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Hegel Fenomenologia dello spirito.

Percezione 03/11/19, 11(13

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Fenomenologia dello
Spirito – II. La percezione Categorie

! 26 novembre 2014 ! RuggeroBarberi ! 0


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e la voce

Piccolo chiarimento linguistico necessario: ‘Percezione’ ! Maledizione –


in tedesco: Wahrnehmung, da Wahr = vero e nehmen Sogno di Selene
= prendere; Hegel fa valere la significazione del
prendere-per-vero della percezione, nella quale però
a sua volta permane il valore di ‘apprensione’, ossia il
semplice percepire.

(1) La Certezza immediata prende il questo , ma


Commenti
non sa di farne un universale. La percezione
recenti
cerca la verità dell’oggetto e fa di ogni cosa
(che considera essente) un universale.
! Selene su Spike
L’universalità qui emerge come principio.
Jonze e la Fame
Infatti da una parte c’è l’Io universale (il
cosmica
percipiente) e l’oggetto universale (il
percepito). (2) Tuttavia l’universale in sé è
! RuggeroBarberi su
(ancora) l’essenza e questa distinzione risulta

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essere l’inessenziale, per il semplice motivo Maledizione – Sogno


che tra il percepire e l’essere raccolto in sé di di Selene
un oggetto di questo percepire non v’è
differenza: sono il movimento e il dispiegarsi ! Selene su

dei momenti di quel movimento. (3) Dato che Maledizione – Sogno

l’universale si dà in loro, sono parimenti di Selene

l’essenza (come nella certezza immediata


! Ariadna su Sogno di
l’universale si è mostrato l’essenza stessa del
Ariadna – la figlia
suo discorso), la differenza essenziale-
dell’amico
inessenziale si ripartisce tra loro: l’oggetto
diventa l’essenziale, dato che sussiste anche
! RuggeroBarberi su
senza percezione (la differenza si rivelerà poi
Sogno di Ariadna – la
quella tra “per-sé” e “per-altro” che Hegel
figlia dell’amico
mostrerà essere persino nulla).

(1) L’oggetto in quanto universale però è qui


un universale mediato (il risultato della
figurazione precedente, ossia un universale
mediato dai molti). L’oggetto dunque è Archivi
mediato da molte proprietà. Subentra qui la
negazione. (2) Riguardo la figurazione
precedente il “questo” immediato è stato ! dicembre 2016

rimosso, levato. Il carattere del sensibile non è


! ottobre 2015
più in questa immediatezza, bensì nella
determinatezza dell’oggetto in quanto
! settembre 2015
universale mediato, vale a dire le proprietà
differenziate le une dalle altre. Queste ! agosto 2015
possono stare in una universalità perché
stanno l’una accanto l’altra indifferenti tra loro ! luglio 2015

(si vedrà poco dopo; comunque è per il fatto


! giugno 2015
che siamo ancora nella semplice universalità
dell’oggetto, che le proprietà non sono ancora
! aprile 2015
determinate ulteriormente). (3) L’universalità
semplice è a sua volta libera e indifferente ! marzo 2015
rispetto le determinatezze varie, è l’insieme

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semplice dei molti, il loro medium , in una ! febbraio 2015


maniera però ancora povera di contenuto: la
cosalità. Questa cosalità si esprime ! gennaio 2015

effettivamente come l’Anche che lega le


! dicembre 2014
proprietà nel loro reciproco non-influenzarsi (il
sale che è sapido e anche bianco e anche
! novembre 2014
poligonale etc.).
! ottobre 2014
(1) Questa cosalità è altresì l’universalità
positiva dell’oggetto. Rimane il fatto che
! settembre 2014
proprietà che rimangono indifferenti le une
dalle altre non sarebbero determinate. (2) ! agosto 2014
L’anche è allora non solo un’unità inclusiva, ma
un esser-uno, un’unità esclusiva , la negazione ! giugno 2014

