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Sull'epigramma del P.

CCLVI del Museo Britannico


Author(s): Luigi Alfonsi
Reviewed work(s):
Source: Aegyptus, Anno 30, No. 1 (GENNAIO-GIUGNO 1950), pp. 72-76
Published by: Vita e Penseiro – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
Stable URL: http://www.jstor.org/stable/41215282 .
Accessed: 17/04/2012 06:02

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Sull'epigramma del P. CCLVI
del Museo Britannico

Nella с Revue de Philologie» del 1895 (19) il grande papirologo


F. G. Kenyon dava conto di un epigrammasulla battaglia di Azio (1)
contenuto nel recto del Papiro 256 del Museo Britannicoassieme ad
altri « quatre pièces relativesà la fournituredu blé pour semence aux
$т)[ло<7ьоь
уесоруоь du nome d'Arsinoé». Sulla base della datazione delle
altre « pièces » contenutenel papiro si può stabilire che probabilmente
esso è stato scritto tra il 5 e il 15 d. C. : comunque posterioreal 27
a. С per il titolo di 2е[3а<гтос con cui al v. 13 è chiamato Ottaviano.
L'interesse del documento risiede, oltrechénell'esaltazionedi Au-
gusto tanto più notevole in quanto partita da circoli egiziani, anche
in alcuni elementi di tradizione costante che ritornanocon accenti e
quasi si direbbe con le stesse parole о per lo meno con immaginiaffini
anche in Properzio. Certo noi da ciò non vogliamo affattoarguire
- che sarebbe pretesa semplicementeassurda - conoscenza di Pro-
perzio da parte dell' ignoto autore, che è troppo arrischiato(sulla base
di un'espressioneche per giunta è callimachea) voler indentificarecon
Crinagora (2). Si trattasemplicementedi cogliere pur qui gli elementi
fissi di una tradizione ufficialeormai costituita. E di questa costante
tradizione abbiamo già rilevate tracce studiando,pure in rapporto a
Properzio, il de bello actiaco sive Alexandrinoattribuitoa Rabirio (3).
Del resto già il dottissimoe diligente Rothsteinaveva richiamato,
a proposito della confusionetra l'Apollo Leucadio e quello Acziaco in
IH, 11, 69 (per cui si veda anche II, 34, 61 e IV, 6, 15 e ss. (4) ), oltre il

(1) Si veda F. G. Kenyon, Une épigrammesur la bataille d'Actium,in


«Revue de Philologie» 1895 (19); pp. 177-79; ed ancora si veda: H. Weil,
Remarquessur Vépigrammegrecque découverte par M. Kenyon,ibid.,pp. 180-1:
se ne accenna anche in Christ-Staehlin-Schmid, GGL. li, p. 322.
(2) È la congetturaipoteticadel Buecheler,giustamenterespintadal Kenyon,
art. cit., p. 179. Per Crinagora si veda O. Weinreich, Epigramm und Panto-
mimus,Heidelberg, 1948, e bibliografiap. 51.
(3) Si veda Luigi Alfonsi, Nota a Rabirio,in « Aegyptus» 1944,pp. 196-201.
(4) Cfr. Butler-Barber, The Elegies of Propertius,Oxford, 1933, p. 293
n. 69-70.
sull'epigramma del p. cclvi del museo britannico 73

passo ovidianoHer. 15, 166,ActiacampopuliLeucadiumquevocantil nostro


epigramma greco che с beginntmit einer Anrede an den Apollo von
Aktiumund schliesstmit einer Anrufungdes Apollo von Leucatas » (1).
Altri elementi crediamo appunto di poter addurre noi. Il ricordo ad
esempiodi Azio Kateapoçepywv¡¿vyjf¿a x(al) е[ити]уéajv ¡лартирьу)
%а[латсоу
(v. 2) (2) é assai vicino alle espressioniproperziane:

Leucadius versas acies memorabit Apollo


tantam operis belli sastulit una dies (III, 11, 69-70)

dove, oltre e più del Leucadius, cui già si è accennato, meritaconside-


razione il memorabite il tantumoperis che pur alludendocome concor-
demente osservano i commentatoriai « vast armamentof Antonius»
(Butler-Barber, op. cit, p. 293 v. 69-70) richiama alle « opere » e
« felici fatiche» di Cesare per debellarli: e il versas acies memorabit
pare proprio Peco della espressioneu.vvj¡Aa « delle opere di Cesare » e
cioè della sua vittoria.11fattoche in Properzio è Apollo a ricordarele
gloriose imprese potrebbe autorizzare la lezione ms. del papfro per
l'epigramma,riferendo¡avtjjaäe ¡/.артирь'г, come apposizione ad Apollo,
contro la correzionedel Weil, tranne ¿¡/.çituó^si, che mi pare ben rista-
bilito; ma d'altra parte il v. 17 dell'elegia 6 del IV libro (3):

