀ che deve partire tutto. Questo è un punto
molto delicato, che in passato ha attirato su di me molte ire, soprattutto da
parte delle donne, quando io dico che la donna deve assolvere il compito che
Dio le ha assegnato, e cioè deve incantare un uomo. Per far questo, però,
deve vestire bene, perché l’aspetto fisico deve proprio parlare. La donna non
può permettersi di essere quotidiana un giorno. Lei è come in un campo, e
in un campo verde c’è un fiore, e del fiore è il profumo, cioè è donna.
Tempo fa, in Emilia, è venuta una ragazza che mi faceva cenno mostrando-
mi un ragazzo che lavorava con lei in parrocchia, di cui era innamoratissima.
Erano due anni che lei si struggeva e lui non se ne accorgeva, era distratto.
Allora io le ho detto: “ma ti rendi conto di come sei vestita? Con quei blue-
jeans, con quel seno piatto, lui non si sveglia, il maschietto lo conosco io!
Vestiti bene! Vestiti bene che all’uomo piace il seno; che il seno sia grande o
sia piccolo non importa, basta che esprima femminilità. Il seno e il volto di
una donna costituiscono insieme il 50% dell’impatto emotivo nell’uomo. Poi,
togliti questi pantaloni, mettiti una bella gonna, insomma, perché all’uomo
hai accesso attraverso gli occhi, perché è uomo, è maschio, dammi retta che
me ne intendo”. Nel parlarle, sono stato fervoroso, ho cercato di dire tutto
quello che ho potuto, le ho portato esempi, ma non fece quello che le avevo
detto. Sono ripassato lı̀ dopo quattro mesi e questa ragazza era inferoci-
ta, era letteralmente inferocita perché questo ragazzo si era fidanzato con la
Maddalena del paese, una ragazzetta cosı̀, semplicemente perché gli aveva
mostrato le gambe. Brutta stupida, mostragliele tu, no?! Non l’ha fatto.
Durante uno dei corsi, una ragazza rinfacciava ancora al ragazzo che lei
era di sentimenti fortissimi e lui dormiva, non se ne accorgeva di tutto il fuoco
le bruciava dentro. Questo è un cliché che ritorna sempre, perché la donna
continua a dire: “mi devi voler bene per i miei sentimenti, per quella che sono
dentro!”, questa è la stupidità di chi non conosce il mondo psichico maschile.
E gli stava facendo la solita ramanzina perché lei si era bruciacchiata per
due anni e lui non se ne era accorto. A un certo punto il ragazzo se n’è
venuto fuori e con quattro pennellate l’ha dipinta dicendo: “ricordati, Laura,
che tu mi hai conquistato quella sera quando abbiamo fatto quella festicciola
in famiglia, sei arrivata alla festa con quella bella gonna verde, quelle belle
gambe, quelle belle cosce”. Quello era stato il giorno in cui la ragazza gli
era entrata dentro, in cui si era innamorato. Questo bisogna capirlo, bisogna
40 CAPITOLO 3. LEGGI FONDAMENTALI DELL’AMORE

saperlo.
Una volta, alla Verna, c’era una ragazza che diceva di volersi fare suora,
ma lo diceva da cinque anni. Ad un certo momento mi sono scocciato e le
ho detto: “senti, la prima condizione per farsi suora è quella di dar prova
di saper gestire un rapporto sponsale, perché sei arrivata a 25 anni e non
hai incontrato mai un ragazzo”. “Eh, ma non ci sono”. “Come non ci sono!
Guardali qua!”. C’erano una sessantina di giovani, eravamo al corso “Marta
e Maria”. “Come non ci sono!”. E diceva: “non ci sono”. “Certo che non ci
sono: guarda come sei vestita. Quei soliti blue-jeans, petto piatto che a un
uomo... capito?!, non gli dice niente! Incomincia a obbedirmi, ce l’hai una
bella gonna?”. “Sı̀”. “Vatti a mettere la gonna, preparati”. È venuta giù
con una gonna, “ma questa è da frate, questa la porto io! Tira su! Ne hai
un’altra?”, “...ma è un po’ mini”. “E dai, va’ ”. È venuta. “Beh, ci siamo.
Adesso, non facciamo che ti vai a mettere sempre vicino alle suore. E che
è?! Vai dove stanno i ragazzi. Ti metti là, cominci oggi, mica devi aspettare
domani”. Erano passate 24 ore di orologio, dietro a questa ragazza c’era un
codazzo di ragazzi. Potete chiedere conferma anche a suor Armanda, dato
che lei sperava molto che si facesse suora.
Quando ha visto l’accaduto è andata da lei e l’ha arringata: “come mai ci
sono tutti questi ragazzi che ti vengono dietro?”. E lei dice: “Eh, ma me lo
ha detto Giovanni!”. È venuta da me dicendo: “Tu, che vai dando i consigli
diabolici!”. Consigli diabolici, è già sposata ed è nato Andrea.
Undicesimo, nulla anteporre all’amore.
Dodicesimo, corteggiare è un modo formidabile per imparare la socializ-
zazione.
Il corteggiamento è lo spazio adeguato dove tu veramente sperimenti se
sei vivo o se sei spento, è lo spazio dove capisci se e in quale misura tu sei
una persona capace di fascino. Corteggiare è un’arte, perché è solo per un
grande fascino che l’uomo si muove.

3.2 Una lettera


“Carissimo Padre Giovanni, pace.
Ti scrivo a distanza di circa un mese dalla mia venuta in Assisi. Molte
cose sono cambiate in questo mese, ma prima di andare oltre ti consiglio di
sederti, insomma di metterti comodo, perché ho molte cose da comunicarti.
Sono da anni che cerco la mia strada e non mi ero mai accorta che Gesù
3.2. UNA LETTERA 41

da cinque anni me l’aveva messa davanti. Sono tornata ad Assisi in aprile,


appunto, perché avevo qualcosa in sospeso da chiarire faccia a faccia, cuore a
cuore con Gesù, e potevo farlo solo allontanandomi dalla quotidianità e dalle
conoscenze. È stato un incontro diverso da quello fatto due anni prima: ero
diversa, cresciuta, cambiata, maturata, volevo vedere chiaro e volevo che mi
cadessero definitivamente le scaglie dagli occhi. Ho insistito tanto con Dio
che Lui, nella sua immensa bontà, mi ha esaudito. Ho trovato la mia strada.
La mia strada non è la consacrazione, dissi tornando dall’ultima esperienza
di Assisi sul treno. Ed era vero, avevo questa certezza nel cuore. Ma allora
mi sono trovata peggio di prima: prima non sapevo quale delle due scelte
era la mia, ero nel dubbio, dopo sapevo che non era la consacrazione ed ero
nell’angoscia. Io non sono mai stata fidanzata, un po’ perché non sapevo se
quella doveva essere la mia vita, un po’ perché mi ritenevo troppo giovane,
un po’ perché nessuno aveva suscitato interesse nel mio cuoricino. E allora
mi chiedevo: “Ok, Gesù. Non è la consacrazione, ma io non sono fidanzata,
né saprei quale persona è la mia. Pregai. Il Signore mi infuse la sua grazia
e mi aprı̀ gli occhi, iniziai a rileggere gli appunti presi durante il corso e mi
soffermai sul punto “non devi aspettare di vederlo scendere dal cielo, perché
Gesù te l’ha messo accanto, ma tu non lo vedi, non lo consideri. Guardati
intorno!”.
(Nel corso vocazionale che io avevo fatto in aprile, questa ragazza pensava
di consacrarsi. Poi dopo era passato un anno, è tornata ed ha fatto il corso
per fidanzati. Dopo il corso per fidanzati incominciò a rileggere gli appunti
presi. Si soffermò su questa idea, tra le tante cose che avevo detto, lei si era
appuntato questa).
Presi quanto scritto alla lettera e il giorno dopo iniziai a valutare le per-
sone che mi circondavano con un altro occhio. La mia attenzione si soffermò
su un ragazzo, amico mio carissimo ed amico di famiglia, che conoscevo da
ben cinque anni, insomma dal liceo.
Con questo giovane, credimi, ho avuto un rapporto di vera e sincera
amicizia e non l’avevo mai considerato come un qualcosa in più. Era un
caro amico e basta. Ed anche per lui era la stessa cosa. Per farla breve
iniziai a porre la mia attenzione su questa persona e... incredibile! Scoprii
d’amarla. Ora, però, il problema era se anche per lui le cose erano cambiate,
oppure se per lui ero l’amica di sempre, che da 5 anni divideva con lui le
angosce, le pene, le gioie, le paure, i sabati, le domeniche, la pizza, il gelato,
le passeggiate in comitiva, la passeggiata con le famiglie. Iniziai a metterlo
alla prova secondo i consigli delle tue conferenze. Ora te lo racconto ma,
42 CAPITOLO 3. LEGGI FONDAMENTALI DELL’AMORE

credimi, sembra impossibile anche a me. Nel giro di una settimana il suo
atteggiamento cambiò.
Una sera, mentre, come spesso facevamo, passeggiavamo, mi disse che
aveva un problema. Mentre mi parlava non mi guardava in faccia. Il mio
cuore sembrava che volesse cambiare posto per quanto mi batteva forte. Mi
dissi: “Melania, vai piano. Aspetta. Senti cosa ha da dirti”. E lui mi disse le
fatidiche tre parole: ti voglio bene. Per un attimo mi sono sentita smarrita
come nel vuoto. Che gioia, siamo fidanzati da solo una settimana, mi sembra
ancora impossibile...”.

3.3 L’uomo abbandonerà il padre e la madre


Genesi 2, 24. L’uomo abbandonerà il padre e la madre, si unirà a sua moglie,
saranno una sola carne.
Tre parole. Abbandonerà, unirà, sola carne. Non è facile, di queste tre
parole, penetrarne la portata, il significato, l’incidenza nella vita. Sulla realtà
dell’amore, l’umanità, da sempre, ha detto molto, ma è proprio su questa
realtà che è nata la babele, la confusione delle lingue. La parola amore è
come se fosse un’etichetta, la trovi ovunque, sulle bottiglie, sulle scatole,
ovunque. Una volta, viaggiavo con un giovane su un pullman e ad un certo
momento mi ha detto “no, non ho fatto un furto, ma una rapina”, perché
era stato in carcere. Gli chiesi di spiegarsi meglio, perché non capivo bene la
distinzione. La rapina è un evento in cui si prevede la morte di una persona.
“Ma tu hai ammazzato?”. “Sı̀”. “E perché?”. “Perché noi venivamo dalla
Sardegna, eravamo sette figli, ci trovavamo in una cittadina dove c’era la
possibilità di acquistare un appezzamento di terreno alla periferia della città
che sarebbe diventato fabbricabile. A noi servivano 30 milioni, che in un
breve spazio di tempo sarebbero diventati 300, perché avrebbero fruttato
molto”. “Sı̀, va bene, ma adesso tu hai ammazzato?”. “Beh, Certo!”. “Ma
come?!”. “Avremmo risolto il problema di tutti gli altri fratelli, eravamo sette
e saremmo stati tutti sistemati”. Dico: “ma pensa, uccidi una persona...”.
“Eh, che c’è? Ne muoiono tante negli incidenti stradali?!”. Insomma, mi
voleva far credere che lo aveva fatto per amore dei suoi fratelli. Di fronte
a un fatto nefando come questo, lui ci vedeva una logica, ci vedeva una
giustificazione. E non sono riuscito a convincerlo, ci siamo lasciati che lui era
ancora convinto delle sue idee.
Un altro uomo, un protettore, un giorno mi disse: “Giovanni, io custodi-
3.3. L’UOMO ABBANDONERÀ IL PADRE E LA MADRE 43

sco sette donne. Io voglio bene a queste donne, perché le faccio lavorare, le
proteggo dagli uomini violenti che certe volte si possono avvicinare, loro poi
tanto stupidamente guadagnano i soldi e altrettanto stupidamente li spendo-
no, per cui io glieli tolgo”. Lui lo faceva come una missione. . . “ora ti posso
dare anche l’abito, ti faccio un monumento!”.
Per cui non c’è parola più abusata, più babele, della parola amore, fintanto
che Dio, nel suo evento di rivelazione, intorno all’anno 1000, ha incominciato
a porre dei paletti all’interno di questa babele, a dire alcune cose essenziali.
Un primo nucleo di rivelazione, affinché gli uomini non si sperdessero,
affinché non si distruggessero nella babele, è stato di porre queste tre parole,
abbandonerà, unirà, una sola carne. Ti misuri con la realtà più essenziale
della vita, la realtà dell’amore? Bene, incomincia a mettere questi tre pilastri.
Abbandonare. Che cosa deve abbandonare la persona? Abbandonare un
amore, quello della famiglia, per un amore più grande, perché le cose non si
fanno a perdere.
Si unirà. È la realtà dell’amore, non c’è al mondo nulla di più unificante,
di più stringente, della realtà dell’amore.
Saranno una sola carne. È il sesso. Quando è finito lo spazio dell’ami-
cizia, l’identità cambia, non si è più semplicemente amici. Lo chiamiamo
“fidanzamento” o “stare insieme”, ma, al di là della terminologia, oramai
l’identità è cambiata e allora bisogna sapere che, quando si entra nell’ambito
del fidanzamento, cambiano le coordinate del tempo e dello spazio. Quando
due persone sono amiche, vivono nelle coordinate di tempo e spazio proprie
dell’amicizia, per cui se si vedono domani, benissimo, se si vedono tra un me-
se, benissimo ugualmente, fra un anno, bene, perché le coordinate del tempo
non implicano nessuna responsabilità. Cosı̀ anche lo spazio. Se sono vicini,
bene, ma se uno dei due parte e va a fare un corso di lingue in America,
l’evento non ha nessuna implicanza, non deve rendere conto a nessuno della
sua scelta.
Ma quando l’identità è cambiata, è diverso! Se la mia fidanzata deve
andare in Inghilterra e deve stare via sei mesi per imparare la lingua, io
posso dire: “come, sei mesi?!”. Il tempo e lo spazio hanno un incidenza
notevole.
“Sono stato al corso in Assisi, io abito a Milano e lei abita a Palermo”.
Benissimo, ma se questa dinamica deve partire, tieni presente che non siete
ad un passo l’uno dall’altra, considera che se vi vedete adesso e poi tra cinque
mesi, stai fresco! All’amore gli mancano proprio gli elementi, per cui ci devi
pensare bene. Non dico che in assoluto non si possa e non debba partire
44 CAPITOLO 3. LEGGI FONDAMENTALI DELL’AMORE

niente, che non tu non debba alimentare questo sentimento, ma fai bene i
tuoi calcoli, perché se entrate nella dinamica di fidanzati, avete bisogno di
stare vicino e vedervi spesso. La lontananza la si può in parte abolire con
l’aereo o con il treno, con il telefono, ma è bene mettere in conto tutte questi
aspetti.
Alcuni, poi, fanno i furbastri. Essere furbastri significa che si danno i
bacetti da fidanzati, però sono semplicemente amici. C’è un’ambivalenza, un
qualcosa di oscuro fin dall’inizio. Bisogna definire subito quello che si è. Se
si è amici, nell’ambito dell’amicizia, certi gesti e certi toccamenti non sono
ammessi; la persona ne rimane sorpresa, talvolta sconvolta, vede subito che il
contesto non dà chiarezza e significato a quel gesto, perché i gesti sono sempre
determinati dal contesto. Questo è un concetto elementare della psicologia,
ossia è il contesto che dà significato alle cose. La prima cosa che fanno le
persone serie è definire l’identità. Chi sono io? Cosa c’è tra me e te? Siamo
amici o siamo fidanzati?
Abbandonerà il padre e la madre. Esistono molte differenti modalità con
cui questo può accadere, in genere in base alle diverse culture. Per alcune è
previsto che questo accada con il matrimonio, ci si sposa.
Noi abbiamo un frate che arriva dallo Sri Lanka, un frate di colore, e mi
diceva, un giorno in cui mangiavamo insieme, che doveva andare in Germania
perché si sposava una sua nipote. Io gli chiesi: “ma dove sta tua nipote?”.
“Mia nipote è nello Sri Lanka, ma il fidanzato è in Germania”. Rimasi un
po’ perplesso e gli dissi: “ma è emigrato o altro?”. “No, no. Loro non si
conoscono”.
“Ma come? Si sposano e non si conoscono?”. A mano a mano che andava
avanti io rimanevo più sbalordito e più scandalizzato. Secondo i miei criteri
gli dissi: “ma tu vai a fare ..., ma tu ti rendi responsabile ..., ma quella
è vissuta laggiù..., ma neanche si conoscono ...!”. “Ma si conoscono per
fotografia”. “Beh, ho capito. . . ma una persona mica è la fotografia?”.
Tanto io ero sbalordito, tanto lui era tranquillo, sereno. Anche il ragazzo
era dello Sri Lanka, ma era di una famiglia emigrata. Io cascavo dalle nuvole,
cercavo di dire: “Ma non renderti responsabile!”. Ma lui era tranquillissimo
e mi diceva: “da noi si fa cosı̀”.
L’età era buona perché lei aveva 23 anni, lui ne aveva 27, e tutto era
stato combinato dalle famiglie. Nonostante io avessi detto tutto quello che
avevo potuto, con la mia sensibilità, i miei criteri, la mia esperienza, lui era
tranquillissimo. Infatti è andato in Germania, ha celebrato il matrimonio ed
3.4. LA TENEREZZA E LA RESPONSABILITÀ 45

è andato tutto bene. È passato un anno, è arrivato un bambino e si volevano


bene. Io continuavo a rimanere sbalordito. Questa è la cultura.
Anche qui da noi, nei tempi passati, le cose andavano più o meno cosı̀.
Nella nostra cultura, quella che viviamo oggi, sarebbe una cosa orrenda:
quale ragazzo o quale ragazza si sposerebbe con qualcuno visto in fotografia.
Questa è un’area sacra. Oggi, qui da noi, come del resto in molte altre
culture, si entra in quest’area per la porta del sesso, per cui, quando le persone
si incontrano, dopo un po’..., beh, insomma! Dopo un mese dall’inizio della
storia, un ragazzo aveva detto a una ragazza: “ma ci pensi? È passato un
mese!”.
Un’altra volta era venuta una ragazza, aveva 19 anni, e si parlava dell’af-
fettività: “l’aspetto affettivo come va? L’hai trovato un ragazzo?”. “Beh,
sotto questo aspetto ho un problema”. “E che problema hai?”. “Sono anco-
ra vergine!”. Era un problema perché era ancora vergine, perché il contesto
culturale dal quale veniva la faceva sentire la colpa di questo suo stato.
Una ragazza mi chiedeva: “tutti mi dicono, tutti mi dicono, però io sem-
bro una mosca bianca. Ma ho ragione io o hanno ragione gli altri?”. La
persona si confonde. La cultura è come la pelle, noi siamo estremamente
condizionati, anzi, l’essere dell’uomo è la sua cultura. Quello che ti viene
detto, quello che tu recepisci, cosı̀ come l’aria che respiri, la ritieni la cosa
più normale di questo mondo, per cui la cultura ti avvolge, ti plasma.
Dio ci dice che appena messo piede dentro l’area affettiva, è indispensabile
risalire il versante della responsabilità, che è la stessa cosa della maturità (“la
ragazza che darà da bere a me e ai miei cammelli”). La responsabilità, poi,
conduce al matrimonio, dove l’impegno tra lui e lei diventa definitivo davanti
a tutti gli altri e davanti a Dio. In seguito, bisogna risalire anche l’altro
versante, quello della tenerezza. La tenerezza è la capacità di viaggiare nel
mondo psichico dell’altro, dell’altra. La tenerezza significa intesa profonda,
significa amore.

3.4 La tenerezza e la responsabilità


In realtà, sul versante della responsabilità c’è una preminenza della raziona-
lità.
Dio ha messo l’uomo in mano al suo consiglio, cioè l’ha equipaggiato di
cervello, altro discorso è se lo fa o no funzionare, se è maturato. Poi ci sono
i sentimenti. Se vai a vedere, trovi emergere la tenerezza prevalentemente
46 CAPITOLO 3. LEGGI FONDAMENTALI DELL’AMORE

nell’uomo, mentre la razionalità prevalentemente nella donna, ma in realtà


sono complementari.
Quando un uomo ama, subito si deve porre una domanda: “sono re-
sponsabile di questa donna, questa donna ha l’età, la maturità per essere
responsabile di me? E la mia e sua responsabilità è un qualcosa che io affer-
mo d’acchito o è un qualcosa che io devo verificare nel tempo?”, perché, in
realtà, la responsabilità è anche una meta. Poi mi devo domandare: “que-
sta ragazza che ho davanti, oltre ad essere responsabile nei miei confronti, è
responsabile anche in ogni realtà, in ogni situazione che lei vive?”. Se, per
esempio, sta studiando all’università, là è uno spazio in cui verifico se lei è
responsabile o non lo è. Oppure è in famiglia, anche quello è uno spazio
dove posso verificare. Questa verifica è complessa, richiede tempo, ma dà il
taglio della maturità di una persona. Quando io vado a fare un campeggio,
vedo subito la qualità dei ragazzi, se ad un certo momento escono lasciando
tutte le luci accese e a nessuno viene in mente di spegnerle. Se incontri una
famiglia, distingui subito la persona responsabile da quella che non lo è. La
non responsabilità significa non maturità, e tu te ne accorgi subito se una
persona è matura da come spende, da quanto spende, dalle scelte che fa, da
dove è arrivato il gusto delle sue cose. È un campo amplissimo ed è da veri-
ficare. Non si dice: “oh, che bello! È arrivato l’amore! Adesso ci mettiamo
giù..., e la torta ce la mangiamo!”. No, è una responsabilità, è un compito,
è una fatica, perché queste cose che verifichi nell’altro, le devi domandare e
verificare anche su di te, e il partner dovrebbe fare la stessa cosa nei tuoi
confronti.
Dopo la responsabilità c’è la tenerezza.
Una volta, avevo di fronte un ragazzo e una ragazza, lei di 20 anni mentre
lui di 21. Questa ragazza era piena di vita, si dedicava al volontariato,
frequentava la parrocchia, andava di qua e di là, protesa ai bisogni degli
altri. Era una donna piena di vita. E mi raccontava tutto il contesto in
cui si muoveva, i suoi spazi di vita, il suo entusiasmo e lui, il giovin signore
(conoscete il “giovin signore” del Parini?), diceva: “ah, tu non mi ami, tu non
mi comprendi, tu devi capire le mie esigenze, tu...!”. E a ogni frase era come
se le avesse inferto una pugnalata. Ma tu che cosa puoi pretendere? Quella
è donna, non deve corrispondere ai tuoi bisogni infantili. Qui il dislivello era
notevole, una era un gigante e lui era un bambinone che chiedeva nient’altro
a quella ragazza che fargli da mamma, di accudirlo, di pulirlo. Però non se
ne accorgevano, poverini! Lui parlava come se dicesse le cose più sacrosante
di questo mondo, mentre la ragazza non aveva la capacità di dirsi: “questo
3.4. LA TENEREZZA E LA RESPONSABILITÀ 47

non mi sta facendo delle richieste sponsali, ma vuole da me che io gli faccia
da mamma”. Tutte le richieste sono infantili, cioè non appartengono a una
dinamica sponsale, perché lui non era maturo.
Per essere maturi bisogna aver fatto un viaggio dentro al proprio mondo
interiore, bisogna conoscere la propria essenza di uomo. Una persona dimo-
stra di essere immatura, nella misura in cui esige qualcosa da te. Iniziare ad
amare è come partire per un viaggio, prima di tutto mi devo collocare dentro
alle aspettative dell’altro, ai suoi sentimenti, poi devo verificare che siano di
natura matura, allora potrò accedere all’altro, andargli incontro, allora avrò
la capacità della tenerezza, quella tenerezza che poi troverà la sua massima
espressione nel rapporto sessuale. Ma questo è il termine di un cammino. Si
unirà a sua moglie e saranno una sola carne, allora sı̀ che il rapporto sessuale
acquista il significato di alimento dell’amore, altrimenti il rapporto sessuale
è un veleno che uccide l’amore.
Tanta è cresciuta la responsabilità, tanto si può esprimere, con la corpo-
reità, la tenerezza, fino al punto in cui lo sposalizio coincide con il linguaggio
del sesso. Queste linee devono essere parallele tra di loro nell’uomo e nella
donna, perché tutte le relazioni umane sono governate dal principio paritario.
Il rapporto umano, tra le persone, deve essere paritario. Gesù lo afferma-
va molto chiaramente dicendo: “voi non chiamate nessuno Padre su questa
terra perché il Padre è uno solo, quello del cielo. Voi non chiamate Maestro
nessuno sulla terra, il Maestro è uno solo, il Cristo. Voi siete tutti fratelli”.
Con questo si afferma il principio fondamentale che deve regolare le relazioni
umane, il principio paritario.
Quando un figlio nasce all’interno di una famiglia, inizialmente il rappor-
to non risulta paritario, perché il bambino è dipendente, però crescendo, il
rapporto deve diventare paritario. E quando avrà 20 anni, tu non hai da-
vanti un figlio o una figlia, ma un uomo con una sua personalità. Se non hai
fatto opera devastante prima, hai di fronte una persona che è maturata, e il
rapporto con lei è paritario.
Tanto è cresciuta la responsabilità, che hai verificato nel tempo, e tanto
si esprime nella tenerezza, nella corporeità, nell’emozione e nei sentimenti.
Facciamo l’ipotesi che un ragazzo e una ragazza si sono messi insieme
quando erano molto giovani, ad esempio a 15 anni. Che cosa accade? L’a-
dolescenza è un periodo della vita in cui un ragazzo e una ragazza devono
conoscere tanti amici, in quanto questo insegna loro ad aprirsi e consente loro
di fare una fondamentale esperienza di umanità. Ma alla fine una ragazza si
fissa con un ragazzo, che chiameremo Andrea, e di conseguenza tutti gli altri
48 CAPITOLO 3. LEGGI FONDAMENTALI DELL’AMORE

spariscono, rimangono sullo sfondo. Questa ragazza, però, non avrà vissuto,
in qualche modo, a livello emotivo, l’adolescenza, ma avrà fatto la persona
matura, quello che avrebbe dovuto fare a 20 anni.
Dato che la natura non sopporta balzi, come non si può prendere un bam-
bino e stirarlo, perché soggetto a una legge di crescita naturale, cosı̀ quello
che non è avvenuto prima provvede la natura a farlo avvenire comunque, a
tempo debito, lo fa recuperare. Supponiamo che i due si siano messi insieme
a 15 anni, per cui, arrivati intorno ai 20 anni, magari succede che ad Andrea,
che anche si era fissato con quella ragazza, per esempio Luciana, si dilata-
no gli occhi e si accorge che anche Laura non è niente male! Lui pensava
che il mondo finisse lı̀, nella sua Luciana, e invece... Oh, ma anche Giorgia
è un bel pezzo di donna, e che intelligenza! Per cui inizia ad allargare gli
orizzonti, cosa che avrebbe dovuto fare nell’adolescenza, e inizia cosı̀ a sfar-
fallare e si deresponsabilizza, torna indietro. Questo fenomeno può accadere
indistintamente sia nel ragazzo che nella ragazza. Generalmente, succede che
il partner, per mantenere il legame, cresce nella tenerezza, fino al punto in
cui, supponendo che si tratti di una ragazza, decide di dare tutta se stessa:
“quando ti ho dato la verginità, non puoi dubitare del mio amore per te”. Si
pensa in questo modo di salvare la relazione, ma è il modo classico per fare
il funerale ad una storia d’amore.
Una ragazza una volta mi disse: “Giovanni, ma quando una è cotta,
cosa deve fare?”. Quando una è cotta, molto spesso agisce in questo modo,
perdendosi, perché cosı̀ l’amore è prostituito.
L’amore sponsale ha un’esigenza tale che, dando amore, si deve ricevere
amore. Non lo si può svendere. Tu non puoi avere un amore di tipo mater-
no, l’amore materno è gratuito, ma l’amore sponsale vuole una reciprocità.
Questo va tenuto ben presente. L’amore non si deve mai prostituire! Se,
ad esempio, tu mi dai amore, io non ti posso dare in cambio un viaggio in
Africa, una pelliccia o una macchina. L’amore con amor si paga.
Che cosa avrebbe dovuto fare, a questo punto, la ragazza? La ragazza,
se governata dal cervello, conoscendo quanto si è detto, avrebbe dovuto con-
servare il rapporto paritario tornando indietro, con la tenerezza, fin dove era
tornato indietro il ragazzo. Quando c’è questa luce, in una percentuale alta
il rapporto si recupera, ma quando non c’è questa luce, si dà il colpo finale
al rapporto, che finisce.
Esiste un detto: “Dio perdona sempre, l’uomo perdona qualche volta, la
natura mai”. Se trasgredisci qualcuna delle leggi fisiche o psichiche, la natura
ti si rivolta contro. Io posso essere assolutamente convinto che volo, volo,
3.4. LA TENEREZZA E LA RESPONSABILITÀ 49

volo. Vado in cima a questo stabile e mi butto di sotto. Il risultato è che


crepo. La natura non perdona.
Il mondo psichico è uguale, se si trasgrediscono alcune leggi di fondo,
l’amore sfuma, o non c’è, o non cresce.
Anche per il mondo morale è lo stesso. Dio ha dato dei comandamenti,
tu li puoi anche trasgredire, ma stai attento che il tutto ti si rivolta con-
tro. Questo perché tutti noi viviamo sottoposti a leggi che ci governano. È
inutile che cerco di uscire attraverso a una parete, non ho ancora il corpo
spiritualizzato che mi sarà dato! Ora come ora, se voglio uscire, devo passare
attraverso la porta. Allo stesso modo, anche per ciò che concerne il mondo
psichico se tu vai contro determinate leggi, queste ti si rivoltano contro.
Quindi io devo accertare due cose:

- la responsabilità, che si vede strada facendo, mentre trascorrono i gior-


ni, mentre si susseguono gli eventi, i fatti. Va verificata su un campo
ampio, vastissimo, e la persona deve essere vista nel suo contesto totale
e non soltanto nel rapporto con il partner;

- la tenerezza, che implica, invece, un rapporto più personalizzato, ma


anch’essa si muove in un ambito ampio. Bisogna osservare come la per-
sona si relaziona all’interno della famiglia (vi ricordate? “Sono figlia
di Betuel”, cioè mi colloco in questo contesto). E vedere come si rela-
zionano con lei i famigliari, che tipo di relazione ha con i fratelli, con
la mamma e il papà, la sorella, la nonna, i parenti, gli amici, i cugini,
se è una persona che sa creare un tessuto di amicizia. Però, qui, la
verifica è molto personale, perché, ad un certo momento, mi interessa
capire se questa donna ha le capacità di viaggiare nel pianeta uomo, e
in particolare nel mio essere uomo. Questo lo verifico volta per volta.
Ci incontriamo, discutiamo, parliamo, verifichiamo.

Se, ad esempio, la invito a uscire con i nostri amici e andare in quel


locale, in quel contesto, che io so di gradire molto, ma che potrebbe non
piacere altrettanto a lei, anzi potrebbe anche crearle un po’ di disagio, posso
vedere se mi viene incontro, se fa tutto il possibile per adeguarsi, perché
sa che a me piacerebbe. Viceversa, si vede se anche io ho la capacità di
rinunciare, qualche volta, alle mie aspettative, se anche io so sacrificarmi per
lei. E cosı̀ via, fino a quando la persona si chiede se l’altro viaggia nel suo
mondo interiore. L’altro è capace di anticipare le mie parole, di verbalizzare,
50 CAPITOLO 3. LEGGI FONDAMENTALI DELL’AMORE

di cogliere, di far emergere quel che si crea in me nel profondo? Questa è la


tenerezza.
Quando in amore le cose non funzionano, quasi sempre è perché a monte
non c’è stato questo cammino di conoscenza reciproca e di verifica. Consi-
deriamo, ad esempio, il caso in cui ci sia stato un matrimonio riparatore a
causa di una gravidanza inaspettata. Questo matrimonio non è frutto di una
decisione maturata, ma piuttosto un evento piombato addosso. Quando si
va a toccare la libertà umana, prima o poi la si paga. Bisogna stare attenti.
Il criterio dice che è meglio un figlio fuori dal matrimonio che un matrimonio
forzato.
Una volta una ragazza era rimasta incinta. Sono andato a parlare con lei
e il suo ragazzo, erano due bambini immaturi! “Ma perché vi sposate?”. I
famigliari facevano una pressione... Io mi sono messo in mezzo dicendo che
non si dovevano affatto sposare. Loro erano preoccupati per le reazioni dei
rispettivi genitori che li volevano vedere sposati. Alla fine, i parenti sono
partiti da casa con l’intenzione di picchiarmi e dicevano: “ti fanno perdere
pure la fede, questi, guarda!”. “Non ti preoccupare che la fede non ce l’hai,
non perdi niente!”. Loro sono venuti ed io mi sono nascosto, ma alla fine non
li ho fatti sposare. Ero riuscito ad acquisire una certa capacità di entrare
nell’animo di questi due ragazzi, gli ho spiegato alcune cose e loro le hanno
capite. Se si fossero sposati, c’era il rischio che dopo due anni si sarebbero
separati. Si sono sposati dopo tre anni, adesso sono una famiglia felice e
contenta. Altre volte, però, capita che in futuro nascano dei dissidi.
Quando c’è qualcosa nel rapporto che non va, essa va prima ad intaccare,
poi a far ammalare, infine a far morire l’amore e il suo linguaggio specialissimo
che è il linguaggio del sesso.
Questo dev’essere espresso in un contesto adeguato, perché diventi vero e
perché assolva al suo compito, che è quello di alimentare l’amore, ma se non
lo si mette nel contesto giusto, non da questi risultati. E se è usato male,
va ad incrinare l’amore, il matrimonio. Se ho faticato tanto per conquistare
una ragazza e poi, una volta conquistata, dico basta e comincio a dedicarmi
all’università, al lavoro, agli hobby, tanto lei è là, il rapporto non funzionerà.
L’amore deve essere alimentato, ci vuole impegno, ci vuole energia, altrimenti
si spegne.
Capitolo 4

La realtà del sesso e la realtà


dell’amore

4.1 Il sesso
Partiamo da una domanda molto spicciola: ma perché il linguaggio del sesso
solo dentro al matrimonio? E se lo facciamo il giorno prima? E se lo facciamo
un mesetto prima? E un anno prima? Eh, facci uno sconto, no?!
Si tende a dire: “che male c’è?”. Questo lo senti ovunque, te lo dice la
ragazzetta di 15 anni, sta sulla bocca di tutti.
Il linguaggio del sesso: prima di tutto bisogna definirne il significato.
Quando il Padre Eterno ci ha creati, ha dato, alle nostre membra, un signi-
ficato. Per esempio, i nostri occhi hanno il significato di vedere, la bocca
quella di parlare e di mangiare, l’orecchio quello di udire. Anche al sesso ha
dato il suo significato. Esso è espressione di piacere, e ha il significato di
amore e di generare vita. Ma l’essenza del significato del linguaggio sessuale
è mutua appartenenza di due persone, quel linguaggio sta a significare che
due persone, in qualche modo, si appartengono, per cui tramite questo lin-
guaggio io ti metto il sigillo di proprietà, tu mi metti il sigillo di proprietà.
Ora questo diventa vero nel matrimonio.
All’università, una volta, sono rimasto molto colpito quando un terapeu-
ta, che ci teneva lezioni, diceva le stesse cose che ora sto dicendo a voi,
pensando che quest’uomo, da come lo sentivo parlare, fosse un anticlericale,
un uomo che non si intendeva di Dio. E allora mi sono detto: “ma guarda,
anche attraverso la via della scienza si riesce ad arrivare alle stesse conclu-