che equivale a determinatezza. (3) Le proprietà


! maggio 2014
ora non si contaminano eppure si escludono
vicendevolmente. Abbiamo qui una sorta di
! aprile 2014
conclusione sillogistica: l’oggetto è il rapporto
tra l’universalità sensibile (universalità mediata ! marzo 2014
da contenuti sensibili) e i momenti essenziali,
le proprietà, che sono giustapposte eppure si ! febbraio 2014
debbono pur distinguere in qualche modo –
ancora non visto – tra di loro; mentre l’anche
ha prodotto il suo negativo, che è ciò che fa sì
che la cosalità sia dell’oggetto stesso (?), che
ricada in esso (?) Meta
(1) L’oggetto è dunque percepito, è raccolto
nell’esser percepito e il contraltare, la
! Accedi
coscienza, è appunto percipiente. Se dunque vi
sorge una disuguaglianza in esso, la coscienza ! RSS degli Articoli
pensa ad una illusione del percepire stesso,
dato che l’oggetto è propriamente il vero. (2) ! RSS dei commenti
L’oggetto come abbiamo visto è un uno ed è
eppure universale in quella stessa singolarità, ! WordPress.org

in quanto unità delle proprietà. (3) L’antitesi

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emersa fa cadere agli occhi della coscienza


percipiente la non-verità in lei.

Con ciò una prima esperienza dell’oggetto è


stata fatta; data l’antitesi scorta in esso, la
coscienza fa cadere la non-verità in lei.

(1) L’essenza dell’oggetto la si rinviene ora


nella comunanza generale delle proprietà, in
questa siffatta universalità. E dunque prendo
per vero (percepisco) le proprietà, le quali
sono determinate (hanno cioè delle qualità) (2)
Le proprietà stanno nell’uno, che quindi la
coscienza ora percepisce di nuovo come una
unità inclusiva , di conseguenza pensa che la
realtà dell’unità esclusiva era un suo errore. (3)
Nella comunanza ora lo sguardo cade sulle
singole proprietà prese per sé, anzi sulla
singola proprietà: questa diventa il medium
universale. A ben guardare però l’illusione vera
è prendere questa per sé: non sarebbe
neppure proprietà se fatta uscire dall’uno in
cui si stanzia; e neppure determinata se fuori
dalla relazione con le altre proprietà.

La singola proprietà in questo modo la si


concepisce come un puro rapportarsi a sé,
senza avere però il carattere di negatività: è un
puro essere sensibile ritenuto/opinato
secondo la propria ( Mein -ung = opinione;
mein , lett. = mio) considerazione, non più
solamente preso per vero-percepito. La
coscienza qui si è riflessa entro sé dunque.

(1) La coscienza ricomincia da capo il circolo,


ora sa però che l’apprensione non è un atto
puro, essa stessa nel momento in cui accoglie

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è riflessa entro sé a partire dall’esteriorità. (2)


Questa intromissione della riflessione interna
della coscienza diciamo che “altera il vero”
dell’oggetto, più precisamente la percezione
stessa. (3) Nella certezza sensibile la verità
(l’universale espresso dal linguaggio) veniva
fatta cadere nella coscienza, qui invece la
coscienza è consapevole che la non- verità
cade in lei.

Succede questo: la coscienza viene costretta


da se stessa ad una rettifica, essa ora è in
grado non solo più di prendere-per-vero
l’oggetto, ma di separare da questo la propria
riflessione. Hegel dice che ora la verità del
percepire cade proprio in lei per via di questo
rettificare.

(1) L’atto del prender-per-vero serve a tener


ferma la determinazione (“come se fosse
vera”), che in questo caso è l’esser-uno
dell’oggetto, la sua singolarità. (2) qualsiasi
cosa contraddica questo la coscienza di questa
figurazione tende ad assumerla entro sé. Le
proprietà dunque sono tali per chi le
percepisce, tali diversità le prendiamo da noi
stessi, non dall’oggetto (il sale è sapido alla
nostra lingua etc.). (3) Il medium universale ora
è la coscienza percipiente. Le proprietà si
particolarizzano in lei .

(1) (L’argomentazione in questa triade è in


parte lacunosa). Le proprietà, quali momenti
che sono per sé all’interno della coscienza
sono tuttavia determinati, ciò vorrebbe dire
che in qualche modo sono per sé anche al di

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fuori della coscienza stessa (?). Così come la


stessa cosa-oggetto è determinata. (2) È
determinata forse per via della sua singolarità
inclusiva, l’esser-uno? No. Per via della sua
unità esclusiva nei confronti di altri oggetti.
L’opporsi ad altri oggetti: questa è la
determinatezza sua (Hegel ricorda nella
Scienza della Logica l’importanza della frase di
Spinoza: “omnis determinatio est negatio” ). (3)
In verità la cosa-oggetto è determinata in sé e
per sé, secondo la sua essenza e per la
coscienza. Le proprietà in quanto sono
appunto proprie dell’oggetto sono determinate
e non solo per l’opposizione tra loro, ma anche
in loro stesse. Sono in sé e per sé pure loro,
all’interno della cosalità. L’oggetto ora equivale
al suo “aspetto” universale ed è qui il medium
universale (cioè sia termine medio che
l’universale): l’ anche, in cui le proprietà si
stanziano e sono tra loro indifferenti.

