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Lezione 5

Se l’errore è sanabile non è significativo poiché il copista è intervenuto per sanarlo. Non abbiamo delle vere e proprie
definizioni di errori ma vengono interpretati dai copisti.

Nei criteri di edizioni troviamo indicazioni che l’editore ci da per comprendere il modo in cui ha lavorato. Spiega
come ha utilizzato lo stemma distinguendo in base al numero dei rami che lo stemma possiede (es. bipartito: due rami
dell’archetipo: la scelta è automatica se una famiglia presenta l’edizione è errata; quando abbiamo delle varianti
adiafore ovvero entrambe corrette allora è il filologo ha intervenire per stabilire il criterio in base al quale ha scelto la
versione corretta). Per lo stemma tripartito, in caso di varianti adiafore, si formeranno chiaramente maggioranze di
famiglie testuali (ricorda che non si conta il numero di manoscritti ma valgono più le famiglie). Nel criterio di edizione
c’è anche la resa grafica: spiegare il modo in cui ha presentato grafemi, suoni linguistici etc. deve determinare quali
grafie sono ritenute più verosimili e quindi possono essere legate all’archetipo. Se il metodo di Lachmann è la
combinazione di diverse lezioni allora una critica forte che si fa al sistema è che l’archetipo ricostruito è un testo
combinato, opera composita in realtà mai esistita perché ibrida. Per non scegliere l’aspetto ibrido, si sceglie la resa
grafica e la lingua più vicina a quella dell’archetipo. Si chiarisce poi l’uso di caratteri tipografici (come parentesi etc.)
e i criteri in base ai quali il testo è stato ordinato: capitoli, paragrafi etc.

L’apparato critico: è posto ai piedi del testo e ha lo scopo di offrire il quadro completo delle testimonianze utili così
come le varianti rigettate, rifiutate dovendo giustificare queste. Si discutono anche le scelte degli editori precedenti: es.
se un mio predecessore avevo scelto una versione precedente, devo dimostrare che la mia è corretta e l’erroneità della
precedente.

Limiti del metodo Lachmanniano:

 varianti adiafore, specialmente in presenza di stemma (di fronte due stemmi equivalenti bisogna rivolgersi alla
congettura)
 corruttele d’archetipo (dove tutte le famiglie presentano un errore bisogna rivolgersi alla congettura)
 contaminazione=>

Lo stemma può essere stabilito con questo metodo solo se l’albero può essere costruito in forma completa ed
escludendo i casi di contaminazione (es. nel caso dell’errore separativo: è tale se insanabile. Se un manoscritto lo
presenta ed un altro no, escludiamo che il copista del secondo abbia corretto l’errore. La contaminazione invece si ha
quando il copista ha utilizzato più codici, correggendo l’errore sfruttando un altro manoscritto). La contaminazione
impedisce di chiudere lo stemma. Trasmissione orizzontale: attraverso diversi manoscritti. Viene segnalata nello
stemma da una linea tratteggiata. Trasmissione verticale: dai padri ai figli.

Rimaneggiamento: casi di trasmissione attiva in cui il copista interviene sul testo in copia con più o meno profonde
modifiche, in base a gusto personale, volontà di arricchire o accorciare il testo etc. Il copista può avere competenze
poetiche e comporre egli stesso nuove parti anche con conoscenze di tecniche di generi popolari cosa che accade nella
chanson de geste. Si tratta di un genere facilmente replicabile perché questi pezzi possono poi essere utilizzati per
comporre altre parti. => testo in movimento: dinamicità e variazione del testo.

Joseph Bédier

Su “Romania” scrive Lai de l’Ombre: opera in versi. Lai: brevi narrazioni in versi. Nel 1928 si occupa di studiare il
testo cercando di formulare l’edizione critica. Utilizza il metodo di Lachmann utilizzando testi critici latini, francesi e
italiano. Nel caso di testi francesi su 110 stemmi 105 sono bipartiti: metafora della foresta=> la flora filologia è una
foresta in cui tutti gli alberi sono bipartiti, con solo due rami. Bedièr ritiene che la spiegazione di questo paradosso
andrebbe cercata nell’inconscio del filologo: stemma tripartito: lo studioso deve rassegnarsi a scegliere in modo passivo
le lezioni corrette affidandosi al meccanismo dello stemma; al contrario il filologo preferirà inconsciamente stemmi
bipartiti, che gli permettono un’attività attiva partecipando nella costruzione del testo.

