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ENRESTO SERGIO MAINOLDI

LA MUSICA LITURGICA
NEL CORPUS DIONYSIACUM

ESTRATTO
da

RIVISTA DI STORIA E LETTERATURA RELIGIOSA


2018/1 ~ a. 54
Anno LIV - 2018 - n. 1

Rivista di Storia e
Letteratura Religiosa

diretta da
C. Ossola, F. A. Pennacchietti
M. Rosa, B. Stock

Leo S. Olschki Editore


Firenze
Rivista di Storia e Letteratura Religiosa
diretta da
Carlo ossola - Fabrizio a. PennaCChietti
Mario rosa - brian stoCk

Periodico quadrimestrale
redatto presso l’Università degli Studi di Torino
Direzione
Cesare Alzati, Francisco Jarauta, Carlo Ossola, Benedetta Papàsogli
Fabrizio A. Pennacchietti, Daniela Rando, Mario Rosa
Maddalena Scopello, Brian Stock
Redazione
Linda Bisello, Valerio Gigliotti, Giacomo Jori
Chiara Pilocane, Davide Scotto

In memoria di Francesco Trisoglio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 3

Articoli
M. Bataillon, Le marranisme. Héritage moderne de l’Espagne des trois religions,
a cura di Simona Munari; con Nota introduttiva di S. Munari . . . . . . . » 5
E.S. Mainoldi, La musica liturgica nel Corpus Dionysiacum. . . . . . . . . . . . » 53
I. Bueno, Paix chrétienne et guerre sainte au temps des papes d’Avignon. Benoît
XII et la croisade entre politique, ecclésiologie et théologie morale . . . . . . . » 73
M. Verga, Strategie di riforma nella Toscana “giansenista” di Pietro Leopoldo.
Pietà popolare, immagini sacre, «regolata divozione» . . . . . . . . . . . . . . . » 99
P. Cattani, Charles Du Bos lecteur de Saint Augustin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 127

Note e testi
E. Russo, Excerpta inediti della Regula Benedicti dal manoscritto Casin. 505 » 145
M. Grossi, Storia della Lettera aperta a un predicatore di don Lorenzo Mi-
lani. Con l’edizione di quattro nuovi testimoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 181

Recensioni
B. Amadeu, Nova Apocalipse, D. Lucas Dias introdução, tradução e notas;
D. Lucas Dias, A. Espírito Santo, S. Tavares de Pinho ed. crítica e
fixação do texto latino (Portugaliae Monumenta Neolatina 14), Im-
prensa da universidade de Coimbra, 2014 (E. Fernandez Guerrero) . . » 257
G. Alonge, Condottiero, cardinale, eretico. Federico Fregoso nella crisi politi-
ca e religiosa del Cinquecento, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura,
2017 (Simone Ragagli) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 260
N. Alessi O.P., Columbeidos sive Vita b. Columbae virginis Reatinae ordinis de
Poenitentia S. Dominici, a cura di A. Maiarelli, Spoleto, Centro Italia-
no di Studi sull’Alto Medioevo, 2016 (Mattia Zangari) . . . . . . . . . . . . » 264
Correspondance du Président de Brosses et de l’abbé marquis Niccolini, sous la
direction de John Rogister et Mireille Gille, Oxford, Voltaire Foun-
dation, 2016; Oxford University  –  Studies in the Enlightenment
(M. Rosa) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 270
Anno LIV - 2018 - n. 1

Rivista di Storia e
Letteratura Religiosa

diretta da
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M. Rosa, B. Stock

Leo S. Olschki Editore


Firenze
Comitato dei Referenti
Gérard Ferreyrolles (Université Paris-Sorbonne) – Giuseppe Ghiberti (Professore Emerito
della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale) – Paolo Grossi
(Professore Emerito dell’Università di Firenze) – Moshe Idel (Hebrew University, Jerusalem)
Francesco Margiotta Broglio (Professore Emerito dell’Università di Firenze)
Corrado Martone (Università di Torino) – Agostino Paravicini Bagliani
(Professeur Honoraire de l’Université de Lausanne) – Marco Pellegrini
(Università di Bergamo) – Michel Yves Perrin (École Pratique des Hautes Études, Paris)
Maria Cristina Pitassi (Université de Genève) – Victor Stoichita (Università di Friburgo)
Roberto Tottoli (Università degli Studi di Napoli L’Orientale)
Stefano Villani (University of Maryland) – Francesco Zambon (Università di Trento)

Gli articoli presi in considerazione per la pubblicazione saranno valutati in ‘doppio cieco’.
Sulla base delle indicazioni dei referees, l’autore può essere invitato a rivedere il proprio testo.
La decisione finale in merito alla pubblicazione spetta alla Direzione.
LA MUSICA LITURGICA NEL CORPUS DIONYSIACUM

1. L’harmonia universale e la funzione della musica secondo lo


pseudo-Dionigi

Negli scritti pseudo-areopagitici il tema della musica e dell’armonia


è presente secondo due accezioni, distinte ma complementari. Da una
parte in senso traslato, in relazione al silenzio come metafora dell’ineffa-
bilità divina e all’harmonia come simbolo dell’ordine cosmico, dall’altra
in senso proprio come canto musicale liturgico. È a quest’ultima accezio-
ne che saranno dedicate le pagine che seguiranno, dal momento che, a
quanto ci risulta, nessuno studio sistematico è stato finora specificamen-
te dedicato a questo soggetto. A modo di preliminare, tuttavia, e in guisa
di inquadramento teorico, cosa non trascurabile nel caso di un autore del
tenore speculativo dello pseudo-Dionigi, riteniamo opportuno offrire un
accenno circa il significato di harmonia secondo l’autore degli Areopagiti-
ca.1 La concezione della musica e del suo ruolo psicagogico dall’antichi-
tà al medioevo è stata l’elemento immancabile di una visione cosmolo-
gica tesa a cogliere la totalità dell’universo come un ordine armonico.
Lo pseudo-Dionigi non si discosta da questa visione del mondo, ma il
suo inquadramento del problema presenta diversi punti di originalità,
finalizzati in primo luogo ad emanciparsi dall’esemplarismo pitagorico-
platonico, che ha costituito il paradigma egemone della speculazione fi-
losofico-musicale antica e medievale. In base a questo paradigma l’ordine
armonico del cosmo sarebbe basato su numeri intellegibili, i quali funge-
rebbero da modello metafisico dell’organizzazione e della composizione
degli elementi costitutivi del cosmo a ogni livello, dalle realtà invisibili e
immateriali, come l’anima, a quelle visibili e sensibili, come il moto dei

1  Abbiamo dedicato una più estesa ricostruzione di questi aspetti in E.S. Mainoldi,
La musique dans l’univers dionysien. Entre théologie mystique et ordre hiérarchique, in Mystique,
langage, musique, a cura di L. Wuidar (in corso di stampa).
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pianeti o la musica. Nell’antichità, questa concezione ebbe nondimeno


un’implicazione etica: per fare sì che l’ordine cosmico portasse effetti
benefici all’uomo, la musica avrebbe dovuto imitare i rapporti numeri-
ci dell’harmonia mundi. Il numero musicale era dunque concepito come
il medium di partecipazione dell’uomo all’ordine cosmico, dacché era in
base ad esso che il Demiurgo, secondo l’immagine platonica, ne aveva
disposto l’ordinamento. L’armonia venne conseguentemente concepita
alla stregua di una processione emanatistica, in virtù della quale si ha la
partecipazione delle realtà immanenti agli esemplari divini. Questa par-
tecipazione si fonda sull’analogia e il fondamento ultimo del discorso
matematico-musicale si riporta all’identificazione di una divina proportio
e dei rapporti armonici che da essa derivano.2 Questo modello venne
ripreso senza particolari difficoltà anche in ambito cristiano, sostituen-
dosi al Demiurgo pagano il Dio creatore biblico. Fu così che il cosmismo
pagano, basandosi sull’esemplarismo metafisico platonico, conobbe un
Fortleben duraturo per tutto il Medioevo, particolarmente in Occidente,
dove venne assorbito attraverso il filtro del neoplatonismo boeziano.3
Lo pseudo-Dionigi, pur scrivendo pochi anni dopo Boezio e avendo
una formazione neoplatonica, prese nettamente le distanze dal modello
cosmista, nell’ottica del superamento critico del neoplatonismo che la
sua opera nel complesso operò.4 Per lui infatti l’armonia non è un mo-
dello divino trascendente, bensì il prodotto dell’azione provvidenziale:
non è la causa, bensì l’effetto. Le energie o azioni divine, che al contrario
dell’apofatica sovressenza divina, sono conoscibili e partecipabili (e no-
minabili, da cui i nomi divini), danno vita a due ordini armonici: quello
cosmico, a cui lo pseudo-Dionigi non si mostra particolarmente inte-
ressato (tantomeno a una sua rappresentazione simbolico-numerica), e