(1) In questa ultima percezione la coscienza è


ugualmente consapevole della propria
riflessione, comincia a capire che la coscienza
e la verità dell’oggetto hanno la stessa
struttura. L ‘anche diventerebbe qui una sorta
di medium assoluto (dell’oggetto per sé e per
la coscienza, la quale, dice Hegel, si rende
conto di riflettersi anche dentro sé, diviene
quindi consapevole che ciò che l’anche
rappresenta è pure in lei, non solo nell’oggetto
– punto ambiguo). (2) Da questo anche della
coscienza si produce l’altro aspetto mediale,
dell’oggetto però: la sua unità. Questa ora la
coscienza la assume su di sé nel senso che a

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lei spetta di riconsegnare l’unità all’oggetto


fatto di molteplici proprietà. Come modo trova
l’indeterminato insofern ossia ‘in quanto’ ‘per
quel tanto che’ (il sale è sapido in quanto non
è bianco). In questo modo l’anche è per così
dire preservato, in quanto non è approfondito
ancora ulteriormente.

La proprietà qui assume i contorni più sfumati


della “materia libera” e l’unità che la coscienza
si fa carico di consegnare all’oggetto diviene
una raccolta di queste materie, un “ anche
veritiero” lo chiama Hegel. (3) Quel che c’è da
segnalare è che la coscienza fa esperienza di
come l’uno (singolarità; unità esclusiva; puro
essere per sé ) e l’anche (molteplicità; unità
inclusiva; puro essere per altro ) sono momenti
che ricadono sia in lei che nell’oggetto. Ossia
la distinzione che aveva riscontrato in se
stessa tra l’apprensione e la riflessione interna
si verifica anche nell’oggetto: questo è sia per
la coscienza che per sé/riflessa entro sé . Ha in
sé una verità opposta, dice Hegel.

(1) La coscienza non prende più per-vero (nel


percepire) l’oggetto come uguale a sé, la
disuguaglianza ora ricade non più solo in lei,
ma anche in esso. L’oggetto è sia per sé che
per altro: è duplice, così come è vero che è
anche uno (altra ripetizione dell’anche non
soddisfacente secondo me). (2) La coscienza
però ha esperito che all’oggetto spetta sia
l’esser-uno che la molteplicità – l’ anche è qui
chiamato ‘differenza indifferente’ ( der
gleichgültige Unterschied ). (3) Hegel dice qui
che questi due elementi diversi si ripartiscono

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non nello stesso oggetto, ma in (un minimo di


– dico io) due oggetti diversi. Hegel qui
estende la semplice diversità in maniera non
felice secondo me. A difesa di ciò dice che
l’estensione è dovuta al fatto che la stessa
indecidibilità della questione si lascia
estendere all’essenza oggettiva in generale e
quindi a più oggetti. Più oggetti in quanto
diversi.

(1) Le cose oggetto sono per sé e si


differenziano tra loro (in pratica Hegel ci vuole
dire che la differenza in quanto tale ancora
non viene colta, né viene fatta risalire all’in-sé
dell’oggetto, ecco perché l’anche è stato
nominato prima “differenza indifferente”. “la
differenza dovrà pur giungere al singolo
oggetto nella sua separatezza” – quanto dice
Hegel. Da dove? A partire adesso dalla
molteplicità stavolta degli oggetti (la cui
molteplicità di uno è più evidente della
molteplicità delle proprietà di una singola cosa
– aggiungo io). (2) La singola cosa trova ora in-
sé la differenza tra le altre singole cose, ma
essa – la differenza medesima – non riesce a
penetrare fermamente nella costituzione
dell’oggetto singolo. Viene però raggiunta la
determinatezza nell’esser differenziato di un
oggetto rispetto all’altro. (3) La determinatezza
semplice dice qualcosa dell’oggetto, ne rivela il
carattere essenziale. È pur vero che la
diversità rispetto altri oggetti ricade
nell’oggetto singolo, si produce così una
differenza reale, che resta ancora
indeterminata (differenza “dalla molteplice