51
52 CAPITOLO 4. LE REALTÀ DEL SESSO E DELL’AMORE

sioni! Un uomo onesto, un uomo che ha esperienza delle cose umane, guarda
dove è arrivato!”. Questo mi ha fatto molto piacere e nello stesso tempo mi
ha sorpreso.
Il rapporto sessuale significa mutua appartenenza di due persone. Dopo
noi, per la nostra intelligenza, sappiamo che ha anche una valenza sociale.
Se un ragazzo e una ragazza si danno un bacio, questo gesto rimane tra
loro due, ma un rapporto sessuale ha implicanza sociale per l’arrivo di una
terza persona, perché quel modo di esprimersi l’amore rimane aperto alla
vita. Di conseguenza, un bambino non può venire a caso, o per frutto di
uno sbaglio, un bambino va desiderato, è una responsabilità, e soprattutto
gli si deve preparare il contesto all’interno del quale si collocherà. Il primo
contesto è che mamma e papà si vogliano bene e che siano una comunità
stabile, emotivamente, psicologicamente ed economicamente stabile.
Ora, qualcuno mi potrebbe dire: “però, Giovanni, oggi ci sono tanti me-
todi. . . ”. È vero che ci sono tanti metodi, però stai anche attento che questo
linguaggio lo devi usare in una condizione in cui l’emotività entra totalmente
e pienamente, e la razionalità si deve ritirare. È allora che diventa gioioso
e quindi alimenta l’amore, ma se c’è la paura di rimanere incinta, ma se c’è
la paura. . . questo ha un’implicanza tale che lo avvelena, non lo fa diventare
gioioso. “Ah, ma non c’è pericolo, perché c’è la pillola!”. Va bene, c’è la
pillola.
Una volta, a Bibo Valentia, i medici hanno organizzato un convegno sulla
pillola, su cui poi è uscito un documento. Sono rimasto terrorizzato, perché
contavano, allora, 54 conseguenze negative, e mi ricordo una frase: “una
bomba atomica nel corpo di una donna”. Oggi si suppone che la scienza, la
ricerca, abbia calibrato meglio tutte le cose. Questo risale a diversi anni fa.
Queste sono considerazioni semplicemente umane, le recepisce anche uno
psicologo. Ma noi sappiamo anche altre cose, noi sappiamo che il nostro corpo
è il tempio di Dio, noi sappiamo che questo tempio deve essere rispettato,
che questo tempio deve essere gestito proprio come un tempio. Quando si
entra in una chiesa, non è come entrare in una fabbrica. Vedremo che san
Paolo, quando fa la lista dei vizi, al primo posto ci mette sempre i disordini in
questo campo, e dice anche delle parole forti: “e nessuno inganni il fratello, in
questo campo, perché c’è un’implicanza del proprio rapporto con Dio”. Tutte
le persone, quando hanno dei disordini a questo livello, subito instaurano
inimicizia con Dio. Tutti quanti, per un intuito profondo, sanno che c’è
qualche cosa che si rompe in quella relazione, la più essenziale che esista, la
più forte, quella con Dio. Il disordine in questo campo crea, quindi, inimicizia
4.1. IL SESSO 53

con Dio.
C’era un uomo, un professore, che da un città del nord portava qui, alla
Porziuncola, dei giovani, perché si era fissato che doveva far conoscere loro
san Francesco. E gli dicevo: “ma tu, che hai tutta questa premura per i
giovani, che tutti gli anni li devi portare in Assisi. . . ma tu!”. “Ah, io sono
ateo”. Passa un anno, due, tre, quattro. Al quinto anno che portava i giovani
in Assisi, ci siamo trovati una sera tardi a parlare e gli ho detto: “ma senti,
adesso parliamo tra di noi guardandoci negli occhi, qui non mi ritornano
i conti! Il tuo essere ateo che cosa significa? Guarda te lo dico io, l’ateo
è sempre una persona che nasconde un delitto. Scopri le carte! Che cosa
nascondi? Scopri le carte! A me non mi abbindoli!”. Ha scoperto le carte,
aveva la relazione con quattro donne. Quello era il delitto che nascondeva. E
mi ha detto: “Giovanni, ma se io mi converto, dopo le devo lasciare!”. L’ha
tirato fuori, però io già lo sapevo, perché non esiste l’ateo.
Il linguaggio del sesso diventa vero dentro alla realtà dell’amore. Tutte le
culture ti dicono che dal sesso si alimenta l’amore. No, è l’esatto contrario,
dall’amore si parla il sesso. Però noi viviamo in una cultura ben precisa.
Tutti i film che vediamo, tutti i fotoromanzi, tutte le storie, tutto quello che
leggiamo, ha come presupposto base sempre questo, che il sesso alimenta
l’amore. Questo concetto ci viene sbattuto sul muso in tutte le salse. Se
qualcuno dovesse, anche in un solo caso, scoprire che questo schema è rotto,
venga a segnalarmelo, perché io andrò a leggere quel libro, andrò a vedere
quel film. Viviamo in una cultura che ci bombarda. Su una rivista, una
volta, avevo trovato un articolo, “I modi di vivere la sessualità”. Presentava
10 modi, sesso come antidepressivo, come fornitore di identità, come stru-
mento di potere, come sfida generazionale, come socializzatore, come oggetto
di scambio, come mezzo di comunicazione, come occasione di transfert. In
senso psicologico e culturale, in realtà, si potrebbero trovare tantissimi altri
significati ancora, ma noi andiamo cercando il pensiero di Dio. Nel pensiero
di Dio, questo linguaggio assume il significato di mutua appartenenza di due
persone.
Secondo libro di Samuele 13, 1-22
La Bibbia non riporta mai un brano giusto per farlo. Talvolta, in certi
film, per renderli più attraenti, si mettono alcune scene un po’ piccanti.
Nella Bibbia non succede. La Bibbia, quando riporta un episodio, rivela una
verità che ha un valore perenne, e su quella realtà comunica il pensiero di
Dio. Questa pagina è proprio relativa al tema che noi stiamo trattando.
Troviamo un uomo innamoratissimo, fino ad avere delle conseguenze fisi-
54 CAPITOLO 4. LE REALTÀ DEL SESSO E DELL’AMORE

che, psicosomatiche, che abbindola una ragazza per soddisfare il suo grande
bisogno d’amore. La ragazza, a dire il vero, gli ha detto: “mettimi sotto la
tenda del matrimonio: chiedimi al re, non mi rifiuterà a te”, in altre parole:
“sposiamoci!”. Però lui è stato molto furbo e, come molte volte i giovani
di oggi, non vuole la responsabilità del matrimonio. Al tempo stesso, però,
vuole soddisfare il suo bisogno e, in qualche modo, con la violenza, si impone.
Avviene un processo psichico che si chiama formazione reattiva, lo si studia
in psicologia. La formazione reattiva è un modo di funzionare dell’io psichico
umano. Amore e odio si trovano molto vicini tra loro, un grande amore po-
trebbe diventare un grande odio e un grande odio potrebbe diventare anche
un grande amore. Questa problematica si studia quando si va a sviscerare la
problematica edipica, il complesso di Edipo, dove ancora ci sono studi e ap-
profondimenti da fare. Insomma, il problema è tale che ci si domanda come
si faccia a diventare psichicamente uomo, psichicamente donna. Sappiamo
anche che alcune persone non lo diventano. In questi casi, che cosa succede?
La problematica edipica, detto un po’ grossolanamente, è la seguente. Un
bambino nasce, è strutturato maschio, ma lo deve diventare anche psichica-
mente. Come accade questo? E poi, perché alcune persone non lo diventano?
Un bambino, quando nasce, è un tutt’uno con la mamma. Dopo, però, tra
i 2 e i 4 anni, è profondamente innamorato della mamma. Qualche volta,
addirittura lo verbalizza, dicendo di volerla sposare. Può accadere anche che
abbia delle fantasie erotiche: “andrei molto volentieri con la mamma, ma c’è
anche quel carabiniere di mio padre. . . , non sia mai! Se lui potesse leggere i
pensieri del mio cervello, viene e me lo taglia!”. Queste sono le fantasie che
successivamente si rimuovono dalla persona, ma, se vai a vedere, rimangono
delle tracce. Si struttura, quindi, nei confronti del padre, un odio violento.
Per la formazione reattiva, questo grande odio, prima o poi, diventa un gran-
de amore, fino a il ragazzo si identifica col padre, e questo processo lo porta
ad essere psichicamente maschio, uomo. Nella donna, il processo è un po’ più
complicato, ma da qui ne deriva che nell’uomo si ha una struttura psichica
sintetica, mentre nella donna si ha una struttura psichica analitica.
In questo episodio, leggiamo di un grande amore. Infatti, non è un amo-
re di poco conto, si tratta di un sentimento fortissimo. Amnon desiderava
fortissimamente il rapporto sessuale con Tamar, convinto che lo avrebbe sod-
disfatto e che quindi avrebbe alimentato l’amore. Il risultato è stato l’esatto
contrario: “cacciala via, sprangale la porta dietro”. Ma prima lei gli aveva
detto che quelle cose non si facevano in Israele. E questo vale per te oggi,
cristiano, perché questo lo fanno i pagani, che non hanno la luce. Quando si
4.1. IL SESSO 55

va a Gerusalemme, nel quartiere degli ebrei, ci sono delle scritte: “Figlia di


Sion, tu non sei come le altre”. Queste cose non si fanno in Israele, perché
tu hai una luce che gli altri non hanno. Però, nella gestione della sessualità,
quasi sempre un ragazzo di parrocchia è tale e quale ad un pagano, perché di
fronte a questa Parola di Dio, di fronte alla quale magari la donzella ha dato
il suo dissenso, egli non risulta in accordo con Dio. La Parola di Dio ti dice
che la struttura psichica umana non l’hai fatta tu, l’ha fatta una mente, e
ti avverte che se vai contro, l’amore finisce. Vediamo se mi riesco a spiegare
meglio.
Una volta, stavamo facendo una missione popolare e ho conosciuto una
famiglia. Erano ambedue pediatri. La signora, ad un certo momento, mi di-
ce: “padre, immagini che cosa è successo, mio marito mi ha portato l’amante
in casa davanti ai miei tre figli”, ed era veramente sbalordita!. Partecipavo
della sofferenza, di tutto lo sconvolgimento che si era creato. La mamma,
tra l’altro, l’aveva percepito anche nei figli. Lui aveva portato a casa la sua
segretaria, presentandola come la sua amante. Io partecipavo ma, andan-
do avanti e provando a fare un po’ di analisi, dissi: “signora, come è stato
il vostro fidanzamento? Come andavano le cose?”. Loro venivano da una
parrocchia in cui erano impegnati entrambi. Era dopo il 1968. I due era-
no considerati la coppia d’avanguardia, la coppia che tutti ammiravano, la
coppia moderna, perché avevano i rapporti sessuali, dicendolo apertamente.
Poi si lamentavano perché la chiesa era un po’ matusa, “i preti sono un po’
antiquati, ma quando si aggiorna la chiesa? Possibile che un Papa non fac-
cia. . . , oggi i rapporti sessuali sono una cosa normale!”. Dato che le stesse
cose io le ho vissute all’interno dell’università, riuscivo ad anticipare tutto
quello che diceva la signora. I due si erano rivestiti di enorme ammirazione
da parte degli altri. Erano coppia all’avanguardia, gente che aveva studiato,
e via di seguito. Ad un certo momento ho detto: “signora, chi semina vento
raccoglie tempesta!”, la raccoglie dopo 15 anni, certo. “Prima hai voluto
avere ragione, no? E oggi hai torto, perché tu, che sei donna hai il compito
di umanizzare e verginizzare un uomo, e tu non lo hai verginizzato. Ma se
non verginizzi l’uomo della tua vita, sei condannata a condividerlo con altra
persona. Se lo vuoi tutto e lo vuoi per sempre, lo devi verginizzare. ”Cara
signora, la chiesa ha torto oggi, per aver ragione domani. È il destino del
cristiano. Vuoi aver ragione oggi? Sta pur certa che la vita, prima o poi,
ti presenta il conto¡‘. A questa signora l’aveva presentato, dopo 15 anni di
matrimonio.
Siamo nell’ambito di una realtà umana complessa, ma certamente, se Dio
56 CAPITOLO 4. LE REALTÀ DEL SESSO E DELL’AMORE

ti dice alcune cose, avrà i suoi motivi. E tu, prima di andare contro anche
solo a una delle cose che dice Dio, pensaci bene, perché Lui ha ragione e tu
torto. E ricorda che Dio, come Dio persona, perdona sempre, ma sono le leggi
fisiche, psichiche e morali che non perdonano, perché l’amore non cresce.
Una volta incontrai una ragazzetta stava nel refettorio e piangeva. Io mi
avvicinai e le dissi: ”che succede¿‘. Le era morto il papà 10 giorni prima
e piangeva tanto, l’ho accarezzata e siamo diventati molto amici. Poi, l’ho
invitata ai corsi. Lei è venuta, ma la sua strada era il matrimonio, cosı̀ ha
fatto il corso che state facendo voi. Era una ragazza con una capacità di
corteggiamento unica, ci sapeva davvero fare. Era simpaticissima. Una vol-
ta, aveva individuato un ragazzo, che era di Firenze, ma diceva che voleva il
biberon e l’ha fatto smammare, come anche un altro che voleva che le facesse
da mamma. Cosı̀, aveva fatto varie esperienze, e alla lunga si stava un po’
smorzando, ma io l’ho incoraggiata a non temere, ché il Cantico dei Cantici
dice ”. . . dopo aver attraversato le guardie della città, incontrai l’amato del-
l’anima mia“, e significa che, dopo le difficoltà della vita, arriva. Una sera,
era andata ad una festa ed aveva incontrato un ragazzo bellissimo. Allora
l’ho attizzata molto: ”dai, dagli sotto, forza¡‘. E lei ci sapeva fare in una
maniera! E l’ha conquistato. ”Beh! Penso io a ringraziare Dio, perché tu
ora non hai molto tempo¡‘. E di tanto in tanto mi informava. Parlando con
me, una volta, mi diceva che questo ragazzo le diceva di volerle bene, ma
non di amarla. ”Che cosa significa¿‘. ”Non gli nascono i sentimenti“. La
ragazza cominciava ad essere preoccupata. Le dicevo: ”Ma tu vesti bene¡‘.
”A me vieni a dire queste cose?¡‘. Io già ipotizzavo nel mio cervello, però non
conoscendo le persone. . . anche per non dare un giudizio. Una volta, le ho
detto di venire insieme con lui che avremmo parlato: ”ah no, Giovanni, lui
non viene perché è un anticlericale, non va mai in chiesa, lui è arrabbiato con
Dio, siamo amici, ma non gli dico niente, no, no, lui non viene“. Parlando,
poi, è venuto fuori che lui era molto sensibile all’arte. Ho preso la palla al
balzo: ”qui in Assisi ci sono chilometri di arte, gli affreschi di Giotto, se li
metti uno dopo l’altro, non so quanti chilometri fanno. Dato che questa era
una ragazza molto intelligente e sveglia (ci si intendeva in una maniera!), ci
siamo messi d’accordo: “voi venite, andate su, visitate Assisi, poi, ad una
certa ora, gli dirai: ’beh, ora andiamo a prendere la superstrada a Santa Ma-
ria degli Angeli, e anche lı̀ c’è un po’ di arte’, e mi dai un colpo di telefono”.
Nel momento indicato io aspettavo la telefonata. E verso l’una mi arriva:
“Giovanni, tra un’oretta ci troviamo giù”. Dove facevo i colloqui, c’era sem-
pre una fila di gente, ma quel giorno ho fatto smammare tutti e sono stato
4.1. IL SESSO 57

ad aspettare. Sono venuti, hanno fatto un giro, poi è passata davanti alla
mia porta, ha visto la luce e ha detto: “mi sa che qui c’è il mio amico Gio-
vanni, perché vedo la luce!”. Entra e iniziamo a farci saluti calorosi: “ciao,
come stai?”. Intanto il fidanzato non era entrato. Abbiamo fatto un po’ di
festa: “mi hai detto che hai trovato un ragazzo bellissimo, ma non me lo
fai conoscere?” “Sı̀!”. Iniziano i saluti: “entrate, sedetevi!”. “Ma veramente
siamo un po’ di fretta!”. “Ma non preoccupatevi, solo un minuto!”. Ci siamo
seduti, abbiamo iniziato a parlare del più e del meno, di Giotto e Cimabue,
dell’arte. Insomma, preso l’argomento che gli interessava, mi sono addentra-
to nel discorso. Ad un certo momento, la ragazza aveva iniziato a parlare,
portando il discorso dove le interessava: “Giovanni, va tutto bene, passiamo
delle belle giornate, eccetera, però lui dice che non ha i sentimenti. . . ”. “Per-
bacco, non ha i sentimenti! Ma come, non hai i sentimenti? Ma una ragazza
cosı̀ bella? Non ti piace?”. “No, su questo non ho niente da dire, però non
ho i sentimenti”. “Ma guarda! Ma come! Come mai? Ma Gabriella, tu non
sei premurosa?”. “Sı̀, sı̀, però non ha i sentimenti!”. Dato che avevo fretta,
perché avevo paura che se ne andassero, ho fatto una cosa che non si deve
fare. Tutto a un tratto, mi sono fatto serio, l’ho guardato negli occhi: “non
hai i sentimenti? O ti masturbi o vai con altre donne. Smettila!”, è violenza,
capite?! Non si deve fare, anche perché lo conoscevo da poco, ma
quella era l’occasione che mi era capitata e non me ne sarebbe capitata
un’altra! Il ragazzo, poverino, si è fatto tutto rosso rosso. Malfatto, ma
benvenuto, perché in futuro deve essere successo qualcosa: lui si deve essere
recuperato sessualmente ed è nato l’amore che prima non c’era, si sono sposati
ed hanno già un bambino.
Tutto questo per dire che queste energie hanno lo scopo di trasformarsi,
devono diventare amore. Questo è lo scopo ed è questo che tu non sai con
il tuo cervello, ma te lo dice Dio. Se vuoi, perché il Signore, in fondo in
fondo, mi chiede di essere casto? Lo so perfettamente, perché questa è la
condizione per cui quelle energie diventino grande disponibilità di amore.
Questo lo puoi sperimentare. E nel matrimonio è la stessa cosa. Per cui,
tu donzella, hai il compito di verginizzare un uomo, perché l’uomo, dentro
al cervello, ha un dischetto incantato che dice: “sesso. . . sesso. . . sesso. . . ”.
E per soddisfare questo bisogno, l’uomo fa i salti mortali. Poi, quando di
fronte a questo bisogno di fondo c’è tutta una cultura intorno che applaude,
concludi che non può che essere cosı̀. Ma tu non dare retta al tuo cervello,
non dare retta agli altri, dai retta a Dio. Questo episodio della Bibbia te lo
dice chiaramente. Sapete come è finita quella storia? Quando facevano la
58 CAPITOLO 4. LE REALTÀ DEL SESSO E DELL’AMORE

tosatura delle pecore, tutti i figli del Re si ritrovavano per una festa comune.
I servi di Assalonne, fratello di Tamar, hanno aggredito Amnon e l’hanno
ucciso. Questo perché il comportamento di Amnon ha anche conseguenze
sociali importanti. Se si esamina il testo, la ragazza ha espresso chiaramente
la sua posizione: “sposiamoci! Dillo al Re e ci sposiamo!”. Ha capito che quel
che voleva fare il fratello era possibile solo all’interno del matrimonio, perché
“queste cose non si fanno in Israele”, diversamente sarebbe diventata oggetto
di obbrobrio. La ragazza pensa: “dove vado a portare il mio disonore?”.
L’averla scacciata è ancora peggio della violenza che gli aveva fatto! Ci sono
molti elementi interessanti in questo brano. David, il padre, ha sentito parlare
di questo episodio, però non è intervenuto, perché amava Amnon. David,
cioè, ha consumato l’essenza del peccato dell’uomo, del maschio. L’essenza
del peccato della donna è di vestirsi da crocerossina, da salvatrice, cioè la
donna si fa Dio, salvatrice, mentre l’essenza del peccato dell’uomo è di non
intervenire. L’uomo era stato costituito capo della creazione, per cui quando
Eva ha fatto il disordine, lui avrebbe dovuto ricostituire l’ordine. Non l’ha
fatto, si è lasciato trascinare. Se si vanno ad analizzare tutti i mali di una
figlia o di un figlio, all’interno di una dinamica familiare, ci si trova sempre
un padre che non interviene, smidollato, senza palle. Ecco perché si dice una
“società senza padre”.
Concludendo, il linguaggio del sesso è molto delicato da usare, per le dif-
ferenze tra la struttura fisica e psichica della donna e quella dell’uomo. In
breve, bisogna sapere che, come dice Freud nei suoi tre saggi sulla sessualità,
il bambino prova in primis il piacere nella bocca, attraverso il mangiare, poi
passa all’ano e infine nei genitali. Nel maschio, se tutte le cose procedono
bene, questi sono i passaggi. Nella donna, invece, la libido, il piacere, rimane
diffusa nella corporeità. Quasi tutto il corpo della donna ha valenza libidica.
Prova piacere nel collo, nel seno - un uomo dovrebbe sapere che la stimo-
lazione del seno in una donna ha valenza libidica tanto quanto i genitali- -
nei fianchi, nella spina dorsale, nelle natiche, nella parte interna delle cosce,
nel pube, che è ha valore libidico altissimo. Nell’uomo, invece, non è cosı̀,
il piacere è tutto concentrato nei genitali, perché sono esterni, mentre nella
donna sono interni.
Una donna prima di tutto vuole un contesto di grande sentimento e grande
amore, poi dopo, per parlare questo linguaggio, un uomo, che veramente
ha sviluppato la tenerezza, cioè è arrivato a capire il funzionamento della
persona, dallo stato di riposo via via deve introdurre la donna alla totalità
della sua corporeità, per cui ci vuole un contesto particolare, ci vuole tempo e
4.1. IL SESSO 59

ci vuole spazio, ci vuole soprattutto che l’uomo sappia contenersi, cioè sia un
uomo che ha lavorato l’affettività, la sessualità. Ad un uomo puoi chiedergli
tranquillamente di prendere il Subasio e di girarlo dall’altra parte che lui lo fa,
ma se tu gli chiedi di essere casto . . . , insomma al maschietto puoi chiedergli
tutto ma non di contenersi su quell’aspetto lı̀, perché gli chiederesti delle cose
difficilissime. Soltanto un uomo maturo, un uomo verginizzato, un uomo
veramente responsabile, un uomo tenero e maturo secondo quei criteri che
noi dicevamo, approcciando e avvicinando una donna ama voler bene, volere
il bene dell’altra persona, allora lui sa che la deve coinvolgere in tutto, prima
di tutto affettivamente (stai attento che questa è una cosa imprescindibile; la
donna nel rapporto con un uomo, fuori da un contesto affettivo, non regge,
a meno che non si tratti di una donna alienata, alla deriva. Quindi vuole un
grande contesto di amore e di affetto, poi vuole il coinvolgimento di tutta
la corporeità fino al punto in cui, via via, arriva al rapporto sessuale, ad un
apice di piacere, e una volta pervenuta all’apice di piacere bisogna ancora
stare vicino con parole dolci, carezze, ecc. fino al punto in cui ritorna lo
stato di riposo.
Nell’uomo, il maschio, il meccanismo è totalmente diverso: anche l’uomo,
se non è un alienato, vuole un contesto di amore e di affetto. Però il ma-
schietto va anche con la prostituta di cui non conosce nemmeno il nome, e ci
va per uno sfogo puramente animalesco, però lui può anche aver litigato con
la moglie e la sera le chiede tranquillamente un rapporto sessuale; questo per
una donna è inconcepibile e lo percepisce come una grande violenza. Però
in lui il meccanismo è tale che, dallo stato di riposo, non gli serve niente per
arrivare a un picco di piacere per poi ritornare allo stato di riposo. Quindi i
meccanismi sono molto diversificati: se questo tu non lo sai, se vai allo stato
brado, una donna, di per sé generosa, può starci per farti piacere una volta,
due, tre, un mese, cinque mesi, ma poi, dopo, il mondo psichico si ribella.
Ma si ribella anche il mondo fisico: il vaginismo e certi disturbi, la percezio-
ne di una terribile violenza. . . Una volta dicevo queste cose in Puglia, in una
cittadina, ed è venuta una signora dicendomi: “Padre, è successo a me pro-
prio come ha descritto: i primi due mesi sono stati per me un inferno! Poi,
dopo, un giorno ho preso il coraggio a due mani, ho preso mio marito e gli
ho spiegato tutto: ”Cosı̀ non si fa¡‘. Padre, mio marito è stato buonissimo,
e da allora noi abbiamo potuto costruire 50 anni di matrimonio con i figli.
Fosse stato solo per i primi due mesi, io me ne sarei ritornata a casa”.
Io ascolto queste cose soprattutto dalle famiglie; una volta ho fatto una
domanda: “Ma come? C’è tanta aspettativa per questa prima volta, per
60 CAPITOLO 4. LE REALTÀ DEL SESSO E DELL’AMORE

questa prima notte, che quando si sono sposati non ne parlano più con entu-
siasmo”, e allora mi hanno spiegato che per parlare questo linguaggio ognuno
deve trovare una sua armonia, alcuni la trovano entro uno spazio di tempo,
altri, come mi ha detto un uomo, l’hanno raggiunta dopo 8 mesi. Questo
rimane il sacrario, il mistero che tu donna mai dirai a qualche tua amica
quello che succede nell’intimità tra te e tuo marito, e tu marito mai farai
minimamente riferimento a questo per banalizzare o per quel ridere sciocco
e sottosviluppato, di persona che non ha altre risorse che il sesso per ridere
(questa è proprio la targhetta di sottosviluppato). Allora tu non farai mai
battute nei confronti della donna della tua vita, perché questo rimane il tuo
sacrario; questo è il primo elemento di scricchiolamento di una intimità, per-
ché è una cosa delicatissima. Le coppie si trovano la loro armonia, il loro
cammino che è il loro. Io, questo, l’ho sentito dalle persone sposate, persone
serie che noi avevamo chiamato per parlare a centinaia di giovani, di ragazzi,
di coppie ecc., persone responsabili.
Se, ad un certo momento, le cose vanno cosı̀, tu fai una violenza; per
parlare questo linguaggio ci vuole il suo contesto, deve diventare vero. Se
viene parlato cosı̀, diventa un linguaggio gioiosissimo, è un linguaggio vera-
mente unificante; quando una donna l’hai fatta godere a questo livello, sta’
pur certo che si farà in quattro, sarà una donna che spaccherà il mondo pur
di venire incontro alle aspettative, alle esigenze, per far piacere al marito
sotto tanti altri aspetti nella vita. Ma molte volte quando avvengono le in-
crinature, quando avvengono i dissidi, tu vedi che molte è proprio qui (nella
sfera sessuale) che non funziona, perché è qui che la persona è abbandonata
all’istinto cosı̀ come viene: ecco perché non bisogna mai valicare la soglia
dell’amore che la persona non sia in qualche modo iniziata.
E del triangolo abbiamo esaminato soltanto un angolo: il sesso.

4.2 L’amore
Su questo argomento i libri sono infiniti, ma noi cercheremo di vedere come
ce lo presenta Dio.
Dobbiamo innanzitutto tenere presente una cosa: l’amore tra due persone
nasce da una terza entità invisibile, che gli psicologi chiamano “relazione”
ed un credente chiama “Spirito Santo”. Siamo stati creati a immagine e
somiglianza di Dio e funzioniamo proprio come funziona Dio, dove c’è Padre,
Figlio e Spirito Santo. L’amore è perciò una realtà che ha una sorgente
4.2. L’AMORE 61

invisibile (hai mai osservato una raffigurazione dello Spirito Santo?). Per
strutturare l’amore, dobbiamo innanzitutto capire dove è la sorgente: è dalla
relazione che fluisce l’amore a lui e a lei. Se voglio voler bene ad una ragazza,
la mia prima preoccupazione deve essere quella di creare tra me e lei una
buona relazione. Io sono un frate e la mia relazione esclude ogni forma di
desiderio e di possesso nei suoi confronti; per cui io opero ma so bene che il
volerla possedere come in un rapporto sponsale non è nella logica. L’amore
di un frate, a differenza di uno che si sposa, è semplicissimo, con una sola
differenza: non c’è l’esercizio genitale. Devo quindi curare questa terza entità
invisibile: devo rendere disponibili per lei i miei sentimenti, il rispetto, la
gentilezza, la cortesia, il desiderio di conoscerla perché l’amore si nutre di
conoscenza, di fronte a lei il mio parlare deve essere “sı̀, sı̀ - no, no” perché il
di più viene dal maligno. Non posso relazionarmi con lei con una maschera
perché le faccio del male, devo avere il coraggio della verità.
Spesso a noi frati capita di incontrare persone che pongono dei problemi:
“Mio marito mi tradisce, e in me si è scatenato un odio e una vendetta
che io non riesco a sostenere e a reprimere”. Solitamente le persone che
si interpellano cercano di dare sempre dei consigli. Il coraggio della verità
esige invece che io, che posseggo altre qualità che non ha lo psicologo, inizi
a operare sulle soluzioni tentate: “Cosa ti ha detto tizio? Che risultato hai
avuto?”, “Nessuno!”. Oppure: “Ho fatto un aborto. Mi hanno detto questo
e quest’altro, però i sensi di colpa mi logorano!”. La prima cosa che bisogna
fare di fronte ad una persona che, ad esempio, è animata da un odio violento,
è fare la verità. Fare capire alla persona, invece di suggerire e di dare tante
ricette, che da questa situazione, umanamente e con le sole sue forze non può
venirne fuori.
“Sono pazzamente innamorata di un uomo sbagliato”. Le puoi dare tanti
suggerimenti, farle capire quanto è illogico, che non può funzionare e dirle
tutte le parole di questo mondo, però la persona non cambia. Cosı̀, ad una
persona drogata puoi fare tutte le prediche di questo mondo, ma lui è arrivato
al limite e sta con le spalle al muro. La verità è una sola, è una persona, è
Gesù Cristo. A quella persona devi dire: “Tu sei arrivato al limite umano,
tu non puoi salvarti con le sole tue forze!”. Se la persona ci crede, chiede
aiuto a Dio e ne viene fuori. È necessario, quindi, curare questa terza entità
invisibile, perché l’amore nasce da lı̀.
In Gal 5, 13-26 S. Paolo descrive quelli che sono i frutti dello Spirito e
le opere della carne: “Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non
sarete portati a soddisfare i desideri della carne. La carne, infatti, ha desideri
62 CAPITOLO 4. LE REALTÀ DEL SESSO E DELL’AMORE

contrari allo Spirito, e lo Spirito ha desideri contrari alla carne. Queste cose
si oppongono a vicenda sicché voi non fate quello che vorreste, ma se vi
lasciate guidare dallo Spirito non siete più sotto la legge, del resto le opere
della carne sono ben note: fornicazioni, impurità, libertinaggio, idolatria,
stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie,
ubriachezze, orge e cose del genere. Circa queste cose vi do preavviso, come
già detto, che chiunque le compie non erediterà il Regno di Dio. Il frutto dello
Spirito, invece, è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà,
mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è legge. Ora, quelli che sono
di Cristo Gesù, hanno crocifisso la loro carne con le sue passioni e i suoi
desideri. Se, pertanto, viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo
Spirito. Non cerchiamo la vanagloria provocandoci e invidiandoci gli uni gli
altri”.
S. Paolo dice che nella relazione, questa terza entità, è necessario mettervi
i frutti dello Spirito (e li enumera; amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza,
bontà, mitezza, dominio di sé). Lo Spirito non lo vedi se non nei frutti, negli
effetti, in quello che produce.
C’è un’immagine, nella Bibbia, che in vista del prossimo anno, l’anno del
Giubileo, vi può essere preziosissima. È descritta nel brano di Ez 47, 1-12.
L’acqua, nella Bibbia, è sempre collegabile allo Spirito Santo. Lo Spirito
Santo in una persona, in me, viene quando acquisisco il pensiero di Cristo e
l’agire che Lui mi suggerisce (lo Spirito Santo non viene dietro alle “ideucce”
da quattro soldi, non viene se io, ad un determinato problema, do la soluzione
frutto del mio cervello, ma viene se acquisisco il pensiero di Cristo cercando
di comportarmi in quel modo), e nella misura in cui acquisisco il pensiero
di Cristo lo Spirito Santo viene e mi permette di fare le cose umanamente
impossibili.
Lo Spirito Santo è paragonabile al sangue, che porta benessere a tutto
il tuo essere. La parola di Gesù Cristo la puoi immaginare come le vene e
le arterie che creano il circuito in tutto il tuo corpo, dal cervello fino alla
punta dei piedi. Gesù Cristo è venuto, quindi, a preparare la venuta dello
Spirito Santo in mezzo agli uomini. Lo Spirito Santo ti fa vivere pienamente
da uomo, ti trasforma in Dio. Vi ricordate quando Gesù ha detto: “È bene
che io me ne vada, altrimenti non viene a voi lo Spirito”? Tutto lo scopo
dell’agire di Dio e Gesù Cristo era di far arrivare lo Spirito Santo, perché
quando arriverà vi ricorderà tutto quello che vi ho detto facendovelo capire
in profondità, vi trasformerà da uomini impauriti a uomini pieni di forza.
Quando viene lo Spirito? Lo Spirito viene, e tu lo vedi dai suoi effetti,
4.2. L’AMORE 63

quando, come cita Ezechiele, fluisce l’acqua. I suoi effetti sono amore, fedeltà,
pazienza, dominio di sé. Se fluisce lo Spirito, queste persone vengono irradiate
di tanto amore e le difficoltà che nascono tra moglie e marito si superano
perché c’è la forza dello Spirito, si superano il modo di vedere diverso, i
propri limiti, facendo l’esperienza della carità (1 Cor, 13).
Dove non c’è lo Spirito, una piccola difficoltà diventa una montagna,
uno screzio diventa una frattura, perché con le tue sole forze umane dove
vuoi andare? Cosa vuoi fare? Essendo una creatura peccatrice incapace di
amare, senza Spirito Santo non sarai fedele a tua moglie, non sarai casto,
non riuscirai ad amare quella donna e neppure i tuoi figli.
Lo Spirito Santo viene comunque, mandato da Dio Padre di tutti, e se
hai il pensiero di Cristo, lo Spirito Santo ti “affoga” nell’amore.
Se invece la tua relazione è occupata dalle opere della carne (tutte le volte
che san Paolo inizia la lista dei vizi, mette sempre al primo posto tre riferi-
menti all’aspetto affettivo-sessuale), si tratta di ricominciare da una nuova
“piattaforma”. In un’altra lettera (Col 3, 5-17), San Paolo dice: “Mortificate,
dunque, quella parte di voi che appartiene alla terra, fornicazioni, impurità,
passioni, desideri cattivi, quell’avarizia insaziabile, . . . ”.
E in 1 Cor 6, 12-20 dice: “Tutto mi è lecito, ma non tutto giova, tutto
mi è lecito, ma io non mi lascerò dominare dal nulla. Non sapete che i vostri
corpi sono membra di Cristo, prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò
membra di una prostituta? Non sia mai! Non sapete voi che chi si unisce con
la prostituta forma con essa un corpo solo (i due, è detto, saranno un corpo
solo). Ma chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. Fuggite la
fornicazione”.
Infine, citando 1 Ts 4, 1-8: “Per il resto, fratelli, vi preghiamo e suppli-
chiamo nel Signore Gesù Cristo, che avete appreso da noi come comportarvi
in maniera da piacere a Dio, cosı̀ come già vi comportate, cercate di agire
sempre cosı̀ da distinguervi ancora di più. Voi conoscete, infatti, quali norme
vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù, perché questa è la volontà di
Dio, la vostra santificazione; che vi asteniate dalla impudicizia, e che cia-
scuno sappia mantenere il proprio corpo con santità e rispetto, non come
oggetto di passione e di libidine (come i pagani che non conoscono Dio). Che
nessuno offenda o inganni in questa materia il proprio fratello, perché il Si-
gnore è. . . di tutte queste cose, come già vi abbiamo detto e attestato. Dio
non ci ha chiamati alle impurità ma alla santificazione, perciò chi disprezza
queste norme non disprezza un uomo, ma Dio stesso che vi dona il suo Santo
Spirito”.
64 CAPITOLO 4. LE REALTÀ DEL SESSO E DELL’AMORE

Tutto questo vale anche per lo psicologo. Se vuole studiare un problema


di coppia, dovrà concentrarsi sulla relazione, non limitandosi ad ascoltare
solo lei o solo lui.
Una volta venne da me una coppia di Assisi. Mai le mie orecchie avevano
sentito tanto astio, tanto odio. Individuai nel loro rapporto otto “nuclei di
morte”, quando spesso può bastarne uno a soffocarlo. Li invitai a trovare del
tempo per frequentare il corso e quando li rividi dopo tre mesi lei diceva: “è
inutile che gli avvocati mi vengano a dire, io quest’uomo l’ho sposato, ne sono
responsabile di fronte a Dio, non ne voglio sapere di. . . ”. E io la guardavo.
È proprio lei?
Quando il rapporto non funziona non è tutta colpa della moglie o del
marito. È necessario curare la terza entità invisibile. Se in questa terza
entità ci metti Dio, la preghiera e lo Spirito Santo vedrai miracoli.
Conosco una coppia di Napoli. Lei era una ragazza abbastanza ben strut-
turata psichicamente, ma lui era di una fragilità incredibile. E la ragazza si
chiedeva, dubbiosa, che futuro le riservasse un uomo di cosı̀ scarsa consisten-
za. Cosı̀ diedi a lui un estratto del commento al Vangelo di Marco di Silvano
Fausti. Dopo averlo letto ha comprato l’intero volume e, pur senza pregarlo e
semplicemente leggendolo, dopo tre mesi non lo riconoscevo più. Era diven-
tato forte, lucido, creativo, intelligente, deciso. Si sono sposati dopo un anno
e lui è stato anche capace di gestire i difficilissimi rapporti con le famiglie.
Non si possono nemmeno immaginare l’amore tra di loro, la creatività nella
gestione del matrimonio e la vita alternativa che stanno conducendo adesso.
Questi sono i miracoli che fa Dio.
E quando la persona cara ti si costituisce nemico, quando è il prossimo
che ti inciampa, il partner, che si fa? Quando il prossimo tuo, l’uomo che hai
sposato, la donna che hai sposato, ti si costituisce nemico che devi fare?
Ricordati innanzitutto che la situazione umana più disperata, la morte, è
stata vinta. Allora saprai che se ti muore il padre Dio ti si costituisce padre
e se ti muore la mamma Dio ti si costituisce mamma, perché il padre terreno
e la madre terrena sono soltanto un gradino per portarti alla vera paternità
e maternità che è in Dio. Se ti muore lo sposo Dio si costituisce tuo sposo e
se ti muore la moglie Dio si costituisce tua moglie. E questo lo devi sapere.
Ecco quindi la scaletta da “imparare a memoria” di ciò che è bene fare:

1. Devi pregare per il nemico. Se vuoi imbavagliare una persona che


vuol farti del male, prega per lui. Io alla mattina appena mi sveglio
mi chiedo quali sono le persone con cui ho più difficoltà, e per quelle
4.2. L’AMORE 65

prego, quelle raccomando a Dio. Perché Dio non ha nemici, Dio ama
tutti. Dio è padre di tutti, buoni e cattivi. Allora tu subito ti sintonizzi
con Dio, anzi Dio, più una persona è bisognosa e peccatore, più investe
amore per quella persona. Questo comportamento è specifico cristiano,
non si trova in nessun libro e non è prodotto dal cervello umano. È
rivelazione.

2. Devi portare il peso. Non devi pretendere che le cose siano magiche.
Una certa immaturità umana psichica e spirituale, fa percepire Dio
come una magia. Uno scrocchio di dita ed è fatta. Non è cosı̀.

3. Se hai da fare una cortesia falla prima di tutto a quella persona li che ti
fa del male. Il 99% delle situazioni difficili trovano soluzione in questo.
Perché quando una persona che ti ha fatto del male vede che non rimani
toccato, anzi che hai ancora le risorse di amore, sicuramente ne sarà
toccata.

4. Parlate tu e lei, da soli, senza coinvolgere altri.

5. Se le cose ancora non vanno, ci vuole la supervisione di una terza perso-


na. Allora si prende una persona che non sia implicata nella dinamica,
e gli si dice “tra noi le cose vanno cosı̀ e cosı̀, tu che ne pensi, tu che
ne dici?”.

6. Se le cose continuano a non andare, dillo all’autorità. Nella Bibbia c’è


scritto alla Chiesa. All’autorità.

7. Se le cose ancora non funzionano, distingui e fai chiarezza sui compor-


tamenti. “Lei mi tradisce, anch’io la tradisco”. No!

8. Dove non puoi arrivare tu, pervenga la tua preghiera. Quando studie-
rete teologia, gli esperti vi diranno che il modo di ragionare biblico è ad
inclusione, a cerchio, parte con la preghiera e finisce con la preghiera.

Tenendo sempre presente questa scaletta nella tua vita, in qualunque


situazione tu possa capitare, non naufragherai.
Una volta, tanti anni fa, a Milano ho conosciuto un clan familiare molto
numeroso, erano circa duecento persone, e molto cattolico. Una famiglia di
questo clan aveva cinque figli, e viveva una situazione molto drammatica. Il
marito se ne andava spesso, beveva, conviveva con una donna. Io conoscevo i
66 CAPITOLO 4. LE REALTÀ DEL SESSO E DELL’AMORE

figli di questa signora, in particolare c’era una ragazzo di diciassette-diciotto


anni che aveva un taglio speciale e che io desideravo frate. La donna, rimase
incinta e siccome aveva già cinque figli, era in età avanzata e il marito era
in quello stato, tutti, molto cattolici, gli consigliavano di abortire. Allora
mi ha chiamato e mi ha detto: “io lo so bene quel che devo fare, possono
dire tutto quello che gli pare”. Ha portato avanti la gravidanza, ne è nata
una bellissima bambina. Poi, dopo circa otto anni, il marito ha un incidente
stradale e rimane paralizzato. L’amante subito lo abbandona; la moglie lo
va a prendere, lo riporta a casa e lo accudisce con grande tranquillità, come
fosse la cosa più normale di questo mondo, fino alla morte avvenuta dopo
qualche mese.
In questa storia si trovano tutti gli elementi di cui abbiamo parlato. Quan-
do c’è almeno un lato del triangolo che regge la tenda, l’altra parte la fa Dio.
Quando si acquista questa sapienza, la vita ti si può presentare in tutta la
sua drammaticità, ma si vive, perché Dio c’è, basta che lo chiami.
Un po’ di anni fa un frate della mia stessa età, con cui ho condiviso gli
studi e tantissime esperienze, uniti da una profonda amicizia, ovunque mi
incontra inizia a dirmi parolacce, mi offende. Mi faccio un piccolo esame e
mi chiedo: “Ma che cosa ho fatto? Niente”. Però, fratelli, il mondo non vive
di ragioni, il mondo vive di amore. Il cimitero è pieno di gente che all’incrocio
aveva ragione. Quando sei morto che ci fai con la ragione? Non servono, Dio
non da indicazioni in ordine alla ragione, da indicazioni in ordine all’amore.
E noi siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio. Forti come è forte Dio,
teneri come è tenero Dio.
Per verificare se la mia relazione con un’altra persona è sana, io ho un
criterio. Il mio rapporto dev’essere un rapporto sinusoidale. Ci sarà una
situazione in cui dovrò essere forte e una situazione in cui dovrò essere tenero.
La relazione allora è sana, benefica me e benefica l’altra persona. Se invece
sono sempre remissivo o sempre aggressivo, la situazione è patologica.
Quando la relazione si sviluppa cosı̀, tra giusti momenti di forza e giusti
momenti di tenerezza allora è sana. Alle mie richieste c’è stato un momento
in cui sei stata complementare, mi sei venuta incontro, c’è stato un altro
momento in cui mi fai resistenza, allora tu veramente mi ami. E io ti amo.
Quindi, nella relazione con il mio confratello, sapevo che un giorno avrei
dovuto affrontarlo. E la grazia di Dio mi è venuta incontro.
L’aggressività viene dalle frustrazioni, se ho una situazione di frustrazione
o di delusione questa produce aggressività, produce depressione, produce
compensazioni di vario tipo di cibo, produce masturbazione e tante altre
4.2. L’AMORE 67

cose. Sapevo dunque che doveva esserci una situazione di frustrazione ma


non sapevo bene da cosa fosse procurata. E, dunque, sotto l’azione della
grazia gli chiesi “Ma io in che cosa ti ho fatto male?”. E lui, anche lui
toccato dalla grazia, mi ha detto che un mattino, quando eravamo in sacrestia
per concelebrare, mentre metteva il camice io mi sono avvicinato e in quel
contesto devo aver detto, mi ha detto lui ma io minimamente mi ricordo,
“non sai neanche vestirti”. Per me dire cosı̀ è un modo di dire, ma per lui ha
avuto il significato di una totale squalifica della sua vita. E allora ho detto:
“certo, è una cosa grave e capisco anche perché tu hai messo in atto tutta
questa aggressività. Comunque oggi guardandoti negli occhi ti devo dire che
ho avuto sempre stima di te per me non c’è stato mai un momento di crollo”.
E qual è stato il risultato finale? è stato che l’amicizia si è rinsaldata ed è
diventata più forte. Non mi avesse fatto la grazia Dio, immaginate che cosa
sarebbe diventata la nostra relazione!
Vi racconto ancora quest’altro episodio. Un frate molto anziano, di 82
anni, fu messo proprio nella stanza accanto alla mia. Questo qui, essendo
vecchio ed essendo anche sordo, quando arrivava la mattina verso le quattro,
cominciava a muovere le sedie, apriva il rubinetto, faceva un baccano e capite
mi svegliava. Allora sono andato la e gli ho detto “Padre, ma non potrebbe
fare un po’ più piano, per favore?”. Però il giorno seguente era lo stesso,
perché lui era sordo e non sentiva tutti i rumori che faceva. Di fronte a
questo fatto non potevo permettermi però di cominciare ad alimentare e
albergare dentro di me sentimenti di rivalsa, di stizza, di rabbia. Perché
se io alimento la stizza e la rabbia, quando ti parlo, le mie parole vengono
imbevute da questi sentimenti che ho dentro e tu lo senti, ti fa male. Portare
il peso e privilegiare la cortesia. Ovunque era possibile lo facevo. Alla fine,
quantunque io mi fossi alquanto adattato alla situazione, il disagio lo avevo
provato sulla mia pelle.
Una volta, una persona mi ha detto “Giovanni, ma tu chi ami?”. Nel mio
spazio tra tante persone, tra tante amicizie, questo era l’uomo che amavo di
più. Mi sono trovato ad amare di più l’uomo che più mi aveva fatto disperare.
Senza esagerare, disperare è eccessivo ma certo del disagio me lo aveva dato.
Poi la grazia di Dio mi è venuta incontro.
Ricordatevi bene di tutte le cose che abbiamo detto, che si riassumono
in due elementi: curare la terza entità invisibile e poi, nelle situazioni limite,
avere questa sapienza. La morte, la situazione più disperata, è stata vinta.
Per cui c’è spazio per un sano ottimismo, puoi andare avanti perché Dio c’è.
68 CAPITOLO 4. LE REALTÀ DEL SESSO E DELL’AMORE
Capitolo 5

La magna charta dell’amore


cristiano

5.1 La storia di Tobia


Chiunque si sposi deve aver meditato e conosciuto bene questo libro. Oggi
ne proponiamo una introduzione.
Tobia è figlio di Tobi. Tobi è un pio israelita che vive a Gerusalemme.
È un uomo giusto, ligio alla legge, e intrattiene un intimo rapporto con il
Signore. Viene deportato in Babilonia insieme a tutti i suoi concittadini.
Uno dei rischi più gravi, durante le deportazioni (gli ebrei ne hanno subita
più d’una, nel corso della storia) era smarrire la propria identità, la propria
cultura e la propria fede per “amalgamarsi” con la gente del luogo.
Tobi, però, si conserva fedele. Continua a pregare e a lasciare un posto
libero alla propria mensa a disposizione di un pellegrino di passaggio, di
un povero o di un bisognoso, nella consapevolezza che accogliere un povero
significa accogliere il Signore. Ogni giorno rischia la vita nel tentativo di
offrire una degna sepoltura agli ebrei che vengono crudelmente uccisi dai
babilonesi e - in segno di sommo dispregio - abbandonati in pasto ai cani e
agli avvoltoi.
Un giorno, durante una ricorrenza ebraica, manda il figlio Tobia in giro
per la città alla ricerca di qualche ebreo povero da invitare a mensa. Tobia,
invece che con un povero, rincasa con una pessima notizia: i babilonesi hanno
ucciso l’ennesimo ebreo e ne hanno lasciato il cadavere in pasto agli avvoltoi.