2  Per una ricostruzione della teoria medievale dell’harmonia cfr. C. Panti, Filosofia della
musica. Tarda antichità e medioevo, Roma, Carocci, 2008; Mainoldi, Ars musica. La concezione
della musica nel Medioevo, Milano, Rugginenti, 2001; C. Meyer, L’Âme du monde dans la ratio-
nalité musicale: ou l’expérience sensible d’un ordre intelligible, in Harmonia mundi. Musica monda-
na e musica celeste fra Antichità e Medioevo. Atti del Convegno internazionale di studi (Roma,
14-15 dicembre 2005), a cura di M. Cristiani, C. Panti, G. Perillo, Firenze, SISMEL- Edizioni
del Galluzzo, 2007 («Micrologus’ Library», 19), pp. 57-75.
3  Per un’analisi epistemologica dell’incompatibilità tra il modello numerico dell’har-
monia e il simbolo musicale cf r. Mainoldi, Accezioni e rifocalizzazioni del simbolismo mu-
sicale tra suono, numero e segno durante il medioevo, «Philomusica on-line», IX, 3, 2010,
pp. 149-172.
4 Cfr. Id., The Transfiguration of Proclus’ Legacy. Pseudo-Dionysius and the Late Neopla-
tonic School of Athens, in Proclus and his Legacy, a cura di D. Layne, D.D. Butorac, Berlin, De
Gruyter, 2017, pp. 199-217.
LA MUSICA LITURGICA NEL CORPUS DIONYSIACUM 55

quello ipostatico, che prende forma nelle gerarchie, angelica ed ecclesia-


stica. Per lo pseudo-Dionigi quest’ultima gerarchia, insieme alla sua pre-
figurazione nella «gerarchia secondo la Legge» (ἡ κατὰ νόμον ἱεραρχία),
costituisce propriamente la gerarchia umana. Essa coincide con la Chie-
sa, assommando tanto i suoi membri ordinati (vescovi, sacerdoti e mini-
stri), quanto i suoi membri laici, penitenti o iniziandi. La funzione della
gerarchia è quella di deificare i suoi membri, attraverso la trasmissione
dei beni divini che si ha nella comunione gerarchica: essa incarna pertan-
to l’ordine relazionale tra le creature deificande. Peraltro la trasmissione
gerarchica, che prevede la mediazione degli ordini superiori rispetto a
quelli inferiori, non preclude che ogni membro della gerarchia partecipi
direttamente dei doni divini.5 All’interno di questo sistema la musica
costituisce il simbolo sonoro della trasmissione gerarchica dei beni che
“provengono dall’alto”: essa rappresenta la manifestazione sensibile e
sonora della comunione ipostatica tra i membri delle gerarchie e la loro
sinergia anagogica. È per questo motivo che la creazione musicale ha
lo scopo e la potenza di creare un habitus interiore in cui si realizza un
rapporto di analogia con le energie provvidenziali, concorrendo alla dei-
ficazione dell’uomo per via di questa partecipazione analogica:
Dal momento che l’innologia (ὑμνολογία), che comprende le cose più san-
te, ha disposto in armonia gli abiti interiori (ἕξεις) delle nostre anime per la ce-
lebrazione dei riti che seguiranno di qui a breve,6 e per la consonanza dei canti
divini (τῶν θείων ᾠδῶν) ha accordato la concordanza interiore (ὁμοφροσύνην)
con le cose divine agli uni e agli altri come nell’unica e concorde corale dei san-
ti, egli espande ciò che è contenuto in sintesi e racchiuso in misura maggiore
nel canto intellegibile dei Salmi, attraverso delle immagini e proclamazioni più
complete e più evidenti grazie alle letture santissime dei testi sacri.7

Nei suoi scritti, lo pseudo-Dionigi si occupa soltanto della musica


liturgica e della funzione anagogica che questa esercita nella celebrazio-

5  Ivi, pp. 202-205.
6  Lo pseudo-Dionigi sta descrivendo la celebrazione eucaristica.
7  Pseudo-Dionigi Areopagita, De ecclesiastica hierarchia, III, iii, 5, 432A, in Corpus Dio-
nysiacum II, ed. G. Heil, A.M. Ritter, Berlin, De Gruyter, 1991 («Patristische Texte und Stu-
dien», 36), p. 84, 7-14: «Ὅταν οὖν ἡ περιεκτικὴ τῶν πανιέρων ὑμνολογία τὰς ψυχικὰς ἡμῶν ἕξεις
ἐναρμονίως διαθῇ πρὸς τὰ μικρὸν ὕστερον ἱερουργηθησόμενα καὶ τῇ τῶν θείων ᾠδῶν ὁμοφωνίᾳ
τὴν πρὸς τὰ θεῖα καὶ ἑαυτοὺς καὶ ἀλλήλους ὁμοφροσύνην ὡς μιᾷ καὶ ὁμολόγῳ τῶν ἱερῶν χορείᾳ
νομοθετήσῃ, τὰ συντετμημένα καὶ συνεσκιασμένα μᾶλλον ἐν τῇ νοερᾷ τῶν ψαλμῶν ἱερολογίᾳ διὰ
πλειόνων καὶ σαφεστέρων εἰκόνων καὶ ἀναρρήσεων εὐρύνεται ταῖς ἱερωτάταις τῶν ἁγιογράφων
συντάξεων ἀναγνώσεσιν». Citeremo di seguito questa edizione con la sigla EH.
56 ERNESTO SERGIO MAINOLDI

ne dei riti sacramentali. L’aspetto fondamentale del discorso musicale


dionisiano si lega strettamente alla trasmissione discendente dei doni
divini tra gli ordini delle gerarchie, in ragione della quale l’armonia mu-
sicale dei canti liturgici non può che fondarsi sull’imitazione dei canti
angelici. In base alla legge gerarchica, i brani del repertorio ecclesiastico
costituiscono la rivelazione del canto angelico, così come i testi destina-
ti ad essere cantati non possono che dipendere dalla rivelazione, che sia
quella riportabile alle Sacre Scritture o ancora a una rivelazione angeli-
ca extra-scritturistica (è, ad esempio, il caso dell’inno Trisagion). La mu-
sica liturgica nel Corpus Dionysiacum non è tuttavia un oggetto astratto,
dal momento che essa si riconduce alla prassi liturgica concreta e alle
sue modalità di esecuzione canora. Per quanto succinte, le testimonian-
ze musicali pseudo-dionisiane portano con sé delle informazioni circa
il contesto liturgico-ecclesiale in cui lo pseudo-Dionigi visse. Ci sembra
pertanto utile analizzare sistematicamente i riferimenti ai brani musi-
cali contenuti nel Corpus, sia ai fini della ricostruzione dell’orizzonte
storico che ne contornò la scrittura, sia per quanto riguarda un avan-
zamento nella conoscenza della prassi liturgico-musicale degli inizi del
secolo VI.

2. L
 a musica liturgica nel Corpus Dionysiacum: il trattato De ecclesiasti-
ca hierarchia

La maggioranza dei riferimenti musicali presenti nel Corpus Dionysia-


cum compare nel trattato dedicato alla liturgia, il De ecclesiastica hierarchia.
Questo trattato ricopre un’importanza tutta particolare per la storiogra-
fia pseudo-dionisiana, dacché i riferimenti liturgici in esso contenuti sono
quelli che offrono le informazioni più rilevanti ai fini della datazione del
Corpus e alla determinazione dell’estrazione geografica del suo autore,
mettendoci in grado di sollevare almeno in parte la cortina pseudo-epi-
grafica con cui questi ha avvolto i suoi scritti. In base ai dati liturgici ri-
cavabili dal De ecclesiastica hierarchia possiamo dedurre per la scrittura di
questo trattato il terminus post quem del 511, dovuto all’introduzione del
Credo nella Sinassi eucaristica, nonché constatare l’estrazione costanti-
nopolitana del suo autore, di cui si deve però registrare l’intenzione di
mostrarsi preciso conoscitore degli usi liturgici della chiesa siriaca.8

8  Per la discussione di queste problematiche cfr. Mainoldi, La liturgie du ps.-Denys


l’Aréopagite. Quel est son message et son arrière-plan?, in Liturgie et communication. 61e Semaine
LA MUSICA LITURGICA NEL CORPUS DIONYSIACUM 57

Un’altra peculiarità del De ecclesiastica hierarchia è costituita dalla sua


strutturazione, che non trova uguali nel resto del Corpus. Il trattato si
divide infatti in sette capitoli, ciascuno dedicato a un singolo sacramento
(battesimo, eucaristia, consacrazione del Myron, ordinazione sacerdota-
le, consacrazione monastica, riti funebri), preceduti da un capitolo intro-
duttivo sul significato generale dell’ordine gerarchico. Ogni capitolo si
struttura poi sistematicamente in tre sezioni: nella prima di queste viene
spiegato il significato anagogico del sacramento in questione ai fini della
vita spirituale, nella seconda viene esposto l’ordo della sua celebrazione,
nella terza viene infine data l’interpretazione anagogica dell’ordo espo-
sto, motivo per cui questa sezione conclusiva prende immancabilmente
il titolo di theoria.