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qualità”). La determinatezza semplice entra


però in contraddizione con questa molteplice –
indeterminata – differenza. Sia la
determinatezza semplice che la differenza
dalla molteplice qualità distinguono la cosa
dalle altre cose, ora con più forza la differenza
stessa qui si fa assoluta (si autoriferisce, è
irrelata). Non basta più dire la cosa è tale in
quanto non è altro, “per quel tanto che” non è
altro. La differenza che qui ancora non è ben
determinata ricade però nella sfera
dell’inessenziale, ma non può più essere
allontanata dall’oggetto (perché risulta in
qualche modo necessaria, anche se ancora
non colta nella sua necessità)

(1) La determinatezza sensibile è il carattere


essenziale della cosa – quasi una tautologia. La
determinatezza stessa però fa in modo che
una cosa si differenzi dall’altra, è da un po’ che
nell’argomentazione abbiamo un accavallarsi di
determinatezza e differenza, di esser-per-sé
semplice e esser-per-altro. Qui si giunge alla
conclusione che la cosa si riferisce ad altro
proprio nell’opporsi ad altro, dato che
nell’opposizione ci si determina nei confronti
di ciò che non si è e nella differenza si
mantiene la determinatezza specifica di una
cosa. La cosa qui è essenzialmente (per-sé)
riferimento ad altro (per-altro). (2) Il
riferimento ad altro equivarrebbe però a dire
la perdita di autonomia: la cosa qui la
perdiamo in sé, dice Hegel essa “s’inabissa”.
Secondo il concetto essa s’inabissa poiché
esser-per-sé vuol dire negazione assoluta di

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ogni esser-per-altro (di ogni riferimento


all’altro che “tocchi” l’essenza stessa
dell’oggetto che è comunque un “per-sé”), La
negazione assoluta costituente l’esser-per-sé è
un limpido esempio di negazione determinata ,
ossia di una negazione “che non può star in
piedi”, che nel momento in cui prende forma si
autoannulla, ma rilascia comunque un certo
contenuto. C’è un parallelo qui dal momento
che l’esser-per-altro che costituisce, nei fatti,
l’esser-per-sé è un levar l’esser per sé
astrattamente inteso; secondo il concetto – e
qui vediamo il parallelo – la determinatezza in
quanto tale intesa come negazione leva sé in
quanto la si scopre come un puro esser-per-
altro, come cioè avente la sua essenza non in
sé, ma in un altro. (3) L’essenza di ogni cosa è
dunque in altro rispetto essa? Ci deve essere
comunque in sé una proprietà essenziale, una
semplice autouguaglianza, ma in questa è,
come mostrato, presente una diversità
necessaria, ma che in tal punto non la si
qualifica come essenziale . Solo che una simile
contraddizione si leva da sé.

(1) Si giunge in un momento in cui si denuncia


l’incapacità dell’intelletto di proseguir oltre:
L’esser-per-sé e l’esser-per-altro si producono
l’un l’altro, addirittura sono uno in quanto
( insofern ) l’altro e l’altro in quanto l’uno; sono
il contrario da sé. (2) L’esser-per-sé è – per
così dire – “più in crisi” dato che se questo star
in unità col suo contrario vuol dire che
sarebbe esso stesso l’inessenziale, mentre
prima lo si concepiva unicamente come il

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proprio distintivo carattere di un oggetto.


Dunque si leva. (3) Arrivati a ciò ad esser
levato è l’oggetto stesso, o meglio l’esser
sensibile dell’oggetto, diventa un universale.