A сtia Iuleae pelagus monumentacarinae

- dove appunto i commentatori avvertono che Properzio non pensa a


« ein wirkliches Denkmal sondern die Örtlichkeit an sich » (Rothstein,
- molto bene suggerirebbe di intendere col
op. cit., p. 278, п. 17)

(1) Cfr. Die Elegien des Sextus Propertius,erklärtvon Max Rothstein,


vol. II, p. 101 п. 69 : si cfr. per l'Apollo Leucadio Strabone X, 452 e Virgilio
Vili, 677; per l'Apollo di Azio Strabone VII, 325. Per i due Apolli si veda J.
Gagè, Actiaca, in « Mélanges ď Archéologie et ď Histoire» LUI, 1936, pp. 46
e ss. ; С. Gatti, Augusto e le individualitàdivine,in « La Parola del Passato »
1949, p. 262 specialmenteper Apollo protettoredi Ottaviano.
(2) Non è qui il luogo di discuterese va integratoàu.[<pt£7Tu)v col Kenyon
о assai meglio ¿[¿cpiE^oic col Weil : e se va congiunto "Axtiovcon
o a[Acpt7róXEi
о no ; e se infineva correttocome può essere ¡/.ocpTupir^v).
{/.vYjjjLoc Per Properzio
IH, 11, 69 ss. si veda F. Christ, Die römischeWeltherrschaft in der antiken
Dichtung^Stuttgart,1938, p. 107; ed anche per IV, 6 ora E. Bickel, De elegiis
in Maecenatem monumentisbiographiciset historieis,in « Rh. Mus. » 1950, pp.
120-1 specialmente.
(3) Si ricordi che l'elegia è alr incirca del 16 a. C. (Rothstein, op. cit.,
vol. II, p. 275 e Butler-Barber, op. cit., p. 355).
74 LUIGI ALFONSI

Weil: « "AîCTiov¡av/j¡az». E si veda ancora al v. 67 di questa stessa 6


elegia del IV libro :

...
Actius hinc traxitPhoebus monimenta

in cui si allude all'ampliamentodel tempio di Apollo acziaco (Svetonio,


Aug. XVIII, 2; Dione LI, 1, 2) (1).
E l'appellativodi ava vauu-áys. dato ad Apollo oltre ad essere indi-
scutibilmentelegato al culto dell'Apollo'Leucadio e di Azio (cfr.A. P.
VI, 251 ; Properzio IV, 6, 17) può ricordarerappresentazioniufficiali
del tipo di quella in Properzio IV, 6, 27 ss. (2) in cui Apollo abbando-
nando Delo astititAugusti puppitnsuper.
Collego pure io col Weil aiövo; «ttojaxtlv con quello che
jSsßoT^uivs
segue e lo riferiscoad Augusto evocato dalla antichità(sull'analogia di
Virgilio,Aen. VI, 798 ss.) (3) : la stessa rappresentazionedi Augusto,
erede dell'antica tradizione romana e protettosul mare dagli dei si ha
in Properzio:

o longa mundiservatorab Alba


Auguste, Hectoreis cognitemaior avis
vincemari (IV, 6, 37 ss,)
пес te quod classis centenis remiget alis
terreat: invito labitur illa mari (IV, 6, 47-^8).
hinc Augusta ratis plenis Iovis ornine (4) velis (IV, 6, 23)

ed anche per il sentimento nazionale incarnato in Augusto si veda anche


III, 11, 65:

haec di condiderant, haec di quoque moenia servant

A meno che i versi dell'epigramma :

тоì vip vAp'/;o?


тфгиаа]тэс Àxì nx/Ãojv¿ttoos'tsv -áravov (vv. 3-4)

(1) Butler-Barber, op. cit., p. 358 п. 67 e Kenyon, art. cit., p. 178 ss.
(2) Cfr. Butler-Barber, op. cit.,p. 358 n. 48 col confrontodi Dione Cassio
L, 31, 2 per i particolaristorici.
(3) Potrebbe parere strano che dopo due versi di preghieraad Apollo ci
si rivolga di colpo ad Augusto: ma per questo facile scambio, tanto più dato
il legame tra il dio e l'imperatore,si veda anche Properzio IV, 6, 13-15 in cui
si passa dalla menzione di Caesar a parlare del promotoriodi Apollo.
(4) Da notare che in Properzio si parla di Giove, laddove nell'epigramma
è Apollo che fa cadere i « soffitempestosidi Ares».
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non alludano invece alla pace da Augusto instaurata ed in tal caso si


avvicinerebbero all'appellativo di Zsuç 'EXeuSipio; dato ad Augusto nel-
l'epigramma (v. 8) e confrontabile con Properzio :