2.1. Il rito del battesimo


A) Nel secondo capitolo del De ecclesiastica hierarchia, la descrizione
del rituale del battesimo, cioè l’ordo, vuole che il vescovo si rechi nel pre-
sbiterio, insieme a tutto il clero, e
canti (ἱερολογεῖ) un inno (ὕμνον) tratto dalle Scritture, insieme a tutti coloro
che riempiono la chiesa.9

Il verbo ἱερολογέω qui impiegato indica l’intonazione musicale can-


tata, come è possibile accertare in base alle altre occorrenze di questo
termine e dei suoi derivati nel Corpus.10 Il verbo ἱερολογέω è utilizzato
soltanto qui e in altre tre occorrenze, al participio presente ἱερολογοῦντι,
in riferimento agli officianti che pronunciano le formule consacratorie
dei riti. Da qui è possibile arguire che la pronuncia delle parole da parte
del celebrante fosse cantillata. Si può inoltre notare che lo pseudo-Dio-
nigi fa qui riferimento a un inno cantato da tutta l’assemblea. Giovan-
ni di Scitopoli, nel suo commentario al Corpus, propone di identificare
questo inno, in base al suo utilizzo liturgico, con il Cantico di Maria (la
sorella di Mosè) «cantemus Domino / ᾄσωμεν τῷ Κυρίῳ» (Ex 15, 1), o, in
alternativa, con il versetto salmico «accedite ad eum et inluminamini /
προσέλθατε πρὸς αὐτὸν καὶ φωτίσθητε» (Ps 33, 6). Questi versi fanno allu-

d’études liturgiques. Paris, Institut Saint-Serge, 23-26 juin 2014, a cura di A. Lossky, G. Seku-
lovski, Münster, Aschendorff, 2016 (“Studia Oecumenica Friburgensia”, 74), pp. 99-116.
9  EH II, ii, 4, 393C, p. 71, 7-8: «ἐν ἀρχῇ μὲν ὕμνον τινὰ τοῖς λογίοις ἐγκείμενον ἅμα πᾶσι τοῖς
τῆς ἐκκλησίας πληρώμασιν ἱερολογεῖ».
10  Per le altre occorrenze musicali del termine cfr. infra.
58 ERNESTO SERGIO MAINOLDI

sione, rispettivamente, all’uscita dalle acque e all’Illuminazione, dunque


immagini tropologiche del battesimo.11

B) Nel momento in cui il vescovo santifica le acque del fonte battesi-


male mediante una triplice infusione del Santo Myron,12
intona con una melodia (μελῴδημα συνεπιφθεγξάμενος) il testo della rivelazione
(ἐπίπνοια) data ai profeti ispirati da Dio.13

È interessante notare come in questa affermazione lo pseudo-Dio-


nigi sottolinei la distinzione tra la melodia (μελῴδημα) e il testo sacro
destinato ad essere cantato (ἐπίπνοια). Giovanni di Scitopoli commen-
ta questo passaggio focalizzandosi sulla spiegazione dell’inspirazione
profetica, laddove Massimo il Confessore (o un altro scoliasta bizanti-
no) propone di identificare questo canto con il versetto salmico «vox
Domini super aquas / φωνὴ Κυρίου ἐπὶ τῶν ὑδάτων» (Ps 28, 3) o con
l’Alleluia.14

2.2. La Sinassi eucaristica


Le prime menzioni di canti musicali nella Sinassi eucaristica, si incon-
trano nell’esposizione del rituale (ordo), il quale è riportato nella seconda
sezione del capitolo dedicato al «sacramento dei sacramenti», seguendo
l’usuale strutturazione del De ecclesiastica hierarchia.

11 Cfr. Scholia in opera S. Dionysii, ed. B. Cordier, PG, 4, 124D. Questo scolio non è
attestato nella sua interezza nella recensione siriaca che trasmette il commentario del ve-
scovo di Scitopoli, grazie alla quale possiamo identificare con certezza gli scolii a lui dovuti
rispetto agli altri commenti che sono stati introdotti adespotamente nella tradizione gre-
ca del Corpus. Un altro commentatore (Massimo il Confessore oppure un ignoto scoliasta
bizantino) ha aggiunto alcune linee a questo scolio per sottolineare che gli inni possono
basarsi su testi ripresi dall’intera Scrittura e non solamente sui Salmi; cf r. P.E. Rorem –
J.C. Lamoreaux, John of Scythopolis and the Dionysian Corpus: Annotating the Areopagite
(OECS), Oxford, Clarendon Press, 1998, p. 267.
12  Si tratta dell’unguento profumato utilizzato per il sacramento della Cresima e altri
riti di consacrazione nella tradizione liturgica orientale.
13  EH II, ii, 7, 396C, p. 72, 15-16: «τὸ ἱερὸν τῆς τῶν θεολήπτων προφητῶν ἐπιπνοίας μελῴ-
δημα συνεπιφθεγξάμενος».
14 Cfr. Scholia in opera S. Dionysii, ed. B. Cordier, PG, 4, 125C; P. Rorem – J. Lamoreaux,
John of Scythopolis and the Dionysian Corpus, p. 267. Si può arrivare a supporre che il versetto
salmico fosse anteposto all’Alleluia o interpolato a un’eventuale triplice ripetizione, la quale
può essere ammessa in base al fatto che lo pseudo-Dionigi insiste sul fatto che l’effusione sia
triplice, così come l’incensazione, onde possiamo ragionevolmente pensare che l’Alleluia
cantato in quel momento (συνεπιφθεγξάμενος) venisse ripetuto per tre volte.
LA MUSICA LITURGICA NEL CORPUS DIONYSIACUM 59

C) Il rito comincia quando il vescovo, dopo aver recitato la preghiera


all’altare e incensato il presbiterio, ritorna all’altare e
intona la sacra melodia dei Salmi (τῆς ἱερᾶς τῶν ψαλμῶν μελῳδίας), e tutto l’or-
dine ecclesiastico canta con lui (συνᾳδούσης) la sacra intonazione salmica (τὴν
ψαλμικὴν ἱερολογίαν).15

Lo pseudo-Dionigi utilizza due differenti locuzioni per designare


l’azione musicale: la prima, in riferimento al vescovo, è «melodia sacra»
(ἱερὰ μελῳδία), la seconda, in riferimento all’assemblea, è «sacra intona-
zione salmodica» (ψαλμικὴ ἱερολογία). Se la prima locuzione ci assicura
che il vescovo attacca un canto musicale, dal momento che μελῳδία non
può significare altro che questo, la seconda ci assicura che l’assemblea è
coinvolta nella stessa azione canora. Possiamo quindi dedurre che la pa-
rola ἱερολογία abbia qui una valenza specificamente musicale, e benché
non si possa generalizzare automaticamente questo uso per l’intero
Corpus, il suo impiego nel contesto liturgico avalla l’interpretazione di
una celebrazione cantata del rito (come detto al punto A qui sopra).
Una seconda annotazione riguarda l’intonazione (ἱερολογία) cantata
dall’intero «ordine ecclesiastico» (ἐκκλησιαστικὴ διακόσμησις). Dato che
questa espressione indica la gerarchia ecclesiastica nella sua interezza, la
quale comprende anche i laici, non v’è motivo di pensare che il significato
di διακόσμησις sia qui limitato al solo clero. Si può dunque assumere, an-
che in relazione a quanto visto al punto A, che lo pseudo-Dionigi si riferis-
se a una traduzione liturgica in cui era l’intera assemblea a salmodiare.16
Nel terzo e quarto paragrafo della theoria del rito eucaristico, l’au-
tore del Corpus si sofferma sulla presenza della salmodia nella Liturgia:
Il canto dei salmi (τῶν ψαλμῶν ἱερολογία), che accompagna pressoché tutti
i misteri gerarchici non doveva mancare da quello che è il più sacro di tutti.17

15  EH III, ii, 425B-C, p. 80, 10-12: «ἀπάρχεται τῆς ἱερᾶς τῶν ψαλμῶν μελῳδίας συνᾳδούσης
αὐτῷ τὴν ψαλμικὴν ἱερολογίαν ἁπάσης τῆς ἐκκλησιαστικῆς διακοσμήσεως».
16  La partecipazione dell’intera assemblea alla preghiera cantata fu uno degli aspetti del-
la liturgia paleo-cristiana che l’evoluzione del culto aveva reso via via meno praticato: forse la
costante sottolineatura di questa prassi nel Corpus vale ad affermare il paradigma apostolico
della partecipazione concelebrante dell’assemblea al rito. La preoccupazione per la partecipa-
zione dell’assemblea è del resto uno degli aspetti che emergono dalla teologia liturgica del VI
secolo, come prova la Novella 137, promulgata da Giustiniano nel 565, nella quale si ingiunge
ai celebranti di non recitare segretamente le preghiere della santa oblazione e del battesimo,
bensì con voce udibile al popolo onde favorire l’edificazione delle anime; cfr. Nov. CXXXVII, in
Corpus iuris civilis, ed. R. Schöll, W. Kroll, Berlin, Weidmann, 1895 (repr. 1968), vol. III, p. 698.
17  EH III, iii, 4, 429C, p. 83, 11: «Ἡ δὲ τῶν ψαλμῶν ἱερολογία συνουσιωμένη πᾶσι σχεδὸν
τοῖς ἱεραρχικοῖς μυστηρίοις οὐκ ἤμελλεν ἀπηρτῆσθαι τοῦ πάντων ἱεραρχικωτάτου».
60 ERNESTO SERGIO MAINOLDI

Dopo aver sottolineato che tutte le pagine della Scrittura svelano


la verità a coloro che sono capaci di deificazione – cosa che implica il
fatto che non sia necessario limitare gli inni sacri al solo Salterio –, lo
pseudo-Dionigi elenca una lista sommaria dei libri della Bibbia, attra-
verso l’allusione al loro contenuto, soffermandosi quindi sull’effetto
anagogico della musica sull’anima.18 Queste annotazioni non offrono
informazioni aggiuntive sulle forme liturgico-musicali concrete e sulla
loro esecuzione.