Bedièr dimostra che in un testo possono esserci stemmi differenti di pari validità e la scelta dipende dal filologo,
bisogna adottare la scelta del “bon manoscrit” che ci permette di pubblicare un testo esistito modificato solo dove era
necessario. Bedièr torna al metodo pre- lachmanniano del bon manuscrit=> scelta conservativa che limita a confrontare
il testo con altri manoscritti solo dove l’errore è insanabile. Nella complicazione della scelta bipartita il filologo può
trattare attivamente.

Bédier editò la Chanson de Roland conservando il testo del manoscritto O (Oxford, Bodleian library) ignorando di
costruire lo stemma. Alla sua scelta si oppone quella di Cesare Segre che invece propone lo stemma ed è riuscito a
risolvere alcuni problemi. Ha dimostrato che O era il manoscritto migliore poiché risaliva ai piani alti della tradizione,
ma evidenzia che poteva essere migliorato.

Arrigo Castellani invece riflette per vedere se Bèdier potesse avere ragione soprattutto nel punto in cui si evidenzia la
maggior parte dei stemmi bi. Castellani ipotizza uno schema:

1. ipotizzare l’originale (w)


2. pensare che l’autore abbia desiderato rientrare in possesso della propria opera quindi chiede al copista il
manoscritto.
3. Si può immaginare che l’archetipo fosse un solo manoscritto A da cui si aveva la copia B. da questo se ne
traevano altri due etc. Per accelerare la produzione, i manoscritti non erano solo copia dell’originale ma anche
dai suoi manoscritti copiati per primi. Con questa situazione di copia, alcune famiglie aveva singoli
manoscritti. Con la perdita del singolo manoscritto quindi veniva eliminata un’intera famiglia.
 Fino alla settima copia, lo stemma rimane bipartito
 Trattandosi di un originale è possibile che venisse tolto presto dalle operazioni di copia. Per questo si può
pensare che si producessero poche copie limitando i rami
 Le copie più tardive costituiscono famiglie di pochi esemplari per cui è probabile la perdita di interi rami.

Madonna dir vo voglio

È il primo testo letterario di un testo prestigio della tradizione italiana.

La scuola siciliana si sviluppa alla corte di Federico 2 tra il 1220-1240. Stabilisce la propria corta a Palermo, una delle
più grande potenze in quel periodo in Italia. Rispetto ad altri sovrani, alla sua corte si sviluppa per sua volontà, una
tradizione letteraria in lingua italiana (varietà d’italiano: volgare che si parlava in Sicilia che ha tratti linguistici diversi
rispetto agli altri volgari italiani). È alla sua corte che uomini di prestigio intervengono scrivendo componimenti,
canzoni, poesie liriche che costituiscono la prima scuola letteraria. Non è una tradizione che nasce improvvisamente; la
sua azione è legata all’importazione di una tradizione letteraria già presente (1 secolo di storia). I poeti che scrivevano
in lingua d’oc o provenzale, i trovatori erano i poeti che scrivevano in queste lingue dando sviluppo alla tradizione lirica
e poetica (sud della Francia) che si distingue rispetto alla tradizione del Nord dove si sviluppa poesia narrativa
(chansons de geste vs poesia cortese del sud). occitano: parlata oc, insieme di dialetti del sud della Francia.

Provenzale: parte centrale, Avignone. Si dice provenzale perché Provenza deriva dalla parola latina provincia: che era la
provincia che era stata stabilita nel sud della Gallia. La lingua provenzale: volgari sviluppati nel Narbonese. Provenzale
e occitano è la stessa cosa.