69
70 CAPITOLO 5. LA MAGNA CHARTA DELL’AMORE CRISTIANO

Il giorno di festa si trasforma, improvvisamente, in un giorno di lutto e Tobi


- mosso a pietà - va a seppellire lo sventurato.
Un altro giorno, dopo una notte trascorsa a lavorare duramente, Tobi de-
cide di riposarsi all’ombra, sull’angolo della casa. Improvvisamente lo sterco
di alcune rondini cade sui suoi occhi e lo fa diventare cieco.
Privato della vista, non può più fare alcun lavoro. La moglie si dà da fare,
e - per racimolare qualche soldo - trova lavoro come baby-sitter. Il datore di
lavoro, un giorno, le regala un capretto. Lei lo porta a casa e, quando Tobi
lo sente belare, interroga la moglie: “Che cos’è questo belare?”.
“È un capretto”, risponde lei.
Tobi sospetta che la moglie lo abbia rubato, perché un capretto - allora
- era un dono di un certo valore. In preda agli scrupoli, perché non accetta
l’idea di essere tacciato di furto, dice alla moglie: “Va’ e riportalo dove lo hai
preso. Non sia mai che nella nostra casa ci sia sentore di furto”.
La moglie si sente umiliata e dispiaciuta. E gli rivolge frasi inconsulte. Si
scaglia contro di lui urlando: “Ecco, tu che sei un uomo tanto religioso, che da
quando eri bambino sei stato fedele al Signore, guarda come sei ridotto. Sei
stato pio a Gerusalemme e ti hanno deportato; sei stato qui a rischiare la vita
e sei diventato cieco”. Di fronte a questa reazione, Tobi rimane sconsolato.
Quando avvengono questi fatti, sono già trascorsi una ventina d’anni dalla
deportazione. Prima di allora, Tobi aveva affidato un tesoro a un parente,
nella Media, a Ninive. E aveva stilato con lui un contratto, nel quale stabiliva
che il tesoro poteva essere ritirato soltanto quando i due pezzi di carta (quello
custodito da Tobi e quello custodito dal parente) si fossero giustapposti.
Anche a Ninive - intanto - si viveva una tragedia. Ne era protagonista
Sara, la cugina di Tobia. Ella aveva sposato sette mariti, e tutti erano morti
in occasione della prima notte di nozze.
Sara, un giorno, viene aggredita da una serva, che le rinfaccia la sua
situazione: “Guarda che donna sei, che hai fatto morire tutti questi uomini”.
Profondamente ferita, Sara comincia ad accarezzare l’idea del suicidio. E
soltanto il pensiero del grande dolore che avrebbe arrecato ai genitori la
trattiene dall’insano gesto.
Mentre accadevano queste cose e si consumavano questi drammi, Tobi -
oramai cieco e avanti negli anni - pensa sia giunta l’ora di andare a ritirare
il tesoro. E ordina a Tobia: “Esci dalla città e cerca una guida, perché il
viaggio è lungo e molto pericoloso per le zone impervie e per i ladri”.
Tobia incontra un giovane e gli domanda: “Mi accompagneresti in Me-
dia?”.
5.1. LA STORIA DI TOBIA 71

E il giovane risponde: “Sı̀, ti accompagno”.


“Ma tu conosci bene la via?”.
“Sı̀”.
Allora Tobia lo presenta a Tobi, che lo sottopone a una raffica di domande:
“Chi sei?”.
“Io sono Azaria, uno dei tuoi fratelli, della famiglia di Neftali, sono il figlio
di. . . (e gli elenca tutta la genealogia)”.
Il vecchio Tobi lo esamina attentamente e lo giudica intelligente e affida-
bile. E cosı̀ Tobia e Azaria si mettono in cammino.
Il viaggio si rivela immediatamente molto movimentato e pericoloso. To-
bia viene salvato da un pesce (da cui Azaria estrae il fegato, il fiele e il cuore,
utili medicamenti), incontra Sara, recupera il tesoro. . .
Dopo molto tempo Tobia e Azaria fanno ritorno a casa. Appena arrivati,
Azaria, servendosi del fegato e del fiele del pesce, guarisce il vecchio Tobi,
che riacquista la vista.
Tobia e Tobi, colmi di gratitudine verso Azaria, si domandano l’un l’altro:
“Che cosa possiamo dargli per ricompensarlo di tutto quello che ha fatto per
noi?”. E stabiliscono di donargli la metà del tesoro. Mentre glielo stanno
consegnando, Azaria rivela la sua vera identità: egli non è un uomo, ma l’ar-
cangelo Raffaele, messaggero di Dio. Lascia loro alcune indicazioni relative
al loro rapporto con Dio e poi sparisce.
Questa storia è la parabola di ogni avventura d’amore e di ogni matri-
monio. Ogni matrimonio non è altro che l’attualizzazione di questa storia:
la storia di una persona alla quale Dio mette accanto un angelo (il partner).
Soltanto alla fine del viaggio la persona scopre che quello è l’angelo di Dio,
che l’ha sostenuta nel cammino della vita.
Proviamo a leggere l’ultima parte del capitolo 5 e i capitoli 6, 7 e 8 del
libro di Tobia. Poi tenteremo di penetrarne i contenuti. Di andare oltre il
suo linguaggio mitico, il suo “stile”, provando ad attualizzarlo e a cercare
un lume per la nostra vita. Molte coppie li leggono durante i tre giorni di
preparazione al matrimonio.
Dal libro di Tobia
5,18
Tobia si preparò per il viaggio e, uscito per mettersi in
cammino, baciò il padre e la madre. E Tobi gli disse: “Fà buon
viaggio!”. 19 Allora la madre si mise a piangere e disse a Tobi:
“Perché hai voluto che mio figlio partisse? Non è lui il bastone
della nostra mano, lui, la guida dei nostri passi? Si lasci perdere
72 CAPITOLO 5. LA MAGNA CHARTA DELL’AMORE CRISTIANO

il denaro e vada in cambio di nostro figlio. 20 Quel genere di vita


che ci è stato dato dal Signore è abbastanza per noi”. 21 Le disse:
“Non stare in pensiero: nostro figlio farà buon viaggio e tornerà
in buona salute da noi. I tuoi occhi lo vedranno il giorno in cui
tornerà sano e salvo da te. 22 Non stare in pensiero, non temere
per loro, o sorella. Un buon angelo infatti lo accompagnerà, riu-
scirà bene il suo viaggio e tornerà sano e salvo”. 23 Essa cessò di
piangere.
6,1
Il giovane partı̀ insieme con l’angelo e anche il cane li seguı̀
e s’avviò con loro. Camminarono insieme finché li sorprese la pri-
ma sera; allora si fermarono a passare la notte sul fiume Tigri. 2
Il giovane scese nel fiume per lavarsi i piedi, quand’ecco un grosso
pesce balzò dall’acqua e tentò di divorare il piede del ragazzo,
che si mise a gridare. 3 Ma l’angelo gli disse: “Afferra il pesce
e non lasciarlo fuggire”. Il ragazzo riuscı̀ ad afferrare il pesce e
a tirarlo a riva. 4 Gli disse allora l’angelo: “Aprilo e togline il
fiele, il cuore e il fegato; mettili in disparte e getta via invece gli
intestini. Il fiele, il cuore e il fegato possono essere utili medica-
menti”. 5 Il ragazzo squartò il pesce, ne tolse il fiele, il cuore e il
fegato; arrostı̀ una porzione del pesce e la mangiò; l’altra parte
la mise in serbo dopo averla salata. 6 Poi tutti e due insieme ri-
presero il viaggio, finché non furono vicini alla Media. 7 Allora il
ragazzo rivolse all’angelo questa domanda: “Azaria, fratello, che
rimedio può esserci nel cuore, nel fegato e nel fiele del pesce?”. 8
Gli rispose: “Quanto al cuore e al fegato, ne puoi fare suffumigi
in presenza di una persona, uomo o donna, invasata dal demonio
o da uno spirito cattivo e cesserà in essa ogni vessazione e non
ne resterà più traccia alcuna. 9 Il fiele invece serve per spalmarlo
sugli occhi di uno affetto da albugine; si soffia su quelle macchie
e gli occhi guariscono”. 10 Erano entrati nella Media e già erano
vicini a Ecbàtana, 11 quando Raffaele disse al ragazzo: “Fratello
Tobia!”. Gli rispose: “Eccomi”. Riprese: “Questa notte dob-
biamo alloggiare presso Raguele, che è tuo parente. Egli ha una
figlia chiamata Sara 12 e all’infuori di Sara nessun altro figlio o
figlia. Tu, come il parente più stretto, hai diritto di sposarla più
di qualunque altro uomo e di avere in eredità i beni di suo pa-
dre. È una ragazza seria, coraggiosa, molto graziosa e suo padre
è una brava persona”. 13 E aggiunse: “Tu hai il diritto di sposar-
5.1. LA STORIA DI TOBIA 73

la. Ascoltami, fratello; io parlerò della fanciulla al padre questa


sera, perché la serbi come tua fidanzata. Quando torneremo da
Rage, faremo il matrimonio. So che Raguele non potrà rifiutarla
a te o prometterla ad altri; egli incorrerebbe nella morte secondo
la prescrizione della legge di Mosè, poiché egli sa che prima di
ogni altro spetta a te avere sua figlia. Ascoltami, dunque, fratel-
lo. Questa sera parleremo della fanciulla e ne domanderemo la
mano. Al nostro ritorno da Rage la prenderemo e la condurremo
con noi a casa tua”. 14 Allora Tobia rispose a Raffaele: “Fratello
Azaria, ho sentito dire che essa è già stata data in moglie a sette
uomini ed essi sono morti nella stanza nuziale la notte stessa in
cui dovevano unirsi a lei. Ho sentito inoltre dire che un demonio
le uccide i mariti. 15 Per questo ho paura: il demonio è geloso di
lei, a lei non fa del male, ma se qualcuno le si vuole accostare, egli
lo uccide. Io sono l’unico figlio di mio padre. Ho paura di morire
e di condurre cosı̀ alla tomba la vita di mio padre e di mia madre
per l’angoscia della mia perdita. Non hanno un altro figlio che li
possa seppellire”. 16 Ma quello gli disse: “Hai forse dimenticato
i moniti di tuo padre, che ti ha raccomandato di prendere in mo-
glie una donna del tuo casato? Ascoltami, dunque, o fratello: non
preoccuparti di questo demonio e sposala. Sono certo che questa
sera ti verrà data in moglie. 17 Quando però entri nella camera
nuziale, prendi il cuore e il fegato del pesce e mettine un poco
sulla brace degli incensi. L’odore si spanderà, il demonio lo dovrà
annusare e fuggirà e non comparirà più intorno a lei. 18 Poi, pri-
ma di unirti con essa, alzatevi tutti e due a pregare. Supplicate
il Signore del cielo perché venga su di voi la sua grazia e la sua
salvezza. Non temere: essa ti è stata destinata fin dall’eternità.
Sarai tu a salvarla. Ti seguirà e penso che da lei avrai figli che
saranno per te come fratelli. Non stare in pensiero”. 19 Quando
Tobia sentı̀ le parole di Raffaele e seppe che Sara era sua consan-
guinea della stirpe della famiglia di suo padre, l’amò al punto da
non saper più distogliere il cuore da lei.
7,1
Quando fu entrato in Ecbàtana, Tobia disse: “Fratello Aza-
ria, conducimi diritto da nostro fratello Raguele”. Egli lo condus-
se alla casa di Raguele, che trovarono seduto presso la porta del
cortile. Lo salutarono per primi ed egli rispose: “Salute fratelli,
siate i benvenuti!”. Li fece entrare in casa. 2 Disse alla moglie
74 CAPITOLO 5. LA MAGNA CHARTA DELL’AMORE CRISTIANO

Edna: “Quanto somiglia questo giovane a mio fratello Tobi!”. 3


Edna domandò loro: “Di dove siete, fratelli?”, ed essi risposero:
“Siamo dei figli di Nèftali, deportati a Ninive”. 4 Disse allora:
“Conoscete nostro fratello Tobi?”. Le dissero: “Lo conosciamo”.
Riprese: “Come sta?”. 5 Risposero: “Vive e sta bene”. E Tobia
aggiunse: “è mio padre”. 6 Raguele allora balzò in piedi, l’ab-
bracciò e pianse. Poi gli disse: “Sii benedetto, figliolo! Sei il figlio
di un ottimo padre. Che sventura per un uomo giusto e largo di
elemosine essere diventato cieco!”. Si gettò al collo del parente
Tobia e pianse. 7 Pianse anche la moglie Edna e pianse anche la
loro figlia Sara. 8 Poi egli macellò un montone del gregge e fece
loro una calorosa accoglienza. 9 Si lavarono, fecero le abluzioni e,
quando si furono messi a tavola, Tobia disse a Raffaele: “Fratel-
lo Azaria, domanda a Raguele che mi dia in moglie mia cugina
Sara”. 10 Raguele udı̀ queste parole e disse al giovane: “Mangia,
bevi e sta’ allegro per questa sera, poiché nessuno all’infuori di
te, mio parente, ha il diritto di prendere mia figlia Sara, come del
resto neppure io ho la facoltà di darla ad un altro uomo all’infuori
di te, poiché tu sei il mio parente più stretto. Però, figlio, vogliono
dirti con franchezza la verità. 11 L’ho data a sette mariti, scelti
tra i nostri fratelli, e tutti sono morti la notte stessa delle nozze.
Ora mangia e bevi, figliolo; il Signore provvederà”. 12 Ma Tobia
disse: “Non mangerò affatto né berrò, prima che tu abbia preso
una decisione a mio riguardo”. Rispose Raguele: “Lo farò! Essa
ti viene data secondo il decreto del libro di Mosè e come dal cielo
è stato stabilito che ti sia data. Prendi dunque tua cugina, d’ora
in poi tu sei suo fratello e lei tua sorella. Ti viene concessa da
oggi per sempre. Il Signore del cielo vi assista questa notte, figlio
mio, e vi conceda la sua misericordia e la sua pace”. 13 Raguele
chiamò la figlia Sara e quando essa venne la prese per mano e
l’affidò a Tobia con queste parole: “Prendila; secondo la legge e
il decreto scritto nel libro di Mosè ti viene concessa in moglie.
Tienila e sana e salva conducila da tuo padre. Il Dio del cielo vi
assista con la sua pace”. 14 Chiamò poi la madre di lei e le disse
di portare un foglio e stese il documento di matrimonio, secondo
il quale concedeva in moglie a Tobia la propria figlia, in base al
decreto della legge di Mosè. Dopo di ciò cominciarono a man-
giare e a bere. 15 Poi Raguele chiamò la moglie Edna e le disse:
5.1. LA STORIA DI TOBIA 75

“Sorella mia, prepara l’altra camera e conducila dentro”. 16 Essa


andò a preparare il letto della camera, come le aveva ordinato,
e vi condusse la figlia. Pianse per lei, poi si asciugò le lacrime e
disse: 17 “Coraggio, figlia, il Signore del cielo cambi in gioia il tuo
dolore. Coraggio, figlia!”. E uscı̀.
8,1
Quando ebbero finito di mangiare e di bere, decisero di
andare a dormire. Accompagnarono il giovane e lo introdussero
nella camera da letto. 2 Tobia allora si ricordò delle parole di
Raffaele: prese dal suo sacco il fegato e il cuore del pesce e li
pose sulla brace dell’incenso. 3 L’odore del pesce respinse il de-
monio, che fuggı̀ nelle regioni dell’alto Egitto. Raffaele vi si recò
all’istante e in quel luogo lo incatenò e lo mise in ceppi. 4 Gli
altri intanto erano usciti e avevano chiuso la porta della camera.
Tobia si alzò dal letto e disse a Sara: “Sorella, alzati! Preghiamo
e domandiamo al Signore che ci dia grazia e salvezza”. 5 Essa
si alzò e si misero a pregare e a chiedere che venisse su di loro
la salvezza, dicendo: “Benedetto sei tu, Dio dei nostri padri, e
benedetto per tutte le generazioni è il tuo nome! Ti benedicano i
cieli e tutte le creature per tutti i secoli! 6 Tu hai creato Adamo e
hai creato Eva sua moglie, perché gli fosse di aiuto e di sostegno.
Da loro due nacque tutto il genere umano. Tu hai detto: non è
cosa buona che l’uomo resti solo; facciamogli un aiuto simile a
lui. 7 Ora non per lussuria io prendo questa mia parente, ma con
rettitudine d’intenzione. Dègnati di aver misericordia di me e di
lei e di farci giungere insieme alla vecchiaia”. 8 E dissero insieme:
“Amen, amen!”. 9 Poi dormirono per tutta la notte. 10 Ma Ra-
guele si alzò; chiamò i servi e andò con loro a scavare una fossa.
Diceva infatti: “Caso mai sia morto, non abbiamo a diventare
oggetto di scherno e di ribrezzo”. 11 Quando ebbero terminato di
scavare la tomba, Raguele tornò in casa; chiamò la moglie 12 e le
disse: “Manda in camera una delle serve a vedere se è vivo; cosı̀,
se è morto, lo seppelliremo senza che nessuno lo sappia”. 13 Man-
darono avanti la serva, accesero la lampada e aprirono la porta;
essa entrò e li trovò che dormivano insieme, immersi in un sonno
profondo. 14 La serva uscı̀ e riferı̀ loro che era vivo e che non era
successo nulla di male. 15 Benedissero allora il Dio del cielo: “Tu
sei benedetto, o Dio, con ogni pura benedizione. Ti benedicano
per tutti i secoli! 16 Tu sei benedetto, perché mi hai rallegrato
76 CAPITOLO 5. LA MAGNA CHARTA DELL’AMORE CRISTIANO

e non è avvenuto ciò che temevo, ma ci hai trattato secondo la


tua grande misericordia. 17 Tu sei benedetto, perché hai avuto
compassione dei due figli unici. Concedi loro, Signore, grazia e
salvezza e falli giungere fino al termine della loro vita in mezzo
alla gioia e alla grazia”. 18 Allora ordinò ai servi di riempire la
fossa prima che si facesse giorno. 19 Raguele ordinò alla moglie di
fare il pane in abbondanza; andò a prendere dalla mandria due
vitelli e quattro montoni; li fece macellare e cominciarono cosı̀ a
preparare il banchetto. 20 Poi chiamò Tobia e sotto giuramento
gli disse: “Per quattordici giorni non te ne andrai di qui, ma ti
fermerai da me a mangiare e a bere e cosı̀ allieterai l’anima già
tanto afflitta di mia figlia. 21 Di quanto possiedo prenditi la metà
e torna sano e salvo da tuo padre. Quando io e mia moglie saremo
morti, anche l’altra metà sarà vostra. Coraggio, figlio! Io sono
tuo padre ed Edna è tua madre; noi apparteniamo a te come a
questa tua sorella da ora per sempre. Coraggio, figlio!”.

Di questa storia bisogna analizzare alcuni elementi:

- Che cosa rappresenta il demone Asmodeo? Come lo si può immaginare?

- Che cosa rappresenta il pesce che balza dall’acqua? E il fiele, cuore e


fegato utili medicamenti?

- Che cosa rappresentano i sette mariti che muoiono?

è necessario andare al di là del linguaggio mitico. Quando si scrive e si


parla, si sa, si utilizzano generi letterari. E una delle difficoltà della Bibbia
sta proprio qui: nel fatto di contiene generi letterari.
Questo racconto appartiene al genere letterario mitico. Mitico significa
non che la realtà viene falsata, ma che viene raccontata all’interno di un
contesto culturale e storico.
Il demone Asmodeo: Per capirlo partiremo da una costante che ha at-
traversato la storia umana, la cultura. Il modo di intuire e di percepire la
realtà.
Nei primi secoli del cristianesimo si è imposta la figura di san Giorgio.
Secondo la leggenda, san Giorgio, soldato romano originario della Cappado-
cia, giunse un giorno nella città di Silene, in Libia. Nei paraggi c’era uno
stagno grande come il mare, nel quale si nascondeva un orribile drago che
5.1. LA STORIA DI TOBIA 77

più volte aveva messo in fuga il popolo intero armato contro di lui. Quando
si avvicinava alle mura della città, uccideva con il fiato tutti quelli in cui si
imbatteva. I cittadini, per mitigare il furore del drago e per impedire che ap-
pestasse l’aria causando la morte di molti, gli offrirono dapprima due pecore
ogni giorno, perché se ne cibasse. Poi, venendo a mancare le pecore, furono
costretti a dargli da mangiare una pecora e una persona, scelta a sorte tra le
famiglie della città.
Quasi tutti i giovani erano già stati divorati quando venne designata co-
me nuova vittima l’unica figlia del re. Il re non voleva saperne di darla al
drago che l’avrebbe divorata, ma fu costretto dal popolo. La giovinetta non
protestò. Chiese la benedizione di suo padre e poi si incamminò verso il lago.
San Giorgio, che passava di lı̀ per caso, le chiese che cosa facesse in lacrime
sotto gli occhi di tutto il popolo che la osservava dalle mura. La fanciulla,
più preoccupata per lui che per se stessa, e sapendo che la sua sorte era già
segnata, lo invitò a risalire sul suo cavallo e ad andarsene al più presto per
non morire con lei. Seguı̀ un lungo dialogo in cui ognuno dei due tentava
nobilmente di salvare l’altro. San Giorgio voleva venirle in aiuto in nome
di Cristo. La giovane lo scongiurava di andarsene per i fatti suoi e di non
peggiorare la situazione.
Ma intanto il drago aveva sollevato la testa dal lago. Giorgio salı̀ sul suo
cavallo e fattosi il segno della croce si gettò sul drago, vibrò con forza la
lancia e, raccomandandosi a Dio, lo ferı̀ gravemente.
Il drago cadde a terra e San Giorgio disse alla giovane: “Non aver più
timore e avvolgi la tua cintura al collo del drago”.
Ella obbedı̀, e il drago cominciò a seguirla mansueto come un cagnolino.
Tornarono alla città e San Giorgio disse al popolo atterrito: “Non abbiate
paura: abbracciate la fede di Cristo e io ucciderò il mostro”.
Allora il re e tutta la popolazione ricevettero il battesimo. In quel giorno
furono battezzati ventimila uomini, senza contare le donne e i bambini. Do-
podiché San Giorgio uccise il drago e comandò che fosse portato fuori dalla
città con un carro tirato da quattro paia di buoi. Infine, il santo abbracciò
affettuosamente il re e se ne andò dalla città.
è una storia. Ha riempito la mente di tantissime generazioni. Ne hanno
fatto anche studi psicologici. . . Il drago, in qualche modo, rappresenta un
male che intacca l’uomo, soprattutto i giovani. Oggi, come ce lo potremmo
immaginare? Provate a pensare alle stragi del sabato notte. . .
Mi trovavo in una cittadina vicino a Napoli e ho fatto un incontro in una
sala parrocchiale. A un certo punto i giovani mi hanno detto: “Giovanni,
78 CAPITOLO 5. LA MAGNA CHARTA DELL’AMORE CRISTIANO

quello che abbiamo detto qui adesso dovremmo andare a dirlo sulla piazza,
dove ci sono migliaia di giovani, perché da noi il quaranta per cento dei
giovani sono drogati”.
Che può essere questo demone che prende e prende soprattutto una fa-
scia? Potrebbe essere quel demone che si chiama piacere. Carlo Carretto ha
scritto un libro, “L’utopia che ha il potere di salvarti”: si rivolge alla fascia
più disperata dei giovani, ai drogati, alle prostitute, a chi vive ai margi-
ni. . . Nel primo capitolo scrive: “Il vero nemico dell’uomo, dell’umanità, non
è la bomba atomica, non sono le ideologie: il vero nemico che può distruggere
l’umanità è il piacere”. Quando una persona si adagia sul piano inclinato del
piacere, non si sa dove può arrivare. . .
In un altro libro, intitolato “Occasione o tentazione?” Silvano Fausti,
facendo riferimento alla grande esperienza di sant’Ignazio e ai suoi “Esercizi
Spirituali”, dice che quando una persona va di male in peggio nella propria
vita e nel cammino spirituale, non di rado è perché soggiace alle logiche del
piacere. È una dimensione che fa parte dell’uomo, che viene costantemente
chiamata in causa.
A tal proposito vi voglio leggere la lettera di un nostro amico, Walter
Trobish, pastore protestante, in risposta a una ragazza che gli faceva delle
domante sulla affettività e sulla sessualità: “La tua sessualità è sempre pre-
sente in te, che tu vegli o che tu dorma. Quando lavori o quando ti diverti,
essa contribuisce a determinarti; nei tuoi sentimenti più sacri e nelle preghie-
re più pure essa è presente. Cristo vuol renderti capace di vivere con la tua
sessualità.“Chi crede deve fuggire l’amore?” mi chiedi. So che molti cristiani
si ritirano, vivono ripiegati su se stessi, evitano l’altro sesso e pensano in
tal modo di essere cristiani particolarmente maturi e liberi. Si sbagliano:
chi crede non fugge. Non puoi sfuggire alla tua sessualità perché essa è un
tutt’uno con te, ti appartiene. Ti racconterò una storia: c’era una volta una
tigre, l’avevano catturata e messa in gabbia. Un guardiano fu incaricato di
nutrirla e di sorvegliarla. Il guardiano voleva farsela amica e le faceva dei bei
discorsi avvicinandosi alla gabbia. Ma la tigre lo osservava con ostilità con i
suoi occhi verdi e ardenti. Seguiva ogni movimento del guardiano pronta a
balzare. Allora il guardiano ebbe paura e pregò Dio di ammansire la tigre.
Una sera, il guardiano era già andato a dormire, una bambina si avvicinò
troppo alle sbarre della gabbia, la tigre la raggiunse con i suoi artigli. Un
colpo. Un grido. Quando sopraggiunse, il guardiano non trovò che un corpo
dilaniato e sangue. Il guardiano seppe cosı̀ che Dio non aveva ammansito la
tigre e la sua paura crebbe. Egli spinse la tigre in una tana oscura, in cui non
5.2. L’INCONSCIO 79

arrivava nessuno, ma ora la tigre ruggiva notte e giorno. Il suo ruggito non
lasciava più riposo al guardiano, gli ricordava la sua colpa. In sogno vedeva
sempre la bambina dilaniata e, in preda all’angoscia, levò un grido. Pregò
Dio che facesse morire la tigre. Dio rispose, ma la sua risposta fu diversa da
quella che il guardiano si aspettava. Dio disse:“Fa’ entrare la tigre nella tua
casa, nella tua abitazione, nella tua stanza più bella“. Il guardiano non aveva
più paura della morte, avrebbe preferito morire, piuttosto che continuare a
sentire i ruggiti della tigre. Quindi obbedı̀: aprı̀ la porta e pregò:“Sia fatta la
tua volontà“. La tigre entrò e rimase tranquilla. A lungo si guardarono negli
occhi. Quando la tigre si avvide che il guardiano non aveva paura e che la sua
respirazione era regolare, gli si sdraiò ai piedi. Cominciò cosı̀. Ma la notte,
la tigre ruggı̀ di nuovo e il guardiano ebbe paura. Dovette aprire di nuovo
la porta, farle fronte. Di nuovo dovette guardarla negli occhi. Cosı̀ sempre,
ogni giorno, mai la poté domare per sempre, una volta per tutte: doveva
sempre vincerla di nuovo. Ogni giorno la prova di coraggio si ripeteva. Dopo
anni, la tigre e il guardiano divennero buoni amici. Il guardiano poteva ac-
carezzare la tigre, metterle la mano fra i denti, ma non doveva abbandonarla
con gli occhi. Quando si guardavano si riconoscevano e sapevano di essere
inseparabili, di aver bisogno l’uno dell’altro per una vita più completa. E ne
erano grati. Francesca, devi imparare a vivere con la tigre coraggiosamente,
guardandola negli occhi. Cristo ti vuol rendere libera per questo”.

5.2 L’inconscio
Tutti vorremmo essere persone equilibrate, ma dobbiamo fare i conti con una
realtà profonda che ci sovrasta e ci condiziona notevolmente.
Questa stessa linea di pensiero viene ripresa da Freud e da Jung, e segna
la scoperta di una dimensione profonda dell’uomo: l’inconscio.
Una buona parte del tuo essere non la conosci ed è una parte importan-
tissima: il serbatoio di tutte le tue ricchezze e di tutte le tue energie. . . È
come un torrente o una valanga che si abbatte, di cui non puoi determinare
la caduta o incanalare la forza e la portata. È la più grande scoperta del
Novecento, ma la Bibbia già conosceva la dimensione profonda dell’uomo e
la chiamava cuore. L’uomo guarda all’apparenza, Dio guarda al cuore.
Secondo Freud l’uomo è un ammasso di energie. E i primi capitoli della
Genesi dicono che “in principio era il caos”. Consideriamo un bambino. Che
cos’è se non un insieme di forze, di energie allo stato brado, puro e caotico?
80 CAPITOLO 5. LA MAGNA CHARTA DELL’AMORE CRISTIANO

Poi, con il passare del tempo, comincia ad emergere un io, una intelligenza
che deve regolare, assoggettare e impadronirsi in qualche modo di queste forze
per canalizzarle nella maniera giusta e far sı̀ che la persona possa aderire alla
realtà. Ossia: mettere le energie al servizio di se stesso per muoversi in questo
mondo e per vivere.
L’io e l’intelligenza si muovono in base a leggi chiamate “leggi di realtà”.
Sono quelle che mi dicono che se io voglio uscire da qui devo andare verso
la porta; che, anche se è trasparente, devo aprire la porta a vetri per non
sbatterci dentro. . . Anche la mosca sa che se deve uscire da qui deve andare
verso la luce, però ignora il passaggio dell’intelligenza di dover aprire la porta.
Noi siamo equipaggiati dell’intelligenza necessaria per interagire con la
realtà. Quando il processo di crescita e di sviluppo è arrivato al massimo
stato di maturità possibile, troviamo che l’io governa al massimo un 20 per
cento di tutte queste energie. Perché l’inconscio è una ricchezza, una forza
talmente grande, che rimane inesplorato all’80 per cento. E condiziona la
tua persona.
Quando il professore ci spiegò per la prima volta queste cose, in classe
avvenne il finimondo: ad un certo momento ci siamo tutti ribellati. Quando
il professore ci diceva: “Tanto in tutto quello che voi fate, in tutte le vostre
scelte, voi siete condizionati all’80 per cento da una realtà che vi sfugge”, noi
ribattevamo: “Non è vero! Non è possibile! La vita sta nelle mie mani: la
guida la nostra intelligenza!”.
Insomma, nacque una grande discussione. La nostra era una scuola sta-
tale, e il professore ci invitò ad andare all’Università Cattolica, dove c’erano
delle apparecchiature e la possibilità di sperimentare la verità delle sue te-
si. Ci fece fare un esperimento che adesso sarebbe troppo lungo spiegare,
ma dove ci mostrò quanto grande sia la forza dell’inconscio e come davvero
determini gran parte del nostro operare.
Perché? Perché l’inconscio è soggetto a un’altra legge: la legge del piacere.
Il cui principio fondamentale è “avere la soddisfazione di tutti i bisogni subito,
con il minor sforzo possibile”. Questa è la legge che determina l’uomo. Per cui
l’uomo si sente veramente come spaccato. Persone geniali hanno individuato
questa grande spaccatura. Come il poeta latino Ovidio, che scriveva: “Video
bona pro atque deteriora sequor” (= vedo il bene, lo approvo, ma poi seguo
quello che non voglio). E san Paolo, che accusava: “C’è in me il desiderio del
bene ma non la capacità di attuarlo. Infatti io non compio il bene che voglio
ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio non sono più
io a farlo, ma il peccato che abita in me. Io trovo dunque in me questa legge:
5.2. L’INCONSCIO 81

quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti acconsento nel
mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che
muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del
peccato che è nelle mie membra. Sono uno sventurato! Chi mi libererà da
questo corpo votato alla morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù
Cristo nostro Signore! Io dunque, con la mente, servo la legge di Dio, con la
carne invece la legge del peccato”.
Allora ti si dice qual è la struttura della persona umana, come siamo fatti.
San Paolo si esprime in termini teologici, chiamando “peccato” questo male
profondo.
Ancora un altro genio dell’umanità, Kafka, diceva: “Certo, nell’uomo c’è
qualcosa di spaccato, c’è qualcosa di ferito”. Su questa realtà sfuggevole
e poco comprensibile, ma oramai riconosciuta da tutti, che rende l’uomo
alquanto misterioso, si gioca tutta la cultura e l’arte, i drammi e i film. . .
Se vuoi penetrare la realtà dell’uomo, capire come è strutturato in pro-
fondità, stai attento che la donna o l’uomo che sposi è di questa stessa tua
natura, perché dalla comprensione della realtà dell’uomo si sviluppano conse-
guenze che sbalordiscono. Se l’uomo rimane com’è e non si sforza di mettere
un freno ai propri bisogni, rimane in uno stato di sviluppo molto basso. Se
invece è in grado di fare un sacrificio, allora cresce in umanità.
Il bambino piccolo vuole stare con la mamma, però la mamma sa che se
lo porta all’asilo gli farà vivere un processo di socializzazione che lo avvan-
taggerà quando andrà a scuola: perché non graffierà i compagni e non caverà
loro gli occhi, ma si adatterà perché in qualche modo sarà maturato nella
socialità. La stessa cosa non avviene senza i giusti presupposti. Conosco dei
bimbi zingari: stanno insieme, giocano, però quando vuoi frenarli un tantino
per fargli fare un po’ di catechismo o altro, non hanno neanche la capacità di
ascoltarti, non puoi chiedere loro nemmeno cinque minuti. Si muovono, cor-
rono. Quando uno di questi bambini, ormai diventato ragazzo, voleva uscire
da quella situazione per inserirsi nella società e prendere la patente per fare
il camionista, è stato impedito. Come fai a prendere la patente se non sai
leggere e scrivere? Prima devi imparare a leggere e a scrivere.
Allora l’umanità cresce nella misura in cui si riesce ad anteporre certi
bisogni di fondo alla soddisfazione del piacere (al bambino piace giocare senza
impegnarsi in niente. Se tu gli metti una croce cresce in umanità). E il
destino di una persona dipende da quanto ha lavorato per determinare questa
realtà inconscia e profonda. Se ci si lavora sopra, tutte le forze incontrollate
di questa realtà possono essere assoggettate. Le potrai allora usare per il tuo
82 CAPITOLO 5. LA MAGNA CHARTA DELL’AMORE CRISTIANO

bene, per la tua crescita, per la tua maturazione. Ma se una persona non ci
ha dedicato tempo, non è stato in qualche modo aiutato, questa rimane più
o meno allo stato brado.
Noi andiamo a fare le missioni. Siamo capitati in certi paesini in cui c’era
una realtà di mafia: abbiamo incontrato dei bambini con delle idee di soddi-
sfazione - per esempio - del bisogno di vendetta, di odio allo stato puro. Ed
è su quella piattaforma che possono nascere la mafia e tutto il resto. Perché
quello della vendetta per chi ha fatto loro del male è un bisogno talmente
forte che non glielo si scalfisce minimamente: gli si è già strutturato dentro.
Poi cominciano a pensare agli altri bisogni: al bisogno di avere, di apparire,
di sesso, di sopraffazione. . . Insomma, tutti questi bisogni si strutturano e si
fortificano. Per cui, nel fondo di certe persone, tu trovi che c’è un serpentone
che caro mio combattere con quello. . . Altro che chiacchiere: con le parole tu
non gli fai proprio niente. . .
Una persona cresce nella misura in cui lavora, mette generalmente una
croce alla soddisfazione dei bisogni, passa questo bisogno al vaglio dell’io,
dell’intelligenza e (noi ci dobbiamo aggiungere) della fede. Per cui rinuncia
per un piacere e per una gioia più grande.
A dire il vero, l’uomo non riesce a distinguere la differenza notevole tra
piacere e felicità. Se tu soddisfi il piacere, la felicità proprio non la tocchi.
Per cui l’uomo ha la capacità di salire a valori, a gusto, a gioie via via più
grandi nella misura in cui fa questo lavoro. E questo te lo dice la croce di
Gesù Cristo. E se non lo capisci là, allora non lo capisci più.
Se tu trovi una ragazza che sta facendo questo lavoro di autotrascendenza,
di salire, di umanizzazione, sposala. Se tu trovi un ragazzo che sta facendo
questo lavoro, sposalo, perché c’è sempre la possibilità di una modificazione,
di un cambiamento, di arrivare ai valori più alti. Però la cultura che ti è
intorno plaude, ti invita e ti stimola continuamente a soddisfare i bisogni, i
bisogni, i bisogni. . .
Accendi la televisione e guarda. Questa è la logica nella quale tu vivi. Per
cui le persone non hanno neppure capito il meccanismo di fondo per crescere
e per maturare. Anche a me piace andare con una donna, però, se io limito
questo bisogno, se io ci metto una croce, mi si riempie il cuore di un amore
grande, di un amore che non ha l’esercizio sessuale, ma è un amore che non
finisce mai. Per cui non può esserci al mondo persona che non mi voglia bene,
perché io le voglio bene, anche se quella persona mi insulta o mi aggredisce,
anche se ha qualche motivo per volermi male (magari anche solo perché sto
5.2. L’INCONSCIO 83

parlando e dicendo certe cose. . . ). Una volta che hai capito il meccanismo,
questo ti porta veramente alla felicità.
Ma non accade sempre. E non accade per tutti, purtroppo, perché magari
non sono stati aiutati. Ma dopo che avrai fatto questo, tu non potrai mai
cantar vittoria fino in fondo. Perché il mistero dell’uomo, poi, arriva alle
profondità, dove c’è un’implicanza da parte di Dio, dove ci sono delle realtà
cosı̀ misteriose e profonde che soltanto la fede, in qualche modo, ti illumina.
Come avvenne in questa storia, capitata due anni fa.
è venuta una donna al corso, aveva trentasette anni, era sposata e mamma
di quattro figli. Nella cittadina dove vive era considerata una luce sul cande-
labro, un faro. Faceva catechismo in parrocchia, aveva preparato centinaia
di bambini alla Prima Comunione e alla Cresima. Aveva una famiglia alla
quale facevano riferimento tante altre famiglie. Quando il parroco incontrava
qualche famiglia un po’ disastrata, con litigi o tradimenti, la mandava da lei,
che viveva veramente in una famiglia esemplare. Ad un certo punto questa
donna si trovò a vivere una situazione assurda. E mi ha raccontato: “Io due
o tre volte alla settimana prendo un maledetto treno dalla mia cittadina,
faccio quaranta chilometri di viaggio. Poi scendo e vado da un uomo con il
quale mi abbraccio e ho rapporti sessuali. Un uomo che detesto, che non ha
niente che mi attira, che attraverso l’orecchio mi è calato nelle profondità e
mi ha agganciato come un pesce viene agganciato all’amo. Io sono piena-
mente soddisfatta sessualmente da mio marito, ci vogliamo bene, ci siamo
sempre voluti bene, mio marito mi adora. Nessuno sospetta minimamente
quello che io sto vivendo da qualche mese a questa parte. Nessuno. Ma io
sono una donna distrutta. Io vivo questo dramma, non mi riconosco, non so
perché mi succede questo. Proprio non lo so”.
Nascondeva questo suo grande dramma dietro un evento. Uno dei suoi
quattro figli, il più grande, era entrato in seminario. La gente la vedeva
sconvolta, e lei nascondeva tutto dietro questo evento. Mi diceva: “Padre,
immagina, io sono felicissima che mio figlio sia entrato in seminario”. Però
diventava la maschera attraverso la quale giustificava alla gente il suo males-
sere. Nessuno dubitava di nulla. Solo il marito aveva fatto, un giorno, una
considerazione tutto sommato innocua, dicendo: “Certo che questa bolletta
del telefono è lievitata alle stelle”. Perché passava ore e ore lı̀ a masturbarsi
con questo linguaggio. Il punto debole della donna, lo sappiamo, è l’orecchio,
attraverso il quale ci si cala nelle sue profondità.
Ora, di fronte a questo evento, tu puoi dire tutte le parole che vuoi, fare
prediche, ma questa le sapeva tutte. Era una donna profondamente cristiana.
84 CAPITOLO 5. LA MAGNA CHARTA DELL’AMORE CRISTIANO