D) La successiva menzione di un canto liturgico nella Sinassi riguar-


da uno dei punti più controversi di tutta la trattazione liturgica dioni-
siana, quello che indubbiamente ha attirato la più duratura attenzio-
ne degli studiosi, facendo al contempo registrare il maggior numero
di divergenze, ossia l’interpretazione del canto che lo pseudo-Dionigi
chiama «innologia cattolica» (καθολικὴ ὑμνολογία). Il momento liturgi-
co in cui questo brano viene cantato è il trasferimento dei Santi Doni
sull’altare:
Tra i celebranti alcuni stanno presso le porte chiuse del santuario, altri ef-
fettuano ciò che spetta al loro ordine, mentre coloro che sono previsti dall’or-
dine rituale liturgico dispongono sul divino altare insieme ai sacerdoti il santo
pane e il «calice della benedizione», dopo che è stata professata (προομολογη-
θείσης) l’innologia cattolica (τῆς καθολικῆς ὑμνολογίας) da parte di tutti coloro
che sono in chiesa.19

Nell’esegesi del rito proposta nella terza sezione (θεωρία) del capito-
lo dedicato all’Eucaristia l’espressione «innologia cattolica» si ripresenta
con l’aggiunta di ulteriori dettagli:
I santissimi celebranti delle cose più sante e coloro che amano contempla-
re il santissimo sacramento al quale assistono con santa dignità, inneggiano
con l’innologia cattolica (ὑμνοῦσιν ὑμνολογίᾳ καθολικῇ) al Principio che opera
il bene e che è donatore del bene, dal quale ci sono stati rivelati i sacramenti sal-
vifici che operano ritualmente la santa deificazione degli iniziati. Alcuni chia-
mano quest’inno (ὕμνον) confessione, altri lo chiamano Simbolo del culto, altri

18 
Citato qui sopra, alla nota 7.
EH III, ii, 425B-C, p. 80, 20-21: «Τῶν λειτουργῶν δὲ οἱ μὲν ἑστᾶσι παρὰ τὰς τοῦ ἱεροῦ
19 
πύλας συγκεκλεισμένας, οἱ δὲ ἄλλο τι τῶν τῆς οἰκείας τάξεως ἐνεργοῦσιν, οἱ δὲ τῆς λειτουργικῆς
διακοσμήσεως ἔκκριτοι σὺν τοῖς ἱερεῦσιν ἐπὶ τοῦ θείου θυσιαστηρίου προτιθέασι τὸν ἱερὸν ἄρτον
καὶ “Τὸ τῆς εὐλογίας ποτήριον” προομολογηθείσης ὑπὸ παντὸς τοῦ τῆς ἐκκλησίας πληρώματος
τῆς καθολικῆς ὑμνολογίας».
LA MUSICA LITURGICA NEL CORPUS DIONYSIACUM 61

ancora, e questo lo ritengo maggiormente appropriato al divino, eucarestia


gerarchica, dal momento che designa i Santi Doni che noi riceviamo da Dio.20

L’identificazione di quest’inno ha trovato diverse proposte, che han-


no dato vita a un dibattito storiografico ricco e contrastato. Tuttavia le
divergenze sembrano oggi superate e gli studiosi concordano nel ricono-
scere dietro l’«innologia cattolica» il canto del Simbolo della Fede, cioè
il Credo.21 I commentatori antichi hanno offerto delle interpretazioni
degne di nota intorno al problema dell’identificazione di questa «inno-
logia», benché essi non aggiungano nulla dal punto di vista musicale:
Giovanni di Scitopoli, in uno scolio all’ordo, lo identifica con certezza
con il Simbolo della Fede (σύμβολον πίστεως),22 mentre Massimo il Con-
fessore (o un altro scoliasta bizantino), commentando la theoria del rito,
si mostra alquanto più prudente in merito, probabilmente in ragione
del palese anacronismo che essa comporta: anche se si fosse pensato a
un Simbolo apostolico (escludendo in ogni caso i Simboli di Nicea e di
Nicea-Costantinopoli, risalenti rispettivamente al 325 e al 381), la sua
introduzione nella Liturgia all’epoca del Dionigi storico, vissuto nel I se-
colo, restava una testimonianza isolata. Questo commentatore si limita
dunque a spiegare il senso dell’aggettivo «cattolico» e a sottolineare la si-
nonimia tra «inno», «simbolo» ed «eucaristia» (nel senso di “rendimento
di grazie”).23 In base alla definizione data nel rituale, lo pseudo-Dionigi
ci lascia capire che il Credo era cantato da tutta l’assemblea. L’uso di
ὑμνολογία sembra infatti sottolineare che si tratti di un testo cantato,
tanto più che nella theoria del rito esso è chiamato semplicemente ὕμνος.
Ὑμνολογία compare due volte nel De coelesti hierarchia, nel primo
caso ironicamente, nella locuzione «innologia di muggiti» (μυκητικὴ

20  EH III, iii, 7, 436C, pp. 87, 21 - 88, 1: «οἱ πανίεροι τῶν πανιέρων ἱερουργοὶ καὶ φιλο-
θεάμονες τὴν ἁγιωτάτην τελετὴν ἁγιοπρεπῶς ἐποπτεύοντες ὑμνοῦσιν ὑμνολογίᾳ καθολικῇ τὴν
ἀγαθουργὸν καὶ ἀγαθοδότιν ἀρχήν, ὑφ’ ἧς αἱ σωτηριώδεις ἡμῖν ἀνεδείχθησαν τελεταὶ τὴν ἱερὰν
τῶν τελουμένων θέωσιν ἱερουργοῦσαι. Τὸν ὕμνον δὲ τοῦτον οἱ μὲν ὁμολογίαν καλοῦσιν, οἱ δὲ τῆς
θρησκείας τὸ σύμβολον, ἄλλοι δὲ ὡς οἶμαι θειότερον ἱεραρχικὴν εὐχαριστίαν ὡς περιεκτικὴν τῶν
εἰς ἡμᾶς θεόθεν ἀφικομένων ἱερῶν δώρων».
21 Cfr. R.F. Taft, A history of the liturgy of St. John Chrysostom. II. The Great entrance. A
History of the Transfer of Gifts and other Pre-anaphoral Rites of the Liturgy of St. John Chrysostom
(Orientalia Christiana Analecta 200), Roma, Pontificio Istituto Orientale, 1975, p. 398 (trad.
it. a cura di S. Parenti, Grottaferrata, Monastero Esarchico, 2014, p. 638).
22 Cfr. Scholia in opera S. Dionysii, ed. B. Cordier, PG, 4, 136C.
23 Cfr. ivi, 144B-C. L’aggettivo καθολικός ricorre cinque volte nell’intero Corpus, tutte
nel De ecclesiastica hierarchia, cosa che ci suggerisce che lo pseudo-Dionigi abbia ripreso
questo termine dalla tradizione ecclesiastica e liturgica, piuttosto che dalle fonti della spe-
culazione filosofica.
62 ERNESTO SERGIO MAINOLDI

ὑμνολογία), per stigmatizzare la credenza che i simboli abbiano una for-


ma sensibile anche nelle regioni sovracelesti,24 e nell’altro caso, per in-
dicare l’«innologia delle intelligenze sovracelesti»: 25 in entrambi i casi il
significato sonoro della parola è evidente, benché il primo utilizzo sia
ironico e il secondo simbolico (del canto intellegibile degli angeli). Nel
De coelesti hierarchia, a parte le due occorrenze appena analizzate, il ter-
mine è utilizzato in senso strettamente musicale altre due volte; 26 nel De
divinis nominibus «innologia» e «innologo» ricorrono tre volte, sempre
con valenza musicale.27 Il significato di questo termine è dunque in ge-
nerale quello di “canto sacro di lode a Dio”.