Trovatori: deriva dalla parola latina tropus. Erano dei poeti che componevano canti musicati poiché il topus era anche
un tipo di componimento della tradizione musicale medio-latina. Per estensione, i poeti che scrivono vengono chiamati
trobatores: poeti che scrivono tropi (topus della liturgia). Scrivono i poeti ma compongono anche la musica; sono testi
concepiti per il canto.

La tradizione trobadorica si sviluppa all’inizio del 12 secolo. Non sappiamo se c’era una tradizione antica ma i testi
fanno riferimento alla corte di Guglielmo 9 d’Aquitania definito primo trovatore, tuttavia non sappiamo se i testi
venissero composti da lui o solo nella sua corte. Caratteristiche linguistiche:

 Non sono scritte in dialetto aquitano o pittavino, ma nella lingua provenzale. Si vede subito che nella sua corte
si decide di scrivere in una lingua letteraria. Da qui si diffonde per tutte le corte nel Sud della Francia
diventando una vera e propria tradizione per l’intrattenimento feudale.
 Tutti i trovatori, di classe differenti, ruotano intorno alle corti. Utilizzano lo stesso metro linguistico (lingua
artificiale che mischia tratti di diverse parlate provenzali: difficile individuare l’origine di un trovatore in base
all’osservazione linguistica).

Principali temi:

 Tema amoroso. Culto del fin’amor: al centro del componimento vi è il canto dell’amore del poeta nei
confronti di un’amata (reale o ideale). La maggior parte delle canzoni ha infatti questo tema: amore fino,
cortese, raffinato. La fin’amor si concretizza con un servizio amoroso che l’amante è tenuto a dare alla propria
signora. Metafora dominante: il servizio d’amore è paragonato alla fedeltà tra vassallo e signore. La dama
viene chiamata Madonna (mia signora). Midons: mio signore.

Questa poesia si irradia in quasi tutta l’Europa: nuova tradizione per intrattenimento feudale e cortese. La tradizione si
importa anche la lingua provenzale. Cosa che accade anche nel nord d’Italia: corti al nord influenzata dal provenzale. Ci
sono numerosi trovatori come Sordello.

Con la scuola siciliana le cose cambiano: si importa la moda dei trovatori ma non si importa la lingua perché viene
adottata una lingua letteraria ovvero quella siciliana. Tradizione nuova e vecchia=> nuova per la tradizione provenzale,
vecchia perché lingua locale. I poeti della scuola siciliana sono solo membri della corte di Federico 2. Sono sì
professionisti della parola, ma a differenza dei trovatori, compongono testi senza musica.

L’esperimento della scuola siciliana sparisce poco dopo la morte di Federico 2. Tuttavia, i componimenti non spariscono
ma vengono raccolti in grandi canzonieri in Toscana:

 Raccoglitori di canzoni o sonetti (nato in Sicilia con Iacopo da Lentini);


 Gli ordinano in base alla forma metrica: 1) es. manoscritto vaticano 1793 è bipartito (prima metà canzoni,
seconda metà sonetti). 2) si mettono prima i poeti siciliani e poi si aggiungono canzoni che dipendono dalla
tradizione siciliana (una volta che si era diffusa in Toscana).
 Dal punto di vista linguistico: nel momento in cui i testi siciliani vengono trascritti dai toscani, cambiano
aspetto. Trasformazione dal latino all’italiano: le vocali non vengono distinte in base alla lunghezza del suono,
ma in base all’apertura della bocca e sistema accentuativo: vocali si distinguono in base all’accento.
Finis>fine; e lunga latina diventa breve italiana> fede etc.

Dal latino al siciliano: Filum> filo; pilum> pilo (cambiamento di vocale toniche); cervum>cervu. La e tonica in
siciliano rimane. Canem> cani; amatum> amatu; collum> collu. Questo è quello che hanno di fronte i copisti toscani.

14/03

Umanista del 500, Barbieri, ha copiato un testo in siciliano di “Stefano Protonotaio”, uomo della corte. Nel momento in
cui la canzone viene trascritta in toscano, i copisti trascrivono nella loro lingua. Pir meu cori alligrari> per mio cuore
allegrare: trasformano tutte le vocali (diasistema: compromesso dei testi volgari con la sovrapposizione di più sistemi
linguistici; i primi canzonieri infatti sono diasistemi).