Alla fin fine non ti sai spiegare questa realtà. Non c’è possibilità di intervento
con la parola. Lei, poi, si era già confrontata a questo proposito con altri
sacerdoti, ma tutti gli interventi fatti lasciavano il tempo che trovavano.
La realtà dell’inconscio è una realtà di fronte alla quale tu non puoi fare
i tuoi calcoli o dire: “Mi sta totalmente in mano”. Perché non è cosı̀. Non è
cosı̀.
Una volta capito questo, bisogna essere molto umili riguardo a se stessi:
“Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?”.
Questa era votata alla morte. Quando tu soddisfi i bisogni, tu sei assogget-
tato, compi azioni contro te stesso e non entri nella logica di fare del bene a
te stesso. Infatti, una delle forme più evidenti dell’uomo peccatore è che non
fa scelte per il proprio bene, anzi fa proprio scelte contro di sé. E lo si vede
dai fenomeni esterni, dai più elementari ai più profondi.
“Ma perché hai fatto questo?”.
“Non lo so, non capisco, andava cosı̀”. Fare scelte non per il proprio bene.
Già una persona che fuma ti fa capire che sta in questa logica. Senza arrivare
alla persona che prende la droga, all’alcolista o alla persona che ogni tanto
beve. E anche quando il medico gli dice: “Guarda che oramai è questione
di vita o di morte”, la risposta è: “Eh, ma io ormai non posso più farne a
meno! Proprio non ci riesco più, perché ormai questo è parte di me, si è
impossessato, ha preso piede. . . ”.
Vi ho raccontato l’episodio del mio amico che portava i giovani in Assisi.
Era bravissimo, capiva tutto il bene che Francesco faceva ai suoi giovani, ma
per sé, niente! Perché oramai era nella logica del sesso. . .
Il sesso, quando ti prende, ti aggancia e diventa una forza che ti domina.
Per cui la conseguenza pratica, nelle persone, è che fanno esperienza di un
male che non possono vincere: “Che scherzi, vado in chiesa, il prete mi dice
di contenermi, e chi lo può? E chi ci riesce?”.
La religione che cos’è? Ti dice come dovrebbero andare le cose, ma chi ti
da la forza per operarle? Diceva Manzoni: “Le leggi son ma chi può mane
ad esse?”. Le persone stanno lontane, sentono come alienante quello che tu
gli dici. Perché in un’esperienza concreta, pratica, umana, io non posso usci-
re dal mio tunnel. Le persone sperimentano continuamente questo doppio
livello nel quale vivono. Se tu potessi andare a togliere il velo alle perso-
ne, troveresti che tutti vivono questo dramma. Riconoscono il bene, però
all’atto pratico fanno proprio il contrario. Alcuni lo sperimentano come una
spaccatura interiore. E allora soltanto Gesù Cristo ricompone questo mondo
interiore. Infatti, la parola che noi annunciamo è una parola diretta all’io,
5.2. L’INCONSCIO 85

all’intelligenza. Ma la parola di Dio è essenzialmente diretta alle profondità


dell’inconscio.
Se vai dallo psicologo ti svela i meccanismi dell’inconscio, ti fa capire come
ti condizionano. E questo ti aiuta, perché rinforza l’io. L’io è continuamente
giocato dalle forze profonde della persona, ma anche dalle forze che vengono
dall’alto, dal super io, ossia dalla cultura, dalla morale e da quello che ti
viene detto.
Mi ricordo di un ragazzo, che era un po’ handicappato e in lui le forze
istintive, affettive e sessuali, erano prorompenti. Mi diceva sempre: “Gio-
vanni, a me viene una voglia di acchiappare una donna. . . ”.
“Per carità, non farlo eh! Attento! Non sia mai! Guarda che vengono i
carabinieri, guarda che ti mettono dentro, guarda che te lo taglio, eh. . . ”.
E però questo povero ragazzo era cosı̀. E difatti una volta presso un pa-
gliaio gli è capitata una donna e le ha dato una strappata di qua e di là.
Sono arrivati i carabinieri e l’hanno portato in galera. Poi sono andato là dal
maresciallo e gli ho detto: “Questo ragazzo è cosı̀, cosı̀ e cosı̀, che metti in
galera, che fai?”. E dopo un giorno l’ha fatto uscire e io sono andato là. Il
maresciallo mi ha incaricato: “Parlaci tu”.
“Ma te l’avevo detto io. . . ”.
“Giovanni, non ho resistito, non gliel’ho fatta”. Non gliel’aveva fatta, pove-
retto.
Allora, questo ragazzo combatteva con il super io. Lı̀ il super io erano
i carabinieri. Era proprio qualcosa di molto concreto. Però c’erano anche
queste forze profonde, e qui l’io era molto debole perché era un po’ handi-
cappato, non riusciva a governarle. Adesso ho raccontato di questo ragazzo
handicappato, però state attenti che anche chi non lo è, più o meno vive cosı̀.
Conoscevo una ragazzina di sedici anni che aveva fatto un pandemonio
in casa perché i genitori cercavano di contenerla, di frenarla nell’uscire alla
sera con gli amici. Una sera lei aveva sbraitato tanto, aveva battuto i pugni:
“Voi dovete avere fiducia, io so quello che fo’, io qui, io là. . . ”.
I genitori un po’ a malincuore avevano ceduto e lei è uscita con l’amico che
abitava proprio di fronte, un ragazzo di diciannove anni. Proprio vivevano
come fratelli, stavano sempre in casa. Sono usciti con la macchina e a un
certo momento, questo s’è portato verso una strada un po’ buia e gli è saltato
addosso. Il dramma di questa ragazza: “Ma noi eravamo come fratelli, ma
noi eravamo veramente amici, ma come è possibile. . . ”.
Era proprio sbalordita. E lui, senza dire una parola, stava lı̀. Del resto
cosa vuoi dire? Non c’è niente da dire. Non c’è perché. Perché ti trovi con
86 CAPITOLO 5. LA MAGNA CHARTA DELL’AMORE CRISTIANO

certe forze che ad un certo momento ti sovrastano. Era umiliatissimo, povero


figlio.
Questi esempi ci insegnano, in senso generale, a non emettere mai nessun
giudizio su nessuna persona, fosse anche il più grande criminale della storia.
Perché quello è un uomo. E anche tu sei un uomo. Anche tu puoi fare
quello che ha fatto lui: se non lo hai fatto è per una grazia di Dio, perché
non ti sei trovato in quel contesto, perché hai avuto un’altra formazione,
perché hai avuto la grazia di Dio. Per cui non ti meravigliare di niente su
questa terra. Perché la forza dirompente di questo enorme serpentone che sta
dentro di noi può riservare le più grandi sorprese. Non devi assolutamente
giudicare. Ti devi sempre schierare di fronte a Dio dalla parte dell’uomo, il
più peccatore. Mai dire qualcosa contro l’uomo, perché Dio si offende. “Ma
quello è un criminale, il più criminale dei criminali!”. Tu schierati sempre a
favore di quello. Ché fai felice Dio. Perché contemporaneamente ti schieri
a tuo favore. Mai meravigliarti di niente. I primi capitoli della Genesi non
dicono che tutti gli uomini erano buoni e belli come la tua illusione ti fa
credere. La tua illusione, perché la Bibbia, che è realista, dice che il mondo è
pieno di peccato. E tu ti meravigli quando l’amico ti tradisce? Quando quello
ha combinato quell’altra cosa?. . . Embeh? Dormivi! Stavi nel sogno, nella
fantasia. Ti devi meravigliare che questa ragazza ti è stata fedele: questa
è la meraviglia. Ti devi meravigliare che in quella situazione lui è stato
sincero, è stato capace di un gesto d’amore totalmente gratuito. Questa è
la meraviglia. Che gli uomini sono peccatori lo sanno tutti. Ma dove vivi?
Ma chi ti ha lavato il cervello? Ma chi ti ha detto che gli uomini sono sani,
sono buoni, sono. . . Te lo ha detto Victor Hugo. Ma è un pover’uomo. Ma
la Bibbia è seria. Te lo dice proprio nelle prime pagine quello che è l’uomo,
ti dice di questa realtà profonda che è l’inconscio. Ed è solo la parola di
Dio che raggiunge queste profondità, se te ne nutri. Te lo ordina l’inconscio,
patrimonio di tutte le tue ricchezze, di tutte le tue potenzialità. Se te lo
ordina Dio tu diventi un uomo capace di tanto amore, di tanta creatività,
geniale: un santo. Tu diventi bellissimo, bellissima. Una persona è bella se
è bello l’inconscio.
Noi celebriamo la festa dell’Immacolata, la festa di una donna la cui ar-
monia della totalità del suo essere non è stata intaccata. Noi celebriamo
Francesco. Io sono innamoratissimo di Francesco, perché è un uomo bellissi-
mo, è la fine del mondo. Dopo Gesù Cristo non ne conosco un altro. Infatti
è chiamato l’“Alter Christus”. Vi ricordate la storia di frate Masseo? Frate
Masseo era un frate bello. Francesco era piccolino, mingherlino. “Francesco,
5.2. L’INCONSCIO 87

tu non sei bello, non sei nobile, non sei ricco, e dunque donde viene che tut-
to il mondo ti viene dietro, e chi desidera vederti e chi desidera toccarti?”.
Perché era di una bellezza infinita, perché la parola di Dio messa in pratica
(messa in pratica perché se rimane solo al cervello non produce niente, non
arriva, non porta l’effetto di curare di rendere bello l’inconscio). E l’inconscio
è l’incanto della persona.
Come si ha accesso all’inconscio? Tramite gli occhi. La luminosità degli
occhi ti dà accesso all’inconscio. Io certe volte guardo gli occhi e dico: “Che
biondo che sei!”. Perché ci vedo il bello, ma soprattutto ci vedo la possibilità
di un bene e di un bello che può ancora venire. L’inconscio sono le parole,
le parole si creano nelle profondità dell’inconscio. È lı̀ che assumono colore
e calore. Per cui io posso dire le parole più belle, anche più belle di quelle di
san Francesco, ma io non ho l’inconscio di san Francesco, perché l’inconscio
di san Francesco è il luogo della presenza di Dio. Allora c’era un calore che
ogni parola che usciva era un dardo infuocato. Chiara chi era? Chiara era
una donna splendida, bellissima. Io godo, io godo di tantissime donne. Ma
che cosa godo? Godo la bellezza che Dio ha fatto nelle persone e quello
mi sazia a oltranza. E che cos’è un rapporto sessuale di fronte al godere di
un’amicizia, di un amore con una persona limpida, bella e schietta che ti da
tutta la risonanza, tutto il riverbero della presenza di Dio nella sua persona?
Avendo a che fare con questa realtà, nella dinamica di coppia troviamo
tante conseguenze. Alcune le abbiamo dette. Ma ve n’è anche un’altra: che
tu del tuo partner devi essere geloso. Ho sentito delle stupidità a questo
proposito, come la frase: “Io non sono geloso”.
Come si fa a dire che una valutazione è stupida o calibrata? Il riferimento
è Dio. E Dio è geloso. Anche tu devi essere geloso, ma della gelosia sana, non
di quella patologica. Allo stesso modo in cui esiste una paura sana e una pa-
tologica: se c’è il terremoto, ho paura. Il che significa che devo far funzionare
il cervello per vedere che fare. Se, ad esempio, quando c’è stato il terremoto
ad Assisi le persone si fossero attenute ai principi che si danno - e cioè che
durante le scosse non si deve correre perché se no si moltiplicano le possi-
bilità di danno, ma bisogna mettersi attaccati a una parete, possibilmente
una delle più sicure - non sarebbero morti. Il superiore mi ha raccontato che
appena c’è stato il terremoto, alcuni frati si sono terrorizzati e sono scappati,
e sono rimasti sotto le macerie. Invece lui ha preso un frate, di getto, e l’ha
messo contro un muro. E si sono salvati.
Allora la paura serve per farti capire una situazione. Ma quando la paura
diventa costante e si chiama ansia: quella è patologica. Ed è la matrice di
88 CAPITOLO 5. LA MAGNA CHARTA DELL’AMORE CRISTIANO

tutte le malattie psicologiche.


Lo stesso discorso vale per la gelosia. C’è una gelosia sana, che vigila sul
partner, ma lo fa realisticamente, perché sa che anche lui è fatto di questi
ingredienti. Ad un certo momento si incomincia: una parola, una telefonata,
un incontro. . . E la persona si aliena, se ne va cosı̀. Per cui, dal momento che
il Signore ti ha dato un uomo o una donna e te ne ha dato la responsabilità,
per quanto tu possa ritenere sia onesto, non sarai mai un beota. Sai che è
fatto, è fatta, anche di queste cose qua. Pertanto vigila.
Ho conosciuto un uomo a cui avrei tirato il collo. Sua moglie se la spassava
ore e ore con il marito di sua sorella, andavano a fare gite. . . E lui: “Sı̀, ma
io ho fiducia”.
“Ma tu sei cretino!”.
Se ne è accorto quando quello se l’è portata via. Cosa andava a fare, si può
comprendere. Arrivava lı̀ quando lui andava al lavoro.
“E che facevi, dormivi?”.
“Ah, ma io mica sono geloso. . . ”.
“Ti do due schiaffi che. . . ”.
Ecco uno che ne sa più di Dio. E raccoglie i frutti.
Poi c’è la gelosia patologica. È quella gelosia esagerata, che costruisce
la realtà. Generalmente parte da una persona che non ha una profonda co-
noscenza di sé, non ha molta stima di sé: una persona psichicamente non
ancora ben strutturata, ben maturata. È una persona che, almeno a livello
inconscio. ragiona cosı̀: “Certo, io ho questa bella ragazza, lei mi vuol bene,
ma mi vuol bene fintanto che non incontrerà qualcuno migliore di me. Per-
ché io non valgo tanto. Per cui la devo proteggere, le devo fare una siepe
intorno, perché da un momento all’altro, non appena se ne renderà conto,
mi lascerà. . . ”. Pertanto, opera sempre questo demone dentro, ossia questo
meccanismo psichico perverso. Se poi questa ragazza “sgarra” una volta, si
dice: “Ecco, lo vedi, avevo ragione io; questa cosa che io temo stai a vedere
che si verifica, ecco, infatti, io sono ritornato e lei stava alla finestra; perché
stava alla finestra? Stava lı̀ perché doveva passare il signor x; devo stare
attento a questo signor x, quello è un uomo un po’ cosı̀”. Il giorno dopo, al
suo ritorno, lei stava sulla porta: “Ecco, lo vedi, quella adesso lo sa che lui
esce dall’ufficio a quest’ora e lo aspetta, per scambiarsi qualche cosa, e qui
devo stare ancora molto più attento, devo andare anche a vedere se per caso
lei non abbia qualche biglietto o qualche lettera, devo anche scoprire dove va
quando esce la domenica”.
“Dove sei stata?”.
5.3. ASMODEO, DEMONE DELLA CONCUPISCENZA 89

“Sono stata al mare”.


“Ecco, perché c’era lui! L’avevo detto io! Vedi?”.
La realtà è costruita. La gelosia patologica uccide l’amore, perché dopo
un po’ di tempo chi ti sta a fianco non ce la fa più.

5.3 Asmodeo, demone della concupiscenza


Che cos’è allora quel demone che uccide? Come lo vediamo? Come lo de-
scriviamo? Il demone che uccide è la sessualità abbandonata a se stessa. Già
abbiamo detto che nel rapporto sessuale, se un uomo non si mantiene, se non
ha il controllo di sé, non può far felice una donna. Ma chiedere a un uomo di
controllarsi sessualmente significa chiedergli una cosa difficilissima. Eppure,
se tu vuoi parlare bene quel linguaggio, devi contenerti, devi volere il bene
dell’altra persona, che è strutturata in maniera diversa da te.
E poi in tanti altri aspetti legati all’affettività e alla sessualità: è là che
si gioca la partita più importante. Ecco perché l’angelo dice a Tobia “Tu
non devi fare come gli altri fessacchiotti che la notte delle nozze, la notte del
rapporto sessuale, si abbandonano allo sfogo, al piacere. . . Tu e la tua sposa,
invece, mettetevi in preghiera, e poi prenderete questi utili medicamenti, che
sono i sacramenti”.
Daniel Ange, nel libro “Mi hai fatto come un prodigio”, descrive il rap-
porto sessuale come il simbolo e il segno dell’eucarestia, che è un mangiare.
La sessualità è il grido dell’amore dell’uomo, però è anche distruttiva. Questo
si studia in psicologia. Allora in questa realtà bisogna entrarci equipaggiati
della forza di Gesù Cristo. Gesù Cristo che ti dice che quando incontri una
persona non devi essere egoista. Devi essere un uomo talmente maturo, tal-
mente capace, che questo gesto lo fai per il suo bene, per il suo amore. Ma
anche lei lo fa per il tuo bene, per il tuo amore. Allora acquista il suo signifi-
cato, acquista quella forza dirompente che fa sprigionare l’amore, alimenta il
matrimonio, tutto il contesto della vita di una persona. Non bisogna essere
come quei fessacchiotti, che ci sono andati cosı̀ sprovveduti e pluff!. . . Sono
finiti nella tomba! Per Tobia e la sua sposa la tomba è rimasta vuota.
Tutto questo discorso lo abbiamo fatto perché ci proponiamo una meta.
Proviamo ad approfondire la figura del demone, la concupiscenza, dal gre-
co “eputumı̀a”, (= intervento della ragione sulla passione). Ciò che sporca
l’uomo non è il ventre, ma ciò che esce dal cuore. E questo è il simbolo
della attività psichica conscia. Lo sguardo cosciente di bramosia è quello che
90 CAPITOLO 5. LA MAGNA CHARTA DELL’AMORE CRISTIANO

sporca. Secondo la testimonianza dei santi, i demoni entrano nello spirito


dell’uomo attraverso l’immaginazione, che si abbandona al godimento di im-
magini impure depravando lo Spirito. Cristiano maturo è l’uomo che guarda
una donna senza provare nell’immaginazione nulla di sensuale. L’immagina-
zione è il primo organo sessuale. È qui che bisogna operare, stare attenti. In
questo campo la preghiera e la grazia (il cavallo bianco, cioè Cristo, facendo
riferimento al racconto di san Giorgio), sono le sole armi efficaci. La castità
è l’immaginazione totalmente signoreggiata e purificata.
Questo si trova descritto nella vicenda di Tobia, dove si mostra la vittoria
della castità sul diabolico elemento della concupiscenza, sbalorditivo anticipo
del sacramento del matrimonio cristiano.
Tobia incontra una giovane che ha avuto sette fidanzati eliminati tutti
da Asmodeo, demone della concupiscenza. Il simbolo è chiaro. I fidanzati
sono dominati da un elemento demoniaco che si chiama concupiscenza. Esso
fa strage. Attenzione: non significa che tu non devi sentire quella certa
attrazione, ma che quell’attrazione deve arrivare fino alla maturità di un
gesto d’amore, di volere il bene dell’altra persona. La giovane rappresenta,
invece, la castità. “Signore, Tu lo sai, io sono pura”, prega attirandosi la
divina benevolenza. E il giovane Tobia sentiva il cuore martellargli per lei.
La notte delle nozze, l’arcangelo Raffaele - medicina di Dio - dice a Tobia
di incensare il talamo nuziale, trasparente simbolo di purificazione e di pre-
ghiera offerta, sacramento. “Quando ti accosterai a Sara, alzatevi ambedue
e pregate, pregate il Signore di misericordia il quale avrà pietà di voi e vi
salverà”. L’incantesimo diabolico è spezzato dalla castità reciproca di Tobia
e di Sara. Asmodeo è vinto, la concupiscenza distrutta alla radice per opera
della protezione celeste. In ebraico, infatti, Raffaele vuol dire “medicina di
Dio”. Questo medicamento non è altro che la castità presente in ogni au-
tentico amore che si alimenta al divorante fuoco dell’eterno sacramento. La
loro preghiera ne è pervasa. “Signore, se io prendo questa mia sorella non è
per il piacere dei sensi (cieca passione), ma con retta intenzione, secondo la
volontà di Dio”. E insieme dicono: “Amen”.
Prima del peccato, gli uomini andavano vestiti di nudità senza vergogna.
Dopo si vestono di pudore, consci della caduta. Gli istinti sono manipolati
dal campo illuminato della coscienza e della concupiscenza. Attraverso la
coscienza passa la riflessione: non può averla l’animale, ma ce l’ha l’uomo.
I bruti non hanno concupiscenza: il loro istinto è regolato dalla natura, e la
natura è pura. Il prefisso “con” di “concupiscenza” indica l’intervento della
ragione, i cattivi desideri dal cuore. Dice sant’Agostino: “La verginità della
5.3. ASMODEO, DEMONE DELLA CONCUPISCENZA 91

carne è di un ristretto numero di persone, la verginità del cuore deve essere


di tutti”. E va contemporaneamente conquistata e ottenuta in dono da Dio.
Nella bellezza di un corpo sia rinviato lo splendore dello spirito, dalla bellezza
dell’anima sia rapita la contemplazione di Dio. Pregare prima del rapporto
coniugale, Tobia capitolo 8.
Dall’esperienza di una coppia: “Ci conosciamo da circa vent’anni, quattro
di fidanzamento e sedici di matrimonio e abbiamo tre figli. Il nostro cammino
di amore e di castità, la castità è una conseguenza del vero amore, è un dono
di Dio. Da tanti anni siamo membri di un gruppo di preghiera e di carità e
abbiamo una buona guida spirituale. Da fidanzati, per grazia di Dio che è on-
nipotente, il nostro amore fu bianco, i nostri corpi rimasero sempre nascosti,
rispettati reciprocamente. Talvolta, per baci e abbracci troppo appassionati
ci siamo sentiti in colpa e nella confessione abbiamo trovato la forza per vive-
re la tenerezza e combattere la malizia. Pensavamo che per pochi minuti di
eccessiva passione la nostra coscienza passa ore di inquietudini. Allora deci-
devamo di frenarci un po’ per non diminuire la gioia e la pace successive agli
incontri. No, non eravamo e non siamo scrupolosi, ma desideriamo avare una
coscienza delicata, bene illuminata e sensibile alla grazia di Dio. Poiché l’a-
more è soprattutto dirsi tutto e poi darsi tutto, poiché l’amore è soprattutto
parola, confidenza, fiducia reciproca. Noi pregavamo tanto la parola di Dio
e ci parlavamo per ore ed ore. Alle soglie delle nozze facemmo una stupenda
scoperta: avevamo la forte certezza di conoscerci talmente che il dono dei
nostri corpi non avrebbe rivelato chissà quali sconosciute novità. E ne avem-
mo conferma la prima notte. Conoscendoci nell’anima intuivamo i nostri
corpi. Si pensa che la curiosità maschile o la voglia di esibizione femminile,
la tensione psichica dell’attesa, il controllo sull’attrazione fisica siano quasi
insopportabili. Questo perché non si affida tutto a Gesù che smorza ogni
eccesso e mette ordine. Tante volte abbiamo pregato cosı̀ “nelle tue mani, al
tuo sangue o Gesù affidiamo la gestione dell’attrazione fisica e l’attrazione che
viviamo”, e Gesù ci rasserenava completamente. Nel matrimonio abbiamo
vissuto l’amore sessuale con gioia, gioco, ammirazione, aperti e accoglienti
verso la vita. San Tommaso d’Aquino ha pienamente ragione: più la natura
è pura, più grande e più profondo è il godimento dei sensi. Talvolta abbiamo
conosciuto degli eccessi di cui ci siamo pentiti e confessati, ma qui vogliamo
raccontare di un particolare incontro di unione che abbiamo vissuto, la cui
memoria è impressa a fuoco nella nostra mente. Noi siamo convinti della
bontà del piacere erotico nuziale, benedetto da Dio. Tutti siamo nati grazie
al piacere di un rapporto dei propri genitori. È il peccato, definito come di-
92 CAPITOLO 5. LA MAGNA CHARTA DELL’AMORE CRISTIANO

sequilibrio e disarmonia, che purtroppo sporca e guasta. Ma la preghiera è il


potentissimo mezzo per riequilibrarci e per essere casti nel matrimonio, cioè
moderati e ordinati nel dono gioioso dei sensi. Vivevamo un periodo molto
sereno, molto unitivo tra noi. Ci sentivamo una cosa sola, sempre insieme.
Anche quando per impegni di lavoro eravamo lontani. Ma era una lontanan-
za confinata nello spazio: il cuore aveva un calore di tenerezza costante. Una
domenica, di comune accordo, volemmo vivere una giornata di ritiro spiritua-
le di intensa preghiera in vista di un rapporto sessuale come quello di Tobia
e di Sara, che pregavano prima di abbracciarsi e di unirsi. Quale mezzo più
potente della preghiera per metterci al sicuro dalla malizia, dall’abuso, dal
possesso egoistico che minacciano la gioia della consumazione matrimoniale?
Facemmo una bella confessione perché la confessione bombarda il male, e
dà la forza per sfuggire le occasioni e vincere le tentazioni. Quella notte i
nostri cuori, i nostri corpi esplosero nella luce. È molto difficile parlare di
queste cose. Come partner l’uno sconfinò nell’altro, ricevendo lo stesso dal-
l’altro in una rigenerazione originale. Essere fuori di sé in due è una grazia
immensa, fuori di sé, immersi nella vita, in Dio, in un vortice di dono e di
circolazione del dono stesso: Eravamo incinti reciprocamente nello spirito di
altri che amiamo e nello stesso tempo eravamo desiderosi al massimo di avere
una carne sola, un bambino da concepire, grazie al quale il sangue del nostro
amore non sarebbe stato che uno solo inseparabile. Ci sentivamo molto lievi,
acorporei, con una coscienza maggiorata fuori del tempo, tutto il mondo era
lı̀ nel nostro abbraccio. Il resto non importava più: liberi dal passato e dal
futuro, presenti solo nel presente. L’eternità non è un presente continuato?
Lo toccavamo con mano. Dilatati e bellissimi nel viso, nella pelle, nel sorriso,
ma soprattutto nell’anima sconfinata e unica, unione di Dio e di noi insieme.
Ci sembrò di vivere l’esultanza di un mattino di Pasqua, dove le campane
suonano a distesa, le rondini volano nei cieli e i bimbi vestiti a festa giocano
nella gratuità. Fu un salto nella contemplazione, un affacciarsi incantati al
mistero dell’amore uno e trino, un diventare quello che si guarda. Non era
possibile possedere l’infinito, ma era possibile essere posseduti e cosı̀ parte-
cipare. Tutte la paroline d’amore di quella notte, anche se sussurrate, ad un
certo punto lasciarono spazio al silenzio, il silenzio favoriva la concentrazione
grazie alla quale raggiungevamo il centro, il top dell’unione. Allorquando
l’uno diventava l’altro e ambedue diventavamo un po’ divini, esuberanti di
vita da offrire in pienezza al mondo intero. Questo sı̀ è l’amore. Avemmo
la indicibile certezza. L’amore esiste, la gioia di quella notte fu tale e tanta
che saremmo stati felici e pronti per il salto nella morte che fissa in eterno
5.3. ASMODEO, DEMONE DELLA CONCUPISCENZA 93

il proprio stato d’amore. Passammo tre giorni nella continua gratitudine al


Signore”.
Può accadere, soprattutto in chi è giovane, questa forma di illusione. Per
cui soltanto dopo una prova, dopo una qualche tempesta di qualche tipo,
essenzialmente affettiva, può cominciare a vedere se ci sono gli elementi, se
la persona ha i piedi per terra. Altrimenti si può illudere e può illudere anche
la persona. Questo accade sia quando i due sono fidanzati, sia per chi va alla
consacrazione.
Generalmente, quando arriva una tempesta, trovi che una persona che
ti diceva: “Caschi il mondo mi devo consacrare, prego Dio, sto ore ed ore
davanti al Santissimo. . . ”, cambia improvvisamente. Mi è capitato il caso di
un ragazzo che ha buttato al macero Dio, la Chiesa, i sacramenti. . . Perché
è stato deluso nella sua presunzione di essere un san Francesco nato, calato
dal cielo. Non esistono queste cose. Esistono persone che fanno la fatica di
camminare nella storia mentre fanno le cose più ordinarie di questo mondo,
come Tobia. Dopo una giornata in cui hai camminato su una terra infuocata,
i piedi sono indolenziti. Per cui il refrigerio di un po’ d’acqua è la cosa più
normale di questo mondo.
Allora, mentre la vita di Tobia scorre nella normalità, dalle acque (le
acque, nella Bibbia, significano le difficoltà della vita) che non risparmiano
nessuno ad un certo momento emerge un grande pesce che lo vuol divorare,
e tenta di ucciderlo. Ma l’angelo lo esorta: “Prendilo! Lui vuol divorare te?
Bene! Facciamo il contrario: divora lui! Prendilo, uccidilo: estrai questi utili
medicamenti. Scarta tutto quello che è da scartare: metà lo arrostiamo e ce lo
mangiamo; metà lo saliamo e lo mangeremo strada facendo”. Cosa c’è al di la
di questo linguaggio? Una realtà veramente profonda. Questo è uno dei passi
che anticipano quello che accadrà in Gesù Cristo e, in particolare, quando
Gesù Cristo vince la morte. Nel libro di Tobia ci sono varie anticipazioni di
una realtà che sarà completata da Gesù.
I primi capitoli della Genesi dicono che il matrimonio è aiuto e comple-
mentarità. Il libro di Tobia dice che non basta essere Azaria, cioè “aiuto”:
rivela che la realtà del matrimonio deve essere anche guarita. Ci vuole la
medicina di Dio. Conferma che l’avventura umana, con il matrimonio, è un
aiuto: l’angelo che il Signore ti mette accanto nel cammino della vita, ma
dice anche che questa realtà è soggetta ad un male. E deve essere guarita
con la medicina di Dio. Allora il matrimonio deve riattualizzare l’amore di
Cristo per la Chiesa: se ti sposo, ti devo rivestire di misericordia, perché tu
sei anche malato, hai i tuoi limiti umani. E questa è un’ulteriore rivelazione.
94 CAPITOLO 5. LA MAGNA CHARTA DELL’AMORE CRISTIANO

Al matrimonio allora, non ci si deve andare sprovveduti, perché la morte


ingoia e trascina giù. Si deve andare ben equipaggiati, bisogna avere ben
chiare alcune cose. “è vero, Sara è una bella ragazza ma tutti quelli con cui
è stata sono morti e io sono figlio unico. . . ”, dice Tobia.
“Sı̀, ma tu non ti comporterai come loro, che ci sono andati cosı̀ sprovve-
duti, tu ti ricorderai del fiele, vi metterete a pregare”, risponde l’angelo.
Quando la serva va a controllarli, dormono un sonno tranquillo e profon-
do. La tragedia non si è consumata, la tomba è stata richiusa. Per cui al
matrimonio non ci si va cosı̀. Al matrimonio ci si va equipaggiati. Di che
cosa? Di Gesù Cristo. Lui è il modello.

5.4 Vincere la morte


Allora le difficoltà della vita che sorgono all’improvviso, dalla normalità delle
occupazioni quotidiane, tendono a travolgerti. Ma proprio quella morte che ti
vuole uccidere, diventa uno strumento per te, un’occasione per te, una grande
opportunità. Quella di partecipare di Gesù Cristo, che vince la morte.
Questo è il “kerigma” (= l’annuncio essenziale). La morte è stata vinta.
Il pesce, anziché divorarti, viene divorato da te. È proprio un rovesciamen-
to di prospettiva, una cosa impensabile per l’uomo. Se non si ha ricevuto
questo annuncio, si continua a vivere dominati dalla paura della morte: si è
nemici della croce di Cristo. Tocchi ferro, fai le corna quando ti si prospetta
qualche difficoltà. Viviamo in una società, in una cultura che coinvolge tutti:
i familiari e gli amici. Tu stesso dici: “Non faccio questo per non farlo sof-
frire”. Tutti fanno per non farti soffrire, per darti la sicurezza: è la grande
prepotenza e presunzione dell’uomo che vuole la sicurezza a tutti i costi. Qui
c’è stato il terremoto: in dieci secondi sono cambiate completamente tutte
le prospettive. Quasi a dire, come dice anche il Vangelo, che la vita non sta
nelle ricchezze, in tutto quello che puoi organizzare intorno a te, perché la
tua vita sta sempre nelle mani di Dio. Quella è veramente la sicurezza.
Vincere il pesce. Ecco qual è la grande notizia. In Cristo la morte è stata
vinta. E anche noi dobbiamo vincerla. Come? Mano nella mano a Gesù
Cristo.
L’annuncio essenziale, la Buona Notizia, è molto semplice: Cristo è morto
e risorto. E questo fatto, avvenuto nella vita di Cristo, si può e si deve
riattualizzare nella tua vita. Come nell’episodio che voglio raccontarvi.
La vicenda si svolge a Orvieto, quattro anni e mezzo fa. La protagonista
5.4. VINCERE LA MORTE 95

è una ragazza di diciannove anni, che chiameremo Letizia. Ha finito gli studi
superiori e vuole andare all’università. I genitori, però, sono poveri. Allora
lei si rimbocca le maniche, si dà da fare per procurarsi un po’ di denaro e va
a fare - nel mese di maggio - la baby-sitter presso una famiglia. Accudisce
due bambini. Questa famiglia - a giugno - si trasferisce e va in una zona
delle alpi orientali, in un paesino di villeggiatura. E lei anche. In questo
paesino di montagna ci sono altre persone che stanno a villeggiare e hanno
i bambini. Letizia era una ragazza cosı̀ splendida e bella che incantava. E
comincia a raccogliere i bimbi dei villeggianti fino a creare un piccolo asilo.
Cosı̀ tutte le famiglie parlano di questa ragazza limpida, trasparente, piena di
entusiasmo, di gioia e di bellezza prorompente. Dopo un po’ di tempo, però,
viene fatta oggetto di speciale attenzione da parte di un uomo di trentasette
anni, sposato, che vive lı̀ con la moglie e due figli. Quest’uomo bussa, bussa
e bussa. La ragazza, di fronte alla bellezza di lui, alla prestanza e alla sua
capacità di coinvolgere e di saperci fare, sente che sta crollando. Però sente
vibrare dentro di sé le forze dell’onestà e della rettitudine di fronte a un uomo
sposato. E si trova in un dramma: ecco che, come per Tobia, nel mezzo della
quotidianità emerge un pesce che vuole divorarla. E allora, in un sussulto
di vita e di liberazione, senza dire niente a nessuno, parte di notte, e arriva
a Vietri, vicino a Salerno dove un’amica le ha detto che c’è la possibilità
di andare a rassettare le camere negli alberghi. Proprio per tagliare ogni
ponte, per uscire da un dramma incombente, come quando arrivano quei
nuvoloni che annunciano il temporale. Lei non sa spiegarsi come lui abbia
fatto a sapere dove si trovava, ma la raggiunge. La situazione è veramente
drammatica. Sente che la morte ormai la avvolge, che si trova di fronte a un
tunnel, a un torrente che la spinge inesorabilmente. Decide di confidarsi con
la sorella. La sorella si precipita lı̀, vede la situazione, la prende e la porta a
casa. A casa succede un dramma: la mamma si fa venire gli svenimenti per
quello che sta succedendo, il padre la ricopre di botte, il prete le fa filippiche
e prediche a non finire. . . E il dramma esplode. E questa ragazza, che era la
felicità in persona, quando io l’ho incontrata - era la fine di agosto - mi ha
pregato insistentemente di parlare perché la situazione era veramente difficile.
Ci siamo seduti e l’ho ascoltata. Dopo che lei aveva parlato un paio di ore, io
non ho detto una parola e ho concluso dicendo: “Guarda, ti è già stato detto
tutto. Io non ho proprio nulla da aggiungere a quello che ti è stato detto”.
Ed era vero, perché tutto le era stato detto. A livello di cervello lei sapeva
tutte le cose. Molto delusa, raccoglie la sua borsetta e fa per andarsene.
Quando è sulla porta io la richiamo e le dico: “Senti, Letizia, ma tu ci vai a
96 CAPITOLO 5. LA MAGNA CHARTA DELL’AMORE CRISTIANO

messa alla domenica?”.