E) All’inizio della theoria del rito eucaristico vengono menzionati il


canto di odi e la lettura di testi scritturistici, sottolineandosi la loro fun-
zione didattica e anagogica in favore dei catecumeni:
Le santissime odi e le letture delle Scritture (ἱερώταται τῶν λογίων ᾠδαὶ καὶ
ἀναγνώσεις) impartiscono [a quelli che devono essere iniziati (τελειουμένοις)]
l’insegnamento (διδασκαλίαν) di una vita nella virtù e li purificano completa-
mente dal male, che è la causa della corruzione.28

«Ode» (ᾠδή) è qui termine associato alle Scritture, ma non è imme-


diato affermare che si tratti di una forma di canto non salmico, even-
tualmente riferito ai nove cantici biblici che si trovavano in appendice al
Salterio bizantino ed erano già diffusi nel V secolo.29 Ritroviamo le odi
in associazione alla Scrittura qualche linea più sotto:
Il testo sacro delle odi divine (θείων ᾠδῶν ἱερογραφία), che ha come sco-
po di cantare (ὑμνῆσαι) ogni parola e operazione divina, e di esaltare le san-

24 Cfr. Pseudo-Dionigi Areopagita, De coelesti hierarchia, II, 2, 137C, in Corpus Dio-


nysiacum II, ed. G. Heil, A.M. Ritter cit., pp. 10-11. Citeremo di seguito questa edizione con
la sigla CH.
25 Cfr. CH VII, 4, 212B, p. 31, 22-23: «τῶν ὑπερουρανίων νοῶν ὑμνολογίας».
26 Cfr. EH III, iii, 5, 432A, p. 84, 7; EH IV, iii, 12, 485B, p. 104, 1.
27  Per queste occorrenze cfr. infra.
28  EH III, iii, 1, 428A, p. 81, 19-21: «Αἱ μὲν γὰρ ἱερώταται τῶν λογίων ᾠδαὶ καὶ ἀναγνώσεις
διδασκαλίαν αὐτοῖς ἐναρέτου ζωῆς ὑφηγοῦνται καὶ πρό γε τούτου τὴν παντελῆ τῆς φθοροποιοῦ
κακίας ἀποκάθαρσιν».
29 Cfr. E. Wellesz, A History of Byzantine Music and Hymnography, Oxford, Clarendon
Press, 19622, pp. 37-38. Da questo insieme di nove odi, verso la fine del VII secolo, troverà
sviluppo la forma del canone (cfr. ivi, pp. 198-199). Nella fase antiquiore, le nove odi consi-
stevano nel canto di testi biblici, nella fattispecie dei nove cantici del Vecchio e del Nuovo
Testamento.
LA MUSICA LITURGICA NEL CORPUS DIONYSIACUM 63

te parole e le sante azioni degli uomini divini, compone un’ode (ᾠδὴν) e una
narrazione universale (καθολικὴν) delle cose divine, finalizzata alla ricezione e
alla partecipazione di ogni sacramento gerarchico, conferendo una confacente
disposizione interiore a coloro che la recitano santamente.30

2.3. Consacrazione del Santo Myron


F) Nella concisa descrizione del rituale, vengono fatte due menzioni
della salmodia. La prima all’inizio della celebrazione, quando, analoga-
mente alla Liturgia eucaristica, il «canto dei Salmi» (ψαλμικὴ ἱερολογία) 31
ha luogo dopo l’incensazione e prima delle letture; la seconda dopo che
il vescovo ha disposto sull’altare il vaso contenente la miscela di unguen-
to e aromi da consacrare, mentre
tutti intonano (ἀναβοώντων) con voce (φωνῇ) santissima le melodie (μελῴδημα)
sacre della rivelazione dei profeti ispirati da Dio.32

Ancora una volta è l’assemblea al completo a cantare. Se nel primo


caso si tratta del canto dei Salmi, nel secondo si parla della rivelazione
profetica. Si tratta di un testo tratto da un libro profetico? Evidentemen-
te non si tratta di un Salmo, dal momento che lo pseudo-Dionigi indica
i Salmi sempre in modo esplicito e non per circonlocuzioni. Il simboli-
smo dei dodici veli che coprono il vaso del Myron, associati nella teoria
del rito ai serafini, potrebbe suscitare l’ipotesi che si tratti qui del San-
ctus, impressione rinforzata dalla definizione del canto dei serafini come
«teologia»:
Le dodici ali significano l’ordine dei Serafini, che è tanto superiore alle
[altre] essenze celesti, le quali sono completamente al di sopra di noi: esso è
disposto e rimane intorno a Gesù, dedicandosi, per quanto gli è consentito,
alle contemplazioni più beate ed è santamente colmato da una comunicazione
intellettuale in ricezioni purissime, e canta con voci inesauste, per esprimerci
avvalendoci di immagini tratte dal dominio del sensibile, quella proclamazione
di Dio (θεολογίαν) che è celebrata da molti.33

30  EH III, iii, 4, 429D, p. 84, 2-6: «ἡ δὲ τῶν θείων ᾠδῶν ἱερογραφία σκοπὸν ἔχουσα τὰς θε-
ολογίας τε καὶ θεουργίας ἁπάσας ὑμνῆσαι καὶ τὰς τῶν θείων ἀνδρῶν ἱερολογίας τε καὶ ἱερουργίας
αἰνέσαι καθολικὴν ποιεῖται τῶν θείων ᾠδὴν καὶ ἀφήγησιν πρὸς πάσης ἱεραρχικῆς τελετῆς ὑποδο-
χὴν καὶ μετάδοσιν ἕξιν οἰκείαν ἐμποιοῦσα τοῖς ἐνθέως αὐτὴν ἱερολογοῦσιν».
31  EH IV, ii, 473A, p. 95, 11.
32  EH IV, ii, 473A, p. 95, 14-15: «ἀναβοώντων πάντων ἁγιωτάτῃ φωνῇ τὸ ἱερὸν τῆς τῶν
θεολήπτων προφητῶν ἐπιπνοίας μελῴδημα».
33  EH IV, 5, 480C, p. 99, 21-27: «Τῶν ὑπὲρ ἡμᾶς οὖν ἁγίων οὐσιῶν ἡ τόσον ὑπερκειμέ-
64 ERNESTO SERGIO MAINOLDI

Massimo il Confessore (o un altro scoliasta bizantino), commen-


tando il rituale della consacrazione del Myron, identifica μελῴδημα con
il Sanctus (Ἅγιος), lasciando però aperta, in via dubitativa, l’alternati-
va dell’Alleluia (Ἀλληλούϊα); 34 commentando la theoria del rito, in cor-
rispondenza di «θεολογίαν» egli annota soltanto «Ἅγιος, Ἅγιος, Ἅγιος»,
vale a dire il canto del Sanctus.35 L’indecisione di Massimo tra il Sanctus
e l’Alleluia nell’identificazione del canto sottinteso a μελῴδημα si giu-
stifica per il fatto che alla fine del paragrafo della teoria della consacra-
zione del Myron, lo pseudo-Dionigi ritorna su questo canto «rivelato ai
profeti», chiamandolo ancora μελῴδημα, e, spiegandone il significato in
lingua ebraica, lascia comprendere senza ombra di dubbio che egli sta
qui parlando dell’Alleluia e non del Sanctus:
In merito alla melodia (μελῴδημα) rivelata ai profeti ispirati da Dio, coloro
che conoscono le cose degli Ebrei sanno che essa significa la lode di Dio oppure
il «Lodate il Signore». Di ogni teofania e teurgia che è stata descritta nelle Sacre
Scritture nella composizione multiforme dei simboli gerarchici non è inappro-
priato ricordare l’innologia (ὑμνολογίας) ispirata da Dio ai profeti. Essa insegna
ritualmente (εὐαγῶς) e santamente che le benevole operazioni tearchiche sono
degne di sacre lodi.36

Le parole «Lodate il Signore» (Αἰνεῖτε τὸν κύριον) figurano come in-


cipit dei Salmi alleluiatici,37 dunque non possono esserci dubbi che lo
pseudo-Dionigi, parlando della «melodia sacra rivelata ai profeti», si rife-
risca all’Alleluia. Il commentatore bizantino (Massimo o chi altri) nota
a sua volta che è qui in questione un Salmo alleluiatico.38 Nell’intero
Corpus μελῴδημα è utilizzato soltanto un’altra volta, nella descrizione