Solve metu patriam (IV, 6, 41)


et longum Augusto salva precare diem (IH, 11, 50)
vix timeat salvo Caesar e Roma lovem (1) (HI, 11, 66)

с più ancora si allineerebbero al verso 17 dell'epigramma

ATpsfci:■e<7¡as<737)
rVou'vouajt(aì) (2) -oléy.ou (v. 12)

che forse potrebbe essere in qualcosa vicino al già citato :

tantumoperis belli sustulituna dies (IH, 11, 70)

Chiude l'epigramma un richiamoad Apollo Leucadio considerato


- secondo l' interpretazioneche mi pare la più ovvia, ed è quella del
Kenyon - «presidio delle opere vittoriosedi Augusto».

vL/.(aí)cüv £pY<ov£v 7:puTáv£u¡7.7.zaAÓv.

Questa espressione, in clausola delle tre coppie di distici,ci porta a


vedere che pure nel nostro autore Г interventodi Apollo era conside-
rato determinantenella battaglia,ed Augusto appariva sotto la diretta
tutela del dio : ci troviamoquindi di fronte,anche per questo riguardo,
sia pur con le dovute variazioni e modificazioni,ali' unica versione en-
comiastica e parastoriograficadella battaglia di Azio come attestatada
Virgilio,Properzio ed Orazio (Carm. I, 37), affinealla tradizioneliviana
comprendenteCassio Dione (3) : è, questo, un altro elementoaggiunto

(1) Questoversocome ancheIV, 6, 13-4; IV, 6, 23 (per limitarci,


nei con-
attraversol'avvicinamento
fronti,al solo Properzio)permettono, di Augusto
a Giove di comprendere anchemeglioil senso dell'appellativo
Zeuç'ЕХеи^ерю;
Su Ottavianocome Zsù; 'EXsu^sptoc
dato ad Augustonell'epigramma. si veda
anche Dag Norberg, La divinitéd1Auguste dans la poesie ď Horace, in « Era-
nos » 1946, p. 401 speciatmente.
(2) Per quanto duro l'iperbato sia mi parrebbe conservabile la lezione ms.
tanto più che, a detta del Kenyon xou « satis clare legitur» : о forse тои? ma
è bruttoassai dopo ovou.a.
(3) Si veda A. Ferrabino, La battaglia di Azio, in « Riv. di fil. cl. » 1924
p. 466 ss.; e M. A. Levi, Ottavianocapoparte,voi. II, Firenze, 1933, p. 249 e
252. E si veda ancora M. Attilio Levi, La composizionedelle « Res Gestas Divi
Augusti», in «Riv. di fil. cl.» 1947, pp. 189-210 che sostiene acutamentecome
76 LUIGI ALFONSI

ai precedenti,per avvicinarein qualche parte a Properzio l'epigramma


adespoto, come traccia pur esso di un' unica rappresentazioneufficiale.
Luigi Alfonsi

anche le Res Gestae tendano a metterein evidenza la personalitàeccezionale


di Augusto aiutato dal favore divino che intervienein modo sovrumanoad
agevolarne e renderne possibile l'opera. Naturalmentenel nostro testo non si
trattadi una minutadescrizione di battaglia,sì di un semplice epigrammacom-
memorativodella vittoria e celebrativo dei suoi benefici per Y Egitto: non
bisogna quindi aspettarsi troppi dettagli; basta però al nostro assunto aver
individuatoi motivi fondamentali.
Il verso 5 così come è riportatoè stato sottopostoa svariate correzioni
perché pare difficiledargli un senso.
-f- [¿o'x,^ou9
Eip^vrjç evSocxXtxSeucraç
euwtciSoc
A proposito di [ло'^Згоис il Kenyon annota: ulo/^ouç:Ms. ut videturu.óyj2oç,
cum ü superscr.
Il Weil corregge sia pure dubitosamenteгсторЗтоос.
Mi pare che assai più semplice ed assai più facilmentespiegabile anche
paleograficamente, sia la correzione jílo^ouç che bene si addice al verbo xXocSeuw.
Conservando la lezione ms. si potrebbedare il senso di « promovendole opere
della pace », ma è difficilearrivarci; giacché interpretaadocol Liddell-Scott-
Jones (s. v. p. 955) xXocSeuw come « prune» - e cioè « recidendo le fatiche,
estirpando le fatiche », non si intenderebbe poi il seguito Elpqvyjc.Meglio
quindi, collegando xXäSeuwcon xXáSoç,intendere come « far germogliare» :
onde il verso colla nostra correzioneverrebbe ad essere restituitocosì :
EÎpiqvTjçfjLóa^ou; £Ùw7ui8oçiv^oc x^aSeúdaç
e significherebbe« producendo, facendo nascere i germogli della pace » con
immagine,per quanto ardita,chiara.

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