“Sı̀”.
“Ma tutte le domeniche?”.
“Sı̀”.
“Ma tu ti confessi, preghi, ricevi l’eucarestia?”.
“Sı̀”.
E allora l’ho richiamata e l’ho invitata a sedersi. Ho preso un foglio
bianco, grande, e ho cominciato a dirle: “Senti. Tu vivi una situazione di
agonia. Tu stai vivendo sulla tua pelle quello che ha vissuto Gesù Cristo.
Ti caratterizzano gli stessi sentimenti, la stessa situazione di Gesù Cristo
nell’Orto degli Ulivi, quando era pervaso e intriso di paura e di angoscia.
“L’anima mia è triste fino alla morte”, diceva. Ecco, io in te vedo tutti questi
elementi. Tu partecipi di questo mistero, adesso. Certo, non sei arrivata a
sudare sangue, Gesù Cristo c’è arrivato. Possiamo immaginare che Lui stesse
un passo più avanti in ordine alla sofferenza. Vedi, Gesù poteva rifiutarsi di
vivere quella situazione, poteva non entrare nella morte. La morte, nella
Bibbia, è un concetto molto più ampio di quello che abbiamo noi. Per noi
una persona è morta quando non respira più, quando è cadavere. Nella Bibbia
morte significa “malattia”, “depressione, “disagio, “disperazione, “angoscia.
E Gesù poteva non entrarci, perché era Dio. Però Lui nella morte ci è entrato
perché tu ci sei entrata. Tu non hai la capacità di Dio, tu sei una creatura
umana e non hai la forza per uscire da determinate situazioni. Ora, Gesù
Cristo, perché ti ama, è venuto con te nella tua agonia, per partecipare di
te, per farti partecipare di questo movimento che è il suo. . . ”.
Mentre annunciavo a questa ragazza il “kerigma”, mi accorgevo che mi
ascoltava, cioè intuiva e mi capiva, che aveva fede. E io so, per esperienza,
che quando una persona ha fede, poi il miracolo della risurrezione avviene.
E ho continuato: “Tu hai fatto come Gesù: hai sollecitato gli apostoli, hai
sollecitato tua sorella, poi sono intervenuti i tuoi familiari. Però vediamo che
anche gli apostoli, alla fin fine, che hanno fatto? Il dramma lo viveva Gesù,
loro erano mezzi addormentati, non capivano niente, erano delusi. I tuoi
non si sono addormentati, ma ti hanno dato botte. In fondo, che dovevano
fare? Tu rimani nel tuo dramma, il dramma ce l’hai tu. E poi ti sei fermata
qui. Ora potresti continuare a muovere i tuoi passi là dove li ha mossi Gesù
Cristo. Gesù stava nell’angoscia, ha sollecitato gli apostoli e poi ha detto:
“Sia fatta la tua volontà. Ma come, una realtà cosı̀ squallida, cosı̀ brutta?
E anche la realtà di Gesù era squallida, sai? Uno l’ha rinnegato, un altro
l’ha tradito, altri ancora se ne sono andati o se ne sono lavati le mani, o
5.4. VINCERE LA MORTE 97

hanno istigato la folla. . . Era una situazione squallida. Anche intorno a te si


muove un mondo di squallore, il mondo umano. Però anche lı̀ si dispiega il
mistero di Dio. Nulla accade cosı̀, fuori dall’occhio e dalla portata di Dio,
e soprattutto nulla accade che possa sfuggire alla mano di Dio. Soltanto
Dio ha la capacità di trarre qualche cosa di grande, di bello e di stupendo
anche dalle cose più squallide di questo mondo. Come è avvenuto in Gesù
Cristo, soprattutto nella sua passione, morte e risurrezione. Perché è capitato
proprio a te non lo so. Ma so che questa è la tua parte. Ognuno nella sua
vita ha la sua parte, nessuno è esente, nessuno cala dal cielo, nessuno vive
sulle nuvole: tutti viviamo su questa terra. Questo adesso è il tuo cammino,
qui si dispiega per te una provvidenza: “Sia fatta la tua volontà, Signore.
Poi vediamo che Gesù pregava molto più intensamente. E come pregava?
Recitava una giaculatoria: “Abbà, Padre. Qui Gesù coscientizza al massimo
il fatto di essere figlio di Dio, lo dice e lo ripete, senza stancarsi mai.
Vedi, Letizia, tu sei cristiana ma per te essere figlia di Dio è un fatto
irrilevante. È vero che quando ti sei battezzata hanno fatto festa, ma oggi,
se tu dici: “Sono figlia di Dio, per gli altri non significa niente. Se dicessi
“Sono figlia di Berlusconi, allora. . . E tu ti gonfi: “Figlia di Dio. . . Niente,
si girano dall’altra parte e fumano una sigaretta. Ma questo è un fatto
straordinario, un capovolgimento: sei chiamata ad entrare nella famiglia di
Dio, sei già dentro la famiglia di Dio. Sei figlia di Dio. Vedi, quando si
crea il deserto si stabiliscono bene i legami con Dio. La condurrò nel deserto,
parlerò al suo cuore e la fidanzerò a me, dice il Signore. Guarda che il deserto
non è quel luogo che divora e distrugge tutto. È anche questo. Ma è anche
uno spazio singolarissimo, dove tu coscientizzi il fatto di essere figlia di Dio.
“Abbà, Padre. Attenta che tu, come tutti, come il sottoscritto, vivi su un
trono d’oro e fai la figura di un mendicante che va a implorare cinque lire.
Questa è la situazione umana. Siamo figli di Dio, cioè abbiamo un Padre
che ci potrebbe affogare nei suoi doni, ma non lo coscientizziamo, non glielo
chiediamo, non ci crediamo proprio”.
Vedevo che la ragazza aveva fede, mentre le annunciavo queste cose. Que-
sto mi riempiva il cuore di speranza, perché quando io incontro una persona
che non accoglie la parola di Dio o la confonde o la sostituisce con una pa-
rola umana, mi si spegne il cuore, non sono neanche più motivato ad andare
avanti. Questa è una realtà che ha senso, valore e portata soltanto nell’am-
bito della fede, di una adesione per fede. E trovavo che questa ragazza aveva
fede. Le ho detto che anche lei avrebbe dovuto pregare. Però capisco che
una ragazza di diciannove anni, per quanto fosse stata vicina alla parrocchia
98 CAPITOLO 5. LA MAGNA CHARTA DELL’AMORE CRISTIANO

e si impegnasse, avrebbe potuto incontrare delle difficoltà. Allora le dissi che


l’avrei fatta aiutare dalle clarisse. Proprio nei giorni seguenti, a Città della
Pieve, dove c’è un monastero, si consacrava una ragazza, più o meno della
sua stessa età. Io sono andato là e le ho detto: “Guarda che a pochi chilo-
metri da qua una tua coetanea vive questo dramma. Ricorda che la tua vita
è consacrata, cioè consegnata a Dio proprio per questi motivi”. Immaginate
quanto ha pregato questa ragazza, coinvolgendo tutta la comunità.
Poi ancora, Gesù aspetta una forza dall’alto. La forza dall’alto è la fede.
Essa ti dice che ci sono delle situazioni umane di morte tali per cui tu, facendo
riferimento solo alle tue energie, non puoi fare niente. Una persona davvero
legata, è con le spalle al muro: umanamente non c’è niente da fare. L’incon-
scio della persona è tutto proiettato verso quell’uomo, verso quella donna,
che sia sposato, che sia un drogato, che sia un delinquente. . . La ragione dice
che è impossibile, però i sentimenti sono quelli e non si può farci niente. Op-
pure, nella Bibbia, da una parte c’erano gli egiziani, un esercito armatissimo
e schierato, dall’altra il Mar Rosso. Nel mezzo gli ebrei. “Ma perché ci hai
portato a morire qui nel deserto, non c’erano sepolcri in Egitto?”, chiedono
gli ebrei a Mosè. Queste sono le situazioni ideali per l’intervento di Dio.
Perché Dio ti fa inequivocabilmente capire che con le tue sole forze non puoi
farcela. Sai che le risorse umane sono finite: quello è lo spazio adeguato per
l’intervento di Dio. La sproporzione è lo spazio della fede.
Gesù ha aspettato una forza dall’alto. L’io di Gesù Cristo, di fronte a
quella situazione, non è caduto in depressione. Non è un io distrutto, ma
un io forte. E ha fatto fronte a tutto quello che ne è derivato in maniera
unica e inaspettata. Il Vangelo di Giovanni dice a chiare lettere che hanno
fatto il processo a Gesù Cristo, ma chi ha fatto veramente il processo agli
uomini è stato Lui. Lui ha mostrato che cosa c’era nelle profondità del cuore
di Erode, che cosa c’era nel cuore di Pilato, nel cuore della gente, nel cuore
degli apostoli. . . Lui ha fatto il processo totale e definitivo, di fronte alla
storia umana. E questo rimane il prototipo di quello che accadrà sempre
nella storia. Allora Gesù Cristo conserva un io forte. Anche tu, se vuoi
conservare un io forte e non soccombere (il soccombere, generalmente, si
traduce nella depressione) prendi il Vangelo di Marco, capitolo 14, 32-42 e
imparalo a memoria. Aggrappati a Gesù Cristo, se no per te è finita. È
come un imbuto che ti porta giù. È assaporare la morte su questa terra.
Il passato ti si arrotola dietro come un tappeto e ti schiaccia, per cui tutto
diventa pesantissimo, tutto è sbagliato e insopportabile. Il futuro ti si chiude
e tu stai lı̀ in mezzo come schiacciato da una tenaglia. Spesso la persona non
5.4. VINCERE LA MORTE 99

resiste e si uccide. E cosı̀ si consuma il tuo venerdı̀ santo.


C’è anche un sabato santo, caratterizzato dal silenzio di Dio. È caratte-
rizzato dalla macerazione: la sofferenza non te la toglie nessuno. È carat-
terizzato dalla discesa agli inferi. La discesa agli inferi significa pervenire a
una profondità di esperienza umana, di esperienza di Dio, di esperienza della
drammaticità del peccato dell’uomo: significa pervenire a quelle profondità
dove non si arriva per altra strada che per la strada della sofferenza. Una
persona che ha sofferto può capire. Non si impara sui libri, non viene raccon-
tato: o l’hai sperimentato e lo sai o non l’hai sperimentato e non lo sai. Si
arriva alla profondità del mistero dell’uomo, dell’uomo peccatore: al mistero
della morte e anche al mistero di Dio. È la strada per arrivare a un’altra
qualità di vita.
Poi ci sarà una domenica di risurrezione. La domenica di risurrezione è
caratterizzata da un fatto: Dio ha un corpo, è Dio ma è uomo. Perché ha
preso un corpo? “Non ha voluto sacrifici né offerte, un corpo mi hai dato.
Perché io venendo possa dire “Sia fatta Signore la tua volontà”. Lui, in
questa vita nella carne, in questo suo essere uomo, ha accettato la morte.
Ma da questa situazione di morte è esplosa una realtà totalmente nuova,
della quale noi possiamo soltanto balbettare, e che chiamiamo risurrezione.
È la vendetta di Dio: il suo modo di agire, la sua rivendicazione, il suo rifarsi.
È il modo di Dio di risolvere i problemi. Quando hai esplicato tutta la tua
libertà, e se prende una inclinazione di male, vai avanti e alla fine ci sono
solo le ceneri della morte. Dalle ceneri della morte parte la rivincita di Dio,
il rifarsi di Dio: la risurrezione. Allora tu hai avuto il coraggio di accettare
una morte e Dio ti proporrà una soluzione inaspettata, inaudita, fuori da
ogni prospettiva o capacità di concezione umana. È una realtà totalmente
nuova. Questo lo sai soltanto per fede, questo è il modo di agire di Dio. Non
esiste il Dio delle tue proiezioni, non esiste il Dio che ti sei immaginato, che ti
mette là la mano, ti sorregge, ti toglie dai pericoli. Questo dio esiste soltanto
nel tuo cervello. Esiste il Dio che si accompagna a te nel tuo cammino della
morte perché proprio al momento giusto, quando tu hai coscientizzato che
non puoi far più niente, quando la morte ti ha divorato, Lui parte con la sua
stupenda, originale soluzione.
Tu adesso hai accettato questo, e Dio ti farà risorgere. Però la risurrezione
non è magica, avverrà al terzo giorno. Terzo giorno nella Bibbia significa tre
giorni, tre settimane, tre mesi. . . Cioè uno spazio di tempo non eccessivamente
lungo, non determinato e conforme all’andamento delle vicende umane.
Nel caso di Letizia il terzo giorno si è compiuto nel mese di novembre.
100 CAPITOLO 5. LA MAGNA CHARTA DELL’AMORE CRISTIANO

Eravamo all’alba del terzo giorno. Già si cominciavano a vedere prospettive


di soluzione, già non stava più in un legame psichico terribile come l’avevo
trovata le prima volte. Prima di Natale - eravamo in pieno giorno, piena
risurrezione - Letizia era passata dentro questo tunnel di morte ma mano
nella mano di Gesù Cristo: è una ragazza nuova, è una ragazza che si è
buttata alle spalle tutta questa realtà. Chi è Dio nessuno glielo deve più
spiegare né annunciare: lei lo sa, perché l’ha sperimentato sulla sua pelle.
E le è costato sangue, le è costato vita. Letizia si è sposata nel settembre
scorso. Beato colui che se l’è sposata, non soltanto perché è bella - tutte le
donne sono belle - ma perché è ricca di un’esperienza che ti fa impazzire. Le
parole di grazia che escono dalla sua bocca, la luce che esce dai suoi occhi
sono un incanto. Quella sı̀ che è una persona da godere.
Dal mese di maggio a prima di Natale è avvenuto tutto quello che è
avvenuto e adesso è una ragazza nuova. Ha sperimentato la potenza della
risurrezione di Gesù Cristo nella sua vita.
Certamente qualcuno di voi si sarà chiesto: “Ma se questa ragazza non
fosse andata alla messa tu tutte queste cose non gliele avresti dette?”.
Se lei non fosse andata alla messa non gliele avrei dette. Semplicemente
perché quanto detto non è una teoria, è una persona. Si chiama Gesù Cri-
sto, vivo, vivo oggi, vivo con un corpo, vivo con un’intelligenza, vivo con un
cuore. . . Il destino di una persona è relativo al grado di amicizia che ha con
quest’uomo. Non con le pagine del Vangelo, che possono diventare una dot-
trina, una teoria, che però non ti serve. Come nel caso di certi espertissimi
teologi atei, che conoscono a menadito il Vangelo ma non hanno nessun con-
tatto con Dio. Il contatto con Dio, l’amicizia con Dio, non è una realtà che
si improvvisa: è una realtà che c’è o non c’è. Se l’amicizia con Gesù Cristo
c’è, gli dai la mano, passi in mezzo alla morte come gli ebrei sono passati
attraverso il Mar Rosso: le grandi difficoltà, le grandi acque si trasformano
in una muraglia a destra e a sinistra, attraverso la quale gli ebrei passarono
a piedi asciutti, perché invocarono il nome del Signore. Ci volevano passare
anche gli egiziani, senza invocare il nome del Signore, e le acque rifluirono e
non uno ne scampò. Tutti stecchiti. Di fronte alla morte non si salva nes-
suno. Non ce n’è uno che si salva. La morte travolge tutto e tutti. Si salva
chi invoca il nome del Signore. Non è che gli ebrei fossero più buoni degli
egiziani, o più religiosi. Non è questo che conta. Non conta se sei buono
o se sei cattivo: Dio ama tutti. Ama di più i peccatori e i diseredati. Qui
è questione di invocare il nome del Signore. Gli ebrei, quando stavano nel
deserto, venivano morsi dai serpenti. Il veleno, il peccato, invade la vita.
5.4. VINCERE LA MORTE 101

La Bibbia dice che basta guardare quel serpente innalzato per essere guariti.
Soltanto guardando con amore quel serpente innalzato, che è Gesù Cristo.
Il serpente, per gli egizi, significava la vita. Allora solo guardando Colui che
dichiara: “Io sono la risurrezione e la Vita”, ti salvi. Però questo non lo si
improvvisa. O c’è o non c’è. Se non c’è, quando arriva la morte, ti travolge.
In Letizia c’era perché, al di là di tutti gli avvenimenti, conservava uno
sguardo di speranza. Nonostante le cose non andassero bene, non aveva
smesso di andare a messa. Quando le cose vanno male, a maggior ragione ci
devo andare, perché più il veleno mi invade, più devo aggrapparmi alla Vita.
Invece uno fa un peccato e non va più in Chiesa. E il nemico non va cercando
altro, per divorarlo, per ucciderlo. Quella ragazza aveva fede, aveva speranza.
Il mondo ci crolla addosso, ma “Da chi andremo? Solo Tu hai parole di vita
eterna”. E là, la risurrezione ha fatto irruzione. Appena le ho annunciato
il “kerigma”, lei ha subito aderito, perché c’era tutta la predisposizione. Ho
sperimentato che quando una persona non ha il contatto con Gesù Cristo
annunciare il “kerigma” quando già le fauci della morte hanno fatto presa,
non serve.
Mi trovavo dalle parti di Napoli per una missione. È venuta una signora
e mi ha presentato una ragazza di ventidue anni. Mi ha detto: “Padre, io
questa creatura l’ho generata due volte”.
“Che significa, signora?”.
Mi ha raccontato che quando aveva sedici anni si era fidanzata con un
ragazzo. Erano stati insieme sei o sette anni. A ventidue anni, improvvisa-
mente, quando già preparavano le nozze questo la lascia. E dopo due mesi si
sposa con un’altra.
Questa ragazza è colta dalla morte. Per cui si mette a letto e vuol lasciarsi
morire perché non ha la capacità di sopportare una sofferenza cosı̀ grande.
La mamma le apre la bocca e le dà omogeneizzati per farla sopravvivere. Non
c’erano amici, non le interessava nessuno. . . Voleva soltanto morire. Era cosı̀
malridotta, quando è venuta. Ho tastato un po’ il terreno per vedere se c’era
qualche granellino di fede. Non c’era. E allora dissi: “Signora, la porti da
qualche neurologo, da qualcuno che la faccia un po’ riprendere umanamente.
Signora, lei non me la deve portare adesso che la morte se l’è divorata, me la
doveva portare quando giovincella, a quindici, sedici, diciotto anni andava a
braccetto con il suo fidanzato per le strade di Napoli a visitare i negozi. . . Ha
sbagliato i calcoli. La vita non sta in queste cose. Non sta nell’avere, non
sta nel potere, non sta nell’apparire. Famiglia molto nobile, ma alla messa
ci andava questa figliola?”.
102 CAPITOLO 5. LA MAGNA CHARTA DELL’AMORE CRISTIANO

“Beh, a messa ci va la povera gente”.


Quando arriva la morte, non guarda in faccia nessuno. Stronca decisa-
mente. Si salva chi procede mano nella mano di Gesù Cristo. La morte
diventa allora una grande muraglia d’acqua a destra e a sinistra e tu passi
a piede asciutto. Ma queste cose non si possono improvvisare. Queste co-
se, sempre guardando a Gesù Cristo, le devi meditare, riflettere e pensare
quando la vita ti sorride, quando la vita ti va bene. Gesù, Pietro, Giacomo e
Giovanni sono saliti sul monte, il monte della Trasfigurazione, nel contesto di
una grande gioia, di una grande luce, tanto che Pietro vaneggiava. “Restia-
mo qui, piantiamo tre tende”. Chissà che pensava. Lı̀, Gesù Cristo discuteva
con Mosè e con Elia, cioè discuteva con la Scrittura, faceva la stessa cosa
che facciamo noi adesso. Mosè significa i primi cinque capitoli della Genesi,
Elia è il prototipo di tutti i profeti. Di che cosa discutevano? Di quello che
sarebbe accaduto a Gerusalemme, dell’esodo che sarebbe avvenuto in Geru-
salemme. Per cui Gesù Cristo, quando arriva la morte, si comporta come da
copione. Non è che alla morte ci si va cosı̀, perché quella ti sorprende, diceva
Gesù, come un ladro. Si avvicina la morte con la consapevolezza di ciò che
si è appreso dalla rivelazione.
Adesso per voi si riattualizza il monte della Trasfigurazione, perché è ades-
so che voi vi confrontate con la Scrittura, in vista di quell’evento che prima
o poi arriverà, arriverà o in una forma violenta o in una forma attenuata, ma
arriverà. Beati quelli che sono equipaggiati.
Tre anni fa, da Gualdotadino, qui vicino, è venuta una signora e mi ha
portato la figlia, di diciannove anni. Mi dice: “Giovanni, fa’ qualche colloquio
con lei, ché ha certi problemi psicologici”.
“Ma guarda, io non sono uno psicologo e non ho tempo. Io faccio il frate,
sono sacerdote”.
“Ma no, ma fallo. . . ”.
E ho fatto quattro colloqui con questa ragazza. Aveva veramente dei
problemi psichici abbastanza rilevanti. Psicologicamente ho cercato di fare
quello che ho potuto, però poi ho giocato la mia carta vincente che tiro
sempre fuori, che è stata quella di invitarla al corso, prima al vocazionale,
poi a quello per fidanzati.
Nel corso si è accesa un po’ di fede. In questa ragazza ce n’era poca,
però si accese un lumicino. E di fede ne basta quanto un granellino di sena-
pe, poca poca, “Ma che sia la fede diritta”, direbbe san Francesco. E cosı̀
conservammo l’amicizia.
Passarono alcuni mesi e alla mamma di questa ragazza venne un cancro.
5.4. VINCERE LA MORTE 103

La ricoverano in ospedale, ci sono metastasi. Un caso grave. Di fronte a


questo evento, che si chiama morte, accade che il marito, che era un po’ la
causa dei problemi dalla figlia, crolla e va a finire in una clinica.
Questa ragazza, poi, aveva un fratello di 24 anni. Io una volta avevo
chiesto a questa signora di lui e lei mi disse che studiava medicina a Perugia,
che era fidanzato, che era un ragazzo bravissimo, eccezionale. La figlia era il
suo problema. Un giorno mi sono azzardato a chiederle. “Ma il suo figliolo,
ci va alla messa?”.
La signora è rimasta un po’ offesa un po’ sorpresa, poi ha risposto: “Beh,
sa, padre, come sono i giovani oggigiorno. Dirgli di andare a messa. . . Però
è buono, è bravo, è la mia soddisfazione, perché studia, dà tutti gli esami
puntualmente, ha la fidanzata. . . Il mio problema è questa ragazza. . . ”.
Quando noi eravamo ragazzini c’era l’uso, dopo aver fatto un’affermazio-
ne, di dire: “Passa l’angelo e dice amen”. E, nella vita di quella famiglia,
è passato l’angelo e ha detto amen. Infatti, il marito si ricovera, il figlio si
mette a letto e vuol morire: abbandona gli studi, abbandona la fidanzata e
sta sul letto.
La sorella, insieme alla nonna, si sobbarca tre mesi notte e giorno in ospe-
dale: è duro stare per tre mesi in ospedale, senza contare la fatica psicologica
di essere di fronte a una persona cara che sta male. Un giorno mi ha detto:
“Mio fratello è un mostro di egoismo!”. Tre mesi in ospedale da sola. E lui
non è stato capace di andare una volta. Sdraiato sul letto. Lei ha dovuto
accudire il padre, che dopo una settimana è uscito dalla clinica, la mamma
e questo fratello, cercando di farlo sopravvivere.
La mamma, dopo quattro mesi di ricovero, è uscita dall’ospedale, poi è
rientrata e dopo due mesi è morta. Prima di morire ha supplicato di poter
rivedere il figlio, ma lui non è stato capace di andare a raccogliere l’ultimo
sospiro della madre e ora, a distanza di tre anni e mezzo, è in alienazione tra
vino, forse droga e donne. . . Niente studi, niente di niente. Alla deriva. . .
La ragazza è diventata un gigante: ha superato tutti i suoi problemi, sta
per sposarsi, insegna. . .
Le conseguenze tiratele voi. Ma una la tiro io. Ed è che voi siete autoriz-
zati a raccogliere il bene dovunque si trovi, e il bene disseminato di qua e di
là c’è dappertutto, ma quando vi si avvicina una persona e vi dice tutte le
sue belle teorie sulla vita, su Dio, su questo e su quello voi ascoltate tutto,
però alla fine domandategli: “Va benissimo tutto quello che hai detto. Ades-
so, però, dimmi qualcosa sulla sofferenza e sulla morte, perché io sono una
104 CAPITOLO 5. LA MAGNA CHARTA DELL’AMORE CRISTIANO

persona che soffre e che muore e intorno a me ci sono persone che soffrono e
che muoiono. . . ”.
E constaterete che su questo punto nessuno ha niente da dire. Perché
proprio non c’è niente da dire. E allora riconsegnate tranquillamente le belle
teorie a chiunque ve le abbia presentate, perché sapete che sulle cose essenziali
- la morte e la vita - solo Gesù Cristo può dirvi qualcosa. E smettiamo di
dire stupidaggini tipo: “Tutte le religioni, bene o male, sono buone. Sai, si
può fare questo come quell’altro. . . ”. Certo che si può fare in tanti modi.
Ma il problema centrale dell’uomo è vincere la morte. Ed è perché hai vinto
tutte le altre morti che saprai che vincerai anche l’ultima morte. Allora,
guardando alla tua risurrezione e a quella degli altri, non guardi al futuro ma
guardi al passato, a quanto hai sperimentato sulla tua pelle, a quanto hanno
sperimentato le persone sulla loro pelle. E quando avrai verificato questo in
te e in chi ti sta vicino, allora avrai lo spazio per vivere nell’ottimismo, per
vivere tranquillo, per vivere felice.
Questo è il centro, è il “kerigma”. È l’essenza di tutto il discorso. Quando
giungono le situazioni di morte, quello è lo spazio in cui tu assumi i tratti di
Gesù Cristo. Per cui quel pesce che voleva uccidere Tobia, tu lo ricicli per
un bene più grande. Perché tu troverai che tutte le volte che la morte ti ha
aggredito, tu hai assunto i tratti di Gesù Cristo, tu sei diventato un altro
Gesù Cristo, tu sei equipaggiato per avere accesso dentro alla fornace della
Trinità, perché il Padre riconosce soltanto i figli che portano i lineamenti di
Gesù Cristo.

5.5 Guarire la memoria


Il passato può essere vissuto in diversi modi. Posso portarmelo pesantemente
sulle spalle. E condiziona e appesantisce la mia vita, diventando il filtro
attraverso il quale io leggo il presente, un filtro che mi colora la vita, mi
colora le relazioni e lo sguardo che ho sulle cose. Come un paio di occhiali
da sole con le lenti verdi, che mi fa vedere tutto verde intorno a me. E dico:
“Questo ragazzo è verde”.
E lui mi risponderà: “No, guarda che è il tuo filtro che ti fa vedere le
cose cosı̀”. Quindi mi pregiudica nella relazione, che è la cosa più essenziale,
dove si gioca tutto. La relazione è lo spazio dove viene veicolato sia l’amore
e il bene, sia il male e le sue conseguenze (il peccato). Allora guardare al
passato è cosa molto saggia. Siamo figli di Dio e abbiamo il diritto di vivere
5.5. GUARIRE LA MEMORIA 105

da uomini liberi. Cosı̀, il passato, una volta elaborato, può essere vissuto
in maniera completamente diversa. Per cui posso dire: “Sı̀, il mio passato è
pesante, ho fatto delle cose che mi dispiacciono molto e ho fatto tanto male
che mi fa rabbrividire”. Non devo rinnegarlo, né evitare di pensarci. È il
mio male, però è là. È elaborato. Sta là, non mi tocca più. Io sono una
persona diversa. Non mi leggo, né devono leggermi (però gli altri facciano
quello che vogliono) alla luce del filtro del mio peccato, del mio passato, delle
mie storie negative. Non è che lo nego, non dico: “Non c’è!”. O: “Cerco di
non pensarci”. Perché reprimere o rimuovere non è la soluzione. Il passato
negativo pesante si elabora. Si scioglie. Allora, se vado da uno psicologo
perché magari ho un disagio e lui molto saggiamente va a vedere le radici da
cui nasce questo male e quali sono state le relazioni più fondamentali, succede
che mi rimette in quel passato, lo frigge e lo rifrigge, e io rimango come un
albero che è diventato giallo. Allora bisogna andare alle radici, togliere il male
e far sı̀ che l’albero recuperi tutta la propria forza, tutte le proprie energie,
il suo bel colore vitale. Freud, sotto certi aspetti, è stato un genio. Lui ha
studiato questo metodo di guarigione. Una delle sue conquiste è stata guarire
delle donne isteriche. L’isterismo è una malattia tipicamente femminile, ma
è anche maschile. È caratterizzata dal fatto che, tenuto comunque conto che
ogni epoca e ogni cultura esprime la propria forma di isterismo, una persona
assume certi atteggiamenti tipici: cade, sviene, e utilizza questi atteggiamenti
come un tipo di linguaggio.
Nelle cadute è opportuno saper distinguere quando è per un disturbo
isterico o per un fenomeno epilettico, ed è molto difficile.
Una po’ di anni fa, a San Damiano, stavamo facendo un corso in una
piazzola con un centinaio di giovani. Stavamo tutti insieme a ridere e a
scherzare quando una ragazza, improvvisamente, si è messa a urlare ed è
caduta per terra. Tutti si sono terrorizzati. Io l’ho presa di peso e le ho dato
quattro schiaffi. Tutti gli altri si sono scandalizzati: “Che cattivo questo
Giovanni!”.
“Questo è ancora poco”.
L’ho rimessa in piedi e le ho detto. “Non ti azzardare più a cascare per
terra”.
E tutti: “Ma povera ragazza, ma è caduta, ma poverina. . . ”.
L’isterismo è una forma di comunicazione, un modo di comunicare: “Guar-
da che io soffro terribilmente, aiutami!”. Però è un modo di comunicazione
“disturbato”. Quando cade, l’isterico non si fa mai male, perché esamina
tutto molto bene prima, valuta come deve fare. La caduta per epilessia, in-
106 CAPITOLO 5. LA MAGNA CHARTA DELL’AMORE CRISTIANO

vece, avviene per lesioni al cervello: ad un certo punto l’elettricità fa tilt, la


persona si irrigidisce, nelle forme gravi tende a divenire cianotica, e bisogna
intervenire molto prontamente mettendogli in bocca un fazzoletto perché non
si tagli la lingua.
Freud ha notato anche che queste persone hanno a monte un trauma
di ordine sessuale: quando erano piccole avevano subito qualche forma di
violenza di ordine sessuale. Ha notato anche che la qualità dell’intervento
non è dovuta alla gravità di quel che oggettivamente è accaduto, ma alla
risonanza psichica che la persona dà a quell’evento. Poi ha notato un terzo
elemento: che la persona è asciutta dal punto di vista dell’appetito sessuale,
cioè non ha piacere a livello di libido. Il piacere, nei primi tempi, il bambino
lo sente sulla bocca, quindi lo prova mangiando, poi si colloca nell’ano e
lo prova nel defecare (quando un bimbo sui cinque anni fa la cacca fa un
dono, comunica che ha una buona relazione con il mondo). Infine si colloca
nei genitali. Ma di questo passaggio rimangono tracce ovunque. Pertanto
la libido è una realtà dinamica, in movimento, come fosse il fluire di un
torrente che scorre lungo il proprio alveo. Se su questo fluire interviene una
frana e l’acqua non va più per la sua direzione ed esce, abbiamo il sintomo.
Allora Freud sostiene che togliendo la frana, l’acqua dovrebbe tornare al
suo percorso naturale e dovrebbe sparire il sintomo. Come? Con il metodo
delle libere associazioni. In psicanalisi esistono molte diverse teorie che, a
seconda dei casi, danno risultati diversi. Ad esempio, in ordine alle fobie,
ottiene buoni risultati la teoria behaviorista americana, pragmatica, in cui lo
psicologo ti fa stendere sul lettino e ti fa parlare. Da questo parlare, da quello
che può reperire a livello di sogni, lui va a vedere dove insiste maggiormente
il mondo psichico interviene. Il metodo delle libere associazioni sostiene che
all’inizio c’è un disagio: la persona soffre, alcune volte senza neanche sapere
il perché, e deve cercare di recuperare con la mente. È un passaggio spesso
difficile, alcune volte praticamente impossibile: la persona va allora aiutata,
perché talvolta la mente, di fronte a un fatto traumatico, che ha provocato
chock, cerca di rimuovere.
C’è una donna, qui ad Assisi, che da bimba è stata violentata da suo
cugino di diciotto anni. In un giorno di festa, l’ha fatta salire con lui sulla
canna della bicicletta e l’ha portata ad una fontana. Lı̀ l’ha spogliata e
violentata. Lei ricordava soltanto il punto in cui lui l’ha spogliata e le diceva
che bisognava fare il bagno. Il resto proprio non lo ricordava nel modo più
assoluto: l’aveva completamente cancellato.
Questo le è costato molto caro, povera donna. Perché dopo questo fatto
5.5. GUARIRE LA MEMORIA 107

lei è diventata cosı̀ violenta, cosı̀ cattiva, che è diventata la Maddalena di


tutto il circondario: il suo desiderio profondo era di circuire gli uomini e di
portare loro nel fango là dove avevano portato lei. E con ogni uomo che
incontrava lei non provava piacere, e tutto questo è andato avanti per molto
e molto tempo.
Il principio delle libere associazioni, invece, vorrebbe che la persona re-
cuperi i ricordi con la mente e li rivesta di quei sentimenti vissuti in quel
momento.
Nei bambini e nelle bambine c’è una grande curiosità di ordine sessuale,
che cerca di essere soddisfatta. Spesso questo avviene nei giochi infantili,
giocando a moglie e marito o al dottore, per cercare di vedere, di esplorare.
Questi sono giochi in sé irrilevanti, a meno che non intervenga un adulto
e faccia calare il peso del suo giudizio, della sua valutazione. Questo crea
danno. Cosı̀ come crea danno il ricordo retrospettivo. Quando si arriva
a diciassette o diciotto anni, il livello morale cresce per cui si carica un
determinato evento con tutte le acquisizioni e le valutazioni avute in seguito.
Si dà all’evento un significato nuovo. Questa è un’operazione da evitare
assolutamente. La persona deve invece rivestire l’evento di quelle percezioni,
di quelle emozioni, di quei sentimenti e di quelle valutazioni che aveva nel
momento in cui il fatto è avvenuto. Non di quelle successivamente raggiunte,
né di quelle che hanno aggiunto gli altri, né di quelle che sono state le sue
risonanze del vissuto rivestite di significati drammatici. Per fare questo primo
passaggio alcune volte ci vuole molta competenza.
Il secondo passaggio è la verbalizzazione. È un processo altamente tera-
peutico. Quando si ha un problema, si sa che il parlare è liberante e aiuta.
Tutto ciò che si sente a livello di emozioni va rivestito di parole. Molte vol-
te la persona si vergogna, talvolta fino al punto di ammetterlo a se stessa,
visto che può essere stato un trauma, soprattutto per quelle realtà che sono
di ordine sessuale. Oltretutto, spesso avviene, per un meccanismo psichico
perverso, che la persona si carichi delle responsabilità, che tenda a colpe-
volizzarsi dell’accaduto. Se, per esempio, in una famiglia moglie e marito
litigano, il bambino pensa che sia colpa sua. Questa operazione è necessaria
per poter “oggettivare”, ossia per consegnare una realtà che è soggettiva a
un’altra persona.
Il terzo passaggio è il ridefinire. Dare a quella realtà una nuova definizione,
un significato nuovo. Tutti i passaggi prima di questo sono uguali per un
sacerdote come per uno psicologo. La diversificazione avviene a questo livello:
nel ridefinire. Un conto è che a ridefinire sia Dio, un conto è che sia un uomo.
108 CAPITOLO 5. LA MAGNA CHARTA DELL’AMORE CRISTIANO

Ma dato che questo è un processo terapeutico, oggi la gente non va più dal
prete, va dallo psicologo. Perché il prete in genere dice quelle quattro cose,
sempre le stesse, mentre lo psicologo dà tempo, lascia parlare. Lo psicologo,
inoltre, si fa pagare: è chiaro che è più serio, che vale molto di più. . .
Un conto è che ridefinisca Dio, un conto l’uomo. Se tu hai un aborto, lo
psicologo ti dirà di non farci caso, al massimo di fare qualche offerta a un
qualche istituto di bambini poveri dell’Africa. Del resto, che cosa ti può dire?
Non dimenticherò mai una ragazza che era venuta a piangere tutte le sue
lacrime. Ripeteva in continuazione: “Io non posso non aver fatto quello che
ho fatto!”. Quando aveva sedici anni, ad una festa, un balordo di ventitré
anni l’ha presa, si sono ritirati e ha perduto la verginità. E il fidanzato, tutti
i giorni, le faceva pesare il fatto che non fosse più vergine. La tartassava
in continuazione, anche se lui andava con altre donne. Sosteneva che se lo
poteva permettere perché lei non era più vergine. E questa povera ragazza
era cosı̀ esasperata che piangeva, piangeva, piangeva.
Quando non aveva più lacrime le ho detto: “Solo Dio può fare che quello
che hai fatto sia non fatto”.
E ho cominciato a spiegarle le cose che sto per dire adesso.

5.6 Peccato, senso del peccato e perdono di


Dio
Consideriamo la figura di David. David non era mica un santo. Tutt’altro.
Vi ricordate la sua scappatella con Betzabea?
David era un re, un uomo prestigiosissimo, un uomo che nel proprio rap-
porto con Dio è di una fede autentica. Ma non è che la fede garantisca che
tu non faccia i peccati. Non è che il tuo stato, la tua posizione, possano
garantire alcunché a questo riguardo. Non ha garantito il suo genio politico
di uomo, uomo che ha costruito il più grande regno di Israele. Lui era re,
lavorava tanto, governava in una maniera stupenda: aveva fatto un regno
come ancora oggi gli ebrei sognano, il regno di David.
Un giorno, mentre si sgranchiva le ossa sul terrazzo della reggia, i suoi
occhi caddero su un giardino vicino, dove una donna faceva il bagno. Si sa
come l’uomo sia debole, e poi gli occhi sono gli occhi. . . Ha cercato di vincere
la tentazione, ma come si fa vincerla? C’è ritornato ancora, c’è ritornato
5.6. PECCATO, SENSO DEL PECCATO E PERDONO DI DIO 109

ancora, finché ci ha fatto un pensierino e l’ha mandata a chiamare. Sono


stati insieme e lei è rimasta incinta.
Lui era il re: era un bel guaio. Ma era un uomo molto geniale anche sotto
questo punto di vista, e cosı̀ fa richiamare il marito di lei, che stava in guerra,
ordinandogli: “Ritorna e lavati piedi” (= sta con tua moglie).
Ma quello probabilmente ha fiutato qualcosa, e risponde: “Macché scher-
zi, con la guerra in atto. . . Io mi vado a ubriacare per legarmi con le donne”.
E non scese da sua moglie.
Il giorno dopo, David lo invitò a pranzo e lo fece ubriacare, nella speranza
che con i fumi del vino dimenticasse tutti i buoni propositi e stesse con la
moglie. Niente da fare: volle dormire nella reggia.
Allora decise di mandare a dire al generale in capo di mandarlo in prima
linea, perché rimanesse ucciso.
Per cui di male ne ha fatto, eccome. Dopo quest’esperienza, Davide
compone uno dei salmi più belli che esistano, il salmo 50. Noi lo chiamavamo
il “miserere”, il salmo del perdono. Non credo che esistano al mondo parole
più giuste, più appropriate per chiunque si metta davanti a Dio. David ha
fatto il suo peccato, noi facciamo i nostri. A ognuno il proprio cestino.
Di fronte al male, di fronte al peccato, ci possono essere due reazioni.
Quella del credente, che sa che Dio è implicato in ciascuna persona, cioè: se
io faccio del male a te, Dio ha pietà di te e si costituisce come parte lesa. E
se ti faccio del bene, si costituisce come parte beneficata.
Qualcuno potrebbe dire: “Ma io ho fatto del male a quella ragazza. Dio
che c’entra?”.
Però un credente questo lo sa bene. Davide infatti dice: “Pietà di me,
pietà di me o Signore, contro di te, contro te solo ho peccato. Quello che
è male ai tuoi occhi io l’ho fatto. Sei giusto quando parli, retto nel tuo
giudizio”.
Quello che per noi è difficile accettare è: “Il tuo giudizio è retto”. Per
esempio, in ordine ai rapporti sessuali, noi mangiamo l’albero del bene e del
male. Questa è la tendenza fondamentale di tutti quanti: “Quello che è bene
lo stabilisco io”. Ma tu non sei Dio. Dio è un altro. Allora se lui non è
d’accordo con me, lo cacci di casa. Tu puoi ucciderlo. Una volta c’era lo
slogan “Dio è morto”. Ma Dio non è morto per niente: muori tu quando ti
escludi da Dio. Questa è la verità. Però noi abbiamo la tendenza profonda a
mangiare l’albero del bene del male, cioè a decidere ciò che è bene e ciò che
è male. Questa è l’essenza del peccato: io mi costituisco Dio. Io mangio il
frutto dell’albero del bene nel male.
110 CAPITOLO 5. LA MAGNA CHARTA DELL’AMORE CRISTIANO