νη τῶν Σεραφὶμ τάξις ἐν τῇ τῶν πτερῶν δυοκαιδεκάδι σημαίνεται περὶ τὸν Ἰησοῦν ἑστῶσα καὶ
ἱδρυμένη τοῖς μακαριωτάτοις αὐτοῦ θεάμασιν ὡς θεμιτὸν ἐπιβάλλουσα καὶ τῆς νοητῆς διαδόσεως
ἱερῶς ἐν πανάγνοις ὑποδοχαῖς ἀποπληρουμένη καὶ τὴν πολυύμνητον αἰσθητῶς εἰπεῖν ἀσιγήτοις
στόμασιν ἀνακράζουσα θεολογίαν».
34 Cfr.Scholia in opera S. Dionysii, ed. B. Cordier, PG, 4, 152C.
35 Cfr.ivi, 156B.
36  EH IV, iii, 12, 485B, p. 103, 19 - 104, 2: «Τὸ δὲ ἱερὸν τῆς τῶν θεολήπτων προφητῶν ἐπι-
πνοίας μελῴδημά φασιν οἱ τὰ Ἑβραίων εἰδότες τὸ αἶνος θεοῦ δηλοῦν ἢ τὸ “Αἰνεῖτε τὸν κύριον”.
Ἁπάσης οὖν ἱερᾶς θεοφανείας καὶ θεουργίας ἐν τῇ ποικίλῃ συνθέσει τῶν ἱεραρχικῶν συμβόλων
ἱερογραφουμένης οὐκ ἀνάρμοστόν ἐστι μεμνῆσθαι τῆς θεοκινήτου τῶν προφητῶν ὑμνολογίας.
Διδάσκει γὰρ εὐαγῶς τε ἅμα καὶ ἱεροπρεπῶς αἴνων ἱερῶν ἀξίας εἶναι τὰς θεαρχικὰς ἀγαθουργίας».
37 Cfr. Ps 116, 1; Ps 146, 1; Ps 148, 1; Ps 134, 3; e semplicemente Ps 112, 1; citato anche
in Rm 15, 2. Per la numerazione dei Salmi ci rifacciamo alla Septuaginta.
38 Cfr. Scholia in opera S. Dionysii, ed. B. Cordier, PG, 4, 160A: «Si fa riferimento a un
certo Salmo, ed è evidente che si tratta di uno di quelli che recano in epigrafe “Alleluia”».
LA MUSICA LITURGICA NEL CORPUS DIONYSIACUM 65

del battesimo, e anche in questo caso si tratta, come si è visto sopra, del
canto dell’Alleluia.39 Come si deve dunque interpretare μελῴδημα nella
sua occorrenza nel rituale di consacrazione del Myron: si tratta dell’Al-
leluia o del Sanctus? Se andiamo ad analizzare la theoria, nella quale lo
pseudo-Dionigi parla del canto dei serafini, si constata come egli affermi
che essi cantano con voce inesausta una lode di Dio, che egli definisce
θεολογία, ma non afferma affatto che questo canto sia quello che viene
cantato durante la consacrazione del Myron. Bisogna dunque escludere
che lo pseudo-Dionigi affermi che sia il Sanctus ad essere cantato duran-
te la consacrazione del Myron, onde si può concludere che è l’Alleluia a
venir cantato.
L’autore del Corpus aveva già fatto due allusioni al Sanctus, preci-
samente nel settimo e tredicesimo capitolo del De coelesti hierarchia,40
ma queste allusioni ricadevano nel dominio dell’angelologia e dell’ese-
gesi biblica. Gli altri riferimenti agli inni trisaghici appaiono soltanto in
funzione teologica, in relazione al dibattito cristologico tra monofisiti e
difisiti, e non in funzione liturgico-musicale.41 Bisogna dunque conclu-
dere che non si trova alcuna traccia dell’impiego liturgico del Sanctus
nell’intero Corpus Dionysiacum, neanche nella descrizione della Liturgia
eucaristica al terzo capitolo del De ecclesiastica hierarchia, il cui ordo non
menziona né il Sanctus né il Trisagion. Questa assenza può essere spie-
gata supponendo che i modelli liturgici della Sinassi eucaristica ai quali
lo pseudo-Dionigi si ispirò non contemplassero nessuno di questi due
inni. Il Trisagion, in particolare, era stato introdotto tardivamente nella
Liturgia eucaristica, cioè all’inizio del VI secolo, e quindi non si prestava
a inserirsi nella datazione pseudo-epigrafica che faceva risalire il Corpus
all’età apostolica.42 Ritornando alla theoria del rito della consacrazione
del Myron troviamo infine un richiamo al potere anagogico dei «canti e
delle letture basati sulle Scritture» (αἱ τῶν λογίων ᾠδαὶ καὶ ἀναγνώσεις),43
i cui effetti coadiuvano alla formazione spirituale dei catecumeni, esor-
cizzano i demoni e incitano i pigri.

39 Cfr. supra, alla nota 14.


40 Cfr. supra, alla nota 25, e infra, alla nota 56.
41 Cfr. Mainoldi, Gli inni trisaghici nella liturgia e nella teologia liturgica dello pseudo-
Dionigi Areopagita, «Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata», XII, 2015, pp. 147-161.
42 Cf r. V.-S. Janeras, Le Trisagion: “Une formule brève en liturgie comparée”, in Acts of the
International Congress of Comparative Liturgy Fifty Years After Anton Baumstark: 1872-1948,
ed. R.F. Taft, G. Winkler, Rome, Pontificio Istituto Orientale, 2001 (OCA, 265), pp. 496 ss.,
542.
43  EH IV, iii, 3, 476D, p. 97, 28.
66 ERNESTO SERGIO MAINOLDI

2.4. Riti funebri


G) La celebrazione del rituale dei funerali prevede che, dopo la di-
sposizione della bara in chiesa, in una posizione conforme al grado occu-
pato dal defunto nella gerarchia, e la preghiera di ringraziamento,
i celebranti (λειτουργοὶ), ciascuno a suo turno, leggono le promesse infallibili
che sono contenute nelle Scritture divine intorno alla nostra Santa Resurrezio-
ne, cantando (ᾄδουσι) santamente le odi (ᾠδάς), le quali confessano le stesse
cose e hanno la medesima potenza dei Salmi.44

Va osservato che, a differenza delle altre menzioni di esecuzione di


canti liturgici fatte dallo pseudo-Dionigi, non è qui l’intera assemblea o
il solo vescovo a cantare i Salmi o le altre melodie sacre, bensì i λειτουργοί
(cioè i diaconi) soltanto. Questo dettaglio ci fa pensare a una specializza-
zione nel canto corale che prevedeva degli inni la cui esecuzione poteva
presentarsi più complessa rispetto alla semplice salmodia, che meglio
si prestava ad essere intonata dall’insieme dell’assemblea. La menzio-
ne delle odi e l’affermazione della loro equivalenza ai Salmi suggeri-
sce che si tratti qui della forma liturgico-poetica a nove odi, basata sui
nove cantici biblici, che già nel V secolo era diffusa nel contesto liturgico
bizantino. Come abbiamo già detto,45 da questa forma nel VII secolo
prenderà sviluppo il canone, le cui nove odi non saranno più basate sul
testo dei cantici biblici, bensì su testi di nuova composizione, sebbene
a quelli sempre ispirati. L’asserzione qui fatta dallo pseudo-Dionigi per
cui le odi hanno il medesimo contenuto e la medesima potenza di Salmi,
presenta un duplice significato: da una parte, in senso teologico, implica
che il testo abbia non soltanto un’intellegibilità, ma anche una valenza
salvifica; dall’altra, in senso storico-liturgico, affermando l’equivalenza
tra le odi e i Salmi, non si fa che riecheggiare la polemica che si era solle-
vata intorno al IV secolo circa la legittimità di utilizzare testi non biblici
nel culto.46 L’affermazione dionisiana potrebbe dunque comprendersi
nell’intenzione di sostenere le ragioni di uno sviluppo del repertorio
liturgico attraverso nuove composizioni, in un’epoca – gli inizi del VI se-
colo – in cui la liturgia bizantina stava sviluppando nuove forme, come

44  EH VII, ii, 556C, p. 123, 5: «Ἑξῆς δὲ οἱ λειτουργοὶ τὰς ἐν τοῖς θείοις λογίοις ἐμφερομένας
ἀψευδεῖς ἐπαγγελίας περὶ τῆς ἱερᾶς ἡμῶν ἀναστάσεως ἀναγνόντες ἱερῶς ᾄδουσι τὰς ὁμολόγους
καὶ ταὐτοδυνάμους τῶν ψαλμικῶν λογίων ᾠδάς».
45 Cfr. supra, alla nota 29.
46 Cfr. Wellesz, A History of Byzantine Music and Hymnography, cit., pp. 146-147, 157-158.
LA MUSICA LITURGICA NEL CORPUS DIONYSIACUM 67

i canoni e i kontakia. Tuttavia, bisogna anche chiedersi se lo pseudo-


Dionigi parli qui di testi biblici, i quali, essendo parte della rivelazione,
erano evidentemente equivalenti ai Salmi, oppure di testi extra-biblici,
la cui equivalenza ai Salmi non era conseguente. In quest’ultimo caso
l’appunto dello pseudo-Dionigi potrebbe segnalarsi come una testimo-
nianza di rilievo del passaggio dagli uffici basati sulle nove odi-cantici
biblici al canone a nove odi basato sui testi di ispirazione biblica di nuova
composizione.
Le peculiarità che abbiamo qui esaminato, così come la limitazione
del canto ai soli ministri, riflettono l’attitudine attualizzante che carat-
terizza in generale l’ultimo capitolo del De ecclesiastica hierarchia e che
rivela una focalizzazione sugli sviluppi della liturgia contemporanea
all’autore del Corpus Dionysiacum e, plausibilmente, sui dibattiti teologi-
co-liturgici diffusi al tempo della sua attività. È ancora interessante no-
tare che nei precedenti capitoli del trattato avevamo trovato ᾠδή sempre
in associazione con λόγια (cioè con la Scrittura),47 mentre nel settimo
capitolo questa associazione non si presenta più, segno probabile che
il testo dell’ode risulta ormai dissociato dal testo biblico. Nell’introdu-
zione dei riti funebri, in relazione alla morte di un uomo santo, si parla
dell’«offerta di odi in ringraziamento» (χαριστηρίους ᾠδὰς ἀναπέμπουσι)
per la vittoria ottenuta da questi; 48 nella theoria del rito viene illustrata
la funzione anagogica delle odi e delle letture, ma con la differenza che
non si parla qui di odi basate su un testo tratto dalle Scritture. Odi e let-
ture sembrano dunque procedere su due percorsi ben distinti:
le odi (ᾠδαὶ) e le letture delle promesse tearchiche manifestano le disposizioni
beatissime in cui saranno posti quelli che hanno avuto una fine santa.49