Canzonieri della poesia italiana e siciliana:

1. V: Manoscritto del Vaticano: raccolta di molte opere. È stato trascritto a Firenze. Anche Dante avrà letto la
poesia siciliana forse mediante questo manoscritto;
2. L: Laurenziano. È originario di Pisa e si trova a Firenze.
3. P: Palatino. si trovava nella biblioteca palatina a Firenze. È stato copiato a Pistoia.
Tutti i manoscritti sono databili tra il 200 e 300> contemporanei ai stilnovisti. Questi 3 sono testimoni di Madonna dir
vi voglio soprattutto il primo. È il primo testo che viene trascritto infatti nel canzoniere Vaticano. E Giacomo da Lentini
viene riconosciuto come il poeta più esemplare della sua scuola e le sue poesie le più tramandate.

Madonna dir vi voglio è stata tramandata da altri manoscritti come una stampa della Giunti, la 4)Giuntina e un
manoscritto del 300: 5)Memoriali bolognesi. Nel 1265 si emana un decreto: che tutti i contratti e atti pubblici compilati
a Bologna deve essere registrato negli archivi comunali. I memoriali sono codici in cui vengono trascritti i documenti
pubblici. Il problema si pone con i spazi bianchi perché il codice poteva essere falsificato aggiungendo postille o articoli
nei spazi bianchi. I notai bolognesi sono costretti a riempire gli spazi bianchi componendo poesie o copiandole. I notai
sono quindi intellettuali e conoscono la poesia, conoscono la tradizione siciliana in veste toscanizzata e trascrivono nei
margini della poesia siciliana, sempre in veste italianizzata. Madonna dir vi voglio compare all’interno di uno di questi
memoriali.

Abbiamo individuato i primi 3 testimoni, adesso bisogna esaminarli singolarmente e poi confrontandoli tra di loro
(recensio+ collatio).

Analisi del testo: M> lettera decorativa. Madon(n)a (sciogliamo le abbreviazioni). Appena dopo non troviamo un
accneto, ma un segno che serve per differenziare le lettere (è una ì). Madon(n)a dire uìuoglio- come lamore mapreso-. il
punto indica solo la fine del verso. –jnverlo grande orgol glio- cheuoi bella mostrate eno(n) maita.
Lo stesso copista può copiare in maniera diversa lo stesso suono. La p con un taglio al gambo è per la parola-per.

Pag.8 manoscritto palatino: M miniata. Chi ricopia il testo non è la stessa mano di chi fa, in questo caso, la m miniata. È
una canzone che si suddivide in strofe. L’inizio della strofa è con la lettera rossa e poi abbiamo scansioni interne. Le
canzoni siciliane si dividono in una fronte e in una sirma: fronte divisa in due piedi, sirma o cauda suddivisa in due
volte: settenario e due endecasillabe. Di solito la rima baciata indica l’inizio della sirma. 1 strofa> il segno rosso indica
il secondo piede, il segno blu indica la sirma ma non viene fatta distinzione tra le due volte della sirma mentre nella
seconda strofa la scansione è fatta in maniera completa e ogni piede e ogni volta sono segnati con il blu (sirma) e rosso
(piede).

È di scrittura gotica. –p(er) andiamo a cercare tutti i casi in cui abbiamo l’abbreviazione o meno e scioglieremo le
abbreziazioni secondo gli usi del copista.