Per Davide, essendo un credente, questa realtà costituisce peccato. E al


peccato segue il perdono. Questa è la sequenza. La stessa cosa però può
averla fatto un altro che però non è credente.
Allora troviamo un vuoto di fede: questa stessa realtà lui la vive come
male, ma questo male dentro il suo mondo psichico, chiuso nel suo guscio, gli
diventa senso di colpa. Per il credente è peccato, per lui è senso di colpa. Se
dentro di me c’è un male, la febbre mi dice che qualcosa non funziona, dentro
di me c’è una lotta contro qualche nemico che sta minacciando la vita. Allo
stesso modo il mondo psichico recepisce che c’è qualcosa di non fatto bene.
Questo struttura il senso di colpa. Il senso di colpa, poi, struttura il mondo
psichico come autopunizione, come bisogno di espiazione. In qualche modo
la persona ha bisogno di espiare. E procura il male a se stessa.
Qui a Foligno, tempo fa, è stato ucciso un bimbo. A un certo punto si
è presentato un giovane di ventidue anni, da tutti ritenuto un bravissimo
giovane di buona famiglia, dichiarando di essere lui il mostro che tutti cer-
cavano. Tutti rimasero sconvolti. Bisogna andare a vedere quanti sensi di
colpa si portava dentro quel ragazzo, fin da quando era bambino. Il bambino
ha una chiara percezione di quando fa il male e di quando fa il bene. Se
però la famiglia è melensa, papà non c’è, e magari a un rimprovero della
mamma interviene il nonno dicendo: “Beh, lascialo stare, è un bambino”,
lui non elabora il senso di colpa. Se però gli si dà uno schiaffo, il bambino
elabora il senso di colpa e gli si fa un bene. Diversamente, il mondo psichico
si struttura in modo autodistruttivo. Credete: non si può essere più sapienti
di Dio. Dio dice: “Togli con il bastone la stupidità dalle spalle del giovane”,
anche se adesso a dare uno schiaffo a un bambino ti mettono in galera. Poi
ci si stupisce se diventava rammollito, se finisce nella droga. . .
Non consentire al bambino di elaborare il senso di colpa significa creargli
un danno strutturale alla psiche, danno di cui la gente in genere non imma-
gina neanche lontanamente la portata. Una mamma e un papà che credono
di essere i più belli perché non hanno mai dato uno schiaffo al figlio o alla
figlia, sono in realtà una mamma e un papà stupidi. Se io dicessi queste cose
durante una messa, il giorno dopo mi manderebbero via. Ma le cose stanno
cosı̀. La gente è logorata da sensi di colpa. Il senso di colpa ti mette in una
condizione che tu non fai più le cose per il tuo bene, ti autopunisci. Tu sai
che una determinata cosa ti fa male, te lo ha detto anche il medico. Perché
la fai? La persona non riesce a farne a meno. Se sai che il fumo provoca il
cancro, perché continuare? Questo è il serbatoio di tutta la patologia psichi-
ca: il peccato. Il peccato è un male. Ma se tu sei credente sai che Dio ti ama
5.6. PECCATO, SENSO DEL PECCATO E PERDONO DI DIO 111

e che lui è venuto a caricarsi del tuo male. Per cui hai fatto il male, certo,
e sai che lo rifarai, bisogna essere realisti. Però se dentro di te vive questa
certezza, che tu sei proprio il figliol prodigo, quella parabola ti descrive bene,
tu ti appropri di quello che è di tuo padre. Vai da lui è dici: “Dammi quello
che mi tocca. Io me lo prendo e me lo gestisco a modo mio. Me lo gestisco
sbagliando, per me, facendo quello che mi pare”.
Però sempre arriva nella vita delle persone un momento in cui si rientra
in se stessi. Ad un certo punto la vita presenta i conti e i conti dicono che
sei proprio un maiale, ridotto a mangiare le ghiande. E rinasce dentro di
te il desiderio di tornare alla casa del padre, anche alla condizione di servo.
Almeno per mangiare, per soddisfare i bisogni primari. Quando una persona
sta nella fase in cui ha chiesto ciò che le spetta al padre, sta nell’euforia
degli amici, delle macchine, delle donne. . . Non c’è niente da fare. A questa
persona puoi dire di tutto, non serve a niente. Non è venuto per questa
persona il regno di Dio.
Si deve consumare e si spera che la vita le dia la possibilità di rientrare
in se stessa: qualche volta capita, qualche volta no (“. . . è uscito dal mondo
un altro delinquente!”). Alcune volte le persone rientrano in se stesse.
Io, per esempio, incontro moltissime persone che sarebbero pronte per il
regno di Dio. Le invito perché se fossero in ascolto, diventerebbero delle per-
sone molto cristiane, perché ormai sono decantate dai soldi, dal sesso. . . Ma il
più delle volte dicono di non avere tempo: ormai per loro la vita è cosı̀ e non
sospettano che ci potrebbe essere l’aurora di un mondo nuovo. Altre persone
rientrano, ed è bellissimo: rientrati in se stessi, desiderano la condizione dei
servi, mangiare. Le persone, quando vengono ai corsi, cercano un po’ di pace
e di tranquillità. Vorrebbero quindi la condizione del servo. Tu vorresti la
pace, la tranquillità, l’armonia, le buone relazioni in famiglia, con i genitori,
con il marito, con i figli, con il fidanzato. . . Il problema è che tu vuoi i doni
di Dio trascurando il donatore.
Cosı̀ non funziona, perché Dio non si fa prendere per il naso. Tu hai
bisogno di Dio e vuoi fare il furbo cercando solo i suoi doni. Se vai verso la
casa del Padre: la prima cosa che devi fare è metterti a un altro livello: là
non ti aspettano i servi, ma ti aspetta il Padre in persona, che sta sempre
a guardare se tu appari all’orizzonte. Quando ti intravede, viene, ti si fa
incontro, ti abbraccia, ti bacia, ti stringe a sé, ti mette l’anello al dito, i
calzari ai piedi e la veste bianca. Questo significa che ti restituisce tutta la
dignità di persona umana. E per te inaugura la festa: uccide il vitello grasso!
In un’altra parabola si dice che si fa più festa in cielo per un peccatore
112 CAPITOLO 5. LA MAGNA CHARTA DELL’AMORE CRISTIANO

che per 99 giusti, perché tu metti Dio in condizione di essere Dio, cioè uno
che ama. Ogni volta che ritorni, si verifica questo grande evento. Il peccato
è l’unica realtà che mette in scacco Dio e non gli permette di essere quello
che è per essenza: un amore che si vuol diffondere ed espandere. Dio ama
sempre, ama tutto e tutti, però non può amare l’uomo - in quanto libero -
se questo lo rifiuta.
Ma le cose non sono semplici, in quanto c’è sempre un fratello maggiore
che abita proprio dentro di te, e parla dentro di te. Il fratello maggiore ragio-
na alla maniera umana (e quello sei tu): ti prende nel tuo aspetto negativo,
ti tuffa nel tuo passato negativo e ti ci inchioda, è disperante e bisogna tap-
pargli la bocca, ma risulta alquanto difficile. Moltissime persone, quando si
confessano, non confessano il peccato ma il senso di colpa: hanno un bisogno
di dire in quanto risulta terapeutico, ma non c’è fede. Per cui rimangono
come sono.
La fede ti dice che ti sono perdonati i peccati. E quando Dio dice queste
cose è serissimo: significa che il tuo peccato se lo prendo lui. E Dio se li è già
presi: basta guardare Gesù, che si è preso carico dei tuoi peccati, dei peccati
di tutti gli uomini delle generazioni passate, di tutte le latitudini, perché Lui
ama e porta il peso dell’altro. Tu lo devi soltanto accettare.
Che differenza passa tra Giuda e Pietro? Tutti e due hanno peccato,
però Pietro accetta di vivere di perdono, mentre Giuda no (si dispera e i
sensi di colpa lo hanno ucciso). Sono due personaggi con due stati psichici
diversi, e tu alla fine devi accettare di vivere di perdono, quindi accettare
che pecchi, che Dio si prende il tuo peccato ed è continuamente pronto a
rimetterti l’anello al dito, i calzari ai piedi e la veste bianca. A restituirti
gratuitamente la tua dignità di persona umana: se accetti questo, vivi; se
non lo accetti, fai la fine di Giuda.
Con questo non si vuol dire che Pietro non ha peccato, ma che questo
non gli ha impedito di diventare il capo della Chiesa, che lui assolvesse al suo
compito: questa è la condizione umana, noi viviamo di perdono.
Chi è Giovanni? Se voi mi poteste guardare dal punto di vista spirituale,
trovereste che Giovanni è un uomo, che ha un abito tutto tappezzato di
pezzetti di perdono. Per cui sono uomo tutto perdonato, sempre perdonato.
Io sono un ammasso di perdono. Non mi illudo che, andando avanti, possa
diventare chissà che cosa: mi spinge il fatto che vivo di perdono, che ogni
volta mi metto davanti al mio Signore e accetto questa condizione, di vivere
di perdono. Ma la superbia mi potrebbe anche mettere in condizione di non
voler vivere di perdono, di questa vita che non è mia e mi viene data per puro
5.6. PECCATO, SENSO DEL PECCATO E PERDONO DI DIO 113

amore che non posso ricambiare. “Percuoterò il Pastore e tutti si disperdono”


dice la Scrittura. Gesù diceva agli apostoli: “Anche voi!”.
E Pietro: “Noi! Noi! Ma scherzi Signore! Se anche tutti ti rinnegassero,
. . . io, mai! E se anche dovessi morire per te, io sono pronto!”. E lo stesso
dicevano tutti.
Sono passate poche ore e non solo lo hanno rinnegato, ma sono scappati.
Gesù sapeva cosa sarebbe successo, ma Lui ama non per essere riamato. Lui
ama e basta. Se Pietro fosse morto per Gesù Cristo, si sarebbe salvato? Ma
stai scherzando? Come se tu avessi la presunzione di poter ricambiare Dio!
Ma dove stai?
Noi siamo cosı̀: l’amore si esprime. Dio mi ama non perché sono buono
(sa benissimo che non lo sono affatto), Dio mi ama cosı̀ come sono, sempli-
cemente perché io accetto di vivere del suo perdono, tutto qui! Questo dà
igiene psichica, rimane veramente risolutivo quando ridefinisce Dio, ma se tu
ridefinisci te stesso (. . . io mi confesso direttamente con Dio!), io mi metto a
ridere. . . E mi scappano tutti i denti! Questa è una grossa stupidaggine. Cosa
ti vuoi ridefinire da solo, tu sei peccatore e la fortuna sta nel fatto di avere
quell’umiltà di lasciarti guarire. Devi capire che la vita arriva da un altro,
che quest’amore cosı̀ grande ti viene dato non perché tu possa fare qualcosa
(anzi, levatelo dalla testa perché non puoi fare niente). Guarisci la mente
del fatto di avere la presunzione di poter ricambiare Dio: non pronunciare la
frase: “Io amo Dio”, in quanto molte volte è un’affermazione falsa, è segno
che tu hai un vago sentimento. Certo che possiamo e dobbiamo ricambiar-
lo, ma la possibilità di ricambiare il suo amore ci viene data come dono, e
come dono ci viene data la possibilità di avere i tratti di Dio, quindi a mia
volta di perdonare gli altri perché io sono, per essenza, un uomo perdonato.
Allora, fratelli, capite cosa significa “ridefinire”? Dio, quando ridefinisce, è
serio! Adesso la memoria è guarita, perché ormai è circondata da una luce
nuovissima: Dio mi ama gratuitamente, Dio si fa carico del mio peccato,
Dio viene dentro l’esperienza del peccato. . . Ho letto un libro bellissimo che
diceva: “Se non sai peccare, vai dallo psicologo! Ma se hai peccato, vai dal
sacerdote!”. Quanta profondità in queste parole! Dio sfrutta la situazione
del peccato per rivelarmi le cose più profonde: quando ho peccato capisco
quanto sono impotente a salvarmi da solo, quando ho peccato Dio dispiega la
sua misericordia e la sua potenza, dove abbonda il peccato là sovrabbonda la
grazia perché Dio pensa in maniera diversa dagli uomini (gli uomini pensano
cosı̀: ha fatto un crimine, un ergastolo; ha fatto due crimini, due ergastoli).
Dio pensa: molto ha peccato, molta più grazia ci vuole! è come quando cade
114 CAPITOLO 5. LA MAGNA CHARTA DELL’AMORE CRISTIANO

una bomba e provoca un grande vuoto: più è grande il vuoto e più bisogna
riempirlo. . . dell’amore di Dio! è nell’impotenza umana che si dispiega la po-
tenza divina. L’uomo pensa: “Guarda questo poverino, che vita ha, viene
da una famiglia . . . , guarda come fa . . . , non ha avuto niente . . . , è poca
cosa!”. Ma è là che Dio dispiega la sua forza e la sua potenza, perché ragiona
in una maniera diametralmente opposta all’uomo. La croce rimane come un
libro inesauribile per poter capire come è e chi è l’uomo, chi è Dio, che cosa
fa l’uomo (che uccide il suo creatore). . . Se vuoi capire la misericordia di Dio
devi guardare alla croce. Quando è stata smentita la menzogna più terribile
che attraversa il cervello degli uomini, perché Satana, in Eva, ha corrotto il
concetto di Dio: ha messo in Dio alcune cose che sono obbrobriose (che possa
essere geloso). Eva ha aderito, per cui è avvenuta la corruzione del concetto
di Dio, e in questa corruzione sono contenute tutte le altre corruzioni. Se
vuoi analizzare la qualità di una persona, per prima cosa devi indagare qual è
il suo concetto di Dio: dal concetto di Dio, tu capisci tutto di quella persona.
Talvolta, il nostro cervello produce immagini cosı̀ diaboliche e orrende di Dio
da far rabbrividire (certe battute, certe recriminazioni, certi giudizi). Questo
è il peccato che tesse la vita degli uomini e che si trova proprio dentro al cer-
vello, dove opera Satana, attraverso una menzogna terribile. All’interno del
cervello lui opera facendo una tessitura, prendendo dalle supreme menzogne
della vita un filo, e dalle supreme verità un altro filo, e fa un tessuto dove
bene e male, vero e falso sono tutti mischiati. È molto duro lavorare contro
Satana per smascherare, per mettere da parte tutte le mezze verità di cui è
imbastito il nostro parlare, il nostro modo di dire, e se una persona non è più
che esperta, il peccato le si insinua dentro. Le battute che noi facciamo, sono
tutte mezze verità, perché Satana, dentro la menzogna, corrompe il concetto
di Dio. Sulla croce, finalmente, scopri che Dio ti ama (e se non lo scopri là,
non lo scoprirai mai più); sulla croce hai sputato a Dio e Lui dice: “Io ti
amo, anche se tu mi sputi”. Tu gli hai conficcato una spada al centro del
cuore, e lui ti dice: “. . . Però io ti amo”. Tu l’hai flagellato, l’hai deriso e Lui
ti dice: “Ti amo”. Tu l’hai coronato di spine e Lui ti dice: “Io ti amo”. Per
cui, sulla croce, viene smascherata la suprema menzogna: beati quelli che
arrivano a capirlo! Ma quello che ti accompagna è sempre il concetto di Dio,
perché in base al concetto di Dio vengono ridefinite queste realtà, che sono
comune eredità di tutti gli uomini.
Per esempio: un uomo ha ucciso un bambino nella zona di Napoli. È
certo che certe cose non si devono fare, ma è necessario sempre distinguere
il peccato dal peccatore: il peccato va sempre condannato, il peccatore no.
5.6. PECCATO, SENSO DEL PECCATO E PERDONO DI DIO 115

Quell’uomo alla fine è morto e non lo volevano nemmeno al cimitero. Chi


stava vicino a quell’uomo? Ci stava soltanto Gesù Cristo, colui che è morto
fuori dalle porte della città, nell’infamia (morire fuori dalle porte della città
è l’infamia più grande). Perché è morto in un luogo cosı̀ isolato, dove non lo
voleva nessuno? Perché si identificava con quell’uomo. Per questo a trovare
e a raccogliere quell’uomo è stato solo Gesù Cristo. Neppure la Chiesa ha sa-
puto dire una parola di fronte a tutta la gente che alzava dei cartelli contro di
lui. Neppure un uomo di Chiesa ha detto: “State attenti, che state condan-
nando Gesù Cristo, perché a te non importa niente della vita delle persone,
ma a Lui costa il sangue”. Per cui quell’uomo ha riattualizzato proprio Gesù
Cristo. E non c’è stato un cane, una Chiesa melensa che abbia detto una
parola a favore di quell’uomo. Solo Gesù Cristo è andato a prenderlo e a
morire con lui, fuori dalle mura della città (Gesù è morto fuori le mura e non
lo hanno voluto neanche i suoi!).
116 CAPITOLO 5. LA MAGNA CHARTA DELL’AMORE CRISTIANO
Capitolo 6

Nuclei di morte nella coppia

6.1 Pericolosità dei nuclei di morte


Mentre una coppia vive la propria storia tranquillamente, magari con un po’
di ingenuità ed una fiducia superficiale nelle proprie possibilità, lungo il suo
cammino può trovare delle insidie che possiamo chiamare “nuclei di morte”.
I nuclei di morte possono essere paragonati ad un cancro: una persona
vive tranquilla e magari non sa che a qualche livello procede un male che,
se preso in tempo, può essere sconfitto, mentre se ci dormi su ti uccide.
Immaginate il cruscotto della vostra macchina: voi avete davanti tutte le
segnalazioni. Ad un certo momento si accende la spia dell’olio; puoi andare
ancora un po’ avanti, ma devi stare attento. Se intervieni puoi salvare il
motore, altrimenti rischi di fonderlo. Si può accendere la spia dei freni;
puoi ancora andare avanti, ma stai attento perché è un organo vitale della
macchina e potresti andare a finire male. Cosı̀, conoscere questi nuclei di
morte, significa avere un occhio sull’apparato, sull’insieme, affinché tu ti
possa difendere, perché insidie ce ne sono!
Passiamo all’esame di alcuni nuclei di morte.

6.2 Il rapporto non paritario


È importante chiedersi sempre: “Il nostro è un rapporto paritario?”, perché
non ci vuole niente a prevaricare l’uno sull’altro!
Le persone sono profondamente diverse le une dalle altre: generalmente
la donna è un po’ più ben strutturata e può trovare un uomo un po’ più

117
118 CAPITOLO 6. NUCLEI DI MORTE NELLA COPPIA

debole. Perché il rapporto vada bene, due persone si devono incontrare: se


si sorreggono l’un l’altra entrambi crescono, ma se uno prevarica, il rappor-
to non funziona. Immagina nella tua mente la ruota di un carro, poi un
asse e dall’altra parte la ruota di una bicicletta: come può funzionare un
meccanismo del genere?
Tutti i rapporti umani devono essere paritari. Il Vangelo lo dice chia-
ramente: “Voi non chiamate padre nessuno sulla terra, il Padre è uno solo,
quello del cielo. Voi non chiamate maestro nessuno sulla terra, il Maestro è
uno solo, il Cristo. Voi siete tutti fratelli”.
Il fidanzamento (e ancor più il matrimonio) è la più bella e la più alta tra
le relazioni umane, perciò il rapporto deve essere assolutamente paritario.
Spesso non ci facciamo caso, ma esistono delle differenze, ad esempio tra
le nostre famiglie , le nostre tradizioni, culture, le esperienze passate, che
condizionano le nostre personalità.
Pur dando per scontato un certo squilibrio, bisogna tenere sotto controllo
questa realtà, altrimenti non si va avanti (pensa ad una ruota del carro
grande e l’altra piccola!). Già vi accennavo alla ragazza che mi diceva di
aver 8 motivi per non sposarsi con il suo ragazzo. Soltanto quando lei ha
fatto il viaggio di Cristo in discesa, per andare a mettersi a livello paritario
e spronare l’altro a farlo salire e crescere, il rapporto è rinato.
Il godere nell’essere più forte uccide il rapporto di coppia, purtroppo però
esercitare il proprio potere su un’altra persona da un gusto incredibile e non
ci si rende però conto che cosı̀ la dinamica di coppia muore.
Per fare qualche esempio, è abbastanza frequente negli uomini una certa
avversione al matrimonio, ma a ben vedere spesso questa è dovuta al fatto
che sentono la donna quasi come una mamma e il sentirsi superati sotto tanti
aspetti produce in loro un senso di inadeguatezza e insicurezza che distrugge
i sentimenti
Pochi giorni fa è venuta una coppia sposata. Avevo individuato il male
nella loro storia, che non sembrava avere un approdo dopo 10, 11, 12 anni,
in attesa di chi sa che cosa. Quando lei ha preso coscienza del suo atteg-
giamento prevaricatore, ha fatto il cammino di Gesù Cristo e ha ceduto lo
scettro di essere arbitro di tutte le situazioni, il rapporto è migliorato, lui si
è incoraggiato, i sentimenti si sono rinvigoriti, e andare all’altare non è stato
difficile. Non crediate che sia una cosa semplice: ci vuole molta attenzio-
ne per riuscire a mettersi l’uno di fronte all’alta e rendersi conto di ciò che
affatica e fa morire l’amore.
6.3. IL RAPPORTO SIMBIOTICO 119

6.3 Il rapporto simbiotico


Il rapporto “simbiotico” è’ un nucleo di morte molto vicino al rapporto “non
paritario”.
Immaginate un ponte sorretto da diversi pilastri; se uno dei pilastri non
vuole più rimanere al suo posto ma cambiare posizione, il ponte crolla! È
la tipica situazione di quel partner che, ad un certo momento, ubriacato dal
fascino e dall’amore dell’altro, non pensa più con la sua testa: “Quello che
decidi tu, è fatto bene, quello che pensi tu, è fatto bene, quello che senti tu, è
fatto bene”. Si spoglia della sua personalità, delle sue reazioni, del suo modo
di vedere e di sentire la realtà.
Alcune volte si dicono delle stupidità: “Sai, noi siamo troppo diversi!”.
Ma non c’è niente di male, è Dio che ha voluto che fossimo diversi: maschio
e femmina. Non c’è diversità maggiore di questa! Il punto è che queste due
diversità si richiamano anche, e si devono superare.
Nel rapporto simbiotico una persona si annienta nell’altra: se una non
funziona, l’altra muore. È fondamentale che ognuno continui a pensare con
la propria testa. Facciamo il caso di un ragazzo che faccia tutto ciò che la
ragazza decide: la donna pensa, sente e vede le cose in una maniera total-
mente diversa dall’uomo, lui non può vedere, sentire e giudicare le cose come
le giudica lei, non deve rinunciare alla propria personalità! Lei vuole andare
al mare mentre lui vuole andare in montagna: che si fa? Si discute e ci si
viene incontro, una volta accontentando uno e una volta l’altra.

6.4 Non avvenuta desatellizzazione


Si verifica quando si prova una sorta di obbligo nei confronti della famiglia,
che in qualche modo agisce con opera di risucchio. Se tu cerchi di desatelliz-
zarti, la famiglia ti riaggancia attraverso una trappola insidiosa: il senso di
colpa.
C’ è una via esplicita: “Che figlia sei!? E tutti i sacrifici che ho fatto!?
Non ti rendi conto che tuo papà sta male?. . . ”
Ma esistono altre forme più insidiose perché implicite. Pensa se la mamma
non va d’accordo con il marito e quest’ultimo ne approfitta picchiandola: chi
resta a difenderla? Dentro di te pensi di dover salvare la situazione, di avere
un obbligo. E cosı̀ passano i 20 anni, passano i 25 e si arriva ai 30 anni;
e intanto passano gli anni migliori della giovinezza, un ragazzo bussa alla
120 CAPITOLO 6. NUCLEI DI MORTE NELLA COPPIA

tua porta, una ragazza bussa, ma tu sei impegnatissimo: “Che ne sai tu dei
problemi di casa mia? Ma che ne sai tu di quanta sofferenza che ha avuto
mia mamma? Ma che ne sai tu delle botte che le ha dato papà? E mi vieni
a dire di pensare a un ragazzo!? Ma se inizio a concepire, nella mia vita, che
devo godere, che mi devo trovare un ragazzo, io mi sento in colpa. E come
posso goderlo, un ragazzo, dopo che ho lasciato una situazione disastrata per
andare per la mia strada? Non è concepibile!”.
Il senso di colpa: ti aggancia, ti tiene legato, come un cane tenuto al
guinzaglio. I tuoi genitori non ci pensano, non pensano che, arrivato a 20
anni, te ne devi andare per la tua strada. È in questo modo che rendi onore a
tua madre e a tuo padre. Si tratta di capire bene il significato del dare onore
a tuo padre e a tua madre: fino a 20 anni è l’obbedienza, ma dopo, se continui
a obbedire ai tuoi genitori, tu li disonori. Devi dire: “Io ho anche un cervello
e so per quale strada passa il mio bene, ormai!”. Passati 20 anni, i criteri
di giudizio e di comportamento li devi desumere dall’alto. Se S. Francesco
avesse obbedito a suo padre e a sua madre, avremmo avuto un mercante in
più, ma non avremmo avuto un benefattore dell’umanità.
Una ragazza, una volta, mi ha fatto un disegno rappresentando i figli
come satelliti all’interno del proprio nucleo famigliare che ti attira, mentre
il momento della desatellizzazione è stato rappresentato dalla presenza di
fulmini tra la terra (rappresentata dai genitori) e i suoi satelliti (i figli): è
un processo dialettico. Non ti puoi aspettare che vada sempre tutto bene e
che sia sempre tutto tranquillo; qualche volta questo succede, ma solo nelle
famiglie illuminate!
Dopo che ti hanno fatto con la possibilità di pensare con il tuo cervello, di
camminare con le tue gambe, ti hanno dato tutte le possibilità di diventare
pienamente autonomo, cosa vuoi ancora dai tuoi genitori?
A 20 anni i genitori si devono “rigenerare”. Ci si deve mettere in atteg-
giamento di dare. Lo “smammamento” deve essere almeno psichico: puoi
stare anche a casa, ma devi essere comunque una persona autonoma, una
persona libera oramai.
Il difficile è dato dalle situazioni familiari che non funzionano bene. Infatti
lı̀ spunta il senso di colpa.
Una ragazza di 27 anni, alla domanda di cosa facesse, rispose: “accudisco
i miei”. Diceva di avere i genitori anziani e malati e di doversi prendere cura
di loro. Alla domanda di quanti erano in famiglia, rispose che erano 7 figli,
tutti sposati e che nessuno di loro si poteva prendere cura dei loro genitori.
Le avevano detto di fare quello e pensava che la sua vocazione fosse quella.
6.5. EGOISMO DI COPPIA 121

“Dove sta scritto? Chi te lo ha detto? Ma tu che cosa volevi fare?”. “Ho
sempre sognato di diventare suora!”. Finalmente un giorno ha avvisato i suoi
famigliari che sarebbe partita per andarsi a consacrare e, che d’ora in avanti,
si sarebbero dovuti prodigare loro per i propri genitori. I fratelli e le sorelle si
sono allarmati moltissimo. Comunque, alla fine, si sono dovuti organizzare.
Oggi, questa ragazza, è una missionaria: è già stata in Africa e ora non so se
è nell’America Latina. È una donna fiorita. I genitori sono morti: se fosse
stata con i genitori, quando essi fossero morti, lei cosa avrebbe fatto? Si
sarebbe arrovellata il cervello perché la vita non è servita!

6.5 Egoismo di coppia


L’egoismo di coppia si configura cosı̀: “Adesso io e te ci siamo fidanzati,
adesso gli amici e le altre persone non servono più. Siamo sufficienti io e te!”
È come se rimanesse un albero (io e te), senza le radici che ramificano e
assorbono; l’albero si secca.
Con un meccanismo del genere le due persone muoiono di inedia, si sec-
cano come un fiore senza acqua. Neanche la loro dinamica va avanti: ini-
zialmente può sembrare andare bene, ma dopo muore. Tu non puoi fare a
meno di tutto il tessuto umano di amici, di parenti, degli amici di lui, de-
gli amici di lei. Questi interscambi devono avvenire. Il tessuto dell’amicizia
deve essere sempre allargato. Generalmente, per un credente, è soprattutto
il tessuto ecclesiale degli amici, di altre coppie, di altre esperienze a dover
essere curato.

6.6 Rapporti sessuali prematrimoniali


Il rapporto sessuale prematrimoniale non permette la crescita perché fer-
ma l’energia ad un livello che non le permette di trasformarsi nell’elemento
psichico che veramente fonde le due persone. L’amore è un dato psichico.
Questa energia rappresenta il tuo tesoro, è quanto di più prezioso hai. Con
essa devi imparare a convivere, non ne puoi fare a meno, ma la devi governare
con intelligenza.
La prima domanda che mi fanno generalmente è questa: “Ma, Giovanni,
fin dove bisogna arrivare?”. Io non lo so, ma sul libro del mio amico Walter
Trobish (che si è sposato), ho trovato una regoletta “super” che dice: “dalla
122 CAPITOLO 6. NUCLEI DI MORTE NELLA COPPIA

cintura in giù, niente!”. Questo perché quando si entra in aree dove l’ero-
tizzazione è molto elevata, costa fatica tornare indietro, perché è come se si
scendesse da un piano inclinato.

6.7 Doppio legame


Questo punto lo dovete capire molto bene perché è di un’insidia tale che ti
accompagna sempre e ovunque.
Succede quando una modalità di comunicazione smentisce l’altra: la co-
municazione gestuale può averti detto “aggressività”, mentre la comunica-
zione verbale ti può aver detto il contrario.
Il problema è complicato perché, certe volte, la contraddizione è nelle
parole che noi diciamo. Se io ti dico: “Sii libera”, ti sembra la cosa più ovvia
di questo mondo, ma non ti accorgi che c’è una contraddizione? Ad esempio:
il fidanzato ha un rapporto sessuale con la sua fidanzata per la prima volta.
Tutte le ragazze mi raccontano che piangono. Ad un certo momento lui le
chiede: “Perché piangi? È stato un gesto d’amore, è stato cosı̀ bello!”. Non
coglie in quale stato d’animo lascia quella ragazza, che magari torna a casa e
non ha il coraggio di incrociare lo sguardo dei suoi genitori. Quando qualcuno
è superficiale, non arriva a pensare che da un gesto che per lui è naturale e
spontaneo possano scaturire delle conseguenze.
I fatti contraddicono le parole: con le parole ti dico che ti voglio tanto
bene, poi magari non vengo all’appuntamento o ti faccio aspettare.
Questo atteggiamento uccide l’amore e lo appesantisce in una maniera
gravissima.
Il doppio legame è una dinamica che scatta a livello inconscio, questo è il
problema.
Vi ricordate quando precedentemente avevo enunciato le 8 regole d’oro
per vincere il non amore? Tra queste ve n’era una che diceva di parlare tu
e lui soli; ma quando c’è il doppio legame non è più sufficiente, ci vuole una
terza persona dall’esterno che abbia un po’ di orecchio e un po’ di fiuto per
rendersi conto che la dinamica è paralizzata dal doppio legame, che infarcisce
tutta la loro comunicazione e, come risultato, entrambi si trovano spossati,
non ce la fanno più ed hanno solo voglia di gettare la spugna.
6.8. AMORE PATERNO-MATERNO E AMORE SPONSALE 123

6.8 L’amore paterno-materno che ingloba si


unifica all’amore sponsale
Se io smonto un ragazzo, trovo in lui una potenzialità sponsale, cioè capace di
entrare in rapporto d’amore con una ragazza e vivere un’avventura d’amore,
però contemporaneamente trovo anche una capacità paterna di accudire, di
venire incontro, di mettere in atto tutta una serie di gesti e di comportamenti
tali da assolvere il compito di padre.
Ugualmente una donna ha la capacità sponsale, come anche la capacità
materna.
Capita che, ad una certa età, si cerchi il rapporto sponsale. Facciamo
però l’esempio di un ragazzo “mezzo sfasato”. Dentro la donna nasce un
sentimento materno, da salvatrice. Succede quindi che si aprono tutti e
due i rubinetti, quello sponsale e quello materno. Questo tipo di amore
finisce, muore, perché nessuno vuol essere eternamente figlio e nessuna vuol
essere eternamente madre. Quando hai aperto entrambi i rubinetti, hai la
percezione di un grandissimo amore, ma quando questo muore (e presto o
tardi succede), tu sei agganciato a tenaglia e per venirne fuori avviene una
lacerazione, uno strappo dolorosissimo.
Un esempio opposto: conoscevo una coppia; lei era una donna strutturata,
avevano 4 figli. Il marito si vantava davanti a me dicendo: “Io, questa, me
la sono cresciuta!”, poi andava a donne. Si vantava di averle fatto da padre,
ma il padre lo doveva fare qualcun altro.
Un altro esempio: giunge un ragazzo che ti racconta di arrivare da una
famiglia disastrata, che ha sofferto molto, e ti racconta tutta la storia. Tu,
ragazza, la prima volta lo ascolti e va bene perché l’amore si nutre di cono-
scenza. Il giorno dopo, quando lui riprende l’antifona, devi chiedergli: “Mi
stai chiedendo di farti da mammina, vero? allora devi andare da un’altra
persona”. L’infantilismo di una persona si trova subito all’interno del suo
linguaggio, quando ti chiede il pietismo (abbi pietà di me, mi devi capire
perché ho sofferto). Bisogna essere svegli, ma le donne di solito ci cascano!
L’essenza del peccato della donna è sentirsi la salvatrice delle situazioni uma-
ne. La donna ha bisogno che qualcuno abbia bisogno di lei. Ma nessuno ti
costituisce salvatrice delle altre persone, tanto meno dei ragazzi, tanto meno
di quello che devi sposare, che pensi come l’uomo della tua vita.
La persona che hai davanti può avere dei problemi, ma per risolverli
bisogna andare da chi è veramente Padre, da chi questi problemi può gestire.
124 CAPITOLO 6. NUCLEI DI MORTE NELLA COPPIA

Non devi affidare questo compito alla ragazza o al ragazzo: il ragazzo ti deve
essere solo fidanzato e la ragazza solo fidanzata.
In seguito queste problematiche sboccano all’interno della famiglia dove
trovi il fenomeno più consueto: il papà periferico, cioè un uomo che non conta
perché la donna si è appropriata di tutto.
Nella linea di cui vi parlavo in precedenza, il rapporto è sano quando la
dinamica sinusoidale è buona: se una persona esagera nella prepotenza, è
perché sotto c’è stato qualcuno che è diventato profondamente dipendente.
Ti puoi chiedere: “Ma io, con i miei genitori, ho una buona relazione? Con
i miei figli ho una buona relazione? Con il mio fidanzato ho una buona
relazione?”. C’è un momento in cui io devo essere comprensivo e c’è un altro
momento in cui io devo essere forte. Se sono sempre forte viene il dissidio,
la lotta, ma se sono sempre debole viene la dipendenza: entrambe le strade
sono patologiche.

6.9 Il non amore per sé, la non conoscenza di


sé
Se una persona non si ama non può stabilire buone relazioni con gli altri,
con il partner. L’amore a sé è condizione imprescindibile per una buona
relazione d’amore. L’amore è inoltre una realtà che viene data ma che deve
essere anche ricevuta. Quando la persona non si conosce, non si ama, non va
bene: potrà fare un po’ di strada, ma poi è destinata a morire. Conoscersi
e amarsi non è comunque una cosa semplice. Bisogna partire dal dato che
nessuno conosce se stesso, che nessuno ama se stesso se non è stato preso
per mano da qualcuno. Se faccio un grafico con due estremi, dove vi è un
negativo ed un positivo e ti posso dire che un 50% dell’amore a te può partire
da un totalmente negativo: si va da persone che soffrono di molti complessi
di inferiorità, a persone che si lamentano di tutto, a persone che credono di
essere un poco di buono, a persone che affermano: “Beh, non c’è male!”, a
persone che si ritengono normali.
L’altro 50% lo devi raggiungere per fede. Dio doveva fare un altro Dio,
ma non lo poteva fare. Però ha fatto l’immagine e la somiglianza di Dio, cioè
ha fatto te e, quando ti ha fatto, ti ha messo a paragone con ciò che aveva
creato prima di te (la terra, il cielo, la luce e il buio, ecc.). Poi si riposò.
Infatti, uscito il capolavoro, non c’è più nulla da aggiungere e da ritoccare. E
6.9. IL NON AMORE PER SÉ, LA NON CONOSCENZA DI SÉ 125

questo giudizio è inappellabile, l’ha detto Dio su ogni persona umana. Però
tu vivi in un contesto culturale che non fa altro che devastare l’immagine e
la somiglianza di Dio che sei. Il faraone, cioè la cultura intorno a te, ti dice
che tu non sei come quello e quell’altro.
Da quando nasce un bambino, si tende a dire che assomiglia tutto a sua
madre o che assomiglia tutto a suo padre. Poi il confronto continua dicendo
che non sei come tuo fratello o tua sorella, poi si continua all’asilo facendo il
confronto con gli altri bambini, si continua nella scuola a fare un confronto
con gli altri attraverso i risultati ottenuti con gli esami e i punteggi, esci dalla
scuola e tutto diventa competizione (nello sport, nei concorsi di bellezza).
Dentro a queste stupidità tu ci vivi come il pesce nell’acqua, ritenendola
la cosa più normale di questo mondo, e non ti sorge neanche il dubbio che
ti puoi trovare all’interno di una mistificazione infinita, come al pesce non
viene in mente che al di fuori di quell’acqua ci può essere tutt’altro orizzonte,
un altro mondo.
Il risultato finale è che le persone sono devastate dall’immagine di sé,
hanno perso la cosa fondamentale: l’unicità del proprio essere. Ricordate
che si entra nell’ambito dell’amore quando si riconosce l’unicità dell’altra
persona. Quindi se qualcuno non ti ha preso per mano, dentro a questa
realtà ci sei e ci rimani.
Ad esempio, non dimenticherò mai la mamma di una suora. Era proprio
una bella signora, e io mi sono permesso di farglielo notare. Ancora oggi
è arrabbiata con me perché l’ha percepito come un insulto. Quello che io
vedevo esternamente non corrispondeva all’immagine psichica che lei aveva
di se stessa. La persona vernicia questo comportamento con l’umiltà, non
può farsi questi complimenti, altrimenti sarebbe presuntuosa.
Il sintomo che ti fa capire che una persona non si ama, che il deteriora-
mento è grave, è dato dall’impatto con il cibo. Tale difficoltà può portare
al fenomeno della bulimia o dell’anoressia, esiti diversi dello stesso fenome-
no. Quando una volta elogiai una bambina per la sua bellezza, la mamma
intervenne dicendomi: “Padre, invece di fare tutti questi elogi, perché non
dice a questa bambina di mangiare di meno, visto che è diventata grassa?”.
Il danno che ha fatto quella mamma, nessuno lo potrà mai considerare!
Hadler, uno dei grandi psicologi del nostro tempo, fa dipendere tutta la
patologia psichica umana dal complesso di inferiorità. Tutte le volte che tu
accetti il giudizio di un’altra persona, il veleno stilla dentro di te avvelenan-
doti tutta la vita. Non devi giudicare, non compete a te. Cosı̀ una persona
che non si conosce e che non si ama, non assolve al compito: soffre e fa soffrire
126 CAPITOLO 6. NUCLEI DI MORTE NELLA COPPIA

gli altri. La Grazia di Dio suppone che la natura funzioni bene, ed amarsi è
assolutamente necessario.
Mi si presentò una volta una donna di 32 anni, con 20 ragazzi alle spalle
ed un fallimento dopo l’altro. “Dio che cosa deve fare per te?”, gli chiesi.
E lei candidamente disse: “Io cerco un ragazzo perché mi vorrei sposare”.
“No! Domanda sbagliata! Con il Dio della rivelazione bisogna anche saper
formulare la domanda e ci vuole qualcuno che ti aiuti a domandare le cose
giuste”. Allora dissi a questa ragazza: “No! Tu non devi chiedere un ragazzo!
Del resto te ne ha mandati tanti, e che ne hai fatto: tutti sciupati! Perché?
Perché c’è un problema a monte: tu non ti ami! Questo è il tuo vero problema.
“Che cosa devo fare?”. Gli risposi: “Devi fare tanti e tanti esercizi di un certo
tipo, mettendo per iscritto il contenuto del Salmo 102, 1 - 5, imparandolo
a memoria e poi realizzandolo. Dice cosı̀: “Anima mia benedici il Signore,
quanto in me benedica il suo Santo nome. Anima mia benedici il Signore,
non dimenticare tanti suoi benefici. Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce
tutte le tue malattie, salva dalla fossa la tua vita, ti corona di grazia e
di misericordia, sazia di beni i tuoi giorni e tu rinnovi come aquila la tua
giovinezza”. Se ti metti a pensare a tutto quello che sei, andandoli a ripescare
troverai almeno 100 motivi per dare lode a Dio, perché sei stata abituata dalla
cultura intorno a te solo a piangerti addosso. Inoltre, egli perdona tutte le
tue colpe, ma se non accetti il dono primo di te a te stesso, Dio dove può
mettere gli altri doni?
Altri esercizi li fai allo specchio cercando qualche parte della tua corpo-
reità che è negata. Ti devi amare cosı̀ come sei, anche se hai 20 chili in più.
Una ragazza mi ha insegnato che il suo grasso era un grasso a “mela”: non
importa, ti devi amare cosı̀ come sei, in obbedienza a Dio. Quando avrai
fatto questo, solo dopo, ti troverai un dottore serio e farai una ricerca sulla
tua fisiologia per impostare una cura sotto controllo medico.
Dio ti dice che sei un prodigio, un capolavoro, e quando insisti dicendo
che non è vero è come sputare in faccia a Dio. Glorifica Dio nel tuo corpo:
ci ha fatto un prodigio e un capolavoro. Quando una persona non ama il
suo corpo, il sintomo lo trovi nel mondo psichico, attraverso la timidezza,
attraverso l’aggressività, attraverso tante altre forme, paure e depressioni,
ecc. Un “io” si rinforza, diventa sicuro, tranquillo, forte nella misura in cui
si accetta e si ama. Quando una persona non si ama, te ne accorgi subito
perché ha un imbarazzo, va cercando il modo per presentarsi agli altri e per
far sı̀ che in qualche modo ti approvino e ti accettino. Si recuperare l’unicità
dell’essere, la convinzione che non sei confrontabile, tu sei unico nella tua
6.10. NON ELABORAZIONE DEL FANTASMA DELL’ALTRO 127

originalità e nella tua bellezza.

6.10 Non avvenuta elaborazione del fantasma


dell’altro o dell’altra
Quando sentiamo affetto, ad esempio, per un ragazzo che viene da una lunga
storia conclusa, bisogna porsi nell’atteggiamento di chi dice: “Calma, prima
dammi prova che il fantasma, cioè la presenza dell’altra persona, che rimane,
è uscito fuori (. . . e non esce con una passata di spugna, perché ci vuole
tempo, esercizio, ci vuole buona volontà e tutto il resto per poterlo elaborare):
soltanto quando l’altra è uscita e lui è tornato a risplendere tutto per te, allora
gli darai spazio.
Occorre prendersi uno spazio di tempo, riequilibrarsi dentro, rimettersi
nella condizione e nella predisposizione di. . . , e poi ripartire. Altrimenti
l’altro ti diventa un motivo compensativo, cioè che compensa il fatto che io
adesso sento una solitudine.

6.11 Fissazione a tappe precedenti nel cam-


mino della maturazione della libido
La libido in una persona si sviluppa, cresce per varie fasi:
- la prima fase è definita “autoerotica”: significa che il bambino è tutto
concentrato su se stesso, trova piacere da sé e tutto il mondo che sta
intorno deve servire a lui. Per il bambino il piacere deriva dallo sco-
prire il piedino mettendoselo in bocca, ecc. La masturbazione è una
regressione a questo stadio in cui tu trovi il piacere da te stesso;
- la seconda fase è definita “omoerotica”: il ragazzo e la ragazza trovano
gioia nel confrontarsi con l’amico o l’amica. È indice di un passaggio, di
una crescita in quanto tu esci da te stesso e vai verso una persona dello
stesso sesso perché è più facile, perché ti intendi meglio. Questa fase è
buona a meno che non intervengano manipolazioni di ordine genitale.
- la terza fase è definita “eteroerotica”: quando tu senti che la forza e
le tue energie tendono alla persona dell’altro sesso. Questo processo è
molto diversificato nelle persone. Molte persone possono attraversare
128 CAPITOLO 6. NUCLEI DI MORTE NELLA COPPIA

una fase intermedia, di incertezza, di ambivalenza; è come se arrivassero


sul crinale dove hanno la possibilità di ritornare indietro o traboccare
nella parte autoerotica. È una situazione che vivono dentro di sé e di
cui non parlano nella maniera più assoluta con nessuno perché hanno
una paura e una sofferenza grandissima, anche perché intorno c’è sem-
pre un polverone di pregiudizi e di stupidità per cui la persona non lo
dice a nessuno. Se arriva un giudizio di un esperto, di uno psicologo,
di un prete che gli da dell’omosessuale, lo uccide. Culturalmente devi
sapere che ci può essere questo periodo di ambivalenza, quindi ti ci
devi avvicinare con una certa delicatezza per fare in modo di aiutare il
processo. Molte persone si sono rovinate a causa di un giudizio, che li
ha poi portati a fare delle esperienze. E sono queste che poi ti inchio-
dano impedendo alla libido di progredire. Se una persona si trova nel
periodo dell’ambivalenza è inutile tentare di portare avanti un rappor-
to sponsale con quel ragazzo/a, non ci sono le condizioni ed è tempo
perso. Se il fidanzato si masturba, non lo deve dire alla fidanzata: que-
sta si offenderebbe e non capirebbe il problema. Inoltre la fidanzata
non deve cercare di aiutarlo facendolo parlare, certe cose devono essere
dette solamente a un padre che ti può spiegare il fenomeno e ti dà le in-
dicazioni per superarlo. Facciamo un passo avanti: la persona può aver
fatto questo cammino per cui, dal punto di vista fisiologico, funziona,
va bene, ha l’attrazione per la donna. Ma alcune persone rimango-
no legate psichicamente allo stadio precedente omoerotico. È il caso
di un ragazzo che viveva nei dintorni di Roma: la ragazza raccontava
che il suo ragazzo studiava a Roma, ritornava il sabato sera e dopo un
semplice bacetto chiedeva: “Hai chiamato i miei amici? La pizza dove
andiamo a mangiarla questa sera?”. Può funzionare una relazione del
genere? Lui dice di volerle bene, ma si contraddice con i fatti.