Questo quadro di discontinuità sembrerebbe allinearsi con le conclu-


sioni delle analisi morfologiche e lessicali condotte da Bernhard Brons
sugli scritti areopagitici, le quali riconoscevano nel settimo capitolo del
De ecclesiastica hierarchia le peculiarità di una scrittura riconducibile alla
mano di un autore secondario, non sovrapponibile a quella che fu re-
sponsabile dei precedenti sei capitoli.50

47 Cfr. supra.
48  EH VII, i, 3, 556B, p. 122, 18.
49  Ivi, iii, 2, 557B, p.  124, 8: «Αἱ δὲ τῶν θεαρχικῶν ἐπαγγελιῶν ᾠδαὶ καὶ ἀναγνώσεις
ἐκφαντορικαὶ μέν εἰσι τῶν μακαριωτάτων λήξεων, εἰς ἃς οἱ θείαν ἐσχηκότες τελείωσιν αἰωνίως
καταταχθήσονται».
50 Cfr. Bernhard Brons, Sekundäre Textparteien in Corpus Pseudo-Dionysiacum? Literar-
68 ERNESTO SERGIO MAINOLDI

3. Il trattato De coelesti hierarchia

Negli scritti pseudo-areopagitici, al di fuori del De ecclesiastica hie-


rarchia, altri riferimenti a inni musicali si leggono anche nel De coelesti
hierarchia e nel De divinis nominibus. Nel primo si incontrano diversi rife-
rimenti ai simboli sonori e al canto angelico, ma per lo più questi riferi-
menti non riguardano la musica concreta, ovvero non fanno riferimento
alla prassi liturgico-musicale, bensì ai contenuti teologici e simbolici di
questi inni.

H) È solo nel settimo capitolo che si legge il primo riferimento a un


canto liturgico, il Sanctus et Benedictus, i cui testi di riferimento sono
rivelati dagli angeli, secondo quanto riporta la Scrittura, rispettivamente
al sesto capitolo del Libro di Isaia e al terzo del Libro di Ezechiele. Ciò che
qui attira l’attenzione dello pseudo-Dionigi non è tanto il suo utilizzo
liturgico-musicale quanto la sua interpretazione teologica.51 Nello stes-
so luogo egli informa i suoi lettori di aver composto un trattato dedica-
to agli inni divini. Questo rinvio a uno dei trattati pseudo-areopagitici
perduti – che verosimilmente non furono mai scritti e la cui menzione
si giustifica in ragione della loro funzionalità alla strategia pseudo-epi-
grafica del Corpus – vuole probabilmente sottolineare l’importanza degli
inni in quanto fonte della verità teologica:
Pertanto la Santa Scrittura ha trasmesso a quelli che sono in terra degli inni
che manifestano santamente la sovreminenza della sua santa illuminazione.
Alcuni parlano di essa attraverso delle figure sensibili, esclamando «come una
voce di acque»: 52 «Benedetta la Gloria del Signore nella sua dimora».53 Altri
cantano quel celebre ed eminente inno scritturistico (θεολογίαν): 54 «Santo, San-
cieli sono pieni della sua gloria».55 Abbiamo già
to, Santo, il Signore Sabaoth.* I______________
illustrato, per quel che era nelle nostre facoltà, le supreme innologie (ὑμνολο-
γίας) delle intelligenze sovracelesti nello scritto Sugli inni divini (περὶ τῶν θείων
ὕμνων) e là, ritengo, se n’è detto abbastanza.56

kritische Beobachtungen zu ausgewählten Textstellen, «Nachrichten der Akademie der Wissen-


schaften in Göttingen. Philologisch-historische Klasse», s.n., 1975, p. 105.
51 Cfr. supra, alla nota 41.
52  Ez 1, 24; Apc 19, 6.
53  Ez 3, 12.
54  Θεολογία è il termine con cui lo pseudo-Dionigi si riferisce usualmente alla Scrittura.
55  Is 6, 3.
56  CH VII, 4, 212B-C, in Corpus Dionysiacum II, 31, 6 - 32, 1: «Διὸ καὶ ὕμνους αὐτῆς ἡ

* Errata corrige: Piena è tutta la terra


LA MUSICA LITURGICA NEL CORPUS DIONYSIACUM 69

4. Il trattato De divinis nominibus

I) Nel trattato dedicato ai nomi divini non si trova alcun riferimen-


to alla prassi della musica liturgica in senso stretto. Si incontra tutta-
via un riferimento non esplicito – ma ben riconoscibile – al Trisagion,
dal valore teologico-esegetico e con finalità apologetica, essendo volto,
come peraltro lo era la menzione esplicita del Sanctus et Benedictus nel
De coelesti hierarchia,57 a sostenere l’interpretazione trinitaria dell’inno,
avallando così l’uso dei difisiti calcedonesi, in opposizione all’interpre-
tazione cristologica sostenuta dai monofisiti.58 La menzione dell’inno è
la seguente:
Una sola è la sorgente della divinità sovressenziale, ed è il Padre, di modo
che il Padre non sia il Figlio e il Figlio non sia il Padre. Infatti ciò che è pro-
prio di ciascuna delle ipostasi tearchiche è stabilito santamente dagli inni (τῶν
ὕμνων).59

Che si parli qui di inni al plurale (τῶν ὕμνων), ci suggerisce che lo


pseudo-Dionigi pensi tanto al Trisagion quanto al Sanctus, cioè agli inni
trisaghici in generale, nei quali viene proclamata la santità tripostatica
di Dio.

J) Stando all’interpretazione apologetica sottesa a questa menzione


degli inni trisaghici, si può supporre che sia ancora al Trisagion e al San-
ctus che lo pseudo-Dionigi alluda laddove, nel primo capitolo del De di-
vinis nominibus, parla di «inni tearchici» (πρὸς τοὺς θεαρχικοὺς ὕμνους) e
di «santa innologia» (ἱερὰς ὑμνολογίας).60

θεολογία τοῖς ἐπὶ γῆς παραδέδωκεν ἐν οἷς ἱερῶς ἀναφαίνεται τὸ τῆς ὑπερτάτης αὐτῆς ἐλλάμψεως
ὑπερέχον. Οἱ μὲν γὰρ αὐτῆς αἰσθητῶς εἰπεῖν “Ὡς φωνὴ ὑδάτων” ἀναβοῶσιν “Εὐλογημένη ἡ δόξα
κυρίου ἐκ τοῦ τόπου αὐτοῦ”, οἱ δὲ τὴν πολυύμνητον ἐκείνην καὶ σεβασμιωτάτην ἀνακράζουσι
θεολογίαν “ Ἅγιος ἅγιος ἅγιος κύριος Σαβαώθ, πλήρης πᾶσα ἡ γῆ τῆς δόξης αὐτοῦ”. Ταύτας δὲ τὰς
ὑπερτάτας τῶν ὑπερουρανίων νοῶν ὑμνολογίας ἤδη μὲν ἐν τοῖς περὶ τῶν θείων ὕμνων ὡς ἐφικτὸν
ἀνεπτύξαμεν καὶ εἴρηται περὶ τούτων ἐν ἐκείνοις ὡς καθ’ ἡμᾶς ἱκανῶς».
57 Cfr. supra.
58 Cfr. supra, alle note 41 e 51.
59  Pseudo-Dionigi Areopagita, De divinis nominibus, II, 5, 641D, in Corpus Dionysiacum
I. Pseudo-Dionysius Areopagita. De divinis nominibus, ed. B.R. Suchla, Berlin, De Gruyter, 1990
(«Patristische Texte und Studien», 33), p. 128, 10-13: «Μόνη δὲ πηγὴ τῆς ὑπερουσίου θεότητος ὁ
πατὴρ οὐκ ὄντος υἱοῦ τοῦ πατρὸς οὐδὲ πατρὸς τοῦ υἱοῦ, φυλαττόντων δὲ τὰ οἰκεῖα τῶν ὕμνων εὐα-
γῶς ἑκάστῃ τῶν θεαρχικῶν ὑποστάσεων». Citeremo di seguito questa edizione con la sigla DN.
60  DN I, 3, 589B, p. 111, 3-12.
70 ERNESTO SERGIO MAINOLDI