14/03

Dopo l’operazione dello studio dei manoscritti, c’è la fase della collatio: bisogna procedere nel confrontare i nostri tre
testimoni. Bisogna guardare le varianti e individuare gli errori. In questo gruppo dobbiamo trovare gli errori
significativi che ci permettono di costruire l’albero genealogico. Gli errori separativi ci permetteranno di escludere delle
possibilità mentre i congiuntivi che accomunano due manoscritti con un terzo allora possiamo condurre ad una famiglia.
Confronto tra le tre lezioni: 1 STROFA

1 e 2 verso: delle tre lezioni non abbiamo errori significativi (poiché non troviamo errori comuni). 3 verso: l’io lirico
parla delle sue sofferenze d’amore di fronte all’orgoglio che lei sta mostrando. Qui notiamo delle differenze: solo
quando costruiamo lo stemma possiamo dire quale sia la lezione corretta e quella sbagliata quindi per adesso variante
adiafora. 4 e 5 verso: non ci sono errori significativi. 6 verso: questo posto ha tante sofferenze. Non c’è differenza tra la
lezione laurenziano e palatino mentre per quella del vaticano manca il verbo essere= può essere un errore significativo.
Supposizione: se lo considerassimo significativo (non compare negli altri), devo considerarlo separativo. Se il vaticano
fosse stato il capostipite degli altri due, allora è un errore talmente emendabile per cui non possiamo escludere questo
tipo di stemma. In questo caso non è proprio un errore insanabile. La soluzione dell’errore separativo è quella di
escludere la dipendenza dei due manoscritti a quella vaticana. È il paradosso tra vita e morte dove si trova l’amante che
muore a causa delle sofferenze. 7 verso: Chevede chesimore: errore significativo perché sennò le due lezioni non
sarebbero risalite alla versione corretta; da qui capiamo che il vaticano non è il capostipite. 8 verso: probabile che il
palatino fosse la versione sbagliata che abbia distrattamente riscritto la parola scritta pochi versi prima in rima (dal
momento che aita era già stata incontrata come parola). La lezione del laurenziano è la più sensata “per poter amare, (in
queste condizioni), e lo considera vita”.

Ipotesi: Possiamo pensare che palatino e vaticano siano parenti: caso in cui più manoscritti presentano lezioni differente
tra tante varianti differenti e tutte sbagliate. L quindi sarebbe diviso dagli altri due che invece sembrano derivare dallo
stesso manoscritto costruendo la famiglia ma che dei antecedenti presentassero un problema che è stato trasmesso poi
agli altri manoscritti che non possono essere sanati. L invece con la versione corretta può derivare da una famiglia
corretta. Non possiamo comunque chiudere lo stemma perché non sappiamo chi è l’archetipo.

2 STROFA:

1 e 2 verso: nel secondo verso c’è una risposta (no) quindi nel primo verso deve esserci una domanda e deve essere
inteso in forma interrogativa. Palatino: dunque muoio io? No ma il mio cuore muore; vaticano: scorretto perché sembra
mancare qualcosa. Laurenziano: dunque muoio o vivo? La lezione non è sbagliata ma c’è un’opzione quindi la risposta
non poteva essere no.

La trascrizione potrebbe derivare dal provenzale. Folchetto di Marsiglia: vedere traduzione. Come l’amor mi ha preso
traduce in maniera corretta. Verso 3 di da Lentini: inverlo vostro argollo vs folchetto ci dimostra che il palatino ha
portato ad un errore.

La soluzione precedente ci dice adesso che: elaboravamo sull’idea che vaticano e palatino potessero essere imparentati,
questa soluzione è impossibile perché qui il palatino ha un errore quindi il vaticano con lezione corretta non può
discendere dal palatino errore insanabile. Escludiamo anche che il vaticano fosse l’antecedente del palatino quindi
l’unico soluzione è che P e V discendono dal manoscritto comune ma non si sono dati origini a vicenda.

15/03
Ritorno alla domanda e risposta no. Bisogna trovare una risposta che sia coerente con la domanda. E bisogna ricorrere
al Folchetto di Marsiglia per trovare la lezione giusta. Ipotesi: palatino e vaticano fossero dipendenti ad un comune
manoscritto; esclusione che p e v fossero dipendenti tra loro (l’errore di p lo troviamo leggendo il Folchetto di Marsiglia
che parla di “grande orgoglio” mentre il palatino riporta “vostro orgoglio”; anche il vaticano aveva un errore). L non
presenta ancora errori quindi non sembra imparentato con gli altri due.