6.12 Complesso di onnipotenza


Il complesso di onnipotenza è dato una personalità tipica. Supponiamo lei e
lui: su tutte le cose che sa e che fa lei, lui sa tutto. Tu parli dicendogli certe
cose e lui dice le sue, ma se tu non acconsenti a ciò che dice lui, si meraviglia
moltissimo: “Ma come, è tutto cosı̀ chiaro e distinto come le idee cartesiane,
possibile che tu non capisca? O sei stupida o sei cattiva! Perché io ho detto
la verità, è cosı̀ lampante!”. È l’immaturità di una persona che non si sa
6.13. COMPLESSO DELLO “STATO ABBANDONICO” 129

minimamente porre dal punto di vista dell’altro. Se lui ha un bisogno e te lo


esprime, e tu non lo soddisfi, ti mangia. La realtà è soltanto quella che vede
lui, l’altra prospettiva, l’altro modo di sentire, non conta. È come un pulcino
che sta ancora dentro l’uovo: visto che la nostra cultura tutto ti facilita,
tutto ti è dovuto, non c’è stato nessuno che gli ha dato un colpo rompendo
il guscio, facendo in modo che debba pedalare con i suoi piedi, che cominci
a sentire il freddo, che cominci a beccare con il suo becco. Tutto questo non
è accaduto: sta ancora dentro il suo guscio.

6.13 Complesso dello “stato abbandonico”


Alcune persone hanno esperienze vissute da piccolo, o per altre vicissitudini,
che le portano a soffrire di questo complesso. A 3 mesi, un bambino vive del
volto della madre, di un amore estremamente personalizzato. Se la mamma
si ammalasse, andasse in ospedale o peggio morisse, essendo la nostra una
famiglia nucleare il bambino ne riceverebbe un trauma terribile, portando da
grande con sé il presupposto di essere una persona “non amabile”. “Visto
che mi ha abbandonato la mia mamma, immagina se non mi abbandonano
anche gli altri!”.
Se mi fidanzo con una ragazza, dentro di me c’è un principio di fondo per
cui non credo che lei mi voglia bene, prima o poi mi abbandonerà. Cosı̀ la
metto continuamente alla prova, la esaspero per vedere se mi ama comunque,
nonostante tutto.
Ma questo lo puoi chiedere a Dio, lo puoi chiedere ad una mamma, ma
non lo puoi chiedere ad una fidanzata.

6.14 Il troppo lavoro


Quando una persona lavora troppo e va oltre le 8 ore, sta pur certo che
la dinamica affettiva non funziona. Noi abbiamo un patrimonio energetico
preciso, e se lo spendi tutto da una parte non ne ha più nulla da spendere
altrove.
130 CAPITOLO 6. NUCLEI DI MORTE NELLA COPPIA

6.15 Il complesso da consacrazione


Si ha quando una persona, andando avanti in una dinamica di coppia, ogni
tanto sventola la bandiera: “Ma tanto io mi faccio frate. Ma tanto io mi
faccio suora. Ma io mi faccio prete.” Bisogna stare molto attenti. Voi
immaginate a pensare ad una ragazza innamorata ed al suo ragazzo che ogni
tanto le sventola davanti questa frase: che cosa deve fare quella ragazza? Non
può mica mettersi contro Dio! Se ti devi far prete, fatti prete; svelto! Certe
volte capita (l’1%) che la persona abbia veramente un’altra vocazione, ma i
sintomi li puoi riconoscere bene: trovi, per esempio, che la dinamica sponsale
va benissimo e la persona dice di volersi consacrare. Se vuoi consacrarti devi
innanzitutto parlare con il partner dicendogli: “Guarda, io porto dentro di
me questo tormento, non vorrei stare davanti a Dio con il dubbio di non
avergli obbedito. Adesso vado da una persona esperta, faccio un’adeguata
ricerca e consulto il Signore. Se il Signore veramente mi chiama, vuol dire che
per te c’è un’altra provvidenza e io devo seguire il Signore. È bene stabilire
5 - 8 mesi, senza dimenticare che tu hai in mano il destino dell’altra persona;
è come se tu avessi la chiave della vita del partner e questo ti carica di una
grande responsabilità. Quando una persona incomincia ad obbedire a Dio,
diventa proprio bella, trasparente, piace per la limpidezza e la sincerità. Se
veramente ti devi consacrare, non ci sono santi. Ti possono girare intorno
tante persone, ma quando il Signore chiama le cose risultano chiare e da
lı̀ non si scappa. Prima di tutto ti chiedo come principio di farmi vedere
se sai gestire un rapporto con una ragazza, perché diventare frate significa
diventare un corteggiatore per Gesù Cristo. Ma se tu non sai corteggiare per
te, cosa per cui bisogna conseguire una mini-laurea, come puoi essere assunto
da Gesù Cristo?
Capitolo 7

Amore adulto

7.1 L’arte di amare


Suppongo che voi conosciate il brano della lettera agli Efesini dove si dice che
l’amore umano va misurato sull’amore di Cristo per la sua Chiesa. Quello è
il modello di amore maturo, e allo stesso tempo un grande mistero.
“Mistero” nella Bibbia significa una verità che non è assolutamente pro-
ducibile, che non può emergere dal nostro sforzo umano nè dalla nostra intel-
ligenza, ma semplicemente ti viene da Dio, ti viene rivelata. É come essere
introdotti in uno spazio di grande luce; in cui gli occhi si devono adattare;
quando Dio rivela una verità è tanto sorprendente e tanto originale che il
cervello umano fa fatica a capire, al punto che dice: “É troppo bello per
essere vero!”. Nella Bibbia il mistero è sempre qualche cosa che ti sorprende.
Si tratta di andare a vedere il dinamismo di Dio, Cristo con la chiesa, per
capire bene il dinamismo della coppia. Non dimenticare mai che su questa
terra tu sei chiamato a riattualizzare la Trinità: più assumi i tratti della
Trinità, più sei vicino a “In principio le cose erano. . . ”. Guardando alla
coppia e guardando a Dio devi trovare unità, che è fedeltà, è fecondità.
Incominciamo con l’andare a cercare alcuni criteri umani per capire quali
sono i tratti, gli elementi che a lume di naso ti fanno capire se un cammino
sta procedendo bene oppure no. Amare è un’arte e come tale va appresa, ed
è il tirocinio più bello che esiste in natura. Creati ad immagine e somiglianza
di Dio, noi siamo capaci di relazione con Dio, con gli altri e con la creazione.
É stato il peccato a far scricchiolare le relazioni umane: una volta che l’uomo
si è staccato da Dio, subito ne viene un gran male, e il male lo ritrovi nella

131
132 CAPITOLO 7. AMORE ADULTO

relazione più essenziale che esiste in natura, la relazione uomo-donna, Adamo-


Eva.
Dopo il peccato, l’uomo fugge e si nasconde, scopre di essere nudo (nudo
significa nella sua limitatezza, senza più un punto di riferimento che gli dia
l’identità). Quando il cane ha perduto il padrone, non sa se deve abbaiare,
se deve fuggire, se deve tacere, ecc., cioè gli manca il punto di riferimento
essenziale. Il cane diventa randagio, diventa sperduto, non capisce più niente,
è morto come si dice nel Genesi di Caino.
Da lı̀ viene ogni male; l’uomo si ritrova nella sua finitezza, si ritrova ap-
poggiato alle sue sole risorse umane, è nudo, è debole, è fragile, è creatura,
non ha più i tratti del Creatore perché si è staccato da Dio e lı̀ si è inquinata
la sorgente della vita. Il male lo si vede nelle relazioni, la relazione più essen-
ziale viene intaccata; la Bibbia lo esprime dicendo “L’uomo farà sulla donna
opera di potere e la donna farà opera di seduzione”, cioè questa dinamica
si struttura, vi si inserisce una tirannia, una violenza. Poi, dopo, si rovina
la relazione con il fratello (Caino uccide Abele), con la creazione (“produrrà
cardi e spine” per dire che la situazione si è deteriorata). Tutto questo si
riflette anche a livello sociale: l’uomo si portò nella valle di Sennahar e disse
che lı̀ potevano costruire una grande torre che arrivava fino al cielo, tentando
di ristabilire il rapporto con Dio. Parlando tutti la stessa lingua, gli uomi-
ni si sarebbero salvati da soli, organizzandosi, riuscendo anche a riaprire la
sorgente del rapporto con Dio.
Questa è l’illusione eterna dell’uomo. Non hai potere di intervenire su
Dio, puoi fare una torre che tocchi il cielo, puoi sognare di parlare una stessa
lingua e di farti un nome, ma devi sapere che questo non è frutto del tuo
sforzo ma sempre e solo un dono di Dio.
Nella Bibbia è scritto: “Dio vide e confuse la lingua su tutta la terra”.
Per costruire una relazione d’amore, per costruire una famiglia dove circola
amore tra moglie-marito-figli e via via tutti gli altri, lo devi chiedere come
dono a Dio, non sta nelle tue risorse, nelle tue potenzialità, nelle tue facoltà
di uomo.
Nell’esperienza di Francesco e di Chiara c’è come la possibilità, l’intuito
di recuperare quella che doveva essere la condizione dell’uomo prima del
peccato, Francesco ha fatto un cammino di recupero fino a tornare là alle
sorgenti, quando l’uomo usciva fresco-fresco dalle mani di Dio ed aveva con
Lui un rapporto semplice, e da questo rapporto recuperato con Dio viene
un rapporto recuperato con tutta la creazione. Francesco è un uomo che
ha un rapporto bellissimo, intimo, semplice, fresco, di bambino, proprio di
7.1. L’ARTE DI AMARE 133

primissima creazione. Francesco ha un rapporto con la donna che è stupendo


(una volta ho sentito dire: “Mai uomo ha amato una donna come Francesco
ha amato Chiara) e tutti i cammini d’amore dovrebbero arrivare a quella
meta, al rapporto Francesco - Chiara.
E poi il rapporto di Francesco con la creazione: con gli animali, con gli
alberi. Le fonti dicono che quando vedeva un campo pieno di fiori e di messi,
lui le invitava a lodare Dio, si entusiasmava e partecipava alla creazione.
Dobbiamo arrivare alla fraternità che ha saputo creare Francesco, dob-
biamo arrivare al rapporto semplice e filiale con Dio come l’hanno realizzato
Francesco e Chiara, dobbiamo arrivare ad avere una relazione, non solo tra
noi, ma anche con la stessa natura.
Nella spiritualità cristiana sono poche quelle realtà in cui un’esperienza
spirituale viene condotta avanti all’insegna di una complementarietà uomo -
donna, Francesco - Chiara.
Tutta la storia dell’amore è sempre una storia di relazione, e questa storia
di relazione va collocata nel contesto del grande progetto di Dio, che non ha
progetti di sventura ma progetti di pace. Tutto ciò seguendo il modello della
Trinità, di Gesù Cristo e la Chiesa.
Volendo caratterizzare l’amore, si può dire che raggiungiamo gradi di
maturità differenziati. A volte si assumono comportamenti maturi, a volte
si possono assumere modalità regredite. Quando parla una ragazza io mi
domando se parla la bambina, parla l’adolescente o parla la donna adulta?
A volte parla la persona adulta, ma sotto certi aspetti, certe volte, parla
ancora la bambina, parla ancora l’adolescente.
Una ragazza di 23 anni si scandalizzava perché un ragazzo le aveva man-
dato un mazzo di fiori. Ma a 23 anni non dovrebbe parlare l’adolescente ma
una donna matura, che non va più avanti con i criteri dell’emozione e dei
sentimenti, ma con la sua ragione. Deve parlare, non deve avere paura e fug-
gire stando lı̀ a fare la bambina. Maturità significa rifiuto di una mentalità
bambina - adolescenziale.
Ciò che caratterizza la psiche del bambino è il prevale dell’egocentrismo,
il non rendersi conto che possono esserci punti di vista diversi dal proprio,
una certa incapacità a capire che ci possono essere aspetti della realtà che
io non si conoscono, l’accentuazione di esperienze personali che hanno però
una portata assai limitata, il non capire che la tua esperienza è solo tua e
le modalità espressive possono essere tantissime e altrettanto valide di quelle
che hai fatto tu. A questo proposito vi potreste leggere un libro molto bello di
134 CAPITOLO 7. AMORE ADULTO

Elisabetta Baldi, “Principe o ranocchio”, delle Edizioni Paoline, che presenta


modello per caratterizzare la maturità secondo la psicologia esistenziale.
La regressione è un fenomeno abbastanza comune nella vita quotidiana;
fugaci manifestazioni regressive certe volte servono ad allentare la tensione
dell’io, cioè di fronte ad una situazione drammatica come un incidente, o
quando una persona non sa che cosa fare, l’io è talmente sotto pressione che la
persona sviene. Questo capita perché sono persone che non sanno affrontare
la realtà e il mondo psichico regredisce. Che tutto questo succeda in qualche
momento della vita è comprensibile, non ha niente di patologico: il fenomeno
assume aspetti patologici quando la persona, per sottrarsi a obblighi ed a
responsabilità, a doveri sociali, fa uso continuo di questo meccanismo psichico
fino a caratterizzarne la vita (come, ad esempio, il bambino a cui non piace
proprio andare all’asilo che si fa addirittura venire la febbre).
La regressione consta di diverse fasi:

- la prima fase è la regressione alla primissima infanzia: è dominata dalla


modalità orale. Succhiare, mordere, sgranocchiare semi, sono aspetti
sfruttati anche dalla pressione pubblicitaria.
Ma la vera patologia regressiva si ha nella mentalità orale propria delle
persone parassite, che esigono continuamente attenzione, assistenza.
L’orale parassita vuol prendere tutto da tutti, senza dare niente in
cambio, e questa gran voglia di assumere ed avere si configura anche
nel cibo: l’anoressia o la bulimia sono lo stesso fenomeno su due aspetti
diversi, in quanto sono sempre relativi a questa primissima tappa del
cammino umano;

- la seconda fase è la regressione alla prima infanzia: corrisponde alla


fase anale del modello psicanalitico. É sollecitata da messaggi che pro-
mettono il maggior controllo sugli altri, maggior potere, più riuscita,
più prestigio, più valore personale, più autonomia. Macchine di lusso
superaccessoriate, spese folli oltre le proprie possibilità, fanfaronate,
vestiti, pulizia, igiene, ecc., sono tutti elementi che ti dicono come la
persona è regredita alla prima infanzia.
Le persone regredite in senso anale sono competitive, aggressive, pole-
miche, hanno della vita una visione dogmatica e manichea, categorie
mentali rigide e antitetiche (se hai portato il tuo fidanzato dai tuoi ami-
ci e tornando ti dice che sono persone stupende, sono persone sante, ma
7.2. TEST DI MATURITÀ 135

se ti dice che sono tutte persone cretine, è tutta gente che non capisce
niente).
Non vedono le infinite sfumature della realtà, che è sempre bianca o
nera. Ha una sessualità ancora immatura sollecitata dai mass-media,
imbocca la via della facile seduzione, di un superficiale erotismo, ricerca
della conquista disimpegnata, del fascino irresistibile, fanfaronate su
avventure pseudosessuali e di eccitazione sessuale;

- la terza fase è la genitalità, che rappresenta la fase ultima dello sviluppo,


e vede la metamorfosi del bambino in adulto, persona non più governata
dal principio del piacere, ma da quello della realtà in cui predomina la
ragione. Quindi il bambino prende, l’adolescente e gli amici scambiano,
l’adulto dona.

7.2 Test di maturità


Passiamo ora ad esaminare alcune domande che possono aiutare a capire il
proprio grado di maturità. Mi preme che vi ricordiate questo test perché è
come avere un prontuario a disposizione; mentre la vita scorre e ci si relaziona
con un ragazzo o una ragazza, con le persone in genere, può essere un punto
di riferimento importante per verificare come vanno le cose.
Che cosa vuoi fare?

- Il maturo risponde: “Esattamente quello che sto facendo”. L’adulto


sogna ciò che fa.

- L’immaturo risponde, invece, che ha voglia di fare altro, sogna l’irreale,


il diverso, l’impossibile. Soprattutto puoi notare che sogna queste cose
ma poi non ha la capacità di organizzare quelle strategie e quei piccoli
passaggi necessari per arrivare a quella meta. Questo è il segno di una
immaturità.

Ti cambieresti con. . . ? Conosci una persona al mondo con cui cambieresti


il nome, il posto di lavoro, il tuo ruolo, il tuo carattere, la tua vita, il tuo
essere?

- La persona matura risponde: “No. Ciò che io desidero essere è esatta-


mente ciò che sono”. La persona matura assume i tratti del genio, che
136 CAPITOLO 7. AMORE ADULTO

è uguale solo a se stesso (che poi è il destino di ogni persona, di ognuno


di noi).

- L’immaturo non si riconosce nel suo specchio: sogna di essere altro,


essere diverso, stare in un’altra situazione, avere un viso - occhi - capelli
diversi, ecc.

Chi deve cambiare, io o l’altro? É quasi ovvio ritenere gli altri respon-
sabili delle mie difficoltà, per cui la mia crescita, la mia felicità avverrebbe
automaticamente solo quando l’altro fosse diverso, cambiasse in base alle mie
aspettative. “Il nostro fidanzamento andrebbe a gonfie vele se lui/lei facesse
quello che dico io.

- La persona davvero matura sa che il cambiamento sta nel comprendere,


nel modificare il significato di un fatto. Il punto critico, ciò che ha valore
decisivo, ciò che più conta, non è la difficoltà o il problema, ma la mia
reazione con quel problema. É su te e solo su te che puoi lavorare
fruttuosamente. L’immaturo aspetta che a cambiare siano gli altri, che
siano le circostanze: quasi mai accadrà.

- La persona immatura segue la logica del: “Se tu fossi diverso, io sarei


migliore”. Seguiranno cosı̀ molte frustrazioni e delusioni, perché siamo
sulla via della totale deresponsabilizzazione e del disimpegno. Peggio:
qui c’è un modo implicito di dare all’altro potere su di noi, per cui chi
comanda è uno che sta fuori di me, lui mi determina, lui condiziona
la mia vita. Quindi, in qualche modo, gli ho rimesso il potere, per
cui svendo la mia libertà, quel bene supremo che fa godere ogni altro
bene. La richiesta che l’altro cambi si fa più rigida e assillante quando
la persona è totalmente immatura: più la persona è immatura, più
ci sono queste richieste. Per esempio: non so essere paziente, allora
esigo che gli altri non mi mettano nell’occasione di perdere la pazienza.
Invece di operare all’esterno, io devo operare su di me. In questo senso
non esistono persone difficili, ma piuttosto persone di fronte alle quali
emergono le nostre difficoltà, ma siamo cosı̀ poco abituati a prestare
attenzione ai nostri vissuti interiori! Se mi crea tensione il fatto che
tizio non mi saluta, vuol dire che il mio disagio nasce dalla pretesa che
lui mi saluti, altrimenti mi sento poco valorizzato, poco rispettato.

L’intero processo di maturazione si gioca sul come reagiamo alla difficoltà.


7.2. TEST DI MATURITÀ 137

L’immaturo non vede che difficoltà: egli è cosı̀ superficiale da scorgere


solo i problemi e da interessarsi poco delle proprie reazioni, che invece sono
l’unica cosa che conta, l’unico spazio dove posso operare, l’unico spazio che
influisce sul mio avvenire. Le difficoltà si susseguono e passano, ma la no-
stra reazione non passa. Ecco la rivoluzione copernicana: si tratta di una
continua, paziente microconversione, cioè una faticosa e costante ristruttura-
zione del nostro mondo percettivo, un lavorio spesso penoso fatto di continui
superamenti e purificazioni. Sarebbe sciocco, dicono i cinesi, pulire lo spec-
chio quando ritrai il tuo volto sporco. Spesso le reazioni che detestiamo le
inneschiamo noi stessi con i nostri atteggiamento spesso reattivi.
Vi racconto questo episodio che ho letto su un libro di psicologia: una
signorina lavora in un ambiente dove è arrivato ultimamente un capo uffi-
cio insopportabile, ma tanto insopportabile che lei si sente scoppiare per cui
decide di licenziarsi e di andare a fare un altro lavoro. Faceva queste consi-
derazioni durante una cena tra amici, a cui partecipava anche uno psicologo.
Alla fine del racconto lo psicologo dice: “Certo, a questo problema ci sarebbe
una soluzione, ma non te lo dico perché tanto tu non lo fai.”. E la cosa
rimane lı̀: la ragazza continua a cercare lavoro a destra e a sinistra, vede che
la situazione è un po’ difficile e si ricorda di questo suo amico. Gli telefona e
gli dice: “Tu mi avevi detto che ci sarebbe stata una soluzione, ma non me
la potresti dire?”. “No, non te la dico perché tanto tu non la fai”. I giorni
passavano, lei era sempre più incuriosita ed è andata a trovare questo amico,
il quale non voleva saperne di rivelarle la soluzione al problema. Infine, an-
cora più curiosa ed insistente, riesce ad ottenere risposta: “Ecco quello che
dovresti fare: dovresti prepararti nello spazio di una decina di giorni a fare
una solenne dichiarazione d’amore al tuo capo ufficio”. La ragazza rimane
di sasso. “Te lo avevo detto che non lo avresti fatto!”. Passano i giorni e
la situazione si fa sempre più critica. La ragazza ritorna ancora dall’amico:
“Ma concretamente, che cosa dovrei fare?”, “Concretamente ti devi mettere
davanti ad uno specchio, devi vestirti bene (devi andare a fare una dichiara-
zione!), poi devi fare tanti esercizi su come atteggiare il volto, le labbra, gli
occhi, sulle parole da dire, le devi scegliere, devi trovare le parole più belle
(. . . con un evento di questa portata!). La ragazza la prende come sfida e si
prepara. Arriva il giorno x, il giorno del grande evento: lei arriva vestita di
tutto punto, sorridente, tutta bella. Il suo amico è giù in fondo, camminano
uno verso l’altro e, ad un certo momento, quando l’uomo riesce a metterla
bene a fuoco, esclama: “Signorina, ma io non la riconosco oggi! Ma lei è una
donna stupenda, ma. . . !”, alla fine è stato lui che ha fatto la dichiarazione
138 CAPITOLO 7. AMORE ADULTO

d’amore a lei.
É proprio cosı̀. La realtà è come uno specchio: se tu la guardi arcigna,
ti ritorna un volto arcigno, se tu la guardi con volto benevolo, ti ritorna la
realtà!
Chi è, allora, il responsabile?
Il responsabile di tutto ciò che è successo, sono io: ho esattamente quello
che ho seminato, posso essere giudicato sui miei frutti. Ho quello che ho
voluto, sono responsabile di ciò che mi succede, di ciò che mi è successo.
L’immaturo, invece, non si riconosce nel suo specchio, devia dicendo:
“Non sono stato mica io! Non è dipeso mica da me! Io non volevo questo. La
colpa è della maestra (ti dice il bambino che ritorna a casa quando qualcosa
è andato male). La verità non è una cortigiana che si da a chiunque, ma solo
a chi ha il coraggio di portarne il peso.
Se tu fossi migliore, gli altri sarebbero meno cattivi (cioè sono responsabile
non solo di me, ma anche degli altri, se li amassi di più, se li amassi davvero,
se fossi più creativo, sarebbero certamente migliori).
Ne segue che da te e sempre da te parte il cambiamento intorno a te.

7.3 L’amore crocifisso


Cosa preferite? Amare qualcuno che non vi ama o essere amati da qualcuno
che non amate? É una domanda alquanto difficile, ma il succo del discorso è
che si deve scegliere di amare o di essere amati. Essere amati da una persona
che non si ama, corrisponde allo stadio dell’età infantile. É il bambino che
fa cosı̀: egli è amato, coccolato, protetto, servito, abbracciato, baciato e non
ama nessuno. Egli divora sua madre; la sveglia la notte a tutte le ore, la
sollecita, la sfrutta, la saccheggia, ma è solo un bambino.
Nello stato adulto, cioè all’altro estremo, c’è una madre che ama qualcu-
no, fa il primo passo, prende l’iniziativa, si sacrifica, rischia, insiste, soffre,
pazienta pur di non spezzare, dà fiducia, rinnova la fiducia, tenta e ritenta
fino a svegliare l’amore nell’altro: tutta l’evoluzione umana consiste nel pas-
sare dallo stato captativo allo stato oblativo, dalla condizione in cui si è amati
senza amare a quella in cui si ama anche se l’altro non ama, svegliando l’amo-
re finché un giorno forse l’altro capirà. Solo se disinteressato, l’amore suscita
amore. L’amore è incanto, gioia, estasi, rapimento, incontenibile contentezza,
seduzione, gaudio, canto, poesia, ma anche prova, sofferenza e croce. Illumi-
nante è la parabola delle nozze di Cana. Gli sposi improvvisamente fanno
7.3. L’AMORE CROCIFISSO 139

un’esperienza di delusione; le provviste sono finite, il vino della gioia è finito.


La festa rischia di finire con l’acqua: proprio non c’è più vino. Le coppie
se ne accorgono abbastanza presto: il primo amore è fatto di entusiasmo,
gioia, dono senza difficoltà, intesa senza sofferenza, il magico della più bella
e grande avventura umana ad un certo momento sparisce. Ma questo primo
amore non è male, non va scoraggiato e non va svilito, solo bisogna sapere
che il secondo vino è migliore del primo, il secondo amore che viene dall’alto
è più saporoso, forte, consistente, tenace, perché fa appello alle risorse più
profonde di noi stessi e a quel seme di divino che è in noi, suscitando risorse
immense di inventiva e creatività. Partecipiamo di un mistero profondo. Dio
da prima ci ha amati di un amore munifico (munus in latino significa dono),
dandoci tutta la creazione ed organizzandola per noi: il sole che sorge la
mattina, l’acqua, la pioggia, il vento e l’aria che respiri, tutto questo è l’Eden
che ti è stato dato e nel quale tu sei stato posto, è un Eden meraviglioso in
cui ci scorrono ben 4 fiumi e là si trova anche l’oro. Questo è dono di Dio,
Dio ti ha amato cosı̀ e questa è la prima forma di amore. Ma poi, in Gesù
Cristo, ci ha amato di un amore crocifisso, soffrendo con noi, soffrendo per
noi. Capitelo bene: dapprima ci è stato rivelato l’amore munifico, poi in
Gesù Cristo Dio si è venuto a mettere accanto alla mia sofferenza, a soffrire
con me e per me, perché io lo faccio soffrire. L’amore è l’intreccio di queste
due realtà; munifica e crocifissa. É l’intreccio di questi due amori che co-
stituisce l’asse portante di una dinamica d’amore, di una dinamica sponsale.
Solo sulla croce si capisce che cos’è l’amore, là appare il vero volto dell’amore,
là qualcosa si può intuire, si vede innanzitutto la debolezza dell’amore; chi
ama è, prima di ogni cosa, debole, è esposto all’abuso altrui, al tradimento,
all’ingratitudine, all’abbandono. Gesù è debole sulla croce perché la logica
dell’amore non gli permetteva di usare la forza o legioni di angeli. Il leone di
Giuda, cioè il forte che vince anche la morte (che significa il non amore) è in
realtà l’agnello sgozzato dell’Apocalisse. Per essere leone bisogna diventare
agnello: l’amore è forte quando è debole, vince quando è sconfitto, perde
oggi per poter vincere domani. Sulla croce potrai finalmente contemplare la
vendetta di Dio sul tuo peccato, cioè sul tuo non amore, che è la sua totale
remissione. Al termine di ogni cammino d’amore ci saranno sempre un cuore
squarciato, due mani e due piedi trafitti (“Tommaso metti il dito nel costato,
tocca le piaghe delle mani e dei piedi”). L’amore è un lutto elaborato, è un
disgusto, una delusione, una indifferenza, uno schiaffo superati. L’amore è
croce, cioè l’imprevisto, il non voluto, il non programmato, ciò di cui vorresti
fare a meno, tutto ciò che azzera i tuoi piani, i tuoi sogni, le tue aspettative,
140 CAPITOLO 7. AMORE ADULTO

tutto ciò che ti spoglia, ti falcia, perché fintanto che sei tu che programmi la
tua vita, lavori e fatichi, fai e disfi, hai in mano la tua esistenza (o almeno
cosı̀ ti illudi), ma poi arriva la croce ad infrangere ogni illusione. Qui, proprio
qui, in questo punto preciso incomincia l’amore, quando differenza, scacco,
delusione, amarezza ti fanno dire: “Non l’amo più”, è esattamente quello lo
spazio per l’esercizio dell’amore maturo, è proprio quello l’istante in cui nasce
l’occasione di un atto d’amore. É un paradosso. La misura dell’amore qual’è?
La necessità dell’altro. É proprio quando si crede di perdere l’amore che esso
può cominciare, là dove tutti piangono che l’amore è finito, per il credente
inizia l’avventura dell’amore: regala ciò che non hai, occupati dei problemi
e dei guai del tuo prossimo, prendi a cuore gli affanni e le esigenze di chi ti
sta vicino, regala agli altri la luce che non hai, la forza che non possiedi, la
speranza che senti vacillare in te, la fiducia di cui sei privo, illuminali dal tuo
buio, arricchiscilo con la tua povertà, regala un sorriso quando hai voglia di
piangere, produci serenità dalla tempesta che hai dentro. “Ecco, quello che
non ho, te lo do”, questo è il paradosso. Ti accorgerai che la gioia, a poco
a poco, entrerà in te, invaderà il tuo essere, diventerà veramente tua nella
misura in cui l’avrai regalata agli altri. La maturità si misura dalla capacità
di incassare uno smacco e reagire in maniera originale, accogliere una soffe-
renza e saperla portare, sapere ciò che si è e rischiare di perderlo, insomma
l’amore è un investimento ad altissimo rischio. É il paradosso dell’enigma
dell’amore: se cerchiamo l’amore di cui tutti abbiamo pungente bisogno, non
lo troveremo mai, saremo sconfitti. É una legge inalterabile: l’amore se lo
esigi si allontana, se gratuitamente lo regali, ritorna. Chi cerca di uscire dal-
la solitudine procacciandosi amore, sprofonderà in un baratro peggiore del
primo, se i nostri sforzi sono volti a leccarci le ferite piangendosi addosso per
attirare lo sguardo altrui, inevitabilmente troveremo anziché consolazione,
una desolazione più profonda. Come dice Gesù, devo perdere la vita per
ritrovarla. Accade spesso che a causa di ferite che ci portiamo dentro, delle
pene che ci affliggono, degli esempi di competizione e cupidigia che vediamo
intorno a noi, è difficile fare il sacrificio di noi stessi, del proprio io che deve
diventare un altare su cui si consuma un sacrificio. Ma per quanto difficile,
l’unica via è la pienezza; dobbiamo utilizzare all’inizio il pur poco amore,
quel poco amore disponibile per uscire da noi stessi e fare un gesto totalmen-
te gratuito, allora l’amore giungerà silenzioso e misterioso come dono, come
grazia di Dio. Pur non avendo cercato nulla per noi, riceveremo tutto.
Sentite questa storia. Conoscevo una coppia: lei molto credente, lui ateo.
Dopo un po’ di tempo lui vuole avere dei rapporti sessuali con questa ragazza.
7.3. L’AMORE CROCIFISSO 141

Lei si rifiuta, ma lui si arrabbia e il giorno dopo ha il muso lungo. Cerco di


parlare con lui, ma è irremovibile: “Lei è una donna condizionata, i criteri di
giudizio e di valutazione di prende dall’alto, dal suo Dio. Ma dove sta questo
Dio? Non c’è Dio, le cose devono andare cosı̀”. “Ma non si può dire che non
c’è Dio solo perché lo dici tu”. Una volta la ragazza mi dice che dovevano
andare con delle amiche a fare una gita, un fine settimana in alta montagna e
dormire in un rifugio. Sapeva che le altre coppie dormivano già tutte insieme
e mi chiedeva come doveva fare. Riuscı̀ a tenerlo a bada, ma la mattina
seguente le altre ragazze la deridevano chiamandola la verginella. Nel tempo
abbiamo cercato di fare altri tentativi, ma lui era fermo e rigido nelle sue
convinzioni, sembrava il re dell’universo, chi stabilisce il bene e il male e,
anzi, il fatto di credersi Dio lo poneva al di là del bene e del male (quando
inizi a fare i primi peccati e vedi che non succede niente, provi un’energia che
può farti arrivare a credere Dio). Passa un po’ di tempo e questa ragazza mi
ritelefona dicendomi che si ripresentava l’occasione di rifare un’altra gita in
montagna. Ci siamo risentiti e le ho detto: “L’altra volta sei stata come su un
ring, ti hanno messo lı̀ nell’angolo e hanno cominciato a darti pugni. Potrebbe
essere anche il momento di cambiare strategia: una volta le hai prese, ora
sarebbe anche il momento di darle”. Cosı̀ le ho dato dei suggerimenti: “tira
fuori la grinta, comincia a fare notare al gruppo quanto è squallido avere un
rapporto sessuale in un sacco a pelo, in una zona di montagna dove fa freddo,
mentre vi sono anche gli altri. Le donne quando si sposano infiorettano le loro
lenzuola perché rappresenta un momento molto importante”. Dopo un po’
di tempo questa ragazza mi ritelefona e mi dice: “Giovanni, le ho fatte nere!
Al mattino, quando scendevamo, nessuno mi guardava negli occhi, tutte mi
scansavano, tutte se ne andavano”. I due iniziarono a dire che si sarebbero
sposati il giorno di San Francesco. Ma lui continuava a dire di essere ateo, e ad
un certo momento mi è scappato dalla bocca di dire: “Tu sei ateo, tu conosci
soltanto l’amore munifico, ma ti aspetto al passo quando arriverà l’amore
crocifisso”. La ragazza nel mese di agosto fu ricoverata improvvisamente
all’ospedale con dolori acutissimi e perdite nell’apparato riproduttivo, in una
situazione veramente grave, e subito fece una telefonata al ragazzo Lui ha
incominciato a tremare e a balbettare con la voce: “Ma io non sono abituato,
a me l’alcool fa male!”. “Giovanni, io avrei voluto solamente che fosse venuto
per starmi vicino, che mi tenesse la mano!”. Non ha avuto il coraggio, ed
allora ho pensato bene di rimandare il matrimonio, perché questo ragazzo
non si intende per niente di amore crocifisso, perché l’amore crocifisso è
soltanto un dato rivelato. L’amore munifico lo conoscono tutti, è come il
142 CAPITOLO 7. AMORE ADULTO

primo vino delle nozze di Cana, ma il secondo vino, quello che veramente
regge, è un vino che viene dall’alto; quello l’ha prodotto Gesù Cristo. Prima
ti ha fatto riempire le giare, perché non ti venga il dubbio che ci sia stato
qualche inganno e per farti capire che si tratta di un intervento particolare.
Vuoi costruire il matrimonio? Se lo costruisci con il primo vino, come è
venuto dal nulla, prima o poi ritorna al nulla. Il modello dell’amore maturo
è l’amore di Cristo per la chiesa, quando si è venuto a mettere sopra a tutto,
accanto, crocifisso, a soffrire con te e per te. Solo se hai fatto un’esperienza di
Gesù Cristo, lo capisci e ti fluisce dentro, altrimenti sei asciutto, sei proprio
come questo ragazzo, dotatissimo, sotto tutti i punti di vista, ma idiota e
ignorante in fatto di amore. Cosa hai fatto per me? Quando facciamo quella
domanda è il momento in cui cessiamo di amare, perché siamo fermi e non
in viaggio. “Un samaritano che era in viaggio arrivò vicino a lui”.
Accostando le due espressioni “era in viaggio” e “arrivò vicino a lui” il
Vangelo ci porta a pensare che ogni viaggio ha lo scopo di portare vicino a
Lui: questa è la vera destinazione di tutti i nostri sforzi, di tutto il nostro
mondo interiore. Lo scopo della vita non è quello di arrivare in qualche luogo,
sul posto, ma di arrivare vicino a qualcuno. Che te ne fai della tua vita se
non fai felice nessuno? Se non c’è qualcuno che si rallegri per te, che si apra
alla gioia quando tu ci sei? E che te ne fai delle tue ricchezze se non servono
a spezzare le catene della fame, della solitudine, dello sconforto, affinché
qualcuno riprenda a sperare perché ora potrà mangiare, vestirsi, studiare,
nutrire i suoi bambini? Se qualcuno ha incominciato a sorridere alla vita,
a conoscere un po’ di felicità dall’ora in cui ti ha incontrato, allora tu hai
liberato la vita da ulteriori spiegazioni, hai vinto il non senso, a questo punto
puoi anche ritenere che la tua stagione è compiuta perché il tuo albero ha
maturato i suoi frutti, puoi anche morire perché hai eguagliato Dio. Andare
a vivere il dolore dell’altro è la vicinanza incarnata inventata da Dio per
venirci a salvare; la vicinanza è la residenza della compassione, lo spazio
dove l’amore può operare. Senza la vicinanza l’amore è velleitario, è inutile,
perché le ferite del prossimo rimangono aperte e scoperte, senza un po’ di
olio che possa lenirle.
Quello della donna di Lc 7, quello è l’amore: a questa donna tutto è
perdonato perché ha amato. Ma tu fariseo, nobile, bello, santo, giusto, re-
ligiosissimo, ecc., tu non hai fatto queste cose, perché l’amore ti è rimasto
dentro al cervello e nell’aria di vaghi sentimenti. L’amore si fa con una vici-
nanza toccabile. Ma c’è di più: l’altro non solo lo devi aiutare, ma l’altro è
un ferito come pure tu sei una persona ferita. La persona ferita devi rivestirla
7.3. L’AMORE CROCIFISSO 143

di compassione. “Accanto ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò


le ferite, lo portò in una locanda”; l’unico luogo vivibile per l’uomo dove si
sente veramente a casa sua, dove è veramente accolto, è la compassione del-
l’altro. La casa di uno, quindi, è la misericordia dell’altro; senza misericordia
nessuno si sente accolto e di casa, presso nessuno. La vita è impossibile per-
ché ci manca ciò di cui tutti ci sentiamo bisognosi, appunto perché limitati,
perché feriti. Per questo si dice che l’Agape, l’amore vero di Dio, cioè l’a-
more di misericordia, edifica, cioè costruisce la casa dell’amore per l’uomo: è
l’ospitalità, è il servizio ricevuto nella locanda, l’accoglienza che solo l’altro
può darmi quando mi accoglie ferito e mi riveste di misericordia, allora viene
superato il mio limite e la mia solitudine esistenziale. Diversamente nessuno
può vivere. La vera casa dell’uomo, dove l’uomo dimora con Dio e Dio con
lui, è proprio la misericordia, questo amore reale e fattivo; solo in questa casa
si può vivere. La casa di Dio è il dolore dell’uomo, e la misura dell’amore è
la necessità dell’altro.
Dalla vita di San Vincenzo De Paoli, il santo della carità, cogliamo una
frase sconvolgente che non può non mettere in crisi. Scrive ad una novizia:
“Carissima Jean, presto ti accorgerai che la carità è pesante più della pentola
della minestra, più del cestino colmo di pane, ma tu conserverai ugualmente
la tua dolcezza ed il tuo sorriso. É fatica dare, ma lo è anche portare il pane.
Far dono del pane e del brodo non è tutto; anche i ricchi possono farlo. Tu
sei la piccola serva dei poveri, la suora di carità sempre sorridente e di buon
umore. I poveri sono i tuoi padroni, e padroni terribilmente suscettibili ed
esigenti, lo vedrai! Allora, più essi saranno ripugnanti e luridi, ingiusti e
volgari, più tu dovrai donar loro il tuo amore e per il tuo amore, solo per il
tuo amore, i poveri ti perdoneranno il pane che a loro offri. ”Quest’ultima
frase è tagliente come il bisturi di un medico: non ci possiamo fermare ad
esaminarla, ma questa è di una portata che ti falcia. Se ad una persona
sono state richieste rinunce , in una modalità e tempi indebiti, spesso non
è più capace di entrare nella logica e nelle richieste dell’amore. É un vero
guaio quando uno nella vita ha incontrato solo le richieste dell’amore e non
l’amore stesso: bisogna aver incontrato l’amore prima di incontrare la morale,
altrimenti è uno strazio. Quando l’io non ha sperimentato il paradosso di una
morte per più vita, sopporta, tenta e ritenta, e alla fine esausta esplode in una
violenza. L’io diventa forte e l’uomo vecchio si struttura; l’io forte, aggressivo,
prepotente, rivendicatore di diritti, ribelle, insofferente ad ogni regola, ad ogni
disciplina, sordo ad ogni argomento umano e divino, deciso a camminare per
la sua strada magari calpestando le cose più sacre (Dio e le persone). L’io
144 CAPITOLO 7. AMORE ADULTO

si dimentica di tutto, vuole solo la sua parte, vuole raggiungere a tutti i


costi il suo scopo; è la rivincita di chi non ha bevuto alle sorgenti dell’amore.
Qui i matrimoni vacillano, le alleanze tremano, fedeltà si incrinano, onestà
si offuscano, valori nobili sbiadiscono: la lotta divampa. Bisogna andare a
vedere le persone a 30 - 35 anni, 40 - 50 anni; là la vita ti presenta il conto di
tutto quello che hai seminato all’inizio. Tu vedi suore, tu vedi frati dove non
c’è patto coniugale, non c’è professione religiosa che regge, non c’è niente,
tutto viene calpestato. Puoi parlare, puoi dire, ma l’io si rinforza, l’uomo
vecchio vuole la sua parte, si impone: Sarcs, egoismo incarnato.
Imparare la lingua dell’altro. La prima faticosa conquista è imparare a
parlare nella lingua dell’altro e dell’altra; accettare di conoscere l’amore del-
l’altro in un linguaggio che non è il mio è assai penoso! Prima di riuscire ad
accettare di essere amati diversamente da come vorremmo, desidereremmo,
ci augureremmo, avremmo bisogno, . . . quanto è duro! Generalmente si pen-
sa di dover essere amati come si ama: troppo bello, ma non succede mai! La
più grande sofferenza per una moglie è accettare che suo marito l’ami diver-
samente da come lei ama lui. Solo una donna matura riesce ad accettare che
un uomo non può amare una donna come una donna ama un uomo, e non
basta constatare che si ama diversamente, ma occorre proprio sforzarsi di
rispondere all’amore dell’altro o dell’altra, cercando di parlare la sua stessa
lingua, assumendo il suo linguaggio, scoprendo la sua sensibilità, uscendo
dalla propria terra per andare nel pianeta dell’altro o dell’altra. Il miracolo
della Pentecoste è stato proprio questo: ognuno parlava la lingua dell’altro.
Il marito parlava la lingua della moglie, la moglie quella del marito; i genitori
il linguaggio dei figli, i figli quello dei genitori; i sacerdoti quello dei fedeli
laici, e viceversa; i vecchi quello dei giovani. Infatti il solo linguaggio che si
capisce è quello dell’amore. Invece ognuno parla la propria lingua: il marito
parla la propria lingua chiedendo alla moglie di essere meno bambina e meno
sentimentale; la moglie parla la propria lingua chiedendo al marito di essere
più delicato, più attento, più sensibile e più presente; i genitori parlano la
loro lingua chiedendo ai figli e questi non capiscono; i nonni parlano la loro
lingua e tutti dicono “che pizza”! E quando ognuno parla la propria lingua,
non ci si capisce. La si chiamò Babele perché là il Signore confuse la lingua di
tutta la terra. Non essere sulla stessa lunghezza d’onda crea frustrazione, ma
è proprio questo lo spazio dell’esercizio dell’amore! Ecco l’esempio di come
un uomo potrebbe approdare al pianeta donna: vi è una cosa che la donna
più intelligente di questo mondo non riuscirà mai a capire, che suo marito la
ama anche se non glielo dice mai. Infatti lavora, torna puntuale a casa, fa
7.3. L’AMORE CROCIFISSO 145

i piccoli servizi domestici, aiuta ad accudire i figli, ecc., e tutto questo per
un uomo è amore. Eppure ad una donna ciò non basta! Lei ancora non sa
che suo marito l’ama. Tutto ciò che si è e si fa per una donna, deve essere
rivestito di parole. Quando si fa un dono, bisogna curare anche la confezione:
la confezione, per una donna, è la parola. In un mondo psichico “donna”, si
entra essenzialmente per l’udito, l’orecchio, unico organo altamente possibile.
Purtroppo, l’uomo detesta parlare; dire “ti amo” è per lui una gran fatica,
un peso insopportabile. E poi non serve, glielo dimostra in mille altri modi
più concreti, più essenziali, esistenziali: per esempio le è fedele, si sacrifica
per lei tutto il giorno, insomma dà prova tangibile di un grande amore. E
lei, sua moglie, ancora non lo sa; ma se solo glielo dicesse! Forse anche per
questo Ingrid, la moglie di Walter Trobish, ha scritto: “Solo dopo anni di
matrimonio felice ho capito che su questa terra, nessun uomo può soddisfare
le aspettative profonde di una donna (dal libro “Saper dire addio” dopo la
morte del marito avvenuta a 55 anni).
L’aspetto fisico è importante per la partenza; poi da questo aspetto fisico
ho accesso al suo mondo psichico, poi al suo mondo spirituale, poi al mistero
della sua vita. Quando io sposo una persona, io sposo il mistero che lei è:
vi ho precedentemente detto che di questa persona io vedo soltanto la punta
di un iceberg, ma tutta la profondità del suo essere, tutta la sua ricchezza è
ancora tutta da scoprire. Quando mi presento all’altare per dire il mio “sı̀”,
affermo questo mistero, come persona umana, un mistero che è rivestito del
mistero di Dio, un mistero che mi viene decodificato dall’amore di Cristo per
la sua Chiesa.
146 CAPITOLO 7. AMORE ADULTO
Capitolo 8