K) Sempre nel primo capitolo del De divinis nominibus si legge un al-


tro riferimento all’«innologia», quale fonte dei nomi divini. Il significato
di questo termine può essere interpretato come un riferimento generico
al canto di brani tratti dalle Sacre Scritture:
A queste cose noi siamo stati iniziati dalle Divine Scritture. Tu, per così
dire, vi troverai ogni innologia (ὑμνολογίαν) sacra derivante dagli autori ispirati,
la quale dispone i nomi divini in modo di rivelazione e di lode secondo le pro-
cessioni tearchiche che operano il bene.61

L) Un’esecuzione canora affatto particolare – e del tutto ecceziona-


le – di cui si legge nel terzo capitolo del De divinis nominibus, è la lode che
Ieroteo, il maestro di “Dionigi”, elevò alla presenza degli Apostoli da-
vanti al «corpo principio di vita e dimora di Dio», episodio recepito dalla
tradizione esegetica come testimonianza della Dormizione della Madre
di Dio. Non si tratta evidentemente di un canto liturgico né di una lode
ricavata dalle Scritture, che, all’epoca supposta del transitus Mariae, non
erano ancora formate e neppure potevano circolare come raccolta di
lógia: questa lode appare come un canto che Ieroteo proferì spontanea-
mente, mosso dall’ispirazione divina. Si tratta di una lode estatica, che lo
pseudo-Dionigi descrive con i tratti di un canto musicale:
Successivamente, insieme ai nostri gerarchi ispirati da Dio, allorché anche
noi, come sai, con lui [Ieroteo] e con molti dei nostri santi fratelli ci raccogliem-
mo per contemplare il corpo principio di vita e dimora di Dio [τοῦ ζωαρχικοῦ καὶ
θεοδόχου σώματος], alla presenza di Giacomo fratello del Signore e Pietro, la più
eccellente e venerabile vetta dei teologi, quando apparve opportuno a tutti i ge-
rarchi innalzare una lode (ὑμνῆσαι), per come ciascuno ne era capace di fronte
a quella visione, della bontà infintamente potente della debolezza tearchica, tra
coloro che lodavano Dio [Ieroteo] svettò – come sai – su tutti gli altri iniziati al
mistero, completamente rapito, completamente fuori di sé, trovandosi in comu-
nione con ciò che inneggiava (ὑμνούμενα), sicché per tutti quelli che lo ascolta-
vano (ἠκούετο) e lo vedevano, che lo conoscessero oppure no, era evidente che
egli era innologo divino (θεῖος ὑμνολόγος) e ispirato da Dio.62

61  DN I, 4, 589D, p. 112, 7-10: «Ταῦτα πρὸς τῶν θείων λογίων μεμυήμεθα. Καὶ πᾶσαν, ὡς
εἰπεῖν, τὴν ἱερὰν τῶν θεολόγων ὑμνολογίαν εὑρήσεις πρὸς τὰς ἀγαθουργοὺς τῆς θεαρχίας προό-
δους ἐκφαντορικῶς καὶ ὑμνητικῶς τὰς θεωνυμίας διασκευάζουσαν».
62  DN III, 2, 681C-D, p. 141: «Ἐπεὶ καὶ παρ’ αὐτοῖς τοῖς θεολήπτοις ἡμῶν ἱεράρχαις, ἡνίκα
καὶ ἡμεῖς, ὡς οἶσθα, καὶ αὐτὸς καὶ πολλοὶ τῶν ἱερῶν ἡμῶν ἀδελφῶν ἐπὶ τὴν θέαν τοῦ ζωαρχικοῦ καὶ
θεοδόχου σώματος συνεληλύθαμεν, παρῆν δὲ καὶ ὁ ἀδελφόθεος Ἰάκωβος καὶ Πέτρος, ἡ κορυφαία
καὶ πρεσβυτάτη τῶν θεολόγων ἀκρότης, εἶτα ἐδόκει μετὰ τὴν θέαν ὑμνῆσαι τοὺς ἱεράρχας
ἅπαντας, ὡς ἕκαστος ἦν ἱκανός, τὴν ἀπειροδύναμον ἀγαθότητα τῆς θεαρχικῆς ἀσθενείας, πάντων
ἐκράτει μετὰ τοὺς θεολόγους, ὡς οἶσθα, τῶν ἄλλων ἱερομυστῶν ὅλος ἐκδημῶν, ὅλος ἐξιστάμενος
LA MUSICA LITURGICA NEL CORPUS DIONYSIACUM 71

5. Ricapitolazione

In sintesi, possiamo raggruppare come segue i risultati delle ricerche


sulla presenza della musica liturgica nel Corpus Dionysiacum:

5.1. Espressioni testuali attraverso cui lo pseudo-Dionigi si riferisce a brani


liturgici 63
5.1.1. Ὕμνος (inno)
a) Battesimo (A): ἱερολογέω (= inno tratto dalle Scritture: ὕμνος
τινὰ τοῖς λογίοις ἐγκείμενος).
b) Liturgia eucaristica (D) = καθολικὴ ὑμνολογία: ὑμνέω.
5.1.2. Μελῴδημα (canto melismatico = Alleluia)
a) Battesimo (B): σύνἐπιφθέγγομαι.
b) Consacrazione del Santo Myron (F): ἀναβοάω.
5.1.3. Ἱερὰ τῶν ψαλμῶν μελῳδία; ψαλμικὴ / ψαλμῶν ἱερολογία (salmodia)
a) Liturgia eucaristica (C): συνᾴδω.
b) Consacrazione del Santo Myron (F): ἱερολογία.
5.1.4. Καθολικὴ ὑμνολογία (= ὕμνος) (innologia cattolica = Credo)
a) Liturgia eucaristica (D): προομολογέω (ordo); ὑμνέω (theoria).
5.1.5. ᾨδή (ode)
a) Liturgia eucaristica (E): ὑμνέω.
b) Funerali (G): ᾄδω.

5.2. Forme e brani liturgici identificati

5.2.1. Cantico di Maria sorella di Mosè (Ex 15, 1: scolio di Giovanni di


Scitopoli) = ὕμνος: Battesimo (A).
5.2.2. Versetto salmico (Ps 33, 6: scolio di Giovanni di Scitopoli) = ὕμνος:
Battesimo (A).

ἑαυτοῦ καὶ τὴν πρὸς τὰ ὑμνούμενα κοινωνίαν πάσχων καὶ πρὸς πάντων, ὧν ἠκούετο καὶ ἑωρᾶτο
καὶ ἐγιγνώσκετο καὶ οὐκ ἐγιγνώσκετο, θεόληπτος εἶναι καὶ θεῖος ὑμνολόγος κρινόμενος».
63  Ordiniamo queste occorrenze in base al rito sacramentale, per come si presenta
nella successione dei capitoli di EH, seguito dal verbo che indica l’azione canora in questio-
ne. La lettera maiuscola tra parentesi fa riferimento ai punti in cui abbiamo analizzato la
specifica occorrenza liturgico-musicale.
72 ERNESTO SERGIO MAINOLDI

5.2.3. Versetto salmico (Ps 28, 3: scolio di Massimo il Confessore) =


μελῴδημα: Battesimo (B).
5.2.4. Alleluia (scolio di Massimo il Confessore) = μελῴδημα: Battesimo
(B), Consacrazione del Santo Myron (F).
5.2.5. Salmodia = ἱερὰ τῶν ψαλμῶν μελῳδία; ψαλμικὴ / ψαλμῶν ἱερολο-
γία: Liturgia eucaristica (C), Consacrazione del Santo Myron (F).
5.2.6. Credo = καθολικὴ ὑμνολογία, ὕμνος: Liturgia eucaristica (D).
5.2.7. Ode = ᾠδή: Liturgia eucaristica (E), Funerali (G).

5.3. Inni liturgici menzionati al di fuori del contesto liturgico

5.3.1. Sanctus et Benedictus = θεολογία: De coelesti hierarchia (H), De ec-


clesiastica hierarchia (F) = ὕμνος, θεαρχικὸς ὕμνος: De divinis nomi-
nibus (I, J)
5.3.2. Trisagion = ὕμνος, θεαρχικὸς ὕμνος: De divinis nominibus (I, J)
5.3.3. Innologia = ὑμνολογία: De divinis nominibus (K)

5.4. Canto estatico (non liturgico)

5.4.1. Lode di Ieroteo = ὑμνέω: De divinis nominibus (L)

Ernesto Sergio Mainoldi

Abstract – After a brief survey on the place of harmony and music in Pseudo-
Dionysius’ world vision, this article reviews and analyses all of the mentions to
music given in the Corpus Dionysiacum. Since Pseudo-Dionysius deals only with
liturgical music, an attempt is made to identify to which genre of the Eastern
musical-liturgical repertoire the chants mentioned or described by the author
of the Corpus belong.

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