Folchetto di Marsiglia è stata tradotta da Iacopo da Lentini. Bdt fa riferimento ad un repertorio di poeti ed ad
ognuno di questi è stato attribuito un numero in questo caso il 4.

Il manoscritto è un testimone unico, abbiamo solo un frammento (due coblas: strofe). Il testo è provenzale ma il
manoscritto è catalogato nel gruppo francese. Risale al 13-14 secolo contemporanei ai manoscritti di Madonna dir vi
voglio. In questo manoscritto troviamo il Folchetto di Marsiglia.

Folchetto di marsiglia è stato un trovatore vissuto tra la fin e del 12 e 13 secolo (1 secolo prima rispetto a questa
testimonianza) ha scritto numerosi componimenti; Dante ne parla nel de vulgari eloquentia: trattato teorico di lingua,
stile e poetica medievale. Il suo scopo era quello di individuare il miglior modo di scrivere poesia in volgare. Quando
Dante passa in rassegna le canzoni di più eccellente fattura che lui conosce, cita una canzone di Folchetto di Marsiglia
che quindi per lui rappresenta un modello di alto stile letterario. Infatti uno dei suoi versi viene citato nel paradiso.
Interessante è la sua origine sociale: era un mercante. Poi si chiude in convento e diventa anche vescovo rinnegando poi
il passato di trovatore. Sarà addirittura uno dei promotori alla crociata che si trasforma in una battaglia politica per la
conquista per il sud della Francia.

Analisi mettendo in corrispondenza le tre lezioni e guardando il Folchetto:

1 STOFA vr.7 “la sofferenza è tanto forte che vivo quando muoio”: un amante perfetto che si trova la vita e la morte.
in questo verso si nota che il vaticano ha un errore quindi non può essere il manoscritto madre. Vr.8: “per poter amare e
la considero vita”. vr.9: domanda. Il laurenziano è quello che si avvicina di più alla versione corretta “quindi muoio o
vivo?”. Dal momento che tutte e 3 le lezioni non sono corrette=> errore d’archetipo. Possiamo comunque affermare
l’esistenza di un archetipo. Confermiamo anche che l è indipendente da p e v.

diffrazione: quando la tradizione presenta un grande numero di varianti sullo stesso punto, in questo caso varianti
erronee. P e v peggiorano l’errore mentre L interpretando in maniera aderente all’archetipo si avvicina commettendo
comunque l’errore= diffrazione in presentia. Presenza della lezione corretta ma errore comune.

Vr.10: problema perché L presenta una lezione differente dalle altre; le altre due sono più sensate mentre nella L
abbiamo l’assenza del verbo. / faria che troviamo nel Iacopo da Lentini è un prestito dal provenzale> Il condizionale
della lingua siciliana è un provenzalismo. “per voi donna che io amo”= varianti adiafore. “il cuore soffre anche perché
desidera la donna più che se stesso”> le lezioni sono più o meno le stesse: nel V il se è stato cancellato (forse si era reso
conto dell’errore).

Vr: vidi/vide male> entrambe le varianti sono corrette “la vostra amicizia fu causa di sofferenza”. nel verso 11 del
Folchetto notiamo che il verbo del L è più simile a quello del Folchetto.

2 STROFA il Folchetto presenta degli errori insanabili ed essendo testimone unico non può essere corretto mediante
l’utilizzo di altri testimoni. La croce indica infatti la porzione di testo insanabile.

Innamoramento è sinonimo di amore. 1 e 2 verso: v e l stessa variante e rispecchiano ciò che è stato detto dal Folchetto.
In questo caso c’è un errore riportato nel palatino in entrambi i versi. 5 e 6 verso: lezioni simili. Ultimo verso: errore
congiuntivo tra palatino e vaticano.

Sappiamo che p e v sono accomunati dallo stesso errore quindi scendono dall’archetipo y mentre l derivasse in maniera
più diretta dall’archetipo x. Lo schema rimane sempre lo stesso, ma ogni verso ha la propria rima> coblas singurales;
quando abbiamo sia schema che stesse rime> coblas unissonans cioè che hanno gli stessi suoni.

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