L’altra via

8.1 Generare Cristo


Una coppia cristiana deve sapere che tutta la ricchezza del mistero di Dio, di
tutto quello che Lui ci ha donato, non trova piena realizzazione unicamente
nella realtà del matrimonio, ma vi è anche un altro modo per far fiorire i
propri talenti di fondo. Se infatti la via “normale” dell’amore che unisce due
persone e le rende padre e madre è chiara a tutti nella sua semplicità e acces-
sibilità, il Signore dona ad alcuni un’altra possibilità di far fruttare i propri
talenti di fondo: la consacrazione, dove il rapporto non è con un’altra perso-
na umana ma direttamente con Dio. Avevo citato quel brano di Chesterton:
“A meno che non sposiate Dio, come le nostre monache in Irlanda”. Non vi
meravigliate dell’espressione “sposare Dio”, perché tanta è la nostra dignità
di persona umana, che il nostro fine ultimo non è un’altra persona, ma la
comunione con Dio, cioè sposare Dio. Noi balbettiamo che siamo figli di Dio,
ma quello che saremo non è stato ancora rivelato! Per cui il matrimonio è un
amore penultimo, poiché l’ultimo è tutto in Dio (anche l’amore che lega due
sposi, alla fine verrà rinnovato e ulteriormente purificato). Quando Cristo
riconsegnerà tutta la creazione, allora saremo tutti in Dio.
Alcune persone anticipano nel tempo questa meta in virtù di un misterio-
so intervento di Dio affinché nel mondo possa esserci una presenza costante
che richiami questa verità ultima, ma soprattutto perché Dio ha una grande
stima di noi, vuole fare grandi cose, ma le vuole fare sempre con la sua Chie-
sa. Affinché Cristo nasca in ogni persona, Dio affida ad alcuni il ruolo della
Vergine Maria: la consacrazione non è altro che il mestiere della Madonna,

147
148 CAPITOLO 8. L’ALTRA VIA

di colei che sarà la madre del Signore, di colei che ha generato Cristo. Un
consacrato o una consacrata non genera un altro Gesù storico, come la Ma-
donna, ma fa sı̀ che in ogni uomo spunti questa nuova vita e diventi Cristo.
Un bambino non viene creato con il desiderio, con i sogni o con la fantasia
dei genitori, ma con carne e sangue; allo stesso modo, per generare Cristo bi-
sogna dare il sangue, la vita. Ad alcune persone viene chiesta la vita affinché
generino Cristo nel cuore dei fratelli.
Un po’ di tempo fa abbiamo fatto una festa per una suora che nessuno
conosce, che è rimasta in una cucina per 40 anni. Guardando soltanto quello
che fa, umanamente diresti: “Ma che vita è questa?” Se però prendi in
considerazione il fatto che ha dato la vita per questo scopo, per generare
Cristo, allora riuscirai a vedere oltre, apparirà e sboccerà il frutto della sua
maternità, una schiera innumerevole di figli come le stelle del cielo e i granelli
di sabbia sulla spiaggia del mare, e vedrai come sarà incoronata regina, perché
partecipa dello stesso mistero della Madonna. Come Maria ha generato la
salvezza degli uomini nella solitudine e nel silenzio, cosı̀ la vita nuova in
Cristo va generata nella solitudine e nel silenzio, non come fa il mondo che
ti esalta, che è sottomesso alla legge del potere, dell’avere e dell’apparire;
Dio è l’esatto contrario: nessun potere, nessun avere e nessun apparire. E
in questo modo, per il tempo e per l’eternità, quella persona viene collocata
nella genealogia di chi ha generato Cristo.
Nell’Antico Testamento c’è la stupenda storia di Rut, una moabita.
Una famiglia di Betlemme (il padre, la madre Noemi e due figli maschi),
emigrata a causa della carestia, giunge nella regione di Moab (nell’area del-
l’attuale Giordania). I due giovani sposano due moabite, Orpa e, appunto,
Rut, ma dopo poco tempo muoiono il padre e i due figli, lasciando le tre don-
ne senza più la possibilità di generare, cioè di entrare nella genealogia da cui
sarebbe venuto il Messia, come tutte le donne, tutte le famiglie speravano.
Cessata la carestia, Noemi decide di tornare nella sua terra e dice a Rut
e a Orpa (perché sente una grande responsabilità, dal momento che in quel
contesto culturale una donna deve generare e il non avere figli è un segno
d’incompiutezza): “Andate, tornate ciascuna a casa di vostra madre; il Si-
gnore usi bontà con voi. . . conceda a ciascuna di voi di trovare riposo in casa
di un marito”. Ma queste due nuore decidono di rimanere con lei. E Noemi
insiste: “Perché verreste con me. . . se anche avessi un marito questa notte e
anche partorissi figli, vorreste voi aspettare che diventino grandi e vi aster-
reste per questo dal maritarvi?” Alla fine Orpa ritorna presso il suo popolo,
alla sua cultura, alla sua religione, al suo dio, mentre Rut rimane: “Dove
8.1. GENERARE CRISTO 149

andrai tu andrò anch’io; dove ti fermerai mi fermerò; il tuo popolo sarà il


mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio; dove morirai tu, morirò anch’io e
vi sarò sepolto. Il Signore mi punisca come vuole”. Giungono a Betlemme
(che sarà proprio la città dove nascerà Gesù Cristo), dove la gente riconosce
Noemi. A questo punto bisogna ricordare che nella Bibbia il significato di
un nome è assai importante: Noemi significa “amata da Dio, prediletta da
Dio”, e quando le dicono: “É proprio Noemi”, lei ribatte: “Non mi chiamate
Noemi, chiamatemi Mara, perché l’Onnipotente mi ha tanto amareggiata! Io
ero partita piena e il Signore mi fa tornare vuota. ”
Comunque, la vita di queste due donne ricomincia. Per avere di che
mangiare Rut va a spigolare, a raccogliere le spighe che cadono ai mietitori
nei campi. Quando farete un viaggio a Betlemme, per arrivare alle grotte dei
pastori passerete per alcuni campi pianeggianti, quelli sono i campi di Booz.
Questi vede Rut, una gran bella donna e chiede chi fosse. Quando viene a
sapere chi è e cosa ha fatto per la famiglia di Noemi (che è una sua parente),
dice ai mietitori: “Lasciate cadere il grano, in modo che lei possa raccoglierne
abbondantemente!” Difatti la sera Rut porta a casa un bel sacco di grano,
e spiega a Noemi di essere stata nel campo di Booz. “É un nostro parente,”
dice Noemi “di quelli che hanno su di noi diritto di riscatto”. Riscattare in
questo senso significa sposare una donna, fare in modo che riprenda la catena
generazionale di una famiglia.
Noemi capisce che proprio quell’uomo potrebbe essere la salvezza per
Rut, per cui le consiglia di continuare a spigolare in quel campo e di recarsi
da Booz, sull’aia, quando incomincia a far buio, vedere dove va a dormire e
coricarsi ai suoi piedi. Rut segue i suoi consigli, e quando Booz si sveglia,
Rut gli chiede di stendere il lembo del suo mantello su di lei, un gesto con
cui un uomo prendeva una donna sotto la sua protezione e ne faceva la sua
sposa. Booz accetta di sposare Rut. Il loro figlio è Obed, padre di Iesse,
padre di David.
Questa donna pagana, che non sarebbe potuta entrare nella genealogia
di quelli che hanno generato Cristo, in virtù del fatto di essersi legata a una
Noemi, cioè a una amata da Dio, per il tempo e per l’eternità viene collocata
nella genealogia di Gesù Cristo.
Noi per natura siamo uomini e non possiamo generare Cristo, ma se ci
leghiamo a una Noemi, a una Chiara di Assisi, a un Francesco d’Assisi, a
un amato da Dio, possiamo ricevere, per il tempo e per l’eternità, il sigillo
di quelli che hanno generato Cristo (“Sarai la madre del Signore. . . ” si
dice a una persona che si consacra). Questo dono è un mistero anche per
150 CAPITOLO 8. L’ALTRA VIA

chi lo riceve; non te lo puoi dare da te stesso, non ti puoi autocandidare,


esso proviene da Dio. Quando qualcuno mi dice che si vuole consacrare, io
rimango incerto: troppe volte, a un’attenta verifica, si scopre che si tratta di
un’autocandidatura.

8.2 Autocandidatura o vocazione


Una volta mi è capitato di incontrare una coppia in fuga. Il loro amore era
nato da adolescenti come un grande sentimento. Dopo sette anni questo
grande sentimento si era sgonfiato e loro erano rimasti nudi l’una di fronte
all’altro, con le loro debolezze e i loro limiti. Di fronte a questa realtà si
impauriscono e precipitosamente ritornano all’adolescenza, perché vogliono
ritrovare i sentimenti e le emozioni degli inizi, ma a 26-27 anni non è possibile
provare quello che si provava a 15-16 anni. E visto il fallimento di questa
scelta, entrambi decidono di fuggire nel religioso e di consacrarsi. Io ero lı̀
per verificare se era veramente Dio a chiamarli, amministrando la Parola che
penetra il mistero della consacrazione e ho cominciato a indicare loro dei
brani biblici. Man mano che passava il tempo, notavo che lo Spirito non li
spingeva in quella direzione, sia lei sia lui non capivano, non vibravano di certe
cose altissime, di mistero, cioè della rivelazione di Dio nel diventare (anche
tu, uomo) la madre del Signore. Ho capito che si stavano ingannando e mi
stavano ingannando, e allora ho parlato prima con lei, dicendole che il Signore
non inganna i suoi figli per ben sette anni: l’amore c’era, era anche cresciuto,
soltanto si erano scandalizzati quando avevano capito che non procedevano
più sull’onda dei sentimenti ma che dovevano cominciare a camminare con
l’intelligenza e la fede. Non conoscevano ancora l’amore crocifisso, dove si
esercita l’amore, loro erano scappati (come accade di solito). Dopo ho parlato
anche con lui e, sulla base di criteri nuovi (di cui vi ho detto), si è rinfocolato
l’amore, si sono sposati e sono nati dei bambini.
La consacrazione è un carisma che non ti dai da te stesso, ma è un dono
che ti dà Dio quando ti riveste di una qualità d’amore che è Agape, cioè amore
totalmente gratuito. Dio ci ama senza ricevere niente in contraccambio, ci
ama e ci ha dato la cosa più cara che aveva al mondo, Gesù Cristo. A sua
volta, Gesù ci ha donato la cosa più cara che aveva, la vita, e con questa lo
Spirito Santo. Amore totalmente gratuito. Quindi, se hai in te il desiderio di
amare quelli che non sono amati, di amare chi non ricambia il tuo amore, il
bambino abbandonato, l’handicappato, il vecchio, tu ami non perché l’altro
8.2. AUTOCANDIDATURA O VOCAZIONE 151

ti riama, ma perché ami proprio come Gesù Cristo, senza aspettarti niente,
perché il tuo unico amore è Lui; gli altri possono anche non ricambiare -
come d’altronde capita il più delle volte - ma tu sai bene qual è il tuo centro:
Gesù Cristo.
C’era una ragazza che si occupava dei marocchini, facendo di tutto per
loro: gli cercava la casa, il lavoro. C’era uno del gruppo che la molestava
e lei mi chiedeva: “Giovanni, perché questa persona fa cosı̀? Io non posso
amare soltanto lui! Io voglio amare anche gli altri, perché voglio aiutare
anche gli altri, e sono tanti con tante necessità!” E io le ho detto: “Ma non
fare la stupida. Credi che tutti la pensino come te?” Questo ragazzo aveva
capito che lei era una ragazza di valore e cercava di dirle che voleva stare
con lei. “Perché fai l’ingenua?” “Ma io non voglio bene solo a lui!” “Ma
tu non sei fatta per la vita matrimoniale, tu sei fatta per la vita consacrata,
difatti il tuo è un amore totalmente gratuito, non ti torna niente”. Ora è una
suorina, e ogni volta che compare da queste parti con il suo abitino azzurro
le ricordo la sua immensa ingenuità. Lei si meravigliava che un ragazzo la
toccasse; figurati se quel ragazzo andava a pensare ai suoi desideri e alle cose
spirituali: se le capitava a tiro, si poteva ben vedere che ne sarebbe stato di
lei! Ma la ragazza non lo capiva, non lo sapeva. Il matrimonio non era al di
fuori delle sue prospettive, ma in concreto non si innamorava di una persona
in particolare perché lei era portatrice di un altro dono, elargito da Dio e
che prende il nome di Agape, l’amore totalmente gratuito, secondo il quale
non ci si aspetta niente da nessuno, ma che è fatto per generare, perché si
partecipa di Cristo che genera il Regno di Dio, della vita eterna che genera
Cristo nel cuore degli uomini.
Per cui ciò che conta non è tanto ciò che farai nella vita - quello te lo
suggerisce il carisma - ciò che conta è l’essere. Una volta ho incontrato un
carcerato, sono entrato nella sua cella dove c’era un altarino con delle ma-
donnine nude, davanti al quale lui forse si inginocchiava e pregava. Abbiamo
iniziato con una battuta, poi gli ho annunziato Gesù Cristo, il Vangelo. Lui
mi ha ascoltato per un decina di minuti e poi molto limpidamente mi ha
detto: “Senti Giovanni, Gesù Cristo non si mangia, non si vede, non si tocca,
non ci si va a letto. Invece di portarmi Gesù Cristo perché non mi hai por-
tato una bella donna?” E tu cosa fai con un uomo del genere? Allora l’ho
guardato intensamente e gli ho detto: “Va bene! Tu sei arrivato fin qui, al
limite umano. Il resto lo farò io. Io ho dato la vita per te; non io Giovanni,
ma io in quanto chiamato a partecipare di Cristo”. Se fossi stato sposato
non avrei potuto dirglielo perché non sarebbe risultato vero l’aver dato la
152 CAPITOLO 8. L’ALTRA VIA

vita per lui. Non è l’operare che salva l’altro, non bisogna illudersi, neanche
il predicare. Io parlo - e bisogna parlare - ma chi genera è il fraticello che
nessuno conosce, che sta là nella fedeltà della sua vocazione; è la suorina che
nessuno conosce che ti genera, nella sofferenza, nella solitudine, nel silenzio.
San Francesco ce lo dice in modo trasparente.
Questa è l’altra via, e tu lo devi sapere. Bisogna evitare che quando il
Signore fa il dono di una chiamata a un figlio o a una figlia, tutti si ribellano,
come invece spesso accade. Al contrario, le vere mamme e i veri papà pregano
che il Signore si degni di volgere lo sguardo sulla loro famiglia per scegliere
un figlio o una figlia per il Regno di Dio. Queste cose, in qualche modo,
bisogna che voi le sappiate perché voi siete la famiglia del futuro. Il Papa dice
sempre che voi siete la Chiesa del domani, quindi dovete avere gli orizzonti
ampi e aperti del respiro di Gesù Cristo, degli sguardi sconfinati di Dio.
Nel matrimonio voi siete sempre collaboratori di Dio, il che vi conferisce
gli stessi suoi caratteri: la sponsalità, la paternità, la maternità. Le due
vocazioni sono complementari, non in antitesi, l’una non è migliore dell’altra:
è migliore quella che ti indica Dio. Quando entro in una famiglia e vedo una
mamma che accudisce il marito e i figli, il bambino che sta male fin nel più
piccolo particolare, mi chiedo come posso farcela io che ho tanti figli. Come
faccio a dedicarmi a ciascuno in questo modo approfondito e scrupoloso?
Ho montagne di lettere, responsabilità, non riesco a trovare il tempo, dovrei
rispondere, curarmi di questo, di quello. Ci metto la buona volontà, ma poi
le cose mi travolgono. Però quando una mamma viene e mi vede in queste
condizioni le dico: “Guarda che se tu vuoi crescere e arrivare alla piena
maturità di mamma, come quella della Madonna, una mamma universale, tu
non devi guardare soltanto al tuo orticello, alla tua famigliola. Tu devi avere
un cuore aperto”.
Una volta in una cittadina una donna mi ha veramente incantato. Mi ha
detto: “Sai Giovanni, qui vicino c’è una ragazza che si comporta male, tutti
la criticano. Io sono una mamma, a me piange il cuore per quella figlia!”
Questa era una mamma che aveva l’orizzonte dilatato, e non diceva: “Eh,
le mie figlie si comportano bene, sono le altre invece. . . !” Questa mamma
aveva un cuore aperto che si preoccupava di tutti e di tutto, che aveva una
vibrazione veramente materna, non soltanto per i figli che aveva generato,
ma anche per le altre persone.
La meta sarebbe la maternità della Madonna: io lo dico ai genitori per-
sone che vengono a consegnare un figlio o una figlia a Gesù Cristo: “Voi oggi
siete come la Madonna ai piedi della croce, offrite un figlio per la salvezza del
8.2. AUTOCANDIDATURA O VOCAZIONE 153

mondo. Magari il vostro cuore è trafitto, ma quel figlio o quella figlia parte-
cipa di quel mistero di Gesù Cristo che offre la vita sulla croce ”. Pertanto,
la vita consacrata è, alla fin fine, salire sulla croce con Cristo. Egli non ha
salvato il mondo quando faceva i miracoli, risuscitava i morti, sfamava le folle
o guariva le malattie, ma quando è salito sulla croce e ha dato la vita per gli
altri: non c’è amore più grande che dare la vita per i fratelli. Allora il con-
sacrato e la consacrata si avviano a salire sulla croce tramite i tre voti, che li
inchiodano là sulla croce e li fanno partecipare di Cristo che dà la vita. Non
c’è amore più grande, per cui tu, arrivato a questo punto, non puoi avere un
desiderio più grande, non puoi fare nulla di più. Tu puoi fare quello che sta
facendo Gesù Cristo e partecipare di Lui, perché questo è l’apice dell’amore,
lı̀ veramente la tua persona attinge a tutte le sue possibilità di amore. Là li
amò fino alla fine, cioè fino all’estremo, fino al massimo di quello che si può
amare perché ha dato la vita. Nella consacrazione dai la vita inchiodandoti
a questi tre chiodi attraverso i quali partecipi di Cristo, e quindi del mistero
di salvezza, di rigenerazione degli uomini, perché Dio vuole che su tutti i suoi
figli appaia il volto di Gesù Cristo, con i suoi tratti, cioè che giungano alla
maturità dell’amore alla quale è arrivato Gesù Cristo.
154 CAPITOLO 8. L’ALTRA VIA
Capitolo 9

Il matrimonio francescano

9.1 Sposarsi secondo Francesco d’Assisi


Il matrimonio francescano è chiamato cosı̀ perché è preparato in un determi-
nato modo e celebrato con un elemento presente solo ad Assisi, la seraficità.
Questa è una caratteristica essenziale di Francesco, che è detto appunto il
serafico, che fonde due persone insieme a una temperatura altissima; quella
fusione avviene in maniera tale che un ragazzo e una ragazza siano talmente
uniti da rendere impossibile qualsiasi separazione o l’attrazione per un’altra
persona. Invece, nel mondo d’oggi sono assai frequenti le fusioni a 300◦ , della
terracotta, in cui dopo due giorni vi è gia qualche frattura (sono quelle fusioni
che avvengono quando gli sposi sono davanti all’altare e il sacerdote che dice:
“Il Signore sia con voi” e nessuno risponde).
Il matrimonio francescano è caratterizzato proprio da questo ingrediente
tipico di Assisi, ma anche tutti quelli che portano il Tau continuamente si
riforniscono a questa fonte. I tre nodini che si trovano sul Tau ti ricordano
che anche nel matrimonio, per quanto riguarda l’avere devi comportarti con
attenzione perché pure tu sei francescano (sei il poverello di Assisi); per ciò
che riguarda l’area importantissima della castità, questa è in ordine all’amore,
e se sei casto si sviluppa tanto amore; e per quanto riguarda l’obbedienza,
essa è dovuta solo a Dio.
Parecchi anni fa, Luigi e Pina, una famiglia di Moncalieri (vicino a To-
rino), hanno fatto il corso qui da noi. Poi, tornati a casa, hanno impostato
la loro vita secondo l’ordine francescano secolare. Una volta sono andato a
trovarli e sono stato ospitato a casa loro, dove ho anche dormito. Dopo cena

155
156 CAPITOLO 9. IL MATRIMONIO FRANCESCANO

mi hanno fatto vedere un documento in cui loro si impegnavano a vivere


l’obbedienza, la povertà e la castità - per ciascuno di questi voti, c’erano
dieci punti. Avevano trovato dieci modi per essere francescani nel loro am-
bito di persone sposate e nel mondo. La povertà: “Noi decidiamo di vivere
da poveri per cui la nostra casa serve per l’accoglienza, la nostra biblioteca
serve. . . ” Per ciò che riguarda l’obbedienza: “Noi obbediamo l’uno all’altra,
il nostro riferimento è Dio. . . ” Ero molto curioso di sapere cosa dicevano a
riguardo della castità. Sono rimasto sbalordito. “Il nostro linguaggio di amo-
re deve essere fatto nel più assoluto rispetto, tenendo presente le condizioni
dell’uno ma soprattutto dell’altra; il nostro rapporto deve esprimere quello
che noi abbiamo costruito di amore durante il giorno; il nostro rapporto de-
ve essere sempre aperto alla vita. . . ” Rimpiango solo di non essere riuscito
a segnarmi tutti questi punti, ma me li farò spedire, perché sono rimasto
impressionato dalla loro capacità di tradurre nel concreto questi tre punti
fondamentali. Questi voti devono essere vissuti e valgono per tutti - anche
per coloro che si sposano - sono ambiti di somma importanza e la Chiesa ha
sempre riconosciuto che esprimono la totale dedizione a Dio.
Il matrimonio francescano, quindi, richiede continuamente che i due at-
tingano a quella sorgente inesauribile di felicità prodotta da Francesco; la
gente arriva qui e se ne irradia anche solo camminando per i santuari. E poi
bisogna attingere perennemente alla bellezza di Chiara che proveniva dalla
sua assiduità con Dio. Le sue compagne dicevano che quando tornava dalla
preghiera dai suoi occhi uscivano fasci di luce; era capace di grande tenerezza
e maternità, avvolgeva veramente le sorelle di quell’amore pieno e totale che
è l’amore fatto di compassione, perché accudiva personalmente le più malate,
lavava i piedi a quelle che chiedevano l’elemosina, rivestendo tutte di miseri-
cordia verso l’altro, che è la vera casa di cui l’uomo ha bisogno, come già vi
ho detto.
L’anno scorso, un frate che era stato mio maestro e che io amo e stimo
molto, mi aveva detto che era morto suo fratello, in seguito alla morte della
moglie. Mi ha spiegato che i due, ultraottantenni, si amavano veramente tan-
to, si erano sempre aiutati quando stavano male e la moglie non permetteva
che certi servizi venissero svolti dai nipoti né da altri. Quando la donna morı̀,
la sofferenza per questa separazione fu cosı̀ forte da portare alla morte anche
il marito. Il Padre ha usato altre parole per spiegarne il motivo, ma io lo
interpreto cosı̀: la moglie praticava nei suoi confronti l’amore misericordioso;
lui conosceva le sue mancanze, le sue debolezze e i suoi problemi di salute, e
questa donna lo aiutava. Quando si è reso conto che questi servizi sarebbero
9.2. FUORI DAGLI SCHEMI 157

stati svolti da altre persone, senza più questo tipo di amore, è morto.
Francesco e Chiara producono queste realtà di felicità e bellezza. Voi
avete attinto a questa sorgente in virtù dell’esperienza che avete fatto qui in
Assisi. Ai bambini certe volte dico: “Ma tu l’hai fatto il pieno qui in Assisi?”
“No!” “Te lo faccio io. Questa è la pompa (mostrando il cordone francescano
con i tre nodi): cosa vuoi?Felicità o bellezza?” Non so perché, ma chiedono
sempre la felicità (un bambino una volta mi aveva risposto perché tanto bello
lo era già). Allora mi avvicino e gli faccio il pieno con il cordone e per 7 anni
sono a posto. “Fra 7 anni tu ritorni che rifacciamo un altro pieno, ma se vuoi
continuamente fare il pieno, basta che leggi un libro di San Francesco, e se ti
metti il Tau hai un rifornimento continuo ”.
Il matrimonio francescano comporta tutte queste cose, seguendo l’esempio
di Francesco. Perché una persona diventi buona bisogna restituirle lo spazio
della felicità e della bellezza, una bellezza che difficilmente si trova altrove.
Vi ricordate che Mosè quando scende dal monte Sinai irradia tanta bellezza
da rendere impossibile guardarlo in faccia, per cui gli devono mettere un
velo?
Il matrimonio francescano comprende l’amore crocifisso e l’amore muni-
fico. Nella preghiera Francesco dice: “Due cose ti chiedo, Signore, prima di
morire: che io possa sperimentare l’amore che Tu hai avuto per noi, il dolore
che hai sopportato”.

9.2 Fuori dagli schemi


Arriva poi il giorno in cui si incomincia a precisare il modo di celebrare
questo tipo di matrimonio. Secondo la mentalità comune, bisogna andare al
ristorante, il menù deve essere fatto in un certo modo, la torta deve essere a
sette piani. . . Tu sarai l’alternativa.
I genitori di una coppia che si doveva sposare avevano trovato un ristoran-
te per 200 persone a 140.000 lire l’uno. I due futuri sposi, un po’ perplessi,
hanno iniziato a fare qualche calcolo, cercando allo stesso tempo di non of-
fendere i genitori, e sono riusciti a scendere fino a 40.000 lire. Hanno poi
deciso di non andare in un ristorante, perché ai giovani non piace dover se-
guire un menù già stabilito da altri, e avevano pertanto optato per i saloni
e il prato della parrocchia in cui si sarebbero sposati, dove avrebbero po-
tuto invitare 500 persone. Hanno preso qualcosa dal ristorante, qualcosa
preparato dagli amici e qualcosa preparato da loro. Inoltre, durante la ce-
158 CAPITOLO 9. IL MATRIMONIO FRANCESCANO

rimonia non sarebbero rimasti per conto loro, ma sarebbero andati tra gli
invitati, interessandosi di ognuno. È stata una festa bellissima, tutto il paese
parlava di questo matrimonio, diventato il matrimonio dell’anno, una cosa
originalissima.
Il matrimonio francescano richiede che i desideri che vi animano mentre
stabilite tutte queste cose non siano modesti. Che non accada ciò che ho
visto una volta al matrimonio di un mio parente. Dopo una cerimonia cosı̀
cosı̀ siamo andati a pranzo. Tutti si sono avviati mentre io sono andato a
sbrigare delle faccende. Li ho raggiunti verso le quattro ed erano arrivati
soltanto all’antipasto (2 ore solo per questo); ho mangiato in fretta e sono di
nuovo andato via. Vedendo che il pranzo si prolungava, sono andato a cena
tra le sei e le sette. A quell’ora gli invitati erano ancora là; avevano visto
nel menù che c’era anche il pesce al cartoccio e hanno speso 2.700.000 lire
per avanzarlo tutto. Sono tornato verso le ore 9 e ho visto tutta la gente
piena fino all’orlo. Ma quanto vuoi mangiare? Si deve mangiare quello che
è opportuno. E poi, arrivati verso una certa ora, bisogna che gli sposi se ne
vadano salutano tutti gli amici e vanno per la loro strada. Come dice l’Antico
Testamento: “L’uomo, quando ha sposato una donna, la deve far felice per
un anno, per cui non deve andare al lavoro e non deve andare alla guerra
per far felice la donna della sua vita”: capisci quanto è progredito l’Antico
Testamento?
Mettiamo che, rispetto alla cifra iniziale stabilita per il matrimonio, siate
riusciti a risparmiare un po’ di soldi che vi potrebbero servire anche per il
viaggio di nozze, ma non deve mancare una tappa ad Assisi, perché ti devi
ripetere: “Ad Assisi ci sono le mie sorgenti”. Poi, sempre con il denaro
risparmiato, un viaggio in Terra Santa, con un’associazione e magari una
persona esperta che ti faccia godere di tutto ciò che vedi e rivivere il Vangelo.
Poi, andando dalle parti di Nazaret, si potrebbe pensare di generare. . . e
potrebbe nascere un altro Gesù Cristo! Oppure, se generate in Assisi, nasce
un altro Francesco o un’altra Chiara! Una volta è venuta una coppia che mi
ha confessato di essere venuta ad Assisi per “darci dentro”! Questi sı̀ che
se ne intendono! Perché ci sono i grandi desideri, a partire dal nome che si
decide di dare al figlio. Quando muori e ti presenti a San Pietro come la
madre di Francesco, si spalanca un portone dove all’interno trovi tutti frati
ad accoglierti; e se fossi la mamma di Chiara, ci si aggiungono anche le suore.
Se poi a tua figlia metti nome Maria, ti si spalanca il portone centrale con
sullo sfondo la Trinità. Notate come nella Bibbia si faccia una grande sul
nome si fa una grande discussione sul di una persona.
9.2. FUORI DAGLI SCHEMI 159

L’alternativa al classico invito di nozze, potrebbe essere una lettera scritta


da voi agli amici direttamente, chiedendo di non fare doni ma esprimere il
vostro desiderio di raccogliere un po’ di soldi per poter trascorrere il viaggio
di nozze di un mese circa dai vostri amici in Ruanda, per esempio presso le
Clarisse, dove potrete pregare stando con loro, rendervi conto della situazione
e, a seconda delle vostre capacità e dei vostri talenti, potervi prodigare in
ciò che necessita loro. Ma prima o dopo il viaggio dovete sempre passare in
Assisi per il sigillo, in quanto qui sono le vostre sorgenti.
Per quanto riguarda la preparazione delle bomboniere, dovete pensare a
un ricordo originale, a qualche cosa che veramente piaccia e piaccia a tutti,
a un qualcosa che richiami Dio e la fede. Con una coppia ho girato tanto
per trovarne una, finché hanno visto una bella riproduzione del crocifisso di
San Damiano. Grazie ad alcuni frati che avevano il genio degli affari siamo
risaliti all’artefice. Ne avevamo ordinati 200 a un prezzo discreto ma non
sono bastati e ne hanno dovuti ordinare altri 200 perché tutti volevano quel
dono.
La partecipazione va mandata a tutti gli amici e i parenti, fatta in modo
intelligente e con una nota in cui pregherete tutti di venire con l’abito nu-
ziale, vale a dire confessati perché devono partecipare, minacciando che, se il
frate che celebra il matrimonio vede qualcuno che non risponde o che parla
con altri, inizierà ad aggredirli, richiamandoli ai loro peccati Per cui, o ven-
gono con l’abito nuziale, partecipando, rispondendo e facendo la comunione,
altrimenti non devono venire (non esagerate troppo nelle minacce)! Ieri sono
andato a vedere il matrimonio di due giovani che avevano mandato una let-
tera in cui tutte queste cose venivano dette in maniera più discreta di come
ve le ho dette io, e infatti le persone presenti partecipavano attivamente alla
celebrazione.
Guai a chi ha lo spirito muto e sordo, che non parla, non ascolta, non
risponde e pensa ad altro. Questo demonio muto e sordo è presente in tutti
quelli che non sono stati evangelizzati, che sono ancora rivestiti la roccia
che spesso è anche la nostra. Anche loro devono partecipare perché la sua
presenza ha un certo significato, ma si parlerà personalmente con queste
persone, avvicinandole e aiutandole magari anche con un libro.
I fiori non devono essere molti e bastano 15 fotografie per fissare i mo-
menti più importanti. Non spendete molto in queste cose! Successivamente
si prepara tutta la cerimonia in modo discreto, all’insegna della semplicità
francescana. La parola d’ordine per preparare il vostro matrimonio deve es-
sere “alternativo” a ciò che propone il faraone, ma con elasticità perché anche
160 CAPITOLO 9. IL MATRIMONIO FRANCESCANO

i genitori hanno delle esigenze, delle aspettative e non potete creare fratture.
Dopo aver celebrato il matrimonio alternativo, bisogna immediatamente
pensare a una vita alternativa, a un modo di vivere alternativo (e non può
essere diversamente). Vi viene allora detto che è c’è una possibilità di ap-
prodare ed entrare in questa meravigliosa famiglia francescana, un modo di
vivere il Vangelo all’insegna dell’ottimismo, della gioia, all’insegna di France-
sco, che aveva previsto anche l’approdo degli sposati. Quando lui si trovava
a Cannara, a pochi chilometri da qui, la gente del posto era rimasta talmente
entusiasta delle sue parole che lo voleva seguire; Francesco, vedendo che era-
no persone sposate e con figli, le ha fermate, dicendole di non preoccuparsi
perché avrebbe scritto una regola di vita per loro. È quella che una volta si
chiamava “Terz’ordine”, ma che ora ha preso il nome di “Ordine Francescano
Secolare”. Vi sono molte famiglie che seguono questa regola presso le quali
potrete continuare la vostra formazione e il vostro cammino. Potrete avviare
questi contatti o mantenere le attività che state già portando avanti, però
Assisi e Francesco rimangono sempre la vostra patria segreta, per cui ai figli
lascerete qualche foto fatta qui, dove sono le vostre sorgenti, dove Dio vi ha
alimentato alle sorgenti di Francesco e di Chiara. Io, generalmente, regalo
e consiglio sempre “Le fonti francescane”, dove è raccolto tutto quanto è
stato scritto intorno a San Francesco nei primi 100 anni da letterati, storici,
biografi, ecc. Lo porrete come patrimonio per i vostri figli, preparando una
bella biblioteca dove metterete i vostri studi, i libri che vi hanno aiutato nel
cammino della vostra formazione.
Padre Emidio quando era giovane aveva fatto un viaggio in oriente da dove
vi era ritornato deluso. Tornato a casa, prese un libricino dalla biblioteca
della mamma: “Vita di San Francesco” di Maria Sticco. Ha aperto a caso
leggendo “Madonna Povertà” e si è detto: “Io sono andato in capo al mondo
a cercare quello che sta qui sulla porta di casa mia”. Lui è di Roma ed è
venuto qui, trovando lo spazio che tanto desiderava e tanto cercava.
Quindi vi preparerete anche in questo senso. Una volta che avrete avuto
accesso alla vita secolare francescana, incontrerete tantissime famiglie e vi ar-
ricchirete all’infinito. Molti corsi per fidanzati che tengo sono stati preparati
da famiglie e giovani che hanno partecipato ai miei corsi e che hanno fatto
un’esperienza di vita; tanto è stato il bene che hanno ricevuto che desiderano
moltiplicarlo anche per altri. Vi ho detto le cose più essenziali. Quando ini-
zierete il cammino, vi consiglio “La famiglia sulle orme di Francesco”, scritto
da un nostro Padre, Padre Lorenzo Di Giuseppe (Edizioni Porziuncola), il
direttore dell’Ordine Francescano: vi assicuro che è un libro veramente bello.
9.2. FUORI DAGLI SCHEMI 161

E cosı̀, miei fratelli, abbiamo concluso il nostro cammino. Io vi ammiro e


vi ringrazio per la vostra pazienza nell’ascolto. Spero che questo sia il seme
per una fioritura incalcolabile, che tanto, tanto bene possa venire a voi, e
tramite voi possa rifluire, circolare ad amici, ad altri giovani, ad altri ragazzi,
ad altre coppie, alle quali voi metterete a disposizione quello che il Signore
vi ha suggerito.
162 CAPITOLO 9. IL MATRIMONIO FRANCESCANO
Trascrizione del corso a cura di
Composizione realizzata con LATEXda Mauro Di Domenico
Tratto dai siti http://cool.altervista.org,
e http://web.infinito.it/utenti/s/silvermarc

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