(1) Un universale che deriva però dal sensibile,


rimane condizionato da esso. (2) Universalità
questa non pura, ma contaminata da
un’antitesi, si separa essa stessa nei due lati
del concetto, singolarità ed universalità: l’unità
composta da proprietà; il medium semplice di
queste proprietà (anzi qui: “materie libere”,
ossia con una sfumatura più indeterminata,
come a lasciar intendere una tendenza ad un
reciproco rapportarsi), l’anche in virtù del
quale esse rimangono giustapposte. Queste
insieme sembrano essere l’essenzialità stessa,
ma come visto ricadono pur sempre nell’esser-
per-sé inficiato da altro. (3) La loro unità però
costituisce quella che possiamo chiamare
universalità assoluta (perché però prendere
l’unità dell’uno e dell’ anche e non quella di
esser-per-sé ed esser-per-altro? Unione di
unità inclusiva ed esclusiva? Sembrano
entrambe inclusive… o forse qui è proprio
l’anche delle materie libere che segna il
reciproco differenziarsi di queste a rendere la
novità, queste due unità non sarebbero più
inclusiva-esclusiva, ma quella superiore, in
quanto entrambe escludono ed includono:
L’uno delle proprietà include queste in sé,
però esclude altri oggetti singoli; l’anche è il
medium per cui sono sullo stesso piano
eppure cominciano a manifestare diversità tra
loro.

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Può darsi che L’uno delle proprietà ( der Ein


der Eigenschaften ) sia semplicemente la loro
singolarità e quindi la singolarità determinata
di queste che si ritrova nell’oggetto singolo?
Trovo l’espressione ambigua.

(1) La singolarità sensibile dilegua e diventa


universalità (parafrasando quanto Hegel dice
nell’introduzione: si comincerebbe a “disperare
dell’oggetto”). Universalità pertanto ancora
sensibile. Dilegua il Meinen , ossia il ritenere
l’oggetto da un punto di vista soggettivo
( mein = mio), l’oggetto è in sé un universale in
generale; l’Uno della singolarità risorge: dopo
essere stata messa in crisi la singolarità in
quanto tale, quest’uno stesso si riflette entro
sé – il momento della singolarità deve pur
permanere e quindi ritorna, rinnovato. La
singolarità è l’Uno riflesso entro sé e quest’uno
è in sé propriamente riflesso (a partire dalla
mediazione del molteplice al suo interno). (2)
L’Uno, il suo esser-in-sé come prodotto è pur
sempre condizionato, in quanto prodotto di
uno sviluppo che parte dalla singolarità
sensibile, la quale poi si rivela piuttosto
universalità sensibile. Esso in realtà qui è un
esser-per-sé che in questo momento si
giustappone proprio a quello da cui deriva,
quella contraddizione dell’universalità sensibile
opposta alla singolarità sensibile. Nella fase
successiva questi momenti ricadono nell’unità
di cui si sta facendo astrazione: l’unità consiste
nel fatto che sono tutti momenti presenti
nell’esser-per-sé; un esser-per-sé, come visto
prima, antitetico, in quanto inficiato da altro

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(l’esser-per-sé = esser-per-altro di prima). (3)


Hegel dice che così funziona il prender-per-
vero del percepire, esso tenta di salvare i
diversi punti di vista sulla verità di un oggetto,
con mediazioni varie: L’anche, l’In quanto (o
“per-tanto-che”); reca pure, al fine di
raggiungere il vero, la distinzione tra l’essenza
ed un inessenziale in opposizione a quella
(momento necessario e quindi altrettanto
essenziale per Hegel). Tuttavia questi sono
risultati espedienti, sofisticherie, che non
tolgono l’illusione che alberga nella percezione
intesa come apprensione. Il vero dell’oggetto, il
vero che ricerca questo modo di pensare, si è
rivelato come una universalità vuota di
determinazioni e priva di differenze. La
percezione ( Wahrnemung ) – chiamata ora
“intelletto percettivo” – è buona solo a
prender-per-vero quelle che sono in realtà
astrattezze, vuote essenzialità (Universale
contrapposto al singolare; l’inessenziale
opposto all’essenza). Giunge a questo gioco di
astrazioni: dall’una essa giunge tra le braccia
dell’altra. La differenza con la ragione è che
questa conosce il suddetto moto nella sua
determinatezza, ne domina il ritmo.
Determinare il vero e in un secondo momento
“levarlo” è infatti il lavoro di questa coscienza,
il suo lavoro dal punto di vista del concetto.
Più autenticamente essa determina come vero
ogni momento, finendo effettivamente ad
affermare il vero come non-vero e viceversa:
mentre fa questo la coscienza percettiva
accoglie la possibilità che l’errore nel
determinare il vero risiede in lei, nel suo

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apprendimento; alternativamente attribuisce


l’errore alla composizione dell’oggetto quando
scorge in lei un lato necessario, ma
inessenziale.

! Hegel

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